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Resoconto integrale delle discussioni
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Mercoledì 3 dicembre 2008 - Bruxelles Edizione GU
1. Ripresa della sessione
 2. Approvazione del processo verbale della seduta precedente: vedasi processo verbale
 3. Composizione del Parlamento: vedasi processo verbale
 4. Rettifiche (articolo 204 bis del regolamento): vedasi processo verbale
 5. Dichiarazioni della Presidenza
 6. Presentazione di documenti: vedasi processo verbale
 7. Interrogazioni orali e dichiarazioni scritte (presentazione): vedasi processo verbale
 8. Trasmissione di testi di accordo da parte del Consiglio: vedasi processo verbale
 9. Storni di stanziamenti: vedasi processo verbale
 10. Ordine dei lavori
 11. Benvenuto
 12. Preparazione del prossimo Consiglio europeo (11 e 12 dicembre 2008) (discussione)
 13. Futura architettura globale dei mercati finanziari e piano di ripresa economica per l'Unione europea (discussione)
 14. Strategia europea per i rom (discussione)
 15. Partecipazione dello Stato di Israele ai programmi comunitari - Partecipazione delo Stato di Israele ai programmi comunitari (discussione)
 16. La strada verso il miglioramento dell'ambiente per le PMI in Europa - Normativa sulle piccole imprese (NPI) (discussione)
 17. Esportazioni di armi (Codice di condotta) (discussione)
 18. Interventi di un minuto su questioni di rilevanza politica
 19. Strumento di risposta rapida all'impennata dei prezzi alimentari nei paesi in via di sviluppo (discussione)
 20. Lotta contro la frode fiscale connessa alle operazioni intracomunitarie (sistema comune IVA) - Lotta contro la frode fiscale connessa alle operazioni intracomunitarie - Relazione speciale n. 8/2007 della Corte dei conti europea concernente la cooperazione amministrativa nel settore dell'IVA (discussione)
 21. Attuazione di REACH (discussione)
 22. Situazione delle donne nei Balcani (breve presentazione)
 23. Ordine del giorno della prossima seduta: vedasi processo verbale
 24. Chiusura della seduta.


  

PRESIDENZA DELL’ON. PÖTTERING
Presidente

(La seduta inizia alle 15.00)

 
1. Ripresa della sessione
Video degli interventi
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  Presidente . Dichiaro ripresa la sessione del Parlamento europeo, interrotta giovedì 20 novembre 2008.

 

2. Approvazione del processo verbale della seduta precedente: vedasi processo verbale
Video degli interventi

3. Composizione del Parlamento: vedasi processo verbale
Video degli interventi

4. Rettifiche (articolo 204 bis del regolamento): vedasi processo verbale
Video degli interventi

5. Dichiarazioni della Presidenza
Video degli interventi
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  Presidente. - Esattamente una settimana fa, il 26 novembre, a Mumbai, in India, ha avuto luogo una drammatica serie di attacchi terroristici coordinati. Secondo il ministero degli Interni indiano, quasi 190 persone, 22 delle quali di nazionalità straniera, hanno perso la vita in conseguenza di tali terribili attacchi e sono state ferite 200 persone, molte delle quali lottano ancora fra la vita e la morte.

A nome del Parlamento europeo, condanno questo spaventoso attacco verso persone innocenti ed esprimo il nostro più profondo cordoglio alle famiglie di tutti i defunti.

Assicuro inoltre il nostro sostegno e la nostra più viva partecipazione a quanti sono rimasti feriti e alle loro famiglie.

Il Parlamento europeo condanna fermamente simili atti di terrorismo e manifesta la propria solidarietà all’India, ai suoi cittadini e alle sue istituzioni in questo momento di cordoglio. Oggi siamo tutti indiani nell’animo.

Il terrorismo è un attacco frontale contro la libertà, i diritti umani e la democrazia; è il tentativo di distruggere i nostri valori mediante la violenza indiscriminata, i valori che ci uniscono sia nell’Unione europea che all’interno dei nostri singoli Stati membri.

Onorevoli colleghi, sapete che una delegazione della commissione per il commercio internazionale del Parlamento europeo si trovava a Mumbai proprio al momento degli attacchi.

Pur con tutto il cordoglio che sentiamo per questi tragici attacchi, non possiamo che essere sollevati per il fatto che tutti i membri della delegazione parlamentare in missione sono con noi sani e salvi: proprio in quel momento, alcuni membri della delegazione parlamentare si trovavano negli alberghi fatti segno degli attacchi e si sono trovati in immediato pericolo di vita.

Bentornati a Bruxelles a tutti voi.

Colleghi, devo in particolare salutare gli onorevoli Guardans, che guidava la delegazione, Caspary, Glattfelder, Kamall, Karim, Mann, Masiel e De Vits. E’ meraviglioso che siate nuovamente tutti qui.

(Applausi)

Sono anche molto felice che i seguenti membri del Parlamento europeo siano di nuovo con noi e anche a loro estendo un analogo cordialissimo saluto: gli onorevoli Rodas, Ford, Csaszi e Dedobbeleer, i membri dei gruppi politici onorevoli Rouby e Melis, e inoltre l’interprete del Parlamento europeo Vincent Capet e i due interpreti freelance Karen Twidle e Michael Hill.

(Applausi)

Ci conforta che, in conclusione, stiate tutti bene e spero che in breve vi riprenderete anche psicologicamente da questa terribile esperienza.

Il mio particolare ringraziamento e la mia riconoscenza vanno alle persone che in India vi hanno offerto protezione e assistenza nonostante la confusa situazione locale.

Ringrazio anche i consolati degli Stati membri dell’Unione europea che, in linea con la lettera e lo spirito del trattato europeo, hanno dimostrato la propria solidarietà offrendovi aiuto in quel momento di emergenza.

Desidero anche ricordare a tutti che i cittadini dell’Unione europea i cui paesi di origine non hanno una rappresentanza locale – come in questo caso a Mumbai – possono contattare il consolato di un qualsiasi Stato membro dell’Unione. Tale condizione rappresenta la genuina espressione di una concreta solidarietà fra i popoli dell’UE.

(Applausi)

Oggi, onorevoli colleghi, il nostro pensiero va comunque a tutte le vittime degli attacchi in India e alle loro famiglie. La loro morte e le circostanze che hanno condotto a un tale crimine sono inaccettabili da qualunque punto di vista.

Il terrorismo – da chiunque e comunque sia perpetrato – deve essere fronteggiato con determinazione pratica e con solidarietà. L’Unione europea, assieme alla comunità internazionale, è chiamata a combattere il terrorismo in qualunque forma si manifesti.

In questo siamo guidati dai nostri principi di legalità: la lotta contro il terrorismo può essere condotta solamente in accordo con quei valori che noi difendiamo.

 
  
  

Sono stato appena informato che meno di un’ora fa un uomo d’affari di 70 anni, il signor Ignacio Uría Mendizábal, è stato assassinato – pare ad opera dell’ETA, sebbene non sia ancora confermato – nella città spagnola di Azpeitia, nella regione dei Paesi baschi.

Condanno questo attacco terroristico ed esprimo la mia grande tristezza e profondo cordoglio per la famiglia e gli amici del signor Uría. Esprimo inoltre la mia solidarietà al popolo, alle autorità e alle istituzioni democratiche della Spagna.

 
  
  

Vi prego di alzarvi in piedi per commemorare le vittime di Mumbai e il cittadino dell’Unione europea ucciso in Spagna.

(Il Parlamento, in piedi, osserva un minuto di silenzio)

Onorevoli colleghi, molti di voi portano oggi il fiocco rosso. Lunedì scorso, 1 dicembre 2008, cadeva la ventesima giornata mondiale per la lotta contro l’AIDS.

Il virus dell’AIDS è una terribile malattia che, in tutto il mondo, infetta approssimativamente 7 000 persone al giorno senza che se ne accorgano. L’Africa è il continente più duramente colpito, con 33 milioni di persone già colpite dal virus HIV.

Ma anche in Europa ogni giorno molte persone vengono infettate dal virus. Stando alle stime ufficiali dell’Organizzazione mondiale della sanità, tra il 1999 e il 2006 in Europa sono stati registrati oltre 800 000 nuovi casi, ben 270 000 dei quali negli Stati membri dell’Unione europea.

Almeno un decimo dei nuovi casi di contagio è costituito da persone di età inferiore ai 25 anni, aspetto che sottolinea l’urgente necessità di potenziare l’informazione, le campagne di prevenzione e l’offerta di analisi volontarie nonché anonime.

Dobbiamo assumerci l’impegno politico di accrescere le risorse per combattere questa malattia e di prendere misure rivolte alla prevenzione e, quindi, alla cura e al trattamento più precoci possibili.

A nome del Parlamento europeo chiedo espressamente agli Stati membri di adottare tutte le misure atte a prevenire qualsiasi discriminazione e stigmatizzazione delle persone infette.

(Applausi)

 

6. Presentazione di documenti: vedasi processo verbale

7. Interrogazioni orali e dichiarazioni scritte (presentazione): vedasi processo verbale

8. Trasmissione di testi di accordo da parte del Consiglio: vedasi processo verbale

9. Storni di stanziamenti: vedasi processo verbale

10. Ordine dei lavori
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  Presidente. - E’ stata distribuita la versione definitiva del progetto di ordine del giorno per questa tornata redatto dalla Conferenza dei presidenti in occasione della loro riunione di martedì 20 novembre 2008 ai sensi degli articoli 130 e 131 del Regolamento. E’ stato richiesto di modificare il progetto come segue:

Mercoledì

Il gruppo confederale della Sinistra unitaria europea/Sinistra verde nordica e il gruppo Verde/Alleanza libera europea propongono di posticipare sia la votazione sulla relazione dell’onorevole De Keyser in merito alla partecipazione dello Stato di Israele ai programmi della Comunità, che la votazione sulle mozioni per una risoluzione riguardante lo stesso tema.

 
  
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  Francis Wurtz, a nome del gruppo GUE/NGL. (FR) Signor Presidente, la nostra richiesta si basa su un fatto evidente e ben noto a tutti. Alla fine del maggio scorso, una delegazione ufficiale del nostro Parlamento, in rappresentanza di tutti i gruppi politici, si è recata in Israele e ha visitato i territori palestinesi, inclusa Gaza.

Alla conclusione della visita, sulla base di quanto è stato osservato in loco, la delegazione ha sottoscritto una dichiarazione unanime, la quale comprende il testo seguente:

(EN) “Siamo profondamente convinti che, in mancanza di serie manifestazioni di buona volontà tradotte in miglioramenti tangibili sul campo, non sia ancora giunto il momento per intensificare le relazioni tra Unione europea e Israele”.

(FR) Da allora in poi, nessuna di quelle manifestazioni si è palesata, anzi al contrario. Questa è la ragione per cui riteniamo che oggi sarebbe sbagliato votare in favore della raccomandazione del Consiglio.

Il mio gruppo propone di rimandare il voto finché non vi saranno prove tangibili, nella politica di Israele e sul campo, di queste famose manifestazioni sollecitate all’unanimità dalla delegazione che pochi mesi fa ha rappresentato il nostro Parlamento.

 
  
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  Daniel Cohn-Bendit, a nome del gruppo Verts/ALE. – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, a volte dobbiamo prendere decisioni molto difficili. Credo che il dibattito che noi in Europa – in quest’Aula – abbiamo avviato su Israele e sulla Palestina sia sempre molto difficile.

Quando si prendono delle decisioni, è necessario anche tenere presente la visione d’assieme. Sarebbe disastroso se quest’Aula dovesse votare contro una mozione volta a rafforzare i legami tra Israele e il Parlamento europeo. Lo ripeto: votare contro sarebbe una cosa disastrosa. Ma sarebbe altrettanto disastroso votare a favore quando tutti sappiamo quanto la situazione sia difficile e delicata. Sono stato in Israele due settimane fa ed ho visto coi miei occhi che tanto gli israeliani quanto i palestinesi sono davvero allo stremo delle forze. Sarebbe disastroso accrescere la frustrazione di Israele dicendo di no. E sarebbe altrettanto disastroso accrescere la frustrazione dei palestinesi dicendo di sì. Perciò, se vogliamo essere perspicaci, rimandiamo il voto. Questo perché abbiamo ancora bisogno di parlare, abbiamo bisogno di agire. A volte è più sensato continuare con calma la discussione invece di prendere una decisione sulla spinta dell’emotività e della fretta, che provocherebbe frustrazione e disappunto tanto da una parte quanto dall’altra.

In Europa, noi svolgiamo un ruolo di mediazione che dobbiamo mantenere. Per questa ragione proponiamo di rimandare questa votazione. Essere intelligenti a volte significa attendere.

 
  
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  José Ignacio Salafranca Sánchez-Neyra, a nome del gruppo PPE-DE.(ES) Signor Presidente, debbo sottolineare a questo proposito che la commissione per gli affari esteri del Parlamento, compresa la stessa relatrice, ha votato a grande maggioranza in favore della relazione dell’onorevole de Keyser.

Come abbiamo detto ieri al ministro degli Esteri israeliano nell’incontro con la commissione per gli affari esteri, noi comprendiamo la profonda preoccupazione di quest’Aula riguardo all’umiliazione e alla frustrazione cui è soggetto il popolo palestinese.

Comunque, signor Presidente, è proprio per tale ragione che crediamo che il Parlamento debba prendere una posizione, in prima istanza tramite una risoluzione. Posso annunciare che il mio gruppo politico accetterà gli emendamenti presentati dalla sinistra per avviare una relazione. Non si tratta, onorevole Wurtz, di incrementare le relazioni con Israele ma di votare una risoluzione e di riconoscere che il Parlamento europeo, secondo i poteri conferitigli dai trattati, deve dar luogo ai negoziati stabiliti dalla Commissione europea e dai 27 Stati membri.

Ecco perché, signor Presidente, crediamo che il Parlamento europeo debba prendere una posizione netta a favore della pace nel Medio Oriente e dare il proprio consenso all’accordo di cooperazione scientifica e tecnologica con Israele. Questo obiettivo deve quindi essere mantenuto all’ordine del giorno dell’attuale plenaria, come deciso dalla stessa Conferenza dei presidenti dei gruppi politici.

 
  
 

(Il Parlamento approva la mozione)

Giovedì

- Nessun emendamento

(L’ordine dei lavori è approvato)

 

11. Benvenuto
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  Presidente. - Onorevoli colleghi, vi informo con grande piacere che un gruppo di dignitari religiosi di alto rango e di importanti esponenti della società civile della Bulgaria, guidato da Sua Eminenza il Metropolita Dometian di Vidin, ha preso posto nella tribuna riservata alle personalità. I nostri ospiti partecipano a un seminario sulle diversità culturali in Europa che si terrà il 4 dicembre qui nel Parlamento europeo. Estendo a voi tutti un caloroso benvenuto nel Parlamento europeo in questo ultimo mese dell’Anno europeo per il dialogo interculturale. Benvenuti al Parlamento europeo!

(Applausi)

 

12. Preparazione del prossimo Consiglio europeo (11 e 12 dicembre 2008) (discussione)
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  Presidente. − L’ordine del giorno reca le dichiarazioni del Consiglio e della Commissione sulla preparazione del Consiglio europeo dell’11 e 12 dicembre 2008.

 
  
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  Jean-Pierre Jouyet, presidente in carica del Consiglio. (FR) Signor Presidente, signor Presidente della Commissione, onorevoli deputati, prima di tutto, signor Presidente, vorrei unire alle vostre le mie condoglianze, sentimenti e solidarietà per le vittime di questi atti di barbarie a Mumbai e per il popolo indiano, anch’esso vittima di questa tragedia.

Dopo aver dato il benvenuto all'onorevole Guardans al suo arrivo all’aeroporto di Roissy, devo anche dire che a livello europeo, tutti dobbiamo imparare dalla cooperazione tra i nostri vari consolati. Riprendo e mi associo alle sue parole signor Presidente: dobbiamo decisamente migliorare il coordinamento a livello europeo in questo settore, anche prima dell’istituzione di un unico servizio diplomatico.

Infine, aggiungo le mie parole di cordoglio per la vittima in Spagna e ribadisco, a nome del Consiglio, la solidarietà ai nostri amici spagnoli e alle autorità del Paese.

Signor Presidente, signor Presidente della Commissione, onorevoli deputati, il prossimo Consiglio europeo dell’11 e 12 dicembre – vogliate scusarmi, non ho menzionato il vicepresidente della Commissione europea, signora Wallström – è estremamente importante. L’ordine del giorno è particolarmente denso: dovranno essere discussi il futuro del trattato di Lisbona, la risposta europea alla situazione economica e finanziaria internazionale, la lotta contro i mutamenti climatici, e il pacchetto energia.

Per quanto riguarda il trattato di Lisbona, siamo in contatto con la Commissione e con i nostri amici irlandesi. Signor Presidente, negli ultimi giorni in Irlanda, in sua presenza come rappresentante del Parlamento europeo, è stato condotto un gruppo di lavoro trasversale ai partiti. Al proposito lei ha anche ricevuto le domande del parlamento irlandese. Ritengo che il lavoro di questo gruppo abbia portato a tre risultati.

Il primo è che i deputati irlandesi del parlamento ritengono che in una certa misura l'Irlanda rischi di trovarsi emarginata nell'Unione europea e che in seguito, a breve e medio termine, potrà subirne delle conseguenze.

Il secondo risultato è che la piena e completa partecipazione dell’Irlanda all’Unione europea rimane ancora, a loro parere, assolutamente auspicabile.

Infine, che l’Irlanda deve proporre una soluzione che le consenta di restare al cuore del progetto europeo, fornendo nel contempo una risposta alle preoccupazioni espresse con il referendum del 12 giugno.

Come sapete, il governo irlandese non ha ancora formalmente adottato una posizione che indichi se approva o meno tali raccomandazioni, e se desidera o meno la loro attuazione, o con quale metodo. Abbiamo mantenuto i contatti, che proseguiranno tra oggi e la fine della settimana, con la presidenza del Consiglio, tra il primo ministro Cohen e il presidente Sarkozy.

Capite bene che non posso parlare a nome delle autorità irlandesi. Tuttavia, per quanto riguarda la presidenza del Consiglio, siamo molto propensi ad aiutare i nostri amici irlandesi, a comprendere le loro eventuali richieste nei vari settori, a prendere in esame le garanzie giuridiche di cui ritengono aver bisogno, ovviamente rispettando e considerando il fatto che venticinque parlamenti hanno già ratificato il trattato, che siamo in attesa di una ventiseiesima ratifica all'inizio del 2009, e che vogliamo dare un segnale forte e chiaro per quanto riguarda l'effettiva entrata in vigore del trattato di Lisbona. Questo è il senso generale della road map che vi proponiamo, e che sarà discussa al Consiglio europeo.

Per quanto concerne la situazione economica e finanziaria, abbiamo già tenuto numerose discussioni in quest’Aula. Vorrei quindi ribadire i principali aspetti, giacché l'Europa è fortemente colpita dal rallentamento economico. Nel confrontarci con una situazione eccezionale, dobbiamo dar prova della nostra capacità di rispondere. Dobbiamo dar prova di unità, della stessa capacità decisionale che abbiamo mostrato lo scorso ottobre, quando è stato necessario trovare una risposta coordinata al rischio del collasso di tutto il settore finanziario. L’11 e il 12 dicembre la presidenza condurrà i lavori del Consiglio in questo spirito.

Il 26 novembre, il presidente Barroso illustrerà meglio di quanto io possa fare le proposte adottate dalla Commissione per un piano europeo di ripresa; tali proposte sono state esaminate nel corso del consiglio di lunedì sulla competitività e nel consiglio dei ministri economici e finanziari. Ciò costituisce una risposta europea coordinata alla crisi economica, che si avvale degli strumenti comunitari disponibili e consente agli Stati membri di adottare le misure più adeguate alle loro rispettive situazioni, in stretto coordinamento gli uni con gli altri e nel rispetto di alcuni principi.

Vorrei dire che per quanto riguarda la presidenza del Consiglio le proposte della Commissione rappresentano un passo nella giusta direzione. Dobbiamo cercare di sbloccare fondi marginali provenienti dal bilancio comunitario, ovunque essi siano disponibili, per il Fondo sociale europeo, il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione, e i Fondi strutturali. Dobbiamo anche fare uso, come proposto dalla Commissione, di ulteriori fondi della Banca europea per gli investimenti e contiamo sulla piena partecipazione del Parlamento alla mobilitazione delle istituzioni comunitarie in risposta alla crisi.

Spetta principalmente agli Stati membri mettere in campo tutti i mezzi possibili a sostegno dell'attività economica nei prossimi anni, tenendo conto delle previsioni fornite tanto dalla Commissione quanto da altre istituzioni. La Commissione propone uno sforzo congiunto tra ciò che può essere fatto a livello comunitario e quello che viene fatto negli Stati membri, che arrivi a 200 miliardi di euro, vale a dire l’1,5 per cento del PIL comunitario. So che vi è una certa preoccupazione in merito a tali cifre. A noi, come presidenza, sembra che l'impegno proposto dalla Commissione possa rispondere ai problemi che dobbiamo affrontare e possa offrire gli stimoli necessari.

Siamo ben consapevoli che le autorità comunitarie non possono garantire tutto, poiché i loro strumenti sono limitati, specie in termini di bilancio e in particolare per quanto riguarda gli stanziamenti; e che non tutto può essere fatto a livello comunitario. Le autorità, tuttavia, devono garantire che gli interventi nazionali volti a favorire una ripresa siano coerenti e coordinati in modo da ottenere i maggiori effetti globali per la ripresa economica a vantaggio dell'Unione europea.

Insieme alla Commissione, siamo convinti della necessità di misure di sostegno settorialmente mirate e di transizione. Tali misure devono essere compatibili con le priorità a lungo termine dell'Unione europea e con la strategia di Lisbona, e devono essere attuate in tempi brevi. Riteniamo che un’azione prioritaria debba avere come obiettivo la base industriale europea, in particolare le industrie che fungono da “spina dorsale” come quelle del settore automobilistico che, come sapete, è stato colpito molto duramente dal rallentamento economico. In collaborazione con la Banca europea per gli investimenti, gli Stati membri dovrebbero essere autorizzati a fornire sostegno ai loro produttori, in modo da favorire gli sforzi rivolti allo sviluppo di nuove tecnologie, specialmente per automobili non inquinanti.

Così come è stato sottolineato dal Consiglio “Competitività”, dobbiamo inoltre ottenere più spazio di manovra al fine di sostenere le piccole e medie imprese che sono state particolarmente colpite dalla crisi e, in particolare, sono attualmente minacciate dalla restrizione del credito, tenendo a mente le condizioni in cui continua a trovarsi il settore finanziario europeo. Nella prossima riunione del Consiglio dell'11 e del 12 dicembre siamo determinati a ottenere il piano globale più ambizioso possibile.

Riguardo al pacchetto energia e clima, signor Presidente, domani in quest’Aula si terrà una discussione. A nome del Consiglio, desidero ringraziare ancora una volta il Parlamento per l'atteggiamento estremamente costruttivo durante il confronto sul pacchetto energia e clima. Il nostro obiettivo è e continuerà a essere un accordo in prima lettura tra oggi e la fine del mese: non si tratta di vanità da parte della presidenza francese, né si tratta qui di sapere se la presidenza si metterà un’altra piuma sul cappello. Non è questo il problema. Il problema, lo ripeto, è che l'Europa deve essere pronta a rispettare le scadenze internazionali previste dal calendario del 2009, e deve essere pronta ad adottare le auspicate iniziative a Poznań, in occasione della conferenza che si è appena aperta e, il prossimo novembre, a Copenaghen.

I vostri relatori sono ben consapevoli di questo. Ci sono stati molti scambi significativi tra il Parlamento e il ministro francese Borloo, al fine di concludere con successo questo negoziato. L'obiettivo della presidenza è chiaro: il pacchetto proposto dalla Commissione ha obiettivi e coerenza di fondo. Bisogna proteggere questi obiettivi e questa coerenza. Non dobbiamo deviare dalla iniziale linea di ragionamento proposta dalla Commissione europea.

Dobbiamo integrare due aspetti: il primo è una sufficiente flessibilità nei confronti di quei paesi che, tenendo presente la loro posizione geografica e il livello di sviluppo economico, devono compiere sforzi in materia di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra. Penso in particolare ai nostri amici dell’Europa centrale e orientale. Il secondo aspetto comprende il raggiungimento, tenendo conto della crisi economica, della necessaria flessibilità per i settori industriali che sono più colpiti dai problemi del consumo di energia. Queste sono le linee su cui stiamo lavorando in stretta collaborazione con la Commissione e con gli altri Stati membri: dobbiamo essere tutti uniti in modo che, tra oggi e la fine dell’anno, si possano raggiungere risultati concreti e l'adozione di questo pacchetto.

Quindi, signor Presidente, presidente Barroso, onorevoli deputati, questo Consiglio europeo è di cruciale importanza. L'Europa oggi si trova a un bivio istituzionale, economico ed energetico. Questo sarà un Consiglio difficile: dovrà essere in grado di far fronte alla situazione nell'Unione europea. E’ per questa ragione che, in sede di Consiglio, in Commissione e in Parlamento, dobbiamo assolutamente fare tutto quanto in nostro potere per raggiungere con successo i vari obiettivi. Siamo ovviamente consapevoli, tuttavia, della difficoltà del nostro compito.

 
  
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  José Manuel Barroso, presidente della Commissione. – (FR). Signor Presidente, Presidente Jouyet, onorevoli deputati, devo innanzitutto concordare con lei, Presidente Pöttering, su tutto ciò che ha detto in riferimento alla tragedia di Mumbai, e devo dire anche che condivido il suo sentimento riguardo alla necessità di uno spirito di solidarietà in Europa, e riguardo una reale cittadinanza europea.

Saremo tutti in grado di trarre insegnamento da questi eventi e di dimostrare la realtà delle nobili idee di cittadinanza europea e di solidarietà.

Negli ultimi mesi, signor Presidente, onorevoli deputati, l'Unione europea ha dovuto fronteggiare una serie di importanti sfide: un conflitto in Georgia, una crisi finanziaria senza precedenti e un’inaspettata recessione.

L'UE ha finora valutato correttamente questi eventi straordinari e ha operato – ne sono assolutamente convinto – in maniera degna di elogio. Grazie all’impegno comune e alla stretta collaborazione fra le nostre tre istituzioni e, devo aggiungere, all'energia e alla capacità della presidenza francese, sono chiare a tutti l'utilità e l’importanza della dimensione europea. Abbiamo dimostrato agli europei e al mondo che l'Unione europea è stata all'altezza del proprio compito: è stata capace di dare una risposta rapida e coordinata e di collaborare in sintonia con i partner sulla scena mondiale.

Ma dobbiamo essere assolutamente chiari e onesti gli uni con gli altri: il lavoro più importante deve essere ancora fatto nelle prossime settimane. Perché ci troviamo davanti ad un grande numero di sfide, in particolare tre che possono essere affrontate solo se le tre maggiori istituzioni europee – Parlamento, Consiglio e Commissione – continueranno a collaborare tra di loro. Ognuna deve svolgere il proprio ruolo nel perseguimento dei nostri comuni obiettivi: prima di tutto adottare misure incisive, da mettere immediatamente in atto, per rimettere l'Europa sulla strada della ripresa economica e per fornire una risposta alla crisi dell'economia reale. In secondo luogo, dimostrare che l'Europa si sta dotando degli strumenti per diventare leader a livello mondiale nell’economia a bassa emissione di carbonio e che è in grado di mantenere la posizione di leader mondiale nella lotta contro i cambiamenti climatici. In terzo luogo, elaborare una tabella di marcia per l'attuazione del trattato di Lisbona.

Sono certo che ci sono molte altre aree di cui potrei parlare, in particolare nel campo delle relazioni esterne: a tale proposito, oggi noi nella Commissione siamo orgogliosi di aver approvato un comunicato che illustra gli obiettivi particolarmente ambiziosi per una vera politica di partenariato con i paesi dell’est. Tuttavia, visto che il tempo è poco, voglio adesso concentrarmi su questi tre aspetti che nel loro insieme considero la sfida più grande per il Consiglio europeo di dicembre.

Prima di tutto, esaminiamo il piano europeo per la ripresa economica. Durante le discussioni che hanno avuto luogo prima del Consiglio europeo nell’ottobre di quest'anno, le difficoltà stavano provocando un effetto a catena e la crisi finanziaria si stava già estendendo all'economia reale.

