Zuzana Roithová (PPE-DE). – (CS) Signor Presidente, la gravità della crisi finanziaria dimostra che né banche né consumatori stanno prendendo decisioni responsabili. Sono fortemente a favore dell’investimento nell’educazione finanziaria e ho anche approvato la relazione, ma non concordo con campagne superficiali e principi generici. Mi interessa il fatto che sia disponibile un’analisi perché la situazione può variare da uno Stato membro all’altro. So inoltre che per poter essere realmente efficace l’educazione deve concentrarsi rigorosamente sulle esigenze specifiche di una serie di gruppi di cittadini diversi.
Vorrei richiamare l’attenzione su una pratica esemplare messa in atto dalla Repubblica ceca. Negli ultimi tre anni, una sola persona ha gestito un sito web chiamato www.bankovnipoplatky.com che offre un contributo fondamentale all’educazione finanziaria dei cittadini cechi in Internet. Ciò dimostra che il problema può essere risolto in maniera economica ed efficace. Manca invece una qualche forma di educazione dei bambini nelle scuole e della generazione più anziana, questione che non risolveremo senza fondi pubblici.
Zita Pleštinská (PPE-DE). – (SK) Signor Presidente, la crisi finanziaria ha offerto ai consumatori europei un’opportunità straordinaria per verificare le loro conoscenze in campo finanziario. Hanno avuto una meravigliosa lezione sull’importanza di capire la finanza personale, valutare il risparmio, usare i prodotti assicurativi e leggere normali ricevute ed estratti conto bancari. Tutte queste “materie” richiedono una certa familiarità con la terminologia finanziaria e la sua corretta applicazione nella gestione delle proprie finanze.
Per questo ritengo che la relazione della collega Iotova sia un ulteriore importante contributo del Parlamento europeo nel campo della tutela del consumatore e ho votato a suo favore. Credo fermamente che l’educazione dei consumatori debba iniziare dalla scuola primaria. Gli Stati membri non prevedono questo argomento, soprattutto la finanza, nei libri di testo della scuola primaria e secondaria. I siti DOLCETA e DIARIO EUROPA dovrebbero essere maggiormente promossi.
Apprezzo le attività svolte dalle organizzazioni di consumatori per educare non soltanto gli alunni, bensì anche gli insegnanti. Vari concorsi, organizzati con grande entusiasmo, suscitano l’interesse di molti giovani consumatori. Sotto il mio patrocinio e nell’ambito dell’educazione dei consumatori a livello scolastico, l’associazione dei consumatori slovacca bandisce un concorso annuale chiamato “Consumatori per la vita” che sta destando grande interesse e mette in palio per i vincitori un viaggio premio al Parlamento europeo.
Syed Kamall (PPE-DE). - (EN) Signor Presidente, la ringrazio per l’opportunità offertami di formulare la mia dichiarazione di voto. Ritengo che tutti in quest’Aula concordiamo sul fatto che la contrazione del credito e la crisi della liquidità sono state causate da decisioni di finanziamento inadeguate prese non soltanto dalle banche, decisioni alle quali sono state costrette dall’amministrazione Clinton e dai successivi regimi che hanno suggerito loro di finanziare comunità considerate non solide, bensì anche dai consumatori che, incoraggiati a contrarre prestiti che forse non potevano permettersi, si sono ritrovati a dover sostenere l’attacco della critica per l’incapacità di far fronte al rimborso dei prestiti ottenuti.
Ciò mette in luce l’importanza dell’educazione finanziaria dei consumatori. Sembriamo però cadere nella trappola dell’idea che per qualunque problema l’Unione ha una soluzione. Se analizziamo le soluzioni elencate sul sito web della Commissione, nella sezione Diario Europa, di fatto fanno molto poco per affrontare la questione dell’educazione dei consumatori. Dovremmo invece rivolgerci a organizzazioni locali, come la Croydon Caribbean Credit Union nella mia circoscrizione, che possono contribuire a risolvere questi problemi a livello locale, non europeo.
Astrid Lulling (PPE-DE). – (FR) Signor Presidente, ho chiesto al Parlamento di votare contro la relazione perché soltanto un’esigua minoranza ha votato per livelli indicativi inferiori a quelli attualmente applicati.
Vorrei sottolineare che la Commissione non è favorevole ai livelli indicativi. Nel 2005 la Camera ha votato a favore della relazione Rosati per abolire i livelli indicativi e ora compiamo un passo indietro riducendo ciò per cui abbiamo votato. La maggior parte dei deputati non sa per che cosa ha votato.
Ora riduciamo gli attuali livelli indicativi del 50 per cento, il che significa che si è votato per 400 sigarette anziché 800, 5 litri di alcolici anziché 10, 45 litri di vino anziché 90, 55 litri di birra anziché 110. Stiamo regredendo e dimezzando gli attuali livelli di acquisto per i privati cittadini.
Ritengo che il messaggio al commissario Kovács e al Consiglio dei ministri sia nondimeno chiaro; sono soltanto cinque i parlamentari che, alla fine, non voteranno a favore della mia relazione. Desidero pertanto che il Consiglio sappia che il commissario, come ha detto ieri sera, concorda con l’idea dei limiti indicativi, però con quelli attualmente applicati. Vorrei che questo fosse chiaro, signor Presidente; in veste di relatrice, mi corre l’obbligo di dirlo perché è essenziale per interpretare il voto.
Daniel Hannan (NI). - (EN) Signor Presidente, ho l’onore di rappresentare i bellissimi villaggi, le dolci colline e le distese di campanule delle contee che circondano Londra. Come ogni altro deputato del sud-est dell’Inghilterra, ho ricevuto decine di reclami strazianti da elettori che hanno subito la confisca arbitraria di alcol e tabacco legalmente acquistato nei porti della Manica.
I ripetuti aumenti dell’accisa da parte dei laburisti sono serviti a convogliare reddito che avrebbe dovuto giungere ai dettaglianti della mia circoscrizione attraverso la Manica. Con il passar del tempo anche i posti di lavoro si sono trasferiti da queste contee oltremanica. Le entrate che avrebbero dovuto giungere al Tesoro britannico finiscono invece nelle tesorerie continentali.
La risposta del governo è consista nello spendere questo flusso di reddito in costante calo per ingaggiare sempre più funzionari doganali in un futile tentativo di sorvegliare un sistema nel quale la maggior parte del nostro alcol e del nostro tabacco ormai viene contrabbandato. Questo è il sistema che vergognosamente i deputati laburisti con il loro voto hanno scelto di ripristinare. Io penso che sia deplorevole.
Syed Kamall (PPE-DE). - (EN) Signor Presidente, vorrei soltanto unirmi ai sentimenti espressi dai colleghi appena intervenuti, l’onorevole Lulling, relatrice, e l’onorevole Hannan, rappresentante del sud-est dell’Inghilterra.
Anch’io come membro del Parlamento europeo per Londra, la più grande città al mondo, capitale del più grande paese al mondo, ho ricevuto molte lettere da elettori che lamentano il duro approccio assunto dalle dogane quando, a un dato momento, hanno acquistato alcol o sigarette sul continente per riportarli in patria per proprio uso personale o per un presente a loro familiari o amici.
Che cosa fanno i funzionari doganali nel Regno Unito? Li vessano ponendo domande indagatrici, li scaraventano fuori dalla loro autovettura, anche se sono pensionati, interrogandoli con tono imperioso per scoprire esattamente quanto alcol bevono e quante sigarette fumano in una specie di inquisizione tipo Gestapo. Questo non è il genere di comportamento che ci aspettiamo da funzionari doganali o preposti all’applicazione della legge nel Regno Unito o in Europa. Votando sulla relazione nel modo in cui oggi ci siamo espressi, siamo tornati non solo all’epoca antecedente al 1992, bensì a un periodo ancora precedente in cui la libera circolazione di prodotti era pressoché inesistente.
Milan Gaľa (PPE-DE). – (SK) Signor presidente, ho votato a favore della relazione perché il sovrappeso e l’obesità nell’Unione europea sono fenomeni che hanno registrato un rapido aumento negli ultimi vent’anni, visti i quasi 22 milioni di bambini sovrappeso, cifra che aumenta di 400 000 unità all’anno. Più del 90 per cento dell’obesità infantile è causato da cattive abitudini alimentari e mancanza di attività fisica. Sono bambini che soffrono di gravi disturbi nutrizionali, disturbi articolari, calo delle difese immunitarie e maggiore predisposizione alle malattie.
A seguito dell’approvazione del libro bianco “Una strategia europea sugli aspetti sanitari connessi all’alimentazione, al sovrappeso e all’obesità”, l’attuale direttiva è un risultato positivo per la lotta all’obesità infantile. Ritengo che il programma per potenziare la distribuzione di frutta e verdura nelle scuole europee sia necessario. Dovremmo inoltre prestare maggiore attenzione ai bambini in età prescolare. Tuttavia, consulenza e insegnamento di abitudini alimentari corrette ed equilibrate contribuirebbero maggiormente allo sviluppo di una popolazione sana rispetto al solo programma di distribuzione.
Czesław Adam Siekierski (PPE-DE). – (PL) Signor Presidente, il programma a favore del consumo di frutta nelle scuole, come il programma a favore del consumo di latte nelle scuole e il programma per la distribuzione di cibo agli indigenti nell’Unione europea sono iniziative comunitarie fantastiche, assolutamente indispensabili, che vanno sicuramente sostenute. La distribuzione gratuita di frutta e verdura ai bambini nelle scuole non solo contribuirà a migliorarne lo stato di salute e modificare le loro abitudini alimentari, ma produrrà anche un impatto sociale positivo. Sono favorevole a una serie di proposte della Commissione europea e non credo che desteranno grandi controversie. Nel contempo spero che la signora commissario e in particolare i nostri ministri dell’agricoltura dei 27 Stati membri dell’Unione europea siano un po’ più generosi. Non dobbiamo dimenticare che è in gioco la salute dei nostri figli e su di essa non dobbiamo fare economie.
Hynek Fajmon (PPE-DE). – (CS) Signor Presidente, onorevoli colleghi, ho votato come gli altri membri del PPE-DE della Repubblica ceca contro la relazione Busk sulla frutta e la verdura nelle scuole. Spetta ai genitori la responsabilità principale di una dieta sana per i propri figli. L’Unione europea non ha autorità nell’ambito dell’educazione o della salute. Tali ambiti devono essere amministrati dagli Stati membri in base alle loro preferenze nazionali. Non vi è alcun motivo razionale per il quale l’Unione europea debba utilizzare il denaro dei contribuenti affinché gli alunni abbiano un frutto alla settimana. L’Unione dovrebbe occuparsi di questioni realmente europee come, per esempio, l’abolizione delle barriere alle quattro libertà fondamentali, senza contravvenire al suo stesso proprio della sussidiarietà.
Mairead McGuinness (PPE-DE). - (EN) Signor Presidente, abbiamo percorso molta strada dal tempo in cui cercavano di tenere gli alunni fuori dagli orti perché rubavano le mele all’odierna situazione in cui dimostrano un totale disinteresse per mele od orti. Il programma a favore della frutta va dunque accolto favorevolmente. Il problema è che molti genitori non sono consapevoli dell’importanza della frutta e della verdura, per cui il programma educherà genitori e figli ai benefici che il consumo di frutta e verdura procura per la salute.
Ovviamente la chiave per il successo del programma sta nelle mani degli Stati membri. Non vogliamo un programma complicato, rigorosamente basato su norme. Vogliamo invece flessibilità e dobbiamo impegnarci soprattutto con gli insegnanti che distribuiranno frutta e verdura e con i genitori in maniera che assicurino che i bambini mangino frutta e verdura e la apprezzino sviluppando abitudini alimentari sane che dureranno per tutta la vita.
Ewa Tomaszewska (UEN). – (PL) Signor Presidente, spesso nelle città americane si vedono adolescenti che pesano più di 150 chili. Non voglio che da noi si commetta lo stesso errore. La promozione di modelli alimentari sani e il consumo di prodotti più sani, non ingrassanti, nell’infanzia e nell’adolescenza sono un investimento nella salute delle future generazioni che consentirà anche di ottenere un risparmio sui costi del trattamento di diabete e disturbi ossei e cardiovascolari.
Per questo un programma troppo modesto sarà inefficace nella pratica, sia in termini sanitari sia in termini economici. Ho appoggiato pertanto l’emendamento n. 7, che quadruplica la spesa minima per la frutta destinata ai bambini nelle scuole garantendo così una posizione di frutta o verdura almeno quattro volte alla settimana, non soltanto una. Sono lieta che l’emendamento sia stato proposto dalla Commissione. L’introduzione del programma non dovrebbe dipendere dalla disponibilità dei genitori a cofinanziarlo e anche i figli dei genitori più poveri dovrebbero avere la possibilità di ricevere frutta gratuita a scuola, per cui i fondi destinati al programma vanno aumentati.
Ivo Strejček (PPE-DE). - (EN) Signor Presidente, desidero spiegare perché ho votato contro la relazione degli onorevoli Berès e Langen. In tal senso sottolineerò almeno tre punti.
Il primo è che la relazione chiede un coordinamento maggiore e più articolato tra politiche nazionali economiche e finanziarie. Il secondo è che essa comporterà una politica fiscale molto coordinata che richiederà un’unificazione politica. Il terzo è la conseguenza di tale unificazione politica.
Non condivido l’idea che il coordinamento politico, eliminando le differenze nazionali tra gli Stati membri, possa diventare il rimedio e la risposta risolutiva agli attuali problemi dell’Unione europea, vale a dire la libera circolazione dei lavoratori e la libera circolazione di capitali e servizi.
Czesław Adam Siekierski (PPE-DE). – (PL) Signor Presidente, dal punto di vista dei 10 anni di esistenza dell’unione economica e monetaria, dobbiamo chiederci se realmente associamo il simbolo dell’euro alla prosperità e alla stabilizzazione. Non vi è dubbio che la risposta a questa domanda è una sola. Pur riconoscendo che vi sono stati alcuni aspetti negativi dell’adozione della moneta comune, come gli aumenti di prezzo nella fase iniziale, va sottolineato che l’euro è diventato una delle principali valute al mondo.
