PRESIDENZA DELL’ON. HANS-GERT PÖTTERING Presidente
(La seduta è aperta alle 17.00)
1. Ripresa della sessione
Presidente. − Dichiaro ripresa la sessione del Parlamento europeo aggiornata giovedì, 5 giugno 2008.
2. Dichiarazioni della Presidenza
Presidente. − Onorevoli deputati, vorrei fare due dichiarazioni, la seconda delle quali è a nome della Conferenza dei presidenti, su richiesta di quest’ultima.
Il risultato del referendum del 12 giugno 2008 in Irlanda pone l’Unione europea di fronte ad una delle sfide più difficili della sua storia. Il Trattato di riforma di Lisbona, nato dal Trattato costituzionale che è stato stilato dalla convenzione composta da deputati dei parlamenti europei e dal Parlamento europeo, riunita in pubblico, serve a rendere l’Unione europea più democratica, più efficace e trasparente. Esso rafforza il Parlamento europeo, conferisce ai parlamenti nazionali maggiori competenze in materia di definizione delle politiche dell’Unione europea, permette ai cittadini europei di presentare iniziative alle istituzioni europee e garantisce il ruolo del governo locale.
Il Trattato di Lisbona rappresenta la risposta alle critiche mosse nei confronti delle lacune dell’Unione europea da parte dell’opinione pubblica. Il Trattato avvicina l’Unione europea ai suoi cittadini. Non vi è alcun dubbio sul fatto che sia assolutamente necessario applicare il Trattato di riforma se vogliamo che l’Unione europea difenda i suoi valori e interessi nel XXI secolo. Senza le riforme rese possibili dal Trattato di Lisbona, è difficile concepire che altri paesi aderiscano all’Unione europea.
Ci rivolgiamo ai partecipanti del vertice di Bruxelles di giovedì e venerdì prossimi affinché adottino tutti i passi appropriati per attuare il Trattato di riforma. Il processo di ratifica deve continuare senza indugi. Esortiamo il governo irlandese a presentare, da parte sua, delle proposte su come possiamo lavorare assieme per emergere da questo difficile periodo nella vita politica europea.
Il Parlamento europeo farà tutto il possibile e si impegnerà con passione per far fronte a queste sfide. Ci aspettiamo che la Commissione europea e i governi di tutti gli Stati membri dell’Unione europea facciano lo stesso. Ci aspettiamo inoltre che coinvolgano appieno il Parlamento europeo nei loro sforzi. Il nostro obiettivo rimane l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona entro le elezioni del Parlamento europeo nel giugno 2009. Col vostro consenso, difenderò con determinazione tali principi dinanzi al Consiglio europeo di Bruxelles del 19 e 20 giugno.
(Applausi)
La discussione con il Consiglio e la Commissione si svolgerà mercoledì mattina. L’intenzione non è di discutere della questione ora. La discussione sulla preparazione della riunione col Consiglio europeo è fissata per mercoledì mattina, trattandosi di un momento logico per discutere della questione, poiché saranno presenti i Presidenti di Consiglio e Commissione.
Dobbiamo portare avanti un dibattito strutturato, e vi ho già enunciato la mia posizione al riguardo. Un’altra ragione per cui ho agito in tale maniera è che l’ex Presidente del Parlamento europeo, Simone Veil, che mercoledì riceverà in Spagna un’onorificenza, mi ha chiesto personalmente di tenere la laudatio. Non ho potuto che acconsentire alla sua richiesta, e volevo essere certo che foste al corrente della mia posizione personale sugli eventi in Irlanda e sulle sfide che ci attendono.
La Conferenza dei presidenti mi ha chiesto di fare una dichiarazione sul Medio Oriente. Una delegazione di 14 membri del nostro gruppo di lavoro sul Medio oriente, guidata dalle onorevoli Veronique De Keyser e Annemie Neyts-Uyttebroeck, ha visitato Israele e la Palestina dal 30 maggio al 2 giugno 2008. Durante la sua visita, la delegazione ha valutato lo stato dell’attuazione degli obiettivi che sono stati annunciati pubblicamente in una dichiarazione congiunta di tutte le parti alla Conferenza di Annapolis sei mesi fa come parte dello sforzo per raggiungere una soluzione con due Stati entro la fine di quest’anno. Fra i principali punti vi erano il consolidamento delle forze di sicurezza da parte degli stessi palestinesi, la questione dello sviluppo degli insediamenti, soprattutto intorno a Gerusalemme, lo sviluppo economico, le limitazioni alla libertà di circolazione in Cisgiordania e, infine, la situazione umanitaria nella Striscia di Gaza, che è isolata e soggetta a sanzioni internazionali.
La relazione, che la delegazione ha adottato all’unanimità - e si trattava di una delegazione trasversale agli schieramenti politici - è stata presentata la settimana scorsa alla presenza della Commissione e del Consiglio, per poi essere trasmessa alla Conferenza dei presidenti, e il quadro che ne viene fuori è deprimente. Pur essendo stati registrati alcuni progressi incoraggianti, questi hanno interessato soltanto alcuni settori e sono stati limitati nel loro impatto. Il susseguirsi generale di eventi non dà adito ad alcun ottimismo. Stando così le cose, gli obiettivi ambiziosi di Annapolis sono difficilmente raggiungibili.
La delegazione ha espresso un’opinione unanime al riguardo, opinione che la Conferenza dei presidenti ha appoggiato: l’embargo nei confronti della Striscia di Gaza deve essere rimosso, ed è necessario ripristinare il circolazione transfrontaliera di persone e merci e contrastare la violenza.
Anche nella Cisgiordania è necessario intraprendere un nuovo corso, che risollevi la credibilità dell’Autorità palestinese e stabilisca le condizioni per lo sviluppo economico. Occorre opporsi alla politica di Israele di costante divisione e separazione geografica. Come il governo statunitense, che ha espresso ieri la medesima opinione per voce del Segretario di Stato Condoleezza Rice, chiediamo che si ponga fine all’espansione degli insediamenti, in particolare a Gerusalemme est.
Riteniamo che nessuno abbia il diritto di ignorare gli impegni assunti ad Annapolis. Gli israeliani e i palestinesi si sono impegnati a condurre dei negoziati in buona fede e in uno spirito di riconciliazione. Entrambi devono riprendere tale percorso all’insegna del rigore, e devono avere il coraggio e la forza di intraprendere un rinnovamento politico. Tocca a noi europei affiancare e sostenere i nostri partner in tale processo. Il Parlamento europeo eserciterà la sua responsabilità con determinazione.
Le relazioni dell’Unione europea con Israele e l’Autorità palestinese devono essere sviluppate in modo da promuovere il processo di pace in generale. Il processo di Barcellona - un’unione per il Mediterraneo – potrebbe rappresentare un ulteriore fattore nello sforzo volto a promuovere la pace. Il Parlamento europeo si attende di essere debitamente consultato nel quadro della ricerca europea della pace nel Medio Oriente.
Mentre ci riuniamo qui, i pescatori della Striscia di Gaza stanno salpando. A causa dell’embargo, l’inquinamento ambientale ha raggiunto un livello di guardia, minacciando la sussistenza dei pescatori, motivo per cui si sono dati alla protesta. Manifestano per il loro diritto a pescare, a guadagnarsi da vivere e a vivere in pace e libertà. La nostra delegazione ha promesso di sostenere i pescatori. A nome di tutti noi, vorrei pertanto trasmettere a questi pescatori la solidarietà del Parlamento europeo.
Onorevoli deputati, vi ringrazio per aver ascoltato la mia dichiarazione e la seconda dichiarazione che la Conferenza dei presidenti mi ha chiesto di fare.
3. Approvazione del verbale della seduta precedente: vedasi processo verbale
4. Composizione dei gruppi politici: vedasi processo verbale
5. Immunità parlamentari: vedasi processo verbale
6. Composizione delle commissioni e delle delegazioni: vedasi processo verbale
7. Firma di atti adottati in codecisione: vedasi processo verbale
8. Presentazione di documenti: vedasi processo verbale
9. Dichiarazione di interessi finanziari: vedasi processo verbale
10. Interrogazioni orali e dichiarazioni scritte (presentazione): vedasi processo verbale
11. Storni di stanziamenti: vedasi processo verbale
12. Petizioni: vedasi processo verbale
13. Seguito dato alle posizioni e risoluzioni del Parlamento: vedasi processo verbale
14. Competenza delle commissioni: vedasi processo verbale
15. Cambiamento del codice interistituzionale: vedasi processo verbale
16. Decisione sulla richiesta di applicare la procedura di urgenza: vedasi processo verbale
17. Ordine dei lavori
Presidente. − Il progetto di ordine del giorno definitivo per la presente seduta plenaria è stato distribuito. Sono stati presentati i seguenti emendamenti:
Lunedì/martedì:
Nessun emendamento
Mercoledì:
Il gruppo IND/DEM ha presentato una mozione affinché la discussione sulla preparazione della riunione del Consiglio europeo sia intitolata nel seguente modo: “Preparazione del Consiglio europeo all’indomani del referendum irlandese”.(1)
Gerard Batten, a nome del gruppo IND/DEM. – (EN) Signor Presidente, propongo che il titolo “Preparazione del Consiglio europeo” sia modificato in “Preparazione del Consiglio europeo successivo all’indomani del referendum irlandese”.
(Il Parlamento accoglie la richiesta.)
Hannes Swoboda, a nome del gruppo PSE. – (DE) Signor Presidente, abbiamo appena emendato il titolo della discussione, e a causa delle conseguenze della decisione presa dall’Irlanda, sulle quali vi sono opinioni divergenti, sarebbe opportuno dare all’Assemblea un po’ di tempo per discutere di tali problemi. Per tale ragione abbiamo presentato una mozione affinché il secondo punto dell’ordine del giorno del mattino sia spostato al pomeriggio. Sono consapevole che vi sarà poco tempo nel pomeriggio, ma alla luce dell’urgenza e dell’importanza di questa riunione del Consiglio, è opportuno rinviarlo. Non abbiamo nessuna preferenza, qualsiasi punto può essere rinviato ad una seduta successiva, ma la nostra mozione in questo momento è che dedichiamo l’intera mattinata al merito della discussione appena rinominata per lasciarci tempo a sufficienza per discutere della questione.
Richard Corbett (PSE). - (EN) Signor Presidente, essendo stato relatore del Trattato di Lisbona, vorrei esprimere il mio sostegno alla presente proposta. E’ necessario avere una discussione di ampio raggio per mostrare che diamo ascolto sia alle opinioni espresse dal popolo irlandese, sia alle opinioni espresse in tutti gli altri Stati membri, la maggior parte dei quali, se non tutti, desiderano portare avanti questo Trattato.
Carmen Fraga Estévez, a nome del gruppo PPE-DE. − (ES) Signor Presidente, il Trattato di Lisbona e gli sviluppi in Irlanda sono molto importanti, ma non devono pregiudicare la discussione di una questione come la pesca.
Devo dire che molti deputati non sono molto interessati alla pesca. Tuttavia, se l’industria della pesca ha mai attraversato una crisi, è quella che sta attraversando attualmente.
Il 23 giugno il Consiglio dell’Unione europea dei ministri della Pesca prenderanno una serie di decisioni sulla crisi nel settore della pesca, crisi che è sia di ordine congiunturale che strutturale. A mio parere, se il Parlamento non si occupasse di tale questione e non assumesse una posizione al riguardo, il settore della pesca dell’Unione europea non capirebbe.
Chiedo pertanto ai gruppi politici di mostrare una certa sensibilità e, una volta per tutte, contribuire ad una seria discussione sulla crisi del settore della pesca.
(Il Parlamento accoglie la richiesta.)
Francis Wurtz, a nome del gruppo GUE/NGL. – (FR) Signor Presidente, vorrei rivolgere due domande.
La prima è la stessa domanda formulata dall’onorevole Swoboda, che ha chiesto di avere più tempo per la discussione sul Consiglio europeo e sulla questione del referendum.
La seconda domanda è se dobbiamo separare la discussione sui prezzi petroliferi dalla discussione sulla pesca o se è il caso di tenere una discussione su entrambi.
Si tratta di due domande distinte. La mia proposta è di considerare prima la domanda relativa alla durata degli interventi per la discussione sul Consiglio europeo, per poi passare alla domanda sulla pesca.
(Il Parlamento accoglie la prima richiesta e respinge la seconda.)
Ulteriori emendamenti all’ordine dei lavori: vedasi processo verbale.
18. Interventi di un minuto su questioni di rilevanza politica
Presidente. − L’ordine del giorno reca gli interventi di un minuto su questioni di rilevanza politica.
Georgios Papastamkos (PPE-DE). – (EL) Signor Presidente, ho ascoltato molto attentamente il suo messaggio sul “no” espresso dagli irlandesi al referendum. Sostengo appieno la sua dichiarazione sulla necessità di continuare il processo di ratifica.
E’ effettivamente motivo di perplessità che il “no” irlandese giunga in un momento in cui l’Unione europea è sempre più democratica, trasparente ed efficace. Tuttavia, signor Presidente, dobbiamo dipanare il messaggio che ci viene inviato dal “no” irlandese. I cittadini irlandesi hanno preso la loro decisione e hanno esercitato il loro diritto democratico; tuttavia, questo “no” ci induce a fare dell’autocritica costruttiva. Propongo di concentrare questa autocritica su due punti: siamo bombardati, signor Presidente, dall’iperregolamentazione della Commissione; il Parlamento europeo non può occuparsi di ogni singolo dettaglio tecnico inerente a questa iperregolamentazione.
Signor Presidente, conosco il suo impegno a favore degli affari europei, e esorto il Parlamento europeo ad essere all’altezza del suo ruolo di organo politico, di corps politique, di punto di riferimento per gli obiettivi annunciati del processo di unificazione europea.
Presidente. − Grazie per le sue parole di incoraggiamento, onorevole Papastamkos, ma devo anche chiederle di attenersi al limite di tempo di un minuto riservato alle dichiarazioni di voto. Inoltre, mi era stato comunicato che avrebbe parlato di un altro argomento.
Teresa Riera Madurell (PSE). – (ES) Signor Presidente, anche se durante l’ultima seduta non vi è stato tempo per il mio intervento, e nonostante sia passato un mese da allora, sento di dover ricordare che il 12 maggio si è celebrata la giornata mondiale della fibromialgia e della sindrome d’affaticamento cronico, due malattie che colpiscono prevalentemente le donne.
Si tratta in entrambi i casi di malattie specifiche del sesso femminile, di difficile diagnosi e per le quali sono disponibili poche risorse per la ricerca e la cura. Spesso causano problemi sul lavoro perché le persone non capiscono che queste malattie riducono la capacità di chi ne soffre, rendendoli tali persone inabili al lavoro.
Dobbiamo prendere questa situazione sul serio e cercare in modo urgente di individuare le cause di tali malattie, garantire cure più intensive e confrontare i risultati, nonché sensibilizzare e informare maggiormente sull’impatto che esse hanno sul piano sociale, giuridico e occupazionale.
Le persone che soffrono di queste malattie non devono sentire che non godono di alcuna protezione. Lo dobbiamo ai nostri cittadini.
Metin Kazak (ALDE). - (BG) La prossima Presidenza francese dell’Unione europea giunge in un momento critico per il processo d’integrazione europea. Tematiche come la strategia per lo sviluppo sostenibile, il Patto europeo sull’immigrazione, Europa di difesa nonché la riforma della politica agricola comune sono di importanza fondamentale per l’Europa, ma la questione centrale adesso è come portare avanti la riforma dell’Unione e approfondire il processo d’integrazione all’indomani del “no” irlandese.
Il rifiuto opposto dall’Irlanda al Trattato di Lisbona ha nuovamente messo alla prova la volontà comune degli europei di superare insieme le sfide della globalizzazione. Come paese cofondatore dell’Unione europea, la Francia e il suo Presidente, Nicolas Sarkozy, hanno il compito di unire ancora una volta gli sforzi di tutti i 27 Stati membri, e individuare una formula giuridica e un piano d’azione per trovare una via di uscita dalla crisi di Lisbona, perché se non la superiamo, corriamo il rischio che le forze centrifughe e nazionaliste abbiano il sopravvento e congelino il processo di ulteriore allargamento dell’Unione europea. Di fronte a questo momento decisivo dobbiamo renderci conto di queste minacce e assumerci le nostre responsabilità, facendoci carico della aspettative della maggioranza dei cittadini europei, per i quali l’Inno alla Gioia è diventato una specie di secondo inno nazionale.
Hanna Foltyn-Kubicka (UEN). - (PL) Signor Presidente, vorrei oggi parlare di un incidente che è avvenuto di recente a Varsavia. Una persona vicina all’ambasciata cinese in Polonia ha attaccato una donna che distribuiva il periodico di opposizione The Epoch Times. Incidenti simili sono stati riscontrati negli ultimi tempi a New York, dove gruppi organizzati dal consolato cinese hanno attaccato adepti di Falun Gong, nonché persone che stavano dimostrando pacificamente a favore del Tibet.
Se eventi analoghi dovessero cominciare a verificarsi in altri paesi, ci troveremmo di fronte ad una plateale violazione della Convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche adottata nel 1961. Per di più, nonostante stia facendo tutto il possibile per mostrare il suo volto buono durante i Giochi olimpici, il regime cinese continua a perseguire tutti i gruppi che rappresentano ideologie non comuniste. Si spinge anche oltre, raddoppiando i propri sforzi ed esportando le proprie pratiche sul territorio delle nazioni democratiche occidentali.
Per tale ragione esorto le autorità dell’Unione europea e gli Stati membri a monitorare la situazione con attenzione e a reagire con determinazione, qualora le situazioni che ho descritto dovessero ripetersi.
Kyriacos Triantaphyllides (GUE/NGL). – (EL) Signor Presidente, il Consiglio Affari generali si riunisce oggi. Non sono ancora al corrente dell’esito, ma fra le questioni al vaglio vi è la proposta di elevare di livello le relazioni dell’Unione europea con Israele.
Inoltre, i pescatori della Striscia di Gaza hanno indetto per oggi una manifestazione contro le misure disumane che il governo israeliano impone loro. Israele non solo proibisce loro di pescare nelle loro acque marine aperte, bensì li priva del carburante necessario, così che sono costretti a pescare nelle acque basse dove le acque non depurate vengono scaricate senza alcun controllo. Questa situazione costituisce una minaccia immediata e preoccupante di epidemie.
Mi rivolgo a lei, signor Presidente, chiedendo a nome di questi pescatori che, così stando le cose, l’Unione europea non proceda ad elevare di grado le relazioni con Israele.
Un’ulteriore ragione per non elevare adesso il livello di queste relazioni, soprattutto per noi deputati del Parlamento europeo, è il fatto che Israele ha dimostrato di recente, ancora una volta, di non rispettare nemmeno i nostri diritti umani. Le sue forze hanno cercato di reprimere violentemente delle manifestazioni pacifiche contro la costruzione del muro razzista di divisione; hanno ferito dei manifestanti, fra cui la nostra collega, l’onorevole Morgantini.
Dimitar Stoyanov (NI). - (BG) In questa Assemblea, in seno alla Commissione e in Bulgaria si fa un gran parlare della lotta alla corruzione ai livelli più alti del governo. Tuttavia la parola “corruzione” non vive di vita autonoma, bensì nasconde delle persone reali. Voglio mostrarvi il volto della corruzione ai più alti livelli della Bulgaria ufficiale.
Ieri, il più grande quotidiano bulgaro ha pubblicato una foto del leader del partito della minoranza turca, MRL, Ahmed Dogan, che tre anni fa venne incaricato di formare il governo bulgaro. Queste foto scandalose rivelano che Dogan vive in un enorme serraglio che è registrato come un albergo a quattro stelle, nel lusso più sfrenato. Questa stessa persona, Dogan, coniò le frasi secondo cui il suo partito era circondato da una cerchia di imprese e che la compravendita di voti era una prassi europea. Rivelò al quotidiano Trud che la sua principale occupazione era di gestire la propria impresa, qualcosa che non può fare legalmente dal momento che è un deputato del parlamento bulgaro.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, signori Commissari, Dogan è una delle teste dell’idra della corruzione in Bulgaria. La distruzione di questo mostro comincia con l’indagare sul giro di società che gravitano attorno a Ahmed Dogan e sulla sua impresa.
Signor Presidente, le rimetto il giornale così che possa rendersene conto di persona.
Gerard Batten (IND/DEM). - (EN) Signor Presidente, vorrei congratularmi con gli 862 415 irlandesi che hanno votato contro il Trattato di Lisbona al referendum di giovedì scorso. Hanno votato per la libertà, la democrazia e il senso comune. Se il popolo britannico potesse votare in un referendum, senza dubbio voterebbe contro in proporzioni ancora più grandi che non gli irlandesi. Se avessero la possibilità, molti popoli europei direbbero anch’essi di no, come hanno dimostrato i francesi e gli olandesi nel 2005.
Con incredibile arroganza e disprezzo della democrazia, l’elite politica europea ha deciso di far passare la ratifica del Trattato ad ogni costo. Il Trattato è morto, ma l’Unione europea si rifiuta di seppellirlo. L’attuale storia di amore dell’Unione con il Trattato è un atto di necrofilia politica. Ma il cadavere comincia a puzzare e, più si tarderà a seppellirlo, e peggio sarà il tanfo. Dobbiamo seppellire il Trattato, perché sta inquinando l’atmosfera politica.
Presidente − Onorevole Batten, se posso esprimere la mia opinione al riguardo, il suo paragone è del tutto inopportuno. Lei siede in un Parlamento che è più che vivo. Se il Parlamento non fosse stato dotato della facoltà di parlare, lei, come essere vivente, non vi si sarebbe rivolto.
(Applausi)
Pál Schmitt (PPE-DE). - (HU) Grazie, signor Presidente. Parlerò in ungherese. In Slovacchia il parlamento ha approvato una nuova legge sull’istruzione, e l’unica cosa che manca affinché entri in vigore è la firma del Presidente della Repubblica. La nuova legge comporta che da ora in poi, i toponimi e i personaggi storici citati nei libri di storia destinati agli studenti la cui madrelingua è l’ungherese seguiranno l’ortografia slovacca, ignorando quindi la nostra storia e le nostre tradizioni linguistiche vecchie di secoli. La nuova legge costituisce una grave violazione del diritto della comunità ungherese in Slovacchia di usare la propria lingua. La Slovacchia ha firmato e ratificato nel 2001 la Carta europea per le lingue regionali o minoritarie. Lo stesso Commissario Leonard Orban ritiene che la promozione delle lingue delle minoranze etniche è una questione di importanza strategica. In questo Anno europeo del dialogo interculturale, è deprecabile e inaccettabile che la Slovacchia si comporti in una maniera che va contro la prassi europea. Invece di ampliare i diritti delle minoranze, va nella direzione contraria, restringendoli. In conseguenza del trattato di Trianon, diverse migliaia di insediamenti di lingua ungherese si ritrovarono al di fuori dei confini nazionali, e abbiamo il diritto di chiamare tali luoghi coi loro nomi ungheresi. La diversità linguistica è parte integrante del patrimonio culturale europeo, nonché un tesoro unico che siamo tutti chiamati a tutelare. Grazie per avermi dato la possibilità di intervenire.
Inés Ayala Sender (PSE). - (ES) Signor Presidente, nelle prime ore dell’8 giugno, il gruppo terroristico dell’ETA ha attaccato la sede del quotidiano El Correo quando c’erano 50 dipendenti che stavano preparando l’edizione domenicale. Fortunatamente nessuno è stato ferito, ma i danni materiali sono stati ingenti.
Sarei grata se inviasse un messaggio di solidarietà. Tuttavia, vorrei anche rilevare, e vorrei che l’Aula ne prendesse atto, che è urgente sradicare la violenza perpetrata dai terroristi dell’ETA nei confronti dei media, così come è necessario garantire appieno la libertà di parola. Ciò costituisce una buona ragione per sostenere il Trattato di Lisbona, il quale consentirà di sviluppare delle politiche comuni per la giustizia, la sicurezza e l’antiterrorismo, e di non dipendere totalmente dalla cooperazione bilaterale e intergovernativa. La nostra solidarietà deve perciò esprimersi anche in sostegno al Trattato di Lisbona.
Presidente. − Onorevole Ayala Sender, dal momento che si è rivolta direttamente a me, mi consenta di dire che siamo una comunità che si fonda sulla solidarietà, e questa solidarietà vale in tutti i casi, incluso quello attuale. Sono lieto che lei apprezzi questo aspetto.
Viktória Mohácsi (ALDE). - (HU) Onorevoli colleghi, durante la precedente sessione plenaria, il leader del nostro gruppo, l’onorevole Graham Watson, si è rivolto all’Assemblea con un intervento di un minuto relativo alle vessazioni cui sono sottoposti i Rom in Italia. Oggi devo purtroppo riferirvi di casi simili, occorsi questa volta nel mio paese, l’Ungheria. Alcune settimane fa, a 70 chilometri da Budapest, nel villaggio di Pátka, tre vigilantes hanno lanciato una decina di bottiglie Molotov contro tre case che ospitavano Rom. Il 16 aprile, nel villaggio di Fadd, nel distretto ungherese di Tolna, delle persone non identificate hanno lanciato delle bottiglie Molotov contro due case. Una settimana fa un mio collega è stato attaccato a Nyíregyháza da estremisti che gridavano: “Sporco zingaro, vattene dal nostro paese!” La maggior parte degli abitanti di Pátka continuano a sostenere che i vigilantes sono innocenti, anche se uno dei sospettati ha confessato di aver partecipato all’attacco. Ciononostante, venerdì si è tenuta una manifestazione fatta di 150 individui in uniforme, i quali proclamavano dei principi nazisti, e più tardi diverse persone non identificate incappucciate hanno tentato nuovamente di sferrare un attacco, in presenza di 100 poliziotti in assetto antisommossa. Anch’io ero presente. Allo stesso tempo, la polizia ha nascosto l’identità della persona ferita nell’incidente occorso a Pátka. In Italia, i nostri concittadini europei vivono in prigioni pensate per i profughi; anche loro sono, ovviamente, Rom. Commissario Barrot, spero che, una volta che il suo gabinetto sarà formato, anche noi Rom saremo in grado di usufruire della sicurezza garantita dalla democratica Unione europea, e speriamo che la definizione di cittadinanza europea valga per me e per i miei figli, così come vale per i miei concittadini che non sono Rom. Grazie molte.
Ewa Tomaszewska (UEN). - (PL) Signor Presidente, anche in situazioni in cui i problemi sono completamente chiari, le soluzioni da adottare dovrebbero tenere conto del contesto e delle relazioni fra diversi obiettivi, dell’importanza della questione in oggetto e dei costi legati al raggiungimento degli obiettivi. In ogni questione, soprattutto in quelle che, come il cambiamento climatico, riguardano miliardi di persone, è importante agire con moderazione, buon senso e con la dovuta dose di imparzialità quando si cerca di risolvere il problema.
Non vedo alcuna imparzialità nella proposta di ridurre le emissioni di anidride carbonica. Vi sono due soluzioni che sono particolarmente offensive a tale riguardo: il trattare dei paesi altamente sviluppati, che sono stati responsabili finora di un’ampia fetta delle emissioni di anidride carbonica e di gran parte dell’inquinamento, ma i quali dispongono di migliori tecnologie, alla stessa stregua di paesi meno sviluppati, in modo particolare quei paesi le cui economie si basano sul carbone; in secondo luogo, il trattare i produttori di grandi veicoli, dove ridurre le emissioni di anidride carbonica del 20 per cento è più semplice, alla pari dei produttori di veicoli con motori piccoli e con bassi livelli di emissioni, così che la riduzione avrà dei costi più alti. E’ come se la posta in gioco qui non fosse il cambiamento climatico, bensì delle questioni di ordine commerciale.
James Nicholson (PPE-DE). - (EN) Signor Presidente, le api europee sono minacciate di andare incontro all’estinzione nel giro di dieci anni. Le malattie e i virus hanno già cancellato un terzo delle colonie americane e adesso minacciano le nostre api. La situazione in America ci dà un quadro preoccupante di quello che potrebbe accadere in Europa, a meno che non prendiamo dei provvedimenti adesso. Almeno 70 tipi di coltivazione che contribuiscono in maniera significativa all’economia nel suo insieme dipendono direttamente dall’impollinazione da parte delle api.
Gli Stati Uniti sono costretti a importare api per compensare le perdite. Nell’attuale clima vi sono dei punti interrogativi per quanto riguarda la capacità dell’Unione europea di produrre abbastanza derrate alimentari per soddisfare la domanda, e le conseguenze di una simile epidemia qui da noi sarebbero disastrose.
Gli apicoltori di tutta Europa sono già a conoscenza della minaccia rappresentata dalla varroa, acaro che ha decimato le colonie di api. Devono fronteggiare la sindrome dello svuotamento degli alveari, fenomeno in cui gli alveari sono sistematicamente abbandonati e le api scompaiono dall’oggi al domani.
Dobbiamo far sì che vi siano fondi e un’adeguata ricerca scientifica in questo campo. Il governo britannico stanzia attualmente soltanto 250 000 di sterline per la ricerca nel campo dell’apicoltura. Si tratta di una goccia nell’oceano per una questione così importante. Le api sono parte integrante della catena alimentare: senza api, gli apicoltori, le colture, la frutta e le noci ne saranno influenzati negativamente.
Gérard Onesta (Verts/ALE). – (FR) Signor Presidente, vedo dall’ordine del giorno che considereremo una versione codificata della direttiva sulle prove statiche dei dispositivi di protezione in caso di capovolgimento dei trattori agricoli o forestali a ruote. Il mio sentire è che il voto irlandese ci impone di occuparci di altre questioni, più urgenti. Non possiamo delegare una questione come il Trattato di Lisbona solamente al Consiglio europeo. Noi parlamentari europei possiamo prendervi parte in modo legittimo, soprattutto se conosciamo gli ingredienti necessari per trovare le soluzioni.
Innanzi tutto, le questioni cruciali devono essere riferite a certi aspetti istituzionali di importanza vitale e non dipanarsi per centinaia di pagine. E’ necessario ricorrere ad un referendum europeo di convalida, che preveda una clausola di opt-out per i paesi che non vogliono seguire questo percorso e, infine, come ha detto il Presidente, abbiamo bisogno di un calendario molto serrato, altrimenti la campagna elettorale diverrà impossibile. Che nessuno mi dica che tale scenario è impossibile; non è più improbabile di quello al quale stanno lavorando attualmente le cancellerie. Comunque sia, per quanto mi riguarda, sono pronto.
Richard Corbett (PSE). - (EN) Signor Presidente, la Commissione sta attualmente esaminando i reclami presentati da alcune imprese spagnole, francesi e italiane nei confronti delle cooperative, e nei confronti del movimento delle cooperative per quanto riguarda il loro statuto e il loro trattamento fiscale.
Vorrei esortare la Commissione, durante l’esame di tale reclamo, a tenere conto dei bisogni e delle caratteristiche particolari dei movimenti delle cooperative. Non si tratta di società per azioni a scopo di lucro. Una cooperativa è di proprietà dei suoi membri e i ricavi sono distribuiti in modo equo, e non sborsati semplicemente agli azionisti.
L’Unione europea ha riconosciuto la natura particolare del movimento delle cooperative nel 2003 adottando il regolamento sullo statuto della società cooperativa europea. Esorto la Commissione a tenerne debito conto, guadagnandosi così la gratitudine dei 55 milioni di persone che in Europa sono impiegati dalle cooperative e dei 163 milioni di persone che ne sono membri.
Milan Horáček (Verts/ALE). - (DE) Signor Presidente, la settimana scorsa la Cina ha posto la condizione che le proteste in Tibet finissero per tenere ulteriori colloqui con i rappresentanti del Dalai Lama. Nelle parole del ministro degli Esteri cinese, i tibetani devono abbandonare i loro tentativi di rovinare i Giochi olimpici.
Non ci si può certo aspettare dai manifestanti tibetani, tuttavia, che essi accettino con docilità la repressione delle loro manifestazioni di marzo. Il governo cinese ha la possibilità di cambiare la situazione in Tibet in modo radicale. Se sarà avviato un dialogo franco senza precondizioni, il popolo tibetano prenderà parte ad un processo di cambiamento costruttivo. La priorità assoluta è lanciare un segnale chiaro, non in ultima istanza permettendo ad osservatori stranieri di entrare nel paese per valutare coi propri occhi la situazione.
Presidente. − Grazie, onorevole Horáček! Vorrei fare inoltre riferimento alla nostra risoluzione del 10 aprile, nella quale facevamo appello a tutti i politici europei affinché non presenziassero alla cerimonia di apertura dell’8 agosto, a meno che non fossero stati garantiti i diritti dei tibetani. Raccomando ancora una volta a tutti quella dichiarazione del 10 aprile.
László Tőkés (Verts/ALE). - (HU) Signor Presidente, quando Papa Benedetto XVI si rivolse ai vescovi ungheresi parlando della pesante eredità della lunga era del regime comunista, lo fece nel modo più appropriato. Le sue osservazioni sono di particolare attualità oggi, giorno in cui ricorre il cinquantenario dell’esecuzione di Imre Nagy, il Primo ministro martire, e il sessantesimo anniversario dall’inizio delle brutali repressioni religiose e dall’incarcerazione del cardinale József Mindszenthy. Il fantasma di questa epoca così dolorosa, in cui la violenza di Stato è andata di pari passo con sentimenti antireligiosi di carattere partigiano, è stato risvegliato dall’onorevole Magda Kósáné Kovács, deputata ex comunista di questa Assemblea, nel suo più recente intervento in plenaria, in cui ha tentato di difendere i valori europei da Papa Benedetto, o piuttosto dalla Chiesa cattolica. Alcuni anni fa, Kósáné Kovács, ex presidente del partito, ha fatto una dichiarazione diffamatoria, in cui sosteneva che il Vaticano, con allora Papa Giovanni Paolo II alla sua guida, stava cercando di mettere le sue mani su tutta l’Europa in modo da averne il controllo. In qualità di vescovo della Chiesa riformata, sapendo che le Chiese cristiane hanno esse stesse contribuito a plasmare i veri valori europei di questa Unione europea, che ha le sue radici nel movimento cristiano democratico, respingo qualsiasi manifestazione di ideologia e intolleranza antireligiosa. Invitiamo Papa Benedetto al Parlamento europeo.
József Szájer (PPE-DE). - (HU) Signor Presidente, onorevoli colleghi, oggi, cinquanta anni fa, il 16 giugno 1958, Imre Nagy, Primo Ministro protagonista della rivoluzione e della lotta per la libertà del 1956, fu condannato e giustiziato in seguito ad un processo farsa sommario assieme al ministro della Difesa Pál Maléter e ai colleghi Miklós Gémes e József Szilágyi; Géza Losonczi fu invece ucciso mentre era ancora in carcere. I loro cadaveri, legati col fil di ferro e avvolti nella carta, furono bruciati con il volto rivolto verso il basso. Il loro processo fu uno dei fatti più vergognosi e una delle più grandi ingiustizie del XX secolo. Imre Nagy era un fervente comunista, eppure cercò di riportare il suo paese nell’alveo dell’Europa libera piuttosto che rimanere nella sfera sovietica. Ciò ne fece un eroe nazionale, un martire della rivoluzione, un politico di levatura europea. La sua statura morale ne fece un simbolo di libertà, nonché di un’Ungheria europea. La meritata traslazione del corpo di Imre Nagy non avvenne che il 16 giugno 1989, quando il regime comunista era crollato e l’Ungheria potè ricongiungersi alla famiglia delle nazioni libere europee. Il messaggio che inviano questi fatti è chiaro: era alla libertà e all’indipendenza cui l’Ungheria aspirava quando rovesciò il comunismo. E’ per questo che chi morì cinquanta anni fa diede la vita; il loro sacrificio non fu vano.
Martin Schulz (PSE). - (DE) Signor Presidente, ho ascoltato molto attentamente il parlamentare che è intervenuto prima dell’onorevole Szájer attaccando la mia collega, l’onorevole Magda Kósáné Kovács, in maniera del tutto fuori luogo.
L’onorevole Kovács è la mia vice in seno al comitato direttivo del gruppo socialista. Non è presente, il che significa che non può difendersi da questo attacco. So che l’onorevole Kovács è una convinta democratica e un’impegnata sostenitrice dell’unità europea. Non merita certamente di sentirsi rivolgere degli insulti da parte di parlamentari che vogliono regolare dei conti che possono esistere fra loro in Ungheria. I commenti in questione sono a mio avviso del tutto inopportuni, nonché un grave affronto nei confronti dell’onorevole Magda Kovács, un affronto che respingo con la massima avversione.
Brigitte Fouré (PPE-DE). – (FR) Signor Presidente, innanzi tutto vorrei esprimere il mio sostegno all’iniziativa della Commissione di concedere ai pescatori un aiuto di emergenza. Anche se tale aiuto non è certamente sufficiente per risolvere i problemi del settore, pare essere quantomeno necessario al momento. La situazione attuale è in effetti critica: nello spazio di un anno, il prezzo del gasolio è cresciuto da 35 a 73 centesimi al litro. Il conto da pagare per l’aumento del prezzo del petrolio è quindi salato e nella mia circoscrizione, la Baie de Somme, i pescatori di professione sono molto preoccupati e arrabbiati. A parte la questione dei prezzi petroliferi, i pescatori vogliono innanzi tutto vendere il proprio pesce al prezzo giusto e si oppongono ai margini ingiustificati incassati dagli intermediari. Questa è più di una crisi; si tratta di un problema strutturale per il settore della pesca, problema che dobbiamo affrontare a livello europeo. Come abbiamo visto, la protesta ha assunto proporzioni che coprono tutta l’Europa. Ciò è del tutto logico, visto che la politica per la pesca è una delle politiche più di vecchia data dell’Europa. Dobbiamo aiutare il settore della pesca a modernizzarsi, così che possa liberarsi dalle restrizioni che derivano dal prezzo del gasolio, rispettando al contempo il nostro impegno a tutelare l’ambiente e a gestire le risorse ittiche. Tenendo presente ciò, spero che la discussione plenaria prevista per mercoledì si concluderà con una risoluzione favorevole alla pesca europea, settore attualmente a rischio.
István Szent-Iványi (ALDE). - (EN) Signor Presidente, Chee Soon Juan è stato rilasciato dalla prigione di Queenstown a Singapore due giorni fa. E’ stato condannato e incarcerato diverse volte nel corso degli ultimi anni. Chee Soon Juan non è un criminale. Il “delitto” di cui si è macchiato è molto semplice: è il leader dell’opposizione democratica. Combatte ininterrottamente per la libertà e la democrazia del suo paese.
Dopo la sua ultima scarcerazione, i media di Singapore controllati dallo Stato hanno iniziato a discreditarlo, a distruggere la sua credibilità, con attacchi personali infondati e distruggendo la sua figura. Siamo fortemente solidali con Chee Soon Juan e con i suoi sostenitori, che lottano per la democrazia e i diritti umani a Singapore.
Facciamo appello alle autorità di Singapore affinché smettano di intimidire l’opposizione democratica, smettano di violare i diritti umani, e inizino a rispettare il diritto fondamentale della libertà di parola. Speriamo con vigore che Singapore si adegui al nostro forte desiderio di far sì che i diritti fondamentali siano rispettati.
Eoin Ryan (UEN). - (EN) Signor Presidente, la settimana scorsa il popolo irlandese ha preso una decisione democratica sul Trattato di Lisbona che deve essere rispettata appieno. Mentre molti di noi che hanno votato o fatto campagna a favore del sì sono delusi dal risultato, ritengo che sia importante riflettere su tale esito.
In risposta alle osservazioni dell’onorevole Batten, vorrei sottolineare che l’Irlanda non è antieuropea, bensì rimane totalmente devota all’idea europea. Siamo ben consci del fatto che l’Irlanda è uno dei 27 Stati membri, ma non si tratta di un problema esclusivamente irlandese, bensì di un problema di tutti gli Stati membri. L’Europa nel passato ha affrontato molte sfide, superandole grazie ad una leadership saggia e avveduta. Vorrei che qui si mostrasse la stessa leadership relativamente alla presente questione e alle sfide che fronteggiamo. Ci troviamo in acque inesplorate ed è a mio avviso molto importante evitare delle reazioni istintive o delle decisioni affettate. Occorre riflettere con maturità sul da farsi, in modo da poter affrontare appieno la presente situazione e cercare di riportare l’Europa sulla retta via, così che sia pienamente responsabile nei confronti dei cittadini.
Manolis Mavrommatis (PPE-DE). – (EL) Signor Presidente, gli uffici del Parlamento europeo negli Stati membri rappresentano la linea di comunicazione fra il Parlamento e i cittadini. Uno degli obiettivi principali di questi uffici è di informare l’opinione pubblica attraverso varie attività su quello che avviene nel Parlamento europeo. Una di queste attività consiste nell’invitare i giornalisti a venire a Strasburgo a coprire le sedute plenarie.
Il 24 gennaio 2008, signor Presidente, ho presentato un’interrogazione al Parlamento europeo sulla decisione di ridurre il bilancio stanziato per le visite dei giornalisti. Ciononostante, sono passati circa cinque mesi e non ho ancora ricevuto una risposta. Qualcosa di analogo sta accadendo anche ad altre commissioni, ovvero delle legittime interrogazioni presentate da deputati rimangono senza risposta. Mi chiedo se questa politica possa avere un effetto positivo sull’operato delle istituzioni parlamentari e dei dipartimenti competenti, in un momento in cui l’Unione europea necessita di procedure pienamente funzionanti, come previsto dal loro Regolamento.
Hélène Flautre (Verts/ALE). – (FR) Signor Presidente, vorrei richiamare l’attenzione dei miei colleghi sull’espulsione di Sami Essid dall’Italia verso la Tunisia il 3 giugno, in assoluta violazione degli impegni assunti dall’Italia nell’ambito della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e, in particolare, nell’ambito dell’articolo 3 di quest’ultima. Questo perché Essid è accusato di terrorismo e la Corte europea dei diritti dell’uomo ha stabilito aldilà di ogni ragionevole dubbio che tutte le persone accusate di terrorismo erano state torturate in Tunisia.
E’ per tale motivo che la Corte europea ha chiesto all’Italia di sospendere il provvedimento di espulsione. Ciononostante, l’Italia lo ha espulso il 3 giugno, violando così in modo flagrante i suoi impegni. Chiedo sia che l’Italia sia richiamata ai propri impegni in qualità di parte alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo nonché in qualità di Stato membro dell’Unione europea, sia assicurazioni che Sami Essid, adesso espulso verso la Tunisia, non vi sarà sottoposto a trattamenti inumani e degradanti.
