PRESIDENZA DELL’ON. HANS-GERT PÖTTERING Presidente
1. Apertura della seduta
(La seduta è aperta alle 9.05)
2. Relazione annuale della BCE per il 2007 (discussione)
Presidente. − L’ordine del giorno reca la relazione di Olle Schmidt, a nome della commissione per i problemi economici e monetari sulla relazione annuale della BCE per il 2007 [2008/2107(INI)] (A6-0241/2007).
Olle Schmidt, relatore. − (SV) Signor Presidente, Presidente Trichet, Presidente Juncker, tutti gli occhi sono puntati sulla Banca centrale europea. La situazione economica attualmente incerta e le turbolenze finanziarie stanno mettendo sotto pressione la BCE. Sono convinto che il rialzo del tasso di interesse della scorsa settimana sia stata la giusta decisione. L’inflazione è una piaga che non ridistribuisce equamente la ricchezza. I leader europei dovrebbero apprezzare una Banca centrale indipendente, pronta ad agire per prevenire che l’Europa scivoli nella stagflazione, nella bassa crescita e nell’aumento dell’inflazione.
A dieci anni dalla sua introduzione, l’euro è divenuto una valuta globale. Nessuno avrebbe potuto immaginare il livello di sicurezza e la stabilità che questa moneta ha apportato all’area euro, a tutta l’Unione, nonché all’economia globale. Il “no” dell’Irlanda al referendum non è stata una reazione alla forza dell’euro. Sviluppi economici asimmetrici in seno all’area euro possono costituire un rischio, ma vi si può porre rimedio rispettando senza indugio i requisiti del Patto di stabilità per una solida situazione finanziaria e una costante trasformazione strutturale degli Stati membri.
Al tempo stesso, dopo 10 anni, occorre riesaminare alcuni aspetti del modus operandi della BCE; il controllo, la trasparenza, il processo decisionale e il ruolo internazionale dell’euro possono essere migliorati. Secondo la Commissione perciò la BCE dovrebbe presentare una nuova proposta che renda il processo decisionale più trasparente ed efficace, in considerazione dell’ampliarsi dell’Eurogruppo. Quando vengono prese le decisioni in merito al tasso di interesse di base, la BCE dovrebbe fornire una relazione relativa alla discussione svoltasi tra i membri del Consiglio direttivo, al fine di migliorare la trasparenza e di accrescere la prevedibilità. E’ necessario che il suo ruolo come leader dell’Eurogruppo venga rafforzato, al fine di riflettere in modo migliore il significato dell’euro anche nel contesto internazionale.
Il Parlamento ha sempre ritenuto che fosse essenziale dare al mercato le informazioni circa le decisioni della BCE, nonché pubblicare i processi verbali e i risultati delle votazioni. La BCE però ha rifiutato, sottolineando che questo avrebbe creato delle divisioni nazionali nella sua gestione.
Presidente Trichet, abbiamo ascoltato il suo punto di vista e la Commissione sta ora presentando una proposta emendata. La direzione della BCE deve fornire informazioni più chiare dopo aver preso una decisione riguardo al tasso di interesse, cioè dovrà dichiarare se l’unanimità è stata raggiunta senza una discussione o se ci sono state difficoltà nel raggiungere una posizione comune. Questo può essere un passo importante verso il miglioramento del dialogo tra il mercato, noi politici e la BCE.
L’inflazione è salita a livelli record e si è ora stabilita circa al 4 per cento, dato significativamente più alto rispetto all’obiettivo di inflazione di circa il 2 per cento previsto nel medio termine. Non solo il dollaro, ma anche altre valute si sono considerevolmente indebolite rispetto all’euro, il che ha rianimato la discussione sul tasso di cambio. L’allargamento dell’area euro dà più peso all’area monetaria, ma al tempo stesso pone diversi cambiamenti, dal momento che il processo decisionale diventa più lento e le differenze nello sviluppo economico tra i membri aumentano.
La crisi del mercato dei mutui per la casa ha dimostrato come la stabilità finanziaria sia una questione globale, dato che le crisi non sono più limitate ad un singolo paese o regione. Gli sforzi combinati della Federal Reserve e della Bank of England hanno contribuito ampiamente a mantenere a galla il sistema finanziario, ma non hanno risolto la crisi. Questo ha reso chiaro il bisogno di una migliore cooperazione tra le banche centrali e le altre istituzioni. Il fatto che sia la BCE sia la Fed abbiano messo in guardia contro la sottovalutazione del rischio di una crisi per quanto riguarda il mercato dei mutui per la casa, peraltro senza grande successo, dimostra la crescente vulnerabilità dei mercati finanziari mondiali. Questa è una buona ragione per agire, come fa anche il Parlamento seguendo, per esempio, il processo Lamfalussy al fine di modernizzare la struttura di vigilanza europea.
La comune politica monetaria e la BCE affronteranno compiti impegnativi nei prossimi anni. Sono convinto che i leader dell’UE e la BCE supereranno la prova. Al tempo stesso, però, tutti i leader dell’UE devono capire che la stabilità dei prezzi e una solida situazione finanziaria sono i pilastri per la crescita e per la creazione di nuovi posti di lavoro. E’ notevole quindi che il Presidente francese, nel suo non meno importante ruolo attuale di Presidente del Consiglio, richieda gli obiettivi di stabilità della BCE. A mio avviso, è necessario, invece, che i leader europei espongano, in un dialogo aperto con i loro cittadini, i propositi e gli scopi della politica monetaria. I prezzi che salgono rapidamente e gli innalzamenti compensativi del salario sono i peggiori nemici della prosperità.
Jean-Claude Trichet, Presidente della Banca centrale europea. − (FR) Signor Presidente, signor relatore, onorevoli deputati, è per me un onore presentare la relazione annuale della BCE per il 2007 come disposto nel Trattato. Le nostre relazioni oltrepassano gli obblighi imposti dal Trattato e la Banca centrale europea apprezza lo stretto rapporto con il Parlamento.
Questa è la quarta volta quest’anno che vi parlo. I miei colleghi del Comitato esecutivo, inoltre, sono stati in stretto contatto con il Parlamento europeo, in particolare per questioni come l’allargamento dell’area euro, i sistemi di pagamento e il decimo anniversario dell’Unione economica e monetaria.
Innanzi tutto, vorrei riassumere le tendenze economiche nel periodo 2007-2008 ed esporre le misure della politica monetaria prese dalla BCE. In seguito, commenterò alcuni punti e proposte che avete avanzato nella mozione per una risoluzione nella relazione annuale della BCE per il 2007.
Nel 2007, la BCE ha operato in un ambiente stimolante tra prezzi delle merci variabili e in aumento e, fino alla seconda metà del 2007, è aumentata un’incertezza che deriva dalla continua ratifica nei mercati finanziari di tutto il mondo, che è stata menzionata dal relatore. Nonostante questi sviluppi, l’economia dell’area euro ha continuato ad aumentare nel 2007, con una crescita annuale del PIL reale del 2,7 per cento.
Nella prima metà del 2008, è continuato un moderato processo di crescita del PIL reale, sebbene sia probabile che il profilo su base trimestrale mostri una variabilità significativa dovuta a fattori provvisori, in parte legati al tempo. Nello stimare gli sviluppi di crescita è perciò importante focalizzarsi sulla tendenza del medio termine.
Guardando avanti, da un punto di vista esterno, la crescita nei paesi emergenti dovrebbe rimanere robusta, supportando la domanda estera dell’area euro. Da un punto di vista interno, i fondamenti economici dell’area rimangono solidi e l’area non soffre di maggiori squilibri. I tassi di occupazione e le partecipazioni della forza lavoro sono aumentati significativamente nei recenti anni e i tassi di disoccupazione sono scesi a livelli che non si erano più visti negli ultimi 25 anni.
Detto questo, l’incertezza che circonda questa prospettiva di crescita rimane elevata, con rischi negativi principalmente legati ad ulteriori incrementi imprevisti, a possibili espansioni delle continue tensioni dei mercati finanziari alla reale economia e a crescenti tendenze protezioniste.
Tornando agli sviluppi dei prezzi, nel 2007 il tasso annuo di inflazione IAPC nell’area euro era al 2,1 per cento, leggermente al di sopra di quanto stabilito dalla definizione della stabilità dei prezzi della BCE. Tuttavia, a fine anno, incrementi sostanziali dei prezzi di petrolio e di prodotti alimentari hanno portato l’inflazione a livelli ben al di sopra del 2 per cento. Fino ad allora, l’inflazione nell’area euro è cresciuta ulteriormente, sulla scia dell’incremento dei prezzi dei beni di forma rinnovabile, arrivando a metà 2008 al preoccupante livello del 4 per cento circa. Guardando avanti, è probabile che il tasso annuo di inflazione IAPC rimanga per un po’ di tempo ben al di sopra del livello coerente con la stabilità dei prezzi, moderandosi gradualmente solo nel 2009.
Rischi legati alla stabilità dei prezzi per il medio termine sono chiari ad inizio 2007 e si sono intensificati durante gli ultimi mesi. Questi rischi includono altri possibili aumenti nei prezzi dei prodotti e imprevisti aumenti sulle imposte indirette e i prezzi regolamentati. Inoltre, il Consiglio direttivo è fortemente interessato al fatto che il prezzo e l’andamento dei salari fissi possano aggiungersi alla pressione inflazionistica, attraverso effetti secondari su larga scala. I primi segni sono già emersi in alcune regioni dell’area. In questo contesto, la correzione degli schemi per il salario nominale è di particolare interesse ed è necessario evitarla.
Come nel 2007, l’analisi monetaria nella prima metà del 2008 ha ribadito potenziali rischi prevalenti nella stabilità dei prezzi da medio a lungo termine. In linea con la nostra strategia politica monetaria, riteniamo che la sottostante ed elevata forza dell’espansione monetaria nell’area euro degli scorsi anni abbia creato potenziali rischi alla stabilità dei prezzi.
Per contenere potenziali rischi della stabilità dei prezzi nel medio termine, il Consiglio direttivo ha inoltre adeguato la posizione politica monetaria nel marzo e giugno 2007. Dopo un periodo di inusuale ed elevata incertezza nel contesto della ratifica del mercato finanziario, nel luglio 2008 il Consiglio direttivo ha portato il tasso minimo di interesse al 4,25 per cento nelle principali operazioni di rifinanziamento dell’Eurosistema. Quest’azione sottolinea la forte determinazione del Consiglio direttivo nel prevenire effetti secondari e nel mantenere le aspettative di inflazione a lungo termine fermamente ancorate e in linea con la stabilità dei prezzi. E’ questo il contributo della politica monetaria della BCE, al fine di preservare il potere d’acquisto nel medio termine e supportare la crescita e l’occupazione nell’area euro.
Seguendo la decisione della scorsa settimana di alzare i tassi, nell’opinione attuale del Consiglio direttivo la posizione della politica monetaria contribuirà a raggiungere la stabilità dei prezzi nel medio termine. Continueremo a monitorare da molto vicino tutti gli sviluppi nel prossimo periodo.
Nel progetto di risoluzione si solleva un numero di questioni rilevanti per la BCE. Vorrei assicurare che considereremo con cura tutte le osservazioni appena fatte e tutte le note presenti nella risoluzione e, di conseguenza, le segnaleremo.
Permettetemi di elaborare molto brevemente alcuni di questi punti. Per quanto riguarda la strategia politico monetaria, vorrei cominciare approvando la positiva valutazione fatta dalla Commissione per i problemi economici e monetari sulla strategia politico monetaria della BCE. La nostra struttura a due pilastri assicura che, nel momento di prendere decisioni sul fronte della politica monetaria, si è tenuto conto in maniera sistematica e coerente di tutte le informazioni rilevanti per la valutazione dei rischi in merito alla stabilità dei prezzi.
Nel 2007 il Consiglio direttivo ha lanciato nell’Eurosistema un programma di ricerca per intensificare ulteriormente la sua analisi monetaria, come proposto anche nel progetto di risoluzione per continuare a migliorare l’infrastruttura analitica della BCE.
Per quanto riguarda la trasparenza, vorrei inoltre accettare il riconoscimento della Commissione sul fatto che rendere disponibili al pubblico i verbali del Consiglio direttivo della BCE potrebbe non essere necessariamente opportuno. Una tale misura potrebbe attirare l’attenzione verso posizioni individuali in un momento in cui, in un’area euro di 15 e molto presto 16 paesi, ciò che conta è la posizione di chi prende le decisioni collegiali, del Consiglio direttivo, del collegio. Questo potrebbe inoltre portare a fare pressioni sui membri del Consiglio direttivo, al fine di abbandonare necessariamente le loro prospettive nell’area euro al momento di prendere decisioni in materia politico monetaria.
Come già messo in evidenza in precedenti occasioni, vedo l’affermazione introduttiva che ho presentato nella conferenza stampa mensile a favore del Consiglio direttivo come equivalente a ciò che altre banche centrali chiamano “sommario dei verbali”. Assieme alla seguente sessione domanda e risposta, l’affermazione introduttiva fornisce in tempo reale una visione globale sul ruolo del Consiglio direttivo nel sistema dell’attuale politica monetaria. Questo strumento di comunicazione ci è servito a condurre le aspettative del mercato finanziario.
Per quanto riguarda le politiche fiscali, la BCE condivide la visione che tutti gli Stati membri debbano rispettare pienamente il Patto di stabilità e di crescita. Un rinnovato incremento nell’area euro del rapporto collettivo del deficit fiscale è progettato per il 2008. C’è un chiaro rischio che alcuni paesi non si conformino ai provvedimenti dell’elemento preventivo del Patto di stabilità e di crescita. Raggiungere stabili e sostenibili posizioni di bilancio e permettere su questa base la libera attività degli stabilizzatori automatici è il contributo più grande che crediamo la politica fiscale possa apportare alla stabilità macroeconomica.
Il progetto di risoluzione si riferisce inoltre ai rischi posti dalle differenze tra i paesi dell’area euro, che in una certa misura riflettono rigidità strutturali e/o inappropriate politiche nazionali. Non c’è bisogno di dire che divergenze economiche tra i paesi dell’area euro non possono essere imputate alla politica monetaria.
Al fine di evitare un periodo prolungato di bassa crescita e alta disoccupazione o surriscaldamento economico, come risposta di un paese a shock asimmetrici, è necessario intraprendere riforme a livello nazionale per incrementare la ripresa da questi shock. Queste includono ben progettate riforme per accrescere la competizione, incrementare la produttività e promuovere la flessibilità del mercato del lavoro.
Permettetemi di mettere ancora in evidenza il bisogno di un chiaro monitoraggio degli sviluppi di competitività nazionali – inclusi i costi unitari del lavoro – in quanto recuperare le perdite di competitività ex post è un difficile esercizio. A questo proposito supportiamo la richiesta del Parlamento per una politica responsabile dei prezzi e dei salari.
Permettete che rivolga ora la mia attenzione alle questioni messe in luce dalla risoluzione del mercato finanziario per la prevenzione e la gestione delle crisi, che figurano cospicuamente anche nell’analisi del Parlamento.
Per quanto riguarda la prevenzione delle crisi, la flessione dei mercati ha sollevato questioni sia per i supervisori sia per la banche centrali. I supervisori dovrebbero sforzarsi ulteriormente per rafforzare la cooperazione e lo scambio di informazioni su base transfrontaliera. E’ di importanza cruciale sfruttare ulteriormente il potenziale della struttura Lamfalussy. Il Consiglio ECOFIN ha convenuto a questo scopo in certe misure e l’attenzione ora dovrebbe rivolgersi alla realizzazione di questi orientamenti.
La flessione dei mercati, dal nostro punto di vista, non ha apportato nessuna dimostrazione convincente per una revisione dell’attuale quadro di vigilanza, ad esempio attraverso la costituzione di una nuova autorità per la sovrintendenza UE. Le banche centrali, inclusa la BCE, sono state in larga misura efficaci nell’identificare la debolezza ed i rischi del sistema finanziario, che si sono materializzati in un’agitazione aperta. Non andrò a discutere di questo.
Cercando le lezioni per la gestione della crisi, la questione principale emersa durante il disordine ha a che fare con il bisogno di un uniforme flusso di informazioni tra le banche centrali e i supervisori durante il dispiegarsi di una crisi. Le banche centrali potrebbero necessitare di informazioni per l’effettiva esecuzione delle loro funzioni nella gestione di una crisi. Questo si applica all’Eurosistema come anche a tutte le banche centrali. I supervisori, dal canto loro, potrebbero trarre beneficio dalle informazioni della Banca centrale. Perciò, il previsto rafforzamento della base legale UE per lo scambio di informazioni tra le banche centrali e i supervisori è fortemente supportato dalla BCE.
Permettetemi di concludere con alcune osservazioni riguardanti l’integrazione dei sistemi di pagamento in Europa. Abbiamo notato con soddisfazione le positive valutazioni nel progetto di risoluzione per quanto riguarda SEPA e TARGET2. In riferimento all’iniziativa TARGET2-Securities, il Consiglio direttivo nelle prossime settimane prenderà una decisione in merito alla continuazione del progetto T2S. E’ importante notare come tutte le maggiori BAG abbiano risposto positivamente alla nostra iniziativa.
Jean-Claude Juncker, Presidente dell’Eurogruppo e membro del Consiglio. − (FR) Signor Presidente, signor relatore, onorevoli deputati, vorrei innanzi tutto porgere un ringraziamento al vostro relatore per il livello del suo lavoro. E’ un’eccellente relazione che contiene tutti i punti essenziali.
E’ un piacere per me constatare, dal lavoro della vostra Commissione e dalla relazione del vostro relatore, come i punti di vista del Parlamento coincidano largamente con le opinioni espresse in numerose occasioni dall’Eurogruppo, del quale ho il privilegio di essere Presidente. Questo consenso, questa ampia convergenza di vedute è legata in particolare alle funzioni e alle attività della Banca centrale, la quale, come sempre, è sopraffatta dai complimenti del Parlamento e dei governi che qui rappresento.
Questa nota è particolarmente significativa alla luce delle varie critiche rivolte alla Banca centrale nei mesi e settimane recenti, quando è stato necessario rimettere in ordine un intero arsenale a causa della crisi finanziaria che ha colpito il mondo intero. Inizialmente criticata come iperattiva, la Banca centrale europea è stata in grado di osservare con soddisfazione come tutte le maggiori autorità monetarie abbiano adottato i suoi strumenti ed i suoi metodi.
Siamo inoltre d’accordo con il relatore quando raccomanda a noi, all’Eurogruppo, al Consiglio ECOFIN in generale, di trarre delle conclusioni finanziarie appropriate dalla crisi che abbiamo affrontato, particolarmente per quanto riguarda il monitoraggio dei mercati e la trasparenza, che potremmo aver bisogno di aggiungere ai nostri attuali meccanismi.
La lotta all’inflazione è la principale preoccupazione dei nostri concittadini. In questo momento, tutte le indagini mostrano come la popolazione sia ancora preoccupata per la perdita del potere d’acquisto e teme che il rischio provocato da questa perdita si possa materializzare. E’ perciò diritto e dovere della Banca centrale assicurare la stabilità dei prezzi, una posizione oggettiva per la Banca centrale dalla fondazione del Trattato di Maastricht.
Vorrei aggiungere che non dovremmo propendere verso la semplice idea che la Banca centrale, essendo l’autorità monetaria, sia l’unico organo responsabile per la stabilità dei prezzi e la lotta contro l’inflazione. L’inflazione e la lotta contro di essa sono materia e obbligo anche per i governi dell’area euro. Anch’essi, integrando le politiche monetarie operate dalla Banca centrale, devono introdurre stabili politiche in grado di supportare la stabilità dei prezzi.
Pertanto, i governi dell’Eurogruppo si sono in primo luogo impegnati a compiere qualsiasi sforzo per assicurare, nella restrizione salariale che necessitiamo, che il settore pubblico e i salari non vadano fuori controllo. Siamo dunque assolutamente determinati nel fare tutto il possibile per evitare incrementi non necessari nella direzione della tassazione, per quanto riguarda IVA e diritti di accisa. Ci siamo fermamente impegnati per fare tutto il possibile affinché i prezzi non eccedano i limiti del buon senso.
Non si può parlare di inflazione e stabilità dei prezzi senza menzionare l’indipendenza della Banca centrale, come ha fatto il vostro relatore sia nei suoi scritti che nelle sue relazioni orali.
Voglio ancora una volta evidenziare che l’indipendenza della Banca centrale è un principio fondamentale per l’Unione economica e monetaria, che è parte del patto sul quale l’Unione economica e monetaria è fondata, che, nel lavoro portato avanti nel trattato costituzionale e nel conseguente Trattato di Lisbona riformato, nessun governo propone altro che un cambio minore dei termini di referenza generale della Banca centrale, i quali si concentrano sulla stabilità dei prezzi. Credo quindi che un giorno dovremo mettere fine ad un dibattito futile e senza scopo che non ha niente a che fare con la reale situazione. Questo non significa non avere il diritto di criticare la banca, di offrire supporto e consiglio alle sue virtuose azioni, ma è fuori discussione interferire con la sua indipendenza.
D’altro canto, vorrei sottolineare che non dobbiamo sovraccaricare di responsabilità la politica monetaria. Il Trattato colloca la stabilità dei prezzi come obiettivo della Banca centrale. Non dobbiamo aggiungere un’intera gamma di obiettivi economici ai suoi termini di referenza, ma dobbiamo seguire piuttosto la regola della coerenza, la quale richiede che la banca non persegua troppi scopi politici. Essa è dotata di uno strumento d’azione, vale a dire la politica monetaria; questa agisce con grazia e determinazione.
Per quel che riguarda la politica di scambio, ho notato una leggera ambiguità nella relazione dell’onorevole Schmidt, nella quale dà l’impressione che la politica di scambio sia il solo, se non esclusivo, campo di attività della Banca centrale. Sono pressoché contento per il ruolo dominante della Banca centrale in qualsiasi area riguardante gli scambi, ma sebbene sia così vorrei che rivolgeste la vostra attenzione ai provvedimenti del Trattato che assegnano poteri condivisi alla banca e ai governi per la politica di scambio. D’altra parte, per quanto riguarda sia la politica di scambio che la politica monetaria e le strutture politiche, abbiamo un dialogo continuo e prolifico con la banca, al quale tutti contribuiscono.
Di conseguenza, come parte di questo dialogo regolare, io e il signor Trichet siamo stati in Cina lo scorso novembre a discutere con le autorità cinesi circa la politica di scambio e l’incontro si ripeterà nell’ultima metà di quest’anno.
Una leggera ambiguità che ho notato nella relazione della vostra Commissione è legata alla rappresentazione esterna dell’area euro. D’altro canto, contrariamente a quanto indica la relazione, la Banca centrale non è unicamente responsabile nel compiere i necessari passi verso il rafforzamento dell’area. C’è un’altra area nella quale le competenze sono condivise.
Thomas Mann, a nome del gruppo PPE-DE. – (FR) Diamo il benvenuto ai due Jean-Claudes, Presidente Trichet e Presidente Juncker!
(DE) Il 2 giugno è stata una giornata di grandi celebrazioni a Francoforte sul Meno, la città dove il marco e l’euro sono stati introdotti, 10 anni di Unione economica e monetaria europea. E’ grazie alla BCE che l’euro si è stabilito a livello internazionale e la stabilità dei prezzi è rimasta costantemente lo scopo principale. E’ stato logico che alcuni giorni fa la BCE abbia utilizzato il suo più efficace strumento per influenzare il tasso base e farlo salire di un quarto per cento. Lo scopo era e consiste ancora nel frenare i rischi di inflazione creati dagli alti costi di vita, dalla scalata dei prezzi di carburante e petrolio.
Questa volta la BCE ha annunciato i suoi provvedimenti settimane prima. Ciò si è attuato in modo differente in primavera: una procedura operante su larga scala entro poche ore. L’onorevole Schmidt nella sua relazione – un’eccellente relazione sulla quale abbiamo lavorato bene assieme – approva precisamente questo. Nella seconda metà del 2007 il mercato immobiliare è collassato. Nella crisi dei subprime, le banche e le compagnie assicurative che avevano giocato d’azzardo si trovarono in difficoltà. La BCE molto velocemente ha reso disponibili adeguati fondi, prevenendo in questo modo un collasso oltre frontiera.
Questa velocità ed efficienza sono segni evidenti di una forte procedura d’azione, basata sulla competenza e su una grande fiducia nella vostra istituzione. Penso che le decisioni della BCE siano generalmente trasparenti, basate su un buon flusso di informazioni e obiettivi aperti. Nel dialogo economico, la BCE regolarmente riferisce sulle decisioni di politica finanziaria nella Commissione per i problemi economici e monetari.
Dal mio punto di vista, c’è una piccola questione spesso richiesta nella pubblicazione dei verbali delle riunioni a porte chiuse. L’influenza nazionale deve essere evitata. E’ necessaria un’indipendenza illimitata. Normalmente, signor Presidente, noi del gruppo MPE abbiamo una gran quantità di motivi per criticare. Oggi vorrei esprimere la mia approvazione per quanto è stato detto, con affari e cittadini in buone mani, da una parte nei confronti del signor Trichet e della vostra banca, la BCE a Francoforte sul Meno e dall’altra certamente nei confronti dell’ammirevole Jean-Claude Juncker.
Manuel António dos Santos, a nome del gruppo PSE. – (PT) Signor Presidente, Presidente Juncker, Presidente Trichet, vorrei innanzi tutto riferire che l’obiettivo principale di questa relazione è stato quello di analizzare le attività della Banca centrale europea nel 2007. Tuttavia, la discussione nella Commissione per i problemi monetari non potrebbe ovviamente trascurare l’analisi dei futuri cambiamenti della politica monetaria dell’Unione europea ed i suoi regolatori.
In riferimento al mandato della Banca centrale europea (BCE), come disposto conformemente al Trattato, dobbiamo riconoscere il valore del suo operato nel 2007. Sebbene non sia stata in grado di evitare la turbolenza monetaria e la conseguente crisi nella crescita economica che stiamo attraversando, ha avuto successo nel mitigare molte delle conseguenze negative della situazione attuale. Penso che la questione principale sia se gli attuali strumenti e politiche dell’Unione europea ci permetteranno di superare la seria crisi del mondo economico e le sue conseguenze per l’Europa.
Una crisi non è necessariamente una catastrofe. Tuttavia, possiamo impedire alla crisi di trasformarsi in catastrofe solo se entriamo in possesso di una corretta visione del futuro, libera da ortodossie obsolete e focalizzata sulla natura dei nuovi fenomeni che dobbiamo trattare e dominare. E’ inaccettabile difendere il non-rispetto delle norme in vigore e dobbiamo contribuire al dibattito politico sviluppando proposte che cerchino di cambiare la situazione attuale.
La relazione dell’onorevole Schmidt presenta alcune strategie di azione: migliorare la cooperazione tra le banche centrali e le autorità regolatrici nella battaglia per la riconciliazione finanziaria di regolamentazione e deregolamentazione; creare un quadro per il ruolo di gestione finanziaria della BCE; promuovere il coordinamento di politiche economiche tra l’Eurogruppo, la Commissione e la BCE; migliorare la trasparenza del processo decisionale; e più di tutto, fornire informazioni che permettano al pubblico di capire i provvedimenti della BCE; promuovere riforme strutturali della direzione della banca; manovrare i tassi di interesse con molta cura, eliminando interventi speculativi e inadeguati sconti di mercato, al fine di non mettere a rischio né la politica di investimenti, né nuovi posti di lavoro, riforme strutturali e crescita economica. Indipendentemente da tutto ciò, il che è già abbastanza, dobbiamo inoltre capire che stiamo affrontando una difficile crisi economica e sociale, della quale non conosciamo ancora l’estensione. Tuttavia, sappiamo come le cose debbano peggiorare prima di migliorare.
Non ci illudiamo che i rimedi a nostra disposizione saranno in grado di risolvere gli attuali problemi. Riconoscere la situazione non significa essere disfattisti, bensì piuttosto dimostrare buon senso. Siamo probabilmente vicini ad identificare le soluzioni politiche ai nostri problemi. Questa non è di certo la fine del mondo e meno ancora la fine della storia. Possiamo solo chiedere alla BCE collaborazione, competenza, trasparenza e flessibilità in merito al mandato.
Wolf Klinz, a nome del gruppo ALDE. – (DE) Signor Presidente, Presidente Trichet e Presidente Juncker, onorevoli colleghi, vorrei appoggiare il complimento del precedente oratore. La BCE ha davvero agito prontamente e in maniera competente proprio all’inizio della crisi finanziaria e senza quella risolutezza la crisi avrebbe probabilmente avuto risvolti ben peggiori. Non è ancora finita, ma attraverso la sua perentorietà la banca non solo ha dimostrato la sua credibilità, ma è anche diventata una specie di modello per un intervento competente della Banca centrale e una sorta di esempio per tutte le altre banche centrali.
Tuttavia, temo che la Banca centrale abbia ancora dinanzi a sé la fase più difficile. I prossimi diciotto mesi saranno il vero esame per verificare se la banca riuscirà a mantenere la sua credibilità. Spero ci riesca. Abbiamo prezzi galoppanti di petrolio e materie prime, abbiamo prezzi in aumento dei prodotti alimentari e abbiamo l’inflazione. Il Presidente Trichet parlava di un 4 per cento nell’area euro. In molti Stati membri è in realtà almeno del 6 per cento e l’euro è incredibilmente forte.
Di conseguenza, il rischio di stagflazione è reale. Dobbiamo assicurarci che questo rischio venga respinto nella prima fase. Perciò, in queste circostanze, approvo il fatto che la banca, attraverso le sue decisioni, si sia messa alla prova la scorsa settimana. Certamente, combattere l’inflazione è e continuerà ad essere il nostro obiettivo principale.
Quando la Germania alcuni decenni fa si stava avviando verso un periodo di stagflazione, il cancelliere Schmidt affermò che nella sua opinione un 5 per cento di inflazione era migliore rispetto ad un 5 per cento di disoccupazione. Era perciò direttamente in opposizione rispetto alla Bundesbank. Risultò che il piano d’azione della Bundesbank di combattere l’inflazione immediatamente e in maniera decisa era la via giusta. La Germania si risollevò dalla stagflazione più velocemente di molti altri paesi.
Non ho alcun consiglio da dare alla Banca centrale. Sa meglio di chiunque altro cosa deve fare. Ho tre speranze. Due di queste sono già state esaudite. Vorrei vedere più dialogo tra la Banca centrale e l’Eurogruppo e il Ministro Juncker, il presidente dell’Eurogruppo, agisce egregiamente. Credo che questo stia accadendo ora. Vorrei vedere una più stretta collaborazione tra le banche centrali ma anche tra la Banca centrale e le autorità di controllo. Anche questo è imminente.
Per concludere – e qui devo sfortunatamente dare una risposta negativa al signor Trichet – mi piacerebbe che potessimo ricevere più informazioni circa il processo decisionale. Non vogliamo conoscere i nomi, ma vogliamo sapere se la decisione è stata presa da una ristretta o da un’evidente maggioranza e se ci sia stato molto dibattito o non troppo.
Claude Turmes, a nome del gruppo Verts/ALE. – (FR) Signor Presidente, non sono un grande esperto di questioni monetarie, ma sto cercando di capire cosa giace sotto l’attuale crisi energetica e alimentare; e la mia conclusione è che stiamo entrando in una nuova era.
Stiamo entrando in un’era in cui le risorse del pianeta sono scarse. Perché? Perché manteniamo un modello economico dominante, che risale al XX secolo, che era progettato ed aveva effetto su un miliardo di cittadini della classe media in Europa, negli Stati Uniti, in Giappone e altre piccole élite nel mondo. Questo era il mondo del XX secolo.
Il mondo del XXI secolo è un mondo nel quale ci saranno centinaia di milioni di persone in più appartenenti alla classe media, in Cina, India, Indonesia, Sud Africa, Nigeria, Messico, Brasile e altri paesi. Pertanto il nostro attuale modello economico dominante ha un fallo di sistema. Il sistema non ha preso in considerazione il fatto che le risorse erano limitate. Dove andremo a trovare il pesce quando i cinesi mangeranno tanto pesce quanto i giapponesi? Dove andremo a trovare il petrolio quando tutti gli indiani guideranno le tatamobiles? Dove andremo a trovare il carbone per le strutture in acciaio di tutto il mondo se i paesi emergenti si sviluppano il linea con le esistenti tecnologie? Questa è una crisi ben radicata.
Quindi ho tre specifiche domande. La prima, speculazione. La speculazione non è certamente il movimento di base, ma cosa verrà fatto per i cittadini oppressi dall’aumento dei prezzi, mentre gli azionisti TOTAL ed EON e altri speculatori sono oppressi dai profitti? Onorevole Juncker, lei ha proposto l’idea di una tassa sulla speculazione. E’ stato fatto qualche progresso al riguardo, in quanto credo che i cittadini vogliano che da parte nostra, in quanto politici, si agisca?
La mia seconda domanda: come si può agire velocemente per fare in modo che l’Europa sia meno dipendente, specialmente per quanto riguarda petrolio e gas e rispettivi prezzi? Non potremmo prendere in considerazione un programma di investimenti maggiore, con l’aiuto della Banca europea per gli investimenti, per modernizzare gli edifici, i trasporti pubblici e anche per esempio installare motori elettrici e altri sistemi nelle piccole e medie imprese? Penso sia il solo modo per ridurre il consumo, perché non stiamo tenendo sotto controllo i prezzi.
La terza questione si ricollega al sistema di indicizzazione salariale. Signor Trichet, io e lei guadagniamo salari abbastanza alti da non essere poi così condizionati dai prezzi dell’energia e dei prodotti alimentari. Lei indubbiamente guadagna molto più di quanto non guadagni io, ma allo stesso tempo ha affermato che il sistema di indicizzazione nazionale presente in Lussemburgo e in Belgio dovrebbe essere abolito. Onorevole Juncker, non è questa l’unica maniera affinché i cittadini possano avere entrate extra quando i prezzi salgono? Non riesco davvero a capire per quale motivo lei sia così sfavorevole ai sistemi di indicizzazione.
Johannes Blokland, a nome del gruppo IND/DEM. – (NL) La ringrazio, signor Presidente. Do il benvenuto anche al signor Trichet, Presidente della Banca centrale europea e all’onorevole Juncker.
Vorrei prima di tutto congratularmi con il signor Trichet per la relazione annuale che ha appena presentato. Le cose non sembrano andar bene nell’area euro, ci permetta di non esitare in proposito. Temo che nei prossimi anni molti dei dubbi espressi al lancio dell’euro saranno verificati. Dopo alcuni anni di prosperità, vedremo ora se la Banca centrale europea è in grado di mantenere bassa l’inflazione.
L’area euro ha una singola politica monetaria, ma ciascuno dei sedici paesi ha una sua propria politica economica. Sedici paesi, ciascuno con il suo IAPC e la sua politica interna per promuovere l’occupazione. Con un’inflazione del 4 per cento nell’area euro, la Banca centrale europea incrementa il più recente tasso di interesse e significa che il reale tasso di interesse è dello 0,25 per cento. Ma il tasso non è sufficiente a contrastare la crescente inflazione e la minaccia di una recessione in ciascuno Stato membro.
Il signor Trichet è in grado di stimare per quanto tempo gli strumenti disponibili saranno adeguati negli anni a venire?
Sergej Kozlík (NI). – (SK) Sostengo l’opinione che l’introduzione dell’euro, il graduale allargamento dell’area euro e l’applicazione di politiche economiche coerenti combinate con un approccio prudente della Banca centrale europea, abbiano portato a presentare uno sviluppo relativamente stabile economico nei paesi dell’Unione europea.
E’ inoltre indiscutibile che, a causa della crescita dinamica nel numero e nella varietà delle operazioni dei mercati finanziari, queste operazioni stiano diventando meno trasparenti. Questo ha come conseguenza un numero in crescita di rischi che potenzialmente potrebbero danneggiare non solo i gruppi di consumatori e fornitori, ma anche le economie delle intere nazioni. In conseguenza, c’è il bisogno di fornire un quadro UE più ampio per la vigilanza finanziaria e di coinvolgere di più nella supervisione la Banca centrale europea, per risolvere qualsiasi problema nel sistema finanziario.
Sono d’accordo con il relatore, l’onorevole Schmidt, quando afferma che sarà inevitabile una più elevata cooperazione tra le banche centrali e le autorità di controllo nazionali. Lo scopo consiste nel mantenere la stabilità dei mercati finanziari, in particolare tenendo conto dei crescenti sistemi finanziari integrati. In questa epoca, ciò che riguarda l’ecologia riguarda allo stesso modo i mercati finanziari. Senza la partecipazione degli altri grandi giocatori, come Stati Uniti, Russia, Giappone, Cina, India e altri, raggiungere un risultato di successo in un contesto mondiale non sarà possibile.
José Manuel García-Margallo y Marfil (PPE-DE). - (ES) Signor Presidente, signor Trichet, onorevole Juncker, il presidente della Banca centrale europea e il presidente dell’Eurogruppo sono d’accordo sul fatto che, per dieci anni, ci sia stata un’intesa costante circa i ruoli delle varie politiche. La Banca centrale e la politica monetaria sono responsabili nell’assicurare la stabilità dei prezzi, i conti pubblici hanno bisogno di essere bilanciati nel medio termine e le altre politiche devono creare crescita economica e crescita nell’occupazione.
Quando le cose vanno male, cominciamo ad interrogare questo modello. Iniziamo a scaricare le nostre responsabilità sulle spalle delle Istituzioni europee. Alcune persone attribuiscono la colpa al signor Trichet, altri accusano l’onorevole Jucker. Se le cose vanno di male in peggio, sarà l’onorevole Pöttering che finirà per essere incolpato.
A questo punto, dunque, penso sia importante – e il signor Trichet è un buon navigatore – mantenere un percorso stabile e sostenere il modello che ci ha permesso di arrivare a questa distanza.
Vorrei aggiungere alcune parole in termini di prezzi. E’ vero, come afferma l’onorevole Juncker, che siamo tutti responsabili in questo frangente e che i governi devono agire; è una questione che necessiterà di essere riesaminata quando affronteremo l’argomento della flessibilità dei mercati, quando elaboreremo una strategia post-Lisbona.
Tuttavia, c’è una questione per la quale è necessario che la Banca centrale prenda il comando. La gente dice – non sono in possesso dei dati – che in una certa misura gli aumenti dei prezzi sono dovuti alla speculazione finanziaria; il trasferimento di denaro dai mercati finanziari subprime e dai mercati a tasso di interesse variabile verso mercati futuri, è in parte causa di questa situazione e tutti abbiamo bisogno che si faccia qualcosa al riguardo.
In termini di architettura istituzionale, vorrei convenire con il relatore, l’onorevole Schmidt, che questo non è probabilmente un buon periodo per la pubblicazione integrale dei verbali. Tuttavia, penso potrebbe essere utile pubblicare un sommario dei verbali e, ancor più importante, penso che la Banca centrale potrebbe informarci del relativo peso dato ai due pilastri sui quali si fonda la sua strategia, nel momento di prendere le decisioni per incrementare la trasparenza e la consapevolezza dei mercati.
Penso inoltre che la più estesa governance economica, potrebbe necessitare di un contrappunto, un bilanciamento: ma questo non per colpa del Presidente Trichet. E’ una nostra colpa non avere ancora approvato il Trattato di Lisbona e questa è una cosa che vorrei vedere corretta.
Pervenche Berès (PSE). - (FR) Signor Presidente, signor Trichet, onorevole Juncker, vorrei innanzi tutto ringraziare il nostro relatore per il suo eccellente lavoro. Penso che i contributi dati da tutti abbiano prodotto un risultato che rende chiara la situazione; il messaggio potrebbe essere un po’ vago, ma credo disponga di elementi utili.
Presidente Trichet, tutti siamo stati colpiti dai suoi discorsi nell’estate del 2007. Apprezziamo il fatto che lei abbia risposto immediatamente alla Commissione per i problemi economici e monetari. Ora, tuttavia, ha incrementato i tassi in un clima in cui tutti crediamo che la crisi non sia precedente e che le cattive notizie, incluse quelle delle maggiori banche europee, debbano ancora venire.
Quando l’abbiamo incontrata lo scorso dicembre ci ha riferito che, sostanzialmente, si sarebbe aspettato un’inflazione del 3 per cento nel 2008 e che in seguito le cose si sarebbero calmate. Ora l’inflazione è al 4 per cento e ci sta dicendo che ha incrementato i tassi di un quarto di punto e questo è tutto. Con un’inflazione importante però, se la sua strategia è rimanere così vigile in merito alla stabilità dei prezzi, sarà in grado di mantenerla nel breve e medio termine, con i rischi di cui siamo consapevoli per la crescita e dunque per l’impiego?
Mi sembra che il fenomeno riferito dall’onorevole Turmes, che descrive come seconda fase di globalizzazione dell’Unione europea, ci porti a rivalutare gli strumenti che avevamo a disposizione e che hanno a che fare con la prima fase di globalizzazione. La prima fase ha favorito la stabilità dei prezzi, o ad ogni modo una riduzione nei prezzi dei beni di consumo, legati in particolare al trasferimento.
Ora, in questa nuova fase, abbiamo un nuovo equilibrio ed un nuovo modello nel quale quelli che prima erano paesi emergenti sono ora pienamente affermati, anche nelle loro acquisizioni di materie prime, con gli effetti sui prezzi di cui siamo consapevoli.
In queste circostanze dunque – e sto rivolgendo le mie osservazioni sia al signor Trichet che all’onorevole Juncker, dal momento che l’onorevole Juncker attira giustamente l’attenzione sulle competenze dell’Eurogruppo e di ECOFIN in questa area, ma non si sono mai presentati a questa Commissione o in Parlamento – non è il rapporto del tasso di cambio la questione al momento principale, l’acquisto in euro di rifornimenti di petrolio e l’abilità dell’Unione europea, in particolare nell’area euro, di parlare all’unanimità, affinché, dieci anni dopo aver introdotto l’euro, possiamo alla fine contribuire ad un dialogo coordinato e responsabile tra le principali monete mondiali, per assicurare il miglior tasso di cambio per la nostra crescita?
Margarita Starkevičiūtė (ALDE). – (LT) Vorrei far notare che, per la durata della nostra carica, la Banca centrale europea, grazie al suo importante lavoro, è passata dall’essere solo una delle tante banche nazionali nel mondo, a leader mondiale nell’attività della Banca centrale. Oggi sta affrontando un nuovo cambiamento per affermare il suo sempre più importante ruolo nel mondo globalizzato.
Vorremmo che la banca intensificasse il suo ruolo di previsione e gestione delle macroeconomie e della stabilità finanziaria poiché, dato che la maggior parte delle crisi ha le proprie radici attualmente nei paesi del Terzo mondo, potrebbe essere corretto affermare che la Banca centrale europea ha fallito nel produrre un accurato pronostico sulla dimensione della crisi ed il suo possibile impatto. Cosa potrebbe essere fatto per migliorare la situazione? Prima di tutto, vorrei menzionare un aumentato coordinamento tra la politica economica e monetaria. Il terzo mondo sta ora entrando nella fase di liberalizzazione dei prezzi, che per me è una questione familiare, in quanto rappresentante della Lituania. Potrebbe durare a lungo e l’Europa verrebbe messa sotto pressione per quanto riguarda i prezzi. Tuttavia, questa pressione potrebbe essere superata dalla nostra politica monetaria, il che sarebbe più impegnativo per la nostra economia. Questo potrebbe essere fatto attraverso una nostra maggiore partecipazione al Fondo monetario internazionale e attraverso la comunicazione con la Banca mondiale. Questo è un possibile strumento che potrebbe aiutare a frenare l’inflazione nei paesi in via di sviluppo come pure alleggerire la Banca mondiale dal peso della regolamentazione della politica monetaria.
C’è un altro aspetto che mi preoccupa e cioè il sistema di regolamento europeo. Nonostante l’introduzione sostanziale della Banca centrale europea per il completamento del SEPA e lo sviluppo del sistema di sicurezza TARGET 2, il problema rimane ancora complicato.
Ryszard Czarnecki (UEN). - (PL) Signor Presidente, la relazione annuale della Banca centrale europea non parla a quanto pare di una certa tendenza sviluppatasi in questi anni. Mentre fino ad oggi si poteva parlare di una banca europea a Francoforte che agiva con reale indipendenza, nei tempi attuali abbiamo visto tentativi da parte dei paesi dell’Unione europea allargata di mettere sotto pressione la BCE e di influenzare le sue decisioni.
Questa è una tendenza preoccupante dal momento che in pratica significa che l’UE è stata divisa in paesi che sono simili e in altri che sono tra loro più simili ancora. Questo può portare a doppi standard. A paesi come Francia e Germania è stato concesso il diritto di fare pressione sulla BCE, ma quando tocca a paesi più piccoli si aderisce rigorosamente al principio di indipendenza della Banca centrale europea dai governi degli Stati membri dell’Unione.
Per concludere, non si può affermare che l’Europa abbia una corretta e stabile situazione finanziaria. Questo è un dato di fatto presente nel processo di sviluppo. Una spiegazione a questo è data dall’esempio paradossale di Londra, che è il centro finanziario più importante dell’Unione europea, sebbene sia la capitale di un paese esterno all’area euro.
Luca Romagnoli (NI). - Signor Presidente, onorevoli colleghi, l’area euro è afflitta da prezzi energetici che né la BCE né l’Unione né i governi sono in grado di controllare. Lo ha detto a lei, signor Trichet, il ministro delle Finanze tedesco, Peer Steinbrück e in questo contesto la BCE ha annunciato che intende sostenere le banche in difficoltà. Mi chiedo quando la BCE annuncerà che vuole sostenere i cittadini che non arrivano a fine mese, magari tagliando il costo del denaro e imponendo alle banche tassi per mutui non da usura quali quelli che sono vigenti.
Mantenere la crescita è più importante che mantenere alta la valuta. Questa è la politica del dollaro alla quale la BCE non risponde efficacemente. L’onorevole Schmidt auspica rafforzato il ruolo e l’autorità della BCE, mentre io sono tra coloro i quali persistono nel mettere in discussione l’indipendenza della BCE. Certo, dei benefici dall’introduzione dell’euro ci sono stati: alcuni di quelli citati dall’onorevole Schmidt sono indubbi, ma neanche una parola sugli effetti negativi tangibili per ciascun cittadino dell’area euro, che hanno subito un’inflazione reale ben maggiore di quella formale, a causa delle diffuse speculazioni che hanno accompagnato l’introduzione della moneta e sulle quali hanno troppo poco vigilato BCE e istituzioni.
Come scrive l’onorevole Schmidt, la BCE deve la sua accettazione presso l’opinione pubblica agli obiettivi di difesa, della stabilità dei prezzi e di crescita economica e per questo ritiene accessoria la trasparenza e propone inoltre di abbandonare il principio di parità degli Stati membri e vorrebbe conferire maggiori poteri al Comitato esecutivo. L’onorevole teme il rischio che i governi esercitino pressioni sul governatore della Banca centrale, cioè teme il primato della politica sulla finanza. Io credo proprio nell’opposto.
Onorevole Schmidt, Presidente Trichet, non posso assolutamente aderire a queste proposte.
Gay Mitchell (PPE-DE). - (EN) Signor Presidente, i miei ringraziamenti vanno all’onorevole Schmidt per l’eccellente relazione.
Permettetemi di dire al principio che alcuni Stati membri sono già, o sono molto vicini, alla recessione e dobbiamo chiederci quale sia la cosa più importante che possiamo fare in queste circostanze. Credo che la cosa più importante da fare in questo caso sia progettare posti di lavoro e promuovere la creazione di nuovi lavori. Guardiamo alla situazione tra il 1990 e il 1998, quando in quella che oggi è l’area euro, furono creati cinque milioni di posti di lavoro. Ma quanto è successo nei 10 anni tra il 1998 e il 2008, quando l’euro era in situ e signor Trichet ed i suoi predecessori stavano perseguendo le loro politiche, fu che vennero creati almeno 16 milioni di posti di lavoro.
Quindi, dobbiamo riflettere su questo. E’ una storia di successi ed il contributo che le politiche perseguite dalla Banca centrale europea hanno apportato deve essere riconosciuto. Dobbiamo attribuire il merito quando dovuto.
Questa storia avrà però successo? Le ragioni per il successo chiaramente sono bassi tassi di interesse, ma in particolare una bassa inflazione e penso che il continuo astenersi in merito del Presidente Trichet sia reale.
Davvero necessitiamo aumenti continui dei tassi di interesse? E’ giunto il momento di esaminare la questione più a fondo. Le condizioni economiche attuali esigono un intervento calmo e sensato. Questa è la ragione per cui abbiamo una Banca centrale indipendente.
Tuttavia, vorrei fare un commento in merito alla forza dell’euro. Esso sta avendo un impatto negativo sulle economie di esportazione. Il tasso di cambio dell’euro nei confronti del dollaro e della sterlina non si sta indebolendo ed è improbabile che si indebolisca a causa delle divergenze tra i tassi di interesse dell’euro negli Stati Uniti. L’incremento del tasso, mediante la fissazione di un obiettivo in materia di inflazione, potrebbe presentare ulteriori rischi per il tasso di cambio dell’euro e impedire una potenziale crescita economica in un periodo di incertezza economica.
Nei minuti che mi rimangono, permettetemi di dire che lo scorso anno sono stato relatore per la relazione annuale della BCE ed in seguito ho fatto notare che erano in circolazione 223 miliardi di euro in tagli da 500 euro – vale a dire 446 milioni di banconote! Ho richiesto che la questione venisse esaminata, in particolare perché mi sembrava probabile che venissero usati a scopi criminali. Forse il signor Trichet vorrà esporre nella sua risposta cosa è stato fatto in merito alle preoccupazioni che ho sollevato.
Ieke van den Burg (PSE). - (EN) Signor Presidente, vorrei unirmi alle congratulazioni e ai complimenti fatti alla BCE per quanto ha compiuto lo scorso anno durante la crisi finanziaria. Il ruolo della BCE come market maker o altro fornitore di liquidità è stato messo in evidenza nella relazione e condivido questa posizione. Penso inoltre che abbia raggiunto lo scopo.
Collegato a ciò, signor Trichet, penso sia corretto che lei metta in evidenza la necessità di una migliore acquisizione e scambio di informazioni, in merito ai quali credo che la BCE potrà avere un ruolo principale. Questo è inoltre quanto abbiamo presentato in una relazione per il Parlamento nella Commissione per i problemi economici e monetari, che discuteremo la prossima settimana, in merito alla riforma del sistema di vigilanza. Penso sia molto importante riuscire ad avere un miglior collegamento tra le informazioni microprudenziali in possesso del mercato e della vigilanza prudenziale bancaria e le informazioni della BCE e credo che la BCE possa giocare un ruolo di primaria importanza.
Lei ha affermato di non volere che i sistemi di vigilanza vengano rivisti – che non è quanto abbiamo proposto – ma penso che sarebbe anche nel suo interesse non essere troppo dipendente dalla volontaria cooperazione e della autorità di vigilanza degli Stati membri in questo scambio di informazioni. Dunque è importante che ci siano in questa area molti più giocatori indipendenti e si verrà a creare un sistema più forte e una più forte struttura a livello europeo.
Un altro elemento sono i sistemi di pagamento e regolamento. Mi fa piacere sapere che la proposta del Target 2-Securities, elaborata dalla BCE e dalle altre banche centrali, sia stata ora accettata in maniera positiva dai BAG. Penso che questa possa essere una base importante per un ulteriore sviluppo del sistema. Mi piacerebbe inoltre avere la sua opinione in merito a quanto accade ora, anche nei mercati, nella sfera degli strumenti derivati e nel mercato degli over-the-counter al fine di creare più controparti e un miglior sistema di vigilanza.
Il mio ultimo commento è parallelo al discorso di ieri di Bernanke, ma non entrerò nei dettagli.
Daniel Dăianu (ALDE). - (EN) Signora Presidente, vorrei lodare il relatore per il suo lavoro.
Una relazione annuale può dare ampia dimostrazione dei raggiungimenti e anche delle difficoltà politiche e dei controbilanci. Gli attuali tassi di inflazione in Europa stanno tormentando i cittadini e chi prende le decisioni politiche. La Banca centrale europea ha costruito la sua credibilità attraverso politiche coerenti. Questa impresa è stata valorizzata da una inflazione di importazione sull’onda della globalizzazione e del rialzo economico asiatico.
Sfortunatamente, è in corso ai giorni nostri una situazione contraria, a causa degli enormi rialzi dei prezzi energetici e dei prodotti alimentari, che riflettono la sempre maggiore scarsità di risorse disponibili. La pressione della spinta dei prezzi sta sforzando i mercati di tutto il mondo. Il tasso di inflazione nell’area euro è il più alto da 10 anni. Questo è molto preoccupante e la stagflazione inoltre sembra dietro l’angolo.
In più, la crisi finanziaria ha complicato enormemente il compito della Banca centrale europea. La BCE deve combattere l’inflazione tenacemente e l’elemento chiave in questo frangente è ancorare le aspettative inflazionistiche. Non è chiaro fino a quando l’esogena spinta dei prezzi durerà. E’ critico che venga avvertita una spirale salari-prezzi. Come nella scorsa decade eravamo abituati a parlare di moderazione dell’inflazione, così dovremo fare qualunque sforzo per riuscire a raggiungere una moderazione dei prezzi e una dinamica dei salari nel periodo a venire.
Altre divergenze economiche nell’area euro, che non dovrebbero favorire un buon clima per i movimenti della Banca centrale europea. In più, in un momento in cui i mercati si stanno allargando in maniera globale, ciò che la Banca centrale europea compie deve essere esaminato in relazione alle azioni delle altri grandi controparti. Questo per quanto riguarda le differenze del tasso di interesse e le complessive posizioni politiche.
Una nota finale. Il peso dei rischi sistemici che i mercati finanziari sopportano di questi tempi, richiede una migliore vigilanza delle strutture, una migliore collaborazione tra la BCE, la Fed e le altre banche centrali maggiori. I pericoli di politiche troppo a buon mercato devono a questo proposito essere sottolineati.
Othmar Karas (PPE-DE). - (DE) Signora Presidente, onorevoli colleghi, spero vivamente che i messaggi principali di questa seduta raggiungano i cittadini europei. Il primo essenziale messaggio, a mio avviso, è che la BCE e l’euro non sono la causa dei problemi e delle preoccupazioni, ma parte della soluzione. Il secondo messaggio principale è che l’euro assicura benefici e protezione. Giova ai cittadini dell’intera Unione europea, non solo all’area euro, beneficia il progetto politico dell’Unione europea, la sua crescita e la politica per l’occupazione.
A prescindere dal mercato interno, l’euro è la più efficace risposta alla globalizzazione. L’euro e la Banca centrale europea non ci rendono indipendenti da influenze globali, è vero, ma ci rendono molto più capaci nell’avere a che fare con esse.
Avrei quindi piacere di ringraziare la Banca centrale europea per una politica equilibrata e salda, perché in un momento in cui si sta perdendo fiducia, è indubbiamente una di quelle istituzioni che sta guadagnando credito.
Tuttavia, vorrei anche aggiungere che tutti i capi di Stato e di governo in questa occasione non interferiscono nel Patto di stabilità e di crescita, non interferiscono con la Banca centrale europea. Se ci sono problemi interni e non ci si documenta bene su un argomento, è troppo facile che siano gli altri a dover essere biasimati. Per questa ragione dobbiamo fare tutto il possibile per migliorare la consapevolezza ed eliminare il deficit di informazioni. Non c’è una generale coscienza della connessione presente tra inflazione, tassi di interesse e stabilità dei prezzi. Sono grato all’onorevole Juncker per aver fatto notare come la tassazione indiretta non possa essere incrementata, bensì ridotta dove possibile.
Dobbiamo comunicare il messaggio che l’euro non è responsabile degli alti prezzi energetici e delle materie prime. Approvo, inoltre, del fatto che la cooperazione tra la Banca centrale europea, la Commissione ed il settore dei servizi finanziari abbiano contribuito al lancio di SEPA, con pagamenti oltre frontiera. Permetteteci di usare la sensibilità e le paure e preoccupazioni giustificate del pubblico per aprire un dialogo con loro e non fare solo discorsi di favore in questa sede.
Benoît Hamon (PSE). - (FR) Signora Presidente, onorevoli colleghi, l’euro è una valuta costosa e in aumento rispetto a quelle dei nostri principali partner e concorrenti. Questo è particolarmente vero in confronto al dollaro. Certamente, la politica dei tassi di referenza sistematicamente in aumento della Banca centrale europea, unita alla inversa politica della Fed, sta semplicemente accentuando il problema. Questa tendenza di scambio che sta danneggiando la competitività dell’economia europea è stata oggetto di molta critica, in particolare da parte di altamente illustri leader europei.
La visione predominante, in quest’Aula in particolare, è che la BCE abbia la sola ed assoluta competenza in merito alle tendenze dei tassi di cambio. La BCE stessa rifiuta, attraverso la figura del suo presidente, di esprimere qualsiasi punto di vista in merito, a parte poche e vaghe dichiarazioni internazionali. Non solo questa è una situazione non trasparente e antidemocratica, è soprattutto contraria al trattato. L’articolo 111 del Trattato dice e io cito: “In mancanza di un sistema di tasso di cambio rispetto ad una o più valute non comunitarie, come indicato al paragrafo 1, il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata su raccomandazione della Commissione e previa consultazione della BCE, o su raccomandazione della BCE, può formulare gli orientamenti generali di politica del cambio nei confronti di dette valute”. Ripeto: “Può formulare gli orientamenti generali di politica del cambio”.
In altre parole, l’area euro si è per meglio dire equipaggiata con l’intenzione di decidere democraticamente in merito alla sua politica di cambio. La mia è una domanda semplice e indirizzata ai capi di Stato e di governo: anziché lamentarsi, cosa stanno aspettando i governi dell’Unione prima di agire?
Cornelis Visser (PPE-DE). - (NL) Innanzi tutto, voglio congratularmi con l’onorevole Schmidt per la sua relazione. Come rappresentante della Svezia, la quale non fa parte dell’area euro, ha prodotto una relazione veramente buona e chiara. Secondo me, ha soddisfatto i criteri affinché la Svezia venga eletta membro.
La scorsa settimana la Banca centrale europea ha sollevato il tasso di interesse. Chiaramente, la Banca centrale europea ed il suo presidente, il signor Trichet, prendono seriamente in considerazione il mandato della banca e i principi del Trattato di Maastricht. Mi fa piacere che la BCE sia indipendente. La BCE deve essere protetta per esempio dall’ingerenza politica, dalle autorità nazionali e mi fa piacere inoltre sentire la conferma di questo da parte dell’onorevole Juncker a nome dell’Eurogruppo.
La Banca centrale europea ha risposto bene alla crisi finanziaria. Si è mossa in maniera tempestiva per garantire la liquidità dei mercati. Questo ha attualmente stabilizzato i tassi di interesse. La crisi del settore bancario è stata un richiamo ad alzarsi. La mancanza di trasparenza in merito ai rischi finanziari, ai quali le istituzioni sono esposte, sta producendo perdite che possono essere considerevoli. Un dibattito è attualmente in corso al Parlamento europeo in merito all’esame finanziario e la Banca centrale europea può giocare un ruolo importante al riguardo, perché è ben informata dalle banche degli Stati membri.
Il trattato però non menziona nulla di tutto ciò. Credo ci sia bisogno di una più stretta collaborazione tra le banche centrali e la Banca centrale europea, i mercati finanziari e le autorità regolatorie. La Banca centrale europea potrebbe avere un ruolo centrale in merito alla sorveglianza e al controllo. E’ in una posizione in cui può organizzare lo scambio di informazioni oltre frontiera, sicuramente nel momento in cui si raggiungerà una stabilità finanziaria. La BCE ha dimostrato il suo valore. Dobbiamo fare uso del suo potere al fine di rafforzare l’esame finanziario.
Christoph Konrad (PPE-DE). - (DE) Signora Presidente, onorevoli colleghi, alla luce di questo dibattito si può affermare che la BCE è una sorta di roccia in mezzo alle onde. Questo fatto deve essere accettato. Ovviamente, la stabilità dei prezzi è la più alta priorità nell’economia. Se continuerà ad esserlo nel futuro, sarà solo un fatto positivo.
Abbiamo notato come il tasso medio di inflazione nell’area euro sia del 4 per cento. In alcuni paesi dell’area è perfino più alto, per esempio del 5,8 per cento in Belgio e del 5,1 per cento in Spagna. Queste sono cattive notizie. Dunque il segnale – la decisione della Banca centrale europea – emesso questa settimana è importante. Dobbiamo solo prendere nota che, anche qui in Parlamento, la BCE non può fare assolutamente nulla per combattere i prezzi inflazionistici del petrolio. Tuttavia, gli effetti secondari dei quali si risentirà nell’area, per esempio salari più alti, che le unioni stanno richiedendo e al tempo stesso prezzi più alti, che colpiranno in seguito gli affari, costituiscono un rischio e in definitiva porteranno ad un circolo vizioso.
Vorrei fare due ulteriori commenti in merito alla politicizzazione della Banca centrale europea. Ci imbattiamo costantemente in questo argomento nella Commissione per i problemi economici e monetari e la questione è stata inoltre resa chiara da questa seduta. Per esempio, la richiesta di trasparenza in merito al processo decisionale è un segnale in quella direzione, un tentativo di scoprire sempre più e di intensificare inoltre l’influenza nel processo decisionale stesso. Maggiore trasparenza – in questo sono diffidente. Penso che la banca debba decidere per se stessa e in consultazione certamente con il Parlamento ed i rappresentanti dell’area euro. Giustificazione delle decisioni, quindi – e sembra che questo si stia allontanando.
Dovremmo – e questo avrà indubbiamente un ruolo nel prossimo turno – riconsiderare con molta cautela, al momento di estendere l’area euro, se sia possibile continuare con questa politica. La Slovacchia per me è stata un segnale preoccupante. In futuro dovremmo essere meno interessati alla politica e fare più attenzione ai principi.
Zuzana Roithová (PPE-DE). – (CS) Onorevoli colleghi, l’impatto della crisi finanziaria americana sul mondo economico è stato un improvviso e non desiderato regalo in occasione del 10° anniversario dell’Unione economica e monetaria. L’inflazione in aumento è un altro dei problemi attuali. La BCE ha gestito perfettamente il disordine nei mercati finanziari mondiali, ha fornito liquidità per un totale di 95 miliardi di euro e ha eseguito ulteriori operazioni di precisa regolazione per stabilizzare i tassi di interesse nel breve termine. Ancora una volta questo ha dimostrato i benefici della comune politica monetaria dell’Unione europea sia per l’economia europea che per i singoli cittadini, in periodi di instabilità. In accordo con l’articolo 105 del trattato CE, la BCE potrà inoltre supportare le generali politiche economiche nella comunità. Ora la BCE deve affrontare da una parte i cambiamenti dell’inflazione in aumento e dall’altra del rallentamento economico. Questo non è solo un cambiamento, ma anche una vera prova dell’indipendenza della BCE e del Sistema europeo di banche centrali.
Per mezzo del Trattato di Lisbona, la BCE diverrà un’istituzione con personalità legale e un chiaramente affermato status indipendente. D’altre parte, la continua integrazione dei mercati finanziari richiede una più stretta cooperazione con le banche centrali dei singoli Stati membri. Ci sono voci che avvertono che l’indipendenza della BCE è in pericolo, una delle ragioni è il fatto che gli incontri informali dei ministri delle Finanze dell’area euro riceveranno, grazie al Trattato di Lisbona, uno status ufficiale. Possiamo già ascoltare discussioni in merito alla capacità dei ministri di dibattere sul fatto che l’obiettivo di inflazione sia stabilito correttamente o meno.
Penso sia molto importante fare una distinzione fra questioni professionali e politiche, che hanno ciascuna il proprio posto in una società democratica e un’interferenza reale con la politica fiscale della Banca centrale europea. Considerata la dolorosa nascita del Trattato di Lisbona, fare una distinzione di questo tipo sarà un compito estremamente importate sia per noi in quest’Aula e, sicuramente, per i media. Per concludere, i miei ringraziamenti vanno ai relatori per l’equilibrata e altamente professionale relazione che valuta la relazione annuale della BCE.
Ioannis Varvitsiotis (PPE-DE). – (EL) Signora Presidente, ho ascoltato molto attentamente i discorsi del presidente della Banca centrale e dell’onorevole Jean-Claude Juncker, verso il quale nutro un considerevole rispetto.
Stiamo indubbiamente affrontando una grave crisi economica senza pari nei recenti decenni. L’aumento spaventoso del prezzo del petrolio e di molti altri prodotti, l’alto tasso di disoccupazione, la povertà diffusa e i bassi tassi di crescita danno il loro contributo a questa desolata visione.
C’è stata una prolungata discussione in merito alla critica che è stata espressa. Credo che questa critica, che proviene anche da fonti ufficiali, abbia avuto lo scopo stesso di sottolineare la gravità della situazione. Per di più, in quanto politici, dobbiamo ricorrere alla critica perché è solo attraverso di essa che possiamo migliorare, vedere le questioni più chiaramente e così raggiungere soluzioni che apportino beneficio alla comunità.
Per concludere, vorrei congratularmi con il relatore per la sua eccezionale relazione.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL). – (PT) Signora Presidente, è chiaro da questa seduta come la presunta lotta contro l’inflazione sia limitata a restringere gli aumenti di stipendio. Al fine di giustificare il nono incremento del tasso base della Banca centrale europea in due anni e mezzo, i manager della politica monetaria dell’Unione europea discutono solamente del bisogno di tenere sotto controllo i salari e ignorano lo scandaloso aumento dei profitti effettuato dalle grandi compagnie e dai gruppi economici e finanziari, che è all’incirca del 30 per cento all’anno, mentre in alcuni paesi gli aumenti di stipendio non coprono neppure il tasso di inflazione. E’ questo il caso del Portogallo, dove molti lavoratori e pensionati hanno sofferto serie perdite del loro potere d’acquisto e dove paghe e pensioni sono tra le più basse dell’Unione europea.
