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Resoconto integrale delle discussioni
Mercoledì 21 maggio 2008 - Strasburgo Edizione GU

13. Tempo delle interrogazioni (interrogazioni al Consiglio)
Processo verbale
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  Presidente. − L’ordine del giorno reca il Tempo delle interrogazioni (B6-0156/2008).

Saranno prese in esame le interrogazioni rivolte al Consiglio.

 
  
  

Annuncio l’interrogazione n. 1 dell’onorevole Manuel Medina Ortega (H-0267/08):

Oggetto: Discriminazione nei passaporti dell’Unione europea

In alcuni paesi dell’Unione europea vengono rilasciati passaporti e altri documenti utilizzati per l’attraversamento delle frontiere non solo ai cittadini di questi paesi, ma anche agli apolidi che risiedono permanentemente in questi stessi paesi. Dato che la grande maggioranza di queste persone appartiene a minoranze etniche, intende il Consiglio adottare o proporre modelli di passaporti e altri documenti affini evitando riferimenti negativi, come ad esempio “aliens”, ed eliminando in questo modo discriminazioni fondate sull’origine etnica?

 
  
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  Janez Lenarčič, Presidente in carica del Consiglio. (SL) La mia risposta sarà piuttosto breve e cioè che la questione dei passaporti o dei documenti di viaggio agli apolidi, che risiedono permanentemente in uno Stato membro, non è di competenza comunitaria.

Di conseguenza, né la Commissione europea né il Consiglio sono competenti per proporre qualsiasi cambiamento relativamente a questo tipo di passaporto o di qualsiasi altro documento di viaggio.

 
  
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  Manuel Medina Ortega (PSE).(ES) Signor Presidente, la risposta del Presidente in carica del Consiglio è senza dubbio molto chiara: può non esservi alcuna discussione di questo tipo di questione. Forse devo porre la domanda in termini leggermente diversi. Può il Consiglio prevedere un qualche tipo di armonizzazione a livello europeo in merito a passaporti e identificazione di passaporti o pensa che tale questione resterà in modo permanente di competenza degli Stati membri?

 
  
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  Janez Lenarčič, Presidente in carica del Consiglio. (SL) Onorevole Medina Ortega, la ringrazio per la sua domanda aggiuntiva.

In questo momento, sono stati adottati solo norme o punti di riferimento comuni nell’ambito di elementi di sicurezza, passaporti o altri documenti di viaggio.

Personalmente, potrei anticipare ulteriori misure in questo ambito; come per qualsiasi altro, non posso fare congetture riguardo a un eventuale trasferimento di competenze.

Non si tratta di una questione di importanza o meno di questo tema, bensì di una questione di competenze. Al momento il compito di rilasciare i documenti di identità alle persone senza cittadinanza è di esclusiva competenza degli Stati membri e il Consiglio e la Commissione non hanno alcuna autorità.

Grazie.

 
  
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  Reinhard Rack (PPE-DE).(DE) Desidero porre una domanda in merito a un diverso tipo di discriminazione. A luglio, il suo paese, la Slovenia, ha in programma di introdurre i bollini autostradali e intende emetterne due varianti: un bollino annuale e un bollino semestrale. Ciò equivale a una discriminazione nei confronti dei dieci milioni di residenti nell’UE che si spostano verso il Mediterraneo per le vacanze. Quale proposta intende fare la Presidenza al governo sloveno per risolvere questo problema?

 
  
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  Janez Lenarčič, Presidente in carica del Consiglio. (SL) Onorevole Rack, la ringrazio per questa domanda. La prego tuttavia di notare che essa andrebbe rivolta allo specifico Stato membro e non al Consiglio, che non lo rappresenta affatto in merito a tale questione.

Ho tuttavia il vantaggio di conoscere molto bene tale Stato membro e desidero aggiungere che si tratta di una misura temporanea, fintanto che non verrà introdotto il pedaggio satellitare, nonché che le istituzioni competenti dell’Unione europea sono state informate, o è stata notificata loro la presente misura e che quest’ultima non deve essere interpretata come discriminatoria.

 
  
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  Presidentee. − Annuncio l’

interrogazione n. 2 dell’onorevole Avril Doyle (H-0270/08):

Oggetto: Ratifica del trattato di Lisbona

Potrebbe la presidenza slovena riferire in merito allo stato attuale del processo di ratifica del trattato di Lisbona? Quali azioni ha intrapreso il Consiglio per assicurare che il processo di ratifica si concluda positivamente?

 
  
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  Janez Lenarčič, Presidente in carica del Consiglio. (SL) Desidero informare l’onorevole Doyle che alla data di oggi, 21 maggio 2008, hanno ratificato il Trattato di Lisbona 13 Stati membri.

Li dovrei forse elencare: l’Ungheria, ha firmato per prima, lo scorso anno, seguita da Slovenia e Malta, Romania, Francia, Bulgaria, Polonia, Slovacchia, Danimarca, Austria, Lettonia, Lituania e Portogallo –il che significa 13 paesi, o quasi la metà degli Stati membri.

Nel corso dei suoi sei mesi di Presidenza, la Slovenia ha espresso il desiderio che la procedura di ratifica avanzi senza intoppi durante la nostra Presidenza e che prosegua poi in modo altrettanto efficace nel corso della successiva Presidenza francese, dato che l’obiettivo è l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona in data 1° gennaio 2009, come programmato.

Devo tuttavia sottolineare che la ratifica non è di competenza né della Presidenza né del Consiglio, ma che rientra tra quelle degli Stati membri, i firmatari del Trattato, in ogni caso conformemente alle normative costituzionali del paese.

Grazie.

 
  
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  Avril Doyle (PPE-DE). - (EN) Ringrazio la Presidenza. Accolgo con favore il fatto che ad oggi 13 Stati membri abbiano ratificato il Trattato di Lisbona. Sarete consci del fatto che l’Irlanda è l’unico paese che lo ratificherà attraverso un processo referendario.

Al momento viviamo grandi difficoltà interne nel cercare di ribattere ai vari diversi gruppi che dicono “no”. Relativamente al Trattato di Lisbona, tali gruppi diffondono paure e confusione, deliberatamente o meno, spesso in merito a questioni molto importanti che non hanno nulla a che vedere con il Trattato. Mi può pertanto confermare, signor Presidente in carica del Consiglio, che il diritto di veto irlandese su future proposte sulla tassazione diretta non verranno in alcun modo compromesse dalla ratifica del Trattato di Lisbona e che non vi è affatto alcuna relazione tra i negoziati dell’OMC e la ratifica del Trattato di Lisbona?

