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Resoconto integrale delle discussioni
Mercoledì 4 giugno 2008 - Bruxelles Edizione GU

19. Relazione annuale 2006 sulla PESC - Strategia europea in materia di sicurezza, PESD (seguito della discussione)
Processo verbale
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  Presidente. − L’ordine del giorno reca il proseguimento della discussione congiunta sulla relazione di Jacek Saryusz-Wolski sulla relazione annuale 2006 sulla PESC (A6-0189/2008), e sulla relazione di Helmut Kuhne, sull’attuazione della strategia europea in materia di sicurezza e la PESD (A6-0186/2008).

 
  
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  Ana Maria Gomes (PSE).(PT) Desidero congratularmi con l’onorevole Kuhne per l’eccellente relazione e in particolare per la tenacia dimostrata affinché venisse introdotto il concetto di sicurezza umana in combinazione con il principio di responsabilità di proteggere – un concetto difeso qui anche da Javier Solana.

Questi devono essere i pilastri gemelli su cui si basa un approccio europeo alle missioni di gestione delle crisi. Da un lato, la decisione di intervenire in un paese nell’ambito della PESD si deve basare su un’interpretazione della Carta dell’ONU che evidenzia la responsabilità di proteggere: l’obbligo di prevenire genocidi, crimini di guerra, pulizie etniche e crimini contro l’umanità.

Dall’altro lato, se l’Unione si trova coinvolta in una crisi che richieda l’impiego di mezzi militari, è essenziale che l’uso della forza sia guidato dalla dottrina della sicurezza umana. Questo significherebbe che i contingenti europei dovrebbero concentrare i propri sforzi nella creazione di rifugi sicuri per le popolazioni civili non combattenti, anziché cercare di distruggere il nemico nella prospettiva di una vittoria militare.

Questi due principi offrono all’Europa una strategia coerente di gestione delle crisi all’inizio del XXI secolo. L’emendamento n. 1 presentato dal gruppo socialista al Parlamento europeo riflette pertanto le esigenze morali, giuridiche e operative che dobbiamo affrontare in Afghanistan, in Ciad e nel Libano a cui dovremo far fronte in futuro.

Per queste ragioni, giudico deplorevole che il gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei e il gruppo confederale della Sinistra unitaria europea/Sinistra verde nordica abbia respinto tale emendamento. Questa alleanza reazionaria insiste nell’ignorare la supremazia dei diritti umani – un concetto che rafforzerebbe la legittimità e il sostegno popolare delle missioni PESD.

 
  
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  Andrew Duff (ALDE).(EN) Signor Presidente, ci sono, temo, due problemi che emergono dalla discussione di questo pomeriggio. Il primo riguarda lo sproloquio che sentiamo dall’estrema destra in merito al Trattato di Lisbona. Il secondo è che c’è un certo compiacimento circa tutti coloro che, me incluso, difendono con forza la politica estera, di sicurezza e di difesa comune. Lo scopo di una grande strategia europea in materia di sicurezza non è quello di essere ammirata, ma di essere seguita, e troppo spesso il consiglio e gli Stati membri non sono riusciti in quest’ultimo intento.

Il Regno Unito e la Francia non sono stati in grado di mantenere le promesse dell’accordo di Saint Malo. Certi altri hanno insistito su una misera linea controproducente secondo cui la spesa militare dovrebbe rimanere dove cade. Qual è l’idea di una simile politica quando l’obiettivo consiste nel suddividere l’onere? Il fatto è che solo il 20 per cento delle nostre forze armate può effettivamente combattere. Molte delle missioni PESD sono impoverite. L’assenza di un quartier generale europeo per la PESD frammenta i comandi e impedisce di riunire le risorse.

Il fatto triste è che troppo spesso non riusciamo a imparare da nostri errori e limitarsi a ritoccare la strategia della sicurezza non cambierà la situazione.

 
  
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  Mario Borghezio (UEN). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, ho sentito il programma della PESC, ma fa un po’ sorridere da parte di un’Europa che non riesce nemmeno a controllare i suoi confini esterni, violati tutti i giorni da migliaia di clandestini, di trafficanti, di mafiosi. Una politica di sicurezza senza una dottrina! Se c’è, sig. Solana, ci dica qual è questa dottrina!

Si parla continuamente nelle relazioni dei cambiamenti climatici, ma si ignora il pericolo della possibilità di attacchi militari, di attacchi terroristici di natura biologica o addirittura nucleare, pericolo ben più grave e forse reale tenendo conto delle minacce esplicite del terrorismo islamico.

Un’Europa debole dal punto di vista delle conclusioni politiche. Pensiamo per esempio al Mar Nero, uno scacchiere sul quale non c’è una politica europea. Eppure è lo scacchiere sul quale si decide il nostro futuro energetico, di sicurezza. Dov’è la linea politica dell’Europa su questo scacchiere?

Anche il trattato di Lisbona non offrirà niente di più di quel poco che è stato realizzato: vuoto di prospettive di un’Europa che non ha una visione geopolitica. Il vuoto, sig. Solana, dei dieci anni di gestione della politica estera. Lei in questi dieci anni ha realizzato solo il vuoto!

 
  
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  Athanasios Pafilis (GUE/NGL).(EL) Signor Presidente, dalle due relazioni emerge con chiarezza l’escalation dei piani aggressivi e imperialisti dell’UE. Indicano una serie di priorità per il 2008, il cui scopo è l’avanzata economica, politica e militare del capitale europeo nel mondo. L’UE mira inoltre a depredare popoli e paesi, indipendentemente o, dove non è possibile, in connivenza con gli USA e la NATO.

Nella prima relazione, uno dei punti salienti riguarda l’ingerenza e l’inizio di conflitti mascherati dietro una cortina fumogena di scuse ufficiali quali la lotta con il terrorismo e la “protezione dei diritti umani e della democrazia”. Il paragrafo 15, signor Solana, contiene la tipica distinzione, inaccettabile e pericolosa peraltro, tra democrazie e non democrazie. Ora, chi ha dato il diritto di descrivere i popoli come democratici o antidemocratici? In questo contesto si utilizza anche l’espressione “sicurezza umana” quale pretesto per prevenire le guerre.

Inoltre, entrambe le relazioni, in particolare la seconda, promuovono una maggiore militarizzazione dell’UE imprimendo nuovo impulso ai gruppi tattici e creando una forza militare permanente dell’UE. Il conseguimento di tale obiettivo è possibile grazie allo sviluppo di Eurocorps, alla cooperazione strutturata permanente, e all’adeguamento delle forze armate degli Stati membri ai piani aggressivi dell’UE. Tale approccio segue le orme della NATO che porta a un aumento del contributo del bilancio comunitario destinato agli armamenti e alla spesa militare. La cooperazione tra l’UE e la NATO viene potenziata sotto le mentite spoglie di missioni militari, che all’apparenza sono forze giuridiche e di polizia non militari. In realtà si tratta di esperti che preparano e gestiscono le campagne militari dell’UE. Qui si decantano le 17 missioni compiute e se ne chiedono altre ancora.

L’UE che state costruendo è un’unione di guerra, aggressione e imperialismo. Per questa ragione, i cittadini devono imboccare il cammino della resistenza, della disobbedienza e dell’insubordinazione.

 
  
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  Sylwester Chruszcz (NI).(PL) Signor Presidente, oggi dibattiamo in merito a una sfera di competenze che finora è stata riservata agli Stati europei sovrani. Oggi la politica estera e di sicurezza dell’UE diventa una realtà come mai in precedenza, a seguito dell’introduzione della nuova Eurocostituzione di Lisbona.

