− Proposta di Risoluzione: Detenuti palestinesi nelle carceri israeliane (RC-B6-0343/2008)
Miroslav Mikolášik (PPE-DE). - (SK) Vorrei affermare che la risoluzione del Parlamento europeo su Israele non è opportuna in questo momento dati i recenti sviluppi in quanto Israele, la scorsa settimana, ha liberato altri 198 detenuti palestinesi. Questo gesto è la prova della volontà di Israele di costruite la fiducia reciproca nel processo di pace, nonostante la severa critica del pubblico israeliano.
Lo stesso si può dire anche per il recente scambio di detenuti al confine libanese. E’ indubbiamente molto triste che nelle carceri israeliane siano detenuti anche giovani palestinesi. Il motivo principale è, tuttavia, il fatto che le organizzazioni terroristiche li stanno sfruttando, inculcando odio e determinazione a uccidere. Negli ultimi otto anni, fino al 16 per cento di suicidi e potenziali assassini erano minori e vi è stata un’evidente tendenza all’abbassamento dell’età. L’educazione e l’istruzione dei bambini sono fattori chiave che possono avere un effetto significativo sul futuro sviluppo della coesistenza fra israeliani e palestinesi.
Frank Vanhecke (NI). – (NL) Signor Presidente, con questa risoluzione il Parlamento dimostra che non assume una posizione neutrale nel complesso conflitto del Medio Oriente, non è un giocatore neutrale. Al contrario, il Parlamento prende sistematicamente le parti dei palestinesi contro gli israeliani.
A quanto pare non è sufficiente per questo Parlamento che ogni anno decine di milioni di euro dei contribuenti europei scompaiano nei pozzi senza fondo, corrotti e antioccidentali dei territori palestinesi. Evidentemente non è abbastanza per questo Parlamento che le ONG che approvano e giustificano apertamente – e sottolineo apertamente – atti di terrorismo siano sponsorizzate ancora con milioni di euro dei contribuenti europei. Adesso il Parlamento chiede letteralmente questo in una risoluzione per la liberazione di terroristi condannati. Questo atteggiamento potrà anche essere politicamente corretto, ma credo che lo rimpiangeremo.
Philip Claeys (NI). – (NL) Signor Presidente, anch’io ho votato contro la risoluzione sui detenuti palestinesi in Israele, perché questa risoluzione, come minimo, comunica l’idea – e lo dirò in modo amichevole – che noi, quali eurodeputati, non siamo realmente seri quando condanniamo il terrorismo. Nella risoluzione si chiede la liberazione di persone che sono state coinvolte in attività terroristiche. Almeno una di loro è responsabile della morte di numerosi cittadini israeliani. L’approvazione della risoluzione quindi non è positiva per la credibilità del Parlamento, ma, ancora peggio, compromette la lotta contro il terrorismo in generale.
− Relazione: Hélène Flautre (A6-309/2008)
Véronique De Keyser (PSE). - (FR) Signor Presidente, nella relazione Flautre ho votato sugli emendamenti nn. 4 e 5 che non sono stati accolti e che riguardavano Israele. Vorrei spiegare le mie ragioni: questi emendamenti non riguardavano sanzioni contro Israele, ma si riferivano – in particolare l’emendamento n. 5 – a violazioni del diritto internazionale commesse da Israele, largamente documentate.
Vorrei dirvi che in generale sono contraria alle sanzioni, che vadano contro il popolo palestinese o contro Israele. Deploro invece che questo emendamento, che riguardava iniziative da prendere nei confronti dello Stato di Israele e non sanzioni, non sia stato accolto. Se abbandoniamo l’idea che noi, nell’Unione europea, dobbiamo prendere iniziative per impedire le violazioni dei diritti dell’uomo, tradiamo il nostro modello democratico.
Vorrei dirvi inoltre che quando diciamo questo, non critichiamo il popolo ebreo che noi amiamo e respingiamo ogni forma di antisemitismo. Non diciamo niente contro lo Stato di Israele, di cui vogliamo l’esistenza e la sicurezza, ma ci opponiamo a quelli che, all’interno di Israele, compromettono la democrazia di questo Stato, il che è qualcosa di completamente diverso. E sosteniamo tutte le ONG israeliane che operano a favore dei diritti dell’uomo e del diritto internazionale.
Frank Vanhecke (NI). – (NL) Signor Presidente, nel dibattito di ieri ho già avuto la possibilità di indicare brevemente che la relazione Flautre sulla politica in materia di diritti umani dell’Unione europea è effettivamente un documento abbastanza buono ed equilibrato. Tuttavia, deploro la mancanza di un esplicito riferimento al problema e al pericolo dell’islamizzazione in Europa e nel mondo. Quell’islamizzazione è innegabile e mette a rischio una serie di valori e diritti europei e occidentali fondamentali e i diritti dell’uomo. Penso in primo luogo all’importante separazione fra Stato e chiesa e soprattutto all’uguaglianza fra uomini e donne.
Gli stessi paesi islamici vengono parecchio risparmiati nella relazione, sebbene in una serie di quei cosiddetti paesi sviluppati e in una serie di quei paesi spesso ricchissimi, gli Stati petroliferi come l’Arabia Saudita, prevalgano situazioni che sono inaccettabili, dal reale commercio di slavi e al lavoro come schiavi a una discriminazione eccezionalmente acuta e degradante contro le donne. Questo dovrebbe essere di certo migliorato in una prossima relazione.
Ryszard Czarnecki (UEN). - (PL) Signor Presidente, la relazione dell’onorevole Flautre si rivela una delle relazioni più significative adottate durante la tornata. La relazione riguarda le sanzioni, uno strumento di cui noi, nella Comunità europea, non possiamo permetterci di fare a meno. Tuttavia, dobbiamo fare ricorso a questo strumento con estrema cautela, in modo molto flessibile e preferibilmente non di frequente, al fine di evitare che perda di valore o subisca un’inflazione sui generis.
Tuttavia, desidero mettere in guardia contro l’applicazione di doppi standard nell’uso di questo strumento. Le sanzioni non dovrebbero servire solo per minacciare paesi piccoli e poveri che violano i diritti umani. Anche paesi più ricchi e più grandi che sono validi partner commerciali per l’Unione europea dovrebbero essere esposti alla minaccia delle sanzioni, e devono sapere che l’Unione europea può ricorrere alla loro applicazione.
− Proposta di Risoluzione: Millennio per lo sviluppo - Obiettivo 5: miglioramento della salute materna (RC-B6-0377/2008)
Zita Pleštinská (PPE-DE). - (SK) Ritengo che la proposta comune di risoluzione per valutare l’OMS 5 sulla mortalità materna sia ben equilibrata.
Concordo con l’assunto della risoluzione che la salute materna è il settore in cui si registrano meno progressi fra tutti gli Obiettivi di sviluppo del Millennio. Poiché è uno degli obiettivi che hanno meno probabilità di essere realizzati entro il 2015, in particolare nell’Africa subsahariana e nell’Asia meridionale, concordo sul fatto che dobbiamo agire.
Mi preoccupano, in particolare, i quattro emendamenti proposti a nome dei gruppi ALDE e GUE/NGL, che spingono ancora una volta il Parlamento europeo a prendere decisioni su questioni che rientrano nella sovranità degli Stati membri. Ciò comporta il consenso a aborti sicuri e legali. Purtroppo, questi emendamenti sono stati accettati nel voto di oggi.
Ciascuno Stato membro dell’UE ha una visione diversa sull’interruzione artificiale della gravidanza e quindi prende decisioni su questo problema in conformità con il principio di sussidiarietà. Anche il referendum sul Trattato di Lisbona è naufragato sull’aborto nell’Irlanda cattolica, l’aborto è vietato in Polonia, e la Slovacchia ha un’altra visione dell’aborto. Ecco perché ho votato contro la proposta di risoluzione.
Frank Vanhecke (NI). – (NL) Signor Presidente, ho votato contro questa risoluzione non solo perché in realtà sono completamente contrario all’ennesima propaganda a favore dell’aborto contenuta nella risoluzione, ma soprattutto perché trovo che la posizione del Parlamento europeo sulla faccenda sia in generale alquanto ipocrita. Da un lato il Parlamento dice, ovviamente a ragione, che si deve fare di tutto per raggiungere una vasta riduzione della mortalità materna nei paesi in via di sviluppo, ma dall’altro continua a sostenere altrove un’immigrazione legale sempre maggiore e sempre più vasta e le proposte della Commissione europea sulla cosiddetta blue card. E’ proprio questa politica sull’immigrazione che porta a un’enorme fuga di cervelli dai paesi in via di sviluppo verso i paesi occidentali ed è proprio questa politica che priva i paesi in via di sviluppo dei migliori lavoratori di cui hanno bisogno, compresi i lavoratori del settore sanitario, medici e infermieri che sono molto più necessari in Africa che nell’occidente. Mi rifiuto di seguire una tale posizione ipocrita.
Daniel Hannan (NI). - (EN) Signor Presidente, intervengo per una dichiarazione di voto sulla nostra risoluzione sulla salute materna. Dovremo aspettare e vedere l’esatto atteggiamento di quest’Aula, ma almeno si è pronunciata chiaramente sul tema della maternità.
