PRESIDENZA DELL’ON. HANS-GERT PÖTTERING Presidente
(La seduta è aperta alle 15.00.)
1. Ripresa della sessione
Presidente. − Dichiaro ripresa la sessione del Parlamento europeo, interrotta giovedì 22 maggio 2008.
2. Dichiarazione della Presidenza
Presidente. − Onorevoli colleghi, desidero ricordarvi che ieri la Lituania ha celebrato il ventesimo anniversario della fondazione del movimento per l’indipendenza lituana Sąjūdis. La sua creazione non solo ha avviato il processo di ripristino dell’indipendenza della Lituania ma ha preannunciato anche il collasso dell’Unione Sovietica. Le mie più calorose congratulazioni!
(Applausi)
Vorrei mettervi al corrente riguardo alle Settimane Verdi che si svolgeranno questa settimana qui a Bruxelles e le prossime due settimane a Lussemburgo e Strasburgo. I temi centrali saranno le emissioni di CO2 e il cambiamento climatico associato a queste. Abbiamo assunto l’impegno di raggiungere entro il 2020 una riduzione del 30 per cento delle emissioni di CO2 generate dal Parlamento europeo. Al fine di conseguire tale obiettivo, una prestigiosa società di consulenza sta elaborando per nostro conto una valutazione del CO2, che sarà pronta in settembre e presentata quindi all’Ufficio. Il progetto verrà convogliato in un piano d’azione che propone misure sia a breve che a lungo termine, affinché il Parlamento europeo possa realizzare l’obiettivo che si è posto. Vi sarei molto grato se ci fosse un interesse attivo da parte vostra.
3. Benvenuto
Presidente. − Desidero porgere un caloroso benvenuto a Sua Eminenza il metropolita Galaktion di Stara Zagora in Bulgaria, presente nella tribuna d’onore insieme a una delegazione del clero ortodosso.
(Applausi)
Sua Eminenza, è stato un piacere poter parlare con lei questa mattina.
E’ altresì un grande piacere per me porgere il benvenuto ai vincitori del primo Premio Carlo Magno per la gioventù, presenti qui oggi al Parlamento europeo. Il premio è assegnato congiuntamente dalla Fondazione del premio internazionale Carlo Magno di Aquisgrana e dal Parlamento europeo. La cerimonia di premiazione è avvenuta il 29 aprile ad Acquisgrana. I nostri giovani amici sono in visita presso il Parlamento europeo da ieri e proprio ora sono qui presenti nella tribuna d’onore.
(Applausi)
Do il benvenuto al vincitore del primo premio, in rappresentanza del progetto “Studenti senza frontiere”, Emöke Korzenszky, Ungheria, Ilona Mikoczy, Slovacchia, Agota Demeter, Romania, e Zoltan Csadi, Slovacchia. Lorenzo Marsili del Regno Unito rappresenta il progetto “Festival of Europe” di Londra, che si è aggiudicato il secondo premio. In ultimo, ma non per importanza, do il benvenuto al vincitore del terzo premio che è stato assegnato alla scuola media pubblica di Vyronas, un sobborgo di Atene, in Grecia. Paraskevi Christodoulopoulou, lei è graditissimo ospite.
A nome del Parlamento europeo, desidero ringraziarvi per aver contribuito a promuovere tra i giovani l’idea dell’integrazione europea.
(Applausi)
Desidero anche porgere il benvenuto a una delegazione del parlamento di Navarra, in Spagna, presente nella tribuna d’onore. La delegazione è guidata dal presidente del parlamento Elena Torres Miranda. Un caloroso benvenuto!
(Applausi)
Oggi e domai, i 10 membri della delegazione si confronteranno con vari rappresentanti del Parlamento europeo e anch’io avrò il piacere di incontrarli. Vi auguro che il soggiorno a Bruxelles e la visita al Parlamento europeo siano positivi e proficui. Bienvenidos!
4. Approvazione del processo verbale della seduta precedente
Presidente. − Il processo verbale della seduta di giovedì 22 maggio 2008 è stato distribuito.
Vi sono osservazioni?
Paul Rübig (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, desidero ringraziare il personale di quest’Aula per aver organizzato la cerimonia di premiazione degli Energy Globe Awards, perché ha dato un prezioso esempio al mondo e ha suscitato un’eccellente impressione del nostro Parlamento. Grazie a tutti coloro che vi hanno partecipato.
Presidente. − Le è consentito esprimere queste parole di ringraziamento. Non figurava tra i punti del processo verbale, ma non importa.
(Il Parlamento approva il processo verbale della seduta precedente)
5. Composizione del Parlamento: vedasi processo verbale
6. Richiesta di difesa dell’immunità parlamentare: vedasi processo verbale
7. Composizione delle commissioni e delle delegazioni: vedasi processo verbale
8. Rettifiche (articolo 204 bis del regolamento): vedasi processo verbale
9. Trasmissione di testi di accordo da parte del Consiglio: vedasi processo verbale
10. Presentazione di documenti: vedasi processo verbale
11. Interrogazioni orali e dichiarazioni scritte (presentazione): vedasi processo verbale
12. Dichiarazioni scritte decadute: vedasi processo verbale
13. Ordine dei lavori: vedasi processo verbale
14. Peggioramento della situazione in Georgia (proposte di risoluzione presentate): vedasi processo verbale
15. Relazione annuale 2006 sulla PESC - Strategia europea in materia di sicurezza, PESD (discussione)
Presidente. − L’ordine del giorno reca, in discussione congiunta
– la relazione presentata dall’onorevole Saryusz-Wolski, a nome della commissione per gli affari esteri, sulla relazione annuale del Consiglio al Parlamento europeo sugli aspetti principali e le scelte di base della politica estera e di sicurezza comune (PESC), presentata al Parlamento europeo in applicazione della sezione G, punto 43, dell’accordo interistituzionale del 17 maggio 2006 – 2006 [2007/2219(INI)] (A6-0189/2008) e
– la relazione presentata dall’onorevole Kuhne, a nome della commissione per gli affari esteri, sull’attuazione della strategia europea in materia di sicurezza e la PESD [2008/2003(INI)] (A6-0186/2008).
Jacek Saryusz-Wolski, relatore. − (EN) Signor Presidente, desidero commentare e illustrare i punti di vista del Parlamento in merito alla politica estera nell’ambito della presente discussione, che è più che un semplice dibattito annuale di routine sulla politica estera e sulla situazione della politica estera nell’Unione: la presenza di Javier Solana comprova che si tratta di un dibattito speciale. Grazie per essere qui, signor Solana.
Innanzi tutto, ci troviamo in un momento molto importante, se non addirittura a un punto di svolta, in termini di politica estera a causa delle innovazioni apportate dal Trattato di Lisbona. Dobbiamo guardare al passato per tirare le somme come sempre, ma dobbiamo anche adottare un approccio lungimirante. Godiamo di un forte sostegno sempre maggiore da parte dei cittadini sul fronte della politica estera, che è autentica e solida. Le percezioni degli Stati membri cambiano in misura notevole, dal momento che parlare con una voce sola e agire di concerto è l’unico modo per avere un’efficace politica estera dell’Unione.
Inaugurando questo nuovo capitolo della politica estera dell’UE, ci stiamo muovendo verso un cambiamento qualitativo. La nuova politica estera dovrebbe trarre la propria legittimità non solo dalla sua fonte intergovernativa, ma anche dalla verifica del Parlamento europeo, da cui, come vedremo, la crescente rilevanza e un ruolo più incisivo del Parlamento europeo del formulare questa politica, come chiesto nella nostra relazione. Ci occorre un approccio integrato e olistico alla politica estera, con coesione, convergenza e complementarietà di tutte le istituzioni coinvolte, tra cui gli Stati membri.
L’Unione europea deve proseguire il proprio ruolo di pacificatore e mediatore, un soft power che contribuisce a stabilizzare, ricostruire e riformare, un fornitore di assistenza e aiuti umanitari, deve continuare a esercitare quale potere normativo, elaborando valori e promuovendo la democrazia, la libertà e i diritti umani, ma, al contempo, dovremmo completare la dimensione morbida con una più intransigente sviluppando la dimensione della PESC nonché le nostre capacità militari onde essere preparati anche per la power projection.
Dobbiamo completare la nostra politica di reazione alle sfide a medio e a breve termine con un approccio strategico a più lungo termine e una definizione degli interessi europei a lungo termine, affrontando le vere cause e non solo gli effetti di alcuni cambiamenti avvenuti intorno a noi, come nel caso del Darfur, che si trova in una situazione imputabile sia al clima che al conflitto.
Dobbiamo continuare a essere attivi riguardo a varie priorità geografiche, ma dobbiamo anche affrontare nuove sfide e questioni orizzontali quali la sicurezza del clima, la sicurezza energetica, la sicurezza dello spazio, la cibersicurezza, i flussi migratori e molte altre.
Aspiriamo a diventare una potenza e un protagonista globale, tuttavia dobbiamo cambiare l’equilibrio tra essere un pagatore, come siamo e vogliamo essere, ed essere un protagonista chiave della scena mondiale. Il nuovo Trattato offre un enorme potenziale per una politica coerente ed efficace, ma tutti sappiamo che l’attuazione sarà cruciale. Ci occorrono volontà collettiva e cooperazione, non solo nel quadro del triangolo istituzionale ma anche con gli Stati membri, e dobbiamo evitare le rivalità.
Nella relazione in questione abbiamo tentato di presentare un approccio costruttivo; alcune lacune della politica estera sono motivo per noi di preoccupazione, ma siamo proiettati verso il futuro. Riconosciamo un’evoluzione positiva, nonché sviluppi e successi. Raccomandiamo di affrontare le sfide, prendendo però le mosse dai risultati ottenuti, e di individuare l’eventuale margine per compiere ulteriori passi avanti.
L’ambizione del Parlamento europeo non è solo analizzare a fondo la politica estera, formulare raccomandazioni su cui basare soluzioni e scelte per il ramo esecutivo, ma anche investire nella propria definizione della politica estera, quello che io chiamo “diplomazia parlamentare”, in quanto rientra nell’ambito della nostra competenza a livello parlamentare.
Per quanto attiene alle priorità, riteniamo che ci occorrano un approccio più mirato e un numero circoscritto di priorità. Sottolineiamo la necessità di una politica estera guidata dai valori, non perché siamo eccessivamente idealistici o ingenui, ma perché un mondo intorno a noi che condivida i nostri forti valori universali risponderà in modo ottimale ai nostri interessi di sicurezza e prosperità.
Il Parlamento considera la politica estera dell’Unione un contributo all’identità rafforzata dell’Europa nonché un valore aggiunto per i cittadini dell’UE e parte del percorso della Commissione europea riguardo a un’Europa dei risultati.
Noi reputiamo la politica estera una politica chiave dell’UE da dotare della struttura istituzionale adeguata, che il Trattato di Lisbona offre, degli strumenti appropriati e delle sufficienti risorse finanziarie attinte dal bilancio dell’UE. Ci occorre un insieme di strumenti di cui disporre, qualcosa che abbiamo dinanzi a noi.
Helmut Kuhne, relatore. − (DE) Signor Presidente, nella nostra relazione abbiamo cercato di evitare di riprendere dichiarazioni delle relazioni precedenti sulla strategia europea in materia di sicurezza. Forse non abbiamo raggiunto appieno quanto ci eravamo prefissati, ma credo che possiamo proseguire su questa linea in futuro.
Per esempio, un aspetto che è stato scelto nelle relazioni precedenti e che noi non abbiamo di nuovo trattato proprio per questo motivo, ma che dovrebbe essere menzionato qui, è il sostegno del Parlamento europeo all’Accademia europea per la sicurezza e la difesa (AESD), che vorremmo diventasse una vera istituzione e non rimanesse una struttura virtuale. Rispetto ai parametri temporali europei, il tempo è passato molto rapidamente da quando, nel dicembre 2003, è stata adottata la strategia europea in materia di sicurezza – forse non necessariamente secondo criteri oggettivi, ma si può affermare che tale strategia ha compiuto significativi passi avanti pratici in questo lasso di tempo. Ci sono alcuni risultati di cui essere fieri, ma non è mia intenzione enumerare qui le varie missioni civili e militari.
Tuttavia, quello che possiamo evidenziare, sul piano strutturale, è che, all’incirca nell’ultimo anno abbiamo istituito un controllo civile e uno strumento di pianificazione all’interno del Consiglio e che ora esiste una chiara catena di comando dall’edificio dall’altra parte fino giù a coloro che devono condurre le operazioni sul terreno. Da una prospettiva militare, abbiamo rafforzato la capacità operativa grazie all’accesso alle capacità della NATO in conformità dell’accordo Berlino Plus. Abbiamo reso operativi i gruppi tattici, che dovrebbero intervenire a rotazione. Abbiamo anche condotto operazioni che possiamo ritenere riuscite, ad esempio le missioni nell’area dello Stato di diritto in Georgia e altre missioni analoghe.
Vi sono tuttavia alcuni compiti che devono ancora essere assolti e che, secondo me, sono ancora lacunosi, e non andrà a detrimento della strategia di sicurezza se li elenchiamo. Se paragonato ai dati della popolazione per gli Stati membri dell’UE, si osserva uno squilibrio nei contributi per quanto riguarda le missioni, in particolare nell’area civile. Noi pertanto proponiamo di obbligare gli Stati membri – moralmente o in altro modo – a elaborare piani d’azione che illustrino dettagliatamente quali capacità di personale possono mettere a disposizione dell’Unione europea qualora fosse necessario, tra cui dichiarazioni sulle prospettive di carriera di coloro che rientrano nel proprio paese dopo aver prestato servizio nelle missioni dell’UE. Non possiamo gestire a lungo termine il terribile meccanismo che prevede l’impiego di contingenti per azioni militari, come nel caso del Darfur e del Ciad, procedendo come abbiamo fatto finora; suggeriamo pertanto soluzioni alternative.
Avanziamo anche varie proposte riguardo alla questione della mancanza di elicotteri e all’aumento degli elicotteri disponibili. Considerato sul lungo periodo, non risulta ragionevole che noi nell’Unione europea voliamo con circa 24 tipi diversi di elicottero.
Ci sono inoltre nuovi sviluppi di cui dobbiamo tenere conto nelle future riflessioni sulla strategia in materia di sicurezza. L’attività terrorista ha cancellato le delimitazioni tra confini interni ed esterni. Il problema di garantire l’approvvigionamento dell’energia deve essere affrontato attraverso mezzi diplomatici, economici e tecnici – e deliberatamente non uso il termine militare. Dobbiamo essere consapevoli del problema di proteggere le infrastrutture sensibili dagli attacchi elettronici. Sono tutti fattori che dobbiamo contemplare riguardo ad aspetti eventualmente da ampliare nell’ambito della strategia in materia di sicurezza.
Il Consiglio ha incaricato Javier Solana, l’Alto rappresentante dell’UE, di occuparsi in particolare di queste tematiche. Ha il nostro appoggio. Auspichiamo vedere il risultato di queste riflessioni verso la fine dell’anno sotto forma di un Libro bianco, affinché si disponga di un punto di riferimento comune per avviare una discussione a livello europeo, non solo un confronto tra Javier Solana e i governi, non solo tra lui e noi, non solo nei parlamenti nazionali, ma anche negli interessi del pubblico europeo, dalla Polonia al Portogallo.
Javier Solana, Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune. − (EN) Signor Presidente, desidero innanzi tutto ringraziare quest’Assemblea per avermi invitato a questo importante dibattito sulla politica estera, la sicurezza e la difesa dell’Unione nella seduta plenaria del Parlamento europeo.
Tuttavia, prima di entrare nel merito della questione, vorrei subito esprimere la mia condanna nei confronti dell’attacco terrorista sferrato lunedì contro l’ambasciata danese a Islamabad e porgere le mie condoglianze ai danesi e ai pachistani e alle famiglie delle vittime e dei feriti. Rivolgiamo un pensiero a loro e in particolare a coloro che lì hanno sofferto. Sono stato a Islamabad non molto tempo fa e vorrei riferire riguardo a quella visita, se la seduta mi concede il tempo di farlo.
Desidero ringraziare i due relatori, gli onorevoli Saryusz-Wolski e Kuhne, per i testi presentati. Ritengo che i due documenti contengano molti punti eccellenti su come possiamo rafforzare l’impatto complessivo dell’Unione europea nel mondo, in linea con i nostri valori e con i nostri interessi. Voglio congratularmi con loro e assicurare loro, e a tutti voi, che terremo conto di tutte le osservazioni possibili in quanto le reputo estremamente costruttive e positive e proprio per questo le prenderò in considerazione.
La presente è una sessione molto importante e vorrei affrontare alcuni degli aspetti trattati in entrambe le relazioni. Nel tempo concessomi gradirei soffermarmi su quelle tematiche che oggi sono di maggiore pertinenza nell’agenda degli affari internazionali, al fine di esaminare in quale modo possiamo contribuire a risolvere gli attuali problemi.
Vorrei spendere alcune parole sul Trattato, cui si sono riferiti entrambi gli autori. Le due relazioni contengono molti riferimenti al Trattato di Lisbona ed è molto chiaro il perché; quei testi chiedono maggiore efficienza. Il punto principale del Trattato è rendere l’attività dell’Unione europea più efficiente e più visibile, soprattutto nell’ambito della politica estera e di sicurezza. Sono convinto che il Trattato risponderà a molti dei problemi individuati in particolare nella relazione dell’onorevole Kuhne.
La prima priorità per tutti noi è la ratifica del Trattato; nei prossimi giorni dobbiamo ancora lavorare in quella direzione. Vorrei sottolineare che il Consiglio europeo di dicembre ha affidato alla Presidenza slovena il mandato di far avanzare i lavori preparatori finalizzati a un’entrata in vigore senza ostacoli del Trattato di Lisbona.
L’attività, come sapete, è stata guidata da alcuni principi fondamentali che condividiamo. Il punto di partenza dell’intera discussione è il Trattato stesso, che deve essere rispettato in toto. Il secondo punto è l’entrata in vigore del Trattato secondo quanto precedentemente stabilito, il che significa il 1° gennaio 2009 se tutto procede in modo regolare.
Molti aspetti del Trattato sono di interesse fondamentale per voi, per il Parlamento europeo e – visto che stiamo parlando di politica estera e di sicurezza – riguardo a quell’area particolare. La Presidenza, la Commissione e io stesso abbiamo avuto l’opportunità di affrontare molti di questi aspetti con alcuni di voi, e desidero garantirvi che continuerò il percorso intrapreso da questo momento qui oggi fino all’entrata in vigore del Trattato. A mio avviso è indispensabile che le tre principali Istituzioni collaborino al fine di assicurare un’attuazione del Trattato priva di ostacoli.
Vorrei aggiungere una parola riguardo al servizio europeo per l’azione esterna. Come sapete, in forza della dichiarazione 15 del Trattato ho un mandato come Alto rappresentante per condurre di concerto con la Commissione e gli Stati membri i lavori preparatori al riguardo, compito che sto espletando. Assolvo il mandato con il chiaro obiettivo di adottare la decisione che istituisce il servizio europeo per l’azione esterna non appena il Trattato sarà entrato in vigore.
L’onorevole Kuhne ha menzionato la strategia europea in materia di sicurezza. Vorrei formulare qualche commento su come vedo la situazione oggi. Il mandato che mi è stato conferito dal Consiglio lo scorso dicembre prevede che elabori un’altra relazione entro il mese di dicembre 2008. Mi confronterò con tutti voi al fine di ottenere le migliori modifiche necessarie.
La strategia si è dimostrata molto utile, un risultato che il relatore ha riconosciuto, cosa per cui lo ringrazio. Ritengo che negli ultimi quattro anni sia stato uno strumento che ha reso un valido servizio. Il documento era breve, ma al tempo stesso è leggibile e pertanto ritengo che abbia soddisfatto lo scopo.
Penso che la strategia rifletta i nostri valori, i nostri principi e rispecchi come dovremmo ristabilire la politica estera e di sicurezza comune. Credo che il compito affidato lo scorso dicembre dal Consiglio europeo non sia volto a modificare il testo, ma sia piuttosto inteso al suo miglioramento e al suo completamento laddove possibile.
E’ importante pensare alla situazione internazionale presente al momento in cui è stato redatto; non dimenticate che era il 2003. In quell’epoca sono avvenuti fatti probabilmente non abbastanza fondamentali da cambiare il contenuto della strategia, ma sufficienti a completare le questioni di quel periodo. Abbiamo tratto lezioni e in Parlamento e nelle istituzioni si sono svolti confronti. Pertanto valuto il contributo del Parlamento molto positivo, anche grazie alla relazione dell’onorevole Kuhne, accolta con il massimo favore.
Tra due settimane riferirò al Consiglio europeo in merito, su come procedere nell’attività. In quella occasione avrò qualche dettaglio da parte degli Stati membri sulle rispettive opinioni riguardo alla questione e ascolterò voi e tutti i commenti formulati oggi. Seguiranno poi nel mese di settembre un’altra discussione e una riunione informale dei ministri degli Esteri, il “Gymnich”, e qui in Parlamento proseguiremo i nostri confronti su questi temi.
Ritengo che il calendario sia molto importante. Il mese di dicembre 2008 segnerà il quinto anniversario del servizio europeo per l’azione esterna. Probabilmente per quella data il Trattato di Lisbona sarà ratificato, il che migliorerà la coerenza della nostra azione. Per quanto riguarda le minacce chiave contemplate dalla strategia, penso che quelle individuate nel 2003 fossero quelle giuste e ritengo che dovremmo essere d’accordo a tale proposito. Le armi di distruzione di massa, il terrorismo, la criminalità organizzata, i conflitti regionali – fondamentalmente non sono cambiate. Sono pertinenti a tutt’oggi, come ho sottolineato, e dobbiamo continuare a lottare attivamente in questo senso.
La strategia è stata basata su un’analisi delle principali sfide globali che si profilavano all’epoca, ma oggi, come ho detto, alcune sono più pertinenti di altre rispetto a cinque anni fa, e ne incombono anche di nuove. Ricordate – come è già stato evidenziato dai relatori – il cambiamento climatico e i suoi effetti sulla sicurezza internazionale, la sicurezza energetica – che ora si deve prendere seriamente in considerazione – non erano contemplati nella strategia. Lo stesso discorso vale per l’immigrazione – l’immigrazione illegale in particolare – e la sicurezza delle informazioni; non erano incluse e ora lo devono essere. Dobbiamo tener conto di questi sviluppi.
Vorrei spendere una parola sulla PESD, citata dal relatore. Penso che possiamo affermare senza timore di esagerare che è stata un successo. Ha rappresentato una parte importane e molto visibile della PESC. Negli ultimi cinque anni – è opportuno riconoscerlo – abbiamo varato oltre 15 missioni, infatti sono 17. 14 sono civili e militari e attualmente sono in azione su tre continenti: Europa, nei Balcani, Africa, e Medio Oriente e Asia. E’ un aspetto evidenziato bene nella relazione, scelta che apprezzo moltissimo.
La relazione dell’onorevole Kuhne rileva tuttavia alcune sfide e alcune lacune cui dobbiamo far fronte nel’ambito della PESD e sulle quali sono in gran parte d’accordo.
Ci stiamo impegnando al riguardo, e pertanto stiamo tenendo conto delle lezioni imparate dalle missioni, stiamo adeguando le nostre strutture, sia sul piano civile che su quello militare e stiamo tentando di rafforzare la cooperazione civile e militare, ossia cerchiamo di ottenere un approccio più completo, che, credo, sia anche quanto espresso nella relazione.
Nella riunione della scorsa settimana del Consiglio con i ministri degli Affari esteri e della Difesa sono stati compiuti importanti passi avanti. E’ stata presa una decisione importante. L’onorevole Kuhne ha citato nella sua relazione la parola chiave “elicotteri” che, come sapete, costituisce una delle difficoltà che deve affrontare oggi la comunità internazionale sul fronte delle operazioni di gestione delle crisi. Le capacità di cui abbiamo bisogno non sono qui e quelle di cui disponiamo non sono pronte o non sono perfettamente adatte per le attuali sfide.
L’Agenzia per la difesa ha assunto l’impegno di esaminare la questione tattica degli elicotteri; questa attività ha inizio da oggi e auspico di cuore che riceverete informazioni dalle forze armate nell’Unione europea. E’ un aspetto che mi auguro verrà affrontato con coerenza.
Vorrei dire qualche parola sulla situazione nel mondo oggi: i punti caldi e le problematiche che stiamo tentando di risolvere. Inizierò dai Balcani occidentali, dove, come sapete, ci sono tuttora degli elementi in attesa di soluzione. Quanto accaduto alle elezioni di domenica nell’ex Repubblica jugoslava di Macedonia ci dovrebbe far riflettere. Tuttavia, vorrei farvi presente che, dall’ultima volta che abbiamo parlato, in Serbia sono avvenuti due fatti importanti: è stato firmato con i serbi l’accordo di stabilizzazione e di associazione e si sono svolte le elezioni. Ritengo che i risultati delle consultazioni alle urne siano in qualche modo riconducibili al nostro comportamento e speriamo che in Serbia si instauri un governo che guardi alla prospettiva europea del paese.
Vorrei soffermarmi sul Kosovo. In Kosovo, come sapete, entro il 15 giugno sarà operativo il pacchetto globale di leggi, tra cui la costituzione promessa dal giorno dell’indipendenza del paese. Per quella data vorremo che la situazione sul posto si muovesse nella giusta direzione, ossia che EULEX si muovesse nella giusta direzione. Siamo in costante contatto con il Segretario generale delle Nazioni Unite per valutare come si può conseguire questo risultato e spero profondamente di potervi riferire nell’arco di pochi giorni che sono stati compiuti passi avanti.
E’ più che logico che dica una parola sulla Georgia, dove mi recherò domani mattina. Visiterò Tbilisi e le autorità locali. Mi recherà anche in Abkhazia. E’ molto importante che visitiamo anche l’Abkhazia per cercare di instaurare un contatto diretto le due parti nel quadro degli amici del Segretario generale per il momento e vedere se è possibile introdurre un’altra forma più attiva. Non credo che potremo risolvere tutto questa settimana, ma mi auguro davvero che potremo apportare un contributo positivo e costruttivo.
Desidero riferirvi inoltre in merito alla situazione in Libano, dove di recente sono accaduti eventi importanti. Io, insieme al Presidente del Parlamento, ho avuto il privilegio di essere sul luogo quella domenica. E’ stato un momento molto toccante quando è stato raggiunto l’accordo. Il generale Suleiman è ora il Presidente, dopo 18 mesi di instabilità. L’edificio in cui eravamo ospiti quel pomeriggio era stato chiuso e ora era di nuovo aperto. Mi auguro che la decisione presa a Doha in Qatar consenta al Libano di procedere verso la pace e verso le elezioni nel 2009.
Come sapete, questo accordo non è perfetto, presenta alcuni elementi positivi, ma ne ha anche altri che non lo sono altrettanto. Speriamo che il nostro contributo e la coerenza delle nostre azioni nei prossimi mesi offrano un ulteriore sostegno al processo, perché, al momento, non è ancora completo. E’ stato riconfermato il Primo Ministro Fouad Siniora, uomo meritevole cui deve andare il nostro rispetto. Ora è al governo e ci auguriamo che possa arrivare in tutta tranquillità alla consultazione elettorale a metà del 2009.
Vorrei affrontare numerosi altri argomenti, ma con questo intervento – e penso di aver superato il tempo a disposizione – vi ho almeno dato un’idea delle questioni di cui mi occuperò nei prossimi mesi.
Desidero informarvi anche che mi recherò a Teheran, paese da cui manco dal giugno 2006. Da allora ho avuto molti confronti con i leader di Teheran. Tuttavia, ho deciso, di concerto con i sei paesi coinvolti nei negoziati, di tornare a Teheran per incontrarmi con i suoi leader. Presenterò una proposta aggiornata rispetto a quella avanzata nel 2006. Non mi aspetto miracoli ma credo sia importante per noi continuare a tendere la mano e spiegare con chiarezza il nostro approccio a due vie: i negoziati intesi a risolvere le questioni di fondo, in particolare il problema del nucleare, ma, al contempo, l’impiego di quello che il consiglio di sicurezza ha da offrire.
(Applausi)
Presidente. − La ringrazio, signor Alto rappresentante, per l’intervento e le facciamo i nostri migliori auguri per tutti i suoi viaggi pericolosi. Penso che il luogo più sicuro per lei sia il Parlamento europeo. Dev’essere un piacere per lei essere qui!
Günter Verheugen, Vicepresidente della Commissione. − (DE) Signor Presidente, onorevoli deputati, desidero innanzi tutto congratularmi con i relatori, gli onorevoli Saryusz-Wolski e Kuhne, per l’approccio costruttivo, globale e mirato al futuro su cui hanno basato entrambi testi presentati.
Considerata l’ampia gamma di tematiche affrontate dalle due relazioni, vorrei limitarmi a determinati aspetti che sono particolarmente pertinenti per la Commissione, vale a dire l’attuazione del Trattato di riforma di Lisbona, la strategia europea in materia di sicurezza, la politica di vicinato e la questione dell’azione comune, soprattutto il ruolo della Commissione nell’ambito della gestione delle crisi.
Al pari della maggior parte di voi, anche la Commissione auspica che il nuovo Trattato di riforma venga ratificato quest’anno. Se vogliamo rappresentare più adeguatamente gli interessi di tutti i cittadini dell’UE sulla scena mondiale, il Trattato è imprescindibile. Un’Europa sicura, economicamente sana, socialmente equilibrata e stabile che, al contempo, svolga in un contesto mondiale un ruolo di guida che corrisponda alla sua influenza economica, ha bisogno di una politica estera dell’UE forte. Pertanto, si deve sostenere tutto ciò che si traduce in una politica estera coesiva. Non si tratta soprattutto di un problema istituzionale o di tipo procedurale, né è un problema di principi giuridici, ma è un problema politico. Affinché la politica estera dell’UE sia efficace, tutti gli Stati membri devono ricorrere alla necessaria volontà politica onde sostenere gli interessi comuni dell’Unione europea. Sarebbe in ogni caso negli interessi di ognuno. Uniti possiamo essere forti, ma divisi siamo deboli. Possiamo scegliere.
La Commissione è al momento impegnata nella preparazione del suo contributo alla rielaborazione della strategia europea in materia di sicurezza. Oggi intravediamo nuovi pericoli e nuove sfide cui la ristretta visione di sicurezza del 2003 non può più rispondere in modo adeguato. Oggi bisogna riformulare il concetto di minaccia e si deve attribuire maggiore rilevanza ai legami tra sicurezza e sviluppo, sicurezza ed energia, sicurezza e cambiamento climatico nonché alle questioni allarmanti cui ci troviamo attualmente di fronte, vale a dire gli aumenti dei prezzi, la disponibilità di materie prime, il rischio della penuria di prodotti alimentari e l’intera problematica della migrazione.
A tale riguardo, le relazioni annuali della PESC e della SES/PESD contengono molti punti su cui la Commissione concorda e che mi auguro il Consiglio europeo di dicembre 2008 possa accogliere.
La promozione della democratizzazione in altri paesi deve continuare a essere uno degli elementi centrali della nostra strategia in materia di politica estera. Abbiamo maturato esperienza in questo ambito; l’espansione dell’Unione europea, nel corso della quale abbiamo acquisito una notevole competenza che possiamo applicare positivamente nel quadro della politica europea di vicinato, è uno straordinario esempio.
La politica di vicinato è oggi uno dei nostri più importanti strumenti – se non il più importante – per rafforzare la pace e la stabilità nella nostra parte di mondo e per contribuire a creare prosperità e sicurezza. La nostra ambizione deve continuare a essere il conseguimento della massima integrazione possibile nelle politiche comunitarie. Onde consentire ai nostri paesi partner di beneficiare realmente di questa possibilità, dobbiamo pervenire a una soluzione pacifica dei conflitti in corso, di cui Javier Solana ha parlato poc’anzi in modo così toccante, siano essi nel Caucaso, in Moldova, nel Medio Oriente o nel Sahara occidentale.
Lo sviluppo complessivo e pertanto l’influenza globale dell’Unione europea dipendono dall’impiego ottimale di tutte le risorse e degli strumenti a disposizione. Per fortuna, non partiamo da zero; siamo già ricorsi a una serie di strumenti comunitari, tra cui gli aiuti umanitari e quelli allo sviluppo, al fine di sostenere le misure dell’UE di gestione delle crisi – dall’Afghanistan al Kosovo, dal Medio Oriente al Ciad.
Inoltre, il bilancio gestito dalla Commissione per la PESC è stato notevolmente aumentato, con un importo che dal 2002 è perlomeno decuplicato. Al momento sono operative 11 missioni PESD nelle aree della politica, dello Stato di diritto e del controllo, mentre altre due sono attive nell’ambito militare. La pianificazione di queste missioni prevede ora il coinvolgimento sistematico della Commissione sin dall’inizio. E’ quanto avvenuto con le operazioni in Kosovo, in Ciad e nella Repubblica centrafricana.
A tale riguardo, vorrei riservare qualche parola allo Strumento di stabilità. E’ un nuovo e importante meccanismo di finanziamento comunitario aggiunto ai dispositivi di gestione delle crisi e prevenzione dei conflitti cui è stato assegnato un bilancio medio annuo di oltre 200 milioni di euro per il periodo compreso tra il 2007 e il 2013. La Commissione ritiene che lo Strumento di stabilità si sia dimostrato nel suo primo anno di applicazione molto valido, sia in termini di amministrazione dei fondi che di qualità delle misure adottate.
La Commissione accoglierebbe con estremo favore una più stretta cooperazione interistituzionale nell’ambito delle attività esterne dell’Unione europea se questo potesse garantire maggiore coerenza, più efficienza e più visibilità alla politica estera dell’UE. La Commissione è dell’avviso che dovremmo unire le nostre energie. E’ quello di cui ha bisogno l’Europa, è quello che i cittadini dell’Europa – e anche la comunità internazionale – si aspettano da noi.
Grazie per la vostra attenzione.
Joseph Daul, a nome del gruppo PPE-DE. – (FR) Signor Presidente, signor Presidente in carica del Consiglio, signor Presidente della Commissione, signor Alto rappresentante, onorevoli colleghi, se, come mi auguro, il Trattato di Lisbona entrerà in vigore il 1° gennaio2009, questo evento segnerà l’inizio di una nuova era per la politica estera e di sicurezza comune dell’Unione. Questa politica è una scommessa, ma è esattamente quello che consente all’Unione europea di affermarsi progressivamente quale attore globale. Malgrado i notevoli progressi compiuti, l’Europa ha ancora un lungo cammino da percorrere, come gigante economico ma nano politico, prima di diventare una potenza politica mondiale all’altezza del suo peso economico.
Come ha indicato l’onorevole Saryusz-Wolski nella sua eccellente relazione, il ruolo dell’Europa nel mondo è ancora ben lungi dall’aver raggiunto il suo vero potenziale. In Israele, in Palestina e ovunque nel mondo, i nostri interlocutori chiedono di vedere di più da parte dell’Europa. Dobbiamo ascoltare le loro richieste. Onde essere credibili con questi partner l’Unione non solo deve parlare con una voce, ma deve anche disporre degli strumenti necessari per farsi udire. La sua politica estera deve godere di legittimità democratica, che sarà possibile grazie al controllo parlamentare introdotto dal Trattato di Lisbona.
Onorevoli colleghi, vogliamo una difesa credibile per l’Europa, non per poter andare in guerra, ovviamente, ma per garantire la pace e, soprattutto, per soccorrere i più poveri del mondo. La nostra sicurezza comune non è più limitata alla protezione militare contro gli attacchi esterni, ma riguarda anche l’approvvigionamento energetico, il cambiamento climatico, la gestione della migrazione e la promozione dei diritti umani e delle libertà civili.
Il gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei è impegnato a garantire che tutti gli aspetti di questa sicurezza comune vengano presi in considerazione. Siamo dell’avviso che la politica estera dell’UE debba innanzi tutto concentrarsi sui nostri vicini più prossimi. Per questo motivo chiediamo alla Commissione e al Consiglio di prodigarsi onde rafforzare la politica europea di vicinato e stabilizzare la situazione nei Balcani occidentali. In particolare, è imperativo, da un lato, proseguire il dialogo con la Serbia e, dall’altro, continuare a sostenere il Kosovo. La collaborazione tra il Consiglio e il Parlamento non è sempre stata scevra di difficoltà quando si tratta di affrontare tali questioni. Il Consiglio non è sempre stato sufficientemente aperto e trasparente per i nostri gusti, ma ciononostante le nostre relazioni hanno registrato notevoli sviluppi. La Presidenza del Consiglio e Javier Solana riconoscono ora che la politica estera e di sicurezza comune dell’UE uscirà più forte e più legittimata se gode del sostegno del Parlamento.
A nome del gruppo PPE-DE, desidero esortare il Consiglio a osare di più, ad associarsi al Parlamento nelle discussioni sulla nomina del primo Alto rappresentante e Vicepresidente della Commissione e ad avviare una consultazione opportuna con esso. Gradiremmo anche che quest’Assemblea venisse consultata in merito alla creazione del servizio europeo per l’azione esterna. Per quanto riguarda l’attuazione della strategia europea in materia di sicurezza, il nostro gruppo invita l’Alto rappresentante a pubblicare un Libro bianco che consenta di valutare la strategia introdotta nel 2003.
Nel contesto del futuro Trattato, chiediamo un potenziamento delle competenze di bilancio del Parlamento in tutte le aree di spesa dell’UE. Sollecitiamo altresì gli strumenti del controllo parlamentare e di cooperazione con il Consiglio.
Onorevoli colleghi, in un mondo in cui predominano le potenze regionali, l’Unione europea deve cogliere le opportunità uniche offerte dai nuovi strumenti del Trattato per affermarsi quale potenza politica più omogenea e pertanto maggiormente capace di farsi sentire sulla scena internazionale, nonché più determinata nei confronti dei propri partner. Il rafforzamento del controllo parlamentare renderà questa politica ancora più efficace, perché sarà più democratica e più trasparente.
Hannes Swoboda, a nome del gruppo PSE. – (DE) Signor Presidente, innanzi tutto desidero congratularmi con l’onorevole Kuhne per la sua relazione, soprattutto per l’impiego di una definizione molto ampia di sicurezza e, di conseguenza, per una vasta gamma di strumenti di politica in materia di sicurezza che annoverano, naturalmente, la componente militare, benché non figurino esclusivamente misure militari. L’onorevole Wiersma approfondirà ulteriormente questo aspetto. Desidero anche ringraziare molto l’onorevole Saryusz-Wolski per la sua efficace cooperazione di cui abbiamo avuto prova di recente in sede di commissione per gli affari esteri.
Desidero ricordare due questioni. La prima – di cui abbiamo già discusso oggi in seno al nostro gruppo, come ha già ricordato l’onorevole Schulz – è la questione relativa alla sicurezza energetica e alla politica comune in materia di energia. Non ci interessa criticare gli accordi bilaterali conclusi in un’epoca in cui la politica comune di sicurezza non era argomento di discussione. Tuttavia, tali accordi vengono stipulati ancora oggi, e soprattutto per il futuro è importante precisare che, una volta conclusi, questi accordi devono essere integrati in una politica comune di sicurezza e in una politica comune in materia di energia.
Oggi ho parlato con un insigne rappresentante dell’Azerbaigian presente qui in Parlamento, che mi ha detto: “Amici, vi presentate molto diversamente rispetto alla Cina e alla Russia”. Non è accettabile! Dobbiamo apparire uniti, se vogliamo perseguire obiettivi comuni ed è stato giusto sottolinearcelo.
Questo mi porta alla mia seconda questione, che tratteremo in modo più dettagliato nella relazione Brok. Si parla tanto di Unione per il Mediterraneo. Come gruppo, chiediamo anche un’Unione per la regione del Mar Nero, che è a propria volta un’area importante, in cui dobbiamo essere molto attivi, soprattutto nei nostri stessi interessi. Ringrazio l’onorevole Saryusz-Wolski per aver affrontato questo punto nel suo documento.
La proposta presentataci da Polonia e Svezia è valida, La appoggiamo, ma non è particolarmente ambiziosa. Dobbiamo osare di più se davvero vogliamo rappresentare i nostri interessi politici in questa regione in particolare. E’ chiaro che, rispetto alla presente relazione, siamo a favore di questo e che approfondiremo la discussione in occasione della relazione Brok, affinché i nostri vicini comuni a est e a sud partecipino alle consultazioni, impegnati con noi nella gestione e nell’attuazione degli obiettivi europei.
Infine, un commento sul servizio diplomatico,– che ha citato anche l’Alto rappresentante Javier Solana. E’ oggetto di non poche discussioni e noi elaboreremo anche una relazione al riguardo, ma permettetemi di spiegare un punto: ci occorre un servizio diplomatico che sia realizzabile e accettabile per la Commissione, il Consiglio e gli Stati membri, che sia efficiente e possa davvero assumersi con serietà le sue responsabilità politiche, tra cui la responsabilità nei confronti di questo Parlamento. Per noi è fondamentale che sia chiaro che il servizio in questione – per quanto possa essere organizzato – risponde al Parlamento europeo attraverso l’Alto rappresentante.
Un’ultima osservazione riguardo all’Iran: signor Solana, le auguro buona fortuna in Iran. E’ evidente che seguiamo lo stesso approccio, ossia essere flessibili, ma affermare chiaramente che non vogliamo più armi atomiche, soprattutto in quella regione; non farebbero altro che aumentare l’insicurezza, non la sicurezza. I migliori auguri, pertanto, affinché riesca a introdurre questi principi fondamentali.
(Applausi)
Annemie Neyts-Uyttebroeck, a nome del gruppo ALDE. – (NL) Signor Presidente, signor Commissario, signor Alto rappresentante, le relazioni degli onorevoli Saryusz-Wolski e Mr Kuhne sono documenti di lavoro importanti, e discuterne ogni singolo aspetto in un breve lasso di tempo sarebbe impensabile. Per questa ragione, mi concentrerò su tre aspetti.
Innanzi tutto, il ruolo del nostro Parlamento nell’ambito delle questioni estere e relative alla difesa; in secondo luogo, l’immensa responsabilità di tutti gli Stati membri riguardo alla formulazione di una politica estera e di sicurezza che sia coerente ed efficace; e, infine, la necessità di continuare a lottare contro la proliferazione delle armi nucleari e a impegnarci per conseguire il controllo generale delle armi. Il fatto che questo pomeriggio ci stiamo confrontando qui con questi interlocutori è la perfetta dimostrazione di come noi, Parlamento europeo, siamo riusciti ad assumere un ruolo più incisivo nell’ambito della politica estera e di sicurezza comune, benché, in base agli attuali Trattati, la situazione non fosse inizialmente in questi termini. E’ grazie alla nostra perseveranza che siamo giunti a questo traguardo, abbiamo instaurato il grado di comprensione mostratoci dalla Commissione e dall’Alto rappresentante ed è sempre grazie a essa che abbiamo ottenuto un accordo interistituzionale che rende possibile un confronto come questo. Sfrutteremo ovviamente ogni possibilità offerta dal Trattato di Lisbona al fine di continuare a svolgere appieno il nostro ruolo. Tra l’altro, siamo stati in grado di esercitare il nostro ruolo anche perché non ci siamo mai spinti troppo in là, abbiamo sempre fatto in modo di not to overplay our hand, per usare un’espressione inglese.
E’ chiaro che, come ha evidenziato l’onorevole Swoboda, un’efficace politica estera e di sicurezza è possibile solo se tutti i 27 Stati membri e i rispettivi governi, compresi i paesi grandi, agiscono di concerto. Possiamo pronunciare bei discorsi in questa sede, tutti possiamo esibirci in bei discorsi qui, ma se i capi di Stato o di governo, i primi ministri o i ministri degli Esteri escono e agiscono in modo del tutto diverso sulla scena mondiale, questa politica non è fattibile, non potrà sortire alcun risultato. Ai nostri Stati membri incombe pertanto una responsabilità particolarmente grande, non solo nell’ambito che ho menzionato, ma anche perché devono garantire che alle parole fanno seguito le azioni. Abbiamo avuto una triste esperienza in questo senso, quando abbiamo avviato i lavori preparatori per l’intervento in Ciad, ad esempio; è stata presa una decisione affermativa e poi ci sono volute settimane per raccogliere gli uomini necessari e tutto il materiale. Fatti simili compromettono non poco la nostra credibilità, e pertanto mi auguro che tutti compiremo sforzi titanici al fine di ridurre al minimo le possibilità che tali situazioni si ripetano in futuro.
Angelika Beer, a nome del gruppo Verts/ALE. – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, non ripeterò tutti complimenti né sottolineerò nuovamente i punti su cui effettivamente concordiamo, ossia, una politica estera e di sicurezza coerente, come ha fatto presente per noi l’onorevole Saryusz-Wolski, e, ovviamente, la questione del controllo parlamentare e della trasparenza. Quando torniamo nei nostri Stati membri nazionali osserviamo in tutte le nostre discussioni che più l’Unione europea è coinvolta nella politica estera e di sicurezza comune, più desideriamo e dobbiamo promuovere presso la popolazione del nostro stesso paese questi strumenti di trasparenza e legittimità.
Vorrei soffermarmi sui punti controversi non affrontati ancora da nessuno. Vicepresidente Verheugen, nella prima discussione abbiamo esaminato il progetto di relazione dell’onorevole Kuhne con il Commissario Ferrero-Waldner, che, al pari del mio gruppo, ha rilevato l’opportunità di continuare a ripensare e non di limitarsi a parlare di rielaborazione della strategia europea in materia di sicurezza ma provare anche a dotarci di un orientamento comune, vale a dire il concetto di sicurezza umana e il principio di responsabilità di proteggere. Chiunque segua quanto è avvenuto da allora avrà osservato la strana coalizione tra i conservatori dell’onorevole von Wogau e i comunisti dell’onorevole Pflüger. Il passaggio pertinente è stato cancellato, con il consenso di entrambi i gruppi, e noi ripresenteremo la richiesta di inserirlo, dal momento che se non rispondiamo a questa sfida politica, perderemo la credibilità non solo riguardo al modo in cui affrontiamo questo tema, ossia la prevenzione dei conflitti, ma anche rispetto alla nostra azione per il Darfur, il Ciad e altri conflitti che dobbiamo temere.
Il secondo aspetto che reputo assurdo, anche se non abbiamo ancora raggiunto un’intesa al riguardo, è che i conservatori dell’onorevole von Wogau ci chiedano di tener conto della strategia di sicurezza nazionale degli USA nell’ambito della strategia europea in materia di sicurezza e della relativa rielaborazione. E’ una pretesa del tutto assurda, in quanto questa politica si è arenata e sappiamo che l’Amministrazione statunitense ha fallito con questa escalation, questo unilateralismo, costato molte vite. Pertanto affermare che dovremmo integrarla nella nostra futura politica estera europea è, a mio avviso, più che assurdo!
Terzo, vorrei sollevare una questione di estrema importanza: la proliferazione. Signor Solana, anch’io le auguro tutto il successo possibile. Abbiamo bisogno di dialogo, anche con l’Iran, ma voglio rivolgere questa domanda ai miei colleghi: quando parliamo di sicurezza dell’energia che, in fin dei conti, fa parte della sicurezza in senso lato – è la risposta corretta se poi il Presidente Sarkozy, in qualità di prossimo Presidente in carica del Consiglio dell’Unione europea, annuncia che intende introdurre la tecnologia nucleare sul mercato mondiale senza alcuna restrizione né strumenti di controllo? Che cosa ne è della nostra credibilità? In primo luogo, non stiamo procedendo al disarmo nucleare, cosa che invece dovremmo fare. In secondo luogo, stiamo diffondendo questa tecnologia anche se sappiamo che se ne può sempre abusare a scopi militari. Ritengo che stiamo commettendo un errore in questo senso e pertanto presenteremo anche un emendamento.
Brian Crowley, a nome del gruppo UEN. – (GA) Signor Presidente, la cooperazione e il coordinamento nell’ambito della politica estera e di sicurezza comune (PESC) sono fattori importanti tra gli Stati membri dell’UE. Si profilano nuove minacce globali e credo che il Trattato di Lisbona e la PESC ci offriranno nuove possibilità di neutralizzarle. La PESC è più che l’attuazione delle politiche; permette a 27 Stati membri di lavorare insieme al fine di assicurare la pace, i diritti umani, lo Stato di diritto e la democrazia nel mondo. Il Trattato di Lisbona contempla gli stessi principi pienamente conformi ai valori irlandesi.
(EN) Nel congratularci con entrambi i relatori per il lavoro svolto in questa specifica area e tenendo conto dell’esperienza che abbiamo maturato negli ultimi anni, è particolarmente importante non ignorare il fatto che troppo spesso l’Europa si è espressa con parole altisonanti ma poi non è stata all’altezza delle aspettative. E’ per questo motivo che, nell’attesa degli sviluppi delle nuove politiche, senza in alcun modo anticipare il risultato del referendum in Irlanda – che mi auguro positivo e inteso quindi all’adozione e alla ratifica del Trattato di Lisbona, dobbiamo sempre ricordarci che a meno che gli Stati membri, agendo collettivamente, definiscano posizioni comuni e compiano progressi, si potranno pronunciare belle parole cui però non seguirà un’azione di successo.
L’esempio più recente di questo è quanto accaduto in Ciad. Nonostante gli orrori di quello cui abbiamo assistito riguardo ai profughi sul confine del Ciad e del Sudan, nonostante il desiderio di ciascuno Stato membro di essere attivo, l’incapacità di fornire la logistica per l’invio delle forze in Ciad ha evidenziato le nostre lacune.
Quando parliamo delle future minacce, delle future opportunità e, in effetti, dei futuri pericoli, dobbiamo essere consapevoli del fatto che l’Europa è il massimo progetto di pace. Il lavoro che svolgiamo, e quanto abbiamo realizzato e costruito nell’Unione europea dal 1958 ha dimostrato che agire collettivamente, cooperare all’insegna della tolleranza e comprendere i diversi punti di vista e un potere e uno strumento di gran lunga più efficace di qualsiasi arma di cui possiamo disporre. Questo tuttavia non significa essere ingenui e affermare che non dobbiamo avere risorse disponibili. Dobbiamo nondimeno tenere ben presente che tutti gli Stati membri devono agire di concerto onde pervenire a nuove politiche estere e di difesa per il futuro, e che se un paese è contrario, gli altri non devono per questo essere indeboliti o demonizzati.
Tobias Pflüger, a nome del gruppo GUE/NGL. – (DE) Signor Presidente, le due relazioni oggetto della presente discussione sono un chiaro indizio del grado avanzato di militarizzazione raggiunto dall’Unione europea.
Desidero affrontare vari aspetti, ad esempio la cooperazione molto stretta tra l’UE e la NATO, che è letale. La NATO è anche un’alleanza per dichiarare guerra e noi ci opponiamo a questa stretta cooperazione che lega Unione europea e NATO.
Grazie ancora una volta per aver spiegato che il Trattato di Lisbona apporterà cambiamenti sostanziali nel settore militare. E’ la ragione essenziale per cui non siamo a favore del Trattato di Lisbona e vorrei sottolineare che non è ancora stato ratificato e spero in un “no” dell’Irlanda il 12 giugno.
Un elemento previsto dal Trattato di Lisbona – presente anche nella relazione dell’onorevole Kuhne – è la creazione di un bilancio militare UE autonomo, noto come fondo iniziale. Riteniamo che la sua introduzione comporti tutta una serie di problemi.
Il controllo parlamentare delle missioni PESC non è garantito. I gruppi tattici dell’UE dovrebbero essere in grado di intervenire entro un termine da 5 a 30 giorni e il Bundestag tedesco non può agire in quell’arco di tempo. Non è stato possibile pervenire a un accordo sul controllo parlamentare tra i gruppi nel complesso, in parte perché abbiamo chiesto che tutti i gruppi, anche i più piccoli, ricevessero le opportune informazioni. Sembrerebbe che il Parlamento non voglia soddisfare questa richiesta.
La relazione chiede di avviare altri progetti nel campo degli armamenti, richiesta che reputiamo sbagliata. Innanzi tutto occorre procedere a una valutazione approfondita delle precedenti missioni UE, analisi, questa, attesa da tempo. I soldati francesi che hanno partecipato all’operazione Artemis in Congo facevano uso della tortura. L’operazione in Ciad è un disastro e la missione EULEX in Kosovo – che dovrebbe essere una missione per instaurare lo Stato di diritto – è priva di fondamento giuridico.
Le due relazioni vanno in una direzione completamente sbagliata. Pertanto, come gruppo abbiamo presentato un parere di minoranza. Sono ora palesi le intenzioni della Presidenza francese nel settore militare; verrà impresso nuovo impulso alla militarizzazione, sono già stati menzionati gruppi tattici aerei e marini. Non vogliamo un’Unione europea militare. Non vogliamo un’alleanza militare. Vogliamo un’Unione europea civile. Per queste ragioni opponiamo un fermo “no” alle due relazioni in parola.
Gerard Batten, a nome del gruppo IND/DEM. – (EN) Signor Presidente, entrambe le relazioni partono dal presupposto che il Trattato di Lisbona (la Costituzione europea) sarà ratificato, nonostante fino al 12 giugno non si conoscerà il risultato del referendum irlandese. Ma ovviamente questo Parlamento ha già deciso di ignorare il referendum irlandese qualora il responso sia un “no”.
L’Unione europea non vuole che le sue ambizioni militari e di politica estera siano subordinate alla volontà degli Stati nazionali dell’Europa per mezzo delle consultazioni referendarie, in quanto sa molto bene che qualora fosse data loro la possibilità respingerebbero tali ambizioni. E che ambizioni! Le relazioni in oggetto dimostrano come l’UE intenda costruire le proprie forze militari combinando forze multinazionali, costruendo strutture di controllo e di comando comuni, adottando politiche comuni sugli appalti relativi a sistemi e attrezzature, e attuando sistemi di comunicazione comuni. E’ previsto di combinare le forze multinazionali esistenti nonché la creazione di una forza permanente sotto il comando dell’UE. E così assistiamo al varo di un esercito permanente dell’UE. Questi programmi mettono a repentaglio la NATO e compromettono le posizioni degli Stati nazionali in seno alle Nazioni Unite – che l’Unione europea cerca di usurpare.
Di recente ho partecipato a Bruxelles a una conferenza sulla sicurezza in cui qualcuno ha posto il seguente interrogativo: chi ha paura dell’Unione europea? In altre parole, senza la minaccia della forza militare, nessuno prenderà sul serio le pretese dell’UE in materia di politica estera. Durante la seconda parte della Seconda guerra mondiale, uno degli uomini di Stalin affermò che il Papa disapprovava certe scelte della sua politica estera, al che Stalin replicò: “E quante divisioni ha il Papa?”
L’Unione europea vuole disporre delle proprie divisioni al fine di rafforzare la propria volontà e incutere timore sulla scena mondiale. E se vogliamo scoprire sotto quale forma si manifesterà quella volontà, è sufficiente che immaginiamo la politica agricola comune e la politica comune della pesca ripetute con pistole, carri armati e aeroplani.
L’unico popolo in Europa autorizzato a esprimersi al riguardo è quello irlandese con il suo referendum del 12 giugno. Uno dei fattori chiave in grado di influenzare le opinioni degli irlandesi sarà il desiderio di salvaguardare la loro politica di neutralità storica. Ma si rendono conto che se il Trattato di Lisbona viene ratificato la neutralità finirà e loro saranno soggetti alla politica estera e alle ambizioni militari dell’Unione europea? Tuttavia non perderanno solo la loro neutralità, si ritroveranno a contribuire per soldati e armamenti destinati a operazioni militari che non possono approvare.
Dovrebbero considerare seriamente questi aspetti prima di decidere quale voto esprimere al referendum. Il governo britannico e le Camere del parlamento hanno vergognosamente ingannato il popolo britannico negandogli un referendum su Lisbona. E’ in gioco la neutralità irlandese, ma anche la capacità della Gran Bretagna di difendersi.
Irena Belohorská (NI). – (SK) Onorevoli colleghi, innanzi tutto consentitemi di dire che accolgo con favore la relazione annuale del 2006 e i progressi ottenuti nella struttura del testo. Il Parlamento europeo deve assumere una posizione più risoluta e agire come un tutt’uno quando si tratta di questioni che il Consiglio affronta sistematicamente. A tale proposito, esprimo la mia soddisfazione per le disposizioni relative a una cooperazione più stretta tra il Parlamento europeo e gli emicicli nazionali, nonché per la maggiore responsabilità dei parlamenti nazionali e dei governi degli Stati membri rispetto a decisioni di carattere strategico.
Ritengo che i rappresentanti dei nuovi Stati membri troveranno la loro collocazione anche nella nuova struttura dei servizi diplomatici europei. Sono dell’avviso che, grazie al Trattato di Lisbona, l’Europa si presenterà con un fronte più unito nell’area delle relazioni esterne. E’ importante che gli Stati membri intensifichino la frequenza delle consultazioni con i loro partner e con l’Alto rappresentante dell’UE, soprattutto per quanto attiene all’adozione di decisioni fondamentali. La personalità giuridica unica dell’Unione consentirà all’Unione europea di concludere accordi internazionali e aderire a organizzazioni internazionali. Quando si adottano decisioni vincolanti, si deve altresì tener conto delle preoccupazioni dei cittadini europei e delle aspettative concernenti questioni di natura globale.
Javier Solana, Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune. − (ES) Signor Presidente, mi sia consentito, nel tempo a disposizione, congratularmi brevemente con coloro che sono intervenuti a nome dei gruppi parlamentari. Ritengo che in linea generale, benché non sia stata raggiunta l’unanimità, si sia pervenuti a un’ampia intesa su molti dei temi affrontati nella prima parte della discussione.
(FR) Desidero innanzi tutto ringraziare l’onorevole Daul del gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei Lei si è espresso molto chiaramente riguardo alle finalità del riesame della strategia europea in materia di sicurezza e sugli obiettivi del Trattato di Lisbona in generale. Condivido appieno la sua posizione e credo che sia fondamentale rafforzare la voce e la dimensione umana dell’Unione.
Credo onestamente che l’Europa abbia un dovere non solo verso i suoi cittadini, ma anche nei confronti di coloro che sono al di fuori dell’Europa. Tutto il mondo esprime la propria speranza che l’Europa adotti un approccio più definito e intervenga con maggiore incisività. Condivido pertanto appieno le osservazioni formulate dal gruppo PPE-DE e farò tutto il possibile al fine di instaurare una cooperazione efficace con tutte le istituzioni da qui all’entrata in vigore del Trattato. E’ il mandato conferitomi in virtù dell’articolo 15 del Trattato e io mi impegnerò per adempiere questi compiti.
(EN) Desidero altresì rispondere all’onorevole Swoboda – non per esprimere il mio disaccordo nei suoi confronti, tutt’altro, per dire che molti punti da lui evocati sono assolutamente in linea con il mio pensiero e a come vorrei che le cose progredissero. Penso che la cooperazione da lei citata tra civili ed esercito sia fondamentale. Ci occupiamo di gestione delle crisi e non di altri aspetti. Nella gestione dell’Unione europea dovrebbe avere a disposizione tutti gli strumenti che le permettano di sfruttare al massimo le proprie capacità.
Ma, di nuovo, l’elemento più importante è la volontà politica. Possiamo anche avere le capacità, ma se ci manca la volontà politica non avremo nulla. Le capacità possono mancarci in ogni caso. Pertanto, dobbiamo impegnarci in entrambe le direzioni, sul fronte delle capacità ma anche su quello della volontà politica. La costruzione della volontà politica è qualcosa a cui deve partecipare ognuno presente in questo magnifico edificio, lavorando di concerto con le altre Istituzioni dell’Unione europea.
Vorrei spendere una parola riguardo alla relazione dell’onorevole Saryusz-Wolski, dove sono presenti paragrafi su cui sono d’accordo dalla A alla Z. Si tratta, ad esempio, dei paragrafi sull’Afghanistan che è un tema molto importante nei cui confronti ci incombono delle responsabilità. Non ho avuto la possibilità di sottolineare nelle mie osservazioni introduttive che per me – e per noi, mi auguro – l’Afghanistan rappresenta una delle sfide che abbiamo sul tavolo e per la quale dobbiamo riuscire a produrre una risoluzione di natura politica. Pertanto, quello che lei afferma nella relazione riguardo alla missione di polizia è fondamentale. Ci occorrono forze di polizia in loco. Come sapete, all’ultimo Consiglio “Affari esteri” abbiamo deciso di raddoppiare il numero di uomini impegnati.
Vorrei però sottolineare anche quanto affermato riguardo alla qualità. E’ vero che quando parliamo dello Stato di diritto, polizia e giudici non sono a nostra disposizione; sono impegnati nei propri Stati membri nazionali su altre questioni e quindi dobbiamo valutare come possiamo procedere da adesso fino al momento in cui disporremo di un gruppo europeo di poliziotti, di un gruppo di giudici e di un gruppo di attori sociali che potrebbero intervenire in tempi rapidi. Potrebbe essere una soluzione percorribile con l’esercito perché, per fortuna, se i soldati non sono coinvolti in un’operazione di gestione della crisi, possono essere mobilitati. Dobbiamo riflettere su questo aspetto e non solo pensare ma anche trovare risposte alle domande.
Vorrei far presente che, nel complesso, gli interventi sono stati molto costruttivi. Desidero soffermarmi sul paragrafo relativo alla sicurezza umana. Onorevole Beer, lei sa perfettamente che quel concetto mi sta molto a cuore. Marie Colvin è una mia amica e ho scritto alcuni di quei pezzi con lei. Penso che sia un concetto che illumina gran parte della nostra moderna corrente di pensiero riguardo alla sicurezza. Pertanto, la questione non è tanto che nome attribuiamo alle cose, ma è importante che cosa facciamo. Il nome è importante, ma quello che facciamo lo è molto di più. Ritengo che tutte le relazioni siano illuminate da questa convinzione, ossia che la sicurezza è qualcosa che trascende un concetto classico.
Tuttavia, con tutto rispetto, devo esprimere il mio disaccordo riguardo ad alcune osservazioni, a cominciare da quanto affermato dal rappresentante della Commissione. Non credo davvero che la strategia in materia di sicurezza debba essere rivista perché offriva un concetto molto limitato di sicurezza. Non penso che sia una dichiarazione opportuna. Ritengo, per quanto concerne la strategia in materia di sicurezza stilata nel 2003, che la maggior parte dei limiti che osserviamo in essa sono gli stessi elementi, le stesse sfide e gli stessi problemi cui ci troviamo di fronte oggi. Dobbiamo integrarla e dobbiamo agire, ma non definirei la strategia come una visione limitata di sicurezza, anzi, è l’approccio più lungimirante che l’Unione europea abbia mai adottato al riguardo.
Per amore di chiarezza, penso che quello che dobbiamo fare non sia elaborare un nuovo testo ma mantenere quanto possibile il nucleo, ossia il mandato conferitoci, e cercare di aggiungervi altri elementi. Per esempio, molti di voi hanno citato la questione della sicurezza energetica – che è importante –, il problema delle conseguenze del cambiamento climatico in tutte le sue dimensioni e di come affrontare la responsabilità che ci incombe in caso di catastrofi naturali e non provocate dall’uomo, per le quali disponiamo di risorse e capacità messe in atto al fine di contrastare eventi di tale drammaticità.
