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Procedura : 2007/2260(INI)
Ciclo di vita in Aula
Ciclo dei documenti :

Testi presentati :

A6-0147/2008

Discussioni :

PV 21/05/2008 - 18
CRE 21/05/2008 - 18

Votazioni :

PV 22/05/2008 - 9.11
CRE 22/05/2008 - 9.11
Dichiarazioni di voto
Dichiarazioni di voto

Testi approvati :

P6_TA(2008)0235

Resoconto integrale delle discussioni
Giovedì 22 maggio 2008 - Strasburgo Edizione GU

11. Dichiarazioni di voto
Processo verbale
  

Dichiarazioni di voto orali

 
  
  

– Proposta di risoluzione B6-0217/2008

 
  
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  Zdzisław Zbigniew Podkański (UEN). - (PL) Signor Presidente, il costo dei prodotti alimentari sta aumentando e continuerà ad aumentare e si registreranno maggiori problemi con l’approvvigionamento alimentare. Esiste una serie di ragioni per il fatto che si registreranno carenze di alimenti e che vi saranno più persone ad averne bisogno e a morire di fame. La prima ragione è, innanzi tutto, il boom della crescita della popolazione nei paesi terzi. La seconda è un’insufficiente produzione di derrate alimentari e una distribuzione inadeguata. La terza è che vari gruppi di interesse stanno speculando sui mercati. La quarta è la politica agricola comune, che ha provocato una riduzione significativa della produzione di alimenti nei nuovi Stati membri. Finché questa politica non sarà cambiata, fino a quando non liberalizziamo la produzione di cibo e le nostre riserve, allora anche questo contribuirà alla carenza di cibo e al rialzo dei prezzi. La quinta ragione riguarda le varie catastrofi naturali su cui non abbiamo controllo, ma che, purtroppo, causano grandi perdite e complicazioni.

La conclusione da trarre è una sola: il problema alimentare è il problema più importante perché, sostanzialmente, riguarda la sopravvivenza biologica. Richiede piena solidarietà, non solo nell’Unione europea, ma nel mondo intero. Per questo motivo ha il mio sostegno.

 
  
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  Tunne Kelam (PPE-DE). - (EN) Signor Presidente, ho sostenuto il nuovo paragrafo da aggiungere dopo il paragrafo 12, che invita la Commissione e gli Stati membri a riconoscere la dipendenza dell’Unione europea dall’importazione di proteine vegetali da paesi terzi”, con l’importante risultato di elaborare, in primo luogo, “norme funzionali per tali importazioni basate su soglie per gli OGM” e, in secondo luogo, a ridurre “gli inutili ritardi nel sistema comunitario di autorizzazione degli organismi geneticamente modificati”.

 
  
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  Czesław Adam Siekierski (PPE-DE). - (PL) Di recente abbiamo assistito a un rialzo allarmante dei prezzi dei prodotti alimentari nei mercati mondiali. Dove i prezzi dei prodotti alimentari aumentano e crescono in misura significativa anche i prezzi dell’energia, si ha una ripresa dell’inflazione. I politici e gli economisti stanno cercando di analizzare la situazione e a individuarne le cause. I fattori descritti di seguito sembrano essere le cause principali: cambiamenti nell’economia globale, fra cui aumento dei prezzi dell’energia, riduzione dei raccolti e produzione dei biocarburanti.

Anche l’aumento della domanda di prodotti alimentari e una maggiore affluenza di abitanti nei paesi a rapida crescita come l’India o la Cina hanno avuto un impatto sul rialzo dei prezzi dei prodotti alimentari. Un aumento dei prezzi dei prodotti alimentari colpisce sia produttori che consumatori.

I cambiamenti nei mercati globali dei prodotti alimentari ci spingono a riflettere seriamente sulla nostra strategia di sicurezza alimentare, o forse a riconsiderarla totalmente. La cosa più importante, tuttavia, è compiere passi per migliorare la situazione sui mercati alimentari, non solo attraverso attività ad hoc, ma con azioni che favoriscano la stabilità a lungo termine.

E’ stata riservata troppa poca attenzione alla stabilità dei livelli di produzione e al mantenimento di sufficienti scorte, che limiterebbero gli effetti delle fluttuazioni nei livelli di produzione causati dal cambiamento climatico o da altri fattori.

 
  
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  Ewa Tomaszewska (UEN). - (PL) Signor Presidente, per quanto riguarda la relazione sull’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari nell’Unione europea, ho votato a favore dell’emendamento n. 21 e contro l’emendamento n. 28. Purtroppo, la macchina delle votazioni non ha reagito a quel punto.

Vorrei, tuttavia, attirare l’attenzione sul fatto che in un’Europa in cui i bambini non hanno da mangiare, è inaccettabile avere limiti di produzione e quote sulla produzione di alimenti. Chiederei quindi alla Commissione europea di riflettere sulla questione ancora una volta. Durante i lavori parlamentari, l’onorevole Zimmer ha preparato una relazione sulla povertà in Europa, in particolare per quanto riguarda la povertà infantile, compresa la malnutrizione fra i bambini europei. Non dovremmo consentire che questo accada.

 
  
  

– Proposta di risoluzione B6-0233/2008

 
  
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  Zita Pleštinská (PPE-DE). - (SK) Nel 2001 il Consiglio ha esentato i cittadini statunitensi dall’obbligo del visto. Purtroppo, un’esenzione simile non si applica a tutti i cittadini dell’UE. Gli Stati Uniti mantengono ancora l’obbligo del visto per i cittadini di alcuni Stati membri (attualmente Bulgaria, Cipro, Repubblica ceca, Estonia, Grecia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Romania e Slovacchia). Più del 10 per cento delle domande di visto viene respinto. Secondo i richiedenti, il processo si basa spesso su criteri non trasparenti.

Da un lato esiste la regola che, sin dall’entrata in vigore del Trattato di Amsterdam nel 1999, il Consiglio è responsabile delle norme della politica comunitaria in materia di visti. Dall’altro, esiste la regola che gli USA conducono solo negoziati bilaterali per inserire i paesi nel programma di esenzione del visto, in base alla normativa nazionale, e solo singoli paesi – non comunità internazionali – possono far parte di questo programma.

Accolgo con favore la risoluzione del Parlamento europeo sui negoziati fra l’Unione europea e gli Stati Uniti, che è il risultato dello svolgimento di intensi dibattiti in quest’Aula. Confido che la risoluzione fugherà ogni dubbio sugli sforzi legittimi dei nuovi Stati membri di eliminare le differenze fra i vecchi e i nuovi Stati membri dell’Unione europea.

 
  
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  Czesław Adam Siekierski (PPE-DE). - (PL) Signor Presidente, i principi di solidarietà, cooperazione e non discriminazione sulla base della cittadinanza sono fondamentali per l’Unione europea. La politica degli USA in materia di visti e i relativi obblighi, tuttavia, hanno turbato, in qualche modo, questi principi. Gli Stati membri sono obbligati a condurre negoziati separati su questioni che, in larga misura, rientrano nella competenza della Comunità.

La questione delle restrizioni dei visti colpisce in particolare i nuovi Stati membri i quali, sebbene non applichino restrizioni o altri requisiti per gli Stati Uniti, non possono, evidentemente, contare sulla reciprocità da parte di quel paese.

La questione non può essere risolta individualmente da ciascun paese. Sono necessarie regole dettagliate che coprano tutti i paesi dell’UE. Vorrei sottolineare che se la politica dei visti degli Stati Uniti non cambia, continuerà a incidere sulle relazioni transatlantiche.

 
  
  

– Relazione Janusz Wojciechowski (A6-0147/2008)

 
  
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  Zdzisław Zbigniew Podkański (UEN). - (PL) Signor Presidente, il problema del benessere degli animali si sta acuendo e i motivi alla base sono molteplici. Il primo è l’aumento della dimensione delle aziende agricole e le relative concentrazioni di animali. Il secondo è la mancanza di misure per combattere con efficacia le malattie veterinarie.

Potremmo risolvere il primo problema limitando l’allevamento nelle grandi aziende agricole e le dimensioni delle mandrie, applicando strumenti giuridici e amministrativi e introducendo un sistema di sostegno alle aziende agricole più piccole, in particolare quelle a conduzione familiare.

La risoluzione del secondo problema dipende senza dubbio dalla messa a disposizione a titolo del bilancio dell’Unione europea dei fondi necessari per combattere le malattie veterinarie. Ovviamente, vi sono anche altre cause importanti, quali il trasporto degli animali, sistemi di allarme precoce insoddisfacenti, l’adozione di insufficienti misure preventive, fra cui l’inoculazione.

La relazione dell’onorevole Wojciechowski parla di questi problemi e, per questo motivo, ho votato a favore.

 
  
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  Bogdan Golik (PSE). - (PL) Signor Presidente, vorrei congratularmi con l’onorevole Wojciechowski per la sua relazione e per il risultato della votazione di oggi. L’iniziativa della Commissione su un cambiamento nell’approccio alla salute degli animali e la precedente strategia hanno dimostrato, inequivocabilmente, che è fondamentale lavorare per migliorare la normativa in questo settore, rafforzare la coerenza con altre politiche e aumentare l’efficacia legislativa.

Il nuovo approccio proposto nella strategia consentirà di minimizzare il rischio di diffusione di malattie infettive negli animali; conosco molto bene il problema, essendo veterinario. Tale impostazione promuoverà anche la crescita dell’economia, renderà gli agricoltori e le imprese europee più competitivi e offrirà un nuovo accesso ai mercati delle esportazioni.

Inoltre, opportuni standard di salute e sicurezza degli animali sono una garanzia per un’adeguata politica commerciale nella Comunità. Questa politica è cambiata sotto l’influenza di una serie di crisi severe e di epidemie di malattie che si sono verificate negli ultimi anni e ha palesato la necessità di effettuare un’analisi attenta delle misure adottate fino a oggi. Credo che, grazie a questa proposta, l’Unione europea promuoverà la scienza, l’innovazione e la ricerca per garantire l’adozione di misure migliori per combattere le malattie veterinarie.

 
  
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  Ewa Tomaszewska (UEN). - (PL) Signor Presidente, mi dispiace notare che, per quanto riguarda la relazione dell’onorevole Wojciechowski, l’emendamento relativo alle condizioni per il trasporto degli animali non è passato solo per dieci voti. Questo dimostra una mancanza di sensibilità da parte nostra. Mi auguro che, in futuro, questo tipo di documenti sarà corretto.

