6. Proclamazione del 23 agosto “Giornata europea della commemorazione delle vittime dello stalinismo e del nazismo” – Lotta alla tratta di bambini (dichiarazioni scritte): vedasi processo verbale
Presidente . − Ieri l’organizzazione terroristica dell’ETA si è macchiata di un altro omicidio. Il sergente maggiore dell’esercito Luis Conde de la Cruz, di 46 anni, è rimasto ucciso in seguito all’esplosione di un’autobomba nella Spagna settentrionale, la terza in Spagna nel giro di 24 ore. Molte persone sono rimaste ferite nelle tre esplosioni, una delle quali gravemente. Il Parlamento europeo condanna con forza questo atto terroristico ed esprime la sua più profonda preoccupazione.
A nome del Parlamento europeo, desidero porgere le mie più sentite condoglianze alla famiglia e ai congiunti del sergente maggiore Conde, ed esprimere la nostra solidarietà alla Spagna, alle autorità e in particolare alle forze di sicurezza spagnole. Vorrei inoltre esprimere piena solidarietà e sostegno a coloro che sono rimasti feriti nell’esplosione e alle loro famiglie.
Dobbiamo ripeterlo ancora una volta, senza lasciare adito a dubbi: il terrorismo è un attacco diretto alla libertà, ai diritti umani e alla democrazia. Non ripeteremo mai abbastanza che non esiste alcuna giustificazione al terrorismo. Per questo motivo dobbiamo unirci nella lotta al terrorismo, nel pieno rispetto della legge e dello Stato di diritto. La comunità dell’Unione europea affonda le proprie radici nella solidarietà. Un atto di terrorismo in uno Stato membro dell’Unione europea è un attacco all’intera Unione europea, un attacco a ognuno di noi.
Vi chiedo di alzarvi e di osservare un minuto di silenzio.
(Il Parlamento, in piedi, osserva un minuto di silenzio.)
Presidente . – La versione definitiva del progetto di ordine del giorno, elaborata dalla Conferenza dei presidenti, ai sensi degli articoli 130 e 131 del regolamento, nella riunione di giovedì 18 settembre 2008, è stata distribuita.
Per quanto riguarda lunedì, martedì e giovedì:
Nessuna modifica.
Per quanto riguarda mercoledì:
Il gruppo dell’Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa ha richiesto una proroga della scadenza per la presentazione delle proposte di risoluzione comuni e degli emendamenti sulle priorità del Parlamento europeo per il programma legislativo e di lavoro della Commissione fino alle 10.00 di domani, martedì 23 settembre 2008.
La votazione è prevista per mercoledì 24 settembre 2008.
Daniel Cohn-Bendit (Verts/ALE). - (DE) Signor Presidente, lo scorso fine settimana la stampa irlandese ha rivelato l’esistenza di possibili legami tra i finanziatori della “campagna del no” in Irlanda e il Pentagono e la CIA a Washington – una storia molto interessante che si spiega con il tentativo di impedire che l’Europa diventi troppo forte. Chiedo quindi al Presidente di indagare su questa vicenda. Mi sembra inoltre opportuno chiedere al Consiglio – al Consiglio e alla Commissione – di fornirci informazioni in merito quanto prima; sarà infatti interessante scoprire la verità su questa oscura “campagna del no” che in Irlanda ha ricevuto ben 1,2 milioni di euro di finanziamenti. Chiedo quindi al Presidente di occuparsi della questione, così che il Parlamento possa essere informato e siano svelati i retroscena di questa singolare vicenda.
Presidente . − La ringrazio, onorevole Cohn-Bendit. Devo dire che ormai da tempo seguo la questione con estrema attenzione. Dobbiamo mantenere un’assoluta trasparenza perché, com’è noto, i nostri avversari ce lo impongono, ed essi stessi, ovviamente, dovrebbero mettere in pratica i loro insegnamenti. Abbiamo bisogno di un’assoluta trasparenza per quanto riguarda i fondi versati a Libertas, l’organizzazione rappresentata da Declan Ganley, anche in relazione all’origine dei fondi.
Abbiamo appreso dai media irlandesi – ripeto ciò che è stato dichiarato in Irlanda la scorsa settimana – che il signor Ganley in passato avrebbe affermato che le donazioni provenivano da cittadini comuni, e che si trattava di donazioni di modesta entità. Ora ha ammesso di aver donato all’organizzazione 200 000 euro, presi da fondi propri, e successivamente è stato confermato che il signor Ganley aveva concluso contratti per appalti militari con il Pentagono, credo per ordini pari a circa 200 milioni di dollari. Alcune fonti citano addirittura una cifra assai superiore.
Dobbiamo continuare a esercitare un rigido controllo su simili eventi, e i dati e le informazioni devono essere trasparenti. Non possiamo permettere che l’Europa venga colpita proprio da coloro che chiedono trasparenza ma non sono disposti a rispettare le norme di cui essi stessi chiedono l’applicazione.
(Applausi)
Vorrei esprimere tutta la mia ammirazione per l’impegno con cui Dick Roche, ministro irlandese per gli Affari europei, ha indagato su tali vicende con senso di responsabilità personale, e lo incoraggio vivamente a proseguire nella ricerca sistematica della verità.
Onorevoli colleghi, i calorosi applausi che mi avete rivolto dimostrano che, come me, siete favorevoli alla trasparenza in tutte queste vicende, per scongiurare che l’Europa venga danneggiata.
(Applausi)
⁂
Philip Bushill-Matthews (PPE-DE) . – (EN) Signor Presidente, un richiamo al regolamento; si tratta dell’ordine del giorno di giovedì, per il quale abbiamo avanzato una richiesta in ritardo – e chiedo scusa per questo; abbiamo proposto di modificare leggermente l’ordine del giorno di giovedì, per il quale attualmente è prevista la votazione sulla risoluzione concernente il pacchetto sociale.
Adesso, ogni gruppo ha presentato la propria risoluzione. Con tutta la migliore volontà e buona fede, le parti hanno cercato di negoziare una risoluzione di compromesso collettiva; purtroppo il tentativo è stato vano, e quindi probabilmente vi saranno votazioni sulle singole risoluzioni, e ogni risoluzione sarà respinta. Da questa situazione non scaturirebbe certo un messaggio positivo. Collettivamente quindi la maggioranza dei gruppi politici ha pensato che avrei potuto ventilare l’opportunità di non votare affatto sulla risoluzione.
E non perché non sia importante: ma proprio perché è importante. Non vogliamo inviare il messaggio sbagliato, e ci sembra più opportuno non inviare alcun messaggio dopo l’ampio dibattito che, la volta scorsa, si è esteso ai vari aspetti della questione. Quindi la nostra proposta, sostenuta dalla maggioranza dei gruppi, è di non tenere la votazione giovedì prossimo.
Presidente . − Considereremo ancora la questione. Chiedo ai gruppi di riunirsi nuovamente per vedere se sia possibile trovare una soluzione. Nel frattempo, terremo in considerazione le affermazioni dell’onorevole Bushill-Matthews.
Presidente . − L’ordine del giorno reca gli interventi di un minuto su questioni di rilevanza politica.
Rareş-Lucian Niculescu (PPE-DE) . – (RO) Il primo Vertice europeo sull’integrazione dei rom si è svolto proprio qui a Bruxelles la settimana scorsa. L’inserimento dei rom – un tema di estrema complessità – nell’agenda dell’Unione europea è un’idea che la Romania ha sempre sostenuto; ritengo che meriti il nostro apprezzamento. Il Consiglio d’Europa si occupa della questione fin dal 1990 e ha affermato che i rom costituiscono una vera minoranza europea; di conseguenza, il problema dei rom è un problema europeo e non un problema nazionale, e credo che per questa iniziativa il Parlamento debba offrire alla Commissione europea il proprio incondizionato sostegno.
Il Parlamento europeo deve dichiararsi favorevole a porre l’istruzione al centro della politica europea per i rom: l’esperienza degli ultimi anni, infatti, ha dimostrato che l’istruzione è lo strumento più efficace per garantire l’integrazione e consentire, sia ai rom che ai loro vicini, di superare le difficoltà che impediscono una pacifica convivenza.
Csaba Sándor Tabajdi (PSE) . – (HU) Signor Presidente, oggi assistiamo a una palese violazione del divieto alle discriminazioni del mercato da parte delle catene di supermercati tedeschi e austriaci che stanno boicottando l’industria ungherese della pollicoltura e della trasformazione.
I supermercati coinvolti sono REWE, SPAR, METRO e Kaufland, che rifiutano le consegne dei prodotti ungheresi sulla scia di un boicottaggio orchestrato da un’organizzazione animalista austriaca. Di conseguenza, la pollicoltura ungherese ha subito una perdita di 2 miliardi di fiorini. Questi supermercati ricorrono alle discriminazioni razziali per boicottare i prodotti ungheresi, violando così le leggi dell’Unione europea sulla concorrenza.
Le parti colpite adiranno la Corte di giustizia delle Comunità europee, giacché vengono violati due principi fondamentali dell’Unione: il divieto alle discriminazioni razziali, e l’uguaglianza e la libertà di concorrenza. Vi ringrazio per l’attenzione.
Filiz Hakaeva Hyusmenova (ALDE) . – (BG) Signor Presidente, onorevoli colleghi, a partire dal 30 settembre 2008 in Bulgaria entrerà in funzione un numero d’emergenza nazionale, il 112, in applicazione della direttiva 2002/22/CE del Parlamento europeo e del Consiglio. Il numero si potrà chiamare da qualsiasi punto del territorio nazionale e garantirà accesso rapido e gratuito al servizio. La tecnologia utilizzata dal sistema bulgaro del 112 è fra le più moderne e consente l’identificazione della linea chiamante. Il ministero bulgaro per le Situazioni d’emergenza ha fornito a tutti i deputati al Parlamento europeo particolari sull’allestimento e il funzionamento del sistema.
Vorrei esprimere la mia gratitudine per il rinvio della procedura di infrazione, e per l’apprezzamento che la Commissione europea ha rivolto al governo bulgaro per l’allestimento del numero di emergenza. Ritengo che tale apprezzamento dimostri l’importanza che la Comunità attribuisce alla sicurezza e alla salute dei cittadini europei.
Monica Frassoni (Verts/ALE) . – Signor Presidente, onorevoli colleghi, questa settimana è stata – per i temi e per coloro che si occupano dei temi di libertà e di razzismo – una settimana particolarmente triste e particolarmente dura: in Italia, giovedì scorso, sono stati uccisi sei dalla camorra, sei migranti provenienti da vari paesi africani, che sono stati accusati prima di tutto di essere dei puscher, dei criminali, e poi dopo si è scoperto che non lo erano assolutamente; e un ragazzo nero è stato ucciso a bastonate a Milano.
Allo stesso tempo, a Colonia abbiamo avuto una risposta incredibile da parte di quella città, agli stessi temi, ai temi del razzismo, ai temi della discriminazione.
Credo che l'Europa presenti in questi momenti, due facce molto diverse. E credo che questo Parlamento dovrà ricominciare a occuparsi in un modo molto più attivo di quello che lo fa in questi ultimi tempi, del tema del razzismo, perché in molti paesi – incluso il mio – questa questione sta tornando alla ribalta in modo assolutamente tragico!
Presidente − La ringrazio. Ogni essere umano ha pari dignità.
Eoin Ryan (UEN) . – (EN) Signor Presidente, vorrei sollevare la questione dei 4,6 milioni di etiopi che rischiano di morire di fame a causa delle gravi carenze alimentari provocate dalla siccità. Secondo il governo non si tratta di carestia, ma l’UNICEF ha dichiarato che alcune parti del paese sono già state colpite da una carestia che ormai incombe sulla popolazione. Solo alcune zone sono interessate, e credo che la comunità internazionale e l’Unione europea debbano agire prontamente e cercare di fornire circa mezzo milione di tonnellate di prodotti alimentari se vogliamo evitare una carestia generale. Si tratta di una vera priorità, e giacché l’Unione europea è uno dei principali donatori di aiuti allo sviluppo per i paesi d’oltremare, mi sembra essenziale agire immediatamente.
Signor Presidente, nella mia veste di deputato irlandese devo dire che condivido i suoi commenti su Libertas e il referendum irlandese. Ci siamo battuti per un esito favorevole del referendum; abbiamo garantito apertura e trasparenza ai nostri finanziamenti. Abbiamo però scoperto che le dichiarazioni di Libertas erano ben lontane dalla realtà. Invito quindi voi e chiunque altro a fare in modo che Libertas adotti finalmente un atteggiamento aperto e trasparente in merito alla provenienza dei fondi, perché i cittadini vogliono conoscere la verità.
Mary Lou McDonald (GUE/NGL) . – (EN) Signor Presidente, il presidente della Banca centrale europea Jean Claude Trichet ha ripetutamente espresso la propria preoccupazione in merito all’indicizzazione dei salari all’inflazione, trascurando però la tragica situazione dei lavoratori, soprattutto di quelli con i salari più bassi, che lottano per sopravvivere mentre il costo della vita aumenta. E’ pur vero che l’effetto inflazionistico dei nostri interventi dev’essere minimo, ma sono altresì necessari interventi salariali a favore dei lavoratori a basso reddito, attualmente soggetti a gravissime pressioni. L’attività volta a ridurre l’inflazione in tutta Europa non può limitarsi a soffocare le legittime richieste salariali. Mentre coloro che percepiscono stipendi più alti possono certamente sostenere la moderazione salariale richiesta, la situazione dei lavoratori con i salari più bassi è completamente diversa. I governi nazionali e le banche centrali nazionali sono nella posizione migliore per rispondere alle mutevoli circostanze economiche, e per questo motivo mi sono sempre opposta a quelle misure che mettevano a rischio la sovranità economica. Essendo un piccolo Stato, l’Irlanda è ben consapevole che la nostra situazione economica esercita scarsa influenza sulla linea politica della BCE e che quindi le posizioni adottate dalla Banca non sono sempre volte a soddisfare le esigenze o gli interessi dell’economia irlandese.
Anch’io sono favorevole alla trasparenza per quanto riguarda i finanziamenti. Sono altresì favorevole al rispetto delle deliberazioni democratiche, e questo consesso deve notare che tutte le “campagne del no” che sono state combattute e vinte, tranne una, hanno pubblicato rendiconti esaustivi e trasparenti, e non ci sono dubbi sul meccanismo di spesa o sui fondi che quei gruppi, compreso il mio partito, hanno ricevuto.
Gerard Batten (IND/DEM) . – (EN) Signor Presidente, voteremo domani su una relazione che, apparentemente, limita l’immunità dei funzionari dell’Europol, ma in realtà è solo una cortina fumogena per la futura legislazione che prorogherà l’attuale sistema oltre il 2010. Non c’è alcuna discussione; la votazione si ridurrà a un mero esercizio consultivo e sarà il Consiglio europeo a decidere.
I funzionari dell’Europol potranno svolgere la propria attività negli Stati membri ricoprendo ruoli assai diversi, che garantiranno loro immunità per qualunque cosa facciano o dicano nell’esercizio delle loro funzioni – un privilegio di cui non godevano neanche i membri della NKVD durante il “grande terrore” di Stalin.
Sarà una grande novità per l’Inghilterra, dove nessun pubblico ufficiale gode di immunità dall’azione penale. In conformità del trattato di Lisbona, i parlamenti degli Stati membri non potranno opporsi all’ulteriore ampliamento dei poteri di Europol, che sono stati modificati dalle decisioni del Consiglio. Assistiamo così ai primi passi verso la creazione di uno Stato di polizia nell’Unione europea.
Philip Claeys (NI) . – (NL) Signor Presidente, le chiedo di inviare una protesta formale al sindaco di Colonia, che lo scorso fine settimana ha impedito ad alcuni deputati al Parlamento europeo e ai rappresentanti eletti di altri organismi di esprimere pacificamente le proprie opinioni e di partecipare a un congresso su una questione di estrema importanza politica e sociale: l’islamizzazione dell’Europa.
Ci sono state aggressioni da parte di aderenti a gruppi di estrema sinistra, che hanno anche incendiato gli arredi urbani, bloccando l’intero centro cittadino nel tentativo di impedire la partecipazione a un congresso pacifico. Il sindaco Schramme non solo si è rifiutato di condannare questi atti di violenza e di intimidazione, ma li ha addirittura elogiati e si è spinto a insinuare che gli stessi cittadini di Colonia si erano spontaneamente opposti al congresso.
Non mancano certo testimoni che possano provare le mie affermazioni, ed è una vergogna che simili eventi si verifichino in un paese che osa definirsi democratico ma in cui si attenta al diritto alla libera espressione.
Colm Burke (PPE-DE) . – (EN) Signor Presidente, desidero sollevare la questione del divieto di viaggio imposto dalla Bielorussia, che impedisce ai bambini colpiti dalla catastrofe nucleare di Chernobyl di recarsi all’estero.
Più di 1 000 famiglie irlandesi ospitano questi bambini bielorussi nelle proprie case ogni estate e durante le vacanze di Natale per un periodo di riposo e di recupero, che spesso comprende esami medici e talvolta terapie. C’è un accordo bilaterale tra l’Italia e la Bielorussia, grazie al quale l’Italia non è interessata dal divieto. So che il ministro degli Esteri irlandese sta cercando di raggiungere un accordo con la Bielorussia, e mi rallegro per le discussioni in corso.
Vorrei inoltre ricordare la necessità di un accordo UE-Bielorussia. Nell’ambito della politica europea di vicinato, l’Unione europea fornirà alla Bielorussia aiuti finanziari nell’ordine di 20 milioni di euro per il periodo 2007-2010; l’UE quindi dovrebbe esigere la revoca del divieto di viaggio quale condizione per l’erogazione di quei fondi.
Un accordo UE-Bielorussia è altresì necessario per consentire ai bambini bielorussi di continuare a recarsi nei paesi dell’Unione europea per un periodo di riposo e recupero; tale accordo infatti garantirebbe i diritti di viaggio dei bambini nel lungo periodo.
Maria Badia i Cutchet (PSE) . – (ES) Signor Presidente, le Nazioni Unite considerano la tratta di esseri umani incompatibile con la dignità e il valore dell’essere umano; eppure ogni anno rimangono vittime della tratta più di mezzo milione di persone, l’80 per cento delle quali sono donne e bambine; metà di loro sono minorenni e in maggioranza subiscono abusi sessuali.
Inoltre, secondo l’Organizzazione internazionale per le migrazioni, ogni anno un gran numero di donne vittime della tratta di esseri umani entra nell’Unione europea.
Domani, 23 settembre, si celebra la Giornata internazionale contro lo sfruttamento sessuale e la tratta delle donne. Credo quindi che sia una buona occasione perché i deputati di questa Assemblea si impegnino a rafforzare tutte le misure per debellare questa piaga che viola i diritti di così tante persone, e soprattutto a lottare contro i trafficanti e contro la povertà, offrendo maggiori opportunità scolastiche e occupazionali, ed elaborando strategie di sensibilizzazione nei paesi di destinazione per sottoporre il problema al pubblico dibattito.
Harald Ettl (PSE) . – (DE) Signor Presidente, nella mia veste di sindacalista vorrei parlare dei tragici eventi che si sono verificati nei cantieri navali del distretto di Tuzla, a Istanbul. Soltanto negli ultimi tre anni, a Tuzla hanno perso la vita più di 90 operai, vittime di condizioni di lavoro che si distinguono per la loro letale durezza. L’episodio più recente, che oserei definire criminale, è stato quello dell’11 agosto. Tre operai con contratto a tempo determinato sono morti durante le prove su una lancia di salvataggio, e altri 16 sono rimasti feriti. Mentre l’imbarcazione veniva calata in mare dalla nave, i cavi si sono spezzati e gli operai sono precipitati in acqua.
La cosa particolarmente tragica di questo incidente è che normalmente questo tipo di prove viene effettuato con sacchi di sabbia: in pratica gli operai hanno svolto il ruolo dei sacchi di sabbia. I lavoratori, che hanno cercato di scioperare per protesta contro il mancato rispetto delle norme di sicurezza sul lavoro, sono stati minacciati di licenziamento immediato dalle ditte subappaltatrici.
Nel 2006, nella sua relazione sullo stato di avanzamento, la Commissione aveva già sottolineato che i diritti dei lavoratori e dei sindacati in Turchia non sono adeguatamente rispettati. Vi chiedo quindi di sollecitare le autorità turche a trattare i sindacati come soggetti paritari nelle relazioni industriali e a garantire condizioni di lavoro umane e un più rigoroso rispetto della sicurezza per i lavoratori di Tuzla, affinché questa tragica situazione non debba perpetuarsi.
Magor Imre Csibi (ALDE) . – (EN) Signor Presidente, l’Unione europea affonda le proprie radici nella democrazia rappresentativa. Nella nostra veste di deputati al Parlamento europeo abbiamo il dovere di garantire che le politiche europee riflettano la volontà dei cittadini. Vorrei quindi ricordare la diffidenza provocata dal crescente numero di autorizzazioni concesse agli OGM. Parlo a nome della maggioranza dei cittadini dell’Unione europea: infatti, secondo un sondaggio Eurobarometer pubblicato nel marzo di quest’anno, il 58 per cento degli europei è contrario agli OGM. Più di un terzo di loro ritiene di non essere stato adeguatamente informato in merito ai vantaggi e ai rischi connessi all’uso degli OGM nell’agricoltura.
Queste cifre dovrebbero preoccuparci. La Commissione invece continua ad autorizzare l’ingresso di un numero crescente di OGM nel mercato agricolo dell’Unione europea. L’esempio più recente è quello dell’8 settembre, data in cui è stata concessa l’autorizzazione a un altro tipo di seme di soia geneticamente modificato.
Onorevoli colleghi, alla luce di questi fatti propongo di chiedere alla Commissione di lanciare una campagna di informazione in tutta l’Unione europea sui rischi e sui benefici che gli OGM possono comportare per la popolazione e per l’ambiente; a tale campagna dovrà seguire una nuova valutazione. Chiedo quindi alla Commissione di non concedere nuove autorizzazioni per gli OGM finché i cittadini europei non saranno stati adeguatamente informati e si saranno espressi chiaramente su una questione così delicata.
Milan Horáček (Verts/ALE) . – (DE) Signor Presidente, i pilastri fondamentali dell’Unione europea – democrazia, diritti umani, libertà e Stato di diritto – devono essere alla base del nuovo accordo di partenariato con la Russia. Il comportamento della Russia in Georgia ci ha dimostrato, ancora una volta, che essa non è pronta a rispettare lo Stato di diritto e gli accordi internazionali, neanche sotto la presidenza di Dmitrij Medvedev. Il piano in sei punti per la Georgia prevede il ripristino della situazione raggiunta il 7 agosto, ossia il ritiro delle forze russe al di là delle linee su cui erano attestate prima dello scoppio delle ostilità nell’Ossezia del Sud, e non lo spiegamento di un ulteriore contingente di 3 800 effettivi.
I diritti umani vengono calpestati, e la situazione dei prigionieri politici è intollerabile, come dimostra il caso di Mikhail Khodorkovski. Lo stesso vale per il mancato rispetto della Carta dell’energia, che la Russia è tenuta a rispettare in quanto paese firmatario.
Ewa Tomaszewska (UEN) . – (PL) Signor Presidente, l’India è teatro di pogrom contro i cristiani, scatenati dai fondamentalisti indù. Questi tragici eventi fanno seguito all’assassinio di un capo indù, reato che la polizia ha attribuito ai maoisti. Villaggi e scuole cristiani vengono dati alle fiamme; i fondamentalisti indù infatti accusano i cristiani dell’omicidio, senza motivo. A Orissa, più di 40 000 cristiani si sono rifugiati nella giungla, e circa 15 000 vivono in campi profughi senza alcuna protezione da parte della polizia. Più di 20 persone sono state uccise. Nei villaggi di Tangia e Rupagaon i cristiani sono stati bruciati vivi nelle loro stesse case. Almeno 8 persone sono state uccise nella zona di Kandhamal, e almeno 10 chiese sono state date alle fiamme. L’arcivescovo della diocesi di Delhi, Vincent Concessao, ritiene opportuno agire più decisamente per soffocare l’ondata di violenza, ma le autorità locali non stanno adottando le misure necessarie. L’odio per la cristianità si deve combattere senza esitazioni, così come avviene per altre forme estreme di intolleranza.
Pedro Guerreiro (GUE/NGL) . – (PT) Signor Presidente, António Guerreiro, Fernando González, Gerardo Hernández, Ramón Labañino e René González, cinque cittadini cubani colpevoli unicamente di aver difeso la propria patria e i propri connazionali, per evitare che continuassero a essere vittime di azioni terroristiche promosse e organizzate da gruppi con sede a Miami, sono ingiustamente detenuti negli Stati Uniti dal 12 settembre 1998, cioè da quasi dieci anni. In questi dieci anni i cinque cittadini cubani hanno costantemente subito condizioni di illegalità, punizioni intollerabili e disumane, pressioni, ricatti e violazioni dei diritti umani fondamentali, come la crudele imposizione – da parte dell’amministrazione statunitense – di ostacoli e restrizioni alle visite dei familiari. Elizabeth Palmeiros, la moglie di Ramón Labañino, è in attesa di un visto da più di due anni. António Guerreiro non riceve visite dei familiari da più di un anno e mezzo, e Fernando González da più di un anno. Le autorità statunitensi impediscono ad Adriana Perez di far visita al marito, Gerardo Hernández, dal 12 settembre 1998, mentre a Olga Salanueva non viene permesso di far visita al marito, René González, dall’agosto 2000. Chiediamo giustizia, e chiediamo la liberazione di questi cinque patrioti cubani.
Kathy Sinnott (IND/DEM) . – (EN) Signor Presidente, nonostante il clima piovoso, in Irlanda nel passato le alluvioni erano piuttosto rare. Recentemente invece questo distruttivo evento climatico è divenuto un fenomeno annuale o stagionale.
Le cause sono molteplici: l’attività edilizia nelle pianure alluvionali, la scarsa manutenzione dei canali di drenaggio e altro ancora. Ma un fattore decisivo – costituito dalle scelte scorrette in materia di piantagioni forestali – è stato stimolato dai finanziamenti dell’Unione europea negli ultimi vent’anni, ed è quindi opportuno che lo consideriate con estrema attenzione.
Queste piantagioni di abeti, soprattutto se realizzate su terreni montuosi, hanno alterato in modo significativo il drenaggio dei sistemi fluviali irlandesi. Al contempo, la piantagione di foreste e alberi nativi irlandesi è stata molto trascurata, per il modo in cui è stata organizzata l’erogazione dei fondi in passato.
Purtroppo l’Irlanda ha deciso di escludere la silvicoltura dal nuovo programma di sviluppo rurale. Privare le foreste native irlandesi di fondi in questo momento cruciale, proprio quando vi sarebbe bisogno di ulteriori aiuti, è una ricetta sicura per ulteriori disastri, che provocherà altre alluvioni, inquinamento delle acque, accumulo di anidride carbonica e un costante calo della fertilità del terreno.
Il programma comprende alcuni progetti simbolici dedicati alle specie native, ma abbiamo certamente sprecato l’opportunità di utilizzare i fondi disponibili per le specie arboree native nella lotta contro le future alluvioni.
Kinga Gál (PPE-DE) . – (HU) Signor Presidente, onorevoli colleghi, non possiamo limitarci a promuovere il dialogo interculturale; dobbiamo anche proteggerlo se viene attaccato, soprattutto quando i rapporti interetnici vengono quotidianamente compromessi, ai nostri confini, in uno Stato membro dell’Unione.
Si sono già fatte sentire, e forse si aggraveranno ancora, le conseguenze delle volgari e incendiarie affermazioni di Ján Slota, presidente di uno dei partiti di governo della Repubblica slovacca, e delle sue battute trasmesse in un video su YouTube: egli ha invitato a uccidere i rappresentanti politici della minoranza ungherese nella Repubblica slovacca. Ancor più recentemente, ricordiamo la dichiarazione del ministro dell’Istruzione slovacco, il quale ha affermato di voler proibire l’uso ufficiale dell’ungherese in Slovacchia; inoltre, egli dichiara di sostenere i deputati della minoranza ungherese solo perché hanno partecipato a un forum a Budapest, che ha sconvolto i deputati del parlamento ungherese.
La tolleranza nei confronti di dichiarazioni così gravi e dell’istigazione all’odio ha già avuto le prime ripercussioni. Secondo recenti sondaggi di opinione, più del 60 per cento dei quindicenni odia gli ungheresi in particolare, e si dice d’accordo con le dichiarazioni aggressive e sconcertanti pronunciate dai maggiori politici slovacchi nel corso degli anni. Gli ungheresi cominciano ad avere paura. E tutto questo avviene proprio mentre ci apriamo agli altri, e pensiamo che non ci saranno conseguenze, mentre il Parlamento, la Commissione e il Consiglio sono indaffarati e celebriamo l’anno del dialogo interculturale. Vi ringrazio per l’attenzione.
Silvia-Adriana Ţicău (PSE) . – (RO) Circa 60 milioni di cittadini europei, ossia il 15 per cento della popolazione dell’Unione europea, sono a rischio di povertà. Sono state quindi individuate le seguenti priorità per eliminare la povertà: un più alto tasso di occupazione, la lotta all’abbandono scolastico, la sfida alla povertà minorile, l’ammodernamento del sistema di previdenza sociale e l’eliminazione delle discriminazioni. Investire nell’istruzione dovrebbe essere una priorità. Garantire infrastrutture moderne per l’istruzione e migliorare la formazione professionale, la retribuzione e lo status del personale docente sono prerequisiti di un’istruzione di qualità.
Oggi nell’Unione europea si registra un tasso medio di abbandono scolastico superiore al 16 per cento. Molti giovani che abbandonano la scuola giungono da aree rurali e sono costretti a lasciare la scuola a causa della loro precaria situazione economica. Invito quindi gli Stati membri a considerare una priorità lo sviluppo delle infrastrutture scolastiche e la creazione di posti di lavoro, soprattutto nelle zone rurali. Un’istruzione migliore garantisce un tenore di vita decoroso per le giovani generazioni, migliorando quindi la coesione economica e sociale dell’Unione europea. Il futuro dell’UE dipende dalla forza, dal valore, e dalla qualità delle generazioni presenti e future.
Pál Schmitt (PPE-DE) . – (HU) La ringrazio, signor Presidente. Il 15 settembre si è tenuta a Budapest la riunione istitutiva dell’Istituto europeo di innovazione e tecnologia. L’Ungheria e Budapest, la città selezionata come sede dell’istituzione, vantano una grande tradizione nel campo della ricerca scientifica. Basti pensare al fatto che tra i vincitori del Premio Nobel nel ventesimo secolo, si contano dodici scienziati ungheresi che hanno attivamente contribuito a invenzioni di importanza cruciale.
I compiti più importanti della nuova istituzione sono la promozione e il coordinamento della cooperazione tra i centri scientifici europei e l’istituzione di una rete di università, centri di ricerca e soggetti del settore privato che operano nel settore dell’innovazione. Tali obiettivi coincidono con il principio fondamentale della strategia di Lisbona, con l’aspirazione a creare una società fondata sulla conoscenza migliorando la competitività, e con la crescita economica, mentre la creazione di posti di lavoro rappresenta l’elemento centrale.
Signor Presidente, vorrei ringraziare coloro che hanno scelto Budapest come sede di questa importante istituzione; sono convinto che riusciremo a ospitarla nel migliore dei modi. Vorrei attirare la vostra attenzione sul consenso politico senza precedenti che si è raggiunto in Ungheria sulla questione. Mi auguro di cuore che l’istituzione sia un fattore di successo per l’anno della creatività e dell’innovazione, proclamato dall’Unione europea per l’anno prossimo. Grazie per avermi concesso la parola.
Marian Harkin (ALDE) . – (EN) Signor Presidente, meno di due settimane fa la Corte di giustizia delle Comunità europee ha riscontrato che l’Irlanda aveva contravvenuto alla direttiva quadro sulle acque in relazione ad alcuni dei suoi impianti di trattamento delle acque reflue. Personalmente mi compiaccio dell’impegno con cui la Commissione sta cercando di garantire acqua potabile pulita all’Irlanda. La Commissione dell’Unione europea, però, ha l’occasione di costruire su queste basi, concedendo una proroga al Programma di gestione dei rifiuti prodotti da aziende agricole. La data prevista per il completamento dei lavori è il dicembre 2008 ma, date le circostanze eccezionali, i lavori non saranno portati a termine. Se la scadenza non verrà prorogata, come ho detto, il lavoro non verrà portato a termine e nessuno ne beneficerà.
La proroga del programma invece sarebbe una vittoria per la qualità delle acque in Irlanda, per l’ambiente, per gli agricoltori e per la politica della Commissione. Sarebbe ragionevole, da parte della Commissione, prorogare la scadenza per garantire il rispetto della direttiva sui nitrati, anche per dimostrare coerenza con l’applicazione delle politiche dell’Unione europea.
Árpád Duka-Zólyomi (PPE-DE) . – (SK) La Repubblica slovacca, uno Stato membro dell’Unione europea, ha adottato il sistema di valori dell’Unione europea, e di conseguenza deve rispettare i principi della diversità culturale e linguistica della Comunità.
Tuttavia, secondo il recente studio condotto dall’Open Society Fund, il numero di studenti slovacchi che dichiara di odiare la minoranza ungherese è in pericoloso aumento, e più del 63 per cento ritiene che in pubblico gli ungheresi debbano esprimersi esclusivamente in slovacco, limitando l’uso dell’ungherese alla vita familiare. Ed è particolarmente riprovevole che il ministro dell’Istruzione abbia sostenuto questa tesi in parlamento.
La situazione è allarmante. La posizione assunta dal ministro è incostituzionale e contrasta con la legislazione slovacca e con i principi su cui si fonda la democrazia europea. Da quando è stato formato il governo di coalizione di Róbert Fico, la Repubblica slovacca ha vissuto momenti difficili. Le manifestazioni di razzismo, xenofobia e ostilità nei confronti degli ungheresi si sono fatte sempre più frequenti, soprattutto a opera di Ján Slota, il presidente del partito di governo. E’ sorprendente che né il primo ministro, né i rappresentanti dei partiti della coalizione abbiano protestato o espresso alcuna condanna per questa pericolosa e deleteria tendenza.
Slavi Binev (NI) . – (BG) Signor Presidente, onorevoli colleghi, desidero attirare la vostra attenzione sull’ultimo di una serie di scandali che sono scoppiati in Bulgaria in relazione ai 49 milioni di euro spesi dal ministero degli Interni per mezzi speciali di sorveglianza. La spesa sarebbe giustificata se almeno un criminale fosse stato identificato e condannato grazie all’uso di dispositivi di intercettazione e sorveglianza. Al contempo, i funzionari del ministero degli Interni hanno sempre denunciato, in Bulgaria, la mancanza delle più semplici attrezzature per perseguire con successo i criminali.
Dopo di che, pur avendo speso una cifra significativa per 15 aerei di ricognizione, i poliziotti bulgari si limitano a dichiarare di non essere riusciti a individuare l’autore dell’esplosione avvenuta in un bordello clandestino nel centro della capitale. Sulla base di questi fatti, non possiamo che trarre una conclusione. Il ministero degli Interni, insieme ad alcune aziende private, sta truffando i contribuenti bulgari, derubandoli sistematicamente e su vasta scala. I servizi che dovrebbero lottare contro la criminalità, vengono utilizzati a vantaggio del racket politico ed economico, e per avere la meglio sull’opposizione.
Iuliu Winkler (PPE-DE) . – (HU) La ringrazio, signor Presidente. Negli anni a venire, lo sviluppo sostenibile delle economie dell’Unione europea sarà possibile soltanto se rafforzeremo i 23 milioni di piccole e medie imprese dell’Unione, dal momento che esse sono garanzia di quattro quindi dei posti di lavoro creati di recente nell’UE.
Il pacchetto di misure europee per le piccole imprese, lo Small Business Act, pubblicato dalla Commissione nel mese di giugno, riconosce il ruolo centrale svolto dalle piccole imprese nelle economie europee e istituisce un quadro generale per la politica dell’Unione e degli Stati membri. Questo documento propone l’adozione di nuovi regolamenti in settori chiave come la semplificazione delle norme in materia di aiuti di Stato e un maggior rigore della disciplina finanziaria.
Le piccole imprese europee, tuttavia, hanno bisogno di assai più che la semplice volontà politica della Commissione, del Parlamento o degli Stati membri. Alle piccole imprese è necessaria una stesura rapida ed efficace delle nuove norme. Il Parlamento europeo quindi deve assumere un ruolo chiave nell’accelerazione di questo processo. Vi ringrazio.
Katalin Lévai (PSE) . – (HU) Signor Presidente, le idee estremiste e le manifestazioni violente si stanno diffondendo tra la gente, tra i gruppi etnici e sociali, e non di rado tra i popoli e le nazioni. Esistono però gli strumenti politici per mettere un freno a tutto questo, ed è ugualmente possibile ricorrere a misure amministrative e provvedimenti di polizia.
Ma i politici lungimiranti preferiscono esortare al dialogo, non solo al dialogo politico, che spesso conduce al conflitto, ma anche al dialogo culturale. Per poter sostenere un dialogo in campo culturale, dobbiamo innanzi tutto conoscere la nostra cultura.
L’elemento essenziale dell’anno del dialogo interculturale sta nella necessità di conoscere i diversi strati della società, e la vita e il passato delle minoranze, dei gruppi etnici e delle nazionalità – cosa che potrebbe sembrare strana di primo acchito – non soltanto tra paesi diversi ma anche nell’ambito di un singolo paese. L’unità di una nazione e i buoni rapporti tra popoli, gruppi etnici e nazioni sono sostenuti da questo tipo di familiarità, senza la quale non sono possibili.
Nell’anno del dialogo interculturale, ritengo particolarmente importante per tutte le società europee mantenere tra maggioranza e minoranza un dialogo – cui attribuisco un vero valore – perché solo così si potranno sviluppare rapporti veri tra le culture dei paesi europei. E’ un fenomeno europeo che dobbiamo gestire a livello europeo. Vi ringrazio molto.
Dragoş Florin David (PPE-DE) . – (RO) Abbiamo deciso insieme che l’obiettivo della politica energetica europea sarebbe stato quello di ridurre la dipendenza energetica dell’Unione, garantendo al contempo la sicurezza dell’approvvigionamento e la trasparenza dei prezzi. Oggi constatiamo che il mercato europeo del gas è caratterizzato da un notevole dinamismo sotto tutti i punti di vista: politica energetica, attrezzature tecniche, la stessa attività connessa al mercato del gas e la trasparenza dei prezzi, giacché i prezzi rappresentano una componente fondamentale per la tutela dei consumatori europei.
In tale contesto, il conteggio e la fatturazione del gas in relazione ai consumatori finali richiede lo sviluppo di standard adeguati che consentano un metodo di calcolo uniforme, riconosciuto in tutta l’Unione europea, per garantire una misurazione trasparente, ossia equa, corretta e accurata.
Chiedo al Parlamento europeo di adottare tutte le misure necessarie per favorire i controlli sui metodi di conteggio e fatturazione del gas, perché abbiamo riscontrato che in Romania i trasportatori e i distributori di gas non rispettano tali condizioni: il gas viene conteggiato in metri cubi e fatturato in kWh, così che i cittadini non sono in grado di controllare i propri consumi effettivi, che risultano da una formula matematica basata su parametri discutibili.
Proinsias De Rossa (PSE) . – (EN) Signor Presidente, paura e rabbia sono i sentimenti diffusi tra i nostri cittadini in relazione al collasso delle istituzioni finanziarie a livello globale e al relativo e potenziale impatto su pensioni, risparmi e posti di lavoro.
Constato con piacere la presenza del commissario McCreevy, che è qui per partecipare alla discussione che sta per aver luogo. Credo tuttavia che egli debba agire con estrema tempestività in merito alle proposte del Parlamento, per imbrigliare quel “capitalismo d’azzardo” che ci ha spinto sull’orlo dell’abisso economico.
Signor Commissario, se il suo impegno ideologico neo-liberista non le permetterà di farlo, allora dia le dimissioni e lasci il suo posto a qualcun altro, che sia pronto a domare i filibustieri senza scrupoli del mercato. Si richiedono con urgenza nuove e più rigorose norme per regolare il settore bancario e finanziario, ed è necessario porre fine con urgenza alla vostra “normativa morbida”, che talvolta ha voluto dire “regolamentazione zero”.
Per concludere, vorrei ricordare i commenti fatti dall’onorevole McDonald del Sinn Féin, che ha cercato di giustificare la campagna contro Lisbona e adesso richiede la sovranità economica per l’Irlanda nel bel mezzo di una crisi finanziaria globale. Credo che questo dimostri la leggerezza dei sostenitori della “campagna del no”.
Marek Aleksander Czarnecki (ALDE) . – (PL) Con la crisi finanziaria anche la trasparenza dei fondi impegnati in investimenti alternativi dev’essere una questione importante per il Parlamento europeo. E’ infatti diventata una priorità aumentare la trasparenza delle aziende ricorrendo a strumenti giuridici, soprattutto per quanto riguarda il rapporto tra i fondi hedge e quelli di private equity – da un lato – e le aziende di cui tali fondi detengono azioni – dall’altro.
I cosiddetti codici di buona condotta potrebbero fungere da modello, ma non possono sostituire le misure legislative nei casi di comportamento scorretto. E’ essenziale redigere un codice delle migliori prassi per ripristinare l’equilibrio nell’attuale struttura manageriale delle aziende.
La nuova legislazione dovrà anche obbligare i fondi hedge e di private equity a dichiarare e illustrare la propria politica di investimenti, nonché i rischi correlati per individui e investitori istituzionali, per broker assicurativi e organismi di vigilanza.