Per quanto attiene alla proliferazione, è un argomento che ho già toccato quasi ogni volta che me ne è stata offerta l’opportunità – i rischi e la rilevanza che la tematica rappresenta per noi tutti. Penso che se dovessimo scegliere due questioni orizzontali da affrontare, una sarebbe il cambiamento climatico e l’altra la proliferazione e il disarmo, che sono i due principali fattori che possono compromettere quello a cui teniamo nella vita. Sono pertanto d’accordo.
Vorrei rivolgere ora qualche parola al mio caro amico, l’onorevole Brian Crowley. Ritengo che sia importante ottenere risultati concreti, e sono d’accordo con lui. Tuttavia, prendiamo l’esempio del Ciad. Non so se è l’esempio migliore che si potesse scegliere. Circa due settimane fa mi trovavo in Ciad. Mi sono recato nella capitale, nella seconda città e a Goz Beida, dove è di istanza il contingente irlandese che opera con grande coraggio ed enorme professionalità, cosa di cui dovremmo essere orgogliosi. Sono fiero del lavoro svolto dall’esercito irlandese nel cuore della savana nel tentativo di aiutare gli sfollati nei campi profughi, dimostrando enorme generosità. Plaudo ai soldati irlandesi che sono in loco, che si prodigano con grande altruismo e sono assolutamente determinati a migliorare la situazione sul terreno, che è l’obiettivo della missione.
Desidero ringraziare lei, signor Presidente, e tutti i gruppi parlamentari e mi auguro di cuore che nel tempo che ci resta, visto che vi avviciniamo alla fine del 2008, riusciremo a lavorare in modo costruttivo affinché il sogno di così tanti cittadini dell’Unione europea diventi realtà – l’attuazione del Trattato al fine di vantare un’Europa la cui presenza nella comunità internazionale e nel mondo è proporzionata alle nostre idee, ai nostri principi, alle nostre capacità e al nostro modello di vita.
Karl von Wogau (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Alto rappresentante, desidero prima di tutto ringraziare l’onorevole Kuhne per la sua relazione e per il processo di elaborazione, il che significa che siamo riusciti a raggiungere l’unità su quasi tutti i punti.
Signor Solana, qualche mese fa lei ha partecipato al funerale del sergente Polin a Bayonne. E’ stato il primo soldato a perdere la vita in un’operazione europea. Per me è stato un evento molto toccante, molto triste, che mi ha suscitato di nuovo profonde riflessioni riguardo ai frangenti in cui mobilitiamo effettivamente i soldati e in quali condizioni.
E’ al contempo anche la mia risposta all’onorevole Beer e il concetto di sicurezza umana. Quest’ultimo è di certo un concetto interessante – anche per gli aiuti allo sviluppo. Senza sicurezza non c’è sviluppo. Tuttavia, non sono convinto che questo concetto sia appropriato per la politica di sicurezza e di difesa dell’Unione europea, perché si può interpretare nel senso che dobbiamo intervenire in ogni caso, ovunque nel mondo. Una simile impostazione accresce le aspettative che forse non è possibile soddisfare. Quando le persone sono nel bisogno, non stanno a guardare chi ha le migliori intenzioni ma chi può offrire un aiuto concreto. Questa è la debolezza del concetto in questione, e nulla sarebbe peggiore del suscitare false speranze qui. Il mio gruppo non voterà pertanto a favore della menzione di questo principio.
Abbiamo dinanzi a noi la Presidenza francese e con essa molto verosimilmente anche alcune decisioni importanti da prendere. L’ho già fatto presente. Sempre più soldati vengono inviati in missioni pericolose. Abbiamo la responsabilità di garantire loro l’equipaggiamento necessario, il miglior equipaggiamento possibile per questo tipo di operazioni, tuttavia non è questa la realtà riguardo a molte aree. Siamo lacunosi nel settore delle telecomunicazioni e – questo è di estrema rilevanza – nell’area civile e nelle operazioni civili. Non siamo adeguatamente attrezzati nell’ambito della ricognizione e della navigazione. Qui mi aspetto suggerimenti concreti affinché, in futuro, si instauri una cooperazione più stretta e tali progetti nonché simili punti deboli vengano risolti insieme nel modo europeo.
La relazione presentataci propone di dare a Eurocorps lo status di forza permanente sotto il comando dell’Unione europea. A mio avviso, rappresenterebbe un notevole passo avanti rispetto ai gruppi tattici, a disposizione dell’Unione europea solo per un periodo di sei mesi. Chiedo che l’Accademia europea per la sicurezza e la difesa (AESD) menzionata dall’onorevole Kuhne sia più che una struttura virtuale e sia pertanto dotata degli strumenti necessari per espletare il suo compito.
Jan Marinus Wiersma (PSE). – (NL) Signor Presidente, desidero formulare alcune considerazioni riguardo alla strategia europea in materia di sicurezza, tema della relazione elaborata dal mio stimato collega, onorevole Kuhne, che ha lavorato al testo con il pieno appoggio, ovviamente, del mio gruppo, e ritengo che il risultato sia eccellente. Nondimeno, vorrei anche richiamare l’attenzione dell’Alto rappresentante su una serie di riflessioni.
La strategia in materia di sicurezza in questione è stata attuata e sviluppata nel 2003 quale importante innovazione. L’essenza della strategia, logicamente, non si tocca. Quello che stiamo discutendo ora sono eventuali adeguamenti a una mutata agenda internazionale. Il multilateralismo effettivo è un principio importante; la combinazione di aspetti civili e militari è di grande rilievo; anche la moderna analisi delle minacce è essenziale. Ci sono molti esempi positivi di come l’Unione europea, sotto la guida di Javier Solana, ha affrontato questo ambito negli ultimi anni. E’ in effetti lo stesso approccio, ma si deve applicare un’agenda più ampia. Tutti dicono che non ci si può limitare a parlare di terrorismo e di problemi di sicurezza tradizionali: si deve anche verificare quale peso assumono per la nostra agenda in materia di sicurezza i problemi legati alla sicurezza energetica e alla minaccia del clima. Questa è l’agenda ampia.
Vorrei tuttavia difendere l’agenda ristretta. Non si tratta solo della sicurezza degli Stati; si tratta anche della sicurezza dei cittadini. Ritengo positivo che l’onorevole Kuhne abbia tentato di sviluppare questa discussione qui in Parlamento, proprio quando abbiamo svolto un intero dibattito sulla “responsabilità di proteggere” in sede di ONU, altra discussione che riguarda i singoli. Dobbiamo in effetti verificare come incorporare questo nel nostro concetto, e quindi penso che sia un peccato che il gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei non desideri partecipare alla definizione di queste idee. Quando parliamo di sicurezza umana, non significa che si debba automaticamente intervenire in ogni situazioni in cui si profila una minaccia alla sicurezza umana, ma piuttosto che vogliamo prendere in debita considerazione questo importante fattore.
Per quanto attiene a questa ampia agenda, è anche importante che, grazie al Trattato di Lisbona – e speriamo e preghiamo che il 12 giugno l’Irlanda voti a favore di questo testo, risultato che ipotizziamo –, l’Unione europea sarà in grado di lavorare con un’agenda ampia, perché il nuovo Alto rappresentante, che deve essere chiamato in questo modo a causa del mio paese, ricoprirà anche la carica di Vicepresidente della Commissione europea e coordinerà quindi nella pratica tale agenda.
Ho un’ultima considerazione che riguarda gli Stati Uniti. Ci saranno le elezioni e non sappiamo quale dei due candidati vincerà. In ogni caso, è evidente che chiunque possa essere – e io spero, ovviamente, che sia Barack Obama – sarà più facile cooperare su alcuni aspetti della sicurezza. Un esempio particolare è quello della non proliferazione delle armi nucleari. John McCain ha detto cose interessanti in merito. Forse, alla fine dell’anno, ci sarà il tempo per presentare altre iniziative, nuovi accordi, ad esempio nell’ambito del rafforzamento degli accordi multilaterali relativi al ciclo del combustibile nucleare. Mi auguro che l’Alto rappresentante sia disposto a intervenire nella prospettiva di conseguire questo obiettivo.
István Szent-Iványi (ALDE). – (HU) Signor Presidente, signor Alto rappresentante, signor Commissario, innanzi tutto desidero congratularmi con gli onorevoli Saryusz-Wolski e Mr Kuhne per le relazioni esaustive presentate; hanno svolto un lavoro eccellente. Una delle principali conclusioni del testo dell’onorevole Saryusz-Wolsk indica che la stabilità dei Balcani occidentali è oggi la priorità numero uno dell’Unione europea. Sono assolutamente d’accordo riguardo a questa asserzione.
Nel caso del Kosovo, la posta in gioco è niente meno la credibilità della politica estera e di sicurezza comune. Gli antefatti non sono incoraggianti: sebbene tutti gli Stati membri abbiano appoggiato il piano Ahtisaari, non hanno ancora deciso se riconoscere il Kosovo. Ma un problema ancora maggiore è il fatto che non esiste ancora alcun accordo riguardo all’eventuale passaggio di poteri dall’UNMIK a EULEX. Però se questo non avviene, l’Unione europea non può mantenere gli impegni assunti e questo ne compromette la credibilità. I compiti di estrema importanza della missione EULEX sono la creazione dello Stato di diritto, l’introduzione di un’economia di mercato funzionante, il potenziamento della natura multietnica del Kosovo e la costruzione della fiducia tra le persone che vivono in quella regione.
L’Unione europea non può abbandonare a se stesso il Kosovo. La nostra politica nei confronti dei Balcani occidentali deve poggiare su tre pilastri. Innanzi tutto, dobbiamo offrire a quei paesi una prospettiva europea credibile, esaminare con rigore le condizioni e dare prova di coerenza. Sarebbe un enorme sbaglio se per un attimo non riuscissimo a considerare le situazioni dal punto di vista politico o se senza alcuna logica offrissimo concessioni a paesi che non cooperano con noi – concessioni che non accordiamo alle regioni che collaborano. Tutti questi fattori continueranno di certo a minare la credibilità dell’Unione europea.
L’Unione europea vuole svolgere un ruolo globale, giustamente, ma rimarrà un pio desiderio fino a quando non è in grado di garantire la possibilità della pace, della stabilità e dello sviluppo ai paesi nelle sue immediate vicinanze. Grazie.
16. Benvenuto
Presidente. − Siamo lieti di porgere il benvenuto alle delegazioni parlamentari di Armenia, Azerbaigian, Georgia, Moldavia e Ucraina presenti in tribuna d’onore, nonché ai rappresentanti dell’opposizione democratica in Bielorussia.
La delegazione della Georgia è guidata dal presidente del parlamento georgiano Nino Burjanadze.
Queste delegazioni sono venute qui a Bruxelles per partecipare alla conferenza sulla politica europea di vicinato in programma oggi e domani presso il Parlamento europeo.
Porgiamo loro un caloroso benvenuto e siamo lieti di accoglierli nell’ambito della presente discussione congiunta.
(Applausi)
17. Relazione annuale 2006 sulla PESC - Strategia europea in materia di sicurezza, PESD (seguito della discussione)
Presidente. − L’ordine del giorno reca il proseguimento della discussione congiunta sulla relazione di Jacek Saryusz-Wolski, sulla relazione annuale 2006 sulla PESC (A6-0189/2008), e sulla relazione di Helmut Kuhne, sull’attuazione della strategia europea in materia di sicurezza e la PESD(A6-0186/2008).
Marie Anne Isler Béguin (Verts/ALE). – (FR) Signor Presidente, è un piacere per me parlare in presenza di queste delegazioni, poiché abbiamo legami così stretti con esse. E’ proprio sul Caucaso meridionale – lo crederebbe? – signor Alto commissario, che intendo incentrare il mio intervento. Abbiamo appreso la buona notizia che domani si recherà in Georgia dove si fermerà un paio di giorni. Era ora che accadesse e la ringrazio per questo. Lei andrà anche in Abkhazia e al riguardo ha spiegato che il fine settimana non sarà sufficiente per risolvere la questione. Se lei riuscirà in questa impresa nell’arco di un fine settimana, sarò la prima a congratularmi con lei. E’ un compito arduo, lo sappiamo, ma il fatto più importante è che l’Unione europea si impegni a fondo. A mio avviso, si tratta di una sorta di prova della maturità della politica estera dell’UE. Sappiamo che la Russia, uno dei nostri partner, è ora coinvolta nel conflitto. Secondo il rapporto dell’ON, la Gerogia ha deciso di sospendere i voli UAV sull’Abkhazia. Tuttavia, ieri è circolata la notizia che la Russia ha inviato le sue forze militari per, a quanto sembra, costruire dei tratti ferroviari. Se così è, penso che sia prematuro parlare di forze di mantenimento della pace.
Si tratta pertanto di un compito arduo. Lei ha dichiarato che andrà allo scopo di appoggiare il piano di pace della Georgia, quindi le pongo la seguente domanda, signor Alto commissario: va anche per sostenere, in quanto parte di questo piano di pace, l’introduzione di una forza di polizia civile abkhazo-georgiana sotto la supervisione dell’UE o dell’OSCE? Sarebbe un autentico passo avanti che attendiamo da lungo tempo da parte dell’Unione europea in questo conflitto, dal momento che è un paese vicino. Pertanto, l’interrogativo che emerge oggi, e che i nostri colleghi hanno già sollevato, è: svilupperemo la politica di vicinato quale componente della nostra politica estera?
Hanna Foltyn-Kubicka (UEN). – (PL) Signor Presidente, mi permetto di ricordarle che nella relazione del Consiglio dello scorso anno sugli aspetti principali e le scelte di base della politica estera e di sicurezza comune, il Parlamento ha espresso profondo disagio all’annuncio, da parte dell’allora Presidente russo Valdimir Putin, che la Russia si ritirava dall’adesione al Trattato sulle forze armate convenzionali in Europa. Malgrado la dichiarazione formulata dal Parlamento europeo, le autorità dell’UE non hanno intrapreso alcuna azione concreta al riguardo. Nel luglio 2007, tuttavia, la Duma di Stato russa ha approvato all’unanimità un atto con cui sospendeva la partecipazione della Russia a questo Trattato.
E’ indubbio che questo fatto rivesta un’importanza fondamentale per la sicurezza in Europa, dal momento che la Russia detiene il massimo potenziale di forza armata convenzionale sul nostro continente, Questo è il motivo per cui ritengo che la questione della rinnovata partecipazione della Federazione russa a questo accordo internazionale sia una priorità essenziale. Le autorità dell’UE e i suoi Stati membri dovrebbero utilizzare tutti gli strumenti a loro disposizione onde conseguire questo obiettivo, non ultimo perché di recente la spesa russa destinata agli armamenti è aumentata del 700 per cento.
Willy Meyer Pleite (GUE/NGL). – (ES) Signor Presidente, Mohamed El Baradei, che non può essere accusato di essere radicale, ha dichiarato all’ultima conferenza sulla politica in materia di sicurezza svoltasi a Monaco che ridurre dell’1 per cento la spesa per gli armamenti contribuirebbe a risolvere il problema della fame nel mondo.
Il contributo apportato dall’Unione europea al fine di conseguire tale obiettivo è chiedere agli Stati membri di aumentare la spesa militare, da cui consegue che in questa civiltà siamo arrivati a una situazione immorale in cui il 2006 si è chiuso con la spesa più alta nel mondo per armamenti, più elevata che nel periodo della guerra fredda: 17 volte maggiore di quanto spendiamo nel campo della cooperazione internazionale.
Credo che stiamo percorrendo la strada sbagliata. La militarizzazione della sicurezza ha creato un mondo più ingiusto, più violento. Vi rammenterete che ci era stato raccontato che l’immoralità dell’invasione dell’Iraq avrebbe risolto il problema del Medio Oriente e ridotto il prezzo del petrolio. I fatti parlano da soli. Onorevoli colleghi, penso che siamo sul percorso sbagliato. Dobbiamo demilitarizzare la sicurezza e tornare ai vecchi valori di un’Europa in cui, in piena guerra fredda, personalità del calibro di Willy Brandt e Olaf Palme proponevano l’obiettivo degli armamenti zero.
Per quanto attiene al nostro legame con la sicurezza nordamericana, dipende da quale amministrazione si tratta. O i nostri principi e valori sono gli stessi di quelli dell’amministrazione Bush? Vi dicono nulla i voli della CIA, la tortura a Guantánamo, la pena di morte, e la sistematica violazione dei diritti umani nel mondo?
No, onorevoli colleghi, ritengo che dobbiamo muoverci verso una sicurezza autonoma e denuclearizzata, nonché verso un sistema che generi sufficiente sicurezza per risolvere i problemi fondamentali che, oltre al terrorismo, sono la fame, la povertà e la discriminazione.
Hélène Goudin (IND/DEM). – (SV) Signor Presidente, l’odierna discussione è stata un assaggio di quello che ci aspetta con l’eventuale adozione del Trattato di Lisbona. La maggiore militarizzazione, una più forte sovranazionalità e un aumento dei costi per l’UE a scapito dell’indipendenza degli Stati membri. Ora l’UE ci deve rappresentare tutti. I desiderata di 27 Stati si fonderanno a diventare quelli di uno. Osservo quindi con stupore come il Parlamento europeo – che sostiene di essere il campione della democrazia opta per il corso federalista senza rispettare il referendum dell’Irlanda o la cooperazione intergovernativa. Il Trattato di Lisbona segna un’altra tappa verso la designazione di un ministro degli Esteri comune, di forze militari comuni e di un servizio di intelligence comune, in breve, verso una politica estera e di difesa comune. Cittadini dell’Irlanda, siete i soli a cui è stata offerta l’opportunità di fermare questo sviluppo pericoloso. Vi esorto a votare “no” il 12 giugno, esattamente come dovremmo fare domani in Parlamento.
Roger Helmer (NI). – (EN) Signor Presidente, ho una domanda da rivolgerle. Com’è possibile che l’Alto rappresentante, Javier Solana, si presenti in quest’Aula e ci racconti una falsità bell’e buona? Ero seduto qui e lo sentivo affermare che tutti vogliono un’Unione europea e una PESC più forti. Io rappresento 4,2 milioni di elettori dell’East Midlands del Regno Unito; non uno di loro ha mai dichiarato di desiderare un’Unione europea più forte o una PESC più forte, anche se molti mi hanno confessato che desidererebbero vedere il nostro paese fuori dall’Unione europea.
Se si pensa che sia questo che gli europei vogliono, perché non li si fa esprimere in merito alla Costituzione europea e al Trattato di Lisbona che sono concepiti a questo scopo? Si è dimenticato che i francesi hanno votato contro e gli olandesi hanno votato contro? Non si sa che l’80 per cento dei miei elettori vuole un referendum e che, qualora venisse accordato, almeno l’80 per cento di loro voterebbe “no”?
Il popolo britannico che rappresento vuole scambi e cooperazione in Europa, ma è assolutamente contrario all’unione politica e a un esercito europeo.
José Ignacio Salafranca Sánchez-Neyra (PPE-DE). – (ES) Signor Presidente, negli ultimi anni la cooperazione tra il Parlamento e il consiglio è migliorata in misura significativa, come riconosciuto nella relazione dell’onorevole Saryusz-Wolski, soprattutto grazie all’introduzione di meccanismi flessibili e alla maggiore frequenza delle visite da parte del Presidente in carica del Consiglio, dell’Alto rappresentante e dei rappresentanti speciali.
Tuttavia, la relazione sottolinea anche, al pari del presidente del mio gruppo, che questa cooperazione tra il Paramento e il Consiglio potrebbe migliorare, soprattutto dal punto di vista della tempistica. Il testo dell’onorevole Saryusz-Wolski, con cui mi congratulo per il lavoro svolto, propone un’iniziativa specifica: la definizione di un accordo interistituzionale a partire dall’inizio del prossimo anno che consenta, sulla base degli orientamenti del nuovo Trattato, di delineare criteri stabili e dinamici per la cooperazione. Signor Alto rappresentante, gradirei sapere come valuta questa proposta della relazione.
In secondo luogo, desidero ringraziare l’altro relatore, l’onorevole Kuhne, per questo documento sulla strategia europea in materia di sicurezza. Ritengo che quello di cui abbiamo bisogno qui sia una strategia a lungo termine che ci permetta di far fronte alla nuova configurazione che assumono le minacce di oggi, che possa essere riesaminata in considerazione delle mutate circostanze, e in ogni caso ogni cinque anni, in concomitanza con i mandati legislativi del Parlamento.
Abbiamo ascoltato alcuni interventi di particolare rilievo. Non penso che sia una questione di maggiore spesa, ma se disponiamo di 3 sistemi satellitari paralleli – l’onorevole von Wogau ne ha già parlato oggi – 5 sistemi di telecomunicazioni, 23 sistemi di autoveicoli corazzati e 87 diversi programmi di armamenti, non potremo proseguire lungo la linea che intendiamo seguire.
Con i 27 Stati membri, l’Unione europea ha circa 2 milioni di soldati, 10 000 carri armati e 3 000 aeroplani da combattimento. Ritengo che sia un esercito sufficientemente dotato che ci permette di intervenire con azioni serie.
Abbiamo tuttavia altri problemi che riguardano l’invio di uomini in zone di conflitto, come nel caso del Ciad, dove l’obiettivo non è scatenare la guerra ma fornire protezione in situazioni di crisi e fungere da mediatori in situazioni di conflitto.
Pertanto, signor Presidente, credo che dobbiamo contribuire e mobilitare tutte le nostre risorse affinché l’Unione europea, con tutta la capacità di cui dispone, non continui ad avere un peso del tutto trascurabile sulla scena internazionale.
18. Benvenuto
Presidente. − Onorevoli colleghi, sono lieto di informarvi che è appena arrivata nella tribuna d’onore una delegazione del parlamento giapponese. Desideriamo porgere loro un caloroso benvenuto. Partecipano alla 29sima riunione interparlamentare PE/Giappone in programma a Bruxelles e a Vienna dal 2 al 6 giugno.
La delegazione giapponese è guidata da Taro Nakayama, un grande amico dell’Europa, ed è composta da sette membri della camera dei rappresentanti e due membri della Camera dei consiglieri.
La riunione interparlamentare è stata incentrata sul cambiamento climatico al fine di promuovere un approccio comune riguardo all’applicazione del protocollo di Kyoto e a cosa avverrà dopo.
Siamo molto soddisfatti di questa proficua cooperazione continuativa e stabile con il Giappone, un paese con cui condividiamo i valori fondamentali della democrazia, del rispetto dei diritti umani e il principio della cooperazione multilaterale. Quindi, un benvenuto ai nostri amici giapponesi!
(Applausi)
19. Relazione annuale 2006 sulla PESC - Strategia europea in materia di sicurezza, PESD (seguito della discussione)
Presidente. − L’ordine del giorno reca il proseguimento della discussione congiunta sulla relazione di Jacek Saryusz-Wolski sulla relazione annuale 2006 sulla PESC (A6-0189/2008), e sulla relazione di Helmut Kuhne, sull’attuazione della strategia europea in materia di sicurezza e la PESD (A6-0186/2008).
Ana Maria Gomes (PSE). – (PT) Desidero congratularmi con l’onorevole Kuhne per l’eccellente relazione e in particolare per la tenacia dimostrata affinché venisse introdotto il concetto di sicurezza umana in combinazione con il principio di responsabilità di proteggere – un concetto difeso qui anche da Javier Solana.
Questi devono essere i pilastri gemelli su cui si basa un approccio europeo alle missioni di gestione delle crisi. Da un lato, la decisione di intervenire in un paese nell’ambito della PESD si deve basare su un’interpretazione della Carta dell’ONU che evidenzia la responsabilità di proteggere: l’obbligo di prevenire genocidi, crimini di guerra, pulizie etniche e crimini contro l’umanità.
Dall’altro lato, se l’Unione si trova coinvolta in una crisi che richieda l’impiego di mezzi militari, è essenziale che l’uso della forza sia guidato dalla dottrina della sicurezza umana. Questo significherebbe che i contingenti europei dovrebbero concentrare i propri sforzi nella creazione di rifugi sicuri per le popolazioni civili non combattenti, anziché cercare di distruggere il nemico nella prospettiva di una vittoria militare.
Questi due principi offrono all’Europa una strategia coerente di gestione delle crisi all’inizio del XXI secolo. L’emendamento n. 1 presentato dal gruppo socialista al Parlamento europeo riflette pertanto le esigenze morali, giuridiche e operative che dobbiamo affrontare in Afghanistan, in Ciad e nel Libano a cui dovremo far fronte in futuro.
Per queste ragioni, giudico deplorevole che il gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei e il gruppo confederale della Sinistra unitaria europea/Sinistra verde nordica abbia respinto tale emendamento. Questa alleanza reazionaria insiste nell’ignorare la supremazia dei diritti umani – un concetto che rafforzerebbe la legittimità e il sostegno popolare delle missioni PESD.
Andrew Duff (ALDE). – (EN) Signor Presidente, ci sono, temo, due problemi che emergono dalla discussione di questo pomeriggio. Il primo riguarda lo sproloquio che sentiamo dall’estrema destra in merito al Trattato di Lisbona. Il secondo è che c’è un certo compiacimento circa tutti coloro che, me incluso, difendono con forza la politica estera, di sicurezza e di difesa comune. Lo scopo di una grande strategia europea in materia di sicurezza non è quello di essere ammirata, ma di essere seguita, e troppo spesso il consiglio e gli Stati membri non sono riusciti in quest’ultimo intento.
Il Regno Unito e la Francia non sono stati in grado di mantenere le promesse dell’accordo di Saint Malo. Certi altri hanno insistito su una misera linea controproducente secondo cui la spesa militare dovrebbe rimanere dove cade. Qual è l’idea di una simile politica quando l’obiettivo consiste nel suddividere l’onere? Il fatto è che solo il 20 per cento delle nostre forze armate può effettivamente combattere. Molte delle missioni PESD sono impoverite. L’assenza di un quartier generale europeo per la PESD frammenta i comandi e impedisce di riunire le risorse.
Il fatto triste è che troppo spesso non riusciamo a imparare da nostri errori e limitarsi a ritoccare la strategia della sicurezza non cambierà la situazione.
Mario Borghezio (UEN). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, ho sentito il programma della PESC, ma fa un po’ sorridere da parte di un’Europa che non riesce nemmeno a controllare i suoi confini esterni, violati tutti i giorni da migliaia di clandestini, di trafficanti, di mafiosi. Una politica di sicurezza senza una dottrina! Se c’è, sig. Solana, ci dica qual è questa dottrina!
Si parla continuamente nelle relazioni dei cambiamenti climatici, ma si ignora il pericolo della possibilità di attacchi militari, di attacchi terroristici di natura biologica o addirittura nucleare, pericolo ben più grave e forse reale tenendo conto delle minacce esplicite del terrorismo islamico.
Un’Europa debole dal punto di vista delle conclusioni politiche. Pensiamo per esempio al Mar Nero, uno scacchiere sul quale non c’è una politica europea. Eppure è lo scacchiere sul quale si decide il nostro futuro energetico, di sicurezza. Dov’è la linea politica dell’Europa su questo scacchiere?
Anche il trattato di Lisbona non offrirà niente di più di quel poco che è stato realizzato: vuoto di prospettive di un’Europa che non ha una visione geopolitica. Il vuoto, sig. Solana, dei dieci anni di gestione della politica estera. Lei in questi dieci anni ha realizzato solo il vuoto!
Athanasios Pafilis (GUE/NGL). – (EL) Signor Presidente, dalle due relazioni emerge con chiarezza l’escalation dei piani aggressivi e imperialisti dell’UE. Indicano una serie di priorità per il 2008, il cui scopo è l’avanzata economica, politica e militare del capitale europeo nel mondo. L’UE mira inoltre a depredare popoli e paesi, indipendentemente o, dove non è possibile, in connivenza con gli USA e la NATO.
Nella prima relazione, uno dei punti salienti riguarda l’ingerenza e l’inizio di conflitti mascherati dietro una cortina fumogena di scuse ufficiali quali la lotta con il terrorismo e la “protezione dei diritti umani e della democrazia”. Il paragrafo 15, signor Solana, contiene la tipica distinzione, inaccettabile e pericolosa peraltro, tra democrazie e non democrazie. Ora, chi ha dato il diritto di descrivere i popoli come democratici o antidemocratici? In questo contesto si utilizza anche l’espressione “sicurezza umana” quale pretesto per prevenire le guerre.
Inoltre, entrambe le relazioni, in particolare la seconda, promuovono una maggiore militarizzazione dell’UE imprimendo nuovo impulso ai gruppi tattici e creando una forza militare permanente dell’UE. Il conseguimento di tale obiettivo è possibile grazie allo sviluppo di Eurocorps, alla cooperazione strutturata permanente, e all’adeguamento delle forze armate degli Stati membri ai piani aggressivi dell’UE. Tale approccio segue le orme della NATO che porta a un aumento del contributo del bilancio comunitario destinato agli armamenti e alla spesa militare. La cooperazione tra l’UE e la NATO viene potenziata sotto le mentite spoglie di missioni militari, che all’apparenza sono forze giuridiche e di polizia non militari. In realtà si tratta di esperti che preparano e gestiscono le campagne militari dell’UE. Qui si decantano le 17 missioni compiute e se ne chiedono altre ancora.
L’UE che state costruendo è un’unione di guerra, aggressione e imperialismo. Per questa ragione, i cittadini devono imboccare il cammino della resistenza, della disobbedienza e dell’insubordinazione.
Sylwester Chruszcz (NI). – (PL) Signor Presidente, oggi dibattiamo in merito a una sfera di competenze che finora è stata riservata agli Stati europei sovrani. Oggi la politica estera e di sicurezza dell’UE diventa una realtà come mai in precedenza, a seguito dell’introduzione della nuova Eurocostituzione di Lisbona.
Quale deputato polacco, non voglio e non posso essere d’accordo sul fatto che sia Bruxelles anziché Varsavia a decidere in merito alla politica estera polacca, mentre i generali tedeschi nelle sedi militari al di fuori di Berlino o Bruxelles si occupano della nostra sicurezza. Né desidero che i soldati polacchi con una bandiera dell’UE sulle proprie uniformi intervengano a nome di interessi stranieri in varie parti d’Europa e del mondo.
Le attuali tendenze e l’ormai struttura aperta dello Stato europeo unico sono inaccettabili. Naturalmente, si possono imbrogliare i propri cittadini non chiedendo loro neppure che cosa pensano della costruzione di una super Unione europea, ma prima o poi questo progetto si sgretolerà.
Tunne Kelam (PPE-DE). – (EN) Signor Presidente, il messaggio di oggi deve essere che la PESC dovrebbe basarsi più che mai su valori europei comuni. Alle sfide in costante aumento nel campo della sicurezza c’è una risposta incontestabile: la solidarietà e il coordinamento rafforzato delle politiche estere e di sicurezza comuni. A questi obiettivi basati su valori si dovrebbe attribuire una priorità che trascende le relazioni bilaterali e Javier Solana ci ha giustamente sottolineato che quello che conta davvero è la volontà politica.
Per quanto riguarda la sicurezza energetica, desidero esortare la Commissione e il Consiglio a tenere seriamente conto della posizione del Parlamento formulata lo scorso settembre su tale tema, un testo che propone anche alcuni miglioramenti istituzionali.
La presente relazione invita inoltre la Commissione a fare il possibile per realizzare con successo il gasdotto Nabucco. Ritengo che non sia una questione dell’uno o dell’altro: dobbiamo costruire il nostro gasdotto in termini pratici e con efficacia.
Infine, è tempo di affrontare con determinazione le nuove cibersfide, come affermato dal relatore, onorevole Kuhne. Vorrei anche utilizzare il termine “ciberterrorismo”. Un anno fa, è stato mobilitato un milione di computer di tutto il mondo al fine di bloccare le istituzioni governative e le banche in Estonia. Penso che anche il Parlamento europeo debba elaborare una posizione concisa su come rispondere alle minacce delle più recenti tecnologie, che finora sembrano aver superato i progressi raggiunti dalla strategia di Lisbona.
Adrian Severin (PSE). – (EN) Signor Presidente, desidero affrontare una questione di principio, ossia le tendenze neoconservatrici di quest’Assemblea nel campo della politica estera e di sicurezza dell’UE. A quanto pare, alcuni di noi credono che la sostanza di qualsiasi politica estera dipenda dalla natura del regime politico che la persegue; pertanto, sembra come se il nostro principale obiettivo fosse diventato esportare il nostro modello politico. Purtroppo, l’Unione europea non dispone dei meccanismi decisionali né degli strumenti per promuovere con efficacia una politica interventista.
Dobbiamo cambiare questo approccio e basare la nostra azione esterna sul realismo. Questo significa: definire il campo di applicazione della nostra politica estera conformemente agli interessi esistenziali comuni dei cittadini europei; trovare un equilibrio tra il campo di applicazione e le risorse, riconoscendo al contempo che in questo mondo sono presenti attori diversi da noi e che non sempre necessariamente condividono i nostri valori: apprendere a operare con loro, e abbandonare il narcisismo nella ricerca di instaurare negoziati e una cooperazione con i nostri oppositori e non solo con i nostri amici.
Sicuramente dovremmo cercare di trasformare quanti più interlocutori esteri possibile in nostri amici, ma prima e durante il tentativo in questo senso ritengo che dobbiamo imparare a collaborare con coloro che non sono come noi. Credo che sarebbe più interessante attraverso i nostri strumenti, attraverso il nostro atteggiamento inteso a promuovere i nostri traguardi anziché guidato dai nostri obiettivi, diffondendo così finalmente il nostro modello nel mondo.
Paweł Bartłomiej Piskorski (ALDE). – (PL) Signor Presidente, ci sono vari aspetti che dobbiamo considerare quando oggi discutiamo di politica estera comune dell’Unione europea. Le relazioni degli onorevoli Kuhne e Saryusz-Wolski sono molto valide, ma mancano alcuni elementi.
Desidero sottolineare che dobbiamo riservare maggiore attenzione a come spieghiamo la politica estera europea, tra cui l’aspetto della difesa, all’opinione pubblica. I nostri cittadini, il nostro pubblico, sanno perfettamente che cosa arriva da noi, dall’Unione europea – politica agricola, politica in materia di infrastrutture – ma non hanno mai un’idea chiara riguardo alla politica estera e di difesa europea e a che cosa è collegata. Non dimentichiamoci che all’inizio l’Unione europea era incentrata intorno a tutt’altri problemi.
E’ altresì importante considerare il Trattato di Lisbona che, confido, entrerà in vigore quanto prima e costituirà la base per le nuove azioni dell’UE, e che tra i suoi obiettivi figura quello di garantire un insieme di strumenti il più efficaci possibile. Molti degli oratori si sono soffermati principalmente sulle questioni militari. I gruppi tattici e tutto ciò che è collegato all’identità europea della difesa sono senza dubbio importanti, ma non è meno rilevante discutere il modello della diplomazia europea e gli orientamenti su cui deve basarsi il funzionamento del servizio diplomatico.
E’ fondamentale che la relazione evidenzi che la politica estera e di difesa dell’UE è strettamente connessa con una varietà di aree di grande rilievo nella vita dell’Unione europea. E’ importante sottolineare che stiamo anche introducendo i concetti di una politica comune in materia di energia e di sicurezza energetica quali elementi del nostro approccio comune europeo.
Infine, è fondamentale che pensiamo alla politica estera e di sicurezza come a un’estensione dello spazio di sicurezza, stabilità e democrazia. In questo contesto, noto con grande soddisfazione il forte accento posto sui Balcani e sulla Georgia.
Andrzej Tomasz Zapałowski (UEN). – (PL) Signor Presidente, la sicurezza di coloro che vivono in Europa è una delle principali missioni dell’Unione europea. Se osserviamo con attenzione la politica comunitaria degli ultimi anni notiamo che, oltre alle azioni politiche, dal punto di vista militare siamo delle mezzecalzette. Alcuni paesi europei, nel perseguire le proprie ambizioni, cercano di competere politicamente e militarmente con la NATO, di cui sono membri. Concentrarsi sulla creazione di gruppi tattici comuni, unità particolarmente estese, anziché sulla formazione professionale di unità selezionate in singoli Stati membri è un errore. E’ altrettanto un errore non utilizzare a dovere le attuali strutture della NATO.
La forza della Comunità dovrebbe risiedere in eserciti nazionali potenti. L’Unione europea deve risolvere conflitti in Europa al momento congelati non solo attraverso dichiarazioni, ma anche tramite azioni politiche concrete. I recenti problemi in Georgia sono stati in parte provocati dal sostegno dimostrato dall’UE nei confronti del Kosovo.
Francisco José Millán Mon (PPE-DE). – (ES) Signor Presidente, la relazione Saryusz-Wolski, che adotteremo domani, è un testo esaustivo che tratta in maniera equilibrata praticamente tutte le regioni del mondo interessate dalla politica estera dell’Unione europea. Poiché ho solo due minuti, mi soffermerò solo su alcuni degli aspetti orizzontali che figurano, giustamente, nella relazione.
Oggi non è possibile spiegare la politica estera solo da una prospettiva geografica; ci sono fattori che hanno natura globale, orizzontale, e rivestono una tale importanza che i principali attori della politica estera dell’Unione devono intervenire. Mi riferisco innanzi tutto alla lotta contro il terrorismo e la criminalità organizzata. Si tratta di problematiche cui la politica estera e di sicurezza dovrebbe riservare particolare attenzione.
Un’altra tematica di grande rilevanza è quella della migrazione e della lotta contro l’immigrazione illegale. E’ assolutamente necessaria la cooperazione dei paesi di origine e di transito, e l’Unione deve intervenire con risolutezza attraverso la sua azione esterna. In breve, se vogliamo costruire uno spazio di sicurezza, libertà e giustizia nell’Unione europea, è fondamentale la dimensione esterna, come afferma la relazione Saryusz-Wolski. E’ un aspetto che non può essere solo competenza dei ministri degli Interni o del Commissario responsabile della giustizia.
Un’altra questione orizzontale di importanza prioritaria è la sicurezza energetica. Considerato l’elevato livello di dipendenza esterna degli Stati membri, nel settore dell’energia dobbiamo tendere a una politica estera comune per l’Unione. Inoltre, a causa del carattere ovviamente globale del cambiamento climatico, ci occorre un’azione esterna da parte dell’Unione al fine di trovare una risposta efficace a tale minaccia.
Onorevoli colleghi, ritengo che sia essenziale compiere passi avanti su tutti questi fronti e che la politica estera dell’Unione sia parte di questa azione. Si tratta di questioni che preoccupano i cittadini e i cittadini sono dell’avviso che l’Unione europea dovrebbe contribuire a sostenerle con efficacia, tenuto conto che la sovranità degli Stati si ripartisce proprio al fine di affrontare le sfide che vanno oltre i singoli Stati e presentano quindi natura globale.
Pertanto, registrando progressi in queste aree, l’Unione europea potrà giustificare più adeguatamente la propria esistenza e potenziare la propria legittimità per quanto riguarda l’opinione pubblica e i cittadini.
Justas Vincas Paleckis (PSE). – (EN) Signor Presidente, mi congratulo con entrambi i relatori e convengo riguardo all’importanza delle valutazioni del Trattato di Lisbona nell’ambito dell’analisi della relazione PESC.
Se avessimo sviluppato la presente discussione tra dieci giorni, dopo il referendum decisivo – e, a mio avviso, l’Irlanda dirà “sì” – gli argomenti sarebbero stati ancora più concreti e ottimistici.
Al giorno d’oggi, quando le minacce sono in aumento e si insinuano da tutte la parti, se l’UE non è in grado di parlare con una voce, è almeno essenziale che si esprima in un modo coordinato e più forte. Sono assolutamente d’accordo riguardo alla valutazione di Javier Solana.
Non sarà compito semplice avviare i negoziati sull’accordo tra l’UE e la Russia. Dopo un ritardo di un anno e mezzo si corre il rischio di perdere altrettanto se non persino più tempo se non ci concentriamo sulle questioni più essenziali. E’ per questo motivo che i 27 paesi devono coordinare i loro interessi, focalizzandosi su quelli comuni e importanti per tutti. L’alternativa a un ritardo o un fallimento delle consultazioni è un potenziamento dei colloqui bilaterali di Mosca con Roma o Vilnius, Berlino o Budapest, Parigi o Sofia. Non è una prospettiva attraente, soprattutto per i nuovi Stati.
La risposta della Commissione e del Consiglio è stata tempestiva – considerata la minaccia del cambiamento climatico – riguardo a tale questione che ha definito centrale. Il Parlamento europeo deve seguire e controllare costantemente il modo in cui piani e misure vengono attuati al fine di contrastare la minaccia.
Anneli Jäätteenmäki (ALDE). – (FI) Signor Presidente, la presente relazione sottolinea l’importanza dei diritti umani e civili, il che è un elemento positivo. Anche le tendenze nel campo della sicurezza energetica sono viste quali fattori di importanza cruciale. Il testo disapprova inoltre che certi paesi terzi, soprattutto la Russia, utilizzino l’energia come uno strumento politico e che gli Stati membri firmino accordi bilaterali senza il coordinamento dell’UE.
L’UE deve guardarsi allo specchio. La Russia collabora direttamente con gli Stati membri dell’UE perché l’Unione europea non dispone di alcuna politica coerente e coordinata in materia di energia. C’è persino da chiedersi se gli Stati membri ne vogliano una. Si deve riconoscere il ruolo della Russia quale importante, forse il più importante partner dell’UE riguardo all’energia. Nella cooperazione in questo settore tra Russia e UE dobbiamo tendere a una situazione in cui nessuna delle due parti esce sconfitta. Ritengo anche che sia possibile pervenire a questa situazione vantaggiosa per tutti basata sulla volontà politica e permeata da molto meno pregiudizio.
Una politica in materia di energia attuata di concerto dalla Russia e dall’UE dovrebbe basarsi sulla cooperazione e non sul confronto. Al momento, alcuni ambienti, tra cui taluni nell’UE; cercano di impedire che la cooperazione sia caratterizzata dallo scontro. Ormai da tempo la Russia desidera essere un partner alla pari dell’UE. Speriamo sia così; di certo sappiamo che con la Russia non facile negoziare.
La politica estera e di sicurezza comune dell’UE deve esercitare maggior influenza nel quadro della politica internazionale. Sono estremamente a favore del fatto che il Parlamento faccia pressione sul consiglio affinché quest’ultimo perori la causa di un seggio permanente dell’UE in seno al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Fino a quando l’UE non avrà questa collocazione, sarà difficile parlare con una voce.
Miroslav Mikolášik (PPE-DE). – (SK) Il documento in questione è essenzialmente basato sulla strategia europea in materia di sicurezza adottata dal Consiglio nel dicembre 2003, e sulla risoluzione del maggio 2007 relativa alla politica estera e di sicurezza comune. Apprezzo il lavoro svolto dal relatore, onorevole Saryusz-Wolski, presidente della commissione per gli affari esteri, che ci ha presentato un testo esaustivo e di elevata qualità su cui votare.
Desidero sottolineare vari aspetti della politica estera europea che non possono trovare attuazione senza la cooperazione strategica con il nostro alleato più forte, gli Stati Uniti. E’ un concetto espresso adeguatamente dal’accordo di partenariato transatlantico UE-USA, che contempla anche l’aspetto delle relazioni economiche. Il tema è strettamente correlato anche alla cooperazione militare, non solo con gli USA ma anche nell’ambito della NATO. Ovviamente occorre chiarire e dire una volta per tutte se la tutela della sicurezza offerta dal sistema radar in Polonia e nella Repubblica ceca servirà a proteggere efficacemente gli interessi comuni europei, o se è solo un’iniziativa unilaterale mirata a proteggere contro le minacce dall’Asia. Penso in particolare all’atteggiamento dell’Iran nella regione mediorientale.
Tutti sappiamo che l’Iran fornisce sostegno militare e finanziario alla Siria e in particolare a gruppi terroristici che operano nella regione, gruppi che rappresentano una costante minaccia per la stabilità e la pace attraverso le azioni di Hezbollah nel sud del Libano e in Siria. L’Iran non fa mistero del suo desiderio di raggiungere una posizione egemonica e il suo programma nucleare militare è finalizzato al conseguimento di tale obiettivo. Tuttavia, mi chiedo se nel documento di politica estera in discussione oggi sia possibile fare riferimento al Trattato di Lisbona, argomento che viene affrontato in carie occasioni, dal momento che il Trattato non è ancora in vigore in quanto il processo di ratifica non è ancora stato completato da tutti gli Stati membri. Ho ancora una domanda: a titolo di quale disposizione giuridica l’Unione europea ha inviato la missione EULEX in Kosovo? Non si tratta, infatti, di un atto ante legem? Sono certo che non esista alcuna risoluzione ONU che giustifichi tale mossa.
PRESIDENZA DELL’ON. EDWARD McMILLAN-SCOTT Vicepresidente
Ioan Mircea Paşcu (PSE). – (EN) Signor Presidente, il mondo in cui l’UE è chiamata a intensificare la propria integrazione verso una politica estera effettivamente comune è ogni giorno più complesso. La prospettiva della recessione economica, alimentata dall’attuale crisi finanziaria e dall’aumento dei costi dell’energia, la situazione insoddisfacente delle relazioni transatlantiche e la crescente affermazione della Russia, che l’Europa si trova ad affrontare sempre più con sfide geopolitiche di vecchio stampo per le quali non è più strutturata, sono solo un riflesso dell’attuale ambiente internazionale.
In questo contesto, considerata la crescente dipendenza dell’UE dalle forniture della Russia, l’energia tende a fungere da cartina tornasole per verificare la riuscita o meno dell’obiettivo di una politica estera comune dell’UE, perché cambia totalmente la situazione a seconda che l’Europa decida di creare un mercato unico dell’energia e di conseguenza si rivolga ai fornitori, principalmente alla Russia, con una voce oppure continui a mantenere le attuali divisioni nazionali e dia priorità a contratti bilaterali di fornitura preferenziale destinati a soddisfare i suoi crescenti fabbisogni energetici. La politica mondiale di oggi è soprattutto e innanzi tutto incentrata su gas e petrolio.
Colm Burke (PPE-DE). – (EN) Signor Presidente, sono a favore dello sviluppo della PESC, compresa la PESD, e dei cambiamenti introdotti dal Trattato di Lisbona a queste aree politiche. Questa è anche la posizione del governo irlandese. I cambiamenti apportati consentiranno all’UE di sviluppare la proprie capacità nel campo della prevenzione dei conflitti e della gestione delle crisi, garantendo al contempo la coerenza di ogni nuovo accordo con la tradizionale politica di neutralità militare perseguita dall’Irlanda.
Ai colleghi viaggiatori del Sinn Fein che conducono una campagna di disinformazione riguardo al Trattato di Lisbona, faccio presente che in Irlanda è previsto un sistema a triplo blocco riguardo allo spiegamento di contingenti: primo, deve esserci una decisione dell’ONU; secondo, deve esservi una decisione del governo; e terzo, deve esserci l’approvazione del Dáil Éireann, il parlamento nazionale. Questo iter non subirà modifiche dopo Lisbona.
L’attuale missione UE in Ciad, autorizzata dall’ONU, in cui l’Irlanda svolge un ruolo di primo piano, è un esempio eccellente delle attività dell’UE in questo settore. Ho visitato di recente il Ciad e la missione UE di mantenimento della pace di istanza nella parte orientale del paese e sono convinto che la missione in questione creerà condizioni di sicurezza che consentiranno di apportare aiuti umanitari alle centinaia di migliaia di profughi e sfollati, nonché protezione al personale umanitario sul terreno. La missione PESD in Ciad è la prima operazione di mantenimento della pace lanciata dall’UE in quasi totale armonia con tutte le parti interessate.
Tra le altre missioni cui ha partecipato l’Irlanda figurano la formazione delle forze di polizia nei territori palestinesi, il monitoraggio del processo di pace tra i ribelli e il governo in Indonesia e il sostegno alle autorità di polizia in Bosnia.
Dal 2003 sono state oltre 20 le missioni di questo genere. L’UE riceve sempre più richieste di assistenza e sostegno in queste aree. Il punto chiave di queste iniziative nella loro interezza è che hanno come scopo il rafforzamento dell’efficacia delle attività dell’UE di mantenimento della pace e di gestione delle crisi.
Da una prospettiva nazionale, abbiamo il diritto di veto in merito a qualsiasi sviluppo su cui non siamo d’accordo, e manteniamo il diritto sovrano di decidere di partecipare a una missione di gestione della crisi in conformità dei nostri requisiti legislativi. Questa è una delle tante ragioni per cui il 12 giugno il popolo irlandese dovrebbe votare “sì”.
Presidente. − Prima di proseguire, desidero porgere il benvenuto a tutti i nostri ospiti presenti nella tribuna d’onore, ma in particolar modo a un gruppo del mio collegio elettorale nello Yorkshire e Humber.
Anna Záborská (PPE-DE). – (FR) Signor Presidente, signor Alto commissario, mi rivolgo direttamente a lei per porle una domanda riguardo alla persecuzione di cui sono vittima i cristiani in Algeria. Quali azioni ha intrapreso l’Unione europea in merito alla persecuzione dei cristiani in uno Stato con cui vantiamo stretti legami? La libertà di religione è sancita nell’articolo 18 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, che impone anche l’obbligo a ogni Stato di garantire il rispetto di tali diritti. L’Algeria è un membro delle Nazioni Unite, ma ignora questo diritto fondamentale. I cristiani sono cittadini a pieno titolo, hanno lo stesso diritto di praticare la propria religione al pari di qualsiasi altra comunità religiosa. Per questo motivo la imploro, signor Alto commissario, di ricorrere a tutti i canali diplomatici diretti e indiretti per porre termine alla persecuzione dei cristiani. Qui è in gioco anche la credibilità dell’Unione europea.
Hubert Pirker (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, signor Commissario, signor Javier Solana, credo che dalla discussione sia emerso con molta chiarezza che l’Unione europea può effettivamente essere un’unione politica solo a certe condizioni. In primo luogo, solo se il Trattato di Lisbona è ratificato e, in secondo luogo, solo se esiste un’autentica politica europea di sicurezza e di difesa degna di questo nome, ossia se si sviluppa in qualcosa di migliore. Solo in questo caso l’Unione europea avrà la possibilità di trasformarsi da pagatore globale ad attore globale.
E’ indubbio che i nostri sforzi iniziali in Ciad non si annoverano tra le nostre pagine più gloriose, ma è un esempio da cui, in quanto Unione europea, abbiamo potuto apprendere perché, molto semplicemente, i difetti sono emersi in tutta la loro evidenza. Ancora una volta hanno dimostrato che la politica europea di sicurezza e di difesa richiede sistemi compatibili e nuovi meccanismi rapidi che consentano la disponibilità dei soldati. Il tempo delle discussioni è finito; ora è tempo di agire!
Csaba Sándor Tabajdi (PSE). – (HU) Signor Presidente, desidero congratularmi con l’onorevole Kuhne per la sua eccellente relazione. Ha assolutamente ragione quando afferma che il 2008 sarà un anno di definizione della politica estera e di sicurezza comune, non solo per il Trattato di Lisbona, ma anche perché il Kosovo sarà il maggiore banco di prova per verificare se l’UE sarà preparata a politicizzare in modo adeguato il paese. Purtroppo, manca ancora un accordo tra l’ONU e l’UE, e non siamo neppure preparati su un livello intellettuale, dal momento che non abbiamo tratto alcuna lezione dalla nostra presenza in Bosnia-Erzegovina.
Per quanto riguarda la seconda relazione, ritengo che la tendenza antirussa del testo dell’onorevole Saryusz-Wolski non sia gradevole. La Russia può e deve essere criticata, ma al contempo è un partner strategico imprescindibile e il rafforzamento della cooperazione è un interesse reciproco. Non è perché gli Stati membri dell’UE concludono accordi bilaterali che si può quindi affermare che non esista alcuna politica comune in materia di energia, ma perché, considerato che non c’è una politica comune in materia di energia, non c’è nulla cui debbano rifarsi gli interessi degli Stati membri o con cui debbano essere allineati, pertanto le critiche della relazione dell’onorevole Saryusz-Wolski sono inaccettabili.
Monika Beňová (PSE). – (SK) Al pari di altri che mi hanno preceduta, anch’io desidero esprimere i miei ringraziamenti per il lavoro svolto dagli onorevoli Saryusz-Wolski e Kuhne, ossia per l’equilibrio raggiunto nella relazione tra gli aspetti sociali, giuridici ed economici. Ritengo che in futuro sarà molto importante per noi attribuire maggior peso e prepararci più adeguatamente per gestire i contatti con i nostri due principali partner: gli Stati Uniti e la Russia. La Russia ha un nuovo presidente. Tra non molto gli Stati uniti avranno una nuova amministrazione. Di conseguenza, sarà assolutamente opportuno concentrarsi proprio su questi due paesi nell’ambito della nostra politica estera comune.
Per quanto attiene alla dimensione economica, occorre attribuire priorità all’esigenza di garantire la sicurezza energetica nell’Unione europea in particolare. Confido in uno sviluppo dei negoziati in materia con la Federazione russa. Poiché discutiamo qui dei nostri due partner, vorrei far presente che sarebbe utile che noi agissimo nei nostri rapporti con entrambi come un partner di pari livello e competenza, a prescindere che si tratti degli Stati Uniti o della Federazione russa, e che le politiche fossero equilibrate. Infine, signor Presidente, vorrei aggiungere che accolgo con favore i riferimenti al Trattato di Lisbona, perché menzionandolo nella relazione dimostriamo che il Parlamento ne prevede la ratifica e lo sostiene appieno.
Miloslav Ransdorf (GUE/NGL). - (CS) La ringrazio, signor Presidente. Non si vedeva tra noi il signor Solana da un bel po’ di tempo ed ero preoccupato per la sua salute. Ora posso constatare che sta bene ed è in forma, che a seguito degli eventi del Kosovo non si è impiccato come fece a suo tempo Giuda Iscariota. Questo significa che posso chiedergli se sapeva che Hasim Thaci e i suoi amici trafficavano in organi umani dei detenuti serbi. Ne era a conoscenza o no?
Mieczysław Edmund Janowski (UEN). – (PL) Signor Presidente, a entrambi i relatori va il mio totale riconoscimento. Sono stati presentati due documenti validi. Vorrei tuttavia richiamare l’attenzione si vari aspetti legati alla politica estera e di difesa; penso al nostro potenziale europeo nelle seguenti aree.
Demografia: questo potenziale è in flessione. Il potenziale economico non è male, ma le crisi finanziarie sono una minaccia incombente. Per quanto riguarda il potenziale militare – disunito, frammentario – possiamo vedere com’è. Potenziale energetico, nell’accesso ad acqua e prodotti alimentari. Abbiamo parlato di altre minacce, cui mi permetto di aggiungere quelle epidemiologiche e legate alla sicurezza delle informazioni, per esempio. A mio avviso, oggi la politica estera dovrebbe contemplare l’unione con i paesi vicini a noi in termini di civiltà, la cooperazione con tutti coloro che desiderano collaborare e una posizione risoluta riguardo a tutto il resto.
Csaba Sógor (PPE-DE). – (HU) Esattamente 88 anni fa le superpotenze europee presero alcune decisioni nel settore della politica di sicurezza, nel trattato di Trianon che poneva fine alla Prima guerra mondiale, che ignoravano i diritti delle minoranze nazionali o li garantivano solo sulla carta. Neanche il trattato di Parigi a seguito della Seconda guerra mondiale risolse il problema. La questione della politica di sicurezza era ridotta a una garanzia dell’inviolabilità delle frontiere. Molti dei confini creati sono stati eliminati e Cecoslovacchia e Jugoslavia non esistono.
Il problema delle minoranze non è scomparso. Noi ungheresi siamo finiti in otto paesi, di cui finora solo la Slovenia è stata in grado di risolvere la questione dei diritti della comunità ungherese in modo rassicurante. Secondo la relazione, si devono compiere progressi in linea con le norme europee negli interessi di un’autentica tutela dei diritti delle minoranze.
Ma quale genere di norme europee? Sarebbe opportuno esercitare pressione al fine di ottenere quanto ci aspettiamo dai Balcani occidentali nell’ambito della stessa UE. Il proverbio latino dice “Se desideri la pace, prepara la guerra”. Oggi vogliamo un’Europa sicura. I diritti delle minoranze devono essere fissati all’interno e all’esterno dell’UE, impiegando gli strumenti dell’autonomia regionale e culturale che si sono dimostrati validi nella metà occidentale dell’Europa. Grazie.
Günter Verheugen, Vicepresidente della Commissione. − (DE) Signor Presidente, al pari di Javier Solana prima di me, anch’io credo che dalla presente discussione emerga un ampio consenso nei confronti dell’orientamento di base della politica estera e di sicurezza europea, e ne sono molto lieto.
Desidero soffermarmi brevemente su tre punti. Innanzi tutto voglio tornare alla questione della definizione di sicurezza: non credo proprio che abbiamo posizioni molto divergenti. Nessuno dei principali problemi globali che dobbiamo affrontare adesso e nel prossimo futuro è scollegato dalla dimensione della politica di sicurezza. Persino la crisi dei mercati finanziari ha una dimensione di politica di sicurezza, come le situazioni concernenti i prodotti alimentari e le materie prime, giusto per non dimenticare i classici temi.
Nondimeno, non sussiste alcun rischio che la nostra politica estera subisca un processo di militarizzazione o che questo riguardi l’Unione europea, perché la risposta militare a questi rischi è una soluzione solo nel più raro dei casi. Qualora vi si dovesse ricorrere, sarà per creare un ambiente sicuro che permetta lo svolgimento della reale missione, che sarà di natura politica e riguarderà la società civile. Dobbiamo tuttavia essere in una posizione che ci consenta di espletare entrambi i compiti, dobbiamo essere preparati in entrambi i casi, ed è esattamente la direzione verso la quale è orientata la politica europea. Inoltre, siamo particolarmente predestinati a dover far fronte alle crisi nel mondo, perché disponiamo di un’ampia gamma di strumenti al fine di attuare le nostre strategie.
L’Unione europea può basarsi non solo sulla PESC e sulla PESD, ma anche sui vari dispositivi comunitari, quali gli strumenti per la stabilità e la cooperazione allo sviluppo in generale, nonché gli aiuti umanitari e il meccanismo di protezione civile.
Dobbiamo fare in modo di scegliere sempre gli strumenti giusti e che ci sia un’interazione logica tra le varie parti coinvolte. E’ indubbio che uno dei principali vantaggi del Trattato di Lisbona, una volta entrato in vigore, è facilitare non poco questa interazione coerente ed effettiva.
Infine, permettetemi di ribadire che l’aspetto davvero importante qui è la nostra volontà politica comune di sfruttare le opportunità. Le opportunità sono lì; tutto quello che dobbiamo fare è aver voglia di coglierle. Dobbiamo usarle al fine di mirare tutti allo stesso obiettivo. La realtà è che, nelle attuali circostanze, non ci rimane scelta. Semplicemente, non possiamo permetterci di agire in modo incongruente o di fare un utilizzo inadeguato delle risorse; anzi, dobbiamo raccogliere e concentrare le risorse e gli strumenti di cui disponiamo se vogliamo raggiungere una politica estera dell’UE comune, credibile e coerente. Solo allora saremo all’altezza delle sfide che si profilano e in grado di soddisfare le legittime aspettative dei nostri cittadini e dei partner.
Molte grazie.
Javier Solana, Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune. − (EN) Signor Presidente, desidero rispondere alle due o tre domande rivolte direttamente a me, a cominciare da quella dell’onorevole Salafranca Sánchez-Neyra.
(ES) Onorevole Salafranca Sánchez-Neyra, le risponderò in modo affermativo alle due domande che mi ha posto, ma mi consenta di aggiungere che prima di tutto dovremo vedere se il Trattato viene adottato. Le questioni basate sulla ratifica del Trattato dovranno attendere e gli accordi probabilmente dovranno essere posticipati.
(FR) Onorevole Záborská, ci stiamo occupando della questione. Poiché l’onorevole Záborská non è presente, conserverò la risposta per dopo.
(EN) Nell’Agenzia siamo impegnati a fondo sul problema dell’interoperabilità: è stata posta una domanda riguardo a qualcosa e la risposta è “sì”. Per quanto riguarda le altre domande, ho risposto nel mio precedente intervento.
Ho preso buona nota di tutti gli interventi e mi auguro che, col passare del tempo e considerato che ci avviciniamo al momento della verità, dopo la ratifica del Trattato saremo in grado di mettere in pratica alcune delle idee suggerite qui. Prima che prendano la parola, vorrei di nuovo congratularmi con i due relatori, come ho affermato pubblicamente poc’anzi.
Infine, vorrei far presente che sono totalmente d’accordo riguardo a quanto affermato dal Commissario Verheugen nel suo ultimo intervento, e quindi non aggiungerò nient’altro.
Jacek Saryusz-Wolski, relatore. – (FR) Signor Presidente, è difficile riassumere la presente discussione in poche parole, ma sono soddisfatto del suo contenuto. La principale conclusione cui si perviene è che tra il Parlamento, il Consiglio, la Commissione e gli Stati membri è necessaria la collaborazione. La seconda, è che il contenuto gode di un ampio consenso. La terza è che riconosciamo che molti obiettivi estremamente preziosi sono già stati raggiunti. Infine, sottolineiamo la necessità di raddoppiare i nostri sforzi.
Signor Commissario, il Vicepresidente Verheugen ci ha giustamente ricordato l’immenso contributo apportato dalle politiche comunitarie, quali gestite dalla Commissione europea. Ne condivido la posizione, in quanto la politica estera integrata sarebbe incompleta senza i risultati ottenuti grazie alle politiche comunitarie.
Per la prima volta penso che si tratti di un dibattito in preparazione della nomina del futuro ministro degli Esteri dell’UE dalla duplice funzione.
(EN) Questo mi porta al seguente interrogativo: che cosa faremo in assenza di questa tensione creativa?
(FR) … in futuro, quando non ci sarà che un’istituzione. Sono d’accordo che ci occorre una politica estera più forte per le istituzioni in termini di contenuto. La sicurezza energetica è l’argomento sollevato più di frequente. Il paese o il luogo geografico maggiormente citato sembra essere l’Afghanistan, come se si trattasse di una prova per l’Unione europea e per l’intera comunità internazionale. Sono emersi vari punti di divergenza. Senza queste differenze ad alimentare le discussioni, il confronto potrebbe risultare un po’ noioso. Mi auguro pertanto che i futuri dibattiti siano vivaci e ricchi come questo. Abbiamo tuttavia raggiunto un accordo sui principi chiave che sembrano molto promettenti, e spero che il Consiglio, l’Alto rappresentante e la Commissione, con il modestissimo contributo del Parlamento ovviamente, riescano a forgiare in futuro una politica estera per l’Unione ancora più forte, più grande e più ambiziosa.
Helmut Kuhne, relatore. − (DE) Signor Presidente, questo intervento conclusivo mi offre l’opportunità di fare qualcosa per cui non ho avuto tempo prima, ossia ringraziare il Commissario Verheugen e Javier Solana per l’eccellente cooperazione con i loro collaboratori, che hanno dimostrato disponibilità per i confronti e da cui ho imparato davvero molto. Questa collaborazione si è tradotta in un effetto estremamente positivo sulla relazione.
Desidero anche ringraziare tutti i membri della commissione, in particolare il presidente e il relatore per l’altro testo, l’onorevole Saryusz-Wolski. Di tanto in tanto, quando avevamo temi che si sovrapponevano, ci siamo passati dei biglietti, come si fa a scuola, onde trovare la stessa formula. Anche questa impostazione ha funzionato egregiamente.
