Indice 
 Precedente 
 Seguente 
 Testo integrale 
Procedura : 2007/2191(INI)
Ciclo di vita in Aula
Ciclo del documento : A6-0212/2008

Testi presentati :

A6-0212/2008

Discussioni :

PV 16/06/2008 - 26
CRE 16/06/2008 - 26

Votazioni :

PV 17/06/2008 - 7.26
Dichiarazioni di voto
Dichiarazioni di voto

Testi approvati :

P6_TA(2008)0288

Resoconto integrale delle discussioni
Lunedì 16 giugno 2008 - Strasburgo Edizione GU

26. Impatto della politica di coesione sull’integrazione di comunità e gruppi vulnerabili (discussione)
Processo verbale
MPphoto
 
 

  Presidente. − L’ordine del giorno reca la relazione di Gábor Harangozó, a nome della commissione per lo sviluppo rurale, sull'impatto della politica di coesione sull'integrazione delle comunità e dei gruppi vulnerabili [2007/2191(INI)] (A6-0212/2008).

 
  
MPphoto
 
 

  Gábor Harangozó, relatore. (HU) Grazie molte, signor Presidente. Commissario Hübner, onorevoli colleghi, vi sono delle regioni, e in queste regioni delle persone, che non riescono a sfruttare le opportunità che cerchiamo di creare per loro a partire dalle risorse comunitarie per consentire loro di raggiungere la media dell’Unione europea il più velocemente possibile e porre fine alla povertà in cui vivono.

Il motivo per cui ho preso l’iniziativa di stilare la presente relazione è ricercare le ragioni per cui non siamo riusciti a creare sviluppo in queste regioni, e fare delle raccomandazioni per modificare l’attuale situazione e porvi fine. Come afferma la quarta relazione intermedia sulla coesione, la politica di coesione funziona molto bene a livello nazionale in alcuni paesi. In pratica, in alcuni paesi che hanno già aderito all’Unione europea e hanno già ricevuto dei fondi di coesione, si è cominciato a registrare uno sviluppo più vigoroso e dei passi in avanti verso la coesione. Se però spostiamo la nostra attenzione ad un livello un po’ più locale, possiamo vedere che le disparità interregionali non diminuiscono nella stessa misura. Vorrei portare ad esempio l’Ungheria: in Ungheria, il PIL pro capite nella regione centrale ha raggiunto il 110 per cento della media dell’Unione europea; tuttavia, in quattro delle sette regioni dell’Ungheria, il PIL pro capite è inferiore al 45 per cento della media europea. In questi casi il divario perlomeno non è più in crescita. In molte istanze però, come afferma anche la quarta relazione intermedia sulla coesione, i divari territoriali all’interno delle regioni continuano a crescere.

Quale potrebbe essere la ragione per cui alcune regioni riescono a sfruttare le opportunità esistenti traendone beneficio, mentre altre non ci riescono? Se guardiamo il tutto un po’ più da vicino, vediamo che vi sono alcune ragioni strutturali di base, ragioni strutturali al livello territoriale. Nei territori dove vi è poco sviluppo, manca chiaramente la capacità umana di creare progetti adeguati, manca l’infrastruttura fondamentale per poter investire in tali territori, e manca inoltre un’istruzione adeguata e un’assistenza sanitaria adeguate. Vi sono diverse microregioni, ad esempio in Ungheria, dove l’aspettativa di vita della popolazione maschile è inferiore di oltre 15 anni alla media nazionale.

Cosa dobbiamo fare? Dal momento che il problema che ci troviamo ad affrontare è estremamente complesso ed è chiaramente concentrato in determinati microterritori e microregioni, occorre a mio parere valutare se sia opportuno esaminare la politica di coesione solamente a livello interregionale, al livello delle regioni. Non sarebbe meglio invece esaminare se siano necessarie delle misure mirate più precisamente a livello delle microregioni, dove si riscontrano i problemi più gravi? D’ora in poi il nostro punto di partenza deve essere di esaminare la natura delle statistiche che utilizziamo come base per il nostro processo decisionale. Ero cosciente di questo problema in fase di stesura della relazione, ma non sono in grado di fornirvi alcuna base concreta per un paragone statistico, poiché vi è una mancanza a livello microregionale di dati statistici comparabili in tutta l’Unione europea. D’ora in poi dobbiamo esaminare se sia opportuno, anche se si tratta di regioni prevalentemente rurali, incorporare la coesione rurale nella politica agricola. Non sarebbe molto più opportuno affrontare i problemi delle aree rurali nel contesto della politica di coesione e facendo ricorso a degli strumenti di politica di coesione, riservando alle misure di politica agricola un ruolo puramente complementare?

A questo punto vorrei ringraziare i relatori ombra per il contributo molto costruttivo che hanno dato in fase di stesura della presente relazione. Allo stesso tempo, vorrei anche sottolineare che, in seguito alle diverse settimane di trattative, e dopo che avevo accolto la relazione del gruppo PPE-DE, che conteneva un emendamento relativo ad un punto fondamentale della relazione, il gruppo PPE-DE ha poi votato contro il suo stesso punto. Per quanto mi riguarda, sorge spontanea la domanda: cos’è che vogliamo? Vogliamo semplicemente affermare che esiste un problema, e non fare nient’altro, oppure siamo pronti ad affrontare il problema e a fare delle raccomandazioni su come modificare la nostra politica, e a dedicarci maggiormente a identificare i settori dove possiamo effettivamente fare qualcosa per risolvere il problema? Grazie molte per la vostra attenzione.

