Hubert Pirker (PPE-DE). - (DE) Signor Presidente, non ho potuto formulare la mia dichiarazione di voto a causa del livello del rumore, e desidero farlo adesso. Ho votato a favore della relazione Kaufmann perché occorre chiarire che la rete giudiziaria europea è una necessità, considerando che ha funzionato in modo efficace negli ultimi dieci anni assieme al sistema di assistenza giudiziaria. Adesso si tratta di compiere una netta distinzione tra la rete ed Eurojust. Entrambe le istituzioni hanno le loro motivazioni. L’obiettivo è che Eurojust e la rete giudiziaria europea si completino l’una con l’altra o cooperino, come appropriato, e quindi garantiscano la sicurezza per gli Stati membri.
Hubert Pirker (PPE-DE). - (DE) Signor Presidente, per quanto riguarda l’applicazione delle sentenze contumaciali, non è di alcuna utilità per noi nell’Unione europea avere un’eccellente cooperazione di polizia da un lato e dall’altro il sistema processuale penale che non funziona come dovrebbe.
Al riguardo, ritengo che la nostra decisione abbia colmato un vuoto. Il riconoscimento reciproco delle sentenze penali emesse dalla pubblica accusa penale significherà che le sentenze in cause penali, comprese quelle pronunciate in contumacia, possono essere valide in altri paesi. E’ un passo essenziale nel consentire alle autorità giudiziarie di assistere le forze di polizia nel loro lavoro.
Hubert Pirker (PPE-DE). - (DE) Signor Presidente, l’obiettivo della relazione Brejc è di fornirci gli strumenti per garantire finalmente che il sistema di informazione sui visti venga impiegato e controllato ogniqualvolta cittadini non comunitari entrano nello spazio Schengen. Sappiamo che molte persone risiedono clandestinamente nell’Unione europea poiché i loro visti sono scaduti o sono stati annullati. Attraverso questa cooperazione tra il sistema Schengen e il sistema di informazione sui visti, stiamo creando le condizioni in cui possiamo eliminare le violazioni relative ai visti nell’Unione europea e garantire che le persone che entrano e lasciano l’Unione europea siano giuridicamente autorizzate a farlo.
Frank Vanhecke (NI). - (NL) Signor Presidente, naturalmente non ho obiezioni, come presumo la maggior parte delle persone, riguardo ai miglioramenti apportati al sistema di informazione sui visti dei paesi Schengen, ma ciò che abbiamo nella presente relazione è veramente oltremodo ridicolo. Il sistema dei visti doveva essere reso in realtà più flessibile per i tempi di attesa alle dogane! Chiunque abbia viaggiato sa che devono esserci liste di attesa e che queste ultime a volte sono necessarie. Mi domando quale valutazione si potrebbe fare affinché le guardie di frontiera decidano quando esiste un pericolo o quando non esiste. Chi sa da dove vengono i terroristi e gli altri pericoli?
Non ho neanche problemi per il fatto che siamo in ritardo su questo punto. L’europeizzazione dei nostri controlli di frontiera è stata compiuta in modo avventato, senza preparazione e sotto la pressione di estremisti ideologici che ritengono che la sicurezza dei cittadini sia meno importante del grande ideale della nuova Unione sovietica europea.
Daniel Hannan (NI). - (EN) Signor Presidente, prendo la parola, come sta diventando consuetudine in queste occasioni, per sottolineare che l’armonizzazione della politica europea nei campi di giustizia e affari interni ha solo le più deboli delle basi giuridiche. Molto di quanto contenuto nelle relazioni sulle quali abbiamo appena votato, le relazioni Kaufmann, França, Brejc, Weber e Lambert, mira a rafforzare gli aspetti della politica, le iniziative e, nel caso di Eurojust, un’intera istituzione, che non ha un mandato giuridico adeguato. E’ vero che un simile mandato sarebbe stato fornito dalla Costituzione europea o dal Trattato di Lisbona, ma è altrettanto vero, come sembra necessario ricordarlo periodicamente a quest’Assemblea, che la Costituzione è stata respinta tre volte: dal 55 per cento degli elettori francesi, dal 62 per cento degli elettori olandesi e dal 54 per cento degli elettori irlandesi.
La capacità di avere un monopolio sulla coercizione penale attraverso un sistema di giustizia penale è forse la suprema definizione caratteristica di autonomia. Possiamo definire una Stato come un territorio con norme concordate applicate da un’autorità comune. Se l’Unione europea desidera dotarsi di questa caratteristica suprema di autonomia, dovrebbe avere la decenza di chiedere prima il permesso ai suoi cittadini nelle consultazioni referendarie. Pactio Olisipiensis censenda est!
Hubert Pirker (PPE-DE). - (DE) Signor Presidente, la presente relazione riguarda il rafforzamento di Eurojust. E’ un’altra serie di strumenti il cui fine ultimo è intensificare la cooperazione di polizia e renderla efficace. E’ diventato palese che moltissime istituzioni sono coinvolte nella cooperazione giudiziaria in un determinato paese. La nostra proposta per l’istituzione di un sistema di coordinamento all’interno e tra gli Stati membri ha pertanto davvero senso, semplicemente perché garantisce un’efficace cooperazione, in particolare nella lotta al terrorismo e altre forme di criminalità organizzata.
Una misura particolarmente incoraggiante che desidero sottolineare è che i magistrati di collegamento devono essere nominati in paesi non comunitari, analogamente a quanto accaduto nel quadro di polizia, affinché la cooperazione con questi paesi possa quindi essere potenziata di conseguenza. In sintesi, questo sistema ci consentirà di costruire un altro cordone sanitario inteso a proteggere l’Unione europea.
David Sumberg (PPE-DE). - (EN) Signor Presidente, posso iniziare affermando che è un enorme piacere vederla alla presidenza qui a Bruxelles per un’intera sessione plenaria. Un piccolo passo per l’onorevole McMillan-Scott; un grande passo, forse, per il Parlamento europeo. Chi lo sa? Non trattenete il respiro.
Prendo la parola in merito alla relazione Lambert, nonché alla relazione Bowles, se me lo chiedete. La prima la trovo difficile da appoggiare. Vi sono contenuti riferimenti all’idea di distribuire gli immigrati clandestini tra la grande maggioranza dei paesi dell’Unione europea, che ritengo sia assolutamente priva di senso. Dal punto di vista del Regno Unito, è più importante che, unicamente o quasi (perché Cipro si trova nella stessa posizione) siamo un’isola. Pertanto, ritengo che sia importante per il Regno Unito mantenere il controllo delle sue frontiere, controllate dalle sue autorità e non dall’Unione europea che ha confini vasti e deboli. Penso quindi che la relazione Lambert non sia accettabile su questa base.
La relazione Bowles non è accettabile in quanto, nonostante contenga alcune buone intenzioni, sta effettivamente accusando i paradisi fiscali della tassazione elevata che molti di noi devono sopportare. Ma il motivo per cui sopportiamo una tassazione elevata, nel Regno Unito di sicuro, è perché abbiamo un governo laburista deciso e determinato ad aumentare le entrate fiscali e con esse l’onere del popolo e dei contribuenti britannici.
L’essenza della tassazione elevata è un problema nazionale e tale deve rimanere, e i governi a livello nazionale dovrebbero assumersene la responsabilità, che non dovrebbe essere dell’Unione europea.
Frank Vanhecke (NI). - (NL) Signor Presidente, la relatrice, l’onorevole Lambert, ha ragione nell’affermare che gli obiettivi di Dublino per il cosiddetto asylum shopping non sono mai stati realizzati; in effetti, è accaduto l’esatto contrario. E’ vero. Ha inoltre ragione nell’affermare che il sistema pone inevitabilmente un onere irragionevolmente pesante sugli Stati membri alle frontiere dell’Unione europea. Anche questo è vero. Pertanto, è positivo che venga chiesta assistenza per questi Stati.
D’altro canto, ritengo che manchino numerosi punti fondamentali nella relazione e non concordo affatto con la maggior parte delle ipotesi e degli obiettivi della relatrice, al contrario. Un esempio: la valutazione della Commissione ha già dichiarato che decine di migliaia di richiedenti asilo entrano nella clandestinità a causa del sistema di Dublino, e la relatrice ha ancora argomenti contrari alla detenzione. Non può essere più grave. La stretta cooperazione tra gli Stati membri europei in materia di asilo potrebbe avere successo, ma se così fosse occorrerebbe eliminare un’intera serie di concetti politicamente corretti che pervadono la presente relazione.
Philip Claeys (NI). - (NL) Signor Presidente, è impossibile riassumere tutti i problemi della relazione Lambert in un minuto, così mi limiterò a un paio di osservazioni. Per quanto riguarda la tutela dei minori, la relazione dichiara che, in caso di incertezza, al minore sia concesso il beneficio del dubbio. Qualcosa che sembra essere positivo, ma in effetti è un invito diretto ad ancora maggiori truffe con i documenti di identità.
La relazione dichiara inoltre che la definizione di familiare sia troppo restrittiva, che è di nuovo un aperto invito ad altre violazioni. In Africa, per esempio, più o meno tutti sono parenti di tutti e se ne dovessimo tenerne conto, dovremmo lasciare aperte immediatamente tutte le frontiere.
La relazione si oppone inoltre all’accesso alla base di dati Eurodac per i servizi di polizia e le agenzie di contrasto degli Stati membri poiché, cito, “ciò accrescerebbe, inoltre, il rischio di stigmatizzazione dei richiedenti asilo”. E’ un’idea ridicola, in particolare dato che Eurodac potrebbe contenere molte informazioni per la lotta all’immigrazione clandestina, alla criminalità internazionale e al terrorismo.
Christoph Konrad (PPE-DE). - (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, la relazione Bowles include una valutazione del problema della frode all’IVA, e giustamente poiché è pari a circa 20 miliardi di euro all’anno. Sostengo le proposte in materia, ma è importante sottolineare che abbiamo bisogno di un cambio di sistema, una riforma strutturale, in questo ambito. Ciò che abbiamo ascoltato da parte della Commissione in tale contesto non è nulla più che una dichiarazione di intenti per migliorare la cooperazione intergovernativa nel settore e impegnarsi nella valutazione, nella ricerca e così via.
Dato il volume della frode cui assistiamo, è davvero il momento che la Commissione abbandoni la sua posizione passiva e sostenga gli Stati membri riformisti che vogliono realmente introdurre questa procedura di inversione contabile. E’ inoltre una richiesta rivolta all’onorevole Kovács di avere un tardivo ripensamento sulla questione. Auspico che riceveremo una proposta adeguata prima della scadenza di questo mandato parlamentare e che le proposte dai governi austriaco e tedesco vengano approvate.
Ivo Strejček (PPE-DE). - (EN) Signor Presidente, non ho votato a favore della relazione Bowles.
Vi sono tre aspetti che desidero sottolineare. In primo luogo, la relazione chiede un miglior coordinamento fiscale e relativo alle imposte. Presumo che sia dannoso tassare la concorrenza, poiché la concorrenza fiscale è valida e fruttuosa. In secondo luogo, il modo di eliminare la frode fiscale non è attraverso una riduzione della concorrenza ma con la rigorosa eliminazione delle esenzioni fiscali. In terzo luogo, la frode fiscale all’IVA dovrebbe essere eliminata attraverso l’unificazione delle aliquote IVA, che si tradurrebbe nella rapida riduzione di esenzioni e lacune.
La relazione Bowles offre diverse misure correttive. Questo è il motivo per cui non ho votato a favore.
Astrid Lulling (PPE-DE). – (FR) Signor Presidente, come ho affermato ieri, sono contraria a tutti i tipi di frode fiscale, e ho chiesto alla Commissione e al Consiglio di agire rapidamente al fine di riparare agli effetti disastrosi dell’evasione all’IVA: perdite stimate per 20 miliardi di euro all’anno, o circa un quinto del bilancio comunitario.
Ho citato un modello sviluppato da RTvat e presentato da tale organizzazione a quest’Assemblea che ridurrebbe l’evasione all’IVA di circa 275 milioni di euro al giorno oltre all’onere amministrativo, in particolare per le PMI. Penso che la Commissione debba analizzare queste proposte, poiché i modelli esistono. Naturalmente, deve esserci anche la volontà politica di adottarli.
Tuttavia, non ho potuto votare a favore della relazione poiché gli emendamenti del mio gruppo, tra cui quello che dichiara che una sana concorrenza fiscale contribuirà a mantenere e aumentare i proventi derivanti dalle imposte degli Stati membri, e l’emendamento che si oppone all’ampliamento della portata della direttiva sulla tassazione del risparmio, non sono stati adottati. Tuttavia, ci siamo palesemente opposti all’ampliamento della portata della direttiva inteso a coprire tutte le persone giuridiche e tutte le fonti di reddito finanziario.