 
  
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  Janez Lenarčič, Presidente in carica del Consiglio. (SL) Onorevole Doyle, la ringrazio per le sue due domande aggiuntive.

Posso confermare che, innanzi tutto, qualsiasi decisione in ambito fiscale continuerà a essere presa in modo consensuale. In altre parole, anche una volta che il Trattato di Lisbona sarà entrato in vigore, a patto che sia ratificato da tutti gli Stati membri, l’Irlanda, o qualsiasi altro Stato membro, manterrà il diritto di porre il veto a qualsiasi questione riguardante le tasse.

In merito alla sua seconda domanda, e cioè riguardo ai negoziati tenuti attualmente in seno all’Organizzazione mondiale del commercio, posso altresì confermare che tali negoziati non hanno alcuna connessione diretta con la ratifica del Trattato di Lisbona.

Di conseguenza, a entrambe le sua domande aggiuntive, la risposta è – sì.

 
  
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  Marian Harkin (ALDE). - (EN) Signor Presidente, anch’io desidero porre al signor Ministro una domanda in merito ai Trattati e all’attuale processo di ratifica in Irlanda.

Una delle argomentazioni che imperversa al momento è che, dopo la ratifica del Trattato di Lisbona, i paesi possono perdere il veto nella ratifica di accordi commerciali internazionali – gli accordi dell’OMC, ad esempio.

Nella situazione attuale, esiste un veto e chi dice “no” sostiene che dopo Lisbona le cose cambieranno. Desidero conferma da parte della Presidenza slovena in merito al fatto che le cose stiano così oppure no.

 
  
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  Jim Allister (NI).(EN) Grazie alla fortuna degli irlandesi, gli elettori dell’Irlanda sono gli unici a cui è stato permesso di decidere in merito al Trattato che influirà in modo significativo sul futuro di tutti noi. Promette, a nome del Consiglio, di accettare il loro verdetto democratico oppure, come gli elettori di Francia e Paesi Bassi, gli irlandesi verranno trattati con disprezzo se osano votare “no”, molto nella disonorevole tradizione di “A terra, croppy!” e di Nizza II?

 
  
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  Presidente. − Onorevoli colleghi, non posso purtroppo concedere la parola ad altri oratori, in quanto il Regolamento non lo permette. Credo che tutti siano a conoscenza del fatto che stiamo studiando una modifica all’attuale Tempo delle interrogazioni, al fine di renderlo più flessibile, nonché maggiormente utile. Io stesso contribuisco al gruppo di lavoro e a tempo debito disporremo definitivamente di notizie positive. Al momento, il Regolamento è questo e non posso concedere la parola all’onorevole Higgins, nonostante il fatto che sia stato richiesto, perché è stato la terza persona a farlo.

 
  
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  Janez Lenarčič, Presidente in carica del Consiglio. (SL) Risponderò, innanzi tutto, alla domanda posta dall’onorevole Harkin.

Verranno apportati cambiamenti in merito alla conclusione di accordi con paesi terzi e organizzazioni internazionali. Di ciò si fa menzione all’articolo 207 del futuro Trattato di Lisbona. E’ tuttavia proprio questo articolo che al contempo fornisce molto chiaramente un elenco dei numerosi ambiti in cui gli Stati membri manterranno il veto, dato che l’articolo elenca un discreto numero di questioni e ambiti per i quali, quando si prendono decisioni, il Consiglio continuerà ad applicare il principio del consenso.

E’ il terzo paragrafo dell’articolo 207. Desidero dire che di è un discreto numero di tali ambiti. Si tratta della sfera dei servizi e degli aspetti commerciali della proprietà intellettuale, dell’ambito degli investimenti stranieri diretti, del settore dei servizi culturali e audiovisivi, dell’area dei servizi sociali, dell’educazione, dell’assistenza sanitaria e altri. Per tutti tali ambiti, anche una volta che sarà entrato in vigore il Trattato di Lisbona, si applicherà il principio del consenso ogni volta che il Consiglio prende una decisione, il che significa con l’approvazione di ciascuno singolo Stato membro.

Alla domanda dell’onorevole Allister desidero rispondere come segue: dato che nella mia prima risposta ho già accennato alla domanda pertinente, la ratifica del Trattato sull’Unione europea rientra tra le competenze degli Stati membri. Sottoscrivendo tale Trattato nel dicembre dello scorso anno, gli Stati membri si sono impegnati a fare tutto ciò che è in loro potere affinché il testo che hanno firmato venga altresì ratificato in linea con le loro norme interne, costituzionali e altre disposizioni giuridiche.

Questo è l’ambito in cui la Presidenza non ha alcun ruolo. E’ dovuto alla Presidenza, ad esempio, che la Slovenia, che attualmente esercita la Presidenza dell’Unione europea, sia stata tra i primi paesi ad adempiere a tale compito. Se la ratifica non dovesse andare a buon fine, cosa che ci auguriamo non accada, la responsabilità sarà solo del paese in cui ciò si è verificato e non del Consiglio o di qualcun altro.

Grazie.

 
  
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  Presidentee. − Annuncio l’

interrogazione n. 3 dell’onorevole Colm Burke (H-0272/08):

Oggetto: Negoziati con l’ex Repubblica iugoslava di Macedonia in vista dell’adesione all’UE

Può il Consiglio illustrare lo stato attuale dei negoziati con l’ex repubblica iugoslava di Macedonia?

In quali campi ritiene il Consiglio che siano stati compiuti i progressi maggiori? Quali sono attualmente i temi più problematici affrontati nelle discussioni?

 
  
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  Janez Lenarčič, Presidente in carica del Consiglio. (SL) Dato che la portata della domanda è piuttosto ampia, la mia risposta sarà leggermente più lunga.

I negoziati con l’ex Repubblica jugoslava di Macedonia sull’adesione all’UE non sono ancora stati avviati. Fino a quando non avrà aderito all’Unione europea, l’Accordo di associazione e di stabilizzazione costituisce il quadro primario delle relazioni europee dell’ex Repubblica jugoslava di Macedonia.

In linea con i nostri compiti prioritari definiti all’interno del partenariato di associazione, i progressi del paese per ottenere l’adesione all’Unione europea sono stati valutati nella relazione intermedia della Commissione. Di regola, la relazione viene pubblicata alla fine di ottobre o all’inizio di novembre. Il Consiglio è ansioso che la Commissione produca nell’autunno di quest’anno la sua prossima valutazione.

