Presidente. − L’ordine del giorno reca il tempo delle interrogazioni (B6-0161/2008).
Saranno prese in esame le interrogazioni rivolte alla Commissione.
Miloslav Ransdorf (GUE/NGL). - (CS) Vorrei rivolgere alla Commissione la seguente domanda: fino a che punto è vincolante… (La Presidente toglie la parola all’oratore).
Presidente. − Mi dispiace ma le domande sono quelle stampate su carta. C’è una sequenza e non credo che lei possa fare una domanda spontanea.
Prima parte
Presidente. − Annuncio l’
interrogazione n. 25 dell’onorevole Lambert van Nistelrooij (H-0379/08)
Oggetto: Tariffe dei terminali mobili
Il 4 aprile la Corte belga (causa n. 2007/AR/3394) ha sospeso una decisione del regolatore belga per i servizi delle poste e telecomunicazioni (BIPT) volta a stabilire l’entità delle tariffe dei terminali mobili. In tale contesto, uno degli argomenti più interessanti è che, nella fissazione delle tariffe dei terminali mobili, occorre tener conto delle economie di scala dei grandi operatori.
La Commissione ritiene che gli argomenti della Corte belga possano ispirare la sua prossima comunicazione sulle tariffe dei terminali mobili?
Non pensa anche la Commissione che detta comunicazione dovrebbe accordare alle imprese di telecomunicazioni che attualmente si occupano attivamente della concorrenza sul mercato della telefonia mobile – i cosiddetti “challengers” – un tempo sufficiente per conformarsi a un’eventuale nuova regolamentazione?
Mariann Fischer Boel, Membro della Commissione. − (EN) La domanda posta dall’onorevole deputato riguarda la decisione della Cour d’Appel di Bruxelles del 4 aprile 2008 di impugnare la decisione del regolatore dell’IBPT del 18 dicembre 2007 relativa alle tariffe dei terminali mobili in Belgio. Questa decisione del regolatore era stata preventivamente notificata e stimata dalla Commissione in base all’articolo 7 della direttiva quadro. La Commissione è consapevole di questa decisione del giudice ed è stata informata dall’autorità di regolamentazione nazionale, IBPT, che, in seguito a questo annullamento, ha avviato una consultazione nazionale su un progetto di decisione che ripristina le tariffe di terminazione delle chiamate mobili ai medesimi livelli asimmetrici precedenti la sua decisione del regolatore dell’11 agosto 2006.
Nel contesto del meccanismo di consultazione comunitaria (la “procedura articolo 7”) la Commissione ha espresso in numerose occasioni il suo parere che le tariffe di terminazione dovrebbero essere ridotte al livello del costo efficiente. Questo serve per garantire parità di condizioni di concorrenza tra differenti operatori, per dare agli operatori l’incentivo a divenire efficienti e per dare maggiori benefici ai consumatori, inclusi prezzi inferiori. La Commissione ha riconosciuto la necessità per un periodo di transizione perché gli operatori raggiungano il livello del costo efficiente. Tuttavia, la persistenza di un’elevata tariffa di terminazione non sarebbe giustificata trascorso un periodo lungo a sufficienza perché un operatore si adatti alle condizioni di mercato e divenga efficiente, a meno che ci fossero oggettive differenze di costo al di là del controllo dell’operatore in questione.
La Commissione è consapevole del fatto che diversi approcci alla regolamentazione delle tariffe di terminazione possono ostacolare il mercato interno e la realizzazione dei benefici derivanti al consumatore dalla concorrenza e dai servizi transfrontalieri, e questo il motivo per cui la Commissione ha reso prioritario fornire consulenza e maggiore certezza giuridica tanto agli operatori che alle autorità di regolamentazione nazionale nella regolamentazione delle tariffe di terminazione. A questo scopo, la Commissione sta lavorando a una raccomandazione su un comune approccio ai mercati della terminazione delle chiamate fisse emobili che intende incoraggiare una maggior chiarezza e coerenza in quest’area importante ma molto complessa, assicurando ai consumatori i massimi benefici possibili in termini di accessibilità dei prezzi e sviluppo efficiente di servizi innovativi. Una raccomandazione del genere potrebbe fornire una guida ai giudici nazionali.
Il consolidamento del mercato interno potrebbe anche essere ostacolato se le decisioni dei tribunali in Stati membri differenti dessero come risultato una situazione nella quale venissero date interpretazioni differenti su come occuparsi di problemi relativi alla concorrenza simili. Ad ogni modo, la Commissione segue da vicino tutte le decisioni e le sentenze dei tribunali, compresi nell’area dei mercati della terminazione, come la decisione della Cour d’Appel alla quale si riferisce l’onorevole deputato nella sua domanda.
Lambert van Nistelrooij (PPE-DE). – (NL) Signora Presidente, vorrei ringraziare il Commissario per la sua risposta, perché ha analizzato molto bene la situazione. La domanda successiva è la seguente: dove si riscontrano queste differenze tra gli Stati membri? La sentenza in Belgio sembrerebbe indicare che non c’è ancora un’effettiva parità di condizioni di concorrenza tra i grandi operatori e i nuovi operatori sul mercato. Questo può significare che viene esteso il periodo di transizione? Che viene concesso più tempo per un adattamento del genere in tutta l’Europa, per così dire? Dopo utto, ciò che vediamo è che sono i piccoli operatori che restano vittime di questo mercato.
Mariann Fischer Boel, Membro della Commissione. − (EN) La Commissione ha riconosciuto fino dai primi tempi la necessità di un periodo di transizione per gli operatori, come ho detto nel mio primo intervento, per raggiungere un livello di costo efficiente.
Tuttavia, le asimmetrie temporanee dovrebbero essere abolite gradualmente entro un ragionevole lasso di tempo. La persistenza di più elevate tariffe della terminazione non dovrebbe essere giustificata trascorso un periodo lungo a sufficienza perché un operatore si adatti alle condizioni di mercato e divenga più efficiente, a meno che – come ho affermato in precedenza –non ci siano differenze di costo obiettive che vadano al di là del controllo degli operatori interessati.
Autorizzare prezzi superiori al livello di efficienza o basati sui costi, può ridurre gli incentivi all’innovazione e alla riduzione dei prezzi per l’operatore. Per di più, il consumatore può trovarsi a pagare prezzi più alti di quanto non farebbe in una situazione basata su tariffe di terminazione simmetriche basate sui costi. Pertanto le tariffe della terminazione dovrebbero essere ridotte al livello dei costi efficiente il prima possibile senza ostacolare – come ho sottolineato poc’anzi – né la posizione delle società né quella dei consumatori.
Presidente. − Annuncio l’
interrogazione n. 26 dell’onorevole Katerina Batzeli (H-0386/08)
Oggetto: Politica di gestione delle crisi per far fronte al carovita sul mercato
Il carovita del mercato, sul quale hanno influito il rialzo dei prezzi del petrolio, la recente crisi alimentare, la speculazione come pure l’inefficacia dei controlli, aggrava costantemente l’inflazione e il reddito dei nuclei familiari. È necessaria una risposta globale ed europea per far fronte a questa situazione critica.
Come e con quali misure intende la Commissione far fronte all’attuale crisi che pregiudica ormai l’evoluzione delle economie nazionali e riduce il reddito dei nuclei familiari e in cui la società in generale mette in dubbio anche il ruolo dell’euro relativamente al prezzo del petrolio?
Quali misure intende adottare l’UE per frenare l’ondata speculativa internazionale sulle merci? Intende creare un meccanismo di gestione delle crisi a livello comunitario e nazionale? Come saranno rafforzati, e con quali misure, gli enti nazionali per far fronte ai problemi di speculazione dovuti principalmente alla posizione di oligopolio di talune imprese?
La fissazione di un prezzo massimo di vendita di determinati prodotti alimentari di base figura tra le priorità della Commissione?
L’aumento delle imposte indirette da parte di determinati governi, allo scopo di aumentare le entrate pubbliche, è accettabile in questo momento? È opportuna una riduzione dell’I.V.A. e delle imposte indirette su determinati alimenti e prodotti di base a livello europeo?
Annuncio l’interrogazione n. 27 dell’onorevole Leopold Józef Rutowicz (H-0399/08)
Oggetto: Aumento dei prezzi nell’Unione europea
La domanda di biocarburanti e l’aumento della domanda di generi alimentari sono tra le cause del significativo aumento dei prezzi di tali beni, le cui conseguenze sono particolarmente pesanti per i cittadini dell’Unione europea con un basso reddito. Nel contempo, le restrizioni alla produzione su una serie di beni non lasciano spazio alla concorrenza, la quale potrebbe frenare l’aumento dei prezzi. Quali azioni sono state intraprese al fine di limitare l’aumento dei prezzi dei generi alimentari sul mercato dell’Unione europea?
Mariann Fischer Boel, Membro della Commissione. − (EN) Dal momento che le due domande sono più o meno collegate, come ha giustamente detto il Presidente, vorrei avere l’opportunità di dare una risposta congiunta a entrambe.
Se prendiamo in considerazione l’area dell’euro, l’inflazione è calata dall’8-10 per cento negli anni ‘70 e ‘80 al 3 per cento negli anni ‘90 ed è in effetti pari a un media di poco superiore al 2 per cento nel primo decennio dell’Unione monetaria europea.
Ma a partire dal terzo trimestre del 2007, gli shock globali dei prezzi dell’energia e dei prezzi alimentari hanno spinto verso l’alto la pressione sull’inflazione non solo all’interno dell’Unione europea ma in tutto il mondo.
L’euro forte ha in parte attenuato gli effetti dei prezzi di carburante e petrolio elevanti o in aumento. Ma dobbiamo affrontare la realtà del fatto che il tasso di inflazione è salito dall’1,9 per cento dell’agosto dell’anno scorso al 3,6 per cento dell’aprile 2008.
La Commissione ha espresso la propria opinione in merito ai recenti aumenti dei prezzi alimentari nella comunicazione “Far fronte alla sfida dell’aumento dei prezzi alimentari – Linee d’intervento dell’UE”. Oltre a un insieme di altri fattori, i prezzi del petrolio più elevati hanno portato all’aumento dei prezzi del mercato agricolo all’interno dell’Unione europea, a causa sia dei costi logistici che del contributo agricolo più alto.