La completa mancanza di sensibilità sociale di queste politiche, con tassi di interesse alti e un euro sopravvalutato, sta aggravando le differenza territoriali e sociali, contribuendo ad un aumento della povertà e creando sempre più problemi per le micro e piccole imprese, specialmente nei paesi con le economie più deboli. Questa politica dovrebbe essere cambiata per agire esattamente nel senso opposto e per dare priorità alla crescita economica e all’occupazione, sradicare la povertà e promuovere il progresso sociale e lo sviluppo.
Theodor Dumitru Stolojan (PPE-DE). - (RO) La Banca centrale europea porta avanti la sua attività per mantenere la stabilità dei prezzi in condizioni di grandi incertezze e pressioni inflazionistiche.
Non sappiamo ancora se l’attuale livello dei prezzi di energia e prodotti alimentari è quello sul quale farà affidamento l’intera struttura dei prezzi; non sappiamo inoltre quali azioni politiche saranno effettuate dagli Stati membri per facilitare la regolazione degli affari, dei risparmi e dei nuclei domestici della popolazione. Inoltre, la crisi finanziaria è lontana dall’aver pronunciato la sua ultima parola.
In qualità di membro del Parlamento europeo, apprezzo la competenza e l’integrità delle politiche monetarie della Banca centrale europea e la determinazione del suo presidente di rimanere sulla questione degli obiettivi di inflazione, caratterizzando così il provvedimento sulla stabilità dei prezzi.
Esprimo la mia fiducia nei confronti del buon senso della Banca centrale europea, nei confronti della sua integrità e indipendenza e della discrezione dei politici nell’interferire con le decisioni della banca.
Margaritis Schinas (PPE-DE). – (EL) Signora Presidente, l’Eurogruppo formula una politica economica, la Banca centrale europea una politica monetaria e noi, qui al Parlamento europeo, facciamo solamente politica, senza altre definizioni e questo ci obbliga ad essere responsabili dell’intera serie di decisioni prese nell’area euro.
In quanto nuova arrivata in politica, sebbene rispetti pienamente l’indipendenza della Banca centrale, credo di essere in grado di offrire qualche consiglio. L’inflazione di importazione, tuttavia, che è il nostro più grande problema, non può secondo me essere contrastata se l’unico strumento che utilizziamo sono i tassi di interesse.
Dobbiamo agire sulle cause dell’inflazione. Dobbiamo combattere contro i sindacati petroliferi, dobbiamo combattere contro i profittatori di materie prime, abbiamo bisogno di più alimenti sul mercato e, se non agiamo alla radice del male, temo che continueremo ad avere dibattiti come questo, che hanno una logica intesa a Bruxelles e a Strasburgo, ma mancano di una giustificazione politica agli occhi del pubblico.
Piia-Noora Kauppi (PPE-DE). - (EN) Signora Presidente, penso che sia estremamente sorprendente il modo in cui la BCE ha condotto il punto principale del mandato: la stabilità dei prezzi. Se guardiamo al periodo del marco, tra il 1948 e il 1998, l’operato della BCE per la stabilità dei prezzi è attualmente migliore rispetto a quello del marco, che era il parametro globale. Penso che abbiate raggiunto veramente un buon risultato in questo frangente. Sono ugualmente contenta però che lei, Presidente Trichet, si sia riferito alla stabilità finanziaria. La questione è presente anche nel mandato del trattato della BCE e penso che il ruolo della stessa BCE in merito alla vigilanza finanziaria possa essere rafforzato.
Il modello “twin peaks” di Tommaso Padoa-Schioppa è affascinante e penso che ora sia compito degli Stati membri e del Congresso usare questo modello, avere più che solamente un ruolo nella BCE per la vigilanza dei sistemi finanziari. Nel Parlamento europeo, la relazione Van den Burg-Dăianu in merito a questo argomento è stata attualmente redatta. Contiene molti buoni spunti che può utilizzare anche nel suo lavoro quando cerchiamo di mantenere una migliore vigilanza della stabilità finanziaria in Europa.
Czesław Adam Siekierski (PPE-DE). - (PL) Signora Presidente, il funzionamento economico e finanziario dell’UE crea una reale stabilità per la crescita. Un ruolo fondamentale viene giocato dalla Banca centrale europea, che ha come obiettivo fondamentale la creazione di una politica monetaria. Gli Stati membri e i loro governi sono responsabili per la politica economica e per la creazione di nuovi posti di lavoro.
Tuttavia, si sollevano domande in merito alla possibilità che la BCE stia funzionando adeguatamente e sul suo impatto nel processo economico. Potrebbe la Banca centrale essere più intraprendente, come negli Stati Uniti, o no? Inoltre, alla luce della crisi globale dei prodotti alimentari e dell’aumento dei prezzi di energia e carburante, si presenta una serie di domande. Innanzi tutto, in che modo bisognerebbe agire per prevenire l’approfondirsi della crisi? Secondo, come supportare la crescita nei paesi poveri? Terzo, come monitorare i mercati finanziari al fine di prevenire una ripetizione della crisi dei prestiti per i mutui?
Per concludere, a questo punto dovrebbe essere chiaramente stabilito che la conformità ai criteri del Patto di stabilità e di crescita deve impegnare equamente gli Stati membri.
Jean-Claude Trichet, Presidente della Banca centrale europea. − (EN) Signora presidente, apprezzo enormemente le osservazioni fatte sia nella notevole relazione del relatore che nel gran numero di interventi i quali ribadiscono l’indipendenza della Banca centrale europea, come riferito molto chiaramente dallo stesso onorevole Jucker. Penso sia estremamente importante e devo dire che non viene messa in dubbio. E’ una parte essenziale della credibilità dell’istituzione ed è proprio perché manteniamo questa visibile indipendenza e questo fondamentale mandato – che è basato chiaramente sulla stabilità dei prezzi – che abbiamo avuto finora successo nel fissare le aspettative inflazionistiche.
Metto fortemente in evidenza il fatto che fissare le aspettative inflazionistiche è assolutamente decisivo, perché ci permette di continuare ad avere nei tassi di mercato di medio e lungo termine, l’incorporazione di queste aspettative inflazionistiche, nel medio e lungo periodo. Alcuni governi in Europa hanno in corso prestiti su base di 50 anni. Hanno in corso questi prestiti in rate che costituiscono la credibilità della Banca centrale europea, al fine di conseguire la stabilità dei prezzi non solo per due, o cinque o dieci o venti anni, ma per un periodo perfino più lungo. E’ perché puntiamo interamente a fissare, a preservare il solido ancorarsi delle aspettative inflazionistiche che abbiamo preso la decisione prima menzionata.
Nell’accordo del Consiglio direttivo della BCE – e credo nella decisione presa dalle democrazie europee nel creare la BCE, il sistema euro e l’area euro – non c’è contraddizione tra stabilità dei prezzi, solido fissarsi delle aspettative sulla stabilità dei prezzi, crescita e creazione di posti di lavoro.
Devo dire che è tenuto molto più in considerazione ora a livello globale il fatto che la maniera adeguata di guardare alle cose è quella che passa attraverso la stabilità dei prezzi e la credibile stabilità dei prezzi nel tempo sta aprendo la strada alla crescita e alla creazione di posti di lavoro. La menzione dei quasi 16 milioni di posti di lavoro creati con l’istituzione dell’euro è un esempio di quanto ho appena detto.
Detto questo, vorrei inoltre ribadire quanto è stato detto da un gran numero di membri in merito al fatto che, al fine di raggiungere la stabilità dei prezzi, si debba arrivare ad avere cooperazione tra che prende le decisioni, le autorità ed il settore privato. Questo è il motivo per cui siamo così chiari nei nostri messaggi, riconoscendo pienamente il fatto di essere indipendenti e che chi sta prendendo queste decisioni è indipendente. Insistiamo sempre però sul Patto di stabilità e di crescita, perché gravare le politiche monetarie attraverso una politica fiscale inesatta è sempre un pericolo.
Stiamo inoltre facendo appello ai price-setters in generale – imprese corporate, settore produttivo, affari commerciali – per assumere il fatto che arriveremo alla stabilità dei prezzi nel medio termine, così da non avere effetti secondari in questo settore.
Ho citato i price-setters. Inoltre menziono certamente le parti sociali e questa è la ragione per cui stiamo fortemente facendo appello non solo ai price-setters, ma appunto anche alle parti sociali, per comprendere le loro decisioni in merito al raggiungimento della stabilità dei prezzi, in linea con la nostra definizione di medio termine.
La situazione ovviamente è difficile a causa del prezzo del petrolio, delle materie prime o della scarsità di esse, che sta facendo incrementare i prezzi. Potremmo ricordare quanto accaduto negli anni 1973-1974. E’ assolutamente chiaro che le economie le quali lasciavano galoppare effetti secondari e avevano un’inflazione su base duratura, avevano inflazione e una crescita molto bassa ed era l’inizio, in un gran numero di economie in Europa, di una disoccupazione di massa che stiamo ancora combattendo e cercando di eliminare strada facendo. Dunque, c’è molto in gioco in questo settore e questo è importante.
Avrei inoltre piacere di ricordare, poiché mi sembra un elemento estremamente importante, che sono i cittadini più poveri e vulnerabili a soffrire maggiormente in tempi di perdurante inflazione ad alto livello. Dunque, nel momento di aspirare a fornire la stabilità dei prezzi nel medio termine, non solo rispettiamo il trattato – che non abbiamo creato noi ma che ci è stato fornito dalle democrazie europee – ma stiamo facendo ciò che è meglio per i più vulnerabili dei nostri concittadini.
Sulla questione riguardante il prezzo del petrolio, delle materie prime e dell’energia, il prezzo dei prodotti alimentari e più in generale di tutti i prezzi in aumento, penso che sia presente una struttura a triangolo. Come affermato in maniera molto eloquente da un numero di membri, abbiamo sicuramente un fenomeno di guida della domanda; le grandi economie emergenti stanno introducendo a livello globale un nuovo elemento di domande al rialzo e questo deve essere pienamente riconosciuto.
Abbiamo indubbiamente un secondo lato del triangolo, che è certamente l’offerta e abbiamo molte responsabilità in merito alla questione dell’offerta. I cartelli non sono buoni ed è chiaro che abbiamo cartelli operanti in un certo numero di settori. A parte i cartelli, un numero di paesi e di economie sta dimostrando un atteggiamento insufficiente nel prevenire la trivellazione, l’esplorazione, la costruzione di raffinerie. Sposto quindi la vostra attenzione anche su questo punto. Dobbiamo vedere se, dal punto di vista dell’offerta, stiamo facendo tutto il possibile.
In merito alla questione della domanda, tutte le economie, tutti i risparmi di energia sono assolutamente essenziali e sono parte del dominio della domanda; come anche il riconoscere il prezzo reale e non avere prezzi artificiali per petrolio ed energia, che potrebbero continuare a permettere alla domanda di essere in rialzo.
Questo è il caso del terzo lato del triangolo, cioè la ricollocazione del capitale a livello globale nella direzione delle materie prime. Questo non è esattamente lo stesso nel caso del petrolio, di altre energie o di materie prime di tutti i tipi. Questo fenomeno è però in atto e, ovviamente, ha un suo ruolo e dobbiamo riconoscerlo. Dobbiamo fare appello ai mercati perché siano i più trasparenti possibile, per funzionare in maniera pienamente chiara. Presento il fenomeno in questo modo e vorrei aggiungere che, come nel caso di certe malattie le quali devono essere trattate su base multidimensionale, dovrete fare tutti gli sforzi possibili sui tre lati del triangolo.
Molti membri hanno citato una vigilanza prudenziale e la necessità di migliorare la situazione, vorrei certamente ribadire ciò che è stato detto. Abbiamo una situazione che deve essere migliorata, questo è assolutamente chiaro. Sin dalla costituzione della BCE, abbiamo affermato che avremmo fatto appello a tutte le autorità per cooperare il più correttamente possibile. Abbiamo inoltre affermato che eravamo favorevoli ad una relazione molto stretta tre le banche centrali e le autorità di vigilanza. I recenti eventi da quando è cominciata la turbolenza nell’agosto 2007 hanno provato che questa dottrina era giusta: un’interazione molto stretta tra banche centrali e autorità di vigilanza è necessaria.
Vorrei dire a questo punto che supportiamo pienamente l’orientamento scelto su base consensuale dalla Commissione per i problemi economici e monetari. Pensiamo che ci siano molte discussioni da fare e che dobbiamo procedere il più rapidamente possibile in questa direzione. So che il Parlamento sta riflettendo forse su iniziative più ardite. Vorrei dire che ci farebbe piacere se tutto ciò che è già stato deciso venisse implementato – in nessun caso con lo scopo di un pretesto per una seconda fase, non per fare ciò che già è stato deciso. In seguito, penso che dobbiamo guardare attentamente alle proposte che abbiamo davanti, perché crediamo che più intimamente si cooperi (più intimamente di quanto non sia oggi), meglio sarà certamente per l’Europa. Quanto detto per l’Europa è nella nostra opinione valido per tutti gli altri apparati sistemici nella finanza globale.
Il mio ultimo punto in esame riguarda il tasso di cambio, già citato da un certo numero di membri. Penso che il Consiglio direttivo della BCE sia a favore delle piena realizzazione del trattato così com’è. Mi sembra che quando siamo in Cina, come ha detto Jean-Claude Juncker, o quando siamo al G7, dove io e Jean-Claude stiamo firmando la communiqué del G7, stiamo facendo ciò di più appropriato e sono cauto – perché è stato detto che sono molto cauto e prudente quando parlo di tassi di cambio – è perché questo è un settore straordinariamente suscettibile e dove secondo me una persona deve pienamente rispettare l’orientamento con il quale siamo d’accordo. Questa è la ragione per cui vorrei ribadire come a questo punto concordiamo con tutti i membri del G7 in merito al messaggio per la Cina. Non c’è assolutamente alcuna ambiguità in questo. Lo abbiamo chiarito nell’ultima communiqué del G7. Consideriamo inoltre importante guardare molto attentamente ai possibili aspetti contrari di eccessive fluttuazioni, sia per la stabilità finanziaria che per la crescita.
Vorrei inoltre ribadire come sia importante che le autorità degli Stati Uniti ripetano che un dollaro forte è nell’interesse dell’intera nazione degli Stati Uniti d’America.
Jean-Claude Juncker, Presidente dell’Eurogruppo e membro del Consiglio europeo. − (FR) Signora Presidente, onorevoli deputati, non tornerò a soffermarmi sulle osservazioni fatte dal presidente della Banca centrale durante la nostra seduta. E’ meglio non ripetere quanto ha affermato, quanto potrei aggiungere in merito potrebbe venire visto come un tentativo di legittimare le sue osservazioni, cosa che non è necessaria.
(DE) Signora Presidente, sto parlando in tedesco per dimostrare al Presidente Trichet che conosco come lui anche questa lingua. Sì, con un uomo francese, che ha già da fare più che a sufficienza, è necessario complimentarsi per il fatto di imparare la lingua della gente tra la quale vive, poiché sta vivendo a Francoforte. Non tutti i francesi lo fanno.
(Applausi)
Parlerò in tedesco affinché mi comprenda meglio. Vorrei fare due o tre commenti finali, perché a volte i dibattiti in Aula sembrano essere colmi di nostalgia per gli anni ‘70 e ‘80. L’Eurogruppo viene esortato a coordinare in miglior modo la politica economica dell’euro negli Stati membri. Stiamo tutti facendo del nostro meglio a questo scopo e abbiamo ora introdotto un codice di condotta in merito alla concreta politica economica in molte aree, che ci stiamo sforzando di seguire. Tuttavia, lei non può da un lato fare appello al coordinamento della politica economica e, dall’altro, rifiutarlo nel momento in cui la politica economica orientata in quella direzione viene infine messa in pratica.
Permettetemi di fare alcuni esempi. Abbiamo riformato il Patto di stabilità e di crescita nel 2005. Lo scopo di parte dei contenuti delle proposte di riforma consisteva nel rafforzare il settore preventivo del Patto di stabilità, che era debole e sottosviluppato. Per rafforzare il settore preventivo del Patto di stabilità, è essenziale che i governi mantengano il consolidamento del bilancio e raddoppino i loro sforzi in questa direzione quando l’economia è in una fase positiva, al fine di costituire riserve per anni meno favorevoli, il che, nel normale modello ciclico dei nostri sistemi economici, capiterà regolarmente.
In questo momento stiamo attraversando tempi difficili. Non sono più tempi positivi. I governi che si sono consolidati hanno margini di bilancio a sufficienza perché gli stabilizzatori economici entrino in vigore, in un momento in cui le entrate dello Stato stanno diminuendo. I governi che non si sono consolidati in tempi positivi non possono di certo reagire in tempi difficili.
Quando all’Eurogruppo affermiamo che gli Stati membri che hanno raggiunto il loro obiettivo finanziario nel medio termine possono ora agire anche in merito all’attuale ribasso economico e al rialzo dei prezzi di petrolio e prodotti alimentari, possono farlo perché in passato hanno elaborato i margini di bilancio necessari, in modo da non essere deboli e incapaci di agire in tempi di crisi.
Non abbiamo fatto appello al blocco dei salari; né la Banca centrale né l’Eurogruppo hanno mai fatto appello ad un blocco dei salari nell’area euro. Ciò che stiamo dicendo è che i salari non si rialzerebbero automaticamente a causa dell’inflazione, ma bensì che le tendenze dei salari tengono conto dei guadagni produttivi che possono venire raggiunti nell’economia e i salari possono essere rialzati perciò anche senza inflazione.
Abbiamo reso abbastanza chiaro il fatto che non possiamo assolutamente continuare a richiedere una limitazione dei salari da parte dei lavoratori in Europa, mentre dirigenti e altri proprietari di capitali ricevono paghe e salari eccessivi. Lo abbiamo affermato in numerose occasioni.
(Applausi)
I salari dei dirigenti delle aziende europee – anche e soprattutto nel settore finanziario – non hanno assolutamente niente a che vedere con i guadagni produttivi raggiunti. Si limitano a collezionare denaro e le loro azioni non sono economicamente stabili o di responsabilità sociale.
(Applausi)
Proprio perché non abbiamo ordinato un blocco dei salari, perché io forse più degli altri sono molto intenzionato a tenere a mente l’aspetto del contratto sociale nella scena europea, abbiamo fortemente richiesto che, invece del pagamento per l’affitto delle aziende, alla luce dell’innalzamento dei prezzi di materie prime e petrolio, si debba considerare cosa possono fare gli stati nel campo del sostegno sociale per i settori meno agiati della popolazione, in vista di un indebolito potere d’acquisto.
E’ dopotutto semplicemente vero che gli Stati che hanno consolidato la loro posizione di bilancio hanno ora a loro disposizione le necessarie risorse per essere in grado di finanziare programmi di sostegno sociale per i settori meno ricchi della popolazione. Ci sono Stati che hanno introdotto indennità di contingenza, sussidi per le forniture di riscaldamento e l’affitto e che sono capaci di fornire tutto ciò grazie al loro consolidamento in passato. Ci sono inoltre Stati che sistematicamente adattano i loro sistemi di tassazione, in modo che i settori meno agiati della popolazione possano ottenere guadagni netti dai tagli delle tasse, anziché tagli che apportino benefici solo a coloro i quali fanno parte dei gruppi più ricchi della popolazione.
Con questo intento, credo che la politica globale, se non perfetta, è per lo meno decisiva. Non vogliamo e non dobbiamo ripetere gli errori degli anni ’70 e ’80, anche se quella risultava una via più facile da seguire nel breve termine. Dobbiamo agire contro la crescente inflazione. Negli anni ’70 e ’80 abbiamo permesso un’inflazione senza controllo. Abbiamo permesso che l’indebitamento continuasse a salire. Abbiamo accettato deficit pubblici, mentre minimizzavamo i loro effetti. Il risultato fu in Europa una disoccupazione di massa, che abbiamo ora fatto diminuire al 7,2 per cento con e grazie all’euro.
Il risultato fu che avevamo eccessivi contributi per la sicurezza sociale in quasi tutti i nostri paesi, che molti di noi considerano ancora troppo alti e questo non ha a che fare con un rifiuto della solidarietà sociale, bensì con un finanziamento razionale dei nostri sistemi di sicurezza sociale. Il lavoro era eccessivamente tassato e il capitale lo era in maniera inadeguata. Questi furono gli effetti dell’errata politica degli anni ’70 e ’80.
Siamo contro l’inflazione perché siamo contro la disoccupazione e a favore della crescita. Crescita e lotta all’inflazione non sono contrarie. Abbiamo bisogno di una crescita libera dall’inflazione, in modo che le cose migliorino per la popolazione in un futuro. Distribuire regali oggi, in apparenza aiutando la popolazione e passando per generosi benefattori sociali, è la politica sbagliata. Per avere successo ora, è necessario pensare alle generazioni future e non viceversa.
(Applausi)
Olle Schmidt, relatore. − (SV) Signora Presidente, la ringrazio per la seduta estremamente interessante e stimolante. Esso dimostra che è presente un esteso sostegno nei confronti del pensiero e delle conclusioni che presentiamo nella relazione. Voglio inoltre ringraziare l’onorevole Juncker e il signor Trichet per le ottime risposte date. Avete risposto in una maniera che dà l’impressione che teniate in considerazione i punti di vista e le idee che qui abbiamo portato avanti.
Per concludere, permettetemi di contribuire con le mie personali esperienze come uomo politico, nell’alquanto meno popoloso paese della Svezia del nord. Sono stato membro del Parlamento svedese e della Commissione per le Finanze durante gli anni ’90, quando la Svezia si imbatté in un muro economico. Le esperienze in politica sono salutari, cari colleghi. Quelli tra voi che credono che l’inflazione e una politica monetaria instabile aiuteranno le persone che necessitano maggiormente del nostro sostegno, si sbagliano. Voi sbagliate! Come membro della Commissione finanziaria, ho dimostrato come il tasso di interesse svedese avesse raggiunto livelli che nessuno avrebbe potuto immaginare: 500 per cento. Negli anni ’90, come l’onorevole Juncker ha appena detto, abbiamo avuto fenomeni di disoccupazione di massa, inflazione in aumento e stagflazione. Ricordo vividamente quelle esperienze ed esse mi hanno condotto a sperare che il mio paese, la Svezia, entrerà nell’area euro e parteciperà pienamente alla cooperazione europea.
Come la nostra collega, l’onorevole Kauppi, ha riferito e il signor Trichet ripete, nessuno credeva che l’euro avrebbe raggiunto il successo che ha acquisito. Penso che questo dimostri il valore della cooperazione europea.
Onorevole Juncker, lei ha affermato che la BCE agisce con grazia e determinazione. Penso che questa fosse un’ottima espressione. Permettetemi di offrire i miei ringraziamenti per il dibattito di buon livello. Sono inoltre grato per il fatto che, come persona al di fuori del sistema della cooperazione europea, mi sia stata data l’opportunità di stilare questa relazione.
Presidente. – La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà oggi alle 12:00.
Dichiarazioni scritte (articolo 142)
Sebastian Valentin Bodu (PPE-DE), per iscritto. – (EN) Per quanto riguarda gli sviluppi economici, i fondamenti dell’economia dell’area euro rimangono stabili grazie all’investimento per la crescita, a migliorati tassi di occupazione e alla partecipazione alla forza lavoro. Nel moderarsi, ci si aspetta che la crescita nel mondo economico rimanga elastica, beneficiando in particolare dalla continua e robusta crescita delle economie emergenti. In merito agli sviluppi dei prezzi, dallo scorso autunno l’inflazione annua IAPC ha resistito ben al di sopra del livello coerente con la stabilità dei prezzi, toccando il 3,7 per cento nel maggio 2008 e – in accordo con la stima dell’inflazione di Eurostat – il 4 per cento in giugno. Questo preoccupante livello dei tassi di inflazione è dovuto largamente ai bruschi aumenti dei recenti mesi dei prezzi di petrolio e prodotti alimentari a livello globale. L’incertezza che circonda questo panorama per l’attività economica rimane alta e dal lato negativo i rischi prevalgono. In particolare, i rischi derivano dall’impatto smorzato sul consumo e l’investimento di ulteriori non preannunciati aumenti dei prezzi di energia e prodotti alimentari. In più, i rischi di rallentamento continuano ad essere legati al potenziale delle tensioni in corso nel mercato finanziario per colpire la reale economia più negativamente di quanto previsto. In queste circostanze, la decisione presa dalla BCE di alzare di 25 punti al 4,25 per cento il tasso minimo di offerta nelle principali operazioni di rifinanziamento dell’Eurosistema, è benvenuta e dovrebbe ricevere i complimenti!
3. Coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale: modalità di applicazione – Coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale: allegato XI – Estensione delle disposizioni dei regolamenti (CE) n. 883/2004 ai cittadini di paesi terzi altrimenti esclusi (discussione)
Presidente. – L’ordine del giorno reca la discussione su
– la relazione di Jean Lambert, a nome della Commissione per l’occupazione e gli affari sociali, sulla proposta per la regolazione del Parlamento europeo e del Congresso tramite l’estensione delle disposizioni dei regolamenti (CE) n. 883/2004 sul coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale (COM(2006)0016 – C6-0037/2006 – 2006/0006(COD)) (A6-0251/2008);
– la relazione di Emine Bozkurt, a nome della Commissione per l’occupazione e gli affari sociali, sulla proposta per la regolazione del Parlamento europeo e del Congresso che modifica il regolamento (CE) n. 883/2004 sul coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale e che determina il contenuto dell’allegato XI [COM(2006)0007 – C6-0029/2006 – 2006/0008(COD)] (A6-0229/2008); e
– la relazione di Jean Lambert, a nome della Commissione per l’occupazione e gli affari sociali, sulla proposta di una regolazione del Congresso estesa dalle previsioni dei regolamenti (CE) n. 883/2004 e dei regolamenti (CE) n. [...] ai cittadini di paesi terzi che non sono ancora inclusi in questi provvedimenti solamente nei loro territori nazionali [COM(2007)0439 – C6-0289/2007 – 2007/0152(CNS)] (A6-0209/2008) .
Vladimír Špidla, Membro della Commissione. − (CS) Signor Presidente, onorevoli deputati, tutte e quattro le risoluzioni legislative sotto discussione riguardano argomenti che hanno un impatto diretto sulla vita di tutti i giorni dei cittadini europei. Il diritto dei cittadini che si spostano in Europa di essere protetti da sistemi di sicurezza sociale è inseparabile dal diritto al libero movimento nell’Unione.
Le proposte della Commissione hanno uno scopo comune e cioè modernizzare e semplificare il coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale.
Lo scopo consiste nel definire meccanismi di cooperazione tra le istituzioni e processi che potrebbero semplificare e accelerare i benefici sociali del calcolo e del versamento per chi li riceve. Essi sono sussidi familiari, pensioni, sussidi di disoccupazione e così via, in altre parole una serie di benefici sociali molto importanti per la vita delle persone nell’Unione.
Vorrei ringraziare i membri e i relatori per tutto il lavoro compiuto su questi importanti testi nei recenti mesi.
L’estensione del regolamento espone come il regolamento (CE) n. 883/2004, che noi chiamiamo “regolamento di base”, dovrebbe operare. Estende a tutte le persone che lo utilizzano il coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale nazionali: cittadini, istituzioni per la sicurezza sociale degli Stati membri, fornitori del sistema sanitario e datori di lavoro.
Il suo scopo è di stabilire le procedure più chiare possibili sulla base delle quali le persone assicurate che si trovano in una situazione transfrontaliera potranno ricevere benefici sociali. A chi mi devo rivolgere per avere garantiti questi benefici sociali? Che misure deve prendere il mio datore di lavoro se volesse temporaneamente destinarmi ad un altro Stato membro? La mia carriera lavorativa sta per finire e, dato che ho lavorato in diversi Stati membri, come posso capire in che modo verrà calcolata la mia pensione e cosa devo fare per riceverla?
Le procedure descritte nel sopraccitato regolamento hanno lo scopo di aiutare i riceventi ad avere risposte appropriate, attraverso la cooperazione tra le istituzioni di sicurezza sociale.
Nel tentare di rendere efficace questa cooperazione e incontrare i bisogni dei cittadini il più presto possibile, ci siamo resi conto dell’importanza dell’elaborazione elettronica e dello scambio di dati tra le istituzioni dei vari Stati membri.
Il network EESSI (scambio elettronico di informazioni sulla sicurezza sociale) assicura che lo scambio di dati sarà veloce e sicuro, ridurrà i tempi di risposta e di elaborazione delle situazioni transfrontaliere da parte delle istituzioni di sicurezza sociale.
Se l’estensione del regolamento viene adottata presto, i cittadini saranno in grado di utilizzare il progresso raggiunto, attraverso il coordinamento, nelle aree di semplificazione e modernizzazione e anche di esercitare nuovi diritti che non potevano essere prolungati, sebbene fossero inclusi nel regolamento di base. I benefici del nuovo concetto di coordinamento per i cittadini europei diventeranno davvero reali quando il regolamento sarà adottato e quando le modifiche annesse al regolamento (CE) n. 883/2004 entreranno in vigore.
Due ulteriori risoluzioni riguardano il regolamento (CE) n. 883/2004 e gli allegati. Essi mirano a migliorare il regolamento di base, così da tenere conto dei cambiamenti legislativi degli Stati membri, in particolare quelli che sono diventati membri dell’Unione dopo il 29 aprile 2004, giorno in cui il regolamento di base è entrato in vigore.
Queste risoluzioni migliorano anche gli allegati al regolamento (CE) n. 883/2004 che erano stati lasciati vuoti quando venne adottato il regolamento di base.
Nonostante la natura tecnica di questi testi, il loro scopo rimane lo stesso: assicurare la trasparenza di meccanismi e procedure applicati a persone che si muovono all’interno dell’Unione europea. Per esempio, l’allegato XI contiene uno speciale provvedimento che tiene conto delle specifiche della legislazione nazionale. Gli allegati sono perciò vitali per assicurare trasparenza e certezza legale riguardo i regolamenti nazionali che, onestamente, sono estesi.
Il coordinamento dei sistemi di sicurezza nazionale, al quale sta contribuendo nel suo ruolo di autorità co-legislativa, assicurerà che quei due fondamentali principi (principi dell’equità e non discriminazione) siano pienamente applicati a favore di quei cittadini europei che approfittano della libera circolazione.
L’estensione del regolamento prevede inoltre di ampliare i provvedimenti del regolamento n. 883/2004 ai cittadini di paesi terzi che non sono ancora inclusi in questi provvedimenti sul loro territorio nazionale. Lo scopo di questo regolamento è assicurare che i cittadini di paesi terzi legalmente residenti nell’Unione europea e che si trovano in una situazione transfrontaliera possano essere favoriti dal coordinamento modernizzato e semplificato dei sistemi di sicurezza sociale.
In realtà, è essenziale che una singola ed uniforme normativa di coordinamento sia applicata nelle questioni amministrative al fine di raggiungere una certa semplificazione.
Raggiungere il consenso in merito a questi regolamenti sarà un importante passo in avanti per tutti quelli che usano questi regolamenti e assicurerà un migliore servizio alle persone che si spostano all’interno dell’Unione.
Questo dimostrerà che i regolamenti sul coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale sono pronti per i nuovi cambiamenti del XXI secolo in merito alla mobilità. Vorrei aggiungere che questo lavoro è il risultato di un esemplare coordinamento tra gli Stati membri e che la volontà di trovare soluzioni per i cittadini ha aiutato a superare le differenza tra i sistemi individuali e le complessità di questa area.
Onorevoli colleghi, permettetemi di dire che la Commissione supporta apertamente gli emendamenti 2 e 161, che rendono possibile l’utilizzo dei sistemi di elaborazione elettronici, i quali sono particolarmente importanti per quanto riguarda le operazioni di registrazione elettronica dei dati e l’elaborazione elettronica dei casi transfrontalieri. La Commissione supporta notevolmente anche l’emendamento 90, che riguarda la garanzia di indennità per malattia e benefici sanitari a lungo termine. Questi due emendamenti danno significativamente potere ai cittadini all’interno dell’intero sistema.
Jean Lambert, relatore. − (EN) Signora Presidente, voglio unire assieme le mie due relazioni nella lussuriosa quantità di tempo che ho a disposizione per la mia introduzione in quest’Aula.
Innanzi tutto, vorrei cominciare ringraziando i colleghi, il Congresso e la Commissione per l’ottima cooperazione in quello che sembra un dossier molto complesso, ma ricordiamoci che è sempre così, quando si prova a mettere per iscritto ciò che si fa in pratica, in una maniera che si pensa sarà per lo meno chiara per i praticanti e per chi abbia necessità di capire il sistema.
Come riferito dal Commissario, il regolamento di base ((CE) n. 883/2004) riguarda il coordinamento, ma non l’armonizzazione – e voglio che sia chiaro – dei sistemi di sicurezza sociale tra gli Stati membri per le persone che stanno vivendo o lavorando in altri Stati membri o perfino semplicemente viaggiando. Non può entrare in vigore finché questa estensione del regolamento non sarà approvata dal Parlamento e dal Congresso, attraverso una procedura di approvazione comune che richiede l’unanimità del Congresso, nessuna complessità.
L’estensione del regolamento illustra come deve essere l’architettura amministrativa affinché funzioni. Illustra le normative con le quali ogni Stato membro, ogni autorità competente, avrà a che fare nei vari aspetti della sicurezza sociale, nel rispetto delle questioni transfrontaliere. Punto centrale del nuovo regolamento di base e dell’estensione del regolamento è lo scambio elettronico di dati, allo scopo di apportare maggiore velocità e anche maggiore accuratezza nella comunicazione.
Con buone speranze, tra le altre cose, si vedrà la fine di una situazione, o per lo meno una riduzione nel tempo richiesto, dove migliaia di fogli di carta vanno a finire sulla scrivania di un ufficiale: prescrizioni compilate nella sempre totalmente illeggibile calligrafia di numerosi dottori e altre richieste collegate alla sanità transfrontaliera. Cercando di chiarire e semplificare tutto ciò, con buone probabilità possiamo inoltre ridurre la quantità di frodi attualmente presenti nel sistema. Per esempio, la gente sfrutta l’attuale inerzia manipolando il sistema di rimborso per la sanità transfrontaliera. Ugualmente, si potrebbe garantire che molti più fornitori e individui aprano reclami perché sentono che c’è una speranza di venire pagati, piuttosto che venga passata ai loro eredi.
Gli articoli 78 e 79 del regolamento di base stabiliscono il ruolo della Commissione in termini di supporto allo sviluppo dello scambio elettronico dei dati, che include un potenziale finanziario, perciò sono un po’ sorpreso e deluso dal procedimento di cancellazione degli emendamenti 2 e 161, che si legano all’incremento di questo essenziale sviluppo. Mentre stavamo discutendo la questione dello scambio dei dati, la Commissione ha compreso che il Parlamento avrebbe reso espliciti la tutela e il bisogno di una proporzionata raccolta dati. Così, nelle nostre proposte, abbiamo rafforzato i requisiti in merito alla protezione dei dati.
Il regolamento di base riguarda anche aspetti di accesso ai benefici della struttura sanitaria per le persone che si trovano in altri Stati membri – per esempio in vacanza – o a favore di quelle persone per le quali il trattamento programmato diventa necessario in campo medico, non semplicemente per scelta. La recente pubblicazione della direttiva in merito all’applicazione dei diritti dei pazienti nelle strutture sanitarie transfrontaliere mostra legami con questo regolamento di base. Il Parlamento deve assicurare che non c’è alcun conflitto tra le due parti della legislazione.
La Commissione ha inoltre anticipato l’estensione proposta delle Equalities Directives e ha proposto due provvedimenti legati in particolare alle persone disabili – il primo, un provvedimento trasversale che garantisce che gli Stati membri tengano in considerazione i bisogni delle persone disabili quando comunicano con loro e, il secondo, nei termini di provvedere ai pagamenti per le spese sostenute da chi accompagna una persona disabile che necessita di urgenti cure mediche all’estero. Siamo consapevoli che questo è un argomento che richiede un’ulteriore discussione con il Congresso.
L’estensione del regolamento riguarda inoltre un certo numero di scadenze. So che sono presenti varie opinioni in merito, che si rifletteranno in alcuni emendamenti discussi oggi. La Commissione ha scelto inoltre di supportare un programma rivisto che riguarda la valutazione e il pagamento dei contributi a lungo termine per l’indennità della sanità e una chiarezza maggiore riguardo ai lavoratori di frontiera che sono rimasti disoccupati. Vorrei sperare che l’Aula sarà in grado di sostenere questi emendamenti della Commissione.
Nei termini della relazione riguardante i diritti dei cittadini di paesi terzi quando viaggiano all’interno dell’Unione europea, c’è già un regolamento attivo che lega coloro i quali sono legalmente residenti e in una situazione transfrontaliera con il coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale. Questo al momento necessita un aggiornamento: dato che stiamo aggiornando il regolamento generale, c’è bisogno di aggiornare anche l’elemento di collegamento.
La nuova proposta è sostanzialmente come quella già esistente. Ancora un volta, essa chiarifica lo scopo e mantiene i diritti che le persone già possiedono. Non introduce nuovi diritti e diventerà perfino più importante quando l’Unione europea svilupperà la sua politica comune in materia di immigrazione. La cosiddetta blue card proposal troverà inoltre benefici dall’aggiornamento del regolamento. Ancora, spero che quest’Aula possa appoggiare gli emendamenti della Commissione a questo riguardo. Vogliamo una chiara dichiarazione dei principi e questo è il motivo per cui sto segnalando – come ha in realtà già fatto la Commissione – che non appoggiamo gli emendamenti riguardanti l’aggiunta degli allegati.
(Applausi)
PRESIDENZA DELL’ON. MARTINE ROURE Vicepresidente
Emine Bozkurt, relatore. − (NL) Onorevoli colleghi, stiamo oggi votando una proposta per coordinare il sistema europeo di sicurezza sociale più chiaramente ed in maniera più flessibile e stiamo quindi votando in favore di chiarificare l’allegato.
Il Parlamento europeo, il Congresso e la Commissione hanno lavorato per semplificare la proposta affinché gli europei abbiano una migliore comprensione delle complesse normative applicate nel coordinamento della sicurezza sociale.
Devo iniziare ringraziando gli shadow con i quali è stato un piacere lavorare su questo documento nei recenti mesi e anni. Jean Lambert, sicuramente, che è stato shadow per la mia relazione a nome dei Verdi, come io lo sono stato per la sua relazione, Ria Oomen-Ruijten del gruppo PPE-ED, Bilyana Raeva del gruppo ALDE, Dimitrios Papadimoulis del gruppo GUE/NGL e Ewa Tomaszewska del gruppo UEN, assieme a tutti gli altri membri che hanno apportato un prezioso contributo nella seduta.
Vorrei inoltre mettere in evidenza che il dialogo con la Commissione e il Congresso ha dato ottimi risultati. Sono grato in special modo a Hélène Michard e Rob Cornelissen della Commissione europea. La cooperazione con il Congresso ha coinvolto una serie di presidenze. Stabilito che ci sono voluti parecchi anni per raggiungere il momento della votazione in merito al coordinamento della sicurezza sociale, abbiamo avuto il piacere di lavorare con la Finlandia, la Germania, il Portogallo, la Slovenia e la Francia.
Onorevoli colleghi, in realtà è stato un processo lungo, ma ha avuto un buon esito. Abbiamo raggiunto un buon compromesso, che tutti gli Stati membri e tutte le Istituzioni europee, incluso il Parlamento europeo, possono promuovere. Il nostro principio guida nella valutazione degli emendamenti è sempre stata la convinzione che l’attuale sistema di coordinamento non avrebbe in nessun caso portato ad una riduzione dei diritti dei cittadini.
Un importante esempio di ciò è la rottamazione dell’allegato III, dato che esso concede agli Stati membri la libertà di limitare i diritti dei loro cittadini. La relazione riflette i nostri sforzi in favore di un’Europa che dà più diritti ai suoi cittadini in più arre possibili. La giustizia sociale gioca un ruolo importante in merito e non si ferma ai confini. La cosa buona in merito alla cooperazione europea è che rende capaci i paesi europei di badare ai loro cittadini collettivamente. La giustizia sociale gioca un ruolo importante in merito e non si ferma ai confini. I cittadini devono essere in grado di fare affidamento sulla protezione dei loro diritti sociali, anche al di fuori dei confini del proprio paese.
Il mercato unico permette ai cittadini di muoversi liberamente all’interno dell’Unione europea. E noi siamo ansiosi di incoraggiare questo fatto. I cittadini possono sentirsi sicuri del fatto che i diritti sociali viaggiano con loro, che le loro pensioni sono in ordine, indifferentemente dal luogo in cui si trovano a vivere o a lavorare e che la protezione dei cittadini è garantita, dappertutto in Europa, non solo per loro stessi ma anche per le loro famiglie. Questa è la cooperazione europea come dovrebbe essere.
Zuzana Roithová, relatore per parere della commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere. − (CS) Onorevoli colleghi, in quanto relatore on the opinion per questa relazione, mi dispiace che la Commissione responsabile non abbia adottato le mie proposte chiave. Ancora una volta ha sprecato l’occasione di assicurare chiare normative per i provvedimenti di sicurezza sociale applicati a tutte le famiglie dei membri in movimento attraverso gli Stati membri, in merito al rimborso nel rispetto della struttura sanitaria non urgente, in accordo con i giudizi della Corte di giustizia europea. In conseguenza, dobbiamo ancora chiarire che la quantità di rimborsi per le cure pianificate all’estero dovrebbe corrispondere, al minimo, al costo di cure simili a quelle del paese in cui il paziente è assicurato. Il cittadino che sta pianificando di avvantaggiarsi di cure ospedaliere deve richiedere il permesso in anticipo ma ha il diritto di fare appello se la sua domanda viene rifiutata. La notifica anticipata per il trattamento del paziente non è vincolante. I cittadini non dovranno attendere che la nuova direttiva in merito alla sanità transfrontaliera venga adottata, sebbene il rimborso dei costi sia parte di questo regolamento. In più, la direttiva non apporterà un contributo significativo in merito alla sussidiarietà delle strutture sanitarie, ma adottando questa politica potrebbe venire ritardata, forse per anni. Mi dispiace che la Commissione per i problemi economici e monetari sottovaluti questo punto di vista. A parte questo, la relazione è ottima e la appoggerò.
Gabriele Stauner, a nome del gruppo PPE-DE. – (DE) Signora Presidente, vorrei parlare a proposito della relazione di Lambert sull’estensione del regolamento, che riferisce i particolari del coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale.
Come riferito dal relatore, il proposito del regolamento è il coordinamento, non l’armonizzazione, per la quale non abbiamo in nessun caso nell’UE alcuna base legale. Tuttavia, alcuni emendamenti adottati dalla Commissione per l’impiego e gli affari sociali vanno oltre il coordinamento e formano le basi per nuove competenze e servizi. Nella nostra opinione, per esempio, non è necessario che alla Commissione sia dato il potere di stabilire il suo centrale e neutrale database, il quale venga gestito indipendentemente, al fine di assicurare pronti pagamenti ai cittadini. Questo è dovere degli Stati membri, che lo hanno perfezionato fino ad ora e che, inoltre, hanno attualmente delineato un corpus di collegamenti a questo proposito. Per i cittadini che cercano consiglio, è inoltre più conveniente e riservato rivolgersi alle autorità degli Stati membri e non ad un lontano e anonimo database della Commissione. Vorrei pertanto sollevare la questione con il Commissario specificamente su questo punto.
Né dobbiamo considerare appropriato che ogni persona disabile assicurata si debba sobbarcare i costi di viaggio e di permanenza della persona che la accompagna. Il pagamento dei costi di viaggio per la persona accompagnatrice deve essere collegato al concetto di invalidità grave, che è in ogni caso largamente e perfettamente definito dalla legge negli Stati membri.
Crediamo inoltre che le persone disoccupate che hanno fallito nell’eseguire le obbligazioni per l’impiego nel loro paese, in particolare che non hanno seguito tutte le fasi richieste per trovare qui un lavoro, non dovrebbero essere in grado di reclamare i benefici nel loro paese di residenza, come se avessero sempre osservato la legge. Questo non è giusto.
Gli altri tre emendamenti del mio gruppo riguardano i tempi, per ciascuno dei quali consideriamo sufficienti sei mesi. Non dovrebbero variare tra i 12 e i 18 mesi.
Jan Cremers, a nome del gruppo PSE. – (NL) A nome del gruppo PSE, un ringraziamento ai relatori, ai funzionari della Commissione e alla Presidenza slovena.
Questa questione ha una lunga storia. Dopotutto, il recente regolamento (CEE) n. 1408/71 è uno dei primi temi della legislazione sul libero movimento dei lavoratori in Europa. La semplificazione proposta è progettata per assicurare un servizio più veloce per il cittadino europeo che reclama i suoi diritti e, allo stesso tempo, una migliore verifica della legittimazione di queste richieste. La cooperazione tra le agenzie di pagamento e il maggiore scambio di dati sono fattori molto importanti in questo caso. Le normative che si stanno istituendo assicurano che i lavoratori di frontiera e le altre persone autorizzate non avranno alcuna violazione del loro diritto.
Dalla seconda lettura, il nostro gruppo ha notato tre punti rimanenti che potrebbero necessitare di ulteriore considerazione. Innanzi tutto, ci sono ancora due differenti normative nel caso di un singolo lavoratore dipendente o di una persona che lavora in proprio senza uno staff. Nel contesto di sicurezza sociale, la definizione usata è la sola applicabile nel paese di origine, mentre nel contesto del lavoro la definizione applicata ai lavoratori favoriti è quella applicabile nel paese dove si lavora. Fintanto che non arriveremo ad una definizione chiara del lavoro in proprio, è garantito che la questione continui a presentarsi nella discussione in Parlamento.
Un secondo punto è quello riguardante l’informazione delle persone autorizzate. Nel testo della Commissione, dopo la modifica, i dettagli in merito a quando gli aventi diritto potrebbero ricevere informazioni dalle autorità competenti e su quali argomenti, sono state diffuse su un numero di articoli differenti in maniera troppo estesa. Un chiaro sommario del diritto all’informazione, dato nel punto centrale di questa legislazione, potrebbe rendere sostanzialmente più chiara la posizione per gli aventi diritto.
Un terzo punto riguarda lo scrutinio di conformità. Sappiamo dal più recente regolamento che la registrazione negli Stati membri e la cooperazione e coordinamento tra le autorità competenti a volte funziona molto male. Potrebbe essere un’ottima idea per il Parlamento tenersi informato su come le relative normative verranno implementate in futuro.
Ona Juknevičienė, a nome del gruppo ALDE. – (LT) Vorrei congratularmi con il relatore, l’onorevole Lambert e ringraziarlo per la sua collaborazione nella preparazione di questo documento.
Il regolamento determina l’ordine e risolve problemi pratici della vita di tutti i giorni. Non ha lo scopo di unificare i sistemi di sicurezza sociale. E’ un metodo di esecuzione, che permette l’esistenza di differenti sistemi di sicurezza sociale negli Stati membri. Tuttavia, previene che le persone tralascino ciò di cui hanno il diritto.
Un anno fa, il Presidente Sarkozy ha condotto un discorso in quest’Aula, nel quale riferì che il popolo francese riteneva che l’UE non stesse tenendo conto di loro e non fornisse alcuna sicurezza sociale. Probabilmente nemmeno il popolo irlandese è consapevole di quanto c’è da aspettarsi dall’UE.
Oggi la Francia e in realtà tutti noi abbiamo la possibilità di dimostrare alla gente che i loro problemi di vita quotidiana si stanno risolvendo a livello dell’UE.
Purtroppo, rispetto alla mia conoscenza, non tutti nel Congresso sono preparati ad accettare i termini fissati proposti dalla Commissione per gli Stati membri al fine di riconciliare le loro differenze. Il relatore in merito propone di non precipitarsi.
Il mio gruppo è a favore delle proposte e degli emendamenti che obbligano gli Stati membri a risolvere le questioni relative ai pagamenti e alla compatibilità in un periodo di sei mesi invece di protrarlo per un anno e mezzo. Le persone non devono tralasciare la questione a causa dell’inattività delle istituzioni e del ritardo nel processo decisionale.
Questo regolamento può essere il miglior esempio degli sforzi dell’UE per ottenere la fiducia dei suoi cittadini.
Dunque, faccio appello ai miei compagni membri per votare a favore di questi emendamenti. Essi implicano un aiuto pratico e comprensibile per ogni cittadino dell’UE. Siamo stati eletti per rappresentare il popolo, non i governi o le istituzioni.
Ewa Tomaszewska, a nome del gruppo UEN. – (PL) Signora Presidente, ciascun paese dell’Unione europea ha il proprio sistema di sicurezza sociale che differisce da quello degli altri paesi, a causa di molti anni di tradizioni così come in base alle capacità finanziarie del paese. Questi sistemi non sono soggetti all’armonizzazione. Il diritto al libero movimento per risollevare l’occupazione in altri paesi ha creato il bisogno di coordinare i sistemi di sicurezza sociale. I regolamenti attuali a questo riguardo devono essere semplificati.
L’introduzione del trasferimento elettronico di dati nel sistema delle pensioni polacche ha ridotto di molto il numero di errori nel trasferimento dei dati delle assicurazioni tra le istituzioni.
C’è il bisogno di proteggere i cittadini contro una riduzione dei loro diritti in merito alle loro assicurazioni. I lavoratori dovrebbero avere l’opportunità di conoscere quale sistema verrà usato per calcolare i loro diritti. Hanno il diritto di sapere come saranno calcolati i loro contributi e quali saranno i diritti legittimi. Per questa ragione è importante che i regolamenti e le procedure riguardanti il coordinamento dei sistemi, che per loro natura sono abbastanza complicati, possano essere semplificati fin dove possibile e inoltre che non possano agire in maniera retroattiva a danno dell’assicurato.
Dimitrios Papadimoulis, a nome del gruppo GUE/NGL. – (EL) Signora Presidente, vorrei inizialmente ringraziare l’onorevole Lambert e l’onorevole Bozkurt per il loro dettagliato e accurato lavoro, così come per la loro notevole cooperazione con tutti i relatori ombra e per i loro sforzi nel fare buon uso delle nostre proposte e dei nostri contributi.
Queste sono relazioni estremamente difficili e contengono una gran quantità di complessi dettagli tecnici, ma sono anche eccezionalmente utili per i cittadini europei.
I cittadini hanno colto ogni opportunità, incluso il recente referendum in Irlanda, per protestare contro il grave deficit sociale visto nelle politiche del Congresso e della Commissione. Aspirano ad un’Unione europea che salvaguardi i loro diritti e siamo qui ora, discutendo il regolamento 883/2004, che, grazie al Congresso e alla Commissione, non al Parlamento, è stato bloccato per anni, in attesa di regolamenti di esecuzione che fossero effettivi e attendendo l’entrata in vigore degli allegati.
Questo risulta da pastoie burocratiche, mancanza di informazione, confusione, violazione della fondamentale sicurezza sociale e dei diritti sociali dei lavoratori, che sono intrappolati nel mezzo; un’Europa à la carte, come i neo-liberali e le ampie corporazioni la vogliono, con una valuta singola ma senza coordinamento o armonizzazione del sociale e dei diritti di sicurezza sociale dei lavoratori. Nel mezzo di questa divergenza legislativa, la Commissione sottopone il suo proposito per una “direttiva Bolkestein attraverso la porta di servizio” per le strutture sanitarie.
Queste relazioni rivelano un’altra strada. Non abbiamo bisogno di una direttiva Bolkestein per le strutture sanitarie; necessitiamo un migliorato regolamento n. 883/2004, attraverso il quale, in accordo con le relazioni, tutti gli argomenti venuti alla luce possano venire affrontati, salvaguardando i diritti dei lavoratori dipendenti e delle loro famiglie, supportando inoltre la necessaria mobilità.
Perciò, Commissario, la prego di bloccare gli esperimenti Bolkestein sulle strutture sanitarie e continuare esattamente, assieme al Congresso, con le procedure per l’elaborazione dei rimanenti capitoli e allegati del regolamento 883/2004, in modo che possa entrare in vigore il prima possibile.
Vi consiglio di non votare a favore di nessun emendamento che indebolisca il contenuto delle relazioni dell’onorevole Lambert e dell’onorevole Bozkurt.
Derek Roland Clark, a nome del gruppo IND/DEM. – (EN) Signora Presidente, nel A6-0251/2008, emendamento 4 è menzionata la “mobilità per i disoccupati”. Questo significa disoccupati in giro per l’UE in autobus in cerca di lavoro – a spese di chi paga le tasse? Uno Stato membro è responsabile dei pagamenti per la sicurezza sociale per una persona che vi lavorava ma che si è spostata verso un altro Stato membro ed è poi diventata disoccupata.
L’emendamento 148 propone che chi paga le tasse dovrebbe pagare le spese di viaggio per un esame medico in un altro Stato membro con un sistema di rimborso tra gli Stati membri, utilizzando senza dubbio una complessa formula dell’UE. Gli Stati membri potrebbero prendere le decisioni circa l’invalidità che li lega ad un altro Stato membro, sebbene complicata dal grado di invalidità, ma potrebbero avere normative contro la sovrapposizione dei benefici.
Le normative interesseranno tutti i cittadini della UE che si spostano all’interno della UE per qualsiasi ragione. Questo include i cittadini di paesi terzi legalmente residenti che hanno lavorato in più di uno Stato membro così come, molto presto, persone senza nazionalità e rifugiati. In numerosi punti queste relazioni mirano a semplificare i regolamenti e a modernizzare la legislazione esistente in merito alle autorità di sicurezza sociale, ai lavoratori dipendenti e ai cittadini, in maniera globale. Non ci sarà chiaramente alcuna implicazione per il budget comunitario. Si dice che i fardelli finanziari e amministrativi saranno ridotti grazie alle normative per il coordinamento – che solo possono venire decise a livello comunitario – ma che questa non è armonizzazione. Come può una persona avere un rimborso o formule determinate dall’UE, una regola che copra tutto il movimento o normative per il coordinamento, senza che ci sia armonizzazione? Tutto sommato, queste relazioni sono un insieme di affermazioni contrastanti. Se vengono adottate, sarà necessaria un gran quantità di sforzi amministrativi, che costano denaro, che la relazione dice non essere necessario.
Per concludere, la famiglia in questo contesto ha una crisi di identità. Indennità per la nascita e l’adozione non sono evidentemente benefici familiari. Quindi, quando una famiglia non è una famiglia, un bambino adottato è...beh, cosa esattamente?
Piacerebbe anche a me evitare una crisi di identità. Un “lavoratore di frontiera” è una persona che lavora in uno Stato membro ma risiede in un altro, stabilendo che rientri a casa una volta alla settimana. Bene, qui siamo in Francia e io andrò a casa domani. Sono un lavoratore di frontiera, anche se vivo esattamente nel centro dell’Inghilterra?
Jim Allister (NI). - (EN) Signora Presidente, si presume che la mobilità del lavoro sia la caratteristica chiave dell’UE e della strategia di Lisbona, tuttavia in quanto MPE (come gli altri MPE), regolarmente presento dei reclami in merito alla mancanza di copertura dell’assistenza sanitaria, alla copertura sociale inadeguata e, forse la cosa più frustrante di tutte, in merito a comunicazioni in conflitto da parte di differenti agenzie di stato.
E’ comune per un lavoratore dipendente di uno Stato membro lavorare in un altro stato per ordine di una compagnia che esiste in un terzo Stato membro e qui è dove sembra trovarsi, secondo molti, la reale questione, causando problemi circa il dove e come siano coperti. Fra di noi c’è questo grave problema che affligge gli assistenti parlamentari e, nonostante la lotta dell’associazione degli assistenti parlamentari, esso persiste. A questo riguardo, devo dire che è scandaloso non riuscire nemmeno a tenere in ordine la nostra Aula, sebbene qui si legiferi per gli altri.
Il mio interesse primario sta negli individui utilmente occupati, non nel vantaggio dei turisti. Non voglio vedere alcuna possibilità di elusione che aiuti a beneficiare i turisti, concretamente applicata a questa legislazione.
Ria Oomen-Ruijten (PPE-DE). - (NL) I miei ringraziamenti a tutti i relatori per l’eccellente lavoro fatto, perché non era un compito facile. Necessitiamo di buone normative in merito al libero movimento dei lavoratori in Europa, Signora Presidente, normative per garantire che i lavoratori che fanno uso di quella libertà non facciano come l’asino di Buridano. Di questo al momento si sta tenendo conto nel nuovo regolamento per il coordinamento. Quel regolamento era necessario perché il vecchio non era più adeguato e c’era la possibilità di semplificare le procedure di coordinamento.
Mi chiedo se il risultato sarà soddisfacente. E’ tutto davvero semplificato adesso? Ho i miei dubbi. Stiamo coordinando la sicurezza sociale, ma non stiamo coordinando la questione del trattamento di tassazione delle indennità, in un momento in cui le indennità stesse vengono considerate sempre più come crediti di imposta. Penso che dovremmo riflettere su questo.
Un altro punto è che il coordinamento ha luogo sempre dopo l’evento. I legislatori nazionali dovrebbero tenere in maggior considerazione le conseguenze dei cambi di sistema per le persone in mobilità, cioè per quelle persone che lavorano in un paese e vivono in un altro.
Vorrei inoltre spostare l’attenzione su un cambiamento presente nell’allegato. Questo cambiamento è molto positivo per i pensionati olandesi che continuano a versare contributi per la sicurezza sociale dell’Olanda, ma che vivono all’estero e non sono stati finora capaci di reclamare i benefici in Olanda, sebbene abbiano continuato a pagare per il sistema di quel paese. Così, gli olandesi che vivono in Belgio o in Germania, o perfino nella più lontana Francia, la belle France, o in Spagna, saranno ora autorizzati al trattamento. I miei ringraziamenti per questo devono rivolgersi anche al Ministero della Sanità, che era a favore di questo cambiamento.
Jan Andersson (PSE). - (SV) Signora Presidente, Commissario, voglio ringraziare i relatori. Jean Lambert ha lavorato su queste questioni da quando ne ho memoria e ha una grande esperienza. Emine Bozkurt è arrivata un po’ più tardi, ma entrambi hanno effettuato un lavoro eccezionalmente buono e, in particolare, hanno lavorato estremamente bene con gli shadow dei vari paesi.
Alcuni punti generali per cominciare, dato che sono portati a ripetersi. La questione non riguarda l’armonizzazione. Sappiamo che i sistemi di sicurezza sociale nell’UE differiscono. Riguarda i cittadini e il diritto dei cittadini di utilizzare il mercato interno al fine di cercare lavoro e permanere in altri luoghi entro il mercato interno. E’ di estrema importanza che ci sia coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale. E’ importante avere coordinamento in merito ai diritti per le pensioni. E’ importante che il disoccupato riesca ad utilizzare il mercato interno. E’ importante che i pazienti riescano a ricevere trattamenti in altri paesi. Queste cose sono cruciali per il mercato interno. Senza coordinamento, il mercato interno non funzionerebbe in modo soddisfacente.
Abbiamo avuto coordinamento in precedenza. Ha avuto i suoi difetti. Al momento si stanno introducendo dei miglioramenti, da un lato attraverso la copertura di più persone, non solo quelle economicamente attive e dall’altro lato attraverso la copertura di molte aree, come pensioni di anzianità anticipate, che noi consideriamo come uno sviluppo positivo.
Vorrei spostare l’attenzione su alcune questioni rivolte dai nostri relatori. Jean Lambert si è riferito allo scambio di dati elettronici e vi è favorevolmente incline, dato che offre molti miglioramenti. Tuttavia, è anche importante considerare la protezione dell’individuo in uno scambio di informazioni di questo tipo. Noi quindi seguiamo le raccomandazioni del garante della protezione dei dati.
Per quanto riguarda i cittadini di paesi terzi, è importante che venga data considerazione a questo aspetto, non minimo perché la Carta blu è già sul suo cammino. La cosa più urgente è che ci sia uguaglianza del trattamento. Per quanto riguarda la relazione di Emine Bozkurt, dirò semplicemente che un nuovo regolamento non significa meno diritti, ma di più. Questo è importante. Ringrazio nuovamente i relatori e spero che possiamo arrivare ad una decisione finale in un prossimo futuro.
Siiri Oviir (ALDE). - (ET) Signora Presidente, Commissario, onorevoli colleghi, ringrazio il relatore e la Commissione i quali hanno fatto un ottimo lavoro nel semplificare e aggiornare questi complessi provvedimenti. L’argomento di cui stiamo oggi dibattendo è un argomento che si abbatte direttamente sulla sfera di interesse dei cittadini. Cosa è importante per i cittadini, che sono dopotutto i soggetti di questi provvedimenti? Primo, il fatto che i loro diritti siano salvaguardati e, in vista del libero movimento di lavoro che abbiamo oggi, che in qualsiasi luogo ci sia a loro favore un provvedimento di protezione sociale. Secondo, il documento dovrebbe essere a loro comprensibile. Terzo, il meccanismo delle indennità dovrebbe essere deliberato in tempo ragionevole.
Cosa stiamo raggiungendo con questi regolamenti? L’interessa primario dei nostri cittadini – il diritto all’assicurazione sociale – è molto ben salvaguardato. Il loro secondo interesse, comprensibilmente, è qualcosa in cui non abbiamo ancora pienamente avuto successo. Non sto rimproverando nessuno: l’argomento è complesso, molto tecnico e non è un lavoro di gran letteratura. Il terzo interesse, il periodo di tempo nel quale i cittadini riceveranno i benefici, dipende dalla votazione che stiamo per dare oggi.
Le indennità dell’assicurazione sociale non sono comparabili ai profitti degli uomini d’affari o dei dividendi bancari. I richiedenti sono persone in difficoltà per le quali l’indennità è generalmente l’unica risorsa di reddito. Faccio dunque appello a voi per appoggiare i provvedimenti per il versamento delle indennità in un periodo di sei mesi. Al fine di assicurare l’esercizio e la protezione dei diritti dei cittadini il periodo di chiarimento tra le istituzioni competenti degli Stati membri deve essere lo stesso, cioè sei mesi, in particolare in vista del fatto che potrebbe essere usata una procedura elettronica. Un periodo di 18 mesi per l’elaborazione delle indennità non è appropriato nel XXI secolo.
Andrzej Tomasz Zapałowski (UEN). - (PL) Signora Presidente, creare un sistema di sicurezza sociale coordinato è un compito molto difficile. Per questa ragione vorremmo offrire le nostre congratulazioni al relatore. Avrei piacere, tuttavia, a questo punto, di spostare l’attenzione sull’argomento delle indennità pagate alle famiglie di immigrati che arrivano da paesi esterni all’Europa. Di certo un sostegno deve essere fornito a quelli che arrivano nel paese legalmente e aiuti umanitari dovrebbero essere rivolti agli immigrati illegali, ma il provvedimento illimitato in merito alle indennità sociali per le famiglie per le quali queste diventano la loro permanente e unica risorsa di reddito è un malinteso. Attualmente ci sono molte famiglie che stanno godendo di un’ampia gamma di benefici e non hanno intenzione di lavorare, in quanto considerano che il loro tenore di vita sia abbastanza soddisfacente. Questo è molto demoralizzante per l’economia come per le tradizioni e la cultura del lavoro in Europa. Questo si combina con il fatto che queste famiglie vivono in un modo che non si integra con le culture e le tradizioni del paese nel quale risiedono.
Kyriacos Triantaphyllides (GUE/NGL). – (EL) Signora Presidente, consideriamo positiva da un punto di vista tecnico la relazione dell’onorevole Lambert, perché compie progressi in merito al coordinamento per i sistemi di sicurezza sociale. Questo autorizza i cittadini dell’UE a sommare i periodi durante i quali hanno vissuto o lavorato in un altro Stato membro, sotto il sistema di sicurezza sociale di quel tempo, al fine di calcolare le pensioni dallo stato o di stabilire altri diritti. Si contribuisce in questo modo ad un più facile e scorrevole movimento dei cittadini all’interno dell’Unione.
Devo sottolineare, tuttavia, che non dobbiamo trascurare il fatto che, nonostante alcune obiezioni sollevate nella relazione, ci sarà uno scambio elettronico di informazioni e dati personali e non concordiamo pienamente al riguardo.
Ciò che vorrei mettere in rilievo ora è un altro bisogno, che attualmente tendiamo a trascurare nell’Unione europea. L’argomento cruciale non è prendere misure per facilitare il movimento solo e semplicemente per il gusto di prenderle. Questa non è la priorità per i lavoratori dipendenti; quello che cercano e richiedono è il rispetto dei loro diritti fondamentali. L’emigrazione da un paese all’altro a causa della disoccupazione o di condizioni di lavoro povere nel paese di origine di una persona non è un bisogno sociale. Il bisogno sociale è assicurare con certezza e sicurezza l’impiego e, di conseguenza, la vita familiare dei cittadini. L’emigrazione per ragioni finanziarie e sociali non dovrebbe essere l’obiettivo; siamo lontani da ciò.
Il percorso che l’Unione europea sta oggi decidendo – dando più importanza al libero movimento dei capitali che agli evidenti diritti per l’impiego, come può essere visto in un numero di casi esaminati dalla Corte di giustizia delle Comunità europee – propone che non possiamo soddisfare solo noi stessi attraverso il diritto di trasferire i nostri diritti alla pensione per dimostrare, apparentemente, che il libero movimento di persone è stato stabilito.
Dobbiamo lottare per una piena occupazione e una sicurezza sociale globale, in contrasto con le attuali pratiche, le quali, con il pretesto di un declino demografico, si stanno dirigendo verso la logica dell’occupazione incerta e stanno indebolendo l’importanza delle negoziazioni collettive nei vari paesi.
