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Procedura : 2008/2003(INI)
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Testi presentati :

A6-0186/2008

Discussioni :

PV 04/06/2008 - 15
CRE 04/06/2008 - 15

Votazioni :

PV 05/06/2008 - 6.15
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Testi approvati :

P6_TA(2008)0255

Resoconto integrale delle discussioni
Mercoledì 4 giugno 2008 - Bruxelles Edizione GU

15. Relazione annuale 2006 sulla PESC - Strategia europea in materia di sicurezza, PESD (discussione)
Processo verbale
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  Presidente. − L’ordine del giorno reca, in discussione congiunta

– la relazione presentata dall’onorevole Saryusz-Wolski, a nome della commissione per gli affari esteri, sulla relazione annuale del Consiglio al Parlamento europeo sugli aspetti principali e le scelte di base della politica estera e di sicurezza comune (PESC), presentata al Parlamento europeo in applicazione della sezione G, punto 43, dell’accordo interistituzionale del 17 maggio 2006 – 2006 [2007/2219(INI)] (A6-0189/2008) e

– la relazione presentata dall’onorevole Kuhne, a nome della commissione per gli affari esteri, sull’attuazione della strategia europea in materia di sicurezza e la PESD [2008/2003(INI)] (A6-0186/2008).

 
  
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  Jacek Saryusz-Wolski, relatore. (EN) Signor Presidente, desidero commentare e illustrare i punti di vista del Parlamento in merito alla politica estera nell’ambito della presente discussione, che è più che un semplice dibattito annuale di routine sulla politica estera e sulla situazione della politica estera nell’Unione: la presenza di Javier Solana comprova che si tratta di un dibattito speciale. Grazie per essere qui, signor Solana.

Innanzi tutto, ci troviamo in un momento molto importante, se non addirittura a un punto di svolta, in termini di politica estera a causa delle innovazioni apportate dal Trattato di Lisbona. Dobbiamo guardare al passato per tirare le somme come sempre, ma dobbiamo anche adottare un approccio lungimirante. Godiamo di un forte sostegno sempre maggiore da parte dei cittadini sul fronte della politica estera, che è autentica e solida. Le percezioni degli Stati membri cambiano in misura notevole, dal momento che parlare con una voce sola e agire di concerto è l’unico modo per avere un’efficace politica estera dell’Unione.

Inaugurando questo nuovo capitolo della politica estera dell’UE, ci stiamo muovendo verso un cambiamento qualitativo. La nuova politica estera dovrebbe trarre la propria legittimità non solo dalla sua fonte intergovernativa, ma anche dalla verifica del Parlamento europeo, da cui, come vedremo, la crescente rilevanza e un ruolo più incisivo del Parlamento europeo del formulare questa politica, come chiesto nella nostra relazione. Ci occorre un approccio integrato e olistico alla politica estera, con coesione, convergenza e complementarietà di tutte le istituzioni coinvolte, tra cui gli Stati membri.

L’Unione europea deve proseguire il proprio ruolo di pacificatore e mediatore, un soft power che contribuisce a stabilizzare, ricostruire e riformare, un fornitore di assistenza e aiuti umanitari, deve continuare a esercitare quale potere normativo, elaborando valori e promuovendo la democrazia, la libertà e i diritti umani, ma, al contempo, dovremmo completare la dimensione morbida con una più intransigente sviluppando la dimensione della PESC nonché le nostre capacità militari onde essere preparati anche per la power projection.

Dobbiamo completare la nostra politica di reazione alle sfide a medio e a breve termine con un approccio strategico a più lungo termine e una definizione degli interessi europei a lungo termine, affrontando le vere cause e non solo gli effetti di alcuni cambiamenti avvenuti intorno a noi, come nel caso del Darfur, che si trova in una situazione imputabile sia al clima che al conflitto.

Dobbiamo continuare a essere attivi riguardo a varie priorità geografiche, ma dobbiamo anche affrontare nuove sfide e questioni orizzontali quali la sicurezza del clima, la sicurezza energetica, la sicurezza dello spazio, la cibersicurezza, i flussi migratori e molte altre.

Aspiriamo a diventare una potenza e un protagonista globale, tuttavia dobbiamo cambiare l’equilibrio tra essere un pagatore, come siamo e vogliamo essere, ed essere un protagonista chiave della scena mondiale. Il nuovo Trattato offre un enorme potenziale per una politica coerente ed efficace, ma tutti sappiamo che l’attuazione sarà cruciale. Ci occorrono volontà collettiva e cooperazione, non solo nel quadro del triangolo istituzionale ma anche con gli Stati membri, e dobbiamo evitare le rivalità.

Nella relazione in questione abbiamo tentato di presentare un approccio costruttivo; alcune lacune della politica estera sono motivo per noi di preoccupazione, ma siamo proiettati verso il futuro. Riconosciamo un’evoluzione positiva, nonché sviluppi e successi. Raccomandiamo di affrontare le sfide, prendendo però le mosse dai risultati ottenuti, e di individuare l’eventuale margine per compiere ulteriori passi avanti.

L’ambizione del Parlamento europeo non è solo analizzare a fondo la politica estera, formulare raccomandazioni su cui basare soluzioni e scelte per il ramo esecutivo, ma anche investire nella propria definizione della politica estera, quello che io chiamo “diplomazia parlamentare”, in quanto rientra nell’ambito della nostra competenza a livello parlamentare.

Per quanto attiene alle priorità, riteniamo che ci occorrano un approccio più mirato e un numero circoscritto di priorità. Sottolineiamo la necessità di una politica estera guidata dai valori, non perché siamo eccessivamente idealistici o ingenui, ma perché un mondo intorno a noi che condivida i nostri forti valori universali risponderà in modo ottimale ai nostri interessi di sicurezza e prosperità.

Il Parlamento considera la politica estera dell’Unione un contributo all’identità rafforzata dell’Europa nonché un valore aggiunto per i cittadini dell’UE e parte del percorso della Commissione europea riguardo a un’Europa dei risultati.

Noi reputiamo la politica estera una politica chiave dell’UE da dotare della struttura istituzionale adeguata, che il Trattato di Lisbona offre, degli strumenti appropriati e delle sufficienti risorse finanziarie attinte dal bilancio dell’UE. Ci occorre un insieme di strumenti di cui disporre, qualcosa che abbiamo dinanzi a noi.

 
  
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  Helmut Kuhne, relatore. (DE) Signor Presidente, nella nostra relazione abbiamo cercato di evitare di riprendere dichiarazioni delle relazioni precedenti sulla strategia europea in materia di sicurezza. Forse non abbiamo raggiunto appieno quanto ci eravamo prefissati, ma credo che possiamo proseguire su questa linea in futuro.

Per esempio, un aspetto che è stato scelto nelle relazioni precedenti e che noi non abbiamo di nuovo trattato proprio per questo motivo, ma che dovrebbe essere menzionato qui, è il sostegno del Parlamento europeo all’Accademia europea per la sicurezza e la difesa (AESD), che vorremmo diventasse una vera istituzione e non rimanesse una struttura virtuale. Rispetto ai parametri temporali europei, il tempo è passato molto rapidamente da quando, nel dicembre 2003, è stata adottata la strategia europea in materia di sicurezza – forse non necessariamente secondo criteri oggettivi, ma si può affermare che tale strategia ha compiuto significativi passi avanti pratici in questo lasso di tempo. Ci sono alcuni risultati di cui essere fieri, ma non è mia intenzione enumerare qui le varie missioni civili e militari.

Tuttavia, quello che possiamo evidenziare, sul piano strutturale, è che, all’incirca nell’ultimo anno abbiamo istituito un controllo civile e uno strumento di pianificazione all’interno del Consiglio e che ora esiste una chiara catena di comando dall’edificio dall’altra parte fino giù a coloro che devono condurre le operazioni sul terreno. Da una prospettiva militare, abbiamo rafforzato la capacità operativa grazie all’accesso alle capacità della NATO in conformità dell’accordo Berlino Plus. Abbiamo reso operativi i gruppi tattici, che dovrebbero intervenire a rotazione. Abbiamo anche condotto operazioni che possiamo ritenere riuscite, ad esempio le missioni nell’area dello Stato di diritto in Georgia e altre missioni analoghe.

Vi sono tuttavia alcuni compiti che devono ancora essere assolti e che, secondo me, sono ancora lacunosi, e non andrà a detrimento della strategia di sicurezza se li elenchiamo. Se paragonato ai dati della popolazione per gli Stati membri dell’UE, si osserva uno squilibrio nei contributi per quanto riguarda le missioni, in particolare nell’area civile. Noi pertanto proponiamo di obbligare gli Stati membri – moralmente o in altro modo – a elaborare piani d’azione che illustrino dettagliatamente quali capacità di personale possono mettere a disposizione dell’Unione europea qualora fosse necessario, tra cui dichiarazioni sulle prospettive di carriera di coloro che rientrano nel proprio paese dopo aver prestato servizio nelle missioni dell’UE. Non possiamo gestire a lungo termine il terribile meccanismo che prevede l’impiego di contingenti per azioni militari, come nel caso del Darfur e del Ciad, procedendo come abbiamo fatto finora; suggeriamo pertanto soluzioni alternative.