Una settimana dopo, in un comunicato che abbiamo approvato, la Commissione ha proposto un quadro politico di riferimento per gli interventi a livello di Unione europea. Abbiamo affermato l’esigenza di una risposta economica alla crisi finanziaria e che questa risposta fosse data in modo coordinato. E’ stato raggiunto un ampio consenso sul quadro politico, che è stato approvato nell'ultimo Consiglio europeo informale e dal Parlamento nella tornata del mese scorso. Ma questo quadro politico è stato alimentato anche della strategia globale definita al vertice del G20, in cui è stato utilizzato come base per la discussione. Infine, l'approccio raccomandato da questo quadro politico di riferimento è stato adottato dagli Stati membri al momento di definire le rispettive linee d'azione.

Oltre a fornire dettagliate modalità di attuazione, il piano europeo per la ripresa economica, così come è stato presentato dal sottoscritto la settimana scorsa, ha innalzato questo coordinamento a un nuovo livello di ambizione.

Desidero rendere omaggio alla spinta impressa dal Parlamento europeo al piano di ripresa, tramite le discussioni in commissione e nella plenaria e, in particolare, tramite la discussione che ho avuto con la Conferenza dei presidenti; desidero ringraziare il presidente del Parlamento e i presidenti dei vari gruppi per i loro contributi, che hanno reso possibile questa discussione. L'attuazione di questo piano deve godere dello stesso sostegno al dialogo di cui si è giovato durante la sua preparazione.

Proponendo di iniettare 200 miliardi di euro per rimettere in moto la nostra economia, il nostro piano di ripresa, che comprende dieci priorità dettagliate, mostra un grado di azione comune che non trova precedenti a livello europeo. La sfida era enorme, come enorme era il rischio di fallimento, dato che doveva essere definito un piano ambizioso di portata analoga a quella dei problemi da affrontare. Il piano non è basato su un comune denominatore, senza però ignorare le varie situazioni di bilancio ed economiche degli Stati membri, ampiamente diverse tra di loro anche se tutti gli Stati membri fanno parte di un mercato comune e la maggior parte di loro ha adottato la moneta comune. Dobbiamo quindi confessare che non è compito facile: è davvero difficile trovare, da un punto di vista intellettuale e ovviamente anche politico, una risposta economica valida per 27 paesi con posizioni di partenza così diverse.

Questo è il motivo per cui non abbiamo definito un unico piano per tutti, ma un piano coordinato, basato sugli strumenti già a nostra disposizione in Europa: il patto di stabilità e crescita, e la strategia di Lisbona per la crescita e l'occupazione, e mediante la definizione degli obiettivi comuni da perseguire in modo coordinato per la ripresa economica.

Ora questo piano deve essere tradotto in realtà. Il concetto di coordinamento non deve prevalere solo al momento dell’accordo, ma anche durante la fase di attuazione, dal momento che il prezzo dell'inazione sarebbe inaccettabile. Possiamo testimoniarlo: si verificano perdite di posti di lavoro ogni giorno. Non possiamo aspettare che la recessione peggiori e degeneri in una grave depressione.

Ritengo che tutti possiamo scorgere un cambiamento di atteggiamento, anche se non si è ancora tradotto completamente in decisioni concrete. Tutti sono ben consapevoli del fatto che non siamo di fronte a una normale riduzione delle attività economiche: ci troviamo in una situazione completamente diversa, non in un normale calo di attività economica; stiamo vivendo in circostanze eccezionali, lo ripeto, e adesso è il momento di agire.

Ogni istituzione deve assumersi le proprie responsabilità. La Commissione lo ha fatto con la presentazione di questo piano e continuerà a farlo per garantirne la messa in opera. So di poter contare sulla vigilanza del Parlamento per ricordare a ciascuna istituzione il proprio impegno. Questo piano di ripresa offre il necessario quadro politico per svolgere un’azione decisa e ambiziosa. Credo che sia al tempo stesso ambizioso e realistico; avanzare proposte ambiziose che non hanno alcuna possibilità di essere approvate è inutile. Al tempo stesso, tuttavia, dobbiamo mantenere quest'ambizione.

Questo piano dimostra che i principi fondamentali fissati dal patto di stabilità e di crescita e dalla strategia di Lisbona ci hanno consentito di fornire una reale soluzione europea.

E’ una grande opportunità che l’Europa deve saper cogliere. Credo che questo rappresenti un vero e proprio banco di prova per l'Europa: non solo una prova della sua capacità di risposta economica, il che è già abbastanza impegnativo, ma anche della stessa idea di Europa. Qual è la nostra idea di Europa? Vogliamo o non vogliamo dare risposte a livello europeo ai problemi economici europei e mondiali?

Unita nell’azione, l'Europa può dimostrare che è in grado di: fornire il necessario coordinamento in modo che ciascuno possa mettere in campo tutte le proprie forze; offrire, su una scala personalizzata, i necessari stimoli di bilancio al fine di garantire un impatto reale, garantendo nel contempo la redditività a medio e a lungo termine dei livelli di spesa pubblica; garantire l’utilizzo intelligente di strumenti a breve termine per rafforzare la competitività a lungo termine prendendo così due piccioni con una fava: gli stimoli devono, a breve termine, attenuare l'impatto della crisi sulle famiglie, i lavoratori e le imprese, mentre contemporaneamente, a medio e lungo termine, devono facilitare il passaggio a un’economia basata su minore intensità energetica, sostenendo le riforme in favore della competitività europea; garantire che tutte le nostre azioni siano fondate sui principali imperativi della solidarietà e della giustizia sociale, e siano prioritariamente rivolte ai più vulnerabili in questo tempo di crisi.

Abbiamo pertanto fissato tre priorità chiare, tre pilastri fondamentali per una strategia che considera come priorità assolute le esigenze dei settori più vulnerabili della società.

Non è questo il momento per limitare le azioni a livello nazionale. Cerchiamo di essere assolutamente chiari su questo. Questo è il messaggio che vorrei trasmettere al Consiglio europeo e so che posso contare sul Parlamento perché rafforzi il mio messaggio. Solo una soluzione a livello europeo potrà avere i necessari margini di manovra per fare la differenza, a vantaggio di tutti.

Il sostegno del Parlamento è essenziale. Vorrei quindi chiedervi di esaminare le nuove proposte, accelerare le procedure e di adattare il quadro di bilancio europeo. Anche in questo caso, dobbiamo essere chiari. Penso che sarebbe del tutto contraddittorio andare ora a chiedere agli Stati membri un ulteriore sforzo per aumentare i loro bilanci, mentre a livello europeo non siamo stati in grado di utilizzare tutti gli stanziamenti a nostra disposizione nel bilancio comunitario.

Ritengo pertanto che la Commissione abbia avanzato una buona proposta, che tutti gli stanziamenti inutilizzati siano impiegati per sostenere alcuni programmi e per lanciare alcune iniziative europee, che sia per le interconnessioni, per l'innovazione, per le energie che rispettano l’ambiente, o per una politica di ripresa economica che è anche ricca di potenzialità a medio termine. Credo che questo sia il minimo da fare.

Vi esorto soprattutto a spiegare ai nostri concittadini come l'Unione europea stia fornendo protezione, non per agire in nome degli Stati, ma piuttosto il contrario, aumentando l'efficacia delle azioni adottate dagli Stati membri, e combinando i nostri sforzi per stimolare la domanda e ripristinare la fiducia a vantaggio di tutti i cittadini.

(EN) Al secondo punto dell'ordine del giorno del Consiglio europeo ci sono i cambiamenti del clima. So quanto tempo e attenzione questo Parlamento ha dedicato al pacchetto energia e ai cambiamenti climatici. Avete dimostrato come questo sia davvero uno dei più importanti progetti politici, economici e di “civilizzazione” del nostro tempo. Quando guarderemo a quella che sarà una decisione storica, il vostro sostegno e la vostra indicazione su come raggiungere l'obiettivo si confermeranno inestimabili.

E’ passato ormai quasi un anno da quando la Commissione ha formulato le sue proposte. In questo periodo abbiamo assistito a un notevole rallentamento della crescita economica. Abbiamo ascoltato le comprensibili preoccupazioni dell’industria in un momento di intensa pressione.

Ma l'impegno per l'obiettivo cruciale non ha subito tentennamenti: per soddisfare entro il 2020 gli obiettivi del “20/20/20”; per indicare la strada di un accordo globale a Copenaghen il prossimo anno; per dimostrare, inoltre, che facciamo sul serio quando si discutono tali questioni.

Naturalmente c'è molto da fare prima che il Consiglio e il Parlamento raggiungano un accordo finale. E’ così che deve essere: si tratta di decisioni di fondo che incidono sulla vita di ogni cittadino europeo e meritano di essere prese sul serio.

Il Consiglio europeo della prossima settimana sarà fondamentale per raggiungere un accordo tra i capi di Stato e di governo dei 27 Stati membri. Ma anche se un consenso tra i 27 è condizione necessaria per un accordo, non è di per sé sufficiente. Credetemi, nessuno conosce meglio della Commissione il ruolo fondamentale che il Parlamento svolge come colegislatore. Avete dimostrato più volte che il vostro apporto è indispensabile, non solo per la legittimità democratica della legislazione europea, ma anche per la sua efficacia.

Il vostro lavoro è un fattore cruciale nella costruzione di un ampio consenso trasversale ai partiti e ai paesi su punti essenziali della legislazione. Ci sarà bisogno di voi per svolgere questo ruolo anche in relazione al pacchetto sul clima e l’energia. Molto è già stato realizzato negli ultimi dialoghi a tre. Nutro fiducia che si possa percorrere altrettanto bene il resto del cammino insieme. Io credo che possiamo e dobbiamo raggiungere un accordo al Consiglio europeo, e accolgo con favore gli sforzi dell’operosissima presidenza francese del Consiglio, con la quale la Commissione collabora attivamente. Questo è il motivo per cui, subito dopo il Consiglio europeo, vi propongo di riprendere il suo risultato nei dialoghi a tre con il Parlamento europeo, al fine di appianare le restanti divergenze e tradurre gli accordi politici in testi di legge.

Sono fiducioso che saremo in grado di concludere i lavori in tempo utile e di dimostrare che l'azione per il clima, la sicurezza energetica e la crescita economica può e deve essere perseguita sostenendosi a vicenda. Questo è il miglior messaggio che possiamo inviare prima delle elezioni europee, ma anche in vista del mandato del prossimo presidente degli Stati Uniti e di Copenaghen. Mi impegno a far sì che la Commissione europea lavori instancabilmente insieme a voi per conseguire questi obiettivi.

Infine, senza dubbio alcuni sosterranno che nella situazione attuale la discussione del trattato di Lisbona è una distrazione. Si sbagliano: oggi più che mai l'Unione europea si sta dimostrando essenziale in termini di promozione economica e benessere sociale dei suoi cittadini. Fornirle gli strumenti per assolvere a questo compito in modo più efficiente e democratico non è una distrazione: è un imperativo. Le crisi di cui siamo stati tutti testimoni hanno sottolineato questa necessità.

Credo che l'Unione europea abbia dimostrato grande maturità nel rispondere al “no” del voto in Irlanda rispettando quel risultato e dando alle autorità irlandesi il tempo di digerire e analizzare, il tempo per lavorare su come affrontare questa situazione.

Soprattutto, l'Europa ha dimostrato la propria determinazione a continuare a lavorare verso la meta del nuovo trattato. Gli Stati membri hanno proseguito il processo di ratifica. La Commissione, come il Parlamento europeo, ha continuato ad appoggiare il trattato. E abbiamo lavorato insieme all'Irlanda – non contro di essa – per trovare il giusto modo di procedere.

Rimane l'urgenza di far entrare in vigore il trattato e di rispettare le decisioni dei 25 parlamenti nazionali che l’hanno ratificato. L'obiettivo primario del Consiglio europeo dev'essere quello di definire una via credibile che permetta anche all’Irlanda di ratificarlo. Entro la fine della prossima settimana, abbiamo bisogno di una road map che ci conduca fuori da questo vicolo cieco.

Il 2008 rimarrà nei libri di storia come un anno in cui l'Unione europea ha affrontato alcune delle sue prove più difficili, ma anche, ritengo, in cui si è dimostrata sufficientemente determinata, decisa e coraggiosa per affrontare la sfida. Usiamo le prossime settimane per consegnare al futuro un’Unione europea più forte e ambiziosa.

(Applausi)

 
  
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  Joseph Daul, a nome del gruppo PPE-DE. – (FR) Signor Presidente, Presidente Jouyet, signor Presidente della Commissione, onorevoli colleghi, la prossima settimana il Consiglio europeo esaminerà prevalentemente la risposta alla attuale crisi economica, e in primo luogo vorrei rendere omaggio al lavoro della Commissione europea. Fin dall'inizio della crisi finanziaria, infatti, la Commissione ha presentato un grande numero di documenti miranti a riformare l'architettura finanziaria globale. Il piano di ripresa presentato la scorsa settimana e che accogliamo con favore, va ad aggiungersi a tutte queste misure e rappresenta uno strumento adeguato per rispondere alle nostre attuali difficoltà.

Al pari della Commissione, riteniamo che i piani di ripresa debbano essere attuati il più velocemente possibile, e che il coordinamento di queste misure di recupero sia la chiave per il successo. L'economia e la coesione sociale nei nostri paesi costituiscono una priorità fondamentale. Inoltre, dobbiamo dimostrare determinazione e un atteggiamento di responsabilità, allo scopo di risolvere i nostri problemi a lungo termine. Le proposte della Commissione, che mirano a riunire tutte le leve politiche disponibili a livello europeo e nazionale nella lotta contro questa crisi, rappresentano un ottimo approccio.

La nostra priorità deve essere quella di fare tutto il possibile per evitare una spirale in discesa verso la recessione. Dobbiamo ripristinare la fiducia dei consumatori, perché è l'unico modo per modificare rapidamente la situazione. Mi spiace davvero che alcuni gruppi politici non condividano questo approccio e intendano sfruttare la crisi per cercare di ottenere vantaggi politici. L'obiettivo del centro-destra, il nostro obiettivo, non è di lanciare slogan ma di ripristinare la stabilità, la crescita e l'occupazione, punto e basta.

Il nostro obiettivo è anche mostrare agli europei ciò che deve essere difeso a tutti i costi: il nostro modello di economia sociale di mercato, che il mondo ci invidia e per il quale dobbiamo lottare, perché esso solo può assicurare e garantire la coesione sociale. Se fossi un capitalista, lo saprebbero tutti!

Di fronte a una crisi che richiede misure urgenti, realistiche e pragmatiche, alcuni preferiscono accusare l'opposizione allo scopo di nascondere le proprie colpe. Siamo ben consapevoli della gravità di questa crisi, ma siamo anche consapevoli del nostro dovere di agire in base ai nostri valori e al pragmatismo, per trovare il giusto equilibrio tra breve e lungo termine.

Le misure che si sono rese necessarie a causa dei problemi attuali non devono compromettere il nostro futuro. Questo è il motivo per cui sosteniamo l'approccio della Commissione, che pone la sua azione nel quadro della strategia di Lisbona per la crescita e l'occupazione. Questa strategia, infatti, è la migliore garanzia di preservare il nostro modello sociale; qualsiasi altra strategia sarebbe irresponsabile. Tuttavia, l'adozione di misure di ripresa non significa che gli Stati membri possano rinnegare le riforme strutturali indispensabili per l'adeguamento delle loro economie.

Onorevoli colleghi, il Consiglio europeo sarà inoltre in gran parte dedicato al pacchetto clima ed energia, che la presidenza francese considera giustamente una delle sue priorità fondamentali. Sulla maggior parte dei documenti del pacchetto i negoziati sono ancora in corso e mi rivolgo a tutti coloro che vi sono coinvolti invitandoli a fare tutto quanto in loro potere per raggiungere un accordo soddisfacente.

Il riscaldamento globale è una realtà che né la crisi finanziaria, né l'attuale crisi economica hanno cambiato. L'Unione europea deve indicare la strada ai propri partner mondiali mediante l'adozione di un atteggiamento politico responsabile e appropriato alla situazione attuale. La battaglia dell’Europa contro il cambiamento climatico deve però continuare.

Il fatto che siano stati fatti progressi su uno dei documenti del pacchetto clima ed energia è un segno molto positivo e dimostra un reale desiderio di andare avanti su questi testi, cosa che accolgo con favore. Rendo omaggio alla determinazione della presidenza francese, che non ha lesinato alcuno sforzo per raggiungere un accordo. Vorrei anche esprimere il desiderio che i nostri amici irlandesi propongano una road map per il Consiglio europeo che è allo stesso tempo realistica e ambiziosa, e offre un calendario per il superamento dello stallo istituzionale.

Questa crisi ci dimostra ancora una volta che l'Europa deve essere in grado di prendere decisioni in modo più efficace e democratico. Infine, vorrei ringraziare la Commissione per il progetto di partenariato coi paesi dell’Est, che sta per essere proposto al Consiglio.

 
  
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  Presidente. − Se ora dovessi dire che siete stati sempre esemplari, potrebbe essere interpretato come un preconcetto.

 
  
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  Poul Nyrup Rasmussen, a nome del gruppo PSE. – (EN) Signor Presidente, oggi ci sono 17 milioni di disoccupati in Europa. Se non interveniamo, nel giro di un anno diventeranno 21 milioni, e 25 milioni all'inizio del 2010.

Il 14 novembre il nostro gruppo ha affermato che abbiamo bisogno di un obiettivo chiaro, e il partito socialista e socialdemocratico ha affermato la stessa cosa durante il finesettimana. Il nostro obiettivo dev'essere impedire all'occupazione di scendere. Lo stimolo finanziario sarà definito da questo chiaro obiettivo di mantenere le persone all'interno del mondo del lavoro: si perderanno posti di lavoro, ma ne creeremo di nuovi per mantenere le persone al lavoro. Quello che mi sembra manchi nel programma della Commissione non è la direzione, ma l'ambizione e un vero coordinamento.

So che è difficile. Non dite, per cortesia, che semplicemente combinando gli sforzi – che è quello che i governi hanno sempre fatto – si ottiene il coordinamento, perché non è così. Condivido la vostra ambizione di coordinamento, ma uniamo le forze – quelle di questo Parlamento, la sua e quella del presidente del Consiglio – per chiedere ai governi di capire per una volta quanto valore aggiunto si possa ottenere facendo le cose in modo coordinato. Voi ed io sappiamo che in tal modo si produce il doppio dell’effetto negli Stati membri.

La mia seconda osservazione è questa:. potreste per favore, voi e il presidente del Consiglio, domandare ai vostri colleghi, i capi di Stato e di governo in seno al Consiglio, se intendiamo garantire il livello di occupazione, di quale livello abbiamo bisogno? Ho fatto dei calcoli macro-economici che dimostrano che abbiamo bisogno di investire –come ha fatto il governo spagnolo – l'1 per cento del PIL, non solo il prossimo anno ma anche nel 2010 e nel 2011, altrimenti non riusciremo ad arrivare a questo livello.

Allora, come possiamo fare? Vorrei fare la seguente proposta: signor Presidente della Commissione, stili un elenco delle priorità definite dalla nostra strategia di crescita rispettosa dell’ambiente e dagli obiettivi di Lisbona, una lista su cui i 27 Stati membri si dichiarino d'accordo con voi e con il Consiglio. Poi mostrare alla Germania, alla Francia, all’Italia – a tutti noi – la quantità di valore aggiunto che si guadagna facendo le cose insieme. In seguito, elaborare un calendario dicendo, per esempio: se prendete le vostre decisioni prima di Natale, ci incontreremo di nuovo a febbraio, prima della primavera, per valutare quali siano stati gli effetti. In primavera saremmo poi pronti per il secondo pacchetto e in autunno per il terzo, come parte di una strategia a lungo termine per raggiungere i nostri obiettivi.

Non dico che sarà facile. Dico che condivido la sua ambizione, ma non vedo obiettivi messi in pratica. Uniamo le forze e facciamolo.

 
  
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  Graham Watson, a nome del gruppo ALDE. – (EN) Signor Presidente, l'ultima volta che ci siamo incontrati abbiamo elogiato la rapida risposta del Consiglio alla crisi finanziaria. Ma la rapidità non sembra più essere l'essenza di questo Consiglio europeo. Ebbene, dovrebbe esserlo. Le sfide che la nostra Unione si trova ad affrontare sono reali. La recessione sta soffocando le imprese e i mutamenti climatici si fanno sempre più evidenti.

Abbiamo bisogno che il Consiglio e la Commissione riconoscano ciò che Martin Luther King ha chiamato “la feroce urgenza dell’oggi.” Ieri, i nostri ministri delle Finanze non hanno colto l'urgenza del piano di ripresa. Gli stimoli di impulso stanno perdendo efficacia. La presidenza dovrebbe dirci quali Stati membri si sono dichiarati contrari. Dobbiamo attenerci al patto di stabilità e di crescita, mantenere la concorrenza e le regole per gli aiuti di Stato, e affrontare la sfida dell’agenda di Lisbona. Però dobbiamo agire in fretta.

Il Consiglio, naturalmente, cercherà un quadro giuridicamente vincolante per ridurre le emissioni di carbonio. Sono stati registrati progressi: il sistema del cap and trade, non regolamenti e oneri, deroghe per i piccoli produttori di emissioni, comprensione delle diverse situazioni dei vari Stati e una scala a calare per la procedura di asta per l’assegnazione delle quote di emissione di carbonio, sono tutte misure ragionevoli. Quello che invece non sarebbe ragionevole, è qualsiasi tentativo da parte di uno Stato membro di far naufragare un piano a lungo termine per un proprio interesse a breve termine. Se non affrontiamo ora il cambiamento climatico, il conto da pagare lieviterà a dismisura. L’accordo della scorsa settimana sulle emissioni di CO2 delle automobili mostra come sia facile prendere la via di minor resistenza, per far sì che gli interessi acquisiti prevalgano su quelli globali. Ci sono dei costi in un accordo sul clima, ma anche delle opportunità: l'Europa potrà guidare il mondo nell’innovazione rispettosa dell’ambiente. I premi vanno a chi osa e l’Europa deve avere il coraggio delle proprie convinzioni.

La scorsa settimana, l'Irlanda ha reso nota una meditata relazione sulle opzioni per il trattato di Lisbona. Ora il Taoiseach deve presentare un piano concreto e un chiaro calendario per andare avanti, perché i cittadini europei vogliono un’Europa efficace. Non si potrà mai convincere nessuno ad avere più fiducia nella nostra Unione, se questa non funziona. E abbiamo visto la scorsa settimana un esempio di un’Unione che non funziona: i membri di questo Parlamento scampati alle bombe la scorsa settimana a Mumbai sono stati raggiunti da un console che ha detto loro che avrebbe aiutato solo i cittadini del proprio paese. Niente dimostra meglio l'urgente necessità di un coordinamento per una protezione consolare europea.

Nel momento del bisogno l'Unione deve tutelare tutti i suoi cittadini. Il presidente della Commissione ha detto “o affondiamo o nuotiamo insieme.” Ebbene, alcuni preferirebbero camminare sull’acqua, ma l'Europa lo ha fatto in precedenza e sappiamo che non funziona. Oggi abbiamo bisogno di azione da parte del Consiglio europeo.

 
  
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  Rebecca Harms, a nome del gruppo Verts/ALE. (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, una settimana prima che la delegazione del Parlamento europeo parta per Poznań è opportuno valutare se ciò che ora la Commissione continua a ripetere sia effettivamente vero, e cioè se la reazione alla crisi dell'economia reale e alla crisi dei mercati finanziari sia collegata a un’ambiziosa strategia di protezione del clima. Ancora una volta ritengo che, a questo punto, tutto ciò che la Commissione ha affermato fino ad oggi in questo senso sia smentito dai negoziati a tre in corso sul pacchetto clima. Il segnale dato dall’accordo sulle automobili all'inizio della settimana è, infatti, che l'Europa ha promesso un ambizioso programma di protezione del clima e ha affermato di voler salvare il mondo. L'Europa vuole cambiare tutto, ma non le sue automobili. Credo che sia stato dato un segnale veramente misero.

Cerchiamo di continuare con lo scambio di emissioni; sappiamo che è lo strumento più importante della politica europea per la protezione del clima e che la procedura di asta per l’assegnazione delle quote di emissioni è la quintessenza del suo funzionamento. Ora si negozia addirittura una deroga per l’industria energetica e l'industria ad alto consumo energetico sarà esentata dal sistema di scambio delle emissioni per quasi tutto il prossimo decennio. Ritengo che, solo una settimana prima di Poznań, questo sia un annuncio molto insoddisfacente. Almeno la metà degli ambiziosi sforzi per ridurre le emissioni di CO2 dovrebbe essere effettuata nei paesi in via di sviluppo, non in Europa. Tuttavia, non vogliamo nemmeno finanziare tali misure nei paesi in via di sviluppo.

Presidente Barroso, vorrei chiederle con forza che venga finalmente formulato il nuovo accordo a tutela dell’ambiente di cui l’onorevole Dimas parla sempre. Vorrei anche dirle che credo che l'accettazione da parte dei cittadini dell'Unione europea sarebbe molto più convinta e potrebbe aumentare se la Commissione valutasse gli errori che sono stati commessi nelle sue precedenti strategie economiche, errori che riguardano anche i mercati finanziari, e se lei prendesse atto delle sue stime errate di un anno fa.

Forse allora i cittadini darebbero più importanza al nuovo punto di partenza, e quindi si avrebbe una maggiore accettazione del trattato di Lisbona. A questo punto, come ho già fatto due settimane fa a Strasburgo, vorrei davvero pregarla di essere onesto al proposito. E’ in vista un nuovo accordo sull'ambiente o intendete perseguire le strategie degli ultimi dieci anni?

 
  
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  Brian Crowley, a nome del gruppo UEN. – (EN) Signor Presidente, vorrei ringraziare il presidente in carica Jouyet e il presidente della Commissione per i loro interventi di oggi in Parlamento.

Vorrei intervenire brevemente sulla questione del piano di ripresa economica che, sotto molti aspetti, è quello che più riguarda i cittadini e le persone in merito al modo in cui si intende reagire e rispondere ai problemi globali senza precedenti che ci hanno colpito nel corso degli ultimi mesi. Accolgo con favore il piano di ripresa e la proposta della Commissione, che coincide con quello che gli Stati membri stanno già facendo e, di fatto, con quello che gli Stati membri hanno concordato di fare nel quadro di un piano coordinato sotto la presidenza francese.

E’ singolare – e alquanto ironico, in un certo senso – che ci sia voluta questa crisi per portare il governo britannico nel novero europeo alla ricerca di possibilità di collaborazione e coordinamento congiunto, nonostante i molti anni di sforzi da parte di quel governo per rimanerne al di fuori e stabilire una propria strategia individuale.

Ciò che questa situazione più di ogni altra cosa comporta è il riconoscimento del fatto che, sì siamo indipendenti, sì possiamo fare le cose individualmente, ma quando agiamo collettivamente, quando siamo insieme e uniamo l'innovazione, il talento e l'energia dei 27 Stati membri, allora si può veramente cambiare il mondo grazie all’unione di questi sforzi individuali. Mi congratulo con il presidente della Commissione Barroso e con il presidente del Consiglio per averci consentito nel 2008 di maturare come Unione europea, per dare una risposta matura alle gravi crisi e alle critiche sulla capacità di reazione dell'Europa.

Questo mi porta al secondo punto che discuteremo in seno al Consiglio: la questione del trattato di Lisbona. Ovviamente molti sono assai preoccupati riguardo al modo in cui ci accingiamo a risolvere i problemi che vengono tralasciati a causa della mancata ratifica del trattato da parte di alcuni Stati membri. Nutro fiducia che il governo irlandese si faccia avanti con un piano che inviterà anche gli altri Stati membri a compiere determinati passi. Non è solo l'Irlanda ad avere questo problema; ciascuno Stato membro – agendo anche in questo collettivamente – deve affrontare lo stesso problema.