Vorrei aggiungere tre considerazioni:
(EN) La prima in inglese, visto che alcuni oratori hanno affrontato la questione del referendum irlandese.
La leggenda della militarizzazione: la mia relazione contiene un elenco completo delle proposte relative al controllo degli armamenti e al disarmo, una pagina intera. Seconda considerazione: il Trattato di Lisbona mantiene il diritto di ogni Stato membro a non partecipare alle missioni UE, in particolare quelle militari. E’ un diritto che il Trattato di Lisbona non viola in alcun modo. E’ stato molto interessante sentire autoproclamati difensori della NATO esprimere il proprio timore riguardo all’indipendenza della neutrale Irlanda quale parte della PESD. L’ho trovato molto interessante.
(DE) Un ultimo punto, menzionato dall’onorevole Pflüger, che riguarda la questione del controllo parlamentare: non so se fosse un deliberato malinteso, ma il testo che compare nella relazione dell’onorevole Saryusz-Wolski e nella mia non preclude ai gruppi l’accesso alle informazioni confidenziali. La formulazione è aperta. Qui in parlamento, dobbiamo innanzi tutto fare i compiti onde sviluppare una qualche sorta di posizione negoziale rispetto al Consiglio. A quanti deputati vogliamo permettere di prendere visione delle informazioni confidenziali? E’ assolutamente possibile che diciamo che a tutti i gruppi è concesso un certo livello, e ad alcuni un altro livello e così via. Dovremo sviluppare noi stessi tale meccanismo e nessuna delle nostre proposte preclude ai gruppi la possibilità di partecipare.
Non so se fosse un deliberato malinteso o se il testo era così inintelligibile – cosa che non penso – ma dovremmo innanzi tutto sederci qui in Parlamento ed elaborare la nostra posizione negoziale rispetto al Consiglio.
Presidente. − La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà giovedì 5 giugno 2008.
Dichiarazioni scritte (articolo 142)
Roberta Alma Anastase (PPE-DE), per iscritto. – (RO) Desidero sottolineare l’importanza della presente relazione e ringraziare il relatore per aver incluso tutti i miei suggerimenti nel testo finale. Nel contesto della ratifica del Trattato di Lisbona e delle future competenze del Parlamento europeo, è necessario ricapitolare le operazioni della politica estera e di sicurezza comune e delinearne gli obiettivi prioritari per il 2008 e il 2009.
Uno dei principali obiettivi per il 2008 deve essere il rafforzamento della politica europea di vicinato. Per quanto attiene all’aspetto delle questioni relative alla cooperazione nella regione del Mar Nero, vorrei evidenziarne l’importanza dello sviluppo nel prossimo futuro. Se il 2007 è stato l’anno della formulazione della politica dell’UE in merito a questa regione, il 2008 deve concentrarsi sull’applicazione pratica della sinergia relativa al Mar Nero. E’ anche estremamente importante compiere ogni sforzo possibile al fine di attuare quanto prima e con successo Nabucco, il progetto nel campo dell’energia, nonché risolvere i conflitti nella regione.
Infine, anche i paesi dei Balcani occidentali e la loro vicinanza all’UE devono figurare tra le priorità della politica estera dell’UE. Tra le diverse questioni che devono essere monitorate molto attentamente nella regione, vorrei ricordare la necessità di proteggere con efficacia i diritti delle minoranze, tra cui i diritti delle persone di lingua rumena.
Adam Bielan (UEN), per iscritto. – (PL) Innanzi tutto desidero congratularmi con l’onorevole Saryusz-Wolski per aver preparato una relazione eccellente. Vorrei sottolineare alcuni concetti che emergono dalla lettura di questo testo. Il più allarmante riguarda la crescente dipendenza dell’UE dalle forniture di energia da parte di paesi instabili e antidemocratici. Riscontriamo un’assoluta mancanza di coordinamento nella firma di accordi bilaterali in materia di energia da parte di Stati membri che minacciano gli interessi e mettono pesantemente in forse i progetti strategici europei. Azioni di questo tipo intraprese da certi Stati membri attenuano in misura significativa il potere contrattuale dell’Unione europea nonché i suoi sforzi intesi a realizzare una politica estera comune.
Desidero sottolineare ancora una volta quale importanza strategica il gasdotto Nabucco riveste per la sicurezza energetica dell’UE e chiedere alla Commissione europea e al Consiglio di fare tutto il possibile onde intensificare i lavori su questo progetto.
Per quanto attiene alla conferenza di due giorni dedicata alla politica europea di vicinato alla cui organizzazione sto collaborando in concomitanza della sessione parlamentare in corso, vorrei evidenziare il valore delle azioni intese a rafforzare tale politica. Il proseguimento di conflitti irrisolti in paesi coperti dalla PEV pone una sfida seria alla sicurezza dell’UE.
Per riassumere, ritengo che potenziare la politica relativa al vicinato orientale e porre termine alla provocazione dei conflitti al di là delle nostre frontiere esterne dovrebbero essere le priorità della politica estera dell’UE.
Alexandra Dobolyi (PSE), per iscritto. – (EN) la relazione riflette nel modo corretto i nostri punti di vista riguardo alla futura evoluzione della PESC, un elemento di importanza cruciale nell’ambito della politica estera dell’UE. Accolgo con favore i miglioramenti apportati dal Trattato di Lisbona nel campo delle azioni esterne. La sua attuazione renderebbe la PESC più efficace e coerente. Le nuove funzioni create dal Trattato potrebbero dare maggiore visibilità all’UE, ma credo che sia fondamentale definire i vari ruoli al fine di garantire un autentico contributo dei diversi incarichi alla coerenza e all’efficienza della PESC.
Se vogliamo che l’UE sia una forza attiva per la pace e la stabilità internazionali, dobbiamo disporre di tutti gli strumenti e i mezzi necessari, ma per conseguire questo obiettivo occorre maggiore volontà politica da parte degli Stati membri.
La presenza dell’UE sul globo si sta espandendo e possiamo vedere che le missioni UE sono presenti in tutto il mondo. Contribuendo a costruire la sicurezza e la stabilità a livello globale, l’UE aiuta anche a rendere più sicura la vita dei propri cittadini. Questo è il modo migliore per difendere la sua sicurezza e promuovere i suoi valori.
La mia opinione è che questi siano passi nella giusta direzione.
Genowefa Grabowska (PSE), per iscritto. – (PL) Appoggio la relazione presentata, che, secondo me, è un documento equilibrato e non provocatore.
Al momento è particolarmente opportuno procedere a una valutazione della politica estera dell’UE, soprattutto nel quadro dei cambiamenti proposti in questo ambito dal Trattato di Lisbona. Sono convinta che questo Trattato, rafforzando il ruolo dell’Alto rappresentante, permetterà di mettere a punto una lungimirante strategia a lungo termine da applicare nell’ambito della politica estera dell’UE. Il fatto che l’Unione europea nel complesso sia basata su valori comuni significa che la sua politica estera e di sicurezza comune deve contemplare questi stessi valori; è l’unico approccio che darà all’UE la credibilità necessaria sulla scena internazionale. La PESC richiede, da un lato, l’unità politica tra gli Stati membri e, dall’altro, il rispetto dei principi di solidarietà, soprattutto nella costruzione di nuove strategie politiche dell’UE.
Condivido pertanto il rammarico e la preoccupazione espressi nella relazione riguardo alla mancanza di sviluppi nella formulazione di una politica europea comune in materia di energia. Non riesco neppure ad accettare il fatto che alcuni Stati membri stipulino singoli contratti bilaterali per le forniture di energia dalla Russia. Questo atteggiamento indebolisce in misura significativa la posizione negoziale dell’Unione europea quale insieme nonché i suoi sforzi tesi a costruire una politica comune nel settore dell’energia. E’ una situazione ancor più triste se si pensa che non molti anni fa questi stessi Stati criticavano gli accordi individuali sui visti conclusi con gli Stati Uniti, accusando gli Stati europei centrali che avevano stipulato tali accordi di indebolire la politica comune europea in materia di visti.
Janusz Lewandowski (PPE-DE), per iscritto. – (PL) Signor Presidente, l’Unione europea sta diventando un operatore globale sulla scena mondiale, e l’elemento che meglio comprova tale realtà è la geografia del coinvolgimento della Comunità. E’ sufficiente pensare alle decisioni operative adottate dal Consiglio nel 2007 e agli inizi del 2008 menzionate nella relazione dell’onorevole Kuhne: la missione di polizia in Afghanistan, l’operazione militare in Ciad, la riconfigurazione delle truppe in Bosnia e la preparazione di missioni nel Kosovo e nella Guinea-Bissau.
Purtroppo, la geografia mondiale del coinvolgimento non procede di pari passo con l’eliminazione delle lacune emerse con chiarezza da qualche tempo, sotto forma di una mancanza di un corpo civile di pace nell’UE, carenza di trasporti e impegno disuguale da parte di singoli paesi.
Alla luce delle informazioni pervenute di recente, occorre introdurre una nuova dimensione nel dibattito sulla sicurezza europea. Mi riferisco alla sicurezza delle Istituzioni europee a Bruxelles, Lussemburgo e Strasburgo. Lo scoperta di gruppi terroristici che hanno scelto istituzioni dell’UE quale obiettivo per i loro attacchi significa che la questione della sicurezza non è più solo teorica; ci obbliga a rivalutare i nostri attuali principi. Siamo consapevoli che il Parlamento europeo è per sua stessa natura facilmente accessibile ed è difficile trovare la giusta via di mezzo tra l’apertura di questa istituzione e l’esigenza di potenziare la sicurezza. E’ tuttavia una necessità che abbiamo e che dovrebbe trovare un’adeguata corrispondenza nel bilancio per il 2009. Questo aspetto non è importante come altri problemi affrontati dalla relazione, ma merita attenzione.
Marianne Mikko (PSE), per iscritto. – (ET) Onorevoli colleghi, una politica estera e di sicurezza efficace non può essere attuata dai singoli Stati membri. Un approccio bilaterale riguardo alle questioni di politica estera e in materia di energia ha un’influenza devastante sulla nostra credibilità. E’ inaccettabile che il peso dell’Unione europea nelle relazioni internazionali finora sia stato spesso inferiore rispetto a quello di certi Stati membri. L’Unione europea deve parlare ai grandi paesi del mondo, in particolare la Federazione russa, con una voce che provenga dall’interesse comune di tutti i 27 Stati membri. Solo allora saremo visti come un partner alla pari sia in America che in Asia.
Accolgo con favore il fatto che la relazione dell’onorevole Saryusz-Wolski individui quale obiettivo primario per il 2008 il rafforzamento della politica europea di vicinato. La conferenza sulla politica europea di vicinato con l’est, in programma oggi e domani qui presso il Parlamento europeo, dimostra che prendiamo con serietà il nostro obiettivo. Ai fini della sicurezza dell’Unione europea è urgentemente necessario intervenire nei campi della democratizzazione dei nostri vicini e della risoluzione del conflitto. Dobbiamo aiutare la Moldavia a risolvere il conflitto della Transnistria.
Quale presidente della delegazione della Moldavia, devo anche sottolineare che per la Moldavia e l’Ucraina l’adesione all’Unione europea è una prospettiva di grande importanza, una possibilità che è la forza trainante alla base delle riforme economiche e del processo di democratizzazione. Occorrerà ovviamente tempo per soddisfare i tre criteri di Copenaghen, sebbene la Moldavia e l’Ucraina si siano dimostrate preparate per lo sviluppo europeo. Il quarto criterio di Copenaghen, ossia la capacità di assorbimento dell’UE, non dovrebbe in alcun modo ostacolare l’adesione dei due paesi europei all’Unione. E’ fuori discussione che l’allargamento deve proseguire.
Sirpa Pietikäinen (PPE-DE), per iscritto. – (FI) Molte grazie al relatore per aver elaborato un testo eccellente e completo. Sono d’accordo con lui che negli anni a venire sia importante per la politica estera e di sicurezza comune dell’Unione concentrarsi più attentamente sullo sviluppo di strutture e procedure che consentano all’Unione di reagire alle crisi internazionali più rapidamente e con maggiore efficacia. La gestione delle crisi civili, il mantenimento della pace e la protezione dei diritti umani sono le pietre angolari della PESC.
Con il Trattato di Lisbona la politica estera dell’UE avrà una nuova figura di spicco nella funzione dell’Alto rappresentante dell’Unione. I cambiamenti apportati dal Trattato con l’introduzione di questa carica offriranno l’opportunità di formulare una politica estera e di sicurezza più efficace e più coerente. L’UE deve parlare e agire in modo più congruente nelle arene mondiali.
Mi auguro tuttavia che nelle sue prossime relazioni annuali il Parlamento adotti una posizione più risoluta riguardo a un ruolo dell’UE più coerente e più forte in seno alle Nazioni Unite. L’UE è una superpotenza economica e politica. Negli anni l’Unione ha visto consolidare la sua importanza a livello internazionale e la sua principale missione ora deve essere costruire un’organizzazione globale che rispetti gli esseri umani e l’ambiente.
L’UE deve investire tempo ed energia nelle regioni del Mediterraneo, del Baltico e del Mar Nero al fine di sviluppare in quelle aree una cooperazione economica, la stabilità politica e la democrazia. In futuro, saranno necessarie più risorse per attuare la strategia del Baltico, rafforzare la coesione nella regione e risolvere i suoi problemi ambientali. Il sostegno alla regione del Mar Nero, e una più stretta integrazione con essa, nell’ambito della politica di vicinato sarà un canale per accrescere la stabilità politica nell’UE e nell’intera area del Mar Nero.
Nicolae Vlad Popa (PPE-DE), per iscritto. – (RO) La relazione Kuhne sull’attuazione della strategia europea in materia di sicurezza e la PESD è ben strutturata, tenuto conto che individua i problemi reali e offre soluzioni percorribili. Penso che questo genere di approccio operativo basato su una “lista di controllo” faciliterà la verifica degli sviluppi. Per quanto attiene al contenuto, vorrei formulare le seguenti osservazioni:
1. Si dovrebbe citare l’Accademia europea per la sicurezza e la difesa che svolge un ruolo fondamentale nello sviluppo di un accordo comune di PESD tramite la formazione fornita a livello strategico, soprattutto nel contesto in cui il presidente della sottocommissione per la sicurezza e la difesa (SEDE) ha inviato una lettera al Segretario generale/Alto rappresentante Solana in cui manifestava sostegno per l’attività dell’AESD.
2. La dichiarazione in merito alle relazioni UE-NATO avrebbe potuto comprendere un messaggio più forte, alla luce della dichiarazione di Bucarest adottata al Vertice della NATO.
3. Si sarebbe potuto citare l’importanza del partenariato strategico tra l’UE e la NATO. La dichiarazione secondo cui “un’Unione europea più forte contribuirà alla sicurezza comune” avrebbe potuto essere combinata con il principio dell’indivisibilità della sicurezza degli alleati, estendendolo così a comprendere l’UE.
Toomas Savi (ALDE), per iscritto. – (EN) La relazione dell’onorevole Saryusz-Wolski ribadisce l’impegno dell’Unione europea rispetto agli Obiettivi di sviluppo del Millennio, ma questa frase in sé si è un po’ svuotata di significato, a causa di un uso smodato nell’ambito del discorso sulla politica di sviluppo dell’UE, quando in realtà sono stati compiuti pochissimi passi avanti e gli OSM sono ancora al di sopra delle nostre possibilità.
Di tutti gli Stati membri soltanto Danimarca, Lussemburgo, Paesi Bassi e Svezia contribuiscono con oltre lo 0,7 per cento del rispettivo PIL agli aiuti ufficiali allo sviluppo, anche se l’adozione dell’obiettivo dello 0,7 per cento risale al 24 ottobre 1970 nel quadro della strategia di sviluppo internazionale per il secondo decennio per lo sviluppo delle Nazioni Unite.
Sono convinto che assicurare la credibilità dell’UE quale attore globale debba essere un elemento importante della politica estera e di sicurezza comune; mantenere gli impegni assunti sarebbe un eccellente punto di partenza.
L’UE e i suoi Stati membri devono trasformare le verbose dichiarazioni con cui ribadiscono i loro impegni in azioni armonizzate ed efficaci a livello collettivo. Sono dell’avviso che questo risultato sia conseguibile solo mettendo insieme le risorse e definendo un’istituzione dell’UE unica responsabile della raccolta, dell’assegnazione e dell’erogazione dell’assistenza ufficiale allo sviluppo.
Esko Seppänen (GUE/NGL), per iscritto. – (FI) Grazie al Trattato di Lisbona l’UE subirà un processo di militarizzazione, in quanto la politica estera e di sicurezza comune incorporerà un elemento aggiuntivo sotto forma di una politica di sicurezza e difesa comune. Per i paesi non allineati diventerà più difficile mantenere il proprio status di non allineamento. Tale situazione si profilerà quando agli Stati membri incomberà l’obbligo di aumentare la propria spesa militare o nel caso della creazione per l’UE di un nuovo nucleo duro militare: cooperazione strutturale permanente. Questo è quanto avverrà durante le Presidenza francese.
Purtroppo la relazione dell’onorevole Saryusz-Wolski è a favore della militarizzazione dell’UE. Da un punto di vista assolutamente parziale della Polonia, anche l’accento posto dalla relazione sulla sicurezza in materia di energia è molto aggressivo.
20. Vertice UE/Stati Uniti
Presidente. − L’ordine del giorno reca le dichiarazioni del Consiglio e della Commissione sul prossimo Vertice UE-Stati Uniti.
Dimitrij Rupel, Presidente in carica del Consiglio. − (EN) Signor Presidente, desidero intervenire sul Vertice UE-USA. Parlerò nella mia lingua, se me lo permette.
(SL) Sebbene le relazioni tra l’Unione europea e gli Stati Uniti d’America siano essenzialmente bilaterali, i relativi risultati hanno effetti globali. Il partenariato transatlantico ha abbandonato ormai da molto tempo il carattere prettamente economico. L’Unione europea e gli Stati Uniti vantano una stretta cooperazione sia sul piano bilaterale che in sede di organizzazioni internazionali in merito alla composizione di questioni irrisolte, tra cui i problemi regionali più urgenti, quali l’Afghanistan, il Medio Oriente e i Balcani occidentali.
Come in tutte le relazioni, l’Unione europea e gli Stati Uniti sono talvolta, com’è ovvio, divisi da divergenze di opinione su determinati temi, tuttavia li risolviamo positivamente grazie a un approccio costruttivo e alla comprensione reciproca. L’Unione europea e gli Stati Uniti sono un sistema importante, anzi, il più importante, che esercita un notevole effetto sulle relazioni internazionali. Abbiamo le nostre divergenze, ma nel complesso lavoriamo insieme come alleati e amici. Condividiamo molti valori comuni e un legame storico, sviluppatosi durante tutto il XX secolo, e che alla fine ci ha permesso di restare fianco a fianco durante la fine della guerra fredda e l’espansione dei legami euro-atlantici.
Poiché per l’Unione europea è più complesso pervenire a un consenso rispetto agli Stati Uniti, le relazioni non sono, com’è logico, semplici. Ma neppure gli Stati Uniti riescono sempre a trovare un’intesa. Se osserviamo i rapporti sulla campagna elettorale constatiamo che persino all’interno dello stesso partito è difficile raggiungere l’accordo. L’Unione europea è unita nella diversità e, direi, ne è orgogliosa. Questo è anche il punto di partenza del Trattato di Lisbona che entrerà in vigore all’inizio del prossimo anno.
Nel corso della nostra Presidenza del Consiglio europeo la Slovenia ha dedicato grande attenzione al rafforzamento delle relazioni transatlantiche, soprattutto per quanto attiene la dimensione strategica. Faccio presente che si sono già svolti molti incontri importanti, quali la riunione della troika dei ministri degli Esteri dell’UE e degli USA, la riunione dei responsabili politici e la sessione della troika dei ministri della Giustizia e degli affari interni; in maggio a Lubiana è stato inoltre organizzato un incontro tra legislatori europei e americani. Tuttavia, l’evento di maggior rilievo nell’ambito delle relazioni transatlantiche sarà il Vertice UE-USA in programma il 10 giugno a Brdo pri Kranju.
Sono lieto di poter affermare che riteniamo che l’organizzazione dell’evento sarà adeguata, e i lavori sono già molto avanzati. Il vertice ci offrirà anche l’opportunità di spiegare l’importanza del partenariato tra l’Unione europea e gli Stati Uniti al grande pubblico nonché di dimostrare i nostri valori comuni, il valido dialogo e gli interessi compatibili nell’affrontare problemi regionali e globali.
Il vertice sarà strutturato in quattro parti, ossia l’incontro dei capi di Stato, la sessione plenaria, il pranzo cui seguirà una conferenza stampa. I capi di Stato discuteranno delle questioni regionali più urgenti quali il Medio Oriente, i Balcani, l’Asia centrale e così via, il Caucaso, l’Iran, mentre altre tematiche di carattere regionale saranno trattate nell’ambito della sessione plenaria e del pranzo. I colloqui riguarderanno anche problemi globali come il cambiamento climatico, l’energia, i negoziati in seno all’OMC, lo sviluppo, la salute e la sicurezza, nonché il libero scambio e la libera circolazione delle persone.
In occasione della sessione plenaria del vertice, verrà presentata la prima relazione sullo stato di avanzamento del Consiglio economico transatlantico, istituito al Vertice UE-USA svoltosi a Washington nel 2007 e nel cui ambito il Parlamento europeo ha un ruolo importante quale organo consultivo attraverso il dialogo transatlantico dei legislatori.
La relazione sullo stato di avanzamento della riunione del Consiglio economico transatlantico tenutasi il 13 maggio a Bruxelles sarà presentata dai copresidenti del Consiglio, portavoce del presidente statunitense per gli affari economici internazionali, e il Commissario per le Imprese e l’industria nonché Vicepresidente della Commissione europea Günter Verheugen, presente qui oggi. La conferenza stampa dopo i colloqui costituirà un importante appuntamento del vertice, in quanto offrirà l’occasione di inviare un messaggio positivo al pubblico europeo e mondiale in merito ai progressi compiuti nell’ambito delle relazioni transatlantiche e dei progetti congiunti in programma.
Il documento da adottare al vertice è stato oggetto di molti mesi di colloqui tra l’Unione europea e gli Stati Uniti. Stiamo stilando una dichiarazione che comprenda l’intera gamma della cooperazione transatlantica. Tra i vari argomenti, figureranno le questioni regionali, la sicurezza globale, il partenariato economico transatlantico e le sfide globali, compresi i cambiamenti climatici e l’energia. E’ nostra intenzione nonché obiettivo della Presidenza elaborare un documento breve e conciso che contenga un messaggio politico determinato e mi auguro che la nostra impresa riesca.
Anche per quanto attiene ai cambiamenti climatici, su cui abbiamo opinioni divergenti, abbiamo trovato, spero, una soluzione di compromesso. Il breve testo concreto proposto al riguardo riporta i principali obiettivi dell’Unione europea e al contempo tiene conto delle posizioni degli Stati Uniti – non ripeterò argomentazioni ben note a questo Parlamento. La dichiarazione viene elaborata nell’ambito del gruppo di lavoro per le relazioni transatlantiche (COTRA) e gli sviluppi dei colloqui sono stati presentati il 20 maggio al comitato politico di sicurezza, il 21 maggio alla riunione dei rappresentanti permanenti degli Stati membri presso l’Unione europea (COREPER) e il 26 maggio, ossia la scorsa settimana, al Consiglio “Affari generali e relazioni esterne” (GAERC).
Stiamo facendo tutto il possibile per fissare una data per la firma dell’accordo in materia di sicurezza aerea – la cui elaborazione è ora alla fase finale – e ci piacerebbe poter siglare tale documento almeno entro la fine della nostra Presidenza, vale a dire per la fine di giugno. Inoltre, sosteniamo la creazione entro il minor tempo possibile dei “cieli aperti”, che rappresenteranno l’ulteriore liberalizzazione del trasporto aereo transatlantico nonché una nuova fase nelle relazioni tra l’Unione europea e gli Stati Uniti di cui beneficeranno i cittadini di entrambe le sponde dell’Atlantico.
La Presidenza slovena è consapevole del fatto che alcuni Stati membri non sono ancora stati inclusi nel programma di esenzione dall’obbligo del visto, che consente di viaggiare negli Stati Uniti senza visto. Abbiamo dedicato molta attenzione al problema in tutti i contatti con gli Stati uniti e nei nostri lavori in prospettiva del vertice. La Presidenza slovena ha raggiunto un compromesso in base al quale gli Stati membri dell’Unione europea definiranno accordi bilaterali per tutti gli aspetti che non rientrano nella sfera di competenze della Commissione.
Onorevoli deputati, vi garantisco che la Presidenza slovena investirà molta energia nei preparativi per il vertice e pertanto sono convinto che potremo definire un successo questo appuntamento in Slovenia.
Günter Verheugen, Vicepresidente della Commissione. − (DE) Signor Presidente, signor Presidente in carica del Consiglio, onorevoli deputati, oggi l’Unione europea è un valido e importante partner di molti paesi. In un mondo sempre più multipolare, abbiamo concluso partenariati strategici con i nostri principali partner, ma di tutti i partner strategici quelli con cui abbiamo più in comune sono gli Stati Uniti. Condividiamo una parte notevole della responsabilità di un mondo più equo, in cui tutti beneficiamo della prosperità e in cui la nostra sicurezza sia solidamente ancorata in termini politici, economici, sociali, ecologici e anche militari.
Il partenariato in questione è ambizioso quanto arduo; richiede a noi europei di dimostrare maggiore solidarietà sulla scena internazionale, ma anche un ripensamento da parte dei nostri amici americani, in quanto li pone di fronte al fatto di accettare che il ruolo di leadership nel mondo deve essere condiviso. La situazione esige un’apertura che equivale a più che semplicistiche reazioni pro o contro Europa o America.
Abbiamo bisogno di percepire a fondo che è poco quello che ci divide, ma è molto più quello che ci unisce. In occasione del Vertice UE-USA verranno affrontati varie questioni importanti. Nell’area della politica estera, la discussione si incentrerà sulla cooperazione tra l’UE e gli Stati Uniti nei Balcani occidentali, in particolare in Kosovo, e nel Medio Oriente. L’agenda prevede anche un confronto su come collaborare al fine di contrastare il cambiamento climatico, un tema difficile su cui l’UE e gli Stati Uniti sono ancora ben lungi dal trovare un punto d’incontro.
Ciononostante, il dibattito politico negli Stati Uniti è cambiato in misura notevole e si sta muovendo nella nostra direzione. Il nostro obiettivo europeo è prevenire a un ambizioso accordo sostanziale per il periodo successivo al 2012 nel quadro del processo negoziale globale sotto l’egida delle Nazioni Unite. Dovrebbe essere un accordo che vede la partecipazione della nazione più industrializzata al mondo, gli Stati Uniti d’America.
In agenda figura anche la politica in materia di energia. E’ nostra intenzione imprimere impulso alla cooperazione nella scienza e nella tecnologia e, al contempo, dobbiamo instaurare un dialogo aperto e costruttivo non solo con i nostri fornitori di energia tradizionali, ma anche con quelli potenziali. Sarebbe sensato per noi scambiare esperienze in un contesto transatlantico.
La nostra cooperazione nella lotta contro il terrorismo internazionale è diventata un elemento chiave comune l’11 settembre 2001, se non prima. Vogliamo migliorare le occasioni di scambiare informazioni personali al fine di individuare i ricercati, un’attività che tuttavia presuppone lo sviluppo e il rispetto di principi comuni per la protezione dei dati.
Il tema dell’esenzione dal visto è un tema inevitabile di questo vertice. L’anno scorso, la riforma del programma statunitense di esenzione dall’obbligo del visto, il Visa Waiver Programme, ha aperto la via a un’eventuale soluzione. Gli Stati membri e la Commissione lavorano a stretto contatto al riguardo – sono lieto di poterlo affermare – e l’Esecutivo si occupa in particolare delle competenze comunitarie.
Devo dire in tutta franchezza che, da una prospettiva politica, è incomprensibile che a noi europei, uniti grazie al sistema Schengen, venga riservato un diverso trattamento quando entriamo nel nostro principale paese partner. Pertanto, ricorderemo al Presidente degli Stati Uniti che ha promesso di eliminare il requisito del visto.
Vorrei ora tornare alle relazioni economiche, cui ha accennato il Presidente in carica del Consiglio. Il Consiglio economico transatlantico, il TEC, creato l’anno scorso ha apportato uno strumento politico volto a imprimere impulso all’integrazione economica transatlantica. Questa crescita economica è il cuore dell’economica globale. E’ il centro di gravità degli scambi e degli investimenti su scala mondiale e rimarrà tale per molti anni a venire. Pertanto, siamo determinati a ricorrere al TEC per trovare soluzioni alle questioni che sono in sospeso da anni – alcune da 10, 15 o persino 20 anni – e che ostacolano in misura significativa il commercio transatlantico.
Il bilancio dopo il primo anno è positivo. Abbiamo affrontato con successo le prime questioni difficili; siamo soprattutto riusciti a creare uno spirito di cooperazione e di fiducia reciproca che non avevamo mai conosciuto prima d’ora. Sono lieto che possiamo contare sul pieno sostegno del Parlamento europeo, coinvolto in ogni fase di questa cooperazione. Vantiamo buoni rapporti di lavoro con tutti gli attuali partner del dialogo transatlantico e ringrazio inoltre il Consiglio per il suo appoggio che continuerà a essere importante anche in futuro.
Abbiamo al nostro attivo alcuni risultati tangibili: abbiamo compiuto passi avanti per quanto riguarda la sicurezza dei prodotti delle merci importate; gli Stati Uniti hanno accettato i principi contabili internazionali; condividiamo la stessa visione in merito alla promozione di un ambiente aperto per gli investimenti globali, tema sul quale il vertice formulerà anche una dichiarazione. Abbiamo già intensificato la cooperazione sulla proposta legislativa e tendiamo a principi comuni euro-statunitensi onde non competere gli uni contro gli altri sui mercati mondiali con i nostri principi.
Abbiamo compiuto un passo importante che ci ha permesso di accorciare le distanze rispetto al riconoscimento reciproco delle condizioni di sicurezza per le apparecchiature elettriche, qualcosa che noi europei chiediamo agli americani da molti anni. Gli americani hanno riaperto questo particolare fascicolo, un gesto che non ci aspettavamo avvenisse dopo così poco tempo. Abbiamo iniziato a coordinare i nostri interessi di politica economica verso i paesi terzi e nel contesto internazionale.
Finora non si è aperto ancora alcuno spiraglio per quanto riguarda il controllo sul 100 per cento dei container per il trasporto merci ed è davvero preoccupante. Vi invito pertanto, onorevoli deputati, a fare buon uso dei vostri contatti in seno al Congresso, perché è stata una decisione del Congresso statunitense e non del governo degli USA, il che spiega anche perché i miei sforzi per pervenire a una soluzione nell’ambito dei colloqui con il governo americano non sono molto promettenti. E’ il Congresso che deve intervenire, il governo non può. Mi auguro che i vostri contatti all’interno del Congresso ci aiuteranno in questo caso.
La Commissione ha preparato due proposte in relazione all’attività del Consiglio economico transatlantico sul divieto di importazione di pollame dagli Stati Uniti. Proponiamo di eliminare tale divieto poiché è ingiustificato da un punto di vista giuridico o scientifico. So che il dibattito in materia è talvolta dettato da non poca emotività, senza ovviamente una conoscenza accurata del contesto e delle circostanze. Desidero invitare chiunque voglia dire qualcosa al riguardo di informarsi prima a dovere.
Inoltre, è una questione eliminata arbitrariamente dal dibattito parlamentare da molti anni, come ho scoperto. Non dobbiamo parlare a favore del protezionismo, né assumere la posizione arrogante per cui le nostre soluzioni sono le uniche positive per i consumatori e il modus operandi altrui è automaticamente sbagliato. Può benissimo accadere che qualcosa di diverso non sia peggiore di quello che facciamo. Si deve valutare caso per caso. Solo perché qualcosa è diverso non significa che non sia valido.
Se non risolviamo questo problema, che è essenzialmente un problema marginale, ma profondamente importante per gli americani, non avremo neppure la più remota possibilità – e lo dico con la massima serietà – di portare sul tavolo negoziale i principali temi di politica agricola che vogliamo affrontare con gli americani, per esempio non concluderemo alcunché con le nostre richieste agli americani relative al settore agricolo. Rivolgo questa osservazione ai ministri europei dell’Agricoltura, che pensavano fosse sensato respingere questa iniziativa ancor prima di averle dato un’occhiata. Si sono danneggiati non poco in questo modo.
Non mi faccio illusioni: tutte le questioni di cui si occupa il Consiglio europeo transatlantico sono difficili e nulla avverrà in tempi rapidi. Tuttavia, con la necessaria saggezza e l’opportuna lungimiranza tutte queste tematiche possono essere risolte su entrambi i versanti. Questo strumento è troppo importante e troppo prezioso per poterlo sprecare. Inoltre, alla luce dell’impasse dei negoziati di Doha, non si deve sottovalutarlo, anche se abbiamo alla fine tutti gli interessi a vedere il commercio mondiale con un risultato positivo che sia vantaggioso per tutti coloro che sono coinvolti.
Al vertice giungeremo a una rapida conclusione dei negoziati sulla seconda fase dell’accordo sul trasporto aereo che darà ulteriore slancio all’economia transatlantica.
Onorevoli deputati, nel complesso le relazioni tra l’UE e gli Stati Uniti si stanno sviluppano in un modo molto soddisfacente. A prescindere dai contrasti che inevitabilmente si creano, le nostre relazioni costruttive e orientate al futuro. Ci auguriamo che da questo vertice parta un forte segnale che indichi che siamo partner pronti ad assumerci la responsabilità della regione transatlantica e a risolvere le questioni globali, a prescindere dai diversi periodi legislativi e dai diversi mandati applicabili all’Amministrazione, al Consiglio, al Parlamento e alla Commissione.
Sarei veramente grato al Parlamento europeo se continuasse a sostenere e a promuovere questo processo con forza.
James Elles, a nome del gruppo PPE-DE. – (EN) Signor Presidente, qualche giorno fa eravamo a Lubiana con il dialogo transatlantico dei legislatori e abbiamo apprezzato molto la calorosa accoglienza della Presidenza slovena.
I dibattiti avuti con i nostri colleghi congressuali hanno dimostrato quale ampiezza abbia acquisito l’agenda tra il Congresso statunitense e il Parlamento europeo in questo quadro transatlantico: questioni economiche, di cui abbiamo sentito poc’anzi per voce del Commissario, aspetti politici, che potrebbero anche essere economici, quali il cambiamento climatico, ma anche temi difficili come l’Afghanistan e il concetto di sicurezza nel complesso. Pertanto, accogliamo con favore questa discussione prima del vertice UE-USA della prossima settimana.
Ho tre brevi riflessioni in merito al presente dibattito. Prima: quando si ha un programma ampio con tante questioni diverse e strutturato in modo notevolmente dissimile rispetto a quello di dieci anni fa, di certo dobbiamo cominciare a costruire una qualche forma di approccio comune a una dimensione di sicurezza, una strategia in materia di sicurezza. Abbiamo discusso proprio ora sulla strategia europea in materia di sicurezza. Dobbiamo cominciare a confrontarci con la strategia statunitense in materia di sicurezza sul lungo periodo, onde poter poi affrontare insieme questi problemi su una base più ampia.
Seconda riflessione: in questo confronto manca concretamente il dialogo dei legislatori. Veniamo, per così dire, messi da parte a Lubiana e poi il vertice si svolge in quello stesso posto fra due settimane. Sembra piuttosto un’organizzazione del XIX secolo, perché manca un reale contatto tra i dialoghi delle amministrazioni e dei legislatori. Di certo, come indica la presente proposta di risoluzione, dobbiamo prevedere un’assemblea transatlantica nel cui ambito i principali legislatori di entrambe le sponde dell’Atlantico possono confrontarsi e definire insieme iniziative comuni.
La mia ultima riflessione è personale. Poiché l’UE, gli USA e la NATO dovranno affrontare di concerto queste tematiche, forse potrebbe essere un’idea organizzare a margine del vertice della NATO che si svolgerà a Kehl nella primavera del 2009, quello UE-USA onde dimostrare che la NATO, l’UE e gli USA si occupano di questi problemi congiuntamente.
Jan Marinus Wiersma, a nome del gruppo PSE. – (NL) Signor Presidente, a nome del mio gruppo desidero ringraziare il signor Ministro e il Commissario per i loro interventi introduttivi. Condivido la conclusione del Commissario Verheugen secondo cui l’atmosfera è positiva, meglio di quella di qualche anno fa. Ovviamente ci attendiamo anche ulteriori miglioramenti con l’insediamento del nuovo governo all’inizio del prossimo anno. Ritengo che entrambi i candidati vogliano cambiare, vogliamo maggiori investimenti da parte degli Stati Uniti nella cooperazione internazionale e nelle istituzioni multilaterali. Questa situazione offre anche prospettive per un rafforzamento delle relazioni tra l’Unione europea e gli Stati Uniti. Mi perdonerete se le mie preferenze vanno a uno dei due candidati, ovviamente, e con oggi si sa con certezza chi saranno.
Molti problemi rimarranno tuttavia sull’agenda. Non parlerò di cooperazione economica, dal momento che il Commissario Verheugen ha trattato poc’anzi questo punto e noi abbiamo avuto un ampio dibattito sull’argomento qualche settimana fa. Una questione che vorrei sollevare di nuovo, come nella precedente discussione, è quella della non proliferazione delle armi nucleari. E’ ora di una nuova iniziativa. Credo che gli Stati Uniti dovrebbero compiere un gesto, ad esempio firmare il trattato sul divieto totale di test nucleari; si profilano comunque nuove opportunità per quanto riguarda la conclusione di accordi sulla militarizzazione del ciclo del combustibile nucleare. Mi fa piacere quanto affermato dal candidato presidenziale John McCain in merito al ritiro dall’Europa delle armi nucleari tattiche, una dichiarazione che indica che McCain prende seriamente questa agenda.
Il secondo punto riguarda la questione del sistema di difesa antimissile. Il mio collega, l’onorevole Rouček, approfondirà l’argomento, che continua a essere importante per noi, in quanto riteniamo che possa essere regolamentato unilateralmente nell’ambito dei negoziati bilaterali in corso con alcuni paesi membri della NATO. E’ un problema europeo; concerne la situazione della sicurezza in Europa. Dovrebbe perlomeno essere affrontato a livello multilaterale in seno agli organismi europei competenti. Condivido le critiche per il finora mancato accordo sui visti e sul programma di esenzione dall’obbligo del visto. Riteniamo, com’è ovvio, che tutti gli Stati membri dell’UE, in particolare i paesi che aderiscono all’area Schengen, debbano essere inseriti a pieno titolo nel programma. Adesso che la Commissione può partecipare direttamente ai negoziati, mi auguro che compirà passi avanti in merito.
Un’altra osservazione per concludere: continuiamo a essere insoddisfatti delle risposte americane alle nostre denunce relative alle pratiche della CIA delle extraordinary rendition e all’esistenza di Guantánamo. Per una volta, porvi termine continua a rappresentare un obiettivo importante sull’agenda della consultazione comune.
Anneli Jäätteenmäki, a nome del gruppo ALDE. – (FI) Signor Presidente, è importante che gli Stati Uniti d’America e l’Unione europea abbiano un forum aperto di discussione e vantino un rapporto di cooperazione. Anche il Commissario Verheugen ha sottolinea l’importanza della cooperazione con il Congresso. Anch’io ho avuto circa una settimana fa l’occasione di partecipare a un incontro della delegazione della Commissione europea negli Stati Uniti. Questo tipo di contatto è importante. Come altrove, ovviamente, vi sono discussioni aperte su questioni difficili e ogni interlocutore cerca, com’è logico, di riservare particolare attenzione ai problemi che riguardano la sua parte di mondo. Quello che emerge chiaramente da questi colloqui è che quando gli Stati Uniti cercano di addurre argomenti in merito a tematiche legate alla sicurezza, molto spesso si tratta di argomentazioni afferenti al protezionismo economico e commerciale.
Sono pienamente d’accordo con l’onorevole Wiersma e anch’io deploro che agli Stati membri dell’UE non venga riservato un trattamento equo e corretto riguardo alla questione dei visti. Con il nuovo corso nell’amministrazione statunitense, si spera che l’UE possa parlare agli USA con una voce sola in materia e che poi tutti gli Stati membri vengano trattati esattamente su un piano di parità.
Infine, e a livello personale, vorrei ricordare che qui in Europa e tutti nel resto del mondo seguono il primo round della corsa alla Casa Bianca. Infatti, offre un quadro assolutamente perfetto della macchina democratica americana. L’UE potrebbe in effetti dare un’occhiata nello specchio qui. Parliamo qui delle selezioni per le massime cariche dell’UE. Non esiste alcun forum aperto, e tanto meno un processo davvero democratico, mentre queste funzioni vengono distribuite prima delle elezioni. Potreste immaginare l’amministrazione più importante e le cariche politiche assegnate negli Stati uniti prima delle elezioni, come succede qui nell’UE? In altre parole, dobbiamo davvero apprendere un lezione dagli Stati Uniti in molti campi, non ultime le questioni relative alla democrazia.
Cem Özdemir, a nome del gruppo Verts/ALE. – (DE) Signor Presidente, signor Presidente in carica del Consiglio, signor Commissario, onorevoli colleghi, vogliamo buone relazioni tra gli Stati Uniti d’America e l’Unione europea. Il prerequisito a tal fine, tuttavia, è anche che l’Unione europea parli con una voce. Le sfide e la crisi nei Balcani occidentali, nella reazione del Caucaso meridionale, nel Medio Oriente e in Afghanistan, la lotta contro il terrorismo oggi presente nei media e la crisi alimentare che è ora evidente, le questioni relative a sicurezza energetica, cambiamenti climatici, recessione economica nonché gli aspetti legati alla trasparenza e alla regolamentazione dei mercati finanziari – tutti punti su cui abbiamo bisogno gli uni degli altri e dobbiamo collaborare. Tuttavia, vogliamo anche rafforzare la dimensione parlamentare coinvolgendo il Congresso USA e il Parlamento europeo.
Un elemento che riveste primaria importanza per i nostri cittadini è – e lo affermo in piena coscienza, in quanto persona che si considera transatlantica – la chiusura del carcere di Guantánamo Bay e di tutte le prigioni segrete nel mondo. E’ importante spiegare ai nostri amici americani che i restanti detenuti devono essere accusati su una base legittima o rilasciati e, se del caso, adeguatamente indennizzati. Anche noi tuttavia dobbiamo contribuire, accogliendo i detenuti uiguri nell’Unione europea e aiutando così a porre termine a questa vergogna il prima possibile.
Un altro punto importante per la reputazione collettiva dei nostri valori democratici è che, da un lato, siamo d’accordo sul fatto che incomba una minaccia terroristica, ma, dall’altro, dobbiamo anche sottolineare che la presente discussione si svolge con strumenti costituzionali. Non è esattamente quanto avviene con l’attuale pratica delle liste delle organizzazioni terroristiche sia nell’Unione europea che negli Stati Uniti. Pertanto anche tale questione deve essere messa con urgenza sul banco di prova. Mi permetto di evidenziare ancora una volta che il terrorismo e la criminalità organizzata devono essere affrontati sulla base di diritti fondamentali e di principi costituzionali comuni. Questo discorso vale anche per lo scambio di dati personali tra gli Stati Uniti e l’Unione europea.
Un altro punto importante è infine il problema del cambiamento climatico, che incide su molti aspetti, dalla sicurezza alimentare all’energia fino all’approvvigionamento idrico. A questo tema è stata pertanto attribuita elevata priorità al vertice. Entrambi i partner devono definire un approccio comune volto a contrastare i cambiamenti climatici. Il nostro obiettivo deve consistere nel limitare l’aumento della temperatura a un massimo di due gradi rispetto ai valori preindustriali. Esortiamo i paesi industrializzati a mantenere la loro responsabilità.
Brian Crowley, a nome del gruppo UEN. – (EN) Signor Presidente, desidero ringraziare il Presidente in carica del Consiglio Dimitrij Rupel e il Commissario Verheugen per la loro introduzione al presente dibattito. Sotto vari aspetti, quello cui stiamo assistendo qui e un convergere di ideali e obiettivi tra gli USA e l’Unione europea. Troppo spesso ci concentriamo sugli elementi che ci dividono. Sul piano geografico ci separa l’Oceano Atlantico, ma ciò che ci unisce è quello che abbiamo nel cuore e nell’animo, alla base dei nostri sistemi di valori e che forma le nostre convinzioni riguardo al controllo democratico e alla promozione delle istituzioni democratiche nel mondo.
Dobbiamo concentrarci seriamente sugli elementi essenziali di questo tipo di immagine che gli USA e l’Unione europea possono offrire al mondo nel XXI secolo. Com’è ovvio, i miei colleghi hanno menzionato molte delle sfide che dobbiamo affrontare, che si tratti del cambiamento climatico, degli obiettivi di sviluppo o di qualsiasi altra cosa. Ma innanzi tutto dobbiamo mirare a portare la pace e la stabilità nelle regioni e nelle aree.
E’ per tale motivo che è assolutamente appropriato che il prossimo vertice tra l’UE e gli USA si svolga a Lubiana, perché in quella città possiamo guardare verso l’occidente e vedere che nell’Unione europea regnano stabilità e pace. Possiamo guardare verso il sud-est e osservare la potenziale frattura e il potenziale pericolo nei Balcani occidentali, Possiamo guardare oltre verso oriente e constatare il potenziale pericolo e la potenziale frattura dovuti a quanto sta accadendo nel Medio Oriente. E’ per questa ragione che ritengo che sia importante, in fase di incontro e di discussione, avere, naturalmente, agende sempre più estese, ma che necessariamente devono concentrarsi su elementi chiave e prioritari.
A mio avviso, tali elementi chiave e prioritari dovrebbero basarsi su quanto segue: garantire che il Quartetto prosegua i propri lavori riguardo al processo di pace in Medio Oriente; garantire la promozione e il sostegno dell’accordo di Doha delle parti in Libano in merito alla situazione libanese; garantire la necessaria sicurezza di cui il Kosovo e altre aree all’interno dei Balcani occidentali hanno bisogno al fine di sviluppare le rispettive democrazie in un contesto futuro di stabilità e pace. Ma il fattore più importante in assoluto per noi è riconciliarci per offrire una leadership al resto del mondo, in particolare nei settori del cambiamento climatico, dell’energia e dei prodotti alimentari; perché la questione più impellente che devono affrontare oggi molti paesi nel mondo, non solo quelli in via di sviluppo ma anche i paesi industrializzati, è il prezzo dei prodotti alimentari con le relative difficoltà che ne discenderanno.
Insieme gli USA e l’UE possono mantenere una posizione forte, ma possono anche offrire una grande leadership per il futuro.
Dimitrios Papadimoulis, a nome del gruppo GUE/NGL. – (EL) Signor Presidente, signor Presidente in carica del Consiglio, signor Commissario, illustrerà i punti specifici su cui non è d’accordo?
Il Parlamento europeo chiede la chiusura di Guantánamo e di recente sono state diffuse notizie relative a navi prigione, che molto probabilmente hanno fatto scalo anche in porti europei. Dirà qualcosa riguardo a questo agli americani o appoggerà le richieste dei cittadini statunitensi in merito? Dirà loro qualcosa affinché smettano di ostacolare l’accordo globale sul cambiamento climatico, li esorterà ad abbandonare il loro approccio unilaterale verso i biocombustibili e ad accettare un minimo compromesso in modo da affrontare l’attuale crisi alimentare che provoca una crescita vertiginosa dei prezzi dei prodotti alimentari? Commissario Verheugen, poiché ha svolto un ruolo essenziale nel processo che ha portato all’eliminazione del divieto sui polli al cloro, imposto nell’UE dal 1997, mi permetta di dirle che tutti coloro tra noi che non sono d’accordo con lei – e sono molti – non prendono tale posizione per ignoranza ma perché considerano la tutela della salute pubblica più importante degli interessi commerciali. Ventuno dei 27 Stati membri non sono d’accordo con lei, al pari di un Parlamento europeo unanime e della pertinente commissione parlamentare; vi sono forti obiezioni anche in seno alla Commissione. Non è un argomento da prendere alla leggera, Commissario Verheugen, e deve presentare argomentazioni in merito.
Philip Claeys (NI). – (NL) Signor Presidente, il partenariato tra l’Unione europea e gli Stati Uniti è una pietra angolare delle politiche estere dell’UE, come indica giustamente la risoluzione comune. Una tale cooperazione presuppone alcuni accordi lapalissiani, ad esempio il principio secondo cui noi non interferiamo negli affari interni dell’altro partner. Mi dispiace dover constatare che negli ultimi anni, e anche di recente, i nostri partner americani non hanno sempre rispettato questo accordo. Per esempio, il Presidente e il dipartimento di Stato hanno dichiarato a più riprese di essere apertamente a favore dell’adesione della Turchia all’Unione europea e hanno esercitato pressione a tale scopo, Tale comportamento è inaccettabile. E’ come se il Consiglio europeo o la Commissione europea intervenissero per ottenere l’adesione del Messico agli Stati Uniti, o almeno la sua integrazione. Solo perché la Turchia è un paese membro della NATO non significa che il paese abbia anche le credenziali per entrare nell’Unione europea. La NATO è importante per l’Unione europea, ma non è l’UE. Sono due questioni diverse, e il vertice della prossima settimana è un’ottima occasione per ricordare ai nostri partner questa problematica, in modo cordiale ma al contempo risoluto.
Elmar Brok (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, signor Presidente in carica del Consiglio, signor Commissario, ritengo che sia del tutto chiaro, e che sia stato altrettanto chiaramente sottolineato in vari interventi, che l’Unione europea e gli Stati Uniti d’America insieme possono contribuire come nessun altro alla pace e alla libertà nel mondo sulla base dei loro valori.
Sappiamo tuttavia che talvolta abbiamo divergenze di opinioni. Se anche a volte troviamo l’unilateralismo americano molto sgradevole, quest’ultimo è anche in parte imputabile alle nostre stesse debolezze. Questo è il motivo per cui una migliore politica europea nei confronti degli Stati Uniti, una forza interna e una voce sola nella politica estera e di sicurezza sono le condizioni per creare un autentico partenariato. Grazie al Consiglio economico transatlantico ora disponiamo di uno strumento volto a consolidare i nostri interessi comuni in una specifica area.
Per questa ragione mi rattrista molto constatare che la situazione minaccia già di collassare sulla questione dei polli, che il Presidente degli Stati Uniti si deve attaccare al telefono a causa della questione dei polli e che noi non dimostriamo neppure una certa volontà a trovare un compromesso su tale problema. Dobbiamo valutare se qui molti aspetti siano stati esagerati e siamo pertanto nella posizione di costruire una base che ci consente di sviluppare un mercato transatlantico, di determinare i nostri comuni interessi e – come ha giustamente affermato l’onorevole Elles - coinvolgere il Parlamento. Il Commissario Verheugen ha già dichiarato che la normativa in molti settori è già interessata, che è il motivo per cui gli emicicli di entrambe le parti devono essere coinvolti preventivamente al fine di avere sotto controlla la situazione e applicare queste norme insieme nel mondo.
Se vogliamo sortire risultati positivi e se riusciamo a mantenere lo slancio dopo le elezioni di quest’anno negli Stati uniti e le elezioni del prossimo anno nell’Unione europea, forse avremo gettato le basi per comprendere che il cambiamento climatico, la criminalità organizzata, le migrazioni e molto altro possono essere affrontati solo collaborando insieme nell’interesse di un mondo migliore. E’ per questo motivo che dovremmo lavorare più a stretto contatto con i nostri amici americani.
PRESIDENZA DELL’ON. MARIO MAURO Vicepresidente
Libor Rouček (PSE). - (CS) Onorevoli colleghi, nel mio intervento mi soffermerò su un aspetto delle relazioni tra l’Unione europea e gli Stati Uniti, vale a dire il sistema dello scudo antimissile. Nel mio paese, la Repubblica ceca, dove è prevista l’installazione di una base radar quale parte del sistema in questione, due terzi dei cittadini si oppongono costantemente a questo progetto. I cechi ritengono che lo scudo antimissile non riguardi solo le relazioni bilaterali tra gli USA e la Repubblica ceca o la Polonia, ma che le questioni relative allo scudo antimissile e alla non proliferazione degli armamenti attenga alla sicurezza dell’Europa nel complesso. Voglio pertanto esortare ancora una volta il Consiglio a creare, infine, una piattaforma che consenta a tutti gli Stati membri dell’UE di partecipare al dibattito in materia. Desidero anche sfruttare questa opportunità per chiedere agli Stati Uniti di non firmare, al momento, gli accordi sull’installazione in Europa di elementi del loro sistema antimissile. L’America e l’Europa devono affrontare problemi ben più urgenti: la lotta al terrorismo, la sicurezza dell’approvvigionamento energetico, il riscaldamento globale, l’Afghanistan e tanti altri. Lavoriamo quindi insieme (e intendo insieme come partner) al fine di trovare una soluzione a questi problemi, Possiamo rimandare a un momento successivo le questioni non urgenti e che in realtà ci dividono anziché unirci.
Sophia in 't Veld (ALDE). – (EN) Signor Presidente, il Commissario Verheugen ha poc’anzi invitato il Parlamento europeo a sfruttare i suoi contatti all’interno del Congresso per la questione del controllo sul 100 per cento dei container. Molto bene, penso saremo ben lieti di accontentarli; ma allora, in cambio, credo che questo Parlamento dovrebbe essere maggiormente coinvolto in questioni quali, per esempio, il quadro per la protezione di dati transatlantici, perché da un anno e mezzo a questa parte è un argomento affrontato a porte chiuse da funzionari pubblici, come se si trattasse di un aspetto puramente tecnico che non c’entra con le nostre libertà civili e i nostri diritti fondamentali. Non è un tema per diplomatici; è ora che la Commissione e il Consiglio lo portino nel Parlamento europeo.
Un altro punto riguarda un annuncio fatto l’altro giorno dalle autorità degli Stati Uniti: il regime di autorizzazione elettronica di viaggio. Gradirei sapere se il Consiglio e la Commissione intendono sollevare la questione al vertice con gli USA. Ho l’impressione che, per ora, abbiamo un miscuglio di misure di sicurezza che interessano i viaggiatori – autorizzazione elettronica di viaggio, PNR, API, passaporti biometrici, impronte digitali, sistemi di registrazione ingressi/uscite, sistema di individuazione automatica, visto, esenzione dall’obbligo di visto – e l’UE si limita a copiarle pedestremente. E’ ora che, invece, cominciamo a parlare di un efficace quadro coerente e proporzionale di misure di sicurezza.
Date queste premesse, gradirei sapere se la Commissione e il Consiglio intendono sollevare le seguenti questioni con le autorità statunitensi. Hanno già annunciato – credo in agosto – che chiederanno a vettori aerei e marittimi di raccogliere 10 impronte digitali e le scansioni del viso di tutti i viaggiatori e di sottoporre queste informazioni entro 24 ore al dipartimento della sicurezza interna. Presenterò un’interrogazione parlamentare al riguardo e vorrei sapere se il Consiglio e la Commissione convengono con me che i vettori non dovrebbero occuparsi dell’applicazione della legge e dei compiti di sicurezza, e se hanno intenzione di intervenire.
Infine per quanto riguarda l’esenzione dall’obbligo di visto, vorrei evidenziare un particolare aspetto. Abbiamo rivolto questa domanda innumerevoli volte e non abbiamo mai ottenuto risposta: intendete affrontare la questione dell’inaccettabile divieto di viaggio verso gli Stati Uniti imposto ai malati di HIV?
Mirosław Mariusz Piotrowski (UEN). – (PL) Signor Presidente, non molto tempo fa il Parlamento europeo ha adottato una soluzione in cui chiedeva agli Stati Uniti di abolire il requisito del visto per i cittadini di tutti gli Stati membri e di rispettare i principi di reciprocità.
I cittadini degli Stati Uniti possono viaggiare liberamente in tutti i paesi dell’UE, ma gli unici che non devono richiedere il visto per gli Stati Uniti sono gli abitanti di alcuni dei paesi più ricchi dell’Unione europea. Questo evidenzia uno squilibrio nel trattamento di certi Stati, membri a pieno titolo dell’UE. Purtroppo, a tutt’oggi questo argomento non ha ricevuto la dovuta attenzione da parte delle istituzioni dell’UE che spesso dimostrano un eccesso di zelo in altri ambiti. Siamo testimoni di una situazione impari in cui – per fare un esempio – i cittadini polacchi vengono ancora trattati come potenziali emigranti, anche se sono passati secoli da quando il loro obiettivo erano gli Stati Uniti; dopotutto, possono lavorare nei paesi dell’UE che hanno aperto loro i rispettivi mercati del lavoro. Non vi sono ragioni economiche e di certo neppure politiche per cui non dovrebbero viaggiare negli Stati Uniti senza visto.
Dobbiamo augurarci che al prossimo vertice UE-USA i paesi dell’UE siano determinati nel presentare il problema e riescano finalmente a risolverlo.
Jana Bobošíková (NI). – (CS) Signor Presidente, dato che il Commissario Verheugen ha parlato con toni enfatici della prosperità, mi aspetto che il vertice cerchi innanzi tutto un modo di frenare l’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari. Mi attendo una risposta politicamente corretta al fatto che dieci milioni di persone moriranno di fame quest’anno, e circa altri cento milioni scivoleranno ancora di più nella povertà. Allo stesso tempo, il latte in Europa viene versato nelle fognature proprio adesso, e la colza e la canna da zucchero, in fioritura ora nei campi, finiranno nei serbatoi dei veicoli. Sovvenzioni elevate e tariffe sulle importazioni rendono più vantaggioso coltivare combustibile anziché cereali, anche se è risaputo che il prezzo del grano scenderebbe immediatamente del 10 per cento e quello del mais del 20 per cento se i paesi dichiarassero una moratoria sui biocombustibili. Signor Presidente, credo che all’incontro di Lubiana previsto tra una settimana emergerà con chiarezza se l’Unione europea e gli Stati Uniti intendono assumersi le loro responsabilità globali o se pensano di continuare a parlarne con retorica populista. Dato che devono far fronte ai risultati (letteralmente) devastanti delle attuali politiche agricole, dovrebbero abolire quanto prima quella follia di sovvenzioni agricole, quote e tariffe doganali, e smettere di promuovere i biocombustibili.
Jerzy Buzek (PPE-DE). – (PL) Signor Presidente, stiamo parlando al principale partner dell’Unione europea; abbiamo opinioni divergenti su molti punti, ma la realtà è che siamo più vicini agli Stati Uniti rispetto a qualsiasi altro paese oltreoceano. Al contempo, tuttavia, in termini globali il nostro approccio differisce riguardo a vari argomenti chiave che interessano l’intero pianeta.
L’Unione europea ha fatto della lotta al riscaldamento globale il vessillo delle sue attività; sono queste le preferenze di tutte le Presidenze, passate e future. Gli Stati Uniti concordano sul fatto che siano soprattutto le attività dell’uomo la causa dei cambiamenti che si osservano nel clima, ma non vogliono farsi carico dell’onere di contrastare il cambiamento climatico. Per contro, noi, l’Unione europea, abbiamo adottato un programma molto aggressivo volto a limitare le emissioni. Sarà un programma di che imporrà alla nostra economia un rigore eccezionale. Abbiamo deciso in questo senso perché vogliamo che altri si uniscano a noi. Questo è il nostro obiettivo, perché non possiamo salvare il pianeta da soli.
Gli Stati Uniti sono praticamente i maggiori responsabili dei gas a effetto serra nel mondo. Convincere il produttore numero uno ad assumere obblighi comuni può portare a una comprensione globale a Poznań e a Copenaghen, e sarà solo quando riusciremo a raggiungere tale comprensione che il nostro programma di riduzione delle emissioni non sarà andato sprecato. Ritengo pertanto che il confronto con gli Stati Uniti su tale argomento e la presentazione dei nostri progetti, nonché persuaderli ad agire congiuntamente con noi sulla scena internazionale durante le prossime sessioni sull’accordo in materia di clima, sia uno dei più importanti, forse oggi il punto unico più importante per l’Unione europea.
Ana Maria Gomes (PSE). – (PT) L’ultimo Vertice UE-USA dell’era Bush si svolgerà il 10 giugno. Un’era che è stata macchiata per sempre dall’invasione illegale dell’Iraq e dall’ignominia di Abu Ghraib, di Guantánamo e delle prigioni segrete. Tireremo tutti un sospiro di sollievo dopo otto anni di indietreggiamento. Otto anni sprecati in termini di quella che avrebbe potuto essere una lotta efficace contro il terrorismo compatibile con i valori della democrazia e dei diritti umani. Anni sprecati riguardo alla ricerca di pace nel Medio Oriente, sprecati in termini di lotta alla criminalità organizzata nonché in termini di disarmi e non proliferazione nucleare.
Sappiamo che Barack Obama sarà il candidato del partito democratico e che la speranza è che quest’ultimo ritorni. Obama ha dichiarato di essere a favore del rafforzamento del Trattato di non proliferazione nucleare e ha anche sostenuto l’obiettivo del totale disarmo nucleare. Questa scelta ha già prodotto un effetto sul suo avversario repubblicano, il senatore McCain, che ha allineato la propria posizione a quella di Obama e ha aggiunto di appoggiare il ritiro dall’Europa delle armi nucleari tattiche. Questo dimostra che c’è una massa critica negli Stati uniti che è pronta per un cambiamento di strategia.
L’Europa deve confrontarsi quanto prima con la nuova Amministrazione riguardo all’elaborazione di strategie congiunte per la conferenza di revisione del TNP e riguardo a tutti gli ambiti in cui sono in gioco la sicurezza globale e, in particolare, la non proliferazione delle armi di distruzione di massa, compresi i negoziati con l’Iran. Date queste premesse, i contatti tra i membri del Parlamento europeo e quelli del Congresso rivestono la massima importanza e devono essere intensificati.
Signor Presidente, la leadership statunitense non è più sufficiente per combattere le minacce di oggi e per prevenire in futuro quelle nuove. Tuttavia è tuttora indispensabile. Confidiamo nel fatto che il Presidente Obama – e mi auguro che sia lui – si dimostri all’altezza della sfida e che l’Europa sia in grado di sfruttare ogni opportunità per contribuire al rafforzamento duraturo del sistema multilaterale.
Dariusz Maciej Grabowski (UEN). – (PL) Signor Presidente, i problemi assumono sempre più una dimensione globale. Ne è un esempio il peggioramento della situazione economica. Un secondo esempio è l’uso politico dell’accesso alle materie prime e il relativo aumento dei prezzi, tra cui i prezzi dei prodotti alimentari. Un terzo, il terrorismo; un quarto, i conflitti armati locali. Nessun singolo Stato ha il potere di risolvere questi problemi, pertanto è necessario che tra l’UE e gli Stati Uniti ci siano dialogo e cooperazione.