Edit Bauer (PPE-DE). – (SK) Innanzi tutto, vorrei ringraziare i relatori, l’onorevole Lambert e l’onorevole Bozkurt, per il loro eccellente e stimolante lavoro.
I relatori, noi in Aula e al Congresso, abbiamo unito i nostri sforzi e, grazie a questo, oggi abbiamo di fronte, alla fine, il lungamente atteso nuovo regolamento che renderà possibile l’estensione del regolamento (CE) n. 883/2004, che è dovuta alla sostituzione dell’ingombrante regolamento (CEE) n. 1408/71. Assieme, questi documenti semplificano l’accesso dei cittadini a benefici e servizi, garantiti dai singoli Stati membri attraverso i loro sistemi di sicurezza sociale, in quanto è stato difficile per i beneficiari in altri Stati membri. Non ci deve essere alcun dubbio in merito al fatto che questi documenti aiuteranno a semplificare il movimento oltre frontiera a scopi di lavoro e come risultato il mercato unico del lavoro sarà meglio utilizzato e funzionerà in maniera migliore.
Come lo shadow per l’altra relazione preparata dall’onorevole Lambert, vorrei mettere in evidenza l’estensione dei principi dell’equità e non discriminazione, estendendo i provvedimenti del regolamento ai cittadini di paesi terzi. Penso che, come dimostra la discussione, non possiamo affermare che questa legislazione risolverà tutti i nostri problemi. Non risolve nemmeno i nostri problemi vigenti, lasciamo da parte quelli futuri.
Chiaramente, devono essere fatti molti passi avanti e molto lavoro per raggiungere la sostenibilità e adattare i nuovi cambiamenti, incluso un ulteriore coordinamento.
Gabriela Creţu (PSE). – (RO) Abbiamo discusso molte volte circa la natura semplicemente tecnica di questo regolamento. In realtà, si tratta di un’errata visione che blocca un aspetto più profondamente sociale. Nell’Unione europea, abbiamo un mercato unico, ma sono presenti 27 sistemi di sicurezza sociale differenti. Milioni di cittadini lavorano in paesi diversi dal proprio e dovrebbero beneficiare dei diritti legali e sociali che spettano a loro e alle loro famiglie. Le istituzioni potrebbero gestire la situazione e i fornitori potrebbero sottrarre i loro servizi.
Le normative in accordo alle quali i problemi vengono risolti oggi risalgono all’era prima di Internet, quando l’Unione era formata da sei Stati membri abitati da cittadini sedentari. Oggi, sono 27, abitati da cittadini che tendono a diventare migratori. La modernizzazione, la semplificazione e la correzione di queste normative rispetto alla nuova realtà sono state assolutamente necessarie. Questa è la proposta del regolamento 883/2004, che ancora non è applicabile senza procedure.
Siamo ora nel 2008, quattro anni di ritardo sfavorevoli sia per i lavoratori dipendenti che reclamano i loro diritti sia per l’efficienza delle compagnie e delle istituzioni coinvolte.
Un proverbio dice “il diavolo sta nei dettagli”. Oggi, dobbiamo congratularci con i relatori Jean Lambert e Emine Bozkurt perché, risolvendo la questione dei dettagli, ci possiamo aspettare una fluidizzazione del flusso di informazioni, in condizioni di sicurezza dei dati e un più efficiente coordinamento.
In questi giorni, il nuovo programma sociale propone dei miglioramenti meno importanti contro lo sfondo di un deficit maggiore. Il rafforzamento del regolamento 883 è una buona notizia. Mitiga a malapena il sentimento che, nei recenti anni, il programma sociale europeo abbia attraversato un periodo di inattività.
Zdzisław Zbigniew Podkański (UEN). - (PL) Signora Presidente, il regolamento (CE) n. 883/2004 si applica non solo ai lavoratori dipendenti e alle loro famiglie, ma anche a tutti coloro i quali sono coperti da sistemi di sicurezza sociale. Estende il coordinamento di questi sistemi e ci sono inoltre altri importanti cambiamenti, che includono il calcolo delle pensioni, benefici e altre indennità. Quanto efficace sarà questo coordinamento, dipende dai contenuti della nuova estensione al regolamento e dall’efficacia dello scambio di dati elettronici così come da buone comunicazioni. E’ positivo inoltre che il regolamento si applichi ai paesi terzi e che il lavoro sia in corso per migliorarlo.
Dovremmo dare riconoscimento al lavoro e alle proposte avanzate dal relatore. Non si può richiedere altro da lei, dato che il Congresso e la Commissione non hanno ancora completato il loro lavoro e non hanno ancora presentato i contenuti finali degli allegati. Il lavoro è continuo e i richiedenti i benefici stanno continuando ad attendere, frustrati come sono dal fallimento della piena erogazione delle prestazioni, dalla burocrazia e dal lungo periodo che si deve attendere per i rimborsi.
Marie Panayotopoulos-Cassiotou (PPE-DE). – (EL) Signora Presidente, questi sono regolamenti che confermano la direzione generale della politica europea e sono collegati alla risoluzione dei problemi pratici che riguardano la sicurezza sociale dei cittadini europei, così come tutti coloro che vivono e lavorano negli Stati membri dell’UE.
Quando entreranno in vigore, una volta che l’estensione del regolamento, che si sta attualmente revisionando all’interno di una struttura codecisionale, sia anch’essa approvata, essi rafforzeranno la mobilità dei lavoratori dipendenti e renderanno più facile la vita delle loro famiglie, sia durante il periodo lavorativo sia in quello di pensionamento.
In accordo con i relatori, con cui voglio congratularmi, i principi per la semplificazione dei regolamenti modificheranno l’attuale sistema di coordinamento senza portare a minori diritti per i cittadini, come sarebbe stato il caso per l’armonizzazione.
Il bisogno di soluzioni efficaci e veloci viene incontrato attraverso la semplificazione delle procedure burocratiche e attraverso la risoluzione di questioni amministrative internazionali. Una delle principali misure è per gli Stati membri quella di stabilire autorità di cooperazione e speciali organizzazioni di collegamento al fine di coprire i vari aspetti in merito alla sicurezza sociale nelle relazioni transfrontaliere.
Uno di questi è una responsabilità di lunga durata, questione che è stata risolta in maniera molto complessa sotto proposta del Parlamento. Speriamo che una via più facile venga trovata per risolvere il problema cronico di un’Europa che invecchia.
I sistemi di pagamento, la gestione delle cause, il recupero dell’importo degli aiuti corrisposti e le difficoltà che i cittadini affrontano nell’accumulare diritti in periodi di occupazione in un altro Stato membro, sono attualmente dei grandi ostacoli e speriamo di superarli entro un periodo prefissato attraverso il coordinamento che il nuovo regolamento di base, così come la nuova estensione del regolamento, dimostra di ristabilire.
Le caratteristiche individuali dei sistemi di sicurezza sociale nazionali saranno tenute in considerazione nelle particolari previsioni per l’estensione della legislazione nazionale nell’Allegato XI. Il regolamento protegge anche i diritti per i lavoratori dipendenti stranieri.
Proinsias De Rossa (PSE). - (EN) Signora Presidente, non manchiamo mai di riprendere espressioni dall’estrema destra nel discutere di questo argomento – espressioni del tipo “vantaggio dei turisti”. Non li sentiamo mai discutere di “tasse per i turisti” o “sovvenzioni statali per i turisti”. Sono sempre i poveri e i meno agiati ad essere attaccati in questa maniera.
Voglio congratularmi con i due relatori per queste relazioni. Sfortunatamente, il loro positivo lavoro non sembra attirare molto l’attenzione dei media degli Stati membri, che sono generalmente interessati alle storie negative. Queste sono complesse risoluzioni che cercano di coordinare i sistemi di sicurezza sociale degli Stati membri, che sono essi stessi complessi perché cercano di indirizzarsi alla varietà di circostanze individuali. Questi regolamenti sono essenziali per i nostri cittadini e residenti, in particolare per coloro i quali vivono in zone di confine, che, non di rado, lavorano in uno Stato membro ma vivono in un altro. E’ importante assicurarsi che le persone che lavorano e vivono in questo modo siano coperti in caso di un’inaspettata disoccupazione, malattia e incidenti e quindi da un’eventuale pensione. Hanno bisogno di sicurezza se dobbiamo assicurare il libro movimento nell’Unione europea.
Tuttavia, voglio sollevare una particolare questione che non è coperta da questi regolamenti e generalmente non è coperta nemmeno dagli Stati membri. Questa è la libertà di movimento per le persone disabili, che spesso necessitano assistenza personale al fine di muoversi liberamente.
(Il Presidente toglie la parola all’oratore.)
Monica Maria Iacob-Ridzi (PPE-DE). - (RO) Le normative riguardanti il coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale sono strettamente collegate al principio di libero movimento di persone e migliorerebbero il tenore di vita e le condizioni di lavoro dei cittadini che vivono in un altro Stato membro europeo.
Il presente regolamento nella versione modificata dai relatori semplifica tutte queste procedure e espande la portata di applicazione a tutte le categorie di cittadini, sia i lavoratori che i disoccupati.
I cittadini europei sarebbero in grado di beneficiare dei diritti pensionistici per un importo totale corrispondente alla durata della prestazione. Una volta trasferiti in un altro Stato membro, i cittadini troverebbero un sistema amministrativo capace di raccogliere tutte le informazioni riguardanti i precedenti lavori, così come i diritti finanziari derivanti dall’attività professionale.
Questa è la ragione per cui avrei voluto che la proposta della Commissione includesse soluzioni quanto più precise possibili in merito al modo in cui gli Stati membri possono trasferire efficacemente le informazioni riguardanti i diritti sociali. Inoltre, considero che il presente regolamento sia fondamentale per la mobilità della forza lavoro europea.
Un’indagine Eurobarometro mostra che più del 50 per cento dei cittadini si sente scoraggiato dall’instabilità sociale che si aspettano dopo il cambio del posto di lavoro in un altro Stato membro. Di conseguenza, solo il 2 per cento dei cittadini europei attualmente vive in uno Stato membro diverso dal proprio.
Se vogliamo che la mobilità sia il vero elemento conduttore dell’economia europea, dobbiamo eliminare tutti gli ostacoli amministrativi riguardanti la portabilità dei diritti sociali.
Joel Hasse Ferreira (PSE). – (PT) Commissario Špidla, onorevoli colleghi, dobbiamo coordinare la sicurezza sociale a livello europeo, da ciò l’opportunità di dibattere sull’argomento. Innanzi tutto, vorrei felicitarmi per il lavoro svolto dai relatori, Emine Bozkurt e Jean Lambert. In secondo luogo, vorrei evidenziare i seguenti punti: l’assoluto bisogno di garantire la compatibilità tra i sistemi nazionali, nei settori privato e mutuale così come nel settore pubblico. Questa compatibilità contribuirà ad una maggiore mobilità e fornirà ai lavoratori l’opportunità di muoversi nell’intera Europa.
Signora Presidente, in questo contesto, è importante fare progressi addizionando le trattenute nei differenti Stati membri, così come è importante garantire che il coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale si rafforzi e non limiti mai i diritti dei cittadini. In più, è essenziale semplificare le normative, in modo che i cittadini siano in grado di capire i principi e i linguaggi utilizzati dalle istituzioni dell’Unione europea e percepire l’Europa come un’unica entità.
Sappiamo che non è facile gestire i sistemi di sicurezza sociale, ma è essenziale che i cittadini dell’Europa capiscano i principi che stiamo usando. Vorrei andare oltre e dire che questo coordinamento ci aiuterà certamente nell’incrementare la nostra conoscenza reciproca dei differenti sistemi di sicurezza sociale. Dobbiamo muoversi in direzione di un sistema di sicurezza sociale migliorato per tutti gli europei, verso un sistema di sicurezza sociale che ammetta a bordo le norme migliori dai differenti sistemi, per migliorare il coordinamento oggi e, chi lo sa, l’armonizzazione domani.
Zita Pleštinská (PPE-DE). – (SK) Il mercato interno, abbracciando le quattro libertà, è una delle fondamentali conquiste dell’Unione europea. Adottare la direttiva in merito ai servizi e al libero movimento di persone, porta vantaggi ai cittadini dell’Unione europea.
D’altra parte, i cittadini si rivolgono a noi per i problemi che incontrano quando necessitano di assistenza sanitaria e sociale. I singoli Stati membri hanno i loro specifici sistemi di sicurezza sociale. Sono convinto che il coordinamento dei sistemi, la trasparenza, l’eliminazione della burocrazia e il sistema di scambio elettronico di informazioni saranno vantaggiosi per tutti i cittadini dell’UE.
I miei ringraziamenti vanno a tutti i membri per la discussione molto interessante di oggi e i relatori per il loro stimolante lavoro.
Vladimír Špidla, Membro della Commissione. − (CS) Onorevoli colleghi, vi ringrazio per la dettagliata discussione che, a mio avviso, è testimone dell’alta qualità della relativa relazione. Ora abbiamo raggiunto una fase sicura in merito al nostro lavoro sul nuovo regolamento. In realtà, in questo momento non tutti i problemi sono stati risolti ma, come ha dimostrato anche la discussione, abbiamo raggiunto il successo sotto tutti i punti di vista. Il Sistema europeo coordina i sistemi di sicurezza sociale. Questo non significa che esso definisca nuovi diritti. A questo livello non definiamo nuovi diritti. Ciò che facciamo è migliorare l’applicazione pratica dei diritti per i cittadini che si muovono attraverso l’Unione europea. Essi sono decine di milioni di persone, decine di milioni di casi. Di conseguenza, consentitemi ancora una volta di evidenziare quanto sia importante questa discussione, che è estremamente pratica e riguarda quasi ogni singolo cittadino dell’Unione europea. Consentitemi inoltre di sottolineare che le proposte tecniche presentate hanno anche un fondamentale intento politico, perché la libertà di movimento e l’acquisizione dei diritti dipendono, a mio avviso, da come è stata costruita l’Unione europea.
Onorevoli colleghi, consentitemi di rispondere, solo brevemente, ad un commento che abbiamo ascoltato in merito alle nuove direttive che saranno presentate sullo spostamento dei pazienti. Voglio evidenziare che l’argomento non è il libero movimento di servizi, in altre parole qualsiasi parallelismo con qualunque precedente direttiva è inadeguato. Sono inoltre del parere che l’approfondita discussione in Parlamento dimostrerà che queste proposte rappresentano il progresso per i cittadini dell’Unione europea.
Jean Lambert, relatore. − (EN) Signora Presidente, i miei ringraziamenti vanno a tutti i membri che hanno contribuito alla discussione.
E’ chiaro come certe persone conducano quelle che sembrano essere vite complicate. Di fatto, la situazione potrebbe essere molto semplice se il confine si trovasse entro 10 km dalle loro case e stessero cercando lavoro o per meglio dire altre cose.
E’ certamente chiaro da alcuni discorsi ascoltati in quest’Aula che l’attuale sistema non è ben compreso nemmeno in alcune amministrazioni degli Stati membri o alla Camera stessa. Il coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale esiste già – non è un fatto nuovo. Ciò che sta facendo è aggiornare, estendere e semplificare. Tutti voi, che di certo avrete una tessera europea di assicurazione malattia, saprete che perfino sotto la copertura del sistema attuale possiamo apportare delle semplificazioni.
Raccomando l’emendamento 30 dell’articolo 11, paragrafo 1, per le persone che non sono sicure della loro posizione di lavoratori di frontiera.
L’estensione del regolamento sta cercando inoltre di illustrare i diritti propri delle persone. Questo è lo scopo degli emendamenti 34 e 125, l’ultimo dei quali è una chiarificazione e non fornisce nuovi diritti alle persone che cerchino lavoro in due Stati membri.
Vorrei ancora una volta consigliare alla gente di appoggiare il testo della Commissione riguardante il database. Se esso non sarà attivo ed efficacemente funzionante – e questo è qualcosa che vogliono anche le amministrazioni degli Stati membri – diventerà in seguito molto difficile concludere per tempo ciò che l’Aula oggi deciderà di realizzare.
Raccomando la posizione della Commissione per entrambe le relazioni dell’Aula e attendo la votazione entro pochi minuti.
Emine Bozkurt, relatore. − (NL) Non ho davvero nulla da aggiungere. I miei ringraziamenti a coloro che hanno contribuito alla discussione: grazie per il vostro appoggio. Sto ora pensando a come andrà la votazione fra breve.
Robert Goebbels (PSE). - (FR) Signora Presidente, lunedì sera siamo rimasti soddisfatti dalla visita del Primo Ministro Jouyet e dall’importanza che il Presidente francese ha mostrato di attribuire al lavoro di questo Parlamento.
Oggi, mentre discutiamo di sicurezza sociale, la Presidenza dei magistrati è rimasta disperatamente vuota. Spero non sia un segno del fatto che il Presidente francese dell’Unione non è interessato a una questione così importante come la sicurezza sociale.
Presidente. - La discussione è chiusa.
Passiamo ora al turno di votazioni.
PRESIDENZA DELL’ON. EDWARD McMILLAN-SCOTT Vicepresidente
4. Decisione sulla richiesta di applicare la procedura di urgenza
Proposta di regolamento del Consiglio concernente un’azione temporanea specifica allo scopo di promuovere la ristrutturazione delle flotte pescherecce dell’Unione europea colpite dalla crisi economica (COM(2008)0454 – C6-0270 /2008 –2008/0144(CNS))
Philippe Morillon, presidente della commissione per la pesca. – (FR) Onorevoli colleghi, abbiamo effettivamente ricevuto la richiesta per la procedura d’urgenza ed è stata presa in considerazione dal Comitato per la pesca nella riunione straordinaria tenutasi qui alle ore 10:00. Il Comitato per la pesca è stato a favore all’unanimità in merito all’applicazione di questa procedura d’urgenza e gli sono riconoscente per la sua sollecitudine nel trattare la questione.
(Il Parlamento approva la richiesta di applicazione della procedura d’urgenza.)(1)
Presidente. − L’ordine del giorno reca il turno di votazioni.
(Per i risultati dettagliati della votazione: vedasi processo verbale.)
5.1. Programmi d’azione annuali per Brasile e Argentina (2008) (B6-0336/2008) (votazione)
5.2. Priorità dell’UE per la 63a sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni unite (A6-0265/2008, Alexander Graf Lambsdorff) (votazione)
5.3. Modifica della direttiva 2004/49/CE relativa alla sicurezza delle ferrovie comunitarie (A6-0223/2008, Paolo Costa) (votazione)
5.4. Modifica del regolamento (CE) n. 881/2004 che istituisce un’Agenzia ferroviaria europea (A6-0210/2008, Paolo Costa) (votazione)
5.5. Norme comuni per la prestazione di servizi aerei (rifusione) (A6-0264/2008, Arūnas Degutis) (votazione)
5.6. Programma finalizzato ad ammodernare le statistiche europee sulle imprese e sugli scambi (MEETS) (A6-0240/2008, Christoph Konrad) (votazione)
− Prima della votazione
Christoph Konrad, relatore. − (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, consentitemi alcune osservazioni in merito a questa relazione, un aspetto il quale, come sapete, contribuisce al processo di deregolamentazione e riduzione delle pastoie burocratiche.
La relazione dispone un obbligo per la Commissione di riferire una volta all’anno al Parlamento, tenendoci informati sulla questione della riduzione delle pastoie burocratiche e su come procede la deregolamentazione e, speriamo, sul suo buon risultato. Noi in Parlamento, tuttavia, possiamo giocare un ruolo molto più importante in questo processo. E’ quindi mia speranza e desiderio, in aggiunta a questo obbligo di informazione da parte della Commissione, potere noi stessi essere molto più attivamente coinvolti in questo processo, ad esempio attraverso il nostro lavoro nel comitato. La Commissione per i problemi economici e monetari in particolare può passare alla guida di questi affari, che includono l’impegno per un dialogo con il Commissario Verheugen e il gruppo Stoiber.
In conseguenza, noi al Parlamento abbiamo ancora lavoro da fare in merito a questo dossier e vorrei sfruttare questa opportunità per mettere in evidenza questo punto.
5.7. Pile e accumulatori e rifiuti di pile e accumulatori (A6-0244/2008, Johannes Blokland) (votazione)
5.8. Restrizioni in materia di immissione sul mercato e di uso di talune sostanze e preparati pericolosi (A6-0135/2008, Miroslav Ouzký) (votazione)
5.9. Condizioni di accesso alle reti di trasporto del gas naturale (A6-0253/2008, Atanas Paparizov) (votazione)
5.10. Mercato interno del gas naturale (A6-0257/2008, Romano Maria La Russa) (votazione)
− Prima della votazione
Romano Maria La Russa, relatore. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, ieri il tempo limitato non mi ha permesso, come avrei voluto, di ringraziare tutti coloro che hanno collaborato. E’ stata una direttiva difficile, una discussione molto lunga, ma alla fine siamo arrivati credo ad una buona conclusione.
Grazie, soprattutto alla collaborazione di tutti i miei colleghi della commissione ITRE, in particolare dei relatori ombra, di Reul, Swoboda, Manders, Turmes, Seppänen, naturalmente del Commissario Pielbalgs, spero di non dimenticare nessuno, e la collaborazione di Vidal-Quadras. Ovviamente i ringraziamenti vanno a tutto il segretariato, vanno al mio staff e ai miei collaboratori.
Solo tre secondi. Questa è una direttiva che interessa ed è importantissima. E’ una direttiva – lasciatemi parlare tre secondi. E’ una direttiva – perdiamo tanto di quel tempo in Parlamento! – che riguarda credo tutti gli europei; è una direttiva che interessa gli operatori, purtroppo spesso monopolisti, così come i consumatori.
Io credo che in questo lavoro che abbiamo fatto di non aver voluto penalizzare né produttori, né consumatori ma aver voluto lavorare – grazie per gli applausi ma continuo – di aver voluto lavorare per tutti i cittadini europei nella direzione... Va bene, avete fretta, concludiamo molto velocemente. Questa, vi ringrazio, ma è una bellissima espressione di democrazia parlamentare in Europa.
(Applausi)
5.11. Coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale: modalità di applicazione (A6-0251/2008, Jean Lambert) (votazione)
− Prima della votazione sull’emendamento 79
Jan Cremers (PSE). - (EN) Signor Presidente, vorrei proporre la reversione dell’ordine di votazione. L’emendamento 79 è più ampio e l’emendamento 163 restringe l’emendamento 79, così quest’ultimo è di più vasta portata. Quindi, vorremmo poter cominciare da questo.
Presidente. − La ragione per cui è stato stabilito questo ordine è l’aggiunta della parola “severo” nell’emendamento 163.
Jean Lambert, relatore. − (EN) Signor Presidente, sono favorevole nell’appoggiare la versione proposta dal gruppo PSE.
5.12. Coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale: allegato XI (A6-0229/2008, Emine Bozkurt) (votazione)
5.13. Estensione delle disposizioni dei regolamenti (CE) n. 883/2004 e (CE) n. [...] ai cittadini di paesi terzi altrimenti esclusi (A6-0209/2008, Jean Lambert) (votazione)
5.14. Modifica dell’articolo 29 del Regolamento – Costituzione dei gruppi politici (A6-0206/2008, Richard Corbett) (votazione)
− Prima della votazione
Bruno Gollnisch (NI). - (FR) Signor Presidente, piuttosto che invocare la normativa 151 delle nostre regole di procedura, dal momento che un emendamento in realtà sembra mantenere solo un rapporto distante dal testo originale della relazione, vorrei suggerire che quest’Aula si riferisce al testo originale della Commissione.
Esporrò questa proposta molto brevemente. Lo scopo principale della relazione Corbett, perfino secondo lo stesso onorevole Corbett, è di evitare che i deputati che condividono la fede della difesa dell’identità nazionale, della sovranità e dell’indipendenza, siano in grado di formare un gruppo.
Tuttavia, vorrei ricordare gli effetti pericolosi della relazione. Nel prossimo turno parlamentare, questo potrebbe succedere per un gran numero di deputati non iscritti, i quali, avendo scoperto di avere idee simili, decidano di formare un gruppo che sarebbe certamente politicamente scorretto, ma che potrebbe in realtà comprendere molti più deputati di quanti si tema.
Sto perciò seguendo totalmente la logica anti-democratica, partigiana e settaria dell’onorevole Corbett e degli organizzatori di questo piano e sto spostando la loro attenzione sugli effetti pericolosi di testi come questo. Ritengo che le possibili conseguenze di un provvedimento del genere dovrebbero essere considerate in Commissione.
Presidente. − Onorevole Gollnisch, ero presidente quando il suo gruppo è stato sciolto.
Daniel Hannan (NI). - (EN) Signor Presidente, il peggior motivo possibile per un cambio delle regole è di indirizzarlo ad una persona in particolare o ad uno specifico gruppo di persone. Questa è la differenza tra lo Stato di diritto e l’azione arbitraria. Ad ogni modo, penso che questa relazione, nello stato in cui si trova ora, sia illegale perché nella Commissione si è votato contro la sua forma originale. La versione modificata prima dell’Aula mostra qualche piccola somiglianza con l’originale, che è stata rovesciata durante la Commissione, quindi penso che, se seguiamo puntualmente le nostre stesse procedure, non abbiamo altra scelta che rinviare la questione alla Commissione o ai servizi legali per l’arbitrato.
Jo Leinen (PSE), Presidente della Commissione per gli affari costituzionali. – (DE) Signor Presidente, non c’è alcuna ragione per rinviare la questione alla Commissione. Se l’onorevole Gollnisch avesse desiderato presentare il suo caso, sarebbe potuto intervenire al meeting della Commissione, cosa che non ha fatto.
Abbiamo discusso di tutto questo e ho sottoposto all’Aula la questione che il numero dei deputati di questo Parlamento è salito da 626 agli attuali 785, secondo un ampliamento maggiore e ora aumenterà da 732 a 751 e che, quando queste modifiche sono state effettuate, la taglia minima di un gruppo politico naturalmente aveva bisogno anch’essa di essere ridefinita. Lo abbiamo sempre fatto in passato e lo stiamo facendo ancora adesso. Come saprete, gli emendamenti in discussione sono mozioni di compromesso.
Per questa ragione, Signor Presidente, credo che dovremmo votare oggi piuttosto che rinviare nuovamente la questione alla Commissione. Il rinvio non ha alcuno scopo utile.
(Il Parlamento respinge la richiesta di rinvio in commissione)
– Prima della votazione sull’emendamento n. 3:
Hanne Dahl, a nome del gruppo IND/DEM. – (DA) Signor Presidente, vorrei brevemente precisare le motivazioni del mio emendamento orale che in realtà riguarda sia l’onorevole Corbett che l’onorevole Leinen, i quali hanno portato il valore del Parlamento come argomentazione per questo cambiamento. Il presente emendamento orale, che sto esponendo a nome del mio gruppo, è un naturale prolungamento degli emendamenti adottati nel 2002, quando l’onorevole Corbett era relatore. Sto dunque seguendo da vicino i suoi ragionamenti, che hanno preso in considerazione l’allargamento dell’euro da 15 a 25 paesi. Usando gli stessi indici per un UE che ora è costituita da 27 paesi, si arriva a conseguire una quota del 3 per cento, che deve rappresentare un quinto di queste nazioni, risolvendosi in un limite inferiore a 22 per quanto riguarda il numero di Stati membri. Spero che il mio emendamento venga visto per quello che è, cioè un testo di compromesso. Le negoziazioni di ieri hanno lanciato un appello per raggiungere un compromesso, uno di quei testi pienamente coerenti con i ragionamenti utilizzati dall’onorevole Corbett nel 2002. L’emendamento orale stabilisce. Lo leggerò in inglese, poiché sono in possesso solo nella versione in lingua inglese, che è circolata ieri tra i deputati.
“Un gruppo politico comprende i deputati eletti per almeno un quinto degli Stati membri. Il numero minimo dei deputati richiesti per formare un gruppo politico sarà il 3 per cento del numero totale dei deputati.”
(DA) Vorrei consigliare i miei colleghi deputati di votare a favore di questo emendamento orale, perché potrebbe essere un compromesso attraverso il quale noi che siamo contrari alla proposta originale rimarremo in realtà fedeli alla logica dell’onorevole Corbett.
(L’emendamento orale non è accolto.)
5.15. Ruolo del giudice nazionale nel sistema giudiziario europeo (A6-0224/2008, Diana Wallis) (votazione)
5.16. Controversie Airbus/Boeing in seno all’OMC (votazione)
5.17. Piano strategico europeo per le tecnologie energetiche (A6-0255/2008, Jerzy Buzek) (votazione)
5.18. Risposta dell’Unione europea alla sfida dei fondi sovrani (votazione)
5.19. Verso una nuova cultura della mobilità urbana (A6-0252/2008, Reinhard Rack) (votazione)
5.20. Relazione annuale della BCE per il 2007 (A6-0241/2008, Olle Schmidt) (votazione)
6. Decisione di proclamare il 2011 «Anno europeo del volontariato» (dichiarazione scritta) vedasi processo verbale
7. Dichiarazioni di voto
Dichiarazioni di voto orali
– Raccomandazione per la seconda lettura: Arūnas Degutis (A6-0264/2008)
Laima Liucija Andrikienė (PPE-DE) – (LT) Oggi al Parlamento europeo abbiamo adottato la risoluzione in merito alle normative comuni per l’attività dei servizi aerei nella Comunità in seconda lettura.
Stiamo modificando il regolamento che è stato in vigore dal 1992 e vorrei evidenziare ancora una volta gli emendamenti che sono di maggiore importanza per i nostri cittadini e in primo luogo per i passeggeri e gli equipaggi di aeromobili. Sto parlando di provvedimenti in considerazione del fatto che ci permetterebbero di raggiungere trasparenza in merito alle tariffe ed essere più attivi nel vietare pubblicità ingannevole e competizione disonesta nell’ambito del trasporto aereo.
Gli emendamenti intendono garantire una maggiore aderenza agli standard di sicurezza di volo così come le garanzie per l’equipaggio di aeromobili sono di grande importanza. Sembra che, se tutti i disaccordi tra la Commissione e il Congresso verranno risolti, il regolamento potrà entrare in vigore entro la fine dell’anno.
Spero davvero che il regolamento modificato venga realizzato in maniera appropriata in tutti gli Stati membri dell’UE.
Zuzana Roithová (PPE-DE). – (CS) Onorevoli colleghi, oggi, dopo 16 anni, abbiamo infine dato il via libera alla semplificazione, unificazione e al tempo stesso a restrizioni più severe in merito a conferimento e revoca delle licenze aeree operative. Spero che il regolamento non si risolverà con la liquidazione di piccole compagnie sportive. Ho votato a favore del regolamento. Credo sinceramente che esso potrà rendere davvero possibile la revoca di licenze operative di compagnie che imbrogliano i clienti offrendo solamente le loro tariffe, senza alcuna tassa, sovrapprezzi per il carburante e quindi non offrendo il prezzo pieno per i biglietti aerei. Spero che l’agenzia di controllo si concentrerà anche sulla distinzione dei prezzi dovuta al paese di residenza. Credo che il regolamento modificato porterà ad una maggiore sicurezza nell’elaborazione dei servizi aerei, in particolare unificando le condizioni che governano la locazione di aeromobili con equipaggio proveniente dall’UE, così come da paesi terzi.
Gyula Hegyi (PSE). - (HU) La ringrazio molto, signor Presidente. In quanto responsabile socialista per questo argomento, ho appoggiato le raccomandazioni in merito al compromesso espresse dell’onorevole Ouzký come broker. Considero un successo per il Parlamento e anche per il gruppo socialista il fatto che il Congresso abbia accettato la restrizione in merito all’aggiunta di due solventi glicolici, proteggendo in questo modo la salute dei nostri cittadini.
La sostanza chiamata DEGME danneggia la salute quando viene assorbita attraverso la pelle. E’ inoltre ben noto il fatto che limiti la capacità riproduttiva, quindi è un successo ancor più grande l’averne proibito l’uso non solo nelle vernici, ma anche in articoli da pulizia e prodotti per la cura dei pavimenti. Originariamente, la Commissione avrebbe proibito il DEGME solo nelle vernici, ma attraverso la collaborazione di tutti i partiti abbiamo ottenuto la sua limitazione anche per gli articoli da pulizia.
Inalare il solvente chiamato DEGME è nocivo per la salute dell’uomo. Secondo la relazione della Commissione europea, sarebbe stato proibito solo nelle vernici spray, ma ancora una volta, su raccomandazione dei socialisti, è stato proibito anche nei materiali aerosol per la pulizia. Dato che non c’è stata una discussione completa, ho voluto menzionare la sostanza soggetto delle raccomandazioni del compromesso.
John Attard-Montalto (PSE). – (MT) E’ importante che il Parlamento europeo sia consapevole della situazione del mio paese in merito ai prezzi di acqua ed elettricità e cioè delle conseguenze della decisione di oggi in merito a questo caso. Questo è il motivo per il quale espongo il mio voto. Da quando il governo ha alzato i prezzi del petrolio, ha incrementato la bolletta dei consumatori imponendo una soprattassa. Questo mese ha annunciato che soffrirà un aumento del 96 per cento. Questo provocherà nuova povertà, che sarà conosciuta sotto il nome di povertà energetica. Allo stesso tempo, il governo non sta proponendo alcuna soluzione a breve o a lungo termine. La politica in merito all’energia alternativa non è esistente, nonostante il fatto che nel mio paese ci sia molto sole e molto vento, persino in merito all’energia più pulita, come il gas, al punto che il governo non ha ancora nemmeno cominciato a prenderlo in considerazione. Questo è il motivo per il quale ho votato a questo modo, per il quale ciò che noi abbiamo fatto oggi è importante, se non addirittura storico.
Oldřich Vlasák (PPE-DE). – (CS) Signor Presidente, onorevoli colleghi, permettetemi di spiegare il perché del mio voto sulla proposta per una direttiva del Parlamento europeo e del Congresso che modifica la direttiva 2003/55/CE, riguardante le normative comuni per il mercato interno del gas naturale. La parte fondamentale della direttiva indubbiamente riguarda la proposta per una separazione della proprietà, che potrebbe prevenire chiaramente che le imprese ad integrazione verticale mantengano un interesse sia per quanto riguarda la fornitura che la trasmissione del gas. Ho votato per la proposta di compromesso modificata perché sono convinto che gli interessi dei paesi che erano contro il frazionamento della piena proprietà devono essere tenuti in considerazione. Sono d’accordo con la Commissione sul fatto che il mercato europeo del gas naturale soffra per la mancanza di investimento nelle infrastrutture di trasmissione e di un basso grado di coordinazione tra gli operatori dei singoli sistemi di trasmissione. A mio avviso, tuttavia, dobbiamo tenere in considerazione la diversità strutturale del gas naturale e dei mercati dell’elettricità e quindi fare una distinzione tra di essi. La liberalizzazione del mercato del gas deve essere condotta per gradi e simmetricamente. E’ necessario focalizzarsi specialmente sull’armonizzazione del grado di apertura dei mercati nazionali.
Marco Cappato (ALDE). - Signor Presidente, mi sono astenuto al voto finale e ho votato contro la proposta di cosiddetta “terza via” nella separazione tra la fornitura e le reti del mercato del gas. Avremmo dovuto seguire quanto fatto per il mercato dell’elettricità, qui invece, questa terza via, in realtà, garantisce soprattutto monopolisti ed ex monopolisti in Europa; mantiene la disomogeneità dei nostri mercati nazionali e quindi allontana ancora di più la prospettiva di un vero e proprio mercato europeo dell’energia.
Peggio ancora è il fatto che questa terza via fa sì che gli ex monopolisti saranno ancora incitati e favoriti ad avere accordi tipo quelli con il gigante russo del gas, Gazprom.
Hubert Pirker (PPE-DE). - (DE) Signor Presidente, come tutti sanno in quest’Aula, esiste dal 2004 un regolamento CE sulla coordinazione dei sistemi di sicurezza sociale europei ma, sfortunatamente, nessuna estensione del regolamento. La decisione infine presa dal Parlamento europeo ci dà anche un’estensione delle normative, il che significa che abbiamo uno strumento attraverso il quale possiamo incoraggiare la mobilità nell’Unione europea senza alcuna perdita nell’ambito della sicurezza sociale.
La creazione di organi di collegamento ci rende in grado anche di fornire assistenza pratica a coloro i quali lavorano fuori dal loro paese d’origine, per esempio rispondendo alle domande su dove e come si possa fare richiesta per le pensioni. In altre parole, il Parlamento europeo ha assicurato che la gente può ottenere un vero aiuto per quanto riguarda le questioni sociali.
Frank Vanhecke (NI). - (NL) Mi sono astenuto dal voto sulla relazione Bozkurt, sebbene in linea di principio non abbia alcuna obiezione nei confronti di una ristretta forma di coordinazione da parte dei vari sistemi di sicurezza sociale degli Stati membri dell’UE, certamente non se questo funziona per favorire i cittadini europei che vivono in uno Stato membro diverso dal proprio.
Tuttavia, vorrei ancora una volta mettere in guardia contro l’armonizzazione, o peggio ancora, l’uniformità nei differenti sistemi di sicurezza sociale nei vari Stati membri. In quanto fiammingo, nel modo di parlare, sono un osservatore privilegiato di come un sistema unitario di sicurezza sociale in Belgio solo per due gruppi di popolazione, fiamminghi e valloni, è totalmente irrealizzabile e porta ad enormi abusi. Per l’amor del cielo, lasciate che ogni Stato membro organizzi e finanzi il suo proprio sistema di sicurezza sociale, altrimenti, in una maniera o nell’altra, finirete per avere un sistema di abusi che è peggiore, più dispendioso e meno efficace e, in definitiva, che crea minore e non maggiore solidarietà tra i popoli dell’Europa.
Hubert Pirker (PPE-DE). - (DE) Signor Presidente, vorrei anch’io spiegare che ho votato in favore di questa relazione perché propone un nuovo regolamento al posto di quello vecchio, assicurando perciò che i nostri sistemi di sicurezza sociale possano ora essere più efficacemente coordinati, poiché i relativi provvedimenti legali sono stati semplificati e modificati. La relazione Lambert inoltre ci rende capaci di raggiungere i nostri obiettivi nel portare un nuovo contributo per una maggiore mobilità nell’Unione europea e fa sì che la gente sia in grado di portare con sé i propri diritti per i benefici sociali quando trovano un’occupazione in un altro Stato membro.
Questo è un contributo alla sicurezza sociale nell’Unione europea.
Frank Vanhecke (NI). - (NL) La ringrazio, signora Presidente. E così, oggi siamo alla fase due per quel che riguarda gli sforzi dell’onorevole Corbett per governare il Parlamento come fosse il cagnolino di una politicamente corretta casta eurocrate.
Ieri è stato deciso che noi MPE siamo a malapena autorizzati a presentare domande parlamentari e che deve esserci un sistema di auto-censura del Presidente del Parlamento. Oggi si sta rendendo possibile la formazione di gruppi in maniera più facile e il relatore enfaticamente e, in una certa misura onestamente, riconosce che questa misura aspira in primo luogo al diritto degli euroscettici in Parlamento. Le cose dunque sono tornate al punto di partenza. L’opinione euroscettica in quest’Aula, certamente quella sul diritto politico, deve essere imbavagliata. Il voto euroscettico nei referendum in Irlanda, Olanda e Francia è, come al solito, semplicemente ignorato, come se non esistesse. Questa è una versione europea di democrazia in stile Mugabe. Che democrazia!
Bruno Gollnisch (NI). – (FR) Signor Presidente, il relatore, onorevole Corbett, in verità ha espresso i suoi punti di vista, potrei aggiungere usando un linguaggio offensivo, al di fuori della Commissione per gli affari costituzionali che riguardano la famiglia politica della quale io sono uno dei rappresentati in quest’Aula; questo solleva chiaramente dei seri dubbi anche in merito alla sua imparzialità.
La relazione è altamente discutibile e i suoi contenuti sono stati drasticamente ridotti in commissione; tutto ciò che era rimasto erano disposizioni per assicurare la sopravvivenza dei gruppi politicamente corretti, il cui numero totale di membri sarebbe potuto scendere al di sotto del numero minimo richiesto e un emendamento è stato adottato per prevenire specificamente la nostra famiglia politica dalla formazione di gruppi. Le motivazioni date sono del tutto in disaccordo con i fatti; dovete anche solo fare riferimento all’allegato della relazione per vedere come non esista un parlamento nazionale nel quale il numero minimo dei membri richiesti per formare un gruppo sia maggiore di 20. Casualmente, quel numero è spesso molto più basso, circa 15, 10 o 8 e, in alcuni casi, una singola persona è sufficiente per formare un gruppo politico.
La relazione Corbett è dunque un attacco alla democrazia e, abbastanza semplicemente, alle regole fondamentali di comportamento.
Philip Claeys (NI). - (NL) Questa relazione Corbett ha solo e unicamente uno scopo, cioè imbavagliare le voci della destra nazionale nel Parlamento europeo. Il presidente del gruppo dell’onorevole Corbett non fa segreto di questo. Quando il gruppo ITS si è formato nel gennaio 2007, disse abbastanza apertamente che il regolamento avrebbe dovuto essere modificato con il fine specifico di bloccare la formazione futura di gruppi di destra.
Come risultato, altri gruppi indubbiamente soffriranno gli effetti collaterali, ma l’onorevole Corbett per questo non perderà di certo il sonno. La sua proposta mira probabilmente al gruppo degli euroscettici. Chiaramente, è un’idea fortemente disapprovata dai socialisti al Parlamento il fatto che i gruppi di tutte le fazioni politiche debbano avere gli stessi mezzi e diritti politici. Questa linea di pensiero in stile Mugabe è parte integrante del deficit democratico in Europa, nello stesso modo in cui il verdetto democratico degli elettori in Francia, Olanda e Irlanda è stato fermamente ignorato. Stia certo, signor Presidente, che faremo di questo un argomento di elezione il prossimo anno nelle Fiandre.
Daniel Hannan (NI). - (EN) Signor Presidente, il fatto che oggi tutti abbiamo votato mi sembra una rottura delle normative di procedura di questo Parlamento. La Commissione ha respinto la relazione perché penso che il Presidente della Commissione abbia giudicato male i presenti, a quel punto abbia semplicemente stracciato il libro delle regole e proseguito con una versione modificata dello stesso.
Perché siamo arrivati a questo punto? Cosa c’è di così importante da presupporre la rottura delle regole in questo modo? Ebbene, certamente la risposta come sappiamo – e il relatore è stato chiaro in merito – è prevenire che gli euroscettici formino un gruppo.
Perché siete così spaventati? Cosa vi rende così nervosi? Siamo solo 50, forse 60 persone al massimo, su 785 MPE. Può darsi che le persone per le quali veramente vi preoccupate siano i vostri stessi elettori e che stiate idealizzando e proiettando su di noi lo sprezzo e la paura che provate per gli elettori europei, i quali votano “no” ogniqualvolta venga loro data l’opportunità; può darsi che facciate ricadere su di noi, sul loro portavoce in quest’Aula, quanto non osiate esprimere in merito alle persone che vi eleggono.
Se sbaglio, provatelo: organizzate dei referendum come promesso. Pactio Olisipiensis censenda est!
Bogdan Pęk (UEN). - (PL) Signor Presidente, ho votato contro la relazione dell’onorevole Corbett in quanto ritengo sia un sintomo dell’estrema discriminazione presente nel cuore del presumibilmente democratico Parlamento europeo, che sta cercando di utilizzare metodi amministrativi per creare gruppi politici che non pensino o agiscano nel modo in cui la maggioranza considera politicamente corretto. Questa è una discriminazione dettata da una duplice preoccupazione, perché si stanno utilizzando metodi amministrativi per bloccare la formazione dei gruppi e, al tempo stesso, considerevoli quantità di sostegni finanziari addizionali vengono destinati ai gruppi politici organizzati, il che dà loro un vantaggio in più. Questa discriminazione si scontra con le basi dell’Unione europea e i fondamenti sui quali si suppone sia costruita. Protesto molto fortemente contro questo procedimento; non dovreste farvi alcuna illusione circa il fatto che, anche se voi siete in grado di portarlo a compimento, non sarete in grado di farlo approvare dalle nazioni europee, le quali senza alcun dubbio si opporranno.
Richard Corbett (PSE). - (EN) Signor Presidente, ho ascoltato raramente sciocchezze come quelle appena riferite dai Vlaams Blok, dal Front national e da Dan Hannan. Questa relazione non censura nessuno, né questa modifica della normativa porterà qualcuno a perdere i suoi voti, il suo diritto di intervenire e di agire in quanto deputati del Parlamento europeo.
Ciò che questa normativa cambia riguarda: quale soglia stabilite per permettere ai deputati di creare un gruppo e quindi accedere a fondi pubblici extra e risorse extra per perseguire attività politiche? Ogni parlamento nazionale possiede un sistema per fissare una soglia. Noi ne abbiamo una particolarmente bassa, più bassa della percentuale di quasi qualunque altro parlamento nazionale. E’ del tutto corretto fare un passo indietro ed esaminarlo.
Ho notato che alla fine quasi tutti i gruppi appoggiano il compromesso, gruppi numerosi e gruppi di ridotte dimensioni. Ho notato che il portavoce per lo stesso gruppo Indipendenza/Democrazia (il gruppo IND/DEM euroscettico), ha proposto un dato alternativo del 3 per cento: 22 membri del gruppo MPE. Quindi, loro stessi riconoscono che i nostri dati attuali devono venire rialzati, in quanto sono attualmente ad un livello troppo basso. Francamente, la differenza che è stata adottata tra il loro numero di 22 e il numero di 25 è davvero un attacco alla democrazia? Oh, ma dai!
Leopold Józef Rutowicz (UEN). - (PL) Signor Presidente, la relazione dell’onorevole Buzek fornisce una valutazione dettagliata di tutte le misure strategiche nell’ambito della tecnologia energetica. Sfortunatamente, una mancanza di finanziamenti per tutte le ricerche necessarie, assieme all’improvviso incremento dei prezzi di gas e petrolio, ha creato il bisogno di indirizzare le nostre ricerche verso argomenti legati alla riduzione del loro uso per scopi relativi alla produzione di energia. Questa priorità ha inoltre ridotto le emissioni di CO2 e dovrebbe essere inclusa nella strategia. Credo sia importante promuovere la ricerca per la costruzione di sicure e moderne centrali elettronucleari e per la costruzione di più moderne centrali elettriche basate sulla produzione di elio e idrogeno, così come sulle nuove generazioni di biocarburanti, che possono essere prodotti in aree locali, sgravando i costi eccessivi del carburante. Nella votazione, ho appoggiato gli emendamenti che hanno presentato queste priorità. <
Czesław Adam Siekierski (PPE-DE). - (PL) Onorevoli colleghi, abbiamo approvato l’importante relazione preparata dal Professor Buzek. La crescente dipendenza dell’Unione europea in merito alle importazioni energetiche, che nel 2030 arriveranno a toccare un livello del 65 per cento, ci ha obbligato a compiere alcuni passi per garantire la sicurezza nelle forniture di materie prime usate dalle centrali elettriche, basata su un principio di solidarietà. Dovrebbero essere inoltre creati strumenti addizionali per ridurre i rischi relativi alla sicurezza energetica dei singoli Stati membri, causati da una continua liberalizzazione del settore energetico. Al fine di raggiungere gli obiettivi UE per quanto riguarda l’energia rinnovabile e la riduzione dei gas a effetto serra, dobbiamo promuovere lo sviluppo di nuove tecnologie, specialmente tecnologie di cattura e stoccaggio del biossido di carbonio. E’ importante appoggiare tecnologie pulite per il carbone e intensificare le nostre attività per quanto riguarda la seconda e la terza generazione di bio-combustibili, così da incrementare la ricerca nel campo dell’energia nucleare. E’ diventato, inoltre, molto più importante lavorare sui miglioramenti per il rendimento e il risparmio energetico.
Dichiarazioni di voto scritte
- Proposta di risoluzione (B6-0336/2008) – Programmi d’azione annuali per Brasile e Argentina (2008)
Alessandro Battilocchio (PSE), per iscritto. − Signor Presidente, voto a favore di questa risoluzione. Sono relatore della commissione per lo sviluppo per il programma Erasmus Mundus e la mia relazione è stata di recente approvata all’unanimità. Spero che potremo licenziare il testo finale in plenaria, per far sì che il nuovo programma possa iniziare a gennaio 2009.
L’obiettivo è di esportare l’eccellenza del nostro sistema universitario fuori dai confini dell’Unione, coinvolgendo studenti stranieri in un percorso di studi nei nostri Atenei. Ma anche dare l’opportunità, attraverso un sostegno, agli studenti UE, di effettuare un’esperienza in un paese terzo. Credo che Erasmus Mundus sia uno strumento essenziale per lo sviluppo durevole in quanto, come ribadito nella mia relazione, dovrà favorire il ritorno degli studenti nei propri paesi e contribuire grazie al bagaglio di idee, conoscenze e contatti internazionali acquisiti, alla crescita delle economie di provenienza.
Una parte cospicua dei fondi, relativa all’azione 2, viene prelevata dagli stanziamenti destinati allo sviluppo. Ritengo indispensabile vigilare affinché le dotazioni finanziarie dei programmi annuali 2008 per Argentina e Brasile, specificamente destinati alla promozione dello sviluppo economico e del benessere, siano effettivamente utilizzati sia per l’istruzione sia per interventi concreti sul territorio e che forniscano infrastrutture e mezzi di produzione per uno sviluppo duraturo.
– Relazione: Alexander Graf Lambsdorff (A6-0265/2008)
Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. − (PT) Siccome non è possibile citare tutti i più importanti punti di questa relazione, vorrei evidenziare che dopo il NO degli irlandesi al Trattato di Lisbona, questo Parlamento continua a fingere e ad agire come se nulla fosse successo.
Tuttavia, è vero il contrario, come dimostra l’ambizione sfrontata di questa relazione. Tra i vari aspetti, la maggioranza del Parlamento europeo considera che:
- la posizione di ciascun paese, cioè, le loro politiche estere dovrebbero essere legate ad una vincolante piattaforma politica stabilita dall’UE;
- l’UE dovrebbe prendere in considerazione una riorganizzazione e una espansione dei suoi ministeri all’ONU, in vista dei “maggiori poteri e responsabilità che ci si aspetterà che i rappresentanti UE esercitino, con il proposito di una ratificazione del Trattato di Lisbona”;
- il Congresso dovrebbe definire, “il prima possibile, la natura operativa dello status di osservatore dell’UE alle Nazioni Unite”;
- gli Stati membri dovrebbero concordare “una posizione più aderente alla riforma del Consiglio di sicurezza dell’ONU, che, nel mantenere l’obiettivo finale, all’interno delle Nazioni Unite riformate, di un seggio permanente per l’Unione europea, aspiri allo stesso tempo ad aumentare il peso dell’Unione”.
Il federalismo, sotto l’influenza delle grandi potenze, in primo luogo della Germania, in una delle sue ambiziose e chiare espressioni...
Richard Howitt (PSE), per iscritto. − (EN) Il Partito laburista parlamentare europeo si felicita per questa relazione e in particolare per gli appelli agli Stati membri al fine di concentrare e rafforzare il loro impegno riguardo agli Obiettivi di sviluppo del Millennio. Siamo fortemente d’accordo sul fatto che il centro dell’attenzione debba essere il mantenimento delle promesse fatte e l’aumento progressivo delle vigenti procedure.
I membri del Partito laburista, tuttavia, non sono d’accordo con la raccomandazione per un singolo seggio UE al Congresso di sicurezza dell’ONU e non può appoggiare questa raccomandazione. Non crediamo che questa sia una cosa positiva per la scalata della rappresentanza europea. All’articolo 19, i membri europei dell’UNSC non presentano esplicitamente posizioni UE al Congresso. Inoltre, la stessa Carta dell’ONU stabilisce che non può essere questo il caso. Tuttavia, è presente un informale e sano procedimento di coordinazione sia a New York che a livello più ampio ed è proprio questo che dovrebbe venire favorito.
Alexander Graf Lambsdorff (ALDE), per iscritto. − (EN) Da sempre il gruppo Verde/Alleanza libera europea sostiene la necessità di un seggio permanente per l’Unione europea in seno al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, come indicato nella relazione Lambsdorff. Il nostro gruppo non riconosce invece lo statuto “prioritario” accordato all’iniziativa conosciuta come “overarching process” che prevede un aumento dei membri permanenti a titolo nazionale e che per noi deve essere considerata solo come un’iniziativa tra le altre.
David Martin (PSE), per iscritto. − (EN) Approvo la relazione dell’onorevole Lambsdorff che ha stabilito le priorità dell’UE per la 63a sessione dell’Assemblea generale dell’ONU. In particolare, appoggio il bisogno di continuare a insistere per un impiego ambizioso al summit del Millennium Development Goals (MDG). Il programma MDG dell’UE può stabilire un esempio globale che venga seguito dal resto della comunità internazionale all’Assemblea generale dell’ONU in settembre. Ho votato a favore della relazione.
Erik Meijer (GUE/NGL), per iscritto. − (EN) Oggi la proposta dell’onorevole Lambsdorff per la raccomandazione del Parlamento europeo al Congresso, in merito alle priorità per la 63a sessione dell’Assemblea generale dell’ONU è stata approvata senza votazione in plenaria. Non solo questa è una pratica – concessa dall’“articolo 90” – molto dubbiosa, ma dà anche la falsa impressione che tutto il PE sia d’accordo con i contenuti della relazione, il che non è affatto vero. Abbiamo fortemente respinto la raccomandazione secondo la quale l’attuale status del Trattato di Lisbona farebbe appello per una “riorganizzazione ed espansione dei ministeri del Congresso e della Commissione a New York e Ginevra, in vista dei maggiori poteri e responsabilità che ci si aspetterà che i rappresentanti UE esercitino, con il proposito di una ratificazione del Trattato di Lisbona”. Non solo si tratta di un insulto nei confronti degli elettori irlandesi che hanno respinto il Trattato di Lisbona con una grande maggioranza durante il referendum, ma è anche un tentativo di interpretare il Trattato di Lisbona in maniera tale che possa “conferire personalità legale all’UE”, facendo di esso un superstato.
Cristiana Muscardini (UEN), per iscritto. − La relazione Lambsdorff (e relativa raccomandazione) costituisce un importante segnale politico a favore del rafforzamento in seno alle azioni Unite del profilo dell’Unione europea che, tra i Paesi membri e Commissione, fornisce all’ONU oltre il 40 per cento dei finanziamenti, senza aver ancora acquisito un peso politico e una capacità di influenza corrispondente.
Il testo, tuttavia, contiene una parte fuorviante e pregiudizievole per le discussioni in corso a New York sulla riforma del Consiglio di sicurezza. Nel ribadire l’obiettivo ultimo di un seggio permanente per l’UE in quanto tale, la raccomandazione cita, infatti, tra le diverse iniziative negoziali in corso, solo il cosiddetto “overarching process”, esercizio animato dai paesi impegnati a sostenere una sola delle diverse proposte sul tappeto, ovvero quella di un aumento dei membri permanenti a titolo nazionale. Tale proposta, che ha raccolto il consenso di meno di un terzo della membership, è apparsa dall’inizio divisiva e sbilanciata, come rilevato dallo stesso Presidente dell’Assemblea generale.
Nel ribadire il convinto apprezzamento per il segnale di attenzione e indirizzo politico che il Parlamento europeo esprime per il rafforzamento complessivo del profilo dell’Unione europea alle Nazioni Unite, riteniamo pertanto necessario far figurare agli atti la nostra riserva e obiezione alla parte della raccomandazione sull’“overarching process”.
Pasqualina Napoletano (PSE), per iscritto. − Signor Presidente, esprimo un giudizio favorevole sulla relazione Lambsdorff, che ancora una volta marca l’impegno del Parlamento europeo per il rafforzamento in seno alle Nazioni Unite del profilo dell’Unione europea.
Tendo tuttavia a sottolineare che, sulla questione della riforma del Consiglio di sicurezza, la relazione esprime un apprezzamento di merito, in modo pregiudizievole, sulle discussioni ancora in corso a New York.
In particolare, tra le diverse opzioni di riforma in campo, si menziona il cosiddetto “overarching process” (paragrafo Q), che consiste nella proposta di un aumento dei membri permanenti del Consiglio di sicurezza a titolo nazionale.
Tale proposta fino ad ora ha raccolto il consenso di meno di un terzo degli Stati membri dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite.
La pregherei pertanto di far figurare agli atti la mia riserva su questo passaggio della raccomandazione.
Gianni Pittella (PSE), per iscritto. − La Relazione Lambsdorff costituisce un importante segnale politico a favore del rafforzamento in seno alle Nazioni Unite del profilo dell’Unione europea che, tra Paesi membri e Commissione, fornisce all’ONU oltre il 40% dei finanziamenti, senza aver ancora acquisito un peso politico ed una capacità di influenza corrispondente.
Il testo contiene una parte fuorviante e pregiudizievole per le discussioni in corso sulla riforma del Consiglio di sicurezza. Nel ribadire l’obiettivo ultimo di un seggio permanente per l’UE in quanto tale, la raccomandazione cita, infatti, tra le diverse iniziative negoziali in corso solo il cosiddetto “overarching process” sostenuto dai Paesi che vorrebbero una sola delle diverse proposte sul tappeto, ovvero quella di un aumento dei membri permanenti a titolo nazionale. Tale proposta, che ha raccolto il consenso di meno di un terzo della membership, è apparsa dall’inizio divisiva e sbilanciata, come rilevato dallo stesso Presidente dell’Assemblea generale.
Nel ribadire il convinto apprezzamento per il segnale di attenzione e indirizzo politico che il Parlamento europeo esprime per il rafforzamento complessivo del profilo dell’Unione europea alle Nazioni Unite, ritengo pertanto necessario far figurare agli atti la mia riserva e obiezione alla parte della raccomandazione sull’“overarching process”.
Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. − (PT) E’ preoccupante che la questione della riforma per le Nazioni Unite si presenti così regolarmente. Il bisogno di una riforma è stato riconosciuto da alcuni anni, ma è comunque impossibile eseguire riforme di questo tipo. Questa impasse è grave per due ragioni. Primo, aggrava i fattori che contribuiscono ai fallimenti delle organizzazioni e ci sono abbastanza casi del genere. Secondo, promuove l’emergenza di un discorso sostenuto e giustificato dal bisogno di elementi alternativi.
Rafforzare la cooperazione tra le democrazie è chiaramente un’idea meritevole e da promuovere, anche se implica un’aderenza globale al progetto League of Democracies. Sarebbe tuttavia necessario essere realistici. Questo è il motivo per cui l’ONU ha bisogno di adattarsi alle realtà di potere, non tanto per una questione di legittimazione, quanto bensì per la richiesta di attuabilità.
Per quanto riguarda il ruolo dell’Unione europea, dobbiamo riconoscere che nessuno dei paesi che già posseggono un seggio al Consiglio di sicurezza o che potrebbero ottenerlo, è d’accordo con la proposta di sostituzione con un unico seggio UE.
Per concludere, abbiamo visto come il nuovo Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani sia ancora lontano dal superare le mancanze dei suoi predecessori.
José Ignacio Salafranca Sánchez-Neyra (PPE-DE), per iscritto. − (ES) In merito alla raccomandazione per la 63a sessione dell’Assemblea generale dell’ONU, che si terrà a New York in settembre, l’articolo 90, paragrafo 4 delle regole di procedura stabilisce che una raccomandazione in seno alla struttura del CFSP, che è stata votata in Commissione, sarà da considerarsi approvata e da includersi nell’ordine del giorno in sessione plenaria, senza il bisogno di una plenaria per ratificare il testo e senza alcuna discussione né procedura di emendamento.
Pertanto, data la nostra soddisfazione per quasi tutti i documenti, eccetto che per il primo paragrafo, il mio gruppo vorrebbe riservare la sua opinione in merito al paragrafo riguardante i servizi sanitari, sessuali e riproduttivi. Tale concetto, che è in qualche modo ambiguo, include questioni che, in larga misura, riguardano la morale e la coscienza individuali e siamo convinti che NON sia necessario presentarle come soggetti di nessuna dichiarazione da parte del Parlamento, specialmente in relazione alla nuova sessione delle Nazioni Unite. Il nostro gruppo ha richiesto una votazione separata nella Commissione AFET e ha votato contro per le ragioni appena descritte.
Konrad Szymański (UEN), per iscritto. − (EN) La relazione Lambsdorff e la raccomandazione hanno una così elevata importanza politica che promuovono un rafforzamento dell’Unione europea all’interno delle Nazioni Unite. Potrebbe essere utile ricordare che, mentre la Commissione e gli Stati membri forniscono più del 40 per cento nel bilancio dell’ONU, l’impatto dell’UE e l’influenza nelle Nazioni Unite sono ancora molto più deboli di quanto dovrebbero.
Il testo della relazione, tuttavia, contiene una parte fuorviante in merito alle discussioni che stanno avendo luogo a New York sulla riforma del Congresso di Sicurezza. Nel confermare l’obiettivo a lungo termine di un seggio permanente per l’UE, la raccomandazione cita tra molte altre una sola delle varie proposte sul tappeto, il cosiddetto “overarching process”. Sappiamo bene come questa proposta si sia rivelata altamente divisiva e abbia ottenuto il consenso di meno di un terzo dei membri dell’ONU, come riferito dal Presidente dell’Assemblea generale.
Pertanto, nell’esprimere un forte apprezzamento per il contenuto e la struttura di questo Parlamento europeo, ritengo necessario evidenziare la nostra esplicita riserva e obiezione in merito alla sezione riguardante l’“overarching process”.
Marcello Vernola (PPE-DE), per iscritto. − La relazione Lambsdorff (e relativa raccomandazione) costituisce un importante segnale politico a favore del rafforzamento in seno alle Nazioni Unite del profilo dell’Unione Europea che, tra Paesi membri e Commissione, fornisce all’ONU oltre il 40 per cento dei finanziamenti, senza aver ancora acquisito un peso politico ed una capacità d’influenza corrispondente.
Il testo tuttavia contiene una parte fuorviante e pregiudizievole per le discussioni in corso a New York sulla riforma del Consiglio di sicurezza. Nel ribadire l’obiettivo ultimo di un seggio permanente per l’UE in quanto tale, la raccomandazione cita, infatti, tra le diverse iniziative negoziali in corso solo il cosiddetto “overarching process”, esercizio animato dai Paesi impegnati a sostenere una sola delle diverse proposte sul tappeto, ovvero quella dei membri permanenti a titolo nazionale. Tale proposta, che ha raccolto il consenso di meno di un terzo delle membership, è apparsa all’inizio divisiva e sbilanciata, come rilevato dallo stesso presidente dell’Assemblea generale.
Nel ribadire il convinto apprezzamento per il segnale di attenzione e indirizzo politico che il Parlamento europeo esprime per il rafforzamento complessivo del profilo dell’Unione europea alle Nazioni Unite, ritengo pertanto necessario far figurare agli atti la mia riserva e obiezione alla parte della raccomandazione sull’“overarching process”.
Bernard Wojciechowski (IND/DEM), per iscritto. − (PL) Sono davvero soddisfatto del fatto che il Parlamento europeo abbia oggi preso in considerazione la questione relativa alle priorità dell’Unione europea, in vista del prossimo vertice dell’ONU. La proposta del relatore menziona il fatto che l’ONU sia alla ricerca di “una costituzione di nuovi organi, un radicale rinnovamento degli altri, una nuova forma nella gestione delle proprie operazioni a terra, una riorganizzazione della sua erogazione di assistenza e una riforma approfondita del suo segretariato”. Tutto ciò è estremamente importante.
Non dobbiamo tuttavia dimenticare che lo scopo di tutte queste attività è l’uomo e i diritti umani, i quali derivano dalla dignità umana. Papa Giovanni Paolo II affrontò questi argomenti alcuni anni fa in un forum dell’ONU, dicendo che un primo tipo di minaccia sistematica per i diritti umani era legato alla sfera della divisione dei beni materiali, che spesso non era equa; un secondo tipo di minaccia era legato alle varie forme di ingiustizia in campo spirituale e alla possibilità di nuocere alle persone nella loro intima attitudine alla verità, nella loro coscienza, nella sfera di ciò che chiamiamo diritti dei cittadini, i quali sono concessi senza alcuna discriminazione di origine, razza, sesso, nazionalità, religione o convinzioni politiche. A mio avviso, le sue parole possono essere una guida per le attività delle Nazioni Unite.
– Raccomandazione per la seconda lettura: Paolo Costa (A6-0223/2008)
Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. − (PT) L’attuale proposta fa parte di un pacchetto (assieme alle proposte per le direttive sulla interoperabilità e l’Agenzia ferroviaria europea) che mira alla “facilitazione della libera circolazione delle locomotive attraverso l’UE”, come parte della liberalizzazione del trasporto ferroviario nell’UE.
Prima di qualsiasi altra considerazione, dobbiamo dunque mettere in evidenza che l’obiettivo principale di questa direttiva è l’eliminazione di qualsiasi ostacolo alla liberalizzazione del trasporto ferroviario, attraverso un accordo in merito alla legislazione sulla sicurezza ferroviaria in ogni paese.
Non c’è alcun dubbio che i più avanzati standard di regolazione della sicurezza ferroviaria in ciascun paese debbano essere approvati e applicati. Possiamo tuttavia ricordare come la liberalizzazione e la privatizzazione del sistema ferroviario siano state messe in discussione in alcuni paesi, per esempio nel Regno Unito, dopo che un deterioramento nei servizi e altri seri sviluppi avevano portato a riconsiderare l’accesso a questo servizio pubblico.
Sottolineo che l’accordo in merito alla sicurezza del sistema ferroviario a livello comunitario non deve mai minacciare le più avanzate leggi già stabilite in ciascun paese, né dovrebbe eliminare il diritto di ogni paese di mantenere attive queste stesse leggi.
