Presidente . − (EN) L'ordine del giorno reca la discussione dell’interrogazione orale, presentata dall’onorevole Batzeli e dall’onorevole Hennicot-Schoepges, alla Commissione, sullo stato di avanzamento della riforma delle Scuole europee (O-0066/2008 – B6-0454/2008).
Erna Hennicot-Schoepges, autore. − (FR) Signora Presidente, esprimo il mio ringraziamento al commissario per aver accettato di rispondere a questa interrogazione che abbiamo presentato circa quattro mesi fa. Vorrei ricordare che le responsabilità della commissione del Parlamento europeo per la cultura e l’istruzione, in base all’allegato VI, sezione XV, paragrafo 2 del regolamento, includono la “promozione del sistema delle scuole europee”.
Prioritaria per queste scuole è l’istruzione dei figli dei funzionari comunitari. Questi bambini rientrano nella categoria I, rappresentano circa il 70 per cento degli alunni e non pagano tasse di iscrizione, e il finanziamento è per il 60 per cento circa comunitario. Le categorie II e III, che rappresentano rispettivamente il 5 per cento e il 25 per cento degli alunni, pagano tasse scolastiche che variano dai 4 000 ai 16 000 euro.
Su un totale di 100 milioni di allievi nell’Unione a 27, le 14 scuole esistenti sono frequentate da quasi 21 000 alunni, dalla scuola materna al diploma di scuola secondaria, in 14 lingue ufficiali, e offrono un piano di studi identico in tutte le sezioni linguistiche. Rispetto alla situazione di tutti gli altri alunni dell’Unione europea, questi studenti risultano pertanto decisamente privilegiati.
Nel 2006 la Commissione si è impegnata a riformare il sistema – impresa encomiabile – con l’intento di creare, sulla base di un piano di studi comune e, laddove possibile, l’insegnamento nella lingua materna, un sistema di istruzione europeo applicabile a tutti i tipi di scuola che vogliano conferire il diploma di maturità europea.
La scuola a Parma ha ottenuto l’approvazione del consiglio superiore delle scuole europee e sarà la prima del suo genere a conferire, nel giugno del 2009, un diploma di maturità europea. Da parte sua, in considerazione della riforma in atto, il consiglio superiore delle scuole europee ha avviato un’approfondita valutazione del diploma.
Uno studio richiesto dalla commissione parlamentare per la cultura e l’istruzione, che sarà disponibile in ottobre, mostra che il 94 per cento di coloro che hanno ottenuto il diploma di maturità europea prosegua gli studi nelle principali università europee e il 62 per cento studi in università al di fuori del loro paese d’origine. Vi è dunque una mobilità di gran lunga superiore tra questi studenti.
Ciò significa che disponiamo di un sistema di istruzione europeo che si è dimostrato valido. Nelle risoluzioni del 2002 e del 2005, il Parlamento europeo ha sostenuto la necessità di una profonda riforma del sistema scolastico mirata a una governance migliore e ad una maggiore apertura.
A seguito dei successivi allargamenti dell’Unione europea e del crescente numero di agenzie europee e delle relative sedi di lavoro, la riforma del modello del sistema delle scuole europee e l’inizio della sua trasposizione nei sistemi di istruzione generali sono senz’altro necessari e urgenti.
Non è forse giunto il momento di offrire ai cittadini europei un modello scolastico collaudato, multilingue e flessibile, che risponda alle loro preoccupazioni di mobilità, mettendo a frutto l’esperienza acquisita dalle scuole europee? Conosco ovviamente la risposta: non è di nostra competenza. Ma dovremmo almeno provarci, perché la percezione che le scuole europee siano elitarie e la classificazione degli alunni al loro interno sono senz’altro incompatibili con gli obiettivi di mercato unico, mobilità e maggiore coesione sociale.
Quali sono stati i progressi compiuti nel processo di riforma e di maggiore apertura teso a garantire che il sistema delle scuole europee possa evolvere in un sistema di istruzione europeo, pur mantenendo i risultati ottenuti sino ad oggi? Quale sistema di finanziamento comunitario si può prevedere per migliorare la gestione delle scuole accreditate? Parma potrebbe indicarci la via da percorrere.
Desidero infine chiedere al signor Commissario quali siano stati i progressi compiuti nel campo dell’istruzione per i bambini con esigenze educative specifiche. Sono ben consapevole del fatto che molti onorevoli colleghi sono interessati a questo argomento, e ringrazio il commissario e il presidente per l’opportunità di avere una discussione pubblica in merito.
Siim Kallas, vicepresidente della Commissione. − (EN) Signora Presidente, ringrazio gli onorevoli deputati per le domande e per l’opportunità di discutere nuovamente queste questioni al Parlamento europeo.
La Commissione ritiene prioritaria ed estremamente complessa la riforma del sistema delle scuole europee. La Commissione ha sempre promosso con forza una maggiore apertura del sistema delle scuole europee e alcuni progressi sono stati compiuti. All’incontro ministeriale del novembre 2006, durante la presidenza olandese del consiglio superiore delle scuole europee, è stato manifestato accordo politico sulla questione.
In seguito all’approvazione formale da parte del consiglio superiore, nell’aprile del 2008, delle modalità concrete di realizzazione dell’obiettivo, ora tutte le scuole accreditate negli Stati membri possono adottare il piano di studi europeo e conferire il diploma di maturità europea. Spetta alle autorità competenti nei singoli Stati membri avviare delle iniziative volte a concretizzare nelle scuole nazionali questa apertura del sistema delle scuole europee.
L’apertura del sistema delle scuole europee risponde all’auspicio del Parlamento di garantire questa possibilità sia dove vi è la sede di agenzie decentralizzate dell’Unione europea (le cosiddette “scuole di tipo II”) sia dove non vi è una presenza diretta dell’Unione europea (le cosiddette “scuole di tipo III”).
Dopo quasi cinquant’anni il diploma di maturità europea ha effettivamente acquisito un elevato valore intrinseco e la Commissione intende mantenerne l’alto livello qualitativo.
Nell’aprile del 2008 il consiglio superiore delle scuole europee ha approvato una revisione della convenzione relativa al diploma di maturità europea, che può ora essere conferito dalle scuole accreditate.