In tale contesto, ritengo che non dobbiamo dimenticare che “troppe tasse uccidono le tasse”, e che gli Stati membri favorevoli a tali misure dovrebbero essere molto attenti poiché le persone di Macao, Singapore e Hong Kong si stanno già sfregando le mani con gioia alla prospettiva che ci muoviamo in questa direzione. Questo è il motivo per cui non ho votato a favore della relazione, perché desidero sia chiaro e preciso.
Avril Doyle (PPE-DE). - (EN) Signor Presidente, desideravo solo dire una parola sulla relazione Bowles su una strategia coordinata volta a migliorare la lotta contro la frode fiscale. A leggere questo, si penserebbe molto difficile essere contrari alla relazione o anche a una parte di essa.
La realtà è che mentre sostengo appieno un approccio coordinato nella lotta alla frode fiscale, e in questo ambito occorre svolgere serie valutazioni e coordinamento, qualsiasi suggerimento di armonizzazione fiscale e/o riduzione della concorrenza fiscale in tutti i 27 Stati membri dell’Unione europea, quale parte della soluzione alla lotta contro la frode fiscale, è del tutto inaccettabile.
Non sono sicura che l’Europa, al pari della Commissione, comprenda il danno arrecato negli Stati membri dai costanti riferimenti alla centralizzazione, al controllo o alla riduzione della competenza di un paese in ambito fiscale, in ogni modo. E’ stato un problema enorme, sebbene non fosse un problema in termini di rilevanza rispetto al Trattato di Lisbona, nel corso del nostro referendum del 12 giugno. Avremmo potuto fare tutto quello che potevamo, ma non avremmo potuto convincere coloro che temevano l’Europa, come il desiderio delle istituzioni europee di controllare le tasse a livello centrale in diversi gradi e per varie ragioni, che il Trattato di Lisbona avrebbe sostenuto in qualche modo questo concetto. Vi prego di essere molto prudenti nell’indugiare in questo settore specifico.
Frank Vanhecke (NI). - (NL) Signor Presidente, non ho votato contro la relazione Kaufmann, nonostante non sia del tutto convinto che l’europeizzazione dei nostri sistemi giudiziari o l’istituzione di un ufficio europeo della pubblica accusa siano necessariamente il modo giusto di potenziare il lavoro della polizia e della giustizia o di punire anche la criminalità transfrontaliera. Piuttosto il contrario.
Tuttavia, chiedo una cooperazione di ampio respiro e molto stretta tra tutti i servizi di sicurezza europei superiori, e al riguardo posso sostenere ampiamente un certo numero di raccomandazioni, miglioramenti nella relazione Kaufmann, miglioramenti alla rete giudiziaria europea. Tuttavia, tutto ciò non deve tradursi in un sistema di giustizia europeo strapagato e arrogante che si isola dal mondo reale, come abbiamo visto negli ultimi mesi, interferendo in un modo che supera di gran lunga la cooperazione necessaria tra gli Stati membri sovrani. Per questo secondo motivo, quindi, mi sono astenuto dalla votazione finale sulla relazione Kaufmann.
Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della risoluzione legislativa basata sulla relazione della deputata greca Katerina Batzeli, che approva, in prima lettura della procedura di codecisione, la proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la decisione n. 1719/2006/CE che istituisce il programma “Gioventù in azione” per il periodo 2007-2013. Accolgo positivamente e appoggio gli emendamenti che hanno sostituito la procedura del comitato consultivo con un obbligo per la Commissione di informare il Parlamento europeo e gli Stati membri senza indugio su qualsiasi misura adottata per attuare la presente decisione senza l’assistenza di un comitato, al fine di permettere un’attuazione più rapida e più efficace delle decisioni di selezione.
Alessandro Battilocchio (PSE), per iscritto. − Ho votato a favore della relazione della collega Batzeli e saluto con favore il cospicuo aumento dei fondi relativo. Il programma “Gioventù in azione” ha rappresentato in questi anni un importante strumento per coinvolgere le nuove leve della nostra Unione all’interno del grande progetto europeo: un legame basilare per avvicinare, dunque, le nuove generazioni all’Europa, rendendole protagoniste di alcune iniziative davvero interessanti da un punto di vista politico e culturale. Ben fa la Commissione europea a proseguire su questa strada: come giovane rappresentante di questo Parlamento, conoscendo l’impegno ed i propositi del Commissario Figel, posso sicuramente essere ottimista sulla riuscita del nuovo programma 2007-2013.
il programma “Gioventù in azione” è uno strumento che ci aiuta a coinvolgere i nostri figli in attività costruttive, attraverso cui possono sviluppare uno spirito di leadership, solidarietà e tolleranza. Al contempo, è il modo migliore in cui possiamo dimostrare ai giovani che ci occupiamo della risoluzione dei loro problemi e possiamo associarli all’idea di una casa comune europea! Per questo motivo, è di fondamentale importanza per il futuro dell’Unione un grado di efficienza elevato nella gestione dei finanziamenti destinati alla gioventù europea.
L’incoraggiamento dell’iniziativa, la riduzione dell’onere amministrativo e il raggiungimento di un livello elevato di trasparenza sono tra le principali priorità di questo Parlamento. L’onorevole Batzeli offre soluzioni che riducono il tempo in cui i finanziamenti arrivano ai progetti vincitori, il che è un segnale positivo per i giovani. Al contempo, gli emendamenti sostengono la posizione del Parlamento europeo nel controllo della spesa dei finanziamenti comunitari. Questo è il motivo per cui ho dato il mio voto favorevole alla relazione sugli emendamenti al programma “Gioventù in azione”.
Mi congratulo con la relatrice per l’eccellente lavoro svolto!
Neena Gill (PSE), per iscritto. − (EN) Sono stata molto felice di votare a favore della presente relazione, in quanto ritengo che il programma “Gioventù in azione” sia un’iniziativa eccellente. Modelli come questo saranno essenziali nell’incoraggiare il coinvolgimento tra i giovani e l’Europa.
Quest’ultimo è estremamente necessario. Molte volte sento dai miei elettori che l’Unione europea non fa nulla per loro. Senza finanziamenti per i programmi rivolti alla società civile, coloro che credono nell’importanza del progetto europeo avranno un duro periodo nell’affrontare le critiche di deficit democratico e di istituzioni insensibili.
E questa negatività è particolarmente forte tra i giovani. Ogni volta che visito le scuole nella mia circoscrizione, sono colpita dal loro cinismo circa il ruolo dell’Unione europea. Una relazione come questa, quindi, rappresenta una risposta puntuale a un problema urgente e crescente.
Tuttavia, la relazione si è trovata di fronte all’opposizione degli allarmisti che sostengono che rafforzerà la Commissione. Ciò che è chiaro è che tutte le informazioni fornite dovranno essere obiettive affinché il programma sia efficace. Tuttavia, chiederei ai deputati di domandarsi in quale modo un maggiore potere della Commissione possa rafforzare la società civile e il ruolo dei giovani cittadini.
Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. − (SV) La cultura riguarda questioni fondamentali a lungo termine che coinvolgono i paesi e le civilizzazioni. Per questo motivo, il partito Junilistan ritiene che la politica culturale dovrebbe essere gestita dai politici che sono vicini ai loro cittadini e quindi dovrebbe essere prevalentemente affrontata a livello nazionale. Riteniamo che i programmi culturali abbiano ricevuto stanziamenti sin troppo generosi nel bilancio dell’Unione europea per un problema che principalmente dovrebbe essere di competenza degli Stati membri. In generale, siamo favorevoli ai maggiori finanziamenti per la cultura, ma siamo contrari a maggiori finanziamenti stanziati dalle istituzioni comunitarie che sono molto lontane dai cittadini.
Nella votazione sulle quattro relazioni di oggi dell’onorevole Batzeli, dovevamo solo raggiungere un accordo sugli emendamenti di natura più tecnica circa la struttura dell’attuazione dei programmi. Tuttavia, abbiamo deciso di votare contro le presenti relazioni al fine di chiarire che ci opponiamo a questi importanti investimenti a livello comunitario.
David Martin (PSE), per iscritto. − (EN) Accolgo con favore la relazione dell’onorevole Katerina Batzeli sul programma “Gioventù in azione”. Le sovvenzioni a titolo del programma sono un elemento fondamentale nel consentire ai giovani europei di trarre pieno vantaggio dalle opportunità offerte dall’Unione europea. La relazione mira a ridurre la burocrazia e semplificare il processo decisionale coinvolto nella selezione delle sovvenzioni. Pertanto, sostengo le sue raccomandazioni.
Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della risoluzione legislativa basata sulla relazione della deputata greca Katerina Batzeli, che approva, in prima lettura della procedura di codecisione, la proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la decisione n. 1855/2006/CE che istituisce il programma “Cultura” (2007-2013). Accolgo positivamente e appoggio gli emendamenti che hanno sostituito la procedura del comitato consultivo con un obbligo per la Commissione di informare il Parlamento europeo e gli Stati membri senza indugio su qualsiasi misura adottata per attuare la presente decisione senza l’assistenza di un comitato, al fine di permettere un’attuazione più rapida e più efficace delle decisioni di selezione.
Nicodim Bulzesc (PPE-DE), per iscritto. − (RO) Ho votato a favore della presente relazione poiché mira a ridurre i tempi decisionali per l’assegnazione dei finanziamenti europei attraverso il programma “Cultura” 2007-2013.
L’esperienza degli anni passati ha dimostrato che la procedura di assegnazione di finanziamenti con questo meccanismo è piuttosto lenta e gli operatori culturali europei possono avere problemi finanziari per questo motivo.
Tenendo in considerazione che le istituzioni culturali e gli artisti che richiedono questi fondi si trovano generalmente in una situazione finanziaria delicata, accolgo con favore qualsiasi azione intesa a facilitare l’accesso ai finanziamenti europei.
David Martin (PSE), per iscritto. − (EN) La relazione dell’onorevole Katerina Batzeli sul programma “Cultura” 2007-2013 ottimizza il processo attraverso cui viene stabilito il sostegno finanziario a titolo del programma. Rendere il processo più efficiente andrà a vantaggio di programmi come “Capitali europee della cultura”. Pertanto, ho votato a favore della relazione.
Zdzisław Zbigniew Podkański (UEN), per iscritto. − (PL) Signor Presidente, le relazioni dell’onorevole Katerina Batzeli messe ai voti, che riguardano il programma “Gioventù in azione” (2007-2013), il programma “Cultura” (2007-2013), il programma “Europa per i cittadini” (2007-2013) e il programma d’azione nel campo dell’apprendimento permanente, dimostrano che le procedure seguite nell’adozione dei programmi pluriennali in campo culturale, di istruzione giovanile e di cittadinanza attiva, rendono chiaramente più complessa la preparazione e l’attuazione di questi programmi. La domanda è: questo è il risultato dello stile operativo burocratico della Commissione europea o della mancanza di accordo sugli importanti argomenti di cittadinanza attiva?
La cultura e l’istruzione non possono resistere alla burocrazia. Di conseguenza, le ripetute richieste della commissione del Parlamento europeo per la cultura e l’istruzione “di una procedura celere, efficace e trasparente che salvaguardasse al contempo il diritto di controllo e di informazione rispetto al processo decisionale”. In mancanza di decisioni rapide, gli effetti sperati non si sentiranno. Tutto ciò giustifica totalmente il voto a favore delle relazioni, in particolare poiché la cultura in senso più ampio è la ricchezza delle nazioni e la garanzia del loro sviluppo e durata.
Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della risoluzione legislativa basata sulla relazione della deputata greca Katerina Batzeli, che approva, in prima lettura della procedura di codecisione, la proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la decisione n. 1904/2006/CE che istituisce, per il periodo 2007-2013, il programma “Europa per i cittadini” mirante a promuovere la cittadinanza europea attiva. Accolgo positivamente e appoggio gli emendamenti che hanno sostituito la procedura del comitato consultivo con un obbligo per la Commissione di informare il Parlamento europeo e gli Stati membri senza indugio su qualsiasi misura adottata per attuare la presente decisione senza l’assistenza di un comitato, al fine di permettere un’attuazione più rapida e più efficace delle decisioni di selezione.
Alessandro Battilocchio (PSE), per iscritto. − Grazie Presidente, come per le precedenti relazioni, convintamene esprimo il mio voto favorevole al lavoro della collega Batzeli.
