David Sumberg (PPE-DE) . – (EN) Signora Presidente, questa relazione mi dà la possibilità di citare la città di Liverpool, mia circoscrizione elettorale. La città ha tratto vantaggi dalla sua nomina quale Città della cultura, ruolo che ha rivestito in maniera eccellente, e la reazione dei cittadini di Liverpool è stata magnifica. Se da una parte, molti degli obiettivi dell’Anno europeo citati nella relazione sono lodevoli, dobbiamo anche considerare le implicazioni di bilancio che ne derivano.
L’eccesso di burocrazia e l’enfasi posta su un impegno diretto gestito dallo Stato per promuovere ciò che viene definito “creatività e innovazione” non meritano certo apprezzamento. Se eliminassimo questo tipo di esercizi promozionali e ci concentrassimo semplicemente sull’importanza di offrire alle persone la possibilità di operare una vera scelta decisionale, spenderemmo molto meglio il denaro dei contribuenti.
Koenraad Dillen (NI) . – (NL) Signora Presidente, ci sorprende forse il fatto che alcuni Stati membri diano segni di stanchezza in materia di aiuti – per citare letteralmente la relazione? Non credo. Sempre più Stati membri e altri donatori ne hanno ormai abbastanza di continuare ad elargire fondi a regimi corrotti di ogni tipo che se ne infischiamo completamente del buon governo o della prosperità dei loro cittadini.
Circa un anno fa, abbiamo saputo da una fonte inappuntabile quale l’organizzazione umanitaria Oxfam, che le guerre in Africa erano già costate all’incirca quanto le centinaia di miliardi di euro ricevuti in aiuti allo sviluppo dal continente negli ultimi anni. E’ giunto il momento per l’Africa di compiere significativi passi in avanti innanzi tutto a livello di democrazia, buon governo e lotta contro la corruzione. Solo allora potremo parlare di aiuti allo sviluppo estremamente mirati. La semplice richiesta ingiustificata di un aumento dei fondi per lo sviluppo e la presentazione di ogni sorta di percentuali come se fossero dogmi sono azioni totalmente irresponsabili; per questo ho votato contro la relazione.
Frank Vanhecke (NI) . – (NL) Signora Presidente, è un cliché, ma i giovani sono il nostro futuro e sono il primo ad ammettere che la qualità dei nostri educatori e della formazione degli insegnati è estremamente importante. La questione è naturalmente stabilire se spetti al Parlamento europeo istruire gli Stati membri su questo argomento. E’ compito del Parlamento esprimere il proprio parere sulla composizione del corpo docente nelle scuole di ogni ordine e grado negli Stati membri? L’istruzione negli Stati membri deve conformarsi rigidamente alla “società multiculturale” – e ben conosciamo il significato di questa espressione – e al cosiddetto “aspetto di genere”, qualunque cosa si voglia intendere con questa espressione?
Tutto questo deve forse essere reso obbligatorio nell’ambito della formazione degli insegnanti solo perché lo impone l’Europa? Per quanto mi riguarda, il Parlamento può pensare quello che vuole, ma non ha assolutamente la benché minima competenza in questa sfera. L’istruzione è di competenza degli Stati membri e, a mio avviso, così deve continuare ad essere. E’ il cosiddetto principio di sussidiarietà e deve essere rispettato.
Hannu Takkula (ALDE) . – (FI) Signora Presidente, vorrei esprimere alcune mie osservazioni su questa relazione dell’onorevole Badia i Cutchet sul miglioramento della qualità della formazione degli insegnanti, che reputo eccellente.
E’ vero che la formazione degli insegnanti rientra generalmente nella sfera di competenza dei governi nazionali, come del resto è giusto che sia. Tuttavia, poiché abbiamo obiettivi comuni, ovvero la promozione di competenze, conoscenze e innovazione a livello dell’Unione europea e lo sviluppo dello Spazio economico europeo, abbiamo anche bisogno di certe regole comuni.
Proprio per questo sono necessarie forme più ampie di cooperazione per lo scambio delle migliori prassi nell’ambito della formazione degli insegnanti, in quanto, come tutti sappiamo, attualmente le differenze tra i corsi per gli insegnanti negli Stati membri sono troppo grandi, secondo l’indagine PISA dell’OCSE. Questo divario deve essere ridotto e abbiamo bisogno di un meccanismo, un sistema di coordinamento aperto a livello europeo, affinché tutti i bambini e i giovani possano ricevere un’istruzione di base sufficientemente solida.
Da questo punto di vista, la relazione è eccellente. Se ancora non lo avete fatto, vi esorto a leggere l’ottima relazione dell’onorevole Badia i Cutchet. Grazie.
Miroslav Mikolášik (PPE-DE) . – (SK) Desidero innanzi tutto ringraziare la relatrice per la relazione sul processo di Bologna e sul suo impatto sulla mobilità degli studenti. L’introduzione dell’armonizzazione del sistema basato su tre cicli di insegnamento superiore nei paesi dell’Unione europea, la garanzia di qualità e, soprattutto, il riconoscimento delle qualifiche rappresentano obiettivi fondamentali di questa iniziativa intergovernativa.
Nella votazione odierna, ho sostenuto pienamente la relazione dell’onorevole Pack, nella quale la relatrice sottolinea l’approccio basato sul partenariato e la cooperazione a livello decisionale e a livello di attuazione del processo di Bologna. Questa iniziativa rappresenta un esempio di cooperazione dinamica non solo tra gli Stati membri dell’Unione europea, ma anche oltre i loro confini. Concordo anche con l’opinione secondo cui il mutuo riconoscimento delle qualifiche dovrebbe essere ulteriormente semplificato e il processo di Bologna dovrebbe essere più uniforme a livello nazionale negli Stati membri. Il sostegno alla mobilità degli studenti è un prerequisito fondamentale per la creazione di uno Spazio europeo dell’istruzione superiore.
Kurt Joachim Lauk (PPE-DE) . – (DE) Signora Presidente, la relazione Rasmussen si intitola “fondi hedge e fondi di private equity”. Se analizziamo con maggiore attenzione il contenuto di questa relazione, ci rendiamo conto che non ha praticamente più nulla a che vedere con i fondi hedge e di private equity, ma fa ora giustamente riferimento agli istituti e agli operatori finanziari nel loro insieme. E’ un dato importante. Abbiamo proposto un elenco di punti per la regolamentazione dei mercati finanziari e per eliminare il caos che regna in questi mercati. Mi fa piacere che, nei negoziati con noi, l’onorevole Rasmussen abbia ampiamente adottato la nostra posizione.
Daniel Hannan (NI) . – (EN) Signora Presidente, l’Unione europea è una soluzione alla ricerca di un problema. Qualunque sia la domanda, la risposta è sempre “più regolamentazione”, e dunque i recenti eventi che hanno coinvolto i mercati finanziari, come era prevedibile, sono stati colti al volo per giustificare ulteriori regole emanate da Bruxelles.
Mi viene in mente la situazione che ha contraddistinto il periodo successivo agli attentati dell’11 settembre 2001, quando una serie di proposte di armonizzazione in materia di giustizia e affari interni, che erano nell’aria da anni, sono state ripresentate sotto la veste di misure antiterrorismo e, nella febbrile atmosfera che ha seguito quei terribili attentati, nessuno voleva essere scoperto mentre votava a sfavore.
Analogamente, una serie di leggi, delle quali non c’è ancora una necessità commisurata al problema, viene ora riproposta come misure a favore della stabilità finanziaria, e solo un deputato audace si esporrebbe al rischio di essere tacciato come amico di uno speculatore, come possiamo dedurre dal risultato della votazione odierna.
Devo dire che, guardando alle ragioni di fondo dei recenti problemi finanziari, mi sembra che il “troppo governo” sia stato il problema, non la soluzione. I tassi di interesse sono stati tenuti ad un livello troppo basso troppo a lungo e questo è stato un problema in Europa, negli Stati Uniti e in Giappone. Se il problema era “troppo governo”, è difficile immaginare che sia possibile risolvere con un’ulteriore regolamentazione emanata da Bruxelles.
David Sumberg (PPE-DE) . – (EN) Signora Presidente, da molti punti di vista mi trovo d’accordo con le considerazioni espresse dal mio buon amico e collega, onorevole Hannan, in merito alla relazione Lehne, in quanto sotto molti aspetti questa relazione rappresenta l’ennesimo tentativo di imporre ai mercati legislazioni e regolamentazioni. Non dovremmo esprimere in questo caso un giudizio affrettato.
E non dovremmo nemmeno prendere decisioni affrettate per quanto riguarda l’imposizione di regolamentazioni e legislazioni ai mercati nel loro insieme in Europa. I mercati, per definizione, sono diversi; in Europa e nei vari paesi, sono diversi. Pertanto non dovremmo cercare di imporre una normativa a copertura globale applicabile a tutti.
L’aspetto fondamentale che l’Europa e l’Unione europea devono sempre temer presente nell’affrontare queste tematiche è che siamo inseriti in un contesto globale. L’Europa e i singoli Stati membri competono con il mondo e, se innalziamo barriere contro noi stessi, danneggeremo i nostri stessi interessi e quelli dei cittadini che rappresentiamo.
Hubert Pirker (PPE-DE) . – (DE) Signora Presidente, intervengo qui anche a nome della delegazione del partito popolare austriaco. Abbiamo votato a favore di questa relazione semplicemente perché dobbiamo fare tutto quanto in nostro potere per combattere tempestivamente il terrorismo.
Desidero tuttavia attirare l’attenzione su un punto rispetto al quale ci opponiamo con grande determinazione, poiché ritengo che il Parlamento abbia commesso un errore. Non dovremmo sostituire il reato di “provocazione pubblica a commettere atti di terrorismo” con il reato di “istigazione a commettere atti di terrorismo”, per la semplicissima ragione che la prova dell’istigazione non può essere fornita fino al momento in cui l’atto è avvenuto, ossia fino al momento in cui probabilmente ci sono già state delle vittime. Siamo a favore della possibilità di un intervento tempestivo quando un atto terroristico non è ancora stato compiuto – e quindi di un’azione preventiva – in modo che possano essere salvate delle vite.
Frank Vanhecke (NI) . – (NL) Signora Presidente, sono naturalmente a favore di una lotta efficace contro il terrorismo, e ritengo che proprio questo particolare settore – la lotta contro il terrorismo – richieda un’intensa cooperazione transfrontaliera in Europa.
Per una volta quindi non concordo pienamente, si potrebbe anzi dire che sono in disaccordo, con i miei onorevoli colleghi più scettici. Ritengo che, in questo ambito, stiano giocando la carta della sovranità nazionale troppo rigidamente.
Detto questo, dobbiamo avere il coraggio di parlare con maggiore chiarezza, anche in questa relazione, per esempio. Il terrorismo in Europa nasce dall’estrema sinistra e/o dall’Islam, così come l’istigazione al terrorismo professata soprattutto in alcune moschee, che non devono rendere conto a niente e a nessuno e che attualmente stanno spuntando come funghi in Europa. Qui sta il cuore del problema dell’Europa del XXI secolo. L’Islam è incompatibile con i nostri valori e le nostre libertà occidentali, e temo che rimpiangeremo amaramente la nostra politica delle porte aperte e delle frontiere aperte.
David Sumberg (PPE-DE) . – (EN) Signora Presidente, questo è un tema importante, probabilmente uno dei più importanti, da affrontare oggi in Occidente: la minaccia del terrorismo internazionale. Personalmente mi discosto un po’ dalla posizione del mio partito in merito, in quanto sono dell’avviso che, se la protezione della vera libertà dei nostri cittadini – ossia la loro salute, sicurezza e benessere – ha un prezzo in termini di libertà civili, allora dobbiamo metterlo in conto.
Durante la Seconda guerra mondiale, nel mio paese sono state adottate misure che non erano conformi alle libertà civili, al fine di proteggere la popolazione dalla minaccia esterna. La gente ha accettato questa scelta. Oggi, in Europa e nel mondo civilizzato, siamo minacciati da persone che non sono civilizzate e che non considerano la vita umana sacra né un valore degno del più alto rispetto. Per questo, se sentiamo la necessità di leggi che impediscano a queste persone di compiere le loro azioni criminali, allora dovremmo attuarle e anche in fretta.
Czesław Adam Siekierski (PPE-DE) . – (PL) Gli attentati al World Trade Center nel 2001 hanno aperto gli occhi del mondo sull’imponente minaccia costituita dai movimenti terroristici organizzati. Grazie all’accesso alle nuove tecnologie, questi gruppi sono riusciti a mettere le mani su mezzi di comunicazione in passato irraggiungibili che, insieme al mercato nero delle armi, li rendono il nemico numero uno del mondo democratico di oggi. Sebbene abbia agito in maniera determinata, l’Unione europea non è riuscita a proteggersi da tali eventi. Riconosco la necessità di agire per garantire la sicurezza dei cittadini dell’Unione europea e per questo vorrei ricordare che il modo migliore per combattere i gruppi terroristici organizzati è la cooperazione sovranazionale tra le istituzioni competenti in materia di sicurezza. La politica estera e di sicurezza comune ha creato una buona base per agire in tal senso e il suo sviluppo è nel nostro massimo interesse.
Philip Claeys (NI) . – (NL) Signora Presidente, ho votato a favore della relazione Lefrançois. Non è perfetta, naturalmente, ma almeno è attenta al problema degli islamisti che istigano alla violenza e chiamano i musulmani alla jihad. Tutti ben sappiamo dell’esistenza di numerosissime moschee che sono la culla del fondamentalismo, dove i giovani sono reclutati per essere poi indirizzati ad organizzazioni terroristiche e dove i fedeli sono quotidianamente chiamati alla guerra santa contro i nostri valori europei.
E’ ormai giunto il momento di chiudere la partita e di adottare una linea dura anche contro i complici degli atti terroristici.
Hubert Pirker (PPE-DE) . – (DE) Signora Presidente, ho votato a favore di questa relazione, semplicemente perché dobbiamo adottare ogni misura possibile al fine di assicurare che la cooperazione giudiziaria e di polizia a livello transfrontaliero sia organizzata in maniera efficiente. A tale scopo, abbiamo bisogno dello scambio di dati, ma dobbiamo garantire standard uniformi in tutta Europa.
Il punto che mi ha creato un po’ di disagio – e sul quale avrei espresso parere contrario se ci fosse stato un voto per parti separate – è l’emendamento n. 10. L’onorevole Roure non ha voluto escludere dalla decisione quadro gli interessi fondamentali e specifici della sicurezza nazionale. Al contrario, io ritengo che le decisioni quadro non devono trattare gli interessi specifici della sicurezza nazionale, relativi quindi alla sicurezza interna di un paese, consentendo un’azione autonoma. Questa caratteristica è, a mio parere, assolutamente nell’interesse dei singoli Stati membri.
Frank Vanhecke (NI) . – (NL) Signora Presidente, questo Parlamento ha appena deciso a larga maggioranza, dopo l’analoga decisione della commissione, che in nessun caso, l’origine razziale o etnica o alcuni altri parametri possano essere tenuti in considerazione durante il trattamento dei dati personali.
A mio avviso, l’originario articolo 7 della proposta del Consiglio era cauto ed equilibrato. Il Parlamento, tuttavia, – la cui correttezza politica è leggendaria – lo ha emendato, muovendosi in questo modo nella direzione sbagliata. Non solo la lotta contro la criminalità, ma qualsiasi forma di gestione corretta degli affari pubblici richiede informazioni di base precise, e l’origine etnica o nazionale di una persona potrebbe rivelarsi particolarmente significativa. Questo non ha nulla a che fare con il razzismo o la discriminazione.
Non smette mai di stupirmi di come gli stessi colleghi deputati che, in modo stalinista, chiedono restrizioni alla libertà di espressione o addirittura pene detentive o la perdita dell’immunità parlamentare per i dissidenti di destra, si spaventano quando si tratta di ordinaria elaborazione dei dati – nel contesto della lotta al terrorismo, notate bene.
Victor Boştinaru (PSE) . – (EN) Signora Presidente, la votazione di oggi ha costituito un momento importante per i cittadini che lottano per i propri diritti, i propri diritti europei. I governi nazionali talvolta abbandonano i cittadini, respingendo le loro legittime richieste. Attraverso le petizioni, i cittadini europei possono fare sentire la loro voce, possono chiedere conto al loro governo. Possono sostanzialmente avere la giustizia che meritano. Ma questo non è un momento importante solo per i cittadini europei, è un momento cruciale anche per il Parlamento europeo.
Oggi, il Parlamento europeo, votando a favore della relazione Hammerstein, dà prova del suo impegno in difesa e a tutela dei cittadini europei. Oggi il Parlamento europeo ha la possibilità di riconquistare almeno in parte la fiducia che in Europa qualcuno ha perso. Molti dei nostri concittadini hanno lavorato duramente per entrare a fare parte dell’Unione europea; questa appartenenza però non comporta solo doveri, ma anche diritti. Siamo qui oggi per dare prova del nostro impegno nei confronti dell’Europa, un impegno che i nostri cittadini si aspettano da noi.
Frank Vanhecke (NI) . – (NL) Signora Presidente, il gruppo Verde/Alleanza libera europea si è appena servito della votazione sulla relazione Hammerstein per introdurre furtivamente, di nascosto se così si può dire, una votazione sulla sede del Parlamento europeo, anche se in realtà l’argomento non aveva niente a che vedere con la relazione in quanto tale.
Vorrei precisare che ho votato a favore di questo emendamento dei verdi poiché concordo sul fatto che il teatro popolare itinerante che è ora il Parlamento europeo spreca già abbastanza denaro dei contribuenti senza che vi si aggiunga la migrazione mensile da Bruxelles a Strasburgo. Per questo, come rispecchiato dal mio voto, sono a favore di una sede unica e di un luogo di lavoro unico in Europa. Per essere precisi, vorrei semplicemente aggiungere che, a mio avviso, si dovrebbe tenere un dibattito aperto sulla questione della sede unica, che non deve necessariamente essere Bruxelles. Dopo tutto, la presenza delle istituzioni europee in questa città e in questa regione comporta anche costi sociali, politici ed umani che devono assolutamente essere discussi e che per nessuna ragione devono essere sottovalutati.
Czesław Adam Siekierski (PPE-DE) . – (PL) Le montagne sono un’importante area di biodiversità, un rifugio per molti animali e l’habitat di specie vegetali uniche; sono spesso definite “torri d’acqua”, in quanto da loro nascono i fiumi e il paesaggio e i benefici ambientali sono apprezzati da turisti in tutto il mondo. La vita degli abitanti delle zone montane e le attività agricole intraprese in questi territori però non sono per niente semplici.
