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Procedura : 2008/2607(RSP)
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Testi presentati :

O-0040/2008 (B6-0166/2008)

Discussioni :

PV 09/07/2008 - 15
CRE 09/07/2008 - 15
PV 04/09/2008 - 3

Votazioni :

Testi approvati :


Resoconto integrale delle discussioni
Mercoledì 9 luglio 2008 - Strasburgo Edizione GU

15. Detenuti palestinesi nelle carceri israeliane (discussione)
PV
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  Presidente. − L’ordine del giorno reca la discussione su:

- l’interrogazione orale al Consiglio sui prigionieri palestinesi detenuti nelle prigioni israeliane (O-0040/2008 - B6-0166/2008);

- l’interrogazione orale alla Commissione sui prigionieri palestinesi detenuti nelle prigioni israeliane (O-0041/2008 - B6-0167/2008);

 
  
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  Luisa Morgantini, autore. Signor Presidente, onorevoli colleghi, a 47 parlamentari di diversi gruppi politici abbiamo posto una domanda semplice: che cosa intendono fare Consiglio e Commissione per la violazione delle convenzioni internazionali da parte delle autorità israeliane nei confronti dei prigionieri palestinesi? La stragrande maggioranza è incarcerata è incarcerata in territorio israeliano, violando l’articolo 76 della Convenzione di Ginevra: arresti arbitrari, rastrellamenti, detenzione amministrativa, torture e abusi durante gli interrogatori nei luoghi di detenzione. Uomini, donne, adolescenti, studenti, parlamentari e sindaci, circa 10 000 persone incarcerate su una popolazione di tre milioni e mezzo di persone; divieto di ricevere visite e così vi sono prigionieri che da anni non possono incontrare fratelli, sorelle, madri, padri e divieto comunque per chi ha tra i 16 e i 35 anni.

Tutto è documentato da organizzazioni internazionali, Amnesty International, Nazioni Unite e ammirevoli organizzazioni israeliane come B’Tselem e Hamoked, o palestinesi come Addameer, Defence for Children International. Eppure non vi sono pressioni sulle autorità israeliane perché rispettino le convenzioni e le regole che essi stessi ratificano e che noi anche ratifichiamo.

Ma vorrei leggere una testimonianza, l’appello di una madre: “Sono la madre del prigioniero Said Al Atabeh, di Nablus. Mio figlio è in carcere dal ‘77, ho 78 anni, soffro di ipertensione, diabete, sto perdendo la vista e non riesco neanche più a camminare dentro la mia casa. Forse vi stupirete ma il mio unico desiderio in questa vita è di vedere mio figlio e dargli un caldo abbraccio prima di morire. Tutti i miei figli, ragazzi e ragazze, ora sono cresciuti, si sono sposati e hanno lasciato la mia casa. A Said è stato tolto tutto e io non lo posso vedere, non per vecchiaia o per malattia, ma perché le autorità israeliane mi negano il permesso di visitarlo per motivi di sicurezza, dicono. Sono riuscita a far visita a Said solo una volta, trasportata da un’ambulanza israeliana in cooperazione con la Croce rossa e questo otto anni fa, dopo 29 anni dalla sua detenzione. E’ stata la prima e ultima volta in cui ho abbracciato il mio amato figlio. Mi ha stretto e mi ha detto “Mamma, è come se io nascessi ancora una volta a questa vita”. Quei minuti, per me e per lui, sono stati i più belli, ma l’attimo in cui ci siamo separati l’uno dall’altra è stato il più duro e doloroso”. Questa madre fa un appello: “Lo voglio rivedere ancora una volta”.

Noi possiamo permettere questo? Possiamo permettere che un uomo che è in carcere da 32 anni non possa neppure vedere la madre? Dove stanno le regole internazionali? Dove sta l’umanità, io mi chiedo? Io credo che come Consiglio, come Commissione, come Parlamento, noi dobbiamo dire con molta forza e con molta onestà che le regole internazionali vanno rispettate, che i prigionieri palestinesi, e sono 10 000, ripeto, devono essere liberi di fare la pace tra palestinesi e israeliani.

 
  
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  Jean-Pierre Jouyet, Presidente in carica del Consiglio. (FR) Signor Presidente, signor Commissario, Vicepresidente Morgantini, onorevoli colleghi, avete sollevato le questioni della prigionia e della detenzione amministrativa da parte degli israeliani di cittadini palestinesi, tra cui minori, e del trattamento riservato loro nei territori occupati e in Israele.

Il Consiglio ritiene che le strategie e le pratiche penali debbano sempre e comunque rispettare i principi fondamentali dei diritti umani custoditi nel diritto internazionale, in particolare nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e nel Patto internazionale sui diritti civili e politici.

Qualunque forma di detenzione che si possa dire arbitraria dovrebbe essere bandita, soprattutto se la persona detenuta non è stata informata delle accuse a suo carico. Il diritto ad avere un processo giusto e pubblico con un tribunale imparziale e indipendente è un principio sacrosanto in un paese in cui vige lo Stato di diritto. Il ricorso a tribunali speciali deve avvenire solamente in casi molto limitati e ben definiti.