Quale deputato polacco, non voglio e non posso essere d’accordo sul fatto che sia Bruxelles anziché Varsavia a decidere in merito alla politica estera polacca, mentre i generali tedeschi nelle sedi militari al di fuori di Berlino o Bruxelles si occupano della nostra sicurezza. Né desidero che i soldati polacchi con una bandiera dell’UE sulle proprie uniformi intervengano a nome di interessi stranieri in varie parti d’Europa e del mondo.

Le attuali tendenze e l’ormai struttura aperta dello Stato europeo unico sono inaccettabili. Naturalmente, si possono imbrogliare i propri cittadini non chiedendo loro neppure che cosa pensano della costruzione di una super Unione europea, ma prima o poi questo progetto si sgretolerà.

 
  
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  Tunne Kelam (PPE-DE).(EN) Signor Presidente, il messaggio di oggi deve essere che la PESC dovrebbe basarsi più che mai su valori europei comuni. Alle sfide in costante aumento nel campo della sicurezza c’è una risposta incontestabile: la solidarietà e il coordinamento rafforzato delle politiche estere e di sicurezza comuni. A questi obiettivi basati su valori si dovrebbe attribuire una priorità che trascende le relazioni bilaterali e Javier Solana ci ha giustamente sottolineato che quello che conta davvero è la volontà politica.

Per quanto riguarda la sicurezza energetica, desidero esortare la Commissione e il Consiglio a tenere seriamente conto della posizione del Parlamento formulata lo scorso settembre su tale tema, un testo che propone anche alcuni miglioramenti istituzionali.

La presente relazione invita inoltre la Commissione a fare il possibile per realizzare con successo il gasdotto Nabucco. Ritengo che non sia una questione dell’uno o dell’altro: dobbiamo costruire il nostro gasdotto in termini pratici e con efficacia.

Infine, è tempo di affrontare con determinazione le nuove cibersfide, come affermato dal relatore, onorevole Kuhne. Vorrei anche utilizzare il termine “ciberterrorismo”. Un anno fa, è stato mobilitato un milione di computer di tutto il mondo al fine di bloccare le istituzioni governative e le banche in Estonia. Penso che anche il Parlamento europeo debba elaborare una posizione concisa su come rispondere alle minacce delle più recenti tecnologie, che finora sembrano aver superato i progressi raggiunti dalla strategia di Lisbona.

 
  
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  Adrian Severin (PSE).(EN) Signor Presidente, desidero affrontare una questione di principio, ossia le tendenze neoconservatrici di quest’Assemblea nel campo della politica estera e di sicurezza dell’UE. A quanto pare, alcuni di noi credono che la sostanza di qualsiasi politica estera dipenda dalla natura del regime politico che la persegue; pertanto, sembra come se il nostro principale obiettivo fosse diventato esportare il nostro modello politico. Purtroppo, l’Unione europea non dispone dei meccanismi decisionali né degli strumenti per promuovere con efficacia una politica interventista.

Dobbiamo cambiare questo approccio e basare la nostra azione esterna sul realismo. Questo significa: definire il campo di applicazione della nostra politica estera conformemente agli interessi esistenziali comuni dei cittadini europei; trovare un equilibrio tra il campo di applicazione e le risorse, riconoscendo al contempo che in questo mondo sono presenti attori diversi da noi e che non sempre necessariamente condividono i nostri valori: apprendere a operare con loro, e abbandonare il narcisismo nella ricerca di instaurare negoziati e una cooperazione con i nostri oppositori e non solo con i nostri amici.

Sicuramente dovremmo cercare di trasformare quanti più interlocutori esteri possibile in nostri amici, ma prima e durante il tentativo in questo senso ritengo che dobbiamo imparare a collaborare con coloro che non sono come noi. Credo che sarebbe più interessante attraverso i nostri strumenti, attraverso il nostro atteggiamento inteso a promuovere i nostri traguardi anziché guidato dai nostri obiettivi, diffondendo così finalmente il nostro modello nel mondo.

 
  
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  Paweł Bartłomiej Piskorski (ALDE).(PL) Signor Presidente, ci sono vari aspetti che dobbiamo considerare quando oggi discutiamo di politica estera comune dell’Unione europea. Le relazioni degli onorevoli Kuhne e Saryusz-Wolski sono molto valide, ma mancano alcuni elementi.

Desidero sottolineare che dobbiamo riservare maggiore attenzione a come spieghiamo la politica estera europea, tra cui l’aspetto della difesa, all’opinione pubblica. I nostri cittadini, il nostro pubblico, sanno perfettamente che cosa arriva da noi, dall’Unione europea – politica agricola, politica in materia di infrastrutture – ma non hanno mai un’idea chiara riguardo alla politica estera e di difesa europea e a che cosa è collegata. Non dimentichiamoci che all’inizio l’Unione europea era incentrata intorno a tutt’altri problemi.

E’ altresì importante considerare il Trattato di Lisbona che, confido, entrerà in vigore quanto prima e costituirà la base per le nuove azioni dell’UE, e che tra i suoi obiettivi figura quello di garantire un insieme di strumenti il più efficaci possibile. Molti degli oratori si sono soffermati principalmente sulle questioni militari. I gruppi tattici e tutto ciò che è collegato all’identità europea della difesa sono senza dubbio importanti, ma non è meno rilevante discutere il modello della diplomazia europea e gli orientamenti su cui deve basarsi il funzionamento del servizio diplomatico.

E’ fondamentale che la relazione evidenzi che la politica estera e di difesa dell’UE è strettamente connessa con una varietà di aree di grande rilievo nella vita dell’Unione europea. E’ importante sottolineare che stiamo anche introducendo i concetti di una politica comune in materia di energia e di sicurezza energetica quali elementi del nostro approccio comune europeo.

Infine, è fondamentale che pensiamo alla politica estera e di sicurezza come a un’estensione dello spazio di sicurezza, stabilità e democrazia. In questo contesto, noto con grande soddisfazione il forte accento posto sui Balcani e sulla Georgia.

 
  
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  Andrzej Tomasz Zapałowski (UEN).(PL) Signor Presidente, la sicurezza di coloro che vivono in Europa è una delle principali missioni dell’Unione europea. Se osserviamo con attenzione la politica comunitaria degli ultimi anni notiamo che, oltre alle azioni politiche, dal punto di vista militare siamo delle mezzecalzette. Alcuni paesi europei, nel perseguire le proprie ambizioni, cercano di competere politicamente e militarmente con la NATO, di cui sono membri. Concentrarsi sulla creazione di gruppi tattici comuni, unità particolarmente estese, anziché sulla formazione professionale di unità selezionate in singoli Stati membri è un errore. E’ altrettanto un errore non utilizzare a dovere le attuali strutture della NATO.

La forza della Comunità dovrebbe risiedere in eserciti nazionali potenti. L’Unione europea deve risolvere conflitti in Europa al momento congelati non solo attraverso dichiarazioni, ma anche tramite azioni politiche concrete. I recenti problemi in Georgia sono stati in parte provocati dal sostegno dimostrato dall’UE nei confronti del Kosovo.

 
  
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  Francisco José Millán Mon (PPE-DE).(ES) Signor Presidente, la relazione Saryusz-Wolski, che adotteremo domani, è un testo esaustivo che tratta in maniera equilibrata praticamente tutte le regioni del mondo interessate dalla politica estera dell’Unione europea. Poiché ho solo due minuti, mi soffermerò solo su alcuni degli aspetti orizzontali che figurano, giustamente, nella relazione.

