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Procedura : 2007/0099(COD)
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Testi presentati :

A6-0038/2008

Discussioni :

PV 20/05/2008 - 13
CRE 20/05/2008 - 13

Votazioni :

PV 21/05/2008 - 5.7
Dichiarazioni di voto

Testi approvati :

P6_TA(2008)0218

Resoconto integrale delle discussioni
Mercoledì 21 maggio 2008 - Strasburgo Edizione GU

7. Dichiarazioni di voto
Processo verbale
  

Dichiarazioni di voto orali

 
  
  

− Calendario delle tornate per il 2009

 
  
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  Toomas Savi (ALDE). - (EN) Signor Presidente, desidero fare solo una breve osservazione in merito al calendario parlamentare del prossimo anno. Sebbene le elezioni parlamentari siano state fissate per il periodo tra il 4 e il 7 giugno, accorciando pertanto di una settimana il mio mandato di 5 anni, sono lieto che le elezioni non si tengano tra l’11 e il 14 giugno. La domenica è il giorno in cui in Estonia, per tradizione, si tengono le elezioni, ma se le elezioni europee si fossero tenute il 14 giugno – giornata di lutto nazionale per la commemorazione della deportazione di massa eseguita nel 1941 ad opera delle autorità sovietiche – le bandiere avrebbero sventolato a mezz’asta in tutta l’Estonia. Sarebbe stato un giorno infelice per tenere le elezioni del Parlamento europeo.

 
  
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  Bernd Posselt (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, questa è stata l’ultima votazione sul calendario in questa legislatura e abbiamo scongiurato cinque tentativi volti a contestare Strasburgo come sede del Parlamento e come unica sede del Parlamento, attraverso emendamenti irrazionali.

Ciononostante, desidero dire vi dovrebbe essere un’ampia riforma, perché dopo tutto è una questione di denaro e di emissioni di CO2. Desidero sottolineare che, qualora dovessimo concentrarci su 12 settimane in plenaria all’anno e utilizzare appieno ancora una volta tutti e i cinque i giorni di tali settimane, potremmo pertanto eliminare le mini-plenarie costose e non necessarie di Bruxelles e sostituirle con settimane di collegio elettorale. Ciò ci avvicinerebbe maggiormente ai nostri cittadini e ci darebbe più tempo da dedicare al nostro lavoro effettivo. Sarebbe altresì meno costoso, ridurremmo le nostre emissioni di CO2 e tutto ciò potrebbe essere ottenuto attraverso le nostre stesse decisioni senza modifica dei Trattati. Finché non vi è una modifica dei Trattati, dobbiamo fare uso dei Trattati attuali nel modo più razionale ed efficace possibile. Ecco perché ritengo che dobbiamo adottare l’approccio da me proposto.

 
  
  

− Relazione: Dimitrios Papadimoulis (A6-0102/2008)

 
  
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  Fiona Hall (ALDE). - (EN) Signor Presidente, quando il presente regolamento è stato portato in Parlamento in prima lettura, mi sono opposta ai tentativi volti a permettere lo stoccaggio del mercurio, non solo nelle miniere di sale ma anche negli impianti sotterranei adattati allo smaltimento di rifiuti. Era chiaro che le miniere di anidrite sarebbero state incluse nella definizione ampliata, il che era causa di grande preoccupazione per la popolazione di Billingham del mio collegio elettorale, che sta lottando contro i piani per l’impiego delle vecchie miniere di anidride vicino alle loro case per lo smaltimento dei rifiuti. Purtroppo, il testo votato oggi in seconda lettura ha reintrodotto la possibilità di stoccare il mercurio in siti diversi dalle miniere di sale, specificatamente in formazioni di roccia dura profonde e sotterranee. Dato che le miniere di anidride di Billingham possono rientrare in questa nuova definizione dei siti permessi, ho ritenuto necessario astenermi dalla votazione del pacchetto di compromesso, dato che in seconda lettura non vi è alcuna votazione finale. Questo, nonostante io concordi pienamente con il divieto di esportazione del mercurio dall’Europa.

 
  
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  Alojz Peterle (PPE-DE). - (SL) Ho accolto con favore la presente relazione, poiché contiene tutti gli elementi necessari a una rapida risoluzione di questa questione. Sono lieto che il Parlamento, la Commissione e il Consiglio possano giungere a una visione di compromesso, il che corrisponde al modo in cui abbiamo effettivamente contribuito a tali dinamiche. Una soluzione diversa potrebbe significare ritardare la soluzione per lungo tempo.

Grazie.

 
  
  

− Relazione: Hartmut Nassauer (A6-0154/2008)

 
  
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  Zuzana Roithová (PPE-DE).(CS) Oggi non è più tollerabile che gravi reati ambientali e reati riguardanti la salute pubblica siano considerati meri illeciti, come lo sono stati fino a oggi in alcuni paesi, ad esempio in Italia o a Cipro. Ecco perché ho appoggiato la direttiva che obbliga tutti i paesi a introdurre nella loro normativa entro due anni sanzioni penali pertinenti, nonostante le obiezioni degli euroscettici. D’altro canto, la Repubblica ceca, così come molti altri paesi, dovranno introdurre il concetto di responsabilità per le persone giuridiche nel diritto penale, il che non costituisce una nozione nota per i paesi post-socialisti. Dovremo decidere se propendere per il modello tedesco, in cui le violazioni della legge da parte delle persone giuridiche sono decise dalle autorità amministrative, o se scegliere il modello delle autorità giudiziarie tipico di Francia, Gran Bretagna e ora anche Slovenia. Dovremo altresì decidere se dovrà essere ritenuto responsabile l’intera persona giuridica o la direzione. Temo che non saranno sufficienti i due anni di cui disponiamo per completare l’attuazione.

 
  
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  Roger Helmer (NI). - (EN) Signor Presidente, non ho votato a favore della presente misura. Sembra che l’allarmismo climatico e l’ambientalismo stiano assumendo rapidamente le caratteristiche di una religione. Si basano sulla fede e non sui fatti, tant’è che le possibilità di compensazione del carbonio sono state giustamente paragonate all’acquisto delle indulgenze papali in epoca medievale. Ora abbiamo l’onorevole Nassauer con l’introduzione di quella che sembra essere una sorta di legge ambientale blasfema.

In ogni caso, ho notevoli riserve in merito al fatto che tali questioni ambientali siano trattate dal diritto penale piuttosto che da quello civile. Ma il vero problema in questo caso è l’estensione del diritto europeo. Le persone che rappresentano vogliono commercio, vogliono cooperazione in Europa, ma non vogliono un’unione politica e non vogliono un ordinamento giuridico europeo. Dobbiamo resistere a tutti gli ulteriori passi volti a creare responsabilità europee e una competenza europea in tali settori.

 
  
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  Syed Kamall (PPE-DE). - (EN) Signor Presidente, mentre la presente relazione sembra rimuovere i riferimenti a sanzioni specifiche, fa riferimento a quali azioni debbano essere considerate reati negli Stati membri. Consideriamo pertanto uno scenario in cui qualcuno del mio collegio elettorale – Londra, la più grande città del mondo, la capitale del più grande paese del mondo – commetta un atto che non è considerato reato secondo il diritto inglese (diritto a cui si è giunti attraverso una tradizione di common law e attraverso la ragione), ma che, poiché abbiamo deciso di imporre dall’alto il diritto dell’UE, mettendo da parte la ragione, sopra le teste dei cittadini del mio collegio elettorale, tale atto viene ora considerato un reato secondo il diritto dell’UE.

A cosa porterà tutto ciò? Come reagiranno i miei elettori? Vi dico io che come reagiranno. Diranno: “Che assurdità è mai questa? Come è possibile che ciò che non è considerato reato secondo il ragionevole diritto inglese, è un reato secondo il diritto europeo? E’ ora di uscire dall’Unione!”. Dobbiamo pertanto stare attenti a non far sì che il Regno Unito abbandoni l’UE.

 
  
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  Giuseppe Gargani (PPE-DE). – Signor presidente, onorevoli colleghi, io avevo chiesto la parola per un attimo al Presidente dopo l’approvazione del provvedimento di Nassauer sulla proposta del Parlamento europeo per le protezioni del diritto penale.

Volevo congratularmi in maniera particolare con il relatore, perché questo è un provvedimento di grande importanza – c’è stata una grande discussione all’interno della commissione – e abbiamo raggiunto un compromesso molto intelligente e molto alto, anche per la collaborazione dell’onorevole Monica Frassoni. Io sento proprio il bisogno di sottolineare questo particolare lavoro che la commissione ha fatto e faccio una particolare congratulazione al relatore Nassauer.

 
  
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  Bogusław Sonik (PPE-DE).(PL) In riferimento alla relazione dell’onorevole Nassauer, desidero dire di aver votato a favore. Sebbene tutti gli Stati membri abbiano adottato le stesse disposizioni, queste ultime sono state attuate in molti modi diversi, il che incoraggia un comportamento non desiderabile attraverso il quale imprenditori irresponsabili ricollocano la loro attività economica in paesi in cui le sanzioni penali per reati contro l’ambiente sono meno severe. Ciò colpisce in modo particolare i nuovi Stati membri dell’Unione. Va sottolineato che i reati commessi in seno a organizzazioni criminali stanno diventando sempre più significativi e che i reati contro l’ambiente stanno sempre più assumendo una natura transfrontaliera.

Concordo riguardo alla posizione del relatore, secondo cui il quadro giuridico definito nella proposta di direttiva rappresenta un contributo importante a una protezione efficace dell’ambiente e può garantire un’attuazione uniforme e responsabile del diritto in materia di protezione ambientale all’interno della Comunità. Funzionari adeguatamente formati costituiscono una conditio sine qua non per un’attuazione efficace del diritto e un’effettiva riduzione degli illeciti a danno dell’ambiente. La proposta di specificare gli obblighi degli Stati membri a tal proposito è, pertanto, chiaramente del tutto rilevante.

Desidero fare la seguente osservazione a vantaggio dell’onorevole collega del Regno Unito, che lavora forse conformemente a un malinteso. Non stiamo creando una nuova normativa comunitaria per imporre sanzioni, il che si è rivelato impossibile. Stiamo invece insistendo affinché ciascuno Stato membro attui la normativa necessaria nel quadro del proprio ordinamento giuridico al fine di garantire che dovunque in Europa siano applicate sanzioni uniformi per reati simili.

 
  
  

− Relazione: Fiona Hall (A6-0077/2008)

 
  
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  Zuzana Roithová (PPE-DE).(CS) Oggi 21 maggio viene inferto un altro brutto colpo agli euroscettici, perché, insieme al Consiglio, abbiamo votato per una decisione congiunta che contribuirà a trasferire parzialmente all’Unione europea i diritti sulle radiofrequenze per le telecomunicazioni dei 27 Stati membri, il che dimostra l’importanza dell’UE. Se gli Stati membri non possono gestire da soli qualcosa con successo, l’affidano all’Unione europea, negli interessi dei cittadini europei. Oggi è questione di rimuovere gli ostacoli giuridici al futuro sviluppo dei servizi mobili via satellite per le comunicazioni di emergenza, al fine di salvaguardare la vita, la salute e le proprietà di mezzo miliardo di cittadini. Le navi e gli aerei già utilizzano questo sistema, il quale, grazie alla moderna tecnologia, può eseguire altre funzioni, quali servizi multimediali bidirezionali, trasmissioni di segnali televisivi via satellite e accesso a Internet a banda larga. Tale decisione non deve tuttavia diventare uno standard nel settore delle telecomunicazioni. I diritti esclusivi relativi ad altre parti delle radiofrequenze continuano a essere una questione di competenza delle autorità di regolamentazione nazionali. Mi auguro che in paesi che sono in qualche modo euroscettici, come la Repubblica ceca o la Gran Bretagna, i mezzi d’informazione e comunicazione presteranno sufficiente attenzione a questo tema, che costituisce una buona notizia per i cittadini.

 
  
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  Syed Kamall (PPE-DE). - (EN) Signor Presidente, sono lieto di poter appoggiare la presente relazione perché non sembra essere un esempio di coercizione, ma piuttosto di cooperazione. Nella mia precedente carriera, ho infatti lavorato in questo settore, offrendo consigli alle imprese relativamente ai servizi mobili via satellite.

Una delle cose con cui le imprese si dovevano confrontare era il fatto di non comprendere il mercato. Alla fine degli anni novanta, circa cinque operatori hanno lanciato servizi satellitari a livello globale. Nonostante le loro migliori stime, hanno completamente frainteso il mercato, ritenendo che fosse rappresentato da chi viaggia per affari a livello internazionale, ma la tecnologia di questo mercato è stata sostituita dagli sviluppi nella tecnologia cellulare.

Sono lieto che tali imprese abbiano l’opportunità di tentare nuovamente di creare un mercato dei servizi mobili via satellite a livello globale, che ritengo porterebbe grandi vantaggi, in particolare alle persone nei paesi in via di sviluppo, che non sono state raggiunte dalle reti terrestri. Accolgo pertanto con favore la presente relazione, per la quale ho votato a favore.

 
  
  

− Relazione: Karl-Heinz Florenz (A6-0136/2008)

 
  
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  Miroslav Ouzký (PPE-DE).(CS) Desidero spiegare il perché del mio voto sulla relazione dell’onorevole Karl-Heinz Florenz. Nella votazione finale non ho votato a favore della presente relazione e desidero sottolineare, come il presidente della commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare, che la ragione non era una mia mancata comprensione della serietà di questo tema o l’intenzione di respingere o contestare in alcun modo il lavoro del relatore. Non ero d’accordo in merito a diverse frasi e dichiarazioni che non solo ho trovato essere non politicamente corrette, ma anche - in taluni casi – non veritiere. Considero inoltre inaccettabile, scandalosa e in qualche modo sbagliata la decisione del Tabling Office riguardo all’inammissibilità della proposta senza addurre alcuna motivazione.

 
  
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  Jan Březina (PPE-DE).(CS) Neanch’io ho votato a favore della relazione del mio collega, l’onorevole Florenz. Tutto ciò che è marchiato, e presentato, come un fatto scientifico deve spiegare le opinioni scientifiche espresse da entrambi i gruppi di scienziati, coloro che sono d’accordo così come coloro che non lo sono. Le dichiarazioni nelle relazione sono presentate come una chiara opinione scientifica diffusa. Non è questo il caso, tuttavia. Anche l’altra fazione è importante. Nel corso della discussione è stato spesso posto l’accento sul principio della cautela esplorativa. Non potremmo utilizzarlo anche in merito alle conclusioni di parte e eccessivamente severe riguardante la politica in materia di cambiamento climatico? Come geologo, vi posso assicurare che molte volte in passato la Terra si è riscaldata molto di più che non di quei 2°C demonizzati e non si è verificato alcun fatto tragico. Dopo tutto l’uomo è sempre vissuto in un’epoca di continui cambiamenti climatici.

 
  
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  Zita Pleštinská (PPE-DE).(SK) Ho votato a favore della relazione interlocutoria del relatore, Karl-Heinz Florenz, in cui la conoscenza scientifica del cambiamento climatico gioca un ruolo importante. Al contempo trovo deplorevole che alcuni emendamenti del mio collega Březina e di altri 40 onorevoli colleghi, in particolare l’emendamento n. 15, non sono stati accolti nella presente relazione. Tali emendamenti avrebbero migliorato il testo. Gli scienziati continuano a rivedere costantemente le loro tesi, il che significa che anche noi dobbiamo essere aperti a nuove idee.

Alcuni dei cambiamenti climatici a livello globale causati dall’attività umana si manifestano, in gran parte, in alcune regioni, come prosciugamento delle acque. Di conseguenza, trattenere le acque piovane di una regione e lasciar prosciugare solo l’eccedenza naturale costituisce un prerequisito al fine di garantire la sicurezza ambientale e la stabilità globale nonché da ultimo, ma non per importanza, al fine di mantenere la crescita economica. Confido che, nel corso dei prossimi decenni, il nuovo paradigma dell’acqua diventi un’utile nuova idea e il manifesto dell’umanità per il futuro della civiltà.

 
  
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  Czesław Adam Siekierski (PPE-DE).(PL) Signor Presidente, oggi abbiamo adottato una relazione eccezionalmente importante sulla lotta al cambiamento climatico. Vi sono legami stretti tra quest’ultima e i problemi relativi all’energia. Sempre più spesso fronteggiamo siccità, inondazioni, desertificazione e scioglimento dei ghiacciai. Deve senza dubbio essere ormai chiaro a tutti che il nostro clima sta cambiando. Stanno sorgendo problemi sociali, ambientali e finanziari a causa dell’aumento delle temperature.

Se davvero vogliamo proteggere il nostro pianeta, la nostra stessa Terra, allora tutti noi, tutti i paesi e le società dell’intero pianeta, dobbiamo rallentare o arrestare ulteriori aumenti del livello delle emissioni di CO2 e delle emissioni di altri gas a effetto serra. E’ necessario promuovere investimenti ecologici, insieme a impianti energia pulita e a basso consumo energetico. E’ soprattutto necessario dare la priorità a convincere le persone a risparmiare energia e ad aumentare le loro conoscenze e consapevolezza, il che può facilmente dimostrarsi il modo più rapido per ottenere risultati.