Un altro obbligo fondamentale è quello di trattare i detenuti in modo corretto e, naturalmente, di proibire tassativamente e impedire la tortura e qualsiasi altra forma di comportamento disumano e umiliante nei confronti dei prigionieri.

Il Consiglio riconosce che la situazione dei diritti umani in Medio Oriente desta preoccupazione. Ciononostante, accoglie di buon grado che il dialogo tra Unione europea e lo stato di Israele verta su tanti argomenti, tra cui la situazione dei territori palestinesi. Nei contatti politici UE/Israele i diritti umani sono argomento di continua discussione a tutti i livelli e su base continuativa.

E’ per questo che, nella dichiarazione del 16 giugno 2008, pubblicata a conclusione dei lavori del Consiglio di associazione UE-Israele, l’Unione europea ha richiesto di trasformare in sotto-comitato permanente il gruppo non-ufficiale di discussione sui diritti umani.

Il Consiglio è informato dei fatti esposti dagli onorevoli parlamentari, specialmente dal Vicepresidente, e sollevati in particolare nell’ultima relazione dell’onorevole John Dugard, Referente speciale ONU sulla situazione dei diritti umani nei territori palestinesi, nonché da varie organizzazioni non-governative.

Il Consiglio ha avuto modo di manifestare la sua inquietudine e ha chiesto ripetutamente la liberazione di un maggior numero di prigionieri palestinesi. Ha inoltre ribadito la convinzione che il processo politico intrapreso ad Annapolis nel novembre 2007, che deve essere accompagnato da dimostrazioni di fiducia sul campo, rappresenta l’unico mezzo per raggiungere una soluzione negoziale tra le parti, fondata sulla coesistenza dei due stati: uno stato palestinese indipendente, democratico e autosufficiente, che viva pacificamente a fianco a uno stato israeliano con confini certi e sicuri.

A questo riguardo, e nella prospettiva di ricostruire la fiducia tra le parti, coinvolgendo la popolazione civile nell’attuale processo politico, il Consiglio invita Israele a intraprendere iniziative significative, in particolare come priorità la liberazione di donne, bambini e rappresentanti regolarmente eletti che si trovano in prigione o in detenzione amministrativa.

(Applausi)

In riferimento all’invocazione degli strumenti del diritto internazionale, come menzionato dalla Vicepresidente Morgantini, il Consiglio ribadisce la sua posizione, che il diritto internazionale deve essere salvaguardato e sviluppato, come specificato nella strategia europea in materia di sicurezza adottata dal Consiglio nel dicembre 2003.

Ci tengo a sottolineare che la Presidenza, a nome dell’Unione europea, ha accolto con piacere la firma dell’accordo di scambio tra Israele e Hezbollah, della quale siamo giunti a conoscenza lunedì. L’accordo prevede il ritorno dei corpi dei combattenti Hezbollah e il rilascio di prigionieri palestinesi in cambio della consegna dei corpi dei soldati israeliani Ehud Goldwasser e Eldad Regev, catturati nel 2006.

Ci auguriamo che lo scambio avvenga come pattuito, ma questo fatto rivela, per il futuro, quanto la questione “prigionieri” in Medio Oriente sia complessa, e quanto importante sia risolverla.

Il Consiglio sottolinea che il processo politico, come definito nella road map, rappresenta l’unico modo per trovare una soluzione negoziale tra le parti e, come da me anticipato ed esattamente nei termini da me indicati, la coesistenza dei due stati.

 
  
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  Benita Ferrero-Waldner, Membro della Commissione. (EN) Signor Presidente, innanzitutto vorrei dire alla Vicepresidente Morgantini che la questione che ha sollevato oggi mi tocca da vicino. Lo scorso febbraio, anch’io ho incontrato il ministro palestinese per gli Affari dei detenuti presso la sede della società della signora Fadwa Barghouti, moglie di Marwan Barghouti, che al momento si trova in prigione. Li ho ascoltati con molta attenzione. La loro descrizione della situazione dei prigionieri combacia con quella delle relazioni citate dagli onorevoli membri, e da lei in particolare, nelle interrogazioni.

Vorrei dunque precisare che sono molto preoccupata per la violazione dei diritti umani e esprimo grande solidarietà per le sofferenze dei palestinesi detenuti nelle prigioni israeliane.

La Commissione è fortemente consapevole della responsabilità di Israele in quanto forza di occupazione, e di quanto queste condizioni siano in conflitto con il diritto internazionale. E’ per questo che, ad esempio, regolarmente solleviamo, in contesti ufficiali e non, il problema della detenzione amministrativa con le nostre controparti israeliane. Il caso specifico da lei citato mi tocca profondamente e se potessi avere la documentazione relativa, cercherei di fare il possibile. C’è forse una possibilità che questa madre veda ancora suo figlio.