Oggi non è possibile spiegare la politica estera solo da una prospettiva geografica; ci sono fattori che hanno natura globale, orizzontale, e rivestono una tale importanza che i principali attori della politica estera dell’Unione devono intervenire. Mi riferisco innanzi tutto alla lotta contro il terrorismo e la criminalità organizzata. Si tratta di problematiche cui la politica estera e di sicurezza dovrebbe riservare particolare attenzione.

Un’altra tematica di grande rilevanza è quella della migrazione e della lotta contro l’immigrazione illegale. E’ assolutamente necessaria la cooperazione dei paesi di origine e di transito, e l’Unione deve intervenire con risolutezza attraverso la sua azione esterna. In breve, se vogliamo costruire uno spazio di sicurezza, libertà e giustizia nell’Unione europea, è fondamentale la dimensione esterna, come afferma la relazione Saryusz-Wolski. E’ un aspetto che non può essere solo competenza dei ministri degli Interni o del Commissario responsabile della giustizia.

Un’altra questione orizzontale di importanza prioritaria è la sicurezza energetica. Considerato l’elevato livello di dipendenza esterna degli Stati membri, nel settore dell’energia dobbiamo tendere a una politica estera comune per l’Unione. Inoltre, a causa del carattere ovviamente globale del cambiamento climatico, ci occorre un’azione esterna da parte dell’Unione al fine di trovare una risposta efficace a tale minaccia.

Onorevoli colleghi, ritengo che sia essenziale compiere passi avanti su tutti questi fronti e che la politica estera dell’Unione sia parte di questa azione. Si tratta di questioni che preoccupano i cittadini e i cittadini sono dell’avviso che l’Unione europea dovrebbe contribuire a sostenerle con efficacia, tenuto conto che la sovranità degli Stati si ripartisce proprio al fine di affrontare le sfide che vanno oltre i singoli Stati e presentano quindi natura globale.

Pertanto, registrando progressi in queste aree, l’Unione europea potrà giustificare più adeguatamente la propria esistenza e potenziare la propria legittimità per quanto riguarda l’opinione pubblica e i cittadini.

 
  
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  Justas Vincas Paleckis (PSE).(EN) Signor Presidente, mi congratulo con entrambi i relatori e convengo riguardo all’importanza delle valutazioni del Trattato di Lisbona nell’ambito dell’analisi della relazione PESC.

Se avessimo sviluppato la presente discussione tra dieci giorni, dopo il referendum decisivo – e, a mio avviso, l’Irlanda dirà “sì” – gli argomenti sarebbero stati ancora più concreti e ottimistici.

Al giorno d’oggi, quando le minacce sono in aumento e si insinuano da tutte la parti, se l’UE non è in grado di parlare con una voce, è almeno essenziale che si esprima in un modo coordinato e più forte. Sono assolutamente d’accordo riguardo alla valutazione di Javier Solana.

Non sarà compito semplice avviare i negoziati sull’accordo tra l’UE e la Russia. Dopo un ritardo di un anno e mezzo si corre il rischio di perdere altrettanto se non persino più tempo se non ci concentriamo sulle questioni più essenziali. E’ per questo motivo che i 27 paesi devono coordinare i loro interessi, focalizzandosi su quelli comuni e importanti per tutti. L’alternativa a un ritardo o un fallimento delle consultazioni è un potenziamento dei colloqui bilaterali di Mosca con Roma o Vilnius, Berlino o Budapest, Parigi o Sofia. Non è una prospettiva attraente, soprattutto per i nuovi Stati.

La risposta della Commissione e del Consiglio è stata tempestiva – considerata la minaccia del cambiamento climatico – riguardo a tale questione che ha definito centrale. Il Parlamento europeo deve seguire e controllare costantemente il modo in cui piani e misure vengono attuati al fine di contrastare la minaccia.

 
  
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  Anneli Jäätteenmäki (ALDE).(FI) Signor Presidente, la presente relazione sottolinea l’importanza dei diritti umani e civili, il che è un elemento positivo. Anche le tendenze nel campo della sicurezza energetica sono viste quali fattori di importanza cruciale. Il testo disapprova inoltre che certi paesi terzi, soprattutto la Russia, utilizzino l’energia come uno strumento politico e che gli Stati membri firmino accordi bilaterali senza il coordinamento dell’UE.

L’UE deve guardarsi allo specchio. La Russia collabora direttamente con gli Stati membri dell’UE perché l’Unione europea non dispone di alcuna politica coerente e coordinata in materia di energia. C’è persino da chiedersi se gli Stati membri ne vogliano una. Si deve riconoscere il ruolo della Russia quale importante, forse il più importante partner dell’UE riguardo all’energia. Nella cooperazione in questo settore tra Russia e UE dobbiamo tendere a una situazione in cui nessuna delle due parti esce sconfitta. Ritengo anche che sia possibile pervenire a questa situazione vantaggiosa per tutti basata sulla volontà politica e permeata da molto meno pregiudizio.

Una politica in materia di energia attuata di concerto dalla Russia e dall’UE dovrebbe basarsi sulla cooperazione e non sul confronto. Al momento, alcuni ambienti, tra cui taluni nell’UE; cercano di impedire che la cooperazione sia caratterizzata dallo scontro. Ormai da tempo la Russia desidera essere un partner alla pari dell’UE. Speriamo sia così; di certo sappiamo che con la Russia non facile negoziare.

La politica estera e di sicurezza comune dell’UE deve esercitare maggior influenza nel quadro della politica internazionale. Sono estremamente a favore del fatto che il Parlamento faccia pressione sul consiglio affinché quest’ultimo perori la causa di un seggio permanente dell’UE in seno al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Fino a quando l’UE non avrà questa collocazione, sarà difficile parlare con una voce.

 
  
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  Miroslav Mikolášik (PPE-DE).(SK) Il documento in questione è essenzialmente basato sulla strategia europea in materia di sicurezza adottata dal Consiglio nel dicembre 2003, e sulla risoluzione del maggio 2007 relativa alla politica estera e di sicurezza comune. Apprezzo il lavoro svolto dal relatore, onorevole Saryusz-Wolski, presidente della commissione per gli affari esteri, che ci ha presentato un testo esaustivo e di elevata qualità su cui votare.

Desidero sottolineare vari aspetti della politica estera europea che non possono trovare attuazione senza la cooperazione strategica con il nostro alleato più forte, gli Stati Uniti. E’ un concetto espresso adeguatamente dal’accordo di partenariato transatlantico UE-USA, che contempla anche l’aspetto delle relazioni economiche. Il tema è strettamente correlato anche alla cooperazione militare, non solo con gli USA ma anche nell’ambito della NATO. Ovviamente occorre chiarire e dire una volta per tutte se la tutela della sicurezza offerta dal sistema radar in Polonia e nella Repubblica ceca servirà a proteggere efficacemente gli interessi comuni europei, o se è solo un’iniziativa unilaterale mirata a proteggere contro le minacce dall’Asia. Penso in particolare all’atteggiamento dell’Iran nella regione mediorientale.