(Applausi)
PRESIDENZA DELL’ON. MECHTILD ROTHE Vicepresidente
Bairbre de Brún (GUE/NGL). – (GA) Signora Presidente, il voto contrario al Trattato di Lisbona espresso dagli irlandesi giovedì scorso non era un voto contro l’Europa. Il posto dell’Irlanda è all’interno dell’Unione europea, dove ha riscosso benefici sociali ed economici - sia a nord che a sud - grazie alla sua appartenenza all’Unione stessa.
I cittadini erano preoccupati dall’indebolimento della voce dell’Irlanda, e di quella di altri paesi piccoli, in seno all’Unione europea; così come erano preoccupati da questioni come la neutralità e gli affari militari, i diritti dei lavoratori e i servizi pubblici. Tali preoccupazioni non sono state espresse solo fra le mura domestiche, bensì anche nei sondaggi d’opinione pubblicati nel corso della campagna. Il loro diritto automatico a tenere un referendum su dei cambiamenti di peso è anch’esso un fattore importante.
Alcune di tali questioni sono già state sollevate in Francia e nei Paesi Bassi. Dobbiamo affrontare queste preoccupazioni.
Csaba Sándor Tabajdi (PSE). - (HU) Signora Presidente, in qualità di deputato di un paese il cui parlamento, col sostegno di tutti i partiti politici, è stato il secondo a ratificare il Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa e il primo a ratificare il Trattato di Lisbona, vorrei ricordarvi che il pericolo maggiore in Europa attualmente è l’egoismo nazionale, o per meglio dire il nazionalismo. Dobbiamo considerare se dobbiamo premiare coloro che richiedono sempre di più, oppure se dobbiamo invece punire tale comportamento? La protezione degli interessi nazionali rappresenta un compito fondamentale di qualsiasi governo, di qualsiasi paese e dei suoi rappresentanti al Parlamento europeo, ma l’Unione europea non può funzionare a meno che non si giunga a dei compromessi sobri fra i diversi interessi nazionali, a patto che vi sia solidarietà fra le sue nazioni e i suoi popoli. Esorto pertanto i nostri amici polacchi a fornire il loro sostegno, come hanno fatto gli altri 26 Stati membri, per creare l’Istituto europeo di innovazione e tecnologia a Budapest. Per quanto riguarda Frontex a Varsavia, l’Ungheria sembrava essere anch’essa in ballo per un po’, ma non ha fatto uso del proprio veto. Sarebbe stato ingiusto pertanto se i nostri amici polacchi non si comportassero in maniera analoga. Gli ungheresi e i polacchi sono in buone relazioni; come dice l’adagio, “l’ungherese e il polacco, due amici per la pelle, insieme lottano e bevono vino”.
Presidente. − Questo punto dell'ordine del giorno è chiuso.
19. Revisione della direttiva quadro sui rifiuti (discussione)
Presidente. − L’ordine del giorno reca la raccomandazione in seconda lettura di Caroline Jackson, a nome della commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare, sulla posizione comune del Consiglio in vista dell’adozione di una direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive [11406/4/2007 – C6-0056/2008 – 2005/0281(COD)] (A6-0162/2008).
Caroline Jackson, relatrice. − (EN) Signora Presidente, dopo la sua decisione sul fatto che non vi è tempo per le mozioni d’ordine, andrò avanti col mio intervento sulla direttiva quadro sui rifiuti. E’ un po’ difficile farlo viste le premesse, ma non mi do per vinta.
Dal momento che recentemente sono apparsi alcuni commenti a questo riguardo nella stampa britannica, vorrei cominciare richiamando ancora una volta l’attenzione sulla mia dichiarazione di interessi, che ho fatto in via ufficiale, e che menziona la mia appartenenza al comitato consultivo ambientale di Shanks plc, società che gestisce un ampia gamma di tecnologie nel campo dei rifiuti nel Regno Unito e sul continente; lo scopo principale di tale comitato consultivo ambientale è garantire delle verifiche indipendenti dell’attività dei suoi stabilimenti.
Fra gli altri membri del comitato vi sono il presidente del comitato consultivo scientifico dell’Unione europea dei rischi sanitari emergenti e recentemente identificati e un membro di Green Alliance.
Come molti parlamentari, apprezzo il fatto che questo tipo di esperienza mi ha consentito di apprendere quali sono le questioni e i problemi che riguardano l’industria in oggetto e tutti coloro che vi lavorano.
Per quanto riguarda la direttiva, il percorso che ha portato alla seconda lettura è stato lungo e tortuoso, e vorrei congratularmi con i colleghi che mi hanno sostenuto lungo tutto questo percorso. Si tratta di una questione molto importante. Svariate sentenze della Corte di giustizia sullo stato dei rifiuti destinati al trattamento in stabilimenti per il recupero dell’energia dai rifiuti necessitavano di precisazioni e di nuove definizioni. Due direttive preesistenti sui rifiuti pericolosi e sui residui di oli sono state abrogate e le loro disposizioni incorporate nella direttiva quadro sui rifiuti. Tuttavia, il comitato non era soddisfatto delle proposte originali, e ha trasformato la direttiva da un atto di carattere tecnico in un atto di campagna. Mi congratulo con i miei colleghi al riguardo.
Devo dire che il morale in seno al Consiglio era molto basso, riflettendo probabilmente il periodo economico che stiamo attraversando. E’ stata opposta molta resistenza a quello che volevamo fare, ed è stata dura negoziare con il Consiglio, ma ecco cosa abbiamo conseguito.
In primo luogo, abbiamo aggiunto al testo degli obiettivi nel campo del riciclaggio. Questo è un risultato molto importante, dal momento che tali obiettivi non erano inclusi nella proposta originale, e questa è la prima volta che degli obiettivi in materia di riciclaggio per i rifiuti domestici fanno la comparsa nella normativa europea, e tale merito è da attribuire interamente al Parlamento.
Il nuovo articolo 8a richiede che gli Stati membri assumano le misure necessarie per raggiungere entro il 2020 un tasso generale di riciclaggio del 50% per carta, metallo, plastica e vetro da rifiuti domestici o simili. Vi sono alcuni Stati membri, come la Germania, per i quali ciò rappresenta un obiettivo conservatore, ma vi sono molti Stati membri per i quali ciò rappresenta un obiettivo molto ambizioso, e dobbiamo tenerne conto.
Lo stesso articolo prescrive inoltre che entro il 2020 il 70% dei rifiuti da costruzione e da demolizione siano riciclati. I Verdi ed i loro sostenitori ritengono che gli obiettivi non siano realistici. Possono anche crederlo, ma respingono (sorprendentemente) quelle che sono le loro stesse conquiste. La Commissione ha pubblicato una dichiarazione che contribuisce al raggiungimento di tali obiettivi, e il Commissario Dimas ve lo confermerà. La dichiarazione afferma con una certa chiarezza che, se gli obiettivi non saranno raggiunti entro il 2020, ciò costituirà per la Commissione una prova di peso che uno Stato membro non ha adottato le misure necessarie per raggiungere gli obiettivi. Su tale base, confortata dalle conclusioni delle relazioni intermedie nazionali triennali, la Commissione può citare gli Stati membri dinanzi alla Corte per inadempienza degli obblighi previsti dalla direttiva.
Forse per i Verdi è importante mostrarsi non soddisfatti, poiché i Verdi sono eterni militanti, ma dovrebbero comunque tenere in una qualche considerazione quanto detto dalla Commissione nella suddetta dichiarazione.
In secondo luogo, abbiamo aggiunto delle nuove disposizioni sulla prevenzione dei rifiuti, nell’articolo 8a. Tali disposizioni implicano che la Commissione deve riferire sull’evolversi della produzione di rifiuti e sull’estensione della prevenzione dei rifiuti entro il 2011, ed entro il 2014 dovrà produrre delle proposte per la prevenzione dei rifiuti, nonché per gli obiettivi di dissociazione per il 2020. Si è rivelato impossibile ottenere il consenso del Consiglio o della Commissione sugli obiettivi quantitativi in materia di prevenzione dei rifiuti nell’ambito della presente direttiva, in parte perché i dati necessari per tali obiettivi non sono disponibili, ma il Parlamento, attraverso i suoi emendamenti, ha creato un terreno adatto per una politica futura che includa degli obiettivi in materia di prevenzione dei rifiuti.
Il nuovo articolo rappresenta pertanto un risultato significativo. Si tratta di una base di partenza per chi verrà dopo di noi. Non possiamo fare tutto con la presente direttiva, ma dobbiamo passare il testimone ai nostri successori nel decennio a venire.
In terzo luogo, per la prima volta, abbiamo ritagliato alla famosa gerarchia europea dei rifiuti un posto all’interno della normativa dell’Unione europea. E’ da anni che parliamo di questa tematica, ma se si prende una qualsiasi normativa europea non se ne trova traccia. Tuttavia, ciò cambierà a breve, e possiamo festeggiare una piccola vittoria, essendo riusciti a strappare il consenso del Consiglio sul fatto che la gerarchia debba essere considerata alla stregua di un “ordine di priorità” nel campo della prevenzione e della gestione dei rifiuti.
In quarto luogo, abbiamo ottenuto il consenso sul fatto che occorra dare maggiore importanza alla gestione dei rifiuti pericolosi, come richiesto da diversi colleghi.
In quinto luogo, abbiamo anche fatto in modo che si continui a dare priorità alla rigenerazione dei residui di oli, anche se non vi era il sostegno per arrivare ad una politica (che era l’obiettivo di alcuni colleghi) che avrebbe reso la rigenerazione obbligatoria in tutti gli Stati membri. Abbiamo ottenuto il sostegno del Consiglio relativamente all’emendamento presentato dall’onorevole Hennicot-Schoepges e da altri deputati mirato a facilitare l’uso da parte delle PMI dell’elenco di rifiuti, e abbiamo inoltre ottenuto il sostegno in relazione ad un nuovo articolo sui rifiuti biodegradabili.
In conclusione, la direttiva indica i criteri di efficienza energetica per l’incenerimento, dove il recupero energetico è classificato non come smaltimento ma come operazione di recupero. Si tratta del miglior accordo possibile. Chiunque pensasse che possiamo ottenere risultati migliori ricorrendo alla conciliazione si illude. Per dirla con Jack Nicholson, “questo è quanto di meglio si può ottenere”.
Stavros Dimas, Membro della Commissione. − (EL) Signora Presidente, onorevoli deputati, vorrei innanzi tutto rivolgere le mie congratulazioni alla relatrice, l’onorevole Jackson, per il suo eccellente contributo alla revisione della direttiva quadro sui rifiuti, nonché ai relatori ombra e alla commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare per il loro contributo positivo e costruttivo.
Con la presente direttiva la Comunità adotta il primo, sostanziale passo verso la creazione di una società del riciclaggio. La direttiva introduce un approccio moderno alla gestione dei rifiuti, trattando i rifiuti come materie prime, dando delle definizioni più precise, producendo delle normative semplificate e dei nuovi ed ambiziosi obiettivi.
Grazie all’incorporamento delle disposizioni delle direttive sui rifiuti pericolosi e sugli oli usati, questa direttiva rappresenta un contributo allo sforzo più generale volto a migliorare la normativa e a semplificare l’acquis communautaire. Il prossimo passo, ovviamente, sarà la sua corretta attuazione.
I considerevoli sforzi e la perseveranza del Parlamento sono stati premiati. Non è stato facile persuadere gli Stati membri ad accettare i nuovi obiettivi nel campo del riciclaggio e ottenere il loro consenso sugli obiettivi relativi alla prevenzione nel campo dei rifiuti. Tuttavia, siamo riusciti appieno nel nostro intento.
Sono stati espressi alcuni dubbi relativamente al fatto se tali obiettivi saranno implementati dagli Stati membri o meno. Vorrei sottolineare che, con l’attuale formulazione degli obiettivi quantitativi, la Commissione ha il potere e la volontà politica di citare gli Stati membri dinanzi alla Corte di giustizia nei casi in cui questi non abbiano adottato le misure necessarie per il raggiungimento degli obiettivi di riciclaggio.
Il Parlamento ha incorporato molti altri punti significativi nel testo della direttiva, fra i quali vi sono la gerarchia di cinque categorie di rifiuti, nuove disposizioni sulla raccolta separata dei rifiuti biodegradabili e dei rifiuti pericolosi, e numerose precisazioni molto utili. Tali punti arricchiscono la proposta iniziale della Commissione e ne migliorano il testo, facendone uno strumento normativo ambizioso per le generazioni future. Il fatto che sia stato possibile raggiungere un consenso in seconda lettura è naturalmente motivo di grande soddisfazione. Vorrei sottolineare ancora una volta il ruolo costruttivo del Parlamento europeo in questo processo.
La presente direttiva crea un nuovo quadro per la gestione dei rifiuti e fornisce una base solida per altre iniziative politiche comunitarie. La Commissione europea è in una posizione che le permette di sostenere il pacchetto di compromesso volto a raggiungere un accordo in seconda lettura.
John Bowis, a nome del gruppo PPE-DE. – (EN) Signora Presidente, l’onorevole Caroline Jackson ha fatto riferimento ad una citazione, se non sbaglio di Jack Nicholson. Conoscendo la sua abilità nel golf, ho pensato che fosse di Jack Nicklaus, ma senza dubbio sarebbe stata una citazione dal senso analogo: “questo è quanto di meglio si può ottenere”. Si tratta di un grande tributo alla nostra relatrice e la saluto a nome del nostro gruppo.
Dobbiamo darle il nostro sostegno e passare ai fatti. Le cose non sono messe così bene come ci avremmo potuto credere. Tuttavia, abbiamo fatto dei progressi enormi. Signor Commissario, tocca a lei adesso far sì che la direttiva sia attuata e che le disposizioni sulla prevenzione che ne derivano siano portate in linea con l’obiettivo del 2014. So che metterà in moto questo processo, aspetto anch’esso importante.
E’ importante perché abbiamo avuto tutta una serie di proposte sui rifiuti da quando faccio parte di questo Parlamento: ci siamo occupati di autoveicoli, apparecchiature elettriche ed elettroniche, batterie, imballaggi e via dicendo. Tuttavia, i rifiuti continuano a crescere; crescono più rapidamente di quanto non crescano le nostre economie. I tassi di crescita più alti vengono registrati in settori come quello dei rifiuti urbani, ed è per questo motivo che dobbiamo agire.
Il mio paese rappresenta uno degli esempi peggiori nel campo dei rifiuti, mentre i Paesi Bassi rappresentano l’esempio più virtuoso. Tuttavia, dobbiamo tutti recuperare terreno, dobbiamo riciclare di più per soddisfare i criteri della gerarchia: dobbiamo raggiungere gli obiettivi nel campo del riciclaggio nonché in quello della prevenzione e via dicendo. A mio avviso questo provvedimento ci indirizzerà su una strada migliore di quella percorsa finora, con la nostra economia degli sprechi, la nostra società degli sprechi e le nostre politiche degli sprechi.
Guido Sacconi, a nome del gruppo PSE. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, io sono aiutato dal fatto che la sig.ra Jackson e poi anche il Commissario Dimas hanno illustrato perfettamente i contenuti principali di questo compromesso, che anch'io sostengo. Quindi mi sarà consentito fare una riflessione eminentemente politica.
Io sono un negoziatore e mi pongo sempre il problema se il compromesso che si è raggiunto è davvero valido o meno. E quindi mi sono riletto i testi a mente fredda, dopo la notte della trattativa. Chissà perché le trattative bisogna sempre che finiscano di notte. Vale meno un accordo fatto alla mattina? Anche su questo vale la pena di riflettere. E sinceramente – lo dico agli amici Verdi e della GUE, ma lo dico anche all'amico Florenz, che ho visto ripresentare un emendamento della commissione ambiente che portava la mia firma e che quindi io non posso non condividere – sinceramente, analizzando i testi, quello del compromesso e quello della commissione ambiente, noi davvero abbiamo ottenuto – sig.ra Jackson a lei va il merito principalissimo – un risultato inimmaginabile.
Lo sappiamo o no che nella proposta della Commissione e poi nella posizione comune non c'era niente sul riciclaggio? Niente, se non un considerando in cui si citava questa società del riciclaggio, non meglio precisata. Non c'era niente! Ora usciamo con dei target precisi; usciamo con una revisione al 2014 che potrà comprendere altri materiali oggi non previsti; usciamo con una certezza giuridica, che ci veniva confermata anche ora dal Commissario Dimas, circa la possibilità di sanzionare gli Stati che non mettano in atto le misure previste per raggiungere questi obiettivi.
Mi pare un fatto di grande importanza. Di grande importanza è anche aver messo finalmente in moto un processo politico e giuridico per obbligare gli Stati a darsi dei veri piani di prevenzione dei rifiuti, così come avere finalmente inserito in una normativa europea, con carattere giuridico vincolante, una gerarchia del trattamento dei rifiuti rispettosa dell'ambiente, tale da fare dei rifiuti non solo un problema ma una risorsa.
In tutta onestà, quindi, e in pieno senso di responsabilità, io credo che non accogliere questo compromesso e andare a un'avventurosa conciliazione non è fare l'interesse dei cittadini europei, ma affidare a una specie di roulette russa il conseguimento e la fissazione di questi obiettivi che invece qui sono chiari e assolutamente incontrovertibili.
Mojca Drčar Murko, a nome del gruppo ALDE. – (EN) Signora Presidente, col presente testo speriamo di invertire la tendenza a produrre più rifiuti di quanti non possiamo riciclare. Ciò è il risultato di diversi anni di dibattiti e del fatto che si è tenuto conto della realtà dei due gruppi principali di Stati membri in materia di sistemi di gestione dei rifiuti: gli Stati che riciclano e gli Stati che fanno affidamento sulle discariche.
Il compromesso così ottenuto deve essere visto in quest’ottica. Per la prima volta, alla prevenzione e al riciclaggio è stato conferito un ruolo fondamentale nella direttiva. Inoltre, il testo include le dinamiche necessarie per adattarsi a obiettivi più alti, nonché a obiettivi relativi a nuovi flussi di rifiuti. Si tratta di un compromesso all’insegna di un attento equilibrio, di un obiettivo realistico e raggiungibile. Per quanto riguarda gli emendamenti, riteniamo che nel complesso non mettano in pericolo l’accordo raggiunto.
Per quanto riguarda i sottoprodotti - l’articolo nel contenuto nel corpo della direttiva e l’articolo su quando un rifiuto cessa di essere tale - la maggior parte dei critici temono il recupero fittizio. Dal momento che sulla questione non vi è unità di vedute a livello internazionale, il pericolo è reale. E’ pertanto necessario chiarire che la Commissione farà uso delle linee guida del febbraio 2007 per impedire che ciò avvenga.
Sarei grata se oggi il Commissario Dimas ci potesse dare delle assicurazioni sul fatto che una sostanza o un oggetto sarà spedito come sottoprodotto al di fuori della Comunità solo una volta che le condizioni dell’articolo 4(1) saranno soddisfatte all’interno della Comunità.
Lo stesso vale per quando un rifiuto cessa di essere tale. Se un determinato rifiuto cessa di essere tale, la sostanza o l’oggetto che ne deriva può essere trasportata in quanto tale al di fuori della Comunità solo una volta che le condizioni dell’articolo 5 sono soddisfatte all’interno della Comunità. Ciò renderebbe a molti deputati molto più facile votare a favore del compromesso.
Per concludere, vorrei ringraziare la relatrice, nonché i relatori ombra, per la fruttuosa cooperazione al servizio dei cittadini europei.
Jill Evans, a nome del gruppo Verts/ALE. – (EN) Signora Presidente, vorrei anch’io ringraziare l’onorevole Jackson. Pur essendovi disaccordo fra noi sull’imposta, non vi è alcun dubbio sul fatto che la cooperazione è stata eccellente nel corso di tutte le discussioni. Oggi non siamo soddisfatti, anche se vorrei poterlo dire, e vorrei addurre alcune spiegazioni sul perché.
Abbiamo dato il nostro sostegno a trenta degli emendamenti di compromesso e ne abbiamo presentati degli altri per cercare di consolidare il compromesso nei settori dei rifiuti pericolosi, di quando un rifiuto cessa di essere tale, dei sottoprodotti e della raccolta separata dei rifiuti biodegradabili. Ma fin dall’inizio, le principali questioni a nostro avviso erano l’adozione di obiettivi vincolanti sulla riduzione dei rifiuti e sul riciclaggio, nonché l’opposizione alla riclassificazione dell’incenerimento ai fini del recupero energetico. Il compromesso definitivo non presenta un obiettivo giuridicamente vincolante per la riduzione dei rifiuti. Uno studio sulla prevenzione nel campo dei rifiuti non rappresenta un’alternativa alle misure di stabilizzazione, la continua crescita dei rifiuti non è sostenibile e senza il presente provvedimento continuerà a crescere.
Mentre gli obiettivi in materia di riciclaggio e riutilizzo sono stati fissati al 50 per cento e al 70 per cento, e gli Stati membri sono vincolati giuridicamente ad adottare misure per raggiungere tali obiettivi, gli stessi obiettivi non sono vincolanti. Sono grata per la spiegazione fornitaci dal Commissario Dimas, ma perché vi è stata una tale discussione sulla formulazione? La ragione era che si voleva evitare di rendere tali obiettivi vincolanti.
I rifiuti produttivi ed industriali, che hanno un enorme potenziale in termini di riutilizzo e riciclaggio, sono stati esclusi in blocco. L’incenerimento non può essere considerato un’opzione di gestione dei rifiuti alla pari del riciclaggio e del riutilizzo; ciò non farà che attrarre più investimenti sugli inceneritori e comprometterà direttamente la gerarchia dei rifiuti. Se si giungerà ad un compromesso debole, l’Unione europea avrà perso l’occasione per agire e assumere la guida nel campo della politica dei rifiuti, in un momento in cui ne abbiamo un bisogno estremo.
Bairbre de Brún, a nome del gruppo GUE/NGL. – (GA) Signora Presidente, vorrei ringraziare l’onorevole Jackson per il suo lavoro. Abbiamo collaborato fruttuosamente per apportare delle migliorie alla proposta originaria della Commissione, anche se non concordiamo su tutto.
Molti cittadini europei sono preoccupati dalla proposta di “rietichettare” gli inceneritori come una forma di recupero, qualora questi soddisfino determinati criteri di efficienza. Rimaniamo contrari alla “rietichettatura” del processo di incenerimento e abbiamo presentato un emendamento che ne prevede lo stralcio.
Per quando riguarda il riciclaggio, l’ultimo compromesso presentato fissa degli obiettivi che potrebbero essere molto difficili da realizzare a causa della formulazione vaga: “gli Stati membri devono adottare le misure necessarie volte a raggiungere gli obiettivi di riciclaggio.”
Una buona normativa richiede maggior precisione nel formulare gli obiettivi, in modo da non lasciare spazio per interpretazioni alla Corte di giustizia. E’ per tale motivo che vogliamo difendere e mantenere la formulazione votata in seno alla commissione.
Le proposte sulla prevenzione nel campo dei rifiuti si sono indebolite al punto che non potranno fornire un contributo sostanziale o aiutare gli Stati membri a stabilizzare e a ridurre i loro rifiuti. La debolezza del riferimento agli obiettivi di prevenzione significa che un’iniziativa di prevenzione armonizzata non è ancora prevista dalla normativa.
Pertanto, possiamo essere i cofirmatari di parte del lavoro che abbiamo fatto insieme. Tuttavia, relativamente ad altre parti, riteniamo di dover presentare degli emendamenti. Ancora una volta, vorrei ringraziare l’onorevole Jackson per la sua apertura e il suo approccio inclusivo nei confronti dei relatori ombra.
(Applausi)
Johannes Blokland, a nome del gruppo IND/DEM. – (NL) Signora Presidente, la commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare ha prodotto un’ottima relazione sotto forma di raccomandazione per la seconda lettura. Mi riferisco soprattutto al rilievo dato alla gerarchia dei rifiuti, all’eliminazione della categoria dei sottoprodotti, all’approccio cauto nei confronti del concetto di cessazione della qualifica di rifiuto, nonché alle norme per la protezione dei rifiuti pericolosi e agli obiettivi in materia di prevenzione, riutilizzo e riciclaggio.
L’unico aspetto negativo della relazione della commissione per l’ambiente è l’emendamento che promuove l’incenerimento dei rifiuti considerandolo un utilizzo efficiente, ammesso che venga recuperata abbastanza energia.
Nel risultato ottenuto dopo due mesi di negoziati non rimaneva molto della raccomandazione fatta dalla commissione per l’ambiente, e ciò non dipendeva dal relatore, ma dalla posizione intransigente del Consiglio.
L’articolo sui sottoprodotti non è stato emendato e gli Stati membri possono decidere di loro iniziativa quando un rifiuto cessa di essere tale, con tutte ciò che ne consegue di negativo. Inoltre, non sono stati fissati obiettivi di prevenzione, e gli obiettivi di riutilizzo e riciclaggio sono notevolmente indeboliti. E’ per tali motivi che non ho dato il mio sostegno al pacchetto di compromesso. Tuttavia, spero che adotteremo comunque le parti migliori della relazione della commissione per l’ambiente durante la votazione di domani. Mi riferisco in particolare agli emendamenti del gruppo GUE/NGL e dei Verdi. L’ambiente merita che affrontiamo un’altra procedura di mediazione a causa di esso, nella quale spingere il Consiglio ad apportare i miglioramenti necessari. Se noi del Parlamento saremo convincenti dovrebbe essere possibile, con la guida dell’onorevole Jackson, fare più di quanto non stiamo facendo. Vorrei ringraziare l’onorevole Jackson e gli altri relatori ombra per la loro eccellente cooperazione e spero che la votazione di domani avrà un esito positivo.
Luca Romagnoli (NI). - Signor Presidente, onorevoli colleghi, apprezzo e sostengo tutti gli emendamenti che mirano all'introduzione di obiettivi indispensabili alla prevenzione ai fini del miglior riciclaggio. E ovviamente condivido anche l'insistenza su una precisa gerarchia dei rifiuti e sulla sua articolazione. Certamente è anche indispensabile procedere su dati statisticamente certi e comparabili per poter ragionare tanto in termini di prevenzione quanto di riciclaggio dei reflui industriali.
Cari colleghi, ritengo che proprio noi in Parlamento dobbiamo sostenere decisamente che sia applicato come regola generale il principio della gerarchia, piuttosto di quanto richiesto dal Consiglio, che preferirebbe invece il principio guida. La direttiva deve in fondo chiarire quali criteri si possano adottare per eventuali deroghe, che devono comunque, a mio giudizio, alla bisogna essere inquadrate in modo ordinato e distinto, senza che vi siano incertezze su cosa significhi recupero e ciò che significa smaltimento dei rifiuti.
Concordo con la relatrice che gli impianti di recupero energetico svolgono una funzione importante nel trattamento dei rifiuti residui e che oggi, vista la dipendenza che ha l'Unione europea dall'energia d'importazione insicura da tante altre parti del mondo, ci pone di fronte ad una scelta importante anche in materia. Concludo dicendo che apprezzo anche le modifiche relative alla rigenerazione degli olii esausti, che in una prima fase erano state invece tolte.
Karl-Heinz Florenz (PPE-DE). - (DE) Signora Presidente, signor Commissario, mi si consenta di dire all’onorevole che non sono soddisfatto del compromesso raggiunto, ma ciò non è da attribuirsi a qualche pecca nelle capacità di negoziatrice dell’onorevole Jackson. In questa occasione, devo dire al Commissario Stavros Dimas che, una volta tanto, il mio disappunto è diretto nei confronti della Commissione.
Nel caso degli aeromobili, dell’industria e degli autoveicoli, la Commissione è estremamente rigorosa, battendosi per ogni singolo grammo di emissioni di CO2 che può essere ridotto, e a buona ragione. Nel caso della politica di gestione dei rifiuti, tuttavia, l’anidride carbonica non è assolutamente considerata. I dati a disposizione indicano una riduzione potenziale di 100 milioni di tonnellate di CO2. Si tratta di un’occasione d’oro, ma in questo documento è stata gettata alle ortiche.
Il secondo motivo di rammarico è che siamo diventati una sorta di cementificio: invece di cercare un’armonizzazione riempiamo le divergenze in Europa con colate di cemento. Definiamo sì degli obiettivi, ma essi non sono vincolanti. Nel corso dei prossimi 20 anni non raggiungeremo nessun obiettivo che sia veramente improntato all’armonizzazione in Europa. Ecco cosa mi disturba di questa relazione. Venti anni rappresentano quasi mezza generazione. Dovremmo essere molto più innovativi, e avremmo dovuto esserlo nel passato.
Signor Commissario, a mio avviso vi è un solo problema principale, vale a dire l’articolo 14. Sarei lieto se potesse soffermarsi maggiormente su tale disposizione. In uno Stato federale, essa costituirebbe un aspetto estremamente complesso. Si tratta della questione della gestione di rifiuti mista o non mista e di come tale questione viene conciliata col principio di autosufficienza. Le chiedo in tutta serietà di esprimere la sua posizione al riguardo nelle sue osservazioni conclusive.
Ovviamente, al momento attuale, una o due persone diranno che dobbiamo raggiungere un’ampia maggioranza, ma se tali questioni non saranno risolte, alcuni fra i grandi paesi si troveranno di fronte al dilemma di come votare. La prego di considerare che non solo abbiamo la lettura di domani; abbiamo anche una terza lettura, e 64 emendamenti sono un po’ tanti per una procedura di conciliazione.
Pertanto, signor Commissario, se vorrà spendere qualche parola su tali questioni irrisolte, penso che potremmo pervenire ad un risultato positivo.
Gyula Hegyi (PSE). - (EN) Signora Presidente, in Europa ricicliamo attualmente solo il 27 per cento dei nostri rifiuti, mentre quasi metà dei nostri rifiuti finisce nelle discariche. Ciò dimostra che dobbiamo cambiare alla base la nostra gestione dei rifiuti. Dobbiamo soprattutto promuovere la prevenzione nel campo dei rifiuti, consolidare il riutilizzo ed il riciclaggio, nonché ridurre al minimo la quantità di rifiuti che va a finire nelle discariche. Accolgo pertanto con favore il fatto che, dopo qualche discussione, la gerarchia sia stata mantenuta nel nuovo testo di compromesso.
Per quanto riguarda la prevenzione (il principale obiettivo della normativa), gli obiettivi di stabilizzazione sono assenti dall’ultimo testo, ma li avevamo adottati in prima lettura. Nei vecchi Stati membri una persona produce quasi il doppio di rifiuti domestici - 570 kg all’anno - di una persona nei nuovi Stati membri - da 300 a 350 kg all’anno. Le nazioni ricche devono pertanto iniziare per prime a ridurre la produzione di rifiuti.
La quantità di rifiuti generati sta crescendo in tutta Europa. I programmi di prevenzione, così come sono proposti nel compromesso, non sono quindi sufficienti: dobbiamo fissare degli obiettivi vincolanti per frenare la crescente produzione di rifiuti. E’ per questo motivo che intendo votare a favore dell’emendamento n. 48, che reintroduce l’obiettivo di stabilizzazione dei rifiuti. Accolgo con favore il riutilizzo obbligatorio dei rifiuti e gli obiettivi di riciclaggio, ma temo che il nuovo testo, il quale recita che gli Stati membri “devono adottare le misure necessarie” per realizzare gli obiettivi non sia sufficiente. Abbiamo bisogno di obiettivi concreti, attuabili e vincolanti, sia per i rifiuti domestici che per quelli industriali. Propongo perciò di sostenere l’emendamento n. 82, per far sì che gli obiettivi di riciclaggio siano attuati.
In calce alle osservazioni fatte, vorrei congratularmi per la relazione e il lavoro dell’onorevole Jackson, del mio amico, l’onorevole Guido Sacconi e di altri.
Chris Davies (ALDE). - (EN) Signora Presidente, quello a cui siamo giunti è il migliore compromesso possibile, come dice la relatrice, e a lei vanno le mie congratulazioni per quanto ha conseguito. A volte le vittorie strappate alle tre del mattino durante una sessione di conciliazione non possono essere ottenute in altri momenti nel corso dei negoziati.
Noi tutti riconosciamo che le dimensioni della montagna di rifiuti che produciamo deve essere ridotta. Un supermercato ha recentemente annunciato che entro il 2012 intende ridurre l’utilizzo degli imballaggi del 25 per cento e l’utilizzo di buste del 33 per cento. Inoltre, tale supermercato intende convertire i rifiuti di cibi attraverso la fermentazione anaerobica, ridurre il numero di materiali utilizzati negli imballaggi a solo quattro materiali facili da riciclare o trasformare in compost e stampare dei simboli elementari su tutti gli imballaggi per rendere più facile ai clienti riciclare o trasformare in compost i propri rifiuti.
Ora, tutto ciò è riconducibile ad una questione di volontà politica. La riduzione dei rifiuti è una questione di volontà politica che può essere rafforzata dalla normativa comunitaria.
Il mio sospetto è che avremmo potuto convincere il Consiglio ad anticipare la data entro la quale pubblicherà delle proposte per la riduzione dei rifiuti dal 2014 a qualche anno prima. Il Parlamento ha fatto bene il suo lavoro, ma forse avrebbe potuto fare di meglio.
Hiltrud Breyer (Verts/ALE). - (DE) Signora Presidente, onorevoli colleghi, la proposta si è rivelata una delusione. Chiaramente, non siamo riusciti a soddisfare la domanda di maggior impegno per affrontare il cambiamento climatico e conservare le risorse. Sappiamo che, secondo le previsioni dell’Agenzia europea dell’ambiente, il volume di rifiuti crescerà del 50 per cento entro il 2020. Sotto tale aspetto, il fatto che non siano stati prescritti livelli vincolanti di stabilizzazione o obiettivi vincolanti di riciclaggio rappresenta un fallimento, una cessione di fronte alle pressioni degli Stati membri. La conseguenza di tali pressioni è stata che lo strumento richiesto è stato palesemente annacquato.
Un altro motivo di delusione è che l’incenerimento sta sempre più diventando l’ultima ratio, alle spese della riduzione del volume dei rifiuti prodotti. Le quote di riciclaggio in oggetto e la stabilizzazione del volume di rifiuti prodotti sarebbero servite esattamente al fine di riequilibrare tale squilibrio. Spero che, mediante degli emendamenti, possiamo ancora apportare alcuni miglioramenti alla bozza e fare ciò di cui vi è bisogno, ovvero formulare il tipo di politica ambiziosa di gestione dei rifiuti di cui abbiamo bisogno nell’Unione europea.
Roberto Musacchio (GUE/NGL). - Signor Presidente, onorevoli colleghi, mi dispiace ma devo esprimere delle critiche per alcuni compromessi raggiunti che rischiano di tradire, almeno in parte, ciò che il Parlamento aveva votato molto bene in prima lettura.
E mi dispiace perché questi peggioramenti sono stati voluti per forza dal Consiglio ed essi sono sbagliati e pericolosi. Lo voglio dire dal punto di vista di osservazione che io vivo in Italia. L'Italia è purtroppo in questo caso il cattivo esempio di una gestione dei rifiuti che non ha rispettato né lo spirito né la lettera della normativa europea, che in modo consolidato da tempo propone una gerarchia virtuosa che va dalla riduzione al riciclaggio.
Questa gerarchia va rafforzata con obiettivi quantificati e certi – appunto di riduzione e di riciclaggio – anche per i rifiuti industriali, e non indebolita, come in parte accade, lasciando spazio a politiche di smaltimento che ne tradiscono la filosofia. L'Italia, ad esempio, ha incentivato in questi anni con miliardi di euro la pratica di incenerire i rifiuti, con risultati che sono di fronte agli occhi di tutti e non sono certo positivi.
Jim Allister (NI). - (EN) Signora Presidente, in tutta Europa, gli Stati membri si ritrovano a fronteggiare dei prezzi energetici che sono schizzati verso l’alto. Per tale motivo ritengo che considerare i rifiuti come un carburante potenzialmente importante sia al contempo ragionevole e necessario. E’ sicuramente una situazione dalla quale possiamo solo guadagnare, poiché ci permette di risolvere il problema delle nostre montagne di rifiuti e di fornire una fonte di energia alternativa, soprattutto alla luce della crisi energetica e della crescente dipendenza da forniture di petrolio insicure.
Non comprendo quindi la reticenza di certi ad accettare il palese vantaggio della promozione dei rifiuti come fonte di energia. Il mio timore è che alcuni colleghi siano così attaccati ai loro dogmi pro-riciclaggio e anti-incenerimento che sacrificherebbero al loro altare la possibilità di generare calore ed energia dai rifiuti. A mio avviso, essi sono nel più assoluto torto su questo punto.
Passando a un punto correlato a quanto detto fin qui, vorrei dire che sono decisamente a favore di una definizione quanto più precisa possibile di “recupero” nell’ambito della direttiva, chiarendo una volta per tutte sul fatto che l’energia ottenuta dai rifiuti rappresenta un recupero e non uno smaltimento dei rifiuti. Tale concetto deve essere applicato soprattutto al nostro settore agricolo, dove esiste un grande potenziale al riguardo.
Françoise Grossetête (PPE-DE). – (FR) Signora Presidente, innanzi tutto vorrei ringraziare di cuore la nostra relatrice, l’onorevole Caroline Jackson, per il notevole lavoro da lei svolto, che riflette la profonda conoscenza che ha della delicata questione della gestione dei rifiuti. Vorrei inoltre congratularmi con lei per aver prestato un così attento ascolto durante tutto il corso dei negoziati, grazie al quale abbiamo raggiunto un difficile compromesso col Consiglio e la Commissione.
Abbiamo una nuova direttiva che cerca di chiarire una serie di punti. Accogliamo con favore la gestione e la gerarchia dei rifiuti, nonché gli ambiziosi obiettivi nel campo del riciclaggio fissati dagli Stati membri (il 50 per cento dei rifiuti domestici entro il 2020). La gestione dei rifiuti deve basarsi sulla prevenzione, il riutilizzo, il riciclaggio, il recupero e, infine, lo smaltimento, e tale gerarchia deve fungere da principio guida. E’ inoltre importante che gli inceneritori siano soggetti ai criteri di efficienza energetica, come previsto nel testo, a patto ovviamente che l’incenerimento sia utilizzato solo nei casi in cui nessun altro metodo è praticabile.
Partendo da tali presupposti, ritengo positivo che il testo dia disposizioni relativamente a controlli molto severi sui rifiuti pericolosi e su delle misure più rigorose in materia di tracciabilità.
Ciò rappresenta ovviamente un compromesso: avremmo voluto ottenere di più su alcuni punti, come l’inclusione di criteri ambientali nella definizione di recupero e lo stabilire condizioni più rigorose per quando un rifiuto cessa di essere tale; vi è poi la questione dei sottoprodotti, dove la definizione presenta alcuni problemi. Tuttavia, dobbiamo assolutamente sostenere questo compromesso perché sappiamo benissimo che è stato difficile da raggiungere e che, affrontando la questione in sede di conciliazione, avremmo corso il rischio di essere sconfitti e allungare notevolmente la procedura. Dobbiamo comprendere che, poiché la politica europea in materia di rifiuti è stata finora un fallimento, è preferibile concordare una soluzione che sia ragionevole, e la Commissione europea deve vigilare sulla corretta attuazione della presente direttiva. Vedremo se riusciremo a spingerci oltre fra qualche anno.
Anne Ferreira (PSE). – (FR) Signora Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, per quanto mi riguarda non sono soddisfatta né della forma né della sostanza del presente testo di compromesso.
Per quanto concerne la forma, a mio parere non possiamo fare il nostro lavoro quando, dopo aver trascorso due anni a lavorare sulla stesura di un testo, vediamo che le decisioni definitive, che rappresentano solo degli adattamenti, sono adottate in silenzio, vanno ben oltre quello che è stato adottato dalla commissione per l’ambiente e vengono presentate ai parlamentari qualche ora prima della votazione.
Per quanto riguarda la sostanza, il presente testo di compromesso rappresenta un tentativo di aggirare le proprie responsabilità, e non dà una definizione chiara di recupero, non cerca più di stabilizzare il volume dei rifiuti, non fissa più obiettivi ambiziosi in materia di riciclaggio e riflette purtroppo l’incapacità da parte della Commissione e del Consiglio di tradurre le dichiarazioni estremamente ambiziose fatte a livello europeo ed internazionale in fatti.
No, non sono soddisfatta, e sono in effetti preoccupata dalla nostra incapacità politica di adottare dei provvedimenti veramente ambientali o dei provvedimenti volti al miglioramento della nostra salute, un'altra ragione per cui ho votato contro il testo.
Anne Laperrouze (ALDE). – (FR) Signora Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, vorrei innanzi tutto congratularmi con la relatrice, l’onorevole Caroline Jackson, per il lavoro da lei svolto, nonché con l’onorevole Mojka Drčar Murko, relatrice per il gruppo ALDE.
La questione dei rifiuti pericolosi comporta le questioni fondamentali della tracciabilità, della non diluizione, dell’immagazzinamento omogeneo di informazione sul movimento di rifiuti a lungo termine, vale a dire cinque anni per tutte le parti della catena; eppure tutte queste problematiche sono state trattate in modo piuttosto superficiale. Ciò è fonte di notevole rammarico nel campo della salute e dell’ambiente.
Per quanto riguarda i sottoprodotti, sono alquanto delusa. Non sono contraria al concetto dei sottoprodotti, tutt’altro: ne riconosco l’importanza, ma ho l’impressione che la definizione fornita nella posizione comune del Consiglio non dia garanzie sufficienti e che, alla fine dei conti, rischi di distruggere lo stesso concetto, in conseguenza dei potenziali abusi.
Ho la sensazione che altre questioni, come la cessazione dello stato di rifiuto e il recupero dei rifiuti, siano state sacrificate in nome di un compromesso da raggiungere in seconda lettura.
Friedrich-Wilhelm Graefe zu Baringdorf (Verts/ALE). - (DE) Signora Presidente, signor Commissario, onorevole Jackson, presenteremo un emendamento trasversale ai partiti che ha ottenuto il sostegno della maggioranza dell’Assemblea in prima lettura. Tale emendamento affronta il seguente problema: in molti paesi dell’Unione europea i residui derivanti dalla preparazione dei cibi nelle cucine sono spesso utilizzati, senza essere trattati né sterilizzati, come mangime per il bestiame o smaltiti in discariche abusive. Tale comportamento diffuso può diffondere malattie come l’afta epizootica. E’ pertanto fondamentale fare in modo che i rifiuti alimentari siano sterilizzati e smaltiti in tutta sicurezza da società autorizzate che utilizzino metodi adeguati. Gli Stati membri possono autorizzarne l’utilizzo per il mangime per suini solo se sono stati sterilizzati per 20 minuti ad una temperatura di 133°C e ad una pressione di 3 bar, e se tutte le condizioni previste dal regolamento 1774/2002 sono state soddisfatte appieno. Credo fermamente che, se il Parlamento adotterà questo emendamento, il Consiglio incorporerà tale norma nel compromesso.