Dobbiamo trovare una soluzione di compromesso sulla limitazione delle emissioni di gas a effetto serra nell’Unione. Si deve concedere un trattamento diverso ai nuovi Stati membri rispetto a quelli più sviluppati. Essi avranno allora l’opportunità di recuperare terreno ed eliminare le disparità nel livello dello sviluppo economico.

 
  
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  Kurt Joachim Lauk (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, desidero innanzi tutto commentare la relazione dell’onorevole Florenz, che, a mio avviso, ha riassunto molto bene l’attuale opinione scientifica diffusa. Ciononostante, non ho votato a favore della relazione. Il clima costituisce una questione rilevante e concordo in merito al fatto che a tal proposito dobbiamo agire. Tuttavia, l’opinione scientifica diffusa è solo provvisoria, proprio come tutte le opinioni scientifiche diffuse dell’ultimo secolo erano per natura di breve durata e rispetto alle quali, in ogni caso, siamo andati oltre.

La relazione che abbiamo dinnanzi non ci offre sufficienti opportunità in proposito. Le misure specifiche delineate, inoltre, sono unilaterali. Dobbiamo garantire che l’Europa non rinunci alle sue capacità economiche. L’Europa non può salvare il mondo da sola. Nell’affrontare questo problema globale, devono essere coinvolti con urgenza altri paesi. Questo è l’unico modo per attuare l’opinione scientifica diffusa. Non possiamo portare questo fardello da soli.

In tale contesto, ciò che sento che manca nella relazione è la rassegna delle misure necessarie a mitigare il cambiamento climatico. Probabilmente, non possiamo arrestarlo completamente. Essendo questo il caso, ritengo che le misure che altereranno in modo permanente le nostre strutture industriali non possono essere adottate sulla base di ciò che è solo un’opinione scientifica diffusa.

 
  
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  Roger Helmer (NI). - (EN) Signor Presidente, non ho votato a favore della relazione dell’onorevole Florenz. Uno dei più grandi miti dell’allarmismo climatico è che esiste un’opinione scientifica diffusa e che tutti gli scienziati concordano con essa. Come membro della commissione temporanea sul cambiamento climatico, so perché la relazione dell’onorevole Florenz è venuta fuori in questo modo: è stata ascoltata solo una delle voci intervenute al dibattito e si è pertanto concluso che esiste un’opinione diffusa.

Prima, durante la discussione di oggi, l’onorevole Booth ci ha ricordato la Petizione Oregon, che è stata firmata da 30 000 scienziati, mettendo in dubbio completamente le basi base dell’allarmismo climatico. Non esiste alcuna opinione diffusa; è sempre più diffusa e potente l’opinione scientifica che appoggia l’altra visione. Nel contempo causeremo ingenti danni economici alle persone che rappresentiamo in un tentativo futile e destinato a fallire di influenzare un problema speculativo, che, secondo molte persone, non esiste.

E’ il danno economico che ci metterà in croce e che metterà in croce specialmente l’Europa, perché paesi in via di sviluppo come Cina e India hanno decisamente troppo buon senso per farsi ingannare.

 
  
  

− Relazione: Ria Oomen-Ruijten (A6-0168/2008)

 
  
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  Dimitar Stoyanov (NI). - (BG) La delegazione del partito Ataka non ha votato a favore della cosiddetta relazione relativa ai progressi compiuti dalla Turchia, dato che non comprendiamo cosa possano implicare tali progressi.

Ciò che capiamo è che la Turchia è uno Stato in cui è al potere un partito islamico, in cui il capo di Stato è un presidente islamista. Uno Stato che non si avvicina neppure al rispetto dei diritti umani, uno Stato che opprime un’intera nazione e fa guerra, proprio mentre parliamo, a un’intera nazione con lo scopo di distruggerla, e tale nazione è la popolazione curda. Uno Stato che è fortemente militarizzato, in cui vi è una giunta militare segreta e la politica turca prende qualsiasi direzione indicata dai generali. Uno Stato che continua a occupare il territorio di uno Stato membro dell’UE proprio mentre parliamo.

Uno Stato di questo genere non ha titolo per nessuna negoziazione fintanto che tali gravi problemi non saranno stati realmente eliminati .

 
  
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  Frank Vanhecke (NI).(NL) A mio avviso, la relazione Oomen-Ruijten costituisce ancora un’altra opportunità mancata per venire al dunque in merito alla potenziale adesione della Turchia all’Unione europea. La relazione si concentra su quelle che sono, a mio parere, diverse questioni marginali, mentre il punto fondamentale di tutto ciò resta, certamente, che la Turchia non è in alcun modo un paese europeo, che non sarà mai in alcun modo un paese europeo e che di conseguenza non vi può essere alcuna questione dell’accesso all’Unione europea di un paese non europeo. Fine della storia!

Desidero tuttavia accennare, a tale proposito, che mi ha sorpreso sentire tra gli altri, nel corso della discussione, il mio collega socialista, l’onorevole Swoboda, dire che è assolutamente inaccettabile che in Turchia i partiti vengano vietati. Vi ricordo che nel mio paese nel 2004 il più grande partito nazionale, Vlaams Blok, che ha ricevuto il 24 per cento dei voti, è stato semplicemente vietato ed sì è dovuto sciogliere. Non ricordo alcuna protesta da parte dei socialisti a quell’epoca. Al contrario, la loro solidarietà è limitata ai fondamentalisti islamici, di cui si è preso debitamente nota.

 
  
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  Zuzana Roithová (PPE-DE).(CS) Signor Presidente, è da molti anni che affermo che un partenariato privilegiato tra l’Unione e la Turchia sarebbe stato molto più vantaggioso che non la promessa dell’ingresso della Turchia nell’Unione europea. Purtroppo la relazione relativa ai progressi compiuti conferma che, sebbene siano stati aperti i negoziati di adesione, i criteri di Copenhagen non sono ancora stati rispettati, il che non vale per un solo ambito, ma influisce sulla libertà di religione, sui diritti delle minoranze, sulle pari opportunità (per le donne in particolare), sulla corruzione, sulla questione curda e su quella di Cipro e certamente anche sul potere dell’esercito sulle politiche del governo. Proprio come il relatore, anch’io accolgo con favore gli sforzi del governo per garantire progressi, ma purtroppo tali progressi non sono visibili. Al contrario: la Turchia sta vietando un partito politico, ha un nuovo articolo 301 utilizzato per perseguire scrittori e intellettuali per aver insultato la cultura turca e stanno aumentando anche la violenza e l’ostilità derivanti da motivi religiosi e politici. Ad oggi non è ancora stato risolto l’omicidio di Hrant Dink così come altri omicidi. Detto ciò, accolgo la relazione, che è onesta e ben equilibrata.

 
  
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  Czesław Adam Siekierski (PPE-DE).(PL) Signor Presidente, abbiamo adottato una relazione importante. Dovremmo appoggiare e riconoscere nel modo dovuto i cambiamenti attuati in Turchia conformemente ai negoziati di adesione. In considerazione della sua particolare posizione geografica, la Turchia è un partner strategico per l’Unione per quanto riguarda i negoziati di quest’ultima con i paesi dell’area del Mar Nero, dell’Asia centrale e del Medio Oriente. La Turchia è altresì di importanza vitale al fine di garantire la sicurezza energetica dell’Europa, dato che le risorse energetiche provenienti dal Mar Nero e dal Mar Caspio vengono trasportate in Europa attraversando il territorio turco. La Turchia, inoltre, dispone di un enorme potenziale economico. Ha un’economia dinamica, un enorme mercato interno e una società che è per lo più di un’età per essere attiva sul mercato del lavoro. Confido che tutto ciò in futuro contribuisca allo sviluppo dell’economia dell’Europa.

Un altro aspetto dell’adesione della Turchia merita di essere menzionato. In quanto paese islamico che è anche uno Stato membro dell’Unione, sarà in grado di assumersi un ruolo importante nello sviluppo delle relazioni tra l’Occidente e il mondo islamico.

 
  
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  Bernd Posselt (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, ho votato a favore della relazione dell’onorevole Oomen-Ruijten, sebbene contenga molte frasi di compromesso. Ha fatto questa scelta, perché all’inizio contiene una frase cruciale e cioè che l’apertura dei negoziati costituisce il punto di partenza di un processo di lunga durata e senza limiti di tempo. Questa è stata l’unica ragione per cui ho potuto votare a favore della relazione. Lasciate chiarire bene che il mio partito, l’Unione sociale cristiana, è sempre stato, e continua a essere, a favore della Turchia. Abbiamo fatto propaganda e lavorato duramente per l’Unione doganale che è stata adottata da quest’Assemblea a maggioranza di un solo voto. Si potrebbe dire che all’epoca quel voto fosse il mio. Abbiamo appoggiato la Turchia nella NATO e in merito a un’ampia gamma di questioni.

Lasciatemi altresì chiarire in modo adeguato che tuttavia la Turchia non è un paese europeo e che condivido il punto di vista dell’onorevole Roithová, secondo cui un partenariato privilegiato, uno status speciale fatto su misura, è la soluzione giusta. Questa è la soluzione a cui si giungerà alla fine. Dobbiamo finalmente smettere di portare questo alleato cieco verso una presunta adesione. Tale adesione non si verificherà e pertanto per entrambe le parti sarebbe meglio e più onesto potersi riunire quanto prima e concordare di perseguire un’altra strada, una strada verso un partenariato tra pari, senza istituzioni comuni, ma con comuni interessi e un programma di cooperazione convenuto e pratico.

 
  
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  Albert Deß (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, sebbene la relazione dell’onorevole Oomen-Ruijten contenga molte critiche della Turchia, non ho votato a favore, perché a mio avviso la piena adesione della Turchia non può essere lo scopo dei negoziati di adesione. L’onorevole Posselt ha già sottolineato questo punto. Ritengo che dovremmo iniziare quanto più rapidamente possibile a offrire alla Turchia questo partenariato privilegiato. La Turchia non fa parte dell’Europa né svolge una funzione di collegamento con i paesi islamici.

In Sudan, si verifica da anni la persecuzione dei cristiani nel Darfur. Per molti anni la Turchia ha avuto la possibilità di fare la sua parte per porre fine a tali crimini contro i cristiani in Sudan. Tuttavia, aspetto ancora di vedere la Turchia compiere un passo in tale direzione. Questo è il motivo per cui non ho votato a favore della relazione: perché la Turchia non è un membro a pieno titolo dell’Unione europea.

 
  
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  Marusya Ivanova Lyubcheva (PSE). - (BG) Signor Presidente, ho appoggiato la relazione relativa ai progressi compiuti dalla Turchia sebbene vi siano ancora taluni rischi connessi al percorso di tale paese verso l’Unione europea.

Sono stata motivata dal fatto che la relazione comprende testi che trattano la protezione dei diritti umani, la protezione dei diritti delle donne in due importanti settori: la salute riproduttiva e le pari opportunità, in particolar modo in termini di accesso all’istruzione.

Il secondo punto che desidero sottolineare si riferisce alla salvaguardia richiesta nella relazione riguardo alla politica di vicinato. Devono essere risolte le questioni ancora pendenti in termini di paesi vicini, tra cui la questione relativa ai rifugiati bulgari provenienti dalla Tracia, che riguarda altresì i diritti umani fondamentali. Le sue proporzioni vanno al di là degli aspetti finanziari e legati alla proprietà. I suoi aspetti morali sono particolarmente importanti. Senza preoccuparci del passato, desideriamo vedere in futuro azioni chiare, nonché l’osservanza dell’accordo firmato tra i nostri paesi; questo è il motivo per cui appoggio la relazione.

 
  
  

Dichiarazioni di voto scritte

 
  
  

− Calendario delle tornate per il 2009

 
  
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  Glyn Ford (PSE), per iscritto. (EN) Ho appoggiato tutti gli emendamenti al calendario che riducono il nostro tempo a Strasburgo e che l’aumentano a Bruxelles. L’attuale situazione è bizzarra: si scarpina avanti e indietro tra Bruxelles e Strasburgo a costi elevati in termini di tempo e denaro. Dovremmo incontrarci in un’unica sede.

Non respingo tuttavia il reclamo dell’onorevole Stevenson relativo agli attuali scioperi dei trasporti. Riconosciamo e appoggiamo il diritto di sciopero. La nostra obiezione a Strasburgo non si basa su alcuna opposizione all’esercizio dei diritti dei lavoratori in Francia, bensì sugli inerenti sprechi che i nostri attuali accordi istituzionali comportano.

Non ho votato a favore di fare un’eccezione per il lunedì della Pasqua ortodossa, visto che non prevediamo di non incontrarci il 14 luglio. Le festività laiche meritano lo stesso trattamento di quelle religiose.

 
  
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  Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. (SV) A dire il vero vogliamo che tutte le sessioni del Parlamento europeo si tengano a Bruxelles e vogliamo che si ponga fine quanto prima al circo itinerante tra Bruxelles e Strasburgo.

Abbiamo pertanto votato a favore delle proposte di interrompere le sessioni del lunedì e quelle del giovedì pomeriggio durante le tornate di Strasburgo, nella speranza che le sessioni in tale sede siano progressivamente eliminate del tutto.

Il Parlamento europeo deve avere un’unica sede e un unico luogo di lavoro. E’ deplorevole che vi siano Stati membri i cui leader politici si considerano grandi sostenitori dell’idea europea, ma che al contempo non alzano un dito quando sono in gioco i loro interessi nazionali.

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. (EN) In generale sono a favore di quanto è stato proposto per il calendario delle tornate per il 2009. Ritengo tuttavia che gli emendamenti che richiedono un prolungamento del tempo passato a Strasburgo non contribuirebbero al funzionamento efficiente del Parlamento. Senza dubbio l’efficienza e la logica richiedono che vi sia un’unica sede del Parlamento a Bruxelles. Il mio voto riflette la mia opinione in merito a tale questione.

 
  
  

− Relazione: Dimitrios Papadimoulis (A6-0102/2008)

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. − (PT) Consideriamo positivo il riconoscimento dei problemi sociali e ambientali derivanti dalla chiusura delle miniere di mercurio della Comunità. Consideriamo altresì positivo accettare che progetti e altre iniziative debbano continuare a essere appoggiati, sulla base degli strumenti finanziari disponibili, al fine di permettere alle aree colpite di trovare soluzioni fattibili per l’ambiente, l’occupazione e l’attività economica.

E’ stato inoltre concordato che chi richiede l’autorizzazione prenda le misure necessarie, attraverso una garanzia finanziaria o un meccanismo equivalente, al fine di garantire l’adempimento agli obblighi derivanti dall’autorizzazione (tra cui le operazioni di mantenimento dopo la chiusura) e che siano condotte le operazioni di chiusura.

E’ stato altresì approvato che i settori industriali che ottengono mercurio dalla purificazione del gas naturale o come sottoprodotto di operazioni di estrazione e di fusione di metalli non ferrosi forniscano i dati rilevanti alla Commissione europea e alle autorità competenti degli Stati membri interessati. La Commissione dovrà rendere disponibili al pubblico tali informazioni.

Riteniamo inoltre che sia giusto incoraggiare la fornitura di assistenza tecnica ai paesi in via di sviluppo e ai paesi con economie in transizione, in particolare assistenza che faciliti la transizione a tecnologie alternative senza mercurio e per giungere così gradualmente all’eliminazione definitiva degli impieghi e dei rilasci di mercurio e composti del mercurio.

 
  
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  Françoise Grossetête (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della presente relazione che ha lo scopo di anticipare il divieto di esportazione del mercurio al 15 marzo 2011, tre mesi prima rispetto alla data proposta dal Consiglio. Si può produrre il mercurio attraverso il riciclaggio di rifiuti (tubi fluorescenti o batterie, ad esempio), la purificazione del gas naturale o il trattamento di metalli non ferrosi.

Sono lieta che, oltre al mercurio metallico, il divieto comprenda i prodotti contenenti mercurio che non possono essere venduti o distribuiti nell’Unione europea, cinabro e composti del mercurio.

E’ parimenti estremamente importante che i composti utilizzati per ricerca e sviluppo, nelle medicine o nei processi analitici non siano inclusi nel divieto, come affermato nella relazione.

Lo stoccaggio deve essere reso sicuro, come suggerito sia dalla relazione che dal Consiglio. Prima di essere trattati, i residui di mercurio stoccati temporaneamente per più di un anno devono essere conservati in formazioni di roccia dura profonde e sotterranee, in modo tale da prevenire qualsiasi rischio per la salute umana e l’ambiente.

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. − (EN) In generale, appoggio la relazione di Dimitrios Papadimoulis relativa al divieto di esportazione e allo stoccaggio in sicurezza del mercurio metallico. Anticipando la data del divieto di esportazione al 2010 permette maggiore coerenza con la strategia generale dell’UE sul mercurio. Appoggio inoltre l’ampiamento dei tipi di mercurio coperti dal divieto. Ritengo inoltre che, prima che entri in vigore il divieto, sia necessaria più ricerca in merito a metodi sicuri di smaltimento del mercurio. Ho votato a favore della relazione.