Avanziamo anche varie proposte riguardo alla questione della mancanza di elicotteri e all’aumento degli elicotteri disponibili. Considerato sul lungo periodo, non risulta ragionevole che noi nell’Unione europea voliamo con circa 24 tipi diversi di elicottero.

Ci sono inoltre nuovi sviluppi di cui dobbiamo tenere conto nelle future riflessioni sulla strategia in materia di sicurezza. L’attività terrorista ha cancellato le delimitazioni tra confini interni ed esterni. Il problema di garantire l’approvvigionamento dell’energia deve essere affrontato attraverso mezzi diplomatici, economici e tecnici – e deliberatamente non uso il termine militare. Dobbiamo essere consapevoli del problema di proteggere le infrastrutture sensibili dagli attacchi elettronici. Sono tutti fattori che dobbiamo contemplare riguardo ad aspetti eventualmente da ampliare nell’ambito della strategia in materia di sicurezza.

Il Consiglio ha incaricato Javier Solana, l’Alto rappresentante dell’UE, di occuparsi in particolare di queste tematiche. Ha il nostro appoggio. Auspichiamo vedere il risultato di queste riflessioni verso la fine dell’anno sotto forma di un Libro bianco, affinché si disponga di un punto di riferimento comune per avviare una discussione a livello europeo, non solo un confronto tra Javier Solana e i governi, non solo tra lui e noi, non solo nei parlamenti nazionali, ma anche negli interessi del pubblico europeo, dalla Polonia al Portogallo.

 
  
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  Javier Solana, Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune. − (EN) Signor Presidente, desidero innanzi tutto ringraziare quest’Assemblea per avermi invitato a questo importante dibattito sulla politica estera, la sicurezza e la difesa dell’Unione nella seduta plenaria del Parlamento europeo.

Tuttavia, prima di entrare nel merito della questione, vorrei subito esprimere la mia condanna nei confronti dell’attacco terrorista sferrato lunedì contro l’ambasciata danese a Islamabad e porgere le mie condoglianze ai danesi e ai pachistani e alle famiglie delle vittime e dei feriti. Rivolgiamo un pensiero a loro e in particolare a coloro che lì hanno sofferto. Sono stato a Islamabad non molto tempo fa e vorrei riferire riguardo a quella visita, se la seduta mi concede il tempo di farlo.

Desidero ringraziare i due relatori, gli onorevoli Saryusz-Wolski e Kuhne, per i testi presentati. Ritengo che i due documenti contengano molti punti eccellenti su come possiamo rafforzare l’impatto complessivo dell’Unione europea nel mondo, in linea con i nostri valori e con i nostri interessi. Voglio congratularmi con loro e assicurare loro, e a tutti voi, che terremo conto di tutte le osservazioni possibili in quanto le reputo estremamente costruttive e positive e proprio per questo le prenderò in considerazione.

La presente è una sessione molto importante e vorrei affrontare alcuni degli aspetti trattati in entrambe le relazioni. Nel tempo concessomi gradirei soffermarmi su quelle tematiche che oggi sono di maggiore pertinenza nell’agenda degli affari internazionali, al fine di esaminare in quale modo possiamo contribuire a risolvere gli attuali problemi.

Vorrei spendere alcune parole sul Trattato, cui si sono riferiti entrambi gli autori. Le due relazioni contengono molti riferimenti al Trattato di Lisbona ed è molto chiaro il perché; quei testi chiedono maggiore efficienza. Il punto principale del Trattato è rendere l’attività dell’Unione europea più efficiente e più visibile, soprattutto nell’ambito della politica estera e di sicurezza. Sono convinto che il Trattato risponderà a molti dei problemi individuati in particolare nella relazione dell’onorevole Kuhne.

La prima priorità per tutti noi è la ratifica del Trattato; nei prossimi giorni dobbiamo ancora lavorare in quella direzione. Vorrei sottolineare che il Consiglio europeo di dicembre ha affidato alla Presidenza slovena il mandato di far avanzare i lavori preparatori finalizzati a un’entrata in vigore senza ostacoli del Trattato di Lisbona.

L’attività, come sapete, è stata guidata da alcuni principi fondamentali che condividiamo. Il punto di partenza dell’intera discussione è il Trattato stesso, che deve essere rispettato in toto. Il secondo punto è l’entrata in vigore del Trattato secondo quanto precedentemente stabilito, il che significa il 1° gennaio 2009 se tutto procede in modo regolare.

Molti aspetti del Trattato sono di interesse fondamentale per voi, per il Parlamento europeo e – visto che stiamo parlando di politica estera e di sicurezza – riguardo a quell’area particolare. La Presidenza, la Commissione e io stesso abbiamo avuto l’opportunità di affrontare molti di questi aspetti con alcuni di voi, e desidero garantirvi che continuerò il percorso intrapreso da questo momento qui oggi fino all’entrata in vigore del Trattato. A mio avviso è indispensabile che le tre principali Istituzioni collaborino al fine di assicurare un’attuazione del Trattato priva di ostacoli.

Vorrei aggiungere una parola riguardo al servizio europeo per l’azione esterna. Come sapete, in forza della dichiarazione 15 del Trattato ho un mandato come Alto rappresentante per condurre di concerto con la Commissione e gli Stati membri i lavori preparatori al riguardo, compito che sto espletando. Assolvo il mandato con il chiaro obiettivo di adottare la decisione che istituisce il servizio europeo per l’azione esterna non appena il Trattato sarà entrato in vigore.

L’onorevole Kuhne ha menzionato la strategia europea in materia di sicurezza. Vorrei formulare qualche commento su come vedo la situazione oggi. Il mandato che mi è stato conferito dal Consiglio lo scorso dicembre prevede che elabori un’altra relazione entro il mese di dicembre 2008. Mi confronterò con tutti voi al fine di ottenere le migliori modifiche necessarie.

La strategia si è dimostrata molto utile, un risultato che il relatore ha riconosciuto, cosa per cui lo ringrazio. Ritengo che negli ultimi quattro anni sia stato uno strumento che ha reso un valido servizio. Il documento era breve, ma al tempo stesso è leggibile e pertanto ritengo che abbia soddisfatto lo scopo.

Penso che la strategia rifletta i nostri valori, i nostri principi e rispecchi come dovremmo ristabilire la politica estera e di sicurezza comune. Credo che il compito affidato lo scorso dicembre dal Consiglio europeo non sia volto a modificare il testo, ma sia piuttosto inteso al suo miglioramento e al suo completamento laddove possibile.

E’ importante pensare alla situazione internazionale presente al momento in cui è stato redatto; non dimenticate che era il 2003. In quell’epoca sono avvenuti fatti probabilmente non abbastanza fondamentali da cambiare il contenuto della strategia, ma sufficienti a completare le questioni di quel periodo. Abbiamo tratto lezioni e in Parlamento e nelle istituzioni si sono svolti confronti. Pertanto valuto il contributo del Parlamento molto positivo, anche grazie alla relazione dell’onorevole Kuhne, accolta con il massimo favore.

Tra due settimane riferirò al Consiglio europeo in merito, su come procedere nell’attività. In quella occasione avrò qualche dettaglio da parte degli Stati membri sulle rispettive opinioni riguardo alla questione e ascolterò voi e tutti i commenti formulati oggi. Seguiranno poi nel mese di settembre un’altra discussione e una riunione informale dei ministri degli Esteri, il “Gymnich”, e qui in Parlamento proseguiremo i nostri confronti su questi temi.

Ritengo che il calendario sia molto importante. Il mese di dicembre 2008 segnerà il quinto anniversario del servizio europeo per l’azione esterna. Probabilmente per quella data il Trattato di Lisbona sarà ratificato, il che migliorerà la coerenza della nostra azione. Per quanto riguarda le minacce chiave contemplate dalla strategia, penso che quelle individuate nel 2003 fossero quelle giuste e ritengo che dovremmo essere d’accordo a tale proposito. Le armi di distruzione di massa, il terrorismo, la criminalità organizzata, i conflitti regionali – fondamentalmente non sono cambiate. Sono pertinenti a tutt’oggi, come ho sottolineato, e dobbiamo continuare a lottare attivamente in questo senso.

