Presidente. − L’ordine del giorno reca la discussione sulla relazione di Elmar Brok, a nome della commissione per gli Affari esteri, sul documento di strategia della Commissione del 2007 in merito all’ampliamento [2007/2271(INI)] (A6-0266/2008).
Elmar Brok, relatore. − (DE) Signor Presidente, Presidente in carica, signor Commissario, dobbiamo dire che i precedenti allargamenti dell’Unione europea sono stati grandi successi politici ed economici. Di ciò non vi è alcun dubbio. Nei casi della Romania e della Bulgaria, signor Commissario, dovremo certamente discutere a parte in questa sede nelle prossime settimane, tuttavia le mie osservazioni di apertura rimangono generalmente valide.
Nello stesso tempo, però, dobbiamo chiarire che, quando conduciamo dei negoziati con paesi promettendo ulteriori negoziati, noi manteniamo quelle promesse e che, quando accordiamo lo stato di candidato ad un paese, esso viene effettivamente trattato come paese candidato. Anche le promesse fatte a Salonicco devono essere onorate.
Contemporaneamente, tuttavia, dobbiamo chiarire che ciò non implica in alcun modo una sequenza automatica di eventi, bensì che ogni singolo paese deve realizzare le condizioni – i criteri di Copenhagen – per essere membri dell’Unione in modo che la transizione avvenga con successo, dal punto di vista sia dei paesi che aderiscono che dell’Unione europea nel suo complesso.
Dobbiamo anche considerare se, vista la crescita dell’Unione, che comprende 27 paesi membri – e considerato che forse la Croazia diventerà il 28° paese – non ci sia ora il bisogno di una fase di consolidamento in modo da assicurare che tutto, nell’Unione europea, venga posto effettivamente nel giusto ordine. Sono proprio coloro che trovano da ridire sul Trattato di Lisbona pur sostenendo l’allargamento che dovrebbero rendersi conto che la linea che stanno seguendo è politicamente incoerente. Il Trattato di Lisbona, in effetti, era inteso come prerequisito per l’ultima tornata di allargamento, non come preparazione per la prossima. Coloro che ricercano l’allargamento ma si oppongono al Trattato di Lisbona lavorano in realtà per eliminare la possibilità di allargamento. Ciò deve essere espresso con chiarezza.
Un altro punto di cruciale importanza di cui dobbiamo renderci conto è che la forza non dipende semplicemente dalla dimensione ma dalla coesione interna, e cioè fare attenzione a non estendere troppo la nostra capacità; è un fattore cruciale, come la storia ci ha insegnato. L’Unione europea che vogliamo non è un’area di libero commercio, ma un’unità politicamente efficace. Ciò significa che la nostra capacità di riforma interna è un prerequisito per l’allargamento tanto quanto la riforma interna nei paesi richiedenti è un prerequisito per la loro adesione. “Rafforzamento e allargamento” è diventata la descrizione standard di questo duplice processo.
Allo stesso tempo, dobbiamo essere consapevoli dell’importanza vitale attribuita alla prospettiva europea per i paesi nei Balcani occidentali, ma anche per l’Ucraina e altri paesi, come chiave per il successo del loro processo di riforma interna alla ricerca di maggior democrazia e dello stato di diritto, focalizzando le loro aspirazioni più su Bruxelles che in qualsiasi altra direzione.
Nelle circostanze descritte, tuttavia, questo percorso non porterà ad una immediata e completa e adesione in ogni caso, in quanto questi paesi non sono ancora pronti e perché neanche l’Unione è pronta. In molti casi l’adesione piena non è un’opzione.
Per questi motivi abbiamo bisogni di nuovi strumenti nell’area tra adesione piena e la politica del vicinato, cosicché la prospettiva europea di questi paesi non dia loro semplicemente una speranza ma venga effettivamente associata ad un reale progresso in aree quali il libero commercio e il sistema Schengen. Abbiamo bisogno di strumenti modellati sull’area economica europea all’interno della quale ci impegnano nel libero commercio con i paesi dell’EFTA, strumenti che permetterebbero ai paesi partner di adottare il 30, 50 o 70 per cento del diritto e della prassi comunitari riconosciuti.
Ciò significa che i negoziati per una piena adesione potrebbero essere brevissimi. Svezia, Austria e Finlandia hanno intrapreso tale cammino, mentre paesi come la Svizzera, l’Islanda e la Norvegia hanno seguito un percorso diverso. Ma quanto sanno, oggi, che la Norvegia ha firmato gli accordi di Schengen e che la Svizzera contribuisce alla politica strutturale dell’Unione nei nuovi Stati membri? In altre parole, possiamo sviluppare relazioni molto strette e quindi può essere presa in ciascun caso la decisione se entrambe le parti intendono far continuare tale stretta collaborazione su base permanente o se vogliono che sia piuttosto un passaggio transitorio prima della piena adesione.
Di conseguenza, anche nei Balcani occidentali – sebbene non in Croazia, dove si tratterebbe di un passaggio totalmente illogico in questo momento – i paesi nei quali l’adesione sarebbe un processo più lento, potrebbero sfruttare questa fase transitoria, se lo desiderassero, per impiegarla come strumento. Deve essere data loro l’opportunità.
Su questa base, onorevoli colleghi, credo che dovremmo essere in grado di rafforzare la prospettiva europea per usarla come strumento nella zona tra adesione e la politica di vicinato e così ampliare l’area di stabilità, pace e libertà in Europa, senza mettere a repentaglio il potenziale di sviluppo dell’Unione europea.
Jean-Pierre Jouyet, Presidente in carica del Consiglio. − (FR) Signor Presidente, il Consiglio ringrazia il Parlamento europeo e in particolar modo l’onorevole Brok per la sua relazione sul documento di strategia del 2007 della Commissione sull’ampliamento e coglie l’occasione per approvare il ruolo attivo svolto dal Parlamento e il suo inestimabile contributo al processo di allargamento.
La relazione dell’onorevole Brok dimostra che l’ultimo allargamento è stato un successo sia per l’UE che per i paesi che vi hanno aderito.
Crediamo che sia stato un successo per l’UE e che ha reso possibile superare la divisione dell’Europa aiutando ad assicurare la pace e stabilità nel continente. Ha ispirato riforme, e ha rafforzato I principi fondamentali di libertà, democrazia, rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, lo stato di diritto e l’economia di mercato.
L’ampliamento del mercato unico e l’espansione della cooperazione economica hanno rafforzato la prosperità e competitività, che ha permesso all’Unione europea di migliorare la propria risposta alla sfida della globalizzazione, e ha anche facilitato gli scambi con i nostri partner. L’allargamento ha indubbiamente conferito all’Unione europea maggior peso nel mondo rendendola un attore internazionale più forte.
La nostra politica di allargamento è ben fondata e ha fatto proprie le lezione apprese dai precedenti allargamenti. Nel dicembre 2007, l’Unione ha concordato che la futura politica di ampliamento si basi sul consolidamento degli impegni, sulla condizionalità equa e rigorosa e sul miglioramento della comunicazione. Ciò rimane la base del nostro atteggiamento verso l’allargamento.
L’Unione ha concluso che, per poter mantenere la propria capacità di integrazione, I paesi candidati devono essere pronti ad accettare pienamente gli obblighi che derivano loro dall’adesione, e che l’Unione deve essere in grado di funzionare in modo efficace e di proseguire, come ha sottolineato l’onorevole Brok nel suo intervento.
Questi due aspetti sono essenziali se vogliamo procurarci un ampio, duraturo supporto del pubblico. Esso dovrebbe essere mobilitato con maggior trasparenza e miglior comunicazione su questi temi, e conto sull’aiuto del Parlamento europeo in questo.
L’Unione europea rispetterà i suoi impegni riguardo i negoziati in corso.
Riguardo la Turchia, lo screening, cioè il primo passaggio formale per ogni capitolo, è stato completato per 23 capitoli, in otto dei quali sono stati avviati negoziati.
Riguardo la Croazia, sono stati avviati negoziati in 20 capitoli, e per due di essi sono stati provvisoriamente chiusi.
Il 17 giugno si sono tenute conferenze intergovernative a livello ministeriale con Turchia e Croazia per avviare negoziati con la Turchia nel capitolo 6, “Diritto societario” e capitolo 7, “Legge sulla proprietà intellettuale” e con la Croazia nel capitolo 2, “Libertà di movimento per i lavoratori” e capitolo 19, “Politica sociale e occupazione”.