 
  
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  Athanasios Pafilis (GUE/NGL), per iscritto. (EL) L’ipocrisia non ha limiti? La Commissione europea propone giustamente di vietare l’utilizzo del mercurio e di creare infrastrutture adeguate per il suo stoccaggio, in considerazione della sua alta tossicità e dei rischi per la salute pubblica. Ciononostante, la Commissione insiste a promuovere le lampadine fluorescenti per risparmiare energia, sapendo che contengono almeno 5 mg di mercurio ciascuna, un quantitativo particolarmente dannoso, dato il numero di lampadine presenti in ciascun posto di lavoro e abitazione.

Il profitto è tutto. Gli investimenti e i profitti dei monopoli vanno protetti anche se è dimostrabile che è la salute pubblica a farne le spese. L’UE proibisce l’utilizzo del mercurio, ma permette alle imprese di offrire lampadine gratuite contenenti mercurio al fine di promuovere le loro vendite.

La responsabilità della salute pubblica è affidata alle imprese, che devono gestire la raccolta dei rifiuti, sebbene sia noto che i rifiuti finiscono nelle discariche e nei cestini per i rifiuti. La società nel suo complesso, e non solo chi utilizza le lampadine, sarà esposta a un notevole rischio di contaminazione. Ecco perché, certamente, esse possono essere in generale smaltite nelle discariche. Senza dubbio, al fine di prevenire le proteste che influirebbero sulle vendite, non vengono compiuti neppure i passi più basilari al fine di informare il grande pubblico dei rischi che corrono a causa della dispersione del contenuto di tali lampadine nell’ambiente.

 
  
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  Bernard Wojciechowski (IND/DEM), per iscritto. – (PL) Il mercurio è uno dei più potenti veleni ambientali. In condizioni normali questo metallo è liquido con un’elevata compressibilità del vapore. Non biodegrada e di conseguenza rimane nell’ambiente molto a lungo. Il mercurio si accumula in catene trofiche che possono passare al corpo umano in notevoli concentrazioni.

Lo sviluppo industriale ha portato all’utilizzo del mercurio perché è un metallo con proprietà particolari e non è costoso da ottenere. Sembra difficile eliminare l’utilizzo del mercurio nella produzione delle lampadine a basso consumo energetico. Andrebbe tuttavia sviluppato un sistema di raccolta efficace di tali rifiuti, insieme a una tecnologia sicura per il loro riciclaggio, al fine di prevenire un ulteriore degrado dell’ambiente naturale.

Uno dei casi più gravi di avvelenamento da composti di mercurio ha avuto luogo in Giappone tra il 1953 e il 1960. Si è verificata una malattia di massa tra gli abitanti del golfo di Minamata, che hanno mostrato i sintomi di una lesione nervosa che spesso portavano alla morte.

L’Unione europea dovrebbe fare tutto ciò che è in suo potere al fine di garantire che il mercurio sia immagazzinato in modo sicuro. L’esportazione del mercurio metallico deve essere vietata.

 
  
  

− Relazione: Hartmut Nassauer (A6-0154/2008)

 
  
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  Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione del mio stimato collega tedesco, l’onorevole Hartmut Nassauer, redatta in prima lettura della procedura di codecisione sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla tutela penale dell’ambiente. Appoggio la posizione volta a reinserire tale meccanismo all’interno del severo ambito di competenza del diritto comunitario, limitando gli effetti della direttiva ai soli casi di violazione della normativa comunitaria sulle questioni ambientali e permettendo pertanto agli Stati membri di determinare le sanzioni da applicare nel caso di violazione di tali norme. Questa saggia posizione segue quella della Corte di giustizia delle Comunità europee che ha stabilito che l’UE ha il potere di adottare misure penali solo in casi in cui sia “giustificata da una necessità”, in altre parole, riguardanti i trasporti comuni e le politiche ambientali. Va sottolineato che la direttiva ha lo scopo di obbligare gli Stati membri a stabilire, all’interno delle loro normative, sanzioni penali per violazioni gravi del diritto comunitario riguardo alla tutela dell’ambiente, senza creare alcun obbligo per l’applicazione di tali sanzioni che possono essere invocate in casi individuali.

 
  
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  Hanne Dahl (IND/DEM), per iscritto. (EN) Data la natura transfrontaliera della criminalità ambientale, riteniamo che una serie definita di norme e sanzioni minime riguardanti la criminalità ambientale a livello internazionale costituirebbe uno strumento utile nel mantenere una strategia di protezione ambientale completa ed efficace. Non crediamo tuttavia che l’UE abbia o debba avere competenze per stabilire misure penali in merito alle questioni del primo pilastro. Oggi non ho pertanto votato a favore della relazione.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. − (PT) Il relatore ha fondamentalmente riconosciuto che, conformemente alla sentenza della Corte di giustizia del 23 ottobre 2007 nella causa C-440/05, il diritto penale e le norme di procedura penale non rientrano tra le competenze comunitarie e pertanto non può essere determinato il tipo e il livello delle sanzioni penali da applicare. Sono stati pertanto presentati emendamenti a una proposta di direttiva della Commissione europea, che non era accettabile.

E’ altresì importante che la Commissione e il Consiglio abbiano accolto tali emendamenti proposti. Nonostante ciò, tuttavia, insistono sulla possibilità che il legislatore comunitario sia in grado di imporre agli Stati membri di prevedere sanzioni di questo tipo al fine di garantire che le norme da essi attuate nel settore della tutela ambientale siano pienamente efficaci.

Dato che non è stato sufficientemente chiarito il ruolo degli Stati membri nell’intero processo, scegliamo di astenerci dalla votazione finale.

 
  
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  Neena Gill (PSE), per iscritto. (EN) Ho votato a favore della presente relazione dato che permette sanzioni penali per reati ambientali gravi. Gli Stati membri devono assumere una posizione forte in merito alla tutela ambientale e garantire una rigida applicazione della presente direttiva.

In particolare, voto a favore dell’inserimento di un allegato alla direttiva, che chiarisca quale normativa è soggetta a sanzioni penali. Un allegato è fondamentale al fine di fornire maggiore chiarezza giuridica circa quale normativa comunitaria sia interessata. Dovrebbe sia coprire la normativa esistente, in cui la presente direttiva sarà competente per imporre sanzioni penali, che permettere di coprire la normativa futura.

Un allegato garantirà inoltre che la direttiva sia limitata alla sola applicazione del diritto comunitario e all’attuazione della normativa nazionale e che non abbia alcun impatto su quello che è puramente il diritto nazionale.

 
  
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  Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. – (FR) E’ in corso l’adozione di un diritto penale comune nell’UE, privando così gli Stati membri del loro esclusivo diritto sovrano di determinare, in modo indipendente, quali tipi di comportamento considerano reato, nonché della possibilità di definire le qualifiche e i limiti delle sanzioni penali.

La Corte di giustizia delle Comunità europee, mediante un colpo di forza, con la sua sentenza del 13 settembre 2005 sul caso noto come “protezione dell’ambiente” si è concessa il diritto di interferire nel diritto penale degli Stati membri nel caso di violazioni della normativa ambientale.

Oggi, nuova tappa, si tratta di stabilire una serie armonizzata di violazioni che dovrebbero essere sanzionate dal diritto penale in tutti gli Stati membri, così come di armonizzare le sanzioni penali in casi di violazioni ambientali.

La Corte ha preso il potere e l’ha passato alla Commissione con totale sdegno per i paesi, le costituzioni nazionali, i parlamenti e la corretta applicazione del diritto.

Chi fra noi è per la sovranità e difende le libertà e i diritti dei paesi di decidere per loro stessi respinge tali metodi.

 
  
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  Ian Hudghton (Verts/ALE), per iscritto. (EN) Ho votato a favore della relazione Nassauer sulla tutela penale dell’ambiente. Mentre il diritto penale sostanziale è e deve rimanere di competenza degli Stati membri, è altrettanto chiaro che la tutela ambientale è una questione che può essere coordinata meglio a livello dell’UE. Sono soddisfatto che il pacchetto di compromesso permetta all’UE di prendere l’iniziativa in merito alla tutela ambientale, rispettando al contempo l’integrità degli ordinamenti giuridici nazionali.

 
  
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  Athanasios Pafilis (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) La direttiva proposta apre la strada all’imposizione agli Stati membri di un diritto penale unificato dell’UE. Utilizza la protezione ambientale e le preoccupazioni dei lavoratori riguardo ai problemi ambientali per promuovere l’adozione di un diritto penale comune dell’UE. Revoca persino la regola dall’unanimità degli Stati membri che fino a oggi si applicava alle questioni penali, il che prepara la strada all’acquis communautaire, dando all’UE il diritto e il potere di istituire e imporre sanzioni penali ovunque reputi sia necessario. In ultima analisi, talune disposizioni della Costituzione europea sono state reintegrate. D’ora in avanti, la loro applicazione rientra sotto il nuovo nome di “Trattato di Lisbona”, prima che sia persino stato ratificato o entrato in vigore. Si tratta di uno sviluppo pericoloso che va a discapito dei popoli d’Europa.

Investire l’UE del potere di adottare un diritto penale unificato senza l’accordo unanime degli Stati membri è equivalente ad abolire uno dei diritti sovrani fondamentali delle nazioni: decidere quali azioni costituiscono un reato penale e specificare il tipo e il livello delle sanzioni. E’ stata pertanto stabilita la supremazia del diritto comunitario sulla normativa nazionale e persino sulle disposizioni costituzionali nazionali. Lo scopo è imporre direttamente sul popolo europeo la volontà di un serio monopolio europeo giuridicamente autorizzato. Al contempo, si ridurranno drasticamente i diritti personali e le libertà fondamentali delle persone.

 
  
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  Zdzisław Zbigniew Podkański (UEN), per iscritto.(PL) Avere cura dell’ambiente è un dovere che incombe su tutti noi. Il mondo non sta tuttavia adempiendo molto bene i proprio compiti. Vi è la tendenza a non riconoscerne l’importanza e a rimandarli a più tardi.

Nel 1998, il Consiglio europeo ha preso la decisione di proteggere l’ambiente attraverso il diritto penale. L’adozione della nuova direttiva significa che una serie di reati soggetti a sanzioni penali in tutti i paesi è ora definita con chiarezza. Ritengo sia altresì necessario porre l’accento sulla responsabilità di produttori, esportatori, importatori e trasportatori dei prodotti e servizi che forniscono, al fine di garantire che non vi siano scappatoie o opportunità di sottrarsi a tali responsabilità.

Sono tuttavia necessarie risorse al fine di fornire, ad esempio, apparecchiature e formazione del personali, affinché si possano attuare adeguatamente i nuovi principi e si possano ridurre i reati a danno dell’ambiente. Ritengo che le risorse debbano essere rese disponibili dal bilancio dell’Unione europea, almeno per i nuovi Stati membri, dato che sono quelli ad avere la maggior parte del lavoro da completare e in breve tempo.

Solo se tutti gli Stati membri agiscono in modo solidale sarà possibile raggiungere gli obiettivi stabiliti. In assenza di tale solidarietà, le differenze regionali diventeranno semplicemente più pronunciate.

 
  
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  Bogusław Sonik (PPE-DE), per iscritto. – (PL) Ho votato a favore della relazione sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla tutela penale dell’ambiente [COM(2007)0051)] poiché l’introduzione di nuove disposizioni giuridiche e l’istituzione di un elenco comune di reati a danno dell’ambiente per l’intera Comunità garantirà un’attuazione maggiormente efficace della normativa comunitaria.

Si applicano le stesse disposizioni in tutti gli Stati membri dell’Unione, ma le modalità con cui sono attuate variano in modo considerevole, il che incoraggia comportamenti indesiderati attraverso i quali imprenditori irresponsabili ricollocano la loro attività economica in paesi in cui le sanzioni penali per i reati sono meno severe. Ciò colpisce in particolare i nuovi Stati membri. Va sottolineato che tali reati, commessi nel quadro di organizzazioni criminali, stanno diventando sempre più significativi e che i reati a danno dell’ambiente sono sempre più di natura transfrontaliera.

Concordo con la posizione del relatore secondo cui il quadro giuridico definito nella proposta di direttiva rappresenta un contributo importante per un’efficace tutela dell’ambiente e può garantire un’attuazione uniforme e responsabile del diritto in materia di protezione ambientale in seno all’Unione europea. Funzionari adeguatamente formati costituiscono una conditio sine qua non per un’efficace attuazione del diritto e un’effettiva riduzione dei reati a danno dell’ambiente. La proposta di specificare chiaramente gli obblighi degli Stati membri a tal riguardo è pertanto assolutamente rilevante. L’adozione di una serie di reati a danno dell’ambiente e delle sanzioni associate costituirà uno strumento estremamente utile per l’attuazione comune della normativa in materia di tutela ambientale in seno all’Unione europea.

 
  
  

- Relazione: Gábor Harangozó (A6-0061/2008)

 
  
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  Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione del mio collega ungherese, Gábor Harangozó, che modifica, in prima lettura della procedura di codecisione, la proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle indagini sulla struttura delle aziende agricole e all’indagine sui metodi di produzione agricola. Appoggio l’idea di permettere deroghe agli Stati membri che desiderano realizzare l’inchiesta sulla struttura delle aziende agricole nel 2009 piuttosto che nel 2010 a causa del censimento decennale della popolazione del 2011. Appoggio parimenti qualsiasi semplificazione prevista.

 
  
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  Duarte Freitas (PPE-DE), per iscritto. − (PT) La proposta di regolamento è giustificata dal nuovo approccio politico della Commissione, che implica la semplificazione della normativa e una migliore regolamentazione.

Concordo riguardo alla proposta della Commissione volta a semplificare le procedure riducendo il numero delle ispezioni interne, mantenendo al contempo il livello di rigore necessario imposto dalla normativa precedente sulla realizzazione di indagini strutturali sulla produzione agricola e animale, sul lavoro agricolo e sulle apparecchiature utilizzate.

Inoltre, e con lo scopo di semplificare, la proposta introduce solo un nuovo tipo di ispezione e non impone in alcun modo agli Stati membri di modificare i loro sistemi amministrativi.

 
  
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  Gábor Harangozó (PSE), per iscritto. − (PT) Dato che le sovvenzioni agricole provengono dal denaro pubblico, è fondamentale garantire la loro distribuzione equa sulla base di criteri oggettivi. Siamo pertanto concordi nel dire che vi sia la necessità di condurre indagini al fine di determinare le condizioni relative alle aziende agricole. Non si può tuttavia consentire l’applicazione di tali principi al fine di imporre ancora un ulteriore onere burocratico sugli agricoltori, in particolar modo sugli agricoltori di piccole e medie dimensioni le cui risorse sono limitate o assenti. Parimenti, ciò non può essere una modalità volta a impedire agli agricoltori, a causa di errori tecnici o di altro tipo di cui essi non sono consapevoli, di ottenere l’appoggio a cui hanno diritto, come è accaduto a volte in Portogallo con il riconoscimento e l’identificazione via satellite.

Riteniamo pertanto che sia positivo che la relazione riconosca le significative difficoltà metodologiche e tecniche presenti in molti Stati membri e che, inoltre, insista sulla necessità della Commissione di fornire agli agricoltori l’assistenza tecnica e consultiva necessaria relativamente al riconoscimento via satellite delle aziende agricole. A tal proposito, desideriamo altresì attirare ancora una volta l’attenzione sulla necessità delle autorità degli Stati membri di garantire l’accesso e l’utilizzo dei dati raccolti durante il riconoscimento via satellite esclusivamente per gli scopi specificati.

 
  
  

– Relazione: Sylvia-Adriana Ţicău (A6-0087/2008)

 
  
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  Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione della mia collega rumena, Silvia-Adriana Ţicău, sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce norme comuni sulle condizioni da osservare per esercitare l’attività di trasportatore su strada.

La precedente direttiva 96/26/CE riguardante l’accesso alla professione di trasportatore su strada e i quattro regolamenti relativi all’accesso al mercato dei trasporti, unitamente alla liberalizzazione dei prezzi del trasporto stradale internazionale intervenuta alcuni anni prima, hanno dato forma al mercato interno del trasporto stradale, benché con una minima qualità dei trasporti, mentre l’apertura del mercato disciplinata dai regolamenti ha favorito una maggiore concorrenza.

L’esperienza ha dimostrato che tali misure vengono applicate in maniera errata o non equa, poiché sono ambigue, incomplete o divenute inadatte a causa dell’evoluzione del settore. Le imprese restano soggette a una sorveglianza e a controlli non equi a seconda degli Stati membri, con livelli di qualifica professionale e di solidità finanziaria estremamente diversi. Diveniva pertanto urgente legiferare, richiedendo condizioni di onorabilità, di idoneità finanziaria e professionale, attuando il mutuo riconoscimento di alcuni dei documenti richiesti per l’ottenimento dell’autorizzazione necessaria per esercitare.

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. − (PT) A parte le critiche di taluni aspetti inclusi nella presente proposta di regolamento, i suoi contenuti non devono essere valutati senza tenere conto del suo “ruolo” nella sempre maggiore liberalizzazione del trasporto su strada di merci e di viaggiatori nel servizio internazionale, così come promosso dalla Commissione europea e dalle istituzioni dell’Unione europea con potere di codecisione, e cioè il Parlamento europeo e il Consiglio.

