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Procedura : 2008/2621(RSP)
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Testi presentati :

RC-B6-0377/2008

Discussioni :

PV 03/09/2008 - 15
CRE 03/09/2008 - 15

Votazioni :

PV 04/09/2008 - 7.5
CRE 04/09/2008 - 7.5
Dichiarazioni di voto
Dichiarazioni di voto

Testi approvati :

P6_TA(2008)0406

Resoconto integrale delle discussioni
Mercoledì 3 settembre 2008 - Bruxelles Edizione GU

15. Tempo delle interrogazioni (interrogazioni alla Commissione)
Video degli interventi
Processo verbale
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  Presidente. − L’ordine del giorno reca il Tempo delle interrogazioni (B6-0457/2008).

Saranno prese in esame le interrogazioni rivolte alla Commissione.

 
  
  

Prima parte

 
  
  

Annuncio l’interrogazione n. 35 dell’onorevole Stavros Arnaoutakis (H-0546/08)

Oggetto: Crisi alimentari nell’UE e protezione dei consumatori europei

Dopo le ripetute crisi alimentari in Europa, è giunta la Commissione a misure concrete per la protezione efficace dei consumatori?

 
  
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  Androula Vasiliou, Membro della Commissione. (EL) Signor Presidente, desidero innanzi tutto ringraziare l’onorevole Arnaoutakis per la sua interrogazione in merito alla questione sempre attuale della sicurezza alimentare.

La Commissione dispone di molti modi per garantire che i consumatori e i cittadini europei siano protetti da una possibile crisi alimentare. Innanzi tutto, la Commissione garantisce che le autorità competenti di tutti i 27 Stati membri siano prontamente e simultaneamente avvisati mediante il sistema di allarme rapido per i prodotti alimentari (RASFF).

In secondo luogo, l’Ufficio alimentare e veterinario (FVO) della Commissione conduce ispezioni sistematiche negli Stati membri e in paesi terzi.

Terzo, la Commissione esamina con attenzione tutte le informazioni ricevute dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA), dai mezzi di informazione internazionali e da altre fonti.

Ove necessario, e in particolare quando alimenti o mangimi possono minacciare seriamente la salute pubblica e tale rischio non possa essere affrontato in modo efficace a livello degli Stati membri, la Commissione adotta le misure necessarie e livello UE.

Ad esempio, nel caso dell’olio di girasole ucraino contaminato da oli minerali, il 23 aprile 2008 il RASFF ha ricevuto dalle autorità francesi competenti una notifica, che è stata ricevuta da tutti gli Stati membri. Attraverso il RASFF, la Commissione ha notificato in una sola volta questo incidente a tutti gli altri Stati membri e il 10 giugno 2008 ha emesso la decisione 2008/433/CE che subordina a particolari condizioni l’importazione di olio di girasole originario dell’Ucraina, o proveniente da tale paese, a causa del rischio di contaminazione da oli minerali. Sono state altresì avviate indagini al fine di individuare la fonte della contaminazione.

Inoltre il sistema di tracciabilità disposto nel regolamento (CE) n. 178/2002, meglio noto come il regolamento riguardante i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, rende possibile eseguire ritiri o richiami accurati e mirati di prodotti, nonché valutare i rischi ed evitare un inutile sconvolgimento del commercio.

La Commissione controlla altresì sistematicamente la capacità delle autorità di ispezione competenti degli Stati membri al fine di garantire il rispetto nella normativa in materia alimentare, sia all’interno che all’esterno dell’UE.

In Malesia, ad esempio, l’Ufficio alimentare e veterinario della Commissione ha identificato problemi significativi in relazione al rispetto dei requisiti per l’esportazione dei prodotti della pesca. Nell’UE, la Commissione ha reagito immediatamente, vietando l’importazione di pesce dalla Malesia. Si tratta di uno dei molti esempi di come la Commissione riesce a proteggere con efficacia il consumatore e a prevenire una crisi alimentare.

La Commissione ritiene pertanto che la sua normativa esistente fornisca i meccanismi necessari per una gestione efficace delle crisi alimentari e un’efficace protezione del consumatore.

A tal fine, tuttavia, ci occupiamo al contempo di garantire un miglioramento costante dei canali di comunicazione e cooperazione con gli Stati membri. Ad esempio, forniamo nuovi orientamenti sull’utilizzo del RASFF, che la Commissione adotterà a breve.

 
  
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  Stavros Arnaoutakis, autore. (EL) Signora Commissario, la ringrazio per la sua relazione. Oggi i consumatori europei stanno vivendo una mancanza di fiducia. Alla loro fiducia è stato dato uno scossone.

Abbiamo pertanto bisogno di vedere, da parte della Commissione, quali azioni devono essere intraprese al fine di informare i consumatori. Senza dubbio, può fare molto giustamente tutto ciò che ha detto di fare e meritare congratulazioni. Tuttavia, in Grecia, ad esempio, avevamo l’olio di girasole ucraino, parte del quale è stato consumato da metà della popolazione greca. Come possono essere protetti i consumatori, e quali azioni intende intraprendere?

 
  
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  Androula Vasiliou, Membro della Commissione. (EL) Desidero sottolineare che la crescente agitazione che tale questione sta causando e gli avvertimenti forniti mediante il RASFF dimostrano che il sistema funziona davvero.

Nel caso della Grecia e dell’olio di girasole ucraino, il 23 aprile 2008 è stato senza dubbio emesso un allarme generale in merito al fatto che questo olio di girasole contaminato si trovava sul mercato UE. Il 5 maggio 2008, quando le autorità svizzere hanno rilasciato uno specifico allarme qui al nostro centro in merito al fatto che tale olio di girasole era in viaggio verso la Grecia, l’Italia e la Turchia, tra le altre destinazioni, le autorità greche hanno compiuto le indagini necessarie e hanno iniziato a fornirci le informazioni e a ritirare i prodotti.

Desidero tuttavia sottolineare che non dobbiamo confondere le misure che la Commissione europea ha l’autorità di adottare, e che adotta, con gli obblighi degli Stati membri, dato che si tratta di affari interni.

Certo, mi chiederà se vengono eseguiti controlli. Sì, è così. Il servizio dell’FVO, che esegue visite periodiche nei vari Stati membri, controlla che i dipartimenti siano funzionanti, identifica qualsiasi carenza e la evidenzia agli Stati membri. Naturalmente, ciò accade sia in Grecia che in altri paesi.

 
  
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  Mairead McGuinness (PPE-DE).(EN) Signora Commissario, l’UE ha compiuto un lavoro eccellente in questo sistema “dai campi alla tavola”, in cui i consumatori devono avere fiducia, ma, come punto secondario, per quanto riguarda la protezione dei produttori dell’UE? Non credo che applichiamo lo stesso rigore sui prodotti alimentari importati di quello che applichiamo a livello interno. Ad esempio, all’esterno permettiamo l’utilizzo di sostanze che vietiamo all’interno dell’Unione europea e con la normativa sui nuovi prodotti per la protezione delle piante lo faremo sempre di più nella produzione di cereali. Posso chiederle, signora Commissario, di affrontare questa preoccupazione specifica, perché in Europa potremmo consumare alimenti che in effetti non si potrebbero produrre nell’Unione europea.

 
  
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  Danutė Budreikaitė (ALDE).(LT) Desidero chiedere: che cos’è una crisi alimentare? La comparsa di un prodotto alimentare non sicuro sul mercato dell’UE potrebbe essere considerata una crisi alimentare? In tal caso, potremmo parlare di una crisi del giocattolo, dato che si sa che vengono venduti giocattoli che non rispettano i requisiti di sicurezza, così come un’intera gamma di altri prodotti non sicuri. Come possiamo definire una crisi alimentare? Può essere definita come un inarrestabile aumento dei prezzi dei prodotti alimentari che colpisce tutti i consumatori?

 
  
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  Androula Vassiliou, Membro della Commissione. (EN) Desidero iniziare dalla seconda domanda e dire che non possiamo chiamare crisi alimentare la scoperta sul mercato di un prodotto difettoso. Potrebbe essere una crisi alimentare, qualora permettessimo a tale bene di circolare liberamente all’interno dell’Unione europea. Allora potremmo avere una crisi, perché potremmo mettere in pericolo la salute dei nostri cittadini.

Ma con il sistema che abbiamo in vigore e che applichiamo in modo molto attento e pericoloso, cerchiamo di evitare tali crisi. Siamo riusciti a evitare crisi alimentari in numerose occasioni (e anche di recente).

In merito ai controlli sulle merci e sui generi alimentari prodotti al di fuori dell’Unione europea, devo dire che richiediamo ai nostri partner commerciali che applichino esattamente gli stessi controlli che applichiamo agli alimenti che producono internamente.

Ecco perché, ad esempio, ho citato la Malesia, dove inviamo il nostro FVO, che ha riscontrato che il sistema non funzionava affatto in modo adeguato, e abbiamo vietato l’importazione di pesce da tale paese. Lo stesso è stato fatto nel caso della carne di manzo proveniente dal Brasile e, in molte altre occasioni, dal Bangladesh.

Chiediamo pertanto ai nostri partner che, se desiderano esportare verso l’Unione europea, si attengano alle norme di igiene che applichiamo all’interno dell’Unione.