Umberto Guidoni (GUE/NGL). - Signor Presidente, onorevoli colleghi, il compromesso raggiunto è un passo indietro rispetto al testo approvato in commissione ambiente.
Il testo originale stabiliva che dal 2012 la produzione dei rifiuti dovesse ridursi ai livelli del 2009, instaurando una vera politica di prevenzione con misure scadenzate nel tempo. Nel compromesso tale obiettivo è stato cancellato lasciando tutto nel vago. ENVI aveva fissato obiettivi minimi per il riciclaggio dei rifiuti domestici e industriali da raggiungere in tempi certi anche se lontani. Anche questi obiettivi sono stati annacquati, limitandoli solo ad alcune tipologie di materiale ed escludendo i rifiuti industriali.
Altra nota negativa viene dalla promozione degli inceneritori oltre una certa efficienza da impianti di smaltimento ad impianti di recupero. Questa direttiva sembra piegarsi alle logiche di potenti lobby. Eppure l'esito del referendum in Irlanda ha mostrato che o si è dalla parte dei cittadini e delle loro preoccupazioni, oppure si rischia il rigetto dell'idea di Europa e la paralisi del processo di integrazione.
Il Parlamento deve dare ascolto alle migliaia di e-mail dei cittadini europei che chiedono maggiori impegni ed obiettivi vincolanti, altrimenti rischiamo di perdere una nuova grande occasione per rafforzare la credibilità delle istituzioni europee.
Péter Olajos (PPE-DE). - (HU) Grazie molte, Signora Presidente. Accolgo con favore il pacchetto di compromesso, ma al contempo vorrei sottolineare che si tratta di un compromesso piuttosto fragile. E’ pertanto di importanza vitale che ognuno degli Stati membri si comporti in maniera responsabile e non cerchi delle scappatoie eventualmente rimaste nella normativa. Attualmente in Ungheria, la raccolta differenziata dei rifiuti rappresenta il 2 per cento del totale. A mio avviso, non rimane altro da dire se non sperare che l’impatto della direttiva contribuisca finalmente a farci avanzare da questo basso livello. In Europa orientale, gli investimenti nella gestione dei rifiuti sono aumentati negli anni recenti, soprattutto grazie ai finanziamenti ottenuti dallo Strumento strutturale di preadesione (ISPA) e dal Fondo di coesione. La costruzione di siti per discariche è proceduta in modo molto attivo, ma in una serie di comunità sono stati avviati programmi di raccolta differenziata, fra cui, in alcuni casi, delle iniziative mirate alla raccolta differenziata di rifiuti organici. D’altra parte, non sono state molte le misure e gli investimenti mirati a ridurre i rifiuti, e un’industria vera e propria di trasformazione dei materiali riciclabili è ancora di là dal venire. La natura delle linee guida messe a punto dall’Unione europea sarà pertanto fondamentale, non in ultimo per l’Ungheria. Statisticamente, ogni comunità potrebbe raggiungere il 50 per cento di riduzione della quantità di rifiuti che produce introducendo semplicemente il riciclaggio dei rifiuti secchi e la raccolta differenziata porta a porta di rifiuti organici. In fase di messa a punto dei nuovi obblighi dobbiamo però considerare la loro attuabilità, nonché i costi correlati. E’ possibile ad esempio avere gli investimenti aggiuntivi nei settori interessati dai progetti ISPA? I contratti originali possono essere emendati? Se la risposta è no, allora non importa molto se vi è una domanda di espandere la raccolta differenziata oppure se la normativa ha come scopo quello di ridurre la quantità di rifiuti che finisce nelle discariche; nell’ambito dei contratti ventennali i rifiuti devono essere scaricati nelle discariche adibite all’uso. Pertanto, oltre ad approvare la presente direttiva, non dobbiamo procrastinare la ricerca di eventuali modi per emendare i contratti esistenti. Vorrei congratularmi con la relatrice per il suo eccellente lavoro. Grazie molte.
Horst Schnellhardt (PPE-DE). - (DE) Signora Presidente, credo che possiamo congratularci con la relatrice. Ella è senza dubbio riuscita a raggiungere un compromesso accettabile con il Consiglio. Vorrei soprattutto sottolineare l’inclusione della gerarchia divergente dei rifiuti.
Vi sono comunque dei punti negativi, che, a dire il vero, sono incomprensibili, punti inseriti nel presente documento dal Consiglio. Il primo di essi si riferisce ai sottoprodotti di origine animale. Abbiamo stabilito nella commissione che i sottoprodotti di origine animale sarebbero stati esclusi dalla presente direttiva quadro sui rifiuti. Quello che il Consiglio ha fatto è frapporre il tipo di ostacolo burocratico che fa erigere ai coltivatori le barricate. Esso infatti prescrive che i liquami zootecnici trasformati in biogas siano a loro volta immediatamente trasformati in rifiuti. Sapete cosa significa? Ciò vuol dire che i coltivatori dovranno procurarsi una licenza per il trattamento dei rifiuti e dovranno precisare il volume e la natura dei rifiuti da trattare, nonché il luogo adibito al trattamento.
Il regolamento sui sottoprodotti di origine animale fissa in maniera esplicita che per i liquami zootecnici sono in vigore delle eccezioni. Sarebbe pertanto più facile per un coltivatore spargere i liquami sui suoi campi, piuttosto che trasformarli in biogas. In altre parole, stiamo creando degli ostacoli burocratici ad una pratica che in realtà promuoviamo.
Il secondo punto riguarda gli oli usati. La direttiva sugli oli usati che, come sapete, sarà abrogata, stipula che gli oli siano trattati e rigenerati. Delle quantità ingenti di oli sono trattate nell’ambito della suddetta direttiva. E’ già stato stabilito, naturalmente, che non è necessario trattare gli oli usati nei casi in cui la rigenerazione non è economicamente conveniente o tecnicamente possibile. E’ stato stabilito inoltre che la materia è di competenza degli Stati membri. Siamo un’Unione europea o siamo regrediti allo stato in cui siamo un insieme di Stati membri? Il fatto è che stiamo nuovamente dividendo il mercato in unità inferiori. Trovo ciò molto preoccupante. Vorrei passare alla questione dell’incremento dell’autosufficienza. D’ora innanzi saranno le autorità locali a decidere chi potrà smaltire cosa e quando. Va da sé che le autorità locali con un eccesso di capacità di incenerimento hanno esercitato una notevole pressione. Si tratta però dell’approccio sbagliato. Non è una strada percorribile, e questo ampliamento sta bloccando completamente l’economia di mercato nel campo della gestione dei rifiuti.
Frieda Brepoels (PPE-DE). - (NL) Signora Presidente, a mio avviso il presente compromesso rappresenta un importante passo in avanti nel campo della normativa ambientale europea. Tuttavia, non sono del tutto soddisfatta del compromesso. Il motivo? La mia regione, le Fiandre, unitamente ad esempio ai Paesi Bassi, ha la migliore politica in materia di rifiuti ed eccelle nella raccolta differenziata e nel riciclaggio, e riteniamo pertanto che gli obiettivi nel campo del riciclaggio e della prevenzione non siano assolutamente all’altezza. Ciò non ci incoraggia minimamente a migliorare nel futuro.
Inoltre, non siamo del tutto soddisfatti del fatto che gli inceneritori per i rifiuti domestici siano visti come una forma di utilizzo efficiente, sulla base della formula dell’efficienza energetica, che a nostro avviso potrebbe creare in pratica molta confusione. Ciononostante, nella sua globalità il risultato ottenuto merita a mio avviso di essere considerato come molto positivo, e vorrei pertanto ringraziare sentitamente l’onorevole Jackson per il suo importante contributo. Daremo il nostro sostegno al compromesso.
Csaba Sándor Tabajdi (PSE). - (HU) Signora Presidente, nella sua forma attuale, la direttiva quadro sui rifiuti minaccia purtroppo l’ampliamento dell’utilizzo di biogas. Concordo appieno con l’onorevole Schnellhardt del gruppo PPE-DE sul fatto che la presente direttiva non sia all’altezza per quanto riguarda la produzione di biogas, nonché per quanto riguarda l’utilizzo di liquami zootecnici e dei rifiuti urbani. Nella sua forma attuale, la direttiva sui rifiuti metterà purtroppo a repentaglio l’ampliamento dell’utilizzo del biogas. Ciò mette in discussione la relazione dell’onorevole Jackson. Nell’ambito della direttiva sui rifiuti, la definizione del concime animale utilizzato come rifiuto per la produzione di biogas è ambiguo. Nel caso in cui il campo di applicazione della direttiva includesse tale aspetto, sarebbe impossibile produrre biogas da concime animale, nonostante il fatto che ciò comporterebbe vantaggi dal punto di vista della gestione energetica, dell’ambiente e della tutela ambientale. Dobbiamo fare chiarezza in questa confusione e ripristinare una normativa coerente quanto prima; per quanto riguarda il biogas, dobbiamo quindi adottare la posizione della Commissione sulla direttiva.
Adam Gierek (PSE). - (PL) Signora Presidente, mi congratulo con la relatrice per aver valutato in modo realistico il crescente problema dei rifiuti. I punti principali dei regolamenti proposti sono la prevenzione nel campo dei rifiuti e il riciclaggio dei materiali. Perseguire il recupero energetico è più semplice, ma non dobbiamo permettere che si sostituisca al riciclaggio di materiali, che è più difficile.
Per tale ragione occorre creare le condizioni per consentire al riciclaggio di materiali di imporsi e per introdurre delle distinzioni legali più precise, che descrivano, ad esempio, quando i rottami metallici non sono da considerarsi rifiuti, ma diventano materia prima. Abbiamo bisogno di tecnologie per il riciclaggio di materiali meno costose. I prodotti devono essere pensati in modo tale da facilitare il riciclaggio. Le raccolte differenziate sono indispensabili, e devono essere adattate al mercato in modo tale che sia le famiglie che i potenziali utenti di materiali riciclati ne possano trarre beneficio.
Senza tali soluzioni il rischio è che si ripeta la situazione verificatasi a Napoli, dove purtroppo l’incenerimento di rifiuti potrebbe essere l’unica soluzione rimasta.
Stavros Dimas, Membro della Commissione. − (EN) Signora Presidente, vorrei ringraziare tutti gli oratori che sono intervenuti in questa discussione per il contributo positive da loro dato.
Sulla base del testo concordato, gli Stati membri adesso dovranno adottare una serie di misure al fine di migliorare la loro gestione dei rifiuti. La direttiva fornisce delle definizioni e dei principi di gestione dei rifiuti chiari, e ho fiducia nel fatto che risolveranno i problemi di interpretazione esistenti, ridurranno il numero di processi giudiziari e creeranno una base giuridica solida per il funzionamento del settore del trattamento dei rifiuti.
Nel presente pacchetto generale di compromesso è stata inclusa una serie di elementi chiave, di cui i più importanti sono i seguenti.
In primo luogo, l’obiettivo ambientale della direttiva adesso è chiaro e ambizioso. Il livello di tutela ambientale non solo è rimasto invariato, ma in diversi casi, come in quello dei rifiuti pericolosi, è stato rafforzato.
I colegislatori hanno trovato un accordo su una serie di definizioni fondamentali, fra cui la definizione di rifiuto, di prevenzione, di riciclaggio e recupero. Tali definizioni sono chiare e comprensibili. Inoltre, la direttiva incorpora con successo le disposizioni di due altre direttive, al fine di rendere la normative più accessibile, mantenendo al contempo un alto livello di tutela ambientale.
E’ stata precisata la distinzione fra recupero e smaltimento, con la possibilità che la Commissione metta ulteriormente a fuoco tale distinzione, qualora ve ne fosse bisogno.
E’ stata creata una “gerarchia dei rifiuti” chiara, suddivisa in cinque fasi, la quale promuove la prevenzione dei rifiuti e prevede lo smaltimento dei rifiuti residui solamente come ultima ratio. Allo stesso tempo, essa fornisce la dovuta flessibilità legata a considerazioni relative al ciclo vitale.
Vorrei ricordare l’importanza attribuita dal Parlamento nel corso dei negoziati al consolidamento dei livelli superiori della “gerarchia dei rifiuti” con l’introduzione degli obiettivi in materia di riciclaggio. Se tali obiettivi non saranno raggiunti nel 2020, la Commissione potrà citare gli Stati membri dinanzi alla Corte di giustizia per inadempienza con le disposizioni della direttiva. Inoltre, l’attuale formulazione introduce un processo più regolare e completo per quanto riguarda il monitoraggio delle misure adottate dagli Stati membri allo scopo di raggiungere gli obiettivi fissati prima della scadenza del 2020, invece di controllare semplicemente i livelli effettivi di adempimento nel 2020, quando i sistemi di gestione dei rifiuti saranno già funzionanti. Un tale processo di attuazione può contribuire ad evitare delle spiacevoli sorprese nel 2020.
Da ultimo, ma non per questo meno importante, la direttiva introduce una dimensione del tutto nuova nell’ambito della prevenzione dei rifiuti, obiettivo che la Commissione intende perseguire immediatamente dopo la sua adozione e il suo recepimento. Gli Stati membri dovranno adesso stabilire i loro piani e le loro reti nazionali di gestione dei rifiuti, i quali dovranno riflettere i principi e i nuovi obblighi fissati nella versione riveduta della direttiva.
L’articolo 14 della direttiva quadro sui rifiuti non prescrive se siano le autorità pubbliche o quelle private a dover partecipare all’istituzione e alla gestione di tali reti, né influenza in alcun modo la proprietà, che sia pubblica o privata, delle operazioni e delle infrastrutture nel campo della gestione dei rifiuti. La ripartizione delle responsabilità fra il pubblico e il privato rappresenta una questione interna in merito alla quale gli Stati membri possono decidere in autonomia. Se esiste già una rete adeguata per la gestione dello smaltimento e del recupero, che sia di natura pubblica, privata o mista, non vi è alcun bisogno di adottare ulteriori misure per crearla.
Per quanto riguarda le preoccupazioni relative alla mancanza di un obiettivo di riciclaggio per i rifiuti industriali, i miei servizi valuteranno se sarà possibile dare loro la massima priorità nel quadro del contesto della revisione prevista per il 2014 dall’articolo 8a (punto 4).
Per quanto riguarda la questione relativa al foraggiamento degli animali con sottoprodotti di origine animale come i rifiuti di cucina e ristorazione, questo aspetto è regolamentato dal regolamento sui sottoprodotti di origine animale, che è attualmente in fase di revisione. Il suddetto regolamento è la sede appropriata per affrontare tale questione, e non la direttiva quadro sui rifiuti.
Per quanto riguarda la domanda se le disposizioni relative ai sottoprodotti e i criteri sulla cessazione dello stato di rifiuto debbano essere soddisfatti nell’Unione europea prima della spedizione verso paesi terzi, la Commissione conferma che è così.
Per quanto concerne la domanda se il letame debba essere escluso dalla direttiva quadro sui rifiuti, il letame non è considerato un rifiuto quando viene utilizzato come fertilizzante. Tuttavia, è considerato un rifiuto quando viene sottoposto ad ulteriore trattamento o ad operazioni di smaltimento, come ad esempio l’incenerimento, la produzione di biogas o compost e la messa in discarica. L’esclusione del letame dalla normativa sui rifiuti creerebbe un pericoloso vuoto nella tutela ambientale, dal momento che verrebbero a mancare gli strumenti giuridici per controllare questioni come le emissioni nell’aria e nell’acqua, le disposizioni per la messa in discarica dei rifiuti, il rumore, gli odori ecc.
Infine, l’Unione europea deve promuovere la produzione di biogas e il compostaggio. Tuttavia, gli stabilimenti per la produzione di biogas e per il compostaggio non sono neutrali dal punto di vista ambientale, e creano emissioni nell’aria e nell’acqua, nonché possono essere una turbativa, in termini di rumore ed odori. Se escludiamo il letame destinato agli stabilimenti per la produzione di biogas e per il compostaggio dalla direttiva quadro sui rifiuti ciò equivarrà ad escludere tali stabilimenti dalla direttiva sull’IPPC.
In conclusione, vorrei ancora una volta congratularmi e ringraziare l’onorevole Jackson per il suo eccellente lavoro. La Commissione è molto lieta dell’esito dei negoziati e può accogliere nella sua totalità gli emendamenti di compromesso proposti.
Caroline Jackson, relatore. − (EN) Signora Presidente, vorrei ringraziare brevemente tutti i colleghi che sono intervenuti nel corso della discussione. Vorrei solo rispondere ad un collega in particolare, ovverosia l’onorevole Davies, che da ora innanzi sarà noto col nome di “Chris “Newsnight” Davies”, per il programma al quale ama partecipare, il quale ha detto che ho ceduto troppo facilmente al Consiglio. Spero che i miei colleghi mi sosterranno nel dire che non ho ceduto troppo facilmente e che mi sono mai arresa facilmente a checchessia. Come l’onorevole Laperrouze può confermare in merito alla questione dell’acqua, è sempre più difficile negoziare col Consiglio che, con l’intensificarsi della recessione, si rende conto che la normativa avrà costi alti e ed è riluttante ad accogliere gli emendamenti del Parlamento.
Domattina ci troveremo di fronte ad una scelta. Possiamo votare a favore del pacchetto degli emendamenti presentati e speriamo che tale scenario si avveri. Possiamo adottare qualche emendamento di peso, ad esempio in materia di sottoprodotti, il che significa che il pacchetto cadrà e dovremo ricorrere alla conciliazione. Non sarebbe curioso? Oppure possiamo trovare un accordo su qualche emendamento di minor importanza, oppure su un emendamento considerato dai suoi promotori come meno significativo, come l’emendamento n. 88, sul quale attendo il parere della Commissione, forse in mattinata.
Ho i miei dubbi sul fatto che il Consiglio accoglierà degli emendamenti, per quanto possano essere di minor rilievo, motivo per cui sono favorevole al pacchetto nella sua versione non emendata. Dopotutto, il pacchetto significherà pure qualcosa, altrimenti perché il Consiglio starebbe negoziando con tale tenacia? Non si tratta di un pacchetto senza significato, come sostengono i Verdi, bensì di un pacchetto di peso.
Vorrei infine ringraziare i relatori ombra - Caroline Jackson e le Ombre, sembra il nome di un gruppo degli anni ’60 - per la loro cooperazione, senza per questo augurarmi di rivederli ripetutamente in sede di conciliazione. Ritengo che dobbiamo concludere questa partita domattina.
Presidente. − La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà martedì 17 giugno.
Dichiarazioni scritte (articolo 142)
Richard Seeber (PPE-DE), per iscritto. – (DE) Con la nuova direttiva quadro sui rifiuti, il Parlamento ha raggiunto un consenso sulla definizione di quote ambiziose e vincolanti in materia di riciclaggio. Vi era un bisogno impellente di adottare tali quote, e spero in un futuro in cui la raccolta differenziata e il riciclaggio siano praticati in modo sempre più esteso in tutta Europa. A mio avviso il 50 per cento di riciclaggio di rifiuti domestici e il 70 per cento di riciclaggio dei rifiuti da costruzione e demolizione entro il 2020 sono ottimi obiettivi, che spianano la strada ad un sistema funzionante di gestione dei rifiuti compatibile con l’ambiente e col clima in tutta Europa. Proprio perché gli austriaci sono già esemplari nel campo della raccolta differenziata e del riciclaggio, sono lieto del fatto che tutti gli altri Stati membri seguiranno la stessa strada, facendo un altro passo verso una tutela ambientale efficiente. Non dobbiamo dimenticare che i rifiuti sono anche delle materie prime, e che un utilizzo più efficiente di tali materie può anch’esso contribuire alla lotta contro il cambiamento climatico.
Adesso si tratta di aspettare che la Commissione faccia la sua proposta specifica su come possiamo fare in modo che la crescita economica non si traduca in una crescita del volume di rifiuti.
20. Standard di qualità ambientale nel settore delle acque (discussione)
Presidente. − L’ordine del giorno reca la discussione sulla raccomandazione in seconda lettura dell’onorevole Anne Laperrouze, a nome della commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare, relativa alla posizione comune del Consiglio in vista dell'adozione della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a standard di qualità ambientale nel settore della politica delle acque e recante modifica delle direttive 82/176/CEE, 83/513/CEE, 84/156/CEE, 84/491/CEE, 86/280/CEE e 2000/60/CE [11486/3/2007 – C6-0055/2008 – 2006/0129(COD)] (A6-0192/2008).
Anne Laperrouze, relatrice. − (FR) Signora Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, la relazione che presentiamo quest’oggi in seconda lettura è il risultato di un lavoro di squadra, grazie al quale abbiamo raggiunto un accordo con la Presidenza slovena e con la Commissione europea. Per me, è stato un vero piacere ricercare insieme ai miei correlatori dei gruppi politici un compromesso. Sono fortunata ad avere dei colleghi competenti ed esperti, i quali hanno prestato ascolto attentamente e hanno preso parte ai negoziati. Vorrei porgere loro i miei sentiti ringraziamenti, e vorrei anche ringraziare il segretariato della commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare, i consulenti dei gruppi politici nonché il mio assistente, Sylvain Maréchal.
Ho usato l’espressione lavoro di squadra perché abbiamo fatto un eccellente lavoro insieme alla Presidenza slovena, la quale ha tenuto conto delle raccomandazioni del Parlamento, così come abbiamo svolto un eccellente lavoro anche con la Commissione europea, che ci ha fornito delle risposte che ci hanno reso più facile capire la presente proposta di direttiva. Credo che possiamo tutti riconoscere negli emendamenti di compromesso che saranno messi ai voti domani i frutti della nostra collaborazione. Il mio grazie pertanto va a tutti coloro che mi hanno aiutato nel mio lavoro di relatore su questo tema di carattere tecnico.
Vorrei adesso soffermarmi sulla sostanza. La direttiva quadro sulle acque definisce una strategia per la lotta contro l’inquinamento idrico da sostanze chimiche. La presente proposta per una direttiva derivata mira, tramite la definizione di standard di qualità ambientali, a garantire un alto livello tutela dai rischi che certe sostanze pongono nei confronti degli ambienti idrici.
Vorrei sottolineare i principali passi in avanti fatti dal presente testo di compromesso. Abbiamo introdotto due principi fondamentali: il principio secondo il quale chi inquina paga e il principio della correzione prioritaria alla fonte. Gli aspetti più significativi sono quelli pratici. Ad esempio, i settori transitori di superamento, ribattezzati zone di mescolamento, non sono più semplicemente zone che vengono definite, bensì fungono da strumento per sottolineare un problema, e ne consegue che è compito degli Stati membri descrivere le misure correttive.
Il tema principale della presente direttiva era di armonizzare gli standard a livello comunitario. E’ quindi ovvio che è compito della Commissione definire le linee guida per armonizzare gli inventari, le emissioni, gli scarichi e le zone di mescolamento. Questo obiettivo è stato raggiunto. Siamo inoltre riusciti a far sì che si tenga maggiormente conto della situazione dei corpi idrici superficiali transfrontalieri che attraversano gli Stati membri, ma anche di quelli provenienti da paesi terzi.
Per quanto riguarda altre sostanze, il Parlamento sperava di aggiungerne un numero consistente. Sulla base del filtraggio preliminare, la Commissione ha selezionato 13 sostanze che a suo parere sono fonte di preoccupazione. Il compromesso fissa con chiarezza che, sulla base dei dati scientifici, la Commissione avrà a disposizione 24 mesi per pronunciarsi sulla classificazione e per proporre i relativi valori limite. Ciò costituisce un certo qual progresso, perché queste sostanze sono principalmente PCB, cianuro libero, EDTA, diossine e bisfenoli.
Per quanto riguarda la questione spinosa dei sedimenti e della flora e fauna, in mancanza di consenso scientifico, il compromesso prescrive agli Stati membri l’obbligo di monitorarli allo scopo di valutare le tendenze a lungo termine delle sostanze che vi si accumulano.
Infine, sorpresi dal fatto che la proposta non contenesse nuove misure per monitorare le emissioni, i parlamentari hanno sostenuto il compromesso, il quale all’articolo 7 stipula che la Commissione deve valutare, sulla base delle relazioni degli Stati membri, l’efficacia della normativa esistente ed i progressi registrati nella riduzione delle zone di mescolamento, per poi formulare degli emendamenti o proporre le relative normative.
Alla luce di tale progresso, chiedo agli Stati membri di sostenere il presente pacchetto di compromesso.
PRESIDENZA DELL’ON. BIELAN Vicepresidente
Stavros Dimas, Membro della Commissione. − (EL) Signor Presidente, onorevoli deputati, la discussione di oggi verte attorno ad una delle sfide più importanti nel campo della politica ambientale: la tutela delle risorse idriche, per il nostro bene e per quello delle generazioni future.
Vorrei innanzi tutto congratularmi con la relatrice, l’onorevole Laperrouze, e con la commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare, per l’eccellente lavoro e per la collaborazione offerta relativamente alla presente direttiva.
Come vi ricorderete, nella direttiva quadro sulle acque, il principale strumento normativo per la politica comunitaria di tutela dell’acqua, si fa menzione del fatto che occorre adottare ulteriori norme su due questioni: gli standard comunitari di qualità per quanto riguarda le acque sotterranee e gli standard comunitari di qualità relativi alle sostanze prioritarie presenti nelle acque superficiali.
La direttiva sulle acque sotterranee è stata adottata alla fine del 2006 attraverso la procedura di conciliazione. Oggi il Parlamento europeo è chiamato a decidere in seconda lettura in merito alla proposta di direttiva sugli standard di qualità ambientale relativi alle sostanze prioritarie nelle acque superficiali. La direttiva fissa degli standard di qualità armonizzati per le 33 sostanze di qualità elencate, così che il concetto fondamentale di una buona qualità dell’acqua è espresso in termini numerici costanti, basati sui migliori dati e sulla migliore conoscenza scientifica disponibile. La direttiva contribuirà quindi a raggiungere un alto livello di tutela dell’ambiente acquatico e della salute umana, il che costituisce, fra l’altro, l’obiettivo della direttiva quadro sulle acque.
La Commissione è determinata a tenere sotto stretto controllo l’attuazione della presente direttiva, nonché la direttiva quadro sulle acque. Essa si pone inoltre l’obiettivo di monitorare e valutare l’informazione disponibile sulla presenza e sull’impatto delle sostanze non incluse nell’elenco prioritario oppure nell’elenco delle sostanze pericolose prioritarie, nonché di presentare delle proposte per l’adozione di ulteriori misure necessarie, qualora ciò si rendesse opportuno.
Nel corso dei negoziati, gli interventi del Parlamento su varie questioni importanti hanno contribuito a garantire un livello ambizioso relativamente agli obiettivi proposti inizialmente dalla Commissione. Ciò è in particolare vero per i punti centrali, come la futura revisione dell’elenco delle sostanze prioritarie, che è attualmente collegato agli standard di qualità ambientali e sarà proposta a due anni dall’entrata in vigore della presente direttiva; l’elenco delle sostanze candidate da esaminare in sede di revisione dell’elenco esistente; e i criteri per l’inventario delle emissioni, gli scarichi e le fughe, nonché per le zone di mescolamento.
Vorrei inoltre menzionare brevemente la questione del controllo delle emissioni inquinanti. Come ben sapete, la direttiva quadro sulle acque contiene un approccio che unisce i controlli delle emissioni e gli standard di qualità ambientali. I controlli delle emissioni sono in gran parte coperti dalla vigente normativa comunitaria. Oltre ai controlli delle emissioni nell’ambito delle direttive trattamento delle acque reflue urbane, l’inquinamento provocato dai nitrati utilizzati nell’agricoltura, nonché la prevenzione e il controllo integrati dell’inquinamento (direttive che erano già in vigore quando la direttiva quadro sulle acque è stata adottata nel 2000), più di 30 strumenti normativi comunitari sono già stati emanati o proposti dalla Commissione. Vorrei citarne alcuni ad esempio: il regolamento REACH, il regolamento sugli inquinanti organici persistenti, la direttiva sulle scorie minerarie, le restrizioni sull’utilizzo di sostanze nell’ambito della direttiva sui pesticidi, la direttiva sulla restrizione della circolazione e dell’uso di determinate sostanze pericolose.
Riteniamo pertanto che gli Stati membri dispongano di strumenti giuridici sufficienti per raggiungere gli obiettivi della direttiva quadro sulle acque.
Inoltre, la Commissione valuterà la necessità di introdurre ulteriori misure di controllo a livello comunitario e, se necessario, presenterà delle proposte in sede di revisione dell’elenco delle sostanze prioritarie. La Commissione valuterà inoltre la necessità di definire le sostanze prioritarie come sostanze pericolose prioritarie, tenendo conto della nuova informazione che si sarà resa disponibile, nonché gli ultimi sviluppi in seno al regolamento REACH.
Concludendo, vorrei ancora una volta esprimere la mia soddisfazione per il lavoro compiuto grazie ad uno sforzo concertato, in particolare dalla relatrice. Ribadisco il pieno sostegno della Commissione al pacchetto di misure di compromesso che è stato concordato relativamente a questo strumento normativo molto importante in seconda lettura.
Robert Sturdy, a nome del gruppo PPE-DE. – (EN) Signor Presidente, vorrei congratularmi con l’onorevole Laperrouze, che ha prodotto una relazione eccellente, e devo dire che è stato un piacere lavorare con lei. Sono lieto che la Commissione abbia detto che darà il suo sostegno alla presente relazione.
La proposta di direttiva - e non ripercorrerò tutto quello che ha già detto l’onorevole Laperrouze, ma vorrei aggiungere alcune osservazioni - una direttiva derivata dalla direttiva quadro sulle acque, fornisce l’ultimo tassello della normativa relativa ad un’acqua di buona qualità per i vari Stati membri. Assieme alla relatrice, il Consiglio e la Commissione, abbiamo avuto molte discussioni, e ritengo che abbiamo finalmente raggiunto un pacchetto di compromesso sul quale siamo tutti d’accordo. Come ha fatto la relatrice, esorto tutti quanti a votare a favore. A mio avviso si tratta di un pacchetto equilibrato: l’ambiente sarà tutelato, la qualità dell’acqua dei nostri cittadini sarà migliorata, e l’onere per l’economia sarà ragionevole, cosa che ritengo non meno importante. Tramite i negoziati abbiamo avuto molte discussioni con le ONG e l’industria, negoziati che hanno dato vita a questa eccellente proposta.
La proposta limita la concentrazione di sostanze chimiche, i gruppi pericolosi fra cui i metalli pesanti, alcuni pesticidi e altre sostanze chimiche pericolose nelle acque superficiali. Essa si basa molto sul principio delle azioni preventive. Gli Stati membri potrebbero designare, come ha detto la relatrice, delle zone di mescolamento, dove le concentrazioni di sostanze chimiche potrebbero superare, in alcune circostanze, gli standard di qualità ambientali rilevanti, ma dovranno naturalmente essere monitorate con grande attenzione. Certe zone potrebbero essere designate come zone di mescolamento nei corpi idrici transfrontalieri, il che rappresenterebbe un eccellente esempio di normativa. La direttiva prescrive agli Stati membri di raccogliere informazioni, fra cui carte geografiche. Potrebbe essere difficile ottenere le carte, tuttavia ne verremo a capo. La direttiva inoltre prevede la creazione di un piano di gestione dei bacini idrografici, e affronta le questioni del dragaggio e del cabotaggio, anche queste attività che comportano scarichi ed emissioni. Adesso le fughe di sostanze prioritarie possono avere luogo, ammesso che raggiungano la direttiva quadro sulle acque.
Onorevoli colleghi, vorrei concludere con un’ultima riflessione. L’acqua è la base della vita, ed è per questo che la presente direttiva è così importante. Perfino su Marte l’acqua costituisce la base.
Marie-Noëlle Lienemann, a nome del gruppo PSE. – (FR) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, anch’io vorrei ringraziare l’onorevole Laperrouze insieme a tutti i relatori ombra, nonché la Presidenza slovena, per il lavoro che hanno svolto.
La presente direttiva è l’ultima direttiva derivata dalla direttiva quadro sulle acque, ed era molto importante per noi raggiungere un compromesso che rappresentasse un progresso vero alla luce della nostra ambizione di combattere l’inquinamento, in particolare l’inquinamento chimico delle acque. Dalle notizie che ascoltiamo ogni giorno emerge chiaramente come la presenza dei PCB danneggi le risorse idriche della Comunità.
L’onorevole Laperrouze ha elencato tutti i punti in cui sono stati registrati dei progressi. Naturalmente, come sempre accade con i compromessi, avremmo preferito ottenere di più, ma a mio avviso abbiamo una buona base. Rimarremo comunque vigili, perché molto adesso dipenderà dalla Commissione, e speriamo che, quando adotterà delle misure per sostenere le conclusioni degli scienziati, si dimostrerà molto ambiziosa in materia di classificazione delle future sostanze pericolose prioritarie, le famose 13 sostanze che dovranno essere classificate nel futuro prossimo. Faremo inoltre in modo che l’attuale incertezza scientifica in fatto di sedimenti e biota non lascino spazio a pretesti che a lungo termine esentino l’Unione europea dal cercare di comprendere e migliorare la qualità del biota e dei sedimenti di cui sopra.
Infine, occorre migliorare le zone di mescolamento e le conoscenze relative alle sostanze inquinanti e alle fonti di inquinamento, insieme al monitoraggio delle emissioni. Faremo in modo che il Parlamento mantenga alta l’attenzione, e ringrazio il Commissario per indicare che, oltre alle disposizioni del compromesso che saranno messe ai voti, la Commissione intendeva fornire informazioni sull’attuazione della direttiva quadro sulle acque e, se ciò si rivelasse necessario e se si accumulassero ritardi negli Stati membri oppure se occorresse sollevare dei dubbi, presentare delle misure aggiuntive per fare in modo che raggiungiamo l’obiettivo di acque accettabili dal punto di vista ambientale nel 2015, in linea col voto da noi espresso nel 2000.
Chris Davies, a nome del gruppo ALDE. – (EN) Signor Presidente, dal momento che la relatrice appartiene al mio gruppo ed è una collega a me cara, l’Assemblea comprenderà se difenderò il compromesso da lei raggiunto. Forse avremmo potuto fare di più, forse avremmo potuto includere una sostanza chimica qua e là nel pacchetto, ma la comunità scientifica è divisa e la volontà politica non sempre è forte. Per dirla col relatore precedente, si può descrivere la presente situazione come “quanto vi è di meglio”.
A mio parere la politica in materia di acque rappresenta uno dei successi della politica ambientale dell’Unione europea. A mio avviso dobbiamo congratularci con la Commissione per il lavoro da essa svolto nel corso degli anni e in particolare con l’onorevole Lienemann per il lavoro da lei svolto relativamente alla direttiva quadro sulle acque alcuni anni fa. Anche quando non erano in causa alcune questioni transfrontaliere, la determinazione mostrata da tutti nell’affrontare l’inquinamento sia degli anni passati che del presente ha prodotto dei livelli di investimento che a loro volta hanno apportato dei miglioramenti nella qualità delle acque che hanno sopravanzato di gran lunga quanto sarebbe stato ottenuto se gli Stati membri avessero agito ognuno per conto suo. In questo caso le norme che abbiamo introdotto sono chiare. L’inquinamento è identificabile e misurabile. Ciò che occorre per prevenirlo è attuabile, e la presente normativa ci avvicina all’obiettivo introducendo nuovi divieti relativamente a tutta una serie di sostanze chimiche, pesticidi, sostanze inquinanti che presentano un rischio per la vita acquatica nonché la vita umana.
Dall’altro canto, vediamo anche dalle relazioni pubblicate dall’Agenzia europea dell’ambiente che negli Stati membri molte istanze non attuano la normativa con la dovuta efficacia e adeguatezza. Pertanto, pur prendendo atto del consenso ottenuto in seno all’Assemblea sulla natura di questa normativa e sulla direzione positiva intrapresa dall’Europa in materia di qualità delle acque, vorrei rivolgermi alla Commissione per dirle, “Avete il potere di indagare, agire e far rispettare la normativa, vi esorto a farne uso”.
Margrete Auken, a nome del gruppo Verts/ALE. – (DA) Signor Presidente, vorrei unirmi ai ringraziamenti rivolti all’onorevole Laperrouze per la sua cortese e amichevole collaborazione. Nonostante tutto, siamo riusciti a salvare qualcosa del risultato positivo ottenuto in prima lettura, ma ciò che abbiamo oggi è ben poca cosa. La maggior parte di quello che era stato raggiunto è andato perso a causa del settore agrochimico che ha fatto lobbying e della mancanza di efficienza da parte delle autorità pubbliche di regolamentazione. Quello che di cui discutiamo oggi rappresenta le tristi vestigia di quello che era.
Il nostro obiettivo, in generale, è di migliorare progressivamente la qualità delle acque dei fiumi e dei laghi d’Europa. L’uso abbondante di pesticidi nell’agricoltura e gli scarichi tossici dell’industria devono essere ridotti, e devono essere introdotte delle norme severe per quanto riguarda la quantità di sostanze prioritarie o di sostanze pericolose prioritarie ammesse nelle acque. La debolezza della presente relazione consiste nel fatto che non vi è una vera e propria volontà di esaminare altre sostanze. E’ oramai evidente che l’attuale sistema, per cui le sostanze presenti nell’elenco devono essere esaminate e ne devono essere aggiunte di nuove, è, nel migliore dei casi, troppo lento. Se fosse applicato il principio precauzionale, occorrerebbe esaminare diverse altre sostanze, ma ci stiamo lasciando sfuggire di mano questa occasione.
Inoltre, non è chiaro cosa sia necessario affinché una sostanza sia ritenuta così pericolosa da essere completamente vietata. Ci siamo ritrovati con delle sostanze che molto probabilmente sono estremamente pericolose, eppure la Commissione si rifiuta di vietarle definitivamente. Ciò è inaccettabile: se una sostanza è pericolosa, è pericolosa e basta. Dobbiamo monitorare se la Commissione procederà a esaminare tali sostanze oppure se continuerà semplicemente a rinviare, col pretesto che non ha abbastanza dati a disposizione. In tal caso deve fare lo sforzo di andare a cercare i dati mancanti.
Vi sono alcuni miglioramenti. Ad esempio, i paesi adesso devono mappare le fonti di inquinamento, nonché includere le concentrazioni di sedimenti e di biota. Inoltre, la Commissione non può attendere fino al 2025, come avrebbe voluto, prima di rivedere la situazione, bensì deve effettuare tale revisione nel 2018.
Sì, voteremo a favore della relazione. Ci si accontenta di poco, dopo uno smacco come quello subito in seguito alla prima lettura.
Wiesław Stefan Kuc, a nome del gruppo UEN. – (PL) Signor Presidente, esistono migliaia di fonti di contaminazione delle acque superficiali e sotterranee, non solo nell’agricoltura e nell’industria agroalimentare, nel campo delle miniere e delle industrie chimiche, ma anche nel settore residenziale.
Laddove non vi è alcun impianto di trattamento delle acque, stiamo immettendo sempre più sostanze tossiche nelle nostre scarse risorse idriche. Le discariche sono una fonte di molte sostanze tossiche, e gli impianti di trattamento biologico delle acque reflue non possono depurare le acque reflue provenienti da esse, perché i batteri ne sarebbero essi stessi contaminati. I depositi sul fondale dei laghi e dei bacini artificiali sono anch’essi dei ricettacoli di sostanze tossiche. Il problema è come fare per depurarli. Se trasportati nel mare o negli oceani, contamineranno l’intero pianeta; e questo è ciò che sta gradualmente accadendo. Risanare i bacini di tali depositi sarà molto costoso e non esistono tecnologie per farlo.
Vorrei inoltre menzionare ancora una volta le migliaia di tonnellate di pesticidi scaduti che contaminano sistematicamente le nostre acque e hanno già raggiunto profondità di 1 000 metri. Per tale motivo il nostro gruppo è dell’avviso che, nonostante i costi, la direttiva debba prestare più attenzione alla tutela delle acque.
Jens Holm, a nome del gruppo GUE/NGL. – (SV) L’intenzione di questa direttiva era di fissare degli standard di qualità ambientale per tutta una serie di sostanze chimiche pericolose, tutelando così i corsi d’acqua dalle sostanze chimiche e da altre sostanze pericolose. Purtroppo, i lobbisti hanno cercato di influenzare sia la Commissione europea che il Consiglio dei ministri. Ora che questa tematica è stata sollevata di nuovo per la seconda lettura, le buone intenzioni, purtroppo, sono state del tutto annacquate. Un esempio al riguardo è che solo 11 delle 29 sostanze chimiche per le quali volevamo che il Parlamento avesse delle competenze di monitoraggio sono classificate come sostanze pericolose. Non vi è alcuna disposizione concreta che obbliga gli Stati membri a raggiungere gli obiettivi di riduzione. Tuttavia, il presente compromesso è migliore di quello inizialmente proposto dalla Commissione. E’ per tale motivo che noi del gruppo GUE/NGL lo sosteniamo, ma potete essere certi del fatto che seguiremo con attenzione la vicenda e cercheremo di far sì che i corsi d’acqua siano più tutelati nel futuro. Quando arriverà il momento di compiere una revisione, speriamo che la normativa sarà resa ancora più severa. Ho una domanda per il Commissario Dimas, che è qui presente stasera: quale sarebbe la sua reazione se i singoli Stati membri volessero spingersi oltre ed adottare delle misure di più ampio respiro di quelle stipulate dalla direttiva? Se gli Stati membri volessero classificare più sostanze di quante non siano state elencate nel presente compromesso, li lascerebbe adottare una normativa più rigorosa?
Johannes Blokland, a nome del gruppo IND/DEM. – (NL) Signor Presidente, prima di tutto vorrei ringraziare la relatrice, l’onorevole Laperrouze, per il lavoro da lei portato avanti nel corso dei negoziati col Consiglio.
A mio parere abbiamo un pacchetto di compromesso molto buono nel campo degli standard di qualità per le acque. Sono in particolar modo lieto che sia stato mantenuto il concetto di zone di mescolamento. Su tale argomento, ho una domanda per il Commissario Dimas.