Nelle sue conclusioni del 10 dicembre 2007, il Consiglio europeo ha preso nota dei progressi compiuti dall’ex Repubblica jugoslavia di Macedonia e ha espresso il suo rammarico per il fatto che l’attuazione delle riforme sia stata ritardata. I ritardi sono stati dovuti a tensioni politiche interne, a causa delle quali l’attenzione delle istituzioni politiche del paese è stata distolta dai compiti prioritari dell’integrazione europea.

Possiamo menzionare a questo punto alcuni esempi concreti, che indicano che l’ex Repubblica jugoslava di Macedonia sta compiendo sforzi volti a evitare tali ritardi. Dei criteri politici, il paese ha compiuto progressi nella sfera di decentralizzazione, politica anticorruzione, cooperazione con il Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia, così come nelle relazioni interetniche e nell’attuazione dell’accordo di Ohrid.

In seguito alla pubblicazione, da parte della Commissione dell’UE, della relazione intermedia di novembre, il paese ha adottato la legge sul pubblico ministero, la legge sul consiglio del pubblico ministero e la normativa sul consiglio per le questioni interetniche, ed è stato altresì occupato il seggio vuoto nel consiglio giudiziario. Sono stati inoltre compiuti progressi nella sfera della sicurezza dei documenti, dei controlli alle frontiere e della migrazione.

Il Consiglio continuerà a incoraggiare tutti i partiti politici a intensificare il dialogo e la cooperazione tra loro e con i diversi gruppi etnici, affinché il paese possa conseguire progressi nel processo di integrazione.

Il Consiglio continuerà inoltre a incoraggiare entrambe le parti a rinnovare i loro sforzi in modo costruttivo, così che si possa raggiungere una soluzione reciprocamente accettabile in merito alla questione del nome nel corso dei negoziati condotti sotto l’egida delle Nazioni Uniti. Ciò migliorerebbe la cooperazione regionale e contribuirebbe alle buone relazioni con i paesi vicini.

Le principali riforme, che il paese deve ancora realizzare in linea con le raccomandazioni degli ambiti del partenariato di associazione, sono:

– conformemente all’accordo di Ohrid, di deve proseguire con la decentralizzazione: due terzi dei comuni sono già entrati nella seconda fase della decentralizzazione fiscale;

– di deve migliorare l’equa rappresentanza delle minoranze etniche nell’amministrazione pubblica e la sfera degli affari interni ne costituisce un buon esempio.

Le prossime riforme sono la riforma della polizia, la riforma giudiziaria e le due principali questioni irrisolte del cosiddetto accordo di maggio, che richiedono un più ampio consenso politico, e cioè la legge sulle lingue e l’accordo sulla regolamentazione dello status delle vittime del conflitto del 2001.

Il 18 febbraio 2008, il Consiglio ha adottato una decisione sui principi, i compiti più importanti e le condizioni derivanti dal partenariato di associazione dell’UE con l’ex Repubblica jugoslava di Macedonia. Il Consiglio ha aggiornato l’attuale partenariato, definendo i nuovi principali compiti per il lavoro ulteriore in base ai risultati contenuti nella relazione intermedia della Commissione per l’anno 2007.

 
  
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  Colm Burke (PPE-DE). - (EN) La ringrazio per la risposta. Mi stavo solo chiedendo: è soddisfatto che ora le tensioni si siano allentate sufficientemente da permettere che si possano compiere progressi? E se esse sono state allentate a sufficienza, di quale lasso di tempo parla per la piena attuazione delle riforme necessarie così che l’intero processo negoziale possa rimettersi in carreggiata?

 
  
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  Janez Lenarčič, Presidente in carica del Consiglio. (SL) Com’è noto, nell’ex Repubblica jugoslava di Macedonia le elezioni sono state indette per il 1° giugno. Ci auguriamo che il periodo di campagna elettorale non causi ritardi nel mettere in atto le riforme necessarie. Se tutto va come deve, inoltre, le riforme proseguiranno prima e anche dopo il periodo elettorale.

In particolare, la Presidenza sta compiendo sforzi per compiere progressi nell’integrazione dei paesi dei Balcani occidentali, tra cui l’ex Repubblica jugoslava di Macedonia che sta percorrendo la strada verso l’adesione all’Unione europea.

Ci auguriamo che tali progressi sia compiuti quanto prima e che sia presentata al paese, tra le altre cose, una data di possibile avvio dei negoziati di adesione.

Certo, ciò dipende primariamente dal paese stesso, dalla rapidità e dalla qualità delle riforme che si devono necessitano ancora completare e che ho menzionato nella mia risposta.

 
  
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  Presidentee. − Poiché l’autore non è presente, l’interrogazione n. 4 decade.

 
  
  

Annuncio l’interrogazione n. 5 dell’onorevole Gay Mitchell (H-0276/08):

Oggetto: Cambiamento climatico e sicurezza internazionale

Il recente documento elaborato da Javier Solana sul cambiamento climatico e la sicurezza internazionale richiama l’attenzione del Consiglio su alcuni degli aspetti principali relativi al cambiamento climatico, con particolare riferimento alle implicazioni circa le rivendicazioni territoriali, le zone economiche esclusive e l’accesso a nuove rotte commerciali, legate alle conseguenze del cambiamento climatico. L’enfasi data alle questioni di sicurezza e al potere geopolitico rappresenta un distacco dall’approccio finora adottato dall’Unione europea relativamente al cambiamento climatico, volto a ridurre le emissioni e a rafforzare le misure di preparazione a livello europeo e mondiale. Sta il Consiglio elaborando una posizione e una strategia relativamente a questi importanti aspetti?

 
  
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  Janez Lenarčič, Presidente in carica del Consiglio. (SL) Come sapete tutti, nel giugno 2007 il Consiglio europeo ha invitato il suo Segretario generale, l’Alto rappresentante Javier Solana e la Commissione europea a presentare un documento congiunto su come il cambiamento climatico influisca sulla sicurezza internazionale.

Tale relazione congiunta è stata presentata all’incontro del Consiglio europeo del marzo di quest’anno. Essa individua le possibili minacce e forme di controversie che potrebbero delinearsi in diverse parti del globo come conseguenza del cambiamento climatico.

Desidero elencare alcune di esse a titolo esemplificativo: controversie a causa di scarsità di risorse, in particolare quando l’accesso alle risorse viene utilizzato a fini politici; maggiore migrazione, la cui conseguenza è una pressione ulteriore esercitata sui paesi di transito o di destinazione, che potrebbe causare tensioni etniche e politiche; e probabili tensioni politiche a causa di cambiamenti delle aree costiere, scomparsa di isole e problemi ad accedere alle nuove strade di grande traffico e alle risorse.