 
  
MPphoto
 
 

  Danuta Hübner, Membro della Commissione. (EN) Signor Presidente, vorrei ringraziare l’onorevole Harangozó per la sua relazione nonché per i suoi sforzi volti a raggiungere un consenso all’interno della sua commissione sul difficile tema delle comunità e dei gruppi vulnerabili. Per evitare che la crescita economica sia accompagnata da una polarizzazione sociale all’interno della nostra società, la politica di coesione si occupa dell’esclusione sociale, in particolare dell’integrazione delle comunità e dei gruppi vulnerabili, cosa che continuerà ad essere un obiettivo della politica di coesione nel futuro.

E’ inoltre vero che i problemi identificati nella relazione sono al limite fra la coesione territoriale da un lato e le sfide della coesione sociale dall’altra, ed è anche vero che la polarizzazione sociale e i problemi legati alla segregazione sociale, quando sono concentrati in alcuni territori, diventano delle questioni di coesione territoriale.

Nei territori più poveri dell’Unione europea vi è un problema di esclusione sociale, ma vi sono sacche di povertà sociale anche nelle città più ricche dell’Unione europea. La relazione esorta la Commissione a presentare una definizione generale di coesione territoriale nel quadro del Libro Verde sulla coesione territoriale, e posso confermarvi che il Libro Verde che sarà pubblicato alla fine di settembre di quest’anno contribuirà al progresso verso un’unica concezione per tutta l’Europa della coesione territoriale.

La presente relazione riconosce inoltre che la nozione di gruppi e comunità vulnerabili non è di per sé certamente facile e non dovrebbe essere limitata solo alle comunità Rom. Tuttavia, è riconosciuto da tutti che la situazione delle comunità Rom merita un’attenzione particolare in Europa. Per affrontare il complesso problema dell’esclusione dei Rom, occorre adottare un approccio integrato, e il Parlamento ne ha discusso dettagliatamente a gennaio, quando ha adottato una risoluzione si una strategia per i Rom. Nel pacchetto sull’agenda sociale riveduta, la Commissione presenterà all’inizio di luglio il suo documento di lavoro sugli strumenti e sulle politiche della Comunità volte a favorire l’inclusione dei Rom.

Condivido il parere della relazione sulla necessità di fare maggiormente uso delle sinergie e delle complementarità fra le politiche europee e anche fra i diversi strumenti finanziari disponibili. La Commissione ha prestato molta attenzione a tale aspetto quando ha negoziato i programmi operativi della politica di coesione con le autorità nazionali e regionali.

Per quanto riguarda la questione di mettere a disposizione dei dati intraregionali comparabili per tutte le regioni dell’Unione europea, mantenendo un occhio di riguardo per gli indicatori sociali, che sono essenziali, sono d’accordo con la relazione: si tratta di una questione più complessa. Come gli onorevoli deputati sapranno, Eurostat non produce dati, bensì gestisce i dati forniti dai servizi nazionali di statistica.

Abbiamo appena completato la seconda edizione della verifica urbana, coprendo fino al 2004, e possiamo vedere chiaramente quanto sia limitata la disponibilità di dati territoriali al di sotto del classico livello regionale NUTS 2. Per affrontare tale sfida e utilizzare il contesto dei preparativi in vista del Libro Verde sulla coesione territoriale, la Direzione generale politica regionale ha lavorato al miglioramento della qualità della ricerca sulla politica regionale, incluse le sue basi statistiche. Il risultato è che attualmente la spesa per il periodo 2000-2006 è attualmente suddivisa, al livello NUTS 3, a 20 categorie di spesa, ed è disponibile per le regioni dell’obiettivo I, dell’obiettivo II, per Urban, Interreg e per il Fondo di coesione.

La verifica rurale è una sfida che ancora aldilà dal venire. Purtroppo, devo ammettere oggi che non esistono ancora dei dati affidabili su dove sono concentrati in particolare i gruppi esclusi, dal momento che è impossibile fare una verifica incrociata fra le informazioni da noi recentemente acquisite sui fini e i settori in cui vengono spesi i fondi a disposizione della politica di coesione e sulle regioni dove vivono tali gruppi. Sembra che il margine di miglioramento in questo ambito, attualmente, risieda piuttosto nella ricerca specifica, avvalendosi di analisi qualitativa.

Ancora una volta, ringrazio il Parlamento per aver portato alla nostra attenzione tutte queste questioni importanti, e sono impaziente di dare avvio alla discussione.

 
  
MPphoto
 
 

  Ilda Figueiredo, relatrice per parere della commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale. − (PT) In qualità di relatrice per parere della commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale, ribadisco la necessità di sostenere le zone rurali, fra cui le regioni montuose, dove le donne svolgono un ruolo centrale. Il loro lavoro deve essere valorizzato e deve essere loro garantito un reddito dignitoso.

Occorre creare delle attività produttive ben pagate e dei servizi pubblici di alta qualità per trattenere i giovani ed impedire lo spopolamento delle campagne. Occorre prestare particolare attenzione all’agricoltura familiare e ai piccoli e medi agricoltori, riformando la politica agricola comune, cosa che è attualmente in corso, in modo da renderla più equa, allo scopo di combattere l’esodo dalle campagne e sostenere i prodotti agricoli.

Vorrei inoltre sottolineare la necessità di sostenere tutte le regioni arretrate, le regioni con degli svantaggi strutturali permanenti, le regioni ultraperiferiche e le zone che attraversano una ristrutturazione industriale, un trasferimento di imprese e la chiusura di imprese, al fine di consolidare la coesione socio-economica e l’inclusione sociale delle comunità e dei gruppi vulnerabili.