A dire il vero, la stessa Commissione europea evidenzia questa idea centrale nella sua proposta: “la direttiva 96/26/CE riguardante l’accesso alla professione di trasportatore su strada e i quattro regolamenti relativi all’accesso al mercato dei trasporti, unitamente alla liberalizzazione dei prezzi del trasporto stradale internazionale intervenuta alcuni anni prima, hanno dato forma al mercato interno del trasporto stradale”. In altre parole, sono stati stabiliti “i requisiti comuni per accedere alla professione”, mentre “l’apertura del mercato disciplinata dai regolamenti ha favorito una maggiore concorrenza”.

Come abbiamo messo in risalto relativamente alla proposta di regolamento su norme comuni per l’accesso al mercato del trasporto su strada di merci nel servizio internazionale, la presente proposta ha lo scopo di aumentare la liberalizzazione del trasporto su strada nel servizio internazionale, cercando di promuovere una maggiore concorrenza tra gli operatori in un settore già sommerso da costi innumerevoli ed elevati, a carico dei suoi lavoratori.

 
  
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  Jörg Leichtfried (PSE), per iscritto. (DE) L’armonizzazione delle norme esistenti in questo settore costituisce un mezzo importante per ottimizzare il trasporto su strada in Europa. In tale contesto, inoltre, un regolamento è maggiormente conveniente rispetto a una direttiva.

Le norme che regolano l’attività di un operatore del trasporto su strada devono rispettare criteri definiti con precisione se si vuole ottenere il più alto livello possibile di sicurezza sulle nostre strade. Tali norme devono comprendere sia i requisiti che le sanzioni.

Un elemento fondamentale è il monitoraggio e il controllo dei dati, da condurre nel dovuto rispetto della riservatezza dei dati personali. E’ molto importante che i registri elettronici nazionali contenenti i dati siano interconnessi, così che i dati possano essere comparati e il regolamento serva di conseguenza il proprio scopo.

Mi oppongo agli emendamenti nn. 7 e 102 che cercano di attenuare la regola dei sei giorni. Una reintroduzione della regola dei dodici giorni, che è già stata respinta, non sarebbe coerente con la sostanza della presente relazione.

 
  
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  Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. − (PT) La relazione dell’onorevole Ţicău fa parte di un pacchetto di misure che, unitamente a due altre relazioni, ha lo scopo di regolare l’attività del trasporto su strada.

Tale attività è di estrema importanza nell’Area economica europea poiché rende possibile il mercato aperto e competitivo di cui oggigiorno siamo così fieri.

Nel quadro di tale nuova proposta, le imprese devono assumere un gestore dei trasporti avente una formazione professionale certificata che sarà responsabile della gestione dell’attività di trasporto dell’impresa. Vengono mantenute le condizioni già stabilite per l’accesso all’attività – e cioè onorabilità, idoneità finanziaria e professionale.

Tale riformulazione è intesa a rendere la normativa esistente maggiormente intelligibile ed esigente in termini di sicurezza ed efficienza in questo tipo di impresa.

Accolgo pertanto con favore il lavoro condotto dal relatore al fine di aumentare le responsabilità in termini di sicurezza e garanzie di impegno in questo settore, nonché le misure sull’idoneità professionale che comprende una formazione professionale di elevata qualità e il riconoscimento reciproco di diplomi e licenze.

 
  
  

– Relazione: Mathieu Grosch (A6-0038/2008)

 
  
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  Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione del mio stimato collega, Mathieu Grosch, sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che fissa norme comuni per l’accesso al mercato del trasporto internazionale di merci su strada, che ha lo scopo di fondere i testi che regolano l’accesso al mercato del trasporto internazionale di merci e di cabotaggio su strada, attualmente disciplinato da regolamenti e direttive precedenti. Nel mercato interno, il trasporto internazionale tra gli Stati membri è stano pienamente liberalizzato, sebbene restino ancora diverse limitazioni per il cabotaggio. Accolgo con favore tali indicazioni e semplificazioni, nonché l’aumento delle sanzioni per le violazioni commesse in Stati membri diversi da quello di stabilimento.

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. − (PT) Si tratta solo di un altro passo verso e di un altro strumento volto ad aumentare la liberalizzazione del trasporto internazionale di merci su strada cercando di promuovere una maggiore concorrenza tra gli operatori in un settore che è già sommerso di costi innumerevoli ed elevati a carico dei suoi lavoratori.

Uno degli obiettivi attuali è trovare un modo per facilitare l’inserimento dei trasporti di “cabotaggio” su strada – in altre parole, condurre fino a tre operazioni di trasporto in seguito a un viaggio internazionale, a patto che essi siano condotti entro sette giorni – in un mercato che è già così liberalizzato che ciò avrà un profondo impatto sulle finanze e la sopravvivenza degli operatori nazionali.

Tale decisione avrà anche conseguenze dannose per i lavoratori del trasporto su strada di merci. Ciò è evidente, ad esempio, nella proposta da parte di una maggioranza di quest’Assemblea di rimuovere il riferimento ai “tempi di lavoro”, lasciando soltanto i termini “tempi di guida” e “tempi di riposo”, in altre parole permettendo un orario di lavoro più lungo che influirà negativamente sulle condizioni di lavoro e sulla sicurezza dei lavoratori. Se teniamo conto delle recenti decisioni della Corte di giustizia, neppure il riferimento alla direttiva 96/71/CE sulla trasferta dei lavoratori tutelerà i diritti occupazionali di molti lavoratori di questo settore.

 
  
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  Bogusław Liberadzki (PSE), per iscritto. − (PL) Ho votato a favore dell’adozione della relazione sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che fissa norme comuni per l’accesso al mercato del trasporto internazionale di merci su strada (rifusione) [COM(2007)0265 – C6-0146/2007 –2007/0099(COD)].

Concordo con il relatore in merito al fatto che l’adozione della proposta della Commissione sarà strumentale a semplificare e chiarire i principi applicabili al trasporto di merci su strada.

Appoggio la relazione dell’onorevole Grosch, volta a fornire opportunità agli Stati membri vicini di aprire ancora ulteriormente i loro mercati ai trasporti di cabotaggio.

 
  
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  Jörg Leichtfried (PSE), per iscritto. (DE) Ho votato a favore della relazione dell’onorevole Mathieu Grosch sull’accesso al mercato del trasporto internazionale di merci su strada. La fusione degli esistenti regolamenti e della direttiva 2006/97/CE semplificherà e migliorerà l’accesso al mercato del trasporto di merci su strada.

Appoggio la visione del relatore secondo la quale le limitazioni al cabotaggio vanno attenuate e le norme che regolano il cabotaggio vanno allineate a quelle applicate al trasporto di merci transfrontaliero nel mercato interno. E’ pertanto fondamentale definire chiaramente il cabotaggio al fine di garantire un approccio uniforme.

Sebbene le corse a vuoto vadano evitate nell’interesse dell’ambiente e dell’efficienza e sebbene vada altresì appoggiato il cabotaggio sulla strada di rientro da altri paesi, soggetto a limitazioni definite nella relazione, non si deve dimenticare che anche tali misure indeboliscono la posizione delle ferrovie.

 
  
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  Athanasios Pafilis (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) Non votiamo a favore della relazione sull’accesso al trasporto stradale. Liberalizza il mercato del trasporto di merci su strada e apre gli operatori internazionali al trasporto nazionale. Il trasporto interno e internazionale su strada delle merci e dei passeggeri è pertanto passato alle imprese di monopolio. Le conseguenze sono disastrose per le imprese di piccole e medie dimensioni e in particolare per i lavoratori e i conducenti che verranno sfruttati ancora di più dai gruppi di monopolio.

La proposta del Parlamento europeo sta puntando a una strada sempre più reazionaria rispetto a quella della Commissione. Elimina persino la più piccola limitazione proposta e richiede la piena liberalizzazione del mercato del trasporto nazionale e internazionale.

La possibilità di eseguire senza limitazioni operazioni di scarico e ricarico degli Stati membri e il tempo illimitato passato dai veicoli e dal personale in altri Stati membri dopo aver condotto semplici operazioni di trasporto internazionale, è volto a ridurre i costi della manodopera. Si violeranno i diritti che tutelano i salari, il lavoro e l’assicurazione dei lavoratori del trasporto internazionale e si promuoverà la concentrazione delle attività in grandi multinazionali, devastando il settore se non controllato e degradando la qualità dei servizi.

Il movimento laburista della classe operaia deve opporsi vigorosamente a tutto ciò, mostrando insubordinazione e disobbedienza alla politica antilaburista e antipopolare dell’UE.

 
  
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  Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. − (PT) La presente proposta rientra in un pacchetto di misure nel quadro del settore del trasporto su strada. Questa specifica proposta mira a migliorare la coerenza della normativa comunitaria nell’area del trasporto internazionale di merci su strada, fondendo due regolamenti esistenti e garantendo di conseguenza una maggiore efficienza nell’applicazione delle norme, nonché chiarendo e facilitando l’applicazione del concetto di cabotaggio. Essa inoltre stabilisce misure volte a semplificare e normalizzare la licenza comunitaria e le attestazioni dei conducenti, riducendo di conseguenza i costi e i ritardi amministrativi, in particolare nel caso di controlli sulle strade.

Gli Stati membri saranno altresì in grado di potenziare i loro sistemi di comunicazione, che contribuiranno a riportare reati commessi da un’impresa di trasporto su strada nello Stato membro in cui essa è stabilita. Ritengo che il presente testo sia estremamente importante per lo sviluppo di questo settore nel mercato europeo, conferendogli l’efficienza, la regolamentazione e la struttura necessarie, che conducono a un mercato aperto, regolato ed equo.

 
  
  

– Relazione: Fiona Hall (A6-0077/2008)

 
  
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  Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione della mia collega britannica, Fiona Hall, che ha eseguito un lavoro eccellente, modificando in prima lettura della procedura di codecisione la proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio sulla selezione e l’autorizzazione dei sistemi che forniscono servizi mobili via satellite (MSS). In qualità di relatore del mio gruppo politico, il gruppo PPE-DE, mi sono battuto per un’ottima copertura geografica dei servizi sul territorio dell’UE. Sono lieto di aver potuto contribuire a esigere che le candidature debbano comportare l’impegno che il sistema proposto fornisca la copertura di un’area di servizio pari almeno al 60 per cento della superficie terrestre aggregata degli Stati membri, dal momento in cui comincia la fornitura. Inoltre, il sistema proposto dovrà fornire almeno il 50 per cento della popolazione e su almeno il 60 per cento della superficie terrestre aggregata di ciascuno Stato membro nel momento definito dal richiedente, ma in ogni caso non oltre sette anni dalla data di pubblicazione del testo. Infine, le candidature devono comportare un impegno volto a permettere l’utilizzo, da parte dei servizi di protezione civile e di soccorso in caso di catastrofe, dei servizi mobili via satellite proposti.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. (PT) Nella presente relazione vi sono punti positivi che accogliamo con favore, in particolare le proposte relative all’importanza dei servizi mobili via satellite che coprono aree esterne ai principali centri urbani degli Stati membri e della fornitura dei migliori servizi possibili al fine di colmare il divario digitale, nonché l’argomentazione per cui l’area di copertura iniziale del servizio dei servizi mobili via satellite proposti debba essere fissata a un livello sufficiente, aumentando pertanto la capacità di copertura di tali sistemi.

Non possiamo tuttavia ignorare il contesto in cui tali proposte vengono presentate, e cioè la liberalizzazione e l’avanzamento del mercato interno delle telecomunicazioni. Non dobbiamo pertanto votare a favore della presente relazione.

Parimenti, non concordiamo in merito al fatto che gli Stati membri debbano rinunciare ai propri diritti nazionali di uso delle frequenze in considerazione dell’ampiezza dell’impronta satellitare dei servizi mobili via satellite, che rende difficilmente evitabili le interferenze attraverso i confini nazionali. Infatti, la decisione della Commissione del febbraio 2007 riconosce che gli Stati membri debbano conservare il diritto di concedere l’autorizzazione per il funzionamento di componenti terrestri complementari all’interno del loro territorio.

 
  
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  Olle Schmidt (ALDE), per iscritto. (SV) La relazione sulla selezione e l’autorizzazione dei sistemi che forniscono servizi mobili via satellite riguarda come dobbiamo fornire un sistema europeo comune di servizi via satellite, un fattore importante per il potenziamento di una durevole competitività dell’Europa nell’industria e nella ricerca tecnologica avanzata. La relazione è buona e si concentra su come poter migliorare tale compito. Tuttavia, una questione cruciale, riguardante la copertura di tale servizio, ha presentato problemi dal punto di vista svedese, dato che il compromesso è stato stabilito sul 60 per cento del territorio terrestre dell’UE. Ciò significa che parte della Svezia non verrà coperta, il che è negativo dal punto di vista della tecnologia e della ricerca. Ho pertanto scelto di astenermi.

 
  
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  Dominique Vlasto (PPE-DE), per iscritto. – (FR) L’adozione della presente decisione costituisce un passo decisivo verso il potenziamento del mercato interno delle comunicazioni elettroniche.

L’obiettivo è semplice: fornire a tutti un accesso Internet ad alta velocità, l’accesso mobile a contenuti multimediali e protezione civile nel caso di catastrofi umane o naturali.

I mezzi attuati corrispondono alle aspettative dei nostri cittadini, in particolare in termini di accesso a Internet: un servizio per il 50 per cento della popolazione e su almeno il 60 per cento di ciascuno Stato membro costituisce un mezzo efficace per colmare il divario tecnologico e può altresì essere utilizzato nelle zone rurali.

Tale decisione costituisce persino più di un successo dato che comporta un’armonizzazione molto maggiore della gestione dello spettro radio su scala europea che, vale la pena ricordarlo, costituisce una risorsa sempre più scarsa.

Si tratta inoltre del risultato della volontà di tutti gli Stati membri di mettere a disposizione dell’industria delle telecomunicazioni i mezzi per creare un mercato dei servizi a livello europeo, che è stato in precedenza troppo frammentato.

In breve, i servizi mobili via satellite (MSS) dovrebbero risultare un successo sia a livello industriale che a livello di potenziamento della diversità culturale e del pluralismo nei mezzi d’informazione e comunicazione.

 
  
  

– Relazione: Klaus-Heiner Lehne (A6-0101/2008)

 
  
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  Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione di iniziativa del mio collega tedesco, Klaus-Heiner Lehne, su una semplificazione del contesto in cui operano le imprese in materia di diritto societario, contabilità e revisione contabile, in risposta alla comunicazione della Commissione europea sull’argomento.

Al pari dei miei colleghi, accolgo con favore l’obiettivo generale della Commissione di ridurre in Europa gli oneri amministrativi per le imprese. Tale riduzione, tuttavia, non può essere attuata a prezzo di incertezza giuridica o contabile, quando le PMI iniziano a penetrare il mercato interno. Sono lieto che il Parlamento non abbia accettato il consiglio di aumentare le soglie cui si fa riferimento nella comunicazione per le microentitià, al di sotto delle quali tali entità sono esonerate dai requisiti di contabilità, revisione contabile e riservatezza nel quadro del diritto europeo. Sono altresì molto lieto che il Parlamento abbia votato a favore di un emendamento che ho proposto in commissione e che è stato adottato in quella fase. Esso raccomanda che si tengano consultazioni relative alla necessità e fattibilità della creazione di un regolatore europeo per i servizi di contabilità e di revisione contabile.

 
  
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  Alessandro Battilocchio (PSE), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, ho votato a favore della relazione Klaus-Heiner Lehne sulla “semplificazione del contesto societario” perché convinto della necessità di “nuove” riforme in materia di diritto societario, contabilità e controllo di bilancio. Il diritto societario è ormai fortemente e, ritengo, positivamente influenzato dalla normativa a livello europeo. Dobbiamo evitare che questa imponga obblighi burocratici eccessivi e non necessari evitando di sovrapporre oneri già dovuti, connessi alla disciplina nazionale.

Tali riforme dovranno essere finalizzate a rendere più facile la lettura della normativa applicabile, nonché a ridurre gli oneri burocratici ed amministrativi soprattutto in materia di contabilità. La semplificazione risulterà in un grande vantaggio per le imprese e, soprattutto, per le PMI normalmente prive di grandi uffici legali e contabili. Sono convinto che una disciplina comprensibile e di facile applicazione favorisca innanzitutto il rispetto della legalità. Al contempo attraverso disposizioni chiare e di agevole identificazione si aiuta la creazione di un ambiente economico positivo ed attivo.

Credo che il lavoro della commissione pertinente e del relatore onorevole Lehne abbia consentito un giusto compromesso tra esigenze di rispetto del principio di sussidiarietà e creazione di un percorso armonizzato tra Stati membri impegnati in uno sforzo comune diretto alla semplificazione della disciplina societaria a livello europeo.

Dobbiamo evitare di creare impedimenti burocratici che imbriglino il dinamismo e l’imprenditorialità fino a soffocarli.