Il programma “Europa per i cittadini” ha rappresentato in questi anni un’occasione importante nel difficile sforzo per avvicinare l’Europa agli europei: troppo spesso, in passato, l’Europa è stata considerata come un qualcosa di lontano e distante, un’entità burocratica avulsa dalla realtà quotidiana dei cittadini.
Oggi, che ci troviamo in seduta plenaria eccezionalmente a Bruxelles, abbiamo l’occasione di dare un segnale che sarebbe recepito assai positivamente dai cittadini europei: iniziamo il ragionamento per giungere a una sede unica a Bruxelles del Parlamento Europeo. Sempre meno i nostri cittadini comprendono infatti le ragioni di questo “trasferimento” mensile che comporta crescenti sforzi in termini economici e organizzativi. Si inizi a discutere, senza tabù, tale questione.
David Martin (PSE), per iscritto. − (EN) Accolgo positivamente le proposte di ridurre la burocrazia nel processo decisionale del programma “Europa per i cittadini”. Una selezione più efficiente delle sovvenzioni per il gemellaggio tra città e il sostegno alla società civile migliorerà la capacità dell’Unione europea di incoraggiare i suoi cittadini a impegnarsi per l’Europa. In considerazione di ciò, ho votato a favore della relazione dell’onorevole Katerina Batzeli sul programma “Europa per i cittadini” per il periodo 2007-2013 mirante a promuovere la cittadinanza europea attiva.
Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della risoluzione legislativa basata sulla relazione della collega deputata greca Katerina Batzeli, che approva, in prima lettura della procedura di codecisione, la proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la decisione n. 1720/2006/CE che istituisce un programma d’azione nel campo dell’apprendimento permanente. Accolgo positivamente e appoggio gli emendamenti che hanno sostituito la procedura del comitato consultivo con un obbligo per la Commissione di informare il Parlamento europeo e gli Stati membri senza indugio su qualsiasi misura adottata per attuare la presente decisione senza l’assistenza di un comitato, al fine di permettere un’attuazione più rapida e più efficace delle decisioni di selezione.
David Martin (PSE), per iscritto. − (EN) Il programma di apprendimento permanente contribuisce a finanziare i programmi di istruzione come l’Erasmus. E’ attraverso questi ultimi che le persone in Europa non solo fanno esperienze della ricchezza culturale europea, ma anche dell’abbondanza di opportunità di apprendimento che offre l’Unione europea. Pertanto, ho votato a favore della relazione dell’onorevole Katerina Batzeli su un “programma d’azione nel campo dell’apprendimento permanente”.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. − (DE) E’ controproducente incoraggiare i nostri cittadini da un lato ad apprendere, ma dall’altro a trovare programmi di blue card, poiché l’aumento dell’impiego atipico e la spietata pressione della concorrenza hanno già garantito che una buona e ulteriore formazione di base non è più una difesa contro la disoccupazione.
Vi sono abbastanza persone ben qualificate che vengono rifiutate dalle imprese perché non possono assumere alla minore retribuzione possibile persone in possesso di laurea o master o non desiderano più offrire nient’altro che contratti di lavoro atipici.
Esiste un bisogno fondamentale di lanciare offensive di formazione al fine di eliminare la carenza di posti di lavoro qualificati che vengono impiegati per giustificare lo stato attuale delle cose. Se ciò si rivela impossibile, dovrebbe essere data precedenza al modello migratorio stagionale. Ciò eviterà che vi siano ondate di immigrazione di massa.
Dumitru Oprea (PPE-DE), per iscritto. − (RO) Ho votato a favore della relazione dell’onorevole Katerina Batzeli per diversi motivi.
E’ risaputo che l’istruzione e la formazione sono priorità essenziali per l’Unione europea al fine di raggiungere gli obiettivi di Lisbona. L’obiettivo del programma di apprendimento permanente dovrebbe essere mantenere una società flessibile e autonoma basata sulla conoscenza, con uno sviluppo culturale ed economico quantitativo e qualitativo, tutto seguendo una linea e nello spirito di una più forte coesione sociale. Per questo motivo, l’apprendimento permanente dovrebbe comprendere tutti i fattori sociali.
Ovviamente, al pari di alcuni altri programmi dello stesso tenore, dovrebbe essere chiaro, coerente, regolarmente controllato e valutato dopo ciascuna fase di attuazione, al fine di consentire l’adattamento, o il riadattamento, in particolare per quanto riguarda le priorità di attuazione delle iniziative.
Tuttavia, i programmi di apprendimento permanente dovrebbero concentrarsi anche sulle persone mature. Il fatto che, la maggior parte del tempo, venga posta enfasi sull’istruzione nella prima parte della vita e, in seguito, la conoscenza di un individuo diventa limitata, e che ogni cittadino dovrebbe essere stimolato e motivato a partecipare in un tipo di apprendimento permanente, il che garantirebbe un’eventuale occupazione sul mercato del lavoro, indipendentemente dall’età.
Ciò è ancora più importante se facciamo riferimento alle statistiche relative ai lavoratori che invecchiano e alla diminuzione della popolazione attiva.
Mihaela Popa (PPE-DE), per iscritto. − (RO) Oggi, tutta l’Europa sta affrontando una serie di drammatici cambiamenti per i cittadini di tutte le età.
L’importanza dell’istruzione e della formazione nell’ambito della strategia di Lisbona per la crescita e l’occupazione è stata riconosciuta e il Consiglio europeo ha continuamente sottolineato il ruolo dell’istruzione e della formazione nella competitività a lungo termine dell’Unione europea.
Oggi, non possiamo più prevedere che le persone restino nello stesso settore finanziario per tutta la vita o nello stesso luogo. La loro evoluzione professionale seguirà percorsi imprevedibili e avranno bisogno di una vasta gamma di competenze generali per adattarvisi.
Al fine di prepararli alla vita e alla società, le scuole dovrebbero guidarli verso l’apprendimento permanente, un programma completo dell’Unione europea, che ritiene che le persone siano in grado di apprendere a tutte le età, rimanendo pertanto membri vivi e attivi della società.
Questo è il motivo per cui ho votato a favore della presente relazione in totale fiducia, poiché dobbiamo sviluppare i programmi destinati a tali obiettivi e mi riferisco in particolare agli Stati membri dell’Unione europea di recente adesione.
Marian Zlotea (PPE-DE), per iscritto. − (RO) L’accordo di partenariato e di cooperazione (APC) tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e la Repubblica dell’Uzbekistan, dall’altra, è diventato effettivo il 1° luglio 1999, prima dell’allargamento dell’Unione europea alle Repubbliche di Bulgaria e Romania. Il protocollo dell’APC ha dovuto essere redatto al fine di consentire ai nuovi Stati membri (la Romania e la Bulgaria) di aderire all’accordo.
Ritengo che il Parlamento dovrebbe intraprendere più iniziative di questo tipo, tenendo conto anche degli accordi di partenariato siglati con altri paesi della regione. Relativamente alla situazione nella regione, quest’anno, la conclusione di un partenariato Unione europea-Azerbaigian è necessario al fine di offrire all’Europa la possibilità di continuare con i suoi progetti energetici.
L’Azerbaigian deve ricevere particolare attenzione dall’Unione europea, iniziando anche dalla realtà della politica molto equilibrata di questo paese nonché dalla disponibilità a contribuire alla realizzazione dei progetti energetici comunitari.
Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) A seguito del referendum tenutosi in Montenegro il 21 maggio 2006 sull’indipendenza del paese, in cui la maggioranza (il 55,4 per cento) ha votato a favore di un Montenegro indipendente, il suo parlamento ha dichiarato la completa indipendenza del paese, in virtù della normativa internazionale, il 3 giugno 2006. La Serbia ha riconosciuto l’indipendenza del Montenegro il 5 giugno 2006, e il parlamento serbo ha adottato una decisione che definisce la Serbia il successore dell’Unione statale di Serbia e Montenegro, che era il nuovo nome della Repubblica federale di Jugoslavia secondo la Carta costituzionale del 4 febbraio 2003. E’ a fronte di questo contesto che ho votato a favore della risoluzione legislativa del Parlamento europeo che approva, in base alla procedura di consultazione, la proposta di decisione del Consiglio che stabilisce una responsabilità distinta del Montenegro e riduce proporzionalmente la responsabilità della Serbia riguardo ai prestiti a lungo termine concessi dalla Comunità all’Unione statale di Serbia e Montenegro (precedentemente la Repubblica federale di Jugoslavia).
Brian Simpson (PSE), per iscritto. − (EN) Voterò a favore della relazione dell’onorevole Helmut Markov. Ritengo sia assolutamente essenziale per la stabilità e la sicurezza in Europa che facciamo quanto possiamo al fine di aiutare sia la Serbia che il Montenegro a riprendersi dagli sconvolgimenti economici e sociali avvenuti con la disgregazione della Iugoslavia e le conseguenti guerre disastrose.
Desidero in particolare che venga data primaria importanza alle infrastrutture e ai trasporti. Se dobbiamo essere realistici nelle nostre aspirazioni per entrambi i paesi, allora questo accordo è essenziale e dovrebbe essere sostenuto con decisione. E’ mio auspicio che in una data futura sia la Serbia che il Montenegro possano aderire all’Unione europea.
Questo accordo è il primo passo sulla strada di quest’ambizione.
Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Sulla base della relazione dell’onorevole collega britannico Neil Parish, ho votato a favore della risoluzione legislativa che approva, in base alla procedura di consultazione, la proposta di regolamento del Consiglio recante modifica del regolamento del Consiglio di giugno 2007 relativo alla produzione biologica e all’etichettatura dei prodotti biologici. Tale regolamento del 28 giugno 2007 dovrebbe entrare in vigore come criterio obbligatorio dal 1° gennaio 2009. Il fine della presente proposta è di rinviare l’impiego obbligatorio del logo dell’Unione europea nell’attesa della progettazione di un nuovo logo inteso ad evitare di confondere i consumatori modificando più loghi comunitari in un breve periodo di tempo, e creare un ulteriore onere finanziario per gli operatori, che dovrebbero cambiare le loro confezioni e stampe in un lasso di tempo molto ridotto. Pertanto, viene proposto di rinviare l’uso obbligatorio del logo dell’Unione europea al 30 giugno 2010.
Glyn Ford (PSE), per iscritto. − (EN) Appoggio la presente relazione della commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale relativa alla produzione biologica e all’etichettatura dei prodotti biologici. Non sono del tutto convinto che sia sempre meglio massimizzare del tutto la produzione e il consumo di prodotti biologici. Ritengo che la scienza abbia migliorato la produttività e la sicurezza dei generi alimentari in alcuni importanti settori. Il mio stesso consumo rispecchia tale convinzione. Cionondimeno, coloro che adottano un punto di vista più fondamentalista hanno il diritto che sia loro garantito che “biologico” sia realmente biologico, e non solo un’etichetta usata per aumentare il prezzo ai consumatori più creduloni e meno informati.
Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. − (SV) La domanda di generi alimentari prodotti biologicamente e altri beni è alta e in crescita e, al fine di soddisfare tale domanda, i consumatori devono naturalmente essere in grado di individuare questi prodotti sul mercato. Pertanto, è necessaria l’etichettatura affinché il mercato funzioni sotto questo aspetto.
Tuttavia, in precedenza abbiamo votato contro l’etichettatura comunitaria dei prodotti biologici, poiché riteniamo che le forze di mercato, guidate dalla coscienza dei consumatori europei, siano in grado di svolgere questo compito da sole. Se nel settore dell’etichettatura dei prodotti biologici è necessario un regolamento politico, lo si dovrebbe realizzare a livello nazionale.
Nel voto sulla presente relazione, tuttavia, ci veniva chiesto solo di rinviare l’impiego obbligatorio del logo dell’Unione europea sui prodotti biologici. Abbiamo votato a favore della proposta.
Ian Hudghton (Verts/ALE), per iscritto. − (EN) Ho votato a favore della relazione Parish che accetta la proposta della Commissione di rinviare l’introduzione dell’impiego di un’etichetta biologica comunitaria obbligatoria. Tuttavia, dovrebbe essere rilevato che l’impiego volontario di tale etichetta non è vietato e che dovrebbero essere incoraggiate simili iniziative a vantaggio dei consumatori.