Tuttavia, intervengo, senza lamentarmi, per chiedere perché abbiamo sentito il bisogno di pronunciarci su tali questioni. Sono questioni delicate, intime e etiche per molti dei nostri elettori. Dovrebbero essere affrontate in modo adeguato attraverso le procedure democratiche nazionali degli Stati membri. Esprimendoci così come abbiamo fatto questo pomeriggio, abbiamo dato prova di presunzione, di arroganza di desiderio di arrogarci il potere e di prevalere sulle tradizioni nazionali dei nostri elettori. Se si guarda alla risoluzione si può comprendere perché le istituzioni dell’Unione europea siano così ampiamente disprezzate e trattate con diffidenza dagli elettori.
Linda McAvan (PSE). - (EN) Signor Presidente, credo che Daniel Hannan non abbia colto nel segno. Questa risoluzione infatti riguarda la riunione delle Nazioni Unite sugli Obiettivi di sviluppo del millennio, e mira a fare pressione sui leader mondiali affinché considerino seriamente l’OMS 5 sulla salute materna: ecco l’essenza della risoluzione. Non ha nulla a che vedere con l’aborto in Polonia o in Irlanda. Riguarda l’accesso ai diritto della maternità. Tuttavia, la mia dichiarazione di voto non riguardava questo aspetto.
Volevo dire che una delle cose più tristi che abbia mai visto nella mia vita è stato ad Addis Abeba nell’ospedale per il trattamento delle fistole al quale ci siamo recati con alcune colleghe nell’ambito della delegazione ACP. Vi erano code di giovani donne – anzi erano ragazze di appena 13 o 14 anni – e vi era un fiume di urina proveniente dalla strada in cui stavano facendo la fila. Facevano la fila e vi era un fiume di urina perché avevano sviluppato una fistola vaginale a causa della mancanza di cure mediche durante il parto in zone remote dell’Etiopia
Credo che sia estremamente importante che l’Unione europea investa in un’adeguata assistenza sanitaria per la maternità in alcuni dei paesi più poveri del mondo. E’ una vergogna che siano computi così pochi progressi su questo obiettivo di sviluppo del Millennio, dato che è uno dei più importanti. Mi auguro che i nostri negoziatori, fra cui Glenys Kinnock, che si recheranno a New York, si batteranno a tal fine.
Credo anche che le persone come Daniel Hannan dovrebbero realmente leggere e scoprire cosa si sta facendo in questo Parlamento.
Czesław Adam Siekierski (PPE-DE). - (PL) Signor Presidente, si tratta di una relazione particolarmente importante. Un’elevata domanda di servizio è una caratteristica delle economie sviluppate. I servizi determinano il tenore di vita e il benessere delle società. Vi è un costante aumento della domanda per lo sviluppo di servizi collegati alla tecnologia moderna e di servizi di alta qualità che soddisfino gli standard e le aspettative dei loro utenti.
La crescita del PIL dipende sempre più dalla dimensione dei servizi. O servizi rappresentano una quota significativa del commercio. Questa parte del mercato è in continua espansione. Ecco perché si è tanto discusso sulle condizioni e sui principi della liberalizzazione del commercio dei servizi a livello globale nel quadro dell’OMC. Vi sono diversi tipi di servizi altamente vantaggiosi, in particolare quelli che si inseriscono in nicchie specifiche. Questo è uno dei motivi per cui la liberalizzazione del commercio nei servizi progredisce lentamente e per cui vi è grande resistenza. Per concludere, vorrei dire che stiamo vivendo in tempo in cui i servizi sono gli indicatori principali dello sviluppo.
Czesław Adam Siekierski (PPE-DE). - (PL) Signor Presidente, ho votato a favore dell’adozione della relazione sulla politica europea dei porti perché si occupa di numerose questioni importanti per quel settore economico. Tali questioni sono rilevanti per la Polonia.
Mi sono chiesto come questi testi potrebbero applicarsi alla situazione dei cantieri navali polacchi di Gdańsk (Danzica), Gdynia e Szczeczin (Stettino). Le procedure relative agli aiuti di Stato per i cantieri navali polacchi sono in corso nella Commissione europea da qualche tempo ormai. Il cantiere navale di Szczeczin è il quinto d’Europa e sta attraversando gravi difficoltà, così come il cantiere navale di Gdynia. Tutto questo dipende da una serie di problemi che sono sorti nel corso degli anni, e che sono il risultato del regime economico e della situazione internazionale che ho indicato quando sono intervenuto ieri.
Per quanto riguarda l’attuale situazione de cantieri navali polacchi, la Commissione è del parere che non rappresentino una fonte di occupazione. Non sono esposti a concorrenza sleale, e potrebbe suonare strano. Inoltre, si propone di chiudere due scali per raggiungere il pieno potenziale, ed è semplicemente ridicolo. Il piano di ristrutturazione di questi cantieri è stato respinto per sempre, il che ne provocherà il collasso, invece di aiutare l’industria cantieristica europea a recuperare il suo posto nel mondo.
Presidente − Ricordo ai colleghi che non hanno potuto prendere la parola che potranno allegare l’intervento scritto che consentirà di mettere a verbale la propria dichiarazione di voto.
Glyn Ford (PSE), per iscritto. − (EN) Ringrazio l’onorevole Kirkhope per la sua relazione, che contribuirà a fornire servizi migliori ai consumatori. Attualmente, il prezzo che i consumatori pagano per un biglietto fra Stati membri dipende dal paese di acquisto. Nel mio paese, l’Inghilterra, pago lo stesso prezzo per un biglietto indipendentemente dal fatto di comprarlo nella città di partenza, nella città di arrivo o in una terza città. Non vi è alcun motivo per cui questo non debba applicarsi nell’intera Unione.
Jörg Leichtfried (PSE), per iscritto. − (DE) Voto a favore della relazione di Timothy Kirkhope su un codice di comportamento in materia di sistemi telematici di prenotazione.
Il nuovo codice di comportamento stimolerà la concorrenza fra i sistemi telematici di prenotazione, favorendo così il prezzo e la qualità dei servizi. Gli accordi attuali sono obsoleti, dato che adesso quasi il 30 per cento delle prenotazioni è svolto attraverso siti web alternativi, che prevedono tasse di prenotazione complessive. Il nuovo codice avvantaggerà i consumatori aumentando la concorrenza e riducendo le tasse, dato che adesso anche le compagnie aeree a basso costo vengono incluse nei sistemi di prenotazione.
Per offrire ai clienti le migliori informazioni e la migliore protezione possibili da pratiche anticoncorrenziali, la fornitura di servizi deve essere ampliata, nonché regolamentata e controllata a livello di Unione europea. E’ importante, quindi, che i prezzi dei voli pubblicati negli annunci principali indichino il prezzo intero, comprensivo di tutte le tasse e di tutti i diritti, di modo che al cliente non siano proposte offerte speciali che in realtà non sono disponibili. Lo stesso riguarda l’elencazione delle emissioni CO2 e dei consumi di carburante: entrambi devono essere indicati chiaramente al consumatore. Un’offerta ferroviaria alternativa per voli inferiori a 90 minuti dà al cliente un’altra opzione e gli consente di operare una scelta informata.
David Martin (PSE), per iscritto. − (EN) Aggiornando il codice di comportamento per i servizi di prenotazione telematici (CRS) si garantisce che i sistemi di prenotazione per i servizi aerei rispettino il principio della concorrenza leale. Tuttavia, temo che la definizione vaga di una “partecipazione al capitale” di una compagnia e di un vettore che ha un’“influenza determinante” sui sistemi di prenotazione telematici creerà confusione e darà spazio a distorsioni della concorrenza. Questa relazione dovrebbe avvantaggiare il consumatore e questi pareri sono riflessi nel mio voto.
Andrzej Jan Szejna (PSE), per iscritto. − (PL) Il sistema telematico di prenotazione è una piattaforma che riunisce i fornitori si trasporto aereo e ferroviario per la vendita di biglietti a fronte dei loro servizi. La relazione sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio mirava a modificare le disposizioni attualmente in vigore e a rafforzare la concorrenza attraverso un sistema di prenotazione telematico.
Il codice di comportamento è stato aggiornato al fin di migliorare la trasparenza e impedire abusi di mercato o distorsioni della concorrenza. Ho votato contro la relazione sul codice di comportamento per sistemi di prenotazione telematici perché avevo chiesto di rinviarla alla commissione per i trasporti e il turismo.
A mio avviso, molti dei concetti nella relazione della Commissione non sono definiti in modo adeguato, in particolare per quanto riguarda il concetto fondamentale di vettore associato. Credo quindi che gli interessi dei consumatori nel mercato comune europeo non siano sufficientemente protetti.
Silvia-Adriana Ţicău (PSE) , per iscritto. − (RO) Ho votato per il rinvio in commissione del regolamento sul sistema telematico di prenotazione perché vi sono ancora formulazioni ambigue che possono portare a diverse interpretazioni del testo. Un regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamene applicabile in tutti gli Stati membri e, per questo motivo, il testo deve essere preciso.
