Presidente. –L’ordine del giorno reca la discussione sulla dichiarazione del Consiglio sulle esportazioni di armi (Codice di condotta).
Jean-Pierre Jouyet, presidente in carica del Consiglio. – (FR) Signor Presidente, come lei ha sottolineato, siamo molto in ritardo, e vorrei scusarmene con i deputati.
Vorrei introdurre questa discussione, ma purtroppo ho altri impegni e, dato l’inaspettato ritardo, non sono in grado di disdirli. Chiedo pertanto al segretariato generale del Consiglio di prendere il mio posto nel corso della discussione e, ovviamente, di fornire alla presidenza una relazione dettagliata sulle sue conclusioni.
Onorevoli deputati, desidero richiamare la vostra attenzione sul fatto che, per la presidenza francese, la trasformazione del Codice di condotta in una posizione comune è un obiettivo importante e necessario per dare una base giuridica all'approccio responsabile adottato dagli Stati membri nelle esportazioni di armi e per accrescere i punti di convergenza tra le nazioni.
La vostra risoluzione del 13 marzo dimostra anche che condividete il nostro punto di vista al riguardo. Le discussioni sono state riprese nelle ultime settimane. Stiamo facendo tutto il possibile per compiere dei progressi prima della fine della presidenza francese. L'adozione di una posizione comune costituisce uno strumento che contribuirà a rendere possibile l'attuazione di una politica responsabile, concepita, in particolare, per evitare che tali esportazioni siano utilizzate a fini di repressione interna o di aggressione internazionale e impedire che fomentino le instabilità locali.
Siamo convinti che l'iniziativa dell'Unione europea di istituire un trattato sul commercio delle armi, nel quadro delle Nazioni Unite, si troverà a guadagnare in credibilità una volta che il nostro sistema per il controllo del trasferimento di armi diventerà giuridicamente vincolante: condividiamo l’opinione di questo Parlamento, che sottolinea l’urgenza di convertire il Codice di condotta dell'Unione europea in uno strumento giuridicamente vincolante.
Sosteniamo anche il vostro parere sulla necessità di stabilire un efficace controllo delle operazioni di intermediazione nel settore degli armamenti. Gli Stati membri hanno convenuto che gli impegni relativi allo scambio di informazioni, previsti dalla posizione assunta nel 2003 dal Consiglio, dovrebbero essere attuati mediante il meccanismo istituito nel quadro del Codice di condotta.
Pertanto, anche se alcuni Stati membri non hanno ancora adottato la legislazione necessaria per il recepimento di tali impegni nella legislazione nazionale, vi posso assicurare che tutti dispongono di norme in questo campo. Ora il compito è quello di aggiornare queste norme in modo che siano pienamente compatibili con la posizione comune del Consiglio.
L'adozione di regole comuni in materia di controllo delle esportazioni, sotto forma di una posizione comune, consentirà inoltre agli Stati membri di rafforzare i propri controlli sulle operazioni di intermediazione nel settore degli armamenti. La circolazione illegale di armi è un altro problema che ci preoccupa, e la strategia dell'Unione europea sulle armi di piccolo calibro e le armi leggere indica chiaramente la necessità di agire al fine di interrompere o ostacolare il flusso illecito di armi. Questa azione è stata rafforzata il 6 dicembre 2007 a Vienna durante la riunione dei 40 Stati che partecipano all'intesa di Wassenaar per il controllo delle esportazioni di armi convenzionali e di beni e tecnologie a duplice uso.
La presidenza è favorevole a valutare la possibilità di estendere tali buone pratiche al fenomeno destabilizzante della circolazione di armi di piccolo calibro e di armi leggere, in particolare via mare. Nonostante il ritardo nell’adozione di una posizione comune, vorrei sottolineare che il Codice di condotta è uno strumento particolarmente efficace che ha dato un contributo significativo all'armonizzazione delle politiche nazionali degli Stati membri in materia di controllo delle esportazioni di armi e, a tal fine, vorrei anche sottolineare che l'armonizzazione è facilitata dalla guida per l'utente, che illustra gli orientamenti seguiti dai funzionari pubblici responsabili di questo settore. Questa guida viene regolarmente aggiornata e, pertanto, rende un grande contributo pratico agli sforzi di armonizzazione delle politiche nazionali in questo settore.
Per concludere, vorrei dire che stiamo lavorando insieme verso un approccio responsabile alle esportazioni di armi, e vorrei ringraziare il Parlamento europeo per la sua collaborazione in questo campo.