Il nostro scopo è di portare avanti questi negoziati e vorrei ricordarvi che, riguardo ai nostri rapporti con la Turchia, vogliamo che il processo di riforme continui e migliori. Sarà questo ad assicurare che il processo sia irreversibile e duraturo e continueremo a monitorare da vicino il progresso raggiunto in tutte le aree, in particolare per quanto riguarda l’osservanza dei criteri di Copenhagen.
Naturalmente, sviluppi positivi devono essere compiuti anche verso la normalizzazione delle relazioni bilaterali con la Repubblica di Cipro. Riguardo alla Croazia, i negoziati stanno proseguendo in modo positivo, e quest’anno sono passati ad una fase decisiva. L’obiettivo principale ora è di continuare a tradurre in positivo il progresso raggiunto e accelerare il ritmo delle riforme.
Dunque, l’Unione europea incoraggia la Croazia a continuare gli sforzi per istituire buoni rapporti con i paesi vicini, compreso il lavoro mirato a trovare soluzioni definitive che siano accettabili da entrambe le parti, e, naturalmente, a risolvere le rimanenti questioni bilaterali con i propri vicini.
Tuttavia, vorrei cogliere l’opportunità di questo mio intervento, se me lo consentite, signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, di condannare duramente, a nome della Presidenza, i fatti di violenza accaduti oggi a Istanbul, le cui vittime sono stati funzionari di polizia in servizio all’esterno dell’ambasciata degli Stati Uniti a Istanbul. A nome della Presidenza, denunciamo questo raccapricciante attacco e siamo naturalmente in stretto contatto con le autorità turche.
(Applausi)
Olli Rehn, Membro della Commissione. − (EN) Signor Presidente, mi permetta innanzitutto di ringraziare Elmar Brok e il comitato per la relazione interessantissima.
La vostra discussione ha luogo mentre l’UE sta riflettendo sulla situazione creata dal “no” irlandese. Allo stesso tempo, il corso degli eventi nell’Europa sud-orientale ci ricorda la nostra diretta responsabilità nel promuovere stabilità e democrazia nel continente europeo.
Il programma di allargamento consolidato dell’UE comprende i Balcani occidentali e la Turchia. Accolgo il fermo impegno, espresso nella relazione, nei confronti della prospettiva di adesione. La Commissione condivide molti punti della relazione, compresa la capacità di integrazione, che è veramente una questione importante da prendere in considerazione nell’allargamento dell’UE.
Noto con interesse la proposta della relazione relativa ad un’area economica europea supplementare per le relazioni con i paesi che non fanno parte dell’attuale programma di allargamento. Di fronte alla globalizzazione economica, è sensato estendere lo spazio economico e giuridico europeo e così rendere più forte l’Europa più vasta, in termini del nostro scarso potere normativo.
Tuttavia per i Balcani occidentali e la Turchia, che hanno una chiara prospettiva di adesione, l’UE non deve imporre nuovi stadi intermedi prima della candidatura o dell’adesione. Ciò creerebbe solo dubbi sull’impegno dell’UE, indebolendo così l’incentivo necessario per una riforma democratica.
Il Consiglio europeo di giugno, lo scorso mese, ha riaffermato il pieno sostegno alla prospettiva europea dei Balcani occidentali. Si tratta di un messaggio forte: l’UE mantiene la parola data. Ed è anche un messaggio vitale per la Turchia. Il processo di adesione sta proseguendo: sono stati aperti alti due capitoli a metà giugno.
Riguardo alla Turchia, lo scorso anno abbiamo mantenuto in vita assieme il processo e in qualche modo ne siamo venuti fuori. E’ stata una vittoria che ha richiesto acume e vigore.
La fase doveva concludersi con successo nel 2008, in modo da rivitalizzare il processo di adesione all’UE della Turchia quest’anno. Purtroppo non si è visto questo nuovo impulso per ragioni principalmente interne alla Turchia.
Noi dell’UE vogliamo continuare il processo secondo I termini definiti nel quadro dei negoziati. Per parte sua, la Turchia ha ora bisogno di migliorare il funzionamento democratico delle proprie istituzioni statali e lavorare per cercare i compromessi necessari per continuare le riforme riferite all’UE.
Spero sinceramente che prevarranno la calma e la ragione cosicché la Turchia possa evitare la stagnazione e, al contrario, progredire e continuare il proprio viaggio europeo con un chiaro senso dell’orientamento e determinazione.
Vorrei cogliere questa opportunità per aggiungere un pensiero riguardo agli eventi di oggi in Turchia e unirmi al Ministro Jean-Pierre Jouyet su questo punto. La Commissione condanna duramente il rapimento di tre turisti tedeschi nella Turchia orientale e chiediamo la loro immediata liberazione. La Commissione condanna duramente il violento attacco armato di questa mattina a Istanbul. Esprimo le più vive condoglianze alle famiglie e ai conoscenti dei poliziotti rimasti uccisi e auguro pronta guarigione a quelli feriti.
Per concludere, l’allargamento sarà sempre uno sforzo a lungo termine, uno sforzo che deve superare le tempeste politiche in Ankara, Belgrado, Bruxelles e molte altre capitali europee. Non possiamo concederci anni sabbatici in questo lavoro per la pace e la prosperità che serve all’interesse fondamentale dell’Unione europea e dei suoi cittadini. Confido di poter contare sul vostro sostegno a questo riguardo.
Marian-Jean Marinescu, a nome del gruppo PPE-DE. – (RO) La strategia di allargamento dell’Unione europea dovrebbe basarsi sull’esperienza accumulata finora e sull’attuale situazione politica ed economica. I precedenti allargamenti hanno portato dei vantaggi sia all’Unione che agli Stati membri.
Cionondimeno, si dovrebbe notare che i paesi che hanno aderito all’UE hanno avuto periodi diversi di negoziati e hanno intrapreso strade diverse verso la reale integrazione nell’Unione europea.
Le Istituzioni europee hanno avuto difficoltà ad adeguarsi al numero crescente degli Stati membri. Sono in corso controversi rispetto al continuo allargamento dell’Unione. Credo che sarebbe a danno dell’Unione se paesi come quelli dei Balcani o la Repubblica moldova rimanessero fuori dall’Unione.
I paesi dell’Est europeo traggono vantaggio da considerazioni di natura storica e geografica per chiedere di aderire all’Unione europea. Vi sono esigenze economiche che non ci consentono di sospendere l’allargamento, ad esempio il capitolo energia. Dobbiamo anche trattare le influenze politiche esterne che possono avere sfavorevoli ripercussioni.
Abbiamo bisogno di paesi vicini che sviluppino forti democrazie, economie di mercato funzionali e lo stato di diritto. In questo momento, la politica di vicinato è materializzata da patti di cooperazione o di associazione, che eseguono attività simili a quelle di un processo di negoziazione, ma ad un livello molto meno sostanziale. Credo che questi accordi dovrebbero includere e applicare procedure identiche a quelle dei capitoli di negoziazione.
Sono convinto che i paesi che vogliono davvero entrare a far parte dell’Unione accetterebbero queste condizioni, anche senza aver firmato un accordo preliminare di paese candidato e i vantaggi sarebbero importantissimi per entrambe le parti. Così, il momento dell’allargamento troverà i paesi in una situazione che permetterebbe loro una rapida integrazione.
Tuttavia, per consolidare l’Unione europea e giungere al momento di un nuovo allargamento, vi è una condizione obbligatoria: riformare le Istituzioni europee. Per questo motivo, la ratifica del Trattato di Lisbona è un requisito che tutti gli Stati membri devono comprendere e rispettare.
Il contenuto della relazione Brok chiarisce i passaggi che l’Unione dovrà compiere nel prossimo periodo, che la Commissione europea deve prendere in considerazione.
Presidente. − Onorevoli colleghi, noterete che, quando chiediamo a qualcuno di parlare attendiamo che abbia finito perché gli interpreti ci hanno riferito che dobbiamo lasciare dieci-quindici secondi, il tempo necessario per tradurre il discorso, prima di invitare l’oratore successivo a prendere la parola.
E’ un sistema che permette che la traduzione simultanea giunga a tutti in modo corretto.