 
  
  

Dichiarazioni di voto scritte

 
  
  

– Relazione Kyösti Virrankoski (A6-0188/2008)

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. − (PT) A causa del ritardo nell’attuazione dei nuovi programmi strutturali e conseguentemente dei programmi operativi presentati dagli Stati membri, gli stanziamenti per un totale di 3 525 milioni di euro dal bilancio UE 2007 per il Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) e il Fondo europeo per la pesca (FEP) non sono stati utilizzati.

Parte di questo importo è già stato trasferito al bilancio 2008, ma devono essere utilizzati ancora 2 034 milioni di euro.

Il progetto di modifica del bilancio propone, fra l’altro, di trasferire parte di quell’importo inutilizzato al bilancio attualmente in vigore (772 milioni di euro), e le parti restanti agli anni successivi.

Tali ritardi hanno ripercussioni gravi sui programmi esecutivi, e sono ovviamente le micro, le piccole e le medie imprese e le imprese a conduzione familiare, fra gli altri esempi, a soffrire di più le conseguenze, tenendo conto inoltre del peggioramento della crisi finanziaria e socioeconomica derivante dalle politiche neoliberali.

Inoltre, in considerazione dell’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari e dei carburanti, e la revisione verso il basso della crescita economica in vari paesi dell’UE, queste somme dovrebbero essere impiegate per promuovere gli investimenti pubblici tesi a stimolare l’economia e favorire un urgente miglioramento dei redditi dei lavoratori.

 
  
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  Janusz Lewandowski (PPE-DE), per iscritto. − (PL) Il secondo emendamento introdotto nel bilancio 2008 contiene, come sempre, diversi elementi che non hanno un collegamento logico con gli altri. E’ una caratteristica frequente delle modifiche dei bilanci e rende più difficile valutare la proposta. La questione di base, tuttavia, è la qualità della giustificazione fornita nonché il rispetto della procedura da parte della proposta sui regolamenti finanziari. E’ giustificabile includere nel bilancio 2008 i Fondi strutturali FESR, FEASR e FEP non utilizzati (per un totale di 771,6 milioni di euro), che corrispondono sia alla lettera che allo spirito dell’accordo interistituzionale del 2006, quando avevamo previsto ritardi nell’esecuzione della nuova prospettiva finanziaria. In sede di votazione di questa modifica del bilancio, possiamo notare con una certa soddisfazione che oltre 500 dei 580 programmi operativi per il 2007-2013 sono già stati approvati, il che significa che stiamo passando nella fase di realizzazione dell’attuale settennio. Il relatore concorda anche con le modifiche dei piani quadro di due agenzie, in particolare l’Agenzia europea per i medicinali e l’Agenzia europea per la sicurezza marittima, conformemente alla presentazione della Commissione europea, che costituisce una parte complementare della proposta iniziale di modifica del bilancio n. 2/2008. Si preferisce questo tipo di integrazione rispetto alla tendenza a moltiplicare le agenzie esecutive e di regolamentazione dell’UE.

 
  
  

– Relazione Romana Jordan Cizelj (A6-0167/2008)

 
  
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  Alessandro Battilocchio (PSE), per iscritto. Il tentativo strategico di rilancio della competitività europea, proposto nella strategia di Lisbona e da ultimo ribadito nel Consiglio competitività del novembre 2007, ha portato l’UE ad intensificare i propri sforzi per incrementare il potenziale d’innovazione e di crescita europeo rispetto ai suoi concorrenti mondiali.

La chiave di un vero e proprio slancio nelle attività di ricerca e sviluppo sta nelle PMI che, spinte dalla lotta per la sopravvivenza sul mercato, sono portate per loro stessa natura all’innovazione. Tuttavia talvolta l’accesso all’attività di ricerca e sviluppo può risultare particolarmente oneroso dal punto di vista economico e burocratico.

Per questo motivo sostengo la presente relazione che sottolinea la necessità che l’UE si faccia portatrice del pensiero “prima i piccoli” e sostenga con particolare cura il potenziale creativo e di originalità delle PMI che costituiscono ancora parte trainante dell’economia europea.

Credo che una politica a favore della piccola imprenditoria debba essere fatta di sussidi e di indispensabili aiuti alla ricerca: in questo senso hanno funzionato il programma “Best” che ha consentito lo scambio di buone pratiche tra PMI, il PIC e il 7 programma quadro. Tuttavia ritengo altresì indispensabile una serie di misure rivolte alla facilitazione dell’attività d’impresa quali la riduzione delle barriere al mercato interno, l’eliminazione degli ostacoli burocratici, nonché un comportamento delle banche che favorisca il prestito alle PMI.

 
  
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  Avril Doyle (PPE-DE), per iscritto. − (EN) La delegazione Fine Gael nel PPE-DE accoglie con favore la relazione dell’onorevole Jordan-Cizeli sull’esame intermedio della politica industriale. In riferimento al paragrafo 7 della relazione, riconosciamo il diritto di quegli Stati membri che intendono consolidare il mercato europeo delle attrezzature di difesa e migliorare la competitività globale dell’industria della difesa dell’UE, mantenendo una rigorosa interpretazione che la neutralità militare dell’Irlanda (come indicato in modo esplicito in una dichiarazione allega ai trattati) sia pienamente rispettata.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. − (PT) La relazione del Parlamento europeo, ancora più della comunicazione della Commissione europea, trascura l’enorme impatto sociale delle industrie esistenti e mantiene un approccio neoliberale che può garantire elevati profitti per le grandi imprese, ma non assicura occupazione con diritti e miglioramenti della qualità di vita delle persone.

E’ vero che l’industria nell’UE è responsabile di oltre l’80 per cento della spesa di R&S del settore privato e che i suoi prodotti innovativi rappresentano circa il 73 per cento delle esportazioni dell’UE, ma la relazione invoca la creazione di un mercato interno aperto e competitivo per i servizi e l’industria. Questo è vantaggioso solo per i grandi gruppi economici e può mettere a rischio le micro, le piccole e le medie imprese e un’elevata percentuale di posti di lavoro. Il che, a sua volta, può incidere sul reddito dei lavoratori e di molti imprenditori su piccola scala, e quindi sulla loro attività di consumatori.

Infine, dissentiamo anche dal rafforzamento del ruolo del settore della difesa dell’UE, anche se può avere un impatto sull’espansione dell’industria degli armamenti. La nostra proposta per il progresso e lo sviluppo sociale è coerente con la pace, piuttosto che con la guerra.

 
  
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  José Albino Silva Peneda (PPE-DE), per iscritto. (PT) Ho votato a favore di questa relazione per l’importanza che attribuisce a questioni che io considero fondamentali, ovvero la promozione delle piccole e medie imprese (PMI) nell’Unione europea.

Dato che essere rappresentano oltre il 90 per cento delle imprese europee, le PMI non solo hanno un ruolo economico nell’Unione, ma anche un ruolo sociale a motivo del loro importante contributo all’occupazione e alla crescita.

Devono quindi essere accolte con favore le iniziative quali lo sforzo della Commissione europea di ridurre del 25 per cento la burocrazia inutile che queste imprese devono affrontare e la promozione di investimenti nella qualità delle risorse umane.

Il settore industriale dell’UE ha ancora un grande potenziale di miglioramento, sia in materia di ricerca e innovazione in opportunità aziendali sia nell’anticipare tali opportunità, per assicurare un adattamento più rapido ai cambiamenti del mercato.

Il miglioramento del quadro normativo, in particolare per quanto riguarda i brevetti, in modo da facilitare l’accesso al mercato interno e promuovere l’imprenditorialità europea, è un fattore chiave per rafforzare la competitività della nostra industria. In questo contesto, mi sembra che anche la promozione di raggruppamenti regionali sia molto positiva.

Un’industria europea prospera è ovviamente indispensabile per raggiungere gli obiettivi di Lisbona.

 
  
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  Małgorzata Handzlik (PPE-DE), per iscritto. − (PL) La politica industriale è importantissima per la realizzazione degli obiettivi della strategia di Lisbona. Dovrebbe creare il quadro per lo sviluppo delle imprese, investimenti industriali, innovazione e creazione di nuovi posti di lavoro.

Sono lieta che, in questo contesto, sia stata prestata un’attenzione speciale alle necessità delle piccole e medie imprese che, dopotutto, rappresentano il 99,8 per cento delle imprese in Europa. Sono proprio queste imprese a risentire di più degli effetti di un’eccesiva burocrazia. Con un calcolo su base pro capite, le piccole imprese sostengono, in media, costi che sono dieci volte più elevati di quelli delle grandi imprese per quanto riguarda gli oneri imposti dalla normativa.

Inoltre, le PMI possono incontrare maggiori difficoltà rispetto alle grandi imprese nell’accesso ai mercati. Non dimentichiamo che sono le PMI, attraverso la loro innovazione e flessibilità, che favoriscono un rafforzamento della crescita economica e miglioramenti nella competitività delle imprese europee. Per questo motivo è estremamente importante sviluppare soluzioni che contribuiscano a ridurre gli oneri amministrativi, ad aumentare l’accesso delle PMI al mercato interno e agli appalti pubblici e ad aiutarle a rispondere alle nuove sfide. La carta delle piccole imprese che è stata annunciata dalla Commissione dovrebbe includere questo tipo di proposte.

Concordo riguardo al punto di vista del relatore secondo cui un miglioramento delle condizioni di regolamentazione a livello europeo dovrebbe essere integrato da un impegno degli Stati. Senza azioni nazionali per ridurre gli oneri amministrativi, non sarà possibile conseguire profitti economici misurabili.

 
  
  

– Relazione Bernard Lehideux (A6-0131/2008)

 
  
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  Sylwester Chruszcz (NI), per iscritto. − (PL) Ho deciso di votare contro la relazione A6-131/2008. Si tratta di un altro documento che ha assecondato la tendenza a creare istituzioni che non hanno senso di per sé assorbono solo denaro dal bilancio comunitario. Nonostante l’esistenza di quattro fondi strutturali, sette fondi di coesione, un programma quadro e decine di agenzie comunitarie il cui unico compito è spremere le risorse dell’UE, ecco un’altra organizzazione che di sicuro costerebbe soldi al contribuente europeo. Per quanto riguarda l’adozione di reali misure contro la disoccupazione o di facilitazione delle vite dei dipendenti (o almeno tese a non renderle più difficili), niente di tutto questo è menzionato nella relazione.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. (PT) Quanto è accaduto oggi nella votazione in plenaria è deplorevole. L’emendamento proposto dal PPE-DE ha messo in discussione e ha cercato di migliorare il funzionamento dell’accordo già raggiunto con il Consiglio e promuovere la conoscenza e l’analisi dei mercati del lavoro nazionali e locali. In termini di interazione del Consiglio con il Parlamento europeo, l’emendamento intendeva assicurare un maggiore coinvolgimento del Parlamento nel funzionamento e nel controllo dell’accordo.