Sebbene la domanda di prodotti agricoli di base sia influenzata dal mercato del biocarburante, tutte le analisi svolte dalla Commissione indicano che le cause dell’aumento dei prezzi alimentari globali sono varie. Le cause nascono da fattori strutturali e temporanei – e l’attuale produzione di biocarburante europeo ha in effetti uno scarso impatto sui prezzi alimentari globali, avendo stabilito con le ultime stime che circa l’1 per cento del terreno dell’Unione europea è utilizzato per i biocarburanti.
Ma è chiaro che il recente aumento nei prezzi agricoli può spiegare soltanto in parte l’aumento dei prezzi degli alimentari osservato al livello della vendita al dettaglio, così a volte si riscontra una discrepanza tra il prezzo alla produzione e quello al supermercato o nei negozi.
Poiché l’attuale crisi presenta diversi aspetti, la risposta proposta dalla Commissione è ugualmente articolata ed è concepita per affrontare sia le conseguenze a breve termine che le forze trainanti a lungo termine dei prezzi alimentari vertiginosi. Per mitigare la pressione dei prezzi nel settore agricolo, all’interno della politica agricola comune (PAC) abbiamo già disposto ulteriori incentivi per promuovere l’orientamento al mercato e provare a rafforzare la produzione: con il set-aside obbligatorio a zero per questo anno di produzione e un aumento delle quote latte in vigore dal 1° aprile 2008, abbiamo in effetti reagito molto rapidamente. Inoltre, l’Unione europea ha deciso di sospendere i dazi sull’importazione dei cereali, per la maggior parte dei cereali, per l’attuale campagna di commercializzazione.
E’ ovvio che dovremo misurarci ancora con questi problemi nei prossimi dibattiti sulla verifica dello stato di salute della politica agricola comune.
Onde essere in grado di affrontare particolarmente i bisogni delle persone più indigenti nell’Unione europea, sono stati previsti una modernizzazione e un aggiornamento dello schema e verso la fine dell’anno presenteremo una proposta.
Credo che sia importante anche che continuiamo a incoraggiare e a promuovere gli investimenti nella ricerca agricola, per promuovere la crescita sostenibile di produttività nel settore agricolo, non soltanto in Europa ma in tutto il mondo.
In merito alla formazione dei prezzi nel mercato agricolo, la Commissione è impegnata nel controllo delle attività degli investitori speculativi nei mercati finanziari connessi alle merci e anche sul loro impatto sui movimenti dei prezzi.
Per quanto riguarda la domanda sulla posizione dominante, ogni abuso di posizione dominante è soggetto all’articolo 82 del Trattato o al suo equivalente nei diritti nazionali. La Commissione e le autorità nazionali garanti della concorrenza vigilano su ogni violazione del diritto di concorrenza dell’Unione europea.
La Commissione fa sì di garantire in particolare che la concentrazione di una dimensione comunitaria non ostacoli in modo significativo l’effettiva concorrenza a scapito dei consumatori e di imprese diverse. In questo contesto, la Commissione esaminerà anche il funzionamento della catena dell’approvvigionamento alimentare in parallelo al controllo della rete distributiva stabilito nel contesto del riesame del mercato unico.
Come stabilito dal Trattato le misure adottate dagli Stati membri e dalla Comunità devono essere condotte secondo i principi del mercato interno e della concorrenza transfrontaliera. La definizione di prezzi massimi di vendita per determinati prodotti alimentari di base non è prevista al momento.
La Commissione è consapevole che i governi stanno attualmente aumentando le tasse indirette in una gara per aumentare le finanze pubbliche. Inoltre, la Commissione condivide l’opinione espressa dai ministri delle Finanze che dovrebbero essere evitate le distorsioni fiscali e altre misure politiche che impediscano i necessari adeguamenti.
Infine, la Commissione ritiene che i provvedimenti mirati a breve termine presi per ridurre l’impatto dei prezzi elevati dell’energia sulle fasce più povere della popolazione siano giustificati. Essi non devono avere, tuttavia, un effetto distorsivo o ritardare gli adeguamenti strutturali necessari. Una riduzione generale delle tasse o dell’IVA – penso che saremo tutti d’accordo su questo – non è per definizione una misura mirata agli strati più poveri della popolazione.
Le azioni della Commissione non riguardano soltanto gli impatti nazionali. Penso che tutti abbiamo l’obbligo di garantire la parità di condizioni di concorrenza anche quando parliamo di paesi in via di sviluppo e finora la Commissione ha mobilitato più di 300 milioni di euro in aiuti alimentari d’emergenza e sta attivamente promuovendo una risposta coordinata a livello internazionale in linea con le conclusioni del vertice FAO svoltosi soltanto due settimane fa.
Penso quindi che abbiamo reagito alle sfide che la nuova situazione sta ponendo a tutti noi.
Katerina Batzeli (PSE). – (EL) Signora Presidente, in primo luogo i miei ringraziamenti alla signora Commissario per la risposta esauriente alla mia domanda. Mi consenta, tuttavia, di evidenziare due temi sui quali la Commissione dovrebbe impegnarsi immediatamente anziché a medio termine.
Il primo è il controllo dei prezzi, per i prodotti alimentari in particolare, come ha giustamente detto. Non è tanto questione di disporre un prezzo massimo di vendita, ma di fissare il costo di produzione e la percentuale di profitto che le aziende dovrebbero ricevere, stabilito che questo limite non sia di ostacolo al mercato interno o alle importazioni.
Il secondo punto che vorrei chiarire è che aumentare le quote latte e il set-aside è una misura gradita, ma a mio parere aumentare i costi dei pesticidi, in previsione dell’aumento dei costi del petrolio, è un provvedimento che non darà buoni risultati.
Leopold Józef Rutowicz (UEN). – (PL) Voglio cominciare ringraziando la signora Commissario per la risposta molto esauriente sulla questione.
Ci sono diversi problemi che trovo interessanti. Il primo è quello dei limiti al commercio nella produzione di zucchero. E’ noto che in numerosi paesi la contrattazione sulla produzione di zucchero limita il potenziale d’uso di determinate capacità di produzione, e qui gli interessi stanno imponendo una certa politica in questo ambito. Se la produzione di zucchero viene ridotta, la concorrenza sparisce automaticamente.
La seconda questione è l’applicazione di determinati dazi su alcuni articoli di base di cui beneficiano i cittadini più poveri, come le banane. Questi dazi vanno presi in esame. Le banane, dopotutto, sono mangiate da bambini, dai bambini delle famiglie povere. Bisogna esaminare anche l’imposizione dei dazi su quei beni che non sono gli alcolici. Sono d’accordo che il mercato debba essere sorvegliato e controllato, come lo devono essere i prezzi di mercato, ma la Commissione beneficia di importazioni di qualche genere per ridurre i prezzi di certi articoli, dell’importazione di articoli meno costosi sul mercato nazionale che hanno (…).
(La Presidente toglie la parola all’’oratore)
Mariann Fischer Boel, Membro della Commissione. − (EN) Onorevole Batzeli, penso sia importante che avere un sistema di controllo appropriato in grado di accertare che i prezzi non vadano alle stelle, e questo – cioè tenere d’occhio la situazione – è esattamente il compito delle autorità nazionali in materia di concorrenza. Le posso dire che, all’interno della Commissione, abbiamo discusso con il Commissario responsabile della concorrenza e che siamo consapevoli di questi problemi.
All’onorevole Rutowicz devo dire che non so se si riferisse alla riforma dello zucchero, con la quale abbiamo deciso di ridurre la produzione di zucchero dell’Unione europea a 6 milioni di tonnellate e di trovare la possibilità di dare agli agricoltori che decidevano di abbandonare la produzione di zucchero un pacchetto decente. Questa decisione, tuttavia, è stata presa qualche anno fa.
Sul prezzo dei prodotti di importazione: sì, è vero che dipende dai dazi all’importazione e questo è proprio ciò che stiamo discutendo in questi giorni nell’ambito del ciclo di Doha per lo sviluppo dell’OMC – e cioè se sia possibile trovare un accordo sulla riduzione dei dazi in generale.
E per concludere, sui benefici del consumo di frutta: sono d’accordo, e questo è la ragione per la quale presenteremo – nel prossimo incontro qui a Strasburgo – un piano sui prodotti ortofrutticoli destinato ai bambini in età scolare che, ne sono pienamente sicura, sarà molto utile per fare apprendere loro le buone abitudini.
Danutė Budreikaitė (ALDE). – (LT) La mia domanda riguarda le accise. Durante il dibattito sull’accisa sull’alcol è stato suggerito di azzerarla. Qual è la sua opinione in merito all’accisa sul carburante, visto che la situazione attuale non suggerisce alcuna soluzione temporanea come questa? Potrebbe essere possibile ridurre l’accisa sul carburante, almeno temporaneamente, per prevenire l’aumento dei costi nel settore alimentari e negli altri?
Andreas Mölzer (NI). – (DE) Signora Commissario, l’aumento dei prezzi alimentari è un fenomeno di portata europea e un problema particolare per le famiglie a basso reddito e i lavoratori a salario basso; li sta quasi portando alla rovina finanziaria. Fino a che punto sarà portato avanti il previsto programma europeo di aiuto alimentare per i gruppi sociali bisognosi, per aiutare le persone minacciate da questi rincari e che possono addirittura patire la fame?
Mariann Fischer Boel, Membro della Commissione. − (EN) In primo luogo, non vedo la riduzione dell’IVA come una soluzione possibile. Oggi il prezzo del petrolio è approssimativamente di 136-137 dollari al barile; se dovessimo ridurre l’IVA, quale sarebbe il prossimo problema se per allora avessimo un prezzo al barile di 160 dollari – dovremmo ridurla ancora?
Dobbiamo essere molto più lungimiranti quando cerchiamo di trovare soluzioni e in questo caso abbiamo incoraggiato gli investimenti per ridurre la dipendenza dal petrolio; è possibile nel settore agricolo e ora ne stiamo discutendo anche per la pesca, perché la pesca dipende ancora di più dai prezzi del petrolio. Perciò gli investimenti nelle nuove tecnologie sono molto più lungimiranti della semplice riduzione dell’IVA.
In risposta alle altre domande, presenteremo una proposta quest’anno per i soggetti più indigenti dell’Unione europea. Abbiamo già uno schema idoneo ma la sua sopravvivenza si basa su scorte eccedenti – scorte d’intervento di prodotti agricoli – e non abbiamo più nulla su cui intervenire. Di conseguenza occorre la base giuridica per un nuovo schema e spero che gli onorevoli deputati saranno soddisfatti quando vedranno quello che stiamo considerando come un modo di continuare o persino accrescere le basi economiche per questo schema. Sono completamente d’accordo sul fatto che dobbiamo trovare soluzioni decorose.