Tutti sappiamo che l’Iran fornisce sostegno militare e finanziario alla Siria e in particolare a gruppi terroristici che operano nella regione, gruppi che rappresentano una costante minaccia per la stabilità e la pace attraverso le azioni di Hezbollah nel sud del Libano e in Siria. L’Iran non fa mistero del suo desiderio di raggiungere una posizione egemonica e il suo programma nucleare militare è finalizzato al conseguimento di tale obiettivo. Tuttavia, mi chiedo se nel documento di politica estera in discussione oggi sia possibile fare riferimento al Trattato di Lisbona, argomento che viene affrontato in carie occasioni, dal momento che il Trattato non è ancora in vigore in quanto il processo di ratifica non è ancora stato completato da tutti gli Stati membri. Ho ancora una domanda: a titolo di quale disposizione giuridica l’Unione europea ha inviato la missione EULEX in Kosovo? Non si tratta, infatti, di un atto ante legem? Sono certo che non esista alcuna risoluzione ONU che giustifichi tale mossa.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. EDWARD McMILLAN-SCOTT
Vicepresidente

 
  
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  Ioan Mircea Paşcu (PSE).(EN) Signor Presidente, il mondo in cui l’UE è chiamata a intensificare la propria integrazione verso una politica estera effettivamente comune è ogni giorno più complesso. La prospettiva della recessione economica, alimentata dall’attuale crisi finanziaria e dall’aumento dei costi dell’energia, la situazione insoddisfacente delle relazioni transatlantiche e la crescente affermazione della Russia, che l’Europa si trova ad affrontare sempre più con sfide geopolitiche di vecchio stampo per le quali non è più strutturata, sono solo un riflesso dell’attuale ambiente internazionale.

In questo contesto, considerata la crescente dipendenza dell’UE dalle forniture della Russia, l’energia tende a fungere da cartina tornasole per verificare la riuscita o meno dell’obiettivo di una politica estera comune dell’UE, perché cambia totalmente la situazione a seconda che l’Europa decida di creare un mercato unico dell’energia e di conseguenza si rivolga ai fornitori, principalmente alla Russia, con una voce oppure continui a mantenere le attuali divisioni nazionali e dia priorità a contratti bilaterali di fornitura preferenziale destinati a soddisfare i suoi crescenti fabbisogni energetici. La politica mondiale di oggi è soprattutto e innanzi tutto incentrata su gas e petrolio.

 
  
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  Colm Burke (PPE-DE).(EN) Signor Presidente, sono a favore dello sviluppo della PESC, compresa la PESD, e dei cambiamenti introdotti dal Trattato di Lisbona a queste aree politiche. Questa è anche la posizione del governo irlandese. I cambiamenti apportati consentiranno all’UE di sviluppare la proprie capacità nel campo della prevenzione dei conflitti e della gestione delle crisi, garantendo al contempo la coerenza di ogni nuovo accordo con la tradizionale politica di neutralità militare perseguita dall’Irlanda.

Ai colleghi viaggiatori del Sinn Fein che conducono una campagna di disinformazione riguardo al Trattato di Lisbona, faccio presente che in Irlanda è previsto un sistema a triplo blocco riguardo allo spiegamento di contingenti: primo, deve esserci una decisione dell’ONU; secondo, deve esservi una decisione del governo; e terzo, deve esserci l’approvazione del Dáil Éireann, il parlamento nazionale. Questo iter non subirà modifiche dopo Lisbona.

L’attuale missione UE in Ciad, autorizzata dall’ONU, in cui l’Irlanda svolge un ruolo di primo piano, è un esempio eccellente delle attività dell’UE in questo settore. Ho visitato di recente il Ciad e la missione UE di mantenimento della pace di istanza nella parte orientale del paese e sono convinto che la missione in questione creerà condizioni di sicurezza che consentiranno di apportare aiuti umanitari alle centinaia di migliaia di profughi e sfollati, nonché protezione al personale umanitario sul terreno. La missione PESD in Ciad è la prima operazione di mantenimento della pace lanciata dall’UE in quasi totale armonia con tutte le parti interessate.

Tra le altre missioni cui ha partecipato l’Irlanda figurano la formazione delle forze di polizia nei territori palestinesi, il monitoraggio del processo di pace tra i ribelli e il governo in Indonesia e il sostegno alle autorità di polizia in Bosnia.

Dal 2003 sono state oltre 20 le missioni di questo genere. L’UE riceve sempre più richieste di assistenza e sostegno in queste aree. Il punto chiave di queste iniziative nella loro interezza è che hanno come scopo il rafforzamento dell’efficacia delle attività dell’UE di mantenimento della pace e di gestione delle crisi.

Da una prospettiva nazionale, abbiamo il diritto di veto in merito a qualsiasi sviluppo su cui non siamo d’accordo, e manteniamo il diritto sovrano di decidere di partecipare a una missione di gestione della crisi in conformità dei nostri requisiti legislativi. Questa è una delle tante ragioni per cui il 12 giugno il popolo irlandese dovrebbe votare “sì”.

 
  
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  Presidente. − Prima di proseguire, desidero porgere il benvenuto a tutti i nostri ospiti presenti nella tribuna d’onore, ma in particolar modo a un gruppo del mio collegio elettorale nello Yorkshire e Humber.

 
  
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  Anna Záborská (PPE-DE).(FR) Signor Presidente, signor Alto commissario, mi rivolgo direttamente a lei per porle una domanda riguardo alla persecuzione di cui sono vittima i cristiani in Algeria. Quali azioni ha intrapreso l’Unione europea in merito alla persecuzione dei cristiani in uno Stato con cui vantiamo stretti legami? La libertà di religione è sancita nell’articolo 18 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, che impone anche l’obbligo a ogni Stato di garantire il rispetto di tali diritti. L’Algeria è un membro delle Nazioni Unite, ma ignora questo diritto fondamentale. I cristiani sono cittadini a pieno titolo, hanno lo stesso diritto di praticare la propria religione al pari di qualsiasi altra comunità religiosa. Per questo motivo la imploro, signor Alto commissario, di ricorrere a tutti i canali diplomatici diretti e indiretti per porre termine alla persecuzione dei cristiani. Qui è in gioco anche la credibilità dell’Unione europea.

 
  
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  Hubert Pirker (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, signor Commissario, signor Javier Solana, credo che dalla discussione sia emerso con molta chiarezza che l’Unione europea può effettivamente essere un’unione politica solo a certe condizioni. In primo luogo, solo se il Trattato di Lisbona è ratificato e, in secondo luogo, solo se esiste un’autentica politica europea di sicurezza e di difesa degna di questo nome, ossia se si sviluppa in qualcosa di migliore. Solo in questo caso l’Unione europea avrà la possibilità di trasformarsi da pagatore globale ad attore globale.

E’ indubbio che i nostri sforzi iniziali in Ciad non si annoverano tra le nostre pagine più gloriose, ma è un esempio da cui, in quanto Unione europea, abbiamo potuto apprendere perché, molto semplicemente, i difetti sono emersi in tutta la loro evidenza. Ancora una volta hanno dimostrato che la politica europea di sicurezza e di difesa richiede sistemi compatibili e nuovi meccanismi rapidi che consentano la disponibilità dei soldati. Il tempo delle discussioni è finito; ora è tempo di agire!

 
  
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  Csaba Sándor Tabajdi (PSE).(HU) Signor Presidente, desidero congratularmi con l’onorevole Kuhne per la sua eccellente relazione. Ha assolutamente ragione quando afferma che il 2008 sarà un anno di definizione della politica estera e di sicurezza comune, non solo per il Trattato di Lisbona, ma anche perché il Kosovo sarà il maggiore banco di prova per verificare se l’UE sarà preparata a politicizzare in modo adeguato il paese. Purtroppo, manca ancora un accordo tra l’ONU e l’UE, e non siamo neppure preparati su un livello intellettuale, dal momento che non abbiamo tratto alcuna lezione dalla nostra presenza in Bosnia-Erzegovina.