Sono del parere che la pubblicazione nella gazzetta ufficiale dell’Unione europea di una specificazione che presenta l’interpretazione offerta dalla Commissione europea a talune definizioni del regolamento prima che lo stesso entri effettivamente in vigore non è una soluzione accettabile. Le istituzioni europee si sono impegnate a seguire un processo di semplificazione legislativa e, specialmente, di stabilità legislativa.
Ovviamente, un aggiornamento e un miglioramento del regolamento sul sistema di prenotazione telematico sono necessari e io apprezzo il lavoro svolto da tutti i colleghi nella commissione. Tuttavia, ritengo che sarebbe stata opportuna una maggiore chiarezza del testo per garantire un quadro giuridico stabile necessario per il buon funzionamento del settore del trasporto aereo di passeggeri.
Ewa Tomaszewska (UEN), per iscritto. − (PL) Durante la votazione per appello nominale e in relazione all’emendamento n. 48, ho votato contro la violazione della parità di diritti per le imprese concorrenti, indicando tre paesi dell’Unione europea e garantendo loro una posizione privilegiata sul mercato. Purtroppo, il mio apparecchio di voto non ha funzionato, e i miei sforzi di attirare l’attenzione su questo fatto sono stati ignorati. Vorrei che risultasse agli atti che ho votato contro la seconda parte dell’emendamento di cui trattasi.
Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. − (SV) Sostenere i diritti umani nel mondo che ci circonda è uno dei compiti politici dell’Unione europea nella sua qualità di unione dei valori. Tuttavia, ad avviso della Junilistan, questo non deve essere usato per condurre una politica estera a livello di UE e quindi invadere la sovranità in materia di politica estera degli Stati membri.
Apprezziamo quindi che la BEI dia priorità alla concessione di crediti che promuovano lo sviluppo della democrazia e della stabilità nell’Asia centrale, ma ci opponiamo alla tendenza per cui la BEI diventa uno strumento per promuovere le ambizioni di politica estera dell’UE.
Dopo un attento esame, abbiamo deciso di votare a favore degli emendamenti presentati dal Parlamento europeo alla proposta della Commissione, nonostante alcuni emendamenti non siano esattamente in linea con i nostri principi a questo proposito.
− Proposta di Risoluzione: Detenuti palestinesi nelle carceri israeliane ( RC-B6-0343/2008)
Alessandro Battilocchio (PSE), per iscritto. − Signor Presidente, voto a favore di questo documento, ma voglio sottolineare che si tratta dell’ennesimo atto di questo Parlamento approvato a sostegno del rispetto dei diritti umani in questa area del mondo: quali sono gli effetti delle nostre dichiarazioni? Purtroppo, quasi nulli, al di là della solidarietà politica espressa.
Su questa vicenda l’Europa – se vuole essere credibile – deve parlare una sola voce e porre la sicurezza internazionale al di sopra dei singoli interessi nazionali. Io ritengo imprescindibile trovare un equilibrio tra due esigenze: ai palestinesi uno Stato libero ed indipendente, agli israeliani la sicurezza di vivere nel proprio territorio, libero da attacchi e minacce. Se si scindono i due aspetti, diventa piuttosto complicato trovare una sintesi credibile ed una soluzione duratura. Mi auguro che, in futuro, la nostra Unione Europea, così interessata alla pace in quest’area del mondo a noi prossima, sappia giocare, più che in passato, un ruolo di efficace mediazione.
Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. − (PT) Abbiamo votato a favore della risoluzione di compromesso, non perché concordiamo su tutti i punti o sulla formulazione, ma perché crediamo che possa contribuire a denunciare l’inaccettabile situazione dei prigionieri politici palestinesi nelle carceri israeliane.
Israele, con il sostegno e la connivenza degli USA e dei loro alleati, sta occupando illegalmente i territori palestinesi, ha costruito insediamenti e un muro di divisione, e sta uccidendo, detenendo, attaccando e sfruttando il popolo palestinese, volando sistematicamente il diritto internazionale e disprezzando il diritto inalienabile di questo popolo a uno Stato sovrano, sostenibile e indipendente.
Circa 10 000 palestinesi sono detenuti attualmente nelle carceri israeliane, fra cui centinaia di bambini, in condizioni inumane e sottoposti a trattamenti umilianti e degradanti e anche a maltrattamenti, compresa la tortura. Per la maggior parte di loro è vietato ricevere visite dai loro familiari. Molti sono stati detenuti “amministrativamente”, senza accusa o processo.
Israele detiene nelle sua carceri circa un terzo dei membri eletti del consiglio legislativo palestinese nonché altri funzionari palestinesi eletti a livello locale.
La carcerazione di attivisti palestinesi è uno strumento usato per combattere la legittima resistenza del popolo palestinese e per perpetuare l’occupazione israeliana.
Qualsiasi soluzione equa, sostenibile e durevole alla cessazione dell’occupazione israeliana dei Territori occupati richiede la liberazione dei detenuti politici palestinesi da parte di Israele.
Athanasios Pafilis (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) E’ una risoluzione inaccettabile, che assolve essenzialmente Israele dal genocidio della popolazione palestinese e dall’occupazione dei suoi territori.
Il paragrafo 4, ad esempio, sostiene la lotta di Israele contro il terrorismo. Bolla quindi come estremisti un popolo che lotta per la libertà, opponendosi all’occupazione del suo territorio da parte dell’esercito israeliano e al blocco economico, sociale e politico e alle rappresaglie di cui è vittima. Fra le vittime nella Striscia di Gaza si annoverano bambini, ad esempio, perché è stato eletto un governo che non è gradito agli israeliani, agli Stati Uniti e all’UE.
Inoltre, il paragrafo 7 provocatoriamente invita l’Autorità palestinese a controllare la resistenza dei palestinesi. Accusa gli ex detenuti e in particolare i bambini di avere compiuto atti violenti o terroristici.
E’ una vergogna proporre tali presunzioni. Invece, il Parlamento europeo dovrebbe chiedere il ritiro di Israele dai territori occupati della Striscia di Gaza. Il muro della vergogna a Gerusalemme dovrebbe essere abbattuto, gli assalti omicidi contro civili, donne e bambini devono cessare, e tutti i detenuti politici devono essere liberati. Il Parlamento europeo dovrebbe chiedere a Israele di rispettare i principi del diritto Internazionale e le risoluzioni ONU rilevanti.
Olle Schmidt (ALDE), per iscritto. − (SV) La situazione di Israele e della Palestina è complicata. Per Israele, affrontare l’enorme insicurezza creata nelle sue vicinanze è problematico. Da buon amico di Israele, lo so molto bene. Tuttavia, è sempre importante rispettare il diritto internazionale. Per questo motivo ho scelto di partecipare ai negoziati sulla risoluzione del parlamento europeo sulla situazione dei detenuti palestinesi nelle carceri israeliane.
Attraverso questi negoziati, il risultato finale è diventato molto più equilibrato, il che ha significato che, alla fine, ho sostenuto la risoluzione. A mio avviso, è importante non condannare Israele, come è il caso invece nella relazione dell’onorevole Flautre sulla valutazione delle sanzioni dell’UE nell’ambito delle azioni e delle politiche comunitarie nel settore dei diritti umani, dove i fatti non sono stati ben esaminati. Pertanto ho votato contro.
Marek Siwiec (PSE), per iscritto. − (PL) La risoluzione del Parlamento europeo sulla situazione dei detenuti palestinesi nelle carceri israeliane non è imparziale e quindi non offre una riflessione accurata del conflitto nel Medio Oriente. La risoluzione non tiene conto del contesto politico né del fatto che le autorità israeliane devono potere garantire la sicurezza dei loro cittadini. Israele è tuttora sotto la minaccia costante dell’attività terroristica che ha origine nei territori palestinesi, nonostante gli attuali negoziati per la pace e i gesti di buona volontà, come la recente decisone di liberare 198 detenuti palestinesi. Israele l’unico e solo paese democratico nella regione, e sta affrontando questa minaccia con risorse e metodi democratici.
La risoluzione condanna le autorità israeliane per l’uso di metodi inappropriati nei confronti dei minori. Non indica, tuttavia, che secondo le relazioni di Amnesty International, le organizzazioni terroristiche, come la brigata dei martiri al-Asqa, Hamas, la Jihad islamica e il fronte popolare per la liberazione della Palestina reclutano minori e li usano come corrieri. In alcuni casi, i minori sono addestrati a combattere o usati per commettere attacchi terroristici contro i soldati e i civili israeliani.
E’ stato per la parzialità e l’incompletezza con cui è stata trattata la questione dei detenuti palestinesi che ho votato contro la risoluzione.
Slavi Binev (NI), per iscritto. – (BG) Signor Presidente, onorevoli colleghi, la relazione dell’onorevole Helene Flautre riguarda le sanzioni che devono essere applicate dall’Unione europea in ogni caso di violazione dei diritti umani, indipendentemente da dove siamo commesse. Ma cosa accade nella nostra casa?! Per l’ennesima volta, vorrei attirare la vostra attenzione sulle azioni senza precedenti commesse dalla coalizione in carica in Bulgaria.