 
  
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  Sharon Bowles (ALDE), per iscritto. (EN) L’emendamento n. 11 quater, richiede la cancellazione del paragrafo 26. Esistono due modi per interpretare tale paragrafo. Alcuni sono preoccupati che possa essere una richiesta di “un’azione, un voto”, e per tale motivo hanno votato a favore della cancellazione del paragrafo. Questa non è la mia interpretazione. Il paragrafo si riferisce specificatamente a “ostacoli alla libera circolazione di capitale” e si riferisce alla specifica sentenza relativa a Volkswagen. La mia interpretazione è che questo paragrafo inviti la Commissione a ovviare a misure protezionistiche particolari, ed estreme. Per tale ragione non ho votato a favore dell’emendamento, bensì del mantenimento del paragrafo in quanto dichiarazione contro il protezionismo.

 
  
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  Sylwester Chruszcz (NI), per iscritto. – (PL) Sono a favore della semplificazione delle procedure di rendicontazione e delle modalità di comunicazione tra la pubblica amministrazione e gli imprenditori. Al momento, le procedure burocratiche imposte agli imprenditori sono eccessivamente complesse. La relazione si propone di migliorare la comunicazione, oltre a raccomandare l’introduzione dello standard XBRL. Si tratta di uno standard aperto, il che significa che è facilmente accessibile persino per le piccole imprese.

Ho pertanto deciso di appoggiare la presente relazione.

 
  
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  Jonathan Evans (PPE-DE), per iscritto. (EN) Io e miei colleghi conservatori britannici desideriamo chiarire che ci opponiamo fermamente al paragrafo 23 della presente relazione che appoggia l’istituzione di una “una base imponibile consolidata comune per le imprese” nell’UE.

Abbiamo tuttavia chiarito la nostra politica in proposito in molte occasioni e l’equilibrio del resto della relazione nel promuovere la semplificazione delle norme sulle imprese, soggetto a tale precisazione, ha il nostro appoggio.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. − (PT) La relazione ha in generale lo scopo di semplificare e ridurre la normativa comunitaria sulla base del fatto che ciò andrà a vantaggio in particolare delle PMI. E’ vero che vi possono essere alcuni aspetti positivi di tale semplificazione e che di solito appoggiamo la semplificazione di misure relative alla normativa societaria, a patto che essa risulti in una riduzione del carico amministrativo. Non possiamo tuttavia votare a favore di una relazione che, da un lato, richiede semplificazione, mentre dall’altro richiede la creazione di nuovi quadri giuridici comunitari.

Le seguenti proposte nella relazione hanno portato alla nostra astensione dovuta alla loro natura dubbiosa e negativa: una normativa su un possibile coordinamento tra le amministrazioni fiscali degli Stati membri in modo tale da armonizzare le richieste di informazioni fatte alle imprese; revisione dello statuto della società europea per portarla maggiormente in linea con il resto del diritto comunitario; la creazione di un nuovo quadro giuridico per le imprese, e l’istituzione di una nuova base imponibile consolidata comune poiché ciò renderebbe lo statuto della società europea più utile ed efficace.

 
  
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  Lidia Joanna Geringer de Oedenberg (PSE), per iscritto. – (PL) La comunicazione della Commissione su una semplificazione del contesto in cui operano le imprese in materia di diritto societario, contabilità e revisione contabile dispone misure volte a ridurre gli oneri amministrativi sulle imprese europee e a garantire che esse possano competere efficacemente a livello globale. Non solo gli Stati membri mancano di trarre vantaggio dalle misure facoltative volte a ridurre la burocrazia, ma spesso rispondono anche alle concessioni comunitarie attraverso disposizioni nazionali più severe, privando di conseguenza le imprese locali dell’opportunità di semplificare le procedure conformemente alla normativa dell’Unione.

La Commissione deve pertanto concentrarsi sull’incoraggiare gli Stati membri ad armonizzare la classificazione dei requisiti riguardanti la rendicontazione nell’ambito delle informazioni finanziarie. Dovrebbe altresì esortare gli Stati membri ad adottare nuove tecnologie al fine di ridurre i costi. Inoltre, una soluzione che comprende l’istituzione di una base imponibile consolidata comune renderebbe lo statuto della società europea più utile ed efficace. Anche la proposta di escludere le cosiddette microimprese dal campo di applicazione delle direttive sulla contabilità deve essere accolta con favore. In pratica, ciò significherebbe esonerarle dalla necessità di tenere la contabilità, presentare una relazione finanziaria annuale e pubblicare le relazioni richieste nel quadro della normativa europea.

I cambiamenti proposti sono senza dubbio lodevoli. Ciononostante, se le imprese europee devono competere con successo sul sempre più esigente mercato globale, sembrerebbe fondamentale un’ulteriore semplificazione dell’acquis nell’ambito del diritto societario e della sua efficace attuazione negli Stati membri.

 
  
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  Ian Hudghton (Verts/ALE), per iscritto. (EN) Appoggio la relazione dell’onorevole Lehne sulla semplificazione del contesto in cui operano le imprese. L’UE ha un ruolo fondamentale da svolgere per garantire che le imprese operino in un contesto competitivo, eppure spesso le imprese e gli Stati membri si trovano ostacolati da norme eccessivamente complesse. Devono pertanto essere accolti con favore i passi volti a semplificare il contesto in cui operano le imprese.

 
  
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  Monica Maria Iacob-Ridzi (PPE-DE), per iscritto. (RO) Ho votato a favore della presente relazione, ma ritengo che dobbiamo attuare un pacchetto di azioni più completo al fine di garantire la semplificazione del contesto in cui operano le imprese europee.

Mi riferisco in particolare ai problemi incontrati quando si avvia un’impresa. L’Eurostat mostra che, negli Stati membri dell’UE, il periodo necessario per adempiere le formalità amministrative per avviare un’impresa variano tra un giorno e diversi mesi. Alcuni Stati membri, inoltre, erano annoverati molto al di sotto della media dell’OCSE in una graduatoria della facilità di fare impresa in diversi paesi del mondo. Da ultimo ma non per importanza, le diverse norme nei 27 Stati membri riguardo al diritto societario impediscono la circolazione transnazionale del capitale e l’avvio di nuove imprese in uno Stato membro diverso da quello di origine.

Ritengo che questi due elementi siano essenziali per realizzare la crescita economica che costituisce l’obiettivo della strategia di Lisbona e, di conseguenza, andrebbero promossi maggiormente da parte della normativa societaria europea.

 
  
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  Janusz Lewandowski (PPE-DE), per iscritto. – (PL) Signor Presidente, l’Unione europea non viene percepita come un’area in cui, in termini di facilità di utilizzo, le disposizioni riguardanti la gestione di un’impresa siano particolarmente semplici. In effetti la sensazione generale è che questa sia un’area eccessivamente regolamentata da norme mondiali, che creano particolari difficoltà alle piccole imprese. Ogni passo verso la semplificazione delle disposizioni, come indicato nella comunicazione della Commissione del 10 luglio 2007, devono pertanto essere accolte con favore. L’effetto più importante e più desiderabile della semplificazione deve essere l’incoraggiamento delle piccole imprese a operare sul mercato comune europeo. Ad oggi quest’ultimo non è stato molto accessibile alle nuove imprese dell’Europa centrale e orientale.

Se si deve raggiungere lo scopo, le disposizioni nazionali devono essere armonizzate, oltre ad abrogare le disposizioni non necessarie a seguito delle due opzioni proposte dalla Commissione. Ciò, tuttavia, non richiede un’armonizzazione fiscale, come suggerito nel paragrafo 23 della relazione dell’onorevole Lehne, la cosiddetta formula leggera per consolidare la base imponibile per le imprese. Il relatore favorisce la seconda delle opzioni proposte dalla Commissione, che è di portata minore. Ciononostante, nel contesto dell’attuale tendenza dell’Unione europea a regolamentare, equivarrebbe senza dubbio a un’inversione della tendenza sfavorevole che sicuramente limita le opportunità a disposizione delle imprese europee per competere sul mercato globale.

 
  
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  Marianne Thyssen (PPE-DE), per iscritto. − (NL) La comunicazione della Commissione solleva questioni fondamentali che devono determinare la politica europea sul diritto societario e contabile. La relazione Lehne avanza buone risposte a tali questioni, che posso accogliere anch’io. Vi è tuttavia un punto problematico in cui la Commissione propone l’introduzione di una categoria di “microentità”. Si tratta di imprese più piccole che si trovano al di sotto di una specifica soglia che devono essere esonerate dalla rendicontazione finanziaria e dall’obbligo annuale in materia di contabilità comunitari. La relazione Lehne è a favore di tale approccio e suggerisce persino di aumentare le soglie. In Belgio, il 75 per cento delle imprese sarebbe sollevato dagli attuali requisiti di trasparenza. A prima vista, l’abolizione del sistema contabile per le piccole imprese sembra un’importante semplificazione della burocrazia, ma, data l’importanza delle informazioni finanziarie per tutte le parti interessate (i fornitori di credito, ad esempio), porterebbe a maggiore burocrazia e a costi più elevati. Dato che non vi sarà alcuna rendicontazione finanziaria generalmente accettata, si chiederà alle imprese di fornire dati à la carte, in vari modi. Inoltre si priveranno di uno strumento utile per il controllo interno dell’impresa, che è certamente importante per una PMI. Mi sono pertanto astenuta dalla votazione finale.

 
  
  

– Relazione: Britta Thomsen (A6-0165/2008)

 
  
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  Adam Bielan (UEN), per iscritto. – (PL) Signor Presidente, l’istruzione superiore è diventata molto più accessibile e un numero crescente di donne consegue la laurea. Ciononostante, le donne sono ancora scarsamente rappresentate ai più alti livelli del mondo accademico. Sebbene la maggior parte dei docenti universitari siano donne (più del 50 per cento), esse tendono a occupare meno incarichi accademici di alto livello.

Sono a favore dell’idea di promuovere misure favorevoli alla famiglia prevedendo l’introduzione di orari di lavoro flessibili e migliori servizi per l’assistenza all’infanzia. Appoggio inoltre l’accessibilità alle prestazioni previdenziali all’estero e l’introduzione di condizioni per quanto concerne i congedi parentali, che consentirebbero a uomini e donne la libertà di scelta. Le interruzioni dell’attività scientifica femminile legate a motivi familiari non devono avere ricadute negative sulle loro successive opportunità di carriera, offrendo di conseguenza ai colleghi uomini un vantaggio eccessivo relativamente alla prosecuzione della loro attività scientifica.

Appoggio la relazione dell’onorevole Thomsen, perché ritengo che affronti in modo corretto questioni legate agli stereotipi di genere, che ancora esistono in molti Stati membri dell’Unione europea.

 
  
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  Edite Estrela (PSE), per iscritto. − (PT) Ho votato a favore della relazione dell’onorevole Britta Thomsen su donne a scienza, in quanto ritengo sia essenziale favorire un equo accesso all’attività scientifica per entrambi i generi. Fattori, quali gli stereotipi associati alla scienza naturale o gli ostacoli che si creano a causa delle difficoltà di conciliare la vita personale e famigliare con la vita professionale, comportano numerosi svantaggi e difficoltà per le scienziate e le ricercatrici ed escludono molte donne dalla ricerca scientifica.

Le disparità tra uomini e donne relativamente alla loro presenza in posizioni di responsabilità nel mondo accademico e scientifico, le rispettive retribuzioni e l’esigenza di una vita privata necessita di misure volte a neutralizzare tali stereotipi di genere nella scienza, al fine di attrarre le donne all’attività scientifica e di rimuovere le disuguaglianze esistenti.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. − (PT) Sappiamo che vi sono più donne che uomini nell’istruzione superiore, eppure, quando si tratta di scegliere la carriera scientifica, gli uomini superano ancora in numero le donne. L’enorme aumento della partecipazione delle donne all’istruzione superiore non ha né portato a un cambiamento corrispondente nel rapporto tra donne e uomini in particolari settori di studio o professionali, né ha eliminato lo specifico divario salariale di genere.

Come sottolinea il relatore, in seno al governo e all’università, le donne che svolgono attività di ricerca sono ancora una minoranza. La media UE è infatti pari al 35 per cento. In tutti gli Stati membri, tuttavia, questi due settori vantano una percentuale più elevata di donne ricercatrici rispetto alle imprese commerciali, dove la media UE che emerge dai dati più recenti è pari al 18 per cento, pur con ampie variazioni tra uno Stato e l’altro. I paesi con la minor partecipazione femminile nelle attività di ricerca delle imprese sono Germania (11,8 per cento), Austria (10,4 per cento) e Paesi Bassi (8,7 per cento), mentre in Lettonia, Bulgaria e Romania la presenza femminile supera il 40 per cento. La distribuzione dei ricercatori calcolata in base ai principali settori scientifici mostra andamenti differenti per i due sessi. Il 54 per cento degli uomini che svolgono attività di ricerca nell’università lavora nei dipartimenti di scienze naturali e ingegneria, a fronte di una presenza femminile pari al 37 per cento.

 
  
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  Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. (SV) Un maggiore accesso delle donne al settore scientifico, come afferma il relatore, è di importanza cruciale. Come possiamo arrivare a tale risultato in ciascun singolo paese costituisce, da un lato, una questione che varia in base alla cultura del paese e ad altre caratteristiche specifiche. Il problema si manifesta in modo diverso nei 27 Stati membri dell’UE e pertanto anche le soluzioni devono variare. Non è possibile generalizzare sulla situazione delle donne in tutti i 27 Stati membri. Il Junilistan è convinto che la strada verso la parità debba essere pianificato in pratica a livello nazionale.

Abbiamo pertanto scelto di non votare a favore della relazione.

 
  
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  Genowefa Grabowska (PSE), per iscritto. – (PL) In qualità di docente universitario donna che ha maturato molti anni di esperienza lavorativa presso un’università polacca, sono consapevole della portata delle sfide implicate e appoggio pertanto la relazione dell’onorevole Thomsen. La relazione ha un approccio interessante al problema della discriminazione di genere nel mondo scientifico, identificando gli ostacoli sociali, culturali e finanziari che sono causa dalla sottorappresentanza femminile.

Siamo poche nel settore statale e nell’istruzione superiore, un esiguo 35 per cento, e solo il 18 per cento nel settore privato. Come ci si può aspettare che costruiamo una società basata sulla conoscenza, che sviluppiamo una scienza e un’economia europea, che facciamo fronte alle sfide della strategia di Lisbona e che soddisfiamo le aspettative dell’Europa alle porte del XXI secolo, senza coinvolgere le donne nella scienza? Dobbiamo creare le condizioni necessarie a permettere alle donne di essere maggiormente coinvolte nel mondo scientifico e ad aprire loro le porte dei laboratori universitari. Si deve altresì fare in modo che le donne possano aspirare agli incarichi accademici di più alto livello. La promozione nel mondo scientifico dipende dai successi accademici e la possibilità di una donna di vedersi assegnare una cattedra è tre volte inferiore rispetto a quella di un uomo, il che è deplorevole e non può essere spiegato solo con i più incisivi impegni famigliari delle donne.

Poche donne sono membri degli organi decisionali degli istituti di istruzione superiore europei, dove è pertanto difficile attuare politiche sulla parità di genere. Dobbiamo solo riferire l’esempio vergognoso del Consiglio scientifico del Consiglio europeo della ricerca. Solo cinque dei suoi ventidue membri sono donne!

 
  
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  Małgorzata Handzlik (PPE-DE), per iscritto. (PL) La partecipazione delle donne nel mercato del lavoro sta aumentando in modo sistematico in tutta l’Unione europea. La Polonia non fa eccezione, sebbene in Polonia la partecipazione delle donne nel mercato del lavoro resti al di sotto della media dell’Unione. Desidero sottolineare, tuttavia, che più polacche ricoprono posizioni di responsabilità rispetto alle loro controparti nell’Europa occidentale.

Ritengo che l’aumento dell’attività professionale delle donne costituisca una questione importante. In tale contesto, è fondamentale considerare la situazione delle scienziate, dato che è simile alla situazione di tutte le donne che si trovano di fronte alla necessità di conciliare i doveri professionali con la vita famigliare.

Ciononostante, non credo che l’imposizione della parità debba essere il modo di aumentare la partecipazione delle donne nel mercato del lavoro. Le decisioni sull’occupazione devono essere prese soprattutto in base alle qualifiche e alle competenze acquisite dalle donne attraverso un’adeguata istruzione. La proposta volta ad aumentare la trasparenza delle procedure di assunzione, la rivalità per le posizioni dirigenziali e l’assegnazione di sovvenzioni per la ricerca scientifica sembra tuttavia adeguata. Tali cambiamenti andrebbero tuttavia accompagnati da una riforma del mercato del lavoro.

Il settore scientifico dell’Unione europea ha bisogno di sostegno. I corsi tecnici e scientifici vanno promossi come studi appetibili per entrambi i generi, data l’importanza della scienza per lo sviluppo economico. Dobbiamo pertanto incoraggiare i giovani a frequentare corsi universitari di questa natura.

 
  
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  Jörg Leichtfried (PSE), per iscritto. (DE) Ho votato a favore della relazione dell’onorevole Britta Thomsen su donne e scienza perché nel mondo scientifico le donne continuano a essere sottorappresentate. La relazione sottolinea passi importanti verso un equilibrio tra uomini e donne in ambito universitario.

La promozione delle carriere universitarie per le donne deve giocare un ruolo fondamentale. Grande importanza è data all’eliminazione degli stereotipi di genere. L’attuale tendenza di assegnare attributi maschili e femminili a singole discipline universitarie è dannosa per un giusto equilibrio tra i sessi.