L’Unione europea ha richiesto molte volte l’immediato rilascio dei legislatori palestinesi detenuti in Israele. La Commissione è anche informata dei bambini palestinesi trattenuti nelle prigioni israeliane e nei centri detentivi. Tutto ciò contravviene sia alla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del bambino che fissa l’età minima dei minori fino a 18 anni, sia alla quarta Convenzione di Ginevra che stabilisce che i prigionieri debbano essere detenuti all’interno dei territori occupati. Questi prigionieri bambini sono particolarmente vulnerabili, lo sappiamo bene, e quindi devono essere trattati in conformità con il diritto internazionale.

Dobbiamo prestare maggior attenzione alla situazione dei bambini colpiti dal conflitto. Ed è per questo che l’Unione europea ha aggiunto Israele e i territori palestinesi occupati nella lista dei paesi urgenti per l’applicazione degli orientamenti dell’Unione europea sui bambini e i conflitti armati.

In sintonia con questi orientamenti, l’Unione integra tutti gli aspetti relativi ai diritti e al benessere dei bambini colpiti dal conflitto nel dialogo politico con Israele. L’UE inoltre opera a stretto contatto con agenzie delle Nazioni Unite, così come con ONG israeliane e palestinesi attivamente impegnate a monitorare, a divulgare e a difendere i diritti dei bambini.

Il rispetto dei diritti dell’uomo e del diritto internazionale è un valore fondamentale dell’Unione europea, nonché un elemento essenziale della nostra politica estera. Di conseguenza la protezione di detti diritti è un tema chiave nelle relazioni con Israele, come testimoniano i dialoghi avuti in merito con le autorità israeliane a vari livelli.

Sia la Commissione, negli incontri con le autorità israeliane, che io personalmente, nelle riunioni con i politici israeliani, continueremo certamente ad esigere da Israele la piena osservanza del diritto e delle convenzioni internazionali. Di recente, in occasione dell’ultimo Consiglio di associazione con Israele, l’Unione europea ha dichiarato l’intenzione di istituire un sotto-comitato ufficiale sui diritti dell’uomo, che rappresenterebbe un importante passo in avanti per formalizzare ulteriormente il dialogo su questi temi.

L’articolo 2 dell’accordo di associazione UE-Israele ricorderà ad entrambi che alla base delle loro relazioni bilaterali c’è il rispetto dei diritti dell’uomo e dei principi democratici. Pensiamo che il dialogo sia il mezzo più promettente per esercitare pressioni positive su Israele e non abbiamo paura di sollevare questioni spinose, come quella su cui gli onorevoli colleghi hanno indagato.

Concordo appieno con la Presidenza quando suggerisce di valutare tutto ciò nell’ottica del conflitto mediorientale, e quindi penso che la soluzione stessa del conflitto in fondo attenuerebbe o addirittura risolverebbe la questione dei prigionieri.

 
  
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  Charles Tannock, a nome del gruppo PPE-DE. (EN) Signor Presidente, ancora una volta le forze anti-israeliane all’interno di questo Parlamento non perdono occasione per attaccare lo stato ebreo e ancora una volta chi tra noi crede in una discussione equilibrata e in una pace vera in Medio Oriente si vede costretto a difendere Israele, che, dopo tutto, è un paese democratico, minacciato nell’esistenza stessa dai terroristi della jihad e dai loro sostenitori, che sono proprio quei prigionieri in detenzione amministrativa di cui stiamo parlando.

In riferimento alla questione dei bambini, anche loro sono stati tristemente trascinati e assoldati nell’intifada dai terroristi, addirittura come potenziali kamikaze.

In particolare metto in dubbio la necessità di questa mozione per una risoluzione in un momento come questo di tregua con Hamas, che ha appena smesso di lanciare missili su civili israeliani da Gaza, e anche dopo uno scambio di prigionieri tra Israele e Hezbollah, per cui cinque terroristi prigionieri sono tornati a casa dalle loro famiglie mentre due soldati israeliani ritorneranno dentro sacchi per cadaveri. Uno di questi terroristi – Samir Kuntar – ha ucciso prima un giovane israeliano affogandolo e poi sua figlia, sbattendola contro delle rocce e fracassandole il cranio con il calcio del fucile. Ha anche ucciso un poliziotto. I terroristi palestinesi responsabili del dirottamento dell’Achille Lauro – occasione in cui hanno ucciso un anziano ebreo, gettandone poi il corpo in mare – hanno chiesto il rilascio di Kuntar.

Qualsiasi democrazia che stringe accordi con i terroristi paga un prezzo altissimo, e ciò è doppiamente vero nel caso di Israele. Samir Kuntar ha giurato di riprendere la jihad contro Israele ora che è libero.

E’ per questo che applaudo la coraggiosa decisione di Israele. Mi auguro che alla fine porti risultati positivi, ma temo che ciò non avvenga, perché è chiaro che quelli che vogliono la distruzione di questo stato diventano sempre più forti grazie a politici quali la Vicepresidente Morgantini, che propone risoluzioni di questo tipo in un momento del genere.