 
  
MPphoto
 
 

  Maria Petre, a nome del gruppo PPE-DE. – (RO) Signor Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, innanzi tutto vorrei ringraziare il relatore per il lavoro e gli sforzi profusi per riconciliare le diverse posizioni. Concordiamo tutti sul fatto che i gruppi e le comunità vulnerabili si trovano a fronteggiare molte difficoltà nel loro sviluppo, e richiedono particolare attenzione nell’ambito della politica di coesione, nonché nell’ambito degli altri strumenti di assistenza finanziaria disponibili.

Ho sostenuto, durante tutte le fasi del lavoro, la necessità di strutturare la relazione in due parti diverse, l’una che si riferisca alle comunità vulnerabili caratterizzate dell’appartenenza etnica, e la seconda che si riferisce alle comunità vulnerabili che sono definite da determinati svantaggi geografici. Purtroppo, la nostra richiesta non è riflessa nell’attuale versione della relazione. Il nostro gruppo ha presentato tre emendamenti, dalla cui approvazione dipende il nostro voto; si tratta ovvero dell’eliminazione del considerando Ee, il cui contenuto è identico a quello del considerando I - esso spiega il concetto di regione o zona vulnerabile elencandole - nonché dell’eliminazione del paragrafo 17. Speriamo di ottenere l’approvazione del relatore a tale riguardo.

Infine, vorrei sottolineare ancora due concetti: i problemi delle comunità vulnerabili, che siano di tipo etnico o geografico, potrebbe essere trattato più efficacemente se al riguardo vi fosse una cooperazione fra le autorità locali, regionali, nazionali ed europee. Allo stesso tempo, il ruolo del sistema dell’istruzione e delle infrastrutture pubbliche, sociali e dei trasporti è indispensabile per integrare i gruppi e le comunità vulnerabili.

Concludo precisando che la nostra posizione finale dipende, come ho già detto, dall’accettazione dei tre emendamenti e, in modo particolare, dall’eliminazione del paragrafo 17, che è stato votato nella Commissione. Se tali emendamenti saranno accolti, voteremo ovviamente a favore della relazione.

 
  
MPphoto
 
 

  Lidia Joanna Geringer de Oedenberg, a nome del gruppo PSE. (PL) Signor Presidente, vorrei innanzi tutto ringraziare il relatore per la relazione che ha presentato quest’oggi. Concordo sul fatto che vi sia bisogno di un approccio di tipo microregionale che si concentri sui divari intraregionali e sulle regioni più delicate.

In alcuni casi, i divari intraregionali rivestono un ruolo ancora più importante che non le differenze fra regioni. Non dobbiamo dimenticare che l’obiettivo e l’idea alla base della politica regionale europea è di ridurre i divari nello sviluppo fra le singole regioni all’interno dell’Unione europea, ed il fenomeno dell’esclusione territoriale non è ancora stato incluso negli strumenti politici. Nei nuovi Stati membri, la segregazione sociale e i casi in cui non vengono garantite le pari opportunità si verificano più di frequente nelle zone rurali, mentre le iniziative economiche e sociali a livello regionale sono concentrate nei centri dinamici, principalmente nei centri urbani.

Le risorse per combattere la povertà e l’esclusione sociale variano a seconda del paese, ma, per rendere l’Unione europea coesa dal punto di vista territoriale e sociale, dobbiamo attuare delle ulteriori misure volte a liberare il potenziale latente delle regioni economicamente arretrate.

 
  
MPphoto
 
 

  Ramona Nicole Mănescu, a nome del gruppo ALDE. – (RO) Signor Presidente, innanzi tutto, vorrei congratularmi col relatore per il suo lavoro.

La politica di coesione è di fondamentale importanza per le comunità delle regioni e sottoregioni sottosviluppate. Gli aspetti socioeconomici, come la povertà, la mancanza di infrastrutture, le capacità amministrative, la deindustrializzazione, il basso livello di istruzione e formazione, un alto tasso di disoccupazione, delle condizioni di vita povere, nonché un accesso limitato ai servizi di interesse generale rendono tali comunità vulnerabili, il che rappresenta una sfida ancora maggiore per la coesione territoriale dell’Unione europea. Ne consegue pertanto un’interdipendenza fra la necessità di ridurre le sperequazioni socioeconomiche fra le regioni e la necessità dell’integrazione sociale dei gruppi vulnerabili, un nesso che dovrebbe innescare di per sé un processo costruttivo che comporti un approccio territoriale sia a livello nazionale che europeo.

Signor Presidente, ritengo che la mancanza di statistiche relative alla crescita di questi gruppi e del loro livello di esclusione, nonché l’incapacità da parte degli indicatori preposti a misurare i divari interregionali di fornire dei dati utili, dimostrano, ancora una volta, che gli Stati membri e la Commissione devono collaborare più intensamente se vogliono avere un quadro della situazione nelle regioni e nei gruppi vulnerabili e se vogliono creare dei programmi e delle strategie concrete per lo sviluppo territoriale e per l’eliminazione dell’esclusione sociale.

Ritengo inoltre che gli Stati membri debbano fare un primo passo per identificare tali gruppi vulnerabili e per fissare la loro priorità nei piani strategici nazionali, per poi sviluppare dei meccanismi di valutazione e monitoraggio. Non dobbiamo dimenticare che, nella maggior parte dei casi, l’immigrazione è una conseguenza della povertà e che il fenomeno dell’immigrazione genera instabilità e conflitti. Per tale motivo, signor Presidente, siamo del parere che i gruppi vulnerabili debbano usufruire, da parte di tutti gli Stati membri, di assistenza sociale, di pari opportunità e ancor di più di programmi specifici che consentano lo sviluppo delle regioni da cui provengono.