L’unione economica e monetaria ha contribuito alla crescita e alla stabilità economica degli Stati membri e ha anche avuto un impatto favorevole sul commercio internazionale, che va a beneficio dell’Unione. L’impatto positivo dell’euro è risultato particolarmente chiaro di recente, nel momento in cui la crisi finanziaria mondiale ci ha mostrato i vantaggi di un tasso di cambio stabile.
Siiri Oviir (ALDE). – (ET) Signor Presidente, desidero spiegare il mio voto. Mi sono astenuta all’atto della votazione sulla revoca dell’immunità parlamentare all’onorevole D’Alema perché essendo un avvocato nutro riserve circa l’autorità parlamentare al riguardo e non ho il diritto né l’intenzione di interferire con gli affari interni dell’Italia.
Gyula Hegyi (PSE). – (HU) Signor Presidente, in veste di relatore per parere della commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare, apprezzo il risultato della votazione. Stiamo parlando di una tecnologia che, se tutto va bene, può rappresentare una parziale soluzione al cambiamento climatico, ma non dobbiamo permettere che distolga la nostra attenzione dall’importanza dell’intero pacchetto clima.
I nuovi Stati membri, tra cui l’Ungheria, hanno ridotto notevolmente le emissioni di gas a effetto serra dalla fine degli anni Ottanta. Sarebbe indegno che ora fossero puniti da chi sinora ha aumentato le emissioni nocive. Per questo vorremmo giungere a una distribuzione proporzionata del 10 per cento dei proventi del sistema di scambio delle emissioni di carbonio tra gli Stati membri con PIL pro capite inferiore alla media dell’Unione.
Analogamente vorremmo assegnare il 10 per cento a chi ha ridotto le emissioni negli ultimi 15 anni. La commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare è riuscita a ottenere un’esenzione per i sistemi di teleriscaldamento dalla tassa sull’energia, la cosiddetta climate change levy, risultato che va consolidato nell’interesse di milioni di cittadini europei a basso reddito. Quale relatore per parere della commissione per l’ambiente, mi unisco a tutti coloro che hanno espresso sostegno alla relazione.
Alessandro Battilocchio (PSE), per iscritto. − Voto a favore di questo provvedimento. Il Kazakstan è avviato in un processo di democratizzazione che va più lentamente rispetto alla crescita economica abnorme che il paese ha conosciuto negli ultimi anni: è ingente la presenza di imprenditori stranieri che stanno investendo grandi capitali in questa ex Repubblica sovietica. L’Unione europea, in questo contesto, deve rappresentare uno stimolo costante ad una azione che punti ad un aumento degli spazi di libertà, democrazia e giustizia sociale per i cittadini kazaki, non solo un partner commerciale con crescenti interessi. Sviluppo economico e democrazia debbono camminare di pari passo.
Dragoş Florin David (PPE-DE), per iscritto. – (RO) Durante la procedura di consultazione ho votato per la relazione che approva la conclusione del protocollo all’accordo di partenariato e cooperazione tra la Comunità europea e la Repubblica di Kazakstan per tener conto anche dell’adesione della Romania e della Bulgaria all’Unione. La relazione contribuirà a stimolare la cooperazione tra Romania e Repubblica del Kazakstan.
Glyn Ford (PSE), per iscritto. − (EN) Ho votato a favore della relazione Saryusz-Wolski su un accordo di partenariato e cooperazione tra la Comunità europea e il Kazakstan. L’ho fatto nonostante le mie persistenti riserve in merito ai risultati ottenuti nel caso dei diritti umanitari dal governo di tale paese. E’ importante che Parlamento e Commissione continuino a monitorare la situazione in Kazakstan. Se dovesse peggiorare o non migliorare nei prossimi dodici mesi, dovremmo intervenire sospendendo l’accordo.
Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Esprimo il mio voto favorevole alla relazione del collega Saryusz-Wolski e, di conseguenza, alla conclusione del protocollo all’accordo di partenariato e di cooperazione tra Comunità europee e Stati membri e Repubblica del Kazakstan.
Mi associo alla posizione del relatore, nonché a quella del Consiglio, nel ritenere che l’esistenza di un accordo di partenariato e di cooperazione con il Kazakstan precedente all’ingresso di Romania e Bulgaria renda necessaria l’elaborazione di un protocollo all’ACP per consentire ai nuovi Stati membri di sottoscrivere l’accordo.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Il documento in questione non altera sostanzialmente il contenuto del regolamento adottato da questo Parlamento nel novembre 2006, che istituiva un partenariato pubblico-privato per sviluppare un sistema europeo di gestione del traffico aereo.
Gli emendamenti ora proposti in merito al regolamento sono volti a riconoscere il SESAR (sistema europeo di gestione del traffico aereo di nuova generale) quale organo comunitario consentendo l’applicazione al suo personale dello statuto dei funzionari delle Comunità europee. Sono inoltre previsti emendamenti che concernono la quantificazione del contributo comunitario e il suo trasferimento al SESAR con un tetto massimo di 700 milioni di euro provenienti in parti uguali dal bilancio del settimo programma quadro per la ricerca e lo sviluppo tecnologico e da quello del programma per la rete transeuropea.
La costituzione di tale impresa rappresenta un precedente pericoloso nell’uso del denaro pubblico per scopi privati. Per aggiornare e migliorare i sistemi di gestione del traffico aereo, anche per quanto concerne l’affidabilità, garantendo in tal modo la sicurezza dei professionisti e degli utilizzatori dello spazio aereo, si sarebbe potuto assumere l’approccio del settore pubblico. Riteniamo che tali obiettivi non saranno affatto conseguiti meglio subordinandoli agli interessi e alle pressioni del settore privato. Per questo non abbiamo appoggiato la relazione.
David Martin (PSE), per iscritto. − (EN) La proposta ha un impatto finanziario positivo notevole sul programma europeo di ammodernamento delle infrastrutture di controllo del traffico aereo. Sono a favore della proposta ritenendo che i fondi che essa consentirà di risparmiare potranno essere investiti in attività di ricerca, sviluppo e convalida a beneficio dell’intera comunità.
Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Intendo dichiarare il mio voto favorevole alla relazione della collega Niebler sulla costituzione di un’impresa comune per la realizzazione del SESAR, il sistema europeo di nuova generazione per la gestione del traffico aereo.
E’ evidente come i progetti comunitari di ampia portata nel settore della ricerca e dello sviluppo tecnologico, necessitino di uno sforzo comune da parte del settore pubblico e privato per produrre effetti benefici duraturi. In tal caso ritengo che una gestione del traffico aereo armonizzata di nuova generazione sia necessaria per sostenere sul piano economico e ambientale la futura crescita del traffico aereo nei cieli europei. Credo, perciò, che la costituzione di un’impresa comune al riguardo sia fortemente auspicabile. E’ tuttavia mia intenzione sottolineare l’esigenza di apprendere dalle esperienze passate (mi riferisco in questo caso alla liquidazione dell’impresa comune Galileo) e prevedere una definizione più chiara dello status che tale soggetto debba assumere, affinché i benefici del progresso scientifico-tecnologico non siano ostacolati da problemi di ordine burocratico e giuridico.
Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Dichiaro il mio voto in favore della relazione della collega Wallis sulla codificazione delle iscrizioni regolamentari dei veicoli a motore a due o tre ruote. Considerando che la direttiva relativa alle iscrizioni regolamentari di tali tipi di veicoli è stata modificata a più riprese, ritengo che la codificazione sia necessaria ai fini di una maggior comprensione e accessibilità dei cittadini a tale normativa comunitaria e, di conseguenza, alla possibilità di far valere i diritti da essa sanciti.
Luca Romagnoli (NI, per iscritto. − Dichiaro il mio voto favorevole alla relazione del collega Mayer relativa alla conclusione della convenzione concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale. Mi associo al parere del collega nel ritenere che la proposta avanzata dalla Commissione e diretta a sostituire la Convenzione di Lugano del 1988 possa contribuire a rendere il sistema di decisioni più rapido ed efficace negli ambiti interessati, tra i quali spicca la registrazione e la validità dei diritti di proprietà intellettuale.
Šarūnas Birutis (ALDE), per iscritto. – (LT) La proposta è particolarmente importante perché l’applicazione della procedura di regolamentazione con controllo rafforza enormemente i diritti del Parlamento europeo di osservare l’applicazione delle misure di esecuzione. Al Parlamento europeo viene concesso il diritto di controllare un progetto di misura di esecuzione. Sono inoltre previste integrazioni dei regolamenti di base che concedono al Parlamento europeo di opporsi a un progetto di misura o proporre modifiche a un progetto di misura di esecuzione.
Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Mi dichiaro in favore dell’ottima relazione della collega Berès sulla modificazione del regolamento del Consiglio concernente il Sistema europeo dei conti nazionali e regionali nelle Comunità con riguardo alle competenze esecutive della Commissione. In seguito all’introduzione della nuova procedura di comitato, ossia la procedura di regolamentazione con controllo, la quale estende i poteri di controllo del Parlamento sulle misure di esecuzione, ritengo sia necessario portare avanti il processo di adeguamento generale previsto dalla Commissione, affinché la nuova procedura possa essere efficacemente applicata.
Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Tra il 2007 e il 2008 l’Italia ha presentato domande per licenziamenti per esubero in Sardegna (1 044 licenziamenti, 5 imprese), Piemonte (1 537, 202), Lombardia (1 816, 190) e Toscana (1 588, 461) a seguito della liberalizzazione del settore del tessile e dell’abbigliamento. Per complessivi 5 985 licenziamenti in 858 imprese, l’Italia chiede un contributo finanziario di 38 158 075 euro.
Come si è detto in precedenza, il fondo non può essere utilizzato come “ammortizzatore” temporaneo per costi socioeconomici insostenibili risultanti dalla liberalizzazione del commercio, soprattutto nel settore del tessile e dell’abbigliamento, né per la crescente insicurezza dei lavoratori.
Vista la (potenziale) scadenza il 31 dicembre 2008 del sistema di sorveglianza con duplice controllo per le esportazioni di alcune categorie di prodotti tessili e di abbigliamento provenienti dalla Cina, dobbiamo istituire meccanismi che limitino le importazioni da qualunque paese nell’Unione.
Considerato inoltre il numero crescente di imprese che stanno chiudendo i battenti o rilocalizzando la produzione, l’aumento della disoccupazione e il maggiore sfruttamento dei lavoratori, soprattutto in Portogallo, dobbiamo fermare la politica di liberalizzazione del commercio mondiale (istigata dalla Comunità e dal governo socialista in Portogallo) e difendere la produzione e l’occupazione con diritti nei vari paesi dell’Unione.
Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) La mobilitazione del fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione su richiesta dell’Italia offre un’opportunità eccellente per valutare le risposte che in futuro occorrerà dare quando gli effetti combinati della globalizzazione e della crisi economica diventeranno ancora più gravi. Il formato di tale fondo, basato su principi di portata limitata, lascia intendere che l’Unione europea vede la globalizzazione come un dato di fatto e i suoi effetti negativi come una realtà alla quale è necessario adattarsi, non opporsi. A mio parere è una visione realistica potenzialmente in grado di essere molto efficace.
Comprendere i cambiamenti che intervengono a livello globale e convogliare gli sforzi per reagirvi è più corretto che credere di potervi sfuggire all’infinito o persino che l’opposizione sia di per sé virtuosa. L’adeguamento alla globalizzazione è un’alternativa politica più appropriata rispetto all’opposizione.
Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Mi dichiaro in favore della relazione del collega Böge sulla mobilitazione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione. Concordo nel ritenere che le richieste avanzate dalle quattro regioni italiane siano conformi ai requisiti per la determinazione del contributo finanziario così come previsto dal regolamento CE e siano in linea con le motivazioni alla base della costituzione del fondo. Oggi più che mai è necessario aiutare quei lavoratori che hanno perso il proprio lavoro a causa dei cambiamenti nella struttura del commercio mondiale e assisterli per il reinserimento nel mercato del lavoro. Per questo appoggio la richiesta di mobilitazione del fondo così come emerge dalla relazione del collega.
Philip Claeys (NI) , per iscritto. – (NL) Ho votato contro la relazione per vari motivi. Non vi è stata alcuna discussione seria in commissione. Soltanto 7 dei 28 membri erano presenti. In realtà non è stato neanche possibile avere una discussione in plenaria. Persino prima del voto in commissione, quando all’onorevole Vanhecke non è stato consentito di prendere visione del contenuto della relazione, l’argomento è stato dibattuto dalla televisione pubblica fiamminga. E’ oltraggioso. Peggio ancora, però, è la conclusione della relazione in cui si raccomanda la revoca dell’immunità sebbene l’onorevole Vanhecke non sia l’autore del testo controverso e la costituzione belga chiaramente stabilisca che soltanto l’autore, se noto, può essere perseguito.
Per una questione meschina, l’onorevole Vanhecke corre il rischio di perdere i propri diritti politici poiché la separazione dei poteri e l’indipendenza dei tribunali belgi esistono soltanto in teoria. Il tutto è una manovra politica per estromettere un leader dell’opposizione nazionalista fiamminga. E’ deplorevole che il Parlamento europeo si lasci sfruttare per uno scopo del genere.
Carl Lang (NI), per iscritto. – (FR) Sia la commissione giuridica sia i membri dei gruppi politici in plenaria oggi hanno nuovamente dimostrato quanto reputino poco importanti l’imparzialità e il rispetto per la legge rispetto alla loro ossessione di liberarsi da tutti coloro che non fanno parte della grande famiglia degli eurofederalisti.
Il collega Vanhecke è il bersaglio di una vera e propria caccia alle streghe in Belgio il cui solo scopo è condannarlo e costringerlo a ritirarsi dalla scena politica. Il Parlamento europeo ha dimenticato che, quando uno Stato chiede la revoca dell’immunità parlamentare, ha il dovere di applicare appieno le norme relative alla tutela degli eurodeputati previste dal regolamento.
Come l’onorevole Gollnisch, che si è visto revocare l’immunità parlamentare unicamente per motivi politici nel 2006, l’onorevole Vanhecke è anch’egli vittima di ciò che rappresenta un vero e proprio assalto sferrato trasformando una questione giuridica in una questione politica. E’ inammissibile per un’istituzione che si vanta, a torto, di essere democratica.