Nella maggior parte delle regioni montane dell’Unione europea è in corso un processo di spopolamento, con la riduzione dell’attività delle persone che vi rimangono e l’abbandono dell’attività agricola. Questi fenomeni sono particolarmente reali nelle aree rurali con una minore attrattiva turistica, che vengono perciò progressivamente dimenticate. Tra le problematiche figurano la notevole distanza delle città, condizioni climatiche rigide, difficoltà di comunicazione, elevati costi di produzione e insufficiente accesso a servizi di ogni tipo, comprese l’istruzione e l’assistenza sanitaria. Gli squilibri regionali tra le aree montane e pianeggianti sono evidenti.
Si sente quindi l’urgente bisogno di un sostegno specifico per gli agricoltori delle zone montane, che non solo coltivano prodotti tradizionalmente rispettosi dell’ambiente e cibi sani, ma che si prendono anche cura dell’ambiente e mantengono le culture e le tradizioni. La politica agricola comune dovrebbe fare di più per sostenere queste regioni e i loro abitanti nell’affrontare le sfide con cui devono confrontarsi.
Peter Skinner (PSE) . – (EN) Signora Presidente, non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire. Noto che gli onorevoli Hannan e Sumberg purtroppo hanno già lasciato l’Aula, ma chiunque sostenga che non è in atto alcuna crisi finanziaria dovrebbe prendere in mano un giornale e leggere, oppure guardare la televisione. Credere che le relazioni Rasmussen e Lehne abbiano solamente cercato di evidenziare in maniera adeguata la necessità da parte nostra di poter agire a livello legislativo collettivo, significa ignorare la verità, e significa anche ignorare la realtà di un’economia mondiale globale. Forse, facendo finta di niente, qualcuno potrebbe sentirsi la coscienza più pulita, ma di certo non aiuterà la gente a pagare il mutuo o a tenersi la casa, né manterrà posti di lavoro nel settore dei servizi e dell’industria. Solo attraverso l’Unione europea e attraverso attività di regolamentazione, nella quale siamo maestri, saremo in grado di fare qualcosa.
E’ vero che i mercati si aspettano da noi un atteggiamento cauto, ma nemmeno questo non vuol dire agire d’istinto. Il punto è che, se non facciamo nulla, se stiamo fermi e non diciamo niente, allora saremo accusati di codardia di fronte a una situazione di confusione e di forte crisi.
Avril Doyle (PPE-DE) . – (EN) Signora Presidente, sostengo pienamente l’obiettivo della relazione Lefrançois. In questo contesto vorrei tuttavia utilizzare la mia dichiarazione di voto – avendo espresso sostegno senza avere avuto la possibilità di intervenire sul merito – per esortare il commissario Tajani ad accelerare gli accordi bilaterali in corso con le autorità aeroportuali di altri paesi terzi in materia di sicurezza aeroportuale –oggetto di severe misure restrittive a seguito degli incidenti terroristici – e in particolare gli accordi bilaterali in materia di acquisto di prodotti liquidi in esenzione doganale. Potrebbe essere visto come un problema minore, se consideriamo le grandi sfide confrontati che dobbiamo affrontare a livello globale, ma noi nell’Unione europea dobbiamo conquistare il cuore e la mente dei nostri concittadini con le nostre azioni. Ancora questa estate, quando i nostri concittadini sono andati a trovare i parenti all’estero o quando i parenti dall’Australia, dagli Stati Uniti e da altri paesi sono venuti a visitare Irlanda, Regno Unito, Germania e Francia, transitando nei principali aeroporti europei, si sono visti sequestrare i prodotti liquidi acquistati – secondo loro legalmente – in esenzione doganale. E’ un problema minore – chi di noi viaggia tutte le settimane accetterà con rassegnazione l’assurdità di vedersi sequestrare il rossetto, che sono certa che sia un grande contributo alla lotta al terrorismo! Non intento banalizzare un problema tanto serio; chiedo solo che queste azioni siano guidate da un po’ di criterio e si basino su una cooperazione razionale e bilaterale, affinché i nostri concittadini, i nostri elettori, possano comprendere le nostre azioni e le relative motivazioni.
Avril Doyle (PPE-DE) . – (EN) Signora Presidente, per quanto riguarda la relazione Hammerstein, ho seguito la linea del PPE-DE e ho votato contro l’emendamento proposto dai verdi relativo alle due sedi del Parlamento. Vorrei spiegare questa decisione. Io non sono contrario a questi viaggi mensili, e talvolta bimensili, a Strasburgo; comprendo le ragioni storiche che ci hanno portato alla posizione attuale. So perfettamente che 12 visite all’anno a Strasburgo sono previste dal trattato che abbiamo sottoscritto, ma tengo un atteggiamento calmo e razionale. Chi di noi è seriamente preoccupato dalla mancanza di accesso, delle difficoltà di svolgimento dei lavori, della necessità di spostare a Strasburgo per quattro giorni 12 volte all’anno tutti i fascicoli, il nostro personale e quello delle commissioni, il personale del Parlamento e dei gruppi, ritiene che tutto ciò non sia più giustificato, viste le spese enormi.
Quello di Strasburgo è uno splendido edificio e, una volta risolte le difficoltà, credo sia facile trovare una nuova e importante destinazione. Strasburgo e la Francia meritano che in quell’edificio venga ospitata una grande istituzione. Non ci si può tuttavia più aspettare, giustificatamente, che noi possiamo lavorare in modo efficiente in termini di risorse umane e di costi, continuando questi pellegrinaggi a Strasburgo; quindi, visto il mio voto, sostengo chi è a favore di una sede per le sessioni plenarie, ma vorrei che si tenesse su questo tema un dibattito razionale e non un dibattito politico polarizzato.
Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione del mio collega tedesco, onorevole Markov, a nome della commissione per il commercio internazionale, che modifica la proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle statistiche comunitarie del commercio estero con paesi terzi e recante abrogazione del regolamento (CE) n. 1172/95 del Consiglio.
Accolgo con favore la decisione della Commissione per rendere la legislazione più chiara, semplice e trasparente, per adeguare il sistema delle statistiche del commercio extracomunitario ai cambiamenti che saranno apportati alle procedure in materia di dichiarazioni dogana doganali, per accrescere la pertinenza, l’accuratezza, la puntualità e la comparabilità delle statistiche del commercio estero e istituire un sistema di valutazione della qualità, per promuovere le correlazioni tra le statistiche del commercio e le statistiche delle imprese, per soddisfare le esigenze degli utenti mediante la redazione di statistiche del commercio complementari utilizzando le informazioni disponibili grazie alle dichiarazioni in dogana, ed infine per controllare, in linea con il codice delle statistiche europee, l’accesso privilegiato a dati del commercio estero sensibili. Appoggio gli emendamenti tesi a fare un uso maggiore della comitatologia con scrutinio.
Rovana Plumb (PSE), per iscritto. − (RO) Ho votato a favore di questa relazione perché il progetto di regolamento rappresenta il quadro giuridico necessario per migliorare la qualità e la trasparenza di Extrastat (le statistiche relative al commercio estero tra Stati membri e paesi terzi), includendo un’unica dichiarazione nelle procedure doganali, in modo da semplificare le procedure di trasmissione dei dati. La corretta applicazione di questo regolamento favorirà la comparabilità tra le statistiche del commercio estero e rafforzerà il controllo sull’accesso ad informazioni privilegiate riguardanti temi sensibili del commercio estero.
John Attard-Montalto (PSE), per iscritto. − (EN) Ci siamo spesso chiesti se vale la pena di dedicare un anno a un particolare tema. L’idea è accrescere la visibilità di quel tema specifico ed è inoltre un modo per attirare l’attenzione e porre un’enfasi sull’argomento. In questo non ci può essere nulla di male.
L’idea ha preso talmente piede che, al momento di decidere l’argomento, dobbiamo fare scelte molto attente. E’ spesso una questione di priorità.
Creazione e innovazione sono un argomento ideale perché vanno a toccare l’essenza stessa di ciò che l’Europa rappresenta e la direzione che l’Europa deve prendere.
Creazione e innovazione non possono essere vista al di fuori di un contesto. Devono essere interpretate sulla base di quello che può essere il loro contributo. In primo luogo c’è il loro ruolo nell’ambito del mondo produttivo. Inoltre l’importanza della creazione e dell’innovazione deve essere considerata nell’ambito dei servizi.
Solo attraverso idee creative e innovative, l’Europa può rimanere competitiva. Solo rimanendo un passo avanti a tutti, certi settori potranno sopravvivere. In un certo qual modo l’Europa ha riconosciuto la necessità di investire maggiormente in ricerca e sviluppo, e questo va di pari passo con il tema delle idee creative e innovative di cui si sta discutendo.
Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione della mia collega greca, onorevole Batzeli, che approva la proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa all’Anno europeo della creatività e dell’innovazione (2009).
Appoggio gli emendamenti tesi in particolare a chiarire gli obiettivi della proposta e a renderli più concisi. Per quanto concerne i finanziamenti, concordo con l’eliminazione di tutti i riferimenti al programma per l’apprendimento permanente contenuti nella proposta, affinché, laddove opportuno, possano anche essere utilizzati programmi e politiche in altri settori, come cultura, comunicazioni, impresa, coesione, sviluppo rurale, ricerca e società dell’informazione.
Edite Estrela (PSE), per iscritto. − (PT) Ho votato a favore della relazione Batzeli sulla proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa all’Anno europeo della creatività e dell’innovazione (2009), in quanto credo che la creatività e l’innovazione siano essenziali per garantire la competitività dell’Europa in un mondo globalizzato.
La creatività è un motore fondamentale per l’innovazione, sia per ragioni economiche che sociali. L’Anno europeo della creatività e dell’innovazione stimolerà il dibattito politico, sensibilizzerà l’opinione pubblica sull’importanza dell’innovazione e della creatività e divulgherà informazioni sulle migliori prassi all’interno dell’Unione. Ritengo inoltre significativa la scelta del Parlamento per la codecisione in questo ambito, in modo tale da poter esercitare la propria influenza su questo importante fascicolo.
Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. – (SV) In passato abbiamo criticato le varie campagne per gli “Anni europei” dedicati a tematiche particolari, come il dialogo interculturale e la creatività e l’innovazione. Questi “Anni europei” costituiscono un onere per il bilancio dell’Unione europea, e di conseguenza per i contribuenti, ma hanno un impatto molto limitato sulla realtà.
Se c’è richiesta di “Anni europei”, questi dovrebbero essere finanziati attraverso sponsorizzazioni private e non dai contribuenti. Abbiamo pertanto deciso di votare contro la relazione presentata, anche se riguardava unicamente emendamenti specifici alla proposta della Commissione.
Mikel Irujo Amezaga (Verts/ALE), per iscritto. − (ES) Ho votato a favore a condizione che la Commissione si impegnasse a portare l’innovazione in tutti i settori. Durante l’Anno della creatività e dell’innovazione, quest’ultima dovrebbe andare ad interessare tutte le organizzazioni e tutte le istituzioni – pubbliche o private, a scopo di lucro o meno – e tutti gli aspetti della vita, nonché promuovere l’innovazione sociale e l’innovazione al servizio della sostenibilità ambientale. Dovremmo anche tenere conto delle autorità non statali, che in questo settore ricoprono un ruolo importante. Inoltre, dovrebbe essere incoraggiato un concetto di innovazione aperta, un’innovazione che, pur basandosi su capacità interne, integri tutte le possibili fonti (utenti, fornitori, reti, eccetera) e che,oltre a prodotti e tecnologia, includa anche gli aspetti intangibili e generalmente molteplici che portano alla creazione di valore. Infine, abbiamo bisogno di ampliare la cultura della cooperazione, attraverso il lavoro in rete e l’uso di strumenti e metodi volti alla creazione di capacità dinamiche in quelle reti che ne consentano lo sviluppo nel proprio ambiente e che generino ricerca d’avanguardia e risultati concreti in termini di competitività e creazione di valore per la società.
Jörg Leichtfried (PSE), per iscritto. − (DE) Ho votato a favore della relazione dell’onorevole Batzeli sull’Anno europeo della creatività e dell’innovazione (2009).
Considero molto importanti le campagne di informazione e promozione, gli eventi e le iniziative a livello europeo, nazionale e locale volti a promuovere la creatività e lo spirito di iniziativa, benché anche la creatività sia un fattore importante per lo sviluppo delle competenze personali e sociali. L’iniziativa promozionale di quest’anno si propone di migliorare la creatività e la capacità innovativa dell’Europa per consentirle di essere all’altezza di determinate sfide legate alla globalizzazione.
La relazione sottolinea l’importanza della creatività e dell’innovazione. Considero questo Anno europeo una grande opportunità per diffondere informazioni sui processi creativi e su numerose prassi.
David Martin (PSE), per iscritto. − (EN) Appoggio la relazione dell’onorevole Batzeli relativa alla proclamazione del 2009 come Anno europeo della creatività e dell’innovazione. La relazione non solo fornisce ulteriori dettagli sull’iniziativa, ma si concentra, in modo opportuno, sul rischio che questi anni europei si trasformino in meri esercizi di pubbliche relazioni.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. − (DE) Nelle regioni in cui la natura pone delle sfide, le persone, per sopravvivere, devono agire in modo creativo e innovativo. Oggi i cittadini europei possono guardare indietro e vedere una storia costellata di scoperte innovative, mentre le imprese specializzate sono ricercate in tutto il mondo per la loro ricchezza di idee.
L’Europa è anche considerata una roccaforte culturale e sarebbe opportuno tenerne conto nel contesto dell’Anno europeo della creatività e dell’innovazione (2009). Insieme a Vilnius, in Lituania, Linz si sta attualmente preparando per rivestire il ruolo di Capitale europea della cultura 2009. Progetti creativi e innovativi, con la partecipazione delle regioni circostanti, offriranno un’esperienza culturale del tutto speciale.
Non possiamo che esserne felici perché, grazie a questo titolo prestigioso, interi quartieri cittadini brillano di un rinnovato splendore, vengono aperti nuovi cantieri e avviati nuovi progetti, sempre senza mai dimenticare la sostenibilità. Nell’Unione europea, occorre sottolineare la necessità di evitare che i fondi vengano sperperati per eventi eccezionali e unici, in modo da non abbandonare le strutture realizzate non appena concluso l’anno. Il progetto di una Capitale della cultura ha successo ed è innovativo solo se la cultura diventa un elemento permanente della città in questione. La relazione dovrebbe attribuire maggiore importanza a questo specifico punto e per questo motivo mi sono astenuto dal voto.
− Relazion Díaz de Mera García Consuegra (A6-0339/2008)
Jean-Pierre Audy (PPE-DE) , per iscritto. – (EN) Ho votato a favore della relazione del mio collega spagnolo, onorevole Díaz de Mera García Consuegra, che approva nella sua forma attuale la proposta di regolamento del Consiglio che modifica il regolamento (Euratom, CECA, CEE) n. 549/69 del Consiglio che stabilisce le categorie di funzionari ed agenti delle Comunità europee ai quali si applicano le disposizioni degli articoli 12, 13, secondo comma, e 14 del protocollo sui privilegi e sulle immunità delle Comunità. La decisione del Consiglio che istituisce l’Ufficio europeo di polizia (Europol) e che ne stabilisce il finanziamento dal bilancio comunitario, entrerà in vigore il 1° gennaio 2010 o alla data di applicazione della modifica proposta al regolamento (Euratom, CECA, CEE) n. 549/69 del Consiglio, se successiva.
Per assicurare la decisione Europol entri in vigore il 1° gennaio 2010, è stato necessario adottare tempestivamente la modifica del regolamento (Euratom, CECA, CEE) n. 549/69 del Consiglio, intesa a chiarire che l’immunità giurisdizionale non si applica al personale di Europol che partecipa a squadre investigative comuni create da almeno due Stati membri, su propria iniziativa.
Gerard Batten (IND/DEM), per iscritto. − (EN) Questo emendamento sembra limitare l’immunità giurisdizionale dei funzionari di Europol, ma è così solo per i funzionari che operano nell’ambito delle squadre investigative comuni. E’ una cortina di fumo creata per dare l’impressione che l’immunità dei funzionari Europol sarà limitata, mentre di fatto i poteri di Europol verranno estesi dal 2010 e l’immunità dei suoi funzionari sarà ancora più ampia. Non credo che i funzionari di Europol debbano godere di alcun tipo di immunità giurisdizionale; pertanto ho votato contro l’emendamento.
David Martin (PSE), per iscritto. − (EN) La relazione dell’onorevole Díaz de Mera García Consuegra sullo statuto del personale in materia di privilegi ed immunità cerca di chiarire le precedenti linee guida in materia. Ho pertanto votato a favore della relazione.
− Relazione Virrankoski (A6-0353/2009)
Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione del mio collega finlandese, onorevole Virrankoski, che propone di approvare il progetto di bilancio rettificativo n. 6/2008 dell’Unione europea per l’esercizio finanziario 2008, che comprende quanto segue: rafforzamento del programma quadro per la competitività e l’innovazione – Innovazione ed imprenditorialità, con un aumento degli stanziamenti d’impegno di 3,9 milioni di euro; un incremento di 2,24 milioni di euro in stanziamenti d’impegno per coprire, tra le altre cose, parte dell’affitto e dei costi collegati di un nuovo stabile “Arc” per Eurojust; modifiche al numero di posti lavorativi in tre agenzie esecutive; creazione della struttura di bilancio necessaria per accogliere l’impresa comune “Celle a combustibile e idrogeno” (IC FCH), ovvero la quinta impresa comune che sarà costituita nell’ambito del settimo programma quadro; allocazione di 30 milioni di euro in stanziamenti d’impegno e di 1,9 milioni di euro in stanziamenti di pagamento. Condivido pienamente l’opinione del relatore secondo cui, conformemente all’articolo 179, paragrafo 3 del regolamento finanziario, il Parlamento europeo, in quale ramo dell’autorità di bilancio, avrebbe dovuto essere informato del progetto relativo all’edificio per Eurojust, che ha incidenze finanziarie significative sul bilancio.