Nell’occuparsi di questo argomento, forse le piacerebbe esaminare la denuncia apparsa sulla stampa britannica del ricorso abituale alla tortura nelle prigioni palestinesi perpetrata da Hamas a Gaza contro la loro stessa gente e, forse molto più sorprendente, dall’Autorità palestinese stessa.

 
  
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  Véronique De Keyser, a nome del gruppo PSE. (FR) Signor Presidente, di recente ho partecipato alla conferenza di Berlino, la cui priorità era il ripristino dello Stato di diritto nei territori occupati. Quello che vale per la Palestina, uno stato in continuo divenire, vale maggior ragione per Israele. E a questo riguardo il destino dei prigionieri palestinesi è un vero paradigma, perché stiamo parlando delle sorti di più di 8500 prigionieri palestinesi, delle ragioni e delle condizioni della loro detenzione.

Vorrei sottolineare che 48 membri del Consiglio legislativo palestinese, regolarmente eletti, sono al momento in prigione. Questo è inaccettabile. Che la stragrande maggioranza dei detenuti sono stati trasportati in carceri israeliane, in violazione della Convenzione di Ginevra, che proibisce il trasferimento dei detenuti dai territori occupati a quelli dell’occupante. Questo è inaccettabile. Che il codice penale applicato ai territori occupati vale solo per i palestinesi e non per i coloni. In parole povere, ciò che è reato per un gruppo non lo è per un altro. Questo è inaccettabile. Che circa 100 donne sono state imprigionate e, tra di loro, quelle che sono incinta o allattano non ricevono le cure richieste dalla loro condizione. Questo è inaccettabile. Che 310 minori sono detenuti nelle stesse condizioni degli adulti, sebbene Israele sia tra i firmatari della convenzione sui diritti del bambino. E che nessuno osi dirmi quello che ho già sentito, e cioè che a 15 anni questi piccoli arabi sono già degli adulti, capaci di tutto.

Di chi è la colpa, onorevole Tannock, se non dell’occupazione che li ha privati della fanciullezza? E la lista continua: torture, maltrattamenti, diritti alla difesa inesistenti, assenza di processo, e così via. Vorrei farvi notare che questi fatti sono documentati sia da fonti israeliane che internazionali. Naturalmente il Parlamento europeo non può far finire il conflitto con un colpo di bacchetta magica, ma vi assicuro che porterà i diritti dell’uomo al centro del riesame dello status di Israele, che verrà discusso nel corso dell’anno. L’articolo 2 di questo accordo dice chiaramente: “Le relazioni fra le arti, così come tutte le clausole dell’Accordo medesimo, saranno basate sul rispetto dei diritti umani e dei principi democratici, rispetto che guida la politica interna e internazionale delle parti e costituisce un elemento essenziale di questo Accordo.”

Naturalmente lo scambio deve avvenire. Lo scambio e il rilascio di prigionieri ad esempio come Gilad Shalit, da un lato, e Salah Hamouri, dall’altro, deve essere negoziato. E mi fa molto piacere che l’accordo di scambio sia stato firmato con Hezbollah. Vorrei comunque ricordare alle nostre controparti israeliane che per il Parlamento europeo i diritti umani non sono negoziabili. Ed è per questo che sono molto felice, e mi congratulo con lei, signor Ministro, in quanto rappresentante del Consiglio, e lei, signor Commissario, per la fermezza delle sue parole, che dimostrano che le tre istituzioni che rappresentiamo fanno veramente un’Unione europea.

 
  
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  Marios Matsakis, a nome del gruppo ALDE. – (EN) Signor Presidente, in merito a questo argomento parlo a titolo personale.

Abbiamo assistito in Israele al succedersi di governi che hanno portato avanti una politica atta a contrastare il desiderio palestinese di vivere liberamente nella propria terra, attraverso il pugno di ferro e la minaccia delle armi, ricorrendo all’uso arbitrario di arresti, prigionie, torture e omicidi di civili, tra cui donne e bambini. Tutto ciò è poco saggio, perché non c’è consapevolezza che i veri problemi di sicurezza che Israele effettivamente deve affrontare non si risolvono in questo modo disumano. Al contrario l’uso di tanta brutalità non può che portare ancora violenza e logorare lentamente qualunque sostegno internazionale di cui possono aver goduto in passato.

E’ da tanto arrivato il momento che i vertici dell’Unione europea coraggiosamente avvertano i rappresentanti politici ebrei che, continuando a comportarsi come gerarchi nazisti e a credere che il sostegno americano e dei filo-americani in Europa (tra cui anche europarlamentari) sia eterno, porteranno tristemente ma inevitabilmente e con precisione matematica il loro stato all’annientamento.