 
  
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  Presidente. − Annuncio l’

interrogazione n. 36 dell’onorevole Bilyana Ilieva Raeva (H-0548/08)

Oggetto: Sicurezza stradale

Il numero di persone che rimangono uccise o ferite negli incidenti stradali rappresenta un importante problema di carattere umanitario, sanitario, ecologico, finanziario, sociale e demografico. Inoltre, gli oneri pecuniari determinati da questa tragedia sortiscono molteplici effetti negativi sulla qualità della vita, sullo sviluppo sostenibile e sul riscaldamento globale.

In questo contesto è opportuno elaborare politiche che incoraggino gli sforzi degli Stati membri a mantenere il livello delle vittime degli incidenti nel trasporto al di sotto della media dell’UE.

In che modo intende la Commissione avviare provvedimenti più risoluti, quali ad esempio normative comunitarie per ampliare gli standard comuni esistenti, in particolare introducendo un indicatore comune europeo affinché la soglia prevista per gli incidenti stradali sia rigorosamente rispettata da tutti gli Stati membri?

In che modo procederebbe la Commissione per mettere a punto un approccio uniforme per la supervisione, il controllo e gli interventi sanzionatori sul territorio dell’UE? E’ possibile ritenere che, in futuro, una politica comune della sicurezza stradale dell’Unione europea condurrà anche a una politica comune della polizia stradale, che migliorerà la qualità del controllo e del monitoraggio della sicurezza stradale?

 
  
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  Jacques Barrot, Vicepresidente della Commissione. − (FR) Signor Presidente, poiché il Commissario Tajani è stato trattenuto da un incontro del Consiglio dei ministri, sono lieto di rispondere all’onorevole Raeva, in particolare perché il tema a cui si riferisce la sua interrogazione costituisce una questione con cui ho avuto molto a che fare in prima persona e che sento molto vicina al mio cuore.

Nel 2001, l’Unione europea si è data come obiettivo quello di dimezzare il numero delle vittime di incidenti stradali entro il 2010. Questo obiettivo è stato riconosciuto dal Parlamento europeo e dal Consiglio. Nel 2003, è stato oggetto di un programma d’azione europeo per la sicurezza stradale, che definiva 60 misure volte a incoraggiare gli utenti della strada a comportarsi in modo più assennato, avvalendosi dei progressi tecnici, al fine di rendere i veicoli più sicuri, migliorando le infrastrutture stradali, rendendo più sicuri i trasporti commerciali, migliorando la cura delle vittime e sviluppando l’analisi dei dati relativi agli incidenti. Al fine di monitorare i cambiamenti nella situazione della sicurezza stradale, la Commissione ha istituito diversi indicatori di prestazione: il numero di vittime per milione di abitanti; il tasso di utilizzo della cintura di sicurezza e del casco; il numero e la percentuale delle persone sotto gli effetti dell’alcol coinvolti in incidenti stradali; il numero e la percentuale delle persone che superano il limite di velocità.

Nell’ambito della normativa comunitaria, desidero menzionare la nuova direttiva sulla patente di guida, adottata dal Parlamento europeo e dal Consiglio in data 20 dicembre 2006. Tale direttiva era volta a migliorare la sicurezza stradale per gli utenti della strada giovani e la libera circolazione dei cittadini all’interno dell’Unione europea. Disponiamo altresì di una direttiva sulla sicurezza delle infrastrutture stradali, adottata dopo l’accordo in prima lettura nel giugno del 2008. Abbiamo poi la proposta di direttiva sul controllo delle infrazioni al codice della strada, presentata dalla Commissione nel 2008 e attualmente in fase negoziale in seno al Parlamento europeo e al Consiglio.

La Commissione sta altresì tentando di incoraggiare il più possibile lo scambio di buone pratiche relative alla sicurezza stradale tra gli Stati membri. Come parte dell’invito a presentare proposte, partecipa al finanziamento di campagne per la sicurezza stradale e di progetti innovativi in questo ambito, che comprendono diversi Stati membri.

Analogamente, la Commissione sta fornendo sostegno finanziario al programma di ricerca per progetti che probabilmente miglioreranno la conoscenza in specifici settori e origineranno proposte legislative future su basi scientifiche affidabili. Il progetto DRUID (Driving under the influence of Drugs, Alcohol and Medicines) ne costituisce un esempio, mentre la lotta alla guida sotto gli effetti di sostanze psicoattive sta diventando una priorità nei nuovi Stati membri. Infine, onorevole Raeva, un nuovo programma d’azione europeo per il periodo 2010-2020 è attualmente in fase di elaborazione. Tale programma di azione sarà oggetto di una consultazione pubblica all’inizio del 2009 per attraversare poi la procedura di adozione da parte della Commissione.

Queste erano le informazioni che il Commissario Tajani desiderava fornire in risposta alla sua interrogazione.

 
  
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  Bilyana Ilieva Raeva, autore. (BG) Signor Commissario, sono estremamente lieta di congratularmi con lei per gli sforzi compiuti sino a oggi nella sua recente funzione di Commissario responsabile per i trasporti nell’Unione europea, carica che ha ricoperto nel corso degli ultimi anni. La ringrazio altresì sentitamente per la presentazione della sintesi relativa alla politica europea comune per la sicurezza stradale.

E’E’ precisamente in questo senso che desidero chiedere: “Di fronte all’esistenza di indicatori, di fronte all’esistenza definita di un’iniziativa molto seria da parte della Commissione europea riguardante la sicurezza stradale in Europa, com’è il controllo dell’esecuzione di tali indicatori forniti e in che modo viene veramente garantito che in Europa avremo una riduzione di casi letali di almeno il 50 per cento?”Perché per un paese come la Bulgaria questo indicatore è troppo elevato. In Europa occorrono assolutamente sanzioni nel caso di violazione di tali requisiti.

 
  
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  Jacques Barrot, Vicepresidente della Commissione. – (FR) Signor Presidente, onorevole parlamentare, la supervisione, i controlli e le pene per le infrazioni ovviamente rientrano tra le competenze degli Stati membri.

Desidero tuttavia ricordarle che il 21 ottobre 2003 la Commissione ha adottato una raccomandazione sull’applicazione nell’ambito della sicurezza stradale, che definisce le migliori pratiche per il controllo delle infrazioni al codice della strada e desidero menzionare in modo particolare che abbiamo l’opportunità, con la Giornata europea della sicurezza stradale, di valutare ciascuno Stato membro. Tale valutazione evidenzia il primato di alcuni Stati membri e la debolezza di altri. Credo che la Giornata europea per la sicurezza stradale costituisca un modo eccellente di fare veramente luce sulle prestazioni dei diversi Stati membri.

E’ vero, e lei ha ragione a sottolinearlo, non abbiamo raggiunto le prestazioni che ci eravamo augurati. Nutriamo molte preoccupazioni in merito all’obiettivo, che era quello di dimezzare il numero delle vittime entro il 2010. Può essere che nel prossimo programma pluriennale, che coprirà un periodo di 10 anni, possiamo aumentare ulteriormente le restrizioni sugli Stati membri.

Desidero altresì cogliere l’opportunità, signor Presidente, per ricordare l’importanza che attribuiamo al voto su questa direttiva, che permetterà di punire gli automobilisti che hanno commesso un’infrazione in uno Stato membro diverso dal proprio. L’impunità dei conducenti che non obbediscono alle regole, quando si trovano in uno Stato membro diverso dal proprio è attualmente troppo elevata e penso che questo sarà un buon modo per far sì che i cittadini europei si comportino in modo migliore sulla strada.

La ringrazio per aver posto questa interrogazione. So che anche il mio successore, il Commissario Tajani, è molto impegnato nella questione della sicurezza stradale e posso dirvi che tutti i vostri suggerimenti e azioni ci aiuteranno a porre fine a questa terribile piaga.

 
  
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  Presidente. − Poiché l’autore non è presente, l’interrogazione n. 37 decade.

 
  
  

Seconda parte

 
  
  

Annuncio l’interrogazione n. 38 dell’onorevole Emmanouil Angelakas (H-0525/08)

Oggetto: Informazione-educazione di giovani consumatori

E’ un dato di fatto che una parte significativa degli acquisti di beni e servizi è effettuata da consumatori giovani e adolescenti, che vengono bombardati da campagne pubblicitarie spesso ingannevoli che promuovono articoli scolastici, giocattoli, vestiti, alimenti, bevande, materiale audiovisivo, ecc.

Oltre all’Europa Diary, già in funzione, intende la Commissione realizzare una campagna paneuropea di informazione-educazione dei giovani consumatori che ruoti intorno a questioni che li riguardano, e in che modo e con che mezzi intende organizzare detta iniziativa? Per quanto concerne più in particolare l’osservatorio dei consumatori (“consumer scoreboard”), in che modo e con quali modalità intende la Commissione trattare i dati ottenuti riguardo ai giovani consumatori e come conta di far pervenire loro le relative informazioni?