Come ha appena ricordato l’onorevole Hennicot-Schoepges, nel 2007 la commissione parlamentare per la cultura e l’istruzione ha avviato uno studio per analizzare le carriere accademiche e professionali degli ex allievi delle scuole europee, che rivelerà gli specifici benefici ottenuti e le eventuali difficoltà incontrate da questi diplomati.
Il segretario generale delle scuole europee ha anche dato il via a uno studio volto alla valutazione esterna del diploma di maturità europea. Confido nel fatto che la combinazione dei risultati di questi due studi ci fornirà degli elementi chiave per un ulteriore miglioramento del sistema delle scuole europee, consentendoci di adattarlo alle mutevoli necessità degli studenti.
Posso infine assicurarvi che il sistema delle scuole europee ha supplementari notevolmente aumentato il proprio impegno per l’integrazione dei bambini con esigenze educative specifiche (SEN). Nelle scuole europee, nell’anno scolastico 2004/2005, si contavano 274 alunni con esigenze educative specifiche; nello scorso anno scolastico ben 411. La relativa voce di bilancio stanziata per il 2008 ammontava a 3 123 000 euro; nel 2004 tale dotazione aveva superato di poco i 2 milioni di euro.
La Commissione desidera ringraziare l’intergruppo “Disabilità” del Parlamento europeo per avere deciso di istituire un fondo di 200 000 euro per un progetto pilota per un centro di risorse SEN. Questa iniziativa consente al sistema delle scuole europee di venire meglio incontro alle necessità dei bambini con esigenze educative specifiche.
Nel luglio del 2008 il consiglio superiore delle scuole europee ha approvato la proposta di utilizzare il fondo di 200 000 euro del Parlamento europeo per effettuare una valutazione dell’attuale politica SEN nelle scuole europee. Questo studio consentirà alle scuole europee di migliorare la qualità dell’integrazione degli allievi con esigenze educative specifiche.
Sempre nel luglio 2008, la Commissione europea ha avviato la procedura finanziaria per rendere disponibile il fondo di 200 000 euro del Parlamento europeo. Il trasferimento alle autorità di bilancio è in corso.
Sono stati fatti dei progressi, ma è cruciale che il Parlamento europeo dia il proprio sostegno al processo di riforma avviato dalla Commissione in modo che possa essere concluso e le riforme possano essere pienamente applicate il prima possibile. Torno a sottolineare il ruolo fondamentale degli Stati membri, con i quali abbiamo instaurato degli ottimi rapporti .
Mi auguro che la presidenza svedese, non all’Unione europea ma al consiglio superiore delle scuole europee, porti avanti queste iniziative. Desidero sottolineare che la relazione dell’onorevole Bösch, membro del Parlamento europeo, si è dimostrata molto utile ed egli è stato veramente di grande aiuto nella questione.
Mi impegno personalmente a fare tutto il possibile per sviluppare il sistema delle scuole europee perché stiamo riscontrando considerevoli difficoltà in un sistema ideato nel 1953; dobbiamo pertanto attuare importanti modifiche al fine di renderlo flessibile e ben funzionante.
Cornelis Visser, a nome del gruppo PPE-DE. – (NL) Signora Presidente, ho chiesto la parola perché sono preoccupato. Oggi parliamo delle scuole europee e per questo sono grato all’onorevole Hennicot.
Desidero attirare l’attenzione del commissario Kallas su un particolare aspetto delle scuole europee, e cioè l’educazione religiosa. L’anno scorso mi sono giunte alcune preoccupanti relazioni. Come sapete l’anno scorso il consiglio superiore delle scuole europee ha stabilito che è necessario un minimo di sette allievi di una stessa lingua affinché una materia venga insegnata nella lingua madre. Per materie generiche come la geografia e la matematica non è un problema, ma la situazione è ben diversa quando si tratta di educazione religiosa.
L’innalzamento del numero minimo ha determinato che vi sono ora scuole europee dove gli allievi non possono più ricevere un’educazione religiosa nella propria lingua. Sono seriamente preoccupato soprattutto per il ciclo primario. Ritengo che la religione, discutere e apprendere dei principi e dei valori così grandemente stimati in Europa, sia estremamente importante. Nella religione i sentimenti sono estremamente importanti e come ben sappiamo i bambini esprimono al meglio sentimenti ed emozioni nella propria madrelingua.
Ritengo inaccettabile una situazione nella quale, a seconda della lingua e della nazionalità, alcuni allievi possano ricevere l’educazione religiosa nella loro madrelingua, mentre ad altri sia negato. Chiedo pertanto al signor Commissario di riflettere su questa questione e fissare delle direttive chiare: tutti gli alunni, che siano di madrelingua inglese, tedesca od olandese, devono avere pari opportunità e un’istruzione di pari qualità.
E’ necessario prestare attenzione non solo agli allievi ma anche al corpo insegnante. Il numero minimo di sette allievi comporta ogni anno l’incertezza sul fatto se vi sia o meno un numero sufficiente di alunni e il corpo insegnante non è mai sicuro che nell’anno scolastico successivo l’educazione religiosa sarà materia di insegnamento. Questa incertezza professionale si ripercuote sulla ricerca di insegnanti di religione validi in tutte le lingue. Sollecito la Commissione affinché ribadisca l’importanza che riveste per genitori e alunni delle scuole europee l’educazione religiosa e insista affinché essa prosegua nella madrelingua degli allievi.
Maria Badia i Cutchet, a nome del gruppo PSE. – (ES) Signor Commissario, è già stato detto in questa sede che le scuole europee, in quanto centri ufficiali di istruzione, sono state istituite congiuntamente dai governi degli Stati membri dell’Unione europea allo scopo di fornire un’istruzione multilingue e multiculturale innanzi tutto ai figli dei dipendenti delle istituzioni europee e che per molteplici ragioni ora è necessaria una loro riforma, soprattutto alla luce delle nuove esigenze.
Lo sviluppo istituzionale dell’Unione, il suo ampliamento e la proliferazione di agenzie europee hanno mutato il profilo degli allievi delle scuole europee, sia per quanto riguarda gli aspetti culturali e linguistici sia in termini numerici: le domande di iscrizione sono nettamente aumentate.
Inoltre, la maggiore flessibilità dei contratti di impiego ha portato a nuove situazioni lavorative e familiari che incidono sui profili sociali e familiari e sui bisogni delle famiglie.