Il 30 luglio, il giorno in cui doveva esser votato un voto di sfiducia [nel parlamento europeo] sono state usate le forze di polizia contro il deputato Dimiter Stoyanov. Nonostante i nomi i quegli “aiutanti” in uniforme siamo stati accertati immediatamente, fino a oggi non sono state comminate pene, né sono state porte scuse, ma vi è una vistosa arroganza nei tentativi di insabbiare il caso.
La condotta dei funzionari del ministero dell’Interno mostra che sapevano chi stavano picchiando, in particolare perché Stoyanov ha sempre tenuto la sua tessera di eurodeputato e ha ripetutamente spiegato chi fosse.
La detenzione illegale e il pestaggio di un membro del Parlamento europeo è qualcosa che non si è verificata nei 50 anni di storia di questa istituzione! Il caso del nostro collega è un attacco pericoloso ai principi fondamentali della democrazia europea contemporanea. S’ una violazione diretta e antidemocratica dei diritti personali.
Dopo che l’apparato repressivo del governo in carica non ha considerato lo status di euro deputato di Dimiter Stoyanov, cosa rimane ai cittadini comuni in Bulgaria?
Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. − (PT) Poiché è impossibile in una dichiarazione di voto discutere tutte le numerose questioni importanti sollevate dalla relazione, in particolare quelle da cui dissentiamo totalmente, forse l’approccio migliore è usare l’esempio del voto sugli emendamenti presentati in plenaria per sottolineare lo scopo centrale di questo strumento politico dell’UE.
Nonostante nella relazione siano fati inseriti riferimenti a vari paesi, la maggioranza del parlamento ha respinto due degli emendamenti proposti, in base ai quali:
– “... le sanzioni dell’Unione europea contro il governo palestinese formatosi nel febbraio del 2006 dopo le elezioni che l’UE ha riconosciute come libere e democratiche hanno danneggiato la coerenza della politica dell’Unione e si sono dimostrate seriamente controproducenti, peggiorando considerevolmente la situazione politica e umanitaria”;
– “... le persistenti violazioni del diritto internazionale da parte di Israele impongono un’azione urgente dell’Unione”.
Quale migliore esempio per mostrare che l’obiettivo delle sanzioni dell’UE è un’interferenza inaccettabile, applicata ovviamente con “doppi standard”. In altre parole, le sanzioni sono usate come strumento di pressione e di interferenza politica per proteggere gli “amici” e criticare gli “altri”, che l’UE (e gli USA) indica come obiettivo.
Ecco perché abbiamo votato contro la relazione.
Ona Juknevičienė (ALDE), per iscritto. − (EN) Nel contesto della politica estera e di sicurezza comune, l’UE applica misure restrittive, o sanzioni, per garantire il rispetto degli obiettivi della PESC. L’attuale politica dell’UE in materia di sanzioni è caratterizzata eccessivamente dal ricorso a sanzioni specifiche a ciascun caso, che spesso provoca incoerenza e incongruenza. Credo che la Commissione dovrebbe svolgere un ruolo più proattivo nella definizione di una chiara politica dell’UE in materia di sanzioni.
Ritengo che il parlamento europeo debba usare un’estrema precisione quando parla di sanzioni, specialmente quando invoca l’azione dell’UE in risposta a violazioni del diritto internazionale, come ha fatto in questa risoluzione. Credo che prima di chiedere che l’UE imponga sanzioni, dobbiamo essere ben informati sulle concrete violazioni del diritto internazionale e astenerci dal fare dichiarazioni di natura generica. Se vi sono casi basati sui fatti, devono essere specificati nel testo o presentati in una nota a piè pagina nel rispettivo documento.
David Martin (PSE), per iscritto. − (EN) Ho votato a favore della relazione di Hélène Flautre sulla valutazione delle sanzioni UE in quanto parte delle azioni e delle politiche della UE in materia di diritti dell’uomo. Accolgo con favore l’approccio equilibrato della relatrice su un importante strumento della politica estera e di sicurezza comune dell’UE. Le sanzioni devono essere applicate caso per caso e mirate in modo da evitare di colpire parti innocenti. Sono soddisfatto che la relazione dell’onorevole Flautre copra in modo adeguato questi punti.
Zita Pleštinská (PPE-DE), per iscritto. − (SK) L’UE considera il rispetto dei diritti dell’uomo come il principio più importante e quindi inserisce clausole sui diritti umani e meccanismi di attuazione in tutti i nuovi accordi bilaterali conclusi con i paesi terzi.
L’efficacia politica delle sanzioni e le loro conseguenze negative oggi sono oggetto i controversia. Ne siamo particolarmente consapevoli quando l’UE deve adottare un punto di vista sul conflitto nel Caucaso.
Approvo e quindi ho votato a favore della relazione Flautre, che porta una nuova filosofia all’applicazione delle sanzioni e un cambiamento di idee nel settore dei diritti umani.
Ci occorre una politica di sanzioni efficace, in modo da non applicare “doppi standard”, sulla base, ad esempio, dell’importanza strategica del partner, come nel caso di Russia e Cina.
Dobbiamo usare documenti strategici per i diversi paesi e altri tipi di documenti simili come base per lo sviluppo di una strategia coerente in materia di diritti umani nel paese e nella situazione sotto il profilo della democrazia. Dobbiamo usare informazioni obiettive e aggiornate ottenute dai rappresentanti di organizzazioni locali e non governative. Dobbiamo sostenere la società civile e puntare ai responsabili dei conflitti, ad esempio congelando gli attivi e imponendo divieti di viaggio. Le sanzioni non dovrebbero colpire i più poveri.
Credo fermamente che la politica di sanzioni non sarà più efficace finché non sarà integrata in una strategia comunitaria sui diritti umani. Le sanzioni saranno efficaci solo quando contribuiscono a modificare i rapporti e quindi a risolvere i conflitti.
Pierre Schapira (PSE), per iscritto. – (FR) A seguito delle elezioni legislative in Palestina nel febbraio 2006, sono stato uno dei primi a dire, da Gerusalemme e in quest’Aula, che non dovremmo applicare sanzioni contro il governo palestinese perché ne soffrirebbe il popolo. Certo, dobbiamo accettare che la situazione politica nei territori si è completamente aggravata, specialmente fra Fatah e Hamas, ma questa crisi politica non può essere attribuita solo alle sanzioni europee. Ecco perché non ho votato sull’emendamento n. 4.
Vorrei anche dichiarare che condanno chiaramente la persistente violazione da parte di Israele del diritto internazionale, ma deploro che il testo della relazione non menzioni quelle violazioni del diritto internazionale commesse da altri paesi nel Medio Oriente. Sembra essere un caso di applicazione di doppi standard e per questo motivo ho votato contro l’emendamento n. 5.
Søren Bo Søndergaard (GUE/NGL), per iscritto. − (DA) Nonostante vi siano aspetti della relazione Flautre meritevoli di critica, voto a favore della relazione per mostrare il mio sostegno alla lotta per i diritti umani.
Andrzej Jan Szejna (PSE), per iscritto. − (PL) Le sanzioni imposte dall’Unione europea sono strumenti che garantiscono l’efficacia della PESC. Possono essere strumenti diplomatici, ma hanno per lo più natura economica e servono a garantire il rispetto dei principi fondamentali del diritto internazionale, della democrazia e dei diritti umani.
La relatrice chiede una revisione globale e approfondita delle misure restrittive esistenti e credo che abbia ragione. Dovrebbero essere elaborati principi adeguati per l’imposizione di sanzioni, in modo che queste ultime possano essere usate solo a seguito di una circostanziata analisi individuale.
Inoltre, credo anche che la priorità debba andare all’elaborazione di sanzioni economiche che non hanno un impatto negativo e non violano i diritti umani dei cittadini dei paesi sanzionati. Questo è particolarmente necessario per la consuetudine di redigere liste nere. Ecco perché sostengo la relazione sulla revisione delle sanzioni comunitarie nel settore dei diritti umani.
S è necessario imporre sanzioni, credo che sia importante introdurre misure positive per aiutare i cittadini dei paesi ai quali sono state imposte le misure restrittive.
Charles Tannock (PPE-DE), per iscritto. − (EN) Io e i miei colleghi conservatori britannici sosteniamo caldamente i diritti umani per tutti. Sosteniamo il concetto di un regime sanzionatorio dell’UE nell’ambito della PESC che sia applicato all’unanimità per colpire coloro che commettono le peggiori violazioni dei diritti umani nel mondo, purché il Regno Unito possa sempre esercitare un veto al riguardo. Deploriamo anche il modo in cui le sanzioni sono state applicate incoerentemente e diano adito a infrazioni, ad esempio il modo in cui il Presidente Mugabe è stato autorizzato a venire nell’UE in diverse occasioni, nonostante il divieto di viaggio applicato contro il suo regime.