Jan Marinus Wiersma, a nome del gruppo PSE. – (NL) A nome del mio gruppo ribadisco e sottoscrivo ciò che è stato appena affermato dal Presidente del Consiglio e dal Commissario sugli eventi in Turchia. In secondo luogo, ringrazio il relatore per il modo in cui ha lavorato con noi per preparare questa discussione e, in terzo luogo, vorrei ripetere, a nome del mio gruppo che a nostro parere – ed è ciò che ha detto anche il Presidente del Consiglio – l’allargamento ha finora dimostrato di essere stato un successo e sta portando un significativo contributo allo sviluppo di un’Unione europea più ampia.
Dobbiamo sottolineare questo fatto proprio all’inizio del mio intervento, e anche la relazione Brok sottolinea questo punto: noi – come ha detto il Commissario – restiamo fedeli alle promesse fatte alla Turchia e ai paesi dei Balcani occidentali nella nostra discussione sulla strategia di allargamento. Dunque non c’è un cambio di strategia rispetto a quei paesi, piuttosto verrà prestata maggiore attenzione al modo in cui i criteri di adesione vengono applicati e gestiti durante il processo di negoziazione.
In secondo luogo, siamo concordi con il relatore quando afferma che è necessario rivolgere maggiore attenzione alla capacità dell’Unione stessa di assorbire nuovi membri. Da una parte chiediamo di più dai paesi candidati durante la fase di preparazione, ma dall’altra l’Unione europea deve fare chiaramente di più per gestire l’arrivo di nuovi membri in modo appropriato. E noi pensiamo che ciò significhi completare le riforme istituzionali necessarie. Il Trattato di Nizza non è una base adeguata per un ulteriore allargamento positivo.
In terzo luogo, e a mio avviso ancora più importante: questa relazione guarda anche oltre il programma attuale di allargamento ai paesi che non sono nella lista dei potenziali candidati. La nostra politica europea di vicinato esistente non è sufficiente. Questo vale per I vicini del sud, e l’UE ha presentato una proposta per una unione mediterranea, ma vale ancora di più per i vicini dell’est. Siamo giunti alla chiara conclusione che l’Unione europea deve offrire di più, più di una politica di vicinato. Pensiamo debba racchiudere sia I rapporti tra quei paesi e l’Unione che le relazioni bilaterali tra i paesi. Il Mar Nero sarebbe un buon quadro geografico, con un ruolo sia per la Russia che per la Turchia. Senza questi due paesi, le maggiori sfide e i più gravi problemi di quella regione non saranno risolti. La Turchia avrebbe un ruolo di fulcro tra il Mar Nero ed il Mediterraneo e questo le darebbe la possibilità di dimostrare quanto importante sia la Turchia in Europa e quanto preziosa sia per l’Unione europea.
Bronisław Geremek, a nome del gruppo ALDE. – (PL) Signor Presidente, innanzitutto vorrei sostenere la posizione presa dal Consiglio e dalla Commissione alla luce dei drammatici eventi in Turchia. Questa importante questione è oggetto delle nostre discussioni oggi.
La relazione dell’onorevole Brok conferma il senso della strategia di allargamento dell’Unione europea. Lo dico in qualità di cittadino di un paese che ha tratto vantaggi da questa strategia. La relazione afferma che le nuove adesioni all’Unione europea sono state un successo. La relazione dichiara inoltre che le speranze delle nazioni europee che aspirano ad entrare nell’Unione europea e che sono pronte a conformarsi ai criteri di accesso troveranno il sostegno da parte dell’UE. Il concetto di capacità di integrazione, condizione per una decisione sull’adesione, è stato accuratamente definito nella relazione.
Forse bisognerebbe aggiungere che coloro che si aspettavano che il Parlamento europeo annunciasse la fine dell’allargamento dell’Unione e che introducesse qualche sostituto per l’adesione piena, sono stati delusi. L’UE si sta espandendo e sta aumentando la propria forza. Sono stato molto lieto di sentir dire dal Commissario Rehne che non dovremmo creare delle anticamere per i paesi che desiderano entrare nell’Unione europea ma concedere loro di presentare domanda di accesso diretto alla sala principale. Tuttavia è vero che dobbiamo pensare al fatto che il futuro allargamento deve essere compreso e sostenuto dai cittadini europei. Questa è una parte essenziale della capacità dell’UE di accettare nuovi Stati membri e anche un fattore di aumento della fiducia in Europa tra i suoi cittadini. Sappiamo che questa fiducia sta vivendo un momento di crisi. Sappiamo anche che l’Europa uscirà da questa crisi. Sono fra coloro che credono nella forza delle idee europee e nelle istituzioni comunitarie.
Lo scopo della strategia di allargamento che il Parlamento europeo sta attentamente valutando oggi è di consolidare la forza interna dell’UE e di rispondere alle aspirazioni dei cittadini europei. Ha risposto allo stesso modo in cui rispose alle aspirazioni dell’Europa centrale nel 2004.
Adam Bielan, a nome del gruppo UEN. – (PL) Signor Presidente, la mia obiezione principale alla relazione di cui stiamo discutendo oggi riguarda la mancanza di un chiaro piano di apertura dell’Unione europea verso l’est. A tal riguardo vorrei evidenziare una mancanza di congruenza nel modo in cui quest’aula ha agito. Lo scorso anno abbiamo adottato una relazione preparata dal collega Michał Kamiński, in cui si parlava di presentare l’Ucraina con una chiara prospettiva di adesione. Tuttavia, il documento del quale stiamo ora discutendo metterà probabilmente in allarme quei paesi che pensano di entrare nell’Unione europea, soprattutto il nostro vicino più prossimo, l’Ucraina. Una relazione che parla della necessità di rafforzare la capacità dell’Unione di accettare nuovi paesi è di fatto un freno all’ulteriore espansione dell’Unione europea. Ai candidati naturali, come gli ucraini, una nazione europea, viene offerta un’alternativa di dubbio valore invece di una piena appartenenza.
Prendendo in considerazione I nostri interessi geostrategici, dovremmo considerare importante avere la più stretta cooperazione possibile con l’Ucraina. In questa situazione sarebbe meglio mostrare a Kiev una porta aperta verso l’Unione europea piuttosto che rendere più nebulosa la possibilità di adesione, così spingendo l’Ucraina in orbita attorno alla Russia. Ciò è particolarmente vero oggi, visto che il pericolo per l’Ucraina proveniente dalla Russia si sta facendo più acuto.
Gisela Kallenbach, a nome del gruppo Verts/ALE. – (DE) Signor Presidente, consenta anche a me di ringraziare Elmar Brok, che ha assunto il concetto di processo in questa relazione. Vedo un cambiamento di strategia tra il documento di lavoro e l’attuale relazione e questo è giusto e appropriato.
Gli allargamenti passati sono stati un successo per l’intera comunità, sebbene qualche critica sia necessaria in qualche punto. Anche questo non è che giusto e adeguato. Tuttavia, il processo di allargamento non è concluso. Come molti altri oratori, vorrei citare i Balcani occidentali, che non devono essere relegati in un buco nero, circondati dagli Stati membri dell’Unione. E’ nel nostro interesse evitare tutto ciò. Abbiamo bisogno di una strategia dell’allargamento inequivocabile, non di una strategia che cambi a seconda delle circostanze.
L’UE deve essere un partner attendibile e leale. Ciò significa anche che dobbiamo voler effettuare noi stessi le riforme. Se in questo momento c’è un punto di domanda su questa volontà, dobbiamo avviare un’autoanalisi critica. E’ sconsiderato ed erroneo ascrivere ogni segnale di euroscetticismo ai precedenti allargamenti e alla stanchezza. E allora svegliamoci! Lavoriamo per uno sviluppo economico, sociale e ambientale equilibrato e comunichiamo la portata dell’arricchimento economico, culturale e storico che deriva dall’allargamento. Diciamo alla gente quali sarebbero di costi di un’altra conflagrazione ai confini o all’interno dell’Europa.
Avere obiettivi chiari e discuterli fino in fondo e con chiarezza crea fiducia. L’Unione coltiva la fiducia anche mantenendo le promesse, e io mi aspetto di farlo approvando questa relazione.
Erik Meijer, a nome del gruppo GUE/NGL. – (NL) Signor Presidente, dopo le prime ondate di adesioni nel 2004 e 2007, l’allargamento è ora in fase di stagnazione. La Croazia dovrà attendere fino al 2011, la Macedonia non potrà aderire prima del 2014 e per gli altri cinque paesi dei Balcani occidentali l’attesa sarà ancora più lunga. I negoziati sono in corso con la Turchia, ma è possibile che la Turchia non sia in grado di aderire per decenni.