Jan Andersson, Göran Färm, Anna Hedh, Inger Segelström e Åsa Westlund (PSE), per iscritto. − (SV) Abbiamo votato a favore della relazione, poiché gli emendamenti che il Parlamento propone significherebbero la richiesta di un consenso del Parlamento europeo per concludere gli accordi. Siamo favorevoli a una revisione approfondita degli accordi di pesca dell’Unione europea e la consideriamo un primo passo positivo che ci darà maggiori opportunità di influenza.
Consideriamo molto seriamente le relazioni che dimostrano che gli oceani si stanno esaurendo. Pertanto, non vediamo gli accordi di pesca dell’Unione europea quali mezzi di lotta alla povertà intesi a incoraggiare lo sviluppo che sia sostenibile nel lungo periodo. Desideriamo modificare la politica della pesca comunitaria affinché conduca alla ricostituzione delle popolazioni ittiche. Attraverso le modifiche nella politica commerciale e di assistenza dell’Unione europea nonché delle diverse forme di partenariato, cerchiamo anche di sostenere lo sviluppo sostenibile nei paesi in cui gli accordi di pesca con l’Unione europea costituiscono attualmente un’importante fonte di reddito.
Ian Hudghton (Verts/ALE), per iscritto. − (EN) Ho appoggiato la relazione Morillon relativa all’accordo di pesca per l’Oceano Indiano meridionale. Ritengo che i paesi attivi nel settore alieutico dovrebbero controllare le loro operazioni di pesca e al contempo cooperare a livello internazionale attraverso organizzazioni regionali della pesca.
L’Unione europea ha un interesse costiero nell’Oceano Indiano e di conseguenza deve rispettare gli obblighi della Convenzione ONU sul diritto del mare. Tuttavia, attendo con ansia il giorno in cui la Francia, e altri paesi dell’Unione europea, avranno un controllo diretto dei loro interessi di pesca.
Margie Sudre (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Il Parlamento europeo ha appena dato il suo assenso all’accordo di pesca per l’Oceano Indiano meridionale firmato dalla Comunità europea nel 2006. Avendo interessi di pesca a causa dell’isola della Riunione, la Comunità è stata obbligata a cooperare con le altre parti coinvolte nella gestione e conservazione delle risorse di tale regione ai sensi della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare.
Questa nuova organizzazione regionale per la pesca istituisce un quadro istituzionale specifico con, quale pietra angolare, il Comitato scientifico permanente, il cui compito principale è di effettuare la valutazione scientifica delle risorse alieutiche e dell’impatto della pesca sull’ambiente marino, tenendo conto delle caratteristiche ambientali della zona. L’accordo incoraggia inoltre la cooperazione nel campo della ricerca scientifica.
Sulla base di queste raccomandazioni scientifiche, le parti si troveranno in una posizione solida per redigere le misure di conservazione e di gestione che meglio possono affrontare le sfide della regione. L’accordo segna un autentico passo avanti nella promozione delle risorse ittiche e dello sviluppo sostenibile.
Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della risoluzione del Parlamento europeo basata sulla relazione dell’onorevole collega Kyösti Virrankoski sul progetto di bilancio rettificativo n. 5/2008 (PPBR n. 5/2008), che copre la revisione delle previsioni relative alle risorse proprie tradizionali (RPT, vale a dire i dazi doganali, i prelievi agricoli e i contributi zucchero), e le basi IVA e RNL, nonché la contabilizzazione e finanziamento della correzione britannica, che ha la conseguenza di modificare la ripartizione fra gli Stati membri dei contributi al bilancio UE a titolo delle risorse proprie.
Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della risoluzione legislativa basata sulla relazione dell’onorevole tedesca Sylvia-Yvonne Kaufmann, che approva, in base alla procedura di consultazione, l’iniziativa di alcuni Stati membri di rafforzare la rete giudiziaria europea. La risoluzione invita prima di tutto il Consiglio e la Commissione a dare priorità a qualsiasi futura proposta di modifica del testo dell’iniziativa mediante procedura urgente, in conformità del Trattato di Lisbona, una volta entrato in vigore. Sostengo il rafforzamento dell’elemento di “tutela dei dati” e il fatto che i punti di contatto della rete giudiziaria siano volti a fornire determinate informazioni ai membri di Eurojust. Accolgo con particolare favore il riferimento alla futura decisione quadro relativa alla tutela dei dati personali trattati nel quadro della cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale.
Koenraad Dillen, Carl Lang e Fernand Le Rachinel (NI), per iscritto. – (FR) Per una volta, Bruxelles desidera far rientrare dalla finestra ciò che francesi, olandesi e irlandesi hanno sbattuto fuori dalla porta nei referendum del 2005 e di giugno 2008: l’istituzione di un ufficio unico europeo della pubblica accusa.
La tentazione si dimostra troppo forte per i nostri apprendisti stregoni europeisti. Con qualsiasi mezzo, ogni obiezione, rifiuto e resistenza legittima da parte dei popoli europei devono essere superati e ignorati al fine di rendere comuni con la forza la giustizia, la sicurezza e le questioni di immigrazione.
L’Europa si sbaglia enormemente. Il requisito di cooperazione tra gli Stati membri in materia giudiziaria, di polizia e persino penale, non si deve tradurre nel loro soggiogamento a un ordine giuridico sovranazionale istituito nonostante tutte le differenze esistenti tra i sistemi giuridici e le tradizioni degli Stati membri.
Rifiutiamo questo ordine giuridico sovranazionale che sarebbe contrario agli stessi principi e valori che ci stanno a cuore.
Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, esprimo il mio voto favorevole nei confronti della relazione della collega Kaufmann sulla Rete di Giustizia Europea. Ne condivido il senso e l’obiettivo, quello di rafforzare le strutture già esistenti e di unificare la loro azione. Infatti, i notevoli mutamenti occorsi negli ultimi anni in materia di cooperazione giudiziaria penale hanno reso necessaria l’istituzione e il rafforzamento di strutture di assistenza e coordinamento a livello europeo.
Nonostante il principio del mutuo riconoscimento stia cominciando a essere applicato anche nella pratica, permangono difficoltà concrete e si moltiplicano i casi transnazionali di particolare complessità ove l’assistenza e il sostegno alle competenti autorità giudiziarie nazionali diventa sempre più necessario.
Carl Schlyter (Verts/ALE), per iscritto. − (SV) Mi oppongo totalmente all’introduzione delle opinioni politiche, le convinzioni religiose e l’orientamento sessuale, eccetera, quali informazioni pertinenti da inviare tra le autorità, ma nella presente relazione questo viene solo citato relativamente alle tutele aggiuntive e quale tentativo di rendere più severa la normativa esistente. Pertanto, voterò a favore.
Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della risoluzione legislativa basata sulla relazione dell’onorevole portoghese Armando França che sostiene l’iniziativa di alcuni Stati membri (la Repubblica di Slovenia, la Repubblica francese, la Repubblica ceca, il Regno di Svezia, la Repubblica slovacca, il Regno Unito e la Repubblica federale di Germania) di modificare una serie di decisioni quadro (2002/584/GAI, relativa al mandato d’arresto europeo, la 2005/214/GAI, relativa all’applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sanzioni pecuniarie, la 2006/783/GAI, relativa all’applicazione del principio del reciproco riconoscimento delle decisioni di confisca, e la 2008/…/GAI, relativa all’applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze penali) al fine di formulare disposizioni per l’esecuzione delle decisioni pronunciate in contumacia. Sostengo la proposta di una serie di garanzie procedurali intese a rafforzare i diritti delle persone giudicate in contumacia, nonché gli sforzi di eliminare le diverse impostazioni riguardo ai “motivi di non riconoscimento” di tali decisioni.
Edite Estrela (PSE), per iscritto. − (PT) Ho votato a favore della relazione dell’onorevole França sull’applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze penali, poiché ritengo sia importante stabilire norme uniformi per il mutuo riconoscimento delle decisioni emesse in contumacia.
Mi congratulo con il relatore per le proposte presentate nella relazione, che considero cruciali per l’armonizzazione delle garanzie procedurali in tutti gli Stati membri e per il rafforzamento della tutela dei diritti fondamentali, come il diritto a una difesa e a un processo.
Glyn Ford (PSE), per iscritto. − (EN) Sosterrò la presente relazione sul reciproco riconoscimento delle sentenze penali. Ritengo che gli accusati di reati non dovrebbero potersi nascondere negli interstizi dell’Unione europea. Chiunque venga accusato in uno Stato membro dovrebbe essere considerato colpevole in tutta l’Unione. Se dubitiamo dell’indipendenza e dell’integrità dei giudici in qualche paese dell’Unione, bisognerebbe sospendere l’appartenenza di quest’ultimo all’Unione. Altrimenti, così come non facciamo distinzioni tra i criminali a Manchester o a Londra, allo stesso modo dovremmo fare se si trattasse di Madrid o Lisbona.
Kartika Tamara Liotard (GUE/NGL), per iscritto. − (NL) Ho votato contro la relazione França sull’applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze penali, poiché ha lo scopo di armonizzare la giustizia penale a livello europeo.
Ritengo che quest’ultima sia una responsabilità degli Stati membri e non dell’Unione europea, che non dovrebbe quindi essere armonizzata.
Erik Meijer (GUE/NGL), per iscritto. − (NL) Ho votato contro la relazione França sull’applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze penali, poiché ha lo scopo di armonizzare la giustizia penale a livello europeo. Ritengo che quest’ultima sia una responsabilità degli Stati membri e non dell’Unione europea. Certamente, sono a favore del diritto degli imputati ad essere rappresentati adeguatamente, ma non vi è alcun bisogno di un’armonizzazione.
Rareş-Lucian Niculescu (PPE-DE), per iscritto. – (RO) Il riconoscimento reciproco è la pietra angolare della cooperazione giudiziaria a livello europeo e ogni chiarimento degli strumenti per l’attuazione di tale principio è ben accolto.
La decisione approvata oggi è opportuna. Tuttavia, desidero richiamare la vostra attenzione su un altro problema, ossia il modo in cui alcuni Stati membri attuano importanti strumenti, come il mandato d’arresto europeo.
A gennaio 2007, le autorità rumene hanno emesso un mandato d’arresto europeo nei confronti del cittadino ceco František Příplata, condannato a otto anni di carcere per istigazione a commettere reati gravi, nel caso dell’uccisione nel 2000 di un leader sindacale rumeno. Tuttavia, la Repubblica ceca, sul cui territorio si trova l’assassino, applica la procedura di trasferimento solo per reati commessi dal 1° novembre 2004.
Di conseguenza, otto anni dopo che il crimine è stato commesso, la persona condannata non è ancora stata estradata e l’esecuzione della sentenza non è ancora iniziata.
Ritengo che gli Stati membri che pensano di attuare gli strumenti di cooperazione giudiziaria in questa maniera dovrebbero considerare seriamente l’opportunità di mantenere tali riserve.
Nicolae Vlad Popa (PPE-DE), per iscritto. − (RO) Ho votato a favore della relazione dell’onorevole Armando França sull’applicazione del principio del reciproco riconoscimento delle decisioni di confisca, e la decisione quadro 2008/…/GAI, relativa all’applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze penali che irrogano pene detentive o misure privative della libertà personale, ai fini della loro esecuzione nell’Unione europea.
Esiste un numero sempre crescente di casi in cui pericolosi criminali usano la libertà di circolazione e l’eliminazione delle frontiere all’interno dell’Unione europea per evitare le sentenze.
Sostengo la presente relazione senza riserve poiché garantisce un regolamento unico nel campo delle decisioni emesse in contumacia, un regolamento estremamente necessario inteso a evitare l’eventuale blocco del sistema giudiziario da parte di coloro che fuggono dalla giustizia in un altro paese dell’Unione europea.
Carl Schlyter (Verts/ALE), per iscritto. − (SV) Gli emendamenti del Parlamento si concentrano sulla maggiore protezione dei singoli e quindi cercano di migliorare il quadro normativo esistente. Voterò pertanto a favore.
Andrzej Jan Szejna (PSE), per iscritto. − (PL) Sostengo pienamente l’iniziativa di modificare le disposizioni giuridiche che disciplinano l’applicazione del principio di riconoscimento reciproco delle sentenze.
Occorre compiere ogni sforzo al fine di rendere efficace quanto più possibile la cooperazione giudiziaria tra gli Stati membri. Al contempo, dobbiamo cercare di garantire che i diritti di tutti i cittadini, compreso il diritto fondamentale alla difesa nei processi penali, vengano completamente tutelati.
Dal mio punto di vista, gli emendamenti non solo agevoleranno notevolmente la cooperazione tra i tribunali, ma contribuiranno soprattutto a rafforzare i diritti dei cittadini relativamente all’amministrazione della giustizia in tutta l’Unione europea, in particolare il diritto alla difesa e a un nuovo processo.
