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Procedura : 2008/2676(RSP)
Ciclo di vita in Aula
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Testi presentati :

RC-B6-0602/2008

Discussioni :

PV 20/11/2008 - 12.2
CRE 20/11/2008 - 12.2

Votazioni :

PV 20/11/2008 - 13.2

Testi approvati :

P6_TA(2008)0570

Resoconto integrale delle discussioni
Giovedì 20 novembre 2008 - Strasburgo Edizione GU

12.2. Pena di morte in Nigeria.
Video degli interventi
Processo verbale
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  Presidente. - L’ordine del giorno reca la discussione su sei proposte di risoluzione sulla pena di morte in Nigeria(1).

 
  
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  Marios Matsakis, autore. (EN) Signor Presidente, il sistema giudiziario in Nigeria è caratterizzato da inadeguatezze, noncuranza del dovere e corruzione. A questo contesto spaventoso si aggiungono le anacronistiche corti della sharia islamica che hanno la giurisdizione sui tribunali penali in un terzo degli Stati nigeriani. Queste corti religiose, gestite da fanatici malati, continuano ancora oggi a terrorizzare la popolazione con le proprie sentenze di morte, fustigazioni e amputazioni.

L’Europa condanna, naturalmente, l’operato di queste anacronistiche corti religiose, ma qual è la posizione del mondo islamico a riguardo? Perché le figure politiche dell’Islam e gli Stati musulmani – alcuni dei quali molto potenti e influenti sul piano regionale e internazionale, alcuni dei quali sono nostri partner commerciali – non si assumono le proprie responsabilità e combattono con forza la legge della sharia, le corti islamiche e altri simili mali? Perché i leader religiosi musulmani in alcuni dei paesi islamici più avanzati non condannano l’uso della religione islamica? A mio parere il loro silenzio o le loro timide reazioni sono un sostegno non ostentato a queste attività. Un atteggiamento simile è, a mio giudizio, tanto criminale quanto quello di coloro che amministrano la legge della sharia.

Che il nostro messaggio di disgusto nei confronti di questo aspetto dell’integralismo islamico raggiunga coloro che nel mondo musulmano dovrebbero intervenire in modo drastico per migliorare la situazione, cosa che purtroppo non stanno facendo.

 
  
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  Paulo Casaca, autore.(PT) Signor Presidente, ritengo che il caso della Nigeria, sebbene naturalmente non paragonabile a ciò che sta accadendo in Somalia, rischi di svilupparsi in una situazione simile. Come è stato detto, la legge della sharia è effettivamente applicata in un terzo del paese, dove si registra un evidente peggioramento della situazione dei diritti umani.

A questo punto, prima di parlare o condannare i leader religiosi, soprattutto i leader islamici, voglio sottolineare la necessità di ricordare che il nostro ruolo fondamentale consiste nell’incoraggiare e mantenere il dialogo con i leader musulmani che non condividono questo fanatismo.

Posso assicuravi che questi ultimi sono altrettanto numerosi e ne conosco personalmente molti. Il problema, ora, è che le istituzioni europee, invece di dialogare con il paese e con l’Islam che condividono i nostri stessi valori e ideali, stanno facendo il contrario. Le istituzioni europee sembrano solo preoccupate di compiacere i criminali peggiori, i più fanatici, coloro che calpestano i diritti umani di tutti i musulmani, perché i musulmani – dobbiamo rendercene conto – sono le vittime principali di questa situazione. Sono i nostri principali alleati. Sono coloro con i quali dobbiamo collaborare. Sono coloro con i quali noi socialisti saremo certamente in grado di affrontare queste sfide.

 
  
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  Ryszard Czarnecki, autore. (PL) Signor Presidente, ovviamente questa discussione, da un certo punto di vista, riguarda il tema della pena di morte, ma non voglio seguire questo filone perché dovremmo, in realtà, affrontare la situazione specifica di questo paese.