 
  
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  Meglena Kuneva, Membro della Commissione. (EN) Signor Presidente, la Commissione accoglie con favore le preoccupazioni espresse dall’onorevole deputato e desidera attirare la sua attenzione sul fatto che le norme comunitarie esistenti in materia di diritti del consumatore già offrono ai giovani una protezione considerevole. Ad esempio, la direttiva sulle pratiche commerciali sleali (PCS) ha lo scopo di proteggere i consumatori, ivi compresi i giovani, da pratiche che nuocciono ai loro interessi economici, quali la pubblicità ingannevole o le pratiche aggressive. I consumatori vulnerabili, tra gli altri i cittadini più giovani, vengono presi in considerazione in modo particolare quando si valutano pratiche commerciali sleali. La direttiva comprende altresì una lista nera di pratiche commerciali che sono proibite in ogni caso in tutta l’UE. Ad esempio, è vietato in tutta l’Unione europea l’inserimento in pubblicità di esortazioni dirette rivolte ai bambini affinché acquistino prodotti

Nel settembre 2008, la Commissione lancerà una campagna di comunicazione su web in merito alla direttiva PCS. Si tratta di una direttiva molto nuova che sarà altresì mirata ai giovani. La campagna farà altresì uso di siti web dedicati, che comprenderanno animazioni, illustrazioni e quiz, al fine di spiegare le norme della PCS in modo più interessante e interattivo. Al fine di attirare l’attenzione dei consumatori, verranno disseminati banner e annunci pubblicitari fasulli in diversi importanti siti web di consumatori. Vi saranno portali per specifiche categorie di consumatori, quali i giovani, comunità virtuali, siti web musicali e blog. Le informazioni verranno fatte circolare in Internet per un periodo di un mese e, sebbene sia difficile prevedere per quanto tempo tali dati verranno ospitati dai siti web partner, ci aspettiamo che le informazioni saranno disponibili su web per almeno qualche mese.

Il sito web dedicato alle PCS, in fase di creazione, sarà accessibile ai consumatori per una durata indeterminata. Per il tempo a venire, la Commissione non ha intenzione di lanciare una speciale campagna paneuropea al fine di formare e informare i giovani consumatori. Tuttavia, oltre allo Europe Diary, sta altresì sviluppando uno strumento educativo per i consumatori basato sul web chiamato Dolceta, che contiene uno modulo di insegnamento mirato agli insegnati della scuola primaria e secondaria.

In merito all’osservatorio dei consumatori (”consumer scoreboard”), allo stadio attuale, i nostri dati non fanno distinzioni tra gruppi diversi di consumatori. Per l’osservatorio non è possibile affrontare nel dettaglio tutti i mercati o tutti i diversi tipi di consumatore. Tuttavia, ove disponiamo di dati specifici che coprono i giovani consumatori, ad esempio gli studenti, quali gli studi dell’Eurobarometro, pubblicheremo i dati relativi a tale gruppo.

 
  
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  Emmanouil Angelakas, autore. (EL) Signor Presidente, signora Commissario, la ringrazio per la sua risposta completa e dettagliata. Quanto è rassicurante e gratificante che tale campagna venga lanciata on line ora, in questo mese di settembre.

Desidero solo porre una domanda supplementare: sta pensando la Commissione di proibire gli spot televisivi diretti ai bambini, come è accaduto in taluni Stati membri, in cui sono stati vietati taluni spot televisivi rivolti ai bambini dopo un certo orario – le 22.00 o le 23.00, credo – prima del quale i bambini guardano la televisione?

 
  
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  Meglena Kuneva, Membro della Commissione. (EN) Questa informazione è ben nota anche nella mia DG, ma effettivamente ciò rientra maggiormente nell’ambito di competenza della mia collega, il Commissario Viviane Reding, perché è altresì connesso alla libertà di informazione che rientra ampiamente nell’ambito delle attività della sua DG.

Quello che posso dirle è che disponiamo della direttiva “Televisione senza frontiere”, che affronta tali questioni e che nella direttiva sulle pratiche commerciali sleali abbiamo una lista nera. La ragione per cui disponiamo di uno strumento quale una lista nera è che, qualora sia necessario e qualora disponessimo di prove sufficienti, possiamo aggiungere una pratica alla lista nera quando concordiamo che si tratta di qualcosa a cui dobbiamo mirare e che dobbiamo vietare in tutta l’Europa. Certamente, tale azione deve basarsi su prove. Siamo pertanto pienamente consapevoli del problema.

Non fa direttamente parte delle pratiche commerciali sleali (PCS), ma siamo pronti ad esaminarlo, qualora vi sia una pratica che potremmo crediamo meriti di essere inserita in una lista nera o grigia e il Commissario Reding sta facendo del suo meglio al fine di essere certa che la direttiva “Televisione senza frontiere” affronti questioni come queste.

 
  
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  Danutė Budreikaitė (ALDE).(LT) Il 55 per cento degli spot televisivi su prodotti alimentari commercializzano prodotti alimentari dannosi per la salute. L’80 per cento dei bambini chiede ai genitori proprio le stesse marche di prodotti per la colazione che hanno visto negli spot . La mia domanda è: deve l’Unione europea spostare l’attenzione dalle pubblicità, che vengono commissionate dai produttori? Possiamo trovare il modo per incoraggiare i loro produttori a produrre e successivamente a pubblicizzare prodotti alimentari più sani?

 
  
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  Meglena Kuneva, Membro della Commissione. (EN) Credo che i produttori possano essere indotti a produrre alimenti sani attraverso strumenti di mercato. Se vi è una domanda da parte del mercato, essi risponderanno a questa domanda. Possiamo dire ciò che i produttori devono produrre, ma questo non è esattamente il modo in cui la Commissione deve affrontare il problema. Quello che possiamo fare è rendere disponibili al 100 per cento le informazioni in un modo molto comprensibile. La Commissione sta lavorando con impegno in proposito in modo da disporre di informazioni adeguate in merito ai prodotti connessi all’alimentazione.

Si sostiene che alcune pubblicità sono false o espongono i bambini a pericoli. Se, ad esempio, si afferma che un prodotto può curare o può, tutto d’un tratto, ringiovanire una persona di 10 anni (il che certamente non è possibile), allora rientra nella mia sfera di competenza e potrei affrontare la situazione mediante la direttiva sulle pratiche commerciali sleali. Altrimenti, quando si parla del lato salutare dei prodotti alimentari, devo ricordarle nuovamente che tale aspetto rientra nel portafoglio del Commissario Vassiliou, la quale sta svolgendo un lavoro eccellente affinché simili prodotti alimentari siano dotati di un’etichettatura adeguata attraverso la quale i consumatori possano operare le loro scelte. Questo è quanto cui stiamo mirando: avere consumatori ben informati e, attraverso una campagna educativa in cui anche la mia DG è estremamente coinvolta, possiamo migliorare la consapevolezza del mercato.

 
  
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  Presidente. − Annuncio l’

interrogazione n. 39 dell’onorevole Marie Panayotopoulos-Cassiotou (H-0530/08)

Oggetto: Protezione dei consumatori e istruzione

E’ noto che le politiche dell’istruzione rientrano nelle competenze degli Stati membri. Ciononostante, i prodotti connessi con l’apprendimento, la formazione e la formazione lungo tutto l’arco della vita sono oggetto di commercio, in particolare transfrontaliero e, pertanto, riguardano i consumatori. Per tale ragione, può la Commissione dire come è elaborata la politica europea per la protezione dei consumatori per quanto riguarda la qualità e i prezzi?

 
  
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  Meglena Kuneva, Membro della Commissione. (EN) La Commissione non ha il potere di stabilire i prezzi o di definire la qualità dei prodotti connessi all’apprendimento. Ciononostante, trovo questa interrogazione davvero molto rilevante. Nel quadro del diritto UE, i consumatori sono tuttavia protetti contro pratiche ingannevoli o aggressive quando acquistano prodotti connessi all’apprendimento.

Secondo la direttiva sulle pratiche commerciali sleali, di cui ho appena parlato, i commercianti non devono ingannare i consumatori con informazioni false o ingannevoli relative, ad esempio, ai vantaggi di un prodotto, ai risultati da aspettarsi dal suo utilizzo o ai risultati delle prove o dei controlli eseguiti.

La direttiva comprende anche una lista nera di pratiche vietate in ogni caso: sostenere che un prodotto è stato approvato o appoggiato da un organo pubblico o privato (come ad esempio dichiarare che un libro connesso all’apprendimento è stato approvato dal ministro per l’istruzione quando non è così) è assolutamente vietato in tutta l’UE.

I commercianti, inoltre, devono fornire ai consumatori tutte le informazioni di cui necessitano affinché operino una scelta informata. La Commissione, ad esempio, ha ricevuto un reclamo relativo a corsi acquistabili su siti web di lingua inglese, che venivano poi forniti in un’altra lingua. Omettere di informare il consumatore della lingua utilizzata per i corsi può essere considerata una pratica ingannevole. Sta tuttavia alle autorità e ai tribunali nazionali incaricati dell’applicazione della direttiva sulle pratiche commerciali sleali di determinare, soggette ali principi di libertà di circolazione racchiusi nel Trattato CE, quali informazioni sono pertinenti caso per caso, in linea con il diritto europeo.