La strategia è stata basata su un’analisi delle principali sfide globali che si profilavano all’epoca, ma oggi, come ho detto, alcune sono più pertinenti di altre rispetto a cinque anni fa, e ne incombono anche di nuove. Ricordate – come è già stato evidenziato dai relatori – il cambiamento climatico e i suoi effetti sulla sicurezza internazionale, la sicurezza energetica – che ora si deve prendere seriamente in considerazione – non erano contemplati nella strategia. Lo stesso discorso vale per l’immigrazione – l’immigrazione illegale in particolare – e la sicurezza delle informazioni; non erano incluse e ora lo devono essere. Dobbiamo tener conto di questi sviluppi.

Vorrei spendere una parola sulla PESD, citata dal relatore. Penso che possiamo affermare senza timore di esagerare che è stata un successo. Ha rappresentato una parte importane e molto visibile della PESC. Negli ultimi cinque anni – è opportuno riconoscerlo – abbiamo varato oltre 15 missioni, infatti sono 17. 14 sono civili e militari e attualmente sono in azione su tre continenti: Europa, nei Balcani, Africa, e Medio Oriente e Asia. E’ un aspetto evidenziato bene nella relazione, scelta che apprezzo moltissimo.

La relazione dell’onorevole Kuhne rileva tuttavia alcune sfide e alcune lacune cui dobbiamo far fronte nel’ambito della PESD e sulle quali sono in gran parte d’accordo.

Ci stiamo impegnando al riguardo, e pertanto stiamo tenendo conto delle lezioni imparate dalle missioni, stiamo adeguando le nostre strutture, sia sul piano civile che su quello militare e stiamo tentando di rafforzare la cooperazione civile e militare, ossia cerchiamo di ottenere un approccio più completo, che, credo, sia anche quanto espresso nella relazione.

Nella riunione della scorsa settimana del Consiglio con i ministri degli Affari esteri e della Difesa sono stati compiuti importanti passi avanti. E’ stata presa una decisione importante. L’onorevole Kuhne ha citato nella sua relazione la parola chiave “elicotteri” che, come sapete, costituisce una delle difficoltà che deve affrontare oggi la comunità internazionale sul fronte delle operazioni di gestione delle crisi. Le capacità di cui abbiamo bisogno non sono qui e quelle di cui disponiamo non sono pronte o non sono perfettamente adatte per le attuali sfide.

L’Agenzia per la difesa ha assunto l’impegno di esaminare la questione tattica degli elicotteri; questa attività ha inizio da oggi e auspico di cuore che riceverete informazioni dalle forze armate nell’Unione europea. E’ un aspetto che mi auguro verrà affrontato con coerenza.

Vorrei dire qualche parola sulla situazione nel mondo oggi: i punti caldi e le problematiche che stiamo tentando di risolvere. Inizierò dai Balcani occidentali, dove, come sapete, ci sono tuttora degli elementi in attesa di soluzione. Quanto accaduto alle elezioni di domenica nell’ex Repubblica jugoslava di Macedonia ci dovrebbe far riflettere. Tuttavia, vorrei farvi presente che, dall’ultima volta che abbiamo parlato, in Serbia sono avvenuti due fatti importanti: è stato firmato con i serbi l’accordo di stabilizzazione e di associazione e si sono svolte le elezioni. Ritengo che i risultati delle consultazioni alle urne siano in qualche modo riconducibili al nostro comportamento e speriamo che in Serbia si instauri un governo che guardi alla prospettiva europea del paese.

Vorrei soffermarmi sul Kosovo. In Kosovo, come sapete, entro il 15 giugno sarà operativo il pacchetto globale di leggi, tra cui la costituzione promessa dal giorno dell’indipendenza del paese. Per quella data vorremo che la situazione sul posto si muovesse nella giusta direzione, ossia che EULEX si muovesse nella giusta direzione. Siamo in costante contatto con il Segretario generale delle Nazioni Unite per valutare come si può conseguire questo risultato e spero profondamente di potervi riferire nell’arco di pochi giorni che sono stati compiuti passi avanti.

E’ più che logico che dica una parola sulla Georgia, dove mi recherò domani mattina. Visiterò Tbilisi e le autorità locali. Mi recherà anche in Abkhazia. E’ molto importante che visitiamo anche l’Abkhazia per cercare di instaurare un contatto diretto le due parti nel quadro degli amici del Segretario generale per il momento e vedere se è possibile introdurre un’altra forma più attiva. Non credo che potremo risolvere tutto questa settimana, ma mi auguro davvero che potremo apportare un contributo positivo e costruttivo.

Desidero riferirvi inoltre in merito alla situazione in Libano, dove di recente sono accaduti eventi importanti. Io, insieme al Presidente del Parlamento, ho avuto il privilegio di essere sul luogo quella domenica. E’ stato un momento molto toccante quando è stato raggiunto l’accordo. Il generale Suleiman è ora il Presidente, dopo 18 mesi di instabilità. L’edificio in cui eravamo ospiti quel pomeriggio era stato chiuso e ora era di nuovo aperto. Mi auguro che la decisione presa a Doha in Qatar consenta al Libano di procedere verso la pace e verso le elezioni nel 2009.

Come sapete, questo accordo non è perfetto, presenta alcuni elementi positivi, ma ne ha anche altri che non lo sono altrettanto. Speriamo che il nostro contributo e la coerenza delle nostre azioni nei prossimi mesi offrano un ulteriore sostegno al processo, perché, al momento, non è ancora completo. E’ stato riconfermato il Primo Ministro Fouad Siniora, uomo meritevole cui deve andare il nostro rispetto. Ora è al governo e ci auguriamo che possa arrivare in tutta tranquillità alla consultazione elettorale a metà del 2009.

Vorrei affrontare numerosi altri argomenti, ma con questo intervento – e penso di aver superato il tempo a disposizione – vi ho almeno dato un’idea delle questioni di cui mi occuperò nei prossimi mesi.

Desidero informarvi anche che mi recherò a Teheran, paese da cui manco dal giugno 2006. Da allora ho avuto molti confronti con i leader di Teheran. Tuttavia, ho deciso, di concerto con i sei paesi coinvolti nei negoziati, di tornare a Teheran per incontrarmi con i suoi leader. Presenterò una proposta aggiornata rispetto a quella avanzata nel 2006. Non mi aspetto miracoli ma credo sia importante per noi continuare a tendere la mano e spiegare con chiarezza il nostro approccio a due vie: i negoziati intesi a risolvere le questioni di fondo, in particolare il problema del nucleare, ma, al contempo, l’impiego di quello che il consiglio di sicurezza ha da offrire.

(Applausi)

 
  
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  Presidente. − La ringrazio, signor Alto rappresentante, per l’intervento e le facciamo i nostri migliori auguri per tutti i suoi viaggi pericolosi. Penso che il luogo più sicuro per lei sia il Parlamento europeo. Dev’essere un piacere per lei essere qui!

 
  
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  Günter Verheugen, Vicepresidente della Commissione. (DE) Signor Presidente, onorevoli deputati, desidero innanzi tutto congratularmi con i relatori, gli onorevoli Saryusz-Wolski e Kuhne, per l’approccio costruttivo, globale e mirato al futuro su cui hanno basato entrambi testi presentati.

Considerata l’ampia gamma di tematiche affrontate dalle due relazioni, vorrei limitarmi a determinati aspetti che sono particolarmente pertinenti per la Commissione, vale a dire l’attuazione del Trattato di riforma di Lisbona, la strategia europea in materia di sicurezza, la politica di vicinato e la questione dell’azione comune, soprattutto il ruolo della Commissione nell’ambito della gestione delle crisi.

Al pari della maggior parte di voi, anche la Commissione auspica che il nuovo Trattato di riforma venga ratificato quest’anno. Se vogliamo rappresentare più adeguatamente gli interessi di tutti i cittadini dell’UE sulla scena mondiale, il Trattato è imprescindibile. Un’Europa sicura, economicamente sana, socialmente equilibrata e stabile che, al contempo, svolga in un contesto mondiale un ruolo di guida che corrisponda alla sua influenza economica, ha bisogno di una politica estera dell’UE forte. Pertanto, si deve sostenere tutto ciò che si traduce in una politica estera coesiva. Non si tratta soprattutto di un problema istituzionale o di tipo procedurale, né è un problema di principi giuridici, ma è un problema politico. Affinché la politica estera dell’UE sia efficace, tutti gli Stati membri devono ricorrere alla necessaria volontà politica onde sostenere gli interessi comuni dell’Unione europea. Sarebbe in ogni caso negli interessi di ognuno. Uniti possiamo essere forti, ma divisi siamo deboli. Possiamo scegliere.

La Commissione è al momento impegnata nella preparazione del suo contributo alla rielaborazione della strategia europea in materia di sicurezza. Oggi intravediamo nuovi pericoli e nuove sfide cui la ristretta visione di sicurezza del 2003 non può più rispondere in modo adeguato. Oggi bisogna riformulare il concetto di minaccia e si deve attribuire maggiore rilevanza ai legami tra sicurezza e sviluppo, sicurezza ed energia, sicurezza e cambiamento climatico nonché alle questioni allarmanti cui ci troviamo attualmente di fronte, vale a dire gli aumenti dei prezzi, la disponibilità di materie prime, il rischio della penuria di prodotti alimentari e l’intera problematica della migrazione.