Milan Gaľa (PPE-DE) . – (SK) Consentitemi di esprimere il mio dolore per il tragico incidente che ha coinvolto un autobus slovacco, vicino alla cittadina croata di Gospič.
Quattordici persone hanno perso la vita, e altre sono rimaste ferite mentre erano in viaggio per le vacanze. Vorrei porgere la mia solidarietà alle vittime e allo stesso tempo ringraziare i croati per il loro comportamento esemplare – che è riuscito ad attenuare l’impatto dell’incidente – e per le cure prestate ai nostri cittadini. In diverse occasioni la Croazia ha dimostrato, con la sua capacità di affrontare i problemi e di risolverli, che il suo futuro è nell’Unione europea.
Emmanouil Angelakas (PPE-DE) . – (EL) Signor Presidente, nelle ultime settimane abbiamo seguito con particolare interesse e preoccupazione gli sviluppi del settore finanziario statunitense.
La decisione del governo degli Stati Uniti di salvare la maggiore compagnia assicurativa con un prestito di 85 miliardi di dollari, la nazionalizzazione di due delle principali società di finanziamento di mutui ipotecari e la bancarotta della quarta banca di investimento hanno diffuso il panico negli Stati Uniti e una notevole inquietudine fra i cittadini europei.
Questo è dovuto al fatto che in un ambiente economico globalizzato, è molto probabile che la crisi raggiunga l’Europa – se non lo ha già fatto – e colpisca il sistema bancario e i redditi dei cittadini europei.
La discussione che si terrà mercoledì al Parlamento europeo, in presenza del Consiglio e della Commissione, dovrà offrire risposte concrete alle seguenti domande:
- l’economia europea è sufficientemente attrezzata per reggere le probabili ripercussioni della crisi che è cominciata?
- qual è il piano d’azione e quali misure specifiche sono state adottate per salvaguardare la situazione finanziaria dei cittadini europei?
- infine, quale politica intende seguire la Banca centrale europea per sostenere le istituzioni finanziarie europee?
Marie Panayotopoulos-Cassiotou (PPE-DE) . – (EL) Signor Presidente, il 26 settembre l’Unione europea celebrerà la propria diversità linguistica. In tale occasione si darà particolare risalto all’idea di lingua come ponte culturale, e alla necessità di incoraggiare l’apprendimento delle lingue straniere e l’abilità di comunicare per superare la barriera linguistica.
Gli eventi celebrativi e le comunicazioni della Commissione trascurano completamente la necessità di mantenere l’insegnamento del latino e del greco antico in Europa, lingue classiche che sono all’origine di molte parole ed espressioni di tutte le lingue europee e di molte altre.
Allo stesso tempo, vale la pena di consultare il Libro verde “Migrazione e mobilità: sfide e opportunità per i sistemi educativi europei”. Il Libro verde fa riferimento al ruolo della direttiva del Consiglio 77/486/CE relativa alla formazione scolastica dei figli dei lavoratori migranti, e assume un atteggiamento critico nei confronti delle azioni frammentarie che sono state adottate negli ultimi 30 anni sulla base di tale direttiva.
Questa è l’occasione per rafforzare l’insegnamento delle lingue dei lavoratori migranti europei.
Zita Pleštinská (PPE-DE) . – (SK) Con la terza crisi politica consecutiva dell’Ucraina si spiega probabilmente il motivo per cui il secondo vertice storico UE-Ucraina tenutosi a Parigi all’inizio di settembre non ha raggiunto conclusioni più ambiziose in merito al conflitto Russia-Georgia.
Mi compiaccio del sostegno espresso ancora una volta dall’Unione europea per la costruzione di una società civile e per i cambiamenti democratici in Ucraina. Esprimo inoltre parere favorevole in merito all’accordo raggiunto per avviare un “dialogo sui visti” che, nel lungo periodo, dovrebbe portare a un regime senza visto da entrambe le parti e in merito al fatto che, nonostante la nuova crisi politica, la strada dell’Ucraina verso l’adesione all’Unione europea rimanga aperta.
Oggi nessuno nutre alcun dubbio sul fatto che la rivoluzione arancione abbia mutato la direzione storica in cui si stava muovendo l’Ucraina. Adesso quindi l’Ucraina deve dimostrare di essere un paese stabile e unito; questa è la sua unica occasione di raggiungere una prospettiva europea.
Sono convinta che il modo migliore per garantire la libertà all’interno, sia quello di tutelarla anche all’esterno delle frontiere dell’Unione europea. Per questo motivo, parteciperò all’undicesima sessione della delegazione del Parlamento europeo in Ucraina che il 2/3 ottobre 2008 si recherà a Kiev e a Jalta.
Credo che la presenza dei rappresentanti del Parlamento europeo in Ucraina contribuirà a calmare la situazione e a ripristinare la stabilità politica in quel paese.
Mikel Irujo Amezaga (Verts/ALE) . – (ES) Signor Presidente, vorrei unirmi a coloro che hanno condannato l’attacco o gli attacchi terroristici – uno dei quali è sfociato in un omicidio – che hanno insanguinato il nostro paese. Il popolo basco è l’unico sventurato paese dell’Unione europea che continua a vivere l’esperienza del terrorismo, ormai da decenni. Personalmente vengo da una famiglia che ha sopportato 40 anni di esilio – la stessa durata del franchismo – e se c’è qualcosa che abbiamo imparato è che nessun obiettivo politico vale la vita di un essere umano. Vorrei concludere dicendo che tutti coloro che credono nel diritto dei baschi all’autodecisione sono convinti che il diritto alla vita è il diritto più importante.
James Nicholson (PPE-DE) . – (EN) Signor Presidente, sappiamo bene che l’aumento dei prezzi del petrolio e del gas stanno avendo effetti disastrosi su molti settori della nostra economia e sui consumatori.
Vorrei attirare la vostra attenzione sull’influenza che questa crisi sta esercitando sul settore agricolo, sul settore della pesca e sulle piccole imprese. Attualmente gli alti costi del combustibile sono stati scaricati sugli agricoltori: i costi stanno aumentando ma gli agricoltori non stanno ricevendo maggiori introiti per coprire l’aumento dei prezzi dell’energia e del gas.
La crisi energetica sta mettendo a repentaglio la crescita della competitività nelle nostre piccole e medie imprese; il calo del potere d’acquisto dei consumatori aggrava la situazione, signor Presidente, e tremo all’idea di quello che succederà quest’inverno, quando milioni di persone non potranno permettersi di pagare il riscaldamento.
Abbiamo visto tutti quello che accadeva nelle stazioni di servizio quando il prezzo del petrolio saliva; ogni volta che si passava davanti a una stazione di servizio, il prezzo era aumentato. Ma adesso che il prezzo è sceso, non è stato riportato al livello più basso. A questo si deve dare una risposta: sono stati raccolti lauti profitti ed è giunto il momento di ridistribuirli sotto forma di prezzi accettabili per i consumatori.
Csaba Sógor (PPE-DE) . – (HU) Signor Presidente, avendo perso due terzi del proprio territorio dopo la prima guerra mondiale, l’Ungheria confina in realtà con se stessa. La rappresentanza politica degli ungheresi che vivono in quelle zone e che ammontano a più di tre milioni in sette paesi, ha consentito loro di conquistare i propri diritti nel secolo scorso ricorrendo esclusivamente a mezzi pacifici.
Da sei anni, circa venti organizzazioni politiche nell’ambito del forum dei rappresentanti del bacino dei Carpazi discutono di opportunità pacifiche per lo sviluppo dei reciproci interessi, e continueranno a farlo: fra i temi in discussione rientrano l’identità, la lingua madre, le relazioni economiche e l’autonomia. Anch’io faccio parte del forum. Quest’anno abbiamo deciso di aprire a Bruxelles un ufficio comune per le attività di lobbying, per sfruttare le opportunità offerte dall’Unione europea.
E’ incomprensibile e inaccettabile che gli sforzi pacifici delle comunità ungheresi vengano accolti con epiteti ingiuriosi dai politici di alcuni Stati membri dell’Unione, che scagliano sulla minoranza ungherese residente nel loro paese un’accusa collettiva di criminalità, e vogliono limitare per i cittadini di etnia ungherese l’uso della loro lingua madre.
Vorrei attirare l’attenzione del Parlamento europeo su questi attacchi, e ricordare ancora una volta la necessità di garantire i diritti comunitari alle minoranze nazionali, nonché di difenderle dall’accusa di criminalità collettiva. L’Unione europea deve assumere un ruolo attivo e preventivo. Vi ringrazio.
Ioannis Gklavakis (PPE-DE) . – (EL) Signor Presidente, la Commissione intende affrontare il problema dei crescenti prezzi dei prodotti alimentari nei paesi in via di sviluppo, finanziando tali paesi con l’erogazione di un miliardo di euro circa.
In tal modo, finanzierà l’acquisto di semi e altre forniture per aumentare la produzione agricola, nutrire la popolazione, ridurre l’inflazione e far scendere i prezzi dei prodotti alimentari.
Dal punto di vista etico e politico è corretto aiutare i paesi in via di sviluppo, ma sarebbe opportuno adottare simili iniziative per assistere gli agricoltori europei, che sono stati colpiti altrettanto duramente dagli aumenti dei prezzi dei prodotti alimentari e da molte altre cause; questo denaro dovrebbe essere considerato una forma di risparmio dovuto alla riduzione dei costi nell’ambito della politica agricola comune (PAC).
Propongo quindi che gran parte del miliardo di euro sia utilizzata per aiutare gli agricoltori europei che si trovano in gravi difficoltà.
Per concludere, consentitemi di esprimere i miei forti dubbi sul corretto utilizzo del denaro da erogare a questi paesi; i paesi dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico (ACP) non hanno alcun modello di sviluppo rurale e sono totalmente privi di sistemi ispettivi. Temo che il denaro andrebbe perso nella burocrazia delle organizzazioni internazionali senza arrecare alcun beneficio reale.
PRESIDENZA DELL’ON McMILLAN-SCOTT Vicepresidente
Presidente . − Dichiaro concluso questo punto all’ordine del giorno.
19. Fondi hedge e fondi di private equity – Trasparenza degli investitori istituzionali (discussione)
Presidente . − Passiamo ora ad una discussione organizzata il mese scorso dal Parlamento europeo con straordinaria preveggenza, che ha anticipato, come nessun altro, gli avvenimenti della settimana scorsa..
L’ordine del giorno reca in discussione congiunta:
– la relazione (A6-0338/2008), presentata dall’onorevole Rasmussen, a nome della commissione per i problemi economici e monetari, recante raccomandazioni alla commissione su fondi hedge e i fondi di private equity [2007/2238(INI)]
– la relazione (A6-0296/2008), presentata dall’onorevole Lehne, a nome della commissione giuridica, recante raccomandazioni alla commissione sulla trasparenza degli investitori istituzionali[(2007/2239(INI)]
Poul Nyrup Rasmussen, relatore. − (EN) Signor Presidente, ben prima della crisi, il gruppo socialista europeo e il partito socialista europeo avevano espresso le loro preoccupazioni sulle tendenze dei mercati finanziari verso un debito eccessivo, la mancanza di trasparenza, l’assunzione di grossi rischi e il pagamento di prezzi troppo bassi e la realizzazione di pacchetti sull’indebitamento eccessivo che in realtà nessuno capiva o su cui poteva intervenire. Avevamo quindi espresso le nostre preoccupazioni come se si trattasse di una nuova bolla finanziaria. Nessuno era in grado di dire quando sarebbe successo, ma ora ci troviamo al centro della tempesta, la “tempesta perfetta”, come ha detto qualcuno.
Sono profondamente convinto che la discussione di questa sera e di domani sarà la più importante discussione mai tenuta in qualsiasi parlamento sui mercati finanziari ovunque in Europa o negli Stati Uniti – discussione e decisioni nel senso che guardiamo avanti per cercare di migliorare la regolamentazione esistente e assumerci un’ampia responsabilità per operare nel miglior modo possibile.
Ora dobbiamo agire. Abbiamo visto che cosa è successo negli Stati Uniti, e, anche se qualcuno dice che la situazione in Europa non è così grave come negli Stati Uniti, posso soltanto dire che l’HBOS, la Northern Rock e molti altri casi simili, bastano a convincermi ad agire. Abbiamo visto le nuove previsioni per le nostre economie, i nostri posti di lavoro, la nostra concorrenza e la nostra capacità d’investimento: secondo me è quanto basta per agire.
Per questo motivo sono orgoglioso di annunciare al Parlamento oggi e domani che il gruppo PSE ha raggiunto un compromesso, dopo difficili negoziati – com’è giusto che sia per un tema così importante – con i gruppi ALDE e PPE-DE. Abbiamo ora davanti a noi una relazione equilibrata che chiede alla Commissione di presentare proposte di legislazione e regolamentazione per tutti gli attori finanziari, ivi compresi i fondi hedge e di private equity. I tempi sono maturi e vorrei ricordare al Parlamento che ora chiediamo requisiti di capitale obbligatori per tutte le istituzioni finanziarie. Chiediamo di allineare i pacchetti retributivi incentivanti (reward packages) ai risultati a più lungo termine per rispecchiare sia le perdite che i profitti. Chiediamo la completa trasparenza dei sistemi di retribuzione di dirigenti e senior manager. Chiediamo di rivelare l’esposizione al debito eccessivo, l’origine e la quantità di fondi raccolti e l’identificazione degli azionisti di tutti i progetti di investimento. Chiediamo di estendere la direttiva che richiede di informare e consultare i dipendenti in caso di acquisizioni comprese le rilevazioni di società con capitale di prestito (leveraged buy-out) da parte di fondi di private equity, e chiediamo misure per “evitare livelli irragionevoli di asset stripping nelle società target”. Chiediamo azioni che evitino l’indebitamento eccessivo causato dai leveraged buy-out, in modo che il livello di leva finanziaria sia sostenibile sia per l’impresa/fondo di private equity che per la società target.
Vorrei chiedere al commissario McCreevy, responsabile per questa materia, di reagire in modo molto concreto a queste proposte. So che sono nuove per lui, ma insisto nel chiedere una tabella di marcia. Abbiamo sollecitato una risposta entro la fine dell’anno, ovvero entro tre mesi. Forse ci sono dei dettagli da discutere, ma lei, Commissario, deve una risposta a questo Parlamento, perché non stiamo parlando di una piccola minoranza, ma di una maggioranza molto ampia in seno al Parlamento.
Vorrei concludere informandola che, quattro o cinque giorni fa, quasi 90 000 persone avevano firmato una petizione rivolta al Parlamento europeo, agli Stati Uniti e ai principali attori a livello mondiale, organizzata dal movimento globale di Internet, Avaaz. Io consegno la petizione a nome di questo movimento ai suoi destinatari. La petizione recita: “Vi sollecitiamo a prendere l’iniziativa per risolvere i problemi di fondo e gli espedienti che hanno reso possibile questa crisi finanziaria, inclusi i problemi basilari del debito e del rischio, degli incentivi e della trasparenza. E’ necessario che voi lavoriate assieme per proteggere il bene comune emanando norme più severe per tutti gli attori del sistema finanziario globale. Siate coraggiosi e noi vi appoggeremo.”
Commissario, lei sarà coraggioso assieme a noi, ci sosterrà e ci darà delle risposte preliminari prima della fine dell’anno? Devo insistere a nome di tutti, su una sua risposta positiva.
Klaus-Heiner Lehne, relatore. − (DE) Signor Presidente, onorevoli deputati, questo dibattito ha luogo, anche se per caso, proprio nel momento giusto. La mia relazione, a tutti gli effetti, riguarda l’altro lato della medaglia.
L’onorevole Rasmussen ha dovuto occuparsi in particolare delle conseguenze sui mercati finanziari, mentre la commissione giuridica, vista la sua competenza, si è occupata ovviamente degli aspetti di diritto societario e, laddove necessario, della necessità di modificare il diritto societario europeo.
Siamo tutti scossi dagli avvenimenti degli ultimi giorni. Il pubblico, i politici e – lo dico chiaramente – anche l’economia onesta. Il problema attuale è che i profitti vengono privatizzati, mentre le perdite vengono nazionalizzate. Sembra quasi una barzelletta che il ministro delle finanze degli Stati Uniti Paulson, che in passato era a capo della Goldman Sachs, ora si trovi nella situazione di dover attingere al gettito fiscale ben 700 miliardi di dollari per eliminare e rimediare allo scempio provocato proprio dal suo settore industriale. E’ davvero triste.
Ci sono sempre più esempi del fatto che il pubblico percepisce l’immagine dell’impresa famigliare classica, che si prende cura dei suoi dipendenti e si prende le sue responsabilità che essa stessa garantisce, come un modello in declino, mentre aumenta l’impressione di essere parzialmente governati, per lo meno nel settore economico, da dirigenti incapaci e da dipendenti che sono pagati molto bene ma non hanno alcuna responsabilità.
Credo che la percezione del nostro sistema di economia di mercato sia spaventosa e che sia necessario, dal punto di vista politico, prendere i provvedimenti necessari per riportare l’ordine e invertire la tendenza.
Questo stato di cose colpisce non soltanto i grandi investitori, ma ora anche quelli piccoli. Colpisce tutti i contribuenti e tutti coloro che dipendono da fondi governativi in quanto è ad essi che bisognerà far ricorso, per svariati miliardi di dollari, al fine di porre un rimedio alla situazione.
Ammetto – la discussione lo ha chiaramente dimostrato ed è incontestabile – che un aspetto di cui ci siamo dovuti inizialmente occupare nello specifico, ovvero il settore dei fondi hedge e di private equity, non è una causa dei problemi che dobbiamo affrontare attualmente anche se al riguardo, – e la discussione in Aula lo ha dimostrato chiaramente, così come le audizioni di entrambe le commissioni – esistono evidenti carenze di armonizzazione e regolamentazione.
E’ stato giustamente detto che questi settori sono regolamentati anche da normative nazionali, più o meno incisive a seconda delle tradizioni nazionali e delle normative dei relativi mercati finanziari di riferimento. Al contempo, però è emerso chiaramente che a livello europeo servono più armonizzazione e maggiori adattamenti per garantire che questi settori, che ormai hanno raggiunto dimensioni critiche, non rappresentino un rischio per i mercati finanziari.
Vorrei replicare ad alcune parole chiave, che sono già state menzionate anche nella bozza di relazione e che tra l’altro erano già state chiarite in seno alla commissione giuridica in giugno, quando nessuno parlava della crisi in cui adesso ci ritroviamo. Mi riferisco ai termini stock lending e short selling. Abbiamo appreso di recente che molte importanti autorità di regolamentazione di mercati finanziari li hanno vietati, e a giusto titolo. All’epoca, avevamo chiesto, e continuiamo a farlo, di esaminare questi temi. Dobbiamo trarre le dovute conseguenze e, se necessario, attivarci a livello legislativo. Dovremmo rivolgere la nostra attenzione, ad esempio, a una miglior identificazione degli azionisti, alla trasparenza, all’inasprimento delle norme ad essa relative considerando che sia le imprese che i loro dirigenti dovrebbero sapere a chi rispondere in modo da agire con responsabilità nei confronti della proprietà.
Ne consegue la necessità, allorché si concedono crediti, di effettuare controlli ragionevoli che consentano di trarre conseguenze chiare e ragionevoli affinché mezzi relativamente limitati non possano innescare meccanismi a catena il cui impatto sfugge a qualsiasi controllo e arreca danni ai cittadini, e non solo.
A margine, mi sia consentito un consiglio: in questo periodo l’industria ha presentato varie proposte di codici concreti, di autoregolamentazione e di comportamento. Il semplice fatto che queste norme siano state elaborate, anche se per il momento hanno carattere puramente volontario, dimostra che il settore stesso riconosce la necessità di regolamentazione. Riflettiamo dunque anche noi per vedere se sia possibile intervenire in materia.
L’asset flipping è un altro tema di cui dobbiamo occuparci. Il diritto societario deve affrontare questo aspetto perché non dobbiamo permettere di saccheggiare le nostre imprese. Ci aspettiamo una proposta concreta in tal senso da parte della Commissione. La presente relazione è conforme all’articolo 192 che prevede una risposta della Commissione. Speriamo di riceverla presto.
Charlie McCreevy, membro della Commissione. − (EN) Signor Presidente, vorrei ringraziare la commissione per i problemi economici e monetari, la commissione giuridica e in particolare i due relatori, l’onorevole Rasmussen e l’onorevole Lehne, per il lavoro che hanno svolto nel preparare le due relazioni.
Un anno fa, pochi avrebbero immaginato che la situazione dei mercati finanziari potesse diventare così grave. E gli effetti della crisi continueranno a farsi sentire a lungo. E’ cominciata con la vendita sconsiderata di mutui negli Stati Uniti, promossa da banche e altri soggetti che non tenevano conto delle norme sui prestiti che scaricavano ad altri attraverso la cartolarizzazione.
Intervenivano quindi le agenzie di valutazione dei crediti che conferivano rispettabilità a questi prodotti ad alto rischio assegnando loro un basso rischio d’insolvenza. Le istituzioni finanziarie di tutto il mondo hanno fatto incetta di questi prodotti senza fare, apparentemente, una seria valutazione dei rischi.
Alla luce degli avvenimenti di quest’ultimo anno sembra incredibile che i responsabili delle istituzioni finanziarie avessero una così scarsa percezione dei rischi che si stavano assumendo. Sicuramente il volume dei profitti che affluiva scoraggiava ogni più seria analisi di tali rischi. Nemmeno gli organi di vigilanza, del resto, sembravano comprendere meglio i rischi derivanti da questi prodotti enormemente complessi che venivano talmente suddivisi, ripartiti e quindi ricompattati che nessuno sapeva dove si trovava il rischio reale. Alcuni mesi fa un osservatore ha paragonato questa crisi alla visione di un incidente ferroviario al rallentatore. La settima scorsa invece abbiamo assistito ad una folle accelerazione della crisi.
Le azioni concertate delle principali banche centrali mondiali e l’annuncio delle misure varate dalle autorità statunitensi hanno riportato un po’ di calma sui mercati. Dobbiamo esserne lieti, data la situazione estrema in cui le autorità preposte si trovano ad operare. Sono lieto altresì che le autorità americane abbiano riconosciuto la necessità di ricomprendere nelle loro proposte anche altri titoli detenuti da alcune istituzioni finanziarie non statunitensi.
In Europa possiamo quantomeno rallegrarci per non essere stati colpiti nella stessa misura degli Stati Uniti. Sebbene le banche europee soffrano in modo analogo per la reciproca mancanza di fiducia nel concedere prestiti, la situazione non è grave come negli Stati Uniti. Ma nessuno può dirsi ancora in salvo. Ci aspetta una situazione difficile a livello commerciale. La flessione dell’economia avrà le sue conseguenze. Vigilanza e trasparenza sono essenziali se si vuole riportare la fiducia nei mercati. A livello europeo dobbiamo continuare a migliorare i nostri meccanismi di controllo per le istituzioni di vigilanza transfrontaliere. E’ un’occasione che non dobbiamo perdere.
Tutto ciò mi porta a credere che, quando tutto questo avrà fine, avremo un settore di servizi finanziari diverso e avremo anche un diverso quadro normativo. Se viene meno la morale, non si può pretendere che siano i contribuenti a pagare il conto dei rischi eccessivi e irresponsabili assunti da istituzioni private.
L’assetto definitivo delle nuove misure da adottare in futuro procederà di pari passo con la comprensione della crisi e l’adozione delle contromisure più opportune. Dobbiamo continuare a collaborare strettamente con le altre autorità di regolamentazione perseguendo, laddove possibile, un’identità di vedute.
Come molti di voi sanno, siamo già intervenuti. La Commissione lavora da un anno ad una tabella di marcia concordata dal Consiglio dei ministri delle finanze e approvata dal Consiglio europeo. Abbiamo continuato a modulare la nostra reazione seguendo l’andamento della crisi.
Abbiamo già adottato provvedimenti per migliorare la convergenza e la cooperazione tra le autorità di vigilanza. Le autorità di vigilanza dell’UE, i ministri delle finanze e le banche centrali hanno concordato un nuovo protocollo d’intesa – attualmente in fase di attuazione - che stabilisce principi comuni, ivi compresa la creazione di gruppi transfrontalieri di stabilità. . Abbiamo rafforzato i sistemi di garanzia dei depositi e istituito un gruppo speciale per esaminare gli effetti di prociclicità degli attuali strumenti, compresi Basilea 2 e l’IFRS; il gruppo presenterà una relazione entro la fine dell’anno. In stretta cooperazione con il Forum per la stabilità finanziaria, l’IASB ha istituito un gruppo consultivo sulla valutazione equa e si sta occupando anche delle voci fuori bilancio. Il settore ha fornito dati importanti che migliorano la trasparenza per le autorità di regolamentazione del mercato della cartolarizzazione. La Commissione sta esercitando pressioni per affinare ulteriormente tali informazioni al fine di migliorare la trasparenza per le autorità di regolamentazione.
Alla luce di queste attività e di altre di cui riferirò in seguito, i deputati non saranno sorpresi nell’apprendere che posso accogliere favorevolmente molti dei punti della relazione Rasmussen. La cosa importante è individuare i provvedimenti fondamentali e dar loro attuazione.
Come ho detto in precedenza, le turbolenze del mercato hanno fatto emergere l’inadeguatezza della gestione del rischio da parte delle grandi istituzioni finanziarie e hanno evidenziato una serie di aree deboli dal punto di vista normativo su cui ora dobbiamo intervenire. L’onorevole Rasmussen ha segnalato nella sua relazione molte delle aree più urgenti: i conflitti d’interesse delle agenzie per la valutazione dei crediti, la necessità di migliorare la valutazione delle attività illiquide e il disallineamento degli incentivi nel modello “originate and distribute”.
Nel corso dell’ultimo anno ho tenuto informati i deputati, in plenaria e in particolare nella commissione per i problemi economici e monetari, sul lavoro da noi svolto per migliorare i requisiti relativi al capitale delle banche, e sulle mie idee per la regolamentazione delle agenzie per la valutazione dei crediti. Siamo tutti d’accordo, credo, sulla necessità di rafforzare i requisiti di capitale e sull’obbligo di trasparenza e due diligence per i prodotti strutturati. Abbiamo lavorato per modificare la direttiva sui requisiti patrimoniali, che migliorerà la gestione delle grandi esposizioni e la qualità del capitale mediante un’armonizzazione di trattamento del capitale ibrido. Abbiamo anche esaminato la possibilità di rafforzare la vigilanza dei gruppi bancari internazionali.
Nelle prossime settimane proporrò alla Commissione due diverse misure di regolamentazione per affrontare questo ed altri temi: innanzitutto un emendamento della direttiva sui requisiti patrimoniali e poi un regolamento sulle agenzie per la valutazione dei crediti. Conto sull’appoggio del Parlamento europeo a queste proposte che ritengo in linea con le richieste espresse nella relazione in oggetto.
In entrambe la relazioni si parla di fondi hedge e di private equity. Nel corso degli anni abbiamo avuto alcuni interessanti scambi di opinione su tali fondi. Credo di poter dire che concordiamo sul fatto che essi non siano stati la causa dell’attuale crisi dovuta invece alla mancanza di regolamentazione che ha consentito l’uso di strumenti di cartolarizzazione poco comprensibili.
Non credo che in questa fase sia necessario trattare i fondi hedge e di private equity alla stessa stregua del settore della regolamentazione. Le questioni legate ai problemi attuali sono diverse. Non dimentichiamo che questi fondi sono regolamentati negli Stati membri. I gestori di fondi hedge e di private equity sono entità autorizzate e sono oggetto di vigilanza in tutta l’Europa. Essi sono sottoposti alla stessa disciplina sugli abusi di mercato degli altri attori dei mercati finanziari. Sono vincolati da obblighi simili in materia di trasparenza e consultazione quando si tratta di investire in società pubbliche. L’esposizione del settore bancario ai fondi hedge e di private equity soggiace alla direttiva sui requisiti patrimoniali.
Ma questo non significa fingere di non vedere i fondi hedge e di private equity. L’evoluzione di questi modelli di impresa e il cambiamento del loro ruolo nei mercati finanziari richiede alle autorità di regolamentazione di tutto il mondo di continuare a vigilare. E’ il settore stessi che deve assumersi tutte le responsabilità derivanti dal godere un ruolo prominente nei mercati finanziari europei e mondiali. Numerose e recenti iniziative di mercato indicano che il messaggio è stato recepito. Il nostro ruolo dovrebbe essere quello di monitorare da vicino questi ed altri sviluppi del mercato ed essere pronti a reagire se e quando necessario.
Accolgo con favore i suggerimenti costruttivi per il sostegno e il funzionamento del mercato unico e colgo l’occasione per informarvi che la Commissione sta lavorando sui collocamenti privati e sul capitale di rischio.
Concordo con l’onorevole Lehne nel dire che un livello sufficiente di trasparenza è condizione essenziale per la fiducia degli investitori ed è quindi indispensabile se vogliamo che i mercati finanziari funzionino in modo efficace.
La relazione presenta un elenco di norme sulla trasparenza che oggi si applicano ai vari attori dei mercati finanziari nell’Unione europea. A mio avviso è importante che fornire al mercato un livello sufficiente di informazioni chiare e utili. Dobbiamo trovare un giusto equilibrio tra la necessaria confidenzialità delle informazioni tipica degli strumenti d’investimento e le legittime necessità degli investitori, delle controparti, delle autorità di regolamentazione e delle società oggetto dell’investimento.
Sono pertanto lieto che, prima di pensare a introdurre una nuova legislazione, la relazione sottolinei la necessità di analizzare l’impatto delle disposizioni già esistenti in questo campo sia a livello comunitario che degli Stati membri.
La Commissione è già fatto molto. Abbiamo svolto consultazioni approfondite nell’ambito della nostra iniziativa per i diritti degli azionisti, nel corso delle quali abbiamo esaminato molti dei punti citati nella relazione quali, ad esempio, lo stock lending e la questione dell’identificazione degli azionisti.
Inoltre, abbiamo pubblicato di recente un bando di gara per uno studio esterno che esaminerà l’attuazione della direttiva sulla trasparenza negli Stati membri. Lo studio dovrebbe essere disponibile l’anno prossimo e costituirà la base di una valutazione generale della direttiva, ivi comprese le soglie di notifica.
Come i deputati ricordano, nella primavera di quest’anno, la Commissione ha adottato una comunicazione che definiva il suo approccio ai fondi sovrani di investimento. Avevamo concluso che queste misure erano adeguate ma anche sufficienti per affrontare i temi che ora sono oggetto di discussione. Tale impostazione era stata approvata dal Consiglio europeo, ma vedo che la commissione giuridica non condivide pienamente questa valutazione.
Vorrei fare alcune brevi osservazioni al riguardo. In primo luogo, dovremmo riconoscere che i fondi hedge e di private equity per molti aspetti non sono unici: al giorno d’oggi altri investitori istituzionali hanno obiettivi simili e usano ormai tecniche analoghe. Se, a fronte di tale situazione volessimo imporre obblighi specifici per i fondi hedge e di private equity, finiremmo col discriminare queste categorie di investitori.
In secondo luogo, non dovremmo commettere l’errore di percepire tutte le attività dei fondi hedge e di private equity come una minaccia per il mercato ma dovremmo anche essere consapevoli dei loro effetti positivi. Vorrei essere chiaro: l’economia dell’UE avrà bisogno in futuro di investimenti massicci: senza i fondi sovrani di investimento, i fondi di private equity e simili, la ripresa dell’Europa sarà molto più lunga.
In terzo luogo, concordo sul fatto che certe tecniche, come lo stock lending e l’uso dei derivati pongano delle sfide ai modelli di governance consolidati. Si tratta di un settore che intendiamo seguire con molta attenzione assieme alle autorità di vigilanza nazionali nel prossimo futuro.
In conclusione, queste due relazioni saranno dei contributi significativi alla nostra riflessione in corso e mi congratulo pertanto con i deputati. La Commissione esaminerà le vostre raccomandazioni e riferirà come previsto dall’accordo quadro. Ribadisco il nostro fermo impegno per reagire a questa crisi con provvedimenti atti a riportare fiducia e stabilità.
Sharon Bowles, relatore per parere della commissione per i problemi economici e monetari. − (EN) Signor Presidente, vorrei dire al commissario che, nell’attuale crisi, si vede chiaramente il legame esistente tra tutte le istituzioni. Ed è altrettanto chiaro e logico che la regolamentazione sia rivolta alle funzioni e non alle entità. Sarebbe sbagliato se una società privata dovesse rispettare regole diverse dagli altri solo perché appartiene a un fondo di private equity.
Ogni medaglia ha due facce. Tra le frequenti critiche di questa settimana sullo short selling, non dimentichiamo gli stock lender. L’attenzione degli investitori – e anche delle autorità di vigilanza – deve essere rivolta non soltanto alle attività di chi prende in prestito azioni (share borrower), ma anche alle politiche in materia di prestiti dei fondi pensione e di altri fondi. Abbiamo affrontato questo punto quando abbiamo votato sul prestito di azioni. Quando parlo di due lati della stessa medaglia intendo anche che rafforzare la trasparenza servirà soltanto se ciò avverrà con la dovuta diligenza, e non sarà poi smentito nei fatti. Infine, i codici volontari hanno davvero un ruolo importante e risultano efficaci laddove noi non riusciamo ad esercitare un’attività di regolamentazione. Non devono tuttavia rimanere di competenza esclusiva del settore ma devono essere resi pubblici, essere facilmente accessibili e richiedono una costante azione di revisione e monitoraggio.
Harald Ettl, relatore per parere della commissione occupazione e affari sociali. − (DE) Signor Presidente, si continua a dire che il 2007 sia una possibile continuazione della crisi dei mutui. Abbiamo cercato di confutare tali affermazioni. Se così fosse, nel giugno 2007 avremmo dovuto sentire molte grida d’allarme allorché due fondi hedge gestiti dalla banca di investimenti Bear Stearns di New York furono travolti in quanto pesantemente gravati da titoli garantiti da beni immobili. E questo fu soltanto l’inizio! Col tempo è diventato sempre più chiaro come queste imprese di servizi finanziari si siano sviluppate grazie a livelli di trasparenza così bassi. Alcuni hanno tratto grossi profitti, in settori ad alto rischio naturalmente, mentre oggi noi ci troviamo di fronte a una classica nazionalizzazione delle perdite. Non sono soltanto i giornalisti e gli economisti americani a descrivere la situazione in questi termini. Anche noi, nell’Unione europea, nel Parlamento europeo dobbiamo per forza di cose modificare il nostro punto di vista, sebbene in ritardo. Sarebbe preferibile che la Commissione prendesse una posizione in merito.
Entrambe le relazioni – la relazione Rasmussen e la relazione Lehne – dimostrano quanto sia necessario intervenire. Ormai dovrebbe essere chiaro a tutti gli attori politici che il mercato non è in grado di autoregolamentarsi. Anche la Commissione ora dovrebbe esserne consapevole. I fondi hedge e di private equity sono importanti datori di lavoro, ma secondo molti sistemi giudiziari, ora hanno perso questa funzione e quindi sono sollevati dai loro obblighi in quanto datori di lavoro. Questo non è accettabile, la mancanza di trasparenza è eccessiva! Nel frattempo, migliaia di posti di lavoro sono stati messi a rischio dalla crisi finanziaria.
Abbiamo bisogno di regolamentazione, vigilanza, trasparenza, partecipazione dei lavoratori e informazioni nel settore dei fondi pensione, pesantemente coinvolti nei fondi hedge e di private equity.
Per la commissione occupazione e affari sociali è importante che non si chieda ai lavoratori di pagare due volte, signor Commissario, una volta a causa della crisi finanziaria e una seconda volta in quanto coinvolti nella gestione a rischio dei fondi pensione. Per evitare che ciò avvenga, la direttiva 2003/41/CE dovrebbe per lo meno garantire che i lavoratori siano informati direttamente o indirettamente dagli amministratori sul tipo e sul rischio d’investimento delle loro pensioni e devono avere influenza nella decisioni. Questo è soltanto uno dei molti aspetti che abbiamo evidenziato nella nostre relazioni e nei nostri pareri.
Signor Commissario, ora le si chiede di fare qualcosa. So che possiamo parlare di molte cose, ma lei ha il dovere di esserci. La legislatura non è ancora conclusa. Vorrei attirare la sua attenzione su questo punto.
Kurt Joachim Lauk, a nome del gruppo PPE-DE. – (DE) Signor Presidente, onorevoli deputati, in origine questa relazione era rivolta ai fondi hedge e di private equity, ma ora riguarda l’intero sistema finanziario, che è completamente crollato.
La crisi attuale è l’odiosa conseguenza di una mania di credito e, nello specifico, dell’espansione eccessiva del debito. La Federal Reserve ha mantenuto i tassi di interesse troppo bassi troppo a lungo fornendo di fatto un incentivo al credito.
Abbiamo predisposto la relazione sulla base della situazione attuale e, assieme ai colleghi del gruppo dell’Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa, abbiamo raggiunto un accordo con l’onorevole Rasmussen che copre l’intero sistema finanziario. Siamo lieti che sia passata praticamente all’unanimità alla commissione per i problemi economici.
Non possiamo più contare sugli standard americani e sulla fissazione di standard nel sistema finanziario internazionale. Dobbiamo creare nuove opzioni, le nostre, opzioni europee;abbiamo proposto di adottare un’intera serie di punti e di concludere le discussioni su di essi.
Dobbiamo iniziare includendo tutte le istituzioni finanziarie che lavorano con la leva finanziaria nella specifica valutazione del rischio. Quindi decidiamo che, all’interno del sistema finanziario, i criteri per la fissazione del capitale in funzione del rischio devono valere per tutti gli attori. Infine, dovremmo dettare una normativa per i promotori e i broker finanziari e le relative provvigioni. Le agenzie per la valutazione dei crediti – come già sottolineato dagli onorevoli Rasmussen e Lehne – devono colmare le lacune in materia di informazione e mettere in luce eventuali i conflitti d’interesse.
Dobbiamo decidere se considerare le agenzie per la valutazione del rischio responsabili delle loro valutazioni come avviene per quelle di revisione. Dobbiamo anche decidere se i derivati devono essere negoziati obbligatoriamente in Borsa, magari con l’eccezione degli swap sui tassi d’interesse. Inoltre, chiediamo che i consigli di amministrazione delle banche assicurino che i loro premi tengano conto non soltanto degli andamenti positivi ma anche di eventuali. Ciò significa che gli incentivi per i banchieri si applicano nella buona e nella cattiva sorte.
L’avidità era e continua ad essere una cattiva consigliera di strategie finanziarie. In questi ultimi anni abbiamo trovato un partner affidabile nella BCE che, nell’insieme, ha reagito in maniera più ragionevole ed equilibrata rispetto alla Federal Reserve. Lo possiamo dire col senno di poi. Nell’area dell’euro abbiamo urgente bisogno di una vigilanza bancaria europea perché non possiamo continuare ad accontentarci soltanto della vigilanza nazionale. Ciò significa che, alla fin fine, ipotizziamo la nascita di istituzioni o di associazioni volontarie per valutare meglio gli attori del settore e prevenire in tal modo un’altra crisi di questa portata.
Ieke van den Burg, a nome del gruppo PSE. – (EN) Signor Presidente, vorrei dire all’onorevole Lauk che, sebbene egli possa sostenere la relazione redatta dall’onorevole Dăianu e da me sulla vigilanza europea, questa relazione non ha avuto il sostegno del PPE.
Vorrei dire al commissario che ritengo incredibile che egli non abbia ancora reagito ai temi fondamentali della relazione. Ci ha semplicemente detto che la Commissione monitora e segue con attenzione gli sviluppi e poi ha detto che i fondi hedge e di private equity hanno anche un’influenza molto positiva e ci ha invitati a una riflessione sul tema.
E’ come sentirsi dire che sta arrivando un uragano o uno tsunami e che dovremmo riflettere sugli aspetti positivi dell’acqua e dell’aria! E’ ridicolo.
(NL) Continuerò in olandese perché desidero concentrarmi su due questioni particolarmente importanti che riguardano la relazione dell’onorevole Lehne. Una di queste – già citata dal collega – è lo stock lending e lo short selling. Si tratta di un tipico esempio dell’incapacità della Commissione di essere al passo coi tempi. Abbiamo sollevato la questione della necessità di intervenire sullo stock lending, cioè prestare e prendere in prestito azioni, molto tempo fa, perché veniva adoperato in modo scorretto nei confronti delle società nelle campagne di fondi hedge . Ora, finalmente, le autorità di vigilanza dei mercati finanziari – solo alcune e solo in alcuni paesi – l’hanno fatto. Non si tratta però di un’azione coordinata europea ma, ancora una volta, di iniziative a livello nazionale. Se solo avessimo avuto a disposizione i provvedimenti adeguati avremmo potuto anticipare i tempi e forse evitare determinate inadempienze, il crollo di alcune banche o compagnie di assicurazione.
Questa è un’ulteriore dimostrazione del fatto che siffatte situazioni trascendono i rispettivi settori e che la vigilanza settoriale delle banche, delle compagnie di assicurazione o dei titoli è di per sé insufficiente. Dobbiamo coordinare la vigilanza, garantire l’anticipo di questi titoli da ambo le parti e evitare il ripetersi di situazioni analoghe.
La seconda questione riguarda i sistemi di retribuzione. Nella relazione abbiamo affermato che è molto importante mettere un freno alle retribuzioni e consentire alle assemblee degli azionisti di votare sulla politica delle retribuzione. Ho notato con piacere che nel dibattito di questa settimana sul futuro fondo di emergenza negli Stati Uniti, i miei colleghi democratici al Congresso hanno auspicato che una delle condizioni per poter beneficiare di questo fondo sia la riduzione di stipendi e premi esorbitanti per i dirigenti.