 
  
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  Marie Panayotopoulos-Cassiotou, autore. (EL) Ringrazio la signora Commissario per la risposta. La distorsione dei prezzi in relazione alla qualità dei prodotti costituisce una questione di interesse per i consumatori. Non parlo di imporre il prezzo, bensì di definire la relazione tra prezzo e prodotto in base alla concorrenza e altresì del trasporto dei prodotti connessi all’istruzione da uno Stato membro all’altro, e alla protezione transfrontaliera dei consumatori.

Dispone di qualche informazione in merito alla protezione transfrontaliera quando i prodotti connessi all’istruzione vengono trasferiti da uno Stato membro a un altro?

 
  
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  Meglena Kuneva, Membro della Commissione. (EN) In merito ai problemi transfrontalieri relativi ai materiali di insegnamento, disponiamo di centri europei dei consumatori, il cui lavoro si basa sul regolamento della cooperazione dei consumatori, che costituiscono buoni ambasciatori dei diritti dei consumatori in tutta Europa.

Nel caso di una controversia transfrontaliera tra un consumatore e il fornitore di un servizio, un libro o materiale connessi all’istruzione, il consumatore può recarsi a un centro per i consumatori. Se il consumatore non può risolvere direttamente la questione, il centro per i consumatori del suo paese può aiutarlo a ottenere una soluzione soddisfacente nel paese d’origine dei servizi o materiali educativi.

Non ho con me il registro completo di tutti diversi casi ed esperienze verificatisi nei diversi Stati membri, ma posso dirle che tali centri europei dei consumatori si incontrano diverse volte l’anno. Consistono già in una rete molto buona e valorizzata e la maggior parte dei centri è molto attiva e in grado di risolvere le questioni sollevate dai consumatori.

Dato che l’interrogazione si riferiva al settore dell’istruzione, si potrebbero chiedere informazioni ai centri in merito a come essi hanno risolto tali questioni. Tuttavia, il principio fondamentale è lo stesso, e questo regolamento sta funzionando molto bene.

 
  
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  Paul Rübig (PPE-DE).(DE) Sarei interessato a sapere come stanno effettivamente le cose in merito all’apprendimento on line. In merito ai reclami, sarebbe possibile per la Commissione creare un homepage che mostri quali istituzioni che offrono apprendimento a distanza sono associati a problemi, così che qui vi sia maggiore trasparenza?

 
  
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  Reinhard Rack (PPE-DE).(DE) Si verifica in continuazione il problema di moltissime persone in Europa che pongono la domanda: dov’è il valore aggiunto europeo? Ora, l’Unione europea non è certamente responsabile per questioni connesse all’istruzione, ma siamo responsabili delle questioni relative alla garanzia della qualità e alla protezione del consumatore. Conveniamo anche a tal riguardo. Qui non sarebbe possibile trattare molto attentamente le scuole e forse persino i livelli bassi di istruzione, in quanto destinatari nel contesto dell’attività generale di informazione della Commissione? Mediante progetti e concorsi possiamo mostrare in che modo l’Europa fornisce qui valore aggiunto europeo. Potremmo forse – e in relazione all’interrogazione precedente – pertanto portare questo tema all’attenzione dei giovanissimi.

 
  
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  Meglena Kuneva, Membro della Commissione. (EN) Riconosco appieno e con piacere il valore dei suoi suggerimenti e del suo contributo. Aprendo un po’ di più l’ambito della mia risposta, desidero dire che ci troviamo nella fase di completamento del mercato interno, che costituisce davvero un fondamento dell’Unione. Tuttavia, ad oggi, il mercato è stato molto orientato alle imprese e all’avere per queste ultime le condizioni corrette, com’è giusto che sia stato. Ora, tuttavia, dobbiamo completare il mercato interno mediante una seconda fase, in cui i consumatori si sentano dovunque parimenti ben accolti e ben protetti. Si tratta della politica dei consumatori per il XXI secolo.

Sono molto lieta di riferirvi che, nella strategia per i consumatori 2007-2015, l’istruzione volta a conferire potere ai consumatori costituisce il primo pilastro assolutamente fondamentale della strategia per i consumatori. Ora non posso dirvi di più, ma disponiamo di strumenti quali Diary Europe, che è precisamente mirato agli adolescenti, e disponiamo di Dolceta, che costituisce un completamento all’istruzione degli insegnanti, ma confidiamo molto negli sforzi degli Stati membri.

Dobbiamo vedere tale politica dal punto di vista della sussidiarietà. Vi sono paesi che sono pronti a investire di più nell’istruzione dei consumatori e ad appoggiare gli sforzi generali della Commissione. Ho scritto a tutti i ministri pertinenti chiedendo il loro appoggio, perché ci troviamo in uno stadio davvero cruciale in merito all’avere un mercato dei consumatori ben performante allo stesso modo in tutta l’Europa.

In futuro, parleremo di più in merito a come si sentono i consumatori in questo mercato interno. Si tratta di un’osservazione davvero fondamentale. Un’altra è che dobbiamo affrontare maggiormente e in modo più ampio i reclami dei consumatori . In seno alla Commissione europea non disponiamo di una base comune per i reclami dei consumatori. Come voi, riceviamo molti reclami, alcune delle quali vengono inviati dal Parlamento alla Commissione, delle vostri circoscrizioni elettorali, ma ciò su cui dobbiamo costruire è come affrontare tali censure. La Commissione non può ripetere gli sforzi di un Mediatore o di uno Stato membro, ma se vi è un problema persistente in un settore o un altro della politica per i consumatori, dobbiamo affrontarlo, anche mediante una normativa.

Vi sono buoni esempi che dimostrano che i reclami dei consumatori potrebbero davvero riorientare la tendenza della politica per i consumatori. Ciò che stiamo cercando di fare ora è raccogliere questo tipo di informazioni, utilizzando il quadro di valutazione del mercato dei consumatori. La prima edizione del quadro di valutazione del mercato dei consumatori ha avuto luogo all’inizio di quest’anno. Disponiamo di un indicatore speciale: i reclami dei consumatori. Compariamo gli Stati membri al fine di osservare il numero di reclami che stanno affrontando e in quali tipi di settori. Attendo con ansia le informazioni dagli Stati membri per la prossima edizione del quadro di valutazione comparativa del mercato dei consumatori all’inizio del prossimo anno. Pertanto, passo dopo passo, ci dirigiamo verso un mercato interno per i cittadini.

 
  
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  Presidente. − Annuncio l’

interrogazione n. 40 dell’onorevole Giovanna Corda (H-0545/08)

Oggetto: Reclami dei consumatori in merito al commercio elettronico on-line

I risultati di una recente inchiesta dei Centri Europei dei consumatori (CEC) hanno evidenziato un alto numero di controversie di cui sono vittime i consumatori che realizzano acquisti on-line (nel 2007, 2 583 controversie e 8 834 reclami).

Di fronte allo sviluppo esponenziale del commercio elettronico, non ritiene la Commissione di dover avviare campagne di sensibilizzazione al fine di mettere in guardia i consumatori dai rischi collegati a tale nuova forma di commercio? Non ritiene inoltre di dover attuare procedure urgenti ed efficaci al fine di risolvere tali controversie transfrontaliere, segnatamente nei casi (più numerosi) di mancata consegna o di consegna di prodotti non conformi?

 
  
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  Meglena Kuneva, Membro della Commissione. (EN) La presente interrogazione riguarda Internet, che costituisce una questione molto importante. Internet rappresenta un’opportunità enorme per i consumatori. Fornisce loro accesso a migliori informazioni ed estende le dimensioni del mercato in cui operano, fornendo accesso a più fornitori e a una scelta più vasta.

Già 150 milioni di cittadini dell’UE – un terzo della nostra popolazione – fa spese in rete. La rapida crescita del numero di cittadini dell’UE che acquistano on line non corrisponde tuttavia alla crescita del numero di coloro che lo fanno a livello transfrontaliero.

Ciò dimostra che la Commissione ha ragione ad affrontare la questione, che è connessa alla fiducia del consumatore in un’ampia gamma di misure d’informazione. Va menzionata la guida digitale on line dell’utente, che la Commissione sta preparando. Verrà pubblicata on line entro la fine del 2008, Come seguito della guida, si potrebbe considerare la stesura di orientamenti su come attuare la normativa sulle pratiche commerciali sleali in merito alle pratiche commerciali sleali che emergono on line.

Un altro strumento di cui abbiamo già parlato è Dolceta, che è orientato verso l’istruzione dei consumatori, ad esempio in merito alla vendita a distanza e al risarcimento dei consumatori. Istruire i giovani consumatori, che sono particolarmente attivi on line, è fondamentale. Il Diario dei consumatori, quest’anno con una distribuzione record di 2,8 milioni di copie (e questa informazione potrebbe essere interessante anche per l’onorevole Angelakas) in più di 18 000 scuole, comprende informazioni sull’utilizzo di Internet e sul risarcimento transfrontaliero.

La strategia della politica per i consumatori 2007-2013 prevede azioni connesse all’informazione dei consumatori come parte delle sue priorità – consumatori meglio informati e meglio istruiti. Gli strumenti principali, che l’Unione europea utilizza al fine di informare i cittadini e le parti interessate riguardo alla politica per i consumatori in questo quadro, sono costituiti da un sito web, la newsletter Consumer Voice e le campagne di sensibilizzazione. Quest’ultima comprende l’e-commerce come tema più importante per le campagne in diversi Stati membri di più recente adesione.