A tale riguardo, le relazioni annuali della PESC e della SES/PESD contengono molti punti su cui la Commissione concorda e che mi auguro il Consiglio europeo di dicembre 2008 possa accogliere.

La promozione della democratizzazione in altri paesi deve continuare a essere uno degli elementi centrali della nostra strategia in materia di politica estera. Abbiamo maturato esperienza in questo ambito; l’espansione dell’Unione europea, nel corso della quale abbiamo acquisito una notevole competenza che possiamo applicare positivamente nel quadro della politica europea di vicinato, è uno straordinario esempio.

La politica di vicinato è oggi uno dei nostri più importanti strumenti – se non il più importante – per rafforzare la pace e la stabilità nella nostra parte di mondo e per contribuire a creare prosperità e sicurezza. La nostra ambizione deve continuare a essere il conseguimento della massima integrazione possibile nelle politiche comunitarie. Onde consentire ai nostri paesi partner di beneficiare realmente di questa possibilità, dobbiamo pervenire a una soluzione pacifica dei conflitti in corso, di cui Javier Solana ha parlato poc’anzi in modo così toccante, siano essi nel Caucaso, in Moldova, nel Medio Oriente o nel Sahara occidentale.

Lo sviluppo complessivo e pertanto l’influenza globale dell’Unione europea dipendono dall’impiego ottimale di tutte le risorse e degli strumenti a disposizione. Per fortuna, non partiamo da zero; siamo già ricorsi a una serie di strumenti comunitari, tra cui gli aiuti umanitari e quelli allo sviluppo, al fine di sostenere le misure dell’UE di gestione delle crisi – dall’Afghanistan al Kosovo, dal Medio Oriente al Ciad.

Inoltre, il bilancio gestito dalla Commissione per la PESC è stato notevolmente aumentato, con un importo che dal 2002 è perlomeno decuplicato. Al momento sono operative 11 missioni PESD nelle aree della politica, dello Stato di diritto e del controllo, mentre altre due sono attive nell’ambito militare. La pianificazione di queste missioni prevede ora il coinvolgimento sistematico della Commissione sin dall’inizio. E’ quanto avvenuto con le operazioni in Kosovo, in Ciad e nella Repubblica centrafricana.

A tale riguardo, vorrei riservare qualche parola allo Strumento di stabilità. E’ un nuovo e importante meccanismo di finanziamento comunitario aggiunto ai dispositivi di gestione delle crisi e prevenzione dei conflitti cui è stato assegnato un bilancio medio annuo di oltre 200 milioni di euro per il periodo compreso tra il 2007 e il 2013. La Commissione ritiene che lo Strumento di stabilità si sia dimostrato nel suo primo anno di applicazione molto valido, sia in termini di amministrazione dei fondi che di qualità delle misure adottate.

La Commissione accoglierebbe con estremo favore una più stretta cooperazione interistituzionale nell’ambito delle attività esterne dell’Unione europea se questo potesse garantire maggiore coerenza, più efficienza e più visibilità alla politica estera dell’UE. La Commissione è dell’avviso che dovremmo unire le nostre energie. E’ quello di cui ha bisogno l’Europa, è quello che i cittadini dell’Europa – e anche la comunità internazionale – si aspettano da noi.

Grazie per la vostra attenzione.

 
  
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  Joseph Daul, a nome del gruppo PPE-DE. (FR) Signor Presidente, signor Presidente in carica del Consiglio, signor Presidente della Commissione, signor Alto rappresentante, onorevoli colleghi, se, come mi auguro, il Trattato di Lisbona entrerà in vigore il 1° gennaio2009, questo evento segnerà l’inizio di una nuova era per la politica estera e di sicurezza comune dell’Unione. Questa politica è una scommessa, ma è esattamente quello che consente all’Unione europea di affermarsi progressivamente quale attore globale. Malgrado i notevoli progressi compiuti, l’Europa ha ancora un lungo cammino da percorrere, come gigante economico ma nano politico, prima di diventare una potenza politica mondiale all’altezza del suo peso economico.

Come ha indicato l’onorevole Saryusz-Wolski nella sua eccellente relazione, il ruolo dell’Europa nel mondo è ancora ben lungi dall’aver raggiunto il suo vero potenziale. In Israele, in Palestina e ovunque nel mondo, i nostri interlocutori chiedono di vedere di più da parte dell’Europa. Dobbiamo ascoltare le loro richieste. Onde essere credibili con questi partner l’Unione non solo deve parlare con una voce, ma deve anche disporre degli strumenti necessari per farsi udire. La sua politica estera deve godere di legittimità democratica, che sarà possibile grazie al controllo parlamentare introdotto dal Trattato di Lisbona.

Onorevoli colleghi, vogliamo una difesa credibile per l’Europa, non per poter andare in guerra, ovviamente, ma per garantire la pace e, soprattutto, per soccorrere i più poveri del mondo. La nostra sicurezza comune non è più limitata alla protezione militare contro gli attacchi esterni, ma riguarda anche l’approvvigionamento energetico, il cambiamento climatico, la gestione della migrazione e la promozione dei diritti umani e delle libertà civili.

Il gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei è impegnato a garantire che tutti gli aspetti di questa sicurezza comune vengano presi in considerazione. Siamo dell’avviso che la politica estera dell’UE debba innanzi tutto concentrarsi sui nostri vicini più prossimi. Per questo motivo chiediamo alla Commissione e al Consiglio di prodigarsi onde rafforzare la politica europea di vicinato e stabilizzare la situazione nei Balcani occidentali. In particolare, è imperativo, da un lato, proseguire il dialogo con la Serbia e, dall’altro, continuare a sostenere il Kosovo. La collaborazione tra il Consiglio e il Parlamento non è sempre stata scevra di difficoltà quando si tratta di affrontare tali questioni. Il Consiglio non è sempre stato sufficientemente aperto e trasparente per i nostri gusti, ma ciononostante le nostre relazioni hanno registrato notevoli sviluppi. La Presidenza del Consiglio e Javier Solana riconoscono ora che la politica estera e di sicurezza comune dell’UE uscirà più forte e più legittimata se gode del sostegno del Parlamento.

A nome del gruppo PPE-DE, desidero esortare il Consiglio a osare di più, ad associarsi al Parlamento nelle discussioni sulla nomina del primo Alto rappresentante e Vicepresidente della Commissione e ad avviare una consultazione opportuna con esso. Gradiremmo anche che quest’Assemblea venisse consultata in merito alla creazione del servizio europeo per l’azione esterna. Per quanto riguarda l’attuazione della strategia europea in materia di sicurezza, il nostro gruppo invita l’Alto rappresentante a pubblicare un Libro bianco che consenta di valutare la strategia introdotta nel 2003.

Nel contesto del futuro Trattato, chiediamo un potenziamento delle competenze di bilancio del Parlamento in tutte le aree di spesa dell’UE. Sollecitiamo altresì gli strumenti del controllo parlamentare e di cooperazione con il Consiglio.

Onorevoli colleghi, in un mondo in cui predominano le potenze regionali, l’Unione europea deve cogliere le opportunità uniche offerte dai nuovi strumenti del Trattato per affermarsi quale potenza politica più omogenea e pertanto maggiormente capace di farsi sentire sulla scena internazionale, nonché più determinata nei confronti dei propri partner. Il rafforzamento del controllo parlamentare renderà questa politica ancora più efficace, perché sarà più democratica e più trasparente.

 
  
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  Hannes Swoboda, a nome del gruppo PSE. (DE) Signor Presidente, innanzi tutto desidero congratularmi con l’onorevole Kuhne per la sua relazione, soprattutto per l’impiego di una definizione molto ampia di sicurezza e, di conseguenza, per una vasta gamma di strumenti di politica in materia di sicurezza che annoverano, naturalmente, la componente militare, benché non figurino esclusivamente misure militari. L’onorevole Wiersma approfondirà ulteriormente questo aspetto. Desidero anche ringraziare molto l’onorevole Saryusz-Wolski per la sua efficace cooperazione di cui abbiamo avuto prova di recente in sede di commissione per gli affari esteri.

Desidero ricordare due questioni. La prima – di cui abbiamo già discusso oggi in seno al nostro gruppo, come ha già ricordato l’onorevole Schulz – è la questione relativa alla sicurezza energetica e alla politica comune in materia di energia. Non ci interessa criticare gli accordi bilaterali conclusi in un’epoca in cui la politica comune di sicurezza non era argomento di discussione. Tuttavia, tali accordi vengono stipulati ancora oggi, e soprattutto per il futuro è importante precisare che, una volta conclusi, questi accordi devono essere integrati in una politica comune di sicurezza e in una politica comune in materia di energia.