Per quanto riguarda la seconda relazione, ritengo che la tendenza antirussa del testo dell’onorevole Saryusz-Wolski non sia gradevole. La Russia può e deve essere criticata, ma al contempo è un partner strategico imprescindibile e il rafforzamento della cooperazione è un interesse reciproco. Non è perché gli Stati membri dell’UE concludono accordi bilaterali che si può quindi affermare che non esista alcuna politica comune in materia di energia, ma perché, considerato che non c’è una politica comune in materia di energia, non c’è nulla cui debbano rifarsi gli interessi degli Stati membri o con cui debbano essere allineati, pertanto le critiche della relazione dell’onorevole Saryusz-Wolski sono inaccettabili.

 
  
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  Monika Beňová (PSE).(SK) Al pari di altri che mi hanno preceduta, anch’io desidero esprimere i miei ringraziamenti per il lavoro svolto dagli onorevoli Saryusz-Wolski e Kuhne, ossia per l’equilibrio raggiunto nella relazione tra gli aspetti sociali, giuridici ed economici. Ritengo che in futuro sarà molto importante per noi attribuire maggior peso e prepararci più adeguatamente per gestire i contatti con i nostri due principali partner: gli Stati Uniti e la Russia. La Russia ha un nuovo presidente. Tra non molto gli Stati uniti avranno una nuova amministrazione. Di conseguenza, sarà assolutamente opportuno concentrarsi proprio su questi due paesi nell’ambito della nostra politica estera comune.

Per quanto attiene alla dimensione economica, occorre attribuire priorità all’esigenza di garantire la sicurezza energetica nell’Unione europea in particolare. Confido in uno sviluppo dei negoziati in materia con la Federazione russa. Poiché discutiamo qui dei nostri due partner, vorrei far presente che sarebbe utile che noi agissimo nei nostri rapporti con entrambi come un partner di pari livello e competenza, a prescindere che si tratti degli Stati Uniti o della Federazione russa, e che le politiche fossero equilibrate. Infine, signor Presidente, vorrei aggiungere che accolgo con favore i riferimenti al Trattato di Lisbona, perché menzionandolo nella relazione dimostriamo che il Parlamento ne prevede la ratifica e lo sostiene appieno.

 
  
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  Miloslav Ransdorf (GUE/NGL). - (CS) La ringrazio, signor Presidente. Non si vedeva tra noi il signor Solana da un bel po’ di tempo ed ero preoccupato per la sua salute. Ora posso constatare che sta bene ed è in forma, che a seguito degli eventi del Kosovo non si è impiccato come fece a suo tempo Giuda Iscariota. Questo significa che posso chiedergli se sapeva che Hasim Thaci e i suoi amici trafficavano in organi umani dei detenuti serbi. Ne era a conoscenza o no?

 
  
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  Mieczysław Edmund Janowski (UEN).(PL) Signor Presidente, a entrambi i relatori va il mio totale riconoscimento. Sono stati presentati due documenti validi. Vorrei tuttavia richiamare l’attenzione si vari aspetti legati alla politica estera e di difesa; penso al nostro potenziale europeo nelle seguenti aree.

Demografia: questo potenziale è in flessione. Il potenziale economico non è male, ma le crisi finanziarie sono una minaccia incombente. Per quanto riguarda il potenziale militare – disunito, frammentario – possiamo vedere com’è. Potenziale energetico, nell’accesso ad acqua e prodotti alimentari. Abbiamo parlato di altre minacce, cui mi permetto di aggiungere quelle epidemiologiche e legate alla sicurezza delle informazioni, per esempio. A mio avviso, oggi la politica estera dovrebbe contemplare l’unione con i paesi vicini a noi in termini di civiltà, la cooperazione con tutti coloro che desiderano collaborare e una posizione risoluta riguardo a tutto il resto.

 
  
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  Csaba Sógor (PPE-DE).(HU) Esattamente 88 anni fa le superpotenze europee presero alcune decisioni nel settore della politica di sicurezza, nel trattato di Trianon che poneva fine alla Prima guerra mondiale, che ignoravano i diritti delle minoranze nazionali o li garantivano solo sulla carta. Neanche il trattato di Parigi a seguito della Seconda guerra mondiale risolse il problema. La questione della politica di sicurezza era ridotta a una garanzia dell’inviolabilità delle frontiere. Molti dei confini creati sono stati eliminati e Cecoslovacchia e Jugoslavia non esistono.

Il problema delle minoranze non è scomparso. Noi ungheresi siamo finiti in otto paesi, di cui finora solo la Slovenia è stata in grado di risolvere la questione dei diritti della comunità ungherese in modo rassicurante. Secondo la relazione, si devono compiere progressi in linea con le norme europee negli interessi di un’autentica tutela dei diritti delle minoranze.

Ma quale genere di norme europee? Sarebbe opportuno esercitare pressione al fine di ottenere quanto ci aspettiamo dai Balcani occidentali nell’ambito della stessa UE. Il proverbio latino dice “Se desideri la pace, prepara la guerra”. Oggi vogliamo un’Europa sicura. I diritti delle minoranze devono essere fissati all’interno e all’esterno dell’UE, impiegando gli strumenti dell’autonomia regionale e culturale che si sono dimostrati validi nella metà occidentale dell’Europa. Grazie.

 
  
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  Günter Verheugen, Vicepresidente della Commissione. − (DE) Signor Presidente, al pari di Javier Solana prima di me, anch’io credo che dalla presente discussione emerga un ampio consenso nei confronti dell’orientamento di base della politica estera e di sicurezza europea, e ne sono molto lieto.

Desidero soffermarmi brevemente su tre punti. Innanzi tutto voglio tornare alla questione della definizione di sicurezza: non credo proprio che abbiamo posizioni molto divergenti. Nessuno dei principali problemi globali che dobbiamo affrontare adesso e nel prossimo futuro è scollegato dalla dimensione della politica di sicurezza. Persino la crisi dei mercati finanziari ha una dimensione di politica di sicurezza, come le situazioni concernenti i prodotti alimentari e le materie prime, giusto per non dimenticare i classici temi.

Nondimeno, non sussiste alcun rischio che la nostra politica estera subisca un processo di militarizzazione o che questo riguardi l’Unione europea, perché la risposta militare a questi rischi è una soluzione solo nel più raro dei casi. Qualora vi si dovesse ricorrere, sarà per creare un ambiente sicuro che permetta lo svolgimento della reale missione, che sarà di natura politica e riguarderà la società civile. Dobbiamo tuttavia essere in una posizione che ci consenta di espletare entrambi i compiti, dobbiamo essere preparati in entrambi i casi, ed è esattamente la direzione verso la quale è orientata la politica europea. Inoltre, siamo particolarmente predestinati a dover far fronte alle crisi nel mondo, perché disponiamo di un’ampia gamma di strumenti al fine di attuare le nostre strategie.

L’Unione europea può basarsi non solo sulla PESC e sulla PESD, ma anche sui vari dispositivi comunitari, quali gli strumenti per la stabilità e la cooperazione allo sviluppo in generale, nonché gli aiuti umanitari e il meccanismo di protezione civile.

Dobbiamo fare in modo di scegliere sempre gli strumenti giusti e che ci sia un’interazione logica tra le varie parti coinvolte. E’ indubbio che uno dei principali vantaggi del Trattato di Lisbona, una volta entrato in vigore, è facilitare non poco questa interazione coerente ed effettiva.