Jim Allister (NI). - (EN) Signora Commissario, rispondendo all’interrogazione n. 27, ha detto che soltanto l’1 per cento del terreno europeo è coinvolto nella produzione di biocarburante. Forse la percentuale più rilevante da conoscere, visto quanti cereali importiamo da lì, è quella relativa al dato nell’America del Nord, che fa pensare a molti di noi che il biocarburante sia in effetti un acceleratore dei prezzi per la produzione di mangimi. Quindi ci potrebbe illuminare a questo proposito?
In secondo luogo, un altro acceleratore a questo proposito è il continuo dilatorio e riluttante atteggiamento della Commissione nell’approvazione delle varietà geneticamente modificate, che sarebbero molto più economiche. Ci può aggiornare sui progressi in questo settore? Siamo più vicini ad approvazioni sincronizzate nei termini di aree cruciali che sono anche forniture?
Ewa Tomaszewska (UEN). – (PL) Signora Commissario, vorrei chiedere se la Commissione intende prendere in considerazione una riduzione dell’IVA sull’abbigliamento infantile, che alleggerirebbe gli oneri fiscali per le famiglie numerose ma non per quelle benestanti.
Mariann Fischer Boel, Membro della Commissione. − (EN) In primo luogo, penso che sia importante, quando abbiamo un dibattito nell’Unione europea sui biocarburanti, non muovere accuse al modo in cui gestiamo questo tema. Questo perché, se come risultato il bioetanolo/biodiesel diventa un capro espiatorio, assisteremmo a una situazione nella quale nessuno vuole investire. Verremmo allora lasciati completamente indietro, dovendo dipendere dalle importazioni di etanolo e biodiesel; perché se non li avremo non saremo in grado di raggiungere gli obiettivi di riduzione del 20 per cento di emissione di gas a effetto serra entro il 2020. Dobbiamo quindi trovare una soluzione, e oggi il biocarburante di prima generazione è l’unica soluzione.
Ma dobbiamo – e credo che su questo saremo d’accordo – dare il maggior incoraggiamento possibile alla ricerca e allo sviluppo della seconda e anche della terza generazione di biocarburante prodotto a partire dai rifiuti, dai liquami, dalla paglia, da altri prodotti – come i trucioli – del settore agricolo che oggi non sono adoperati per nulla. Questo è il futuro, ma noi dobbiamo far parte di questo sviluppo, e quindi ci occorre la prima generazione come trampolino.
Sugli OGM, so che in quest’Assemblea ci sono opinioni divergenti, ma è ovvio che abbiamo bisogno di trovarci in una situazione in cui possiamo importare il mangime per i nostri animali, per la nostra produzione di carne, a prezzi ragionevoli. Altrimenti, – e questo comprende, tra parentesi, cereali GM, mais in particolare – se non troviamo una soluzione, vedrete che la produzione di carne in Europa calerà. Allora importeremo carne dal Brasile – carne di animali che sono stati alimentati con OGM che non ci piacciono, o che non piacciono ai consumatori, ma che entrerebbero dalla porta di servizio. Credo che in quel caso staremmo veramente imbrogliando i consumatori.
Pertanto occorre serve che il nostro sistema di autorizzazione sia a posto e credo che siano stati fatti progressi per ricuperare le richieste che non sono ancora approvate, accelerando le procedure dell’EFSA senza perdere la qualità.
Per finire, signora Presidente, posso dire con franchezza che non sono una specialista di IVA sull’abbigliamento infantile e che, anziché dare fornire una risposta sbagliata, penso sia meglio mettere l’interrogazione per iscritto.
Seconda parte
Presidente. − Annuncio l’
interrogazione n. 28 dell’onorevole Ioannis Gklavakis (H-0381/08)
Oggetto: Strategia per la piscicoltura
L’Organizzazione per l’alimentazione e l’agricoltura delle Nazioni Unite (FAO) prevede che il consumo di prodotti ittici aumenterà del 50% da qui al 2030 e che la maggior parte della domanda sarà coperta dall’acquacoltura. In cifre assolute, ciò implica un aumento della produzione di 40 milioni di tonnellate. Stante la continua riduzione degli stock e visto che la domanda mondiale di pesce e crostacei continua a aumentare, l’acquacoltura riveste un’importanza crescente.
Alla luce di quanto precede, può la Commissione precisare se, nell’ambito della revisione della strategia in materia di piscicoltura nell’Unione europea, prevede particolari linee direttrici in tema di pianificazione dello spazio marittimo a favore della piscicoltura? Quali provvedimenti intende prendere per rendere competitivi i prodotti comunitari rispetto a quelli dei paesi terzi che producono in base a regole più permissive? Prevede altre misure innovative per lo sviluppo del settore?
Joe Borg, Membro della Commissione. − (EN) In primo luogo, vorrei ringraziare l’onorevole Gklavakis, per aver sottolineato, con la sua interrogazione, l’importanza della acquacoltura, a proposito della quale sono molto lieto di illustrare il punto di vista della Commissione.
Come ha giustamente evidenziato, e come ha sottolineato dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, l’industria globale dell’acquacoltura sta acquisendo enorme importanza e svolge un ruolo cruciale nel colmare il divario tra una crescente domanda di pesce e frutti di mare e l’offerta di prodotti ittici, specialmente nel contesto della diminuzione degli stock ittici selvatici.
La Commissione, al momento, sta preparando una comunicazione sulla strategia per una crescita sostenibile dell’acquacoltura europea, che dovrebbe essere ultimata entro la fine del 2008. La strategia cercherà di creare le migliori condizioni per la crescita sostenibile dell’acquacoltura, garantendo forniture adeguate di pesce e frutti di mare ai cittadini dell’Unione europea nel rispetto delle rigorose norme ambientali e di salute pubblica.
La questione dell’accesso agli spazi per l’acquacoltura è stata effettivamente identificata come l’ostacolo principale allo sviluppo dell’acquacoltura e la pianificazione spaziale marittima può rivestire un ruolo nell’affrontare questo problema. L’imminente strategia dell’acquacoltura si occuperà di questo aspetto.
La questione della concorrenza da parte di paesi terzi con standard inferiori di produzione può essere affrontata attraverso schemi di differenziazione del mercato come la certificazione. Nella stesura della strategia verrà prestata attenzione a questo tema.
Più in generale, la competitività e l’innovazione saranno le questioni principali affrontate da questa strategia.
Ioannis Gklavakis (PPE-DE). – (EL) Signora Presidente, vorrei ringraziare il Commissario per la sua risposta.
Mi consenta di esprimere quanto segue. Come lei ha evidenziato, signor Commissario, i consumatori chiedono sempre più di mangiare pesce e frutti di mare e simili. In anni recenti, tra i consumatori c’è stato anche un grande movimento in termini di popolarità a favore del cibo biologico. Vediamo che molti nel settore si stanno orientando verso la piscicoltura biologica, che non solo produce alimenti più sani, ma è anche più rispettosa dell’ambiente, e questa è una considerazione molto importante.
La Commissione europea sta considerando di adottare provvedimenti per promuovere, rafforzare e sostenere la piscicoltura biologica e, se così fosse, ci può dire quali potrebbero essere queste misure, e come sostenere questo tema così importante, che vogliamo promuovere?
Joe Borg, Membro della Commissione. − (EN) Riguardo alla questione della domanda in ascesa, c’è indubbiamente una crescita, una crescita esponenziale, nel consumo dei prodotti dell’acquacoltura, del pesce, dei frutti di mare, del pesce di allevamento e questo è certamente un bene perché, come tutti sappiamo, le risorse ittiche in molte acque comunitarie e nel mondo in generale sono sfruttate in eccesso. Abbiamo raggiunto una situazione dove a breve e medio termine è impossibile prevedere un incremento nelle catture e pertanto l’incremento della domanda dovrà essere soddisfatto da un aumento nella produzione di pesce di allevamento.
Detto ciò, proprio questo può creare problemi in relazione a particolari considerazioni, come era indicato nella mia risposta, e anche problemi riguardo all’approvvigionamento di mangime di pesce, dal momento che il mangime stesso si basa sulla cattura di pesce di bassa qualità, pesce da ridurre in farina, le cui riserve sono a loro volta sfruttate a livelli significativamente elevati.
Per quanto riguarda l’acquacoltura biologica, noi stessi ne stiamo incoraggiando lo sviluppo. La prova che abbiamo effettuato, nel processo di consultazione pubblica, ha indicato la necessità di sviluppare ulteriormente i metodi biologici di produzione e stiamo valutando modi e strumenti per assicurare che nella comunicazione, nel pacchetto che uscirà in seguito, ci sia un riferimento specifico all’acquacoltura biologica: a come possiamo contribuire a svilupparsi ancora e a quale tipo di provvedimenti, quale genere di etichettatura ecologica, possono essere presi per accrescere la consapevolezza nel consumatore dell’opportunità di mangiare prodotti biologici. Speriamo in questo modo di facilitare ulteriormente lo sviluppo di questo importante settore.
Reinhard Rack (PPE-DE). – (DE) Signora Presidente, signor Commissario, nella conclusione del suo discorso ha indirettamente menzionato il marchio di qualità ecologica. La domanda che anch’io volevo formulare, indirettamente, era se abbiamo una garanzia che non soltanto l’origine del pesce ma anche la produzione e la descrizione della produzione saranno trasparenti per il consumatore, così che sappia da dove proviene il pesce e dove è stato allevato. Qui non si tratta tanto di sapere se il processo ha un merito biologico, ma piuttosto della questione dell’origine in sé. Ci sono norme coerenti in merito?
Jörg Leichtfried (PSE). – (DE) Signor Commissario, sullo stesso argomento; vorrei aggiungere immediatamente quanto segue: recentemente sono stato contattato da varie organizzazioni austriache per la protezione dei consumatori in merito all’apparente aumento, in particolare per quanto riguarda i crostacei importati nell’Unione europea, che arrivano anche in Austria, del trattamento di questi crostacei con antibiotici e altri farmaci nocivi per ragioni economiche – forse perché ne facilitano l’allevamento. Queste sostanze vengono quindi trasferite all’uomo attraverso la catena alimentare. La Commissione sta prendendo misure in proposito per limitare o prevenire la cosa in futuro?