Fernand Le Rachinel (NI), per iscritto. – (FR) Il 13 ottobre 1981, nell’emiciclo dell’assemblea nazionale francese, André Laignel, parlamentare socialista, pronunciava la sua famosa replica ai parlamentari dell’opposizione sostenendo che le nazionalizzazioni volute dal governo erano incostituzionali. Egli asseriva che stavano trasformando il dibattito giuridico in dibattito politico e, sebbene avessero il diritto di farlo, nella fattispecie erano in torto dal punto di vista legale perché politicamente in minoranza.
Il Parlamento europeo ha evidentemente preso la frase alla lettera perché si sta liberando di tutti coloro che osano infastidirlo con posizioni politiche ritenute non sufficientemente federaliste o europeiste per i suoi gusti.
Il collega Vanhecke è il bersaglio di una vera e propria caccia alle streghe in questo Parlamento, al quale è stato legittimamente eletto. Questa istituzione ha assolutamente torto nell’accettare ignominiosamente l’inaccettabile: linciare uno dei suoi membri deridendo tutti i principi legali e le tutele giuridiche connesse all’immunità parlamentare attualmente in vigore.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. − (DE) In riferimento alla relazione e alla corrispondente azione legale intrapresa dalle autorità belghe, va detto inequivocabilmente che l’intero processo, soprattutto il procedimento giudiziario, rappresenta una persecuzione per motivi squisitamente politici dell’ex leader del partito Vlaams Belang, Frank Vanhecke. L’onorevole Vanhecke ha ricevuto la citazione due giorni dopo aver lasciato la leadership del partito.
E’ anche chiaro che, mancando soltanto sei mesi alle elezioni europee, lo scopo è infangare il nome del candidato del Vlaams Belang per motivi politici. Secondo la costituzione belga, sarebbe stato peraltro giuridicamente necessario perseguire l’autore dell’articolo, dato che la sua identità è nota, anziché l’editore. Ribadisco dunque con veemenza che non possiamo ritenere che un procedimento penale per motivi politici legittimi la revoca dell’immunità parlamentare per l’onorevole Vanhecke e questa caccia alle streghe da parte delle autorità giudiziarie belghe deve essere condannata con la massima fermezza. Una situazione analoga si era verificata nel 2003 con un’azione penale ai danni dell’onorevole Cohn-Bendit del gruppo Verts/ALE, all’epoca respinta dalla commissione perché si era sospettata l’esistenza di motivi politici. In questo caso le circostanze sono identiche, se non addirittura più chiare, per questo mi vedo costretto a votare contro la proposta.
Frank Vanhecke (NI), per iscritto. − (NL) Svanite tutte le mie illusioni, devo dire che il Parlamento europeo si sta trasformando nel deplorevole complice di un linciaggio politico di massa a opera dei tribunali belgi. Alla presenza di 7 dei 28 membri, ho avuto a disposizione 20 minuti dinanzi alla commissione giuridica per difendermi su un fascicolo di centinaia di pagine. In plenaria, contrariamente all’articolo 7 del nostro regolamento, non mi è stata concessa affatto l’opportunità di parlare del mio caso.
Se fosse successo in Russia, grideremmo tutti allo scandalo. Quanto a me, tengo alta la testa e continuo a schierarmi per la libertà di espressione nelle Fiandre come in Europa, non da ultimo quando si tratta di immigranti e del pericolo dell’islam.
Marco Cappato (ALDE), per iscritto. − Come delegazione Radicale, insieme a Marco Pannella, votiamo contro il rapporto Lehne sull’immunità dell’on. D’Alema perché giunge a conclusioni illogiche, che possono solo nascere da motivazioni – o da riflessi – di autodifesa del ceto politico italiano ed europeo.
Il rapporto sostiene che la richiesta di autorizzazione a procedere è infondata perché il materiale intercettato è già sufficiente a sostenere le accuse contro gli indagati. Qualora la richiesta del PM fosse invece destinata all’imputazione dell’on. D’Alema, tale richiesta sarebbe infondata, non avendo il Parlamento a pronunciarsi secondo la normativa italiana.
Ma se davvero il materiale intercettato è inutile e la richiesta infondata e addirittura non necessaria, per quale motivo il Parlamento europeo dovrebbe decidere di "non autorizzare l’utilizzazione delle intercettazioni telefoniche in questione e di non revocare l’immunità dell’on. Massimo D’Alema" come proposto dal rapporto? Perché non adeguarsi alla decisione del Parlamento italiano che nell’ambito della stessa inchiesta ha concesso l’autorizzazione a procedere nei confronti dell’on. Fassino?
Diamo volentieri atto al gruppo ALDE di avere deciso, con la scelta dell’astensione, di non aggregarsi alla sodale unità del gruppo Popolare europeo e del gruppo Socialista europeo in questa dubbia decisione.
Adam Bielan (UEN), per iscritto. – (PL) Negli ultimi anni sul mercato sono comparsi molti nuovi prodotti finanziari. La crescente complessità di tali prodotti rende i consumatori sempre più indifesi e, spesso, non in grado senza un’assistenza specializzata di individuare l’offerta di finanziamento più adatta alle loro esigenze. Ciò conduce a molte decisioni sbagliate, soprattutto da parte dei meno abbienti.
In Polonia, assistiamo a molti casi di frode o semplicemente situazioni in cui i consumatori prendono decisioni finanziarie inadeguate inconsapevoli delle loro implicazioni. In tali circostanze, un’educazione finanziaria è fondamentale ed è il modo migliore per proteggere i consumatori dal pericolo di prendere decisioni sbagliate.
Šarūnas Birutis (ALDE), per iscritto. – (LT) L’educazione finanziaria è un tema importante all’ordine del giorno dell’Unione europea, soprattutto nel clima di crisi finanziaria in cui stiamo vivendo. I consumatori hanno bisogno di acquisire competenze di base che li aiutino a scegliere e comprendere appieno informazioni e offerte. I consumatori si trovano di fronte a un’offerta crescente di prodotti e servizi sempre più complessi. Nel frattempo, l’informazione e la consulenza proposta ai consumatori non corrisponde al livello di complessità dei prodotti finanziari. A causa di tale situazione, la vulnerabilità dei consumatori in campo finanziario aumenta.
Riducendo le lacune a livello di conoscenze e competenze finanziarie dei consumatori e degli intermediari finanziari, il rischio di sovraindebitamento, insolvenza o fallimento diminuirebbe anch’esso. Vi sarebbe inoltre un aumento della concorrenza tra finanziatori e dell’efficienza generale del mercato in quanto consumatori con maggiori conoscenze possono comprendere in che misura differiscono le varie offerte finanziarie e scegliere quella che meglio risponde alle loro esigenze. Conoscenze e competenze non sono attualmente sufficienti per garantire che i consumatori gestiscano correttamente le proprie finanze.
Dragoş Florin David (PPE-DE), per iscritto. – (RO) Ho votato a favore di un’educazione finanziaria imparziale, giusta e trasparente, nonché a favore dell’obbligo per i fornitori di servizi che operano in tale ambito di offrire informazioni adeguate e corrette. Le informazioni devono essere chiaramente distinte dalla pubblicità o dalla consulenza commerciale. Spero che gli Stati membri prestino particolare attenzione ai gruppi maggiormente a rischio come giovani, pensionati o lavoratori a fine carriera.
Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. – (FR) Come molti testi in quest’Aula, la relazione dell’onorevole Iotova è un esempio di un’idea apparentemente valida con un titolo ingannevole. Una lettura sommaria potrebbe indurre a credere che la relazione riguarda la tutela dei consumatori informandoli dei loro diritti ed educandoli ai servizi finanziari, ossia in sintesi consentendo loro di intrattenere un rapporto informato e responsabile con il proprio istituto bancario.
In realtà, si tratta di trasformare i cittadini sin dall’infanzia (dalla scuola primaria, così pare) in piccoli clienti perfetti di un sistema finanziario avido dei loro risparmi, ma avaro quando si tratta di prestiti, persuadendoli ad accettare ogni sorta di prodotti finanziari che gli pseudo-iniziati definiscono complessi, ma che nella maggior parte dei casi sono semplicemente assurdi, e fare saggiamente i loro calcoli accantonando una pensione (nelle banche!) anche se versano contributi altrove ai regimi pensionistici obbligatori.
In un momento in cui il sistema finanziario mondiale ha appena dimostrato la sua perversità, le banche sono riluttanti a concedere finanziamenti a imprese e singoli nonostante le centinaia di miliardi di aiuti pubblici erogati, i lavoratori e le piccole e medie imprese stanno pagando il prezzo di una follia finanziaria sempre di attualità, mentre i “grandi” del pianeta fanno finta di intraprendere riforme per prolungare la vita di questo sistema, il meno che si possa dire è che l’odierna relazione non ci convince affatto.
Małgorzata Handzlik (PPE-DE ), per iscritto. – (PL) In questo momento di crisi finanziaria, la presente relazione ha assunto una nuova importanza perché la crisi ipotecaria ha rivelato i pericoli che derivano dal non fornire ai mutuatari informazioni appropriate, ma ha anche dimostrato l’incapacità dei consumatori di comprendere le informazioni finanziarie ed economiche e l’impatto di eventuali variazioni degli indicatori macroeconomici sul rimborso dei finanziamenti, da cui la loro inconsapevolezza del rischio di insolvenza ed eccessivo indebitamento.
La relazione richiama l’attenzione sulla necessità di educare i consumatori e sensibilizzarli consentendo loro di sfruttare le proprie conoscenze per valutare i prodotti finanziari offerti. Sostengo dunque l’iniziativa che esorta a sviluppare programmi di educazione finanziaria, specialmente quelli elaborati pensando ai potenziali utenti, che tengono conto di fattori specifici quali età, reddito, livello di istruzione e campo di attività o interessi. Inoltre, i programmi di educazione finanziaria devono basarsi su situazioni pratiche e concrete che incontriamo nella vita quotidiana.
Spero che la relazione aiuti gli istituti finanziari, nonché i consumatori stessi, a capire il bisogno di educazione finanziaria. Penso che ambedue le categorie possano beneficiarne perché l’insolvenza e l’indebitamento eccessivo dei consumatori costituiscono un problema per gli istituti finanziatori i cui clienti stanno avendo difficoltà nel rimborsare il proprio debito.
Ian Hudghton (Verts/ALE), per iscritto. − (EN) Ho votato a favore della relazione Iotova sull’educazione dei consumatori in materia di credito e finanza. Il mondo sta entrando in un’epoca di grande incertezza finanziaria e molti cittadini europei temono per il posto di lavoro, i risparmi, la pensione e il futuro. In un siffatto periodo di incertezza, la sensibilizzazione dei consumatori al credito, al debito e alla finanza in generale è certamente più importante che mai. L’odierna relazione chiede che l’educazione finanziaria sia personalizzata per gruppi specifici e iniziative del genere a livello europeo non possono che essere apprezzate.
Eija-Riitta Korhola (PPE-DE), per iscritto. − (FI) Ho votato a favore della relazione Iotova sul miglioramento dell’educazione e la sensibilizzazione dei consumatori in materia di credito e finanza, una relazione di iniziativa della commissione necessaria e apprezzabile.
La crisi causata dai prestiti subprime (credito edilizio ad alto rischio) ha dimostrato che i mutuatari sono stati tenuti troppo all’oscuro. Questa mancanza di informazione e comprensione ha portato a una situazione in cui non sono pienamente consapevoli dei rischi legati all’insolvenza e all’eccessivo indebitamento. Va detto inoltre che la sensibilizzazione dei consumatori e la consulenza offerta loro non hanno tenuto il passo dell’evoluzione dei prodotti finanziari sempre più complessi.
Un livello adeguato di know-how finanziario in molti casi ridurrebbe il rischio di sovraindebitamento e insolvenza dando anche ai consumatori più strumenti per raffrontare la competitività dei finanziatori, il che a sua volta promuoverebbe la sostenibilità del mercato.
Appoggio in particolare il suggerimento contenuto nella relazione di includere l’educazione finanziaria in maniera più visibile nei programmi scolastici al fine di fornire ai giovani tutte le informazioni finanziarie di cui hanno bisogno per intraprendere la carriera professionale posti di fronte a nuove sfide in merito all’uso del loro nuovo reddito.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. − (DE) Abbiamo bisogno di trattare equamente investitori e mutuatari con lunghi termini di prescrizione e l’inversione dell’onere della prova. Rischi e costi devono essere evidenti e raffrontabili sin dall’inizio. Nel caso specifico di Lehman Brothers, privati cittadini sono stati oggetto di un raggiro di massa. Per esempio, si è detto loro che certificati azionari rischiosi erano sicuri e si è persino consigliato loro di non vendere poco prima che Lehman fallisse. Ora i cittadini si vedono confrontati con un’ondata di conversioni forzate dei loro prestiti in valuta straniera o sono tenuti a pagare i maggiori costi di rifinanziamento delle banche, contrariamente alla politica pubblica.
In tale situazione dire semplicemente ai cittadini che sono stupidi e chiedere una lezione generale di “educazione finanziaria” è un vero e proprio insulto, soprattutto alla luce del fatto che neanche coloro che si definiscono i guru della finanza sono stati in grado di penetrare nei vari strati della speculazione. Chiedendo una maggiore efficienza del mercato anziché una maggiore concorrenza tra finanziatori, la relazione continua a servire il mito di un mercato che si autoregolamenta. Non vi sono parole sufficienti per esprimere la mia ripulsa per questo testo.
Nicolae Vlad Popa (PPE-DE), per iscritto. – (RO) Ho votato a favore della relazione redatta dalla collega Iotova in quanto incoraggia gli Stati membri a sviluppare programmi educativi per i pensionati che potrebbero essere a rischio di esclusione finanziaria, nonché per i giovani che intraprendono la carriera professionale e si trovano a dover stabilire come fare un uso appropriato del loro nuovo reddito.
Per consumatori che non hanno alcuna conoscenza finanziaria è difficile scegliere prodotti e servizi che rispondono al meglio alle loro esigenze. E’ arduo per loro valutare la consulenza ricevuta e, pertanto, possono essere fuorviati e cadere vittima di pratiche di vendita sleali.
Apprezzo le iniziative intraprese dalla Commissione nel campo dell’educazione finanziaria dei consumatori e, soprattutto, la recente creazione del gruppo di esperti sull’educazione finanziaria. Penso però che a tale gruppo occorra attribuire responsabilità e poteri chiari.