− Relazione Berman (A6-310/2008)
Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione di iniziativa del mio collega olandese, onorevole Berman, sul seguito dato alla conferenza di Monterrey del 2002 sul finanziamento allo sviluppo. L’impegno del Parlamento per l’eliminazione della povertà, per lo sviluppo sostenibile e per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo del millennio, in quanto unici mezzi per realizzare la giustizia sociale e migliorare la qualità della vita di un miliardo di persone nel mondo che vivono in condizioni di estrema povertà, va costantemente rinnovato. L’Unione europea è il maggiore donatore internazionale per lo sviluppo, ed eroga quasi il 60 per cento dell’aiuto pubblico allo sviluppo (APS) a livello mondiale. Appoggio la proposta volta ad aprire l’accesso al micro-credito per i piccoli imprenditori, in particolare per gli agricoltori, quale mezzo per aumentare la produzione alimentare e fornire una soluzione sostenibile alla crisi alimentare. Accolgo altresì con favore la proposta tesa ad invitare la Banca europea per gli investimenti a istituire un fondo di garanzia a sostegno di meccanismi di micro-credito e di copertura dei rischi che risponda esattamente alle esigenze dei produttori locali di generi alimentari nei paesi in via di sviluppo più poveri, ma questa proposta ha senso solo nell’ambito di un mandato della Commissione.
Marie-Arlette Carlotti (PSE), per iscritto. – (FR) Nel 2001 l’Unione europea si è assunta un grande impegno: destinare lo 0,7 per cento del suo reddito allo sviluppo nel 2015.
Nel 2007 l’Europa ha voltato le spalle a questa promessa con una drastica riduzione dell’impegno collettivo.
E questo va ad aggiungersi agli 1,7 miliardi di euro che i più poveri del pianeta non avrebbero comunque ricevuto.
1,7 miliardi di euro che avrebbero assicurato assistenza sanitaria a migliaia di bambini in un momento in cui 11 milioni di persone muoiono ogni anno per l’impossibilità di accedere all’assistenza sanitaria.
1,7 miliardi di euro che avrebbero aperto le porte dell’istruzione primaria ad alcuni dei 114 milioni di bambini che non hanno accesso all’istruzione.
La principale responsabilità dell’Unione europea quando si tratta di solidarietà internazionale è mantenere la parola data.
L’Unione europea deve tuttavia garantire l’efficienza dei propri aiuti per assicurare migliorare concretamente la situazione dei più indigenti.
Alla conferenza di Monterrey del 2002 era stato tracciato un percorso, in particolare relativamente alla cessazione degli “aiuti vincolati”, all’accelerazione delle iniziative di remissione del debito e all’introduzione di programmi finanziari innovativi come la “Tobin tax”.
Sei anni dopo, l’Unione europea deve fare ancora molta strada. La conferenza di Doha tra qualche settimana dovrebbe consentirle di ripartire. Metà della popolazione mondiale ci conta…
Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. – (SV) La relazione sugli obiettivi di sviluppo del millennio delle Nazioni Unite per il 2008 afferma che la comunità internazionale deve sempre essere pronta ad assumersi importanti responsabilità nei riguardi delle sfide che l’umanità dovrà affrontare. Povertà estrema, fame, mortalità infantile, precaria salute in maternità, HIV/AIDS, malaria e altre malattie, nonché la mancanza di istruzione primaria universale sono solo alcune delle sfide che meritano attenzione e consapevolezza da parte di tutti i paesi del mondo.
La relazione, che riflette la posizione di Junilistan, rileva che in molti casi queste problematiche richiedono un coordinamento a livello internazionale. Tuttavia, secondo Junilistan, questo tipo di cooperazione dovrebbe essere guidata da organizzazioni dotate di un’ampia legittimità internazionale e di lunga esperienza, come le Nazioni Unite, e non attraverso l’Unione europea. Junilistan si oppone inoltre alle parti della relazione che sostengono sfacciatamente il controllo diretto dei programmi di aiuto bilaterali dei singoli Stati membri. Gli aiuti sono e devono rimanere una materia di competenza nazionale. Per questo motivo Junilistan ha votato contro la relazione.
Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. − (PT) Oltre alle numerose domande e commenti sollevate dal contenuto (e dalle omissioni) della relazione, merita di essere segnalata anche la sua condanna in relazione al volume dell’aiuto pubblico allo sviluppo (APS):
- “[…] rileva la flessione allarmante degli aiuti dell’UE nel 2007, passati dai 47,7 miliardi di euro nel 2006 […] ai 46,1 miliardi di euro nel 2007 [...]”;
- “sottolinea che, se l’attuale tendenza si protrarrà, l’UE avrà versato 75 miliardi di euro in meno di quanto promesso per il periodo 2005-2010”;
- “Esprime serie preoccupazioni circa il fatto che la maggior parte degli Stati membri (18 su 27, in particolare Lettonia, Italia, Portogallo, Grecia e Repubblica ceca) non è stata in grado di aumentare il proprio livello di APS tra il 2006 e il 2007 e che in alcuni paesi, quali Belgio, Francia e Regno Unito, gli aiuti hanno addirittura registrato una drastica riduzione, dell’ordine di più del 10 per cento; […]”;
- “osserva che le diminuzioni registrate nel 2007 quanto ai livelli di aiuti dichiarati sono dovute, in alcuni casi, all’aumento artificiale delle cifre relative al 2006 provocato dalla remissione del debito; […]”;
- “ritiene totalmente inaccettabile la discrepanza tra le frequenti promesse di maggiore assistenza finanziaria e le somme notevolmente inferiori che vengono effettivamente erogate […]”;
Affermazioni che parlano da sole…
Filip Kaczmarek (PPE-DE), per iscritto. − (PL) Ho votato a favore della relazione. Finanziare l’aiuto allo sviluppo non è un compito semplice. Non è facile spiegare ai contribuenti europei perché il loro denaro viene distribuito così lontano dal paese di “origine”. D’altra parte, la domanda di fondi per finanziare gli aiuti, che nasce sia dalla volontà di raggiungere gli obiettivi di sviluppo del millennio sia dalle promesse fatte in passato, è enorme.
A livello di Unione europea, l’atteggiamento di certi Stati sta diventando un problema specifico. Alcuni Stati membri, come Francia e Regno Unito, hanno diminuito il loro aiuto pubblico allo sviluppo (APS). Non è difficile immaginare l’effetto disincentivante che questo ha avuto su paesi meno ricchi dove l’aiuto allo sviluppo sta cominciando a muovere i primi passi.
Dobbiamo anche analizzare con attenzione il modo in cui vengono elaborate le statistiche sugli aiuti. Ogni paese vorrebbe destinare quanto più possibile alla categoria aiuti allo sviluppo e questo conduce in effetti a situazioni piuttosto ridicole. Nel mio paese, la Polonia, la scorsa settimana è stata pubblicata una relazione sugli aiuti nel 2007. Ne risulta che il maggiore beneficiario degli aiuti polacchi è stata la Cina. Ma non perché la Cina sia il paese più povero del mondo o perché è diventato un paese prioritario per l’aiuto allo sviluppo polacco. La Cina era il maggiore beneficiario degli aiuti polacchi semplicemente perché nella categoria aiuto allo sviluppo è stato inserito un contratto commerciale di esportazione tra Polonia e Cina.
David Martin (PSE), per iscritto. − (EN) E’ necessario definire una posizione europea comune sull’efficacia, la trasparenza e la flessibilità delle modalità per il finanziamento dello sviluppo prima della conferenza di Doha sul tema prevista per fine novembre. La relazione dell’onorevole Berman muove qualche passo verso il raggiungimento di questo obiettivo. Concordo sulla necessità di una riforma che assicuri una maggiore rappresentanza dei paesi in via di sviluppo al Fondo monetario internazionale e alla Banca mondiale. Condivido altresì gli inviti del relatore ad incoraggiare gli Stati membri a preparare un calendario che consenta di realizzare l’obiettivo di destinare lo 0,7 per cento del RNL dell’Unione europea all’aiuto pubblico allo sviluppo entro il 2015. Ho pertanto votato a favore della relazione.
Jan Mulder (ALDE), per iscritto. – (NL) I deputati iscritti al Partito del popolo per la libertà e la democrazia olandese (VVD) al Parlamento europeo hanno votato a favore della relazione Berman. Una delle ragioni del voto è che la relazione formula commenti utili sul possibile ruolo della Banca europea per gli investimenti nei paesi in via di sviluppo. I deputati del VVD prendono tuttavia le distanze dall’obiettivo dello 0,7 per cento per la cooperazione allo sviluppo definito nella relazione. L’importante non è la quantità ma la qualità della cooperazione allo sviluppo.
Toomas Savi (ALDE), per iscritto. − (EN) La crisi dei mercati finanziari mondiali ha messo a dura prova i governi degli Stati membri. Il governo estone, per esempio, si sta impegnando duramente da mesi per redigere la parità di bilancio per il 2009.
Sebbene io abbia appoggiato la relazione dell’onorevole Berman, nutro seri dubbi sulla possibilità di raggiungere, entro i prossimi anni, il livello di aiuto pubblico allo sviluppo prefissato. Dato che l’Unione europea non ha la possibilità di attuare misure coercitive in materia di aiuto allo sviluppo, sarebbe ingenuo aspettarsi che, in una situazione di incertezza finanziaria, gli Stati membri incrementino in misura significativa il loro contributo.
Małgorzata Handzlik (PPE-DE), per iscritto. − (PL) Il mercato interno europeo rappresenta uno dei risultati più importanti del processo di integrazione europea. Solo un mercato interno ben funzionante può garantire condizioni competitive per le attività economiche e favorire lo sviluppo dell’economia europea. Il quadro di valutazione del mercato interno è uno strumento che consente di monitorare il progresso per quanto concerne l’attuazione, il recepimento e l’applicazione corretti delle direttive relative al mercato interno.
L’analisi dei dati contenuti nel quadro di valutazione del mercato interno fornisce informazioni estremamente interessanti sul lavoro degli Stati membri per l’introduzione della legislazione comunitaria. Si tratta di uno strumento tipicamente politico che tuttavia non dovrebbe essere trattato con leggerezza, ma essere impiegato per incoraggiare i responsabili a procedere ad un recepimento più rapido e corretto. Questo riguarda in particolare i nuovi Stati membri, dove il deficit di recepimento del diritto supera spesso l’obiettivo stabilito dai capi di Stato o di governo. Il quadro di valutazione del mercato interno dovrebbe essere utilizzato più frequentemente nelle discussioni sulla situazione del mercato interno. E’ pertanto necessario elaborare un quadro di valutazione avente una forma più semplice, accessibile anche ai cittadini interessati alle problematiche del mercato interno.
La relatrice ha segnalato che certe direttive, ad esempio la direttiva sui servizi, sono più importanti di altre ai fini di un mercato interno efficiente. Su questo punto mi trova d’accordo e ritengo che la Commissione europea dovrebbe tenere conto di indicatori che meglio riflettano il significato immediato delle direttive per le imprese e i cittadini.
Marian Zlotea (PPE-DE), per iscritto. − (RO) Con il mio voto favorevole di oggi sul quadro di valutazione del mercato interno, esprimo il mio sostegno alla tempestiva attuazione e al corretto recepimento delle direttive sul mercato interno nel diritto nazionale, poiché costituiscono un requisito fondamentale per l’efficace funzionamento del mercato interno nonché per la promozione della competitività e della coesione economica e sociale europea. I due quadri di valutazione, rispettivamente per il mercato interno e per il mercato dei beni di consumo, contribuiscono insieme al miglioramento del mercato interno a vantaggio dei consumatori.
Il quadro di valutazione dovrebbe sollecitare un recepimento tempestivo e corretto, e allo stesso tempo rappresentare uno strumento che consenta ai responsabili politici di individuare le barriere e gli ambiti che richiedono nuove iniziative. Spero che il risultato della votazione odierna possa condurre al potenziamento della rete SOLVIT e che gli Stati membri promuovano i servizi di questa rete a vantaggio dei consumatori. Gli Stati membri devono anche accertarsi che i centri SOLVIT dispongano del personale necessario, al fine di abbreviare i tempi di gestione e risoluzione dei reclami.
John Attard-Montalto (PSE), per iscritto. − (EN) Una delle priorità di tutti i ministeri dell’Istruzione deve essere l’assunzione dei candidati migliori per la professione di insegnante, professione che deve essere sufficientemente appetibile. Gli insegnanti devono quindi percepire una retribuzione che rifletta la loro importanza per la società.
Gli investimenti nel settore dell’istruzione non sono mai denaro sprecato. Devono essere destinate più risorse alla formazione degli insegnanti. La professione deve essere appagante e deve costituire una buona opportunità di carriera.
E’ fondamentale sostenere la formazione degli insegnanti attraverso il programma per l’apprendimento permanente e si può ottenere una certa vivacità attraverso programmi di scambio per gli insegnanti tra scuole di paesi diversi.
Il posto dell’insegnante è in aula. La burocrazia sotto forma di aumento del lavoro amministrativo e d’ufficio riduce il tempo che gli insegnanti passano con i loro allievi.
Un’ulteriore preoccupazione è rappresentata dalla violenza nelle scuole, in quanto sono in aumento le aggressioni nelle scuole, da parte di allievi o dei loro genitori. Devono essere messi in atto tutti i possibili sforzi per contenere questo tipo di violenza.
Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione di iniziativa della mia collega spagnola, onorevole Badia i Cutchet, sul miglioramento della formazione degli insegnanti e sostengo con forza l’assunto che “l’aumento della qualità della formazione degli insegnanti porti a miglioramenti sostanziali del rendimento degli studenti”. Concordo pienamente sul fatto che la garanzia di una migliore e più ampia formazione degli insegnanti nonché l’assunzione dei candidati migliori per la professione di insegnante devono essere le priorità fondamentali per tutti i ministeri dell’Istruzione. E’ assolutamente necessario e urgente incoraggiare la mobilità e l’apprendimento delle lingue straniere. Tuttavia, dovremmo promuovere anche l’eccellenza nella lingua madre, poiché proprio questo permette agli studenti di acquisire più facilmente le altre conoscenze. Questa cooperazione sarà molto utile quando sarà il momento di organizzare scambi tra scuole (di allievi e insegnanti), indipendentemente dal livello di studi, sulla base del modello già utilizzato per il programma ERASMUS per gli studenti.
Koenraad Dillen (NI), per iscritto. – (NL) In qualità di ex insegnante in una scuola nota ad Anversa come “problema multiculturale”, non posso che accogliere con favore la preoccupazione della relatrice in merito alla qualità dell’insegnamento nell’Unione europea.
Spetta tuttavia ai singoli Stati membri e non all’Unione europea stabilire quali misure intraprendere per migliorare la qualità dell’insegnamento. L’istruzione è senza dubbio un settore nel quale devono applicarsi il principio di sussidiarietà e il rispetto della diversità delle varie culture. L’istruzione non deve essere multiculturale come si afferma nella relazione; deve essere semplicemente di buona qualità. Nell’ambito della mia esperienza nelle Fiandre, per esempio, ho visto troppo spesso che sono proprio le “scuole a concentrazione multiculturale” – quelle con un’elevata presenza di figli di migranti – che determinano un calo nella qualità. La maschera delle ideologie non rappresenta certo la soluzione al problema.
Ho pertanto votato senza riserve contro la relazione.
Edite Estrela (PSE), per iscritto. − (PT) Ho votato a favore della relazione Badia i Cutchet sul miglioramento della qualità della formazione degli insegnanti in quanto ritengo che il miglioramento dell’istruzione nell’Unione europea sia un fattore chiave nella promozione di formazione e istruzione di elevata qualità. Questi elementi contribuiscono a loro volta alla creazione di posti di lavoro e a incoraggiare la competitività e la crescita europee, in linea con gli obiettivi della strategia di Lisbona.
Per quanto concerne la violenza nelle scuole, desidero ribadire la raccomandazione della relatrice circa la necessità di creare gli strumenti e le procedure per contrastare il fenomeno, e a tale scopo occorre intensificare la cooperazione tra il corpo docente e i genitori.
Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. – (SV) Abbiamo deciso di esprimere voto contrario a questa relazione. Si tratta di un tema estremamente importante, talmente importante che deve rimanere responsabilità politica degli Stati membri e delle autorità decentrate.
Gli Stati membri devono avere una competenza esclusiva in materia di organizzazione dell’istruzione e di contenuti dell’offerta formativa. Si tratta di un nuovo tentativo da parte della commissione per la cultura e l’istruzione del Parlamento europeo di interferire in un ambito che attualmente non rientra nelle competenze dell’Unione, ma nel quale qualcuno vuole coinvolger l’Unione, per il bene di tutti noi.
Questa relazione di iniziativa è uno spreco del denaro dei contribuenti, con il quale il Parlamento europeo non dovrebbe avere nulla a che fare.
Ian Hudghton (Verts/ALE), per iscritto. − (EN) La relazione Badia va encomiata sotto molti aspetti. La qualità della formazione degli insegnanti ha effetti diretti e molto importanti sull’istruzione dei nostri figli e una cooperazione a livello europeo per garantire un insegnamento di alto livello deve essere incoraggiata. Ritengo tuttavia che le decisioni relative ai piani di studio e alla gestione delle scuole dovrebbero essere prese nel contesto culturale e politico dei sistemi scolastici dei diversi paesi. In alcuni punti la relazione Badia ha mostrato una tendenza a disciplinare i problemi su base comunitaria, e di conseguenza mi sono astenuto dal voto finale.
David Martin (PSE), per iscritto. − (EN) La relazione dell’onorevole Badia i Cutchet ha il mio appoggio. Per mantenere l’elevata qualità dei nostri sistemi di istruzione abbiamo bisogno di insegnanti adeguatamente formati. La formazione degli insegnanti deve procedere di pari passo con le richieste e le esigenze delle classi moderne e credo che la relazione riconosca questa necessità.
Mary Lou McDonald (GUE/NGL), per iscritto. − (EN) La relazione dell’onorevole Badia i Cutchet sul miglioramento della qualità della formazione degli insegnanti tocca alcuni temi molto importanti.
Innanzi tutto sottolinea, a giusto titolo, la necessità di riconoscere agli insegnanti una retribuzione congrua, unitamente a una formazione e a strumenti pedagogici adeguati.
In ultima analisi, spetta tuttavia ai governi nazionali, che finanziano i nostri sistemi scolastici, gestire l’istruzione dei nostri figli. In Irlanda, i bambini studiano in strutture prefabbricate anziché in edifici sicuri ed idonei e il rapporto tra numero di allievi e insegnanti rimane troppo alto per consentire la migliore istruzione possibile per i nostri figli. Questi problemi devono essere affrontati prima di tutto in Irlanda, attraverso investimenti adeguati a breve e lungo termine.
Zita Pleštinská (PPE-DE), per iscritto. − (SK) Lo sviluppo delle tecnologie di informazione e di comunicazione impone richieste sempre più esigenti alla professione di insegnante dato che l’ambiente formativo sta diventando sempre più complesso e diversificato.
Ho votato a favore della relazione dell’onorevole Badia i Cutchet che tratta della comunicazione della Commissione dal titolo „Migliorare la qualità della formazione degli insegnanti“, che valuta l’attuale situazione dell’istruzione e della formazione degli insegnanti nell’Unione europea. La relazione riflette sulle varie possibilità a disposizione degli Stati membri.