Purtroppo, la relazione Flautre va oltre, riconoscendo il diritto della Corte di giustizia europea sull’elenco delle organizzazioni terroristiche vistate – che deve rimanere una decisione politica, non giudiziaria – e chiedendo che il Trattato di Lisbona preveda che l’UE imponga sanzioni più efficaci per le violazioni dei diritti umani. Chiede che il Parlamento europeo supervisioni i servizi di sicurezza degli Stati membri e che si renda obbligatorio il codice di comportamento sulle esportazioni di armi. Per questi motivi non sosterremo la relazione.
Ewa Tomaszewska (UEN), per iscritto. − (PL) Ho votato contro il paragrafo 57 durante la votazione per appello nominale. Purtroppo, il mi apparecchio di voto non ha funzionato. I miei tentativi di attirare l’attenzione sono stati ignorati, come è accaduto per alte cinque votazioni per appello nominale. Vorrei che risultasse agli atti che ho votato contro il testo originario del paragrafo 57 del documento.
– Proposta di risoluzione: Millennio per lo sviluppo - Obiettivo 5: miglioramento della salute materna (RC-B6-0377/2008)
Marie-Arlette Carlotti (PSE), per iscritto. – (FR) Sulla carta, il quinto OSM – che intende ridurre la moralità materna del 75 per cento entro il 2015 – era chiaramente uno dei più accessibili.
Nella realtà, è quello più in ritardo. Constatazione drammatica: nell’Africa sub-sahariana, una donna su 16 muore di parto. Questa cifra è appena cambiata in 20 anni.
In quale altra parte del pianeta si può riscontrare uno squilibrio talmente drammatico in materia di salute? E quando la madre muore, anche il bambino corre un rischio di dieci volte maggiore di morire anche lui.
Nella mobilitazione generale a favore degli OSM, dobbiamo dedicare particolare attenzione all’obiettivo 5.
Lo stesso G8 alla fina ha recepito il messaggio. Nell’ultimo rincontro in Giappone, ha adottato un “pacchetto per la salute”, inteso a reclutare e a formare 1 milione di professionisti nel campo sanitario per l’Africa in modo che l’80 per cento delle madri avrà assistenza durante il parto.
La palla è ormai passata all’UE.
La Comunità deve agire simultaneamente e massicciamente in diverse direzioni:
– informazione e istruzione per le donne,
– rafforzamento dei sistemi sanitari pubblici nei paesi del sud,
– investimenti massicci nel settore dell’assistenza sanitaria.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. − (PT) Ogni anno si registrano all’incirca 536 000 decessi materni (il 95 per cento dei quali in Africa e nell’Asia del sud). Per ogni donna che muore, 20 soffrono di gravi complicazioni, che vanno da infezioni croniche a lesioni invalidanti, che potrebbero essere evitate facilmente se vi fosse un acceso universale all’assistenza ostetrica di base e d’emergenza e servizi per la salute riproduttiva. Ciò richiede un maggior sostegno da parte dei paesi industrializzati.
Queste cifre sono molto preoccupanti e indicano che la mortalità materna (OSM 5) non solo non è sulla buona strada per essere conseguito da paesi invia di sviluppo, ma è anche quello in cui non si è registrato alcun progresso. Le cifre di oggi sono esattamente uguali a quelle di 20 anni fa.
Il fatto è che la mortalità materna potrebbe essere evitata attraverso la prestazione di una migliore assistenza sanitaria e garantendo l’accesso a tutte le donne a un’informazione completa e a servizi nel campo della salute sessuale e riproduttiva.
Sosteniamo quindi la risoluzione adottata e siamo lieti che la nostra proposta di proteggere l’accesso a una contraccezione efficace e all’aborto legale e sicuro sia stata adottata in plenaria.
Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. − (SV) E’ terribile che una parte cos’ grande della popolazione mondiale viva in condizioni di povertà estrema, che le donne in questi paesi e in queste zone muoiano durante la gravidanza o il parto e che così tante persone siano prive di informazioni e dell’accesso a una contraccezione sicura. E’ una questione che riguarda il valore della vita umana e i diritti umani universali inviolabili, non meno importanti per le donne che vivono in povertà.
Questa risoluzione contiene proposte positive – e necessarie –, ma solleva anche questioni che non rientrano nella competenza dell’UE. Abbiamo deciso di sostenere le proposte che chiedono migliori condizioni per le donne, specialmente per quanto riguarda la salute sessuale e riproduttiva. Tuttavia, la risoluzione affronta anche altre questioni, alcune delle quali attinenti alla politica estera. Ci siamo quindi astenuti nella votazione finale.
Ona Juknevičienė (ALDE), per iscritto. − (EN) La risoluzione del Parlamento europeo sulla mortalità materna ha un grande significato alla luce degli Obiettivi di sviluppo del Millennio e trasmette il nostro messaggio, ovvero che siamo consapevoli della situazione attuale e che chiediamo di agire per aiutare milioni di donne nei paesi in via di sviluppo. Sostengo fortemente la proposta di chiedere alla Commissione e al Consiglio di elaborare programmi e politiche che contribuirebbero a prevenire la mortalità materna, con un’attenzione particolare sull’accesso a informazioni in materia di salute sessuale e riproduttiva, alla documentazione e agli alimenti.
Nel contesto di questa risoluzione, credo che l’uso di contraccettivi sia molto importante per la prevenzione di malattie, di gravidanze indesiderate e per la riduzione della mortalità materna, ma nello stesso tempo sono convinta che non abbiamo il diritto di condannare o di criticare le chiese, che sono solo un’autorità morale, ma non legislativa, che promuovono la loro fede, ma non vietano le scelte personali. Inoltre, vi sono chiese che non affrontano le questioni della contraccezione nella loro congregazione.
Rovana Plumb (PSE), per iscritto. − (RO) Ho votato a favore di questa risoluzione perché si registra un elevato tasso di mortalità materna non solo nei paesi sottosviluppati, ma anche nei nuovi Stati membri dell’UE.
E’ preoccupante che, ogni anno, 536 000 famiglie siano lasciate senza il sostegno della madre, il che crea squilibri a livello della cellula di base della società. Conosciamo le cause e i metodi per combattere questo fenomeno; il modo di organizzare e pianificare l’attività dipende da noi.
Ritengo realmente che l’attenzione dovrebbe essere posta principalmente sull’accesso delle donne alle informazioni sulla salute riproduttiva. Non possiamo riuscire nelle nostre azioni a meno che le donne stesse diventino consapevoli dei pericoli cui vanno incontro durante la gravidanza. Dovremmo anche offrire quante più risorse possibili per fornire servizi di qualità a tutti.
Toomas Savi (ALDE), per iscritto. − (EN) Signor Presidente, avendo sostenuto gli emendamenti relativi alla condanna della norma statunitense del “Global Gag” e del divieto sull’uso di contraccettivi invocato da alcune chiese, ho votato a favore della risoluzione. Ma sono rimasta scioccata di apprendere che alcuni dei miei colleghi, che di solito possono essere presi in seria considerazione, hanno dato priorità alle dichiarazioni del Papa sulla salute e sul benessere delle persone nei paesi in via di sviluppo.
Silvia-Adriana Ţicău (PSE) , per iscritto. − (RO) L’aumento del tasso di mortalità infantile e la diminuzione del tasso di natalità da un lato e l’invecchiamento della popolazione dall’altro, richiedono azioni decise e urgenti da parte degli Stati membri e delle istituzioni europee.
Ho votato a favore della risoluzione sulla mortalità materna prima dell’incontro di alto livello delle Nazioni Unite del 25 settembre, inteso alla revisione degli Obiettivi di sviluppo del Millennio, a causa del fatto che il testo impone al Consiglio e alla Commissione di ampliare le disposizioni sui servizi sanitari per la maternità e di dare enfasi ai programmi di assistenza prenatale, alla nutrizione materna, a un’adeguata assistenza durante il parto, che eviti un eccessivo ricorso ai tagli cesarei, all’assistenza post-natale e alla pianificazione familiare. Con questa risoluzione, chiediamo al Consiglio e alla Commissione di garantire servizi per la salute riproduttiva accessibili, disponibili e di alta qualità.
E’ importante assegnare il massimo di risorse disponibili ai programmi e alle politiche sulla prevenzione della mortalità materna.
Ritengo che sia importante anche finanziare le attività di pianificazione familiare con fondi pubblici.
Ewa Tomaszewska (UEN), per iscritto. − (PL) La risoluzione contiene disposizioni che incoraggiano indirettamente l’aborto e altre che chiedono apertamente che l’aborto sia legalizzato. L’inserimento di dichiarazioni su questo argomento comporta una violazione del principio di sussidiarietà e significa anche che le risorse finanziarie a favore della Comunità provenienti da Stati membri in cui l’aborto non è autorizzato possono essere usate per promuovere l’aborto nei paesi terzi.
E’ un atteggiamento ipocrita giustificare la propaganda a favore dell’aborto sotto forma di promozione della salute materna, e assegnare risorse finanziarie per l’aborto, anziché dedicarle a migliorare la salute materna. Questo è il motivo per cui ho votato contro la risoluzione.
Anna Záborská (PPE-DE), per iscritto. − (SK) Ho votato contro questa risoluzione.