L’approvazione della proposta del PPE-DE, sebbene con uno stretto margine, ha pregiudicato l’intera base del consenso ottenuto. Contrariamente alle aspettative, quindi, sarà necessaria una seconda lettura, il che significa che la relazione sarà discussa nuovamente nella commissione per l’occupazione e gli affari sociali, dato che è un settore legislativo soggetto alla procedura di codecisione.

Di qui la nostra decisione finale di astenerci.

 
  
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  Ian Hudghton (Verts/ALE), per iscritto. − (EN) La Fondazione europea per la formazione svolge un ruolo prezioso nello sviluppo dei sistemi di formazione professionale nei paesi terzi. Credo che il Parlamento dovrebbe espletare la sua parte nel funzionamento dell’ETF e sostenere quindi la posizione del relatore.

 
  
  

– Proposta di risoluzione: Libano (B6-0271/2008)

 
  
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  Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. (SV) Il Junilistan è d’accordo su molte parti della relazione. Siamo favorevoli allo sviluppo di un Libano pacifico e democratico e desideriamo che gli Stati membri dell’UE contribuiscano attivamente al processo di pace. Tuttavia, riteniamo che quest’azione dovrebbe svolgersi nel quadro delle politiche estere nazionali di ciascuno Stato membro, in particolare perché la situazione politica in Libano riguarda questioni delicate sulle quali i governi degli Stati membri diseentono in larga misura. L’UE dovrebbe lasciare alle Nazioni Unite il compito di trattare tali questioni, invece di cercare di concorrere e elaborare una propria politica estera. Le Nazioni Unite si trovano nella posizione migliore a livello internazionale per pervenire a un accordo duraturo sul conflitto nel Medio Oriente e ad affrontare la situazione politica.

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. − (PT) I recenti sviluppi della situazione in Libano non possono essere analizzati separatamente dal peggioramento della situazione nel Medio Oriente dove si stanno rafforzando l’interferenza, l’intervento e l’occupazione militare da parte degli Stati Uniti e dei loro alleati al fine di stabilire il controllo su questa regione strategica.

Oltre a occultare il ruolo del governo libanese nel recente peggioramento della situazione in Libano, questa risoluzione – la cui proposta originaria è stata superata dagli eventi – tace anche sull’interferenza, sul tentativo di blocco e sulla pressione esercitati da Israele e dagli USA negli affari interni di questo paese, fra cui le manovre militari israeliane, lo stazionamento della Sesta flotta statunitense nella regione e il boicottaggio proposto del Vertice di Damasco. Va anche notato che mentre glissa sul ruolo degli USA e dei loro alleati nella regione, la maggioranza del PE ancora una volta punta il dito contro Siria e Iran.

La risoluzione si incentra inoltre su posizioni politiche il cui obiettivo è l’intromissione negli affari interni del Libano, trascurando il fatto che il deterioramento della situazione nel Medio Oriente è dovuto in primo luogo all’occupazione militare da parte di Israele del territorio palestinese, siriano e anche libanese.

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. − (EN) La situazione in Libano è preoccupante. L’accordo di Doha fra il governo e i leader dell’opposizione ha offerto al paese l’opportunità di spostarsi con fiducia verso una certa pace e stabilità.

Mentre si deve ancora votare sulla nomina del generale Michel Sleiman a Presidente, i segnali che tutte le parti sono pronte a negoziare sono incoraggianti. Credo che l’UE dovrebbe continuare a sostenere misure per assicurare che non assistiamo più alla violenza e all’agitazione politica sofferte dalla popolazione libanese. Ho votato a favore della proposta di risoluzione.

 
  
  

– Proposta di risoluzione: Aumento dei prezzi dei prodotti alimentari nell’Unione europea e nei paesi in via di sviluppo (B6-0217/2008)

 
  
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  Jan Andersson, Göran Färm, Anna Hedh, Inger Segelström e Åsa Westlund (PSE), per iscritto. (SV) Abbiamo deciso di votare per la risoluzione, dato che l’aumento di prezzi dei prodotti alimentari costituisce un problema per l’approvvigionamento alimentare in tutto il mondo.

Tuttavia deploriamo che il Parlamento chiuda un occhio sul fatto che la politica agricola protezionistica dell’UE stia contribuendo a una situazione in cui vaste parti del mondo non hanno un sistema di produzione alimentare efficace.

 
  
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  Bernadette Bourzai (PSE), per iscritto. – (FR) La crisi alimentare mondiale (83 per cento di aumento dei prezzi), che provoca attualmente disordini per la fame nei paesi in via di sviluppo e una riduzione del potere d’acquisto dei consumatori europei più modesti, è collegata, a mio avviso, a quanto segue:

– speculazione di borsa senza precedenti sui prezzi dei prodotti alimentari di base, che sfrutta in modo inaccettabile le tensioni e la forte volatilità dei mercati agricoli;

– sviluppo delle colture a fini energetici, a scapito delle colture alimentari essenziali;

– lacune della politica europea in materia di sviluppo;

– il sostegno alle colture per l’esportazione nei paesi in via di sviluppo è stato fatto a scapito delle colture alimentari e dell’autosufficienza alimentare, e

– attuali norme del commercio mondiale che generano condizioni particolarmente inique per i piccoli e medi agricoltori, in particolare nei paesi in via di sviluppo.

Oltre all’azione d’urgenza, al momento del bilancio della salute della PAC, dobbiamo ridefinire i nostri mezzi d’intervento sui mercati mondiali (infrastrutture, stock d’intervento, gestione dei rischi, prospettiva e modellazione economica dell’evoluzione dei prezzi, eccetera), ritornare sullo svincolo degli aiuti e riconsiderare globalmente i nostri modelli di produzione agricola per renderli produttivi e sostenibili.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. (PT) Voglio sottolineare una contraddizione fra questa risoluzione del Parlamento europeo e la revisione della politica agricola comune che il Commissario responsabile dell’agricoltura ha presentato qui questa settimana.

E’ stato particolarmente scioccante che la Commissione trascuri totalmente il dramma sociale e il forte impatto dell’impennata dei prezzi dei prodotti alimentari registrata nei mesi recenti – esacerbata dall’abbandono della terra e dalla scomparsa di molte migliaia di aziende agricole – ed eserciti pressione per il taglio del magro sostegno ricevuto da circa 70 000 piccoli proprietari portoghesi proponendo una soglia minima, ma dimenticando di indicarne una massima.

L’effetto negativo dell’ultima riforma della PAC è ben conosciuto, in particolare lo slegamento degli aiuti dalla produzione. E’ quindi particolarmente grave che nelle circostanze attuali sia stato annunciato il ritiro totale dei pagamenti associati alla produzione che tuttora esiste (con la sola eccezione delle vacche, capre e pecore nutrici), Questi pagamenti sono stati trasferiti all’unico regime di pagamento, mentre si va avanti con il graduale smantellamento di importanti organizzazioni comuni di mercato e lo smantellamento del sistema delle quote latte, e con il ritiro degli interventi in settori quali il grano duro, il riso e la carne suina, promuovendo ulteriormente l’abbandono della terra e dell’agricoltura.

 
  
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  Neena Gill (PSE), per iscritto. − (EN) Ho votato per questa risoluzione per sostenere in particolare i paragrafi 16 e 35 che invitano il mondo industrializzato a ridurre le sovvenzioni agricole.

La richiesta del ministro dell’Agricoltura francese Michel Barnier che l’Europa elabori un piano di sicurezza alimentare e resista agli ulteriori tagli del bilancio europeo per l’agricoltura non è ben ponderata. Dopo essere stata per otto anni nella commissione per i bilanci del Parlamento, dove sono diventata esperta delle anomalie della PAC, credo che tale azione sarebbe controproducente. Farebbe aumentare i prezzi alimentari a livello mondiale in un momento di crisi e non farebbe niente per la salute a lungo termine dell’agricoltura europea.

La Francia assumerà presto la Presidenza dell’UE e una revisione del bilancio dell’UE è più che dovuta. Il Presidente Sarkozy deve cogliere l’opportunità di avviare una reale riforma delle sovvenzioni agricole nell’ambito della PAC e consentire all’UE di soddisfare le sue responsabilità verso il mondo in via di sviluppo.

Il governo britannico, d’altro lato, aveva ragione a chiedere un accordo commerciale per consentire ai paesi più poveri un maggiore accesso ai mercati del mondo industrializzato. Questo potrebbe aiutare 100 milioni di persone nei paesi poveri che altrimenti sarebbero spinte sempre più nella povertà. Tuttavia, si deve fare ancora di più a livello di UE.

 
  
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  Vasco Graça Moura (PPE-DE), per iscritto. − (PT) La crescita economica mondiale e la politica sui biocombustibili hanno creato un paradosso. Dato il livello di ricchezza raggiunto in tutto il mondo, è osceno che molte famiglie lottino per avere da mangiare. Il mercato è condizionato da concentrazioni senza precedenti di persone in zone urbane, dall’abbandono dell’agricoltura per il settore terziario e dall’uso di prodotti alimentari di base in altri elementi complessi della catena alimentare, ad esempio il bestiame.

I biocombustibili hanno fatto entrare un ladro nella campagna e fatto accomodare un ospite inatteso a tavola. La concorrenza tra fonti energetiche e l’alimentazione ne sta orchestrando i prezzi.

Stiamo affrontando problemi di scarsità, sostenibilità, sicurezza ed ecologia. Le politiche di autosufficienza sono adottate in risposta alla scomparsa di riserve strategiche e si temono guerre. Date le restrizioni annunciate sulla vendita di cereali, quest’anno la dimensione dei raccolti sarà cruciale. La speculazione è tale che le banche centrali stanno attirando l’attenzione sul rischio sottostante dell’inflazione, mentre in India sono stati vietati i negoziati sui contratti a termine per gli alimenti.

E’ urgente capovolgere la situazione a favore degli agricoltori, che ancora non sanno quale sarà il raccolto, soprattutto i più piccoli che sono vittime di politiche agricole perverse e incoerenti. La tecnologia e la scienza che precedentemente divergevano hanno così una nuova opportunità a vantaggio di tutti.