Per quanto riguarda la fattibilità, si tratta di un concetto importante, ammesso naturalmente che non danneggi in maniera tangibile l’ambiente. La direttiva quadro sulle acque invoca una riduzione delle attività di depurazione dell’acqua potabile. Gli standard per l’acqua potabile sono più rigorosi degli standard di qualità per le acque. Vi sono numerosi punti di raccolta per l’acqua potabile nelle acque superficiali, e può succedere in pratica che i punti di raccolta siano abbastanza vicini ad una fonte di inquinamento, per cui il punto di raccolta potrebbe essere situato in una zona di mescolamento e l’attività di depurazione delle imprese di depurazione dell’acqua aumenta. Può il Commissario Dimas fornirmi delle assicurazioni sul fatto che farà tutto il possibile per fare in modo che le zone di mescolamento non pongano dei problemi per i punti di presa di acqua potabile?
Richard Seeber (PPE-DE). - (DE) Signor Presidente, anch’io vorrei ringraziare la relatrice e la Commissione per il lavoro molto costruttivo svolto relativamente alla presente proposta.
Vorrei ricordare all’Assemblea che ci troviamo di fronte ad un pacchetto di compromesso. Si tratta di un ottimo compromesso, e rappresenta senza dubbio un ulteriore tassello nel mosaico dell’eccellente qualità delle acque in Europa. Desidero sottolineare che l’Europa è il continente, ovvero l’entità politica, che attribuisce una grande importanza al suo ambiente e fissa degli standard molto alti. Forse il nostro obiettivo potrebbe essere raggiunto con più rapidità ma, se paragoniamo l’Europa con altre parti del mondo, possiamo dire di aver raggiunto uno standard molto elevato, standard che deve essere mantenuto ed ulteriormente migliorato.
A tale riguardo, vorrei anche ricordare alla Commissione che dobbiamo riuscire a pubblicizzare i successi che abbiamo senza dubbio raggiunto nel campo della politica ambientale a livello europeo, ed in particolare nel campo della politica in materia di acque. Tuttavia, il referendum irlandese in particolare mostra come non siamo riusciti a comunicare questo successo. L’Europa ha conseguito dei notevoli risultati nel campo ambientale, ma solo un’esigua minoranza dei suoi cittadini sono consapevoli del suo ruolo guida. E’ forse vero che i lobbisti hanno indebolito il compromesso in una certa qual misura, ma vi sono anche altre lobby che hanno contribuito a far sì che il compromesso imponga degli obblighi rigorosi all’industria, all’agricoltura e ad altri inquinatori.
A tale riguardo vorrei ricordarvi che l’acqua è sicuramente uno degli elementi ai quali dovremo riservare maggiore attenzione nel futuro. Devo chiedere al Commissario di tenere sotto controllo gli sviluppi futuri della politica in materia di acque, perché il cambiamento climatico sarà all’origine di nuovi problemi, e l’importanza dell’acqua per l’economia e per la vita umana è destinata a crescere in modo drammatico.
In generale, si tratta di un compromesso equilibrato, e chiedo ai miei colleghi di votare a suo favore. Non era possibile ottenere di più.
Dorette Corbey (PSE). - (NL) Signor Presidente, vorrei ringraziare la relatrice, l’onorevole Laperrouze, per il suo lavoro, che ha dato vita ad un accordo soddisfacente in seconda lettura. L’obiettivo di avere delle acque superficiali è ovviamente molto importante. Nei pesci vengono spesso riportati dei livelli di mercurio eccessivi nonché di altre sostanze pericolose, il che è dannoso per la salute umana e per l’ambiente. Dobbiamo assolutamente fare qualcosa al riguardo. Il risultato ottenuto rappresenta un buon equilibrio fra la tutela dell’ambiente da un lato, e, dall’altro, il rapporto costo/efficacia per le imprese, le aziende idriche ed i governi. Il Parlamento europeo ha spinto con successo per introdurre una serie di miglioramenti. Le zone di mescolamento situate in prossimità dei punti di scarico dove è ammesso un livello di inquinamento più alto devono essere chiaramente segnalate e gli Stati membri devono indicare come le zone di mescolamento possono essere ridotte in futuro.
Il Parlamento ha inoltre una politica per il futuro: le sostanze che potrebbero essere pericolose devono essere incluse in un elenco separato per essere esaminate ulteriormente, politica che sostengo con forza.
Sostengo inoltre la domanda rivolta dall’onorevole Blokland al Commissario Dimas sui punti di scarico e sui punti di presa di acqua potabile nelle zone di mescolamento.
Vorrei inoltre richiamare l’attenzione su una serie di misure alla fonte, in modo particolare per quanto riguarda le fonti in prossimità degli ospedali, nonché relativamente alle medicine scadute. Si tratta di un altro punto importante da prendere in considerazione nel futuro.
Hiltrud Breyer (Verts/ALE). - (DE) Signor Presidente, come sappiamo, l’acqua è la più preziosa delle risorse; non dobbiamo lasciare che le nostre acque siano prosciugate, adottando una politica non ambiziosa. E’ motivo di rammarico il fatto che la spinta data dal Parlamento europeo in prima lettura alla tutela delle nostre risorse idriche è stata dissipata dal raddoppiamento dell’elenco delle sostanze pericolose soggette a controllo nonché all’obbligo imposto dagli Stati membri di ridurre le loro emissioni inquinanti. Il risultato pertanto è che abbiamo mancato un’occasione per fare di più nel campo della tutela delle acque. A tale riguardo, è importante garantire coerenza in tutti i campi normativi. Occorre vietare i pesticidi cancerogeni, mutageni e tossici per la riproduzione (CMR) nonché gli interferenti endocrini. E’ per tale motivo che mi rammarico del fatto che la Commissione si lasci sempre andare a manovre, di cui sono l’ambiente e la sanità pubblica a fare le spese. Nel 2006, la Commissione ha detto che, nel suo progetto di atto sulla qualità ambientale, non intendeva fare alcune proposte sulla riduzione del volume e della tossicità delle sostanze pericolose prioritarie. Tali proposte devono essere fatte nell’ambito di REACH e della normativa sui pesticidi. Ma cosa è successo in realtà? La proposta del Parlamento era una relazione parlamentare, la quale allineava la normativa con la direttiva quadro sulle acque e con la normativa sulle sostanze inquinanti. E’ stato il Parlamento a farlo, e non la Commissione, che aveva promesso di farlo.
La nostra richiesta è che nessuno dei pesticidi elencati fra le sostanze pericolose prioritarie sia autorizzato. La soluzione più semplice è garantire che tali sostanze non contaminino le acque.
Cristina Gutiérrez-Cortines (PPE-DE). - (ES) Signor Presidente, vorrei congratularmi con l’onorevole Laperrouze, che ha collaborato con straordinaria alacrità con gli altri colleghi del mio gruppo, e col Parlamento in generale, allo scopo di ottenere consenso su un accordo.
Sono molto soddisfatta della presente direttiva, che si occupa di diverse questioni importanti. In primo luogo, come ha menzionato l’onorevole Lienemann, la sostenibilità è un processo, e il trattamento delle acque, il miglioramento della qualità dell’acqua e la politica in materia di acque fanno parte di un processo cominciato molti anni fa. Innanzi tutto, si tratta di un processo che deve essere realistico, perché deve essere messo in pratica.
E’ molto più facile legiferare che non attuare la normativa. E’ molto meno costoso legiferare che non attuare la normativa. Non costa niente vietare qualcosa ma sono le imprese, i coltivatori e gli enti locali a dover attuare le politiche, il che non sempre è facile.
A mio avviso si tratta di un importante passo in avanti, ma dobbiamo essere realisti, perché, come abbiamo visto ieri nel referendum, ad esempio, a volte non è facile essere europei. Ha un costo in termini finanziari e in termini di sforzi, ed è qualcosa che stiamo facendo in questo momento, tenendo conto in modo particolare del fatto che si tratta di una politica che interessa l’Europa intera.
La politica in materia di acque deve essere attuata nella sua interezza in tutta l’Europa, ragion per cui dobbiamo fronteggiare situazioni estremamente complesse, con molti fattori, fra cui fattori di carattere geofisico estremamente importanti.
Vorrei citare ancora due aspetti della presente direttiva che, a mio avviso, rappresentano dei passi in avanti. In primo luogo, essa richiede molta più trasparenza da parte dei governi. L’acqua è sempre stata torbida. In seno al Forum europeo dell’acqua, uno dei nostri obiettivi è la trasparenza nella trasmissione di informazioni all’opinione pubblica, e affrontiamo questo nostro impegno con serietà.
Lo stesso vale per gli indicatori, fra cui i molluschi, e vorrei sottolineare l’importanza dell’analisi dell’acqua per la salute.
Justas Vincas Paleckis (PSE). – (LT) Vorrei congratularmi con la relatrice ed esprimere il mio pieno sostegno all’idea che necessitiamo di norme più rigorose sulla qualità delle acque superficiali e sull’efficacia della valutazione della normativa comunitaria.
I piccoli Stati membri che si trovano alle frontiere esterne dell’Unione si trovano a fronteggiare un problema molto delicato, ovvero la contaminazione delle acque dagli Stati membri limitrofi. L’Unione europea non desidera né intende sollevare un’altra “cortina di ferro” per quanto riguarda l’ambiente ed altre questioni rilevanti. Per tale motivo, è altrettanto importante ridurre la contaminazione sia all’interno degli Stati membri dell’Unione europea che nel vicinato. L’emendamento n. 26 delinea il compito della Commissione di presentare una relazione dettagliata sulla situazione inerente all’inquinamento proveniente da paesi terzi, ad un anno dall’entrata in vigore della direttiva. La Commissione deve fare di più per promuovere una maggiore attuazione degli impegni ambientali nel corso dei negoziati con i paesi limitrofi. Tale questione è estremamente importante per i paesi che hanno dei bacini idrici in comune con gli Stati membri limitrofi.
Christa Klaß (PPE-DE). - (DE) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, “L’acqua è vita” o “Acqua - preziosa come i diamanti”: è con questi titoli e con questa motivazione che lanciammo la direttiva quadro sulle acque nel 2000. La direttiva sugli standard di qualità ambientale nel campo della politica in materia di acque rappresenta attualmente l’ultimo importante strumento derivato dalla direttiva quadro sulle acque, il cui obiettivo è quello di fissare degli standard di qualità ambientale per le sostanze prioritarie e per le sostanze pericolose prioritarie, per far sì che la nostra acqua, la sorgente della nostra vita, usufruisca di un alto livello di tutela dai rischi, e con ciò intendo dire il massimo livello di tutela, ovvero la tutela che è necessaria e possibile sulla base delle ultime conoscenze in campo scientifico.
A mio avviso, tuttavia, ciò significa anche che la tutela dell’acqua è un lavoro permanente. Noi politici dobbiamo tenerci costantemente aggiornati sul progresso della scienza, allo scopo di assimilare le nuove scoperte e garantire in ogni momento la tutela dell’acqua, sempre in linea con gli ultimi ritrovati della scienza e della tecnologia. Non deve più accadere, come in questo caso, che la Commissione non adempia al suo mandato e non prenda l’iniziativa. L’elenco delle sostanze pericolose prioritarie deve essere costantemente riveduto e controllato senza dilazioni. L’inazione da parte della Commissione ha spinto il Parlamento ad agire e proporre un secondo elenco contenente delle sostanze che, sulla base delle ultime scoperte, devono essere verificate. Tale elenco non deve classificare o emettere un verdetto a priori sulle sostanze in oggetto. Dovrebbe fornire inoltre la possibilità di fugare ogni dubbio su una determinata sostanza. Le sostanze non devono ovviamente essere incluse in tale elenco in modo arbitrario. Il gruppo PPE-DE ha invocato un trattamento più rapido in via maggiormente prioritaria delle sostanze su cui sono già disponibili dei dati che mostrano un alto livello di rischio. Sei mesi sono sufficienti, a nostro parere.
Spero molto, signor Commissario, che non ci si avvarrà appieno dei 24 mesi attualmente previsti, perché deve sempre essere possibile prendere dei provvedimenti senza indugi, una volta che si sono tratte delle conclusioni sulla pericolosità di una sostanza. Dobbiamo sostenere in blocco il compromesso elaborato dall’onorevole Laperrouze.
Péter Olajos (PPE-DE). - (HU) Grazie, Signor Presidente. La maggior parte dei fiumi europei sono condivisi da diversi paesi, i quali godono delle risorse di tali fiumi e condividono la responsabilità che questo comporta. La qualità delle acque che ogni Stato membro riceve dipende dal paese che si trova a monte. Il Danubio, ad esempio, attraversa sette paesi, la Drava sei, il Reno e il Tibisco cinque. Ciò rappresenta una notevole sfida e richiede una cooperazione su ampia scala. Speriamo che l’adozione della presente normativa contribuisca a porre fine alla formazione di schiuma che ha interessato il fiume Raba negli ultimi sette anni. Attualmente, fare il bagno nelle uniche paludi fluviali d’Ungheria è consigliabile solamente nel caso in cui si indossi una delle tenute mostrate nelle foto distribuite ai deputati, le quali sono raffigurate anche su dei depliant e su dei poster. Il fiume Raba ha ovviamente una semplice funzione di cartina di tornasole, mostrandoci che vi è qualcosa che non va con la presente normativa, perché se tutti rispettano i limiti imposti dalla legge e vi è ancora uno spesso strato di schiuma sul fiume, allora vuol dire che vi è qualcosa di sbagliato nella normativa. Dobbiamo pertanto cambiarla, e vorrei pertanto chiedervi di votare a favore del pacchetto di compromesso domani.
Gyula Hegyi (PSE). - (HU) I miei colleghi hanno già affermato che l’acqua dolce è probabilmente la risorsa più preziosa del XXI secolo, e non si può non essere d’accordo. E’ anche vero che in Europa la situazione è fondamentalmente buona, sia per quanto riguarda la quantità d’acqua dolce che per quanto riguarda la sua qualità. Vorrei richiamare l’attenzione su una questione che non è ancora stata sollevata, ovvero sia sul fatto che, in conseguenza del cambiamento climatico, la curva delle precipitazioni, e con essa la curva della distribuzione dell’acqua dolce che ne può essere recuperata, sta diventando sempre più estrema. Ciò significa che, in tutta Europa, abbiamo delle estati lunghe e calde e delle precipitazioni di carattere torrenziale. Aldilà delle considerazioni di tipo ambientale che abbiamo discusso, pertanto, abbiamo bisogno di un sistema per la gestione delle risorse idriche che, a differenza del sistema attuale, catturi tale acqua e permetta di immagazzinarla in modo da essere utilizzata negli anni di siccità. E’ inoltre di fondamentale importanza che ciò diventi una politica a livello dell’Unione europea, perché ci consentirebbe di mantenere la quantità di acqua dolce in Europa, mentre la sua qualità sarà garantita dalla normativa. Grazie.
Marios Matsakis (ALDE). - (EN) Signor Presidente, l’inquinamento delle acque ha luogo nei fiumi, nei laghi e in ambiente sotterraneo, ma può anche avvenire durante il trasporto. Tale rischio è stato recentemente aggravato dalla siccità che si è verificata nell’Europa meridionale, dove un gran numero di petroliere sono in fase di conversione, in modo da poter trasportare acqua potabile. Si tratta di un’area in cui vi è forse una mancanza di conoscenze. Vorrei chiedere al Commissario di fare in modo che il trasporto sia completamente sicuro e privo di qualsivoglia inquinamento da idrocarburi aromatici, i quali, come sappiamo, sono potenzialmente molto nocivi sia per gli esseri umani che per gli animali.
Stavros Dimas, Membro della Commissione. − (EL) Signor Presidente, oltre ai punti da me citati nel corso del mio intervento in apertura, la proposta di direttiva contribuisce anche al processo di semplificazione della normativa comunitaria sulle acque.
Vi ricorderete che la direttiva quadro sulle acque comprende già delle disposizioni sull’abrogazione di sette precedenti atti legislativi che risalgono agli anni ’70 e ’80. La presente direttiva abrogherà cinque ulteriori direttive e semplificherà allo stesso tempo la presentazione di relazioni sullo stato delle acque nel quadro del WISE, il sistema di informazione sulle acque per l’Europa di recente creazione. Ciò ci fornirà una migliore base per prendere decisioni a livello politico e tecnico.
Vi ricorderete anche che il Parlamento ha dato particolare peso all’obiettivo di eliminare o ridurre progressivamente alcune sostanze incluse nella direttiva quadro sulle acque. L’inventario pianificato, che comprenderà delle mappe, costituirà una fonte indispensabile di informazione per tutti, e fungerà da strumento di valutazione per le verifiche da parte della Commissione sul raggiungimento o meno dell’obiettivo ambientale della riduzione progressiva o dell’eliminazione.
La direttiva quadro sulle acque e la direttiva derivatane forniranno una base solida, prevedibile e a lungo termine per il processo decisionale ad ogni livello, dal bacino fluviale e dal livello locale al livello europeo. Ciò è particolarmente importante per stilare i piani di gestione dei bacini fluviali e i programmi di misure da presentare entro il dicembre del 2009. L’anno scorso la Commissione ha presentato la sua prima relazione sull’attuazione della direttiva quadro sulle acque. La relazione include una valutazione dei risultati ottenuti e delle mancanze. Adesso è il compito degli Stati membri adempiere ai loro impegni a tempo debito in tempo.
Vorrei approfittare dell’occasione per ricordarvi che gli aiuti finanziari dell’Unione europea sono disponibili nell’ambito dello sviluppo regionale e della politica di coesione, nonché della politica di sviluppo rurale. Rientra nei diritti-doveri degli Stati membri selezionare le priorità ed i progetti.
L’articolo 7 della direttiva quadro sulle acque ha già stabilito quali sono gli obblighi in materia di acqua potabile, ed il presente compromesso non altera le relative procedure e disposizioni.
Vorrei sottolineare che gli Stati membri devono riferire sul loro grado di adempimento in conformità all’articolo 15 della direttiva quadro sulle acque, sulle misure da essi adottate per ridurre il proliferare delle zone di mescolamento, nonché sul coordinamento internazionale nel campo della definizione delle zone di mescolamento. Inoltre, se uno Stato membro desidererà imporre degli standard, la Commissione non solleverà alcuna obiezione.
In conclusione, la Commissione si trova nella fortunata posizione di poter esprimere il suo pieno sostegno al pacchetto di compromesso, in modo da poter giungere ad un accordo sulla presente direttiva in seconda lettura. A questo punto vorrei ancora una volta ringraziare la relatrice per l’eccellente lavoro da lei svolto.
Per quanto riguarda il problema sollevato dall’onorevole Matsakis sul trasporto di acqua a Cipro, sono consapevole dell’esistenza di tale problema e fornirò una risposta a tale domanda successivamente.
Anne Laperrouze, relatore. − (FR) Signor Presidente, onorevoli colleghi, grazie per essere intervenuti nella presente discussione. Forse vi chiederete quali sono i nostri obiettivi finali con la presente direttiva. Sono, ovviamente, il miglioramento della qualità dei corpi idrici superficiali. Non vogliamo più riscontrare nelle nostre acque la presenza di piombo, cadmio, nichel, mercurio, solventi o altre sostanze altamente tossiche e cancerogene, come i PCB. L’onorevole Lienemann ha fatto riferimento ad un servizio di due settimane fa che mostrava come i PCB erano bioaccumulati nei pesci e che gli uomini si cibavano di questi pesci. Non possiamo più accettare una situazione del genere, e credo che i cittadini europei si aspettino probabilmente un segnale forte dall’Europa, che dimostri che l’Europa tutela il nostro ambiente e la nostra salute. Credo che riusciremo a trasmettere tale messaggio se rispetteremo la direttiva quadro sulle acque, unitamente alle direttive da essa derivate.
Alcuni membri hanno detto non sono state incluse abbastanza sostanze nell’elenco, che il Parlamento ha fatto marcia indietro rispetto alla prima lettura. In prima lettura avevamo proposto in totale 33 + 28 sostanze, ovvero 61 sostanze analizzate. In seconda lettura, abbiamo un totale di 33 + 13, ovvero 46, ma occorre segnalare che si tratta di sostanze particolarmente pericolose, che non devono più essere presenti nelle acque dei nostri fiumi. L’altro spunto di interesse della presente direttiva è che ci permette di controllare l’adempimento della normativa europea - mi riferisco all’attuazione del regolamento REACH e all’IPPC. Adesso disponiamo di uno strumento per verificare tutto ciò.
Il Commissario ha sentito le dichiarazioni dei miei colleghi, i quali hanno detto che, se il Consiglio e il Parlamento avessero adottato il presente testo, la palla sarebbe passata alla Commissione. La mole del lavoro da fare è imponente, occorrerà effettuare un gran numero di analisi e stilare inventari. Le faccio i miei migliori auguri. Comunque sia, continueremo a monitorare la presente normativa.
Presidente. - La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà martedì, 17 giugno 2008.
21. Potenziamento delle capacità di reazione dell’Unione europea alle catastrofi (discussione)
Presidente. − L’ordine del giorno reca una dichiarazione della Commissione sul potenziamento delle capacità di reazione dell’Unione europea alle catastrofi.
Stavros Dimas, Membro della Commissione. − (EL) Signor Presidente, l’anno scorso, grazie al meccanismo comunitario di protezione civile, l’Unione europea si mobilitò in massa per aiutare gli Stati membri colpiti dai catastrofici incendi boschivi.
Abbiamo identificato alcuni punti che richiedono la nostra attenzione immediata nel tentativo di evitare disastri simili nel futuro.
In primo luogo, dobbiamo superare la mancanza di risorse tecniche disponibili per il soccorso in caso di catastrofi, aspetto che è stato notato durante le operazioni del 2007.
In secondo luogo, deve esservi un approccio integrato nell’affrontare gli incendi boschivi, e nel campo della prevenzione, della prontezza e della reazione.
In terzo luogo, la capacità operativa del centro di informazione e monitoraggio della Commissione deve essere rafforzata.
La Commissione ha già adottato alcune misure operative pratiche, fra cui le più importanti sono:
– la creazione e la formazione di una rete di esperti nel campo degli incendi boschivi;
– la formazione nel campo dell’interoperabilità per le forze nazionali dei vigili del fuoco;
– una grande esercitazione organizzata in Sardegna in aprile, con la partecipazione di forze provenienti da cinque Stati membri;
– la formazione di tre unità di protezione civile per la lotta aerea agli incendi boschivi.
Sono stati già stanziati dei fondi per il trasporto delle attrezzature ausiliarie. Inoltre, nel quadro del programma pilota per gli incendi boschivi, stiamo cooperando con gli Stati membri per creare delle riserve tattiche che saranno a disposizione per le emergenze in Europa.
Inoltre, fra il 2007 e il 2013, saranno disponibili circa 5,8 miliardi di euro, nel quadro dei programmi della politica di coesione, per la prevenzione dei rischi e per la reazione a diversi tipi di disastri, fra cui gli incendi boschivi.
Ulteriori 1,6 miliardi di euro saranno disponibili a partire dai fondi per lo sviluppo rurale per ripristinare le risorse boschive e avviare le operazioni preventive.
Infine, per le calamità naturali più devastanti, è mantenuta l’opzione di sostegno a partire dal Fondo di solidarietà dell’Unione europea.
Nella comunicazione da essa presentata a marzo, la Commissione sottolineava la necessità di un approccio integrato alla gestione dei disastri, che deve includere la prevenzione, la prontezza, la reazione e il ripristino. Esaminava tutti i tipi di calamità naturali e antropiche, all’interno dell’Unione europea e al di fuori dei suoi confini, nonché tutte le risorse comunitarie disponibili per la reazione in caso di calamità.
Oltre alla protezione civile, la comunicazione esaminava tre ulteriori settori di intervento comunitario:
– il consolidamento degli aiuti umanitari europei;
– il miglioramento del coordinamento della capacità di intervento per la reazione in caso di calamità;
– il potenziamento della cooperazione interistituzionale, ad esempio della cooperazione fra le agenzie o istituzioni europee.
Stiamo inoltre sviluppando un piano d’azione, che sarà pronto quest’estate e darà un quadro d’insieme di tutta una serie di iniziative specifiche che vanno aldilà di quelle menzionate nella comunicazione, come ad esempio:
– l’analisi delle lacune relative alla capacità di sostegno sia materiale che tecnico, sia per le operazioni umanitarie che per quelle di protezione civile. Ciò ci permetterà di determinare quali strumenti specifici saranno disponibili, essendo questi gli strumenti più indispensabili, e i più vantaggiosi dal punto di vista economico;
– il sostegno alle iniziative mirate a limitare i rischi di calamità nei paesi terzi;
– una più stretta collaborazione con le Nazioni Unite, la Banca mondiale e diverse ONG, con l’obiettivo di rafforzare la capacità di reazione in caso di calamità a livello globale;
– un migliore ricorso alla scienza, alla tecnologia e all’innovazione;
– il potenziamento del ruolo delle nostre agenzie nella reazione in caso di calamità in tutto il mondo;
– una valutazione più efficace dei danni causati dalle calamità.
Per quanto riguarda la prevenzione delle calamità, attualmente non vi è un approccio integrato a livello europeo. Per affrontare tale questione, la Commissione sta preparando una comunicazione per valutare il valore aggiunto della creazione di un meccanismo comunitario di prevenzione delle calamità. La Commissione presenterà diverse opzioni con i seguenti obiettivi:
– migliorare le nostre conoscenze in materia di calamità e del loro impatto;
– migliorare il livello di integrazione delle relative politiche, ovvero l’integrazione fra la pianificazione territoriale e la prevenzione delle calamità;
– migliorare l’utilizzo delle risorse comunitarie.
Oltre a questa iniziativa, che si concentrerà sull’Unione europea, la Commissione sta elaborando una strategia per la riduzione dei rischi di calamità nei paesi in via di sviluppo.
Infine, la Commissione ha adottato una serie di provvedimenti per rafforzare la capacità di intervento dell’Unione europea in risposta alle calamità che potrebbero verificarsi in Europa. In particolare, il centro di informazione e monitoraggio della Commissione è in fase di consolidamento. Dal momento che attualmente non disponiamo di analisi dettagliate sulle lacune e sulle mancanze nell’ambito della capacità di reazione nel caso di grandi calamità, stiamo elaborando degli scenari di calamità e testando dei dispositivi innovativi. Ciò libererà delle risorse e delle capacità nel campo della protezione civile per operazioni su scala europea. Entro la metà del 2009, la Commissione intende anche presentare delle proposte per una rete europea di formazione sulla reazione in caso di calamità.
In conclusione, vorrei ringraziare il Parlamento per l’indefesso sostegno da esso fornito nel consolidamento della capacità comunitaria di reazione in caso di calamità, sostegno ribadito nel progetto di risoluzione che sarà votata in plenaria.
Antonios Trakatellis, a nome del gruppo PPE-DE. – (EL) Signor Presidente, negli ultimi anni molti Stati membri dell’Unione europea sono stati colpiti da calamità naturali, come incendi, alluvioni e terremoti, che hanno causato la perdita di vite umane, la distruzione di proprietà, fattorie e case, e che hanno causato danni ambientali devastanti, che richiederanno anni di lavoro per essere riparati.
Uno dei principi fondamentali dell’Unione europea fin dalla sua nascita è la solidarietà. Ciò significa che, nel caso di una calamità naturale, è estremamente importante che l’Unione europea sia nelle condizioni non solo di coordinare l’assistenza tecnica, bensì anche di fornire, tramite il Fondo di solidarietà dell’Unione europea, risorse finanziarie alle zone colpite. Ho ascoltato con interesse l’analisi del Commissario di tutti gli elementi in materia di prevenzione e di intervento coordinato, e ci aspettiamo che la Commissione europea agisca di conseguenza.
Consentitemi di soffermarmi su una questione relativa al Fondo di solidarietà dell’Unione europea. Ritengo che la decisione del Consiglio di non adottare il regolamento sul Fondo di solidarietà sia priva di giustificazione, motivo per cui tale decisione deve essere riconsiderata.
La ristrutturazione del Fondo rappresenterà un passo importante. In primo luogo, l’Unione europea sarà in una posizione migliore per gestire le calamità naturali in modo efficace e flessibile. In secondo luogo, i cittadini che hanno perso la loro dimora e si trovano in uno stato di insicurezza dopo una catastrofe percepiranno subito la solidarietà europea, comprenderanno l’importanza di essere cittadini non solo di un paese, ma anche dell’Unione europea.
Sono queste le politiche e le iniziative che i cittadini si attendono da noi, e spero che il regolamento relativo al Fondo di solidarietà dell’Unione europea sarà adottato quanto prima.
Edite Estrela, a nome del gruppo PSE. – (PT) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, ci troviamo di fronte ad una specie di rituale, che ha luogo prima o dopo l’estate, e che consiste nel fatto che ci ritroviamo a discutere degli incendi boschivi. Si tratta di una questione molto grave, tuttavia, perché le calamità naturali sono legate al cambiamento climatico; e perché i fenomeni meteorologici estremi si stanno esacerbando, gli scienziati ci avvertono che le calamità naturali stanno divenendo sempre più frequenti e intense, il che significa che periodi di siccità ricorrente e più estrema si alterneranno ad alluvioni più intense e distruttive, ondate di calore eccessivo e un maggior numero di incendi boschivi più difficili da estinguere.
Nel 2006 il Parlamento europeo adottò tre relazioni al riguardo, in una delle quali il relatore della commissione per l’ambiente esortava la Commissione a presentare una direttiva sugli incendi. La mia domanda alla Commissione è pertanto la seguente: in virtù delle circostanze, e tenendo conto che occorre un approccio integrato alla questione - in altre parole, la politica per la lotta al cambiamento climatico non può essere disgiunta dalla politica per la protezione civile - la Commissione non ritiene che in tali circostanze una direttiva sia giustificata?
Fra l’altro, la presente discussione ha luogo in un momento critico: la crisi energetica, la crisi alimentare e via dicendo tutte tematiche anch’esse legate. Le biomasse, ad esempio, devono essere utilizzate per ripulire i boschi, prevenendo così gli incendi e devono essere utilizzate per produrre al contempo energia. Questo inoltre comporta il vantaggio che non vengono utilizzati cereali per produrre biocombustibili.
Marios Matsakis, a nome del gruppo ALDE. – (EN) SIgnor Presidente, i considerando A e D ed il paragrafo 4 della presente risoluzione sottolineano chiaramente l’importanza della prevenzione. Ciò è molto saggio, dal momento che è sempre meglio – molto meglio – prevenire che curare. A tale riguardo, vorrei parlare di un tipo particolare di calamità evitabile, ovvero del crollo di edifici. Sono stato spinto a farlo da un fatto avvenuto poco tempo fa a Cipro. Mercoledì scorso il tetto di acciaio del teatro comunale di Nicosia, dotato di una capienza di 1 100 posti, è crollato, improvvisamente e senza preavviso. La forza delle travi di acciaio e di altro materiale in caduta hanno schiacciato i posti a sedere che si trovavano più in basso. Fortunatamente il teatro era vuoto al momento del crollo, altrimenti vi sarebbero state centinaia di vittime o feriti. Pochi giorni prima il teatro era gremito di bambini in occasione di diversi eventi scolastici. Due settimane prima il balletto del Bolshoj vi si era esibito di fronte ad una sala tutta esaurita, e qualche mese fa il Presidente Barroso, assieme a molti funzionari comunitari, parlamentari europei, al Presidente cipriota, nonché a ministri, parlamentari ciprioti e a molti altri, avevano preso parte alla cerimonia per l’adesione di Cipro all’euro nel medesimo teatro. E’ un vero e proprio miracolo che non si sia verificato un disastro di proporzioni enormi.
Vale la pena ricordare che tre anni fa sono stati eseguiti nel suddetto stabile dei lavori di ricostruzione per un ammontare di circa 6 milioni di euro, ma sembra che nessuno dei responsabili, architetti, ingegneri e funzionari di governo con un’alta reputazione che riscuotono laute parcelle, sia riuscito a stabilire che il tetto di acciaio vecchio di 50 anni non era assolutamente sicuro. Si sospetta che a Cipro altri edifici pubblici possano essere strutturalmente pericolosi ma, a causa di quello che sembra essere negligenza o ignoranza, oppure della corruzione fra le autorità competenti, i dipartimenti o le società private, non sono state finora adottate delle misure correttive. Una situazione simile, in effetti, potrebbe essere riscontrata in altri Stati membri dell’Unione. Per inciso, a Cipro, gli edifici pubblici sono perlopiù completamente esenti dalla legislazione antisismica, mentre gli edifici privati sono ad essa conformi. Esorto la Commissione a far sì che, con la presente risoluzione, sia condotta una verifica della sicurezza degli edifici nell’Unione europea.
PRESIDENZA DELL’ON. MAREK SIWIEC Vicepresidente
Dimitrios Papadimoulis, a nome del gruppo GUE/NGL. – (EL) Signor Presidente, signor Commissario, siamo tutti consapevoli del fatto che le calamità naturali sono in crescita perché sono causate sia dal cambiamento climatico che dal cambiamento nell’uso del suolo.
La risoluzione che ho preparato – e spero che sarà adottata in plenaria con un voto pressoché unanime giovedì prossimo, come è avvenuto in seno alla commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare - esorta la Commissione a smetterla di rinviare e parlare in modo inconcludente.
Signor Commissario, la mia domanda è la seguente: intende adottare dei provvedimenti in seno alla Commissione per far sì che la proposta Barnier sulla creazione di una forza europea di protezione civile sia approvata, come il Parlamento europeo ha ripetutamente richiesto nelle sue risoluzioni?
Ha intenzione di prendere dei provvedimenti per rendere il Fondo di solidarietà più flessibile e meno burocratico?
Ha intenzione di far sì che le gravi lacune esistenti nella normativa e nelle politiche vigenti siano riempite, in modo che l’Europa sia in grado di sostenere maggiormente e con maggiore efficacia l’azione degli Stati membri, laddove le calamità naturali distruggono beni e vite umane?
In seno alla commissione per l’ambiente abbiamo approvato una serie di domande da rivolgere alla Commissione, e lei oggi ci ha detto che fra un anno, a metà del 2009, ci avrebbe presentato delle proposte. La domanda è la seguente: quando si deciderà la Commissione ad esaminare tali questioni in modo serio e a dare una risposta alla proposta del Parlamento europeo?
Su quali proposte concorda, e quando intende attuarle? Su quali non è d’accordo, e per quale motivo? Se il Consiglio la frena e si rifiuta di stanziare i fondi di cui ha bisogno, oppure se certe persone all’interno della Commissione fanno ostruzionismo, Commissario Dimas, dovrebbe dircelo, in modo da aiutarla. Non vogliamo solo delle belle parole; vogliamo dei fatti, in modo da non dover piangere quest’estate le vittime di vaste catastrofi ecologiche.
Dimitar Stoyanov (NI). - (BG) Nel corso di questa serata ho presentato al Parlamento il volto della corruzione ai più alti livelli della Bulgaria, il volto di Ahmed Dogan, e quello del partito di cui è a capo, il Movimento per i diritti e le libertà. Vorrei adesso fornire delle informazioni specifiche sugli incendi boschivi.
In Bulgaria è un segreto di Pulcinella che ciò che Dogan stesso definisce come la “cerchia di società” che gravita intorno al suo partito ha tagliato, nel corso degli ultimi otto anni, i boschi del paese. Il modo più semplice in cui nascondono questo crimine è appiccare degli incendi boschivi, ed ogni estate migliaia di ettari di boschi bulgari se ne vanno in fumo. E se ciò una volta era un problema esclusivamente bulgaro, oggi emerge come un problema di portata anche europea, perché la Bulgaria è la destinataria di aiuti piuttosto consistenti per la reazione agli incendi boschivi. Ma da dove passano questi aiuti? Essi passano attraverso il ministero delle Emergenze, a capo del quale vi è la vice di Dogan, Emel Etem. E’ in questo ministero che sono scomparse decine di milioni di euro provenienti dal Fondo di solidarietà dell’Unione europea stanziati per le alluvioni in Bulgaria. Signor Commissario, onorevoli colleghi, vi invito tutti a visitare la Bulgaria, per vedere quale solidarietà la signora Etem esprime nei confronti della sua circoscrizione, la solidarietà che il MDL ha nei confronti della propria circoscrizione, dei musulmani bulgari, i quali abitano in rifugi provvisori, nei caravan non atti a fare da abitazione, mentre il denaro del Fondo di solidarietà è scomparso nei meandri del ministero gestito dal MDL.
E’ per questa ragione che sollevo la presente questione. Si tratta di un grave crimine nei confronti del patrimonio naturale della Bulgaria e nei confronti dell’Unione europea, un furto nei suoi confronti. Qualunque calamità potrà colpire nel futuro la Bulgaria, non sarà paragonabile alla calamità che va sotto il nome di Movimento per i diritti e le libertà.
Gerardo Galeote (PPE-DE). - (ES) Signor Presidente, accolgo con favore l’iniziativa della commissione per l’ambiente, che possiamo aggiungere alle molte altre iniziative intraprese nell’attuale legislatura dalla commissione per lo sviluppo rurale, anche se tali iniziative non sempre sono comprese a fondo. La verità è che certi sviluppi, fra cui alcune decisioni di carattere giuridico, confermano che i nostri timori erano pienamente giustificati.
Ciononostante, è scoraggiante vedere come il Consiglio manchi di sensibilità e reattività. E’ inoltre paradossale che delle questioni che riguardano l’ambiente, la politica regionale e l’agricoltura siano di competenza del ministero delle Finanze.
I governi nazionali devono riflettere sull’ostinazione con cui si oppongono alla riforma del Fondo di solidarietà, a fronte degli sforzi del Parlamento e della Commissione e del fatto che l’opinione pubblica invochi chiaramente tale riforma. Spero che non dovremo affrontare un’altra estate di incendi, siccità e alluvioni. Spero che il Consiglio non debba, ancora una volta, emettere dei vuoti comunicati di solidarietà, piuttosto che fornire dei meccanismi di coordinamento nel campo della protezione civile e dei fondi per aiutare i cittadini, per poi lamentarci di come i cittadini sono indifferenti e disinteressati all’operato delle nostre istituzioni.
Alcuni membri della commissione per lo sviluppo rurale hanno presentato degli emendamenti per richiamare l’attenzione del Consiglio sulla necessità di attuare riforme ed adottare iniziative. Vedremo se il Consiglio, che anche oggi si distingue per essere assente, sarà in grado di dare qualche risposta.
Iratxe García Pérez (PSE). - (ES) Signor Presidente, vorrei innanzi tutto dire che accolgo con favore l’iniziativa del Parlamento per potenziare la capacità di reazione dell’Unione europea in caso di calamità, visto che, sfortunatamente, le calamità sono sempre più comuni e ciò diverrà una sfida fondamentale per noi politici e per la capacità di reagire con rapidità.
Dobbiamo adottare un approccio ad ampio raggio che prenda in considerazione come affrontare e prevenire le calamità e come riprendersi da queste, ed è quindi importante che chiediamo alla Commissione di presentare urgentemente delle proposte per prevenire le calamità nell’Unione europea.
Allo stesso modo, dobbiamo tenere conto della necessità di riconoscere la natura specifica delle calamità naturali causate da siccità e incendi nella regione del Mediterraneo e adattare di conseguenza la nostra prevenzione, ricerca e gestione dei rischi, nonché i meccanismi in materia di protezione civile e di solidarietà.
Sappiamo che le risorse in dotazione agli Stati membri per l’estinzione degli incendi boschivi, soprattutto con velivoli, sono a volte limitate, motivo per cui chiediamo alla Commissione di presentare delle misure per finanziare le squadre comunitarie, allo scopo di aumentare la capacità e di integrare le risorse nazionali.
La risoluzione deve inoltre richiedere con fermezza al Consiglio di adottare una decisione sulla proposta di regolamento del Fondo di solidarietà, per consentire una reazione più rapida ed efficace alle calamità che gli Stati membri non sono in grado di affrontare da soli. Né possiamo dimenticare le vittime di altre calamità, che necessitano di aiuto e sostegno immediato.
Non possiamo rimanere indifferenti a tale situazione che, di anno in anno, di estate in estate, affligge molte regioni europee. Dobbiamo essere in grado di reagire in modo deciso a tali tragici avvenimenti e ad aiutare le persone che ne vengono colpite. Il futuro è incerto, e noi dell’Unione europea dobbiamo impegnarci al riguardo.
Françoise Grossetête (PPE-DE). – (FR) Signor Presidente, è certamente deplorevole che, ancora una volta, alla vigilia delle vacanze, ci riuniamo per discutere dello stesso problema, il che dà l’impressione che da un anno all’altro non vi sia alcun progresso. In un momento in cui la maggior parte dei nostri concittadini nutre dubbi sull’efficacia dell’Europa, è assolutamente necessario dimostrare loro che, quando le calamità naturali, siano esse incendi, alluvioni o perfino epidemie, mettono in pericolo la vita ed i beni delle persone, l’Europa è in grado di reagire e che, quando si trovano in difficoltà, hanno bisogno dell’Europa e che l’Europa è pronta ad aiutarli.
A che punto ci troviamo attualmente? Ancora una volta, stiamo discutendo del bisogno di mostrare solidarietà e, ovviamente, della necessità di un quadro vincolante. Dobbiamo assolutamente convincere gli Stati membri del fatto che occorre creare una vera e propria forza operativa di protezione civile, dotata di riserve finanziarie, meccanismi di assistenza e risorse supplementari a livello europeo. Dobbiamo naturalmente consolidare gli aiuti umanitari riempiendo le lacune esistenti nel campo della fornitura degli aiuti e rafforzando la capacità globale. Dobbiamo creare una rete di formazione. Come ha affermato il Commissario, è fondamentale formare degli esperti nel settore degli aiuti di emergenza nel caso di disastri, attingendo all’esperienza degli Stati membri relativamente alla formazione nel campo della protezione civile. Tuttavia, dobbiamo agire in via preventiva, e per farlo sono necessarie delle politiche concrete riguardo al suolo, al territorio e ai boschi. Dobbiamo adottare delle misure preventive: solo così possiamo prepararci in vista delle calamità, adottando dei provvedimenti correttivi e creando dei sistemi di allarme precoce, perché ciò è assolutamente indispensabile.
Qual è la situazione in relazione alla proposta sulla relazione Barnier? Vorrei vedere dei risultati concreti all’indomani della proposta.
Stavros Lambrinidis (PSE). – (EL) Signor Presidente, signor Commissario, nello scorso settembre, molti politici hanno espresso il loro cordoglio per le vittime degli incendi, ma molti hanno parlato della responsabilità che avrebbero dovuto sentire, perché non era stato fatto niente per prevenire gli incendi e ne abbiamo pagato le catastrofiche conseguenze. Adesso, i politici dovrebbero sentirsi responsabili. Per tale motivo, prima dell’estate e dello scoppio degli incendi, il gruppo socialista del Parlamento europeo ha chiesto nella sua interrogazione orale che si tenga una discussione con la Commissione su cosa si stava facendo per prevenire gli incendi.