Jörg Leichtfried (PSE), per iscritto. − (DE) Ho votato a favore della relazione di Paolo Costa riguardante l’emendamento della direttiva 2004/49/CE sulla sicurezza delle ferrovie comunitarie.
La sicurezza della rete ferroviaria europea non può realizzarsi senza dei comuni obiettivi e un’azione congiunta, motivo per cui approvo appieno il pacchetto ferroviario. Uno degli aspetti chiave è la concessione dei veicoli su rotaie: secondo i produttori e i tecnici ferroviari, c’è una piccola giustificazione tecnica per gli attuali requisiti di concessione imposti dalle autorità competenti. Le direttive legate all’interoperabilità dei sistemi ferroviari devono inoltre essere consolidate e assorbite.
Un’altra cosa positiva è che la nuova proposta legislativa fornisce delle regole chiare sulla manutenzione dei veicoli. Il prossimo passo è verso una decisione della Commissione in favore di un obbligatorio sistema di regolamentazione per la manutenzione.
David Martin (PSE), per iscritto. − (EN) Ho votato a favore della relazione “Sicurezza delle ferrovie comunitarie” dell’onorevole Costa. Le raccomandazioni del relatore aiuteranno a rendere efficiente al massimo la legislazione e a facilitare il libero movimento dei treni attraverso l’UE. Queste raccomandazioni ridurranno le pastoie burocratiche e potrebbero incrementare lo sviluppo del trasporto ferroviario in Europa.
Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. − (PT) E’ essenziale armonizzare le procedure sulla sicurezza nazionale negli Stati membri. Questa tesi fornisce un esempio ulteriore di quanto sia necessario insistere sull’investimento per il trasporto ferroviario. Se vogliamo sostenere lo sviluppo del sistema di trasporto in Europa e se vogliamo raggiungere gli scopi e rispettare gli impegni presi con i cittadini e, negli ultimi anni, anche a livello internazionale, dobbiamo investire sulle ferrovie e garantire l’interoperabilità del sistema ferroviario europeo.
Sono punti fondamentali di questa relazione la semplificazione delle procedure e l’introduzione del principio del reciproco riconoscimento. Un altro punto veramente importante è l’utilizzo di più rigide misure di certificazione e apprendistato per tutte le parti interessate e responsabili presenti all’interno del mercato comunitario delle ferrovie, dalle compagnie ferroviarie ai gestori delle infrastrutture.
Penso che la relazione sia un positivo passo in avanti nella nostra ricerca di una multi-modalità come asse portante della politica europea dei trasporti.
Peter Skinner (PSE), per iscritto. − (EN) Ho votato per esonerare dallo scopo di questa direttiva il patrimonio delle ferrovie. Questo riflette il mio apprezzamento per il caso speciale che queste compagnie rappresentano. Se quelle compagnie avessero dovuto osservare i termini di queste direttive, ciò avrebbe significato costi paralizzanti in larga misura per le organizzazioni a sottoscrizione volontaria. Ferrovie come Romney, Hythe e Dymchurch Railway e la Kent and East Sussex Light Railway (della quale sono membro a vita) sono parte della struttura storica dell’industria del turismo nel Sud-Est del Regno Unito e in tutta l’UE. E’ una vergogna che qualcuno in quest’Aula, che ha la pretesa di propendere verso una tendenza “nazionalista”, non possa appoggiare questa esenzione.
Bernard Wojciechowski (IND/DEM), per iscritto. − (PL) La creazione di un mercato ferroviario comune per i servizi di trasporto richiede dei cambiamenti nelle regolamentazioni attuali. Gli Stati membri hanno sviluppato i loro standard di sicurezza, basati su concetti tecnici e operativi, in primo luogo per quanto riguarda gli itinerari nazionali. Sta diventando vitale per gli Stati membri la creazione di strutture di regolazione armonizzate, testi comuni per le regolamentazioni della sicurezza, certificati uniformi di sicurezza per le compagnie ferroviarie, simili responsabilità e competenze per le autorità di sicurezza e per le procedure investigative in merito agli incidenti ferroviari.
E’ necessario costituire organi indipendenti per la regolazione e il monitoraggio della sicurezza ferroviaria in ciascun Stato membro. Al fine di assicurare un’adeguata cooperazione tra questi organi a livello europeo, è necessario stabilire una gamma minima di doveri e responsabilità.
E’ necessario che la protezione della sicurezza e dell’ordine pubblico, che include il mantenimento dell’ordine nelle comunicazioni ferroviarie destinate all’uso pubblico, divenga uno dei doveri fondamentali per i quali l’UE è responsabile.
– Raccomandazione per una seconda lettura: Paolo Costa (A6-0210/2008)
Glyn Ford (PSE), per iscritto. − (EN) Ho appoggiato tutte le modifiche presenti nella relazione della Commissione per i trasporti e il turismo sull’emendamento del regolamento (CE) n. 881/2004 in merito all’istituzione di una Agenzia ferroviaria europea.
Nel Regno Unito abbiamo notato una crescita di più di un quinto nel numero dei passeggeri di treni. Nel breve termine, questo fatto ha causato enormi difficoltà, così come il sovraffollamento dei treni ha portato ad un’enorme congestione e molti passeggeri in certe regioni, inclusa la mia, cioè il Sud-Est del Regno Unito, hanno protestato e si sono irritati a causa del movimento di materiale rotabile attraverso il paese. Al tempo stesso, sono in atto campagne per riaprire le stazioni e le linee chiuse da tempo, per far fronte alla domanda e al bisogno di ridurre le emissioni di carbonio, come ad esempio la campagna a Radstock, nel Somerset.
Nel più lungo termine, nuovi ordini in merito al materiale rotabile allevieranno la crisi, però, se le ferrovie europee continueranno ad essere attive, necessitiamo un piano strategico che un’Agenzia ferroviaria europea rafforzata può con buone speranze fornire.
Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. − (PT) L’attuale proposta è parte di un pacchetto di provvedimenti (in condivisione con le proposte per le direttive sull’interoperabilità e la sicurezza) con lo scopo di liberalizzare il trasporto ferroviario nell’UE, in merito al quale l’“agenzia” prende il ruolo centrale di “regolatore”.
Questa politica promuoverà il graduale deterioramento del trasporto ferroviario come servizio pubblico e riserverà itinerari più vantaggiosi alle compagnie private, attraverso la privatizzazione (partnership pubbliche e private), a spese dei contribuenti pubblici e indipendentemente dagli interessi e bisogni di ciascun paese e dei cittadini.
In Portogallo, come dimostrato con il passare del tempo, l’elaborazione di questa politica ha portato a un deterioramento nei servizi pubblici, una mobilità ristretta e tariffe in aumento. I risultati sono stati la chiusura di centinaia di chilometri di tratti ferroviari, una riduzione nel numero dei passeggeri e nella qualità del servizio, una riduzione nel numero dei lavoratori dipendenti del settore ferroviario e un attacco ai loro diritti di lavoro e retribuzione.
Il settore ferroviario è vitale per lo sviluppo socioeconomico. E’ necessaria una politica che promuova lo sviluppo e il miglioramento dei sistemi di trasporto ferroviario pubblico nei nostri paesi.
Jörg Leichtfried (PSE), per iscritto. − (DE) Ho votato a favore della relazione di Paolo Costa per l’emendamento del regolamento (CE) n. 881/2004 in merito all’istituzione di un’Agenzia ferroviaria europea.
Il miglioramento della struttura tecnico-legale in merito alle ferrovie comunitarie, come parte del terzo pacchetto ferroviario, è uno sviluppo essenziale e ben accolto, che include provvedimenti per rafforzare l’Agenzia ferroviaria europea. In quanto organo centrale, l’Agenzia deve garantire che una strategia uniforme venga perseguita in tutta Europa. In riferimento a questo, viene data particolare importanza al continuo sviluppo del Sistema europeo di gestione del traffico ferroviario, le cui interoperabilità e compatibilità devono essere garantite a tutti i costi.
L’elaborazione di una procedura CE di controllo è uno strumento adeguato a questo scopo, ma la sua efficacia dipenderà da una robusta ed efficiente Agenzia ferroviaria europea. Per questo motivo, approvo lo sviluppo ulteriore dell’Agenzia proposto dal relatore.
David Martin (PSE), per iscritto. − (EN) La relazione di Paolo Costa per la creazione dell’Agenzia ferroviaria europea approva particolarmente l’appello al Sistema europeo di gestione del traffico ferroviario, che è costituito dalle più avanzate tecnologie in campo di sicurezza ferroviaria. Approvo questa iniziativa che, assieme alla relazione “Sicurezza delle ferrovie comunitarie”, terrà conto di una rete europea ferroviaria più coesiva. Ho votato a favore della relazione.
Robert Navarro (PSE), per iscritto. – (FR) La questione riguardante l’interoperabilità delle ferrovie è cruciale per lo sviluppo e il successo delle ferrovie d’Europa. Sono dunque molto soddisfatto del fatto che siamo stati in grado di raggiungere un compromesso, nell’interesse di un miglioramento della legislazione comunitaria in quest’area. Sebbene abbia votato a favore delle proposte avanzate dal relatore, Paolo Costa, non meno sono consapevole dei limiti di questo compromesso. Dieci anni per raggiungere la certificazione di materiale rotabile di tutti i tipi è una considerevole quantità di tempo. Per quanto riguarda il ruolo dell’Agenzia ferroviaria europea, questo avrebbe potuto essere ben più esteso, in particolare in merito allo sviluppo e al miglioramento del Sistema europeo di gestione del traffico ferroviario (ERTMS). Gli Stati membri, d’altra parte, hanno preso una decisione nel timore di vedere le agenzie ferroviarie e altri organi nazionali – creati recentemente, è vero – condannati a cadere in disuso. Tuttavia, se siamo arrivati a questo punto, è perché, nel 2004, non c’è stato il coraggio di dare un vero impulso europeo alle ferrovie. Questo è il modo in cui procede l’integrazione europea: frammentariamente e a piccoli passi. Se adottiamo questo approccio prudente, tuttavia, è probabile che si perdano alcune opportunità, per questa ragione la mia speranza è che gli Stati membri giochino la loro partita applicando rigorosamente quanto essi stessi hanno proposto.
- Raccomandazione per la seconda lettura: Arūnas Degutis (A6-0264/2008)
Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. − (PT) Riportando la nostra critica al suo principale obiettivo, cioè la liberalizzazione del trasporto aereo come servizio pubblico all’interno dell’UE, vogliamo ricordarvi cosa è stato stabilito un anno fa. Si tratta di un tentativo per:
- nascondere il fatto che la liberalizzazione ha avuto un impatto negativo sulle condizioni di impiego e lavoro. E’ necessario valutare i suoi effetti sulla sicurezza e il mantenimento della qualità della flotta;
- evitare il pieno rispetto della tutela dei diritti dei lavoratori ed evitare di menzionare che:
a) i contratti e le condizioni lavorative del personale a bordo verranno regolati dalla legislazione, dai contratti collettivi e dai diritti correlati dei paesi in cui i lavoratori svolgono il loro lavoro abitualmente, o dove cominciano e tornano dopo il lavoro, perfino se schierati temporaneamente in un altro paese;
b) i lavoratori della “comunità” dei trasporti aerei che fornisce i servizi da una base operativa localizzata fuori dal territorio degli Stati membri, saranno soggetti alla legislazione sociale e ai contratti collettivi del paese in cui l’operatore ha la sua sede principale;
c) sarà garantita la partecipazione delle organizzazioni rappresentative dei lavoratori in merito alle decisioni prese nel settore del trasporto aereo.
Małgorzata Handzlik (PPE-DE), per iscritto. − (PL) Il regolamento che è stato approvato dal Parlamento europea modifica la legislazione per quanto riguarda la regolamentazione dei servizi aerei nell’Unione europea, a beneficio sia dei vettori aerei che dei passeggeri. Il regolamento è importante per il corretto funzionamento del mercato interno. Esso crea un ambiente più competitivo per le attività dei vettori europei che si misurano con i loro concorrenti internazionali.
A causa di ciò, saranno disposte le stesse condizioni in merito alla questione e alla revoca delle licenze operative, che eliminerebbe le distorsioni di competizione che sono attualmente prevalenti nel mercato e che sono dovute, tra gli altri fattori, alle differenti regolamentazioni per le licenze operative, alla discriminazione contro certi vettori UE a causa della loro nazionalità, oppure alla discriminazione negli itinerari di servizio per i paesi terzi.
Tuttavia, il maggiore beneficiario delle modifiche introdotte sarà il consumatore. Rendendo obbligatoria l’inclusione di tutte le tasse e delle spese aggiuntive del prezzo dei biglietti aerei, ci sarà una maggior trasparenza e un più ampio appoggio per effettuare versamenti supplementari in modo volontario. Eviterà che i consumatori debbano pagare tariffe più alte e renderà possibile per loro prendere le decisioni in conoscenza di causa. In più, eliminando le linee aeree finanziariamente instabili, i passeggeri si libereranno dal possibile rischio che i loro vettori vadano in bancarotta.
Jörg Leichtfried (PSE), per iscritto. − (DE) Ho votato a favore della relazione di Arūnas Degutis in merito alle regole comuni per l’operazione relativa ai servizi aerei comunitari.
Devono essere incoraggiate proposte per rafforzare e migliorare i provvedimenti legali vigenti, specialmente per quanto riguarda la trasparenza delle tariffe aeree. Ai passeggeri è concesso il diritto di un crollo dei prezzi dei biglietti aerei. Questo nuovo strumento renderà le tariffe più trasparenti e comprensibili. L’Unione europea sta agendo in questo modo al fine di combattere la pubblicità ingannevole e creare un livello operativo omogeneo basato sulla qualità, non sull’attrattiva delle merci, in particolare su Internet.
Le misure per conformarsi alle disposizioni comunitarie rappresentano un ulteriore miglioramento apportato dal nuovo strumento, che garantisce una migliore copertura per i lavoratori dipendenti ed eque condizioni di lavoro. Le regole comuni proteggeranno i diritti di consumatori e lavoratori e garantiranno la necessaria trasparenza e diffusione di informazioni sul ruolo dei vettori aerei comunitari.
Bogusław Liberadzki (PSE), per iscritto. − (PL) Sono a favore del punto di vista del relatore in merito all’approvazione senza emendamenti di una posizione comune del Congresso. Penso inoltre che il regolamento rafforzi e migliori i provvedimenti legali vigenti per quanto riguarda il monitoraggio delle licenze operative, la locazione di aeromobili, lo scaglionamento del traffico e la trasparenza dei prezzi.
David Martin (PSE), per iscritto. − (EN) La relazione di Arūnas Degutis in merito alle regole per la prestazione di servizi aerei comunitari garantirà che il prezzo visibile dei voli sia effettivamente il prezzo pagato. I prezzi finali dei voli devono includere tariffe, tasse, diritti aeroportuali e altri diritti. Questa è una proposta positiva al fine di una maggior trasparenza nel settore dell’aviazione e della protezione dei consumatori. I lavoratori dei servizi aerei incontreranno una maggiore protezione sociale grazie ai provvedimenti della relazione. Voto dunque a favore delle raccomandazioni della relazione.
James Nicholson (PPE-DE), per iscritto. − (EN) Sono pienamente d’accordo con questa relazione, che metterà fine alla pratica sleale della pubblicità aerea ingannevole, la quale esclude tasse, diritti e un’ampia gamma di supplementi. L’attuale situazione permette alle linee aeree di presentare pubblicità ingannevoli che molto semplicemente si dimostrano false.
Il risultato è una grave mancanza di trasparenza in merito ai prezzi delle tariffe aeree, che sta falsando la concorrenza e mettendo a dura prova la capacità di scelta dei consumatori. In molti casi, le persone finiscono con il pagare molto più di quanto inizialmente previsto, dato che la tariffa pubblicizzata è di natura simile al costo finale.
La Commissione e il Parlamento hanno lavorato assieme per garantire questo cambiamento. La relazione richiede che le tariffe aeree vengano pubblicizzate chiaramente, includendo tutte le tasse e i costi extra. Il crackdown dell’Unione europea in merito a questa procedura è una grande novità per i consumatori.
Małgorzata Handzlik (PPE-DE), per iscritto. − (PL) Le statistiche non vengono ampiamente utilizzate solo da compagnie o istituzioni coinvolte nel settore economico. Esse giocano un ruolo essenziale nella pianificazione e controllo delle tendenze di mercato. Per questa ragione, è importante che gli indicatori utilizzati per raccogliere le statistiche siano affidabili e siano in grado di riflettere in modo adeguato la situazione reale e i cambiamenti del mercato. Gli indicatori attualmente attivi dovrebbero venire revisionati, nonché sarebbe necessario prendere in considerazione nuove aree di raccolta dati.
Il bisogno di modernizzare le nostre statistiche deriva, inoltre, dalla presenza di differenti sistemi e procedure statistiche negli Stati membri, che spesso rendono difficile la comparazione dei dati nell’intera Unione europea.
Certamente, è necessario che i cambiamenti in quest’area non aumentino l’onere di risposta delle compagnie, specialmente le piccole e medie aziende. E’ necessario che il sofisticato approccio, utilizzato nel programma finalizzato ad ammodernare le statistiche europee sulle imprese e sugli scambi, promuova la razionalizzazione, nonché la coordinazione di metodi per ottenere statistiche da diverse fonti e, cosa molto importante, le compagnie non dovranno più fornire gli stessi dati alle differenti istituzioni coinvolte nella raccolta dati.
Credo che il programma finalizzato ad ammodernare le statistiche europee sulle imprese e sugli scambi sia un ottimo passo avanti verso la riduzione dell’onere amministrativo, che aiuterà a raggiungere l’obiettivo fissato dalla Commissione europea, cioè a ridurre quell’onere al 25 per cento entro il 2012.
David Martin (PSE), per iscritto. − (EN) Approvo la relazione dell’onorevole Konrad in merito al programma per la modernizzazione dell’impresa europea e delle statistiche di commercio. La relazione mira a fornire un investimento per migliorare l’efficienza della produzione statistica, in modo che si possano soddisfare le nuove richieste, nonché ridurre gli oneri commerciali. Ho votato a favore della relazione.
Bernard Wojciechowski (IND/DEM), per iscritto. − (PL) Sono a favore di questa relazione. Pile ed accumulatori che non sono conformi ai requisiti della direttiva 2006/66/CE devono essere ritirati e la loro vendita deve essere vietata. La Commissione ha deciso che le pile immesse nel mercato prima del 26 settembre 2008, le quali soddisfino i vigenti regolamenti, non dovranno essere ritirate. Penso che questa sia una soluzione ragionevole.
Il ritiro delle pile che non soddisfano i requisiti provocherà un incremento dei rifiuti. Credo che la maniera migliore e più semplice per trattare questa situazione sia applicare a queste pile ed accumulatori degli adesivi attestanti il fatto che non soddisfano i regolamenti UE.
David Martin (PSE), per iscritto. − (EN) Grazie alla relazione dell’onorevole Ouzký l’utilizzo delle due sostanze 2-(2-metosietossi) etanolo (DEGME) e 2-(2-butossietossi) etanolo (DEGBE) verrà molto ristretto e in alcuni casi sarà proibito nei prodotti commercializzati al pubblico. Le raccomandazioni della relazione sostengono la protezione dei consumatori e ho votato a favore.
Bernard Wojciechowski (IND/DEM), per iscritto. − (PL) Le sostanze tossiche presenti nei prodotti usati per la pulizia, il lavaggio e la disinfestazione, nonché in vernici e solventi, possono mettere a repentaglio la salute dell’uomo, irritare le vie respiratorie, gli occhi e causare allergie.
Il limitato accesso ai mercati, che non soddisfa le vigenti norme di sicurezza, potrebbe significativamente aiutare a proteggere la nostra salute e l’ambiente. La maggior parte di questi prodotti possono essere dannosi e causare numerosi sgradevoli sintomi. Possono inoltre rivelarsi dannosi per l’ambiente al loro ingresso nell’ecosistema. Se inquineranno le risorse di acqua o terra, non è difficile prevedere quali saranno i risultati.
Limitare i livelli di MEE e BEE in vari tipi di detergenti o prodotti per la pulizia è un positivo passo avanti e per questo credo che sia necessario per l’Unione europea compiere tutti gli sforzi possibili per eliminare dalle nostre vite e dall’ambiente queste sostanze dannose.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. − (PT) Abbiamo votato contro questa relazione perché è parte del pacchetto per la liberalizzazione del mercato del gas e appoggia l’azione intesa a completare il mercato interno il prima possibile, sebbene in generale non approvi strumenti e regolazioni proposte dalla Commissione europea.
Ci sono alcune interessanti osservazioni critiche: l’impatto delle stime sottoposte; l’incapacità in taluni momenti di osservare il principio di sussidiarietà; l’incoerente distribuzione dei poteri tra le strutture europee.
Tuttavia, la linea adottata dalla relazione si propone di facilitare l’accesso di una parte terza alle reti di trasporto del gas, cioè facilitare la privatizzazione di quanto è ora affidato al settore pubblico e porlo al servizio della strategia dei gruppi economici che vogliano entrare nel mercato.
David Martin (PSE), per iscritto. − (EN) La relazione di Atanas Paparizov sulle condizioni di accesso alle reti di trasporto del gas faciliterà l’integrazione del mercato interno del gas dell’UE. La relazione si occupa di tematiche transfrontaliere tra gli Stati membri e aumenterà la sorveglianza regolamentare a livello europeo. E’ essenziale che il lavoro dell’UE abbia come scopo il mercato interno del gas e ho votato a favore della relazione.
José Albino Silva Peneda (PPE-DE), per iscritto. − (PT) Questa relazione è degna di un voto a favore da parte mia e di tutti i colleghi che credono che la coerenza del terzo pacchetto per l’energia dipenda da un efficace e non solo puramente superficiale regolamento del commercio relativo al gas naturale.
Approvo la volontà di creare le condizioni per incrementare l’investimento delle reti del gas. Questo permetterà un potenziale incremento della competitività nel settore.
Approvo gli sforzi mirati all’effettiva liberalizzazione dei mercati nazionali del gas e l’accesso di terzi alle reti, che aumenta il livello di trasparenza.
Per concludere, apprezzo la volontà intrinseca al documento di realizzare il desiderio dei cittadini europei di una maggiore trasparenza e di un mercato dell’energia meno monopolizzato.
Il terzo pacchetto per l’energia necessità l’approvazione della relazione e dei nostri concittadini europei.
John Attard-Montalto (PSE), per iscritto. − (EN) La posizione presa riflette la mia opinione in merito all’importanza del gas naturale e della sua disponibilità al prezzo più basso possibile per i consumatori. Un gasdotto unirà la Libia e la Sicilia. Passerà in prossimità di Malta in modo che, a beneficio del mio paese, entrambe usufruiranno della conduttura o, in alternativa, sia costruito un condotto tra Sicilia e Malta, come proposto. Il mio paese non possiede un ampio mercato interno e il consumo varia annualmente tra i 16 e i 18 milioni di unità. Se l’utilizzo del gas naturale diventasse di più largo consumo, cambierebbe senza dubbio la politica energetica sia a Malta che a Gozo. Questo potrebbe accadere se il gas venisse utilizzato nella produzione dell’energia stessa. Ho ricordato circa 15 anni fa ai governi nazionalisti l’importanza di creare stazioni alimentate a gas.
Il governo non ha prestato alcuna attenzione, né infine installato in ampliamento nemmeno una piccola stazione alimentata a gas. In più, dato che a Malta le distanze sono ridotte, è possibile utilizzare il gas per la propulsione di veicoli commerciali e privati. La conversione dei veicoli a motore non è un problema. Inoltre, il gas è più economico e pulito, rispetto al petrolio o al diesel. Tuttavia, il governo e la sua agenzia, Enemalta, non hanno nemmeno considerato le infrastrutture necessarie per la sua distribuzione.
Athanasios Pafilis (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) La proposta di una direttiva in merito al mercato interno del gas è parte del “terzo pacchetto per l’energia”, che completa la privatizzazione dei servizi di fornitura di gas naturale.
Questa proposta, assieme alla relazione, ha lo scopo di eliminare l’alto livello di centralizzazione che persiste in taluni paesi, al fine di completare l’immissione nel mercato dei monopoli UE, accelerando così la crescita della liberalizzazione e imponendo inoltre sanzioni agli Stati membri che ancora non si sono del tutto adeguati.
Il pacchetto presenta due punti chiave: disaggregazione della proprietà tra attività di fornitura del gas e attività di trasmissione e stoccaggio, affinché il capitale possa effettivamente utilizzare le infrastrutture pubbliche per la produzione, lo stoccaggio e la trasmissione del gas che rimane di competenza degli Stati membri. L’emancipazione delle autorità di controllo in apparenza indipendenti, allo scopo di eliminare ogni capacità da parte degli Stati membri di effettuare compensazioni nazionali e interventi statali, garantisce la totale immunità per i gruppi commerciali che avranno intenzione di derubare il settore del gas.
Questa politica UE darà gli stessi terribili risultati per i lavoratori dipendenti e la privatizzazione di altri settori energetici: prezzi in aumento e un deterioramento nella qualità dei servizi. La lotta agli interessi di monopolio per rovesciarla è l’unico modo di soddisfare i bisogni familiari delle classi popolari.
José Albino Silva Peneda (PPE-DE), per iscritto. − (PT) Questo provvedimento dimostra senza dubbio la nostra condivisa volontà di raggiungere l’obiettivo della liberalizzazione del mercato energetico. Voto quindi a favore.
Credo che la disaggregazione delle unità di produzione del gas naturale e delle reti di trasmissione sia dunque necessaria, ma non è condizione sufficiente per se.
Da ciò, l’interesse nel creare le necessarie condizioni per favorire gli investimenti transnazionali nelle infrastrutture di rete.
L’interesse nel richiedere un uguale trattamento per i paesi terzi che hanno intenzione di investire nel mercato energetico europeo.
L’interesse nel migliorare la coordinazione tra i regolatori del settore energetico nazionale.
Questo provvedimento renderà il mercato competitivo ed è dunque nell’interesse dei consumatori, i quali beneficeranno di un più robusto, libero e trasparente mercato energetico, grazie alle nuove normative.
Carl Schlyter (Verts/ALE), per iscritto. − (SV) Voto a favore della relazione perché renderà più facile la vita delle persone che si muovono e viaggiano attraverso gli Stati membri, senza che nessun potere venga trasferito all’UE.
Marian Zlotea (PPE-DE), per iscritto. − (RO) Ho votato a favore della relazione Lambert perché è una risposta ai bisogni dei cittadini. Stiamo vivendo in un mondo globalizzato, in cui migliaia di persone lavorano in paesi diversi dal loro e abbiamo bisogno di coordinazione tra i sistemi di sicurezza sociale, a favore di tutti cittadini che esercitano il loro diritto di lavorare in altri stati, al fine di garantire e appoggiare la mobilità, diritto fondamentale nell’Unione europea.
L’Europa permette il libero movimento, ma è necessario che garantisca più diritti sociali, i quali non siano limitati entro i confini nazionali.
Con la speranza che i cittadini europei siano in grado di trarre benefici, dal punto di vista della sicurezza sociale, dei principi dell’equità e non discriminazione, appoggio l’iniziativa per facilitare la libertà di movimento dei lavoratori. E’ necessario eliminare qualsiasi ostacolo alla mobilità.
Carl Schlyter (Verts/ALE), per iscritto. − (SV) Voto contro questa relazione in quanto contiene delle proposte per un dettagliato regolamento a livello UE di alcune questioni, ad esempio l’erogazione del sussidio parentale svedese, che creeranno difficoltà nella valutazione caso per caso, concedendo troppo potere all’UE.
Andrzej Jan Szejna (PSE), per iscritto. − (PL) La proposta di questo documento è di rendere migliori e più efficaci le normative UE in merito alla coordinazione dei sistemi di sicurezza dei singoli Stati membri. I regolamenti contenuti semplificheranno senza alcun dubbio la vita del cittadino UE medio, che trae beneficio dalla libertà di movimento attraverso l’Unione europea. Sia che si tratti di lavoratori dipendenti, funzionari amministrativi, studenti, pensionati o uomini d’affari, tutti saranno in grado di mantenere i loro diritti sui contributi di sicurezza sociale dopo il cambio del paese di residenza. Senza dubbio, concordo sulla necessità di porre fine agli ostacoli, tuttora presenti, al libero movimento di persone all’interno dell’UE e ritengo che questo documento sia un ulteriore passo avanti verso questa direzione.
Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. – (FR) Vorrei presentare due osservazioni sulla relazione Lambert ed il regolamento che essa modifica.
1. Nonostante le smentite del relatore, il presente regolamento assume che i cittadini di paesi terzi godano di libero movimento, libertà di stabilimento e libero accesso al mercato del lavoro all’interno dell’Unione europea; è necessario ricordare che tutto ciò, fortunatamente, non è ancora realtà. Esso stabilisce la lenta demolizione delle prerogative degli Stati membri in merito alla politica di immigrazione, cioè il loro diritto sovrano di selezionare gli stranieri ammessi nel loro territorio e controllarne l’entrata, la residenza e l’estensione dei loro diritti.
2. Sembra corretto permettere ai cittadini degli Stati membri UE di beneficiare della coordinazione dei sistemi di sicurezza sociale e assicurare che la protezione sociale che spetta loro di diritto (a causa del loro impiego e dei contributi) non è influenzata negativamente dalla mobilità “internazionale” cui sono spinti a partecipare. Tuttavia, cercare di assicurare in quest’area l’uguaglianza di trattamento tra cittadini europei e di paesi terzi, senza alcun interesse nel garantire un trattamento reciproco, è semplicemente un forte incentivo per l’immigrazione, che è già presente sottoforma dell’enorme, indiscriminata e suicida generosità dei nostri sistemi di sicurezza sociale.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. − (DE) La fiducia della gente nell’UE dipende in gran parte dalla loro fiducia nella stabilità sociale dell’Europa, e questa è una delle aree che ha visto i maggiori cambiamenti negli ultimi anni e decenni. In pratica, a causa del lavoro part-time e di nuove condizioni di impiego (i cosiddetti “McJob”) i dipendenti europei spesso finiscono per guadagnare poco più di alcuni disoccupati. Il lato oscuro della crescita economica senza controllo e dei continui risparmi sull’assistenza sociale è l’aumento della povertà e dell’esclusione sociale.
Nell’Unione europea, una delle zone più ricche del mondo, il 16 per cento della popolazione viveva al di sotto della soglia di povertà nel 2005. Come risultato dell’aumento dei prezzi di petrolio e generi alimentari, altri ancora sono scesi sotto la soglia di povertà o vivono al limite della povertà. L’UE deve dedicarsi alla lotta alla povertà tra la propria gente con urgenza, e i sistemi di previdenza sociale devono essere disponibili in primo luogo per gli europei.
Catherine Boursier (PSE), per iscritto. – (FR) Ho votato oggi a favore della relazione Corbett sull’emendamento dell’articolo 29 del regolamento interno al Parlamento europeo, riguardante la formazione di gruppi politici, vale a dire la necessità che i membri di un gruppo politico rappresentino minimo un quarto, anziché un quinto, degli Stati membri e che il numero minimo di membri sia 25, anziché 20. Ho agito in questo modo per varie ragioni.
In primo luogo, perché penso che questa riforma sia assolutamente necessaria per permettere alla nostra istituzione di agire in maniera più efficace e di mettere fine alla sua situazione altamente frammentaria, che consiste di regole rimaste immutate nonostante le successive estensioni e l’allargamento della nostra Assemblea sin dal 2004.
In più, ritengo che la soluzione proposta dal mio collega socialista, i cui assidui sforzi hanno permesso di raggiungere un compromesso con la maggioranza dei gruppi politici, sia molto ragionevole in confronto a quanto praticato a livello nazionale all’interno dell’Unione europea.
Inoltre, stabilite le risorse sia umane che finanziarie, rese disponibili dall’istituzione a beneficio dei gruppi politici, ritengo che una chiara rappresentatività sia sufficiente a giustificare questa modifica.
Per concludere, lo scopo consiste semplicemente nel promuovere una certa coerenza a livello europeo all’interno delle varie forze politiche; la nostra democrazia può solo rafforzarsi.
Sylwester Chruszcz (NI), per iscritto. − (PL) Questo documento è solo un altro tentativo della maggioranza di prendere il controllo a spese della minoranza. L’arroganza dei più ampi gruppi politici all’interno del Parlamento europeo ha raggiunto nuovi vertici. Il significato di questo documento consiste nell’aumento da 21 a 30 del numero minimo dei MPE richiesto per creare un gruppo politico. Gruppi minori, come per esempio il gruppo democratico indipendente, vengono seriamente minacciati da una simile condizione. Ovviamente, ho votato contro.
Andrew Duff (ALDE), per iscritto. − (EN) Il gruppo ALDE ha votato contro la riforma dell’articolo 29 per le seguenti ragioni:
– l’attuale presenza di sette gruppi non provoca alcun reale problema di efficacia;
– le opinioni della minoranza hanno lo stesso diritto della maggioranza di venire organizzate professionalmente;
– un Parlamento europeo corretto deve riflettere la più ampia divergenza di opinioni politiche che si riscontrano nell’Unione: non dobbiamo copiare esattamente l’operato dei parlamenti nazionali, il cui scopo consiste nel fornire un governo;
– far cessare l’attività dei gruppi minori potrebbe sia costringere i deputati più riluttanti ad unirsi a gruppi maggiori, sia gonfiare le fila dei non iscritti, provocando ulteriore inefficienza;
– in ogni caso, si è stabilito che la dimensione del Parlamento scenda da 785 a 751 (Lisbona) o 736 (Nizza).
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. − (PT) Il nostro voto contro questa relazione e il relativo mandato è coerente con la nostra idea di difesa del pluralismo, democrazia e rispetto per le diverse opinioni. Non è accettabile che questa relazione modifichi le normative e imponga più barriere per la formazione dei gruppi politici all’interno del Parlamento europeo dopo le prossime elezioni.
Fino ad oggi, è stata concessa la formazione di un gruppo politico ad un minimo di 20 MPE, provenienti da sei diversi Stati membri.
La proposta appena approvata richiede 25 MPE da sette Stati membri. Questo significa che sarà molto più difficile formare gruppi politici minori all’interno del Parlamento europeo, ulteriore ostacolo per l’affermazione di ideologie politiche che prendano le distanze dall’ideologia dominante in questa sempre più neoliberale, militarista e federalista Unione europea.
Una nota finale sul procedimento seguito dai gruppi della maggioranza, il PPE-DE e il PSE. Essi hanno inizialmente proposto un numero minimo di 30 membri per la formazione di un gruppo politico. In seguito, hanno ricattato alcuni gruppi politici minori per guadagnare il loro appoggio per una cosiddetta proposta di compromesso, quella appena approvata. Per quanto riguarda noi MPE del Partito comunista portoghese, in merito alla formazione dei gruppi politici, abbiamo mantenuto sin dall’inizio una posizione coerente contro la creazione di qualunque ulteriore barriera.
Mikel Irujo Amezaga (Verts/ALE), per iscritto. − (ES) La mia astensione in merito alla relazione, sebbene ritengo che siano certamente necessarie delle normative concrete per la creazione dei gruppi parlamentari, è motivata perché credo che il numero proposto dei membri e degli Stati membri sia troppo alto. Se lo scopo di questo Parlamento è difendere la pluralità e la diversità, è meglio per gli interessati formare un gruppo politico, piuttosto che ingrossare le fila del gruppo dei non iscritti, che diventerebbe sempre più eterogeneo ed inefficiente.
Anneli Jäätteenmäki (ALDE), per iscritto. − (FI) I gruppi maggiori hanno originariamente proposto un numero minimo di 30 membri da sette diversi Stati membri per formare un gruppo. Fortunatamente, il progetto è fallito a maggio nel voto ristretto della commissione Affari costituzionali, quando la votazione fu di 15 a 14.
Ho inoltre votato contro gli emendamenti proposti, perché spesso, nel momento di prendere le decisioni, i gruppi minori vengono relegati ad una posizione secondaria. E’ sbagliato che una divergenza di punti di vista debba venire ristretta o che il funzionamento dei gruppi minori debba diventare più difficile che in precedenza.
Questo è strano anche alla luce del fatto che le maggiori differenze di opinione si riscontrano spesso all’interno dei gruppi. Il gruppo più esteso, i conservatori, si è diviso su molte questioni in due o perfino tre sottogruppi.
Timothy Kirkhope (PPE-DE), per iscritto. − (EN) I MPE conservatori hanno votato contro entrambi gli emendamenti proposti dall’onorevole Corbett al fine di alzare la soglia minima per la formazione di gruppi politici all’interno del Parlamento europeo. L’accordo tra un’azione efficace del Parlamento e il bisogno di riconoscere la pluralità di voci e opinioni all’interno del Parlamento stesso, deve essere raggiunto con cautela. Potrebbe venire raggiunto in maniera migliore mantenendo come ora le soglie minime per la costituzione dei gruppi. Sebbene ammettiamo che ci sia un buon motivo per aumentare il numero dei membri, qualsiasi incremento in questo senso sfavorirebbe ingiustamente i gruppi minori e le delegazioni. Pertanto, vista la relazione dell’onorevole Corbett, la commissione Affari costituzionali non raccomanda nessuna modifica in merito alle soglie minime stabilite nell’articolo 29.
I MPE conservatori, tuttavia, hanno votato a favore di un emendamento, in origine presentato dall’onorevole Kirkhope, approvato dalla commissione Affari costituzionali. Questo emendamento fornisce un approccio più concreto e razionale nell’eventualità che un gruppo politico scenda sotto la soglia minima richiesta.
David Martin (PSE), per iscritto. − (EN) Approvo la relazione di Richard Corbett che modifica le regole di procedura in merito alla formazione dei gruppi politici. Con 27 Stati membri, le normative UE in questione devono essere aggiornate. Il Parlamento europeo non può giustificare l’utilizzo di milioni di euro dei contribuenti per finanziare organizzazioni di partito, specialmente fascisti, che si riuniscono esclusivamente per un profitto economico.
Il Parlamento europeo possiede una soglia minima più bassa di qualsiasi altro parlamento, per quanto riguarda la costituzione di gruppi. Nessun gruppo già costituito è minacciato, né la modifica al provvedimento consiste in un tentativo di stroncare gli euroscettici, che sono più numerosi della nuova soglia minima. In conseguenza, ho votato a favore della relazione dell’onorevole Corbett.
Erik Meijer (GUE/NGL), per iscritto. − (NL) I due gruppi più numerosi preferiscono di gran lunga un sistema a due partiti. La caratteristica principale di questo sistema è la condivisione tra i due partiti di un interesse comune, cioè che il secondo, terzo o quarto partito non siano in grado di partecipare al processo decisionale politico e rimangano così del tutto irrilevanti per l’elettorato. Solo i gruppi maggiori contano; proteste e alternative devono venire messe da parte. Se, in via eccezionale, qualcun’altro progettasse di entrare in parlamento, idealmente sarebbe dato loro il posto meno attraente possibile, come fossero persone con diritti limitati.
Alcuni membri di quest’Aula non appartengono a nessun gruppo. Questo solitamente è il risultato della pressione altrui. La stessa pressione obbliga gli altri membri a prender parte di un gruppo i cui punti di vista non sono del tutto condivisi. Per motivi di interesse personale, alcuni gruppi ammettono membri anche quando si rendono conto che questi si allontanano dalla linea politica di partito. La ragione consiste nel fatto che non si può costituire un gruppo se non sono presenti almeno 20 membri circa con simili idee politiche. Se tutte le sfumature di opinioni devono essere rappresentate democraticamente, la cosa migliore sarebbe abolire quel numero minimo, anziché rialzarlo fino a 25 o 30 e introdurre regole severe contro i dissidenti. In merito a questo, sono del tutto contrario.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. − (DE) A mio avviso, non c’è alcuna ragione plausibile per aumentare il numero minimo dei MPE richiesto per la creazione di un gruppo politico. A un più accurato esame, le argomentazioni avanzate dal relatore sono illegittime, in particolare per quanto riguarda le soglie minime più alte per la formazione di un gruppo politico nei vari parlamenti degli Stati membri. Se fosse necessario effettuare un confronto imparziale con il Parlamento europeo, l’equazione includerebbe solo i membri direttamente eletti nelle camere. Le seconde camere includono i delegati degli stati federali o regioni e, per questo motivo, non sono comparabili. Il valore medio in merito alla formazione di gruppi politici, utilizzato dai parlamenti nazionali eletti direttamente, è virtualmente uguale alla soglia in uso al Parlamento europeo.
In ogni caso, questo provvedimento per incrementare il valore soglia in merito alla formazione di gruppi politici è evidentemente guidato da un programma differente. Nella Commissione, per esempio, il relatore si riferisce alla creazione del gruppo Identità, Tradizione, Sovranità (ITS) come ad una sfortunata circostanza e sottolinea il bisogno di prevenire qualsiasi futura ripetizione. A causa di questo attacco alla democrazia e libertà di espressione e all’uguaglianza dei MPE, che è conservata nel trattato e nelle regole di procedure del Parlamento europeo, ho naturalmente votato contro questa relazione.
Athanasios Pafilis (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) La relazione, in forma approvata, integra le inaccettabili regole di procedura del Parlamento europeo, che mirano a controllare e soffocare i poteri di coloro i quali non aderiscono pienamente all’UE. Questa è una decisione nuova, antidemocratica e autoritaria, che ostacola ulteriormente la creazione di gruppi politici. L’obiettivo politico è ovvio: desiderano escludere le forze radicali, specialmente i comunisti, mettere a tacere tutte le voci contrarie e ogni forma di espressione che modifichi l’UE e le sue politiche.
Questa azione antidemocratica è stata accompagnata da un supposto tributo politico da parte della coalizione del gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani), dei Democratici europei e del gruppo socialista al Parlamento europeo, per spingere altre forze ad accettare questo incremento, minacciando che, se non avessero ceduto, avrebbero votato in favore di una proposta per un aumento persino maggiore nel numero dei MPE richiesti, fino ad un massimo di 30. L’andamento della votazione dimostra come questa partita sia stata stabilita dalle forze di una strada europea a senso unico, come alibi per le loro decisioni antidemocratiche.
Il Nea Demokratia e i MPE del gruppo PASOK e Synaspismos hanno votato a favore di questo disprezzabile emendamento e della decisione finale nella sua globalità, dando prova, sui punti chiave, di come le forze di una strada europea a senso unico condividano un percorso comune.
Noi, MPE del partito comunista greco, abbiamo votato contro l’aumento nel numero, fino a 25, contro la relazione nella sua totalità, denunciando così congiure antidemocratiche e giochi politici.
José Ribeiro e Castro (PPE-DE), per iscritto. − (PT) Non è mai un’azione positiva per nessun parlamento creare eccessive restrizioni e ostacoli alla formazione di gruppi politici. In aggiunta alla possibilità che venga considerato una violazione dei diritti fondamentali, l’effetto di queste modifiche è spesso l’esatto opposto dell’intenzione dei sostenitori. Questa è dunque una riforma negativa.
Il Parlamento europeo deve dichiararsi come punto essenziale di riferimento democratico, sia nell’Unione europea che nel mondo. Non raggiungerà questo scopo se non riuscirà a mantenere una posizione esemplare. Non concordo sul fatto che questa sia la giusta direzione da prendere.
Ancora e più di tutto, l’Europa ha bisogno di mantenere continuamente la fiducia dei cittadini nelle sue istituzioni. Tutti gli europei devono sentirsi rappresentati, indipendentemente dalle loro posizioni politiche. Voto contro.
Eva-Britt Svensson (GUE/NGL), per iscritto. − (SV) Mi sono opposto a tutti i tentativi di ridurre la democrazia e la diversità di opinione in Parlamento, attraverso certe misure come, per esempio, la modifica nel numero dei membri e degli Stati membri aventi diritto alla formazione di gruppi politici. Nonostante questo punto di vista, ho votato a favore dell’emendamento della relazione Corbett. La ragione è concreta: era l’unica maniera di votare al fine di non mettere a repentaglio una decisione che, da un punto di vista democratico, sarebbe risultata persino peggiore e avrebbe reso più difficile la creazione di un gruppo politico.
Andrzej Jan Szejna (PSE), per iscritto. − (PL) Oggi il Parlamento europeo ha approvato un emendamento delle regole di procedura, il cui risultato sarà la modifica delle linee guida per la formazione di gruppi politici. In seguito alle elezioni di giugno 2009, i gruppi politici del Parlamento europeo dovranno essere formati da almeno 25 membri rappresentanti un minimo di 7 Stati membri.
Vorrei dare pieno appoggio a questo incremento della soglia minima per la creazione di gruppi politici al Parlamento europeo, dato che questo aiuterà ad evitare eccessive divisioni parlamentari e renderà più efficace il lavoro del Parlamento stesso. Sia la coesione che l’efficacia del Parlamento hanno sofferto a causa di un numero eccessivo di gruppi minori presenti nell’Aula. Per rafforzare la democrazia, tuttavia, i gruppi politici minori devono essere protetti dalle temporanee riduzioni nel numero dei membri, se scendono al di sotto della soglia stabilita.
Jan Andersson, Göran Färm, Anna Hedh, Inger Segelström e Åsa Westlund (PSE), per iscritto. − (SV) Abbiamo votato a favore della relazione, poiché è di massima importanza una migliore cooperazione e chiarezza tra le corti e i giudici nazionali e la Corte di giustizia CE, per garantire il buon funzionamento del sistema legale europeo. Esso deve essere reso più trasparente e le sue applicazioni devono migliorarsi attraverso un miglior allenamento, attrezzature per l’utilizzo della rete e lo scambio di informazioni. Tuttavia, consideriamo che la discussione ai paragrafi 26 e 27, riguardante la giurisdizione della Corte di giustizia CE in certe aree, sia materia del trattato, sulla quale il Parlamento europeo ha già affermato la sua opinione.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. − (PT) Abbiamo votato contro questa relazione a causa dell’inaccettabile pressione che creerà sugli Stati membri, inclusi i nostri giudici nazionali, che sono la pietra angolare del sistema giudiziario in ogni paese sovrano.
Questa relazione chiarifica cosa si era inteso con la cosiddetta costituzione europea e il defunto Trattato di Lisbona, che cerca di far rivivere in maniera veramente antidemocratica. La relazione stessa afferma il proposito di stabilire un singolo ordinamento giuridico europeo. Per riuscirci, è necessario “coinvolgere più attivamente i giudici nazionali e accordare loro maggior responsabilità per la realizzazione delle norme comunitarie ”.
I giudici nazionali giocano un ruolo essenziale come garanti delle regole legislative, incluse le norme comunitarie. Tuttavia, il principio di sussidiarietà e le materie costituzionali in ciascun Stato membro non possono venire chiamate in causa in nome della “supremazia del diritto comunitario, di un effetto diretto, della coerenza sotto il profilo dell’interpretazione e l’obbligo degli stati di risarcire i danni per violazione delle norme comunitarie”, come stabilito dalla Commissione e dalla maggioranza del Parlamento europeo. E’ inaccettabile continuare con questa pressione, ora che il trattato è stato respinto.
Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. – (FR) Questa relazione è pienamente schietta. Proprio dal paragrafo 1, stabilisce i suoi obiettivi: la formazione di un singolo ordinamento giuridico europeo.
In verità, questa relazione, un autentico pamphlet a favore delle normative comunitarie, cerca di coinvolgere più attivamente i giudici nazionali e di accordare loro maggior responsabilità per la realizzazione delle norme comunitarie. In conseguenza, viene proposto che la legislazione comunitaria e le relative norme siano integrate da codici nazionali il prima possibile.
La relazione promuove l’idea di fusione tra i sistemi giuridici nazionali e comunitari, senza sollevare in nessun caso la questione degli eccessivi standard comunitari, le loro espressioni confuse e la frequente mancanza di coerenza.
Questo passo verso la semplificazione e codificazione della legislazione comunitaria è certamente un fatto positivo. Lo stesso si dica dell’adozione di regolamenti per garantire certezza giuridica; sto pensando in particolare a quelli riguardanti l’armonizzazione delle regole che governano i conflitti giuridici. Tuttavia, le norme della Corte di giustizia spesso dimostrano di essere pericolose per il rafforzamento delle normative nazionali, soggette ai principi vincolanti e i dogmi della Corte, sebbene siano chiaramente contrari alle migliori tradizioni giuridiche consolidate degli Stati membri.
– Proposta di risoluzione: controversie Airbus/Boeing (B6-0334/2008)
Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. − (PT) “Amici, amici, a parte gli affari...”
Mi riferisco ad un’altra contraddizione tra l’UE e gli Stati Uniti, in questo caso sul fronte dell’industria aerea, nel cui ambito, nonostante la convenzione del 1992 sugli aiuti pubblici, ogni parte prova a difendere i propri interessi, perché questo è il modus operandi della competizione capitalista.
Il Parlamento europeo si lamenta del fatto che “l’UE ha costantemente aderito allo spirito e alla lettera della convenzione del 1992 e ha regolarmente fornito una documentata prova della conformità” mentre “gli Stati Uniti hanno largamente ignorato i loro obblighi”, “unilateralmente hanno avuto l’intenzione di ritirarsi” dalla convenzione e hanno avviato “un procedimento dinanzi all’OMC contro l’UE, citando i finanziamenti europei rimborsabili, osservanti pienamente la convenzione del 1992, simile a quella che beneficia Boeing”.
Al tempo stesso, dovendo affrontare gli “attacchi amari” di Boeing e del Congresso americano, contro gli appalti attribuiti al Northrop Grumman Corporation EADS per il programma di ricapitalizzazione delle aerocisterne delle forze aeree americane, il Parlamento europeo cerca di gettare acqua sul fuoco, facendo notare il bisogno di “arrivare ad un concreto equilibrio tra il sostegno civile europeo e il progetto militare-industriale americano”.
Sembra che non tutti i paesi concedano il diritto di sovranità e “libero commercio”...
Brian Simpson (PSE), per iscritto. − (EN) Voterò a favore di questa relazione non perché io prenda parte alle controversie dell’OMC o abbia una paranoia per gli Stati Uniti, bensì perché non ne posso più di tutte le attività protezionistiche degli Stati Uniti che continuano da molti anni, in particolare nel settore dell’aviazione civile.
Gli americani hanno perfezionato l’arte di brontolare e lamentarsi degli altri paesi e della loro mancanza di libero commercio, quando essi stessi hanno adottato delle misure che permettono alle fallite compagnie aeree di continuare il loro commercio e hanno presumibilmente stanziato milioni di dollari in aiuto di Boeing.
La Commissione per il commercio internazionale appoggia l’UE nel suo procedimento contro gli Stati Uniti all’OMC.
Quello a cui tutti dovremmo mirare è un’aperta e leale competizione tra i produttori di aeromobili, con la libertà per le compagnie aeree di scegliere l’aereo che soddisfi al meglio i loro bisogni e al miglior prezzo.
Il motto ufficiale degli Stati Uniti è “Confidiamo in Dio”. Forse dovrebbe cambiare in “Non fate come faccio io. Fate come dico io”.
Göran Färm (PSE), per iscritto. − (SV) Noi socialdemocratici svedesi abbiamo votato a favore della relazione dell’onorevole Buzek sul Piano strategico europeo per le tecnologie energetiche.
Abbiamo una visione positiva dei sistemi di cattura e immagazzinamento di CO2, ma ci domandiamo se sia necessario appoggiare questioni come la conversione del carbone in gas per l’ulteriore sviluppo di quella tecnologia. Apprezziamo inoltre la ricerca e lo sviluppo di nuove risorse energetiche a basso livello di emissioni di CO2 o addirittura pari a zero.
Siamo a favore del cofinanziamento dell’Unione per questa ricerca, ma non penso si possa pregiudicare la formazione del bilancio invitando a questo punto la Commissione a mettere da parte somme particolari. Abbiamo dunque preferito astenerci su questi due punti.
Marian Harkin (ALDE), per iscritto– − (EN) Voto contro la seconda parte del paragrafo 26 perché non appoggio il nucleare come una delle iniziative prioritarie. Tuttavia, voterò a favore della relazione, perché il suo obiettivo è di accelerare l’innovazione delle tecnologie europee all’avanguardia a basso tenore di carbonio. E’ essenziale che l’Europa mantenga un piano di ricerche energetiche per favorire la sua ambiziosa politica energetica e conseguire i suoi obiettivi in relazione ai cambiamenti climatici.
Bogusław Liberadzki (PSE), per iscritto– − (PL) Condivido i punti di vista dell’onorevole Buzek per quanto riguarda l’introduzione delle nuove tecnologie di produzione energetica, alla luce dei cambiamenti che l’Unione europea sta affrontando, cioè la protezione ambientale, garantire la sicurezza delle risorse energetiche e mantenere un alto livello di competitività dell’Unione europea.
Condivido inoltre l’opinione del relatore in merito alle risorse insufficienti assegnate alle nuove tecnologie di produzione energetica nell’attuale piano finanziario dell’Unione europea. Dobbiamo ricordare che è necessario raggiungere il successo in questo campo attraverso una partnership tra il settore pubblico e quello privato.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. − (DE) Come impariamo a nostre spese, l’intenzione dell’UE di incrementare rapidamente la percentuale di utilizzo del biocarburante ha avuto ripercussioni negative. Le monocolture, il taglio delle foreste pluviali e la concorrenza di alimenti e mangimi, che ha contribuito ad allargare la crisi alimentare attuale, hanno apparentemente spinto i ministri dell’UE a riflettere e hanno assestato un colpo al loro obiettivo di alzare al 10 per cento entro il 2020 le quote di fonti energetiche rinnovabili nella produzione del carburante.
Sebbene dovremmo felicitarci del fatto che il biocarburante non venga più prodotto dai mangimi e della volontà generale di attendere una seconda generazione di biocarburanti, ad esempio quelli ottenuti dai materiali di scarto, questo non deve portare in nessun caso ad una diminuzione degli sforzi dell’UE nel settore delle energie rinnovabili. Tutti i miliardi spesi nel settore dell’energia nucleare, con tutti i problemi annessi, devono essere investiti nelle energie rinnovabili.
– Mozione per una risoluzione (B6-0304/2008) – I fondi sovrani
Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. – (FR) I fondi sovrani, questi fondi pubblici investiti in tutto il mondo, sono positivi o negativi? Abbastanza positivi, se dobbiamo credere in questa risoluzione. Tuttavia, è vero che un’Europa economicamente inattiva, in considerazione delle sue stesse politiche economiche e monetarie, non può permettersi di abbandonare il potenziale investimento di migliaia di miliardi di euro che essi rappresentano.
E’ vero che, per il momento, i fondi sovrani non interferiscono con il mercato finanziario (sono persino venuti in aiuto del sistema bancario americano) e dovrebbero avere una tendenza verso un investimento più a lungo termine. Tuttavia, potrebbero cambiare. Siamo tutti consapevoli dell’opacità della maggior parte di questi fondi in merito alla gamma delle loro risorse, alla distribuzione delle loro attività, ai loro organi di governo e alle strategie d’investimento, che spaziano dall’investimento etico alla ricerca di rendimenti elevati, di posizioni di controllo e forse la potenzialità di causare gravi danni in futuro. Gli stati che possiedono questi fondi non sono tutti amici dell’Europa, lungi da ciò. Uno di essi ha già suscitato la minaccia di un’“arma nucleare finanziaria”.
Tuttavia, ci asterremo anziché votare in merito perché, sebbene la questione appoggi il libero movimento del capitale su scala mondiale, essa fa appello in maniera prudente al monitoraggio e alla protezione contro questi fondi.
Glyn Ford (PSE), per iscritto. − (EN) Questa risoluzione riguarda un’importante questione. I fondi sovrani stanno giocando un ruolo sempre più importante nel commercio internazionale e nel settore degli investimenti. Alcuni sono positivi, ma non è sempre così, in quanto le irresponsabili amministrazioni prendono decisioni che massimizzano i profitti a breve termine a spese di paesi, comunità e famiglie. Dobbiamo pensare ad incrementare la trasparenza e la responsabilità in merito a queste risorse, che spesso superano quelle disponibili negli Stati nazionali.
Eija-Riitta Korhola (PPE-DE), per iscritto. − (FI) Signor Presidente, la relazione dell’onorevole Rack in merito ad una nuova cultura della mobilità urbana, in favore della quale abbiamo votato, è una parte importante del nuovo approccio globale del pacchetto della commissione sull’energia e il clima: possono essere raggiunte riduzioni significative in Europa utilizzando una razionale ed efficace progettazione comunitaria per la mobilità.
Bisogna tuttavia ricordare che gli Stati membri si differenziano per le collocazioni geografiche e le condizioni di vita. E’ precisamente per questa ragione che ho votato a favore dei due emendamenti del nostro gruppo. Vengo da un paese caratterizzato da lunghe distanze e relativamente piccole città. A questo riguardo, è abbastanza chiaro che le opportunità di ridurre l’uso privato degli autoveicoli sono significativamente più deboli, per esempio al nord, nelle comunità urbane scarsamente popolate della Finlandia, piuttosto che nelle aree densamente popolate dell’Europa centrale.
Jörg Leichtfried (PSE), per iscritto. − (DE) Ho votato per la relazione di Reinhard Rack in merito a una nuova cultura della mobilità urbana. Il progetto di relazione nel Libro verde è un essenziale contributo alla materia dello sviluppo urbano. Lo sviluppo economico di una città e la sua accessibilità dipendono da una migliore mobilità, ma quest’ultima non deve essere raggiunta a spese del benessere dei cittadini o dell’ambiente.
Per questa ragione, è necessario che la relazione dia più peso a fattori sociali e politica occupazionale. Deve inoltre essere ben radicato nelle coscienze che la diversità degli Stati membri non permetterà una soluzione europea uniforme e che la rigida aderenza al principio di sussidiarietà deve continuare perciò a prevalere. Credo anche che, nei paesi dove la liberalizzazione ha già avuto luogo, il suo impatto sull’occupazione vada accertato. In più, richiedo un sistema di certificazione per l’installazione a posteriori di particolari filtri alle auto, ai veicoli commerciali e ai fuoristrada.
Mentre il Libro verde mette in luce la maggior parte dei problemi che colpiscono la mobilità urbana al giorno d’oggi e presenta inoltre alcune nuove e innovative idee per risolverli, è nettamente inferiore nel coprire tutti gli aspetti essenziali e questo può essere il solo punto di partenza per la discussione di questa materia.
Bogusław Liberadzki (PSE), per iscritto. − (PL) La più importante questione sollevata dal relatore è il delineamento di aree in cui è necessario che l’Unione europea partecipi, per quanto riguarda la mobilità urbana.
Il relatore ha ragione a sottolineare che esistono problemi del genere nell’Unione europea, nel settore della mobilità urbana, ma non è impossibile sviluppare un metodo uniforme per affrontarli. A questo punto, le considerazioni del relatore, riguardanti le città in grado di scegliere un metodo per raggiungere gli obiettivi prefissati, sono razionali e vorrei esprimere il mio appoggio in merito.
Erik Meijer (GUE/NGL), per iscritto. − (NL) Le città sono densamente popolate, con pochi spazi aperti e molto traffico, che percorre relativamente brevi distanze. Essendo lo spazio difficile da trovare, non c’è semplicemente nessuna possibilità per il traffico dei veicoli pesanti, l’eccessivo rumore e l’aria inquinata sono ulteriori ragioni per provare a ridurre il numero di automobili nelle nostre città, il prima possibile. Certamente le città devono essere accessibili per vigili del fuoco, polizia, ambulanze, furgoncini per traslochi e veicoli delle persone disabili, ma gli insufficienti spazi aperti devono essere mantenuti in primo luogo per l’utilizzo da parte di pedoni, ciclisti, tram, campi da gioco per bambini, giardini e parchi. Solo allora la città sarà un luogo dove si possa vivere.
Il testo votato oggi non effettua questa chiara scelta, ma semplicemente cerca di riconciliare idee e interessi opposti. Sfortunatamente, l’UE non ha competenza in questo settore. Tutto ciò che l’UE può fare è aiutare a promuovere la migliore procedura, ottima pratica sulla quale è stata costruita e sviluppata. Miglioramenti di questo tipo non sono importanti solo per la città che li ha già compiuti, ma anche come esempio per le altre. Gli esempi includono il sistema di pedaggio in centro a Londra, le nuove reti tranviarie a Strasburgo e Bordeaux o il centro città di Groningen, ormai da lungo tempo zona a traffico limitato. Sfortunatamente, l’UE non contribuirà quasi per nulla a questa relazione.
Gabriele Stauner (PPE-DE), per iscritto. − (DE) Ho votato contro questa relazione, perché l’UE non è responsabile di questo settore. Quando il Parlamento prende l’iniziativa di redigere relazioni su materie che non sono di regolare competenza dell’UE, non compie nulla per la certezza giuridica né avvicina l’Europa alle persone.
Jan Andersson, Göran Färm, Inger Segelström e Åsa Westlund (PSE), per iscritto. − (SV) Abbiamo votato a favore della relazione di Olle Schmidt sulla relazione annuale della BCE. Vogliamo tuttavia sottolineare, in riferimento alla motivazione che discute il bisogno di introdurre l’euro in Svezia, che rispettiamo il risultato del referendum svedese del 2003, con il quale si è deciso che gli svedesi avrebbero mantenuto la corona come moneta circolante.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. − (PT) Abbiamo votato contro questa relazione perché riafferma l’appoggio per il lavoro della Banca centrale europea, non fa alcuna critica in merito ai successivi aumenti del tasso di base, sebbene abbia già raggiunto il 4,25 per cento, valore più alto rispetto al tasso di base della United States Federal Reserve.
Inoltre, la relazione ignora il fatto che le attività della banca stanno danneggiando i lavoratori, la popolazione in generale e le micro, piccole e medie imprese. Essa è unicamente al servizio degli obiettivi dei gruppi economici maggiori e del capitale finanziario, anche quando questi provocano danni alle più fragili e dipendenti economie, come ad esempio quella del Portogallo.
Ad esempio, in Portogallo, dove il livello del debito ha toccato il 114 per cento del PIL, in relazione alla maggiore valutazione dell’euro, è un altro contributo per la rovina delle piccole e medie imprese, peggiora il deficit nell’equilibrio del commercio e aumenta la dipendenza dei paesi. Sarà molto più difficile trattare argomenti quali la disoccupazione, la casualizzazione, i bassi salari e il generale aumento dei prezzi, considerando che il debito delle famiglie portoghesi ha toccato al momento il 129 per cento del loro reddito disponibile.
Noi, pertanto, riaffermiamo la necessità di rompere con questa politica di destra nazionale e la falsa indipendenza della BCE, che serve solo a nascondere il fatto che è al servizio di grandi capitali.
Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. – (FR) La relazione di Schmidt è l’annuale congratulazione data dal Parlamento alla Banca centrale europea per la sua benevolenza.
Come al solito sembra mancare il punto centrale: la temuta contrazione del margine che sta schiacciando il potere di acquisto degli europei e per il quale la BCE e l’Unione europea sono in parte da biasimare. Nessuno crede che le cifre ufficiali dell’inflazione (3 per cento per il 2008, secondo la relazione), che sono semplici indici compositi, riflettano la realtà dell’aumento del costo della vita per i cittadini, soprattutto per materie prime, energia e abitazione. Tutti ricordiamo le affermazioni delle autorità della BCE che mettevano in allerta dagli effetti sull’inflazione degli aumenti degli stipendi, come se i salari di quegli stessi europei non fossero soggetti alla costante pressione verso il basso a causa della ingiusta competizione globale e della politica dell’immigrazione promossa dall’Unione europea.
Rispetto al tasso di cambio dell’euro tanto sopravvalutato, è vero che ci sta risparmiando il peggio rispetto all’aumento dei prezzi del petrolio. Però sta minacciando la competitività di molte industrie che sono tentate di trasferirsi, come ha fatto Airbus, nell’area del dollaro.
Non possiamo quindi sostenere questo mutuo scambiarsi di pacche sulla spalla.
Małgorzata Handzlik (PPE-DE), per iscritto. − (PL) Nella sua relazione sulla relazione annuale della BCE, il relatore ha posto l’accento sulle sfide rivolte alla banca. C’è stata molta informazione preoccupante per le economie europee negli ultimi mesi; e purtroppo la situazione è peggiore del 2007. La crisi dei mercati finanziari e l’improvviso aumento del prezzo del petrolio e dei generi alimentari stanno rallentando la crescita economica e aumentando l’inflazione, e vi sono preoccupazioni sull’aumento della disoccupazione. La BCE sarà una delle prime istituzioni a doversi occupare di queste sfide.
Gli interventi dell’agosto 2007 hanno fornito liquidità ai mercati finanziari ma non hanno risolto il problema. C’è anche un aumento del numero dei paesi che adottano la moneta comune. La Slovacchia sarà il primo paese dell’Europa centro-orientale a fare questo passo. Tuttavia la Slovacchia non sarà affatto l’ultimo paese. L’entrata nell’area euro da parte degli altri nuovi Stati membri sembra essere solo una questione di tempo. L’esperienza della Slovacchia a questo proposito verrà certamente osservata da vicino dai paesi della regione che stanno pensando anch’essi di adottare la moneta unica.
Il relatore nota giustamente che livelli diversi di crescita economica, diversi indicatori di crescita o livelli differenti di maturità delle economie UE potrebbero creare dei problemi per il processo decisionale della BCE. Per questo motivo ritengo che la proposta di intraprendere un’analisi delle possibilità riguardo le modifiche al processo decisionale sia importante. Un’analisi del genere dovrebbe comprendere non solo i membri presenti dell’area euro, ma anche i membri futuri e potenziali.
David Martin (PSE), per iscritto. − (EN) Approvo la relazione di Olle Schmidt sulla relazione annuale della BCE. Concordo con il relatore in merito all’appello fatto affinché la BCE continui a migliorare la sua cooperazione con le altre banche centrali e le istituzioni più rilevanti. In realtà, vorrei anche ricordare la raccomandazione dell’onorevole Schmidt, che ribadisce come sia necessario agire con cautela in merito ai rialzi del tasso di interesse, in modo da non danneggiare la crescita economica. Ho votato a favore della valutazione del relatore.