Ora che tutti gli stati precedentemente all’interno della sfera di influenza sovietica hanno aderito, l’Unione pare soffrire di stanchezza da allargamento. Oltre al dibattito sull’allargamento e sulla politica di vicinato vi sono due diversi tipi di pensiero. Uno è che l’Unione europea sia una potenza mondiale e un superstato che gradualmente sta prendendo sempre maggiori decisioni che interessano i propri Stati membri. Questo superstato vuole rendere gli stati confinanti dipendenti da esso, ma senza dare loro capacità di influire come partner alla pari all’interno dell’Unione. I paesi che non hanno effettuato I necessari adattamenti o la cui economia è debole, non saranno ammessi. Devono essere tenuti al di fuori dell’Unione, ma ciò nondimeno devono essere inseriti con forza nella sfera di influenza dell’UE, dove non hanno voce. Il mio gruppo rifugge da questa tattica.
L’altra prospettiva vuole una cooperazione che coinvolga partner diversi e alla pari. L’Unione è aperta a qualsiasi stato europeo che voglia unirsi e rispetti i criteri richiesti, come la democrazia e I diritti dell’uomo. Questo tipo di Unione non cerca modi di imporre decisioni che manchino del sostegno degli Stati membri, ma cerca di risolvere i problemi transnazionali dei suoi cittadini con la cooperazione. Questo tipo di Unione è quella più adatta allo scopo e ha le migliori possibilità di sopravvivenza a lungo termine.
Georgios Georgiou, a nome del gruppo IND/DEM. – (EL) Signor Presidente, gli sforzi dell’onorevole Brok sono davvero lodevoli e desidero ringraziarlo per il suo intervento, nel quale ha fornito utilissime spiegazioni.
Tuttavia, nonostante gli sforzi lodevoli, questa rapidità da parte dell’Unione europea nell’incorporare ancora una volta a casaccio nuovi Stati membri è inspiegabile.
In che tipo di Unione e in che tipo di Europa verrebbero incorporati? In un’Europa con petrolio e cibo a caro prezzo, con disoccupazione, un’Europa della miseria, se volete? Che cosa vogliamo creare? Dovremmo creare una nuova rete di miseria intercontinentale?
Non sarebbe nell’interesse dell’Europa. Credo che sarebbe nell’interesse di altri. Dobbiamo ricordarci del risultato del referendum irlandese, che forse non ammetterebbe allargamenti semplicistici come quelli che abbiamo scelto.
Irena Belohorská (NI). – (SK) Vorrei ringraziare il relatore per il suo lavoro su questo tema di attualità, mirato a risolvere una questione così sensibile per l’Unione europea di oggi.
L’allargamento di 10 nuovi Stati membri nel 2004 e di altri due nel 2007 è stato senza dubbio un successo sia per l’Unione europea che per I paesi summenzionati che hanno aderito. La competitività e l’importanza dell’Unione europea sono in crescita, grazie ad un rafforzato potenziale umano ed economico. Tuttavia, posso dire con certezza che, nonostante questo fatto, i 12 nuovi Stati membri percepiscono ancora, in pieno, le differenze tra loro e i 15 vecchi Stati membri. Parliamo di discriminazione e questa discriminazione è provocata da una mancanza di maturità, sia essa economica o sociale. Tuttavia, vengo presa alla sprovvista dal fatto che l’allargamento viene presentato come motivo per cui deve essere ratificato il Trattato di Lisbona.
Onorevoli colleghi, il Trattato di Nizza è superato. E’ un documento che appartiene alla storia che non è applicabile alla vita politica di oggi. Ha perso il suo obiettivo di fungere da contratto tra i 15 vecchi Stati membri. Oggi siamo in 27 e quindi il Trattato di Lisbona deve essere ratificato, ma non a causa dell’allargamento. L’allargamento può essere effettuato con un trattato bilaterale separato tra l’Unione europea e lo Stato membro.
Charles Tannock (PPE-DE). - (EN) Signor Presidente, il Regno Unito, il mio paese, è stato uno dei tre che hanno aderito nella prima ondata degli allargamenti nel lontano 1973. Da allora, il mio partito, il partito conservatore, ha attivamente sostenuto il processo di allargamento che ha portato agli attuali 27 Stati membri.
L’allargamento espande il mercato unico europeo, creando maggiori opportunità per la crescita economica e il commercio. Crea più occupazione e stabilità sociale lanciando oltretutto una voce maggiore dell’UE a livello globale. L’allargamento rafforza i valori della democrazia, dei diritti dell’uomo e dello stato di diritto, propri dell’UE, in quei nuovi Stati membri, come abbiamo assistito nel passato con le ex dittature di Spagna, Grecia e Portogallo che poi hanno aderito, e con i paesi del patto di Varsavia, ex comunisti, che si sono aggiunti più di recente.
Per coloro che mettono in dubbio il movimento dell’UE verso un’Unione ancor più stretta, l’allargamento produrrebbe teoricamente un’Europa più ampia, più libera e flessibile e maggiori discussioni sulla direzione futura dell’UE. Il Presidente Sarkozy, in veste di Presidente in carica, ha recentemente sollevato la questione dell’allargamento nel contesto della paralisi del Trattato di Lisbona, a seguito del no espresso nel referendum irlandese. Il Presidente Sarkozy ha affermato che il prossimo allargamento previsto per la Croazia non poteva avvenire senza il Trattato di Lisbona. Credo che sia un errore e che si tratti di un tentativo di mantenere in vita il trattato.
Sono convinto che si possa trovare un modo per far sì che la Croazia aderisca all’UE senza il Trattato di Lisbona. Piuttosto vi sono senza dubbio altri aspetti del trattato per i quali verranno fatti dei tentativi per attuarli senza i documenti per la ratifica. E’ chiaro ormai che gli europei vogliono non tanto che si armeggi con le istituzioni quanto che si sostenga l’UE ripristinando un collegamento con la gente.
Personalmente sostengo l’allargamento futuro ai Balcani occidentali ed eventualmente a Ucraina, Moldova e possibilmente a una Bielorussia democratica. E’ un esempio tangibile del bene che l’UE potrebbe portare ai propri popoli.
Hannes Swoboda (PSE). - (DE) Signor Presidente, vorrei iniziare con un sincero ringraziamento all’onorevole Brok per la sua disponibilità ad impegnarsi in una collaborazione molto costruttiva. Il messaggio è piuttosto chiaro: il processo di allargamento non verrà interrotto, ma noi tutti abbiamo bisogno di fare ancora di più per prepararci. Ciò vale per coloro, fra noi, che sono all’interno dell’Unione europea e per coloro che vogliono entrarvi. Prepararsi meglio, naturalmente, comporta anche riforme istituzionali e consolidamento dell’Unione europea. Devo aggiungere, inoltre, che prepararsi meglio significa anche accettare inequivocabilmente i criteri di Copenhagen, che devono essere applicati e attuati, non semplicemente incorporati nello statuto.
Sono anche molto grata all’onorevole Brok per aver adottato la nostra idea di una unione del Mar Nero, assieme a Jan Marinus Wiersma, sebbene forse in forma in qualche modo più cauta. Il punto è che dobbiamo inviare chiari segnali all’Ucraina e agli altri paesi della regione del Mar Nero che sono interessati dalla politica di vicinato. Per aiutare questi paesi, tuttavia, è anche importante includere Turchia e Russia in questa cooperazione. Apprezzo davvero le idee della Presidenza francese di un’Unione per il Mediterraneo, ma non dobbiamo lasciare da parte la regione del Mar Nero. Dobbiamo mostrarci fieri del nostro paese anche lì, e l’Unione europea deve avanzare adeguate proposte di cooperazione.
Per quanto riguarda i paesi dei Balcani, l’onorevole Brok fa diverse offerte nella sua relazione. Come egli ha chiaramente e precisamente sottolineato oggi, si tratta di offerte facoltative. “Aspettate a fare le riforme – c’è tempo” è un messaggio che nessuno di quei paesi dovrebbe ricevere. No, le riforme devono essere accelerate, sia in Croazia che, naturalmente, negli altri paesi. In particolare quando un nuovo governo entra in carica, come nel caso della Siberia, il nostro segnale deve essere chiaro. Deve dire “vi vogliamo nell’Unione europea il più presto possibile, ma non possiamo offrirvi un’alternativa al vostro processo di riforma. Dovrete essere voi stessi a perseguirlo, e dovrete applicare una strategia pro-Europa”.