C’è anche il rovescio della medaglia, tuttavia, ed è la rivalità economica e politica tra l’Unione europea e gli Stati Uniti. Quindi, riguardo alle questioni di maggiore importanza è necessario definire opportuni accordi che questa rivalità diventi un elemento di frattura. Gli accordi sono necessari soprattutto per quanto attiene agli aspetti economici. Il mondo non deve essere ostaggio del capitale speculativo e dei monopoli delle materie prime. L’Europa non deve schierarsi con Al Gore quale propugnatore dell’idea del riscaldamento globale a scapito delle sue stesse imprese.
In previsione del prossimo cambio di presidente negli Stati Uniti, l’Europa dovrebbe chiarire a dovere le proprie priorità politiche e le proposte volte a risolverle.
Dushana Zdravkova (PPE-DE). – (BG) In quanto rappresentante di un nuovo Stato membro dell’UE e membro della delegazione per le relazioni con gli Stati Uniti d’America, desidero soffermarmi sull’importante ruolo del dialogo transatlantico dei legislatori riunitosi a Lubiana solo qualche giorno fa.
Desidero esprimere la mia gratitudine per i temi inseriti in agenda, in quanto hanno dimostrato in tutta evidenza che le sfide affrontate da alcuni nuovi Stati membri dell’UE erano le stesse che figuravano nell’agenda dell’Unione europea e delle sue Istituzioni, il che ci ha infuso un senso di sicurezza e di protezione degli interessi chiave.
Tuttavia, quello a cui voglio riferirmi innanzi tutto è l’aspetto correlato alle tanto pubblicizzate misure di sicurezza, che comprendono gli accordi sui visti, nonché i requisiti per il controllo del 100 per cento dei carichi.
Da un lato, queste misure riguardano la libera circolazione dei cittadini del mio paese e principalmente le opportunità per i giovani di godere degli stessi diritti e delle stesse opportunità di cui beneficiano ragazzi della loro età in altri paesi. Dall’altro, generano problemi economici per paesi come la Bulgaria che ha porti relativamente piccoli e dovrà accollarsi il pesante onere finanziario dovuto all’obbligo di disporre della nuova dotazione di controllo.
A causa di tali misure questi porti non gestiranno più i carichi che verranno convogliati verso strutture portuali di maggiori dimensioni. Tale situazione comprometterà gli interessi economici di regioni come la mia, vale a dire la città di Varna, e le altre zone del Mar Nero.
Nel corso degli incontri svoltisi per discutere delle questioni correlate ai visti, ho informato i nostri colleghi americani del Congresso degli Stati Uniti che la situazione in Bulgaria era sostanzialmente diversa rispetto a quella consueta di 10 o 15 anni fa, quando un gran numero di giovani andava negli Stati Uniti e, inoltre, i tassi di rifiuto delle domande di visto erano contenuti. Questa è la ragione per cui occorre avviare un nuovo dialogo tra i due paesi.
Ritengo tuttavia che la Bulgaria debba rimanere fedele alla politica comune dell’UE e insistere sull’applicazione di misure volte a proteggere tutti i cittadini dell’Unione europea sulla base della reciprocità. Al tempo stesso, i nostri colleghi statunitensi dovrebbero comprendere che noi tutti dobbiamo affrontare problemi di sicurezza che dobbiamo risolvere lavorando di concerto anziché mettendoci reciprocamente i bastoni tra le ruote. Sostengo pertanto la risoluzione e l’imminente vertice.
Helmut Kuhne (PSE). – (DE) Signor Presidente, una relazione fondamentalmente positiva con gli Stati Uniti non preclude la divergenza di interessi e opinioni. Ritengo che un partenariato su un piano di parità sia possibile sono su una base simile. Soltanto in questo modo possiamo anche contrastare con convinzione l’antiamericanismo.
Per questo motivo noi del gruppo socialista al Parlamento europeo ci schieriamo a favore di un dialogo diretto sulla politica in materia di sicurezza con gli Stati Uniti per quegli aspetti che rientrano nell’ambito della giurisdizione dell’Unione europea. Vorrei illustrare due esempi al riguardo: la credibilità dei valori occidentali quando lottiamo contro il terrorismo e la questione della stabilizzazione e della ricostruzione.
Proprio per queste due ragioni siamo contro i legami aperti o celati dell’UE nei confronti della strategia statunitense sulla sicurezza nazionale, come possiamo evincere in uno degli emendamenti proposti dal gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei alla relazione sulla strategia in materia di sicurezza, che voteremo domani, perché è assolutamente palese che nessun presidente degli Stati Uniti accetterà mai che un terzo, a prescindere che si tratti o meno dell’UE, diventi un cofirmatario di tale strategia sulla sicurezza nazionale. Perché allora dovremmo impegnarci per la stessa cosa con un assegno in bianco? Questo non è un piede di parità e pertanto ci dichiariamo contro posizioni simili.
Atanas Paparizov (PSE). – (BG) Signor Presidente, desidero esprimere il mio sostegno per la proposta di risoluzione comune e accennare a due questioni in agenda nel dialogo dei legislatori di Lubiana: i cambiamenti climatici e l’energia, due settori in cui entrambe le parti, ossia Stati Uniti e Europa, devono potenziare la cooperazione.
Mi auguro che al riguardo emergano maggiori opportunità sulla scia delle elezioni presidenziali negli Stati Uniti. Personalmente, confido in particolare nelle attività legislative presso il Congresso americano che consentano alla Conferenza di Copenaghen di pervenire a soluzioni globali. In caso contrario, paesi come la Bulgaria subirebbero gravi contraccolpi a causa della perdita di competitività dei loro prodotti e delle esportazioni se fossimo i soli ad attuare le proposte della Commissione europea sul cambiamento climatico.
Per quanto attiene al settore dell’energia, la nostra cooperazione non dovrebbe limitarsi soltanto alle tecnologie pulite e al relativo fondo, ma dovrebbe anche occuparsi dell’energia nucleare che sembra acquisire sempre più peso nel mondo, soprattutto in paesi del calibro di Cina e India. Possiamo essere partner in questo ambito solo se l’Unione europea potrà inserire più apertamente nelle sue politiche le questioni dell’energia nucleare.
Peter Skinner (PSE). – (EN) Signor Presidente, desidero concentrarmi su tre punti. Primo, concordo riguardo all’enfasi usata dal Commissario: diamo seguito al Consiglio economico transatlantico e al lavoro che possiamo svolgere in quella sede. Dobbiamo dimostrare che siamo in grado di prendere molto seriamente certi argomenti e che possiamo apportare i cambiamenti necessari a eliminare qualsiasi spiacevole ostacolo, che sono i rifugi di base per la protezione nazionale. Tra questi figura il provvedimento relativo ai polli, ed è sconsolante sentire in quest’Aula che non avremmo dovuto togliere il divieto.
Secondo, dobbiamo promuovere l’agenda positiva nonché spronarci a vicenda sulle questioni difficili, come il cambiamento climatico. L’aspetto finanziario fa parte di una storia molto interessante da raccontare, e spero che all’elenco dei progressi compiuti finora in questo campo venga aggiunto il settore assicurativo.
Infine, il recente dialogo transatlantico di Lubiana è migliorato. Sono stati affrontati più temi e sono state prese più decisioni, e al pari dei miei colleghi posso dirmi d’accordo sul fatto che dobbiamo potenziare questo adesso al livello stabilito nella dichiarazione comune di Huston del 1997.
Corina Creţu (PSE). – (EN) Signor Presidente, vorrei menzionare una questione che spero figurerà nell’ordine del giorno del vertice del 10 giugno.
Innanzi tutto, per quanto riguarda il Kosovo, è ovvio che non sia negli interessi di nessuno avere un nuovo Stato mancato nei Balcani, e pertanto la Romania partecipa da anni agli interventi intesi a stabilizzare la regione. Ciò che maggiormente ci preoccupa sono la criminalità organizzata, la prostituzione e il traffico di esseri umani, la droga e le armi, e ritengo che le nuove autorità kosovare debbano potenziare i propri sforzi al fine di controllare tali pratiche.
Anch’io penso sia di estrema importanza seguire da vicino come viene preservata la cultura locale, in particolare i monasteri ortodossi presenti nell’area.
L’altra questione che vorrei sollevare riguarda i visti per tutti i cittadini europei che viaggiano verso gli Stati Uniti. Desidero ringraziare il Commissario Verheugen e il Ministro Rupel per aver portato all’attenzione il tema. Come avete potuto constatare qui, c’è una solidarietà molto forte, a prescindere dal nostro colore politico. Devo ammettere che mi ha non poco sorpresa che durante la riunione a Lubiana i nostri colleghi del Congresso abbiano caricato l’intera responsabilità di questa questione sulle spalle del dipartimento di Stato mentre, al tempo stesso, il Presidente Bush diceva che di solito è di totale competenza del Congresso. Auspico che finalmente si troverà una risposta nel corso di questo Vertice di Lubiana.
Infine, vorrei sollevare il problema del prezzo dei prodotti alimentari e della povertà.
Zita Pleštinská (PPE-DE). – (SK) Onorevoli colleghi, quando la commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori si è recata nel luglio 2007 a Washington, ho compreso l’importanza della cooperazione tra gli Stati Uniti e l’Unione europea.
Credo che le politiche comuni dell’UE e degli USA nelle aree delle tariffe doganali, della proprietà intellettuale, del mutuo riconoscimento, della reciproca comprensione e dell’armonizzazione delle norme possa sfociare nella creazione di un nuovo spazio transatlantico di commercio a vantaggio sia degli imprenditori che dei consumatori di entrambe le sponde dell’Atlantico. Poiché al momento è oggetto di dibattito in Parlamento la direttiva sui giocattoli, sarebbe molto utile trovare una politica comune anche in merito alla sicurezza dei giocattoli. Sono certa che il Commissario Verheugen, che rappresenta l’Unione europea in seno al dialogo transatlantico, possa ottenere un notevole risultato a tale proposito.
Onorevoli colleghi, mi auguro che dall’imminente Vertice UE-USA emerga che il programma di esenzione dall’obbligo di visto per gli USA venga esteso a tutti i cittadini dell’UE, tra cui quelli del mio paese, la Slovacchia.
Stolojan, Theodor Dumitru (PPE-DE). – (RO) Signor Presidente, desidero ringraziare il Commissario Verheugen per aver inserito nell’agenda del Vertice UE-USA la questione dei visti che interessa i cittadini del mio paese, che io rappresento qui in seno al Parlamento europeo. Inoltre, insisto affinché gli USA si uniscano all’azione dell’Unione europea volta a rispondere alle sfide generate dal cambiamento climatico; in caso contrario, tutte le imprese europee saranno svantaggiate nel gioco di concorrenza con gli Stati Uniti.
Dimitrij Rupel, Presidente in carica del Consiglio. – (SL) Permettetemi di rispondere a tre questioni che sono, a mio avviso, della massima importanza.
La prima riguarda il problema sollevato dall’onorevole Rouček in merito allo scudo antimissile. L’interrogativo posto dall’onorevole deputato trascende in qualche modo i limiti di una questione dell’Unione europea, in quanto attiene ad accordi tra due singoli paesi europei e gli Stati Uniti d’America, e due paesi in particolare, la Repubblica ceca e la Polonia che stanno concludendo accordi bilaterali con gli Stati Uniti.
Personalmente gradirei che questi aspetti venissero affrontati in sede NATO o di Unione europea, ma al momento non è possibile. Come ho detto, è una questione bilaterale che, ovviamente, rientra nella sfera di competenze dei paesi coinvolti nella definizione degli accordi.
Per quanto riguarda il programma di esenzione dall’obbligo di visto, oggetto di non poche critiche e più volte affrontato in quest’Aula, vorrei far presente quanto segue: in merito all’estensione di tale programma, il Visa Waiver Programma, auspichiamo che, in conformità dell’intesa su un approccio a due vie – quello adottato in occasione della riunione UE-USA tra i ministri della Giustizia e degli affari interni – presto si registrino risultati positivi.
A oggi è stato deciso che gli Stati Uniti negozieranno con i singoli Stati membri relativamente a questioni che sono di competenza nazionale e con la Commissione, invece, riguardo ad aspetti che afferiscono alla competenza dell’Unione europea. Ho già sottolineato questo nel mio intervento di apertura. Pertanto, ci aspettiamo un’estensione del Visa Waiver Programme che consenta di includere più Stati membri dell’Unione europea entro la fine del 2008. Al momento sono 11 i paesi non coperti da tale programma.
Vorrei aggiungere qualche parola sul cambiamento climatico, signor Presidente, se mi è concesso. L’interrogativo sollevato mirava a sapere se abbiamo fatto abbastanza riguardo a tale questione o problema. Sono lieto che durante la nostra Presidenza si siano svolti due importanti incontri, il primo sul “Dialogo di alto livello sul cambiamento climatico, l’energia pulita e lo sviluppo sostenibile” e il secondo sul “Riesame strategico dell’energia”.
Nondimeno, ci piacerebbe che gli Stati Uniti dimostrassero maggiore impegno in questo campo, e noi nell’Unione europea tenteremo di convincere i nostri amici americani dell’importanza di intervenire su scala globale e di concerto tra europei e americani. A tutt’oggi non sono trascurabili le divergenze tra noi.
Desidero altresì sottolineare che l’Unione europea è fermamente convinta che la questione della lotta al cambiamento climatico debba essere affrontata nel quadro delle Nazioni Uniti. Questo è il contributo che posso offrire alla discussione.
Günter Verheugen, Vicepresidente della Commissione. − (DE) Signor Presidente, onorevoli deputati, desidero soffermarmi brevemente su due questioni. Innanzi tutto, la cooperazione in materia di sicurezza, che l’onorevole in ’t Veld ha menzionato molti in sintesi e che riguarda il problema del giusto equilibrio tra le esigenze di sicurezza dei nostri amici americani e la rivendicazione da parte nostra della libertà individuale e dei diritti individuali dei nostri cittadini.
Vorrei spiegarle molto chiaramente, onorevole in ’t Veld, che la Commissione condivide appieno le sue preoccupazioni e io, ovviamente, informerò il collega competente della critica da lei espressa in merito alla mancanza di trasparenza nel processo e gli chiederò di garantire maggiore trasparenza.
Ci confronteremo con gli americani prima di accettare qualsiasi elemento che riguardi i principi intesi a instaurare una cooperazione tra noi su questi temi. Se mancherà la comprensione su questi principi, sarà difficile trovarla su singoli punti. Questo è, naturalmente, uno degli argomenti da affrontare al vertice della prossima settimana a Lubiana.
Non ho piacere di aggiungere altro in questa sede in merito alla questione dei polli, che tuttavia è stata menzionata da vari oratori in Aula. E’ sempre opportuno sapere di che cosa stiamo effettivamente parlando. Da molti anni a questa parte la preposta Autorità europea per la sicurezza alimentare spiega che il pollame importato dagli Stati Uniti non rappresenta in alcun modo una minaccia per la salute dei consumatori. Non stiamo parlando di un problema veterinario; stiamo discutendo di un argomento di mera politica commerciale da affrontare da questa prospettiva: quali sono i nostri interessi e come li difendiamo al meglio? Ritengo di avervi detto quanto dovevo.
A tale proposito, non ci sono divergenze di opinione in seno alla Commissione. La Commissione ha fin dall’inizio spiegato – devo ammettere – di non consentire a questa disputa in qualche modo bizzarra di diventare un onere e di sistemare per conto nostro il problema.
Presidente. − Comunico di aver ricevuto sei proposte di risoluzione(1) conformemente all’articolo 103, paragrafo 2 del regolamento.
La discussione è chiusa.
La votazione di svolgerà giovedì 5 giugno 2008.
Dichiarazioni scritte (articolo 142)
Magor Imre Csibi (ALDE), per iscritto. – (RO) Quale vicepresidente della commissione ENVI, sollecito i rappresentati dell’UE che partecipano all’incontro con i funzionari degli Stati Uniti ad analizzare eventuali soluzioni riguardo alla questione del cambiamento climatico.
Il cambiamento climatico è una sfida globale alla quale dobbiamo rispondere su scala globale. L’Europa sta compiendo passi in tal senso. Ci si aspetta lo stesso esempio dai nostri vicini al di là dell’oceano. Sono lieto che gli Stati Uniti abbiano deciso di unirsi agli sforzi della comunità internazionale, dopo il 2012, con la scadenza del protocollo di Kyoto.
Ho altresì apprezzato, infine, che il Presidente degli Stati Uniti abbia ammesso che occorre una normativa volta a ridurre le emissioni dei gas a effetto serra. Sollecito i rappresentanti dell’UE a discutere di una concreta percentuale di riduzione onde porre effettivamente termine al riscaldamento globale. Non possiamo accettare di aver bisogno di una legislazione in materia per poi, una volta raggiunti i risultati, tornare indietro.
Al tempo stesso, i futuri dibattiti relativi al quadro di cooperazione sul cambiamento climatico devono basarsi su studi concreti incentrati sulle fonti di energia rinnovabili. Mi riferisco principalmente ai biocombustibili di prima generazione. Dobbiamo contenere la percentuale del loro utilizzo e mantenere basso il livello delle sovvenzioni. In questo modo, proteggeremo la biodiversità ed eviteremo l’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari imputabile alla diminuzione della superficie riservata all’attività agricola.
András Gyürk (PPE-DE), per iscritto. – (HU) Il Vertice UE-USA in programma tra qualche giorno è una buona occasione che ci permette di valutare gi sviluppi delle relazioni transatlantiche nelle principali aree. Riteniamo che alla cooperazione relativa alla politica in materia di energia debba essere riservato un ruolo di rilievo nell’agenda.
La sicurezza dell’approvvigionamento energetico continua a essere l’obiettivo primario su entrambe le sponde dell’Oceano Atlantico. E’ comunemente risaputo che la maggior parte delle riserve si trovano in paesi che non sempre soddisfano i requisiti della democrazia. E’ proprio per questa ragione che sono necessari costanti sforzi e un’azione comune negli interessi della promozione dei diritti umani e dello Stato di diritto. E’ importante per noi sottolineare che diffondere i principi della democrazia significherà anche maggiore sicurezza nell’approvvigionamento energetico.
A ciò si aggiunga che la futura cooperazione deve concentrarsi anche con maggiore attenzione sulla lotta al cambiamento climatico. E’ da accogliere con molto favore il fatto che gli Stati Uniti si siano impegnati a creare le basi per il sistema post-Kyoto. Gli Stati membri dell’Unione europea e gli Stati Uniti devono assumere un ruolo di guida mirando a ottenere da parte dei paesi più industrializzati il consenso, entro la fine dell’anno, sulle principali pietre angolari del trattato internazionale. Il pacchetto di misure relativo alla riduzione delle emissioni introdotto di recente nella legislazione americana è l’ultimo segnale che dimostra la volontà di Washington di assumere un ruolo attivo nella lotta contro il cambiamento climatico.
I prezzi del petrolio, che stanno raggiungendo prezzi vertiginosi prima inimmaginabili, attirano la nostra attenzione sull’importanza dell’azione internazionale congiunta nell’area della politica energetica. Siamo convinti che gli Stati uniti e l’Europa non possano esimersi dall’assumere la responsabilità in tale ambito.
Gábor Harangozó (PSE), per iscritto. – (EN) Negli ultimi anni le relazioni UE-USA hanno registrato sostanziali cambiamenti in molti settori e si stanno muovendo verso una fase di consolidamento riguardo a molti aspetti della cooperazione. Il recente caso dei negoziati sull’eliminazione delle restrizioni relative ai visti per i viaggiatori dell’UE è un esempio perfetto – malgrado il risultato positivo – che dimostra il motivo per cui, onde garantire la riuscita dei colloqui tra gli USA e l’UE, dovremmo evitare di definire accordi bilaterali che in realtà indeboliscono il potere negoziale dell’UE quanto entità unica.
Un accordo su un pacchetto che impegnasse i 27 Stati membri, basato sulla ripartizione delle competenze tra l’Unione e gli Stati membri, era in effetti un elemento indispensabile al fine di sostenere la politica comune dell’UE in materia di visti. E’ essenziale garantire che, laddove si applicano le competenze della Comunità, gli accordi a livello di UE con i nostri partner strategici quali gli Stati Uniti sono assicurati; ritengo che sia negli interessi di entrambe le parti. E’ in realtà il solo modo di garantire che il Visa Waiver Programme preveda la reciproca esenzione dall’obbligo di visto per i viaggi e pari trattamento per tutti i cittadini riguardo allo status dei loro passaporti, in quanto cittadini dell’UE.
Tunne Kelam (PPE-DE), per iscritto. – (EN) E’ il momento di sottolineare in tutta chiarezza e responsabilmente che il partenariato UE-USA non è solo una pietra miliare delle azioni di politica estera dell’UE all’insegna della credibilità e dell’efficienza, ma che solo la stretta cooperazione e il coordinamento tra entrambi i partner consentirebbe loro di svolgere ruoli chiave nel mondo della globalizzazione e di fungere da garanti della stabilità e della democrazia.
L’Unione europea non ha un altro partner nel mondo cui condividere i valori fondamentali della libertà, dello Stato di diritto e della difesa dei diritti umani.
E’ ora di ricostruire del tutto un rapporto normale di cooperazione di fiducia reciproca dopo i danni imputabili all’invasione dell’Iraq, che ha tragicamente diviso l’UE stessa.
Chiedo pertanto con forza a entrambi i partner di completare senza indugi i lavori del Consiglio economico transatlantico. Anche un approccio comune ai problemi del cambiamento climatico accrescerà in misura sostanziale le possibilità di risolvere questi problemi. Lo stesso discorso vale rispetto all’Iran, riguardo al quale gli USA e l’UE devono definire una strategia comune onde fermare con efficacia le attività in loco volte a sviluppare armi nucleari.
Infine, ci occorre un partenariato UE-NATO ridefinito e più forte che migliorerà anche la nostra cooperazione in Afghanistan.
Eija-Riitta Korhola (PPE-DE), per iscritto. – (FI) Signor Presidente, signor Commissario, desidero sollevare due questioni su cui l’UE deve concentrare la propria attenzione al vertice. Le sfide globali significano che è soprattutto l’Occidente a dover dimostrare coerenza e senso di responsabilità.
Innanzi tutto, l’Unione deve sviluppare un dibattito costruttivo sul ruolo dell’America nell’ambito della politica in materia di clima. Il mondo ha dinanzi a sé un anno e mezzo per invertire rotta prima dell’appuntamento di Copenaghen. Da un lato, dobbiamo sollecitare gli Stati Uniti a elaborare piani indispensabili per la legislazione sul clima. Dobbiamo sottolineare che la soluzione al problema del cambiamento climatico globale è un’economia a basse emissioni di carbonio. Questo significa che i meccanismi dei mercati del carbonio dei vari paesi devono essere compatibili nonché sempre più integrati tra loro. I sistemi regionali di scambio di quote di emissioni degli Stati Uniti fanno ben sperare.
Per un verso, dobbiamo riconoscere che il nostro partner nella lotta contro il cambiamento climatico è migliore della sua reputazione. L’UE dovrebbe ispirarsi agli Stati Uniti e riconoscerne gli sforzi positivi volti a sviluppare una tecnologia pulita. L’Unione ha ancora un po’ di strada da percorrere in questo senso. Gli Stati Uniti indicano il cammino che abbiamo dinanzi e propongono di istituire un fondo internazionale a favore della tecnologia rispettosa dell’ambiente. La cooperazione tra l’UE e gli Stati Uniti sarà inoltre molto importante per introdurre misure finalizzate all’adeguamento al cambiamento climatico.
Il vertice dovrebbe inoltre evidenziare i valori fondamentali che sono nostri impegni comuni: democrazia, diritti umani e Stato di diritto. Dobbiamo osare chiederci quale attuazione diamo alla nostra base di valori nelle politiche del mondo occidentale. Possiamo affermare a mente fredda che le azioni dei leader del mondo sono positive, ad esempio, nella lotta contro il terrorismo? Poiché il terrorismo è una minaccia che accomuna l’UE e gli Stati Uniti, occorre che gli strumenti per contrastarla siano all’altezza.
Talvolta sembra che la retorica politica globale e il mondo quotidiano dimentichino il fatto che la nostra base di valori non impone in primo luogo un obbligo ad altri, bensì a noi stessi, a prescindere che si tratti di Medio Oriente, Balcani occidentali o Africa.
Bernard Wojciechowski (IND/DEM), per iscritto. – (EN) L’imminente Vertice UE-USA offrirà a entrambi i partner transatlantici la possibilità di trovare una base comune su questioni che interessano entrambe le sponde dell’Atlantico. I nostri continenti condividono una civiltà e un passato comuni. Dobbiamo garantire che il nodo che lega questa relazione sia il più stretto possibile onde consentirci di conseguire gli obiettivi che non sono solo importanti per entrambe le parti, ma rappresentano esigenze globali. Il crescente bisogno estremo di energia delle economie emergenti, l’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari e i conflitti nel mondo sono solo alcuni degli aspetti su cui il partenariato UE-USA deve impegnarsi ai fini della pace e della sostenibilità e per promuovere la dignità umana sul globo. Una delle storie di successo di questa relazione è la NATO, un’organizzazione che noi tutti dovremmo sostenere e rafforzare in quanto ha garantito la pace in Europa e ha instaurato legami più profondi tra l’UE e gli USA.
21. Interventi di un minuto su questioni di rilevanza politica
Presidente. − L’ordine del giorno reca gli interventi di un minuto su questioni di rilevanza politica.
Emmanouil Angelakas (PPE-DE). – (EL) Signor Presidente, di recente suscita sempre più clamore nell’ambito dell’UE la notizia dell’espansione dell’energia nucleare a fini pacifici, soprattutto per rispondere ai fabbisogni energetici dell’UE.
Il problema è l’aumento incontrollato del prezzo del petrolio, la crescente domanda da parte di alcuni paesi con economie a rapida crescita, i disordini a livello regionale nei paesi produttori di petrolio, nonché il fatto che le fonti di energia rinnovabili o il gas naturale riusciranno a coprire solo una frazione del fabbisogno di energia dell’UE. Di conseguenza, si è deciso di valutare in discussione la questione relativa alla costruzione di centrali nucleari.
Sono molti aspetti che preoccupano gli europei. Si può garantire il funzionamento sicuro degli impianti di energia nucleare? Esistono adeguati sistemi di allarme preventivo onde garantire sufficiente preavviso nel caso di un problema operativo? Infine, qual è il livello di sicurezza della gestione delle scorie nucleari? Per tutti questi motivi, credo che potrebbe essere utile sviluppare, su iniziativa del Parlamento europeo e con la collaborazione della Commissione, un dialogo che sfoci in chiare conclusioni inequivocabili per i cittadini europei. Esorto la Presidenza francese a inserire questo argomento tra le priorità della sua agenda.
Marusya Ivanova Lyubcheva (PSE). - (BG) Signor Presidente, cari colleghi, desidero richiamare la vostra attenzione su una questione di cui abbiamo la responsabilità per il futuro dell’Unione europea e del mondo nel complesso: il traffico di minori.
Nel XXI secolo, l’era delle alte tecnologie e dei progressi, questo problema persiste ed è decisamente inumano e crudele ignorarlo o confonderlo con altri problemi. Il traffico di minori è una realtà. E’ un abuso non solo contro i diritti umani, è un abuso contro il futuro.
La vita di ogni bambino è una benedizione e la sua distruzione è un crimine contro l’umanità. Il traffico di minori ha conseguenze atroci. Viene chiamato “schiavitù moderna”; ne conseguono maltrattamenti fisici e mentali, sfruttamento sessuale e omicidio.
Dobbiamo unire i nostri sforzi e cooperare nell’ambito di una politica comune onde contrastare e ridurre al minimo questo fenomeno. La Commissione europea deve elaborare un programma e un piano d’azione distinti nell’ambito del quadro della strategia per i minori nonché intraprendere le misure necessarie per l’introduzione di strutture e di una politica comuni.
Cristian Silviu Buşoi (ALDE). – (RO) Signor Presidente, cari colleghi, la dipendenza dell’Europa dalle importazioni di idrocarburi è aumentata, i prezzi del petrolio hanno raggiunto un livello allarmante e l’Unione europea è sempre più vulnerabile ai paesi dell’OPEC e alla Russia.
Nell’ambito delle relazioni estere, occorre adottare un approccio nel campo dell’energia basato su sforzi comuni. Gli accordi bilaterali tra gli Stati membri e i paesi terzi deve rafforzare l’approccio comune europeo e non indebolirlo. Gli accordi siglati da Italia, Ungheria e Bulgaria con la Russia nel quadro della costruzione di South Stream, un gasdotto progettato per evitare che uno Stato membro quale la Romania, senza alcuna ragione economica, comprometta pesantemente la coesione della politica energetica europea e rappresenti strategie politiche da non adottare tra Stati membri. Mi aspettavo una posizione più determinata da parte della Commissione europea nel condannare questa situazione.
Per quanto attiene alla legislazione sulla sicurezza energetica da adottare nel secondo semestre di quest’anno, ritengo che dovremmo dimostrare un livello di ambizione paragonabile a quello manifestato con la normativa “Energia – cambiamenti climatici”. Il principio dello speaking with one voice deve diventare funzionale e la Commissione dovrebbe proporre un meccanismo relativo ad accordi con paesi terzi, che prenda magari ispirazione dal settore del nucleare. Se vogliamo riuscire, dobbiamo agire insieme.
Milan Horáček (Verts/ALE). – (DE) Signor presidente, la scorsa domenica nazionalisti reazionari hanno pestato brutalmente degli omosessuali a una manifestazione pacifica a Mosca, scolpendo ancora una volta nelle nostre coscienze l’immagine di una Russia non libera. Omosessuali e lesbiche sono tutti oggetto di una massiccia discriminazione. Negli ultimi anni, il politico tedesco Volker Beck del partito dei Verdi è stato picchiato e arrestato in occasioni di dimostrazioni. Non si può sottolineare mai abbastanza quale pessima organizzazione abbia in Russia la società civile.
Alla fine di giugno sarà finalmente negoziato in Siberia un nuovo accordo UE-Russia. E’ nostro dovere nei confronti del popolo russo e di altri regimi autocratici non permettere che la questione della sicurezza energetica offuschi tutti gli altri settori; alla base di questo nuovo accordo devono esserci le libertà democratiche fondamentali e i diritti umani.
Dariusz Maciej Grabowski (UEN). – (PL) Signor Presidente, sull’industria cantieristica polacca incombe la minaccia della chiusura totale, perché la Commissione europea chiede la restituzione di importi erogati a titolo di aiuti di Stato. Ne conseguirà che centinaia di lavoratori del Baltico perderanno il posto di lavoro, e decine di migliaia di addetti degli stabilimenti che lavorano con i cantieri navali, sia in Polonia che in altri paesi dell’UE, si ritroveranno verosimilmente senza occupazione.
La Commissione europea si nasconde dietro lo slogan della libera concorrenza, e non vuole ammettere a se stessa che, durante un periodo di aumento massiccio dei prezzi su scala globale, alcune sezioni dell’economia vanno tutelate, come stanno facendo i paesi asiatici. La Commissione europea non è disposta a confessare che i Länder orientali hanno ricevuto più un miliardo e mezzo di marchi in aiuti dal governo tedesco, e che tale aiuto comprendeva i cantieri navali sul Baltico.
Mi chiedo se sia il caso che il popolo e il luogo dove è cominciato il movimento di solidarietà – la caduta del Muro di Berlino, la liberazione dell’Europa – debbano cadere vittime delle decisioni arbitrarie prese a Bruxelles negli interessi di speculatori preoccupati di accumulare le loro fortune sulle macerie e sul suolo dei cantieri navali. Chiediamo che la Commissione europea prenda decisioni che consentano di salvaguardare e sviluppare l’industria cantieristica in Polonia.
Věra Flasarová (GUE/NGL). – (CS) Onorevoli colleghi, chiedo il vostro sostegno affinché si proceda alla revisione del regolamento (CE) n. 318/2007 della Commissione, o si torni al testo originale del 2005, a causa delle richieste da parte delle organizzazioni di allevatori che commerciano volatili esotici in Germania, nei Paesi Bassi, in Belgio e nella Repubblica ceca. L’emendamento si riferisce fondamentalmente al divieto di importare nell’Unione uccelli esotici selvatici. Considerata la situazione pratica per i piccoli volatili di allevamento, le condizioni imposte sulla loro importazione sono difficili da rispettare. E’ ovvio che l’isteria diffusa dai media riguardo all’influenza aviaria sia stata utilizzata per conseguire il suddetto standard. L’UE dispone di un sistema di strutture di quarantena laddove vengono individuate malattie aviarie che costituiscono una minaccia per le persone. In alcuni casi gli allevatori hanno contribuito a restituire varie specie di animali allo stato brado, nel rispetto della normativa che protegge le specie più minacciate elencate in CITES. L’unico effetto del divieto è una contropressione e il tentativo di aggirarla. Il mercato nero acquisterà terreno, il contrabbando fiorirà e il prezzo dei volatili aumenterà. Ne possono derivare anche più rischi per la salute. Qualora lo standard e i ben sperimentati regolamenti veterinari vengano rispettati, non ultima la Convenzione di Washington sul commercio internazionale delle specie di fauna e flora selvatiche minacciate di estinzione, non è più necessario mantenere il regolamento in questione.
Urszula Krupa (IND/DEM). – (PL) Signor Presidente, desidero approfittare della sede del Parlamento europeo per protestare contro la sospensione illegale da parte del fondo nazionale per la protezione ambientale, che dipende dal governo polacco, del suo contratto con la fondazione Lux Veritatis finalizzato all’attuazione di un investimento geotermico per Toruń, mentre al contempo ha annunciato che non ci sarà alcun rimborso degli enormi importi che la fondazione ha erogato ai fini di tale investimento. Le circostanze indicano che la decisione è stata dettata da considerazioni di carattere politico, e si pone in contrasto non solo con il diritto nazionale polacco, ma anche con il diritto comunitario, che dimostra che nel nome della lotta contro i soggetti percepiti come nemici politici il diritto non viene rispettato e il sostegno a favore delle’energia rinnovabile non è consentito, altro elemento che viola il principio fondamentale dell’UE di non discriminazione per motivi politici o religiosi. Le ex autorità del fondo nazionale per la protezione dell’ambiente e la gestione delle risorse idriche afferma che l’applicazione da parte della fondazione Lux Veritatis è stata verificata con molta attenzione e non è in alcun modo ritenuta inadeguata.
Irena Belohorská (NI). – (SK) Onorevoli colleghi, desidero informarmi in merito a un episodio avvenuto di recente nel Regno Unito. Un cittadino slovacco che lavora lì legalmente ha rinnovato la registrazione della sua vettura quattro giorni dopo la scadenza prevista, e per questo reato la polizia britannica lo ha minacciato di distruggergli l’auto. Nello svolgimento delle indagini, gli agenti hanno assunto un atteggiamento xenofobo e offensivo, approfittando della sua conoscenza passiva della lingua inglese. Gli sono stati sequestrati tutti i documenti senza alcun valido motivo, gli è stato consegnato un ritaglio di giornale anziché un certificato ufficiale che attestasse la confisca del veicolo e le autorità britanniche hanno persino rifiutato la documentazione, ad esempio l’assicurazione auto europea (carta verde) o l’autorizzazione slovacca. Per questo reato, e intendo proprio un reato, la polizia britannica e le autorità hanno minacciato di demolire l’automobile.
Desidero esprimere la mia gratitudine al collega Chris Davies per l’aiuto fornito nell’esaminare questo spiacevole episodio nonché gli altri membri britannici che si sono interessati al caso. Confido nel fatto che tale comportamento da parte della polizia britannica costituisca un incidente isolato e che questo atteggiamento nei confronti dei cittadini che lavorano legalmente nel Regno Unito sia l’eccezione anziché la regola. Il termine per la restituzione del veicolo è scaduto ieri, e ancora non abbiamo alcuna informazione in merito all’eventuale demolizione della vettura. In un modo o nell’altro, il nostro cittadino è senza il proprio veicolo anche se le autorità britanniche hanno ricevuto tutta la documentazione necessaria.
Petya Stavreva (PPE-DE). - (BG) Signor Presidente, onorevoli membri al Parlamento europeo, tra una decina di giorni, il 14 giugno 2008, la Bulgaria renderà omaggio alla memoria e al lavoro di una vita di Alexander Stamboliiski, statista, riformatore e leader del movimento agricolo nel paese.
Salì al potere in Bulgaria nel 1919, dopo due disastri nazionali, e si dedicò con impegno alla causa nazionale, alla modernizzazione e al rinnovo democratico del paese. Il suo governo venne rovesciato da un colpo di Stato nel 1923. Alexander Stamboliiski venne ucciso nel modo più efferato ma la sua figura è rimasta immortale con le sue idee di una Bulgaria liberà e indipendente sulla via della costruzione e dell’integrazione in Europa.
Le lezioni di Stamboliiski riguardo alla capacità di governare sono particolarmente pertinenti oggi, a 85 anni di distanza dalla sua tragica morte, oggi che la Bulgaria è un membro dell’Unione europea. La protezione degli interessi nazionali nella grande famiglia europea, la salvaguardia dell’identità nazionale fianco a fianco con il rapido adeguamento alle nuove realtà devono consolidare gli sforzi di noi tutti, cittadini dell’Europa unificata, per i quali i valori non sono solo una vuota nozione a uno stile di vita, un atteggiamento e una risposta sociale.
Iliana Malinova Iotova (PSE). - (BG) Signor Presidente, i programmi operativi bulgari nel quadro dei fondi dell’UE sono stati tra i primi a essere approvati dalla Commissione per il periodo dal 2007 al 2013.
Dobbiamo ammettere che, in quanto nuovo Stato membro, dobbiamo affrontare varie difficoltà nell’attuazione specifica. I problemi spaziano dalle informazioni inadeguate alle irregolarità e persino agli abusi delle risorse dei fondi dell’UE – “disordini” che non risparmiano nessun singolo Stato membro dell’UE.
Il governo bulgaro ritiene che l’assorbimento dei finanziamenti sia un obiettivo importante; ha comportato riforme radicali in tutte le istituzioni responsabili delle risorse comunitarie. E’ stato nominato un vice Primo Ministro incaricato del coordinamento complessivo del processo.
I risultati insoddisfacenti dell’assorbimento dei fondi sono stati finora argomento di una campagna aggressiva da parte dell’opposizione nazionale che ha ripetutamente cercato di screditare il paese anche qui, in sede di plenaria del Parlamento europeo.
I riferimenti a fonti anonime che predicono la presentazione in luglio di una relazione sulla Bulgaria dai toni apocalittici da parte della Commissione ancora prima che quest’ultima abbia cominciato a elaborarla sono voci a fini politici nazionali, che tuttavia non contribuiscono a risolvere i problemi. Purtroppo, l’unico risultato che ottengono è infangare il buon nome del mio paese. Voglio affermare molto chiaramente che lo Stato bulgaro intraprende misure radicali nei rispettivi ambiti ed è fermamente intenzionato a superare gli attuali problemi.
Marios Matsakis (ALDE). – (EN) Signor Presidente, probabilmente saprà che gli edifici del Parlamento europeo a Strasburgo hanno una più massiccia presenza di amianto rispetto a quanto inizialmente anticipato. I lavori di ammodernamento e, in tempi più recenti, di eliminazione dell’amianto sono in corso dal 2004 – a quanto pare, da quanto gli edifici vengono utilizzati. Questo, a mio parere, è un comportamento irragionevole e pericoloso, perché qualsiasi attività condotta su strutture che contengono amianto determina inevitabilmente un rilascio di fibre cancerogene nell’atmosfera.
Ritengo che non si debba usare il Parlamento europeo di Strasburgo a condizione che e fino a quando tutto l’amianto presente venga adeguatamente rimosso e gli edifici vengano decontaminati a fondo. Nell’interesse della salute pubblica e della trasparenza, esorto il Presidente di quest’Assemblea a formulare quanto prima una dichiarazione debitamente dettagliata in merito a questo problema dell’eliminazione dell’amianto dal Parlamento europeo di Strasburgo.
Willy Meyer Pleite (GUE/NGL). – (ES) Signor Presidente, attualmente dobbiamo affrontare una grave crisi che colpisce il settore della pesca nell’intera Unione europea e che richiede una rapida risposta da parte delle Istituzioni europee. Penso sia essenziale creare una commissione tripartitica che coinvolga le autorità pubbliche, i sindacati e gli armatori.
Al fine di affrontare la crisi una volta per tutte, non possiamo metterci una pezza, dobbiamo elaborare un’esaustiva proposta strutturale che non tralasci alcun aspetto della crisi del settore. Ovviamente chiediamo una pesca responsabile; dobbiamo risolvere la questione della commercializzazione del prodotto; dobbiamo far fronte alla carenza di equipaggio nelle flotte e garantire relazioni occupazionali giuste e che i lavoratori possano uscire dalla situazione di precarietà in cui versano.
Ritengo che al momento sia molto importante che il Parlamento europeo dia il proprio sostegno al fine di trovare una via d’uscita da questa crisi, perché riguarda anche l’occupazione di qualità e noi dobbiamo essere in grado di tener testa alle circostanze che emergono.
Gerard Batten (IND/DEM). – (EN) Signor presidente, un mio elettore di Londra, il signor Budd Margolis, mi informa che una sua parente lituana, Rachel Margolis, ha pubblicato le sue memorie raccontando le sue esperienze durante la Seconda guerra mondiale; fuggita dal ghetto di Vilna si unì ai partigiani per combattere contro i nazisti. Le autorità lituane adducono ora le sue memorie quale prova poter perseguitare come criminali di guerra gli partigiani ebrei sopravvissuti, tra cui si annoverano persone come Yitzhak Arad, ex direttore del Centro dell’olocausto di Israele, e Fania Brancovskaja, bibliotecaria presso l’istituto yiddish nell’Università di Vilnius.
Sulla Lituania incombe l’obbligo di portare in giudizio i criminali sopravvissuti della Seconda guerra mondiale, ma finora non è mai riuscita nel suo intento. I partigiani ebrei che hanno combattuto con i tedeschi e i loro collaboratori sono trattati alla stregua di traditori della Lituania.
A nome di molti miei elettori ebrei e non, chiedo: dov’è la giustizia nel perseguire partigiani ebrei che hanno combattuto contro i nazisti, mentre gli omicidi degli ebrei rimangono impuniti?
Jim Allister (NI). – (EN) Signor Presidente, in Europa abbiamo assistito a proteste assolutamente legittime da parte dei pescatori riguardo al vertiginoso prezzo del combustibile. Alcuni governi hanno fatto fronte alle rispettive responsabili, mentre altri, come il mio, no.
Dovremmo vantare una politica comune della pesca, ma in molte regioni dell’Europa l’approccio non è nient’altro se non comune. Nella mia circoscrizione elettorale, gli armatori di piccoli pescherecci a strascico pagano ogni giorno per il carburante un conto di oltre 2 000 euro al giorno. La loro richiesta relativa ad aiuti a breve termine ha trovato orecchie sorde al suo appello anche se rientra nell’ambito delle competenze del ministro locale erogare l’aiuto de minimis in conformità delle regole di quelli di Stato. Si è vergognosamente rifiutata di farlo. In Francia e in Spagna il governo è invece intervenuto.
Come si può avere una politica comune della pesca che sia redditizia con tali disparità su un bene di base come il combustibile? Condanno l’indifferenza del ministro Gildernew e non chiedo solo aiuti a breve termine ma una strategia a lungo termine relativa al combustibile per il nostro settore della pesca.
Jim Higgins (PPE-DE). - (GA) Signor Presidente, il governo irlandese è in procinto di lanciare un programma nazionale relativo alla banda larga. La banda larga non è accessibile nel 10 per cento del paese che per la maggior parte riguarda la regione da cui vengo io, ossia il West and the Midlands. Anche se la banda larga è sempre più diffusa, il tasso di crescita non è soddisfacente e non corrisponde alla media dell’Unione europea.
In Irlanda, un 86 per cento del servizio a banda larga è concentrato nelle aree urbane, ma la disponibilità nelle aree rurali è molto inferiore. Si deve intervenire in qualche modo. Invidiamo la situazione del nord del paese dove la banda larga è accessibile in ogni area. Vorrei che la Commissione europea esercitasse pressione sul governo irlandese affinché possiamo conseguire gli obiettivi dell’agenda di Lisbona.
Cătălin-Ioan Nechifor (PSE). – (RO) Tra non molto, la Commissione europea pubblicherà le relazioni sui progressi compiuti dalla Romania e dalla Bulgaria riguardo alla riforma della giustizia.
Oggi, a distanza di un anno e mezzo dall’integrazione, sempre più persone si dichiarano insoddisfatte del livello europeo, fino ad affermare che gli sviluppi registrati finora sono insignificanti rispetto agli obiettivi fissati. Anche se alcuni esperti sostengono che la Romania e la Bulgaria avrebbero dovuto aderire all’Unione europea molto prima, ritengo che questi due nuovi Stati membri debbano beneficiare ancora dell’assistenza e del sostegno della Commissione e del Parlamento.
Considerato che l’anno prossimo si svolgeranno le elezioni del Parlamento europeo, sono convinto che i mesi a venire saranno fondamentali per la Bulgaria e la Romania per dimostrare appieno la loro appartenenza europea.
Marco Cappato (ALDE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, una questione di discriminazione linguistica interna al nostro Parlamento: l’interfaccia dei computer dei parlamentari funzionano soltanto con la lingua inglese. I nostri sistemi operativi, le possibilità di accedere ai file, si può navigare attraverso i nostri computer soltanto con i comandi della lingua inglese.
Questo mi pare assolutamente discriminatorio nei confronti di quei parlamentari che, non conoscendo l’inglese, vogliono direttamente gestire il lavoro sul proprio computer. È un problema di omologazione linguistica della quale gli amici esperantisti provano ad occuparsi alle Nazioni Unite e la francofonia non so bene di che cosa si occupi se non si occupa anche di questo. Ma io spero, Presidente, che si possa rimediare a questo, così come si possa rimediare alla discriminazione tecnologica in base alla quale ho presentato un’interrogazione scritta il 2 giugno scorso in un formato aperto – i cosiddetti ODF – diverso da quello di proprietà di Microsoft correntemente in uso e mi si è risposto dai servizi che non è possibile presentare interrogazioni in formato aperto.
Spero che queste discriminazioni linguistiche e tecnologiche possano subito essere superate.
Georgios Toussas (GUE/NGL). – (EL) Signor Presidente, gli aumenti dei prezzi di tutti i prodotti di largo consumo, i trasporti e i servizi combinati con bassi livelli di retribuzioni e pensioni, e tagli drastici nelle prestazioni sociali hanno danneggiato a più riprese i redditi delle persone generando al contempo enormi profitti per i gruppi imprenditoriali monopolistici.
I prezzi hanno registrato una crescita incontrollabile per le famiglie comuni della classe lavoratrice in tutti gli Stati membri. Coloro che tentano di addossare la colpa dei prezzi alti su pochi speculatori crudeli ingannano la gente, cercano di nascondere il fatto che la crescita dei prezzi è alimentata dai profitti dei monopoli, nonché dalle politiche sul libero mercato e della concorrenza, che sono alla base dell’UE stessa e dei suoi piani programmatici delineati e attuati dagli Stati membri e dai rispettivi governi. I prezzi elevati iniziano con il monopolio su produzione e scambi, dominati dai gruppi imprenditoriali che depredano i redditi dei singoli e schiacciano migliaia di piccole attività e imprese.
Chiediamo ai lavoratori di intensificare la loro lotta per un reale aumento delle retribuzioni, per pensioni, prestazioni sociali e per l’abolizione dell’IVA sui prodotti di consumo comuni, i servizi di interesse generale e il combustibile, nel tentativo di ridurre i prezzi delle strutture pubbliche.
PRESIDENZA DELL’ON. LUIGI COCILOVO Vicepresidente
Péter Olajos (PPE-DE). - (HU) Il 15 maggio gli Stati Uniti hanno introdotto un atto legislativo che rappresenta una pietra miliare nella crisi che riguarda l’abbattimento illegale di alberi, un problema di portata mondiale. Il Congresso è stato il primo al mondo ad approvare tale legge che vieta l’importazione di legname realizzato illegalmente. Da analisi condotte a seguito dell’adozione della norma è emerso che tale atto contribuisce alla competitività delle fabbriche americane, protegge i posti di lavoro, e invia un chiaro messaggio a quelle comunità forestali che vorranno prestare ascolto.
La mia domanda è la seguente: quanto tempo intende aspettare l’Unione europea e che cosa sta aspettando? E’ vergognoso e scandaloso che ce ne stiamo qui in attesa a braccia conserte. Tuttavia noi europarlamentari possiamo intervenire in qualche modo. Raccomando a tutti di firmare la petizione n. 23 presentata un paio di mesi fa il cui obiettivo è convincere la Commissione a introdurre finalmente una legislazione, dopo gli Stati Uniti, mentre ancora abbiamo delle foreste. Molte grazie.
Neena Gill (PSE). – (EN) Signor Presidente, desidero richiamare la sua attenzione sulla difficile situazione di un mio elettore, il signor Alan Jones di Knighton, una città rurale nelle West Midlands, che è un esempio lampante di imprenditore europeo abbandonato per l’assenza della connessione a banda larga ad alta velocità nelle aree rurali. Vuole aprire una piccola impresa on line che offra servizi per cornici fotografiche. Quest’uomo, affetto da una disabilità e che lavora da casa, sarebbe il soggetto ideale per lanciare una nuova attività. Tuttavia, c’è un solo fornitore di servizi Internet che detiene il monopolio della banda larga nella città e, sebbene sia in espansione, il collegamento è estremamente lento e del tutto inadeguato per gestire un’impresa.
La Commissione ha un piano inteso a colmare il divario digitale e di espandere la banda larga nelle aree rurali, e deve con urgenza risolvere i problemi dei fornitori di servizi Internet garantendo la disponibilità di risorse adeguate e che le aree non rimangano indietro in termini di qualità, alta velocità e costi bassi.
Quello che desidero dirle, signor Presidente, è di garantire che la Commissione assicuri che imprenditori come il signor Jones non siano ostacolati o frustrati nella decisione di avviare attività, perché questo impedisce la creazione di posti di lavoro oltremodo necessari nelle aree rurali.
Danutė Budreikaitė (ALDE). – (LT) La Commissione europea e i membri dell’OMC stanno stringendo i tempi per finalizzare le consultazioni di Doha sull’agricoltura e sull’apertura del mercato per i prodotti industriali, l’accordo NAMA. La notevole influenza esercitata dall’attuale situazione negli Stati Uniti, ossia le imminenti elezioni, è incontestabile. Tuttavia, rispetto alla sospensione del ciclo di negoziati nel 2006, la questione del NAMA è chiaramente un passo indietro. I paesi altamente sviluppati stanno facendo in modo di mantenere una situazione ambientale quasi inalterata. Le tariffe dell’UE su prodotti tessili e abbigliamento diminuiranno dal 12 al 4 per cento. I mercati delle economie emergenti non si apriranno, in quanto non sono le tariffe, bensì gli obblighi di tariffe massime che devono essere decurtati. Inoltre, si deve applicare un periodo transitorio di 18 anni alla Cina, il paese che ha inondato l’Europa e il resto del mondo con prodotti di bassa qualità. La proposta di accordo NAMA presentata è inaccettabile per la Lituania e altri paesi dell’UE, poiché pregiudicherebbe la loro competitività. C’è un equilibrio ovvio tra l’agricoltura e tale accordo. L’UE non dovrebbe affrettarsi a completare i negoziati di Doha soltanto nell’interesse della propria economia. Esorto la Commissione a prendersi tempo e ripresentare in modo corretto gli interessi dei paesi dell’UE.
Pedro Guerreiro (GUE/NGL). – (PT) Signor Presidente, vorrei congratularmi con i pescatori di vari paesi dell’Unione europea, e del Portogallo in particolare, per la lotta che conducono per proteggere il settore strategico della pesca, nonché posti di lavoro, condizioni di vita e salari dignitosi per migliaia di pescatori e per le loro famiglie.
Confrontati con una politica comune della pesca e un’Unione europea indifferenti alla crisi socioeconomica di lunga data che colpisce il settore e si è ulteriormente acuita a causa degli aumenti del prezzo del sul carburante – gasolio e benzina – e delle speculazioni finanziarie di cui è oggetto, i pescatori alla fine hanno dimostrato che esistono soluzioni e misure che dovrebbero essere adottate a lungo termine. Tali soluzioni e misure impongono all’Unione europea di smettere di fare orecchie da mercante e di adottare nuove politiche che proteggano e promuovano il settore della pesca, non la sua lenta agonia e rovina. La pesca ha un futuro.
Non posso concludere questo breve intervento senza tributare un riconoscimento alle centinaia di lavoratori che domani dimostreranno a Lisbona in difesa delle loro conquiste e dei diritti del lavoro.
Zuzana Roithová (PPE-DE). – (CS) Signor Presidente, l’allargamento dell’area Schengen è stata una splendida notizia per i cittadini del mio paese, un simbolo dell’uguaglianza dei cechi con gli altri paesi dell’Unione. Purtroppo, i giornali di oggi sono pieni di titoli che parlano di conducenti cechi tormentati dalla polizia di Germania e Austria. Da aprile, in questi due paesi bus e vetture private con targhe ceche sono oggetto di sistematici controlli approfonditi. Dopo soltanto poco più di un mese di controlli generali, l’Austria ha annunciato l’intenzione di effettuare i controlli a partire da giugno in concomitanza del campionato europeo di calcio. Questo è corretto. Tuttavia, mi oppongo con forza ai controlli generici eseguiti in Germania riguardo ai conducenti cechi; è una decisione unilaterale difficile da spiegare e che compromette le relazioni con i vicini. Ricevo lettera di cittadini che chiedono alle autorità ceche di reagire. Non è una situazione positiva e inficerà anche il clima politico antecedente alla ratifica del trattato di Lisbona. Ho già presentato ricorso e ora invito i miei colleghi tedeschi a verificare la questione a casa in Germania.
Rovana Plumb (PSE). – (RO) Cari colleghi, desidero accogliere con favore il programma avviato dal Consiglio d’Europa che si pone quale obiettivo l’eliminazione di qualsiasi forma di violenza nei confronti dei minori e sono certa che nel 2009 la punizione fisica sarà vietata in tutto il mondo.
Voglio tuttavia sottolineare la necessità di una campagna comune a livello europea che sensibilizzi i minori riguardo al fatto che la violenza nei loro confronti è contro la legge e che devono denunciare qualsiasi maltrattamento cui sono soggetti. In alcuni Stati membri dell’UE, i genitori considerano la punizione corporale un comune metodo educativo e i figli la ritengono normale.
Il futuro dell’Unione europea dipende da come si rispettano i diritti dei minori e nel corso della loro educazione dobbiamo tenere ben presente un approccio che vieti qualsiasi forma di violenza.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL). – (PT) Eurofond ha di recente riportato che il 25 per cento dei licenziamenti registrati in Portogallo tra il 2003 e il 2006 era imputabile ai trasferimenti delle aziende. Dai dati emerge che molte multinazionali hanno operato questa scelta dopo aver beneficiato di milioni di euro in aiuti comunitari e dopo aver accumulato profitti per milioni, una situazione inaccettabile.
Ci son esempi di lavoratori che non hanno ancora ricevuto alcun indennizzo cui hanno diritto, come nel caso della Brax a Vila Nova de Gaia i cui dipendenti si sono presentati ieri davanti al palazzo di giustizia per chiedere quanto loro dovuto come indennizzo da cinque anni.
La disoccupazione funge anche da giustificazione per una sempre maggiore precarietà del lavoro, un problema cui il governo risponde cercando di attenuare i diritti del lavoro. Accolgo pertanto con favore il giorno dell’azione che la Confederazione generale dei lavoratori portoghesi terrà domani in Portogallo, a Lisbona.
Mairead McGuinness (PPE-DE). – (EN) Signor Presidente, desidero richiamare l’attenzione dell’Assemblea sulla conferenza che si sta svolgendo a Roma sulla crisi alimentare globale. Abbiamo espresso le nostre preoccupazioni al riguardo in quest’Aula nella nostra recente risoluzione sui prezzi dei prodotti alimentari.
Uno degli elementi chiave è il livello inadeguato di investimenti nell’agricoltura, sia nei paesi industrializzati che in via di sviluppo. La portata del problema mi è stata fatta comprendere a una conferenza in Irlanda la settimana scorsa, in occasione della quale una suora missionaria del Santo Rosario, Nora MacNamara, mi ha spiegato molto chiaramente che quando molti anni fa si occupava in Africa dell’agricoltura, gli investimenti c’erano. E poi, raccontava, l’Africa – o piuttosto l’agricoltura – è diventata una parola oscena quando si cercano fondi a sostegno di progetti in quest’area. Dobbiamo tornare alle nostre radici in termini di investimenti nell’agricoltura.
Per quanto riguarda il dibattito sul Trattato di Lisbona in Irlanda, posso affermare che il Trattato in questione promuoverà effettivamente il ruolo dell’Unione europea nel terzo mondo e, secondo me, ci aiuterà a rispondere alla crisi alimentare che ora dobbiamo affrontare non solo in Europa, ma a livello globale.
Csaba Sándor Tabajdi (PSE). – (HU) A febbraio di quest’anno, il Primo Ministro turco Erdogan ha pronunciato a Colonia un discorso estremamente controverso, in cui ha definito l’assimilazione un crimine contro l’umanità. Da una posizione di libertà alla scelta della propria identità, questa dichiarazione è inammissibile; preservare la diversità culturale è un obiettivo importante, ma la decisione non può prescindere dal singolo.
La situazione naturale per i turchi nell’Europa occidentale potrebbe essere quella della duplice identità. La richiesta di Erdogan di creare in Germania un’università di lingua turca non è realistica, dal momento che in molti paesi dell’Unione le minoranze nazionali indigene che vivono lì da diversi secoli non hanno la loro università pubblica, come gli ungheresi in Transilvania, dove la comunità ungherese è stata privata di un’accademia pubblica indipendente durante la dittatura comunista.
E’ essenziale che la Turchia non manipoli le minoranze migranti che vivono nell’Europa occidentale per scopi di politica interna. Sarebbe inoltre positivo che il Primo Ministro Erdogan sistemasse la situazione dei curdi, riconoscendo il genocidio degli armeni e la parità di diritti per le donne.
Silvia-Adriana Ţicău (PSE). – (RO) Signor Presidente, i socialisti europei si augurano che l’Europa diventi un esempio per tutto il mondo in termini di qualità della vita. I 27 Stati membri sono oggi impegnati nella costruzione di una nuova Europa sociale che porterà prosperità a tutti i cittadini dell’Unione europea.
Del bilancio dell’Unione per il 2008, quasi il 45 per cento è riservato alla crescita, all’innovazione. alla creazione di posti di lavoro e alla coesione economica e sociale, mentre il 42,6 per cento è destinato all’agricoltura. Le aree rurali rappresentano il 90 per cento del territorio dell’Unione europea.
Nonostante i 41 milioni di euro stanziati nel 2008 a favore dell’agricoltura, l’aumento dei costi delle attività agricole e dei prezzi dell’energia hanno determinato una crescita dei prezzi dei prodotti agricoli e causato un peggioramento della situazione economica. Ritengo che la politica di sovvenzioni per l’agricoltura e adeguate condizioni per promuovere gli investimenti nel settore siano la risposta a parte delle sfide che l’Unione dovrà affrontare nei prossimi anni.
Un’agricoltura sviluppata permetterà a tutti i cittadini europei di avere accesso a prodotti alimentari sani e a quantità sufficienti, a prezzi abbordabili. L’alimentazione sana è un aspetto fondamentale della qualità della vita.
Presidente. − Questo punto dell’ordine del giorno è chiuso.
22. Preferenze tariffarie generalizzate per il periodo dal 1° gennaio 2009 al 31 dicembre 2011 (discussione)
Presidente. − L’ordine del giorno reca la relazione di Helmuth Markov, a nome della commissione per il commercio internazionale, sulla proposta di regolamento del Consiglio relativo all’applicazione di un sistema di preferenze tariffarie generalizzate per il periodo dal 1° gennaio 2009 al 31 dicembre 2011 e che modifica i regolamenti (CE) n. 552/97 e (CE) n. 1933/2006 nonché i regolamenti (CE) n. 964/2007 e (CE) n. 1100/2006 della Commissione [COM(2007)0857 – C6-0051/2008 – 2007/0289(CNS)] (A6-0200/2008).
Neelie Kroes, Membro della Commissione. − (EN) Signor Presidente, innanzi tutto porgo le scuso a nome di Peter Mandelson, che non può essere presente qui per discutere con l’Assemblea del regolamento sul sistema di preferenze tariffarie generalizzato (SPG) e che mi ha chiesto di intervenire in sua vece.
Vi ringrazio per il lavoro svolto e i preziosi commenti formulati riguardo al regolamento SPG per il periodo 2009-2011. La Commissione ha ritenuto che fosse importante che il Parlamento si esprimesse in merito, e noi apprezziamo davvero lo sforzo da voi compiuto al fine di esaminare le proposte e fornire un parere, anche in tempi piuttosto brevi. Accogliamo pertanto con favore il parere e l’opportunità di confrontarci con voi nonché di illustrare la posizione della Commissione.
Il regime SPG è un importante strumento della politica commerciale del’UE inteso a favorire lo sviluppo. La Commissione apprezza pertanto che il parere riconosca che l’SPG applicato dall’UE è il più importante di simili regimi adottati nei paesi sviluppati e contribuisce in misura rilevante all’obiettivo di promuovere lo sviluppo e ridurre la povertà nel terzo mondo.
Condividiamo l’obiettivo espresso dal Parlamento secondo cui il regime dovrebbe continuare a funzionare in modo stabile, trasparente e prevedibile. Questi aspetti sono importanti per gli stessi paesi beneficiari, offrendo loro e agli operatori economici nell’UE una base solida per il loro processo decisionale sulle opportunità di commercio e investimento.
La Commissione ritiene che tutti e tre gli elementi del regime – il regime SPG normale per tutti i beneficiari, il regime “SPG+” per questi paesi che assumono impegni particolari in termini di rispetto alle norme internazionali di buon governo e sviluppo sostenibile, e l’iniziativa “Tutto tranne le armi” per i paesi meno sviluppati – stiano sortendo risultati positivi e in linea con gli orientamenti politici generali elaborati per il periodo 2006-2015. E’ il motivo per cui l’approccio alla base del regolamento proposto per il 2009-2011 è sostanzialmente una scelta di continuità, combinato con alcuni aggiornamenti tecnici.
Collaboriamo attivamente con gli Stati membri in sede di Consiglio onde raggiungere un accordo sul regolamento finale. La Presidenza si è posta come obiettivo di prevenire a tale intesa entro la fine di giugno. E’ una scelta che la Commissione appoggia, in quanto è importante prendere una decisione in tempi brevi al fine di garantire che i paesi beneficiari e tutte le altre parti interessate, tra cui gli operatori commerciali, siano sufficientemente informati circa i cambiamenti da apportare il prossimo gennaio.
Un’altra importantissima ragione per decidere in tempi brevi è che tutti i paesi che desiderano partecipare al trattamento “SPG+” devono presentare richiesta entro la fine di ottobre e necessitano quanto prima di una conferma dei pertinenti criteri e del processo che dovranno seguire.
Desidero far presente che alcuni commenti e suggerimenti del Parlamento si riferiscono infatti a questioni che esulano dal campo di applicazione di tale normativa, anche se sono senz’altro temi di rilievo da una prospettiva di sviluppo.