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. (PT) A causa della pressione della crisi capitalistica mondiale sempre più intensa, la risoluzione adottata, sebbene con limitazioni, rappresenta tuttavia una condanna delle conseguenze delle politiche agricole comunitarie, rivelando gli obiettivi reali e inaccettabili della PAC e degli accordi dell’OMC.

La risoluzione, tuttavia, non attribuisce responsabilità per l’attuale situazione estremamente grave e non trae opportune conclusioni dalla sua diagnosi dato che non mette in questione le politiche che stanno alla base. Eccone alcuni esempi:

Non fa della sovranità alimentare una questione centrale per garantire il diritto al cibo.

Non considera l’aumento dei redditi delle aziende agricole piccole e a conduzione familiare come un prerequisito essenziale per la preservazione dell’agricoltura, del mondo rurale e della sicurezza alimentare.

Non impone il ritiro dell’agricoltura dall’OMC e di smettere di trattare i prodotti alimentari agricoli come un semplice bene di consumo, né cerca una revisione dell’accordo di Blair House.

Non chiede la cessazione della PAC, nessun ulteriore slegamento degli aiuti dalla produzione, l’applicazione di un reale massimale e la differenziazione a favore delle aziende agricole su piccola scala e a conduzione familiare, né un’equa ridistribuzione fra i paesi e i prodotti, promuovendo il pieno sviluppo della terra coltivabile di ciascun paese e dell’allevamento.

 
  
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  James Nicholson (PPE-DE), per iscritto. − (EN) Siamo entrati in un periodo caratterizzato da insicurezza alimentare. I prezzi sono aumentati drammaticamente e la domanda di cibo sta aumentando più velocemente dell’offerta. Una combinazione di fattori climatici (quali siccità prolungate) e l’uso di cereali nella produzione di biocombustibili hanno aggravato ulteriormente la situazione.

Questo stato attuale di cose è particolarmente preoccupante nel contesto dei paesi in via di sviluppo. Nei paesi più poveri come Haiti, la mancanza di cibo ha già provocato sommosse e a un diffuso malcontento. Come sottolinea questa risoluzione, la priorità della comunità internazionale dovrebbe essere garantire l’autonomia e l’autosufficienza alimentare dei paesi in via di sviluppo.

Tuttavia, l’aumento dei prezzi degli alimenti non colpisce solo le nazioni più povere. L’UE deve agire adesso per stabilizzare la situazione. Innanzi tutto, dovremmo incoraggiare i nostri agricoltori a produrre di più. Inoltre, deve essere raggiunto un equilibrio più sensato sull’uso dei cereali per l’offerta di prodotti alimentari da consumo e la produzione energetica. Una revisione dello stato di salute della PAC sarebbe un forum ideale in cui affrontare tali questioni.

 
  
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  Mieczysław Edmund Janowski (UEN), per iscritto. (PL) Ho votato a favore della risoluzione sull’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari nell’Unione europea e nei paesi in via di sviluppo. E’ un problema che colpisce il mondo intero. Le cause di questa situazione sono molteplici, fra cui l’aumento della domanda di cibo, l’aumento del prezzo dei combustibili, disastri naturali (soprattutto siccità), riduzione degli acri destinati a colture per il consumo umano o animale (il prezzo da pagare per allargare la zona di terra destinata alla cosiddetta agricoltura energetica) e così via. Per questo motivo, sosterrei la proposta dell’ONU per una moratoria sui biocombustibili.

Esiste anche la speculazione finanziaria sui mercati alimentari. Un altro fattore è la questione delle quote erronee e inutili che limitano la produzione agricola, ad esempio le quote latte che limitano la produzione di latte e di prodotti caseari in Polonia. Le tragiche conseguenze nei paesi più poveri causano uno smercio gratuito degli alimenti in eccedenza o la loro vendita a prezzi irrisori. Questo tipo di aiuti è utile solo in periodi di catastrofi e di disastri. Altrimenti distrugge completamente i loro agricoltori perché non vale la pena per loro coltivare colture da consumo o allevare animali. Il rapido aumento dei prezzi dei prodotti alimentari combinato con la disoccupazione potrebbero portare anche a instabilità sociale in questi paesi.

Abbiamo sentito di recente di un drammatico evento avvenuto in Afganistan, dove qualcuno ha venduto la figlia per potere mantenere il resto della famiglia con quel denaro. Dovremmo ricordare gli effetti inflazionari dell’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari. Speriamo che non diano vita a una spirale e ad un improvviso aumento di tutti i prezzi.

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. − (EN) Ogni giorno 850 milioni di persone in tutto il mondo non hanno da mangiare. Questa crisi richiede un’azione rapida ed efficace da parte dell’UE e degli Stati membri. Mi unisco alle richieste relative a una valutazione d’impatto del ruolo dei dettaglianti nella catena alimentare e rivolte alla Commissione e agli Stati membri di analizzare le divergenze nei prezzi imposti dagli agricoltori per i loro prodotti e quelli imposti dai principali dettaglianti.

Questa crisi, infatti, è di scala globale e si deve fare molto nei paesi in via di sviluppo. Dovremmo quindi incentrarci sugli aiuti ai paesi in via di sviluppo in settori come l’agricoltura, lo sviluppo rurale e l’agribusiness. Ho votato a favore della risoluzione.

 
  
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  Véronique Mathieu (PPE-DE), per iscritto. – (FR) In un momento in cui il forte rialzo dei prezzi dei prodotti alimentari è estremamente preoccupante, una risoluzione del Parlamento europeo sembra più che mai necessaria.

Da un lato, la penuria alimentare che colpisce numerosi paesi del mondo è del tutto inaccettabile. Devono essere proposte misure urgenti per mettere fine alla fame che, proprio in questo momento, colpisce le popolazioni più vulnerabili dei paesi in via di sviluppo. Oltre a queste misure d’urgenza, che non permetteranno di risolvere il problema a lungo termine, l’UE deve attuare una strategia, in accordo con le organizzazioni internazionali (segnatamente la Banca mondiale, il FMI, la FAO e l’OMC). Deve essere una strategia di fondo che affronti tutte le cause della crisi: evoluzione delle abitudini alimentari in Asia, rapido aumento delle colture di biocarburanti, eccetera.

D’altro lato, l’aumento inquietante del prezzo del paniere dei consumi nell’Unione europea offre l’occasione per una riflessione approfondita sulla riforma della politica agricola comune. Al momento del bilancio di salute della PAC, devono essere presentate proposte concrete per porre fine a questa inflazione nel mercato interno, ma anche per assicurare l’autosufficienza alimentare dell’UE.

 
  
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  Toomas Savi (ALDE), per iscritto. − (EN) Quando ho partecipato alla missione di osservazione elettorale in Nigeria lo scorso aprile, ho dovuto constatare il fatto scioccante che la Nigeria, una volta esportatore di prodotti agricoli, era diventato importatore. La situazione demografica nei paesi in via di sviluppo ha causato un drastico aumento della domanda di cibo, ma gli attuali conflitti militari, la lotta contro le malattie mortali, quali l’HIV/AIDS, la malaria e la tubercolosi nonché l’amministrazione inefficace hanno distratto l’attenzione dei governi dei paesi in via di sviluppo da questa esigenza.

Ho sostenuto la risoluzione del Parlamento europeo sull’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari nell’Unione europea e nei paesi in via di sviluppo e mi auguro che l’Unione europea continuerà a migliorare le sue politiche di sviluppo e si impegnerà ulteriormente a favore dell’equo commercio a livello internazionale.

 
  
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  Olle Schmidt (ALDE), per iscritto. − (SV) La risoluzione sull’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari nel mondo avrebbe potuto essere un valido contributo all’attuale dibattito sulla politica agricola dell’UE e le sue conseguenze.

Eppure, il risultato è stato deludente. Nella prima parte si osserva che la tendenza è verso un incremento della regolamentazione e un ripristino della costituzione di scorte – nonostante l’elevato prezzo dei prodotti alimentari per la prima volta in anni abbia fatto dell’agricoltura un settore decisamente lucrativo.

La seconda parte parla del “diritto all’alimentazione” nel Terzo mondo e dell’importanza di rendere prioritaria l’alimentazione rispetto alla produzione di combustibili. Nel contempo, il risultato finale della votazione si è disperso su tutte le parti per quanto riguarda i vantaggi e gli svantaggi dei biocombustibili!

La politica è fatta di conflitti sugli obiettivi: il compito principale di un politico è raggiungere un equilibrio e classificare in ordine di priorità. Questa risoluzione non ha raggiunto lo scopo. Mi sono astenuto per questo motivo.

 
  
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  Richard Seeber (PPE-DE), per iscritto. − (DE) L’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari deve essere assolutamente fermato, altrimenti dovremo affrontare gravi difficoltà. Abbiamo bisogno di strategie multistrato che, da un lato, rinvigoriscano la produzione di alimenti attraverso misure quali la sospensione temporanea dei premi per messa a riposo dei terreni e, dall’altro, consentano un migliore coordinamento e distribuzione dei prodotti alimentari. I paesi poveri che sono i più colpiti dall’aumento dei prezzi devono ricevere aiuti per superare la crisi il più rapidamente possibile in modo ben organizzato e, soprattutto, sostenibile. I principali esportatori di prodotti agricoli, come l’Argentina e gli Stati Uniti, devono agire globalmente a questo proposito e non incentrarsi soltanto sul loro benessere.

Nel dibattito sui biocombustibili, non va dimenticato che la loro produzione in Europa, dove le colture per combustibili prendono i due terzi di tutta l’area coltivabile, ha un effetto estremamente minimo sui prezzi degli alimenti. I biocombustibili non devono essere prodotti a scapito degli alimenti, ecco perché dobbiamo compiere strenui sforzi per promuovere la produzione di una seconda generazione di biocombustibili, basati sulla biomassa, composta essenzialmente da rifiuti organici che virtualmente non sono utilizzabili per altri scopi.

 
  
  

– Proposta di risoluzione: Negoziati tra l’Unione europea e gli Stati Uniti d’America in materia di esenzione del visto (B6-0233/2008)

 
  
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  Carlos Coelho (PPE-DE), per iscritto. − (PT) A seguito dell’attuazione della riforma legislativa statunitense che ha rafforzato i requisiti di sicurezza nel programma di esenzione del visto, gli Stati Uniti hanno deciso di proporre protocolli d’intesa separati per ciascuno Stato membro nel tentativo di applicare il principio dividi et impera.