Potete contare sull'impegno tanto del Consiglio quanto della presidenza.
Stefano Zappalà, a nome del gruppo PPE-DE. – Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, onorevoli colleghi, purtroppo gli eventi terroristici succedutisi dal 2001 in poi – gli ultimi fatti in India di questi giorni – e i vari conflitti presenti in molte parti del mondo rendono questo argomento, l'argomento relativo al commercio delle armi, di particolare importanza per il presente ed il futuro in senso ampio. Spesso, troppo spesso, gli intenti notevoli espressi a livello di dichiarazioni di principi non trovano poi attuazione concreta nei fatti. Non sfugge a nessuno che l'argomento è delicato, coinvolge processi industriali e commerciali importanti, e quindi è comprensibile la difficoltà della ratifica di un sistema di controllo e regolamentazione da parte di tutti gli Stati, soprattutto dagli Stati membri. Tuttavia, l'incalzare degli eventi e la consapevolezza che il traffico interno ed esterno delle armi in modo illegale esiste, spinge all'urgenza di regolamentare in maniera giuridicamente efficace questo settore. Anche la direttiva in corso di elaborazione sui trasferimenti intracomunitari di beni connessi alla difesa avrà un senso reale se il codice di condotta sarà velocemente ratificato.
Mi dispiace che il Presidente del Consiglio in carica sia andato via ma, dopo le cose che ha detto – quindi trascuro alcuni altri aspetti che avevo preparato – sembra che tutto sia a posto. In realtà, non mi pare che sia cosi, assolutamente. Quindi io credo che l'impegno che il ministro ha preso questa sera qui, come tanti altri impegni assunti da tanti altri in altre circostanze, che si possa tradurre, in questo scorcio di fine Presidenza francese, in uno stimolo profondo, anche la prossima settimana affinché il codice di condotta sia ratificato almeno da tutti gli Stati membri. Sarebbe notevole se la Francia lo facesse, oltre che a dichiararlo qui in Aula e poi magari non avere risultati concreti.
Presidente. – Onorevole Zappalà, di fatto il ministro Jouyet ha dovuto lasciarci. Mi scuso a suo nome: il problema è che deve prendere un treno. In realtà, non ha potuto trattenersi oltre perché questa discussione ha oltrepassato i tempi in misura rilevante. Conosciamo tutti la scrupolosità con cui il ministro Jouyet ha svolto il proprio lavoro nel corso di questi sei mesi, ma in realtà è questo Parlamento a essere in ritardo. Potete stare certi che i funzionari del Consiglio qui presenti trasmetteranno alla presidenza tutti i commenti che avete fatto e che faranno gli altri colleghi.
Ana Maria Gomes, a nome del gruppo PSE. – (PT) Signor Presidente, la risoluzione che stiamo discutendo oggi dimostra che c’è un consenso in Parlamento su cosa dovrebbe essere la politica di esportazione di armamenti degli Stati membri dell'Unione europea. I sei principali gruppi politici sono uniti nella difesa di un unico elenco di criteri giuridicamente vincolanti per le esportazioni di armi europee: gli otto criteri del Codice di condotta.
Tutti concordano nel chiedere alla presidenza francese di superare questo stallo durato tre anni, e che solo la Francia può risolvere. Abbiamo ascoltato il ministro Jouyet dire, poco fa, che la Francia è ora a favore di un Codice di condotta giuridicamente vincolante. Ieri abbiamo sentito il ministro francese della Difesa affermare, in seno alla commissione per gli affari esteri, che una recente proposta dal suo paese per trasformare il Codice di condotta in una posizione comune era stata compromessa dalla mancanza di consenso in sede di Consiglio. Il ministro non ha fatto riferimento al fatto che la proposta francese era legata alla revoca dell'embargo sulle armi alla Cina, e che è stato questo che ha portato alla bocciatura della proposta francese da parte di diversi Stati membri. Se questa strategia venisse confermata, essa rappresenterebbe una macchia sull’agenda della presidenza francese per la sicurezza e la difesa, che, diversamente, si distingue per ambizione europeista e per dinamismo.
A fronte di una crescente integrazione europea nel settore della politica estera, la politica dell’"ognuno per sé" rispetto alle esportazioni di armi è sempre più ingiustificabile. E’ vero che il Codice di condotta viene già preso sul serio in molte capitali, ma dobbiamo porre fine a una situazione in cui i paesi europei che utilizzano sistematicamente i diritti umani, lo sviluppo sostenibile e la stabilità regionale come criteri guida per le loro esportazioni, si trovino in svantaggio rispetto ai loro partner che applicano solo in parte gli stessi criteri.