La protezione della salute materna è un prerequisito senza condizioni per la sopravvivenza dell’umanità.
Le madri nei paesi in via di sviluppo devono affrontare attualmente una pandemia, senza avere accesso all’assistenza sanitaria di base, all’aspirina o a una tazza di acqua potabile. Il Segretario generale dell’ONU ha sottolineato chiaramente che meno del 10 per cento del bilancio è destinato a risolvere i problemi che colpiscono il 90 per cento della popolazione mondiale. La polmonite, la diarrea infettiva, la tubercolosi e la malaria – malattie che causano enormi problemi di salute nei paesi in via di sviluppo, ma che non possono essere curate – ottengono meno dell’1 per cento del bilancio.
L’ONU h adottato una strategia per sostenere il parto sotto una supervisione medica qualificata, intesa a limitare i rischi della maternità, a ridurre la mortalità infantile e a fornire l’accesso ai servizi.
La nostra risoluzione, tuttavia, fra le altre cose propone “servizi globali di assistenza all’aborto sicuro” e deplora la mancanza di servizi nel campo della salute riproduttiva. Invita il Consiglio e la Commissione a “garantire che i servizi di salute riproduttiva siano disponibili, accessibili e di buona qualità” e a “promuovere l’accesso di tutte le donne a informazioni e servizi esaustivi in materia di salute sessuale e riproduttiva”. Esorta il Consiglio e la Commissione a intervenire in questo campo, ma l’aborto rientra nella competenza esclusiva degli Stati membri, e non dell’UE.
Non possiamo offrire alle donne n ei paesi in via di sviluppo una visone ambigua, semplificata o, ancora peggio, ideologicamente faziosa della protezione della salute.
Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. – (FR) L’accordo generale sugli scambi di servizi (GATS), che prevede la liberalizzazione dei servizi a livello mondiale e che il relatore vorrebbe ardentemente che fosse concluso, è in realtà una direttiva Bolkestein su scala mondiale. L’“idraulico polacco” di ieri sarà domani cinese o pachistano.
L’unica eccezione riguarda i “servizi prestati nell’esercizio del potere governativo” che “non sono forniti né su base commerciale, né in concorrenza con uno o diversi fornitori”. In altre parole, solo la polizia, la giustizia, la diplomazia e l’esercito non sono interessati, Per contro, il GATS sarà una tappa supplementare nello smantellamento dei servizi pubblici avviato dalla Commissione quindici anni fa nel nome della concorrenza e del mercato interno.
Oggi, l’Unione europea crede di potersi avvalere di un vantaggio competitivo e sostiene che i suoi prestatori di servizi abbiano un accesso insufficiente nei mercati dei paesi terzi. Finirà con i servizi come con l’industria; delocalizzazioni e desertificazione e, come premio, l’importazione del dumping sociale. La relativizzazione delle norme sociali, ambientali o in materia di qualità, che non devono diventare, secondo il relatore, ostacoli al commercio, contiene il seme di una graduale disintegrazione del modello sociale e economico europeo.
Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. − (PT) Nonostante l’eliminazione di alcuni degli aspetti più negativi e la modulazione di parte della formulazione che, pur non mettendo in discussione il processo di liberalizzazione, cerca di “umanizzarlo”, questa risoluzione rimane sostanzialmente un libro di testo che difende la liberalizzazione dei servizi, compresi i servizi pubblici (evidentemente limitati, nella loro presentazione, dalla necessità di seguire un approccio “differenziato” alla liberalizzazione).
Tuttavia, nonostante i timori della maggioranza del Parlamento, l’attuale situazione internazionale non è la stessa di quando ha avuto inizio il Doha Round nel 2001, ovvero gli USA e l’UE stanno lottando per far sì che l’OMC imponga la loro agenda di dominanza economica nel mondo.
Eppure, nonostante i successivi fallimenti, l’UE e i “socialdemocratici” Mandelson e Lamy stanno cercando di nuovo di impedire che i negoziati “deraglino”, per salvaguardare e non perdere il terreno già conquistato nei negoziati.
Come abbiamo dichiarato in precedenza, l’obiettivo dei gruppi economici e finanziari più importanti è il controllo del commercio internazionale, in un quadro di concorrenza capitalista, il controllo delle economie nazionali (agricoltura, industria, servizi, lavoro, risorse naturali) e il controllo degli stessi Stati.
Liberalizzare significa attaccare le conquiste dei lavoratori e la sovranità dei popoli, nonché sfruttamento dell’ambiente.
Ecco perché abbiamo votato contro la risoluzione.
Małgorzata Handzlik (PPE-DE), per iscritto. – (PL) I servizi rappresentano più di tre quarti dell’economia europea. Il settore dei servizi è di viale importanza per la competitività e l’innovazione dell’economia europea, che è largamente basato sulla conoscenza. Il funzionamento efficiente del mercato interno dell’Unione europea dei servizi è molto importante per la competitività delle imprese comunitarie sul mercato globale. Una trasposizione e un’attuazione tempestive e adeguate saranno vitali per un sano funzionamento del marcato, specialmente nel caso della direttiva “servizi”.
Il commercio dei servizi comporta in larga misura il trasferimento di conoscenza specializzata fra i paesi. Di conseguenza, il libero scambio nei servizi svolge un ruolo importante in tutte le strategie di sviluppo, perché facilita un trasferimento veloce e efficace del know-how su larga scala. Inoltre, il rafforzamento dell’accesso al mercato dei servizi rappresenta un’opportunità non solo per i paesi industrializzati, ma anche per quelli in via di sviluppo, che sono spesso privi dell’accesso al know-how.
L’accesso al mercato dei servizi è una questione difficile nel contesto degli attuali negoziati nell’OMC. Va ricordato, tuttavia, che i negoziati sugli scambi nei servizi devono servire gli interessi dell’UE nonché promuovere lo sviluppo dei paesi più poveri. Se si autorizzano sufficienti investimenti esteri, potrebbe essere proprio la liberalizzazione dei servizi a facilitare una maggiore produzione, più sostenibile, e la modernizzazione delle infrastrutture n tute le economie.
David Martin (PSE), per iscritto. − (EN) La relazione dell’onorevole Kamall sul commercio dei servizi considera i modi in cui le società comunitarie possono ottenere l’accesso ai mercati dei servizi dei paesi terzi. Infatti, i servizi svolgono un ruolo sempre più importante nel commercio internazionale. Ed è proprio per questo motivo che è importante distinguere fra servizi commerciali e servizi pubblici essenziali. L’ho messo in evidenza nel modo in cui ho votato.
Athanasios Pafilis (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) Nell’ambito del GATS, attraverso accordi bilaterali e multilaterali e coercizioni e minacce aperte o velate, l’UE sta incoraggiando la penetrazione del capitale nei mercati dei servizi in via di sviluppo dei paesi meno sviluppati al fine di aumentare i profitti e la propria influenza. La relazione della Commissione avalla e sostiene questa politica.
I beni pubblici, come l’acqua, la salute e il benessere, l’istruzione, eccetera, sono puntati dai monopoli, che intendono liberalizzare e aprire i mercati nazionali e a privatizzare gli enti. La ristrutturazione capitalista sarà ancora più disastrosa per i lavoratori nei paesi più poveri.
La rivalità dei centri imperialisti, combinata con l’opposizione dei paesi più poveri ha comportato il fallimento degli ultimi negoziati nell’ambito dell’OMC. I centri di potere fanno a gara per concludere accordi bilaterali e multilaterali con l’intento di rafforzare la loro posizione.
L’attenzione è incentrata sull’abolizione diretta e indiretta dei servizi pubblici, in particolare in settori vantaggiosi per il capitale, e sull’abolizione di tutte gli ostacoli alla sicurezza. Si tratta di un tentativo di equiparare i servizi ai beni e di svolgere negoziati comuni sulla produzione agricola. Tutti questi sono semplicemente esempi di aggressione imperialista capitalista europea, che è pronta a entrare in guerra per imporre le sue scelte.
Tokia Saïfi (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione sul commercio dei servizi per sollecitare la Commissione a promuovere, nell’ambito dei negoziati commerciali, sia l’apertura progressiva e reciproca dell’accesso al mercato dei servizi sia una politica di maggiore trasparenza. L’Unione europea, che è il più grande esportatore e il più grande fornitore di servizi del mondo, deve incoraggiare un accesso più ampio al mercato dei servizi sia a livello dei paesi industrializzati che dei paesi in via di sviluppo.
Tuttavia, questa liberalizzazione deve essere progressiva e reciproca, tenendo conto dei vari interessi dei paesi interessati. In questo senso ho votato a favore dell’emendamento n. 2, che sottolinea la necessità di operare una distinzione fra i servizi commerciali e quelli non commerciali e di seguire un approccio differenziato nell’apertura dei mercati dei servizi di interesse generale. Ho votato anche a favore dell’emendamento n. 5 che, nel contesto dell’EPA, chiede che siano garantiti a tutti servizi pubblici universali, accessibili e sostenibili.