A parte ciò, la relazione menzionata contiene diverse raccomandazioni che necessitano di ulteriori indagini; la loro attuazione dovrebbe poi essere seguita da piani d’azione dell’Unione europea.

Ecco il motivo per cui il Consiglio europeo ha invitato il Consiglio a studiare tale documento congiunto e a proporre le proprie raccomandazioni in merito alle ulteriori misure necessarie non più tardi del dicembre di quest’anno. Lo scopo di tali misure sarebbe, tra la altre cose, di potenziare la cooperazione con le regioni e i paesi terzi alla luce del cambiamento climatico e della sicurezza internazionale.

Desidero accennare al fatto che l’Unione europea non si allontana dal già noto approccio comune al cambiamento climatico. Al contrario, con tale documento sottolinea un aspetto nuovo e molto importante del cambiamento climatico, che non potremo evitare nei futuri dibattiti che si terranno a vari livelli.

Come l’onorevole Mitchell probabilmente saprà, nel 2007, in occasione della sua sessione di primavera, il Consiglio europeo ha approvato gli obiettivi dell’Unione europea in merito alla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra entro il 2020. Questo avrebbe dovuto essere il contributo dell’Unione all’accordo globale e integrale per il periodo successivo al 2012.

Il Consiglio europeo ha altresì sottolineato che l’Unione europea è impegnata a trasformare l’Europa in un’economia efficiente in termini energetici e con basse emissioni di gas a effetto serra. Ha adottato la decisione che finché non si sarà concluso un accordo globale e integrale per il periodo successivo al 2012, l’Unione europea tenterà di ridurre unilateralmente le proprie emissioni di gas a effetto serra di almeno il 20 per cento, rispetto al 1990, entro il 2020.

Nel quadro del pacchetto sul clima e sull’energia il Parlamento europeo e il Consiglio stanno attualmente discutendo il contributo di ciascuno Stato membro al fine di conseguire il sopracitato obiettivo comunitario. A parte dalla mitigazione delle conseguenze del cambiamento climatico, in occasione dei negoziati internazionali sul cambiamento climatico, si presterà particolare attenzione alle nuove tecnologie e ad assicurarsi i fondi.

Nel giugno 2007, la Commissione europea ha pubblicato il Libro verde intitolato “L’adattamento ai cambiamenti climatici in Europa – quali possibilità di intervento per l’UE”. Quest’anno, dopo consultazioni intensive con tutti i gruppi interessati, la Commissione pubblicherà anche un Libro bianco sull’adattamento, che costituirà una base per ulteriori discussioni riguardanti la politica dell’Unione europea in questo settore.

Grazie.

 
  
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  Gay Mitchell (PPE-DE). - (EN) Ringrazio il signor Ministro per la risposta, ma mi domando se le Istituzioni stiano per certi versi fraintendendo.

Da un lato guardiamo in faccia la catastrofe ambientale, con l’Europa e il mondo intero che proseguono come di consueto, mentre dall’altro ci muoviamo per impegnarci sul problema del cambiamento climatico e prendere le difficili decisioni da cui dipendono le nostre future generazioni.

Come affermato dal signor Ministro, nelle sue conclusioni di primavera, il Consiglio si impegnato ad attivarsi per affrontare il grave problema del cambiamento climatico e a prendere le serie decisioni necessarie.

Ma Javier Solana parla la nostra stessa lingua? Ha detto cose diverse: ha parlato della necessità di diritti di sfruttamento per i combustibili fossili in uno degli ultimi luoghi incontaminati dal punto di vista ambientale del pianeta, chiamandola opportunità. Ciò non va contro quanto afferma il Consiglio europeo? Possiamo per cortesia coordinare i nostri messaggi?

E’ qui presente il relatore per il clima, l’onorevole Doyle, che potrà ascoltare quanto verrà detto.

 
  
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  Janez Lenarčič, Presidente in carica del Consiglio. (SL) Posso garantire che il Segretario generale del Consiglio – l’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune – condivide senza dubbio lo stesso punto di vista del Consiglio europeo. Ha preparato la sua raccomandazione a nome del Consiglio. Il Consiglio ha accolto con favore la relazione e non ha riscontrato alcuna discrepanza o contraddizione in relazione alle altre decisioni del Consiglio, tra cui le decisioni nell’ambito della politica integrata per l’energia e la protezione del clima.

Non condivido pertanto l’opinione per cui vi siano discrepanze tra le attività dell’Alto rappresentante e le decisioni o intenzioni del Consiglio.

 
  
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  Carlos Carnero González (PSE).(ES) Signor Presidente, desidero approfittare della risposta del consiglio alla domanda pertinente del nostro onorevole collega, suggerendo, in modo particolare agli Stati membri intorno al Mediterraneo, che dovrebbero discutere anche il problema del cambiamento climatico.

Una delle proposte nella comunicazione della Commissione riguarda il potenziamento dell’iniziativa Horizon 2020 per il disinquinamento della regione mediterranea, sia vittima che causa del cambiamento climatico, e non vi può essere alcun dubbio che, mediante tale proposta, si possano intraprendere alcune azioni molto pragmatiche. Non pensa il Consiglio che si tratti di una priorità regionale nella lotta al cambiamento climatico nel quadro dell’ordine del giorno globale dell’UE?

 
  
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  Janez Lenarčič, Presidente in carica del Consiglio. (SL) La ringrazio, onorevole Carner González, per la sua domanda aggiuntiva. Possiamo essere concordi con tale iniziativa. In effetti, una delle regioni su cui Javier Solana ha posto l’accento nella sua relazione è il Mediterraneo, una zona che potrebbe diventare sempre più problematica a causa del cambiamento climatico, ma anche a causa della migrazione e di pressioni similari.

Non vi è alcun dubbio che si possa prevedere che la tutela climatica e ambientale in generale costituirà uno dei temi principali nel quadro del processo di Barcellona, che verrà presto aggiornato con proposte volte a istituire un’Unione per il Mediterraneo. Ripeto che ciò sarà un aggiornamento del processo di Barcellona esistente.

Com’è noto, il documento della Commissione europea presentato di recente, che si riferisce a tali questioni, ha trovato un modo per affrontarle, cui ha accennato l’onorevole collega, sebbene, in futuro, il documento non menzioni ancora alcun progetto specifico. Possiamo, tuttavia, prevedere che questo sarà uno dei temi principali del nostro dialogo intensificato con i paesi attorno al Mediterraneo.