In merito alla seconda domanda, che riguarda l’applicazione e il risarcimento, la Commissione crede fermamente che, al fine di far funzionare il mercato interno, i consumatori europei debbano avere fiducia nel fatto che possano vedere rispettati i loro diritti e ottenere un risarcimento in tutta l’Unione europea. I reclami relativi all’e-commerce, ivi compresi i reclami relativi a prodotti non consegnati o alla consegna di prodotti non soddisfacenti, possono essere affrontati nel quadro dell’attuale quadro UE in materia di risarcimento, che abbiamo già istituito per i consumatori europei. Tale quadro comprende la rete dei CEC, le due raccomandazioni della Commissioni sulla risoluzione alternativa delle controversie, la direttiva in materia di mediazione di recente adozione e il regolamento che istituisce una procedura europea per i reclami di minore entità.

La Commissione sta altresì considerando se è necessaria un’iniziativa UE sul risarcimento collettivo dei consumatori e, qualora lo sia, quale tipo di iniziativa dovrebbe essere. Sono pienamente convinta che lo schermo sia un nuovo mercato.

 
  
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  Giovanna Corda, autore. − (FR) Signor Presidente, signora Commissario, ha già parzialmente risposto alla domanda che ero intenzionata a porre, riguardo ai problemi riscontrati all’acquisto.

Le procedure sono lunghe, complicate e costose. Il danno subito è particolarmente grande in quanto spesso colpisce i più svantaggiati tra noi.

Dato che vi è un vuoto giuridico, pensa che i centri europei dei consumatori dispongano dei mezzi per impegnarsi in tali procedure, magari collettivamente, ma anche individualmente, al posto dei consumatori lesi?

 
  
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  Paul Rübig (PPE-DE).(DE) Si tratta semplicemente della questione che siamo preoccupati in merito alle future possibilità di pubblicizzare i reclami in modo trasparente. Se le operazioni transfrontaliere vengono ripetute, i tribunali e i pubblici ministeri di acquistano altresì accesso. Crede che qui sia possibile istituire una banca dati?

 
  
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  Justas Vincas Paleckis (PSE).(LT) Signora Presidente, nel suo discorso ha fatto riferimento in modo molto convincente all’espansione dell’e-commerce e sono assolutamente certo che tale espansione si sta verificando molto più rapidamente negli Stati UE di meno recente adesione. Desidero chiedere che cosa si sta facendo al fine di incoraggiare l’e-commerce negli Stati membri che hanno aderito all’UE nel XXI secolo, come i diritti dei consumatori vengono protetti e quali misure vengono sviluppate al fine di livellare tale proporzione. Un’altra cosa, relativamente agli abusi: i casi di abuso sono più frequenti nei vecchi Stati membri o nei nuovi?

 
  
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  Meglena Kuneva, Membro della Commissione. (EN) Il suggerimento che i Centri europei dei consumatori vadano in tribunale a nome dei consumatori è un’idea che discuteremo nella nostra comunicazione sul risarcimento collettivo prima della fine dell’anno. Ad oggi, la mia preoccupazione è stata quella di tenere aperta la nostra mente e di avere una diversità di opinioni prima di arrivare a una proposta finale.

Dobbiamo veramente vedere il quadro nel suo complesso e utilizzare tutti gli strumenti a nostra disposizione, ivi compresa la direttiva sulle ingiunzioni, che è altresì uno degli strumenti che possiamo utilizzare in Europa a livello transfrontaliero.

Concordo appieno in merito alla banca dati, che appoggio fermamente. Ne abbiamo bisogno al fine di elaborare una normativa e politiche migliori.

E’E’ mia ferma convinzione che dobbiamo basarci sulle prove ogni qual volta che proponiamo una normativa o intraprendiamo le nostre azioni comune di applicazione.

Continuerò con le azioni di applicazione in tutti i 27 paesi membri contemporaneamente – le cosiddette “ondate” su questioni quali i biglietti aerei o le suonerie. I siti web sono di solito clienti molto buoni in questo genere di azioni di applicazione transfrontaliere.

Ogni paese è diverso. Dobbiamo avere una penetrazione della banda larga e dobbiamo avere più di una data percentuale della popolazione che utilizza qualsivoglia genere di strumento che impiegano per godere dell’e-commerce, che di solito è Internet. Credo anche che possiamo accrescere tale penetrazione attraverso una politica di coesione, una politica regionale e il Fondo di coesione. I nuovi Stati membri disporranno di un’opportunità unica per mettersi in pari rapidamente e a volte per evitare alcuni dei nostri precedenti errori. Devono procedere velocemente.

Se si dispone di una buona normativa mirata, che è pienamente armonizzata in tutti gli Stati membri, essa avrà un impatto notevole sull’aumento sia della fiducia dei consumatori che sul livello delle prestazioni dei consumatori in tutti gli Stati membri. L’e-commerce costituisce uno degli strumenti per fare affari migliori e per avere una scelta maggiore. Non si tratta di un mero strumento di mercato, ma anche di uno strumento democratico molto importante.

 
  
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  Presidente. − Annuncio l’

interrogazione n. 42 dell’onorevole Colm Burke (H-0537/08)

Oggetto: Quadro di valutazione del mercato interno

La piena attuazione della normativa in materia di mercato interno va a vantaggio dei consumatori e dell’industria di tutta l’Unione europea. Il quadro di valutazione del mercato interno è uno strumento efficace per mettere in evidenza le prestazioni relative degli Stati membri nell’attuazione di tale normativa. Di conseguenza, in che modo propone la Commissione di comunicare completamente i risultati di tale quadro di valutazione ai consumatori e all’industria?

 
  
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  Charlie McCreevy, Membro della Commissione. (EN) Signor Presidente, ringrazio l’onorevole deputato per le sue osservazioni positive in merito al quadro di valutazione del mercato interno. Concordo in merito al fatto che i risultati del quadro di valutazione devono essere ampiamente comunicati. Tutte le edizioni del quadro di valutazione sono disponibili sul sito web Europa. Le versioni cartacee sono state inviate alle rappresentanze permanenti degli Stati membri e agli uffici di rappresentanza della Commissione presenti nelle capitali dei 27 Stati membri. Inoltre, sono state fatte circolare altre copie nelle altre istituzioni dell’UE così come nelle amministrazioni nazionali. In seguito alla pubblicazione di ciascun quadro di valutazione, è stato rilasciato un comunicato stampa in 21 lingue e i risultati sono stati comunicati durante una conferenza stampa al fine di garantire che siano facilmente accessibili ai mezzi d’informazione nazionale.

 
  
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  Colm Burke, autore. (EN) La ringrazio, signor Commissario, per aver affrontato la presente interrogazione. Accolgo con favore il lavoro che è stato svolto in questo ambito, che è connesso all’intera questione della percezione dell’Unione europea negli Stati membri.

In Irlanda, abbiamo avuto un problema particolare nel corso della discussione sul Trattato di Lisbona dato che, ogni qual volta che si presenta qualcosa di negativo, tendiamo a incolpare l’Unione europea. Posso portare solo un esempio tipico di un ambito in cui non abbiamo alcun ritorno: quello di uno Stato membro che manca di agire in merito a una direttiva dell’Unione europea. A Wicklow, nella mia zona di Cromane, circa otto anni fa vi è stato un caso in cui non erano disponibili i finanziamenti europei, nel quadro di una direttiva, per il governo irlandese, ma non è stata intrapresa alcuna azione e in conseguenza di ciò, 50 famiglie ora non sono in grado di svolgere il loro usuale lavoro di raccolta di mitili. I giornali locali hanno incolpato l’Unione europea. Non abbiamo alcun risarcimento…

(Il Presidente toglie la parola all’oratore)

 
  
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  Charlie McCreevy, Membro della Commissione. (EN) Disponiamo di una serie di strumenti per la trasposizione tardiva di direttive, che viene innanzi tutto trattata dal quadro di valutazione dell’UE. Se gli Stati membri continuano a essere in ritardo nella trasposizione, allora disponiamo certamente della sanzione ultima che consiste nell’approfondire il caso. Tuttavia, cerchiamo di evitare tutto ciò, facendo quanto segue: se uno Stato membro ha difficoltà nel trasporre una direttiva, organizziamo incontri con esso, teniamo seminari e cerchiamo di affrontare le questioni e le difficoltà specifiche che potrebbe incontrare. Facciamo pertanto del nostro meglio al fine di cercare di fare in modo che la trasposizione sia effettuata il più rapidamente possibile.

Concordo con l’onorevole Burke quando afferma che ciò è vero non solo in Irlanda, ma anche in altri paesi dell’UE. Vi è una tendenza marcata da parte di tutti i governi a prendersi il merito per le cose buone che accadono, sebbene possano essere ispirate dall’Europa o da un’idea originata in Europa. Sono certo che anche coloro tra noi, che hanno servito nel parlamento o nel governo irlandese, sono stati spesso colpevoli di ciò. Tuttavia, quando vi è qualcosa di negativo che ha un qualsiasi tipo di orientamento europeo, allora diamo senza dubbio la colpa all’Europa. Concordo pertanto con l’onorevole Burke in merito al fatto che vi dovrebbe essere maggiore positività circa le cose buone che facciamo qui in Europa.