Infine, ho votato a favore dell’emendamento n. 7 che riconosce che taluni prodotti, come l’acqua, dovrebbero essere considerati come un bene pubblico universale, e vorrei sottolineare che è necessaria una certa precauzione in sede di apertura dei mercati dei servizi di questo tipo.
Olle Schmidt (ALDE), per iscritto. − (SV) Oggi il commercio dei servizi è diventato una necessità per tutte le economie. Non è possibile, per nessun paese, ottenere un successo economico con un’infrastruttura dei servizi costosa e inefficace. I produttori e gli esportatori di prodotti tessili, pomodori e altri beni non saranno competitivi senza accesso a un sistema bancario efficiente,, compagnie assicurative efficienti, imprese contabili, sistemi di telecomunicazioni e di trasporto efficienti.
Tuttavia, è fondamentale anche l’opportunità di offrire servizi pubblici gestiti da società private. La concorrenza nel settore sanitario, nell’istruzione e nelle comunicazioni pubbliche favorisce la prestazione di servizi migliori. Ho deciso, quindi, di sostenere che non si faccia alcune differenza categorica fra i servizi per uso privato o pubblico perché credo che la concorrenza contribuisca anche nel settore pubblico a una maggiore efficienza e a servizi migliori. Per me è ovviocce si tratti del nostro mercato interno o il commercio dei servizi in altri paesi, al di fuori delle frontiere dell’UE.
Andrzej Jan Szejna (PSE), per iscritto. − (PL) La relazione suo commercio dei servizi è intesa a mettere in evidenza il ruolo del commercio dei servizi quale strumento per la creazione di nuovi posti di lavoro permanenti e il miglioramento della qualità di vita dei cittadini. Questi servizi rappresentano attualmente il 75 per cento del PIL dell’Unione europea.
Il relatore chiede che il mercato del commercio dei servizi sia aperto e liberalizzato. Ovviamente è necessario aprire il mercato e migliorare la competitività. A mio avviso, tuttavia, l’apertura del commercio dei servizi non dovrebbe significare privatizzazione. Va stabilito chiaramente che i servizi commerciali sono diversi per natura dai servizi pubblici. Di conseguenza, si deve anche garantire che l’approccio adottato per l’apertura del commercio dei servizi pubblici sia diverso da quello seguito per l’apertura del commercio dei servizi commerciali.
Silvia-Adriana Ţicău (PSE) , per iscritto. − (RO) Ho votato per la relazione sul commercio dei servizi che pone l’accento sull’importanza del commercio dei servizi per la creazione di posti di lavoro.
L’emendamento n. 2, presentato dal gruppo socialista, sottolinea l’esigenza di un approccio differenziato nel contesto dell’apertura del mercato dei servizi e, in particolare, l’esigenza di fare una distinzione fra servizi commerciali e servizi non commerciali.
Considero l’emendamento n. 5 estremamente importante; esso chiede che siamo garantiti per tutti servizi pubblici universali, accessibili, sostenibili e abbordabili, con standard di alta qualità, così come l’emendamento n. 10, che invita la Commissione ad agire con maggiore fermezza contro la contraffazione, in particolare attraverso al Parlamento e al Consiglio una proposta tesa a fornire alla Comunità e agli Stati membri dati quantitativi e statistici a livello europeo sulla contraffazione, in particolare attraverso Internet.
Bernard Wojciechowski (IND/DEM), per iscritto. – (PL) La cosiddetta rivoluzione dei servizi che è in atto sin dalla metà del XX secolo ha fatto dei servizi il settore più importante dell’economia nella maggior parte dei paesi. Il progresso tecnologico, in particolare nei settori delle telecomunicazioni e della tecnologia dell’informazione, ha cambiato sostanzialmente la percezione dei servizi e del loro ruolo potenziale nel commercio internazionale. La fortissima espansione del sistema suindicato, insieme ai progressi tecnologici, ha favorito l’espansione del commercio internazionale dei servizi.
La partecipazione della Polonia al commercio internazionale nei servizi non è mai stata grandissima, così come per altri paesi dell’Europa centrorientale. Questo è dovuto, in larga misura, al sottosviluppo del settore nelle economie pianificate a livello centrale. I cambiamenti fondamentali nello sviluppo del settore dei servizi sono iniziati solo durante il periodo di transizione che è seguito all’era comunista, e sono continuati durante il processo di adesione alle Comunità europee. Sono già evidenti cambiamenti radicali nel settore dei servizi. L’integrazione della Polonia nelle Comunità e il relativo processo di adeguamento dell’economia polacca ai requisiti comunitari dovrebbe accelerare il ritmo di sviluppo del settore dei servizi e offrire maggiori opportunità alla Polonia di partecipare al commercio internazionale dei servizi.
Ritengo, quindi, che l’UE dovrebbe compiere ogni sforzo per migliorare la qualità del commercio nei servizi, perché questo settore promuove il benessere e crea occupazione in tute le economie del mondo. Inoltre, contribuisce ad accelerare lo sviluppo.
Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. − (PT) Pur accogliendo i timori espressi nella relazione sulla necessità di investimenti nelle regioni portuali, nella modernizzazione tecnologica e la protezione dell’ambiente, riteniamo che la relazione nasconda il fatto che uno degli obiettivi della Commissione europea per una futura politica dei porti sia perseguire la liberalizzazione di questo servizio pubblico strategico in vari Stati membri.
Deploriamo quindi il respingimento delle nostre proposte che:
– sottolineavano il rigetto di qualsiasi tentativo di liberalizzare i servizi portuali a livello di UE, applicando le norme di concorrenza del mercato;
– e chiedevano l’adozione di iniziative per combattere l’insicurezza e i rischi di incidenti nel settore e garantire e assicurare il rispetto dei diritti dei lavoratori portuali, in particolare in materia di occupazione, equa retribuzione, condizioni di lavoro dignitose, benessere sociale, contratti collettivi, diritti sindacali e formazione professionale.
Le diversità e le complementarità dei porti europei devono essere salvaguardate e la loro gestione deve essere basata su norme di qualità e di sicurezza avanzate, elemento strategico nello sviluppo economico. L’apertura della gestione dei porti europei ai transnazionali, come ha dimostrato la realtà, svaluterà le relazioni di lavoro e della contrattazione collettiva e aumenterà il rischio di insicurezza nel sistema portuale, che di conseguenze metterà in discussione la sicurezza marittima.
Ecco perché ci siamo astenuti.
Ona Juknevičienė (ALDE), per iscritto. − (EN) Durante le votazioni, ho espresso la mia posizione votando contro gli emendamenti presentati dal gruppo GUE. Il settore dei porti è di cruciale importanza per l’Unione europea dal punto di vista economico, commerciale, sociale, ambientale e strategico. Tuttavia, tenendo a mente l’importanza del settore, non possono sostenere l’approccio secondo cui i porti dovrebbero costituire una proprietà pubblica.
Al contrario, sostengo il diritto degli Stati membri di tenere conto dei loro migliori interessi in sede di decisione se aprire o meno il settore portuale alla liberalizzazione. Le decisioni se privatizzare e/o applicare partenariati privati e pubblici nei porti rientrano nella competenza degli Stati membri e non devono essere dirette dalle istituzioni europee nella misura in cui rispettano la normativa europea. Infatti, alcuni porti europei sono già gestiti da autorità o società di paesi terzi. A mio avviso, il settore portuale, come qualsiasi altro settore, dovrebbe essere autorizzato a operare su una base egualmente competitiva.
Athanasios Pafilis (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) Il partito comunista greco vota contro la relazione perché accetta e segue la logica della comunicazione della Commissione sui porti, che promuove l’obiettivo prefissato dell’UE di privatizzare i porti. La privatizzazione dei porti è stata bloccata finora dalla lotta dei lavoratori portuali, ma non è stata abbandonata dall’UE perché è un obiettivo chiave del capitale dell’UE.
Ecco perché la Commissione sta cercando adesso di promuoverla attraverso la frammentazione, ovvero consegnando i vantaggiosi servizi portuali al capitale. Nello stesso tempo, l’UE è già allenata per quanto riguarda gli aiuti di Stati ai porti; sta preparando la loro abolizione o una drastica riduzione, spianando così la strada alla loro privatizzazione. I porti rappresentano settori di importanza strategica per l’economia degli Stati membri e sono legati direttamente alla loro capacità di difesa e alla loro sovranità. Per questo motivo, i piani per liberalizzare i servizi portuali e privatizzare i porti colpiscono non solo quelli che lavorano nei porti, ma l’intera classe e le masse lavorative.
Non è sufficiente per la classe lavoratrice e i lavoratori in generale essere vigilanti e organizzare la loro lotta contro i piani di privatizzazione da soli; devono lottare affinché i porti siano di proprietà delle persone nel quadro di un’economia popolare autosufficiente sotto l’autorità del popolo.
Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. − (PT) Pur concordando con le preoccupazioni e le proposte contenute in questa relazione, riteniamo che non rifletta gli elementi essenziali della politica nazionale in questo settore strategico – con implicazioni sociali, economiche e ambientali – in particolare quello di creare questo sistema in un settore pubblico forte e la necessità di combattere la violazione sistematica e il mancato rispetto dei diritti dei lavoratori che sono riscontrabili in alcuni segmenti del settore.