Jan Andersson, Göran Färm, Anna Hedh, Inger Segelström e Åsa Westlund (PSE), per iscritto. − (SV) La presente relazione di iniziativa pone in rilievo la pesca e l’acquacoltura nel contesto della gestione integrata delle zone costiere in Europa.
La gestione ecologicamente sostenibile delle risorse acquatiche e ittiche è naturalmente importante per proteggere l’ambiente in cui viviamo. Purtroppo, la relazione ignora i problemi che il settore alieutico nell’Unione europea porta con sé. Pertanto, abbiamo deciso di astenerci. La sovraccapacità delle flotte di pesca nell’Unione europea sta conducendo a catture di eccessiva portata. Ciò minaccia l’ecosistema marino e gli stock ittici.
Desideriamo assistere a una riduzione importante nei pescherecci, e che le quote di pesca vengano fissate sulla base di motivazioni biologicamente sicure e scientifiche. Di certo, occorre offrire ai lavoratori che subiscono la riorganizzazione una formazione sul mercato del lavoro e un sostegno finanziario ragionevole affinché siano in grado di lavorare in altri settori dell’economia che lo necessitano.
Emanuel Jardim Fernandes (PSE), per iscritto. − (PT) Ho votato a favore della relazione dell’onorevole collega Gklavakis sulla pesca e l’acquacoltura nel contesto della gestione integrata delle zone costiere (GIZC) in Europa, e mi congratulo con lui per la qualità del testo. Questo perché sottolinea l’importanza economica e sociale di tali attività per le regioni costiere, e chiede che ricevano assistenza nel quadro della GIZC. Anche per questo motivo è essenziale per i governi nazionali e regionali delle regioni ultraperiferiche preparare strategie integrate in materia di GIZC al fine di garantire lo sviluppo equilibrato delle loro regioni costiere.
Anch’io sostengo fermamente il suggerimento del relatore di impiegare il Fondo europeo per la pesca per finanziare nel lungo periodo le misure in ambito di GIZC, poiché sostiene iniziative che contribuiscono allo sviluppo sostenibile delle regioni di pesca in un approccio trasversale a tutte le attività marittime che hanno luogo in queste regioni.
Infine, è importante sottolineare che la pianificazione regionale, sinora basata ampiamente sulla terraferma, non ha tenuto conto dell’impatto sullo sviluppo costiero di determinate attività marittime. Ciò ha causato il degrado degli habitat marini, motivo per cui un nuovo approccio è determinante.
Ian Hudghton (Verts/ALE), per iscritto. − (EN) La relazione Gklavakis riconosce giustamente l’importanza delle comunità costiere della pesca e della conservazione delle tradizioni culturali. Troppo spesso, questo aspetto molto umano dell’industria alieutica sembra essere stato trascurato nell’attuazione della PCP. La relazione rileva correttamente la necessità di organizzazioni a livello comunitario, nazionale e regionale intese a cooperare in materia di gestione costiera, e ritengo che, in tale contesto, le zone e i paesi costieri debbano assumere un ruolo di guida, con l’Unione europea che funga da facilitatore.
Sebastiano (Nello) Musumeci (UEN), per iscritto. − La pesca e l’acquacoltura rappresentano due delle principali attività per lo sviluppo socioeconomico delle zone costiere dell’Unione europea. E’ necessario pertanto che esse vengano gestite in modo da garantire sia uno sfruttamento sostenibile della pesca che la richiesta crescente di prodotti ittici.
A tal fine, occorre che gli Stati UE implementino una serie di misure destinate a salvaguardare le zone costiere e a promuovere un ambiente marino pulito. Data la natura transfrontaliera di numerosi processi costieri, si rende necessaria la cooperazione fra gli Stati membri e fra questi e gli Stati extracomunitari contigui.
Una delle misure riguarda la pianificazione dello sviluppo immobiliare ad uso turistico. Il settore del turismo rappresenta in molte regioni una voce importante del PIL locale. Reputo però necessario sostenere un turismo “ecocompatibile”, ossia che interagisca con le politiche a favore della protezione paesaggistica ed ambientale.
Occorre altresì un coordinamento riguardo l’attività industriale: si pensi, ad esempio, all’importanza di una efficace politica comune nella gestione delle acque reflue al fine di rendere compatibile un’importante attività economica con la necessaria e doverosa preservazione dell’ambiente marino.
La pesca costiera e artigianale rappresenta un’importantissima fonte di guadagno per migliaia di famiglie ed è portatrice di una plurisecolare tradizione che l’Europa, a mio parere, deve sostenere e preservare.
Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Esprimo il mio voto favorevole sulla relazione Gklavakis che sottolinea la necessità di una strategia europea di attenzione alle zone costiere nell’ottica di uno sviluppo sostenibile.
Una strategia a favore di una gestione integrata delle zone costiere, infatti, può costituire il quadro appropriato per lo sfruttamento sostenibile di queste zone e delle attività in esse condotte. Condivido pienamente la posizione del relatore quando sostiene la necessità di una programmazione a lungo termine che tenga conto di tutte le istanze coinvolte.
Plaudo pertanto a tale parere e sottolineo inoltre l’esigenza che questi deve essere solo inizio di una maggiore attenzione verso il settore e invito la Commissione ad attuare una politica seria in materia.
Kathy Sinnott (IND/DEM), per iscritto. − (EN) Mi sono astenuta da questa votazione perché sono favorevole alla pesca sostenibile ovunque e sostengo le comunità costiere e i pescatori irlandesi. La politica comune della pesca, concentrandosi su entrambi gli obiettivi, ha prodotto l’opposto: distruzione dell’ambiente marino, riduzione della riserva di pesce e impoverimento dell’ambiente marino.
Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Sulla base della relazione dell’onorevole collega sloveno Mihael Brejc, ho votato a favore della risoluzione legislativa che approva, in prima lettura della procedura di codecisione, la proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 562/2006 per quanto riguarda l’uso del sistema di informazione visti (SIV) a norma del codice delle frontiere Schengen. In considerazione delle aspettative che i cittadini europei hanno relativamente alla sicurezza interna, ho sostenuto con tutto il cuore gli emendamenti da apportare al codice delle frontiere Schengen al fine di garantire l’impiego efficace del sistema di informazione visti (SIV) alle nostre frontiere esterne. L’obiettivo di questa proposta di regolamento è stabilire norme comuni per l’uso obbligatorio del SIV (cioè una ricerca sistematica impiegando il numero di vignetta visto, in combinazione con la verifica delle impronte digitali) alle frontiere esterne, e quindi continuare a sviluppare un sistema di gestione integrata delle frontiere nell’Unione europea.
Koenraad Dillen, Carl Lang e Fernand Le Rachinel (NI), per iscritto. – (FR) Benché avesse desiderato potersi vantare del contrario, l’Europa non ha compiuto alcun progresso nei settori di libertà, sicurezza e giustizia. Piuttosto il contrario, da quando è stato attuato per la prima volta il deplorevole accordo Schengen, l’eliminazione dei controlli alle frontiere interne ha provocato un’esplosione della criminalità organizzata e di tutti i tipi di traffico.
L’Unione europea, un vero apprendista stregone in termini di sicurezza, con metodi che troppo spesso pongono a rischio la sicurezza dei paesi e dei loro popoli, ci ha imposto questo spazio di insicurezza che manca di libertà e giustizia.
Il codice delle frontiere Schengen non aiuterà, poiché sono le stesse basi dell’accordo Schengen a essere inadeguate e inaccettabili.
La sicurezza comune prevarrà solo se ogni Stato ottiene nuovamente piena sovranità nella gestione delle sue frontiere e nella sua politica in materia di migrazione. Il culmine dell’assurdo è raggiunto quando ciò comprende il trasferimento di responsabilità ancora maggiori a un’Unione già paralizzata.
Jörg Leichtfried (PSE), per iscritto. − (DE) Ho votato a favore della relazione dell’onorevole Mihael Brejc sull’uso del sistema di informazione visti (SIV) nel quadro del codice delle frontiere Schengen.
Le norme comuni delle frontiere esterne dello spazio Schengen devono essere modificate, e l’impiego del sistema di informazione visti deve essere reso più efficiente e uniforme. Occorre muoversi con cautela e attenzione , poiché la riservatezza dei dati e i diritti umani sono sempre di primaria importanza e devono essere rispettati.
Il controllo generale delle impronte digitali alle frontiere con l’aiuto del sistema di informazione visti condurrà a code inutilmente lunghe e a lunghi ritardi ai valichi di frontiera, anche per le persone che non hanno bisogno dei visti.
Adesso, la relazione propone solo ricerche casuali del sistema di informazione. Il personale in servizio alla frontiera continuerà a controllare se i viaggiatori in entrata soddisfano tutti i requisiti di ingresso all’Unione europea, ma possono anche decidere da soli se effettuare anche una ricerca SIV. Tale approccio garantirà ancora un livello molto elevato di sicurezza ma anche che le persone non vengano tenute in attesa ai valichi di frontiera più a lungo di quanto non sia strettamente necessario.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. − (DE) Il rafforzamento del sistema di informazione sui visti (VIS) è indubbiamente un buon modo per facilitare la lotta contro le frodi in futuro e quindi – a patto che venga garantito – deve essere accolto con favore. Tuttavia, se la raccolta delle impronte digitali delle scansioni dei visi è necessaria per la concessione di visti Schengen in futuro, questo porterà a considerevoli subbugli nelle ambasciate interessate. Nella discussione che si sta conducendo in Germania, si è ipotizzato che alcune ambasciate non hanno né il personale né le strutture per affrontare questo cambiamento. La possibile esternalizzazione della raccolta di dati a società esterne, anch’essa oggetto di discussione, suscita tuttavia grave preoccupazione e potenzialmente potrebbe aprire la porta a scandali sul rilascio dei visti.
Il sistema VIS ha aspetti positivi, ma in generale non è stato pensato in modo adeguato, ed è questo il motivo per cui non ho potuto votare a favor della relazione.
Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Esprimo il mio voto favorevole alla relazione Brejc. Condivido, infatti, la proposta e le sue finalità. Le nostre frontiere sono, in particolari periodi, sottoposte ad un’alta affluenza di persone che intendono entrare nello spazio Schengen.
E’ vero che la proposta introduce un affievolimento del normale regime di controlli, ma è anche vero che essa mira a tutelare il viaggiatore, risparmiandogli lunghe ore di attesa alle frontiere per espletare i controlli. Occorre però che tale deroga rimanga tale e non diventi regola generale, e sono concorde sul fatto che la durata e la frequenza della deroga vengano limitate al massimo. In tal senso plaudo, in ultima analisi, all’introduzione delle specifiche condizioni ricorrenti le quali tale deroga può essere posta in essere.
Andrzej Jan Szejna (PSE), per iscritto. − (PL) Sono a favore della modifica del regolamento n. 562/2006 per quanto riguarda l’uso del sistema di informazione visti (SIV) nel quadro del codice delle frontiere Schengen.
Ritengo inutile e che richieda troppo tempo effettuare controlli sui cittadini di paesi terzi in possesso di un visto ogni volta che attraversano la frontiera. Ciò provoca attese eccessivamente lunghe ai valichi di frontiera.
Una riduzione della frequenza dei controlli alla frontiera non danneggerà, secondo me, il livello di sicurezza nell’Unione europea. Pertanto, ritengo che limitare i controlli svolti dalla polizia doganale in servizio a controlli SIV casuali sia la giusta soluzione.
Marian Zlotea (PPE-DE), per iscritto. − (RO) Oggi, ho votato a favore della relazione Brejc poiché, per l’efficacia dei controlli alle frontiere esterne, l’uso del SIV (sistema di informazione visti) è di fondamentale importanza. Quest’ultimo dovrebbe essere consultato regolarmente dagli agenti di polizia alle frontiere per ogni persona in possesso di un visto, al fine di garantire la sicurezza alle frontiere.
L’espansione dello spazio Schengen ha eliminato le frontiere nell’Unione europea. I cittadini dei paesi terzi vengono ancora controllati solo una volta all’ingresso. Il 50 per cento degli immigrati clandestini entra in territorio comunitario legalmente, ma supera il periodo di permanenza poiché non esiste un sistema di controllo dei visti.
Desideriamo che l’Europa sia più sicura e, al contempo, ben accogliente nei confronti di coloro che arrivano per fini turistici o economici. L’emendamento votato oggi al Parlamento europeo è a vantaggio dei cittadini comunitari e dei paesi terzi, che non hanno bisogno di un visto perché, in questo modo, gli ingorghi ai punti dei valichi di frontiera di terra diminuirebbero notevolmente.
Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Sulla base della relazione della deputata romena Renate Weber, ho votato a favore della risoluzione legislativa del Parlamento europeo che sostiene l’iniziativa di alcuni Stati membri (Belgio, Repubblica ceca, Estonia, Spagna, Francia, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Austria, Polonia, Portogallo, Slovenia, Slovacchia, e Svezia) di potenziare Eurojust. Sostengo il rafforzamento dell’elemento della proposta di “tutela dei dati” e il fatto che il Parlamento europeo riceverà maggiori informazioni affinché sia meglio in grado di controllare i compiti e gli obblighi di Eurojust, istituito nel 2002 quale organo dell’Unione europea con personalità giuridica il cui ruolo è quello di promuovere e migliorare il coordinamento e la cooperazione tra le autorità giudiziarie competenti negli Stati membri. E’ diventato chiaro dall’esperienza di Eurojust che la sua efficienza operativa deve essere migliorata garantendo che i suoi membri nazionali godano di uno status equivalente. Sostengo inoltre la cellula di emergenza ai fini del coordinamento, i sistemi di coordinamento nazionale, i partenariati con gli altri strumenti comunitari di sicurezza e protezione (Europol, Frontex, OLAF), nonché la possibilità per Eurojust di distaccare magistrati di collegamento presso paesi terzi.
Patrick Gaubert (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Accolgo con favore l’adozione della relazione dell’onorevole Lambert sulla valutazione del sistema di Dublino. La relazione ricorda giustamente che, nel complesso, gli obiettivi del sistema di Dublino sono stati raggiunti in larga misura, ma che, a causa della mancanza di dati precisi, non è stato possibile calcolare il costo del sistema. Restano alcune preoccupazioni in termini di applicazione pratica e di efficacia del sistema.
La relazione apre la discussione sulla futura politica comune europea in materia di asilo, lanciata a giugno 2007 con la pubblicazione di un Libro verde.
La relazione sottolinea che i seguenti aspetti del sistema dovrebbero essere chiariti o modificati:il rispetto del principio di base del non respingimento; i richiedenti devono ricevere ogni informazione utile sul sistema di Dublino in una lingua che capiscono e devono avere accesso all’assistenza legale durante l’intera procedura, nonché beneficiare di un diritto di ricorso contro qualunque decisione di trasferimento; i criteri per la determinazione dell’età dei minori dovrebbero essere armonizzati; è necessario prevedere meccanismi per congelare i trasferimenti verso Stati che non rispettino manifestamente i diritti dei richiedenti.
Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. – (FR) Con il pretesto di rafforzare le capacità operative di Eurojust nella lotta contro ogni forma di criminalità, l’obiettivo principale di questa proposta è assecondare l’ossessione assieme alla correttezza politica di coloro che propongono la polizia del pensiero.
L’obiettivo acutamente mascherato è il controllo di tutte le opinioni a rischio di sanzione, siano esse in forma scritta o pronunciate in riunioni. Diversi oratori in quest’Aula hanno già chiesto l’adozione di una direttiva quadro intesa a condannare come penali i presunti atti di razzismo e xenofobia e, con lo scopo di garantire la rapida trasposizione di questa direttiva in una legge nazionale, istituire una pubblica accusa europea, il nuovo Torquemada dell’Unione europea della “correttezza politica”.
Purtroppo, più il Parlamento europeo, un’istituzione che si autoproclama tempio della democrazia, ottiene poteri decisionali, più le libertà fondamentali, in particolare la libertà di ricerca, di opinione e di espressione, vengono disprezzate. Infatti, quest’Europa totalitaria è molto più pericolosa dei “mostri” che sostiene di combattere. L’obiettivo primario di coloro che propongono l’ideologia a favore della globalizzazione e dell’immigrazione è di liberarsi dei fastidiosi oppositori attraverso l’adozione di una normativa penale europea repressiva.
Non lo accettiamo.
Georgios Toussas (GUE/NGL), per iscritto. – (EN) La proposta del Consiglio e la rispettiva relazione sull’emendamento al regolamento Eurojust conferiscono un potere ancora maggiore a questo meccanismo comunitario repressivo.
La giurisdizione di Eurojust è estesa a quasi tutti i settori in materia penale e i suoi poteri di intervento con le autorità giudiziarie nazionali sono stati rafforzati. Trasmettere informazioni e dati personali (tra cui i dati sul DNA) da uno Stato membro a Eurojust diventa obbligatorio e viene creata una rete di associazioni nazionali Eurojust. I legami di quest’ultima sono più stretti con altri meccanismi repressivi dell’Unione europea (la rete giudiziaria europea, Frontex) e dei paesi terzi. Rafforzare Eurojust sostiene l’Europol e aumenta in generale i documenti raccolti sui lavoratori comunitari e stranieri. A ciò contribuisce l’aggiornamento di Schengen e dei sistemi di controllo SIV, nonché l’introduzione del Trattato di Prüm nel diritto comunitario. Dietro le scuse del terrorismo e della criminalità organizzata vi è un tentativo di armare il capitale contro la reazione popolare intensificata causata dalla politica comunitaria e dai governi degli Stati membri. La crescita dilagante dei meccanismi repressivi a livello nazionale e comunitario svela ulteriormente la natura reazionaria dell’Unione europea, e sprona più che mai le persone a resistere e ribaltare questa struttura imperialista.
John Attard-Montalto (PSE), per iscritto. − (EN) Le isole maltesi sono la frontiera meridionale dell’Unione europea. Ubicate al centro del Mediterraneo, accolgono un numero sproporzionato di immigrati clandestini, la maggior parte dei quali presenta domanda di asilo.
Frontex, che fu acclamata dai rappresentanti del governo come una soluzione per ridurre il numero degli immigrati irregolari, è stata un completo fallimento.
Stiamo chiedendo la condivisione dell’onere, con scarsa o nulla risposta. Adesso che questa legislatura è entrata nel suo ultimo anno, proponiamo meccanismi per la condivisione della responsabilità. Infine, stiamo riconoscendo la necessità di “attenuare il carico sproporzionato che potrebbe pesare su alcuni Stati membri, in particolare quelli situati su una frontiera esterna dell’UE”.
Il fatto che ammettiamo il bisogno di “istituire meccanismi diversi da quelli finanziari mirati a porre rimedio alle conseguenze negative della sua applicazione per i piccoli Stati membri situati su una frontiera esterna dell’Unione” è l’aspetto ritenuto più positivo, poiché fa riferimento a Malta in tutto, eccetto che per il nome.
L’Unione europea non è stata all’altezza del suo spirito di solidarietà per quanto riguarda questa questione. E’ il momento di eliminare la retorica e iniziare con le azioni concrete.
L’Unione europea deve comprendere che il suo Stato più piccolo non può continuare ad assorbire il gran numero di immigrati che cercano rifugio e asilo.
Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione della deputata britannica Jean Lambert sul sistema di Dublino, e mi congratulo per il lavoro svolto dal mio amico Patrick Gaubert, che è stato relatore per il nostro gruppo PPE. Il fine del sistema di Dublino è determinare lo Stato membro responsabile della gestione di una domanda di asilo presentata in uno degli Stati membri dell’Unione europea, in Norvegia o in Islanda. Tuttavia, parlando in generale, gli obiettivi del sistema di Dublino, in particolare la creazione di un meccanismo chiaro e fattibile per determinare lo Stato membro responsabile della gestione di una domanda di asilo presentata, sono stati ampiamente raggiunti, ma restano alcuni problemi con l’efficienza del sistema e la sua applicazione pratica, nonché con il costo, che non è stato calcolato. Tutto questo dimostra l’urgente necessità di una politica europea in materia di immigrazione e asilo, e accolgo positivamente il lavoro svolto dall’attuale Presidente del Consiglio con la responsabilità in questo settore, il mio amico Brice Hortefeux, ministro francese per l’Immigrazione, l’integrazione, l’identità nazionale e lo sviluppo del reciproco sostegno, che ha appena presieduto la conferenza ministeriale europea sul diritto di asilo, tenutasi l’8 e il 9 settembre 2008 a Parigi.
Jan Březina (PPE-DE), per iscritto. − (CS) Non ho votato a favore della relazione sulla valutazione del sistema di Dublino poiché ritengo che non migliorerebbe il sistema ma, al contrario, creerebbe un ostacolo alla sua azione efficace.
In particolare, ritengo sia essenziale avvertire dell’introduzione di un diritto di ricorso sospensivo automatico contro la decisione di trasferire la responsabilità di un richiedente asilo ad un altro Stato membro. Inoltre, la posizione molto qualificata sull’uso dei centri di detenzione per il trasferimento dei richiedenti asilo allo Stato competente per la valutazione della richiesta di asilo non contribuirà affatto a un miglioramento dell’efficacia del sistema ma, al contrario, lo metterebbe in dubbio e renderebbe poco chiaro.
Pertanto, la relazione tende in realtà a eliminare o almeno indebolire gli strumenti con cui gli Stati membri possono garantire che le loro decisioni siano applicabili nel quadro del sistema di Dublino e ciò non dovrebbe essere approvato. E’ sbagliato poiché il vago aspetto umanitario nella valutazione delle richieste di asilo non deve risultare nel fatto che le decisioni degli Stati membri restano semplicemente sulla carta nel caso di mancata cooperazione da parte dei richiedenti.
Inoltre, non posso identificarmi con la richiesta di introdurre meccanismi europei di condivisione degli oneri poiché sono dell’opinione che i meccanismi esistenti per la compensazione finanziaria degli Stati più coinvolti nelle richieste di asilo siano sufficienti e non vi sia motivo di interferire con la sovranità degli Stati membri nel campo dell’asilo attraverso un’ulteriore regolamentazione.
Koenraad Dillen, Carl Lang e Fernand Le Rachinel (NI), per iscritto. – (FR) E’ con un po’ di ironia che constatiamo che, per la prima volta, una relazione del Parlamento europeo descrive come “onere” il massiccio flusso di immigrati che entrano in uno Stato membro dell’Unione europea.
L’immigrazione non dovrebbe essere più un’opportunità a vantaggio di tutti i cittadini europei?
Non devono esserci dubbi su questo: l’assurdità dell’obbligo di ammettere i richiedenti asilo e il severo rispetto del principio di non respingimento non vengono messi in discussione. La relazione sottolinea solo i difetti del sistema di Dublino riguardo alla determinazione di quale Stato membro sia responsabile per la valutazione delle richieste di asilo. Questo è evidente considerati i flussi migratori sempre crescenti verso paesi che, per la maggior parte, sono situati alla periferia meridionale dell’Unione europea.
Ancora una volta, la relazione offre una soluzione fallace ai problemi tecnici e umani associati alle ondate migratorie. L’istituzione di un sistema comune in materia di asilo, destinato a non essere efficace in un’Unione europea in costante allargamento con frontiere permeabili, non è ciò di cui abbiamo bisogno. Piuttosto, al contrario, gli Stati membri dovrebbero avere il diritto di prendere le loro decisioni sulla migrazione e la gestione delle loro frontiere.
Konstantinos Droutsas (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) Il sistema di Dublino ha dimostrato nella pratica di essere un meccanismo di promozione dell’intera politica comunitaria antiprofughi. Le diverse ingiustizie nella sua applicazione stabilite nella presente relazione confermano la sua natura reazionaria.
L’Unione europea, che detiene una parte significativa di responsabilità per la creazione di centinaia di migliaia di profughi attraverso il suo sostegno ai regimi impopolari e fomentando i conflitti interni, le guerre e gli interventi imperialisti, anziché offrire asilo alle vittime rispettandone i diritti, negli ultimi anni ha inasprito continuamente la sua posizione nei loro confronti.
Un aspetto di tutto ciò è l’inaccettabile rimbalzare avanti e dietro i richiedenti asilo da un paese dell’Unione europea all’altro. Questo viene sanzionato dal regolamento di Dublino ed è diventato una realtà grazie alla creazione di Frontex per l’espulsione dei profughi dai confini comunitari, alla recente direttiva sulla loro detenzione fino a 18 mesi, all’approvazione dell’ampliamento dell’uso di Eurodac anche per altri scopi, quali conservare informazioni su di loro, e ad altre forme di trattamento nel complesso disumano.