Vorrei incoraggiare tutti i colleghi a esaminare la relazione che il comitato speciale dell’Oireachtas, il parlamento nazionale irlandese, ha presentato. Bisogna notare che gli unici che si oppongono a questa relazione sono gli stessi che si sono opposti al trattato di Lisbona e, prima ancora, a ogni altro trattato. Sono le stesse figure ambigue che amano nascondersi nelle tenebre e che sostengono vi sia un modo migliore senza dire mai quale sia; le stesse persone che non hanno mai detto chiaramente cosa sia meglio per gli interessi irlandesi ed europei, ma si limitano a cercare di ottenere piccoli vantaggi politici per il proprio interesse. La realtà è che insieme possiamo raggiungere maggiori e migliori risultati, ma anche che ciò richiede di scendere a compromessi, richiede comprensione e tolleranza dei diversi punti di vista che emergeranno.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. KRATSA-TSAGAROPOULOU
Vicepresidente

 
  
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  Mary Lou McDonald, a nome del gruppo GUE/NGL. – (EN) Signora Presidente, i leader europei si riuniranno a Bruxelles la prossima settimana e, se il primo ministro irlandese Cowan crede che il sostegno dell’Irlanda al trattato di Lisbona possa essere garantito da un accordo su dichiarazioni politiche, o da affermazioni rasserenanti su una selezione di temi, allora si sta profondamente sbagliando. Il primo ministro irlandese ha cercato di distogliere l'attenzione dalla profonda insoddisfazione dei cittadini, non solo in Irlanda ma molto più in generale, per la direzione in cui si sta muovendo l’Unione europea. I sondaggi di opinione in Irlanda, e anche l’indagine autonoma del governo sulle ragioni del “no”, hanno evidenziato le preoccupazioni dei cittadini sui diritti dei lavoratori, sui servizi pubblici, sulla militarizzazione e sulla democrazia, preoccupazioni condivise da milioni di lavoratori e famiglie in tutta l'Unione.

La crisi economica con cui ci confrontiamo dimostra che ora più che mai i servizi pubblici e i diritti dei lavoratori devono essere protetti da forze di mercato sfrenate e prive di regole. Vedendo come i governi affrontano la crisi, diventa sempre più chiaro che il trattato di Lisbona è obsoleto. I governi hanno riscoperto la necessità dell’intervento statale nel pubblico interesse, l'esigenza di flessibilità e discrezionalità nel rispondere alle esigenze dei cittadini, e a caro prezzo hanno imparato una lezione: hanno imparato che il mercato non è il bene supremo; non può fornire tutte le soluzioni. Invece il trattato di Lisbona chiede l'incoronazione di questa supremazia del libero mercato, che si è rivelato fallimentare ed ha provocato un disastro di queste dimensioni.

Abbiamo bisogno di un cambio di rotta e la verità è che il trattato di Lisbona non ce lo fornisce. Il governo irlandese non è riuscito a estendere il dibattito ad altri governi; non è riuscito a trovare un accordo migliore, non solo per l'Irlanda, ma per tutta l’Unione. Il governo irlandese dovrebbe imparare una lezione dal suo popolo: deve imparare a guidare. E deve dare l'esempio. Ma tutti i leader europei hanno la responsabilità di affrontare davvero la realtà delle preoccupazioni della gente.

Le ciniche manovre politiche e la vuota retorica non otterranno il sostegno irlandese al trattato di Lisbona, non serviranno ad affrontare le gravi carenze del trattato, e soprattutto non potranno indicare le nuove prospettive che servono all'Unione. I leader devono compiere una scelta: possono partire dal cuore e dall’animo dei propri popoli, oppure prendere decisioni nell’interesse dei lobbisti e dei burocrati. Ai leader europei dico: fate la scelta giusta, ascoltate l’Irlanda e nella sua voce ascoltate l’eco della Francia e dei Paesi Bassi, la loro richiesta di riforma, di rinnovamento e di cambiamento.

 
  
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  Hanne Dahl, a nome del gruppo IND/DEM. (DA) Signora Presidente, si comincia a intravedere il putrido compromesso che deve essere raggiunto con l’Irlanda per farle accettare il trattato di Lisbona. Ho visto di tutto qui, in questo Parlamento, dalla manipolazione a minacce appena velate del tipo: “chi perderà un commissario, dato che dobbiamo dare applicazione a quello che sancisce il trattato di Nizza sulla necessità di avere un numero minore di membri della Commissione rispetto a quello degli Stati membri?”. Ho sentito proporre da eminenti opinionisti di buttare fuori l’Irlanda dall'Unione: tra questi anche un editore nel mio stesso paese. In sede di Conferenza dei presidenti è stato deciso di non sottoporre la decisione sull'Irlanda e sul trattato di Lisbona raggiunta in seno alla commissione per gli affari costituzionali a un dibattito e a una votazione in seduta plenaria. Tuttavia, la commissione ha concluso, nella sua riunione di lunedì, che proprio tale decisione avrebbe costituito la base della posizione ufficiale del presidente, e quindi del Parlamento. Il Parlamento, tuttavia, non può avere una posizione comune su questo tema.

Quando si è tenuta la votazione su questa decisione, ci sono stati 16 voti a favore e 6 contrari. Questa, soprattutto considerando che non si è riusciti a tenere un dibattito in Parlamento, è una base davvero esigua su cui elaborare una posizione comune. E’ scandaloso per la democrazia vedersi messa da parte in questo Parlamento, lo stesso Parlamento nel quale teniamo così tanto ad agitare in aria il dito mentre si moraleggia sui paesi senza democrazia e nel quale si onorano i difensori della democrazia con quello che abbiamo il coraggio di chiamare Premio Sacharov. La via da seguire per un’Europa democratica non è quella dei putridi compromessi, delle promesse meschine e delle minacce immorali. La via da seguire è un dibattito leale e aperto.

Nei pochi Stati membri in cui le istituzioni hanno avuto il coraggio di ascoltare l'opinione dei cittadini, la risposta è stata un chiaro rifiuto sia della Costituzione sia del trattato: un “no” in Francia, nei Paesi Bassi e in Irlanda. Che altro è necessario prima che il Parlamento si svegli e si accorga che non siamo assolutamente in sintonia con il nostro elettorato? Dove sono tutti i galletti che gonfiano le penne e minacciano gli irlandesi e i cechi? Non hanno il coraggio di incontrare gli elettori e permettere loro di esprimere il proprio giudizio su questa visione dell’Europa?

 
  
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  Jim Allister (NI). – (EN) Signora Presidente, mentre questo vertice dovrebbe concentrarsi interamente sulla crisi economica che affligge tutti noi, purtroppo molto tempo sarà dedicato a come soggiogare la volontà democraticamente espressa dagli elettori irlandesi.

E’ palpabile il disprezzo nei confronti dell’opinione legalmente espressa da un piccolo paese sul trattato di Lisbona. Nessuno oserebbe mettere in campo una tale prevaricazione alla Mugabe con un grande paese. Ma l’élite europea ha gioco facile nello spingere a destra e a manca gli elettori della Repubblica d'Irlanda: per quella élite il prezioso progetto di Lisbona è più importante della democrazia di uno Stato sovrano. E’ questa arroganza, questa tendenza a spazzare via quanti si oppongono ai loro progetti, che ha portato l'Unione europea a un tale distacco dai propri cittadini. Tutta questa indecorosa vicenda ha più le caratteristiche della politica della prepotenza che della democrazia.

 
  
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  Jean-Pierre Jouyet, presidente in carica del Consiglio. (FR) Signora Presidente, signor Presidente della Commissione, signor Presidente del gruppo, onorevoli deputati, in primo luogo mi riferisco a quanto ha detto l'onorevole Daul, e come lui desidero rendere omaggio al lavoro che è stato fatto dalla Commissione, in particolare per quanto riguarda il rafforzamento dell’architettura finanziaria: adesso abbiamo infatti quattro direttive principali che in un periodo di tempo molto breve, da settembre in poi, sono state presentate dalla Commissione e approvate dal consiglio dei ministri economici e finanziari.

L’onorevole Daul ha assolutamente ragione nel sottolineare questo lavoro e anche nel sottolineare la necessità di ripristinare la fiducia e di dare una dimostrazione di fiducia con il nostro atteggiamento. Questa fiducia verrà trovata, come hanno indicato molti onorevoli deputati, nell’unità e nel coordinamento.

Vorrei rassicurare l'onorevole Daul: lo conosco bene e so che è molto più vicino ai valori dell'economia sociale di mercato e non è in alcun modo uno sfrenato capitalista. Vorrei rassicurare tutti, il minimo contatto con lui confermerebbe quanto dico. Desidero pertanto ringraziarlo a questo proposito e dire anche che abbiamo avviato infatti la road map istituzionale e che ho visto le preoccupazioni che ha espresso e le preoccupazioni del suo gruppo in questo ambito.

Vorrei anche dire all’onorevole Rasmussen che l'obiettivo per quanto riguarda i livelli di occupazione è naturalmente al centro delle preoccupazioni della presidenza francese; siamo d’accordo con lui su quanto ha detto – e che è stato evidenziato anche da altri deputati – vale a dire che siamo consapevoli del fatto che con un maggiore coordinamento, il valore aggiunto che possiamo apportare sarà doppio o addirittura maggiore; infine, anche per quanto riguarda il metodo – in altre parole, l’avvio di specifici progetti, di obiettivi concreti e le scadenze – siamo d'accordo con le osservazioni dell’onorevole Rasmussen.

Vorrei anche rassicurare l'onorevole Watson, che ha una disposizione d’animo estremamente pragmatica e puntigliosa. L'onorevole Watson ha giustamente sottolineato che abbiamo ancora bisogno di agire rapidamente. Non credo che sia necessario ripeterlo al presidente in carica del Consiglio, tuttavia chiedo di agire ancora più rapidamente. Non credo che abbia dimenticato la necessità di questo rapido intervento. Vorrei rassicurare l'onorevole Watson che l'urgenza non è scomparsa e che ne siamo pienamente consapevoli. Analogamente, come lei ha detto, e anche l'onorevole Doyle, che è in Parlamento, non dobbiamo – in particolare per quanto riguarda la battaglia contro i cambiamenti climatici – sacrificare le richieste a lungo termine – come evidenziato anche dall’onorevole Harms – per privilegiare interessi a breve termine, né dobbiamo dare spazio all’egoismo espresso da alcuni, bensì mostrare la nostra solidarietà verso i paesi amici dell'Europa centrale e orientale, in particolare, la Polonia, gli Stati baltici e gli altri Stati. La questione sarà discussa in occasione del Consiglio europeo dell’11 e 12 dicembre.

Ho detto all'onorevole Harms che non dobbiamo ritornare su questi obiettivi. Non è in alcun modo intenzione della presidenza ritornare sui propri obiettivi. Ho detto che il pacchetto della Commissione era coerente, che conteneva diversi obiettivi che erano stati fissati al momento giusto, non dalla presidenza francese, e che tali obiettivi devono essere rispettati. Si tratta di un imperativo morale in questa crisi attuale: non possiamo aprire negoziati internazionali credendo che tocchi ai paesi in via di sviluppo fare tutti gli sforzi. Nei confronti dei paesi in via di sviluppo abbiamo anche un dovere di solidarietà in questo ambito.

Per quanto riguarda l'accordo raggiunto nel quadro del dialogo a tre con il Parlamento europeo, per il quale ringrazio il Parlamento, credo che sia un accordo equilibrato e che sia stato stabilito un ben preciso obiettivo a lungo termine per le automobili. In secondo luogo, credo sia stato attuato un sistema di sanzioni graduali pienamente incentivante, che è stato concepito anche per i produttori. Infine, è stata inserita la promozione dell’innovazione a tutela dell’ambiente.

Per quanto riguarda i mercati finanziari, onorevole Harms, mi riferisco a ciò che ho detto a sostegno di quello che qui ha sottolineato l'onorevole Daul. Accolgo con favore il riferimento che l'onorevole Crowley ha fatto al necessario coordinamento. Capisco le sue affermazioni riguardo alle iniziative del governo irlandese. Siamo in stretta collaborazione e stiamo verificando con grande attenzione, e lei può contare sulla presidenza per dimostrare comprensione e tolleranza, come da lei raccomandato.

Vorrei dire all’onorevole McDonald che abbiamo familiarità con il contesto sociale ed elettorale in Irlanda, che possiamo capire anche questo paese, e che non c’è alcuna cinica manovra in tutto questo o nel dialogo che abbiamo avuto con le autorità irlandesi: da ogni parte si sta cercando di essere costruttivi affinché, come sottolineato dal presidente Barroso, sia possibile continuare a seguire la rotta, una rotta che come dimostra chiaramente la crisi è ancora assolutamente necessaria per quanto riguarda il contesto istituzionale e il trattato di Lisbona.

Vorrei dire all’onorevole Dahl che agiremo di concerto con l'Irlanda, alla quale dobbiamo naturalmente dimostrare solidarietà, ma che ciascuna parte deve dar prova di senso di responsabilità e, inoltre, voglio rassicurare l'onorevole Allister sul fatto che siamo in grado di adottare misure efficaci in questi vari settori.

Per concludere, riguardo ciò che è stato detto da vari onorevoli intervenuti e dal presidente Barroso, ascoltando questa discussione sono rimasto colpito dal diffuso bisogno di rimanere uniti e di dimostrare la nostra solidarietà: la solidarietà e il coordinamento in materia economica e finanziaria; la solidarietà di fronte alla minaccia del clima; la solidarietà verso i paesi in difficoltà nel settore della sicurezza energetica; la solidarietà anche in tutte le questioni relative alla difesa; la solidarietà anche verso paesi in via di sviluppo e verso il Sud, la direzione dell’Unione per il Mediterraneo; la solidarietà nei confronti dell’Irlanda ma anche per la responsabilità di trovare una soluzione e di agire in modo che il trattato di Lisbona sia attuato il prima possibile; solidarietà anche verso l'Est e i paesi limitrofi, a seguito dell'iniziativa di partenariato orientale della Commissione, che sono sicuro sarà approvata nel prossimo Consiglio europeo. Questo è ciò che mi sembra importante nella nostra risposta alle sfide dell’oggi.

 
  
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  José Manuel Barroso, presidente della Commissione. – (EN) Signora Presidente, concentrandomi solo sul punto più importante delle mie affermazioni, il piano di ripresa economica europea, vorrei dire grazie per il sostegno molto ampio al piano presentato dalla Commissione, ossia le dichiarazioni rese dagli onorevoli Daul, Rasmussen, Watson, e Crowley: grazie davvero per il vostro appoggio. Sono sicuro che con il ruolo davvero attivo della presidenza francese – e qui voglio sottolineare l'impegno dell’onorevole Jouyet –si possano fare reali progressi.

L’onorevole Rasmussen ha parlato di ambizione e ha concluso dicendo che lei condivide la nostra ambizione. Lo ringrazio per le sue osservazioni. Prima di tutto, sono d'accordo che il punto fondamentale deve essere l'occupazione. Ciò è pienamente compatibile con gli obiettivi della strategia di Lisbona per la crescita e l'occupazione. Sono d'accordo che misurando l'occupazione tra qualche tempo saremo in grado di valutare l'efficacia della nostra risposta. E’ un momento critico, difficile, un compito molto impegnativo. Per quanto riguarda il coordinamento, può contare sulla Commissione: noi vogliamo quanto più coordinamento possibile e abbiamo gli strumenti per attuarlo. Come abbiamo detto nella nostra comunicazione, abbiamo richiesto un nuovo programma di convergenza per gli Stati membri nel quadro del patto di stabilità e crescita e abbiamo anche la strategia di Lisbona per la crescita e l'occupazione. Quindi, con le raccomandazioni di Lisbona specifiche per ogni paese – e daremo subito seguito a questo appena concluso il Consiglio europeo del 18 dicembre – e con i nuovi programmi di stabilità e convergenza, siamo certi che gli Stati membri coordineranno anche il modo in cui attuarla.

Ma ora voglio essere molto franco e aperto, come sempre. Voi dite che la sosterrete, ma vi prego di sostenere anche noi, le diverse famiglie politiche, come pure la vostra famiglia politica, quando parlate con i ministri delle Finanze dei nostri governi. Questo è molto importante: se vogliamo avere successo, è importante avere l’accordo dei nostri governi in una dimensione transnazionale, transpartitica.

E’ questo il punto, perché tradizionalmente, come sapete, vi è una forte resistenza da parte degli Stati membri verso l'idea stessa di coordinamento. Quando abbiamo riesaminato la strategia di Lisbona, in seguito alla relazione Kok, alcuni Stati membri hanno completamente respinto l'idea stessa di coordinamento. Qualche tempo fa, quando la crisi stava arrivando, alcuni politici di grande rilievo hanno respinto l'idea stessa di un piano europeo, e ancor più di un coordinamento.

E’ corretto dire che c'è già un consenso su un certo livello di coordinamento per un piano di recupero, ma ancora non vi è, sinceramente, pieno accordo sulla necessità, per esempio, di mobilitare fondi non spesi provenienti dal bilancio della Comunità europea. Se ne è discusso ieri nel Consiglio "Affari economici e finanziari", senza raggiungere ancora un accordo. C'è stato un accordo molto importante, ma ha riguardato la nostra proposta di un aumento di capitale della Banca europea per gli investimenti. Ci sono stati anche altri importanti accordi.

Per concludere, vorrei dire che siamo a favore di una cooperazione rafforzata, ma sapete che tradizionalmente vi è una certa resistenza. Il mio interrogativo è il seguente: se non siamo in grado ora, di fronte a questa crisi, di raggiungere un accordo su un maggiore livello di coordinamento, quando lo saremo? Questo è il motivo per cui ho detto nel mio intervento introduttivo che questa è una prova per l'Europa. A parte gli importanti e concreti termini specifici della nostra risposta economica, questo è anche un banco di prova per l'Europa, per vedere se intende effettivamente tradurre questo livello di impegno in un reale coordinamento per il futuro. Questa è la posizione della Commissione che porterò al Consiglio europeo.

Un ultimo punto per quanto riguarda una crescita attenta all’ambiente. Sì, questo è quello che abbiamo messo nella nostra proposta e vi ringrazio per i vostri commenti a tale proposito. Abbiamo fatto proposte molto concrete in materia di efficienza energetica, sulla rapida adozione di prodotti attenti all’ambiente, sullo sviluppo di tecnologie pulite per le auto e l’edilizia, proprio perché vogliamo sottolineare un punto: quello che stiamo proponendo agli Stati membri non è solo una spesa fine a se stessa.

Spendere per il gusto di spendere non è una soluzione. La cosa importante è che si tratti di una spesa intelligente, che risponda al bisogno immediato di stimolare la domanda – per ragioni che non credo necessitino di essere dimostrate – ma anche una spesa che sia un vero e proprio investimento per il futuro, per la nostra agenda verde, per la nostra lotta contro i cambiamenti climatici, per l’efficienza energetica, per l’interconnessione e l'innovazione. Questo è quello che proponiamo: la spesa nel breve termine non è in contraddizione con quella a medio e lungo termine. Questa è la proposta che cercheremo di far approvare in sede di Consiglio europeo. Ritengo che siamo ora molto più vicini a questo risultato e mi auguro che in occasione della prossima riunione del Consiglio europeo siano adottate decisioni storiche.

 
  
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  Timothy Kirkhope (PPE-DE) . – (EN) Signora Presidente, sono lieto di rivolgermi ancora una volta al Parlamento in veste di neo-eletto capo della delegazione dei conservatori britannici. Vi assicuro che nel periodo precedente alle elezioni europee io sosterrò con forza il tipo di Europa che il mio partito vuole; allo stesso modo sarò anche molto critico verso l’Europa socialista di cui l’onorevole Rasmussen – che ci ha appena lasciato – e i suoi colleghi auspicano nel loro manifesto elettorale pubblicato questa settimana. E’ sicuramente una lettura molto deprimente.

Due dei miei colleghi erano a Mumbai con la delegazione per il commercio la scorsa settimana e hanno corso un grande pericolo. Vorrei mettere a verbale, non solo la nostra condanna di tali atrocità, ma anche il nostro ringraziamento per la presidenza francese, in particolare, per il pronto intervento e la protezione offerta ai membri del Parlamento europeo di quella delegazione, compresi i colleghi britannici.

Il Consiglio ha un ordine del giorno molto fitto: la crisi economica e finanziaria, il trattato di Lisbona, il cambiamento climatico e il futuro della politica agricola comune. Qui mi occuperò solo delle questioni economiche. Il governo britannico ha annunciato il più livello di indebitamento più elevato della nostra storia. Il ministro delle Finanze raddoppierà il debito nazionale fino a mille miliardi di sterline nei prossimi cinque anni e ha anche annunciato sgravi per 20 miliardi di sterline, con un maggior gettito di 40 miliardi di sterline grazie ad aumenti delle imposte. Il cosiddetto stimolo fiscale farà sì che nel Regno Unito la recessione – come la Commissione ha giustamente detto – sarà più lunga e profonda che in qualsiasi altro Stato dell'UE. Uno stimolo come quello annunciato può essere di aiuto solo nei paesi con finanze pubbliche sane. Nel caso del Regno Unito, ci indebiteremo ora con una massiccia assunzione di prestiti per il prossimo futuro.

La scorsa settimana sono stati illustrati i dettagli dell'importante piano di ripresa della Commissione che, a mio avviso, contiene alcuni elementi molto positivi, ma temo che questa iniziativa da sola non sia sufficiente ad affrontare i problemi immediati. L'obiettivo dovrebbe essere spingere le banche a concedersi reciprocamente prestiti, e a concederne alle imprese e ai cittadini. Davanti all'aumento della disoccupazione, dobbiamo costruire la fiducia e non lasciare ai nostri figli e nipoti un’eredità di debiti e tasse elevate.

 
  
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  Jo Leinen (PSE). - (DE) Signora Presidente, a differenza dell’onorevole Kirkhope, vorrei dire che il manifesto elettorale di Madrid è un atto di speranza e un segnale che ci sono vie d'uscita dalla crisi, e noi dobbiamo sostenerlo con tutte le nostre forze.

Il Parlamento appoggia la presidenza francese in occasione del vertice della prossima settimana perché finalmente si ottenga maggiore chiarezza sulla ratifica del trattato di Lisbona. Non possiamo andare alle elezioni europee nell'incertezza se questo trattato venga ratificato o meno: offrirebbe a tutti gli avversari dell’Europa un indebito vantaggio, trasformando queste elezioni in una lotta tra chi è a favore e chi è contro un trattato che è già stato ratificato da 25 Stati membri. Per questo motivo la commissione per gli affari costituzionali, ha elaborato una risoluzione in cui si chiede di compiere ogni sforzo per ottenerne la ratifica, forse anche prima delle elezioni. Dobbiamo fare finalmente chiarezza in occasione del vertice. E’ una questione che non deve essere rinviata al prossimo anno.

Signora Vicepresidente, ci sarà un secondo referendum in Irlanda. La nostra dichiarazione, dedicata alla comunicazione e al partenariato, è un banco di prova per capire se siamo in grado di informare i cittadini. Non dobbiamo lasciare il campo agli avversari dell'Europa.

 
  
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  Andrew Duff (ALDE). - (EN) Signora Presidente, per quanto riguarda il trattato, ritengo che finalmente stiamo facendo passi avanti. La corte ceca e il parlamento irlandese hanno completamente e decisamente respinto l'attacco al trattato portato dalle forze nazionaliste e reazionarie. L’illustre rappresentante del Sinn Féin naturalmente se ne è già andato, ma parlo della questione non da lobbista o burocrate, ma da democratico.

Spetta ora al parlamento ceco e al governo irlandese intraprendere i prossimi decisivi passi. Abbiamo bisogno di un chiaro impegno del primo ministro irlandese perché si tenga un secondo referendum in una data certa, e abbiamo bisogno di un piano di campagna elettorale più professionale. Il Parlamento si appella con forza alla profonda generosità del popolo irlandese e alla sua intelligenza perché capisca la gravità delle conseguenze di un secondo “no.”

 
  
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  Konrad Szymański (UEN). (PL) Signora Presidente, la Polonia ha fatto molto per trovare un compromesso sul pacchetto sui mutamenti climatici. Abbiamo suggerito di cambiare l'anno di riferimento e di tener conto nel bilancio delle emissioni di CO2 assorbite dalle foreste. Oggi vogliamo proporre un sistema basato sulle migliori tecnologie di riferimento e sulla esclusione di alcuni settori industriali vulnerabili dal sistema dell'asta.

La prossima mossa spetta alla presidenza. Dal momento che siamo stati in grado di trovare una soluzione per l'industria automobilistica tedesca, perché non possiamo trovarne una per i paesi dell’Europa centrale? Il nostro paese non può accettare un apparente compromesso che semplicemente rallenta i progressi fatti dalla Polonia verso il sistema dell'asta.

Non possiamo approvare ipotetici obiettivi di cambiamento climatico raggiunti a costo di un rincaro dei prezzi energetici, trasferendo la produzione di energia elettrica, di cemento, metallo e vetro al di fuori dell'Unione, in modo che gli obiettivi saranno raggiunti a prezzo di un più lento sviluppo economico e di licenziamenti in massa. Nessuno in Polonia potrebbe condividere una simile decisione: il governo non poteva e neanche l'opposizione ha potuto.

 
  
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  Bernard Wojciechowski (IND/DEM) . – (EN) Signora Presidente, il mondo moderno si fonda su una gigantesca piramide di debiti: i debiti degli Stati, delle banche, delle società e delle imprese,che sono collegati l'un l'altro. I difetti strutturali del sistema economico di cui abbiamo subito le conseguenze e il sistema distorto di economia di mercato sono strutturalmente legati al sistema di credito monetario.

Il funzionamento problematico dell'economia deriva del legame con un sistema di creazione monetaria tramite il credito. Maurice Allais lo ha paragonato a un cancro che divora senza tregua l’economia capitalista. Questo sistema prevede la creazione di potere d'acquisto senza un equivalente reale. Devono pertanto essere attuate sostanziali riforme dei sistemi bancari e finanziari, il sistema fiscale va essere riformato e occorre cambiare anche il modo in cui operano le borse.

Per quanto riguarda la proposta di rattoppare le lacune in ambito finanziario mediante iniezioni di liquidità – che apparentemente sono in corso anche nel mio paese – penso la si possa accantonare senza esitazione.

 
  
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  Jana Bobošíková (NI). – (CS) Onorevoli colleghi, mi auguro che la prossima settimana i capi di governo dei vari paesi dell'Unione europea respingeranno la proposta della Commissione per una risposta unificata alla crisi economica. Spendere 200 miliardi di euro del denaro dei contribuenti concentrandoli sugli investimenti verdi e le innovazioni non è la cura per 27 economie diverse. E non è una cura di alcun genere aumentare o ridurre le imposte a livello centrale e regolare le dimensioni del deficit di bilancio e le garanzie di governo. Sono fermamente convinto che gli Stati membri devono collaborare, ma che essi devono definire le proprie specifiche misure a seconda della situazione in cui si trovano, piuttosto che secondo le regole imposte da Bruxelles.

Onorevoli colleghi, il Consiglio dovrebbe anche rifiutarsi di esercitare pressioni sugli Stati membri per arrivare al completamento della ratifica del trattato di Lisbona e riconoscere che il trattato non è morto a causa degli irlandesi. Temo che il trattato di Lisbona possa cambiare l'Europa di oggi in un luogo di conflitti, tradimenti e divisioni, dal momento che mette in mano alle grandi potenze una clava con la quale colpire i piccoli paesi e questo può causare solo violenza, guerra e povertà. Il trattato di Lisbona, quindi, minaccia l'esistenza di un'Unione europea intesa come impresa finalizzata ad assicurare libertà, prosperità e pace.

 
  
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  Karl von Wogau (PPE-DE). - (DE) Signora Presidente, onorevoli colleghi, le difficoltà nell'evacuare i cittadini europei da Mumbai hanno evidenziato la necessità di un più stretto coordinamento in materia di sicurezza e di difesa dell'Unione europea. Negli ultimi mesi la cooperazione con il Consiglio ha funzionato molto bene e quella con la presidenza francese e il Consiglio è stata molto fruttuosa.

L'evento centrale è stato senza dubbio la crisi in Georgia, in cui la presidenza del Consiglio ha agito in modo rapido. Ha negoziato il cessate il fuoco ed ha garantito che gli osservatori arrivassero in Georgia in tempo utile: l'Unione europea è stata al centro degli eventi. Tuttavia, si sono evidenziate anche delle carenze: abbiamo visto in questa occasione che gli strumenti di Bruxelles per la gestione delle crisi avevano proprio raggiunto il limite delle loro capacità. E’ chiaro che dobbiamo migliorare ulteriormente sia la capacità dell'Unione europea nelle analisi preventive sia negli strumenti di gestione delle crisi.