Joe Borg, Membro della Commissione. − (EN) Sulla questione della provenienza del pesce, vorrei segnalare due cose. In primo luogo, in merito al pesce pescato che spesso finisce nella catena di trasformazione – il pesce catturato dai paesi terzi in particolare, ma anche dai nostri pescatori – siamo in procinto di adottare un regolamento allo scopo di controllare le attività di pesca illegale. Questo di per sé rafforzerà considerevolmente il nostro sistema, perché ogni pesce catturato illegalmente non potrà entrare nel mercato comunitario, sia nel suo stato originario che dopo la trasformazione. Questo è un aspetto della cosa.
Rispetto all’acquacoltura, stiamo valutando modi e strumenti per garantire che il pesce di acquacoltura importato nella Comunità abbia gli standard sanitari e i requisiti richiesti, affinché i nostri consumatori possano avere la garanzia che i prodotti che mangiano soddisfano i livelli di protezione della salute che si applicano ai nostri prodotti. E’ un aspetto di cui si sta occupando la DG SANCO, è anche uno schema per certificare che i prodotti che entrano nel mercato comunitario siano conformi agli standard sanitari richiesti.
Ancora su un tema connesso con tutto ciò, è importante sottolineare che stiamo studiando la possibilità del marchio di qualità ecologica i prodotti dell’acquacoltura, come ho detto prima. In un primo momento la discussione si era concentrata soltanto sul marchio di qualità ecologica per il pesce catturato perché i parametri sono differenti. In questo caso, lo scopo principale del marchio è di garantire che il pesce era catturato in modo sostenibile e di conseguenza se il pesce che viene venduto è pesce sfruttato in eccesso non beneficia di alcun marchio di qualità ecologica.
Nel caso del marchio di qualità ecologica per il pesce di acquacoltura i parametri sono differenti, così alla base ci dovrebbero essere altre ragioni, come il fatto che il pesce sia alimentato in condizioni che rispettano determinate norme ambientali e sanitarie. Stiamo studiando i parametri e naturalmente torneremo successivamente in Parlamento con una serie proposte per introdurre, o facilitare l’introduzione, o per stabilire i criteri minimi per un sistema di certificazione ecologica volontario a tale proposito.
Presidente. − Annuncio l’
interrogazione n. 29 dell’onorevole Brian Crowley (H-0416/08)
Oggetto: Domande di aumento del tonnellaggio per motivi di sicurezza
Il 13 giugno 2006 il tribunale di primo grado ha emesso una sentenza a favore di venti domande irlandesi di aumento del tonnellaggio per motivi di sicurezza, che annulla la decisione 2003/245/CE(1)della Commissione, del 4 aprile 2003, per venti domande di questo tipo. Il tribunale ha concluso che la Commissione aveva utilizzato criteri non previsti dalla normativa (ad esempio, le navi devono esistere da almeno cinque anni perché sia possibile presentare domanda per il tonnellaggio di sicurezza) e che aveva ecceduto le sue competenze.
Tutte le domande per il tonnellaggio di sicurezza erano state presentate alla Commissione prima del 31 dicembre 2001, in conformità di quanto prevede la decisione 97/413/CE (2)del Consiglio (cfr. articolo 4, paragrafo 2).
Il tribunale ha ritenuto che, rifiutando la domanda di aumento del tonnellaggio per motivi di sicurezza, la Commissione non avesse applicato l’articolo soprammenzionato correttamente. Può dire la Commissione per quale motivo tale decisione non è stata oggetto di ricorso e perché i richiedenti le cui domande sono state accolte stanno ancora aspettando, quasi due anni più tardi, una risposta dalla Commissione riguardo al modo in cui essa intende conformarsi alla sentenza del tribunale?
Joe Borg, Membro della Commissione. − (EN) Desidero ringraziare l’onorevole Crowley per la sua interrogazione che mi dà l’opportunità di affrontare il tema delle azioni a seguito della sentenza del Tribunale di primo grado del 13 giugno 2006 in merito alla richiesta dell’Irlanda per l’aumento di tonnellaggio di alcuni pescherecci sulla base di motivi di sicurezza.
La Commissione ha deciso di non presentare ricorso contro la sentenza del Tribunale di primo grado del 13 giugno 2006. Il Tribunale ha dichiarato che l’analisi di tutte le questioni pertinenti era insufficiente nella decisione della Commissione del 4 aprile 2003. In seguito a questa sentenza, la Commissione ha scelto di adottare una nuova decisione basata su un’analisi più completa e di fornire conclusioni più chiare in merito a ciascuno dei casi in questione.
E’ esatto dire che i richiedenti stanno ancora aspettando le nuove decisioni della Commissione. Va notato, tuttavia, che i servizi della Commissione hanno chiesto all’Irlanda di inviare specifiche informazioni tecniche addizionali per tutte le richieste di aumento del tonnellaggio. Nonostante i solleciti, l’Irlanda ha fornito tali informazioni soltanto per alcune delle richieste.
La nuova decisione è stata ritardata dalla mancanza di risposte complete da parte dell’Irlanda. La Commissione sta concludendo la nuova e approfondita valutazione di ciascuna di queste richieste. Si aspetta di informare l’Irlanda dei suoi risultati entro il mese di luglio di quest’anno.
Brian Crowley (UEN). - (EN) Vorrei ringraziare il Commissario per la sua risposta. Nel dire ciò, tuttavia, c’è il dubbio di capire se la decisione sull’aumento del tonnellaggio per motivi di sicurezza sarà basata sulla concessione automatica dell’aumento a causa della scorretta decisione originariamente presa dalla Commissione, o se dovrà essere presentata una nuova richiesta. Questo è il motivo per cui c’è disaccordo sul fatto che le informazioni stiano o meno arrivando.
Può darsi che la Commissione possa spiegarci se c’è la possibilità di un risultato positivo in seguito a una nuova domanda richiesta da parte degli attuali richiedenti, ai quali la decisione del Tribunale ha dato ragione.
Joe Borg, Membro della Commissione. − (EN) La decisione del Tribunale di primo grado non ha, di per sé, stabilito che i richiedenti avessero ragione, ma che la Commissione ha preso una decisione basata su un’analisi insufficiente di tutto il materiale pertinente. Come risultato del fatto che la decisione presa non era basata su motivi sufficientemente solidi, abbiamo richiesto all’Irlanda di fornirci ulteriori informazioni in modo da poter fondare la nostra decisione su basi più solide.
Poiché la prima decisione è stata presa considerando gli operatori nel complesso, abbiamo chiesto ai singoli operatori di fornirci informazioni individuali. La nostra prossima decisione sarà relativa a ciascun operatore individuale.
Se non verranno fornite ulteriori informazioni in merito ai singoli operatori, non prevedo che ci sarà un cambiamento nella posizione della Commissione. Nel caso in cui risultassero informazioni aggiuntive, le vaglieremo e se, in base alla valutazione, ci accorgessimo che la cosa merita di essere sostenuta, agiremo di conseguenza. Se ci accorgessimo che, nonostante le informazioni aggiuntive, non lo merita, la nostra decisione resterà negativa.
Presidente. − Annuncio l’
interrogazione n. 30 dell’onorevole Seán Ó Neachtain (H-0420/08)
Oggetto: Impatto delle importazioni nordamericane sui pescatori irlandesi di crostacei
I pescatori di crostacei in Irlanda stanno sentendo l’effetto negativo delle importazioni poco care dagli Stati Uniti e dal Canada, a causa della debolezza del dollaro. I prezzi dei molluschi continuano nella loro spirale negativa. Che cosa si propone la Commissione di fare per aiutare tali pescatori, i quali sono molto importanti per le economie costiere locali dell’Irlanda?
Joe Borg, Membro della Commissione. − (EN) Sono consapevole che il mercato di certi pesci e crostacei in Irlanda e altrove nella Comunità recentemente è caduto. Sono informato del fatto che il problema è collegato principalmente al prezzo delle aragoste che normalmente in Irlanda è superiore ai 15 euro al chilogrammo alla prima vendita ma che ora è sceso a 10 euro al chilogrammo.
Nel caso specifico delle aragoste le statistiche commerciali mostrano un andamento al rialzo nelle importazioni nel 2006 e 2007 in confronto ai sei anni precedenti. Le importazioni comunitarie totali dal Canada sono aumentate del 12 per cento nel 2006, in confronto al periodo di riferimento 2000-2005 e del 7 per cento nel 2007; nel caso degli Stati Uniti le importazioni sono salite del 27 per cento nel 2006 e del 26 per cento nel 2007 rispetto allo stesso periodo di riferimento.
Tuttavia, vi sono poche importazioni dirette di aragoste in Irlanda dagli Stati Uniti o dal Canada; un totale di 2,5 tonnellate e 118 tonnellate rispettivamente, nel 2006. Questo non vuol dire, naturalmente, che le aragoste nordamericane non abbiano raggiunto l’Irlanda attraverso qualche altro Stato membro.
Il prezzo in euro non è calato nel corso degli ultimi tre anni. Il prezzo medio all’importazione dagli Stati Uniti nel periodo 2005-2007 era di 12,45 euro per chilogrammo; nel primo trimestre del 2008 il prezzo, in realtà, è lievemente aumentato a 13,6 euro al chilogrammo.
Nel caso dell’importazione di aragoste canadesi nella Comunità il prezzo è lievemente salito negli ultimi tre anni e la media per il 2005-2007 era di 12,12 euro al chilogrammo. Nel primo trimestre del 2008 i prezzi sono saliti a 12,48 euro come riflesso di un forte dollaro canadese.
Date queste premesse, non sembra che l’attuale caduta del prezzo delle aragoste sia fortemente connessa alle importazioni dall’America del nord. Il calo potrebbe essere anche legato alle incertezze del mercato dovute alle proteste in alcuni Stati membri nelle recenti settimane.
A causa del calo della sterlina rispetto all’euro, è anche possibile che i produttori irlandesi debbano fra fronte alla concorrenza delle aragoste britanniche nei tradizionali mercati continentali.