Signor Commissario, lei ha detto che sarebbero stati resi disponibili 5,8 miliardi di euro per il periodo 2009-2013 per la prevenzione degli incendi. Ora, nel 2008, quanto denaro è stato stanziato per la prevenzione? Quanti e quali governi hanno usufruito di tali fondi?
Purtroppo, l’anno scorso, al tempo degli incendi più disastrosi, il governo greco ha ammesso nella sua relazione alla Commissione che vi era stata una mancanza di coordinamento fra le agenzie interessate, nonché una mancanza di piani di prevenzione. Ha verificato nel frattempo cosa è stato fatto in Grecia per alleviare tali problemi, oppure non fate che stanziare fondi a governi che probabilmente li sperpereranno?
Rolf Berend (PPE-DE). - (DE) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, in qualità di firmatario di alcuni degli emendamenti a nome del gruppo PPE-DE e in qualità di membro e vicepresidente della commissione per lo sviluppo rurale, vorrei approfittare dell’occasione per presentare la mia posizione sul Fondo di solidarietà e sulla sua revisione in qualità di relatore del Parlamento europeo.
Da quando la relazione sul progetto di atto sul nuovo Fondo di solidarietà è stata approvata dal Parlamento con una larga maggioranza nel maggio 2006, il progetto si trova nelle mani del Consiglio, dove una maggioranza degli Stati membri respinge il nuovo Fondo nella sua versione emendata. Nessuna delle Presidenze del Consiglio succedutesi ha incluso il nuovo Fondo di solidarietà nel suo programma di lavoro. Tutt’altro: la versione riveduta è bloccata in seno al Consiglio dai ministri delle Finanze, motivo per cui il nuovo Fondo, che dovrebbe coprire il periodo che va dal 2007 al 2013, non è entrato in vigore. Purtroppo, per adesso abbiamo solo il vecchio Fondo, che è in vigore nella sua forma attuale dal settembre 2002, e che al tempo venne messo insieme in tutta fretta. Nel corso di difficili trattative tenutesi qui al Parlamento nel 2006, siamo riusciti a raggiungere dei compromessi finalizzati a rendere il Fondo di solidarietà uno strumento di aiuto d’emergenza più rapido, efficace e, soprattutto, meglio definito. Adesso il Consiglio vuole seppellire questa versione riveduta una volta per tutte.
Non riesco a capire come noi, una comunità che si basa sulla solidarietà, possiamo agire in questa maniera, a causa della suscettibilità di alcuni Stati membri, abbandonando uno strumento di emergenza la cui denominazione celebra il concetto della solidarietà. Abbiamo migliorato lo strumento, lo abbiamo ampliato. Non riesco a capire il motivo per cui coloro che hanno già usufruito del Fondo adesso non forniscono il loro sostegno. Per tale ragione rivolgo un appello urgente al Consiglio affinché riconsideri la sua decisione e adotti finalmente la versione riveduta. Signor Presidente, siamo una comunità che poggia sulla solidarietà, e nessuno sa quando e dove colpirà la prossima catastrofe. Sarà pertanto suo compito …
(Il Presidente toglie la parola all’oratore)
Margaritis Schinas (PPE-DE). – (EL) Signor Presidente, va da sé che qualsiasi azione sostanziale in materia di gestione delle calamità naturali da parte dell’Unione europea debba essere efficace per quanto riguarda la prevenzione, la reazione e la rinnovazione. Eppure quello che vediamo qui è che, a causa di idee senza dubbio preconcette o di una qualche ossessione, vi è una reazione negativa alla prospettiva che l’Unione europea sia coinvolta nel campo della prevenzione. Anche all’interno della Commissione stessa vi è evidentemente una certa resistenza, così come alcuni deputati sono restii a questa idea, perché alcune persone pensano che l’Unione europea non abbia alcun ruolo al riguardo.
Sono decisamente contraria a questa attitudine. Senza la prevenzione non possiamo ottenere niente. La scena di un Presidente Barroso che alla fine arriva in elicottero, con in mano un assegno del Fondo di solidarietà, non esaurisce la dimensione della solidarietà europea. L’esercizio della solidarietà implica un quadro di reazione di ampio respiro. Barnier ha delineato un quadro del genere, che purtroppo sta marcendo da qualche parte nei meandri della burocrazia. Abbiamo fatto una diagnosi precisa ed adesso stiamo scrivendo le ricette.
Gyula Hegyi (PSE). - (HU) Durante la discussione del precedente punto dell’ordine del giorno, è stato menzionato il fatto che la maggioranza delle calamità naturali in Europa è legata alle acque: siccità, alluvioni, incendi boschivi. Una delle radici del problema risiede nei metodi di difesa dalle alluvioni; per essere più precisi è legata al fatto che, in caso di alluvione, la priorità per noi è di eliminare l’acqua il più rapidamente possibile, ma dopo alcuni mesi, quando si verificano siccità o incendi boschivi, ci rendiamo conto di come sarebbe stato utile aver potuto immagazzinare in modo adeguato l’acqua piovana precipitata durante le alluvioni o nei periodi di piogge torrenziali. Si tratta di una questione molto importante, e in una certa qual misura potrebbe contribuire a risolvere - in altre parole a prevenire - i problemi qui citati, se riuscissimo a ripristinare nel campo della gestione delle acque il principio secondo il quale ogni singola goccia di acqua dolce rappresenta una preziosa risorsa che deve essere risparmiata per tempi più difficili caratterizzati da una maggiore scarsità d’acqua. Sarebbe particolarmente importante, soprattutto nei nuovi Stati membri, promuovere questo punto a livello comunitario, in modo tale da poterlo sviluppare come una politica comunitaria, utilizzando i fondi comunitari e riducendo i danni causati dalle alluvioni, dalla siccità e dagli incendi boschivi.
Zuzana Roithová (PPE-DE). - (CS) Anche se parlo a nome di un paese che non dovrà affrontare dei problemi gravi causati da incendi fino a quando non avvertiremo il pieno impatto del riscaldamento globale, comprendo l’importanza della solidarietà fra i paesi europei. Avendo assistito a discussioni simili svariate volte nel passato, sono fermamente convinta, come ex manager, che sia giunta l’ora di avere una strategia comune che ponga l’accento sulla prevenzione, su come prestare aiuto quando un paese ne ha bisogno. Non è una questione finanziaria, bensì una questione di capacità e gestione mirata, aiuti mirati che non dipendono solamente dai mezzi finanziari. Mi rivolgo anche al Consiglio, alle Presidenze e naturalmente alla Commissione affinché facciano quanto è nelle loro possibilità per far sì che il Parlamento non sia costretto a starsene con le mani in mano, e possa votare a favore degli aiuti, che siano richiesti oggi o fra una settimana, o che la calamità sia ingente o contenuta.
Zbigniew Zaleski (PPE-DE). - (PL) Signor Presidente, sono fra i cinque deputati selezionati col sistema “catch the eye”. Volevo dire che vi sono due cose che possiamo fare relativamente alle calamità naturali. La prima è di prevenirle, per quanto è nelle nostre capacità, ad esempio le alluvioni, e quando si verificano dobbiamo prestare soccorso alle persone colpite da tali catastrofi. Una delle attività in questione è l’assistenza psicologica. E’ possibile imbattersi in persone che hanno perso tutto quello che avevano a causa di un’alluvione, come la loro casa, tutti i loro beni; sono sopravvissuti, ma non hanno niente, e sono pervasi da un enorme senso di perdita. So per esperienza personale che in tali circostanze il lavoro degli psicologi è molto importante, ed è per questo motivo che, in caso di calamità, tali gruppi di soccorso devono prevedere anche dei fondi per il dispiegamento di psicologi quanto prima, allo scopo di aiutare le persone colpite.
Stavros Dimas, Membro della Commissione. − (EL) Signor Presidente, ringrazio tutti gli oratori per i loro interventi molto costruttivi.
La Commissione è impegnata a contribuire in modo sostanziale al consolidamento della capacità di reazione in caso di calamità della Comunità. Nella comunicazione che ha pubblicato nel marzo scorso, e mediante le misure attualmente in fase di preparazione, la Commissione adotta un approccio integrato.
In primo luogo, stiamo analizzando tutti gli aspetti della prevenzione, preparazione, prontezza, reazione immediata e ripristino a lungo termine prima e dopo le calamità.
In secondo luogo, stiamo analizzando tutti i tipi di calamità, siano esse di tipo naturale o antropico, all’interno dell’Unione europea e al di fuori di essa.
In terzo luogo, è nostra intenzione integrare tutte le risorse comunitarie migliorando il coordinamento fra le agenzie dell’Unione europea.
Per quanto riguarda i punti sollevati, in primo luogo, il Parlamento e la Commissione europea concordano sul fatto che il Fondo di solidarietà debba essere riformato. Ma purtroppo il Consiglio respinge tale riforma. La Commissione, tuttavia, non intende ritirare la sua proposta, e spera vivamente che il Consiglio si convinca di tale necessità.
Per quanto riguarda la direttiva sugli incendi boschivi, i miei dipartimenti stanno preparando una comunicazione sulla prevenzione delle catastrofi, e una delle opzioni al vaglio è l’adozione di una normativa specifica sugli incendi boschivi.
La Commissione ha fatto da traino nell’adozione degli Eurocodici sull’edilizia sicura. Si tratta degli standard europei relativi alla stabilità sismica degli edifici, che sono attualmente in fase di recepimento nelle legislazioni nazionali e, di conseguenza, vengono fatti rispettare.
Sono un convinto assertore della proposta Barnier. Vorrei ricordarvi che, comunque, è richiesto il consenso unanime del Consiglio. Sappiamo tutti che allo stato attuale non vi è alcun consenso unanime fra gli Stati membri. E’ per tale ragione che la preparazione delle nostre proposte si sta protraendo più di quanto non volessimo. Vorrei semplicemente ricordarvi che, nel quadro del Trattato di Lisbona, sarebbe sufficiente una maggioranza qualificata nell’ambito del Consiglio.
Abbiamo già finanziato dei programmi della Croce Rossa per l’assistenza psicologica, ed altri programmi sono in fase di preparazione a livello tecnico.
Infine, la Commissione nota il forte interesse e l’accresciuto ruolo del Parlamento europeo nel campo della gestione delle catastrofi. Sono impaziente di collaborare proficuamente col Parlamento e il Consiglio nel definire i limiti della sussidiarietà, al fine di promuovere e continuare a sviluppare la dimensione europea della gestione delle catastrofi.
Presidente. − Ho ricevuto un progetto di risoluzione(1)presentato in merito a un richiamo al regolamento (articolo 103(2)).
La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà giovedì, 19 giugno 2008.
Dichiarazioni scritte (articolo 142)
Daciana Octavia Sârbu (PSE), per iscritto. – (RO) Gli incendi boschivi verificatisi in Grecia, Italia e Spagna durante l’estate del 2007 e le alluvioni in Romania e Gran Bretagna hanno avuto come conseguenza un aumento del numero di appelli lanciati per migliorare l’efficienza della capacità di reazione dell’Unione europea in caso di calamità. La frequenza delle catastrofi dovute al cambiamento climatico è in crescita e richiede risposte multilaterali e coordinate per mobilitare tutte le risorse disponibili, tenendo conto aspetti quali la rapidità, l’efficienza e il rendimento finanziario.
Le iniziative proposte dalla Commissione, che contribuiranno al potenziamento della risposta dell’Unione europea alle catastrofi, includono il consolidamento del centro di informazione e monitoraggio, il miglioramento della capacità di reazione della protezione civile europea, nonché un miglior coordinamento fra le Nazioni Unite e la Croce Rossa per quanto riguarda l’assistenza umanitaria. L’intenzione è inoltre quella di creare una rete europea di formazione in materia di reazioni alle catastrofi, dei sistemi di allarme e un numero di emergenza, un “112” europeo, che non è conosciuto in tutti gli Stati membri. In Romania, solo il 30 per cento dei cittadini sanno che, in caso di emergenza, possono fare questo numero in ogni paese dell’Unione, e le autorità nazionali devono continuare a promuovere questo numero per poter reagire rapidamente ai problemi creati dal cambiamento climatico e ad altri problemi.
22. 1º luglio 2008, quarant’anni di Unione doganale
Presidente. − L’ordine del giorno reca una dichiarazione della Commissione sulle manifestazioni previste per celebrare i quarant’anni dell’Unione doganale che ricorrono il 1º luglio 2008.
László Kovács, Membro della Commissione. − (EN) Signor Presidente, ogni volta che parliamo del commercio internazionale o dell’integrazione europea, il nostro pensiero deve andare alla dogana, che è responsabile, alle frontiere esterne dell’Unione europea, della corretta attuazione di tutte le misure adottate per affrontare le due sfide che la dogana si trova a fronteggiare oggigiorno: facilitare il commercio proteggendo allo stesso tempo i cittadini e l’ambiente europei.
Negli ultimi 40 anni, la dogana europea ha fatto del suo meglio per lavorare insieme in modo efficiente come una singola struttura. Spesso è stata l’avanguardia dell’integrazione europea. E’ veramente notevole che una politica che di solito non fa molta notizia abbia comunque svolto un ruolo di traino nell’apertura di nuove strade sia per lo sviluppo economico che per l’integrazione della Comunità.
Oggi il ruolo della dogana rimane importante, difficile e, purtroppo, non è ancora apprezzato dal pubblico come dovrebbe essere. Tuttavia, il corretto svolgimento da parte della dogana delle proprie funzioni rappresenta la base per il successo del mercato comune e della libera circolazione delle merci, delle persone, dei capitali e dei servizi. Il lavoro della dogana va al cuore dell’attività dell’Unione europea ed ha un impatto sulla vita quotidiana dei nostri cittadini, spesso senza che questi ultimi se ne rendano conto.
Per sensibilizzare i nostri cittadini sul ruolo fondamentale della dogana, ho lanciato una campagna di comunicazione in concomitanza con il quarantesimo anniversario dell’Unione doganale. Le autorità doganali degli Stati membri hanno appoggiato questa idea.
La settimana scorsa ho visitato tre punti di ingresso importanti per le merci alle frontiere esterne dell’Unione europea, il porto di Rotterdam, l’aeroporto di Francoforte e il valico di Röszke al confine serbo-ungherese, al fine di evidenziare il lavoro quotidiano e la grande motivazione dei nostri doganieri. Ciò è l’argomento di un pacchetto informativo disponibile per i media che ha per obiettivo quello di informare il pubblico nei mesi a venire.
Tornando alle questioni di fondo, la dogana attualmente deve raggiungere cinque obiettivi strategici:
Il primo riguarda la tutela degli interessi finanziari della Comunità e dei suoi membri. Nel 2007 l’ammontare totale dei dazi doganali trasferiti al bilancio dell’Unione europea era di 16,6 miliardi di euro, il che rappresenta il 16 per cento del bilancio totale della Comunità.
Il secondo obiettivo è facilitare il commercio lecito e sostenere la competitività delle imprese europee: la modernizzazione del codice doganale comunitario e l’introduzione di eCustoms sono due strumenti funzionali al raggiungimento di questo obiettivo. Il più recente risultato concreto è stata l’introduzione del concetto di operatore economico autorizzato a partire dal 1º gennaio 2008.
Il terzo obiettivo è di proteggere i nostri cittadini dal terrorismo, dagli stupefacenti e dalle merci contraffatte e pirata che possono persino mettere a repentaglio la loro salute e la loro vita, controllando le catene di approvvigionamento per la circolazione internazionale di merci.
Il quarto obiettivo è quello di mantenere, sviluppare e rafforzare la cooperazione fra le autorità doganali degli Stati membri, fra la dogana e altre autorità governative di polizia e giudiziarie, nonché fra la dogana e la comunità imprenditoriale.
Il quinto obiettivo riguarda la cooperazione fra l’Unione europea e i paesi terzi, la cooperazione con altri paesi nel campo dei prodotti contraffatti e dei dispositivi utilizzati dai terroristi, come è il caso degli Stati Uniti.
Il nostro approccio si basa sullo scambio di informazioni, sulla cooperazione nel campo dell’analisi e della gestione del rischio, del riconoscimento reciproco degli standard di sicurezza, dei risultati dei controlli di sicurezza e del partenariato dogana-commercio, ma anche nel campo della cooperazione con i paesi da cui provengono le merci contraffatte e pirata, come la Cina, dove ha origine il 60 per cento delle merci contraffatte. Nel 2005 abbiamo firmato un accordo di cooperazione doganale e stabilito un comitato misto di cooperazione doganale che si riunisce annualmente. L’anno scorso abbiamo lanciato un progetto pilota sulle rotte commerciali intelligenti e sicure fra i porti europei e cinesi, e di recente abbiamo iniziato a sviluppare un programma di azione che dovrà essere firmato al vertice UE-Cina che si terrà a dicembre. Dobbiamo stabilire una cooperazione analoga con altri paesi come l’India, la Turchia, gli Emirati Arabi Uniti e altri.
Dal 1993, una volta che una spedizione è sdoganata da un’autorità doganale nazionale, è libera di circolare in tutti gli altri Stati membri. Ciò significa che la dogana ha una sola possibilità di controllare le merci e di sequestrare eventuali merci illecite. Il risultato è che l’Unione doganale è tanto forte quanto lo è il suo anello più debole. Con ciò voglio dire che sarebbe molto facile per chi commercia individuare il punto dove i controlli sono meno puntigliosi o più deboli, ed indirizzare le spedizioni illecite verso tali punti. Questo evidenzia la responsabilità delle autorità doganali degli Stati membri che hanno frontiere esterne.
Alla luce del commercio internazionale sempre più in crescita e della suddetta responsabilità di combattere le merci contraffatte, la dogana rimane molto attiva. Vorrei fornirvi alcune cifre per dare un quadro d’insieme del lavoro svolto nel 2007: Sono stati esaminati 183 milioni di dichiarazioni doganali, il che significa circa 5,5 dichiarazioni al secondo; sono stati controllati 1 545 milioni di tonnellate di spedizioni via mare e 3 milioni di tonnellate di spedizioni aeree, in 43 casi è stata intercettata e sequestrata della merce, per un totale di 79 milioni di prodotti contraffatti o pirata, e la tendenza è al rialzo.
Riusciremo ad affrontare la duplice sfida che la dogana si trova a fronteggiare soltanto se ripenseremo i nostri metodi di lavoro. Ciò comporta, ad esempio, un passaggio dall’attuale approccio incentrato sulle singole operazioni per quanto riguarda le formalità ed i controlli doganali ad un approccio sistemico che si concentri sui sistemi di controllo interno e sulla catena di approvvigionamento degli operatori economici.
Ovviamente ciò non significa abbandonare il controllo delle singole spedizioni, bensì basare tali controlli sull’analisi del rischio. Questo nuovo genere di approccio comporta dei nuovi metodi di lavoro e di controllo ed una strategia di gestione del rischio comune a tutte le dogane dell’Unione europea. Inoltre, offrirebbe una piattaforma per definire insieme agli Stati membri la struttura operativa più adeguata per garantire in futuro un funzionamento efficiente dell’Unione doganale.
L’applicazione di nuovi metodi di lavoro comporta inoltre che tutte le autorità doganali nazionali debbano possedere delle conoscenze, competenze e risorse tali che possano mantenere la loro efficienza e la loro efficacia.
Per raggiungere tali obiettivi, la Commissione ha proposto, nella sua comunicazione su una strategia per l’evolversi dell’Unione doganale, lo sviluppo di un piano strategico. Tale pianificazione a lungo termine dovrebbe consentire alle autorità nazionali di fare previsioni relativamente alle risorse, alla formazione e alla dotazione tecnica necessarie per perseguire uno sviluppo sincronizzato e armonizzato in tutti e 27 gli Stati membri. Questo canale permanente di comunicazione ci aiuterà inoltre a garantire un’attuazione simultanea delle nuove misure.
Alla vigilia del quarantesimo anniversario dell’Unione doganale, vi chiedo di dare il vostro sostegno politico all’iniziativa della Commissione per una strategia sull’evolversi dell’Unione doganale. Sono lieto che il testo della risoluzione su cui si voterà giovedì prenda in considerazione la maggior parte delle idee della Commissione sulle più importanti direttrici di sviluppo dell’Unione doganale in materia di maggior cooperazione, sicurezza e miglioramento dell’efficienza ed efficacia del servizio fornito dalla dogana al mercato interno.
In conclusione, vorrei ringraziare il Parlamento europeo per tutto il sostegno che ha dato alla dogana nel corso degli anni.
Malcolm Harbour, a nome del gruppo PPE-DE. – (EN) Signor Presidente, a nome del mio gruppo vorrei innanzi tutto congratularmi col Commissario Kovács per l’autorevolezza con cui gestisce il dossier dogana all’interno della Commissione. Vorrei inoltre dire che stasera abbiamo non solo la possibilità molto importante, come egli afferma, di riconoscere i notevoli risultati ottenuti dalla Commissione nonché da tutte le autorità doganali di tutti gli Stati membri in occasione di questo quarantesimo anniversario, bensì anche di guardare al futuro. Vorrei semplicemente rassicurarlo sul fatto che, da parte nostra, non mancheremo di fornire il nostro pieno sostegno alla strategia di cui parla. Vedrete dalla risoluzione che abbiamo anche esortato gli Stati membri ad annunciare in particolare il loro sostegno a tale riguardo e a sostenere questo progetto importante con le risorse necessarie.
Come lei ha detto nel corso del suo discorso, le autorità doganali sono gli eroi del mercato interno, eroi in sordina, ma non per la commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori. Come saprete, ci siamo dedicati con particolare interesse a queste tematiche, ma non solo: proprio come il Commissario Kovács ha fatto nel corso dell’ultima settimana, ci siamo recati in missione in tutta l’Unione europea, e adesso ci siamo spinti ancora più lontano, in modo particolare in Cina di recente, per visitare le autorità doganali e renderci così conto delle loro priorità e dei problemi che si trovano ad affrontare sul terreno; siamo quindi molto impegnati in questo campo.
Vorrei qui fare semplicemente un paio di osservazioni sulle cose che dobbiamo fare. A mio parere una delle sfide che dobbiamo affrontare insieme è convincere le imprese a collaborare in misura molto maggiore con la dogana nel campo della merce contraffatta ed illecita. La dogana ha bisogno di informazioni se vuole intercettare le spedizioni, ha bisogno di intelligence. Credo che le imprese non siano sufficientemente consapevoli dell’importanza di tale aspetto, dell’importanza di fornire tali informazioni.
In secondo luogo, visto l’aumento del commercio, in particolare da paesi come la Cina, dobbiamo veramente chiedere agli Stati membri di verificare con serietà se hanno le risorse per affrontare dei flussi di merci in entrata molto consistenti e per ispezionare e occuparsi delle merci contraffatte nonché dei prodotti sui quali si cerca di evadere il sistema doganale. Comunque, signor Commissario, grazie infinite per quanto sta facendo in questo settore.
Evelyne Gebhardt, a nome del gruppo PSE. – (DE) Signor Presidente, da quando siamo consapevoli che l’opinione pubblica è sempre più scettica dell’Unione europea, è particolarmente importante celebrare ricorrenze simboliche come questa, e i quarant’anni dalla creazione dell’Unione doganale, rappresentano ovviamente una di queste ricorrenze. Come lei stesso ha detto, signor Commissario, è un fatto degno di nota, perché quarant’anni fa furono intrapresi dei passi importanti verso l’integrazione, quando vennero gettate le fondamenta del mercato unico e della libera circolazione delle persone, delle merci e dei servizi. Ritengo che sia importante continuare a ripetere ai cittadini, mediante i fatti, che l’Unione europea rappresenta dei vantaggi per loro e che ciò è stato reso possibile dalle decisioni prese allora.
Per tale ragione continuerò a parlare in modo entusiasta di quell’evento, perché si tratta di una cosa veramente positiva. Il lavoro di cui ha parlato, portato avanti con la Cina e con altri paesi terzi, è importante anche per la nostra economia e per i consumatori europei, perché va da sé che vogliamo prodotti sicuri e servizi sicuri che possiamo sviluppare. Ciò è molto importante. Nelle risoluzioni più recenti che abbiamo formulato per l’Unione doganale, abbiamo anche legiferato in materia di tecnologie moderne, introducendo il sistema di informatizzazione doganale. Ritengo che questa sia la via da seguire. Se riusciremo a portare all’attenzione tali aspetti positivi delle politiche dell’Unione europea e a spiegare con chiarezza ai cittadini i vantaggi da essa derivanti, ciò ci consentirà di cominciare a ripristinare la fiducia dell’opinione pubblica nell’Unione. E’ questo che dobbiamo fare insieme. Vorrei esprimere i miei ringraziamenti a lei, signor Commissario, per il lavoro da lei svolto a tale riguardo all’interno della Commissione europea.
Janelly Fourtou, a nome del gruppo ALDE. – (FR) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, in un momento in cui l’Europa sta attraversando delle difficoltà, con sempre maggiori dubbi e sempre meno entusiasmo, ci apprestiamo a celebrare un innegabile successo, i quarant’anni dell’Unione doganale.
Fra il 1968 e il 2008, la dogana è stata un esempio di ingegnosità e adattabilità. Forse vi ricorderete la chiusura dei controlli alle frontiere fra Stati membri nel 1993. Le autorità doganali sono riuscite a ridispiegare le proprie forze in un’ottica moderna. Esse rivestono un ruolo complesso, perché devono rispondere a sfide globali. Devono far sì che l’Unione europea e i suoi cittadini siano sicuri, devono garantire che la catena logistica sia sicura, ma al contempo devono anche mantenere il giusto equilibrio fra i controlli e la facilitazione del commercio lecito, con lo scopo di migliorare la competitività europea.
Per riuscire nel proprio compito, la dogana è riuscita ad apportare modifiche radicali grazie ad un nuovo codice doganale che è sia più semplice che di più ampio respiro, grazie alle nuove tecnologie che la doteranno di mezzi amministrativi non cartacei, e grazie anche alla cooperazione. La cooperazione, che sta alla base dell’Unione doganale, deve estendersi sia alle organizzazioni internazionali come l’OMC e l’OMD sia alle nuove amministrazioni e industrie.
Di particolare spicco sono i risultati raggiunta da questa cooperazione nel campo delle confische di merce contraffatta. Purtroppo, vi sono dei limiti alla cooperazione internazionale e attualmente non possiamo far altro che deplorare la decisione unilaterale del Congresso statunitense di effettuare uno screening sul 100 per cento dei carichi in contenitori provenienti da porti dell’Unione europea.
La dogana necessita del nostro sostegno per potersi lanciare in dibattiti realistici. Dobbiamo fare attenzione a prestare ascolto alle iniziative che sono state annunciate nella strategia per il futuro dell’Unione doganale e dobbiamo essere pronti a sostenere qualsiasi misura che renda la dogana ancora più efficiente, specialmente nella lotta contro la contraffazione e la criminalità organizzata.
(Il Presidente toglie la parola all’oratore)
Andreas Schwab (PPE-DE). - (DE) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, come ha affermato l’onorevole Gebhardt, la celebrazione dei quarant’anni dell’unione doganale ricorda ai cittadini che l’Unione europea ha onorato parte della promessa che fece quarant’anni fa. Negli anni trascorsi dalla sua creazione - e il mio gruppo politico, signor Commissario, ha sostenuto tutte le proposte legislative che lei ha presentato al Parlamento europeo nei mesi recenti - l’Unione doganale ha tutelato gli interessi finanziari della comunità europea e dei suoi Stati membri in maniera molto più efficace di quanto non avrebbero potuto fare gli Stati membri presi singolarmente. Essa ha facilitato gli investimenti transfrontalieri all’interno dell’Unione in un modo che gli Stati membri non sarebbero stati in grado di fare se lasciati a loro stessi. Modernizzando il codice doganale e introducendo il sistema di informatizzazione doganale, da lei citato, abbiamo fatto molto per garantire che le attività di investimento di cui sopra siano ulteriormente semplificate nel futuro. Tuttavia, vorrei aggiungere che le imprese hanno dovuto sobbarcarsi da sole i costi della conversione, e ciò non è soddisfacente. A mio avviso il sistema doganale dovrà affrontare sfide formidabili negli anni a venire. E’ per questo motivo che ritengo che sia importante, signor Commissario, che la sua strategia si occupi di queste sfide in modo efficiente ed efficace e che fornisca delle risposte.
Come lei sa, nella mia circoscrizione vi è un problema relativo allo sdoganamento al confine con la Svizzera. Spero che nel futuro potremo continuare a risolvere i numerosi piccoli problemi quotidiani che riguardano le nostre imprese nello stesso spirito costruttivo che ha caratterizzato il passato.
Nel corso dei prossimi anni - ed è a questa sfida che la nostra strategia deve dare una risposta - il sistema doganale dovrà concentrarsi in misura di gran lunga maggiore sugli interessi dell’Unione europea in materia di sicurezza di quanto non abbia fatto nel passato. Ciò include ovviamente i prodotti contraffatti e la pirateria, ma occorre creare dei collegamenti ancora più stretti fra i compiti dei servizi doganali e certi aspetti della lotta contro il terrorismo globale. Nell’ambito del commercio globale, come ha sottolineato l’onorevole Fortou, vi sarà un bisogno crescente di deliberare, all’interno dell’OMC nonché ad altri livelli, su come i servizi doganali possono rivestire un ruolo efficace nella protezione delle frontiere esterne.
Il mio ultimo punto è il seguente: le verifiche a tappeto non costituiscono non costituiscono un sistema pragmatico dal nostro punto di vista, alla luce del concetto di un unico mercato transatlantico. Le auguro di continuare a conseguire risultati positivi.
Arlene McCarthy (PSE). - (EN) Signor Presidente, in qualità di presidente della commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori con delega per la politica doganale, sono ovviamente lieta della possibilità di poter intervenire in questa discussione in occasione dei quarant’anni dell’Unione doganale. La commissione IMCO, come è già stato detto, attribuisce una grande importanza al nostro lavoro nel settore doganale, perché rappresenta il volto concreto del lavoro dell’Unione europea. Senza dubbio, l’Unione doganale ha contribuito alla competitività delle imprese europee semplificando ed eliminando le regole superflue per le imprese e gli operatori economici che agiscono legalmente. Ogni anno vengono disbrigati 175 milioni di dichiarazioni doganali, con una media di una pratica di sdoganamento ogni soli due minuti.
Ma vi è ancora molto da fare. Le PMI necessitano di maggior sostegno per ridurre al minimo le difficoltà da cui sono afflitte quando commerciano in Europa. Una dogana non cartacea, uno sdoganamento centralizzato ed uno sportello unico faciliteranno e sosterranno le nostre PMI, ma tale obiettivo deve essere perseguito dagli Stati membri se vogliamo raccoglierne i frutti.
Si tratta inoltre di un’opportunità per potenziare e rafforzare il nostro impegno nella lotta all’afflusso, per non dire inondazione, di merci pirata e contraffatte. Le merci e le medicine contraffatte non solo danneggiano le imprese europee, bensì sono una gravissima e costante minaccia per la salute e la sicurezza dei nostri consumatori, una questione che sta molto a cuore della commissione per la protezione dei consumatori.
Quindi, lavorando con i paesi terzi e in particolare con la Cina, vogliamo migliorare l’intercettamento delle merci pericolose e illegali; ma alla fine dei conti dobbiamo fare in modo che l’Unione doganale funzioni meglio. Gli Stati membri sono chiamati stasera ad assumersi le proprie responsabilità nel campo dell’attuazione e dell’applicazione, nonché di stanziare delle risorse adeguate.
Signor Commissario, lei può continuare a fare affidamento su di noi della commissione IMCO; collaboreremo con lei per migliorare l’Unione doganale come pietra angolare del mercato interno e naturalmente come elemento centrale del funzionamento e del successo dell’economia dell’Unione europea. Dobbiamo fare in modo che i 27 Stati membri collaborino più intensamente, ovvero che siano a più stretto contatto, che scambino informazioni e facciano funzionare meglio l’Europa e la rendano più snella per le imprese che operano nella legalità; e dobbiamo contrastare il crescente e grave problema delle merci contraffatte e pirata che entrano nel nostro mercato.
Małgorzata Handzlik (PPE-DE). - (PL) Signor Presidente, l’Unione doganale costituisce una parte fondamentale del mercato interno dell’Unione europea, che non può funzionare correttamente a meno che non siano applicati dei principi comuni alle sue frontiere esterne. Aldilà dell’ovvia funzione della raccolta di dazi doganali, l’Unione doganale riveste un ruolo di enorme importanza per quanto riguarda la tutela della salute e della sicurezza dei nostri cittadini.
Nel corso degli ultimi mesi, in seno al Parlamento abbiamo dedicato diverso tempo alla discussione di questioni come la sicurezza dei prodotti, in modo particolare la sicurezza dei giocattoli, e di questioni legate alla contraffazione. E’ importante per tutti noi che, quando acquistiamo dei prodotti, questi soddisfino i criteri stabiliti, soprattutto i criteri relativi alla loro sicurezza per la nostra salute e la nostra vita. Vorrei ricordarvi che, nonostante un’opinione ampiamente diffusa, le merci contraffatte hanno delle ripercussioni non solo sui prodotti esclusivi e costosi, ma anche sui pezzi di ricambio delle automobili e sui prodotti quotidiani come i prodotti alimentari e le medicine.
Molti di questi prodotti sono introdotti nel mercato interno europeo da paesi terzi. Le statistiche ci danno un’idea delle dimensioni di tale problema. Nel 2007 le autorità doganali hanno sequestrato circa 128 milioni di merci contraffatte, un incremento del 70 per cento rispetto al 2005. Per quanto riguarda le medicine, è stato registrato un aumento del 380 per cento. Ovviamente le cause di questo aumento potrebbero essere molteplici. Potrebbe essere causato da un aumento della quantità di merci contraffatte che entrano nell’Unione europea, ma potrebbe essere anche il risultato di un miglioramento nella capacità di intercettamento delle autorità doganali.
Non dobbiamo dimenticare tuttavia che gli standard di per sé non sono sufficienti se non vi è un monitoraggio efficace alle nostre frontiere e, in particolare, se il monitoraggio non viene condotto nella stessa maniera ad ogni valico sulle nostre frontiere esterne. Per fare in modo che la lotta contro il flusso in entrata di merci contraffatte nell’Unione europea sia efficace, è necessario migliorare la collaborazione fra le autorità doganali e le autorità di vigilanza negli Stati membri dell’Unione europea nonché con le autorità doganali dei paesi terzi. Il miglioramento della cooperazione deve andare di pari passo con il progresso tecnologico. Per tale ragione è molto importante che le autorità doganali dell’Unione europea siano dotate di attrezzature adeguate che permettano loro di svolgere le proprie funzioni in modo efficace.
Zuzana Roithová (PPE-DE). - (CS) Quarant’anni fa, l’Unione doganale rappresentava il fulcro del benessere europeo, perché offriva la possibilità di stabilire il mercato unico. Oggi dobbiamo affrontare problemi nuovi, che derivano dalla globalizzazione degli scambi commerciali. Sappiamo che non più dello 0,5 per cento dell’enorme volume di importazioni dall’estero può essere controllato nei porti europei, e che le merci contraffatte sono presenti in un container su tre. Le merci che non soddisfano i nostri standard tecnici e di sicurezza costituiscono un’ulteriore minaccia.
Vorrei sottolineare che dobbiamo garantire ai consumatori europei una miglior protezione da tali prodotti. Un coordinamento più efficace dipende da una rigorosa attuazione della nuova, moderna normativa che è - o era - il nostro grande regalo per l’anniversario dell’Unione doganale. Abbiamo inoltre incluso nella nostra normativa il diritto di distruggere le merci pericolose e quelle contraffatte. Ciò comporta un gran lavoro per i funzionari doganali ed è un regalo perfetto per loro. Tuttavia, vi sono molte altre alternative da esplorare: una più stretta cooperazione con le imprese, un coordinamento più efficace fra gli Stati membri tramite l’informatizzazione dei servizi doganali e la possibilità sorta di recente di collaborare con i paesi terzi. Speriamo inoltre di essere riusciti a migliorare leggermente le condizioni per le piccole e medie imprese.
Andrzej Jan Szejna (PSE). - (PL) Signor Presidente, con la creazione dell’Unione doganale il 1º luglio 1968 fu compiuto il primo passo verso il consolidamento dell’integrazione economica negli allora sei Stati membri. Possiamo dire che questo è un successo nella storia dell’integrazione europea. In occasione della celebrazione del quarantesimo anniversario dalla creazione dell’Unione doganale vale la pena ricordare che si tratta di un eccellente esempio, che è possibile lavorare con efficacia all’interno di una comunità di 27 Stati membri perché, in fin dei conti, non vi è una sola dogana nell’Unione europea, ma 20 autorità doganali nazionali con diversi settori di competenza e diversi tipi di organizzazione che collaborano sulla base di una politica comune europea e all’interno di un quadro giuridico che stabilisce le norme e le procedure rilevanti. Le amministrazioni doganali dei 27 Stati membri devono funzionare come un’unica struttura.
Quarant’anni fa l’obiettivo dell’Unione doganale era di abolire i dazi alle frontiere interne fra gli Stati membri e di trasformare l’ideale di un mercato comune in realtà. Oggi le autorità doganali collaborano al fine di proteggere le frontiere esterne dell’Unione europea ed adottare misure per combattere il contrabbando, per sequestrare le merci contraffatte nonché per svolgere altre mansioni, che anch’esse - e qui vorrei ringraziare il Commissario - sono state incluse nella strategia della Commissione europea per l’evolversi dell’Unione doganale presentata nell’aprile 2008.
Marios Matsakis (ALDE). - (EN) Signor Presidente, l’Unione doganale è una cosa stupenda ma sarebbe ancora più stupenda se tutti i paesi interessati vi aderissero. Mi riferisco ovviamente alla Turchia che, nonostante tutta la pressione esercitata dall’Unione europea, continua a non attuare o ratificare il Protocollo di Ankara relativo a Cipro, imponendo di fatto un embargo su tutto il trasporto aereo e marittimo diretto a Cipro.
Le chiedo: perché l’Unione europea lascia che la Turchia si faccia beffe delle nostre norme e regole? Perché viene permesso alla Turchia di farla franca con tale comportamento inaccettabile? Perché la Commissione non costringe la Turchia ad attuare l’Unione doganale oppure la esclude del tutto? Per quanto tempo dovremo tollerare questa mancanza di rispetto e il fatto di essere messi alla berlina da uno Stato candidato all’adesione che crede di essere europeo?
Jean-Pierre Audy (PPE-DE). – (FR) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, innanzi tutto vorrei congratularmi con lei per il lavoro che lei ha svolto, insieme alla sua amministrazione, su questo dossier, il che rende merito all’Unione europea. Vorrei inoltre ringraziare i miei colleghi e il mio gruppo politico per aver sostenuto un emendamento da me presentato, relativo alla necessità di prestare attenzione alle piccole e medie imprese, che affronta le difficoltà esistenti in materia di applicazione delle procedure di importazione ed esportazione come una delle principali barriere non tariffarie al commercio.
Tuttavia, penso che dobbiamo spingerci oltre la cooperazione proposta nella risoluzione. In un momento in cui il Trattato di Lisbona propone di fare della tutela dei cittadini uno degli obiettivi dell’Unione e l’OMC è in grave difficoltà, dobbiamo spingerci oltre perché, come ha detto il Commissario, le statistiche doganali sono preoccupanti e la contraffazione continua a minacciare la nostra salute e la sicurezza della nostra economia in generale. E’ giunto il momento di spingerci oltre e prendere in considerazione l’unificazione delle strutture doganali ben oltre l’attuale cooperazione, i cui limiti oggi sono chiari.
László Kovács, Membro della Commissione. − (EN) Signor Presidente, prima di tutto mi consenta di esprimere la mia gratitudine per la discussione molto interessante che abbiamo appena avuto. Ho preso nota con attenzione dei vari commenti, perché saranno estremamente utili per me e per la Commissione, e i servizi doganali, nel prendere in considerazione le priorità politiche espresse dal Parlamento europeo.
Sono stato impressionato positivamente dall’apprezzamento e dal sostegno espliciti espressi nei confronti del lavoro dell’Unione doganale; vi assicuro che tale lavoro non si fermerà. Quali sono le garanzie? Sono gli strumenti, la strategia, la base giuridica, il codice doganale comunitario con norme e procedure che facilitano il commercio lecito e garantiscono la protezione del mercato interno, la sicurezza, la salute e la vita dei nostri cittadini.
Disponiamo della tecnologia per l’identificazione nel quadro di eCustoms, e disponiamo di una rete di cooperazione molto ampia: la cooperazione fra le autorità doganali degli Stati membri, la cooperazione con altre autorità di polizia e giudiziarie, la collaborazione con le imprese e, facendo riferimento all’intervento dell’onorevole Harbour, vorrei dire che la settimana scorsa a Francoforte ho avuto modo di ottenere informazioni dal progetto MediFake, che si occupa di medicine contraffatte, e se può essere fatta una distinzione fra i diversi tipi di prodotti falsi, ovviamente i prodotti farmaceutici sono i più pericolosi.
Sono lieto di dirvi che, appena qualche giorno fa, nel paese che conosco meglio, ovvero l’Ungheria, è stato siglato un accordo fra le autorità doganali e l’associazione delle industrie farmaceutiche ungheresi su come fare per impedire ai farmaci contraffatti di entrare sul mercato.
Collaboriamo inoltre con delle organizzazioni internazionali, con paesi terzi come la Cina, e devo dire che, negli ormai tre anni in cui ci siamo occupati di questo dossier e abbiamo avuto riunioni regolari con le autorità cinesi, ho senza dubbio visto un miglioramento per quanto riguarda la loro attitudine. Sono più pragmatici; vengono più al dunque; sono più collaborativi, più costruttivi.
Probabilmente la ragione è che per loro si tratta sempre più di una questione di prestigio politico. La Cina, che svolge un ruolo sempre più importante, non solo nel commercio internazionale ma anche nella politica internazionale, non può permettersi di essere bollata come la fonte principale, come il principale paese da cui provengono i prodotti falsi che mettono in pericolo la sicurezza, la salute e persino la vita dei cittadini di altri paesi.
Un’altra ragione è che, come è stato dimostrato a più riprese, la Cina sta diventando sempre più una vittima di tale fenomeno e non solo un paese di origine.
Perlomeno due oratori hanno citato l’iniziativa del Congresso degli Stati Uniti di effettuare uno screening sul 100 per cento delle spedizioni in arrivo dall’Unione europea: Vorrei dirvi che sto cercando veramente di fare pressione sul governo americano, e indirettamente perfino sul ramo legislativo statunitense, perché siamo assolutamente certi - e non ci stanchiamo di ripeterlo - che questa iniziativa porterebbe a notevoli ostacoli per il commercio internazionale via mare, creerebbe un falso senso di sicurezza e non farebbe che distogliere l’attenzione dai problemi reali. La nostra speranza è che riusciremo infine nei nostri intenti.