 
  
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  Hélène Flautre, a nome del gruppo Verts/ALE. (FR) Signor Presidente, Obeida Assida è uno studente palestinese, arrestato nel 2003 all’età di 17 anni, attualmente in detenzione amministrativa in Israele, senza accuse a suo carico e senza processo. Saed Yassine è un palestinese difensore dei diritti umani, di 34 anni, trattenuto in detenzione amministrativa in Israele dal 2006. Non ci sono accuse a suo carico né nulla contro di lui, e sua moglie e i suoi figli sono riusciti a vederlo solo tre volte. Noura al Hashlamoun è una casalinga di 36 anni, madre di tre figli, in detenzione amministrativa in Israele dal settembre 2006, senza accuse né processo. Marwan Barghouti, il promotore e l’autore del documento dei prigionieri è trattenuto in Israele dall’aprile del 2002. A questo proposito vorrei attirare l’attenzione degli onorevoli colleghi che una petizione per il suo rilascio sta ancora circolando e tutti potete firmarla in qualsiasi momento.

Tutti sanno che se dovessi scorrere tutta la lunga lista di migliaia di prigionieri palestinesi attualmente detenuti nelle prigioni israeliane, in totale spregio della legislazione internazionale e dei diritti dell’uomo, dovreste concedermi un bel po’ di tempo in più. Tuttavia ciascuno di loro, con le proprie famiglie meriterebbe un lungo discorso, perché non è stato risparmiato loro nulla – brutali interrogatori che possono durare anche 188 giorni e che fanno ricorso alla tortura, è risaputo; confessioni e sentenze da firmare in ebraico; detenzione senza fondamento in Israele, fuori dalla loro terra, arbitrariamente rinnovabile ogni sei mesi; sottostare ad una giurisdizione militare creata ad hoc e discriminatoria che non ha alcuna giustificazione legale; nessuna possibilità di avere un avvocato difensore nei primi 90 giorni della carcerazione e diritti di visita praticamente inesistenti.

L’onorevole De Keyser ha ragione quando dice che è esattamente questo che l’Unione europea non può accettare. Tutto ciò è assolutamente inaccettabile. E ci dite anche che questa nuova occasione di dialogo verrà sfruttato. Perché dovremmo credere che domani l’Unione europea, voi, la Commissione e il Consiglio, sarete più capaci di imporre il rispetto di quelle clausole già incluse nell’accordo esistente, domani, con…

(Il Presidente interrompe l’oratore)

 
  
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  Kyriacos Triantaphyllides, a nome del gruppo GUE/NGL. – (EL) Signor Presidente, nel corso della nostra precedente seduta plenaria del 16 giugno a Strasburgo, lei ha rilasciato una dichiarazione sulla situazione palestinese, dichiarazione che rifletteva le scoperte deludenti del comitato ad hoc che, su sua iniziativa, ha visitato i territori palestinesi a inizio giugno registrando le squallide condizioni di vita di questo popolo, imposte dall’occupazione israeliana.

E’ giunto il momento che il Consiglio e la Commissione rispondano delle azioni che intendono intraprendere per assicurarsi che le forze di occupazione, vale a dire lo stato di Israele, agiscano nell’osservanza del diritto internazionale in riferimento alle condizioni dei palestinesi detenuti nelle prigioni israeliane.

Oggi noi, membri del Parlamento europeo, chiediamo al Consiglio e alla Commissione di darci una spiegazione sul fatto che il 16 giugno hanno potenziato i rapporti tra l’Unione europea e Israele, in un momento in cui 11 000 detenuti, tra cui 376 bambini, 118 donne e 44 membri del Consiglio legislativo palestinese, così come 800 detenuti amministrativi, sono trattenuti nelle prigioni israeliane, in violazione del diritto internazionale.

Ritorneremo in visita in Palestina tra due mesi. Nel frattempo vi chiediamo di pretendere, a nome di tutto il Parlamento, che le autorità israeliane rilascino immediatamente sia tutti i bambini detenuti nelle loro prigioni, che tutti coloro per i quali non sono state osservate le normali procedure giudiziarie…

(Il Presidente interrompe l’oratore)

 
  
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  Nickolay Mladenov (PPE-DE). - (EN) Signor Presidente, credo che tutti in questa sede, compresa la Commissione e il Consiglio e tutti i politici europei, siano convinti che la tutela dei diritti umani dell’individuo sia un dovere fondamentale in tempo di guerra e terrorismo molto di più che in tempo di pace e sicurezza. Credo che tutti condividiamo quest’idea.

Questa è un’opinione condivisa anche dalla corte suprema israeliana, che in occasione di alcune decisioni ha confermato i diritti sia dei prigionieri palestinesi che dei querelanti contro le azioni delle forze armate israeliane o del governo.

Permettetemi di ricordare che nel 1991, poiché Israele si aspettava un attacco con armi chimiche e biologiche, la sua corte suprema ha sostenuto una petizione che diceva letteralmente che il potere che una società ha di fronteggiare i suoi nemici si basa sulla capacità di riconoscere che sta combattendo per valori che meritano di essere difesi. Il miglior alleato nella difesa dei diritti dei prigionieri palestinesi in Israele è la corte suprema israeliana. Ritengo che è a questo sistema legale di un paese democratico come Israele che ci si dovrebbe rivolgere per presentare tutte le preoccupazioni emerse in questa sede.