Questi accordi sono inaccettabili, non solo perché non rispettano la competenza comunitaria nel settore, ma anche perché minano il principio della concorrenza leale e danno adito a un trattamento diseguale fra i cittadini dei vari Stati membri in materia di visti.

Sono favorevole alla concessione di un mandato alla Commissione (nell’ambito della competenza comunitaria) a negoziare un accordo fra l’UE e gli USA, garantendo un trattamento uniforme e applicando le stesse condizioni per l’esenzione del visto a tutti i cittadini dell’UE che intendono recarsi nel territorio statunitense (come l’Unione di fatto applica in relazione a tutti i cittadini statunitensi che desiderano entrare nell’UE).

Questi negoziati devono essere condotti rapidamente e in uno spirito di unità europea, affinché nel 2009 tutti gli Stati membri potranno partecipare al nuovo programma di esenzione del visto degli USA.

Credo, tuttavia, che le condizioni necessarie esisteranno solo se gli accordi bilaterali conclusi nel frattempo saranno annullati. Attendo quindi il parere del Servizio giuridico del PE, che, mi auguro, confermerà questa posizione.

 
  
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  Urszula Gacek (PPE-DE), per iscritto. − (EN) L’adozione della “Proposta di risoluzione sui negoziati tra l’Unione europea e gli Stati Uniti concernenti le esenzioni dall’obbligo del visto” è accolta positivamente dal PPE-DE.

Segna un importante passo nel coordinamento delle attività degli Stati membri e della Commissione europea nei loro negoziati con gli Stati Uniti, Riconosce che la discriminazione di un vasto gruppo di cittadini dell’UE è inaccettabile ed esprime solidarietà per quegli Stati membri già inserti nel programma con quelli che affrontano procedure per la concessione del visto scomode e talvolta umilianti. Attira l’attenzione sul fatto che i motivi per il rifiuto del visto non sono trasparenti. Una rapida diminuzione del tasso di rifiuto in alcuni paesi e non in altri crea sospetti che i paesi al di fuori dell’esenzione del visto non sono trattati allo stesso modo dagli Stati Uniti.

Rappresentando la Polonia, un paese al di fuori del regime di esenzione del visto, confido che la risoluzione porti a una rapida e soddisfacente conclusione di un accordo che consenta a tutti i cittadini dell’UE di viaggiare negli USA su un piede di parità. L’UE e gli Stati membri hanno compiuto uno sforzo concertato per risolvere il problema. Speriamo che gli Stati Uniti tratteranno questa iniziativa con una risposta aperta e positiva.

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. (PT) Da questa risoluzione comprendiamo:

che, sebbene l’UE abbia siglato accordi di reciprocità con diversi paesi terzi, ma non con gli USA – motivo per cui nel 2006 la Commissione ha proposto un ripristino temporaneo del requisito del visto per i titolati di passaporti diplomatici e di servizio/ufficiali per velocizzare i progressi verso la reciprocità con quel paese – il Consiglio non ha dato seguito a quella proposta, che la risoluzione descrive come simbolica.

Che la situazione è diventata giuridicamente complicata quando gli USA hanno riformato il regime di esenzione del visto, basato su una cosiddetta guerra al terrorismo, aggiungendo misure di sicurezza (compreso l’accesso ai dati e alle informazioni sui cittadini dei paesi terzi) per chiedere agli altri paesi che desiderano fare parte del programma di esenzione del visto di firmare un protocollo d’intesa bilaterale e norme di attuazione vincolanti.

E che, alla luce delle richieste degli USA, vari Stati membri dell’UE si sono divisi, dimostrando alla fine le loro priorità.

La risoluzione fa parte di uno sforzo di limitazione dei danni, sebbene a nostro avviso non salvaguardi principi che noi consideriamo fondamentali, quali la sovranità dello Stato e i diritti, le libertà e le garanzie dei cittadini.

 
  
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  Mieczysław Edmund Janowski (UEN), per iscritto. (PL) Sostengo la risoluzione del Parlamento europeo relativa ai negoziati in materia di visti con gli Stati Uniti. Dovrebbero essere condotti a nome di tutti gli Stati membri dell’UE. Il governo statunitense e i governi di quei paesi che hanno già avviato negoziati bilaterali dovrebbero tenere conto della posizione dell’UE e della sua competenza in materia di sottoscrizione di trattati.

Sono necessarie linee guida chiare per le discussioni bilaterali sui viaggi negli Stati Uniti senza visto, ma vi sono questioni che rientrano nella competenza dell’UE. Chiediamo la reciprocità. Purtroppo, per quanto riguarda la Polonia, che ha eliminato unilateralmente l’obbligo del visto per i cittadini statunitensi dal 15 aprile 1991, l’asimmetria è vistosa. Non mi convince l’argomento secondo cui ciò dipenda dal livello piuttosto elevato della negata concessione di visti.

A mio avviso, questi rifiuti sono spesso il risultato di decisioni arbitrarie prese da funzionari nel servizio consolare statunitense che presumono – spesso non è chiaro su quale base – che qualcuno estenderebbe illegalmente la propria visita negli USA. Tali presunzioni sono difficilmente oggettive e talvolta del tutto offensive. Inoltre, il tasso di cambio del dollaro con lo zloty non sostiene più l’argomento sul lavoro clandestino. Oggi la cosa più importante per le persone sono i visti turistici, per i viaggi d’affari e per le visite ad amici e alla famiglia. Credo che anche gli Stati Uniti escano sconfitti da questa politica, che chiude le loro frontiere ai loro alleati, ma lascia entrare potenziali terroristi. Come si può sviluppare la cooperazione transatlantica se non si nutre fiducia nei propri alleati? Non è solo una domanda retorica. Molti dei miei elettori hanno menzionato tale questione.

 
  
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  Peter Skinner (PSE), per iscritto. − (EN) I cittadini europei si sono uniti per fruire dei benefici di un’Unione europea che possa esprimersi non solo in Europa, ma anche al di fuori. Questa considerazione è ovvia soprattutto nel trattamento dei suoi cittadini quando si viaggia all’estero. I visti non sono più richiesti dagli USA per molti paesi dell’UE. Pur comprendendo il diritto legittimo degli USA di avere la propria idea sulla questione, credo comunque che vi sia un argomento razionale a favore dell’estensione di questo diritto a tutti i cittadini dell’UE. Ritengo che un accordo opportunamente negoziato con gli USA dovrebbe riflettere l’approccio di non discriminazione richiesto dal Parlamento.

 
  
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  Silvia-Adriana Ţicău (PSE), per iscritto. − (RO) Ho votato per la risoluzione del Parlamento europeo sui negoziati fra l’Unione europea e gli Stati Uniti in relazione al programma di esenzione del visto.

Ho votato per l’emendamento orale proposto dall’onorevole Lambrinidis, perché chiede l’esclusione di qualsiasi forma di discriminazione diretta o indiretta fra i cittadini europei basata sulla cittadinanza. Quindi, l’attenzione va rivolta sulle conseguenze della mancanza di coordinamento fra le istituzioni comunitarie e gli Stati membri nei negoziati internazionali.

Ho anche votato per l’emendamento n. 8, modificato oralmente dal collega Gacek. Il nuovo testo esprime l’insoddisfazione del Parlamento europeo per la situazione esistente in cui solo i cittadini di 12 Stati membri, fra cui la Romania, non sono esentati dal visto per gli Stati Uniti d’America.

Ho votato per l’emendamento n. 1 presentato dal gruppo dei Socialisti europei, che richiede alla Commissione di garantire, nel’ambito del principio di cooperazione leale, parità di trattamento per i cittadini di tutti gli Stati membri per quanto riguarda l’esenzione del visto. Ho votato per l’emendamento n. 2 presentato dal gruppo dei Socialisti europei perché dichiara che, all’incontro del 13 marzo 2008 della troika ministeriale sulla Giustizia e gli Affari interni, gli USA hanno ammesso la competenza della Comunità a negoziare un accordo internazionale in materia di politica dei visti.

 
  
  

– Proposta di risoluzione: Tragica situazione in Birmania (B6-0244/2008)

 
  
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  Edite Estrela (PSE), per iscritto. (PT) Ho votato per la proposta comune di risoluzione sulla Birmania perché la drammatica situazione di quel paese rende essenziale l’urgente ripristino della democrazia e il rispetto dei diritti umani.

Deploro la condotta delle autorità birmane in risposta al ciclone che ha devastato il paese, provocando la morte e lo sfollamento di migliaia di persone, e condanno fermamente la risposta data a questa tragedia dal regime birmano, che ha impedito ai gruppi umanitari di entrare nel paese, rifiutando l’assistenza alle vittime.

 
  
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  Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. − (SV) Il disastro umanitario avvenuto in Birmania è una tragedia enorme e il Junilistan concorda che la risposta del governo birmano vada al di là di qualsiasi critica. Gli aiuti devono raggiungere le centinaia di migliaia di persone colpite. Questa è la priorità numero uno. Condividiamo quindi la risoluzione e la sua critica del governo birmano che ha opposto il suo potere alla sopravvivenza delle persone del paese. D’altro canto, non è compito dell’UE condannare ed esortare altri paesi a fare pressione sulla Birmania per aprire le sue frontiere. Né spetta all’UE chiedere al Tribunale penale internazionale di processare il governo birmano. E’ la comunità internazionale che dovrebbe trattare tali questioni cruciali di diritto internazionale attraverso le Nazioni Unite. Purtroppo, vi è una tendenza a sfruttare i disastri per fare avanzare la propria posizione sulla scena della politica estera.

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. − (PT) Vorremo esprimere il nostro sincero cordoglio per le vittime del ciclone del 2 e 3 maggio che ha colpito varie regioni del Myanmar (Birmania).

Crediamo fermamente che debba essere compiuto ogni sforzo diplomatico, in particolare nell’ambito delle agenzie dell’ONU, per fornire aiuti urgenti e sostegno alle vittime, cercare di minimizzare il numero di morti, rispondere ai problemi affrontati dalle persone e avviare il lavoro di ricostruzione dell’enorme quantità di infrastrutture che sono state distrutte, in cooperazione con le autorità birmane, come sottolinea la risoluzione.