Infine, permettetemi di ribadire che l’aspetto davvero importante qui è la nostra volontà politica comune di sfruttare le opportunità. Le opportunità sono lì; tutto quello che dobbiamo fare è aver voglia di coglierle. Dobbiamo usarle al fine di mirare tutti allo stesso obiettivo. La realtà è che, nelle attuali circostanze, non ci rimane scelta. Semplicemente, non possiamo permetterci di agire in modo incongruente o di fare un utilizzo inadeguato delle risorse; anzi, dobbiamo raccogliere e concentrare le risorse e gli strumenti di cui disponiamo se vogliamo raggiungere una politica estera dell’UE comune, credibile e coerente. Solo allora saremo all’altezza delle sfide che si profilano e in grado di soddisfare le legittime aspettative dei nostri cittadini e dei partner.

Molte grazie.

 
  
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  Javier Solana, Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune. − (EN) Signor Presidente, desidero rispondere alle due o tre domande rivolte direttamente a me, a cominciare da quella dell’onorevole Salafranca Sánchez-Neyra.

(ES) Onorevole Salafranca Sánchez-Neyra, le risponderò in modo affermativo alle due domande che mi ha posto, ma mi consenta di aggiungere che prima di tutto dovremo vedere se il Trattato viene adottato. Le questioni basate sulla ratifica del Trattato dovranno attendere e gli accordi probabilmente dovranno essere posticipati.

(FR) Onorevole Záborská, ci stiamo occupando della questione. Poiché l’onorevole Záborská non è presente, conserverò la risposta per dopo.

(EN) Nell’Agenzia siamo impegnati a fondo sul problema dell’interoperabilità: è stata posta una domanda riguardo a qualcosa e la risposta è “sì”. Per quanto riguarda le altre domande, ho risposto nel mio precedente intervento.

Ho preso buona nota di tutti gli interventi e mi auguro che, col passare del tempo e considerato che ci avviciniamo al momento della verità, dopo la ratifica del Trattato saremo in grado di mettere in pratica alcune delle idee suggerite qui. Prima che prendano la parola, vorrei di nuovo congratularmi con i due relatori, come ho affermato pubblicamente poc’anzi.

Infine, vorrei far presente che sono totalmente d’accordo riguardo a quanto affermato dal Commissario Verheugen nel suo ultimo intervento, e quindi non aggiungerò nient’altro.

 
  
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  Jacek Saryusz-Wolski, relatore. (FR) Signor Presidente, è difficile riassumere la presente discussione in poche parole, ma sono soddisfatto del suo contenuto. La principale conclusione cui si perviene è che tra il Parlamento, il Consiglio, la Commissione e gli Stati membri è necessaria la collaborazione. La seconda, è che il contenuto gode di un ampio consenso. La terza è che riconosciamo che molti obiettivi estremamente preziosi sono già stati raggiunti. Infine, sottolineiamo la necessità di raddoppiare i nostri sforzi.

Signor Commissario, il Vicepresidente Verheugen ci ha giustamente ricordato l’immenso contributo apportato dalle politiche comunitarie, quali gestite dalla Commissione europea. Ne condivido la posizione, in quanto la politica estera integrata sarebbe incompleta senza i risultati ottenuti grazie alle politiche comunitarie.

Per la prima volta penso che si tratti di un dibattito in preparazione della nomina del futuro ministro degli Esteri dell’UE dalla duplice funzione.

(EN) Questo mi porta al seguente interrogativo: che cosa faremo in assenza di questa tensione creativa?

(FR) … in futuro, quando non ci sarà che un’istituzione. Sono d’accordo che ci occorre una politica estera più forte per le istituzioni in termini di contenuto. La sicurezza energetica è l’argomento sollevato più di frequente. Il paese o il luogo geografico maggiormente citato sembra essere l’Afghanistan, come se si trattasse di una prova per l’Unione europea e per l’intera comunità internazionale. Sono emersi vari punti di divergenza. Senza queste differenze ad alimentare le discussioni, il confronto potrebbe risultare un po’ noioso. Mi auguro pertanto che i futuri dibattiti siano vivaci e ricchi come questo. Abbiamo tuttavia raggiunto un accordo sui principi chiave che sembrano molto promettenti, e spero che il Consiglio, l’Alto rappresentante e la Commissione, con il modestissimo contributo del Parlamento ovviamente, riescano a forgiare in futuro una politica estera per l’Unione ancora più forte, più grande e più ambiziosa.

 
  
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  Helmut Kuhne, relatore. (DE) Signor Presidente, questo intervento conclusivo mi offre l’opportunità di fare qualcosa per cui non ho avuto tempo prima, ossia ringraziare il Commissario Verheugen e Javier Solana per l’eccellente cooperazione con i loro collaboratori, che hanno dimostrato disponibilità per i confronti e da cui ho imparato davvero molto. Questa collaborazione si è tradotta in un effetto estremamente positivo sulla relazione.

Desidero anche ringraziare tutti i membri della commissione, in particolare il presidente e il relatore per l’altro testo, l’onorevole Saryusz-Wolski. Di tanto in tanto, quando avevamo temi che si sovrapponevano, ci siamo passati dei biglietti, come si fa a scuola, onde trovare la stessa formula. Anche questa impostazione ha funzionato egregiamente.

Vorrei aggiungere tre considerazioni:

(EN) La prima in inglese, visto che alcuni oratori hanno affrontato la questione del referendum irlandese.

La leggenda della militarizzazione: la mia relazione contiene un elenco completo delle proposte relative al controllo degli armamenti e al disarmo, una pagina intera. Seconda considerazione: il Trattato di Lisbona mantiene il diritto di ogni Stato membro a non partecipare alle missioni UE, in particolare quelle militari. E’ un diritto che il Trattato di Lisbona non viola in alcun modo. E’ stato molto interessante sentire autoproclamati difensori della NATO esprimere il proprio timore riguardo all’indipendenza della neutrale Irlanda quale parte della PESD. L’ho trovato molto interessante.

(DE) Un ultimo punto, menzionato dall’onorevole Pflüger, che riguarda la questione del controllo parlamentare: non so se fosse un deliberato malinteso, ma il testo che compare nella relazione dell’onorevole Saryusz-Wolski e nella mia non preclude ai gruppi l’accesso alle informazioni confidenziali. La formulazione è aperta. Qui in parlamento, dobbiamo innanzi tutto fare i compiti onde sviluppare una qualche sorta di posizione negoziale rispetto al Consiglio. A quanti deputati vogliamo permettere di prendere visione delle informazioni confidenziali? E’ assolutamente possibile che diciamo che a tutti i gruppi è concesso un certo livello, e ad alcuni un altro livello e così via. Dovremo sviluppare noi stessi tale meccanismo e nessuna delle nostre proposte preclude ai gruppi la possibilità di partecipare.

Non so se fosse un deliberato malinteso o se il testo era così inintelligibile – cosa che non penso – ma dovremmo innanzi tutto sederci qui in Parlamento ed elaborare la nostra posizione negoziale rispetto al Consiglio.

 
  
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  Presidente. − La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà giovedì 5 giugno 2008.

Dichiarazioni scritte (articolo 142)

 
  
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  Roberta Alma Anastase (PPE-DE), per iscritto.(RO) Desidero sottolineare l’importanza della presente relazione e ringraziare il relatore per aver incluso tutti i miei suggerimenti nel testo finale. Nel contesto della ratifica del Trattato di Lisbona e delle future competenze del Parlamento europeo, è necessario ricapitolare le operazioni della politica estera e di sicurezza comune e delinearne gli obiettivi prioritari per il 2008 e il 2009.