Athanasios Pafilis (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) La risoluzione per la quale noi, MPE del partito comunista greco, abbiamo votato contro tenta di attuare provocatoriamente il piano EMU con attuazione decennale e l’istituzione dell’euro come gran “successo”, mentre i lavoratori e i settori meno ricchi della classe operaia della società nei paesi dell’UE, inclusa la Grecia, stanno pagando le tremende conseguenze, come ad esempio prezzi alti, il blocco di salari e pensioni, disoccupazione, tassazione eccessiva per i lavoratori dipendenti e povertà per i lavoratori in proprio, la soppressione dell’impiego e dei diritti sociali e democratici. Qualsiasi “successo” raggiunto si lega unicamente ai profitti, anche extra, dei plutocrati europei e va totalmente contro gli interessi dei lavoratori e della gente. La Banca centrale europea, come semplice strumento del capitale europeo, è chiamata a giocare un ruolo più attivo ed efficace in quella direzione, attraverso misure antipopolari, come gli aumenti del tasso di interesse e così via.
Tuttavia, le note e i progetti di risoluzione della “turbolenza” monetaria e gli argomenti di “coesione” dell’UE che rimangono e, di fatto, sono diventati molto più diffusi, confermano la nostra posizione in merito alle continuate e inevitabili crisi del sistema capitalista e della sua crescita sproporzionata, così come il bisogno di abbatterlo e rimpiazzarlo con un sistema economico popolare che dia potere alle persone, nonché la necessità di spezzare i legami con l’UE imperialista. Nell’UE non può esserci un cammino verso la crescita che dia precedenza alla gente comune.
8. Correzioni e intenzioni di voto: vedasi processo verbale
(La seduta, sospesa alle 13.15, è ripresa alle 15.00)
PRESIDENZA DELL’ON. HANS-GERT PÖTTERING Presidente
9. Programmi europei di radionavigazione satellitare (EGNOS e Galileo) (firma dell’atto)
Presidente. − Signor Presidente in carica del Consiglio, signor Commissario, onorevoli colleghi, attraverso la sottoscrizione pubblica di uno strumento giuridico sul programma Galileo stiamo sottolineando l’importanza che ricordiamo ai programmi europei di radionavigazione satellitare EGNOS e Galileo. Il regolamento che andremo a firmare oggi è un segnale che ricorda come molti obiettivi possano essere raggiunti solo all’interno della struttura dell’Unione europea e non dai singoli Stati membri che agiscono da soli. EGNOS e Galileo possono dare e daranno all’Unione europea i mezzi per creare un’alternativa europea, complementare ad altri sistemi.
Galileo includerà una rete di 30 satelliti e un’infrastruttura di controllo a terra. Il testo del regolamento che verrà firmato oggi è il risultato dei negoziati tra le Istituzioni europee che si sono persuase di un buon esito a una prima lettura.
Le istituzioni hanno trovato delle soluzioni che renderanno possibile la costruzione di un sistema a così elevata complessità tecnica, accordandosi su un finanziamento comunitario di 3,4 miliardi di euro. Di conseguenza, Galileo potrà essere operativo al massimo dal 2013.
Come Presidente del Parlamento europeo, vorrei esprimere un ringraziamento particolare al presidente della Commissione per l’industria, la ricerca e l’energia, Angelika Niebler, al relatore del Parlamento europeo, Etelka Barsi-Pataky, per il buon esito dei loro sforzi e ringraziare anche la Presidenza slovena per il suo significativo impegno per questo dossier strategico molto importante.
(Applausi)
Spero anche che questa sottoscrizione pubblica sottolinei che abbiamo intenzione di lavorare con vigore e dedizione per ottenere un progresso tangibile per i nostri cittadini. Grazie per essere qui oggi e grazie per la vostra attenzione.
Invito adesso il rappresentante del Consiglio, Jean-Pierre Jouyet, a prendere la parola.
(Applausi)
Jean-Pierre Jouyet, Presidente in carica. – (FR) Signor Presidente, Commissario, onorevoli colleghi, sarà ora possibile ottenere precise informazioni sul posizionamento e sulle misurazioni dei tempi grazie al sistema di radionavigazione satellitare lanciato dall’Unione europea e dall’Agenzia spaziale europea. Vorrei unirmi a lei, signor Presidente, nel rendere merito alla Presidenza slovena, che ha condotto questo difficile accordo verso una conclusione positiva. Inoltre, vorrei ringraziare il Commissario Niebler, Presidente della Commissione per l’industria, la ricerca e l’energia, il suo relatore e tutti i membri principali del Parlamento europeo che hanno reso possibile l’adozione di questo regolamento.
Quello che stiamo compiendo oggi adottando questo regolamento su Galileo è un significativo passo in avanti. Permetterà lo spiegamento di un sistema di posizionamento satellitare globale su base pubblica. Come ha riferito l’onorevole Pöttering, questo sistema è basato su una costellazione di 30 satelliti e su una base a terra e fornirà informazioni in loco a utenti di diversi settori. Quindi, per molti nostri cittadini, questa è un’indicazione di reale progresso compiuto dall’Europa.
Non solo assicurerà la nostra indipendenza fornendo un segnale che sostituirà quello GPS americano, ad esempio quando il servizio non è attivo, ma andrà molto più in là in quanto fornirà anche un servizio che non è correntemente disponibile tramite GPS: il rilevamento delle persone in difficoltà – servizio essenziale nel ruolo che l’Europa deve avere nel relazionarsi ai propri cittadini – o la costituzione di un servizio per la sicurezza della vita che è particolarmente adatto alla gestione del traffico aereo. Galileo, quindi, porterà risultati tangibili nella vita dei nostri cittadini.
La Commissione europea, il Commissario e l’Agenzia spaziale europea hanno avviato il processo di selezione per le aziende che saranno coinvolte nello spiegamento dei vari lotti assegnati per implementare questo sistema; la costituzione di Galileo è ovviamente di fondamentale importanza per la competitività dell’industria europea.
In linea generale, la gestione del programma Galileo sarà posta sotto il controllo politico del Parlamento e del Consiglio. Potete stare certi che la Presidenza francese è determinata nel lavorare a stretto contatto con il Parlamento europeo; è stato proposto che il gruppo interistituzionale Galileo, il GIG, che include le tre istituzioni dell’UE – la Commissione, il Parlamento, il Consiglio – si riunisca al più presto al fine di discutere le condizioni necessarie per una positiva implementazione del programma, che è essenziale per l’intera Unione europea.
Presidente. − Grazie molte, ministro. Ora, io e il Ministro Jouyet sottoscriveremo il regolamento Galileo e vorrei chiedere al Commissario Ferrero-Waldner, ad Angelika Niebler, presidente della commissione per l’industria, la ricerca e l’energia, al relatore Etelka Barsi-Pataky, di unirsi a noi.
(Firma del regolamento Galileo)
(Applausi)
PRESIDENZA DELL’ON. GÉRARD ONESTA Vicepresidente
10. Approvazione del processo verbale della seduta precedente: vedasi processo verbale
11. Situazione in Cina dopo il terremoto e prima delle Olimpiadi (discussione)
Presidente. – L’ordine del giorno reca le dichiarazioni del Consiglio e della Commissione sulla situazione in Cina dopo il terremoto e prima dei Giochi olimpici.
Jean-Pierre Jouyet, Presidente in carica del Consiglio. – (FR) Signor Presidente, Commissario, onorevoli colleghi, la Cina è un partner strategico per l’Unione europea. La nostra politica e le nostre relazioni commerciali sono particolarmente forti; vorrei evidenziare che l’Unione europea è il maggior partner commerciale della Cina.
Il coinvolgimento della Cina a livello internazionale, come nella risoluzione delle maggiori regionali e globali, è di grande importanza per l’Unione europea. L’Unione ha inoltre lo scopo di incoraggiare lo sviluppo e le riforme in Cina a beneficio non solo del paese stesso, ma anche – date le sue dimensioni – dell’intero pianeta, perciò è in questo contesto che abbiamo seguito con seria preoccupazione le conseguenze del terremoto che in maggio ha colpito la provincia del Sichuan e accertato la portata del disastro; con più di 70 000 morti e 18 000 dispersi, il sacrificio finale oltrepassa gli 80 000 individui. Inoltre, più di 5 milioni di persone hanno perso la loro casa. Per molte settimane, il terremoto e le sue gravi conseguenze umane e materiali hanno portato la Cina a mobilitare il suo intero apparato e la comunità internazionale ha riconosciuto gli sforzi compiuti dalla Cina per rispondere velocemente e con efficacia al disastro.
L’Unione europea ha risposto velocemente fornendo aiuti umanitari e il meccanismo comunitario di protezione civile è stato immediatamente attivato il 13 maggio per coordinare gli aiuti in natura dagli Stati membri; aiuti per un totale di 25 milioni di euro forniti dalla Comunità europea, inclusi gli Stati membri – di cui 2,2 milioni di euro sono stati forniti dalla Commissione – sono stati veicolati attraverso la Croce rossa.
Parlando in generale, constatiamo che la Cina ha giocato un ruolo effettivo durante le operazioni di soccorso e che, con l’assistenza della comunità internazionale, sta compiendo sforzi considerevoli per arginare le conseguenze del disastro. Le autorità cinesi sono state molto aperte verso gli aiuti internazionali e verso la copertura dei media durante questo avvenimento; quindi, vorremmo rendere loro lode per il notevole sussidio e per gli sforzi di ricostruzione.
D’altra parte, com’è noto, abbiamo seguito da vicino e con un po’ di preoccupazione, gli avvenimenti del Tibet e continuiamo a tenere sotto stretto controllo i futuri sviluppi della regione. Nella dichiarazione fatta dalla Presidenza slovena il 17 marzo a nome dell’Unione europea, quest’ultima ha espresso la propria profonda apprensione in merito ai continui aggiornamenti sulle agitazioni in Tibet e ha portato la propria partecipazione e le proprie condoglianze alle famiglie delle vittime. E’ stata invocata la moderazione da più parti e le autorità cinesi sono state incoraggiate a trattenersi dall’usare la forza, così come è stato chiesto ai dimostranti di desistere dalle violenze.
Nel nostro messaggio alle autorità cinesi, abbiamo chiesto di intavolare un dialogo con il Dalai Lama per discutere delle questioni chiave, come la preservazione della cultura, della religione e delle tradizioni tibetane. Abbiamo anche spinto affinché le informazioni fossero trasparenti e affinché a media, diplomatici, turisti e agenti dell’ONU fosse concesso libero accesso al Tibet. Il Tibet è stato nuovamente aperto ai turisti alla metà di giugno.
Abbiamo inoltre approvato l’incontro informale che si è tenuto il 4 maggio tra le autorità cinesi e gli inviati del Dalai Lama; crediamo che questo sia un passo nella giusta direzione e abbiamo espresso la speranza che ciò possa condurre a un ulteriore ciclo di dialoghi costruttivi con il Dalai Lama. Le autorità cinesi e i rappresentanti del Dalai Lama si sono ancora incontrati l’1, il 2 e il 3 luglio a Pechino. E’ ovviamente troppo presto per commentare questa tornata di conferenze, ma speriamo che da entrambe le parti si possa procedere in maniera costruttiva.
Le autorità cinesi hanno confermato che il governo centrale di Pechino e il rappresentante del Dalai Lama si sono accordati per tenersi in contatto e per continuare le loro consultazioni; hanno anche espresso la speranza che il Tibet possa essere riaperto ai giornalisti e alle persone nel prossimo futuro, una volta che l’ordine pubblico sia stato ristabilito nella regione.
Mentre tutte le attese sono concentrate sulla cerimonia di apertura dei Giochi olimpici, ogni Stato membro deciderà il grado in cui desidera esserne rappresentato. Permettetemi di sottolineare che, a questo proposito, la Cina ha affermato in più occasioni di essere lieta di offrire un caloroso benvenuto a tutti i leader dell’Unione europea.
Dopo essersi consultato con tutte le sue controparti del Consiglio europeo, il Presidente della Repubblica ha annunciato la sua intenzione di essere presente alla cerimonia di apertura nel suo duplice ruolo di Presidente della Repubblica francese e di Presidente in carica del Consiglio.
Signor Presidente, Commissario, onorevoli colleghi, questo conclude le informazioni che oggi desideravo sottoporre alla vostra attenzione.
Benita Ferrero-Waldner, Membro della Commissione. − (EN) Signor Presidente, sono convinta anch’io che le relazioni strategiche UE-Cina siano vitali per l’Unione europea e ritengo che lo siano anche per la Cina, così come per il resto del mondo.
Guardando indietro, questa primavera è stata una prova per le relazioni UE-Cina. Le agitazioni in Tibet hanno portato a proteste diffuse in tutta Europa e all’interruzione della staffetta della torcia olimpica in molte capitali europee. A loro volta, gli ultimi avvenimenti hanno portato a un’ondata di sentimento nazionalista in Cina e a sentimenti anti-europei, che si sono tradotti in campagne di boicottaggio contro gli interessi europei in Cina. Di conseguenza, è nata della preoccupazione per il sempre più ampio divario tra le opinioni pubbliche cinese ed europea e la percezione l’una dell’altra.
Fortunatamente, questi sviluppi hanno avuto vita breve. Due eventi sono stati funzionali all’inversione della tendenza emergente. Il primo è stato la visita della Commissione a Pechino il 24-26 aprile, alla quale ho partecipato con il Presidente Barroso. L’altro sono state le conseguenze del terribile terremoto che ha colpito la provincia di Sichuan in maggio.
Permettetemi di parlare separatamente di entrambi. Inizialmente, la visita che abbiamo fatto in aprile si è focalizzata sullo sviluppo sostenibile e sul cambiamento climatico, ma ha anche dato l’opportunità di evidenziare direttamente con i leader cinesi la preoccupazione dell’UE per la situazione in Tibet. Ricorderete che quando il 26 marzo ho riferito in questa sede, ho auspicato una ripresa delle consultazioni tra i rappresentanti del Dalai Lama e il governo cinese. Durante le conferenze in aprile, il presidente Hu Jintao ci annunciò che la Cina avrebbe a breve ripreso le consultazioni con i rappresentanti del Dalai Lama. Questa fu una richiesta chiave dell’Unione europea.
Il risultato della nostra visita a Pechino ha provato che l’approccio coerente della Commissione per un legame costruttivo con la Cina ha portato a risultati tangibili e che, quindi, si è dimostrato essere il giusto approccio.
L’altro evento che ha segnato un punto di svolta nelle relazioni tra la Cina e il resto del mondo, come ha già detto il Presidente in carica del Consiglio, è stato il terremoto nel Sichuan. La portata della catastrofe umana provocata dal terremoto e la sofferenza della popolazione sono state enormi: 70 000 persone sono state dichiarate morte e più di 10 milioni di persone sono divenute profughi.
Ciò ha provocato un’effusione di simpatia internazionale e di supporto per le vittime. Ma, ancora più importante, il governo cinese ha reagito al terremoto in modo veloce e ben coordinato, impiegando oltre 130 000 soldati per il salvataggio e garantendo alla stampa libero accesso alle aree colpite. Questa reazione mette in una luce positiva la Cina moderna.
Il Presidente in carica del Consiglio ha già accennato a ciò che noi, come Unione europea, abbiamo donato e, quindi, non aggiungerò niente in merito. Consentitemi di passare direttamente alla situazione per com’è oggi.
Tre eventi da ora alla fine dell’anno rivestono un’importanza cruciale per le relazioni UE-Cina dal punto di vista cinese e penso sia lo stesso per noi: le Olimpiadi di Pechino, il vertice ASEM, che avrà luogo a Pechino il 24-25 ottobre e il Vertice UE-Cina, che avrà luogo l’1 dicembre in Francia. Durante questo periodo, il governo cinese sarà particolarmente sensibile ai messaggi che arriveranno dall’estero. Ora più che mai è necessario evitare fraintendimenti e continuare la nostra politica di impegno costruttivo.
La situazione in Tibet continuerà a focalizzare l’attenzione durante questi mesi. Oggi possiamo dire di essere tornati indietro alla situazione antecedente al 14 marzo poiché le consultazioni tra il governo cinese e i rappresentanti del Dalai Lama sono state riprese all’inizio di maggio e un nuovo ciclo di discussioni ha avuto luogo la settimana scorsa; ma sono d’accordo sul fatto che non sia possibile dare una piena valutazione. Continueremo a incoraggiare entrambe le parti a continuare i colloqui in maniera produttiva e orientata al risultato.
Lo scorso mese, il 24 giugno, la Cina ha fatto un passo positivo consentendo nuovamente l’accesso ai turisti stranieri in Tibet. Sebbene le visite controllate di diplomatici e giornalisti stranieri abbiano ricominciato ad aver luogo fin da marzo, noi continuiamo a premere per un accesso libero dei giornalisti stranieri.
Per quanto riguarda i Giochi olimpici, noi tutti auspichiamo che ci sia una possibilità per la Cina e per il mondo di avvicinarsi l’uno all’altra. Speriamo che la Cina abbia successo in questo.
In ottobre, il vertice ASEM, al quale io parteciperò, sarà una buona opportunità per sottolineare le nostre relazioni con la Cina e, nel fare ciò, per portare avanti importanti questioni di interesse globale.
In conclusione, spero che, in particolare durante il prossimo vertice UE-Cina, potremmo raggiungere un progresso concreto sul numero di tematiche reciprocamente importanti, come il cambiamento climatico, le negoziazioni in corso per concludere un accordo di partenariato e cooperazione UE-Cina, i diritti umani e le questioni economiche e commerciali. Questi sono i nostro obiettivi da qui all’1 dicembre. Penso sia vitale che la partnership strategica continui a essere saldamente sviluppata, considerando anche l’impegno esistente.
Georg Jarzembowski, a nome del gruppo PPE-DE. – (DE) Signor Presidente, signor Presidente in carica, Commissario, il mio gruppo intende far riferimento in primo luogo alla risoluzione sul disastro naturale in Cina e sulla situazione in Tibet, che il Parlamento europeo ha adottato a grande maggioranza il 22 maggio di quest’anno.
Il gruppo PPE-DE accoglie con entusiasmo l’impegno dedicato al governo cinese alla ricostruzione delle aree colpite dal terremoto. Allo stesso tempo, comunque, ci aspettiamo che il governo cinese assicuri che le nuove case e gli altri nuovi edifici siano costruiti per resistere alle scosse di terremoto, poiché dobbiamo ricordare il triste fatto che sono stati i difetti strutturali a portare al crollo di molte scuole e che molti alunni hanno perso la vita. Ci aspettiamo che questo aspetto sia indagato e che i responsabili siano chiamati a renderne conto.
Il gruppo PPE-DE nota con grave preoccupazione che il governo cinese non ha ancora colto l’opportunità offerta dall’organizzazione dei Giochi olimpici di incrementare il rispetto dei diritti umani universali in Cina. Nel paese, l’intimidazione dei cittadini cinesi e le restrizioni ai rappresentanti dei medi sembrano essere ancora maggiori con l’avvicinarsi dei Giochi olimpici.
Per questo motivo, facciamo appello al governo cinese affinché ripristini i diritti civili universali, in particolar modo la libertà di stampa, in occasione dei Giochi olimpici e che continui a garantirli anche in seguito.
(Applausi)
Infine, il gruppo PPE-DE fa appello al governo cinese affinché dimostri buona volontà durante le consultazioni in corso con il Dalai Lama e le conduca a una conclusione positiva, che dovrebbe includere una clausola sull’autonomia del Tibet. Giudicheremo inaccettabile che il governo cinese usi queste consultazioni per superare il periodo dei Giochi olimpici, lasciandole cadere in seguito.
Ci aspettiamo un risultato che incrementi l’autonomia e i diritti umani del Tibet.
(Applausi)
Libor Rouček, a nome del gruppo PSE. – (CS) Onorevoli colleghi, prima di tutto vorrei esprimere la mia ammirazione per come le autorità cinesi hanno gestito il periodo immediatamente successivo al distruttivo terremoto che ha scosso la provincia del Sichuan e che ha coinvolto quasi 10 milioni di persone. Ho visto con favore il fatto che la Cina abbia immediatamente aperto le sue frontiere agli aiuti stranieri e posso garantire, a nome del gruppo PSE, che continueremo a fare il possibile affinché gli aiuti europei siano inviati nella maniera più veloce ed efficace. In merito al Tibet, approvo il ripristino dei contatti e le due tornate di consultazioni che hanno avuto luogo tra le autorità cinesi e gli inviati del Dalai Lama. Ritengo che sia un buon punto di partenza, considerando quali erano gli eventi in marzo e credo, inoltre, che questi contatti e queste consultazioni continueranno fino al raggiungimento di una soluzione accettabile per entrambe le parti. La Cina ha di recente riaperto il Tibet ai turisti stranieri e, secondo il New York Times, più di 1 000 tibetani detenuti dopo le dimostrazioni di marzo sono già stati rilasciati. Tuttavia, voglio ancora fare appello alle autorità cinesi affinché forniscano informazioni alle famiglie sulle condizioni di quanti sono ancora detenuti. Per quanto riguarda i Giochi olimpici, auguro sia alla Cina che al Comitato olimpico internazionale buoni e fortunati giochi, poiché sono convinto che questi giochi, se ben organizzati, possano aiutare a migliorare la situazione dei diritti umani in Cina.
Marco Cappato, a nome del gruppo ALDE. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, nessuno qui mette in discussione l’importanza dei rapporti di ogni tipo con il governo cinese né tantomeno la solidarietà in conseguenza del terremoto. Qui c’è un problema, in particolare nella presentazione che la Presidenza del Consiglio ha fatto. E’ una presentazione che fa completamente l’economia di quello che è il ruolo che quest’Unione europea può e deve giocare nell’affermazione dei diritti civili e politici di tutte le persone che vivono sul suolo cinese, in Tibet e non solo in Tibet.
(Applausi)
Bisogna dire una parola su questo, perché altrimenti salutare in questo modo il fatto che vengono riammessi i turisti stranieri, senza dire una parola su quanto è accaduto, sulle condanne, i processi pubblici, la militarizzazione di Lhasa, in occasione del passaggio della torcia olimpica, le libertà che continuano a non esserci, le torture che si continuano a fare, questo è un modo parziale di affrontare un problema. Magari questo ruolo parziale poi favorirà una reazione che verrà tacciata di essere ingenua, idealistica, sterile, perché ci sono le persone che pensano alle cose serie, ai buoni rapporti con la Cina, e poi ci sono le persone che pensano alle cose ingenue e inconsistenti, che saremmo noi.
Questo è il risultato prodotto da una presentazione come quella che lei ha fatto: non menzionate nemmeno il popolo uighuro, semplicemente perché non dispone di un leader transnazionale della non violenza, come il Dalai Lama, credo che sia grave quando si parla di Cina. E allora che Europa è un’Europa che davanti a tutto questo dice: “Ciascun capo di Stato decida per conto suo se va e se non va e noi Francia intanto abbiamo consultato i nostri partner e andiamo come Presidenza dell’Unione europea”. Ma quale Presidenza? Ma quale Unione europea? Questa è l’Europa delle patrie e giustamente la Cina non considera in nessun modo l’Europa delle patrie come capace di una politica che possa intimidirla nel rispetto dei diritti umani dei cittadini cinesi e non solo.
(Applausi)
Presidente. – E’ veramente difficile chiedere a un oratore di interrompersi, specialmente quando sta parlando con trasporto, ma, la prego, provi a rimanere nei tempi stabiliti.
Hanna Foltyn-Kubicka, a nome del gruppo UEN. – (PL) Signor Presidente, vorrei ancora una volta portare la sua attenzione sull’incontrovertibile catastrofica situazione politica in Tibet. Nell’avvicinarsi dei Giochi olimpici, le autorità della Repubblica popolare cinese stanno intensificando le loro politiche circa questa regione. Inviare l’esercito nei monasteri tibetani col pretesto di cercare armi e terroristi è diventata una pratica regolare. Il risultato di queste azioni è la requisizione di opere d’arte raccolte in quei luoghi e ciò è accompagnato dalla distruzione di oggetti di culto. Informazioni che arrivano da istituti di ricerca indipendenti e da organizzazioni per i diritti umani ci parlano di recenti avvenimenti come quelli accaduti nel monastero di Tsendrok nella provincia di Amdo Maima. I giochi inizieranno tra meno di un mese. Ogni giorno che passa si dimostra la fiducia che avevamo sul fatto che ci sarebbe stato un cambiamento nella politica interna cinese era senza fondamento. Spero tuttavia che l’interesse dell’Europa su questo argomento non si esaurisca con la fiamma dei Giochi olimpici a Pechino.
Daniel Cohn-Bendit, a nome del gruppo Verts/ALE. – (FR) Signor Presidente, signor Presidente in carica, congratulazioni per l’ipocrisia, le bugie e la dissimulazione a proposito dell’evento olimpico. Ne abbiamo abbastanza! Vi state comportando nella maniera in cui i governi si sono per anni comportati nei confronti del totalitarismo sovietico. E’ sempre la stessa vecchia storia ed è sempre la stessa trama che tessete da anni per noi che siamo qui.
Voi parlate della situazione dei giochi dei negoziati. Se chiedeste ai tibetani come sono andate le negoziazioni, questi risponderebbero che sono costantemente soggetti a umiliazioni durante il corso dei negoziati e che sono sottoposti a continui ricatti – da questo punto di vista, il Dalai Lama e i suoi rappresentanti sono trattati nella maniera in cui Brezhnev trattava Dubček – con l’effetto “se vi muovete, spareremo alla maggior parte di voi”. Questo è quello che è stato detto durante i negoziati e adesso il Presidente in carica, il Presidente della Repubblica francese, dirà “Ben fatto, Cina! Mostraci cosa fare quando qualcuno si muove”. Questa è l’esagerata risposta cinese, come se l’accenno di Sarkozy a “ripulire i sobborghi con un tubo di aria compressa” sia stata una risposta eccessiva.
Questa è la verità; e adesso voi dite che questi sono i valori dell’Europa. Su quali basi, quando e come? Bene, ora che tutti sono presenti – e questo è un momento nero per questa Camera – vorrei congratularmi con il presidente del gruppo dei socialisti e con il presidente del gruppo PPE, sono tutti qui. Per dire cosa esattamente? Per dire cosa, qui oggi? Tutti dicono “le cose andranno meglio grazie alle Olimpiadi”.
Nel 2001, abbiamo detto che se avessimo dato i Giochi olimpici alla Cina le cose sarebbero andate meglio. Dal 2001 non è successo niente e le cose vanno di male in peggio. Quindi, cosa ci state dicendo? Che in quattro settimane le cose andranno meglio? Perché dovrebbero andare meglio? I cinesi stanno predominando. Il Partito comunista cinese sta predominando. Più duramente essi si comportano, più vi piegate sulle ginocchia; e più vi piegate sulle ginocchia, più si avvicinano al trionfo.
Perché pensate che questa situazione possa cambiare? Controlleranno tutto alle Olimpiadi. Controlleranno le stazioni radio, controlleranno le reti televisive, ma non controlleranno Sarkozy, questo è sicuro. Lo inviteranno anche a mangiare con le bacchette. Sarà molto bello. Gli dimostreranno affetto e lo aduleranno. Allora, Sarkozy dirà: “Queste sono tre stazioni nucleari e 36 treni ad alta velocità”, e non so cos’altro. Questo è aberrante. E’ disprezzabile e credo che, se l’Europa non si sveglia, se continueremo a proiettare questa immagine di un’Europa di mercanti, incapace di difendere i più fondamentali diritti in Europa o in qualsiasi altra parte del mondo, bene, non siamo degni di costruire l’Europa e questo è quanto dovrebbe venir detto al Presidente del Consiglio in carica.
(Forti applausi)
Jiří Maštálka, a nome del gruppo GUE/NGL. – (CS) Grazie, signor Presidente. E’ sempre più difficile vedere la trave nel nostro occhio che la pagliuzza nell’occhio altrui. In primo luogo, vorrei esprimere la mia solidarietà alle vittime di questo immane disastro e anche la mia ammirazione, come ha fatto il mio collega Rouček, per il modo in cui il governo cinese ha reagito per salvare le vittime. Voglio anche ringraziare la Commissione, che è stata insolitamente veloce nel fornire aiuti finanziari, e dire che sono certa che non ci saranno limiti a questi aiuti. Penso di parlare per la maggioranza di noi quando dico che desideriamo che i Giochi olimpici siano gestiti in maniera sicura e all’insegna del fair play e non solo negli stadi. Ovviamente, noi rispettiamo le caratteristiche tipiche della storia e della cultura cinesi. Tuttavia, questi due eventi ci danno l’opportunità di condurre un dialogo ancora più intenso e di raggiungere risultati tangibili nelle discussioni con le nostre controparti della Repubblica popolare cinese in merito sia all’ecologia sia ai diritti umani.
Bastiaan Belder, a nome del gruppo IND/DEM. – (NL) Nel pomeriggio di mercoledì 18 giugno avrei dovuto avere un incontro con tre rispettabili, pacifici cittadini cinesi in un hotel di Pechino. Un’ora prima di quando avremmo dovuto incontrarci sono venuto esplicitamente a conoscenza che due di essi erano stati prelevati dal servizio di sicurezza e che il terzo era stato ufficialmente messo in guardia di non parlare con me. I due che erano stati detenuti sono stati rilasciati 31 ore dopo. La linea ufficiale è stata che il rilascio non è avvenuto in quanto i due non erano stati arrestati, ma semplicemente “interrogati”.
Comunque sia andata, le autorità cinesi hanno voluto chiaramente evitare ogni contatto personale tra un membro del Parlamento europeo e questi tre cittadini cinesi. Ma io comprendo appieno il loro abominevole comportamento. Pechino certamente non si poteva aspettare che da tre principali rappresentanti delle fiorenti chiese protestanti potesse venir fuori una buona propaganda per i Giochi olimpici. Alla vigilia di questo grandioso spettacolo sportivo, i membri delle chiese protestanti che non sono ufficialmente registrati sono soggetti a persecuzioni religiose sempre più aspre.
I leader progressisti cinesi preferiscono tenere gli strazianti dettagli di questa repressione saldamente nascosti. Naturalmente. Dopotutto, che onore c’è nel condannare un semplice ministro della chiesa di Pechino ai lavori forzati? Per tre anni egli ha dovuto passare dalle dieci alle dodici ore al giorno costruendo campi da calcio per i Giochi olimpici. E’ stato detto abbastanza a proposito della forma cinese di lavori forzati!
E che cosa fare di quei funzionari cinesi che hanno arrestato membri delle chiese per essersi prodigati a dare un aiuto pratico, volontariamente e al di fuori di una ben radicata credenza altruistica, alle vittime del terribile terremoto nella provincia del Sichuan? Questo è veramente inaccettabile. Signor Presidente, molto prima che inizino i Giochi olimpici in Cina, vorrei dimostrare che Pechino ha estinto la fiamma olimpica con il suo evidente disprezzo dei diritti fondamentali!
Edward McMillan-Scott (PPE-DE). - (EN) Signor Presidente, vorrei iniziare esprimendo le mie condoglianze ai parenti di quanti hanno perso la vita e a quelli che hanno sofferto a causa del terremoto.
Ma voglio in particolare, se posso, rivolgere i miei commenti al Presidente in carica del Consiglio Jouyet per la sua odierna dichiarazione sul fatto che il Presidente Sarkozy, che arriverà qui domani, parteciperà alla cerimonia di apertura dei Giochi olimpici.
Vorrei ricordare l’editoriale nel numero di oggi del giornale locale Les Dernières Nouvelles d’Alsace: “L’Europe a capitulé”, l’Europa ha capitolato. Non solo il Presidente Sarkozy parteciperà ai Giochi olimpici, ma il 16 giugno con il permesso delle autorità francesi sono state anche sospese le trasmissioni di un gruppo che trasmette in Cina via Eutelsat. Questo è stato fatto prima. In questa occasione, ho pregato il governo francese di permettere a NDTV di riprendere le trasmissioni.
Vorrei sottoporre oggi ai relatori delle Nazioni Unite un dossier concernente alcune delle persone che ho contattato mentre mi trovavo a Pechino due anni fa. Il signor Cao Dong continua a essere torturato in una prigione del Nord-Est della Cina. Il signor Niu Jinping è stato arrestato nuovamente il 20 aprile 2008 e lo stanno torturando. Sua moglie, la signora Zhang Lianying, è stata ripetutamente torturata e imprigionata quattro volte. Sto inserendo nel mio sito Internet un dossier sui 50 tipi di tortura che sta patendo. Del signor Gao Zhisheng, un avvocato cristiano per i diritti umani, so che è stato malamente trattato all’inizio di quest’anno. Egli è ancora sotto arresto. Il signor Hu Jia è stato arrestato dopo aver testimoniato al sottocomitato “Diritti umani e democrazia” del Parlamento europeo.
Questo è un regime arbitrario, brutale e paranoico. Dovremmo tenere la politica fuori dallo sport; dovremmo tenere il Presidente Sarkozy lontano da Pechino.
(Applausi)
Robert Evans (PSE). - (EN) Signor Presidente, come molte altre persone qui presenti, sette anni fa quando le Olimpiadi furono assegnate alla Cina ebbi delle serie riserve. Ma esse furono assegnate solo dopo una serie di assicurazioni date dalle autorità sul fatto che i diritti delle minoranze sarebbero stati rispettati, che si sarebbe posto fine agli abusi e alle torture e che le ben documentate violazioni dei diritti umani sarebbero state affrontate.
Arrivando velocemente ai nostri gironi, sappiamo che le nostre preoccupazioni sono grandi come sempre, se non di più. Altri hanno parlato degli abusi, l’onorevole Cappato è stato eloquente sul Tibet e l’onorevole Cohn-Bendit e altri ne hanno parlato. Sappiamo delle violazioni della giustizia naturale. La Cina compie più esecuzioni capitali in un anno di tutti gli altri paesi messi assieme. Penso che sarà una vergogna per l’Europa se il prossimo mese il Presidente Sarkozy e una fila di capi di governo dell’UE e presidenti e principi saranno là, a battere le mani assieme ai leader cinesi, conferendo loro, quindi, credibilità quando non lo meritano e dando loro il via libera per continuare nel modo in cui hanno operato finora. I Giochi olimpici dovrebbero rispecchiare gli ideali olimpici e ciò che sta succedendo in Cina in questo momento va loro contro.
Dirk Sterckx (ALDE). - (NL) Come Presidente della Delegazione delle relazioni con la Cina, sono d’accordo con il Commissario quando dice che abbiamo dei legami strategici con la Cina e che questi sono essenziali per entrambi. Stiamo certamente mirando a legami economici, ma anche a qualcosa di più. Penso che dovremmo porre enfasi su questa cosa.
Ci sono altre due cose che considero importanti: i diritti umani individuali e la libertà d’espressione. Ci sono tematiche che ritornano ogni volta che abbiamo contatti con la delegazione o con i suoi membri, con i nostri colleghi cinesi. Non siamo d’accordo, ma proviamo a discuterne e proviamo a scambiare idee e argomentazioni. E’ difficile, a volte è un lavoro duro, ma è qualcosa che il Parlamento deve continuare a fare incessantemente.
Abbiamo fatto dei progressi? Forse troppo pochi e troppo lentamente; penso però che essi siano stati fatti. Vorrei spingere il Parlamento europeo a non dimenticare che è necessario mantenere i contatti con la Cina e continuare a far sollevare queste questioni per quanto difficile sia, per quanto stancante e a volte frustrante. Penso però che sia l’unico modo per andare avanti. Questo perché il destino dei cinesi non è deciso qui in quest’Aula, ma in Cina e dai cinesi stessi. Sono loro gli unici da convincere, non noi.
Thomas Mann (PPE-DE). - (DE) Signor Presidente, c’è stata un’ondata globale di solidarietà per le vittime del devastante terremoto del 12 maggio in Cina. Una considerevole quantità di aiuti sono stati riversati sul paese, eppure all’interno dei suoi confini sono state fatte distinzioni, misure anti-separatiste sono andato mano nella mano con gli sforzi fatti per portare soccorso per il disastro. E’ totalmente irrilevante se le persone appartengano a una maggioranza o a una minoranza, essi sicuramente hanno bisogno di ricevere aiuto. Non dovrebbe esserci più motivo per enfatizzare le sofferenze; questa è una nozione impraticabile. Dopo tanto tempo, alla Cina si dovrebbe consigliare di aprirsi. Questo dovrebbe includere il libero accesso dei giornalisti e degli osservatori stranieri a tutte le zone della Cina. Alla NTDTV, l’unica televisione non sottoposta a censura in Cina, deve essere permesso di riprendere senza ritardo le trasmissioni.
Molti capi di Stato o di governo non si sono ancora espressi in merito alla raccomandazione fatta dal nostro Parlamento europeo, in merito all’astensione alla partecipazione alla cerimonia d’apertura dei Giochi olimpici. Noi sosteniamo la posizione adottata Angela Merkel in Germania, dal Primo Ministro britannico, Gordon Brown, dal nostro Presidente Hans-Gert Pöttering e da altri personaggi pubblici di spicco, che hanno deciso di stare lontani dalla cerimonia dell’8 agosto. Il Presidente francese, Nicolas Sarkozy, ha detto che la sua posizione dipende dall’esito dei negoziati tra i cinesi e i rappresentanti del Dalai Lama. I negoziati sono stati infruttuosi e tali rimarranno; ne consegue, che egli dovrà rimanere a Parigi.
(Applausi)
Prima dei giochi, lasciate che vi ricordi la condizione dei tibetani. Ci sono più di 200 morti a seguito delle proteste del 14 marzo e 5 000 tibetani sono stati imprigionati, la maggior parte dei quali senza un processo. A migliaia hanno subito lesioni, come risultato delle violenze fisiche usate nei processi di rieducazione patriottica. Questo, signor Presidente, vuole essere un promemoria per tutti quelli che hanno ancora intenzione di esaltare Pechino..
(Applausi dal gruppo Verts/ALE)
Alexandra Dobolyi (PSE). - (HU) Grazie per avermi concesso la parola, signor Presidente. Organizzare i Giochi olimpici è una sfida da qualsiasi prospettiva, ma è anche una straordinaria opportunità per i cittadini cinesi di dimostrare di aver compreso i valori universali e lo spirito dei Giochi olimpici. “Un mondo, un sogno”: lo slogan delle Olimpiadi di Pechino mette appieno in evidenza e rappresenta fedelmente i principi dei giochi. Credo che le Olimpiadi si assicureranno un’opportunità eccellente per approfondire e per estendere la nostra cooperazione e il dialogo con la Cina in molte aree.
Tuttavia, non dobbiamo dimenticare il terremoto di maggio e la distruzione che ha causato migliaia di morti e che ha fatto milioni di senzatetto. Dobbiamo assicurare al paese supporto in tempi difficili, ma dobbiamo sempre ricordare al governo l’importanza di riforme democratiche e apportare critiche costruttive in molti campi.
Sono tra quelli che credono che l’Unione europea debba continuare un dialogo con la Cina orientato al risultato per i diritti umani, ma dobbiamo accettare che i risultati possono avvenire solo passo dopo passo. Sì, i risultati stanno arrivando: solo alcuni giorni fa è stata avviata una linea aerea di connessione diretta tra la Cina e Taiwan dopo una mancanza durata molte decadi. I confronti sono nuovamente attivi. Qui, allo stesso modo, siamo interessati a un dialogo pragmatico e orientato al risultato che tenga in considerazione i valori tibetani e cinesi e indichi la strada per il futuro. Grazie molte.
Cornelis Visser (PPE-DE). - (NL) Signor Presidente, le Olimpiadi di Pechino si apriranno l’ottavo giorno dell’ottavo mese del 2008. L’otto è un numero fortunato nella cultura cinese ed è associato alla buona sorte e alla prosperità. Spero che questa data porti fortuna al popolo cinese. Economicamente, infatti, la Cina sta andando molto bene. “Non importa se una gatto è bianco o nero fintanto che caccia i topi”, come Deng Xiaoping era solito dire. Egli ha aperto il paese allo sviluppo economico straniero. Un po’ alla volta l’economia cinese sarà liberalizzata. La Cina è adesso un partner solido per lo sviluppo economico. E’ felice, per esempio, che la sua valuta sia ancorata non solo al dollaro ma anche all’euro e ad altre valute. La Cina ha il suo ruolo costruttivo nell’economia mondiale.
Le cose non vanno bene in merito ai diritti umani. Purtroppo, certamente non vanno bene per la stessa popolazione cinese. Ho trovato spiacevole che in occasione di un evento gioioso come quello dei Giochi olimpici, siano state messe delle restrizioni sul satellite di trasmissione cinese, che trasmette dall’occidente. Spero che le autorità cinesi utilizzeranno l’opportunità dei giochi per mostrare alla loro popolazione che le regole non si applicano solo nelle arene sportive, ma soprattutto al dovere incombente sul governo di rispettare i diritti umani e la libertà di espressione.
Bogdan Golik (PSE). - (PL) Signor Presidente, 69 000 persone sono morte in conseguenza del terremoto del 12 maggio 2008, più di 18 000 sono disperse e il numero dei feriti supera le 37 000. Questo evento ha scosso non solo i cinesi, ma il mondo intero. Sono probabilmente l’unica persona alla Camera oggi che era presente in quel momento: ero a Pechino e a Shanghai e vidi la solidarietà di quelle persone, i cinesi, che si sono identificati con le vittime della tragedia.
Cogliendo il vantaggio di questa opportunità, mi piacerebbe esprimere la mia ammirazione per quelle migliaia di addetti al salvataggio e di volontari dal mondo intero, da Taiwan, dal Giappone, dall’Australia e, soprattutto, dalla Cina, la solidarietà e l’impegno dei quali, in queste tragiche circostanze, ha meritato un elogio speciale. Vanno allo stesso modo riconosciute le azioni intraprese dall’Unione europea. Il governo cinese, con il supporto delle autorità locali, ha messo a disposizione la somma di 10 miliardi di euro per le vittime del disastro. Il supporto straniero complessivo ricevuto da Pechino è di 5 miliardi di euro. La maggior parte di questi fondi proviene dagli emigrati cinesi che vivono nelle diverse parti del mondo.
Credo che le attività dirette alla specifica assistenza umanitaria siano più utili e che il dialogo abbia maggior successo degli slogan e degli appelli per il boicottaggio e le proteste.
Nirj Deva (PPE-DE). - (EN) Signor Presidente, questa Camera deve promuovere la scienza politica, cosa che tristemente oggi non sta facendo.
Dieci milioni di senzatetto è un enorme disastro, il peggiore del mondo. Abbiamo visto in azione un governo e una guida cinese concentrata e incentrata sulla popolazione in un’area a grande densità, che include più di un milione di tibetani. Diversamente dalla Birmania, dove i governanti non si curavano e non si curano della popolazione, il governo cinese in modo evidente si cura del proprio popolo. Questo è evidente di per sé per chiunque abbia visto gli sforzi per i soccorsi.
I diritti umani in Cina non possono essere determinati da altri paesi, poteri, organizzazioni o persone del resto del mondo. Possono essere determinati solamente dagli 1,3 miliardi di cinesi per loro stessi. Sappiamo bene che questo popolo può essere eloquente, che può esibire e mostrare la propria rabbia e questo succede in situazioni difficili.
La situazione dei diritti umani in Cina sta migliorando e può migliorare ulteriormente. Non fa alcuna differenza che il Parlamento e i miei colleghi alzino la voce in merito a ciò che non va. Ci stiamo, come al solito, ingannando su quanto importanti siamo. Sarà il popolo cinese che, emergendo dalla povertà, chiederà per sé una maggiore espressione democratica. Quattrocento milioni di persone sono emerse dalla povertà, un considerevole risultato. Ma la popolazione cinese è spaventata. Voltando loro le spalle come abbiamo fatto con la torcia olimpica, possiamo solo esasperare il popolo cinese, non il suo governo. Questa distinzione è importante e dovrebbe essere ricordata.
Marianne Mikko (PSE). - (ET) Onorevoli colleghi, negli anni il movimento olimpico si è battuto per un mondo migliore. Il grande evento che sta per ricominciare a Pechino ha attirato l’attenzione sul Tibet e sui diritti umani. Il dialogo tra Pechino e il Dalai Lama può continuare definitivamente. Dando alla Cina l’opportunità di ospitare questo evento sportivo mondiale, il Comitato olimpico internazionale ha imposto molto chiaramente la condizione che entro il 2008 la Cina dovesse rispettare i diritti umani. Sappiamo che questo non è successo.
Le Olimpiadi non sono mai state solo sport. I principi dei Giochi olimpici echeggiano quelle dell’UE al massimo grado, mi riferisco ai basilari diritti umani dei cittadini, per i quali non è ammesso alcun compromesso. La Carta asserisce che il paese ospitante debba sostenere la dignità umana e non opprimere i cittadini sulla base della nazionalità o del credo religioso. Di conseguenza io condivido l’opinione che il Presidente Sarkozy stia a Parigi davanti alla televisione, non nello stadio olimpico di Pechino.
David Hammerstein (Verts/ALE). - (ES) Signor Presidente, l’esperienza dell’organizzazione dei Giochi olimpici in Cina ci ha insegnato una lezione: per violare sistematicamente i diritti umani, è necessario essere una nazione grande ed economicamente forte; non di certo lo Zimbabwe o Cuba, né d’altra parte la Birmania. E’ necessario essere una nazione dove centinaia di aziende occidentali hanno le loro basi, dove milioni di persone lavorano in condizioni di semi-schiavitù. E’ necessario mantenere uno stile pomposo e aggressivo e, a quel punto, l’Unione europea si inchinerà e striscerà ai suoi piedi.
José Ribeiro e Castro (PPE-DE). – (FR) Signor Presidente, porgo le mie condoglianze ai parenti delle vittime del terremoto e desidero esprimere la mia sincera tristezza. Tuttavia, ci sono altri argomenti dei quali è necessario discutere e mi riferisco, in special modo, al Consiglio poiché ricordo il commento fatto dal Presidente Sarkozy qualche mese fa, al tempo degli incidenti in Tibet.
Quella che abbiamo appena sentito è una proposta per trasformare lo sport in cattiva politica e la politica in un ridicolo sport, e questo è inaccettabile. E’ inaccettabile che il Presidente Sarkozy vada a rappresentare l’Unione europea a Pechino senza visitare i prigionieri politici. Sarebbe vergognoso per i nostri leader recarsi a Pechino senza proferire una sola parola circa la dura realtà della situazione. Questi leader non sarebbero più in grado di mantenere la loro dignità davanti alle Istituzioni europee. E’ essenziale che si torni su questi argomenti in settembre.
Manolis Mavrommatis (PPE-DE). - (EL) Signor Presidente, solo un mese prima delle Olimpiadi, la Cina sta ancora subendo il tragico impatto del terremoto. Sfortunatamente, è servito un terremoto con migliaia di disgrazie e di senzatetto affinché il governo della Repubblica popolare cinese realizzasse che la solidarietà delle nazioni che offrono aiuto è essenziale.
Comunque, ciò ha obbligato la Cina ad aprire i propri confini, permettendo in questo modo ai mass media e alle agenzie per gli aiuti umanitari, di raggiungere aree che finora avrebbero potuto essere difficilmente raggiunte anche solo come visitatori.
Gli eventi seguiti al terremoto in Cina hanno portato a un ammorbidimento, che ha avuto effetti nel mondo intero essendo ora legato alla pacifica coesistenza dei popoli. La bandiera olimpica e il sacro fuoco dell’antica Olimpia rinsalderanno le posizioni ideali tra le cose che ci separano, ma anche e soprattutto tra quelle che ci uniscono.
Eva Lichtenberger (Verts/ALE). - (DE) Signor Presidente, quando il Presidente Sarkozy ha parlato del risvegliarsi delle agitazioni in Tibet, provai una grande ammirazione per la Francia e per il suo ruolo di guardiano dei diritti umani. Da allora la situazione è molto peggiorata, con il raggiungimento di livelli record del numero dei detenuti.
La situazione in Tibet non è mai stata così tesa. La censura dei media non è mai stata così rigida come ora. Dal mio punto di vista, la reazione del presidente è uno schiaffo in faccia a tutti quelli che si stanno battendo per i diritti umani. Stiamo frustrando le speranze di tutte quelle persone che in Cina fanno affidamento sulla nostra pressione per aiutarli nello sforzo di introdurre la democrazia in Cina.
Colm Burke (PPE-DE). - (EN) Signor Presidente, il Comitato olimpico internazionale ha giustificato l’assegnazione delle Olimpiadi del 2008 alla Cina, affermando che questo avrebbe aiutato il paese ad aprirsi a miglioramenti nell’ambito dei diritti umani.
Tuttavia, le autorità cinesi non hanno ancora dato ascolto agli appelli internazionali che chiedono di smettere di portare avanti le rappresaglie alle rivolte del 14 marzo 2008 in Tibet. I partecipanti alla protesta sono ancora tracciati, detenuti e arbitrariamente arrestati e alle loro famiglie non è fornita alcuna informazione sulle loro condizioni, nonostante questo sia richiesto dalla legge cinese.
Mi appello alla Cina perché mantenga l’impegno pubblico che ha preso in merito al rispetto dei diritti umani, dei diritti delle minoranze, della democrazia e del ruolo della legge. Questo era l’accordo principale preso con il COI quando si è consentito alla Cina di ospitare i giochi.
Questa è un’opportunità storica e unica per la Cina di dimostrare al mondo la volontà di migliorare il proprio livello dei diritti umani, ma secondo me non stiamo vedendo sufficienti progressi in merito.
Ana Maria Gomes (PSE). - (EN) Signor Presidente, appoggio il fatto che le Olimpiadi si tengano a Pechino, ma spingo anche i governi e le Istituzioni europee a chiedere che la Cina rispetti il suo impegno in merito ai diritti umani, vale a dire quelli sottoscritti al fine di ottenere le Olimpiadi a Pechino.
Ciò richiede che i rappresentanti europei che partecipano, o parteciperanno, ai Giochi olimpici usino questa opportunità per attirare l’attenzione sulla situazione dei diritti umani in Cina. E’ molto grave. Ci sono molte persone in prigione, incluso Hu Jia, imprigionato dopo averci parlato qui al Parlamento europeo in videoconferenza. Non possiamo accettare che queste persone continuino a rimanere in prigione senza spiegazione delle autorità cinesi.
Czesław Adam Siekierski (PPE-DE). - (PL) Signor Presidente, molti paesi e i loro leader, inclusi quelli europei, sono entusiasti di mantenere buoni rapporti con la Cina, per ottenere contratti o accordi economici, ponendo scarsa attenzione alla mancanza di democrazia e al fallimento del rispetto dei diritti umani. L’opinione mondiale, i leader mondiali e le istituzioni globali dovrebbero agire insieme e indirizzare diversi tipi di pressione in difesa di valori come la libertà, i diritti umani e la democrazia. Se saremo divisi, allora non saremo in grado di agire assieme e otterremo uno scarso effetto. Le Olimpiadi sono una buona opportunità per questi tipo di provvedimenti. La comunità internazionale dovrebbe agire in modo da aiutare un popolo che ha sofferto in conseguenza di un tragico terremoto.
Jean-Pierre Jouyet, Presidente in carica. – (FR) Signor Presidente, onorevoli colleghi, in primo luogo non è stata l’Unione europea a decidere nel 2001 che le Olimpiadi si sarebbero tenute a Pechino; è stato il Comitato olimpico internazionale.
In secondo luogo, come avete detto, gli ideali olimpici esistono, ma non riguardano la politica, essi riguardano lo sport, cosa che il Comitato olimpico internazionale ha ripetuto molte volte.
In terzo luogo, non credo che il modo migliore per combattere per i diritti umani in Cina e di avere un dialogo esauriente, sia quello di lavarci la coscienza dicendo “Io non ci andrò, ma guarderò comunque la cerimonia d’apertura in televisione”, come ha appena detto uno dei membri. Non penso che il problema ruoti realmente attorno a questa questione. Inoltre, faccio notare che una parte dei membri, di vari gruppi politici e di diverse convinzioni, ha anche espresso il loro punto di vista alla Camera circa il dialogo che dovremmo avere con le autorità cinesi.
Qualunque siano le attuali difficoltà, dobbiamo continuare a fare il possibile nelle relazioni dell’UE con la Cina. Solo un’Unione forte metterà in grado entrambe le parti di sostenere una discussione aperta – come noi tutti chiediamo – su qualsiasi questione, anche su quelle che sembrano più spinose; l’Unione europea non ha aspettato che accadessero quegli eventi in Tibet per cominciare questo dialogo. Vogliamo stabilire un dialogo con la Cina su un numero sempre maggiore di argomenti di interesse bilaterale e globale, che non siano puramente commerciali, in caso contrario sarebbe un grossolano travisamento. Questo punto è stato toccato anche dal Commissario Ferrero-Waldner. Abbiamo bisogno di un dialogo esauriente con la Cina, perché questo paese ha un ruolo importante da giocare nella comunità internazionale e noi dobbiamo fare tutto il possibile – i Giochi olimpici sono altresì un mezzo per questo fine – per assicurarci che la Cina sia più efficacemente integrata nella comunità internazionale.
In più, vorrei evidenziare che dobbiamo mantenere un dialogo strategico con la Cina, in particolare in vista dell’imminente vertice che si terrà in seno alla Presidenza francese. Non è stato durante la Presidenza francese che si è scelta la data per questo vertice. Esso avrà luogo nella seconda metà del 2008. Tocca a noi assicurare che i preparativi si svolgano nelle migliori circostanze possibili e questo vertice fornirà un’opportunità alla partnership tra la Cina e l’Unione europea di dedicarsi a nuovi argomenti, in particolare quelli riguardanti le azioni da intraprendere per il cambiamento climatico e gli standard sociali e ambientali, come molti di voi hanno detto.
La determinazione della Cina a giocare un ruolo più importante nell’arena internazionale deve essere accompagnata da nuove responsabilità nel campo dei diritti umani, nella sfera sociale e siamo preparati a lavorare verso questo obiettivo e l’Unione europea è senza dubbio il partner più adatto per aiutare la Cina in questo cammino.
Riguardo a ciò, dopo aver consultato i suoi colleghi e le controparti e dopo aver ricevuto il loro consenso, il Presidente Sarkozy, nel suo ruolo di Presidente dell’Unione europea, si assume la responsabilità di intavolare un dialogo esauriente tra l’Unione europea e la Cina. Se la Cina desidera avere un ruolo maggiore nel panorama mondiale, dovrà portarne le conseguenti responsabilità. Sono stati fatti molti paragoni, ad esempio dall’onorevole Cohn-Bendit. Ho notato il paragone con l’URSS di Brezhnev. Vogliamo veramente un conflitto tra due blocchi antagonisti? Non sono stati fatti progressi nel dialogo, come nel caso di questo grande paese? Noi giochiamo un ruolo chiave nel raggiungere questi progressi ed è anche attraverso il dialogo e gli sviluppi democratici che i nostri valori hanno prevalso, come sempre. Dobbiamo intrattenere con la Cina un dialogo stimolante, nel quale nessun argomento sia tabù e dobbiamo incoraggiarla a impegnarsi in tutti i campi, quello politico, sociale e dei diritti umani.
In realtà, alcuni membri hanno menzionato la pena di morte. Dobbiamo porre all’attenzione della Cina anche questo argomento, ma dobbiamo porlo all’attenzione anche di altri paesi e spero che alcuni membri conservatori, i quali hanno appena relazionato sull’argomento, lo faranno. Vorrei ricordarvi che ci sono altri paesi in cui la pena di morte è in vigore e che hanno relazioni con l’Unione europea; tuttavia, non abbiamo bisogno di avere questo dialogo esauriente. Dobbiamo anche procedere con cautela e sono pienamente d’accordo con ciò che la Commissione ha affermato in merito al Consiglio, cioè che non è necessario esacerbare i sentimenti nazionalisti in Cina mentre sta per ospitare un evento molto importante per tutto il paese, un paese che cerca di ottenere l’integrazione nell’arena internazionale.
Con questo spirito, assumendosi tutte le responsabilità che sono legate al suo ruolo e agendo nella piena consapevolezza della natura dei valori europei, il Presidente Sarkozy, nel suo nuovo ruolo, visiterà Pechino per convogliare questo messaggio e anche per dimostrare che abbiamo fede in uno sviluppo positivo di questo grande paese, in merito alla sua integrazione nel panorama mondiale. Abbiamo già visto segnali tangibili di progresso in Birmania e nella risoluzione dei conflitti con l’Iran e nella Corea del Nord; queste sono tutte aree in cui abbiamo bisogno dell’apporto cinese. Ciò implica chiaramente molto più dei semplici interessi commerciali.
Infine, vorrei dire all’onorevole Cappato che, in tutte le nostre relazioni, siano esse all’interno dell’UE – in relazione alle minoranze – o tra l’Unione e alcuni dei suoi partner, dobbiamo avere le stesse richieste ed essere cauti prima di dare lezioni di moralità al mondo intero.
PRESIDENZA DELL’ON. MIGUEL ANGEL MARTÍNEZ MARTÍNEZ Vicepresidente
Benita Ferrero-Waldner, Membro della Commissione. − (EN) Signor Presidente, il mio intervento sarà brevissimo in quanto molto è già stato detto.
Vorrei solo ribadire che il rapporto con la Cina è piuttosto sfaccettato. Ciò significa che abbiamo un ampio raggio d’azione in questo rapporto strategico. Oltre all’ambiente, il commercio, la cultura – quali che siano i vari dialoghi e discussioni settoriali che abbiamo – esprimiamo anche le nostre preoccupazioni riguardo i diritti umani di cui si è parlato oggi in modo particolarmente serio. Ci preoccupa in particolare la situazione di coloro che difendono i diritti umani o dei dissidenti in prigione oppure l’applicazione della pena di morte. E’ vero, moltissime persone vengono condannate alla pena di morte. Lo abbiamo sempre detto chiaramente, come pure i presunti casi di tortura o maltrattamento.
Abbiamo questo dialogo sui diritti umani. E’ vero che a volte non è soddisfacente, ma non abbiamo altri strumenti. Dobbiamo continuare ad avere un dialogo con la Cina. C’è un detto in Germania: Steter Tropfen höhlt den Stein (a goccia a goccia s’incava la pietra). Questo è ciò che stiamo tentando di fare.
(Applausi)
Presidente. − In chiusura della discussione, comunico di aver ricevuto cinque proposte di risoluzione ai sensi dell’articolo 103, paragrafo 2, del regolamento.
La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà domani, alle 9.00, in via eccezionale, a causa della presentazione del programma per la Presidenza francese.
Dichiarazioni scritte (articolo 142)
Zita Pleštinská (PPE-DE), per iscritto. – (SK) I Giochi olimpici di Pechino si stanno avvicinando ma, stando alle informazioni in mio possesso, la situazione relativa ai diritti umani in Cina non è migliorata. Al contrario, continuano gli arresti, da parte del regime cinese, di un numero sempre crescente di persone al fine di evitare potenziali dimostrazioni durante i Giochi olimpici.
La libertà di stampa è di estrema importanza perché i media indipendenti sono coloro che forniscono informazione non censurata sulla situazione dei diritti umani in Cina. Per questo è vitale che possano trasmettere anche stazioni TV indipendenti, come la NTDTV. Questa stazione televisiva trasmette in Asia, Europa, Australia e Nord America per 24 ore al giorno, tutti i giorni, in cinese e inglese via satellite. La compagnia francese Eutelsat, che trasmette NTDTV, ha improvvisamente interrotto il segnale sull’Asia il 16 giugno 2008, evidentemente a causa della pressione esercitata dal partito comunista cinese.
Commissario Ferrero-Waldner, mi appello a lei nella speranza che utilizzi, a nome della Commissione, tutti i mezzi possibili per ripristinare le trasmissioni della NTDTV in Asia. Invito inoltre la Presidenza francese a impedire, a nome del Consiglio, le restrizioni alla libertà di parola in Cina.
Faccio appello alle autorità cinesi affinché dimostrino al mondo che il fatto che I Giochi olimpici siano stati assegnati a Pechino abbia avuto come conseguenza un miglioramento della situazione dei diritti umani in Cina. Ritengo che l’apertura del Tibet a turisti, giornalisti e media sarà reale e permetterà di fornire informazioni non censurate sulla situazione in quest’area.
Csaba Sándor Tabajdi (PSE), per iscritto. – (HU) L’allargamento è una delle politiche dell’UE di maggior successo, e allo stesso tempo forse uno degli strumenti più efficaci di politica esterna mai conosciuti. Ogni allargamento, fino ad ora, ha rafforzato l’Unione, stabilizzando e allineando, in genere, i paesi che hanno aderito. I quattro anni che sono trascorsi dall’allargamento avvenuto nel 2004 hanno messo fine alle paure infondate e alle informazioni fuorvianti che lo hanno preceduto: l’allargamento è un successo straordinario, e sia i vecchi che i nuovi ne hanno tratto molti vantaggi. Purtroppo, alcuni politici, in modo consapevole o per pura stupidità, negano il successo dell’allargamento e confondono i cittadini dei vecchi Stati membri. E’ quindi di fondamentale importanza far conoscere alla società i vantaggi e benefici dell’allargamento.
Il no dell’Irlanda al Trattato di Lisbona è davvero una grande barriera per ulteriori allargamenti dell’Unione. Confido, tuttavia, che l’UE troverà presto una soluzione per salvare il Trattato di Lisbona. L’ammissione della Croazia, però, non dovrebbe essere tenuta in ostaggio: l’entrata della Croazia è giuridicamente possibile anche se il Trattato di Lisbona non dovesse essere approvato. La Croazia, quindi, potrebbe diventare membro dell’Unione alla fine del 2009 o agli inizi del 2010, a seconda dello sviluppo dei negoziati di adesione.
Il rapporto tra la strategia dell’allargamento e la politica europea di vicinato è una questione complicata. Concordo, in generale, sul fatto che I nostri vicini europei che non hanno ancora una prospettiva di adesione si spostino da una categoria ad un’altra secondo la realizzazione da parte loro, di obiettivi quantificabili. Al tempo stesso è importante che l’Unione sia in grado di salvaguardare la propria area geopolitica di libertà di movimento e, riguardo alla capacità di integrazione, dovrebbe essa stessa decidere in alcuni casi specifici quali prospettive offrire ai propri partner.
12. Documento di strategia di allargamento 2007 della Commissione (discussione)
Presidente. − L’ordine del giorno reca la discussione sulla relazione di Elmar Brok, a nome della commissione per gli Affari esteri, sul documento di strategia della Commissione del 2007 in merito all’ampliamento [2007/2271(INI)] (A6-0266/2008).
Elmar Brok, relatore. − (DE) Signor Presidente, Presidente in carica, signor Commissario, dobbiamo dire che i precedenti allargamenti dell’Unione europea sono stati grandi successi politici ed economici. Di ciò non vi è alcun dubbio. Nei casi della Romania e della Bulgaria, signor Commissario, dovremo certamente discutere a parte in questa sede nelle prossime settimane, tuttavia le mie osservazioni di apertura rimangono generalmente valide.
Nello stesso tempo, però, dobbiamo chiarire che, quando conduciamo dei negoziati con paesi promettendo ulteriori negoziati, noi manteniamo quelle promesse e che, quando accordiamo lo stato di candidato ad un paese, esso viene effettivamente trattato come paese candidato. Anche le promesse fatte a Salonicco devono essere onorate.
Contemporaneamente, tuttavia, dobbiamo chiarire che ciò non implica in alcun modo una sequenza automatica di eventi, bensì che ogni singolo paese deve realizzare le condizioni – i criteri di Copenhagen – per essere membri dell’Unione in modo che la transizione avvenga con successo, dal punto di vista sia dei paesi che aderiscono che dell’Unione europea nel suo complesso.
Dobbiamo anche considerare se, vista la crescita dell’Unione, che comprende 27 paesi membri – e considerato che forse la Croazia diventerà il 28° paese – non ci sia ora il bisogno di una fase di consolidamento in modo da assicurare che tutto, nell’Unione europea, venga posto effettivamente nel giusto ordine. Sono proprio coloro che trovano da ridire sul Trattato di Lisbona pur sostenendo l’allargamento che dovrebbero rendersi conto che la linea che stanno seguendo è politicamente incoerente. Il Trattato di Lisbona, in effetti, era inteso come prerequisito per l’ultima tornata di allargamento, non come preparazione per la prossima. Coloro che ricercano l’allargamento ma si oppongono al Trattato di Lisbona lavorano in realtà per eliminare la possibilità di allargamento. Ciò deve essere espresso con chiarezza.
Un altro punto di cruciale importanza di cui dobbiamo renderci conto è che la forza non dipende semplicemente dalla dimensione ma dalla coesione interna, e cioè fare attenzione a non estendere troppo la nostra capacità; è un fattore cruciale, come la storia ci ha insegnato. L’Unione europea che vogliamo non è un’area di libero commercio, ma un’unità politicamente efficace. Ciò significa che la nostra capacità di riforma interna è un prerequisito per l’allargamento tanto quanto la riforma interna nei paesi richiedenti è un prerequisito per la loro adesione. “Rafforzamento e allargamento” è diventata la descrizione standard di questo duplice processo.
Allo stesso tempo, dobbiamo essere consapevoli dell’importanza vitale attribuita alla prospettiva europea per i paesi nei Balcani occidentali, ma anche per l’Ucraina e altri paesi, come chiave per il successo del loro processo di riforma interna alla ricerca di maggior democrazia e dello stato di diritto, focalizzando le loro aspirazioni più su Bruxelles che in qualsiasi altra direzione.
Nelle circostanze descritte, tuttavia, questo percorso non porterà ad una immediata e completa e adesione in ogni caso, in quanto questi paesi non sono ancora pronti e perché neanche l’Unione è pronta. In molti casi l’adesione piena non è un’opzione.