L’Unione è incompleta senza i paesi dei Balcani dell’Europa sud-orientale, ma il lavoro deve essere eseguito in quei paesi e deve essere eseguiti il più presto possibile, cosicché possiamo costruire insieme una nuova Europa.
István Szent-Iványi (ALDE). - (HU) La storia dell’UE fino ad oggi è stata una storia di continui allargamenti, e l’allargamento è uno dei più ovvi testamenti per il successo e l’attrazione dell’Unione europea. Eppure si può avvertire un sempre maggior senso di stanchezza e apatia riguardo l’allargamento nell’opinione pubblica. Ciò ci dà motivo di trattare la questione dell’allargamento in modo realistico.
Tuttavia, realismo non può essere sinonimo di scetticismo. Non può significare arrestare il processo di allargamento, e tanto meno può significare stabilire nuove condizioni di ammissione che non possono essere soddisfatte, o ripetere gli obblighi assunti precedentemente, poiché ciò pregiudicherebbe la nostra credibilità. A partire dal no dell’Irlanda, la nostra principale preoccupazione è stata provare che l’Unione europea funziona ancora, e l’allargamento è ancora un obiettivo importante e reale per l’Unione europea. Ciò è nell’interesse tanto degli Stati membri che dei paesi che vogliono accedere. Grazie.
Konrad Szymański (UEN). - (PL) Signor Presidente, il linguaggio accademico ha iniziato a profilarsi più preoccupante della politica nella nostra strategia di allargamento. La teoria della capacità di allargamento è solo una serie di pretesti per una decisione totalmente arbitraria e politica di chiudere l’Unione al mondo. E’ una direzione cattiva e dannosa da prendere per l’Europa perché è stato l’allargamento a conferire all’UE peso nello scenario internazionale e a far sì che l’Unione diffondesse il proprio modello sociale, politico ed economico.
Se accettiamo questa relazione, mandiamo un segnale negativo a Kiev e Tbilisi, indebolendo le forze a favore dell’occidente e dell’Europa in quei paesi. Per raccogliere il sostegno per le riforme del trattato è stato annunciato, in Polonia, tra gli altri paesi, che essi erano essenziali per l’allargamento. Questo rende ancor più sorprendente sentire che malgrado l’accettazione del Trattato di Lisbona dobbiamo lavorare su riforme supplementari del trattato nel contesto di altri allargamenti.
Elmar, la Sua presentazione è stata certamente migliore della relazione, ma mi dica: quanti trattati di riforma dobbiamo accettare prima di essere pronti, secondo lei, ad accettare l’Ucraina nell’Unione europea?
Adamos Adamou (GUE/NGL). – (EL) Signor Presidente, la nostra opinione riguardo l’allargamento è che i popoli dell’Europa hanno il diritto, se lo vogliono, e, ammesso che rispettino i criteri richiesti, di tentare di accedere all’Unione europea.
Questo principio è anche alla base delle nostre opinioni nel caso della Turchia, il cui processo di adesione influenza anche la risoluzione della questione di Cipro. Insistiamo comunque che il rispetto della Turchia degli impegni presi nei confronti dell’Unione europea sia una condizione essenziale per il completamento della sua adesione.
Mentre l’Unione europea non dovrebbe rinunciare all’obbligo di onorare i propri impegni, la Turchia deve rispettare appieno i principi di legalità internazionale, le risoluzioni delle Nazioni Unite e il diritto europeo per la fine dell’occupazione di Cipro, l’apertura di porti e aeroporti alle navi e agli aerei ciprioti e l’abrogazione del veto in modo che la Repubblica di Cipro possa prendere parte ai forum e agli accordi internazionali.
Soprattutto in questo momento, a seguito dell’iniziativa del neo eletto Presidente Demetris Christofias e degli sforzi messi in atto dalle due comunità, la Turchia dovrebbe accondiscendere e trattenersi dal porre ostacoli in questa nuova fase della questione di Cipro.
Gerard Batten (IND/DEM). - (EN) Signor Presidente, c’è un’ammissione in questa relazione secondo cui l’allargamento non è stato un successo generico. L’onorevole Brok riconosce che, senza una seria modifica delle attuali politiche dell’UE, la sua coesione interna può essere insidiata dall’allargamento.
L’UE ha fatto entrare paesi che, come ben sapeva, non soddisfacevano i criteri di accesso, come nel caso di Romania e Bulgaria. Ciò può ben ripetersi con altri stati dell’Europa dell’Est e con la Turchia.
Gli Stati membri, come il Regno Unito, stanno subendo grandi tensioni come risultato di immigrazioni incontrollate, illimitate e indiscriminate, dovute al continuo allargamento dell’UE.
Questo è solo uno dei motivi dell’aumento dell’ostilità verso l’Unione europea tra i suoi cittadini. La soluzione di Brok è di proporre un budget di propaganda massiccia per convincere la gente del vantaggio dell’allargamento. La soluzione per il Regno Unito è lasciare l’Unione europea e riguadagnare il controllo delle proprie frontiere.
Philip Claeys (NI). - (NL) Il Commissario Rehn ha appena ripetuto che la Turchia ha una chiara prospettiva di completa adesione e che non dovrebbero essere imposti nuovi requisiti. Propongo che il Commissario dia un’occhiata ai sondaggi di opinioni Eurobarometro. Non c’è sostegno democratico per l’adesione della Turchia. Il divario tra la politica e la gente aumenta sempre più, diventando sempre più ampio e profondo. Era stata fatta la promessa che i negoziati sarebbero stati sospesi se la Turchia avesse mancato in modo evidente di soddisfare i propri obblighi. Questa promessa non è stata mantenuta. Un’altra promessa era che i negoziati sarebbero avanzati di pari passo con il processo di riforma in Turchia. Neppure questo sta accadendo. Il processo di riforme in Turchia si è effettivamente arenato eppure due settimane fa è stato deciso di aprire due nuovi capitoli nei negoziati. Questo scollamento tra quanto viene detto e quanto viene fatto sarà fatale per l’Unione europea a meno che non vengano effettuate modifiche radicali alla nostra politica e ai nostri atteggiamenti.
Zbigniew Zaleski (PPE-DE). - (PL) Signor Presidente, l’Unione europea oggi è già molto vasta, ma pur sempre incompleta. Per essere coesa un’Europa unita necessita di valori comuni alla base, nonché della buona volontà dei suoi abitanti. Per raggiungere gli obiettivi che ci poniamo, come una migliore economia, maggiore influenza politica sullo scenario internazionale, migliori demografie, o miglior qualità di vita, vi sono alcune condizioni che devono essere soddisfatte. Riguardo i punti presentati dal collega Brok, naturalmente una maggiore integrazione interna è importante. I membri dell’Unione devono anche voler continuare l’allargamento, e naturalmente i paesi candidati devono rispettare i criteri necessari. Qual è la strategia per questo allargamento? Semplicemente motivare i candidati a impegnarsi, lavorare con loro e sostenerli con vari strumenti, compresa la politica di vicinato.
La dimensione orientale è importante per noi, perché c’è una vasta area dell’Europa lì che non è in Europa, non nell’Unione europea. L’unica alternativa, qui, è di fare lo sforzo di conoscere questi vicini dell’est e preparare il terreno riguardo le questioni giuridiche, economiche e sociali. In tutto ciò sono importanti i valori comuni, o almeno la possibilità di avere valori comuni. Mi pare, e sono convinto di questo fatto, che il più grande esperimento sociale e politico di tutta la storia – il completamento dell’unione dell’Europa – abbia una reale possibilità di successo.
Véronique De Keyser (PSE). - (FR) Signor Presidente, c’è un famoso quadro dell’artista belga René Magritte che mostra una pipa con sotto una didascalia che dice “questa non è una pipa”. Per quanto sia dipinta in modo eccellente, questa pipa non potrà mai essere usata per fumare.
La relazione Brok è un po’ come questo quadro. Nonostante il titolo, non è una strategia di allargamento perché non tratta della strategia o di quelle domande importanti che si pongono i cittadini. Perché allargare l’Unione europea? In che direzione? A che rischio e con quali vantaggi? Ciò di cui sparla l’onorevole Brok è un metodo di consolidamento, una tattica difensiva. Per dirla in parole semplici, l’allargamento è un contratto tra l’Europa e i paesi canditati. Questi ultimi devono soddisfare i criteri di Copenhagen e l’Europa deve dimostrare di avere la capacità di assorbirli.