Dopo tutto sarebbe pazzesco, se Goldman Sachs e Morgan Stanley, che si stanno sottoponendo a vigilanza e che desiderano utilizzare questi fondi pubblici, continuassero a distribuire premi milionari. E’ giusto che anche in Europa si vada al di là delle raccomandazioni di alcuni anni fa. Vorrei chiedere al commissario cosa intende fare a questo proposito, visto che è ormai ora di agire.
Sharon Bowles, a nome del gruppo ALDE. – (EN) Signor Presidente, mi dispiace ma intervengo nuovamente. Come ha detto l’onorevole Rasmussen, queste relazioni sono equilibrate, anche se alcuni potrebbero essere più inclini a certa stampa piuttosto che altra. Sentiamo parlare già da anni di fondi hedge e di private equity, ma ora che siamo coinvolti nell’attuale crisi finanziaria, è normale preoccuparsi del debito e della leva finanziaria. Tuttavia, questa è un’opportunità per chiarire le cose e fare una revisione generale del problema dell’esposizione finanziaria alla base della attuale crisi nonché di altre questioni legate al rischio e al debito, ivi compresi i fondi hedge e di private equity.
Le relazioni convengono sulla necessità di un’impostazione di tipo non discriminatorio basata su sani principi e prendendo in dovuta considerazione la proporzionalità. Bisogna agire nel contesto degli sviluppi internazionali e, soprattutto in modo intelligente. Se da un lato il debito e la sua corretta gestione sono un tema di scottante attualità, non bisogna dimenticare un’altra questione, quella dei rendimenti e del conflitto di interesse. E’ chiaro che la stabilità dei mercati richiede l’adozione di provvedimenti volti ad assicurare un ritorno adeguato per investimenti a più lungo termine. Sono d’accordo nell’estendere questo principio a tutti i settori, non per approvare la nozione che tutti i fondi di private equity e il capitale di rischio abbiano come motivazione l’asset stripping: sicuramente questo non è il modo migliore per trasformare una società in fallimento in una società redditizia o vendibile. Infatti, esistono già leggi nazionali per evitare l’asset stripping, ma vengono usate raramente. Per questo motivo non credo che un provvedimento europeo potrebbe costituire un passo in avanti.
Per tornare poi nuovamente alla questione della regolamentazione come alternativa ai codici volontari, molti di questi codici sono in fase di realizzazione soltanto ora e dobbiamo dar loro il tempo di funzionare. Inoltre sono più semplici da aggiornare ma, come ho detto in precedenza, non sono una questione privata; la fiducia del pubblico deve rientrare in questa equazione. Sono pertanto lieta che la mia proposta di un sito web unico come registro dei codici volontari con link utili che rimandino ai requisiti di conformità sia stata accettata dai colleghi come strumento potenzialmente utile e spero che il commissario ne tenga conto.
Per quanto riguarda la trasparenza, è importante riconoscere che gli investitori pubblici e le autorità di vigilanza necessitano di livelli d’informazione diversi e che le informazioni devono essere adatte allo scopo. Anche nell’ambito degli investitori professionali è inaccettabile seppellire le informazioni in quello che io definirei “spam legale”. Le autorità di vigilanza dovrebbero avere tutte le informazioni di cui necessitano, ma bisogna fare attenzione ai settori in cui le informazioni non devono diventare di dominio pubblico.
Da ultimo, siamo entrati nei delicati settori della cartolarizzazione e delle agenzie per la valutazione del credito. So che al commissario piace l’idea del mantenimento, ma chiaramente questo è solo uno degli strumenti disponibili; al riguardo vorrei sollecitarlo ad essere pronto a cambiare strumenti e a non voler chiudere la partita troppo in fretta. Per quanto riguarda le agenzie di valutazione, è necessario avere un maggior controllo della situazione, ma attenzione ai rischi derivanti dalla frammentazione di un sistema di valutazioni accettate a livello internazionale. Ancora una volta si tratta di due settori in cui, come ho già avuto modo dire, dobbiamo dar prova di intelligenza ricordando sempre però che l’intelligenza viene prima della vendetta.
Eoin Ryan, a nome del gruppo UEN. – (EN) Signor Presidente, questa relazione giunge senz’altro in un momento molto interessante visto che stiamo attraversando un periodo di sconvolgimenti economici senza precedenti e gli ultimi avvenimenti ci hanno reso tristemente consapevoli di alcuni difetti, debolezze e abusi del mercato finanziario.
Nessun settore o raggruppamento ne è uscito illeso o senza macchia. Non si può invocare il ritorno alle vecchie regole. Negli Stati Uniti stessi assistiamo a modifiche radicali nel panorama dell’alta finanza. Si devono fare dei cambiamenti anche qui in Europa ma anche nel mondo.
In un’atmosfera finanziaria così tesa, si può essere tentati di scaricare le colpe su determinati attori o enti finanziari. La scarsa comprensione di cui sono circondati i fondi hedge e il loro funzionamento, spesso li rende adatti ad essere usati come capri espiatori.
Tuttavia, dobbiamo ricordarci che non sono stati né i fondi hedge né quelli di private equity a portare alla crisi finanziaria in corso e che invece essi hanno talvolta fornito iniezioni di liquidità al mercato fortemente necessarie.
Dovremmo anche ricordare che la crisi cominciata in America era dovuta a cattive pratiche bancarie, ma il settore bancario europeo, seppure duramente colpito, sembra essere in una posizione migliore per affrontare questo problema rispetto a quanto lo siano quelle banche negli Stati Uniti.
Ciononostante, non dobbiamo negare che esistono problemi e difetti nella struttura e nel funzionamento di molti strumenti d’investimento, ivi compresi gli investimenti alternativi. Non basta rappezzare la situazione con interventi isolati: bisogna procedere ad una riforma vera e propria di cui si avverte l’esigenza a livello globale.
Credo che la relazione emersa dalla commissione problemi economici e monetari, sotto la guida dell’onorevole Rasmussen, rispecchi queste preoccupazioni. Nell’ottica di una finanza sana e di una competitività a lungo termine, non dobbiamo e non possiamo non tener conto del rischio costruttivo. Nonostante il titolo, questo testo non cerca di denigrare i fondi hedge e di private equity ma sottolinea invece la necessità di una riforma generale del mercato, di maggior trasparenza e invoca una regolamentazione basata su sani principi.
Accolgo favorevolmente i commenti fatti dal commissario questa sera e sono certo che saprà reagire alla situazione in cui ci troviamo.
Il sistema finanziario è per sua natura internazionale e serve una vigilanza internazionale di questi mercati in un contesto globale. Per garantire la stabilità economica globale dobbiamo lavorare assieme per trovare il modo migliore di procedere, per restituire credibilità e fiducia alle istituzioni finanziarie e al mercato per i cittadini del mondo, ma anche per i cittadini europei, per i loro fondi pensione e per i loro risparmi.
Pierre Jonckheer , a nome del gruppo Verts/ALE. – (FR) Signor Presidente, signori Commissari, onorevoli relatori, credo che questa relazione così come adottata dalla commissione per i problemi economici e monetari sia una buona relazione e dovremmo essere grati all’onorevole Rasmussen in particolare, per aver insistito per tanti mesi sulla necessità di un intervento europeo più incisivo nei settori oggetto del dibattito di questa sera.
Ciononostante, il mio gruppo ha ripresentato una serie di emendamenti che – anche se può sembrare strano – sono stati redatti non da noi, ma dallo stesso onorevole Rasmussen. In altre parole, si tratta di proposte importanti – cioè quelle sulla costituzione di un organo di vigilanza a livello comunitario e di un sistema europeo di registrazione e approvazione delle società che gestiscono attività e fondi (emendamenti nn. 6 e 7) e sull’introduzione di un limite di debito per i fondi d’investimento di capitale (emendamento n. 9) – che l’onorevole Rasmussen aveva presentato, ma che, per motivi peraltro comprensibili, aveva poi deciso di ritirare al fine di assicurare una maggioranza in Aula, ovvero una maggioranza costituita dal gruppo PPE e dai liberali.
Secondo me, questi emendamenti – che riguardano alcuni punti sollevati nei documenti di lavoro, che noi consideriamo interessanti e meritevoli di appoggio – sono stati ritirati perché sia in questa sede che sicuramente anche al Consiglio e alla Commissione, coesistono due scuole di pensiero: la prima sostiene che abbiamo già abbastanza norme, sia a livello europeo che nazionale e che qualsiasi problema può essere risolto con l’autoregolamentazione del settore finanziario mentre la seconda, cui appartiene l’onorevole Rasmussen (e non è l’unico) afferma da anni che l’attuale sistema di vigilanza dei mercati finanziari è insufficiente.
Il motivo per cui non si è fatto niente, Commissario McCreevy, secondo me, non è stato perché non potevamo prevedere, o non conoscevamo, la situazione. Nel corso degli anni si sono levate numerose voci autorevoli, soprattutto in seno al Forum per la stabilità finanziaria, per attirare l’attenzione della autorità pubbliche sui rischi cui si andava incontro.
In generale, lei e la Commissione Barroso avete privilegiato un approccio piuttosto permissivo giudicando sufficienti le disposizioni attuali. Adesso il Parlamento vi chiede di cambiare approccio. Non so se sarete in grado di farlo, ma credo sia necessario.
Personalmente, vorrei insistere su tre punti già citati da altri oratori e che stanno particolarmente a cuore agli ambientalisti. Sappiamo che per realizzare il pacchetto climatico ed energetico saranno necessari investimenti considerevoli, con tassi di redditività e profitti relativamente modesti.
Strumenti finanziari come i fondi hedge o di private equity non sono appropriati e aspettiamo che le autorità bancarie e monetarie europee riformulino proposte che erano già state avanzate in passato: penso alle proposte di Jacques Delors all’inizio degli anni novanta e a un ruolo più cospicuo della Banca europea degli investimenti per garantire investimenti a lungo termine con tassi di redditività modesti.
Sarà difficile stabilizzare il sistema finanziario – la relazione Rasmussen lo dice esplicitamente – senza un attacco deciso ai centri finanziari offshore e ai paradisi fiscali, altro esempio di settori in cui la Commissione Barroso stenta a imporsi. Infine, a proposito della corporate governance – già citata da altri oratori – dovremmo interessarci maggiormente alla politica delle remunerazioni e degli incentivi dei gestori dei fondi di investimento. Sono inaccettabili e costituiscono una minaccia per l’economia nel suo insieme.
Konstantinos Droutsas, a nome del gruppo GUE/NGL. – (EL) Signor Presidente, a nostro avviso decidere se affrontare la crisi del credito con un risoluto rispetto della legislazione comunitaria esistente oppure con norme nuove e più rigide è una falsa dicotomia. Nessuna delle due scelte può ostacolare il corso ciclico dell’economia capitalista verso la crisi, dovuta all’eccessivo accumulo di capitale nella produzione.
Naturalmente anche la crisi del credito è dovuta a questo. La gestione borghese ha cercato di risolvere il problema dell’eccesso di accumulo incoraggiando prestiti eccessivi e stimolando il consumo popolare di fondi hedge e di private equity per finanziare le imprese. Le specifiche scelte di gestione non soltanto non potevano evitare la decelerazione e la recessione ma, al contrario, sono state una bomba pronta ad esplodere, con conseguenze incalcolabili per i redditi dei cittadini.
Contemporaneamente, la politica comunitaria ha accelerato la completa liberalizzazione del capitale nel sistema creditizio, in linea con i principi del mercato capitalista. I fondi hedge e di private equity sono le conseguenze di questa corsa alla liberalizzazione.
Tutti gli sforzi volti ad ottenere una maggior trasparenza e una legislazione più rigida per il movimento di capitali nel settore creditizio, cioè nell’ambito della circolazione, non riusciranno però a far fronte a tutte le incoerenze e contraddizioni generate dai sistemi di produzione capitalisti.
Similmente, l’imposizione di condizioni di credito più rigide porterà a una contrazione del consumo popolare e alla rapida comparsa della crisi. Nessuno può trovare un comune denominatore che non sia il profitto immediato o definire in modo chiaro questi sistemi che intervengono in misura sempre crescente nell’economia globale e sono creati dalla plutocrazia a proprio uso e consumo con l’aiuto delle organizzazioni di mercato specializzate.
Le vittime di questa politica sono i lavoratori che guardano la ricchezza che producono accumularsi nelle mani di un piccolo gruppo di plutocrati e vedono che tanto i loro risparmi che le loro pensioni sono a rischio.
E’ tipico il fatto che i fondi hedge e di private equity siano esenti anche dagli obblighi che i datori di lavoro hanno nei confronti dei lavoratori. Lo stesso accade con i sistemi pensionistici, pubblici e privati, che trasformano i diritti pensionistici dei lavoratori in prede per il capitale, che ha una parte sempre più attiva in questi programmi di sedicente investimento che in realtà moltiplicano i rischi per i lavoratori calpestandone i diritti.
Ci sono molti esempi recenti negli Stati Uniti e in Europa di istituzioni di credito sicure che sono crollate in un solo giorno come un castello di carte e centinaia di migliaia di lavoratori che perdono i risparmi e la pensione.
La crisi economica che sta attanagliando i mercati non si è manifestata come un fulmine a ciel sereno. Era stata ampiamente prevista sia in termini di tempi che di dimensioni. Forse anche i provvedimenti che si prendono oggi erano stati pianificati. I lavoratori, che nel sistema capitalista dello sfruttamento hanno finanziato gli enormi guadagni della plutocrazia con il loro lavoro e con i loro risparmi, oggi vengono chiamati in nome della stabilità – in qualità di contribuenti – anche a finanziare le loro perdite.
I lavoratori e le classi popolari non credono alle misure sulla trasparenza annunciate, le cui possibilità di attuazione ed efficacia, tra l’altro, sono dubbie. Non credono ai provvedimenti che chiedono loro ancora una volta di pagare per salvare i profitti del capitale e per mantenere il sistema di sfruttamento. Essi esprimono la loro disobbedienza e la loro insubordinazione nei confronti di questo sistema e delle alleanze di centrodestra e centrosinistra che lo appoggiano e lo conservano. Lottano contro l’ingiustizia, la disuguaglianza e lo sfruttamento dei popoli e a favore di cambiamenti radicali verso un sistema di potere popolare che serva gli interessi dei lavoratori.
John Whittaker, a nome del gruppo IND/DEM. – (EN) Signor Presidente, tutto ciò non dimostra forse che questo grande esercizio di regolamentazione finanziaria europea ha chiaramente mancato il bersaglio? Con la sua ossessione per il riciclaggio del denaro e il miraggio del mercato unico dei servizi finanziari, l’Unione europea ha perseguito gli obiettivi sbagliati. Prendiamo nota che, nonostante le assicurazioni precedentemente forniteci dal presidente Trichet, dal commissario Almunia e da altri, ci saranno altri fallimenti finanziari nell’Unione europea e le economie reali dell’UE saranno colpite dalla crisi del credito.
Quindi non ha molto senso adesso discutere i requisiti di capitale e ciò che faremo in futuro per evitare il ripetersi di analoghe situazioni; abbiamo un problema e l’abbiamo adesso. Possiamo dare la colpa agli americani, ai fondi hedge, alle banche d’investimento o a chi vogliamo, ma ciò che ora il commissario McCreevy potrebbe fare, sarebbe discutere con i ministri delle finanze dei vari paesi di come suddividere questo fardello, quando scopriremo che dovremo salvare le istituzioni finanziarie per la bellezza di centinaia di milioni, come sta accadendo negli Stati Uniti.
Come possiamo aiutare l’Italia, la Spagna, la Grecia e l’Irlanda – il paese da cui proviene il commissario McCreevy – quando le situazioni negative in quei paesi sono peggiorate dalla crisi e, bloccati nell’euro, essi non possono fare nulla per salvarsi?
Jean-Paul Gauzès (PPE-DE) . – (FR) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli deputati, se le banche europee resistono relativamente bene alla crisi in corso, è semplicemente perché la vigilanza bancaria in Europa, anche se lontana dall’essere perfetta, è per lo meno seria. Il lavoro in corso sulla direttiva sui requisiti patrimoniali e su Solvency II offrono l’opportunità di introdurre dei provvedimenti utili per migliorare la sicurezza finanziaria. Ovviamente, il lavoro di un banchiere comporta l’assunzione di rischi, ma quei rischi devono essere controllati. Per i banchieri è importante conoscere sempre la contropartita di ogni rischio. Alcuni operatori finanziari non regolamentati hanno perso di vista quella semplice regola e per loro l’autoregolamentazione non basta più. I mercati dei prodotti derivati sono diventati sempre più torbidi e gli operatori hanno comprato e venduto a livelli di rischio che non potevano essere più controllati dalle direzioni di quelle istituzioni che oggi sono quelle più esposte.
Per uscire dalla crisi occorre costruire un sistema di vigilanza che ispiri e ristabilisca la fiducia. Oggi ci sono intere aree del settore finanziario che sfuggono alle autorità di vigilanza. Chi controllava i broker ipotecari quando concedevano generosi prestiti a famiglie che non sarebbero mai state in grado di ripagare quei mutui? Chi vigilava sulle banche d’affari che hanno peggiorato la crisi trasformando i debiti inesigibili in prodotti finanziari da vendere in tutto il mondo? Esiste un vuoto nella regolamentazione che riguarda gli assicuratori monoline, le agenzie di valutazione del credito e i fondi hedge. E’ inaccettabile che l’Europa debba soffrire periodicamente a causa delle conseguenze del lacunoso sistema finanziario americano.
Per quanto riguarda i fondi hedge, la “polizia” finanziaria nel Regno Unito e negli Stati Uniti ha proibito temporaneamente la speculazione sui titoli in ribasso, giustamente! Il fallimento di alcuni di questi discutibili operatori accelererebbe la crisi nel settore deregolamentato. Non tutti i fondi d’investimento sono nocivi e alcuni sono necessari, ma non possiamo permettere che continuino ad esistere buchi neri finanziari. Riflettere è utile ed indispensabile, ma oggi dobbiamo agire! Questa è l’essenza delle due relazioni di cui oggi discutiamo.
PRESIDENZA DELL’ON. ROURE Vicepresidente
Manuel Medina Ortega (PSE) . – (ES) Signora Presidente, nonostante l’oratore che mi ha preceduto appartenga a un gruppo politico diverso dal mio, devo dire che il suo intervento mi trova completamente d’accordo: non possiamo abbandonare i mercati finanziari nelle mani dei manager della finanza. Sarebbe come permettere ai topi di custodire il formaggio. L’autoregolamentazione e i codici di condotta volontari sono inutili. Come ha detto poc’anzi il commissario McCreevy, i mercati finanziari europei risentono meno della crisi finanziaria proprio in virtù dell’esistenza di provvedimenti nazionali che in ciascun paese europeo impediscono efficacemente il propagarsi in Europa della catastrofe dei mercati finanziari americani.
Quale insegnamento trarre da tutto ciò? Che l’Europa non deve seguire gli Stati Uniti nella deregulation finanziaria. Se, infatti, il nostro obiettivo consiste nel tutelare l’economia europea e i nostri sistemi economici e sociali, dobbiamo dotarci di provvedimenti europei e non sostituire quelli nazionali con una deregulation sovranazionale, come negli Stati Uniti, dove il sistema consente ai dirigenti d’azienda di arricchirsi a scapito dei piccoli risparmiatori, dei pensionati e delle persone che dipendono da quei capitali.
Credo, pertanto, che la conclusione da trarre è che non dobbiamo optare per la deregulation. Al contrario, dobbiamo adottare disposizioni regolamentari europee in tutti i settori interessati. A mio parere, infatti, il messaggio centrale delle relazioni degli onorevoli Rasmussen e Lehne è dato dalla necessità di stabilire provvedimenti europei in materia finanziaria.
Sentiamo spesso parlare del passaporto europeo per le imprese al fine di consentire loro di spostarsi in tutta Europa in totale libertà. Ma come possiamo rilasciare questo passaporto se non abbiamo la certezza che esse siano sottoposte a precise disposizioni nei loro paesi d’origine? Sarebbe come spalancare le porte a un’altra catastrofe finanziaria internazionale.
I provvedimenti previsti dalla relazione Lehne contengono una serie di indicazioni e raccomandazioni, ad esempio con riferimento ai gestori di fondi. Dobbiamo sapere in quale modo vengono gestiti questi fondi; in particolare, dobbiamo venire a conoscenza dei profitti che vengono realizzati, ad esempio, attraverso la compravendita di azioni, cosa, a mio parere, assolutamente imprescindibile. La trasparenza deve essere accompagnata da disposizioni regolamentari molto rigide che prevedano la possibilità di intervenire al momento opportuno, senza attendere che il mercato crolli, com’è ora accaduto negli Stati Uniti, dove vengono usati i soldi dei contribuenti per porre rimedio alle malefatte di chi ha abusato del proprio potere.
Pertanto, signor Commissario, la esorto a fare leva sui suoi poteri in materia, al fine di porre in essere un autentico sistema comunitario di regolamentazione di tali settori, evitando così che l’Europa intraprenda il cammino dell’autoregolamentazione o della deregulation.
Olle Schmidt (ALDE) . – (SV) Signora Presidente, signor Commissario, desidero ringraziare sentitamente i colleghi Rasmussen e Lehne per le loro preziose relazioni. Come già espresso da chi mi ha preceduto, non potevano giungere in un momento più opportuno.
L’anno scorso l’andamento del mercato dei mutui negli Stati Uniti ha avuto ripercussioni estremamente significative in tutto il mercato globale. I crediti in sofferenza sono stati raggruppati e ridistribuiti. Il mercato è diventato più imperscrutabile e volatile a causa della mancanza di lungimiranza e della difficoltà e complessità dei diversi strumenti finanziari. Inoltre – e credo che tutti concordino su tale affermazione – le rivelazioni sui compensi esorbitanti dei dirigenti delle aziende in questione hanno seriamente compromesso la fiducia. Non solo, ma le autorità finanziarie internazionali di vigilanza non sono state in grado di rafforzare in modo adeguato le loro competenze e la collaborazione reciproca. Sono stati introdotti strumenti nuovi, ma sono mancate la trasparenza e l’apertura. Ora il nostro punto di partenza deve dunque essere l’uguale trattamento per tutti gli operatori finanziari; vale a dire, l’introduzione di norme relative al capitale e di provvedimenti più severi anche in materia di fondi hedge e di private equity.
Quanto alla questione della vigilanza, si è discusso della necessità di nuove autorità in materia. Molti, a tale proposito – e ne ho discusso oggi stesso con il primo ministro del Regno Unito Gordon Brown – caldeggiano la nascita di un sistema comune di vigilanza finanziaria a livello europeo, se non addirittura globale. E’ mio parere che le perduranti disomogeneità tra i mercati – esemplificate dai recenti sviluppi negli Stati Uniti – debbano indurci a riflettere. D’altro canto, i mercati sono globalmente interconnessi. Come è stato detto dalla nostra commissione parlamentare, i comitati attualmente esistenti in Europa per la cooperazione nei settori finanziario, bancario e assicurativo dovrebbero essere rafforzati in modo significativo. Si può fare molto in questa direzione, anche a livello globale. Una maggiore trasparenza e poteri di vigilanza più chiari sono necessari se vogliamo recuperare la fiducia nei mercati finanziari. Credo che anche a tale riguardo vi sia un consenso totale.
L’economia di mercato necessita di regole chiare, senza escludere le regole del gioco. In quanto liberale non ho alcuna difficoltà nel raccomandare l’adozione di regole più nette e di una normativa più efficace. D’altro canto, dobbiamo fare attenzione a non introdurre nuove leggi e regole che non risolvono gli attuali problemi e che non tengono conto dell’importanza di un mercato finanziario globalizzato. L’accesso globale ai capitali rafforza il potenziale di crescita economica e crea nuovi posti di lavoro, non dimentichiamolo. L’Europa ha bisogno di un mercato finanziario aperto ed efficace che lasci anche spazio all’autoregolamentazione e a provvedimenti correttivi interni.
Dobbiamo pertanto evitare di paralizzare i nostri sistemi con un eccesso di disposizioni regolamentari che non ci consentono di gestire la crescita economica o le eventuali crisi future. Questa settimana la comunità finanziaria è stata in preda al panico, ma non dobbiamo legiferare sotto la pressione di tali emozioni. Per lo meno non in questa assemblea.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL) . – (PT) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, il presente dibattito si svolge in un contesto contrassegnato da una crisi diffusa dei mercati finanziari causata dalla “finanziarizzazione” dell’economia, da speculazioni non soggette a regolamentazione e dalla proliferazione di strumenti e prodotti finanziari, con il solo scopo di ottenere guadagni speculativi sempre maggiori. Si tratta di un’ulteriore sfaccettatura della crisi del capitalismo. Da tempo, infatti, risultava evidente l’esistenza di un’altra bolla finanziaria che, prima o poi, sarebbe scoppiata, non solo negli Stati Uniti ma anche nell’Unione europea. Si tratta altresì del risultato delle politiche neoliberiste che hanno indotto gli investitori a perseguire utili sempre maggiori, che hanno alimentato la mancanza di trasparenza e creato paradisi fiscali, in cui è stato possibile custodire e riciclare sia capitali provenienti dall’economia sommersa, sia profitti realizzati con attività belliche o provenienti dalla tratta di esseri umani e dal narcotraffico.
I fondi pubblici precedentemente non disponibili per le politiche sociali, per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale, per attività di prevenzione con cui sottrarre milioni di persone, tra cui i bambini, alla morte per fame e per l’assenza di assistenza sanitaria di base, ebbene tali fondi pubblici vengono ora impiegati per evitare il fallimento e ulteriori perdite ai gruppi finanziari. I profitti e i guadagni realizzabili con operazioni finanziarie, riservati a un esiguo gruppo di investitori e di manager dalle retribuzioni scandalosamente elevate, producono conseguenze che si riverseranno sempre sulle stesse vittime: i lavoratori che perderanno il posto e le persone comuni che dovranno pagare tassi di interesse più elevati, anche qui nell’Unione europea, specie nei paesi con economie più fragili. Prendiamo, ad esempio, il Portogallo, in cui gli stipendi bassi e le pensioni di vecchiaia e di anzianità misere sono la regola, e in cui i tassi di povertà e di disoccupazione sono tra i più elevati dell’Unione europea. Poiché le famiglie portoghesi sono tra le più pesantemente indebitate – con un rapporto di indebitamento pari a circa il 120 per cento del PIL – e le micro, piccole e medie imprese di questo paese dipendono fortemente dal credito, le difficoltà nel fare fronte a tassi di interesse più elevati sono sempre maggiori. Si tratta di un problema particolarmente gravoso in Portogallo e negli altri paesi con sistemi economici più deboli.
Alcuni provvedimenti sono pertanto necessari con urgenza, a partire dall’abolizione dei paradisi fiscali e delle regole di segretezza, senza la cui eliminazione la trasparenza non è possibile. Da quanto abbiamo udito in questa sede, tuttavia, in particolare da parte del commissario McCreevy, non sarà questa la strada intrapresa e ciò è inaccettabile. In questo frangente così critico, la finta indipendenza della Banca centrale europea deve essere anch’essa abbandonata per garantire il cambiamento degli obiettivi delle politiche monetarie e finanziarie, e si debbono adottare misure lungimiranti per combattere la speculazione nei mercati azionari. La priorità della politica deve essere il sostegno alla creazione di posti di lavoro tutelati e alla produzione, e la riduzione della povertà, aumentando il potere d’acquisto dei lavoratori e dei pensionati e favorendo l’erogazione di servizi pubblici di qualità.
Nils Lundgren (IND/DEM) . – (SV) Signora Presidente, attualmente la crisi finanziaria getta delle ombre preoccupanti sui fondi hedge e di private equity mentre altri strumenti finanziari innovativi quali i veicoli strutturati di investimento, i fondi conduit, e i fondi monetari subiscono le stesse sorti. Tali strumenti sono stati tutti concepiti proprio allo scopo di aggirare i requisiti di trasparenza e di adeguatezza dei capitali cui sottoponiamo, invece, gli istituti di credito. Grandi profitti sono realizzabili nel prendere a prestito liquidità a breve termine per investirla in beni illiquidi a lungo termine, esponendo capitali propri solo in minima parte. Si tratta, tuttavia, di un’attività rischiosa. Come abbiamo visto sia la liquidità che la solvibilità possono svanire rapidamente. Ecco perché esistono regole internazionali molto severe nel settore bancario. In questo momento siamo testimoni del tracollo del sistema finanziario internazionale non soggetto alle regole bancarie. I fondi hedge e di private equity saranno i prossimi a cadere. Si tratta di fondi con scarsi capitali propri e che sono fortemente imperniati sull’utilizzo della leva finanziaria. I fondi di private equity sono connessi a un numero molto elevato di operazioni di leveraged buyout che sono state realizzate praticamente in assenza di capitali propri. Alla luce di tale situazione è accettabile che noi presentiamo proposte di riforma così deboli in questo settore e in questo momento storico? La mia risposta è no.
Karsten Friedrich Hoppenstedt (PPE-DE) . – (DE) Signora Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, abbiamo udito tutto ciò che avevano da dire gli esperti che hanno stilato la relazione – gli onorevoli Rasmussen, Lehne e Lauk – cui vanno i nostri sentiti ringraziamenti per un lavoro eccellente che è stato ampiamente approvato dalla commissione per i problemi economici e monetari.
Negli ultimi tre anni, signor Commissario, abbiamo costantemente richiesto di definire delle regole, e di porci interrogativi quali: come ottenere una maggiore trasparenza in materia di fondi hedge, chi fornisce pareri alle agenzie di rating, e così via. Poiché ora questi giungono dall’Irlanda, terra di esperti di corse di cavalli, voglio dire che quando gli ostacoli sono alti è possibile che i cavalli indietreggino, ma, fuori di metafora, indietreggiano da un ostacolo che non esiste più! E’ nostro compito ora scrivere le regole e fare delle proposte. Dobbiamo dimostrare di aver imparato qualcosa da queste crisi e che siamo pronti a intraprendere strade nuove. Lei ha avanzato questa proposta. Auspico che ad ottobre riceveremo da lei delle linee guida.
Qualche giorno addietro ho partecipato a una grande conferenza vicino a Roma. Il primo argomento trattato, naturalmente, è stato quello delle banche. Giovedì i titoli dei giornali dicevano: Morgan Stanley accende la speranza, mentre venerdì dicevano: Morgan Stanley chiede aiuto. Come può accadere un tale cambiamento nell’arco di un solo giorno? I presupposti di trasparenza, e simili, in questo caso sono venuti meno. Se dopo Bear Stearns, Lehman Brothers e Merril Lynch, anche questa banca di investimento va a fondo nella tempesta dei mercati finanziari, allora si dovrebbero adottare con urgenza provvedimenti correttivi.
Poco tempo fa mi trovavo in Cina e ho sentito dire ai cinesi: il nostro modello di riferimento, gli Stati Uniti, è crollato. L’Europa, la Cina e altri paesi debbono trovare assieme nuove strade da percorrere. Il mio auspicio è che assieme avremo la forza di esplorare percorsi nuovi. In questo modo non solo i vincitori ma anche gli sconfitti verranno salvati assieme a noi.
Pervenche Berès (PSE) . – (FR) Signora Presidente, mi risulta che il commissario ami scommettere sui cavalli da corsa e, pertanto, mi perdonerà l’utilizzo di una metafora sportiva quando dico che non è tra i favoriti della corsa odierna. Il collega Rasmussen, invece, sembra essere un’ottima scommessa e le consiglierei, signor Commissario, di scommettere su un altro cavallo. Ciò che l’onorevole Rasmussen ci ha appena illustrato e proposto corrisponde esattamente a ciò di cui l’Unione europea ha bisogno. E’ il giusto rimedio non solo per l’Europa ma anche per il resto del mondo, e i rapporti transatlantici che le sono tanto cari verrebbero valorizzati da un’iniziativa europea incentrata sulle proposte della relazione Rasmussen.
Sembrerebbe, signor Commissario, che lei abbia partecipato al dibattito sbagliato. Lei, infatti, ha riassunto le origini della crisi l’anno scorso, ma le questioni che siamo qui a discutere oggi erano giunte alla nostra attenzione molto prima della crisi dell’agosto scorso. Infatti, appariva evidente già allora che il mondo finanziario era in putrefazione e sull’orlo del collasso. Non è per pedanteria che dico tutto questo, e non è nostra intenzione puntare il dito contro i fondi alternativi o di investimento, né tentare di bandirli. Desideriamo unicamente prendere atto del fatto che quando taluni veicoli o strumenti finanziari svolgono una funzione così strategica sui mercati internazionali, e assurgono a una posizione così determinante, debbono essere assoggettati al principio generale della regolamentazione. Sono gli stessi operatori finanziari a dire: “Sì, d’accordo, possiamo accettare delle regole, ma non vogliamo essere stigmatizzati e non vogliamo un regime di regole ad hoc.”
Molto bene! Noi chiediamo che vengano registrati e sottoposti a un regime di vigilanza, che vengano retribuiti in basi a criteri normali e vogliamo che siano soggetti alle regole di trasparenza e di adeguatezza dei capitali. Questa è la verità. Queste strutture occupano una posizione talmente importante nei mercati finanziari che non possono continuare a essere esentati dalle regole generali. E invece lei, signor Commissario – un ex ministro delle finanze irlandese – non è disposto ad accettare proprio questo punto. Questa è la verità! Lei ci dice che i fondi hedge e di private equity “non sono la causa dello scompiglio a cui sono in preda i mercati finanziari” e che la colpa è del settore regolamentato. Non è mia intenzione tenere una lezione di economia, ma sappiamo bene che le banche si sono sentite in grado di assumersi certi rischi proprio a causa dell’esistenza in parallelo dei fondi hedge e di private equity, operando con dei prodotti finanziari che hanno impresso un’accelerazione del processo di deterioramento del settore bancario.
Quanto alla relazione dell’onorevole Rasmussen, la esorto a fornire una risposta di natura pratica e puntuale, poiché essa contiene un numero di proposte legislative che potrebbero tradursi in un miglioramento della sua stessa relazione conclusiva, quando l’attuale Commissione giungerà a fine mandato. Ho sentito quanto da lei detto a proposito di una “finestra di opportunità” per aumentare la trasparenza. Ebbene, siamo d’accordo con lei e ci aspettiamo che la Commissione faccia buon uso di tale opportunità. E’ la trasparenza la chiave di volta che ripristinerà la fiducia dei cittadini e degli operatori finanziari. Appare evidente come oggi, in materia di fondi alternativi e di investimento non vi sia alcuna trasparenza. E’ la trasparenza ciò di cui abbiamo bisogno.
Va da sé che approvo molte delle proposte della relazione dell’onorevole Rasmussen, ma vorrei spingermi oltre. Se vogliamo davvero toccare il cuore del problema dovremo analizzare il concetto da lei indicato come “democrazia azionista”. Che significato può avere questo termine quando è possibile in una manciata di minuti, o in qualche giorno, mettere in pericolo così tanti posti di lavoro? Si tratta di un problema molto concreto che lei dovrà affrontare, e in merito al quale attendiamo proposte efficaci. La concessione e assunzione di titoli in prestito mette in pericolo i posti di lavoro in Europa ed è in conflitto con la strategia di Lisbona.
L’ultima cosa che desidero dire riguarda un problema sollevato anche dagli oratori precedenti: i centri offshore. Signor Commissario, lei è uno strenuo difensore dell’alleanza transatlantica e pertanto mi consenta di informarla che sull’altra sponda dell’Atlantico vi sono dei democratici che, proprio come noi, sono pronti a svolgere attività di lobbying per sferrare un attacco massiccio ai paradisi fiscali. A che pro combattere eroicamente in Afghanistan o in Iraq senza opporsi al male – e i centri offshore questo sono per il mondo della finanza - che esiste nei mercati finanziari? Anche questo è un argomento che resta in attesa, signor Commissario, di proposte da parte sua.
Andrzej Wielowieyski (ALDE) . – (EN) Signora Presidente, l’attuale tracollo dei mercati finanziari è senza precedenti. La principale causa è stata l’enorme aumento del volume finanziario e l’instaurarsi di un nuovo sistema di guadagni finanziari al di fuori del sistema bancario esistente e in assenza di condizioni di trasparenza, di valutazioni efficaci e di vigilanza. Si tratta di nuovi investimenti e di veicoli finanziari che hanno generato utili importanti, ma che hanno creato una crescente minaccia, anche per il Fondo monetario internazionale.
Sebbene riteniamo valide e indispensabili le proposte dell’onorevole Rasmussen e della sua commissione relative alla trasparenza e alla vigilanza – in particolare quelle concernenti l’eccessivo ricorso alla leva finanziaria – dobbiamo anche prendere atto del parere molto pericoloso della commissione giuridica, la quale si limita a richiedere che siano gli stessi attori del mercato a valutare quale debba essere il livello di rischio adeguato da assumere. La commissione ha tralasciato il fatto che l’anno scorso, in media, le società di intermediazione operavano con leve finanziarie di 27 a 1, nella totale assenza di regolamentazioni e vigilanza. Inoltre, tra queste aziende l’autoregolamentazione era la prassi e anche i grandi finanziatori ignoravano l’entità dei rischi che assumevano.
Il conto di questo collasso sarà molto salato. Per gli americani, ad esempio, è stato spaventoso, pari a circa 1 000 miliardi di dollari e, inoltre, avrà un ulteriore conseguenza: gli attori dei mercati finanziari, abituati a fare affidamento sull’aiuto dei contribuenti, potrebbero continuare a comportarsi in modo incauto. A quel punto possiamo scegliere di tutelare la quasi completa libertà di scelta degli attori finanziari nell’assumere rischi, oppure imporre obblighi e vincoli distinti che riescano a proteggerci da traumi eccessivi, garantendo uno sviluppo dei mercati finanziari orientato alla stabilità.
L’opinione del signor commissario induce a sperare per il futuro, ma temo che i compiti cui la Commissione deve fare fronte siano estremamente gravosi e richiedano un surplus di coraggio nel cercare nuovi metodi e misure.
Othmar Karas (PPE-DE) . – (DE) Signora Presidente, onorevoli colleghi, desidero innanzi tutto dire che entrambe le relazioni – sia la relazione dell’onorevole Rasmussen che quella dell’onorevole Lehne – come anche l’agenda sociale in 19 punti, oggetto del nostro ultimo dibattito, e le risoluzioni del Consiglio e del Parlamento sulla Georgia, dimostrano di cosa siamo capaci quando restiamo uniti a dispetto delle diverse opinioni al nostro interno.
Dico questo perché sono lieto che la macchina elettorale socialista, il populismo superficiale e le recriminazioni reciproche siano state messe da parte e, mi auguro, domani assisteremo al trionfo del parlamentarismo democratico, dell’assunzione responsabile di azioni necessarie e a un dibattito schietto e realistico. Dico questo anche perché il segretario del Gruppo socialista al Parlamento europeo, l’onorevole Schulz, in seduta plenaria ha tentato più volte di alimentare le divisioni tra i vari gruppi proprio su tali questioni. Il ragionare in termini di buono/cattivo, sinistra/destra, stato/mercato oggi non ha alcuna attinenza con la realtà del vissuto delle persone, e deriva piuttosto da una vecchia retorica fondata sulla lotta di classe che speravo fosse stata sconfitta nell’Unione europea, come, per fortuna, il dibattito odierno sembra dimostrare.
La ragione ha trionfato e ora possiamo realisticamente compiere un passo avanti, dando una risposta alla turbolenza finanziaria e rispondendo alle domande della gente. Siamo di fronte a una crisi persistente. Abbiamo pertanto bisogno di azioni. Non possiamo ignorare l’agenda. Abbiamo bisogno di più Unione europea, più trasparenza, più vigilanza, più regole a livello europeo e globale. Abbiamo bisogno di capitali di rischio e dobbiamo garantire di portare a compimento quanto dichiarato in queste relazioni che, a sua volta, deve essere attuato da tutti gli interessati.
Udo Bullmann (PSE) . – (DE) Signora Presidente, signor Commissario, onorevole Karas, se non ho frainteso, negli ultimi giorni Morgan Stanley teme molto di meno la stretta mortale dell’onorevole Schulz rispetto ai fondi hedge.
Signor Commissario, ciò che ho sicuramente colto nel dibattito dei giorni scorsi è che gli americani, posti di fronte all’evidenza che questa azienda ha commesso molti errori nella gestione degli investimenti immobiliari e della crisi finanziaria, concordano sul fatto che un giocatore d’azzardo non debba più avere la facoltà di mettere l’intero sistema con le spalle al muro, sfruttandone la flessibilità e la mancanza di regole. Quanto ancora abbiamo intenzione di attendere prima che, non solo le aziende in difficoltà ma anche quelle solide, avvertano le difficoltà della crisi, cosicché i fondi hedge e gli altri fondi decidano di scommettere sul loro declino al fine di fagocitarle a un prezzo più vantaggioso?
Non è più tempo di lasciarsi andare alla deriva e proprio per questo dubito che ciò che lei ha fatto in proposito si rivelerà sufficiente. Non è più il momento di commissionare altri studi, non è più il momento di aumentare i poteri di vigilanza dei soggetti coinvolti. E’ ora di agire!