 
  
MPphoto
 
 

  Mieczysław Edmund Janowski, a nome del gruppo UEN. (PL) Signor Presidente, vorrei ringraziare l’onorevole Harangozó per essersi occupato di questa difficile questione, anche se la presente relazione non affronta tutte le questioni legate alle situazioni, alle persone e agli ambienti che sono esclusi o a rischio.

Anche se una parte considerevole del bilancio dell’Unione europea è stanziata per l’attuazione della sua politica di coesione, esistono ancora gravi divari. Consideriamo, ad esempio, il PIL pro capite: nelle regioni più ricche esso è quasi dieci volte il PIL pro capite delle regioni più povere. Dobbiamo tenere presente che esistono anche delle differenze significative all’interno delle regioni. Anche all’interno dei grandi conglomerati urbani è possibile riscontrare dei distretti poveri. Inoltre, si tratta di una questione importante in molte regioni rurali. Questo genere di povertà può essere trasmesso da una generazione all’altra.

Proteggiamo quindi i bambini e le famiglie da questo fenomeno. Quello di cui vi è bisogno, soprattutto, è la creazione di pari opportunità, in particolare per quanto riguarda l’istruzione, l’assistenza sanitaria e l’alloggio. Sarà questa la cartina di tornasole della coesione sociale e territoriale, che non è ancora stata definita in modo adeguato. Le prospettive dei gruppi che vivono isolati dal punto di vista geografico, culturale e delle comunicazioni sono di gran lunga più povere. Tali questioni comportano sia un’infrastruttura tecnica e sociale, sia la creazione di nuovi posti di lavoro e di un clima attivo all’interno di tali società.

Veniamo incontro ai nostri concittadini, che sono discriminati in un modo o nell’altro, in modo che essi possano riacquistare la loro fiducia nella possibilità di uscire da una posizione svantaggiata nella società. Inoltre, dobbiamo rompere con gli stereotipi che sottovalutano tali gruppi. Ciò è vero per quanto riguarda molte persone disabili o senza fissa dimora, nonché ai Rom e ai Sinti di cui si è qui discusso. Questo tipo di segregazione va contro la nostra solidarietà comune ed è sintomo di mancanza di rispetto per la dignità umana. Non dimentichiamo che spesso, in questi ambienti, abbiamo a che fare con famiglie con molti figli e con famiglie di immigrati.

Inoltre, dobbiamo adottare una politica comune per creare uguaglianza a diversi livelli: a livello regionale, nazionale ed europeo. Abbiamo inoltre bisogno di volontari e di organizzazioni non governative.

 
  
MPphoto
 
 

  Lambert van Nistelrooij (PPE-DE). - (NL) Signor Presidente, signor Commissario, sono grato all’onorevole Harangozó per l’attenzione da lui dedicata ai gruppi vulnerabili. La politica di coesione, ormai da tempo, contribuisce in maniera importante al miglioramento delle condizioni in cui vivono i gruppi vulnerabili. Prendiamo ad esempio l’Irlanda, un paese che un tempo aveva molti gruppi vulnerabili: un tasso di disoccupazione giovanile molto alto, delle città degradate, una campagna sottosviluppata, praticamente senza opportunità. Allo stesso modo, in molti altri paesi, l’esclusione sociale deve essere rimpiazzata dall’occupazione, dall’istruzione e dalla partecipazione. E’ questa la direzione in cui stiamo andando, una direzione coronata di successo.

Il mio secondo punto: ho sentito che sappiamo troppo poco, che non abbiamo alcuna informazione. Sono d’accordo sul fatto che sia possibile migliorare, specialmente negli Stati membri, nelle regioni e nelle stesse città. L’onorevole Harangozó si chiede perché l’aspettativa di vita degli ungheresi è inferiore del 15 per cento all’aspettativa di vita media dell’Unione europea. Neanch’io lo so, ma ho visitato degli ospedali, e posso dire che le abitudini culinarie e di consumo d’alcol sono estremamente deleteri, e la Comunità europea non può farci niente. A mio avviso i cittadini devono assumersi le loro responsabilità nelle regioni: si tratta di una delle basi più importanti della nostra politica.

Infine, qual è la ragione per cui il PPE è contrario al NUTS 4? Siamo contrari perché nel 2004 abbiamo sostenuto il consolidamento della politica della politica fino al 2013, per avere più sostanza, più chiarezza. Abbiamo persino deciso di includere tutte le frontiere esterne nella politica relativa alle zone Interreg situate alle frontiere esterne. In tale modo non faremo che frammentare, dissipare i nostri sforzi, e non è questa la direzione da intraprendere in questo settore nel futuro. Sarebbe un errore. Vi chiedo pertanto ancora una volta di eliminare l’articolo in questione. Altrimenti accetto la sfida lanciata dal relatore, ovvero di avere un’intensa discussione sulla coesione territoriale nei prossimi sei mesi.

 
  
MPphoto
 
 

  Iratxe García Pérez (PSE). - (ES) Signor Presidente, vorrei innanzi tutto unirmi a quanti hanno ringraziato il relatore per aver assunto l’iniziativa di stilare una relazione che afferma che uno degli obiettivi fondamentali dell’Unione europea è di ridurre le disparità sociali, economiche e regionali.

La politica di coesione ha contribuito in modo efficace a ridurre tali sperequazioni, ma vi è ancora molto da fare, come discusso nella quarta relazione sulla coesione.