Quando uno Stato membro manca di agire in un settore particolare, intraprendiamo l’azione adeguata, ma cerchiamo di evitare queste cose, se possibile, incoraggiando gli Stati membri a mettere tutto a posto il più rapidamente possibile.

 
  
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  Presidente. − Annuncio l’

interrogazione n. 43 dell’onorevole Jim Higgins (H-0539/08)

Oggetto: Settore bancario nelle zone di frontiera

Può la Commissione far sapere se intende indagare sulla questione dei costi supplementari imposti su bancomat, carte di credito e di debito utilizzati nelle zone di frontiera, soprattutto alla luce del fatto che molte banche eseguono transazioni su entrambi i lati della frontiera fra l’Irlanda del Nord e la Repubblica d’Irlanda?

 
  
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  Charlie McCreevy, Membro della Commissione. (EN) Gli utilizzatori di carte di credito e di debito nelle zone di frontiera possono affrontare tre categorie di costi associati ai pagamenti con carta. Essi sono: costi ordinari connessi all’utilizzo della carta, a prescindere dalla posizione geografica o dallo Stato membro; costi per il cambio di valuta, qualora il pagamento venga eseguito tra Stati membri che utilizzano valute diverse, ad esempio l’euro e la sterlina; e terzo, i costi nel punto vendita di prelievo di contanti presso un bancomat.

Esaminando la prima categoria, vale a dire i costi ordinari per gli utilizzatori di carte, regolati a livello europeo per quanto riguarda i pagamenti in euro: conformemente al regolamento (CE) n. 2560/2001 relativo ai pagamenti transfrontalieri in euro, quando viene eseguito un pagamento transfrontaliero in euro tra due Stati membri, i costi imposti per tale pagamento devono essere gli stessi imposti per un pagamento corrispondente in euro all’interno dello Stato membro in cui la carta viene rilasciata. Al contempo, i pagamenti mediante carte connesse a conti non in euro, ad esempio conti in sterline, non sono soggetti al presente regolamento.

Quando viene eseguito un pagamento in euro tra uno Stato membro appartenente all’eurozona, come l’Irlanda, e uno Stato membro che non appartiene all’eurozona, come il Regno Unito, potrebbero essere applicati costi supplementari per il cambio di valuta per i pagamenti con carta. La direttiva sui servizi di pagamento regola le condizioni secondo cui verrà offerto il cambio di valuta. Tuttavia, gli Stati membri devono ancora attuarla.

Infine, i pagamenti con carta possono anche essere soggetti a una maggiorazione presso il punto di vendita o a una tariffa aggiuntiva per il ritiro presso bancomat privati. La questione della maggiorazione o dell’offerta di uno sconto su di un dato strumento di pagamento è, secondo la normativa europea, lasciato a discrezione dell’operatore. Al contempo, nulla impedisce agli Stati membri di vietare o limitare tali maggiorazioni. Questo è confermato esplicitamente nella già citata direttiva sui servizi di pagamento nel mercato interno.

La Commissione non dispone pertanto di alcuna base giuridica per un intervento nella questione dei costi supplementari sui servizi di pagamento transfrontalieri nel Regno Unito e in Irlanda. La Commissione ritiene, tuttavia, che la concorrenza su entrambi i lati del confine

 
  
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  Jim Higgins, autore. (EN) Come me, il signor Commissario è assolutamente ben informato in merito alla situazione irlandese, in cui 18 000 lavoratori attraversano ogni giorno il confine, da una giurisdizione all’altra, e in cui 5 200 studenti e 1,7 milioni di persone o vanno in vacanza o fanno spese passando dall’altro lato del confine.

So che il signor Commissario ha affermato che tocca ai governi nazionali e che le banche non sono soggette al regolamento (CE) n. 2560/2001, ma senza dubbio dovrebbe essere possibile introdurre regolamenti volti a vietare tali maggiorazioni. Abbiamo avuto un esempio molto buono in cui la sua collega, il Commissario Vivien Reding, Commissario per la società dell’informazione e i mezzi di comunicazione, ha assunto una dura posizione in merito alle compagnie di telefonia mobile – possiamo vedere il risultato a vantaggio del consumatore. Sembra sbagliato che si permetta che ciò continui, in particolare quando vi sono banche sorelle su entrambi i lati del confine.

 
  
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  Charlie McCreevy, Membro della Commissione. (EN) La questione dei costi aggiuntivi e supplementari sui servizi transfrontalieri, e concordo con l’onorevole Higgins, ha generato rabbia in regioni specifiche.

Spetta tuttavia alle autorità nazionali affrontare tale questione perché – e ciò è stato confermato esplicitamente nella direttiva sui servizi di pagamento di recente adozione – le autorità nazionali, nel compromesso che abbiamo raggiunto, desideravano che tale questione fosse lasciata ad essi. Pertanto le autorità nazionali degli Stati membri interessati possono affrontare tale questione, se lo desiderano, tuttavia in quello stadio particolare non vi era una maggioranza di Stati membri a favore di un’azione a livello UE. Lì è dove è rimasta la questione in quel momento specifico. Come tutte le cose nella vita politica ed economica, forse questo in futuro cambierà.

Pertanto, tanto recentemente quanto la discussione sulla direttiva sui servizi di pagamento, non vi era una maggioranza tra gli Stati membri al fine di intraprendere azioni, ma chi sa quali proposte verranno avanzate in futuro – forse emergerà una maggioranza.

 
  
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  Presidente. − Annuncio l’

interrogazione n. 44 dell’onorevole Dimitrios Papadimoulis (H-0553/08)

Oggetto: Vendita dell’OTE e rifiuto di offerta pubblica di acquisto

Il parlamento greco ha ratificato con legge l’accordo tra l’OTE e la Deutsche Telekom senza tenere conto delle disposizioni sulla tutela degli azionisti di minoranza di cui nella direttiva 2004/25/CE(1). Per giustificare il rifiuto di offerta pubblica di acquisto si è invocato l’articolo 8, lettera g), della legge 3461/2006, che esonera dall’obbligo di offerta pubblica le imprese cui si applica una procedura di privatizzazione.

Considerato che prima dell’accordo lo Stato greco possedeva solo il 28% dell’OTE, ritiene la Commissione che l’OTE sia un’impresa statale? A partire da quale percentuale di partecipazione pubblica un’impresa è considerata statale? La deroga alla legge di cui sopra consente di tutelare i diritti degli azionisti di minoranza? Sono rispettati su scala comunitaria i principi di chiarezza e trasparenza nei casi di offerte pubbliche di acquisto? Negli Stati membri, i titolari di azioni di imprese a partecipazione statale hanno meno diritti rispetto a quelli di altre imprese cui lo Stato non partecipa?

 
  
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  Charlie McCreevy, Membro della Commissione. (EN) Desidero innanzi tutto sottolineare che la protezione degli interessi degli azionisti di minoranza nelle imprese quotate costituisce uno degli obiettivi fondamentali delle norme comunitarie in materia di offerte pubbliche di acquisto. Nel caso di una modifica di controllo in un’impresa quotata, a tutti gli azionisti deve essere offerta parità di trattamento e gli azionisti di minoranza devono essere tutelati. La Commissione è molto attaccata a questo principio fondamentale.

Gli azionisti di minoranza in imprese statali quotate hanno diritto esattamente agli stessi diritti degli azionisti di minoranza delle imprese di proprietà di parti private. Tale principio normalmente implica che le persone che acquisiscono il controllo di un’impresa quotata debbano lanciare un’offerta di acquisto obbligatoria sul capitale degli azionisti di minoranza. Tuttavia, le norme comunitarie permettono agli Stati membri di derogare alla regola dell’offerta di acquisto obbligatoria al fine di tener conto di circostanze determinate a livello nazionale.

La Grecia ha fatto uso di tale discrezione. La sua normativa nazionale prevede che la norma relativa all’offerta di acquisto obbligatoria non sia applicabile in talune situazione. Ciò comprende, in particolare, il caso in cui è in corso il processo di privatizzazione di un’impresa. Tale eccezione è di natura generale, ma, come normalmente accade, gli aspetti negativi si trovano nel dettaglio.

La Commissione non contesta il fatto che la società greca delle telecomunicazioni, OTE, riguardo alla quale pone una domanda l’onorevole deputato, fosse un’impresa statale. Sebbene lo Stato possedesse solo il 28 per cento dell’impresa, essa era controllata appieno dal governo. La vera domanda in questione qui è: quanto può durare un processo di privatizzazione? Nel caso dell’OTE, il processo di privatizzazione sembra essere lungo. In effetti, sembra essere senza dubbio molto lungo. Il processo, che è apparentemente ancora in corso, è iniziato 12 anni fa. Per quanto tempo un’impresa può essere tenuta fuori dal campo di applicazione della norma relativa all’offerta di acquisto obbligatoria della direttiva concernente le offerte pubbliche di acquisto? Il supervisore greco, la Commissione greca di vigilanza sul mercato dei capitali, ha deciso che l’OTE sta ancora attraversando un processo di privatizzazione e che, di conseguenza, non era necessaria alcuna offerta di acquisto obbligatoria.