La settimana scorsa ho analizzato la situazione di un’azienda della mia circoscrizione elettorale, un’impresa solida che produce nuovi materiali di cui abbiamo bisogno e che si occupa di fusione sotto vuoto a Hanau, vicino Francoforte. Per lungo tempo è stata un’azienda solida, fino al momento dell’acquisizione da parte di un investitore americano. I debiti legati all’acquisizione si stanno riversando sui lavoratori e sull’azienda stessa. Da allora quest’impresa ha tentato di ritirarsi dall’accordo sindacale collettivo, ma è poi stata costretta a fare dietrofront a causa di un duro sciopero. Vogliamo che accada lo stesso in tutta Europa? Davvero vogliamo che la forza dell’economia europea sia basata su conflitti di questo genere o possiamo forse trovare un qualche accordo, così da colmare i vuoti normativi con la legislazione europea?
Questo è l’argomento all’ordine del giorno. In nove anni di attività in quest’assemblea, signor Commissario, non ho mai vissuto una discussione sulle politiche economiche in cui si sia registrato un consenso così unanime nel chiederle di intervenire. <
Zuzana Roithová (PPE-DE) . – (CS) Onorevoli colleghi, sei anni fa abbiamo lanciato l’armonizzazione globale delle regole contabili e della competitività del settore bancario europeo. L’integrazione finanziaria transfrontaliera dell’Unione europea non ha pari in tutto il mondo. Chi conduce attività di ricerca in campo finanziario da lungo tempo sostiene che l’Unione europea non dispone ancora di meccanismi sufficientemente validi per la soluzione di crisi transfrontaliere dovute alla crescente interdipendenza delle banche europee e ai loro legami con i mercati finanziari globali. Sebbene la Banca centrale europea sia riuscita sinora a mantenere la stabilità finanziaria nell’area dell’euro, la frammentazione degli enti normativi nazionali non consente l’attuazione di rimedi efficaci per le crisi bancarie transfrontaliere cui continuiamo a dover fare fronte. Detto altrimenti, il controllo centralizzato è di cruciale importanza. Tuttavia, invece di istituire un ente normativo finanziario dotato di ampi poteri, dovremmo definire con grande cura le condizioni specifiche che richiedano un intervento da parte di un ente normativo finanziario paneuropeo. L’intervento dello Stato nelle banche di investimento come l’AIG suscita anch’esso il timore che un tale precedente possa indurre le banche ad assumere condotte irresponsabili in futuro.
Sono pertanto convinta che si debbano introdurre meccanismi di controllo che impediscano ai gestori di fondi di investimento e fondi hedge di eseguire analisi errate dei rischi operativi e sistemici. Ad esempio, i fondi hedge e di private equity non dovrebbero poter finanziare investimenti di lungo periodo attraverso prestiti a breve termine senza fissare l’ammontare minimo del loro capitale investito in base al livello di rischio delle loro attività. Il modo in cui sono stati finanziati i mutui, non solo negli Stati Uniti, ma anche nel Regno Unito e in Spagna, deve fungere da monito del fatto che i mercati finanziari europei richiedono una riflessione di fondo che, temo, giungerà troppo tardivamente. Anche se la Commissione europea dovesse proporre domani una legislazione concreta e vincolante, questa verrebbe implementata in un clima non disteso, anzi, in un clima tempestoso e potenzialmente isterico. Ad ogni modo, vi è anche la questione di quanto possa essere accettabile tale legislazione per il Consiglio.
Kristian Vigenin (PSE) . – (EN) Signora Presidente, esordisco discendo che è raro che un’istituzione europea si metta in azione prima dell’insorgere di un problema invece che dopo. E si tratta di un problema enorme, le cui conseguenze diventeranno visibili nei mesi a venire.
Grazie agli sforzi del relatore, l’onorevole Rasmussen, la questione della regolamentazione dei fondi hedge e di private equity si è spostata dalla periferia al centro dell’attenzione degli esperti finanziari e dei decisori politici. Il gruppo socialista al Parlamento europeo ha sollevato la questione dell’esigenza di una migliore regolamentazione dei fondi hedge e di private equity. Lo abbiamo fatto perché tutte le politiche europee richiedono investimenti a lungo termine, i quali richiedono a loro volta finanziamenti di lungo periodo. Lo abbiamo fatto, altresì, perché il nostro obiettivo principale dovrebbe essere ottenere una crescita sostenibile e la creazione di posti di lavoro, in modo da garantire alle famiglie e alle imprese condizioni di prevedibilità e di pianificazione a lungo termine.
Esorto i colleghi a votare a favore della relazione, che è stata approvata a larga maggioranza in sede di commissione per i problemi economici e monetari. Sarà un passo importante per il Parlamento, poiché così si richiederanno alla Commissione europea un numero di misure legislative miranti alla trasparenza e alla stabilizzazione finanziaria.
Si tratta di un dibattito non facile. E’ vero che questa relazione prevede molto meno di quanto si è cercato di ottenere all’inizio. D’altro canto, stiamo per concludere molto di più di quanto potesse sembrare possibile qualche mese fa. I recenti episodi e sviluppi dei mercati finanziari dimostrano che abbiamo la ragione dalla nostra parte.
Ebbene signor Commissario, non la biasimeremo se deciderà di agire in modo preventivo, includendo nei provvedimenti legislativi che vorrà proporre più di quanto il Parlamento europeo le richiederà. Non è il momento di essere competitivi nei provvedimenti normativi, poiché un eccesso di legislazione è preferibile al suo contrario. Ma è decisamente ora di agire, e lei questo lo sa bene.
Tadeusz Zwiefka (PPE-DE) . – (PL) Signora Presidente, gli avvenimenti degli ultimi anni, o perfino degli ultimi mesi, come anche gli sforzi intrapresi dai singoli paesi e regioni, indicano l’importanza sempre maggiore della trasparenza, non solo per le singole società, ma anche per lo sviluppo delle economie di taluni Stati.
Un ostacolo all’attuazione di una regolamentazione diretta delle attività dei fondi hedge risiede nella natura globale di questo settore, vista la possibilità di spostare la sede delle società che gestiscono i fondi in un altro paese per evitare di essere soggetti a normative nazionali. Questa è la ragione principale per la quale tutte le istituzioni internazionali che devono occuparsi dei fondi hedge tentano di influenzare le attività di questi fondi attraverso le loro relazioni con entità soggette a regolamentazione, soprattutto le banche.
I problemi legati alla trasparenza nell’Unione europea riguardano principalmente la convergenza e l’armonizzazione della legge negli Stati membri. Le problematiche relative alla trasparenza si possono riassumere come segue: l’introduzione di standard unificati per le informazioni fornite dalle aziende che immettono le loro azioni sul mercato azionario e il diritto e la governance societari relativi alla questione della responsabilità collettiva delle agenzie per le informazioni contenute nelle relazioni societarie, il rafforzamento del ruolo dei membri indipendenti dei consigli, l’introduzione di standard per l’istituzione di comitati all’interno dei consigli, la diffusione di informazioni relative ai rimborsi ai consigli e ai loro membri e anche l’incremento della protezione degli investitori.
L’introduzione di una regolamentazione unificata, la quale creerebbe condizioni migliori nell’Unione europea per l’attività dei fondi hedge e della loro distribuzione, potrebbe avere un impatto positivo sul loro sviluppo in Europa, mentre l’introduzione da parte di singoli Stati di regole proprie e individuali relativamente a questi fondi non sta contribuendo a creare un mercato europeo unificato e comune. L’affermarsi di principi trasparenti e comuni renderebbe notevolmente più agevole la distribuzione dei prodotti dei fondi.
E’ opinione della Commissione europea, la quale ha ricevuto una richiesta di esaminare i principi quadro relativi ai prodotti non armonizzati, quali i fondi hedge, al fine di istituire un mercato paneuropeo, che non sussistano argomenti significativi a favore della creazione di una regolamentazione dell’Unione europea in materia di fondi hedge. Non vi è nulla di più errato! Concordo con l’appello del relatore affinché la Commissione presenti una proposta legislativa sulla trasparenza dei fondi hedge e di private equity.
Andrzej Jan Szejna (PSE) . – (EN) Signora Presidente, per cominciare vorrei congratularmi con l’onorevole Rasmussen per la relazione predisposta sulla base di analisi così approfondite e su una conoscenza eccellente dei mercati finanziari.
Entrambi i tipi di strumenti finanziari alternativi di cui stiamo discutendo hanno un ruolo crescente nel mercato globale e contribuiscono alla creazione di nuovi posti di lavoro.
Tuttavia, nell’osservare con ansia sempre maggiore la recente crisi finanziaria e nei nostri vani tentativi di sconfiggerla, abbiamo compreso che la cosa più importante è garantire la stabilità finanziaria.
A mio parere, il modo più efficiente di aumentare non solo la stabilità finanziaria ma anche la concorrenza leale tra i partecipanti del mercato sia di potenziare la vigilanza e la trasparenza in modo adeguato, senza inficiare il modello basato sulle strategie di mercato innovative.
Alcune norme riguardanti i mercati finanziari che sono direttamente e indirettamente applicabili ai fondi hedge e di private equity esistono al di fuori degli ambiti nazionali ed europei. Tuttavia, dovremmo impegnarci per l’implementazione e l’applicazione coerente, consistente e indiscriminatoria di tali norme giuridiche. Per questa ragione sono pienamente d’accordo con le raccomandazioni del Parlamento europeo rivolte alla Commissione per una maggiore attività volta alla presentazione di proposte legislative appropriate.
Silvia-Adriana Ţicău (PSE) . – (RO) Desidero congratularmi con il relatore, l’onorevole Rasmussen. Ritengo che le raccomandazioni contenute nell’allegato alla sua relazione siano particolarmente importanti. I fondi hedge e di private equity garantiscono i capitali necessari per fare fronte alla richiesta di finanziamento di investimenti a lungo termine e di progetti innovativi, spesso caratterizzati da un elevato valore di rischio. La loro operatività, tuttavia, è meno regolamentata di quella del settore bancario. La stabilità dei mercati finanziari richiede un’appropriata trasparenza e richiede anche che misure specifiche siano adottate per prevenire un eccessivo livello di debito.
Negli ultimi dieci anni, i fondi pensione e le compagnie assicurative hanno rappresentato un terzo del totale degli investimenti accumulati dai fondi di private equity. Credo che vi sia bisogno di una maggiore trasparenza, in particolare nel caso dei fondi pensione, affinché si possa stabilire in modo affidabile il grado rischio dei vari investimenti. Desidero attirare l’attenzione sul fatto che tanto i fondi hedge quanto quelli di private equity sono basati su una strategia di crescita progettata per un periodo più breve rispetto alla durata degli investimenti di cui necessita l’Europa.
Antolín Sánchez Presedo (PSE) . – (ES) Signora Presidente, la crisi finanziaria ha dimostrato che i diversi operatori finanziari sono collegati tra loro. La loro condotta ha indebolito i mercati finanziari e l’economia reale: la crescita e l’occupazione.
Un mercato aperto, competitivo e affidabile non è qualcosa che si ottiene per circostanze fortuite, come dimostra l’esperienza dell’Europa. La fragilità dei mercati finanziari richiede, inoltre, un’azione politica a livello europeo e internazionale.
Dev’essere chiaro che innovare non significa proseguire con la vecchia politica di privatizzare il profitto socializzando le perdite, ovvero che diversificare non significa trasferire i costi delle decisioni di pochi a tutta la società.
Di fronte all’attuale crisi, l’Unione europea non può esimersi dall’agire. Il relatore, l’onorevole Rasmussen, ha preso l’iniziativa, ed ha avuto la lungimiranza di sostenere che i fondi hedge e di private equity, che da soli ammontano a più del 4,5 per cento del PIL mondiale, non sono esenti da responsabilità di fronte alla società e debbono essere sottoposti a una regolamentazione e una vigilanza intelligenti. Mi congratulo con lui per questa proposta che voglio sostenere, e faccio altrettanto con l’onorevole Lehne e la sua relazione sulla trasparenza.
Kostas Botopoulos (PSE) . – (EL) Signor Presidente, rispetto all’oggetto della nostra discussione, così enorme e tragicamente importante, desidero concentrarmi su un unico interrogativo: esistono risposte di destra e di sinistra alle questioni che stiamo esaminando? Esistono modi di destra e di sinistra di fuoriuscire dalla crisi? Molti di noi direbbero, e alcuni lo hanno fatto quest’oggi, che così non è; tutti noi dobbiamo concordare su tali questioni di natura tecnica ed economica.
A parte il fatto che i sostenitori di questa tesi sono quasi sempre di destra, vorrei dire che in questo caso le linee di confine sono molto nette, come dimostrato dalle relazioni. Qual è la prospettiva della sinistra? Che il mercato non può regolare tutto da solo ed è necessario avere una regolamentazione da parte dello Stato, e che le regole possono prevedere dei divieti. Perché non ricordare quanto è stato detto precedentemente nella relazione dell’onorevole Katiforis: che le agenzie di rating devono fornire delle valutazioni e che le altre attività dovrebbero essere loro vietate; che la trasparenza è importante, non per i mercati, bensì per i cittadini? In questa sede, noi dobbiamo pensare al fatto che i fondi pensione debbono essere sottoposti a una vigilanza specifica.
Infine, che è estremamente cruciale che l’intervento dello Stato si collochi non alla fine, come avviene ora in America a grave danno del popolo americano, ma al momento necessario, in modo da evitare il verificarsi delle crisi.
Manuel António dos Santos (PSE) . – (PT) Signora Presidente, concordo appieno con quanto è stato detto sulla finestra di opportunità creata dall’eccellente relazione dell’onorevole Rasmussen. Vorrei tuttavia dire che sarebbe stato ancor più opportuno se fosse stato politicamente possibile presentare questa relazione sei anni fa, e credo che anche l’onorevole Rasmussen concordi con me. Sei anni fa, infatti, al Parlamento europeo, alcuni di noi hanno tentato di sollevare la questione della regolamentazione dei fondi hedge, e la maggioranza formata dai liberali e dal partito popolare europeo ha sistematicamente impedito al Gruppo socialista europeo di includerla nei dibattiti.
Ora ci troviamo di fronte a una crisi, una crisi strutturale come dice il commissario Almunia, una crisi che non sappiamo dove ci condurrà, una crisi che non possiamo ignorare. Non possiamo assumere la posizione del commissario McCreevy. E’ nostro dovere – e voglio pensare che la Commissione sia d’accordo visti i commenti del commissario Almunia – essere proattivi e abbandonare il modello di governance finanziaria che ha regolamentato l’economia europea e globale negli anni recenti. E’ quanto suggerisce l’onorevole Rasmussen nella sua relazione ed è quanto la Commissione ha il dovere – ripeto, il dovere – di esaminare e seguire con attenzione.
Mia De Vits (PSE) . – (NL) Signora Presidente, la gente è preoccupata di ciò che potrà accadere ai suoi risparmi, ma il commissario non sembra curarsene troppo. I lavoratori sono stati spinti verso forme pensionistiche non tradizionali, che dovevano essere più sicure e efficienti delle pensioni pubbliche. Il loro denaro è stato immesso in questi fondi pensione ma ora essi hanno perso ogni certezza.
Quanto sta accadendo ora è uno scacco per coloro che credono che si debbano lasciare del tutto libere le forze di mercato. Lo stesso commissario crede nel libero mercato. L’anno scorso, in quest’assemblea, sostenne la tesi che, per quanto si potesse intravedere all’epoca, non doveva esservi troppa regolamentazione. Oggi continua a essere della medesima opinione, tuttavia non è mai troppo tardi per cambiare parere. Cos’altro deve ancora accadere prima che se ne convinca? Le conseguenze del non aver agito in tempo si sentiranno per molti anni ancora. E’ meglio prevenire che curare.
John Purvis (PPE-DE) . – (EN) Signora Presidente, il nuovo demone – il signor commissario ne converrà – sembra essere la vendita a breve. Chiederei alla Commissione di far eseguire uno studio che metta a confronto, nel caso di HBOS, l’incidenza delle vendite a breve rispetto alle vendite da parte di investitori long-only – fondi pensione, compagnie di assicurazione, investitori privati e i loro gestori di fondi – e il semplice ritiro dai depositi da parte di clienti delle banche spaventati e di altre banche. Credo che dovremmo disporre di dati concreti prima di giungere frettolosamente a una conclusione che potrebbe, ancora una volta, rivelarsi errata.
Nella sua relazione, alla quale, per inciso, il nostro gruppo ha molto contribuito, l’onorevole Rasmussen ha ricondotto i casi di HBOS e di Northern Rock a motivazioni a favore di un aumento della regolamentazione, ma queste erano banche, non fondi hedge e di private equity, ed erano interamente soggette al rigore dell’attuale sistema di regolamentazione bancaria, compresi i requisiti di capitale legale. Non è forse ironico che la crisi si sia verificata in quello che doveva essere il settore più regolamentato dell’industria finanziaria? Facciamo attenzione alla legge Sarbanes-Oxley!
Victor Boştinaru (PSE) . – (RO) Talvolta tutti noi, in particolar modo i politici, siamo imbrigliati dai dogmi, con conseguenze catastrofiche. Anni fa, i sostenitori del liberismo, soprattutto del neo-liberismo, avrebbero ritenuto impossibile – in virtù della loro dottrina politica - il verificarsi degli eventi recenti di Washington. . Eppure, tutto questo è successo. Oggi, in un contesto caratterizzato dalla globalizzazione, le conseguenze emergono rapidamente e si ripercuotono su ogni paese e su ogni economia. Ciò che la relazione Rasmussen dice è che l’Unione europea deve agire e sono convinto che, come risultato del voto del Parlamento europeo, la Commissione europea verrà chiamata a dimostrarsi all’altezza di tale sfida, che tocca non la vita di pochi, ma dell’intera popolazione dell’Unione europea, e che la Commissione saprà rispondere adeguatamente.
Margarita Starkevičiūtė (ALDE) . – (EN) Signora Presidente, qualche tempo fa vi è stato un acceso dibattito sulle banche di investimento. Ora questi istituti di credito sono scomparsi dal mercato e ci sentiamo soddisfatti delle regole che vigono nel settore bancario. Possiamo dire altrettanto in materia di fondi hedge. Nell’attuale ambiente finanziario questi fondi non sono più sostenibili e, personalmente, ritengo servano le stesse regole per tutti i fondi di investimento, piuttosto che regole specifiche per i fondi hedge. Con tali regole, onorevole Rasmussen, inficiamo la ristrutturazione del settore finanziario e le perdite cresceranno. Ciò significa che, alla fine, lei non sarà in grado di proteggere proprio le persone comuni che dice di voler tutelare.
Charlie McCreevy, membro della Commissione. − (EN) Signora Presidente, uno degli ultimi oratori, nell’argomentare la propria tesi aveva ragione nel sostenere che non dovremmo lasciarci intrappolare dai dogmi – sebbene non credo si aspettasse di sentirmi usare questa affermazione contro di lui.
In questo particolare dibattito, la questione cruciale è trovare una soluzione equilibrata ai problemi in cui ci siamo imbattuti. Tutto sommato, la relazione, che è stata ampiamente modificata rispetto alle idee inizialmente avanzate dall’onorevole Rasmussen, fa un tentativo onesto, a mio parere, di seguire una linea equilibrata in tutto questo settore. Ma molti partecipanti al dibattito in quest’assemblea vogliono invece seguire una linea di squilibrio, il che è in contrasto con i contenuti della relazione.
Alcuni – in particolare, diversi oratori di una certa area dell’emiciclo – vedono nella tempesta finanziaria e nelle difficoltà, che indubbiamente esistono, la grande occasione per distruggere tutto a colpi di regolamentazioni, e il pericolo in agguato è che si proceda in questa direzione in modo molto poco equilibrato, sia a livello nazionale che, in particolare, a livello europeo.
Credo che l’onorevole Purvis abbia colto nel segno quando ha fatto riferimento alla straordinaria ironia del fatto che questa crisi finanziaria abbia colpito proprio il settore più regolamentato, quello delle banche, che si sono messe – e hanno messo noi tutti – in grande difficoltà, e che non sono stati i fondi hedge e di private equity a causare nemmeno uno degli attuali problemi. Difatti, molti di questi fondi hanno subito perdite ingenti come risultato di quanto è accaduto altrove.
Certamente seguirò l’indicazione dell’onorevole Purvis, analizzando quanto l’incidenza delle vendite a breve abbia contribuito al tracollo di alcuni di questi istituti, confrontando i dati con quanto abbiano invece inciso quelle di attività a lungo termine operate degli investitori di lungo periodo. Ho il sospetto che l’onorevole Purvis conosca la risposta quasi quanto me, vale a dire che nei due casi particolari a cui si riferiva non sono le vendite a breve a costituire il problema, bensì gli investitori a lungo termine, i quali, giustamente, si liberano di posizioni a lungo termine, perché ritengono che l’istituzione in questione non sia solida da un punto di vista finanziario.
Pur tuttavia, credo che le relazioni degli onorevoli Rasmussen e Lehne, nella forma in cui ci sono giunte, costituiscano un autentico tentativo di guardare a tutti questi settori in modo equilibrato. E io sono pronto a fare altrettanto. Da diversi mesi – oramai quasi un anno – ho indicato che è mia intenzione agire relativamente alle agenzie di valutazione del credito. Sin dallo scorso novembre/dicembre, ho iniziato scrivendo lettere, dapprima al Comitato delle autorità europee di regolamentazione dei valori mobiliari , in cui ponevo una serie di interrogativi e in risposta ai quali ho finalmente ricevuto delle relazioni quest’anno, e poi al gruppo di esperti dei mercati europei dei valori mobiliari , nonché ad altri organismi. Avendo ottenuto risposta, nel giro di un paio di mesi presenterò una proposta al Parlamento e al Consiglio. Le agenzie di valutazione del credito sono menzionate nella relazione dell’onorevole Rasmussen.
Da più di un anno a questa parte ho anche compiuto degli sforzi per cercare di riordinare un po’ le idee per l’istituzione di collegi di vigilanza, ovvero per un sistema normativo migliore per le istituzioni finanziarie transfrontaliere.
Chiunque abbia seguito questo particolare dibattito è ben consapevole del fatto che non si è avuto tra gli Stati membri un consenso generalizzato, né nulla che vi somigliasse. La proposta attualmente presentata alla commissione per i problemi economici e monetari, il cui relatore è l’onorevole Skinner, vale a dire la direttiva “Solvibilità II”, le idee che ho proposto in quella sede per la vigilanza transfrontaliera delle compagnie assicurative e i notevoli progressi in quel settore in materia di vigilanza si sono imbattuti in una forte opposizione da parte di un gran numero di Stati membri e di parlamentari di quest’assemblea, i quali stanno influenzando le opinioni degli enti di vigilanza e dei loro stessi Stati membri. E, sebbene in quest’assemblea la maggioranza dei deputati richieda una migliore vigilanza transfrontaliera, quando vengono messi alla prova entrando nel merito di cosa io debba fare per ottenere un sistema di vigilanza transfrontaliera più coerente, essi fanno dietrofront e rappresentano le posizioni dei propri paesi.
Vediamo, dunque, di affrontare con un po’ di onestà questo dibattito e tutti gli altri.
Relativamente alla direttiva sui requisiti di capitale, come sapranno coloro che se ne occupano all’interno della commissione per i problemi economici e monetari, quando abbiamo fatto approvare la direttiva sono state tralasciate delle questioni che decidemmo sarebbero state affrontate nell’autunno del 2008 in una direttiva emendata sui requisiti di capitale. E questo fu più di un anno fa, anzi 18 mesi fa.
Abbiamo poi aggiunto altri settori, quali la vigilanza transfrontaliera dei gruppi finanziari, in merito alla quale abbiamo avuto finalmente riscontro dal Consiglio economia e finanza alcuni mesi fa, e io ho indicato ciò che è mia intenzione fare in merito al modello originate and distribute. Con questo provvedimento si è portato avanti buona parte di quanto avevo indicato di voler fare mesi fa – e quanto ancora intendo fare – e ho elaborato delle proposte che ho ritrovato nella relazione dell’onorevole Rasmussen, il quale propone misure molto simili alle mie in questo particolare settore. Ma voglio dirvi, prima ancora che la questione giunga di fronte all’apposita commissione: se si verificherà nuovamente quanto accaduto in passato, i deputati presenteranno le posizioni di molti dei loro Stati membri, il che è in netto contrasto con i contenuti delle mie proposte.
Staremo a vedere. Non ha alcun senso sostenere la relazione dell’onorevole Rasmussen in questo particolare settore se, al contrario, quando le stesse questioni specifiche giungono di fronte al Parlamento sotto forma di una proposta – che presenterò nei prossimi due mesi e che molti mesi addietro avevo annunciato – i deputati assumeranno le posizioni dei loro paesi, rappresentando le idee di alcune banche dei loro paesi e le opinioni dei governi degli Stati membri. Non credo che questa sia una buona idea.
Ripeterò, pertanto, il mio appello a favore di un’impostazione razionale al problema e di una maggiore coerenza. Ho molto rispetto dell’opinione di chi porta avanti con tenacia le proprie idee dicendo “Non credo che questa sia una buona idea” e rimane fedele ai propri convincimenti, sia qui in Parlamento che quando si trova di fronte a una commissione parlamentare.
Invece, ho difficoltà quando vedo che alcuni sono sostanzialmente favorevoli ad andare avanti su alcune questioni di cui si discute per poi indietreggiare, quando si giunge a una proposta specifica, tornando a rappresentare per lo più le posizioni dei loro Stati membri o di alcune istituzioni dei loro paesi.
Ma questa città è probabilmente il quartier generale delle lobby di tutto il mondo. Nel corso degli anni ho sentito molti dati volti a individuare se vi siano più persone che esercitano attività di lobby qui o al Campidoglio, a Washington, e in ogni caso sembra che le cifre non si discostino molto.
Quando alcune delle idee da me proposte, di cui ho dato indicazioni da qualche tempo e che ora sono di dominio pubblico (vi sono state consultazioni, i giornali ne hanno parlato e tutti ne conoscono almeno alcune nei settori cui abbiamo fatto riferimento), quando a breve queste proposte giungeranno di fronte al Parlamento europeo, sarò molto curioso di vedere se tutti i deputati che hanno tanto invocato dei cambiamenti a livello più generale sosterranno queste proposte quando si tratta di approvare singoli provvedimenti.
Abbiamo preso nota delle questioni sollevate nelle loro relazioni dagli onorevoli Rasmussen e Lehne. Come ho promesso nei miei commenti precedenti risponderemo in modo più dettagliato nel contesto appropriato, come stabilito dall’accordo quadro. L’onorevole Rasmussen mi ha chiesto se ciò accadrà prima della fine di quest’anno – credo che disse un paio di mesi fa che si augurava che entro la fine dell’anno noi saremmo stati in grado di rispondere – e io ho promesso che saremo in grado di farlo.
Ma per rispondere al deputato che ci ha ricordato che non dobbiamo lasciarci accecare dai dogmi, debbo dire che forse stava parlando di qualcun altro e chiedo a chi siede da quella parte dell’Aula di non essere egli stesso accecato dai propri dogmi.
Poul Nyrup Rasmussen, relatore. – (EN) Signora Presidente, desidero ringraziare gli onorevoli colleghi e il commissario per questo dibattito.
Prima di concludere, per quanto mi riguarda, la discussione sulla relazione, desidero rispondere al collega, l’onorevole Purvis, che è vero che il settore bancario è regolamentato, ma i prodotti finanziari che hanno causato i problemi che ora dobbiamo affrontare non sono sottoposti ad alcuna regolamentazione, né le regole potevano prevedere che potessero non essere iscritte a bilancio parti talmente rilevanti come è poi accaduto. Pertanto, onorevole Purvis, la risposta è che abbiamo sicuramente bisogno di una migliore regolamentazione ma anche di regole per i prodotti finanziari.
All’onorevole Starkevičiūtė, onde evitare dei malintesi, vorrei dire che non sto parlando di regolamentare le istituzioni ma di regolamentare i comportamenti. Sappiamo come nel mondo reale i fondi hedge e di private equity spesso cambino l’architettura legale su cui si fondano e vi sono molti esempi in tal senso – anche le stesse banche di investimento hanno intrapreso delle attività di private equity. Sono, pertanto, i comportamenti che devono cambiare, ed è ciò che sta al cuore di questa relazione.
Al commissario McCreevy direi che vi è una cosa fondamentale che desidero sottolineare – e che non ha nulla a che vedere con i dogmatismi o simili - e cioè che il primo capoverso della relazione mette in evidenza quanto segue: le regolamentazioni debbono estendersi a tutti gli attori finanziari. La relazione si basa sul fatto fondamentale – ed è la prima volta nella storia della legislazione dell’Unione europea – che ciò che vogliamo è una regolamentazione comune e completa che sia fondata sul concetto di condizioni di uniformità tra gli operatori, senza escludere nessuno, ma con un’unica regolamentazione applicabile a tutti gli attori finanziari. La relazione aggiunge in modo esplicito: “compresi i fondi hedge e di private equity”. Allora lei, Commissario McCreevy, deve dire a me e al resto del Parlamento europeo: “sono d’accordo, ma non per quanto concerne i fondi hedge e di private equity”. Di cosa stiamo parlando? Sono tre anni che discutiamo con lei se i fondi di private equity o i fondi hedge debbano o meno essere inclusi nella regolamentazione. Prima della crisi finanziari lei disse che non era necessario, poiché questi fondi sono più efficaci nel regolamentare il mercato di qualsiasi autorità, e dovevamo quindi lasciarli liberi di agire. Ora lei dice che non hanno alcuna responsabilità nella crisi finanziaria e che, pertanto, non interverremo per regolamentare i fondi hedge e di private equity.
Signor Commissario, lei ha parlato delle attività di lobbying qui nel Parlamento europeo. Posso confermare che molti rappresentanti di fondi hedge e di private equity e organismi di pressione politica si presentano qui ogni giorno, ogni sera e in ogni momento. Ma penso che il Parlamento debba ora insistere affinché la Commissione – e cioè lei – proponga prima della fine dell’anno una regolamentazione totale; questo è il senso del primo capoverso che ricomprende tutti gli attori finanziari.
(Applausi)
Klaus-Heiner Lehne, relatore. − (DE) Signora Presidente, onorevoli colleghi, la trasparenza dei fondi è tale che le facoltose agenzie di rating, gli ancor più facoltosi consigli di amministrazione delle banche, e i meno abbienti organismi di vigilanza non avevano idea di quanto stesse accadendo. Ecco qual è il livello di trasparenza! Il fatto che noi si debba agire è del tutto evidente e non richiede ulteriori giustificazioni.
Signor Commissario, lei ha sollevato la questione della posizione nei confronti delle vendite a breve. Non importa se alla fine queste risultino perdenti. Il problema è ciò che queste riescono a scatenare e quali danni possano causare. Il problema è dato dagli effetti delle loro azioni sugli altri. Ed è esattamente per questo motivo che in molti paesi le autorità di regolamentazione hanno reagito.
Com’è stato detto da molti colleghi, sono coinvolte le persone comuni, i pensionati, i contribuenti. Devo ribadire che stiamo nazionalizzando le perdite, e questo non può essere giusto.
La mia relazione, come quella dell’onorevole Rasmussen, contiene un gran numero di proposte molto precise. Nel mio caso si riferiscono principalmente a questioni di diritto societario. E’ relativamente facile preparare e implementare proposte su tali questioni. In sintesi, l’unica cosa da fare è integrare le regole esistenti. E in nessun caso si tratta di introdurre discriminazioni contro i fondi hedge o altri.
Al momento attuale – e nessuno lo contesta – in Europa abbiamo una situazione in cui questi strumenti finanziari alternativi sono regolamentati da leggi nazionali, in alcuni casi in modo assai diverso in determinati ambiti. Appare molto sensato, quindi, incorporarli in un mercato finanziario europeo e regolamentarli in modo uniforme. Chiedere ulteriori relazioni agli esperti in questo momento, quando la questione è oggetto di discussione da tre anni a questa parte – come ha ricordato l’onorevole Rasmussen – quando in questo Parlamento abbiamo già degli studi da parte di specialisti, quando la Commissione ha già affrontato la questione, e quando vi sono state tante udienze sull’argomento, una tale richiesta è, a mio avviso, un’inutile perdita di tempo. Ciò che ora serve davvero è prendere provvedimenti concreti. La situazione richiede l’azione.
Un ultimo commento, relativamente ai fondi governativi. Sono perfettamente d’accordo con lei. Abbiamo bisogno di fondi governativi e nel lungo periodo avremo anche bisogno di fondi governativi di altri paesi, di paesi non membri dell’Unione europea, poiché altrimenti diventerà probabilmente impossibile nel lungo periodo finanziare in Europa le spese infrastrutturali. Si tratta di una questione in merito alla quale sicuramente lei ha il sostegno anche della commissione giuridica, sebbene non sia direttamente collegata all’oggetto della discussione odierna. Abbiamo sempre sostenuto le iniziative della Commissione in questo settore e continueremo a farlo.
President . – La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà domani.
Dichiarazioni scritte (articolo 142 del regolamento)
Corina Creţu (PSE), per iscritto. – (RO) Il fatto che la mancanza di trasparenza in materia di fondi hedge e di private equity abbia innescato l’attuale crisi economica è indubbio. Questo costituisce, infatti, uno degli elementi che hanno portato, tra l’altro, all’attuale impossibilità di valutare con precisione il rapporto debito/credito di molte istituzioni finanziarie. Per molti anni queste istituzioni hanno danneggiato le economie e operato acquisizioni in modo aggressivo, ignorando non solo le conseguenze economiche di medio e di lungo termine, ma anche le conseguenze sociali delle loro attività. Accecati da un’ottica di mero profitto a breve termine, queste istituzioni hanno pianificato lo smembramento e la vendita di svariate aziende, creando scompiglio nelle economie nazionali e interferendo con i mercati monetari senza minimamente considerare la trasparenza e le regole. E’ chiaro che questi fondi debbano essere sottoposti a regolamentazione e che si debba introdurre un livello adeguato di trasparenza. E’ necessario non solo per la stabilità, la solidità e l’adeguato funzionamento dei mercati finanziari, ma anche per ridurre i rischi che minacciano quei mercati emergenti nei paesi in via di sviluppo, che pertanto risultano maggiormente instabili. Questa crisi ha dimostrato quanto siano pericolose le conseguenze del liberismo e quanto sia importante garantire in futuro la trasparenza delle attività finanziarie.
Daniel Dăianu (ALDE), per iscritto. – (RO) Desidero esprimere il mio encomio al relatore per la tenacia con cui ha affrontato l’argomento, nonostante la dura opposizione da parte dei diversi interessi costituiti. La crisi finanziaria sempre più profonda ha cause strutturali connesse all’espansione eccessiva delle transazioni finanziarie dell’ultimo decennio, basate su un processo approssimativo di cartolarizzazione dei crediti, l’assunzione di rischi in modo sconsiderato, l’insuccesso della due diligence e la mancata comprensione dei rischi sistemici. Il problema dei fondi hedge in particolare è che contribuiscono ad aumentare i rischi sistemici. Quando si dice che si mettono in gioco solo i capitali degli investitori si sottace un’altra verità. Il ricorso eccessivo alla leva finanziaria e l’enfasi sui guadagni a breve termine hanno fatto aumentare in modo eccessivo la reattività del sistema. Ancor peggio, la natura speculativa di tali operazioni produce instabilità e nuoce alla stabilità finanziaria, come chiaramente dimostrato dall’attuale crisi. Appare pertanto sensato ricondurre l’attività dei fondi hedge (e di quelli di private equity) nel territorio delle istituzioni finanziarie sottoposte a regolamentazione. La possibilità di utilizzare la leva finanziaria non dovrebbe essere esente da limitazioni. Allo stesso modo, i fondi hedge dovrebbero fornire alle autorità di regolamentazione e di vigilanza tutte le informazioni relative alle loro transazioni.
20. Petizioni dei cittadini nell’anno 2007 (dibattito)
Presidente . – L’ordine del giorno reca la relazione (A6-0336/2008), presentata dall’onorevole Hammerstein a nome della commissione per le petizioni, sulle delibere della commissione per le petizioni nell’anno parlamentare 2007 [2008/2028(INI)].
David Hammerstein, relatore. − (ES) Signora Presidente, desidero ringraziare tutti i membri della commissione per le petizioni, in particolare i relatori ombra e il nostro presidente, l’onorevole Libicki, per la loro collaborazione e per il lavoro che quotidianamente dedicano alle petizioni.
Le petizioni sono più necessarie che mai per portare l’Europa sempre più vicino ai cittadini e ai loro problemi quotidiani. Più che mai le petizioni dei cittadini servono per garantire che la legge comunitaria sia rispettata e implementata.
Le petizioni sono necessarie per disporre di prove concrete dell’utilità dell’Europa, per dimostrare che l’Unione europea non è un’istituzione poco trasparente, che è in grado di influire sulla vita quotidiana di tutti e di dialogare con migliaia di cittadini.
Stiamo operando con successo. Nel 2007 la commissione per le petizioni ha trattato il 50 per cento in più di casi rispetto al 2006. Tale successo riflette il nostro lavoro; è un successo che delinea la strada da percorrere da parte di tutte le istituzioni europee in generale.
Il mio paese, la Spagna, è quello con il maggior numero di petizioni esaminate dalla commissione per le petizioni. Un terzo delle petizioni riguardanti l’ambiente dell’Unione europea proviene, infatti, dalla Spagna. Questo dato illustra la fiducia dei cittadini spagnoli nelle istituzioni europee e riflette il nostro operato in questo paese. Ma vi è un numero crescente di casi provenienti dai nuovi Stati membri dell’Unione europea, quali la Romania e la Polonia.
Tuttavia, il successo della commissione per le petizioni e i grandi numeri delle petizioni stesse stanno causando problemi amministrativi e politici. La commissione dispone di risorse carenti. Il numero di casi è in continuo aumento, eppure la segreteria dispone dello stesso numero di addetti. Anche presso la Commissione europea il numero di persone che tratta le petizioni non è aumentato.
Le istituzioni debbono dimostrare sensibilità rispetto alle preoccupazioni dei cittadini. Dobbiamo disporre di risorse sufficienti per trattare le petizioni ricevute in modo rapido ed adeguato. Talvolta le procedure si trascinano per anni; se le petizioni non vengono esaminate prontamente possono non essere più attuali e le istituzioni europee perdono completamente la capacità di intervenire.
A volte le petizioni non vengono seguite ad un livello amministrativo adeguatamente elevato da parte della Commissione europea. Ebbene sì, alcune petizioni possono irritare i potenti e le autorità. Ebbene sì, vi sono petizioni sconvenienti, perché con esse centinaia e migliaia di cittadini bussano alla porta del Parlamento europeo. Ma è proprio questa la strada che porterà a un rafforzamento dell’Europa.
L’anno scorso abbiamo compiuto dei viaggi di studio in Germania, Spagna, Irlanda, Polonia, Francia e Cipro, ciascuno dei quali ha prodotto una relazione. Abbiamo posto l’accento sulle petizioni che riflettono la preoccupazione dei cittadini in materia di ambiente e protezione ambientale, le petizioni sulle direttive riguardanti l’acqua, i diritti di proprietà intellettuale e i diritti delle minoranze.
Abbiamo migliorato in molti modi la collaborazione con la Commissione, con il Mediatore europeo e con istituzioni quali SOLVIT, per velocizzare le risposte alle petizioni.
Spesso le petizioni richiedono una mediazione al di fuori dei tribunali, non semplicemente la soluzione di portare la questione dinanzi le corti europee.
Uno dei casi più importanti del 2007 e degli anni precedenti è stata la petizione sulla Via Baltica, una strada che attraversa un territorio tutelato dal diritto comunitario; la Commissione europea e la Corte di giustizia hanno già agito in maniera esemplare per impedire danni irreparabili all’ambiente.
Altri casi molto importanti (e a tale proposito desidero ringraziare il commissario McCreevy, presente in Aula quest’oggi) sono stati: il diritto urbanistico di Valencia, che ha visto un’azione efficace del commissario McCreevy e dei suoi collaboratori nel difendere la direttiva sugli appalti pubblici. Altri casi sono stati quello sull’Equitable Life Assurance Society, il caso Loiret in Francia, la tutela della qualità dell’acqua sempre in Francia e la delicata questione della custodia minorile in Germania.
Attualmente abbiamo un certo numero di petizioni al vaglio, come la petizione per il seggio unico al Parlamento europeo, che è stata firmata da un milione e mezzo di cittadini: pretendiamo il diritto di lavorare a questa petizione, diritto che non è stato concesso dall’ Ufficio di presidenza del Parlamento europeo.
Infine, facciamo alcune proposte, compreso il cambio del nome della commissione per le petizioni, che diventerebbe la “commissione per i cittadini”, in modo da chiarire la funzione essenziale e il ruolo dei cittadini europei all’interno della commissione. Allo stesso scopo chiediamo al Parlamento di aprirsi in tutti i modi ai cittadini su Internet, richiedendo l’interoperabilità dei sistemi web del Parlamento; infatti attualmente i sistemi web in uso sono inaccessibili a migliaia, o milioni di cittadini europei che non hanno il software necessario per accedere alla rete, dove, in questo stesso momento, viene trasmesso il mio discorso.
PRESIDENZA DELL’ON. SIWIEC Vicepresidente
Charlie McCreevy , membro della Commissione. – (EN) Signor Presidente, prendo parte alla discussione odierna a nome della collega Margot Wallström.
Il lavoro della commissione per le petizioni rappresenta una fonte di informazioni preziose sulle preoccupazioni e le rimostranze dei cittadini in merito agli affari europei: ne è coinvolta una vasta gamma di ambiti politici, sebbene la pianificazione del territorio e le questioni ambientali emergano con particolare frequenza, nonché la quasi totalità degli Stati membri e uno spaccato della società civile, dal singolo cittadino fino all’organizzazione multinazionale non governativa. Ritengo dunque che il relatore abbia tutte le ragioni per sottolineare l’importanza del lavoro svolto sulla base delle mille e più petizioni che ricevete ogni anno.