Per questi motivi abbiamo bisogni di nuovi strumenti nell’area tra adesione piena e la politica del vicinato, cosicché la prospettiva europea di questi paesi non dia loro semplicemente una speranza ma venga effettivamente associata ad un reale progresso in aree quali il libero commercio e il sistema Schengen. Abbiamo bisogno di strumenti modellati sull’area economica europea all’interno della quale ci impegnano nel libero commercio con i paesi dell’EFTA, strumenti che permetterebbero ai paesi partner di adottare il 30, 50 o 70 per cento del diritto e della prassi comunitari riconosciuti.
Ciò significa che i negoziati per una piena adesione potrebbero essere brevissimi. Svezia, Austria e Finlandia hanno intrapreso tale cammino, mentre paesi come la Svizzera, l’Islanda e la Norvegia hanno seguito un percorso diverso. Ma quanto sanno, oggi, che la Norvegia ha firmato gli accordi di Schengen e che la Svizzera contribuisce alla politica strutturale dell’Unione nei nuovi Stati membri? In altre parole, possiamo sviluppare relazioni molto strette e quindi può essere presa in ciascun caso la decisione se entrambe le parti intendono far continuare tale stretta collaborazione su base permanente o se vogliono che sia piuttosto un passaggio transitorio prima della piena adesione.
Di conseguenza, anche nei Balcani occidentali – sebbene non in Croazia, dove si tratterebbe di un passaggio totalmente illogico in questo momento – i paesi nei quali l’adesione sarebbe un processo più lento, potrebbero sfruttare questa fase transitoria, se lo desiderassero, per impiegarla come strumento. Deve essere data loro l’opportunità.
Su questa base, onorevoli colleghi, credo che dovremmo essere in grado di rafforzare la prospettiva europea per usarla come strumento nella zona tra adesione e la politica di vicinato e così ampliare l’area di stabilità, pace e libertà in Europa, senza mettere a repentaglio il potenziale di sviluppo dell’Unione europea.
Jean-Pierre Jouyet, Presidente in carica del Consiglio. − (FR) Signor Presidente, il Consiglio ringrazia il Parlamento europeo e in particolar modo l’onorevole Brok per la sua relazione sul documento di strategia del 2007 della Commissione sull’ampliamento e coglie l’occasione per approvare il ruolo attivo svolto dal Parlamento e il suo inestimabile contributo al processo di allargamento.
La relazione dell’onorevole Brok dimostra che l’ultimo allargamento è stato un successo sia per l’UE che per i paesi che vi hanno aderito.
Crediamo che sia stato un successo per l’UE e che ha reso possibile superare la divisione dell’Europa aiutando ad assicurare la pace e stabilità nel continente. Ha ispirato riforme, e ha rafforzato I principi fondamentali di libertà, democrazia, rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, lo stato di diritto e l’economia di mercato.
L’ampliamento del mercato unico e l’espansione della cooperazione economica hanno rafforzato la prosperità e competitività, che ha permesso all’Unione europea di migliorare la propria risposta alla sfida della globalizzazione, e ha anche facilitato gli scambi con i nostri partner. L’allargamento ha indubbiamente conferito all’Unione europea maggior peso nel mondo rendendola un attore internazionale più forte.
La nostra politica di allargamento è ben fondata e ha fatto proprie le lezione apprese dai precedenti allargamenti. Nel dicembre 2007, l’Unione ha concordato che la futura politica di ampliamento si basi sul consolidamento degli impegni, sulla condizionalità equa e rigorosa e sul miglioramento della comunicazione. Ciò rimane la base del nostro atteggiamento verso l’allargamento.
L’Unione ha concluso che, per poter mantenere la propria capacità di integrazione, I paesi candidati devono essere pronti ad accettare pienamente gli obblighi che derivano loro dall’adesione, e che l’Unione deve essere in grado di funzionare in modo efficace e di proseguire, come ha sottolineato l’onorevole Brok nel suo intervento.
Questi due aspetti sono essenziali se vogliamo procurarci un ampio, duraturo supporto del pubblico. Esso dovrebbe essere mobilitato con maggior trasparenza e miglior comunicazione su questi temi, e conto sull’aiuto del Parlamento europeo in questo.
L’Unione europea rispetterà i suoi impegni riguardo i negoziati in corso.
Riguardo la Turchia, lo screening, cioè il primo passaggio formale per ogni capitolo, è stato completato per 23 capitoli, in otto dei quali sono stati avviati negoziati.
Riguardo la Croazia, sono stati avviati negoziati in 20 capitoli, e per due di essi sono stati provvisoriamente chiusi.
Il 17 giugno si sono tenute conferenze intergovernative a livello ministeriale con Turchia e Croazia per avviare negoziati con la Turchia nel capitolo 6, “Diritto societario” e capitolo 7, “Legge sulla proprietà intellettuale” e con la Croazia nel capitolo 2, “Libertà di movimento per i lavoratori” e capitolo 19, “Politica sociale e occupazione”.
Il nostro scopo è di portare avanti questi negoziati e vorrei ricordarvi che, riguardo ai nostri rapporti con la Turchia, vogliamo che il processo di riforme continui e migliori. Sarà questo ad assicurare che il processo sia irreversibile e duraturo e continueremo a monitorare da vicino il progresso raggiunto in tutte le aree, in particolare per quanto riguarda l’osservanza dei criteri di Copenhagen.
Naturalmente, sviluppi positivi devono essere compiuti anche verso la normalizzazione delle relazioni bilaterali con la Repubblica di Cipro. Riguardo alla Croazia, i negoziati stanno proseguendo in modo positivo, e quest’anno sono passati ad una fase decisiva. L’obiettivo principale ora è di continuare a tradurre in positivo il progresso raggiunto e accelerare il ritmo delle riforme.
Dunque, l’Unione europea incoraggia la Croazia a continuare gli sforzi per istituire buoni rapporti con i paesi vicini, compreso il lavoro mirato a trovare soluzioni definitive che siano accettabili da entrambe le parti, e, naturalmente, a risolvere le rimanenti questioni bilaterali con i propri vicini.
Tuttavia, vorrei cogliere l’opportunità di questo mio intervento, se me lo consentite, signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, di condannare duramente, a nome della Presidenza, i fatti di violenza accaduti oggi a Istanbul, le cui vittime sono stati funzionari di polizia in servizio all’esterno dell’ambasciata degli Stati Uniti a Istanbul. A nome della Presidenza, denunciamo questo raccapricciante attacco e siamo naturalmente in stretto contatto con le autorità turche.
(Applausi)
Olli Rehn, Membro della Commissione. − (EN) Signor Presidente, mi permetta innanzitutto di ringraziare Elmar Brok e il comitato per la relazione interessantissima.
La vostra discussione ha luogo mentre l’UE sta riflettendo sulla situazione creata dal “no” irlandese. Allo stesso tempo, il corso degli eventi nell’Europa sud-orientale ci ricorda la nostra diretta responsabilità nel promuovere stabilità e democrazia nel continente europeo.
Il programma di allargamento consolidato dell’UE comprende i Balcani occidentali e la Turchia. Accolgo il fermo impegno, espresso nella relazione, nei confronti della prospettiva di adesione. La Commissione condivide molti punti della relazione, compresa la capacità di integrazione, che è veramente una questione importante da prendere in considerazione nell’allargamento dell’UE.
Noto con interesse la proposta della relazione relativa ad un’area economica europea supplementare per le relazioni con i paesi che non fanno parte dell’attuale programma di allargamento. Di fronte alla globalizzazione economica, è sensato estendere lo spazio economico e giuridico europeo e così rendere più forte l’Europa più vasta, in termini del nostro scarso potere normativo.
Tuttavia per i Balcani occidentali e la Turchia, che hanno una chiara prospettiva di adesione, l’UE non deve imporre nuovi stadi intermedi prima della candidatura o dell’adesione. Ciò creerebbe solo dubbi sull’impegno dell’UE, indebolendo così l’incentivo necessario per una riforma democratica.
Il Consiglio europeo di giugno, lo scorso mese, ha riaffermato il pieno sostegno alla prospettiva europea dei Balcani occidentali. Si tratta di un messaggio forte: l’UE mantiene la parola data. Ed è anche un messaggio vitale per la Turchia. Il processo di adesione sta proseguendo: sono stati aperti alti due capitoli a metà giugno.
Riguardo alla Turchia, lo scorso anno abbiamo mantenuto in vita assieme il processo e in qualche modo ne siamo venuti fuori. E’ stata una vittoria che ha richiesto acume e vigore.
La fase doveva concludersi con successo nel 2008, in modo da rivitalizzare il processo di adesione all’UE della Turchia quest’anno. Purtroppo non si è visto questo nuovo impulso per ragioni principalmente interne alla Turchia.
Noi dell’UE vogliamo continuare il processo secondo I termini definiti nel quadro dei negoziati. Per parte sua, la Turchia ha ora bisogno di migliorare il funzionamento democratico delle proprie istituzioni statali e lavorare per cercare i compromessi necessari per continuare le riforme riferite all’UE.
Spero sinceramente che prevarranno la calma e la ragione cosicché la Turchia possa evitare la stagnazione e, al contrario, progredire e continuare il proprio viaggio europeo con un chiaro senso dell’orientamento e determinazione.
Vorrei cogliere questa opportunità per aggiungere un pensiero riguardo agli eventi di oggi in Turchia e unirmi al Ministro Jean-Pierre Jouyet su questo punto. La Commissione condanna duramente il rapimento di tre turisti tedeschi nella Turchia orientale e chiediamo la loro immediata liberazione. La Commissione condanna duramente il violento attacco armato di questa mattina a Istanbul. Esprimo le più vive condoglianze alle famiglie e ai conoscenti dei poliziotti rimasti uccisi e auguro pronta guarigione a quelli feriti.
Per concludere, l’allargamento sarà sempre uno sforzo a lungo termine, uno sforzo che deve superare le tempeste politiche in Ankara, Belgrado, Bruxelles e molte altre capitali europee. Non possiamo concederci anni sabbatici in questo lavoro per la pace e la prosperità che serve all’interesse fondamentale dell’Unione europea e dei suoi cittadini. Confido di poter contare sul vostro sostegno a questo riguardo.
Marian-Jean Marinescu, a nome del gruppo PPE-DE. – (RO) La strategia di allargamento dell’Unione europea dovrebbe basarsi sull’esperienza accumulata finora e sull’attuale situazione politica ed economica. I precedenti allargamenti hanno portato dei vantaggi sia all’Unione che agli Stati membri.
Cionondimeno, si dovrebbe notare che i paesi che hanno aderito all’UE hanno avuto periodi diversi di negoziati e hanno intrapreso strade diverse verso la reale integrazione nell’Unione europea.
Le Istituzioni europee hanno avuto difficoltà ad adeguarsi al numero crescente degli Stati membri. Sono in corso controversi rispetto al continuo allargamento dell’Unione. Credo che sarebbe a danno dell’Unione se paesi come quelli dei Balcani o la Repubblica moldova rimanessero fuori dall’Unione.
I paesi dell’Est europeo traggono vantaggio da considerazioni di natura storica e geografica per chiedere di aderire all’Unione europea. Vi sono esigenze economiche che non ci consentono di sospendere l’allargamento, ad esempio il capitolo energia. Dobbiamo anche trattare le influenze politiche esterne che possono avere sfavorevoli ripercussioni.
Abbiamo bisogno di paesi vicini che sviluppino forti democrazie, economie di mercato funzionali e lo stato di diritto. In questo momento, la politica di vicinato è materializzata da patti di cooperazione o di associazione, che eseguono attività simili a quelle di un processo di negoziazione, ma ad un livello molto meno sostanziale. Credo che questi accordi dovrebbero includere e applicare procedure identiche a quelle dei capitoli di negoziazione.
Sono convinto che i paesi che vogliono davvero entrare a far parte dell’Unione accetterebbero queste condizioni, anche senza aver firmato un accordo preliminare di paese candidato e i vantaggi sarebbero importantissimi per entrambe le parti. Così, il momento dell’allargamento troverà i paesi in una situazione che permetterebbe loro una rapida integrazione.
Tuttavia, per consolidare l’Unione europea e giungere al momento di un nuovo allargamento, vi è una condizione obbligatoria: riformare le Istituzioni europee. Per questo motivo, la ratifica del Trattato di Lisbona è un requisito che tutti gli Stati membri devono comprendere e rispettare.
Il contenuto della relazione Brok chiarisce i passaggi che l’Unione dovrà compiere nel prossimo periodo, che la Commissione europea deve prendere in considerazione.
Presidente. − Onorevoli colleghi, noterete che, quando chiediamo a qualcuno di parlare attendiamo che abbia finito perché gli interpreti ci hanno riferito che dobbiamo lasciare dieci-quindici secondi, il tempo necessario per tradurre il discorso, prima di invitare l’oratore successivo a prendere la parola.
E’ un sistema che permette che la traduzione simultanea giunga a tutti in modo corretto.
Jan Marinus Wiersma, a nome del gruppo PSE. – (NL) A nome del mio gruppo ribadisco e sottoscrivo ciò che è stato appena affermato dal Presidente del Consiglio e dal Commissario sugli eventi in Turchia. In secondo luogo, ringrazio il relatore per il modo in cui ha lavorato con noi per preparare questa discussione e, in terzo luogo, vorrei ripetere, a nome del mio gruppo che a nostro parere – ed è ciò che ha detto anche il Presidente del Consiglio – l’allargamento ha finora dimostrato di essere stato un successo e sta portando un significativo contributo allo sviluppo di un’Unione europea più ampia.
Dobbiamo sottolineare questo fatto proprio all’inizio del mio intervento, e anche la relazione Brok sottolinea questo punto: noi – come ha detto il Commissario – restiamo fedeli alle promesse fatte alla Turchia e ai paesi dei Balcani occidentali nella nostra discussione sulla strategia di allargamento. Dunque non c’è un cambio di strategia rispetto a quei paesi, piuttosto verrà prestata maggiore attenzione al modo in cui i criteri di adesione vengono applicati e gestiti durante il processo di negoziazione.
In secondo luogo, siamo concordi con il relatore quando afferma che è necessario rivolgere maggiore attenzione alla capacità dell’Unione stessa di assorbire nuovi membri. Da una parte chiediamo di più dai paesi candidati durante la fase di preparazione, ma dall’altra l’Unione europea deve fare chiaramente di più per gestire l’arrivo di nuovi membri in modo appropriato. E noi pensiamo che ciò significhi completare le riforme istituzionali necessarie. Il Trattato di Nizza non è una base adeguata per un ulteriore allargamento positivo.
In terzo luogo, e a mio avviso ancora più importante: questa relazione guarda anche oltre il programma attuale di allargamento ai paesi che non sono nella lista dei potenziali candidati. La nostra politica europea di vicinato esistente non è sufficiente. Questo vale per I vicini del sud, e l’UE ha presentato una proposta per una unione mediterranea, ma vale ancora di più per i vicini dell’est. Siamo giunti alla chiara conclusione che l’Unione europea deve offrire di più, più di una politica di vicinato. Pensiamo debba racchiudere sia I rapporti tra quei paesi e l’Unione che le relazioni bilaterali tra i paesi. Il Mar Nero sarebbe un buon quadro geografico, con un ruolo sia per la Russia che per la Turchia. Senza questi due paesi, le maggiori sfide e i più gravi problemi di quella regione non saranno risolti. La Turchia avrebbe un ruolo di fulcro tra il Mar Nero ed il Mediterraneo e questo le darebbe la possibilità di dimostrare quanto importante sia la Turchia in Europa e quanto preziosa sia per l’Unione europea.
Bronisław Geremek, a nome del gruppo ALDE. – (PL) Signor Presidente, innanzitutto vorrei sostenere la posizione presa dal Consiglio e dalla Commissione alla luce dei drammatici eventi in Turchia. Questa importante questione è oggetto delle nostre discussioni oggi.
La relazione dell’onorevole Brok conferma il senso della strategia di allargamento dell’Unione europea. Lo dico in qualità di cittadino di un paese che ha tratto vantaggi da questa strategia. La relazione afferma che le nuove adesioni all’Unione europea sono state un successo. La relazione dichiara inoltre che le speranze delle nazioni europee che aspirano ad entrare nell’Unione europea e che sono pronte a conformarsi ai criteri di accesso troveranno il sostegno da parte dell’UE. Il concetto di capacità di integrazione, condizione per una decisione sull’adesione, è stato accuratamente definito nella relazione.
Forse bisognerebbe aggiungere che coloro che si aspettavano che il Parlamento europeo annunciasse la fine dell’allargamento dell’Unione e che introducesse qualche sostituto per l’adesione piena, sono stati delusi. L’UE si sta espandendo e sta aumentando la propria forza. Sono stato molto lieto di sentir dire dal Commissario Rehne che non dovremmo creare delle anticamere per i paesi che desiderano entrare nell’Unione europea ma concedere loro di presentare domanda di accesso diretto alla sala principale. Tuttavia è vero che dobbiamo pensare al fatto che il futuro allargamento deve essere compreso e sostenuto dai cittadini europei. Questa è una parte essenziale della capacità dell’UE di accettare nuovi Stati membri e anche un fattore di aumento della fiducia in Europa tra i suoi cittadini. Sappiamo che questa fiducia sta vivendo un momento di crisi. Sappiamo anche che l’Europa uscirà da questa crisi. Sono fra coloro che credono nella forza delle idee europee e nelle istituzioni comunitarie.
Lo scopo della strategia di allargamento che il Parlamento europeo sta attentamente valutando oggi è di consolidare la forza interna dell’UE e di rispondere alle aspirazioni dei cittadini europei. Ha risposto allo stesso modo in cui rispose alle aspirazioni dell’Europa centrale nel 2004.
Adam Bielan, a nome del gruppo UEN. – (PL) Signor Presidente, la mia obiezione principale alla relazione di cui stiamo discutendo oggi riguarda la mancanza di un chiaro piano di apertura dell’Unione europea verso l’est. A tal riguardo vorrei evidenziare una mancanza di congruenza nel modo in cui quest’aula ha agito. Lo scorso anno abbiamo adottato una relazione preparata dal collega Michał Kamiński, in cui si parlava di presentare l’Ucraina con una chiara prospettiva di adesione. Tuttavia, il documento del quale stiamo ora discutendo metterà probabilmente in allarme quei paesi che pensano di entrare nell’Unione europea, soprattutto il nostro vicino più prossimo, l’Ucraina. Una relazione che parla della necessità di rafforzare la capacità dell’Unione di accettare nuovi paesi è di fatto un freno all’ulteriore espansione dell’Unione europea. Ai candidati naturali, come gli ucraini, una nazione europea, viene offerta un’alternativa di dubbio valore invece di una piena appartenenza.
Prendendo in considerazione I nostri interessi geostrategici, dovremmo considerare importante avere la più stretta cooperazione possibile con l’Ucraina. In questa situazione sarebbe meglio mostrare a Kiev una porta aperta verso l’Unione europea piuttosto che rendere più nebulosa la possibilità di adesione, così spingendo l’Ucraina in orbita attorno alla Russia. Ciò è particolarmente vero oggi, visto che il pericolo per l’Ucraina proveniente dalla Russia si sta facendo più acuto.
Gisela Kallenbach, a nome del gruppo Verts/ALE. – (DE) Signor Presidente, consenta anche a me di ringraziare Elmar Brok, che ha assunto il concetto di processo in questa relazione. Vedo un cambiamento di strategia tra il documento di lavoro e l’attuale relazione e questo è giusto e appropriato.
Gli allargamenti passati sono stati un successo per l’intera comunità, sebbene qualche critica sia necessaria in qualche punto. Anche questo non è che giusto e adeguato. Tuttavia, il processo di allargamento non è concluso. Come molti altri oratori, vorrei citare i Balcani occidentali, che non devono essere relegati in un buco nero, circondati dagli Stati membri dell’Unione. E’ nel nostro interesse evitare tutto ciò. Abbiamo bisogno di una strategia dell’allargamento inequivocabile, non di una strategia che cambi a seconda delle circostanze.
L’UE deve essere un partner attendibile e leale. Ciò significa anche che dobbiamo voler effettuare noi stessi le riforme. Se in questo momento c’è un punto di domanda su questa volontà, dobbiamo avviare un’autoanalisi critica. E’ sconsiderato ed erroneo ascrivere ogni segnale di euroscetticismo ai precedenti allargamenti e alla stanchezza. E allora svegliamoci! Lavoriamo per uno sviluppo economico, sociale e ambientale equilibrato e comunichiamo la portata dell’arricchimento economico, culturale e storico che deriva dall’allargamento. Diciamo alla gente quali sarebbero di costi di un’altra conflagrazione ai confini o all’interno dell’Europa.
Avere obiettivi chiari e discuterli fino in fondo e con chiarezza crea fiducia. L’Unione coltiva la fiducia anche mantenendo le promesse, e io mi aspetto di farlo approvando questa relazione.
Erik Meijer, a nome del gruppo GUE/NGL. – (NL) Signor Presidente, dopo le prime ondate di adesioni nel 2004 e 2007, l’allargamento è ora in fase di stagnazione. La Croazia dovrà attendere fino al 2011, la Macedonia non potrà aderire prima del 2014 e per gli altri cinque paesi dei Balcani occidentali l’attesa sarà ancora più lunga. I negoziati sono in corso con la Turchia, ma è possibile che la Turchia non sia in grado di aderire per decenni.
Ora che tutti gli stati precedentemente all’interno della sfera di influenza sovietica hanno aderito, l’Unione pare soffrire di stanchezza da allargamento. Oltre al dibattito sull’allargamento e sulla politica di vicinato vi sono due diversi tipi di pensiero. Uno è che l’Unione europea sia una potenza mondiale e un superstato che gradualmente sta prendendo sempre maggiori decisioni che interessano i propri Stati membri. Questo superstato vuole rendere gli stati confinanti dipendenti da esso, ma senza dare loro capacità di influire come partner alla pari all’interno dell’Unione. I paesi che non hanno effettuato I necessari adattamenti o la cui economia è debole, non saranno ammessi. Devono essere tenuti al di fuori dell’Unione, ma ciò nondimeno devono essere inseriti con forza nella sfera di influenza dell’UE, dove non hanno voce. Il mio gruppo rifugge da questa tattica.
L’altra prospettiva vuole una cooperazione che coinvolga partner diversi e alla pari. L’Unione è aperta a qualsiasi stato europeo che voglia unirsi e rispetti i criteri richiesti, come la democrazia e I diritti dell’uomo. Questo tipo di Unione non cerca modi di imporre decisioni che manchino del sostegno degli Stati membri, ma cerca di risolvere i problemi transnazionali dei suoi cittadini con la cooperazione. Questo tipo di Unione è quella più adatta allo scopo e ha le migliori possibilità di sopravvivenza a lungo termine.
Georgios Georgiou, a nome del gruppo IND/DEM. – (EL) Signor Presidente, gli sforzi dell’onorevole Brok sono davvero lodevoli e desidero ringraziarlo per il suo intervento, nel quale ha fornito utilissime spiegazioni.
Tuttavia, nonostante gli sforzi lodevoli, questa rapidità da parte dell’Unione europea nell’incorporare ancora una volta a casaccio nuovi Stati membri è inspiegabile.
In che tipo di Unione e in che tipo di Europa verrebbero incorporati? In un’Europa con petrolio e cibo a caro prezzo, con disoccupazione, un’Europa della miseria, se volete? Che cosa vogliamo creare? Dovremmo creare una nuova rete di miseria intercontinentale?
Non sarebbe nell’interesse dell’Europa. Credo che sarebbe nell’interesse di altri. Dobbiamo ricordarci del risultato del referendum irlandese, che forse non ammetterebbe allargamenti semplicistici come quelli che abbiamo scelto.
Irena Belohorská (NI). – (SK) Vorrei ringraziare il relatore per il suo lavoro su questo tema di attualità, mirato a risolvere una questione così sensibile per l’Unione europea di oggi.
L’allargamento di 10 nuovi Stati membri nel 2004 e di altri due nel 2007 è stato senza dubbio un successo sia per l’Unione europea che per I paesi summenzionati che hanno aderito. La competitività e l’importanza dell’Unione europea sono in crescita, grazie ad un rafforzato potenziale umano ed economico. Tuttavia, posso dire con certezza che, nonostante questo fatto, i 12 nuovi Stati membri percepiscono ancora, in pieno, le differenze tra loro e i 15 vecchi Stati membri. Parliamo di discriminazione e questa discriminazione è provocata da una mancanza di maturità, sia essa economica o sociale. Tuttavia, vengo presa alla sprovvista dal fatto che l’allargamento viene presentato come motivo per cui deve essere ratificato il Trattato di Lisbona.
Onorevoli colleghi, il Trattato di Nizza è superato. E’ un documento che appartiene alla storia che non è applicabile alla vita politica di oggi. Ha perso il suo obiettivo di fungere da contratto tra i 15 vecchi Stati membri. Oggi siamo in 27 e quindi il Trattato di Lisbona deve essere ratificato, ma non a causa dell’allargamento. L’allargamento può essere effettuato con un trattato bilaterale separato tra l’Unione europea e lo Stato membro.
Charles Tannock (PPE-DE). - (EN) Signor Presidente, il Regno Unito, il mio paese, è stato uno dei tre che hanno aderito nella prima ondata degli allargamenti nel lontano 1973. Da allora, il mio partito, il partito conservatore, ha attivamente sostenuto il processo di allargamento che ha portato agli attuali 27 Stati membri.
L’allargamento espande il mercato unico europeo, creando maggiori opportunità per la crescita economica e il commercio. Crea più occupazione e stabilità sociale lanciando oltretutto una voce maggiore dell’UE a livello globale. L’allargamento rafforza i valori della democrazia, dei diritti dell’uomo e dello stato di diritto, propri dell’UE, in quei nuovi Stati membri, come abbiamo assistito nel passato con le ex dittature di Spagna, Grecia e Portogallo che poi hanno aderito, e con i paesi del patto di Varsavia, ex comunisti, che si sono aggiunti più di recente.
Per coloro che mettono in dubbio il movimento dell’UE verso un’Unione ancor più stretta, l’allargamento produrrebbe teoricamente un’Europa più ampia, più libera e flessibile e maggiori discussioni sulla direzione futura dell’UE. Il Presidente Sarkozy, in veste di Presidente in carica, ha recentemente sollevato la questione dell’allargamento nel contesto della paralisi del Trattato di Lisbona, a seguito del no espresso nel referendum irlandese. Il Presidente Sarkozy ha affermato che il prossimo allargamento previsto per la Croazia non poteva avvenire senza il Trattato di Lisbona. Credo che sia un errore e che si tratti di un tentativo di mantenere in vita il trattato.
Sono convinto che si possa trovare un modo per far sì che la Croazia aderisca all’UE senza il Trattato di Lisbona. Piuttosto vi sono senza dubbio altri aspetti del trattato per i quali verranno fatti dei tentativi per attuarli senza i documenti per la ratifica. E’ chiaro ormai che gli europei vogliono non tanto che si armeggi con le istituzioni quanto che si sostenga l’UE ripristinando un collegamento con la gente.
Personalmente sostengo l’allargamento futuro ai Balcani occidentali ed eventualmente a Ucraina, Moldova e possibilmente a una Bielorussia democratica. E’ un esempio tangibile del bene che l’UE potrebbe portare ai propri popoli.
Hannes Swoboda (PSE). - (DE) Signor Presidente, vorrei iniziare con un sincero ringraziamento all’onorevole Brok per la sua disponibilità ad impegnarsi in una collaborazione molto costruttiva. Il messaggio è piuttosto chiaro: il processo di allargamento non verrà interrotto, ma noi tutti abbiamo bisogno di fare ancora di più per prepararci. Ciò vale per coloro, fra noi, che sono all’interno dell’Unione europea e per coloro che vogliono entrarvi. Prepararsi meglio, naturalmente, comporta anche riforme istituzionali e consolidamento dell’Unione europea. Devo aggiungere, inoltre, che prepararsi meglio significa anche accettare inequivocabilmente i criteri di Copenhagen, che devono essere applicati e attuati, non semplicemente incorporati nello statuto.
Sono anche molto grata all’onorevole Brok per aver adottato la nostra idea di una unione del Mar Nero, assieme a Jan Marinus Wiersma, sebbene forse in forma in qualche modo più cauta. Il punto è che dobbiamo inviare chiari segnali all’Ucraina e agli altri paesi della regione del Mar Nero che sono interessati dalla politica di vicinato. Per aiutare questi paesi, tuttavia, è anche importante includere Turchia e Russia in questa cooperazione. Apprezzo davvero le idee della Presidenza francese di un’Unione per il Mediterraneo, ma non dobbiamo lasciare da parte la regione del Mar Nero. Dobbiamo mostrarci fieri del nostro paese anche lì, e l’Unione europea deve avanzare adeguate proposte di cooperazione.
Per quanto riguarda i paesi dei Balcani, l’onorevole Brok fa diverse offerte nella sua relazione. Come egli ha chiaramente e precisamente sottolineato oggi, si tratta di offerte facoltative. “Aspettate a fare le riforme – c’è tempo” è un messaggio che nessuno di quei paesi dovrebbe ricevere. No, le riforme devono essere accelerate, sia in Croazia che, naturalmente, negli altri paesi. In particolare quando un nuovo governo entra in carica, come nel caso della Siberia, il nostro segnale deve essere chiaro. Deve dire “vi vogliamo nell’Unione europea il più presto possibile, ma non possiamo offrirvi un’alternativa al vostro processo di riforma. Dovrete essere voi stessi a perseguirlo, e dovrete applicare una strategia pro-Europa”.
L’Unione è incompleta senza i paesi dei Balcani dell’Europa sud-orientale, ma il lavoro deve essere eseguito in quei paesi e deve essere eseguiti il più presto possibile, cosicché possiamo costruire insieme una nuova Europa.
István Szent-Iványi (ALDE). - (HU) La storia dell’UE fino ad oggi è stata una storia di continui allargamenti, e l’allargamento è uno dei più ovvi testamenti per il successo e l’attrazione dell’Unione europea. Eppure si può avvertire un sempre maggior senso di stanchezza e apatia riguardo l’allargamento nell’opinione pubblica. Ciò ci dà motivo di trattare la questione dell’allargamento in modo realistico.
Tuttavia, realismo non può essere sinonimo di scetticismo. Non può significare arrestare il processo di allargamento, e tanto meno può significare stabilire nuove condizioni di ammissione che non possono essere soddisfatte, o ripetere gli obblighi assunti precedentemente, poiché ciò pregiudicherebbe la nostra credibilità. A partire dal no dell’Irlanda, la nostra principale preoccupazione è stata provare che l’Unione europea funziona ancora, e l’allargamento è ancora un obiettivo importante e reale per l’Unione europea. Ciò è nell’interesse tanto degli Stati membri che dei paesi che vogliono accedere. Grazie.
Konrad Szymański (UEN). - (PL) Signor Presidente, il linguaggio accademico ha iniziato a profilarsi più preoccupante della politica nella nostra strategia di allargamento. La teoria della capacità di allargamento è solo una serie di pretesti per una decisione totalmente arbitraria e politica di chiudere l’Unione al mondo. E’ una direzione cattiva e dannosa da prendere per l’Europa perché è stato l’allargamento a conferire all’UE peso nello scenario internazionale e a far sì che l’Unione diffondesse il proprio modello sociale, politico ed economico.
Se accettiamo questa relazione, mandiamo un segnale negativo a Kiev e Tbilisi, indebolendo le forze a favore dell’occidente e dell’Europa in quei paesi. Per raccogliere il sostegno per le riforme del trattato è stato annunciato, in Polonia, tra gli altri paesi, che essi erano essenziali per l’allargamento. Questo rende ancor più sorprendente sentire che malgrado l’accettazione del Trattato di Lisbona dobbiamo lavorare su riforme supplementari del trattato nel contesto di altri allargamenti.
Elmar, la Sua presentazione è stata certamente migliore della relazione, ma mi dica: quanti trattati di riforma dobbiamo accettare prima di essere pronti, secondo lei, ad accettare l’Ucraina nell’Unione europea?
Adamos Adamou (GUE/NGL). – (EL) Signor Presidente, la nostra opinione riguardo l’allargamento è che i popoli dell’Europa hanno il diritto, se lo vogliono, e, ammesso che rispettino i criteri richiesti, di tentare di accedere all’Unione europea.
Questo principio è anche alla base delle nostre opinioni nel caso della Turchia, il cui processo di adesione influenza anche la risoluzione della questione di Cipro. Insistiamo comunque che il rispetto della Turchia degli impegni presi nei confronti dell’Unione europea sia una condizione essenziale per il completamento della sua adesione.
Mentre l’Unione europea non dovrebbe rinunciare all’obbligo di onorare i propri impegni, la Turchia deve rispettare appieno i principi di legalità internazionale, le risoluzioni delle Nazioni Unite e il diritto europeo per la fine dell’occupazione di Cipro, l’apertura di porti e aeroporti alle navi e agli aerei ciprioti e l’abrogazione del veto in modo che la Repubblica di Cipro possa prendere parte ai forum e agli accordi internazionali.
Soprattutto in questo momento, a seguito dell’iniziativa del neo eletto Presidente Demetris Christofias e degli sforzi messi in atto dalle due comunità, la Turchia dovrebbe accondiscendere e trattenersi dal porre ostacoli in questa nuova fase della questione di Cipro.
Gerard Batten (IND/DEM). - (EN) Signor Presidente, c’è un’ammissione in questa relazione secondo cui l’allargamento non è stato un successo generico. L’onorevole Brok riconosce che, senza una seria modifica delle attuali politiche dell’UE, la sua coesione interna può essere insidiata dall’allargamento.
L’UE ha fatto entrare paesi che, come ben sapeva, non soddisfacevano i criteri di accesso, come nel caso di Romania e Bulgaria. Ciò può ben ripetersi con altri stati dell’Europa dell’Est e con la Turchia.
Gli Stati membri, come il Regno Unito, stanno subendo grandi tensioni come risultato di immigrazioni incontrollate, illimitate e indiscriminate, dovute al continuo allargamento dell’UE.
Questo è solo uno dei motivi dell’aumento dell’ostilità verso l’Unione europea tra i suoi cittadini. La soluzione di Brok è di proporre un budget di propaganda massiccia per convincere la gente del vantaggio dell’allargamento. La soluzione per il Regno Unito è lasciare l’Unione europea e riguadagnare il controllo delle proprie frontiere.
Philip Claeys (NI). - (NL) Il Commissario Rehn ha appena ripetuto che la Turchia ha una chiara prospettiva di completa adesione e che non dovrebbero essere imposti nuovi requisiti. Propongo che il Commissario dia un’occhiata ai sondaggi di opinioni Eurobarometro. Non c’è sostegno democratico per l’adesione della Turchia. Il divario tra la politica e la gente aumenta sempre più, diventando sempre più ampio e profondo. Era stata fatta la promessa che i negoziati sarebbero stati sospesi se la Turchia avesse mancato in modo evidente di soddisfare i propri obblighi. Questa promessa non è stata mantenuta. Un’altra promessa era che i negoziati sarebbero avanzati di pari passo con il processo di riforma in Turchia. Neppure questo sta accadendo. Il processo di riforme in Turchia si è effettivamente arenato eppure due settimane fa è stato deciso di aprire due nuovi capitoli nei negoziati. Questo scollamento tra quanto viene detto e quanto viene fatto sarà fatale per l’Unione europea a meno che non vengano effettuate modifiche radicali alla nostra politica e ai nostri atteggiamenti.
Zbigniew Zaleski (PPE-DE). - (PL) Signor Presidente, l’Unione europea oggi è già molto vasta, ma pur sempre incompleta. Per essere coesa un’Europa unita necessita di valori comuni alla base, nonché della buona volontà dei suoi abitanti. Per raggiungere gli obiettivi che ci poniamo, come una migliore economia, maggiore influenza politica sullo scenario internazionale, migliori demografie, o miglior qualità di vita, vi sono alcune condizioni che devono essere soddisfatte. Riguardo i punti presentati dal collega Brok, naturalmente una maggiore integrazione interna è importante. I membri dell’Unione devono anche voler continuare l’allargamento, e naturalmente i paesi candidati devono rispettare i criteri necessari. Qual è la strategia per questo allargamento? Semplicemente motivare i candidati a impegnarsi, lavorare con loro e sostenerli con vari strumenti, compresa la politica di vicinato.
La dimensione orientale è importante per noi, perché c’è una vasta area dell’Europa lì che non è in Europa, non nell’Unione europea. L’unica alternativa, qui, è di fare lo sforzo di conoscere questi vicini dell’est e preparare il terreno riguardo le questioni giuridiche, economiche e sociali. In tutto ciò sono importanti i valori comuni, o almeno la possibilità di avere valori comuni. Mi pare, e sono convinto di questo fatto, che il più grande esperimento sociale e politico di tutta la storia – il completamento dell’unione dell’Europa – abbia una reale possibilità di successo.
Véronique De Keyser (PSE). - (FR) Signor Presidente, c’è un famoso quadro dell’artista belga René Magritte che mostra una pipa con sotto una didascalia che dice “questa non è una pipa”. Per quanto sia dipinta in modo eccellente, questa pipa non potrà mai essere usata per fumare.
La relazione Brok è un po’ come questo quadro. Nonostante il titolo, non è una strategia di allargamento perché non tratta della strategia o di quelle domande importanti che si pongono i cittadini. Perché allargare l’Unione europea? In che direzione? A che rischio e con quali vantaggi? Ciò di cui sparla l’onorevole Brok è un metodo di consolidamento, una tattica difensiva. Per dirla in parole semplici, l’allargamento è un contratto tra l’Europa e i paesi canditati. Questi ultimi devono soddisfare i criteri di Copenhagen e l’Europa deve dimostrare di avere la capacità di assorbirli.
E qui sta la difficoltà. Intrappolata nel Trattato di Nizza che è troppo stretto, dal quale non può scappare, l’Europa non è pronta per un ulteriore allargamento. Di conseguenza, la crisi nelle Istituzioni europee dovrebbe avere l’effetto di fermare l’allargamento. Ciò è quanto molti cittadini europei pensano e, fino a un certo punto, questa è anche la mia opinione.
Dobbiamo essere cauti, però, perché, messi male come siamo, senza una strategia ambiziosa, questo slogan è pericoloso. Esso apre la via a tutti coloro che sono pronti a rifiutare un nuovo trattato, con la prospettiva di chiuderci in noi stessi, rifiutare la Turchia o persino i paesi dei Balcani – apre la via a tutti quei nazionalisti che diffidano degli stranieri che potrebbero un giorno chiamarsi europei. Per loro questo slogan è solo una farsa – di fatto essi non vogliono né l’allargamento né maggior profondità.
Dobbiamo dimostrare ai nostri cittadini che gli allargamenti hanno costituito un’opportunità per l’Europa, enfatizzare che la multiculturalità è una benedizione, che l’immigrazione è il nostro futuro democratico. Dobbiamo andare oltre la crisi istituzionale. Non è segnale di vittoria né per gli euroscettici né per la sinistra, bensì rivela un’impotenza in qualche modo ingloriosa, della quale ognuno rischia di soffrire. La relazione Brok gestisce bene questa impotenza e con intelligenza, e mi congratulo con lui, ma purtroppo non ci fa avanzare.
Inese Vaidere (UEN). – (LV) Onorevoli colleghi, i risultati dell’allargamento dell’UE sono positivi e quindi è essenziale creare le condizioni giuste per svilupparli. Le nostre istituzioni e i nostri governi dovrebbero fornire al pubblico un’informazione onesta e completa sia riguardo i vantaggi che riguardo i rischi dell’allargamento. I cittadini devono sentirsi sicuri, dopo l’allargamento, di non doversi preoccupare per le loro opportunità di mantenere e sviluppare la propria lingua, cultura, fede e tradizioni, e devono sentirsi sicuri che il loro benessere e i loro valori non saranno messi in pericolo. Se le nazioni esistenti all’interno degli stati si sentono a proprio agio nei loro paesi, vi sarà minor paura attorno a un afflusso di immigrati e il processo di allargamento nel complesso verrà visto in una luce positiva. Dobbiamo ascoltare i cittadini, e dobbiamo sviluppare un dialogo. Sono a favore di vari tipi di cooperazione con potenziali Stati membri. Ciò avrebbe come conseguenza non solo un atteggiamento più onesto verso la capacità di integrazione dell’Unione europea, ben definita nella relazione, ma anche una chiara guida per i nostri partner. Grazie.
Doris Pack (PPE-DE). - (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, l’Unione europea non può svolgere la propria funzione di partner globale affidabile e stabile se non rimane in grado di agire e se non persegue una strategia ben definita che risponda ai bisogni specifici di diversi paesi. Non possiamo accettare tutti i nostri vicini come membri e quindi siamo obbligati, se non altro nel loro interesse, ad offrire loro un’alternativa attraente e proficua.
Dobbiamo progettare una politica di vicinato efficiente, degna di tale nome. L’apertura dei nostri programmi per l’educazione, la cultura e i giovani e l’istituzione di un’area economica speciale sono esempi di un atteggiamento del genere. Le opportunità elencate nell’eccellente relazione Brok devono quindi essere sviluppate appieno e arricchite il più presto possibile. Questo è l’unico modo per promuovere stabilità, pace, rispetto dei diritti dell’uomo e le riforme economiche nei paesi nostri vicini.
La situazione tuttavia è diversa nei paesi dei Balcani occidentali, che da qualche tempo hanno una chiara prospettiva di adesione. Basta uno sguardo alla cartina geografica per vedere che essi sono nel cuore dell’Unione europea, e con ciò intendo dire che sono circondati da Stati membri. La nostra politica lì si basa su passaggi logici. Un paese sta già negoziando la propria adesione all’UE, mentre altri hanno siglato accordi di stabilizzazione e di associazione con l’UE – tutti eccetto il Kosovo in realtà. La nostra azione politica lì è la prova della nostra credibilità in materia di politica estera e la garanzia di una pace duratura e di stabilità nell’UE.
Non gradisco quando Turchia e Croazia vengono citate assieme indistintamente. Le condizioni e lo sfondo sono del tutto diversi, e tutti dovrebbero esserne consapevoli. La Croazia è il primo dei paesi dei Balcani i cui negoziati di adesione potrebbero completarsi nel 2009. L’UE dovrebbe accelerare l’adesione della Croazia, mandando così un segnale a Macedonia, Albania, Montenegro, Bosnia-Erzegovina, Serbia e Kosovo con il quale si affermi che le riforme sociali, giuridiche ed economiche essenziali e spesso dolorose valgono lo sforzo.
La responsabilità per la futura adesione di questi paesi, tuttavia, resterà principalmente dei loro politici, che devono rispondere all’elettorato dei rispettivi paesi.
Libor Rouček (PSE). – (CS) Onorevoli colleghi, è opinione del relatore, del Consiglio e della Commissione che i passati allargamenti sono stati generalmente un grande successo. Io concordo pienamente con questa opinione. Un esempio di ciò è il mio paese, la Repubblica Ceca. Sta traendo enormi vantaggi dalla sua appartenenza all’Unione e si sta quasi per mettere in pari con i paesi più avanzati economicamente. Nonostante ciò, ci sono persone nel mio paese, compreso il Presidente Klaus, che esprimono costantemente i loro dubbi sull’appartenenza all’UE, nonché dubbi sul motivo dell’esistenza stessa dell’UE. Nel paese vicino, l’Austria, si esprimono opinioni simili. Sebbene siano stati creati 150 000 posti di lavoro in questo paese di otto milioni di persone grazie all’allargamento, solo il 28 per cento degli austriaci vede positivamente la propria appartenenza all’Unione europea. Vorrei quindi evidenziare un aspetto della relazione di Elmar Brok e cioè la necessità di introdurre una strategia di comunicazione di vasta portata per informare il pubblico sullo scopo dell’allargamento, sui vantaggi e potenziali svantaggi futuri. Per me, questa è la questione più importante, a parte la ratifica del Trattato di Lisbona e a parte mantenere la promessa data in particolare ai paesi dei Balcani occidentali a Salonicco nel 2003.
Mirosław Mariusz Piotrowski (UEN). - (PL) Signor Presidente, nella relazione sulla strategia di allargamento della quale stiamo discutendo c’è un riferimento ad una clausola del Trattato di Roma, secondo la quale “qualsiasi stato europeo può chiedere di diventare membro della comunità”. Notiamo con certa soddisfazione i segnali relativi all’accettazione dell’iniziativa polacca e svedese per una partnership orientale, compresa una più stretta cooperazione con i paesi vicini dell’est, tra i quali l’Ucraina e la Bielorussia. Si dovrebbe sottolineare che l’Ucraina si aspetta piena adesione. Nel contesto di priorità della Presidenza francese, che si sta concentrando sui contatti con i vicini del sud dell’Unione, dovremmo rafforzare anche la nostra partnership a est, per evitare una seria asimmetria nella politica estera. Uno degli strumenti potrebbe essere l’istituzione di una sessione parlamentare UE-Est il cosiddetto Euronest. Porre una proposta del genere come primo punto dell’ordine del giorno rafforzerebbe il segnale che si sta mandando ai nostri vicini e alle loro aspirazioni comunitarie. Si dovrebbe dire chiaramente che queste non dovrebbero essere soppresse e collegate alla debacle del Trattato di Lisbona, come alcuni vecchi politici europei stanno attualmente facendo.
Ioannis Varvitsiotis (PPE-DE). – (EL) Signor Presidente, vorrei congratularmi con l’onorevole Brok per la sua relazione, nella quale c’è molta verità. Personalmente non sono un grande ottimista riguardo nuove adesioni e riguardo a un nuovo allargamento, almeno nell’immediato futuro, con l’eccezione della Croazia. Tuttavia, ci auguriamo che il mondo attorno a noi possa godere di stabilità politica ed economica. Auguriamo che prevalgano pace e prosperità. Ci auguriamo che il mondo attorno a noi rimanga in vita e in ottima salute.
Uno strumento che ci aiuti in questa direzione, come ammette anche l’onorevole Brok, è la politica europea di vicinato. Tuttavia, la politica europea di vicinato non crea dei partner di un’impresa comune. E’ basata sulle relazioni bilaterali dell’Unione con ciascuno di questi paesi e, secondo la mia opinione, questo è il suo punto debole. Dobbiamo quindi creare qualcosa che vada oltre il semplice fatto di essere vicini ma non al punto di essere uno Stato membro. La mia proposta di costruire una confederazione europea è un passo in questa direzione: sarà una sorta di cooperazione rafforzata, una zona di stati vicini all’Unione europea che adotteranno un approccio europeo.
Ciò permetterà sia di rinforzare la sicurezza che aumentare il prestigio internazionale dell’Unione europea. Sarà lo strumento alternativo all’allargamento e ci permetterà di ampliare la nostra influenza verso i vicini interessati in un momento in cui sono evidenti le obiezioni ad un ulteriore allargamento.
Infine vorrei aggiungere che, sebbene questa proposta possa sembrare molto ambiziosa, credo che l’Unione europea debba incrementare il proprio prestigio ed ampliare la propria influenza, e credo che questo sia un modo per fare ciò.
Adrian Severin (PSE). - (EN) Signor Presidente, non ci può essere strategia senza uno scopo. L’ambiguità dello scopo dell’Unione europea quando si arriva alla politica di allargamento è un ostacolo che nessun oratore è stato in grado di superare. Questa relazione è vittima di tale ambiguità.
Il nostro dovere e scopo ultimo è di garantire la sicurezza ai nostri cittadini. I nostri cittadini non si sentono protetti. Per proteggerli, l’Unione europea ha bisogno di potere. Per avere potere in un mondo globale, l’Unione europea ha bisogno sia dell’allargamento che di riforme interne. Poiché abbiamo mancato di dire ai nostri cittadini che i diritti che hanno già acquisito non sono sostenibili, essi credono di poter preservare tali diritti opponendosi sia all’allargamento che alle riforme. Con queste condizioni il futuro dell’Unione europea è in pericolo.
L’allargamento non è una concessione fatta ai paesi candidati. Alcuni di essi, come Ucraina, Serbia, Moldova e Turchia, hanno delle alternative – magari peggiori, ma pur sempre alternative. In questi casi siamo in competizione con altri. Alcuni dei loro problemi interni potrebbero essere meglio risolti all’interno piuttosto che all’esterno dell’Unione europea. Se non offriamo loro delle prospettive, non offriamo sicurezza ai nostri cittadini.
Non sono i paesi candidati o i nuovi Stati membri ad essere indigesti: è il nostro apparato digestivo ad essere troppo lento. O troviamo un buon digestivo subito oppure saremo costretti a soffrire a lungo la fame.
Anna Ibrisagic (PPE-DE). - (SV) Signor Presidente, signor Commissario, credo sia giusto concludere che l’allargamento è stato un successo. Sono lieto di avere la conferma che i paesi ai quali abbiamo precedentemente dato chiari impegni e una chiara prospettiva UE godano ancora di quei vantaggi. Tuttavia, sono seriamente preoccupato in quanto l’atmosfera si raffredda ogni volta che si discute di allargamento. Parole come “adeguato”, “capacità di assorbimento”, “consolidamento politico”, “rischi per la coesione sociale ed economica” vengono sempre più usate. Sono parole che, alle mie orecchie, non suonano come visione o obiettivo ma piuttosto come un modo per evitare di impegnarci in possibili allargamenti futuri. Si fa sempre più riferimento alla fatica dell’allargamento nell’opinione pubblica in patria, ma non si sta facendo abbastanza per cambiare quella opinione.
Non è un caso che Germania e Francia, due paesi che si sono fatti la guerra per secoli, siano stati proprio i paesi che hanno lanciato il progetto UE. Non è un caso che siano stati proprio i leader di Germania e Francia ad avere una visione per il futuro dell’Europa. Essi avevano capito che l’Unione europea era, prima di tutto, un progetto di pace e sicurezza, molto di più di un semplice progetto economico. E’ questa visione e questo tipo di leadership che cerco davvero e che manca qui. Apprezzo quindi il chiaro discorso di del Commissario Rehn: non dobbiamo creare una sorta di sala d’attesa per i paesi che aspirano ad aderire, e l’allargamento ha un futuro. Sono particolarmente grato al Commissario per questo.
Vural Öger (PSE). - (DE) Signor Presidente, a mio parere la politica di allargamento europea è stata una storia di grande successo. Nel giro di cinquant’anni l’UE è riuscita a creare un continente pacifico, democratico e prospero. Ciò che mi colpisce di questa relazione sulla strategia di allargamento, tuttavia, è che essa è anche concentrata sulle relazioni tra l’UE e paesi senza prospettive di adesione.
Questo tentativo di moderare la strategia di allargamento e di fonderla con la politica europea di vicinato pone dei problemi. Sebbene la relazione tratti di interessantissime questioni nel merito e chiarisca molti punti, questi punti troverebbero miglior collocazione in una relazione sull’ENP ma sono fuori posto all’interno di una relazione sull’allargamento. Sto pensando, ad esempio, alle proposte di una unione per il Mediterraneo e di una unione per il Mar Nero. La politica di allargamento dell’UE dovrebbe rimanere distinta dalla politica europea di vicinato. Invece, mi dispiace di dover dire che la relazione contiene affermazioni molto vaghe e che addirittura confondono, lasciando spazio a diverse interpretazioni.
Francisco José Millán Mon (PPE-DE). - (ES) Signor Presidente, la relazione Brok si riferisce a uno dei maggiori successi dell’Unione europea: il processo di allargamento. Se me lo consentite, vorrei fare tre considerazioni.
In primo luogo, l’allargamento ha messo in evidenza la cosiddetta “capacità di cambiamento” dell’Unione. Il desiderio di integrazione è stato un forte stimolo al cambiamento politico ed economico in molti paesi europei. Quei paesi hanno proseguito per diventare membri dell’Unione, e così facendo hanno tratto loro stessi dei benefici, oltre che gli esistenti Stati membri. Il quinto allargamento è la prova più recente di questo successo.
In secondo luogo, appoggio i concetti, difesi dalla Commissione, di condizionalità, consolidamento e comunicazione, concetti presenti anche nella relazione di Brok. Sostengo anche la richiesta che l’Unione debba rafforzare la propria capacità di integrazione. Di fatto, gli allargamenti richiedono che l’Unione sia in grado di assorbirli e continui a funzionare in modo adeguato. Per fare ciò, deve effettuare riforme istituzionali, se del caso, e, ad esempio, garantire le proprie risorse finanziarie. Gli allargamenti non devono mettere in pericolo le politiche comuni o gli obiettivi dell’Unione. Inoltre, sostengo la necessità di una politica ambiziosa della comunicazione, qualcosa che finora è mancato all’Unione. E’ vero che non siamo stati in grado di rendere partecipi i nostri cittadini dei vantaggi dell’allargamento.
Infine, la relazione Brok parla della possibilità di creare un’area specifica dell’Unione per i paesi orientali che ad oggi non hanno prospettive di adesione. Come indicato al paragrafo 19 della relazione, un’area o zona di questo tipo si baserebbe su politiche comuni su vari ambiti, dallo stato di diritto e democrazia all’educazione e migrazione. E’ mia opinione che molte di queste politiche comuni non dovrebbero essere attuate solo in relazione ai nostri vicini orientali, ma anche estese ai paesi di confine con il Mediterraneo. Questi hanno avuto relazioni strettissime con l’Unione europea negli ultimi cinquant’anni. La politica europea di vicinato e il cosiddetto processo di Barcellona – ora unione mediterranea – devono garantire che i paesi sul versante meridionale non si sentano trattati come cittadini di serie B.
Luis Yañez-Barnuevo García (PSE). - (ES) Signor Presidente, solo un’annotazione: in un minuto non c’è tempo per le sottigliezze e quindi parlo esclusivamente a nome mio.
L’allargamento non è sempre stato un successo. Le elite politiche di quattro o cinque paesi nell’ultimo allargamento del 2004 non hanno, a mio avviso, capito o assunto la politica europea o l’acquis comunitario. Stanno dando priorità alle relazioni con gli Stati Uniti e pongono maggiore enfasi sulla NATO che su un vero e sicuro processo di integrazione con l’Unione europea.
Non ci possono essere altri allargamenti prima dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona.
Gli attuali negoziati con paesi candidati dovrebbero continuare senza interruzione ma credo con enfasi che quei negoziati non dovrebbero concludersi prima dell’approvazione del Trattato di Lisbona.
Infine, non dovremmo impedire che i paesi che vogliono avanzare ulteriormente vengano ostacolati dai paesi più euroscettici, nazionalisti o sostenitori della sovranità.
Hubert Pirker (PPE-DE). - (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, nella relazione Brok il Parlamento europeo dimostra chiaramente di aver appreso la lezione dell’ultima grossa ondata di allargamenti, che ha visto l’adesione di dodici nuovi Stati membri e di essere stato in grado di catalogare tutti i problemi connessi mettendo in luce, in modo efficace, tutti i vantaggi che l’allargamento ha portato, sia ai vecchi che ai nuovi Stati membri.
La cosa importante, però, è trarre le conclusioni appropriate e questo è stato fatto, in particolare in due aree per me importanti. Innanzitutto dobbiamo esaminare la capacità di assorbimento dell’Unione europea prima di qualsiasi futuro allargamento e, in secondo luogo, i paesi candidati dovranno veramente soddisfare i criteri prima di essere ammessi.
Quando ci accingiamo a discutere sulla capacità di assorbimento dell’Unione europea, credo che vi siano punti importanti da considerare, come il principio secondo cui le nuove adesioni non devono compromettere il progetto di integrazione europeo. Con questo voglio dire che l’impeto allo sviluppo dell’Unione e il perseguimento dei suoi obiettivi devono essere incrementati, non sviati, dall’ammissione di Stati membri. Il quadro istituzionale dell’Unione deve prima essere creato e consolidato. Il fatto è che c’è bisogno di un trattato e l’Unione europea deve potersi permettere l’allargamento, altrimenti comprometterebbe il progetto di integrazione.
Il nostro obiettivo comune è il continuo progresso. Le successive adesioni di altri paesi non dovrebbero essere escluse, ma tutto dovrebbe avvenire in conformità con le regole e le condizioni.
Roberta Alma Anastase (PPE-DE). - (RO) Il consolidarsi del ruolo d’attore sulla scena internazionale assunto dall’Unione europea è impossibile senza continui aggiustamenti al contesto globale del XXI secolo.
Un elemento geostrategico in merito è rappresentato dall’allargamento e i precedenti allargamenti, tra cui l’ultimo, quello del 2007, hanno dimostrato gli innegabili vantaggi di questo processo. E’ dunque necessario che esso continui e io accolgo di buon grado il fatto che i Balcani occidentali ribadiscano il loro tenace impegno nella relazione.
Ciononostante, non è meno importante fornire una chiara prospettiva comunitaria ai partner europei della politica di vicinato, tra cui la Repubblica moldova.
Vi ricordo che stiamo parlando di paesi europei che hanno già dichiarato l’obiettivo di acquisire una prospettiva comunitaria e il Trattato di Roma stabilisce esplicitamente che qualunque stato europeo può richiedere di diventare Stato membro, a patto che soddisfi i criteri di Copenaghen.
Io chiedo alla Commissione e al Consiglio di…
(Il Presidente toglie la parola al relatore.)
Ioan Mircea Paşcu (PSE). - (EN) Signor Presidente, l’ostacolo irlandese al Trattato di Lisbona ha fornito un’insperata opportunità agli scettici nei confronti dell’allargamento: l’Unione europea non deve più pensare a nuovi membri, semplicemente perché non c’è posto per loro. Naturalmente, in termini strettamente giuridici, questo al momento è vero, ma, allo stesso tempo, dovremmo fare una chiara distinzione tra Trattato di Lisbona e allargamento. In primo luogo perché la logica di base del trattato non è l’allargamento in sé, ma l’adattarsi dell’UE a un contesto globalizzato e, in secondo luogo, perché l’allargamento è un fatto politico piuttosto che strettamente giuridico.
L’allargamento costituisce un ingrediente politico efficace che dimostra forza di attrazione e autorità così come capacità di coinvolgimento – tutte cose che non dobbiamo mancare di pretendere per la nostra Unione. Di conseguenza, la pianificazione strategica, i negoziati in corso e le nuove iniziative per un ulteriore allargamento dovrebbero proseguire di pari passo con gli sforzi di ratifica del Trattato di Lisbona.
Andrew Duff (ALDE). - (EN) Signor Presidente, potrebbe il Presidente in carica Jouyet dare spiegazione e giustificazione alla straordinaria situazione creatasi all’interno del Parlamento francese in relazione all’uso del referendum per autorizzare l’adesione della Turchia? Non concorda sul fatto che il ricorso a uno strumento così populista sia assolutamente sbagliato per la ratifica di un trattato internazionale?
Nicolae Vlad Popa (PPE-DE). - (RO) L’allargamento si è dimostrato uno degli strumenti politici più efficaci dell’Unione europea, al servizio degli interessi strategici comunitari di stabilità, sicurezza e prevenzione dei conflitti. Ha contribuito alla maggiore prosperità, alle opportunità di crescita, così come ad assicurare i trasporti cruciali e la creazione di corridoi per l’energia.
La politica dell’Unione europea sull’allargamento si è rivelata un successo sia per la stessa Unione che per l’Europa in generale. In questo contesto è necessario mantenere la politica di porte aperte sia per i paesi candidati effettivi o potenziali, che per quei paesi dell’Europa dell’est con prospettive comunitarie: un approccio condizionato, ovviamente, al raggiungimento dei criteri richiesti e degli impegni.
Tuttavia, allo scopo di proseguire nell’allargamento, dobbiamo trovare una soluzione attuabile per far sì che il Trattato di Lisbona entri in vigore.
Monika Beňová (PSE). – (SK) Abbiamo sentito parole quali fatica dell’allargamento, crisi o necessità di consolidamento. Parole e atteggiamenti deprimenti che dimostrano più impotenza e elitarismo piuttosto che capacità di portare avanti attivamente la visione di un’Europa unita.
Il consolidamento non rappresenta un problema per i paesi entrati a far parte dell’Unione nelle ultime due adesioni, lo è per i vecchi Stati membri, che dovrebbero chiedersi perché hanno bisogno di consolidamento. In merito alla fatica da allargamento, noi siamo quelli tormentati da prospettive e punti di vista contraddittori, non quei paesi che sono già pronti ad adempiere a tutte le nostre richieste e condizioni allo scopo di diventare Stati membri.
Il nostro comportamento nei confronti della Turchia, ad esempio, è tragicomico, perché ad oggi non siamo ancora in grado di dire se permetteremo alla Turchia di entrare nella nostra cerchia elitaria al raggiungimento dei criteri di Copenaghen e, di conseguenza, la domanda o tutte le domande che…
(Il Presidente interrompe l’oratore)
Marios Matsakis (ALDE). - (EN) Signor Presidente, è rassicurante sentire il ministro francese quando sostanzialmente afferma che la Turchia deve normalizzare i suoi rapporti con Cipro, per dimostrare la propria volontà nel portare avanti le sue aspirazioni europee.
E’ davvero inconcepibile e sfida ogni logica che l’UE continui i negoziati di adesione con un paese che seguita a non riconoscere uno degli Stati membri continuando l’occupazione di parte del suo territorio. Capisco che la politica del bastone e della carota sia necessaria nel caso di un paese in cui la democrazia è costantemente tenuta sotto scacco dai militari, ma ci sono limiti alla nostra pazienza e alla nostra tolleranza.
Abbiamo partecipato ai colloqui comuni tenutisi a Cipro. Questo è un buon momento perché la Commissione e il Consiglio indichino vivamente alla Turchia la necessità di dimostrare buona volontà – non solo nei confronti di Cipro, ma dell’Unione in generale – nel rimuovere con urgenza le truppe di occupazione dall’isola di Cipro e nell’applicare immediatamente il protocollo di Ankara. Tali iniziative permetterebbero indubbiamente di fare un passo in avanti nella soluzione del problema di Cipro.
(Il Presidente interrompe l’oratore.)
Presidente. − Mi è stato riferito che non ci rimane molto tempo, quindi non sarà possibile che tutti parlino.
Vorrei precisare che coloro che hanno chiesto di parlare possono sottoporre il loro intervento in forma scritta affinché venga inserito nel verbale della seduta.
13. Benvenuto
Presidente. − Ci tengo a sottolineare, onorevoli colleghi, che nel podio c’è una delegazione della Repubblica del Sud Africa, presieduta da D. Obed Bapela, Presidente del Comitato per le relazioni internazionali, che noi tutti conosciamo per l’amicizia dimostrata nei confronti dell’Europa e per il suo coinvolgimento nella lotta contro l’apartheid.
(Applausi)
Vorrei estendere il benvenuto ai nostri ospiti, a questo dodicesimo incontro interparlamentare Unione europea/ Parlamento del Sud Africa. E’ una visita molto importante. La frequenza di queste visite promuove il dialogo politico che è parte vitale del piano di azione congiunta, adottato nel maggio dell’anno scorso, per l’implementazione del partenariato strategico Unione europea/Sud Africa.
Potenziare la nostra cooperazione allo scopo di aumentare la sicurezza e la stabilità internazionali è indubbiamente necessario ora più che mai, vista e considerata l’attuale situazione di tensione nell’area dell’Africa meridionale e, in particolare, la crisi in Zimbabwe, che tutti conosciamo.
Vorrei a questo punto dare il benvenuto ai nostri amici del Sud Africa.
14. Documento di strategia di allargamento 2007 della Commissione (seguito della discussione)
Presidente. − Continueremo il dibattito sul documento di strategia del 2007 sull’ampliamento, della Commissione.
Jean-Pierre Jouyet, Presidente in carica del Consiglio. − (FR) Signor Presidente, dovrei fare tre osservazioni prima di dedicarmi al dibattito, che si è rivelato estremamente fruttuoso e stimolante.
Innanzitutto, a nome del Consiglio, vorrei dare il benvenuto alla delegazione del Sud Africa che è qui con noi e ricordare che ben presto vedremo i leader politici del loro paese al primo vertice dell’Unione europea, che si svolgerà in Francia alla fine di luglio.
In secondo luogo, vorrei unirmi all’onorevole Rehn nell’esprimere solidarietà per i turisti tedeschi che, secondo un comunicato, sono stati rapiti da ribelli curdi in Turchia. Noi del Consiglio ci auguriamo che, qualora la notizia venisse confermata, queste persone vengano ritrovare sane e salve il prima possibile, e ci teniamo a sottolineare che sono nei nostri pensieri.
In terzo luogo, vorrei ringraziare l’onorevole Duff per la sua conoscenza del mondo politico francese e delle posizioni che personalmente occupo. Naturalmente sarei felice di approfondire l’argomento davanti ad un caffè, ma sfortunatamente i miei doveri mi impediscono di fare commenti in merito in questo momento.
Per tornare al dibattito, l’allargamento è decisamente parte integrante della storia dello sviluppo europeo e fino ad oggi abbiamo sempre fatto in modo che l’allargamento e il rafforzamento dell’Unione andassero di pari passo. E’ fondamentale che ciò continui, come ha evidenziato l’onorevole Brok. Tutti i dibattiti servono a sensibilizzare i cittadini sulle questioni sollevate dall’allargamento, ed è per questo che prestiamo particolare attenzione ai dibattiti e alle posizioni a riguardo in seno al Parlamento europeo.
Ribadendo quanto già detto da altri membri, vorrei evidenziare il ruolo stabilizzatore dell’allargamento. Ciò è ovvio nel caso dei Balcani. Il rapido progresso della Croazia, che la Presidenza francese vorrebbe accelerare ulteriormente se tutti gli Stati membri sono d’accordo, dimostra come paesi che negli anni ’90 erano in guerra abbiano una reale prospettiva di adesione. Questo costituisce un messaggio importante soprattutto per la Serbia, dal momento che il governo appena insediato aspira a rafforzare il legame con l’Unione europea.