Pertanto, è chiaro che abbiamo bisogno di lottare duramente per abrogare questo regolamento e la politica comunitaria antirifugiati in generale. Dobbiamo rispettare il diritto dei richiedenti asilo a fuggire in qualsiasi paese ritengano sia più opportuno, nonché garantire che gli Stati membri si conformino alla Convenzione di Ginevra del 1951.
Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. − (PT) Riteniamo che la relazione contenga aspetti positivi nella sua valutazione del sistema di Dublino relativamente alle richieste di asilo negli Stati membri firmatari.
Tra gli altri aspetti:
– concordiamo con la sua condanna ai trasferimenti dei richiedenti asilo verso Stati membri che non garantiscono un trattamento completo ed equo, la definizione restrittiva di familiare, e il fatto che ampliare l’accesso alla base dati Eurodac comporti il rischio che le informazioni vengano trasmesse a paesi terzi;
– siamo inoltre a favore delle proposte che garantiscono che i richiedenti asilo abbiano il diritto di ricorso sospensivo automatico contro la decisione di trasferire la responsabilità ad un altro Stato membro, che tutelano il principio di non respingimento e il principio che una domanda non possa essere archiviata per motivi procedurali, nonché il ricongiungimento familiare e il principio del migliore interesse per il minore (la valutazione dell’età, la non detenzione, la definizione di famigliare, eccetera).
Tuttavia, non concordiamo con la sua classificazione e accettazione degli strumenti in vigore a livello comunitario e con il suo sostegno allo sviluppo della comunitarizzazione della politica in materia di asilo, un approccio federalista che consideriamo il motivo degli imprevisti che attualmente affrontano i richiedenti asilo a livello comunitario.
Da qui la nostra astensione.
Anna Hedh (PSE), per iscritto. − (SV) Ho votato a favore della relazione di iniziativa dell’onorevole Jean Lambert (A6-0287/2008) sul sistema di Dublino, nonostante contenga opinioni che non condivido. Il motivo per cui ho votato positivamente è che concordo con la forte critica contenuta nella relazione sul modo in cui le attuali norme comunitarie compromettano i diritti dei richiedenti asilo, per esempio, il trasferimento verso Stati membri che non garantiscono un trattamento completo ed equo. Tuttavia, sono contraria alla totale armonizzazione della politica comunitaria in materia di asilo.
Ian Hudghton (Verts/ALE), per iscritto. − (EN) Ho votato a favore della relazione della collega onorevole Lambert sulla valutazione del sistema di Dublino. In particolare, desidero sottolineare le sezioni che pongono in rilievo che nelle decisioni relative ai minori, deve essere prioritario in tutti i momenti il migliore interesse del minore.
Nel mio paese, la Scozia, abbiamo una situazione terribile al centro di detenzione Dungavel, in cui i figli dei richiedenti asilo vengono di fatto tenuti in carcere. Tali pratiche non possono essere mai descritte come migliore interesse del minore, e appoggio gli sforzi del governo scozzese nel chiudere l’istituto e rimettere la responsabilità per l’immigrazione sotto il controllo scozzese.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. − (DE) E’ importante che alcune norme che disciplinano la procedura di asilo vengano chiarite, comprese quelle che determinano l’attribuzione della responsabilità in merito alla limitazione delle domande multiple. La commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni chiede maggiore tutela dei minori nelle procedure di asilo, ma un numero crescente di minori non accompagnati compaiono alle frontiere esterne dell’Unione europea, cercando di sfruttare la protezione speciale di cui godono se hanno subito la deportazione o lo sfollamento. Rischiano continuamente le loro vite in cerca di nuove astute vie di fuga.
Se le norme che abbiamo creato quale tutela si stanno adesso trasformando in incentivi per sempre maggiori forme di rischi, dobbiamo pensare a nuove strategie.
La presente relazione contiene alcuni punti fermi, ma nel complesso non è abbastanza lungimirante, motivo per cui non ho potuto appoggiarla.
Dimitrios Papadimoulis (GUE/NGL), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore della relazione Lambert sulla valutazione del sistema di Dublino. La relazione solleva preoccupazioni relative ai difetti del sistema, chiede alla Commissione di adottare misure nei confronti dei paesi che non garantiscono un trattamento completo ed equo delle domande di asilo che ricevono.
A seguito di un inaccettabile progetto di direttiva sul non respingimento adottato a giugno, oggi il Parlamento europeo sottolinea che i richiedenti asilo hanno dei diritti in virtù della normativa europea e che gli Stati membri hanno dei doveri.
La Grecia è un paese che viola sistematicamente i diritti fondamentali dei richiedenti asilo. Nei suoi centri di accoglienza ci sono condizioni inaccettabili ed ha uno dei livelli più bassi di accettazione delle richieste. Alcuni Stati membri si sono già rifiutati di applicare il regolamento di Dublino quando la Grecia è il paese responsabile; molti altri parlano ancora di seguirne l’esempio. Invitiamo la Commissione a proporre misure significative nonché efficaci volte a garantire che le richieste di asilo vengano trattate in modo adeguato dalle autorità elleniche.
Daciana Octavia Sârbu (PSE) , per iscritto. − (RO) La normativa e le pratiche in materia di asilo sono ancora diverse tra gli Stati membri, e i richiedenti asilo vengono trattati in modo diverso da un paese all’altro.
A meno che non venga raggiunto un livello soddisfacente e uniforme di protezione in tutta l’Unione europea, il sistema di Dublino produrrà sempre risultati insoddisfacenti, sia dal punto di vista tecnico che dal punto di vista umano, e i richiedenti asilo continueranno ad avere validi motivi per rivolgere le loro domande a un determinato Stato membro al fine di beneficiare delle decisioni più favorevoli a livello nazionale.
Il gran numero di domande multiple e il numero ridotto di trasferimenti effettuati indicano le mancanze del sistema di Dublino e la necessità di creare un sistema di asilo europeo comune.
L’attuazione del regolamento di Dublino può tradursi nell’attribuzione non equa della responsabilità, nel caso di persone che chiedono protezione, a danno di alcuni Stati membri che sono particolarmente esposti ai flussi migratori semplicemente a causa della loro posizione geografica.
Secondo la valutazione della Commissione, nel 2005, i 13 Stati membri alle frontiere esterne dell’Unione, hanno dovuto affrontare le crescenti sfide provocate dal sistema di Dublino e, quindi, il criterio del primo paese di accesso, previsto dal sistema di Dublino, ha posto gli Stati membri delle frontiere esterne in una situazione molto difficile.
Carl Schlyter (Verts/ALE), per iscritto. − (SV) La presente relazione di iniziativa si concentra sull’eventuale miglioramento e potenziamento della tutela offerta ai richiedenti asilo, ma prendo le distanze dalla dichiarazione contenuta nel documento che un sistema di asilo comune risolverebbe il problema.
Nonostante ciò, voterò a favore poiché la maggior parte del testo è positivo per i richiedenti asilo e sono loro che ricevono la maggiore attenzione della relazione.
Olle Schmidt (ALDE), per iscritto. − (SV) Oggi il Parlamento europeo ha adottato una relazione che sottolinea chiaramente e criticamente le debolezze dell’attuale sistema di Dublino. Non vi è dubbio che necessitiamo di una politica comune in materia di migrazione e asilo a livello comunitario in un’Europa con un numero sempre inferiore di frontiere. La domanda è semplicemente come realizzare tale risultato.
Il Folkpartiet concorda con la maggior parte delle critiche e ritiene sia giusto inviare un forte segnale che dovrebbe essere avviato un cambiamento in una direzione più umanitaria. Pertanto, ho votato a favore, con alcune riserve.
L’emendamento n. 5 critica alcuni paesi di privare sistematicamente i richiedenti asilo della loro libertà ponendoli in stato di detenzione. Ritengo che questa critica debba restare, in particolare poiché la Svezia è uno dei paesi che è storicamente colpevole esattamente di questo. Tuttavia, non concordo con la proposta del gruppo confederale della Sinistra unitaria europea/Sinistra verde nordica di vietare del tutto l’impiego della detenzione, nonostante ritenga che sia qualcosa da applicare solo come ultima risorsa. Mi sono astenuto dall’emendamento n. 6, sull’introduzione di un dovere proattivo di rintracciare i familiari per organizzazioni come la Croce Rossa e la Mezzaluna Rossa. Un simile obbligo può essere imposto solo a un’agenzia e non a un’organizzazione civile. Ho deciso di astenermi in quanto né il testo originale né gli emendamenti proposti hanno espresso un’altra opzione.
Søren Bo Søndergaard (GUE/NGL), per iscritto. − (DA) Nonostante la relazione dell’onorevole Lambert sulla valutazione del sistema di Dublino (A6-0287/2008) contenga punti di vista e proposte che non approvo, ho deciso di votare a favore del documento nella relazione finale. Questo in primo luogo e soprattutto per esprimere la mia approvazione della chiara critica espressa nel testo al modo in cui i regolamenti comunitari esistenti minaccino i diritti dei richiedenti asilo, per esempio contribuendo al loro trasferimento verso Stati membri che non garantiscono un trattamento completo ed equo delle loro domande.
Bart Staes (Verts/ALE), per iscritto. − (NL) Gli accordi su Dublino II sono basati sulla finzione politica che i 27 Stati membri si fidano l’uno dell’altro quando si tratta di occuparsi delle richieste di asilo e che tutti gli Stati membri si assumono le loro responsabilità allo stesso modo basato sui principi.
Io stesso ho studiato l’accoglienza dei profughi cechi in Polonia, poiché alcuni di loro sono stati nuovamente inviati in Polonia dal Belgio in virtù di Dublino. Ci sono state forti proteste. Questo è stato il motivo per cui ho svolto le mie ricerche personali. Potete infatti vedere le foto sul mio sito web.
Mentre non esiste un livello adeguato e coerente di protezione in tutti i 27 Stati membri, secondo me Dublino II non è nulla più che finzione politica e crea enormi ingiustizie. Ho osservato io stesso in Polonia che i principi fondamentali delle norme di Dublino non vengono messi in pratica. La qualità dell’accoglienza, l’accoglienza dei minori e la mancata offerta di scolarizzazione, le condizioni poco igieniche in cui i profughi devono vivere, la mancanza di assistenza sanitaria: tutto questo varia moltissimo da uno Stato membro all’altro.
La relazione Lambert individua i problemi, inizia da una precisa valutazione e offre soluzioni in numerosi settori. Merita il nostro pieno sostegno.
Małgorzata Handzlik (PPE-DE), per iscritto. − (PL) Una delle conseguenze della libera circolazione delle persone nell’Unione europea è l’aumento del traffico automobilistico transfrontaliero. Ciò accresce la necessità di stabilire disposizioni a livello europeo nel campo dell’assicurazione degli autoveicoli al fine di proteggere le vittime degli incidenti in modo efficace.
L’efficacia del meccanismo del mandatario per la liquidazione dei sinistri, stabilito dalla compagnia assicurativa nel paese di residenza permanente della vittima, è di eccezionale importanza per il conseguimento di tale obiettivo. E’ dovere del mandatario per la liquidazione dei sinistri informare la vittima sul modo in cui procedere con la sua pratica contro un cittadino straniero, e dovrebbe accrescere la fiducia dei consumatori se il pacchetto di informazioni accessibile prima della conclusione di un contratto assicurativo comprendesse tutte le informazioni relative alle norme che disciplinano il funzionamento e l’applicazione delle richieste del meccanismo del mandatario per la liquidazione dei sinistri e i suoi vantaggi per la vittima.
Un’altra questione importante sollevata dal relatore è l’obbligatorietà dell’assicurazione per le spese legali in tutti gli Stati membri. Appoggio il suo punto di vista secondo cui il mantenimento del sistema volontario esistente è la giusta soluzione. Il sistema obbligatorio accrescerebbe la fiducia dei consumatori ma implicherebbe un aumento nel costo della stessa assicurazione e dei ritardi derivanti dalla risoluzione delle controversie da parte dei giudici. Tuttavia, è essenziale che le misure vengano adottate immediatamente per quanto riguarda la disponibilità dell’assicurazione tutela giudiziaria, in particolare nei nuovi Stati membri.
Ian Hudghton (Verts/ALE), per iscritto. − (EN) La relazione Mladenov offre un livello adeguato di priorità alle organizzazioni dei consumatori nella valutazione dell’assicurazione degli autoveicoli. Gli enti dei consumatori svolgono quindi un ruolo importante in questo ambito, assieme alle istituzioni comunitarie, gli Stati membri e la stessa industria assicurativa.
Arlene McCarthy (PSE), per iscritto. − (EN) Desidero ringraziare l’onorevole Mladenov, relatore per la nostra commissione.