Come sappiamo, l'UE è attualmente impegnata nella revisione della strategia di sicurezza entro la fine di quest'anno. Questa strategia di sicurezza ha dimostrato la propria efficacia. I suoi principi di fondo devono essere mantenuti, mentre vi sono singoli aspetti che vanno adattati alle più recenti realtà. Tuttavia, l'attuazione di questa strategia di sicurezza è ancora più importante del suo adeguamento. Chiediamo quindi la redazione di un Libro bianco del Parlamento europeo sulla sicurezza e la difesa. Forse il Libro bianco redatto dalla Francia su questo tema potrebbe servire da modello, perché abbiamo bisogno di un ampio dibattito sulla preparazione di questo nuovo documento, un dibattito pubblico sui temi della sicurezza europea. Per gli europei la sicurezza non dovrebbe essere decisa solo a porte chiuse: si tratta di una questione che riguarda tutti i cittadini.

 
  
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  Proinsias De Rossa (PSE) . – (EN) Signora Presidente, l'Irlanda nutre un fortissimo desiderio di rimanere al centro degli affari europei e di garantire all'Europa la possibilità di agire in modo efficace e trasparente nell'interesse degli Stati membri. Ciò è particolarmente vero, e più importante che mai, nell'attuale crisi finanziaria ed economica.

I cittadini irlandesi, tuttavia, hanno bisogno di garanzie che le indicazioni fuorvianti del partito del “no” per quanto riguarda il trattato di Lisbona, la Commissione, l'aborto, il reclutamento, la neutralità militare, i diritti dei lavoratori e i servizi pubblici non hanno alcun fondamento nella realtà.

Per migliorare in modo significativo la possibilità di ratifica del trattato di Lisbona, i capi di Stato devono stabilire che, una volta che il trattato sia entrato in vigore, il suo meccanismo sarà utilizzato per assicurare a tutti gli Stati membri il diritto di nominare un commissario, senza alcuna restrizione. Una semplice estensione di tale diritto dal 2014 al 2019 non sarà sufficiente, a mio avviso, ad assicurare la ratifica in Irlanda.

Oltre a questo, l'impegno a favore dell’aggiunta di una clausola sociale a tutela dei diritti dei lavoratori per la direttiva sul distacco dei lavoratori, simile alla clausola inserita nella direttiva sui servizi, sarebbe un modo efficace per affrontare i pericoli che derivano dalle sentenze Laval, Viking e Rüffert, che sono state anche un motivo di preoccupazione in Irlanda. Vorrei esortare il Consiglio e la Commissione ad affrontare tali questioni con urgenza nel corso del prossimo vertice.

 
  
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  Janusz Onyszkiewicz (ALDE). (PL) Signora Presidente, il pacchetto di misure contro la crisi adottato dalla Commissione e da vari Stati membri distruggerà il patto di stabilità. Mi ha fatto piacere la proposta di una sua revisione, ma è importante garantire che il nuovo patto non diventi in breve tempo un’altra sceneggiata e un ulteriore motivo di indubbio imbarazzo.

Allo stesso tempo, mentre si modifica il patto di stabilità, non dovrebbero essere rivisti anche i criteri per l'adesione all’eurozona? Alcuni Stati membri basano su questa misura le loro speranze per la stabilizzazione della valuta, temendo il ripetersi dei recenti attacchi speculativi sulle loro monete. Un'altra questione: in una situazione in cui, nell'ambito del patto, sono stati approvati gli aiuti destinati a vari settori industriali, come si dovrebbe considerare la severità dell'Unione europea verso il problema dei cantieri navali polacchi?

Infine: può veramente essere che, laddove ci si preoccupa delle emissioni di CO2, sia impossibile trovare una soluzione per far sì che la Polonia non debba importare energia elettrica a basso costo dall’Ucraina e dalla Russia?

 
  
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  Inese Vaidere (UEN). - (LV) Onorevoli colleghi, vorrei innanzi tutto ringraziare la Commissione europea per il piano di ripresa economica ed esprimere la speranza che esso non venga utilizzato per sostenere i banchieri falliti e le loro retribuzioni, ma che ci sarà un reale sostegno alle imprese. Le nostre aziende lavorano nella più difficile delle circostanze, in quanto si trovano ostacolate da una enorme quantità di burocrazia. Ora, nello stesso modo in cui stiamo verificando lo stato di salute della politica agricola comune, dovremmo anche effettuare un controllo su direttive e regolamenti, per determinare se non ci siano troppi ostacoli burocratici per le nostre imprese, e se l'attuazione di tali regolamenti e direttive negli Stati membri non sia diventata troppo burocratizzata. Solo i nostri imprenditori possono farci uscire dalla crisi, dunque dev'essere effettuato un controllo “riga per riga.”

In relazione ai cambiamenti climatici, sostengo sicuramente la tesi della flessibilità in materia di politica delle emissioni, in quanto, per esempio, il mio paese ha raggiunto e superato tempo fa l'obiettivo del 20 per cento per l'uso di fonti rinnovabili di energia. Spero non vengano imposti ulteriori ostacoli al mio paese, che ha grande bisogno di sviluppo economico.

 
  
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  Irena Belohorská (NI). - (SK) Nonostante il secondo semestre non sia un momento facile, durante il loro turno di presidenza dell'Unione, i francesi hanno dimostrato di essere considerati a buon diritto una forza trainante dell'Unione. Sono membro del Parlamento europeo da quattro anni e mezzo e posso affermare senza esitazioni che la Francia è stato il paese più attivo nel cercare di risolvere i problemi di tutti i 27 Stati membri dell'Unione.

Il cambiamento storico verificatosi con l’elezione del carismatico e attivo presidente Sarkozy è indiscutibilmente positivo. Le sue capacità sono state dimostrate anche dall'immediata risposta al problema della Russia e della Georgia. In quel periodo è esplosa anche la crisi finanziaria, a cui la Francia ha risposto prontamente proclamando la necessità di una soluzione sistemica e di una revisione del controllo dell’Unione sui meccanismi finanziari, anche da un punto di vista globale. E’ stato durante la presidenza francese che l'Unione europea ha guadagnato la reputazione di soggetto attivo della politica mondiale, quando i vertici del G8 e G20 sono stati convocati su iniziativa del presidente francese e del presidente Barroso.

Credo che la prossima riunione del Consiglio europeo avrà successo e che tutte le istituzioni europee procederanno congiuntamente.

 
  
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  Jacek Saryusz-Wolski (PPE-DE). - Signora Presidente, su richiesta del Consiglio e in risposta alle aspettative del Parlamento, la Commissione ha presentato oggi un documento sul partenariato con i paesi dell’Europa orientale che sarà presentato al vertice, come affermato dal presidente in carica Jouyet.

Desidero congratularmi con la Commissione per questo documento. L'idea di approfondire le relazioni con i nostri vicini dell’Est è stata sperimentata e promossa dal Parlamento da diverso tempo. Abbiamo bisogno di una forte presenza dell’Unione europea nei confinanti paesi dell’Est, in sinergia con i nostri vicini del Mediterraneo. Per motivi di stabilità, dobbiamo offrire prospettive concrete ai nostri vicini più prossimi. Dobbiamo pertanto sostenere l'istituzione di un partenariato rafforzato che copra essenzialmente cinque ambiti: accordi di associazione, un quadro di cooperazione multilaterale, una completa ed estesa zona di libero scambio, la liberalizzazione dei visti in modo affinché non siano più necessari per poter viaggiare e, ultima ma non meno importante, la sicurezza energetica.

Accolgo con particolare favore la proposta di aumentare il sostegno finanziario dell'Unione europea stanziato per la politica europea di vicinato a Est. Due anni fa abbiamo portato in Parlamento l'idea di rafforzare la dimensione parlamentare della politica europea di vicinato; la nostra proposta mira a istituire un’assemblea parlamentare paritetica composta da membri del Parlamento europeo e da deputati dei parlamenti dei sei paesi interessati. Tale forum potrebbe fornire una piattaforma eccellente per coinvolgere i nostri partner, ma anche perché essi si impegnino nei rapporti tra loro.

L'Unione europea ha bisogno di avere attorno paesi amici, ma anche i paesi dell’Est hanno bisogno di essere amici tra loro. Pertanto sono particolarmente lieto dell'idea di convocare un Euronest, un’assemblea che, se approvata dalla Commissione, fornirà uno strumento di controllo democratico e parlamentare dei progetti di partenariato orientale.

Ritengo che il progetto di partenariato orientale costituisca non solo un modello nuovo e migliore, ma possa anche rafforzare l'Unione sia internamente che esternamente. L'espansione e il miglioramento delle relazioni, politiche ed economiche, con i nostri vicini dell’Est contribuirà alle dinamiche economiche e all'influenza politica internazionale dell'UE.

 
  
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  Jan Andersson (PSE). - (SV) Signora Presidente, il compito più importante dei politici europei nei prossimi anni è quello di salvaguardare l'occupazione e il benessere. Abbiamo avuto alcuni anni positivi, ma ora la disoccupazione è in rapida crescita. Condivido il parere della Commissione sulla necessità di coordinare gli sforzi e collegare gli impegni a breve termine con quelli a lungo termine. Sostengo anche la proposta dell’onorevole Rasmussen di stabilire chiari obiettivi per mantenere l'occupazione.

Per quanto concerne gli sforzi a breve termine, è importante che i consumatori abbiano fiducia nell'economia. Soprattutto, dobbiamo proteggere coloro che si trovano nelle situazioni peggiori e i loro consumi.

Per quanto riguarda le soluzioni a lungo termine, è importante non solo portare avanti gli investimenti che sarebbero stati effettuati comunque con infrastrutture più ecologiche e edifici ecocompatibili, ma anche quelli che mirano a sviluppare le competenze dei lavoratori dipendenti, in modo da trovarci in futuro in una posizione solida. Dobbiamo affiancare gli strumenti comunitari agli sforzi coordinati compiuti negli Stati membri. Non dobbiamo fare come alcuni suggeriscono – ovvero fare troppo poco – perché rischieremmo di avere non solo deficit di bilancio più elevati, ma anche maggiore disoccupazione e peggiori condizioni di vita. Dobbiamo agire rapidamente e con sufficiente incisività.

 
  
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  Mirosław Mariusz Piotrowski (UEN). (PL) Signora Presidente, gli argomenti che verranno discussi nella prossima riunione del Consiglio europeo comprendono il pacchetto sui cambiamenti climatici.

Le emissioni di biossido di carbonio e tutti i problemi connessi con il cosiddetto riscaldamento globale stanno diventando sempre più una questione di ideologia. Tutti abbiamo a cuore l'aria pulita e l'ambiente; la ricerca ha tuttavia dimostrato che l'impatto antropico sui mutamenti climatici è trascurabile.

Se è vero che l'attività umana è responsabile di appena il 4 per cento delle emissioni mondiali di CO2, e che di tale importo l'Unione europea ha una quota pari al 15 per cento, ciò significherebbe spendere centinaia di miliardi di euro per ridurre le emissioni di CO2 a livello mondiale di meno dello 0,5 per cento, mentre queste stesse emissioni aumentano a causa di paesi come l'India e la Cina.

Si stenta a credere che i leader dell'UE non vedano queste implicazioni. Probabilmente non è un caso che alcuni paesi, come ad esempio la Francia, vendano le proprie quote di emissione di CO2 ad altri. Il risultato di questa azione è prevedibile: nel breve periodo i venditori, in pratica, prenderanno il controllo delle centrali energetiche e tra di esse quelle polacche.

In questo contesto, è necessario ridefinire il significato della solidarietà in Europa.

 
  
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  Avril Doyle (PPE-DE) . – (EN) Signora Presidente, il prossimo vertice dovrà affrontare molti gravi problemi, non ultimo la strategia coordinata a livello di UE in risposta alla sfida globale della grave recessione economica. Ciò accade a seguito di una grave crisi di fiducia nel nostro sistema bancario che non è stato capace di sostenere un livello accettabile di liquidità necessario a sostenere, giorno per giorno, le operazioni finanziarie nel commercio e nell’industria di tutti i nostri Stati membri. Quindi, mentre parliamo, milioni di vitali posti di lavoro e migliaia di imprese solide sono a rischio di scomparsa. Occorre mobilitare tutte le istituzioni europee per far fronte alla crisi che – come indica il piano di ripresa della Commissione – si verifica alla vigilia di un importante cambiamento strutturale verso un’economia a bassa emissione di carbonio, con nuove e importanti opportunità economiche e, di fatto, notevoli vantaggi per chi farà le prime mosse.

Questo mi porta alla discussione del pacchetto clima ed energia, su cui avremo un lungo confronto domani. Mi limito quindi a sottolineare l'importanza del pieno rispetto della procedura di codecisione tra Consiglio e Parlamento, e ricordare che qualsiasi accordo politico sulle questioni ancora in sospeso – le questioni poste tra parentesi quadre – discusso e deciso dai capi di Stato e di governo in occasione del vertice, dovrà essere presentato, grazie al lavoro sempre intenso della presidenza francese, come emendamento di compromesso ai successivi incontri a tre che può o meno venir accettato dal Parlamento. Lo sottoscriveremo, ed io approvo in pieno l'obiettivo di un accordo in prima lettura, ma vi prego di tenere presente che ciò non avverrà a qualunque costo.

Vengo ora al trattato di Lisbona. Abbiamo avuto il tempo di assorbire e analizzare il voto del 12 giugno, ma no, Ministro Jouyet, non riusciremo – e non dovremmo neanche provarci – a ratificare nuovamente all'inizio del prossimo anno, altrimenti rischieremmo un nuovo fallimento del nostro governo profondamente impopolare. Non trattenete il fiato in attesa di una tabella di marcia da parte del nostro primo ministro – se ce ne sarà una – che punti ad annunciare una data per un referendum. Oggi qui ho ascoltato il cinico intervento del Sinn Féin sul rischio di militarizzazione che si annida nelle pieghe del trattato di Lisbona, e le false preoccupazioni dell'onorevole Allister per l'elettorato irlandese: sono nuovi esempi del livello di disonestà intellettuale a cui vengono sottoposti gli elettori irlandesi. Eppure vi è una fondata preoccupazione. Ringrazio la presidenza francese per essersi offerta di aiutarci con tutte le garanzie giuridiche e le eventuali assicurazioni che possano venire richieste. Ringrazio tutti i deputati e lei, signora Presidente, per la comprensione dimostrata mentre continuiamo ad abusare della vostra pazienza.

 
  
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  Jan Tadeusz Masiel (UEN). (PL) Signora Presidente, signor Commissario, ringrazio la presidenza francese per i suoi successi e auguro buona fortuna al vertice. All'inizio della sua presidenza, la Francia non sapeva che sarebbe esplosa nel mondo una crisi finanziaria e che questa crisi sarebbe diventata la più grande sfida a cui dover far fronte. Rispetto la risposta alla crisi data della Francia e dall'Unione europea.

Per quanto riguarda gli altri argomenti da discutere durante il vertice, ovvero i cambiamenti climatici, sono lieto che la presidenza francese comprenda – e mi auguro che ne terrà conto – la difficoltà di alcuni Stati membri a rinunciare in tempi rapidi all'utilizzo del carbone per la produzione energetica. Il fatto che la conferenza sul clima mondiale si terrà a Poznań dimostra la volontà della Polonia di partecipare al processo di riduzione delle emissioni. Occorre però tempo per cambiare i nostri sistemi di gestione dell’energia e, su questo tema, contiamo sulla solidarietà di tutta l'Unione europea.

 
  
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  Othmar Karas (PPE-DE). - (DE) Signora Presidente, onorevoli colleghi, vorrei adottare un punto di vista diverso. Il vertice avrà luogo in una fase di maggiore fiducia tra i cittadini dell'Unione europea. Oltre due terzi della popolazione austriaca – anche se non è la sola – sono del parere che siamo in grado di gestire la crisi con l'aiuto della sola Unione europea, e questo significa insieme.

La consapevolezza dell’importanza della moneta comune è in crescita non solo nell’eurozona, ma soprattutto al di fuori di essa. La gente sente che solo come parte di un continente, l’Europa, possiamo svolgere un ruolo e avere una possibilità nel mondo. La riduzione della dipendenza energetica, l'impegno nella lotta contro i mutamenti climatici, la gestione della crisi finanziaria, la creazione di un’affidabile sistema difesa, di sicurezza e di politica estera europea richiedono da parte dell’Europa maggiore compattezza, determinazione e capacità di agire.

Approfittando di questa opportunità, riusciremo a soddisfare responsabilmente le aspettative dei cittadini. Dobbiamo trovare una comune tabella di marcia per la ratifica del trattato di riforma, creare una legislazione coerente, efficiente e professionale in risposta alla crisi finanziaria. Occorre individuare dei regolatori europei, sulla base del modello della Banca centrale europea e dimostrare che un'economia sociale di mercato può agire in modo responsabile come quadro normativo europeo per la protezione del clima.

Davanti a noi non abbiamo soltanto una crisi o molti cantieri aperti, abbiamo anche una grande opportunità. Dobbiamo approfittarne e imparare dagli errori del passato. Avevamo tutti gli elementi ma abbiamo agito in maniera insufficiente e troppo tardi. È venuto il momento di ricominciare, insieme ai cittadini europei.

 
  
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  Umberto Pirilli (UEN). - Signor Presidente, onorevoli colleghi, la crisi di cui discutiamo è come uno tsunami: grave e sconvolgente. Fin qui ha fatto crollare i mercati finanziari e ha minato le fondamenta dell'economia reale. Il provvedimento per i complessivi 200 miliardi di euro, messo a punto dai vertici dell'UE, appare, a mio modesto avviso, assolutamente insufficiente. Questa cifra corrisponde a meno di quanto le borse europee hanno perso in uno solo dei tanti giorni in cui hanno chiuso con un segno vistosamente negativo. Occorre più coraggio, più audacia, più Europa.

Propugno, con l'assenso del mio gruppo – e il presidente Barroso ne è stato direttamente investito – che gli Stati membri puntino sulle rispettive riserve, avendone come corrispettivo un titolo europeo da negoziare sui mercati, con l'obbligo di investire il tantundem in infrastrutture e in politiche di sostegno al disagio sociale e al sistema produttivo. Tali titoli, ancorati al valore delle riserve degli Stati, dovrebbero generare fiducia e procurare la liquidità necessaria – da 2 a 5 punti del PIL – per le politiche dalla cui esigenza tutti concordiamo. Il tutto fuori da Maastricht e con un apposito piano di rientro.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. MAURO
Vicepresidente

 
  
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  Vito Bonsignore (PPE-DE). - Signor Presidente, onorevoli colleghi, la crisi finanziaria è certamente senza precedenti. A mio giudizio, però, essa poteva e doveva essere prevista ed evitata. La crisi economica, è stato detto prima dal Presidente Barroso, è stata "improvvisa, inaspettata". Mi consenta, Presidente Barroso, di dissentire; la crisi economica è stata improvvisa ma i segnali c'erano tutti, a cominciare da quelli del Fondo monetario internazionale della primavera del 2007. Oggi, però, il linguaggio del rappresentante del Consiglio e il linguaggio del Presidente Barroso è più adeguato e, a mio sommesso giudizio, assolutamente consapevole della gravità della situazione.

Io sono d'accordo con il collega Karas: i cittadini europei ci guardano e noi dobbiamo agire. Il piano europeo che, signor Commissario, che avete messo a punto, di 200 miliardi – bisogna dirlo – è insufficiente. Dobbiamo essere chiari: forse è quello che potevate fare, ma è insufficiente. Io credo, che voi dovete porvi il problema di avere risorse aggiuntive e autonome, ricorrendo in questo momento eccezionale all'indebitamento diretto sul mercato.

E parliamo un attimo della Banca centrale europea – si ha molto pudore a parlare di questa istituzione, stiamo alla larga da questi ragionamenti. Io credo che domani la Banca centrale europea dovrà ridurre il tasso di sconto di un punto; se lo farà di mezzo punto, deluderà ancora una volta i mercati. La stabilità dei prezzi – avete detto voi della Commissione e tutti - è il suo compito: ma io immagino che questo risultato si può anche ottenere non facendo seguire la manovra sui tassi all'indice dell'inflazione; a volte, bisogna essere più flessibili e anticipare la manovra.

Sono d'accordo con il Presidente Barroso sulla rigidità nelle spese: bisogna procedere in questo senso nelle istituzioni europee, negli Stati e anche noi, in Parlamento europeo, forse dobbiamo attrezzarci per sostenere di più il coraggio che la Commissione sta mettendo in campo.

 
  
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  Elmar Brok (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, vorrei ringraziare la presidenza francese del Consiglio per aver individuato e risolto molti problemi nei difficili momenti degli ultimi mesi. Sappiamo tuttavia che la capacità di agire dipende anche molto dal trattato di Lisbona. C'è una relazione da parte di entrambe le camere del parlamento irlandese. Lei, signor Presidente, ha dichiarato che è una relazione molto competente, lungimirante e intelligente, che segnala le preoccupazioni ma mostra anche come possiamo risolvere insieme il problema.

Vorrei invitare la presidenza francese ad avviare l'elaborazione di una tabella di marcia che permetta di includere e prendere in seria considerazione le posizioni irlandesi e le preoccupazioni che non hanno nulla a che fare con il trattato, come ad esempio la questione dei commissari, ma anche vie d’uscita da quel deficit democratico a cui essi stessi desiderano porre rimedio migliorando i rapporti tra Parlamento e governo in Irlanda. Su questa base, abbiamo l'opportunità di ratificare il trattato se seguiamo il percorso indicato chiaramente dal parlamento irlandese. Penso che dovremmo prendere questa strada per incoraggiare i nostri amici irlandesi e, così facendo, dovremmo elaborare un programma per evitare il rischio di restare indietro a causa di elezioni anticipate nel Regno Unito. La crisi finanziaria dimostra chiaramente che un numero sempre maggiore di cittadini capisce che l'Europa è indispensabile, come la presidenza francese del Consiglio ha dimostrato nei casi della Georgia e della crisi finanziaria.

 
  
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  Neena Gill (PSE) . – (EN) Signor Presidente, prima il ministro Jouyet ha fatto riferimento all’attacco terroristico di Mumbai, esprimendo solidarietà con l'India. Me ne rallegro. Tuttavia, queste belle parole devono essere sostenute dai fatti. Dato il massiccio aumento del numero delle vittime di attentati terroristici in tutto il mondo – attacchi di cui sempre più spesso fanno le spese persone innocenti a est, ovest, nord e sud – credo che il Consiglio si sia dimenticato di porre la questione all'ordine del giorno della riunione del Consiglio della prossima settimana. E’ una questione non meno importante di tutte le altre di cui stiamo discutendo. Gli Stati Uniti agiscono ma l'Europa no.

Mentre noi parliamo, Condoleezza Rice si trova laggiù; ma dove è Javier Solana? Aumentano le tensioni tra due Stati dotati di armi nucleari. L'Europa dovrebbe e potrebbe fare di più, soprattutto mirando ad accordi come il partenariato strategico con l'India e stanziando adeguate risorse per gli obiettivi ivi espressi, in modo che sia possibile raggiungerli e realizzarli.

 
  
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  Anneli Jäätteenmäki (ALDE). - (FI) Signor Presidente, il vertice deve riflettere su come dovrebbe essere attuato il trattato di Lisbona. Una soluzione sarebbe che ogni Stato membro abbia un proprio commissario. Mi auguro che questa idea venga presa in seria considerazione e che la si realizzi. La Francia durante la sua presidenza difficilmente poteva opporsi all'idea in base al fatto che la Commissione sarebbe troppo estesa, quando sappiamo che il governo francese conta attualmente 37 ministri. L'idea che la Commissione, se ogni Stato membro avesse un proprio commissario, sarebbe troppo grande non è mai stata sostenibile. A mio parere, avrebbe avvicinato gli Stati membri e avrebbe aumentato la legittimità dell’istituzione, e mi auguro che i cittadini la ritengano un’idea sensata e capovolgano le precedenti decisioni, soprattutto dal momento che non sono state del tutto razionali.

 
  
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  Ewa Tomaszewska (UEN). (PL) Signor Presidente, dal momento in cui è stato firmato il protocollo di Kyoto, la Polonia ha ridotto le emissioni di biossido di carbonio del 33 per cento. Nello stesso periodo, altri paesi dell'Unione europea hanno invece aumentato le proprie emissioni, nonostante il loro settore per la produzione di energia elettrica non sia basato prevalentemente sul carbone. Per questo motivo, il tentativo di fissare la data per il rilevamento dei livelli di emissione successivamente alla firma del protocollo di Kyoto dimostra la scarsa correttezza con cui il problema viene affrontato.

Allo stesso tempo, attenuare l'impatto della crisi finanziaria lasciando senza lavoro 80 000 operai dei cantieri navali polacchi è un’idea veramente campata in aria. Continuo a sperare che la Commissione annulli questa decisione che, nelle condizioni attuali, è del tutto irragionevole.

 
  
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  Mairead McGuinness (PPE-DE). - (EN) Signor Presidente, mi scuso per la mia voce che non è particolarmente efficace, anche se questo forse è un bene. Potrei davvero arrabbiarmi per alcune delle osservazioni del mio collega del Sinn Féin in relazione al trattato di Lisbona.

Permettetemi di dire che in Irlanda abbiamo messo il carro davanti ai buoi: dopo il voto effettivamente si è svolto un ottimo dibattito sul trattato di Lisbona. Avremmo dovuto fare il contrario! Finalmente c’è un po’ di logica e sensatezza nel dibattito in Irlanda.

E posso dire ai vituperati burocrati e lobbisti che sono giunto alla conclusione che siano una delle cose migliori che abbiamo. Ritengo che dovreste ribattere alle accuse e far sentire le vostre ragioni. E’ infatti paradossale che il Sinn Féin parli di servizi pubblici, che sono gestiti da burocrati, e tuttavia condanni gli stessi burocrati di quelle istituzioni.

Vedremo cosa dirà il governo irlandese la prossima settimana. Attualmente non gode di molta fiducia da parte dell’opinione pubblica, quindi potrebbe non essere il momento migliore per parlare di un’altra votazione, se è questo la direzione verso cui ci si sta muovendo. Ma credo che in Irlanda prevalga il buon senso, che sia in corso una riflessione sulla situazione in cui ci troviamo e ci sia la consapevolezza della necessità di essere al cuore dell'Europa, data la crisi che stiamo attraversando.

 
  
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  Richard Corbett (PSE). - (EN) Signor Presidente, in una situazione in cui 25 o 26 paesi hanno detto “sì” al trattato di Lisbona e solo uno ha detto “no”, non è irragionevole né antidemocratico chiedere a quell’unico paese se è disposto a riconsiderare la sua posizione, a condizione però che il resto di noi sia disposto a rispondere alle preoccupazioni che sono state espresse con il “no”. Non è questione di ignorare il risultato del referendum irlandese, bensì di rispondere al risultato del referendum irlandese, prendere atto delle preoccupazioni che sono state espresse e cercare di fugarle.

Ma naturalmente è necessario che sia l'Irlanda a dire agli altri paesi quali preoccupazioni esattamente sono state espresse e a definire un elenco di richieste alle quali noi possiamo dare una risposta o almeno negoziare. La soluzione naturalmente deve essere accettabile per tutti i 27 paesi. Preferibilmente ciò non dovrebbe significare rinegoziare tutto il trattato, ma darne un’interpretazione e precisarlo, regolando il modo in cui potrebbe essere attuato al fine di venire incontro a quelle preoccupazioni. Nutro fiducia che si possa farlo, ma è necessario che l’Irlanda faccia il primo passo. Sono lieto che il Parlamento irlandese abbia preso l'iniziativa su questo punto, invece di lasciarla al governo.

 
  
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  Theodor Dumitru Stolojan (PPE-DE) (RO) Signor Presidente, in Romania si sono appena tenute le elezioni parlamentari e vi posso assicurare che il governo che sta per essere formato perseguirà una solida politica economica.

Vorrei ringraziare la presidenza francese e la Commissione europea per la rapidità e abilità con cui hanno risposto ai problemi causati legati alla crisi finanziaria ed economica mondiale.

Avrei apprezzato se si fosse parlato di più del pacchetto di misure per gli Stati membri che non fanno parte dell’eurozona e delle modalità di accesso alla liquidità in caso di emergenza.

 
  
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  Silvia-Adriana Ţicău (PSE).(RO) Eliminare gli ostacoli alla libera circolazione dei lavoratori garantisce adeguate e dignitose condizioni di lavoro per tutti i lavoratori europei e rappresenta un efficace strumento di lotta contro il dumping sociale e l'evasione fiscale.

Vi esorto ad aggiungere all’ordine del giorno del Consiglio europeo un punto speciale sull’eliminazione delle barriere che impediscono la libera circolazione dei lavoratori rumeni e bulgari. Mi sembra che, dopo due anni dall’ingresso nell’Unione di questi due paesi, questo passo sia ormai necessario, in particolare alla luce della crisi economica e finanziaria.