In conclusione, quando gli Stati membri derogano alla norma relativa all’offerta di acquisto obbligatoria, devono tuttavia rispettare il principio generale di protezione degli azionisti di minoranza e garantire che beneficino di un trattamento pari a quello degli azionisti di maggioranza. Devo ancora vedere come le autorità greche garantiranno tale protezione in questo caso. Ho pertanto chiesto ai miei servizi di chiedere se tale protezione è stata realizzata e di esaminare se in questo caso le autorità greche hanno rispettato le norme della direttiva concernente le offerte pubbliche di acquisto.

 
  
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  Dimitrios Papadimoulis, autore. (EL) Signor Commissario, proprio questo è il problema. Non riesco a capire che cosa abbiate cercato nel corso di tutti questi mesi. Le autorità greche stanno contravvenendo agli articoli 3 e 5 della direttiva 25/2004/CE; respingono la parità di trattamento e l’offerta di acquisto pubblica su basi risibili che un’impresa, l’OTE (società greca delle telecomunicazioni), di cui lo Stato possiede il 28 per cento, è un’impresa statale.

La Commissione continuerà a infrangere la legge, contravvenendo alla direttiva sulla parità di trattamento e sulla tutela dei piccoli azionisti? Forse, Commissario McCreevy, non ha letto la direttiva 25/2004/CE, proprio come non ha letto il Trattato di Lisbona.

 
  
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  Charlie McCreevy, Membro della Commissione. (EN) Come ho indicato, stiamo esaminando il diritto greco e la sua compatibilità con le regole del mercato interno, in particolare in merito alla libertà di circolazione dei capitali e di stabilimento e, se necessario, il caso potrebbe ulteriormente procedere.

In tale indagine, diversi servizi della Commissione mantengono un coordinamento stretto al fine di garantire che vi sia un’analisi completa della situazione. Posso assicurare all’onorevole deputato che, quando avremo concluso la nostra indagine, intraprenderemo in quel momento l’azione adeguata, se – e solo se – la nostra indagine prova che sia il caso che le autorità greche rispondano. Questo è il modo adeguato e legale in cui risolviamo le nostre questioni con ciascuno Stato membro e ora, che trattiamo con le autorità greche, non è diverso.

Quando l’indagine sarà stata completata, prenderemo in quel momento le decisioni adeguate e procederemo, qualora si reputi necessario farlo a quello stadio specifico.

 
  
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  Presidente. − Annuncio l’

interrogazione n. 48 dell’onorevole Georgios Papastamkos (H-0526/08)

Oggetto: Sinergia per il Mar Nero

E’ trascorso un anno dalla messa in atto della Sinergia per il Mar Nero. Ritiene la Commissione che sia stato adottato un ampio approccio strategico di coesione riguardo alla regione? Lo sviluppo di collegamenti marini e di trasporti e collegamenti terrestri, come anche la cooperazione nel settore energetico con la promozione, in parallelo, dello sviluppo sostenibile costituiscono in questo caso specifico gli assi principali delle iniziative dell’UE? In che modo intende la Commissione sfruttare la presenza di Stati membri (Grecia, Bulgaria, Romania) nella regione?

 
  
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  Benita Ferrero-Waldner, Membro della Commissione. − (EN) Il primo anno di attuazione della Sinergia per il Mar Nero, la Commissione ha adottato una relazione in data 19 giugno 2008. Essa descrive i risultati in un’ampia varietà di settori e formula proposte volte a sviluppare la Sinergia in un processo di cooperazione regionale. Quest’ultimo comprende la definizione di obiettivi misurabili sul lungo periodo, nonché la selezione di paesi od organizzazioni guida per coordinare le azioni, al fine di conseguire tali obiettivi, e la creazione di partenariati settoriali volti a cofinanziare i progetti necessari.

Come la Commissione ha affermato in precedenza, le politiche bilaterali applicate nella regione – principalmente le politiche europee di vicinato – forniscono il quadro strategico e la Sinergia per il Mar Nero le completa a livello regionale. La politica di vicinato è a livello bilaterale e si tratta del primo completamento regionale.

I settori menzionati nella sua interrogazione figurano tra i principali impegni dell’agenda della Commissione. Si tratta di proposte volte a stabilire partenariati nel Mar Nero in diversi settori, compresi i trasporti e l’ambiente, e gli Stati membri presenti nella regione sono particolarmente attivi nel promuovere tali iniziative.

Il coordinamento tra la Commissione e i tre Stati membri è stato potenziato sia nello sviluppo della Strategia, che nel lavoro con l’Organizzazione della cooperazione economica del Mar Nero (CEMN).

Ulteriori progressi della Sinergia richiedono il coinvolgimento attivo di un numero crescente di Stati membri e di partner del Mar Nero e a tal riguardo gli Stati membri del Mar Nero possono svolgere, e lo fanno, un ruolo fondamentale.

 
  
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  Georgios Papastamkos, autore. (EL) La ringrazio per la risposta, signora Commissario, la Sinergia per il Mar Nero senza dubbio porta la sua impronta personale, ma lei è altresì conscio del fatto che attualmente l’Organizzazione della cooperazione economica del Mar Nero (CEMN) costituisce una struttura istituzionale matura per l’organizzazione regionale; la sua cooperazione si sta senza dubbio intensificando ed estendendo. Ciò accade in particolare perché qui si incontrano l’Europa e l’Asia e lo fanno a molti livelli.

Desidero sapere una cosa: oltre a tale iniziativa della Sinergia per il Mar Nero, la Commissione intende pianificare la struttura di relazioni interregionali tra l’UE e i paesi del Mar Nero in un più stretto quadro istituzionale, così che emerga una forma istituzionalmente salvaguardata di cooperazione interregionale?

 
  
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  Benita Ferrero-Waldner, Membro della Commissione. − (EN) Riguardo alla Sinergia per il Mar Nero, l’idea era quella di avere i partner orientali – tutti i nostri partner orientali – più la Turchia e la Russia e, dato che essi fanno già parte di tale cooperazione economica del Mar Nero, abbiamo pensato che fosse il modo giusto.

Ma lei saprà anche che il Consiglio europeo ci ha chiesto di avere anche uno specifico partenariato orientale, su cui lavoreremo – senza dubbio io e i miei servizi proporremmo, in tardo autunno, qualcosa di più specifico solo con i partner orientali, senza la Turchia e la Russia. Ma desidero ribadire che il 13 e 14 febbraio mi trovavo a Kiev, dove si è tenuto il primo incontro ministeriale. Deve comprendere che si trattava del lancio della conferenza. Certamente ci vuole sempre tempo perché i progetti siano finalizzati e per compiere progressi effettivi.

Ricorderà da quanto siamo impegnati dedicato sul processo di Barcellona e sa con quanta lentezza cose si sviluppano, pertanto penso che da un lato vi sia ancora spazio per la cooperazione nel Mar Nero, ma vi sarà anche questo più ristretto ambito del partenariato orientale.

 
  
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  Presidente. − Annuncio l’

interrogazione n. 49 dell’onorevole Robert Evans (H-0533/08)

Oggetto: Missioni di osservazione elettorale dell’UE

La Commissione spende ingenti somme per missioni di osservazione elettorale in tutto il mondo, svolgendo un ruolo estremamente prezioso in alcuni dei paesi dalle situazioni più difficili.

Come valuta la Commissione tali missioni nel lungo periodo? Com’è possibile sostenere e aiutare meglio tali paesi a porre rimedio alle carenze rilevate nel corso di una consultazione elettorale al fine di assisterli nei preparativi per le elezioni successive?

 
  
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  Benita Ferrero-Waldner, Membro della Commissione. − (EN) Concorderei in merito al fatto che le missioni di osservazione elettorale (MOE)in tutto il mondo rappresentano denaro ben speso. Nel corso degli ultimi otto anni, gli osservatori dell’UE hanno riferito su elezioni cruciali, contribuendo in tal modo a ridurre i conflitti in merito ai risultati elettorali o evidenziando aree che necessitano urgenti riforme elettorali e politiche. In quanto tali, si tratta di risultati che hanno un impatto nel lungo periodo.

Oggi l’Unione europea è ampiamente vista come uno dei più credibili osservatori elettorali internazionali. So che l’onorevole Evans è tornato non molto tempo fa dalle elezioni in Sri Lanka. Penso che anch’egli abbia le sue idee riguardo a quello che ha funzionato e forse in merito a ciò che dovrà essere fatto in futuro. La Commissione continuerà ulteriormente a rendere prioritarie le MOE-UE e fintanto che sarò in carica, cercherò di farlo.

Detto ciò, tuttavia, le osservazioni elettorali non sono e non possono essere azioni che si reggono da sole. L’osservazione elettorale non costituisce di per sé un obiettivo, ma deve altresì contribuire ad affrontare le carenze presenti nel quadro elettorale, nonché a innescare una riforma istituzionale e democratica sul lungo periodo.

Le relazioni delle MOE costituiscono un punto d’ingresso fondamentale al fine di affrontare le carenze presenti nel quadro elettorale. Esse hanno per definizione una prospettiva sul lungo periodo. Le raccomandazioni delle MOE di solito identificano possibilità per un cambiamento elettorale, ad esempio nel quadro normativo o nella gestione delle elezioni. Esse si inseriscono sempre più in una più ampia strategia di supporto elettorale, incrementando in tal modo l’impatto sul lungo periodo.