Tuttavia, dissentiamo dalle iniziative che, sulla base del cosiddetto intervento umanitario, continueranno a ostacolare e a mettere in questione gli sforzi attualmente compiuti dalle agenzie dell’ONU, dall’ASEAN e da vari paesi nella regione per trovare soluzioni al fine di aiutare a superare gli attuali ostacoli e minimizzare la sofferenza delle persone colpite.

Queste iniziative, che sfruttano in maniera inaccettabile la drammatica situazione di migliaia e migliaia di esseri umani, cercano in primo luogo di usare la catastrofe umanitaria per scopi politici e come opportunità per raggiungere obiettivi geostrategici, compromettendo alla fine gli urgenti aiuti umanitari che ritengono urgenti e necessari. In sostanza, ciò favorisce situazioni che possono aggiungere la tragedia della guerra alla tragedia naturale.

 
  
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  Ian Hudghton (Verts/ALE), per iscritto. − (EN) Sostengo appieno la risoluzione che riguarda la tragica situazione in Birmania. L’originale disastro naturale del ciclone è stato superato dal disastro umano creato dalla risposta del governo birmano. Il governo birmano ha un obbligo morale e giuridico verso i suoi cittadini e deve consentire l’ingresso degli aiuti umanitari per impedire che la situazione si aggravi ulteriormente.

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. − (EN) La tragica situazione in Birmania richiede un’attenzione urgente. Per quanto riguarda il rifiuto degli aiuti internazionali, il regime birmano ha dimostrato disprezzo per la gravità della situazione. Per le vittime del ciclone Nargis, non è una questione di politica, ma di sopravvivenza. Mi unisco ai colleghi nel sollecitare il regime militare ad accettare l’offerta di assistenza da parte della comunità internazionale.

Infatti, i nostri partner asiatici devono fare pressione sul regime di Rangoon. Ribadisco il mio parere che, incoraggiando altri paesi ASEAN a riconsiderare l’appartenenza della Birmania, Rangoon sarebbe soggetta a una forte pressione a riconoscere alla fine i diritti e le libertà che la sua popolazione ha rivendicato e sta ancora rivendicando. Mi unisco ai colleghi nel voto a favore di questa proposta.

 
  
  

– Proposta di risoluzione: Catastrofe naturale in Cina (B6-0242/2008)

 
  
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  Alessandro Battilocchio (PSE), per iscritto. Signor Presidente, voglio innanzitutto dare atto alla Commissione di aver da subito dato risposte all’emergenza seguita al terremoto del 12 maggio. Le cronache dicono che sono crollate fabbriche, scuole e anche abitazioni civili, che in certe aree il sisma ha abbattuto l’80 per cento degli edifici, che in alcune città sono collassati gli edifici scolastici seppellendo gli studenti e che, purtroppo, le fabbriche chimiche hanno disperso tonnellate di materiale inquinante nel terreno.

Stavolta riusciamo a seguire, in tutta la sua crudezza, questa strage in diretta grazie alla stampa ed alle dichiarazioni – che non appaiono reticenti – delle autorità cinesi. Va notato che, rispetto alla follia del vicino regime birmano, in Cina in questa occasione c’è un’apertura ai soccorsi e agli aiuti internazionali. Come ha assicurato in più riprese il Commissario Michel, l’Europa deve proseguire nella sua azione umanitaria nella disastrata provincia di Sichuan.

 
  
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  Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. (SV) Gli aiuti e i soldi per le persone che in Cina sono state colpite da questa catastrofe naturale sono obbligatori per risolvere questa situazione tragica. Ma gli stessi Stati membri possono offrire tale aiuto direttamente alla regione colpita. L’assistenza non deve passare attraverso l’UE. Altre organizzazioni internazionali si trovano in una posizione migliore per coordinare gli aiuti umanitari. Le Nazioni Unite, con la lunga esperienza e la portata globale, sono un ovvio esempio di tale organizzazione. Riteniamo che questa risoluzione costituisca un ennesimo tentativo dell’UE di portare avanti la politica estera e di avvalersi della catastrofe per compiere un ulteriore passo verso uno Stato federale competente in materia di politica estera.

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. − (PT) Esprimiamo il nostro sincero cordoglio per le vittime del terremoto che il 12 maggio ha colpito varie provincie e regioni autonome della Repubblica popolare cinese e la nostra solidarietà per la popolazione cinese, che ha mostrato coraggio e sostegno reciproco in questo momento di sofferenza.

Come è stato sottolineato, le autorità cinesi si sono adoperate con rapidità ed efficacia per fornire sollievo e sostegno alle vittime, cercando di minimizzare il numero di decessi, di rispondere ai problemi affrontati dalle persone e avviare la ricostruzione delle numerose infrastrutture distrutte.

Di qui l’esigenza per i diversi Stati membri e per l’UE di fornire celermente risorse e aiuti d’emergenza che contribuiranno all’enorme sforzo delle autorità cinesi teso ad aiutare le persone colpite dal terremoto.

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. − (EN) Mi unisco ai colleghi nel lodare gli sforzi della Cina per aiutare la sua popolazione a seguito del terremoto nella provincia di Sichuan. Ciò che fa la Cina è un esempio per altri Stati della regione che affrontano distruzioni di massa causate da disastri naturali.

Concordo anche sul fatto che l’UE dovrebbe aiutare attivamente la Cina negli sforzi di ricostruzione. Ho votato a favore della risoluzione.

 
  
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  Zita Pleštinská (PPE-DE), per iscritto. (SK) Ho votato a favore della risoluzione del Parlamento europeo sulla catastrofe naturale in Cina. I terremoti sono eventi catastrofici che causano numerose vittime ed enormi danni alla proprietà.

Il terremoto cinese, che ha avuto una magnitudo di 7,8, ha sconvolto le persone in tutto il monto. Questo terremoto devastante ha provocato numerose vittime e ha creato condizioni estremamente difficili per coloro che sono stati colpiti, specialmente nella provincia di Sichuan. Desidero esprimere le mie condoglianze e la mia solidarietà alla popolazione cinese e alle numerose vittime di questa tragedia.

Accogliamo il fatto che le autorità cinesi abbiano reagito prontamente al disastro, fornendo aiuti d’emergenza. Occorre notare che la Cina ha anche accettato le offerte di aiuto da fonti esterne. Inoltre, è gratificante vedere che i media cinesi e stranieri hanno potuto trasmettere informazioni dettagliate e accurate sul disastro.

Secondo le mie stime, l’UE ha già fornito più di 10 milioni di euro in aiuti. Tuttavia, la Cina ha bisogno dell’esperienza pratica degli europei in questo settore, ancora più che di aiuti finanziari. Gli aiuti d’emergenza forniti alla popolazione civile devono quindi includere pratiche sperimentate e testate per ridurre l’impatto di eventi di questo tipo. L’UE ha messo a disposizione la conoscenza che ha acquisito dalla ricerca sismologica per aiutare a individuare le cause dell’inadeguata stabilità strutturale degli edifici. La regione terremotata di Sichuan deve essere trasformata in un laboratorio all’aria aperta in cui possono essere testate soluzioni potenziali e i risultati vengano usati per la ricostruzione di quella provincia.

 
  
  

– Proposta di risoluzione: Trattato globale sul divieto delle armi all’uranio (B6-0219/2008)

 
  
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  Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. − (SV) Un divieto di questo tipo di armi deve essere attuato su base globale, attraverso le Nazioni Unite, e su stimolo delle istituzioni degli Stati nazionali, non del Parlamento europeo. Ci opponiamo a una politica europea di sicurezza comune che porterà agli Stati Uniti d’Europa. Abbiamo quindi votato contro la risoluzione.

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. (PT) Essendo pienamente consapevoli della natura retrospettiva della risoluzione, abbiamo votato a favore, soprattutto per il contenuto dei paragrafi 7 e 8, che:

rinnovano l’appello agli Stati membri e ai paesi membri della NATO a imporre una moratoria sull’uso di armi all’uranio impoverito e a raddoppiare gli sforzi tesi a un divieto globale nonché a cessare sistematicamente la produzione e l’acquisto di questo tipo di armi;

invitano gli Stati membri e il Consiglio ad assumere un ruolo guida per giungere all’elaborazione di un trattato internazionale che introduca un divieto sullo sviluppo, la produzione, lo stoccaggio, il trasferimento, la sperimentazione e l’uso di armi all’uranio, nonché la distruzione o il riciclaggio delle riserve esistenti (sebbene il PE abbia stabilito, in maniera inaccettabile, condizioni per quel requisito).

Tuttavia, dobbiamo sottolineare che la maggioranza del PE ha evitato di attribuire responsabilità per l’uso dell’uranio impoverito per scopi militari. In altri termini, cerca di mascherare i crimini commessi dalla NATO e dagli USA e dai loro alleati in Kosovo, Afganistan e Iraq (dove, oltre alle armi all’uranio impoverito, sono state usate bombe a frammentazione o al fosforo bianco).

 
  
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  Ian Hudghton (Verts/ALE), per iscritto. − (EN) Sostengo appieno le richieste di elaborare un trattato internazionale per vietare le armi all’uranio impoverito. L’uso di tali armi causa malattie fatali fra il personale militare e la popolazione civile. L’UE ha il dovere morale di assumere un ruolo guida nella materia e di lavorare per l’eliminazione totale di tali armi.

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. − (EN) Gli Stati membri dell’UE e il Consiglio devono assumere un ruolo guida nei negoziati di un trattato internazionale per l’introduzione di un divieto sullo sviluppo, la produzione, lo stoccaggio, il trasferimento, la sperimentazione e l’uso di armi all’uranio.

Ritengo peraltro che il trattato non debba fermarsi lì. Gli Stati non devono avere l’opportunità di continuare a usare vecchi stock di tali armi il cui impatto sulla salute e sull’ambiente rimane, a mio avviso, incerto. Gli stock esistenti devono essere distrutti o riciclati. Ho votato a favore di questa risoluzione.

 
  
  

- Proposta di risoluzione - REACH (B6-0237/2008)

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. − (PT) Questa risoluzione dà continuità al processo REACH. Ci siamo astenuti perché riteniamo che non abbia soddisfatto i diritti e i timori legittimi dei consumatori e delle piccole e medie imprese e non abbia protetto i lavoratori o l’ambiente. Riteniamo che l’equilibrio necessario fra la protezione della salute dei lavoratori, la tutela dell’ambiente e lo sviluppo dell’industria non sia stato completamente raggiunto perché i diritti dei consumatori non sono stati adeguatamente garantiti, dato che i diritti dei consumatori all’informazione e alla salute sono stati limitati. Né si è tenuto debito conto delle micro e delle piccole e medie imprese – dato che questo ha fatto aumentare inevitabilmente il costo della registrazione delle sostanze senza fornire un valido supporto – o anche delle grandi imprese che adesso hanno espresso il loro desiderio di sostituire i prodotti chimici pericolosi.