Con l’aiuto di nuovi programmi e procedure di assunzione, è possibile garantire che siano le capacità e le qualifiche dei candidati ad essere essenziali, e non il loro sesso. Lo stesso si deve applicare alle opportunità di avanzamento e ai livelli retributivi. L’obiettivo non vincolante di una quota di almeno il 40 per cento di donne e di almeno il 40 per cento di uomini nei gruppi di selezione costituisce un modo per livellare gli squilibri tra i sessi nelle professioni universitarie, ma le capacità e le qualifiche dei candidati devono prevalere sempre.

 
  
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  Rovana Plumb (PSE), per iscritto. (RO) Ho votato a favore della relazione sulla situazione delle donne nel mondo scientifico, che considero fondamentale per raggiungere gli obiettivi di crescita e occupazione della strategia di Lisbona.

Nei nuovi Stati membri dell’UE, il numero delle ricercatrici è circa il 40 per cento, paragonato a quello dei paesi occidentali, dove si aggira intorno all’11 per cento, ma, purtroppo, una percentuale molto alta è impiegata in settori in cui le spese per la ricerca e lo sviluppo sono tra le più basse.

Desidero attirare l’attenzione sull’importanza dell’articolo su un’integrazione del punto di vista familiare nel quadro generale, ricorrendo alla possibilità di orari di lavoro flessibili, di migliori strutture per l’assistenza all’infanzia, al fine di conciliare vita famigliare e carriera professionale.

Ritengo che la rapida attuazione delle disposizioni contenute nella presente relazione fornirà un sostegno fondamentale al fine di ottenere, nel 2010, una percentuale del 25 per cento di donne che lavorano nella ricerca in posizioni dirigenziali. Mi congratulo con l’onorevole Britta Thomsen per la relazione.

 
  
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  Teresa Riera Madurell (PSE), per iscritto. − (ES) Dato che non sono stata in grado di assistere e partecipare alla discussione per motivi di salute, desidero giustificare il mio appoggio alla relazione. Si tratta di un lavoro eccellente e completo, che copre tutte le questioni principali per garantire una rappresentanza equilibrata di uomini e donne nel mondo scientifico e tecnologico.

Si tratta inoltre di una relazione molto tempestiva, dato che, se l’UE necessita di ulteriori 700 000 ricercatori per conseguire i suoi obiettivi entro il 2010, per la Commissione e gli Stati membri questo è il momento giusto per attuare le misure specifiche esposte nella relazione al fine di correggere tali anomali.

Qualifiche e meriti sono equamente condivisi tra uomini e donne. In effetti al momento le donne superano in numero gli uomini nelle università, oltre a ottenere risultati migliori. Esistono dati oggettivi relativi a tutto ciò.

I governi in particolare, inoltre, devono favorire la presenza di un numero maggiore di donne nel settore scientifico e tecnologico, dato che utilizzare solo la metà dei cervelli non è né intelligente, né efficiente.

Sono lieta che il Parlamento abbia finalmente avviato un esame approfondito di tale questione.

 
  
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  Lydia Schenardi (NI), per iscritto. – (FR) Verità distorte, dichiarazioni erronee e osservazioni sessiste, che stigmatizzano innanzi tutto gli uomini, rappresentano, in poche parole, in poche brutali parole, la sostanza della presente relazione.

L’uguaglianza tra uomini e donne e una migliore integrazione delle donne nelle carriere professionali non possono essere concepite in modo autoritario e repressivo. Ciò può solo rendere i risultati negativi e controproducenti.

E’ senza dubbio vero che per le donne sono numerosi i ritardi in termini di integrazione, divari retributivi o mancanza di profili professionali, in particolare in ambito scientifico e tecnologico.

Ancora una volta, tuttavia, sono il dialogo, l’attuazione di misure non restrittive, volte a incoraggiare le ragazze a portare avanti studi in ambito scientifico sul lungo periodo, e un sostegno attivo delle donne nel corso di tutta la loro carriera, che le faranno finalmente avanzare nella società.

 
  
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  Olle Schmidt (ALDE), per iscritto. (SV) La relazione dell’onorevole Britta Thomsen sottolinea che le ricercatrici costituiscono una minoranza nell’UE. Hanno minore sicurezza finanziaria e nelle loro carriere professionali e sono penalizzate in misura crescente dalle loro responsabilità famigliari, il che è grave, sia per principio che riguardo alle conseguenze pratiche. Le economie – e democrazie – moderne non possono permettersi di offrire uno speciale trattamento negativo a persone di levatura accademica. Ho pertanto votato a favore della relazione.

Ciononostante, desidero sottolineare che parti della relazione non sono state sottoposte a votazione e trovo difficile comprendere come ciò possa essere ragionevole. Il paragrafo 7 chiede che si consideri l’età come criterio di eccellenza, insieme alla situazione famigliare, compreso il numero delle persone a carico del ricercatore. Penso che risulterebbe difficile da applicare nella pratica e potrebbe persino essere controproducente. Vi è sempre il rischio di semplificare il ruolo dei generi e di parlare di “qualità che tendono a essere prevalenti nelle scienziate” o di creare standard assoluti per misurare le prestazioni dei ricercatori.

D’altro canto, appoggio senza riserve la raccomandazione di introdurre obiettivi non vincolanti che impongano che entrambi i generi siano rappresentati da almeno un 40 per cento ciascuno nelle commissioni scientifiche di vario genere. Concordo inoltre con la critica che a volte l’UE punti in basso quando si tratta di parità. La politica della presenza non deve essere sottovalutata – sebbene non vada trasformata in una religione.

 
  
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  Bernard Wojciechowski (IND/DEM), per iscritto. – (PL) Le donne apportano un contributo fondamentale allo sviluppo della scienza. Il vincitore polacco del premio Nobel per la fisica e la chimica, Marie Skłodowska-Curie, costituisce un buon esempio. Strade, ospedali e università sono stati intitolati a questa famosa scienziata.

Quando si opta per una carriera scientifica, le donne affrontano una sfida più grande rispetto agli uomini. Ciò è parzialmente dovuto al loro ruolo nella gravidanza e nell’allevare i figli. Le scienziate pertanto devono essere appoggiate mediante lo sviluppo di condizioni preferenziali per il congedo per maternità e mediante sovvenzioni speciali per le donne che allevano i figli e al contempo portano avanti una carriera scientifica.

Contrariamente a quanto sostenuto nella proposta di risoluzione dinanzi a noi oggi, tuttavia, non è auspicabile imporre percentuali per la rappresentanza femminile nel personale accademico o nelle commissioni di vario genere, al fine di garantire l’uguaglianza di genere. Le decisioni sui posti di lavoro e le carriere nel settore scientifico non devono essere prese in base al genere. Devono invece essere prese in base alla scelta, alla conoscenza e alle capacità individuali della persona in particolare.

 
  
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  Anna Záborská (PPE-DE), per iscritto. − (SK) Desidero ringraziare l’onorevole Thomsen per la sua relazione, che mostra un certo tipo di discriminazione contro le donne nel mondo scientifico e della ricerca. Sebbene le donne rappresentino più del 50 per cento degli studenti dell’UE, esse occupano solo il 15 per cento degli accademici di alto livello in ambito scientifico e della ricerca.

Gli studi universitari sono raramente seguiti da un risultato corrispondente al considerevole quantitativo di tempo e denaro in essi investiti. Dopo molti anni di studio, le donne spesso sacrificano la loro vita privata e lavorativa o cercano di conciliarle. Dovrebbe essere nell’interesse della società cooperare con i cittadini con un elevato potenziale intellettuale e appoggiarli, nonché lasciare che tale potenziale rifletta l’eredità culturale, spirituale, storica e scientifica della nazione. La maternità in particolare ha un impatto sulle possibilità di carriera delle donne, paradossalmente le punisce in termini di possibilità di ottenere le posizioni più in alto, di realizzarsi e di essere giustamente premiate, e non offre loro un’adeguata ricompensa per l’investimento sociale compiuto nel dare alla luce e allevare i bambini che saranno responsabili del domani.

Ritengo che ciò potrebbe essere risolto mediante una riforma nell’ambito delle condizioni di studio delle giovani donne, dello studio e del lavoro a distanza e dell’apprendimento permanente, così come incoraggiando i padri ad appoggiare le madri che vogliono diventare scienziate. Anche lo Stato ha la responsabilità di sostenere le donne che partecipano all’attività scientifica: di appoggiarle durante i loro studi, aiutarle a conciliare vita famigliare e lavorativa e avere il giusto riconoscimento per il loro lavoro, fornendo loro prestazioni sociali dirette e aiuti, nel modo più naturale possibile, nell’assistenza all’infanzia.

 
  
  

– Relazione Johannes Blokland (A6-0156/2008)

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. − (PT) La demolizione delle navi continua ad avere un considerevole impatto sociale ed ecologico, sia a causa del modo in cui viene eseguita, che può risultare dannoso per l’ambiente, sia perché il numero di navi in costruzioni è aumentato per anni. Ciò spiega l’importanza continua dell’innovazione e dello sviluppo nell’industria della costruzione navale negli Stati membri, al fine di migliorare le navi e renderle meno dannose dal punto di vista ambientale.

Dal 2005, l’IMO (International Maritime Organization, Organizzazione marittima internazionale) coopera con l’OIL (Organizzazione internazionale del lavoro) e con l’UNEP (United Nations Environment Programme, Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente) n vista dell’introduzione di un regime internazionale vincolante per la demolizione “pulita” delle navi. Sono attualmente in corso negoziati su un progetto di convenzione che dovrebbe essere adottato entro il 2009, ma che dovrebbe entrare in vigore soltanto alcuni anni dopo.

Secondo i termini dell’attuale progetto, la convenzione non verrà applicata alle navi da guerra e alle altre navi di Stato. Non si è ancora raggiunto un accordo sulle normative al di fuori del contesto IMO, sulle norme minime degli impianti di riciclaggio delle navi, su alcuni obblighi in materia di comunicazione delle informazioni (ivi comprese le notifiche fra Stati) e sugli strumenti utili per dare attuazione alla convenzione.

 
  
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  Ian Hudghton (Verts/ALE), per iscritto. (EN) Accolgo con favore la relazione Clokland sul Libro verde su una migliore demolizione delle navi. La demolizione di navi è un settore pericoloso che comporta costi elevati in termini di vite umane e di ambiente. E’ inaccettabile che l’UE chiuda un occhio sull’esportazione di navi verso i paesi in via di sviluppo per la demolizione. Tali navi sono in effetti rifiuti pericolosi ed è fondamentale che l’UE agisca al fine di prevenire tali esportazioni. Accolgo con favore il sostegno di quest’Assemblea agli emendamenti del mio gruppo, che sottolineano la necessità di intraprendere azioni urgenti in questo settore.

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. (EN) La relazione dell’onorevole Johannes Blokland sul Libro verde su una migliore demolizione delle navi cerca di realizzare uno smantellamento delle navi sostenibile dal punto di vista sociale e ambientale. La relazione mira ad affrontare i problemi che si incontrano al momento in tale settore, in particolare la seria preoccupazione per la salute e la sicurezza dei lavoratori nei cantieri navali di Bangladesh e India. Ho pertanto votato a sostegno delle raccomandazioni della relazione.

 
  
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  Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. − (PT) Le preoccupazioni europee circa l’ambiente e le condizioni di lavoro nei paesi terzi meritano per principio il nostro accordo. L’esportazione di condizioni di miseria, che sia ambientale, lavorativa o di altra natura, non potrà mai rientrare nella nostra visione di commercio e scambio a livello mondiale. E’ tuttavia vitale che non difendiamo una visione così moderna e assoluta della nostra posizione su taluni valori, che la nostra attenzione concentrata su una singola parte non oscuri il quadro più grande.

L’adozione di misure drastiche, volte ad arrestare pratiche che in realtà non sono altro che dumping sociale e ambientale, ma che porterebbero anche alla distruzione di un settore economico di un paese terzo e che causerebbero di conseguenza una miseria ancora maggiore per una parte estremamente vulnerabile della popolazione, non è in linea con quanto difendiamo. Riforme graduali e l’imposizione di norme fatte su misura per promuovere lo sviluppo costituiscono una soluzione più efficace e auspicabile. Non possiamo porre fine alla miseria e al degrado umano se possiamo offrire, come alternativa, solamente miseria e degrado umano.

 
  
  

– Relazione: Karl-Heinz Florenz (A6-0136/2008)

 
  
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  Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione interlocutoria del mio collega tedesco, Karl-Heinz Florenz, sui dati scientifici relativi al cambiamento climatico nel quadro della commissione temporanea del Parlamento.

L’opinione scientifica diffusa sulle origini e le cause del cambiamento climatico è ben consolidata e riconosciuta a livello mondiale. Le prove scientifiche provenienti da tutti i continenti e dalla maggior parte degli oceani mostrano che molti ecosistemi naturali sono già stati colpiti dai cambiamenti climatici regionali dovuti alle emissioni storiche di carbonio prodotte dai paesi industrializzati. E’ stato altresì scientificamente provato che le cause alla base del riscaldamento globale sono essenzialmente di origine umana.

Accolgo con favore il fatto che la relazione sottolinei la necessità di un’analisi e di ricerche ulteriori sulle conseguenze del cambiamento climatico, quali gli effetti sulla concorrenza economica, i costi energetici e lo sviluppo sociale in Europa, il ruolo dell’utilizzo del suolo, il ruolo delle foreste e della deforestazione, il ruolo dell’ambiente marino e il calcolo dei costi esterni del cambiamento climatico nell’industria, e in particolare nel settore dei trasporti, ivi compresa la quantificazione degli effetti dell’inquinamento causato dal trasporto aereo.

 
  
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  Alessandro Battilocchio (PSE), per iscritto. − L’ultima conferenza intergovernativa sul cambiamento climatico e le varie conferenze in seno alla Convenzione quadro sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite (UNFCCC) hanno dimostrato che i gas serra prodotti dall’uomo sono la causa del cambiamento climatico e che occorre arrestare la crescita della temperatura terrestre a + 2°C rispetto ai livelli pre-industriali.

Concordo dunque con la commissione CLIM e con il relatore nel chiedere interventi più stringenti e maggiori studi in materia di effetti del cambiamento climatico, monitorando fenomeni quali desertificazione, scioglimento dei ghiacciai, cambiamento dell’ambiente marino, eventi atmosferici catastrofici, ecc. Gli ultimi rapporti dell’Agenzia per l’ambiente europea indicano la necessità di fare molto di più per rispettare i target di Kyoto e gli ulteriori obiettivi di riduzione fissati nel Consiglio UE nel marzo 2007.

Alla luce del pacchetto “Energia e Clima”, della comunicazione “Limitare il cambiamento climatico a 2° Celsius” ritengo tuttavia che ulteriori misure possano essere prese allo scopo di migliorare l’“efficienza energetica” la quale consentirebbe risparmi significativi in materia di emissioni di gas serra. Ciò anche attraverso un sistema di etichettatura che indichi l’impronta ambientale relativamente al parametro dei gas serra. Ritengo che si debbano coinvolgere più direttamente i singoli, cittadini europei e popolazioni dei paesi terzi, nel promuovere una coscienza ed un’attiva partecipazione alla lotta al cambiamento climatico attraverso piccoli gesti di risparmio energetico.

 
  
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  Daniel Caspary (PPE-DE), per iscritto. (DE) Il cambiamento climatico costituisce una questione seria e pone all’umanità una sfida difficile. Non è tuttavia assolutamente chiaro fino a che punto sia il risultato dell’attività umana. Le più recenti scoperte scientifiche non possono certamente ancora essere considerate prove ferme e solide e si trovano ancora in uno stato di flusso; non sono le migliori. Inoltre, la relazione si riferisce ad alcuni fatti presunti che sono in realtà false credenze.

Supposizioni e false affermazioni, tuttavia, non possono fare da base per lo sviluppo di nessuna misura razionale, efficace, accessibile e socialmente accettabile. Ecco perché non ho votato a favore della relazione.

 
  
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  Charlotte Cederschiöld, Christofer Fjellner, Gunnar Hökmark e Anna Ibrisagic (PPE-DE), per iscritto. (SV) Oggi abbiamo votato a favore della relazione interlocutoria sui dati scientifici relativi al cambiamento climatico. Occorre grande sostegno e determinazione per conseguire i migliori risultati possibili nell’affrontare le sfide politiche poste dal cambiamento climatico. In tale contesto vogliamo sottolineare l’importanza di garantire che la ricerca sia libera e che le critiche e la messa in discussione costituiscano una condizione fondamentale per il progresso e lo sviluppo di qualsiasi ricerca. Limitare tale possibilità non costituisce solo una minaccia alla ricerca stessa ma anche una limitazione del diritto di ciascun individuo a esprimere la propria opinione.

La povertà è il maggiore responsabile dell’inquinamento e l’ambizione di mitigare il cambiamento climatico non entra in conflitto con la crescita e la modernizzazione. Una condizione essenziale per il progresso dei paesi poveri verso la prosperità, e pertanto anche per lo sviluppo di risorse e possibilità di investimento in tecnologie più moderne e pulite, è che questi debbano essere in grado di scambiare i loro beni liberamente. In tale contesto, qualsiasi dazio sulle importazioni per il biossido di carbonio o simili costituisce una soluzione inadeguata che rischia di andare contro il suo scopo.