Oggi ho parlato con un insigne rappresentante dell’Azerbaigian presente qui in Parlamento, che mi ha detto: “Amici, vi presentate molto diversamente rispetto alla Cina e alla Russia”. Non è accettabile! Dobbiamo apparire uniti, se vogliamo perseguire obiettivi comuni ed è stato giusto sottolinearcelo.

Questo mi porta alla mia seconda questione, che tratteremo in modo più dettagliato nella relazione Brok. Si parla tanto di Unione per il Mediterraneo. Come gruppo, chiediamo anche un’Unione per la regione del Mar Nero, che è a propria volta un’area importante, in cui dobbiamo essere molto attivi, soprattutto nei nostri stessi interessi. Ringrazio l’onorevole Saryusz-Wolski per aver affrontato questo punto nel suo documento.

La proposta presentataci da Polonia e Svezia è valida, La appoggiamo, ma non è particolarmente ambiziosa. Dobbiamo osare di più se davvero vogliamo rappresentare i nostri interessi politici in questa regione in particolare. E’ chiaro che, rispetto alla presente relazione, siamo a favore di questo e che approfondiremo la discussione in occasione della relazione Brok, affinché i nostri vicini comuni a est e a sud partecipino alle consultazioni, impegnati con noi nella gestione e nell’attuazione degli obiettivi europei.

Infine, un commento sul servizio diplomatico,– che ha citato anche l’Alto rappresentante Javier Solana. E’ oggetto di non poche discussioni e noi elaboreremo anche una relazione al riguardo, ma permettetemi di spiegare un punto: ci occorre un servizio diplomatico che sia realizzabile e accettabile per la Commissione, il Consiglio e gli Stati membri, che sia efficiente e possa davvero assumersi con serietà le sue responsabilità politiche, tra cui la responsabilità nei confronti di questo Parlamento. Per noi è fondamentale che sia chiaro che il servizio in questione – per quanto possa essere organizzato – risponde al Parlamento europeo attraverso l’Alto rappresentante.

Un’ultima osservazione riguardo all’Iran: signor Solana, le auguro buona fortuna in Iran. E’ evidente che seguiamo lo stesso approccio, ossia essere flessibili, ma affermare chiaramente che non vogliamo più armi atomiche, soprattutto in quella regione; non farebbero altro che aumentare l’insicurezza, non la sicurezza. I migliori auguri, pertanto, affinché riesca a introdurre questi principi fondamentali.

(Applausi)

 
  
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  Annemie Neyts-Uyttebroeck, a nome del gruppo ALDE. (NL) Signor Presidente, signor Commissario, signor Alto rappresentante, le relazioni degli onorevoli Saryusz-Wolski e Mr Kuhne sono documenti di lavoro importanti, e discuterne ogni singolo aspetto in un breve lasso di tempo sarebbe impensabile. Per questa ragione, mi concentrerò su tre aspetti.

Innanzi tutto, il ruolo del nostro Parlamento nell’ambito delle questioni estere e relative alla difesa; in secondo luogo, l’immensa responsabilità di tutti gli Stati membri riguardo alla formulazione di una politica estera e di sicurezza che sia coerente ed efficace; e, infine, la necessità di continuare a lottare contro la proliferazione delle armi nucleari e a impegnarci per conseguire il controllo generale delle armi. Il fatto che questo pomeriggio ci stiamo confrontando qui con questi interlocutori è la perfetta dimostrazione di come noi, Parlamento europeo, siamo riusciti ad assumere un ruolo più incisivo nell’ambito della politica estera e di sicurezza comune, benché, in base agli attuali Trattati, la situazione non fosse inizialmente in questi termini. E’ grazie alla nostra perseveranza che siamo giunti a questo traguardo, abbiamo instaurato il grado di comprensione mostratoci dalla Commissione e dall’Alto rappresentante ed è sempre grazie a essa che abbiamo ottenuto un accordo interistituzionale che rende possibile un confronto come questo. Sfrutteremo ovviamente ogni possibilità offerta dal Trattato di Lisbona al fine di continuare a svolgere appieno il nostro ruolo. Tra l’altro, siamo stati in grado di esercitare il nostro ruolo anche perché non ci siamo mai spinti troppo in là, abbiamo sempre fatto in modo di not to overplay our hand, per usare un’espressione inglese.

E’ chiaro che, come ha evidenziato l’onorevole Swoboda, un’efficace politica estera e di sicurezza è possibile solo se tutti i 27 Stati membri e i rispettivi governi, compresi i paesi grandi, agiscono di concerto. Possiamo pronunciare bei discorsi in questa sede, tutti possiamo esibirci in bei discorsi qui, ma se i capi di Stato o di governo, i primi ministri o i ministri degli Esteri escono e agiscono in modo del tutto diverso sulla scena mondiale, questa politica non è fattibile, non potrà sortire alcun risultato. Ai nostri Stati membri incombe pertanto una responsabilità particolarmente grande, non solo nell’ambito che ho menzionato, ma anche perché devono garantire che alle parole fanno seguito le azioni. Abbiamo avuto una triste esperienza in questo senso, quando abbiamo avviato i lavori preparatori per l’intervento in Ciad, ad esempio; è stata presa una decisione affermativa e poi ci sono volute settimane per raccogliere gli uomini necessari e tutto il materiale. Fatti simili compromettono non poco la nostra credibilità, e pertanto mi auguro che tutti compiremo sforzi titanici al fine di ridurre al minimo le possibilità che tali situazioni si ripetano in futuro.

 
  
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  Angelika Beer, a nome del gruppo Verts/ALE. (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, non ripeterò tutti complimenti né sottolineerò nuovamente i punti su cui effettivamente concordiamo, ossia, una politica estera e di sicurezza coerente, come ha fatto presente per noi l’onorevole Saryusz-Wolski, e, ovviamente, la questione del controllo parlamentare e della trasparenza. Quando torniamo nei nostri Stati membri nazionali osserviamo in tutte le nostre discussioni che più l’Unione europea è coinvolta nella politica estera e di sicurezza comune, più desideriamo e dobbiamo promuovere presso la popolazione del nostro stesso paese questi strumenti di trasparenza e legittimità.

Vorrei soffermarmi sui punti controversi non affrontati ancora da nessuno. Vicepresidente Verheugen, nella prima discussione abbiamo esaminato il progetto di relazione dell’onorevole Kuhne con il Commissario Ferrero-Waldner, che, al pari del mio gruppo, ha rilevato l’opportunità di continuare a ripensare e non di limitarsi a parlare di rielaborazione della strategia europea in materia di sicurezza ma provare anche a dotarci di un orientamento comune, vale a dire il concetto di sicurezza umana e il principio di responsabilità di proteggere. Chiunque segua quanto è avvenuto da allora avrà osservato la strana coalizione tra i conservatori dell’onorevole von Wogau e i comunisti dell’onorevole Pflüger. Il passaggio pertinente è stato cancellato, con il consenso di entrambi i gruppi, e noi ripresenteremo la richiesta di inserirlo, dal momento che se non rispondiamo a questa sfida politica, perderemo la credibilità non solo riguardo al modo in cui affrontiamo questo tema, ossia la prevenzione dei conflitti, ma anche rispetto alla nostra azione per il Darfur, il Ciad e altri conflitti che dobbiamo temere.

Il secondo aspetto che reputo assurdo, anche se non abbiamo ancora raggiunto un’intesa al riguardo, è che i conservatori dell’onorevole von Wogau ci chiedano di tener conto della strategia di sicurezza nazionale degli USA nell’ambito della strategia europea in materia di sicurezza e della relativa rielaborazione. E’ una pretesa del tutto assurda, in quanto questa politica si è arenata e sappiamo che l’Amministrazione statunitense ha fallito con questa escalation, questo unilateralismo, costato molte vite. Pertanto affermare che dovremmo integrarla nella nostra futura politica estera europea è, a mio avviso, più che assurdo!

Terzo, vorrei sollevare una questione di estrema importanza: la proliferazione. Signor Solana, anch’io le auguro tutto il successo possibile. Abbiamo bisogno di dialogo, anche con l’Iran, ma voglio rivolgere questa domanda ai miei colleghi: quando parliamo di sicurezza dell’energia che, in fin dei conti, fa parte della sicurezza in senso lato – è la risposta corretta se poi il Presidente Sarkozy, in qualità di prossimo Presidente in carica del Consiglio dell’Unione europea, annuncia che intende introdurre la tecnologia nucleare sul mercato mondiale senza alcuna restrizione né strumenti di controllo? Che cosa ne è della nostra credibilità? In primo luogo, non stiamo procedendo al disarmo nucleare, cosa che invece dovremmo fare. In secondo luogo, stiamo diffondendo questa tecnologia anche se sappiamo che se ne può sempre abusare a scopi militari. Ritengo che stiamo commettendo un errore in questo senso e pertanto presenteremo anche un emendamento.