In riferimento ad altre recenti MOE, posso confermare che, ad esempio in Ruanda, in Cambogia o nello Yemen, abbiamo fornito supporto alle rispettive commissioni elettorali. Tali progetti sono poi risultati direttamente da precedenti MOE-UE, che avevano identificato diverse carenze nel quadro elettorale. Ma, nel medesimo contesto, nel corso degli ultimi anni, la Commissione ha altresì incrementato in modo sostanziale i contributi finanziari destinati all’assistenza elettorale, costruendo di conseguenza sulle raccomandazioni delle MOE-UE. Attualmente ammontano a 400 milioni di euro dal 2000, si tratta per tanto di una cifra molto buona.

Molto lavoro prezioso, che definisce il periodo in cui operare una riforma elettorale in seguito a una MOE-UE, viene altresì svolto da delegazioni della Commissione europea nel paese e certamente da parte degli osservatori capo, quando rientrano dal paese per presentare la loro relazione finale.

Infine, dato che le riforme elettorali sono spesso molto politiche per natura, esse spesso non si verificano facilmente e richiedono diversi attori e un coinvolgimento continuo. Credo che, oltre all’osservatore capo, il Parlamento possa svolgere, e molto spesso lo fa, un ruolo rilevante, occupandosi della riforma elettorale che dà seguito a una MOE.

Desidero pertanto incoraggiare anche le delegazioni permanenti del PE in un paese a essere più coinvolte nella questione, affrontando quindi le carenze presenti nel quadro elettorale nel contesto di un più ampio cambiamento istituzionale e democratico. Questo è stato il contenuto di un primo seminario tra la Commissione e il Parlamento e ve ne sarà un altro verso la fine dell’anno, credo che sarà in dicembre, tra la Commissione e il Parlamento.

 
  
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  Robert Evans, autore. − (EN) La ringrazio, signora Commissario, e concordo con lei sul fatto che le osservazioni elettorali costituiscono parte del lavoro più utile svolto dall’Unione europea. Si tratta di un lavoro di alto profilo in quei paesi e quasi senza eccezione si tratta di denaro ben speso. Sono stato molto orgoglioso di partecipare a diverse missioni di osservazione elettorale nel corso degli anni, più di recente in Pakistan. Mi trovavo effettivamente in Sri Lanka per una visita di delegazione.

Mi domando tuttavia se posso provocare leggermente la signora Commissario su un punto: nel corso dei quattro o forse cinque anni tra una missione di osservazione elettorale e la successiva, l’UE offre effettivamente aiuti e suggerimenti specifici al fine di affrontare le carenze o i settori in cui pensiamo che sia necessario apportare miglioramenti e per i quali possiamo offrire idee, sostegno e forse un contributo finanziario, al fine di garantire che i paesi non ripetano in un’elezione gli errori che potrebbero aver commesso in precedenza?

 
  
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  Martin Callanan (PPE-DE). - (EN) Signor Presidente, anch’io concordo con l’onorevole Evans in merito al valore delle missioni di osservazione elettorale. Anch’io mi sono sentito onorato di essere stato nominato osservatore capo dalla signora Commissario per le recenti elezioni in Cambogia. Penso che le missioni – così come tutte le missioni di osservazione elettorale – si siano rivelate essere un aiuto molto utile per le autorità cambogiane nella condurre le loro missioni elettorali.

La mia richiesta alla signora Commissario è che esamini le risorse di cui dispone per fare ancora di più di queste missioni in futuro, se possibile, perché anch’io concordo in merito al fatto che siano misure estremamente preziose che attirano l’attenzione. Sono altamente apprezzate dai paesi in cui hanno luogo e altresì dai capi di Stato nelle diverse missioni.

 
  
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  Benita Ferrero-Waldner, Membro della Commissione. − (EN) Innanzi tutto, desidero solo dire che le raccomandazioni per il lungo periodo e per le prossime elezioni costituiscono proprio il settore su cui tutti noi dovremo lavorare di più insieme.

Questo perché alcuni paesi, al contrario di altri, hanno accolto tali raccomandazioni che devono rientrare maggiormente nelle nostre relazioni per paese e nella valutazione da parte delle delegazioni e delle delegazioni del Parlamento europeo.

In risposta alla seconda domanda, qualora vi fosse un bilancio molto più cospicuo, allora andremmo in molti altri paesi, ma sono tenuta a operare una selezione. Tento di fare una selezione secondo il bilancio, che deve coprire Africa, Asia, America latina e, a condizione che veniamo invitati, i paesi del Maghreb e i paesi arabi, in cui penso che dovremmo andare più spesso, poiché a causa della nostra – in teoria – oggettività, godiamo di una reputazione molto buona.

 
  
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  Presidente. − Annuncio l’

interrogazione n. 50 dell’onorevole David Martin (H-0543/08)

Oggetto: Israele trattiene il denaro del contribuente palestinese

Che misure intende prendere la Commissione per indurre Israele a smettere di trattenere il denaro del contribuente palestinese?

 
  
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  Benita Ferrero-Waldner, Membro della Commissione. − (EN) Ritengo che l’onorevole deputato si riferisca ai ritardi nel trasferimento mensile dei proventi doganali che Israele raccoglie per conto dell’autorità palestinese. L’ultimo ritardo risale al mese di giugno ed è seguito quasi immediatamente all’invio di una lettera da parte del Primo Ministro palestinese Fayyad, in cui obiettava alle discussioni in corso sull’ulteriore sviluppo delle relazioni tra l’UE e Israele.

All’epoca, i ritardi nel trasferimento dei proventi doganali e fiscali avevano raggiunto i massimi livelli e io stessa ho sollevato tale questione con il ministro degli Esteri.

Ho chiesto a Israele di eseguire il pagamento, che era dovuto ai palestinesi e, infine, devo, e posso, dire che il trasferimento è stato fatto con una settimana di ritardo rispetto al solito.

Da allora, non è stato riferito alla Commissione nessun altro caso di ritardi nel trasferimento delle entrate fiscali.

 
  
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  David Martin, autore. − (EN) Ringrazio la signora Commissario per la risposta e per il fatto che abbia intrapreso un’azione. L’azione è venuta successivamente alla presentazione della mia interrogazione. Comprenderà che vi sono lunghi ritardi tra la presentazione delle interrogazioni e le relative risposte.

Tuttavia, desidero rafforzare il punto relativo al fatto che questo denaro è denaro palestinese. In nessun caso si tratta di denaro israeliano che può essere trattenuto. Tenerlo per sé equivale a un furto, se non del denaro, degli interessi. Esso viene utilizzato regolarmente come un ricatto contro i palestinesi e mi auguro che la Commissione continuerà a premere su Israele affinché trasferisca tale denaro non appena è dovuto ai palestinesi, anziché utilizzarlo come ancora un altro strumento politico.

 
  
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  Reinhard Rack (PPE-DE).(DE) E’ positivo che in apparenza si sia potuto risolvere questo problema in modo pronto e rapido. Solo una domanda: a quell’epoca in quante occasioni abbiamo avuto il problema dell’autorità palestinese che utilizzava il denaro in un modo che presumibilmente entrava in conflitto con le intenzioni dei donatori. Anche questi problemi sono stati risolti nel frattempo?

 
  
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  Benita Ferrero-Waldner, Membro della Commissione. − (EN) In risposta alla prima osservazione, negli ultimi anni vi sono senza dubbio stati lunghi ritardi in merito al denaro palestinese – e concordo con lei riguardo al fatto che si tratta di denaro palestinese – ma ho sempre cercato quando era necessario – e molto spesso i palestinesi mi hanno chiesto di farlo – di intervenire personalmente al fine di fare in modo che il denaro venisse sbloccato. Ciò poteva richiedere molto tempo e ci sono stati periodi in cui è stato davvero molto difficile, ma ho sempre tentato. Sono d’accordo con lei in merito al fatto che anche questo sia da farsi in futuro.

(DE) Onorevole Rack, posso garantirle che la modalità mediante la quale inviamo il nostro denaro ai palestinesi – prima attraverso ciò che veniva chiamato TIM, il meccanismo internazionale temporaneo, e ora attraverso il meccanismo finanziario PEGASE – è studiata al fine di fornirci pieno controllo. Ritengo che anche questa fosse la sostanza.

Per inciso, ora anche gli israeliani hanno utilizzato questo conto unico del Tesoro al fine di trasferire il denaro israeliano. Con Salam Fayyad sia come ministro delle Finanze che come Primo Ministro, disponiamo qui anche di qualcuno che gode della fiducia della comunità internazionale. Tuttavia, abbiamo condotto i nostri accertamenti in generale e dedico grande attenzione a tale questione, per quanto sia in grado di fare a livello personale. Qui la mia delegazione ha istituito il suo proprio sistema e la sua propria squadra affinché non si verifichi alcuna irregolarità.

 
  
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  Presidente. − Le interrogazioni che, per mancanza di tempo, non hanno ricevuto risposta, la riceveranno per iscritto (vedasi allegato).

 
  
  

(La seduta, sospesa alle 19.10, è ripresa alle 21.00)

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. MARIO MAURO
Vicepresidente

 
  

(1) GU L 142 del 30.4.2004, pag. 12.

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