Vorrei soffermarmi su due aspetti della relazione e della risoluzione. Il primo riguarda i recenti sopralluoghi che la commissione ha compiuto direttamente sul posto della segnalazione, ottenendo un notevole impatto mediatico e aumentando, con ogni probabilità, la visibilità del vostro lavoro. Tali missioni, oltre ad attirare l’attenzione della stampa e di altri media, conducono anche alla stesura di relazioni esaustive e, a mio parere, di ottimo livello; esse ben riassumono l’attività svolta e meritano una più vasta risonanza. Si tratta di un notevole investimento di tempo e risorse, ma sono convinto che dia i suoi frutti.
Il secondo punto su cui vorrei soffermarmi riguarda piuttosto il futuro. Desidero infatti ribadire che è nostra intenzione mantenere una cooperazione la più proficua possibile tra Commissione e Parlamento, ottenendone un rafforzamento reciproco: la continuità della cooperazione consente infatti uno scambio di informazioni più efficace e, di conseguenza, servizi complessivamente più validi per i nostri cittadini. Inoltre, alla luce del recente aumento del numero delle petizioni che la relazione ci presenta, si rende ancora più necessaria una cooperazione interistituzionale efficace e desidero assicurarvi che faremo del nostro meglio per garantirne il funzionamento.
Simon Busuttil , a nome del gruppo PPE-DE. – (MT) La ringrazio, signor Presidente. Vorrei iniziare congratulandomi con il relatore, l’onorevole Hammerstein, per la relazione di cui è l’autore e l’impegno che vi ha profuso. L’ultimo sondaggio Eurobarometro condotto a livello comunitario dimostra che il Parlamento europeo è l’istituzione in cui i cittadini ripongono maggiore fiducia: infatti, il 52 per cento degli europei confida nel Parlamento europeo, un dato superiore alle percentuali corrispondenti per la Commissione europea (47 per cento), i parlamenti nazionali (solo 34 per cento) e anche i governi nazionali (in cui ripone la propria fiducia solo il 32 per cento dei cittadini comunitari). Sebbene ritenga che dovremmo puntare a un ulteriore aumento della fiducia accordata al Parlamento europeo, resta il fatto che è questa l’istituzione di cui i cittadini comunitari si fidano di più. A mio parere, tale dato è da ricondursi all’elezione diretta dei membri di questo Parlamento da parte dei popoli dell’Unione e al diritto, che il trattato riconosce in capo ai cittadini, di presentare una denuncia e sottoporre una petizione all’esame di quest’Assemblea. E’ proprio questo il compito svolto dalla commissione per le petizioni, la cui importanza sta nel dar voce ai cittadini, dimostrandosi così, tra le venti commissioni che compongono questo Parlamento, quella a loro più vicina. Cosa si può fare per migliorare lo stato delle cose? Ritengo sia necessario fornire ai cittadini maggiori informazioni in merito all’attività della commissione e al diritto di petizione. A questo proposito, non condivido la posizione del relatore, secondo cui vi è già stata una sufficiente opera di sensibilizzazione. Credo infatti che 1500 petizioni siano un risultato ancora insoddisfacente, se si considera che rappresentiamo un continente di 500 milioni di abitanti. Occorre inoltre informare meglio i cittadini in merito al loro diritto di presentare una petizione, fornendo loro anche gli strumenti atti a esercitarlo. E’ necessario un maggiore snellimento della procedura, in modo tale che i cittadini non incontrino difficoltà nella presentazione di una denuncia. A tal fine, nella relazione in esame si richiede che il segretario generale del Parlamento europeo avvii un negoziato con la Commissione per lo snellimento della procedura delle petizioni e si auspica un miglioramento dell’efficienza, poiché riteniamo che si accumulino fin troppi ritardi nel corso dell’esame delle petizioni. Ad esempio, la fase di registrazione di una petizione dura, nel migliore dei casi, tre mesi: si tratta di un ritardo inaccettabile. Infine, auspichiamo il ricorso a rimedi più efficaci e un più elevato livello di cooperazione prima dell’avvio di eventuali procedimenti giudiziari. Da ultimo, chiediamo che le rappresentanze nazionali siano presenti alle riunioni per l’esame delle denunce. Grazie.
Victor Boştinaru, a nome del gruppo PSE. – (EN) Signor Presidente, desidero congratularmi con il relatore per l’ottimo lavoro svolto e le proposte concrete che ha avanzato. Il testo che ci troviamo a discutere oggi rivela infatti l’esigenza di andare ben oltre la mera enumerazione delle attività svolte dalla commissione per le petizioni nel 2007.
Sono lieto di costatare che i punti su cui abbiamo insistito sono stati inclusi nella relazione. Lo scopo delle petizioni consiste nell’individuare i casi di mancata o non corretta applicazione della normativa comunitaria e nel salvaguardare i diritti che l’Unione europea riconosce in capo ai propri cittadini. Tuttavia, non posso nascondervi che, a mio parere, non sempre questo strumento istituzionale unico risulta efficace o, perlomeno, non quanto potrebbe o dovrebbe essere. Il relatore, l’onoverole Hammerstein, ha opportunamente rilevato le pecche e le lacune esistenti, cui bisogna porre rimedio.
In primo luogo, non si può negare che il numero di petizioni presentate alla commissione sia in continuo aumento. I firmatari di una petizione spesso ricevono risposta o vedono gli effetti della procedura con grande ritardo e gli strumenti utili a esercitare pressione sugli Stati membri non sono sempre adeguati. Mi domando: in che modo si può conferire maggiore efficacia alla nostra azione e garantire sia incisività sia tempestività nella risposta? Sono necessarie norme più efficaci e uno scadenzario più serrato. Occorre inoltre rafforzare le strutture investigative indipendenti della commissione, un obiettivo che richiede lo stanziamento di risorse aggiuntive e il potenziamento dei servizi di consulenza legale per il segretariato. Il numero dei firmatari continua ad aumentare. Essi rappresentano la voce del popolo europeo, una voce che non possiamo permetterci di ignorare.
In secondo luogo, i canali di comunicazione istituzionali con le autorità nazionali non sono sufficienti. Considerando il numero considerevole di petizioni non ricevibili, è necessario creare delle strutture di coordinamento aggiuntive, di concerto con le autorità competenti a livello parlamentare e governativo.
Desidero ribadire al relatore il mio apprezzamento per il lavoro svolto e ringraziare lui e i colleghi degli altri gruppi per la preziosa collaborazione. Le petizioni sono l’espressione di cittadini che si battono per i propri diritti, i propri diritti europei. Dobbiamo essere presenti e pronti a difenderli. E’ questo il ruolo e il dovere istituzionale della commissione, ed è questo il nostro obbligo nei confronti dei nostri concittadini europei. Sono sicuro che concorderete con me nel dire che non potrebbe esserci momento più opportuno per dimostrare la nostra volontà di soddisfare le loro aspettative.
Signor Commissario, lo scopo di questa commissione non sta soltanto nell’ottenere più visibilità o nel dare ai media europei un’impressione di maggiore efficienza. Infine, sebbene ciò esuli dalla discussione della relazione per il 2007, desidero ricordare in questa sede la proficua collaborazione instauratasi tra la commissione per le petizioni ed il commissario Kovács, allo scopo di salvaguardare i diritti dei cittadini europei nel mio paese di origine, la Romania, un impegno per cui desidero ringraziarlo.
Presidente . – Grazie. Mi dispiace, ma il tempo a sua disposizione è terminato.
Marian Harkin , a nome del gruppo ALDE. – (EN) Signor Presidente, in primo luogo, desidero esprimere al relatore, l’onorevole Hammerstein, il mio sincero apprezzamento per l’ampia ed esaustiva relazione di cui è l’autore.
Ho letto con mio grande interesse nella relazione che, pur non svolgendo l’onerosa attività legislativa di altre commissioni, la commissione per le petizioni ha dimostrato di ricoprire anch’essa un ruolo fondamentale. E’ un’affermazione che condivido appieno e di cui sono sempre più convinta a ogni riunione della commissione cui partecipo.
La nostra funzione principale in seno a questo Parlamento è agire da legislatori. Tuttavia, per dimostrarsi buoni legislatori, occorre essere consapevoli dell’impatto delle norme varate, in modo tale da indirizzare l’attività parlamentare nella giusta direzione.
A mio parere, ogni norma approvata in questa sede dovrebbe migliorare in qualche modo la qualità di vita dei cittadini, un obiettivo che – come abbiamo modo di costatare in seno alla commissione per le petizioni – non sempre viene raggiunto. La causa risiede spesso nella mancata o non corretta attuazione della normativa, oppure è da ricondursi a circostanze e casi specifici non regolamentati. Ritengo si tratti di una lezione istruttiva per tutti noi, che dobbiamo apprendere per poi agire di conseguenza.
Tuttavia, credo che il vero fulcro della relazione in esame stia nelle risposte che la commissione fornisce ai cittadini. Come ho già detto, è fondamentale immedesimarsi nella situazione del firmatario di una petizione, il quale si rivolge a una grande istituzione, è spesso sprovvisto di competenze giuridiche o politiche, si sente sopraffatto dalla burocrazia e, con ogni probabilità, è esasperato dalla situazione in cui versa. Per molti firmatari rappresentiamo l’ultima speranza. E’ pertanto fondamentale rispondere loro con efficienza ed efficacia.
Ritengo che il primo passo da compiere in tal senso sia fornire ai cittadini informazioni chiare e comprensibili, che però, per il nostro stesso ruolo di eurodeputati, non siamo i più indicati a valutare. Credo piuttosto che dovrebbero essere gruppi di cittadini a verificare la fruibilità di qualunque informazione, sito Internet o opuscolo da noi forniti.
Inoltre, è necessario prestare maggiore attenzione affinché non si facciano promesse che non possono essere mantenute, evitando così che i cittadini restino profondamente delusi e finiscano per imputare tutte le colpe alla burocrazia di Bruxelles.
Ho adoperato il termine “promessa” riferendomi ad un aspetto che dobbiamo tenere in considerazione: i cittadini non sono al corrente dell’ostruzionismo opposto dalle autorità nazionali né conoscono il funzionamento del sistema e noi abbiamo il dovere di informarli al riguardo. Di sicuro, possiamo e dobbiamo adoperarci per il cambiamento, come fa indubbiamente la relazione in esame, ma non possiamo permettere che i cittadini si ritrovino presi fra due fuochi.
Solo nel momento in cui i cittadini godranno di informazioni complete e accurate e saranno consapevoli delle possibilità di intervento a loro disposizione, potremo fornire loro il servizio di cui hanno bisogno. La presente relazione descrive con dovizia di dettagli i passi necessari per raggiungere tale scopo: risorse adeguate affinché il segretariato possa rispondere tempestivamente; un maggiore coinvolgimento del Consiglio e degli Stati membri; il massimo coordinamento con il Mediatore europeo e la rete SOLVIT.
Tuttavia, la relazione evidenzia soprattutto la necessità di esaminare più approfonditamente le debolezze strutturali che emergono qualora il firmatario non riesca a ottenere una giusta compensazione oppure uno Stato membro ritardi l’adempimento degli obblighi fino all’imminenza di una sanzione pecuniaria, pur continuando a sottrarsi alla responsabilità di precedenti e deliberate violazioni.
Nella nostra qualità di legislatori, abbiamo il dovere, di concerto con la Commissione, di intervenire in tali situazioni.
Marcin Libicki , a nome del gruppo UEN. – (EN) Signor Presidente, vorrei innanzitutto ringraziare il relatore, l’onorevole Hammerstein. Sono molto lieto che sia stato proprio lui a redigere la relazione, essendo uno dei membri della commissione per le petizioni che più si distingue per il proprio zelo. La nostra collaborazione, che dura ormai da quattro anni, è stata per me motivo di grande soddisfazione. Desidero inoltre ringraziare gli altri membri della commissione per le petizioni e gli oratori finora intervenuti o prossimi a intervenire, nonché il segretariato della commissione, che sta svolgendo un ottimo lavoro. Infatti, come dimostra la relazione presentataci dall’onorevole Hammerstein, il numero delle petizioni è notevolmente cresciuto, andando così ad accrescere il carico di lavoro del segretariato.
La commissione per le petizioni svolge un ruolo del tutto particolare, poiché, come è stato già rilevato, non lavora sulla normativa allo stesso modo delle altre commissioni. La sua funzione consiste piuttosto nello stabilire un canale di comunicazione tra le istituzioni europee, in particolar modo il Parlamento europeo, e i nostri cittadini. Come ricordato dall’onorevole Busuttil, il Parlamento europeo gode di grandissima fiducia, anche grazie al lavoro svolto dalla nostra commissione. Queste 1 500 petizioni non rappresentano solo 1 500 persone, ma spesso centinaia di migliaia di cittadini. Ricordo che per la petizione sulla sede unica del Parlamento è stato raccolto oltre un milione di firme, come pure per il riferimento a Dio e al cristianesimo nella Costituzione. Sono state invece 700 000 le firme raccolte per l’emittente radio COPE di Barcellona e decine di migliaia quelle per le petizioni sui progetti di pianificazione territoriale in Spagna e sulle vicende di Equitable Life e Lloyds. Milioni di cittadini comunitari sanno che la commissione per le petizioni è parte del Parlamento europeo e che molto spesso essa rappresenta la loro ultima possibilità di appello. Purtroppo il tempo a mia disposizione non mi permette di soffermarmi oltre sull’argomento. Ringrazio ancora chiunque abbia contribuito all’ottimo lavoro svolto dalla commissione per le petizioni.
Desidero ricordare che la Conferenza dei presidenti di gruppo ha respinto la relazione del Mediatore europeo sui casi di cattiva amministrazione nell’ambito dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode. E’ un’autentica vergogna!
La Conferenza dei presidenti ha anche respinto la relazione sulla discriminazione ai danni dei figli di famiglie separate in Europa, che noi chiamavamo la relazione Jugendamt e che aveva per oggetto i casi di discriminazione ai danni di figli di famiglie separate in cui un coniuge è tedesco e l’altro di nazionalità diversa. Sono profondamente rattristato dal fatto che la Conferenza dei presidenti non abbia consentito ai cittadini europei di ottenere l’aiuto di questo Parlamento.
Presidente . – Signor presidente, la prego di accettare questa piccola dimostrazione di apprezzamento per l’ottimo lavoro svolto. Riprendiamo ora la discussione.
Eva Lichtenberger , a nome del gruppo Verts/ALE. – (DE) Signor Presidente, intervengo da persona esterna alla commissione. Le petizioni consentono ai cittadini europei di far sentire direttamente la propria voce, una funzione che, in un momento in cui l’euroscetticismo cresce in molti Stati membri, definirei opportuna e fondamentale.
Le petizioni godono di ampia considerazione e riconoscimento, come ne dimostra l’aumento. Riteniamo pertanto fondamentale che tutti i punti sollevati da ciascuna petizione trovino il giusto seguito, in modo tale da preservare la fiducia che l’opinione pubblica ripone nel Parlamento europeo. Affinché tale condizione si verifichi, occorre però restare sempre vigili.
Desidero citare tre esempi, a cominciare dalla petizione sulla sede unica del Parlamento europeo, che ha raccolto un enorme numero di firme, anche se sembra che si opponga una certa resistenza all’idea di discuterne apertamente. L’opinione pubblica ha però diritto a ricevere risposta ed è nostro dovere dargliene una.
Il mio secondo esempio riguarda il progetto dell’autostrada Via Baltica e tutti i problemi ambientali che esso comporta. In questo caso, è stata fornita una risposta adeguata, accolta dai firmatari della petizione con il giusto apprezzamento.
Infine, il mio terzo esempio ci ricorda che talvolta le petizioni fanno riferimento a scopi che il Parlamento europeo proclama, ma non persegue nei fatti, come nel caso dell’iniziativa “Parlamento aperto”. Il fulcro di questa petizione sta nell’idea che i cittadini non dovrebbero essere costretti ad acquistare un software in particolare per la visualizzazione dei materiali trasmessi dal Parlamento europeo e a rispondere nel solo formato ammesso. Un Parlamento aperto equivale a standard aperti ed è nostro dovere agire in tal senso.
Kathy Sinnott , a nome del gruppo IND/DEM. – (EN) Signor Presidente, credo che la commissione per le petizioni sia la più importante in seno a quest’Assemblea, essendo la sede in cui i cittadini ci danno evidenza dell’impatto delle norme di cui si discute nelle altre commissioni. Senza questo riscontro, il nostro lavoro resterebbe inevitabilmente avulso dalla realtà. Tuttavia, esiste ancora una lacuna procedurale che rallenta la commissione nello svolgimento del suo ruolo di difensore dei cittadini europei: l’assenza del Consiglio e delle rappresentanze permanenti degli Stati membri. Come possiamo agire da mediatori in una disputa tra un cittadino e il suo paese di appartenenza senza che quest’ultimo partecipi alle riunioni della commissione per le petizioni?
Il popolo irlandese si è rivolto alla commissione per le petizioni con tre segnalazioni riguardanti il nostro sito archeologico più prezioso e a rischio: Tara, la residenza dei re supremi d’Irlanda e di San Patrizio. La commissione per le petizioni ha risposto con entusiasmo, lanciando un appello affinché si mettesse fine alla distruzione del sito e invitando la Commissione ad aprire un procedimento contro le autorità irlandesi; eppure, nulla è cambiato e presto, al posto della residenza dei re, sorgerà un casello autostradale. E’ comprensibile che gli irlandesi non dimenticheranno una delusione così grande.
Frank Vanhecke (NI) . – (NL) Signor Presidente, La relazione sulle attività svolte nel 2007 dalla commissione per le petizioni ha suscitato in me impressioni contrastanti. Ne ho ricavato innanzitutto un’impressione positiva, poiché è ovvio che i nostri cittadini hanno diritto a beneficiare della corretta attuazione di tutte le norme. E’ altrettanto ovvio che non ho nulla da eccepire se un cittadino si rivolge a una qualunque organizzazione, compreso, naturalmente, il Parlamento europeo, per ottenere la corretta attuazione della normativa, qualora un’autorità locale o nazionale si rifiuti di farlo. La relazione del 2007 descrive infatti numerosi casi in cui la commissione per le petizioni ha avuto ottime ragioni per intervenire.
Tuttavia, le mie impressioni restano comunque contrastanti, poiché guardo con allarme e diffidenza alle ingerenze sempre più frequenti del diritto comunitario in questioni che, a mio parere, ricadono indiscutibilmente nella sfera di applicazione del principio di sussidiarietà e dovrebbero essere lasciate agli Stati membri. Cito un esempio: nella mia regione, le Fiandre, abbiamo assistito a una crescente ingerenza dell’Europa in questioni che ci stanno molto a cuore e mi riferisco soprattutto alla tutela della lingua olandese, della nostra cultura e della nostra identità nella capitale, Bruxelles, e nella parte delle Fiandre circostante, il Vlaamse Rand. In ambiti di così fondamentale importanza, siamo stati costretti a sentire le reprimende e le vaghe istruzioni di eurocrati che hanno scarsa conoscenza della materia, una situazione per noi irritante e inaccettabile.
Inoltre, la relazione fa più volte riferimento alle procedure stabilite dal trattato di Lisbona. Mi trovo costretto a ricordare ancora una volta che, a seguito del voto contrario dell’Irlanda, il trattato di Lisbona è ormai destinato a decadere, sia a livello politico che giuridico. Noi della commissione per le petizioni, forse più di tutti gli altri membri di quest’Assemblea, siamo tenuti a mostrare rispetto per le realtà giuridiche e la voce espressa democraticamente dal popolo, nella fattispecie il popolo irlandese, che ha relegato il trattato di Lisbona ai libri di storia.
Marie Panayotopoulos-Cassiotou (PPE-DE) . – (EL) Signor Presidente, l’attenzione del nostro collega, l’onorevole Hammerstein, è sempre rivolta a problematiche vicine ai cittadini, come ho avuto modo di costatare io stessa partecipando alle riunioni della commissione per le petizioni. Il collega dimostra inoltre grande sensibilità per il resoconto che dà del lavoro della commissione nella sua relazione, che oserei definire pionieristica. Essa differisce infatti dalle precedenti relazioni annuali poiché punta a mettere in evidenza alcuni casi seguiti dalla commissione. L’obiettivo è sicuramente quello di migliorare l’efficienza della commissione per le petizioni per soddisfare le aspettative dei cittadini, nonché di fare in modo che questi ultimi confidino nelle procedure di esame cui i loro casi sono sottoposti e che si distingua chiaramente tra il diritto di petizione al Parlamento europeo e la presentazione di denunce alla Commissione europea e ad altri organi.
E’ molto importante che i cittadini comprendano le differenze che sussistono fra le varie procedure. Il nostro auspicio non è che il numero delle petizioni aumenti, bensì che quelle che ci pervengono rientrino nel merito della nostra attività e siano apolitiche. Auspichiamo dunque che il segretariato svolga il proprio lavoro con integrità evitando di lasciarsi coinvolgere in dispute politiche o di decidere di una petizione in base alle vicende politiche di un paese.
Allo stesso modo, a proposito delle sentenze, riteniamo inopportuno che la commissione per le petizioni sia coinvolta in questioni giudiziarie e chiediamo che essa rispetti le sentenze emesse dalla Corte di giustizia. Inoltre, non abbiamo tratto alcun vantaggio dall’aumento dei membri della commissione da 25 a 40. E’ sufficiente guardare ai risultati delle votazioni: quanti membri votano? Mai più dei 25 che un tempo componevano la commissione per le petizioni.
Il ricorso a vie stragiudiziali costituisce un’alternativa preziosa per i cittadini. Fortunatamente è possibile avvalersi della rete SOLVIT per i casi relativi al mercato interno, una risorsa che i cittadini dovrebbero sfruttare. Tuttavia, il punto più importante è che ogni procedura dovrebbe essere espletata in modo trasparente e indipendente. Solo così saremo all’altezza del nostro compito.
Lidia Joanna Geringer de Oedenberg (PSE) . – (PL) Signor Presidente, nel 2007 il Parlamento europeo ha ricevuto oltre 1 500 petizioni, il 50 per cento in più rispetto all’anno precedente. Tale dato dimostra inequivocabilmente come i nostri cittadini siano sempre più consapevoli della possibilità di far valere i loro diritti a livello europeo.
Durante le riunioni della commissione per le petizioni, si è discusso di oltre 500 casi, 159 dei quali alla presenza dei firmatari. Inoltre, nel corso del 2007, sono state organizzate ben 6 missioni di accertamento in Germania, Spagna, Irlanda, Polonia, Francia e Cipro, che hanno portato all’elaborazione di raccomandazioni per tutte le parti in causa.
I problemi sollevati dai cittadini comunitari nelle proprie petizioni riguardano principalmente: l’ambiente e la sua tutela, i diritti di proprietà, la libertà di movimento e i diritti dei lavoratori, il riconoscimento delle qualifiche professionali e la discriminazione. Inoltre, la procedura delle petizioni può incidere positivamente sul processo di regolamentazione, individuando quegli ambiti, indicati dai firmatari stessi, in cui la normativa comunitaria è ancora carente o inefficace. Sarebbe pertanto auspicabile che le commissioni legislative competenti prestassero un’attenzione particolare alle problematiche descritte nelle petizioni in sede di preparazione e negoziazione di una norma nuova o riveduta.
Tenendo conto del fatto che gli Stati membri non sempre mostrano la volontà politica necessaria per trovare soluzioni concrete alle problematiche descritte nelle petizioni, la commissione dovrebbe puntare a migliorare la propria efficienza, rendendo un servizio più utile ai cittadini e dimostrandosi all’altezza delle aspettative. Grazie ad un migliore coordinamento interistituzionale, si dovrebbero inoltre accelerare l’iter di esame delle denunce presentate e la procedura di trasmissione delle petizioni giudicate inammissibili alle autorità nazionali competenti. Agendo con incisività, la commissione per le petizioni invierà ai cittadini un chiaro segnale del fatto che le loro giuste preoccupazioni sono sottoposte a un’indagine efficace, creando così un legame concreto tra i cittadini e l’Unione europea.
Inés Ayala Sender (PSE) . – (ES) Signor Presidente, ci troviamo a discutere ancora un’altra relazione sul funzionamento e sulle attività della commissione per le petizioni. La principale conclusione è che, di relazione in relazione, la commissione per le petizioni e il Mediatore europeo continuano a dimostrarsi ottimi strumenti a disposizione dei cittadini europei per segnalare ed esigere misure correttive dei casi di non corretta applicazione della normativa comunitaria. E’ pertanto fondamentale che i cittadini continuino a essere al centro delle nostre proposte, per quanto non siano mancate difficoltà in tal senso.
Talvolta, in particolar modo negli ultimi tempi – e, a questo proposito, ammetto di non essere meno colpevole di altri – il ruolo di riferimento che noi eurodeputati rivestiamo all’interno del dibattito politico locale o nazionale finisce per riflettersi in misura eccessiva su procedimenti in cui non si è ancora dato corso alle misure correttive nazionali, rischiando di dare ai cittadini l’illusione che l’Unione europea possa risolvere tutto. Occorre dunque ricordare con il nostro stesso esempio la fondamentale importanza del principio di sussidiarietà, che pone qualunque organismo, sia esso a livello locale, regionale, statale o persino europeo, di fronte alle proprie responsabilità.
Auspico dunque che i cittadini possano rivendicare il proprio ruolo chiave e, a tale scopo, che ricevano informazioni più ampie ed esaustive su tutte le opportunità collegate al diritto di petizione, che esistono e sono oggi più numerose che mai, nonché sulle altre possibilità di ricorso a livello locale, regionale o nazionale ed i rispettivi meccanismi di funzionamento, per fare in modo che si ricorra al Parlamento europeo e al diritto di petizioni in modo opportuno e efficace, evitando inutili delusioni.
Ritengo inoltre che vi siano delle incongruenze nelle proposte avanzate dal relatore. Ci è stato detto che le risorse non sono sufficienti e che vi sono ritardi, risposte pressappochiste e duplicazione dei casi; tuttavia, tra le proposte avanzate figura, per citare un esempio, il trasferimento del registro delle petizioni al segretariato. Credo che tale provvedimento finirebbe per sminuire il ruolo delle petizioni e il…
Presidente . –Non sono previsti interventi con la procedura catch the eye al momento. Le regole sono regole. Può concludere il suo intervento.
Inés Ayala Sender (PSE) . – (ES) Grazie, signor Presidente, se questa è una delle forme che la flessibilità può assumere, la ringrazio.
Credo dunque che dovremmo tenere il registro delle petizioni presso la presidenza. Sono infatti del parere che non dovremmo sminuire l’importanza delle petizioni. Mantenendo il registro delle petizioni presso la presidenza, garantiremmo e preserveremmo la visibilità delle petizioni stesse in seno a quest’Assemblea, evitando che siano dominio della sola commissione competente.
Mi preoccupa un ulteriore aspetto, riguardo il quale desidererei approfittare della presenza del commissario McCreevy per conoscere il suo parere: mi riferisco alla revisione della procedura d’infrazione proposta dal relatore su cui gli chiedo di chiarire la propria posizione.
Infine, mi preoccupano anche l’accertamento dei fatti e le prove risolutive di cui si parla. Credo che la funzione e il dovere della commissione per le petizioni stiano nel far sì che cittadini e politici continuino a esigere il corretto funzionamento di altri poteri e istituzioni.
Charlie McCreevy, membro della Commissione. − (EN) Signor Presidente, desidero semplicemente ringraziare l’onorevole Hammerstein per la relazione di cui è l’autore, il presidente della commissione, l’onorevole Libicki, e i vicepresidenti per il lavoro svolto di concerto con noi negli ultimi anni. Confido nel fatto che questo stesso spirito di cooperazione proseguirà fino alla fine della legislatura.
David Hammerstein, relatore. − (ES) Signor Presidente, desidero esprimere la mia gratitudine per tutti i contributi pervenutimi, che ho cercato di includere nella relazione.
Le osservazioni fatte riguardo le lentezze procedurali hanno un fondamento. Una delle cause soggiacenti è il registro delle petizioni: è assurdo infatti che il firmatario di una petizione debba attendere tre o quattro mesi solo perché alla sua petizione sia assegnato un numero ed è questo il motivo alla base della proposta di trasferimento a Bruxelles, sotto la presidenza, per effettuare la registrazione qui con l’ausilio del segretariato della commissione per le petizioni. Non vi è alcun intento di sminuire l’importanza delle petizioni.
Sono state fatte altre osservazioni relativamente ad alcuni esempi di attuazione insufficiente della normativa comunitaria o, in molti casi, di violazione. La commissione per le petizioni vigila proprio su questi casi di mancata attuazione. Tuttavia, non per questo consideriamo il nostro lavoro una forma di ingerenza. Il fatto che il presidente della commissione, un cittadino polacco, compia un sopralluogo in Spagna non è un caso di ingerenza; si tratta piuttosto di una questione di diritto comunitario.
La commissione per le petizioni consente ai cittadini di ricorrere al diritto comunitario laddove si siano esauriti i possibili strumenti a livello nazionale. Non credo nella maniera più assoluta che vi siano state influenze politiche, in alcun caso. Le segnalazioni più importanti tra quelle sottoposte all’esame della commissione riguardavano casi di violazione delle norme comunitarie che si protraevano ormai da anni. La commissione per le petizioni era dunque la sede più opportuna per il loro esame.
Le risorse del segretariato della commissione per le petizioni sono fondamentali al fine di garantire autonomia e indipendenza. Cito un esempio: se non condividiamo il metodo adottato per l’aggiudicazione di un appalto per un servizio informatico che non può essere gestito dal Parlamento o dal Consiglio e dalla Commissione, come possiamo richiedere alla Commissione europea un parere in merito alle procedure che adotta per l’aggiudicazione degli appalti se non disponiamo degli strumenti necessari a condurre un’inchiesta autonomia e indipendente? La risposta è semplice: non possiamo.
Proprio per questo motivo è necessaria una capacità maggiore. Inoltre, è sotto gli occhi di tutti i membri della commissione che il carico di lavoro cui è sottoposto il segretariato è eccessivo e occorrono risorse aggiuntive.
Presidente . – La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà martedì 23 settembre 2008.
21. Anno europeo della creatività e dell’innovazione (2009) (discussione)
Presidente . − L’ordine del giorno reca la relazione (A6-0319/2008), presentata dall’onorevole Batzeli, a nome della commissione per la cultura e l’istruzione, sulla proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa all’Anno europeo della creatività e dell’innovazione (2009) [COM(2008)0159 - C6-0151/2008 - 2008/0064(COD)].
Katerina Batzeli, relatore. − (EL) Signor Presidente, signor Commissario, la proclamazione del prossimo anno ad Anno europeo della creatività e dell’innovazione è pienamente in linea con gli scopi e le priorità dell’Unione europea volti a sviluppare la società europea della conoscenza come risposta chiave dell’Europa a 27 alle sfide economiche e sociali poste dalla mondializzazione. Questa globalizzazione tenta manifestamente di porre al centro dello sviluppo nient’altro che l’economia, che è in realtà troppo spesso illecita distribuzione di profitti.
La globalizzazione, per potersi trasformare in una politica di sviluppo equa in grado di distribuire benefici economici e sociali a tutte le regioni, deve essere imperniata sull’individuo e deve consentire uguali opportunità di accesso a tutti i cittadini, in ogni parte del mondo.
Abbiamo compiuto la scelta giusta optando per la combinazione d’innovazione e creatività quale dimensione chiave per l’Anno europeo 2009. Quindi, il “triangolo della conoscenza” – educazione, ricerca e innovazione, con creatività – fa del cittadino il pilastro centrale del modello di sviluppo dell’UE.
Inoltre, la scelta del 2009 quale Anno europeo della creatività e dell’innovazione è, politicamente parlando, un’evidente prosecuzione dell’Anno europeo del dialogo interculturale. Mi consenta di soggiungere che, grazie alla sua partecipazione, commissario Figeľ, esso si sta rivelando un gran successo.
La mobilità della conoscenza e della creatività costituisce parte integrante di un dialogo interculturale aperto. Lo scopo di tale dialogo è racchiudere la diversità culturale, il partenariato nelle attività economiche, la cooperazione professionale, la convergenza sociale e una maggiore armonizzazione dei sistemi educativi fra i cittadini UE.
Risulta pertanto essenziale ottenere un impegno chiaro e la mobilitazione di tutte le parti sociali, PMI, organismi professionali ed educativi, nonché della Comunità, delle autorità nazionali e regionali.
Il principale motore di tutte le azioni da attuare nel 2009 saranno i programmi educativi a livello nazionale ed europeo, i programmi comunitari per l’apprendimento permanente, le azioni legate alla formazione e all’istruzione nel quadro del Fondo sociale e di altri fondi strutturali, nonché i programmi educativi nazionali da realizzare in detto Anno.
Sono altresì compresi gli ambiti della cultura, delle comunicazioni, il mercato del lavoro, i giovani, le donne, gli immigrati, gli enti locali e regionali, l’industrie della cultura e le PMI.
Si è deciso che questa cooperazione debba essere basata su programmi pluriennali e annuali mediante finanziamenti specifici per i progetti, benché il Parlamento avesse auspicato che l’Anno fosse dotato di un bilancio proprio, come l’Anno del dialogo interculturale. Il Parlamento ha comunque adottato emendamenti volti almeno a garantire che quest’Anno non sia finanziato primariamente dai programmi comunitari di apprendimento permanente, ma da ognuno dei programmi e delle azioni specifiche. In tal senso, innovazione e creatività non graveranno sui programmi educativi, ma trasversali a tutte le politiche comunitarie.
Desidero infine ringraziare il commissario, gli uffici della Commissione e le presidenze slovena e francese per il dialogo aperto e la cooperazione.
Ján Figeľ, membro della Commissione. − (EN) Signor Presidente, desidero esprimere la mia gratitudine all’onorevole Batzeli, alla commissione per la cultura e l’istruzione e a tutti i deputati per il loro sostegno e per gli emendamenti – e i miglioramenti – apportati al testo originale volti al consolidamento dei diversi aspetti di un potenziale Anno europeo della creatività e dell’innovazione.
La Commissione esprime il suo caloroso sostegno al testo nella sua versione attuale. Questa iniziativa è una risposta agli appelli lanciati dal Parlamento e dagli Stati membri per rinsaldare i legami fra istruzione e cultura. Concentrandosi sulla creatività e sul talento, la Commissione vuole sottolineare il fatto che, mentre possiamo trarre ispirazione dal passato apprendendo dal nostro ricco patrimonio europeo e mondiale, impegnarsi nella cultura dovrebbe essere innanzi tutto un’esperienza che aiuta a dispiegare il potenziale innato delle persone e a coinvolgerle attivamente. La creatività e la capacità d’innovazione sono competenze strettamente correlate che dobbiamo sviluppare il più possibile attraverso l’apprendimento permanente.
Ognuno di noi racchiude in sè un potenziale di creatività e di innovazione e possiede talenti diversi indipendentemente dal fatto che, si tratti di artisti professionisti o dilettanti, insegnanti o imprenditori, che la loro estrazione sociale sia elevata o più modesta.
Promuovere tale potenziale può aiutare a raccogliere le sfide sociali e a forgiare il futuro dell’Europa in un mondo globalizzato, come ha testé ricordato l’onorevole Batzeli. L’Anno europeo ci consentirà di ricordare che il Parlamento, con il Consiglio e gli Stati membri, ha già elaborato una carta per un approccio bilanciato sotto forma di raccomandazione sulle competenze chiave per l’apprendimento permanente. L’abbiamo adottata nel dicembre 2006 e costituirà la nostra linea guida per tutto l’anno. Uno dei suoi punti salienti è la definizione della competenza intesa come “conoscenze, abilità e attitudini”; nel corso dell’anno intendiamo mettere in luce particolarmente l’aspetto delle attitudini, che è probabilmente quello sul quale l’Europa deve lavorare maggiormente.
Quando si iniziò a discutere di questo progetto di Anno europeo con la commissione cultura, in modo molto informale, l’onorevole Pack sottolineò che si trattava di una storia di successo europea e di un buon esempio da ricordare agli elettori in un anno di consultazione elettorale – il 2009. Alla luce di tali considerazioni, esorto il Parlamento e noi tutti a diventare veri ambasciatori della creatività e dell’innovazione – non solo nel 2009, ma anche in futuro.
Mihaela Popa, a nome del PPE-DE. – (RO) Come sapete, la proposta della Commissione di proclamare il 2009 Anno europeo della creatività e dell’innovazione si basa sulla volontà di focalizzare varie tematiche associandole ad un determinato anno. L’Europa ha bisogno di promuovere la creatività e l’innovazione per poter far fronte ad un’Europa mobile e l’aver individuato questo tema costituisce una buona opportunità per fornire ai nostri cittadini informazioni sulle buone pratiche invalse nel settore e stimolare un dibattito politico.
L’obiettivo generale dell’Anno europeo 2009 è quello di promuovere la creatività in quanto motore dell’innovazione e fattore chiave dello sviluppo di competenze personali, professionali, imprenditoriali e sociali in tutte le fasi della vita. La creatività e l’innovazione costituiscono due valori che divengono sempre più preziosi con l’uso. Più li usiamo, più diventano efficaci. Tuttavia, prestazioni di alto livello richiedono un’attenzione speciale in condizioni favorevoli.
Nel 2009 sarà importantissimo che ogni singolo Stato membro, in accordo con il principio di sussidiarietà e proporzionalità, promuova quelle attività che coinvolgono i giovani, gli uomini e le donne, poiché sappiamo che le donne sono scarsamente rappresentate nella scienza e nella ricerca. Queste attività dovrebbero anche coinvolgere le persone diversamente abili con alto potenziale di creatività.
Il Partito popolare europeo sostiene l’innovazione europea e reputa la creazione di un Istituto europeo per l’innovazione tecnologica una priorità. Riteniamo tuttavia che affidarsi alla creatività innata delle persone e all’innovazione non basti; dovremmo altresì organizzare tutta una serie di attività e di manifestazioni. Siamo pertanto favorevoli all’adozione del progetto di relazione sull’Anno europeo della creatività e dell’innovazione che è stato negoziato con la Commissione europea e il Consiglio. Inoltre, è essenziale varare una serie di misure volte a dar seguito agli sforzi compiuti, anche dopo la conclusione dell’Anno; come ha detto il commissario, nel nostro ruolo di deputati al Parlamento europeo dovremmo davvero fungere da ambasciatori della creatività.
Christa Prets, a nome del gruppo PSE. – (DE) Signor Presidente, signor Commissario, siamo ancora nell’Anno europeo del dialogo interculturale, e stiamo già pensando all’Anno della creatività e dell’innovazione: la cosa mi sembra opportuna perché le due tematiche sono complementari. Ci vuole infatti molta creatività ed innovazione per avviare un dialogo interculturale, per metterlo in pratica e renderlo parte della nostra vita. Ora si tratta di metterlo in pratica in modo da poter passare senza soluzione di continuità al prossimo anno, in quanto la creatività deve essere considerata motore di innovazione e fattore chiave per lo sviluppo di competenze personali, professionali, imprenditoriali e sociali.
L’apprendimento permanente assume in tale contesto particolare importanza. L’Europa deve diventare più creativa ed innovativa onde poter raccogliere le sfide della concorrenza mondiale e sapersi adattare e reagire ai rapidi cambiamenti e sviluppi tecnologici. Resta in tal senso ancora molto da fare. Se consideriamo il programma di ricerca e sviluppo e l’aliquota di bilancio che ogni Stato è tenuto a mettere a disposizione, segnatamente il 3 per cento del PIL, non possiamo non riconoscere che siamo ancora ben lontani dall’obiettivo. Se consideriamo altri paesi, quali gli Stati Uniti e la Cina, che investono molto più dell’Europa in ricerca e sviluppo, possiamo comprendere quale sia il divario ancora da colmare.
Ci vuole inoltre molta creatività ed innovazione per predisporre un pacchetto di finanziamenti. Sarebbe stato auspicabile che questo programma potesse contare su finanziamenti certi ma purtroppo così non è stato Gli Stati membri, come pure le organizzazioni e le istituzioni, devono ora elaborare priorità e modalità di finanziamento proprie, e per farlo dovranno per forza avvalersi dei relativi programmi di sostegno dell’Unione europea. Per maggiori innovazioni e attività supplementari, tuttavia, avremmo dovuto poter disporre di maggiori finanziamenti. Sarebbero stati senz’altro essenziali.
Risulta altresì importantissimo stabilire un legame stretto fra la creazione artistica e le scuole e le università. L’arte e la cultura richiedono inoltre sostegno e incentivi per poter consentire lo sviluppo della creatività. Spesso non sono le idee a mancare, ma il denaro per poterle concretizzare. E’ importantissimo non trascurare l’aspetto della valutazione per quanto riguarda l’Anno del dialogo interculturale, l’Anno della mobilità e gli altri temi correlati, in modo da poter comprendere, in un’ultima analisi, quali saranno i vantaggi per la popolazione e come rendere chiaro e comprensibile ai nostri cittadini che tutte queste priorità alla fin fine vanno a loro vantaggio personale e promuovono lo sviluppo dell’Unione europea.
Hannu Takkula, a nome del gruppo ALDE. – (FI) Signor Presidente, sono particolarmente lieto di poter prendere la parola oggi, visto che la seduta è presieduta dal miglior vicepresidente del Parlamento, l’onorevole Siwiec, ed è presente anche il commissario Figel'. L’argomento è dei più interessanti, creatività e innovazione, anche se ci si potrebbe chiedere cosa siano effettivamente creatività ed innovazione.
Spesso sembrano solo parole vuote. Se dovessi rispondere alla domanda di che cos’é la creatività, avrei almeno una risposta da dare, quella apparentemente fornita dal compositore finlandese Sibelius, che pensava che la creatività fosse dolore.