La riforma delle norme d’origine preferenziali dell’UE, tra cui quelle finalizzate all’SPG, verrà portata avanti in un esercizio separato guidato dal Commissario Kovács.
Alcuni commenti si sono anche soffermati sulla necessità di garantire ai paesi in via di sviluppo un accesso ad aiuti adeguati e buona qualità a favore degli scambi onde aiutarli a costruire la capacità commerciale e impiegare il potenziale degli scambi per guidare la loro crescita economica e lo sviluppo sostenibile. In tale contesto l’Unione europea ha già dimostrato il suo forte impegno e, nella strategia dell’UE in materia di aiuti al commercio dell’ottobre 2007, ha gettato una solida base su cui procedere con ulteriori miglioramenti.
Infine, consentitemi di ribadire che apprezziamo grandemente l’interesse dimostrato dal Parlamento verso queste proposte.
Helmuth Markov, relatore. − (DE) Signor Presidente, signor Commissario, la cooperazione allo sviluppo e il commercio sono in genere le principali forze esterne che possono contribuire allo sviluppo di un paese. Le preferenze tariffarie su base non reciproca per i paesi in via di sviluppo sono un importante strumento riconosciuto a livello internazionale che l’Unione europea utilizza da vari anni.
Al momento son in vigore tre generi di accordi. Innanzi tutto, l’accordo generale che si applica a tutti i paesi beneficiari.
Secondo, il regime di incentivi SPG+, che prevede ulteriori vantaggi per i paesi che si conformano a determinati standard internazionali in vari campi quali i diritti umani e del lavoro, la protezione dell’ambiente, la lotta alla droga, e il buon governo.
Terzo, lo speciale accordo per i paesi meno sviluppati, che in teoria offre loro un accesso in esenzione dai dazi oppure una riduzione delle aliquote tariffarie al mercato interno dell’UE per “Tutto tranne le armi”. A mio avviso, è assolutamente deleterio che non esista a tale proposito ancora nessun regolamento giuridicamente vincolante che vieti le esportazioni di armi dall’Unione europea verso questi paesi.
Tutte le preferenze commerciali applicate nel mondo non vengono utilizzate se violenti conflitti distruggono la base di un’economia nazionale funzionante.
La relazione a nostre mani indica miglioramenti alla proposta della Commissione relativa al regime SPG per il periodo compreso tra gennaio 2009 e dicembre 2011 riguardo ai seguenti punti:
Primo, miglioramento dell’applicazione e dell’efficacia, tra cui riduzione delle scadenze per emendamenti e verifica da tre anni a un anno.
Secondo, sviluppo di regole intese a un processo di riforma in cui vengano adeguatamente coinvolti i beneficiari.
Terzo, conformità al quadro multilaterale dell’OMC e, ovviamente, agli obiettivi del ciclo di negoziati per lo sviluppo di Doha. Tra questi, insieme alla necessaria valutazione d’impatto della capacità di sviluppo degli strumenti di politica commerciale dell’UE, figura in primo piano l’entrata in vigore delle norme di origine dell’UE contestualmente all’entrata in vigore del nuovo regime SPG, e secondo, soprattutto, il miglioramento delle regole relative ai requisiti per i paesi beneficiari. Sto quindi pensando, per esempio, alla possibilità di cumuli tra regioni e all’interno delle stesse. Questo significa che un prodotto derivante da un processo produttivo regionale ma transfrontaliero, secondo le insensate regole del paese di origine non rientra nel regime SPG.
Quarto, garantire il controllo democratico e parlamentare dell’attuazione e dell’eventuale adeguamento della regolamentazione in vigore. Vorrei aggiungere a tale proposito che accolgo con favore la decisione della Commissione di includere il Parlamento nel processo di consultazione adesso, ma che il Parlamento dovrà adottare in futuro decisioni comuni su tali aspetti su base assolutamente regolare. Ne deduco che questa volta la Commissione prenderà sul serio i nostri emendamenti anziché ignorarli ampiamente, come due anni fa nel caso della relazione d’iniziativa sulla riforma.
Un commento sul regime di incentivazione SPG+: penso che sia estremamente importante quando si valutano la situazione del rispetto dei diritti umani e il buon governo – non solo nelle relazioni commerciali – che ai vari paesi non si applichino criteri diversi. Al tempo stesso è tuttavia assolutamente chiaro che un rapido abbandono delle preferenze commerciali può avere conseguenze disastrose per la popolazione di un paese in via di sviluppo e anche per la situazione dei diritti umani in loco.
La decisione volta a verificare se l’effettiva applicazione degli accordi internazionali specificati nell’allegato all’attuale regolamento sia positiva o negativa e se le preferenze debbano essere revocate se necessario, dovrebbe quindi essere adottata con estrema cautela.
Desidero sostenere l’emendamento n. 37 presentato qui, che ci ricorda che si dovrebbe esplorare qualsiasi possibilità affinché i paesi che non figurano tra i meno sviluppati e non hanno siglato alcun accordo di partenariato economico possono usufruire di un nuovo quadro per gli scambi, che offre preferenze commerciali corrispondenti almeno a quelle dell’accordo di Cotonou.
A tale riguardo, voglio ringraziare tutti i relatori ombra e la commissione per lo sviluppo – e l’onorevole Kaczmarek seduto laggiù – per la cooperazione e la disponibilità al compromesso. La commissione per il commercio internazionale ha potuto accogliere la presente relazione all’unanimità, tra cui il contenuto del parere della commissione per lo sviluppo.
Con il Consiglio e la Commissione si è pervenuti a un’ampia intesa – ci siamo anche confrontati regolarmente su questo – e pertanto spero che il regolamento possa entrare in vigore come previsto e che non emergeranno disparità tra l’attuale periodo di preferenze e quello nuovo.
Filip Kaczmarek, relatore per parere della commissione per lo sviluppo. − (PL) Signor Presidente, la comunità internazionale individua nel commercio un fattore fondamentale di sviluppo. Un coinvolgimento più attivo dei paesi in via di sviluppo nelle relazioni multilaterali è una tappa fondamentale sulla strada dell’eliminazione della povertà del mondo. Il sistema delle preferenze tariffarie generalizzate non è pertanto finalizzato al sostegno dello sviluppo del commercio dell’UE, ma primariamente rivolto ai paesi in via di sviluppo, compressi quelli meno sviluppati. I principali obiettivi del sistema dovrebbe quindi essere ridurre la povertà e facilitare lo sviluppo e il buon governo nei paesi in via di sviluppo, nonché la realizzazione degli Obiettivi del Millennio.
In quanto relatore per la commissione per lo sviluppo, desidero sottolineare che la relazione dell’onorevole Markov è un ottimo testo e ringrazio sia il relatore che la commissione per il commercio internazionale per aver accolto il parere della mia commissione. Queste due commissioni non hanno sempre lavorato con l’armonia che ha caratterizzato questo esercizio, pertanto voglio esprimere i miei sinceri ringraziamenti.
Tra gli aspetti che abbiamo congiuntamente annoverato tra i più importanti figurano: il rafforzamento del ruolo del Parlamento nel processo decisionale del sistema – potenziamento della trasparenza, della certezza giuridica e del controllo democratico onde attuare con maggiore facilità il principio del paese di origine – nella prospettiva di ottimizzare l’applicazione delle preferenze, ad esempio attraverso il cumulo tra regioni, che incentiverà al contempo la cooperazione regionale nei paesi più poveri; pari trattamento per tutti i paesi candidati al regime SPG+, a prescindere da quando soddisfano i criteri del sistema; e ultimo, ma non di certo per importanza, l’analisi più approfondita, completa e dettaglia degli effetti del sistema prima del suo prossimo riesame per gli anni 2013-2014.
Il Parlamento gradirebbe conoscere gli effetti dell’applicazione del sistema; a tal fine è fondamentale sapere in quale misura il sistema delle preferenze tariffarie contribuisce a contenere la povertà.
Godelieve Quisthoudt-Rowohl, a nome del gruppo PPE-DE. – (DE) Signor Presidente, il sistema qui in discussione serve a combattere la povertà e l’arretratezza. A tale riguardo, ritengo che siano importanti tre punti. Primo, poiché questo è ora il proseguimento: maggiore flessibilità delle modalità di ingresso e di uscita dal sistema, qualora in uno Stato dovessero cambiare i parametri. In altre parole: uno Stato che un tempo era beneficiario deve rimanere tale per sempre? Personalmente non ritengo che sia il caso. Non dobbiamo dimenticare che l’UE ha un dovere anche nei confronti dei propri cittadini, lavoratori e consumatori. Il vantaggio deve essere reciproco, non sempre unilaterale.
Secondo, siamo favorevoli al fatto che il Parlamento debba essere informato durante il prossimo mandato. Vorremmo tuttavia che si procedesse anche a una valutazione di questo sistema, che offra un confronto con altre misure di carattere preferenziale, ad esempio gli APE. Stabiliremmo in modo concreto che, da un punto di vista statistico, continua ad aumentare il divario tra ricchi e poveri, malgrado le diverse misure dell’UE e vari provvedimenti degli Stati membri. I nostri sforzi, indubbiamente dettati dalle migliori intenzioni, sortiscono ancora i risultati corretti? Dovremmo porci questa domanda con molta freddezza.
Terzo, le misure preferenziali quali, ad esempio, il sistema SPG di cui stiamo discutendo, dovrebbero essere collegati ai seguenti criteri, e qui occorre un certo rigore. Primo, la promozione della democrazia e dello Stato di diritto. Secondo, la costruzione di un quadro minimo su norme sociali e ambientali negli Stati beneficiari. Vogliamo fornire assistenza attraverso questi elementi, come affermato chiaramente anche nella relazione. Non dobbiamo cedere, in nome della nostra stessa credibilità.
I miei ringraziamenti, a questo punto, al relatore per la sua effettiva cooperazione.
Kader Arif, a nome del gruppo PSE. – (FR) Signor Presidente, onorevoli colleghi, quando il Parlamento si è pronunciato in merito all’applicazione dell’SGP per il periodo 2005-2008, la Commissione non ha ritenuto opportuno riprenderne le proposte. Oggi ribadiamo queste priorità, soprattutto il fatto che il Parlamento venga maggiormente coinvolto nelle procedure di assegnazione e di controllo dei vari regimi SPG.
Anche il ruolo dei rappresentanti della società civile, e delle parti sociali in particolare, deve essere rafforzato, in quanto costituiscono una fonte preziosa di informazioni nell’ambito della verifica dell’attuazione delle principali convenzioni che disciplinano la concessione dell’SPG+. A tale proposito, sono lieto che il nuovo regolamento sarà più rigoroso riguardo al rispetto delle norme di buon governo, ossia diritti dei lavoratori, diritti umani e ambiente. L’Unione deve credere nei propri valori e incoraggiare i propri partner commerciali non solo a ratificare le sue convenzioni, ma anche ad attuarle nella pratica.
Per questo motivo chiediamo alla Commissione di incorporare una delle nostre proposte che è essenziale perché l’SPG+ conservi il suo carattere di incentivo. Al momento, un paese che non sia ammissibile all’SPG+ per il 2009 dovrà attendere fino all’introduzione del nuovo regolamento nel 2012 per riproporre la propria candidatura. Auspichiamo che si preveda la possibilità di presentare nuove domande ogni anno affinché i paesi in via di sviluppo siano realmente incentivati ad applicare tali convenzioni per poter beneficiare quanto prima del regime SPG+.
Infine, desidero ricordare la necessità di riformare le norme di origine al fine di disporre di un sistema globale armonizzato e semplificato basato sul rafforzamento dell’integrazione regionale, che rimane la sua primaria vocazione. I calcoli relativi al valore aggiunto nazionale devono pertanto tener conto della particolare situazione dei paesi più poveri, che non possono beneficiare delle norme di origine se queste sono troppo restrittive. Con il regime SPG, l’Unione ha uno strumento atto a favorire non solo l’integrazione dei paesi in via di sviluppo nel commercio mondiale, ma anche a diffondere il buon governo.
Le proposte del Parlamento permetterebbero di compiere progressi su entrambi i fronti. Ci auguriamo che la Commissione le riprenda.
Seán Ó Neachtain, a nome del gruppo UEN. – (GA) Signor Presidente, l’UE fornisce il massimo aiuto finanziario al terzo mondo, ma ai paesi del terzo mondo serve più del solo denaro. E’ estremamente importante che le rispettive economie vengano sviluppate e rafforzate. Sono molto a favore del commercio tra Europa e paesi dell’Africa, dei caraibi e del Pacifico.
Non posso condividere il contenuto dei colloqui dell’OMC di Ginevra. L’accordo sugli aiuti non porterà alcun beneficio all’agricoltura europea, né contribuirà alla sicurezza alimentare in Europa – o in effetti, in Irlanda. Non siamo comunque i soli a non essere soddisfatti. Anche l’America non lo è. E dei 152 paesi coinvolti nel commercio globale sembrerebbe che solo due siano soddisfatti.
Desidero approfittare di questa opportunità per accogliere con favore la decisione dell’associazione degli agricoltori in Irlanda di accettare e sostenere il Trattato di Lisbona. Tra circa una settimana, in Irlanda si svolgerà il referendum sul Trattato. Voglio anche aggiungere che vorremmo che il Trattato ricevesse il via libera e venisse adottato perché questo ci renderebbe più forti e uniti nel processo relativo ai futuri colloqui a livello mondiale.
Derek Roland Clark, a nome del gruppo IND/DEM. – (EN) Signor Presidente, di primo acchito dovrei essere a favore della presente relazione il cui intento è cercare di aiutare le nazioni sottosviluppate. Dopotutto, il sistema preferenziale britannico del Commonwealth era di enorme beneficio per i membri meno agiati del Commonwealth, ma non credo di voler sentire come una perfida potenza post-imperialista aiutasse effettivamente i suoi vicini più poveri.
Il problema è che i programmi dell’UE finiscono sempre per sortire l’effetto contrario a quello auspicato. La PCP, il cui obiettivo è la conservazione degli stock ittici, è un disastro sulla cui base l’UE, grazie ai voti di quest’Aula, ha concesso licenze alle flotte pescherecce dell’UE per razziare le acque di un paese dopo l’altro del terzo mondo, portando povertà e fame dove una volta si raggiungeva almeno il livello di sussistenza. La produzione in eccesso di zucchero è oggetto di dumping nel terzo mondo, ma la risposta a questa situazione è una riduzione della produzione europea, non farne un uso migliore. Il tabacco di scarsa qualità dell’UE coltivato ogni anno con 18 milioni di euro del denaro dei nostri contribuenti è stato oggetto di dumping dove era maggiormente dannoso. Ora ci viene detto che questo denaro sarà destinato a campagne antifumo e non agli aiuti al terzo mondo.
I programmi di assistenza dell’UE sono un classico esempio del dare con una mano e riprendere con l’altra. La PAC limita le importazioni, ostacolando le nazioni in via di sviluppo e, al contempo, colloca sottocosto il suo eccesso nel terzo mondo. I poveri agricoltori locali sono così estromessi dal mercato, penalizzando proprio quegli stessi paesi che il regime SPG dovrebbe sostenere. I prezzi dei prodotti alimentari aumentano vertiginosamente al punto che l’ex leader dell’Unione Sovietica, Mikhail Gorbaciov, mette in guardia contro una rivoluzione alimentare. Mentre avviene tutto questo, l’UE promuove gli obiettivi concernenti i biocombustibili, che avranno un impatto sulla produzione alimentare nel terzo mondo più che altrove.
Pertanto, quest’Assemblea può sdilinquirsi su come il programma dell’UE relativo al regime SPG aiuterà le nazioni meno sviluppate, ma la verità è che le politiche dell’UE contribuiranno solo a garantire che i poveri rimangano poveri, gli affamati rimangano affamati, e le nazioni meno sviluppate rimangano sottosviluppate.
Daniel Varela Suanzes-Carpegna (PPE-DE). – (ES) Signor Presidente, onorevoli colleghi, desidero ribadire l’importanza del sistema di preferenze generalizzato (SPG) per lo sviluppo economico e commerciale dei paesi beneficiari.
Gli emendamenti del Parlamento hanno ampiamente perfezionato la proposta di regolamento, che coprirà il periodo 2009-2011 e si sono concentrati su aspetti che potrebbero migliorare le condizioni di impiego del sistema da parte dei paesi beneficiari, come la fornitura dell’Unione europea di assistenza tecnica, un elemento fondamentale per beneficiare in modo più adeguato dei vantaggi commerciali apportati dall’SPG.
E’ altresì opportuno sottolineare la possibilità per alcuni paesi di candidarsi ai fini dell’inserimento nel regime speciale di incentivazione per lo sviluppo sostenibile, l’SPG+, che è più vantaggioso, nonché il fatto che possono presentare domanda ogni anno. Ritegno tuttavia che alcuni degli emendamenti adottati in sede di commissione per il commercio internazionale si spingano troppo in là.
L’emendamento n. 8, che prevede la possibilità per i paesi che non sono destinatari finali delle esportazioni di beneficiare di un trattamento preferenziale più favorevole a titolo dell’SPG+ e dell’iniziativa “Tutto tranne le armi”, potrebbe andare a scapito di alcuni paesi che effettivamente meritano di essere inclusi in questi regimi. In generale, potrebbe crearsi più confusione nell’applicazione dell’SPG e delle norme di origine. E’ un aspetto che dovrebbe essere lasciato per la prossima revisione delle norme di origine.
Penso che sia anche necessario evidenziare, come hanno fatto alcuni miei colleghi, che è importante che la Commissione europea presenti studi relativi alla valutazione dell’impatto del regime SPG nei paesi beneficiari. Ritengo tuttavia che tale indagine dovrebbe incentrasi sugli aspetti squisitamente commerciali e non riguardare altre aree che non rientrano nel campo di applicazione del presente regolamento.
Infine, desidero far presente, al pari dello stesso presidente della commissione, l’onorevole Markov, che i nostri emendamenti rafforzano il ruolo del Parlamento europeo nell’applicazione del regolamento. L’elemento da considerare nel regolamento è il futuro ruolo del Parlamento europeo nella politica commerciale una volta adottato il Trattato di Lisbona, come mi auguro avverrà.
Erika Mann (PSE). – (EN) Signor Presidente, desidero solo un’osservazione molto breve riguardo a quanto affermato dal Commissario. Il Commissario ha giustamente sottolineato che il regime dell’SPG+ è a favore dello sviluppo sostenibile ed è collegato, come ha evidenziato il presidente della commissione per il commercio internazionale, agli Obiettivi del Millennio. Questo è un aspetto di estrema importanza e ricordo bene quando abbiamo discusso per la prima volta di questo tipo di regime e abbiamo concluso che dovevamo valutare e rivalutare quanto fosse prezioso per i paesi e per noi stessi.
C’è un punto su cui vorrei attirare l’attenzione, che potrebbe rivelarsi in futuro complicato e spinoso, ossia il problema di quei paesi che operano all’interno del regime ma presentano una situazione ambientale complessa. Lo Sri Lanka, ad esempio, desidererebbe ardentemente rispettare gli obiettivi, ma a causa di varie condizioni – e non intendo scendere in dettagli – potrebbe non riuscire nella sua impresa.
Non sto dicendo che dovremmo cambiare il nostro sistema. Vorrei solo esortare la Commissione – come ha già fatto il mio collega Kader Arif – a essere molto prudente nel valutare ogni singolo caso. Vorrei chiedere di tornare nella nostra commissione e nella commissione per gli affari esteri una volta effettuata la valutazione e poi, per favore, di tornare qui in Aula, e di permetterci di valutare e confrontarci su quanto ho menzionato.
Christofer Fjellner (PPE-DE). - (SV) Desidero iniziare facendo presente che ritengo il sistema di preferenze generalizzo uno strumento estremamente valido per lo sviluppo, perché unisce commercio e sviluppo con molta chiarezza e prevede concessioni tariffarie e quindi l’accesso ai mercati europei da parte di quei paesi che si sforzano in tale contesto, è anche importante che lo usiamo come un dispositivo di sviluppo.
Questo di adesso è un riesame tecnico, ed è essenziale non esacerbare le questioni nei confronti di coloro che più necessitano di aiuti allo sviluppo ma, al contrario, rafforzare la dimensione dello sviluppo. Penso che sotto molti aspetti il riesame in oggetto funzioni in modo eccellente a tale riguardo e che orienti lo strumento nella giusta direzione, ma non copre in realtà tutta la distanza.
Penso per esempio al Vietnam. Il paese dipende pesantemente da un unico gruppo di prodotti, ossia le scarpe. Come senz’altro saprete, il sistema SGG ha un valore di soglia in base al quale un paese, per ottenere la garanzia dello status SPG, deve superare il 50 per cento del valore delle sue esportazioni. Al momento il Vietnam è al di sotto di questa percentuale. Tale situazione è imputabile a noi, all’Europa – dobbiamo esserne consapevoli – e al fatto che abbiamo penalizzato il Vietnam con tariffe a carico soprattutto delle esportazioni di scarpe. A prescindere da questo, il paese continua a dipendere in larga misura dalle sue esportazioni in questo articolo, non ultime le povere donne.
Pertanto mi chiedo: perché non possono mantenere la loro preferenza? Dopotutto si tratta solo del 3,5 per cento. Non si tratta di rimetterci, di concedere loro un accesso totalmente esente da tariffe; si tratta di ridurre leggermente le tariffe. Inoltre, in futuro avremo un accordo di libero scambio con il Vietnam. Pertanto mi chiedo: perché buttare via queste esportazioni ora quando siamo in procinto di assimilarle e assorbirle in forza di un accordo di libero scambio?
Quindi mi auguro che si presti attenzione a questo durante il prossimo periodo di applicazione, affinché il paese non finisca in questa situazione, in questo limbo in cui ritengo stiamo gettando il Vietnam a causa del sistema SPG.
Francisco Assis (PSE). – (PT) Il sistema di preferenze tariffarie generalizzate ha dimostrato di essere uno strumento chiave della politica commerciale per promuovere lo sviluppo ed eradicare la povertà nei paesi e nelle regioni più fragili del mondo attraverso la loro progressiva integrazione nel sistema di commercio internazionale.
Come già sottolineato qui, l’Unione europea ha tre tipi di accordi volti a incentivare tale sviluppo. Nella maggior parte dei casi, i meccanismi in atto funzionano bene, ma potrebbero, com’è ovvio, essere ulteriormente affinati e il Parlamento europeo deve partecipare attivamente affinché si proceda di fatto a questo lavoro di perfezionamento. Nel complesso, questa relazione si prefigge chiaramente tale obiettivo.
Le proposte riportate relative a questioni importanti quali la riforma e il chiarimento delle norme di origine sembrano essere estremamente opportune, in termini di promozione del principio di aggregazione regionale, valutazione dell’impatto del risultato degli attuali negoziati del ciclo di Doha e richiesta di maggiore assistenzaa per i paesi meno sviluppati affinché questi possano beneficiare appieno degli aiuti.
Tutte queste preoccupazioni puntano in una direzione: rendere questi strumenti più utili per i paesi più poveri, contribuendo così con determinazione al conseguimento dell’obiettivo ultimo che è la lotta all’arretratezza, alla povertà e all’assoluta ingiustizia che il sottosviluppo continua a generare nel mondo.
Syed Kamall (PPE-DE). – (EN) Signor Presidente, al pari di molti colleghi qui in Aula, accolgo con favore gli emendamenti volti a promuovere le proposte della commissione in linea con le proposte del relatore. Non è usuale poter affermare ciò in sede di commissione per il commercio internazionale e che emerga questo tipo di intesa tra le parti. La proposta del relatore mira a creare un sistema più efficace che risponda meglio agli interessi dei paesi beneficiari, a sviluppare norme per un processo di riforma più adeguatamente disciplinato, a garantire che il regolamento sia conforme al controllo democratico e allo scrutinio parlamentare, ad allineare il regime SPG con l’OMC e il ciclo di Doha, nonché ad aumentare la trasparenza dell’SPG.
In questo spirito, vorrei esortare i miei colleghi a sostenere una campagna globale trasversale volta a chiedere un commercio reale, di cui sono copresidente con Abdi Abdirahman, portavoce dell’assemblea legislativa dell’Africa orientale. La nostra richiesta è articolata in cinque punti: abolizione delle sovvenzioni agricole; abolizione delle tariffe agricole; liberalizzazione delle norme di origine; sospensione del sostegno a governi corrotti tramite aiuti diretti di bilancio e maggiore importanza rivolta all’assistenza per il commercio, affinché si possa investire in, per esempio, in infrastrutture; incentivazione dei paesi a basso reddito a eliminare le barriere tra loro.
Tuttavia, dovremmo anche chiedere ai governi dei paesi più poveri di considerare di adottare lo stesso approccio per i beni di prima necessità. E’ moralmente sbagliato che i poveri debbano pagare di più per prodotti alimentari e medicine a causa delle tariffe governative sulle importazioni. Sì, l’UE deve aprire i propri mercati, ma questa ottima intenzione è spesso inficiata se altri governi limitano l’accesso e mantengono i prezzi alti solo per motivi ideologici.
Pertanto, dobbiamo cooperare tutti assieme al fine di lottare contro le tariffe commerciali che decretano la condanna dei poveri. Dobbiamo porre fine alle sovvenzioni dei governi che incentivano la tirannia, e dovremmo sempre essere amici di coloro che vogliono lavorare per sfuggire alla povertà, perché con il nostro aiuto porranno fine alla fame nel mondo.
Zuzana Roithová (PPE-DE). - (CS) Signor Presidente, oggi parliamo di modificare i tassi preferenziali dei dazi doganali per i paesi in via di sviluppo per i prossimi tre anni. Sostegno appieno la richiesta dell’onorevole Helmuth Markov che nella sua relazione esorta a una maggiore flessibilità. Gli emendamenti dell’onorevole Quisthoudt-Rowohl sono importanti. La Commissione europea deve intraprendere un’analisi di gran lunga più approfondita riguardo all’impatto delle preferenze tariffarie generalizzare sulle economie dei paesi in via di sviluppo ed esaminarne gli effetti sull’economia europea e sulla protezione dei consumatori. Non si tratta del regime SPG ma anche di misure non tariffarie, di aiuti umanitari o – viceversa – di sanzioni rispetto alle grazie violazioni dei diritti umani o degli accordi internazionali che riguardano lo sviluppo dei paesi più poveri. Dobbiamo pertanto insistere affinché si conduca un’analisi seria e approfondita in merito all’impatto di tutte queste misure sui paesi in via di sviluppo: solo quando disporremo dei risultati potremo modificare le tariffe con maggiore flessibilità rispetto a oggi. Non dovrebbe essere un processo isolato; le modifiche dovrebbero andare di pari passo con tutti gli altri interventi. Dovremmo anche migliorare il coordinamento della nostra politica in materia di sviluppo con gli USA e altri paesi.
Ewa Tomaszewska (UEN). – (PL) Signor Presidente, se l’obiettivo delle nostre azioni è la riduzione della povertà nei paesi del terzo mondo e l’integrazione economica, allora il programma di preferenze tariffarie dell’UE è davvero il modo giusto per arrivare alla meta. Dobbiamo allo stesso tempo ricordare che è essenziale mirare alla massima trasparenza nel sistema doganale.
Questo è il motivo per cui credo che sia necessario controllare questo processo, e al termine di ogni fase sarebbe opportuno dare un’occhiata qui in Aula, nei successivi confronti, ai risultati delle soluzioni attualmente applicate.
Neelie Kroes, Membro della Commissione. − (EN) Signor Presidente, sono impressionata dalle interessanti domande poste dagli onorevoli deputati, in particolare dal fatto che quasi tutte sono criticamente costruttive. Tutti sono coinvolti nell’intera procedura e fanno tutto il possibile per elaborare una proposta valida.
Posso garantirvi che il Commissario Peter Mandelson presterà attenzione al vostro contributo – è assolutamente indubbio – e che prenderà in seria considerazione gli emendamenti e non li ignorerà. Conosco Peter un po’ meglio; non è il tipo di persona che trascura tali proposte e riflessioni, ma le valuterà da entrambe le prospettive – aiutare i paesi in via di sviluppo (soprattutto i meno sviluppati, come ha affermato l’onorevole Kaczmarek) è quanto ha in mente. Tuttavia, lo scopo è essere obiettivi e prevedibili.
Per quanto attiene all’invito dell’onorevole Mann di tornare (e sono sicura che la richiesta di tornare sia rivolta a Peter Mandelson, sebbene anche a me farebbe molto piacere) sono certa che accetterà.
L’onorevole Ó Neachtain pone la questione in una prospettiva più ampia, e sono soddisfatta delle discussioni dell’OMC di Ginevra. Peter Mandelson non sarà sorpreso delle opinioni dell’onorevole parlamentare. E l’onorevole Kamall ci ha esortati a fare tutto il possibile e a essere amici di coloro che vogliono lavorare. Vi ringrazio ancora per tutte le proposte.
Il progetto è in sede di Consiglio, dove gli Stati membri rifletteranno sugli emendamenti del Parlamento al fine di garantire la definizione di orientamenti di stabilità per l’SPG per il periodo 2005-2015.
Qual è la ragione che induce la Commissione a non introdurre modifiche significative? Dopo un anno di attività è prematuro trarre osservazioni conclusioni, ma è un aspetto su cui torneremo senz’altro.
Per quanto attiene alle domande poste dagli onorevoli Kaczmarek e Audy, posso dire che gli obiettivi ultimi del regime sono in effetti l’istruzione e l’eradicazione della povertà. Al contempo, l’UE fornisce un incentivo per lo sviluppo sostenibile, il buon governo e i diritti umani, nonché per le norme di lavoro e il lavoro minorile in particolare.
Quanto agli aiuti, le preferenze tariffarie SPG offrono un accesso al mercato ai paesi sviluppati. I programmi di aiuti sono disciplinati nell’ambito della strategia dell’UE in materia di aiuti al commercio che, tr i vari obiettivi, si prefigge di far sì che i paesi in via di sviluppo beneficino del regime SPG.
Gli onorevoli Mann e Fjellner hanno menzionato lo Sri Lanka, che al momento beneficia del regime SPG+. Non vi sono segni che indicano che in futuro dovrebbe smettere di beneficiare degli accordi SPG. Ogni paese e ogni situazione sono valutati con attenzione, in modo trasparente e nel rispetto delle disposizioni dei regolamenti. E’ stato chiesto di fare in modo che il processo di candidatura del regime SPG+ sia più frequente rispetto a una volta ogni tre anni – ho già affrontato questo punto –, pertanto arriviamo a un accordo che preveda una flessibilità, ma non potremo mantenere il termine di un anno.
L’onorevole Mann ha chiesto come sarà valutata la domanda per beneficiare del regime SPG+. Il controllo e la valutazione della conformità con i requisiti di ammissibilità del regime SPG+ si basa sui risultati dei meccanismi di verifica definiti sotto gli auspici dell’organizzazione internazionale pertinente, come l’ONU e l’ILO e altre agenzie, nonché sul dispositivo monetario evidenziato nelle convenzioni stesse e reso pubblicamente disponibile da queste agenzie. Tale impostazione consente un processo di revisione imparziale e non ambiguo.
Vorrei rispondere alla questione sollevata dall’onorevole Arif sulla situazione della Commissione nei paesi beneficiari del regime SPG+ in termini di attuazione delle convenzioni sui diritti umani e sui relativi standard. Posso assicurarle che la Commissione segue da vicino gli sviluppi degli attuali beneficiari dell’SPG+ riguardo al rispetto delle pertinenti convenzioni internazionali SPG+.
Mi limiterò a citare l’esempio del Salvador (un paese beneficiario dell’SPG+, come lei ben sa), nei cui confronti la Commissione, di concerto con gli Stati membri dell’UE, ha avviato di recente un’indagine onde verificare il rispetto degli obblighi derivanti dall’SPG+. Posso assicurarle che la corretta applicazione degli accordi commerciali dell?UE è una delle priorità della Commissione. Prestiamo grande attenzione alla conformità dei beneficiari dell’SPG+, e tali questioni vengono regolarmente affrontate nell’ambito dei nostri contatti bilaterali con questi paesi.
Le nuove norme di origine SPG e il loro eventuale contributo agli obiettivi del regime SPG sono al momento al vaglio nel contesto di un’ampia riforma generale delle norme di origine. Competente per questa attività è la DG Fiscalità e unione doganale, e di conseguenza il mio collega Kovács. L’obiettivo è renderle più a favore dello sviluppo e il processo è disciplinato in collaborazione con i paesi in via di sviluppo.
L’ultimo punto riguarda le scarpe in Vietnam, che era uno degli esempi. L’esclusione – o la graduazione, perché è corretto usare tale termine nei confronti di prodotti vietnamiti che rientrano nella sezione 12 (sto parlando delle calzature della nomenclatura combinata dai vantaggi previsti dalla proposta di regolamento SPG per gli anni 2009-2011) – è oggetto della massima attenzione da parte di tutti i servizi competenti della Commissione. La Commissione è anche stata in stretto contatto con il Vietnam al riguardo onde fornire tutta l’assistenza e la competenza necessarie.
Per quanto attiene alla graduazione del Vietnam riguardo alla sezione 12, la scelta discende dall’oggettiva applicazione tecnica delle disposizioni SPG e riflette il fatto che le esportazioni vietnamite di questi prodotti sono più competitive sul mercato comunitario. Inoltre, il Vietnam è riuscito a diversificare la sua base di esportazioni. Questo è un dato positivo e significa che le calzature non sono più l’articolo così dominante. E’ un altro segno rilevante che indica il rafforzamento della competitività. Pertanto, proposta della Commissione relativa alla graduazione del Vietnam è basata su ampi obiettivi e analisi statistiche applicate allo stesso modo a tutti i beneficiari del regime SPG+.
Helmuth Markov, relatore. − (DE) Signor Presidente, potremmo affermare che in quest’Aula c’era grande consenso riguardo al fatto che il sistema SPG+ è uno strumento molto positivo. Mi farebbe infatti molto piacere chiedere alla Commissione o al Commissario Mandelson, che non è presente, tuttavia come indurre i paesi andini, per esempio, due paesi che hanno tutte le intenzioni di mantenere l’SPG, a concludere accordi di libero scambio nel quadro degli accordi di partenariato e associazione. L’Ecuador e la Bolivia vogliono conservare questo regime SPG+. Si può quindi decidere per una partecipazione; consentirà loro di compiere passi avanti.
La seconda questione ci pone il problema di considerare un’eventuale evoluzione del sistema SPG+ in un SPG++. Le sfide che si parano di fronte a noi sono completamente nuove; ci sono il cambiamento climatico, l’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari. Forse potremmo valutare la possibilità di introdurre nuovi paragrafi e nuovi parametri di valutazione. Sono molto lieto, signora Commissario, che si sia pronunciata con tale chiarezza sullo Sri Lanka, perché era una preoccupazione anche della mia commissione, e l’onorevole Mann ha ancora una volta esposto il problema con determinazione.
Infine, i miei ringraziamenti di nuovo a tutti coloro con cui ho lavorato. E’ stata una valida cooperazione. Penso che abbiamo compiuto un passettino avanti e che il sistema SPG+ sia molto prezioso e necessario quale componente dell’accordo commerciale dell’Unione europea. Penso anche che non dobbiamo sempre e soltanto concentrarci sugli accordi di libero scambio.
Presidente. − La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà giovedì 5 giugno 2008.
Dichiarazioni scritte (articolo 142)
Rovana Plumb (PSE), per iscritto. – (RO) Dalla sua istituzione, l’SPG si è rivelato uno dei principali strumenti delle politiche dell’UE in materia di sviluppo e di commercio. L’obiettivo principe dell’UE e della politica di sviluppo dell’SPG è contribuire alla riduzione della povertà, alla promozione dello sviluppo sostenibile e al buon governo, principi riconosciuti dalle convenzioni e dagli strumenti internazionali, quali la Dichiarazione del Millennio, la dichiarazione di Rio del 1993, la dichiarazione dell’OIM del 1998.
Con l’applicazione dell’SGP nel 1971, l’UE ha agevolato il commercio internazionale con i paesi in via di sviluppo e quelli meno sviluppati, fornendo loro la necessaria assistenza tecnica ai fini dell’osservanza delle convenzioni internazionali nonché della costruzione dell’appropriato quadro normativo e istituzionale onde beneficiare degli scambi internazionali e dell’SGP. Al tempo stesso, a seguito della notifica verificata e dopo la notifica del PE, la CE può applicare la sanzione dell’esclusione temporanea delle preferenze di quei paesi che violano i criteri previsti per l’inserimento nell’elenco dei beneficiari.
La relazione sottolinea l’importanza della procedura di consultazione pubblica, il coinvolgimento dei destinatari e il consolidamento del controllo democratico del PE.
Poiché il regime SPG e l’elenco dei beneficiari sono oggetto di revisione ogni tre anni, al Consiglio è stato chiesto di non ritardare la loro presentazione affinché possano essere approvati dal PE, evitando i divari nel commercio internazionale.
Mi congratulo con il relatore.
23. Lavori dell’Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE (2007) (discussione) (discussione)
Presidente. − L’ordine del giorno reca la relazione di Alain Hutchinson, a nome della commissione per lo sviluppo, sui lavori dell’Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE nel 2007 [2007/2180(INI)] (A6-0175/2008).
Alain Hutchinson, relatore. – (FR) Signor Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, la relazione che ho elaborato per la commissione per lo sviluppo riesamina il lavoro dell’Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE (APP) nel 2007. Coloro che tra voi sono attivamente coinvolti in questa attività o sono semplicemente interessati alla questione sanno che non si tratta di una struttura puramente simbolica o formale, anzi tutt’altro, in quanto il funzionamento dell’Assemblea è sempre più simile a quello di un’autentica assemblea parlamentare. L’impegno dei suoi membri è sempre maggiore, vi partecipano personalità influenti e di fatto essa acquisisce una crescente importanza politica. Questo è il primo punto che volevo sottolineare.
La sempre più notevole importanza politica di quest’Assemblea deriva anche dal fatto che, oltre alle questioni fondamentali relative alla cooperazione tra i paesi ACP e l’Unione, affronta anche tematiche di urgente attualità per gli europei e per i paesi ACP. E’ il caso, ad esempio, degli accordi di partenariato economico negoziati tra l’Unione e i paesi ACP. A tale proposito, l’APP ha confermato con la dichiarazione di Kigali che i leader coinvolti vogliono chiaramente che la Commissione europea conceda ai paesi ACP sufficiente tempo per negoziare accordi regionali il cui obiettivo primario sia lo sviluppo. Kigali non è solo un’occasione per dimostrare che l’opposizione a questi accordi, nell’attuale formula, è reale, ma anche che tale opposizione si basa su timori del tutto legittimi e di cui si deve tener debitamente conto.
Parimenti, è solo attraverso la partecipazione ai lavori dell’Assemblea che molti deputati nei paesi ACP hanno appreso dell’esistenza dei documenti strategici nazionali che definiscono aree di cooperazione tra l’UE e i loro paesi. Questo serve per ricordare che, per molti parlamentari dei paesi ACP, quest’Assemblea è talvolta l’unica sede possibile di espressione democratica.
Vorrei altresì sottolineare che nel 2007 abbiamo assistito a un coinvolgimento sempre più incisivo della società civile nei paesi ACO, che organizza incontri e iniziative di straordinaria qualità a margine di ciascuna sessione dell’APP. Nella lotta per lo sviluppo della società civile nei paesi ACP, l’Assemblea rappresenta anche una magnifica opportunità di scambio e di incontro. A tale riguardo, l’Unione deve essere in grado di sostenere sul piano tecnico e finanziario la presenza di queste associazioni e delle ONG nel quadro dei lavori dell’APP.
Infine, desidero sottolineare che nella nostra relazione incoraggiamo l’APP a rafforzare il ruolo della sua commissione per gli affari politici onde trasformarla in un autentico foro di prevenzione e di risoluzione dei conflitti nel quadro e una stretta concertazione fra le attività dei parlamentari ACP e dell’Unione in qualità di osservatori elettorali nell’ambito delle missioni di osservazione elettorale dell’Unione europea.
Dovreste inoltre sapere che nel 2007 l’Assemblea si è riunita a Wiesbaden e poi a Kigali. Sono state adottate nove risoluzioni. Le commissioni permanenti si sono riunite quattro volte: due volte a margine delle sessioni e due volte tra queste, a Bruxelles. Tali commissioni, incaricate del controllo delle risoluzioni, organizzano dal 2007 l’audizione l’audizione dei funzionari della commissione responsabili dei corrispondenti settori.
Oltre a varie relazioni, la sessione di Wiesbaden ha adottato una risoluzione sulla situazione in Darfur. Si è inoltre svolto un dibattito d’urgenza molto costruttivo sulla situazione nello Zimbabwe. Per quel che riguarda i gruppi di lavoro sull’immigrazione, i cambiamenti climatici e i farmaci per le malattie trascurate, è stato possibile registrare un’ampia partecipazione e un vivo interesse. la sessione di Kigali ha adottato tre risoluzioni, contenute nelle relazioni delle commissioni permanenti e due risoluzioni d’urgenza sulle catastrofi naturali negli Stati ACP e sulla situazione nella Repubblica democratica del Congo.
Signor Presidente, signora Commissario, ecco qui, in sintesi, una relazione formale cui volevo dare un contenuto politico, onde contribuire a spiegare e a sostenere con maggiore efficacia il lavoro dell’Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE.
Neelie Kroes, Membro della Commissione. − (EN) Signor Presidente, la ringrazio molto, ma posso garantirle di essere davvero lieta di trovarmi qui e so che al mio caro collega dispiace non poco non poter partecipare a questa discussione. Questo scambio di opinioni gli sta molto a cuore, ma posso assicurarle che non perde tempo: è in viaggio per un importante incontro fuori Bruxelles.
L’Assemblea parlamentare paritetica è un’istituzione unica nel suo genere. Il Commissario Michel è vicino a me nell’ambito dell’incontro del Collegio e questa mattina mi ha spiegato ogni dettaglio sul funzionamento dell’Assemblea, pertanto adesso posso affermare di saperne un po’ di più.
Ha sottolineato che l’APP è dove lo spirito del partenariato al cuore dell’accordo di Cotonou trova testimonianza diretta, poiché i 156 rappresentanti eletti dell’Unione europea e dei paesi di Africa, Caraibi e Pacifico si confrontano sugli aspetti fondamentali della loro cooperazione; che è l’autentico dialogo tra nord e sud, un dialogo sulla base dell’uguaglianza e del rispetto reciproco, che trascende la classica relazione tra beneficiario e donatore; che è la personificazione parlamentare della partecipazione e del controllo.
Negli anni passati l’Assemblea parlamentare paritetica ha acquisito sempre più una statura e una condotta parlamentari, rispecchiando la maturità della cooperazione tra l’Unione europea e i paesi di Africa, caraibi e Pacifico. Le discussioni sono più aperte e i conflitti regionali meno frequenti. Si tratta in effetti di un risultato soddisfacente.
L’Assemblea è in effetti diventata una sede per un dialogo politico aperto, dimostrandosi in grado di affrontare temi di grande sensibilità e di notevole rilevanza politica quali il buon governo, l’accesso all’assistenza sanitaria, l’impatto degli investimenti diretti esteri, la migrazione di lavoratori qualificati e gli accordi di partenariato economico.
L’eccellente relazione dell’onorevole Hutchinson e della commissione per lo sviluppo presenta con chiarezza tale evoluzione e a nome del Commissario Michel e mio desidero congratularmi con il relatore per il lavoro svolto. Presenta i risultati e le sfide ed esplora le possibilità di sviluppo futuro.
Un traguardo è stato il ruolo di guida che l’Assemblea parlamentare paritetica ha assunto nel controllo dei negoziati relativi agli APE, garantendo reciproco scambio di informazioni grazie alle discussioni in materia tenute nel corso dell’anno con i capi negoziatori e con il mio stimato collega Michel.
Un altro importante passo avanti è stata la presentazione all’Assemblea, da parte della Commissione, dei documenti strategici nazionali e regionali. Questo dimostra la fiducia nella capacità dell’Assemblea di svolgere un ruolo più politico e offre l’opportunità di mostrare altri segni di maturità.
Al fine di migliorare il controllo parlamentare, il Commissario Michel ha chiesto alle delegazioni della Commissione di trasmettere questi documenti strategici anche i presidenti dei parlamenti nazionali attraverso l’ordinatore nazionale del FES nei paesi beneficiari. Come sapete, la Commissione non può trasmettere tali documenti direttamente dal momento che in base all’accordo di Cotonou l’IN è il nostro punto di contatto ufficiale per tutte le questioni attinenti alla programmazione e all’attuazione del FES.
Al contempo, il segretariato dell’APP inoltra questi stessi documenti ai rappresentanti dei rispettivi paesi in seno all’APP. Abbiamo pertanto motivo di pensare che i parlamenti nazionali siano informati e possano partecipare adeguatamente alla verifica e al controllo dei programmi di sviluppo.
E’ pur vero che la capacità dei parlamenti nazionali di assolvere appieno le loro funzioni nell’elaborazione e nell’esecuzione del FES è spesso limitata. E’ per questo che il FES finanzia l’assistenza a livello istituzionale in molti paesi ACP:
Oltre al controllo dei documenti strategici nazionali, il modo migliore di assicurare il controllo parlamentare dei fondi del FES è introdurre programmi settoriali o generali di sostegno al bilancio. In questo modo, i fondi esterni sono del tutto integrati nella procedura di bilancio nazionale laddove i parlamenti nazionali svolgono un ruolo chiave. Questa è una delle ragioni che ha indotto la Commissione a decidere di assegnare circa il 45 per cento del decimo FES al sostegno al bilancio in programma in 44 paesi, rispetto ai soli 25 all’inizio del nono FES, pertanto si registra una tendenza verso l’alto.
Infine, desidero cogliere questa occasione per aggiungere le mie congratulazioni al governo e al parlamento del Rwanda nonché alla Presidenza tedesca per l’eccellente organizzazione delle sessioni dell’Assemblea dello scorso anno.
PRESIDENZA DELL’ON. MANUEL ANTÓNIO DOS SANTOS Vicepresidente
Filip Kaczmarek, a nome del gruppo PPE-DE. – (PL) Signor Presidente, desidero ringraziare l’onorevole Hutchinson e congratularmi con lui per l’ottima relazione presentata. Condivido le opinioni, le osservazioni e la soddisfazione del relatore riguardo ad aspetti quali un coinvolgimento rafforzato dei membri dell’Assemblea ai lavori di quest’ultima, la qualità delle discussioni e la loro maggiore pertinenza. Sono d’accordo riguardo al fatto che un più incisivo coinvolgimento delle organizzazioni non governative all’attività dell’Assemblea sia un fenomeno estremamente positivo.
Al contempo, non posso tacere in merito a un paio di aspetti più incresciosi che emergono dall’osservazione del lavoro dell’Assemblea parlamentare paritetica. Ritengo che sia oltremodo deplorevole che durante le discussioni, i dibattiti e i negoziati su progetti comuni tra i rappresentanti ACP e quelli del Parlamento europeo, non tutte le questioni sono affrontate con un dialogo altrettanto profondo e nella prospettiva di pervenire a una soluzione comune. La mia impressione è che la parte ACP si concentri più su problematiche economiche, riservando meno attenzione e coinvolgimento a quelle di carattere politico.
Nel 2007 le discussioni di natura economica sono state permeate da un insolito entusiasmo e da un’inconsueta determinazione, soprattutto nell’ambito dei negoziati relativi agli accordi economici di partenariato (APE), e ovviamente non c’era nulla di sbagliato in questo. Tuttavia, è difficile percepire una motivazione altrettanto forte nella ricerca di soluzioni di problemi difficili ma politicamente importanti. L’onorevole Hutchinson ha ricordato che avevamo affrontato la situazione dello Zimbabwe, senza però giungere a nessuna risoluzione. Questa tendenza a non adottare risoluzione permane, comunque. Quest’anno abbiamo tenuto un dibattito sul Ciad; è stato adottato un testo di compromesso di una risoluzione, ma i nostri partner ACP hanno respinto la risoluzione stessa.
Ritengo che il nostro obiettivo dovrebbe essere di raggiungere un maggiore equilibrio tra gli obiettivi economici e quelli politici. Credo che talvolta sia più facile concentrarsi su questioni economiche, in quanto sembrano più interessanti e più semplici da sviluppare politicamente. La nostra parte europea dovrebbe nondimeno puntare a dimostrare che non può esistere sviluppo continuativo senza pace, stabilizzazione, diritti umani, lo Stato di diritto e una gestione migliore.
Marie-Arlette Carlotti, a nome del gruppo PSE. – (FR) Signor Presidente, desidero innanzi tutto congratularmi con l’onorevole Hutchinson per la sua eccellente relazione.
Nel 2007 avevamo confermato sia il rafforzamento che l’importanza del ruolo dell’APP riguardo alle principali sfide sul dialogo nord-sud. Per quanto riguarda le situazioni di crisi politiche, per esempio, i nostri dibattiti d’urgenza hanno permesso di sviluppare un approfondito dialogo costruttivo scevro da tabù su temi quali Haiti, lo Zimbabwe e l’Etiopia. L’introduzione delle sessioni regionali dell’APP, la prima delle quali dovrebbe essersi svolta in Namibia, credo, contribuirà ad approfondire ulteriormente il dialogo politico.
Quanto all’attuazione del FES, i documenti strategici regionali e nazionali vengono trasmessi ai governi dell’APP dalla fine del 2007. L’APP deve ora adottare una strategia e un metodo di lavoro per garantire il controllo e la vigilanza più adeguati rispetto all’impiego di questi fondi.
Riguardo agli accordi di partenariato economico (APE), tramite dibattiti e incontri con i leader economici e i membri della società civile, attraverso il suo dialogo politico aperto con i nostri colleghi parlamentari nel sud, nel 2007 l’APP ha fatto degli APE una priorità politica. La dichiarazione di Kigali, menzionata poc’anzi dall’onorevole Hutchinson, ne è una dimostrazione.
Mi spiace che il Parlamento europeo abbia respinto questa dichiarazione, nonostante sia stata negoziata e votata all’unanimità dai rappresentanti dei vari gruppi politici di quest’Aula. Sembrerebbe che, per alcuni, una posizione adottata in Africa sia talvolta più difficile da attuare una volta tornati in Europa.
Sono altrettanto dispiaciuta che la Commissione europea ignori i pareri dei parlamentari ACP nel quadro dell’APP e che preferisca adottare un approccio tipo “schiacciasassi” rifiutandosi di considerare qualsiasi rinegoziazione o riorientamento degli APE. La proposta relativa alla creazione di un nuovo corpo parlamentare a titolo dell’accordo dei Caraibi non fa altro che aumentare la confusione.
Infine, non posso trascurare il fatto che nel 2007 l’assistenza ufficiale allo sviluppo da parte dell’UE nel complesso ha segnato una flessione per la prima volta dal 2000. Ritengo che in termini di solidarietà internazionale, quello che maggiormente importa è mantenere la parola data, e molti Stati mementi – tra cui il mio – non tengono fede alla loro. Nel 2008, l’APP deve proseguire con attenzione e determinazione la lotta per gli APE, insistendo per una rinegoziazione appropriata degli accordi intermedi, per coloro che lo desiderano, conformemente alla promessa del Commissario Barroso, e per il decimo FES, che sta entrando ora nella sua fase attiva di attuazione, ma che rischia di vedere i propri stanziamenti stornati per finanziare gli APE.
L’APP è una sede unica nel suo genere nonché uno strumento eccezionale per il dialogo nord-sud. E’ un’opportunità per uno sviluppo equo, sostenibile e congiunto. Il mio collega, onorevole Hutchinson, si è già espresso riguardo a tutto questo e desidero congratularmi ancora una volta con lui.
Juan Fraile Cantón (PSE). – (ES) Signor Presidente, comincerò congratulandomi con l’onorevole Hutchinson per aver illustrato con molta chiarezza nella sua relazione il lavoro svolto dall’Assemblea parlamentare paritetica (APP) nel 2007.
L’Assemblea sta diventando il pilastro più forte della cooperazione tra l’Unione europea e i paesi di Africa, Caraibi e Pacifico. Vorrei far presente che è l’unica assemblea internazionale che riunisce regolarmente i rappresentanti eletti dei vari paesi al fine di promuovere l’interdipendenza nord-sud.
L’APP ha mostrato la via con gli accordi di partenariato economici, che sono strumenti al servizio della politica di sviluppo regionale e di integrazione per i paesi ACP nonché un mezzo di inclusione graduale di questi ultimi nell’economia globale in un modo sostenibile.
Tuttavia, gli accordi di partenariato economico (APE) non possono essere negoziati come se si trattasse semplicemente di accordi di libero scambio. Il gruppo insiste sulla possibilità di rinegoziare nell’ambito di questi accordi temi quali i servizi, la proprietà intellettuale e le “questioni di Singapore”: investimenti, competenze e mercati pubblici, nonché norme di lavoro e sociali e altre problematiche relative allo sviluppo sostenibile.
Alessandro Battilocchio (PSE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, complimenti al collega Hutchinson per il lavoro svolto e per la condivisibile impostazione politica della relazione. Bene la strada intrapresa all’insegna del dialogo e della cooperazione.
Sottolineo un punto. Per rispondere alle esigenze delle popolazioni dei paesi ACP e per realizzare gli ambiziosi obiettivi del Millennio, è necessario che i negoziati per gli accordi di partenariato economico (APE) su base nazionale e regionale siano sempre più aperti alla partecipazione e alla supervisione democratica. Ribadisco dunque la centralità per la nostra azione degli impegni che abbiamo assunto a Kigali in occasione della quattordicesima sessione dell’Assemblea parlamentare paritetica.
Bene anche il riferimento alla necessità che nella contrattazione e nell’applicazione di nuovi accordi sia presa nella debita considerazione la salvaguardia e la difesa delle istanze democratiche e dei diritti umani. Il nostro sforzo, infatti, non può e non deve ridursi a un mero aiuto di carattere economico.
Ewa Tomaszewska (UEN). – (PL) Signor Presidente, desidero congratularmi con l’onorevole Hutchinson per aver presentato un’eccellente relazione.
Ritengo che sia importante per noi guardare al significato dei contatti di questo genere tra parlamenti, tra gruppi di parlamenti e tra il Parlamento europeo e i paesi ACP e EuroLat nel contesto del dialogo globale. Penso che questa dovrebbe essere la forma che caratterizzi in misura preminente i nostri contatti. Ciò che è definito tra governi è di una natura piuttosto diversa. Il dialogo che avviene tra parlamento è molto più di largo respiro; contiene ampi dibattiti e mi sembra che rifletta più adeguatamente gli interessi e le preoccupazioni dei paesi che partecipano a tale dialogo, pertanto questo tipo di dialogo mi sembra particolarmente prezioso. Sono importanti anche gli aspetti politici che gradiremmo conservare, ossia la questione del mantenimento della pace, il rispetto dei diritti umani e il funzionamento di una società civile.
Neelie Kroes, Membro della Commissione. − (EN) Signor Presidente, ho seguito con grande interesse gli interventi degli onorevoli deputati. Non penso sia opportuno per la Commissione reagire o interferire con la vostra agenda e le vostre priorità, quindi non mi soffermerò sulle riflessioni della nostra parte. Spetta a voi.
Per quanto attiene alla riapertura dei negoziati, dev’essere molto chiaro che gli accordi intermedi costituiscono l’unica via per preservare i flussi commerciali dopo la scadenza del 1° gennaio 2008 e non possono essere rilanciati. Tuttavia, la discussione, e quindi il negoziato verso un APE completo – regionale e con copertura totale – è in corso.
Alain Hutchinson, relatore. – (FR) Signor Presidente, signora Commissario, grazie per le risposte e i commenti. Desidero solo far presente che, in effetti, l’APP è una faccenda per parlamentari, ma che la Commissione svolge un ruolo importante, ovviamente, nelle politiche di sviluppo a livello europeo, e su tale base auspico che la Commissione non consideri – e penso che il Commissario Michel, in ogni caso, sia incluso qui – l’attività dell’Assemblea un lavoro marginale, che non reputi quest’Assemblea come una sorta di valvola di sicurezza dove vengono discusse le tensioni fra noi, ma anzi che l’Esecutivo tenga conto delle opinioni espresse in quella sede, dal momento che per molti dei nostri colleghi degli ACP è l’unico luogo in cui hanno la possibilità di esprimersi.
A tale riguardo, vorrei segnalare che finora si è osservato che non si è svolto alcun dibattito nei parlamenti ACP in merito agli APE o ai documenti di strategia nazionali. Anche se sosteniamo i rappresentanti eletti dal popolo – finanziando le elezioni a destra, sinistra e al centro, nel tentativo di esportare il nostro modello democratico – non abbiamo tempo per consultare questi parlamenti eletti, e qualcuno dei vostri colleghi, come affermato dall’onorevole Carlotti, sta adottato un approccio di tipo “schiacciasassi” per qualsiasi aspetto. Mi auguro pertanto che la Commissione possa effettivamente tenere conto di questa attività e riconoscerne il livello eccellente.
Ho ricevuto complimenti per la mia relazione. Desidero ringraziare i miei colleghi nonché congratularmi con l’onorevole Kinnock, che non è presente in Aula in quanto, essendo copresidente dell’Assemblea, è da qualche parte nei Caraibi. Mi congratulo con lei per il lavoro straordinario che svolge nelle funzioni di copresidente di questa Assemblea paritetica.
Presidente. − La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà giovedì 5 giugno 2008.
Dichiarazioni scritte (articolo 142)
Richard Seeber (PPE-DE), per iscritto. – (DE) Mi sta molto a cuore una buona relazione tra l’Unione europea e i paesi ACP e sono pertanto lieto che l’Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE continui ad acquisire una forma più politica e qualità.
Nei negoziati sull’accordo di partenariato economico e, in linea molto generale, nella cooperazione tra i paesi UE e ACP, temi quali lo sviluppo sostenibile, i diritti umani, la democrazia e la creazione di sistemi costituzionali funzionanti, devono trovare una collocazione definitiva nell’agenda.
In nessun caso dobbiamo trascurare la protezione ambientale e in particolare la lotta contro il cambiamento climatico. Proprio nelle regioni dei paesi ACP, gli effetti del cambiamento climatico potrebbero rivelarsi disastrosi.
L’UE deve dare il buon esempio qui e rispettare gli obblighi e le responsabilità del 2007; solo allora possiamo pretenderlo anche dai paesi ACP.
Un’altra problematica che dobbiamo assolutamente affrontare è quella dell’acqua. La scarsità di acqua e la siccità sono un grave problema nei paesi ACP che esige soluzioni affinché non si assista a una migrazione indotta dalle condizioni ambientali.
24. Concorrenza - Indagine settoriale riguardante l’attività bancaria al dettaglio - Libro verde sui servizi finanziari al dettaglio nel mercato unico (discussione)
Presidente. − L’ordine del giorno reca in discussione congiunta
– la relazione di Gianni Pittella, a nome della Commissione per i problemi economici e monetari, sulla concorrenza: indagine settoriale riguardante l’attività bancaria al dettaglio [2007/2201(INI)] (A6-0185/2008);
– la relazione di Othmar Karas, a nome della Commissione per i problemi economici e monetari, sul Libro verde sui servizi finanziari al dettaglio nel mercato unico [2007/2287(INI)] (A6-0187/2008).
Gianni Pittella, relatore. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, è stato proprio per merito dell’attenta opera di indagine svolta dalla Commissione europea che siamo riusciti a mettere sotto la lente di ingrandimento la rigidità che caratterizza i servizi bancari al dettaglio. Un lavoro, uno studio a cui ci siamo dedicati insieme al collega Karas e che ha riscosso fino a questo momento un consenso molto ampio, quasi unanime, nella commissione competente. Colgo quindi l’occasione per esprimere un ringraziamento particolare alla Commissaria Kroes per la disponibilità che ha sempre dimostrato nel confrontarsi con il Parlamento su questo delicato dossier.
Il rapporto consumatori-banche in Europa rimane complicato a causa delle distorsioni che caratterizzano tale settore. Un rapporto la cui importanza è però fondamentale e che va recuperato attraverso la denuncia delle insufficienze e delle inefficienze e la individuazione delle principali problematiche e delle possibili linee di soluzione. Linee di intervento che, secondo la mia relazione e anche il rapporto del collega Karas, devono essere soprattutto dirette a facilitare la mobilità dei consumatori, in maniera da spingere implicitamente le banche a operare con standard di efficacia maggiore.
Per questo, nel rapporto chiedo che per il consumatore debba risultare semplice e non costoso cambiare banca. Ancora adesso, in troppe realtà europee, si tratta di un’operazione lenta e onerosa. Ci si esprime inoltre contro qualsiasi vincolo contrattuale non chiaramente necessario, che impedisca o metta in difficoltà la mobilità dei clienti. Si raccomanda all’industria bancaria europea di migliorare le procedure che riguardano la chiusura di un conto corrente, applicando solo i costi pienamente giustificabili, assicurando la rapidità di tale servizio ed evitando la duplicazione dei costi.
Si chiede inoltre alla Commissione di impegnarsi affinché le banche forniscano informazioni di migliore qualità e più facilmente accessibili ai consumatori, attraverso un modulo informativo centrato sulle voci di costo, in un formato che permetta una facile comparazione. Io stesso, che sono un correntista di qualche banca, quando mi arrivano i moduli a casa li butto perché non sono leggibili, e come me milioni e milioni di cittadini. Questo non è più sopportabile. Nel caso in cui le banche non si adeguassero a tali indicazioni, signora Commissario, signor Commissario, si invita la Commissione europea a proporre un intervento legislativo in tal senso.
Chiedo inoltre di valutare la fattibilità di un motore di ricerca web europeo, che permetta ai clienti la comparazione dei servizi offerti da differenti siti bancari. Bisogna poter cliccare su un computer, accedere a Internet e avere una piattaforma informatica che ci consenta di dire: qui c’è una scelta migliore che io posso fare. Oggi non siamo in queste condizioni.
Un capitolo a parte è invece rappresentato dalle cosiddette commissioni interbancarie. Rispetto alla posizione assunta dalla Commissione europea sull’argomento, io ho lanciato una proposta: che siano indicati una volta e per tutte agli operatori, attraverso una sorta di linee guida, i criteri per definire la metodologia di calcolo delle commissioni interbancarie, in modo che venga assicurato un corretto e trasparente funzionamento del settore.
Io concluderei, per evitare di splafonare rispetto ai quattro minuti. Mi auguro che nei confronti di queste indicazioni, che il Parlamento spero approvi domani mattina, la Commissione dia un seguito immediato, veloce, quanto meno veloce e concreto.
Othmar Karas, relatore. − (DE) Signor Presidente, signor Commissario, onorevole Pittella, innanzi tutto mi preme sottolineare ancora una volta che le proposte della Commissione, gli obiettivi e le richieste dei deputati nelle due relazioni e gli effetti di tali documenti sui cittadini europei meriterebbero un momento più consono per il dibattito e un pubblico più ampio.
Secondo, con le presenti relazioni e il confronto con la Commissione avviamo la successiva fase relativa al rafforzamento dell’offerta e della domanda nel settore dei servizi finanziari. Desidero ringraziare l’onorevole Pittella, l’onorevole Schmidt e l’onorevole Starkevičiūtė per la costruttiva cooperazione. L’ampia maggioranza nella commissione ha dimostrato che ci siamo avvicinando eppure sono emerse altre richieste.