Allo stesso modo, la sicurezza energetica e il pacchetto energia e clima devono essere inseriti nell'ordine del giorno del Consiglio europeo. Non si tratta per l’Europa di dover produrre di meno, ma semplicemente di produrre in un modo più efficiente e rispettoso della natura. Per questo motivo, gli Stati membri devono essere sostenuti nello sforzo di compiere importanti investimenti volti a modernizzare gli impianti nelle industrie fortemente interessate dal settore energetico, incrementando la produttività e lo sviluppo delle infrastrutture dei trasporti.

 
  
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  Jean-Pierre Jouyet, presidente in carica del Consiglio.(FR) Signor Presidente, signora Vicepresidente, signor Commissario, onorevoli deputati, desidero parlare dei tre punti chiave sui quali si è imperniato il dibattito. Prima di tutto ringrazio gli onorevoli von Wogau e Kirkhope, che si sono congratulati con la presidenza francese per ciò che è stato fatto per i cittadini europei coinvolti nella tragedia di Mumbai.

Abbiamo lavorato intensamente insieme al segretariato generale del Parlamento europeo per assistere i rappresentanti e funzionari governativi che si trovavano sul posto, ma devo dire, come è stato sottolineato più volte, che dobbiamo continuare ad adoperarci in favore di un migliore coordinamento tra i consolati e i servizi diplomatici locali in questo genere di crisi, come quella che sta avvenendo in questo momento in Thailandia. Siamo riusciti a farlo e dobbiamo continuare su questa strada. Ero all’aeroporto di Roissy, quando è atterrato l'aereo da Mumbai, e sul quel volo charter ho visto rappresentate tutte le undici nazionalità europee.

Vorrei anche ribadire quanto detto dagli onorevoli Gill e von Wogau, e cioè che l'Europa deve essere presente e deve fare di più per quanto riguarda le minacce terroristiche in quella regione del mondo, così come in altre. Ciò pone una questione di cui non si è parlato durante il dibattito, ma che verrà discussa in occasione del Consiglio europeo, il problema della strategia europea in materia di sicurezza. Dobbiamo adeguare e aggiornare tale strategia per rispondere alla minaccia terroristica e alla criminalità informatica, e per contrastare nuovi pericoli. Dobbiamo anche migliorare a livello europeo – e sono lieto che l'onorevole Gill abbia posto questa domanda – i sistemi di pianificazione e conduzione delle operazioni militari e civili. Questi aspetti della politica europea per la sicurezza e la difesa sono, come ben sapete, molto importanti, e la presidenza francese intende garantire la possibilità di fare progressi in questo settore e assumere entro la fine dell'anno una chiara presa di posizione anche in questo settore.

Vorrei tornare ora a ciò che è stato detto circa i problemi istituzionali e il trattato di Lisbona. Ho ascoltato e ringrazio gli onorevoli Doyle e McGuinness per i loro interventi, che sono stati estremamente chiari e ispirati al senso di responsabilità. Ho anche ascoltato con attenzione gli onorevoli Brok, Corbett, von Wogau, Duff e Leinen su questo tema.

In primo luogo, secondo me stiamo facendo dei progressi nel prendere sul serio le richieste dell'Irlanda, e rivolgo questa notazione all’onorevole Doyle e all’onorevole McGuiness. Li comprendiamo, come comprendiamo anche la situazione politica che si è venuta a creare nel parlamento irlandese, nonché gli sforzi che si stanno compiendo in questo difficile percorso. Lo si può vedere chiaramente. Ciascuno, però, deve dar prova del proprio senso di responsabilità. Dobbiamo darne prova noi proponendo una soluzione equilibrata che ci permetta di andare avanti e progredire insieme, e sottolineo insieme, verso l'attuazione del trattato di Lisbona, quando i tempi saranno maturi. Capisco altresì pienamente i vincoli temporali dei nostri amici irlandesi. Tali vincoli devono essere rispettati – ci sono anche delle scadenze politiche – e tenuti in considerazione.

L’onorevole Leinen ha evidenziato questo fatto. È necessaria maggiore comunicazione, dobbiamo stare più coi piedi per terra, che è quello che stiamo facendo con l’onorevole Wallström, che è più competente di me in questo settore, ma che ha compiuto notevoli sforzi. Abbiamo raggiunto un accordo sulla strategia politica di comunicazione con il vostro Parlamento, tra il Consiglio e la Commissione, e l’onorevole Wallström ha inoltre messo a punto una strategia che, come ho visto a Dublino, è stata accolta con grande favore da tutti. Senza dubbio ciò che occorre in questo ambito è dimostrare maggiore impegno, anche in termini di comunicazione.

Per quanto riguarda tutto ciò che è stato detto, in particolare dai nostri amici polacchi, in relazione al pacchetto clima ed energia, dobbiamo ovviamente tener conto della situazione specifica, come ho detto, di quei paesi che hanno le strutture energetiche più problematiche, al fine di raggiungere gli obiettivi prefissati, che vanno mantenuti. Ritengo che ci siano a disposizione strumenti che consentono la necessaria flessibilità per tenere in considerazione le specifiche situazioni e le richieste dei nostri amici polacchi. La presidenza francese sta facendo tutto ciò che è in suo potere per raggiungere i necessari compromessi, pur mantenendo gli obiettivi, ma vi assicuriamo che stiamo prendendo in considerazione le caratteristiche specifiche della Polonia, degli altri paesi dell'Europa centrale e orientale e degli Stati baltici, e le loro richieste nel campo della sicurezza energetica.

Vorrei dire all’onorevole Doyle – che ha sollevato anche questo fatto nel suo intervento – che, come lei sa, la codecisione è di fatto una delle principali preoccupazioni della presidenza francese. Il Consiglio e il Parlamento europeo hanno avviato una procedura di negoziato, un dialogo a tre, che, negli ultimi mesi è stato sviluppato come risultato di un grande investimento fatto, e i risultati di questo dialogo a tre – come l'onorevole Doyle è ben consapevole – rappresentano praticamente il 90 per cento del pacchetto. Ora, tutto ciò che rimane davanti a noi è l'ultimo tratto di strada, l'ultimo 10 per cento dei problemi a cui molti deputati hanno fatto riferimento nel corso del dibattito.

Per quanto riguarda la crisi economica e finanziaria, ciò che è stato detto mi pare importante e, come già affermato, il senso di urgenza è condiviso dal Consiglio e dalla Commissione. Vorrei dire all’onorevole Bonsignore – e ringrazio l'onorevole Pirilli per le sue idee originali sull'uso delle riserve – che il piano dipende anche da ciò che è disponibile a livello di strumenti comunitari. Costruire un piano vorrebbe dire ignorare le competenze a livello comunitario, gli strumenti esistenti e le disponibilità di bilancio, e quindi non può essere fatto. Questo è quanto possiamo fare.

D'altro canto, penso che la Banca centrale europea si sia dimostrata sensibile e abbia agito bene. A breve, ci aspettiamo infatti un segnale sui tassi. Vedremo che cosa che deciderà la Banca centrale europea. Tutto questo è bene accetto, e non dirò altro sull’argomento.

L'onorevole Karas ha perfettamente ragione nel sottolineare che dobbiamo anche essere in grado di cogliere le opportunità connesse con la crisi, e l'Austria ne è un perfetto esempio. Il fatto che l'euro – e il commissario Almunia lo sa meglio di me – e il sentimento di appartenenza all'Unione europea, in particolare in un paese come il suo si sia trasformato in seguito a questa crisi economica e finanziaria, e il fatto che l'euro sia diventato un punto di riferimento e un simbolo, sia per i paesi all'interno che per quelli all'esterno dell’eurozona, è molto incoraggiante.

Vorrei dire all’onorevole Belohorská che tutto ciò che ha detto sarà puntualmente riferito al presidente Sarkozy, e la ringrazio per i commenti sulla presidenza francese e sulle sue azioni e, infine, dico all’onorevole Wolski, che tutto quanto riguarda i nostri vicini è importante, e lunedì discuteremo la proposta sul partenariato orientale, che è un’ottima proposta che la Commissione europea ha presentato al Consiglio dei ministri degli affari esteri di lunedì, al Consiglio “Relazioni esterne” e, naturalmente, al Consiglio europeo.

 
  
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  Margot Wallström, vicepresidente della Commissione. − (EN) Signor Presidente, innanzitutto vorrei ringraziare tutti i deputati intervenuti alla discussione per le loro osservazioni molto costruttive e interessanti. Ci sono due questioni specifiche alle quali vorrei rispondere prima di concentrarmi sul trattato di Lisbona.

Il presidente Jouyet ha già menzionato il fatto – e questo per rispondere all’onorevole von Wogau – che il Consiglio adotterà la relazione sui cinque anni della strategia europea di sicurezza. Aggiungo che il trattato di Lisbona naturalmente ci aiuterebbe anche a rafforzare e a semplificare notevolmente la struttura istituzionale in questo campo, un’opportunità per il Consiglio di esaminare le modalità per contribuire a garantire la coerenza di tutti gli strumenti e il difficile equilibrio tra sicurezza “morbida” e sicurezza “dura”.

L’onorevole Wojciechowski ha posto delle domande sul partenariato orientale. Possiamo riferire dalla riunione odierna della Commissione che abbiamo adottato una proposta a tale proposito comprendente un rafforzamento del finanziamento per le attività relative all'integrazione economica, alla mobilità, alle politiche di sviluppo sociale ed economico, alle piattaforme di cooperazione, al libero scambio e alla mobilità degli studenti: tutti aspetti che fanno parte del partenariato orientale. Accolgo con favore che sia stato discusso e approvato un piano.

La discussione ha dimostrato che questo è un momento importante per l'Unione europea e ha illustrato il concetto di sostenibilità. Sviluppo sostenibile significa che non possiamo indebitarci e poi chiedere alle future generazioni di trovare una soluzione. Non possiamo, per quanto riguarda i problemi dell'inquinamento, dei rifiuti e dei mutamenti climatici e ambientali, rinviarli alle generazioni future perché li risolvano al posto nostro. Non possiamo creare problemi sociali perché li risolva la prossima generazione. Tutta la definizione di sviluppo sostenibile poggia sulla necessità di trovare il modo di soddisfare le nostre esigenze senza incidere sulle future generazioni e sul loro desiderio di soddisfare i propri bisogni.

Nei prossimi mesi dovremo risolvere tre questioni essenziali e interconnesse che sono emerse chiaramente: il piano di ripresa economica, in cui un’azione decisiva dell’UE può avere un impatto reale sul benessere sociale ed economico dell'Europa nel corso dei prossimi anni; il pacchetto clima ed energia, che metterà l'Europa sulla buona strada per guidare il mondo verso la definizione di un percorso credibile e realizzabile per un futuro a basse emissioni di carbonio; infine, il trattato di Lisbona, per il quale occorre definire la via da seguire per giungere a un trattato che permetta agli europei di beneficiare di un’Unione europea più democratica ed efficiente.

Ho piena fiducia nei miei colleghi, il commissario Almunia e il commissario Dimas, per discutere il piano di ripresa – così come molti di voi hanno detto – e il pacchetto clima ed energia in modo più approfondito. Capisco che ciò avverrà più tardi, oggi e domani mattina, per cui farò solo un paio di commenti in merito al trattato di Lisbona.

Credo che questi due aspetti siano un perfetto esempio del perché abbiamo bisogno del trattato di Lisbona. I cambiamenti climatici e la crisi economica richiedono un’Unione europea che possa prendere le decisioni giuste in modo rapido, efficiente e democratico. Se l'Europa deve sottoporsi a un “lifting radicale” per raggiungere un cambiamento di tale portata, allora ha bisogno degli strumenti giusti.

L'impegno di questo Parlamento e della Commissione per il trattato di Lisbona è sempre stato chiaro. Volevamo fare un reale passo in avanti per l'Europa, volevamo maggiori poteri per questo Parlamento eletto direttamente. Per i parlamenti nazionali, volevamo che i cittadini avessero maggiori possibilità di far sentire la loro voce, volevamo istituzioni snelle e più chiarezza su chi fa cosa in Europa. Il ritardo di tutto questo naturalmente è una delusione, ma non deve distoglierci dall'obiettivo centrale di far entrare in vigore il trattato di Lisbona. Ciò significa che ci auguriamo di essere in grado di perseguire l'obiettivo della piena ratifica e ciò superare la questione del’Irlanda.

Il mese scorso sono stato in Irlanda dove ho cercato di spiegare il motivo per cui ritengo necessario il trattato. Ho anche cominciato a capire il motivo per cui gli elettori irlandesi hanno espresso delle riserve. Quello che ho sentito è in sintonia con i sondaggi elettorali che abbiamo visto. Su alcune questioni, come le tasse e la difesa, gli elettori non avevano preoccupazioni realmente collegate al trattato. Su altre, come quella del commissario irlandese, hanno preso per buone le peggiori conseguenze eventualmente prodotte dall’applicazione del trattato. Molti hanno trovato le informazioni disponibili insufficienti o poco chiare e hanno quindi ritenuto che un “no” fosse l'opzione più sicura.

L'ottima relazione che ora abbiamo ricevuto della speciale sottocommissione del parlamento irlandese offre un contributo molto importante per chiarire queste preoccupazioni e illustra anche le possibili alternative per superarle. La mia impressione è che non vi sia stata molta buona volontà in tutta Europa per aiutare ad affrontare le preoccupazioni degli irlandesi. La Commissione intende fare il possibile per collaborare con il Parlamento e le autorità irlandesi nel migliorare la comunicazione sull’Europa in Irlanda. Stiamo lavorando a un memorandum d'intesa per far sì che si possa iniziare immediatamente a lavorare in questo senso insieme al governo e alla popolazione irlandesi.

Tuttavia, ho anche messo in chiaro che l’impressione che ho ricavato parlando con i rappresentanti di diversi Stati membri è stata che non vi fosse il desiderio di riaprire un nuovo processo di progettazione istituzionale, che aveva richiesto sette anni di lunghi e difficili negoziati per giungere a un compromesso, e che i 25 Stati membri che hanno già ratificato il trattato, molti dei quali avevano già ratificato la Costituzione – e ricordiamoci che due lo hanno fatto tramite referendum – non desideravano rimettere in piedi quel processo. Con le elezioni del Parlamento europeo alle porte, è oramai tempo che si smetta di parlare di istituzioni e si cominci a parlare di politiche dell’Unione europea che importano ai cittadini e di come risolvere le grandi sfide e i grandi problemi.

La settimana prossima il Consiglio europeo dovrebbe fornirci una chiara tabella di marcia per portare avanti questo processo con urgenza. Sono sicuro che ciò darà lo slancio collettivo necessario per raggiungere la piena ratifica del trattato. Come Commissione, cercheremo di contribuire a questo obiettivo nel miglior modo possibile.

 
  
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  Presidente. – La discussione è chiusa.

Dichiarazioni scritte (articolo 142 del regolamento)

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) I leader dell'Unione europea non accettano il voto popolare espresso nell’unico referendum che è stato possibile tenere – perché era richiesto dalla stessa Costituzione nazionale – sul progetto del trattato di Lisbona e nel quale i cittadini hanno ribadito il “no” che Francia e Paesi Bassi avevano già espresso sulla Costituzione europea. Ancora una volta, in questo atteggiamento antidemocratico che manifesta un completo disinteresse per il voto dei cittadini, si ripresentano pressioni e ricatti per tentare di tenere un nuovo referendum in Irlanda o – peggio ancora – per modificare la Costituzione nazionale del paese al fine di evitare il referendum e il voto popolare. Noi riaffermiamo la nostra più vibrante protesta contro questa posizione.

Queste politiche devono essere abbandonate quanto prima. Per il Portogallo e per l'Europa vogliamo una nuova direzione che privilegi i cittadini, il miglioramento del benessere collettivo e il rispetto per la dignità di coloro che producono benessere. Questa nuova direzione deve respingere ciò che il presidente Sarkozy chiama rifusione del capitalismo e deve dire no alla politica dell'Unione economica e monetaria e al relativo patto di stabilità e alla falsa autonomia della Banca centrale europea (BCE). Questo non avverrà nell'ambito del cosiddetto “piano di ripresa economica europea.”

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) L’imminente Consiglio europeo costituirà una nuova tappa dell’inaccettabile processo di imposizione di un progetto di trattato, già respinto per tre volte dai popoli d'Europa.

Invece di rispettare la volontà del popolo francese, olandese e irlandese, le istituzioni dell'Unione europea (Parlamento, Consiglio e Commissione) hanno dimostrato che la loro vera natura è anti-democratica, insistendo sulla prosecuzione del processo di ratifica (parlamentare) del progetto di trattato (che finora è lungi dall’essere completato da parte della Germania, della Polonia e della Repubblica ceca), evitando sempre e in ogni modo i referendum (come quello che ha avuto luogo di recente in Svezia).

Le grandi imprese in Europa e gli esecutori delle loro politiche – la destra e i socialdemocratici – non tengono conto della volontà indipendentemente e democraticamente espressa del popolo irlandese: stanno cercando di “isolare” l’Irlanda al fine di esercitare pressioni e ricatti e imporre un nuovo referendum, così come hanno fatto con il trattato di Nizza.

Basti pensare all'inaccettabile proposta di risoluzione del 17 novembre 2008 della commissione per i (cosiddetti) affari costituzionali del Parlamento europeo, che “ribadisce e conferma la sua approvazione del trattato” (come se avesse l'autorità di farlo…) nonché “l’esigenza della sua ratifica da parte degli Stati membri…il più presto possibile.”

L'Unione europea sta mostrando il suo vero volto!

 
  
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  Tunne Kelam (PPE-DE), per iscritto. Vorrei ricordare al Consiglio e anche alla Commissione che l'Unione europea si basa su valori fondamentali, come la democrazia, lo stato di diritto e il rispetto dei diritti umani.

Condanno pertanto con forza lo spirito con il quale si è tenuto il recente vertice a Nizza tra Unione europea e Russia. Non è accettabile che, come al solito, le cose ripartano nuovamente sostenendo che non vi sono alternative.

L’integrazione dei diritti umani nelle politiche estere e il rispetto dello stato di diritto sono le pietre angolari di qualsiasi relazione con paesi terzi.

La Russia non può rappresentare un'eccezione, in particolare alla luce del mancato rispetto delle le condizioni stabilite nell’accordo dopo l'aggressione nei confronti della Georgia.

Mi preoccupa che l'Unione europea possa perdere la reputazione di protagonista serio e indipendente negli affari internazionali. Inoltre, l'esitazione nel fissare limiti chiari in merito a tali deliberate violazioni delle norme internazionali rischia di incoraggiare in futuro altre aggressioni simili da parte della Russia.

Invito perciò la Commissione e il Consiglio a riconsiderare seriamente la decisione di continuare a fare le cose nel solito modo.

 
  
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  Rareş-Lucian Niculescu (PPE-DE), per iscritto.(RO) Vorrei fare riferimento alla recente comunicazione prodotta dalla Commissione europea sul piano di ripresa economica.

Sottolineo l'importanza di alcune disposizioni contenute nel piano, in particolare quelle relative all'adozione di misure volte a migliorare l'efficienza energetica nelle abitazioni attuali e negli edifici pubblici esistenti.

La Commissione ha annunciato l'intenzione di proporre una modifica al regolamento dei fondi strutturali destinati a sostenere queste misure, al fine di estendere le opportunità disponibili in questo settore.

Ritengo di vitale importanza che questo emendamento miri a utilizzare le risorse fornite dal Fondo europeo di sviluppo regionale per migliorare le condizioni abitative e innalzare il tasso del 2 per cento attualmente previsto.

 

13. Futura architettura globale dei mercati finanziari e piano di ripresa economica per l'Unione europea (discussione)
Video degli interventi
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  Presidente. − Salutiamo sugli spalti gli studenti dell'università europea di Roma.

L'ordine del giorno reca la discussione sull'interrogazione orale, al Consiglio e alla Commissione, sulla futura architettura globale dei mercati finanziari e il piano di ripresa economica per l'Unione europea (O-0124/2008 - B6-0487/2008) e (O-0125/2008 - B6-0488/2008).

 
  
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  Pervenche Berès, autore. – (FR) Signor Presidente, signor Commissario, Ministro Novelli, Presidente Barroso, poco fa ci è stato detto che era giunto il momento per la Commissione di richiamare l’attenzione degli Stati membri. Se questa è la strategia della Commissione, siete i benvenuti in Parlamento: riceverete il nostro pieno sostegno per l'attuazione di tale strategia.

Per noi il problema attualmente risiede nel grado di cooperazione tra gli Stati membri. Troppo spesso vediamo una percezione dell'urgenza della situazione e una giustapposizione di soluzioni nazionali che sono poi travestite da soluzioni europee. Se vogliamo fare un migliore uso delle risorse a nostra disposizione, riteniamo necessario procedere in maniera diversa.

Per quanto riguarda l'architettura finanziaria internazionale, il G20 si è riunito ed ha definito le future scadenze. Quando considero le conclusioni del Consiglio Ecofin adottate ieri, mi colpisce non vedere tra le conclusioni alcun mandato per la Commissione. Vorrei quindi che il Consiglio mi spiegasse come intende mettere in atto le sue proposte, in particolare per quanto riguarda la lotta contro la natura non collaborativa di alcune giurisdizioni e la definizione del ruolo del Fondo monetario internazionale in relazione ad altre istituzioni finanziarie internazionali.

Vorrei altresì che il Consiglio e la Commissione chiarissero quali sono le prossime tappe alla luce del calendario adottato, e in quali condizioni il Parlamento possa essere coinvolto in queste discussioni, perché credo che questo sia il modo in cui deve procedere se vogliamo una dinamica europea.

Per quanto riguarda il piano di ripresa, si è parlato di una cifra dell’1,5 per cento. Rispetto alle cifre che circolavano in precedenza, questa deve essere considerata un passo nella giusta direzione. Ma sarà sufficiente? E’ davvero dell’1,5 per cento o è solo la ridenominazione di spese già previste? Dovremo esaminare la questione in modo più dettagliato.

Per quanto riguarda il piano stesso, vorrei fare tre osservazioni. In primo luogo, se non esiste un vero coordinamento ai sensi dell'articolo 99 del trattato, che chiede agli Stati membri di considerare le loro politiche economiche come questioni di interesse comune, allora falliremo. Mi stupisce vedere che, anche nelle conclusioni del Consiglio Ecofin di ieri, questo metodo non sia stato ancora applicato. In questa fase critica, il coordinamento delle politiche economiche non può limitarsi a comprendere solo la presentazione da parte degli Stati membri dei piani di ripresa inizialmente discussi dai rispettivi governi e successivamente valutati dalla Commissione: non è sufficiente.

In secondo luogo, sono rimasto stupito nel vedere che nel presente documento non si fa riferimento né alla prospettiva di un cosiddetto "rimbalzo", che so essere incompatibile con il trattato nel suo stato attuale, né all'idea che circola, a mio parere giustamente, di un possibile "pool" dei finanziamenti degli Stati membri dell’eurozona.

Se la Commissione vuole essere audace, è arrivato il momento di avviare il dibattito su questi aspetti. Forse il Consiglio non appoggerà immediatamente una simile proposta, ma data la storia dei risultati ottenuti da questo Parlamento, io sono quasi certo che riuscirete ad ottenere in quest’Aula il sostegno necessario per continuare su questa linea.

Il terzo problema riguarda i posti di lavoro e i salari. E’ stata menzionata l'importanza degli obiettivi in termini di posti di lavoro; non dimentichiamo che devono essere posti di lavoro di alta qualità, altrimenti non raggiungeremo gli obiettivi definiti nella strategia di Lisbona.

Infine, vorrei fare un'ultima osservazione sulla Banca europea per gli investimenti. Ora la BEI ha molti compiti, ma dobbiamo controllare il modo in cui le banche stesse applicano quegli strumenti che ora si ripropongono, dal momento che le piccole e medie imprese sono tenute a rivolgersi al sistema bancario per potervi accedere. Sappiamo bene quanto sia fragile il sistema bancario, e quindi chiedo di esaminare la questione da vicino e invito tutti a imparare ioni dal passato, in altre parole a definire in modo coordinato la spesa pubblica utile per i nostri obiettivi a lungo termine, che altrimenti non servirà a niente.

 
  
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  Presidente. − Diamo il bentornato al rappresentante del Consiglio, Novelli, che è stato nostro collega dal 1999 al 2002, se ben ricordo.

 
  
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  Hervé Novelli, presidente in carica del Consiglio. (FR) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli deputati, per prima cosa desidero rispondere all’onorevole Berès, fornendo una breve retrospettiva su quanto è accaduto più o meno nell’ultimo anno.

La crisi che ha avuto inizio negli Stati Uniti, come tutti sapete, continua a provocare conseguenze. Mentre nel settore finanziario la situazione sembra essersi stabilizzata e mostra segni di miglioramento, anche se non tutto è stato ancora risolto, la sfida con cui da ora in poi ci dobbiamo confrontare è quella di limitare il più possibile gli effetti di questa crisi finanziaria sull'economia reale e sulle imprese.

Le previsioni pubblicate dalla Commissione all'inizio del mese di novembre mostrano un notevole calo della crescita economica nell'Unione europea, che dovrebbe essere dell’1,4 per cento per il 2008, mentre ancora nel 2007 era stata del 2,9 per cento.

Secondo la Commissione, nel 2009 si prevede un ristagno dell'attività economica dell'Unione europea con un tasso medio annuo di crescita dello 0,2 per cento del PIL. Si prevede che la crescita proceda molto lentamente nel corso dell’anno per raggiungere nel 2010 una media annua dell’1,1 per cento. Nel corso delle prossime settimane e mesi questa sarà dunque la situazione, nella misura in cui è possibile fare previsioni.

Per quanto riguarda la situazione finanziaria, se essa sembra muoversi verso una direzione migliore rispetto a qualche mese fa, ciò è soprattutto a causa della decisa azione degli Stati membri e delle banche centrali, compresa la Banca centrale europea: non tornerò sull’argomento dato che il collega e amico Jean–Pierre Jouyet ha parlato a lungo di questo problema.

Il 12 ottobre si sono riuniti i capi di Stato dei paesi dell’eurozona e, per la prima volta, hanno concordato un piano d'azione concertata, i cui principi sono stati approvati dal Consiglio europeo del 15 e 16 ottobre.

Oggi tutti gli Stati membri hanno adottato le misure nazionali in conformità con i principi contenuti nel piano, per esempio, come già sapete, attraverso i meccanismi di garanzia per il finanziamento delle banche e di sistemi che ne consentano la ricapitalizzazione.

Inoltre, la Banca centrale europea ha compiuto notevoli sforzi per fornire liquidità al mercato, diversificando i propri bandi di gara e ampliando la gamma dei collaterali.

Ritengo che abbiamo dimostrato solidarietà e sostegno agli Stati membri colpiti da difficoltà finanziarie. All’inizio di novembre è stato necessario aiutare l'Ungheria. Recentemente abbiamo anche convenuto sulla necessità di aumentare da 12 a 25 miliardi di euro il massimale dei prestiti che l'Unione può erogare ai sensi dell’accordo.

Io credo, come lei ha già detto, onorevole Berès, che sia giunto il momento di rilanciare la nostra economia. Gli Stati membri e l'Unione devono agire di concerto e contribuire a una più ampia risposta a livello globale.

Per quanto concerne la ripresa dell'economia europea, la Commissione, ha preso l'iniziativa di pubblicare il 26 novembre un comunicato relativo a un piano di ripresa economica europea per la crescita e l'occupazione. Il Consiglio è molto lieto di questa iniziative, e mi compiaccio che lei, onorevole Berès, la consideri un passo nella giusta direzione.

Al fine di risolvere del tutto la crisi e, in particolare, di trarne utili insegnamenti, dobbiamo analizzare ciò che è accaduto. L'iniziale turbolenza finanziaria, come sapete, è comparsa sul mercato subprime negli Stati Uniti per poi diffondersi gradualmente, mettendo in evidenza gravi disfunzioni del nostro sistema finanziario.

Questa crisi, dal punto di vista macroeconomico, riflette anche le conseguenze degli squilibri interni in termini di indebitamento delle famiglie, e degli squilibri esterni, in particolare il disavanzo corrente degli Stati Uniti. Ma è una crisi, vorrei sottolineare, soprattutto nella regolamentazione dei mercati finanziari, il che rivela il funzionamento difettoso di alcuni aspetti del nostro sistema di regolamentazione e di controllo.