Uno dei principali obiettivi per il 2008 deve essere il rafforzamento della politica europea di vicinato. Per quanto attiene all’aspetto delle questioni relative alla cooperazione nella regione del Mar Nero, vorrei evidenziarne l’importanza dello sviluppo nel prossimo futuro. Se il 2007 è stato l’anno della formulazione della politica dell’UE in merito a questa regione, il 2008 deve concentrarsi sull’applicazione pratica della sinergia relativa al Mar Nero. E’ anche estremamente importante compiere ogni sforzo possibile al fine di attuare quanto prima e con successo Nabucco, il progetto nel campo dell’energia, nonché risolvere i conflitti nella regione.

Infine, anche i paesi dei Balcani occidentali e la loro vicinanza all’UE devono figurare tra le priorità della politica estera dell’UE. Tra le diverse questioni che devono essere monitorate molto attentamente nella regione, vorrei ricordare la necessità di proteggere con efficacia i diritti delle minoranze, tra cui i diritti delle persone di lingua rumena.

 
  
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  Adam Bielan (UEN), per iscritto. – (PL) Innanzi tutto desidero congratularmi con l’onorevole Saryusz-Wolski per aver preparato una relazione eccellente. Vorrei sottolineare alcuni concetti che emergono dalla lettura di questo testo. Il più allarmante riguarda la crescente dipendenza dell’UE dalle forniture di energia da parte di paesi instabili e antidemocratici. Riscontriamo un’assoluta mancanza di coordinamento nella firma di accordi bilaterali in materia di energia da parte di Stati membri che minacciano gli interessi e mettono pesantemente in forse i progetti strategici europei. Azioni di questo tipo intraprese da certi Stati membri attenuano in misura significativa il potere contrattuale dell’Unione europea nonché i suoi sforzi intesi a realizzare una politica estera comune.

Desidero sottolineare ancora una volta quale importanza strategica il gasdotto Nabucco riveste per la sicurezza energetica dell’UE e chiedere alla Commissione europea e al Consiglio di fare tutto il possibile onde intensificare i lavori su questo progetto.

Per quanto attiene alla conferenza di due giorni dedicata alla politica europea di vicinato alla cui organizzazione sto collaborando in concomitanza della sessione parlamentare in corso, vorrei evidenziare il valore delle azioni intese a rafforzare tale politica. Il proseguimento di conflitti irrisolti in paesi coperti dalla PEV pone una sfida seria alla sicurezza dell’UE.

Per riassumere, ritengo che potenziare la politica relativa al vicinato orientale e porre termine alla provocazione dei conflitti al di là delle nostre frontiere esterne dovrebbero essere le priorità della politica estera dell’UE.

 
  
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  Alexandra Dobolyi (PSE), per iscritto.(EN) la relazione riflette nel modo corretto i nostri punti di vista riguardo alla futura evoluzione della PESC, un elemento di importanza cruciale nell’ambito della politica estera dell’UE. Accolgo con favore i miglioramenti apportati dal Trattato di Lisbona nel campo delle azioni esterne. La sua attuazione renderebbe la PESC più efficace e coerente. Le nuove funzioni create dal Trattato potrebbero dare maggiore visibilità all’UE, ma credo che sia fondamentale definire i vari ruoli al fine di garantire un autentico contributo dei diversi incarichi alla coerenza e all’efficienza della PESC.

Se vogliamo che l’UE sia una forza attiva per la pace e la stabilità internazionali, dobbiamo disporre di tutti gli strumenti e i mezzi necessari, ma per conseguire questo obiettivo occorre maggiore volontà politica da parte degli Stati membri.

La presenza dell’UE sul globo si sta espandendo e possiamo vedere che le missioni UE sono presenti in tutto il mondo. Contribuendo a costruire la sicurezza e la stabilità a livello globale, l’UE aiuta anche a rendere più sicura la vita dei propri cittadini. Questo è il modo migliore per difendere la sua sicurezza e promuovere i suoi valori.

La mia opinione è che questi siano passi nella giusta direzione.

 
  
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  Genowefa Grabowska (PSE), per iscritto. (PL) Appoggio la relazione presentata, che, secondo me, è un documento equilibrato e non provocatore.

Al momento è particolarmente opportuno procedere a una valutazione della politica estera dell’UE, soprattutto nel quadro dei cambiamenti proposti in questo ambito dal Trattato di Lisbona. Sono convinta che questo Trattato, rafforzando il ruolo dell’Alto rappresentante, permetterà di mettere a punto una lungimirante strategia a lungo termine da applicare nell’ambito della politica estera dell’UE. Il fatto che l’Unione europea nel complesso sia basata su valori comuni significa che la sua politica estera e di sicurezza comune deve contemplare questi stessi valori; è l’unico approccio che darà all’UE la credibilità necessaria sulla scena internazionale. La PESC richiede, da un lato, l’unità politica tra gli Stati membri e, dall’altro, il rispetto dei principi di solidarietà, soprattutto nella costruzione di nuove strategie politiche dell’UE.

Condivido pertanto il rammarico e la preoccupazione espressi nella relazione riguardo alla mancanza di sviluppi nella formulazione di una politica europea comune in materia di energia. Non riesco neppure ad accettare il fatto che alcuni Stati membri stipulino singoli contratti bilaterali per le forniture di energia dalla Russia. Questo atteggiamento indebolisce in misura significativa la posizione negoziale dell’Unione europea quale insieme nonché i suoi sforzi tesi a costruire una politica comune nel settore dell’energia. E’ una situazione ancor più triste se si pensa che non molti anni fa questi stessi Stati criticavano gli accordi individuali sui visti conclusi con gli Stati Uniti, accusando gli Stati europei centrali che avevano stipulato tali accordi di indebolire la politica comune europea in materia di visti.

 
  
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  Janusz Lewandowski (PPE-DE), per iscritto. (PL) Signor Presidente, l’Unione europea sta diventando un operatore globale sulla scena mondiale, e l’elemento che meglio comprova tale realtà è la geografia del coinvolgimento della Comunità. E’ sufficiente pensare alle decisioni operative adottate dal Consiglio nel 2007 e agli inizi del 2008 menzionate nella relazione dell’onorevole Kuhne: la missione di polizia in Afghanistan, l’operazione militare in Ciad, la riconfigurazione delle truppe in Bosnia e la preparazione di missioni nel Kosovo e nella Guinea-Bissau.

Purtroppo, la geografia mondiale del coinvolgimento non procede di pari passo con l’eliminazione delle lacune emerse con chiarezza da qualche tempo, sotto forma di una mancanza di un corpo civile di pace nell’UE, carenza di trasporti e impegno disuguale da parte di singoli paesi.

Alla luce delle informazioni pervenute di recente, occorre introdurre una nuova dimensione nel dibattito sulla sicurezza europea. Mi riferisco alla sicurezza delle Istituzioni europee a Bruxelles, Lussemburgo e Strasburgo. Lo scoperta di gruppi terroristici che hanno scelto istituzioni dell’UE quale obiettivo per i loro attacchi significa che la questione della sicurezza non è più solo teorica; ci obbliga a rivalutare i nostri attuali principi. Siamo consapevoli che il Parlamento europeo è per sua stessa natura facilmente accessibile ed è difficile trovare la giusta via di mezzo tra l’apertura di questa istituzione e l’esigenza di potenziare la sicurezza. E’ tuttavia una necessità che abbiamo e che dovrebbe trovare un’adeguata corrispondenza nel bilancio per il 2009. Questo aspetto non è importante come altri problemi affrontati dalla relazione, ma merita attenzione.