In Europa non temiamo certamente il dolore se porta valore aggiunto, qualcosa che ci faccia progredire come gruppo di nazioni e nel contesto dell’Europa tutta. Secondo me, questo è lo scopo principale dell’Anno europeo: apportare valore aggiunto alla realtà europea.
Come promuovere creatività e innovazione? Come lei sa, signor Presidente, il suo paese, la Polonia, sta per ospitare l’Istituto europeo per l’innovazione tecnologica. Questo è sicuramente un fattore che incoraggerà gli Stati membri dell’Unione europea in quella regione a creare nuovo valore aggiunto e innovazione ricorrendo a vari incentivi.
Sappiamo, tuttavia, che non sono le decisioni governative a determinare innovazione o creatività. Qualunque cosa si decida in questa sede, i risultati non saranno certo frutto di una pura decisione. Abbiamo invece bisogno di risorse e dei giusti prerequisiti nelle università, nelle scuole e nei diversi settori della nostra società, in modo che gli individui possano creare qualcosa di nuovo e scambiare le buone pratiche, liberandosi in tal modo dal quel tipo di pensiero stereotipato che impedisce loro un nuovo approccio alle cose.
Questa è una grande sfida, perché sappiamo tutti che i sistemi educativi nei nostri paesi sono il frutto di tradizioni che si tramandano negli anni. Certe tradizioni sono state insegnate, come pure una certa verità, ma occorre ridiscuterle, interrogarsi ed esaminarle da più punti di vista. Occorre capire che la critica, il disaccordo e la messa in discussione di paradigmi e di certe “verità”, possono creare nuovo valore aggiunto.
So che il commissario inviterà gli Stati membri a proporre strategie innovative nazionali sul modo di aiutare gli studenti a elaborare nuove idee o dare spazio a nuovi modi di pensare, dai primi anni di scuola sino all’università, sulla base di un programma di apprendimento permanente.
E’ un tema importante, e credo che il contributo principale che detto Anno europeo potrà dare è che la creatività, l’innovazione e i nuovi modi di pensare diventeranno il cuore del dibattito. Forse esso porterà all’innovazione e a nuovo valore aggiunto e forse darà luogo alla produttivizzazione perché l’economia dell’Unione europea è un elemento molto importante. Grazie, signor Presidente.
Mieczysław Edmund Janowski, a nome del gruppo UEN. – (PL) Signor Presidente, signor Commissario, Paul Gauguin disse “chiudo gli occhi per vedere”. Vogliamo vedere meglio, per capire meglio ed agire meglio. Dobbiamo risvegliare le competenze ed i talenti sopiti in ognuno di noi. E’ essenziale sfruttare tutto il potenziale creativo della società europea onde raccogliere le sfide che il mondo ci propone. Siamo meno dell’8 per cento della popolazione del pianeta. Gli altri non sono certo passivi né meno dotati. Perciò, a nome del gruppo Unione per l’Europa delle Nazioni, desidero sostenere la proclamazione dell’Anno europeo della creatività e dell’innovazione.
Non vorrei però che si trattasse di un’attività fine a se stessa. Dobbiamo adoperarci al massimo per evitare di sprecare le opportunità e le abilità di cui disponiamo e di creare nuovi e positivi valori in tutti i campi: tecnologico, imprenditoriale, finanziario sociale e così via. Non possiamo permetterci di sprecare le competenze, le abilità ed il duro lavoro di migliaia di talenti europei, giovani e meno giovani, compresi i diversamente abili. Dobbiamo fare il massimo per snellire le procedure e per introdurre soluzioni innovative. Per farlo, possiamo ricorrere all’obiettivo 7 del programma quadro.
Mikel Irujo Amezaga, a nome del gruppo Verts/ALE. – (ES) Vorrei esordire complimentandomi con la Commissione per la sua proposta e con la relatrice, l’onorevole Batzeli, per una relazione che ha potuto contare su un sostegno unanime con l’abituale eccezione di un membro della nostra commissione per l’intero iter della relazione.
Desidero dal un lato ricordare che nella mia regione, le Province basche, si sta celebrando l’Anno dell’innovazione. E’ stato proclamato sulla base dei concetti approvati nel 2007 e ritengo sia possibile trarne qualche spunto.
Specificamente, uno dei concetti minimi da introdurre in detto Anno potrebbe essere incoraggiare il ricorso al pensiero critico e libero nella società, attraverso il quale lo spirito scientifico si libera e sviluppa la capacità di ragionare per facilitare il cambiamento in seno alle organizzazioni e istituzioni del nostro territorio e favorire un loro contributo alla costruzione di un continente moderno, solidale, aperto e innovativo.
D’altro lato, l’Anno della creatività e dell’innovazione dovrebbe promuovere il concetto di innovazione aperta che, basata su capacità interne, includa tutte le fonti possibili – utilizzatori, fornitori e reti – e che, spingendosi oltre il prodotto e la tecnologia, racchiuda aspetti intangibili e multiformi che portino alla creazione di valore.
Del pari, detto Anno dovrebbe introdurre innovazioni in tutte le sfere raggiungendo tutti i governi, e non intendo solo i governi degli Stati membri, delle regioni o degli enti non governativi che hanno molto da dire durante lo svolgimento dell’Anno. Vorrei chiedere alla Commissione di ricordarsi anche di loro.
L’innovazione dovrebbe inoltre estendersi a tutte le organizzazioni ed istituzioni, pubbliche o private che siano, a scopo di lucro o meno, e a tutti gli aspetti della vita; in particolare dovrebbe promuovere l’innovazione sociale e l’innovazione a favore della sostenibilità ambientale.
PRESIDENZA DELL’ON. VIDAL-QUADRAS Vicepresidente
Vladimír Železný, a nome del gruppo IND/DEM. – (CS) Signor Presidente, sono stato eletto al Parlamento europeo in un paese ex-comunista. Sorprendentemente, qui nell’UE stiamo risperimentando le stesse cose che eravamo convinti di esserci lasciati alle spalle molto tempo fa. E’ uno strano fenomeno di déjà vu. Ho vissuto per tutta l’epoca comunista nel mio paese, le nostre vite erano scrupolosamente suddivise in anni, mesi, settimane e giorni, ognuno dei quali dedicato a qualcuno o a qualcosa. Abbiamo avuto l’Anno della cultura folk, il Mese del libro, il Mese dell’amicizia cecoslovacco-sovietica, la Settimana del cosmo, la Giornata del minatore. Ad ogni nostro risveglio, la nostra giornata, settimana o mese appartenevano a qualcuno di diverso da noi. Le nostre vite scorrevano come un’unica campagna d’informazione senza fine. Queste campagne miravano a nascondere la mancanza di libertà nonché la scarsità di arance e carne. In quanto membri dell’Unione europea abbiamo arance e carne a sufficienza eppure l’Unione cede alla stessa tentazione: ottenere risultati attraverso il lancio di campagne anziché con il lavoro costante e paziente.
In che modo l’Unione europea intende stimolare la creatività? La creatività si basa sull’inventiva e sul talento, su un’idea ispirata (o almeno buona). Non otterremo nient’altro che la felicità di centinaia di nuove ONG. Queste ONG sono una strana malattia che affligge la nostra democrazia. Benché non elette e non autorizzate, si consente loro di attingere fondi alle nostre casse in quanto agiscono in nome di un bene superiore, naturalmente. Spenderanno allegramente l’intera somma stanziata per questa campagna annuale. Spenderanno il denaro dei contribuenti per migliaia di opuscoli, annunci, manifestazioni e seminari. La creatività, però, sarà la stessa l’anno prossimo. Presidente, avrei un suggerimento: invece dell’Anno europeo della creatività e dell’innovazione, proclamiamo il prossimo Anno del lavoro tranquillo, privo di qualsiasi forma di campagna. Un anno senza campagne: che sollievo sarebbe. Grazie.
Thomas Wise (NI) . – (EN) Signor Presidente, l’obiettivo generale dell’Anno europeo 2009 é “promuovere la creatività per tutti in quanto motore dell'innovazione e fattore chiave dello sviluppo di competenze personali, professionali, imprenditoriali e sociali grazie all'apprendimento permanente” Ma poi finiamo sempre a parlare di nuove legislazioni. Uno Stato nemico impantanato nelle leggi e nella burocrazia soffoca la creatività e l’imprenditorialità dei suoi cittadini. Il Belgio, ad esempio, non potrà verosimilmente produrre un Joe Meek o un Richard Branson e, siamo onesti: suor Sorriso non è davvero paragonabile ai Beatles o ai Rolling Stones.
Mentre la Commissione sprofonda nella caducità prima di perdersi nella fumosità, le grandi opere della cultura europea continueranno a dare la loro testimonianza nel tempo. Non soffochiamo i nostri artisti con ulteriori leggi; come rimpiangeva un tempo il grande Ral Donner allorchè ricordava che non si sa mai quel che si ha finché non lo si perde.
Pál Schmitt (PPE-DE) . – (HU) Signor Presidente, signor Commissario, l’Anno europeo della creatività e dell’innovazione è un’eccellente occasione per attirare l’attenzione dei cittadini sulle attività dell’Unione nel campo dell’istruzione e della ricerca, segnatamente in merito al programma di apprendimento permanente.
L’apprendimento permanente è parte integrante del programma di Lisbona e fra i suoi obiettivi più importanti rientrano lo sviluppo di una società basata sulla conoscenza, un’aumentata competitività, lo stimolo all’economia e la creazione di posti di lavoro.
Quando si parla di creatività, siamo portati a pensare esclusivamente a scienziati, ingegneri, costruttori o provetti artigiani. Tuttavia, oltre all’innovazione economica e tecnologica, il concetto di creatività assume un’altra, più facile interpretazione che è forse più vicina a noi, ovvero la creatività in senso artistico.
In un certo senso, gli artisti che ci stupiscono con le loro opere contribuiscono a rendere complete le nostre vite, con la pittura, la scultura, la letteratura, la canzone, il teatro, la grafica, la fotografia, il design e anche il cinema, che raggiunge le masse. Gli artisti e le opere che essi creano definiscono la qualità della nostra vita.
L’Anno della creatività offre una buona opportunità di riconoscere ed apprezzare coloro che rendono abitabile l’ambiente che ci circonda ed influenzano positivamente i gusti, i giudizi di valore e le istanze dei giovani europei.
Mi rendo conto che occorrono tecnologie innovative e creative che portino a trasformazioni rivoluzionarie. Siamo impressionati da auto favolose, miracolosi mezzi di comunicazione e risultati della ricerca scientifica innovativa, ma quale sarebbe il valore della vita senza le meravigliose opere d’arte, le statue, la grafica, i tessuti e le creazioni musicali e letterarie che ci circondano?
Mi auguro davvero che i programmi dell’Unione europea sappiano tenere in debito conto gli aspetti positivi, materiali ed etici della cultura, in particolare di quelle opere che suscitano un sentimento d’orgoglio per l’identità europea e il piacere di sentirci un po’ più europei.
Per finire, benché abbia parlato fin qui solo d’arte, permettetemi di esprimere la mia speranza che l’Istituto europeo per l’innovazione tecnologica, che è stato recentemente aperto a Budapest, contribuisca al successo del suddetto Anno europeo. Vi ringrazio.
Leopold Józef Rutowicz (UEN) . – (PL) Signor Presidente, la crescita dei consumi nonché l’aumento delle risorse destinate alla crescita economica, alla sanità e alla cultura nell’imminente processo di globalizzazione dipendono sempre più dall’efficacia dell’istruzione, delle attività volte a promuovere la creatività e l’innovazione quotidiane, dall’approntamento di migliori modelli organizzativi e finanziari che recepiscano le innovazioni e da idee che aumentino la produttività, la qualità, creino posti di lavoro, riducano i costi e migliorino la competitività.
Ciò che conta è lo sviluppo dell’istruzione, compresa l’istruzione obbligatoria, che dovrebbe favorire il pensiero creativo. Anche i mezzi di comunicazione dovrebbero incentivare il pensiero innovativo dando spazio ai risultati e mostrando rispetto per gli autori di tali conquiste. L’innovazione nell’economia, ai diversi livelli di governo locale, potrebbe determinare un maggior grado di coinvolgimento, a patto che vengano smantellate le barriere amministrative e che sussista una piena integrazione sociale che dipende, in larga misura, dai politici.
Il 2009, l’Anno della creatività e dell’innovazione, non dovrebbe essere un anno di riflessione, ma un anno di attività concreta e creativa. Il progetto di direttiva è un documento necessario e gli emendamenti introdotti non modificano la sua essenza. Grazie, onorevole Batzeli, per la sua relazione.
Małgorzata Handzlik (PPE-DE) . – (PL) Signor Presidente, la creatività e l’innovazione sono fattori chiave delle economie basate sulla conoscenza, e l’economia europea è certamente una di queste. Far fronte alle sfide della globalizzazione e cogliere le opportunità che presenta richiede un approccio innovativo e creativo.
L’attività economica è solo uno dei settori in cui la creatività e l’innovazione sono fattori importanti di successo e spesso offrono un vantaggio competitivo determinante. In loro assenza è difficile pensare a prodotti e servizi che soddisfino le crescenti domande dei consumatori. Pertanto ritengo che nei piani della Commissione europea si dovrebbe dare maggiore enfasi al coinvolgimento fra le varie aziende, in particolare per quanto riguarda la loro esperienza nello sfruttare il potenziale offerto dalla creatività e dall’innovazione.
La creatività e l’innovazione sono competenze difficili da apprendere, ma possono certamente essere sostenute. L’istruzione è molto importante per stimolare il loro sviluppo. Tuttavia, non ci si dovrebbe limitare all’istruzione scolastica o accademica. Ciò che conta è che la creatività e l’innovazione siano promosse ad ogni livello di istruzione, nelle diverse formule educative, nel corso della vita professionale e fino al pensionamento. Nel promuovere l’innovazione e la creatività è opportuno far tesoro delle esperienze tratte dai programmi educativi esistenti nonché da altre iniziative, in particolare quelle che rivestono una dimensione transfrontaliera.
Credo che proclamare il 2009 Anno europeo della creatività e dell’innovazione contribuirà a sensibilizzare il pubblico, a diffondere informazioni sulle buone pratiche e a stimolare la ricerca e la creatività e, soprattutto susciterà un dibattito sulla politica e sui cambiamenti che devono essere introdotti affinché la creatività e l’innovazione si guadagnino il sostegno delle aziende, delle istituzioni europee e degli Stati membri.
Jerzy Buzek (PPE-DE) . – (PL) Signor Presidente, é veramente raro che io sia d’accordo con quanti hanno preso la parola prima di me. Lei ha spiegato in modo chiaro e convincente i motivi per i quali quest’Anno è importante. L’onorevole Janowski l’ha spiegato in modo particolarmente eloquente solo pochi minuti fa. Tuttavia sono d’accordo anche con quanti dicono che potrebbe essere solo un altro di quegli Anni che non hanno prodotto risultati. Perciò, se non vogliamo essere costretti ad ammetterlo fra un anno o due, cerchiamo di approntare iniziative concrete.
Un’iniziativa concreta potrebbe essere affermare che stiamo attuando una priorità fondamentale, ovvero la strategia di Lisbona: nessuno ne ha parlato. Questa è una tematica incredibilmente importante. E’ nella strategia di Lisbona che abbiamo per la prima volta legato i temi tecnologici ed economici ai temi artistici. Se dobbiamo parlare di passi specifici, allora credo che dovremmo farlo a due livelli.
Il primo livello (colgo l’opportunità offertami dalla presenza del commissario Figel e dal fatto che egli è responsabile per la scuola e l’istruzione) è l’istruzione. Dovremmo analizzare la situazione nell’Unione europea. L’esame finale delle nostre scuole secondarie fornisce davvero la base per il pensiero creativo dei giovani che sostengono detto esame? Dobbiamo passare in rassegna la realtà di quanto avviene in Europa. Sensibilità estetica e, al contempo, capacità matematiche e scientifiche – questo è ciò che manca. Gli studi umanistici tradizionali non lo rendono possibile. La European University Association ne parla spesso.
Un’ultima questione, di fondamentale importanza, le risorse. Si parla di stanziamenti a livello dell’Unione europea. Dobbiamo cercare di determinare una situazione per la quale, alla conclusione dell’Anno, disporremo di relazioni, di dati specifici sulla situazione di ogni singolo Stato membro, sulle carenze, sulla possibilità di fare dei raffronti, perché non abbiamo mai fatto questo tipo di analisi comparata a livello europeo in modo adeguato. Questo ci aiuterà ad attuare la strategia di Lisbona.
Zita Pleštinská (PPE-DE) . – (SK) Commissario Figeľ, mi rallegro della sua presenza alla discussione odierna in quanto la sua esperienza di vita è per molti versi simile alla mia.
La mia esperienza di artista mi consente di dire che dedicare un Anno europeo a certi temi accresce senza dubbio la presa di coscienza ed il coinvolgimento del pubblico.
Poiché l’Europa dei nostri giorni deve cogliere le sfide e le opportunità della globalizzazione potenziando le sue capacità creative ed innovative, plaudo alla decisione della Commissione di proclamare il 2009 Anno europeo della creatività e dell’innovazione.
Le forze motrici alla base dell’innovazione sono gli individui, le loro competenze professionali, imprenditoriali e sociali. Di conseguenza, l’apprendimento permanente merita una particolare attenzione . Mi rallegro dei provvedimenti proposti per stimolare la creatività e la capacità di innovazione in tutte le fasi dell’apprendimento permanente durante la vita professionale sino al pensionamento.
Sono convinta che, per conseguire obiettivi 2009 che consentano all’Europa di trarre vantaggio dall’innovazione, i provvedimenti adottati dovrebbero essere collegati con altre politiche, da portare avanti anche oltre la conclusione dell’Anno europeo per la creatività e l’innovazione.
Silvia-Adriana Ţicău (PSE) . – (RO) Proclamare il 2009 Anno europeo della creatività e dell’innovazione è un deciso impegno che ci siamo assunti. Il 42 per cento delle imprese operanti nell’industria e nei servizi dell’Unione europea parlano di attività innovative. Nel 2003, il 65 per cento delle imprese tedesche si sono innovate e sono stati rilasciati 312 brevetti per milione di abitanti rispetto alla media europea di 128 per milione. In Romania, un quinto delle imprese operano in settore innovativi. Nel 2006, gli investimenti europei in ricerca e innovazione ammontavano solo all’1,84 per cento del PIL, rispetto all’obiettivo del 3 per cento fissato dalla strategia di Lisbona.
Gli investimenti in ricerca e innovazione non sono aumentati allo stesso ritmo del PIL europeo. Credo che le ricerche, i sondaggi, le conferenze e le campagne d’informazione non bastino. L’Anno europeo della creatività e dell’innovazione deve essere un anno di promesse mantenute. Promuovere la creatività richiede un sostegno adeguato dal bilanciò comunitario nonché dai bilanci nazionali. Signor Commissario, assieme a noi, assieme al Parlamento europeo e agli Stati membri, lei si sta impegnando ad accrescere la creatività e l’innovazione in Europa nel 2009.
Dumitru Oprea (PPE-DE) . – (RO) Ringraziamo quanti hanno permesso ad un paese dell’Europa centro orientale di celebrare la creatività un anno prima, in quanto Budapest è, di fatto, la capitale di questa nuova tendenza europea in termini di creatività e innovazione. Nella stessa ottica, proponiamo che le principali università abbiano l’opportunità di promuovere la politica europea organizzando azioni speciali in almeno un’università per ogni paese delle due ultime ondate di allargamento;gli esperti e gli specialisti dovrebbero poter aver voce in capitolo in queste azioni. Proponiamo inoltre che i due o tre migliori ricercatori provenienti dai suddetti paesi si rechino in visita presso le cinque migliori università e centri di ricerca d’Europa.
Marusya Ivanova Lyubcheva (PSE) . – (BG) Signor Presidente, signor Commissario, la proclamazione del 2009 quale “Anno europeo della creatività e dell’innovazione” fornisce un’opportunità di promuovere la cooperazione culturale, scientifica ed economica, sostenendo le prospettive che si schiudono affinché ogni paese sviluppi un proprio programma nazionale di incoraggiamento del potenziale creativo individuale.
L’apprendimento permanente è importante tanto quanto la creatività, che sottende ad ogni politica di innovazione e che è decisiva per creare nuovo valore aggiunto sociale. Questa politica indica che crediamo nelle risorse umane e sul loro sviluppo, e che esse sono di fondamentale importanza E’ importante stabilire un legame diretto fra istruzione, cultura e scienza. E’ importante che le istituzioni interagiscano per estendere il loro raggio d’azione. La creatività e l’innovazione valgono per tutte le fasce d’età. E’ altresì importante che vengano stanziate risorse adeguate e che il sostegno pubblico contribuisca ad incoraggiare il talento. I talenti evolvono, ma richiedono sostegno, perché i motori della società sono proprio le personalità creative capaci e dotate di talento.
Ján Figeľ, membro della Commissione. − (SK) Desidero ringraziarvi per l’interessante discussione che fa emergere l’interesse per l’innovazione e la creatività ed il pieno appoggio del Parlamento a questa tematica. Ho osservato che il dibattito è stato dominato dai rappresentanti dei nuovi Stati membri, che in sé è un valore aggiunto e forse invia un segnale positivo: l’allargamento dell’Unione significa che vi è percezione dei nuovi temi e delle nuove realtà sia da una prospettiva mondiale che locale.
Richard Florida, un sociologo americano, disse che la chiave per una società innovativa è la combinazione di ‘tre t’: talento, tecnologia e tolleranza. Ognuno possiede un talento di qualche tipo, un talento speciale, diverso. La tecnologia è rappresentata da un computer o da uno strumento musicale, talora da una sedia a rotelle, quale mezzo per sviluppare una competenza. La terza T, la tolleranza, rende possibile a tutti, inclusi gli emarginati e i deboli, di partecipare ai processi che portano al miglioramento, all’inclusione sociale e a nuova conoscenza.
Sono lieto di aver sentito parlare di continuità con il 2008, poiché il nostro obiettivo è quello di sviluppare, sulla base della diversità culturale e del dialogo interculturale, un’altra dimensione dell’agenda culturale, ovvero l’industria creativa. In tal modo possiamo considerare la cultura come parte creativa della società, non come oggetto di consumo, non come qualcosa di sporadico, ma come parte permanente del processo di creazione dell’economia. La cultura apporta il suo contributo. La cultura non ha nulla a che vedere con il consumo. Le nostre industrie creative potranno in tal modo prosperare ed offrire buoni posti di lavoro nonché contribuire ad una significativa crescita economica che, di fatto, equivale alla strategia di Lisbona. Non c’è dicotomia fra affari o cultura ma piuttosto una comunione che deve essere naturalmente equilibrata e ragionevole.
In secondo luogo, il trasferimento pratico di conoscenze è molto importante per il processo di apprendimento. Il nostro apprendimento è spesso sporadico e frammentario e ha poca pertinenza con le necessità pratiche. Non voglio dilungarmi troppo, mi limito a dire che abbiamo ottenuto un reale sostegno per il settore imprenditoriale, per l’istruzione in campo economico. Non solo l’Unione europea ma anche gli Stati membri devono assumersi la responsabilità di promuovere e sostenere il talento e l’innovazione. Tutto ciò è connesso all’ammodernamento del sistema educativo e dell’apprendimento permanente.
Desidero concludere dicendo che l’innovazione non si riflette solo nei prodotti finali o in nuovi servizi. L’innovazione si manifesta anche in nuovi approcci, nuovi metodi e nuove mentalità. Qui sta l’importanza del 2009: modificare la nostra percezione della rilevanza dell’innovazione, del valore del talento e della creatività. Vi ringrazio e conto sulla vostra collaborazione anche in futuro.
Katerina Batzeli, relatore. − (EL) Signor Presidente, credo che noi tutti in questo Parlamento, unanimemente e per accordo politico, appoggiamo la proposta di proclamare il 2009 Anno della creatività e dell’innovazione. Grazie anche alla procedura di codecisione, abbiamo potuto rinsaldare la nostra fiducia nel successo del programma per l’Anno 2009. Il Parlamento europeo ha affermato che questa procedura si baserà sull’accordo interistituzionale, non solo nell’iter decisionale, ma anche in termini di attuazione ed efficacia del programma.
Permettetemi di sottolineare che la Commissione deve tenere conto delle preoccupazioni dei nostri colleghi circa l’attuazione ed il successo del programma in sede di analisi e di presentazione delle proposte da parte delle autorità nazionali e delle parti interessate. La creatività e l’innovazione saranno integrate in tutte le politiche comunitarie favorendo la mobilità fra artisti, industria culturale, educatori ed insegnanti.
Occorre prevedere un controllo molto più approfondito rispetto a quanto avvenuto con l’Anno del dialogo interculturale, che poteva contare su un finanziamento ben definito e garantito dal bilancio annuo delle Comunità europee. Visto che il commissario Figeľ ed altri colleghi auspicano un’attenta verifica dell’attuazione del programma, consentitemi di precisare a questo Emiciclo che il dialogo interculturale e l’Anno della creatività e dell’innovazione devono costituire la punta di diamante della nostra politica di comunicazione in vista delle elezioni europee. In questo modo potremo offrire un modesto contributo alla mobilitazione dei cittadini a favore dell’imprenditorialità, della creatività e della cultura.
(Applausi)
Presidente . − La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà domani.
Dichiarazioni scritte (articolo 142 del regolamento)
Bogdan Golik (PSE), per iscritto. – (PL) Prima di diventare membro del Parlamento europeo, ho avuto l'opportunità di apprendere i principi che stanno alla base del funzionamento del sistema educativo e delle società private. L'esperienza acquisita mi ha insegnato che è necessario che l'Europa sviluppi le sue abilità creative e innovative per ragioni sia sociali che economiche.
A mio parere, il prossimo Anno europeo della creatività e dell'innovazione rappresenta un'ottima opportunità per rendere l'Unione europea più competitiva nel mondo globalizzato. Il governo polacco e le autorità dell'Unione europea sostengono tutti i progetti riguardanti la crescita continua della cooperazione tra gli Stati membri nei campi dell'istruzione, degli scambi di buone pratiche, come anche dell'Europa della conoscenza e dell'innovazione. Sono felice che l’idea di realizzare un Istituto europeo di innovazione e tecnologia (EIT) si sia concretizzata attraverso l'istituzione della sua sede a Budapest nel giugno del 2008 e di esserne stato testimone.
Per riuscire a sfruttare al massimo le capacità di ogni individuo e trarre il maggior vantaggio da idee come quella dell'EIT, non sono necessarie solamente infrastrutture ben sviluppate mirate a incoraggiare la creatività degli individui, ma anche un sistema di supporto in grado di garantire condizioni di lavoro appropriate che permettano uno sviluppo personale continuo. Vorrei cogliere questa opportunità per esporvi un'iniziativa polacca, più precisamente quella di Łódź, una delle succursali dell'EIT. Łódź spicca in Europa per l'innovazione e per le eccezionali capacità di cui ha dato prova nella moderna istruzione e nell’applicazione di concetti teorici alle imprese. Utilizzare al meglio le circostanze favorevoli, come ad esempio l'Anno della creatività e dell'innovazione, così come il potenziale sottovalutato di città come Łódź potrebbe essere vantaggioso per tutti noi!
Zita Gurmai (PSE), per iscritto. – (HU) La creatività e l'innovazione svolgono un ruolo estremamente importante per l'Europa e per la sua capacità di reagire in modo efficace alle sfide e cogliere le opportunità frutto della globalizzazione. L’utilizzo più efficace della conoscenza e lo sviluppo dell'innovazione sono elementi chiave dell'economia europea, ai quali va data maggiore enfasi così come auspicato dall’Anno europeo volto a sviluppare per l’appunto creatività e innovazione.
Il dinamismo dell'economia dell'Unione europea dipende essenzialmente da tale capacità di innovazione: l'Europa deve concentrarsi sulle proprie capacità di creazione e innovazione per ragioni sia sociali che economiche. Ecco perché l’Anno europeo deve parlare, a mio avviso, anche di misure pratiche e di promozione dell'innovazione.
I risultati della creatività e dell’innovazione devono essere maggiormente pubblicizzati: a tal fine si ravvisa l’esigenza di avviare campagne di divulgazione e promozione, organizzare eventi congiunti a livello europeo, nazionale, regionale e locale, lanciare messaggi incisivi e diffondere le buone pratiche.
Si devono sostenere le reti, già riconosciute come forza trainante dell'innovazione, così come la creazione di triangoli della conoscenza e la sperimentazione di diverse forme di istruzione. Per promuovere l'innovazione, gli Stati membri devono concentrarsi sugli sviluppi conseguiti nel campo dei servizi di assistenza all'innovazione, soprattutto ai fini del trasferimento di tecnologie, sulla creazione di poli e reti di innovazione in sinergia con università e imprese, sul trasferimento di conoscenze e su un migliore accesso ai finanziamenti.
Nicolae Vlad Popa (PPE-DE), per iscritto. – (RO) La diversità rappresenta una delle fonti di innovazione; le politiche di allargamento dell'Unione europea hanno portato in Europa nuove fonti di diversità e, di conseguenza, di innovazione. Purtroppo, però, il costo di partecipazione ai programmi ERASMUS è proibitivo per molti studenti rumeni e bulgari e limita la loro in partecipazione a tali programmi.
ERASMUS è stato creato nel 1987 per offrire agli studenti mobilità all’interno dell’Europa e migliori prospettive di carriera. Ventun'anni più tardi, il programma non ha soltanto coinvolto due milioni di studenti e 3 100 istituti dell’istruzione superiore, ma ha anche contribuito attivamente al miglioramento della vita accademica degli studenti permettendo loro di acquisire elementi di interculturalità e fiducia in se stessi.
Sebbene non fosse uno dei suoi obiettivi principali, ERASMUS è riuscito a far comprendere agli studenti la vera essenza dell'Unione europea: libertà di movimento all'interno di una famiglia diversa ma unita.
Pertanto, in vista del prossimo Anno dell'innovazione e della creatività, ritengo che lo stanziamento a bilancio di fondi supplementari a favore di studenti provenienti dagli Stati membri di più recente adesione favorirebbe una maggiore partecipazione al programma contribuendo alla diversità intesa come fonte di innovazione e creatività.
22. Adeguamento di determinati atti alla procedura di regolamentazione con controllo, “regolamento omnibus”, (seconda parte) – Allineamento degli atti giuridici alla nuova decisione sulla comitatologia (Iniziativa legislativa) (breve presentazione)
Presidente . − L'ordine del giorno reca, in discussione congiunta:
– la relazione (A6-0100/2008), presentata dall'onorevole Szájer, a nome della commissione giuridica, sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che adegua alla decisione 1999/468/CE del Consiglio, modificata dalla decisione 2006/512/CE, determinati atti soggetti alla procedura di cui all’articolo 251 del trattato, per quanto riguarda la procedura di regolamentazione con controllo – Seconda parte [COM(2007)0824 – C6-0476/2007 – 2007/0293(COD)], e
– la relazione (A6-0345/2008), presentata dall'onorevole Szájer, a nome della commissione giuridica, recante raccomandazioni alla Commissione sull'allineamento degli atti giuridici con la nuova decisione sulla comitatologia [2008/2096(INI)].
József Szájer, relatore. − (HU) L'umanità sa da sempre che le autorità con potere decisionale, in particolare quelle preposte all’attuazione, non possono non essere controllate dal parlamento. Oggigiorno, specialmente rispetto alla preparazione del trattato di Lisbona, si sente molto spesso parlare del cosiddetto deficit democratico dell'Unione europea e della burocrazia di Bruxelles.
E' interessante notare come il trattato di Lisbona non sia oggi sostenuto proprio da coloro che trarrebbero grande beneficio dai cambiamenti proposti e da coloro che non sono ancora convinti che il trattato di Lisbona assicuri precisamente un controllo più efficace dell' esecutivo, la Commissione europea, e della cosiddetta burocrazia europea. Vorrei che tutti coloro che non ritengono necessario il trattato di Lisbona valutino attentamente questi punti.
Sono convinto che, garantendo più ampi poteri al Parlamento europeo, eletto direttamente dai cittadini, rispetto alla Commissione europea, riusciremo a raggiungere questo obiettivo. In modo particolare, quando il Parlamento e il Consiglio, ovvero l'autorità legislativa, delegano sempre più poteri all'autorità esecutiva in Europa, affidano, per certi versi, alla Commissione europea il compito di redigere regole specifiche.
Siccome molto spesso dobbiamo reagire velocemente allorché il complesso meccanismo legislativo europeo non funziona correttamente, ovvero quando Consiglio e Parlamento non si incontrano, in questo caso non esiste alternativa se non quella di autorizzare la Commissione a prendere decisioni nell'interesse di un'azione rapida ed efficace.
Ciò continua ad accadere. Le due relazioni in oggetto si riferiscono al fatto che, nel quadro dell’accordo concluso nel 2006 tra il Parlamento europeo e la Commissione, la zona d’influenza e i poteri del Parlamento europeo saranno ampliati e comprenderanno il controllo delle azioni della Commissione in ambito esecutivo e legislativo. Fino ad oggi, questo compito spettava solamente a un legislatore, ovvero il Consiglio.
La Commissione europea ha elaborato quattro pacchetti, due dei quali sono stati adottati durante la sessione estiva. Il terzo è attualmente all’ordine del giorno e la mia relazione d'iniziativa concerne i principi di attuazione e le modalità di controllo .
Allo stesso tempo, vorrei sottolineare che la discussione buona consentito di addivenire a un compromesso soddisfacente, ma vorrei anche chiarire una volta per tutte, a nome del Parlamento, che noi non consideriamo questo come un precedente, sia per quanto riguarda le attuali procedure di comitato, sia per il futuro.
Tali poteri di controllo spetteranno al Parlamento indipendentemente dal trattato di Lisbona; in altre parole, il trattato di Lisbona, che tutela simili poteri, ha compiuto ulteriori passi avanti; da parte nostra stiamo già mettendo in pratica tali poteri nei rispettivi ambiti di riferimento.
Il Parlamento sarà oberato di lavoro e gli si devono pertanto garantire gli strumenti necessari. E’ proprio per questa ragione che sono anche intervenuto sul bilancio, sottraendolo alla burocrazia, in modo tale da salvaguardare le prerogative del Parlamento consentendogli di adempiere a questo suo nuovo compito. In altre parole, il Parlamento si deve preparare a svolgere anche questo compito e ritengo che, grazie alle misure proposte, l’Unione europea diventerà più democratica e più trasparente. Si tratta di un passo avanti significativo in quanto, all’interno delle istituzioni europee, il potere esecutivo sarà controllato da quello legislativo, e di conseguenza dalla sovranità popolare,. Vi ringrazio per la vostra attenzione.
Ján Figeľ, membro della Commissione. − (EN) Signor Presidente, a nome della Commissione accolgo con favore le due relazioni dell’onorevole Szájer che ringrazio per il lavoro svolto. Köszönöm szépen Jóska.
Con l’accordo in prima lettura raggiunto sul cosiddetto secondo “omnibus”, si adeguerà un’ulteriore serie di atti legislativi alla decisione sulla comitatologia rivista. Ciò comporta un ruolo più forte per il Parlamento – per voi – e un migliore controllo democratico. La Commissione è lieta di constatare che il lavoro avanza speditamente e che le tre istituzioni – Consiglio, Parlamento e Commissione – hanno trovato soluzioni eque.
Con la seconda relazione, il Parlamento ha invitato la Commissione a presentare nuove proposte per l’adattamento di un ulteriore numero limitato di atti. Vi posso assicurare che la Commissione intende esaminare a fondo le raccomandazioni espresse nella relazione. Una volta terminata la valutazione, potremmo decidere come rispondere nel modo migliore alle raccomandazioni del Parlamento.
Infine, mi auguro che l’esame da parte del Consiglio e del Parlamento sul prossimo “omnibus” proceda rapidamente e senza intoppi.
Presidente . − La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà domani.
23. Concentrazione e pluralismo dei mezzi d'informazione nell'Unione europea (breve presentazione)
Presidente . − L’ordine del giorno reca la relazione (A6-0303/2008), presentata dall’onorevole Mikko, a nome della commissione per la cultura e l’istruzione, sulla concentrazione e il pluralismo dei mezzi d’informazione nell’Unione europea [2007/2253(INI)].
Marianne Mikko, relatore. − (EN) Signor Presidente, il numero di Stati membri dell’Unione europea è quasi raddoppiato rispetto all’inizio del 2004. Assicurare la convergenza delle norme sulla tutela della democrazia e delle libertà fondamentali verso i livelli più alti già esistenti è una delle principali sfide successive all’allargamento. In questo contesto, la relazione è favorevole a tutte le iniziative volte a salvaguardare la democrazia ed evidenzia che i mezzi di comunicazione rimangono uno strumento politico influente che non dovrebbe essere trattato solamente in termini economici.
La relazione riconosce la decisione della Commissione europea di assegnare la definizione di indicatori affidabili e imparziali del pluralismo dell’informazione a un consorzio formato da tre università europee.
Inoltre, questa relazione sottolinea la necessità di istituire sistemi di controllo e attuazione basati sugli indicatori definiti secondo tali modalità. Riconosce anche i continui sforzi da parte dei rappresentanti degli editori e dei giornalisti di creare una carta sulla libertà dei mezzi di comunicazione ed evidenzia la necessità di stabilire garanzie sociali e giuridiche per giornalisti ed editori.
La relazione promuove l’adozione da parte delle imprese multinazionali delle migliori prassi per l’indipendenza redazionale e giornalistica nel paese in cui esse operano. Esprime anche preoccupazione per le regole meno rigorose applicate negli Stati membri che hanno aderito all’Unione europea nel 2004 e nel 2007.
Lo sviluppo e l’accettazione di nuove tecnologie hanno portato alla creazione di nuovi canali mediatici e di nuovi contenuti. La nascita di tali nuovi media ha portato un’ondata di dinamismo e diversità nel panorama dei mezzi di comunicazione. La relazione promuove un uso responsabile dei nuovi canali.
Weblog: comprendo solo in parte la preoccupazione dei weblogger. Il mio ingresso nel ciberspazio ha innescato una rapida reazione tra molti blogger. Vorrei cogliere l’occasione per chiarire che nessuno vuole mettersi a regolamentare Internet. Questo è il motivo per cui, in veste di relatrice, sostengo il compromesso grazie al quale i gruppi PSE, ADLE e Verdi/ALE hanno raggiunto un’intesa che evidenzia la necessità di promuove una discussione aperta su tutte le questioni relative allo status dei weblog, nient’altro. Ci fermiamo qui.
La relazione prende atto delle difficoltà che la stampa tradizionale incontra a causa della migrazione degli introiti pubblicitari verso Internet, ma sottolinea che il panorama dei nuovi media commerciali è dominato da soggetti pubblici e privati ormai consolidati ed esperti nel fornire contenuti mediali. La relazione concorda inoltre sul fatto che la concentrazione di proprietà dei media sta raggiungendo livelli tali che il libero mercato, soprattutto nei nuovi Stati membri, non è più in grado di garantire il pluralismo dell’informazione.
Nel testo riconosciamo inoltre che, per poter portare a termine la propria missione, i mezzi di comunicazione pubblici necessitano di una quota di mercato consistente e stabile. ed evidenziamo che, sebbene in alcuni mercati i mezzi di comunicazione pubblici rappresentino un soggetto commerciale importante, nella maggior parte dei casi soffrono a causa dell’insufficienza di finanziamenti e della pressione politica.
La relazione riconosce la necessità di aumentare l’alfabetizzazione mediatica all’interno dell’Unione europea, raccomanda il suo inserimento tra le nove competenze di base e sostiene lo sviluppo di un programma europeo comune a favore dell’alfabetizzazione mediatica.
Vorrei ribadire che la relazione è favorevole a tutte le iniziative volte a salvaguardare la democrazia ed evidenzia che i mezzi di comunicazione rimangono uno strumento politico influente che non dovrebbe essere trattato solamente in termini economici. La libertà di espressione è il punto centrale della mia relazione – e la sostengo fermamente.
Ján Figeľ, membro della Commissione. − (EN) Signor Presidente, vorrei innanzi tutto congratularmi con l’onorevole Mikko per la sua eccellente relazione. La Commissione condivide molte delle opinioni in essa espresse. Siamo convinti che questa risoluzione manderà un segnale positivo a favore del pluralismo dell’informazione a tutte le parti interessate, compresi gli Stati membri e le istituzioni europee, inclusa la Commissione.
La tutela della democrazia e della pluralità di espressione – come lei ha affermato – è essenziale. Dobbiamo mantenere un buon equilibrio fra l’obiettivo della diversità di voci all’interno dei mezzi di comunicazione e quello della competitività. Tuttavia, consultazioni preliminari ma approfondite indicano che per la Commissione e l’Unione europea sarebbe politicamente inappropriato armonizzare le norme in materia di proprietà dei media o di pluralismo dei mezzi d’informazione. In questo caso, la sussidiarietà è un principio da non dimenticare che sconsiglia un approccio univoco che mal si presterebbe alla più svariate situazioni esistenti.
Ritengo pertanto che un’eccessiva regolamentazione dell’animata blogosfera sarebbe un errore. Ciononostante, concordo con lei sul fatto che le pagine web devono in ogni caso rispettare alcuni obblighi giuridici imposti alla stampa, come ad esempio il rispetto dei diritti d’autore o il diritto di replica. Crediamo che porre i siti con contenuti creati dagli utenti sullo stesso piano rispetto ad altre forme di espressione pubblica sia un obiettivo da perseguire. Al contrario, la creazione di uno status severo e specifico per i blog ci sembra controproducente e in contraddizione con lo spirito autentico di Internet.