Come è già stato fatto presente dal Parlamento in due risoluzioni, la riforma è necessaria per modernizzare le scuole affinché siano in grado di offrire il servizio per il quale sono state istituite con la qualità richiesta, siano accessibili e risolvano problemi specifici di accesso o segregazione.
Per questo motivo sono ben lieto che vi siano attualmente due studi in corso, come annunciato dal commissario; vedremo se daranno dei frutti.
In breve, malgrado sia aumentato il numero delle lingue comunitarie e si riscontrino maggiori complessità sui diversi fronti, è necessario nel portare avanti il processo di riforma, apertura e miglioramento delle scuole europee, garantendo allo stesso tempo che le loro qualifiche siano riconosciute in tutti gli Stati membri dell’Unione europea.
Detto questo, desidero ora porre due domande specifiche al commissario.
La prima riguarda una serie di reclami che ho ricevuto da parte dei genitori di alcuni allievi che hanno studiato nelle scuole europee. Apparentemente, quando proseguono gli studi dopo aver conseguito il diploma di maturità europea, al voto medio da essi ottenuto viene tolto un punto: in altre parole vengono penalizzati. Vorrei sapere se il signor Commissario è a conoscenza di questa pratica e la sua ragione d’essere.
La seconda domanda riguarda i figli degli assistenti parlamentari. Ho ricevuto dei reclami anche da parte degli assistenti che, volendo mandare i propri figli alle scuole europee, hanno dovuto iscriverli come appartenenti alla categoria III, e quindi pagare le tasse scolastiche. Ho visitato la pagina che riporta tutte le informazioni sul funzionamento delle scuole europee, l’ho qui con me e la leggerò in francese perché è la lingua nella quale l’ho trovata. Per la categoria I dice:
(FR) “I figli dei dipendenti delle istituzioni europee e delle organizzazioni riportate di seguito, assunti direttamente per un periodo ininterrotto di almeno un anno”.
(ES) Segue un elenco di dodici punti; al punto 4 si legge:
(FR) “Persone con un contratto di lavoro direttamente vincolante, di diritto privato, con le istituzioni europee.”
(ES) Questa è dunque la situazione di persone o di un gruppo di persone che potremmo ben ritenere rientrino nella categoria I. Vorrei chiedere al Signor Commissario per quale motivo i figli degli assistenti parlamentari debbano iscriversi nella categoria III e pagare le tasse scolastiche.
Hannu Takkula, a nome del gruppo ALDE. – (FI) Signora Presidente, a nome del mio gruppo desidero innanzi tutto convenire che il sistema attuale è alquanto complesso e dovrebbe essere semplificato. Sappiamo che le questioni relative all’istruzione sono fondamentalmente di competenza degli Stati membri sebbene le scuole europee rientrino anche tra le competenze dell’Unione europea. Ovunque vi siano agenzie europee devono esservi anche le scuole europee, questo è un principio fondamentale. Dobbiamo anche ricordare che le nostre diverse strategie ci permettono di dichiarare ai cittadini europei che l’istruzione è sempre un investimento per il futuro. E’ sulla base di queste consapevolezze che dobbiamo agire nel caso delle scuole europee.
Desidero sollevare alcuni punti concernenti l’istruzione. Il primo riguarda in che misura essa sia gratuita. Credo che sia necessaria una discussione su come si possa rendere completamente gratuita l’istruzione in Europa, qualunque sia la scuola in questione. Ogni bambino e ogni giovane dovrebbe avere l’opportunità di accedere ad una buona istruzione e trarne i relativi benefici, e non doverla pagare è una garanzia in questo senso. Ritengo che se ci sarà la volontà degli Stati membri, e, se veramente crediamo che l’istruzione è un investimento nel futuro, potremo raggiungere tale obiettivo.
E’ altresì importante che l’insegnamento si svolga nella madrelingua dello studente, poiché la lingua costituisce la base dell’identità. I bambini e i giovani nelle scuole europee provengono da culture e nazioni diverse. E’ importante che apprendano nella loro madrelingua, ma è anche essenziale ricordare la necessità di strutture di insegnamento speciali e di dare agli studenti una consapevolezza culturale, dato che spesso non hanno radici poiché passano da un paese ad un altro, un paese per loro nuovo ed estraneo. Per questo motivo dobbiamo assicurare il loro generale sviluppo e la loro crescita personale in quanto esseri umani. Su questo si fondano anche la politica europea dei diritti umani e la nozione europea di umanità.
Per quanto riguarda le strutture speciali alle quali ho accennato, un punto sul quale dovremmo investire è il numero di alunni per classe, che non deve essere troppo elevato. Inoltre, ogni bambino dovrebbe avere la possibilità di scegliere discipline tagliate su misura per lui.
In conclusione, ritengo che i veri standard educativi in Europa saranno valutati in base a come trattiamo chi ci sta vicini e sta peggio di noi e in base a come ci prendiamo cura dei bambini e dei giovani. Le scuole europee sono una vetrina sul mondo. Quali sono i nostri attuali standard educativi e in che modo ci occupiamo dei giovani? Siamo pronti a investire in loro e nel loro futuro? Mi auguro che l’Europa lo sia e che effettivamente investa nei bambini, nei giovani e nelle scuole europee.
Ewa Tomaszewska, a nome del gruppo UEN. – (PL) Signora Presidente, un’esperienza di 50 anni con le scuole europee, che affrontano problemi specifici di diversità linguistiche, culturali e di migrazione, fa riflettere sull’eventualità di utilizzare tale esperienza per diffondere questo modello scolastico. Non sono solamente i figli dei dipendenti delle istituzioni europee che hanno bisogno di apprendere le lingue straniere ai livelli più avanzati e imparare a integrarsi con i loro coetanei provenienti da altri paesi europei. Non sono solo loro che, poiché i genitori hanno accettato un impiego all’estero, necessitano di un approccio scolastico specifico.
Siamo contrari alla discriminazione. E allora perché i bambini che non sono figli di dipendenti delle istituzioni europee dovrebbero essere esclusi da queste scuole? Vorrei attirare la vostra attenzione anche su una questione che è all’esame della commissione parlamentare per la cultura e l’istruzione, ovvero la necessità di reintrodurre i classici, il greco e il latino, nelle scuole in Europa e l’importanza dell’insegnamento del greco e del latino nelle scuole europee. Ritengo sia essenziale occuparsi con urgenza della necessità di ampliare e riformare le scuole europee e i principi in base ai quali esse operano.