Vi sono dei gruppi vulnerabili di persone a rischio di esclusione sociale e povertà assoluta in tutte le regioni, comprese quelle più ricche. Occorre adottare un approccio integrato nell’affrontare le lacune nel campo delle pari opportunità. Gli Stati membri e gli enti locali devono adottare strategie per recuperare le regioni vulnerabili, sviluppare le loro infrastrutture e promuovere delle reali opportunità di sviluppo sulla base del loro potenziale economico specifico, mantenendo i servizi di interesse generale nelle mani degli enti locali, rafforzando la decentralizzazione del settore pubblico.

 
  
MPphoto
 
 

  Emmanouil Angelakas (PPE-DE).(EL) Signor Presidente, signor Commissario, la natura mirata e specifica della relazione Harangozó rappresenta un passo estremamente importante per il Parlamento europeo nel tentativo di raggiungere le comunità ed i gruppi vulnerabili, al fine di integrarli agevolmente tramite una politica di coesione europea. L’iniziativa gode del mio pieno sostegno, e riconosco lo sforzo profuso dal relatore, ma non concordo con il modo in cui è stata elaborata la questione. Certi aspetti della relazione mancano ancora di sostanza, nonostante lo scrupolo con cui hanno lavorato i miei colleghi.

Alcuni di tali aspetti si occupano delle comunità e dei gruppi vulnerabili che rappresentano un ampio spettro della società e delle microcomunità, non solo i Rom. Il Parlamento europeo si è già occupato di questa categoria in una relazione speciale, il cui campo di applicazione avrebbe dovuto essere più ampio, al fine di coprire sia l’aspetto sociale che quello geografico. Il gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei ha insistito sull’utilità di questo approccio più ampio, senza ottenere ascolto. La relazione rimane parziale e spesso miope nel modo in cui affronta la presente questione.

Penso soprattutto alle regioni montuose ed insulari, poiché non vi è alcun dubbio sulla vulnerabilità delle loro comunità. Eppure non vi è alcun passaggio nella relazione che le citi. Non approvo la tendenza di evitare costantemente definizioni o riferimenti specifici a cose o situazioni. Vorrei inoltre sottolineare che le comunità ed i gruppi vulnerabili esistono non solo a livello interregionale, bensì anche a livello intraregionale. Esse hanno bisogno di sostegno materiale e tecnico, di conoscenze tecnologiche e scientifiche, di istruzione, formazione e di una base amministrativa. Occorre ribadire l’importanza di decentralizzare il settore pubblico e di ampliare le reti dei trasporti. Anche in questo campo, il volontariato potrebbe svolgere un ruolo importante nei gruppi in questione e contribuire a mobilitarli ed emanciparli dall’emarginazione.

Nonostante gli indubbi sforzi del relatore, non posso dire che l’impianto generale della relazione sia soddisfacente. E’ piena di ambiguità e le sue sezioni mancano di una chiara strutturazione. Se vogliamo contribuire alla risoluzione dei problemi che affliggono i gruppi vulnerabili, i testi da noi preparati devono essere chiari ed espliciti e devono avere una visione globale della questione.

 
  
MPphoto
 
 

  Evgeni Kirilov (PSE). - (EN) Signor Presidente, vorrei congratularmi con l’onorevole Harangozó per la sua relazione d’iniziativa.

Occuparsi dei gruppi vulnerabili nell’ambito della politica di coesione europea significa che non abbiamo dimenticato che la priorità di questa politica è di contribuire al benessere dei nostri cittadini.

La dimensione regionale della presente questione è chiara. Ciononostante, per riuscire ad identificare i bisogni specifici e l’ubicazione dei gruppi vulnerabili, occorre analizzare il potenziale di sviluppo delle piccole unità territoriali. Anche se potremmo scoprire che la vulnerabilità è un problema ai livelli più bassi, come nelle regioni più povere, ad esempio, ciò ha delle conseguenze per quanto riguarda l’intero territorio e tutte le categorie sociali che vi risiedono. E’ per tale motivo che la politica, la strategia e le iniziative mirate ad affrontare i problemi dei gruppi vulnerabili devono essere di ampio respiro e fondati su un approccio comune da parte delle istituzioni a livello europeo, nazionale e locale.

 
  
MPphoto
 
 

  Bernadette Bourzai (PSE).(FR) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, innanzi tutto vorrei congratularmi con l’onorevole Gábor Harangozó per l’eccellente lavoro da lui svolto e per le sue osservazioni su questo argomento così complesso e delicato. Era mia intenzione partecipare attivamente alla stesura del parere della commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale sulla presente relazione, dal momento che la maggior parte delle persone vulnerabili sono spesso concentrate nelle zone rurali più arretrate e nelle zone con degli svantaggi naturali permanenti, il che significa che la politica agricola e dello sviluppo rurale rivestiranno un ruolo di rilievo a questo riguardo.

A mio avviso, la politica di coesione deve cercare di tenere in vita le attività agricole e non agricole con prospettive di guadagno nelle zone rurali, al fine di mantenere una popolazione che spesso è tentata dalla prospettiva dell’esodo dalle campagne, ma anche per incoraggiare dei nuovi arrivi. E’ importante promuovere l’agricoltura familiare, che crea occupazione, nonché pari accesso ai servizi pubblici e la fornitura stessa di servizi pubblici, al fine di rispondere ai bisogni delle famiglie delle comunità e dei gruppi svantaggiati. Brevemente, dobbiamo rendere le zone rurali più allettanti e confortevoli. Possiamo raggiungere tale obiettivo stabilendo un nesso fra le varie politiche condotte in queste zone e concentrarci maggiormente sui gruppi fragili, facendo più leva sulla natura complementare dei diversi strumenti finanziari disponibili.