Ma chiedo ancora ai membri di questo Parlamento: quale convenzione protegge i diritti di coloro che sono stati rapiti o terrorizzati o uccisi negli ultimi anni? Presso quale tribunale si è potuto appellare Alan Johnson per il suo rapimento? Quali diritti di visita sono stati concessi a Gilad Shalit? Quali diritti aveva Ophir Rakhum, di anni 16? Quale tutela legale ha ricevuto?

Esorto i membri di questo Parlamento, li esorto in tutta onestà e dal profondo del mio cuore, a sostenere e ad assecondare la Commissione e il Consiglio nell’equilibrato atteggiamento nei confronti di questo conflitto e nella tutela dei diritti di coloro i cui diritti sono stati calpestati. Non dobbiamo appoggiare una delle parti così compromettendo la capacità dell’Unione europea di sostenere e assecondare il processo di pace in Medio Oriente, come sta facendo ora.

 
  
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  Richard Howitt (PSE). - (EN) Signor Presidente, vorrei incominciare col dire che il Presidente in carica di Amnesty International ha dichiarato che 8 500 palestinesi, provenienti dai territori occupati e prigionieri in Israele, sono detenuti in violazione dell’articolo 76 della Convenzione di Ginevra, e che per molti di loro le visite dei familiari sono impossibili a causa dei limitati permessi di viaggio. Per quanto concerne le visite consentite, sebbene le norme internazionali sui diritti umani stabiliscano che è compito di Israele assicurarsi che le visite ai detenuti palestinesi siano garantite, è invece la comunità internazionale, attraverso il Comitato internazionale della croce rossa, che ne ha sostenuto i costi. Per questo è giusto che noi membri del Parlamento europeo invitiamo il Consiglio ad agire.

Anch’io ho incontrato la signora Barghouti, come il Commissario Ferrero-Waldner, che voglio anche ringraziare per aver fatto riferimento ai nostri colleghi parlamentari del Consiglio legislativo palestinese, che figurano tra i prigionieri.

Per quanto io convenga con gli onorevoli Mladenov e Tannock sul fatto che anche il rapimento di cittadini israeliani e il divieto di visita per i loro familiari costituiscano ugualmente una violazione del diritto internazionale, mi rincresce che l’onorevole Tannock abbia cercato di dipingere l’onorevole Morgantini, co-autore, come una persona impegnata nella distruzione di Israele, mentre sia io che lei sosteniamo i diritti dell’uomo e il diritto umanitario internazionale.

 
  
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  Frédérique Ries (ALDE). - (FR) Signor Presidente, è la spinosa questione della difficoltà di salvaguardare i nostri valori democratici nella lotta contro il terrorismo a incalzare la discussione di oggi. Purtroppo non ho il tempo di ripercorrere punto per punto i testi sottoposti alla nostra attenzione dagli onorevoli colleghi, neppure quelli per iscritto, e non ripeterò le osservazioni già sollevate dal collega, l’onorevole Mladenov, in riferimento alla Corte suprema israeliana.

Ciononostante, voglio parlare della questione dei minori. Ebbene sì, in prigione ci sono dei minori, soprattutto adolescenti, che Hamas manovra e manda a morire, armati di granate o cinture esplosive. Onorevoli colleghi, avete parlato di diritto internazionale. Esso condanna anche il reclutamento dei bambini soldato. Ogni giovane in prigione rappresenta un fallimento per qualsiasi società. Israele è vincolato nell’affrontare questa sfida dal diritto internazionale, ma la vera tragedia sta nella perdita della pace per un’intera generazione di palestinesi.

Solo una parola su Gilad Shalit. Penso di poter dire che è un prigioniero cittadino sia israeliano che francese, che merita qualcosa di più del colpevole silenzio cui è condannato dall’infondata indignazione di alcuni degli onorevoli colleghi. Per non parlare del contesto politico globale citato dal segretario di Stato e dal Commissario.

Signor Presidente, vorrei chiudere il mio intervento con le fragilissime, ma concrete, tregue che hanno preso piede su vari fronti. Vorrei solo aggiungere, in termini più generali, che quello che critico è l’ossessione di alcuni tra i presenti di dover parlare in ogni seduta di come uno stato democratico dovrebbe essere organizzato.

 
  
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  Caroline Lucas (Verts/ALE). - (EN) Signor Presidente, ho perso il conto delle volte che in questa sede ci siamo levati a condannare le autorità israeliane per le sistematiche violazioni dei diritti umani del popolo palestinese.

L’occupazione, il muro di separazione, l’assedio di Gaza e la lista continua. Oggi ci concentriamo sulla terribile situazione dei prigionieri palestinesi, tra cui 44 membri del Consiglio legislativo, che sono le nostre controparti, i nostri colleghi, che si stanno consumando in prigione senza accuse né processo.

La mia domanda è questa: quando il Consiglio europeo si deciderà a intervenire? Quante altre violazioni del diritto internazionale ci vorranno? Quanti palestinesi ancora dovranno essere arrestati, imprigionati e torturati prima che l’UE la smetta di parlare soltanto di diritti dell’uomo e si dia da fare per difenderli?