Conosciamo naturalmente i rapporti che indicano che la recente riduzione nel numero di condanne a morte non ha portato a un calo del tasso di criminalità. Questo risultato incoraggia i sostenitori della pena capitale a continuare a difenderla. E’ però una realtà il fatto che lo scorso anno solo 7 dei 53 paesi dell’Unione africana hanno eseguito condanne a morte, in altri 13 la condanna è stata sospesa, mentre nei rimanenti 22 la pena capitale semplicemente non viene applicata.

Questa dovrebbe essere la scelta della Nigeria, magari spinta dall’Unione europea. Potremmo sottolineare che a essere colpiti dalle condanne a morte sono i giovani e i giovanissimi. Sono almeno 40 in Nigeria. E’ davvero sconvolgente pensare che ci siano tanti giovani in attesa dell’esecuzione.

Il tema è ovviamente più ampio. La Nigeria è un paese dove è molto facile pronunciare una condanna alla pena di morte, soprattutto dal momento che un quarto delle regioni del paese è governato dalla legge della sharia, una legge islamica, musulmana, che permette l’amputazione di mani e piedi e ricorre anche alla lapidazione. E’ una situazione inaccettabile. E’ nostro dovere discuterne.

 
  
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  Michael Gahler, relatore per parere.(DE) Signor Presidente, la Nigeria è uno dei paesi più grandi e più importanti dell’Africa in termini politici ed economici. Per questa ragione è anche un partner importante per noi. Purtroppo la situazione dello Stato di diritto lascia molto a desiderare, in particolar modo il sistema giudiziario. Durante la discussione ci siamo concentrati sulla pena di morte. In Nigeria sono in molti ad attendere nel braccio della morte. Un quarto dei condannati a morte attende da cinque anni la conclusione dei processi d’appello e il 6 per cento attende da vent’anni. E’ una situazione inaccettabile e ci rivolgiamo pertanto alla Commissione europea affinché aiuti le autorità nigeriane a migliorare lo Stato di diritto e formuli raccomandazioni utili. Il presidente ha inoltre istituito delle commissioni che hanno prodotto raccomandazioni sulla Nigeria indicando la strada giusta da seguire. Sono tuttavia convinto che debbano essere esercitate maggiori pressioni politiche in questo senso.

 
  
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  Ewa Tomaszewska, a nome del gruppo UEN. (PL) Signor Presidente, essere condannati a morte a causa del proprio stato di indigenza è una realtà in Nigeria. Mi appello alle autorità nigeriane affinché impongano una moratoria sulle esecuzioni e commutino le condanne alla pena capitale.

Centinaia di coloro che sono stati condannati a morte non possono permettersi un equo processo. Condannati sulla base di testimonianze ottenute sotto tortura, privi delle risorse necessarie per avere un difensore qualificato, senza la possibilità di trovare fascicoli andati persi cinque o quindici anni fa, attendono l’esecuzione in condizioni disumane. Le finestre delle loro celle spesso guardano sul cortile delle esecuzioni. Circa quaranta di loro sono minori. I crimini presunti sono stati commessi quando avevano fra 13 e 17 anni. I processi in appello richiedono solitamente cinque anni, ma talvolta anche venti. Il 41 per cento dei condannati a morte non ha presentato ricorso in appello. I loro fascicoli sono stati persi oppure non sanno come completare da soli la domanda di ricorso e non possono permettersi un avvocato. La legge nigeriana non permette l’uso della tortura né riconosce le testimonianze ottenute con questo metodo. Cionondimeno la polizia ricorre alla tortura. I processi sono lunghissimi. Spesso le uniche prove presentate sono le confessioni di vittime torturate. E’ impossibile per i poveri avere un equo processo.