 
  
MPphoto
 
 

  Miloš Koterec (PSE). - (SK) Vorrei ringraziare l’onorevole Harangozó per la sua eccellente relazione, che affronta delle questioni che finora non hanno goduto di molta attenzione, pur rappresentando una fonte latente di problemi piuttosto importanti. Vorrei soffermarmi su due aspetti concreti affrontati dalla relazione il recupero delle comunità vulnerabili, che consistono soprattutto nelle persone che vivono nelle zone rurali e periferiche, e lo sviluppo delle microregioni arretrate presentano una situazione irregolare per quanto riguarda le caratteristiche specifiche dei singoli paesi e mancano quasi del tutto dalle statistiche attuali.

Entrambe le zone di cui sopra sono trascurate per il fatto che non sono ben identificate. Dobbiamo definire chiaramente le comunità altamente vulnerabili esistenti nell’Unione europea, sia dal punto di vista sociale che economico, dobbiamo analizzare i tipi e le ubicazioni delle microregioni arretrate dell’Unione europea, e inoltre dobbiamo trovare delle soluzioni a tali problemi. E’ difficile discernere tutto ciò sullo sfondo dei risultati positivi conseguiti dalle politiche di coesione in generale. Non vogliamo che le politiche di coesione siano paragonate al formaggio Emmental, che dall’esterno sembra molto compatto.

 
  
MPphoto
 
 

  Miroslav Mikolášik (PPE-DE). - (SK) La presente relazione sottolinea a ragione la relazione fra la risoluzione di questioni sociali e lo sviluppo regionale, nonché il fatto che l’Europa deve mostrare la sua solidarietà e attuare la politica di coesione in questo campo.

Personalmente, dedico molto del mio tempo ai problemi relativi al sostegno alle regioni arretrate, soprattutto in Slovacchia. Far sì che la campagna europea rimanga forte e allettante è di fondamentale importanza per ragioni sia economiche che culturali ed ecologiche. Accolgo con favore l’appello della Commissione ad aumentare, nel quadro del Libro verde sulla coesione territoriale di prossima pubblicazione, gli stanziamenti necessari per affrontare i problemi regionali. In quanto parte di questo processo, occorrerà fare in modo che le regioni svolgano un ruolo attivo e collaborino strettamente con le ONG.

A tale riguardo, vorrei inoltre ribadire che le attività sociali condotte dalle chiese e dalle organizzazioni religiose meritano una nota di riguardo. So per esperienza che i loro servizi a favore dei gruppi e sociali e delle regioni svantaggiate sono molto efficaci e spesso indispensabili. Pertanto, dobbiamo vedere tali servizi come parte integrante dell’impegno dell’Unione europea mirato ad aiutare i gruppi vulnerabili e a sostenerli in modo adeguato a livello europeo.

 
  
MPphoto
 
 

  Stavros Arnaoutakis (PSE).(EL) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, vorrei anch’io sottolineare il fatto che, con la presente relazione, esprimiamo la convinzione che, a 20 anni dalla sua formulazione, la politica di coesione continua a portare la solidarietà dell’Unione europea non soltanto alle regioni e ai paesi più arretrati, bensì anche alle comunità e ai gruppi più svantaggiati fra i nostri concittadini.

Dobbiamo consolidare la politica di coesione non solo con risorse finanziarie, bensì anche con dei meccanismi e delle procedure che consentano di individuare e affrontare disparità socioeconomiche complesse ed articolate a livello locale.

Le sfide attualmente fronteggiate dalle nostre regioni sono tali che non ci consentono di lasciare i problemi della povertà e dell’esclusione sociale e territoriale senza risoluzione. Occorre coordinare le nostre iniziative a tutti i livelli, poiché si tratta di un approccio integrato, in cui le risorse e le politiche affrontano i problemi insieme.

 
  
MPphoto
 
 

  Czesław Adam Siekierski (PPE-DE). - (PL) Signor Presidente, attualmente, la crescita economica è concentrata attorno alle capitali e ai grandi conglomerati urbani. Altri settori, compresi i settori rurali, si sviluppano più lentamente, e ciò significa che sono molto più suscettibili ai problemi. L’obiettivo della politica di coesione deve essere quello di assistere tali zone e di sostenere la coesione territoriale.

E’ perciò necessario migliorare le infrastrutture, per migliorare gli incentivi ad investire in queste zone, per sostenere i servizi pubblici e migliorare gli alloggi e la qualità della vita. E’ di grande importanza per lo sviluppo delle zone rurali creare delle infrastrutture di comunicazione; ciò significa soprattutto strade, ma anche impianti di depurazione, poiché questi creano le condizioni necessarie per i flussi di investimento e la creazione di nuovi posti di lavoro, il che consente alle persone di rimanere in queste zone, senza per questo rinunciare ad una vita dignitosa.

Fino ad oggi, la politica agricola comune si è concentrata soprattutto sulla qualità dei generi alimentari, sulla sicurezza alimentare e sulla competitività, ma dall’altro canto si è occupata di meno dello sviluppo rurale al di fuori del settore agricolo. E’ fondamentale avere un migliore coordinamento fra la politica di coesione, la politica dello sviluppo rurale e la politica dell’occupazione.

 
  
MPphoto
 
 

  Ewa Tomaszewska (UEN). - (PL) Signor Presidente, la lettera N della relazione afferma, con buona ragione, che la povertà e l’esclusione hanno una forte impronta territoriale. Tenendo conto del principio della solidarietà, che è generalmente rispettato nell’Unione europea, unitamente al contenuto della lettera N, vorrei che gli stanziamenti delle risorse a partire dei fondi europei andassero a sostenere l’integrazione delle zone economicamente arretrate.