 
  
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  Marianne Mikko (PSE), per iscritto.(ET) Onorevoli colleghi, una politica estera e di sicurezza efficace non può essere attuata dai singoli Stati membri. Un approccio bilaterale riguardo alle questioni di politica estera e in materia di energia ha un’influenza devastante sulla nostra credibilità. E’ inaccettabile che il peso dell’Unione europea nelle relazioni internazionali finora sia stato spesso inferiore rispetto a quello di certi Stati membri. L’Unione europea deve parlare ai grandi paesi del mondo, in particolare la Federazione russa, con una voce che provenga dall’interesse comune di tutti i 27 Stati membri. Solo allora saremo visti come un partner alla pari sia in America che in Asia.

Accolgo con favore il fatto che la relazione dell’onorevole Saryusz-Wolski individui quale obiettivo primario per il 2008 il rafforzamento della politica europea di vicinato. La conferenza sulla politica europea di vicinato con l’est, in programma oggi e domani qui presso il Parlamento europeo, dimostra che prendiamo con serietà il nostro obiettivo. Ai fini della sicurezza dell’Unione europea è urgentemente necessario intervenire nei campi della democratizzazione dei nostri vicini e della risoluzione del conflitto. Dobbiamo aiutare la Moldavia a risolvere il conflitto della Transnistria.

Quale presidente della delegazione della Moldavia, devo anche sottolineare che per la Moldavia e l’Ucraina l’adesione all’Unione europea è una prospettiva di grande importanza, una possibilità che è la forza trainante alla base delle riforme economiche e del processo di democratizzazione. Occorrerà ovviamente tempo per soddisfare i tre criteri di Copenaghen, sebbene la Moldavia e l’Ucraina si siano dimostrate preparate per lo sviluppo europeo. Il quarto criterio di Copenaghen, ossia la capacità di assorbimento dell’UE, non dovrebbe in alcun modo ostacolare l’adesione dei due paesi europei all’Unione. E’ fuori discussione che l’allargamento deve proseguire.

 
  
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  Sirpa Pietikäinen (PPE-DE), per iscritto.(FI) Molte grazie al relatore per aver elaborato un testo eccellente e completo. Sono d’accordo con lui che negli anni a venire sia importante per la politica estera e di sicurezza comune dell’Unione concentrarsi più attentamente sullo sviluppo di strutture e procedure che consentano all’Unione di reagire alle crisi internazionali più rapidamente e con maggiore efficacia. La gestione delle crisi civili, il mantenimento della pace e la protezione dei diritti umani sono le pietre angolari della PESC.

Con il Trattato di Lisbona la politica estera dell’UE avrà una nuova figura di spicco nella funzione dell’Alto rappresentante dell’Unione. I cambiamenti apportati dal Trattato con l’introduzione di questa carica offriranno l’opportunità di formulare una politica estera e di sicurezza più efficace e più coerente. L’UE deve parlare e agire in modo più congruente nelle arene mondiali.

Mi auguro tuttavia che nelle sue prossime relazioni annuali il Parlamento adotti una posizione più risoluta riguardo a un ruolo dell’UE più coerente e più forte in seno alle Nazioni Unite. L’UE è una superpotenza economica e politica. Negli anni l’Unione ha visto consolidare la sua importanza a livello internazionale e la sua principale missione ora deve essere costruire un’organizzazione globale che rispetti gli esseri umani e l’ambiente.

L’UE deve investire tempo ed energia nelle regioni del Mediterraneo, del Baltico e del Mar Nero al fine di sviluppare in quelle aree una cooperazione economica, la stabilità politica e la democrazia. In futuro, saranno necessarie più risorse per attuare la strategia del Baltico, rafforzare la coesione nella regione e risolvere i suoi problemi ambientali. Il sostegno alla regione del Mar Nero, e una più stretta integrazione con essa, nell’ambito della politica di vicinato sarà un canale per accrescere la stabilità politica nell’UE e nell’intera area del Mar Nero.

 
  
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  Nicolae Vlad Popa (PPE-DE), per iscritto.(RO) La relazione Kuhne sull’attuazione della strategia europea in materia di sicurezza e la PESD è ben strutturata, tenuto conto che individua i problemi reali e offre soluzioni percorribili. Penso che questo genere di approccio operativo basato su una “lista di controllo” faciliterà la verifica degli sviluppi. Per quanto attiene al contenuto, vorrei formulare le seguenti osservazioni:

1. Si dovrebbe citare l’Accademia europea per la sicurezza e la difesa che svolge un ruolo fondamentale nello sviluppo di un accordo comune di PESD tramite la formazione fornita a livello strategico, soprattutto nel contesto in cui il presidente della sottocommissione per la sicurezza e la difesa (SEDE) ha inviato una lettera al Segretario generale/Alto rappresentante Solana in cui manifestava sostegno per l’attività dell’AESD.

2. La dichiarazione in merito alle relazioni UE-NATO avrebbe potuto comprendere un messaggio più forte, alla luce della dichiarazione di Bucarest adottata al Vertice della NATO.

3. Si sarebbe potuto citare l’importanza del partenariato strategico tra l’UE e la NATO. La dichiarazione secondo cui “un’Unione europea più forte contribuirà alla sicurezza comune” avrebbe potuto essere combinata con il principio dell’indivisibilità della sicurezza degli alleati, estendendolo così a comprendere l’UE.

 
  
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  Toomas Savi (ALDE), per iscritto.(EN) La relazione dell’onorevole Saryusz-Wolski ribadisce l’impegno dell’Unione europea rispetto agli Obiettivi di sviluppo del Millennio, ma questa frase in sé si è un po’ svuotata di significato, a causa di un uso smodato nell’ambito del discorso sulla politica di sviluppo dell’UE, quando in realtà sono stati compiuti pochissimi passi avanti e gli OSM sono ancora al di sopra delle nostre possibilità.

Di tutti gli Stati membri soltanto Danimarca, Lussemburgo, Paesi Bassi e Svezia contribuiscono con oltre lo 0,7 per cento del rispettivo PIL agli aiuti ufficiali allo sviluppo, anche se l’adozione dell’obiettivo dello 0,7 per cento risale al 24 ottobre 1970 nel quadro della strategia di sviluppo internazionale per il secondo decennio per lo sviluppo delle Nazioni Unite.

Sono convinto che assicurare la credibilità dell’UE quale attore globale debba essere un elemento importante della politica estera e di sicurezza comune; mantenere gli impegni assunti sarebbe un eccellente punto di partenza.

L’UE e i suoi Stati membri devono trasformare le verbose dichiarazioni con cui ribadiscono i loro impegni in azioni armonizzate ed efficaci a livello collettivo. Sono dell’avviso che questo risultato sia conseguibile solo mettendo insieme le risorse e definendo un’istituzione dell’UE unica responsabile della raccolta, dell’assegnazione e dell’erogazione dell’assistenza ufficiale allo sviluppo.

 
  
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  Esko Seppänen (GUE/NGL), per iscritto. (FI) Grazie al Trattato di Lisbona l’UE subirà un processo di militarizzazione, in quanto la politica estera e di sicurezza comune incorporerà un elemento aggiuntivo sotto forma di una politica di sicurezza e difesa comune. Per i paesi non allineati diventerà più difficile mantenere il proprio status di non allineamento. Tale situazione si profilerà quando agli Stati membri incomberà l’obbligo di aumentare la propria spesa militare o nel caso della creazione per l’UE di un nuovo nucleo duro militare: cooperazione strutturale permanente. Questo è quanto avverrà durante le Presidenza francese.

Purtroppo la relazione dell’onorevole Saryusz-Wolski è a favore della militarizzazione dell’UE. Da un punto di vista assolutamente parziale della Polonia, anche l’accento posto dalla relazione sulla sicurezza in materia di energia è molto aggressivo.

 
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