 
  
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  Presidentee. − Annuncio l’

interrogazione n. 6 dell’onorevole Jim Higgins (H-0278/08):

Oggetto: Protezione efficace delle frontiere esterne dell’UE

Potrebbe il Consiglio indicare quali progressi sono stati compiuti dall’attuale presidenza in merito ad una protezione più efficace delle frontiere esterne dell’Unione? Può inoltre far sapere se è stato discusso in seno al Consiglio il problema del traffico di droga nelle zone costiere?

 
  
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  Janez Lenarčič, Presidente in carica del Consiglio. (SL) Credo che l’onorevole Higgins sia consapevole che il Consiglio attribuisce grande importanza alla gestione efficace delle frontiere esterne. Con la libera circolazione delle persone all’interno dell’Unione europea, l’adeguata protezione e gestione delle frontiere esterne è di importanza fondamentale in modo tale da fornire sicurezza interna agli Stati membri e di contrastare efficacemente il terrorismo, l’immigrazione illegale e il traffico di esseri umani.

A tale scopo, il Consiglio europea ha a oggi prodotto diverse misure importanti. Ha, tra le altre cose, adottato strumenti giuridici quali il codice frontiere Schengen, il Fondo per le frontiere esterne, l’Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri – in breve, Frontex. Ha altresì adottato misure relativamente all’istituzione delle squadre di intervento rapido alle frontiere.

Desidero altresì attirare la vostra attenzione su tre comunicazioni che la Commissione ha reso pubbliche il 13 febbraio di quest’anno. Tali comunicazioni contengono proposte e raccomandazioni su un possibile sistema di gestione delle frontiere a livello UE, sul futuro sviluppo di Frontex, sulla possibile creazione del Sistema europeo di sorveglianza delle frontiere chiamato Eurosur e sul sistema di entrate e uscite dalle frontiere esterne.

La discussione sulle proposte e raccomandazioni della Commissione derivanti da tali comunicazioni si è svolta il 12 marzo, in Slovenia, in occasione della conferenza ministeriale. E’ stato anticipato che a giugno il Consiglio “Giustizia e affari interni” adotterà le conclusioni del Consiglio sulla gestione delle frontiere esterne degli Stati membri dell’UE. Tali conclusioni devono elencare le priorità sul breve e sul lungo periodo per il futuro sviluppo di Frontex, le ulteriori raccomandazioni relative al lavoro della Commissione europea sull’utilizzo delle tecnologie per la sicurezza all’avanguardia, una migliore gestione delle frontiere esterne e linee guida sull’ulteriore lavoro volto a istituire Eurosur.

A parte ciò, abbiamo controllato con attenzione le attività di Frontex, in particolare per quanto riguarda l’attuazione delle operazioni congiunte, la rete europea di pattuglie costiere, l’ulteriore aggiornamento e utilizzo di apparecchiature registrate a livello centrale, il cosiddetto CRATE, e il possibile sviluppo delle squadre di intervento rapido alle frontiere.

L’istituzione, nel settembre dello scorso anno, di un centro di analisi e operazioni marittime – Narcotici (MAOC-N, Maritime Analysis and Operations Centre – Narcotics) è stato un importante passo avanti nella protezione delle frontiere. Esiste un centro per intraprendere azioni penali con l’appoggio dell’esercito, istituito da sette Stati membri: Regno Unito, Francia, Spagna, Irlanda, Paesi Bassi, Italia e Portogallo. Il centro è disponibile anche per qualsiasi altro Stato membro.

L’obiettivo del centro è sradicare il commercio illegale di sostanze vietate attraverso l’Atlantico, via aria e via mare, verso l’Europa e l’Africa occidentale.

Si deve raggiungere tale obiettivo intensificando la raccolta, lo scambio e l’analisi di informazioni e con un utilizzo ottimale delle strutture aeree e marittime degli Stati membri.

Tra i compiti prioritari del Consiglio vi deve altresì essere il potenziamento dei controlli alle frontiere, nonché la raccolta e lo scambio di informazioni classificate in merito alle rotte del traffico di droga.

 
  
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  Jim Higgins (PPE-DE).(EN) Signor Presidente, dato l’aumento nell’utilizzo di droga e dato che più droghe sono disponibili, è chiaro che le autorità per la sicurezza non sono in grado di impedire alle forniture di droga di entrare, in particolar modo dal Sud America.

Signor Presidente in carica del Consiglio, ha fatto riferimento alle pattuglie costiere; lei e il Consiglio siete consapevoli del fatto che vi è di servizio solo un ispettore occasionale presso i porti e gli aeroporti della costa atlantica dell’Irlanda occidentale? Vi è solo un’imbarcazione. E’ semplicemente troppo chiaro che l’Irlanda viene utilizzata come ingresso alle esportazioni di droga dirette agli altri Stati membri –al suo paese e ad altri paesi dell’Unione europea. Lei e il Consiglio siete preoccupati per la situazione?

 
  
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  Janez Lenarčič, Presidente in carica del Consiglio. (SL) Sono grato all’onorevole Higgins per la sua domanda aggiuntiva. Desidero sottolineare che il Consiglio europeo è veramente preoccupato della situazione e continuerà a essere preoccupato fintanto che il traffico di droga continuerà a esistere.

In merito all’Irlanda, desidero sottolineare, come accennato in precedenza, che l’Irlanda è uno di queli paesi che, nel settembre dello scorso anno, hanno istituito il Maritime Analysis and Operation Centre – Narcotics (MAOC-N). Il suo compito è precisamente l’eradicazione del commercio illegale di sostanze vietate che si svolge su questa rotta, e cioè, via mare o via aria, attraverso l’Atlantico, verso l’Europa o l’Africa occidentale.

Pertanto, data la recente istituzione di tale centro, prevedo che in futuro diventerà molto attivo e la Presidenza appoggerà tali sviluppi, fornendo incoraggiamento con l’influenza di cui dispone.

 
  
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  Reinhard Rack (PPE-DE).(DE) Signor Ministro, l’estensione dell’area coperta dagli accordi di Schengen dello scorso dicembre ha sollevato preoccupazioni tra molti cittadini dell’UE, che non godono più del livello di sicurezza al quale erano abituati. In seguito all’allargamento dell’area Schengen, si può affermare che la cooperazione tra le autorità di polizia degli Stati membri nell’area allargata abbia raggiunto i risultati desiderati?