Nell’Unione europea, ci sono oltre 27 diversi sistemi di formazione per gli insegnanti, ma le sfide che gli insegnanti devono affrontare sono fondamentalmente comuni a tutti gli Stati membri.
E’ necessario che gli insegnanti ricevano una formazione di qualità, poiché proprio la qualità della loro formazione si riflette direttamente non solo sul livello di conoscenze degli allievi, ma anche sulla formazione delle loro personalità, soprattutto durante i primi anni di scuola. Gli insegnanti sono anche sottoposti a un enorme stress mentale che lascia loro poche energie per l’autoformazione.
In passato, l’insegnamento era una professione rispettata e apprezzata; non esercita più alcuna attrattiva. Gli insegnanti, per la maggior parte donne, non godono di un congruo livello di riconoscimento sociale, di uno status adeguato e, soprattutto, di una remunerazione appropriata. Per esempio, nel mio paese, la Slovacchia, la paga degli insegnanti è molto inferiore rispetto alla retribuzione media nazionale.
Credo che la relazione attirerà l’attenzione degli Stati membri, nella speranza che così la professione di insegnante venga adeguatamente apprezzata.
Zdzisław Zbigniew Podkański (UEN), per iscritto. − (PL) Oggi siamo chiamati al voto su due relazioni che sembrano essere tra di loro complementari: la relazione dell’onorevole Pack sul processo di Bologna e la relazione dell’onorevole Badia i Cutchet sul miglioramento della qualità della formazione degli insegnanti.
L’obiettivo di queste due iniziative è migliorare la competitività dell’istruzione europea, aumentando di conseguenza il potenziale e la competitività dell’Unione europea nel suo insieme.
Porre l’enfasi sull’istruzione è un eccellente inizio, ma si corre sempre il rischio che venga in ultima analisi trascurata. In molti paesi tocchiamo con mano tutti i principali difetti dei sistemi di formazione degli insegnanti: mancano incentivi e motivazioni che spingano i migliori laureati a scegliere la professione di insegnante, lo status degli insegnanti (soprattutto per i livelli primario e secondario) è decisamente basso, le retribuzioni degli insegnanti sono misere e non si investe nel loro sviluppo. La relazione tra la qualità della formazione degli insegnanti e quella dell’insegnamento, e quindi il livello di conoscenze degli allievi, è palese. Trascurare questo settore può avere pertanto conseguenze disastrose, non solo culturali, ma anche economiche.
Le raccomandazioni per gli Stati membri contenute nella relazione sembrano cogliere nel segno e sono le seguenti: assunzione dei candidati migliori, miglioramento dello status, riconoscimento e retribuzione degli insegnanti, investimenti nella formazione in tutte le fasi della carriera individuale, scambio di migliori prassi tra i 27 diversi sistemi scolastici nell’Unione europea e maggiori poteri per le scuole.
Bernard Wojciechowski (IND/DEM), per iscritto. − (PL) Un insegnamento di alto livello è un elemento fondamentale di un’istruzione di qualità, che rappresenta un fattore cruciale per la competitività europea a lungo termine e per la capacità dell’Europa di creare nuovi posti di lavoro.
Dall’analisi della Commissione emerge che:
• la formazione sul posto di lavoro è obbligatoria solo in 11 Stati membri (Austria, Belgio, Germania, Estonia, Finlandia, Ungheria, Lituania, Lettonia, Romania, Malta e Regno Unito),
• laddove vi è formazione sul posto di lavoro, questa ha comunque una durata inferiore alle 20 ore all’anno e non supera mai le cinque giornate all’anno,
• solo metà degli Stati europei offre ai nuovi insegnanti qualche forma di assistenza sistematica durante i primi anni di lavoro (per esempio, avvicinamento all’occupazione, inserimento professionale, formazione, assistenza pedagogica).
Se vogliamo che gli studenti siano adeguatamente formati per affrontare la vita nell’Unione europea, agli insegnanti deve essere richiesta l’applicazione di metodi educativi più moderni. Il miglioramento della formazione degli insegnanti può garantire che l’Unione europea disponga dei lavoratori altamente qualificati di cui ha bisogno per affrontare le sfide del XXI secolo.
Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione di iniziativa della mia ottima collega tedesca, onorevole Pack, sul processo di Bologna e la mobilità degli studenti. Condivido il parere della collega secondo cui l’aumento della mobilità degli studenti e della qualità dei diversi sistemi di istruzione deve essere una priorità del processo di Bologna dopo il 2010, processo che mira alla creazione di uno Spazio europeo dell’istruzione superiore. Per incoraggiare la mobilità degli studenti, occorre adottare una serie di misure in quanto il problema della mobilità esula dal contesto dell’istruzione superiore e si iscrive nell’ambito degli affari sociali, della finanza e delle politiche relative all’immigrazione e ai visti. Occorre fornire un’assistenza specifica agli studenti provenienti da gruppi sociali svantaggiati, per esempio offrendo loro alloggi economici e decorosi. Sono favorevole all’introduzione di un’unica tessera di riconoscimento europea per gli studenti per agevolarne la mobilità e consentire loro di ottenere sconti sulle spese di vitto e alloggio, cultura e trasporti.
Nicodim Bulzesc (PPE-DE), per iscritto. − (EN) L’obiettivo del processo di Bologna, avviato a Bologna nel giugno 1999, è creare uno Spazio europeo dell’istruzione superiore entro il 2010. Altri obiettivi principali sono la riforma del sistema dell’istruzione superiore e l’eliminazione dei rimanenti ostacoli alla mobilità di studenti e insegnanti.
Ho votato a favore della relazione in quanto concordo sul fatto che le nostre università hanno bisogno di una riforma dei piani di studio innovativa e sistematica, in grado di favorire maggiormente la mobilità degli studenti e il trasferimento delle qualifiche. Inoltre, appoggio la raccomandazione della relatrice in vista dell’ottenimento di dati statistici affidabili sulla mobilità e sul profilo socio-economico degli studenti.
Carlos Coelho (PPE-DE), per iscritto. − (PT) La celebrazione, il prossimo anno, del decimo anniversario dalla firma della dichiarazione di Bologna evidenzia la necessità di ridefinire gli obiettivi del processo.
Per rivalutare in modo approfondito questi obiettivi, sarà necessaria una riflessione sul modo in cui il processo di Bologna è stato attuato negli Stati membri. Dovremo valutare se le politiche seguite nell’ambito del processo abbiano effettivamente condotto all’auspicato consolidamento di uno Spazio europeo dell’istruzione superiore in grado di raccogliere le sfide della competitività su scala internazionale.
Appoggio questa iniziativa poiché la ritengo un contributo tangibile verso l’individuazione sia dei problemi e delle sfide emersi in 10 anni di attuazione, sia dei temi che sono tuttora prioritari. Quanto detto vale per esempio per la mobilità degli studenti, fondamento di un’istruzione più ricca e più competitiva nonché contributo essenziale allo sviluppo del concetto di cittadinanza europea.
E’ fondamentale invitare gli Stati membri a valutare l’impatto di questo processo sulla garanzia di un’adeguata preparazione e qualificazione dei giovani. Come segnala la relatrice, non dobbiamo perdere di vista gli obiettivi del processo o il concetto secondo cui tutte le questioni riguardanti l’istruzione devono incentrarsi sugli studenti.
Edite Estrela (PSE), per iscritto. − (PT) Ho votato a favore della relazione Pack sul processo di Bologna e sulla mobilità degli studenti in quanto credo che un’istruzione superiore europea di alta qualità, efficace e innovativa, accessibile a tutti i cittadini europei sia fondamentale per l’Unione europea ai fini del mantenimento della sua competitività e della capacità di rispondere alle esigenze della globalizzazione.
Sulla base di questi principi, ritengo che misure quali la promozione della reciprocità in termini di flussi di studenti, la formazione permanente degli insegnanti nei vari ambiti di studio e l’incremento delle risorse per finanziare la mobilità degli studenti siano elementi essenziali per la realizzazione degli obiettivi del processo di Bologna.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. − (PT) Benché la relatrice sostenga di essere particolarmente preoccupata per la mobilità degli studenti nell’Unione europea e contempli un sostegno agli Stati membri nel loro impegno per la modernizzazione e la riforma innovativa dei rispettivi sistemi di istruzione superiore, la relazione affronta il problema concentrandosi unicamente sul processo di Bologna e su quanto si ritiene strettamente necessario per affrontare le sfide della globalizzazione, insistendo sul fatto che il processo deve essere approfondito. Poiché non condividiamo questa analisi, ci siamo astenuti dal voto.
Concordiamo tuttavia sul fatto che è giunto il momento di riflettere e di discutere del processo di Bologna, soprattutto per comprendere come i sistemi di istruzione sono cambiati e come questi sviluppi e cambiamenti hanno influito sulla qualità dell’istruzione superiore nei vari Stati membri.
L’accesso a un’istruzione di alta qualità deve essere disponibile a tutti i cittadini, a prescindere dalla loro nazionalità, dal loro paese o regione di nascita. Inoltre, la mobilità può avere effetti estremamente positivi, non solo per l’individuo che partecipa a un programma di mobilità, ma anche per gli istituti di istruzione superiore e per l’intera società. Non va inoltre trascurata, come è invece accaduto sinora, la sua dimensione sociale.
Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. – (SV) Questa relazione di iniziativa della commissione per la cultura e l’istruzione del Parlamento europeo, come al solito, si spinge oltre la sfera di competenza della commissione in quanto propone nuove idee per un maggiore coinvolgimento dell’Unione europea nel campo dell’istruzione. Questo argomento attualmente è di competenza degli Stati membri e riteniamo che debba continuare ad essere così.
Tra le altre proposte, la relazione suggerisce l’introduzione di un’unica tessera di riconoscimento europea per gli studenti. Ci risulta difficile credere che queste proposte di per sé possano accrescere la mobilità degli studenti; più probabilmente aumenteranno solamente gli oneri burocratici legati all’attività di studente. La relatrice fa inoltre riferimento, nelle sue motivazioni, alla necessità di un quadro giuridico per gli studenti a livello di Unione europea.
Queste proposte vogliono eludere gli accordi presi all’interno dell’Unione europea in merito ai livelli di responsabilità politica per i vari ambiti. Abbiamo pertanto votato contro la relazione.
Vasco Graça Moura (PPE-DE), per iscritto. − (PT) La celebrazione, il prossimo anno, del decimo anniversario dalla firma della dichiarazione di Bologna evidenzia la necessità di ridefinire gli obiettivi del processo.
Per rivalutare in modo approfondito questi obiettivi, sarà necessaria una riflessione sul modo in cui il processo di Bologna è stato attuato negli Stati membri. Dovremo valutare se le politiche seguite nell’ambito del processo abbiano effettivamente condotto all’auspicato consolidamento di uno Spazio europeo dell’istruzione superiore in grado di raccogliere le sfide della competitività su scala internazionale.
Appoggio questa iniziativa poiché la ritengo un contributo tangibile verso l’individuazione sia dei problemi e delle sfide emersi in 10 anni di attuazione, sia dei temi che sono tuttora prioritari. Quanto detto vale per esempio per la mobilità degli studenti, fondamento di un’istruzione più ricca e più competitiva nonché contributo essenziale allo sviluppo del concetto di cittadinanza europea.
E’ fondamentale invitare gli Stati membri a valutare l’impatto di questo processo sulla garanzia di un’adeguata preparazione e qualificazione dei giovani. Come segnala la relatrice, non dobbiamo perdere di vista gli obiettivi del processo o il concetto secondo cui tutte le questioni riguardanti l’istruzione devono incentrarsi sugli studenti.
Małgorzata Handzlik (PPE-DE), per iscritto. − (PL) Il processo di Bologna mira alla creazione di uno Spazio europeo dell’istruzione superiore entro la fine del 2010. Uno degli obiettivi è aiutare gli studenti nella scelta tra le numerose proposte di offerta formativa. L’introduzione del sistema in tre cicli, la garanzia della qualità dell’insegnamento e la durata dei periodi di studio sono fondamentali per il corretto funzionamento dello Spazio.
Naturalmente, una migliore e più equamente distribuita qualità dell’istruzione nei vari Stati membri garantirà una maggiore attrattiva dello Spazio europeo dell’istruzione superiore. E’ pertanto fondamentale sostenere gli Stati membri nel loro impegno per la modernizzazione e la riforma dei propri sistemi di istruzione superiore. Tutti i cittadini europei devono avere l’opportunità di accedere all’istruzione superiore, indipendentemente dalla loro nazionalità, dal loro paese o luogo di nascita.
L’aumento della mobilità degli studenti è uno dei vantaggi previsti del processo di Bologna. La mobilità ha un impatto positivo non solo sugli studenti che effettivamente si spostano, ma anche sugli istituti di istruzione superiore. Lo scambio di opinioni, l’eterogeneità e la possibilità di trarre consiglio dall’esperienza di altri sono, dopo tutto, elementi caratteristici dell’esperienza accademica. Non dovremmo inoltre dimenticare la dimensione sociale della mobilità: la mobilità consente di acquisire conoscenze di valore inestimabile e preziose in termini di diversità accademica, culturale e sociale.
Monica Maria Iacob-Ridzi (PPE-DE), per iscritto. − (RO) Benché io abbia votato a favore di questa relazione, desidero segnalare due punti che devono essere attentamente analizzati e regolamentati dalla Commissione.
Innanzi tutto, dobbiamo osservare la distribuzione geografica delle borse di studio concesse mediante il programma per l’apprendimento permanente. La maggior parte delle università che beneficia di scambi di studenti è concentrata nei vecchi Stati membri, mentre il numero di studenti nei nuovi Stati membri è molto più basso. La Commissione dovrebbe agire con urgenza, per esempio accreditando un numero maggiore di università per la partecipazione a programmi di scambi accademici e aumentando in questo modo l’attrattiva dei nuovi Stati membri come possibile meta per gli studenti di tutta Europa. La Commissione deve anche accertarsi che un numero proporzionato di studenti di ogni Stato membro abbia l’opportunità di ricevere una borsa di studio europea.
In secondo luogo, ritengo che l’articolo 11 della relazione debba essere applicato a tutti gli Stati membri, nonostante il suo status di raccomandazione. Questo periodo di mobilità di studio, che sia per un semestre o per un anno, può contribuire in misura significativa al miglioramento delle conoscenze e allo sviluppo personale dei giovani europei. Devo tuttavia aggiungere che l’inserimento di una disposizione di questo tipo dovrebbe essere accompagnata da un corrispondente appoggio finanziario per gli Stati membri.
Mikel Irujo Amezaga (Verts/ALE), per iscritto. − (ES) Diversi settori che hanno una posizione critica nei confronti del processo di Bologna reputano che questo cambiamento renderà elitaria l’istruzione universitaria. La relazione chiede che venga fornita una specifica assistenza agli studenti provenienti da gruppi sociali svantaggiati, per esempio, concedendo loro alloggi “economici e decorosi”, tenendo anche conto che, dopo l’arrivo, si rende spesso necessario un ulteriore sostegno. Benché io abbia presentato un emendamento in merito per estendere questo sostegno a tutte le spese, chiedendo quindi che l’assistenza non si limiti all’alloggio, ritengo che la relazione si basi su un concetto di istruzione universale che sia accessibile a tutta la società.
Mieczysław Edmund Janowski (UEN), per iscritto. − (PL) Nella votazione, ho votato a favore dell’onorevole Pack e della sua relazione sul processo di Bologna e la mobilità degli studenti La ritengo una relazione valida e improntata all’efficienza. Oggi nell’Unione europea le erogazioni di fondi per la ricerca scientifica e l’istruzione accademica sono ancora insufficienti. L’idea di Bologna, che ha già nove anni e attualmente riunisce 46 paesi, dovrebbe condurre nel 2010 all’istituzione di uno Spazio europeo dell’istruzione superiore.
I principi fondamentali alla base di questo processo possono essere sintetizzati in tre ambiti d’azione prioritari: il ciclo di istruzione (che comprende tre livelli: laurea, laurea magistrale o master, dottorato di ricerca), l’offerta di un’istruzione di alta qualità e il riconoscimento delle qualifiche ottenute e dei periodi di studio nell’ambito dell’istruzione superiore. Ciò di cui abbiamo bisogno sono pertanto azioni molteplici e coese in tutti gli Stati membri, nonché nelle nostre università.
I sistemi di valutazione che utilizzano i cosiddetti punti ECTS dovrebbero essere chiari, comprensibili ed unificati. In questo modo potremo sostenere il potenziale per un’istruzione flessibile e mobile dei giovani in molti centri accademici nonché l’indispensabile scambio di personale docente. Sebbene l’istruzione superiore non rientri nelle competenze dell’Unione europea, dobbiamo, pur senza inficiare l’indipendenza degli Stati membri in questo ambito, impegnarci comunque in vista di una stretta cooperazione e un buon coordinamento. Bisogna altresì offrire ai cittadini europei pari opportunità di accesso all’istruzione al più alto livello possibile, e per questo sono necessari cambiamenti organizzativi nel sistema di istruzione e un adeguato impegno finanziario.
David Martin (PSE), per iscritto. − (EN) La relazione dell’onorevole Pack sul processo di Bologna e la mobilità degli studenti rappresenta un contributo costruttivo al dibattito sulla mobilità degli studenti. La possibilità per gli studenti europei di spostarsi liberamente all’interno dell’Unione deve rimanere un elemento centrale del processo di Bologna. Tutti gli studenti, di qualsiasi provenienza, devono avere l’opportunità di beneficiare delle innumerevoli offerte culturali ed intellettuali dell’Unione europea. Ho pertanto votato a favore delle raccomandazioni della relazione.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. − (DE) L’obiettivo del processo di Bologna è agevolare la scelta degli studenti tra i numerosi corsi di alta qualità , deve essere naturalmente accolto con favore. L’Unione europea ha inoltre posto particolare enfasi sulla mobilità degli studenti e si propone inoltre di migliorare il mutuo riconoscimento dei percorsi formativi.
E’ fuor di dubbio che sinora non tutto è filato liscio. Non solo ci sono seri problemi in termini di riconoscimento: alcuni corsi convertiti in lauree e lauree specialistiche sono apparentemente così specializzati che un cambiamento della sede degli studi – che sia nel paese o all’estero – non è più possibile. Questo problema si trova in netta contraddizione con gli obiettivi di uno Spazio europeo dell’istruzione superiore e dell’aumento della mobilità. I critici ritengono anche che la gestione dell’ECTS (sistema europeo di trasferimento crediti) sia troppo diversa da un paese all’altro per permettere una comparazione efficace dei risultati. Da questo punto di vista, l’idea di procedere a un bilancio provvisorio è sicuramente utile, e pertanto anch’io ho votato a favore della relazione.