Di conseguenza, riteniamo che, non affrontando questo aspetto centrale delle condizioni di lavoro dei professionisti in questo settore, la relazione fallisca il suo obiettivo. La pratica dei contratti temporanei, che incoraggia la mancanza di rispetto delle ore di lavoro, dei periodi di congedo e degli accordi di lavoro collettivi, oltre a costituire una violazione dei diritti dei lavoratori, mette in discussione la loro sicurezza (e quella dei terzi). Ecco perché dobbiamo fermare la distruzione di posti di lavoro e l’accresciuta insicurezza delle relazioni di lavoro, promuovendo l’integrazione nella forza lavoro di imprese e dando dignità alle carriere e agli stipendi.
Dissentiamo anche per quanto riguarda l’importanza riservata all’applicazione del principio “chi usa paga” e “chi inquina paga”, perché è il consumatore finale a essere colpito in via principale da queste misure, che sono vantaggiose solo per quelli che hanno la capacità finanziaria di “usare” e di “inquinare”, senza contribuire necessariamente a un miglioramento significativo del trasporto di merci.
Jörg Leichtfried (PSE), per iscritto. − (DE) Sto votando a favore della relazione di Michael Cramer per un sistema di logistica e di trasporto merci sostenibile ed efficiente.
Questo sistema svolge un ruolo fondamentale nel rafforzamento e l’espansione della posizione dell’Europa quale economia competitiva sul piano internazionale, ma evitando che ciò avvenga a scapito dell’ambiente e dei cittadini. “I corridoi verdi” sono un concetto fondamentale per ottimizzare i trasporti europei nel modo più sostenibile possibile. La riduzione di tutti i tipi di inquinamento, contestuale all’aumento dell’uso dell’energia rinnovabile, è l’approccio corretto da seguire.
In questo contesto, gli investimenti nelle nuove tecnologie, fra cui il sistema computerizzato “stop and go” nel trasporto di merci, e il sostegno a modi di trasporto diversi dal trasporto stradale svolgono un ruolo fondamentale e indicano il cammino da seguire.
Anche l’armonizzazione della gestione e delle procedure amministrative a livello di UE renderà migliore e più efficiente il sistema di trasporto europeo. L’Europa ha bisogno di un’economia competitiva e innovativa per potere avere successo. Questa relazione offre un importante contributo per il conseguimento di questo obiettivo.
Bogusław Liberadzki (PSE), per iscritto. – (PL) Concordo con le opinioni espresse dall’onorevole Cramer, ovvero che dovrebbero essere compiuti sforzi per migliorare l’efficienza, l’integrazione e la sostenibilità del trasporto di merci in Europa.
Appoggio anche tutte le misure richieste al fine di conseguire gli obiettivi prefissati, ad esempio l’attenzione ai corridoi di trasporto, il sostegno alle tecnologie innovative, alle infrastrutture innovative e a una gestione più efficiente del trasporto di merci. Si è anche menzionata l’esigenza di semplificare le procedure amministrative e la catena del trasporto di merci nonché di rendere più allettante il trasporto che non si avvale della rete stradale. Sostengo tutti questi approcci. A mio avviso, le priorità identificate dal relatore dovrebbero apportare un importante contributo al miglioramento del trasporto di merci in Europa.
Liam Aylward (UEN), per iscritto. − (EN) I miei colleghi e io accogliamo con favore il rinnovato interesse per la ricerca sui potenziali rischi sanitari posti da un’esposizione prolungata ai campi elettromagnetici. E’ essenziale la prudenza per quanto riguarda questi effetti sulla salute. Questa è una prima questione che mi ha riguardato personalmente e che ho cercato di affrontare nel gennaio di quest’anno. Nella mia lettera all’ex Commissario Kyprianou, ho portato alla sua attenzione il fatto che non si era proceduto ad alcuna revisione sin dal 12 luglio 1999, nonostante fosse prevista una revisione a 5 anni da quella data.
Ho votato a favore della relazione Ries che riconosce che, a causa dell’influsso delle nuove tecnologie sin dalla relazione del 1999, quest’ultima è diventata obsoleta. Tuttavia, ho votato contro l’emendamento che chiede l’imposizione di limiti più severi armonizzati sull’emissione di specifiche onde elettromagnetiche. Si tratta di una questione sanitaria e quindi riguarda l’Irlanda. Il governo irlandese ha pubblicato di recente una relazione in cui conclude che, finora, non sono stati riscontrati effetti negativi sulla salute a breve o lungo termine. Ha già adottato le linee guida ICNIRP che limita l’esposizione pubblica e occupazionale a campi elettromagnetici, approvate dall’Organizzazione mondiale della sanità. L’Irlanda deve governare per l’Irlanda, ed è guidata dall’OMS.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. − (PT) Abbiamo votato a favore della relazione, nonostante talune contraddizioni. Vi sono comunque numerosi aspetti positivi che sono importanti, in particolare la difesa del principio di precauzione, che conferma che quest’ultimo dovrebbe costituire uno dei pilastri delle politiche comunitarie in materia di salute e di ambiente.
La relazione esprime inoltre alcune critiche sul piano d’azione, in particolare laddove dichiara che “reca in sé i germi di un semifallimento dato che mira unicamente ad accompagnare le politiche comunitarie esistenti, non si fonda su una politica di prevenzione mirante a ridurre le malattie connesse a fattori ambientali, non persegue alcun obiettivo chiaro e non indica i valori”.
La relazione sottolinea inoltre che la Commissione europea deve tenere conto dell’importanza economica delle PMI, fornendo un sostegno tecnico per aiutarle a rispettare le regolamentazioni vincolanti sulla salute e l’ambiente e per incentivarle a procedere ad altre modifiche positive dal punto di vista della salute ambientale e dello sviluppo delle imprese.
David Martin (PSE), per iscritto. − (EN) Ho votato a favore della relazione di Frédérique Ries sulla revisione intermedia del piano d’azione europeo per l’ambiente e la salute 2004-2010. Sostengo la richiesta che il piano d’azione si incentri sulla qualità dell’aria interna e esterna e sui prodotti chimici. L’obbligo che tutti i produttori e tutti gli esportatori dimostrino la sicurezza del loro prodotti prima che possa essere immesso sul mercato è anche un passo positivo per garantire un’adeguata protezione dei consumatori e dell’ambiente.
Athanasios Pafilis (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) L’uso sconsiderato delle risorse naturali a fini di profitto, la ristrutturazione capitalista, la liberalizzazione dei mercati e la privatizzazione dell’energia, dei trasporti e delle telecomunicazioni stanno portando alla distruzione dell’ambiente. Contestualmente al peggioramento dei termini e delle condizioni di lavoro e alla privatizzazione della salute, del benessere e delle assicurazioni, stiamo osservando un aumento dei problemi sanitari in generale, soprattutto quelli legati ai rischi ambientali. La commercializzazione dei servizi sanitari e la politica ambientale dell’UE che, con il sistema di scambio dell’inquinamento e il principio “chi inquina paga”, sta trasformando l’ambiente in un bene, non può impedire i rischi e le malattie, né può gestirli a vantaggio dei lavoratori, perché lo scopo fondamentale è aumentare i profitti del capitale.
La relazione contiene risultati corretti per quanto riguarda l’applicazione dei principi di prevenzione e di protezione, la mancanza di rigorose misure sostanziali, la necessità di studi globali basati sui gruppi più vulnerabili, la salute mentale e gli effetti dei campi magnetici, eccetera. Tuttavia, conclude presentando proposte ispirate alla politica pro-monopolistica dell’UE, fra cui maggiori sgravi fiscali e incentivi finanziari per le imprese. Questa è una logica che sposta la responsabilità per la protezione sugli individui.
Rovana Plumb (PSE), per iscritto. − (RO) L’entusiasmo del febbraio 2005, quando è stato approvato il “piano d’azione europeo per l’ambiente e la salute 2004-2010” è andato scemando, senza che le numerose azioni proposte fossero attuate. E’ estremamente necessario rispettare queste scadenze e attuare queste azioni, specialmente in questo decennio, in cui la più grande sfida per la salute umana, sotto il profilo della protezione dell’ambiente, è l’adattamento al cambiamento climatico.
I segmenti meno ricchi della società, nonché quelli biologicamente più fragili (bambini, donne incinte e anziani), saranno più vulnerabili a questi effetti.
Si dovrebbe prestare un’attenzione speciale agli aspetti sociali dell’adattamento, compresi i rischi relativi all’occupazione e agli effetti sulle condizioni di vita e abitative.
La prevenzione degli effetti negativi sulla salute delle persone, causati da manifestazioni meteorologiche estreme, svolge un ruolo essenziale e, a tal fine, la Commissione è invitata a elaborare orientamenti sulle buone pratiche, contenenti azioni da attuare da parte delle autorità regionali e locali in cooperazione con altre istituzioni, nonché programmi di istruzione e sensibilizzazione della popolazione per aumentare la conoscenza per quanto riguarda l’adattamento agli effetti del cambiamento climatico.