 
  
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  Janez Lenarčič, Presidente in carica del Consiglio. (SL) La ringrazio, onorevole Rack, per questa domanda aggiuntiva.

E’ importante rendersi conto che l’allargamento dell’area Schengen non si è verificata automaticamente, o a causa di un qualche impulso o da sola. Si è verificata una volta che sono stati completati estesi preparativi in tutti gli Stati membri che volevano far parte dell’area Schengen. E’ accaduto una volta che gli organismi e le Istituzioni dell’UE responsabili hanno sottoposto tali preparativi a una valutazione approfondita.

E solo una volta che è stato confermata l’istituzione di un adeguato controllo sulle future frontiere esterne dell’area Schengen allargata, tale espansione ha potuto avere luogo.

Desidero sottolineare in particolare che, poiché prendiamo sul serio le preoccupazioni delle persone, è certamente necessario informarle che non hanno ragioni obiettive per essere preoccupate.

Ripeto, l’espansione dell’area Schengen non si è verificata dalla sera alla mattina. Si è svolta in seguito a preparativi scrupolosi e dopo l’esecuzione di controlli approfonditi volti ad accertare che tutte le condizioni tecniche e di sicurezza fossero rispettate e, dato che lo erano, possiamo ora rassicurare la popolazione in merito al fatto che la sicurezza delle frontiere esterne dell’area Schengen allargata è in buone mani.

 
  
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  Presidentee. − Annuncio l’

interrogazione n. 7 dell’onorevole Marie Panayotopoulos-Cassiotou (H-0281/08):

Oggetto: Lotta contro la povertà

Come vede il Consiglio l’evoluzione della salvaguardia di condizioni minime di esistenza dignitosa e di lavoro attraverso la piena occupazione produttiva per i cittadini europei e coloro che risiedono nell’Unione europea al fine di lottare contro il fenomeno della povertà, in particolare quella infantile?

 
  
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  Janez Lenarčič, Presidente in carica del Consiglio. (SL) Ringrazio per la domanda posta dall’onorevole Panayotopoulos-Cassiotou.

Occupazione e lotta contro la povertà e l’esclusione sociale rappresentano le maggiori sfide per l’Unione europea e gli Stati membri. Desidero tuttavia sottolineare che sia la politica dell’occupazione che la politica sociale rientrano tra le competenze degli Stati membri e che l’Unione europea appoggia e completa le loro attività.

Ecco perché gli Stati membri devono sviluppare le più adeguate combinazioni di politiche, tenendo conto della loro situazione economica e sociale e della loro situazione occupazionale.

Desidero menzionare alcune misure che l’UE ha intrapreso in questo ambito e la cui intenzione è, come ho già accennato, appoggiare e completare le politiche che rientrano tra le competenze degli Stati membri che le conducono.

Innanzi tutto, la normativa UE disciplina un elevato numero di questioni riguardanti l’occupazione, tra cui libera circolazione della forza lavoro, informazioni e consultazioni, condizioni di lavoro e misure antidiscriminatorie.

In secondo luogo, strumenti quali orientamenti in materia di occupazione, raccomandazioni integrate e principi comuni sulla flessicurezza, nonché la guida politica degli Stati membri nella trasposizione e nell’attuazione delle loro politiche.

Terzo, anche nel quadro di tale forma di coordinamento aperto, gli Stati membri hanno dimostrato un forte impegno politico volto allo scambio di informazioni e ad apprendere l’uno dall’altro. Il metodo di coordinamento aperto vi ha contribuito, istituendo indicatori comuni, incoraggiando studi e indagini reciproci e attraverso una più forte cooperazione a livello europeo.

Per quanto attiene ai diritti dei lavoratori e al miglioramento delle condizioni di lavoro, la normativa europea si limita a regolamentare la circolazione dei lavoratori, la libertà di informazione e consultazione, le condizioni di lavoro, tra cui l’orario di lavoro, salute e sicurezza sul posto di lavoro e misure antidiscriminatorie, che comprendono anche misure in materia di parità di genere.

Desidero sottolineare che nell’articolo 137 dell’accordo si afferma che le disposizioni di tale articolo non si applicano ai salari, il che significa che l’Unione europea non è autorizzata a definire minimi salariali, né tanto meno ad allineare i minimi salariali tra gli Stati membri.

All’interno del metodo di coordinamento aperto che è stato menzionato, gli Stati membri sono, in effetti, incoraggiati a fornire condizioni minime adeguate. La decisione in merito a queste ultime – il tipo e il livello di diritti – sono di competenza esclusiva degli Stati membri.

Poiché la situazione differisce tra gli Stati membri, a nostro avviso non ha senso imporre uno standard comune. Dobbiamo tenere presente che nell’area dell’Unione europea molti Stati membri affrontano questioni, quali la disponibilità di fondi, l’indebitamento e la sostenibilità dei sistemi di sicurezza sociale. Sarebbe pertanto discutibile istituire o imporre condizioni comuni in tali ambiti.

Tutto ciò indica che gli Stati membri devono sia pianificare con attenzione, che discutere la questione delle condizioni minime e contribuire in tal modo all’eliminazione della povertà.

Nella sua interrogazione, l’onorevole Panayotopoulos-Cassiotou ha fatto riferimento in particolare alla povertà infantile. I bambini affrontano la povertà nelle famiglie in cui i genitori non sono occupati, in famiglie in cui il tasso di occupazione è basso e il reddito della famiglia è insufficiente o nei casi in cui il sostegno al reddito non è sufficiente a eliminare la povertà.

Di conseguenza, attuare strategie equilibrate e integrali, nonché strategie di inclusione attiva, almeno per certi versi, contribuisce effettivamente a promuovere il benessere dei minori e dei giovani.

Grazie.

 
  
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  Marie Panayotopoulos-Cassiotou (PPE-DE).(EL) Signor Presidente, ringrazio il rappresentante del Consiglio per la risposta alla mia interrogazione relativa alla salvaguardia di livelli accettabili per condizioni di vita e di lavoro decorose. Un lavoro decoroso costituisce lo scopo sia della comunità globale dell’ONU, sotto l’egida dell’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL), che dell’UE. Abbiamo ad ogni modo adottato una risoluzione in proposito.

Come intende il Consiglio attuare tali condizioni di vita e di lavoro decorose per i cittadini, in particolare per i bambini?

 
  
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  Janez Lenarčič, Presidente in carica del Consiglio. (SL) La ringrazio molto per la domanda aggiuntiva.