Dumitru Oprea (PPE-DE), per iscritto. − (RO) Ho votato a favore della relazione sul processo di Bologna e la mobilità degli studenti per varie ragioni, ma soprattutto perché il processo di Bologna è stato uno degli elementi più rivoluzionari nel mercato mondiale dell’istruzione e della formazione. Lo stesso mercato del lavoro non era pronto per un cambiamento di queste dimensioni e non è ancora del tutto ricettivo nei confronti del sistema basato su tre cicli d’insegnamento (laurea, laurea magistrale o master e dottorato di ricerca) nella struttura 3-2-3; inoltre, prima che fosse applicato il nuovo sistema, spesso le imprese assumevano studenti universitari.
Un altro elemento di progresso è rappresentato dalla mobilità degli studenti nelle scuole europee e dal sistema comune di titoli di studio, facilitato dall’ECTS. Il successo di questi meccanismi è dimostrato dalla tendenza delle più importanti università del mondo a mandare all’estero gli studenti, in particolare dove si trovano le loro sedi più vecchie.
Un’altra proposta rivoluzionaria è quella dell’ECVET (sistema europeo di crediti per l’istruzione e la formazione professionale), finalizzato al trasferimento, al riconoscimento e all’acquisizione dei risultati dell’apprendimento raggiunti da un individuo in contesti formali, non formali ed informali, al fine di ottenere qualifiche, indipendentemente dal periodo di studi o dall’acquisizione di competenze e attitudini. Si tratta di una tendenza mondiale.
Zdzisław Zbigniew Podkański (UEN), per iscritto. − (PL) L’onorevole Pack merita i nostri ringraziamenti per il suo contributo allo sviluppo e alla riflessione creativa sul processo di Bologna, un’iniziativa che consente agli studenti europei di scegliere il proprio percorso formativo e la propria carriera senza limitarsi ai confini nazionali. Questa iniziativa favorisce la competitività del sistema di istruzione europeo e arricchisce le nazioni stesse grazie al relativo apporto culturale e scientifico.
Naturalmente le questioni legate al contenuto dell’istruzione e al miglioramento della qualità dell’educazione a tutti i livelli sono di competenza degli Stati membri dell’Unione europea. Da questo punto di vista, c’è ancora molto da fare. In Polonia, per esempio, la mobilità e il suo sviluppo a livello europeo, ovvero i temi principali della relazione dell’onorevole Pack, si sono trasformati in un’emigrazione, spesso definitiva, di lavoratori preziosi. Concordo con la tesi sostenuta dalla relazione secondo cui l’obiettivo più importante è la mobilità degli studenti, con la creazione di un sistema di incentivi e facilitazioni, per offrire ai giovani la possibilità di studiare ovunque desiderino.
Un elemento particolarmente importante sembra tuttavia essere la necessità di persone istruite e con esperienza che rientrino nel proprio paese d’origine per mettere a frutto le conoscenze acquisite. E’ sicuramente una sfida per i nuovi Stati membri e ritengo che la prudente continuazione del processo di Bologna costituisca un passo avanti in questa direzione.
Andrzej Jan Szejna (PSE), per iscritto. − (PL) Un’Europa unita non significa solo avere la moneta unica, la libera circolazione delle persone e un mercato comune per beni e servizi. Significa anche, anzi soprattutto, avere una dimensione intellettuale, culturale e sociale europea.
L’iniziativa intergovernativa che prende il nome di processo di Bologna, avviata poco meno di 10 anni fa, ha lo scopo primario di facilitare la scelta da parte degli studenti dei corsi della più alta qualità possibile. Uno degli elementi più importanti per la creazione di uno Spazio europeo dell’istruzione superiore è l’aumento della mobilità degli studenti e della qualità dell’istruzione, in quanto proprio questi fattori offrono la specifica opportunità di sviluppo personale, sociale e scientifico.
Credo che, nel tentativo di migliorare la qualità e l’interesse dell’istruzione, sia importante intraprendere azioni sia a livello europeo (il Parlamento europeo considera la mobilità una priorità) sia a livello nazionale.
Dobbiamo ricordare che, nell’Unione europea, l’istruzione superiore non rientra tra le responsabilità della Commissione europea. Il contenuto e l’organizzazione degli studi rimangono tematiche di competenza dei singoli Stati, che rivestono, assieme alle università, un ruolo di fondamentale importanza. Gli Stati membri dovrebbero valutare attentamente la necessità di creare piani di studi europei per i dottorati e di impegnarsi per fornire un’assistenza specifica agli studenti provenienti da gruppi sociali svantaggiati.
Anche il dialogo e lo scambio bilaterale di esperienze tra le imprese e le università vanno tenuti in debita considerazione e gli istituti di istruzione superiore dovrebbero quindi rafforzare la loro cooperazione con il settore privato per individuare meccanismi di cofinanziamento della mobilità degli studenti nuovi ed efficaci.
Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione d’iniziativa del collega ungherese Szájer recante raccomandazioni alla Commissione europea sull’allineamento degli atti giuridici con la nuova decisione sulla comitatologia. Ai fini della qualità della legislazione, risulta sempre più necessario delegare alla Commissione lo sviluppo degli aspetti non essenziali e più tecnici della legislazione, nonché il suo sollecito adeguamento per tener conto dei progressi tecnologici e dei cambiamenti economici. Ciononostante, tali poteri di delega devono essere agevolati fornendo al legislatore i mezzi istituzionali volti a controllarne l’esercizio. Occorre notare che l’attuale allineamento dell’acquis alla decisione sulla comitatologia non è ancora completo, in quanto rimangono ancora strumenti giuridici che prevedono misure di attuazione a cui va applicata la nuova procedura di regolamentazione con controllo. Concordo sulla concessione, a mio parere essenziale per il corretto funzionamento della democrazia europea, al Parlamento europeo di risorse supplementari per tutte le procedure di comitatologia in vista dell’eventuale entrata in vigore il Trattato di Lisbona, ma anche durante l’attuale periodo di transizione, al fine di garantire che tutte le procedure di comitatologia fra le tre istituzioni funzioni in modo soddisfacente.
Mikel Irujo Amezaga (Verts/ALE), per iscritto. − (ES) Condivido la relazione laddove sottolinea che, ai fini della qualità della legislazione, sia sempre più necessario delegare alla Commissione europea lo sviluppo degli aspetti non essenziali e più tecnici della legislazione nonché il suo sollecito adeguamento per tener conto dei progressi tecnologici e dei cambiamenti economici. Ciononostante, tali poteri di delega devono essere agevolati fornendo al legislatore i mezzi istituzionali volti a controllarne l’esercizio. Il Parlamento dovrebbe ergersi a custode di tale controllo, una materia questa non ancora completamente risolta, sebbene sia stata per molti anni argomento di discussione. Ad alcune commissioni parlamentari mancano ancora informazioni relativamente a decisioni prese nell’ambito della procedura di comitatologia. Il Parlamento deve, pertanto, restare molto vigile.
Johannes Blokland (IND/DEM), per iscritto. – (NL) E’ assai importante valutare più a fondo come possano essere migliorati gli organismi di vigilanza nell’Unione europea. Ciononostante, la relazione dell’onorevole Rasmussen riguarda le raccomandazioni alla Commissione europea sui fondi hedge.
Sul versante procedurale, non sostengo gli emendamenti ai considerando presentati dal gruppo Verde/Alleanza libera europea. I considerando non sono la sede dove esprimere giudizi di merito sull’attuale situazione dei mercati finanziari.
Stamani ho espresso il mio voto contrario agli emendamenti dal n. 6 al n. 10 incluso, non perché io mi opponga a una vigilanza europea sui mercati finanziari, ma perché ritengo che questa relazione non sia lo strumento adatto per lanciare questa iniziativa.
Auspico che la commissione per i problemi economici e monetari voglia deliberare in merito alla vigilanza sui mercati finanziari e all’opportunità di rafforzare tale azione a livello europeo. Qualora a questo riguardo venga presentata una relazione di qualità, molto probabilmente sarò allora in grado di sostenere questa iniziativa proposta dai verdi.
Szabolcs Fazakas (PSE), per iscritto. − (HU) Contrariamente alle aspettative, la crisi finanziaria iniziata in America l’anno scorso, scatenata da processi finanziari non regolamentati e speculativi, non solo non si è placata, ma ha ora colpito il mondo intero, Europa compresa.
La crisi attuale richiede un cambiamento di paradigma a lungo termine da parte dei responsabili delle decisioni europei in due ambiti, di modo che in futuro si riesca non solo a contenere il pericolo di una crisi finanziaria, ma anche a promuovere una crescita economica stabile.
Gli sviluppi in America hanno dimostrato che il mercato da solo non è in grado di far fronte a crisi di questa entità. E’ pertanto necessario creare, quanto prima, l’autorità di vigilanza finanziaria europea a livello centrale secondo la proposta dell’anno scorso e successivamente accolta dalla presidenza francese. Questa autorità dovrebbe, tra l’altro, assicurarsi che le transazioni rischiose e speculative del sistema bancario e finanziario siano soggette a condizioni controllabili e quantificabili. Solo in questo modo l’Europa potrà gradualmente fare proprio il ruolo precedentemente rivestito dall’America nel mondo della finanza.
Affinché l’economia europea, anch’essa colpita dall’attuale crisi, possa rimettersi prontamente in carreggiata e ritornare a crescere, sarebbe necessario incoraggiare tempestivi finanziamenti alle economie reali, invece delle transazioni rischiose e speculative che caratterizzano il mondo finanziario e bancario. A questo fine, la condizione fondamentale è che la Banca centrale europea non si concentri soltanto sulla lotta all’inflazione, coma ha fatto sinora, ma promuova anche la ripresa dell’economia reale avvalendosi di tassi d’interesse preferenziali.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. − (PT) Abbiamo votato contro la relazione perché, nonostante essa rappresenti un singolare gesto simbolico e una critica nei confronti della crisi finanziaria, essa non include misure specifiche volte a combattere con efficacia la crescente finanziarizzazione dell’economia, la speculazione sfrenata, la proliferazione di strumenti e di prodotti finanziari volti a raggiungere guadagni speculativi sempre maggiori, né decide di porre fine ai paradisi fiscali o al segreto bancario.
Come abbiamo dichiarato nel corso della discussione in plenaria, le conseguenze della crisi colpiscono sempre le stesse persone: i lavoratori che perdono il posto di lavoro e i cittadini in generale costretti a pagare interessi più alti, anche qui nell’Unione europea, soprattutto nei paesi con le economie più deboli, come il Portogallo, dove il tasso di indebitamento ha raggiunto circa il 120 per cento del PIL, mentre l’indebitamento delle famiglie è quasi il 130 per cento del reddito disponibile.
Per questo motivo, insistiamo sulla priorità di dare sostegno alla creazione di posti di lavoro con diritti, alla produzione, alla lotta alla povertà, al miglioramento del potere di acquisto di lavoratori e pensionati, promuovendo servizi pubblici di qualità e incrementando le linee di credito agevolato al fine di sostenere i micro, piccoli e medi imprenditori.
Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. – (SV) I fondi hedge e i fondi di private equity sono strumenti di investimento ad alto rischio. Al fine di riportare la fiducia tra gli investitori, presso l’opinione pubblica e – non da ultimo – tra le autorità di vigilanza, le transazioni devono essere soggette a trasparenza e a normative soddisfacenti.
Junilistan accoglie con favore molti dei punti e delle proposte d’azione contenute nella relazione.
Ciononostante, abbiamo scelto di votare contro la relazione nella sua interezza, in quanto la relazione attribuisce priorità alle misure a livello comunitario, nonostante dovrebbe essere ovvio per tutti in questa situazione che le soluzioni ai potenziali rischi associati a strumenti come i fondi hedge e i fondi di private equity andrebbero ricercate innanzi tutto a livello globale.
Jens Holm ed Eva-Britt Svensson (GUE/NGL), per iscritto. − (SV) Ci rammarichiamo che la relazione Rasmussen sui fondi hedge e sui fondi di private equity sia stata annacquata nel corso dei negoziati per raggiungere un compromesso tra i tre maggiori gruppi parlamentari. E’ inoltre spiacevole il fatto che gli emendamenti presentati dai verdi e dal gruppo GUE/NGL, direttamente tratti dal progetto di relazione Rasmussen, non siano stati adottati durante la votazione in plenaria. Per esempio, uno dei paragrafi “addolciti” rispetto alla stesura originale sottolineava la necessità di maggiori livelli di trasparenza nei confronti dell’opinione pubblica, degli investitori e delle autorità di vigilanza, prevedendo per il futuro un nuovo organismo comunitario di supervisione. Ciononostante, abbiamo deciso di sostenere la relazione nella votazione finale. Il nostro voto è giustificato dalla necessità urgente di reagire alla dannosa speculazione finanziaria e all’instabilità dei mercati. In questo senso, la relazione potrebbe essere vista come un passo nella direzione giusta.
Ian Hudghton (Verts/ALE), per iscritto. − (EN) La relazione Rasmussen arriva al momento opportuno, proprio nella settimana che fa seguito alle turbolenze finanziarie che hanno visto la più antica banca di Scozia essere sacrificata da alcuni "trafficoni e speculatori", per usare le parole del Primo ministro scozzese. Il settore finanziario scozzese è stato profondamente deluso dalle autorità di regolamentazione del Regno Unito e, personalmente, io concordo con un inasprimento della regolamentazione del mercato. Ho votato a favore della relazione che contiene alcune raccomandazioni degne di considerazione e auspico che un giorno le autorità di regolamentazione indipendenti della Scozia collaborino in questo ambito con i nostri partner comunitari.
Ona Juknevičienė (ALDE), per iscritto. − (LT) Tanto a livello mondiale quanto a livello locale, i mercati finanziari stanno mettendo a punto strumenti finanziari complessi, rendendo estremamente difficile per le istituzioni finanziarie elaborare normative e sistemi di vigilanza adeguati. Di conseguenza, esiste la possibilità che si verifichino operazioni poco trasparenti nonché casi di speculazione da parte dei protagonisti dei mercati finanziari, che conducono alla perversione dei mercati finanziari stessi. In questo senso, do il mio sostegno all’emendamento n. 2 presentato dai verdi, che richiede un considerevole rafforzamento del quadro normativo e di vigilanza europeo allo scopo di mantenere la stabilità finanziaria.
Kartika Tamara Liotard ed Erik Meijer (GUE/NGL), per iscritto. − (NL) Ci rammarichiamo che la relazione Rasmussen sui fondi hedge e i fondi di private equity sia stata annacquata nel corso dei negoziati per raggiungere un compromesso tra i tre maggiori gruppi parlamentari. E’ inoltre spiacevole il fatto che gli emendamenti presentati dai verdi e dal gruppo GUE/NGL, direttamente tratti dal progetto di relazione Rasmussen, non siano stati adottati durante la votazione in plenaria. Ciononostante, abbiamo deciso di sostenere la relazione nella votazione finale. Il nostro voto è giustificato dalla necessità urgente di reagire alla dannosa speculazione finanziaria e all’instabilità dei mercati. In questo senso, la relazione potrebbe essere vista come un passo nella direzione giusta.
Astrid Lulling (PPE-DE) , per iscritto. – (FR) Ho votato a favore del compromesso faticosamente negoziato dai tre gruppi politici di questo Parlamento e sono soddisfatta del contenuto completo ed equilibrato della relazione. Il relatore aveva cercato di imputare il fardello della crisi finanziaria ai fondi hedge e ai fondi di private equity, ma questi prodotti non sono stati né la causa né il catalizzatore della crisi attuale e mi congratulo con il relatore per aver riconosciuto la realtà e per aver rettificato questo punto.
Le raccomandazioni che rivolgiamo alla Commissione vogliono includere tutti gli attori e i protagonisti dei mercati finanziari nonché colmare le lacune delle normative esistenti al fine di affrontare e combattere quelle pratiche che hanno contribuito alla trasformazione del crollo del mercato immobiliare negli Stati Uniti in una crisi finanziaria mondiale.
Stiamo, pertanto, affrontando le cattive pratiche di gestione dei rischi, la mancanza di trasparenza di alcuni prodotti di investimento e i conflitti di interesse delle agenzie per la valutazione dei crediti, che sono le principali cause della crisi finanziaria che stiamo attraversando.
David Martin (PSE), per iscritto. − (EN) Onorevoli colleghi, la recente crisi finanziaria ha mietuto diverse vittime, una delle quali è stata la banca HBOS, rilevata la settimana scorsa dalla britannica Lloyds TSB. Veder cadere vittime di così alto profilo non è destabilizzante soltanto per l’economia mondiale, ma anche per coloro che affidano il proprio denaro e il proprio futuro a queste società. Nelle ultime settimane il mondo ha imparato che il nostro approccio verso la regolamentazione del mercato è obsoleto. Occorrono misure globali per regolamentare un sistema finanziario globalizzato.
L’Unione europea e il Parlamento europeo rivestono, pertanto, un ruolo significativo nella risoluzione dei principali problemi che hanno dato origine alla crisi e devono agire responsabilmente votando a favore della relazione dell’onorevole Rasmussen. Incoraggiando le società di fondi hedge e di fondi di private equity ad essere più prudenti e trasparenti nelle loro operazioni, l’Unione europea contribuirà a costruire un solido contesto a favore del ripristino della tanto necessaria stabilità nel settore finanziario.
Mary Lou McDonald (GUE/NGL), per iscritto. − (EN) Ci rammarichiamo che la relazione Rasmussen sui fondi hedge e i fondi di private equity sia stata annacquata nel corso dei negoziati per raggiungere un compromesso tra i tre maggiori gruppi parlamentari. E’ inoltre spiacevole il fatto che gli emendamenti presentati dai verdi e dal gruppo GUE/NGL, direttamente tratti dal progetto di relazione Rasmussen, non siano stati adottati durante la votazione in plenaria. Ciononostante, abbiamo deciso di sostenere la relazione nella votazione finale. Il nostro voto è giustificato dalla necessità urgente di reagire alla dannosa speculazione finanziaria e all’instabilità dei mercati. In questo senso, la relazione potrebbe essere vista come un passo nella direzione giusta.
Tuttavia, bisogna avere più polso nell’attuazione di queste idee. Il fatto che molti fondi hedge siano coperti da segreto bancario è inaccettabile poiché, nella sua forma attuale, il sistema non consente alcuna trasparenza nei confronti dell’opinione pubblica. E’ pertanto difficile valutare la natura dei fondi hedge e la loro capacità di contribuire alla coesione sociale e a una stabilità economica sostenibile non può essere accertata dai cittadini.
Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. − (PT) Le preoccupazioni espresse nella relazione, accompagnate dal doveroso riconoscimento dell’importanza dei prodotti finanziari in questione, mi inducono ad essere d’accordo con tutti i punti. Considerando il periodo di evidente turbolenza dei mercati finanziari che stiamo attraversando, è importante reagire con determinazione, ma anche con tranquillità e conoscenza dei fatti. Gran parte del successo economico registrato negli ultimi decenni in Europa, negli Stati Uniti e nelle economie a rapido ritmo di crescita è dovuto proprio all’agilità dei mercati finanziari. Per quanto riguarda le azioni correttive da apportare al sistema vigente, è importante affrontare le principali cause della crisi, ma senza cancellare tutte le qualità del sistema. E’ da questo presupposto che la Commissione europea deve interpretare questo incitamento all’azione da parte del Parlamento europeo.
Olle Schmidt (ALDE), per iscritto. – (SV) Il ruolo del Parlamento europeo nell’ambito del sistema dell’UE è dare voce alla gente. Tale voce è rafforzata in particolare dal lavoro svolto in seno alla commissione per le petizioni, che si fa carico delle questioni sollevate direttamente dai cittadini. Un buon esempio è quello della campagna “One Seat” intesa a spostare la sede del Parlamento europeo da Strasburgo a Bruxelles, una tematica che è stata accolta per essere sottoposta alla discussione formale grazie all’impegno della commissione per le petizioni.
Senza dubbio alcune raccomandazioni agli Stati membri sono piuttosto estreme e alcune proposte non vengono prese sufficientemente in considerazione. Ciononostante, il lavoro della commissione per le petizioni rappresenta una componente essenziale del lavoro svolto dall’Unione europea per dar voce ai cittadini, un fattore che nel mio caso è stato determinante nella mia decisione di sostenere questa relazione.
Bart Staes (Verts/ALE), per iscritto. – (NL) Il mondo finanziario è stato scosso sin dalle fondamenta. Comuni contribuenti statunitensi stanno pagando il prezzo del piano di salvataggio (700 miliardi di dollari) mentre i responsabili del problema la fanno franca. Grazie alla relazione Rasmussen, il Parlamento europeo è stato dotato di uno strumento con il quale intervenire per migliorare il controllo di alcuni ambiti del settore finanziario: i fondi hedge e i fondi di private equity. Ora, con l’acuirsi della crisi, abbiamo avuto un’occasione per far appello alla Commissione europea affinché introducesse normative rigorose. Il gruppo Verde/Alleanza libera europea ha, pertanto presentato una serie di emendamenti alla presente relazione ma, poiché questi sono stati respinti dal Parlamento, abbiamo votato contro la relazione. Non vi sarà alcuna autorità europea a monitorare il settore finanziario, nessuna legislazione europea relativa alla registrazione e al controllo dei fondi hedge, nessun limite alla proliferazione esagerata di società di investimento privato. Proprio nella settimana in cui il sistema capitalista è sul punto di implodere, il Parlamento europeo ha perso la sua occasione. Noi del gruppo Verde annunciamo che continueremo a impegnarci per limitare significativamente un mercato libero il cui unico obiettivo speculativo sembra essere quello di ottenere guadagni rapidi per un gruppo circoscritto di persone, un comportamento del tutto irresponsabile sia dal punto di vista sociale che economico.
Ona Juknevičienė (ALDE), per iscritto. – (LT) Sono sempre stata a favore della liberalizzazione del mercato poiché, a mio avviso, si tratta di un requisito fondamentale per la concorrenza tra gli attori del mercato, che risulta sempre vantaggiosa per i consumatori, in quanto consente loro di scegliere e acquistare merci al prezzo più basso possibile.
Ciononostante, nel votare a favore della trasparenza degli investitori istituzionali, sostengo il relatore, onorevole Lehne nella sua richiesta alla Commissione di proporre alcuni standard per impedire che gli investitori “rapinino” le società (nel caso della vendita parziale di società) e abusino dei loro poteri finanziari facendo sì che in futuro le società si trovino in difficoltà e che non vi siano benefici né per la società stessa né per i dipendenti, i creditori o i soci in affari.
A mio avviso, la Commissione europea dovrebbe condurre un’inchiesta sulle misure adottate dagli Stati membri volte a prevenire la vendita parziale delle società.
David Martin (PSE), per iscritto. − (EN) Sostengo l’impostazione generale della relazione Klaus-Heiner Lehne sulla trasparenza degli investitori istituzionali. I recenti eventi dei mercati finanziari indicano la necessità di un intervento a livello mondiale al fine di migliorare la regolamentazione dei mercati. Il buon funzionamento dei mercati dipende dal rispetto della trasparenza a tutti i livelli e questa relazione rappresenta un passo nella direzione giusta. Ho votato a favore delle raccomandazioni in essa contenute.
Dimitrios Papadimoulis (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) L’attuale profonda crisi di un capitalismo da casinò è diventata un peso per i contribuenti statunitensi e per l’intera economia mondiale a seguito del fallimento dei giochi speculativi e disonesti delle società. Occorrono cambiamenti radicali del quadro normativo per il controllo della trasparenza nonché revisioni contabili. La Commissione deve intervenire immediatamente e proporre un quadro completo per un modello comune di trasparenza. La politica che mirava a limitare l’intervento legislativo è fallita miseramente.
Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. − (PT) La trasparenza dovrebbe essere un principio guida per il funzionamento dei mercati, in particolare dei mercati finanziari. Ciononostante, non bisogna limitarsi a questa riflessione per timore che il principio si tramuti in norma, confondendo il risultato desiderato (mercati finanziari sani ed efficienti) con i mezzi proposti per raggiungerlo (mercati sufficientemente regolamentati e controllati). Nel contesto dell’attuale dibattito politico ed economico sui mercati finanziari, è importante che la Commissione interpreti così questa raccomandazione, impegnandosi nella difesa della qualità dei mercati finanziari europei. Non dimentichiamo che i benefici economici più grandi per la società derivano da un funzionamento dei mercati regolare ed essenzialmente libero.
Olle Schmidt (ALDE), per iscritto. – (SV) La trasparenza è essenziale per riportare la fiducia nei mercati finanziari. Gli ultimi mesi hanno dimostrato quali problemi possano sorgere in un mercato complesso e in rapida evoluzione, se non vi è la possibilità di capire e seguire anche i prodotti avanzati. Senza dubbio vi sono stati problemi nel mercato dei prodotti non regolamentati, ma serve trasparenza anche in altri settori del mercato finanziario. Alla luce di questa complessa serie di problemi, pertanto, ho scelto di astenermi dal voto in quanto non sono stati adottati gli emendamenti che avrebbero dato alla relazione la portata di cui aveva bisogno.
Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione del collega ungherese, onorevole Hegyi, che emenda la proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica, per quanto riguarda le competenze di esecuzione conferite alla Commissione, il regolamento (CE) n. 999/2001 recante disposizioni per la prevenzione, il controllo e l’eradicazione di alcune encefalopatie spongiformi trasmissibili (TSE). Sostengo gli emendamenti proposti volti a utilizzare la procedura di regolamentazione con controllo per l’adozione di alcune misure riguardanti i prodotti di origine animale derivati da oppure contenenti materiali provenienti da ruminanti. Ritengo che la stessa procedura vada utilizzata per valutare l’equivalenza del livello di protezione applicato da uno Stato membro, in deroga al regolamento (CE) n. 999/2001, per quanto riguarda le misure che fanno seguito al rilevamento della presenza di un’encefalopatia spongiforme trasmissibile (TSE).
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. − (PT) Abbiamo votato a favore della relazione in quanto l’encefalopatia spongiforme trasmissibile (TSE), comunemente conosciuta come morbo della mucca pazza, costituisce una grave minaccia per la nostra salute.
Come è noto, questa patologia infettiva mortale si diffonde tramite una proteina presente nella carne infetta e provoca il deterioramento del cervello umano. Una rigorosa regolamentazione europea ha permesso di ridurre l’epidemia.
Nella presente relazione, il relatore integra il lavoro svolto dal relatore precedente con nuovi elementi che dovranno essere disciplinati attraverso la procedura di regolamentazione con controllo.
Concordiamo, pertanto, sul fatto che la proposta della Commissione sia modificata in modo da garantire che i controlli non siano ridotti. Dobbiamo essere estremamente cauti allo scopo di garantire che la procedura di regolamentazione con controllo non rallenti l’attuazione di misure volte a contrastare la malattia. Occorre, inoltre, evitare di creare lacune nella legislazione quando si concedono deroghe agli Stati membri. Ne consegue l’importanza di questa relazione e auspichiamo che la Commissione europea ne tenga conto. Dopo i noti scandali legati a questa patologia, l’opinione pubblica degli Stati membri giustamente chiede e merita questa trasparenza.
David Martin (PSE), per iscritto. − (EN) La relazione dell’onorevole Hegyi sulla modifica del regolamento (CE) n. 999/2001 per quanto riguarda le competenze di esecuzione conferite alla Commissione intende proporre modifiche alla normativa sull’encefalopatia spongiforme trasmissibile, una malattia letale che si diffonde attraverso la carne infetta. Aggiornare la procedura di regolamentazione relativa a questo problema attraverso una nuova procedura che preveda un maggiore coinvolgimento del Parlamento europeo rappresenta un passo positivo. La relazione riceve, pertanto, il mio sostegno.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. − (DE) Ogni anno l’Unione europea deve occuparsi di due miliardi di tonnellate di rifiuti, 40 milioni di tonnellate dei quali sono costituiti da rifiuti pericolosi. La maggior parte dei rifiuti totali è probabilmente composta dai rifiuti assimilati ai rifiuti domestici insieme ai rifiuti industriali, sebbene questi ultimi contengano un potenziale di rischio smisuratamente più elevato. Le statistiche rivelano tutto questo e per tale motivo l’Unione europea si è prefissata l’ambizioso obiettivo di ridurre la quantità di rifiuti da eliminare del 20 per cento entro il 2010.
Ad ogni modo, è auspicabile che, nel settore dei rifiuti agricoli, per esempio, la necessità di ottenere dati statistici non finisca per intrappolare i nostri agricoltori nella rete della burocrazia. Poiché non ho riscontrato accenni in questo senso nella relazione, ho votato a favore.
Rovana Plumb (PSE), per iscritto. − (RO) Ho votato a favore della relazione perché, attraverso questa nuova proposta legislativa, il regolamento relativo alle statistiche sui rifiuti viene adeguato alla comitatologia, vale a dire alla regolamentazione con controllo.
Inoltre, la risoluzione del Parlamento europeo fa appello alla Commissione affinché questa presenti tempestivamente relazioni di valutazione circa gli studi pilota, allo scopo di evitare una doppia segnalazione dei dati relativi alle statistiche sui rifiuti.
Daciana Octavia Sârbu (PSE), per iscritto. − (RO) L’insufficienza di dati sulla generazione e la gestione di rifiuti impedisce all’Unione europea di applicare una politica armonizzata in materia di rifiuti. Si rendono necessari strumenti statistici al fine di valutare la conformità al principio di prevenzione del degrado ambientale conseguente all’uso dei rifiuti e al monitoraggio dei rifiuti al momento della loro generazione, raccolta e smaltimento. Gli Stati membri hanno riconosciuto che i dati statistici sono insufficienti e che le definizioni contenute in questa relazione non sono sufficienti per ottenere risultati comparabili tra i diversi Stati. E’ per questa ragione che la raccolta dati può essere effettuata in modo molto più efficiente a livello comunitario, in linea con il principio di sussidiarietà.
Per quanto riguarda le statistiche relative all’agricoltura, alla pesca e alla silvicoltura, dovremmo tener conto dello spazio dedicato da questa relazione al trattamento dei rifiuti agricoli e biologici. Vi sono, pertanto, diverse tematiche essenziali che richiedono particolare attenzione al fine di garantire la precisione dei dati e di conseguenza l’armonizzazione delle informazioni statistiche a livello comunitario.
Šarūnas Birutis (ALDE), per iscritto. – (LT) Lo spettro, come altre risorse naturali (sole, acqua, aria), costituisce parte del patrimonio pubblico. Gli stessi meccanismi del mercato, per quanto efficaci per generare un valore economico ottimale (privato e pubblico), non sono in grado di soddisfare l’interesse generale né di creare beni pubblici, che sono vitali per la creazione una società dell’informazione. Il coordinamento delle misure politiche e di mercato diventa, pertanto, una necessità.
Sono necessari un coordinamento migliore e un maggior livello di flessibilità al fine di utilizzare appieno questa risorsa limitata. Ciononostante, occorre altresì mantenere l’equilibrio tra flessibilità e armonizzazione allo scopo di raggiungere il valore aggiunto dello spettro in termini di mercato interno.
Lo spettro non riconosce confini nazionali. Per consentire agli Stati membri di usare lo spettro in modo efficace, va raggiunta una migliore collaborazione con l’Unione europea, specialmente in materia di espansione del servizio europeo e dei negoziati sugli accordi internazionali.
Sebbene la gestione dello spettro rientri nelle competenze nazionali, soltanto i principi comunitari possono garantire che gli interessi dell’Unione europea siano difesi in tutto il mondo.
Urszula Gacek (PPE-DE), per iscritto. − (PL) Sono a favore di una maggiore protezione degli interessi economici nelle zone dove viene estratta l’acqua minerale, come garantito dalla direttiva del Parlamento europeo sull’utilizzazione e la commercializzazione delle acque minerali naturali.
Il reddito ottenuto da alcuni distretti e imprese, in particolare nella provincia di Małopolska, rappresenta un contributo significativo allo sviluppo della regione e al suo potere di attrazione come destinazione turistica e come centro di salute e benessere.
Merita sottolineare che queste sono spesso zone agricole con scarse opportunità di generare reddito in quanto ubicate in un territorio di alta e media montagna, sebbene nascondano sotto la superficie acque minerali e di sorgente di elevato valore e con proprietà terapeutiche.
Šarūnas Birutis (ALDE), per iscritto. – (LT) Il documento relativo alle acque minerali comunitarie specifica uno standard per le acque minerali naturali a livello europeo.
Questa normativa determina le condizioni in base alle quali è possibile riconoscere l’acqua minerale naturale come tale e definisce orientamenti per l’utilizzazione delle relative sorgenti. Gli orientamenti definiscono, inoltre, norme specifiche per la commercializzazione dell’acqua minerale. Le discrepanze presenti nelle normative interferiscono con il libero movimento dell’acqua minerale naturale, creando condizioni di concorrenza diverse con un impatto diretto sul funzionamento del mercato interno per questo prodotto.
In questo caso specifico, gli ostacoli esistenti vanno rimossi da ciascuno Stato membro nel proprio territorio attraverso l’introduzione di orientamenti generali sulla conformità ai requisiti microbiologici del prodotto, che determinerebbero il nome di una certa marca di acqua minerale.
L’obiettivo principale di qualsiasi normativa sull’acqua minerale consiste nel proteggere la salute dei consumatori e impedire che questi ultimi siano fuorviati dalle informazioni sul prodotto, garantendo così un commercio equo.
John Attard-Montalto (PSE), per iscritto. − (EN) E’ superfluo dire che il controllo tecnico dei veicoli a motore è un elemento importante per la sicurezza di conducenti, passeggeri e pedoni. Esso è, inoltre, essenziale nella lotta contro il cambiamento climatico in termini di emissioni di CO2.
D’altra parte, il governo di un paese ha l’obbligo di fornire un contesto che contribuisca alla salute e alla sicurezza di conducenti, passeggeri e pedoni.
A Malta e Gozo registrano una densità di veicoli privati pro capite tra le più elevate. A causa dell’elevata tassa di immatricolazione, a Malta le automobili sono estremamente costose e questo sta creando difficoltà ai cittadini che desiderano cambiare auto per passare ad veicoli più efficienti. Il governo deve affrontare immediatamente la questione dell’immatricolazione dei veicoli e lo dovrebbe fare già nel prossimo bilancio.
I cittadini si avvalgono del trasporto privato perché la situazione del trasporto pubblico non è accettabile. E’ arrivato il momento di sottoporre a revisione l’intero settore del trasporto pubblico.
Inoltre, molte delle nostre strade si trovano in condizioni disastrose. Per il periodo 2007-2013, l’Unione europea ha destinato il 53 per cento dei Fondi strutturali. Con queste premesse, tutte le principali strade dovranno essere ripristinate.
Graham Booth, Nigel Farage e Jeffrey Titford (IND/DEM), per iscritto. − (EN) L’UKIP considera il terrorismo un problema di rilievo. Non pensiamo soltanto che l’Unione europea debba decidere in merito a come intervenire per combattere il terrorismo, ma riteniamo anche che gli stati nazione si trovino nella posizione più adatta per decidere misure di sicurezza adeguate attraverso la collaborazione intergovernativa.
Philip Bradbourn (PPE-DE), per iscritto. − (EN) I conservatori britannici hanno dato il proprio sostegno alla relazione pur nutrendo alcune riserve rispetto alla necessità di coinvolgere l’Unione europea in questo ambito, visto che esiste già una convenzione del Consiglio d’Europa che affronta le stesse tematiche. Siamo favorevoli a una stretta cooperazione sia tra gli Stati membri, sia nel contesto di un’impostazione mondiale nei confronti della guerra al terrore. Siamo, tuttavia, poco convinti dell’efficacia di soluzioni uguali per tutti a livello europeo.
Marco Cappato (ALDE), per iscritto. − Ho votato contro la proposta di inserire un nuovo crimine di "provocazione" o "istigazione pubblica al terrorismo" nel diritto europeo in applicazione della Convenzione del Consiglio d'Europa perché ritengo che la definizione proposta dalla Commissione sia eccessivamente vaga e basata su elementi meramente soggettivi, creando rischi per i diritti umani e le libertà fondamentali, in particolare per la libertà di espressione in Europa.
Difatti, qualunque dichiarazione pubblica, o riportata dai mezzi di informazione, o qualunque messaggio postato su Internet che possa in qualche modo – direttamente o indirettamente, sulla base di un "intento" e con "rischi che reati siano commessi" – essere considerato istigazione a commettere un atto di terrorismo, sarà criminalizzato a livello europeo. L'obiettivo dichiarato è quello di colpire la "propaganda terrorista" su Internet. La relatrice ha tentato di precisare il testo della Commissione europea al fine di renderlo più rispettoso dei diritti umani, cercando di garantire una maggiore certezza del diritto. Nonostante questo, ritengo che sia necessario rigettare la proposta, anche per lanciare un segnale chiaro alla Commissione ed al Consiglio, che hanno già annunciato di non volere accogliere le proposte del PE.