Non ci sono disposizioni nell’ambito dell’organizzazione comune dei mercati per compensare i produttori per una caduta nel prezzo dell’aragosta. Tuttavia, i produttori di aragoste potrebbero istituire un’organizzazione ad hoc per rafforzare la loro posizione sul mercato. Il Fondo europeo per la pesca fornisce sostegno finanziario per la creazione di queste organizzazioni nonché per la realizzazione di piani per migliorare la qualità dei prodotti. Per ulteriori azioni dal medio al lungo termine, a titolo del Fondo europeo per la pesca è disponibile un aiuto per azioni collettive per la promozione di prodotti della pesca, quali le aragoste, che potrebbe aiutare ad attrarre una domanda più elevata e prezzi migliori.
Seán Ó Neachtain (UEN). – (GA) Signor Presidente, vorrei fare una domanda supplementare.
Come sa, signor Commissario, l’industria della pesca è di recente terribilmente cambiata con l’enorme aumento nel prezzo del petrolio. Vorrei chiedere: la Commissione intende presentare proposte per sostenere i pescatori nelle aree costiere, come i pescatori di aragoste, e i pescatori ricordati in precedenza che si sono scontrati con la riduzione dei prezzi dei crostacei?
Joe Borg, Membro della Commissione. − (EN) Il problema relativo all’enorme aumento del costo del petrolio e al suo impatto sui pescatori è molto specifico e particolare – vorrei dire quasi unico – quando si tratta della pesca. Questo avviene perché abbiamo una combinazione di fattori che si scontrano con i pescatori in modo estremamente negativo.
Da una parte il costo del carburante, come percentuale del reddito di un pescatore, può arrivare a rappresentare il 50-60 per cento delle sue entrate totali. In particolare questo si potrebbe ricollegare agli operatori sulle lunghe distanze, a causa degli enormi viaggi che devono intraprendere e anche riguardo a specifiche attività di pesca come quella con i pescherecci da traino che consumano molto carburante.
Oltre a questo, c’è anche il fatto che i pescatori, a causa di certi vincoli di mercato, non possono trasferire i costi in aumento a qualcun altro lungo la linea, come gli operatori impegnati nella commercializzazione dei prodotti della pesca. Questo in sintesi significa che l’aumento dei costi è sostenuto dal pescatore stesso.
Inoltre, ci sono diverse misure che sono state introdotte allo scopo di recuperare una pesca sostenibile, ciò significa che il pescatore non può provare a migliorare la sua prestazione pescando di più, perché se pesca di più, crea maggiori pressioni sugli stock ittici, il che sarebbe, a lungo termine, controproducente. Quindi i pescatori devono affrontare questo problema immane.
Oggi, a dire il vero, ho presentato al Collegio una nota informativa su quella che pensiamo sia la strada giusta per occuparci dei pescatori nel brevissimo periodo per dare loro assistenza, nella prospettiva di ristrutturare l’intero settore e affrontare le preoccupazioni specifiche di pescatori diversi. In questa nota informativa abbiamo descritto una serie di misure specifiche che possiamo avanzare. Gli Stati membri potranno decidere con i loro pescatori quali misure saranno più idonee per le realtà con le quali devono misurarsi. Per sapere se e fino a che punto questo possa essere disponibile per i pescatori di aragoste – bisognerebbe esaminarlo.
Sono stato autorizzato dal Collegio, tuttavia, a procedure in questo senso. Presenterò questi dettagli – alla base di quanto proporremo tra pochissimo tempo – martedì della prossima settimana, a Lussemburgo, al Consiglio. In seguito tornerò al Collegio con i dettagli delle modifiche da apportare al regolamento del Fondo europeo per la pesca e le altre misure che stiamo esaminando, per esempio le possibilità relative alla clausola de minimis. Tornerò, allora, in Consiglio, già, si spera, nel mese di luglio, con le proposte adottate dalla Commissione così che – a seconda della rapidità con cui il Consiglio e il Parlamento saranno disposti ad accoglierle – potremmo avere le misure in atto, speriamo, nell’arco di pochi mesi.
Reinhard Rack (PPE-DE). – (DE) Signora Presidente, signor Commissario, la questione dell’agricoltura ha svolto un ruolo relativamente importante nella campagna del “no” irlandese. Anche i problemi che abbiamo discusso in merito alla pesca hanno svolto un ruolo nella campagna del “no”? Se è così, la Commissione ha provato a realizzare iniziative promozionali per mitigare la situazione?
Joe Borg, Membro della Commissione. − (EN) Credo che anche la pesca abbia avuto un peso nel “no”, in particolare perché, se si guarda ai risultati nelle varie contee irlandesi, questi sono particolarmente negativi nelle zone costiere occidentali, dove sono ubicate la maggior parte delle aziende ittiche irlandesi.
Siamo consapevoli del fatto che le misure comunitarie che cercano di ripristinare una pesca sostenibile incidono sui pescatori e influiscono sulla loro esistenza. Il costo del carburante non ha di certo aiutato in positivo.
Abbiamo provato ad affrontare tutto ciò in diversi modi, incluso il tentativo di evidenziare gli impieghi del Fondo europeo per la pesca, per creare maggiore consapevolezza della situazione. Io stesso sono stato in Irlanda in un paio di occasioni per parlare direttamente con i pescatori. Abbiamo costituito dei consigli consultivi regionali. Nelle aree intorno all’Irlanda, in particolare, abbiamo il consiglio consultivo regionale per le acque nordoccidentali e il consiglio consultivo per il Mare del Nord, nei quali gli stessi pescatori prendono parte ai dibattiti che porteranno alle decisioni che dovremo prendere in dicembre.
Malgrado tutto ciò, nonostante tutti gli sforzi compiuti, sono abbastanza sicuro che il voto dei pescatori irlandesi sia stato in sostanza significativamente negativo.
Presidente. − Annuncio l’
interrogazione n. 31 dell’onorevole Marie Panayotopoulos-Cassiotou (H-0347/08)
Oggetto: Promozione della protezione ambientale attraverso le imprese
Può la Commissione dire come promuove l’integrazione della dimensione ambientale nelle politiche delle piccole e medie imprese (PMI) e l’adattamento di queste ultime alle esigenze della nuova legislazione europea in materia di ambiente?
Quali possibilità verranno date alle PMI in modo che possano trarre vantaggio dalle opportunità offerte dalla nuova politica ambientale al fine di estendere le loro attività?
Stavros Dimas, Membro della Commissione. − (EL) Signora Presidente, le PMI rappresentano il 99 per cento delle aziende europee. E’ quindi ovvio che senza la loro adesione nessuna politica ambientale può essere efficace.
Le PMI devono affrontare grandi difficoltà per rispettare la legislazione ambientale e per raccogliere i benefici di più elevate prestazioni ambientali. In molti casi non hanno le informazioni, la specializzazione, la mano d’opera o le risorse finanziarie necessarie per affrontare i problemi, i rischi e l’impatto legati all’ambiente. Proprio per questa ragione la Commissione ha formulato il programma per aiutare le PMI a conformarsi alla legislazione ambientale. Tenendo conto del complesso dei problemi affrontati dalle PMI, il programma di assistenza alla conformità ambientale (ECAP) propone un piano di azione multiplo:
In primo luogo, migliorare e semplificare la legislazione e la sua applicazione. L’obiettivo è quello di ridurre gli oneri amministrativi e di mobilizzare fondi per consentire alle PMI di concentrarsi meglio sul rispetto della legislazione ambientale.
In secondo luogo, sistemi di gestione ambientale più accessibili e più adeguati alle necessità delle PMI, nonché le questioni di rilevanza ambientale possano essere incorporate in modo economico nelle principali attività aziendali.
In terzo luogo, assistenza finanziaria mirata per promuovere iniziative intraprese dalle pubbliche amministrazioni o da reti di sostegno alle imprese nell’ottica di una produzione sostenibile.
Altre misure sono incluse in questo piano d’azione. La Commissione tende ad usarle non soltanto per garantire l’osservanza delle PMI riguardo alla normativa sulla produzione, ma anche per aiutarle ad approfittare dei vantaggi finanziari di una migliore prestazione ambientale, come ad esempio il risparmio energetico o una migliore efficienza in termini di risorse.
Marie Panayotopoulos-Cassiotou (PPE-DE). – (EL) Signora Presidente, ringrazio il Commissario per la sua risposta. Questa dichiarazione di programma è di buon auspicio per il piano d’azione, e speriamo che produca risultati concreti. Abbiamo tuttavia una richiesta: quale responsabilità è stata data agli organismi pubblici per fornire alla PMI infrastrutture rispettose dell’ambiente, e fino a che punto ciò è contemplato nel vostro piano?
Stavros Dimas, Membro della Commissione. − (EL) Signora Presidente, ci sono diverse strade possibili, e tocca agli Stati membri decidere quale seguire. Per esempio, si può costituire un comitato locale di esperti ambientali per le PMI in risposta alla mancanza di conoscenze tecniche a livello di singola impresa. Questa è una misura che può essere promossa dagli Stati membri. Un’altra è quella di migliorare la comunicazione indirizzando le informazioni in modo più efficace a colmare uno specifico vuoto informativo. Ci sono anche disposizioni speciali per le PMI nei diversi tipi di legislazione che stiamo proponendo. Un esempio è la nuova legislazione che stiamo proponendo sulla riforma del sistema di scambio delle quote di CO2: in questo caso vi sono disposizioni speciali per le PMI, come le definiamo in questa legislazione particolare, così che non siano gravate dall’inclusione nel sistema di scambio, nei casi in cui un’opzione del genere sia presente in uno Stato membro.
Georgios Papastamkos (PPE-DE). – (EL) Signora Presidente, signor Commissario, ha giustamente detto che le PMI sono la spina dorsale dell’economia europea. Tuttavia, come sappiamo, le PMI europee sono esposte alla concorrenza globale. Le PMI sono sensibili alla concorrenza da parte di altre PMI di ogni parte del globo che praticano il dumping ambientale. E’ d’accordo con l’idea di imporre una tassa ambientale sulle importazioni da paesi che saltano sul carro dei vincitori degli accordi internazionali di tutela dell’ambiente?
Stavros Dimas, Membro della Commissione. − (EL) Signora Presidente, sostanzialmente questo è un tema che non riguarda soltanto le PMI, ma tutte le imprese che affrontano questo tipo di concorrenza. Questo non è soltanto su questioni puramente ambientali, ma è stato molto dibattuto di recente, anche in termini di restrizioni imposte e dell’onere risultante per le industrie europee in relazione alla riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra. Ci sono stati numerosi dibattiti recentemente; sono state espresse numerose opinioni, e il mio collega, il Commissario Mandelson, ha espressamente dato voce al parere della Commissione in proposito.