Il sito web già creato dalla Commissione per educare i consumatori (http://www.dolceta.eu) si è dimostrato utile. Spero che tale strumento online continui a essere sviluppato e aggiornato in tutte le lingue ufficiali.
Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Uno dei fattori più significativi della crisi finanziaria è stato l’estrema facilità dell’offerta o l’eccessiva tolleranza del debito. Le conclusioni che dobbiamo trarne sono innanzi tutto che parrebbe opportuno imporre alle banche l’obbligo di sincerarsi della capacità/probabilità di rimborso del debito di coloro che vengono finanziati, viste la realtà della crisi e le sue cause. Nel contempo, la mancanza di consapevolezza da parte dei consumatori dei rischi associati al credito, a iniziare dalla questione delle variazioni dei tassi di riferimento, suggerisce che qualunque azione volta ai consumatori possa e debba essere intrapresa. Ovviamente con campagne di questo tipo sarà difficile contrastare le pressioni di un modello economico basato sul massimo consumo, ma l’impegno di sensibilizzazione è necessario e, a nostro avviso, utile.
In ogni caso, la relazione dovrebbe incoraggiare una maggiore trasparenza e la definizione di norme più chiare nelle condizioni che regolamentano i servizi forniti dai finanziatori. Quanto all’educazione in materia di credito o qualunque altro tipo di consumo, l’elemento più importante è l’educazione in generale che dota i cittadini degli strumenti per prendere quotidianamente decisioni.
Šarūnas Birutis (ALDE), per iscritto. – (LT) La fiducia dei consumatori europei è fondamentale affinché il mercato interno funzioni in maniera efficiente e prosperi. Il mercato comune rappresenta circa 500 milioni di consumatori e una grande varietà di prodotti e servizi.
Dal 1997 la Commissione usa la pagella del mercato interno per monitorare e richiamare l’attenzione sul modo in cui gli Stati membri attuano gli atti giuridici su tale mercato. La pagella dei mercati dei beni al consumo mette in luce le aree problematiche, per cui può essere uno strumento universale e flessibile per segnalare lacune che meritano l’attenzione della società, dei soggetti che operano sul mercato e delle istituzioni. Ciò nonostante, lo scopo della pagella non è mai stato quello di fornire informazioni al consumatore sul mercato interno ed è importante rettificare tale convinzione. Dobbiamo garantire che il mercato funzioni il meglio possibile e ai consumatori siano offerti servizi il cui prezzo e la cui qualità rispondano alle loro aspettative. A tal fine non è necessario adottare atti giuridici ulteriori o più restrittivi. Talvolta un metodo più appropriato ed efficace può consistere nell’informazione, nell’educazione o nell’autoregolamentazione.
Małgorzata Handzlik (PPE-DE ), per iscritto. – (PL) Il mercato unico non è soltanto al servizio delle imprese, che grazie alla successiva abolizione delle barriere hanno a portata di mano praticamente l’intero mercato europeo. Esso è stato anche creato pensando ai consumatori per consentire loro di beneficiare degli stessi standard in tutti gli Stati membri.
La pagella dei mercati dei beni al consumo rappresenta uno strumento per monitorare, analizzare e identificare gli eventuali problemi del mercato unico dal punto di vista del consumatore. A tal fine, essa utilizza indicatori tra cui prezzi, reclami, soddisfazione e cambiamenti di fornitore. Nonostante il fatto che alcuni risultati della pagella paiano opinabili, per esempio i prezzi, visto che, per quanto semplici da comunicare e raffrontare, sui prezzi finali incidono molte variabili che non sempre si riflettono nella pagella, gli indicatori rappresentano senza dubbio un metodo estremamente utile e appropriato per valutare i risultati del mercato unico per i consumatori.
Vorrei sottolineare che questa è una prima versione della pagella dei mercati dei beni al consumo. Possiamo pertanto ipotizzare un’ulteriore versione che risponda alle nostre preoccupazioni. E’ importante che la pagella sia scritta in una lingua comprensibile e facilmente interpretabile da un’ampia gamma di utenti perché i suoi risultati sono indubbiamente una fonte interessante di informazioni in merito ai risultati del mercato unico per i consumatori.
Jan Andersson, Göran Färm, Anna Hedh, Inger Segelström e Åsa Westlund (PSE), per iscritto. − (SV) I socialdemocratici svedesi al Parlamento europeo hanno votato a favore della relazione sulla proposta di direttiva del Consiglio concernente il regime generale delle accise e vorrebbero in particolare sottolineare l’importanza dell’adozione dell’emendamento n. 48 sui livelli indicativi per l’importazione di alcol e tabacco. La riduzione (50 per cento in meno rispetto ai precedenti livelli indicativi indicatori) rappresenta un passo nella giusta direzione verso una politica più responsabile che consideri seriamente la salute pubblica. Vorremmo tuttavia ribadire che lo consideriamo soltanto un primo passo verso una politica più ambiziosa in tale ambito. Siamo inoltre lieti che gli emendamenti nn. 60 e 68 siano stati respinti. Di conseguenza, l’accisa continuerà a essere riscossa nel paese di destinazione.
Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. − (SV) Junilistan ha scelto di votare a favore della relazione in quanto è del parere che contribuirà a offrire l’opportunità di unificare i requisiti per gli sforzi profusi a livello nazionale per quanto concerne la politica sanitaria con un mercato interno libero. Abbiamo però scelto di votare contro alcune proposte che presentano toni federalisti troppo accentuati.
Junilistan ritiene in linea generale che sia estremamente importante poter perseguire la politica svedese in materia di alcolici nel rispetto dei valori e delle decisioni del parlamento svedese. Per esempio, per la vendita di alcolici a distanza è previsto il pagamento dell’accisa nel paese di destinazione, il che non sarebbe possibile se gli emendamenti fossero adottati in quanto ciò tra l’altro significherebbe, viceversa, che le disposizioni relative ai prodotti acquistati da privati cittadini sarebbero estese ai venditori a distanza, per cui l’accisa verrebbe pagata nello Stati membro di acquisto dei prodotti. Poiché i costi sostenuti a causa dei problemi nazionali di sanità pubblica, come le malattie legate all’uso di alcol e tabacco, sono in larga misura finanziati con il prelievo fiscale nazionale, la proposta concernente la libertà dall’accisa in relazione alla vendita a distanza ostacolerebbe la futura possibilità per il settore pubblico di gestire efficacemente i problemi di sanità pubblica.
Sussiste anche un problema dal punto di vista della concorrenza in quanto un venditore a distanza potrebbe offrire lo stesso prodotto degli operatori nazionali a un prezzo nettamente inferiore semplicemente perché l’accisa non viene pagata nello stesso paese. La Junilistan è favorevole alla concorrenza, ma è del parere che gli operatori debbano competere in condizioni di parità.
David Martin (PSE), per iscritto. − (EN) Sostengo la presente direttiva che limiterà i casi di frode e contrabbando che riducono le entrate dello Stato. La direttiva ammodernata e semplificata ridurrà gli obblighi posti a carico degli operatori consentendo loro nel contempo di combattere più efficacemente le frodi in materia di accisa.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. − (DE) I nostri sistemi fiscali sono assai complessi e in una certa misura realmente trasparenti solo per gli specialisti. Ogni sforzo per migliorare adempimenti e condizioni generali e combattere le frodi è dunque benaccetto, a condizione che si preservi la sovranità degli Stati membri in materia di tassazione e che non si compiano tentativi di armonizzare le aliquote fiscali passando per la porta posteriore.
Parimenti importante è disporre di norme chiare per gli sbocchi di vendita in esenzione di imposta e gli stessi viaggiatori. Il progetto pare avere un siffatto obiettivo e per questo ho votato a favore della relazione Lulling.
Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Comunico il mio voto favorevole sulla relazione presentata dalla collega Lulling, riguardante il regime generale delle accise. La natura delle disposizioni contenute nella proposta della Commissione è decisamente insufficiente a garantire ai privati e alle società dell’UE la libertà di acquistare e vendere merci al di là delle frontiere senza inutili ostacoli di natura fiscale.
Infatti, sebbene la proposta della Commissione comporti alcuni miglioramenti e cambiamenti, come l’articolo 37 (i contrassegni fiscali che gli Stati membri possono imporre non devono comportare un duplice onere fiscale), è necessario estendere le disposizioni che disciplinano l’acquisto da parte di privati alle vendite a distanza, attraverso la creazione di un vero e proprio mercato interno dei prodotti soggetti ad accisa acquistati da privati per uso personale.
Lars Wohlin (PPE-DE), per iscritto. − (SV) Apprezzo il fatto che il Parlamento europeo abbia finalmente cambiato opinione e assunto una posizione più restrittiva per quanto concerne l’alcol. Il risultato dell’odierna votazione sulla relazione Lulling concernente il regime generale delle accise comporterà una riduzione del 50 per cento dei livelli indicativi per l’importazione di alcol. Anche le possibilità di effettuare acquisti in esenzione di imposta presso porti e aeroporti saranno limitate. Un’altra conseguenza della relazione è che nulla impedirà, per esempio, la riscossione dell’accisa svedese sui prodotti ordinati in un altro paese comunitario via Internet. Al riguardo, il Parlamento europeo svolge unicamente un ruolo consultivo. Nondimeno i risultati odierni rappresentano una pietra miliare importante.
John Attard-Montalto (PSE), per iscritto. − (EN) Nell’Unione europea si consuma troppo poca frutta e verdura rispetto alle raccomandazioni dell’OMS che prevedono almeno 400 grammi al giorno. Tra i bambini si registra un’obesità dilagante, fenomeno particolarmente grave a Malta.
Un consumo elevato di frutta e verdura riduce il rischio di contrarre un gran numero di malattie e previene il sovrappeso.
Nel 2007 l’organizzazione del mercato della frutta e della verdura è stata oggetto di una radicale riforma verso un maggiore orientamento del mercato. Ora frutta e verdura sono pienamente integrati nel sistema di pagamento unico.
Un peso eccessivo comporta un maggior rischio di patologie cardiovascolari, diabete, ipertensione e alcune forme tumorali. Il nostro obiettivo sarebbe un consumo giornaliero di 600 grammi a partire dagli 11 anni di età.
La Commissione propone uno stanziamento di 90 milioni di euro sul bilancio comunitario, che corrisponde a un frutto una volta alla settimana per 30 settimane all’anno coprendo i bambini in età dai 6 ai 10 anni.
Per ottenere tutti gli effetti positivi dell’introduzione del programma a favore del consumo di frutta nelle scuole, occorre incrementare i fondi. Un siffatto programma dovrebbe distribuire una porzione di frutta al giorno per alunno e non limitarsi unicamente ai bambini della fascia di età dai 6 ai 10 anni.
Richard Corbett (PSE), per iscritto. − (EN) Accolgo con favore l’adozione della relazione sul programma a favore del consumo di frutta nelle scuole. La proposta produrrà benefici reali per la salute di milioni di bambini europei.
Il finanziamento di frutta gratuita per i bambini nelle suole attraverso il bilancio della politica agricola comune mostrerà ai cittadini europei i benefici tangibili della PAC. Il cofinanziamento del programma da parte dell’Unione e degli Stati membri consentirà l’estensione del programma di distribuzione gratuita di frutta nelle scuole esistente in Inghilterra e la creazione di programmi analoghi in Scozia, Galles e Irlanda del nord.
Per quanto sarebbe apprezzabile un bilancio superiore ai 90 milioni di euro previsti dalla Commissione, come il Parlamento ha sottolineato nella relazione con la richiesta di aumento per portarlo a 500 milioni di euro, la creazione di tale programma consentirà ai bambini di usufruire regolarmente di una distribuzione gratuita di frutta con i benefici che ne conseguono per la salute e una minore probabilità di sviluppare obesità, diabete e altre gravi malattie nel corso della vita. Oltre a procurare vantaggi immediati in termini di salute dei bambini, il programma contribuirà altresì a sviluppare una corretta concezione dell’alimentazione nei cittadini creando un’Europa più sana e riducendo i costi per i sistemi sanitari nazionali.
Hanne Dahl (IND/DEM), per iscritto. − (DA) Junilistan ha votato a favore della relazione nel suo complesso, nonostante il fatto che in linea di principio sia contraria agli aiuti agricoli. Riteniamo importante inculcare nei bambini abitudini alimentari più sane. Siamo però contrari all’obbligo che la frutta sia di origine comunitaria perché in tal modo si crea una sovvenzione indiretta per gli agricoltori europei. Vorremmo infine che la frutta distribuita ai bambini fosse biologica.
Dragoş Florin David (PPE-DE), per iscritto. – (RO) Ho votato a favore di un migliore finanziamento del programma, nonché di una definizione più chiara dei prodotti che possono rientrare nel programma. Le statistiche dimostrano che vi sono circa 22 milioni di bambini sovrappeso nell’Unione, di cui più di 5 milioni obesi, essenzialmente a causa del consumo eccessivo di prodotti con alto contenuto di grassi, zuccheri e sale. In tale contesto, è decisamente necessario che Unione europea e Stati membri si impegnino a creare abitudini alimentari sane, soprattutto mettendo a disposizione una varietà di frutta stagionale. Ho altresì votato a favore dell’aumento del bilancio stanziato per il programma da 90 a 500 milioni di euro perché la somma inizialmente prevista consente soltanto di fornire una porzione di frutta alla settimana a ogni bambino in età compresa tra i 6 e i 10 anni per un periodo di 30 settimane.
Avril Doyle (PPE-DE), per iscritto. − (EN) Per quanto ritenga che i genitori siano in ultima analisi i responsabili della salute dei propri figli e che un programma a favore del consumo di frutta nelle scuole debba essere tanto flessibile da contemplare condizioni locali, regionali e nazionali, apprezzo l’odierna relazione.
L’obesità tra i bambini è dilagante e si calcola che ci sono 22 milioni di bambini sovrappeso nell’Unione, di cui 5,1 obesi. I bambini europei non mangiano abbastanza alimenti sani e occorre mettere a loro disposizione alternative più salutari. Spero che questa proposta possa contribuire ad attenuare il fenomeno dell’obesità infantile.