 
  
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  Edite Estrela (PSE), per iscritto. − (PT) Ho votato a favore della relazione interlocutoria della commissione temporanea sul cambiamento climatico sui dati scientifici relativi al cambiamento climatico (conclusioni e raccomandazioni in vista dell’adozione di decisioni) perché sono convinta che l’opinione scientifica ampiamente diffusa sulle origini umane del cambiamento climatico richieda con urgenza un’azione maggiore da parte dei poteri politici, con particolare enfasi sulla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra e su un futuro accordo internazionale relativo al cambiamento climatico.

Aumentare e diffondere la comprensione scientifica del fenomeno del cambiamento climatico renderà le persone maggiormente consapevoli della necessità di modificare i loro stili di vita e renderà i processi decisionali più responsabili, informati ed efficaci. Incoraggiare la ricerca sugli impatti economici e sociali del cambiamento climatico deve costituire una priorità.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. − (PT) Si tratta di ancora un’altra relazione che, nonostante inizi con alcune affermazioni corrette circa la situazione attuale, fa pochi o nessun progresso relativamente alle soluzioni necessarie. Non è chiara in merito alle misure raccomandate e si limita a elencare alcune proposte e giustificazioni vaghe. Sembra maggiormente volta a facilitare l’avvio di nuove imprese che cercano di trarre sempre più profitti dalle nuove attività nei settori dell’ambiente e dell’energia, a costo del cambiamento climatico.

Desidero pertanto dire che sarebbe positivo mostrare gli stessi sforzi e persistenza, nonché preoccupazione, in merito ad altri problemi globali che vengono fondamentalmente ignorati o meramente confinati a un elenco di preoccupazioni croniche: eliminazione delle malattie curabili, protezione del suolo e degli habitat, esaurimento delle risorse a disponibilità limitata, in particolare gli idrocarburi e così via.

Per concludere, il relatore ritiene che le basi scientifiche del cambiamento climatico siano fissate e raccomanda che la commissione temporanea del Parlamento europeo continui a lavorare e presenti, alla fine del suo mandato, al Parlamento una relazione contenente, all’occorrenza, raccomandazioni in quanto ad azioni o iniziative da intraprendere sulla futura politica integrata dell’UE sul cambiamento climatico. Aspetteremo tale futura relazione.

 
  
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  Duarte Freitas (PPE-DE), per iscritto. − (PT) I dati scientifici esposti nella presente relazione sono stati discussi a lungo con esperti mondiali nel corso di incontri della commissione temporanea sul cambiamento climatico e non possono pertanto essere messi in discussione con leggerezza.

Come la relazione Florenz, accolgo il quarto rapporto dell’IPCC (Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico) come lo studio più completo sul cambiamento climatico. Concordo che sia assolutamente fondamentale evitare un aumento superiore ai 2°C della temperatura globale, in modo tale da evitare gli scenari maggiormente catastrofici, suggerendo che gli ambizioni obiettivi dell’UE per la riduzione delle emissione dei gas a effetto serra siano mantenuti.

Dato che questo costituisce il compendio di informazioni più credibile attualmente disponibile, tagliando alla radice quelle idee ricorrenti di taluni isolati estremisti che continuano a mettere in questione se l’attività umana sia realmente la causa principale del riscaldamento globale, la relazione Florenz invia un segnale chiaro che il Parlamento europeo manterrà la sua rigida e ambiziosa posizione nella lotta al cambiamento climatico. Ha pertanto il mio appoggio.

 
  
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  Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. – (FR) Negli anni sessanta il parlamento francese, avendo concordato i benefici della pianificazione, ogni anno votava un tasso di crescita per l’economia, pensando di decidere, dato che il caso ha fatto sì che per più anni di file la crescita reale fosse quella che aveva deciso. Leggendo la relazione dell’onorevole Florenz, ho avuto la medesima impressione: l’impressione che questo Parlamento intenda votare sulla temperatura del mondo.

Lasciatemi chiarire questo punto: ciò che critico non è la necessità dell’uomo di proteggere l’ambiente, di preservare l’immensa diversità della natura o, in termini economici, di trovare i mezzi di utilizzare meglio le risorse naturali per risparmiarle. E’ il sacrificio rituale alla nuova religione del clima e i suoi nuovi guru, questi scienziati orientati che gettano l’anatema su tutti coloro il cui lavoro si oppone alle loro conclusioni intoccabili.

E’ la stigmatizzazione sistematica dell’uomo come entità presumibilmente diabolica, in particolare l’uomo occidentale ed europeo. Si tratta di pentimento istituzionalizzato. E’ il suicidio industriale ed economico della sola Europa all’altare del cosiddetto riscaldamento globale, senza alcun beneficio per l’ambiente a livello mondiale, ma con le peggiori conseguenze umane e sociali per i popoli d’Europa. Ecco perché non ho votato a favore della presente relazione.

 
  
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  Ian Hudghton (Verts/ALE), per iscritto. (EN) Ho votato a favore della relazione Florenz sul cambiamento climatico e penso che sia giusto che il Parlamento prenda tale questione così seriamente. Gli sforzi volti a contrastare il cambiamento climatico richiedono azioni a tutti i livelli e le istituzioni dell’UE, così come le nazioni d’Europa, devono tutte collaborare per spostarsi verso un’economia a basse emissioni di carbonio.

La votazione sulla relazione capita lo stesso giorno in cui si svolge ad Aberdeen un’importante conferenza sull’energia. Il governo scozzese ha segnalato la sua intenzione di far diventare la Scozia la capitale europea dell’energia verde. Tale governo appoggia appieno gli obiettivi dell’UE per le energie rinnovabili e si impegna in una Scozia non nucleare, che entro il 2020 produrrà il 50 per cento della sua domanda di elettricità da fonti rinnovabili. Mi auguro che altre nazioni in tutta Europa possano guardare alla Scozia come un buon esempio nella lotta al cambiamento climatico.

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. (EN) Le scoperte scientifiche provano le origini umane dell’attuale tendenza del riscaldamento globale e la relazione dell’onorevole Florenz ribadisce tali risultati. Vi è la necessità urgente di agire a livello UE al fine di combattere il cambiamento climatico e limitare l’aumento della temperatura globale a non più di 2°C rispetto ai livelli preindustriali. Diversamente da alcuni membri del partito conservatore, accolgo appieno tali dati e ho votato a favore della relazione dell’onorevole Florenz “Dati scientifici relativi al cambiamento climatico: conclusioni e raccomandazioni in vista dell’adozione di decisioni”.

 
  
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  Andreas Mölzer (NI), per iscritto. (DE) Quando noi qui in Europa investiamo nelle ultime tecnologie ecologiche e nell’energia rinnovabile, a qualsiasi prezzo per quanto elevato, mentre in un paese come la Cina ogni settimana entra in funzione una nuova centrale elettrica alimentata a carbone, i nostri migliori sforzi possono solo essere una goccia nell’oceano.

Ci troviamo in una situazione assurda, in cui quelle nazioni, che accelerano il cambiamento climatico attraverso un’industrializzazione sfrenata e uno sfruttamento eccessivo delle risorse naturali e che non sono pronte a limitarsi, si aspettano che l’Occidente, e in particolare l’Europa, dia loro una mano quando vengono colpite da catastrofi. Ci si aspetta che proteggiamo l’ambiente, spesso a danno della nostra industria o del nostro commercio di importazione, e poi persino che forniamo aiuti umanitari ai responsabili dell’inquinamento in caso di catastrofe.

A meno che siamo tutti contenti di una situazione globale in cui qualsiasi speranza di miglioramento sarà sempre un sogno irrealizzabile, dobbiamo aumentare bruscamente la pressione su quei sei paesi che sono responsabili di almeno il 50 per cento delle emissioni di gas a effetto serra a livello globale.

 
  
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  Athanasios Pafilis (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) La relazione interlocutoria della commissione temporanea sul cambiamento climatico non contiene nessuna nuova idea, pensiero o raccomandazione utile ai popoli d’Europa relativamente alla protezione ambientale. Continua la ben nota politica antipopolare dell’UE di fornire una scusa “verde” all’accumulazione eccessiva di capitale. Si limita a riprodurre le scoperte del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico.

La relazione reputa che l’aumento massimo di 2°C del riscaldamento globale costituisca un “obiettivo strategico” dell’UE, e accetta al contempo che “tale livello di riscaldamento avrebbe già un impatto considerevole sulle nostre società e sui nostri stili di vita”. Non dice nulla circa la responsabilità che i capitalisti si sono assunti nello sfruttamento eccessivo delle risorse naturali. Invece di richiedere misure volte per lo meno a rendere i monopoli maggiormente affidabili, adotta appieno la propaganda multinazionale secondo la quale siamo tutti da biasimare per il peggioramento delle condizioni climatiche e sottolinea che “sono necessari cambiamenti degli stili di vita individuali”.

Gli accordi raggiunti a Kyoto, Bali e così via si sono rivelati inefficaci: il loro obiettivo primario non è la protezione ambientale, bensì la protezione del capitale e dei suoi profitti. Essi commercializzano l’ambiente e sviluppano un nuovo settore economico redditizio: l’economia verde. La soluzione ai problemi ambientali non verrà fornita dalle multinazionali e dai monopoli responsabili della situazione odierna, bensì dalla persone che ne devono subire le conseguenze.

 
  
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  Zdzisław Zbigniew Podkański (UEN), per iscritto. – (PL) La storia ci insegna che nuove scoperte scientifiche possono provare che teorie, in precedenza ampiamente ritenute vere, posso non essere basate sui fatti. Ritengo che la scienza relativa al cambiamento climatico, confermando il riscaldamento globale, non si sia ancora dimostrata sufficientemente attendibile. Certamente non è stata dimostrata fino al punto tale da permetterci, con la coscienza a posto, di redigere norme che portano all’imposizione di specifici comportamenti negli Stati membri dell’Unione europea.

Possiamo osservare l’aumento della temperatura media dell’atmosfera a livello globale. Tuttavia, non è ancora stata avanzata alcuna risposta alla domanda su fino a che punto esso sia dovuto all’attività umana.

Su tale argomento il mondo scientifico è diviso. Alcuni scienziati ritengono che i grandi cambiamenti climatici costituiscano un fenomeno ciclico che ha colpito il mondo per milioni di anni. Essi sostengono che quegli scienziati, che emettono avvertimenti riguardanti l’impatto degli esseri umani sul cambiamento climatico, lo fanno al fine di attrarre fondi per la ricerca e diffondere allarmismo tra la popolazione.

Altri scienziati affermano che la capacità degli esseri umani di prevedere i cambiamenti climatici sul lungo periodo sia molto limitata. Essi asseriscono che il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (IPCC) sia guidato dalla politica piuttosto che dalla scienza. E’ inoltre dubbia l’affermazione che una maggioranza degli scienziati appoggi la visione secondo cui il cambiamento climatico sia dovuto all’azione degli esseri umani.

Le suddette controargomentazioni sono facilmente accessibili. Sono inoltre inconfutabili e sollevano il dubbio e la domanda: può un qualsiasi genere di politica di coesione essere costruito su argomentazioni scientifiche non certe, avanzate da gruppi di pressione?

 
  
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  Lydie Polfer (ALDE), per iscritto. – (FR) Sono a favore della relazione dell’onorevole Florenz a nome della commissione temporanea sul cambiamento climatico, dato che analizza l’incidenza e gli effetti del cambiamento climatico, nella misura in cui sono garantite da prove scientifiche.

Di conseguenza, ci deve preoccupare l’affermazione secondo cui i costi del cambiamento climatico possono equivalere a una percentuale compresa tra il 5 e il 20 per cento del PIL entro il 2050, a meno che non siano intraprese alcune misure estremamente ambizione.

Anche se a oggi gli Stati membri hanno compiuto buoni progressi, dobbiamo tuttavia essere molto più ambizioni nei nostri sforzi volti a ridurre le emissioni.

Dobbiamo altresì restare vigili per quel che riguarda gli effetti potenzialmente dannosi della promozione dei biocarburanti sulle forniture alimentari mondiali e sulla deforestazione.

 
  
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  Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. − (PT) I dibattiti scientifici non possono comportare discussioni su convinzioni e i dubbi sulla veridicità dell’opinione di maggioranza non possono essere interpretati come negativismo o come scelta politica. Inoltre, recenti episodi, quali la discussione sulle implicazioni indesiderate e inaspettate dell’incentivo ad incrementare la produzione di biocarburanti, rivela chiaramente come un dubbio costante costituisca l’unica certezza scientifica che dobbiamo abbracciare senza esitazione.

D’altro canto, visti i dati scientifici, in discussioni riguardanti le opzioni, ci troviamo chiaramente nel campo della scelta politica. Sebbene non mi consideri competente in ambito scientifico da dare un’opinione in merito alla prima domanda, in merito alla seconda ritengo di avere il dovere di farlo. Ho affermato e desidero sottolinearlo che, di fronte all’aumento prevedibile dei consumi (in particolare di energia) da parte della nostra enorme popolazione in seguito agli effetti positivi della globalizzazione, dobbiamo trovare risposte scientifiche e soluzioni tecnologiche. Alcune modifiche nel comportamento, sia individuale che collettivo, sono senza dubbio accolte con favore. E’ tuttavia nella scienza che troveremo le soluzioni di base di cui necessitiamo.

 
  
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  Thomas Ulmer (PPE-DE), per iscritto. (DE) Non ho votato a favore della presente relazione nella votazione finale, perché prendo sul serio la lotta al cambiamento climatico e non posso sottoscrivere formulazioni dogmatiche e apocalittiche che diffonderebbe allarmismo tra la popolazione europea. La relazione presenta risultati scientifici con una probabilità del 60-70 per cento di essere fatti provati.

Se fossi stato uno dei cavalieri dell’Apocalisse del libro della Rivelazione di Giovanni, avrei preferito sedere sul cavallo bianco piuttosto che su quello pallido. Il cambiamento climatico costituisce una questione sensibile, che non può essere ridotta a slogan.

 
  
  

– Relazione: Ria Oomen-Ruijten (A6-0168/2008)

 
  
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  Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Mi sono astenuto in merito alla relazione di iniziativa della mia collega olandese, Ria Oomen-Ruijten, sulla relazione 2007 relativa ai progressi compiuti dalla Turchia in vista dell’adesione, sebbene, come la nostra commissione per gli affari esteri, accolgo con favore la promessa del Primo Ministro Erdoğan di rendere il 2008 l’anno delle riforme e di trasformare la Turchia in una democrazia moderna e prospera basata su uno Stato laico e una società pluralista.

Sarebbe tuttavia opportuno ricordare la promessa della Turchia di garantire relazioni di buon vicinato con la Grecia e la Bulgaria e la necessità di garantire un accordo completo sulla questione di Cipro basato su principi UE.

La Turchia, inoltre, non sta rispondendo alla richiesta di porre fine al blocco economico contro l’Armenia e di avviare un processo di riconciliazione, che permetta una discussione franca e aperta sugli eventi passati. Questi negoziati sono importanti per l’UE e la Turchia, dato che quest’ultima sta facendo proprio l’acquis communautaire. In nessun caso, tuttavia, i negoziati devono pregiudicare la decisione politica finale sull’adesione della Turchia all’UE.

 
  
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  Colm Burke, Jim Higgins, Mairead McGuinness e Gay Mitchell (PPE-DE), per iscritto. La delegazione del Fine Gael del gruppo EPP-ED ha votato a favore, nel suo complesso, della relazione Oomen-Ruijten sulla relazione 2007 relativa ai progressi compiuti dalla Turchia. Appoggiamo le riforme intraprese dalla Turchia verso la democrazia, il buon governo e lo Stato di diritto. Questi passi sono positivi sia per la Turchia che per l’UE e appoggiamo gli sforzi di tale paese verso la riforma.

Noi sottoscritti, tuttavia, non abbiamo votato a favore delle emendamento n. 14 relativo al paragrafo 16 della relazione, che comprende la frase “i diritti sessuali e riproduttivi”. Non abbiamo votato a favore di tale parte dell’emendamento per le ragioni esposte nella nostra dichiarazione congiunta al Parlamento nella plenaria del 13 marzo 2008.

 
  
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  Glyn Ford (PSE), per iscritto. (EN) Ho votato a favore della relazione Oomen-Ruijten sui progressi della Turchia verso l’adesione all’UE nel 2007. Ritengo che la Turchia debba sia in grado di aderire all’Unione. Attualmente vi sono difficoltà su questioni relative ai diritti umani e sindacali e ai diritti delle minoranze, quali i curdi e i cristiani. Sono stati tuttavia compiuti dei progressi, sebbene lentamente, e vanno riconosciuti.

Ho appoggiato l’emendamento che tratta del genocidio armeno. So che risale a molto tempo fa, ma una nazione deve accettare la propria storia e a oggi la Turchia non ha accettato questa macchia sanguinosa del suo passato. Può non costituire un ostacolo definitivo all’adesione all’UE, ma in tutta onestà non possiamo semplicemente nasconderla sotto un tappeto turco troppo comodo.