Le presidenze europee arrivano a scadenza, ma la necessità per l'Europa di munirsi di criteri comuni per le esportazioni di armi rimane; rimane inoltre il consenso all'interno di questo Parlamento a favore di una posizione comune.
Renate Weber, a nome del gruppo ALDE. – (EN) Signor Presidente, quest’anno si celebra il decimo anniversario del Codice di condotta dell'Unione europea sulle esportazioni di armi. Ma anche se a suo tempo si è trattato di un successo, ora dobbiamo manifestare la nostra frustrazione e la nostra amarezza per la sua mancata trasformazione in uno strumento giuridicamente vincolante.
Sono passati tre anni da quando il gruppo di lavoro del Consiglio sulle armi ha raggiunto un accordo tecnico su una posizione comune. Di quanti altri anni avrà bisogno il Consiglio europeo per adottarlo? Come possiamo, in quanto Unione europea, tutelare la nostra credibilità quando ci pronunciamo contro il traffico illecito di armi, se non siamo in grado di fare ordine in casa nostra?
Abbiamo bisogno di un Codice di condotta che sia giuridicamente vincolante, se vogliamo evitare facili trasferimenti intracomunitari di armi, che rischiano di indurre i mediatori a cercare in Europa l'anello più debole della catena. Quando si parla di esportazioni di armi, dobbiamo pensare al tempo stesso alle vite umane in gioco nei paesi instabili. Potremmo facilmente essere accusati di alimentare i conflitti locali in parti vulnerabili del mondo, invece di sostenere la pace.
Accolgo con favore la dichiarazione del ministro francese della Difesa: egli dice che la Francia ha ritirato le sue riserve in merito alla posizione comune. La presidenza francese sarà in grado di convincere gli altri Stati membri che ancora che vi si oppongono? Posso solo sperarlo, e sperare che la presidenza francese, nelle prossime due settimane, faccia dell'adozione della posizione comune un altro dei grandi successi del proprio mandato.
Raül Romeva i Rueda, a nome del gruppo Verts/ALE. – (ES) Signor Presidente, la verità è che io sono indignato, perché avrei desiderato molto di più fare un discorso entusiasta e congratularmi con la presidenza francese per aver finalmente intrapreso un’iniziativa che sentiamo definire necessaria da ben nove presidenze: l'adozione di una posizione comune sulle esportazioni di armi. Dico che abbiamo passato nove presidenze ad ascoltare la stessa cosa, perché fino dalla presidenza olandese nel 2004 ci viene promesso che questo lavoro sarebbe arrivato a buon fine.
Sappiamo che dal punto di vista tecnico il lavoro sul COARM (il Codice di condotta per le esportazioni di armi) è concluso. Quello che mi sarebbe piaciuto sentire oggi è che i ministri avevano già preso la decisione di firmare finalmente il documento.
Mi rattrista quindi sapere che non abbiamo ancora raggiunto questo stadio, e sono ancora più triste sapendo che la ragione sta nel legame tra questa decisione e un altro, preoccupante problema: l’annullamento dell'embargo sulle armi contro la Cina. Le due questioni, come abbiamo detto molte volte, sono separate e una non ha nulla a che fare con l'altra. Mi sembra che condizionare l’una all’altra non favorisca quello di cui abbiamo discusso, e cioè la pace e il controllo delle esportazioni di armi.
Tobias Pflüger, a nome del gruppo GUE/NGL. – (DE) Signor Presidente, le armi sono fatte per uccidere. La ragione per esportare le armi di cui stiamo discutendo è uccidere altre persone: avversari. Questo punto è sempre stato lasciato fuori da questa discussione.
Sono oramai dieci anni che ci chiediamo se questo Codice di condotta sia o no giuridicamente vincolante. Come i miei colleghi, avevo sperato di sentire finalmente oggi che siamo arrivati a buon fine. Invece, evidentemente, non ci siamo ancora. Nel frattempo sono stato informato del fatto che nella direttiva è evidentemente inclusa una clausola di non partecipazione per semplificare il trasferimento di prodotti destinati alla difesa all'interno dell'Unione europea: è evidente quindi che si vogliono creare delle falle nel carattere giuridicamente vincolante delle norme sulle esportazioni di armi. Ciò non può essere consentito. Anche i prodotti a duplice uso devono essere inclusi.