E qui sta la difficoltà. Intrappolata nel Trattato di Nizza che è troppo stretto, dal quale non può scappare, l’Europa non è pronta per un ulteriore allargamento. Di conseguenza, la crisi nelle Istituzioni europee dovrebbe avere l’effetto di fermare l’allargamento. Ciò è quanto molti cittadini europei pensano e, fino a un certo punto, questa è anche la mia opinione.
Dobbiamo essere cauti, però, perché, messi male come siamo, senza una strategia ambiziosa, questo slogan è pericoloso. Esso apre la via a tutti coloro che sono pronti a rifiutare un nuovo trattato, con la prospettiva di chiuderci in noi stessi, rifiutare la Turchia o persino i paesi dei Balcani – apre la via a tutti quei nazionalisti che diffidano degli stranieri che potrebbero un giorno chiamarsi europei. Per loro questo slogan è solo una farsa – di fatto essi non vogliono né l’allargamento né maggior profondità.
Dobbiamo dimostrare ai nostri cittadini che gli allargamenti hanno costituito un’opportunità per l’Europa, enfatizzare che la multiculturalità è una benedizione, che l’immigrazione è il nostro futuro democratico. Dobbiamo andare oltre la crisi istituzionale. Non è segnale di vittoria né per gli euroscettici né per la sinistra, bensì rivela un’impotenza in qualche modo ingloriosa, della quale ognuno rischia di soffrire. La relazione Brok gestisce bene questa impotenza e con intelligenza, e mi congratulo con lui, ma purtroppo non ci fa avanzare.
Inese Vaidere (UEN). – (LV) Onorevoli colleghi, i risultati dell’allargamento dell’UE sono positivi e quindi è essenziale creare le condizioni giuste per svilupparli. Le nostre istituzioni e i nostri governi dovrebbero fornire al pubblico un’informazione onesta e completa sia riguardo i vantaggi che riguardo i rischi dell’allargamento. I cittadini devono sentirsi sicuri, dopo l’allargamento, di non doversi preoccupare per le loro opportunità di mantenere e sviluppare la propria lingua, cultura, fede e tradizioni, e devono sentirsi sicuri che il loro benessere e i loro valori non saranno messi in pericolo. Se le nazioni esistenti all’interno degli stati si sentono a proprio agio nei loro paesi, vi sarà minor paura attorno a un afflusso di immigrati e il processo di allargamento nel complesso verrà visto in una luce positiva. Dobbiamo ascoltare i cittadini, e dobbiamo sviluppare un dialogo. Sono a favore di vari tipi di cooperazione con potenziali Stati membri. Ciò avrebbe come conseguenza non solo un atteggiamento più onesto verso la capacità di integrazione dell’Unione europea, ben definita nella relazione, ma anche una chiara guida per i nostri partner. Grazie.
Doris Pack (PPE-DE). - (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, l’Unione europea non può svolgere la propria funzione di partner globale affidabile e stabile se non rimane in grado di agire e se non persegue una strategia ben definita che risponda ai bisogni specifici di diversi paesi. Non possiamo accettare tutti i nostri vicini come membri e quindi siamo obbligati, se non altro nel loro interesse, ad offrire loro un’alternativa attraente e proficua.
Dobbiamo progettare una politica di vicinato efficiente, degna di tale nome. L’apertura dei nostri programmi per l’educazione, la cultura e i giovani e l’istituzione di un’area economica speciale sono esempi di un atteggiamento del genere. Le opportunità elencate nell’eccellente relazione Brok devono quindi essere sviluppate appieno e arricchite il più presto possibile. Questo è l’unico modo per promuovere stabilità, pace, rispetto dei diritti dell’uomo e le riforme economiche nei paesi nostri vicini.
La situazione tuttavia è diversa nei paesi dei Balcani occidentali, che da qualche tempo hanno una chiara prospettiva di adesione. Basta uno sguardo alla cartina geografica per vedere che essi sono nel cuore dell’Unione europea, e con ciò intendo dire che sono circondati da Stati membri. La nostra politica lì si basa su passaggi logici. Un paese sta già negoziando la propria adesione all’UE, mentre altri hanno siglato accordi di stabilizzazione e di associazione con l’UE – tutti eccetto il Kosovo in realtà. La nostra azione politica lì è la prova della nostra credibilità in materia di politica estera e la garanzia di una pace duratura e di stabilità nell’UE.
Non gradisco quando Turchia e Croazia vengono citate assieme indistintamente. Le condizioni e lo sfondo sono del tutto diversi, e tutti dovrebbero esserne consapevoli. La Croazia è il primo dei paesi dei Balcani i cui negoziati di adesione potrebbero completarsi nel 2009. L’UE dovrebbe accelerare l’adesione della Croazia, mandando così un segnale a Macedonia, Albania, Montenegro, Bosnia-Erzegovina, Serbia e Kosovo con il quale si affermi che le riforme sociali, giuridiche ed economiche essenziali e spesso dolorose valgono lo sforzo.
La responsabilità per la futura adesione di questi paesi, tuttavia, resterà principalmente dei loro politici, che devono rispondere all’elettorato dei rispettivi paesi.
Libor Rouček (PSE). – (CS) Onorevoli colleghi, è opinione del relatore, del Consiglio e della Commissione che i passati allargamenti sono stati generalmente un grande successo. Io concordo pienamente con questa opinione. Un esempio di ciò è il mio paese, la Repubblica Ceca. Sta traendo enormi vantaggi dalla sua appartenenza all’Unione e si sta quasi per mettere in pari con i paesi più avanzati economicamente. Nonostante ciò, ci sono persone nel mio paese, compreso il Presidente Klaus, che esprimono costantemente i loro dubbi sull’appartenenza all’UE, nonché dubbi sul motivo dell’esistenza stessa dell’UE. Nel paese vicino, l’Austria, si esprimono opinioni simili. Sebbene siano stati creati 150 000 posti di lavoro in questo paese di otto milioni di persone grazie all’allargamento, solo il 28 per cento degli austriaci vede positivamente la propria appartenenza all’Unione europea. Vorrei quindi evidenziare un aspetto della relazione di Elmar Brok e cioè la necessità di introdurre una strategia di comunicazione di vasta portata per informare il pubblico sullo scopo dell’allargamento, sui vantaggi e potenziali svantaggi futuri. Per me, questa è la questione più importante, a parte la ratifica del Trattato di Lisbona e a parte mantenere la promessa data in particolare ai paesi dei Balcani occidentali a Salonicco nel 2003.
Mirosław Mariusz Piotrowski (UEN). - (PL) Signor Presidente, nella relazione sulla strategia di allargamento della quale stiamo discutendo c’è un riferimento ad una clausola del Trattato di Roma, secondo la quale “qualsiasi stato europeo può chiedere di diventare membro della comunità”. Notiamo con certa soddisfazione i segnali relativi all’accettazione dell’iniziativa polacca e svedese per una partnership orientale, compresa una più stretta cooperazione con i paesi vicini dell’est, tra i quali l’Ucraina e la Bielorussia. Si dovrebbe sottolineare che l’Ucraina si aspetta piena adesione. Nel contesto di priorità della Presidenza francese, che si sta concentrando sui contatti con i vicini del sud dell’Unione, dovremmo rafforzare anche la nostra partnership a est, per evitare una seria asimmetria nella politica estera. Uno degli strumenti potrebbe essere l’istituzione di una sessione parlamentare UE-Est il cosiddetto Euronest. Porre una proposta del genere come primo punto dell’ordine del giorno rafforzerebbe il segnale che si sta mandando ai nostri vicini e alle loro aspirazioni comunitarie. Si dovrebbe dire chiaramente che queste non dovrebbero essere soppresse e collegate alla debacle del Trattato di Lisbona, come alcuni vecchi politici europei stanno attualmente facendo.
Ioannis Varvitsiotis (PPE-DE). – (EL) Signor Presidente, vorrei congratularmi con l’onorevole Brok per la sua relazione, nella quale c’è molta verità. Personalmente non sono un grande ottimista riguardo nuove adesioni e riguardo a un nuovo allargamento, almeno nell’immediato futuro, con l’eccezione della Croazia. Tuttavia, ci auguriamo che il mondo attorno a noi possa godere di stabilità politica ed economica. Auguriamo che prevalgano pace e prosperità. Ci auguriamo che il mondo attorno a noi rimanga in vita e in ottima salute.