Pertanto, col vostro sostegno, col sostegno del Parlamento, col sostegno di commissioni come la commissione IMCO e la commissione INTA, che hanno sostenuto molto attivamente l’Unione doganale, sono sicuro che le attività dell’Unione doganale avranno un esito positivo anno l’anno prossimo, che poi è il quarto.
Grazie molte per i vostri interventi e il vostro sostegno.
Presidente. − Comunico di aver ricevuto un progetto di risoluzione(1)ai sensi dell’articolo 103, paragrafo 2, del Regolamento.
La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà giovedì 19 giugno 2008.
Dichiarazioni scritte (articolo 142)
Sirpa Pietikäinen (PPE-DE), per iscritto. – (EN) Vi sono molte ragioni per celebrare i quarant’anni dell’Unione doganale. L’abolizione della dogana fra gli Stati membri dell’Unione europea costituisce senza dubbio uno dei più importanti risultati dell’Unione, ed ha portato dei grandi benefici sia alle imprese che ai consumatori europei.
Molte delle responsabilità sono nelle mani dei funzionari doganali che effettuano controlli alle frontiere esterne dell’Unione. I prodotti contraffatti, il traffico illegale di stupefacenti e altre sostanze nocive, nonché il contrabbando di specie o prodotti in pericolo rappresentano delle sfide per un mercato unico con sempre meno controlli interni. L’Europa ha uno dei più ampi mercati di prodotti contraffatti al mondo. L’esistenza e il volume d’affari di tali prodotti costituiscono una seria violazione dei diritti di proprietà intellettuale. Occorre individuare e attuare delle misure più determinate per correggere la situazione.
Dare una risposta a queste sfide comporta soprattutto garantire una migliore armonizzazione e una cooperazione determinate fra le autorità doganali degli Stati membri. Tuttavia, lo sviluppo del mercato unico europeo ha rappresentato in fin dei conti un successo innegabile, e merita di essere celebrato come uno dei fattori principali che hanno contribuito al benessere dell’Unione europea nel suo complesso.
23. Anno europeo di lotta contro la povertà e l’esclusione sociale (discussione)
Presidente. − L’ordine del giorno reca la relazione di Marie Panayotopoulos-Cassiotou a nome della commissione per gli affari sociali e l’occupazione sulla proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio riguardante l'Anno europeo della lotta alla povertà e all'esclusione sociale (2010) [COM(2007)0797 – C6-0469/2007 – 2007/0278(COD)] (A6-0173/2008).
Vladimír Špidla, Membro della Commissione. − (CS) Signor Presidente, onorevoli deputati, vorrei ringraziare la relatrice, l’onorevole Panayotopoulos-Cassiotou, e la commissione per gli affari sociali e l’occupazione, nonché la relatrice per la commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere, l’onorevole Geringer, per aver svolto un lavoro eccellente.
L’Anno europeo del 2010 avrà un ruolo importante nello sviluppo di un’Europa sociale. L’approccio scelto, ovvero quello di un anno in cui il metodo centralizzato e quello decentralizzato sono combinati, rappresenta un approccio che deve fornire il miglior sostegno per la coesione politica fra i soggetti a diversi livelli di governo e offrire una certa flessibilità quando prende in considerazione la situazione specifica dei singoli Stati membri.
L’Anno europeo del 2010 darà all’Unione europea e agli Stati membri la possibilità di rinnovare il loro impegno politico, e porrà l’accento sul fatto che la povertà e l’esclusione sociale hanno un impatto sullo sviluppo sociale ed economico dell’Unione e sulla dignità dei nostri cittadini. Lo scopo dell’Anno europeo 2010 sarà di mostrare che è possibile combattere la povertà e che è possibile combatterla con successo.
L’Anno europeo 2010 fornirà inoltre una piattaforma per il dibattito sui valori europei e sul rispetto di tali valori come un fattore fondamentale nello sviluppo dell’amministrazione pubblica sia a livello comunitario che a livello degli Stati membri. Esso contribuirà a far sì che le persone afflitte dalla povertà e dall’esclusione sociale siano percepite in modo diverso.
La Commissione ha sempre insistito che tale concetto, tale approccio debba essere mantenuto nel testo. Ritengo che la maggior parte degli emendamenti presentati nel Parlamento europeo vadano in questa direzione.
Marie Panayotopoulos-Cassiotou, relatore. − (EL) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, in conformità alla relazione congiunta sulla protezione sociale e l’inclusione sociale per il 2008, il 16 per cento della popolazione dell’Unione europea vive ancora al di sotto della soglia di povertà, e il 19 per cento dei bambini sono a rischio di povertà ed esclusione sociale, nonostante gli impegni assunti dagli Stati membri nel 2000 di voler ridurre drasticamente la povertà entro il 2010.
La povertà colpisce non solo le donne, i bambini e determinati gruppi sociali che sono sempre particolarmente vulnerabili. Ben lungi dall’essere sradicata, la povertà è attualmente rinforzata dagli sviluppi internazionali nel settore energetico e in quello della produzione di derrate alimentari, e dalle disparità interne nelle regioni meno ricche dell’Unione. Tali regioni, quali le regioni remote, le isole, le regioni deindustrializzate ed altre, sono caratterizzate da svantaggi strutturali.
La povertà e l’esclusione sociale rappresentano una minaccia allo sviluppo, alla competitività e al modello sociale. Inoltre, rappresentano una violazione dei diritti umani in un’Europa che desidera diventare un modello di rispetto della dignità umana e di promozione delle pari opportunità per tutti.
La proposta della Commissione per un Anno europeo della lotta alla povertà e all’esclusione sociale nel 2010, con un bilancio sostanzialmente più consistente di quelli stanziati per i passati anni europei, rappresenta un passo importante nella promozione della solidarietà, della giustizia sociale, nonché di una maggiore coesione economica e sociale.
E’ nostra intenzione fare del 2010 una pietra miliare nella presa di coscienza della natura multidimensionale della povertà e dell’esclusione sociale. Tale presa di coscienza comprende non solo la povertà materiale ma anche l’accesso ai servizi sanitari, ad una casa, alla protezione sociale, all’istruzione, alla formazione, all’occupazione e alla qualità della vita. Dobbiamo accettare che coloro che vivono in povertà hanno il diritto di vivere in dignità e partecipare alla vita sociale ed economica. Dobbiamo affermare la responsabilità comune delle agenzie europee degli Stati membri, nonché dei partner sociali e di tutti i cittadini, di accrescere la coesione sociale. L’anno 2010 getterà le basi per delle strutture efficaci di responsabilità collettiva e per una distribuzione equa della ricchezza.
Il Gruppo del Partito popolare europeo (Democratici-cristiani) e dei Democratici europei ha preso l’iniziativa nelle proposte e ha accolto gli emendamenti per facilitare la cooperazione fra tutti i gruppi politici del Parlamento europeo. In tale modo abbiamo consolidato la proposta della Commissione di ampliare la definizione delle categorie vulnerabili e aggiungendo questioni come le risposte da dare ai bisogni delle famiglie con problemi specifici, nonché ai bisogni delle famiglie monoparentali e delle famiglie numerose, affrontando i problemi specifici delle persone con disabilità e delle persone senza fissa dimora, e promuovendo inoltre l’integrazione attiva e l’accesso alla cultura e alla ricreazione.
Ciò, ovviamente, non toglie niente all’obiettivo primario di migliorare la situazione finanziaria dei singoli cittadini e delle famiglie, garantendo loro l’accesso ad un lavoro dignitoso e permanente. Una buona occupazione dà la soddisfazione di partecipare e l’autosufficienza necessaria per soddisfare i bisogni dei membri più vulnerabili della società, come i bambini e gli anziani.
In qualità di parlamentari europei, abbiamo prestato molta attenzione affinché la normativa comunitaria sulle pari opportunità fosse attuata correttamente. Abbiamo assistito alla nascita e all’attuazione di politiche integrate e coordinate, a livello nazionale, regionale e locale, politiche che sono state sviluppate da organi pubblici e privati con la partecipazione degli interessati, allo scopo di mantenere i principi del buon governo, della sussidiarietà e della proporzionalità.
I fattori che contribuiscono al successo dell’Anno europeo di lotta contro la povertà e l’esclusione sociale saranno il consolidamento del metodo aperto del coordinamento, del coordinamento delle iniziative fra i programmi europei esistenti e i risultati degli anni europei precedenti, la partecipazione attiva della società civile e una corretta valutazione delle proposte e dei risultati da parte della Commissione europea.
La questione della partecipazione delle ONG e il livello delle risorse a disposizione per finanziare le loro iniziative è stata oggetto della conciliazione fra il Parlamento, la Commissione ed il Consiglio. Siamo lieti che il Consiglio abbia accolto una proposta di aggiungere alla decisione una dichiarazione supplementare della Commissione sulla promozione delle piccole e medie ONG, e la possibilità che le loro iniziative siano finanziate completamente dagli enti nazionali.
Vorrei ringraziare i funzionari competenti, i colleghi, nonché i deputati per il contributo da loro dato alla preparazione della decisione.
Lidia Joanna Geringer de Oedenberg, relatore per parere della commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere. − (PL) Signor Presidente, il miglioramento della qualità della vita dei cittadini degli Stati membri dell’Unione europea rappresenta un obiettivo fondamentale dell’integrazione europea. Ciononostante, le statistiche mostrano che 78 milioni di persone nell’Unione europea vivono al di sotto della soglia di povertà, e che la maggioranza di esse sono bambini, donne ed anziani. Ciò significa che, oltre a misure economiche, l’Unione europea deve anche adottare delle iniziative sociali, cosa che il Parlamento ha sottolineato a più riprese. Nella sua risoluzione del 15 novembre 2007, il Parlamento europeo ha sottolineato come il consolidamento della coesione sociale e l’eliminazione della povertà e dell’esclusione sociale debbano diventare delle priorità per l’Unione europea. L’iniziativa della Commissione di proclamare il 2010 Anno europeo di lotta contro la povertà e l’esclusione sociale rientra appieno in tale obiettivo e potrebbe contribuire in maniera significativa a richiamare l’attenzione della politica e a promuovere delle attività di ampio raggio per consolidare ulteriormente la protezione e l’integrazione sociale.
Il bilancio stanziato per tale iniziativa, 17 milioni di euro, rappresenta un importo record, ma è l’attuazione dei progetti a livello nazionale ad essere un elemento chiave per la riuscita di tale iniziativa. Per tale motivo dobbiamo esortare gli Stati membri a partecipare a questa iniziativa e a stanziare delle risorse umane e finanziarie adeguate allo scopo.
24. Modifica dell’ordine del giorno: vedasi processo verbale
25. Anno europeo di lotta contro la povertà e l’esclusione sociale (seguito della discussione)
Presidente. − Proseguendo la discussione sulla relazione sull’Anno europeo della lotta alla povertà e all’esclusione sociale, passiamo adesso agli oratori che intervengono a nome dei gruppi.
Thomas Mann, a nome del gruppo PPE-DE. – (DE) Signor Presidente, in tutta questa enfasi posta sulla crescita delle esportazioni e sui vantaggi della globalizzazione, mi sembra che sia stato dimenticato un gruppo. Mi riferisco alle persone che vivono in povertà, che nell’Unione europea sono 78 milioni, fra cui 19 milioni di bambini. Ci dobbiamo forse rassegnare allo stato delle cose? Assolutamente no!
I giovani che non riescono a scuola e la abbandonano fanno parte di questo gruppo, così come gli anziani che, pur avendo lavorato per decenni, percepiscono delle pensioni irrisorie che a malapena coprono i bisogni primari. Si sentono emarginati, e spesso e volentieri sono lasciati a se stessi, con le seguenti conseguenze: la vita di tutti i giorni provoca loro un grave stress mentale e fisico, sotto forma di alloggi senza garanzia di inamovibilità, stabili a rischio, il rischio di indebitarsi, l’alcol e gli stupefacenti, insomma, una vita senza dignità né autostima. Le relazioni annuali sulla povertà negli Stati membri dovrebbero essere un campanello d’allarme.
L’anno scorso ho assistito ad una discussione dalla galleria per i visitatori del Bundestag tedesco. La discussione, che riguardava le classi inferiori, diede luogo ad un dibattito pubblico arroventato. E’ di questo che hanno bisogno le vittime della povertà, ovvero che la gente sia consapevole del loro stato, che siano presi sul serio, che venga loro mostrato come uscire dalla povertà. L’onorevole Marie Panayotopoulos-Cassiotou ha stilato un’ottima relazione - lo dico sia a nome del gruppo PPE-DE che a titolo strettamente personale, Marie - che ci spiana la strada per proclamare il 2010 l’Anno europeo di lotta contro la povertà e l’esclusione sociale.
Se l’Anno europeo non produrrà semplicemente delle analisi della situazione ma permetterà ai gruppi in questione di essere coinvolti maggiormente e avere una tribuna per far sentire la propria voce, se le istituzioni presenteranno dei risultati concreti e non si limiteranno a pronunciamenti di buoni intenti, se gli esperti in materia di istruzione stileranno dei metodi di insegnamento pregnanti che porteranno ad un aumento del numero di alunni che completano il corso di studi, e se verranno individuati dei sussidi sociali che abbiano dimostrato di riuscire a ridurre la povertà, molte persone che si sentono attualmente emarginate diventeranno finalmente consapevoli dei loro diritti come membri della nostra società.
Richard Falbr, a nome del gruppo PSE. – (CS) Innanzi tutto vorrei ringraziare la mia collega, l’onorevole Panayotopoulos-Cassiotou, per la sua positiva relazione e per la fruttuosa collaborazione. Desidero soffermarmi su due aspetti.
Molti dei nostri documenti utilizzano le espressioni “lavoro dignitoso” e “lavori dignitosi”. Rimane il fatto, tuttavia, che un numero sempre più ampio di lavori corrispondono alla descrizione di lavori subalterni, ovvero lavori non qualificati e pagati male. Il numero di persone che vivono in povertà o di lavoratori poveri non diminuisce, il che dimostra che sempre più datori di lavoro ricorrono ad assunzioni illegali. Il progetto di direttiva sull’orario di lavoro recentemente adottato, che introduce la possibilità di impiegare i lavoratori sulla falsa riga di come vengono impiegati in alcune aree industriali cinesi, rappresenta un’ulteriore debacle che sicuramente non farà che aumentare il numero di poveri.
L’altra questione che vorrei toccare riguarda la necessità di tenere conto, perlomeno, del fatto che la tendenza alla privatizzazione della sfera pubblica e sociale non ottiene l’attenzione dovuta in alcuni paesi dell’Unione. La privatizzazione dei servizi pubblici e sociali porta inoltre ad un aumento del numero di persone che vivono in povertà. Vorrei dire che i miei emendamenti, i quali evidenziano questo aspetto, vengono rifiutati regolarmente. Vorrei che iniziassimo a fare finalmente qualcosa, invece di continuare a sfornare pagine su pagine e fissare scadenze.
Sepp Kusstatscher, a nome del gruppo Verts/ALE. – (DE) Signor Presidente, vorrei innanzi tutto sottolineare che sostengo in larga parte l’idea che gli sforzi politici mirati a combattere la povertà e l’esclusione sociale debbano essere portati all’attenzione di tutta l’Europa nel 2010.
Mi sia consentito però fare alcune osservazioni di carattere critico. Il modo in cui le proposte per apportare dei miglioramenti sono state sacrificate, soprattutto su pressione del Consiglio, sull’altare del raggiungimento di un accordo in prima lettura, mi ha notevolmente seccato. Ho esortato a stanziare più fondi per questa importante iniziativa nel bilancio del 2010, poiché la lotta alla povertà e all’esclusione sociale rappresenta un obiettivo primario dell’Agenda di Lisbona, un obiettivo che, ahimè, non è stato assolutamente conseguito.
E’ mia intenzione inoltre fare in modo che le ampie risorse finanziarie stanziate dalla Commissione europea sia sottoposta ad un maggiore controllo, in modo particolare nel quadro dell’Anno europeo nel 2010, al fine di stabilire se sono servite come strumento per una distribuzione più equa, o se invece contribuiscono potenzialmente ad arricchire ulteriormente i ricchi, raggiungendo coloro che vivono al di sotto della soglia di povertà solo in casi isolati.
Sono fra quelli che avrebbero accolto con favore una discussione all’interno delle istituzioni europee sull’introduzione di un reddito base incondizionato, soprattutto relativamente alla questione se si tratterebbe di uno strumento adeguato per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale. Sono molto amareggiato dal fatto che tali proposte siano state scartate immediatamente. Sono favorevole all’iniziativa dell’Anno europeo, ma ritengo che vi sia troppa mancanza d’impegno e che l’impatto in ambito sociale saranno inconsistenti.
Jan Tadeusz Masiel, a nome del gruppo UEN. – (PL) Signor Presidente, la proclamazione del 2010 ad Anno europeo di lotta contro la povertà e l’esclusione sociale rappresenta un’ottima iniziativa da parte del Consiglio. Dobbiamo ricordare ai nostri cittadini che l’eliminazione della povertà rappresenta uno dei principali obiettivi dell’Unione europea. Ciò, senza dubbio, accrescerà la fiducia dei cittadini nelle istituzioni europee, e il mio pensiero va soprattutto ai nuovi Stati membri.
Nel mio paese, la Polonia, l’adesione all’Unione europea nel 2004 viene ancora associata da molti ad un incremento della povertà, in modo particolare per quanti vivono in campagna o nelle piccole città. Ciò ha avuto come conseguenza una bassa affluenza alle elezioni per il Parlamento europeo e si è inoltre rispecchiato nei risultati di tali elezioni. L’Anno europeo di lotta contro la povertà e l’esclusione sociale fornirà un’occasione per rivedere la situazione in questo ambito e per mobilitare gli Stati membri a intraprendere dei passi concreti per combattere la povertà e l’esclusione sociale. Da un’osservazione superficiale della società potrebbe sembrare che la qualità della vita di molte persone e famiglie, sia nei nuovi Stati membri che in quelli vecchi, abbia esperito dei cambiamenti considerevoli, ma purtroppo si tratta di cambiamenti in peggio. E’ diventato sempre più difficile, ad esempio, trovare un alloggio. A tale riguardo, necessitiamo di dati statistici aggiornati.
In un mondo che si sta facendo sempre più globalizzato e sempre più difficile da controllare, la responsabilità dello Stato nei confronti dei cittadini dovrebbe essere ancora maggiore. Lo Stato deve fare in modo che i cittadini si sentano al sicuro, perlomeno al livello più fondamentale. Penso che il principale vantaggio dell’Anno europeo sarà di informare tutti dell’esistenza di questo problema, di sensibilizzare e di accrescere la solidarietà, ivi inclusa la solidarietà finanziaria, con i poveri e gli esclusi.
Gabriele Zimmer, a nome del gruppo GUE/NGL. – (DE) Signor Presidente, il gruppo GUE/NGL del Parlamento europeo accoglie con favore la relazione presentata dall’onorevole collega e appoggia pertanto l’obiettivo dell’Anno europeo di lotta contro la povertà e l’esclusione sociale. La relazione delinea molto chiaramente le ampie implicazioni della povertà e dell’esclusione sociale, non solo come problema sociale ma anche e soprattutto come un problema per coloro che non riescono ad uscire dalla povertà. Si è già fatto riferimento ai 78 milioni di persone, fra cui 19 milioni di bambini, che vivono in povertà all’interno dell’Unione europea.
Tuttavia, per compiere degli sforzi seri nella lotta alla povertà e se vogliamo sradicare questo problema sociale, è fondamentale avere delle strategie politiche specifiche e vincolanti. Gli obiettivi politici e una garanzia individuale di poter vivere senza povertà ed esclusione sociale sono all’ordine del giorno. Proprio per il raggiungimento di questi obiettivi, l’Unione europea però non dà alcuna indicazione. Le principali strategie politiche dell’Unione europea non hanno niente a che vedere con la lotta alla povertà. La crescita economica e la creazione di nuovi posti di lavoro non riducono la povertà. Perfino gli Stati membri più ricchi dell’Unione europea annoverano un numero sempre maggiore di persone che vivono al di sotto della soglia di povertà o al di sotto della soglia di pericolo. La Germania, in modo particolare, ha fatto registrare negli ultimi anni una caduta nel livello dei redditi bassi, a fronte di un aumento nel numero di persone interessate da tali redditi.
L’occupazione nell’Unione europea, in altre parole, non porta automaticamente alla prevenzione della povertà, e mi dispiace dire che la consapevolezza di tale fatto in seno alla Commissione europea e fra gli Stati membri non abbia generato alcun pacchetto di misure specifico che includesse obiettivi come l’introduzione di uno stipendio minimo al di sopra della soglia di pericolo oppure la soluzione del problema della sicurezza sociale di base citato dall’onorevole Kusstatscher.
Kathy Sinnott, a nome del gruppo IND/DEM. – (EN) Signor Presidente, vorrei rivolgere le mie congratulazioni all’onorevole Panayotopoulos-Cassiotou. E’ mia convinzione che la questione della povertà infantile debba essere affrontata con urgenza.
Alla luce delle statistiche sul numero di bambini a rischio di povertà - 19 milioni in Europa - occorre sottolineare maggiormente la fondamentale importanza della famiglia e, di conseguenza, l’importanza di difendere la vita familiare. L’istituto della famiglia merita rispetto incondizionato e protezione, perché si tratta dell’ambiente naturale per i bambini. Nei paesi sviluppati assistiamo al fatto che la povertà è sempre più un fenomeno che si verifica a livello familiare piuttosto che regionale. La condizione economica di un bambino è strettamente legata a quella dei suoi genitori. La disoccupazione fra i genitori è causa di povertà infantile.
In Irlanda, nonostante le famiglie spesso percepiscano un reddito ragionevole, i mutui, la salute e le rate dell’automobile possono spesso assorbire la maggior parte del reddito e lasciare ben poco per l’educazione dei figli. Altre situazioni, come la dipendenza dei genitori, portano ad un’insufficienza di fondi per un’infanzia sicura. Le separazioni e i divorzi sono anch’essi un onere per le finanze di una famiglia, e a farne le spese sono i figli. E’ di assoluta importanza che le famiglie siano sostenute in modo efficiente, sia dal punto di vista economico che sociale, al fine di alleviare l’onta moderna della povertà infantile in Europa.
José Albino Silva Peneda (PPE-DE). - (PT) Signor Presidente, signor Commissario, vedo che la relazione oggi in discussione si riferisce esplicitamente allo sradicamento della povertà piuttosto che alla lotta alla povertà, come era invece stato proposto. Sono pertanto lieto del fatto che la mia osservazione abbia dato dei frutti, e vorrei al riguardo ringraziare la relatrice, l’onorevole Panayotopoulos-Cassiotou.
L’Unione europea, ad esempio, si è abituata a reagire molto rapidamente, dando prova di grande solidarietà, in aiuto alle vittime delle calamità naturali verificatesi in tutto il mondo, ma tergiversa molto quando si tratta di aiutare le vittime delle calamità economiche e sociali all’interno dell’Unione europea.
Dico questo perché riesco a capire come una relazione che affronta il problema della povertà non faccia riferimento all’aumento dei prezzi delle derrate alimentari. Sono esterrefatto da questo, perché sappiamo tutti che, più è povera una famiglia, e maggiore è la percentuale del bilancio che spende in cibo. A mio avviso sarebbe quindi utile fare riferimento in qualche maniera alla recente comunicazione della Commissione sull’aumento del prezzo dei prodotti alimentari, ad esempio.
Ritengo inoltre che non dobbiamo limitare lo sradicamento della povertà al solo territorio dell’Unione europea. E’ una battaglia senza confine, stiamo parlando di valori che sono alla base della dignità umana.
Nel corso di tutta la sua storia, l’Europa è sempre stata definita più dalla sua espansione nel mondo che dalla sua stessa identità. Nel XXI secolo, fra tutto quello che l’Unione europea potrebbe fare per il bene dell’umanità, lo sradicamento della povertà sarebbe forse la cosa più nobile di tutte. E’ per tale motivo che la presente questione sarà promossa con forza nel 2010.
Jan Andersson (PSE). - (SV) Signor Presidente, signor Commissario, grazie molte. Vorrei innanzi tutto ringraziare l’onorevole Panayotopoulos-Cassiotou per aver svolto un lavoro eccellente. Vorrei inoltre dire che a mio parere l’iniziativa di proclamare il 2010 Anno europeo di lotta contro la povertà e l’esclusione sociale è un’idea eccellente.
Come ha detto il Commissario Vladimir Špidla, tale iniziativa potrebbe aumentare la consapevolezza e la conoscenza delle strutture esistenti, ma ciò non sarebbe sufficiente. Occorre far seguire i fatti, come già indicato da alcuni colleghi. La situazione è abbastanza soddisfacente nell’Unione europea in generale, ma al contempo la povertà non diminuisce, bensì è in aumento e, come hanno detto altri colleghi, molte fra le persone colpite sono donne e bambini. L’approccio adottato è quello del metodo di coordinamento aperto, ma occorre adottare provvedimenti in molti settori, e non solo in alcuni. L’occupazione è ovviamente importante, ma altrettanto importanti sono l’istruzione, i sistemi di sicurezza sociale ed una politica regionale che presti attenzione alle regioni trascurate. Occorre adottare provvedimenti che siano di beneficio per gruppi particolari, come le persone disabili e le persone provenienti da altre parti del mondo afflitte da povertà più di altre persone. Spero che l’Anno europeo di lotta contro la povertà e l’esclusione sociale, oltre ad aumentare la conoscenza e la consapevolezza, potrebbe essere anche un punto di partenza per delle misure concrete per ridurre la povertà nell’Unione europea.
Ewa Tomaszewska (UEN). - (PL) Signor Presidente, l’Anno europeo di lotta contro la povertà e l’esclusione sociale costituirà il punto saliente dell’agenda sociale per il periodo 2005-2010. La commissione per gli affari sociali ha adottato una serie di indicatori comuni per il processo della protezione sociale e dell’integrazione, processo che garantirà la comparabilità dei dati.
Nonostante la consapevolezza da parte dell’Unione europea del problema della povertà, nonché dell’importanza delle misure per aumentare la coesione sociale, le disparità nel reddito continueranno ad andare di pari passo con la crescita economica nei paesi dell’Unione europea. Di conseguenza, i poveri beneficeranno in misura ridotta da questa crescita. In effetti, ciò significa che vi è una diminuzione della coesione sociale. Tale situazione va di pari passo con altri fattori che hanno ripercussioni negative: nell’Unione europea, quasi un quinto dei bambini è a rischio di povertà. In un momento di declino demografico, dobbiamo prestare particolare attenzione ai bambini, in modo particolare alla famiglie con molti figli, poiché esse hanno i problemi maggiori. Tuttavia, sono proprio tali famiglie ad essere sottoposte a discriminazione, a causa delle alte aliquote IVA sui prodotti per bambini.
Vorrei congratularmi con la relatrice, in modo particolare per aver richiamato l’attenzione sulla questione della lotta alla povertà.
Edit Bauer (PPE-DE). - (SK) Signor Presidente, signor Commissario, accolgo con favore la relazione dell’onorevole Panayotopoulos-Cassiotou, nonché la determinazione della Commissione a continuare la lotta alla povertà.
L’ampia diffusione della povertà è probabilmente una delle contraddizioni più evidenti della benestante Europa. Non è una coincidenza che tutti gli altri Stati membri abbiano citato le cifre alte, i milioni di persone a rischio di povertà, ma la cosa più impressionante è l’alto numero di bambini che, fin dalla nascita, sono a rischio di povertà. Di conseguenza, non è una sorpresa se tali bambini abbandonano la scuola anzitempo, se la percentuale di abbandoni scolastici è estremamente alta. Un’altra statistica impressionante è il numero molto alto di bambini, centinaia di migliaia, che non hanno fissa dimora o vivono in istituti.
Il problema è che la povertà, così come l’esclusione sociale, viene ereditata. Pertanto, per le persone socialmente escluse, l’istruzione e la formazione permanente rimangono degli obiettivi irrealizzabili.
Speriamo che l’Anno europeo di lotta contro la povertà e l’esclusione sociale fornisca incentivi sufficienti per il consolidamento del principio di solidarietà nelle politiche nazionali. Se consideriamo i cambiamenti futuri della struttura demografica, l’attuazione di tale principio sarà persino più complicata. L’analisi di alcuni sistemi della spesa pubblica e previdenziali rivelano come in alcuni Stati membri tali sistemi comportino dei rischi finanziari o persino sociali, il che può far sì che la povertà diventi ancora più diffusa.
Non vi è dubbio che l’attuale rapida crescita dei prezzi del petrolio e dei prodotti alimentari graverà sui bilanci delle persone economicamente più svantaggiate. Pertanto, vi sono sufficienti motivi per fare in modo che l’Anno europeo di lotta contro la povertà e l’esclusione sociale non solo sensibilizzi sulla povertà ma contribuisca anche a creare degli organi nazionali ad hoc che rispondano della facilitazione del coordinamento delle varie politiche impiegate per combattere la povertà e l’esclusione sociale.
Alejandro Cercas (PSE). - (ES) Signor Presidente, anch’io vorrei congratularmi con la Commissione e, va da sé, con la relatrice, che ha reso possibile questa discussione e ci ha permesso altresì di muovere i primi passi verso l’obiettivo di fare del 2010 un anno importante nella lotta contro la povertà.
Come discusso a Lisbona, si tratta di uno degli obiettivi dell’Unione europea, e abbiamo spesso affermato, così come molti Consigli, che la povertà deve essere ridotta considerevolmente entro il 2010, ma purtroppo non sembra che ciò stia avvenendo. Pertanto, dobbiamo fare degli ulteriori sforzi per sfruttare questa opportunità e ribadire che l’aumento della ricchezza non distribuisce i suoi benefici equamente.
Alcuni settori della popolazione sono particolarmente vulnerabili e debbono essere protetti dalla povertà, perché è molto difficile uscire dalla povertà una volta che si è diventati poveri.
E’ quindi necessaria una politica orizzontale che garantisca posti di lavoro e opportunità d’istruzione dignitose, non solo come parte di questo programma, ma come parte di tutti i programmi dell’Unione, in modo che la solidarietà rimanga al centro dell’attenzione dell’Unione e non sia affrontata solamente dalle politiche economiche.
Ryszard Czarnecki (UEN). - (PL) Signor Presidente, si potrebbe dire che i dati che abbiamo raccolto minimizzano la portata del problema, perché parlano della povertà nell’Unione europea prima dell’adesione della Bulgaria e della Romania. Dopo l’adesione di questi due paesi relativamente molto poveri, il livello della povertà nell’Unione è cresciuto sensibilmente. E’ bene non nascondere questo fatto. Inoltre, le persone che vivono al di sotto della soglia di povertà negli Stati membri non sono un settimo del totale, bensì la percentuale reale è ben al di sopra del 16 per cento, ovvero oltre il 20 per cento.
A tale riguardo vorrei rivolgere un appello urgente, ovvero che il finanziamento da parte dell’Unione europea di tutti i progetti discussi debba essere superiore al 50 per cento. Ciò è importante in modo particolare dal punto di vista dei paesi più poveri. Limitare tale ammontare al 50 per cento equivale, in realtà, a decidere di limitare la lotta alla povertà.
(Applausi)
Joel Hasse Ferreira (PSE). - (PT) Signor Presidente, Commissario Špidla, onorevoli colleghi, a mio avviso è assolutamente indispensabile riconoscere i diritti inalienabili dei gruppi sociali più vulnerabili, ed il riconoscimento concreto di tali diritti comporterà un forte impegno degli attori sociali pubblici e privati.
Le varie dimensioni della coesione sociale devono essere protette tramite l’impegno dell’Unione europea e degli Stati membri a sradicare la povertà e a combattere l’esclusione sociale, promuovendo delle iniziative concrete ai più diversi livelli.
Signor Commissario, è inoltre necessario un monitoraggio completo e realistico della povertà e dell’esclusione sociale, il che significa che è fondamentale avere degli indicatori affidabili e comparabili, che mostrino l’andamento delle diverse dimensioni sociali, economiche e culturali di questo fenomeno.
Onorevoli colleghi, le donne povere e le famiglie monoparentali sono particolarmente esposte alla povertà e all’esclusione, e devono pertanto godere di particolare attenzione e di un adeguato sostegno.
In conclusione, signor Presidente, dopo aver ringraziato la relatrice, vorrei dire che il 2010 dovrà essere un anno particolarmente efficace per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale, una battaglia a cui deve essere conferito un più alto profilo, più che mai necessario.
Zbigniew Krzysztof Kuźmiuk (UEN). - (PL) Signor Presidente, vorrei richiamare l’attenzione su tre questioni in questa discussione. In primo luogo, secondo quanto riferito dall’ultima relazione della Commissione europea, nel 2004 vi erano circa 100 milioni di cittadini dell’Unione europea, ovvero il 20 per cento dell’intera popolazione, che vivevano con un reddito inferiore al 60 per cento del reddito medio comunitario, il che significa che vivevano con meno di 15 euro al giorno. Nei nuovi Stati membri, come la Polonia, la Lituania, la Lettonia e la Slovacchia, questa percentuale raggiunge l’80 per cento della popolazione.
In secondo luogo, le soluzioni che spesso vengono paventate dagli economisti liberisti, ovvero che la presenza di considerevoli differenze di reddito è importante per la crescita economica, non devono essere incorporate nella prassi dei paesi dell’Unione in campo socio-economico. Nel 2006 i paesi con le minori sperequazioni di reddito erano la Danimarca, la Svezia, la Finlandia, la Slovenia e la Repubblica Ceca: per molti anni questi paesi hanno goduto di una crescita annuale del PIL stabile, il che differisce sostanzialmente dai paesi con le più forti disparità di reddito, come la Lettonia, la Lituania, il Portogallo, la Grecia e purtroppo il mio paese, la Polonia.
In terzo luogo, vorrei esprimere la speranza che il 2010, Anno europeo di lotta contro la povertà e l’esclusione sociale, renderà noi politici consapevoli del fatto che la povertà e l’esclusione sociale hanno un effetto distruttivo in termini di crescita economica e sviluppo sociale.
(Applausi)
Gabriela Creţu (PSE). – (RO) Signor Commissario, onorevoli colleghi, siamo ben consapevoli di quello che ci ricorda la Commissione, ovvero del fatto che un numero imponente di europei vive in povertà, la quale comprende l’estrema povertà. Chi non ne è consapevole deve accettare la critica che una società ricca come la nostra, che si basa sui principi della giustizia e della solidarietà, dovrebbe funzionare in un modo per cui un paese europeo povero dovrebbe avere più seggi nel Parlamento della Germania. La povertà non è un’astrazione, bensì un modus vivendi che colpisce donne e bambini in particolare. Le donne, e fra di esse le donne impiegate, sono esposte a maggiori rischi visto il divario strutturale negli stipendi, visto il numero di settori mal pagati, debolmente sindacalizzati e che si trovano nel sommerso, e vista la prevalenza fra di esse delle famiglie monoparentali. La povertà viene ereditata. La povertà economica dei genitori favorisce la povertà culturale dei figli, a causa del limitato accesso all’istruzione, della povertà politica, della bassa partecipazione o dell’esclusione dal processo decisionale, della povertà sociale, nonché della bassa partecipazione alle attività civiche e dell’isolamento. Ciò crea dei divari più profondi di quelli dovuti al diverso potere di acquisto. Se vogliamo mantenere un minimo di coerenza fra le dichiarazioni e le nostre azioni, dobbiamo fare di più che non sensibilizzare i cittadini. Sono necessarie delle decisioni politiche per porre rimedio alla situazione. Nell’Unione, non possiamo parlare di una mancanza di risorse, ma talvolta della loro iniqua distribuzione, dell’esistenza di norme che rinforzano l’esclusione. Si tratta di una responsabilità comune, fra l’altro anche delle imprese, che, nel loro stesso interesse, dovrebbero andare oltre la situazione in cui il loro sostegno finanziario ad una fondazione per la protezione di cani randagi del quartiere rappresenta l’unica espressione di responsabilità sociale.
Zdzisław Zbigniew Podkański (UEN). - (PL) Signor Presidente, la proclamazione del 2010 ad Anno europeo di lotta contro la povertà e l’esclusione sociale non risolverà i problemi che riguardano gli 80 milioni di persone che nell’Unione europea vivono al di sotto della soglia di povertà. Allo stesso modo, nominando commissioni, incrementando la burocrazia, il numero di riunioni e sedute non contribuirà a garantire loro il pane.
Per combattere la povertà occorre affrontare la questione di un diverso modo di creazione e distribuzione della ricchezza. Occorre dichiarare con chiarezza che la globalizzazione promuove un’eccessiva creazione di ricchezza per alcuni ed un rapido impoverimento per altri. Purtroppo questi ultimi sono sempre più numerosi. Il problema della povertà all’interno dell’Unione europea continuerà a crescere e per svariati motivi, fra cui vi sono l’iniqua distribuzione della ricchezza, i problemi legati alla distribuzione dei generi alimentari e alla crescita dei prezzi di questi ultimi, un aumento generale del costo di mantenere una famiglia, la situazione demografica in Europa e nel mondo, le continue disparità, l’arretratezza di alcune regioni legata a motivi storici ed il non essere riusciti a produrre un modello adeguato che indichi come aiutare i bisognosi.
Infine, dal momento che non siamo nelle condizioni di risolvere il problema della povertà nel suo complesso, forniamo perlomeno ai bambini e ai giovani un’istruzione gratuita e dei pasti supplementari se ciò dovesse essere necessario.
Zbigniew Zaleski (PPE-DE). - (ES) Signor Presidente, signor Commissario, vorrei sottolineare un aspetto particolare e per questo parlerò in polacco:
(PL) Signor Presidente, stiamo cercando di assistere i paesi poveri in Africa e in America Latina senza ottenere grandi risultati, ma non può esservi alcuna giustificazione per il fatto di non aiutare i poveri all’interno dell’Unione europea. Vi sono delle regioni dove le persone sono molto povere, soprattutto i bambini. Vorrei portare all’attenzione una questione che avrà delle gravi conseguenze nel futuro, ovvero il fenomeno degli euroorfani nell’Unione europea. Si tratta dei figli di emigrati che si spostano da un paese all’altro dell’Unione europea, abbandonando spesso i propri figli al proprio destino. Credo che, nel futuro, le conseguenze a livello psicologico di questo problema ci costeranno caro. Per tale motivo dobbiamo fare tutto il possibile per eliminare questo problema adesso.
Monica Maria Iacob-Ridzi (PPE-DE). – (RO) Signor Presidente, l’eliminazione della povertà e dell’esclusione sociale rappresenta uno degli obiettivi principali dell’Unione europea. Per tale ragione, il 2010 dovrà essere decisivo nell’attuazione della strategia europea in questo campo. Dei 78 milioni di cittadini che sono a rischio di povertà, 19 milioni sono bambini. Purtroppo, non vi sono ancora programmi europei né fondi mirati a migliorare la situazione dei bambini. E’ vero che l’Unione europea stanzia fondi per la distribuzione di frutta e di prodotti lattiero-caseari nelle scuole oppure per l’istruzione degli alunni, ma ritengo che vi sia bisogno di una strategia coerente e di programmi su misura per i bambini che provengono da famiglie povere. Allo stesso tempo, dobbiamo anche concentrarci sulle altre categorie di persone svantaggiate, in modo particolare sui giovani, per i quali dobbiamo ideare delle politiche e stanziare degli importi considerevoli per i Fondi strutturali. E’ inoltre importante sottolineare che attualmente non possiamo creare le premesse per uno sviluppo sociale sostenibile se non disponiamo delle risorse finanziarie necessarie. Credo che lo stanziamento di 17 milioni di euro non sia sufficiente tenuto conto delle necessità dell’Unione europea in materia di lotta alla povertà e all’esclusione sociale. Infine, la lotta contro la povertà e l’esclusione sociale deve essere legata ai programmi esistenti. Sia il Fondo sociale europeo che i programmi europei Progress debbono essere utilizzati per finanziare le priorità dell’Anno europeo della lotta alla povertà e all'esclusione sociale.
Anna Záborská (PPE-DE). – (FR) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, mi congratulo con voi per l’eccellente proposta presentata. Vorrei inoltre ringraziare l’onorevole Panayotopoulos-Cassiotou per la sua ottima relazione. Sono sicuro che voteremo la risoluzione all’unanimità.
Eppure mi pongo la seguente domanda: ecco un altro anno europeo, questa volta contro la povertà estrema. Sono passati 20 anni da quando, il 17 ottobre, la comunità internazionale celebrò la Giornata internazionale per l’eliminazione della povertà. Guardandomi intorno in occasione della celebrazione del 17 ottobre qui al Parlamento europeo a Bruxelles, mi vedo insieme al mio collega, l’onorevole Iñigo Méndez de Vigo, che è a capo della delegazione parlamentare per il Quarto mondo.
Prendendo la parola qui, vi chiedo di segnare questa data nella vostra agenda. Spero che il 17 ottobre le istituzioni europee marcheranno la loro forte solidarietà col seguente slogan: “Ovunque vi siano uomini e donne condannati a vivere in estrema povertà, i diritti umani sono violati. E’ nostro solenne dovere unirci per far sì che tali diritti siano rispettati.”
Vladimír Maňka (PSE). - (SK) In tutto, 78 milioni di cittadini dell’Unione europea sono a rischio di povertà. L’aumento dei prezzi dei prodotti di base, energetici e dei generi alimentari non fa che accentuare il rischio in cui vivono i gruppi più vulnerabili.
L’occupazione di qualità reduce considerevolmente il rischio di povertà. Tuttavia, spesso persino le persone con un impiego sono a rischio di povertà.
La versione emendata della strategia di Lisbona promuove le pari opportunità per tutti come un veicolo di solidarietà sociale ed intergenerazionale, nonché come la creazione di una società senza povertà. Accolgo pertanto l’iniziativa di rendere più visibile il problema della povertà e lo sforzo di stabilire un’unica politica coordinata.
La campagna per la lotta contro la povertà deve aumentare la consapevolezza nell’opinione pubblica e produrre uno sforzo a lungo termine per combattere il fenomeno della povertà. In tal senso possiamo imparare molto dai paesi scandinavi, i quali hanno dimostrato che uno dei metodi più efficaci per ridurre la povertà è una politica attiva per il mercato del lavoro combinata con delle condizioni di lavoro dignitose e con una forte protezione sociale.