Charlotte Cederschiöld, Christofer Fjellner, Gunnar Hökmark e Anna Ibrisagic (PPE-DE), per iscritto. – (SV) La legge svedese sulla libertà di stampa racchiude valori fondamentali della società svedese. Non possiamo accettare leggi contro il terrorismo che violino la costituzione svedese. Esistono molti altri metodi e altre possibilità per raggiungere gli stessi obiettivi.
Le proposte su cui abbiamo espresso il nostro voto oggi non lasciano alcuna scelta di non partecipazione, che ci consentirebbe di mantenere la nostra legislazione in Svezia.
Sosteniamo i miglioramenti proposti dal Parlamento europeo, ma non possiamo appoggiare la proposta nel suo insieme. Dato che in seno al Consiglio è stato raggiunto un accordo che rispetta la costituzione svedese, scegliamo di astenerci invece di esprimere un voto contrario alla relazione.
Koenraad Dillen (NI), per iscritto. – (NL) La relazione Lefrançois propone una serie di valide misure intese a migliorare l’efficienza e il coordinamento della lotta contro il terrorismo nell’ambito dell’Unione europea. Ho votato, pertanto, a suo favore. Gli attentati perpetrati dall’ETA qualche giorno fa e il brutale attentato di Islamabad hanno dimostrato che non si è mai troppo vigili ed efficienti in questa lotta. La cooperazione transfrontaliera nella lotta contro il terrorismo – che, oggigiorno, è principalmente di matrice islamica – è essenziale se desideriamo ottenere risultati.
Ciononostante, non possiamo neppure trascurare gli errori commessi in passato. Dopo tutto, per anni lo spazio Schengen ha offerto a potenziali terroristi e delinquenti un ambiente ideale dove attuare i propri piani criminali, spesso nell’impunità. E’ davvero urgente che l’Europa rifletta sulla propria politica di frontiere aperte e sulle conseguenze perniciose che tale politica può avere nei confronti dell’immigrazione, della criminalità e dell’estremismo islamico. Altrimenti, anche il contesto qui proposto si dimostrerà inutile.
Edite Estrela (PSE), per iscritto. − (PT) Ho votato a favore della relazione Lefrançois sulla proposta di decisione quadro del Consiglio che modifica la decisione quadro 2002/475/GAI relativa alla lotta contro il terrorismo, in quanto ritengo che sia necessario adeguare gli strumenti di lotta contro il terrorismo ai nuovi mezzi di informazione e di comunicazione di cui dispongono i terroristi.
Una revisione della decisione quadro dell’Unione europea consentirà di introdurre il concetto di terrorismo anche in atti preparatori specifici, come il reclutamento e l’addestramento a fini terroristici nonché la provocazione pubblica a commettere atti terroristici, che diventeranno reati in tutti gli Stati membri. Occorre altresì porre in evidenza gli importanti emendamenti presentati dal gruppo socialista al Parlamento europeo, con l’obiettivo di garantire le libertà fondamentali di parola e associazione.
Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. − (PT) L’attuale quadro giuridico internazionale e comunitario include una serie di strumenti che sono più che necessari per combattere il terrorismo reale nonché la criminalità organizzata, violenta e transnazionale ad esso associata.
L’obiettivo della presente proposta è di migliorare il pacchetto di misure di sicurezza che, strumentalizzando gli eventi dell’11 settembre 2001, hanno messo a repentaglio i diritti, le libertà e le garanzie dei cittadini.
La presente proposta, come sottolineato dalla relatrice, avanza definizioni ambigue che non garantiscono il rispetto delle libertà fondamentali.
Come nella decisione quadro 2002/475/GAI relativa alla lotta contro il terrorismo, con la sua definizione di “terrorismo”, ancora una volta resta aperta la possibilità di attuare misure di sicurezza e di criminalizzare individui o gruppi che fanno dichiarazioni o scrivono contro il terrorismo di Stato.
Questa proposta non rappresenta un valore aggiunto nella lotta contro il terrorismo reale e la criminalità transnazionale ad esso associata, anzi, comporta rischi reali per la sicurezza e per le libertà fondamentali dei cittadini nei vari Stati membri.
Come abbiamo già sottolineato, anziché parlare di misure di sicurezza, dobbiamo affrontare le vere cause che alimentano il terrorismo.
Abbiamo già affermato che “non scambieremo la libertà con la sicurezza, perché alla fine non ci resterà nessuna delle due” e per questo motivo, abbiamo votato contro la relazione.
Carl Lang (NI), per iscritto. – (FR) Sabato 20 settembre un attentatore suicida ha fatto esplodere un camion di fronte all’hotel Marriott, nel cuore della capitale del Pakistan, distruggendo l’edificio e provocando almeno 60 vittime.
L’attentato è stato attribuito ai Talebani pakistani collegati ad Al-Qaeda.
Domenica 20 e lunedì 21 settembre è il turno dell’ETA, l’organizzazione separatista basca, che per tre volte fa scorrere il sangue. Pare che questi attentati siano stati preparati in Francia.
Il terrorismo non ha frontiere e lo spazio Schengen offre un rifugio perfetto per il reclutamento, l’indottrinamento e la preparazione logistica degli attentati.
In Francia il ministro degli Interni, signora Michèle Alliot-Marie, ha affermato a questo riguardo che “le carceri francesi sono una fonte di reclutamento privilegiato per gli islamisti radicali”. Una bella ammissione! E’ un dato di fatto che le cause del terrorismo sono molteplici, ma oggi risiedono principalmente nella lotta armata dell’Islam radicale. Curiosamente, non esistono testi legislativi intesi a individuare e a prevenire il reclutamento nelle carceri o nei cosiddetti quartieri “sensibili”.
L’Unione europea intende dotarsi di un corpus giuridico per la lotta contro il terrorismo.
(Dichiarazione di voto abbreviata ai sensi dell’articolo 163 del regolamento)
Jörg Leichtfried (PSE), per iscritto. − (DE) Ho votato a favore della relazione dell’onorevole Lefrançois, in quanto un dogma fondamentale della lotta contro il terrorismo deve essere la prevenzione dei reati terroristici.
La provocazione a commettere reati terroristici, il reclutamento e l’addestramento per fini terroristici rappresentano tre atti preparatori che vanno considerati reati, pur continuando tuttavia a proteggere i diritti fondamentali. Ho, pertanto, votato per l’uso del termine “incitamento” invece di “provocazione”, perché è più preciso e lascia meno margine di interpretazione. Bisogna intervenire affinché Internet non diventi un campo di addestramento virtuale, visto che le nuove tecnologie di informazione e di comunicazione rendono sempre più facile per i terroristi diffondere la loro propaganda.
L’Unione europea deve contrastare il terrorismo in modo netto e deciso e l’adozione di tre nuove tipologie di reato è un passo importante in questa direzione. La libertà di stampa, la libertà di espressione e il diritto alla riservatezza della corrispondenza e alla segretezza delle telecomunicazioni, ad inclusione della posta elettronica e di altri tipi di corrispondenza elettronica, non devono comunque subire limitazioni. Pertanto, esprimo il mio sostegno agli emendamenti presentati dall’onorevole Lefrançois.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. − (DE) Senza dubbio vi sono alcuni soggetti dormienti nell’ambito dell’Unione europea che potrebbero diventare attivi in qualsiasi momento. Non va dimenticato, tuttavia, che i terroristi non compaiono dal nulla, ma entrano in un paese e crescono in un ambiente ostile al paese stesso. Se l’Unione europea vuole davvero contrastare il terrorismo in modo efficace, deve cimentarsi con provvedimenti che impediscano la formazione e l’espansione di società parallele o quasi, invece di condannare indiscriminatamente coloro che mettono in evidenza i problemi di coesistenza con gli immigrati. Allo stesso modo, la lotta al terrorismo non dovrebbe condurre alla riduzione sleale dei diritti dei cittadini, che di recente è stata posta al centro dell’attenzione persino dalla Corte di giustizia europea, né dovrebbe avere come conseguenza un allentamento della lotta contro il crimine a causa dell’ossessione per il terrorismo.
Se teniamo conto che i fanatici islamici rappresentano l’avanguardia della minaccia terrorista, è davvero arrivato il momento di prendere seri provvedimenti contro gli islamisti che predicano l’odio e di criminalizzare la preparazione di terroristi nei campi d’addestramento. Per queste ragioni, ho votato a favore della relazione Lefrançois.
Rareş-Lucian Niculescu (PPE-DE), per iscritto. − (RO) I recenti attentati verificatisi nelle Provincie basche dimostrano ancora una volta che il terrorismo è una realtà quotidiana e che c’è bisogno di strumenti efficaci per combatterlo. La nuova decisione quadro del Consiglio sulla lotta contro il terrorismo rappresenta certamente un passo avanti e accolgo con favore la sua adozione.
Sono sorpreso che la commemorazione dei 7 anni dagli attentati terroristici di New York dell’11 settembre 2001 sia passata inosservata in seno al Parlamento europeo. Dovremmo cercare di non dimenticare le vittime di quegli attentati e avremmo dovuto sottolineare che le relazioni transatlantiche sono una priorità tra i diversi compiti quotidiani del Parlamento europeo.
Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. − (PT) La chiarezza giuridica del quadro normativo per la lotta contro il terrorismo è tanto necessaria quanto lo sono la chiarezza e la determinazione a questo proposito. In tal senso, è comprensibile la preoccupazione della Commissione circa i meccanismi, i mezzi e i metodi utilizzati per il reclutamento dei terroristi, particolarmente quelli reclutati nei paesi europei, che sono spesso nati e cresciuti qui. In questo ambito, dobbiamo garantire che le forze di polizia e lo Stato dispongano dei mezzi necessari per intervenire, preferibilmente in maniera preventiva. Sono importanti anche gli interventi intesi a contrastare questo fenomeno che non coinvolgano le forze di polizia o le autorità giudiziarie. Si tratta di garantire che, accanto alla risposta del sistema giudiziario, vi sia anche un sistema politico vigile e attento in grado di intervenire, rafforzando l’integrazione e promuovendo la voce della maggioranza moderata, oppure affrontando l’emarginazione connessa all’immigrazione illegale. Per tutte queste ragioni, le autorità politiche devono essere attente ed attive. Se, da una parte, è impossibile prevenire tutti gli atti di terrorismo, dall’altra è possibile evitare un ambiente che promuova, inciti e alimenti il terrorismo.
Andrzej Jan Szejna (PSE), per iscritto. − (PL) Uno degli obiettivi principali dell’Unione europea nell’ambito di una politica per uno spazio comune di libertà, sicurezza e giustizia è garantire la sicurezza dei propri 500 milioni di cittadini. Per raggiungere tale obiettivo, l’Unione europea e i suoi Stati membri devono affrontare il terrorismo moderno.
La questione più controversa contenuta nella proposta di revisione della decisione quadro del Consiglio sulla lotta contro il terrorismo è la richiesta di introdurre il concetto di provocazione pubblica a commettere reati terroristici.
Esiste una linea molto sottile tra libertà di parola e violazione della legge. Non possiamo consentire che si sviluppi una situazione in cui un rafforzamento della sicurezza provochi una limitazione dei diritti e delle libertà dei cittadini.
Per tale ragione, sono dell’avviso che sia indispensabile garantire il più alto livello giuridico possibile per la decisione quadro in discussione, principalmente attraverso una definizione più rigorosa del concetto di provocazione pubblica a commettere reati terroristici. Il nuovo documento deve essere chiaro e coerente dal punto di vista giuridico affinché diventi uno strumento efficace nella lotta contro il terrorismo e, allo stesso tempo, garantisca un livello elevato di diritti umani e libertà fondamentali.
Bernard Wojciechowski (IND/DEM), per iscritto. − (PL) Gli attentati di Madrid e di Londra ci hanno dimostrato quanto il terrorismo sia un problema rilevante per l’Unione europea.
Il 2008 è stato tristemente funestato da una serie di eventi, dall’attentato del 1° febbraio a Baghdad durante un funerale, nel quale hanno perso la vita 30 persone, all’attentato del 20 settembre contro l’hotel Marriott di Islamabad, che ha provocato oltre 60 vittime e più di 250 feriti. In totale, nel corso del 2008, si sono verificati ben 49 attentati terroristici. Per avere un termine di paragone, basta pensare che si tratta dello stesso numero di attentati verificatisi tra il 2002 e il 2007 incluso.
Uno dei metodi più efficaci per combattere il terrorismo consiste nell’eliminarne le cause.
Per questo motivo credo che l’Unione europea dovrebbe compiere tutti gli sforzi possibili per combattere il terrorismo su scala mondiale, nel rispetto dei diritti umani. L’Unione europea dovrebbe rendere l’Europa più sicura consentendo ai suoi cittadini di godere della libertà, sicurezza e giustizia che devono in grande misura dipendere dalla volontà degli Stati membri.
Koenraad Dillen (NI), per iscritto. – (NL) Ho espresso un voto contrario a questa relazione sulla base di una mia assoluta convinzione. La relazione Roure dimostra per l’ennesima volta che la correttezza politica sta accecando l’Europa. E’ evidente che, nella lotta contro la criminalità e nella lotta contro il terrorismo, il governo ha il diritto di raccogliere quanti più dati possibili sui potenziali sospetti, inclusi i dati “etnici”. Persino il relatore lo ammette.
Ciononostante, perché le autorità civili non dovrebbero trattare dati relativi ad altri ambiti, rispettando la vita privata, se ciò garantisce una buona governance? Perché, per esempio, il governo italiano non dovrebbe prendere le impronte digitali degli immigrati clandestini se ciò costituisce l’unico metodo per identificarli?
La proposta originale del Consiglio in materia era sufficientemente equilibrata. Analogamente alla sinistra, intervenendo contro i dissidenti di tutta Europa come una vera e propria polizia del pensiero – e, in qualità di fiammingo, io ne so qualcosa – l’intenzione in questo caso è di ergersi a custodi delle libertà civili. E’ troppo ridicolo per parlarne oltre.
Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. − (PT) Ricordando che si tratta di un processo di “consultazione” del Parlamento europeo da parte del Consiglio, desideriamo sottolineare che sebbene abbiamo sostenuto gli emendamenti presentati dal Parlamento europeo e nonostante questi indeboliscano le posizioni adottate in precedenza, riteniamo che questa proposta sia decisamente insufficiente rispetto a ciò che è necessario in materia di “protezione dei dati personali trattati nell'ambito della cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale”.
Oltre ad altri aspetti importanti per cui abbiamo valutato negativamente la presente proposta, sottolineiamo il fatto che essa non esclude, nonostante ponga delle (pseudo) condizioni, “il trattamento di dati personali che rivelano l'origine razziale o etnica, le opinioni politiche, le convinzioni religiose o filosofiche, l'appartenenza sindacale, nonché il trattamento di dati relativi alla salute e alla vita sessuale”, il che è inaccettabile!
Come osservato durante il dibattito, si tratta di una proposta che si limita al minimo comune denominatore di fronte a una questione di rilevanza universale, ovvero la salvaguardia dei diritti, delle libertà e delle garanzie dei cittadini dei vari Stati membri, tanto da fermarsi al di sotto di quanto sanciscono altri strumenti giuridici, in particolare quelli del Consiglio d’Europa.
Garantire la tutela dei dati personali è una questione urgente e indispensabile. Non può essere ottenuta attraverso uno strumento giuridico che, a causa dei propri difetti e lacune, non protegge da eventuali inadempienze o da una mancata protezione.
Questo è il motivo della nostra astensione.
Jörg Leichtfried (PSE), per iscritto. − (DE) Ho votato a favore della relazione dell’onorevole Roure, che garantisce un alto livello di protezione dei dati in materia di trattamento dei dati personali.
Lottare contro il terrorismo non dovrebbe andare a discapito dei diritti fondamentali dei cittadini e proprio per questo è indispensabile garantire la protezione dei dati personali. L’accordo del Consiglio non è però in grado di fornire tale protezione a causa delle sue lacune. La presente relazione colma queste carenze e modifica l’accordo del Consiglio di modo che l’usi e la diffusione dei dati personali siano regolamentati più rigorosamente. La relazione formula con maggiore precisione la proporzionalità e la finalità del trattamento dei dati, impone controlli più severi sul trasferimento dei dati verso paesi terzi, e richiede un gruppo di esperti che dovrà fungere sia da autorità di vigilanza sia da sede di esecuzione.
La lunga discussione svolta in seno agli organismi europei dimostra la natura controversa e la sensibilità dell’argomento. E’ arduo raggiungere un accordo sul tema, ma questo non deve produrre un risultato superficiale né un indebolimento della protezione dei dati nell’Unione europea. I dati personali devono essere sempre gestiti con estrema attenzione e con tutte le tutele possibili.
Mary Lou McDonald (GUE/NGL), per iscritto. − (EN) Nonostante le misure proposte dalla Commissione in questa decisione quadro siano insufficienti rispetto alle mie aspettative, ho dato il mio sostegno al principio generale di stabilire un livello minimo di protezione dei dati personali.
La commissione per le libertà civili del Parlamento ha svolto un ottimo lavoro per il miglioramento della proposta, che auspico sarà accolto con favore.
Il Sinn Féin sostiene il livello più alto possibile di protezione dei dati dei cittadini e continuerà a dare il proprio sostegno a qualsiasi misura che migliori la tutela della vita privata e dei diritti dei cittadini in questo settore.
Dimitrios Papadimoulis (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) La proposta del Consiglio non può in alcun modo essere accolta nella sua forma attuale. La sua rinuncia alla protezione dei dati personali è inaccettabile. Serve un quadro giuridico completo in materia di dati personali al fine di garantire una protezione sostanziale e che non vi sia alcun trattamento dei dati personali da parte dello Stato o di individui, né a livello internazionale né nazionale. Le critiche e le raccomandazioni del Parlamento europeo in relazione alla proposta del Consiglio sono in generale un passo nella direzione giusta, ma non sono sufficienti.
Jan Andersson, Göran Färm, Anna Hedh, Inger Segelström e Åsa Westlund (PSE), per iscritto. – (SV) I socialdemocratici svedesi hanno scelto di votare a favore dell’emendamento n. 1 alla relazione sulle delibere della commissione per le petizioni nell’anno parlamentare 2007 (A6-0336/2008). che Abbiamo votato a favore perché riteniamo che il Parlamento europeo stesso dovrebbe poter decidere circa la propria sede. Ciononostante, siamo del parere che, nell’interesse del clima e dell’ambiente nonché per ragioni economiche, il Parlamento europeo dovrebbe avere un’unica sede: Bruxelles.