Uno strumento che ci aiuti in questa direzione, come ammette anche l’onorevole Brok, è la politica europea di vicinato. Tuttavia, la politica europea di vicinato non crea dei partner di un’impresa comune. E’ basata sulle relazioni bilaterali dell’Unione con ciascuno di questi paesi e, secondo la mia opinione, questo è il suo punto debole. Dobbiamo quindi creare qualcosa che vada oltre il semplice fatto di essere vicini ma non al punto di essere uno Stato membro. La mia proposta di costruire una confederazione europea è un passo in questa direzione: sarà una sorta di cooperazione rafforzata, una zona di stati vicini all’Unione europea che adotteranno un approccio europeo.
Ciò permetterà sia di rinforzare la sicurezza che aumentare il prestigio internazionale dell’Unione europea. Sarà lo strumento alternativo all’allargamento e ci permetterà di ampliare la nostra influenza verso i vicini interessati in un momento in cui sono evidenti le obiezioni ad un ulteriore allargamento.
Infine vorrei aggiungere che, sebbene questa proposta possa sembrare molto ambiziosa, credo che l’Unione europea debba incrementare il proprio prestigio ed ampliare la propria influenza, e credo che questo sia un modo per fare ciò.
Adrian Severin (PSE). - (EN) Signor Presidente, non ci può essere strategia senza uno scopo. L’ambiguità dello scopo dell’Unione europea quando si arriva alla politica di allargamento è un ostacolo che nessun oratore è stato in grado di superare. Questa relazione è vittima di tale ambiguità.
Il nostro dovere e scopo ultimo è di garantire la sicurezza ai nostri cittadini. I nostri cittadini non si sentono protetti. Per proteggerli, l’Unione europea ha bisogno di potere. Per avere potere in un mondo globale, l’Unione europea ha bisogno sia dell’allargamento che di riforme interne. Poiché abbiamo mancato di dire ai nostri cittadini che i diritti che hanno già acquisito non sono sostenibili, essi credono di poter preservare tali diritti opponendosi sia all’allargamento che alle riforme. Con queste condizioni il futuro dell’Unione europea è in pericolo.
L’allargamento non è una concessione fatta ai paesi candidati. Alcuni di essi, come Ucraina, Serbia, Moldova e Turchia, hanno delle alternative – magari peggiori, ma pur sempre alternative. In questi casi siamo in competizione con altri. Alcuni dei loro problemi interni potrebbero essere meglio risolti all’interno piuttosto che all’esterno dell’Unione europea. Se non offriamo loro delle prospettive, non offriamo sicurezza ai nostri cittadini.
Non sono i paesi candidati o i nuovi Stati membri ad essere indigesti: è il nostro apparato digestivo ad essere troppo lento. O troviamo un buon digestivo subito oppure saremo costretti a soffrire a lungo la fame.
Anna Ibrisagic (PPE-DE). - (SV) Signor Presidente, signor Commissario, credo sia giusto concludere che l’allargamento è stato un successo. Sono lieto di avere la conferma che i paesi ai quali abbiamo precedentemente dato chiari impegni e una chiara prospettiva UE godano ancora di quei vantaggi. Tuttavia, sono seriamente preoccupato in quanto l’atmosfera si raffredda ogni volta che si discute di allargamento. Parole come “adeguato”, “capacità di assorbimento”, “consolidamento politico”, “rischi per la coesione sociale ed economica” vengono sempre più usate. Sono parole che, alle mie orecchie, non suonano come visione o obiettivo ma piuttosto come un modo per evitare di impegnarci in possibili allargamenti futuri. Si fa sempre più riferimento alla fatica dell’allargamento nell’opinione pubblica in patria, ma non si sta facendo abbastanza per cambiare quella opinione.
Non è un caso che Germania e Francia, due paesi che si sono fatti la guerra per secoli, siano stati proprio i paesi che hanno lanciato il progetto UE. Non è un caso che siano stati proprio i leader di Germania e Francia ad avere una visione per il futuro dell’Europa. Essi avevano capito che l’Unione europea era, prima di tutto, un progetto di pace e sicurezza, molto di più di un semplice progetto economico. E’ questa visione e questo tipo di leadership che cerco davvero e che manca qui. Apprezzo quindi il chiaro discorso di del Commissario Rehn: non dobbiamo creare una sorta di sala d’attesa per i paesi che aspirano ad aderire, e l’allargamento ha un futuro. Sono particolarmente grato al Commissario per questo.
Vural Öger (PSE). - (DE) Signor Presidente, a mio parere la politica di allargamento europea è stata una storia di grande successo. Nel giro di cinquant’anni l’UE è riuscita a creare un continente pacifico, democratico e prospero. Ciò che mi colpisce di questa relazione sulla strategia di allargamento, tuttavia, è che essa è anche concentrata sulle relazioni tra l’UE e paesi senza prospettive di adesione.
Questo tentativo di moderare la strategia di allargamento e di fonderla con la politica europea di vicinato pone dei problemi. Sebbene la relazione tratti di interessantissime questioni nel merito e chiarisca molti punti, questi punti troverebbero miglior collocazione in una relazione sull’ENP ma sono fuori posto all’interno di una relazione sull’allargamento. Sto pensando, ad esempio, alle proposte di una unione per il Mediterraneo e di una unione per il Mar Nero. La politica di allargamento dell’UE dovrebbe rimanere distinta dalla politica europea di vicinato. Invece, mi dispiace di dover dire che la relazione contiene affermazioni molto vaghe e che addirittura confondono, lasciando spazio a diverse interpretazioni.
Francisco José Millán Mon (PPE-DE). - (ES) Signor Presidente, la relazione Brok si riferisce a uno dei maggiori successi dell’Unione europea: il processo di allargamento. Se me lo consentite, vorrei fare tre considerazioni.
In primo luogo, l’allargamento ha messo in evidenza la cosiddetta “capacità di cambiamento” dell’Unione. Il desiderio di integrazione è stato un forte stimolo al cambiamento politico ed economico in molti paesi europei. Quei paesi hanno proseguito per diventare membri dell’Unione, e così facendo hanno tratto loro stessi dei benefici, oltre che gli esistenti Stati membri. Il quinto allargamento è la prova più recente di questo successo.
In secondo luogo, appoggio i concetti, difesi dalla Commissione, di condizionalità, consolidamento e comunicazione, concetti presenti anche nella relazione di Brok. Sostengo anche la richiesta che l’Unione debba rafforzare la propria capacità di integrazione. Di fatto, gli allargamenti richiedono che l’Unione sia in grado di assorbirli e continui a funzionare in modo adeguato. Per fare ciò, deve effettuare riforme istituzionali, se del caso, e, ad esempio, garantire le proprie risorse finanziarie. Gli allargamenti non devono mettere in pericolo le politiche comuni o gli obiettivi dell’Unione. Inoltre, sostengo la necessità di una politica ambiziosa della comunicazione, qualcosa che finora è mancato all’Unione. E’ vero che non siamo stati in grado di rendere partecipi i nostri cittadini dei vantaggi dell’allargamento.
Infine, la relazione Brok parla della possibilità di creare un’area specifica dell’Unione per i paesi orientali che ad oggi non hanno prospettive di adesione. Come indicato al paragrafo 19 della relazione, un’area o zona di questo tipo si baserebbe su politiche comuni su vari ambiti, dallo stato di diritto e democrazia all’educazione e migrazione. E’ mia opinione che molte di queste politiche comuni non dovrebbero essere attuate solo in relazione ai nostri vicini orientali, ma anche estese ai paesi di confine con il Mediterraneo. Questi hanno avuto relazioni strettissime con l’Unione europea negli ultimi cinquant’anni. La politica europea di vicinato e il cosiddetto processo di Barcellona – ora unione mediterranea – devono garantire che i paesi sul versante meridionale non si sentano trattati come cittadini di serie B.
Luis Yañez-Barnuevo García (PSE). - (ES) Signor Presidente, solo un’annotazione: in un minuto non c’è tempo per le sottigliezze e quindi parlo esclusivamente a nome mio.
L’allargamento non è sempre stato un successo. Le elite politiche di quattro o cinque paesi nell’ultimo allargamento del 2004 non hanno, a mio avviso, capito o assunto la politica europea o l’acquis comunitario. Stanno dando priorità alle relazioni con gli Stati Uniti e pongono maggiore enfasi sulla NATO che su un vero e sicuro processo di integrazione con l’Unione europea.