Purtroppo, quest’anno, tale principio è stato violato nel mio stesso paese. I fondi stanziati per migliorare le infrastrutture e altri finanziamenti sono soprattutto destinati alle zone più ricche, che sono già sviluppate. Ciò è spesso la conseguenza del fatto che le persone che fanno domanda per questi fondi sono spesso meglio preparate. Spero che il documento che abbiamo considerato contribuisca ad eliminare tali disparità in tutta l’Unione europea.

 
  
MPphoto
 
 

  Danuta Hübner, Membro della Commissione. − (EN) Signor Presidente, a mio parere abbiamo avuto una buona discussione, e vorrei ringraziare tutti coloro che sono intervenuti. La discussione ha dimostrato che una politica integrata rappresenta il modo migliore per affrontare efficacemente il problema delle diverse comunità e dei diversi gruppi vulnerabili. A tale riguardo, il legame fra la politica di coesione e la politica di sviluppo rurale sembra essere particolarmente importante.

Condivido inoltre la preoccupazione dei colleghi che, nei casi in cui i problemi relativi ai gruppi vulnerabili sono concentrati dal punto di vista territoriale, è giustificato adottare un approccio territoriale. L’inclusione sociale non deve essere scollegata dalla coesione territoriale.

Sono inoltre lieta del fatto che i deputati insistano sulle disparità intraregionali. Come molti deputati hanno sottolineato, sarebbe molto utile sviluppare delle statistiche intraregionali affidabili e di qualità in questo campo. Come ho detto nelle mie osservazioni iniziali, la Commissione intende investire ulteriormente nello sviluppo di questa banca dati. Stiamo lavorando ad una verifica del settore rurale, così come abbiamo fatto per il settore urbano nel passato. A tale riguardo, sarà essenziale avere una buona collaborazione con gli Stati membri, e faccio molto affidamento sul sostegno del Parlamento al riguardo.

 
  
MPphoto
 
 

  Gábor Harangozó, relatore. (HU) Grazie molte, signor Presidente. Signor Commissario, onorevoli colleghi, vorrei innanzi tutto ringraziare il Commissario Hübner, non solo per la sua reazione alla presente relazione e alla discussione, bensì anche per il lavoro volto a rendere la presente politica migliore e più efficace. Apprezzo enormemente il suo impegno e la ringrazio per la sua franchezza riguardo alla mia relazione.

Vorrei rispondere a diverse questioni che sono state sollevate. Innanzi tutto, ritengo che, se affrontiamo il problema con serietà, dobbiamo fare quello che abbiamo fatto quando abbiamo preso sul serio il fatto che il processo di Lisbona era necessario, come era necessario garantire l’attuazione del processo di Lisbona all’interno della politica di coesione, il che ha portato all’introduzione di un sistema di earmarking per i fondi a disposizione della politica di coesione, al fine di sostenere il processo di Lisbona. Allo stesso modo, possiamo intraprendere delle iniziative per combattere la concentrazione territoriale della povertà, se lo vogliamo. Se lo decidiamo.

Vorrei dire al gruppo PPE-DE, soprattutto all’onorevole van Nistelrooij, che, se eliminiamo il punto 17, la relazione finirebbe per affermare che concorda col fatto che vi siano delle microregioni che non sono in grado di sfruttare le opportunità che diamo loro. Concordiamo sul fatto che si tratta di microregioni, ma perché dovremmo voler eliminare dalla relazione proprio il punto in cui esortiamo la Commissione ad esaminare se può fornire un’assistenza più efficace in materia di coesione a queste microregioni, a livello microregionale? Non riesco ancora a comprendere il motivo di una tale decisione.

Vorrei dire all’onorevole Petre che a mio avviso questa è una relazione di politica regionale. Una relazione di politica regionale non è il luogo per una discussione sui gruppi etnici, e comunque non capisco perché dobbiamo discutere di gruppi etnici. Nel caso della Romania, se dobbiamo guardare alla questione da una prospettiva di tipo etnico, quali gruppi dovrei includere nella relazione secondo lei? I Rom, che, in alcune zone, vivono in condizioni molto povere? I Csangos, i quali anch’essi vivono in condizioni molto dure in una zona specifica? Oppure i rumeni che vivono nelle zone montuose? Non possiamo adottare decisioni su questa base; abbiamo bisogno di indicatori complessi, di un approccio complesso e di un’attuazione integrata. Grazie per l’attenzione.

 
  
MPphoto
 
 

  Presidente. − La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà martedì 17 giugno 2008 alle ore 12.00.

Dichiarazioni scritte (articolo 142)

 
  
MPphoto
 
 

  Bairbre de Brún (GUE/NGL), per iscritto.(GA) Accolgo favorevolmente la presente relazione dell’onorevole Harangozó sull’impatto della politica di coesione sull’integrazione di comunità e gruppi vulnerabili. Gli appelli volti a tenere conto delle difficoltà fronteggiate da distretti o zone la cui popolazione si è trovata ai margini del processo decisionale e dello sviluppo economico si fanno sempre più insistenti.

Sono a conoscenza dalla mia circoscrizione delle difficoltà nelle quali si dibattono non solo le aree urbane svantaggiate, ma anche le zone periferiche delle contee di frontiera irlandesi. Tali zone rurali spesso hanno difficoltà a garantire gli investimenti necessari nel campo imprenditoriale o delle infrastrutture. Porre fine all’esodo dalle compagne citato nella presente relazione deve essere una priorità per i politici.