Lena Ek (ALDE), per iscritto. − (SV) Non vi è dubbio quanto al fatto che mangiare frutta faccia bene ai bambini. Mele, banane e arance prevengono l’obesità e ci mantengono sani. Per un certo verso, pertanto, è comprensibile che molti oggi abbiano votato a favore di una proposta del Parlamento europeo di sovvenzionare la frutta per i bambini nelle scuole dell’Unione europea.
Il problema è semplicemente che la responsabilità del nostro consumo di frutta non rientra nella sfera di competenza della Comunità. In primo luogo è responsabilità dei genitori inculcare abitudini alimentari corrette nei propri figli, in secondo luogo dei comuni, in terzo luogo dello Stato. Essendo federalista, vorrei che le decisioni venissero prese quanto più vicino possibile ai cittadini. E questo è in realtà ciò che vuole anche l’Unione. Secondo l’articolo 5 del trattato CE, decisioni che sarebbe più appropriato prendere a un livello inferiore devono essere prese a tale livello. Ho pertanto votato contro la proposta del Parlamento di portare il bilancio per la frutta da 90 a 500 milioni di euro.
Nell’Unione dovremmo lavorare per ridurre le emissioni, incrementare la mobilità e combattere la criminalità. Più frutta, una migliore attività fisica e meno dolci sono questioni che possono essere affrontate meglio da scuole, genitori e politici locali.
Edite Estrela (PSE), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della relazione Busk concernente la proposta di istituire un programma per distribuire frutta nelle scuole perché credo che il sostegno comunitario alla distribuzione gratuita di tali prodotti ai bambini sia fondamentale per promuovere abitudini alimentari sane nell’Unione europea e, di conseguenza, migliorare i livelli di salute degli europei.
La prevalenza crescente dell’obesità e del sovrappeso nella popolazione europea, soprattutto nell’infanzia, è causata da cattive abitudini alimentari abbinate a uno stile di vita sedentario. Abbiamo dunque bisogno urgentemente di sviluppare misure efficaci per combattere questo fenomeno dilagante, non da ultimo promuovendo abitudini alimentari sane nei primi anni di vita. In collaborazione con le famiglie, le scuole possono svolgere un ruolo fondamentale per insegnare ai bambini a mangiare in maniera sana.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Appoggiamo la relazione alla quale abbiamo contribuito con diverse proposte. Nonostante l’opposizione della Commissione europea, la relazione difende la distribuzione gratuita giornaliera di frutta fresca nelle scuole per migliorare la qualità della salute e della vita dei bambini, specialmente quelli provenienti da contesti più svantaggiati.
Il nostro sostegno a tale programma tiene conto della necessità di incoraggiare i giovani ad apprezzare frutta e verdura, il che avrà un effetto molto positivo sulla salute pubblica e la lotta alla povertà infantile. Tuttavia, per essere efficace, il programma deve essere esteso a una cerchia più ampia di bambini, il che significa che in futuro va esteso ad altre fasce di età e ceti meno abbienti della società. Il programma deve incorporare la preferenza comunitaria nel senso di una priorità attribuita alla produzione nazionale e locale. Inoltre, per garantire una maggiore coesione sociale, i suoi fondi devono provenire dalla Comunità.
Il programma potrebbe fungere da esempio di politica tesa a garantire una vera solidarietà tra paesi. Speriamo che tutto questo non finisca semplicemente per essere un’altra campagna propagandistica e si possa pervenire a un accordo in sede di Consiglio al fine di rendere disponibili i necessari fondi affinché il programma sia applicato efficacemente in tutti i paesi.
Glyn Ford (PSE), per iscritto. − (EN) Appoggio la proposta della commissione per l’agricoltura relativa a un programma a favore del consumo di frutta nelle scuole. Tuttavia, come i miei colleghi laburisti britannici, desidererei mantenere una componente di cofinanziamento nazionale per garantire una maggiore copertura. Parimenti sostengo il riferimento ai prodotti organici, locali e regionali, ma ciò non può sostituirsi interamente alla necessità del massimo valore per il denaro investito o della varietà. Nel sud-est dell’Inghilterra, apprezzerei uno scambio tra le nostre splendide varietà locali di mele e pere e le banane di Cipro e delle Canarie.
Neena Gill (PSE), per iscritto. − (EN) Sono molto lieta che la salute dei nostri figli sia un tema affrontato a livello europeo.
L’obesità infantile è motivo di preoccupazione crescente in Europa e ancor di più lo è nel Regno Unito dove quasi il 25 per cento della popolazione è obeso e il 10 per cento dei bambini è sovrappeso. Molti miei elettori sono giustamente preoccupati dal fenomeno, per cui accolgo con favore un’iniziativa tesa a combatterlo.
Affrontare il tema delle abitudini alimentari nell’infanzia è la chiave per prevenire l’obesità successivamente nella vita ed è dimostrato che il consumo di frutta e verdura riduce il tasso di obesità e i disturbi cardiovascolari.
Nel Regno Unito, l’appeal degli alimenti pronti sta inducendo a sviluppare cattive abitudini alimentari che, a loro volta, costano al nostro servizio sanitario 6 miliardi di sterline all’anno. E’ evidente dunque che sostenere questa iniziativa è anche sensato dal punto di vista economico.
Per questo ho votato a favore della relazione e spero che gli Stati membri sfrutteranno i fondi in maniera efficace per combattere quello che sta diventando un reale problema per i nostri figli.
Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. − (SV) Un’idea già cattiva della Commissione è diventata ancora peggiore a seguito degli emendamenti presentati dalla commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale del Parlamento europeo, soprattutto quello in cui si chiede di aumentare il tetto di spesa da 90 a 500 milioni di euro a discapito dei contribuenti. La commissione sottolinea che questo riguarda unicamente frutta proveniente dal territorio comunitario. La frutta di altra origine è del tutto irrilevante.
La proposta della commissione che, alla grande fratello, dichiara che si dovrebbe distribuire frutta stagionale dando la preferenza alla varietà della frutta in maniera da consentire ai bambini di “scoprirne i diversi sapori” è totalmente ridicola.
Ancora una volta il Parlamento europeo interferisce con la politica in materia di educazione. Gli Stati membri devono “integrare tali misure in modo didattico nel quadro di moduli formativi sulla salute e l’alimentazione nelle scuole”.
La maggioranza di questo Parlamento ha una visione distorta della politica agricola comune. Secondo i parlamentari europei, i contribuenti hanno una cornucopia piena di soldi da sperperare in politica agricola e sviluppo rurale. Grazie a Dio il Parlamento non ha potere di codecisione in tali ambito e la situazione deve assolutamente restare immutata.
Małgorzata Handzlik (PPE-DE ), per iscritto. − (PL) Sono molto lieta per il fatto che oggi abbiamo adottato il programma a favore del consumo di frutta nelle scuole. Nel parere sugli aspetti sanitari associati all’alimentazione, al sovrappeso e all’obesità, adottato dalla commissione per il mercato interno e la tutela dei consumatori, ho scritto che occorre attribuire particolare importanza al problema dell’obesità infantile e adolescenziale perché il sovrappeso è associato al rischio di disturbi cardiovascolari, diabete, ipertensione e alcune forme tumorali.
Il programma a favore del consumo di frutta nelle scuole intende promuovere abitudini alimentari corrette per quanto concerne frutta e verdura insegnando ai bambini nelle scuole come mangiare in maniera sana. Le abitudini alimentari si formano nell’infanzia ed è stato dimostrato che chi impara nell’infanzia a mangiare molta frutta e verdura mantiene una dieta simile anche in età adulta.
La distribuzione di frutta ai bambini nelle scuole sicuramente contribuirà a un maggiore consumo di frutta e verdura tra i giovanissimi, per cui l’impatto del programma sulla prevenzione dell’obesità nei bambini e negli adolescenti europei sarà sicuramente significativo. Inoltre, l’impatto sarà maggiore se il consumo di frutta nelle scuole sarà più che simbolico. Prendo pertanto atto con soddisfazione del voto a favore di un aumento notevole (del quadruplo) del bilancio stanziato per il programma.
Ian Hudghton (Verts/ALE), per iscritto. − (EN) Ho votato a favore della relazione Busk e appoggio incondizionatamente l’iniziativa di distribuire frutta ai bambini nelle scuole europee. Il mio paese, la Scozia, registra risultati tra i peggiori in Europa a livello di sanità e il governo sta attivamente perseguendo una serie di politiche volte a migliorare la salute dei bambini nella speranza che ciò migliori il loro benessere successivamente nella vita. Questa iniziativa comunitaria integrerà le attività condotte dal governo scozzese ed è pertanto benaccetta.
Mieczysław Edmund Janowski (UEN), per iscritto. – (PL) A mio parere il programma a favore del consumo di frutta nelle scuole ha un valore più che simbolico, “l’Unione europea che dà qualcosa ai bambini”: è un’iniziativa che promuove abitudini alimentari corrette. Ritengo dunque che dovremmo anche includere gli alunni della scuola secondaria. Vorrei sottolineare che in questo modo aiuteremmo le famiglie più povere, spesso non in grado di dare frutta ai propri figli. Inoltre, come è ovvio, il programma offre un’ulteriore opportunità ad agricoltori e orticoltori. Frutta e verdura, nel mio paese soprattutto mele, sono relativamente facili da distribuire. Dobbiamo però ricordare che la frutta deve essere di buona qualità, pulita e fresca. Occorre inoltre preparare le nostre scuole a porre in essere il programma, che realisticamente parlando non potrà essere avviato prima dell’inizio dell’anno scolastico 2009/2010.
Per quanto concerne il costo, non è astronomico: la proposta della Commissione lo valuta in 90 milioni di euro, ma potrebbe essere superiore, è vero. Tuttavia, nel contempo va valutato il costo elevato del trattamento di malattie associate al sovrappeso e all’obesità. Non lasciamo che questo programma sia un’iniziativa estemporanea, unicamente a fini dimostrativi. Coinvolgiamo le autorità nazionali, regionali e locali responsabili dell’istruzione e manteniamo una flessibilità sensata quando si tratta dei dettagli, come la selezione della frutta o della verdura, ricordando che il programma è volto a promuovere la salute dei nostri figli nella maniera migliore possibile.
Tunne Kelam (PPE-DE), per iscritto. − (EN) Ho deciso di votare contro la relazione Busk, ma manifesto la mia totale adesione e solidarietà all’argomento dibattuto: distribuire più frutta ai bambini nelle scuole europee. La crescente obesità tra i giovani è un problema preoccupante.
Innanzi tutto, però, io sostengo il principio della sussidiarietà. Sono assolutamente persuaso che si dovrebbe avere fiducia nella capacità degli Stati membri e dei loro governi di occuparsi della giovane generazione. Non è compito dell’Unione regolamentare problemi concreti come quello in esame. L’iniziativa in questione è indubbiamente animata da buone intenzione. Tuttavia, iniziare a risolvere problemi del genere con regolamentazioni tutte europee significa trascurare il ruolo e la responsabilità dei veri protagonisti: genitori, scuole, governi locali e governi nazionali. Sono certo che tutti nutrono le stesse preoccupazioni e hanno la stessa motivazione per affrontare il bisogno di aumentare il consumo di frutta nelle scuole.
David Martin (PSE), per iscritto. − (EN) Appoggio questo programma che prevede fondi per distribuire gratuitamente frutta e verdura ai bambini nelle scuole. I suoi risultati non possono che essere positivi perché contribuirà a ridurre l’obesità infantile avvicinandosi all’obiettivo “cinque al giorno” ed è per questo che ho votato a suo favore.
Erik Meijer (GUE/NGL), per iscritto. − (NL) Nella mia dichiarazione di voto sul bilancio del 2009 del 23 ottobre 2008, ho richiamato l’attenzione del Parlamento sull’importanza del coinvolgimento dell’Unione nel distribuire frutta ai bambini nelle scuole. Un programma a favore del consumo di frutta nelle scuole può essere utile per evitare che i bambini diventino ancora più obesi e meno sani. La domanda è perché l’Unione dovrebbe occuparsene anziché i comuni che organizzano le attività educative. I pagamenti attualmente vengono effettuati dal fondo comunitario agli Stati membri che sono tenuti a integrarli. I comuni sono poi responsabili dell’attuazione del programma. Questo modus operandi crea un inutile onere amministrativo e un’inutile burocrazia dispendiosa in termini di tempo.
Durante la recente discussione sul bilancio si è raddoppiato l’importo portandolo a 182 milioni di euro e, grazie alla relazione Busk, tale somma in futuro potrebbe raggiungere 500 milioni di euro. Il ministero dell’agricoltura olandese, favorevole all’attuale programma, ha però annunciato alla stampa di ritenere inutile un aumento di questa entità, per cui si pronuncerà a suo sfavore. Poiché in merito non decide il Parlamento, bensì il Consiglio, è ipotizzabile che tale aumento non avverrà, ma nel frattempo la frutta nelle scuole agli occhi dell’opinione pubblica è giunta a simboleggiare le priorità europee irrealizzabili.
Dumitru Oprea (PPE-DE), per iscritto. – (RO) Ho votato a favore della relazione Busk sulla base delle conclusioni delle organizzazioni sanitarie in merito alle malattie di cui soffre l’uomo moderno, molte delle quali dovute a una dieta inadeguata. Mangiare frutta può contribuire a prevenire e/o curare tali malattie grazie alle vitamine che contiene.
Dobbiamo insegnare ai nostri figli come e che cosa mangiare. Per questo credo che il programma potrebbe anche comportare un’educazione alla dieta, tanto più che l’Organizzazione mondiale della sanità raccomanda che i bambini fino all’età di 11 anni consumino almeno 400 grammi di frutta e verdura al giorno. D’altro canto, si osserva un’esplosione del numero di bambini che “apprezzano” una dieta non sana, assurda e inidonea, e la colpa non è solo della scuola o della famiglia, bensì di tutti noi, la società nel suo complesso. Questo tipo di comportamento alimentare deve essere immediatamente fermato.
La scuola è uno degli ambiti responsabili della formazione delle abitudini, che dovrebbe consentirci di adottare nuovamente l’abitudine del consumo di frutta. Per questo manifesto la mia totale adesione alla distribuzione e al consumo di frutta nelle scuole. Il programma dovrebbe essere tra le massime priorità in termini di fattori decisionali in maniera da essere attuato quanto prima.