President. − Annuncio l’
interrogazione n. 32 dell’onorevole Georgios Papastamkos (H-0349/08)
Oggetto: Intesa mondiale in materia ecologica
Può la Commissione dire a quali ragioni imputa l’inesistenza di un’intesa a livello mondiale per quanto riguarda i cambiamenti climatici per il periodo post-Kyoto e il fatto che la governance mondiale in materia ecologica sia efficace solo parzialmente?
Stavros Dimas, Membro della Commissione. − (EL) Signora Presidente, questa domanda mi dà l’opportunità di dichiarare esattamente il punto raggiunto nei negoziati.
Il lavoro del Comitato intergovernativo sui cambiamenti climatici (IPCC) e le relazioni del novembre 2007, e il riconoscimento da parte dei leader mondiali dell’urgente necessità di un’azione collettiva per contrastare il cambiamento climatico, sono sfociati nell’accordo raggiunto lo scorso dicembre a Bali. L’Unione europea ha svolto un ruolo essenziale nell’accordo sull’avvio dei negoziati per il quadro post-2012 per affrontare il cambiamento climatico.
Le Parti della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici si sono accordate sulla tabella di marcia di Bali. La tabella dispone l’oggetto dei negoziati, che tratteranno quattro temi chiave: la limitazione del cambiamento climatico; l’adattamento, dato che il cambiamento è in corso in misura maggiore o minore e che sarà inevitabile entro il 2050; tecnologie e relativi finanziamenti, sia per l’adattamento sia per la riduzione delle emissioni di CO2.
Le Parti hanno anche convenuto che i negoziati dovranno essere conclusi entro la fine del 2009, nell’ottica della prevista Conferenza di Copenaghen. Questo lascerà abbastanza tempo per il processo di ratifica del futuro accordo sui cambiamenti climatici entro la fine del 2012, quando scadrà il primo periodo di adempimento del protocollo di Kyoto.
L’accordo raggiunto a Bali ha tenuto pienamente conto delle conclusioni della relazione dell’IPCC. Riconosce, inoltre, che sarà necessaria una drastica riduzione globale delle emissioni di gas a effetto serra per evitare un pericoloso aumento della temperatura globale. Questo aumento, secondo il documento, non deve superare i 2°C nel 2050.
I lavori sono già iniziati; per quest’anno sono state stabilite quattro sessioni di negoziati, due delle quali hanno già avuto luogo, in preparazione della Conferenza di Poznań delle Parti. L’appuntamento di quest’anno sarà particolarmente importante per una valutazione della situazione. Sulla base della valutazione, l’anno prossimo potranno iniziare i negoziati adeguati.
Il processo negoziale sarà particolarmente difficile se si terrà conto non soltanto della complessità delle tematiche da discutere, ma anche dell’intenso programma dovuto all’urgenza della questione. Fino a venerdì scorso, esperti delle diverse Parti hanno partecipato a un dibattito a Bonn su tutti i temi all’ordine del giorno. Sebbene limitati, i progressi realizzati contribuiranno a raggiungere un risultato positivo alla Conferenza delle Parti a Copenaghen.
Sapete anche che sono in corso discussioni nel quadro del G8 e dell’iniziativa delle maggiori economie (il processo delle maggiori economie) lanciata dagli Stati Uniti. L’UE partecipa attivamente per esercitare un’influenza positiva ai negoziati sulla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. Nello stesso tempo, sta inviando il chiaro messaggio che i paesi sviluppati continueranno a dare un esempio, impegnandosi a un’ulteriore riduzione delle emissioni, in linea con le loro responsabilità storiche, e con il principio delle responsabilità condivise ma differenziate e delle rispettive capacità.
Raggiungere un completo e ambizioso accordo post-2012 sul cambiamento climatico è indubbiamente una delle maggiori sfide per la governance ambientale globale. Tuttavia, non iniziamo da zero. Devo dire che pochi giorni fa, il ministro francese per l’Ecologia e lo sviluppo sostenibile francese descriveva la Conferenza di Copenaghen come la più grande opportunità per un accordo sul futuro del pianeta.
Dobbiamo usare i meccanismi che abbiamo già, vale a dire la Convenzione quadro dell’ONU e il corrispondente protocollo di Kyoto. A titolo di quest’ultimo, sono stati sviluppati aggiornati strumenti di applicazione, come il meccanismo di sviluppo pulito formato da due meccanismi flessibili e la competenza scientifica dell’IPCC, che è stata ulteriormente consolidata.
Lo ripeto, i negoziati saranno difficili, ma con la necessaria volontà politica e un senso condiviso dell’urgenza, saremo in grado di raggiungere un accordo a Copenhagen. Il buon senso chiede un accordo a Copenhagen. Il lavoro che sta svolgendo l’UE, il sostegno dell’opinione pubblica in Europa, la crescente consapevolezza mondiale, l’appoggio del Parlamento europeo e la prospettiva di un accordo entro la fine dell’anno sul pacchetto di misure che abbiamo proposto per rafforzare il potere negoziale dell’UE – tutto questo ci consentirà di raggiungere un accordo a Copenaghen allo scopo di contrastare efficacemente il cambiamento climatico.
Georgios Papastamkos (PPE-DE). – (EL) Signora Presidente, ringrazio il Commissario Dimas, per la sua esauriente e dettagliata risposta.
Gli Stati Uniti e la Cina collaboreranno? Il cambiamento climatico rispecchia una situazione nella quale “le cause alla base sono in un posto e gli effetti altrove”. Si pone allora la domanda sulla posizione che adotterà l’UE nel malaugurato caso che paesi con un elevato debito ambientale secondo l’accordo normativo internazionale per il post-Kyoto non riuscissero a collaborare. Il costo primario è evidente. Il costo derivato – e qui mi riferisco alle valutazioni del Commissario Verheugen – sarebbe la tendenza da parte delle imprese europee a trasferirsi in paesi con un quadro relativo alla protezione ambientale permissivo. E’ d’accordo con questa valutazione?
Stavros Dimas, Membro della Commissione. − (EL) Signora Presidente, per cominciare, non soltanto il Commissario Verheugen, ma anch’io sono molto preoccupato che non ci sia rilocalizzazione delle emissioni di carbonio. Per la semplice ragione che se le imprese si trasferiscono dall’UE in paesi che non prevedono alcuna restrizione riguardo alle emissioni di CO2, i risultati ambientali che desidero non saranno raggiunti.
Il problema delle imprese ad alta intensità energetica è soprattutto ambientale, non dobbiamo quindi creare il tipo di problema competitivo che potrebbe spingerle a trasferirsi. Ecco perché dobbiamo dirigere tutti i nostri sforzi verso il raggiungimento di un accordo internazionale, perché lì sta la soluzione. Elemento chiave di un accordo internazionale sarà la questione di che cosa succede alle imprese ad alta intensità energetica.
Se non verrà raggiunto un accordo del genere – e non posso credere che la comunità internazionale sia portata a prendere una decisione così irrazionale – abbiamo nella legislazione proposta tutte le disposizioni necessarie per riformare il sistema di scambi di quote di emissione di CO2 così che le industrie esposte alla concorrenza internazionale possano recuperare la loro capacità competitiva. Come risultato, senza ricorrere a misure contrarie ai principi dell’OMC, o al principio ONU relativo al cambiamento climatico incentrato su uno sforzo comune ma differenziato, saremmo in grado di garantire che non ci sia rilocalizzazione delle emissioni di carbonio e che non si verifichi questo tipo di migrazione delle imprese.
Tuttavia, ripeto, il nostro piano d’azione deve essere di lavorare per raggiungere un accordo. Credo che ci potremo unire agli Stati Uniti, specialmente in accordo con la prevista nuova Amministrazione, che assume il mandato l’anno prossimo, visto che entrambi i candidati si sono pienamente impegnati a introdurre un sistema di scambio di quote di CO2, a ridurre le emissioni dell’80 per cento entro il 2050 e a intraprendere azioni decisive contro l’effetto serra in collaborazione con l’UE. Insieme, io credo, riusciremo a persuadere coloro che possono avere opinioni diverse su questo argomento, e anche con la collaborazione di paesi come la Cina. Come avete detto, la Cina comprende pienamente il problema creato per la sua stessa popolazione dall’effetto serra e ha deciso di compiere i suoi sforzi, che non saranno simile a quello dei paesi sviluppati, ma che consisteranno nella riduzione nel tasso di incremento delle emissioni di gas a effetto serra. Tutti noi insieme potremo raggiungere un accordo a Copenaghen alla fine del 2009.
Credo in questo accordo, e credo che tutti noi qui insieme (e il Parlamento europeo ha svolto una parte enorme in tutto ciò), con il vostro continuo sostegno, raggiungeremo tale accordo.
Presidente. − L’interrogazione n. 34 è stata ritirata e le interrogazioni n. 33 e dal n. 35 al n. 44 riceveranno risposta per iscritto.
Dimitrios Papadimoulis (GUE/NGL). – (EL) Signora Presidente, per quanto ne so, vengono concessi 20 minuti ad ogni Commissario. Ho cronometrato i loro interventi, e il Commissario Dimas, insieme ai suoi colleghi, non ha usato nemmeno metà del tempo. Chiedo quindi che all’interrogazione n. 33 sia data risposta nel rispetto della procedura concordata. Presumo che lo stesso Commissario non abbia obiezioni.
Presidente. − Noi misuriamo il tempo e il Commissario ha cominciato a parlare alle 18.32. Stando così le cose, temo che abbiamo avuto i nostri 20 minuti ed è soltanto giusto nei confronti dei colleghi che hanno posto domande al Commissario Barrot. Mi rincresce, ma questa è la nostra posizione. La questione è sempre cercare di trovare un equilibrio, e questo è ciò che dobbiamo fare oggi.
Presidente. − Annuncio l’
interrogazione n. 45 dell’onorevole Armando França (H-0344/08)
Oggetto: Frontex
La gestione delle frontiere esterne dell’Unione e la cooperazione operativa tra gli Stati membri, compiti affidati all’Agenzia Frontex, sono essenziali alla sicurezza dell’Unione, anche in una logica di prevenzione di situazioni complesse.
L’Agenzia deve dimostrarsi efficace nell’azione e presentare risultati concreti.
Quali sono i progetti pilota e le azioni di formazione di cui è prevista la realizzazione nel 2008?