László Tőkés, a nome del gruppo Verts/ALE. – (EN) Signora Presidente, in qualità di membro della commissione parlamentare per la cultura e l’istruzione permettetemi di accogliere calorosamente l’iniziativa delle onorevoli Hennicot-Schoepges e Batzeli, anch’esse membri della commissione, di rivolgere un’interrogazione orale alla Commissione europea per discutere dello stato di avanzamento della riforma delle scuole europee.
In tema di multilinguismo e della sua importanza, desidero cogliere questa opportunità per esprimere una seria preoccupazione della Romania, dove una recente iniziativa del ministero per lo Sviluppo regionale a completamento della traduzione dal rumeno in ungherese del programma operativo regionale dell’Unione europea ha subito gravi attacchi da parte del Partito socialdemocratico rumeno guidato da diversi leader dell’ex regime comunista. Vorrei sottolineare che questo sta avvenendo in uno dei 27 Stati membri dell’Unione nell’anno europeo del dialogo interculturale, proprio mentre il commissario Orban pubblica una comunicazione intitolata “Il multilinguismo: una risorsa per l'Europa e un impegno comune”. Nell’anno europeo del dialogo interculturale una discussione sulla riforma delle scuole europee non potrebbe essere più rilevante, poiché viviamo in un’Europa multiculturale e multilingue nella quale coesistono lingue e culture diverse. Dobbiamo permettere e promuovere tali interazioni culturali al fine di garantire il successo dell’integrazione europea.
Il nostro sistema di istruzione europeo deve pertanto riflettere questa multiculturalità e consentire una coesistenza positiva e piacevole. Nello specifico, le scuole europee sono state istituite proprio per rispondere all’esigenza di un’istruzione multiculturale e multilingue, che rafforzi al contempo l’identità europea. Tuttavia, nel contesto di un’Europa allargata con una maggiore mobilità dei cittadini e un maggior numero di agenzie nei vari Stati membri, la sfida è proprio soddisfare queste esigenze. Le domande sollevate nella discussione di oggi evidenziano come sia essenziale concentrarsi sulle riforme poiché si è rivelato sempre più complesso offrire un’istruzione multilingue, flessibile e di elevata qualità.
Permettetemi di sottolineare che, solo se consentiremo agli studenti di esprimere e professare la propria identità culturale e utilizzare la propria madrelingua nel corso della loro educazione e formazione, permetteremo loro di diventare veri cittadini d’Europa. Temo che gli allievi delle scuole europee, se non saranno in grado di sviluppare innanzi tutto la propria identità nazionale attraverso l’uso della propria madrelingua e cultura, non avranno una solida base sulla quale costruire la loro identità europea.
Vi ringrazio per l’attenzione e vi auguro buon lavoro nel processo di riforma delle scuole europee.
Kathy Sinnott, a nome del gruppo IND/DEM. – (EN) Signora Presidente, alcuni anni fa sono stati individuati due problemi attinenti le scuole europee. Uno era la forte arretratezza delle politiche di inclusione e integrazione per bambini con esigenze educative specifiche (SEN). L’altro consisteva nel fatto che, ai genitori che presentavano domanda di iscrizione a scuola per un figlio con esigenze particolari, le scuole facevano regolarmente presente che esse non erano di fatto in grado di rispondere ai loro bisogni e consigliavano di rivolgersi altrove. Questa situazione era del tutto inadeguata.
Nel dicembre del 2007 il Parlamento ha deciso di usare una parte del proprio bilancio per “contribuire al finanziamento di un’istruzione di prim’ordine per i bambini con esigenze educative specifiche (SEN) e promuovere il concetto di educazione inclusiva; l’importo stanziato viene erogato su presentazione di una proposta di avvio di un progetto pilota per il centro di risorse SEN che includa personale qualificato con esperienza specifica e apposito materiale didattico”. Non impiegherò il tempo a mia disposizione per raccontarvi della travagliata nascita di questo progetto pilota. Il risultato è stato che esso si è concretizzato in una serie di incarichi a tempo parziale per psicologi e qualche altra risorsa. Questo io non lo definirei un vero progetto pilota, che vedo come vere e proprie classi e classi integrate in tutte le scuole europee.
Ritengo sia giunto il momento di essere molto chiari riguardo agli obiettivi, che sono inclusione e integrazione dei bambini in un modo per loro possibile. Il progetto SEN conta ora 411 allievi nelle scuole europee. Si tratta del 2 per cento della popolazione scolastica, contro una percentuale di disabili del 17 per cento nella popolazione totale. Ancora oggi non consentiamo ad un numero sufficiente di bambini con esigenze educative specifiche l’accesso a queste scuole, poiché ne escludiamo il 15 per cento. Non posso credere che la percentuale tra le persone che hanno diritto di essere ammesse in queste scuole differisca da quella nella popolazione complessiva.
Abbiamo indubbiamente bisogno di un progetto e di valutare la situazione, ma potremmo andare avanti all’infinito: è da sempre che esaminiamo la situazione! E’ giunto il momento di superare i progetti pilota. E’ giunto il momento per un approccio concreto nei confronti dei bambini come pratica standard in tutte le scuole. Siamo ben lungi dal farlo.
Questo è l’altro aspetto della diversità. Non si tratta solo di lingua e cultura, si tratta di bisogni e capacità delle persone e bisogna provvedere anche a questa grande diversità.
Roberto Fiore (NI) . – Signor Presidente, onorevoli colleghi, vanno apprezzati sicuramente i tentativi di sviluppare una scuola europea, ma non dobbiamo dimenticare che l'obiettivo strategico è di rendere in un certo senso l'Europa guida dal punto di vista scientifico, sociale, ma anche come modello di convivenza.