Lo stesso vale per la Turchia, e a questo riguardo vorrei ricordarvi che lo stato attuale dei negoziati non è condizionato dalla posizione di uno o dell’altro Stato membro, ma dalla Turchia stessa, dal livello di riforme ivi raggiunto. Sopra ogni cosa, è legato all’adempimento degli obblighi nei confronti di tutti gli Stati membri e, in particolare, all’applicazione del protocollo di Ankara.
La politica dell’ampliamento non significa che stiamo trascurando gli altri vicini dell’Unione europea. Al momento il Consiglio sta considerando come aiutare l’Ucraina ad aprire una nuova fase delle relazioni con l’Unione nel prossimo vertice UE/Ucraina, che si terrà a Evian il 9 settembre. Vorremmo anche far avanzare i rapporti con la Moldova, un paese su cui il Consiglio ha già investito molto.
Come Presidenza del Consiglio sosteniamo anche i processi regionali già descritti. Ho personalmente partecipato alla conferenza che ha promosso la sinergia nel Mar Nero e al vertice sui paesi dei Balcani. E, naturalmente, non posso fare a meno di ricordare il prossimo vertice sul processo di Barcellona e l’Unione per il Mediterraneo, che si terrà a Parigi il prossimo 13 luglio.
Infine, come potete ben vedere, il processo dell’allargamento non è fallito. Continua ad avanzare richieste ai paesi candidati e anche agli Stati membri, che devono spiegarlo ai propri cittadini. L’onorevole Rouček e l’onorevole De Keyser hanno ragione a ribadire la necessità di un bel po’ di educazione, con o senza Magritte. E’ anche vero però che, come avete sottolineato, i cittadini hanno bisogno di rassicurazioni.
E’ proprio per garantire la continuità del processo, la cui rilevanza strategica alcuni di voi, l’onorevole Brok in particolare, hanno già evidenziato, che il Trattato di Lisbona dispone la riforma delle nostre istituzioni di modo che i nuovi Stati membri – dobbiamo essere chiari su ciò – vengano accolti nelle migliori condizioni, senza avanzare dubbi sulla capacità d’azione dell’Unione europea.
Olli Rehn, Membro della Commissione. − (EN) Signor Presidente, sono particolarmente felice di chiudere il mio intervento nel dibattito alla presenza della delegazione parlamentare sudafricana, dal momento che la mia carriera politica è iniziata alcuni decenni or sono con la campagna per liberare Nelson Mandela. E’ una gran fortuna che gli unici prigionieri rimasti in questa sede sembra che siamo io e il mio amico Elmar Brok, come annunciato nella scaletta.
(Si ride)
Vorrei ringraziare i partecipanti perché oggi hanno portato avanti un dibattito essenziale e responsabile. Vorrei solo sollevare un punto trasversale, di natura generale.
Mi fa piacere che la relazione Brok e il dibattito di oggi sostanzialmente avvallino il rinnovato consenso all’allargamento dell’UE, che è stato raggiunto nel dicembre 2006, soprattutto grazie agli eventi del 2005. La virtù principale di questa strategia è che trova il giusto compromesso, attentamente calibrato, tra l’importanza strategica insita nell’ampliare la zona di pace e prosperità, di libertà e democrazia da un lato, e la nostra stessa capacità di integrare nuovi membri attraverso un processo di riforma interno e, dall’altro lato, ponendo condizioni rigorose.
Non posso fare a meno di ricordare – ho una memoria d’elefante – che nell’autunno 2004, dopo una seduta parlamentare, la commissione Affari esteri mi ha accusato di mancanza di visione, non avendo io immediatamente dimostrato la volontà di fornire una prospettiva di adesione all’Ucraina. Avevo semplicemente detto di non decidere in anticipo il futuro dell’Ucraina. Un anno dopo sono stato criticato per aver posto troppa enfasi sulla capacità di assorbimento e per aver fermato il corso dell’allargamento. In questa prospettiva accolgo molto di buon grado il dibattito di oggi, che crea il giusto compromesso tra l’importanza strategica dell’allargamento e la nostra stessa capacità di accogliere nuovi membri.
Questo dibattito e la relazione identificano una terza valida soluzione combinando una più profonda integrazione politica con il graduale ampliamento dell’Unione europea. A mio avviso ciò dimostra chiaramente una convincente convergenza dell’uso del Parlamento europeo e della Commissione, e dell’Unione europea nella sua globalità, e io certamente accolgo favorevolmente questo fenomeno e anche la direzione intrapresa verso un rinnovato consenso nei confronti dell’allargamento, ormai consolidato dal 2006.
Presidente. − Vorrei informarvi che questa sera, alla riunione del Bureau, ho intenzione di esprimere le mie perplessità sulla procedura catch-the-eye, che è priva di regole e soggetta esclusivamente all’arbitrio o al giudizio del Presidente o del suo sguardo. Penso che sia fondamentale stabilire alcune regole di base, poiché questa procedura sta diventando inadeguata.
Oggi abbiamo ricevuto addirittura quindici richieste, il che altera la normale procedura e la quantità di tempo dedicata al discorso di ciascun gruppo.
Vorrei quindi lasciarvi pensare a questo, soprattutto coloro i quali sono rimasti delusi, visto che molte persone hanno chiesto la parola ma solo pochi hanno potuto intervenire.
Elmar Brok, relatore. − (DE) Signor Presidente, signor Commissario, signor Presidente in carica del Consiglio, innanzi tutto vorrei ringraziare la Presidenza della Commissione e del Consiglio per la solidarietà espressa nei confronti dei turisti tedeschi in Turchia.
Dobbiamo trovare un equilibrio tra i moltissimi argomenti che stiamo esaminando: essi variano dall’Unione per il Mediterraneo – che costituisce un importante passo in avanti se sostenuto dalla Comunità nel suo insieme piuttosto che rappresentare una priorità per certi paesi di certe aree geografiche – per passare alla proposta polacco-svedese, fino a quella di un’Unione per il Mar Nero. Queste sono tutte idee che dobbiamo considerare assieme, come Comunità, nel contempo specificando che alcune di queste scelte offrono prospettive di adesione mentre altre no. La dichiarazione del ministro degli Affari esteri polacco, Radoslaw Sikorski, che alcuni paesi sono vicini all’Europa mentre altri sono vicini europei probabilmente dimostra che entrambi sono ugualmente importanti, ma con differenze di metodo e di obiettivi.
Se, comunque, avessimo margine di manovra per farlo – relazioni bilaterali, soluzioni multilaterali intermedie o addirittura soluzioni permanenti a metà tra la politica di vicinato e vero e proprio Stato membro – e di conseguenza avessimo una vasta gamma di strumenti a disposizione, dovremmo anche considerare come salvaguardare questo equilibrio, a cui ha fatto riferimento il commissario, dal punto di vista politico e amministrativo nel lungo periodo; ciò preserverebbe sia il potenziale di sviluppo dell’Unione europea che la prospettiva di adesione comunitaria di questi paesi e la loro stabilità.
Vorrei fare una domanda agli euroscettici intervenuti in questa sede: a quale Unione europea si riferiscono? L’Unione europea di oggi che rappresenta la più grande storia di successo in termini di pace, libertà e prosperità nella storia di questo continente! Vogliamo portarlo avanti questo progetto e ampliarlo il più possibile per continuare a ottenere successi di questo tipo e far entrare più paesi. E’ questo il punto!
Ed è per questo che, quando parliamo dei Balcani occidentali, dobbiamo dire: se ieri o questa settimana c’è un governo in Serbia che dice di voler guardare a Bruxelles e all’Europa, allora, anche solo per assicurare una pace duratura in una regione che è stata fonte di conflitto negli ultimi 150 anni, dovremmo accettare l’offerta e portare avanti questa prospettiva, se vogliamo continuare il pacifico sviluppo del nostro continente.
PRESIDENZA DELL’ON. MAREK SIWIEC Vicepresidente
Proinsias De Rossa (PSE). - (EN) Signor Presidente, in merito all’ordine del giorno, visto che la discussione sui Palestinesi prigionieri delle autorità israeliane comincerà così tardi – con quasi un’ora di ritardo a questo punto – mi rincresce ma sono costretto a ritirare il mio nome dalla lista dei relatori. Chiedo tuttavia che il tempo nel verbale assegnatomi dal gruppo parlamentare del Partito Socialista Europeo sia aggiunto a quello dell’onorevole De Keyser, capogruppo del PSE. E’ con grande rammarico che mi accingo a fare ciò, ma sfortunatamente devo andare all’aeroporto.
Presidente. − La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà giovedì 10 luglio 2008.
Dichiarazioni scritte (articolo 142)
Titus Corlăţean (PSE), per iscritto. – (RO) La prospettiva di entrare a far parte dell’Unione europea per i paesi dell’Europa sud-orientale rappresenta il motore delle riforme per la loro trasformazione democratica. Il documento di strategia del 2007 sull’ampliamento, della Commissione, dovrebbe inviare un chiaro segnale di risoluto impegno nei confronti di quei paesi con cui sono stati iniziati i negoziati di adesione o di quelli con prospettive di adesione. E’ questo il caso, tra gli altri, della Serbia e della Repubblica moldova. Per quest’ultima la Romania rappresenta una finestra tramite cui i cittadini moldovi possono custodire la propria speranza in un futuro europeo, più democratico e prosperoso.
Nella Repubblica moldova, un futuro di adesione all’Unione europea rappresenta un incentivo per l’opposizione democratica a continuare a battersi per la costituzione di strutture legislative democratiche e istituzionali, un processo che l’UE stessa si è impegnata a incoraggiare.
La necessità di riforme istituzionali interne all’Unione europea, come conseguenza dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, non può divenire una ragione preliminare e un pretesto per fermare l’allargamento dell’Unione.
Dragoş Florin David (PPE-DE), per iscritto. – (RO) L’allargamento dell’UE è sempre stato solo una questione di tempo e di rendere compatibili i sistemi politici ed economici degli Stati membri. Da una rapida valutazione del processo di allargamento nel 2004 e 2007 emerge un’Unione rafforzata e più dinamica sia all’interno che all’esterno, che ci dimostra non solo che l’ampliamento ha portato dei benefici sia all’Unione che ai nuovi entrati, ma anche che, all’interno dell’Unione stessa, teniamo conto solo dei nostri valori e non dei nostri problemi. Il contesto politico-economico, sia europeo che globale, non è probabilmente dei più favorevoli a un rapido allargamento, ma ciò non dovrebbe impedirci di sviluppare e addirittura riformare le strategie e i meccanismi dell’allargamento stesso.
I paesi dei Balcani occidentali, la Moldova, l’Ucraina e la Turchia sono paesi che hanno dichiarato il loro interesse a entrare a far parte dell’Unione e che con essa godono di collaborazioni privilegiate, ma che al loro interno devono anche adeguarsi agli standard europei, di democrazia, stabilità e prosperità.
In questo contesto mi congratulo con l’onorevole Brok per l’equilibrio e il pragmatismo dimostrato nella sua relazione e mi auguro che si possa arrivare in tempi brevi alla ratifica del Trattato di Lisbona da parte di tutti gli Stati membri.
Alexandra Dobolyi (PSE), per iscritto. – (EN) Il processo di allargamento è stato parte integrante dello sviluppo comunitario negli ultimi 50 anni. Dai sei paesi fondatori l’Unione è arrivata ad avere 27 Stati membri e a rappresentare più di 450 milioni di cittadini. Rispetto a prima, l’Unione europea è più stabile, più sicura e ha un ruolo più influente nelle questioni internazionali.
Negli anni abbiamo sperimentato che l’allargamento è la chiave del successo e dello sviluppo dell’UE, che ha permesso la pacifica riunificazione dell’Europa rispetto alla divisione della guerra fredda. Non possiamo non concordare col fatto che lo sviluppo comunitario è andato di pari passo con l’allargamento.
Ma, nella nostra società, qual è l’attuale atteggiamento nei confronti dell’allargamento? La prospettiva di ulteriori ampliamenti non suscita entusiasmo, soprattutto a causa di argomentazioni contrarie ad esso e in parte legate alla mancanza di informazione in merito.
Sono una di quelli che credono che la prospettiva di diventare alla fine Stato membro sia indispensabile a promuovere la riforma politica e la democrazia. Temo invece che, senza questa prospettiva nell’agenda politica, i Balcani possano ricadere nell’instabilità.
Kinga Gál (PPE-DE), per iscritto. – (HU) Signor Presidente, in riferimento al dibattito sulla strategia dell’allargamento, vorrei attirare l’attenzione sui criteri sostanziali relativi ai nostri vicini più stretti, i paesi dei Balcani occidentali e l’Ucraina.
La prospettiva di adesione dei paesi candidati, e soprattutto l’obbligo di attenersi ai criteri di Copenaghen, hanno rappresentato un’enorme spinta a modernizzarsi e a diventare stati costituzionali.
I Balcani occidentali e l’Ucraina hanno bisogno di questo stimolo. Privando questi paesi, con cui condividiamo tradizioni europee e storia, di una prospettiva comunitaria, verrebbe meno anche quella forza e motivazione che fa del loro divenire stati costituzionali una realtà.
Il fatto che a breve appariranno leggi quali i decreti contro l’istruzione nella lingua delle minoranze, la chiusura delle scuole che insegnano nella lingua madre, la morte della lingua stessa e il processo di assimilazione provocano non poca rabbia in Ucraina. Quando cadono gli ostacoli o l’obiettivo diventa più distante, le norme si allontanano ulteriormente da ciò che definiamo stato costituzionale.
Quindi abbiamo una grande responsabilità. A questo punto dobbiamo assicurare che i criteri vengano soddisfatti non solo sulla carta ma nella realtà – si chiede coerenza nei preparativi ai nostri vicini, così come si chiede coerenza all’Unione nelle promesse fatte e nelle richieste di responsabilità. La coerenza del nostro comportamento darà fiducia a chi ci vota così come ai nostri vicini.
Genowefa Grabowska (PSE), per iscritto. – (PL) Come rappresentante di un paese che è entrato nell’UE nel 2004, condivido pienamente tutti i punti sollevati dalla relazione di Elmar Brok, che evidenzia l’importanza di un allargamento continuo e il suo contributo positivo alla creazione di un’Europa forte, unita, prospera e a misura di cittadino. Concordo con l’affermazione che la possibilità di divenire Stato membro, una volta riconosciuta, abbia un’influenza molto positiva sulle politiche interne dei paesi candidati, incoraggiandoli ad agire più in fretta nella ristrutturazione della loro amministrazione, nella riforma dei sistemi educativi e dei più alti livelli di istruzione, nel prestare più attenzione ai diritti umani, anche a quelli delle minoranze, nella lotta alla corruzione nella vita pubblica, in sintesi, nell’adottare quei valori che hanno guidato l’Unione europea per molti anni. Penso inoltre che la relazione dovrebbe dare più rilievo al fatto che l’Unione europea è aperta e pronta ad accogliere i prossimi nuovi Stati membri.
Questo è particolarmente importante per il mio paese, la Polonia, specialmente nell’ottica delle aspettative e delle aspirazioni comunitarie del nostro vicino a est, l’Ucraina. Sarebbe spiacevole se i nostri vicini vedessero nella frontiera orientale (il confine di Schengen per tutta l’UE) un nuovo muro che li separi definitivamente da noi. Penso che i richiami che ogni tanto sentiamo in merito – che l’ulteriore allargamento dell’Unione dovrebbe dipendere dalla cosiddetta “capacità di integrazione” – siano mal pensati e rappresentino una minaccia al raggiungimento degli obiettivi che l’UE si è posta.
Tunne Kelam (PPE-DE), per iscritto. – (EN) Un importante punto di partenza per occuparsi di ulteriori allargamenti è costituito dalla consapevolezza che l’UE ha tratto grandi benefici da tutti i passati allargamenti, l’ultimo dei quali si è dimostrato un vantaggio condiviso da tutti gli interessati. Questo ci porta ragionevolmente a credere che l’UE beneficerà anche di quelli a venire.
La preoccupazione per la capacità di integrazione dell’Unione è comprensibile, tuttavia non è ancora utilizzato del tutto il potenziale più efficace per promuoverla, che consiste nel utilizzare appieno le quattro fondamentali libertà dell’Unione, liberalizzare i mercati, separare le grandi compagnie, adoperarsi per la trasparenza. Per affrontare con successo le sfide globali dobbiamo contare senza esitazione sui valori e sui principi fondamentali della Comunità europea, che è stata ed è tuttora il più grande successo nella storia europea.
Ben venga l’enfasi che il relatore ha messo sui meccanismi di cooperazione regionale. In particolare è lodevole la recente iniziativa polacco-svedese per stabilire una dimensione orientale che integri tutti gli stati dell’Europa dell’est in una significativa forma di cooperazione. Tuttavia, gli accordi di cooperazione regionali non possono essere usati come scusa per privare alcuni paesi della zona della prospettiva futura di diventare Stati membri a tutti gli effetti.
Janusz Lewandowski (PPE-DE), per iscritto. – (PL) Signor Presidente, il Parlamento sta prendendo in considerazione una risoluzione sulla strategia per l’allargamento in un momento in cui l’allargamento stesso è diventato fuori moda, quasi uno spauracchio nelle mani degli euroscettici. Ed è per questa ragione che è fondamentale l’affermazione, peraltro vera, che “i precedenti allargamenti sono stati degli indubbi successi” e hanno contribuito a rafforzare la stabilità, la crescita e la prosperità in tutta l’Europa. Tuttavia è necessario spiegare tutto ciò ai cittadini dell’Unione allo scopo di incrementare l’appoggio sociale alle fasi successive. Sfortunatamente fino ad ora le campagne di informazione non si sono rivelate un successo.
Come sempre nelle discussioni sull’allargamento, è interessante considerare la geografia dei potenziali candidati a membri. Dalla lettura del progetto di risoluzione, si potrebbe pensare che le porte siano spalancate. Il sostegno alle aspirazioni delle nazioni balcaniche è innegabile e spicca un’importante dichiarazione che i partner orientali nella politica di vicinato possono essere definiti paesi europei. Tuttavia la definizione chiave di “capacità di integrazione” dell’UE (paragrafo 7) ha raffreddato tutte le speranze e, in più, il riferimento ai “valori condivisi” è chiaramente diretto alla Turchia.
La risoluzione in questa forma si discosta un po’ dalla visione polacca. La Polonia stessa, che tempo fa bussava alla porta dell’UE, chiede ora di offrire la possibilità di divenire Stato membro all’Ucraina e agli altri paesi nati dal collasso dell’Unione Sovietica. E questo per la stabilità di tutto il continente!
Ramona Nicole Mănescu (ALDE), per iscritto. – (RO) Prima di tutto, vorrei congratularmi con il relatore per l’obiettività dimostrata nell’esporre la posizione del Parlamento europeo in merito al documento di strategia del 2007 sull’ampliamento, della Commissione. La Comunità europea è diventata più forte con ciascun allargamento, il cui processo stesso rappresenta un successo di cui hanno goduto tutti gli Stati membri.
L’Unione europea ha registrato una straordinaria evoluzione nello sviluppo delle istituzioni e delle politiche sia a livello interno che esterno, ma soprattutto promuovendo armonizzazioni in ambito economico, sociale e giuridico. L’Unione sta anche affrontando vari problemi legati alla necessità che ad ogni allargamento faccia seguito un consolidamento adeguato e una revisione delle sue politiche, al fine di evitare situazioni in cui al centro paesi sviluppino maggiore integrazione, lasciando altri ai margini.
Concordo con l’opinione del relatore sulla necessità di incoraggiare i paesi dell’est a creare un’area dalle politiche comuni, che si concentri su questioni economiche, degli scambi, energetiche, dei trasporti, ambientali, dello Stato di diritto, della giustizia e della sicurezza.
Incoraggiando questo tipo di progetti, la regione del Mar Nero potrebbe diventare un polo di sviluppo e crescita economica, che favorirebbe non solo la prosperità dei paesi della zona, ma anche la stabilità e la pace al confine orientale dell’Unione europea.
Véronique Mathieu (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Come evidenziato dalla relazione, a questo punto è necessaria una riforma profonda della strategia per l’allargamento dell’Unione europea.
In primo luogo, è fondamentale fornire ai paesi candidati a membri, effettivi e potenziali, strumenti pre-adesione adeguati per le sfide che dovranno affrontare: consolidamento dello stato, delle autorità, riforme socio-economiche, eccetera.
In secondo luogo, la relazione sottolinea la necessità di rivedere il nostro approccio alla politica europea di vicinato, che i paesi terzi non devono più considerare come un surrogato dell’adesione o un passaggio nel cammino verso di essa.
La costituzione di zone di libero scambio, sul modello dello spazio economico europeo allargato (SEE), ad esempio, rappresenta un primo passo nello sviluppo di relazioni più strette con questi paesi. Questa strategia porterà al potenziamento dei rapporti economici e degli scambi con questi stati e permetterà all’Unione europea di promuovervi i suoi ideali di democrazia, Stato di diritto e diritti umani.
A questo punto il recente rilancio del processo di Barcellona, che si propone di istituire l’Unione per il Mediterraneo, è un segno incoraggiante e una mossa promettente per la costituzione di speciali partenariati con i nostri vicini meridionali.
Marianne Mikko (PSE), per iscritto. – (ET) Onorevoli colleghi, non possiamo chiudere le porte a quei paesi che chiedono l’adesione, dal momento che i nostri trattati fondatori stabiliscono che qualsiasi stato europeo che lo voglia deve poter entrare a far parte dell’Unione europea.
Le adesioni precedenti si sono dimostrate dei veri successi, e questa è la direzione da continuare a seguire. Non dobbiamo demotivare i paesi candidati. Non sta a noi decidere se vogliono diventare paesi completamente democratici, sebbene i tre criteri di Copenaghen debbano essere rispettati al 100 per cento.
Poiché anch’io vengo dalla “nuova Europa”, ho visto di persona quanto è stato importante per noi avere l’opportunità di entrare nell’Unione europea, quanto ci ha ispirato a intraprendere le riforme e a raddoppiare gli sforzi. Non dovremmo negare alle repubbliche nate dalla ex Unione Sovietica l’opportunità di diventare stati europei a pieno titolo, governati dallo Stato di diritto. Mi riferisco in particolare ai nostri più stretti vicini, l’Ucraina e la Moldova.
La credibilità dell’Europa e il futuro di questi paesi sono in gioco. E’ necessario aiutarli a rimanere sulla strada per l’Europa. L’Unione dovrebbe mantenere le promesse e continuare il naturale processo di allargamento. L’adesione, e non il rimanere immobili, porterà slancio. Tutte le discussioni sulla capacità di assorbimento sono mera ipocrisia per gettare il fumo negli occhi ai non eletti.
Dumitru Oprea (PPE-DE), per iscritto. – (RO) In quanto membro del Parlamento europeo per la Romania, recentemente annessa all’Unione europea, e in quanto ex-Rettore di una prestigiosa università del mio paese, vorrei sottolineare l’importanza degli scambi didattico-culturali tra i paesi candidati e gli Stati membri.
In Romania, molti giovani che hanno usufruito dei programmi di mobilità all’interno dell’Unione europea (sia programmi quali SOCRATES-ERASMUS, MARIE CURIE, per la ricerca o LEONARDO, per la pratica) sono tornati in patria e hanno contribuito attivamente a quella che possiamo definire “europeizzazione”. Grazie a quanto hanno appreso e alla loro esperienza, sono diventati membri attivi nelle organizzazioni non governative, si sono occupati di informazione, di volontariato, oppure hanno messo a frutto le loro conoscenze in strutture legate all’integrazione europea.
Proprio per queste ragioni vorrei attirare l’attenzione sull’importanza di intraprendere azioni atte ad aumentare il fascino e incoraggiare la partecipazione ai programmi educativi e culturali dell’UE, come ad esempio istituendo uno speciale sistema di visti studenteschi, potenziando i fondi per la mobilità – allo scopo di coprire davvero il costo della vita nel paese comunitario, aumentando gli sforzi per promuovere i programmi europei, soprattutto tra i giovani, così come divulgando gli esiti e le esperienze positive sia nei paesi dell’Unione che in quelli candidati.
Pál Schmitt (PPE-DE), per iscritto. – (HU) Signor Presidente, onorevoli colleghi, come membro del comitato interparlamentare UE-Croazia, ritengo che il contributo più importante della relazione sia la conferma della continuazione dei negoziati di adesione già intrapresi, offrendo ai paesi dei Balcani occidentali una prospettiva comunitaria. Negli ultimi tre anni di negoziati, la Croazia ha già dimostrato il suo impegno e ha ricevuto il parere favorevole del Parlamento sulle relazioni del sistema paese sia per il 2006 che per il 2007.
Considero importante per la Croazia, unico paese i cui negoziati di adesione hanno raggiunto uno stadio avanzato, di venire citata esplicitamente nel documento, che quattro milioni e mezzo di croati ora leggono con grandi speranze. Dopo il referendum irlandese, messaggi positivi di questo tipo sono molto importanti.
La prima dichiarazione della Presidenza francese del Consiglio, che parla di proseguire i negoziati di adesione, mi dà fiducia. Solo tramite soluzioni veloci ed efficaci possiamo preservare la credibilità dell’Unione europea; non ci possiamo permettere un altro periodo di riflessione lungo tre anni, poiché tra 11 mesi tutta l’Europa esprimerà il proprio giudizio sull’Unione tramite le elezioni europee. Grazie per l’attenzione.
Czesław Adam Siekierski (PPE-DE), per iscritto. – (PL) La prospettiva di diventare Stato membro è un importante motore del cambiamento in quei paesi interessati ad aderire. Incoraggia l’attuazione delle riforme necessarie, sia politiche che economiche, e l’osservanza dei criteri di Copenaghen.
Allo scopo di sostenere la prospettiva di adesione, i progressi nei negoziati devono dipendere dai tempi e dalla portata delle riforme attuate nei paesi candidati, e l’UE deve dimostrare di avere la capacità di accettarli. Abbiamo bisogno di una Comunità forte, coesa e, soprattutto, unita.
E’ molto importante che i cittadini dei nostri paesi apprezzino i benefici dati dalle nuove adesioni. L’allargamento porta vantaggi, porta crescita economica e sociale sia ai nuovi che ai vecchi Stati membri.
I successivi allargamenti dell’Unione europea sono stati un successo sia per i paesi entranti che per quelli già membri, e per l’Europa tutta.
Mi fa piacere che la relazione sottolinei come la strada per entrare a far parte dell’Unione europea sia ancora aperta per i paesi dell’Europa orientale. Questo, assieme alla recente adozione del programma di partenariato con i paesi dell’est, dovrebbe incoraggiarli ad adoperarsi nell’adottare gli standard democratici, economici e amministrativi dell’Europa.
Andrzej Jan Szejna (PSE), per iscritto. – (PL) I precedenti allargamenti dell’Unione europea hanno indubbiamente portato dei benefici sia all’Unione medesima che ai paesi entrati a farvi parte, stimolando lo sviluppo economico e portando maggior stabilità, crescita e prosperità in Europa. E’ fondamentale creare le condizioni necessarie ad assicurare il successo degli allargamenti futuri, e di migliorarne la qualità, facendo tesoro delle esperienze del passato. L’UE deve essere aperta ai nuovi stati, ma la strategia dell’allargamento deve soddisfare le condizioni poste dal Trattato sull’Unione europea e riflettere gli obblighi dell’Unione stessa nei confronti di tutti gli stati candidati, così come di tutti gli stati cui sono state fornite prospettive di adesione, pur ponendo come condizione assoluta la conformità totale e rigorosa ai criteri di Copenaghen. Allo stesso tempo dovremmo attentamente monitorare i progressi di questi paesi per quanto concerne la creazione dello Stato di diritto, una magistratura indipendente e il rispetto dei diritti fondamentali.
L’Unione deve prendere provvedimenti per accrescere la sua capacità di integrarsi con nuovi paesi. E’ di fondamentale importanza portare avanti riforme interne volte a migliorare l’efficienza, a creare una migliore coesione sociale e responsabilità democratica. Il Trattato di Lisbona dà una risposta a questi ideali e, senza di esso, l’ulteriore allargamento dell’Unione sarebbe molto più difficile. Allo stesso tempo, comunque, il successo della politica di integrazione dell’UE sarà raggiunto solo se in ciascuno dei paesi candidati ci sarà un chiaro e stabile appoggio sociale all’adesione così come all’Unione stessa, come progetto politico e economico.
Tadeusz Zwiefka (PPE-DE), per iscritto. – (PL) Ci piace dire che il Parlamento europeo è l’unico vero foro per ventilare le idee e le opinioni dei cittadini dell’Unione europea. E’ dunque un vero peccato che soltanto in questa sede siamo capaci di convincerci l’un l’altro che il susseguirsi degli allargamenti comunitari è stato un enorme successo. Siamo tutti colpevoli se ci sono cittadini dell’Unione che non condividono quest’opinione. Invece, ciò è fonte di equivoci sulla necessità di riformare l’Unione. Tuttavia, non posso accettare la tesi che il non avere il Trattato di Lisbona è la principale causa del rallentamento del processo di allargamento. Il trattato in sé stesso non risolve nulla. Serve prospettiva e strategia. L’Unione europea non sarà mai una creazione politica e geografica completa fino a quando non includerà tutti i paesi dell’Europa. Non è corretto dire che i cittadini dei paesi che vogliono far parte dell’Unione si aspettano che ciò avvenga immediatamente o comunque molto presto. Quello di cui hanno bisogno, comunque, è un segnale chiaro che posto per loro c’è. Senza questa dichiarazione è difficile pensare che intraprendano tutte quelle riforme complesse e faticose, che implicano grandi sacrifici e duro lavoro.
In particolare non possiamo dimenticarci degli europei nei paesi dei Balcani e nell’Europa dell’Est. La politica di vicinato europea è un valido strumento per regolare la cooperazione con i paesi vicini nel nostro continente. Tuttavia i nostri vicini europei dell’Unione hanno diritto a una politica di cooperazione più trasparente ed efficace, che non si attua nel susseguirsi di anticamere e sale d’attesa. Se si stanno spendendo così tante energie nella creazione di un’Unione per il Mediterraneo, sostenuta in particolare dalla Francia, allora indirizziamo almeno le stesse energie nella creazione di Euronest.
15. Detenuti palestinesi nelle carceri israeliane (discussione)
Presidente. − L’ordine del giorno reca la discussione su:
- l’interrogazione orale al Consiglio sui prigionieri palestinesi detenuti nelle prigioni israeliane (O-0040/2008 - B6-0166/2008);
- l’interrogazione orale alla Commissione sui prigionieri palestinesi detenuti nelle prigioni israeliane (O-0041/2008 - B6-0167/2008);
Luisa Morgantini, autore. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, a 47 parlamentari di diversi gruppi politici abbiamo posto una domanda semplice: che cosa intendono fare Consiglio e Commissione per la violazione delle convenzioni internazionali da parte delle autorità israeliane nei confronti dei prigionieri palestinesi? La stragrande maggioranza è incarcerata è incarcerata in territorio israeliano, violando l’articolo 76 della Convenzione di Ginevra: arresti arbitrari, rastrellamenti, detenzione amministrativa, torture e abusi durante gli interrogatori nei luoghi di detenzione. Uomini, donne, adolescenti, studenti, parlamentari e sindaci, circa 10 000 persone incarcerate su una popolazione di tre milioni e mezzo di persone; divieto di ricevere visite e così vi sono prigionieri che da anni non possono incontrare fratelli, sorelle, madri, padri e divieto comunque per chi ha tra i 16 e i 35 anni.
Tutto è documentato da organizzazioni internazionali, Amnesty International, Nazioni Unite e ammirevoli organizzazioni israeliane come B’Tselem e Hamoked, o palestinesi come Addameer, Defence for Children International. Eppure non vi sono pressioni sulle autorità israeliane perché rispettino le convenzioni e le regole che essi stessi ratificano e che noi anche ratifichiamo.
Ma vorrei leggere una testimonianza, l’appello di una madre: “Sono la madre del prigioniero Said Al Atabeh, di Nablus. Mio figlio è in carcere dal ‘77, ho 78 anni, soffro di ipertensione, diabete, sto perdendo la vista e non riesco neanche più a camminare dentro la mia casa. Forse vi stupirete ma il mio unico desiderio in questa vita è di vedere mio figlio e dargli un caldo abbraccio prima di morire. Tutti i miei figli, ragazzi e ragazze, ora sono cresciuti, si sono sposati e hanno lasciato la mia casa. A Said è stato tolto tutto e io non lo posso vedere, non per vecchiaia o per malattia, ma perché le autorità israeliane mi negano il permesso di visitarlo per motivi di sicurezza, dicono. Sono riuscita a far visita a Said solo una volta, trasportata da un’ambulanza israeliana in cooperazione con la Croce rossa e questo otto anni fa, dopo 29 anni dalla sua detenzione. E’ stata la prima e ultima volta in cui ho abbracciato il mio amato figlio. Mi ha stretto e mi ha detto “Mamma, è come se io nascessi ancora una volta a questa vita”. Quei minuti, per me e per lui, sono stati i più belli, ma l’attimo in cui ci siamo separati l’uno dall’altra è stato il più duro e doloroso”. Questa madre fa un appello: “Lo voglio rivedere ancora una volta”.
Noi possiamo permettere questo? Possiamo permettere che un uomo che è in carcere da 32 anni non possa neppure vedere la madre? Dove stanno le regole internazionali? Dove sta l’umanità, io mi chiedo? Io credo che come Consiglio, come Commissione, come Parlamento, noi dobbiamo dire con molta forza e con molta onestà che le regole internazionali vanno rispettate, che i prigionieri palestinesi, e sono 10 000, ripeto, devono essere liberi di fare la pace tra palestinesi e israeliani.
Jean-Pierre Jouyet, Presidente in carica del Consiglio. − (FR) Signor Presidente, signor Commissario, Vicepresidente Morgantini, onorevoli colleghi, avete sollevato le questioni della prigionia e della detenzione amministrativa da parte degli israeliani di cittadini palestinesi, tra cui minori, e del trattamento riservato loro nei territori occupati e in Israele.
Il Consiglio ritiene che le strategie e le pratiche penali debbano sempre e comunque rispettare i principi fondamentali dei diritti umani custoditi nel diritto internazionale, in particolare nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e nel Patto internazionale sui diritti civili e politici.
Qualunque forma di detenzione che si possa dire arbitraria dovrebbe essere bandita, soprattutto se la persona detenuta non è stata informata delle accuse a suo carico. Il diritto ad avere un processo giusto e pubblico con un tribunale imparziale e indipendente è un principio sacrosanto in un paese in cui vige lo Stato di diritto. Il ricorso a tribunali speciali deve avvenire solamente in casi molto limitati e ben definiti.
Un altro obbligo fondamentale è quello di trattare i detenuti in modo corretto e, naturalmente, di proibire tassativamente e impedire la tortura e qualsiasi altra forma di comportamento disumano e umiliante nei confronti dei prigionieri.
Il Consiglio riconosce che la situazione dei diritti umani in Medio Oriente desta preoccupazione. Ciononostante, accoglie di buon grado che il dialogo tra Unione europea e lo stato di Israele verta su tanti argomenti, tra cui la situazione dei territori palestinesi. Nei contatti politici UE/Israele i diritti umani sono argomento di continua discussione a tutti i livelli e su base continuativa.
E’ per questo che, nella dichiarazione del 16 giugno 2008, pubblicata a conclusione dei lavori del Consiglio di associazione UE-Israele, l’Unione europea ha richiesto di trasformare in sotto-comitato permanente il gruppo non-ufficiale di discussione sui diritti umani.
Il Consiglio è informato dei fatti esposti dagli onorevoli parlamentari, specialmente dal Vicepresidente, e sollevati in particolare nell’ultima relazione dell’onorevole John Dugard, Referente speciale ONU sulla situazione dei diritti umani nei territori palestinesi, nonché da varie organizzazioni non-governative.
Il Consiglio ha avuto modo di manifestare la sua inquietudine e ha chiesto ripetutamente la liberazione di un maggior numero di prigionieri palestinesi. Ha inoltre ribadito la convinzione che il processo politico intrapreso ad Annapolis nel novembre 2007, che deve essere accompagnato da dimostrazioni di fiducia sul campo, rappresenta l’unico mezzo per raggiungere una soluzione negoziale tra le parti, fondata sulla coesistenza dei due stati: uno stato palestinese indipendente, democratico e autosufficiente, che viva pacificamente a fianco a uno stato israeliano con confini certi e sicuri.
A questo riguardo, e nella prospettiva di ricostruire la fiducia tra le parti, coinvolgendo la popolazione civile nell’attuale processo politico, il Consiglio invita Israele a intraprendere iniziative significative, in particolare come priorità la liberazione di donne, bambini e rappresentanti regolarmente eletti che si trovano in prigione o in detenzione amministrativa.
(Applausi)
In riferimento all’invocazione degli strumenti del diritto internazionale, come menzionato dalla Vicepresidente Morgantini, il Consiglio ribadisce la sua posizione, che il diritto internazionale deve essere salvaguardato e sviluppato, come specificato nella strategia europea in materia di sicurezza adottata dal Consiglio nel dicembre 2003.
Ci tengo a sottolineare che la Presidenza, a nome dell’Unione europea, ha accolto con piacere la firma dell’accordo di scambio tra Israele e Hezbollah, della quale siamo giunti a conoscenza lunedì. L’accordo prevede il ritorno dei corpi dei combattenti Hezbollah e il rilascio di prigionieri palestinesi in cambio della consegna dei corpi dei soldati israeliani Ehud Goldwasser e Eldad Regev, catturati nel 2006.
Ci auguriamo che lo scambio avvenga come pattuito, ma questo fatto rivela, per il futuro, quanto la questione “prigionieri” in Medio Oriente sia complessa, e quanto importante sia risolverla.
Il Consiglio sottolinea che il processo politico, come definito nella road map, rappresenta l’unico modo per trovare una soluzione negoziale tra le parti e, come da me anticipato ed esattamente nei termini da me indicati, la coesistenza dei due stati.
Benita Ferrero-Waldner, Membro della Commissione. − (EN) Signor Presidente, innanzitutto vorrei dire alla Vicepresidente Morgantini che la questione che ha sollevato oggi mi tocca da vicino. Lo scorso febbraio, anch’io ho incontrato il ministro palestinese per gli Affari dei detenuti presso la sede della società della signora Fadwa Barghouti, moglie di Marwan Barghouti, che al momento si trova in prigione. Li ho ascoltati con molta attenzione. La loro descrizione della situazione dei prigionieri combacia con quella delle relazioni citate dagli onorevoli membri, e da lei in particolare, nelle interrogazioni.
Vorrei dunque precisare che sono molto preoccupata per la violazione dei diritti umani e esprimo grande solidarietà per le sofferenze dei palestinesi detenuti nelle prigioni israeliane.
La Commissione è fortemente consapevole della responsabilità di Israele in quanto forza di occupazione, e di quanto queste condizioni siano in conflitto con il diritto internazionale. E’ per questo che, ad esempio, regolarmente solleviamo, in contesti ufficiali e non, il problema della detenzione amministrativa con le nostre controparti israeliane. Il caso specifico da lei citato mi tocca profondamente e se potessi avere la documentazione relativa, cercherei di fare il possibile. C’è forse una possibilità che questa madre veda ancora suo figlio.
L’Unione europea ha richiesto molte volte l’immediato rilascio dei legislatori palestinesi detenuti in Israele. La Commissione è anche informata dei bambini palestinesi trattenuti nelle prigioni israeliane e nei centri detentivi. Tutto ciò contravviene sia alla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del bambino che fissa l’età minima dei minori fino a 18 anni, sia alla quarta Convenzione di Ginevra che stabilisce che i prigionieri debbano essere detenuti all’interno dei territori occupati. Questi prigionieri bambini sono particolarmente vulnerabili, lo sappiamo bene, e quindi devono essere trattati in conformità con il diritto internazionale.
Dobbiamo prestare maggior attenzione alla situazione dei bambini colpiti dal conflitto. Ed è per questo che l’Unione europea ha aggiunto Israele e i territori palestinesi occupati nella lista dei paesi urgenti per l’applicazione degli orientamenti dell’Unione europea sui bambini e i conflitti armati.
In sintonia con questi orientamenti, l’Unione integra tutti gli aspetti relativi ai diritti e al benessere dei bambini colpiti dal conflitto nel dialogo politico con Israele. L’UE inoltre opera a stretto contatto con agenzie delle Nazioni Unite, così come con ONG israeliane e palestinesi attivamente impegnate a monitorare, a divulgare e a difendere i diritti dei bambini.
Il rispetto dei diritti dell’uomo e del diritto internazionale è un valore fondamentale dell’Unione europea, nonché un elemento essenziale della nostra politica estera. Di conseguenza la protezione di detti diritti è un tema chiave nelle relazioni con Israele, come testimoniano i dialoghi avuti in merito con le autorità israeliane a vari livelli.
Sia la Commissione, negli incontri con le autorità israeliane, che io personalmente, nelle riunioni con i politici israeliani, continueremo certamente ad esigere da Israele la piena osservanza del diritto e delle convenzioni internazionali. Di recente, in occasione dell’ultimo Consiglio di associazione con Israele, l’Unione europea ha dichiarato l’intenzione di istituire un sotto-comitato ufficiale sui diritti dell’uomo, che rappresenterebbe un importante passo in avanti per formalizzare ulteriormente il dialogo su questi temi.
L’articolo 2 dell’accordo di associazione UE-Israele ricorderà ad entrambi che alla base delle loro relazioni bilaterali c’è il rispetto dei diritti dell’uomo e dei principi democratici. Pensiamo che il dialogo sia il mezzo più promettente per esercitare pressioni positive su Israele e non abbiamo paura di sollevare questioni spinose, come quella su cui gli onorevoli colleghi hanno indagato.
Concordo appieno con la Presidenza quando suggerisce di valutare tutto ciò nell’ottica del conflitto mediorientale, e quindi penso che la soluzione stessa del conflitto in fondo attenuerebbe o addirittura risolverebbe la questione dei prigionieri.
Charles Tannock, a nome del gruppo PPE-DE. – (EN) Signor Presidente, ancora una volta le forze anti-israeliane all’interno di questo Parlamento non perdono occasione per attaccare lo stato ebreo e ancora una volta chi tra noi crede in una discussione equilibrata e in una pace vera in Medio Oriente si vede costretto a difendere Israele, che, dopo tutto, è un paese democratico, minacciato nell’esistenza stessa dai terroristi della jihad e dai loro sostenitori, che sono proprio quei prigionieri in detenzione amministrativa di cui stiamo parlando.
In riferimento alla questione dei bambini, anche loro sono stati tristemente trascinati e assoldati nell’intifada dai terroristi, addirittura come potenziali kamikaze.
In particolare metto in dubbio la necessità di questa mozione per una risoluzione in un momento come questo di tregua con Hamas, che ha appena smesso di lanciare missili su civili israeliani da Gaza, e anche dopo uno scambio di prigionieri tra Israele e Hezbollah, per cui cinque terroristi prigionieri sono tornati a casa dalle loro famiglie mentre due soldati israeliani ritorneranno dentro sacchi per cadaveri. Uno di questi terroristi – Samir Kuntar – ha ucciso prima un giovane israeliano affogandolo e poi sua figlia, sbattendola contro delle rocce e fracassandole il cranio con il calcio del fucile. Ha anche ucciso un poliziotto. I terroristi palestinesi responsabili del dirottamento dell’Achille Lauro – occasione in cui hanno ucciso un anziano ebreo, gettandone poi il corpo in mare – hanno chiesto il rilascio di Kuntar.
Qualsiasi democrazia che stringe accordi con i terroristi paga un prezzo altissimo, e ciò è doppiamente vero nel caso di Israele. Samir Kuntar ha giurato di riprendere la jihad contro Israele ora che è libero.
E’ per questo che applaudo la coraggiosa decisione di Israele. Mi auguro che alla fine porti risultati positivi, ma temo che ciò non avvenga, perché è chiaro che quelli che vogliono la distruzione di questo stato diventano sempre più forti grazie a politici quali la Vicepresidente Morgantini, che propone risoluzioni di questo tipo in un momento del genere.
Nell’occuparsi di questo argomento, forse le piacerebbe esaminare la denuncia apparsa sulla stampa britannica del ricorso abituale alla tortura nelle prigioni palestinesi perpetrata da Hamas a Gaza contro la loro stessa gente e, forse molto più sorprendente, dall’Autorità palestinese stessa.
Véronique De Keyser, a nome del gruppo PSE. – (FR) Signor Presidente, di recente ho partecipato alla conferenza di Berlino, la cui priorità era il ripristino dello Stato di diritto nei territori occupati. Quello che vale per la Palestina, uno stato in continuo divenire, vale maggior ragione per Israele. E a questo riguardo il destino dei prigionieri palestinesi è un vero paradigma, perché stiamo parlando delle sorti di più di 8500 prigionieri palestinesi, delle ragioni e delle condizioni della loro detenzione.
Vorrei sottolineare che 48 membri del Consiglio legislativo palestinese, regolarmente eletti, sono al momento in prigione. Questo è inaccettabile. Che la stragrande maggioranza dei detenuti sono stati trasportati in carceri israeliane, in violazione della Convenzione di Ginevra, che proibisce il trasferimento dei detenuti dai territori occupati a quelli dell’occupante. Questo è inaccettabile. Che il codice penale applicato ai territori occupati vale solo per i palestinesi e non per i coloni. In parole povere, ciò che è reato per un gruppo non lo è per un altro. Questo è inaccettabile. Che circa 100 donne sono state imprigionate e, tra di loro, quelle che sono incinta o allattano non ricevono le cure richieste dalla loro condizione. Questo è inaccettabile. Che 310 minori sono detenuti nelle stesse condizioni degli adulti, sebbene Israele sia tra i firmatari della convenzione sui diritti del bambino. E che nessuno osi dirmi quello che ho già sentito, e cioè che a 15 anni questi piccoli arabi sono già degli adulti, capaci di tutto.
Di chi è la colpa, onorevole Tannock, se non dell’occupazione che li ha privati della fanciullezza? E la lista continua: torture, maltrattamenti, diritti alla difesa inesistenti, assenza di processo, e così via. Vorrei farvi notare che questi fatti sono documentati sia da fonti israeliane che internazionali. Naturalmente il Parlamento europeo non può far finire il conflitto con un colpo di bacchetta magica, ma vi assicuro che porterà i diritti dell’uomo al centro del riesame dello status di Israele, che verrà discusso nel corso dell’anno. L’articolo 2 di questo accordo dice chiaramente: “Le relazioni fra le arti, così come tutte le clausole dell’Accordo medesimo, saranno basate sul rispetto dei diritti umani e dei principi democratici, rispetto che guida la politica interna e internazionale delle parti e costituisce un elemento essenziale di questo Accordo.”
Naturalmente lo scambio deve avvenire. Lo scambio e il rilascio di prigionieri ad esempio come Gilad Shalit, da un lato, e Salah Hamouri, dall’altro, deve essere negoziato. E mi fa molto piacere che l’accordo di scambio sia stato firmato con Hezbollah. Vorrei comunque ricordare alle nostre controparti israeliane che per il Parlamento europeo i diritti umani non sono negoziabili. Ed è per questo che sono molto felice, e mi congratulo con lei, signor Ministro, in quanto rappresentante del Consiglio, e lei, signor Commissario, per la fermezza delle sue parole, che dimostrano che le tre istituzioni che rappresentiamo fanno veramente un’Unione europea.
Marios Matsakis, a nome del gruppo ALDE. – (EN) Signor Presidente, in merito a questo argomento parlo a titolo personale.
Abbiamo assistito in Israele al succedersi di governi che hanno portato avanti una politica atta a contrastare il desiderio palestinese di vivere liberamente nella propria terra, attraverso il pugno di ferro e la minaccia delle armi, ricorrendo all’uso arbitrario di arresti, prigionie, torture e omicidi di civili, tra cui donne e bambini. Tutto ciò è poco saggio, perché non c’è consapevolezza che i veri problemi di sicurezza che Israele effettivamente deve affrontare non si risolvono in questo modo disumano. Al contrario l’uso di tanta brutalità non può che portare ancora violenza e logorare lentamente qualunque sostegno internazionale di cui possono aver goduto in passato.
E’ da tanto arrivato il momento che i vertici dell’Unione europea coraggiosamente avvertano i rappresentanti politici ebrei che, continuando a comportarsi come gerarchi nazisti e a credere che il sostegno americano e dei filo-americani in Europa (tra cui anche europarlamentari) sia eterno, porteranno tristemente ma inevitabilmente e con precisione matematica il loro stato all’annientamento.
Hélène Flautre, a nome del gruppo Verts/ALE. – (FR) Signor Presidente, Obeida Assida è uno studente palestinese, arrestato nel 2003 all’età di 17 anni, attualmente in detenzione amministrativa in Israele, senza accuse a suo carico e senza processo. Saed Yassine è un palestinese difensore dei diritti umani, di 34 anni, trattenuto in detenzione amministrativa in Israele dal 2006. Non ci sono accuse a suo carico né nulla contro di lui, e sua moglie e i suoi figli sono riusciti a vederlo solo tre volte. Noura al Hashlamoun è una casalinga di 36 anni, madre di tre figli, in detenzione amministrativa in Israele dal settembre 2006, senza accuse né processo. Marwan Barghouti, il promotore e l’autore del documento dei prigionieri è trattenuto in Israele dall’aprile del 2002. A questo proposito vorrei attirare l’attenzione degli onorevoli colleghi che una petizione per il suo rilascio sta ancora circolando e tutti potete firmarla in qualsiasi momento.
Tutti sanno che se dovessi scorrere tutta la lunga lista di migliaia di prigionieri palestinesi attualmente detenuti nelle prigioni israeliane, in totale spregio della legislazione internazionale e dei diritti dell’uomo, dovreste concedermi un bel po’ di tempo in più. Tuttavia ciascuno di loro, con le proprie famiglie meriterebbe un lungo discorso, perché non è stato risparmiato loro nulla – brutali interrogatori che possono durare anche 188 giorni e che fanno ricorso alla tortura, è risaputo; confessioni e sentenze da firmare in ebraico; detenzione senza fondamento in Israele, fuori dalla loro terra, arbitrariamente rinnovabile ogni sei mesi; sottostare ad una giurisdizione militare creata ad hoc e discriminatoria che non ha alcuna giustificazione legale; nessuna possibilità di avere un avvocato difensore nei primi 90 giorni della carcerazione e diritti di visita praticamente inesistenti.
L’onorevole De Keyser ha ragione quando dice che è esattamente questo che l’Unione europea non può accettare. Tutto ciò è assolutamente inaccettabile. E ci dite anche che questa nuova occasione di dialogo verrà sfruttato. Perché dovremmo credere che domani l’Unione europea, voi, la Commissione e il Consiglio, sarete più capaci di imporre il rispetto di quelle clausole già incluse nell’accordo esistente, domani, con…
(Il Presidente interrompe l’oratore)
Kyriacos Triantaphyllides, a nome del gruppo GUE/NGL. – (EL) Signor Presidente, nel corso della nostra precedente seduta plenaria del 16 giugno a Strasburgo, lei ha rilasciato una dichiarazione sulla situazione palestinese, dichiarazione che rifletteva le scoperte deludenti del comitato ad hoc che, su sua iniziativa, ha visitato i territori palestinesi a inizio giugno registrando le squallide condizioni di vita di questo popolo, imposte dall’occupazione israeliana.
E’ giunto il momento che il Consiglio e la Commissione rispondano delle azioni che intendono intraprendere per assicurarsi che le forze di occupazione, vale a dire lo stato di Israele, agiscano nell’osservanza del diritto internazionale in riferimento alle condizioni dei palestinesi detenuti nelle prigioni israeliane.
Oggi noi, membri del Parlamento europeo, chiediamo al Consiglio e alla Commissione di darci una spiegazione sul fatto che il 16 giugno hanno potenziato i rapporti tra l’Unione europea e Israele, in un momento in cui 11 000 detenuti, tra cui 376 bambini, 118 donne e 44 membri del Consiglio legislativo palestinese, così come 800 detenuti amministrativi, sono trattenuti nelle prigioni israeliane, in violazione del diritto internazionale.
Ritorneremo in visita in Palestina tra due mesi. Nel frattempo vi chiediamo di pretendere, a nome di tutto il Parlamento, che le autorità israeliane rilascino immediatamente sia tutti i bambini detenuti nelle loro prigioni, che tutti coloro per i quali non sono state osservate le normali procedure giudiziarie…
(Il Presidente interrompe l’oratore)
Nickolay Mladenov (PPE-DE). - (EN) Signor Presidente, credo che tutti in questa sede, compresa la Commissione e il Consiglio e tutti i politici europei, siano convinti che la tutela dei diritti umani dell’individuo sia un dovere fondamentale in tempo di guerra e terrorismo molto di più che in tempo di pace e sicurezza. Credo che tutti condividiamo quest’idea.
Questa è un’opinione condivisa anche dalla corte suprema israeliana, che in occasione di alcune decisioni ha confermato i diritti sia dei prigionieri palestinesi che dei querelanti contro le azioni delle forze armate israeliane o del governo.
Permettetemi di ricordare che nel 1991, poiché Israele si aspettava un attacco con armi chimiche e biologiche, la sua corte suprema ha sostenuto una petizione che diceva letteralmente che il potere che una società ha di fronteggiare i suoi nemici si basa sulla capacità di riconoscere che sta combattendo per valori che meritano di essere difesi. Il miglior alleato nella difesa dei diritti dei prigionieri palestinesi in Israele è la corte suprema israeliana. Ritengo che è a questo sistema legale di un paese democratico come Israele che ci si dovrebbe rivolgere per presentare tutte le preoccupazioni emerse in questa sede.
Ma chiedo ancora ai membri di questo Parlamento: quale convenzione protegge i diritti di coloro che sono stati rapiti o terrorizzati o uccisi negli ultimi anni? Presso quale tribunale si è potuto appellare Alan Johnson per il suo rapimento? Quali diritti di visita sono stati concessi a Gilad Shalit? Quali diritti aveva Ophir Rakhum, di anni 16? Quale tutela legale ha ricevuto?
Esorto i membri di questo Parlamento, li esorto in tutta onestà e dal profondo del mio cuore, a sostenere e ad assecondare la Commissione e il Consiglio nell’equilibrato atteggiamento nei confronti di questo conflitto e nella tutela dei diritti di coloro i cui diritti sono stati calpestati. Non dobbiamo appoggiare una delle parti così compromettendo la capacità dell’Unione europea di sostenere e assecondare il processo di pace in Medio Oriente, come sta facendo ora.
Richard Howitt (PSE). - (EN) Signor Presidente, vorrei incominciare col dire che il Presidente in carica di Amnesty International ha dichiarato che 8 500 palestinesi, provenienti dai territori occupati e prigionieri in Israele, sono detenuti in violazione dell’articolo 76 della Convenzione di Ginevra, e che per molti di loro le visite dei familiari sono impossibili a causa dei limitati permessi di viaggio. Per quanto concerne le visite consentite, sebbene le norme internazionali sui diritti umani stabiliscano che è compito di Israele assicurarsi che le visite ai detenuti palestinesi siano garantite, è invece la comunità internazionale, attraverso il Comitato internazionale della croce rossa, che ne ha sostenuto i costi. Per questo è giusto che noi membri del Parlamento europeo invitiamo il Consiglio ad agire.
Anch’io ho incontrato la signora Barghouti, come il Commissario Ferrero-Waldner, che voglio anche ringraziare per aver fatto riferimento ai nostri colleghi parlamentari del Consiglio legislativo palestinese, che figurano tra i prigionieri.
Per quanto io convenga con gli onorevoli Mladenov e Tannock sul fatto che anche il rapimento di cittadini israeliani e il divieto di visita per i loro familiari costituiscano ugualmente una violazione del diritto internazionale, mi rincresce che l’onorevole Tannock abbia cercato di dipingere l’onorevole Morgantini, co-autore, come una persona impegnata nella distruzione di Israele, mentre sia io che lei sosteniamo i diritti dell’uomo e il diritto umanitario internazionale.
Frédérique Ries (ALDE). - (FR) Signor Presidente, è la spinosa questione della difficoltà di salvaguardare i nostri valori democratici nella lotta contro il terrorismo a incalzare la discussione di oggi. Purtroppo non ho il tempo di ripercorrere punto per punto i testi sottoposti alla nostra attenzione dagli onorevoli colleghi, neppure quelli per iscritto, e non ripeterò le osservazioni già sollevate dal collega, l’onorevole Mladenov, in riferimento alla Corte suprema israeliana.
Ciononostante, voglio parlare della questione dei minori. Ebbene sì, in prigione ci sono dei minori, soprattutto adolescenti, che Hamas manovra e manda a morire, armati di granate o cinture esplosive. Onorevoli colleghi, avete parlato di diritto internazionale. Esso condanna anche il reclutamento dei bambini soldato. Ogni giovane in prigione rappresenta un fallimento per qualsiasi società. Israele è vincolato nell’affrontare questa sfida dal diritto internazionale, ma la vera tragedia sta nella perdita della pace per un’intera generazione di palestinesi.
Solo una parola su Gilad Shalit. Penso di poter dire che è un prigioniero cittadino sia israeliano che francese, che merita qualcosa di più del colpevole silenzio cui è condannato dall’infondata indignazione di alcuni degli onorevoli colleghi. Per non parlare del contesto politico globale citato dal segretario di Stato e dal Commissario.
Signor Presidente, vorrei chiudere il mio intervento con le fragilissime, ma concrete, tregue che hanno preso piede su vari fronti. Vorrei solo aggiungere, in termini più generali, che quello che critico è l’ossessione di alcuni tra i presenti di dover parlare in ogni seduta di come uno stato democratico dovrebbe essere organizzato.
Caroline Lucas (Verts/ALE). - (EN) Signor Presidente, ho perso il conto delle volte che in questa sede ci siamo levati a condannare le autorità israeliane per le sistematiche violazioni dei diritti umani del popolo palestinese.
L’occupazione, il muro di separazione, l’assedio di Gaza e la lista continua. Oggi ci concentriamo sulla terribile situazione dei prigionieri palestinesi, tra cui 44 membri del Consiglio legislativo, che sono le nostre controparti, i nostri colleghi, che si stanno consumando in prigione senza accuse né processo.
La mia domanda è questa: quando il Consiglio europeo si deciderà a intervenire? Quante altre violazioni del diritto internazionale ci vorranno? Quanti palestinesi ancora dovranno essere arrestati, imprigionati e torturati prima che l’UE la smetta di parlare soltanto di diritti dell’uomo e si dia da fare per difenderli?
Di questi tempi il solo prendere in considerazione il potenziamento delle relazioni UE-Israele dimostra sconvolgente negligenza nei confronti delle nostre responsabilità verso il popolo palestinese. La mancata invocazione dell’articolo 2 dell’accordo di associazione è indice della più vergognosa viltà politica.
Non ce l’abbiamo con il popolo di Israele, parte del quale si è unita alla nostra condanna delle autorità israeliane. A questo punto no ce l’ho neppure con Israele, ma col Consiglio europeo e il grottesco fallimento della sua leadership politica.
Chris Davies (ALDE). - (EN) Signor Presidente, concordo pienamente con Caroline Lucas. E’ ironico che la nostra prossima discussione verta sullo Zimbabwe. Mugabe non ha gradito il risultato delle elezioni e da allora vi ha posto rimedio: adesso arresta i parlamentari alla ricerca di un nuovo equilibrio, ma fa anche di peggio. E per questo lo condanneremo senza eccezioni.
Naturalmente il paragone è molto distante, però due anni e mezzo fa abbiamo pagato per le elezioni in Palestina. Israele non ha gradito il risultato, così ci siamo rifiutati di riconoscere il nuovo governo. Da allora Israele ha arrestato più di 40 parlamentari: avversari politici, persone che non hanno sparato un colpo, ma che sono uscite dalle urne.
Non abbiamo intenzione di applicare sanzioni, al contrario, cerchiamo cooperazioni più strette con Israele. A questo punto, signor Commissario e signor Ministro, le contraddizioni saltano all’occhio. Dite di avere un atteggiamento equilibrato, ma quale prova abbiamo che stia raggiungendo qualche risultato?
Sarah Ludford (ALDE). - (EN) Signor Presidente, non voglio con questo scagionare Israele, ma non aiuta affatto che il Parlamento europeo distingua solo una delle parti – Israele, appunto – in un conflitto complesso, in cui la violazione dei diritti dell’uomo esige un atteggiamento equilibrato. E’ un brutto momento per discutere solo di quello che fa Israele.
Non stiamo forse dimenticando che il nostro scopo principale è quello di incoraggiare le parti a trovare una soluzione pacifica che preveda due Stati? Solamente se le nostre critiche si dimostreranno accurate, costruttive e non di parte verranno ascoltate da entrambi e avranno maggiori prospettive di essere efficaci.
Penso che “Human Rights Watch” e Martin Scheinin dell’ONU abbiano raggiunto questo livello. Quest’ultimo ha sottolineato l’importanza delle decisioni della corte suprema israeliana – completamente assente nell’interrogazione orale. Persino John Dugard nella sua relazione si è detto profondamente preoccupato e ha condannato le violazioni dei diritti umani di palestinesi contro altri palestinesi e di palestinesi contro israeliani. Nessuna menzione di ciò è stata fatta.
Mi rincresce che Israele si basi ancora sulle norme d’emergenza del 1945 ereditate dal potere coloniale britannico, ma non significa nulla che siano state applicate tanto ai terroristi ebrei a Hebron quanto al popolo palestinese.
John Bowis (PPE-DE). - (EN) Signor Presidente, non è questione di terroristi arrestati, processati, detenuti e imprigionati; è semplicemente questione di persone catturate e trattenute. E’ soprattutto questione di bambini, non bambini soldato – è vero che alcuni di loro hanno lanciato sassi e altro, ma sono pur sempre dei bambini.
Immaginate questa Camera piena di bambini. Prendetene metà, mettetegli dei sacchi sulla testa, legategli le mani dietro la schiena, portateli via senza dire ai loro genitori dove li state portando, metteteli in prigione, in stanze di un metro e mezzo quadrato senza finestre e accendete la luce, non date loro cure mediche, proibite loro ogni visita dall’esterno e simili, non permettete che sia dato loro alcun cambio di vestiti. E’ questo di cui stiamo parlando e di cui la convenzione ONU sui diritti del bambino dovrebbe occuparsi.
Il mio appello ad Israele è: per l’amor del cielo, non ti stai facendo molti amici in questo modo. Ti prego, Israele, ti supplico: libera i bambini!
Ignasi Guardans Cambó (ALDE). - (EN) Signor Presidente, è proprio perché alcuni di noi considerano Israele una democrazia – uno stato democratico – e perché l’Unione europea lo tratta come tale, che esigiamo che renda conto dello Stato di diritto. Se non fosse un paese democratico, non potremmo farlo.
Non esiste Corte suprema per gli esclusi da tutto il sistema giudiziario. Conosciamo quello che dice la Corte suprema, però quando sei in detenzione amministrativa e non hai accesso ad alcun tribunale, non c’è sentenza della Corte suprema che possa proteggerti.
Il conflitto non può essere una scusa per queste violazioni. Rimanere neutrale e trattare queste persone come se non esistessero non significa mantenere un atteggiamento equilibrato. Questi individui sono agli arresti senza alcuna garanzia, senza processo; le loro famiglie sono fuori di sé. Spesso le loro case sono distrutte e le loro famiglie punite per quello che queste persone hanno fatto o sono accusate di aver fatto: tutto ciò merita una reazione da parte dell’Unione europea.
Frieda Brepoels (PPE-DE). - (NL) Vorrei ricordare all’onorevole Tannock che questa istanza è stata sollevata non solo dalla Vicepresidente Morgantini, ma anche dai Vicepresidenti del Parlamento McMillan-Scott e Kratsa-Tsagaropoulou del gruppo “PPE-DE”, e dagli onorevoli Bowis, Kasoulides e da me stesso. Questo per mettere le cose in chiaro fin dall’inizio. In quanto membro della delegazione parlamentare per le relazioni con il Consiglio legislativo palestinese ho personalmente sperimentato in varie occasioni cosa significa non poter incontrare i colleghi regolarmente eletti, perché si trovano in carcere.
Cosa si può dire delle tante donne e bambini sparsi nelle varie prigioni fuori dai territori palestinesi, per i quali le visite degli avvocati e delle famiglie sono quasi impossibili? Tutti hanno parlato delle condizioni quotidiane e dell’assenza di cure mediche. Per quanto tempo ancora la comunità internazionale e l’Unione europea continueranno a tollerarlo? Invito la Commissione e il Consiglio a riportare sotto controllo questa situazione inaccettabile.
Bernard Lehideux (ALDE). - (FR) Signor Presidente, vorrei fare solo due osservazioni.
La prima è che in questa sede alcune questioni sono recepite in modo quanto meno curioso: vengono condannate e messe in discussione sempre le stesse persone. Provate a condannare Cuba in questa sede per la presenza di prigionieri politici nelle sue carceri. E avete il coraggio di sindacare sul modo con cui ci si occupa di diritti umani nel Parlamento europeo.
La seconda osservazione è che esiste una soluzione per assicurarsi che Israele rilasci chi deve essere rilasciato: basta con gli attacchi, con i bombardamenti dei villaggi israeliani, con l’uccisione di bambini, con gli attacchi con pale meccaniche, e basta far entrare bambini con le tasche piene di esplosivo. Solo a quel punto Israele rilascerà i prigionieri!
Antonio López-Istúriz White (PPE-DE). - (ES) Signor Presidente, le parole del Vicepresidente Morgantini sono commoventi e non possiamo fare a meno di dimostrare la nostra solidarietà per questi casi debitamente documentati di presunta violazione dei diritti umani dei prigionieri palestinesi. Dico debitamente a ragion veduta, perché alcuni onorevoli colleghi della sinistra hanno rivolto accuse molto serie e intollerabili allo stato di Israele. Sono mai stati accusati di uccidere donne e bambini o di agire come nazisti? E’ questo il modo di promuovere il processo di pace?