La presente relazione su alcuni aspetti dell’assicurazione degli autoveicoli è un buon esempio del modo in cui l’Europa offra vantaggi pratici e concreti di appartenenza all’Unione europea ai suoi cittadini.
Con 1,2 milioni di incidenti stradali all’anno in Europa, purtroppo alcuni cittadini saranno vittime di un incidente d’auto, quali autisti, passeggeri o pedoni.
Tuttavia, le persone non sono a conoscenza dell’esistenza del diritto comunitario per contribuire alla risoluzione dei sinistri assicurativi senza dover avere a che fare con una compagnia assicurativa estera in una lingua straniera.
Questa normativa comunitaria è in vigore al fine di consentire ai cittadini di tornare a casa e vedere risolto il sinistro in modo rapido e semplice nella loro lingua.
Anche la quarta direttiva assicurazione autoveicoli garantisce assistenza per le vittime di incidenti attraverso la creazione di centri di informazione in tutti gli Stati membri.
Poiché la legge attualmente non prevede una copertura obbligatoria delle spese legali, i cittadini dovrebbero considerare l’opzione di stipulare un’assicurazione tutela giudiziaria.
Certamente, al pari del relatore del Parlamento sulla mediazione, auspico che le parti impieghino modalità alternative di risoluzione delle controversie per trovare una soluzione ai conflitti, evitando al contempo le spese e i rinvii dei processi in tribunale.
E’ con misure concrete e pratiche come questa normativa che possiamo dimostrare ai nostri cittadini il valore dell’Europa.
Bernard Wojciechowski (IND/DEM), per iscritto. − (PL) Nel periodo 2003-2005 circa 17 000 cittadini di paesi terzi sono stati inviati in un altro Stato membro affinché la loro richiesta d’asilo fosse valutata in quest’ultimo. Tra queste, il 12 per cento erano richieste di persone che avevano già chiesto asilo.
Attualmente, le possibilità di ottenere asilo variano in modo considerevole da uno Stato membro a un altro. Ciò è dimostrato più chiaramente dall’esempio degli iracheni. In Germania hanno il 75 per cento delle possibilità di asilo, in Grecia appena il 2 per cento.
Sarebbe vantaggioso per l’Unione europea liquidare i fenomeni dei “rifugiati vaganti”, delle migrazioni secondarie e delle domande multiple di asilo in diversi paesi attraverso l’introduzione di un sistema in base al quale uno Stato membro fosse responsabile della valutazione delle domande di asilo.
Jan Andersson, Göran Färm, Anna Hedh, Inger Segelström e Åsa Westlund (PSE), per iscritto. − (SV) La frode fiscale genera importanti perdite finanziarie per gli Stati membri e riduce le opportunità di mantenere e migliorare la qualità dei servizi che finanziamo attraverso le nostre tasse.
Tuttavia, ci siamo astenuti dal voto finale a causa di numerosi emendamenti in cui la concorrenza fiscale tra gli Stati membri è considerata positiva e in cui l’atteggiamento nei confronti delle conseguenze negative dei paradisi fiscali sulle economie degli Stati membri viene ammorbidito.
Abbiamo inoltre deciso di votare contro la formulazione della seconda parte del paragrafo 3, che traccia un quadro troppo positivo dell’armonizzazione fiscale tra gli Stati membri.
Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della risoluzione del Parlamento europeo sulla relazione di iniziativa su una strategia coordinata volta a migliorare la lotta contro la frode fiscale, realizzata dalla deputata britannica Sharon Bowles in risposta a una comunicazione della Commissione sullo stesso argomento. Nel 2004, il gettito fiscale, in altre parole l’importo complessivo delle tasse e dei contributi sociali obbligatori, era pari a circa il 39,9 per cento del PIL dell’Unione europea, ossia 4 100 miliardi di euro. Esistono pochissime stime dell’importo delle tasse non percepite a causa della frode fiscale, calcolata attorno al 2-2,5 per cento del PIL. Nonostante la tassazione sia una responsabilità nazionale, la frode fiscale è un ostacolo al funzionamento positivo del mercato interno poiché distorce la concorrenza tra i contribuenti. Non vi è alcun dubbio che la lotta alla frode fiscale abbia una dimensione europea a causa della globalizzazione dell’economia a livello internazionale.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. − (PT) Abbiamo votato contro la presente risoluzione finale, poiché la maggioranza al Parlamento europeo trascura le vere cause della principale frode fiscale (l’esistenza dei paradisi fiscali), nonostante vi siano alcune proposte positive per le quali abbiamo votato positivamente.
Benché la relazione della commissione parlamentare contenga alcune proposte positive, nello specifico i riferimenti espliciti ai paradisi fiscali e alla loro maggiore responsabilità per la frode fiscale e l’erosione della base fiscale, che riduce il reddito pubblico e diminuisce la capacità dello Stato di mettere in pratica le politiche di sostegno sociale, molte di queste posizioni sono state respinte o mitigate nella votazione in plenaria.
La maggioranza politica al Parlamento europeo non intende davvero chiudere i paradisi fiscali che proteggono immense fortune ed enormi profitti delle borse di diverse provenienze, più o meno autorizzate. Vogliono alimentare uno dei centri di profitti scandalosi del capitalismo, anche se significa entrate più ridotte per gli Stati e minori possibilità di risposta dalle politiche pubbliche a favore dei lavoratori e dei cittadini.
Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. – (FR) Signor Presidente, onorevoli colleghi, la relazione dell’onorevole Bowles è tipica di questo Parlamento: offre soluzioni a problemi che non esisterebbero senza l’Europa di Bruxelles, soluzioni che, per di più, inasprirebbero semplicemente questi problemi o ne creerebbero di nuovi.
In questo caso, le soluzioni proposte per migliorare la lotta contro la frode fiscale comprendono la tassazione nel paese di origine e la creazione di una camera di compensazione che renderebbe i gettiti fiscali dei singoli Stati membri dipendenti da trasferimenti effettuati da altri Stati membri. Altre riguardano l’imposizione dell’IVA all’aliquota dello Stato membro di importazione (anziché l’attuale sistema di esenzione) o l’applicazione di un meccanismo di inversione contabile, due proposte che, se adottate, finirebbero con l’imporre alle imprese oneri amministrativi e fiscali insormontabili. Inoltre, tutte le amministrazioni fiscali potrebbero avere accesso diretto ai dati dei contribuenti raccolti elettronicamente in altri Stati membri. La tassazione dei redditi da risparmio e il diritto penale in materia di frode sarebbero standardizzati. Alcune aliquote IVA ridotte verrebbero abolite.
Tutto questo dimostra chiaramente che il vero obiettivo non è tanto la lotta alla frode, problema reale e molto serio, ma piuttosto porre fine alla sovranità fiscale degli Stati membri.
Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. − (SV) La lotta alla frode fiscale merita senza dubbio pieno sostegno. Pertanto, abbiamo votato a favore della proposta di risoluzione nella sua totalità, nonostante contenga numerosi elementi sui quali non si è riflettuto approfonditamente e sono privi di garanzia. Il paragrafo 3 dichiara che “ai fini del funzionamento di un regime IVA basato sul ‘principio di origine’, sono necessarie l’armonizzazione fiscale tra i paesi, al fine di evitare la concorrenza fiscale…”. Non sosterremo una simile formulazione.
L’armonizzazione dei sistemi fiscali e di IVA degli Stati membri è un passo molto pericoloso di allontanamento dall’autodeterminazione nazionale in uno degli ambiti politici più basilari. Il Parlamento europeo non deve pronunciare dichiarazioni avventate su una questione così importante.
La concorrenza fiscale ha anche dei vantaggi in quanto i paesi sono in grado di procedere a ritmo sostenuto e sviluppare tasse più efficaci o altre soluzioni intese a finanziare la spesa pubblica, a condizione che non siano vincolate a una normativa comunitaria poco ponderata.
Marian Harkin (ALDE), per iscritto. − (EN) Sostengo pienamente la lotta contro la frode fiscale e riconosco che occorre una stretta cooperazione tra le autorità amministrative in ciascuno Stato membro e la Commissione al fine di realizzarla.
Tuttavia, non appoggio il ragionamento nelle motivazioni secondo cui l’introduzione di una CCCTB sia comunque necessaria per contrastare la frode fiscale. In questa fase, la CCCTB è solo una proposta tecnica, non sono state presentate comunicazioni e, al momento, è prematuro pensare che possa contribuire a contrastare la frode fiscale.
Bogusław Liberadzki (PSE), per iscritto. − (PL) Signor Presidente, voterò a favore della relazione su una strategia coordinata volta a migliorare la lotta contro la frode fiscale (2008/2033(INI)).
L’onorevole Sharon Bowles sottolinea correttamente che la frode fiscale ha gravi conseguenze per i bilanci nazionali. Conduce a violazioni del principio di tassazione equa ed è responsabile delle distorsioni della concorrenza.
Le distorsioni provocate dalla frode all’IVA hanno un impatto sull’equilibrio complessivo del sistema delle risorse. Secondo diverse fonti, le imposte non percepite a causa della frode dell’IVA vengono quantificate dai 60 ai 100 miliardi di euro all’anno in tutta l’Unione europea, che si traduce in una più ampia necessità di chiedere risorse proprie agli Stati membri in funzione della percentuale del loro reddito nazionale lordo (RNL).
Concordo con l’iniziativa dell’onorevole Sharon Bowles. I problemi causati dalla frode dell’IVA devono essere eliminati. Al fine di garantire il corretto funzionamento della Comunità, dobbiamo assicurare che il sistema delle risorse operi in modo equo e trasparente.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. − (DE) Dopo dieci anni senza combinare nulla, ancora non siamo in grado di concordare circa metodi efficaci per porre fine alla frode dell’IVA che, dopo tutto, riguarda l’evasione fiscale pari a circa il 2-2,5 per cento del rendimento economico dell’Europa.
Il sistema della contabilità inversa sembra abbastanza positivo sulla carta, ma ancora troppo rudimentale, motivo per cui la maggior parte delle richieste che abbiamo ascoltato sono ancora di una migliore cooperazione tra gli Stati membri.
In particolare nell’ambito della frode, alcuni Stati membri hanno un livello evidentemente elevato di suscettibilità alla frode e uno scarso controllo fiscale, caratterizzato da un atteggiamento lassista nei confronti del recupero. Mi colpisce che la relazione parlamentare non fornisca un messaggio chiaro né offra nuove soluzioni, motivo per cui mi sono astenuto.
John Purvis (PPE-DE), per iscritto. − (EN) La delegazione dei conservatori del Regno Unito è spiacente di non poter appoggiare la relazione dell’onorevole Bowles. Ammettiamo che la frode fiscale è un grave problema che deve essere affrontato con estrema urgenza, e in particolare che occorre trovare una soluzione alla cosiddetta frode “carosello” per quanto riguarda l’IVA.
Tuttavia, la relazione non riesce a sostenere positivamente la concorrenza e la sovranità fiscale; non affronta realisticamente la questione dei paradisi fiscali e non riconosce il legame diretto tra alti livelli di tassazione e alti livelli di elusione ed evasione fiscale. Pertantochiediamo che l’Unione europea rifletta molto seriamente prima di proporre misure fiscali che generino soltanto la fuga dei capitali, scoraggino l’investimento interno o incoraggino ancora di più la frode fiscale.
Eoin Ryan (UEN), per iscritto. – (GA) Sono lieto di sostenere la presente relazione che riconosce che lo sviluppo di una strategia intesa ad affrontare la frode fiscale è una necessità. Nonostante l’attuazione di politiche efficaci sia, per la maggior parte, di competenza degli Stati membri, occorre cooperazione a livello europeo. Non si dovrebbe imporre un onere amministrativo sproporzionato alle imprese, in particolare le piccole e medie imprese, e considerato il contesto della politica della Commissione, la burocrazia dovrebbe essere ridotta.
Sostengo l’emendamento dell’autrice che sottolinea l’importanza della concorrenza equa in termini di tassazione per l’economia dell’Unione europea. Mi dispiace che la stessa autrice si riferisca nelle motivazioni alla base imponibile comune e consolidata dell’imposta sulle società (CCCTB). Quest’ultima non è ancora stata valutata a sufficienza per garantire che questo sistema di tassazione abbia un impatto positivo ed è probabile che sussistano maggiori prove del contrario. Questa dichiarazione è basata su mere congetture e, poiché si trova solo nelle motivazioni, non possiamo votare al riguardo. Di conseguenza, desidero cogliere questa opportunità per esprimere il mio disappunto e rendere note le mie obiezioni.