In quel senso noi dobbiamo allora sviluppare quelle che sono le radici culturali europee, ad esempio ciò che Roma ha dato dal punto di vista giuridico o quello che la Grecia ha dato dal punto di vista filosofico o quello che la Germania ha dato per quanto riguarda la musica. Ma va detto anche che vanno oggi riprese – e in questo senso ci sono studi chiari – quelle lingue cosiddette morte, come il latino e il greco, che le stesse compagnie americane più sviluppate, come la General Motors o l'University of Yale, richiedono come fondamento, proprio per il modus operandi di imprenditori o, se vogliamo anche di capi di famiglia. Inoltre, infine, va detto che l'elemento della cristianità e dei valori cristiani delle nostre radici devono essere fondamentali per quanto riguarda una vera e propria scuola europea.
Marie Panayotopoulos-Cassiotou (PPE-DE) . – (EL) Signora Presidente, signor Commissario, i miei onorevoli colleghi hanno presentato una serie di richieste mirate a conseguire un maggiore progresso nelle scuole europee, che sono di esempio per le altre scuole negli Stati membri.
Vi prego di voler rispondere alla mia domanda riguardo alla misura in cui la legislazione locale influisce sulle scuole europee. Abbiamo riscontrato delle differenze tra le scuole nei Paesi Bassi, in Belgio, in Germania e in Lussemburgo, in particolare nell’approccio verso i bambini con difficoltà di apprendimento. Questi ultimi hanno ricevuto trattamenti diversi a seconda che si trovassero a Bruxelles o a Lussemburgo.
Dato che stiamo discutendo degli allievi, mi chiedo perché essi debbano essere divisi in categorie. Perché devono scegliere accuratamente i corsi della scuola secondaria prima dell’inizio delle lezioni? Perché l’insegnamento della religione e delle lingue classiche dipende dal numero di allievi in aula? Perché ai bambini non viene insegnata la storia del loro paese di origine? Perché l’insegnamento non avviene nella loro madrelingua?
Consideriamo ora il personale docente: una selezione meritocratica in tutti i paesi garantirà uno standard uniforme nelle associazioni degli insegnanti. Il processo di selezione viene controllato in tutti i paesi? Vi è un avvicendamento del personale amministrativo, ma vi sono anche persone che rimangono presidi per più di vent’anni. Perché non vi è una selezione dei presidi?
Come anche voi avete messo in evidenza, la flessibilità porterà a risultati migliori. Le autorità degli Stati membri devono preoccuparsi di garantire che non vi siano scuole esclusivamente per immigrati d’élite, ma piuttosto scuole che fungano da modello per le altre scuole di immigrati.
Ryszard Czarnecki (UEN) . – (PL) Signora Presidente, sono qui non solo in veste di membro del Parlamento europeo, ma anche come persona con esperienza diretta della scuola europea in quanto padre di un ragazzo che per tre anni ha frequentato la scuola europea di Bruxelles e che l’anno scorso ha conseguito il diploma. Basandomi sull’esperienza familiare e sulle mie osservazioni occasionali, ad esempio alle serate con i genitori di questa che è una delle quattro scuole europee di Bruxelles, ritengo di comprendere l’argomento della discussione di oggi. Volevo solamente sottolineare un dato: il numero di queste scuole è in aumento. Quando, tre anni fa, mio figlio ha cominciato a frequentare una di queste scuole, a Bruxelles se ne contavano tre, mentre ora sono quattro. Nelle scuole europee il numero massimo di allievi consentito per classe è 32.
Ritengo importante fare presente che in molti paesi europei il numero massimo di allievi consentito per classe è ben inferiore rispetto a quello nelle scuole europee. Il nostro interesse al riguardo è evidente: dobbiamo fare attenzione a ciò che noi, in quanto Unione europea, finanziamo. Più del 50 per cento dei fondi di queste scuole proviene dal bilancio dell’Unione europea. In conclusione, Signora Presidente, è ragionevole aprire queste scuole ma ciò non dovrebbe della compromettere la qualità dell’insegnamento o consentire un numero eccessivo di studenti in queste scuole.
Monica Maria Iacob-Ridzi (PPE-DE) . – (RO) Le scuole europee sono riconosciute in Europa come istituzioni elitarie che forniscono un’istruzione di qualità ai giovani. Nel 1953 Jean Monnet dichiarò che lo scopo di queste scuole era di riunire i bambini europei, a prescindere dalla loro nazionalità, e infondere in loro lo spirito europeo e un senso di appartenenza, in modo che potessero poi creare un’Europa unita e prospera. Il programma di riforma di queste scuole deve tenere conto dei seguenti punti chiave. Tutte le 23 lingue ufficiali dell’Unione europea devono essere presenti in queste scuole e i bambini devono avere la possibilità di esprimersi nella loro madrelingua. Purtroppo vi sono ancora lingue ufficiali dell’Unione che non sono presenti in alcuna scuola europea.
Inoltre, uno degli obiettivi delle scuole europee è promuovere l’unità tra i gruppi di bambini, fare in modo che si avvicinino gli uni agli altri e favorire lo sviluppo dello spirito di tolleranza e la comunicazione. Pertanto non credo che dividerli in tre categorie sia una misura valida. Coloro che rientrano nella categoria III, detta “altri”, possono frequentare queste scuole solo se rimangono dei posti dopo che sono stati ammessi i figli dei dipendenti delle istituzioni europee. Questa divisione in categorie è discriminatoria e propongo che venga rimossa dallo statuto delle scuole europee.
Zdzisław Zbigniew Podkański (UEN) . – (PL) Signora Presidente, come risultato della globalizzazione che incide su tutto, istruzione inclusa, il concetto di scuola europea è sempre più popolare. quale Per questo motivo abbiamo un principio guida che cerchiamo di rispettare, ed è qui che cominciano i problemi. Trovare una risposta alla domanda “come dovrebbe essere la scuola” è estremamente difficile. Dovrebbe essere elitaria o universale; dovrebbe imporre il proprio stile e piano di studi a tutti gli allievi o dovrebbe essere una scuola che si orienta verso determinati indirizzi pur tenendo conto delle tradizioni nazionali e regionali; dovrebbe essere una scuola nella quale si insegna ad apprezzare e rispettare le proprie tradizioni, cultura, storia, religione e lingua o si dovrebbe insegnare l’apertura verso le culture di altre nazioni attraverso il multilinguismo e l’apprezzamento di tutto il mondo? Vi è però una questione che in linea di principio non suscita alcun dubbio. Data la presenza dell’Unione europea, i diplomi rilasciati da tutti gli istituti di istruzione degli Stati membri dovrebbero essere riconosciuti.