 
  
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  Brian Crowley, a nome del gruppo UEN. (GA) Signor Presidente, la cooperazione e il coordinamento nell’ambito della politica estera e di sicurezza comune (PESC) sono fattori importanti tra gli Stati membri dell’UE. Si profilano nuove minacce globali e credo che il Trattato di Lisbona e la PESC ci offriranno nuove possibilità di neutralizzarle. La PESC è più che l’attuazione delle politiche; permette a 27 Stati membri di lavorare insieme al fine di assicurare la pace, i diritti umani, lo Stato di diritto e la democrazia nel mondo. Il Trattato di Lisbona contempla gli stessi principi pienamente conformi ai valori irlandesi.

(EN) Nel congratularci con entrambi i relatori per il lavoro svolto in questa specifica area e tenendo conto dell’esperienza che abbiamo maturato negli ultimi anni, è particolarmente importante non ignorare il fatto che troppo spesso l’Europa si è espressa con parole altisonanti ma poi non è stata all’altezza delle aspettative. E’ per questo motivo che, nell’attesa degli sviluppi delle nuove politiche, senza in alcun modo anticipare il risultato del referendum in Irlanda – che mi auguro positivo e inteso quindi all’adozione e alla ratifica del Trattato di Lisbona, dobbiamo sempre ricordarci che a meno che gli Stati membri, agendo collettivamente, definiscano posizioni comuni e compiano progressi, si potranno pronunciare belle parole cui però non seguirà un’azione di successo.

L’esempio più recente di questo è quanto accaduto in Ciad. Nonostante gli orrori di quello cui abbiamo assistito riguardo ai profughi sul confine del Ciad e del Sudan, nonostante il desiderio di ciascuno Stato membro di essere attivo, l’incapacità di fornire la logistica per l’invio delle forze in Ciad ha evidenziato le nostre lacune.

Quando parliamo delle future minacce, delle future opportunità e, in effetti, dei futuri pericoli, dobbiamo essere consapevoli del fatto che l’Europa è il massimo progetto di pace. Il lavoro che svolgiamo, e quanto abbiamo realizzato e costruito nell’Unione europea dal 1958 ha dimostrato che agire collettivamente, cooperare all’insegna della tolleranza e comprendere i diversi punti di vista e un potere e uno strumento di gran lunga più efficace di qualsiasi arma di cui possiamo disporre. Questo tuttavia non significa essere ingenui e affermare che non dobbiamo avere risorse disponibili. Dobbiamo nondimeno tenere ben presente che tutti gli Stati membri devono agire di concerto onde pervenire a nuove politiche estere e di difesa per il futuro, e che se un paese è contrario, gli altri non devono per questo essere indeboliti o demonizzati.

 
  
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  Tobias Pflüger, a nome del gruppo GUE/NGL. (DE) Signor Presidente, le due relazioni oggetto della presente discussione sono un chiaro indizio del grado avanzato di militarizzazione raggiunto dall’Unione europea.

Desidero affrontare vari aspetti, ad esempio la cooperazione molto stretta tra l’UE e la NATO, che è letale. La NATO è anche un’alleanza per dichiarare guerra e noi ci opponiamo a questa stretta cooperazione che lega Unione europea e NATO.

Grazie ancora una volta per aver spiegato che il Trattato di Lisbona apporterà cambiamenti sostanziali nel settore militare. E’ la ragione essenziale per cui non siamo a favore del Trattato di Lisbona e vorrei sottolineare che non è ancora stato ratificato e spero in un “no” dell’Irlanda il 12 giugno.

Un elemento previsto dal Trattato di Lisbona – presente anche nella relazione dell’onorevole Kuhne – è la creazione di un bilancio militare UE autonomo, noto come fondo iniziale. Riteniamo che la sua introduzione comporti tutta una serie di problemi.

Il controllo parlamentare delle missioni PESC non è garantito. I gruppi tattici dell’UE dovrebbero essere in grado di intervenire entro un termine da 5 a 30 giorni e il Bundestag tedesco non può agire in quell’arco di tempo. Non è stato possibile pervenire a un accordo sul controllo parlamentare tra i gruppi nel complesso, in parte perché abbiamo chiesto che tutti i gruppi, anche i più piccoli, ricevessero le opportune informazioni. Sembrerebbe che il Parlamento non voglia soddisfare questa richiesta.

La relazione chiede di avviare altri progetti nel campo degli armamenti, richiesta che reputiamo sbagliata. Innanzi tutto occorre procedere a una valutazione approfondita delle precedenti missioni UE, analisi, questa, attesa da tempo. I soldati francesi che hanno partecipato all’operazione Artemis in Congo facevano uso della tortura. L’operazione in Ciad è un disastro e la missione EULEX in Kosovo – che dovrebbe essere una missione per instaurare lo Stato di diritto – è priva di fondamento giuridico.

Le due relazioni vanno in una direzione completamente sbagliata. Pertanto, come gruppo abbiamo presentato un parere di minoranza. Sono ora palesi le intenzioni della Presidenza francese nel settore militare; verrà impresso nuovo impulso alla militarizzazione, sono già stati menzionati gruppi tattici aerei e marini. Non vogliamo un’Unione europea militare. Non vogliamo un’alleanza militare. Vogliamo un’Unione europea civile. Per queste ragioni opponiamo un fermo “no” alle due relazioni in parola.

 
  
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  Gerard Batten, a nome del gruppo IND/DEM. – (EN) Signor Presidente, entrambe le relazioni partono dal presupposto che il Trattato di Lisbona (la Costituzione europea) sarà ratificato, nonostante fino al 12 giugno non si conoscerà il risultato del referendum irlandese. Ma ovviamente questo Parlamento ha già deciso di ignorare il referendum irlandese qualora il responso sia un “no”.

L’Unione europea non vuole che le sue ambizioni militari e di politica estera siano subordinate alla volontà degli Stati nazionali dell’Europa per mezzo delle consultazioni referendarie, in quanto sa molto bene che qualora fosse data loro la possibilità respingerebbero tali ambizioni. E che ambizioni! Le relazioni in oggetto dimostrano come l’UE intenda costruire le proprie forze militari combinando forze multinazionali, costruendo strutture di controllo e di comando comuni, adottando politiche comuni sugli appalti relativi a sistemi e attrezzature, e attuando sistemi di comunicazione comuni. E’ previsto di combinare le forze multinazionali esistenti nonché la creazione di una forza permanente sotto il comando dell’UE. E così assistiamo al varo di un esercito permanente dell’UE. Questi programmi mettono a repentaglio la NATO e compromettono le posizioni degli Stati nazionali in seno alle Nazioni Unite – che l’Unione europea cerca di usurpare.

Di recente ho partecipato a Bruxelles a una conferenza sulla sicurezza in cui qualcuno ha posto il seguente interrogativo: chi ha paura dell’Unione europea? In altre parole, senza la minaccia della forza militare, nessuno prenderà sul serio le pretese dell’UE in materia di politica estera. Durante la seconda parte della Seconda guerra mondiale, uno degli uomini di Stalin affermò che il Papa disapprovava certe scelte della sua politica estera, al che Stalin replicò: “E quante divisioni ha il Papa?”

L’Unione europea vuole disporre delle proprie divisioni al fine di rafforzare la propria volontà e incutere timore sulla scena mondiale. E se vogliamo scoprire sotto quale forma si manifesterà quella volontà, è sufficiente che immaginiamo la politica agricola comune e la politica comune della pesca ripetute con pistole, carri armati e aeroplani.

L’unico popolo in Europa autorizzato a esprimersi al riguardo è quello irlandese con il suo referendum del 12 giugno. Uno dei fattori chiave in grado di influenzare le opinioni degli irlandesi sarà il desiderio di salvaguardare la loro politica di neutralità storica. Ma si rendono conto che se il Trattato di Lisbona viene ratificato la neutralità finirà e loro saranno soggetti alla politica estera e alle ambizioni militari dell’Unione europea? Tuttavia non perderanno solo la loro neutralità, si ritroveranno a contribuire per soldati e armamenti destinati a operazioni militari che non possono approvare.

Dovrebbero considerare seriamente questi aspetti prima di decidere quale voto esprimere al referendum. Il governo britannico e le Camere del parlamento hanno vergognosamente ingannato il popolo britannico negandogli un referendum su Lisbona. E’ in gioco la neutralità irlandese, ma anche la capacità della Gran Bretagna di difendersi.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. ALEJO VIDAL-QUADRAS
Vicepresidente

 
  
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  Irena Belohorská (NI).(SK) Onorevoli colleghi, innanzi tutto consentitemi di dire che accolgo con favore la relazione annuale del 2006 e i progressi ottenuti nella struttura del testo. Il Parlamento europeo deve assumere una posizione più risoluta e agire come un tutt’uno quando si tratta di questioni che il Consiglio affronta sistematicamente. A tale proposito, esprimo la mia soddisfazione per le disposizioni relative a una cooperazione più stretta tra il Parlamento europeo e gli emicicli nazionali, nonché per la maggiore responsabilità dei parlamenti nazionali e dei governi degli Stati membri rispetto a decisioni di carattere strategico.