L’onorevole Harangozó parla a buona ragione del ruolo svolto da quanti lavorano nelle piccole e medie aziende agricole nel sostenere le comunità rurali. Le comunità rurali non devono essere penalizzate dalla politica di coesione, ed è necessario consolidare il nesso fra lo sviluppo rurale e lo sviluppo regionale nella lotta all’esclusione sociale.

L’essere lontani dalle reti di comunicazione e dei trasporti rappresenta un problema di ordine pratico che deve essere affrontato.

 
  
MPphoto
 
 

  Bogdan Golik (PSE), per iscritto. (PL) La politica di coesione, a cui va circa il 33 per cento del bilancio dell’Unione europea, è di importanza vitale per tutti i paesi europei. La Polonia è lieta di partecipare a qualsiasi iniziativa relativa alla piena integrazione economica della società europea e di ridurre al minimo i divari a livello microregionale. E’ mia convinzione che le misure adottate nel campo della politica di coesione siano fondamentali per promuovere uno sviluppo sostenibile ed eliminare la disoccupazione, la povertà e l’esclusione sociale, i quali rappresentano dei gravi problemi economici in Europa. A tale riguardo, la cooperazione fra tutti i paesi europei e lo scambio di esperienze sono di particolare importanza.

I problemi che frenano lo sviluppo sostenibile dell’Unione europea, fra cui i bassi redditi, le scarse infrastrutture e la bassa mobilità sociale, si riferiscono soprattutto alle zone rurali. La situazione è resa ancora più pesante dal crescente esodo di persone dalle campagne e dalla crescente esclusione sociale in tali zone. Inoltre, fra i problemi affrontati dalla politica di coesione europea all’inizio del XXI secolo vi sono dei problemi di carattere esterno, come ad esempio l’aumento del divario nello sviluppo fra l’Unione europea e gli Stati Uniti. Nel periodo 1995-2005 la crescita della produttività in Europa è stata molto più bassa rispetto agli Stati Uniti o al Giappone, il che ha un effetto considerevole sulla diminuzione della competitività del mercato europeo.

Vorrei ringraziare l’onorevole Harangozó per aver richiamato la nostra attenzione su tali questioni.

 
  
MPphoto
 
 

  Lívia Járóka (PPE-DE), per iscritto. (HU) Al fine di stimolare l’occupazione, la crescita e la competitività, l’Unione europea deve sfruttare al massimo il potenziale in termini di imprese e lavoro a sua disposizione. Alla luce del fatto che la maggior parte dei quasi 10 milioni di Rom che vivono in Europa sono interessati da disoccupazione strutturale e/o assoluta, oppure fanno parte dell’economia sommersa o lavorano “in nero”, l’integrazione dei Rom potrebbe avere un impatto decisivo sull’esito dell’Agenda di Lisbona e della politica di coesione. La relazione sottolinea il fatto che la politica di coesione ha aiutato le regioni più povere a riallinearsi per quanto riguarda il loro sviluppo socioeconomico. Tuttavia, occorre fare molto di più, sia in termini quantitativi che qualitativi. La Commissione europea e gli Stati membri devono garantire il coordinamento e la complementarità delle risorse finanziarie disponibili; gli strumenti finanziari dell’Unione europea, nel frattempo, e in modo particolare il Fondo sociale europeo e il Fondo di sviluppo regionale, devono essere utilizzati per sostenere un ampio numero di singoli programmi, che vanno dalla fornitura di microcrediti alle imprese agli investimenti nello sviluppo delle infrastrutture. Per fare in modo che tali programmi siano coronati da successo e che i fondi raggiungano i destinatari, sarà di fondamentale importanza identificare ed eliminare sia gli ostacoli di carattere generale che quelli di genere specifico. Le regioni arretrate che si dibattono in problemi complessi non riescono a raccogliere i fondi di contropartita necessari per ottenere l’assistenza comunitaria a cui hanno diritto. Nel caso dei Rom, gli svantaggi che devono affrontare sono moltiplicati in modo esponenziale dal basso livello di istruzione e da generazioni di disoccupazione.

 
  
MPphoto
 
 

  Cătălin-Ioan Nechifor (PSE), per iscritto.(RO) Il Parlamento europeo ha sollevato il progetto di risoluzione sull’impatto della politica di coesione sull’integrazione di comunità e gruppi vulnerabili per discuterne, insistendo sul mantenimento nelle zone rurali di certe attività generatrici di reddito, prestando particolare attenzione alle imprese di carattere familiare, ma anche alle piccole e medie aziende agricole.

La politica agricola comune deve divenire più equa, in modo che sia possibile per la popolazione insediarsi in zone rurali con un profilo prevalentemente agrario, alla luce della prevista crisi alimentare.

Ritengo che l’approvazione di questa risoluzione garantirà alla Romania un considerevole sostegno nella lotta alla povertà nelle zone rurali, dove vivono 10 milioni di persone e dove l’esclusione sociale e territoriale mette a repentaglio l’esistenza stessa dello Stato rumeno, nonché la sicurezza dei prodotti alimentari e i loro approvvigionamenti.

Concentrandoci sulle piccole aziende agricole, sulle aziende di sussistenza, sulle famiglie degli agricoltori che hanno piccoli appezzamenti di terreno, l’agricoltura rumena avrà una possibilità concreta, aumentando così' il contributo di questo settore al PIL.

Vorrei approfittare di questa occasione per chiedere al governo rumeno di fare tutto il necessario per adottare la presente risoluzione, in modo da salvare il salvabile nel settore agricolo, dove l’integrazione europea finora non ha prodotto alcun risultato.

 
Note legali - Informativa sulla privacy