Mihaela Popa (PPE-DE) . – (RO) Ritengo che le scuole europee siano le scuole del futuro nell’Unione poiché tengono conto dell’aumentata mobilità e del processo di globalizzazione, e di conseguenza offrono a ciascuno studente la possibilità di studiare nella propria madrelingua, promuovendo così il multilinguismo.
Ho studiato personalmente questo sistema scolastico. Ho visitato la più vecchia scuola europea di Bruxelles, che è stata istituita oltre 50 anni fa, e ho incontrato più di 40 studenti rumeni che hanno la possibilità di studiare nella loro madrelingua. Bisogna sottolineare che le scuole europee promuovono l’inclusione sociale in quanto gli studenti di nazionalità diverse imparano a conoscersi e aiutarsi.
Desidero sottolineare come l’efficiente organizzazione degli esami di maturità favorisca elevate prestazioni e prepari gli studenti alla loro vita futura come cittadini europei. Ritengo che il sistema delle scuole europee vada esteso a tutti gli Stati membri in modo da divenire parte di una politica comune europea nel campo dell’istruzione. Inoltre chiedo formalmente l’istituzione e il sostegno di scuole europee regionali che tengano conto di un principio basilare dell’Unione europea: una politica regionale in un’Europa mobile fondata sulla conoscenza.
Dumitru Oprea (PPE-DE) . – (RO) Le politiche europee riguardanti la riforma delle scuole tradizionali e la loro trasformazione in scuole europee, con il coinvolgimento delle strutture amministrative locali e nazionali, richiedono a mio parere tre principali tipi di riforma: una sistemica, basata su qualità ed efficacia e che includa la riforma del piano di studi; una riforma continua, che includa la valutazione e capitalizzazione dei risultati già ottenuti, adattandoli alle scuole europee; e una terza riforma basata sulla responsabilità e proprietà di tutti gli attori sociali.
In merito a quest’ultima riforma sono del parere che le scuole europee debbano essere prese a modello per una scuola globale della quale faccia parte una componente di “apprendimento doposcuola”. I giovani dovrebbero seguire un programma speciale dalle 14.30 alle 17.00 durante l’anno scolastico e anche durante le vacanze estive.
Roberta Alma Anastase (PPE-DE) . – (RO) In 50 anni di vita le scuole europee hanno dimostrato la loro qualità nell’educazione delle generazioni future. Tuttavia ritengo che la discussione di oggi dovrebbe concentrarsi sulla necessità di adeguare le scuole europee alle esigenze attuali, tenendo conto sia dell’allargamento a 27 sia di fenomeni come la globalizzazione, la migrazione e la maggiore mobilità professionale e geografica.
Vi sono due questioni estremamente importanti da sottolineare. Innanzi tutto è necessario aprire maggiormente le scuole europee in modo che tutti i cittadini che hanno bisogno di tale servizio possano accedervi. Ritengo poi prioritario il riconoscimento dei diplomi in tutti i paesi europei.
Zbigniew Zaleski (PPE-DE) . – (EN) Signora Presidente, un essere umano impiega circa un terzo della propria vita per prepararsi all’età adulta attraverso l’istruzione. La mia seconda osservazione è che anche la costruzione dell’Unione europea, che stiamo portando avanti proprio in questo momento, richiede un’istruzione adeguata. sono Entrano in gioco numerosi aspetti tecnici, come attrezzature, diplomi eccetera, ma, in quanto esecutrice, la Commissione ha l’obbligo di sostenere l’idea di un’istruzione basata su più lingue, su principi comuni e sul rispetto dei valori nazionali. E’ fondamentale. L’istruzione esige chiaramente un investimento finanziario, ma se non si sostiene tale investimento, bisognerà accettare l’ignoranza che ritengo sarà per noi molto più costosa.
Pertanto la scuola europea è un progetto ammirevole al quale do il mio sostegno.
Czesław Adam Siekierski (PPE-DE) . – (PL) Signora Presidente, le scuole europee sono nate in seguito a una convenzione firmata nel 1957. Negli ultimi 50 anni è cambiato molto in Europa: una serie di allargamenti, un aumento del numero di istituzioni e agenzie, e contratti di lavoro molto più flessibili. Pertanto non vi è alcun dubbio che anche il sistema delle scuole europee necessiti di cambiamenti e di riforme.
Vi sono alcune importanti aree da modificare. Ciò che mi sta più a cuore è la selezione degli studenti, ovvero la divisione nelle categorie I, II e III. In fondo, l’Unione europea da una parte sta cercando di incrementare la mobilità dei cittadini europei sul mercato del lavoro e di eliminare le barriere, dall’altra blocca l’accesso a scuola ai figli di potenziali dipendenti di varie istituzioni e società provenienti da tutta l’Unione europea. E’ necessario trovare una soluzione al problema del sovraffollamento di alcune scuole, così come è necessario adottare delle misure anche riguardo ai bambini con esigenze speciali.
Infine chiedo che venga esaminata la possibilità di creare scuole europee nei nuovi Stati membri.
Tadeusz Zwiefka (PPE-DE) . – (PL) Signora Presidente, la filosofia educativa nelle scuole europee e il programma didattico che porta a conseguire il diploma di maturità europea dovrebbero servire da esempio di istruzione multilingue e multiculturale per tutti gli Stati membri. Il crescente numero di scambi di studenti tra gli istituti di istruzione europei e la globalizzazione dell’economia mondiale indicano che il vero valore del diploma di maturità europea ne giustificherebbe un’ulteriore diffusione. Gli istituti di istruzione superiore negli Stati membri e anche di paesi terzi dovrebbero riconoscere questo diploma. Purtroppo questo è impossibile senza un consistente aumento dei fondi.
Attualmente le scuole europee sono considerate scuole elitarie che spesso escludono i bambini i cui genitori non sono dipendenti delle istituzioni europee. L’esclusione della maggior parte della società dalla possibilità di beneficiare delle scuole europee è in contrasto con l’obiettivo di aumentare la mobilità dei cittadini europei sul mercato del lavoro. Spesso gli stessi Stati membri cercano di creare nuovi sistemi di istruzione che preparino meglio i giovani alle sfide associate alla globalizzazione e a un mercato del lavoro flessibile, mentre il sistema delle scuole europee e il diploma di maturità europea esistono già da anni e, ciò che più importa, hanno conseguito degli ottimi risultati, per cui dovremmo cercare di imitarli il più possibile.