In merito a RABIT, quale Stato membro ha finora chiesto l’attivazione di una squadra di intervento rapido? Le squadre RABIT possiedono un equipaggiamento idoneo al controllo e alla vigilanza delle frontiere?
Jacques Barrot, Vicepresidente della Commissione. – (FR) Signora Presidente, vorrei rispondere all’onorevole França. Il programma di lavoro del 2008 per l’agenzia Frontex comprende diversi progetti pilota e azioni di formazione nei campi della cooperazione operativa e della ricerca. Dato che questa interrogazione sul controllo delle frontiere esterne concerne i poteri di Frontex, la Commissione ha ottenuto una risposta dettagliata dall’Agenzia, che viene allegata.
In termini di formazione, Frontex ha tre obiettivi nel 2008. In primo luogo, applicare un curriculum comune in tutta l’Unione europea; in secondo luogo, offrire specifiche azioni di formazione secondo i requisiti operativi; e da ultimo, istituire una rete europea per la formazione delle guardie di frontiera.
Per il 2008 Frontex progetta di condurre circa 13 progetti pilota presso le frontiere esterne: quattro progetti pilota per le frontiere terrestri, tre per le frontiere marittime, tre per le frontiere aeree e tre nel contesto di operazioni di rimpatrio. Questi progetti consentiranno di sperimentare i metodi di lavoro usati durante le operazioni congiunte e di verificare le relazioni con i paesi terzi per operazioni di ritorno e acquisizione di documenti di viaggio.
Sul tema del RABIT – squadra di intervento rapido alle frontiere – nessuno Stato membro ha per ora richiesto l’impiego di una squadra di intervento rapido alla frontiera, onorevole França.
Nella comunicazione del 13 febbraio la Commissione evidenziava che l’impiego di una squadra di intervento rapido sarebbe stata accompagnata da assistenza tecnica in base all’articolo 8 del regolamento su Frontex. Di conseguenza la Commissione ha raccomandato che l’Agenzia renda più operativa questa disposizione acquistando o noleggiando il proprio equipaggiamento e che possa utilizzare l’equipaggiamento registrato nell’inventario centrale delle attrezzature tecniche.
Per concludere, vorrei dire che con Frontex abbiamo ora uno strumento che sembra funzionare. Studieremo quali miglioramenti possono essere applicati a Frontex e alle sue operazioni se ve ne sarà la necessità.
Armando França (PSE). – (PT) Vorrei ringraziare il Commissario Barrot, non soltanto per la sua risposta, ma anche per le informazioni dettagliate.
Ci sono due punti sui quali vorrei che il Commissario mi illuminasse. La collaborazione con paesi terzi è ovviamente molto importante, e di primaria importanza anche per noi, e so che lo sviluppo di progetti pilota con i paesi terzi è nel programma del Commissario. Rispetto all’Africa settentrionale, vorrei sapere se qualche paese è coperto da progetti pilota del tipo cui si riferiva il Commissario. Inoltre, apprezzerei molto se il Commissario ci potesse aggiornare sullo stato di sviluppo del sistema europeo di sorveglianza delle frontiere, Eurosur, che è stato annunciate e costituisce un importante e necessario complemento di Frontex.
Jacques Barrot, Vicepresidente della Commissione. – (FR) Onorevole França, affinché Frontex possa fornire assistenza tecnica in un paese terzo occorre che il suo regolamento sia adattato a questo scopo. Attualmente non c’è base giuridica. Tuttavia, credo vi sia una giustificazione, perché riceveremo richieste da parte dei paesi terzi con cui lavoriamo. Lei ha menzionato determinati paesi del Mediterraneo. Credo che a Frontex verrà richiesto di fornire l’assistenza tecnica che è in grado di dare, ma non abbiamo ancora raggiunto questo punto.
Per quanto riguarda il resto, in termini di sorveglianza delle frontiere, abbiamo, come sapete, il Sistema d’Informazione di Schengen (SIS) che è già in via di sviluppo. Speriamo che sia operativo per l’autunno del 2009. Continueremo inoltre a esplorare qualsiasi possibilità per migliorare la sorveglianza delle frontiere.
Wiesław Stefan Kuc (UEN). – (PL) Poiché Frontex è in Polonia, e io sono polacco, il mio atteggiamento nei confronti di Frontex è abbastanza personale. Su Frontex attualmente circolano molte opinioni inaffidabili, che affermano che a volte è funziona a volte no. Vorrei anche aggiungere che questa è l’Agenzia con il bilancio più alto. Potrebbe per favore precisare in poche parole se Frontex sta operando e rispetta le aspettative o se c’è ancora molto da fare per migliorare il modo in cui opera?
Jacques Barrot, Vicepresidente della Commissione. – (FR) Penso di poter dire che le prime azioni di Frontex sembrano soddisfacenti, sebbene a dire il vero, l’Agenzia non dipenda dagli Stati membri per l’equipaggiamento tecnico necessario per le operazioni che coordina.
E’ vero che questo spesso richiede equipaggiamento molto costoso che l’Agenzia non è in grado di acquistare, a causa del suo bilancio limitato. L’acquisto di un elicottero sarebbe equivalente al bilancio operativo annuale di Frontex, vale a dire tra 40 milioni e 50 milioni di euro. Frontex, pertanto, ha siglato accordi tecnici con la maggioranza degli Stati membri per usare l’equipaggiamento che viene reso disponibile.
Nella sua relazione di valutazione la Commissione raccomanda che Frontex sia in grado di comprare o noleggiare il proprio equipaggiamento, almeno per quanto riguarda certi piccolo articoli.
Questo è tutto ciò che possiamo dire al presente. Grazie per aver ricordato a tutti che Frontex ha sede a Varsavia e che ha lì persone molto motivate. Vi ringrazio per aver voluto stabilire un collegamento con Frontex. Credo che, considerando quello che Frontex fa attualmente saremo in grado di vedere, mentre vengono condotte le valutazioni, quali miglioramenti funzionali possono essere applicati.
Presidente. − Poiché l’autore non è presente l’interrogazione n. 46 decade.
Presidente. − Annuncio l’
interrogazione n. 47 dell’onorevole Gay Mitchell (H-0369/08)
Oggetto: Misure per combattere il terrorismo e diritto fondamentale alla privacy
Ci si preoccupa del disequilibrio creatosi tra talune politiche UE miranti a combattere il terrorismo, in particolare quelle relative al mantenimento dei dati, e il diritto fondamentale alla privacy dei cittadini UE. Può la Commissione far sapere come intenda giungere ad un equilibrio equo tra il rispetto delle libertà fondamentali e le misure volte a combattere il terrorismo?
Jacques Barrot, Vicepresidente della Commissione. – (FR) Signora Presidente, ovviamente ogni misura adottata dall’Unione europea e dai suoi Stati membri per combattere il terrorismo deve prendere in considerazione i diritti fondamentali. Strumenti o politiche antiterrorismo che non rispettano i diritti fondamentali hanno spesso un ruolo nelle mani degli stessi terroristi.
La direttiva sulla conservazione dei dati richiede agli Stati membri di costringere i fornitori di servizi di comunicazione elettronica o di reti pubbliche di comunicazioni a conservare i dati relativi allo scambio di comunicazioni da un minimo di 6 mesi a un massimo di 2 anni. Questa direttiva fornisce importanti garanzie contro il cattivo uso dei dati. La direttiva afferma che la conservazione del contenuto delle comunicazioni è al di fuori dello scopo della direttiva. La direttiva afferma inoltre che l’accesso ai dati conservati deve essere definito dalle leggi interne degli Stati membri, che queste disposizioni devono attenersi alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo e devono, naturalmente, rispettare i principi di proporzionalità e necessità.
Questo significa che i dati conservati nel rispetto di questa direttiva non possono essere utilizzati dalle autorità negli Stati membri per interferire nella vita privata di una persona, salvo dove sia giustificato allo scopo di scoprire e perseguire reati gravi. La direttiva afferma che i dati conservati possono essere accessibili soltanto alle competenti autorità nazionali. Evidentemente questo significa che i dati conservati non possono essere utilizzati da società o individui private. Il fatto che l’accesso ai dati conservati sia ristretto significa, ancora, che essi non possono essere utilizzati per l’ordine pubblico.
Inoltre la direttiva 95/46/CE sulla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali e la direttiva 2002/58/CE relative al trattamento dei dati personali e alla tutela della vita private nel settore delle comunicazioni elettroniche si applica anche ai dati conservati in conformità della direttiva.
Per concludere, la direttiva sulla conservazione dei dati è essenziale per rendere il lavoro della polizia più efficace e per sorvegliare, scoprire e investigare sui terroristi, mentre garantisce il rispetto per la vita privata degli individui e la protezione dei dati personali. La Commissione si assicurerà che gli Stati membri applichino e facciano rispettare la direttiva in conformità dei diritti fondamentali.
Gay Mitchell (PPE-DE). - (EN) Ringrazio il Commissario per la sua risposta. Il Commissario sarà consapevole che il Sottosegretario del governo ombra britannico, David Davis, ha dato per principio le dimissioni dal parlamento la scorsa settimana in merito all’intrusione dello Stato nella vita privata della persona fisica. Qualunque sia il merito delle sue dimissioni, condivido la preoccupazione che ha espresso. Lo Stato non porterà mai di fronte a un parlamento o al Parlamento europeo in una misura alcune delle cose estreme che lo Stato o l’Unione europea vuole fare, così viene fatto per gradi. Voglio che tutti i terroristi siano puniti.
Sono cresciuto in un paese dove per 30 anni i terroristi hanno gettato nel caos il nostro paese, ma avevamo anche lo Stato di diritto che proteggeva la vita privata dei cittadini. Vorrei sapere da lei, signor Commissario, quali passi state compiendo in modo proattivo per assicurarvi che i diritti delle persone fisiche continuino come sempre e la loro vita privata sia protetta.
Jacques Barrot, Vicepresidente della Commissione. – (FR) Signora Presidente, devo dire che 15 Stati membri hanno notificato alla Commissione i loro strumenti per la trasposizione della direttiva sulla conservazione dei dati, e che la Commissione ha dato avvio a procedure di infrazione contro quegli Stati membri che non hanno notificato queste misure entro la fine del novembre 2007.