 
  
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  Erik Meijer, a nome del gruppo GUE/NGL. (NL) Signor Presidente, la pena di morte è spaventosa. Invece di cercare di aiutare coloro che hanno recato danno al prossimo o alla società nel suo complesso a divenire persone migliori nel futuro, ci si vendica con la morte dl condannato. Questa è un a decisione irrevocabile, presa talvolta sulla base di errori giudiziari. La pena di morte è ancora più spaventosa quando comminata per crimini che non hanno un carattere di eccezionalità. In Nigeria è più che altro una questione di cattiva organizzazione associata al caos dell’amministrazione.

Ma non solo: sempre più spesso è anche una questione di opinioni primitive e integraliste sostenute negli Stati federali del nord, dove si ritiene che l’Uomo abbia ricevuto ordine da Dio di eliminare i peccatori. Diversamente dalla Somalia, della cui situazione aberrante abbiamo discusso al punto precedente, la Nigeria è uno Stato funzionante. E’ uno Stato, però, costituito da numerosi Stati federali che operano indipendentemente gli uni dagli altri, coordinati da un’autorità centrale che è finita spesso nelle mani dell’esercito a causa di diversi colpi di stato. La situazione appare leggermente migliorata in Nigeria oggi, non ci sono le dittature né i conflitti violenti del passato. Alcune regioni del nord, proprio come in Iran, parte della Somalia e il nord-ovest del Pakistan, sono il teatro di prova per un ritorno al medioevo. E’ anche una forma di giustizia di classe. I condannati sono soprattutto povera gente senza assistenza legale. Dobbiamo fare tutto ciò che è in nostro potere per salvare questa gente dal caos, dall’arbitrarietà e dal fanatismo.

 
  
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  Laima Liucija Andrikienė (PPE-DE). - (LT) Il messaggio che oggi il Parlamento europeo invia ai governi federali e a quello statale della Nigeria è di porre fine alle esecuzioni e dichiarare una moratoria sulla pena di morte e abolirla del tutto.

Dopo tutto, 137 dei 192 paesi delle Nazioni Unite hanno abolito la pena capitale. Anche fra i 53 paesi dell’Unione africana, la Nigeria è uno dei pochi in cui ancora si applica la pena di morte.

Sia il gruppo nazionale di studio sia la commissione del presidente che operano in Nigeria hanno raccomandato l’abolizione della pena di morte giacché non produce una riduzione della criminalità.

Esorto il Consiglio, la Commissione e gli Stati membri a cogliere ogni opportunità e a contattare le autorità statali nigeriane per impedire che in Nigeria i cittadini, soprattutto minori, siano uccisi in nome della legge.

 
  
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  Zdzisław Zbigniew Podkański (UEN). - (PL) Signor Presidente, la pena di morte ha sempre fatto riflettere e discutere. In primo luogo, si ha il diritto di decidere della vita di un uomo? Secondariamente, si può prendere questa decisione quando la confessione è stata ottenuta sotto tortura? I criminali più giovani, i minori, dovrebbero essere condannati a morte o educati? I quesiti possono essere molti di più, ma la risposta è sempre la stessa: nessuno ci ha dato questo diritto. Gli esseri umani se lo sono arrogato. Stando così le cose, gli esseri umani possono abolirlo, rinunciarvi e cessare di ricorrere alle esecuzioni. Rivolgo queste mie parole al governo nigeriano, ma anche a tutti coloro che si considerano padroni della vita e della morte di altri.

 
  
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  Siim Kallas, vicepresidente della Commissione. − (EN) Signor Presidente, dalla sua indipendenza la Nigeria ha conosciuto solo tre periodi di governo civile e 29 anni di dittatura militare.

Nove anni fa, la Nigeria ha compiuto un passo verso la democrazia ed è tornata a un governo civile, sebbene tutte le elezioni indette da allora siano state pesantemente criticate per le irregolarità, le frodi e la violenza. Le elezioni dell’aprile 2007 avrebbero potuto essere di esempio per altri paesi, ma l’occasione è stata sprecata e il nuovo governo si è insediato fra dubbi di legittimità. E’ in questo contesto, e con la consapevolezza dell’importanza per l’Africa di una Nigeria stabile, che occorre trovare una strategia adatta per coinvolgere il governo in un dialogo costruttivo sui diritti umani.