Di questi tempi il solo prendere in considerazione il potenziamento delle relazioni UE-Israele dimostra sconvolgente negligenza nei confronti delle nostre responsabilità verso il popolo palestinese. La mancata invocazione dell’articolo 2 dell’accordo di associazione è indice della più vergognosa viltà politica.

Non ce l’abbiamo con il popolo di Israele, parte del quale si è unita alla nostra condanna delle autorità israeliane. A questo punto no ce l’ho neppure con Israele, ma col Consiglio europeo e il grottesco fallimento della sua leadership politica.

 
  
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  Chris Davies (ALDE). - (EN) Signor Presidente, concordo pienamente con Caroline Lucas. E’ ironico che la nostra prossima discussione verta sullo Zimbabwe. Mugabe non ha gradito il risultato delle elezioni e da allora vi ha posto rimedio: adesso arresta i parlamentari alla ricerca di un nuovo equilibrio, ma fa anche di peggio. E per questo lo condanneremo senza eccezioni.

Naturalmente il paragone è molto distante, però due anni e mezzo fa abbiamo pagato per le elezioni in Palestina. Israele non ha gradito il risultato, così ci siamo rifiutati di riconoscere il nuovo governo. Da allora Israele ha arrestato più di 40 parlamentari: avversari politici, persone che non hanno sparato un colpo, ma che sono uscite dalle urne.

Non abbiamo intenzione di applicare sanzioni, al contrario, cerchiamo cooperazioni più strette con Israele. A questo punto, signor Commissario e signor Ministro, le contraddizioni saltano all’occhio. Dite di avere un atteggiamento equilibrato, ma quale prova abbiamo che stia raggiungendo qualche risultato?

 
  
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  Sarah Ludford (ALDE). - (EN) Signor Presidente, non voglio con questo scagionare Israele, ma non aiuta affatto che il Parlamento europeo distingua solo una delle parti – Israele, appunto – in un conflitto complesso, in cui la violazione dei diritti dell’uomo esige un atteggiamento equilibrato. E’ un brutto momento per discutere solo di quello che fa Israele.

Non stiamo forse dimenticando che il nostro scopo principale è quello di incoraggiare le parti a trovare una soluzione pacifica che preveda due Stati? Solamente se le nostre critiche si dimostreranno accurate, costruttive e non di parte verranno ascoltate da entrambi e avranno maggiori prospettive di essere efficaci.

Penso che “Human Rights Watch” e Martin Scheinin dell’ONU abbiano raggiunto questo livello. Quest’ultimo ha sottolineato l’importanza delle decisioni della corte suprema israeliana – completamente assente nell’interrogazione orale. Persino John Dugard nella sua relazione si è detto profondamente preoccupato e ha condannato le violazioni dei diritti umani di palestinesi contro altri palestinesi e di palestinesi contro israeliani. Nessuna menzione di ciò è stata fatta.

Mi rincresce che Israele si basi ancora sulle norme d’emergenza del 1945 ereditate dal potere coloniale britannico, ma non significa nulla che siano state applicate tanto ai terroristi ebrei a Hebron quanto al popolo palestinese.

 
  
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  John Bowis (PPE-DE). - (EN) Signor Presidente, non è questione di terroristi arrestati, processati, detenuti e imprigionati; è semplicemente questione di persone catturate e trattenute. E’ soprattutto questione di bambini, non bambini soldato – è vero che alcuni di loro hanno lanciato sassi e altro, ma sono pur sempre dei bambini.

Immaginate questa Camera piena di bambini. Prendetene metà, mettetegli dei sacchi sulla testa, legategli le mani dietro la schiena, portateli via senza dire ai loro genitori dove li state portando, metteteli in prigione, in stanze di un metro e mezzo quadrato senza finestre e accendete la luce, non date loro cure mediche, proibite loro ogni visita dall’esterno e simili, non permettete che sia dato loro alcun cambio di vestiti. E’ questo di cui stiamo parlando e di cui la convenzione ONU sui diritti del bambino dovrebbe occuparsi.

Il mio appello ad Israele è: per l’amor del cielo, non ti stai facendo molti amici in questo modo. Ti prego, Israele, ti supplico: libera i bambini!

 
  
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  Ignasi Guardans Cambó (ALDE). - (EN) Signor Presidente, è proprio perché alcuni di noi considerano Israele una democrazia – uno stato democratico – e perché l’Unione europea lo tratta come tale, che esigiamo che renda conto dello Stato di diritto. Se non fosse un paese democratico, non potremmo farlo.

Non esiste Corte suprema per gli esclusi da tutto il sistema giudiziario. Conosciamo quello che dice la Corte suprema, però quando sei in detenzione amministrativa e non hai accesso ad alcun tribunale, non c’è sentenza della Corte suprema che possa proteggerti.