Christopher Beazley (PPE-DE) . – (EN) Signora Presidente, intervengo non solo in quanto membro di questo Parlamento, ma anche in quanto ex insegnante. Mi domando se sia possibile chiedere al commissario Kallas di parlare con il ministro dell’Istruzione britannico in occasione della prossima riunione del Consiglio dei ministri per vedere se può trarre qualche insegnamento dai successi ottenuti dal modello della scuola europea. In particolare potrebbe forse riflettere sulla possibilità di rivedere la disastrosa decisione del governo britannico di rendere facoltativo l’insegnamento delle lingue, in altre parole di cancellare le lingue europee dal piano di studi britannico.
Inoltre vorrei che ricordasse semplicemente al ministro che l’Europa è rimasta divisa per mezzo secolo ma ora è unita da vent’anni. Forse riterrà opportuno suggerire ai suoi consiglieri per i piani di studio di ricordare alla generazione futura la storia e la cultura dell’Europea centrale e dell’est, nella quale per tradizione il Regno Unito era fortemente coinvolto e che in effetti ha cercato di sostenere.
Mario Mauro (PPE-DE) . – Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, non è semplicemente da sottolineare la denuncia, che viene da più parti, delle insufficienze dell'attuale modello di governance. Credo che tutti quanti insieme abbiamo il dovere di comprendere, dopo questo dibattito, che ciò che c'è in gioco è esattamente il modello che le scuole europee possono rappresentare per lo spazio europeo dell'istruzione; e siccome noi vogliamo vincere la sfida dello spazio europeo dell'istruzione e vogliamo che in questo senso prevalgano buone prassi, è assurdo ed è contraddittorio che manteniamo un livello di governance e un modello di governance incapace di venire incontro alle sfide che ci vengono proposte. Credo che, il dibattito di oggi sia stimolo più che sufficiente per la Commissione per comprendere che bisogna procedere a una radicale riforma delle nostre scuole.
Erna Hennicot-Schoepges, autore. – (FR) Signora Presidente, desidero porre altre due domande al commissario, che ci ha fornito un dato, ma è il dato attuale. Signor Commissario, verranno anche aumentati gli stanziamenti per le prospettive finanziarie future? E’ previsto un sistema di fondi che garantirà il funzionamento di queste scuole anche in futuro? In questo momento, a causa dei problemi finanziari che affliggono il governo britannico, sembra che manchino 40 insegnanti di inglese. Vi chiedo quale soluzione si può prevedere tenuto conto della situazione. Le scuole chiedono una maggiore autonomia. E’ favorevole a questa maggiore autonomia o preferisce mantenere il sistema attuale che è inefficiente e spesso mal si adatta alle situazioni locali?
Siim Kallas, vicepresidente della Commissione. − (EN) Signora Presidente, sono state sollevate diverse questioni molto serie e importanti.
Innanzi tutto desidero ricordare che il sistema delle scuole europee è un organismo completamente indipendente. Non si basa sul trattato del 1958 ma sullo statuto del 1953; ha il proprio statuto e il proprio consiglio, che adotta tutti i regolamenti. La Commissione è solo un membro del consiglio.
Per quanto riguarda i contenuti dell’istruzione, essi sono di esclusiva competenza del consiglio, e tutto ciò, incluse le proporzioni diverse tra le sezioni linguistiche e il piano di studi, è completamente in mano al consiglio superiore delle scuole europee. La Commissione pertanto non ha molto da dire.
La questione dei fondi è il secondo punto che vorrei affrontare per rispondere ad una domanda importante. Le infrastrutture vengono fornite dai paesi ospitanti, quindi le scuole vengono costruite dal Belgio, dalla Germania, dalla Francia eccetera. Questo chiarisce appieno quali siano i limiti che riscontriamo nello sviluppare le infrastrutture.
Per quanto riguarda i contenuti, nel suo intervento introduttivo l’onorevole parlamentare osserva l’alta qualità dell’istruzione, ed essa è effettivamente tale. E’ un’assoluta priorità della Commissione europea dare tutto il proprio sostegno al fine di mantenere alta la qualità. Che le scuole europee diano agli allievi un’istruzione molto apprezzata ovunque costituirà effettivamente un punto di riferimento per i sistemi d’istruzione europei. Non ho mai ricevuto notizia che studenti che hanno frequentato le scuole europee abbiano incontrato particolari difficoltà nel venire ammessi all’università, in caso lo desiderino.
Per quanto riguarda gli insegnanti, essi fanno parte delle infrastrutture e vengono quindi forniti dagli Stati membri. Gli insegnati di inglese ad esempio provengono dal Regno Unito; in altre parole, l’onere per le lingue più diffuse è in proporzione molto maggiore. La Commissione, o il bilancio europeo, paga i relativi costi operativi. Questa è una combinazione che porta a un sistema alquanto inefficiente; uno degli obiettivi è pertanto di riformare il sistema e chiarire responsabilità e finanziamenti. Prendiamo ad esempio i problemi con il Belgio dove, come è già stato osservato, una delle quattro scuole è ancora temporanea. La sua costruzione ha continuato a essere rinviata e sono in corso intense discussioni con il governo belga in merito.
Riguardo all’apertura delle scuole europee, riteniamo che la questione chiave sia il diploma di maturità europea e la certificazione delle scuole che vogliono conferire tale diploma. Sosteniamo questa idea che fondamentalmente è stata adottata dal consiglio superiore, pertanto già esistono delle regole di base. La questione ora è come l’effettiva realizzazione negli Stati membri, ai quali, ancora una volta, spetta il ruolo principale. Questo risolverà parzialmente il problema della diversità degli allievi.
Come ho già detto, oggi discuto con il Parlamento e ascolto le vostre osservazioni sul fatto che la categoria III è da eliminare, ma incontro regolarmente anche il nostro staff, all’incirca lo stesso numero di persone. Si tratta infatti di centinaia di persone che avanzano naturalmente una richiesta evidente e cioè che ai loro figli deve essere garantita l’istruzione.