Molti di questi aspetti sono già stati discussi nel contesto della tabella di marcia e del lavoro svolto dal Consiglio Ecofin nel corso della presidenza francese. Ma in aggiunta alle misure urgenti adottate a livello comunitario per ripristinare la fiducia nei mercati finanziari e proteggere i depositi dei risparmiatori, sostenere gli istituti finanziari e fornire assistenza agli Stati membri in difficoltà, le riforme fondamentali che lei richiede, onorevole Berès, sono, a mio avviso, già in corso.

A questo proposito, vorrei esprimere la mia soddisfazione per l'accordo raggiunto in sede di Consiglio su quattro progetti di direttive che avranno un effetto decisivo nel migliorare la stabilità del settore finanziario, proteggere i singoli investitori e rafforzare ulteriormente il mercato interno. Questi progetti sono la direttiva sui requisiti di capitale bancario, la direttiva sulla garanzia dei depositi, la direttiva “Solvibilità II”, e la direttiva sugli organismi d'investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM).

Inoltre, è in corso il lavoro in merito al controllo delle istituzioni finanziarie che finora non vi erano state assoggettate. E’ stato avviato, e dovrebbe essere completato nella primavera del 2009, anche il lavoro relativi ai regolamenti europei in materia di agenzie di rating del credito.

Non ho alcun dubbio che il Parlamento condivida la nostra determinazione nell’assicurare che questi testi siano adottati nel più breve tempo possibile. La presidenza francese del Consiglio ha inoltre avviato un lavoro a lungo termine sulla ciclicità dei regolamenti finanziari al fine di rivedere il quadro di controllo e di contabilità, e sugli incentivi offerti nel settore finanziario, prendendo in esame l'importante questione della retribuzione dei dirigenti e degli operatori di mercato. Per quanto riguarda la vigilanza in Europa, sono già stati segnalati progressi concreti negli ultimi mesi: una maggiore convergenza tra le prassi dei sistemi nazionali di vigilanza in modo tale che ciascuno dia applicazione ai documenti in maniera equivalente; il rafforzamento dei sistemi di vigilanza dei gruppi transfrontalieri istituendo organi di vigilanza; un più efficiente funzionamento delle commissioni di vigilanza, con l'introduzione del voto a maggioranza qualificata per le loro riunioni in modo da migliorare le procedure decisionali.

Tuttavia, ritengo che in questo settore siano necessari mutamenti radicali: siamo molto lieti per il lavoro del gruppo ad alto livello, presieduto da Jacques de Larosière, che esaminerà anche la vigilanza e in particolare la questione del controllo sui fondi d’investimento.

In ogni caso, tutti questi risultati e questo lavoro mirano a far sì che l'Unione europea rimanga la forza motrice delle iniziative internazionali attualmente in corso in risposta alla crisi finanziaria. L'Unione ha sicuramente svolto un ruolo trainante nelle attività internazionali volte a una profonda riforma dell’architettura finanziaria globale e, in particolare, a una crescita della capacità delle istituzioni finanziarie internazionali al fine di scongiurare il ripresentarsi dei fattori di crisi.

La crisi ha dimostrato chiaramente che questi problemi di scala mondiale, devono essere risolti a livello mondiale. La presidenza francese ha preso l'iniziativa di proporre agli Stati Uniti un vertice internazionale che comprenda i principali paesi emergenti, al fine di definire i principi e le prime azioni da intraprendere per risanare l’architettura finanziaria internazionale.

Tenendo presente questo obiettivo, la presidenza ha presentato agli Stati membri proposte che sono state discusse durante il Consiglio Ecofin e successivamente adottate dai capi di Stato o di governo. L'Europa è stata quindi in grado, e credo sia molto importante, di parlare con una sola voce alla riunione di Washington del 15 novembre.

Il Consiglio Ecofin, prima del G20, ha fatto la sua parte definendo il messaggio comune dell'Unione europea per quanto riguarda l’architettura finanziaria internazionale. Nella riunione del 4 novembre, ha esaminato tutti gli aspetti pertinenti, al fine di elaborare una risposta europea alla crisi e la sua proposta è stata successivamente approvata dai capi di Stato o di governo nel vertice informale del 7 novembre.

Ritengo che questa unità europea abbia consentito di fare notevoli progressi, in particolare da parte dei nostri partner negli Stati Uniti e nei paesi emergenti, sia per sostenere la crescita mondiale che per la regolamentazione e la vigilanza dei mercati finanziari globali, i cui principi si estendano a tutte le parti interessate, i mercati e le giurisdizioni.

Sono convinto che questo vertice rappresenti il punto di partenza per una revisione degli strumenti e delle risorse delle istituzioni finanziarie internazionali. L'FMI deve poter disporre di una vasta gamma di strumenti che consentano di sostenere gli Stati membri in modo flessibile e rapido. Occorre mobilitare la Banca mondiale per fornire i necessari finanziamenti ai paesi poveri ed emergenti, consentendo loro di affrontare le carenze e i rincari sul mercato delle risorse.

Le istituzioni finanziarie internazionali non solo devono avere le risorse necessarie a far fronte a eventuali crisi, ma devono anche svolgere un ruolo fondamentale nella prevenzione di tali situazioni. Il Fondo monetario internazionale, in particolare, in collaborazione con il Forum per la stabilità finanziaria, deve essere in grado di individuare eventuali rischi e bolle speculative nel sistema finanziario e raccomandare le politiche economiche più adeguate.

Il Consiglio, quindi, concorda senza riserve con la dichiarazione rilasciata dai capi di Stato e di governo dei paesi del G20, resa pubblica il 15 novembre. Tutto è ormai in atto per lo sviluppo di posizioni comuni europee in modo che quella dichiarazione di Washington possa essere attuata entro i tempi stabiliti per le prossime scadenze internazionali.

Fondamentalmente, e per concludere, signor Presidente, credo che oltre ai progressi compiuti sui temi fondamentali si possano trarre da tutto ciò due importanti conclusioni.

Dopo una preparazione molto rapida, l’Europa ha parlato con una sola voce al vertice di Washington; deve quindi mantenere questo ruolo di forza trainante nel dibattito in corso sulla riforma dell’architettura finanziaria internazionale.

Dobbiamo continuare le nostre discussioni interne e il processo di riforma al fine di contribuire a questo percorso che è ancora solo agli inizi.

 
  
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  Joaquín Almunia, membro della Commissione.(ES) Signor Presidente, Presidente Novelli, Presidente Jouyet, onorevole Berès, onorevoli colleghi, meno di un mese fa a Strasburgo abbiamo parlato dei risultati e delle conclusioni della riunione di Washington.

Oggi l’onorevole Berès chiede al Consiglio e alla Commissione quali misure debbano essere adottate per mettere in pratica le conclusioni, chi debba adottarle e quali azioni ogni istituzione europea debba intraprendere a tale scopo.

Devo dire all’onorevole Berès che concordo assolutamente sul fatto che queste decisioni, come quelle adottate a partire dal settembre 2007 nel consiglio Ecofin e nel Consiglio europeo, devono essere messe in atto in tempi brevi rispettando al contempo i ruoli di tutte le istituzioni comunitarie. Tutte le istituzioni della Comunità devono essere coinvolte nella costruzione di un consenso, in modo che l'Europa possa tenere una posizione unica su tutti gli aspetti necessari a regolamentare in modo più efficace il sistema finanziario e a trovare soluzioni per i propri problemi. L'Unione europea dovrà quindi continuare a essere capace di guidare il mondo per offrire soluzioni nel corso delle riunioni che succederanno a quella di Washington.

Naturalmente la Commissione sta lavorando in tal senso. Stiamo facendo la nostra parte, da un lato all'interno del gruppo de Larosière e, dall'altro, sviluppando le nostre proprie iniziative. La Commissione ha aggiornato solo ieri questi annunci in seno al consiglio Ecofin. Inoltre, la Commissione ha certamente intenzione di utilizzare le proprie competenze, in collaborazione con il Consiglio e il Parlamento, per raggiungere i necessari accordi nel più breve tempo possibile.

E’ molto importante coordinare le azioni dell'Unione europea e le posizioni in campo finanziario, poiché ci accingiamo a prendere parte a un processo di coordinamento a livello mondiale, e l'Europa non può presentarsi al coordinamento globale con posizioni divise al suo interno. Dobbiamo muoverci con una posizione unica adottata formalmente all’interno dell’Unione europea.

Per quanto riguarda il piano di ripresa economica e reflazionistica discusso ieri dal consiglio Ecofin, i ministri concordano con la Commissione sul fatto che, data la situazione economica e la recessione che colpisce gli Stati Uniti, il Giappone, l’area dell’euro e alcune delle principali economie europee al di fuori dell’eurozona, sia essenziale uno stimolo fiscale. La politica monetaria deve continuare a sostenere la domanda, ma non può da sola sopportarne l'intero carico, soprattutto in considerazione della situazione attuale dei mercati finanziari e creditizi.

Anche la politica fiscale e di bilancio deve dare una spinta. La Commissione ha proposto uno stimolo che ritiene necessario e possibile in una situazione come quella in cui ci troviamo. Abbiamo specificato la misura in cui contribuiremo con risorse e misure europee, sia attraverso il bilancio dell'Unione europea e sia grazie ad azioni della Banca europea per gli investimenti e della Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo. Purtroppo devo ammettere che un certo numero di membri del consiglio Ecofin non ha accolto la proposta da noi presentata al Consiglio e al Parlamento di consentire l'uso di fondi non spesi in modo più flessibile senza alterare il massimale globale di bilancio dell’Unione europea, in modo quindi da consentirci di destinare la somma di 5 miliardi di euro a investimenti in infrastrutture e alla lotta a livello europeo contro i cambiamenti climatici.

Purtroppo la proposta non ha ottenuto un sostegno unanime, ciononostante speriamo possa andare avanti. In aggiunta agli sforzi europei (attraverso il bilancio dell'Unione europea più la Banca europea per gli investimenti, e qui i ministri hanno di fatto deciso di aumentarne il capitale entro la fine del 2009, come proposto dalla Commissione), abbiamo anche chiesto agli Stati membri di produrre uno sforzo pari a 170 miliardi di euro nel 2009 con l'adozione di quelle che, nelle loro attuali circostanze, ritengono le misure più appropriate a sostenere la domanda.

Questa proposta tiene in considerazione la responsabilità stessa degli Stati membri, dal momento che hanno il bilancio per finanziare la ripresa attraverso la politica fiscale. Essa tiene anche conto del fatto che non tutti gli Stati membri hanno lo stesso margine di manovra: non possiamo chiedere all'Ungheria o alla Lettonia di contribuire adesso come possono fare la Germania o i Paesi Bassi. Questa certo non è la posizione della Commissione. Tutti gli Stati membri dovrebbero beneficiare del rilancio e della conseguente ripresa, mentre non tutti possono contribuire alla stessa misura poiché le situazioni di partenza sono diverse. E’ quindi essenziale un coordinamento.

Mediante le opportune azioni di coordinamento, si può fare in modo che uno più uno sia uguale a tre; senza coordinamento, uno più uno potrebbe dare invece un risultato negativo. Questo è un chiaro esempio della necessità urgente di coordinamento. Alcuni paesi non hanno alcun margine di manovra, mentre altri devono decidere se utilizzare il margine di cui dispongono. Se non ottimizziamo le energie e le opportunità di ciascun paese, finiamo per perderci tutti. Questo è il messaggio che ieri la Commissione ha dato ai ministri dell'Ecofin.

Devo fare tre osservazioni molto specifiche.

In primo luogo, nel corso della precedente discussione, un membro di questo Parlamento ha detto che il patto di stabilità e crescita non è più in vigore. Come ho detto in molte occasioni a questo Parlamento – e lo ripeto ancora una volta – il patto di stabilità e crescita è pienamente in vigore, dal momento che nel 2005 l’abbiamo rivisto introducendo la flessibilità necessaria perché fosse utile in una situazione come l’attuale. Il patto è in vigore, perché l’abbiamo rivisto nel 2005 e non c'è bisogno di reinventarlo o di modificarlo. Quello di cui abbiamo bisogno è che sia attuato e rispettato, ma dobbiamo rispettarlo entro i limiti e con la flessibilità che la politica di bilancio richiede in momenti come questi.

In secondo luogo, l’onorevole Berès ha fatto riferimento ai titoli di debito europei. Alcuni dei principali paesi escludono decisamente questa possibilità e si rifiutano di prenderla in considerazione. Ci dovrebbe essere un’emissione congiunta di titoli nazionali di debito pubblico? Alcuni dei principali paesi dell’eurozona rifiutano questa possibilità. Tuttavia vi è una terza possibilità che ha riscosso unanime sostegno e che intendiamo utilizzare: la Banca europea per gli investimenti dovrebbe fornire ulteriori e più specifici finanziamenti per quegli investimenti e quelle misure considerati essenziali per sostenere la domanda e ottimizzare l'impatto di questo sforzo a livello europeo in tempi come questi.

Infine, sono pienamente d'accordo con l'onorevole Berès che invoca la creazione di posti di lavoro di qualità. Quando la Commissione ha inserito nel piano di risanamento non solo uno sforzo fiscale, ma anche dieci azioni prioritarie a favore di investimenti intelligenti, ciò a cui miravamo era maggiore crescita, maggiore sostenibilità e migliore qualità di lavoro che possono essere conseguite grazie ad alcune misure a breve termine. Tali misure potrebbero certamente avere carattere temporaneo, il che è uno dei requisiti degli stimoli. Tuttavia essi non hanno le altre due caratteristiche necessarie per essere uno sforzo fiscale di qualità, vale a dire che devono essere in grado di consolidare e incrementare la domanda a breve termine, e devono inoltre espandere le possibilità delle nostre economie durante la ripresa economica che certamente ne conseguirà.

 
  
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  Jean-Paul Gauzès, a nome del gruppo PPE-DE. – (FR) Signor Presidente, signori Ministri, signor Commissario, in primo luogo, per quanto riguarda le domande vorrei dire che esse mostrano chiaramente il desiderio del Parlamento di essere informato e di essere maggiormente coinvolto nel processo di riforma dell'architettura dei mercati finanziari. Il Parlamento è inoltre deciso a far sì che l'Europa parli con una sola voce, come è stato detto.

Per quanto riguarda la ripresa economica dell’Europa, è ovviamente essenziale un’azione coordinata e concertata, come è stato sottolineato. Da parte nostra, sosteniamo la proposta della Commissione di combinare tutti gli strumenti politici europei e nazionali per combattere questa crisi. Ora infatti, il compito è quello di ripristinare la fiducia tra gli europei e, di conseguenza, tra i consumatori.

Abbiamo anche bisogno di trovare il giusto equilibrio tra azioni a lungo termine e a breve termine. Le misure adottate in particolare per quanto riguarda il settore bancario sono adeguate per combattere questa crisi finanziaria: aumento di capitale, garanzie sui prestiti interbancari e garanzie per i prestiti. Dobbiamo tuttavia essere vigili quando si tratta di realizzare effettivamente l'obiettivo di queste misure, cioè ripristinare il ruolo primario delle banche in quanto fornitori di liquidità e di credito: in breve, finanziare l'economia reale.

Occorre rafforzare il ruolo della Banca europea per gli investimenti (BEI) e della Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo. Le riserve della BEI devono essere utilizzate per consolidare la sua base di capitale. Anche la strutturazione del bilancio è un passo nella giusta direzione. Tuttavia, a parte le parole, ciò che conta è l'attuazione delle misure previste; dobbiamo evitare di muoverci con incertezza. Vorrei citare gli aiuti di stato per quanto riguarda i programmi connessi alle banche. Desidero anche ricordare – e se ne è parlato poco fa – il patto di stabilità e crescita. Dobbiamo renderci conto che i nostri concittadini, i quali, in questo tempo di crisi, si aspettano che l'Europa fornisca delle soluzioni, non dovrebbero avere la sensazione che un giorno l'Europa dica una cosa e il giorno dopo dica il contrario.

Infine, signor Ministro, sul tema della regolamentazione delle agenzie di rating del credito, per il quale sono relatore in questo Parlamento, lavoreremo assiduamente per attuare un sistema efficace e pragmatico che non si limiti a reagire alla situazione attuale, ma che renda possibile a quelle agenzie operare a lungo termine.

 
  
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  Poul Nyrup Rasmussen, a nome del gruppo PSE. – (EN) Signor Presidente, prima di tutto vorrei confermare al commissario Almunia che “uno più uno” non fa due ma tre, se ci diamo da fare insieme. Io proverò a spiegarlo al mio nipotino e lui capirà, dato che sta diventando un bravo europeo.

Non ho intenzione di tornare sul tema del coordinamento, perché credo che la collega Berès abbia già sottolineato il problema, al pari di voi. A tale proposito vorrei dire – e mi rivolgo anche alla presidenza dell'Unione europea e al Consiglio – che esiste il grande pericolo che i nostri Stati membri non abbiano ancora capito la gravità del bisogno di investimenti finanziari. Lasciatemi fare un esempio: se il nostro obiettivo è quello di mantenere l'attuale livello di occupazione nell'Unione europea, occorre investire l'1 per cento in più del prodotto interno lordo, non solo nel 2009, ma anche una percentuale extra nel 2010 e un ulteriore percentuale extra nel 2011. Ciò è documentato dai nostri calcoli macroeconomici che coprono l'intero territorio dell'Unione europea.

La mia speranza è che quanto faremo prima di Natale rappresenti solo un inizio: so che la presidenza francese condivide questa ambizione. Vi prego pertanto di stilare un calendario che consenta di valutare gli effetti prima della primavera del prossimo anno e del Consiglio di primavera. Dobbiamo essere pronti a creare nuovi stimoli finanziari prima di tale data, perché temo che all’attuale prognosi della Commissione – che è stata fatta nella migliore maniera possibile – se ne sommerà una nuova che ci indicherà come il lavoro che ci resta da fare sia ancora più impegnativo.

Vorrei infine parlare della regolamentazione. Ringrazio molto la presidenza per aver detto che questa è una crisi di regolamentazione. Sono d'accordo: ecco perché sono rimasto così deluso dalle informazioni ricevute ieri in seno alla commissione per i problemi economici e monetari, sotto la guida dell’onorevole Berès. Qui in Aula abbiamo approvato all'unanimità una relazione che afferma che in seguito a questa crisi dobbiamo dotarci di nuove regole che potenzino tutti i soggetti finanziari senza eccezioni, compresi i fondi hedge e il private equity.

Ieri ho ricevuto un messaggio da parte del commissario McCreevy che diceva: “Invito perciò tutti gli attori a una nuova consultazione sui fondi hedge.” Su questo argomento ci siamo consultati due anni fa per l’ultima volta, concentrandoci in particolare solo sugli operatori della City di Londra. Ora apriamo una nuova consultazione. Non abbiamo bisogno di ulteriori consultazioni, abbiamo bisogno di regole. Sappiamo esattamente qual è il problema. L’onorevole McCreevy ieri ha detto di non avere intenzione di fare alcunché riguardo al private equity, tuttavia invita le organizzazioni lobbistiche per il private equity se a chiedere a coloro che non sono assoggettati agli obblighi del Codice di condotta di sottopor visi.

(Interruzione da parte di un altro deputato)

(FR) Onorevoli colleghi, ora è il mio turno di parlare!

(EN) Quello che sto cercando di dire è: per favore mi serve il vostro aiuto – e mi rivolgo a lei, Commissario Almunia – voglio che lei si renda conto che i cittadini, semplicemente, non capiscono che noi, l'Unione europea, non siamo in grado di adempiere al nostro dovere di regolamentare il mercato finanziario in modo globale, in modo da evitare che questa situazione si ripeta, e da finanziare tale espansione esattamente come descritto dal commissario Almunia.

Chiedo davvero una risposta prima di Natale in modo che io possa dire al mio nipotino che ci stiamo muovendo verso questo obiettivo!

 
  
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  Daniel Dăianu, a nome del gruppo ALDE. – (EN) Se non concretizziamo una vera e propria posizione comune a favore di una vera riforma, l'elaborazione di adeguate regole globali per i mercati finanziari diventerà molto più difficile. Persone accorte direbbero che il grande fallimento sia della regolamentazione che della sorveglianza, insieme ai difetti evidenziati da un paradigma economico troppo semplicistico, fornisce un’inequivocabile risposta su cosa fare. Ma altri sostengono che una nuova regolamentazione soft dovrebbe essere la norma del nuovo sistema. A mio parere si sbagliano, indipendentemente dal fatto che ci credano onestamente o siano guidati da interessi di parrocchia.

Parte dell'eredità intellettuale di Keynes – ossia il concetto per cui flussi di capitali altamente volatili sono negativi per il commercio e la prosperità – ha trovato conferma nell’attuale enorme caos e in altre crisi, compresa quella dei mercati emergenti. Da decenni ormai in tutto il mondo si sente ripetere che non si può fare molto nel processo di decisione politica nazionale, perché i mercati globali punirebbero quel governo che agisse da solo. Ma la complessità dei mercati finanziari globali viene da Dio? I mercati globali, a parte i loro mezzi tecnologici, non sono forse anch’essi frutto della decisione degli esseri umani di definire delle regole per la finanza, per il commercio e per gli investimenti? L'affermazione secondo cui non si può fare nulla riguardo alla finanza, quando questa produce miseria, è poco convincente. Si può invece fare molto in materia di regolamentazione di tutte le entità finanziarie (compresi i fondi hedge e private equity), sottoponendo a rigorose regole il rapporto di indebitamento, affrontando le ciclicità e la documentazione delle risorse concesse, migliorando il coordinamento delle politiche e trattando con le agenzie di rating del credito.

Il declino di un paradigma che equipara le economie di mercato all’assenza di regole deve essere visto in relazione a un nascente mondo economico multi-polare che tenta di plasmare un nuovo sistema finanziario internazionale. Da quest'ultimo dipende il destino di un sistema economico mondiale aperto. Se non facciamo le cose giuste oggi, corriamo il rischio di paralizzare le nostre democrazie liberali. Mi auguro che la nuova amministrazione americana procederà in tal senso, ma noi in Europa dobbiamo mostrarci all’altezza dalla gravità di questo periodo.

 
  
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  Rebecca Harms, a nome del gruppo Verts/ALE. – (DE) Signor Presidente, vorrei dire che innanzi tutto condivido pienamente la valutazione dell’onorevole Rasmussen: per quanto concerne l'intero mondo finanziario, stiamo parlando di un nuovo rapporto tra Stato e mercato. Credo che su questo punto siamo d'accordo. Anche per quanto riguarda il ruolo del commissario McCreevy, vorrei dire che dovrebbe svolgerne uno meno rilevante rispetto al passato e non ora dovrebbe essergli consentito di esitare.

Il crollo dei mercati finanziari ci mostra quali sono conseguenze se lo Stato si mantiene troppo sullo sfondo e non ha il coraggio di applicare le norme che ha identificato come corrette.

Ancora una volta vorrei collegare l'attuale disputa su un new green deal con il piano di ripresa europeo. A mio parere, vi sono ancora troppi rinunciatari nel Consiglio e nella Commissione, convinti che la sostenibilità o strategie aggressive di protezione del clima andrebbero a discapito dei posti di lavoro. E secondo noi queste stesse forze che frenano, – anche noi Verdi siamo preoccupati per l'occupazione – frenano anche lo sviluppo di metodi di produzione adeguate al futuro, di sistemi economici e di nuovi prodotti, e bloccano la strada che dall’Europa porta verso i mercati globali del futuro.

Ritengo che ciò sia molto pericoloso e che la blanda regolamentazione che stiamo adottando sulle automobili sia un brutto segno di quanto siamo timorosi. Il piano di ripresa ora è un po’ keynesiano, ora un po’ verde, ma in realtà è ancora la solita minestra.

Non credo sia sufficiente per l'Europa apportare solo lievi modifiche. Forse il coordinamento potrebbe riscuotere maggiore approvazione se le strategie fossero formulate in maniera più coerente. Rivedere l'intero bilancio dell’Unione europea all'inizio del prossimo anno darebbe alla Commissione un’opportunità di affrontare le molte grandi crisi che dobbiamo gestire in modo sistematico e univoco.

 
  
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  Sergej Kozlík (NI). - (SK) Signor Presidente, onorevoli deputati e signori ospiti, plaudo all'iniziativa delle istituzioni europee che hanno impresso lo slancio necessario ad affrontare la crisi finanziaria a livello mondiale. Tuttavia, basare la risposta economica alle conseguenze della crisi su un piano per ripristinare la crescita e l'occupazione nell'Unione europea mi sembra più che altro un'improvvisazione frettolosa.

Il piano idealizza la situazione e dimentica che l'UE è un insieme di Stati nazionali, ciascuno dei quali si trova in circostanze diverse, ha priorità differenti e differenti soluzioni ai problemi economici e allo sviluppo economico. Il piano sottovaluta l'importanza di uno sviluppo coordinato delle infrastrutture del settore energetico nel suo complesso, non solo l’energia verde, e sottovaluta lo sviluppo coordinato delle infrastrutture stradali e ferroviarie come presupposto per l'effettiva distribuzione degli investimenti, così come la necessità di affrontare il finanziamento del settore agricolo. Questo perché, con la crisi finanziaria, il mondo deve fare i conti anche con la minaccia di una crisi energetica e alimentare.

 
  
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  José Manuel García-Margallo y Marfil (PPE-DE).(ES) Signor Presidente, non ho intenzione di dire molto sulla natura eccezionale, storica, della crisi attuale. Tutti i miei colleghi hanno parlato di questo, e l’onorevole Rasmussen l’ha espresso molto bene. Voglio qui aggiungere solo tre cose: questa è la peggiore crisi di liquidità che ho mai visto, ed ho una certa età; non ci sono carte di navigazione o tabelle di marcia per questa crisi e, in terzo luogo, siamo ben consapevoli che la crisi finanziaria continua e che i mercati sono a secco.

Quindi, la prima cosa che dobbiamo fare è normalizzare i mercati finanziari, e a questo proposito mi accingo a parlare della Banca centrale europea.

In questo Parlamento c’è una sorta di rispetto reverenziale verso la BCE. Sono un dilettante in molti settori, compreso questo, ma devo dire che la BCE deve ridurre i tassi di interesse rapidamente e con urgenza. I meccanismi di trasferimento non funzionano bene, come si è visto nel mese di ottobre quando il taglio del tasso di interesse ufficiale non è stato trasmesso in maniera sufficiente ai tassi di interesse reali.

In secondo luogo, occorre fornire liquidità su periodi più lunghi di quanto avviene attualmente. Sono consapevole del fatto che perché questo accada il quadro di garanzie deve essere modificato, ma è una cosa che deve essere fatta. Le istituzioni finanziarie prestano denaro a lungo termine e hanno bisogno di analoghi finanziamenti affidabili nel lungo periodo.

Le banche nazionali aiutano la politica della Banca centrale iniettando liquidità, e tale misura può tradursi in aiuti nazionali che distorcono la concorrenza. Occorre quindi mantenere un’attenta sorveglianza su questo settore.

Il terzo e ultimo punto è che ora la politica di bilancio ha dimostrato di svolgere un ruolo centrale, un ruolo guida, molto più di quella monetaria. La politica di bilancio provoca effetti esterni e ciò significa che è indispensabile uno stretto coordinamento. Concordo pienamente con quanto ha detto il commissario.

Sono d'accordo anche sul fatto che è importante spendere, ma soprattutto spendere con saggezza per obiettivi chiari che rafforzino la competitività dell'economia europea. Questo è l'unico modo per riequilibrare il nostro bilancio anche a medio termine.

Concordo che il patto di stabilità e crescita è ancora in vigore, e la prima cosa che il commissario deve fare è dirci cosa intende con “allontanarci dal valore di riferimento”: significa allontanarci di pochi centesimi, di pochi decimi o di pochi punti? Mi creda, signor Commissario, osserverò attentamente il suo lavoro destinato a mantenere in vigore il patto di stabilità e crescita. Se riuscirà a fare questo, che Dio la ricompensi e, se non sarà in grado, possa Egli ritenerla responsabile.

 
  
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  Elisa Ferreira (PSE).(PT) E' stato ripetuto più volte che una crisi di solito costituisce un’opportunità, il che è vero. Se vogliamo approfittare dell’occasione che ci si presenta, allora è facile decidere in che direzione agire.

Prima di tutto, a livello di Unione europea siamo consapevoli della necessità di introdurre meccanismi di trasparenza, regolamentazione e vigilanza dei mercati finanziari. Non è necessario che il commissario McCreevy avvii ulteriori consultazioni o che la presidenza proceda con ulteriori studi e proposte: abbiamo già le proposte dei socialisti, che sono state fatte al momento opportuno e molte delle quali sono state raccolte da questo Parlamento.