Ritengo che i rappresentanti dei nuovi Stati membri troveranno la loro collocazione anche nella nuova struttura dei servizi diplomatici europei. Sono dell’avviso che, grazie al Trattato di Lisbona, l’Europa si presenterà con un fronte più unito nell’area delle relazioni esterne. E’ importante che gli Stati membri intensifichino la frequenza delle consultazioni con i loro partner e con l’Alto rappresentante dell’UE, soprattutto per quanto attiene all’adozione di decisioni fondamentali. La personalità giuridica unica dell’Unione consentirà all’Unione europea di concludere accordi internazionali e aderire a organizzazioni internazionali. Quando si adottano decisioni vincolanti, si deve altresì tener conto delle preoccupazioni dei cittadini europei e delle aspettative concernenti questioni di natura globale.

 
  
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  Javier Solana, Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune. (ES) Signor Presidente, mi sia consentito, nel tempo a disposizione, congratularmi brevemente con coloro che sono intervenuti a nome dei gruppi parlamentari. Ritengo che in linea generale, benché non sia stata raggiunta l’unanimità, si sia pervenuti a un’ampia intesa su molti dei temi affrontati nella prima parte della discussione.

(FR) Desidero innanzi tutto ringraziare l’onorevole Daul del gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei Lei si è espresso molto chiaramente riguardo alle finalità del riesame della strategia europea in materia di sicurezza e sugli obiettivi del Trattato di Lisbona in generale. Condivido appieno la sua posizione e credo che sia fondamentale rafforzare la voce e la dimensione umana dell’Unione.

Credo onestamente che l’Europa abbia un dovere non solo verso i suoi cittadini, ma anche nei confronti di coloro che sono al di fuori dell’Europa. Tutto il mondo esprime la propria speranza che l’Europa adotti un approccio più definito e intervenga con maggiore incisività. Condivido pertanto appieno le osservazioni formulate dal gruppo PPE-DE e farò tutto il possibile al fine di instaurare una cooperazione efficace con tutte le istituzioni da qui all’entrata in vigore del Trattato. E’ il mandato conferitomi in virtù dell’articolo 15 del Trattato e io mi impegnerò per adempiere questi compiti.

(EN) Desidero altresì rispondere all’onorevole Swoboda – non per esprimere il mio disaccordo nei suoi confronti, tutt’altro, per dire che molti punti da lui evocati sono assolutamente in linea con il mio pensiero e a come vorrei che le cose progredissero. Penso che la cooperazione da lei citata tra civili ed esercito sia fondamentale. Ci occupiamo di gestione delle crisi e non di altri aspetti. Nella gestione dell’Unione europea dovrebbe avere a disposizione tutti gli strumenti che le permettano di sfruttare al massimo le proprie capacità.

Ma, di nuovo, l’elemento più importante è la volontà politica. Possiamo anche avere le capacità, ma se ci manca la volontà politica non avremo nulla. Le capacità possono mancarci in ogni caso. Pertanto, dobbiamo impegnarci in entrambe le direzioni, sul fronte delle capacità ma anche su quello della volontà politica. La costruzione della volontà politica è qualcosa a cui deve partecipare ognuno presente in questo magnifico edificio, lavorando di concerto con le altre Istituzioni dell’Unione europea.

Vorrei spendere una parola riguardo alla relazione dell’onorevole Saryusz-Wolski, dove sono presenti paragrafi su cui sono d’accordo dalla A alla Z. Si tratta, ad esempio, dei paragrafi sull’Afghanistan che è un tema molto importante nei cui confronti ci incombono delle responsabilità. Non ho avuto la possibilità di sottolineare nelle mie osservazioni introduttive che per me – e per noi, mi auguro – l’Afghanistan rappresenta una delle sfide che abbiamo sul tavolo e per la quale dobbiamo riuscire a produrre una risoluzione di natura politica. Pertanto, quello che lei afferma nella relazione riguardo alla missione di polizia è fondamentale. Ci occorrono forze di polizia in loco. Come sapete, all’ultimo Consiglio “Affari esteri” abbiamo deciso di raddoppiare il numero di uomini impegnati.

Vorrei però sottolineare anche quanto affermato riguardo alla qualità. E’ vero che quando parliamo dello Stato di diritto, polizia e giudici non sono a nostra disposizione; sono impegnati nei propri Stati membri nazionali su altre questioni e quindi dobbiamo valutare come possiamo procedere da adesso fino al momento in cui disporremo di un gruppo europeo di poliziotti, di un gruppo di giudici e di un gruppo di attori sociali che potrebbero intervenire in tempi rapidi. Potrebbe essere una soluzione percorribile con l’esercito perché, per fortuna, se i soldati non sono coinvolti in un’operazione di gestione della crisi, possono essere mobilitati. Dobbiamo riflettere su questo aspetto e non solo pensare ma anche trovare risposte alle domande.

Vorrei far presente che, nel complesso, gli interventi sono stati molto costruttivi. Desidero soffermarmi sul paragrafo relativo alla sicurezza umana. Onorevole Beer, lei sa perfettamente che quel concetto mi sta molto a cuore. Marie Colvin è una mia amica e ho scritto alcuni di quei pezzi con lei. Penso che sia un concetto che illumina gran parte della nostra moderna corrente di pensiero riguardo alla sicurezza. Pertanto, la questione non è tanto che nome attribuiamo alle cose, ma è importante che cosa facciamo. Il nome è importante, ma quello che facciamo lo è molto di più. Ritengo che tutte le relazioni siano illuminate da questa convinzione, ossia che la sicurezza è qualcosa che trascende un concetto classico.

Tuttavia, con tutto rispetto, devo esprimere il mio disaccordo riguardo ad alcune osservazioni, a cominciare da quanto affermato dal rappresentante della Commissione. Non credo davvero che la strategia in materia di sicurezza debba essere rivista perché offriva un concetto molto limitato di sicurezza. Non penso che sia una dichiarazione opportuna. Ritengo, per quanto concerne la strategia in materia di sicurezza stilata nel 2003, che la maggior parte dei limiti che osserviamo in essa sono gli stessi elementi, le stesse sfide e gli stessi problemi cui ci troviamo di fronte oggi. Dobbiamo integrarla e dobbiamo agire, ma non definirei la strategia come una visione limitata di sicurezza, anzi, è l’approccio più lungimirante che l’Unione europea abbia mai adottato al riguardo.

Per amore di chiarezza, penso che quello che dobbiamo fare non sia elaborare un nuovo testo ma mantenere quanto possibile il nucleo, ossia il mandato conferitoci, e cercare di aggiungervi altri elementi. Per esempio, molti di voi hanno citato la questione della sicurezza energetica – che è importante –, il problema delle conseguenze del cambiamento climatico in tutte le sue dimensioni e di come affrontare la responsabilità che ci incombe in caso di catastrofi naturali e non provocate dall’uomo, per le quali disponiamo di risorse e capacità messe in atto al fine di contrastare eventi di tale drammaticità.

Per quanto attiene alla proliferazione, è un argomento che ho già toccato quasi ogni volta che me ne è stata offerta l’opportunità – i rischi e la rilevanza che la tematica rappresenta per noi tutti. Penso che se dovessimo scegliere due questioni orizzontali da affrontare, una sarebbe il cambiamento climatico e l’altra la proliferazione e il disarmo, che sono i due principali fattori che possono compromettere quello a cui teniamo nella vita. Sono pertanto d’accordo.

Vorrei rivolgere ora qualche parola al mio caro amico, l’onorevole Brian Crowley. Ritengo che sia importante ottenere risultati concreti, e sono d’accordo con lui. Tuttavia, prendiamo l’esempio del Ciad. Non so se è l’esempio migliore che si potesse scegliere. Circa due settimane fa mi trovavo in Ciad. Mi sono recato nella capitale, nella seconda città e a Goz Beida, dove è di istanza il contingente irlandese che opera con grande coraggio ed enorme professionalità, cosa di cui dovremmo essere orgogliosi. Sono fiero del lavoro svolto dall’esercito irlandese nel cuore della savana nel tentativo di aiutare gli sfollati nei campi profughi, dimostrando enorme generosità. Plaudo ai soldati irlandesi che sono in loco, che si prodigano con grande altruismo e sono assolutamente determinati a migliorare la situazione sul terreno, che è l’obiettivo della missione.