Cosa vogliamo? Vogliamo proseguire lo sviluppo del mercato interno per i servizi finanziari al dettaglio e trasformarlo in un mercato nazionale per tutti i consumatori e le piccole e medie imprese. Dico questo anche se so che il mercato al dettaglio è e resterà più un’attività locale che globale. Nondimeno, il potenziale è notevole, dal momento che solo l’1 per cento dei consumatori dell’UE acquista servizi finanziari in ambito transfrontaliero tramite mezzi di comunicazione a distanza, mentre il 26 per cento lo fa a livello nazionale.
Esistono – come indicano le relazioni della Commissione e del Parlamento – ostacoli ingiustificati, nonostante competenze diverse, il che non significa che in passato non accadesse nulla. Vorrei far presente che la liberalizzazione del capitale all’interno dell’Europa prosegue dal 1988. L’introduzione dell’euro ha portato vantaggi ai consumatori e all’economica: il piano d’azione per i servizi finanziari, il Libro bianco sulla politica in materia di servizi finanziari per il 2005-2010 e il SEPA, ossia il sistema unico di pagamenti europeo, sono tutti elementi di questo sviluppo politico di cui beneficiano acquirenti e fornitori. Non è il traguardo, ma ci stiamo muovendo con determinazione lungo il cammino.
Entrambe le relazioni della Commissione – al pari delle nostre, forse – presentano ovviamente alcuni punti deboli. Uno di questi è nel Libro verde, dove parla quasi esclusivamente di consumatori. Questo riguarda il mercato interno al dettaglio nonché le PMI. Inoltre, le misure di protezione dei consumatori da sole non riescono ancora a incoraggiare i fornitori – e lo sappiamo – a oltrepassare le frontiere. A un esame dei settori emerge senza dubbio che il punto debole è l’esiguità dei dati su cui ci basiamo. Sospettiamo una potenziale compartimentazione del mercato basata sui soli prezzi.
Nella nostra relazione chiediamo pertanto alla Commissione di effettuare un adeguato studio d’impatto, che deve anche includere una componente che determini correttamente le condizioni originali del mercato e valuti l’integrazione e la competitività del mercato e dell’impatto di un’iniziativa non solo sulla base di un indicatore ma con il numero più ampio possibile di parametri.
Sosteniamo tuttavia anche la Commissione nella scelta di perseguire solo iniziative che offrano visibilmente vantaggi concreti ai cittadini, poggino su solide analisi costi-benefici e siano state oggetto di adeguati studi d’impatto.
Potrei ora sottolineare altri punti deboli, ma mi voglio limitare a quanto abbiamo anche evidenziato in modo specifico nelle relazioni. Un messaggio importante di questo parlamento è che riconosciamo chiaramente il settore decentralizzato. Abbiamo bisogno di casse di risparmio e cooperative insieme alle società per azioni. Ci occorrono campioni locali transfrontalieri e non solo campioni globali. Sono responsabili della fornitura di servizi locali, dello sviluppo economico nelle singole regioni e delle sicurezza della fornitura. Il secondo punto è che ci occorre un equilibrio tra l’offerta e la domanda. Terzo, dobbiamo armonizzare le formalità di concessione delle licenze e registrazione. Le società di assicurazione e le banche con attività transfrontaliere sono soggette alla vigilanza di varie autorità finanziarie. Dovremmo procedere all’armonizzazione qui e creare requisiti di ingresso uguali.
Dovremmo espandere il commercio elettronico. La promozione della connessione remota delle imprese deve incentivare l’impiego di una firma elettronica sicura e opportuno rivedere la direttiva sul riciclaggio di denaro, qualora in contrasto.
Vengono affrontati altri aspetti: agenti e intermediari sono importanti per una maggiore concorrenza nel settore dei servizi finanziari. Ci occorre un accesso più facile al registro dati sui crediti nonché l’estensione di un regolamento di esenzione per categoria perché non pensiamo che in questo settore la cooperazione impedisca la concorrenza se le condizioni sono definite con chiarezza.
Invito la Commissione e i miei colleghi a esaminare la presente relazione nella sua interezza e ad adottare e sostenere le altre considerazioni – i 44 paragrafi di chiarimenti e misure della mia relazione.
Neelie Kroes, Membro della Commissione. − (EN) Signor Presidente, è un vero piacere per me essere qui presente per parlare della revisione della Commissione nonché dei pareri riguardo alla relazione Pittella.
Ma innanzi tutto desidero congratularmi con gli onorevoli Pittella e Karas per il meraviglioso lavoro svolto e ringraziare il Parlamento per l’interesse mostrato nei confronti di questo tema.
Condividiamo molti aspetti al riguardo, e questo è un buon punto di partenza. Insieme al mio caro collega Charlie McCreevy e alla DG Mercato interno e servizi, i miei servizi ed io ci siamo impegnati non poco per studiare il settore bancario al dettaglio e, come voi, ci chiediamo che cosa si potrebbe migliorare. Sarebbe da stupidi affermare che tutto è perfetto, così “Che cosa potrebbe essere migliore?” è la nostra linea di approccio a questo tema.
Nella nostra indagine settoriale, molta della nostra attenzione è stata riservata al mercato dei sistemi di pagamento con carte, del valore di 1 350 miliardi di euro l’anno. Non sono spiccioli, sono 1 350 miliardi di euro su base annua. Abbiamo anche esplorato l’eventuale miglioramento dei registri di credito, la cooperazione utile e non tra banche, e le commissioni bancarie.
Per rispondere in modo specifico a un elemento chiave della relazione Pittella, posso concludere che abbiamo molti punti di accordo e uno di divergenza. Sulla mobilità dei consumatori: la palla ora passa al settore. Deve sviluppare un codice di condotta, e può dover affrontare la legge se non coglie questa opportunità e questa sfida.
Per quanto riguarda l’informazione e la trasparenza: il confronto dei prezzi e la diffusione di informazioni sui prodotti sono elementi critici per i consumatori. Ma il settore contesta aspramente i suggerimenti proposti per cambiare la situazione, pertanto temo che non si compirà alcun progresso. La mia collega, la signora Commissario Kuneva, sta raccogliendo dati sulle commissioni bancarie al dettaglio al fine dei controlli della sua Pagella dei mercati dei beni al consumo. Potrà di certo valutare la diversità e la trasparenza delle commissioni bancarie e il corrispondete livello di conoscenza dei consumatori. Questa acquisizione di elementi di fatto è il primo passo verso il cambiamento.
Per quanto attiene ai registri di credito penso di avere buone notizie. La prima riunione del gruppo di esperti sulle informazioni storiche sui crediti è in programma per il mese di settembre 2008, che non è tra molto tempo. Gli esperti dovrebbero presentare le loro raccomandazioni alla Commissione entro il 1° maggio 2009.
Gli intermediari del credito, quali gli intermediari creditizi, sono un settore in crescita con molti clienti vulnerabili, pertanto sarà di grande interesse lo studio della Commissione al riguardo, i cui risultati dovrebbero essere disponibili nel mese di ottobre 2008.
Riguardo alla cooperazione tra banche, la DG Concorrenza è ancora impegnata nella raccolta di elementi di fatto per la nostra inchiesta settoriale, quindi, in questa fase, è prematuro per me pronunciarmi in modo dettagliato sulla questione.
Il SEPA è ancora nuovo, e occorre il gioco di concorrenza affinché funzioni appieno: in merito a ciò, sono particolarmente d’accordo con il Parlamento. Ma sono certa che funzioni adeguatamente come potremmo aspettarci a questo punto.
L’area che sembra non trovare tutti d’accordi – come indicato in precedenza – riguarda la richiesta alla Commissione di elaborare orientamenti sulle commissioni d’interscambio multilaterale. Devo essere onesta con voi e farvi presente che non sono convinta che la creazione di una serie di orientamenti sia la mossa giusta a questo punto e, sulla base della nostra esperienza in materia, cercherò di spiegare il perché.
La richiesta di linee guida e di “chiarezza” da parte della Commissione – e comprendo la domanda del relatore e del suo gruppo – è la prevedibile conseguenza del nostro caso MasterCard. Tuttavia quella decisione – la decisione MasterCard – si è basata esclusivamente sui fatti specifici di quel caso. Con un solo caso al quale rifarci per elaborare simili orientamenti, rischieremmo di produrre pessime linee guida che compromettono i nostri sforzi di aiutare i consumatori (un altro elemento che abbiamo in comune: noi – il Parlamento e la Commissione – vogliamo aiutare i consumatori). Un caso non è sufficiente per una soluzione magica.
Un altro motivo per cui le linee guida potrebbero non funzionare è che ci sono sistemi di carte di pagamento nell’UE che si basano sulle MIF e altri che invece non vi ricorrono. Le decisioni riguardo a un modello aziendale di regime di carte e di meccanismi di finanziamento dovrebbero essere prese dai regimi stessi. Ovviamente, la Commissione non può prescrivere alcun modello aziendale specifico. La valutazione delle MIF di un sistema sviluppato come MasterCard e la valutazione delle MIF che nuovi operatori del mercato vorrebbero applicare onde iniziare a competere non sono necessariamente la stessa cosa. A questa fase la Commissione ha solo verificato le MIF in sistemi come Visa e MasterCard. Nel nuovo quadro introdotto con il regolamento (CE) n. 1/2003, è responsabilità delle parti valutare la legalità del loro comportamento sulla base delle regole di concorrenza della CE.
Sul nostro sito web abbiamo pubblicato una versione non confidenziale della decisione MasterCard, pertanto siamo trasparenti e chiari. La valutazione della Commissione riguardo alle MIF della MasterCard può essere usata da altri sistemi di carte di pagamento come guida, anche se la decisione si riferisce nello specifico alla situazione della MasterCard e non a tutte le possibili MIF. Posso tuttavia suggerire che seguirò il mercato nell’evoluzione di questo aspetto; questo è un gesto da parte mia. I miei servizi sono disposti ad approfondire la discussione con gli operati del mercato e tutte le parti interessate, e infatti sono già in stretto contatto con il settore dei pagamenti a tale proposito.
Ma permettetemi di concludere con una nota positiva. La Commissione accoglie con estremo favore il chiaro sostegno del Parlamento riguardo alla necessità di misure volte a migliorare il livello di efficienza e funzionamento del settore bancario al dettaglio, che rimane frammentato su scala nazionale.
Mi impegno a collaborare con voi al fine affrontare la questione delle MIF. Mi auguro che riusciremo a concludere che il futuro è nostro.
Charlie McCreevy, Membro della Commissione. − (EN) Signor Presidente, desidero congratularmi con la commissione per i problemi economici e monetari e la commissione per i mercato interno e la protezione dei consumatori, e in particolare con gli onorevoli Karas e Schmidt, per l’eccellente lavoro sfociato nell’elaborazione di una relazione così approfondita e sistematica.
E’ con grande entusiasmo che accolgo la vostra ampia relazione concernente la nostra strategia sui servizi finanziari al dettaglio, nonché il significativo contributo apportato riguardo alle delibere su un’ampia gamma di questioni. Nel poco tempo a disposizione non è possibile illustrare la nostra posizione riguardo a tutti gli aspetti affrontati in questa relazione di ampio respiro. Vorrei pertanto concentrami su due tematiche di particolare importanza nel settore al dettaglio, ossia il nostro studio nell’ambito dei prodotti d’investimento al dettaglio, e il nostro lavoro sulla mobilità dei conti bancari.
Affronterò innanzi tutto la questione dei prodotti di investimento al dettaglio. Ringrazio anche per il sostegno dimostrato per il lavoro che stiamo svolgendo al fine di garantire che il quadro normativo per la vendita di prodotti d’investimento al dettaglio offra un livello estremamente elevato di protezione agli investitori. Sono convinto che la concorrenza tra i prodotti d’investimento al dettaglio possa portare autentici vantaggi ai consumatori. Dobbiamo tuttavia confidare nel fatto che la vendita di tutti i prodotti d’investimento sia accompagnata da un alto grado di informazione in merito al singolo prodotto e da una disciplina del punto di vendita. Solo questo assicurerà un trattamento equo al consumatore e gli consentirà di decidere su una base informata.
Accolgo con favore la posizione netta che assunta nella relazione in merito a questi aspetti. Tuttavia, come sapete bene, non sono uno che prende una decisione senza essere prima totalmente convinto che sia necessario cambiare. L’armonizzazione o la razionalizzazione delle norme di informazione e di distribuzione costituirebbero un processo oneroso e pregiudizievole. Possono esserci ragioni obiettive in virtù delle quali sia opportuno mantenere una certa differenziazione tra i tipi di prodotti o i canali di distribuzione.
Per queste ragioni, ritengo che sia troppo presto per concludere che esistono differenze negli attuali regimi di protezione degli investitori che implicano la necessità di introdurre una nuova legislazione trasversale. Quest’anno presenterò una comunicazione che consolida le prove raccolte nell’ambito della nostra ricerca. Individueremo le aree in cui occorrerà impegnarsi in futuro al fine di esaminare e affrontare con chiarezza le lacune evidenziate nelle protezioni normative esistenti.
Torniamo ora alla mobilità dei conti bancari. Creare un mercato competitivo ed efficace per i conti bancari è un elemento essenziale della nostra strategia per i servizi finanziari al dettaglio. Molti consumatori devono affrontare regolarmente una serie di ostacoli quando tentano di passare da un prestatore a un altro. Non possiamo permettere che questa situazione persista e siamo pertanto lieti di ricevere il vostro appoggio a tale riguardo.
Accolgo con favore la richiesta al settore dei servizi finanziari di lavorare al fine di conseguire gli obiettivi del Libro verde attraverso l’autoregolamentazione riducendo così la necessità di atti giuridici vincolanti. Questo di fatto riflette il nostro impegno, confermato nel riesame del mercato unico, di usare misure di autoregolamentazione, laddove opportuno o nei casi in cui possiamo fornire i risultati auspicati, anziché ricorrere alla normativa.
In questo contesto, nel novembre dello scorso anno abbiamo invitato il settore bancario europeo a sviluppare un codice europeo di condotta da presentare entro la metà del 2008. Questo codice deve contenere un effettivo servizio nazionale di cambio che possa essere a disposizione dei clienti quando passano da un’altra banca. Il settore bancario non deve iniziare da zero. Al contrario, deve ricorrere alle migliori prassi esistenti in alcuni Stati membri.
Infine, la presentazione di un codice di condotta di elevata qualità sarà una prova decisiva dei meriti dell0autoregolamentazione. Permettetemi di parlar chiaro oggi. Se il codice delude le aspettative della Commissione, occorrerà studiare altre alternative, ad esempio una proposta di legge.
Zuzana Roithová, a nome del gruppo PPE-DE. – (CS) Signor Presidente, accolgo con soddisfazione la relazione del mio collega, onorevole Karas, incentrata su un argomento molto importante, ossia la necessità di facilitare l’accesso ai servizi bancari ai cittadini e alle imprese dell’Unione europea. Questo ci aiuterà ad ampliare, o piuttosto a completare, il mercato interno. Tuttavia, vorrei richiamare la vostra attenzione sul grave problema delle elevate commissioni bancarie applicate in molti Stati membri. In alcuni di questi paesi – e il mio, la Repubblica ceca, è uno dei principali responsabili – queste commissioni bancarie possono raggiungere livelli ridicolmente elevati. Questo fatto richiede un’autentica concorrenza estera. Solo le tariffe della Polonia sono peggiori di quelle della Repubblica ceca. D’altro canto, i servizi bancari più economici sono nei Paesi Bassi o in Austria, per esempio.
Gli strumenti che possono cambiare rapidamente la situazione (collegata anche alle commissioni esorbitanti di emissione delle carte di credito) sono nelle mani della Commissione e del Parlamento. L’eliminazione degli ostacoli allo sviluppo di una banca elettronica transfrontaliera potrebbe migliorare la situazione per i consumatori e le imprese clienti, che potrebbero così beneficiare di una sana concorrenza economica. Oltre alla necessità di ridurre le commissioni bancarie e aumentare la trasparenza, occorrerebbe altresì concentrarsi per rafforzare la qualità dei servizi bancari e migliorare le informazioni finanziarie dei consumatori e delle piccole e medie imprese. Da ultimo, ma non certo meno importante, l?unione europea dovrà prestare attenzione alla regolamentazione del cosiddetto microcredito, che può imprimere un importante slancio al commercio elettronico (e non solo elettronico). Onorevoli colleghi, sta a noi.
Antolín Sánchez Presedo, a nome del gruppo PSE. – (ES) Signor Presidente, signora Commissario Kroes, signor Commissario McCreevy, onorevoli colleghi, la banca al dettaglio svolge un ruolo essenziale nella vita quotidiana delle famiglie e della stragrande maggioranza delle imprese europee. La sua importanza economica è notevole, genera circa il 2 per cento del PIL comunitario, fornisce oltre 3 milioni di posti di lavoro e costituisce il maggior settore bancario, con entrate lorde superiori al 50 per cento del totale dell’UE.
Onde comprenderne l’importanza possiamo considerare che uno dei suoi tipici servizi – i mutui – costituisce il principale rischio finanziario assunto dai cittadini europei, con saldi in sospeso di circa il 50 per cento del PIL dell’UE, e che il volume dei fondi di investimento negli Stati membri si assesta tra il 4 e il 24 per cento delle economie nazionali.
Nonostante i progressi nella disciplina del settore e i miglioramenti apportati dall’introduzione dell’euro, l’integrazione dei mercati comunitari dei servizi finanziari e la promozione della concorrenza nel settore non sembrano aver raggiunto tutto il loro potenziale.
Solo l’1 per cento dei consumatori dell’Unione europea acquista servizi finanziari transfrontalieri; esistono notevoli differenze di prezzi tra entità; le possibilità di scelta sono limitate; permangono ostacoli strutturali che rendono difficile fornire la prestazione e un adeguamento funzionamento dei servizi tra paesi diversi. I livelli di redditività dei servizi bancari al dettaglio sono molto diversi; al di sopra della media si collocano le strutture dei paesi nordici, la Spagna e l’Irlanda.
Tutti questi aspetti sono affrontati nelle presenti relazioni in un modo ragionevolmente equilibrato. Mi congratulo con i relatori, gli onorevoli Pittella e Karas, ed esprimo la mia soddisfazione per l’inserimento finale di elementi quali il riconoscimento del ruolo svolto dall’attività bancaria al dettaglio nell’adeguata trasmissione delle condizioni della politica monetaria del mercato, il valore che la pluralità e la diversità dei modelli di commercio con banche cooperative e casse di risparmio apporta alle attività bancarie al dettaglio, l’esistenza di un ambiente di cooperazione precompetitiva tra entità indipendenti, la necessità di un quadro appropriato per gli intermediari finanziari e più comparabilità tra prodotti finanziari.
Migliorare il funzionamento di questo settore bancario apporterà maggiore efficienza, contribuirà allo sviluppo del potenziale endogeno in tutte le regioni europee e faciliterà l’accesso ai servizi finanziari, insieme a una maggiore conformità con i termini di copertura per i nostri cittadini.
Margarita Starkevičiūtė, a nome del gruppo ALDE. – (LT) Il punto chiave della discussione di oggi è l’interrogativo volto a sapere che cosa si deve fare per garantire che i cittadini dell’UE possano beneficiare appieno dei vantaggi apportati dal mercato unico nel settore finanziario, eccessivamente frammentario. Come possiamo affrontare il problema? Esistono tre soluzioni percorribili. Innanzi tutto, incoraggiando la mobilità del consumatore. Come possiamo conseguire questo risultato? Primo, le informazioni su tutti i prodotti disponibili devono essere standardizzate e deve essere garantita la trasparenza rispetto al costi di tali prodotti finanziari al dettaglio, il che permetterà al consumatore di scegliere sulla base di determinati metodi, forse, come ha suggerito l’onorevole Pittella, un motore di ricerca su Internet. Non siamo preparati ad accettare la necessità di standardizzare tutti i prodotti, in quanto devono riflettere le diversità sociali e culturali dei singoli paesi. Pertanto, dobbiamo definire con chiarezza la standardizzazione. Inoltre, dobbiamo permettere ai consumatori di aprire conti in altri paesi. Ora viviamo nell’area Schengen, che consente a ognuno di passare da un paese all’altro senza difficoltà, e il registro dei dati ha cessato di essere un problema. Tuttavia, le banche hanno problemi ad aprire conti per cittadini di altri paesi. Non credo che questi problemi possano risolversi semplicemente con il coordinamento del settore, se teniamo conto del numero di banche al dettaglio e delle difficoltà che incontrano nel coordinare le rispettive attività. Può la Commissione suggerire un’iniziativa al riguardo?
Un altro modo sarebbe rafforzare la mobilità dei prestatori, consentendo loro di fornire i propri servizi attraverso Internet o a mezzo di messaggi di testo. In ogni caso, la struttura finanziaria deve essere regolata preventivamente, definendo con chiarezza chi è responsabile di cosa nel caso in cui qualcosa non funzioni. Vorrei concludere dicendo al Commissario Kroes che ci aspettiamo che la Commissione agisca con trasparenza. Per quanto riguarda i costi delle carte di pagamento, ora si stanno introducendo nuove tariffe, anticipando il suo suggerimento. Al momento dell’acquisto i consumatori potrebbero persino non essere a conoscenza dell’aumento dei costi, in quanto le banche sono in fase di adeguamento ai nuovi requisiti. Forse le informazioni sul costo delle carte di pagamento dovrebbe essere pubblicizzato su più ampia scala e più spesso, consentendo al consumatore di confrontare le commissioni e di avere maggiore conoscenza di causa per trattare con le banche.
Roberto Fiore (NI). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, certamente c’è la volontà da parte di questo Parlamento di armonizzare il mondo bancario europeo. Ma io penso che le famiglie e le piccole e medie imprese siano particolarmente preoccupate, in particolar modo nel mio paese, l’Italia, su alcune pratiche in questo momento soggette anche a un forte e complesso scrutinio dell’opinione pubblica.
Parlo, ad esempio, della commissione massimo scoperto e dell’anatocismo, cioè gli interessi sugli interessi. Queste sono pratiche che sono entrate in conflitto con la Corte costituzionale e con la Corte di cassazione. Quindi non capisco come si possa parlare di fee transparency o di chiarezza nel modo di far pagare le commissioni, quando in un paese come l’Italia esistono dei conflitti ancora così forti fra banche e potere giuridico.
La stessa cosa vale anche per la flessibilità dei mutui. In questo momento vi è particolare preoccupazione per il fatto che migliaia, centinaia di migliaia di famiglie hanno grossi problemi nella flessibilità del mutuo. Quindi, penso che questo Parlamento debba innanzitutto mettere in linea il mondo bancario nazionale su dei criteri di giustizia maggiore.
Harald Ettl (PSE). – (DE) Signor Presidente, sia la relazione Karas che la relazione Pittella dimostrano che c’è ancora molto da fare a favore dei consumatori nel settore dei servizi finanziari al dettaglio, come i conti bancari, i prestiti e le assicurazioni. Le banche, i cui volumi di mercato sono influenzati dall’attività al dettaglio per una quota che arriva al 50 per cento, non sono più interessati alla mobilità dei clienti e, purtroppo, lo sono soltanto in forma limitata riguardo alle analisi comparative trasparenti. Anche questa relazione di fiducia sostanzialmente positiva, ma spesso mal interpretata, tra le banche e i loro clienti ha meno di un vincolo e contribuisce meno alla mobilità dei clienti e alla promozione della concorrenza.
La stessa concorrenza può pertanto essere regolata principalmente da clienti illuminati e ben informati. Alla fine abbiamo anche incluso una linea di bilancio dell’UE destinata alla competenza di mercato finanziario nelle organizzazioni di consumatori e di PMI. Desidero solo ricordarvelo.
Inoltre, i livelli di protezione dei consumatori non dovrebbero essere compromessi dall’eliminazione delle barriere. D’altro canto, la richiesta di assistenza legale collettiva in controversie transfrontaliere relative a prodotti finanziari sollevata nella commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori, costituisce il completamento adeguato per condizioni di mercato eque. In generale, tuttavia, i nuovi prodotti finanziari devono essere introdotti in modo oggetti e corretto.
Alla Commissione viene chiesto di ancorare i requisiti normativi rispetto all’informazione, alla commercializzazione e all’organizzazione di prodotti confrontabili per clienti privati in tutte le disposizioni giuridiche del mercato finanziario. I principi della direttiva sui mercati di strumenti finanziari (MiFID) sulla consulenza migliore dovrebbero essere strutturai per essere applicati in particolare, per esempio, alle assicurazioni vita vincolate a fondi e ad altri prodotti di risparmio a lungo termine. Aiutare il consumatore, il cliente, e creare quindi un florido mercato deve essere il principio alla base della nostra azione.
Wolf Klinz (ALDE). – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, innanzi tutto desidero esprimere i miei ringraziamenti agli onorevoli Pittella e Karas per le rispettive relazioni. Condivido le conclusioni che permeano l’intera relazione secondo cui ogni cittadino nell’Unione europea deve poter accedere ai servizi bancari. Nondimeno, consentitemi tre osservazioni.
Primo, per quanto riguarda la mobilità dei clienti, sì, è nostro obiettivo in un mercato interno in crescita e del tutto operativo garantire che ogni cliente abbia anche accesso transfrontaliero ai servizi bancari. Tale diritto tuttavia è collegato a una serie di responsabilità. Pertanto sono piuttosto prudente quando qui si esige che, nel caso in cui un cliente informi la propria banca della sua intenzione di passare a un’altra, si imputi il rischio all’attuale istituto se il cliente in questione non riceve a tempo debito i nuovi dettagli relativi al conto bancario. Non è corretto! I clienti devono assumersi la responsabilità delle proprie azioni e inoltre devono assumersi tale responsabilità personalmente con i diritti acquisiti. Non dovremmo atteggiarci a coloro che tolgono dai guai i clienti quando è colpa loro se sono finiti in questo pasticcio.
Secondo, le informazioni al cliente. Non posso se non concordare qui con l’oratore precedente, l’onorevole Ettl. Dobbiamo ancora agire in questo senso in molte occasioni in cui ci sono prodotti confrontabili in concorrenza tra loro che non presentano la stessa trasparenza in quanto sono soggetti a obblighi diversi rispetto alla diffusione delle informazioni. Non è corretto! Sono assolutamente a favore del fatto che i clienti ricevano informazioni, ma è altrettanto vero che non dovremmo eccedere nello zelo e sommergere i clienti con una quantità esorbitante di dettagli. Ai clienti servono le informazioni necessarie al fine di operare una decisione responsabile, ma in questo caso la qualità è più importante della quantità.
Infine, torniamo alle strutture bancarie. Sono d’accordo con l’onorevole Karas che di fatto abbiamo strutture bancarie che hanno uno sviluppo storico diverso nei singoli Stati membri. In un paese ci sono solo istituti privati, in un altro ci sono casse di risparmio, cooperative di credito, banche statali e molte altre entità. Non compete a noi riorganizzare la comunità bancaria; sono gli Stati membri che devono affrontare questo processo, se già non lo hanno in corso. Non è neppure nostro compito, tuttavia, tramandare le tradizioni. Penso che debba essere il mercato a decidere se le strutture debbano rimanere come sono e debbano essere modificate. I servizi, le gamme di prodotti, i servizi che singoli operatori del mercato offrono ai propri clienti: sono aspetti che devono decidere loro, e noi non dovremmo adottare decisioni ti carattere centralizzato.
Mairead McGuinness (PPE-DE). - (EN) Signor Presidente, vorrei commentare brevemente alcuni aspetti della discussione.
La questione dell’educazione del consumatore è molto importante. Abbiamo bisogno che i consumatori comprendano i servizi finanziari, e dobbiamo in particolare puntare verso i giovani che usano le carte di credito come se fossero fuori moda.
Ma consentitemi di dire che coloro di noi che pensavano che fossero formati in tale ambito sono stati soggetti a strani incidenti finanziari. Voglio dire, alzino la mano quelli di noi che hanno sottoscritto un’ipoteca legata a un’assicurazione mista. Io potrei alzarle entrambe in questo caso. Pertanto, anche con educazione e cognizione di causa, si commettono errori e si vendono prodotti sbagliati al consumatore.
Non so per quanto tempo la Commissione sottoporrà a verifica i codici di condotta prima di procedere a legiferare. Non sono una fanatica della normativa quando non è assolutamente necessaria, ma talvolta ci occorre una legislazione migliore che sia efficace da una prospettiva del consumatore. Stiamo attraversando un momento di contrazione del credito e, laddove nel sistema bancario irlandese era normale prestare denaro e concedere ipoteche per il 100 per cento, ora abbiamo esattamente l’opposto che restrizioni di finanziamento. E’ una questione che riguarda noi tutti e mi auguro che questa discussione contribuisca a ottenere servizi finanziari migliori per il consumatore europeo.
Neelie Kroes, Membro della Commissione. − (EN) Signor presidente, desidero ringraziare gli onorevoli deputati ancora una volta per il lavoro svolto su questo tema. E’ stato sottolineato che ci occorre trasparenza e una chiara visione d’insieme di quello che è destinato al consumatore. La qualità è più importante della quantità, ma talvolta è necessaria un po’ di quantità per ottenere la qualità.
La Commissione accoglie con grande favore il vostro chiaro sostegno alla necessità delle misure. Siamo consapevoli del fatto che dobbiamo aumentare il livello di efficienza, che dobbiamo migliorare il funzionamento del settore bancario al dettaglio, che rimane frammentato su scala nazionale. Questa situazione non è in linea con il mercato unico in cui tutti crediamo. Pertanto, il settore bancario al dettaglio – che è una porta aperta – è di importanza cruciale per tutti noi, per tutti i consumatori e per l’economia nel complesso. La relazione del Parlamento riflette l’importanza che attribuite a questo ambito.
L’onorevole Roithová ha parlato della situazione nel proprio paese, ma ha fatto presente che non è una prerogativa del suo paese che le commissioni elevate siano spesso il risultato di un mercato frammentato con soltanto pochi operatori. La situazione che abbiamo osservato nello studio settoriale, di cui ho già accennato, è piuttosto chiara.
Riteniamo, e ci auguriamo, che l’introduzione del SEPA, dell’area unica dei pagamenti in euro, fornisca una risposta a molti dei problemi, perché faciliterà la concorrenza transfrontaliera che è quello che occorre. Inoltre, è un approccio a favore del mercato e dovrebbe funzionare. Siamo pertanto fortemente a favore di questa iniziativa e stiamo collaborando con il settore affinché la SEPA consegua i propri obiettivi. L’onorevole Sánchez Presedo ha giustamente affermato che la promozione della concorrenza è la chiave per l’approccio nel complesso, perché se non c’è concorrenza allora sapremo tutti che le banche stanno cercando di menarci per il naso.
Per quanto riguarda il costo reale delle carte di pagamento, questione sollevata dall’onorevole Starkevičiūtė, condividiamo il desiderio dell’onorevole parlamentare in merito a una maggiore trasparenza nel mercato. L’atteggiamento favorevole alla concorrenza significa che dovremmo essere consapevoli di quanto avviene sul mercato, e il fatto che non fosse chiaro il motivo per cui i consumatori che beneficiavano di tale approccio fosse una delle ragioni per vietare le commissioni di interscambio della MasterCard – questo era chiaro. Il nostro obiettivo è vedere commissioni che apportano ai consumatori chiari vantaggi tangibili.
L’onorevole Klinz ha giustamente parlato di diritti, e che questi sono sempre combinati con una serie di responsabilità: non solo dei clienti ma anche di noi tutti – le banche e tutti i partecipanti al gioco. Ci occorre più trasparenza, dobbiamo avere ben chiaro che cosa stiamo scegliendo. Si spera che i cambiamenti del mercato portino in quella direzione.
Charlie McCreevy, Membro della Commissione. − (EN) Signor Presidente, come ho sottolineato in precedenza, le relazioni sono lavori eccellenti. Sono approfonditi e coerenti e apporteranno un contributo significati al nostro lavoro in corso sui servizi finanziari e al dettaglio.
Mi fa piacere che alcuni desiderino che si avanzi più celermente rispetto a certe iniziative, ma la rapidità non è sempre sinonimo di parità. Abbiamo assunto un impegno sulla base dei principi relativi al legiferare meglio, tra cui lo svolgimento di valutazioni d’impatto scrupolose. Alcune delle nostre iniziative, come i conti bancari, sono in corso da vari anni e dovrebbero dare risultati quest’anno. Altre, ad esempio il nostro lavoro sui progetti d’investimento al dettaglio, sono un po’ più recenti e richiederanno più studio prima che noi possiamo pervenire a solide conclusioni.
L’onorevole Roithová ha fatto riferimento ai cambi bancari e la mia collega, il Commissario Neelie Kroes, si è occupata di quest aspetto. Desidero solo far presente che non possiamo disciplinare le commissioni in quanto tali, ma quello che occorre davvero è un’autentica concorrenza e la capacità dei consumatori di cambiare senza difficoltà un prestatore di cui non sono soddisfatti. Ovviamente, vogliamo agevolare loro il passaggio e che dispongano di una molteplicità di interlocutori sul mercato. Già solo questo farà scendere i prezzi. L’onorevole Margarita Starkevičiūtė ha sollevato varie problematiche. Ho preso nota di tutti i suoi suggerimenti e interverremo al riguardo per quanto possibile. L’onorevole Ettl si è soffermato sulle banche al dettaglio. Ll Libro verde che abbiamo pubblicato affronta proprio alcune di queste reali preoccupazioni.
In genere sono d’accordo con il mio amico, l’onorevole Wolf Klinz, tuttavia, a meno che non abbia frainteso, ho notato che non è troppo favorevole allo spostamenti dei conti bancari. Quello che stiamo cercando di fare è permettere ai consumatori di cambiare facilmente il conto bancario all’interno degli Stati membri. Desidero sottolineare che non si tratta di ingegneria aerospaziale. Altri Stati membri si sono avventurati nella questione dei codici di condotta e lo hanno fatto senza troppe difficoltà. Abbiamo offerto al settore bancario la possibilità di autoregolamentarsi in questo particolare ambito. Ho incontrato alcuni di loro. Alcuni saltano fuori con ogni genere di scusa meravigliosa e fantasiosa riguardo al motivo per cui non è possibile farlo, ma posso garantire loro che non è con l’astrofisica che dobbiamo cimentarci. E’ piuttosto semplice da gestire e costituisce un’opportunità per loro di dimostrare che l’autoregolamentazione è la soluzione più adeguata. Tuttavia, come ho rilevato nelle miei osservazioni precedenti, se non ci muoviamo in questa direzioni, possiamo scegliere tra altre alternative.
Sono tuttavia d’accordo riguardo al secondo punto sollevato dall’onorevole Klinz in merito alle strutture bancarie in vari Stati membri. E’ un aspetto la cui organizzazione compete interamente agli Stati membri e in ognuno di essi esistono strutture bancarie diverse. Uno Stato membro può organizzare le proprie strutture come desidera, ma se entra nello spazio del libero mercato, deve attenersi alle norme del Trattato, e questo talvolta può sfociare in conflitti. Tuttavia, l’organizzazione della struttura bancaria in uno Stato membro è di esclusiva competenza dello Stato membro in questione.
Sono d’accordo con l’onorevole McGuinness per quanto attiene al funzionamento dei codici di condotta. Ha accennato al livello elevato delle ipoteche legate ad assicurazioni sulla vita miste. Sono sempre stato un po’ restio a esplorare quella via e ho resistito negli anni, ma a un certo punto, insieme a un’altra persona, mi sono permesso di approfittare di una di queste. Sono stato uno dei fortunati. Mi sono ritrovato alla fine del periodo con un profitto, che ha sorpreso me e tutti gli altri, considerata la mia riluttanza in merito.
Tuttavia, non credo che si possa incolpare nessuno per come si sono evolute queste ipoteche. Era la moda dell’epoca. Tutti pensavano che fosse quello il modo di procedere e ci fu un periodo di vendita agguerrita. Ma penso che, purché il consumatore sia consapevole delle tante insidie, sia ciò che i codici di condotta o qualsiasi altro genere di protezione dei consumatori dovrebbe fare. Dico sempre agli imprenditori, che si tratti di piccole o grandi imprese, e dovremmo esserne consci in quanto consumatori, che se una cosa sembra troppo positiva, finisce per essere troppo positiva.
Gianni Pittella, relatore. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, rapidamente, intanto grazie a tutti i colleghi che sono intervenuti e ancora grazie ai Commissari e al collega Karas.
Rapidamente sulle commissioni interbancarie. La mia proposta di linee guida si basa sulla convinzione – e poi potremmo dissentire signora Commissario – che la commissione interbancaria è utile a garantire lo sviluppo e l’efficienza dello strumento di pagamento. Inoltre, in assenza di commissioni interbancarie, si corre il rischio di scaricare i costi sulle spalle dei consumatori.
Passando invece alla questione di quale sia il migliore approccio rispetto alla regolamentazione dei mercati finanziari, io ritengo che i mercati finanziari – l’ho detto spesso anche al Commissario McCreevy – poco e male regolati e la spesso inefficace opera di autoregolamentazione da parte dell’industria bancaria siano elementi che hanno dimostrato, con l’attuale crisi finanziaria, tutto il loro impatto negativo.
Per questo credo che sarebbe sbagliato pensare che una seria opera di integrazione del settore finanziario al dettaglio possa essere portata a termine unicamente con la self-regulation da parte dell’industria. Il mercato finanziario dei prodotti al dettaglio potrà dirsi realmente integrato soltanto se viene raggiunta e garantita la piena armonizzazione mirata delle regole a tutela dei consumatori. E questo si può ottenere anche e soprattutto attraverso un’iniziativa legislativa da parte della Commissione.
Othmar Karas, relatore. − (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, desidero rinnovare i ringraziamenti iniziali a tutti coloro che sono coinvolti in questo lavoro, e chiedere alla Commissione di inserire le proposte del Parlamento nel complesso nelle sue deliberazioni legislative.
Il secondo punto è un suggerimento. Desidero far presente ai miei colleghi che la relazione sull’educazione dei consumatori – abbiamo trattato abbondantemente questo tema oggi – nel settore dei servizi finanziari verrà discussa in Aula e sarà esaminata in plenaria in autunno.
Un altro punto è che non dovremmo dimenticare che i vari sistemi fiscali degli Stati membri ostacolano non poco la fornitura di servizi finanziari transfrontalieri e questo genera anche un basso livello di interoperabilità, in particolare laddove i prodotti finanziari sono promossi a fini fiscali. Desidero inoltre esortare il settore e le banche a procedere all’autoregolamentazione al fine di svolgere i lavori preliminari al fine dell’obiettivo del Libro verde in oggetto. Per quanto attiene alla questione della standardizzazione e della diversità dei prodotti, dobbiamo dire “sì” alla standardizzazione purché non pregiudichi la diversità dei prodotti. Quanto agli oneri bancari, cui ha accennato l’onorevole Roithová, la Commissione ha già fatto riferimento alla SEPA.
Abbiamo tuttavia molti altri ostacoli, ossia l’ostacolo di diritti acquisiti in un paese che spesso non possono essere trasferiti in un altro Stato e l’ostacolo dell’apertura di un conto, possibile se si fornisce un domicilio. Poi manca la definizione di commercio elettronico: i trasferimenti di denaro transfrontalieri funzionano, ma vi sono ostacoli da eliminare riguardo all’apertura di un conto e ad altri diritti. Ci aspetta abbastanza lavoro al fine di presentare proposte. Dovremmo ottenere risultati e proseguire il lavoro con coerenza.
Presidente. − La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà giovedì 5 giugno 2008.
Dichiarazioni scritte (articolo 142)
Zita Pleštinská (PPE-DE), per iscritto. – (SK) Un mercato finanziario integrato che funziona correttamente è una precondizione necessaria per la realizzazione dell’agenda di Lisbona. Le banche svolgono un ruolo essenziale riguardo alla diffusione delle condizioni di politica monetaria, soprattutto alle piccole e medie imprese e ai consumatori. Anche se molti clienti sarebbero interessati a utilizzare servizi finanziari transfrontalieri, l’apertura di un conto in una banca di uno Stato membro prevede una tale burocrazia che spesso i clienti desistono.
Il settore bancario europeo dovrebbe migliorare e semplificare le proprie procedure di chiusura dei conti. Gli estratti conto sono ancora estremamente complicati e molti consumatori non li capiscono. la complessità dei prodotti finanziari rende difficile ai consumatori prendere decisioni informate. Questi ultimi inoltre devono sopportare commissioni bancarie esageratamente elevate per servizi e per l’emissione di carte di credito.
Ritengo che anziché disciplinare le commissioni bancarie, l’UE dovrebbe garantire un settore bancario competitivo. I consumatori informati sono un elemento essenziale della concorrenza economica tra banche.
Sono dell’avviso che le organizzazioni di consumatori svolgano un ruolo importante perché sono in grado di definire quali informazioni sono effettivamente necessarie per consentire ai consumatori di operare scelte appropriate quando si tratta di prodotti bancari. Possono coordinare programmi di educazione finanziaria volti a sensibilizzare i consumatori riguardo alle possibilità di gestione del denaro; aiutano inoltre i consumatori particolarmente vulnerabili.
Credo che arriverà il momento nell’UE in cui le organizzazioni di consumatori non dovranno combattere per la sopravvivenza. Una volta diventati responsabili della politica relativa ai consumatori, comprenderanno quale importanza rivestano le finanze.
Katrin Saks (PSE), per iscritto. – (EN) La Commissione propone tre strategie nel Libro verde sui servizi finanziari al dettaglio volte a promuovere l’integrazione dei mercati al dettaglio nei servizi finanziari – prezzi inferiori e maggiore possibilità di scelta, informazioni dei consumatori più adeguate e migliore protezione dei consumatori.
Innanzi tutto desidero concentrarmi sulle informazioni dei consumatori e vorrei sottolineare la necessità di aumentare il livello di educazione finanziaria. Alla recente audizione sull’educazione finanziaria dei consumatori abbiamo visto alcuni esempi pratici di programmi di educazione finanziaria rivolti ai consumatori. Altre azioni potrebbero prevedere la condivisione delle migliori prassi in questo ambito negli Stati membri, tenendo presenti in particolare i nuovi Stati membri.
Per quanto attiene alla scelta dei consumatori, è chiaro che i consumatori che desiderano cambiare prestatori dei servizi finanziari devono poterlo fare con un minimo di costi e di ostacoli giuridici.
Quanto alle informazioni date al consumatore, non è sufficiente fornire ai consumatori quanti dettagli possibili. Sommergere il consumatore di informazioni sortirà l’effetto contrario. Nondimeno, si devono offrire sufficienti ragguagli che aiutino il consumatore a operare scelte informate.
Silvia-Adriana Ţicău (PSE), per iscritto. – (RO) A seguito della relazione Pittella, l’audit del settore ha analizzato la situazione della concorrenza riguardo ai sistemi di pagamento, tra cui i sistemi di carte, gli uffici di credito, la cooperazione tra banche e la politica dei prezzi e di liquidazione bancaria. Dalla verifica è emerso che esistono divergenze notevoli tra le commissioni pagate per le carte bancarie. E’ stato osservato che la maggioranza delle reti nazionali di carte di debito fissa le commissioni interbancarie a un livello notevolmente inferiore rispetto alle reti internazionali e che, nella maggior parte degli Stati membri, quasi tutte le banche concedono prestiti ipotecari, crediti personali e prestiti alle PMI con l’apertura di un conto corrente.
Di solito, il cliente non ha lo stesso potere negoziale quando inizia il rapporto contrattuale con la banca di cui diventa cliente. Quest’ultimo firma un contratto che non sempre legge e nel caso in cui lo faccia gradirebbe suggerire qualche modifica che non è possibile. Da questa prospettiva, ritengo le competenti autorità di regolamentazione dovrebbero controllare la forma dei contratti offerti dalle banche in modo da proteggere gli interessi dei clienti e della banca. Ritengo doveroso che un cliente che apre un conto riceva in precedenza una breve presentazione dei costi applicabili per l’intero periodo dell’utilizzo.
PRESIDENZA DELL’ON. DIANA WALLIS Vicepresidente
25. Sistema comunitario contro la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata (INN) (discussione)
Presidente. − L’ordine del giorno reca la relazione di Marie-Hélène Aubert, a nome della commissione per la pesca, sulla proposta di regolamento del Consiglio che istituisce un regime comunitario per prevenire, scoraggiare ed eliminare la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata [COM(2007)0602 – C6-0454/2007 – 2007/0223(CNS)] (A6-0193/2008).
Joe Borg, Membro della Commissione. − (EN) Signora Presidente, innanzi tutto desidero ringraziare la relatrice per il lavoro svolto per questo documento. Sono lieto di vedere un sostegno così forte da parte della commissione per la pesca riguardo a questa importante proposta che mira a prevenire, scoraggiare ed eliminare la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata (INN).
Come sapete, la pesca INN costituisce una minaccia enorme alla sostenibilità degli stock ittici e della biodiversità marina, il che mette a repentaglio il principio su cui si basa la politica comune della pesca. Non credo occorra che mi dilunghi oltre sulle conseguenze ambientali ed economiche, a livello mondiale, della pesca INN, dal momento che già le conoscete. E’ tuttavia importante tenere presente che la pesca INN è un fenomeno globale, che interessa in particolar modo i paesi in via di sviluppo. Per questo la proposta è uno strumento non discriminatorio, che si applica al commercio comunitario di prodotti ittici che provengono da una pesca INN, effettuata in tutte le acque, e a tutti i cittadini della Comunità che si dedicano o appoggiano attività di pesca INN condotte sotto qualsivoglia bandiera.
La cooperazione internazionale è la chiave per eliminare con efficacia la pesca INN. Per questo la Commissione ha già avviato contatti bilaterali con paesi terzi. La Commissione ha altresì delineato un programma di lavoro, in stretta collaborazione con la DG Sviluppo e con EuropeAid, a sostegno dei paesi in via di sviluppo, per assisterli in un’attuazione positiva e non problematica del regolamento, in particolare per quel che riguarda il sistema di certificazione della cattura. Tale programma di lavoro prevede seminari e laboratori in molti paesi terzi.
La Commissione concorda con quasi tutti gli emendamenti proposti, che sono inclusi nella proposta o nel testo di compromesso della Presidenza.
Sono estremamente lieto che la relazione sostenga, in particolare, l’applicazione del regolamento nei confronti di tutti i pescherecci, e che appoggi il sistema di certificazione della cattura e l’armonizzazione delle sanzioni.
L’inclusione dei pescherecci comunitari è un elemento importante, che garantisce la non discriminazione e la conformità alle norme dell’OMC. E’ altresì importante che la Comunità dimostri la propria determinazione nella lotta alle attività di pesca INN inserendo nella proposta tutti i pescherecci che violano le norme di conservazione e di gestione.
Il sistema di certificazione della cattura è lo strumento che assicura il controllo della tracciabilità dei prodotti ittici. Ispirato alle attuali pratiche all’interno delle organizzazioni regionali di gestione della pesca e ai regolamenti doganali, per essere efficace questo strumento dev’essere applicato a tutti i prodotti ittici, compresi i prodotti trasformati. Però, i prodotti di acquacoltura e quelli che sono commercializzati solo marginalmente a livello comunitario saranno esclusi dal campo di applicazione del sistema. Possiamo conseguire questo obiettivo durante i negoziati finali in sede di Consiglio.
L’armonizzazione delle sanzioni rafforzerà la capacità degli Stati membri di adottare misure per prevenire le attività INN e per assicurare che qualsiasi vantaggio economico sia più che controbilanciato dalle ammende inflitte. La Commissione crede fermamente che un sistema di sanzioni dissuasive, proporzionate e armonizzate, e di misure di accompagnamento, sia la chiave per garantire il rispetto del regolamento.
Desidero ringraziare ancora una volta l’onorevole Aubert per la relazione e la commissione per l’attenzione dimostrata verso una questione di tale importanza. La relazione rappresenta un contributo significativo a una lotta realmente efficace contro la pesca INN.
Marie-Hélène Aubert, relatrice. – (FR) Signora Presidente, quel che sta accadendo quest’oggi a Bruxelles dimostra quanto il futuro della pesca europea sia minacciato se l’Unione europea non si dimostrerà in grado di mettere in atto una gestione sostenibile degli stock ittici e una profonda riforma delle sue attuali politiche. La lotta contro la pesca INN è un elemento essenziale di una politica più impegnativa e più coerente. Comunque, la globalizzazione degli scambi, la libera circolazione dei capitali e i progressi nei trasporti e nelle comunicazioni hanno tutti contribuito a un aumento significativo della pesca illegale negli ultimi anni.
Oggi, la situazione non è più sostenibile. I pescatori europei, così come tutte le parti interessate, comprese le ONG, stanno lanciando all’unanimità un appello perché questo fenomeno – che accelera la distruzione delle risorse e si traduce in una concorrenza sleale nei confronti di coloro che operano nel rispetto delle norme – sia affrontato con maggior efficace. Questo non vuol tuttavia dire che gli Stati membri non sono stati in grado di controllare e sanzionare le pratiche illegali come avrebbero dovuto fare. A tal proposito, la relazione che la Corte dei conti ha pubblicato qualche mese fa è indiscutibile.
Per questo l’ambiziosa proposta della Commissione europea annunciata lo scorso ottobre è stata accolta in modo particolarmente favorevole da parte della commissione per la pesca, che già aveva adottato, con una maggioranza schiacciante, una relazione d’iniziativa sul piano d’azione UE del febbraio 2007 volto a combattere la pesca INN. Siamo, infatti, lieti che la proposta legislativa della Commissione includa gran parte delle nostre raccomandazioni. Tra queste figurano la pubblicazione di un elenco di pescherecci che praticano pesca INN; il rafforzamento dei controlli portuali; l’obbligo di certificati di cattura per lo Stato di bandiera e, di conseguenza, il rifiuto di importare prodotti ittici ottenuti da pesca INN all’interno dell’UE; il rafforzamento e l’armonizzazione delle sanzioni, e un sistema di allerta comunitario. Non manca quindi praticamente nulla della proposta della Commissione.
Come sapete, però, tre punti sono stati oggetto di un acceso dibattito in seno al Consiglio, in particolare per quel che riguarda il campo di applicazione del regolamento. Da parte mia, sono lieta che siamo finalmente riusciti a garantire l’applicazione che avete proposto, che si estende sia ai pescherecci comunitari che a quelli di paesi terzi. Il certificato di cattura è stato altresì ritenuto troppo ingombrante e complesso, e anche il livello e la natura delle sanzioni hanno suscitato intense discussioni.
Queste problematiche erano già state sollevate in seno alla nostra commissione. Però, ritengo che i nostri emendamenti abbiano finalmente contribuito a rendere più chiaro il testo mantenendo al contempo le ambizioni e i principali obiettivi del regolamento. La relazione è stata adottata con voto unanime e vorrei ringraziare i miei colleghi per il loro sostegno, che ha contribuito a garantire questo risultato. Di fronte a un settore in crisi, oggi il Parlamento europeo vuole inviare un segnale molto forte, diretto soprattutto al Consiglio, che si è dimostrato troppo lento nell’assumersi le sue responsabilità in questo campo.
Signor Commissario, la lotta contro la pesca INN è, ancora, solo parte di una più ampia politica che comprende il regolamento sul controllo e quello sulle violazioni gravi. Questa divisione non ha contribuito a chiarire le procedure, per usare un eufemismo. Stiamo ancora aspettando una spiegazione da parte sua su come vadano strutturati questi tre nuovi regolamenti. Parimenti, le preoccupazioni rispetto alla complessità del certificato di cattura sono semplicemente una scusa per allungare o rimandare il testo. Occorrono procedure universalmente comprensibili che siano praticabili da un numero sufficiente di collaboratori competenti, affidabili ed efficienti, e che siano accessibili ai paesi in via di sviluppo, i quali sono, ad ogni modo, le principali vittime di pesca INN. Anche su questo punto ci aspettiamo da lei un chiarimento e un impegno.
Per concludere, signor Commissario, contiamo sulla sua decisione – di cui conosciamo il peso – per porre un termine netto alla pesca illegale, che riguarda soprattutto il tonno pinna blu e il merluzzo, specie altamente pregiate che al momento sono pesantemente sovrasfruttate. Ciò almeno darebbe una risposta concreta ai seri problemi che il settore della pesca deve affrontare. C’è ancora molto da fare, come lei sa, per assicurare un futuro sostenibile alla pesca europea. Però, nelle prossime settimane verrà compiuto un passo importante, e di questo mi compiaccio quanto lei.
Daniel Varela Suanzes-Carpegna, relatore per parere della commissione per il commercio internazionale. − (ES) Signora Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, questa discussione si sviluppa mentre ha luogo la crisi più grave del settore comunitario della pesca che abbiamo mai visto.
Ci sono varie ragioni per le quali i costi, all’interno del settore, non sono coperti, e per i quali attualmente non è proficuo uscire a pescare. Le importazioni di pesce e l’ingresso di pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata (INN) nell’Unione europea sono tra queste ragioni. Appoggiamo dunque la proposta e la relazione, ma non sono sufficienti.
Vorrei cogliere questa opportunità per pronunciarmi in quest’Aula per chiedere alla Commissione e al Consiglio di fare urgentemente qualcosa, e di non permettere che questo settore muoia, dal momento che, se continua in queste condizioni, è destinato al collasso.
Chiedo al Commissario e al Consiglio di preparare e adottare un piano comune urgente di emergenza che comprenda altresì misure a medio e lungo termine. La Francia è alla guida di questa battaglia, e l’imminente Presidenza francese è un’opportunità d’oro per conseguire l’obiettivo.
La Commissione deve esercitare il suo diritto d’iniziativa più attivamente – con aiuti, compensazione, ristrutturazione, innovazione – al fine di ridurre i costi che il settore subisce e per tenere a freno la concorrenza sleale sulle importazioni. Il tempo sta scadendo.
Avremmo voluto che la commissione per il commercio internazionale partecipasse a questa discussione, poiché non ha molto senso vietare la pesca INN se poi l’Unione europea le apre i propri mercati.
E’ troppo chiedere che nell’Unione europea venga venduto soltanto il pesce catturato legalmente?
Occorrono più controlli, più tracciabilità e una maggiore e migliore etichettatura, in breve, maggiori garanzie su quello che entra nell’Unione europea. Questo va fatto non solo a livello dell’Unione europea, ma globalmente, attraverso canali multilaterali e bilaterali.
Gli accordi di partenariato dovrebbero essere uno strumento per arrivare a tale obiettivo, mediante assistenza tecnica e formazione pertinenti, con il fine di creare non nuove barriere al commercio, ma, piuttosto, misure che siano efficaci per tutte le parti coinvolte.
Su questo si basa il futuro di un intero settore economico, che, all’interno dell’Unione europea, è altamente concentrato in regioni che ne sono grandemente dipendenti, e, di conseguenza, ha ripercussioni sociali enormi.
Su questo poggia altresì la sostenibilità delle risorse ittiche, che sono una fonte primaria di alimento sano, in un periodo di crisi alimentare.
Ioannis Gklavakis, a nome del gruppo PPE-DE. – (EL) Signora Presidente, signori Commissari, onorevoli colleghi, ringrazio l’onorevole Aubert per la sua relazione.
La pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata è uno dei principali problemi del settore, dal momento che, in primo luogo, danneggia seriamente l’ambiente, il che è un grave problema per il pianeta. Distorce la concorrenza. Coloro che esercitano attività di pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata sono in una posizione più avvantaggiata rispetto a chi opera pesca legale, che è nostro dovere proteggere. Pesca non dichiarata significa una perdita enorme di entrate per lo Stato.
Una delle misure delineate nella proposta di regolamento che stiamo votando è la creazione di un sistema di controllo da parte dello Stato di approdo che proibirebbe l’accesso ai pescherecci di paesi terzi coinvolti in attività di pesca illegale. La proposta suggerisce di vietare l’importazione di pesce pescato illegalmente; la creazione di un elenco di pescherecci che svolgono attività di pesca illegale e non dichiarata; lo sviluppo di un sistema comunitario di allarme quando si sospetti di aver individuato pesce catturato illegalmente; e il divieto di importare pesce da paesi che non cooperano con il sistema UE.
Ci sono passaggi controversi nel regolamento, per esempio il suo campo di applicazione. Alcuni Stati membri chiedono che sia limitato alle attività di pesca che sono responsabilità di pescherecci comunitari al di fuori delle acque comunitarie, poiché già esistono varie misure per il controllo della pesca all’interno delle acque comunitarie. Inoltre, entro la fine del 2008 si dovrebbe procedere alla revisione del regolamento di base sul controllo della pesca. Credo che ci sarà una duplicazione tra i due regolamenti e che questi non faciliteranno il processo di semplificazione della politica comune della pesca.
Per concludere, voglio dire che questo tema è indubbiamente serio, e dovremmo trattarlo come tale. Dobbiamo affrontarlo con disciplina e determinazione, e in cooperazione costante con i pescatori, delle cui opinioni e cooperazione abbiamo bisogno.
In ogni caso, appoggiamo la relazione dell’onorevole Aubert e la ringraziamo per il suo lavoro.
Luis Manuel Capoulas Santos, a nome del gruppo PSE. – (PT) Signora Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, la relazione Aubert sulla pesca illegale è stata adottata all’unanimità nella commissione per la pesca, come già menzionato dalla relatrice, con la quale mi congratulo. Ciò, di per sé, getta più luce sulla questione che qualsiasi commento io possa fare a questo punto.
Però, non ripeterò mai abbastanza che la pesca illegale costituisce un reato contro la natura e contro l’economia, un reato che, purtroppo, spesso rimane impunito e contro il quale dovremmo agire con determinazione e coraggio. Vorrei dunque ringraziare il Commissario Borg e la Commissione per la tempestività con la quale hanno reagito alle preoccupazioni espresse dal Parlamento nel febbraio 2007, presentando una proposta di regolamento che supera ogni aspettativa e che si merita il nostro giusto plauso.
Ciononostante, per quanto il quadro normativo possa essere migliorato, se gli Stati membri non si assumeranno un impegno e non metteranno a disposizione risorse umane e materiali sufficienti, non sarà facile ottenere risultati, in una battaglia nella quale il successo è ostacolato da condizioni estremamente difficoltose. Per questo occorre coinvolgere anche gli Stati membri.
In ogni caso, con questa relazione e il conseguente regolamento, l’Unione europea sta compiendo un passo molto importante e sta dando un esempio che ci nobilita e ci riempie d’orgoglio. Sono certo che la Commissione continuerà ad accogliere con favore i contributi del Parlamento nell’ottica di migliorare ulteriormente la sua proposta.
Signora Presidente, signor Commissario, mi scuso se sto infrangendo la procedura, ma non posso lasciarmi sfuggire quest’occasione per sollevare una richiesta accorata: il settore della pesca sta attraversando momenti davvero duri a causa degli aumenti nel prezzo del carburante; attualmente stiamo tutti patendo, ma chi è più vulnerabile patisce in modo particolare.
So che molti Stati membri, tra cui il mio, il Portogallo, hanno intenzione di chiedere, o l’hanno già fatto, il vostro sostegno al fine di ricercare soluzioni all’interno del quadro europeo, cioè utilizzando la flessibilità garantita dal Fondo europeo per la pesca per adottare misure che attenuino gli effetti sociali della crisi attuale. So che non occorre, ma mi appello alla vostra solidarietà e all’apertura mentale che avete sempre dimostrato nei riguardi delle problematiche del settore perché sia dato un contributo alla ricerca di una soluzione soddisfacente il più rapidamente possibile.
Elspeth Attwooll, a nome del gruppo ALDE. – (EN) Signora Presidente, il gruppo ALDE intende esprimere il suo totale sostegno all’eccellente relazione dell’onorevole Aubert. Gli emendamenti ivi proposti chiariscono e, in alcuni casi, sviluppano diversi aspetti della proposta della Commissione, tra cui alcuni utili ampliamenti sulle sovvenzioni di force majeure e sulle sanzioni.
Sottolineare la necessità di un’applicazione non discriminatoria del regolamento rappresenta un altro punto accolto con particolare favore, poiché non v’è dubbio che la pesca INN vada affrontata su base globale, e le misure UE sono un passo importante in questa direzione.
La scorsa settimana sono stata così fortunata da partecipare a una delegazione della commissione per la pesca in Norvegia. Ci hanno detto che negli ultimi tre anni, e soprattutto dall’introduzione di un sistema di controllo da parte dello Stato di approdo per la Commissione per la pesca dell’Atlantico nordorientale nel maggio 2007, c’è stata una drastica riduzione della pesca INN in questa zona. Il sistema copre tutti gli Stati membri UE, nonché la Norvegia, l’Islanda, le Isole Faroe e la Russia. Il ministro norvegese per la Pesca e gli affari costieri ha usato parole di elogio per la cooperazione UE in questo ambito.
Siamo anche d’accordo sul fatto che misure localizzate possano avere l’effetto di spostare il problema anziché risolverlo. Per questo è particolarmente positivo vedere gli emendamenti nn. 5, 6 e 54, che cercano di minimizzare le eventuali conseguenze negative nei paesi in via di sviluppo. Aggiungerei, inoltre, che ritengo che abbiamo una responsabilità speciale per quel che riguarda l’assistenza al miglioramento dei sistemi di controllo e ispezione nei paesi in via di sviluppo e non solo in quei paesi con i quali abbiamo accordi di partenariato per la pesca.
Mi auguro inoltre che la Commissione, il Parlamento e il Consiglio saranno tutti ugualmente attivi nel promuovere l’adozione a livello delle Nazioni Unite di una convenzione vincolante sul controllo da parte dello Stato di approdo. I lavori di preparazione sono già iniziati alla FAO e, se c’è la volontà, la convenzione potrebbe essere adottata a marzo 2009.
Ian Hudghton, a nome del gruppo Verts/ALE. – (EN) Signora Presidente, vorrei ringraziare la collega del mio gruppo, Marie-Hélène Aubert, per il profondo impegno investito con successo in questa relazione.
Eliminare la pesca illegale è, chiaramente, nell’interesse di tutte le nazioni e comunità dedite alla pesca. Dopotutto, proprio le comunità che si dedicano alla pesca trarranno i maggiori vantaggi da un’effettiva conservazione delle risorse. La cooperazione internazionale è essenziale per la reale eliminazione della pesca illegale perpetrata, a livello mondiale, dai pirati e dal crimine organizzato.
Nel quadro della politica comune della pesca è stata rivolta troppa attenzione alla recente relazione della Corte dei conti sul controllo e l’applicazione. Tale relazione si basava su dati raccolti, in teoria, in sei dei principali Stati membri dediti alla pesca. Comunque, quei dati trasmessi dagli Stati membri comprendevano il Regno Unito (Inghilterra e Galles). La Scozia conta per circa il 70 per cento della pesca del Regno Unito e non era inclusa nei dati. Vorrei semplicemente sottolineare che in Scozia sono previste quote e organizzazioni di gestione e applicazione distinte e separate.
Anche nel mio paese, dedito alla pesca, negli ultimi anni abbiamo fatto progressi nel miglioramento dei controlli. Esigiamo la registrazione di compratori e venditori e abbiamo definito i porti per gli sbarchi. Una corretta applicazione è senza dubbio importante, ma è altrettanto importante un sistema di gestione sensibile che fornisca incentivi per la conservazione garantendo, per esempio, ai pescatori scozzesi un vantaggio, sul lungo periodo, dalle misure di conservazione che di tanto in tanto sono chiamati ad applicare. La PCP non ha semplicemente fornito questo tipo di garanzia.