In secondo luogo, l'Europa non può stare sulla scena internazionale in modo passivo, ma deve svolgere un ruolo attivo nella costruzione del nuovo ordine internazionale ed ergersi a difesa di una nuova architettura che non lasci "buchi" nel sistema, come quelli attualmente costituiti dai paradisi fiscali.

Terzo, il presidente della Commissione ha osservato che c'è riluttanza tra i vari Stati membri a coordinare le strategie. E’ vero che se non avessimo sentito dire tante volte da membri della Commissione che i mercati si autoregolamentano, che lo Stato deve rimanere estraneo e che i mercati finanziari non hanno alcun impatto sulla crescita e sull'occupazione, forse oggi ci sarebbe un più forte spirito di solidarietà tra i paesi.

La proposta che oggi ci troviamo davanti è tuttavia solo la prima parte di un lungo processo, se lo confrontiamo con i programmi della Cina e degli Stati Uniti; la proposta non riesce inoltre a definire con sufficiente chiarezza il proprio obiettivo, che dev'essere l'occupazione; infine, un programma europeo non può limitarsi a un amalgama dei programmi nazionali.

E’ venuto il momento di dimostrare ai cittadini europei che l'Europa è una rete di diritti, che si estende anche alla sfera economica, che li protegge nei momenti di crisi e che promuove la solidarietà e la crescita con programmi di sostegno per le piccole e medie imprese che attualmente non beneficiano dei risultati degli interventi effettuati in favore del settore bancario. L'economia reale è esattamente questo, e noi siamo qui, come europei, per dimostrare ai cittadini che l'Europa, anche in questo caso e, soprattutto in questo caso, sta dalla loro parte.

 
  
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  Sophia in 't Veld (ALDE). - (NL) Signor Presidente, mi sembra alquanto strano che, negli ultimi anni, non ci siano mai stati fondi sufficienti per l'istruzione, l'assistenza, l'innovazione e l'ambiente, mentre ora improvvisamente ci debba essere una pioggia di miliardi. Il miglior piano di salvataggio per il futuro è un forte mercato europeo combinato con fondi pubblici sani, perché non dobbiamo scialacquare l'eredità delle generazioni future.

La crisi del debito privato non deve semplicemente essere scambiata con il debito pubblico. La Commissione dovrebbe prendere una posizione decisa in favore di un rigoroso rispetto del patto di stabilità e delle norme sugli aiuti di stato, e in questa luce accolgo con favore le dichiarazioni del commissario Almunia e dal commissario Kroes. Dopo tutto, non solo i banchieri ma anche i politici dovrebbero spendere con saggezza il denaro dei cittadini. Bisogna dare piena attuazione alla strategia di Lisbona più che mettersi a stampare denaro, perché se ne possono trarre enorme giovamenti.

Ad esempio, un libero mercato dei servizi può creare centinaia di migliaia di nuovi posti di lavoro senza costi aggiuntivi. E’ quindi sorprendente, a mio avviso, che gli Stati membri si muovano con lentezza nell'applicare la direttiva sui servizi. Un piano di salvataggio per il crescente numero di giovani che lasciano la scuola senza qualifiche è almeno importante quanto quello per i risparmiatori ingannati, perché senza una qualifica questi giovani non andranno assolutamente avanti nella vita.

In alternativa, si dovrebbe investire nel raggiungimento di quell'obiettivo del 3 per cento per la ricerca e lo sviluppo che era stato stabilito nel 2000. Dopo tutto, l'industria non ha mai raggiunto il promesso 2 per cento, eppure in questo momento sta ricevendo sostegno per miliardi.

Infine, dato che le cose possono andare malissimo nel libero mercato, le regole e le autorità di vigilanza sul mercato non rappresentano certo un lusso, ma anche così, non c'è paragone con la rovina economica e sociale lasciata dai vari esperimenti di nazionalismo e di economia di stato socialista.

 
  
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  Hans-Peter Martin (NI). - (DE) Signor Presidente, non sono il solo a trovarmi in difficoltà nell’aderire a questa emergente presunzione dei politici europei quando si tratta di gestione della crisi dei mercati finanziari: se l'Unione europea fosse una democrazia funzionante, si dovrebbe in primo luogo sollevare la questione della responsabilità e di come tutto questo possa essere accaduto.

E’ semplicemente falso che tutti i problemi che stiamo affrontando siano una sorta di tsunami, una catastrofe provocata dalla natura. Tutto questo è opera dell’uomo. Con tutto questo fervore di regolamentazione che caratterizza questa Unione viene da chiedersi perché non si sia agito quando le banche hanno iniziato a varcare i confini nazionali in misura rilevante. Perché, nonostante gli avvertimenti, non si è agito quando sono stati introdotti i derivati? Ricordo chiaramente che il premio Nobel Stiglitz aveva parlato di tutto ciò. C'è stato un silenzio, un tabù. Da qui si dovrebbe iniziare, perché riconoscere le proprie colpe è l'unica chiave per trovare una soluzione.

 
  
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  Margaritis Schinas (PPE-DE). (EL) Il Parlamento europeo deve lanciare un messaggio chiaro in merito a entrambi gli aspetti della discussione odierna: in primo luogo, per quanto riguarda la logica del sistema finanziario che dobbiamo costruire per il futuro e, in secondo luogo, per quanto riguarda la nostra prima reazione al piano di ripresa che è stato presentato il 26 novembre dalla Commissione. In merito al primo punto: non vi è alcun dubbio che la Commissione abbia chiaramente recepito il messaggio che l'era dell'autoregolamentazione o dell'assenza di regole è proprio finita. Se ci sono alcuni in seno alla Commissione o all'interno di questo Parlamento che avevano l'impressione che l'economia reale potesse essere costruita su una logica di assenza di regole, allora gli eventi attuali hanno dimostrato che si sbagliavano. C’è voluto un po’ di tempo, ma ora abbiamo capito. Non credo che la colpa sia del commissario Almunia. Altri possono avere esposto la Commissione a questa logica, ma ora è troppo tardi: il nuovo ordine economico deve essere costruito su una logica improntata alle regole, regole e ancora regole.

La seconda parte del piano di ripresa, presentato dalla Commissione la scorsa settimana, contiene alcuni punti positivi e dobbiamo riconoscere che la Commissione è riuscita (e so quanto sia difficile) a conciliare le differenze di opinione ed a offrire ai governi un quadro interconnesso per azioni impostate a una logica comune. Ora, a sinistra come a destra, sento commenti come: “lo volevamo in modo diverso”, “potrebbe essere troppo costoso”, o “non ci piace.” Sono le stesse voci che, se la Commissione non avesse fatto nulla, avrebbero detto “la Commissione non sta facendo nulla”, “siamo in attesa che la Commissione ci dia un progetto.” Ritengo pertanto che il secondo messaggio che dobbiamo affidare al commissario è che la logica alla base di questo pacchetto è quella giusta: aiuterà i governi e potrebbe essere la zattera di salvataggio su cui l'economia reale potrebbe sopravvivere durante i primi giorni di una crisi. Grazie.

 
  
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  Donata Gottardi (PSE). - Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, l'Unione europea dà un primo messaggio alle cittadine e ai cittadini, oltre che ai mercati, preparando un piano di salvataggio e rilancio dell'economia europea. C'è grande attesa e non possiamo tradire le aspettative. Nel momento in cui il consolidamento finanziario e il livello del debito pubblico rischiano di essere negativamente intaccati dagli interventi pubblici, sia quelli effettivamente erogati sia quelli garantiti, per il salvataggio dei grandi attori finanziari e industriali, con conseguenze evidenti sulle finanze pubbliche e sul reddito delle persone, occorre un approccio coordinato a livello europeo, anche per lottare contro l'evasione e i paradisi fiscali. E' importante che l'insieme degli stanziamenti e dei piani nazionali siano effettivamente e strettamente coordinati e rivolti nella medesima direzione.

Rilevo con soddisfazione che si intende fare chiarezza rispetto all'applicazione flessibile del Patto di stabilità, che deve essere mirata, temporanea ed adeguata, con meccanismi finalizzati a cambiamenti strutturali, efficiente allocazione delle risorse pubbliche, riqualificazione della spesa pubblica e degli investimenti per la crescita, in linea con gli obiettivi della strategia di Lisbona e con particolare attenzione al ruolo delle piccole e medie imprese. L'approccio comune deve riguardare le politiche macroeconomiche di bilancio, così come le politiche salariali nonché una progressiva e incisiva riduzione della pressione fiscale sul lavoro e sulle pensioni. Questo dovrà avvenire con detrazioni fiscali, revisione delle aliquote, restituzione del drenaggio fiscale così da ridurre la povertà, e non solo quella estrema, favorire i consumi e la crescita economica, rispondendo in modo anticiclico alla crisi economica in atto che sta portando alla recessione. Ma attenzione: sostenere i redditi e rilanciare domande ai consumi deve avvenire puntando davvero alla sostenibilità ambientale e sociale, evitando di riprodurre acriticamente modelli e sistemi che hanno dimostrato tutta la loro debolezza.

 
  
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  Margarita Starkevičiūtė (ALDE) . – (EN) Signor Presidente, quello che manca in questo piano di ripresa è un riferimento ai mercati finanziari. All'inizio di quest’anno, quando si è discusso dei grandi orientamenti economici, il Parlamento ha presentato una proposta per includere negli orientamenti una dimensione relativa al mercato finanziario.

Purtroppo, in quel momento la Commissione era contraria a questa proposta. Ma lo sviluppo degli eventi ha dimostrato che avevamo ragione. Vi esorto a non ripetere questo errore e a collegare il piano di ripresa economica al miglioramento del piano d'azione servizi finanziari. Se ci impegniamo in questa strategia sarà possibile, a lungo termine, riflettere sulle esigenze dell'economia reale in un continuo aggiornamento dell’architettura finanziaria.

(LT) Desidero altresì incoraggiare l’esame delle vostre proposte dal punto di vista dei partecipanti al mercato finanziario. Ora la Commissione sta producendo così tante nuove proposte che è difficile gestirle anche per noi in Parlamento. Non sono molto ben coordinate: Basti pensare a come si devono sentire i dirigenti delle istituzioni del mercato finanziario e gli investitori che, infatti, hanno difficoltà a decidere. Ciò è ben lungi dal dare l'impressione che il nostro mercato sia stabile e quindi ritengo che sia necessario un maggiore coordinamento.

 
  
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  John Purvis (PPE-DE). - (EN) Signor Presidente, abbiamo sentito parlare molto di coordinamento, ma comincio a chiedermi se sia ancora sufficiente o se invece non ci sia bisogno di passare alla solidarietà più che al coordinamento, perché la crisi non ha interessato soltanto le banche, il che era già abbastanza grave, ma è diventata una crisi di paesi. Come il coordinamento è stato giustamente spostato verso l'alto dall’ambito nazionale a quello europeo e a quello mondiale, così forse adesso abbiamo anche bisogno di chiederci se non sia più utile maggiore solidarietà. Vorrei chiedere alla Commissione e al Consiglio se stanno davvero affrontando la questione delle istituzioni globali – come specificamente richiesto dall'interrogazione orale sul Fondo monetario internazionale – o delle istituzioni alternative che possano dare corpo alla solidarietà a livello globale.

La mia seconda domanda riguarda il tipo di impulso al quale dobbiamo mirare con lo stimolo fiscale, se davvero è questa la strada prescelta. Se l'imposta sul valore aggiunto è la rotta da seguire e se si deve consentire il ritocco verso il basso dei tassi di imposta sul valore aggiunto in alcuni settori: cosa stiamo facendo al riguardo? E non è molto meglio concentrarla in questo modo piuttosto che spalmare più ampiamente un livello molto più basso di riduzione?

Regolamentazione: si sente dire spesso, soprattutto dai nostri amici a sinistra, che dobbiamo avere sempre più regolamentazione, distruggere i fondi hedge e il private equity, le agenzie di rating del credito e così via. Tuttavia, posso esortare la Commissione e il Consiglio a prendere in considerazione quanto segue? Dobbiamo aspettare, dobbiamo riflettere attentamente, e dobbiamo a tutti i costi evitare conseguenze impreviste. Se una nuova regolamentazione è giustificata – e può esserlo – deve essere la regolamentazione giusta e non deve trasformarsi in un ostacolo, impedire o ritardare la ripresa. In qualche modo vorrei dare sostegno al commissario McCreevy per la sua meditata reazione ai problemi e non condannarlo, come molti dei nostri colleghi sembrano voler fare.

Infine, le finanze pubbliche. Il patto di stabilità e crescita interessa tanto i paesi dell’eurozona quanto quelli che non ne fanno parte. Se un temporaneo sforamento del deficit è giustificato – e questo è un grande “se” – allora deve avere carattere temporaneo, deve essere recuperabile in scadenze realistiche e, se alcuni paesi possono permettersi il debito ma altri no, allora torniamo sicuramente alla questione della solidarietà reciproca. Vorrei chiedere alla Commissione e al Consiglio quali tempi considerano realistici per affrontare questo problema.

 
  
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  Paul Rübig (PPE-DE). - (DE) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, la mia domanda si riferisce all'introduzione dell'euro come seconda valuta in Islanda e in Ungheria. Lei pensa che potrebbe risolvere i problemi di questi due paesi?

La seconda domanda è: lei pensa che sarebbe possibile introdurre un premio di rischio per i derivati che possa poi venir utilizzato a consolidamento dei capitali delle banche?

La mia terza domanda: non pensate che una riduzione dell’imposta sul valore aggiunto potrebbe favorire le importazioni, in particolare dalla Cina e dall’India? Non sarebbe più sensato prendere in considerazione la riduzione degli oneri fiscali per le nostre imprese e per i nostri dipendenti, con premi agli investimenti, per concentrarsi sugli ammortamenti progressivi e, soprattutto, per aumentare gli attivi di un valore minore a fattore dieci al fine di evitare la tassazione dei profitti fittizi e per consentire che i soldi siano reinvestiti nelle aziende, semplificando in tal modo anche l'erogazione degli stipendi ?

 
  
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  Silvia-Adriana Ţicău (PSE).(RO) Il piano europeo per la ripresa economica prevede investimenti equilibrati: questo è il motivo per cui sostiene l’esigenza di un aumento delle dotazioni di bilancio di circa 200 miliardi di euro in futuro, come parte del patto di stabilità e crescita.

Apprezzo in particolare la disponibilità della Banca centrale europea a tagliare i tassi di interesse al fine di garantire i livelli di liquidità richiesti dal sistema bancario per essere in grado di investire nell'economia reale.

Ho anche apprezzato la proposta di modificare il quadro finanziario allo scopo di investire, nei prossimi due anni, 5 miliardi di euro per lo sviluppo delle infrastrutture a banda larga e nelle infrastrutture energetiche dell'Europa.

Accolgo con favore l'iniziativa lanciata dalla Banca europea per gli investimenti e da alcune banche nazionali volta a creare un fondo 2020 per attività relative all'energia e al cambiamento climatico e per lo sviluppo delle infrastrutture dei trasporti.

Sarà possibile utilizzare gli aiuti di Stato a sostegno della ricerca e sviluppo, dell’innovazione, delle tecnologie di comunicazione e informazione, dei trasporti e dell’efficienza energetica.

 
  
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  Ján Hudacký (PPE-DE). - (SK) Penso che il piano biennale di ripresa economica possa diventare una buona risposta coordinata dell'Unione europea alla crisi economica, a condizione che esso venga realizzato e applicato in modo ragionevole. Il volume proposto di finanziamenti per sostenere l'economia dell’Unione dovrebbe creare un quadro finanziario sufficiente a stimolare le economie degli Stati membri verso un nuovo sviluppo. I 30 miliardi di euro che dovranno essere forniti in parti uguali dal bilancio dell'Unione europea e dalla Banca europea per gli investimenti dovranno essere adeguatamente mirati allo sviluppo di un'economia basata sull’innovazione e su ridotte emissioni di ossido di carbonio, come anche a programmi di efficienza energetica a medio e a lungo termine.

Per quanto riguarda gli incentivi fiscali, credo che tali misure dovrebbero essere lasciate nelle mani degli Stati membri. Personalmente sono un sostenitore dell’idea di ridurre le aliquote IVA per alcuni prodotti strettamente legati al rendimento energetico in grado di stimolare un elevato risparmio energetico.

Per concludere, devo ammettere che ho alcune preoccupazioni in relazione alla massima flessibilità prevista dal piano e resa possibile dalla revisione del patto di stabilità e crescita. Alcuni governi hanno la tendenza ad abusare di tali misure per i loro obiettivi di carattere puramente politico e populista, senza un chiaro concetto di sviluppo.

 
  
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  Charles Tannock (PPE-DE). – (EN) Signor Presidente, vorrei esprimere uno speciale omaggio al cancelliere tedesco, Angela Merkel, che è diventata la nuova Margaret Thatcher dell’Europa. Come la Lady di ferro, anche lei crede nel pareggio di bilancio e si oppone allo sperpero per uscire dalla stretta creditizia e dalla crisi economica senza una solida base di finanziamento. Invece, il primo ministro britannico Brown ha varato un massiccio pacchetto economico reflazionistico fiscale basato su prestiti e spese, senza alcuna possibilità di avere un bilancio in pareggio.

Anche se ammetto che sono state le banche inglesi a metterci per prime nei guai con i loro prestiti sconsiderati e una scarsa regolamentazione e vigilanza da parte del governo, ritengo che questa politica fiscale – che è altamente irresponsabile – debba anche essere accompagnata da tagli alla spesa pubblica e piani ben congegnati per finanziare il progetto a lungo termine. Altrimenti, una volta passato il periodo di contrazione economica favoriremo l’avvento di una forte inflazione che eroderà tutti i risparmi e minerà alla base le economie europee.

 
  
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  Colm Burke (PPE-DE). (EN) Signor Presidente, accolgo con favore il lavoro che gli Stati membri, il Consiglio e la Commissione stanno facendo per affrontare questa difficile situazione. Molti dei miei colleghi hanno già parlato in dettaglio di quello che è necessario fare, ma in questo momento gli Stati membri non devono modificare il loro impegno a favore dei paesi in via di sviluppo: è necessario anzi che mantengano gli aiuti allo sviluppo. Si prevede che la crisi finanziaria avrà un grave impatto sui finanziamenti umanitari e alcuni analisti prevedono tagli agli aiuti allo sviluppo fino a un terzo o anche oltre.

Gli Stati membri dell'Unione europea non dovrebbero recedere dal raggiungimento degli obiettivi di sviluppo del Millennio ora che vi è la tentazione di ridurre la spesa. Il tracollo finanziario mondiale ha messo in evidenza la natura interdipendente e globalizzata del nostro mondo. Seppure le nazioni in via di sviluppo hanno evitato molti degli effetti immediati della crisi finanziaria, a causa della loro limitata esposizione sui mercati mondiali, gli economisti sono del parere che vi sarà un effetto a catena di riduzione degli aiuti, nonché nei flussi di rimesse, negli investimenti stranieri diretti e nella crescita economica.

Alcuni paesi in via di sviluppo potrebbero risentire in maniera considerevole a causa di un caos finanziario a cui non hanno certo contribuito, pertanto gli Stati membri dovrebbero mantenere lo status quo.

 
  
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  Presidente. − Mi scuso con i colleghi Gollnisch e Siekierski, che hanno chiesto di intervenire, ma siamo purtroppo molto in ritardo e ci fermiamo quindi a cinque interventi.

 
  
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  Hervé Novelli, presidente in carica del Consiglio. – (FR) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, il commissario Almunia ha giustamente sottolineato tre aspetti molto importanti per garantire l'efficacia della ripresa.

Il primo è un intervento sufficientemente energico. Da questo punto di vista, l’1,5 per cento del PIL è un obiettivo di ripresa che mi sembra alquanto notevole, date le somme in gioco.

La seconda azione tiene conto delle diverse situazioni tra gli Stati membri. Lei ha giustamente sottolineato che i paesi non sono tutti, per così dire, nella stessa barca per quanto riguarda la situazione economica o di bilancio, ma che ciò non li esime dal produrre uno sforzo veramente coordinato. La presidenza intende lavorare a questo obiettivo prima della prossima riunione del Consiglio europeo. Sono convinto che sia in questo modo che, alla fine – anche se ancora non sappiamo per quanto tempo durerà questa situazione – riusciremo a rilanciare la crescita e l'occupazione.

L'onorevole Gauzès ha centrato il punto dicendo che tutti i nostri sforzi sono concentrati sul finanziamento dell'economia reale. Se aiutiamo le banche, è perché possano investire in questa economia, e il nostro unico obiettivo – e lei ha fatto bene a sottolinearlo – è quello di finanziare le piccole e medie imprese. Credo che ieri il Consiglio abbia dato un messaggio a tutta la Commissione riguardo agli aiuti per le banche, ed è chiaro che vogliamo processi decisionali flessibili e rapidi per quanto riguarda il sostegno che nelle attuali circostanze può essere dato alle banche e alle istituzioni finanziarie. Credo che il Consiglio sia stato ascoltato e vorrei dire all'onorevole Gauzès che il Consiglio condivide davvero il suo desiderio che le agenzie di rating del credito a livello europeo e internazionale siano regolate in modo efficace, come hanno già detto molti dei miei colleghi e molti membri del Parlamento europeo.

Onorevole Rasmussen, anche se il suo discorso era rivolto più alla Commissione, concordo con lei quando sottolinea che nessun segmento di mercato dovrebbe essere esente dalla regolamentazione o dalla vigilanza. Se infatti c’è un messaggio che abbiamo fatto nostro, è che c’è una carenza di regolamentazione in alcuni segmenti di mercato. L’attuale regolamentazione deve quindi essere migliorata e, talvolta, creata laddove risulta di vitale importanza. Questo è stato un chiaro messaggio inviato dal vertice di Washington del 15 novembre e l'Europa deve ovviamente lavorare per il raggiungimento di tali obiettivi, anche nel settore dei fondi speculativi.

Onorevole Dăianu, è vero che la regolamentazione dei mercati finanziari dovrebbe essere coordinata a livello internazionale: questo è il motivo per cui si è tenuto il vertice di Washington su iniziativa dell’Unione europea. Credo che questa voce dell’Europa, di un'Europa unita, sia stato il fattore decisivo in questo vertice, che ha consentito di delineare una vera e propria tabella di marcia per una reale regolamentazione del sistema finanziario internazionale, e questo perché l'Europa è stata in grado di operare efficacemente in base al proprio programma.

Onorevole Harms: per essere precisi, il piano di ripresa propone investimenti a lungo termine, forse non quanto sarebbe piaciuto a lei ma, nondimeno, questo è ciò che propone.

Onorevole Kozlík, vorrei dirle che sì, dobbiamo sostenere la politica agricola, così come le altre principali politiche europee. Lei giustamente ha parlato della politica energetica. Queste sono le priorità e tali devono rimanere, anche in questo periodo difficile.

Onorevole García-Margallo, ritengo che la Banca centrale europea abbia svolto un ruolo determinante nel superare le recenti difficoltà, e il suo presidente ha chiaramente indicato che l'inflazione è stata frenata in Europa e ha quindi anticipato – come hanno rilevato un certo numero di deputati – nuovi margini di manovra nella politica monetaria.

Mi è parso che l'onorevole Ferreira sia stata piuttosto dura per quanto riguarda la risposta dell'Unione europea. Credo che, a differenza di quanto ha affermato, l'UE abbia reagito alla crisi con rapidità prendendo decisioni forti in brevissimo tempo grazie alla positiva collaborazione delle nostre istituzioni – Commissione, Consiglio e Parlamento europeo – e per questo la ringrazio.

Per quanto riguarda il sostegno alle piccole e medie imprese, a breve terremo un dibattito sulle decisioni prese in occasione del Consiglio competitività per quanto riguarda l'adozione di una legge europea sulle piccole imprese e credo che, anche in questo settore, l'Europa abbia fatto la sua parte relativa al finanziamento alle PMI e alla priorità che dovrebbero rappresentare, anche in un periodo di rallentamento economico.

Onorevole in't Veld, lei ha giustamente sottolineato che la ripresa a breve termine dovrebbe essere basata su riforme strutturali a lungo termine nel quadro della strategia di Lisbona. Questa strategia non è mai stata importante come in questo periodo di rallentamento economico, e le riforme strutturali devono poter seguire il proprio corso.

Onorevole Martin, l’ho sentita chiaramente quando ha fatto richiesta perché l'azione congiunta individui le vere priorità.

Onorevole Schinas, avevamo delle regole, ma non hanno funzionato: questa è la verità. Abbiamo quindi bisogno di regole, ma che siano efficaci: non una regolamentazione eccessiva, naturalmente, ma un vero e proprio quadro normativo adatto alla competitività europea.

Onorevole Gottardi, condivido pienamente il suo desiderio di combattere la frode fiscale. La presidenza francese l’ha inoltre individuata come una priorità a livello europeo e internazionale. Concordo con le sue osservazioni molto pertinenti in merito alla necessità di un'effettiva ripresa economica.

Onorevole Starkevičiūtė, sono d'accordo sul fatto che il normale rallentamento del settore finanziario è parte integrante della ripresa dell'economia europea, e che questo dovrebbe accadere all'interno di un contesto di coordinamento.

Onorevole Purvis, sono d'accordo, è importante muoversi verso una maggiore solidarietà. Questo è, del resto, quello che proponiamo basando la riforma del sistema finanziario internazionale sulle istituzioni create a Bretton Woods e, in particolare, il Fondo monetario internazionale, un’istituzione universale e politicamente legittimata. Sono convinto che il suo ruolo negli anni a venire sarà rafforzato. Lei ha citato la questione del regime IVA; la presidenza è in realtà a favore di una riduzione mirata dell’IVA in particolari settori a forte intensità di manodopera e non delocalizzabili.

Onorevole Rübig, lei ha parlato sullo stesso argomento. L'IVA è uno strumento che può – a condizione che venga ridotta – sostenere le attività e in particolare l'occupazione. Però queste riduzioni dell’IVA possono essere solo mirate, e con ciò intendo dire che deve essere possibile dimostrare che sono pienamente appropriate. Tuttavia, il dibattito su questo tema non è ancora concluso, come lei sa.

Onorevole Ţicǎu, credo che uno dei principi alla base delle proposte della Commissione sulla ripresa economica sia un investimento reale e tempestivo, ma anche duraturo e strutturale; mi trovo in completo accordo con lei su questo tema.

Onorevole Hudacký: indubbiamente la Banca europea per gli investimenti è uno strumento molto importante per aiutare la ripresa economica, anche per mezzo di vari investimenti. Credo che questo sia un aspetto fondamentale. Avremo la possibilità di metterlo a verbale durante le discussioni in Consiglio la prossima settimana.

Onorevole Tannock, ritengo comunque, come tutto il Consiglio, che sia necessaria una ripresa concordata, ma che le misure adottate debbano essere reversibili per quando vi sarà un ritorno a condizioni di crescita.

Per concludere, signor Presidente, signor Commissario e onorevoli colleghi, vorrei dirvi che questo dibattito e tutte le vostre domande sono state molto importanti e molto interessanti per il Consiglio. Dimostrano che vi è ampio accordo tra di noi sulla necessità di far sentire con forza e coerenza la voce europea nei fora internazionali. Il sostegno del Parlamento europeo è essenziale. A questo proposito, vi ringrazio.

Sono convinto che occorra ripensare completamente il nostro approccio al sistema finanziario e alla relativa regolamentazione. Ciò va fatto a livello europeo, ma anche tenendo conto delle soluzioni che verranno trovate a livello internazionale, perché se vi è una lezione da trarre da questa crisi è che oggi il sistema finanziario ha una vera e propria dimensione internazionale; è quindi a livello internazionale, con lo stimolo dato dall’Europa, che devono essere trovate le soluzioni.

 
  
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  Joaquín Almunia, membro della Commissione.(ES) Signor Presidente, presidente Novelli, onorevoli, prima di tutto, vi sono molto riconoscente per i commenti, le osservazioni e l'interesse che avete dimostrato per le iniziative della Commissione, in particolare il piano di ripresa che abbiamo discusso questo pomeriggio. Non ho intenzione di ripetere molte delle risposte che il presidente Novelli ha appena fornito. Concordo praticamente con tutte le sue osservazioni su quanto è stato detto dai deputati intervenuti.