Il conflitto non può essere una scusa per queste violazioni. Rimanere neutrale e trattare queste persone come se non esistessero non significa mantenere un atteggiamento equilibrato. Questi individui sono agli arresti senza alcuna garanzia, senza processo; le loro famiglie sono fuori di sé. Spesso le loro case sono distrutte e le loro famiglie punite per quello che queste persone hanno fatto o sono accusate di aver fatto: tutto ciò merita una reazione da parte dell’Unione europea.

 
  
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  Frieda Brepoels (PPE-DE). - (NL) Vorrei ricordare all’onorevole Tannock che questa istanza è stata sollevata non solo dalla Vicepresidente Morgantini, ma anche dai Vicepresidenti del Parlamento McMillan-Scott e Kratsa-Tsagaropoulou del gruppo “PPE-DE”, e dagli onorevoli Bowis, Kasoulides e da me stesso. Questo per mettere le cose in chiaro fin dall’inizio. In quanto membro della delegazione parlamentare per le relazioni con il Consiglio legislativo palestinese ho personalmente sperimentato in varie occasioni cosa significa non poter incontrare i colleghi regolarmente eletti, perché si trovano in carcere.

Cosa si può dire delle tante donne e bambini sparsi nelle varie prigioni fuori dai territori palestinesi, per i quali le visite degli avvocati e delle famiglie sono quasi impossibili? Tutti hanno parlato delle condizioni quotidiane e dell’assenza di cure mediche. Per quanto tempo ancora la comunità internazionale e l’Unione europea continueranno a tollerarlo? Invito la Commissione e il Consiglio a riportare sotto controllo questa situazione inaccettabile.

 
  
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  Bernard Lehideux (ALDE). - (FR) Signor Presidente, vorrei fare solo due osservazioni.

La prima è che in questa sede alcune questioni sono recepite in modo quanto meno curioso: vengono condannate e messe in discussione sempre le stesse persone. Provate a condannare Cuba in questa sede per la presenza di prigionieri politici nelle sue carceri. E avete il coraggio di sindacare sul modo con cui ci si occupa di diritti umani nel Parlamento europeo.

La seconda osservazione è che esiste una soluzione per assicurarsi che Israele rilasci chi deve essere rilasciato: basta con gli attacchi, con i bombardamenti dei villaggi israeliani, con l’uccisione di bambini, con gli attacchi con pale meccaniche, e basta far entrare bambini con le tasche piene di esplosivo. Solo a quel punto Israele rilascerà i prigionieri!

 
  
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  Antonio López-Istúriz White (PPE-DE). - (ES) Signor Presidente, le parole del Vicepresidente Morgantini sono commoventi e non possiamo fare a meno di dimostrare la nostra solidarietà per questi casi debitamente documentati di presunta violazione dei diritti umani dei prigionieri palestinesi. Dico debitamente a ragion veduta, perché alcuni onorevoli colleghi della sinistra hanno rivolto accuse molto serie e intollerabili allo stato di Israele. Sono mai stati accusati di uccidere donne e bambini o di agire come nazisti? E’ questo il modo di promuovere il processo di pace?

Vicepresidente Morgantini, so che la sua iniziativa si basa su un caso concreto, molto commovente, e che le sue intenzioni sono nobili. Tuttavia alcuni suoi colleghi sinistroidi hanno approfittato di quest’occasione, ancora una volta, per cercare di calpestare e umiliare il popolo di Israele.

Evidentemente non siamo ancora riusciti a spegnere l’antisemitismo di stampo sovietico che ancora caratterizza la mentalità di alcuni suoi colleghi qui in Parlamento.

 
  
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  Jean-Pierre Jouyet, Presidente in carica del Consiglio. (FR) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, sarò breve dal momento che ho già spiegato i punti fondamentali nel mio discorso di apertura. Comunque la discussione fino ad ora è stata molto commovente per certi versi, e ci tengo a rassicurarvi che il Consiglio è consapevole dei fatti citati, e che continuerà a esternare la sua preoccupazione e a far ricorso agli strumenti del diritto internazionale.

La Presidenza continuerà a sollevare questa questione nei contatti politici tra l’Unione europea e Israele nel corso del nostro turno. Osserviamo anche che il processo politico in corso può andare avanti solo attraverso iniziative atte a rafforzare la fiducia a riguardo. La prosecuzione del processo di colonizzazione, il permanere di violenza e terrorismo, e il destino dei detenuti palestinesi ostacolano gli sforzi di pace, tanto quanto la situazione degli ostaggi israeliani nelle mani dei gruppi terroristici, penso in particolare a Gilad Shalit.

Per concludere con una nota positiva, volevo sottolineare davanti al Parlamento che l’Unione europea svolge un ruolo chiave in questo processo, grazie al suo essere membro del quartetto, alla sua condizione di fonte principale di finanziamento e alle sue azioni a sostegno dell’Autorità palestinese, e anche grazie alla sua posizione di referente fondamentale di Israele. L’Unione europea ha sempre riconosciuto il diritto di Israele di sentirsi al sicuro dentro confini riconosciuti, vivendo fianco a fianco con la Palestina, come ho già detto nella mia introduzione.

 
  
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  Presidente. − La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà nella prossima seduta nel settembre 2008.

 
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