Neil Parish (PPE-DE), per iscritto. − (EN) I deputati conservatori si sono astenuti in merito alla relazione Busk sulla proposta della Commissione di introdurre un programma a favore del consumo di frutta nelle scuole a livello comunitario perché, per quanto desiderosi di veder promosse abitudini alimentari sane presso i giovani britannici ed europei, nutriamo riserve in merito agli stanziamenti di bilancio proposti nella relazione, considerevolmente superiori ai 90 milioni di euro proposti dalla Commissione. A seconda dell’esito delle votazioni, il Parlamento chiederà stanziamenti di bilancio di almeno 360 milioni di euro o addirittura di ben 500 milioni di euro. Riteniamo che sia più sensato avviare il programma con un livello di finanziamento inferiore e successivamente rivedere le esigenze di bilancio alla luce dell’esperienza maturata, come si afferma nella valutazione di impatto della Commissione.
Zita Pleštinská (PPE-DE), per iscritto. – (SK) Il mercato ortofrutticolo dell’Unione è attualmente disciplinato dalla domanda. L’introduzione del programma a favore del consumo di frutta nelle scuole sosterrà il consumo di frutta e verdura nell’Unione aumentando la domanda, il che non soltanto promuoverà la salute pubblica, ma andrà anche a beneficio dei coltivatori ortofrutticoli europei.
Un consumo elevato di frutta e verdura riduce il rischio di molte malattie e previene il sovrappeso e l’obesità infantile. La prospettiva sanitaria è dunque il motivo più importante per realizzare un programma a favore del consumo di frutta nelle scuole. Poiché le abitudini alimentari si formano nell’infanzia, a mio parere non è sufficiente iniziare a livello scolare. Bisognerebbe partire a livello prescolare.
Tuttavia, i 90 milioni di euro che la Commissione propone di stanziare dal bilancio comunitario consentiranno di distribuire soltanto un frutto alla settimana, il che non è abbastanza per modificare le abitudini alimentari o produrre un impatto sulla salute pubblica.
Ritengo che un bilancio realistico per tale programma debba ammontare a 500 milioni di euro, come proposto dal Parlamento europeo. Tale somma permetterebbe di distribuire una porzione di frutta al giorno a ciascun alunno e, nel contempo, consentirebbe al programma di coprire non soltanto i bambini in età dai 6 ai 10 anni, ma anche i più piccoli della fascia prescolare.
Sono fermamente persuasa che il denaro speso per il programma a favore del consumo di frutta nelle scuola nell’Unione permetterà di ottenere un risparmio sui costi sanitari degli Stati membri e per questo ho votato a favore della relazione Busk.
Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) I meriti del programma proposto nella relazione sono chiari. Incoraggiare (e in alcuni casi semplicemente garantire) il consumo di frutta stagionale da parte dei più giovani membri della società ha finalità virtuose sia immediate, promuovendo una dieta ricca e varia, sia future, in termini di sviluppo di abitudini alimentari sane. Due aspetti vanno tuttavia sottolineati.
Moltiplicare i meccanismi di garanzia per assicurare che la frutta offerta sia prodotta in Europa crea l’impressione che le motivazioni di tale azione non siano semplicemente la dieta dei piccoli, ma principalmente la promozione dell’agricoltura europea. Inoltre, sebbene il nesso tra la questione e la politica agricola comune sia chiaro, come già rammentato, la necessità di affrontarla a livello comunitario è dubbia. Come è ovvio, la scelta di distribuire mele o pere Rocha dovrebbe essere lasciata agli Stati membri. Dubitiamo tuttavia della necessità di istituire un programma comunitario al riguardo.
Frédérique Ries (ALDE), per iscritto. – (FR) Il 1°febbraio 2007, quando la mia relazione sulla promozione delle diete sane e dell’attività fisica nell’Unione è stata adottata, il Parlamento europeo ha trasmesso una serie di messaggi forti, tra cui il ruolo fondamentale di educazione rispetto all’alimentazione e alla salute per prevenire il sovrappeso e l’obesità, che colpisce più di 5 milioni di bambini, e l’esortazione alla Commissione e al Consiglio a intraprendere le necessarie misure nel quadro della revisione della politica agricola comune (PAC) nel 2008 e 2013 per rafforzare gli incentivi a un’alimentazione sana nel contesto delle politiche di sviluppo rurale.
La Commissione pare aver udito il messaggio con questo programma europeo riguardante la distribuzione gratuita di frutta nelle scuole per bambini dai 6 ai 10 anni di età a partire dall’anno scolastico 2009/2010. Ora spetta ai 27 Stati membri cogliere la palla al balzo. Ovviamente sarà necessario molto tempo, denaro e personale, così come si dovranno modificare i menu di molte mense scolastiche perché l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha raccomandato che l’assunzione giornaliera di cinque porzioni di frutta e verdura (per un totale di 400 grammi) diventi più che un semplice slogan pubblicitario scritto in piccolo sugli schermi televisivi.
Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Vi invio il mio voto favorevole sulla relazione presentata dal collega Busk, riguardante il programma a favore del consumo di frutta nelle scuole. E’ evidente che i bambini dell’Unione europea consumino poca frutta e poca verdura, anche a causa della cattiva dieta che seguono nelle mense scolastiche. Un elevato consumo di frutta e verdura, invece, ridurrebbe il rischio di contrarre gravi patologie e preverrebbe il sovrappeso e l’obesità. Inoltre, consumare vegetali sin dall’infanzia è una buona abitudine che si mantiene per tutta la vita.
Concordo con il relatore, inoltre, sul fatto che le risorse destinata dalla Commissione al programma siano assolutamente insufficienti. Infatti, con lo stanziamento proposto, è possibile assicura una porzione di frutta per un solo giorno alla settimana. Bisogna anche dire, a onor del vero, che mi compiaccio del fatto che la Commissione stia comunque facendo tesoro delle varie esperienze al fine di migliorare qualitativamente il programma.
Olle Schmidt (ALDE), per iscritto. − (SV) In Svezia solitamente diciamo al bambini che la frutta è il dolce della natura. Personalmente mi piace molto la frutta e penso che sia corretto che i bambini europei mangino quantità sufficienti di questo cibo genuino. In tale ottica, condivido le posizioni del relatore. Detto questo, la responsabilità di far mangiare quantità sufficienti di mele e banane ai bambini nelle scuole deve nondimeno ricadere sui loro genitori ed eventualmente sui comuni che provvedono alla loro educazione. L’Unione europea non deve assumere il ruolo di una polizia sopranazionale della frutta. Concentriamo piuttosto le nostre energie e risorse su compiti più pressanti.
Brian Simpson (PSE), per iscritto. − (EN) Aderisco totalmente alle proposte della Commissione in merito alla distribuzione gratuita di frutta e verdura nelle scuole nell’ambito di una strategia per affrontare l’obesità infantile. Non soltanto appoggio pienamente l’uso del denaro comunitario per far fronte a una preoccupazione di sanità pubblica prioritaria condivisa da tutti gli Stati membri, ma avallo anche la forte componente sociale connessa alle proposte nel senso che consentiranno agli Stati membri di supportare bambini provenienti da contesti meno abbienti che tendono a mangiare meno frutta e verdura e, dunque, a essere più a rischio di obesità. Inoltre, questa è la prima volta che il denaro della PAC sarà impiegato per affrontare una preoccupazione di sanità pubblica, segno di un cambiamento di mentalità negli scopi della PAC.
Sono lieto che il Parlamento abbia trasmesso un messaggio forte alla Commissione e al Consiglio sostenendo un aumento di bilancio per consentire a un maggior numero di bambini di usufruire del programma. Non concordo invece con la posizione del Parlamento quando afferma che frutta e verdura dovrebbero essere unicamente di origine comunitaria. Non dobbiamo perdere di vista il fatto che il programma intende promuovere un’ampia varietà di frutta e verdura presso i bambini nelle scuole e affrontare il problema dell’obesità.
(Dichiarazione di voto abbreviata in conformità dell’articolo 163, paragrafo 1).
Bart Staes (Verts/ALE), per iscritto. − (NL) La battaglia contro il sovrappeso deve iniziare precocemente. La distribuzione di frutta fresca nelle scuole può stimolare notevolmente a mangiare in maniera sana. Per questo il programma oggi in esame, che prevede la distribuzione di almeno un frutto a ogni bambino in età dai 3 ai 10 anni, va accolto a braccia aperte.
Si calcola che nell’Unione europea 22 milioni di bambini sono sovrappeso, di cui 5,1 milioni obesi. Questo non soltanto crea molti problemi di salute, ma aumenta anche il costo delle prestazioni sanitarie negli Stati membri. Se la Commissione dovesse avallare la proposta del Parlamento di incrementare il bilancio da 90 a 500 milioni di euro, ogni bambino potrebbe assumere abitudini alimentari corrette sin dalla prima infanzia offrendogli maggiori opportunità di mantenere tali abitudini e, dunque, prevenire l’obesità.
La relazione si sofferma altresì sulla composizione dell’offerta di frutta suggerendo agli Stati membri di accordare la preferenza alla frutta stagionale prodotta localmente e chiede che si fornisca ai bambini consulenza in tema di salute e alimentazione, oltre che informazioni in merito alle caratteristiche della produzione biologica. Sono soddisfatto del contenuto della relazione e per questo ho votato a favore.
Catherine Stihler (PSE), per iscritto. − (EN) Sostengo l’idea di cercare di rendere la frutta più accessibile a bambini e adolescenti nelle scuole. Il riuscito progetto scozzese realizzato per tentare di rendere disponibile più frutta e verdura attraverso le scuole ha registrato numeri record per quanto concerne un’alimentazione più sana dei bambini. I programmi si sono rivolti ai più bisognosi e spererei che anche questo nostro programma sia inizialmente diretto ai bambini più poveri e vulnerabili.
Jan Andersson, Göran Färm, Inger Segelström e Åsa Westlund (PSE), per iscritto. − (SV) Noi socialdemocratici svedesi al Parlamento europeo concordiamo con l’analisi della situazione della zona dell’euro. Apprezziamo il fatto che si siano messi in luce gli aspetti sociali della cooperazione e si siano sottolineati i problemi della crescita. Nel contempo, non appoggiamo il paragrafo 40 della relazione in cui si afferma che gli Stati membri al di fuori della zona dell’euro che soddisfano i criteri di Maastricht e non hanno deroghe nel trattato dovrebbero adottare la moneta comune quanto prima.
Siamo del parere che ciò esuli dalla competenza parlamentare, per cui dovremmo astenerci da ogni commento. Rispettiamo la decisione presa dagli svedesi in un referendum e vorremmo ribadire che si tratta di un tema che dovrebbe essere affrontato nei rispettivi Stati membri.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Abbiamo tutti votato contro questa relazione che divinizza il patto di stabilità, non vede le conseguenze dell’attuale grave situazione economica e sociale, ignora le disparità sociali e regionali sempre più gravi e dimentica l’aumento della disoccupazione e della povertà.
E’ inaccettabile che la relazione insista sulla falsa indipendenza della Banca centrale europea anziché difendere il suo controllo democratico e la modifica dei suoi obiettivi per tener conto della necessità di concentrarsi sulla produzione, la creazione di occupazione con diritti e il miglioramento del potere di acquisto dei cittadini, soprattutto lavoratori e pensionati.
Mi rammarico per il fatto che le proposte presentate dal nostro gruppo siano state respinte, in particolar modo quelle che criticavano la politica fiscale e in materia di concorrenza e richiamavano l’attenzione sull’aumento dell’insicurezza del posto di lavoro, la bassa retribuzione e le conseguenze della deregolamentazione e della liberalizzazione.
E’ anche deplorevole che sia stata rifiutata la nostra proposta di abrogare il patto di stabilità e sostituirlo con una nuova strategia per la solidarietà, lo sviluppo e il progresso sociale.
Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. – (FR) Il meno che si possa dire è che la valutazione “generalmente positiva” effettuata dai relatori su dieci anni di unione economica e monetaria non pare del tutto obiettiva. Non sorprende che i pochi problemi identificati siano analizzati come se fossero imputabili agli Stati membri e a una mancanza di integrazione europea.
La verità è che l’introduzione dell’euro ha portato automaticamente a un’esplosione dei prezzi dei beni di largo consumo e un calo del potere di acquisto dei lavoratori. La verità è che il patto di stabilità è un maltusianismo sociale e di bilancio. La verità è che l’assenza di una politica in materia di tassi di cambio e la sovravalutazione dell’euro hanno compromesso la competitività internazionale della zona dell’euro. La verità è che una politica monetaria unica e un tasso di interesse principale unico per 11 o 15 economie con strutture e livelli di sviluppo molto diversi sono inevitabilmente inadeguati alle esigenze di ciascuna di queste economie come lo sono alle esigenze di tutte le economie considerate nel loro complesso.
L’euro non ha portato la prosperità promessa ai suoi membri che, per la maggior parte, ora attraversano un momento di recessione. Questo perché l’euro, nella sua concezione e nel suo funzionamento, non è uno strumento economico. E’ soprattutto un potente strumento politico per annientare l’indipendenza delle nazioni.
David Martin (PSE), per iscritto. − (EN) Sostengo la relazione che chiede un maggiore coordinamento economico per cercare di prevenire una recessione grave e prolungata. Questo itinerario dovrebbe migliorare il monitoraggio della crisi finanziaria e fornire un prezioso supporto all’economia.
Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Esprimo il mio voto favorevole in merito alla relazione dei colleghi Berés e Langen sul bilancio di un decennio di unione economica e monetaria. Concordo pienamente col fatto che il Parlamento europeo, unico organo europeo eletto direttamente dal popolo, abbia rivestito un ruolo importantissimo in questo decennio di vita dell’unione economica e monetaria. L’attività di colegislatore nel mercato interno, soprattutto per quanto riguarda i servizi finanziari; il dialogo sul coordinamento delle politiche economiche mediante la commissione ECON; il ruolo predominante nella politica monetaria, con la nomina dei membri del comitato esecutivo della BCE. Queste sono solo pochissime delle primarie funzioni svolte dal PE in questi anni. Concludo congratulandomi con i colleghi per la relazione, anche alla luce dell’importanza conferita all’allargamento dell’area dell’euro, trampolino di lancio per un nuovo futuro economico dell’Unione.