Danutė Budreikaitė (ALDE). – (LT) Accolgo con favore la proposta della Commissione di proclamare nel 2010 l’Anno europeo di lotta contro la povertà e l’esclusione sociale, dal momento che la povertà rappresenta un problema sia nell’Unione europea che a livello globale.
Vorrei sottolineare alcuni aspetti urgenti della povertà e dell’esclusione sociale sui quali dobbiamo concentrarci maggiormente di quanto non abbiamo fatto nel passato.
Innanzi tutto, eliminando la povertà infantile riusciremmo ad uscire dal circolo vizioso di generazioni condannate ad una vita di povertà ed esclusione sociale.
In secondo luogo, quasi il 10 per cento dei lavoratori vivono in povertà, a causa di bassi stipendi, impieghi part-time e basse qualifiche. E’ di fondamentale importanza promuovere un’occupazione di qualità, basandosi sull’istruzione dei dipendenti.
In terzo luogo, è fondamentale promuovere la solidarietà all’interno della società, rendendo tutti i suoi membri consapevoli delle questioni della povertà e dell’esclusione sociale.
Vorrei spronare tutte le istituzioni europee e gli Stati membri a fornire ai membri della società informazioni più dettagliate sulla lotta alla povertà e all’esclusione sociale, allo scopo di aumentare il comune senso di responsabilità e contribuire a fugare i pregiudizi relativi al fatto di essere un peso finanziario per la società.
Czesław Adam Siekierski (PPE-DE). - (PL) Signor Presidente, la povertà rappresenta un problema molto complesso e può adottare diverse forme. Essa varia a seconda del paese. In Europa non parliamo di persone che muoiono di fame ma, in generale, i più grandi problemi sono rappresentati dal basso reddito, da cattive condizioni abitative, da una cattiva salute, spesso dall’alcolismo, da sentimenti di alienazione o da una mancanza di qualsiasi prospettiva.
La povertà costituisce un fenomeno pericoloso, perché in molti è ereditaria. I bambini cresciuti nella povertà corrono maggiormente il rischio di avere uno sviluppo più difficile e, senza aiuto esterno, sono condannati all’insuccesso e legati al destino dei loro genitori.
Per tale motivo è importante adottare tutti i passi possibili per rompere il ciclo che trasmette la povertà di generazione in generazione. Il consolidamento dell’integrazione sociale, la riduzione della povertà e la lotta all’esclusione sociale sono alcune delle sfide affrontate dall’Unione europea, soprattutto quando prendiamo in considerazione i cambiamenti demografici, ovvero l’invecchiamento della popolazione e l’afflusso di immigrati.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL). - (PT) Non è sufficiente proclamare un anno europeo di lotta contro la povertà e l’esclusione sociale quando il 20 per cento della popolazione dell’Unione europea è a rischio di povertà. Quanto sta accadendo, che è aggravato dalle disparità sociali, dall’aumento del numero di lavoratori impiegati in lavori sottopagati ed insicuri, nonché dalla crescita dei prezzi dei carburanti e dei generi alimentari, richiede altre politiche che garantiscano che i bambini, le donne e le famiglie siano socialmente incluse.
Sono necessarie delle misure mirate a rendere il lavoro più attraente, che portino all’aumento di posti di lavoro protetti e garantiscano dei servizi pubblici di alto livello, un alloggio dignitoso e una sicurezza sociale pubblica ed universale.
Occorre pertanto approvare urgentemente una strategia europea per la solidarietà ed il progresso sociale che sostituisca le politiche neoliberiste della strategia di Lisbona ed il patto di stabilità, in modo che nel 2010 non abbiamo più povertà di quanta non ne abbiamo attualmente.
Juan Andrés Naranjo Escobar (PPE-DE). - (ES) Signor Presidente, innanzi tutto vorrei congratularmi con la relatrice e col Commissario per aver assunto questa iniziativa.
L’esclusione sociale e la povertà sono due facce della stessa medaglia e sono caratteristiche di una società in cui vivono persone in grande necessità, una società che non è socialmente coesa. In fin dei conti, onorevoli colleghi, il progresso è una questione morale.
Il 2010 sarà l’anno della lotta alla povertà. Sappiamo già che l’eliminazione dell’esclusione sociale e della povertà sarà un processo lungo e complesso, ma se sfrutteremo al meglio ogni euro investito in questo programma, se riusciremo a raggiungere i gruppi di persone che più necessitano di aiuto, se riusciremo a risvegliare la coscienza dell’opinione pubblica, allora creeremo un nuovo tipo di cittadinanza europea. Questa è la questione di fondo.
La settimana scorsa, i cittadini irlandesi hanno respinto il Trattato di Lisbona. La propaganda demagogica che attinge a tutta una serie di opinioni ha fatto disastri nella società irlandese, provocando dei timori infondati nei confronti della globalizzazione ed una certa confusione sulla costruzione della nostra casa comune.
Oltre a proclamare il 2010 l’anno della lotta alla povertà, dobbiamo fare in modo anche che sia l’anno della cittadinanza europea.
Vladimír Špidla, Membro della Commissione. − (CS) Onorevoli deputati, grazie per la discussione approfondita, che ha affrontato molti aspetti della povertà. A mio parere la proposta di per sé chiarisce che la Commissione non ignora il tema della povertà e ha intenzione di creare un clima politico che consenta di combattere la povertà in maniera più efficace. Vorrei inoltre dire che la Commissione si occupa del problema della povertà in tutta la sua complessità. Anche se alcuni dei suoi testi, vale a dire la nostra recente comunicazione sull’inclusione attiva che si occupa della povertà in sé e per sé, sottolineano l’importanza del lavoro di qualità, visto che l’obiettivo della strategia di Lisbona è di creare nuovi posti di lavoro e migliori posti di lavoro, la Commissione tuttavia comprende che il tema complesso della povertà non può essere risolto semplicemente tramite il mercato del lavoro. Basti pensare alla povertà infantile, che è anch’essa strettamente legata alla qualità dei sistemi dell’istruzione. Vi è inoltre la questione della povertà fra i pensionati, che ovviamente non può neanche essere risolta direttamente mediante strumenti legati al mercato del lavoro.
Vorrei soffermarmi su alcune altre questioni che ritengo importanti. La Commissione propone di stanziare un totale di 17 milioni di euro, e durante la discussione è stata espressa l’opinione che i fondi destinati ai progetti nazionali debbano essere incrementati, soprattutto in alcuni paesi. La Commissione non concorda con questa posizione per la semplice ragione che il nostro obiettivo è quello di fornire il massimo sostegno finanziario possibile, al fine di rendere il nostro operato quanto più efficace possibile. L’Anno europeo di lotta alla povertà rappresenta un classico esempio di consuetudine politica democratica. Per ottenere una svolta, per cambiare il clima politico, occorre avviare una discussione dettagliata incentrata su questo tema, ed è questo l’obiettivo dell’Anno europeo.
Vorrei adesso parlare di alcuni singoli emendamenti. Concordo con gli emendamenti riguardanti la revisione dei titoli degli obiettivi dell’articolo 2 e dell’elenco di priorità per l’Anno europeo, e sono inoltre favorevole agli emendamenti relativi alla questione dell’uguaglianza di genere. Inoltre, dal momento che è stato presentato un gran numero di emendamenti, mi sia consentito di presentare al Parlamento un elenco dettagliato degli emendamenti, piuttosto che ricorrere a delle citazioni testuali.
Vorrei citare solo due articoli, gli articoli 37 e 52, che sui quali vorrei soffermarmi nel mio intervento. Col vostro permesso, leggerò il testo si questi due articoli.
La Commissione attribuisce la massima importanza alla facilitazione e al sostegno di un’ampia partecipazione a tutti i livelli alle attività legate al 2010, Anno europeo di lotta contro la povertà e l’esclusione sociale, come un modo pratico di far sì che l’impatto sia positivo e duraturo.
In conformità con la decisione riguardante l’Anno europeo 2010, la Commissione redigerà delle linee guida comuni nel documento quadro strategico, il quale fisserà le priorità fondamentali per l’attuazione di attività legate all’Anno europeo, compresi degli standard minimi per ciò che concerne la partecipazione agli enti e alle iniziative nazionali.
Il documento quadro strategico si rivolge agli organismi nazionali di attuazione responsabili della definizione dei programmi nazionali per l’Anno europeo e della selezione delle singole iniziative da proporre per i finanziamenti comunitari, nonché ad altri attori interessati.
A tale riguardo, la Commissione sottolineerà l’importanza di facilitare l’accesso a tutte le ONG, comprese le piccole e medie organizzazioni. Al fine di garantire un accesso quanto più ampio possibile, gli organismi nazionali di attuazione possono decidere di non richiedere alcun cofinanziamento e di finanziare completamente alcune iniziative.
Questo era il testo. Onorevoli deputati, vorrei citare un altro intervento, quello dell’onorevole Falbr, che ha sollevato la questione della direttiva sull’orario di lavoro, dando però prova di essere ben distante dalla realtà. Per essere assolutamente chiaro, il risultato del compromesso raggiunto dal Consiglio può essere riassunto come segue: “La settimana lavorativa di 48 ore rimane immutata e la possibilità di avvalersi della clausola di non partecipazione è stata ridotta da 78 ore alla settimana a 60 o 65 ore.” Si tratta di una delle caratteristiche più sostanziali del compromesso, e poiché ciò è stato citato nel corso della presente discussione ho pensato che sarebbe stato bene fornire una risposta.
Onorevoli deputati, in conclusione vorrei ancora una volta ringraziarvi per la discussione, che ha affrontato molti aspetti della povertà ed è stata, a mio avviso, molto ricca di spunti. Purtroppo, non ritengo che sia possibile rispondere al momento a ciascuno dei vostri interventi, tralasciando il fatto che la stragrande maggioranza delle vostre posizioni è incorporata nella relazione presentata dalla relatrice. Vorrei approfittarne per ringraziarla ancora una volta per il lavoro da lei svolto.
Membro della Commissione. − (FR)
Posizione della Commissione sugli emendamenti del Parlamento
La Commissione accoglie solo nella sostanza, in parte, e previa riformulazione, i seguenti emendamenti: 1, 2, 3, 4, 5, 8, 9, 10, 11, 14, 15, 18, 24, 25, 26, 30, 32, 37, 43, 44, 45, 50, 51, 52, 64 e 66.
Infine, la Commissione respinge gli emendamenti nn. 40 e 65. Più in particolare, per quanto riguarda gli emendamenti nn. 37 e 52, relativi alla partecipazione delle organizzazioni piccole e medie e alla possibilità di cofinanziare fino all’importo totale dei costi di certi progetti, la Commissione propone come soluzione di compromesso di fare una dichiarazione al riguardo, che vi leggerò, nella quale si impegna ad incorporare lo spirito del contenuto dei due emendamenti contenuti nel documento quadro strategico che la Commissione redigerà per definire le principali priorità dell’Anno europeo.
Marie Panayotopoulos-Cassiotou, relatrice. − (EL) Signor Presidente, grazie al Commissario per il suo parere. Spero che le linee guida contenute nel documento quadro strategico guideranno in effetti le commissioni nazionali nel rendere la loro pianificazione efficace. Come ha sottolineato lo stesso Commissario, l’obiettivo principale deve essere quello di includere tutti coloro che vivono in povertà sia adesso che nel futuro.
Personalmente, ritengo che la povertà non possa essere eliminata una volta per tutte, perché potrebbe ripresentarsi dopo una calamità naturale. Abbiamo parlato dei disastri in Grecia e in altri paesi a causa delle alluvioni e degli incendi: la povertà potrebbe ripresentarsi oppure essere reintrodotta dalla situazione internazionale. Dobbiamo pertanto essere preparati. Per tale motivo, poniamo l’accento in modo particolare sulla prevenzione; ciò spiega la nostra Giornata internazionale per l’eliminazione della povertà del 17 ottobre, come ha sottolineato l’onorevole Záborská. Abbiamo incluso questa data nella nostra relazione.
Non si tratta di misure con una forza vincolante ridotta o nulla; al contrario, vogliamo che siano associate ad ogni bisogno nazionale e riteniamo che affrontare la povertà significhi combattere la principale minaccia alla pace e al benessere di ogni comunità. Comunque sia, il Commissario è uno storico e sa che l’imperatore di Bizanzio, che era a capo di un impero che durò più di 1 000 anni in Europa, sosteneva la lotta alla povertà in ogni discorso che teneva. La considerava la principale minaccia allo Stato, dopo i nemici contro i quali l’impero combatteva alle sue frontiere.
Anche noi dell’Unione europea dobbiamo combattere la povertà, sia a livello interno che esterno. Dobbiamo raggiungere i famosi obiettivi del Millennio, in modo da poter anche affrontare il problema degli immigrati economici e degli immigrati illegali, i quali vengono da noi perché possono confrontare la loro situazione con la nostra.
Sono pertanto sicuro che, con una buona pianificazione, avremo dei buoni risultati, e vi ringrazio tutti per i vostri interventi molto positivi.
(Applausi)
Presidente. − La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà martedì 17 giugno 2008 alle ore 12.00.
Dichiarazioni scritte (articolo 142)
Adam Bielan (UEN), per iscritto. — (PL) Signor Presidente, vorrei ringraziare l’onorevole Panayotopoulos-Cassiotou per aver prodotto un’eccellente relazione e in particolare per aver richiamato l’attenzione sulla questione della prevenzione della povertà. Sono favorevole alla proclamazione nel 2010 dell’Anno europeo di lotta contro la povertà e l’esclusione sociale. Nel discutere la relazione di cui sopra vorrei sottolineare l’importanza di trovare una via di uscita dalla povertà tramite misure concrete e non solo con le parole. In Europa 78 milioni di persone vivono in povertà, e 19 milioni di esse sono bambini. Dobbiamo ricordare l’importanza della famiglia, che deve essere protetta e a cui deve essere garantito sostegno dal punto di vista sociale ed economico, al fine di eliminare l’enorme tasso di povertà fra i bambini europei.
A questo punto sarebbe opportuno parlare di ciò che causa la povertà. La povertà è causata da un considerevole aumento dei prezzi dei generi alimentari e dell’energia, che colpisce soprattutto le famiglie con molti figli e gli anziani. Secondo la Commissione europea, circa il 14 per cento dei polacchi, dei greci e dei portoghesi con un impiego fisso vivono in povertà.
Corina Creţu (PSE), per iscritto. – (RO) Ringrazio la relatrice per lo spirito di cooperazione da lei dimostrato nella stesura della presente relazione. In Europa, una persona su sei vive al di sotto della soglia di povertà, un dato che non include le statistiche relative alla Romania e alla Bulgaria.
Anche se nella maggior parte degli Stati membri la differenza fra uomini e donne per quanto riguarda la povertà si sta riducendo sempre più e, per quanto riguarda la povertà e la povertà persistente, il divario medio è del 2 per cento, vorrei portare alla vostra attenzione la situazione nei nuovi Stati membri. In Romania e in Bulgaria, il numero delle donne a rischio di povertà è superiore di più del 10 per cento al numero di uomini nella stessa situazione. Le donne sono inoltre molto più esposte all’esclusione sociale.
Non dobbiamo ignorare il fatto che le idee della solidarietà, della giustizia sociale, nonché l’eliminazione della povertà rappresentano sfide non solo per i paesi dell’Unione europea, ma anche per il suo ruolo sullo scenario economico e politico mondiale.
Accolgo perciò con favore l’inclusione nel testo finale della questione del divario fra uomini e donne, in un articolo più generale. Ritengo inoltre che il nesso fra l’Anno europeo di lotta contro la povertà e l’esclusione sociale e gli obiettivi di sviluppo del Millennio sia importante e, in particolare, ritengo importante la Giornata internazionale per l’eliminazione della povertà.
Zita Gurmai (PSE), per iscritto. – (HU) La povertà rappresenta un problema complesso, relativo e con molte sfaccettature, che solleva questioni economiche, sociali e culturali. Ciononostante, dobbiamo agire per combattere la povertà, perché nel 2006 almeno il 16 per cento (78 milioni di persone) della popolazione totale dei venticinque Stati membri dell’Unione europea viveva al di sotto della soglia di povertà. Quando nel marzo 2000 fu lanciata la strategia di Lisbona, il Consiglio dell’Unione europea lanciò un appello agli Stati membri e alla Commissione affinché questi “ottenessero risultati concreti nell’eliminazione della povertà” entro il 2010. E’ importante avere adesso una misura per la povertà, poiché, al fine di affrontare il problema, è importante identificare la sua precisa natura. Accolgo con favore il fatto che abbiamo proclamato il 2010 l’Anno europeo di lotta contro la povertà e l’esclusione sociale. Sono sicuro che tale anno contribuirà a promuovere lo scambio delle migliori pratiche e che nel suo corso verranno lanciate nuove iniziative nel settore, soprattutto in relazione alla prevenzione della povertà, al monitoraggio, ai meccanismi finanziari e alla lotta contro la povertà infantile.
E’ bene notare soprattutto che, in base ai dati empirici, le donne sono molto più vulnerabili degli uomini nei confronti del rischio della povertà, e questo è soprattutto vero nel caso delle donne svantaggiate su più fronti. E’ d’importanza fondamentale che il principio della parità di trattamento sia applicato anche nella lotta alla povertà, e quindi anche durante l’Anno europeo di lotta contro la povertà e l’esclusione sociale. Una vera e propria uguaglianza fra uomini e donne costituisce una condizione necessaria per la riduzione del rischio di povertà, dal momento che le donne sono meno esposte al rischio di essere colpite dalla povertà se hanno un lavoro adeguato e ben remunerato che sia conciliabile con i loro impegni familiari.
Rovana Plumb (PSE), per iscritto. – (RO) La costituzione dell’Organizzazione internazionale del lavoro afferma quanto segue: “Ovunque si verifichi, la povertà rappresenta una minaccia al benessere”. Per tale motivo, voglio ribadire l’importanza dell’emendamento relativo alla prevenzione e alla lotta contro la povertà, che prevede politiche multidimensionali a livello nazionale, regionale e locale, il che garantirebbe una partecipazione attiva dei cittadini nel campo sociale e nel mercato del lavoro.
Le riforme nel campo della protezione sociale e le politiche di inclusione attiva hanno definitivamente contribuito ad accelerare la crescita economica e alla creazione di nuovi posti di lavoro in Europa. Nel primo trimestre del 2008, la Romania ha fatto registrare uno dei più alti tassi di crescita economica dell’Unione europea, con un 8,2 per cento (a fronte di una media europea del 2,5 per cento, secondo Eurostat), ma comunque le persone con un livello di istruzione più basso, senza alcuna qualifica, soprattutto in ambiente rurale, i bambini, i giovani, le persone disabili e i Rom sono particolarmente a rischio di povertà.
Vorrei congratularmi con la relatrice per il suo lavoro e ritengo che le politiche stilate dagli Stati membri, in conformità alle raccomandazioni europee, debbano avere per obiettivo quello di unire proficuamente la competitività economica e il benessere sociale.
26. Impatto della politica di coesione sull’integrazione di comunità e gruppi vulnerabili (discussione)
Presidente. − L’ordine del giorno reca la relazione di Gábor Harangozó, a nome della commissione per lo sviluppo rurale, sull'impatto della politica di coesione sull'integrazione delle comunità e dei gruppi vulnerabili [2007/2191(INI)] (A6-0212/2008).
Gábor Harangozó, relatore. − (HU) Grazie molte, signor Presidente. Commissario Hübner, onorevoli colleghi, vi sono delle regioni, e in queste regioni delle persone, che non riescono a sfruttare le opportunità che cerchiamo di creare per loro a partire dalle risorse comunitarie per consentire loro di raggiungere la media dell’Unione europea il più velocemente possibile e porre fine alla povertà in cui vivono.
Il motivo per cui ho preso l’iniziativa di stilare la presente relazione è ricercare le ragioni per cui non siamo riusciti a creare sviluppo in queste regioni, e fare delle raccomandazioni per modificare l’attuale situazione e porvi fine. Come afferma la quarta relazione intermedia sulla coesione, la politica di coesione funziona molto bene a livello nazionale in alcuni paesi. In pratica, in alcuni paesi che hanno già aderito all’Unione europea e hanno già ricevuto dei fondi di coesione, si è cominciato a registrare uno sviluppo più vigoroso e dei passi in avanti verso la coesione. Se però spostiamo la nostra attenzione ad un livello un po’ più locale, possiamo vedere che le disparità interregionali non diminuiscono nella stessa misura. Vorrei portare ad esempio l’Ungheria: in Ungheria, il PIL pro capite nella regione centrale ha raggiunto il 110 per cento della media dell’Unione europea; tuttavia, in quattro delle sette regioni dell’Ungheria, il PIL pro capite è inferiore al 45 per cento della media europea. In questi casi il divario perlomeno non è più in crescita. In molte istanze però, come afferma anche la quarta relazione intermedia sulla coesione, i divari territoriali all’interno delle regioni continuano a crescere.
Quale potrebbe essere la ragione per cui alcune regioni riescono a sfruttare le opportunità esistenti traendone beneficio, mentre altre non ci riescono? Se guardiamo il tutto un po’ più da vicino, vediamo che vi sono alcune ragioni strutturali di base, ragioni strutturali al livello territoriale. Nei territori dove vi è poco sviluppo, manca chiaramente la capacità umana di creare progetti adeguati, manca l’infrastruttura fondamentale per poter investire in tali territori, e manca inoltre un’istruzione adeguata e un’assistenza sanitaria adeguate. Vi sono diverse microregioni, ad esempio in Ungheria, dove l’aspettativa di vita della popolazione maschile è inferiore di oltre 15 anni alla media nazionale.
Cosa dobbiamo fare? Dal momento che il problema che ci troviamo ad affrontare è estremamente complesso ed è chiaramente concentrato in determinati microterritori e microregioni, occorre a mio parere valutare se sia opportuno esaminare la politica di coesione solamente a livello interregionale, al livello delle regioni. Non sarebbe meglio invece esaminare se siano necessarie delle misure mirate più precisamente a livello delle microregioni, dove si riscontrano i problemi più gravi? D’ora in poi il nostro punto di partenza deve essere di esaminare la natura delle statistiche che utilizziamo come base per il nostro processo decisionale. Ero cosciente di questo problema in fase di stesura della relazione, ma non sono in grado di fornirvi alcuna base concreta per un paragone statistico, poiché vi è una mancanza a livello microregionale di dati statistici comparabili in tutta l’Unione europea. D’ora in poi dobbiamo esaminare se sia opportuno, anche se si tratta di regioni prevalentemente rurali, incorporare la coesione rurale nella politica agricola. Non sarebbe molto più opportuno affrontare i problemi delle aree rurali nel contesto della politica di coesione e facendo ricorso a degli strumenti di politica di coesione, riservando alle misure di politica agricola un ruolo puramente complementare?
A questo punto vorrei ringraziare i relatori ombra per il contributo molto costruttivo che hanno dato in fase di stesura della presente relazione. Allo stesso tempo, vorrei anche sottolineare che, in seguito alle diverse settimane di trattative, e dopo che avevo accolto la relazione del gruppo PPE-DE, che conteneva un emendamento relativo ad un punto fondamentale della relazione, il gruppo PPE-DE ha poi votato contro il suo stesso punto. Per quanto mi riguarda, sorge spontanea la domanda: cos’è che vogliamo? Vogliamo semplicemente affermare che esiste un problema, e non fare nient’altro, oppure siamo pronti ad affrontare il problema e a fare delle raccomandazioni su come modificare la nostra politica, e a dedicarci maggiormente a identificare i settori dove possiamo effettivamente fare qualcosa per risolvere il problema? Grazie molte per la vostra attenzione.
Danuta Hübner, Membro della Commissione. − (EN) Signor Presidente, vorrei ringraziare l’onorevole Harangozó per la sua relazione nonché per i suoi sforzi volti a raggiungere un consenso all’interno della sua commissione sul difficile tema delle comunità e dei gruppi vulnerabili. Per evitare che la crescita economica sia accompagnata da una polarizzazione sociale all’interno della nostra società, la politica di coesione si occupa dell’esclusione sociale, in particolare dell’integrazione delle comunità e dei gruppi vulnerabili, cosa che continuerà ad essere un obiettivo della politica di coesione nel futuro.
E’ inoltre vero che i problemi identificati nella relazione sono al limite fra la coesione territoriale da un lato e le sfide della coesione sociale dall’altra, ed è anche vero che la polarizzazione sociale e i problemi legati alla segregazione sociale, quando sono concentrati in alcuni territori, diventano delle questioni di coesione territoriale.
Nei territori più poveri dell’Unione europea vi è un problema di esclusione sociale, ma vi sono sacche di povertà sociale anche nelle città più ricche dell’Unione europea. La relazione esorta la Commissione a presentare una definizione generale di coesione territoriale nel quadro del Libro Verde sulla coesione territoriale, e posso confermarvi che il Libro Verde che sarà pubblicato alla fine di settembre di quest’anno contribuirà al progresso verso un’unica concezione per tutta l’Europa della coesione territoriale.
La presente relazione riconosce inoltre che la nozione di gruppi e comunità vulnerabili non è di per sé certamente facile e non dovrebbe essere limitata solo alle comunità Rom. Tuttavia, è riconosciuto da tutti che la situazione delle comunità Rom merita un’attenzione particolare in Europa. Per affrontare il complesso problema dell’esclusione dei Rom, occorre adottare un approccio integrato, e il Parlamento ne ha discusso dettagliatamente a gennaio, quando ha adottato una risoluzione si una strategia per i Rom. Nel pacchetto sull’agenda sociale riveduta, la Commissione presenterà all’inizio di luglio il suo documento di lavoro sugli strumenti e sulle politiche della Comunità volte a favorire l’inclusione dei Rom.
Condivido il parere della relazione sulla necessità di fare maggiormente uso delle sinergie e delle complementarità fra le politiche europee e anche fra i diversi strumenti finanziari disponibili. La Commissione ha prestato molta attenzione a tale aspetto quando ha negoziato i programmi operativi della politica di coesione con le autorità nazionali e regionali.
Per quanto riguarda la questione di mettere a disposizione dei dati intraregionali comparabili per tutte le regioni dell’Unione europea, mantenendo un occhio di riguardo per gli indicatori sociali, che sono essenziali, sono d’accordo con la relazione: si tratta di una questione più complessa. Come gli onorevoli deputati sapranno, Eurostat non produce dati, bensì gestisce i dati forniti dai servizi nazionali di statistica.
Abbiamo appena completato la seconda edizione della verifica urbana, coprendo fino al 2004, e possiamo vedere chiaramente quanto sia limitata la disponibilità di dati territoriali al di sotto del classico livello regionale NUTS 2. Per affrontare tale sfida e utilizzare il contesto dei preparativi in vista del Libro Verde sulla coesione territoriale, la Direzione generale politica regionale ha lavorato al miglioramento della qualità della ricerca sulla politica regionale, incluse le sue basi statistiche. Il risultato è che attualmente la spesa per il periodo 2000-2006 è attualmente suddivisa, al livello NUTS 3, a 20 categorie di spesa, ed è disponibile per le regioni dell’obiettivo I, dell’obiettivo II, per Urban, Interreg e per il Fondo di coesione.
La verifica rurale è una sfida che ancora aldilà dal venire. Purtroppo, devo ammettere oggi che non esistono ancora dei dati affidabili su dove sono concentrati in particolare i gruppi esclusi, dal momento che è impossibile fare una verifica incrociata fra le informazioni da noi recentemente acquisite sui fini e i settori in cui vengono spesi i fondi a disposizione della politica di coesione e sulle regioni dove vivono tali gruppi. Sembra che il margine di miglioramento in questo ambito, attualmente, risieda piuttosto nella ricerca specifica, avvalendosi di analisi qualitativa.
Ancora una volta, ringrazio il Parlamento per aver portato alla nostra attenzione tutte queste questioni importanti, e sono impaziente di dare avvio alla discussione.
Ilda Figueiredo, relatrice per parere della commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale. − (PT) In qualità di relatrice per parere della commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale, ribadisco la necessità di sostenere le zone rurali, fra cui le regioni montuose, dove le donne svolgono un ruolo centrale. Il loro lavoro deve essere valorizzato e deve essere loro garantito un reddito dignitoso.
Occorre creare delle attività produttive ben pagate e dei servizi pubblici di alta qualità per trattenere i giovani ed impedire lo spopolamento delle campagne. Occorre prestare particolare attenzione all’agricoltura familiare e ai piccoli e medi agricoltori, riformando la politica agricola comune, cosa che è attualmente in corso, in modo da renderla più equa, allo scopo di combattere l’esodo dalle campagne e sostenere i prodotti agricoli.
Vorrei inoltre sottolineare la necessità di sostenere tutte le regioni arretrate, le regioni con degli svantaggi strutturali permanenti, le regioni ultraperiferiche e le zone che attraversano una ristrutturazione industriale, un trasferimento di imprese e la chiusura di imprese, al fine di consolidare la coesione socio-economica e l’inclusione sociale delle comunità e dei gruppi vulnerabili.
Maria Petre, a nome del gruppo PPE-DE. – (RO) Signor Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, innanzi tutto vorrei ringraziare il relatore per il lavoro e gli sforzi profusi per riconciliare le diverse posizioni. Concordiamo tutti sul fatto che i gruppi e le comunità vulnerabili si trovano a fronteggiare molte difficoltà nel loro sviluppo, e richiedono particolare attenzione nell’ambito della politica di coesione, nonché nell’ambito degli altri strumenti di assistenza finanziaria disponibili.
Ho sostenuto, durante tutte le fasi del lavoro, la necessità di strutturare la relazione in due parti diverse, l’una che si riferisca alle comunità vulnerabili caratterizzate dell’appartenenza etnica, e la seconda che si riferisce alle comunità vulnerabili che sono definite da determinati svantaggi geografici. Purtroppo, la nostra richiesta non è riflessa nell’attuale versione della relazione. Il nostro gruppo ha presentato tre emendamenti, dalla cui approvazione dipende il nostro voto; si tratta ovvero dell’eliminazione del considerando Ee, il cui contenuto è identico a quello del considerando I - esso spiega il concetto di regione o zona vulnerabile elencandole - nonché dell’eliminazione del paragrafo 17. Speriamo di ottenere l’approvazione del relatore a tale riguardo.
Infine, vorrei sottolineare ancora due concetti: i problemi delle comunità vulnerabili, che siano di tipo etnico o geografico, potrebbe essere trattato più efficacemente se al riguardo vi fosse una cooperazione fra le autorità locali, regionali, nazionali ed europee. Allo stesso tempo, il ruolo del sistema dell’istruzione e delle infrastrutture pubbliche, sociali e dei trasporti è indispensabile per integrare i gruppi e le comunità vulnerabili.
Concludo precisando che la nostra posizione finale dipende, come ho già detto, dall’accettazione dei tre emendamenti e, in modo particolare, dall’eliminazione del paragrafo 17, che è stato votato nella Commissione. Se tali emendamenti saranno accolti, voteremo ovviamente a favore della relazione.
Lidia Joanna Geringer de Oedenberg, a nome del gruppo PSE. – (PL) Signor Presidente, vorrei innanzi tutto ringraziare il relatore per la relazione che ha presentato quest’oggi. Concordo sul fatto che vi sia bisogno di un approccio di tipo microregionale che si concentri sui divari intraregionali e sulle regioni più delicate.
In alcuni casi, i divari intraregionali rivestono un ruolo ancora più importante che non le differenze fra regioni. Non dobbiamo dimenticare che l’obiettivo e l’idea alla base della politica regionale europea è di ridurre i divari nello sviluppo fra le singole regioni all’interno dell’Unione europea, ed il fenomeno dell’esclusione territoriale non è ancora stato incluso negli strumenti politici. Nei nuovi Stati membri, la segregazione sociale e i casi in cui non vengono garantite le pari opportunità si verificano più di frequente nelle zone rurali, mentre le iniziative economiche e sociali a livello regionale sono concentrate nei centri dinamici, principalmente nei centri urbani.
Le risorse per combattere la povertà e l’esclusione sociale variano a seconda del paese, ma, per rendere l’Unione europea coesa dal punto di vista territoriale e sociale, dobbiamo attuare delle ulteriori misure volte a liberare il potenziale latente delle regioni economicamente arretrate.
Ramona Nicole Mănescu, a nome del gruppo ALDE. – (RO) Signor Presidente, innanzi tutto, vorrei congratularmi col relatore per il suo lavoro.
La politica di coesione è di fondamentale importanza per le comunità delle regioni e sottoregioni sottosviluppate. Gli aspetti socioeconomici, come la povertà, la mancanza di infrastrutture, le capacità amministrative, la deindustrializzazione, il basso livello di istruzione e formazione, un alto tasso di disoccupazione, delle condizioni di vita povere, nonché un accesso limitato ai servizi di interesse generale rendono tali comunità vulnerabili, il che rappresenta una sfida ancora maggiore per la coesione territoriale dell’Unione europea. Ne consegue pertanto un’interdipendenza fra la necessità di ridurre le sperequazioni socioeconomiche fra le regioni e la necessità dell’integrazione sociale dei gruppi vulnerabili, un nesso che dovrebbe innescare di per sé un processo costruttivo che comporti un approccio territoriale sia a livello nazionale che europeo.
Signor Presidente, ritengo che la mancanza di statistiche relative alla crescita di questi gruppi e del loro livello di esclusione, nonché l’incapacità da parte degli indicatori preposti a misurare i divari interregionali di fornire dei dati utili, dimostrano, ancora una volta, che gli Stati membri e la Commissione devono collaborare più intensamente se vogliono avere un quadro della situazione nelle regioni e nei gruppi vulnerabili e se vogliono creare dei programmi e delle strategie concrete per lo sviluppo territoriale e per l’eliminazione dell’esclusione sociale.
Ritengo inoltre che gli Stati membri debbano fare un primo passo per identificare tali gruppi vulnerabili e per fissare la loro priorità nei piani strategici nazionali, per poi sviluppare dei meccanismi di valutazione e monitoraggio. Non dobbiamo dimenticare che, nella maggior parte dei casi, l’immigrazione è una conseguenza della povertà e che il fenomeno dell’immigrazione genera instabilità e conflitti. Per tale motivo, signor Presidente, siamo del parere che i gruppi vulnerabili debbano usufruire, da parte di tutti gli Stati membri, di assistenza sociale, di pari opportunità e ancor di più di programmi specifici che consentano lo sviluppo delle regioni da cui provengono.
Mieczysław Edmund Janowski, a nome del gruppo UEN. – (PL) Signor Presidente, vorrei ringraziare l’onorevole Harangozó per essersi occupato di questa difficile questione, anche se la presente relazione non affronta tutte le questioni legate alle situazioni, alle persone e agli ambienti che sono esclusi o a rischio.
Anche se una parte considerevole del bilancio dell’Unione europea è stanziata per l’attuazione della sua politica di coesione, esistono ancora gravi divari. Consideriamo, ad esempio, il PIL pro capite: nelle regioni più ricche esso è quasi dieci volte il PIL pro capite delle regioni più povere. Dobbiamo tenere presente che esistono anche delle differenze significative all’interno delle regioni. Anche all’interno dei grandi conglomerati urbani è possibile riscontrare dei distretti poveri. Inoltre, si tratta di una questione importante in molte regioni rurali. Questo genere di povertà può essere trasmesso da una generazione all’altra.
Proteggiamo quindi i bambini e le famiglie da questo fenomeno. Quello di cui vi è bisogno, soprattutto, è la creazione di pari opportunità, in particolare per quanto riguarda l’istruzione, l’assistenza sanitaria e l’alloggio. Sarà questa la cartina di tornasole della coesione sociale e territoriale, che non è ancora stata definita in modo adeguato. Le prospettive dei gruppi che vivono isolati dal punto di vista geografico, culturale e delle comunicazioni sono di gran lunga più povere. Tali questioni comportano sia un’infrastruttura tecnica e sociale, sia la creazione di nuovi posti di lavoro e di un clima attivo all’interno di tali società.
Veniamo incontro ai nostri concittadini, che sono discriminati in un modo o nell’altro, in modo che essi possano riacquistare la loro fiducia nella possibilità di uscire da una posizione svantaggiata nella società. Inoltre, dobbiamo rompere con gli stereotipi che sottovalutano tali gruppi. Ciò è vero per quanto riguarda molte persone disabili o senza fissa dimora, nonché ai Rom e ai Sinti di cui si è qui discusso. Questo tipo di segregazione va contro la nostra solidarietà comune ed è sintomo di mancanza di rispetto per la dignità umana. Non dimentichiamo che spesso, in questi ambienti, abbiamo a che fare con famiglie con molti figli e con famiglie di immigrati.
Inoltre, dobbiamo adottare una politica comune per creare uguaglianza a diversi livelli: a livello regionale, nazionale ed europeo. Abbiamo inoltre bisogno di volontari e di organizzazioni non governative.
Lambert van Nistelrooij (PPE-DE). - (NL) Signor Presidente, signor Commissario, sono grato all’onorevole Harangozó per l’attenzione da lui dedicata ai gruppi vulnerabili. La politica di coesione, ormai da tempo, contribuisce in maniera importante al miglioramento delle condizioni in cui vivono i gruppi vulnerabili. Prendiamo ad esempio l’Irlanda, un paese che un tempo aveva molti gruppi vulnerabili: un tasso di disoccupazione giovanile molto alto, delle città degradate, una campagna sottosviluppata, praticamente senza opportunità. Allo stesso modo, in molti altri paesi, l’esclusione sociale deve essere rimpiazzata dall’occupazione, dall’istruzione e dalla partecipazione. E’ questa la direzione in cui stiamo andando, una direzione coronata di successo.
Il mio secondo punto: ho sentito che sappiamo troppo poco, che non abbiamo alcuna informazione. Sono d’accordo sul fatto che sia possibile migliorare, specialmente negli Stati membri, nelle regioni e nelle stesse città. L’onorevole Harangozó si chiede perché l’aspettativa di vita degli ungheresi è inferiore del 15 per cento all’aspettativa di vita media dell’Unione europea. Neanch’io lo so, ma ho visitato degli ospedali, e posso dire che le abitudini culinarie e di consumo d’alcol sono estremamente deleteri, e la Comunità europea non può farci niente. A mio avviso i cittadini devono assumersi le loro responsabilità nelle regioni: si tratta di una delle basi più importanti della nostra politica.
Infine, qual è la ragione per cui il PPE è contrario al NUTS 4? Siamo contrari perché nel 2004 abbiamo sostenuto il consolidamento della politica della politica fino al 2013, per avere più sostanza, più chiarezza. Abbiamo persino deciso di includere tutte le frontiere esterne nella politica relativa alle zone Interreg situate alle frontiere esterne. In tale modo non faremo che frammentare, dissipare i nostri sforzi, e non è questa la direzione da intraprendere in questo settore nel futuro. Sarebbe un errore. Vi chiedo pertanto ancora una volta di eliminare l’articolo in questione. Altrimenti accetto la sfida lanciata dal relatore, ovvero di avere un’intensa discussione sulla coesione territoriale nei prossimi sei mesi.
Iratxe García Pérez (PSE). - (ES) Signor Presidente, vorrei innanzi tutto unirmi a quanti hanno ringraziato il relatore per aver assunto l’iniziativa di stilare una relazione che afferma che uno degli obiettivi fondamentali dell’Unione europea è di ridurre le disparità sociali, economiche e regionali.
La politica di coesione ha contribuito in modo efficace a ridurre tali sperequazioni, ma vi è ancora molto da fare, come discusso nella quarta relazione sulla coesione.
Vi sono dei gruppi vulnerabili di persone a rischio di esclusione sociale e povertà assoluta in tutte le regioni, comprese quelle più ricche. Occorre adottare un approccio integrato nell’affrontare le lacune nel campo delle pari opportunità. Gli Stati membri e gli enti locali devono adottare strategie per recuperare le regioni vulnerabili, sviluppare le loro infrastrutture e promuovere delle reali opportunità di sviluppo sulla base del loro potenziale economico specifico, mantenendo i servizi di interesse generale nelle mani degli enti locali, rafforzando la decentralizzazione del settore pubblico.
Emmanouil Angelakas (PPE-DE). – (EL) Signor Presidente, signor Commissario, la natura mirata e specifica della relazione Harangozó rappresenta un passo estremamente importante per il Parlamento europeo nel tentativo di raggiungere le comunità ed i gruppi vulnerabili, al fine di integrarli agevolmente tramite una politica di coesione europea. L’iniziativa gode del mio pieno sostegno, e riconosco lo sforzo profuso dal relatore, ma non concordo con il modo in cui è stata elaborata la questione. Certi aspetti della relazione mancano ancora di sostanza, nonostante lo scrupolo con cui hanno lavorato i miei colleghi.
Alcuni di tali aspetti si occupano delle comunità e dei gruppi vulnerabili che rappresentano un ampio spettro della società e delle microcomunità, non solo i Rom. Il Parlamento europeo si è già occupato di questa categoria in una relazione speciale, il cui campo di applicazione avrebbe dovuto essere più ampio, al fine di coprire sia l’aspetto sociale che quello geografico. Il gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei ha insistito sull’utilità di questo approccio più ampio, senza ottenere ascolto. La relazione rimane parziale e spesso miope nel modo in cui affronta la presente questione.
Penso soprattutto alle regioni montuose ed insulari, poiché non vi è alcun dubbio sulla vulnerabilità delle loro comunità. Eppure non vi è alcun passaggio nella relazione che le citi. Non approvo la tendenza di evitare costantemente definizioni o riferimenti specifici a cose o situazioni. Vorrei inoltre sottolineare che le comunità ed i gruppi vulnerabili esistono non solo a livello interregionale, bensì anche a livello intraregionale. Esse hanno bisogno di sostegno materiale e tecnico, di conoscenze tecnologiche e scientifiche, di istruzione, formazione e di una base amministrativa. Occorre ribadire l’importanza di decentralizzare il settore pubblico e di ampliare le reti dei trasporti. Anche in questo campo, il volontariato potrebbe svolgere un ruolo importante nei gruppi in questione e contribuire a mobilitarli ed emanciparli dall’emarginazione.
Nonostante gli indubbi sforzi del relatore, non posso dire che l’impianto generale della relazione sia soddisfacente. E’ piena di ambiguità e le sue sezioni mancano di una chiara strutturazione. Se vogliamo contribuire alla risoluzione dei problemi che affliggono i gruppi vulnerabili, i testi da noi preparati devono essere chiari ed espliciti e devono avere una visione globale della questione.
Evgeni Kirilov (PSE). - (EN) Signor Presidente, vorrei congratularmi con l’onorevole Harangozó per la sua relazione d’iniziativa.
Occuparsi dei gruppi vulnerabili nell’ambito della politica di coesione europea significa che non abbiamo dimenticato che la priorità di questa politica è di contribuire al benessere dei nostri cittadini.