La Commissione condivide pienamente le preoccupazioni espresse dagli onorevoli deputati a proposito della pena di morte e la necessità di dichiarare una moratoria immediata sulle esecuzioni in attesa della completa abolizione della pena capitale.

Al contempo dovremmo riconoscere che la situazione dei diritti umani in Nigeria è migliorata da un punto di vista generale da quando si è insediato un governo civile. Sono stati effettivamente compiuti alcuni passi per avviare un dialogo nazionale sull’utilità della pena di morte quale deterrente per i crimini più detestabili. Diversi reclusi nel braccio della morte sono stati graziati quest’anno e la Nigeria si è impegnata a partecipare a un intenso dialogo politico ad alto livello con l’Unione europea che affronterà, fra gli altri, anche i temi dei diritti umani.

La Commissione ha contribuito in modo significativo all’avvio di questo processo che potrebbe condurre a una strategia politica globale dell’Unione europea nei confronti della Nigeria e che ha già prodotto un’importante troika ministeriale e un ampio comunicato congiunto.

Nel quadro di questo dialogo si potrà discutere costruttivamente di diritti umani e avviare una serie di attività di cooperazione in settori cruciali come quelli della pace e della sicurezza, della governance e dei diritti umani. Alcuni esempi di iniziative di cooperazione ora in esame sono: il sostegno al rafforzamento delle capacità investigative della polizia nigeriana, l’accesso alla giustizia e l’appoggio alle riforme carcerarie, il sostegno agli sforzi di lotta contro la corruzione, il sostegno al processo democratico, l’appoggio alle istituzioni federali che operano nel campo della tratta di esseri umani, delle droghe, dei diritti umani e della contraffazione dei farmaci.

Perché siano efficaci questi interventi devono essere resi noti alla società civile e ai cittadini. La Commissione svilupperà una strategia, che utilizza una combinazione di sostegno ai mezzi informazione locali e iniziative culturali, per appoggiare azioni delicate di cooperazione e per diffondere alla popolazione un messaggio educativo sul rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali, sui valori di base della democrazia, la good governance, la tutela ambientale e così via.

 
  
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  Presidente. - La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà alla fine delle discussioni.

Dichiarazioni scritte (articolo 142 del regolamento)

 
  
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  Sebastian Valentin Bodu (PPE-DE), per iscritto. – (RO) Il tema dei diritti umani richiede ancora volta la nostra attenzione, anche mentre il mondo sta affrontando la crisi economica. La povertà e la mancanza di prospettive politiche ed economiche conduce invariabilmente a un peggioramento delle condizioni di vita delle popolazioni. Il rispetto dei diritti umani figura agli ultimi posti nell’elenco dei problemi urgenti ed è facile per noi, accecati come siamo dalle nostre difficoltà economiche, dimenticare che ci sono regioni al mondo in cui si può ancora essere condannati alla pena capitale. Mi riferisco in questo caso alla Nigeria, un paese con 140 milioni di abitanti, dove, secondo Amnesty International, 725 uomini e 11 donne da febbraio attendono nel braccio della morte per aver commesso crimini come rapina a mano armata, omicidio o tradimento. Ci sono poi rapporti allarmanti che indicano che molti di questi reclusi non hanno ricevuto un equo processo e che le confessioni sono state estorte sotto tortura. Questi condannati saranno impiccati per atti che potrebbero non aver commesso perché in Nigeria il sistema giudiziario non tutela in alcun modo i più poveri, sebbene questo paese sia membro del Tribunale penale internazionale. E’ dovere della comunità internazionale compiere ogni sforzo per assicurare che il governo nigeriano dichiari una moratoria immediata sulle esecuzioni e commuti le condanne capitali in pene detentive.

 
  

(1) Vedasi Processo verbale.

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