Vi è pertanto l’esigenza – chiaramente evidenziata nel trattato, nello statuto del personale e nel regolamento – di fornire posti a scuola e nasce dunque spontanea la domanda: chi distribuirà gli altri posti che devono rimanere disponibili e sicuramente a Bruxelles? E’ sempre più difficile. A parer mio è una questione estremamente complessa. All’inizio dei lavori di questa Commissione, a nome del nostro staff, abbiamo insistito sulla necessità di una maggiore chiarezza e così il consiglio superiore ha istituito l’Autorità centrale per le iscrizioni allo scopo di definire queste questioni.
Questo è il quadro generale. Ribadisco la posizione della Commissione secondo la quale è necessario chiarire le questioni finanziarie, condividere in modo chiaro l’onere, avere precise responsabilità e obblighi definiti. Potremo così trovare anche soluzioni migliori ai problemi infrastrutturali. Ma non possiamo assolutamente accettare una riduzione della qualità dell’istruzione.
Riguardo ad alcuni problemi specifici, un onorevole parlamentare ha sollevato la questione degli studenti disabili. E’ stato osservato che sono molti di più, ma non sono al corrente di nessun caso di rifiuto; ogniqualvolta i genitori hanno richiesto un trattamento speciale, è sempre stato dato. Pertanto, se avete le prove di allievi con disabilità che non compaiono come tali, vi prego di comunicarmelo e ce ne occuperemo.
Ora, riguardo agli assistenti parlamentari, sapete che al momento non sono tutelati dallo statuto del personale, ma sono considerati come una sorta di personale speciale del Parlamento. Sapete anche che sono però in corso delle trattative per definire la questione e giungere a regolamenti più precisi. Allora potremo discutere anche l’accesso alle scuole europee da parte dei figli degli assistenti parlamentari.
Credo che fossero più o meno queste le questioni sollevate. Naturalmente tutte queste questioni (la religione, l’istruzione, le lingue) sono chiaramente in mano al consiglio superiore, nel quale la Commissione è solo un membro. Il consiglio superiore si sta occupando di dette questioni in modo estremamente serio. Vi sono state lunghe discussioni al riguardo e vi posso assicurare che il segretariato generale delle scuole europee è molto attento a tutte le esigenze delle diverse lingue e dei diversi aspetti religiosi. Perché questa è una sua responsabilità.
Un ultimo punto: chiedo al Parlamento di attirare l’attenzione degli Stati membri, e soprattutto, chiedo a tutti i membri del Parlamento europeo di sfruttare i loro personali contatti nei paesi d’origine per incoraggiare i ministri dell’Istruzione degli Stati membri a promuovere l’idea di un diploma di maturità europea perché questa è una loro scelta. Ora disponiamo di regolamenti su come proseguire con il diploma di maturità europea, ma ai ministeri nazionali trovare scuole che siano interessate. So che molte scuole hanno manifestato interesse, ma le autorità nazionali di molti paesi non hanno dimostrato sufficiente entusiasmo riguardo al progetto, che potrebbe invece rappresentare un passo avanti e potrebbe veramente essere un segnale positivo per il diploma di maturità europea e per avere scuole europee non solo a Bruxelles ma ovunque, negli Stati membri vecchi e nuovi. E’ un simbolo dell’Europa. Il diploma e l’istruzione europea sono un elemento della nostra architettura.
Presidente . − La discussione è chiusa.
Auguro a tutti una buona giornata europea delle lingue.
Dichiarazioni scritte (articolo 142 del regolamento)
Alessandro Battilocchio (PSE), per iscritto. –Concordo con le varie soluzioni prospettate dalla riforma delle scuole europee: anche grazie al mio privilegiato ruolo di relatore responsabile per la commissione per lo sviluppo del programma di azione comunitaria Erasmus, infatti, sostengo fortemente la necessità di un modello scolastico europeo multilingue e flessibile che mantenga comunque l'insegnamento della lingua materna (assicurata dalla presenza di insegnanti madrelingua), ma che sia allo stesso tempo uguale per tutti e senza distinzione di classi.
Il diploma di maturità europea sarà il primo strumento, seguito poi dall'opportunità Erasmus, che garantirà una reale mobilità degli studenti, in Europa prima e in seguito in tutto il mondo. Naturalmente è implicita l'importanza del tutorato per l'integrazione sociale, culturale e linguistica degli studenti in entrata e bisogna incoraggiare, grazie al supporto di corsi intensivi, il raggiungimento di un'ottima padronanza linguistica. (come ricordato dal 2001 ad oggi dalla giornata europea delle lingue che si tiene regolarmente ogni 26 settembre).
Ritengo che la cooperazione tra scuole europee attuali a quelle regionali (primarie e secondarie) rimanga la conditio sine qua non per lo sviluppo del rinnovato sistema scolastico europeo, ma non nascondo la mia preoccupazione per il futuro delle scuole regionali italiane che – in virtù della nuova riforma "Gelmini" – in alcune piccole comunità territorialmente svantaggiate potrebbero addirittura scomparire.
Cristian Silviu Buşoi (ALDE), per iscritto. – (EN) I processi avviati dall’Unione europea negli ultimi decenni e il sistema educativo in continua evoluzione hanno dimostrato che è necessario prendere in considerazione una nuova prospettiva sul ruolo e sull’importanza delle scuole europee. Considerato il più recente ampliamento dell’Unione a 27 Stati membri e il conseguente aumento dei dipendenti dell’Unione europea, il valore di una scuola europea adeguatamente riformata è divenuto una questione della massima priorità.
Al fine di migliorare le aspettative future per le scuole europee, è necessario affrontare le questioni più sensibili che rappresentano una sfida per l’attuale sistema e identificare i problemi per delineare i possibili cambiamenti. Pertanto è forte la richiesta di una riforma generale delle scuole europee, rinnovata nella sua formulazione, che le renda più competitive e trasparenti a livello europeo e che ne delinei i principali obiettivi in modo più moderno.
L’attuazione del principio di non discriminazione, senza intaccare le libertà fondamentali degli studenti, deve essere al centro del nuovo sistema al fine di renderlo pienamente operativo e a beneficio degli alunni. Ciononostante è necessario rivalutare anche il finanziamento delle scuole europee, tenendo conto di provvedimenti che non discriminino gli allievi per quanto riguarda la loro divisione in categorie.