La dimensione regionale della presente questione è chiara. Ciononostante, per riuscire ad identificare i bisogni specifici e l’ubicazione dei gruppi vulnerabili, occorre analizzare il potenziale di sviluppo delle piccole unità territoriali. Anche se potremmo scoprire che la vulnerabilità è un problema ai livelli più bassi, come nelle regioni più povere, ad esempio, ciò ha delle conseguenze per quanto riguarda l’intero territorio e tutte le categorie sociali che vi risiedono. E’ per tale motivo che la politica, la strategia e le iniziative mirate ad affrontare i problemi dei gruppi vulnerabili devono essere di ampio respiro e fondati su un approccio comune da parte delle istituzioni a livello europeo, nazionale e locale.
Bernadette Bourzai (PSE). – (FR) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, innanzi tutto vorrei congratularmi con l’onorevole Gábor Harangozó per l’eccellente lavoro da lui svolto e per le sue osservazioni su questo argomento così complesso e delicato. Era mia intenzione partecipare attivamente alla stesura del parere della commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale sulla presente relazione, dal momento che la maggior parte delle persone vulnerabili sono spesso concentrate nelle zone rurali più arretrate e nelle zone con degli svantaggi naturali permanenti, il che significa che la politica agricola e dello sviluppo rurale rivestiranno un ruolo di rilievo a questo riguardo.
A mio avviso, la politica di coesione deve cercare di tenere in vita le attività agricole e non agricole con prospettive di guadagno nelle zone rurali, al fine di mantenere una popolazione che spesso è tentata dalla prospettiva dell’esodo dalle campagne, ma anche per incoraggiare dei nuovi arrivi. E’ importante promuovere l’agricoltura familiare, che crea occupazione, nonché pari accesso ai servizi pubblici e la fornitura stessa di servizi pubblici, al fine di rispondere ai bisogni delle famiglie delle comunità e dei gruppi svantaggiati. Brevemente, dobbiamo rendere le zone rurali più allettanti e confortevoli. Possiamo raggiungere tale obiettivo stabilendo un nesso fra le varie politiche condotte in queste zone e concentrarci maggiormente sui gruppi fragili, facendo più leva sulla natura complementare dei diversi strumenti finanziari disponibili.
Miloš Koterec (PSE). - (SK) Vorrei ringraziare l’onorevole Harangozó per la sua eccellente relazione, che affronta delle questioni che finora non hanno goduto di molta attenzione, pur rappresentando una fonte latente di problemi piuttosto importanti. Vorrei soffermarmi su due aspetti concreti affrontati dalla relazione il recupero delle comunità vulnerabili, che consistono soprattutto nelle persone che vivono nelle zone rurali e periferiche, e lo sviluppo delle microregioni arretrate presentano una situazione irregolare per quanto riguarda le caratteristiche specifiche dei singoli paesi e mancano quasi del tutto dalle statistiche attuali.
Entrambe le zone di cui sopra sono trascurate per il fatto che non sono ben identificate. Dobbiamo definire chiaramente le comunità altamente vulnerabili esistenti nell’Unione europea, sia dal punto di vista sociale che economico, dobbiamo analizzare i tipi e le ubicazioni delle microregioni arretrate dell’Unione europea, e inoltre dobbiamo trovare delle soluzioni a tali problemi. E’ difficile discernere tutto ciò sullo sfondo dei risultati positivi conseguiti dalle politiche di coesione in generale. Non vogliamo che le politiche di coesione siano paragonate al formaggio Emmental, che dall’esterno sembra molto compatto.
Miroslav Mikolášik (PPE-DE). - (SK) La presente relazione sottolinea a ragione la relazione fra la risoluzione di questioni sociali e lo sviluppo regionale, nonché il fatto che l’Europa deve mostrare la sua solidarietà e attuare la politica di coesione in questo campo.
Personalmente, dedico molto del mio tempo ai problemi relativi al sostegno alle regioni arretrate, soprattutto in Slovacchia. Far sì che la campagna europea rimanga forte e allettante è di fondamentale importanza per ragioni sia economiche che culturali ed ecologiche. Accolgo con favore l’appello della Commissione ad aumentare, nel quadro del Libro verde sulla coesione territoriale di prossima pubblicazione, gli stanziamenti necessari per affrontare i problemi regionali. In quanto parte di questo processo, occorrerà fare in modo che le regioni svolgano un ruolo attivo e collaborino strettamente con le ONG.
A tale riguardo, vorrei inoltre ribadire che le attività sociali condotte dalle chiese e dalle organizzazioni religiose meritano una nota di riguardo. So per esperienza che i loro servizi a favore dei gruppi e sociali e delle regioni svantaggiate sono molto efficaci e spesso indispensabili. Pertanto, dobbiamo vedere tali servizi come parte integrante dell’impegno dell’Unione europea mirato ad aiutare i gruppi vulnerabili e a sostenerli in modo adeguato a livello europeo.
Stavros Arnaoutakis (PSE). – (EL) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, vorrei anch’io sottolineare il fatto che, con la presente relazione, esprimiamo la convinzione che, a 20 anni dalla sua formulazione, la politica di coesione continua a portare la solidarietà dell’Unione europea non soltanto alle regioni e ai paesi più arretrati, bensì anche alle comunità e ai gruppi più svantaggiati fra i nostri concittadini.
Dobbiamo consolidare la politica di coesione non solo con risorse finanziarie, bensì anche con dei meccanismi e delle procedure che consentano di individuare e affrontare disparità socioeconomiche complesse ed articolate a livello locale.
Le sfide attualmente fronteggiate dalle nostre regioni sono tali che non ci consentono di lasciare i problemi della povertà e dell’esclusione sociale e territoriale senza risoluzione. Occorre coordinare le nostre iniziative a tutti i livelli, poiché si tratta di un approccio integrato, in cui le risorse e le politiche affrontano i problemi insieme.
Czesław Adam Siekierski (PPE-DE). - (PL) Signor Presidente, attualmente, la crescita economica è concentrata attorno alle capitali e ai grandi conglomerati urbani. Altri settori, compresi i settori rurali, si sviluppano più lentamente, e ciò significa che sono molto più suscettibili ai problemi. L’obiettivo della politica di coesione deve essere quello di assistere tali zone e di sostenere la coesione territoriale.
E’ perciò necessario migliorare le infrastrutture, per migliorare gli incentivi ad investire in queste zone, per sostenere i servizi pubblici e migliorare gli alloggi e la qualità della vita. E’ di grande importanza per lo sviluppo delle zone rurali creare delle infrastrutture di comunicazione; ciò significa soprattutto strade, ma anche impianti di depurazione, poiché questi creano le condizioni necessarie per i flussi di investimento e la creazione di nuovi posti di lavoro, il che consente alle persone di rimanere in queste zone, senza per questo rinunciare ad una vita dignitosa.
Fino ad oggi, la politica agricola comune si è concentrata soprattutto sulla qualità dei generi alimentari, sulla sicurezza alimentare e sulla competitività, ma dall’altro canto si è occupata di meno dello sviluppo rurale al di fuori del settore agricolo. E’ fondamentale avere un migliore coordinamento fra la politica di coesione, la politica dello sviluppo rurale e la politica dell’occupazione.
Ewa Tomaszewska (UEN). - (PL) Signor Presidente, la lettera N della relazione afferma, con buona ragione, che la povertà e l’esclusione hanno una forte impronta territoriale. Tenendo conto del principio della solidarietà, che è generalmente rispettato nell’Unione europea, unitamente al contenuto della lettera N, vorrei che gli stanziamenti delle risorse a partire dei fondi europei andassero a sostenere l’integrazione delle zone economicamente arretrate.
Purtroppo, quest’anno, tale principio è stato violato nel mio stesso paese. I fondi stanziati per migliorare le infrastrutture e altri finanziamenti sono soprattutto destinati alle zone più ricche, che sono già sviluppate. Ciò è spesso la conseguenza del fatto che le persone che fanno domanda per questi fondi sono spesso meglio preparate. Spero che il documento che abbiamo considerato contribuisca ad eliminare tali disparità in tutta l’Unione europea.
Danuta Hübner, Membro della Commissione. − (EN) Signor Presidente, a mio parere abbiamo avuto una buona discussione, e vorrei ringraziare tutti coloro che sono intervenuti. La discussione ha dimostrato che una politica integrata rappresenta il modo migliore per affrontare efficacemente il problema delle diverse comunità e dei diversi gruppi vulnerabili. A tale riguardo, il legame fra la politica di coesione e la politica di sviluppo rurale sembra essere particolarmente importante.
Condivido inoltre la preoccupazione dei colleghi che, nei casi in cui i problemi relativi ai gruppi vulnerabili sono concentrati dal punto di vista territoriale, è giustificato adottare un approccio territoriale. L’inclusione sociale non deve essere scollegata dalla coesione territoriale.
Sono inoltre lieta del fatto che i deputati insistano sulle disparità intraregionali. Come molti deputati hanno sottolineato, sarebbe molto utile sviluppare delle statistiche intraregionali affidabili e di qualità in questo campo. Come ho detto nelle mie osservazioni iniziali, la Commissione intende investire ulteriormente nello sviluppo di questa banca dati. Stiamo lavorando ad una verifica del settore rurale, così come abbiamo fatto per il settore urbano nel passato. A tale riguardo, sarà essenziale avere una buona collaborazione con gli Stati membri, e faccio molto affidamento sul sostegno del Parlamento al riguardo.
Gábor Harangozó, relatore. − (HU) Grazie molte, signor Presidente. Signor Commissario, onorevoli colleghi, vorrei innanzi tutto ringraziare il Commissario Hübner, non solo per la sua reazione alla presente relazione e alla discussione, bensì anche per il lavoro volto a rendere la presente politica migliore e più efficace. Apprezzo enormemente il suo impegno e la ringrazio per la sua franchezza riguardo alla mia relazione.
Vorrei rispondere a diverse questioni che sono state sollevate. Innanzi tutto, ritengo che, se affrontiamo il problema con serietà, dobbiamo fare quello che abbiamo fatto quando abbiamo preso sul serio il fatto che il processo di Lisbona era necessario, come era necessario garantire l’attuazione del processo di Lisbona all’interno della politica di coesione, il che ha portato all’introduzione di un sistema di earmarking per i fondi a disposizione della politica di coesione, al fine di sostenere il processo di Lisbona. Allo stesso modo, possiamo intraprendere delle iniziative per combattere la concentrazione territoriale della povertà, se lo vogliamo. Se lo decidiamo.
Vorrei dire al gruppo PPE-DE, soprattutto all’onorevole van Nistelrooij, che, se eliminiamo il punto 17, la relazione finirebbe per affermare che concorda col fatto che vi siano delle microregioni che non sono in grado di sfruttare le opportunità che diamo loro. Concordiamo sul fatto che si tratta di microregioni, ma perché dovremmo voler eliminare dalla relazione proprio il punto in cui esortiamo la Commissione ad esaminare se può fornire un’assistenza più efficace in materia di coesione a queste microregioni, a livello microregionale? Non riesco ancora a comprendere il motivo di una tale decisione.
Vorrei dire all’onorevole Petre che a mio avviso questa è una relazione di politica regionale. Una relazione di politica regionale non è il luogo per una discussione sui gruppi etnici, e comunque non capisco perché dobbiamo discutere di gruppi etnici. Nel caso della Romania, se dobbiamo guardare alla questione da una prospettiva di tipo etnico, quali gruppi dovrei includere nella relazione secondo lei? I Rom, che, in alcune zone, vivono in condizioni molto povere? I Csangos, i quali anch’essi vivono in condizioni molto dure in una zona specifica? Oppure i rumeni che vivono nelle zone montuose? Non possiamo adottare decisioni su questa base; abbiamo bisogno di indicatori complessi, di un approccio complesso e di un’attuazione integrata. Grazie per l’attenzione.
Presidente. − La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà martedì 17 giugno 2008 alle ore 12.00.
Dichiarazioni scritte (articolo 142)
Bairbre de Brún (GUE/NGL), per iscritto. – (GA) Accolgo favorevolmente la presente relazione dell’onorevole Harangozó sull’impatto della politica di coesione sull’integrazione di comunità e gruppi vulnerabili. Gli appelli volti a tenere conto delle difficoltà fronteggiate da distretti o zone la cui popolazione si è trovata ai margini del processo decisionale e dello sviluppo economico si fanno sempre più insistenti.
Sono a conoscenza dalla mia circoscrizione delle difficoltà nelle quali si dibattono non solo le aree urbane svantaggiate, ma anche le zone periferiche delle contee di frontiera irlandesi. Tali zone rurali spesso hanno difficoltà a garantire gli investimenti necessari nel campo imprenditoriale o delle infrastrutture. Porre fine all’esodo dalle compagne citato nella presente relazione deve essere una priorità per i politici.
L’onorevole Harangozó parla a buona ragione del ruolo svolto da quanti lavorano nelle piccole e medie aziende agricole nel sostenere le comunità rurali. Le comunità rurali non devono essere penalizzate dalla politica di coesione, ed è necessario consolidare il nesso fra lo sviluppo rurale e lo sviluppo regionale nella lotta all’esclusione sociale.
L’essere lontani dalle reti di comunicazione e dei trasporti rappresenta un problema di ordine pratico che deve essere affrontato.
Bogdan Golik (PSE), per iscritto. – (PL) La politica di coesione, a cui va circa il 33 per cento del bilancio dell’Unione europea, è di importanza vitale per tutti i paesi europei. La Polonia è lieta di partecipare a qualsiasi iniziativa relativa alla piena integrazione economica della società europea e di ridurre al minimo i divari a livello microregionale. E’ mia convinzione che le misure adottate nel campo della politica di coesione siano fondamentali per promuovere uno sviluppo sostenibile ed eliminare la disoccupazione, la povertà e l’esclusione sociale, i quali rappresentano dei gravi problemi economici in Europa. A tale riguardo, la cooperazione fra tutti i paesi europei e lo scambio di esperienze sono di particolare importanza.
I problemi che frenano lo sviluppo sostenibile dell’Unione europea, fra cui i bassi redditi, le scarse infrastrutture e la bassa mobilità sociale, si riferiscono soprattutto alle zone rurali. La situazione è resa ancora più pesante dal crescente esodo di persone dalle campagne e dalla crescente esclusione sociale in tali zone. Inoltre, fra i problemi affrontati dalla politica di coesione europea all’inizio del XXI secolo vi sono dei problemi di carattere esterno, come ad esempio l’aumento del divario nello sviluppo fra l’Unione europea e gli Stati Uniti. Nel periodo 1995-2005 la crescita della produttività in Europa è stata molto più bassa rispetto agli Stati Uniti o al Giappone, il che ha un effetto considerevole sulla diminuzione della competitività del mercato europeo.
Vorrei ringraziare l’onorevole Harangozó per aver richiamato la nostra attenzione su tali questioni.
Lívia Járóka (PPE-DE), per iscritto. – (HU) Al fine di stimolare l’occupazione, la crescita e la competitività, l’Unione europea deve sfruttare al massimo il potenziale in termini di imprese e lavoro a sua disposizione. Alla luce del fatto che la maggior parte dei quasi 10 milioni di Rom che vivono in Europa sono interessati da disoccupazione strutturale e/o assoluta, oppure fanno parte dell’economia sommersa o lavorano “in nero”, l’integrazione dei Rom potrebbe avere un impatto decisivo sull’esito dell’Agenda di Lisbona e della politica di coesione. La relazione sottolinea il fatto che la politica di coesione ha aiutato le regioni più povere a riallinearsi per quanto riguarda il loro sviluppo socioeconomico. Tuttavia, occorre fare molto di più, sia in termini quantitativi che qualitativi. La Commissione europea e gli Stati membri devono garantire il coordinamento e la complementarità delle risorse finanziarie disponibili; gli strumenti finanziari dell’Unione europea, nel frattempo, e in modo particolare il Fondo sociale europeo e il Fondo di sviluppo regionale, devono essere utilizzati per sostenere un ampio numero di singoli programmi, che vanno dalla fornitura di microcrediti alle imprese agli investimenti nello sviluppo delle infrastrutture. Per fare in modo che tali programmi siano coronati da successo e che i fondi raggiungano i destinatari, sarà di fondamentale importanza identificare ed eliminare sia gli ostacoli di carattere generale che quelli di genere specifico. Le regioni arretrate che si dibattono in problemi complessi non riescono a raccogliere i fondi di contropartita necessari per ottenere l’assistenza comunitaria a cui hanno diritto. Nel caso dei Rom, gli svantaggi che devono affrontare sono moltiplicati in modo esponenziale dal basso livello di istruzione e da generazioni di disoccupazione.
Cătălin-Ioan Nechifor (PSE), per iscritto. – (RO) Il Parlamento europeo ha sollevato il progetto di risoluzione sull’impatto della politica di coesione sull’integrazione di comunità e gruppi vulnerabili per discuterne, insistendo sul mantenimento nelle zone rurali di certe attività generatrici di reddito, prestando particolare attenzione alle imprese di carattere familiare, ma anche alle piccole e medie aziende agricole.
La politica agricola comune deve divenire più equa, in modo che sia possibile per la popolazione insediarsi in zone rurali con un profilo prevalentemente agrario, alla luce della prevista crisi alimentare.
Ritengo che l’approvazione di questa risoluzione garantirà alla Romania un considerevole sostegno nella lotta alla povertà nelle zone rurali, dove vivono 10 milioni di persone e dove l’esclusione sociale e territoriale mette a repentaglio l’esistenza stessa dello Stato rumeno, nonché la sicurezza dei prodotti alimentari e i loro approvvigionamenti.
Concentrandoci sulle piccole aziende agricole, sulle aziende di sussistenza, sulle famiglie degli agricoltori che hanno piccoli appezzamenti di terreno, l’agricoltura rumena avrà una possibilità concreta, aumentando così' il contributo di questo settore al PIL.
Vorrei approfittare di questa occasione per chiedere al governo rumeno di fare tutto il necessario per adottare la presente risoluzione, in modo da salvare il salvabile nel settore agricolo, dove l’integrazione europea finora non ha prodotto alcun risultato.
27. Coerenza delle politiche di sviluppo e ripercussioni dello sfruttamento da parte dell’UE di alcune risorse biologiche naturali sullo sviluppo dell’Africa occidentale (discussione)
Presidente. − L’ordine del giorno reca la relazione di Frithjof Schmidt, a nome della commissione per lo sviluppo, sulla coerenza delle politiche di sviluppo e ripercussioni dello sfruttamento da parte dell’UE di alcune risorse biologiche naturali sullo sviluppo dell’Africa occidentale (INI/2007/2183) (A6-0137/2008).
Frithjof Schmidt, relatore. − (DE) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, vorrei innanzi tutto tradurre il titolo della mia relazione. Quando parliamo “risorse biologiche naturali”, ci riferiamo al legname ed ai pesci. Infatti, essi sono le risorse più importanti per lo sviluppo sociale ed economico dell’Africa occidentale. Va da sé che ci riferiamo anche al disboscamento.
Sappiamo tutti quanto gravi siano gli sviluppi a cui stiamo assistendo. Della superficie boschiva che esisteva in Africa occidentale 50 anni fa, solo il 13 per cento è ancora intatto. Ciò significa che l’87 per cento del territorio che una volta era coperto da boschi è già stato abbattuto. Sappiamo tutti quale sia l’impatto sul clima e sul processo di desertificazione.
Disponiamo di statistiche ugualmente preoccupanti sulla pesca eccessiva in quella parte dell’Oceano Atlantico e sui gravi problemi che ciò crea. Abbiamo tutti visto le fotografie di imbarcazioni sovraccariche di immigrati provenienti dall’Africa occidentale che sbarcano sulle Canarie. Il legame fra gli sviluppi che ho elencato e la crescente immigrazione verso l’Unione europea dall’Africa occidentale è evidente ed incontrovertibile ed è inoltre al centro di un dibattito politico in seno alle nostre società.
L’Unione europea è il principale mercato per il legname e i prodotti ittici. Noi stessi diciamo che acquistiamo l’80 per cento circa di tali prodotti. Per tale ragione, è opportuno e fondamentale rivedere la coerenza della nostra politica per lo sviluppo, della nostra politica della pesca e della nostra politica in materia di commercio di legname, in modo da stabilire fino a che punto interagiscono in maniera produttiva o possono essere d’intralcio l’una all’altra.
In entrambi i casi occorre prevenire il prelievo illecito e stabilire una gestione di risorse sostenibile. In entrambi i casi è necessario garantire che i bisogni dell’economia locale e dei consumatori locali devono avere la precedenza sul commercio internazionale. Se non riusciremo a raggiungere tali obiettivi, qualsiasi sviluppo autoalimentato sarà a rischio, così come lo sarà la riuscita di qualsiasi collaborazione nel campo dello sviluppo. E’ per tale motivo che è così importante condurre questa revisione della coerenza, al fine di garantire che le altre politiche che perseguiamo non siano di ostacolo e mettano a repentaglio la nostra politica di sviluppo.
Conosciamo gli strumenti con cui possiamo migliorare la situazione. Occorre migliorare il monitoraggio degli stock ittici e dei boschi, nonché un maggior controllo delle industrie del legname e della pesca. Abbiamo inoltre bisogno di infrastrutture adeguate per la ricerca nel campo dello sviluppo degli stock e per il controllo e la vigilanza delle attività economiche. Ne siamo a conoscenza da molto tempo, ed effettivamente è la rotta politica che abbiamo intrapreso da qualche tempo a questa parte.
A tale riguardo, dobbiamo concentrare i nostri sforzi soprattutto sulla lotta all’abbattimento illegale di alberi, alla pesca illegale e al commercio in prodotti illeciti. Dobbiamo farlo a livello locale nell’Africa occidentale. A tale fine, dobbiamo sostenere i paesi nostri partner nell’Africa occidentale, il che significa anche assisterli nell’ottenere accesso al mercato dell’Unione europea. Dobbiamo sviluppare dei nostri sistemi di monitoraggio. Uno dei compiti più importanti nell’ambito della politica dello sviluppo è di riorientare il nostro impegno verso un approccio di sostenibilità ambientale per quanto riguarda l’abbattimento di alberi, la gestione delle risorse forestali e la pesca.
Vorrei soffermarmi su un ulteriore aspetto e fare riferimento ad una contraddizione contenuta nella relazione. Nella relazione abbiamo affermato che dobbiamo migliorare le condizioni per le società miste create da imprese dell’Unione europea con partner africani e che dobbiamo proteggere gli investimenti. Credo che ciò sia giusto ed opportuno, e che queste siano misure necessarie, ma dobbiamo far sì che non creino delle capacità eccedenti che indeboliscano l’attuazione di altre nostre misure, come quelle finalizzate a combattere la pesca eccessiva.
E’ assolutamente necessario risolvere questa contraddizione nelle finalità. Per tale motivo abbiamo aggiunto questa dichiarazione al parere della commissione per la pesca come punto supplementare. Spero che il conflitto procedurale su chi ha diritto a effettuare delle aggiunte a cosa e dove e su quando possono essere fatte tali aggiunte non releghi in secondo piano la sostanza dell’aggiunta. A mio parere, è di estrema importanza far rispettare il principio secondo cui non possono essere create alcune capacità eccedenti. Come sapete, è stata presentata una mozione per eliminare questo punto dalla relazione, ma non dobbiamo permettere che ciò avvenga.
Danuta Hübner, Membro della Commissione. − (EN) Signor Presidente, vorrei innanzi tutto congratularmi col relatore, l’onorevole Schmidt, per la sua relazione. La coerenza della politica dello sviluppo è una questione importante, e vorrei rassicurarvi sul fatto che la riduzione delle ripercussioni negative e un pieno sfruttamento delle sinergie fra le politiche europee e lo sviluppo sono parte integrante del nostro impegno per raggiungere gli obiettivi di sviluppo del Millennio.
Altre politiche, aldilà della politica dello sviluppo, possono contribuire in maniera significativa allo sviluppo, e ciò ovviamente ha un impatto diretto sull’efficacia della nostra assistenza.
Come lei giustamente afferma nella sua relazione, il disboscamento delle foreste tropicali è per tutti noi fonte di preoccupazione e ritengo che sarebbe necessario fare una distinzione qui fra due aspetti, ovvero fra il disboscamento e il cambiamento climatico da un lato e la lotta allo sfruttamento illecito dei boschi dall’altro.
A Bali, la comunità internazionale ha chiaramente identificato la distruzione delle foreste come una delle principali cause del cambiamento climatico. Seguendo lo spirito della conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, la Commissione intende contribuire con 5 milioni nel 2008 alla Forest Carbon Partnership Facility, che è gestita dalla Banca mondiale. Altri 60 milioni saranno destinati da qui al 2010 alla Global Alliance against Climate Change, un’iniziativa da noi lanciata l’anno scorso per sostenere gli sforzi dei paesi più poveri nell’adattamento al cambiamento climatico.
Infine, diversi paesi, fra cui il Ghana, il Camerun, il Mali, la Sierra Leone e la Costa d’Avorio hanno anch’essi incluso delle misure sulla gestione delle risorse naturali e sulla governance in questo settore nei loro programmi nazionali per il decimo Fondo europeo di sviluppo.
L’Africa occidentale rappresenta un importante partner dell’Unione anche per quanto riguarda lo sfruttamento illegale delle foreste, così come lo sono il Camerun, il Ghana, la Liberia e la Costa d’Avorio, i quali esportano quantità considerevoli di legname in Europa.
Due di questi paesi, il Camerun e il Ghana, stanno ultimando attualmente un accordo di partenariato FLEGT volontario con l’Unione, e la Liberia dovrebbe avviare dei negoziati simili fra breve.
Per quanto riguarda la politica della pesca, come lei ha correttamente sottolineato, i nuovi accordi di partenariato nel settore della pesca hanno portato ad una maggiore coerenza fra la politica comune della pesca e la politica dello sviluppo; tali nuovi accordi non si limitano più all’offerta di possibilità di pesca ai pescherecci comunitari, ma consentono anche di avviare un dialogo con altri partner, al fine di aiutarli ad introdurre nelle loro acque una politica della pesca veramente sostenibile e responsabile.
Oltre alla compensazione finanziaria concessa sulla base degli accordi di pesca, che spesso contribuiscono in maniera significativa alle entrate dei nostri partner e quindi alla loro stabilità macroeconomica, tali accordi costituiscono una base politico-giuridica fondamentale. Ciò consente alla comunità di facilitare lo sviluppo delle politiche della pesca sulla base del dialogo e alla luce delle priorità stabilite dei nostri partner nelle loro politiche della pesca.
Dove invece non posso concordare con lei, è il passaggio della relazione che collega gli accordi sull’immigrazione e sulla pesca. Persino i paesi interessati, come ad esempio il Senegal, nella figura del suo ministro di Stato Djibo Ka, hanno pubblicamente respinto le accuse secondo cui la presenza di pescherecci comunitari avrebbe un notevole impatto sulle risorse e sulla diminuzione della redditività per i pescatori non industriali, che sono spesso i più colpiti dall’immigrazione illegale.
In effetti collaboriamo con i pescatori, con le ONG e con partner privati in Europa e nei paesi in questione per cercare di ridurre il più possibile tutti gli aspetti negativi e la concorrenza sleale fra i nostri pescatori e i pescatori più vulnerabili di questi paesi.
Attualmente non vi è alcuna flotta europea che sia in competizione con le flotte non industriali di questi paesi dell’Africa occidentale, anche se non si può dire lo stesso di altre flotte estere industriali.
Carmen Fraga Estévez, relatore per parere della commissione per la pesca. – (ES) Innanzi tutto, sono amareggiata dalla condotta inaccettabile della commissione per lo sviluppo, che sembra non ritenersi vincolata al regolamento interno del Parlamento europeo. Essa ha aggirato la procedura di cooperazione delineata nell’articolo 47 e ha corretto le dichiarazioni della commissione per la pesca su questioni che sono di sua stretta competenza. Inoltre, si è comportata in modo del tutto sleale fin dall’inizio di questa relazione, tentando ostinatamente di appropriarsi delle competenze della commissione per la pesca sulla questione degli accordi di partenariato nel settore della pesca. Mentre la commissione per la pesca ha pubblicato un parere che ha cercato in tutti i modi di rispettare la suscettibilità della commissione per lo sviluppo su queste tematiche, essa è intervenuta, manifestando questa intenzione fin dall’inizio, in questioni puramente attinenti alla politica comune della pesca.
Signor Presidente, i presidenti di alcune commissioni hanno una tendenza a credere che non possano fare alcun danno e che il regolamento interno non valga per loro, anche se dovrebbero esserne i difensori più accaniti. Il risultato è uno sterile scontro fra le commissioni che danneggia la credibilità dell’intera istituzione.
Spero che questo caso serva a reprimere tali tentazioni di abusare del proprio potere e che tutti coloro che sono interessati ad approfondire il ruolo svolto dagli accordi di partenariato nel settore della pesca nello sviluppo dei villaggi e della pesca nazionale nell’Africa occidentale possano fare un’analisi basata su una relazione di ampio respiro e libera da censure.
Nel presentare questo emendamento a nome del gruppo PPE-DE, il relatore intende mostrare la nostra volontà di riprendere la rotta, anche se abbiamo annunciato che, se gli altri gruppi politici non sosterranno l’emendamento, chiederemo che la relazione torni alla commissione competente per il fondo.
Filip Kaczmarek, a nome del gruppo PPE-DE. – (PL) Signor Presidente, vorrei ringraziare l’onorevole Schmidt per una relazione molto esauriente e dettagliata. Se vogliamo che la nostra politica di sviluppo sia veramente coesa, allora sono necessarie delle relazioni dettagliate di questo genere su questioni relative a diversi aspetti del mondo dello sviluppo. Naturalmente, la cooperazione con altre commissioni richiede una regolamentazione, ma se vogliamo parlare di coesione politica, occorre chiarire come le diverse commissioni parlamentari debbano lavorare insieme.
L’analisi dello sfruttamento delle risorse naturali nell’Africa occidentale da parte dell’Unione europea fornisce una valutazione vera e non raffazzonata del ruolo dell’Unione europea in questa regione dell’Africa. Dobbiamo essere consapevoli che lo sfruttamento delle risorse naturali ha delle ripercussioni sul piano sociale molto concrete, e a volte molto dolorose e complesse. A tale riguardo è molto preoccupante il fatto che le risorse ittiche dell’Africa occidentale siano sfruttate eccessivamente, il che potrebbe rappresentare un pericolo per lo sviluppo locale, dal momento che tali risorse garantiscono la sicurezza sociale di questa regione.
E’ vero che i paesi africani spesso non si preoccupano dello sfruttamento sostenibile delle risorse naturali e, se lo fanno, non lo fanno abbastanza. Per tale motivo, dobbiamo guardare alle nostre attività in questa regione sia dal punto di vista economico che morale. Posso comprendere che molti politici preferiscano vedere i pescatori europei sulla costa africana piuttosto che per le vie di Bruxelles. Tuttavia, dobbiamo essere cauti e non peccare di ipocrisia, perché non possiamo parlare di una politica dello sviluppo coesa senza un’economia della pesca sostenibile nell’Africa occidentale.
Allo stesso modo, non dobbiamo tentare di esportare i nostri problemi sociali perché, anche se potessimo esportarli, potrebbero ripercuotersi su di noi sotto forma di problemi legati all’immigrazione. Inoltre, ho l’impressione che ci stiamo ricattando, dicendo che, se portiamo le nostre flotte nell’Africa occidentale, altre flotte potrebbero prendere il nostro posto e avranno degli standard ancora peggiori di quelli utilizzati attualmente. Questo è un modo di pensare pericoloso, e non credo che dobbiamo utilizzare argomenti del genere.
Thijs Berman, a nome del gruppo PSE. – (NL) Signor Presidente, se depauperiamo le riserve ittiche al largo della costa della Mauritania, ciò indurrà le persone più povere a venire in Europa come immigrati, perché non avranno più alcuna prospettiva a casa loro. Saranno le regioni più povere dell’Europa a dover sostenerne il peso, e non le regioni ricche. Di conseguenza, l’Europa perderà il sostegno dei propri elettori, specialmente di quelli con redditi molto bassi. Anche per tale motivo, la politica di coesione è assolutamente indispensabile. Per molti versi è triste, ma anche del tutto comprensibile, il motivo per cui l’Irlanda ha respinto il Trattato di Lisbona.
Il Trattato di Lisbona rappresenta un vero passo in avanti per la politica dello sviluppo. Si tratta del primo testo che stabilisce con precisione il concetto di coerenza. L’Unione non deve togliere con una mano ai paesi poveri quello che dà loro con l’altra mano. La politica dell’Unione sull’agricoltura, la pesca, e il commercio non deve andare contro la politica dello sviluppo. Ovviamente ciò è vero per diverse politiche, ma il problema non è una rivalità fra le commissioni del Parlamento. Si tratta di un aspetto secondario.
Il Trattato di Nizza chiedeva semplicemente all’Unione di essere una forza di coerenza sullo scenario globale, ma ciò si è rivelato insufficiente. La politica agricola ha permesso senza alcun pudore che le nostre eccedenze, come lo zucchero e i cereali, venissero scaricate sul mercato mondiale con dei sussidi alle esportazioni. Per fortuna, si tratta più o meno di una cosa del passato.
Tuttavia, è solo nel Trattato di Lisbona che i sostenitori dei paesi poveri possono trovare una base giuridica che consenta loro di salvaguardare la solidarietà con le persone più povere del mondo. Tuttavia, l’Irlanda ha espresso un voto contrario al Trattato. Sono state soprattutto le persone con i redditi più bassi a dire di no, perché i cittadini più poveri in Europa non si identificano abbastanza con questa Unione europea. Troppa insicurezza, troppi rischi per loro; devono sopportare le conseguenze di questa politica incoerente e antisociale.
Come ha chiarito molto bene il relatore, l’onorevole Schmidt, il compito è pertanto di mostrare solidarietà nei confronti di tutti i cittadini europei e di tutti i cittadini dei paesi in via di sviluppo, rispettando al contempo l’ambiente. Non si tratta di un compito da poco. La tentazione di scambiare una solidarietà per l’altra è forte. Ciononostante, esse non sono contrapposte l’una all’altra. La solidarietà con i paesi in via di sviluppo è necessaria per mostrare solidarietà alle persone con redditi bassi in Europa e nel resto del mondo.
Hélène Goudin, a nome del gruppo IND/DEM. – (SV) Quando l’Unione europea sfrutta le risorse naturali dei paesi più poveri, essa lascia dietro di sé delle tracce molto profonde. Le riserve ittiche delle acque dell’Africa occidentale sono oramai prossime all’esaurimento, il commercio illecito di legname sta distruggendo l’ambiente, e lo sfruttamento delle altre risorse naturali ha dimostrato di avere enormi conseguenze in una regione povera e politicamente instabile. Le nostre attività hanno delle ripercussioni sulla popolazione locale.
L’obiettivo della relazione è di raggiungere una maggior coesione fra i paesi dell’Unione europea e di far sì che il Parlamento europeo abbia più voce in capitolo. Tuttavia, molti interessi particolari sono rappresentati in questo Parlamento, il che significa che una politica di aiuto europea è destinata a fallire. A livello internazionale, le Nazioni Unite, assieme ad altre organizzazioni, devono assumere la guida. Se vogliamo veramente cambiare il mondo, come diciamo di voler fare, dobbiamo ricorrere ad altre misure. Quello che deve fare l’Unione europea è rivedere e riformare la sua stessa politica.
L’Unione europea deve smettere di sovvenzionare l’agricoltura europea, che è fallita, porre fine al protezionismo velato che caratterizza la sua politica commerciale e abbandonare i suoi accordi immorali nel settore della pesca.
Bogdan Golik (PSE). - (PL) Signor Presidente, in base alle risoluzioni adottate dall’Unione europea, la maggior parte degli Stati membri concentrano le loro attività umanitarie nell’Africa subsahariana, che comprende anche gli Stati dell’Africa occidentale, la regione più arretrata in termini di sviluppo. La Polonia condivide la posizione dell’Unione europea sulla politica dello sviluppo e sostiene l’attuazione degli obiettivi di sviluppo del Millennio in questa regione. Vi è un sostegno sempre maggiore nell’opinione pubblica polacca per gli aiuti ai paesi in via di sviluppo, dato che l’anno scorso ha fatto registrare un 77 per cento. Allo stesso tempo siamo consapevoli che occorre aumentare l’impegno dei singoli Stati membri in materia di adempimento dei loro doveri, e occorre inoltre aumentare la coesione e l’efficacia della politica europea di sviluppo. Attualmente una questione molto importante, alla luce delle divisioni esistenti, è la preparazione di una posizione comune dell’Unione europea e del Parlamento in vista delle conferenze di Accra e Doha.
L’Africa, essendo la regione col più alto numero di paesi in via di sviluppo, ha un’esperienza limitata per quanto riguarda le sue risorse biologiche. Dall’altro canto, è molto importante che l’Europa abbia accesso alle risorse minerarie africane, e sta perseguendo tale politica insieme alla Cina e alla Federazione russa. E’ di fondamentale importanza per i partner europei migliorare la loro attrattiva commerciale e rendere lo sviluppo meno dipendente dalle riforme democratiche in Africa. In particolare, l’accesso ai mercati di prodotti alimentari europei è importante per i paesi africani. Dobbiamo garantire loro accesso, prima del Brasile, degli Stati Uniti o dell’Australia. Vi è bisogno di una maggiore complementarità, coesione e coordinamento nei programmi umanitari dell’Unione europea e dei singoli Stati membri. Per quanto riguarda lo sfruttamento delle risorse naturali nell’Africa occidentale, occorre dotarsi di un sistema efficace per valutarne l’entità, nonché di un miglior sistema di monitoraggio.
Vorrei ringraziare l’onorevole Schmidt per aver richiamato l’attenzione su tale tematica.
Kathy Sinnott (IND/DEM). - (EN) Signor Presidente, secondo la relazione, il legname e la pesca sono due delle risorse più importanti dell’Africa occidentale. Poiché l’Unione europea è il principale mercato di sbocco di questi prodotti, abbiamo la responsabilità di svolgere un ruolo significativo per quanto riguarda la promozione di uno sviluppo sostenibile in questa regione. L’Unione europea sta attualmente valutando se concedere al Marocco uno status avanzato, il che consentirebbe la creazione di maggiori possibilità di scambio, un maggior dialogo politico e una cooperazione nel campo della politica estera e delle questioni inerenti alla sicurezza.
In linea di principio, non siamo contrari a questo accordo, a patto che il Marocco si impegni a porre fine a tutte le violazioni dei diritti umani nel Sahara occidentale, territorio da questi occupato illegalmente, a patto che si impegni ad indire un referendum libero e giusto per il popolo del Sahara occidentale, a patto che l’accordo di partenariato nel settore della pesca sia riveduto e la popolazione Sahrawi del Sahara occidentale possa godere degli stessi diritti di cittadinanza delle loro controparti marocchine.
Vi sono molte ragioni per cui il Marocco non può godere dello status avanzato. In particolare, concedendo al Marocco lo status avanzato, l’Unione europea rafforzerà sicuramente l’occupazione illegale da parte del Marocco del Sahara occidentale e renderà più difficile il processo politico che ha per obiettivo lo svolgimento di un referendum libero ed equo. Inoltre, la concessione dello status avanzato al Marocco andrebbe contro la missione delle Nazioni Unite, che è quella di organizzare un referendum sull’autodeterminazione del Sahara occidentale.
Danuta Hübner, Membro della Commissione. − (EN) Signor Presidente, questa discussione, tenutasi a questa tarda ora, ha chiaramente indicato l’importanza che noi tutti attribuiamo a tale questione, e vorrei quindi ringraziare ancora una volta il Parlamento per la relazione.
Come è stato giustamente sottolineato, il legname e la pesca sono due prodotti fondamentali per lo sviluppo socioeconomico dell’Africa occidentale. Vorrei ancora una volta ribadire con forza che far sì che lo sfruttamento di tali risorse naturali sia in linea con gli obiettivi di sviluppo deve rimanere una priorità per l’Unione europea e per gli Stati dell’Africa occidentale.
Come ho spiegato nella mia presentazione iniziale e come vorrei ribadire adesso, la Commissione si impegna a perseguire tale obiettivo, e la risoluzione che il Parlamento adotterà domani costituirà un importante contributo al nostro lavoro.
Frithjof Schmidt, relatore. − (DE) Signor Presidente, la prima cosa che vorrei fare - e questa sarà forse una sorpresa alla luce del suo intervento - è ringraziare l’onorevole FragaEstévez, perché abbiamo collaborato in modo molto costruttivo riguardo alla relazione, risolvendo molti problemi. Dobbiamo fare in modo che ciò rimanga separato dal conflitto istituzionale esistente fra la commissione per la pesca e la commissione per lo sviluppo relativamente all’interpretazione del regolamento interno, conflitto che è dovuto in parte al fatto che, in conseguenza dello studio ICEI, siamo stati incaricati del nuovo compito di eseguire dei controlli di coerenza. Il consiglio ha deciso che occorreva controllare la coerenza delle misure relative a dodici politiche con la politica di sviluppo. Tali politiche fanno sempre parte delle competenze di altre commissioni, il che ovviamente provoca dei continui conflitti istituzionali. Si tratta di un problema, ma vorrei comunque ringraziarvi per la buona cooperazione avuta per quando riguarda la sostanza della relazione.
Signor Commissario, ritengo che la Commissione abbia agito in modo positivo per quanto riguarda il processo FLEGT e il nuovo accordo di partenariato nel settore della pesca a partire dal 2002. Ciò costituisce una buona base per il futuro, e vorrei incoraggiarvi a procedere in modo risoluto su questa strada, verso la promozione dello sviluppo sostenibile. Vi è ancora molta strada da fare. Dobbiamo portare avanti questo approccio positivo. A questo riguardo, potete contare senza dubbio sul sostegno del Parlamento.
Vorrei dire un’ultima cosa sul nesso fra l’immigrazione e la pesca eccessiva. Non occorre che dica che non è questa l’unica causa dell’immigrazione, essendo le sue cause molteplici. Vi sono, tuttavia, delle chiare indicazioni che la pesca eccessiva contribuisce a tale fenomeno. L’Unione europea, fra gli altri, è coinvolta in tale pesca eccessiva. L’Organizzazione internazionale per le migrazioni ha appena fornito delle prove molto concrete su questo legame relativamente al Senegal. Il Presidente del Senegal farebbe molto male a chiudere gli occhi di fronte a quanto avviene nel suo paese e al largo delle sue coste. Dobbiamo esaminare tali questioni in modo più critico e affrontare e risolvere tali problemi insieme.
Presidente. − La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà martedì 17 giugno alle ore 12.00.
28. Ordine del giorno della prossima seduta: vedasi processo verbale