Desidero ringraziare lei, signor Presidente, e tutti i gruppi parlamentari e mi auguro di cuore che nel tempo che ci resta, visto che vi avviciniamo alla fine del 2008, riusciremo a lavorare in modo costruttivo affinché il sogno di così tanti cittadini dell’Unione europea diventi realtà – l’attuazione del Trattato al fine di vantare un’Europa la cui presenza nella comunità internazionale e nel mondo è proporzionata alle nostre idee, ai nostri principi, alle nostre capacità e al nostro modello di vita.

 
  
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  Karl von Wogau (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Alto rappresentante, desidero prima di tutto ringraziare l’onorevole Kuhne per la sua relazione e per il processo di elaborazione, il che significa che siamo riusciti a raggiungere l’unità su quasi tutti i punti.

Signor Solana, qualche mese fa lei ha partecipato al funerale del sergente Polin a Bayonne. E’ stato il primo soldato a perdere la vita in un’operazione europea. Per me è stato un evento molto toccante, molto triste, che mi ha suscitato di nuovo profonde riflessioni riguardo ai frangenti in cui mobilitiamo effettivamente i soldati e in quali condizioni.

E’ al contempo anche la mia risposta all’onorevole Beer e il concetto di sicurezza umana. Quest’ultimo è di certo un concetto interessante – anche per gli aiuti allo sviluppo. Senza sicurezza non c’è sviluppo. Tuttavia, non sono convinto che questo concetto sia appropriato per la politica di sicurezza e di difesa dell’Unione europea, perché si può interpretare nel senso che dobbiamo intervenire in ogni caso, ovunque nel mondo. Una simile impostazione accresce le aspettative che forse non è possibile soddisfare. Quando le persone sono nel bisogno, non stanno a guardare chi ha le migliori intenzioni ma chi può offrire un aiuto concreto. Questa è la debolezza del concetto in questione, e nulla sarebbe peggiore del suscitare false speranze qui. Il mio gruppo non voterà pertanto a favore della menzione di questo principio.

Abbiamo dinanzi a noi la Presidenza francese e con essa molto verosimilmente anche alcune decisioni importanti da prendere. L’ho già fatto presente. Sempre più soldati vengono inviati in missioni pericolose. Abbiamo la responsabilità di garantire loro l’equipaggiamento necessario, il miglior equipaggiamento possibile per questo tipo di operazioni, tuttavia non è questa la realtà riguardo a molte aree. Siamo lacunosi nel settore delle telecomunicazioni e – questo è di estrema rilevanza – nell’area civile e nelle operazioni civili. Non siamo adeguatamente attrezzati nell’ambito della ricognizione e della navigazione. Qui mi aspetto suggerimenti concreti affinché, in futuro, si instauri una cooperazione più stretta e tali progetti nonché simili punti deboli vengano risolti insieme nel modo europeo.

La relazione presentataci propone di dare a Eurocorps lo status di forza permanente sotto il comando dell’Unione europea. A mio avviso, rappresenterebbe un notevole passo avanti rispetto ai gruppi tattici, a disposizione dell’Unione europea solo per un periodo di sei mesi. Chiedo che l’Accademia europea per la sicurezza e la difesa (AESD) menzionata dall’onorevole Kuhne sia più che una struttura virtuale e sia pertanto dotata degli strumenti necessari per espletare il suo compito.

 
  
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  Jan Marinus Wiersma (PSE).(NL) Signor Presidente, desidero formulare alcune considerazioni riguardo alla strategia europea in materia di sicurezza, tema della relazione elaborata dal mio stimato collega, onorevole Kuhne, che ha lavorato al testo con il pieno appoggio, ovviamente, del mio gruppo, e ritengo che il risultato sia eccellente. Nondimeno, vorrei anche richiamare l’attenzione dell’Alto rappresentante su una serie di riflessioni.

La strategia in materia di sicurezza in questione è stata attuata e sviluppata nel 2003 quale importante innovazione. L’essenza della strategia, logicamente, non si tocca. Quello che stiamo discutendo ora sono eventuali adeguamenti a una mutata agenda internazionale. Il multilateralismo effettivo è un principio importante; la combinazione di aspetti civili e militari è di grande rilievo; anche la moderna analisi delle minacce è essenziale. Ci sono molti esempi positivi di come l’Unione europea, sotto la guida di Javier Solana, ha affrontato questo ambito negli ultimi anni. E’ in effetti lo stesso approccio, ma si deve applicare un’agenda più ampia. Tutti dicono che non ci si può limitare a parlare di terrorismo e di problemi di sicurezza tradizionali: si deve anche verificare quale peso assumono per la nostra agenda in materia di sicurezza i problemi legati alla sicurezza energetica e alla minaccia del clima. Questa è l’agenda ampia.

Vorrei tuttavia difendere l’agenda ristretta. Non si tratta solo della sicurezza degli Stati; si tratta anche della sicurezza dei cittadini. Ritengo positivo che l’onorevole Kuhne abbia tentato di sviluppare questa discussione qui in Parlamento, proprio quando abbiamo svolto un intero dibattito sulla “responsabilità di proteggere” in sede di ONU, altra discussione che riguarda i singoli. Dobbiamo in effetti verificare come incorporare questo nel nostro concetto, e quindi penso che sia un peccato che il gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei non desideri partecipare alla definizione di queste idee. Quando parliamo di sicurezza umana, non significa che si debba automaticamente intervenire in ogni situazioni in cui si profila una minaccia alla sicurezza umana, ma piuttosto che vogliamo prendere in debita considerazione questo importante fattore.

Per quanto attiene a questa ampia agenda, è anche importante che, grazie al Trattato di Lisbona – e speriamo e preghiamo che il 12 giugno l’Irlanda voti a favore di questo testo, risultato che ipotizziamo –, l’Unione europea sarà in grado di lavorare con un’agenda ampia, perché il nuovo Alto rappresentante, che deve essere chiamato in questo modo a causa del mio paese, ricoprirà anche la carica di Vicepresidente della Commissione europea e coordinerà quindi nella pratica tale agenda.

Ho un’ultima considerazione che riguarda gli Stati Uniti. Ci saranno le elezioni e non sappiamo quale dei due candidati vincerà. In ogni caso, è evidente che chiunque possa essere – e io spero, ovviamente, che sia Barack Obama – sarà più facile cooperare su alcuni aspetti della sicurezza. Un esempio particolare è quello della non proliferazione delle armi nucleari. John McCain ha detto cose interessanti in merito. Forse, alla fine dell’anno, ci sarà il tempo per presentare altre iniziative, nuovi accordi, ad esempio nell’ambito del rafforzamento degli accordi multilaterali relativi al ciclo del combustibile nucleare. Mi auguro che l’Alto rappresentante sia disposto a intervenire nella prospettiva di conseguire questo obiettivo.

 
  
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  István Szent-Iványi (ALDE).(HU) Signor Presidente, signor Alto rappresentante, signor Commissario, innanzi tutto desidero congratularmi con gli onorevoli Saryusz-Wolski e Mr Kuhne per le relazioni esaustive presentate; hanno svolto un lavoro eccellente. Una delle principali conclusioni del testo dell’onorevole Saryusz-Wolsk indica che la stabilità dei Balcani occidentali è oggi la priorità numero uno dell’Unione europea. Sono assolutamente d’accordo riguardo a questa asserzione.

Nel caso del Kosovo, la posta in gioco è niente meno la credibilità della politica estera e di sicurezza comune. Gli antefatti non sono incoraggianti: sebbene tutti gli Stati membri abbiano appoggiato il piano Ahtisaari, non hanno ancora deciso se riconoscere il Kosovo. Ma un problema ancora maggiore è il fatto che non esiste ancora alcun accordo riguardo all’eventuale passaggio di poteri dall’UNMIK a EULEX. Però se questo non avviene, l’Unione europea non può mantenere gli impegni assunti e questo ne compromette la credibilità. I compiti di estrema importanza della missione EULEX sono la creazione dello Stato di diritto, l’introduzione di un’economia di mercato funzionante, il potenziamento della natura multietnica del Kosovo e la costruzione della fiducia tra le persone che vivono in quella regione.

L’Unione europea non può abbandonare a se stesso il Kosovo. La nostra politica nei confronti dei Balcani occidentali deve poggiare su tre pilastri. Innanzi tutto, dobbiamo offrire a quei paesi una prospettiva europea credibile, esaminare con rigore le condizioni e dare prova di coerenza. Sarebbe un enorme sbaglio se per un attimo non riuscissimo a considerare le situazioni dal punto di vista politico o se senza alcuna logica offrissimo concessioni a paesi che non cooperano con noi – concessioni che non accordiamo alle regioni che collaborano. Tutti questi fattori continueranno di certo a minare la credibilità dell’Unione europea.

L’Unione europea vuole svolgere un ruolo globale, giustamente, ma rimarrà un pio desiderio fino a quando non è in grado di garantire la possibilità della pace, della stabilità e dello sviluppo ai paesi nelle sue immediate vicinanze. Grazie.

 
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