Non ci possono essere altri allargamenti prima dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona.
Gli attuali negoziati con paesi candidati dovrebbero continuare senza interruzione ma credo con enfasi che quei negoziati non dovrebbero concludersi prima dell’approvazione del Trattato di Lisbona.
Infine, non dovremmo impedire che i paesi che vogliono avanzare ulteriormente vengano ostacolati dai paesi più euroscettici, nazionalisti o sostenitori della sovranità.
Hubert Pirker (PPE-DE). - (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, nella relazione Brok il Parlamento europeo dimostra chiaramente di aver appreso la lezione dell’ultima grossa ondata di allargamenti, che ha visto l’adesione di dodici nuovi Stati membri e di essere stato in grado di catalogare tutti i problemi connessi mettendo in luce, in modo efficace, tutti i vantaggi che l’allargamento ha portato, sia ai vecchi che ai nuovi Stati membri.
La cosa importante, però, è trarre le conclusioni appropriate e questo è stato fatto, in particolare in due aree per me importanti. Innanzitutto dobbiamo esaminare la capacità di assorbimento dell’Unione europea prima di qualsiasi futuro allargamento e, in secondo luogo, i paesi candidati dovranno veramente soddisfare i criteri prima di essere ammessi.
Quando ci accingiamo a discutere sulla capacità di assorbimento dell’Unione europea, credo che vi siano punti importanti da considerare, come il principio secondo cui le nuove adesioni non devono compromettere il progetto di integrazione europeo. Con questo voglio dire che l’impeto allo sviluppo dell’Unione e il perseguimento dei suoi obiettivi devono essere incrementati, non sviati, dall’ammissione di Stati membri. Il quadro istituzionale dell’Unione deve prima essere creato e consolidato. Il fatto è che c’è bisogno di un trattato e l’Unione europea deve potersi permettere l’allargamento, altrimenti comprometterebbe il progetto di integrazione.
Il nostro obiettivo comune è il continuo progresso. Le successive adesioni di altri paesi non dovrebbero essere escluse, ma tutto dovrebbe avvenire in conformità con le regole e le condizioni.
Roberta Alma Anastase (PPE-DE). - (RO) Il consolidarsi del ruolo d’attore sulla scena internazionale assunto dall’Unione europea è impossibile senza continui aggiustamenti al contesto globale del XXI secolo.
Un elemento geostrategico in merito è rappresentato dall’allargamento e i precedenti allargamenti, tra cui l’ultimo, quello del 2007, hanno dimostrato gli innegabili vantaggi di questo processo. E’ dunque necessario che esso continui e io accolgo di buon grado il fatto che i Balcani occidentali ribadiscano il loro tenace impegno nella relazione.
Ciononostante, non è meno importante fornire una chiara prospettiva comunitaria ai partner europei della politica di vicinato, tra cui la Repubblica moldova.
Vi ricordo che stiamo parlando di paesi europei che hanno già dichiarato l’obiettivo di acquisire una prospettiva comunitaria e il Trattato di Roma stabilisce esplicitamente che qualunque stato europeo può richiedere di diventare Stato membro, a patto che soddisfi i criteri di Copenaghen.
Io chiedo alla Commissione e al Consiglio di…
(Il Presidente toglie la parola al relatore.)
Ioan Mircea Paşcu (PSE). - (EN) Signor Presidente, l’ostacolo irlandese al Trattato di Lisbona ha fornito un’insperata opportunità agli scettici nei confronti dell’allargamento: l’Unione europea non deve più pensare a nuovi membri, semplicemente perché non c’è posto per loro. Naturalmente, in termini strettamente giuridici, questo al momento è vero, ma, allo stesso tempo, dovremmo fare una chiara distinzione tra Trattato di Lisbona e allargamento. In primo luogo perché la logica di base del trattato non è l’allargamento in sé, ma l’adattarsi dell’UE a un contesto globalizzato e, in secondo luogo, perché l’allargamento è un fatto politico piuttosto che strettamente giuridico.
L’allargamento costituisce un ingrediente politico efficace che dimostra forza di attrazione e autorità così come capacità di coinvolgimento – tutte cose che non dobbiamo mancare di pretendere per la nostra Unione. Di conseguenza, la pianificazione strategica, i negoziati in corso e le nuove iniziative per un ulteriore allargamento dovrebbero proseguire di pari passo con gli sforzi di ratifica del Trattato di Lisbona.
Andrew Duff (ALDE). - (EN) Signor Presidente, potrebbe il Presidente in carica Jouyet dare spiegazione e giustificazione alla straordinaria situazione creatasi all’interno del Parlamento francese in relazione all’uso del referendum per autorizzare l’adesione della Turchia? Non concorda sul fatto che il ricorso a uno strumento così populista sia assolutamente sbagliato per la ratifica di un trattato internazionale?
Nicolae Vlad Popa (PPE-DE). - (RO) L’allargamento si è dimostrato uno degli strumenti politici più efficaci dell’Unione europea, al servizio degli interessi strategici comunitari di stabilità, sicurezza e prevenzione dei conflitti. Ha contribuito alla maggiore prosperità, alle opportunità di crescita, così come ad assicurare i trasporti cruciali e la creazione di corridoi per l’energia.
La politica dell’Unione europea sull’allargamento si è rivelata un successo sia per la stessa Unione che per l’Europa in generale. In questo contesto è necessario mantenere la politica di porte aperte sia per i paesi candidati effettivi o potenziali, che per quei paesi dell’Europa dell’est con prospettive comunitarie: un approccio condizionato, ovviamente, al raggiungimento dei criteri richiesti e degli impegni.
Tuttavia, allo scopo di proseguire nell’allargamento, dobbiamo trovare una soluzione attuabile per far sì che il Trattato di Lisbona entri in vigore.
Monika Beňová (PSE). – (SK) Abbiamo sentito parole quali fatica dell’allargamento, crisi o necessità di consolidamento. Parole e atteggiamenti deprimenti che dimostrano più impotenza e elitarismo piuttosto che capacità di portare avanti attivamente la visione di un’Europa unita.
Il consolidamento non rappresenta un problema per i paesi entrati a far parte dell’Unione nelle ultime due adesioni, lo è per i vecchi Stati membri, che dovrebbero chiedersi perché hanno bisogno di consolidamento. In merito alla fatica da allargamento, noi siamo quelli tormentati da prospettive e punti di vista contraddittori, non quei paesi che sono già pronti ad adempiere a tutte le nostre richieste e condizioni allo scopo di diventare Stati membri.
Il nostro comportamento nei confronti della Turchia, ad esempio, è tragicomico, perché ad oggi non siamo ancora in grado di dire se permetteremo alla Turchia di entrare nella nostra cerchia elitaria al raggiungimento dei criteri di Copenaghen e, di conseguenza, la domanda o tutte le domande che…
(Il Presidente interrompe l’oratore)
Marios Matsakis (ALDE). - (EN) Signor Presidente, è rassicurante sentire il ministro francese quando sostanzialmente afferma che la Turchia deve normalizzare i suoi rapporti con Cipro, per dimostrare la propria volontà nel portare avanti le sue aspirazioni europee.
E’ davvero inconcepibile e sfida ogni logica che l’UE continui i negoziati di adesione con un paese che seguita a non riconoscere uno degli Stati membri continuando l’occupazione di parte del suo territorio. Capisco che la politica del bastone e della carota sia necessaria nel caso di un paese in cui la democrazia è costantemente tenuta sotto scacco dai militari, ma ci sono limiti alla nostra pazienza e alla nostra tolleranza.
Abbiamo partecipato ai colloqui comuni tenutisi a Cipro. Questo è un buon momento perché la Commissione e il Consiglio indichino vivamente alla Turchia la necessità di dimostrare buona volontà – non solo nei confronti di Cipro, ma dell’Unione in generale – nel rimuovere con urgenza le truppe di occupazione dall’isola di Cipro e nell’applicare immediatamente il protocollo di Ankara. Tali iniziative permetterebbero indubbiamente di fare un passo in avanti nella soluzione del problema di Cipro.
(Il Presidente interrompe l’oratore.)
Presidente. − Mi è stato riferito che non ci rimane molto tempo, quindi non sarà possibile che tutti parlino.
Vorrei precisare che coloro che hanno chiesto di parlare possono sottoporre il loro intervento in forma scritta affinché venga inserito nel verbale della seduta.