Commissario Borg, mi ha fatto piacere sentirle dichiarare che appoggia una riforma radicale della PCP. Sono d’accordo. Dico che occorre ridare alle nazioni che si dedicano alla pesca, e che hanno diritti di pesca in zone che logicamente spettano loro, per esempio il Mare del Nord, la gestione e il controllo quotidiani sulle risorse, e che occorre abbandonare la nozione impraticabile che possiamo avere equo accesso alle acque e alle risorse.
Pedro Guerreiro, a nome del gruppo GUE/NGL. – (PT) Sebbene nutriamo perplessità rispetto ad alcuni aspetti, accogliamo con favore l’iniziativa di prevenire, scoraggiare ed eliminare la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata, e concordiamo riguardo all’impostazione generale della relazione.
Insieme ad altri aspetti, sottolineiamo che è importante che le norme definite in questa iniziativa siano applicate a tutti i pescherecci, che questi sia dell’UE o di paesi terzi. Vorremmo evidenziare che far corrispondere queste proposte con la revisione delle norme comunitarie sul controllo, in futuro, deve essere compiuto nel rispetto delle competenze degli Stati membri in termini di procedure e di svolgimento delle ispezioni. Inoltre, crediamo che l’intera gamma di questioni relative alle sanzioni ricada sotto la competenza di ciascuno Stato membro.
Da ultimo, vorrei sottolineare che se la Commissione si dimostrerà così rapida a reagire alle legittime rivendicazioni del settore come si è dimostrata con questa iniziativa, allora il settore non si troverà a dover affrontare un continuo peggioramento della propria situazione socioeconomica.
Hélène Goudin, a nome del gruppo IND/DEM. – (SV) Signora Presidente, il regolamento discusso oggi è complesso e di ampia portata, e vorrei sottolinearne alcuni punti.
Primo, la proposta che i pescatori sorpresi a pescare illegalmente debbano ripagare le sovvenzioni ricevute dall’UE è molto positiva. Non possiamo permettere una situazione in cui i contribuenti sono obbligati a sovvenzionare le attività criminali. D’altro canto, la pesca illegale è praticata da tutte le tipologie di navi. La proposta dovrebbe, dunque, interessare tutti i pescherecci, sia quelli UE che quelli di paesi terzi.
Secondo, il certificato di cattura proposto è positivo. Il processo di certificazione può rivestire un ruolo fondamentale nella lotta alla pesca illegale. Nutro però più timori per quel che riguarda ammende massime comuni. Gli Stati membri dovrebbero poter agire su propria responsabilità mediante l’imposizione di oneri con effetto deterrente.
Infine, ritengo che la politica comune europea della pesca si sia dimostrata un fallimento e debba essere riformata. Per combattere concretamente la pesca illegale dobbiamo cooperare a livello internazionale, sia con le organizzazioni regionali per la pesca che con altri organismi internazionali.
Jim Allister (NI). - (EN) Signora Presidente, la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata è decisamente un fenomeno che va soffocato. Concordo infatti su una buona parte di questa relazione, ma sono costretto a rifiutarne l’attacco alla sussidiarietà chiedendo che sia l’UE a definire le sanzioni penali e a stabilire un nucleo di ispettori a livello UE. Parimenti, mi oppongo alla burocrazia addizionale e non necessaria, relativa all’applicazione del regolamento ai pescherecci battenti bandiera UE, dal momento che questi sono già oggetto delle rigide misure sancite dalla politica comune della pesca.
Non abbiamo bisogno di più normativa per i nostri pescatori per trattare con i paesi terzi che perseverano nelle loro attività disoneste. Avendo visto applicare, negli ultimi mesi, ammende punitive ai pescatori locali nel Regno Unito, mi oppongo a chi suggerisce che abbiamo bisogno di una regolamentazione e di sanzioni maggiori e più severe per le nostre flotte.
Carmen Fraga Estévez (PPE-DE). – (ES) Signora Presidente, vorrei ringraziare l’onorevole Aubert per la sua relazione. Penso che esprima con chiarezza la volontà politica del Parlamento di appoggiare qualsiasi azione si renda necessaria per sradicare la pesca illegale in tutti i contesti, e, a partire dal contesto che interessa noi, per chiudere la Comunità alle importazioni e al commercio di prodotti ittici pescati illegalmente.
Non possiamo, però, assumerci la responsabilità che spetta allo Stato di approdo e alla Commissione stessa in conformità di questa proposta. Stiamo parlando di un regolamento molto ambizioso nella sua formulazione, che obbligherà gli Stati membri a essere estremamente vigili e a non risparmiare risorse materiali o umane per tradurre le parole in azioni – uno dei punti deboli dell’intera politica di controllo. Purtroppo, questo significa, ancora una volta, che dobbiamo coinvolgere, insieme alla nostra, altre volontà politiche.
I danni provocati dalla pesca illegale, non solo alle risorse biologiche, ma anche ai pescatori che operano in maniera legale, sono, da anni, notevoli. Attualmente, una grande fetta del settore è in rivolta come conseguenza di un’altra drastica caduta nella redditività, tra le cui cause principali c’è certamente l’aumento del prezzo del gasolio. Ci sono però altri fattori che si sommano a queste perdite, e, tra questi, è particolarmente scandaloso l’ingresso massiccio di importazioni a prezzi ridotti e di dubbie origini nei nostri confini è, in questa situazione.
Vi illustro un esempio: soltanto negli ultimi cinque mesi di quest’anno, in Spagna il prezzo del gasolio è salito del 38 per cento, mentre il prezzo del pesce spada, che è una specie di importazione per eccellenza, è sceso del 40 per cento. Non esiste attività, in nessun settore, che possa sopravvivere a questo tipo di contesto economico, ma, ciononostante, è provato che, laddove c’è stata volontà politica di controllare attentamente le importazioni, com’è accaduto in passato – e posso testimoniarlo – il prezzo pagato ai produttori della Comunità è stato subito recuperato.
Signor Commissario, chiedo dunque a lei e agli Stati membri di dimostrarvi inflessibili nell’attuazione di questo regolamento, con la massima urgenza possibile.
Stavros Arnaoutakis (PSE). – (EL) Signora Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, desidero ringraziare la relatrice e congratularmi con lei per l’ottimo lavoro svolto con questa relazione.
Come Unione europea, dobbiamo finalmente renderci conto che, quanto più permettiamo a questa situazione incontrollata di svilupparsi, tanto più ipotechiamo il futuro della pesca marina e dell’ecosistema marino mondiale. L’UE deve muoversi immediatamente, agendo non solo come un’unione di regolamenti burocratici, complessi e spesso neppure attuati dai suoi Stati membri, ma intraprendendo un’iniziativa globale senza timore dei principali interessi in gioco o senza soccombere alle pressioni internazionali o di altro genere. Così, l’intera comunità mondiale che si dedica alla pesca sarà in grado di comprendere, accettare e finalmente concordare sulla minimizzazione della pesca illegale e non dichiarata. Un prerequisito di tale iniziativa è, chiaramente, un accordo, accettato a livello mondiale, sulla gestione della pesca. Desidero anch’io, come i miei onorevoli colleghi, esprimere la mia inquietudine per la gravissima crisi che i pescatori europei stanno attraversando. Signor Commissario, dobbiamo analizzare queste problematiche e affrontarle immediatamente.
Zdzisław Kazimierz Chmielewski (PPE-DE). – (PL) Signora Presidente, il regolamento del Consiglio è un esempio interessante di normativa preventiva, di un regolamento contro le catture illegali, una pratica che minaccia il mantenimento di un livello sostenibile di stock ittici. La chiarezza delle soluzioni proposte è la ragione principale per la quale questo particolare documento ha possibilità concreta di dimostrarsi efficace – una definizione precisa delle intenzioni del legislatore.
La relatrice ha colto alla perfezione la natura specifica del regolamento, fornendo interpretazioni insolitamente utili che, semplicemente, facilitano la decifrazione dei provvedimenti più importanti. I governi dei paesi del Baltico meridionale e orientale hanno ampiamente risposto a quest’importante iniziativa legale. Tuttavia, tra gli esperti continuano le discussioni sui criteri suggeriti dal Consiglio per punire i pescatori che operano illegalmente.
Ancora una volta, si presenta la seguente domanda: l’idea di cercare una punizione efficace mediante una formulazione di ampia portata tiene in considerazione i differenti potenziali di cattura dei mari europei? La legislazione pertinente non dovrebbe forse tener presente la possibilità di conformare il grado di sanzione allo stock ittico e di legare le quote di cattura alla particolare specie catturata? Ritengo che la nuova valutazione ICES, recentemente lanciata, in relazione all’ecosistema del Baltico, costituisca il segnale di un disgelo nella politica della pesca, nel processo di aggiustamento delle azioni rivoluzionarie intraprese dall’Unione europea con l’intento di proteggere gli stock.
La commissione per la pesca del Parlamento europeo ha avuto la lungimiranza di stilare uno speciale documento di emendamento che tratta il primo anno di applicazione del regolamento come un periodo di transizione, un periodo di adattamento, che permetta agli Stati membri di intraprendere i passi necessari per adeguarsi.
Avril Doyle (PPE-DE). - (EN) Signora Presidente, il settore della pesca mondiale è in crisi. La pesca UE è in crisi, crisi aggravata da un aumento del 30 per cento del prezzo dei combustibili marini negli ultimi mesi. I pescatori scendono in strada, a Bruxelles come negli Stati membri. Attendiamo con urgenza la sua risposta, signora Commissario. Passando dalle insostenibili pressioni di tipo economico a quelle ambientali, gli esperti ci dicono che il 75 per cento degli stock è completamente esaurito e sfruttato in eccesso. La pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata è un problema mondiale che aggrava l’attuale crisi del settore della pesca.
Secondo la FAO, nel complesso la pesca INN costituisce fino al 30 per cento delle catture totali di alcune importanti attività di pesca, e le catture di particolari specie potrebbero arrivare al triplo della quantità permessa. La pesca INN mette a repentaglio la pesca sostenibile, danneggia e distrugge gli habitat marini e minaccia la principale fonte di sostentamento dei pescatori responsabili e delle comunità dipendenti dalla pesca. La pesca illegale mette altresì a repentaglio la sicurezza alimentare, in particolare nel caso di coloro che sono fortemente dipendenti dal pesce quale fonte di proteine animali.
Le catture accessorie, dovute principalmente a pesca a strascico industriale su vasta scala, condotta spesso in maniera non regolamentata, illegale e non dichiarata da flotte di pesca straniere, ha effetti devastanti sui pescatori locali e sugli stock ittici. Più di un terzo della cattura mondiale è semplicemente scartato a causa delle dimensioni non idonee del pesce o a causa di catture non volute. Sbagliati regolamenti UE sulla pesca hanno decisamente incoraggiato pratiche insostenibili, quali gli scarti in grande scala, dal momento che – e ciò è assolutamente perverso – è illegale scaricare a terra le catture accessorie, la cui analisi avrebbe una rilevanza inestimabile per gli scienziati.
L’estrema vulnerabilità degli stock ittici più profondi al rapido impoverimento significa che questo tipo di pesca potrà esaurirsi prima che i regolamenti siano attuati. Desidero domandare al Commissario se ha considerato la possibilità di sistemi di localizzazione via satellite dei pescherecci, nonché di sistemi di documentazione elettronica per le catture e di installare CCTV a bordo quali possibili misure per combattere la pesca illegale, come avviene in altre giurisdizioni.
L’attuazione appropriata di questo regolamento richiede un alto grado di integrazione a livello comunitario dei servizi di ispezione e controllo. Implica altresì che i pescatori e le altri parte interessate si assumano la responsabilità e l’onere della politica.
Iles Braghetto (PPE-DE). – Signora Presidente, onorevoli colleghi, l’Unione europea ha il dovere e la responsabilità di svolgere un ruolo importante nella lotta alla pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata e lo fa con una serie di iniziative di carattere repressivo, potenziando controlli, ispezioni e sanzioni.
Ma l’obiettivo più ambizioso è di carattere preventivo: rendere possibile e garantire la tracciabilità del prodotto dalla cattura fino alla destinazione finale. Questo perché, se gravi sono i danni di tale attività illegale sul piano economico e della salvaguardia dell’ambiente marino, non meno importanti sono gli obiettivi da raggiungere per la tutela del consumatore con un prodotto di qualità e per la salvaguardia della professione del pescatore, oggi più che mai messa in crisi da molteplici fattori non solo congiunturali ma anche strutturali.
Sono questi obiettivi sociali significativi che guidano l’Unione europea nel prevenire, scoraggiare ed eliminare la pesca illegale, oggetto di questo regolamento, e che rafforzano l’impegno per il rispetto delle norme della politica comune della pesca nelle acque comunitarie.
Il voto all’unanimità che si è registrato nella relazione Aubert in commissione è un segnale importante della volontà di rendere efficaci le misure proposte.
Petya Stavreva (PPE-DE). - (BG) Signora Presidente, onorevoli colleghi, questa relazione tratta temi molto importanti relativi alla protezione dei mari e alle misure per combattere la pesca illegale.
La necessità di cambiare il quadro legale esistente origina dalla portata crescente di questo fenomeno che minaccia gli ecosistemi e la pesca nella Comunità. La relatrice nota altresì il fatto importantissimo che gli Stati membri non riescono a seguire la politica comune della pesca.
Le sanzioni esistenti variano da uno Stato membro all’altro, il che discrimina alcuni pescatori all’interno dell’Unione europea. E’ dunque molto importante migliorare la cooperazione, il coordinamento, e lo scambio di buone prassi tra i paesi europei, in modo da prevenire e scoraggiare la pesca illegale e non dichiarata.
La creazione di un sistema di controllo conforme alle necessità del settore della pesca rappresenta un passo avanti sostanziale. Oltre ai danni all’ambiente, la pesca illegale ha conseguenze economiche e sociali che comportano perdite di miliardi di euro a danno della pesca legale.
Anche vietare le importazioni nell’Unione europea di prodotti ittici provenienti da pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata può colpire i profitti della pesca illegale. La politica di controllo e le severe sanzioni per le violazioni forniscono la base per una migliore gestione delle risorse ittiche.
I pescatori protestano anche in Bulgaria, poiché devono affrontare molte difficoltà. Dobbiamo dunque prendere decisioni responsabili sul futuro del settore. Appoggio la relazione dell’onorevole Aubert.
Mairead McGuinness (PPE-DE). - (EN) Signora Presidente, desidero ringraziare l’onorevole Aubert per la presente relazione.
Ciò che bisogna mettere in evidenza è la mancanza di consapevolezza, da parte dei consumatori, del problema della pesca non regolamentata, non dichiarata e illegale, che è un fenomeno di cui dovremmo parlare maggiormente.
Come altri hanno detto, il settore della pesca legale è gravemente minacciato, e l’impatto della pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata rappresenta soltanto parte del problema. I costi del carburante sono un grosso problema e occorre una qualche risposta da parte della Commissione a una crisi che ha visto i pescatori negli Stati membri regalare il pesce e scendere in piazza per protestare. Forse parte del problema in relazione all’aspetto illegale della pesca è l’eccessiva regolamentazione del settore legale – ma probabilmente questa discussione concerne altro.
Sì, occorre un accordo globale sulla questione, ma dobbiamo iniziare dal nostro contesto e, in qualsiasi cosa decidiamo di fare, dobbiamo assicurare che, anziché accumulare semplicemente burocrazia, cosa di cui veniamo spesso accusati qui, i regolamenti stabiliti siano efficaci e affrontino il problema alla radice, così da non distruggere l’economia e l’ambiente.
Paulo Casaca (PSE). – (PT) Signora Presidente, abbiamo qui una relazione eccellente – congratulazioni alla relatrice. La proposta, come già è stato detto dalla Commissione, è valida, ma vorrei sottolineare il messaggio che ci è stato riferito dal relatore per parere della commissione per il commercio internazionale, Daniel Varela Suanzes-Carpegna, e cioè che questo è esattamente il tipo di strumento mediante il quale potremo rispondere con efficacia a una crisi come quella cui stiamo assistendo oggi nel settore della pesca.
E’ proprio perchè le norme di sostenibilità non vengono rispettate nella pesca che i pescatori si trovano a dover affrontare questa crisi, e questa è la lezione fondamentale che, spero, saremo in grado di trarre da questa situazione. Il problema è che il tempo sta avanzando, e non si fermerà per il nostro processo legislativo, e, da questo punto di vista, signor Commissario, occorre con la massima urgenza adottare misure, com’è già stato sottolineato in quest’Aula, poiché altrimenti perderemo l’occasione di rispondere alle sfide che abbiamo di fronte.
Avril Doyle (PPE-DE). - (EN) Signora Presidente, se i cinque minuti della procedura “catch-the-eye” non vengono sfruttati, anche coloro che hanno già contribuito al dibattito possono porre una domanda al Commissario. Per cui, col suo permesso, vorrei rivolgere porre una domanda specifica al Commissario.
Presidente. − Mi hanno detto che sono autorizzata ad accettare solo due oratori. Le concedo la parola.
Avril Doyle (PPE-DE). - (EN) Signora Presidente, non voglio un trattamento preferenziale ma sono previsti cinque minuti per la procedura “catch-the-eye”.
Il Commissario Borg potrebbe fare un commento sulla concessione delle sovvenzioni sui combustibili marini da parte di alcuni Stati membri e non di altri e su un approccio imparziale alle sovvenzioni? Come si può inquadrare ciò nell’ambito della politica comune della pesca – e sottolineo comune – e come s’inquadra con le norme della politica di concorrenza? Dobbiamo aiutare la comunità della pesca, che in questo momento sta attraversando una crisi economica molto acuta, soprattutto alla luce di un aumento del 30 per cento nel prezzo del combustibile. Potrebbe assicurarsi di rispondere in maniera specifica a questa domanda nella sua replica, come già richiesto da altri oratori?
Joe Borg, Membro della Commissione. − (EN) Signora Presidente, innanzi tutto, il livello della discussione su questo importante tema dimostra che condividiamo tutti la stessa volontà di affrontare la questione della pesca INN in maniera efficace ed esauriente. La verità non è solo che la pesca INN è un’attività che minaccia la sostenibilità degli stock ittici, ma è anche un’attività che mette a repentaglio il futuro dei pescatori onesti all’interno e al di fuori dell’Unione europea.
Affinché i nostri sforzi abbiano successo, dobbiamo garantire tre principi fondamentali. Il primo è che il campo di applicazione della proposta rimanga ampio. Secondo, il sistema di certificazione stabilito dev’essere efficace ma al tempo stesso non deve tradursi nell’imposizione di oneri inutili. E il sistema di sanzioni proposto dev’essere tale da far sì che queste servano da misure punitive reali e, dunque, siano dissuasive per loro stessa natura.
In riferimento a questi tre principi, ho avuto la conferma che siete riusciti a risolvere con gli Stati membri diverse questioni relative al campo di applicazione, al sistema di certificazione e alle sanzioni. Lo avete fatto senza stemperare o ridurre l’efficacia della proposta. Per quel che riguarda le sanzioni, in particolare, lasciate che vi dica che uno dei maggiori problemi in relazione al controllo è che la gamma di sanzioni applicate dagli Stati membri è così varia che è il settore stesso a chiedere in maniera costante e coerente condizioni di parità in quest’area. E’ per questa ragione che abbiamo perlomeno proposto livelli normativi che dovrebbero essere applicati in maniera proporzionale ed efficace.
Per quel che riguarda la questione, più ampia, della riforma della politica comune della pesca, posso confermarvi che abbiamo cominciato a rifletterci e terremo una discussione orientativa in Consiglio durante i prossimi mesi. L’idea, in effetti, è di organizzare una riunione ministeriale informale a settembre. Stiamo affrontando anche il problema dell’eccessiva regolamentazione, nell’ottica di una semplificazione del regime normativo esistente.
Vi dico anche che non potrei essere più d’accordo riguardo al commento dell’onorevole Aubert secondo cui la lotta contro la pesca INN, se efficace, aiuterà i pescatori a superare i problemi e le difficoltà che si trovano ora ad affrontare, e ciò è già stato sottolineato da altri oratori. Convengo anch’io, però, che ciò non sia sufficiente.
In relazione ai paesi in via di sviluppo, ci siamo impegnati ad affrontare la questione in maniera efficace, come ho affermato nel mio intervento iniziale. Intraprendere misure per assistere i paesi in via di sviluppo è fondamentale se vogliamo risolvere il problema anziché semplicemente spostarlo.
Per quel che riguarda il problema del controllo, posso garantire alla relatrice che la Commissione sta per lanciare una forte proposta nel corso del terzo trimestre di quest’anno che sarà incorporata, o armonizzata, alla proposta sulla pesca INN che abbiamo dinanzi. In questo modo, le due proposte saranno convergenti e mireranno agli stessi risultati.
Riguardo alla crisi dei carburanti, possiamo già sfruttare le attuali misure a medio e lungo termine, in combinazione con quella che sarà la ristrutturazione del settore. Considereremo le misure di mercato esistenti – aspetto sollevato da alcuni oratori – il cui funzionamento prevede che l’aumento dei prezzi ricada sui pescatori, anziché sui consumatori, come accade in altri settori. Dobbiamo analizzare la questione per scoprirne il perché.
Ci sono sistemi che causano una situazione nella quale sono i pescatori che finiscono per patire, che finiscono per farsi carico dell’aumento dei costi, anziché far ricadere questi sui consumatori.
Offriamo altresì ai pescatori alcune possibilità di assistenza immediata, se questa è legata alla ristrutturazione sotto forma di aiuti di salvataggio e alla ristrutturazione. Devo tuttavia informarvi che sto considerando questo aspetto e ne sto discutendo con i miei colleghi con l’intento di cercare altri modi e strumenti con i quali aiutare i pescatori ad affrontare questa nuova realtà nel breve periodo. Ci tengo però a sottolineare che possiamo arrivarci soltanto in presenza di un impegno a intraprendere una ristrutturazione stabile e a termine, perché anche la sovracapacità è un problema. Dunque, se non affronteremo la questione della sovracapacità, avremo un problema ricorrente fin tanto che i prezzi del carburante rimarranno tali, o – ancor peggio – se continueranno ad aumentare, come suggeriscono le previsioni.
E’ quel che abbiamo fatto nel caso della Francia, dov’è stato raggiunto un accordo tra la Commissione e la Francia su un pacchetto di misure volte ad assistere il settore della pesca francese nel processo di ristrutturazione. Devo ammettere che questo non si è dimostrato sufficiente e non ha soddisfatto i pescatori francesi.
Voglio far presente che, perché la Commissione reagisca, ci occorrono anche la cooperazione e un impegno attivo da parte degli Stati membri. Non possiamo agire da soli. A tale proposito, mi pare di capire che questa crisi verrà discussa durante l’imminente Consiglio di giugno, e, personalmente, accolgo questa opportunità con favore.
Sulla questione sollevata in ultima battuta dall’onorevole Doyle sull’applicazione di sovvenzioni da parte di alcuni Stati membri e non di altri, le informazioni a disposizione della Commissione rivelano che queste sovvenzioni che sono state offerte da diversi Stati membri o ricadono sotto i parametri della misura de minimis (e ogni Stato membro può offrire sovvenzioni a condizione che ricada sotto il tetto della misura de minimis) o rientrano nei programmi di ristrutturazione cui accennavo prima. C’è la comunicazione inerente agli aiuti di salvataggio e ristrutturazione e, se si raggiunge un accordo – se la Commissione dà il via libera al programma di ristrutturazione – ci sono alcune possibilità per quel che riguarda le sovvenzioni, l’assistenza pubblica, il che altrimenti non sarebbe possibile.
Per quel che riguarda le informazioni giunte in relazione ad altre sovvenzioni che non ricadono né sotto la regola de minimis né sotto programmi di ristrutturazione, le stiamo analizzando. Per esempio, è appena stata inviata una notifica alla Francia che la somma pagata in forma di regime assicurativo dev’essere recuperata. Stiamo dunque agendo per garantire che le norme europee sulla concorrenza siano rispettate. Voglio però concludere affermando che la crisi attuale è tale che occorre affrontarla in maniera molto cauta per trovare sistemi e strumenti che aiutino a ideare soluzioni immediate, ma che garantiscano altresì un impegno stabile, sul breve periodo, per la ristrutturazione del settore della pesca, con la finalità di portare i livelli di capacità a conformarsi con una pesca sostenibile nei mari.
Marie-Hélène Aubert, relatrice. – (FR) Signora Presidente, desidero innanzi tutto ringraziare il Commissario e tutti coloro che hanno preso parte a questa discussione. Abbiamo, ovviamente, coperto i temi di fondo inerenti alla grave crisi che sta attualmente interessando il settore. Vorrei ringraziare il Commissario perché ha tentato di dare risposte precise alle questioni sollevate su questo tema, sebbene sia evidentemente difficile inoltrarsi in dettagli in alcune aree. Ad ogni modo, è un peccato che l’Unione europea – e Bruxelles – siano sistematicamente incolpate per qualsiasi cosa. In realtà credo che questa sia una buona opportunità per dimostrare che l’Unione europea – Bruxelles – non è parte del problema, ma parte della soluzione. Occorre riconoscerlo, quando vediamo quanto risentimento c’è nei confronti dell’Unione europea, ci rendiamo conto di quanto gli Stati membri e una serie di esponenti dell’industria si siano sottratti alle proprie responsabilità da anni, dando priorità a interessi a breve termine, pensando di poterne approfittare per un po’, ma rifiutandosi di vedere che, così facendo, avrebbero portato un intero settore sull’orlo del disastro.
Questo è il punto a cui siamo ora. Come possiamo trovare soluzioni immediate a una situazione che si protrae da anni? Non è facile. Avete avanzato alcuni suggerimenti. Non avremo però successo se non prenderemo misure severe e drastiche, se non impiegheremo tutti i mezzi necessari, poiché questi testi non potranno essere applicati senza risorse finanziarie e umane, e adottando molte più sanzioni dissuasive che quelle che vengono attualmente applicate in relazione alla pesca illegale. Questo almeno non dovrebbe essere difficile, considerando il numero ridotto di ammende inflitte di recente.
Dobbiamo altresì offrire più incoraggiamento e ricompense per i comportamenti e le pratiche intelligenti e sostenibili. Spesso, quei pescatori e quelle imprese ittiche che adottano pratiche al tempo stesso assolutamente conformi alla normativa e innovative in termini di gestione sostenibile della pesca sentono di non essere riconosciuti né ricompensati. Ritengo altresì che, sia in termini di lotta contro la pesca illegale che di altre aree che sono state coperte, come gli scarti o la gestione delle risorse e le quote, occorra che elaboriamo una strategia decisamente più gratificante, una strategia che sia lungimirante e che rappresenti un passo nella giusta direzione, che non mi sembra essere attualmente il caso.
Per concludere, penso che la relazione in oggetto rappresenti un’opportunità che ci consente di sollevare tutte queste problematiche. Chiaramente, questa discussione da sola non risolverà il problema. Mi auguro che la discussione continui nella prossima relazione, sebbene sia giunto il momento di procedere a un’ampia consultazione e di porre fine ai negoziati, dall’alto, tra la Commissione, i governi e i rappresentanti dell’industria, e di organizzare una consultazione molto più ampia, più orizzontale, interdisciplinare. Questo ci fornirebbe risposte, e l’Unione europea e il Parlamento potrebbero di nuovo espletare il proprio ruolo e tener fede al proprio compito di trovare soluzioni per questo settore in crisi.
Presidente. − La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà giovedì 5 giugno 2008.
Dichiarazioni scritte (articolo 142)
Margie Sudre (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Il Parlamento europeo ha inferto un ennesimo colpo alla pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata, che è un reale problema internazionale.
Le misure adottate integrano in maniera efficace il meccanismo esistente. Mi riferisco in particolare all’introduzione di un sistema di controllo da parte dello Stato di approdo per i pescherecci che entrano in porto, dove verrà rilasciato un certificato di cattura, e del divieto di entrata per i pescherecci dediti a pesca INN. Accolgo altresì con favore il divieto di importazione di pesce INN e la pubblicazione di un elenco di pescherecci coinvolti in attività di pesca INN.
Il valore aggiunto di queste nuove norme europee deriva anche dallo sviluppo di un sistema comunitario di allarme laddove si sospetti l’esistenza di pratiche di pesca INN. Anche il sistema di sanzioni è stato rafforzato, inclusi il divieto di accesso agli aiuti pubblici o a sovvenzioni da parte di pescherecci INN e il rimborso degli aiuti pubblici o delle sovvenzioni ricevute, laddove necessario.
Più importante, ho lottato con successo in seno al Parlamento europeo per ottenere una maggiore attenzione riguardo alle regioni ultraperiferiche nella lotta contro la pesca illegale, alla luce della fragilità dei loro ecosistemi. Questo invia un segnale forte alle flotte disoneste che contribuirà a reprimere la concorrenza sleale che sta lentamente, ma inesorabilmente, estromettendo i nostri pescatori dall’attività.
26. Protezione degli ecosistemi marini vulnerabili (discussione)
Presidente. − L’ordine del giorno reca la relazione di Duarte Freitas, a nome della commissione per la pesca, sulla proposta di regolamento del Consiglio relativo alla protezione degli ecosistemi marini vulnerabili d’alto mare dagli effetti negativi degli attrezzi da pesca di fondo [COM(2007)0605 – C6-0453/2007 – 2007/0224(CNS)] (A6-0183/2008).
Joe Borg, Membro della Commissione. − (EN) Signora Presidente, la relazione dell’onorevole Freitas affronta una proposta che apre la strada all’introduzione del principio di valutazione dell’impatto ambientale nel settore della pesca. Non esagero nel ribadirne l’importanza in termini di cambiamento di regime e di allineamento del regolamento sulla pesca con molte altre attività marittime.
Inoltre, questo principio risponde a un obiettivo alquanto specifico – quello di prevenire eventuali danni agli ecosistemi marini vulnerabili. La proposta incarna completamente l’approccio basato sugli ecosistemi che la Commissione si è impegnata ad attuare nell’ambito della politica comune della pesca.
Con questa proposta intendiamo rispondere all’appello lanciato nel 2006 dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite a intraprendere iniziative efficaci per evitare che gli ecosistemi marini vulnerabili continuino a essere distrutti o pesantemente danneggiati dalle attività di pesca praticate con attrezzi da pesca di fondo. Per quel che riguarda i pescherecci che operano in aree nelle quali non vige alcun regime internazionale di conservazione o gestione, è lo Stato di bandiera a dover regolamentare le attività dei suoi pescherecci per garantire tale protezione. Dal momento che l’Union europea detiene la competenza normativa dello Stato di bandiera conformemente al diritto internazionale, dobbiamo adottare misure adeguate a rispondere all’appello delle Nazioni Unite entro la fine di quest’anno.
Il regolamento, come proposto, sarà dunque applicabile ai pescherecci battenti bandiera UE che operino in zone d’alto mare non regolamentate da un’ORGP. Attualmente, abbiamo una flotta di dimensioni considerevoli che sta operando nell’Atlantico sud-occidentale, che è una delle suddette zone. Il testo è stato sviluppato con la finalità di stabilire obblighi in termini di risultato da parte degli Stati membri di bandiera, vale a dire di assicurare che non sia consentito assegnare permessi per le attività di pesca praticate con attrezzi da pesca di fondo a meno che una valutazione del potenziale impatto non ne dimostri chiaramente il basso rischio per gli ecosistemi marini vulnerabili. In altre parole, la Commissione non entra nei dettagli su come gli Stati membri debbano effettuare questa valutazione, ma, piuttosto, noi fissiamo gli standard minimi relativi all’informazione scientifica e lasciamo poi alla discrezione degli Stati membri come ottenere i risultati richiesti.
La nostra proposta sancisce che gli attrezzi di fondo non possono essere collocati a una profondità superiore ai 1000 metri. L’argomento secondo cui la norma proposta non ha fondamento scientifico non può essere sostenuto. Da una parte, stiamo ancora sviluppando la nostra conoscenza dei mari profondi e ci troviamo dinanzi a così tante incertezze che la completa applicazione di un approccio preventivo rappresenta una garanzia. Il limite di profondità proposto è una scelta ragionevole, e non interferisce nelle attuali attività dei pescherecci UE, che si svolgono in acque molto meno profonde. Dall’altra parte, questa norma intende assicurarci il tempo necessario per testare il funzionamento del nuovo approccio normativo prima di permettere ai nostri pescatori di inoltrarsi in acque più profonde.
Si tratta di mantenere lo stato attuale delle nostre attività fino a che non avremo abbastanza informazioni da permetterne, in sicurezza e serenità, un’espansione. La Commissione è disponibile a ritornare su questo punto specifico nell’arco di due anni, quando sottoporremo al Consiglio e a quest’Assemblea una relazione sull’attuazione del regolamento e sulla sua efficacia. Per queste ragioni la Commissione non può accogliere l’elimianzioen di questa norma, come proposto nella relazione.
Secondo, la relazione dell’onorevole Freitas propone di emendare la disposizione in base alla quale il regolamento imporrebbe una copertura totale di osservazione sulle flotte, e prevedere, invece, un sistema di campionamento. La Commissione ha altresì difficoltà ad accogliere questo emendamento, dal momento che, in assenza di osservatori, rimarrebbe soltanto il sistema di monitoraggio delle navi mediante satellite (VMS) quale strumento di controllo per monitorare l’osservanza, da parte di ogni peschereccio, dello specifico piano di pesca approvato. Non è abbastanza, ed è probabilmente poco realistico aspettarsi che i centri nazionali di monitoraggio della pesca garantiscano un controllo individuale e in tempo reale per ogni unità della flotta. Inoltre, senza un osservatore a bordo, la tanto importante norma “move away” nel caso in cui il peschereccio si imbatta accidentalmente in un ecosistema non inquadrato perderebbe di efficacia, dal momento che il VMS non può monitorarne l’osservanza. Come nel caso precedente, questo requisito può essere rivisto in un periodo di due anni perché ne sia valutata l’efficacia.
La maggior parte dei restanti emendamenti proposti è accettabile per la Commissione, e molti tra questi, in realtà, sono già stati presentati su linee analoghe durante le discussioni in Consiglio.
Vorrei ringraziare il Parlamento per il sostegno che ha garantito alla Commissione nei nostri sforzi al fine di fornire una risposta efficace a tale questione.
Duarte Freitas, relatore. − (PT) Signora Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, desidero innanzi tutto congratularmi con la Commissione per aver preso l’iniziativa di presentare la proposta in oggetto, questo per due ragioni. In primo luogo, perché va di pari passo con l’iniziativa dell’Unione europea e con l’atteggiamento proattivo, in merito alla questione, dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite e, in secondo luogo, perché si basa su un principio molto importante, cioè la valutazione d’impatto delle attività di pesca perfino prima che sia data l’autorizzazione per attuarle.
Questo perché stiamo parlando di zone in cui non c’è, attualmente, nessuna organizzazione regionale di gestione della pesca. La verità è che, nelle aree costiere, l’adozione di misure per la protezione degli ecosistemi marini vulnerabili dalle attività di pesca praticate con attrezzi da pesca di fondo è responsabilità degli Stati. Nelle acque internazionali, la protezione dell’ambiente marino è tendenzialmente stabilita da convenzioni marine regionali, laddove queste esistono, mentre l’adozione di misure per la protezione e la gestione delle risorse marine viventi e per la regolamentazione dell’impatto della pesca sugli ecosistemi vulnerabili è sotto la responsabilità delle organizzazioni regionali di gestione della pesca. Tuttavia, esistono zone d’alto mare che non sono coperte da nessuna organizzazione di pesca, il che equivale a incoraggiare il perseguimento di attività distruttive di pesca.
Tenendo presente questa realtà, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite, come ci si aspetterebbe, con l’UE in ruolo di guida, è pervenuta alla conclusione che sia necessario fare qualcosa per proteggere il fondo marino, dove attualmente non esiste alcun tipo di controllo.
E’ un’iniziativa assolutamente positiva, che dovrebbe essere valorizzata e accolta con favore, al pari della proposta della Commissione; è altresì una proposta che possiamo definire generosa, dal momento che obbligheremo le navi battenti bandiera dei nostri Stati membri a rispettare una serie di norme di cui dovremo garantire l’osservanza, attraverso canali diplomatici, anche parte di altri paesi terzi che operano nelle stesse zone di cui stiamo parlando – il fondo oceanico. Altrimenti, non ha molto senso che l’Unione europea dia l’esempio e obblighi le sue navi a condurre questi studi e a rispettare una serie di requisiti se altre navi, battenti altre bandiere, intraprendono pratiche distruttive di pesca proprio nella zona che cerchiamo di proteggere.
C’è, dunque, un ambito in questa generosa proposta per il quale dobbiamo congratularci con la Commissione, che deve avere una conseguenza in termini di sforzi diplomatici, sulla base altresì dell’accordo raggiunto con l’Assemblea generale delle Nazioni Unite, affinché possiamo realmente compiere un passo avanti.
Per quel che riguarda alcune problematiche qui menzionate – la questione dei 1 000 metri – signor Commissario, nella commissione per la pesca siamo riusciti a organizzare un’audizione con esperti, e io stesso ho potuto interpellarne alcuni, ed essi sono d’accordo sul fatto che i 1 000 metri, o gli 800, o i 500, o i 1 200 non siano una misura tecnica, ma semplicemente una scelta politica. Però, se con questa proposta obblighiamo già coloro che vogliono pescare in determinate zone a studiare prima i fondali marini e i rischi che questi corrono, ritengo che questo studio comprenderà tutte le profondità da 800 a 1 100, o a 1 500 metri, e, quindi, non sarà necessario definire con precisione i 1 000 metri, dal momento che la protezione è già prevista in altro modo.
In ogni caso, stiamo ancora aspettando ulteriori giustificazioni, possibilmente di natura tecnica, che gli esperti interpellati non sono stati in grado fornire, ma penso che quello che il Commissario ha affermato finora non ci dia motivi sufficienti per supporre che i 1 000 metri proposti possano essere una misura valida. Tuttavia, aspetteremo ancora e ci auguriamo che la proposta del Parlamento europeo sia presa in considerazione a seguito del voto di domani.
Marios Matsakis, relatore per parere della commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare. − (EN) Signora Presidente, ringrazio il relatore per l’eccellente testo presentato.
Molti ecosistemi marini d’alto mare sono unici e vulnerabili e necessitano – nel modo più risoluto e opportuno possibile – di protezione dagli effetti talvolta catastrofici degli attrezzi da pesca di fondo.
Il regolamento proposto rappresenta senza dubbio un passo nella giusta direzione, ma, probabilmente, si dovrà fare molto di più in futuro a mano a mano che verranno raccolte informazioni ed esperienze sulla biologia marina delle acque profonde. L’applicazione del principio di precauzione quale base per la formulazione di alcuni parametri di questo regolamento è ritenuta sia necessaria che sensata. Come sempre, il successo di ogni normativa dipende in larga misura da quanto viene attuata in modo corretto, e la presenza a bordo di osservatori sarebbe di aiuto in questo senso.
Si nutre la forte speranza che, nonostante alcune inevitabili debolezze intrinseche a tale riguardo, il regolamento si rivelerà un successo sia in teoria che in pratica.
Carmen Fraga Estévez, a nome del gruppo PPE-DE. – (ES) Signora Presidente, siamo chiaramente tutti favorevoli alla protezione degli ecosistemi marini vulnerabili dalle pratiche di pesca distruttive.
Infatti, sono talmente favorevole a questa iniziativa che, anzi, chiederei perfino la protezione di questi ecosistemi da tutte le pratiche distruttive, comprese quelle non inerenti alla pesca. Sappiamo però che, in ultima analisi, in questi casi sta al settore della pesca aprire la strada e dare un esempio.
Come ho già affermato in riferimento alla relazione dell’onorevole Miguélez sugli stock ittici di acque profonde, ritengo che la nostra principale preoccupazione dovrebbe essere la protezione di tutti gli ecosistemi vulnerabili individuati come tali, ovunque si trovino, e non soltanto di quelli che sono così fortunati da trovarsi a una profondità maggiore di 1 000 metri.
Come ha affermato l’onorevole Freitas, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO) ha eliminato il criterio della profondità in quanto arbitrario e non scientifico, e le organizzazioni regionali di gestione della pesca (ORGP), tra cui l’Organizzazione della pesca nell’Atlantico nordoccidentale (NAFO), hanno eliminato la regola dei 2 000 metri, senza nemmeno considerare il limite di 1 000 metri, dal momento che a loro avviso il limite non aveva nessuna utilità, e lo hanno dunque soppresso.
Tuttavia, signor Commissario, la mia domanda è la seguente: lei ha affermato che la proposta verrà applicata alle flotte che pescano sulla piattaforma della Patagonia. Recentemente, rappresentanti dell’Istituto oceanografico sono stati qui a presentare studi di valutazione in cui non hanno individuato ecosistemi marini vulnerabili in quella zona. Vorrei dunque chiederle se ha intenzione di continuare a insistere sull’applicazione di questa proposta alla flotta comunitaria attiva in quella zona.
Infine, vorrei discutere la questione degli osservatori, argomento rispetto al quale penso che la relazione dell’onorevole Freitas sia alquanto sensata. Ritengo, e sono convengo con la relazione, che sia importante avere osservatori che sono scienziati, dal momento che devono valutare gli ecosistemi marini vulnerabili, compito che non può essere espletato da qualsiasi osservatore.
Come è stato affermato dagli stessi scienziati, però, pare assurdo assegnarne uno per nave, perché, insieme allo svuotamento dei nostri istituti oceanografici, non ci sarebbe ragione di tale attribusione dal momento che è molto più rilevante costituire programmi di campionamento pianificati e organizzati che siano mantenuti per un periodo di tempo, che ci fornirebbe una buona visione d’insieme su queste attività di pesca.
Le sarei dunque grata, signor Commissario, se potesse rispondere alle mie domande, e chiedo di sostenere la relazione dell’onorevole Freitas.
Paulo Casaca, a nome del gruppo PSE. – (PT) Signora Presidente, vorrei innanzi tutto congratularmi con il nostro relatore per questo eccellente testo e ribadire che ciò di cui ci stiamo occupando è la protezione dei fondali oceanici, tra cui le barriere coralline di acque profonde, le montagne sottomarine, i camini idrotermali e le spugne di acque profonde, che costituiscono tesori inestimabili dei nostri ecosistemi.
Voglio anche ricordare che la protezione di questi ecosistemi era garantita da molto tempo dalla regione autonoma delle Azzorre, e soltanto nel 2003 è stata messa a repentaglio dalle Istituzioni europee, quando hanno deciso di aprire la regione alla pesca in maniera indiscriminata, senza considerazione alcuna per la necessità di proteggerne gli ecosistemi.
Soprattutto, credo che la questione più importante, per noi, sia avere una normativa assolutamente coerente, e il problema riguardo ai 1 000 metri è che non ha alcun senso affermare che non si può pescare al di sotto dei 1 000 metri al di fuori di acque europee, mentre si può pescare oltre i 1 000 metri in acque europee – ciò non ha alcun senso dal punto di vista della validità ambientale della normativa. L’aspetto che più mi preoccupa è che questa risoluzione delle Nazioni Unite – la risoluzione chiave 61/105 dell’8 dicembre 2006 – tratta varie altre misure, per esempio quelle relative alla protezione della tartarughe marine che vivono in superficie, e che, purtroppo, la Commissione europea, anziché optare per un recepimento totale della decisione, ha preferito farlo punto per punto, settore per settore, molti anni dopo. Non mi sembra che questo sia il migliore modus operandi normativo. Sarebbe più opportuno se l’intera decisione delle Nazioni Unite fosse trasposta a livello comunitario; questo semplificherebbe enormemente le cose e renderebbe la decisione molto più oeprativa sia all’interno che all’esterno delle acque comunitarie.
Josu Ortuondo Larrea, a nome del gruppo ALDE. – (ES) Signora Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, siamo tutti d’accordo che ci sia bisogno di adottare misure per vietare le pratiche distruttive della pesca che minacciano gli ecosistemi marini vulnerabili.
Date queste premesse, concordiamo con l’idea che i pescherecci dell’Unione che operano in zone d’alto mare che non sono soggette ad alcuna organizzazione o accordo regionale di pesca dovrebbero rientrare nel campo di applicazione di regolamenti comunitari che stabiliscano le condizioni essenziali per ottenere i permessi speciali pertinenti a queste profondità, specifichino di conseguenza la condotta da rispettare, le informazioni da fornire, e così via.
Non siamo tuttavia d’accordo riguardo alle restrizioni proposte dalla Commissione nell’articolo 6, che stabilisce quale ragionevole opzione una profondità massima di 1 000 metri per il posizionamento degli strumenti da pesca di fondo, nella convinzione che questo limite offra un livello di protezione adeguata, in quanto non sussiste alcun dato reale a sostegno di tale concetto. Non esistono studi scientifici che dimostrino se gli ecosistemi vulnerabili sono al di sotto o al di sopra del livello di 1 000 metri.
Pensiamo che occorra far progredire e documentare meglio la situazione dei fondali oceanici in ogni zona, individuando dove sono le vulnerabilità prima di indicare una profondità massima per l’impiego degli attrezzi. Riteniamo che potrebbe essere una buona idea obbligare un peschereccio che si imbatta in un possibile ecosistema marino vulnerabile a interrompere la pesca e a informare le autorità competenti. Sulla base di ciò, concordiamo riguardo alla proposta che un campione rappresentativo dei pescherecci cui ciascuno Stato membro ha rilasciato un permesso di pesca speciale prenda a bordo un osservatore scientifico, assicurando un’idonea rotazione tra tutti i pescherecci nelle successive campagne di pesca.
Infine, siamo altresì d’accordo che, in caso di problema tecnico al dispositivo satellitare di posizionamento che ogni peschereccio è obbligato ad avere a bordo, il capitano debba comunicare la posizione geografica della nave a intervalli di due ore e che, quando rientra in porto, non possa tornare in mare fino a che non venga effettuata una verifica del corretto funzionamento del sistema di posizionamento.
Tutto questo viene proposto non solo con l’obiettivo di garantire una maggiore sostenibilità dell’ambiente marino, ma anche per salvaguardare le attività di pesca che sono necessarie a fornirci alimenti.
Seán Ó Neachtain, a nome del gruppo UEN. – (GA) Signor Presidente, desidero congratularmi con l’onorevole Freitas per la sua eccellente relazione. Un elemento chiave per la gestione del mare è la protezione degli ecosistemi vulnerabili. Nel corso degli ultimi anni sono stati compiuti sforzi significativi in questa direzione. Sono lieto che l’Unione europea stia intraprendendo quest’opera pionieristica per la protezione dell’ambiente – sarà a beneficio di tutti noi.
La politica in materia di ecosistemi è accettata a livello internazionale e ora sta a noi metterla in atto nella maniera più ampia possibile. Un sistema che avanza a piccoli passi è adatto all’attuazione di questa politica. Possiamo imparare da ogni piccolo passo prima di procedere a quello seguente – l’evoluzione, e non la rivoluzione, è la chiave.
La protezione degli ecosistemi è complicata. Ne abbiamo un esempio splendido in Irlanda. Si trovano coralli di acqua profonda poco al largo della costa occidentale del paese. NATURA 2000 ha stabilito che questa regione costiera ha quattro siti ecologici e vi ha imposto un limite sulla pesca per proteggere il corallo di acqua profonda.
Pedro Guerreiro, a nome del gruppo GUE/NGL. – (PT) Appoggiamo ampiamente le proposte della relazione volte a proteggere gli ecosistemi marini vulnerabili d’alto mare, ma vorremmo sottolineare che le misure adottate in questo campo devono essere prese sulla base di ricerca scientifica sulla pesca e in modo appropriato, vale a dire alla luce della diversità delle situazioni esistenti.
Questa necessità emerge subito in tutta chiarezza per quel che riguarda la definizione di ecosistema marino vulnerabile, che, di fatto, è quanto sottolinea la relazione evidenziando la necessità di trovare una definizione sulla base della più migliore informazione scientifica disponibile. Parimenti, occorre distinguere tra i diversi effetti causati dall’utilizzo di attrezzi differenti, valutandone i potenziali impatti sulle risorse marine e sui fondali oceanici attraverso la ricerca scientifica sulla pesca. Per ultimo, ribadiamo ancora una volta che riteniamo che le questioni relative alle ispezioni e alle omissioni di osservazione ricada nella competenza di ciascuno Stato membro.
Avril Doyle (PPE-DE). - (EN) Signora Presidente, gli scienziati nel settore della pesca ora sanno che le acque profonde d’alto mare pullulano di vita, di cui la maggior parte è ancora da scoprire. Infatti, circa il 50 per cento della flora o della fauna raccolta da zone a profondità superiore ai 3 000 metri costituisce una nuova specie. Gli scienziati ritengono che 10 milioni di specie abitino il mare profondo, una biodiversità paragonabile alle più ricche foreste tropicali del mondo. Stanno scoprendo lentamente ecosistemi che sono straordinari in natura, che sono spesso habitat di specie introvabili altrove nel pianeta.
Accolgo dunque con favore le proposte della Commissione di far sì che le attività di pesca condotte con attrezzi da pesca di fondo in zone d’alto mare sia soggette al rilascio di un permesso, e che sia l’autorità competente a stabilire che non sussistono significativi impatti negativi sugli ecosistemi nelle zone d’alto mare prima di emettere tali permessi. Da tempo occorreva un’iniziativa in questo settore, e ringrazio l’onorevole Duarte Freitas per la sua relazione.
La pesca a strascico sta causando danni senza precedenti al corallo d’acqua fredda e alle comunità delle spugne. L’attrezzatura della pesca di fondo non regolamentata può altresì raggiungere montagne sommerse o sottomarine, demolendone il percorso sulla piattaforma oceanica e distruggendo tutte le forme di vita incontrate sul cammino. Alcune specie corrono il rischio di estinguersi perfino prima che che gli scienziati abbiano la possibilità di scoprirle.
Purtroppo, l’Unione europea è l’epicentro della pesca a strascico. Nel 2001, gli Stati membri, compresi i nostri nuovi Stati baltici, costituivano circa il 60 per cento delle catture con reti a strascico in alto mare, e lo stesso anno la sola Spagna arrivava a circa due terzi delle catture UE registrate e al 40 per cento delle catture globali riprotate nelle attività di pesca a strascico.
Sono d’accordo con il relatore: la Commissione deve ricorrere alle sue competenze al di là del settore della pesca per promuovere azioni integrate per la protezione degli ecosistemi vulnerabili, e la nostra azione deve essere guidata da due principi chiave: l’approccio basato sulla precauzione, che prevede il nostro intervento quando mancano informazioni scientifiche o c’è incertezza, e, soprattutto, la gestione basata sugli ecosistemi.
Signor Commissario, il dato di 1 000 metri è un dato arbitrario? Ritengo che si tratti di capire se gli ecosistemi vulnerabili esistono al di sopra e non solo al di sotto di questo limite, interrogativo già sollevato da alcuni colleghi.
Marios Matsakis. − (EN) Signora Presidente, molti oratori hanno affermato che non c’è prova scientifica – o non c’è prova alcuna – a sostegno della scelta del limite di profondità di 1 000 metri. Non è così. Infatti, per darvi un esempio, c’è l’evidenza scientifica fornita da operazioni di pesca a 840 e a 1 300 metri nell’Irlanda occidentale. La datazione al carbonio 14 ha svelato che la matrice del corallo d’acqua fredda, pescato come cattura accessoria, aveva almeno 4550 anni.
Ci sono, dunque, ecosistemi vulnerabili a quella profondità – come dimostrato dall’evidenza scientifica. Oltre ad adottare il principio di precauzione, ritengo sia saggio scegliere di porsi un tale limite.
Zdzisław Kazimierz Chmielewski (PPE-DE). – (PL) Signora Presidente, l’Unione europea partecipa attivamente alla ricerca di soluzioni globali alla questione dell’utilizzo di attrezzi per la pesca a strascico. Anziché introdurre il divieto assoluto riguardo al loro utilizzo, è a favore dell’imposizione di severe restrizioni alla loro applicazione.
Il regolamento in discussione è una sorta di modus vivendi. Gli effetti legislativi ottenuti non sono però sempre basati su un provvedimento chiaro e convincente. Gli ambienti di pesca più piccoli, privati della possibilità di studi dettagliati e regolari, sono semplicemente preoccupati di non essere nella posizione di soddisfare i requisiti per stilare un piano di pesca corrispondente insieme al requisito di specificare la profondità alla quale possano essere usati gli attrezzi da pesca di fondo, o la configurazione del fondale marino – cosa che suscita particolare proccupazione nelle aree più povere.
Joe Borg, Membro della Commissione. − (EN) Signora Presidente, accolgo con favore i vari punti e commenti che sono stati sollevati, che sottolineano l’importanza attribuita alla questione delle pratiche di pesca distruttive.
Come ho affermato in precedenza, la nostra proposta risponde a un appello lanciato dalla comunità internazionale, e dobbiamo dimostrare la nostra determinazione a soddisfare tale richiesta.
Riguardo alla questione del limite proposto di 1 000 metri, è fondamentale che adottiamo un approccio basato sulla precauzione, e il limite scelto è stato definito in modo da garantirci di non trovarci di fronte a un improvviso sviluppo della pesca in un’area specifica. Nel contempo, il limite di 1 000 metri non ha, a questo punto, un impatto sulle attuali attività di pesca, e, se è così, non capisco perché ci sia tanta riluttanza ad adottarlo. Ma indagherò ulteriormente la questione e spero che possa essere risolta in maniera soddisfacente durante il Consiglio di giugno.
Voglio però dire che non sono d’accordo sul fatto che dovremmo permettere la pesca di fondo illimitata fino a che non avremo individuato gli ecosistemi vulnerabili, perché, una volta che il danno è fatto, è fatto, e poi è troppo tardi. Per questo insistiamo sull’approccio basato sul principio di precauzione.
La questione degli osservatori è un punto fondamentale se vogliamo dimostrare che siamo seriamente intenzionati a proteggere gli ambienti marini vulnerabili d’alto mare. Avere totale copertura è un punto chiave per la Commissione. Sono fiducioso che possiamo trovare una soluzione anche a questo problema nel Consiglio di giugno senza abbandonare il principio della copertura totale degli osservatori.
Duarte Freitas, relatore. − (PT) E’ con rammarico che affermerò innanzi tutto che il Commissario non ha dato ascolto a quanto espresso da quasi tutti i deputati e a quello che la relazione indica in merito ai 1 000 metri.
Non c’è nessuna, ripeto, nessuna evidenza scientifica che dimostri che il dato di 1 000 metri sia appropriato. Perché 1 000? Perchè non 800 o 1 200? Non c’è evidenza scientifica e abbiamo già tenuto un’audizione con gli esperti e abbiamo avuto la possibilità di avere con noi il direttore del dipartimento di oceanografia e pesca delle Azzorre, che ha portato a termine parecchi validi studi, internazionalmente riconosciuti, sui fondali oceanici, insieme ad altre persone con cui ho parlato, altri esperti tecnici: non c’è alcuna evidenza scientifica che il dato di 1 000 metri sia ragionevole.
Di fatto, questi 1 000 metri possono essere stati dedotti dalle discussioni sul Mediterraneo, ma non ci stiamo occupando della stessa zona, anzi, stiamo trattando aree del tutto diverse! Aspettiamo dunque e vediamo, amici miei: se, giustamente, stiamo obbligando l’Unione europea ad assumere un ruolo di guida nei processi di protezione dei fondali oceanici profondi, che è positivo, e, mi auguro, stiamo coinvolgendo in ciò altri, abbiamo, è vero, questa responsabilità ambientale, ma dobbiamo altresì essere un po’ obiettivi e ragionevoli. Se chiediamo alle flotte di presentare studi scientifici per poter pescare nelle zone di cui stiamo parlando, studi per i quali la Commissione non è stata in grado di stabilire un dato relativo ai costi, né di dirci se gli Stati membri sono nella posizione di poter procedere a una valutazione della qualità e di dare risposta a questi studi scientifici, se però chiediamo alle flotte di presentare questi studi per verificare se il fondale oceanico sia vulnerabile o meno, siamo noi a dover essere ragionevoli allora! Non parliamo dunque di 1 000 metri.
Se esistono ecosistemi vulnerabili d’alto mare, questi possono essere a 800 o a 1 000 metri, ma gli studi che stiamo chiedendo alle flotte di presentare per ottenere le licenze di pesca lo dimostreranno: è semplicemente così, e credo dunque che si tratti di essere ragionevoli sulla questione.
Per concludere, soltanto un ultimo riferimento all’importanza di questo tema: si dice che sappiamo di più sulla superficie della luna che sui fondali oceanici profondi, e, per questa ragione, qui, in quest’Aula, dovremmo sforzarci, in quanto individui, a contirbuire affinché si scopra di più sui fondali oceanici profondi.
Presidente. − La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà giovedì 5 giugno 2008.
Dichiarazione scritte (articolo 142)
Daciana Octavia Sârbu (PSE), per iscritto. – (RO) I punti di forza del regolamento proposto sono l’introduzione del principio di precausione e il rilascio di un permesso di pesca, con l’applicazione di una valutazione per certificare che le attività in questione non abbiano effetti negativi sugli ecosistemi marini. In qualità di relatore ombra, ho ritenuto necessario che queste valutazioni fossero basate su criteri omogenei a livello della Comunità, che fossero rivisti dalla Commissione per fornire una valutazione uniforme da parte di tutti gli Stati membri.
Inoltre, ho proposto la creazione di un sistema di mappatura elettronica nell’ottica di creare una banca dati degli ecosistemi marini vulnerabili, che riduca i costi e gli sforzi relativi alla valutazione e al rilascio dei permessi di pesca. In altre parole, gli elementi proposti sono stati introdotti al fine di migliorare l’efficienza del sistema e di garantire la protezione ottimale della biodiversità marina.
E’ altresì fondamentale che, entro la fine del 2008, la Commissione stili un elenco delle zone che devono essere chiuse alla pesca, indicando i siti in cui la presenza di ecosistemi marini vulnerabili è confemata, nonché quelli nei quali è probabile. Non dobbiamo però dimenticare il ruolo degli Stati membri per quel che riguarda la protezione della fauna marina tramite l’attuazione degli obblighi derivanti dalla direttiva “Habitat” e la definizione degli ecosistemi marini nella legislazione nazionale della rete NATURA 2000.
27. Attuare la politica commerciale attraverso norme e procedure efficaci in materia di importazione ed esportazione (discussione)
Presidente. – L’ordine del giorno reca la relazione di Jean-Pierre Audy, a nome della commissione per il commercio internazionale, su norme e procedure efficaci in tema d’importazione e esportazione al servizio della politica commerciale [2007/2256(INI)] (A6-0184/2008).
Jean-Pierre Audy, relatore. – (FR) Signora Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, l’unione doganale, che nel 2008 compie quarant’anni, ha rappresentato una delle prime tappe della costruzione europea e ha consentito l’abolizione di tutti i dazi doganali all’importazione e all’esportazione tra gli Stati membri dell’Unione, nonché l’adozione di una tariffa esterna comune. L’unione doganale è parte integrante del corretto funzionamento del mercato interno e di una buona attuazione degli accordi commerciali dell’Unione. Nell’ambito dell’unione doganale, l’efficacia delle procedure di importazione ed esportazione è un elemento fondamentale per la competitività dell’Unione e per la protezione dei suoi cittadini.
Signor Commissario, la Commissione ha recentemente pubblicato le statistiche doganali per il 2007, che evidenziano, cito testualmente, “tendenze nuove e allarmanti”. Secondo quanto da lei affermato, la contraffazione continua a rappresentare una pericolosa minaccia per la nostra salute, la nostra sicurezza e la nostra economia. In termini di protezione dei consumatori le preoccupazioni sono numerose e la mia relazione contiene proposte per il rispetto delle norme europee, segnatamente in materia di salute e sicurezza.
Un altro esempio, la questione del contrabbando di sigarette, sollevata in seno al Parlamento europeo lo scorso settembre e per la quale sono stato relatore per il mio gruppo politico, ha evidenziato l’entità del problema e ha rivelato le debolezze del sistema di transito comunitario. Ecco perché la commissione per il commercio internazionale s’interroga sulla qualità del nostro sistema doganale e sulla sua capacità di far fronte alle sfide poste dalla globalizzazione degli scambi in un contesto in cui i nostri cittadini si aspettano la protezione dell’Unione. Questo almeno è quanto propone il Trattato di Lisbona, attualmente in fase di ratifica da parte degli Stati membri, che all’articolo 1, paragrafo 4, afferma che nelle relazioni con il resto del mondo l’Unione contribuisce alla protezione dei suoi cittadini.
A livello internazionale la principale incertezza è l’esito dei negoziati del ciclo di Doha condotti dall’Organizzazione mondiale del commercio, nel cui ambito il raggiungimento di un accordo sembra una prospettiva lontana. Siamo tutti consapevoli che, se i negoziati commerciali multilaterali falliranno, assisteremo a una concorrenza bilaterale – che come tutti sappiamo è governata dalla legge della sopravvivenza del più forte – e dovremo disporre di un’unione doganale solida ed efficace. Nell’ambito della stessa Organizzazione mondiale delle dogane si registra un rallentamento degli sviluppi in materia di efficacia e armonizzazione delle procedure doganali a livello mondiale a causa delle preoccupazioni in materia di sicurezza emerse negli Stati Uniti dopo gli attentati dell’11 settembre.
Nondimeno, in termini di commercio internazionale, la relazione sottolinea che, se applicate in modo troppo severo, le norme e le procedure di importazione ed esportazione possono costituire un ostacolo non tariffario al commercio. Invito la Commissione a prestare una particolare attenzione alle piccole e medie imprese, che considerano norme e procedure doganali eccessivamente vincolanti come uno dei principali ostacoli agli scambi internazionali di merci. Il sistema doganale deve essere al servizio della facilitazione degli scambi commerciali e la relazione propone che la questione sia trattata nell’ambito di un accordo internazionale, separatamente dall’agenda di Doha.
La relazione esamina inoltre le numerose questioni collegate alla classificazione tariffaria, al valore e all’origine – preferenziale e non preferenziale – delle merci, nella speranza che la Commissione presti ascolto alle richieste dei settori industriali interessati.
Vorrei infine sottolineare che la persistenza di una carenza nell’armonizzazione è una causa evidente dell’indebolimento del sistema doganale europeo. Capisco, signor Commissario, che la riforma del codice doganale rappresenta una priorità per la Commissione europea e che si tratta di un compito già piuttosto complesso senza essere associato a una riforma istituzionale. Desidero tuttavia avviare una riflessione proponendo di valutare la possibilità di creare un coordinamento integrato delle amministrazioni doganali nazionali al fine di avvicinarsi a un’amministrazione comunitaria responsabile dell’Unione doganale. In effetti, la logica della sempre più pressante armonizzazione delle norme doganali implica che la funzione doganale sia di fatto la stessa per tutta l’Unione.
Tenendo conto dei tempi lunghi necessari a conseguire sviluppi a livello comunitario, soprattutto quando questi ultimi intaccano le prerogative degli Stati membri, ritengo che sia giunto il momento di affrontare tale questione, che è allo stesso tempo simbolica, poiché rappresenta il coronamento di quarant’anni di una sempre maggiore integrazione doganale, e pragmatica, in quanto si pone nell’ottica di una più efficace organizzazione doganale in un mondo che diviene sempre più complesso, che avanza veloce e non aspetta gli altri.