Si fa adesso riferimento alle misure per integrare e velocizzare le procedure interne della Commissione per la convalida e l’accettazione regolamentare di nuovi metodi di analisi alternativi, nell’ambito delle quali la Commissione predisporrà un processo più trasparente che preveda la consultazione dei soggetti interessati nel periodo preparatorio ad ogni proposta di adeguamento al progresso tecnico del regolamento sui metodi di sperimentazione. Abbiamo mantenuto la stessa posizione, nell’attesa che ci fosse proprio più trasparenza.

 
  
  

- Relazione Janusz Wojciechowski (A6-0147/2008)

 
  
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  Bernadette Bourzai (PSE), per iscritto. – (FR) Ho sostenuto la relazione Wojciechowski su una nuova strategia per la salute degli animali. Eletta nella circoscrizione del Massif central-Centre, sono particolarmente preoccupata dall’epizoozia della febbre catarrale ovina che colpisce attualmente l’Europa e che è molto grave a causa della durata, propagazione e diffusione di differenti serotipi della malattia in zone finora indenni e delle gravi conseguenze socioeconomiche derivanti dalle limitazioni alla circolazione degli animali e al commercio. Credo che la Commissione, nel quadro di un piano d’azione di salute degli animali, debba migliorare la sua capacità di reazione alle epizoozie animali talmente gravi attraverso il finanziamento della ricerca, l’indennizzo delle perdite, la distribuzione di anticipi sui pagamenti, eccetera.

Ho votato contro l’emendamento n. 12 secondo cui il trasporto di animali vivi su lunghe distanze è in grado di aumentare i rischi e che si dovrebbe stabilire un massimo di nove ore per trasporto degli animali destinati all’abbattimento. Per contro, ho votato a favore dell’emendamento n. 13 che dispone che per il benessere degli animali la qualità del trasporto è più importante della durata. Esiste in materia un rigido regolamento specifico di cui dovremmo piuttosto controllare l’attuazione.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. − (PT) Riteniamo che la relazione presenti una serie di misure positive che devono essere sviluppate e che la Commissione dovrebbe portare avanti, in particolare:

– la necessità di un forte contributo comunitario nell’ambito delle malattie più importanti, al fine di garantire l’uguaglianza di trattamento e le pari opportunità, indipendentemente dalle possibilità finanziarie dei paesi e dei produttori interessati;

– il riconoscimento che i produttori dell’Unione europea sono soggetti a costi più elevati poiché gli standard europei sono più rigidi e che devono essere protetti dalle importazioni di prodotti di origine animale la cui produzione è soggetta a standard più bassi;

– la necessità che la Commissione aiuti gli agricoltori a far fronte ai costi elevati sostenuti per l’acquisizione delle attrezzature necessarie alla registrazione degli animali.

Abbiamo comunque alcune critiche, in particolare nel settore dei finanziamenti pubblici, che devono essere intensificati per evitare il ricorso a assicurazioni private per rimediare alle perdite dovute all’eliminazione delle malattie. Non possiamo concordare sulla possibilità che gli agricoltori abbiano la responsabilità per l’eliminazione delle malattie pagando assicurazioni private.

 
  
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  Duarte Freitas (PPE-DE), per iscritto. (PT) Sostengo la strategia per la salute degli animali per il 2007-2013, proposta dalla Commissione europea perché credo che debba essere avviato rapidamente un dibattito fra le istituzioni europee al fine di elaborare future proposte legislative.

L’azione a livello europeo deve essere la priorità, deve essere creato un quadro moderno per la salute degli animali e devono essere migliorati la prevenzione, il controllo e la ricerca scientifica.

Approvo quindi la relazione Wojciechowski, ma vorrei sottolineare per quanto riguarda le restrizioni al trasporto degli animali destinati alla macellazione che sono contraria a qualsiasi tipo di imposizioni aggiuntive, dato che la legislazione esistente contiene già sufficienti disposizioni per minimizzare la sofferenza degli animali.

 
  
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  Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. − (SV) Questa relazione si occupa di una questione molto importante. Ma, come sempre, la commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale propone di aumentare gli stanziamenti comunitari per l’agricoltura in vari contesti. Siamo quindi obbligati a votare contro la relazione nella sua interezza, sebbene in linea di principio siamo favorevoli alle misure volte a promuovere il miglioramento della salute degli animali nell’Unione.

 
  
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  Ian Hudghton (Verts/ALE), per iscritto. − (EN) Ho votato contro il paragrafo 52 della relazione Wojciechowski che sostiene il principio dell’identificazione elettronica. Le proposte in questo settore non sono proporzionate e la Commissione deve riconsiderare la sua strategia. L’allevamento degli ovini svolge un ruolo vitale in molte parti della Scozia rurale e l’UE deve agire in modo da proteggere queste economie rurali, non imporre oneri aggiuntivi agli allevatori di ovini.

 
  
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  Astrid Lulling (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione su una nuova strategia per la salute degli animali nell’UE perché sono decisamente a favore dell’agricoltura sostenibile e non posso che appoggiare le iniziative politiche e le pratiche intese a promuoverla.

La salute e il benessere del bestiame sono essenziali per potere garantire la salute pubblica attraverso la produzione di alimenti sani. La salute degli animali è strettamente collegata alla salute umana, tenuto conto del rischio di trasmissione diretta o indiretta di alcune malattie animali all’uomo.

Le altissime concentrazioni di animali nei sistemi d’allevamento intensivo presentano un rischio maggiore di propagazione di malattie e ostacolano la lotta contro di esse. Riconosco la necessità di promuovere misure tese a garantire la sicurezza biologica negli allevamenti, ma bisogna tuttavia vegliare a non sovraccaricare i criteri dell’eco-condizionalità.

Deploro, quindi, che la comunicazione della Commissione non attribuisca valore agli esperti veterinari che, a mio avviso, sono più in grado di attuare una strategia efficace nella lotta per la protezione della salute degli animali.

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. − (EN) Accolgo con favore la relazione dell’onorevole Janus Wojciechowski. La relazione contiene misure tese a migliorare la sicurezza alimentare e la salute degli animali. Il nostro SNP e i colleghi conservatori ci hanno invitato a votare contro l’introduzione dell’identificazione elettronica e genetica a mezzo del DNA e la registrazione degli animali a livello di UE

In un periodo in cui la minaccia di epidemie di malattie animali nuove e già esistenti è acuta e si prevede che lo sia ancora di più a causa del cambiamento climatico, risulta sensato avere un sistema di circolazione degli animali sicuro e solido con tali metodi di identificazione e registrazione. Il mio voto riflette tali opinioni.

 
  
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  Véronique Mathieu (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Dopo gli accesi dibattiti e i numerosi emendamenti presentati nella commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale, la relazione Wojciechowski, così come è stata adottata, propone modifiche sostanziali alle proposte della Commissione europea. Questi emendamenti apportano un forte equilibrio alla relazione e consentiranno di modificare e migliorare efficacemente il quadro legislativo che regola la salute degli animali nell’Unione europea.

Sulla questione delle forti concentrazioni di animali nei sistemi di allevamento intensivo, il voto della commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale ha permesso di moderare la posizione iniziale del relatore, riconoscendo che possono verificarsi problemi quando sono attuate misure inadeguate di lotta contro le malattie.

Inoltre, l’emendamento presentato in plenaria a nome PPE-DE, sul trasporto degli animali su lunghe distanze, dovrebbe consentire all’UE di limitare la sofferenza troppo spesso inutile del bestiame destinato all’abbattimento, conservando eccellenti condizioni sanitarie.

Le altre misure proposte dalla relazione, in particolare per favorire il ricorso alla vaccinazione d’urgenza, accentuare il senso di responsabilità degli allevatori o ancora chiarire il ruolo di ciascuno nel finanziamento della futura strategia, vanno nella direzione giusta e sono idonee a rafforzare la legislazione dell’Unione europea in materia di salute degli animali.

 
  
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  Mairead McGuinness (PPE-DE), per iscritto. − (EN) Accolgo con favore questa relazione che perora la causa di un elevato stato di salute degli animali nell’UE, raggiungibile solo attraverso un piano d’azione comunitario. Per quanto riguarda il trasporto degli animali, dobbiamo solo basare la legislazione del settore sui risultati scientifici. I tentativi di specificare la durata del viaggio hanno un’ispirazione ristretta e non sono ben ponderati. Si deve garantire il rispetto dei regolamenti già esistenti sul trasporto degli animali. La qualità del trasporto è fondamentale, non la durata. Ecco perché ho accolto favorevolmente l’esclusione dalla relazione di uno specifico periodo di tempo. Infine, l’UE deve insistere sull’accettazione a livello internazionale dei nostri standard di salute e benessere degli animali e fare in modo che tali preoccupazioni siano prese in considerazione nell’ambito dell’OMC.

 
  
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  Peter Skinner (PSE), per iscritto. − (EN) La questione è di vitale importanza per molti milioni di cittadini europei, in particolare nel sudest dell’Inghilterra. Il problema più controverso è stato il trasporto degli animali che è un aspetto di questa relazione.

Accolgo tutti i tentativi tesi a migliorare il benessere degli animali durante il trasporto. Ovviamente, un elemento importante è che i chirurghi veterinari siano ben attrezzati per realizzare controlli e possano fare affidamento su un Fondo veterinario migliorato per questa attività.

Parimenti, quegli agricoltori che si occupano di trasporto del bestiame dovrebbero avere strumenti assicurativi che li proteggano da perdite indirette.

 
  
  

– Proposta di risoluzione – strategia dell’Unione europea per la terza riunione delle Parti che aderiscono alla Convenzione sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale (B6-0238/2008)

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. (PT) L’attuazione della Convenzione di Aarhus è stata discussa sin dalla sua entrata in vigore il 30 ottobre 2001. Poiché la maggior parte dei 35 membri della convenzione è costituita da Stati membri dell’Unione europea, essi hanno una responsabilità speciali per stabilire i meccanismi necessari alla sua attuazione.

E’ altrettanto importante garantire disposizioni specifiche – come il diritto già previsto dalla Convenzione – che migliorino la partecipazione pubblica regionale e globale a altre convenzioni e altri trattati concernenti questioni correlate all’ambiente.