Anche in merito a questa risoluzione, si deve tener conto del fatto che il tema rientra tra le competenze degli Stati membri. Il Consiglio può solo parlare in termini generali. Certo, incoraggia gli Stati membri a rispettare le disposizioni generali contenute nella risoluzione citata o negli standard promossi dall’Organizzazione internazionale del lavoro. Tutti gli Stati membri dell’UE sono anche membri dell’Organizzazione internazionale del lavoro.

Grazie.

 
  
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  Emanuel Jardim Fernandes (PSE).(PT) Concordiamo in merito agli obiettivi che stanno dietro alle energie rinnovabili, ma è palese che il problema dei prodotti alimentari e della fame, che sembra stia aumentando, porta molti a chiedersi se i biocarburanti siano la mossa giusta. La mia domanda è intesa a sapere se, pur concordando in merito al fatto che dobbiamo spostarci verso le energie alternative, dall’altro, può affermare pubblicamente e garantire ai nostri cittadini che tale strada non aumenta i costi dei prodotti alimentari e la fame nel mondo.

 
  
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  Janez Lenarčič, Presidente in carica del Consiglio. (SL) La ringrazio per la domanda aggiuntiva.

La questione dell’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari costituisce senza dubbio un grande problema ed ecco perché anche questo forum di alto livello ha organizzato una discussione al riguardo. Il Consiglio europeo è pronto a fare qualsiasi cosa al fine di far fronte in modo efficace all’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari. Per intervenire, tuttavia, dobbiamo innanzi tutto individuare le ragioni per cui i prezzi dei prodotti alimentari stiano aumentando – e le ragioni sono probabilmente numerose.

I fattori che causano l’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari sono molti e vari ed ecco perché il Consiglio li sta trattando attraverso l’operato di organismi differenti. Tale tema è stato discusso di recente in seno al Consiglio “Pesca e agricoltura”, che ha adottato taluni orientamenti che dovrebbero contribuire a rallentare l’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari.

Qualche tempo fa, proprio in quest’Aula, si è accennato ai biocarburanti come a uno di quei fattori che si presume contribuiscano all’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari. A livello globale vi è la consapevolazza della potenziale influenza dei biocarburanti ed è uno dei motivi per cui vi è uno sviluppo intensivo dei cosiddetti criteri di sostenibilità per la produzione di carburanti. Tra tali criteri di sostenibilità figurano senza dubbio anche quelli degli effetti sociali, di cui cercheremo di tener conto.

Il lavoro non è completo, ma sta proseguendo in modo intensivo. Desidero tuttavia sottolineare che l’influenza dei biocarburanti come fattore che incide sull’aumento dei prezzi rientra senza dubbio tra i fattori meno importanti e che ve ne sono diversi altri che hanno un’importanza maggiore e di cui al contempo il Consiglio tiene altresì profondamente conto.

Grazie.

 
  
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  Presidentee. − Annuncio l’

interrogazione n. 8 dell’onorevole Robert Evans (H-0283/08):

Oggetto: Diritti umani a Cuba

Nel febbraio 2008 il governo di Cuba ha firmato due convenzioni della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo alle Nazioni Unite a New York. Queste convenzioni giuridicamente vincolanti impegnano Cuba a concedere ai cittadini la libertà di espressione e associazione e la libertà di viaggiare.

Alla luce della positiva iniziativa da parte di Cuba e della recente visita costruttiva del commissario Louis Michel che a marzo si è recato a Cuba, quali azioni intende intraprendere il Consiglio per normalizzare le relazioni con il governo cubano? Quali pressioni intende esercitare il Consiglio nei confronti di Cuba, affinché rispetti gli impegni internazionali assunti?

 
  
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  Janez Lenarčič, Presidente in carica del Consiglio. (SL) In merito alla domanda posta dall’onorevole Evans, desidero dire quanto segue:

L’Unione europea ha accolto con favore il fatto che Cuba abbia sottoscritto il Patto internazionale sui diritti civili e politici (ICPPR) e il Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali (ICESCR) dell’ONU.

Nella sua dichiarazione del 4 marzo di quest’anno, la Presidenza ha valutato in modo positivo la firma dei due documenti da parte di Cuba. Dato che quest’ultima è diventata firmataria di questi strumenti internazionali giuridicamente vincolanti, ha senza dubbio accettato gli obblighi da essi derivanti.

La Presidenza ha incoraggiato Cuba a continuare con tali azioni positive e a potenziare ulteriormente la sua cooperazione con le strutture internazionali nel settore della protezione dei diritti umani. L’Unione europea seguirà con attenzione l’attuazione di tali impegni giuridicamente vincolanti relativi ai diritti umani accettati da Cuba.

Nel giugno 2007, nelle sue conclusioni su Cuba, il Consiglio europeo ha invitato il governo cubano a compiere le riforme politiche ed economiche necessarie a migliorare la vita quotidiana del popolo cubano. L’Unione europea riconosce il diritto dei cubani di decidere in futuro per loro stessi. L’Unione europea è pronta a fornire un sostegno costruttivo ulteriore finalizzato allo sviluppo futuro in tutte le sfere della società cubana, ivi comprese le misure nel quadro della cooperazione allo sviluppo.

L’Unione europea, tuttavia, continua a ricordare alle autorità cubane i loro obblighi specifici volti a incoraggiare e rispettare i diritti umani e le libertà dei loro cittadini.

In seno al Consiglio europeo si stanno svolgendo ulteriori discussioni in merito alle possibilità di istituire nuovamente un dialogo generale e aperto con Cuba in linea con le conclusioni a cui si è giunti nel giugno dello scorso anno. Tuttavia, se ciò si concretizzerà e se è pronta ad accettare la proposta di un dialogo politico dipende solo da Cuba.

La Presidenza invita Cuba a compiere ulteriori passi importanti e a ratificare entrambi i patti delle Nazioni Unite senza alcuna riserva che minerebbero il loro carattere e la loro efficacia.

Grazie.

 
  
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  Richard Howitt (PSE). - (EN) I miei ringraziamenti al Presidente in carica per l’ulteriore appello lanciato questa sera. Mi domando, dati i cambiamenti nel governo di Cuba, se lui e il Consiglio hanno percepito un cambiamento e un aumento dell’entusiasmo dei cubani nell’entrare nel dialogo politico aperto cui ha accennato. Mi domando inoltre se potrebbe riflettere sull’attuale discussione che si sta svolgendo negli Stati Uniti e sulla discussione che senza dubbio si svolge tra il Consiglio e gli Stati Uniti nel quadro delle nostre relazioni transatlantiche. Percepisce un cambiamento di politica nel paese, che potrebbe incentivare miglioramenti ulteriori dei diritti umani a Cuba?