Per rispondere alla sua domanda, la Commissione ha istituito un gruppo di esperti per assisterla nell’analisi dell’efficacia della direttiva e del raggiungimento di quell’equilibrio che lei ha richiesto. La Commissione produrrà una relazione nel settembre 2010 per riesaminare i contributi apportati dalla direttiva all’investigazione, all’individuazione e alla prosecuzione di reati penali gravi. A questo scopo la Commissione evidentemente esaminerà ogni osservazione prodotta dagli Stati membri o dai gruppi di lavoro stabiliti in accordo alla direttiva.
Dobbiamo veramente essere sicuri che questo sia in accordo con le direttive sulla conservazione dei dati e sulla protezione dei dati. Credo che anche se vi fosse violazione occasionale della protezione dei dati, saremmo immediatamente in grado di trarre le conclusioni.
E’ mia convinzione che abbiamo davvero cercato di soddisfare i requisiti della lotta contro il terrorismo e di riconciliare tutto ciò con la protezione dei diritti fondamentali. In ogni caso, questo è ciò su cui ora mi devo concentrare e, onorevole Mitchell, sarà mia premura farlo.
Armando França (PSE). – (PT) Come sappiamo, questa è un’area di potenziale conflitto tra i diritti fondamentali, il rispetto per i diritti fondamentali e la sicurezza. Eppure mi sembra che sia anche un’area dove la collaborazione è molto necessaria.
Vorrei chiedere al Commissario quale livello di cooperazione esiste nell’applicazione della direttiva tra le autorità nazionali di protezione dei dati per quanto riguarda la conservazione dei dati. Ci sono autorità specializzate in ognuno degli Stati membri e mi sembra che sia compito del Commissario dare l’avvio e incoraggiare la collaborazione tra i rispettivi organismi.
Che novità ci sono in questo campo, signor Commissario?
Jacques Barrot, Vicepresidente della Commissione. – (FR) Signora Presidente, lei ha ragione: dobbiamo garantire il rispetto della tutela dei dati. Il garante europeo della protezione dei dati, comunque, insieme a noi, ha il compito di controllare tutto ciò. Ha ragione, è necessaria la collaborazione: c’è il gruppo di lavoro ex articolo 29, che riunisce le autorità nei vari Stati membri e che opera in modo specifico per migliorare ulteriormente il rispetto per la tutela dei dati, verso la quale l’onorevole Mitchell ha attirato la mia attenzione.
Credo che questa cooperazione stia facendo progressi. Chiamiamo questo gruppo di lavoro “Gruppo di lavoro articolo 29”, perché l’articolo 29 della direttiva afferma che le autorità garanti dei dati indipendenti di ciascuno Stato membro si devono riunire. Penso che si tratti di un buono strumento e che vada usato. Questo è tutto quello che vi posso dire.
Presidente. − Annuncio l’
interrogazione n. 48 dell’onorevole Claude Moraes (H-0380/08)
Oggetto: Mandato d’arresto europeo
Il mandato d’arresto europeo (MAE) è ora ampiamente utilizzato nei paesi dell’Unione europea per assicurare l’arresto e la consegna di criminali sospettati. Esso svolge un ruolo chiave nella lotta contro il terrorismo e nel sottoporre a processo gli accusati di gravi crimini. Tuttavia, almeno nella fase iniziale, la sua applicazione sembrava essere talvolta pregiudicata da una condizione di incertezza giuridica. In una delle prime relazioni della Camera dei Lord britannica si ammoniva che fin quando questa incertezza non fosse stata risolta, il MAE non avrebbe potuto essere completamente efficace negli Stati membri.
Potrebbe la Commissione illustrare il suo punto di vista sul modo in cui i problemi iniziali sono stati effettivamente superati e potrebbe far sapere se ora il MAE funziona in modo efficiente? Ci sono ancora aspetti che la Commissione considera problematici? Come intende risolverli?
Jacques Barrot, Vicepresidente della Commissione. – (FR) Vorrei ringraziare l’onorevole Moraes per avere sollevato questo problema importante. Il mandato di cattura europeo ha consentito effettivamente di ottenere risultati significativi. Il principale cambiamento riguarda il riconoscimento reciproco delle decisioni giudiziarie, e il requisito della doppia sussistenza del reato che non è più in vigore per 32 reati gravi. I procedimenti, di conseguenza, richiedono molto meno tempo.
Rispetto alla lenta procedura di estradizione, che in genere dura più di un anno, la procedura secondo il mandato di cattura europeo richiede in media soltanto 43 giorni. Tutto viene, di fatto, gestito dai tribunali.
La nuova procedura è ampiamente usata dagli Stati membri. Nel 2006 sono stati emessi 6 752 mandati di cattura europei. Grazie al mandato sono state arrestate 2 042 persone e 1 892 si sono consegnate. Più di un quinto delle persone che si sono consegnate in conformità delle procedure MAE era costituito da cittadini dello Stato membro esecutivo.
Se pensate che nel 2006 abbiamo avuto praticamente tanti mandati di cattura quanti procedimenti avevamo avuto in un periodo di 10 anni, è chiaro che il mandato d’arresto europeo è stato un successo. I problemi costituzionali iniziali di alcuni Stati membri sono stati superati.
Tuttavia, onorevole Moraes, dobbiamo riconoscere che in termini di consegna dei cittadini nazionali, osserviamo occasionalmente l’uso delle vecchie procedure di estradizione, un indizio della residuale mancanza di fiducia in alcuni Stati membri e in determinati sistemi giudiziari penali. Pensiamo, tuttavia, che questa situazione scomparirà e che i sistemi saranno in grado di funzionare in modo ottimale.
In base ad un’analisi sulla trasposizione delle decisioni quadro nelle legislazioni degli Stati membri, la Commissione ha riferito nel 2005 e nel 2007 sul funzionamento del mandato di arresto europeo, da cui è emerso gli Stati membri hanno eseguito alcune “adeguamenti”.
Al momento, sono in corso una serie di riesami inter pares, attività in cui la Commissione è coinvolta come osservatore. Questi riesami si concluderanno all’inizio del 2009. Sarà a questo punto che, in base ai risultati, la Commissione presenterà una nuova relazione per identificare le diverse pratiche, imperfezioni e questioni riscontrate a livello europeo, allo scopo di migliorare ulteriormente il funzionamento del mandato di cattura europeo, sebbene mi sembri che questa sia una delle storie di maggior successo per quanto riguarda il principio del riconoscimento reciproco.
Claude Moraes (PSE). - (EN) Il Commissario ha ragione quando dice che il MAE è il tipo di misura che i cittadini dell’Unione europea si aspettano di vedere nel dicastero della giustizia e degli affari interni. E’ sensato uscire dalle interminabili procedure di estradizione.
Posso, tuttavia, chiedere un interesse e un coinvolgimento personali al problema del modo in cui la decisione quadro è stata trasposta da alcuni Stati membri? (La Commissione è stata critica su tutto ciò). Posso chiedergli di interessarsi personalmente al fatto che alcuni Stati membri stanno applicando le vecchie procedure e, come risultato, il MAE non è efficace come potrebbe?
Ci sono stati alcuni importanti successi, ma purtroppo sono stati affossati da questa mancanza di buona trasposizione e buona applicazione di quella che potrebbe essere una direttiva veramente importante per il futuro della giustizia e degli affari interni.
Jacques Barrot, Vicepresidente della Commissione. – (FR) Onorevole Moraes, in primo luogo, desidero ricordarle che in base agli attuali Trattati, la Commissione non ha il potere di dare avvio a una procedura di infrazione contro uno Stato membro se viene individuata una scorretta applicazione di una decisione quadro nel corso delle procedure di controllo e di riesame. Nonostante ciò, vi posso dire che presto grande attenzione all’applicazione del mandato d’arresto europeo. Il forum sulla giustizia, che faremo divenire un evento regolare, sarà l’occasione per rincoraggiare i magistrate degli Stati membri a lavorare insieme. Approfitteremo anche di questa opportunità per promuovere un uso adeguato del mandato d’arresto europeo. Vorrei ringraziarla per aver formulato questa domanda e dire che faremo tutto ciò che potremo. Vorrei aggiungere che il rafforzamento di Eurojust ci consentirà anche di fare un miglior uso del mandato d’arresto europeo.
Armando França (PSE). – (PT) Signora Presidente, signor Commissario. Ho lavorato 17 anni nei tribunali come avvocato e, pertanto, conosco bene la situazione della giustizia in Europa. In termini generali, è caratterizzata dalla lentezza, da una lentezza esterna. E questo rappresenta un problema che tutti dobbiamo cercare di risolvere.
Il mandato d’arresto europeo è molto importante – anzi, è importantissimo ed è fondamentale che tutti gli Stati Membri ne comprendano l’importanza e se ne occupino.
Sappiamo che la Commissione non ha potere per imporre sanzioni, ma può galvanizzare e stimolare l’azione e io sono pienamente d’accordo con le parole del collega. Ma, signor Commissario, c’è un altro aspetto molto importante, che probabilmente compete a lei, e cioè favorire la collaborazione tra le forze di polizia e le autorità giudiziarie. E’ di importanza vitale che venga promossa, negli Stati membri la collaborazione tra polizia e giustizia e tra la Commissione e le Istituzioni europee.
Jacques Barrot, Vicepresidente della Commissione. – (FR) Lei ha certamente ragione – il mandato d’arresto europeo deve rappresentare un successo, in quanto significa che viene veramente condiviso un sistema di riconoscimento reciproco. Ne consegue che, a questo punto, le varie autorità giudiziarie stanno veramente iniziando a lavorare insieme in un clima di fiducia. Ecco perché il mandato d’arresto europeo – che ha permesso di velocizzare e di semplificare enormemente le procedure – deve esemplificare questa nuova giustizia, che voi desiderate sia molto più veloce e chiaramente molto più facile da utilizzare.
Questo è quanto sono in grado di dirvi. Controlleremo da vicino l’uso del mandato d’arresto europeo che, secondo la mia opinione, rappresenta uno dei migliori strumenti di cui attualmente disponiamo per attuare una collaborazione giudiziaria in materia penale, dove è chiaramente necessario un ulteriore miglioramento.
Presidente. − Le interrogazioni che, per mancanza di tempo, non hanno ricevuto risposta, la riceveranno per iscritto (vedasi allegato).
Presidente. − Con questo si conclude il Tempo delle interrogazioni.
(La seduta, sospesa alle 19.20, è ripresa alle 21.00.)
PRESIDENZA DELL’ON. EDWARD McMILLAN-SCOTT Vicepresidente