La Commissione concorda con il Parlamento sul fatto che le regole di concorrenza della Comunità europea da sole possano garantire solo parzialmente il pluralismo dei mezzi d’informazione. Per questo motivo l’articolo 21 del regolamento comunitario sulle concentrazioni considera il pluralismo quale legittimo interesse pubblico. Di conseguenza, gli Stati membri possono prendere le misure appropriate per tutelare il pluralismo dei mezzi d’informazione attraverso l’applicazione delle norme previste dal regolamento sulle concentrazioni. Devono, tuttavia, applicare sia le leggi nazionali che quelle comunitarie.
Ciononostante, riguardo alle regole di concorrenza, vorrei fare alcune precisazioni al suo discorso sul carattere dannoso che la concentrazione di proprietà potrebbe avere sul pluralismo dei mezzi d’informazione. Le società europee del settore massmediatico, compresa la stampa, devono essere abbastanza forti da resistere alla concorrenza a livello globale, internazionale. Noi siamo contrari a norme troppo restrittive sulla proprietà di mezzi di comunicazione che potrebbe ridurre la competitività delle società dell’Unione europea. Non si possono paragonare le situazioni di uno Stato membro con quelle di un altro. Esiste una vera e propria diversità di situazioni.
Sono, ovviamente, favorevole a garantire maggiore trasparenza sulla proprietà e informazioni complete al pubblico relativamente agli obiettivi e al background delle emittenti e degli editori. Si tratta di una conditio sine qua non per avere mezzi di comunicazione più autorevoli e affidabili.
Come lei sostiene nella sua risoluzione, le emittenti pubbliche sono un elemento indispensabile per la pluralità dei mezzi di comunicazione. Per questo la Commissione ritiene che i compiti del servizio pubblico debbano essere definiti chiaramente assicurando i necessari finanziamenti, per non incorrere in situazioni di grande incertezza.
A questo proposito, onorevoli deputati, concordiamo tutti sul fatto che la definizione dei compiti del servizio pubblico spetta, in linea di principio, agli Stati membri, piuttosto che alla Commissione. Spetta agli Stati membri anche decidere come finanziare le emittenti pubbliche così come indicato nel protocollo di Amsterdam. In questo contesto, il ruolo della Commissione è quello di minimizzare le distorsioni di concorrenza tra tutti i tipi di mezzi di comunicazione. La Commissione sostiene del pari la vostra posizione sui codici di comportamento e di autoregolamentazione intesi come strumenti di sostegno del pluralismo dei mezzi d’informazione.
Presidente . − La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà giovedì 25 settembre.
Dichiarazioni scritte (articolo 142 del regolamento)
Katerina Batzeli (PSE), per iscritto. – (EL) La concentrazione e il pluralismo continueranno a essere al centro del dibattito sia a livello nazionale che comunitario. Oggigiorno le società e i cittadini ricevono informazioni d’attualità e possono seguire i dibattiti attraverso i mezzi di comunicazione. Di conseguenza, per far fronte a questa situazione, l’obiettivo principale è quello di stabilire e definire i limiti entro i quali i mezzi di comunicazione pubblici e privati possono collaborare e intervenire. In ogni caso, dobbiamo assicurarci che l’informazione non sia manipolata. e garantire indipendenza dal potere politico, indipendenza finanziaria dei media, finanziamenti trasparenti dei mezzi di comunicazione, tutela delle condizioni di lavoro dei giornalisti nonché qualità e varietà dell’informazione giornalistica.
Nel momento in cui si apre il dialogo democratico attraverso i media, si sviluppa un altro mezzo di comunicazione, ovvero il blog, che personalizza lo scambio di opinioni. In molti casi, tuttavia, questa forma di espressione si è trasformata in “protesta collettiva”, in particolare su temi importanti come l’ambiente e la società.
In questa fase, i codici di autoregolamentazione possono essere sufficienti a garantire il rispetto reciproco tra utenti e lettori cui non devono imporre alcun limite al diritto di espressione e di replica. I mezzi di comunicazione e i forum on line si stanno espandendo e sono valutati e regolati seguendo attentamente il principio dell’espressione e partecipazione democratica e il rispetto dei diritti dell’uomo.
Ivo Belet (PPE-DE), per iscritto. – (NL) Il pluralismo dei mezzi d’informazione è per noi estremamente importante ed appoggiamo altresì i principi generali contenuti nella relazione. E’ un peccato però che non siamo d’accordo su ogni suo singolo punto.
Naturalmente, concordiamo pienamente sul fatto che si deve bilanciare lo spazio riservato alle emittenti pubbliche rispetto a quelle private affinché le prime possano esplicare il loro ruolo in un ambiente mediatico, digitale e interattivo.
Bisognerebbe incentivare la discussione sui weblog: i blog e gli altri “contenuti generati dagli utenti” offrono un brillante contributo al variegato panorama dei media e stanno influenzando sempre di più l’interpretazione delle informazioni di attualità.
Ma la buona o cattiva qualità di un blog dipende dal suo autore e non tutti i blogger sono ugualmente onesti nelle loro intenzioni.
Se non vogliamo che i blog degenerino in fonti anonime di diffamazione, dovremo pensare a come affrontare, ad esempio, le violazioni alla privacy o il diritto di replica ma senza essere troppo paternalisti.
Adam Bielan (UEN), per iscritto. – (PL) L’Unione europea deve assicurarsi che in Europa ci sia un equilibrio tra mezzi di comunicazione privati e pubblici. Se i proprietari di televisioni o emittenti radiofoniche interferiscono nei contenuti dell’informazione ciò rappresenta una violazione degli standard democratici. Io provengo da un paese in cui l’attuale governo sta distruggendo l’indipendenza dei media e ha approvato una serie di misure che subordinano i mezzi di comunicazione pubblici all’élite dominante.
Vorrei esprimere il mio sostegno a tutte le iniziative che mirano a salvaguardare i mezzi di comunicazione pubblici che costituiscono uno strumento politico molto influente. Le emittenti del servizio pubblico necessitano di maggiori tutele a causa della mancanza di finanziamenti sufficienti e della pressione politica cui sono soggette, in modo particolare negli Stati membri di più recente adesione.
Hélène Goudin (IND/DEM), per iscritto. – (SV) La commissione per la cultura e l’istruzione del Parlamento europeo sembra avere un problema di sottoccupazione e, nell’ansia di trovare compiti da far svolgere ai suoi dipendenti, fa loro produrre relazioni di cui il mondo farebbe volentieri a meno.
La relazione sulla concentrazione e il pluralismo dei media all’interno dell’Unione europea ne è un valido esempio. Si tratta di una relazione d’iniziativa della commissione e, nel testo originale, la relatrice propone una classificazione volontaria dei blog sulla base delle responsabilità e degli interessi professionali e finanziari dell’autore e dell’editore. Esistono molte obiezioni a quest’idea, sia per quanto riguarda la sua applicabilità sia, soprattutto, per le sue implicazioni per la libertà di espressione.
Sebbene sia stata modificata dopo il passaggio in commissione, la bozza di relazione contiene ancora molti elementi inutili e dannosi.
Eija-Riitta Korhola (PPE-DE), per iscritto. – (FI) Vorrei ringraziare l’onorevole Mikko per la sua relazione sul pluralismo dei mezzi d’informazione. Si tratta di un tema scottante per la società europea: qual è il nostro ruolo e la nostra influenza? La storia ci ha insegnato chiaramente che la concentrazione di potere non è mai positiva. Le persone sono disposte a tutto per il potere, in qualsiasi forma esso si manifesti, e la sua concentrazione fa ammalare l’intera società. Questo vale anche per il quarto potere, i media.
Uno dei compiti principali dell’Unione è quello di garantire la concorrenza all’interno del mercato unico. Perché mai non si dovrebbe applicare anche ai mezzi di comunicazione?.La relazione accomuna le norme sulla concorrenza a quelle sui media per evitare conflitti di interesse fra la proprietà di tali mezzi, eccessivamente concentrati in poche mani, e altre forme di potere. Trovo quest’impostazione pienamente condivisibile.
Tuttavia, ciò che più mi preoccupa è la capacità dei media di vigilare su ciò che c’è di positivo nella società, dato che gli interessi di entrambi riguardano sempre di più ed esclusivamente il profitto.
Da molto tempo la Chiesa non educa più al rispetto della morale. Ciò è il risultato del lavoro di un certo tipo di stampa che si nutre di peccato, diffamazione e condanna. Il giornalismo di questo tipo, in modo ingegnoso, riesce a combinare l’adorazione dell’immortalità e una straordinaria ristrettezza mentale in una miscela commerciale estremamente produttiva: provocazione, condanna e guadagno.
“Poiché in base alle tue parole sarai giustificato e in base alle tue parole sarai condannato”. Queste parole dimostravano una buona conoscenza della mente umana. Quand’è che i media si chiederanno se in sostanza le loro azioni provocano qualcosa di socialmente negativo o di socialmente positivo?
Ramona Nicole Mănescu (ALDE), per iscritto. – (RO) Concordiamo tutti sul fatto che il pluralismo dovrebbe essere un elemento fondamentale dei mezzi di comunicazione. Il pluralismo va sostenuto e l’adozione della relazione dell’onorevole Mikko costituisce un importante passo avanti in questa direzione.
Gli Stati membri dovrebbero riconoscere e sostenere la necessità di un mercato dei media equilibrato e dovrebbero impegnarsi, sia individualmente che collettivamente, a offrire ai cittadini europei l’opportunità di ottenere un’informazione accurata e diversificata.
La diversità culturale, così come la crescente esigenza di integrare i migranti e le minoranze e di offrire un’informazione di qualità alla popolazione attiva sono i motivi principali per la creazione di una carta sulla libertà dei media. Esprimo il mio pieno sostegno alla raccomandazione del Parlamento europeo che invita a stimolare i mezzi di comunicazione pubblici ad agire come fornitori d’informazione alternativi a quelli che si basano esclusivamente su criteri commerciali.
L’esercizio attivo da parte dei cittadini europei dei propri diritti e doveri e il fatto di essere informati e in grado di comprendere e criticare la qualità delle informazioni ricevute è una necessità su cui dovrebbe fondarsi ogni misura futura, adottata sia da parte delle istituzioni europee che da tutti gli Stati membri.
Toomas Savi (ALDE), per iscritto. – (EN) La relazione dell’onorevole Mikko rispecchia perfettamente la tendenza generale dei media all’interno dell’Unione europea e, al paragrafo 35, sottolinea un aspetto estremamente importante che riguarda le emittenti pubbliche.
Al fine di mantenere un sufficiente pluralismo e una diversità dei mezzi di comunicazione, le società radiotelevisive pubbliche devono anche offrire programmi che probabilmente non otterranno i massimi ascolti oppure i maggiori introiti pubblicitari. Sono sempre stato convinto che se le emittenti pubbliche diventassero molto popolari e redditizie per lo stato, allora non sarebbero più pubbliche.
L’obiettivo dell’emittente pubblica è anche quello di provvedere alle diverse necessità e agli interessi di quelle persone che non sempre rappresentano il pubblico acquiescente delle emittenti private che tende a seguire la massa. Le emittenti pubbliche dell’Unione europea non dovrebbero trascurare programmi di nicchia di alta qualità in modo tale da competere con le emittenti private.
Uno dei principi basilari dell’offerta di beni pubblici è la solidarietà. Le emittenti pubbliche dovrebbero operare con solidarietà anche verso gli spettatori più esigenti.
Inger Segelström (PSE), per iscritto. – (EN) La relazione tratta un argomento importante, la diversità dei media, un elemento fondamentale per la salvaguardia della democrazia e del diritto dei cittadini di avere accesso a mezzi di comunicazione affidabili e indipendenti. I paesi in cui interessi economici, religiosi o politici controllano i media hanno difficoltà ad offrire ai cittadini l’accesso a un’informazione variegata compromettendo in tal modo la loro capacità di ottenere informazioni e garantire elezioni libere e imparziali.
Attualmente il Parlamento europeo sta votando una relazione su questi importanti temi. Noi socialdemocratici svedesi avremmo davvero voluto votare a favore di questa relazione ma la sua formulazione attuale non ce lo consente. Gli obiettivi generali della presente proposta di compromesso sono buoni, ma sono rimaste diverse ambiguità, principalmente su temi che riguardano lo status di weblogger. Noi non vogliamo contribuire alla proposta del Parlamento europeo di parificare i weblog ai mezzi di comunicazione tradizionali indagando sul loro status, come è stato proposto. Non si effettua una richiesta simile per altri gruppi, allora perché proprio per i weblogger? Tuttavia, insieme a molti weblogger, riteniamo che violazioni e diffamazione sono punibili allo stesso modo che si tratti di weblog o di altri media. Esprimiamo pertanto voto contrario a questa relazione.
Daniel Strož (GUE/NGL), per iscritto. – (CS) La relazione d’iniziativa del Parlamento europeo sulla concentrazione e sul pluralismo dei mezzi d’informazione all’interno dell’Unione europea è significativa e utile e riflette spesso in modo accurato la situazione che già da qualche anno esiste nella Repubblica ceca. Vorrei evidenziare due aspetti particolari sui quali la relazione presenta giustamente una critica in termini generali e per i quali richiede una correzione. Il primo è la quasi totale concentrazione dei quotidiani nelle mani di gruppi stranieri (nella fattispecie tedeschi), i cui interessi economici e politici sono in chiara contraddizione con gli interessi della Repubblica ceca, in particolare riguardo al pluralismo e all’indipendenza dei media, ormai diventati un’utopia nella Repubblica ceca. Esiste invece una chiara tendenza verso la destra radicale e una manipolazione senza limiti. L’altro aspetto riguarda le trasmissioni previste per legge ormai asservite agli interessi dell’attuale governo di destra e talmente faziose nella copertura giornalistica delle notizie da svuotare di ogni significato la loro stessa natura. Di conseguenza, la mia raccomandazione alle autorità e istituzioni che si occupano di concentrazione e pluralismo dei mezzi d’informazione nell’UE è quella di prestare sempre maggiore attenzione alla situazione della Repubblica ceca.
24. Seguito della Conferenza di Monterrey del 2002 sul finanziamento dello sviluppo (breve presentazione)
Presidente . − L’ordine del giorno reca la relazione (A6-0310/2008), presentata dall'onorevole Berman, a nome della commissione per lo sviluppo, sul seguito dato alla conferenza di Monterrey del 2002 sul finanziamento dello sviluppo [2008/2050(INI)].
Thijs Berman, relatore. − (NL) Signor Presidente, a New York l'ONU sta discutendo gli obiettivi di sviluppo del Millennio. Se la situazione non verrà modificata, non saremo in grado di raggiungere tali obiettivi entro il 2015. Ciò significa che non sarà possibile dimezzare la povertà, ridurre sensibilmente il tasso di mortalità materna né assicurare a tutti i bambini l'accesso all'istruzione elementare. Da più parti giunge persino la richiesta di rinviare gli obiettivi di sviluppo del Millennio che non stanno dando i risultati attesi. Il problema è la cosiddetta aid fatigue che è un altro modo per definire il cinismo e il miope egoismo. Aiuti insufficienti non possono in alcun modo portare a dei risultati ed è vero che spesso i programmi di aiuto falliscono. Il problema è proprio questo: aiuti eccessivamente esigui non possono funzionare. E’ come se un allenatore di calcio fornisse ai propri giocatori soltanto scarpe destre. Dopo una dozzina di partite direbbe loro: "Perdete sempre, non ce la farete mai. Io me ne vado. Tenetevi pure le scarpe, ma da questo momento andate avanti da soli".
Vi sono numerosi paesi in cui gli aiuti sortiscono invece i risultati attesi. La portata di tali aiuti è importante. In Ruanda, dopo il genocidio, gli aiuti sono stati consistenti e il paese si è ripreso ottimamente. Molte sono le critiche che si potrebbero rivolgere al presidente Kagame – io stesso ne avrei diverse da fare – ma il terrore vissuto dal Ruanda nel 1994 è una lezione di vita per il mondo intero. Senza aiuti economici, tuttavia, lo sviluppo economico del paese sarebbe stato meno evidente. Anche in Mozambico gli aiuti hanno prodotto dei risultati e potrei citare molti altri esempi. Dal momento in cui sono stati formulati gli obiettivi di sviluppo del Millennio, 29 milioni di bambini hanno avuto accesso all'istruzione elementare. Se il mondo mantenesse le proprie promesse, non esisterebbe la crisi alimentare. Se ogni paese ricco destinasse lo 0,7 per cento del proprio PNL agli aiuti allo sviluppo, oggi il numero di bambini malnutriti non sarebbe nuovamente in aumento, dopo anni in cui era andato riducendosi.
Scopo di questa relazione è quindi esortare con forza il Parlamento europeo e gli Stati membri a mantenere le proprie promesse, soprattutto quegli Stati membri che al momento sembrano più riluttanti: Francia, Germania, Regno Unito e Italia, per citarne solo alcuni tra i principali. Tali paesi devono incrementare i propri aiuti entro il 2015, secondo una tempistica chiara e con pari incrementi. Non è possibile rimandare, poiché per i paesi poveri un aumento tardivo dopo una serie di piccoli incrementi significherebbe perdere aiuti per 17 miliardi di euro nel periodo compreso tra oggi e il 2015.
Un punto dev'essere chiaro: da soli, i fondi pubblici non sono sufficienti ad avviare e mantenere lo sviluppo. Sono necessarie maggiori risorse. L'Unione europea deve continuare a investire in pace e sicurezza, nella sana gestione degli affari pubblici e nel rispetto per i diritti umani. In Kenya tale politica ha funzionato: grazie alla pressione esercitata dall'Europa, Raila Odinga è oggi primo ministro. Nel Ciad orientale l'EUFOR sta incontrando maggiori difficoltà, tuttavia è essenziale raccogliere fondi privati da destinare a obiettivi pubblici. In questo frangente, la capacità di ottenere finanziamenti è essenziale. Difficilmente i più poveri hanno accesso ai prestiti e tale situazione va modificata. Per ottenere lo sviluppo, è necessario assicurare pari opportunità di accesso a uomini e donne, eliminare i tassi d'interesse proibitivi, investire in opportunità per i piccoli imprenditori che si dimostrano particolarmente abili nel creare reti di relazioni; tutte queste azioni devono essere sempre intraprese in collaborazione con le organizzazioni locali. Le banche private non tengono automaticamente conto di queste condizioni e impiegano tempi più lunghi per concedere finanziamenti alle donne rispetto agli uomini. In tal senso, l'Unione europea può fare un'enorme differenza, tramite le garanzie di credito, e la Banca europea per gli investimenti deve aumentare notevolmente i finanziamenti agli enti che si occupano di microcredito. Sono queste le iniziative che danno ai cittadini l'opportunità di dimostrare concretamente di che stoffa sono fatti e di consolidare la propria esistenza come individui indipendenti e autosufficienti. Ai paesi poveri dovrebbe inoltre essere concessa più voce in capitolo nell'ambito del Fondo monetario internazionale.
E’ inoltre necessario incrementare i finanziamenti per affrontare le conseguenze dei cambiamenti climatici, utilizzando il sistema di scambio delle emissioni di biossido di carbonio. Chi inquina paga: non sono i paesi poveri i responsabili del riscaldamento globale. In questo ambito, gli aiuti devono concentrarsi su forme di energia sostenibile.
La politica per lo sviluppo è una questione centrale per l'Unione europea. Essa deve avere maggiore peso sullo scenario internazionale, ciascuno Stato membro secondo le proprie modalità, ma sempre insieme agli altri, con un contributo pari allo 0,7 per cento del PNL. Questo è l'obiettivo di sviluppo del Millennio numero 8 che, se verrà raggiunto, contribuirà alla realizzazione anche degli altri obiettivi.
Concludo ricordando che nel tempo che ho impiegato per il mio intervento ottanta persone sono morte di fame e cinquanta bambini sotto i cinque anni sono morti a causa di malattie facilmente curabili.
Ján Figeľ, membro della Commissione. − (EN) Signor Presidente, vorrei ringraziare in particolar modo l'onorevole Berman per la sua relazione esauriente e lungimirante.
Ritengo che tale relazione giunga in un momento particolarmente opportuno e possa dare un contributo a due aree in particolare. Mi riferisco da un lato ai negoziati dell'ONU a New York sul documento conclusivo della conferenza di revisione di Doha sul finanziamento allo sviluppo, il cui inizio è previsto per fine novembre. In secondo luogo, faccio riferimento alla posizione dell'Unione europea sui negoziati presso le Nazioni Unite e al contributo dell'Europa alla positiva conclusione della conferenza di Doha. Al momento tale posizione è in corso di definizione.
Come già detto, nel 2002, Monterrey è stato un successo; i paesi sviluppati e quelli in via di sviluppo hanno unito le proprie forze e si sono impegnati su una serie di iniziative concrete, il cosiddetto "consenso di Monterrey". Nel conseguire questo esito positivo il ruolo dell'Unione europea è stato forte e decisivo. Ritengo che l'Europa si sia seriamente impegnata per dare seguito agli impegni assunti a Doha e la Commissione ha verificato a cadenza annuale i progressi compiuti dagli Stati membri. Nel 2005 l'UE ha rivisto e ulteriormente rafforzato i propri impegni.
I principali impegni dell'Unione europea sono gli obiettivi temporali per incrementare il volume degli aiuti ufficiali, al fine di arrivare entro il 2015 a destinare allo sviluppo lo 0,7 per cento del prodotto nazionale lordo dell'UE. Credo che sia noto a tutti che si è deciso di pervenire a tale obiettivo in maniera progressiva, con il primo obiettivo immediato fissato per il 2006 e raggiunto collettivamente dall'Unione europea. La prossima scadenza è il 2010, data entro la quale gli aiuti europei nel complesso dovrebbero essere pari allo 0,56 per cento del prodotto interno lordo.
A giugno di quest'anno (2008) il Consiglio europeo ha ribadito con forza tali impegni, un’iniziativa gradita ed essenziale visto che l'anno scorso, per la prima volta dopo Monterrey, gli aiuti dell'Unione europea sono diminuiti. Si è trattato di un segnale piuttosto negativo. In tale contesto, la Commissione rimane fiduciosa che gli aiuti dell'Unione europea riprenderanno ad aumentare a partire da quest'anno, dal 2008. In questo senso, le tabelle di marcia pluriennali che illustrano le modalità con cui ciascuno Stato membro intende raggiungere gli obiettivi concordati costituiscono uno strumento importante. E’ essenziale osservare il quadro complessivo, ma al tempo stesso anche la situazione di ciascun paese.
Dopo Monterrey, l'Unione europea ha fatto progressi anche per quanto riguarda gli altri impegni assunti. La finalità della Conferenza di Doha è valutare i progressi compiuti, ribadire gli impegni presi, identificare eventuali ostacoli e il modo di superarli. Essa dovrebbe inoltre mirare a individuare nuove sfide, come i cambiamenti climatici e i prezzi elevati e volatili di generi alimentari, carburanti e materie prime, sulla scorta della flessione economica mondiale e della crisi finanziaria.
La Commissione auspica che a Doha la comunità internazionale riconfermi il partenariato globale sul finanziamento allo sviluppo basato su responsabilità condivise tra paesi sviluppati e quelli in via di sviluppo. Non si tratta pertanto di un processo a senso unico, ma di uno scambio reciproco.
Doha dovrebbe portare a una conclusione proattiva e lungimirante che favorisca l'efficace implementazione del Consenso di Monterrey in tutti i suoi aspetti, inclusa la mobilizzazione delle risorse nazionali, gli investimenti esteri diretti allo sviluppo, il commercio internazionale, il debito estero dei paesi in via di sviluppo, la cooperazione tecnica e finanziaria e la governabilità globale.
La relazione sottoposta alla vostra approvazione affronta molte delle tematiche sul tappeto e apporta un gradito contributo al dibattito internazionale. Vi ringrazio per la relazione e per l'attenzione.
Presidente − La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà domani.
Dichiarazioni scritte (articolo 142 del regolamento)
Sirpa Pietikäinen (PPE-DE), per iscritto. – (FI) Vorrei ringraziare l'onorevole Berman per l'ottima relazione, che ben sintetizza la direzione assunta dalla politica europea per lo sviluppo: sono stati conseguiti dei risultati, ma resta ancora molto da fare.
Recentemente l'Unione europea ha pubblicato un documento intitolato "Millennium Development Goals at Midpoint", che prende in esame lo stato di avanzamento degli obiettivi di sviluppo del Millennio e il ruolo dell'Unione nel loro conseguimento. La relazione ha riscontrato che ci sono stati sviluppi positivi, ma anche che sussistono ambiti che richiedono ulteriore miglioramento.
L'Unione europea rappresenta il principale donatore al mondo di aiuti allo sviluppo, con il 60 per cento del totale. Nel 2006 l'UE ha raggiunto l'obiettivo ufficiale che prevede di destinare lo 0,31 per cento del proprio prodotto nazionale lordo complessivo agli aiuti allo sviluppo.
Nonostante il raggiungimento dell'obiettivo per il 2006, l'ammontare degli aiuti non è sufficiente e le previsioni per il 2007 evidenziano un allarmante calo. Gran parte dei paesi dell'UE non hanno aumentato la quota di aiuti allo sviluppo versati l'anno precedente e in alcuni casi tale importo si è anzi ridotto di oltre il 100 per cento. I paesi dell'Unione europea che hanno sottoscritto gli obiettivi di sviluppo del Millennio devono quindi impegnarsi a migliorare.
Secondo gli obiettivi fissati dall'Unione europea, la percentuale da destinare agli aiuti deve aumentare allo 0,7 per cento del PNL entro il 2015. Tale percentuale non sarà tuttavia sufficiente a risolvere automaticamente i problemi legati allo sviluppo e alla povertà: è necessario provvedere urgentemente a iniziative di pianificazione, strutturazione e monitoraggio. In ogni caso, in mancanza di fondi non sarà possibile realizzare nulla ed è essenziale tenere fede a questo obiettivo e alla nostra promessa.
25. Quadro di valutazione del mercato interno (breve presentazione)
Presidente . − L'ordine del giorno reca la relazione (A6-0272/2008), presentata dall'onorevole Cederschiöld, a nome della commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori, sul quadro di valutazione del mercato interno [2008/2056(INI)].
Charlotte Cederschiöld, relatrice. − (SV) Signor Presidente, sono estremamente lieta di constatare che sono stati compiuti grandi progressi dall'adozione in commissione della nostra relazione sul mercato interno. Il nuovo quadro di valutazione del mercato interno, presentato a luglio, evidenziava come gli Stati membri avessero conseguito i migliori risultati di sempre per quanto riguarda il recepimento delle regole del mercato interno nella legislazione nazionale. L'obiettivo del deficit di recepimento fissato all'1 per cento medio dai capi di Stato e di governo è stato raggiunto e la Bulgaria si è distinta con un deficit dello 0 per cento. Complimenti! Auspichiamo che questa tendenza positiva prosegua e che in futuro i nostri cittadini traggano pieni benefici dal nostro mercato interno.
Dobbiamo sottolineare ulteriormente l'importanza di una corretta applicazione. Nella nostra relazione invitiamo i membri del Parlamento europeo e della Commissione a includere indicatori e strumenti nuovi e più sofisticati che forniscano informazioni maggiori e dettagliate, al fine di fornire al pubblico i mezzi per valutare e porre rimedio alle perdite subite da loro e dall’industria poiché non sempre i governi degli Stati membri si adoperano per fare ciò che dovrebbero nei tempi dovuti o nelle modalità corrette.
In particolare, il monitoraggio e la valutazione dell'applicazione devono essere sviluppati in modo tale da coincidere con il processo di applicazione nazionale. Se tale sistema consente di evitare procedure legali, tutti ne trarranno vantaggio. Dobbiamo trovare il modo di evitare l'avvio di procedure di infrazione e, qualora esse arrivassero in tribunale, di accelerarle. La costituzione di gruppi di lavoro e reti apposite permette di evitare discrepanze nell'applicazione e l'inutile fenomeno del gold-plating. Con l'ausilio di un'efficiente rete SOLVIT e il monitoraggio dei settori da parte della Commissione è possibile identificare eventuali ulteriori problemi in fase iniziale. SOLVIT è uno strumento che dovrebbe e dovrà diventare sempre più importante.
Una delle principali questioni discusse in quest’Aula è stato il legame con il quadro di valutazione dei mercati dei beni di consumo. Vorrei cogliere questa occasione per sottolineare che, in questa fase, non dovremmo precorrere i tempi e prendere alcuna decisione. Come già notato, il quadro di valutazione del mercato interno svolge la propria funzione di strumento di pressione ed esiste ancora un notevole potenziale di sviluppo. E’ inoltre opportuno permettere ai due sistemi di svilupparsi separatamente, in modo che ciascuno possa esprimere le proprie caratteristiche. Successivamente valuteremo se sarà il caso, come potrebbe darsi, di unificarli. Dopotutto, il quadro di valutazione dei mercati dei beni di consumo è ancora un prodotto profondamente immaturo, mentre il suo corrispettivo per il mercato interno riveste già un ruolo centrale nel promuovere l'armonizzazione della diritto comunitario. Nonostante il rapporto di potere che si può venir a configurare, gli Stati membri sono molto ben disposti nei suoi confronti. In altri termini, si tratta di uno strumento estremamente efficace che dobbiamo mantenere, ma forse anche trasporre ad altri settori correlati.
Voglio inoltre citare i settori che presentano maggiori problemi: ambiente, imposizione fiscale, dogane, energia e trasporti. Credo che in questo caso dovremmo sperimentare nuovi modelli e forse adottare quello della direttiva sui servizi, in cui l'applicazione richiede una collaborazione particolarmente stretta con la Commissione. Un simile orientamento è raccomandabile. Mi auguro che in futuro ci saranno altre occasioni per discutere questa questione talmente importante in occasione di un forum annuale sul mercato interno e attraverso reti rafforzate, accordi di cooperazione amministrativa e magari un nuovo consiglio sul mercato interno in seno al Consiglio dei ministri. Ne sarei personalmente soddisfatta. Dopotutto l'aggiornamento costante è un metodo che contribuisce allo sviluppo di questo campo. Vorrei ringraziare tutti coloro che hanno dato il proprio contributo a questo lavoro. Sono convinta che ciò che abbiamo fatto costituirà la base della futura cooperazione europea.
Ján Figeľ, membro della Commissione. − (EN) Signor Presidente, abbiamo una serie di relazioni con questo nuovo sistema e vorrei congratularmi con l'onorevole Cederschiöld per la sua relazione, poiché tratta di un ambito non troppo semplice da valutare. La relazione è molto importante per i dettagli che illustra e per gli ulteriori passi che propone di intraprendere in futuro. Si tratta di una relazione sul quadro di valutazione del mercato interno, sebbene l'onorevole Cederschiöld abbia appena parlato anche di altri ambiti, e contiene molti spunti utili e interessanti sul contenuto e l'obiettivo del quadro di valutazione per i prossimi anni.
L'applicazione tardiva o scorretta del diritto dell’Unione europea da parte degli Stati membri priva i consumatori e le imprese dei diritti sanciti dalla legislazione comunitaria. Essa mina altresì la fiducia e la credibilità dell'UE intesa come una comunità basata sullo Stato di diritto. Il tempestivo recepimento e la corretta applicazione della legislazione comunitaria negli Stati membri è pertanto di cruciale importanza. La relazione conferma e ribadisce la centralità di questa questione, che la Commissione accoglie con particolare favore.
Per quanto riguarda la tempestiva e corretta applicazione della legislazione dell’Unione europea, negli ultimi anni la condotta degli Stati membri è notevolmente migliorata, e questa è una buona notizia. Ad oggi, 18 Stati membri hanno già raggiunto, o sono al di sotto, della soglia dell'1 per cento fissata come obiettivo massimo del deficit di recepimento per il 2009, concordato dai nostri capi di Stato e di governo nel marzo 2007, e altri Stati membri sono molto vicini a questo obiettivo. Ciò significa che in media il deficit di recepimento è già pari all'1 per cento, con largo anticipo sulla scadenza fissata per il 2009. Si tratta di un'evoluzione molto positiva e la Commissione auspica che tale tendenza venga riconfermata anche nel 2009.
Il quadro di valutazione del mercato interno ha già rivestito un ruolo molto importante nel sostenere gli sforzi degli Stati membri e continuerà a farlo anche in futuro. Stiamo assistendo a una sorta di accelerazione per cui questo quadro di valutazione sta creando fra gli Stati membri una sorta di gara al miglioramento.
Tuttavia, come ha affermato la relatrice, la corretta applicazione del diritto comunitario non si limita al tempestivo e corretto recepimento delle direttive, che devono essere applicate efficacemente nella pratica da parte delle autorità. Le autorità nazionali devono peraltro assicurare in maniera efficace ed efficiente che i cittadini e le imprese possano esercitare i propri diritti sanciti dal trattato stesso.
Concordo con l'onorevole Cederschiöld nel ritenere che sia giunto il momento di valutare se ampliare o meno l'ambito di azione del quadro di valutazione e di prendere in considerazione altri aspetti dell'applicazione della legislazione comunitaria al di là del mero recepimento.
Grazie alla maggiore attenzione dedicata alle infrazioni del diritto comunitario diverse dal tardivo recepimento e alle informazioni aggiuntive sui singoli settori, il quadro di valutazione del luglio 2008 rappresenta un primo passo in questa direzione, e stiamo cominciando ad adottare una visione più ampia. Al momento la Commissione sta valutando se presentare maggiori dati qualitativi sull'applicazione della legislazione dell’Unione europea, dedicando eventualmente particolare attenzione a quei settori in cui i problemi della corretta applicazione del diritto comunitario sembrano più gravi, tra cui – come già menzionato – quelli dell'energia e dei trasporti.
L'obiettivo è quello di pubblicare un quadro di valutazione più esauriente nel primo trimestre del 2009 e ritengo che ciò sia pienamente in linea con i suggerimenti avanzati dall'onorevole Cederschiöld nella sua relazione.
Prendo inoltre atto della linea assunta e presentata dalla relazione per quanto attiene al rapporto tra il quadro di valutazione del mercato interno e di quello dei beni di consumo e della necessità di mantenere separati i due quadri.
Vi ringrazio per la relazione e per la vostra attenzione.
Presidente . − La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà domani.
Dichiarazioni scritte (articolo 142 del regolamento)
Zita Pleštinská (PPE-DE), per iscritto. – (SK) La qualità della legislazione comunitaria e la sua tempestiva applicazione sono essenziali per il corretto funzionamento del mercato interno. Il recepimento e l’applicazione corretti delle direttive sul mercato interno presentano implicazioni in termini di competitività e di equilibrio economico e sociale all'interno dell'UE.
Per esempio, la direttiva sui prodotti da costruzione – che dovremmo sostituire con un regolamento al quale sto attualmente lavorando in qualità di relatore ombra per il Gruppo PPE-DE – è stata recepita in modo tale per cui la marcatura CE è volontaria in quattro Stati membri e obbligatoria in altri, una situazione che crea enormi problemi al settore produttivo.
Disposizioni poco chiare e la non corretta applicazione del diritto derivato conducono spesso a cause davanti alla Corte di giustizia.
A mio parere, istituire singoli punti di contatto a cui i cittadini europei possano rivolgersi per ottenere assistenza su tutte le questioni legali e pratiche nel momento in cui intendono muoversi sul mercato interno è un passo molto importante.
In un mercato interno aperto e competitivo sono necessari strumenti più mirati e rigorosi per migliorare la lotta contro la contraffazione e la pirateria. Vorrei sottolineare che insieme ai miei colleghi ho presentato la dichiarazione scritta 67/2008 per richiamare l’attenzione sul fenomeno della contraffazione e della pirateria, che pone una sfida crescente all'economia europea, all'occupazione e alla creatività.
La nostra priorità dev'essere la protezione dei consumatori, che spesso acquistano involontariamente prodotti contraffatti ritenendoli autentici e in tal modo rischiano di mettere a repentaglio la propria salute e sicurezza.
Rovana Plumb (PSE), per iscritto. – (RO) Tempestiva attuazione, corretto recepimento e adeguata attuazione delle direttive sul mercato interno sono requisiti essenziali per l'effettivo funzionamento del mercato interno e la protezione dei consumatori e presentano implicazioni in termini di competitività e di equilibrio economico e sociale dell'UE.
Il quadro di valutazione rappresenta un importante strumento politico; invitiamo pertanto la Commissione ad ampliare la gamma di informazioni e degli indicatori che figurano nel quadro di valutazione, in modo tale da comprendere, tra l'altro, la qualità e le condizioni sociali dei lavoratori, nonché l'impatto sull'ambiente e sui cambiamenti climatici.
La Romania è il settimo Stato dell'Unione europea per quanto riguarda il recepimento delle direttive sul mercato interno, con un deficit di recepimento medio dello 0,8 per cento a dicembre 2007 rispetto all'obiettivo dell'1 per cento concordato dai capi di Stato e di governo per il 2009. La relazione evidenzia inoltre come la tardiva o non corretta attuazione del diritto comunitario si ripercuota sui consumatori e sulle imprese e invita gli Stati membri a migliorare i propri sforzi per promuovere SOLVIT (rete utilizzata dagli Stati membri per la risoluzione dei problemi che possono insorgere in seguito alla non corretta attuazione della legislazione sul mercato interno, senza necessità di adire le vie legali).
Vorrei inoltre congratularmi con la relatrice per il lavoro svolto.
26. Miglioramento della qualità della formazione degli insegnanti (breve presentazione)
Presidente . − L'ordine del giorno reca la relazione (A6-0304/2008), presentata dall’onorevole Badia i Cutchet, a nome della commissione per la cultura e l'istruzione, sul miglioramento della qualità della formazione degli insegnanti [2008/2068(INI)].
Maria Badia i Cutchet, relatrice. − (ES) Signor Commissario, credo che quest’Aula concorderà nell’affermare che l'adozione di una relazione su un tema centrale e di attualità come la qualità della formazione degli insegnanti è una notizia positiva, se si considera che l'obiettivo della formazione degli insegnanti di fatto è semplicemente quello di migliorare l'istruzione degli studenti e fornire loro le conoscenze, la maturità intellettuale e una forma mentis critica nonché le competenze necessarie per prendere parte a una società sempre più competitiva ed esigente.
E’ una necessità condivisa da molti dei soggetti interessati fra cui studenti, genitori, insegnanti e realtà imprenditoriali. In Europa attualmente sono presenti oltre sei milioni di insegnanti che rivestono questo ruolo centrale nello sviluppo delle conoscenze e delle competenze dei giovani membri della nostra società e apportano un contributo essenziale migliorando le opportunità di crescita economica e maggiore competitività.
Le attuali condizioni lavorative in questo settore sono più complesse e impegnative: dal punto di vista sociale e culturale, le classi sono più eterogenee; l'insegnamento si concentra sull'apprendimento individuale; il ruolo degli insegnanti è cambiato da quello di educatori ex-cathedra a quello di gestori della classe; si richiede una buona conoscenza delle lingue straniere e dell'informatica (nota come TIC) non soltanto come canali per la trasmissione delle conoscenze ma per essere in grado di utilizzarli come strumenti didattici.
I dati a nostra disposizione dimostrano che la qualità dell'insegnamento presenta delle lacune; ciò deriva dalla maggiore complessità di questa professione e sottolinea la necessità di investire maggiormente nella formazione degli insegnanti sia nelle prime fasi che durante lo svolgimento della professione, nonché di fornire maggiore sostegno durante i primi anni della loro carriera lavorativa.
Vi sono inoltre una serie di questioni correlate che dovrebbero essere prese in considerazione: le condizioni salariali variano considerevolmente da paese a paese ed esistono discrepanze nel livello medio retributivo all'interno dello stesso paese; una proporzione elevata di lavoratori in età avanzata, condizioni lavorative in taluni casi demotivanti, scarso numero di candidati interessati a intraprendere la professione, eccetera.
E’ questo il contesto da cui nasce la presente relazione, che propone varie raccomandazioni che ora vorrei riassumere.
In primo luogo, è necessario attirare i migliori candidati da avviare alla professione, un fattore strettamente legato al miglioramento dello status nella società e alla remunerazione della professione di insegnante. Ciò comporta un miglioramento delle condizioni lavorative degli insegnanti, da conseguire attraverso la formulazione di proposte a sostegno degli insegnanti nei primi anni della carriera lavorativa; gli insegnanti giovani potrebbero trarre vantaggio dalle conoscenze dei colleghi più anziani, che potrebbero così ridurre le ore di insegnamento diretto e dedicare più tempo alla ricerca applicata e al trasferimento delle conoscenze.
E’ inoltre necessario investire in formazione iniziale e continuativa per gli insegnanti, conciliare la formazione universitaria con lo sviluppo professionale e facilitare un miglioramento delle qualifiche e delle competenze per il corpo docente esistente.
In terzo luogo, incoraggiare lo scambio di buone prassi favorendo i programmi di mobilità, principalmente tramite il partenariato scolastico Comeinus, che contribuisce anche all'aggiornamento delle conoscenze linguistiche.
Quarto, promuovere il processo decisionale a livello scolastico, ossia concedere maggiore autonomia tenendo presente il contesto specifico di ciascun istituto e i vari soggetti coinvolti presso ciascuna comunità scolastica (genitori, attrattive culturali locali, eccetera).
Signor Commissario, in ottemperanza a quanto disposto dall'Articolo 149 del trattato dell'Unione sull'istruzione e la formazione, questa relazione non avrà carattere vincolante per i governi degli Stati membri. Cionondimeno, si tratta di una risoluzione che dovrebbe essere presa in debita considerazione.