 
  
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  Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. – (FR) Le osservazioni dell’onorevole Oomen-Ruijten nella sua relazione sui progressi compiuti dalla Turchia in vista dell’adesione dimostrano, come se fosse necessaria una qualche prova ulteriore, che la Turchia, in termini di civiltà, forma mentis, tradizioni – tutte senza dubbio assolutamente rispettabili – non è un paese europeo. Non è inoltre necessario guardare altrove per scoprire le ragioni delle immense difficoltà incontrate nel corso dei negoziati di adesione.

La Presidenza francese, che inizia il 1° luglio, può costituire l’occasione per sollevare tale fondamentale ambiguità: la finzione della vocazione europea della Turchia come è stata esposta nel Trattato del 1963. Tradendo le sue promesse elettorali, ora Nicholas Sarkozy afferma di voler portare avanti i negoziati e in effetti di avviare nuovi negoziati su tutti i capitoli che”non direttamente legati all’adesione”, secondo una formula tanto demagogica quanto ipocritica, che non risolve alcun problema. Chi si può far credere che si dicute solo una “quasi adesione”?.

Temo che l’unico obiettivo di mantenere, nella Costituzione francese, l’obbligo di consultare il popolo in merito a qualsiasi nuova adesione europea sia di lasciare ai cittadini e solo ai cittadini la responsabilità di 45 anni di codardia politica e diplomatica non imputabile alla Turchia stessa, ma solo ai loro governi.

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. − (PT) Nonostante talune contraddizioni, è un fatto che la Turchia sia strategicamente importante per le ambizioni dell’UE, in particolare data l’attuale crisi sempre più profonda del sistema capitalista.

Mentre resta in dubbio il suo status finale – piena adesione all’UE o a una futura Unione mediterranea – ciò che sembra essere certo è che l’UE stia cercando di trovare soluzioni che servono meglio gli interessi di un importante gruppo finanziario ed economico nei principali paesi, in particolare in Germania.

La Turchia offre un mercato enorme che risveglia diversi appetiti. E’ un paese vasto con un’abbondante forza lavoro a basso costo e una nutrita scorta di consumatori, a cui, tuttavia, non è permesso di commemorare il 1° maggio, come si è visto di recente nella brutale repressione dei membri sindacali e dei dimostranti da parte delle forze di sicurezza turche. E’ un territorio esteso che occupa una posizione geostrategica rilevante tra Europa, Asia e Medio Oriente, che gioca un ruolo centrale nella controversia sulla proprietà e l’accesso alle risorse energetiche dell’Asia centrale (quali il progetto Nabucco) e che ha un ruolo fondamentale da svolgere nel partenariato USA-NATO-UE.

La Turchia è altresì un paese le cui autorità occupano militarmente e illegalmente parte del territorio di uno Stato membro dell’UE, Cipro.

 
  
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  Jaromír Kohlíček (GUE/NGL), per iscritto. − (CS) Sebbene la proposta di risoluzione del Parlamento europeo citi diversi documenti, mancano le informazioni fondamentali. La Turchia è un paese candidato dal 1963. Sono sempre state discusse le condizioni per l’avvio dei negoziati. I cosiddetti criteri di Copenaghen, fissati nel 1993, non si trovano nei preamboli di apertura del documento.

Quando affondiamo i denti nella relazione 2007 relativa ai progressi compiuti dalla Turchia della Commissione europea, scopriamo che, sebbene siano stati compiuti alcuni progressi, la normativa adottata in merito alle minoranze nazionali non è stata ancora attuata a sufficienza. Il fatto che circa il 10 per cento della popolazione turca in grado di lavorare sia occupata nei paesi dell’UE è un indicatore delle relazioni di lunga data tra la Turchia e l’UE. Ciò che ci sorprenderà è lo stato di attuazione delle norme nel settore economico, ad oggi piuttosto discutibile. Sebbene tali norme siano ufficialmente racchiuse nella normativa turca, nell’affrontare singoli casi osserviamo spesso un approccio molto “non europeo”.

Possiamo dire che, sebbene la Turchia abbia conseguito un successo significativo, ad oggi in molti settori le differenze tra la Turchia e la maggior parte dei paesi dell’UE (ivi compresi gli Stati dei Balcani) non sono diminuite in modo significativo. L’influenza dell’esercito sul sistema politico del paese e il potente status dell’islam sunnita costituiscono le caratteristiche più ovvie della società turca, distinguendola dai paesi dell’UE. La relazione dipinge l’attuale situazione della società piuttosto accuratamente. Sebbene il paragrafo 12 della risoluzione non sia equilibrato, il gruppo GUE/NGL voterà a favore del testo.

 
  
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  Carl Lang (NI), per iscritto. – (FR) La relazione dell’onorevole Oomen-Ruijten illustra l’autismo dei leader dell’Europa di Bruxelles che negano l’evidenza: la Turchia è un paese asiatico.

La loro cecità li porta a negare le prevedibili conseguenze della sua adesione. Con una popolazione di più di 100 milioni di abitanti entro il 2020, la Turchia sarà lo Stato più popoloso e pertanto quello più importante in seno alle istituzioni europee. Ciò significa che il nostro Parlamento corre il rischio di essere dominato non dal gruppo PPE-DE o dal gruppo socialista, bensì dagli islamisti dell’AKP. La Turchia sarà inoltre il paese a ricevere più assistenza: le regioni turche assorbiranno la maggior parte dei Fondi strutturali e i suoi 10 milioni di agricoltori distruggeranno la politica agricola comune.

Questo rifiuto di accettare la realtà porta i nostri governi anche a ignorare i desideri dei popoli d’Europa. Di conseguenza, avendo imposto il Trattato costituzionale europeo alla Francia, che il paese aveva respinto nel 2005, Nicholas Sarkozy si sta preparando a eliminare l’articolo 88.5 della Costituzione, sottoponendo a referendum l’adesione all’UE di nuovi Stati membri.

Se Bruxelles riuscisse a imporre l’adesione della Turchia, dovremmo proporre alle nostre nazioni di abbandonare un tale insieme, che di europeo avrebbe solo il nome, al fine di costruire un’altra Europa, un’Europa europea: l’Europa delle nazioni.

 
  
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  Astrid Lulling (PPE-DE), per iscritto. (DE) Ho votato a favore della relazione sui progressi compiuti dalla Turchia verso l’adesione all’UE nel 2007.

Desidero tuttavia esprimere il mio sgomento nel leggere sul giornale tedesco Die Welt che la Turchia, che ama essere dipinta come un paese islamico moderato, ha promulgato una legge che vieta di acquistare vino e di servirlo in bicchiere al pubblico.

Il vino costituisce un prezioso elemento della cultura europea che viene legalmente prodotto in gran parte degli Stati membri dell’UE e che può essere venduto e consumato in tutti gli Stati membri.

Tale legge è incompatibile con la piena adesione all’UE. Tutti i beni prodotti legalmente – ivi compreso il vino – sono beni, la cui libera circolazione nel mercato interno deve essere garantita. Tale divieto viola anche le norme antidiscriminazione dell’UE. Un paese che limita la libera circolazione di qualsiasi bene prodotto legalmente da un altro Stato membro non può essere un membro a pieno titolo dell’UE.

Il Primo Ministro Erdoğan ha promesso che il 2008 sarebbe stato l’anno della riforma, destinata a rendere la Turchia una democrazia moderna fondata su uno Stato laico e una società pluralista.

Considerato il divieto turco sulla vendita e il consumo del vino in bicchiere, desidero chiedere se tale promessa equivale a “parole, parole al vento”.

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. (EN) La relazione 2007 relativa ai progressi compiti dalla Turchia dell’onorevole Ria Oomen-Ruijten costituisce un’analisi completa e incoraggiante dei progressi del paese verso l’adesione. La Turchia sembra aver compiuto progressi in ambiti quali la libertà di parola e la riforma giudiziaria. Anche le proposte del governo di riformare l’articolo 301, un ostacolo alla piena libertà democratica nel paese, devono essere accolte con favore. Sono senza dubbio necessari ulteriori sforzi nei settori relativi ai diritti delle minoranze del paese ed è preoccupante l’attuale caso in esame alla Corte costituzionale. Appoggio le raccomandazioni della relazione e ho votato a favore.

 
  
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  Miroslav Mikolášik (PPE-DE), per iscritto. − (SK) Accolgo con favore la relazione 2007 relativa ai progressi compiuti dalla Turchia della mia collega, l’onorevole Oomen-Ruijten, che esorta il governo turco a rispettare le sue promesse di perseguire le riforme e di modernizzare il paese. Desidero altresì esprimere la mia opinione sostenuta da lungo tempo, che è anche l’opinione della grande maggioranza degli europei, che l’UE non debba offrire alla Turchia prospettive di piena adesione. Sotto il profilo geografico, culturale e spirituale, la Turchia si trova al di fuori del concetto di identità europea. Oltre a ciò, il bilancio dell’UE non è e non sarà in grado di far fronte agli oneri che comporterebbe la piena adesione della Turchia. Detto ciò, appoggio la visione di una stretta cooperazione, il cosiddetto “partenariato strategico” tra l’UE e la Turchia. In questa luce, comprendo anche l’importanza di tale relazione.

Accolgo con favore il fatto che la Turchia abbia compiuto dei progressi in diversi ambiti nel 2007. Nonostante ciò, la triste situazione dei diritti umani continua a persistere. Nel contesto della presente relazione, dobbiamo insistere maggiormente sul miglioramento della situazione delle minoranze nazionale (vale a dire la minoranza curda) e sull’introduzione della completa libertà di parola e di religione. Appoggio inoltre la richiesta di abrogare l’articolo 301 del codice penale e di riaprire immediatamente il seminario greco-ortodosso di Halki. Dobbiamo altresì chiedere alla Turchia di guardare al suo passato e di accettare la realtà del genocidio armeno, così come l’illegalità dell’interferenza militare a Cipro.

 
  
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  Andreas Mölzer (NI), per iscritto. (DE) La Turchia dimostra sistematicamente di non essere pronta per l’adesione all’UE, opprimendo le minoranze, lanciando razzi contro un paese vicino e, più recentemente, ponendo il veto alla nomina del capo della squadra austriaca per gli scavi archeologici di Efeso, apparentemente a causa di osservazioni antiturche da parte di un membro della sua famiglia. Le modifiche cosmetiche all’articolo del codice penale che proibisce di denigrare la Turchia e la cultura turca stanno distogliendo l’attenzione di Bruxelles dall’impiego della forza bruta conto i dimostranti e dagli atti di aggressione militare contro l’Iraq settentrionale.

Considerato il fatto che la Turchia non è pronta per l’adesione all’UE, l’unica opzione è l’immediata sospensione dei negoziati di adesione; si potrebbero condurre in alternativa dialoghi su un partenariato privilegiato.

 
  
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  Athanasios Pafilis (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) Ogni relazione sulla Turchia è espressione dei competitivi progetti imperialisti su tale paese. Questa particolare relazione ha optato per appoggiare il governo turco, cercando di porre un’enfasi eccessiva sui progressi che la Turchia sta compiendo in diversi settori, il che è contrario ai fatti. Come d’abitudine, la relazione tesse le lodi dei diritti democratici, nonostante la ben nota politica repressiva e autocratica del governo turco, come è stato dimostrato di recente dalla brutale repressione delle dimostrazioni del 1° maggio. La relazione tollera la politica anticurda della Turchia.

La relazione appoggia indirettamente gli attacchi turchi sul territorio iracheno. Mentre condanna la “violenza” perpetrata dal PKK e da “altri gruppi terroristici”, consiglia soltanto l’esercito turco di non impegnarsi in “operazioni militari sproporzionate”.

La relazione sorvola sulla continua occupazione turca di Cipro ed evita categoricamente e incondizionatamente di richiedere il ritiro delle forze militari turche.

La relazione accoglie con favore la partecipazione attiva della Turchia nelle missioni e negli interventi imperialisti dell’UE e della NATO. Data la posizione della Turchia nel sistema imperialista e la sua competitività in un contesto più ampio, l’UE mira a utilizzare il processo di adesione a suo vantaggio al fine di ottenere il controllo delle risorse energetiche e geostrategiche nel medesimo contesto.

Per tali ragioni non votiamo a favore della relazione.

 
  
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  Lydie Polfer (ALDE), per iscritto. – (FR) La relazione dell’onorevole Oomen-Ruijten è estremamente equilibrata: accoglie con favore le iniziative legislative delle autorità turche volte a continuare il processo di riforma, ma esercita altresì pressione per aumentare il ritmo della riforma al fine di garantire il rispetto dei principi dello Stato di diritto.

Anche la questione curda, ivi compresi i suoi aspetti culturali ed economici, deve essere affrontata.

Allo steso modo, la questione delle pari opportunità per le donne deve essere inserita nel nuovo progetto di costituzione.

Si chiede inoltre al governo turco di rispettare il pluralismo e la diversità religiosa in uno Stato laico democratico.

I negoziati possono continuare solo con la piena osservanza dei principi e dei valori dell’Unione europea.

 
  
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  Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. − (PT) I progressi compiuti in diverse aree della società, l’economia e la politica degli ultimi anni ci offrono una buona ragione per sottolineare come il desiderio di aderire all’Unione europea possa portare con successo a riforme importanti in paesi in cui esiste tale possibilità. Dato che la Turchia rientra in questo caso e dato che tali negoziati sono sempre rimasti aperti, non vi è più alcuna necessità di sottolineare l’importanza di trarre pieno vantaggio da questa opportunità al fine, indipendentemente dal risultato dei negoziati, di promuovere in Turchia le riforme più complete ed essenziali.

Unitamente al riconoscimento dato dalla presente relazione – così come dalle affermazioni fatte dagli alti funzionari dell’UE, in particolare dal Presidente della Commissione – non possiamo non essere preoccupati circa i procedimenti giudiziari avviati contro il partito AK. Sebbene il fatto che non vi sia stato alcun intervento militare è auspicabile, continuiamo a deplorare tale tentativo di ottenere, attraverso i tribunali, ciò che le urne hanno negato. D’altro canto, sono preoccupanti anche i dubbi persistenti riguardo alle vere intenzioni del partito AK. La difesa della libertà di religione, per come la intendiamo nell’Unione europea, merita il nostro accordo. L’imposizione diffusa di una visione religiosa su tutta la società sarebbe inaccettabile.

 
  
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  Toomas Savi (ALDE), per iscritto. (EN) Avendo appoggiato la relazione, desidero ricordarvi che il primo discorso che ho tenuto in quest’Assemblea il 13 dicembre 2004, relativo ai progressi della Turchia verso l’adesione, insistendo sul fatto che prima ancora di prendere in considerazione l’adesione, la Turchia deve prima riconoscere il legittimo governo greco-cipriota, riconoscere il genocidio armeno del 1915 e migliorare la situazione della più grande nazione senza Stato a livello mondiale, i curdi.

In quattro anni, nessuna di tali questioni è stata risolta. Non vi è stato alcun progresso notevole nelle relazioni turche con Cipro, nessun segnale di volontà ad ammettere i crimini passati. L’esercito turco, invece, con l’autorizzazione del parlamento turco, sta mettendo in atto un genocidio contro i curdi. L’Unione europea deve assumere una posizione più ferma sulla Turchia e sospendere i negoziati fintanto che le sopramenzionate questioni non siano state risolte.

 
  
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  Jacques Toubon (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Non votando a favore della relazione della commissione per gli affari esteri sulla situazione i Turchia, la delegazione francese dell’UMP desidera affermare che la Commissione, i governi degli Stati membri e il Parlamento europeo commettono un errore a continuare ad alimentare l’illusione di un’adesione della Turchia.

L’UMP non si oppone alla relazione dell’onorevole Ria Oomen-Ruijten, che è di qualità eccellente, ma a un rifiuto di prendere in considerazione la realtà della Turchia e la sua politica, che è in contraddizione con il nostro progetto di integrazione europea.

 
  
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  Dominique Vlasto (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Non ho votato a favore della presente relazione e della proposta di risoluzione al fine di ribadire ancora una volta di essere contrario al principio di adesione all’UE della Turchia. La Commissione europea, i governi degli Stati membri e il Parlamento europeo commettono un errore a continuare ad alimentare quest’illusione, che inganna i cittadini sia turchi che europei. Mi rifiuto di associarmi a un atteggiamento politico che non tiene conto della realtà della Turchia e della sua politica, che è in contraddizione con il nostro progetto di integrazione europea.

Se l’Europa è uno spazio di valori condivisi, non possiamo chiudere gli occhi di fronte alle inquietanti tendenze delle autorità turche in relazione ai principi dello Stato di diritto, della libertà d’espressione e di pensiero o del rispetto dei diritti delle minoranze. mantenere una linea morbida nei confronti delle autorità turche in relazione alle loro responsabilità costituisce un errore strategico che le allontana dai progressi da compiere, non tanto per l’adesione all’UE, ma affinché la popolazione turca di raccogliere i vantaggi dei suoi diritti fondamentali e dello sviluppo sociale ed economico in Turchia.

Un partenariato privilegiato con la Turchia contribuirà a raggiungere tali obiettivi nel rispetto dell’integrità di entrambe le parti.

 
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