Desidero sottolineare chiaramente ancora una volta che si sta parlando delle forniture di armi da parte dell'Unione europea – l'Unione europea è diventata oggi il più grande esportatore al mondo di armi – e se queste armi vengono vendute, allora in qualche momento saranno anche utilizzate. E quando saranno utilizzate, ci sarà da piangere lacrime di coccodrillo. Abbiamo bisogno finalmente di questo Codice di condotta giuridicamente vincolante. Mi auguro che ciò sarà possibile prima della fine della presidenza francese del Consiglio.
Justas Vincas Paleckis (PSE). – (LT) Dieci anni fa, l'Unione europea ha approvato un Codice di condotta per le esportazioni di armi, che però non viene applicato. Il Consiglio, riunito a porte chiuse, non è in grado di adottare una posizione comune. Sarebbe molto importante sapere quali paesi lo stanno bloccando, permettendosi di ricavare enormi profitti dal sangue e dalle lacrime della gente.
In marzo, il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione su questo tema. Tuttavia, mentre noi parliamo, cresce il volume di armi fabbricate nei paesi dell'Unione europea ed esportate illegalmente in zone di conflitto, dove cadono in mano ai criminali. E’ un paradosso che quelle armi vadano anche in paesi per i quali cui l'Unione europea stanzia enormi aiuti per lo sviluppo.
I paesi di turno per la presidenza del Consiglio – la Francia e forse anche la Repubblica ceca a completarla – devono fare tutto il possibile per approvare il Codice di condotta per le esportazioni di armi e per impedire un irresponsabile passaggio delle armi nelle mani dei criminali. Se l’obiettivo non sarà raggiunto, devono essere identificate le parti che vi si oppongono.
Jan Cremers (PSE). - (NL) Signor Presidente, onorevoli colleghi, quando abbiamo raggiunto il decimo anniversario del Codice di condotta dell'Unione europea per le esportazioni di armi, abbiamo purtroppo notato che non erano stati compiuti progressi per quanto riguarda la trasformazione di questo codice volontario in uno strumento giuridicamente vincolante. Da anni, il Parlamento europeo è favorevole a trasporre questo Codice di condotta in una legislazione vincolante per gli Stati membri, alla luce della crescente internazionalizzazione dell’industria degli armamenti.
Il Parlamento europeo sta discutendo una proposta di direttiva al fine di creare un mercato interno dei prodotti della difesa. Nel corso delle discussioni su questo tema, il gruppo socialista al Parlamento europeo si è schierato a favore di una maggiore trasparenza e di sanzioni efficaci in caso di mancato rispetto degli obblighi. In questo contesto, il nostro gruppo ha fatto un altro riferimento al Codice di condotta, ma a causa della mancanza di un quadro giuridico, attualmente non si può fare altro che invitare gli Stati membri ad agire nello spirito del Codice stesso.
Abbiamo bisogno di norme più severe per l'esportazione dei componenti di armi, per il trasferimento di prodotti attraverso joint venture e la riesportazione di prodotti militari europei verso paesi terzi. Solo lo scorso anno, i paesi occidentali hanno venduto armi ai paesi in via di sviluppo per un importo stimato a 42 miliardi di dollari, metà dei quali erano europei. Questo deve cambiare. L'Unione europea dovrebbe dare il buon esempio specialmente in questo settore.
Ioan Mircea Paşcu (PSE). – (EN) Signor Presidente, il decimo anniversario dell'adozione del Codice è al tempo stesso un’occasione di celebrare e una motivazione per proseguire gli sforzi volti a renderlo vincolante. Tuttavia, il fatto stesso che dieci anni dopo la sua adozione, il Codice sia ancora volontario è indice della complessa rete di rapporti economici, commerciali e di interessi politici con la quale abbiamo a che fare. Pertanto, a dispetto della superiorità morale che dimostriamo nel chiedere che il Codice sia reso vincolante, questo non è sufficiente. Abbiamo bisogno di un’analisi approfondita e professionale di questo insieme di interessi per individuare i modi con cui convincere i produttori di armi, gli esportatori e i politici a cambiare posizione. Pertanto, come ho già detto, non saranno sufficienti semplici appelli basati solo sugli imperativi morali, per quanto espressi a gran voce.
Presidente. –Per concludere la discussione, comunico di aver ricevuto quattro proposte di risoluzione(1) ai sensi dell’articolo 103, paragrafo 2, del regolamento.
La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà giovedì 4 dicembre a partire dalle ore 12.00.