Proinsias De Rossa (PSE), per iscritto. − (EN) La commissione per le petizioni del Parlamento europeo svolge un servizio prezioso per i cittadini dell’Unione europea, inoltrando le loro preoccupazioni alla Commissione europea, contestando alle autorità nazionali, regionali e locali le irregolarità nell’applicazione delle leggi comunitarie e facendosi carico dei casi di violazione dei diritti dei cittadini.
Il brusco aumento del numero delle petizioni ricevute dal Parlamento europeo l’anno scorso è indicativo sia della crescente consapevolezza dei cittadini di come il Parlamento possa servirli sia della necessità che la commissione per le petizioni sia adeguatamente finanziata e dotata di personale.
Nel 2007, almeno 65 petizioni hanno riguardato l’Irlanda, paese che è stato visitato da una missione di accertamento dei fatti della commissione per aver violato le direttive UE in materia di acqua e ambiente.
Sono convinto del ruolo fondamentale svolto dalla commissione per le petizioni come risorsa per i cittadini che si trovano di fronte alla violazione di norme, nonché come ponte tra questi e tutti i livelli amministrativi e governativi nell’ambito dell’Unione europea attraverso gli europarlamentari da loro eletti.
Koenraad Dillen (NI), per iscritto. – (NL) La presente relazione ha meritato un'astensione. E’ positivo, naturalmente, che i cittadini europei possano presentare petizioni alle autorità – incluse le “autorità europee” – ma mi rammaricano i toni federalisti di questa relazione. Un esempio è il modo totalmente non pertinente con cui celebra la Carta dei diritti fondamentali scolpita nel trattato di Lisbona. Un altro esempio è il suo richiamo a un’efficienza ancora maggiore – da leggersi come “interferenza” – da parte della Commissione nei confronti degli Stati membri.
Mi disturba, inoltre, il modo in cui è stata strumentalizzata questa relazione per sostenere che Bruxelles debba essere l’unica sede europea. Naturalmente siamo tutti stanchi degli sprechi di denaro provocati dalla “frammentazione” del Parlamento europeo, ma la sede unica potrebbe benissimo essere ubicata anche a Strasburgo.
Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. – (SV) La presente relazione è, in effetti, una relazione sulle attività della commissione per le petizioni del Parlamento europeo. Tuttavia, dato che in più punti la relazione fa riferimento al trattato di Lisbona in termini positivi e con l’auspicio che venga presto ratificato, abbiamo scelto di votare contro la relazione nella sua interezza.
La nostra opinione fondamentale è che il trattato di Lisbona sia stato respinto, dato che gli elettori di uno Stato membro in un referendum hanno detto di “no” al trattato. Vi sono, tuttavia, molti altri Stati membri nei quali non vi è dubbio che la maggioranza degli elettori avrebbe respinto il trattato di Lisbona se ne avesse avuto l’occasione.
In diversi punti della relazione la commissione per le petizioni del Parlamento europeo sembra ignorare questo fatto, perciò noi non possiamo dare il nostro sostegno.
Per quanto riguarda la questione di designare una sede unica per il Parlamento europeo, sosteniamo il principio secondo cui tutti gli Stati membri devono decidere di comune accordo circa la sede del Parlamento europeo, ma crediamo altresì ragionevole che il Parlamento europeo esprima un’opinione al riguardo.
Ian Hudghton (Verts/ALE), per iscritto. − (EN) Ho votato a favore dell’emendamento n. 1 presentato dall’onorevole Hammerstein nei confronti della propria relazione. Oggi abbiamo scoperto che il mese prossimo il Parlamento europeo intraprenderà ancora una volta la sua trasferta mensile a Strasburgo lasciando ai contribuenti un conto di miliardi di euro da pagare. Occorre mettere fine a questo circo itinerante e il Parlamento stesso deve essere posto al centro del dibattito.
Mieczysław Edmund Janowski (UEN), per iscritto. − (PL) Ho votato a favore della relazione Hammerstein sulle delibere della commissione per le petizioni nell’anno parlamentare 2007, in quanto fornisce una descrizione trasparente degli effetti positivi delle attività della commissione.
La commissione stessa, presieduta dall’onorevole Libicki, ha dimostrato attraverso le proprie azioni l’importanza della sua esistenza. Essa consente ai cittadini dell’Unione europea di presentare petizioni riguardanti violazioni dei loro diritti di cittadini da parte delle autorità pubbliche negli Stati membri. L’articolo 191 del regolamento del Parlamento europeo stabilisce che “Tutti i cittadini dell'Unione europea, nonché le persone [...] che risiedano [...]. in uno Stato membro, hanno il diritto di presentare, individualmente o in associazione con altri cittadini o persone, una petizione al Parlamento su una materia rientrante nel campo di attività dell'Unione europea e che li concerna direttamente”.
Ritengo che la creazione della banca dati ePetition sia un risultato significativo nell’ambito del lavoro di questa commissione. Grazie alla suddetta banca dati è ora possibile accedere on line a tutti i documenti relativi ad ogni petizione. Va inoltre menzionato il significativo aumento del numero delle petizioni presentate per via elettronica. L’anno scorso rappresentavano il 42 per cento del totale. La commissione per le petizioni mantiene un’ottima collaborazione con i relativi dipartimenti della Commissione europea e con il Mediatore europeo, nonché con i rappresentanti competenti degli Stati membri e delle autorità regionali e locali, nel fornire spiegazioni idonee. Le visite di accertamento dei fatti effettuate dai rappresentanti della commissione sono di estrema utilità per il lavoro di quest’ultima. Inoltre, l’ottimo funzionamento della segreteria contribuisce notevolmente all’efficacia del suo lavoro.
Ona Juknevičienė (ALDE), per iscritto. – (LT) Sono state raccolte oltre 1 milione di firme di cittadini dell’Unione europea a sostegno dell’iniziativa dei cittadini dell’UE che chiede un’unica sede permanente per il Parlamento europeo. Ciò ha consentito ai promotori dell’iniziativa di presentare una petizione alla commissione per le petizioni affinché sia designata una sede permanente per il Parlamento. A mio avviso, l’attuale sistema di funzionamento del Parlamento europeo è inefficiente e comporta costi finanziari ingiustificati. Il denaro dei contribuenti viene sprecato invece di essere messo a frutto creando del valore aggiunto per i cittadini. Già nel 2005, durante la preparazione della relazione sul bilancio del Parlamento europeo, avevo suggerito che il Parlamento europeo operasse da un’unica sede, eliminando così le spese di viaggio e consentendo al Parlamento di risparmiare sui viaggi dei parlamentari europei e del personale. Tuttavia, nella votazione di oggi non sostengo l’emendamento presentato dal gruppo Verde/Alleanza libera europea riguardante la designazione di Bruxelles come sede unica del Parlamento europeo. Secondo il mio parere, non è giusto presumere che sia necessariamente Bruxelles a dover essere designata sede permanente del Parlamento. Questa questione è di competenza degli Stati membri.
David Martin (PSE), per iscritto. − (EN) Accolgo con favore il fatto che la relazione riconosca il ruolo sempre più significativo della commissione per le petizioni. Quest’anno è stato registrato un aumento del 50 per cento del numero delle petizioni ricevute rispetto al 2006. Riconosco altresì le preoccupazioni del relatore circa i tempi impiegati dalla Commissione e dalla Corte di giustizia per risolvere i casi sottoposti alla commissione. Ho votato a favore della relazione.
Mary Lou McDonald (GUE/NGL), per iscritto. − (EN) Oggi accolgo con favore la relazione Hammerstein sulla commissione per le petizioni.
In particolare, apprezzo il fatto che la relazione abbia ripreso il governo irlandese in merito a diverse questioni. La decisione del governo irlandese di procedere con la costruzione dell’autostrada M3 attraverso il cuore di uno dei siti storici nazionali di maggiore rilievo è ingiustificabile. Il progetto dovrebbe essere accantonato o modificato in modo da tutelare i nostri monumenti nazionali.
Tale campagna deve continuare sia in Irlanda sia in Europa per far sì che ciò accada prima che sia troppo tardi, come sarebbe desiderio del nostro governo.
Dimitrios Papadimoulis (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) Ho votato a favore della relazione Hammerstein concernente il lavoro della commissione per le petizioni. La relazione sostiene l’opera svolta da questa commissione, che rappresenta un canale privilegiato di comunicazione tra i cittadini e le istituzioni europee. L’efficacia della commissione per le petizioni nel negoziare e sostenere le cause dei cittadini va migliorata rafforzando il suo ruolo istituzionale e migliorando ulteriormente la collaborazione con la Commissione europea, il Mediatore europeo e le autorità degli Stati membri.
Catherine Stihler (PSE), per iscritto. − (EN) Il fatto che il Parlamento europeo non abbia sostenuto l’emendamento n. 1 relativo alla questione della sede unica è deludente. Questa è la seconda tornata di Strasburgo che ha luogo a Bruxelles e abbiamo dimostrato di poterci riunire proficuamente e votare a Bruxelles. Non c’è più bisogno di tenere le sedute a Strasburgo. Incoraggio i colleghi a firmare la dichiarazione scritta n. 75 che chiede al Parlamento di riunirsi a Bruxelles e di interrompere le sedute di Strasburgo.
Jan Andersson, Göran Färm, Anna Hedh, Inger Segelström e Åsa Westlund (PSE), per iscritto. – (SV) Noi socialdemocratici svedesi abbiamo scelto di votare contro la relazione, in quanto siamo contrari all’introduzione di un sostegno speciale per gli agricoltori delle zone di alta e media montagna sotto forma di premio per vacca da latte. Sebbene accogliamo con favore una strategia onnicomprensiva per le zone di alta e media montagna, incrementare il sostegno al settore lattiero-caseario non è la strada giusta da seguire. Se l’obiettivo è ridurre la quota della politica agricola comune nell’ambito del bilancio generale dell’Unione europea, non sono appropriati neppure i trasferimenti dal primo al secondo pilastro.
Konstantinos Droutsas (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) La relazione sulla situazione e sulle prospettive dell’agricoltura nelle zone di alta e media montagna individua, anche se solo in modo frammentario, i problemi specifici affrontati dall’agricoltura e dall’allevamento in dette zone, tra i quali l’inaccessibilità, gli elevati costi di trasporto, le condizioni del suolo che rendono difficile la coltivazione e molti altri. Ciononostante, la relazione non fa menzione della responsabilità degli Stati membri e dell’Unione europea in merito alla carenza di infrastrutture e alla sostanziale mancanza di misure specifiche, che dovrebbero mirare a minimizzare gli svantaggi naturali di queste zone che si frappongono alla produzione e alla commercializzazione di prodotti agricoli e a fare buon uso dei benefici comparativi.
L’Unione europea si avvale di parole vaghe e di vuote dichiarazioni di buon intento. Qualsiasi siano le misure adottate esse risultano essere inefficaci e non riescono a fermare lo spopolamento di queste zone. La stessa posizione improduttiva è adottata anche nella relazione, che cerca di migliorare la politica comunitaria attraverso un’operazione cosmetica. La relazione non fa cenno alla costante riduzione dei fondi destinati all’agricoltura dall’Unione europea, ai bilanci fiscali o all’impatto negativo della PAC.
Al contrario, l’Unione europea sta semplicemente ripetendo gli stessi provvedimenti di sempre, cercando di adeguarli al contesto dell’imminente valutazione dello stato di salute della PAC.
Un requisito fondamentale per il miglioramento delle condizioni di vita, nonché per l’aumento dei redditi agricoli nelle zone di alta e media montagna, è costituito dalla lotta degli stessi agricoltori contro la PAC e dalla richiesta di finanziamenti speciali per le zone di alta e media montagna per migliorare le infrastrutture e sostenere il processo di produzione agricola.
Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. – (SV) La commissione del Parlamento europeo per l’agricoltura e lo sviluppo rurale desidera riservare condizioni di favore per tutte le necessità specifiche del settore. Se ora occorre adottare provvedimenti speciali a favore degli agricoltori delle zone di alta e media montagna, sorge spontanea la domanda se non si debbano adottare misure ed accordi speciali per tutelare l’agricoltura della regione del Norrland.
Siamo fortemente contrari a questa relazione per questioni di principio. Junilistan prende atto ancora una volta che è una fortuna che il Parlamento europeo non abbia poteri di codecisione in materia di politica agricola dell’Unione europea. Qualora ne fosse stato dotato, l’Unione europea sarebbe caduta nella trappola del protezionismo e di sussidi costosi per tutti i diversi gruppi connessi all’agricoltura.
Jan Mulder (ALDE), per iscritto. – (NL) Gli esponenti del Partito del popolo per la libertà e la democrazia (VVD) al Parlamento europeo hanno votato a favore della relazione Ebner, tra le altre ragioni perché essa presenta egregiamente i problemi specifici dell’agricoltura delle zone di alta e media montagna. Ciononostante, i parlamentari del VVD non concordano con le misure della relazione che anticipano la procedura decisionale riguardo alla valutazione dello stato di salute della PAC, in particolare la richiesta di una riserva nazionale del 20 per cento.
James Nicholson (PPE-DE), per iscritto. − (EN) La presente relazione pone in evidenza il ruolo fondamentale che le zone di montagna svolgono dal punto di vista dell’ambiente, dell’agricoltura e addirittura della cultura e del turismo. Cosa più importante, si riconosce che tali zone sono essenziali al fine di preservare aree di biodiversità nonché per attuare una strategia per la silvicoltura.
Ciononostante, queste zone uniche possono anche presentare una serie di problematiche per coloro che vi vivono e lavorano, specialmente in termini di infrastrutture, comunicazioni ed elevati costi di produzione. E’ per questa ragione che queste aree meritano una strategia coordinata e integrata, secondo l’impostazione adottata nel caso delle regioni costiere dell’Unione europea.
Naturalmente, l’allevamento degli ovini è strettamente connesso all’agricoltura in queste zone e occorre riconoscere che i pascoli degli ovini rivestono particolare importanza per la stabilità ambientale. Tuttavia, sebbene questo settore debba già affrontare numerose sfide, la Commissione ha aggravato ulteriormente la situazione con la recente proposta della marcatura elettronica. Inoltre, sebbene si richieda con urgenza un’assistenza speciale per gli allevatori di ovini, purtroppo questa non pare essere imminente.
Neil Parish (PPE-DE), per iscritto. − (EN) Io e i miei colleghi conservatori britannici accogliamo con favore l’attenzione che questa relazione rivolge all’agricoltura delle zone di alta e media montagna, un settore a cui servono davvero misure specifiche volte a garantire che, in queste zone, possano sussistere pratiche agricole vantaggiose per l’ambiente.
Purtroppo la relazione Ebner chiede una serie di misure che si avvalgono principalmente del primo pilastro, tra cui l’introduzione di un premio per vacca da latte nelle zone montane e l’innalzamento al 20 per cento del limite massimo delle risorse ai sensi dell’articolo 69.
Non siamo a favore dell’introduzione di nuovi sussidi accoppiati nell’ambito del primo pilastro. Essi non sono in linea con le attuali riforme della politica agricola e non sono economicamente vantaggiosi per il contribuente europeo. Le sfide affrontate da queste zone possono trovare una soluzione migliore attraverso i finanziamenti dello sviluppo rurale previsti nell’ambito del secondo pilastro della politica agricola comune.
Per questa ragione non sosterremo questa relazione.
Zita Pleštinská (PPE-DE), per iscritto. − (SK) Ho votato a favore della relazione dell’onorevole Ebner in quanto ritengo che rappresenti un segnale importante da parte del Parlamento europeo alle zone montane d’Europa. Baso questa opinione sulla mia esperienza personale dato che vivo in una zona pedemontana nella regione nord-orientale della Slovacchia, nei pressi degli Alti Tatra. Ho condotto alcuni studi sulle attrattive della vita nelle regioni montane. Sono grato al relatore per aver incluso nella relazione le mie proposte di emendamento che ho sottoposto alla commissione per lo sviluppo regionale e che hanno ricevuto il sostegno della commissione durante la votazione.
Le regioni montane sono in grado fornire una vasta gamma di prodotti agricoli di qualità al mercato europeo. Vi è, pertanto, bisogno di un maggiore coordinamento dello sviluppo rurale e di sostegno strutturale per lo sviluppo di programmi comuni nonché il mantenimento di altre attività, come lo sfruttamento della biomassa e l’agriturismo, migliorando così il reddito degli abitanti del luogo.
Le zone montane hanno la costante necessità di un’agricoltura sostenibile, moderna e multifunzionale. Uno sfruttamento sostenibile della silvicoltura renderà possibile la produzione di energia utilizzando gli scarti legnosi. La conservazione di certe specie animali e vegetali, la difesa delle tradizioni, le attività legate all’ambiente e il turismo contribuiranno alla lotta contro il cambiamento climatico proteggendo la biodiversità e catturando CO2 attraverso le praterie e le foreste permanenti.
Sono convinta che per le zone montane siano necessari nuovi mezzi di protezione del territorio, con particolare enfasi sulla prevenzione delle inondazioni; gli agricoltori e i silvicoltori potrebbero sostenere le misure preventive contro le inondazioni attraverso pagamenti diretti in base alla superficie che ricevono a titolo della politica agricola comune.
Brian Simpson (PSE), per iscritto. − (EN) Sostengo la presente relazione che prende in esame la promozione dello sviluppo sostenibile nelle zone montane.
Passare a una PAC più orientata al mercato significa che le zone montane, dove la produzione agricola è meno competitiva, non solo si trovano ad affrontare nuove sfide ma, ritengo, anche nuove opportunità.
E’ probabile che le zone montane non siano in grado di adeguarsi altrettanto facilmente alle condizioni competitive, che potrebbero richiedere costi aggiuntivi che non consentirebbero loro di fornire prodotti molto competitivi a prezzi bassi. L’enfasi va però posta sull’utilizzazione delle risorse disponibili, tra cui la bellezza del paesaggio naturale per attirare i turisti, nonché sullo sfruttamento del potenziale vantaggio competitivo di queste zone, includendo tutta la gamma di prodotti regionali e tradizionali, la ricchezza della conoscenza tradizionale e delle procedure di produzione, che conferiscono ai prodotti un vantaggio competitivo.
Mi trovo in disaccordo con alcuni colleghi parlamentari in quanto non credo che la soluzione delle problematiche affrontate dalle zone montane consista nel destinare ancora più fondi della PAC a queste zone. Laddove vi siano degli evidenti benefici pubblici che derivano dal sostenere l’agricoltura nelle zone montane, per esempio benefici ambientali, ritengo che sarebbe più appropriato destinare un finanziamento pubblico a titolo del pilastro dello sviluppo rurale.
Sfruttare il potenziale delle zone montane è essenziale per il loro sviluppo sostenibile, ma non bisogna limitarsi soltanto a distribuire loro altro denaro pubblico.