Andrzej Jan Szejna (PSE), per iscritto. – (PL) La relazione “UEM@10: successi e sfide di un decennio di Unione economica e monetaria” è una delle relazioni più importanti presentate in plenaria in quanto, in un momento di difficoltà finanziarie, fornisce un quadro per discutere di economia proponendo un’analisi dettagliata che ci consente di vedere gli aspetti positivi e negativi dell’unione economica e monetaria, oltre a contenere conclusioni interessanti in merito alla moneta comune, l’euro.
Non vi è dubbio quanto al fatto che l’introduzione dell’euro sia stata un grande successo finanziario per l’Unione. Va infatti riconosciuto che non ha vacillato di fronte alle tante turbolenze del mercato. La moneta comune però non interessa tutte le regioni in uguale misura. Le differenze di tassi di sviluppo nei vari Stati dell’Unione stanno diventando sempre più accentuate. Oggi, in un momento di crisi finanziaria, il coordinamento della politica economica è ormai una necessità. Dobbiamo inoltre rispettare le disposizioni del patto di stabilità e crescita.
E’ estremamente importante sostenere l’indipendenza della Banca centrale europea. I suoi poteri devono limitarsi alle questioni monetarie, vale a dire al mantenimento della stabilità dei prezzi e alla sua facoltà esclusiva di fissare i tassi di interesse.
Richard James Ashworth (PPE-DE), per iscritto. − (EN) Il partito conservatore, che ha recentemente pubblicato il testo “Fair Play on Women’s Pay: A six-point plan to overcome the gender pay gap” concernente il pari trattamento delle donne in materia retributiva attraverso un piano in sei punti per superare la disparità retributiva legata al genere, vuole contribuire a colmare il divario retributivo una volta per tutte.
Ciò significa controlli obbligatori in materia di retribuzione per i datori di lavoro che risultano operare discriminazioni, nuove misure per aiutare le donne a inserirsi sul mercato del lavoro e fare carriera, ampliamento dei diritto di richiedere un orario di lavoro flessibile per tutti i genitori i cui figli non abbiano raggiunto la maggiore età.
La parità retributiva è fondamentale per una società giusta ed equa, ma governi e parlamenti nazionali sono quelli generalmente i più idonei ad agire nella maniera più efficace per le rispettive società ed economie. La raccomandazione del Parlamento europeo è eccessivamente prescrittiva a livello comunitario.
La relazione Bauer non può essere sostenuta in quanto la richiesta di una nuova proposta legislativa sulla parità retributiva si basa sull’articolo 141, paragrafo 3, del trattato CE, coperto dall’impegno del partito conservatore a non trattare il capitolo sociale.
Charlotte Cederschiöld, Christofer Fjellner, Gunnar Hökmark e Anna Ibrisagic (PPE-DE), per iscritto. − (SV) Il divario retributivo legato al genere è un grave problema per risolvere il quale singoli lavoratori e parti sociali hanno una particolare responsabilità. Questo tipo di discriminazione viola le disposizioni di base del trattato e i datori di lavoro che non se ne assumono la responsabilità ora dovrebbero essere anche perseguibili in sede giudiziaria.
Ciò tuttavia è contrario alla nostra visione fondamentale del mercato del lavoro svedese e della responsabilità delle parti, prevista dalla legislazione in vigore, di creare nuovi strumenti legali per guidare la formazione dei salari a livello comunitario o mediante una politica salariale statale. La formazione dei salari non rientra e non deve rientrare nella sfera di competenza dell’Unione.
Poiché la nostra richiesta di eliminare i riferimenti a nuovi strumenti legali per guidare la formazione dei salari a livello comunitario è stata accolta, abbiamo deciso di votare a favore della relazione nel suo complesso. Purtroppo, la relazione contiene ancora una serie di dettagli non auspicabili come la proposta di una “giornata della parità retributiva”. L’abitudine perdurante del Parlamento di chiedere la proclamazione di giornate, settimane e anni per vari fenomeni è una politica propagandistica che non opera alcuna distinzione tra i vari aspetti, che vengono invece banalizzati ed esaminati in maniera superficiale.
Carlos Coelho (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Il divario retributivo legato al genere è un problema in tutta Europa. La legislazione comunitaria in materia di parità retributiva tra uomini e donne, in vigore dal 1975 e rivista nel 2006, è palesemente inefficace.
Ci complimentiamo con la relatrice per aver chiesto alla Commissione di presentare una proposta legislativa entro il 31 dicembre 2009 sulla base delle raccomandazioni contenute nella relazione, come anche ci complimentiamo con lei per il modo serio e responsabile con il quale ha formulato le proprie raccomandazioni, incentrate sul tema fondamentale, a differenza di alcuni emendamenti presentati dai socialisti che non contribuiscono a risolvere il problema in quanto consistono in dettagli di folclore politico o raccomandazioni inattuabili perché esulano dalla sfera di competenza degli Stati membri.
In Portogallo, tra il 2005 e il 2006, a parità di circostanze, il divario retributivo legato al genere è aumentato dell’8,9 per cento sotto l’attuale governo. Il sussidio di disoccupazione versato alle donne nel 2007 è stato inferiore del 21,1 per cento rispetto a quello versato agli uomini. Gli importi corrisposti alle donne, anche a titolo di sussidio di disoccupazione di tipo assistenziale, si situano al di sotto della soglia di povertà e tra il 2006 e il 2007 sono di fatto diminuiti.
I parlamentari socialdemocratici portoghesi sostengono la presente relazione. Nonostante il folclore socialista, non confondiamo l’essenziale con l’accessorio e non permetteremo che l’accessorio distrugga l’essenziale, ossia modificare una situazione di discriminazione inaccettabile.
Brian Crowley (UEN), per iscritto. − (EN) Il principio della parità retributiva a parità di lavoro contribuisce a eliminare la discriminazione nei confronti delle donne sul luogo di lavoro. Ma dobbiamo spingerci oltre nella tutela dei diritti delle donne. Lo scopo della presente relazione non è soltanto rafforzare il valore del lavoro delle donne, bensì anche migliorare la qualità dei servizi pubblici.
A distanza di più 30 anni dall’introduzione della legislazione in materia di parità retributiva, le donne nell’Unione guadagnano il 15 per cento in meno rispetto agli uomini e i progressi compiuti per colmare il divario retributivo legato al genere sono stati lenti. Venti anni fa, tale divario in Irlanda era del 25 per cento, ora corrisponde al 13 per cento, per cui anche alla luce dei progressi compiuti resta motivo di grave preoccupazione. Emergono nuove sfide, soprattutto in questo clima economico, che devono essere identificate e risolte.
Molte donne continuano a essere concentrate in un ambito ristretto di occupazioni svolgendo lavori part-time e scarsamente retribuiti, ricoprendo mansioni nelle quali le loro competenze e i loro contributi sono sottovalutati. Abbiamo bisogno di un approccio sfaccettato. Dobbiamo incrementare la partecipazione delle donne al mercato del lavoro, così come dobbiamo migliorare i servizi di assistenza e custodia dei bambini per aiutare le donne con figli a reinserirsi nel proprio contesto professionale.
Dragoş Florin David (PPE-DE), per iscritto. – (RO) Ho votato a favore dell’abolizione della discriminazione diretta e indiretta, dei fattori economici e sociali e della segregazione sul mercato del lavoro. La relazione esorta a svolgere una valutazione professionale neutrale basata su nuovi sistemi per classificare e organizzare il personale, nonché l’esperienza professionale e la produttività, da valutarsi essenzialmente da un punto di vista qualitativo. Si propone inoltre di indire una giornata europea della parità retributiva per sensibilizzare datori di lavoro e pubblico in generale alle disparità esistenti in tale ambito.
Avril Doyle (PPE-DE), per iscritto. − (EN) Mi sono espressa a favore della relazione in quanto dobbiamo applicare correttamente le leggi esistenti per quanto concerne il principio della parità retributiva. Tuttavia, sebbene l’applicazione delle leggi esistenti per quel che riguarda il principio della parità retributiva a parità di lavoro o a parità di valore del lavoro sia fondamentale per giungere alla parità di genere, anche il ripristino della possibilità di scelta per tutte le donne è estremamente importante. Nel sistema occorre flessibilità e un corretto equilibrio tra vita privata e lavorativa. Le donne devono avere la possibilità di scegliere di sposarsi, avere figli, intraprendere una carriera, proseguire gli studi, restare a casa, integrarsi nel mercato del lavoro, avviare un’impresa o gestire beni patrimoniali. La sfida consiste nel garantire che le pressioni economiche non eliminino tale possibilità di scelta.
Edite Estrela (PSE), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della relazione Bauer sulla parità retributiva tra uomini e donne perché è inaccettabile che le donne guadagnino meno (la differenza nell’Unione è del 15 per cento) anche se possiedono più capacità (il 58 per cento dei titolari di una laurea e il 41 per cento dei titolari di un dottorato sono donne).
La relazione suggerisce modi per rivedere l’attuale quadro giuridico proponendo tra l’altro l’introduzione di penali per inosservanza e chiedendo un dialogo più intenso con le parti sociali. Il principio della parità retributiva a parità di lavoro o parità di valore del lavoro non è soltanto una battaglia delle donne, bensì di tutta la società. Le donne sono necessarie in tutti gli ambiti di attività, specialmente in quelli tradizionalmente riservati agli uomini. Lo dimostra il fatto che le donne sono valide dirigenti.
Nell’attuale contesto e per conseguire gli obiettivi di crescita e occupazione della strategia di Lisbona, la partecipazione attiva delle donne è essenziale.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Sebbene la relazione sia stata adottata con la maggior parte degli emendamenti presentati durante la discussione in sede di commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere, il gruppo PPE-DE non ha potuto astenersi dall’indebolirla durante il voto in plenaria sapendo che occorreva la maggioranza assoluta di 393 voti.
Di conseguenza, alcune proposte sono purtroppo decadute e non figurano nella risoluzione finale, tra cui alcune raccomandazioni dettagliate in merito al contenuto della nuova proposta chiesta alla Commissione europea sul rispetto del principio della parità retributiva tra uomini e donne.
Tuttavia, la risoluzione sulla quale abbiamo votato resta nondimeno positiva. Ci preme sottolineare la necessità di misure che rivalutino il lavoro, attribuiscano la priorità all’occupazione con diritti e un’equa distribuzione della ricchezza, contribuiscano a superare le differenze retributive e gli stereotipi legati ad alcuni incarichi e settori di attività che operano una discriminazione nei confronti delle donne e rivalutino professioni e attività in cui le donne prevalgono. Tra questi citerei in particolare il settore dei servizi e quello della vendita al dettaglio, nonché industrie quali sughero, tessile e abbigliamento, calzature, alimenti e altri in cui professioni e categorie dominate dalle donne sono molto scarsamente retribuite.
Neena Gill (PSE), per iscritto. − (EN) Intervengo oggi sull’argomento in quanto il divario retributivo legato al genere è una preoccupazione di molti miei elettori del West Midlands, come anche della maggior parte di noi parlamentari.
Il divario retributivo legato al genere nel Regno Unito è più ampio rispetto alla medio europea e le donne hanno recentemente ricevuto la drammatica notizia che adesso sta aumentando.
La parità tra uomini e donne è un diritto fondamentale e una necessità democratica. Soltanto con un’equa partecipazione di tutti i nostri cittadini raggiungeremo gli obiettivi di crescita, occupazione e coesione sociale dell’Unione.
Le argomentazioni economiche a favore di un cambiamento sono inoppugnabili: liberare il potenziale delle donne potrebbe dare un contributo al PIL ben del 2 per cento. In un momento di instabilità finanziaria, è fondamentale garantire che la nostra economia sfrutti tutte le risorse a sua disposizione, così come è essenziale far sì che le donne non soffrano ancora maggiormente.
Benché si siano adottate normative e si siano proposte iniziative, non basta. Molti miei elettori sono favorevoli a un’azione più incisiva per combattere tale divario.
Per questo apprezzo l’odierna relazione e le proposte per introdurre controlli in materia di retribuzione e conferire più potere agli organi preposti all’applicazione delle normative vigenti in materia di parità.
Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. − (SV) Dopo un attento esame, Junilistan ha scelto di votare a favore della relazione. Una maggiore parità sul mercato del lavoro, divari retributivi ridotti tra professionisti di sesso maschile e femminile e pari pensioni sono obiettivi importanti in una società giusta. Per questo è importante l’idea di raccogliere più statistiche, rivedere la legislazione e impartire formazione per contrastare preconcetti diffusi nella società in merito al genere.
Junilistan è però critica nei confronti del bisogno apparentemente insaziabile dell’Unione europea di inglobare sempre più ambiti politici nella propria sfera di competenza. La nostra posizione è essenzialmente che i temi relativi alla regolamentazione del mercato del lavoro debbano essere principalmente affrontati dai singoli Stati membri, non trattati a livello europeo.
Ian Hudghton (Verts/ALE), per iscritto. − (EN) Il principio della parità retributiva tra uomini e donne è espressamente sancito dal trattato di Roma ed è pertanto scandaloso che perdurino enormi disparità di genere nell’Unione. E’ dunque essenziale che le istituzioni europee intraprendano provvedimenti concreti in tale ambito e per questo ho votato a favore della relazione Bauer.
David Martin (PSE), per iscritto. − (EN) Il divario retributivo, uno degli obiettivi della strategia di Lisbona per la crescita e l’occupazione, che però non è stato adeguatamente affrontato da alcuni Stati membri, ha un grande impatto sullo stato delle donne nella vita economica e sociale. Sono a favore della presente relazione che si occuperà dei problemi delle donne che guadagnano il 15-25 per cento di meno delle loro controparti maschili in Europa.
Angelika Niebler (PPE-DE), per iscritto. − (DE) Con il voto odierno mi sono espressa a favore della relazione della collega Bauer. Non è stato però facile perché nutro riserve in merito al contenuto di alcuni punti.
Da quasi 50 anni a livello europeo esiste una politica in materia di parità. Negli ultimi 50 anni abbiamo avuto un quadro normativo chiaro. Eppure, nonostante tutti gli sforzi profusi verso la parità, sia a livello europeo sia negli Stati membri, ancora non siamo riusciti a eliminare completamente la discriminazione nei confronti delle donne in termini retributivi.