László Kovács, Membro della Commissione. − (EN) Signora Presidente, sono lieto che mi abbia concesso di intervenire sulla relazione preparata dall’onorevole Jean-Pierre Audy e unanimemente adottata dalla commissione per il commercio internazionale il 6 maggio. Mi congratulo con il relatore, che ha illustrato alla perfezione il fondamentale contributo apportato dalla legislazione doganale e dai servizi doganali all’efficace attuazione della nostra politica commerciale comune individuando altresì le importanti sfide che l’Unione deve affrontare in quest’ambito.
I miei servizi stanno facendo tutto il possibile affinché i regolamenti e gli accordi sul commercio internazionale tengano pienamente conto del contributo, e delle necessarie limitazioni, dei concetti e delle procedure doganali. Difendono inoltre attivamente gli interessi comunitari all’interno delle organizzazioni internazionali che si occupano di questioni doganali, in particolare l’Organizzazione mondiale delle dogane e l’Organizzazione mondiale del commercio.
Ciò vale in particolare per le norme di origine non preferenziale e preferenziale. Il 27 maggio la commissione per il commercio internazionale è stata informata sullo stato di attuazione della riforma delle norme di origine del sistema delle preferenze generalizzate. Sono certo che, sulla base dei vari contributi ricevuti, la Commissione riuscirà a ottenere il sostegno degli Stati membri per completare questa riforma.
Lo stesso dicasi per i negoziati dell’OMC sulla facilitazione del commercio. In questa fase la Commissione continua a credere che un accordo di facilitazione degli scambi commerciali debba rimanere uno dei pilastri della conclusione del ciclo di Doha, dal quale non deve essere escluso. Ovviamente occorre tenere conto dei risultati dei negoziati sulla facilitazione del commercio raggiunti finora.
Sono state avviate importanti iniziative per rispondere alle minacce poste dai prodotti contraffatti, pirata e pericolosi. Nella legislazione doganale sono state introdotte nuove procedure volte a garantire la sicurezza. Il codice doganale comunitario aggiornato, pubblicato oggi, e la decisione relativa alle dogane elettroniche, agevolando il commercio legale, costituiscono importanti pietre miliari nel costante ma dinamico contributo della legislazione doganale sia alla protezione dei cittadini europei che alla competitività della nostra economia. Entrambi sono l’esempio di una valida cooperazione interistituzionale.
La relazione insiste inoltre a ragione sulla necessità di una maggiore armonizzazione e uniformità nell’attuazione della legislazione doganale e di un ulteriore miglioramento dell’organizzazione e dei metodi di lavoro delle nostre amministrazioni doganali.
A mio parere, è possibile armonizzare ulteriormente l’attuazione della legislazione doganale attraverso le seguenti iniziative: il lavoro in corso sull’applicazione del codice doganale comunitario aggiornato e la decisione relativa alle dogane elettroniche, un nuovo programma di controllo mirato della corretta e uniforme applicazione della legislazione doganale e lo svolgimento di una valutazione congiunta con gli Stati membri delle necessità e delle possibilità di ravvicinare reati e sanzioni doganali. Il programma “Dogana 2013” rappresenta a sua volta uno strumento importante in tal senso.
Per concludere, vorrei soffermarmi sui paragrafi della relazione riguardanti l’iniziativa USA che prevede la scansione del 100 per cento dei container diretti verso gli Stati Uniti. La Commissione sta utilizzando tutti i canali possibili per far capire alle autorità statunitensi che hanno scelto il modo sbagliato per garantire la sicurezza della catena di approvvigionamento. Ad aprile la Commissione ha fornito al governo degli USA una relazione valida, preparata con il contributo degli Stati membri, che evidenzia l’impatto negativo di questa misura sui porti europei, il commercio internazionale e il traffico marittimo.
Zuzana Roithová, a nome del gruppo PPE-DE. – (CS) Signora Presidente, accolgo con favore la relazione di iniziativa del collega, onorevole Audy, che esamina l’importanza di una rigorosa attuazione delle procedure doganali per il corretto funzionamento del mercato interno. Purtroppo il nostro mercato è sempre più distorto da importazioni illegali di merci da paesi terzi. Non si tratta solo di una questione di contrabbando, contraffazione ed evasione dei dazi doganali: il nostro mercato è anche inondato da prodotti che non rispettano le norme di sicurezza europee, benché molti di essi rechino il marchio di conformità. Sfortunatamente le autorità doganali non hanno abbastanza risorse per svolgere controlli sufficienti alle frontiere. La commissione per il commercio internazionale ha rilevato che ad Anversa ogni giorno viene controllato solo lo 0,5 per cento dei container. Tale situazione pregiudica la fiducia nel mercato interno e danneggia sia i consumatori sia i produttori europei che non riescono a far fronte da soli a questa concorrenza sleale. Nonostante l’unione doganale esista da quarant’anni, gli Stati membri non applicano ancora i regolamenti doganali in maniera sufficientemente uniforme. Ad esempio, esistono differenze notevoli tra le norme riguardanti la classificazione tariffaria, il valore e l’origine, preferenziale e non preferenziale, delle merci. Come il relatore, penso anch’io che la situazione migliorerebbe se esistesse una maggiore armonizzazione. La Commissione deve rispondere anche alle legittime obiezioni, sollevate ad esempio dall’industria tessile, in merito all’applicazione uniforme del criterio del valore aggiunto. Norme doganali eccessivamente rigorose e complesse ostacolano l’accesso agli scambi internazionali da parte delle piccole e medie imprese in particolare. E’ ovvio che la semplificazione, l’aggiornamento e l’armonizzazione delle norme e delle procedure in materia di importazione ed esportazione delle merci favoriranno la competitività europea.
Francisco Assis, a nome del gruppo PSE. – (PT) Signora Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, innanzitutto vorrei congratularmi con l’onorevole Audy per la relazione di altissima qualità che ha prodotto, in termini sia di idee formulate che di proposte presentate.
Di fatto, come afferma espressamente la relazione, oggigiorno le dogane sono uno strumento multifunzionale. Esercitano una funzione fiscale, ossia il loro ruolo originale, ma hanno anche una funzione economica e svolgono un ruolo sempre maggiore in termini di protezione della sicurezza delle imprese europee e dei consumatori europei.
Dal punto di vista economico, le dogane devono naturalmente facilitare il commercio internazionale e l’Unione europea ha tutto l’interesse che questo accada. Tuttavia, devono concentrarsi anche sulle loro funzioni di sicurezza ostacolando e combattendo la contraffazione e la pirateria, contrastando le situazioni di concorrenza assolutamente sleale che pregiudicano alcune imprese europee, in particolare nei settori più deboli e a livello di protezione dell’ambiente e della salute pubblica, beni sempre più preziosi per le nostre comunità. Ecco perché è necessario compiere ulteriori progressi.
Quella presentata dal relatore è, a nostro parere, una proposta valida, poiché è orientata verso una maggiore armonizzazione del sistema doganale. Disponiamo di una politica commerciale comunitaria e di una politica doganale comunitaria, ma siamo contemporaneamente dotati di una serie di amministrazioni nazionali che non sempre collaborano nella maniera più appropriata. Per garantire la protezione degli interessi dei produttori e dei consumatori europei, è auspicabile procedere più speditamente verso l’armonizzazione compiendo progressi attraverso nuove pratiche, instaurando un coordinamento migliore e creando condizioni per l’effettiva armonizzazione dell’amministrazione doganale a livello comunitario. Renderemo così un buon servizio ai cittadini europei, dal punto di vista sia dei produttori che dei consumatori.
Un’altra questione a mio avviso molto importante riguarda le piccole e medie imprese, che è stata a sua volta trattata nella relazione e affrontata dall’oratrice che mi ha preceduto. Le nostre piccole e medie imprese sono particolarmente vulnerabili in situazioni in cui sono vittime della concorrenza sleale e il nostro sistema doganale non sempre è preparato ad affrontare efficacemente tali rischi. Dobbiamo dunque effettuare ingenti investimenti a tal fine e migliorare il coordinamento con le PMI stesse. Queste ultime non sempre hanno una conoscenza approfondita di norme e procedure e pertanto si trovano in una posizione di svantaggio per quanto riguarda la loro capacità di accedere al commercio internazionale.
Concludo come ho iniziato, congratulandomi con l’autore della relazione, che ritengo abbia reso un buon servizio all’Europa in questo specifico e importantissimo settore del sistema doganale.
Zbigniew Krzysztof Kuźmiuk, a nome del gruppo UEN. – (PL) Signora Presidente, intervenendo in questo dibattito a nome del gruppo UEN, desidero richiamare l’attenzione su tre questioni.
Innanzitutto, molti paesi che contribuiscono alla facilitazione del commercio internazionale, persino quegli Stati che sono membri dell’OMC, non rispettano le norme sociali e ambientali, inosservanza che si traduce in una netta diminuzione dei loro costi di produzione e nella contestuale esclusione della concorrenza leale. Per migliorare l’accesso al mercato europeo dei prodotti provenienti da tali paesi occorre tenere conto di questo aspetto; in caso contrario, infatti, molti ambiti di produzione in Europa verranno sistematicamente eliminati.
In secondo luogo, la sempre maggiore apertura del mercato europeo a prodotti di origine agricola provenienti da paesi terzi in cambio dell’apertura di tali paesi alle esportazioni di prodotti e servizi industriali europei è di fatto la realizzazione dell’idea del Commissario Mandelson secondo cui, nell’ambito dei negoziati dell’OMC, l’Unione europea deve fare concessioni ad altri Stati poiché i profitti derivanti dalle esportazioni di prodotti industriali sono superiori ai costi della sua debole difesa dell’agricoltura; sfortunatamente, però, in questo modo si continua a indebolire il potenziale agricolo dell’Europa.
In terzo e ultimo luogo, la Commissione europea deve reagire molto più rapidamente di quanto abbia fatto finora alle violazioni degli accordi sull’accesso al mercato europeo da parte di esportatori di paesi terzi e, se le esportazioni provenienti da tali paesi sopprimono la produzione europea, la Commissione deve intervenire immediatamente e non solo a molti mesi di distanza.
Jean-Claude Martinez (NI). – (FR) Signora Presidente, signor Commissario, questa, con la relazione dell’onorevole Markov sul sistema di preferenze generalizzate e la relazione dell’onorevole Audy sulle barriere non tariffarie, ossia su quelle norme e procedure di importazione ed esportazione che chiamiamo protezionismo amministrativo o, con ipocrita convinzione, barriere doganali, è proprio la serata delle dogane. Benché l’OMC parli molto della riduzione delle tariffe prevista dal GATT, esiste anche un sottile protezionismo sotto forma di quote, picchi tariffari – l’Europa ha più di 110 picchi tariffari; il Canada ne ha dichiarati 430 – e dazi progressivi sulle importazioni che impediscono agli Stati di piccole dimensioni di industrializzarsi, nonché un elenco di prodotti sensibili e un SPG subordinato al rispetto dei diritti dell’uomo e alla situazione di ogni singolo paese in materia di valore in dogana, norme di origine e linee tariffarie. L’Europa ha oltre 5 000 linee tariffarie. Nel solo ambito agricolo, in Europa le linee tariffarie sono 2 726. Giappone e Stati Uniti hanno dichiarato di averne rispettivamente 1 890 e 1 779; qual è dunque il nostro comportamento nei confronti delle merci per quanto riguarda linee tariffarie? Ad esempio, come classifichiamo una mummia che arriva dall’Egitto per una mostra? La classifichiamo come pesce secco!
La relazione dell’onorevole Audy affronta tutti questi problemi e riconosce che gli Stati Uniti sono tornati a un maccartismo doganale con una caccia alle streghe basata sulla sicurezza/insicurezza. L’era dell’approccio pacifista di Papa Giovanni Paolo II, con la sua celebre omelia del 1978 (“Aprite le frontiere degli Stati, dei sistemi politici ed economici, dei campi immensi della civiltà e della cultura alla Sua grazia. Non abbiate paura!”), è finita, e di conseguenza anche quella del ciclo di Doha, che è ancora in corso a dieci anni di distanza dal suo avvio, mentre l’Uruguay Round, permettetemi di dirlo, è durato solo 8 anni.
Qual è l’origine di questo problema? Il problema deriva dal fatto che le imposte doganali hanno 2 000 anni e risalgono all’antica Roma, ai dazi applicati dai romani. Tuttavia, siamo nel XXI secolo e pertanto, signor Commissario, dobbiamo avvalerci di una nuova tecnologia doganale. Fortunatamente questa nuova tecnologia doganale è stata inventata dagli scienziati e prevede l’applicazione di dazi doganali deducibili che possono essere adattati conformemente al differenziale dei costi di produzione, che sono rimborsabili, che possono essere oggetto di transazione su un mercato organizzato e che possono essere modificati per aiutare i paesi in via di sviluppo.
Questo, signor Commissario, è ciò che deve mettere sul tavolo negoziale dell’OMC – questa nuova tecnologia doganale – affinché sia possibile abolire il nostro arcaico sistema doganale.
Marusya Ivanova Lyubcheva (PSE). – (BG) Signora Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, oggi stiamo discutendo di una relazione estremamente importante. Una politica commerciale valida è uno strumento per realizzare l’integrazione a livello regionale o in un contesto più ampio.
Importazioni ed esportazioni, nel quadro di norme e procedure affidabili, ci permettono di proteggere lo spazio economico interno europeo. Lo spirito della relazione è oggettivo e critico, ma al contempo costruttivo. Il documento si concentra su diversi concetti, quali i reciproci benefici bilaterali, regionali e multilaterali, le prospettive regionali comuni e il rafforzamento della competitività dell’Unione europea attraverso strumenti di mercato volti a impedire l’esclusione dei prodotti europei dal mercato.
Il commercio è responsabile di buona parte della crescita economica di alcuni paesi. In questo senso, le norme di importazione ed esportazione rivestono un’importanza fondamentale. La loro applicazione e il loro controllo hanno un significato speciale, in particolare per alcuni nuovi Stati membri come la Bulgaria, in cui livelli di esportazione più elevati determinano l’esistenza di un disavanzo commerciale.
In questo caso, l’accesso ai mercati terzi diventa cruciale. La difficoltà di immettere sui mercati esterni merci provenienti dai nuovi paesi, anche quando questi prodotti soddisfano appieno tutti i requisiti, genera condizioni di disparità di trattamento. La legislazione e le relative norme di applicazione devono quindi essere caratterizzate da una coerenza assoluta.
Il lavoro delle autorità doganali nazionali è essenziale per il corretto funzionamento di un sistema commerciale efficace, specialmente nel quadro del rafforzamento della loro missione di lotta alla contraffazione e alla frode e di protezione dei diritti di proprietà intellettuale e dei consumatori.
Le autorità doganali nazionali devono collaborare in maniera ben organizzata. E’ altrettanto importante avviare misure volte a fornire la giusta motivazione alle autorità doganali nel quadro delle soluzioni amministrative di ciascuno Stato membro, nonché intraprendere iniziative finalizzate a tutelare e sostenere la loro missione.
E’ possibile valutare l’ipotesi di creare centri specializzati in paesi che rivestono un’importanza fondamentale per il commercio con regioni o paesi terzi rispettivamente. Potrebbe trattarsi di una misura utile per promuovere l’efficace politica commerciale dell’Unione europea.
Zuzana Roithová (PPE-DE). – (CS) Signora Presidente, vorrei intervenire su una questione che ancora non è stata affrontata. Vorrei chiedere al Commissario quali misure ha intrapreso finora l’Unione europea riguardo ai regolamenti applicati dagli Stati Uniti. Qual è, a suo parere, il modo migliore di coordinare le procedure commerciali nel quadro delle relazioni transatlantiche e, sostanzialmente, riesce a scorgere la possibilità di raggiungere un buon equilibrio tra le misure in materia di sicurezza e la necessità di intrattenere relazioni economiche più flessibili tra Europa e Stati Uniti? Mi riferisco ai requisiti sui container, anch’essi citati nella relazione redatta dal collega, onorevole Audy.
László Kovács, Membro della Commissione. − (EN) Signora Presidente, desidero innanzi tutto ringraziarvi per l’interesse dimostrato nei confronti del miglioramento della legislazione e della prassi nel settore doganale e per i contributi apportati a tal fine. Mi preme sottolineare che i due documenti giuridici – il Codice doganale aggiornato e la decisione relativa alle dogane elettroniche – miglioreranno il funzionamento dei servizi doganali dell’Unione europea, rendendoli più rapidi e persino più economici. Sono ovviamente a disposizione per fornire al Parlamento aggiornamenti sui principali sviluppi nel settore della legislazione doganale e sulla sua attuazione.
Il 1° aprile la Commissione ha adottato una nuova comunicazione dal titolo “Strategia per l’evoluzione dell’Unione doganale”, sostenuta da una risoluzione del Consiglio. La futura iniziativa derivante da questa comunicazione aiuterà le dogane a fornire una risposta adeguata ed equilibrata alla duplice sfida con cui sono confrontate: da una parte, garantire il controllo della sicurezza delle merci alle frontiere esterne e, dall’altra, agevolare gli scambi commerciali. A tal fine l’iniziativa prevede il passaggio dall’attuale approccio transazionale tipico delle formalità e dei controlli doganali a un approccio sistemico incentrato sui sistemi di controllo interno e sulla catena di approvvigionamento degli operatori economici. Questo nuovo approccio comporta nuovi metodi di lavoro e di controllo e una strategia per la gestione dei rischi doganali futuri. Offrirà inoltre una piattaforma per lavorare con gli Stati membri sulle strutture operative più adeguate da attuare in futuro per l’efficiente funzionamento dell’unione doganale.
Per quanto riguarda la domanda dell’onorevole Roithová sull’iniziativa USA che prevede la scansione del 100 per cento dei container diretti verso gli Stati Uniti, ci eravamo adoperati attivamente per modificare la proposta ancora prima che venisse approvata dal Congresso, senza però conseguire il nostro obiettivo. L’amministrazione statunitense ha dato prova di grande comprensione perché si è resa conto a sua volta che l’introduzione di tali misure rappresenterà un’azione unilaterale e pertanto sarà in contrasto con il nostro approccio bilaterale e multilaterale. L’amministrazione degli Stati Uniti ha capito che di certo tale iniziativa non contribuirà a incrementare la sicurezza e, invece, genererà un falso senso di sicurezza, che distoglierà risorse e attenzione dalle misure di sicurezza vere e proprie.
Il nostro obiettivo è il futuro riconoscimento delle norme di sicurezza e dei controlli di sicurezza, il risultato dei controlli di sicurezza e il riconoscimento reciproco del partenariato dogane-commercio: il “C-TPAT” (Custom Trade Partnership Against Terrorism), per quanto riguarda gli USA, e l’operatore economico autorizzato, per quanto riguarda l’UE. Cito questo argomento perché, in materia di PMI, non sono mancati riferimenti al fatto che l’operatore economico autorizzato è un ottimo sistema per migliorare e agevolare le attività delle piccole e medie imprese.
Recentemente abbiamo fornito informazioni all’amministrazione USA quando, ad aprile, abbiamo presentato una relazione a Michael Chertoff e all’Ufficio doganale e di protezione dei confini degli Stati Uniti in cui abbiamo spiegato a quale genere di difficoltà prevediamo di andare incontro in seguito all’introduzione della scansione del 100 per cento dei container: perturbazioni negli scambi, nel traffico marittimo e anche nelle relazioni commerciali bilaterali. A titolo di esempio, in un solo anno negli Stati Uniti arrivano circa dieci milioni di container trasportati via mare. Quelli spediti dall’Unione europea sono circa due milioni e, se verrà introdotto, questo sistema riguarderà più di 700 porti in tutto il mondo, per cui potete immaginare quale tipo di problemi creerà. Ci auguriamo che, poco per volta, non solo l’amministrazione degli Stati Uniti ma anche i legislatori riescano a capire che di certo questa misura non contribuirà ad aumentare la sicurezza, ma creerà problemi molto seri negli scambi bilaterali e multilaterali.
Infine, come ha rilevato la relazione, nel 2008 ricorre il quarantesimo anniversario dell’unione doganale. L’anno in corso segnerà anche un nuovo inizio per la Comunità e gli Stati membri in questo settore.
Jean-Pierre Audy, relatore. – (FR) Signora Presidente, signor Commissario Kovǎcs, grazie per le risposte. Desidero estendere i ringraziamenti ai servizi della Commissione con cui ho lavorato, nonché ai funzionari della commissione per il commercio internazionale, segnatamente Philippe Musquar, nonché ai relatori dei gruppi politici, in particolare l’onorevole Assis. Sono inoltre lieto che oggi sia presente in Aula la sua collega, onorevole Lyubcheva, con cui recentemente ho lavorato a un altro fascicolo.
L’onorevole Roithová ha giustamente richiamato l’attenzione sul problema della scansione del 100 per cento dei container e, a questo proposito, ringrazio il Commissario per la determinazione di cui ha dato prova nel difenderci. Non è la prima volta che l’UE subisce gli attacchi degli Stati Uniti in merito a tali questioni; abbiamo infatti dovuto difendere il nostro sistema doganale anche in una vertenza dinanzi all’organo di conciliazione dell’OMC (Dispute Settlement Body, DSB), che abbiamo vinto, in parte grazie all’impegno profuso dai suoi servizi, signor Commissario. Ha fatto bene a difenderci.
L’onorevole Martinez ci ha illustrato la sua teoria sui dazi inversi. Me l’aveva spiegata anche nel dicembre 2005, mentre ci trovavamo a Hong Kong insieme. Continuo a non capirla, ma spero che un giorno riuscirò a comprendere in quale maniera questi dazi possano essere applicati alle mummie e al pesce secco.
Desidero ringraziare tutti i gruppi politici per il sostegno accordato a questa relazione. Credo che oggi le persone si rendano conto che il mondo, che diventa più complicato e procede a un ritmo più spedito, in passato risolveva i conflitti con le guerre militari. Oggigiorno, anziché militari, le guerre sono economiche e sociali e non causano morti, ma disoccupazione. In ogni caso, non sappiamo più chi sia esattamente il nemico. E’ in questo clima di guerra mondiale economica e sociale che dobbiamo dotarci di un’unione doganale forte e di un meccanismo di importazione che protegga – e parlo di protezione, non di protezionismo – le nostre imprese, i cittadini e l’Unione europea in generale.
Presidente. – La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà giovedì 5 giugno 2008 alle 11.00.
28. Prostituzione coatta e traffico di donne a scopi di sfruttamento sessuale (discussione)
Presidente. – L’ordine del giorno reca l’interrogazione orale dell’onorevole Anna Záborská, a nome della commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere, alla Commissione, sulla prostituzione coatta e il traffico di donne a scopi di sfruttamento sessuale (O-0062/2008 – B6-0160/2008)
Corien Wortmann-Kool, autore. − (NL) Signora Presidente, signor Commissario, con queste interrogazioni orali la commissione del Parlamento per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere desidera ancora una volta richiamare l’attenzione sull’enorme problema del traffico di donne e della prostituzione coatta nell’Unione europea. Non esistono cifre esatte ma, secondo approssimative stime, centinaia di migliaia di donne e ragazze ogni anno sono vittime di tratta da parte di organizzazioni criminali, finendo così nel traffico della prostituzione coatta nei nostri Stati membri. Tale situazione è degradante, e, purtroppo, l’approccio dell’Unione europea non sta avendo alcun effetto.
E’ noto che eventi di ampia portata, come i principali campionati di calcio, attirano le organizzazioni criminali coinvolte in tali pratiche degradanti. E’ per questa ragione che l’8 marzo 2006 la commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere ha intrapreso una campagna in occasione della Giornata internazionale della donna, al fine di richiamare l’attenzione del pubblico sulla necessità di prevenire e contrastare la tratta delle donne e la prostituzione coatta durante il campionato mondiale di calcio del 2006. Tale campagna chiamata “Cartellino rosso alla prostituzione coatta” ha avuto un ottimo successo nel sensibilizzare, non solo il pubblico e i tifosi, ma anche la società, sulla necessità di lottare attivamente contro il traffico di donne e la prostituzione coatta. Tuttavia, i risultati dell’approccio della Commissione europea e della maggior parte degli Stati membri sono, purtroppo, ancora deludenti. Vorremmo pertanto ancora una volta sollevare la questione, e spiegare all’opinione pubblica e alla società in occasione dei campionati Euro 2008 di questo mese che questo tipo di violenza contro le donne e le ragazze è inaccettabile.
Nel 2005 la Commissione e il Consiglio hanno adottato un dettagliato piano d’azione sullo scambio delle migliori pratiche, gli standard e le procedure per contrastare e prevenire la tratta delle donne. E’ importante che gli Stati membri attuino effettivamente tale piano d’azione. Una delle nostre domande verte anche su questo. Dopotutto, si richiede una politica coordinata in settori correlati, come strategie di prevenzione specifiche incentrate sul genere, anche nei paesi dai quali queste donne e ragazze provengono, oltre a misure di sensibilizzazione e una valutazione della loro efficacia. Può quindi la Commissione rispondere alle seguenti domande?
Il piano di azione concernente la tratta delle donne a scopi di sfruttamento sessuale è stato attuato? Con quale risultato e quale efficacia? Quali misure specifiche sono state rese note dagli Stati membri al fine di contrastare la tratta di esseri umani a scopi di sfruttamento sessuale? In quale misura gli Stati membri hanno correttamente recepito e attuato la direttiva 2004/81/CE, e, in caso contrario, quali azioni ha adottato la Commissione? E’ attualmente disponibile lo studio sui legami tra la legislazione in materia di prostituzione e l’entità della tratta di donne e ragazze a scopi di sfruttamento sessuale, che la commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere del Parlamento europeo richiede dal gennaio 2006? Può la Commissione indicare se e come intende incoraggiare gli Stati membri a rafforzare e a sviluppare ulteriormente la cooperazione transfrontaliera di polizia nell’ambito della lotta contro la tratta di esseri umani e la prostituzione coatta? In che modo può la Commissione sostenere la campagna della commissione detta “Cartellino rosso alla prostituzione coatta”? Il Commissario responsabile è pronto anche ad inviare una lettera ai governi di Austria e Svizzera per sollecitarli a contrastare il traffico di donne e la prostituzione coatta durante il prossimo campionato di calcio Euro 2008 e a sostenere la nostra campagna del “Cartellino rosso”?
Signora Presidente, è risaputo che i principali campionati di calcio sono fonte di grande piacere e divertimento per il pubblico e per i tifosi, ma questo è nondimeno un problema che costituisce un lato oscuro degli eventi, al quale bisogna prestare attenzione, e non solo a parole; dopotutto, per citare una nota canzone calcistica olandese: “ geen woorden mar daden” [i fatti parlano più delle parole]. Spero che il Commissario voglia sostenere lo stesso.
László Kovács, Membro della Commissione. – (EN) Signora Presidente, benché l’argomento non rientri nel mio portafoglio, è per me un privilegio sostituire il mio buon amico e collega Jacques Barrot e prendere parte a questa discussione, poiché sono convinto che si tratti di una questione molto importante.
Desidero garantirvi che la Commissione è profondamente impegnata nella lotta contro la tratta di persone in quanto brutale violazione dei diritti umani e reato estremamente grave, ed è in particolare impegnata nel contrastare la prostituzione coatta.
In merito alle interrogazioni estremamente pertinenti, che riguardano la difficile questione nel suo complesso, inizierò dall’interrogazione n. 1. Il piano d’azione dell’UE sulle migliori pratiche, gli standard e le procedure lanciato dal Consiglio contiene un numero molto ambizioso di misure volte a contrastare la tratta di esseri umani. Sulla base delle informazioni fornite dagli Stati membri, la nostra impressione è che, benché alcuni risultati siano stati raggiunti, la situazione rimanga non soddisfacente per quanto riguarda sia le azioni penali che l’assistenza alle vittime, il che riveste particolare rilievo.
La Commissione trasmetterà una relazione sulla sua attuazione entro la fine di quest’anno. Tale valutazione può costituire il punto di partenza per stabilire quali azioni sviluppare nel prossimo futuro, e in che forma.
Interrogazione n. 2: la protezione delle vittime della tratta è un dovere, nel rispetto dei diritti umani. Inoltre, è una condizione essenziale per la riuscita dell’azione penale nei confronti dei trafficanti, essendo la testimonianza delle vittime di vitale importanza per ottenere delle condanne. La direttiva 2004/81/CE è orientata in tal senso, poiché contempla la concessione di un periodo di riflessione che consenta alla vittima di riprendersi e di sottrarsi all’influenza dei trafficanti, e il rilascio di un titolo di soggiorno.
Tutti gli Stati membri vincolati dalla suddetta direttiva hanno notificato ufficialmente alla Commissione il recepimento totale dello strumento giuridico, ad eccezione di Spagna e Lussemburgo. La Commissione ha deciso di deferire i due Stati membri alla Corte di giustizia.
In merito all’analisi del suo recepimento sostanziale e della sua attuazione, nel gennaio 2007 la Commissione ha avviato uno studio per valutare la trasposizione nell’ordinamento nazionale di 10 direttive, tra cui la suddetta, nell’ambito di asilo e immigrazione.
Gli esiti finali di tale studio, che saranno presto resi disponibili alla Commissione, costituiranno le basi per un monitoraggio sistematico dell’acquis esistente in questo settore, in conformità dell’articolo 226 del Trattato CE.
Interrogazione n. 3: la Commissione ha inoltre avviato uno studio per valutare le legislazioni degli Stati membri e la situazione concernente la tratta di esseri umani. I risultati di tale studio dovrebbero essere disponibili entro la fine di febbraio 2009.
Interrogazione n. 4: la prostituzione coatta e la tratta di esseri umani rappresentano una violazione dei diritti fondamentali, e sono una forma di criminalità organizzata. Gli sforzi per contrastare le reti criminali devono necessariamente essere transnazionali. L’Europol costituisce un canale privilegiato per la cooperazione transfrontaliera tra le forze di polizia degli Stati membri. Inoltre, la lotta contro la tratta di persone è un settore prioritario nel programma finanziario “Prevenzione e lotta contro la criminalità”, volto a sostenere i progetti di cooperazione transnazionale che coinvolgono le autorità incaricate dell’applicazione della legge e le ONG.
Infine, l’interrogazione n. 5. La campagna “Cartellino rosso alla prostituzione coatta”, lanciata in occasione del campionato del mondo di calcio del 2006, ha rappresentato un passo importante verso la sensibilizzazione sul tema della tratta di esseri umani a scopi di sfruttamento sessuale. Sebbene la valutazione effettuata dalla Germania mostri che il timore di un incremento della prostituzione coatta e della tratta di persone non si sia materializzato nel 2006, accogliamo favorevolmente tutte le iniziative finalizzate a informare l’opinione pubblica, prevenendo tale atroce fenomeno criminale e aiutando le vittime.
Manolis Mavrommatis, a nome del gruppo PPE-DE. – (EL) Signora Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, il prossimo sabato avrà inizio in Austria e in Svizzera il campionato europeo di calcio. Si tratta del secondo avvenimento sportivo più importante dopo la Coppa del mondo. E’ stato calcolato che circa due milioni e mezzo di tifosi da tutta Europa assisteranno alle partite. Tuttavia, è stato anche segnalato che, come accade in occasione di questi grandi eventi, un elevato numero di donne, stimato intorno a 25 000, viaggerà da tutto il mondo in direzione delle città in cui si giocheranno le partite, purtroppo non semplicemente per dare sostegno alle loro squadre, ma perché costrette alla prostituzione. Sono certo che di fronte a ciò la comunità internazionale, e in particolare l’Unione europea e il Parlamento, non potrà restare indifferente.
Signora Presidente, signor Commissario, come abbiamo sentito, l’intervento del Parlamento europeo nel 2006 nel caso simile dei Mondiali di calcio in Germania ha prodotto risultati positivi. In quella occasione, secondo le segnalazioni, tra 40 000 e 60 000 donne sono state costrette alla prostituzione. Varrebbe pertanto la pena di prendere nuovamente provvedimenti, come facemmo nel 2006 in risposta all’interrogazione orale dell’onorevole Wortmann-Kool. Propongo che il Presidente del Parlamento e il Commissario responsabile inviino una lettera, come quella che il Commissario Frattini inviò al Cancelliere Angela Merkel nel 2006, rivolta sia al comitato organizzatore che alla UEFA, in cui si esprima la nostra preoccupazione circa il pericolo che minaccia di trasformare un evento sportivo in uno svago incontrollato le cui vittime sono le donne.
Signor Commissario, onorevoli colleghi, sono certo che se siamo uniti e richiamiamo l’attenzione su quanto stiamo dicendo, eviteremo pericoli che non fanno onore né a noi né alla nostra società, ma permettono, piuttosto, lo sfruttamento della sofferenza umana.
Lissy Gröner, a nome del gruppo PSE. – (DE) Signora Presidente, pochi giorni prima che il campionato europeo di calcio abbia inizio, la commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere (e, spero, l’intero Parlamento) sta mostrando ancora una volta il cartellino rosso alla prostituzione coatta. Fino a 800 000 donne in tutto il mondo diventano ogni anno vittime della tratta di esseri umani a scopi di sfruttamento sessuale. E’ una delle più gravi violazioni dei diritti umani al giorno d’oggi e, anche in occasione dei principali avvenimenti sportivi, il sesso a disposizione intorno ai luoghi delle partite è collegato a questa schiavitù dei nostri giorni.
Due anni fa, in occasione della Coppa del mondo di calcio in Germania, discutemmo estesamente qui in Parlamento e lanciammo una campagna per assicurarci di riuscire a prevenire l’enorme ondata di prostituzione coatta che gli esperti inizialmente temevano e i relativi effetti negativi, grazie al sostegno dei tifosi mediante il pubblico preparato. Tuttavia, successivamente il tema scomparve nuovamente dalla scena.
Abbiamo introdotto iniziative di tipo normativo e, grazie all’esperienza acquisita durante la campagna tedesca, ampiamente sostenuta dalle organizzazioni femminili, siamo riusciti a creare misure di protezione delle vittime e a dimostrare la drammatica condizione delle donne che abitualmente provengono dall’Europa centrale ed orientale. Esse si trovano in un vicolo cieco tra la condizione di criminali, dal momento che non hanno alcun titolo di soggiorno, e di vittime, sfruttate senza pietà dai trafficanti.
Con le misure di protezione delle vittime, la cooperazione transfrontaliera e il rilascio legale di titoli di soggiorno abbiamo mosso un passo avanti. Vogliamo ora fare leva sul pubblico delle partite in Austria e Svizzera per mettere in evidenza il tema ancora una volta. In Germania il ministro della Giustizia socialdemocratico ha annunciato pene assai rigide per coloro che approfittano della prostituzione coatta.
Vi sono ancora, però, troppe scappatoie, e spetta al Parlamento garantirne l’eliminazione. Desidero chiedere alla Commissione di sostenerci in tal senso.
Siiri Oviir, a nome del gruppo ALDE. – (ET) Signor Commissario, onorevoli colleghi, sembra esserci un significato simbolico nel nostro discutere argomenti “sensibili alla luce” in una notte scura. Ogni anno centinaia di migliaia di donne sono sfruttate nell’industria sessuale europea. E’ un’industria che cresce rapidamente mettendo insieme nuove tecnologie, criminalità, sostanze stupefacenti e grandi quantità di denaro, anche se la sua natura può essere riassunta in una sola parola: violenza.
E’ noto che molte donne vengono attirate nel mercato del sesso a causa delle condizioni sociali svantaggiate, principalmente povertà e disoccupazione. Molte prostitute provengono proprio da quelle aree in cui il tasso di disoccupazione è più alto, vale a dire, per quanto riguarda l’Unione europea, i paesi più poveri dell’Europa orientale. Ciò dimostra che l’Unione europea e gli Stati membri singolarmente devono agire in primo luogo per migliorare le competenze delle donne che rientrano in categorie a rischio, e adottare nei loro confronti misure attive nel mercato del lavoro.
Non vi è alcun dubbio sull’importanza di campagne di sensibilizzazione riguardo al problema della prostituzione, come il “Cartellino rosso alla prostituzione coatta”, e sul fatto che per un certo periodo di tempo esse incidano sulla consapevolezza sociale in merito al problema. Ritengo, tuttavia, che la questione della prostituzione coatta e dello sfruttamento sessuale delle donne a scopi commerciali debba essere al centro dell’attenzione della società e dell’opinione pubblica costantemente. Ritengo che molto spesso finanziare misure di prevenzione sia più efficace e conveniente per l’economia che affrontare ogni volta le conseguenze del problema.
Oltre alle misure preventive, è importante migliorare l’efficacia della cooperazione delle forze di polizia tra gli Stati membri, in particolare nell’area Schengen. Mi appello alla Commissione e ai partiti politici qui rappresentati affinché siano determinati e contribuiscano a rendere la prostituzione un fatto del passato, vietando il consumo delle prestazioni sessuali nei rispettivi Stati di appartenenza. Anche congelare la domanda ci condurrà alla realizzazione del nostro obiettivo ultimo. Infine, è importante porre l’accento sulla necessità di una politica di tolleranza zero nel campo della prostituzione e della tratta di esseri umani in tutta l’Unione europea. Dobbiamo cominciare a prendere decisioni e ad agire.
Hiltrud Breyer, a nome del gruppo Verts/ALE. – (DE) Signora Presidente, sappiamo che la tratta delle donne a scopi di sfruttamento sessuale deve essere resa illegale e contrastata in tutto il mondo. E’ uno scandalo che non è degno di un’Europa dei valori e dei diritti umani. Sappiamo anche che la tratta delle donne non si ferma più alle frontiere. Per questo motivo, abbiamo bisogno di una risposta europea, globale al problema, ma una risposta che vada molto oltre i controlli alle frontiere e la sola repressione.
In linea di principio è un segnale positivo che questo argomento sia in agenda da circa dieci anni, ma l’attenzione rimane focalizzata in modo troppo unilaterale sui controlli alle frontiere; purtroppo, la prevenzione e la protezione delle vittime sono oltremodo trascurate, né si è dato alcun cessato allarme. Sono sempre di più le persone (donne e ragazze) che diventano vittime dello sfruttamento sessuale, nonostante, come ha già affermato l’onorevole Gröner, non vi sia stato segno del temuto incremento in occasione della Coppa del mondo del 2006. Noi sappiamo, tuttavia, che il numero stimato di casi non dichiarati è alto. Sono troppo poche le misure contro i trafficanti di persone e le azioni penali contro criminali senza scrupoli. La Commissione lo ha anche confermato in risposta a un’interrogazione da me posta in Parlamento.
Ci stiamo concentrando su una maggiore protezione delle vittime, non solo in Germania, ma in Europa. A questo proposito, trovo alquanto spiacevole che la Commissione sembri saper trovare solo belle parole e non stia concretamente facendo nulla per migliorare la situazione. Il modo in cui la Commissione si sta muovendo per l’attuazione della direttiva sulla protezione delle vittime della tratta negli Stati membri non è trasparente, né tale attuazione viene monitorata. Trovo assolutamente deplorevole che la Commissione si limiti a indicare uno studio in risposta alla mia seconda interrogazione in parlamento su come viene attuata in Germania la suddetta direttiva.
In conclusione, vorrei chiedere alla Commissione di assumere una posizione molto ferma sull’adeguata attuazione della direttiva, non solo in Germania, ma anche negli altri Stati membri. La Commissione non può non sapere se la propria legislazione viene appropriatamente attuata! Sarebbe un segno di inadeguatezza.
Per quanto riguarda la migrazione, dovremmo guardare non solo alla successiva migrazione dei membri della famiglia, ma anche alla possibilità per le donne di migrare legalmente, per non doversi mettere nelle mani dei trafficanti di esseri umani.
Eva-Britt Svensson, a nome del gruppo GUE/NGL. – (SV) Signora Presidente, centinaia di migliaia di donne e bambine vengono trasportate come merci nell’UE. Sono sfruttate sessualmente, maltrattate, minacciate, usate, e private di ogni dignità umana. Quale crimine hanno commesso per essere condannate a una tale esistenza? Il loro crimine è proprio la povertà e la mancanza di diritti sociali, oltre al fatto che vi sono uomini che credono che il denaro conferisca loro il diritto di usare le donne e le bambine come merci. Solitamente, le giovani sono attirate con false promesse di lavoro e denaro, ma poi l’incubo ha inizio.
Per la vergogna di UE e Stati membri si continua a permettere questo commercio, che, infatti, è in crescita. Nessuno può nascondersi dietro la scusa che “non sapevamo nulla”. Sappiamo, ma troppo poco viene fatto. Dobbiamo pertanto ricevere una risposta dalla Commissione alle nostre domande che sono emerse dalla campagna “Cartellino rosso alla prostituzione coatta”.
Considero il commercio delle schiave del sesso una forma di terrorismo. L’UE e gli Stati membri sono stati particolarmente efficienti nell’adottare misure più o meno efficaci per contrastare il terrorismo. Ma a quest’altro terrorismo che colpisce le donne e le bambine non è stata data la stessa priorità, né dall’UE né dagli Stati membri.
Dobbiamo anche renderci conto che sempre più uomini sono coinvolti in questo tragico commercio. Gli uomini non devono solo astenersi dal comprare essi stessi prestazioni sessuali, ma anche mostrare agli altri uomini che i corpi delle donne non si comprano. Dipende dagli uomini garantire il calo della domanda, quindi anche del commercio dei corpi delle donne. Fino a quando ci sarà una domanda e un mercato con grossi introiti finanziari, il commercio continuerà. Lo ripeto: le donne non sono in vendita. Dobbiamo mettere fine a questo fenomeno.
Ivo Belet (PPE-DE). – (NL) Signora Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, nella risoluzione sul futuro del calcio professionale, adottata l’anno passato in questa stessa sede, ci siamo appellati espressamente al Consiglio affinché fossero prese misure per contrastare le attività criminali intorno al calcio professionale, come la prostituzione coatta. Nel testo lo abbiamo affermato letteralmente. Solo per essere chiaro, non è colpa delle autorità calcistiche se questi fenomeni si manifestano ai margini dei principali tornei. Essi caratterizzano pressoché tutti gli avvenimenti internazionali di grande portata. Tuttavia, il mondo dello sport ha naturalmente tutte le ragioni per esigere che il problema sia affrontato efficacemente e in modo esauriente, perché sicuramente è alquanto insensato, onorevoli colleghi, che discutiamo e lavoriamo per un gioco più corretto negli stadi e dibattiamo e combattiamo contro il razzismo nelle stazioni, se casi di schiavitù dentro e intorno ai campi sportivi sono tollerati. La campagna “Cartellino rosso alla prostituzione coatta” ha funzionato egregiamente durante la Coppa del mondo del 2006 in Germania. Circa un migliaio di associazioni e gruppi di azione locale e regionale sono stati coinvolti in questa campagna di prevenzione, e ciò ha avuto un chiaro effetto deterrente sui trafficanti di esseri umani e le altre reti criminali. Il risultato, e il signor Commissario lo ha già ricordato, è stato che la prostituzione coatta durante la Coppa del mondo in Germania nel 2006 si è limitata a poche decine di casi, e non direttamente collegati all’evento.
E’ evidente, quindi, che le campagne per accrescere la consapevolezza e di prevenzione funzionano. Esse sono altamente efficaci, quindi dobbiamo di nuovo ricorrervi, anche in occasione del campionato europeo di calcio che ha inizio questa settimana. Pertanto, signor Commissario, esortiamo la Commissione europea affinché invii una lettera a tale riguardo ai governi interessati, quelli di Austria e Svizzera, come l’onorevole Wortmann-Kool ha giustamente dichiarato poc’anzi. Ripeto la nostra domanda. Può la Commissione soddisfare la nostra richiesta e confermare qui e ora che appoggerà la presente iniziativa?
Ho un altro commento: la sola prevenzione non sarà sufficiente. Gli Stati membri nel 2005 hanno concordato che avrebbero prevenuto e contrastato la tratta di esseri umani; tuttavia, signor Commissario, a livello nazionale il piano d’azione a cui si riferisce è più che mai lettera morta. E’ quindi giunto il momento di ricordare alle autorità quel piano d’azione, come fece due anni fa l’allora Commissario Frattini, affermando che il ruolo di Europol ed Eurojust in questo ambito doveva essere rafforzato, e lo stesso richiese espressamente il Parlamento nella sua risoluzione. Siamo pertanto fiduciosi, signor Commissario, che, in vista dei prossimi campionati, la Commissione e il Consiglio compiranno sforzi come non mai per mettere in pratica queste promesse.
Christa Prets (PSE). – (DE) Signora Presidente, signor Commissario, come abbiamo sentito, la tratta di esseri umani è un crimine contro l’umanità, in modo particolare contro le donne; una nuova forma di schiavitù e un commercio altamente redditizio, ampiamente sviluppato, con un giro d’affari annuo di 44 miliardi di euro, secondo le stime dell’OSCE. Vale la pena discutere in maniera più approfondita questo tema, mettendone in luce i diversi aspetti.
Oggi, ci stiamo occupando della tratta di esseri umani e della prostituzione coatta in seguito alla campagna che abbiamo condotto in occasione della Coppa del mondo in Germania nel 2006. Vi è stata anche una relazione qui in Parlamento, da me redatta, relativa alla prostituzione coatta, nella quale si chiedeva alla commissione che fossero adottate varie misure. La risposta fu il piano d’azione. L’interrogazione sulla sua attuazione è già stata posta ripetutamente oggi, e desidero sottolineare il fatto che essa concerne titoli di soggiorno per le vittime e addestramento all’intervento in scuole di polizia, istituti per studi sociali e simili, oltre all’istruzione nei paesi di origine e a possibilità educative e formative a livello locale per le donne nonché per i giovani uomini, anch’essi sempre più coinvolti.
Sappiamo che il 18 di ottobre è la Giornata europea contro il traffico di esseri umani, che siamo riusciti a celebrare per la prima volta l’anno scorso. In altri sensi, non vedo ancora molti segni della campagna. Inoltre l’attenzione per questo argomento, dopo la campagna “Cartellino rosso alla prostituzione coatta” e la coppa del mondo, è diminuita. Vogliamo quindi darle una nuova spinta. Non si tratta di proibire la prostituzione o di discriminare le persone che la esercitano. Al contrario! Si tratta di accrescere la consapevolezza e di cercare qui di respingere ogni stigmatizzazione, e costruire una rete sociale per proteggere nel loro lavoro anche le persone che esercitano la prostituzione.
E’ la prostituzione coatta che va condannata con forza. Il campionato europeo di calcio di Austria e Svizzera ci dà l’opportunità di richiamare l’attenzione su questo. Posso garantire che le autorità austriache stanno adottando le misure del caso. Sono liete di invitarvi a uno splendido campionato europeo e confidano in fair play e fair sex.
Milan Horáček (Verts/ALE). – (DE) Signora Presidente, in molti sono elettrizzati dal campionato europeo di calcio di giugno 2008. Tuttavia, non dovremmo dimenticare che, al di là delle partite, la tratta di persone, la prostituzione coatta delle donne e i reati contro i minori aumentano, e i crimini commessi dai trafficanti vanno oltre ogni frontiera.
Le partite avranno luogo in Austria e Svizzera, e il ruolo dei vicini paesi dell’Europa centrale di paesi di transito si sta rafforzando per via di questo commercio criminale enormemente redditizio. Qui si chiedono all’UE misure preventive, controllo transfrontaliero e applicazione della legge, ai fini di una migliore organizzazione e coordinazione. I meccanismi europei per le azioni investigative comuni devono essere migliorati. Si chiede a ogni Stato membro di proteggere le vittime più efficacemente e di avvalersi attivamente di questi strumenti. Questo è l’unico modo in cui saremo in grado di smascherare i responsabili e mostrare loro il cartellino rosso.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL). – (PT) E’ importante che si approfitti dei Campionati europei del 2008 per informare ancora una volta il pubblico che la prostituzione e l’altamente redditizia tratta delle donne a scopi di sfruttamento sessuale sono inaccettabili, essendo forme di violenza contro le donne, le ragazze e i bambini.
Per questo, è essenziale che si adottino misure mirate a combattere efficacemente tale traffico, e, al contempo, a offrire appoggio alle vittime di questa situazione nei vari Stati membri, fornendo informazioni sui risultati delle azioni intraprese.
E’ altresì necessario non perdere di vista che l’aggravarsi delle disuguaglianze, del lavoro precario e mal retribuito, della disoccupazione e della povertà attirano migliaia di donne e giovani ragazze nella prostituzione e rendono la vita più facile ai trafficanti. Questo solleva dunque un’altra domanda: come agiranno i leader europei per contrastare le cause fondamentali di queste gravi violazioni dei diritti umani di centinaia di migliaia di donne e di giovani per porre fine a queste nuove forme di schiavitù?
Emine Bozkurt (PSE). – (NL) Signora Presidente, durante la Coppa del mondo del 2006, si richiamò l’attenzione anche su una linea telefonica di assistenza per le vittime della tratta di donne e la prostituzione coatta. In Turchia, ad esempio, è già attivo da diversi anni un numero telefonico che le donne possono chiamare per riferire casi di tratta. Nel 2006 il Parlamento chiese che tale linea fosse messa a punto in modo che parlasse diverse lingue e offrisse assistenza. Ancora oggi, dopo due anni, non è stata messa in funzione.
Due settimane fa ho assistito all’inaugurazione da parte del Commissario Kuneva di una linea di assistenza per i consumatori insoddisfatti durante i Campionati europei del 2008. Bella l’idea di istituire un numero telefonico unico. Può essere fatto, quindi, ma perché offrire assistenza ai consumatori e non alle vittime della tratta delle donne? Questa nuova linea per i consumatori mostra quanto velocemente tale azione può essere adottata e con il minimo sforzo. E’ giunto il momento di combinare queste iniziative e fornire alle vittime della tratta delle donne i mezzi per chiedere aiuto. Per usare le parole di Barack Obama: “We can do it, yes we can”.
Anna Hedh (PSE). - (SV) Signora Presidente, questo sabato si darà il calcio d’inizio ai campionati europei e la festa può incominciare. Ma c’è anche il rovescio della medaglia. Ogni volta che hanno luogo eventi sportivi di questa portata aumenta la tratta illegale di donne e giovani ragazze finalizzata alla prostituzione. E’ quindi importante reagire, e procedere esattamente come si agì due anni fa con la campagna “Cartellino rosso alla prostituzione coatta”. E’ fondamentale che restiamo uniti nell’UE e lavoriamo nella direzione della tolleranza zero nei confronti della tratta di esseri umani. Sollecito pertanto i governi dell’Unione che non lo hanno ancora fatto affinché mettano in pratica immediatamente il piano d’azione sviluppato dall’UE nel 2005 per contrastare il mercato delle schiave del sesso.
Vorrei che un numero maggiore di paesi avesse una legislazione in materia di sesso a pagamento, perché ha un evidente effetto preventivo nel tenere a freno il mercato della prostituzione. Inoltre, attendo con interesse la relazione che la Commissione presenterà sulle caratteristiche della prostituzione negli Stati membri, e spero che presto avremo tutti la possibilità di analizzarla.
Auspico che il campionato europeo di calcio, sia dentro che fuori dai campi, sia intriso di quei valori che sono la linfa vitale dello sport: cameratismo, sana attività fisica e gioco leale. Non condannare il riprovevole traffico di esseri umani a scopi di prostituzione equivale a favorirlo indirettamente.
Gabriela Creţu (PSE). - (EN) Signora Presidente, la tratta di esseri umani può essere un mercato illegale, ma è nondimeno un mercato, con un’offerta e una domanda. Un paese dove c’è una domanda consistente ha un ruolo altrettanto attivo nella tratta che il paese di origine. Oltre a essere un residuo di schiavitù nei giorni nostri, la tratta costituisce una continua sfida e infrazione della legge ed è collegata ad altre pratiche criminali, come il riciclo di denaro sporco, la violenza, il contrabbando, la prostituzione, l’evasione fiscale, la frode e il lavoro forzato.
La tratta di esseri umani produce pericolose inversioni nell’ordine dei valori della nostra società, conservando antiche disuguaglianze, in cui le donne e i bambini sono considerati come merci, e generandone di nuove. Il denaro che i trafficanti guadagnano mina la fiducia nei valori del lavoro e del commercio leale.
E’ necessario che tutti gli Stati membri ratifichino urgentemente la Convenzione del Consiglio d’Europa sulla lotta contro la tratta degli esseri umani e che applichino le misure stabilite, cominciando con il contrastare la radice della tratta a scopi di prostituzione, che è la domanda maschile di donne e di ragazze.
Zita Pleštinská (PPE-DE). - (SK) Con l’avvento del campionati UEFA Euro 2008, che sta per iniziare in Austria e Svizzera questo sabato, torna ancora una volta alla nostra memoria il tema della prostituzione coatta. Coloro che apprezzano il buon calcio si divertiranno molto. Purtroppo, tali eventi sportivi creano anche terreno fertile per le attività mafiose, elevando più del solito il rischio di un incremento della tratta di esseri umani a scopi di sfruttamento sessuale.
Concordo con gli altri oratori in merito al successo della campagna “Cartellino rosso alla prostituzione coatta” lanciata dalla commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere, in quanto ha portato allo scoperto una delle più scottanti questioni di interesse sociale.
Sono convinta che solo un’efficace campagna di informazione sulla necessità di prevenire la tratta delle donne e la prostituzione coatta durante i campionati europei del 2008 aprirà gli occhi del pubblico e svelerà questo orribile genere di violenza contro le ragazze e le donne.
Britta Thomsen (PSE). – (DA) Signora Presidente, ho una domanda diretta per la Commissione in merito a quali iniziative specifiche sono state intraprese per prevenire la tratta delle donne in relazione ai campionati europei del 2008 in Austria e Svizzera. Dopotutto, come abbiamo udito qui questa sera, e come le esperienze passate ci hanno insegnato, la tratta delle donne ha luogo in concomitanza con questo tipo di grandi avvenimenti sportivi. Vorrei porre le seguenti domande. Primo, i governi dei due paesi sono stati interpellati, con la richiesta di appoggiare la campagna del Parlamento “Cartellino rosso alla prostituzione coatta”? Secondo, è stata richiamata la loro attenzione sulla necessità di intensificare il lavoro delle forze di polizia in relazione ai campionati? Infine, i due governi sono stati sollecitati a prendere provvedimenti per offrire assistenza alle vittime?
László Kovács, Membro della Commissione. – (EN) Signora Presidente, come molti oratori hanno affermato, e vi ho fatto cenno io stesso, prima della coppa del mondo del 2006 organizzata in Germania il Parlamento e la Commissione presentarono iniziative e proposte analoghe e adottarono una serie di azioni. Fortunatamente, le preoccupazioni e i timori delle autorità tedesche e delle Istituzioni europee non si materializzarono.
Tuttavia, questa non è certo una ragione per concludere che oggi non dobbiamo fare nulla e che possiamo starcene con le mani in mano. Questa discussione è più che ragionevole, perché è indubbiamente meglio mettere le mani avanti ed essere preparati più del necessario; ragionevole è inoltre sfruttare questa occasione per fare il punto delle nostre azioni, e per consentire al Parlamento di dare suggerimenti alla Commissione, oltre a essere una buona opportunità per sensibilizzare l’opinione pubblica.
Comprendo il disappunto di alcuni oratori. Nelle mie osservazioni introduttive ho fatto cenno a quante relazioni specifiche sono state avviate dalla Commissione, e siamo in attesa degli studi e delle conclusioni da formulare, su cui possono essere basate ulteriori azioni e ulteriori programmi d’azione.
L’onorevole Bozkurt ha fatto riferimento al tema delle linee di assistenza, e ritengo che sia una buona idea, anche se non così facile da realizzare. Per quanto riguarda l’altra linea di assistenza per la tutela dei consumatori, si tratta di una questione molto diversa. Non credo dunque che questa linea telefonica, istituita o inaugurata dalla mia collega, il Commissario Kuneva, possa essere utilizzata, ad esempio, per la protezione delle vittime, poiché si tratta di una questione molto differente e molto più complessa.
Anche l’onorevole Breyer ha menzionato la protezione delle vittime, a mio parere argomento chiave assai importante. Vorrei far notare che ad esso sarà dedicato un capitolo specifico nella relazione di controllo e di valutazione del piano d’azione, che sarà pronta per ottobre o novembre 2008, e valuteremo l’effettiva attuazione delle misure di protezione delle vittime.
In occasione della prima Giornata europea per la lotta contro il traffico di esseri umani, celebrata il 18 ottobre 2007, la DG GLS ha fornito raccomandazioni relative all’identificazione delle vittime e a servizi di localizzazione. Voglio assicurare che siamo determinati a garantire un controllo appropriato nonché assicurare ai membri del Parlamento che la Commissione è pronta a intensificare la lotta contro la tratta, la prostituzione coatta e il crimine organizzato alla base di tale fenomeno.
Presidente. – La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà giovedì alle 11.00.
Dichiarazioni scritte (articolo 142)
Urszula Gacek (PPE-DE), per iscritto. – (EN) Mentre i tifosi di calcio in tutta Europa attendono l’inizio di Euro 2008, è tempo di riflettere sui pericoli che corrono le donne, in modo particolare provenienti dalle ex Repubbliche sovietiche, che saranno vittime della tratta e affronteranno la terribile esperienza della prostituzione coatta al fine di soddisfare la domanda di prestazioni sessuali nei luoghi delle partite di calcio.
Quella che sarà una splendida celebrazione delle migliori tradizioni sportive europee, per molti sarà anche un momento di sofferenza fisica e psicologica per quelle giovani donne sfortunate che, nella loro ingenuità, credono che gli allettanti lavori che vengono offerti loro nel settore alberghiero si limiteranno a lavori come cameriere o dietro il banco di un bar.
E’ ora di reiterare l’appello ai restanti 17 Stati membri dell’Unione europea che finora non hanno ratificato la Convenzione del Consiglio d’Europa sulla lotta contro la tratta degli esseri umani affinché lo facciano senza ulteriori indugi.
Gli Stati membri che lottano per la causa dei diritti umani non hanno sicuramente alcuna scusa per non ratificare questa Convenzione, adottata a Varsavia più di tre anni fa.
Neena Gill (PSE), per iscritto. – (EN) Può la Commissione spiegare al Parlamento quali progressi sono stati compiuti riguardo al piano d’azione del 2005 per contrastare e prevenire la tratta di persone in Europa?
Preoccupata per il ritardo nell’attuazione di tale piano da parte degli Stati membri, chiedo alla Commissione di precisare quali ripercussioni questo potrebbe avere sulla campagna “Cartellino rosso alla prostituzione coatta” negli Stati membri. Può altresì informarci in merito a quale campagna sta mettendo in atto al fine di un’azione di sensibilizzazione rispetto alla tratta a scopi di prostituzione durante i campionati europei di calcio del 2008?
Sono profondamente preoccupata perché, sebbene gli avvenimenti sportivi siano fonte di gioia per milioni di persone in tutto il mondo, sono anche usati come un’opportunità per sfruttare donne e ragazze.
Sono sconvolta dal fatto che ogni anno in Europa circa 100 000 donne siano vittime della tratta a scopi di prostituzione. Ciò che più condanno è che vi siano coinvolte ragazzine di appena 14 anni.
Non possiamo, semplicemente, permettere che questa forma di schiavitù moderna continui. Lo sfruttamento sessuale non è solo un crimine, ma anche un’inconcepibile violazione dei diritti umani.
Katalin Lévai (PSE), per iscritto. – (HU) L’Unione è responsabile della prevenzione di ogni possibile forma di sfruttamento sessuale e di tratta di persone che si manifesti in occasione degli avvenimenti sportivi organizzati nel suo territorio. I campionati europei di calcio del 2008 sono un avvenimento sportivo che riunisce un numero significativo di persone, durante il quale si registra un momentaneo incremento della domanda di servizi sessuali. E’ dunque di fondamentale importanza che ci proteggiamo attraverso campagne temporanee come quella avviata dall’onorevole Záborská durante la coppa del mondo di calcio del 2006, che merita di essere portata avanti anche in questa occasione. Tuttavia, perché tali iniziative raggiungano il maggior numero possibile di persone, ritengo che ci sia bisogno di una pubblicità più diffusa tra i media (tra cui il sito Internet ufficiale dei campionati europei), con la partecipazione di politici, dirigenti sportivi, atleti e tifosi, sul modello del programma “Le voci dei giovani contro il razzismo”.
Tuttavia, una campagna temporanea in sé non è sufficiente. Per avviare azioni decisive contro la tratta di esseri umani, occorre creare direttive, ma soprattutto è necessario attenersi a quelle che già esistono, quanto prima. Vorrei richiamare l’attenzione della Commissione sul fatto che molti paesi stanno affrontando problemi nel recepimento e nell’interpretazione delle direttive, e pertanto la loro attuazione è ulteriormente ritardata. Per questa ragione, ritengo particolarmente importante che ci sia fornita una risposta accurata all’interrogazione dell’onorevole Záborská riguardante la direttiva 2004/81/CE.
Benché i controlli alle frontiere svolgano un ruolo importante nel filtrare lo sfruttamento sessuale e la tratta di esseri umani affinché restino fuori dagli avvenimenti sportivi che hanno luogo nell’Unione, credo che possiamo raggiungere tale obiettivo non tanto attraverso controlli più rigorosi nelle zone frontaliere interne, bensì rafforzando i controlli esterni tramite un’adeguata cooperazione con le guardie di frontiera. In questo modo, non renderemo la vita più difficile ai cittadini rispettosi della legge che partecipano agli avvenimenti europei!
Lívia Járóka (PPE-DE), per iscritto. – (HU) Onorevoli colleghi, mi sia consentito riprendere l’interrogazione dell’onorevole Záborská portando nuovamente la vostra attenzione sulla condizione indifesa delle donne Rom nel campo della tratta di persone e della prostituzione coatta. L’esclusione sociale, e, frequentemente, l’assenza di documenti ufficiali rende le ragazze Rom particolarmente vulnerabili e obiettivi facili per coloro che traggono profitto dalla tratta di esseri umani. La loro condizione è esacerbata dal pregiudizio razziale cui devono far fronte da parte di tutta la società, dal pregiudizio sessuale presente nelle loro stesse comunità, e dalla sfiducia generale che i Rom hanno nei confronti del sistema giudiziario.
Sono necessari programmi individuali per le vittime della tratta di persone, e per le loro famiglie, e per evitare che ragazze adolescenti siano costrette a vivere e a lavorare in un contesto di sfruttamento. La creazione di un maggior numero di reti e centri di consulenza è essenziale, sia da parte delle ONG che degli Stati membri, tanto quanto la raccolta e l’analisi di dati statistici affidabili sulle relazioni tra le comunità Rom e la tratta di esseri umani. In quest’ultimo ambito, alcune ONG e organizzazioni internazionali possono produrre alcuni risultati, ma è necessario che la Commissione europea e gli Stati membri assumano un ruolo più incisivo.
Tuttavia, il focolaio principale della tratta di esseri umani e dello sfruttamento sessuale è la povertà, che riduce la vita umana in una quotidiana lotta per la sopravvivenza, in cui il pericolo di attività illecite cresce significativamente in assenza di opportunità finanziarie e formative. Per questa ragione, oltre ai programmi di sensibilizzazione e volti ad aiutare coloro che sono già diventati vittime, il nostro dovere comune primario è mettere fine alla povertà disumana.
29. Dichiarazione di interessi finanziari: vedasi processo verbale
30. Ordine del giorno della prossima seduta: vedasi processo verbale