Vicepresidente Morgantini, so che la sua iniziativa si basa su un caso concreto, molto commovente, e che le sue intenzioni sono nobili. Tuttavia alcuni suoi colleghi sinistroidi hanno approfittato di quest’occasione, ancora una volta, per cercare di calpestare e umiliare il popolo di Israele.
Evidentemente non siamo ancora riusciti a spegnere l’antisemitismo di stampo sovietico che ancora caratterizza la mentalità di alcuni suoi colleghi qui in Parlamento.
Jean-Pierre Jouyet, Presidente in carica del Consiglio. − (FR) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, sarò breve dal momento che ho già spiegato i punti fondamentali nel mio discorso di apertura. Comunque la discussione fino ad ora è stata molto commovente per certi versi, e ci tengo a rassicurarvi che il Consiglio è consapevole dei fatti citati, e che continuerà a esternare la sua preoccupazione e a far ricorso agli strumenti del diritto internazionale.
La Presidenza continuerà a sollevare questa questione nei contatti politici tra l’Unione europea e Israele nel corso del nostro turno. Osserviamo anche che il processo politico in corso può andare avanti solo attraverso iniziative atte a rafforzare la fiducia a riguardo. La prosecuzione del processo di colonizzazione, il permanere di violenza e terrorismo, e il destino dei detenuti palestinesi ostacolano gli sforzi di pace, tanto quanto la situazione degli ostaggi israeliani nelle mani dei gruppi terroristici, penso in particolare a Gilad Shalit.
Per concludere con una nota positiva, volevo sottolineare davanti al Parlamento che l’Unione europea svolge un ruolo chiave in questo processo, grazie al suo essere membro del quartetto, alla sua condizione di fonte principale di finanziamento e alle sue azioni a sostegno dell’Autorità palestinese, e anche grazie alla sua posizione di referente fondamentale di Israele. L’Unione europea ha sempre riconosciuto il diritto di Israele di sentirsi al sicuro dentro confini riconosciuti, vivendo fianco a fianco con la Palestina, come ho già detto nella mia introduzione.
Presidente. − La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà nella prossima seduta nel settembre 2008.
16. Situazione in Zimbabwe (discussione)
Presidente. − L’ordine del giorno reca la dichiarazione del Consiglio e della Commissione sulla situazione nello Zimbabwe.
Jean-Pierre Jouyet, Presidente in carica del Consiglio. − (FR) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli deputati, in occasione delle elezioni presidenziali tenutesi di recente nello Zimbabwe, Robert Mugabe è stato rieletto presidente del paese per altri 5 anni. Il secondo turno di votazioni si è svolto dopo il ritiro dell’unico altro candidato, Morgan Tsvangirai, il che ha permesso al signor Mugabe di accaparrarsi l’85 per cento dei voti. Queste elezioni sono state giudicate una presa in giro della democrazia da parte di molti capi di Stato, anche africani, e da parte del segretario generale delle Nazioni Unite, che le considera illegittime.
Appena prestato giuramento, Mugabe si è immediatamente recato a Sharm el-Sheikh in occasione del vertice dell’Unione africana tenutosi il 30 giugno e il 1° luglio di quest’anno. Nel corso del vertice, la Nigeria ha sollevato un’accesa discussione in merito alle elezioni. E’ stata adottata una risoluzione, che esprimeva grande preoccupazione per la situazione in Zimbabwe, per la violenza e le uccisioni, sottolineando i resoconti critici redatti dagli osservatori elettorali della Comunità di sviluppo dell’Africa australe (Southern African Development Community – SADC), dell’Unione africana e del Parlamento panafricano.
La risoluzione, inoltre, esorta Mugabe e Tsvangirai a intraprendere un dialogo nell’interesse del popolo dello Zimbabwe, a instaurare un governo di unità nazionale, e a sostenere la missione di mediazione del SADC.
Di fronte a questi sviluppi, la comunità internazionale si sta mobilitando. Gli Stati Uniti hanno presentato una risoluzione al Consiglio di sicurezza dell’ONU chiedendo l’applicazione di sanzioni contro lo Zimbabwe – embargo, congelamento dei beni e divieto di viaggiare – allegando una lista di persone da sanzionare, tra cui Mugabe e altri politici, la maggior parte dei quali figurava già nella lista europea di sanzioni adottata nel 2002.
Anche il Canada ha potenziato le misure già intraprese e il Consiglio europeo del 20 giugno si è dichiarato disponibile ad adottare ulteriori iniziative, che verranno appositamente esaminate con il Commissario Michel il 22 luglio. La Presidenza dell’Unione europea ha fortemente condannato il secondo turno delle votazioni in quanto negazione della democrazia, subito dopo che esse hanno avuto luogo, vale a dire il 29 giugno. La Presidenza ha poi sottolineato, in una nuova dichiarazione del 4 luglio a nome dell’Unione europea, che non avrebbe accettato il fait accompli emerso dal fasullo ballottaggio del 27 giugno, intravedendo, come unica soluzione possibile, una formula di transizione sulla base dei risultati del primo turno delle elezioni.
E’ importante che anche l’Africa abbia espresso la sua inquietudine di fronte a una crisi di portata regionale, e che gli sforzi dell’Unione africana, in particolare, e del SADC vengano sostenuti. E’ necessario assicurarsi il rispetto dei i principi sanciti dalla Carta dei diritti dell’uomo e dei popoli dell’Unione africana. Sarebbe auspicabile che l’Unione africana e le Nazioni Unite venissero coinvolte in questo orientamento, in previsione di integrare la visione regionale del SADC con una prospettiva africana e internazionale.
Nella risoluzione l’Unione africana ha anche esortato gli stati o le parti coinvolte a non intraprendere azioni in grado di compromettere il clima di dialogo, segnale indirizzato soprattutto all’Unione europea. Ciononostante, l’UE non mancherà di ampliare la lista dei responsabili di violenze cui verranno indirizzate sanzioni mirate, quali il rifiuto del visto o il congelamento dei beni. L’UE deve anche riuscire a ottenere una limitazione delle esenzioni previste al divieto di visto e l’applicazione di sanzioni nuove, soprattutto economiche. Naturalmente, tutte queste iniziative di rappresaglia dipenderanno dai progressi dei negoziati.
I negoziati cominceranno il prima possibile, e credo che il Commissario lo confermerà, anche se l’esito è ancora incerto. A nostro avviso, dovranno rigorosamente basarsi sui risultati del primo turno di votazioni del 29 marzo, che è l’espressione più veritiera della volontà del popolo dello Zimbabwe, a differenza del secondo turno, che si è rivelato la negazione della democrazia. Come affermato dal candidato dell’opposizione Mugabe, una qualche forma di coalizione può costituire una misura temporanea in vista di nuove elezioni, libere, democratiche e trasparenti.
Infine vorrei ricordare che, nel loro ultimo vertice appena concluso, i membri del G8 hanno preso in considerazione ulteriori provvedimenti finanziari atti a colpire i responsabili delle violenze verificatesi durante le ultime elezioni. Siamo arrivati a questo punto e dobbiamo continuare a esercitare questa stessa pressione, allo scopo di metter la parola fine a quest’inaccettabile violazione della legge.
Louis Michel, Membro della Commissione. − (FR) Signor Presidente, signor ministro, onorevoli deputati, sono molto contento di poter condividere oggi, in questo scambio di opinioni, le prospettive future e le considerazioni sul ruolo che potremmo giocare nel trovare una soluzione alla crisi: una soluzione che venga accettata da tutti i principali attori politici, e soprattutto una soluzione duratura che apra una nuova epoca di prosperità per un paese e un popolo che ne hanno così bisogno.
Poco prima che questa sessione cominciasse, ho avuto modo di parlare con il Presidente Ping, della commissione per l’Unione africana, e circa mezzora fa ho avuto una discussione piuttosto lunga con il leader dell’opposizione Tsvangirai. E’ per questo che ho delle novità, ovviamente non ancora confermate in via definitiva, ma finalmente posso forse fornirvi informazioni più dettagliate e aggiornate.
Anzitutto, naturalmente, vorrei condividere con voi la mia profonda preoccupazione per la situazione. Mi è dispiaciuto molto, come ho pubblicamente detto prima e dopo le votazioni, che il secondo turno delle elezioni presidenziali abbia avuto luogo, come ha ricordato il ministro, a dispetto dei numerosi appelli di posticiparle lanciati dalla comunità internazionale, tra cui, fra l’altro, i partner africani dello Zimbabwe. L’atmosfera di estrema violenza politica e di intimidazione sistematica ha contaminato le elezioni privandole di ogni legittimità e credibilità.
Ho ripetuto pubblicamente, così come ha fatto la Presidenza dell’Unione europea, che, viste e considerate le condizioni in cui si è svolto il secondo turno delle votazioni, accordare una qualsiasi legittimità al presidente emerso in quest’occasione è assolutamente fuori questione. Non dobbiamo stancarci di ripetere che questa vittoria è stata ottenuta in modo scorretto ed è molto lontana dalla spirito di rinascita democratica che oggi anima l’Africa. Il vertice dell’Unione africana, tenutosi in Egitto e a cui ha partecipato anche il Presidente Mugabe, ha assistito a un dibattito molto teso e appassionato tra leader africani, descritto da molti come senza precedenti.
La risoluzione dell’Unione africana è critica nei confronti del Presidente Mugabe, cui fa appello affinché cerchi un accordo politico con Morgan Tsvangirai, il leader dell’MDC (Movement for Democratic Change) allo scopo di formare un governo di unità nazionale. Inoltre l’Unione africana ha chiesto al SADC di continuare il compito di mediazione per arrivare a un accordo politico. Potremmo certo considerare questa risoluzione inadeguata. Potremmo soprattutto criticare il fatto che l’Unione africana non si sia espressa chiaramente sulla legittimità o meno del Presidente Mugabe, ma dobbiamo riconoscere che, nelle attuali circostanze, la risoluzione costituisce un risultato notevole. Naturalmente a questo punto la storia non è finite. E’ importante che l’Unione Africana e il SADC diano prova di impegno nel trovare una soluzione politica.
Da questo punto di vista l’Unione europea e alter controparti internazionali hanno chiaramente espresso cosa si aspettano di vedere. Questo accordo politico può essere concluso unicamente in base ai risultati del primo turno delle votazioni, riflesso delle opinioni del popolo dello Zimbabwe espresso liberamente e in modo democratico. I risultati del secondo turno non possono rappresentare la base di partenza per una mediazione o per dei negoziati. In altre parole, pensiamo che la soluzione politica coinvolgerà un governo di coalizione con Tsvangirai come Primo Ministro, dotato di pieni poteri sulla base della maggioranza ottenuta in parlamento.
Per quanto riguarda l’Unione europea, tutte le opzioni sono ancora sul tavolo. Innanzitutto siamo disposti a sostenere gli sforzi del SADC e dell’Unione africana e ci aspettiamo di vedere progressi tangibili nelle prossime due settimane.
Se fosse raggiunto un accordo politico costruttivo, espressione dei risultati del primo turno delle votazioni, naturalmente saremmo disposti, come abbiamo già detto, a impegnarci nuovamente con lo Zimbabwe. Per di più saremmo pronti a cominciare immediatamente. Vi ricordo che in occasione dell’istituzione del decimo Fondo europeo di sviluppo, mi sono adoperato affinché si lavorasse come se ci fosse di nuovo la democrazia in Zimbabwe, per evitare di penalizzare il popolo di questo paese a causa della tragica situazione in cui si trova.
Passiamo adesso alle due conversazioni che ho avuto questo pomeriggio, in vista della riunione in programma in Parlamento. Per prima la conversazione con il Presidente Ping. Qual è il problema? Il problema di oggi è che tutti nell’Unione Africana concordano sul fatto di dover appoggiare i negoziati tra Mugabe e Tsvangirai e che, presupposto fondante, naturalmente, a guida del governo ci dovrebbe essere il leader dell’opposizione Tsvangirai, con un governo tendenzialmente basato su una coalizione nella quale il suo partito, di maggioranza all’interno del Parlamento, avrebbe una posizione dominante, e che questo governo dovrebbe avere pieni e completi poteri in merito alle decisioni esecutive.
Per il momento, allora, penso sappiate che questo orientamento è messo in discussione. A complicare ulteriormente le cose ci sono certi dubbi avanzati da Tsvangirai sull’equilibrio di questa mediazione, cui lui ovviamente vuole dare una cornice, una struttura, un supporto, diciamo, che garantisca equilibrio. Con ciò non sto esprimendo un giudizio di valore, sto semplicemente descrivendo la situazione. Per il momento il Presidente Ping mi ha assicurato che il lavoro – e non parlo di lavoro di mediazione, ma solo di lavoro – per prepararsi mentalmente a questo tipo di sviluppo è in corso e che, se tutto va bene, nei prossimi giorni si aprirà una prospettiva concreta.
Ho in seguito avuto una conversazione piuttosto lunga con il signor Tsvangirai, che ha confermato di essere d’accordo con l’idea di un governo contenente esponenti dello ZANU-PF (Zimbabwe African National Union Patriotic Front), ma sarebbe lui, naturalmente, ad avere l’ultima parola su chi scegliere. Fondamentalmente, anche se non lo ha posto in questi termini, è un po’ come lo scenario del Kenya, anche se (e io condivido quest’idea) le due situazioni non sono paragonabili. Non sono per niente simili. C’è chi coglie l’occasione per comportarsi come se lo fossero, ma, da un punto di vista assolutamente obiettivo, e le persone sono diverse tra loro, la situazione è piuttosto diversa. Questo è il primo punto.
In secondo luogo, vorrebbe vedere una “squadra permanente per i negoziati”, vale a dire un gruppo che conduca i negoziati garantendone, naturalmente, l’equilibrio. Questa squadra dovrebbe trovarsi sotto l’egida dell’Unione africana e delle Nazioni Unite, come ha dichiarato il ministro. A mio avviso Tsvangirai è ragionevolmente ottimista, crede che le cose si stiano muovendo. Ovviamente considera la questione delle sanzioni importante e ha evidenziato un aspetto su cui credo siamo tutti d’accordo, cioè che, se necessarie, le sanzioni si applicheranno agli individui senza chiaramente colpire, né direttamente né indirettamente, la popolazione.
Ritengo che l’Unione africana abbia colto la portata delle sue responsabilità, che sia coinvolta attivamente, che stia cercando una soluzione attraverso la mediazione che in qualsiasi caso tenga conto, come sottolineato dal ministro, della necessità di trasformare i risultati del primo turno di votazioni in potere esecutivo, poiché questo è l’unico risultato in grado di legittimare chi ne trarrà vantaggio.
PRESIDENZA DELL’ON. ADAM BIELAN Vicepresidente
Michael Gahler, a nome del gruppo PPE-DE. – (DE) Signor Presidente, la situazione nello Zimbabwe ha raggiunto un minimo assoluto in termini politici, economici ed umanitari. In questo paese la popolazione è ostaggio di un regime che non intende rinunciare al potere, poiché la cricca vicina al Presidente, il comando militare e i servizi segreti vogliono continuare ad arricchirsi a spese delle risorse del paese. A questo scopo creano le milizie e fanno cattivo uso della polizia e delle forze armate che terrorizzano la popolazione in tutto il paese.
Secondo gli standard della SADC anche le elezioni parlamentari del 29 Marzo non sono state né libere né imparziali. La successiva campagna di intimidazione estesa a tutto il paese con parecchi morti e migliaia di feriti e di perseguitati ha reso impossibile al vincitore del primo turno, Morgan Tsvangirai, di chiedere ai suoi elettori di votare, quando questi temevano che sarebbero stati poi puniti per averlo fatto. Il leader dell’Election Observer Mission del Parlamento panafricano, Marwick Khumalo, e la missione della SADC giudicano i fatti del 27 Giugno come segue:
(EN)“L’atmosfera dominante nel paese non ha consentito la conduzione di elezioni libere, imparziali e credibili. Le elezioni non hanno rappresentato la volontà della popolazione dello Zimbabwe.”
(DE) Adesso quello che conta è creare uno scenario di transizione che condurrà ad una situazione in cui andranno al potere un governo legittimo e un Presidente legittimo. Il ruolo dell’UA e della SADC dovrà essere fondamentale. Sfortunatamente con i suoi anni di diplomazia tranquilla il Presidente Mbeki non è riuscito ad ottenere nulla. Non si è neanche guadagnato la fiducia delle due parti coinvolte nel conflitto e lui sa il perché
Vorrei sollecitare i partiti politici del Sud Africa affinché fossero loro a prendere l’iniziativa. Faccio appello ai colleghi del Sud Africa perché all’interno del loro parlamento decidano di congelare i conti e i beni degli speculatori del regime di Mugabe in Sud Africa. Dovrebbero rifiutarsi di consentire a Grace Mugabe e ad altri di andare a fare shopping a Città del Capo o a Sandton mentre la popolazione muore di fame. Chiedo loro di mostrare solidarietà ai tre milioni di abitanti dello Zimbabwe presenti nel loro paese che ritorneranno a casa quando avrà fine il governo di Mugabe e in tal modo lasceranno anche spazio ai milioni di sudafricani disoccupati. Siamo riusciti a convincere le società europee a ritirarsi dallo Zimbabwe, poiché le loro attività contribuivano a consolidare il regime.
Alain Hutchinson, a nome del gruppo PSE. – (FR) Signor Presidente, signor Ministro, signor Commissario, il Presidente Mugabe ha fatto uso di una violenza incredibile e, impossessandosi del potere e prendendo in ostaggio una popolazione che era già stata sottoposta a violenze, ha dimostrato uno scandaloso disprezzo dei diritti umani più fondamentali.
I socialisti condannano questa violenza e non riconoscono il potere insediato come legittimo. Comunque, prima di tutto i socialisti europei pensano alla popolazione dello Zimbabwe. In particolare l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO) stima che entro l’inizio del 2009 cinque milioni di abitanti dello Zimbabwe rischiano di subire le conseguenze di una grave carestia.
Inoltre, sappiamo che un terzo della popolazione dello Zimbabwe sta sopravvivendo grazie agli aiuti internazionali. Di conseguenza, è assolutamente indispensabile che la Commissione europea, il Consiglio, ciascuno Stato membro e tutta la comunità internazionale esercitino la massima pressione sulle autorità dello Zimbabwe per consentire il libro accesso degli aiuti umanitari internazionali destinati alla parte più debole della popolazione. Non potremo mai sottolineare abbastanza tutto ciò, in quanto l’attuale posizione politica di Mugabe è semplicemente criminale.
Nello stesso ordine di idee, se chiediamo all’Unione europea e alla comunità internazionale di adottare severe sanzioni nei confronti dello Zimbabwe, una possibilità sollevata da lei, signor Ministro, vorremmo anche porre l’accento sul fatto che queste non devono recare danno alla popolazione, ma devono avere come obiettivo i membri del regime responsabili degli attacchi ai diritti umani e dell’attuale regno del terrore che vige nel paese.
Sicuramente, dobbiamo anche esercitare pressione sull’Unione europea e su strutture regionali quali la SADC affinché guidino il parlamento eletto e la società civile dello Zimbabwe verso la soluzione dell’attuale crisi in modo rapido e democratico.
Signor Presidente, vorrei soffermarmi rapidamente su un ultimo punto relativo ai 200 000 rifugiati dello Zimbabwe. Chiederemmo ai loro vicini sudafricani e in particolare al Presidente Mbeki di agire responsabilmente non rimandando indietro i profughi dello Zimbabwe che si sono rifugiati in Sud Africa.
Fiona Hall, a nome del gruppo ALDE. – (EN) Signor Presidente, il popolo dello Zimbabwe ha sofferto terribilmente. Dopo anni di intimidazioni, di violenza e di catastrofe economica le elezioni si sono presentate come il giro di vite finale. Dal momento delle elezioni la violenza è continuata senza tregua. Dopo il primo turno elettorale del 29 marzo, sono state uccise almeno 90 persone e proprio questo lunedì sono stati attaccati e rapiti gli abitanti di un campo per IDP (sfollati interni) ad est di Harare.
Potremmo sentirci semplicemente tentati di torcerci le mani per la disperazione, ma ritengo che l’UE possa fare alcune cose per avviare la crisi verso una soluzione. In primo luogo l’UE può offrire sostegno diplomatico a coloro che cercano di trovare una via da seguire attraverso un governo provvisorio che coinvolga tutte le parti della società civile e che rispetti i risultati del primo turno elettorale.
Quello della coalizione provvisoria rappresenta un metodo africano che ha funzionato nel corso degli anni in diversi altri paesi, quali il Togo e la Repubblica Democratica del Congo.
Tuttavia a tutt’oggi la proposta di risoluzione registra il fallimento della diplomazia tranquilla del Presidente Mbeki e può avvenire che un altro paese africano vicino rispettato da tutte le parti possa più facilmente fare da intermediario in questi negoziati. Anche un eventuale accordo internazionale potrebbe giovare al successo dei negoziati.
In secondo luogo, dobbiamo aumentare la pressione della comunità internazionale su Mugabe. L’adesione della Russia alla richiesta di sanzioni del Vertice del G8 è stata molto incoraggiante e sono lieto dei commenti del Consiglio in merito al rafforzamento delle sanzioni da parte di un certo numero di paesi.
In terzo luogo, dobbiamo iniziare fin da ora a fare progetti per il giorno in cui lo Zimbabwe avrà un governo legittimo e necessiterà di un ampio pacchetto di aiuti internazionali.
Infine, non dobbiamo dimenticare che i comuni abitanti dello Zimbabwe sono in serie difficoltà e adesso hanno bisogno di un aiuto di base per poter soltanto continuare ad andare avanti.
Philip Claeys (NI). - (NL) Per qualche tempo, l’Unione europea ha irrogato sanzioni nei confronti del dittatore socialista Mugabe, ma tali sanzioni non vengono sempre applicate in modo chiaro e coerente. Per esempio, la Presidenza portoghese ha invitato senza alcun problema Mugabe al Vertice UE-Africa.
L’Unione europea avrebbe anche dovuto protestare con risolutezza contro la grottesca partecipazione di Mugabe al vertice della FAO tenutosi a Roma non molto tempo fa. Il divieto di espatrio per Mugabe e per tutti i membri di più alto grado del suo regime deve essere incontestabile e deve essere ulteriormente allargato. In ogni caso dovremmo pensare di allargare le sanzioni contro il regime di Mugabe nel loro insieme. Tali sanzioni devono essere decise ed inequivocabili e dobbiamo altresì esercitare pressione sul governo del Sud Africa che con la sua “diplomazia tranquilla” in realtà ha semplicemente guadagnato più tempo per il regime di Mugabe.
Geoffrey Van Orden (PPE-DE). - (EN) Signor Presidente, la crisi dello Zimbabwe non è scoppiata improvvisamente al cospetto di un mondo ignaro: questa è la sedicesima volta in otto anni che discutiamo una proposta di risoluzione per Mugabe, in quanto egli ha sistematicamente e deliberatamente depredato il suo paese, rovinato l’economia e oppresso la popolazione dello Zimbabwe.
Fino a poco tempo fa la risposta della Comunità internazionale è stata debole. Tuttavia, l’Unione europea ha imposto sanzioni mirate, ma non ha potuto neanche sostenerle adeguatamente. Gli africani, con un numero limitatissimo di onorevoli eccezioni, hanno semplicemente applaudito Mugabe. Dovrebbero vergognarsi.
Che cosa bisogna fare? In primo luogo si dovrebbe chiarire in Consiglio che nessuno stato dell’UE deve riconoscere il regime illegittimo di Mugabe. Sono incoraggiato dal fatto che l’UE abbia allargato le sanzioni.
In secondo luogo, l’Unione europea e i suoi Stati membri dovrebbero persuadere gli stati africani, in particolare la SADC, ad aderire a queste sanzioni contro il regime di Mugabe se i negoziati falliscono.
In terzo luogo, i membri della Joint Operations Committee – la banda militare che sta dietro a Mugabe – dovrebbero sapere che saranno ritenuti responsabili delle atrocità sistematiche perpetrate nei confronti della popolazione dello Zimbabwe. Alcuni membri di più alto grado delle forze armate e della polizia – e in quanto a ciò i funzionari di più alto grado dello ZANU (PF) – possono ancora abbandonare Mugabe e passare alle forze democratiche.
In quarto luogo, la Francia dovrebbe convocare una sessione d’urgenza del Consiglio per i diritti umani di Ginevra per affrontare la situazione dello Zimbabwe e, in quinto luogo, si richiede un’azione più decisa da parte delle Nazioni Unite.
Soprattutto dobbiamo incoraggiare attivamente l’Unione africana ad impegnarsi ancor più positivamente ed attivamente nell’esercitare una pressione per ottenere questo governo di unità nazionale. Certamente questo dovrebbe basarsi sui risultati delle elezioni del 29 marzo piuttosto che sulla farsa del 27 giugno, come è stato suggerito sia dal Presidente in carica che dalla Commissione.
Dal portavoce dell’MDC, Nelson Chamisa, abbiamo saputo che attualmente non ci sono negoziati in corso tra ZANU (PF) e MDC. Invece la violenza continua. L’Unione africana deve insistere per mettere fine alla violenza e sulla nomina di un mediatore sostenuto da osservatori che avranno la fiducia dell’MDC.
Ancora una volta Mugabe cerca di guadagnare tempo. Occorre fissare un termine per la conclusione positiva dei negoziati e nel frattempo qualcuno dovrebbe offrire a Mugabe un posto in una casa di riposo.
Glenys Kinnock (PSE). - (EN) Signor Presidente, io, come altri, vorrei commentare il fatto che il Parlamento regolarmente eletto il 29 marzo nello Zimbabwe non si è mai riunito e che i suoi membri continuano ad essere tormentati ed intimoriti e a subire violenza.
La nostra risoluzione invita ad un rafforzamento delle sanzioni e certamente dovremo anche unirci alle richieste presentate presso le Nazioni Unite di imporre un embargo internazionale sulle armi, il divieto di espatrio mondiale e il blocco dei beni.
Sappiamo chi sono gli altri capibanda a cui mirare, sappiamo chi sono i tirapiedi e chi sono i portaborse. Le persone a cui si può e si deve mirare sono Chihuri, il capo della polizia; Shiri, il capo dell’Aviazione militare, Gono, il governatore della banca centrale; Chinamasa, il ministro della Giustizia; Bonyongwe, il capo dell’Organizzazione centrale di intelligence. La nostra risoluzione riflette chiaramente i presupposti stabiliti dall’MDC.
Tutti i colloqui devono basarsi sul risultato delle elezioni del 29 marzo vinte dall’MDC e non sul ballottaggio fasullo di giugno.
Deve trattarsi di un accordo transitorio destinato a condurre ad una nuova costituzione – nessuno ne ha parlato e questo è quello che chiede Morgan Tsvangirai – seguita da ulteriori elezioni. Dice chiaramente, e lo cito, “Non voglio né accordi di potere né divisione del potere”.
Come ha detto Geoffrey van Orden, non ci sono negoziati in corso e quindi la situazione attuale non sarebbe incoraggiante.
Occorre un altro mediatore. Chiaramente il signor Mbeki non è in grado di svolgere questo ruolo da solo e possiamo chiedere che venga incaricato un delegato dell’Unione africana. Tale delegato deve avere un rapporto alla pari con il signor Mbeki e in questa fase vengono in mente persone come il signor Chissano e il signor Kufuor.
Per concludere, devono avere fine la ferocia, le brutalità e le violenze incontrollate sostenute dallo stato e questo è il motivo per cui la comunità internazionale deve agire e agire urgentemente, nell’interesse della popolazione sofferente dello Zimbabwe.
Eoin Ryan, a nome del gruppo UEN. – (EN) Signor Presidente, quello che un tempo rappresentava un segnale di speranza, un esempio di auto-responsabilizzazione africana, un paese leader tra i paesi africani, ora è l’epicentro della disperazione e dello sconforto africano. La popolazione dello Zimbabwe merita qualcosa di meglio e deve averlo. Ma perché questo accada deve avere fine il regime di Robert Mugabe, un criminale omicida.
Noi della comunità internazionale dobbiamo aumentare la nostra fermezza nei confronti del regime tirannico di Mugabe. Apprezzo il fatto che il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite stia considerando di imporre altre sanzioni contro la leadership dello Zimbabwe, che comprendono l’imposizione di un embargo sulle armi. Come può accadere che un paese dove cinque milioni di abitanti dipendono dagli aiuti alimentari, dove l’inflazione ha superato i dieci miliardi per cento e dove adesso una pagnotta costa più di 1 miliardo di ZWD, abbia ancora uno degli eserciti meglio equipaggiati del continente africano e sia pieno di armi? Questa è un’affermazione eclatante.
La recente campagna presidenziale non ha condotto a elezioni valide. La brutalità del regime di Mugabe è stata tale che nel corso della campagna sono state uccise 90 persone, ne sono state ferite 3 500 e altre 200 000 persone sono state sfollate. Difficilmente questi possono essere gli ingredienti di un contesto democratico libero, giusto e trasparente.
Il Sudafrica e gli altri paesi africani devono aumentare la loro pressione nei confronti di Robert Mugabe. Nelson Mandela aveva ragione quando diceva che lo Zimbabwe presenta una tragica assenza di leadership. Il Sudafrica esercita una forte influenza politica sul Governo di Mugabe e deve mostrare alla popolazione dello Zimbabwe e anche a tutta la popolazione dell’Africa a cui tocca vedere questo leader che fa finire il suo paese in un pantano, una leadership forte e risolutiva in merito a questo problema.
Josep Borrell Fontelles (PSE). - (ES) Signor Presidente, per non ripetere quanto è stato riferito dai miei colleghi, mi concentrerò sull’apertura del parlamento.
Con le elezioni di marzo, l’opposizione ha ottenuto la maggioranza e il 17 luglio il parlamento di quel paese non era ancora stato formato. Noi, in qualità di parlamentari, dovremmo concentrare i nostri sforzi sul tentativo di esercitare la pressione dell’Unione europea, per garantire che venga mantenuta la promessa di democrazia in un parlamento dove possa agire la maggioranza dell’opposizione. Il processo deve essere messo in moto. Effettivamente dobbiamo fare tutto il possibile per garantire che, dopo l’impostura delle elezioni presidenziali, le elezioni legislative che hanno garantito all’opposizione una maggioranza riconosciuta, consentano al parlamento di funzionare.
Il secondo punto riguarda il mediatore. E’ abbastanza chiaro che il Sudafrica è giunto, a dir poco, al limite della propria capacità di mediazione. E’ fondamentale che un altro mediatore sostenga, o addirittura sostituisca il Presidente sudafricano. Altrimenti la mediazione sembrerà un meccanismo corrotto, sotto il tallone del governo dello Zimbabwe.
José Ribeiro e Castro (PPE-DE). - (EN) Signor Presidente, non sono più soltanto Mugabe e il suo regime ad essere sotto esame. A causa dei suoi atti terribili e di tutta questa tragica farsa, Mugabe è già stato condannato dall’opinione pubblica internazionale. Ora è la comunità internazionale ad essere sotto esame: Thabo Mbeki, la SADC e l’UA, la Cina, noi dell’UE e le Nazioni Unite. In questi tempi difficili, la popolazione dello Zimbabwe, Tsvangirai e la MDC meritano tutto il nostro appoggio e solidarietà. Potremmo invitare Morgan Tsvangirai a partecipare ad una riunione della commissione Affari esteri e della commissione per lo sviluppo a luglio o a settembre.
Tutti noi continuiamo a ricevere notizie terribili dallo Zimbabwe in merito alla violenza ivi perpetrata. Non dobbiamo fallire. Morgan Tsvangirai e la maggioranza dell’MDC non meritano soltanto parole di conforto o una qualsiasi sorta di consolazione, ma meritano di ricoprire le proprie cariche sulla base dei risultati delle elezioni del 29 Marzo. Se la comunità internazionale fallisce nella transizione – se noi falliamo– si coprirà di vergogna. Spero che questo non accada.
Marios Matsakis (ALDE). - (EN) Signor Presidente, il regime di Mugabe da diversi anni non si è reso responsabile soltanto di broglio elettorale, ma anche degli arresti arbitrari, della tortura e dell’omicidio di centinaia di cittadini dello Zimbabwe.
Finora sembra che le risoluzioni e le sanzioni siano state inutili. Suggerisco che possa essere arrivato il momento di avviare un’azione che porti Mugabe di fronte ad un tribunale internazionale con l’accusa di crimini contro l’umanità. Sono a conoscenza del fatto che lo Zimbabwe non ha firmato la convenzione relativa alla Corte di giustizia internazionale all’Aia, ma sono certo che si possano trovare altre procedure con una base legislativa internazionale e forse il Commissario Michel o il Presidente in carica potrebbero illuminarci a questo proposito.
Ritengo che soltanto adottando un provvedimento così drastico questo dittatore africano e i suoi complici saranno costretti a cominciare a pensare e ad ascoltare la ragione e che alla fine libereranno il loro paese e la comunità internazionale dalla loro presenza criminale.
Ewa Tomaszewska (UEN). - (PL) Signor Presidente, raccomanderei alla Commissione di prendere in considerazione e di preparare una proposta di provvedimenti che potrebbero essere efficaci nei confronti di Mugabe, il quale continua a far ricorso alla violenza e ha completamente ignorato i risultati delle elezioni di marzo. Al momento, concretamente, siamo impotenti e l’unico strumento che ci è rimasto è rappresentato dalle parole. Raccomanderei caldamente di considerare quali provvedimenti possano essere adottati per processarlo, in modo che nello Zimbabwe possa regnare la pace e che i suoi abitanti possano avere un’effettiva possibilità di godere dei propri legittimi diritti di cittadini.
Czesław Adam Siekierski (PPE-DE). - (PL) Signor Presidente, allo Zimbabwe occorre l’aiuto internazionale e il nostro sostegno, ma il paese ha anche bisogno di introdurre delle riforme per conto proprio. L’Unione europea, l’Unione africana e la Repubblica del Sudafrica dovrebbero incoraggiare il dialogo tra il partito al governo e l’opposizione. Lo Zimbabwe deve finalmente avviarsi sul sentiero della democrazia ed eleggere un governo di unità nazionale. […] l’iniziativa delle Nazioni Unite secondo la quale verrebbe imposto un embargo sulle forniture di armi e verrebbero congelati i beni delle persone più vicine a Mugabe. Occorre adottare immediatamente delle misure che consentano alle organizzazioni internazionali di funzionare. Una soluzione potrebbe essere rappresentata da organizzazioni non governative che forniscano aiuto alle regioni in maggiore difficoltà.
Mairead McGuinness (PPE-DE). - (EN) Signor Presidente, Mugabe non ascolta, e questa è la tragedia, perché se ascoltasse, farebbe la cosa giusta e tornerebbe alle elezioni di Marzo e andrebbe avanti con quel risultato. Credo che uno dei fatti più vergognosi accaduti recentemente sia stata la partecipazione di Mugabe al Vertice alimentare mondiale dove gli è stato consentito di sfilare, quando egli in realtà è la causa di alcuni dei principali problemi di insicurezza alimentare globale nel suo paese e nel suo continente.
Proprio la settimana scorsa nel corso di una conferenza tenutasi a Bruxelles ho avuto occasione di parlare con un agricoltore dello Zimbabwe che mi ha riferito che i danni arrecati alla base produttiva alimentare del paese sono veramente terrificanti. Qualcun altro ha detto che è spaventoso che un paese possa essere armato fino ai denti e che al tempo stesso la sua popolazione debba soffrire per la fame, la violenza, le intimidazioni e la tortura.
Il Sudafrica deve fare di più. L’intero continente deve esprimere energicamente la propria condanna e dobbiamo spingerli, incoraggiarli e convincerli che questa è la cosa giusta da fare perché il nostro popolo conta sul fatto che noi interveniamo in modo definitivo in una situazione che è davvero sconvolgente.
Luís Queiró (PPE-DE). – (PT) Ciò che sta accadendo attualmente nello Zimbabwe rappresenta una sfida per la nostra coscienza e per la nostra capacità di agire. Da una parte c’è un governo che usa la violenza contro il proprio stesso popolo, che è causa di infelicità e che ha tratto vantaggio dalla convivenza di altre dittature e dispotismi africani. Dall’altra, ci sono le forze che lottano pacificamente per la democrazia e per i diritti umani: la popolazione dello Zimbabwe, la comunità internazionale e ovviamente l’Unione europea.
Come è già stato detto qui, l’Unione europea potrebbe usare il proprio potere diplomatico, imporre sanzioni, rifiutare visti, sollecitare i poteri regionali ed appoggiare i difensori della democrazia e dei diritti umani. Che cosa possiamo fare noi all’interno del Parlamento europeo? In futuro possiamo sostenere la nostra risoluzione e raccomandare che la Commissione e il Consiglio prendano queste iniziative, ma possiamo fare ancora di più. Possiamo anche dimostrare che le nostre azioni sono coerenti con le nostre parole e offrire il premio Sacharov al leader dell’opposizione Morgan Tsvangirai. Sottoponiamo questa sfida ai nostri colleghi. In questo modo avremo l’opportunità di ricompensare qualcuno per la sua battaglia e al tempo stesso di contribuire al raggiungimento di una vittoria democratica e pacifica.
Jean-Pierre Jouyet, Presidente in carica del Consiglio. − (FR) Signor Presidente, signor Commissario, signor Michel, onorevoli deputati, la discussione è stata perfettamente chiara e lo stesso vale per le conclusioni che ne dobbiamo trarre. Gli oratori hanno parlato in termini forti ed è così che dovrebbe essere, perché l’Unione europea può accettare soltanto una soluzione e cioè, il rispetto della volontà della popolazione dello Zimbabwe, così come è stata espressa nel primo turno elettorale ed il risultato di quelle elezioni dovrebbero servire come base per qualsiasi accordo.
Nel corso del prossimo vertice del Consiglio che si terrà il 22 luglio esamineremo la situazione dello Zimbabwe insieme alla Commissione. Terremo conto delle opinioni espresse e dei suggerimenti avanzati, non alla Francia, signor Van Orden, ma alla Presidenza del Consiglio dell’Unione europea, poiché la Francia stessa non ha potere in quanto Francia, ma dispone semplicemente del mandato che le è stato conferito in questo contesto dall’Unione europea, compresa la vostra proposta che il Consiglio convochi una sessione straordinaria del Consiglio per i diritti umani di Ginevra, purché naturalmente sia possibile farlo.
Seguiremo le raccomandazioni dell’onorevole Michel, sempre sagge e basate sull’esperienza, in merito alla prosecuzione dei nostri sforzi di mediazione. Ritengo che per quanto riguarda quegli sforzi non possiamo chiedere di più di quello che Tsvangirai stesso ha suggerito all’onorevole Michel durante il loro incontro e penso che questa sia la posizione che dovremmo adottare.
L’Unione europea, il Consiglio e la Commissione devono rimanere in contatto con gli organismi coinvolti, la SADC, l’Unione africana e anche il Sudafrica – e ancora una volta vorrei dare il benvenuto alla delegazione sudafricana che è qui con noi oggi – e sicuramente nel lavoro che il Consiglio svolgerà dovremo anche prendere in considerazione la risoluzione che il Parlamento voterà domani.
Non ho nient’altro da aggiungere, e poiché non vorrei sprecare il suo tempo, su questo argomento passerò la parola all’esperienza e all’eloquenza del signor Michel.
Louis Michel, Membro della Commissione. − (FR) Signor Presidente, sarò molto breve. Il Presidente Jouyet e gli altri oratori hanno detto tutto.
Ovviamente posso soltanto confermare senza riserve le opinioni espresse in particolar modo dall’onorevole Van Orden e dall’onorevole Kinnock, però al tempo stesso devo aggiungere che sicuramente il potere della Commissione fondamentalmente è il potere della diplomazia, ma forse è anche la facoltà di prepararsi per l’azione che si potrebbe intraprendere se – e questo ovviamente è quello che desideriamo con tutto il nostro cuore e per cui faremo pressione con tutti i mezzi a nostra disposizione – il processo di mediazione dovesse riuscire a portare alla nascita di un governo guidato da Tsvangirai.
Perciò sono del tutto d’accordo con le opinioni espresse dall’onorevole Van Orden, dall’onorevole Kinnock e da tutti gli altri oratori, l’onorevole Hall, l’onorevole Hutchinson e l’onorevole Gahler – spero di non avere omesso nessuno. Su un solo punto non sono d’accordo. Sapete che sono solito parlare sinceramente. Non condivido l’opinione secondo cui dovremmo condannare la Presidenza portoghese per aver organizzato un vertice a Lisbona che era atteso da anni e che non si riusciva a tenere a causa del problema dello Zimbabwe.
Questo vertice tra Unione europea e Africa si teneva con molto ritardo ed era ora di agire. Siamo perfettamente consapevoli del fatto che la presenza di Mugabe era assicurata dal desiderio dell’Unione africana di non essere vincolata dall’altra parte, cioè dalla parte europea, nella propria scelta degli invitati. Perciò ritengo che questa critica non sia giusta.
Inoltre vorrei anche sottolineare la situazione estremamente difficile in cui si trova il Sudafrica. Nella posizione in cui si trova, per il Sudafrica non è più semplice muoversi di quanto non lo sia per il Presidente Thabo Mbeki svolgere il ruolo di mediatore. Tutti sanno benissimo che attualmente il primo paese a risentire degli effetti della crisi nello Zimbabwe – o piuttosto del fallimento dei tentativi di risolvere tale crisi – è proprio il Sudafrica. Perciò vi chiederei di tentare di esaminare la situazione dal punto di vista delle difficoltà del Sudafrica che credo stia conducendo il processo di mediazione coscienziosamente come dovrebbe.
Ovviamente condivido l’opinione espressa da tutti gli oratori secondo i quali il processo di mediazione dovrebbe essere allargato, non soltanto per alleggerire la posizione del Sudafrica, ma anche per fornire alle diverse parti coinvolte nella soluzione di questa crisi una percezione più equilibrata della situazione.
Infine, per rispondere a uno degli interrogativi sollevati, per ora stiamo preparando un vero e proprio “pacchetto umanitario e di sviluppo”, per garantire che, se andrà al potere, Tsvangirai abbia un sostegno immediato per poter fornire subito alla popolazione dello Zimbabwe i motivi per credere in questo cambio di governo e forse anche per produrre a livello locale una discreta volontà di cambiare il regime con il supporto della gente del luogo e dell’opinione pubblica e sicuramente con l’appoggio della comunità internazionale attivamente coinvolta.
Vorrei sottolineare un ultimo punto relativo all’Unione africana. Vorrei presentare argomentazioni a favore di una maggiore comprensione. Qual è il problema dell’Unione africana? Come ho già detto, il problema dell’Unione africana sta nel fatto che deve destreggiarsi tra due diversi punti di vista. Uno di essi è estremamente e apertamente critico nei confronti dello Zimbabwe e del suo Presidente virtuale, mentre secondo l’altro sarebbe necessaria una maggiore flessibilità, le sanzioni sarebbero inutili, e non vi dovrebbe essere alcuna sanzione. Perciò all’interno dell’Unione africana non è facile raggiungere un accordo. Dobbiamo riconoscerlo e per questo motivo dobbiamo anche interpretare le conclusioni dei vertici dell’Unione africana partendo da questa prospettiva, da questo punto di vista.
Tuttavia, devo dire che le informazioni che mi sono state fornite proprio adesso mi portano a pensare che per il momento si stiano facendo grandi progressi sulla via di un accordo e che l’Unione africana si troverà in una posizione da cui potrà avanzare proposte utili ed efficaci sul modo in cui venir fuori da questa crisi che ovviamente è deplorevole e che rappresenta un vero e proprio insulto per tutti coloro che in Africa appoggiano la democrazia e ne garantiscono il progresso.
Presidente. − Comunico di aver ricevuto due proposte di risoluzione(1)ai sensi dell’articolo 103, paragrafo 2, del Regolamento.
La discussione è chiusa.
La votazione avrà luogo giovedì 10 luglio 2008.
Dichiarazioni scritte (articolo 142)
Colm Burke (PPE-DE), per iscritto. – (EN) Le recenti elezioni tenutesi nello Zimbabwe sono state un imbroglio con Mugabe unico candidato finale, avendo egli intimorito Tsvangirai e gli altri membri dell’MDC fino al punto di indurli a ritirarsi. In questo paese si dovrebbero tenere nuove elezioni presidenziali che impediscano nel modo più deciso la violenza, la minaccia e l’omicidio sostenuti dallo Stato.
Accolgo con favore la decisione presa ieri dal Vertice del G8 in Giappone di adottare sanzioni finanziarie ed altre sanzioni nei confronti del governo dello Zimbabwe. E’ significativo che a questo livello ci sia stata l’unanimità, anche con il consenso da parte della Russia, sulla ferma condanna del regime di Mugabe. Ora sembra probabile una risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite che stabilisca che lo Zimbabwe adesso rappresenta una minaccia per la pace e la sicurezza internazionale. Vorrei esortare la Cina a non essere di ostacolo a questo importante provvedimento nel corso della prossima settimana.
Mi rincresce che l’Unione africana non stia facendo abbastanza per isolare Mugabe, in quanto ritengo che questa, insieme alla Comunità di sviluppo dell’Africa Australe e al Parlamento panafricano rappresenti la tribuna principale a cui dovrebbe essere affidato l’incarico della rimozione di questo despota. Le violazioni dei diritti umani attualmente perpetrate dal governo dello Zimbabwe rasentano i crimini contro l’umanità e credo che anche per questa ragione il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite dovrebbe prendere in considerazione l’idea di deferire i membri di questo governo alla Corte penale internazionale in un futuro prossimo.
James Nicholson (PPE-DE), per iscritto. – (EN) Le recenti elezioni dello Zimbabwe sono state del tutto illegali e antidemocratiche e hanno alimentato la critica e la condanna generalizzata da parte della comunità internazionale.
Benché la situazione dello Zimbabwe desti preoccupazione ormai da molto tempo, il risultato di queste elezioni e la prova delle brutali violenze appoggiate dallo stato nei confronti dei sostenitori del partito d’opposizione MDC di Tsvangirai hanno condotto la crisi ad un altro livello.
Lo Zimbabwe ora si trova in una situazione estremamente grave. Oltre alla sua crisi politica, gli anni della cattiva amministrazione del regime di Mugabe hanno ridotto a pezzi l’economia del paese e di fatto hanno privato di qualsiasi valore la sua moneta. La speranza di vita sia per gli uomini che per le donne è inferiore a quarant’anni e gli ultimi fatti hanno spinto molti di loro a lasciare il paese e a cercare rifugio negli stati africani vicini, il che sta mettendo a dura prova la stabilità dell’intera regione.
Accolgo con favore questa risoluzione che evidenzia il rifiuto inequivocabile dei risultati delle recenti elezioni nello Zimbabwe da parte dell’Unione europea per la loro natura antidemocratica ed illegale. La risoluzione denuncia incondizionatamente anche l’uso della violenza politica da parte del regime di Mugabe e richiede sanzioni da imporre nei confronti di coloro che lo sostengono, sia all’interno che all’esterno dello Zimbabwe.
17. Tempo delle interrogazioni (interrogazioni alla Commissione)
Presidente. − L’ordine del giorno reca il Tempo delle interrogazioni (B6-0168/2008).
Saranno prese in esame le interrogazioni rivolte alla Commissione.
Annuncio l’interrogazione n. 43 di Georgios Papastamkos (H-0455/08)
Oggetto: Comportamento dell’industria automobilistica per quel che riguarda le emissioni di CO2
La Commissione è soddisfatta della capacità odierna dell’industria automobilistica europea di ridurre le emissioni di anidride carbonica e il consumo di carburante? Tiene conto del fatto che la sua iniziativa di rivedere la direttiva sulla disponibilità di informazioni sul consumo di carburante e sulle emissioni di CO2 delle autovetture da dare ai consumatori (1999/94/CE(1)) diventa un’ammissione dell’inefficacia del quadro normativo comunitario esistente per l’industria automobilistica?
Stavros Dimas, Membro della Commissione. − (EL) Signor Presidente, il punto sta nell’individuare se la Commissione ritiene che la riduzione delle emissioni di anidride carbonica da parte dell’industria automobilistica europea sia stata soddisfacente. La risposta è “no” e questo è il motivo per cui abbiamo proposto la riduzione imposta entro il 2012.
La seconda parte della questione sta nell’individuare se l’iniziativa di revisione della direttiva sull’etichettatura delle autovetture diventa un’ammissione dell’inefficacia del quadro normativo comunitario esistente per l’industria automobilistica. La risposta è “si”, e questo è il motivo per cui stiamo proponendo la revisione.
Potrei limitarmi a queste due semplici risposte, ma desidero dare qualche altra spiegazione.
Abbiamo proposto il limite imperativo di 120 g per le emissioni di anidride carbonica fino al 2012, come previsto dalla strategia relativa all’anidride carbonica e alle auto. Questo verrà implementato grazie ai perfezionamenti della tecnologia del motore delle auto che consentiranno di arrivare a 130 g/km e poi, grazie ad altre tecnologie, a 120 g/km.
Faccio riferimento al fatto che esisteva un accordo volontario tra i produttori di auto e l’industria automobilistica europea e quella giapponese e coreana in base al quale entro il 2008 le emissioni delle auto non dovevano più superare i 140 g di CO2/km. Sfortunatamente questo obiettivo non è stato raggiunto: secondo i dati più recenti nel 2006 le emissioni erano pari a 160 g, mentre nel 2007 raggiungevano i 159 g. Sicuramente la riduzione di un solo grammo non è ancora soddisfacente.
Speriamo che nella procedura di codecisione il Parlamento ed il Consiglio approvino la proposta della Commissione, in modo da avere auto che consumano meno energia, meno carburante e che emettano meno anidride carbonica. Con un consumo inferiore di energia e di carburante, i consumatori beneficeranno di notevoli risparmi, specialmente con i prezzi attuali del carburante.
Per quanto riguarda l’etichettatura e le informazioni fornite ai consumatori, entro la fine dell’anno avremo una proposta relativa alla modalità con cui devono essere fornite le informazioni rilevanti per il consumatore.
Devo accennare al fatto che il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione in merito a questa questione. Ritengo che alcuni punti siano estremamente positivi, ma ve ne sono altri che non approvo: per esempio il fatto che per le auto dovremmo seguire l’esempio della pubblicità contro il fumo. Si tratta di due casi completamente diversi e perciò non seguiremo l’esempio di una sezione obbligatoria riservata alle informazioni all’interno delle pubblicità.
Ci sono altri modi per informare i consumatori, dato che quando questi acquistano un’auto, si recano presso la concessionaria dove ricevono le informazioni relative alle emissioni di anidride carbonica e al consumo di carburante mediante le brochure e i cartelli ivi esposti.
Georgios Papastamkos (PPE-DE). – (EL) Signor Presidente, signor Commissario, i membri del G8 propongono una riduzione delle emissioni di anidride carbonica pari al 50 per cento entro il 2050. Tuttavia, a quanto risulta, i paesi avanzati, in via di rapido sviluppo (cioè la Cina, l’India, il Brasile, il Messico e il Sudafrica) non stanno rispondendo a questa proposta.
Credete che questa posizione avrà un effetto sui negoziati del periodo post-Kyoto? Quali sono le prospettive dei negoziati cruciali del periodo post-Kyoto che seguono questa proposta del G8?
Stavros Dimas, membro della Commissione. − (EL) L’interrogazione posta dal signor Papastamkos è sicuramente del tutto disgiunta dalla prima interrogazione che abbiamo discusso e che riguardava le auto, ma è ancora molto importante e opportuna considerando il dibattito tenutosi e la decisione presa nel corso delle riunioni dei G8 di ieri e di oggi.
Il fatto che il G8 che comprende le otto maggiori economie del mondo, abbia consentito a ridurre le emissioni di anidride carbonica del 50 per cento entro il 2050 rappresenta un passo avanti positivo. Come ho detto prima, sicuramente questo è soltanto un mezzo passo avanti, perché non c’è stato alcun accordo su obiettivi a medio termine per il 2020 che sarebbero stati necessari per un accordo internazionale per combattere efficacemente i mutamenti del clima.
Penso che sia stata anche trattata e dibattuta la questione degli altri grandi paesi, le grandi economie in via di sviluppo quali la Cina e l’India; sicuramente una soluzione efficace per il mutamento del clima richiede la partecipazione di questi paesi, per esempio attraverso misure atte a ridurre il tasso di aumento delle emissioni di anidride carbonica sempre secondo il principio delle responsabilità comuni, ma differenziate delle Nazioni Unite.
Penso che si raggiungeranno accordi sia per l’obiettivo a lungo termine, per il quale il consenso è generale, che per gli obiettivi a medio termine, dato che questi accordi sono fondamentali per ottenere il risultato desiderato a Copenhagen nel 2009.
Reinhard Rack (PPE-DE). – (DE) Signor Commissario, vorrei tornare alle automobili. Quando è stato fissato questo obiettivo dei 120 g è stata posta una serie di domande relative ai termini per cui questi 120 g dovrebbero essere considerati una media con riferimento all’intero comparto industriale e a misure simili.
Questi dubbi sono stati chiariti oppure si può prevedere che vengano chiariti in tempo perché l’industria sia veramente in grado di reagire, se deve farlo, nei brevi spazi temporali previsti?
Paul Rübig (PPE-DE). – (DE) Mi interesserebbe sapere se non varrebbe la pena di offrire incentivi per togliere le vecchie auto dal mercato, presentando queste i consumi più elevati e il livello più alto di emissioni di anidride carbonica. In questo caso si potrebbe considerare un sistema di incentivi?
Stavros Dimas, Membro della Commissione. − (EN) E’ molto interessante che nelle conclusioni del G8 sia stato dato particolare rilievo agli incentivi fiscali. Nell’Unione europea gli incentivi fiscali potrebbero essere molto importanti allo scopo di promuovere l’acquisto di automobili più pulite. Alcuni paesi stanno introducendo queste misure, la Francia ne è un esempio recente e sembra che abbia avuto più successo di quanto ci si aspettasse.
Siamo certi che entro il 2012 l’industria riuscirà a raggiungere l’obiettivo dei 120 g. Sarebbe necessario sottolineare che sanno di questo obiettivo dal 1995 e che nel 2008 hanno stretto un accordo volontario per raggiungere l’obiettivo dei 140 g al chilometro. In ogni caso, secondo la vostra valutazione d’impatto e secondo le stime dei costi che l’industria ci ha fornito, riusciranno a raggiungere l’obiettivo in tempo.
Il King Report, uno studio molto importante ed interessante eseguito per il ministro dei Trasporti del Regno Unito, chiarisce che dal punto di vista tecnologico ed economico è fattibile raggiungere questo obiettivo entro il 2012. Sicuramente sarebbe necessario tener conto degli interessi dell’industria e dei problemi specifici di ogni singola industria automobilistica. In ogni caso dipende da voi, Parlamento europeo e Consiglio, trovare soluzioni che consentiranno sia di raggiungere i nostri obiettivi ambientali che di tener conto della competitività dell’industria automobilistica europea. Riteniamo che questa proposta fornirà incentivi all’industria automobilistica che avrà il “vantaggio del primo arrivato” e inoltre che i consumatori europei risparmieranno spendendo meno per l’energia, specialmente a fronte degli attuali rincari del petrolio.
Presidente. − Annuncio l’
interrogazione n. 44 dell’onorevole Johan Van Hecke (H-0470/08)
Oggetto: Politica relativa ai biocarburanti
Precedentemente il Commissario ha affermato che l’Unione europea deve rivedere le proprie priorità per quel che riguarda i biocarburanti , se questi hanno dimostrato di avere un effetto dannoso sull’approvvigionamento alimentare dei paesi poveri. Ma secondo la sua collega Mariann Fischer Boel, l’impatto della politica relativa ai biocarburanti sul prezzo dei generi alimentari non è così grave.
Tuttavia, secondo il relatore speciale delle Nazioni Unite, Jean Ziegler, la produzione massiccia di biocarburanti rappresenta un crimine nei confronti dell’umanità in considerazione del suo impatto sui prezzi mondiali dei prodotti alimentari. Anche la FAO sostiene che il rapido incremento dei biocarburanti ha fatto aumentare in maniera sostanziale i prezzi di diversi raccolti, contribuendo così all’attuale crisi alimentare.
Secondo l’OECD, nei prossimi anni i prezzi agricoli aumenteranno ancora. Il Commissario quando capirà se si stanno verificando o meno degli effetti dannosi? La Commissione intende fare ricerche a questo proposito? Se è così, il Commissario quando sarà in grado di presentare una valutazione?
Mariann Fischer Boel, Membro della Commissione. − (EN) L’Unione europea si è accordata su un obiettivo pari al 10 per cento per i combustibili rinnovabili nel settore dei trasporti e questo 10 per cento deve essere raggiunto entro il 2020. Penso che sia importante utilizzare l’espressione “energie rinnovabili”, perché non si tratta soltanto di biocarburanti, quindi non soltanto di etanolo e biodiesel. Potrebbe trattarsi anche di automobili elettriche e quindi dobbiamo fare questa distinzione.
Ritengo di dover dire che un tempo di risposta così lungo rende improbabile che questo possa aver avuto un effetto sul livello dei prezzi che vediamo oggi. Secondo i nostri calcoli entro il 2020 si assisterebbe ad un rincaro del 3-6 per cento per i cereali, dell’8-10 per cento circa per il ravizzone e del 15 per cento per i semi di girasole rispetto ai livelli del 2006, partendo dall’assunto che una quota pari al 30 per cento sarebbe coperta dai biocarburanti di seconda generazione.
Mi sembra di riscontrare una certa esitazione da parte di alcuni membri del Parlamento. Uno degli Onorevoli Parlamentari non sembra essere d’accordo, ma ritengo che dobbiate tener conto del fatto che molti degli attuali rincari dei generi alimentari sono la conseguenza dell’aumento del prezzo del petrolio. Abbiamo preso in esame molti calcoli e molte valutazioni dell’impatto dell’OECD e il più recente indica chiaramente che valutare il prezzo del petrolio 130 euro al barile significa un rincaro dei prezzi del raccolto tra il 9 e il 13 per cento. Quindi questo è collegato all’aumento dei prezzi del petrolio e non alla discussione sulle energie rinnovabili.
Penso che sia anche evidente che l’impatto sarà attenuato dal crescente impiego, a cui si spera di assistere, dei biocarburanti di seconda generazione che la nostra politica tende ad incoraggiare.
Le materie prime per la produzione dei biocarburanti di seconda generazione spaziano dalle colture non alimentari, quali le colture energetiche a fonti quali gli oli vegetali riciclati, il grasso animale, i sottoprodotti dell’industria silvicola, i residui della silvicoltura e i rifiuti solidi quali le graminacee.
Nella proposta della Commissione di direttiva sulla promozione dell’uso di energia da fonti rinnovabili presentata il 23 Gennaio di quest’anno, la Commissione ha proposto di monitorare tra l’altro, l’evoluzione dei prezzi dei prodotti di base associata all’uso della biomassa per la produzione di energia e ogni effetto positivo e negativo associato sulla sicurezza alimentare.
Inoltre, la Commissione propone di presentare una relazione ogni due anni in merito, tra l’altro, all’impatto della nostra politica europea in materia di biocarburanti sulla disponibilità di prodotti alimentari nei paesi esportatori, sulla capacità delle popolazioni dei paesi in via di sviluppo di acquistare questi prodotti alimentari e ad altre questioni più generali legate allo sviluppo.
La Commissione ha presentato il proprio punto di vista in merito alla causa del recente rincaro dei generi alimentari nella recente comunicazione “Fare fronte alla sfida dell’aumento dei prezzi dei generi alimentari: linee d’intervento dell’UE”.
Quindi, tenuto conto dell’instabilità e della complessità delle tendenze attuali dei prezzi, la Commissione intende monitorare da vicino l’andamento dei prezzi all’interno dell’Unione europea e a livello internazionale e pubblicare una relazione sull’evoluzione della situazione entro la fine dell’anno.
Come indicato nella comunicazione, benché la domanda agricola sia anche influenzata dal mercato dei biocarburanti, dalle analisi della Commissione si evince che l’attuale produzione europea di biocarburanti ha conseguenze minime sull’attuale livello globale dei prezzi dei generi alimentari.
Johan Van Hecke (ALDE). - (NL) La ringrazio molto, signora Commissario, per la sua risposta. Un anno e mezzo fa i biocarburanti rappresentavano ancora un aiuto miracoloso per la lotta contro il riscaldamento globale. Ora si sta iniziando a denigrarli e noto che la Commissione appoggia la marcia indietro dello scorso weekend da parte dei ministri dell’energia, anche se sicuramente negherà l’accaduto.
La mia interrogazione – il Commissario ci ha bombardato di dati in questo senso – é la seguente: la Commissione concorda con lo studio della Banca Mondiale che sostiene che il 75 per cento dei biocarburanti è responsabile del 75 per cento dei rincari dei prezzi dei generi alimentari a livello mondiale? La FAO arriva a conclusioni simili e il relatore speciale delle Nazioni Unite, il signor Ziegler, descrive la produzione massiccia di biocarburanti come un crimine contro l’umanità.
Il Commissario Fischer condivide l’opinione della Banca Mondiale, della FAO e delle Nazioni Unite?
Mariann Fischer Boel, Membro della Commissione. − (EN) Prima di tutto mi sembra che si possa notare come le energie rinnovabili e i biocarburanti recentemente siano stati il capro espiatorio per l’aumento dei prezzi nel settore dei prodotti agricoli. Chiaramente questi rincari sono dovuti a diverse ragioni. Le avverse condizioni atmosferiche che abbiamo riscontrato in alcune parti del mondo hanno esercitato una forte influenza, quasi quattro volte superiore rispetto a quella dei biocarburanti.
In secondo luogo, abbiamo riscontrato un’enorme domanda da parte dell’Asia. In Cina e in India ora si sta iniziando a mangiare la carne e quindi questi paesi devono importare molti più cereali di quanto non fossero soliti fare.
In terzo luogo, la speculazione: gli investitori stanno spostando il loro danaro dalle azioni e dagli immobili ai prodotti agricoli, all’oro e all’argento.
Alcuni paesi hanno chiuso i propri confini all’esportazione dei prodotti agricoli e anche questo ha fatto la sua parte. Prendendo in considerazione gli Stati Uniti, il fatto che ora gli Americani abbiano introdotto un impiego molto ampio del grano per il bioetanolo ha influito sul settore del grano. Sicuramente questo ha avuto un impatto sul prezzo sul mercato mondiale del grano. Ma in Europa utilizziamo meno dell’1 per cento della nostra area produttiva per le energie rinnovabili e questo non può influire sul livello dei prezzi che vediamo.
Ciò che conta è produrre queste energie rinnovabili in maniera sostenibile e applicare determinati criteri ai diversi tipi di energie rinnovabili. Abbiamo detto chiaramente che come minimo la riduzione delle emissioni di anidride carbonica deve essere pari al 35 per cento e saremmo preparati ad andare oltre. Per esempio, si è accennato di arrivare al 50 per cento entro il 2015.
A proposito dell’interrogazione dell’onorevole parlamentare relativa allo studio della Banca Mondiale, prima di tutto devo dire che questo non è stato ancora pubblicato. E’ trapelata una copia pirata. Perciò per la Banca Mondiale è difficile esprimere commenti su uno studio che non è ancora stato pubblicato. Ma devo dire che personalmente vorrei che la Banca Mondiale promettesse e confermasse di partecipare al 75 per cento. Non credo che 75 per cento sia una cifra che possa essere sostenuta. Non si tratta neanche dei prezzi dei cereali, ma dei prezzi dei generi alimentari. Sapendo che per quanto riguarda i generi alimentari – il pane, per esempio – soltanto il 10 per cento al massimo del valore del pane può essere associato al frumento, non riesco davvero ad immaginare come il 75 per cento possa essere corretto.
Sarei molto contenta di tornare al Parlamento europeo per discuterne, quando questa relazione verrà resa pubblica e quando avremo una base solida su cui discutere e non soltanto voci pubblicate da un unico giornale nel momento in cui la relazione è trapelata.
Jim Allister (NI). - (EN) Signora Commissario, ammiro la Sua tenacia nel mantenersi fedele alla posizione sul basso impatto dei biocombustibili sui prezzi degli alimentari, ma mi chiedo per quanto tempo riuscirà a sostenerla. Come Le è stato fatto notare, lei è in totale disaccordo con gli altri esperti mondiali. E’ a conoscenza dell’opinione della FAO e, credo, della Banca Mondiale.
Ha ripetutamente sottolineato che solo l’1 per cento della nostra produzione viene investito nei biocombustibili. E’ vero, ma l’Europa dipende moltissimo dalle importazioni di mangime dalle Americhe e questo determina l’impatto sui prezzi degli alimentari. E’sulla richiesta di affrontare ciò e di muoverci il più velocemente possibile verso una seconda e addirittura terza generazione che la Commissione dovrebbe concentrarsi.
Glyn Ford (PSE). - (EN) Mi sembra che se la discussione riguarda i tempi di attesa, allora i prezzi del petrolio sono lungi dall’essere una causa dell’aumento dei prezzi dei prodotti di base, al contrario dei biocombustibili; ma la signora Commissario solleciterà la Banca Mondiale affinché questa pubblichi il risultato? Scriverà loro per segnalare che vorremmo vedere la relazione pubblicata, affinché tutti possiamo discutere le sue argomentazioni? Detto questo, non ritiene la Commissione che sia necessario sollecitare, nel frattempo, una moratoria per tutti i nuovi prodotti biocombustibili che non si basano interamente su sottoprodotti alimentari non commestibili e di lavorazione alimentare?
Mariann Fischer Boel, Membro della Commissione. − (EN) Innanzi tutto, per rispondere all’onorevole Allister, quando si parla di dipendenza dai mangimi all’interno dell’Unione europea, lei ha perfettamente ragione, siamo dipendenti, soprattutto dalle importazio