La richiesta di nuove leggi formulata nella relazione Bauer va respinta. Non è possibile modificare l’atteggiamento della nostra società attraverso una normativa. L’esperienza degli ultimi anni ci dimostra che le cause del divario retributivo tra uomini e donne si situano principalmente al di fuori del sistema giuridico e le norme di legge non possono di per loro migliorare la situazione delle donne sul mercato del lavoro.
Nuove leggi creano soltanto più burocrazia e, così facendo, aumentano l’onere a carico soprattutto delle piccole e medie imprese. Per questo sono favorevole a un’attuazione più coerente delle regolamentazioni esistenti per abolire le differenze retributive legate specificamente al genere e contro ulteriori norme di legge.
Dumitru Oprea (PPE-DE), per iscritto. – (RO) Viste le disparità di genere anche ancora purtroppo perdurano, ho votato a favore della relazione della collega Bauer. La parità tra donne e uomini è un valore fondamentale dell’Unione europea.
Promuovere il principio delle parità opportunità tra donne e uomini è una preoccupazione relativamente recente dell’Unione, figura infatti nel trattato di Maastricht e nel trattato di Amsterdam, sebbene vari aspetti ne siano stati messi in luce in molte dichiarazioni o accordi internazionali come la dichiarazione sull’eliminazione delle discriminazioni contro la donna del 1967.
In Romania due settori in cui la maggior parte dei lavoratori sono donne sono i servizi sanitari e sociali e l’istruzione (69,5 per cento). Professioni e mansioni dominati dalle donne tendono a essere ancora sottovalutate rispetto a quelle in cui prevalgono gli uomini. Disparità e divergenze nell’applicazione dei criteri del genere hanno un sicuro impatto sulla retribuzione. La differenza salariale media tra donne e uomini pende a favore di questi ultimi dall’8,5 al 15 per cento, se non addirittura di più nel settore privato. Ciò contravviene alla direttiva 75/117/CEE per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati Membri relative all’applicazione del principio della parità delle retribuzioni tra i lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile.
Rovana Plumb (PSE), per iscritto. – (RO) A meno che non si creino condizioni di parità retributiva tra donne e uomini, sarà difficile conseguire gli obiettivi proposti per il 2010: miglioramento delle condizioni di vita, crescita economica ed eliminazione della povertà. Il fatto che le donne nell’Unione europea guadagnino in media il 15 per cento in meno rispetto agli uomini e debbano lavorare grossomodo quattordici mesi all’anno (418 giorni) per guadagnare lo stesso reddito annuale degli uomini è un campanello di allarme. Occorrono misure specifiche per combattere il fenomeno.
La pari rappresentanza all’interno della Commissione e del Parlamento europeo può essere il nostro segnale politico per garantire una migliore rappresentatività delle donne in tutti gli organi decisionali e, implicitamente, eliminare tali divari retributivi.
Ho votato a favore della relazione e mi complimento con la relatrice.
Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Comunico il mio voto favorevole in merito alla relazione sull’applicazione del principio della parità retributiva tra donne e uomini, presentata dalla collega Bauer. Da anni si discute di questo annoso problema: è sconcertante rilevare che, in alcuni paesi dell’UE, le differenze retributive siano da attribuire per la maggior parte all’alto livello di segregazione occupazionale e all’impatto della struttura salariale. Pertanto sono necessarie politiche diversificate e mirate all’applicazione di una normativa già esistente, ma poco efficace. Plaudo al lavoro svolto dalla collega, volto a consolidare la disposizione in vigore, tenendo comunque conto del fatto che la segregazione economica difficilmente può essere influenzata da questo tipo di normativa. Infine, sostengo la causa poiché è necessario che ci siano delle politiche salariali orientate alla riduzione delle disuguaglianze salariali e a una migliore remunerazione dei lavori mal retribuiti, nei quali la presenza delle donne è predominante.
Catherine Stihler (PSE), per iscritto. − (EN) L’istituzione di una giornata europea della parità retributiva è un’idea che appoggio. Nel 2008 è assolutamente inaccettabile che le donne siano ancora discriminate e a parità di lavoro guadagnino in media il 15 per cento in meno rispetto alle loro controparti maschili.
Georgios Toussas (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) Il partito comunista greco ha votato contro la relazione perché sfrutta la parità retributiva per ridurre i diritti delle lavoratrici al minimo comune denominatore. Le lavoratrici non dovrebbero dimenticare che, con il pretesto di applicare la legislazione eurounificatrice in materia di parità di genere, l’Unione europea e i governi di centro-destra e centro-sinistra degli Stati membri hanno proceduto all’abolizione di loro diritti imprescindibili come il divieto di lavoro notturno per le donne. L’Unione europea e i partiti Nuova democrazia e PASOK si sono serviti della stessa legislazione allo scopo di architettare un aumento dell’età pensionabile per i funzionari pubblici di sesso femminile nel nome dell’abolizione della discriminazione e della parità di genere.
Non soltanto la relazione non affronta le cause reali della disparità retributiva tra uomini e donne a parità di lavoro e il fatto che le donne e i giovani siano le prime vittime di lavoro part-time, contratti di lavoro flessibili e flessisicurezza, ma con le sue soluzioni si muove esattamente in questa direzione. L’argomentazione della conciliazione tra vita familiare e lavorativa viene cavalcata per generalizzare forme di lavoro flessibili per le donne e proporre denaro caldo da fondi pubblici, contratti per opere pubbliche e finanziamenti quale ricompensa per i “buoni capitalisti” che applicano un concetto scontato: la parità di retribuzione giornaliera a parità di lavoro giornaliero per uomini e donne.
Graham Watson (ALDE), per iscritto. − (EN) La presente relazione formula raccomandazioni alla Commissione europea in merito all’applicazione del principio della parità retributiva tra uomini e donne, principio fondamentale per garantire dignità, equità e uguaglianza nelle prestazioni pensionistiche.
Da anni ormai sosteniamo fortemente la petizione del Plymouth Senior Citizens’ Forum in cui si chiede il giusto trattamento delle anziane.
Sono stato fiero di presentare tre emendamenti in merito alla relazione Bauer che rispecchiano le richieste dei promotori della campagna di Plymouth e sono lieto che tutti siano stati accolti.
Il Parlamento europeo ha riconosciuto che molte donne perdono reddito per l’assistenza che prestano a bambini e anziani e ha chiesto alla Commissione di eliminare il rischio di povertà dei pensionati assicurando loro un tenore di vita dignitoso, oltre a prefiggersi come obiettivo la parità tra le pensioni assegnate a uomini e donne anche per quel che riguarda l’età pensionabile.
Adesso abbiamo bisogno che l’Unione europea e i governi nazionali si approprino di queste parole e trasformino belle intenzioni in progressi concreti.
La parità pensionistica per gli anziani è un obiettivo meritevole e sono fiero di poter appoggiare la presente relazione.
Jan Andersson, Göran Färm, Anna Hedh, Inger Segelström e Åsa Westlund (PSE), per iscritto. − (SV) Abbiamo optato per l’astensione in quanto riteniamo che, in linea di principio, non sia corretto anticipare in una relazione di propria iniziativa il processo legislativo attualmente in corso proprio su tali temi.
Adam Bielan (UEN), per iscritto. – (PL) Appoggio la relazione Ehler per due motivi.
Mancando di materie prime proprie, l’Unione europea sta diventando uno dei più grandi importatori di energia al mondo, sempre più dipendente da fornitori esterni di petrolio e gas, proprio i settori associati al massimo rischio geopolitico. Le riserve di carbone dureranno per più tempo delle riserve di petrolio e gas naturale e potrebbero acquisire un’importanza strategica per noi nel caso in cui per motivi politici l’approvvigionamento energetico dovesse risultare a rischio.
Inoltre, produrre energia da combustibili fossili come il carbone può essere redditizio nonostante i rigorosi standard ambientali e ciò offre prospettive interessanti alle miniere polacche ed europee. L’introduzione di tecnologie pulite per il carbone contribuirà allo sviluppo significativo delle infrastrutture e dell’economia della Polonia.
Šarūnas Birutis (ALDE), per iscritto. – (LT) La comunicazione della Commissione “Promuovere la dimostrazione in tempi brevi della produzione sostenibile di energia da combustibili fossili” è un passo importantissimo verso ulteriori discussioni su misure politiche e finanziarie. Oggi è evidente che l’Unione europea potrà conseguire i suoi obiettivi ambiziosi previsti dalla politica per il cambiamento climatico dopo il 2020 soltanto se garantirà un ampio uso di tecnologie di cattura e stoccaggio del CO2 presso le centrali elettriche. Dobbiamo concretamente progredire nella preparazione e nell’adozione di norme di legge sulla cattura e lo stoccaggio geologico dell’anidride carbonica.
Sebbene al momento si stiano compiendo tentativi a livello europeo per adottare quanto prima una direttiva in merito, ancora mancano iniziative appropriate a livello nazionale o regionale, necessarie soprattutto nel campo delle infrastrutture di trasporto.
Charlotte Cederschiöld, Christofer Fjellner, Gunnar Hökmark e Anna Ibrisagic (PPE-DE), per iscritto. − (SV) Fintantoché saranno necessari i combustibili fossili per rispondere al fabbisogno energetico dell’Unione, è importante sostenere iniziative volte ad attenuarne gli effetti ambientali, per esempio con l’uso di tecnologie per la cattura e lo stoccaggio del carbonio.
Siamo tuttavia del parere che i proventi derivanti dall’asta delle quote di emissione di gas a effetto serra debbano andare ai rispettivi Stati membri e non essere destinati a progetti diversi. Vi è altrimenti il rischio che il sistema delle quote di emissione divenga inefficace e controllato dall’alto.
Dragoş Florin David (PPE-DE), per iscritto. – (RO) Ho votato a favore della relazione perché sottolinea l’importanza di incrementare i fondi europei stanziati per la ricerca volta a introdurre nuove tecnologie per la cattura dei gas a effetto serra, soprattutto anidride carbonica, e in particolare quelli destinati alla realizzazione di progetti pilota che innalzano il profilo di tale ricerca, per non parlare delle opportunità che essa offre e della sicurezza delle nuove tecnologie. L’Europa non può rinunciare all’unica grande risorsa energetica di cui dispone, il carbon fossile, visto che molti Stati membri tuttora si assicurano la propria indipendenza energetica mediante la sua trasformazione. Dobbiamo garantire alle future generazioni che la produzione di elettricità dai combustibili fossili sia sostenibile e provochi il minor inquinamento possibile.
Avril Doyle (PPE-DE), per iscritto. − (EN) Ho appoggiato la relazione perché è in linea con l’emendamento da me presentato in merito al finanziamento di impianti dimostrativi delle tecnologie di cattura e stoccaggio del carbonio su larga scala nella mia relazione sulla revisione del sistema di scambio di emissioni dell’Unione europea.
La nostra dipendenza dai combustibili fossili probabilmente perdurerà per un certo tempo e dovremmo esplorare tutte le alternative possibili per attenuarne gli effetti nocivi. Le tecnologie di cattura e stoccaggio del carbonio estraggono e interrano il carbonio proveniente da qualunque fonte di idrocarburi anziché permettere che si rilascino emissioni nell’atmosfera. Se introdotte senza indugio con un finanziamento corretto, le tecnologie di cattura e stoccaggio del carbonio potrebbero ridurre notevolmente le emissioni di CO2 nell’Unione.
David Martin (PSE), per iscritto. − (EN) L’odierna relazione riconosce la necessità di ridurre le emissioni derivanti dai combustibili fossili che saranno impiegati per colmare il gap finché non potremo fare affidamento su fonti energetiche rinnovabili e per questo la appoggio.
Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Esprimo il mio voto favorevole in merito alla relazione del collega Ehler, riguardante la promozione della dimostrazione in tempi brevi della produzione sostenibile di energia da combustibili fossili. E’ infatti evidente che l’Unione europea raggiungerà gli obiettivi ambiziosi della sua politica climatica solo se riuscirà a garantire un ampio utilizzo delle tecnologie CCS nelle centrali.
L’importanza strategica del carbone non deve impedire che si giunga a un utilizzo privo di ripercussioni climatiche di questa preziosa risorsa. Inoltre, concordo con il relatore per quanto riguarda la povertà di misure adottate dalla Commissione affinché tali ambiziosi progetti possano concludersi entro il 2015. Infine, plaudo alla notazione fatta dal collega, che sottolinea il vuoto di una legislatura apposita che disponga la fonte delle risorse finanziarie. Un vuoto assolutamente da colmare.
Elisabeth Schroedter (Verts/ALE), per iscritto. − (DE) Adottando la relazione Ehler, il Parlamento europeo ha deciso di optare per una strategia energetica ormai obsoleta. Le tecnologie di cattura e stoccaggio del carbonio sono intese a far sembrare “rispettosi del clima” processi di produzione in realtà nocivi senza evitare né ridurre la generazione di CO2, come avverrebbe per esempio nel caso delle energie rinnovabili. Secondo il parere del gruppo Verts/ALE, in termini economici il finanziamento pubblico massiccio delle tecnologie di cattura e stoccaggio del carbonio non è molto sensato. Lo stesso denaro potrebbe essere impiegato meglio e in maniera più sostenibile se fosse investito in ricerca per studiare l’impiego più efficiente delle energie rinnovabili.
La relazione Ehler si spinge oltre le posizioni della Commissione: cerca infatti di usare i fondi strutturali europei per investire nelle tecnologie di cattura e stoccaggio del carbonio, il che sottrarrebbe tali risorse alle regioni svantaggiate e ai loro piani di sviluppo sostenibile. Essendo un membro del CDU rappresentante del Brandeburgo, l’onorevole Ehler sta tentando di far intascare denaro a Vattenfall, quinto ente per l’energia europeo, consentendogli di aprire altre miniere di lignite in Lusazia (Brandeburgo/Sassonia), minacciando altri villaggi di reinsediamento. E’ noto che Vattenfall intende generare elettricità dalla lignite per i prossimi 50 o 60 anni anche se questo è possibile soltanto con un fattore di efficienza inferiore al 50 per cento. Le tecnologie di cattura e stoccaggio del carbonio, ad alta intensità di energia, lo ridurrebbero ulteriormente del 10-15 per cento. E’ dunque un passo indietro. Per questo che non accettiamo la relazione e abbiamo invece formulato una proposta alternativa.