 
  
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  Janez Lenarčič, Presidente in carica del Consiglio. (SL) La ringrazio molto onorevole Howitt per la domanda aggiuntiva.

Non posso di dire che abbiamo notato cambiamenti sostanziali, sebbene siamo consci del potenziale per introdurre cambiamenti e per aprire un nuovo capitolo delle relazioni tra l’Unione europea e Cuba. Ciò verrà altresì discusso in occasione di una delle prossime sessioni del Consiglio “Affari generali e relazioni esterne”.

Ci auguriamo tale potenziale verrà sfruttato e che ciò possa diventare realtà. Sebbene, ripeto, ciò spetti anche o principalmente a Cuba.

Grazie.

 
  
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  Zita Pleštinská (PPE-DE).(SK) Il rilascio dei quattro prigionieri d’opinione cubani è un passo molto positivo, così come la sottoscrizione da parte del governo cubano di due patti giuridicamente vincolanti derivanti dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo presso le Nazioni Unite in data 28 febbraio 2008. Tuttavia, almeno 58 persone restano ancora incarcerate nelle prigioni cubane meramente perché insistono sui loro diritti fondamentali. Nel contesto dei due patti ONU sui diritti umani, cosa può fare il Consiglio per i 75 prigionieri d’opinione del “gruppo di marzo”? Confido che il Consiglio esorterà i funzionari cubani di alto rango a rivedere tutti i casi riguardanti i dissidenti cubani attraverso tribunali imparziali e liberi e a cercare di ottenere il loro rilascio.

 
  
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  David Martin (PSE). - (EN) Sono leggermente deluso della sua risposta, perché penso che i cubani stiano mostrando una volontà effettiva a compiere dei passi e che il cambiamento nel governo costituisca una modifica importante in termini di approccio cubano al mondo esterno. Sarebbe un vero peccato se l’UE non utilizzasse questa opportunità e non cogliesse l’occasione di avere un dialogo serio con Cuba. Non esercitiamo pertanto maggiore pressione su Cuba per fare concessioni, ma iniziamo con l’impegno dell’UE nei confronti dei cubani.

 
  
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  Janez Lenarčič, Presidente in carica del Consiglio. − (SL) Innanzi tutto, in merito alla domanda posta dall’onorevole Pleštinská.

L’Unione europea plaude al fatto è che il numero di prigionieri politici è stato ridotto. L’UE, tuttavia, continuerà a richiedere alle autorità cubane il rilascio di tutti i prigionieri politici. Innanzi tutto perché Cuba è membro del Consiglio per i diritti umani dell’ONU e di certo questo implica che ha certi obblighi. Non vi è alcun dubbio che la questione dei diritti umani costituirà una delle questioni fondamentali del nostro dialogo con Cuba.

A tale proposito desidero passare all’osservazione dell’onorevole Martin. Posso rassicurarlo del fatto che la Presidenza, o il Consiglio, non perderanno alcuna opportunità al fine di impegnarsi nuovamente nel dialogo, qualora si presentasse l’occasione. Certo, l’oggetto di tale dialogo dovrebbe assolutamente comprendere la situazione dei diritti umani e ci auguriamo che Cuba accetterà tale proposta di istituzione di un dialogo.

Grazie.

 
  
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  Bernd Posselt (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, mi sconcerta come il Consiglio possa semplicemente restare senza batter ciglio. Da molto tempo sono membro di quest’Assemblea. Con il Consiglio il Tempo delle interrogazioni iniziava solitamente alle 21.00 e il Consiglio restava con noi fino alle 22.30. Poi il Consiglio ha chiesto che il Tempo delle interrogazioni fosse anticipato alle 18.00 o alle 19.00 e ci siamo rimessi ai suoi desideri. Questo è stato il nostro primo errore. Da allora, il Tempo delle interrogazioni è sempre iniziato tardi e i rappresentanti del Consiglio dovevano andarsene allo scoccare delle 19.00, puntuali come un orologio. Non è una colpa imputabile alla Presidenza slovena; è un problema generale di cui dobbiamo discutere con il Consiglio. Per un semestre, i rappresentanti del Consiglio possono senza dubbio trattenersi fino a giovedì nella bellissima città di Strasburgo ed essere a nostra disposizione anche il mercoledì sera.

 
  
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  Presidente. − È stata presa nota della sua osservazione. Per la verità oggi abbiamo cominciato in orario alle 18.00. La seduta non è pertanto iniziata in ritardo. In ogni caso, il Consiglio ha chiesto di parlare e ne ha facoltà.

 
  
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  Janez Lenarčič, Presidente in carica del Consiglio. (SL) La ringrazio, signor Presidente, per avermi concesso di intervenire.

Desidero dire all’onorevole Posselt che il Consiglio rispetta e si attiene alle decisioni adottate dal Parlamento europeo, di certo consultandosi con il Consiglio. E’ stato tuttavia deciso che il Tempo delle interrogazioni – che oggi è iniziato in orario – dovesse essere di un’ora. E’ stato altresì deciso che, di regola, il Tempo delle interrogazioni dovesse essere di mercoledì, tra le 18.00 e le 19.00. Il Consiglio si è adattato a rispettare tale decisione, la rispetta e continuerà a farlo in futuro.

Grazie.

 
  
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  Bernd Posselt (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, mi permetta di informare il Consiglio che il Tempo delle interrogazioni di norma dura un’ora e mezza; quando ci lamentiamo con l’Ufficio, ci viene invariabilmente risposto che i Tempi delle interrogazioni che durano solo un’ora costituiscono delle eccezioni. Attualmente l’eccezione viene applicata ogni volta.

 
  
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  Presidente. − Onorevole Posselt, si tratta di una questione su cui decide la Conferenza dei presidenti. Non è questione che io sia d’accordo o meno. Desidererei che disponessimo di più tempo, ma dobbiamo rispettare la decisione della Conferenza dei Presidenti. In ogni caso, è stata presa nota della sua critica e verrà inoltrata alla Conferenza dei presidenti.

 
  
  

Le interrogazioni che, per mancanza di tempo, non hanno ricevuto risposta, la riceveranno per iscritto (vedasi allegato).

Con questo si conclude il Tempo delle interrogazioni.

(La seduta, sospesa alle 19.05, è ripresa alle 21.00)

 
  
  

IPRESIDENZA DELL’ON. MAREK SIWIEC
Vicepresidente

 
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