Il Parlamento e il Consiglio hanno adottato adesso tre strumenti legislativi per l’attuazione della Convenzione di Aarhus, ma le difficoltà rimangono. Quindi, sebbene alcuni aspetti della risoluzione del PE non siano molto chiari, in generale la sosteniamo perché crediamo che sia importante contribuire alla creazione di condizioni universali per l’accesso alla giustizia e ai processi in materia ambientale.

Ci auguriamo quindi che saranno compiuti alcuni passi positivi nel processo in questa terza riunione delle Parti, che si terrà a Riga, Lettonia, dall’11 al 13 giugno 2008.

 
  
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  Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto (SV) Il Junilistan sostiene la Convenzione di Aarhus, ma riteniamo che i parlamenti nazionali dovrebbero determinare le varie posizioni dei rispettivi paesi durante la conferenza sulla Convenzione di Aarhus a Riga.

Gli Stati membri che non hanno ratificato la Convenzione di Aarhus devono infatti decidere da soli se intendono ratificarla o meno. A nostro avviso, non spetta al Parlamento europeo formulare raccomandazioni in materia.

 
  
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  Eija-Riitta Korhola (PPE-DE), per iscritto. − (FI) Ho partecipato attivamente alla Convenzione di Aarhus sin dal 2000, quando abbiamo discusso del suo primo pilastro, il diritto dei cittadini ad avere informazioni sull’ambiente, e subito dopo il secondo pilastro, ovvero l’opportunità di partecipazione del pubblico ai processi decisionali. Quando ho incontrato gli attivisti locali per l’ambiente nel Kazakhstan, quello che sembrava ovvio nell’Ovest ha assunto una nuova dimensione dal mio punto di vista.

La Convenzione di Aarhus è un successo importante nel tentativo di migliorare la partecipazione pubblica e l’accesso a diritti d’informazione ed è una componente essenziale in ogni sistema democratico di successo. Ecco perché comprendo la posizione del Parlamento secondo cui anche l’elemento mancante, il diritto del pubblico all’appello, dovrebbe essere ripristinato. Posso concordare, tuttavia, con il Consiglio quando dice di temere che i diritti dei cittadini potrebbero essere oggetto di abusi in sede di presentazione di un appello per ritardare progetti o stabilire un terreno di gioco per le campagne di raccolta di fondi dirette da organizzazioni. Il Consiglio ha ragione a essere preoccupato su questo sfruttamento della democrazia. E’ importante, tuttavia, che la questione sia sollevata nuovamente: il mondo e la nostra società stanno cambiando in ogni momento, e le decisioni politiche devono superare lo scrutinio di oggi.

E’ proprio per questo motivo che accolgo con favore il paragrafo della risoluzione in preparazione della riunione che dichiara che esiste il desiderio di ampliare l’applicazione della Convenzione di Aarhus a tutti i principi di sviluppo sostenibile. In questo modo, i criteri per lo sviluppo sostenibile sono soddisfatti grazie ai principi della Convenzione che riguardano l’apertura, la possibilità di partecipazione e la responsabilità. L’idea alla base della Convenzione di Aarhus: genererà un modo di pensare di ampio respiro e proattivo sull’ambiente, in particolare nel pubblico, creando così nuove opportunità di migliorare le pratiche esistenti. La riunione di Riga sarà una splendida occasione per una valutazione intermedia della Convenzione, e sono convinta che questa sia la strada da percorrere.

 
  
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  Cristiana Muscardini (UEN), per iscritto. Signor Presidente, la convenzione di Arhus riconosce che ogni persona ha il diritto di vivere in un ambiente che garantisca la sua salute e il suo benessere e il dovere di tutelare l’ambiente, inoltre che per affermare questo diritto e adempiere a tale obbligo i cittadini devono aver accesso alle informazioni, poter partecipare ai processi decisionali e avere accesso alla giustizia in materia ambientale.

L’articolo 1 della convenzione afferma che ciascuna parte della convenzione garantisce il diritto di accesso alle informazioni, di partecipazione del pubblico ai processi decisionali. Un maggiore coinvolgimento in questo processo delle istituzioni nazionali ed europee rappresentative dei cittadini riveste una grande importanza, anche perché si possa realizzare non solo un pieno accesso alle informazioni in materia ambientale, ma soprattutto vigilare affinché le informazioni date siano prima di tutto corrette. Troppe infatti sono le tesi, con basi scientifiche più o meno fondate, contraddittorie tra loro. È necessario stabilire regole per evitare allarmismi a volte esagerati e per fare della tutela ambientale un dovere per tutti, cittadini e istituzioni.

Per questo ritengo, esprimendo da parte del gruppo UEN il voto favorevole alla risoluzione, che nella delegazione dell’Unione europea che parteciperà alla riunione delle parti della convenzione in programma dall’11 al 13 giugno 2008 sia necessaria una rappresentanza la più ampia possibile di questo Parlamento.

 
  
  

– Relazione Johan Van Hecke (A6-0171/2008)

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. (PT) Alcuni aspetti della risoluzione sono più importanti di altri.

Data la loro importanza strutturale, alcune politiche condizionano tutte le altre. Quanto segue ne è un esempio.

Non mettendo in discussione gli accordi di partenariato economico (APE), ma riferendosi solamente alla distribuzione degli aiuti allo sviluppo solo a paesi che accettano una maggiore liberalizzazione dei loro mercati, ogni aspetto positivo che potrebbe derivare da tali aiuti è stato abbandonato.

Gli APE stabiliscono condizioni sulla sovranità dei paesi, impongono un modello che favorisce le multinazionali dell’UE e condiziona la produzione dei paesi non alle esigenze particolari della loro popolazione ma, al contrario, a requisiti di un mercato sempre più liberalizzato.

Quindi, considerando positivi l’esclusione delle spese militari dalla portata degli aiuti allo sviluppo, la destinazione di risorse effettive agli aiuti allo sviluppo e al miglioramento dei servizi pubblici, si dovrebbe smettere una volta per tutte di spostare gli aiuti verso obiettivi che non hanno niente a che vedere con lo sviluppo. Queste misure saranno efficaci solo se respingiamo nello stesso tempo la liberalizzazione del commercio e gli strumenti di dominio e l’interferenza stabiliti negli EPA.

Soltanto superando questa contraddizione sarà possibile offrire aiuti che esprimano una reale solidarietà e che rispettino la sovranità nazionale.

 
  
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  Jens Holm e Eva-Britt Svensson (GUE/NGL), per iscritto. − (EN) Credo si possa fare ancora molto per migliorare l’efficacia degli aiuti dell’UE e degli Stati membri e la relazione dell’onorevole Johan van Hecke contiene importanti spunti. Tuttavia, vorrei sottolineare che non sostengo la frase del paragrafo 1 che dichiara che l’UE dovrebbe parlare con una sola voce e che è necessaria maggiore armonizzazione.

 
  
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  Mikel Irujo Amezaga (Verts/ALE), per iscritto. (ES) Ho votato a favore della relazione sull’efficacia, pur non condividendone completamente il contenuto. In primo luogo, perché gli Stati membri non mantengono la parola data, il che significa che tutto il lavoro che svolgono le Istituzioni europee non serve a niente. Inoltre, non si parla nemmeno chiaramente del ruolo che gli Stati membri si erano impegnati a svolgere (sostenitori dei paesi partner nell’attuazione degli aiuti), ma che realmente stanno svolgendo (finanziando solo quelle iniziative prioritarie per le loro economie), senza prestare attenzione allo sviluppo sociale ed economico dei paesi partner (orfani).

In secondo luogo, perché si chiede maggiore efficacia e trasparenza in sede di finanziamento dei progetti. Efficacia: certo che la vogliamo. Ma se trasparenza significa più verifiche, più consultazioni, più controlli, eccetera, in definitiva più spreco di denaro e di tempo in questioni burocratiche, che più che facilitare ostacolano il lavoro di MOLTE persone, la trasparenza va quindi contro l’efficacia. Vorrei che la trasparenza fosse uno strumento utile per ottenere efficacia, e che sia quest’ultima a prevalere sempre.

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. − (EN) Accolgo con favore il seguito dell’onorevole Van Hecke sulla dichiarazione di Parigi del 2005 sull’efficacia degli aiuti. Il sistema di aiuti deve rimanere fedele al suo obiettivo primario. Infatti, perché gli aiuti siano efficaci devono avvalersi dei sistemi locali e essere attuati totalmente dal beneficiario.

Sostengo anche la richiesta rivolta alla Commissione e agli Stati membri di compiere sforzi significativi per soddisfare l’obiettivo definito negli Obiettivi di sviluppo del Millennio, ovvero di destinare lo 0,7 per cento del RNL dell’Europa agli aiuti pubblici allo sviluppo entro il 2015. Credo che la relazione rifletta questi punti di vista e io ho votato a favore.

 
  
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  Bernard Wojciechowski (IND/DEM), per iscritto. (PL) La dichiarazione di Parigi del 2005 ha stabilito un programma per l’efficacia degli aiuti internazionali, basato in primo luogo sull’eliminazione della povertà. Il documento contiene obblighi specifici che sono tesi ad accrescere l’efficacia degli aiuti grazie alla cooperazione internazionale. Sembrerebbe che gli aiuti saranno efficaci nel verso senso della parola e che quelli che richiedono gli aiuti li riceveranno senza dover pagare.

Purtroppo, accade che le persone che ricevono gli “aiuti” debbano pagare. In molti casi, si tratta di uno strumento per rendere i deboli economicamente dipendenti dai forti e i poveri dai ricchi. All’inizio degli anni sessanta, un indiano che vedeva fornire gli “aiuti” dai paesi industrializzati al suo paese disse ad una riunione della FAO “per amor del cielo, smettete di aiutarci”. Credo che questa volta le cose andranno in maniera diversa.

 
  
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  Eija-Riitta Korhola (PPE-DE). - (EN) Signor Presidente, farei qualsiasi cosa a favore del Parlamento europeo, ma anch’io ho i miei limiti. Ho quasi raggiunto il mio limite ieri sera quando ho preferito il dibattito sulla Convenzione di Aarhus al consumo di asparagi quella famosa sera degli asparagi. Ho “abbandonato prima del dolce” solo per scoprire che la discussione era stata cancellata. La mia domanda è: possiamo allegare i nostri discorsi non utilizzati al processo verbale della seduta, dato che la risposta del Commissario c’è in ogni caso?

 
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