Questioni centrali come quelle concernenti l'istruzione sono anche strettamente legate ai valori dell'Europa del futuro e della cittadinanza europea; invito pertanto la Commissione a sostenere la relazione della commissione per la cultura e di fare il possibile per appoggiare le proposte in essa contenute davanti al Consiglio.
Onorevoli colleghi, più volte abbiamo riconosciuto quanto sia importante riflettere su che genere di paese vogliamo lasciare alle generazioni future. Dovremmo però riflettere anche su che genere di cittadini vogliamo lasciare ai nostri paesi, poiché si tratta di un ambito in cui l'istruzione riveste un ruolo di cruciale importanza.
Ján Figeľ, membro della Commissione. − (EN) Signor Presidente, onorevoli deputati, accolgo con favore la relazione, in particolare visto il mio ruolo di commissario all'istruzione. Vorrei ringraziare l'onorevole Badia i Cutchet e la commissione per la cultura e l'istruzione per il lavoro svolto.
La Commissione condivide l’opinione secondo la quale tutti gli Stati membri si trovano ad affrontare sfide notevoli nel tentativo di migliorare i propri sistemi d'istruzione e formazione e di elevarne il livello qualitativo. E’ stato affermato a più riprese, e vorrei ribadirlo ancora una volta, quanto siano importanti le competenze chiave, come pure la parità e l'efficienza all'interno dei nostri sistemi. A tali sfide non si può dare una risposta esauriente a prescindere da un livello qualitativo elevato della professione di insegnante, che rappresenta un elemento chiave di tutta la questione. La qualità degli insegnanti è un fattore cruciale per modernizzare il nostro sistema d'istruzione e per ottenere la parità e l'efficienza. Se non si dispone di insegnanti di tale livello, difficilmente si riuscirà a conseguire un miglioramento.
Le particolari sfide legate alla professione di insegnante sono sempre più numerose, dal momento che il contesto economico, sociale ed educativo diventa via via più complesso e le classi più eterogenee. Stasera, durante la discussione sulla prima relazione, abbiamo parlato di creatività e innovazione. Aumentare la creatività e l'innovazione per gli studenti è possibile soltanto se nelle nostre scuole ci sono insegnati creativi e innovativi.
E’ necessario favorire l'assunzione dei migliori candidati per la professione di insegnante, fornire loro la migliore formazione possibile per la carriera lavorativa e soprattutto promuovere il perfezionamento professionale continuo per l'intera durata della carriera lavorativa degli insegnanti. Come ha detto l'onorevole Badia i Cutchet, in questo modo si va ad affrontare la questione dell'assunzione e della retribuzione degli insegnanti.
Ciascun insegnante deve inoltre formarsi in autonomia, riflettendo costantemente sul proprio metodo di insegnamento, imparando dai propri colleghi, cercando nuovi metodi per sviluppare conoscenze e competenze e rispondere alle esigenze individuali degli studenti. Ogni insegnante deve inoltre seguire un percorso di formazione permanente, se vuole essere a sua volta parte attiva di un programma di formazione permanente. La formazione iniziale di tre o quattro anni non potrà mai essere sufficiente a fornire all’insegnante gli strumenti per condurre una carriera lavorativa permanente. Soltanto portando avanti la propria formazione continua gli insegnanti possono tenersi aggiornati e offrire un metodo d'insegnamento a misura dei propri allievi.
Sono stato lieto di notare che c'è ampio consenso su queste tematiche, come già riscontrato tra i ministri al Consiglio dello scorso novembre.
Ora è necessario lavorare su queste buone intenzioni e su questo consenso per migliorare concretamente la formazione degli insegnanti. Dobbiamo invitare gli Stati membri a investire di più nel proprio corpo docente. Tre o quattro giorni di corsi di aggiornamento all'anno non sono sufficienti. Anche il sostegno all'inserimento iniziale dei nuovi insegnanti deve essere migliorato e ampliato. Dobbiamo incoraggiare gli Stati membri a migliorare la qualità della formazione continua e garantire che ciò fornisca le competenze pratiche di cui gli insegnanti hanno veramente bisogno oggi e in futuro.
Va promossa la direzione scolastica. Oggi le scuole sono organizzazioni importanti che influenzano la vita di centinaia di migliaia di persone. Devono pertanto essere amministrate e gestite correttamente, ma soprattutto guidate da una direzione che abbia una chiara visione della qualità elevata dell'istruzione per tutti i propri allievi.
Vorrei ringraziarvi ancora per la relazione e per il vostro impegno. Mi auguro di continuare non solo le nostre discussioni, ma soprattutto la cooperazione su questa importante questione.
Presidente . − La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà domani.
Dichiarazioni scritte (articolo 142 del regolamento)
Nicodim Bulzesc (PPE-DE), per iscritto. – (EN) La relazione si basa sulla comunicazione della Commissione europea dal titolo "Migliorare la qualità della formazione degli insegnanti" (SEC(2007)0931) e sottolinea la necessità che gli Stati membri riformino i propri sistemi di istruzione nazionali al fine di migliorare la formazione degli insegnanti.
La relatrice ha evidenziato alcuni punti particolarmente rilevanti, come la difficoltà di attrarre i candidati migliori da avviare alla professione di insegnante, i bassi livelli remunerativi degli insegnanti in molti paesi, l’inadeguato riconoscimento sociale, la scarsa conoscenza delle lingue straniere e molti altri.
Per risolvere tali problemi serve una strategia coerente, complessa e completa in tutta l'Unione europea. Servono più programmi di formazione per insegnanti, strutturati in maniera tale per cui le qualifiche ottenute al termine di ciascun corso siano riconosciute in tutti gli Stati membri. Per attuare tali iniziative è necessario condividere le responsabilità dei governi nazionali, poiché noi possiamo anche avanzare delle proposte, ma sono i governi a detenere le competenze per riformare i sistemi d'istruzione.
Mi auguro che questa relazione rappresenti il primo passo di un lungo processo che si concluderà con un effettivo miglioramento della qualità della formazione degli insegnanti in tutta l'Unione europea.
Lívia Járóka (PPE-DE), per iscritto. – (EN) I rom europei hanno avuto accesso a un'istruzione di bassa qualità, sotto forma di istruzione segregata e classi riservate ai nomadi, non soltanto nei paesi post-comunisti, ma in tutta Europa. Sia nei nuovi, sia nei vecchi Stati membri i bambini rom incontrano difficoltà nell'accedere a istruzione di qualità. La segregazione geografica dei rom costituisce uno dei principali ostacoli alla parità nell'istruzione. Le loro condizioni di vita rendono difficile intraprendere i passi necessari nella lunga battaglia per eliminare le classi riservate ai nomadi, che potrà fare progressi soltanto se saranno disponibili insegnanti altamente qualificati - sia di origine rom che meno - per assicurare lo sviluppo essenziale dei bambini rom e modificare lo status quo. Formare insegnanti altamente qualificati per offrire ai bambini rom le stesse opportunità disponibili nel sistema scolastico ordinario è estremamente importante ai fini della formazione che i futuri insegnanti ricevono durante la formazione accademica. Se vogliamo aspettarci dei risultati dai nostri studenti, dobbiamo innanzi tutto fornire una formazione eccellente ai nostri insegnanti. In futuro, la conoscenza dell'insegnamento progressivo in classi multiculturali dovrà rappresentare uno dei temi centrali della formazione degli insegnanti. L'obiettivo di parificare la qualità dell'istruzione tra le diverse scuole, porre fine all'abbandono scolastico e assicurare l'accesso degli studenti rom all'istruzione accademica e fare in modo che siano preparati alle sfide della vita non dev'essere sottovalutato poiché rappresenta un impegno per noi tutti.
27. Processo di Bologna e mobilità degli studenti (breve presentazione)
Presidente . − L’ordine del giorno reca la relazione (A6-0302/2008), presentata dall’onorevole Pack, a nome della commissione per la cultura e l'istruzione, sul processo di Bologna e la mobilità degli studenti [2008/2070(INI)].
Doris Pack, relatore. − (DE) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, spero che il fatto che questa sera ci riuniamo nuovamente a porte chiuse non rispecchi in alcun modo l'essenza del nostro atteggiamento nei confronti dell'istruzione.
Il processo di Bologna è certamente la riforma più radicale dell'istruzione superiore degli ultimi anni. Al giorno d'oggi il flusso della conoscenza non deve più fermarsi ai confini nazionali; ecco perché è particolarmente gratificante che gli Stati membri e le università siano pronti a collaborare su questa questione, indipendentemente dal principio di sussidiarietà al quale di solito attribuiscono un così alto valore. Me ne rallegro, ma constato anche che, nella gestione di tale questione, tutti i parlamenti sono stati scavalcati; non sono stati contattati né il Parlamento europeo, né alcuno dei 46 parlamenti nazionali.
La cosa irritante è continuano a farci domande sul processo di Bologna. Se qualcosa non funziona, siamo noi, deputati al Parlamento europeo, a essere additati, tuttavia noi non c'entriamo affatto con tale processo e nemmeno la Commissione ha giocato alcun ruolo in questa questione. Sono lieta di affermare che ora la Commissione è parte del progetto e sta contribuendo a far sì che il processo di Bologna decolli nel quadro dei nostri programmi educativi di cui voi siete a conoscenza. In sintesi, è stato un processo travagliato, che non si è ancora concluso, e sarebbe stato sensato coinvolgere fin da subito i parlamenti..
Il nostro scopo è quello di creare uno spazio europeo dell'istruzione superiore entro il 2010, su questo non ci sono dubbi. Gli studenti devono poter scegliere tra una vasta gamma di corsi di alta qualità e, a tale scopo, il processo di Bologna prevede tre settori di intervento prioritari: l'introduzione di un sistema suddiviso in tre livelli: diploma di laurea, master e dottorato; la garanzia della qualità e il riconoscimento delle qualifiche e dei periodi di studio.
La mobilità degli studenti e l'alta qualità dell'istruzione dovrebbero figurare tra le priorità principali del processo di Bologna, ma proprio tale processo, in particolare la frettolosa introduzione dei corsi di laurea triennale ha fatto sì che – come abbiamo avuto modo di apprendere dalle nostre audizioni – il numero degli studenti che osano trascorrere un periodo di studio all'estero durante il proprio corso di laurea triennale sia diminuito, perché tali corsi sono stati sovraccaricati da troppo materiale didattico. Cinque anni di istruzione universitaria non possono essere concentrati ipso facto in un corso di laurea triennale, ma questo è ciò che in taluni casi è avvenuto. Si evince poi che gli studenti non hanno alcuna possibilità di partire, che recarsi a studiare all'estero è totalmente fuori discussione e questo è un peccato. ERASMUS è un programma estremamente valido, e le opportunità che offre, unite alla possibilità di recarsi all'estero, meritano di essere sfruttate. Un corso che preveda la mobilità degli studenti dovrebbe essere reso addirittura obbligatorio.
A mio parere, il sistema dei crediti non sta funzionando. Non è giusto che un particolare insegnamento valga tre crediti in un paese e invece ne valga soltanto uno in un altro paese. E’ necessaria la presenza di un quadro europeo all'interno del quale tutti ricevono il medesimo trattamento e questo è un settore nel quale dobbiamo ancora lavorare; credo che la teoria sia valida ma che non venga tradotta in pratica in maniera altrettanto valida.
Dovremmo inoltre fare in modo che le università facciano tutto ciò che è nelle loro capacità per trarre vantaggio dalle opportunità di finanziamento, per consentire agli studenti, qualora lo desiderino, di usufruire della mobilità. Per molte università ciò significherà uscire dal proprio dorato isolamento e interagire con la comunità degli affari. Quante grandi aziende sarebbero onorate di sponsorizzare un master o un dottorato? Se è destino che un master debba portare il marchio Mercedes o Sony o il nome di un'altra famosa azienda allora che così sia! La questione principale è che il denaro della sponsorizzazione servirebbe ad aiutare gli studenti; non si tratta di vendere a nessuno il diritto di decidere il contenuto del piano di studi ma di localizzare fonti di finanziamento che permettano a chiunque abbia interesse a farlo di studiare all'estero. Saremo tutti molto soddisfatti se, con l'aiuto della Commissione, procederemo verso il raggiungimento di tali obiettivi.
Ján Figeľ, membro della Commissione. − (EN) Signor Presidente, vorrei esprimere nuovamente il mio particolare ringraziamento all'onorevole Pack, una delle madri fondatrici dei programmi di apprendimento permanente, che sono programmi di mobilità studentesca molto famosi. La sua relazione sul processo di Bologna rappresenta un contributo tangibile verso una migliore e maggiore mobilità.
Come tutti sappiamo il processo di Bologna è a buon punto e presto festeggerà i suoi dieci anni di attività dopo essersi esteso a tutto il continente. Il processo prese il via perché possedevamo già uno schema di mobilità, operativo dal 1987 con il nome di ERASMUS; infatti, la maggior parte degli strumenti di tale schema sono stati integrati nel processo di Bologna. I due strumenti si sostengono a vicenda e rappresentano un importante contributo politico. Non si tratta di mobilità fine a se stessa, ma della modernizzazione, dell'apertura e dell'internazionalizzazione delle nostre università. La relazione fornisce un quadro esaustivo delle azioni ancora necessarie in questo settore.
Le vostre conclusioni sono in linea con i risultati e le raccomandazioni del gruppo speciale che ho invitato a lavorare con la Commissione, un forum di esperti di alto livello presieduto dall'ex ministro Maria João Rodrigues, che mi ha presentato la sua relazione nel giugno di quest’anno. Da entrambe le relazioni si evince che abbiamo bisogno di un'azione concreta e concertata per incrementare la mobilità degli studenti e, se mi è permesso aggiungere, la mobilità dei giovani in generale: studenti, giovani che seguono corsi di formazione, giovani artisti e giovani imprenditori. Auspico l'introduzione di un periodo di mobilità obbligatorio in tutti i percorsi di studio, per incoraggiare gli studenti a recarsi all'estero e per far sì che la mobilità divenga la norma e non l'eccezione.
Sono d'accordo con voi sul fatto che le riforme di Bologna dovrebbero essere utilizzate per aprire i nostri sistemi di istruzione superiore e non diventare nuovi ostacoli alla mobilità. Le vostre idee sui moduli flessibili all'interno dei corsi, in alcune aree di studio, sarebbero compatibili con le norme di Bologna e meritano di essere prese in considerazione. Concordo inoltre sul fatto che dovremmo investire meglio e di più, vale a dire in maniera più efficace, nella mobilità dei nostri cittadini. Dobbiamo combinare i finanziamenti pubblici, privati, nazionali ed europei.
Sono d'accordo sul fatto che “sia stato possibile esaminare il potenziamento della dotazione finanziaria prevista per i programmi nel settore dell'istruzione, con particolare riferimento alle borse di studio ERASMUS”. Ciò andrebbe a vantaggio non soltanto dell'istruzione ma anche, per esempio, della cittadinanza – affinché i cittadini si sentano europei in Europa - per avere accesso, opportunità e un’autentica esperienza di ciò che è l’Europa.
Sono certo che il Parlamento si assumerà pienamente la propria responsabilità in questo senso. Vorrei esprimere nuovamente il mio ringraziamento e le mie congratulazioni e chiedo al Parlamento di approvare la relazione.
Presidente . − La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà domani.
Dichiarazioni scritte (articolo 142 del regolamento)
Roberta Alma Anastase (PPE-DE), per iscritto. – (RO) Sono favorevole a questa relazione e alle precise raccomandazioni in essa contenute in merito all’effettiva applicazione degli obiettivi di Bologna e alla creazione di uno spazio europeo dell’istruzione superiore entro il 2010. Quest’anno è importante analizzare gli ostacoli esistenti e le opportunità per rafforzare il processo in futuro, dopo il 2010.
Desidero concentrarmi su due delle numerose proposte contenute nella relazione, perché sì tratta di due proposte particolarmente importanti. In primo luogo è necessario un maggiore impegno per armonizzare i sistemi nazionali dell’istruzione, per completare il riconoscimento reciproco delle qualifiche e l’equivalenza dei diplomi. Ritengo che il fatto che, in questo settore, continuino a esserci delle differenze costituisca il principale ostacolo alla parità di trattamento degli studenti.
In secondo luogo, vorrei richiamare l’attenzione di tutte le istituzioni europee sul fatto che la mobilità rimane qualcosa di inaccessibile a molti studenti, ricercatori e personale docente, in particolare per coloro che provengono dai nuovi Stati membri, a causa di un numero insufficiente di borse di studio. Di conseguenza, l’erogazione di finanziamenti adeguati per i progetti nei nuovi Stati membri costituisce una priorità. Questo è l’unico modo per perseguire l’obiettivo della mobilità europea in maniera coerente ed equilibrata.
Ramona Nicole Mănescu (ALDE), per iscritto. – (RO) I giovani, in particolare gli studenti, sono una priorità della mia agenda politica e non posso che essere favorevole all’approvazione della relazione presentata dall’onorevole Pack sul processo di Bologna e la mobilità dei giovani.
Ritengo che il principio di reciprocità nei programmi di scambio degli studenti e nel sistema delle borse di studio, unitamente alla creazione di un quadro europeo per la qualità e il riconoscimento dei diplomi, debbano rimanere due aspetti prioritari in questa politica, specialmente alla luce del fatto che è stato rilevato un livello ridotto di mobilità studentesca verso i nuovi Stati membri.
Lo scambio di buone pratiche tra gli Stati membri è una maniera molto efficace di migliorare il quadro della mobilità europea e pertanto deve essere costantemente sostenuto e ampliato. L’aspetto sociale della relazione, dimostrato dalla preoccupazione nei confronti dei giovani che provengono da ambienti svantaggiati, è lodevole.
A parte ogni altra considerazione, dobbiamo promuovere la qualità e l’eccellenza, sia tra gli studenti, sia tra il personale docente, e ciò è realizzabile soltanto attraverso un sostegno continuo, nazionale ed europeo, della mobilità all’interno del sistema dell’istruzione in termini politici e di investimento.
Mihaela Popa (PPE-DE), per iscritto. – (RO) Vorrei affrontare l’aspetto sociale della mobilità che è estremamente importante: essa fornisce ai giovani un’esperienza ricca in termini di diversità accademica, culturale e sociale, e per questo motivo vorrei congratularmi con l’onorevole Pack per la sua relazione.
In qualità di membro rumeno del Parlamento europeo, ho proposto l’emendamento secondo il quale gli studenti di tutti gli Stati membri devono possedere un’unica carta europea dello studente. Ritengo che la carta unica incoraggerà la mobilità dei giovani in Europa, che determinerà lo scambio di idee e, in maniera implicita, un cambio di mentalità per aprirsi a nuove culture, stimolare la creatività e la capacità di innovazione.
Dal mio punto di vista, tale provvedimento è perfettamente in linea con gli obiettivi dell’Anno europeo del dialogo interculturale (2008) e con quelli dell’Anno europeo della creatività e dell’innovazione (2009).
28. Situazione e prospettive dell’agricoltura nelle zone montane (breve presentazione)
Presidente . − L’ordine del giorno reca la relazione (A6-0327/2008), presentata dall’onorevole Ebner, a nome della commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale, sulla situazione e le prospettive dell’agricoltura nelle zone di alta e media montagna [2008/2066(INI)].
Michl Ebner, relatore. − (DE) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, vorrei esprimere il mio apprezzamento per il fatto che anche il commissario si sta interessando di questa questione e spero che ciò si rifletterà non soltanto nel suo breve intervento, ma anche nel lavoro della Commissione, dal momento che abbiamo l’obbligo di assicurare che le azioni della Commissione europea riflettano puntualmente i nostri auspici e le nostre idee.
Chiunque legga il titolo della mia relazione, o meglio della relazione della commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale che l’ha approvata all’unanimità, “sulla situazione e le prospettive dell’agricoltura nelle zone di alta e media montagna”, deve rendersi conto che esso indica soltanto una parte del reale contenuto della relazione.
La presente relazione afferma che dobbiamo formulare una politica per aree la cui superficie copre fino a metà dell’intero territorio nazionale di alcuni Stati membri quali l’Austria, l’Italia e la Spagna e più di un terzo di quello di altri Stati membri, andando a costituire una superficie totale che ospita il 19 per cento della popolazione dell’Unione. Si può dire che tali aree presentano svantaggi unici nel loro genere in molti aspetti dell’agricoltura e della vita rurale e che sono estremamente vulnerabili. Le Alpi, per esempio, risentono dell’impatto del surriscaldamento globale in maniera molto più acuta rispetto alle regioni di pianura.
Le zone montane presentano svantaggi da molti punti di vista quali ad esempio versanti ripidi, condizioni atmosferiche, erosione, dislivelli, grandi altitudini e terreni rocciosi. Per tale ragione abbiamo bisogno di una politica globale per queste zone, non soltanto di una politica agricola, che ha dato i suoi frutti e deve essere rafforzata, ma che non è sufficiente per affrontare i problemi che interessano le zone montane.
Le vecchie ricette del passato, che hanno dato prova della propria validità, devono essere mantenute, ma devono essere abbinate a nuove ricette, per far sì che l’agricoltura continui a essere la linfa vitale delle zone montane; tale approccio deve contemplare anche altri fattori importanti, quali un’ampia gamma di utilizzo sostenibile delle risorse naturali, la creazione e il miglioramento delle reti di trasporto – non solo reti fisiche ma anche accesso a Internet e reti di comunicazione – il miglioramento e lo sviluppo dei servizi comunali e locali – reso difficoltoso in queste zone dalla dimensione frammentaria dei centri abitati – e il rafforzamento del tessuto sociale.
E’ necessario aggiungere nuovi aspetti, come un’attenzione maggiore alla formazione di base e a quella permanente, la sensibilità nei confronti della biodiversità del paesaggio e il suddetto adattamento ai cambiamenti climatici. La presente relazione, che la commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale ha adottato all’unanimità, dedica 13 considerando e 72 paragrafi a tali problematiche. L’obiettivo è lo sviluppo di un quadro strategico basato sugli attuali impegni di settore. Per tale ragione, nella relazione si chiede alla Commissione europea di sviluppare, entro sei mesi, una strategia integrata dotata di un’ampia gamma di strumenti, nel rispetto del principio di sussidiarietà e in accordo con i piani d’azione nazionali degli Stati membri.
Auspico che il Parlamento esprimerà la propria approvazione come ha fatto la commissione e chiedo al commissario di intervenire a sostegno della nostra causa in seno alla Commissione europea ribadendo in quella sede che il contributo degli abitanti delle zone montane è fatto a nome dell’intera popolazione, va di conseguenza a suo vantaggio e dovrebbe pertanto ricevere il giusto riconoscimento. Si tratta di un contributo all’ambiente e al valore del nostro continente come meta turistica, un contributo che deve essere tenuto in considerazione, perché agisce da garanzia contro lo spopolamento in regioni come il Piemonte e la Lombardia o alcune parti di Francia e Spagna.
Ján Figeľ, membro della Commissione. − (EN) Signor Presidente, questa è l’ultima relazione, ma certo non la meno importante. Posso assicurare all’oratore, l’onorevole Ebner, che alle raccomandazioni contenute nella relazione sarà data la giusta importanza. Voglio altresì esprimere la mia gratitudine a lui e alla commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale per questa relazione che evidenzia l’importanza che l’agricoltura delle zone di alta e media montagna riveste per l’Unione europea – egli stesso ha citato percentuali territoriali significative – ma anche l’importanza dell’agricoltura e del suo contributo alla tutela ambientale, alla produzione di prodotti di qualità e al mantenimento dei paesaggi culturali come parte del nostro patrimonio europeo.
E’ per questa ragione che l’attuale politica agricola comune prevede che le zone montane ricevano un sostegno specifico che viene compensa gli agricoltori degli svantaggi derivanti dalle condizioni naturali. Inoltre, tali regioni beneficiano di numerose altre misure per lo sviluppo rurale, quali le indennità agroambientali per il mantenimento delle pratiche di transumanza e pastorizia, il sostegno ai prodotti agricoli di qualità e la promozione della diversificazione all’interno delle aziende agricole, come ad esempio il turismo rurale.
Le recenti proposte della Commissione, in particolare la valutazione dello stato di salute, sono rivolte anche ad aree svantaggiate come quelle di montagna. Nel contesto dell’eliminazione graduale del sistema delle quote latte, è possibile mantenere un sostegno speciale nelle aree economicamente vulnerabili o sensibili dal punto di vista ambientale nei settori lattiero caseario e delle carni bovine, ovine e caprine.
La relazione chiede alla Commissione di creare una strategia globale per le regioni di montagna e per la loro agricoltura.
Tutti noi sappiamo bene che le zone di montagna sono molto diverse tra loro e presentano differenze nella situazione economica e sociale. Sarebbe pertanto molto difficile definire una strategia comunitaria globale e un piano d’azione dettagliato per tutte queste diverse situazioni.
Tuttavia, i regimi di sostegno UE per lo sviluppo rurale e la politica di coesione forniscono un quadro di riferimento appropriato e coerente all’interno del quale gli Stati membri definiscono le proprie priorità territoriali e scelgono i regimi più indicati sulla base dei punti di forza e delle criticità specifiche delle loro regioni. Questo approccio decentralizzato dell’Unione europea permette agli Stati membri di avere programmi studiati appositamente per le regioni di montagna e assicura, al contempo, una generale coerenza strategica.
Onorevoli deputati, in questa sede non mi è possibile discutere tutte le proposte contenute nella relazione, ma posso assicurarvi che la Commissione esaminerà nel dettaglio le conclusioni della relazione.
Esprimo nuovamente il mio ringraziamento all’onorevole Ebner, alla commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale e a voi tutti.
Presidente . − La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà domani.
Dichiarazioni scritte (articolo 142 del regolamento)
Bernadette Bourzai (PSE), per iscritto. – (FR) L’agricoltura nelle zone di montagna è un fattore determinante nello sviluppo economico locale e nella tutela dell’ambiente (come ad esempio la lotta ai cambiamenti climatici, la biodiversità, la disponibilità di aree turistiche e ricreative aperte e sicure).
Gli svantaggi specifici, derivanti dall’altitudine, dalla topografia e dal clima che gli agricoltori di montagna devono affrontare, giustificano le indennità che compensano gli svantaggi naturali e il sostegno diretto al reddito a compensazione dei costi aggiuntivi legati alla produzione a cui essi vanno incontro e alla luce del loro ruolo crescente nella gestione delle proprie regioni.
Secondo la mia opinione, le questioni principali sono le seguenti: evitare l’ulteriore disaccoppiamento degli aiuti agricoli nel settore dell’allevamento perché rischiano di portare alla perdita di posti di lavoro; sostenere il settore lattiero caseario alla luce del ruolo centrale esso che ricopre nelle aree svantaggiate; incrementare il sostegno all’insediamento dei giovani agricoltori; promuovere la solidarietà tra le aree a monte e quelle a valle, per quanto concerne la gestione delle risorse idriche.
Sono inoltre a favore della creazione di un’autentica strategia europea integrata per le zone di montagna, per assicurare che le specifiche caratteristiche delle zone di montagna siano tenute in considerazione nella formulazione delle varie politiche europee.
Urszula Gacek (PPE-DE), per iscritto. – (PL) E’ giusto che la relazione del Parlamento europeo sulla situazione e le prospettive dell’agricoltura nelle zone montane imponga alla Commissione europea di presentare, entro sei mesi, una strategia per l’agricoltura nelle zone montane.
Ciò rappresenta un un riconoscimento delle condizioni particolari in cui vive e lavora il 19 per cento dei cittadini dell’Unione europea.
La proposta del Parlamento europeo volta ad affrontare le problematiche quotidiane dei residenti della regione polacca di Podhale deve ricevere il nostro sostegno.
Fino a questo momento, le linee guida per le zone di alta e media montagna erano basate, in ambito giuridico, esclusivamente sulle politiche agricole. La presente relazione pone l’accento anche sulla necessità di sostenere l’agricoltura attraverso l’erogazione di indennità compensative e il sostegno dei prodotti di qualità.
Tuttavia, le aree montane presentano ulteriori problematiche che richiedono il coinvolgimento dell’Unione europea, dal momento che presentano un’ampia serie di questioni economiche, sociali, e relative alla qualità della vita. Per tale ragione considero molto positivo il fatto che la relazione citi i problemi legati all’accesso alle reti di trasporto e a Internet. Inoltre, le comunità dovrebbero ricevere sostegno, sotto forma di aiuti finanziari e di soluzioni specifiche a livello regionale, per migliorare il livello dei servizi locali.
Allo stesso tempo, dobbiamo ricordare l’importante ruolo rivestito delle persone che vivono nelle aree di media montagna nella protezione delle tradizioni nazionali e la loro tradizionale conoscenza dell’ambiente naturale. L’importanza di strutture sociali permanenti e la necessità di un utilizzo sostenibile dell’ambiente devono essere poste in particolare risalto.
In tale contesto, la regione di Podhale rappresenta senza dubbio il miglior esempio di buona pratica.
Ioannis Gklavakis (PPE-DE), per iscritto. – (EL) Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei innanzitutto complimentarmi con l’onorevole Ebner per la relazione. Le regioni montane sono particolarmente importanti all’interno dell’Unione europea in quanto esse costituiscono oltre il 50 per cento del territorio in taluni Stati membri, e la popolazione che vi risiede ne è una componente significativa.
Le specifiche caratteristiche fisiche di tali regioni (versanti ripidi, dislivelli) le collocano in una posizione svantaggiata rispetto ad altre regioni dell’Unione. La difficile situazione della produzione agricola, gli elevati costi di trasporto, le reti di trasporto e comunicazione inadeguate e i costi per il trasporto di persone e servizi si ripercuotono sull’economia e sulla vita quotidiana delle popolazioni che abitano le zone montane.
D’altra parte, i produttori di queste zone sono famosi per la qualità dei loro prodotti agricoli e per la loro esperienza nel campo dell’utilizzo sostenibile delle risorse forestali e dei terreni da pascolo, caratteristiche che dovrebbero pertanto essere rafforzate e sfruttate per incrementare la competitività e l’identità culturale in tali aree.
Per questo motivo è necessaria una strategia che tenga in considerazione le caratteristiche specifiche delle regioni in questione, che le aiuti ad affrontare nuove sfide e che sviluppi forme alternative di occupazione e mantenimento della popolazione. Una siffatta strategia dovrebbe anche fornire tutela particolare per le regioni sinistrate, quali le zone di alta e media montagna devastate dagli incendi.
Rumiana Jeleva (PPE-DE), per iscritto. – (EN) A mio avviso, le persone che risiedono in piccole comunità rurali isolate, e specialmente nelle zone di montagna, vivono una condizione svantaggiata e si trovano quotidianamente ad affrontare restrizioni e difficoltà. Le loro necessità dovrebbero occupare i primi posti nell’ elenco delle nostre priorità perché in queste aree mancano spesso condizioni fondamentali, quali l’accesso ai servizi. Queste persone sono afflitte da problemi quotidiani di natura finanziaria e pratica che generano un senso di ansia. Se considero la situazione nel mio paese, la Bulgaria, posso affermare che la soddisfazione dei bisogni primari sembra essere la preoccupazione predominante della maggior parte dei residenti delle aree rurali. Pertanto, spesso, vi è una mancanza di strategie di sviluppo a lungo termine.
Inoltre, appare chiaro che le politiche rurali sono ancora arretrate e non corrispondono alla realtà delle aree rurali. Le politiche e le misure di sviluppo regionale e rurale dovrebbero essere decentrate per adattarsi alle condizioni locali. Bisogna sviluppare programmi specifici e flessibili, sia a livello regionale che locale, nell’ambito dell’occupazione e delle prestazioni sociali.. Dobbiamo perciò concentrarci sullo sviluppo delle risorse umane e sullo sviluppo delle capacità, con particolare attenzione ai giovani, alle donne e alle minoranze; e sullo sviluppo di politiche più razionali nei villaggi piccoli e decentrati, tenendo in considerazione le risorse locali e umane esistenti e i bisogni degli abitanti.
Sepp Kusstatscher (Verts/ALE), per iscritto. – (DE) La presente relazione contiene un po’ di tutto, è un autentico mosaico, e ricorda il risultato di un rapido brainstorming sul tema della agricoltura e delle zone di montagna. E’ una rassegna di auspici e richieste, espressi con parole vuote e banalità, con ripetizioni e contraddizioni e non può essere appoggiata, benché essa contenga elementi che possono accontentare un po’ tutti.
La maggiore contraddizione si riscontra tra l’atteggiamento di facciata in campo ambientale e sociale e la politica spietata che l’onorevole Ebner e il suo partito conducono ogni giorno.
Un approccio realmente sostenibile all’agricoltura e alla produzione di generi alimentari deve essere al centro di qualsiasi valida politica agricola europea. Chiunque distrugga le risorse idriche, il suolo e la biodiversità deve pagare il conto, secondo il principio di “chi inquina paga”. Ciò che dobbiamo sostenere è una forma di agricoltura che protegga davvero il clima e vada verso la commercializzazione di una gamma differenziata di prodotti salutari per i consumatori. E’ necessario far uscire l’agricoltura biologica dalla posizione di nicchia e portarla sul mercato. Quella che noi verdi sosteniamo non è una politica che sovvenziona gli attori principali del mercato globale; noi vogliamo rafforzare i mercati alimentari locali e regionali per far sì che i coltivatori possano ricavarne un reddito adeguato e per garantire ai consumatori prodotti freschi e salutari. Questa forma di gestione è anche la maniera migliore per proteggere il paesaggio agricolo e l’ambiente.
Véronique Mathieu (PPE-DE), per iscritto. – (FR) La relazione Ebner sulla situazione e le prospettive per l’agricoltura nelle zone di alta e media montagna evidenzia le caratteristiche e le necessità di tali regioni che compongono il 40 per cento del territorio europeo.
Queste regioni affrontano difficoltà naturali, che rendono più difficile la produzione e limitano l’accesso e pertanto esse necessitano di speciale attenzione.
Chiedo quindi alla Commissione di redigere un piano globale, basato sulla continuità con le misure intraprese fino a questo momento e che, allo stesso tempo, le integri tra loro per renderle maggiormente efficaci. Ciò significa proseguire con le indennità di compensazione per controbilanciare gli svantaggi naturali, fornire sostegno finanziario ai giovani agricoltori e attribuire particolare importanza al settore lattiero caseario. Dobbiamo mantenere le attività umane nelle zone montane della rete "Natura 2000". In ultimo luogo, è necessario sottolineare il ruolo della caccia e della pesca nel mantenimento del territorio.
Una strategia di questo tipo permetterebbe a queste regioni di vincere le sfide della competitività e dello sviluppo sostenibile, perché esse non rappresentano soltanto potenziali fonti di crescita economica ma anche i custodi della traduzione che produce qualità e contribuisce a preservare i nostri scenari naturali.
Cătălin-Ioan Nechifor (PSE), per iscritto. – (RO) Le regioni montane costituiscono una parte importante dell’Unione europea e, inoltre, in queste regioni le tradizioni, la cultura e le lingue sono conservate molto meglio rispetto a qualsiasi altra regione dei 27 Stati membri. Sfortunatamente, i governi nazionali non stanno attuando strategie regionali integrate e sussistono sostanziali lacune che stanno portando, in maniera lenta ma costante, allo spopolamento di tali regioni. Sulla base dello slogan dell’Unione “unità nella diversità”, vedo con favore la decisione del Parlamento di richiedere alla Commissione di redigere una strategia integrata per lo sviluppo sostenibile e l’utilizzo delle risorse delle zone montane, offrendo in tale maniera le stesse opportunità ai cittadini europei che scelgono di vivere in condizioni più difficili nelle aree di montagna. Alla luce degli attuali dibattiti sul disaccoppiamento dei pagamenti per le zone montane, ritengo che noi, come deputati, abbiamo l’obbligo di esercitare pressione affinché l’erogazione del sostegno finanziario a tali aree prosegua. In questa maniera, le zone montane diventeranno aree protette, in grado di assicurare il proprio sviluppo sostenibile e rappresentare una sorta di oasi del turismo europeo e internazionale.
Rareş-Lucian Niculescu (PPE-DE), per iscritto. – (RO) Le montagne coprono un terzo del territorio del paese che rappresento, la Romania, e gli abitanti delle zone di montagna sono svantaggiati rispetto a quelli di altre zone rurali.
Accolgo con favore le proposte contenute nella relazione Ebner e credo fermamente che una strategia europea coerente per le zone montane, un’azione che è essenziale quanto urgente, contribuirebbe in maniera sostanziale al miglioramento delle condizioni di vita in queste zone.
Allo stesso tempo, vorrei sottolineare l’esigenza, e l’urgenza, di regolamenti migliori per quanto concerne i finanziamenti comunitari allo sviluppo rurale.
Ad esempio, le autorità rumene hanno lanciato numerosi programmi finanziati dal Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale a sostegno delle piccole imprese e del turismo. Le piccole imprese e le strutture di accoglienza turistica come le pensioni sono particolarmente importanti per rilanciare le aree di montagna.
Le indicazioni per coloro che intendevano richiedere tali aiuti, che includevano una complessa serie di pratiche, sono state pubblicate un giorno prima dell’apertura della sessione, benché fossero state scritte in agosto.
Ciò rappresenta una chiara infrazione del principio secondo il quale i potenziali beneficiari devono ricevere informazioni eque e trasparenti.
Ritengo che la legislazione europea dovrebbe fare in modo di evitare che si vengano a creare situazioni di questo tipo che invalidano l’efficacia degli sforzi finanziari dell’Unione.
Zita Pleštinská (PPE-DE), per iscritto. – (SK) Le zone di montagna possono fornire prodotti agricoli di alta qualità e contribuire alla varietà di prodotti agricoli sul mercato europeo. Di conseguenza sono necessari maggiore coordinamento dello sviluppo rurale e sostegno strutturale.
Le aree montane hanno bisogno di un’agricoltura sostenibile, modernizzata e multiculturale. Lo sfruttamento della biomassa e il turismo rurale incrementano il reddito dei residenti di tali aree. La tutela di determinate specie animali e vegetali, il mantenimento delle tradizioni e, soprattutto, il sostegno alle attività turistiche aiutano a contrastare i cambiamenti climatici proteggendo la biodiversità e catturando CO2 per mezzo dei pascoli permanenti e delle foreste. Uno sfruttamento sostenibile delle risorse forestali renderebbe possibile la creazione di energia derivante dai residui del legno.
Onorevoli colleghi, vorrei sottolineare l’importanza della gestione delle risorse idriche nelle zone montane. E’ importante che la Commissione incoraggi le autorità locali e regionali a sviluppare la solidarietà tra gli utenti a monte e a valle e che impieghi finanziamenti appropriati per sostenere l’utilizzo sostenibile delle risorse idriche in queste zone.
Queste regioni sono particolarmente esposte alle conseguenze dei cambiamenti climatici. Pertanto, è importante promuovere l’immediata applicazione di misure che forniscano protezione dai disastri naturali, in particolare gli incendi boschivi, in tali regioni.
Sono convinta che le regioni montane abbiano bisogno di nuovi metodi di protezione del proprio territorio contro le inondazioni, con particolare riferimento alla prevenzione di queste ultime, mentre gli agricoltori e i forestali possono sostenere le misure preventive anti inondazione grazie ai pagamenti diretti per superficie che ricevono, ai sensi della politica agricola comune.
Theodor Dumitru Stolojan (PPE-DE), per iscritto. – (RO) Noi accogliamo favorevolmente la relazione Ebner. La superficie nazionale della Romania è composta per il 33 per cento da montagne. Come in altri paesi europei, le zone montane sono a rischio di spopolamento e rischiano di rimanere prive di determinate attività economiche.
Necessitiamo di una strategia europea integrata per lo sviluppo sostenibile delle aree di montagna. Chiediamo una particolare attenzione al sostegno dell’agricoltura, dei prodotti ecologici, del turismo rurale e dell’accesso ai mezzi di comunicazione nelle aree di montagna. Allo stesso tempo, sottolineiamo ancora una volta l’esigenza di incoraggiare i giovani nuclei familiari ad aprire aziende di dedite all’agriturismo, con l’obiettivo di rivitalizzare il potenziale economico dell’area.
Dushana Zdravkova (PPE-DE) , per iscritto. – (BG) In qualità di rappresentante di uno Stato membro che presenta problematiche particolari nel settore dell’agricoltura, in particolare per quanto riguarda l’agricoltura nelle zone di montagna, voglio esprimerne il mio sostegno alla relazione dell’onorevole Ebner sulla situazione e le prospettive dell’agricoltura nelle zone montane che per noi è di particolare importanza.
In Bulgaria, come sottolinea la relazione, c’è il rischio di spopolamento e di impoverimento della vita sociale delle comunità locali, che sono inoltre minacciate addirittura dall’interruzione delle attività agricole. Le comuni politiche di sostegno alle aziende agricole sono scarsamente applicabili in queste zone (ad esempio i requisiti sul numero minimo di animali). Pertanto c’è bisogno di un’assistenza finanziaria speciale per i produttori di latte e di misure finanziarie aggiuntive concrete volte ad applicare le proposte contenute nella relazione. Questa è l’unica maniera per preservare le risorse genetiche animali e le risorse umane e, in generale, l’unicità di tali aree, alla luce della straordinaria importanza che esse rivestono per determinati Stati membri e per l’Unione europea nel suo insieme. Ciò darebbe nuovo impulso anche alle politiche relative ad altri settori, nella tutela ambientale, nel turismo, nella piccola e media impresa e nell’istruzione. Io pertanto insisto sulla necessità di stabilire regole comuni relative a programmi di assistenza diretta nel contesto della politica agricola comune e all’istituzione di programmi speciali di assistenza per le zone montane.
29. Ordine del giorno della prossima seduta: vedasi processo verbale