Vorrei solo menzionare molto rapidamente sei punti. In primo luogo, concordo con le opinioni di quanti fra voi, a cominciare dall’onorevole Gauzès, hanno affermato che la crisi del credito è estremamente grave e sta alla radice degli enormi problemi che l'economia reale si trova attualmente ad affrontare. Solo ieri, nel consiglio Ecofin, abbiamo discusso di come migliorare l'efficacia della ricapitalizzazione e dei piani di garanzia dei depositi che sono stati e stanno per essere adottati dai vari Stati membri. C’è in gioco una grande quantità di denaro dei contribuenti: sono stati impiegati considerevoli fondi a garanzia delle operazioni delle banche e delle istituzioni finanziarie o per fornire loro capitali. E’ ormai questione di ottenere credito per reimpiegarlo nell’economia, in quanto si tratta di una componente vitale per far funzionare correttamente l'economia.

Dal momento che non stanno funzionando bene, le previsioni economiche menzionate dall’onorevole Rasmussen e che ho presentato un mese fa purtroppo non corrispondono più a quelle che vorrei presentare oggi. Questo è il motivo per cui ho anche annunciato ieri ai ministri la mia intenzione di presentare nuove previsioni economiche il 19 gennaio.

Nel frattempo, il Fondo monetario internazionale, l'OCSE e altre istituzioni hanno pubblicato stime per il 2009 che sono ancora più preoccupanti di quelle enunciate dalla Commissione nelle previsioni del 3 novembre. Domani sono attese anche le stime della Banca centrale europea e anch’esse sono negative.

La mia seconda osservazione è che si andrà certamente verso una maggiore regolamentazione dei servizi finanziari. In realtà vi è già una maggiore regolamentazione. Solo ieri, su iniziativa della Commissione, il Consiglio, come ha detto in precedenza il presidente Jouyet, ha dato la sua approvazione politica – se non ricordo male – ad almeno quattro iniziative della Commissione in materia di regolamentazione dei diversi aspetti dei mercati o dei servizi finanziari. Le regole esistenti devono essere cambiate, le aree non regolamentate devono diventarlo, ed è necessario migliorare la qualità della regolamentazione e il modo in cui l'applicazione di queste norme viene controllata a livello europeo e mondiale. Stiamo parlando di tutto questo.

Poiché il Parlamento sta per decidere in merito alla proposta di direttiva Solvibilità II, permettetemi di dirvi che ancora la reazione del Consiglio non è sempre in linea con le sue dichiarazioni su ciò che deve essere fatto in termini di regolamentazione e vigilanza finanziaria. Il Parlamento è consapevole di questo perché ha intrattenuto colloqui con il Consiglio su questa direttiva. Non vi è accordo sul modo migliore per coordinare le azioni di vigilanza nel settore assicurativo. Abbiamo urgente bisogno di trovare un accordo su tale controllo a scala europea, e stiamo già parlando di un organismo di vigilanza per le istituzioni che operano su scala mondiale.

In materia di fondi hedge, la nostra opinione si basa sul principio che la loro attività deve essere regolamentata. L’abbiamo detto in seno alla Commissione, lo ha detto il Consiglio ed è stato detto anche nel corso della riunione di Washington.

Il gruppo ad alto livello presieduto da Jacques de Larosière sta analizzando anche questo tra gli altri fattori. Il commissario McCreevy ha incontrato ieri la commissione per i problemi economici e monetari.

Ho ascoltato il presidente della Commissione ripetere in questo Parlamento, nella sua recente visita, che la Commissione sta per regolamentare i fondi hedge, e questo è ciò che faremo. Si sta discutendo in che misura, in quali settori e quali ambiti delle attività dei fondi hedge devono essere sottoposte a regolamentazione, che non riguarderà solo questi fondi. Dal settore dell’occupazione e dalla relazione prodotta da questo Parlamento su iniziativa dell’onorevole Rasmussen sono venuti importanti contributi a questo dibattito.

Sono pienamente d'accordo con quelli di voi che hanno ricordato gli investimenti e la necessità di collegare i necessari investimenti a medio e lungo termine con il pacchetto energia e cambiamento climatico. Sono d'accordo con chi dice che la nostra politica monetaria ha un margine di manovra, senza compromettere l'indipendenza della Banca centrale europea o delle altre banche centrali. E’ ovvio. Secondo l’Eurostat, alla fine di novembre l'inflazione nell’eurozona era il 2,1 per cento. Solo pochi mesi fa parlavamo di un’inflazione due volte più elevata, e quel margine è ora utilizzato. La Banca centrale si riunisce domani qui a Bruxelles. Non so che cosa abbia intenzione di fare, ma ho sentito le dichiarazioni fatte dal presidente Trichet, che sono molto chiare su questo argomento.

Il patto di stabilità e crescita stabilisce chiaramente che uno sfondamento della soglia del 3 per cento del disavanzo fa scattare la procedura di deficit eccessivo, con una sola eccezione, cioè quando la situazione economica è eccezionale. E oggi ci troviamo proprio in una situazione di tale genere. La seconda condizione, che si applica in concomitanza con la prima, è che l’eccesso di disavanzo deve essere temporaneo, e non significa vari anni ma solo un anno. La terza condizione, in concomitanza con le prime due, è che lo sfondamento non deve portare il disavanzo molto al di sopra del valore di riferimento, e qui, onorevole García-Margallo – senza scendere nei dettagli tecnici inadatti al pubblico prevalentemente profano in questo Parlamento – parliamo di pochi decimi di punto percentuale.

Infine, in risposta all’onorevole Parish e a qualcun altro che ha menzionato l’IVA, il documento o piano della Commissione comprende una serie di strumenti che possono essere utilizzati per generare stimoli fiscali, e uno di questi è certamente un sostanziale taglio fiscale o, piuttosto, dell'aliquota di un'imposta così essenziale come l’IVA. E’ anche un dato di fatto, però, che la Commissione non costringe nessuno a farlo. La invito a leggere il piano e constatare che non c’è alcun obbligo in merito, come del resto non ci poteva essere. Un terzo punto – e queste informazioni provengono dal consiglio Ecofin di ieri – è che solo uno dei 27 Stati membri si è dichiarato favorevole all’utilizzo di questo strumento, e si tratta dello Stato che l’ha già utilizzato.

 
  
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  Presidente. − Grazie, signor Commissario, soprattutto per aver spaziato dalla matematica alla teologia.

La discussione è chiusa.

Dichiarazioni scritte (articolo 142 del regolamento)

 
  
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  Louis Grech (PSE), per iscritto. – (EN) La crisi finanziaria ha posto l'Unione europea e l'economia globale davanti a grandi sfide. Gli sforzi coordinati compiuti dagli Stati membri si sono dimostrati efficaci per stabilizzare il sistema bancario dell’Unione europea, ma molto ancora resta da fare per contenere la propagazione della crisi nell’economia generale e per proteggere le famiglie, le imprese e i posti di lavoro. In un mondo interdipendente, affrontare queste sfide può essere l'occasione per l’Unione europea di prendere l'iniziativa nel portare chiarezza, responsabilità sociale e previsioni certe nell’architettura finanziaria globale.

Qualsiasi applicazione di misure di mitigazione deve essere tempestiva, completa e accompagnata da un adeguato intervento normativo che affronti alla radice le cause della crisi. Particolare attenzione deve essere rivolta alla regolamentazione in materia di nuovi prodotti finanziari, come i mutui subprime e i loro derivati, nonché i soggetti che sono coinvolti nella loro commercializzazione, così come le banche, i fondi hedge e il private equity. E’ necessario rivedere il modello delle agenzie di rating del credito e il ruolo giuridico delle classi di rating applicate.

Nel processo di risanamento occorre dare la priorità alle soluzioni che proteggono l'occupazione, la crescita e i soggetti più vulnerabili, che promuovono l'integrazione, le energie a basso costo e la stabilità, garantendo al tempo stesso che vengano tenute a distanza le parti che hanno interesse a mantenere lo status quo.

 
  
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  Gábor Harangozó (PSE), per iscritto.(HU) Accolgo con favore gli sforzi europei unificati per affrontare la crisi, le iniziative volte a preservare posti di lavoro in Europa e la creazione di nuova occupazione.

Allo stesso tempo, vorrei richiamare l'attenzione sul fatto che i paesi che attraversano una disastrosa situazione fiscale, come l’Ungheria, non dispongono di alcun significativo strumento monetario o di riduzione fiscale. Così, in questi paesi, uno stimolo economico è concepibile principalmente sotto forma di riallocazione e uso efficiente delle risorse europee, nonché di riduzione dei costi per il personale, di maggiore efficienza della regolamentazione della concorrenza e di riduzione dei costi amministrativi.

Sono particolarmente lieto che i nostri sforzi congiunti a tale riguardo godano dell’approvazione del commissario Almunia. Per questo motivo, ritengo che le iniziative in materia di fondi strutturali siano di fondamentale importanza e sostengo fermamente la loro immediata approvazione. L’accelerazione dell’approvazione dei grandi progetti, nonché il sostegno sotto forma di crediti a disposizione delle piccole e medie imprese, può contribuire a stimolare la domanda.

Allo stesso tempo, ritengo che i nostri sforzi a tutela dei più bisognosi siano ancora insufficienti, e quindi chiedo che lo sviluppo urbanistico e le nuove costruzioni siano inclusi nelle modifiche proposte per il sostegno all’alloggio. Nelle regioni e negli insediamenti sottosviluppati ci sono appezzamenti di terreno e immobili che non sono adatti alla ristrutturazione, e quindi dobbiamo promuovere la costruzione di abitazioni di moderna efficienza energetica. In tal modo potremo contribuire agli obiettivi dell'Unione europea tanto in materia di risparmio energetico quanto di creazione di posti di lavoro, e aiutare allo stesso tempo chi ha più bisogno.

 
  
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  Janusz Lewandowski (PPE-DE), per iscritto. – (PL) Nell'annunciare il piano di intervento per la crisi, la Commissione europea ha risposto alle reali necessità di un'azione comunitaria per stabilizzare e rilanciare l'economia. Tuttavia, l'annuncio è stato fatto pochi giorni dopo la cosiddetta conciliazione, che determina l’assetto del bilancio dell’Unione europea per il 2009. Il bilancio non stanzia fondi supplementari per superare la crisi, ed è difficile immaginare un piano dell’ordine di 200 miliardi di euro che sia completamente neutrale in termini di bilancio.

La questione a lungo dibattuta circa le fonti di finanziamento per 1 miliardo di euro in aiuti per i paesi a rischio di carestia mostra che non sarà facile convincere i 27 paesi ad accettare un finanziamento supplementare, vale a dire gli oltre 116 miliardi di pagamenti per il 2009 concordati il 21 novembre tra il Parlamento europeo e il Consiglio. Già solo per questo motivo, il piano del presidente Barroso non è altro che la somma degli sforzi nazionali accompagnata da promesse di una maggiore tolleranza sul piano dei disavanzi di bilancio e della normativa sugli aiuti di stato.

Cionondimeno, mi auguro che un potenziale allentamento del patto di stabilità e crescita non rappresenti l'unico risultato del piano della Commissione europea. Sarà così se si darà corso alla promessa di aumentare gli anticipi e la razionalizzazione dei fondi strutturali, che deve agire nel 2009-2010 quale pacchetto anti-crisi a specifica destinazione industriale su base locale. Ciò invertirebbe la disastrosa tendenza ad ampliare il divario tra gli impegni di politica regionale e i fondi effettivamente erogati.

 

14. Strategia europea per i rom (discussione)
Video degli interventi
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  Presidente. − L'ordine del giorno reca in discussione le dichiarazioni del Consiglio e della Commissione sulla Strategia europea per i Rom.

 
  
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  Jean-Pierre Jouyet, presidente in carica del Consiglio. − (FR) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli, il Consiglio riconosce appieno l'importanza di adottare misure appropriate al fine di migliorare la situazione dei rom e promuovere i loro diritti fondamentali, come il Parlamento ha chiesto nella sua risoluzione del 31 gennaio.

Come sapete, sotto la presidenza francese sono stati fatti reali progressi in materia di non discriminazione e inclusione sociale e, in questo contesto, è stato possibile tenere conto della situazione dei rom, anche nel contesto del pacchetto per l’Agenda sociale, presentato il 2 luglio dal commissario Špidla.

L'obiettivo del pacchetto presentato dalla Commissione è quello di dare nuovo impulso alle politiche di lotta contro la povertà, l'emarginazione e la discriminazione che colpisce i gruppi più vulnerabili. Da questo punto di vista, le proposte che sono state fatte dalla Commissione, che fanno il punto sugli strumenti esistenti e che contribuiscono a garantire la maggiore integrazione della popolazione rom, rappresentano davvero un ottimo contributo.

Il Consiglio, da parte sua, si rammarica che gli Stati membri non siano stati in grado di concordare all’unanimità un pacchetto per la lotta contro la povertà e l'esclusione sociale in termini finanziari. Volevo accennare anche a questo aspetto in occasione di questa discussione.

Il primo vertice europeo sui rom si è tenuto il 16 settembre con il sostegno del presidente della Commissione e della presidenza francese dell'Unione europea. La dichiarazione adottata in quest’occasione sottolinea le responsabilità degli Stati membri nel garantire la significativa inclusione dei rom, ponendo l'accento sul rafforzamento dei diritti individuali delle persone e sull'importanza della partecipazione delle organizzazioni rom.

Il 29 e 30 settembre 2008 si è tenuto un secondo vertice sull’uguaglianza, nel corso del quale abbiamo sottolineato i problemi con cui troppo spesso deve confrontarsi la popolazione rom, sia in termini di accesso all'istruzione, di posti di lavoro o di formazione professionale, così come di accesso ad altri beni e servizi; questo ci ha permesso di capire come agire in modo più efficace per combattere le discriminazioni subite da questo popolo.

Siamo altresì lieti dell'inclusione della situazione dei rom nell'UE e faremo in modo che questa sia una delle priorità dell'Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali.

La presidenza francese ha recentemente prodotto alcuni progetti di conclusioni relative alla specifica situazione dei rom che saranno presentate al Consiglio dei ministri degli Esteri e al Consiglio “Affari generali e relazioni esterne” lunedì e martedì prossimi. Martedì fornirò alla commissione per gli affari esteri un resoconto sull’argomento.

I progetti di conclusioni invitano la Commissione e gli Stati membri a tenere conto della situazione dei rom in fase di progettazione e di attuazione delle politiche in materia di tutela dei diritti fondamentali, nella politica di lotta contro la povertà e la discriminazione, nelle politiche per la parità di genere e in quelle in materia di accesso all'istruzione, all'alloggio, all’assistenza sanitaria, al lavoro, al diritto e alla cultura. In questi progetti di conclusioni chiediamo alla Commissione e agli Stati membri di individuare azioni concrete per il 2009 e il 2010.

In questa prospettiva, si è anche adottato un provvedimento volto a migliorare l’utilizzo dei fondi strutturali. E’ per questo motivo che il Consiglio invita la Commissione a presentarlo nel 2010 insieme a una relazione sui progressi compiuti, in modo da continuare la discussione e organizzare il necessario dialogo con le organizzazioni rom.

Signor Presidente, onorevoli, questo è quello che volevo dire a quest’Aula.

 
  
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  Vladimír Špidla, membro della Commissione. – (CS) Signor Presidente, onorevoli deputati, il primo vertice europeo sui rom, che ha avuto luogo a Bruxelles il 16 settembre, è stato di fondamentale importanza per il partenariato tra le principali figure attive in questo settore. Vi hanno partecipato oltre 500 alti rappresentanti di organismi dell’Unione europea, di Stati membri e di organizzazioni non governative, ed è stato un riflesso della nostra rinnovata determinazione ad aumentare gli sforzi per porre rimedio all'esclusione sociale dei rom.

E’ stato lanciato un chiaro messaggio: l'obiettivo generale deve essere la piena integrazione dei rom nella vita economica, sociale e culturale e di garantire pari opportunità a tutti nell'Unione europea, compresi i rom. La società civile deve impegnarsi a fondo in questo partenariato. Ne consegue che i rom devono partecipare all’elaborazione delle proposte, alla messa in atto e alla verifica delle politiche che li interessano. La Commissione accoglie quindi con favore il contributo apportato al vertice dalle organizzazioni non governative, per esempio la dichiarazione da parte della coalizione dell’Unione europea per le politiche per i rom. Quest’anno sono stati compiuti progressi senza precedenti nell'integrazione dei rom grazie all'impegno congiunto dell'Unione europea e degli Stati membri e grazie alla cooperazione fondata sulla fiducia reciproca e sulla buona volontà.

Secondo il parere della Commissione, le più importanti conclusioni del vertice sono state le seguenti: l'impegno a promuovere i diritti individuali di uomini, donne e bambini rom; il riconoscimento del fatto che l'Unione europea e gli Stati membri hanno una responsabilità comune nel favorire l'integrazione dei rom nei loro rispettivi ambiti di attività; il riconoscimento che l'UE deve sostenere gli Stati membri nell’esecuzione delle loro politiche attraverso il coordinamento e il sostegno finanziario dei fondi strutturali; il consenso sulla necessità di sostenere approcci culturalmente consapevoli focalizzati sui rom, che promuovano la loro integrazione sociale nell’istruzione, nell’occupazione e nella comunità, senza escludere altri casi di membri analogamente svantaggiati della società.

La Commissione ha anche dichiarato molto chiaramente l'intenzione di intraprendere tutti i passi essenziali nell'ambito della sua sfera di attività per il miglioramento della situazione dei rom e di assicurare che siano in grado di esercitare pienamente i loro diritti fondamentali garantiti dalla Carta. La Commissione non esiterà a intervenire in caso di violazione del diritto comunitario, del quale fanno parte anche i diritti fondamentali.

In riferimento alle conclusioni del vertice, il presidente Barroso ed io abbiamo proposto la creazione di una piattaforma per l'inclusione dei rom. Tale strumento costituirebbe un quadro di riferimento per incontri bilaterali ad alto livello grazie al quale sarebbe possibile, per esempio, rendere più mirati all’integrazione dei rom gli strumenti finanziari a sostegno delle politiche di coesione e di sviluppo rurale. Inoltre, la piattaforma rappresenterebbe una concreta realizzazione dell'impegno intrapreso dalla Commissione per rendere più efficaci gli strumenti e le politiche comunitarie e di riferire sui risultati conseguiti.

In connessione con le conclusioni della riunione di giugno del Consiglio europeo, gli Stati membri devono ora valutare i progressi realizzati fino ad oggi e aumentare i propri sforzi per una piena integrazione dei rom. La Commissione ovviamente sosterrà gli Stati membri. Oltre a ciò, la Commissione attende la riunione del Consiglio "Affari generali" dell'8 dicembre, nel quale saranno discusse le proposte derivanti dalle conclusioni sull’integrazione dei rom.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. SIWIEC
Vicepresidente

 
  
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  Lívia Járóka, a nome del gruppo PPE-DE. (HU) Signor Presidente, signor Commissario, signor Ministro, onorevoli colleghi, nel corso degli ultimi anni sono stati compiuti notevoli progressi per ottenere il riconoscimento a livello europeo del fatto che tutte le società europee hanno interesse a integrare i 10 milioni di rom che vivono in miseria all'interno degli Stati membri, e a garantire la piena realizzazione dei loro diritti.

Tuttavia ritengo che questo processo sia ora giunto a un punto morto. Secondo il Parlamento europeo e le organizzazioni non governative, occorre un monitoraggio professionale e una sorveglianza della Comunità europea, poiché sebbene nei piani presentati all’UE gli Stati membri abbiano indicato l'intenzione di integrare i rom che vivono all'interno dei loro confini, gli stanziamenti adottati a livello nazionale e i risultati conseguiti fino ad oggi non corrispondono a queste dichiarazioni di intenti.

I singoli progetti finanziati da fonti comunitarie non hanno prodotto risultati apprezzabili. L'esclusione dei rom europei dall'economia e dalle iniziative abitative, la mancanza di accesso a un'istruzione di qualità, i preoccupanti indicatori relativi all'assistenza sanitaria, sono tutti aspetti che non sono migliorati ma peggiorati, e che continuano a indebolire la coesione sociale in Europa.

E’ necessario compiere sforzi professionali che siano molto più completi degli attuali approcci basati su progetti, e questi sforzi devono essere rivolti sia ai rom che alla società non rom al fine di sviluppare i settori menzionati in un modo che trascenda i partiti e i cicli. Una condizione fondamentale per il successo di questi sforzi è che le future presidenze si impegnino anche nelle azioni comuni europee elaborate durante la presidenza francese.

E’ essenziale adottare misure immediate volte a ottenere l'accettazione dei rom e a sfruttare la loro capacità economica al servizio dello sviluppo europeo. Dall’avvio della politica di coesione fino all'allargamento dell'Unione nel 2004 si sono registrati alcuni successi, ma è impensabile dover attendere altri trent'anni: questa situazione richiede misure di emergenza. I ghetti rom possono essere eliminati solo reinserendo nel mercato del lavoro le diverse migliaia di persone che vi abitano e ottimizzando l'uso delle nuove aree dell'economia non ancora sviluppate, come le energie rinnovabili e alternative o la tutela ambientale, e la creazione di un’istruzione integrata di qualità.

L’identità nazionale dei rom, legata al loro paese d'origine, e la loro identità economica e sociale, devono essere rafforzate contemporaneamente. L'inclusione di un progetto pilota da 5 milioni di euro nelle garanzie di bilancio del 2009 consente di parlare di questo problema, ma il processo non deve fermarsi qui: invece di incontri bilaterali occorre una strategia complessiva dell'Unione europea che possa creare nuovi elementi, basi giuridiche e potenziali sanzioni, nonché meccanismi monetari.

 
  
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  Jan Marinus Wiersma, a nome del gruppo PSE. (NL) Signor Presidente, in questi ultimi tempi il Parlamento europeo si è espresso con forza a favore dell'elaborazione di una strategia a lungo termine per l'integrazione dei rom in Europa. Negli ultimi anni è apparso evidente che occorre fare di più in questo settore, soprattutto da parte degli Stati membri ma anche da parte dell'Unione europea. Il Consiglio tornerà presto su questo argomento. Già questo rappresenta un segnale che i nostri capi di governo hanno mostrato grande coraggio politico adottando una politica efficace, e con buona ragione, di lotta contro la discriminazione dei rom e contro la loro esclusione sociale ed economica.

Questo tema è anche in cima all’ordine del giorno della Commissione. Nel mese di settembre è stato organizzato il primo vertice dei rom, in cui i rappresentanti degli Stati membri, la Commissione stessa e, in particolare, i rappresentanti della società civile dei rom hanno avuto la possibilità di formulare raccomandazioni in materia di politica europea per i rom.

Come parte della strategia europea sui rom, un incontro politico di alto livello dovrebbe essere un appuntamento fisso annuale allo scopo di verificare i progressi sulle politiche, di scambiare esperienze positive, ma anche – se necessario – di sottolineare le note critiche. Mi auguro che oggi il commissario possa impegnarsi in tal senso.

Occorre fare di più, però. Questo è il motivo per cui il Consiglio europeo ha fissato per la Commissione il compito chiaro e specifico di sviluppare un quadro politico ampio, strategico e a lungo termine allo scopo di rompere il circolo vizioso dell’emarginazione in cui sono intrappolate intere generazioni di europei rom.

Non vi è alcuna ragione di attendere oltre le proposte politiche. Quello che deve essere fatto è evidente: innumerevoli studi e raccomandazioni politiche hanno individuato le strozzature. Le risoluzioni del Parlamento europeo forniscono una sintesi chiara e specifica delle possibili iniziative politiche.

 
  
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  Viktória Mohácsi, a nome del gruppo ALDE. – (HU) Signor Presidente, il 31 gennaio in questa stessa Aula abbiamo adottato a larga maggioranza la risoluzione del Parlamento che chiede chiaramente alla Commissione europea di creare una strategia per i rom dell’Unione europea. Sono stati individuati i quattro settori prioritari in cui intervenire con risorse materiali e umane: l'istruzione, l'alloggio, l'occupazione e la salute.

La dichiarazione della Commissione che abbiamo appena ascoltato non è molto convincente e devo dire onestamente che mi ha ricordato paurosamente le dichiarazioni propagandistiche delle dittature socialiste dell'Europa orientale. Così come accadeva in quei giorni, anche oggi si parla solo di successo, sviluppo e altri messaggi positivi, mentre in realtà i rom vivono ancora nei campi e nei ghetti, devono affrontare ogni giorno umiliazioni, discriminazioni e, nella peggiore delle ipotesi, attacchi razzisti, con il risultato che quasi 30 000 rom provenienti dalla sola Italia si spostano su tutto il territorio dell'Unione europea alla ricerca di una casa in uno degli Stati membri.

Signor Presidente, ho in mano in mano una lettera del vicepresidente Barrot, datata 6 novembre, in cui rassicura me e quattro colleghi che – e cito – “per quanto riguarda la strategia dell’Unione europea sui rom possiamo essere sicuri che egli lavorerà in stretta collaborazione con il commissario Špidla per cercare di soddisfare le aspettative delle organizzazioni non governative dei rom.” Però non vi è alcun cenno a una strategia, ma solo a una piattaforma di integrazione dei rom. Come si spiega ?

Per quanto riguarda il vertice europeo sui rom, ho sentito solo critiche da parte delle organizzazioni non governative: si aspettavano molto di più da questo storico vertice, invece non sono state invitate a partecipare alla preparazione. Ma voglio andare oltre: non è ancora chiaro come il governo Berlusconi abbia riferito alla Commissione europea in merito ai risultati del rilevamento delle impronte digitali.

 
  
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  Daniel Cohn-Bendit, a nome del gruppo Verts/ALE. (DE) Signor Presidente, Commissione, Consiglio, questa discussione è un po’ ipocrita. Dobbiamo chiamare le cose col loro nome. Abbiamo un problema con i rom, e il problema è che vengono decisamente respinti, a vari livelli, nella maggior parte delle società. E’ stata citata l'Italia, la Repubblica ceca e la Romania hanno familiarità con esempi di veri e propri pogrom e attacchi razzisti.

In questa situazione l'Unione europea dovrebbe concedere ai rom lo status di minoranza europea. In altre parole, il riconoscimento ufficiale è il primo passo nella lotta contro l'esclusione. In secondo luogo, dobbiamo sviluppare una strategia con i rom che deve, tuttavia, comprendere due parti: una strategia per i rom stanziali, e un’altra per quelli nomadi. Questi ultimi non possono essere tenuti fermi con la forza o quelli stanziali non possono essere obbligati a spostarsi. Si tratta di un problema difficile; sono stato responsabile per i rom a Francoforte per sei anni e so quanto sia difficile il lavoro quotidiano su questa realtà.

Ma il problema fondamentale è il seguente, e questo è il motivo per cui anche ciò che è stato detto in merito all’organizzazione è corretto: se non creeremo strutture cui partecipino i rappresentanti delle organizzazioni dei rom, allora falliremo, perché si parla sempre dei loro problemi in maniera paternalista e non si cerca mai di risolverli insieme a loro, tenendo conto anche delle loro obiezioni. Si parla di scuole, per esempio: ci sono famiglie rom che non vogliono mandare i figli a scuola mentre altre invece sì. Si tratta di problemi diversi. Sono quindi d'accordo che dobbiamo smettere di dare fiato a relazioni positive del tipo “siamo interessati” e “abbiamo dei programmi” e così via, quando si sa che le cose non funzionano.

In breve: in primo luogo riconoscere il problema in modo più chiaro e quindi integrare in modo più deciso le organizzazioni rom all’interno di questo processo.

 
  
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  Roberta Angelilli, a nome del gruppo UEN. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, condivido appieno l'approccio adottato dalla Commissione rispetto ai Rom; condivido l'approccio pragmatico, libero da risvolti politici ed ideologici, un approccio – rileggo le parole del Presidente Barroso al Summit di Bruxelles del 16 settembre – "che vuole tutti responsabili, nessuno escluso, dal popolo Rom alle autorità pubbliche, con la Commissione europea in prima linea".

Certo le politiche per i Rom sono di competenza degli Stati membri ma è bene che siano finalmente coordinate a livello comunitario. Vanno coordinate le buone prassi e va monitorato puntualmente l'utilizzo dei fondi: quante risorse sono state sprecate negli ultimi anni, quante opportunità sono state perse? Guardando la realtà e fatte salve le dovute eccezioni, il bilancio è purtroppo fallimentare. Troppi fondi non utilizzati, troppi fondi sprecati in misure, in progetti che non hanno avuto alcun risultato. Se vogliamo essere seri, non possiamo far finta che questo non sia accaduto. Su questo possiamo davvero dire "chi è senza peccato scagli la prima pietra". La Commissione ha prodotto un documento utile per gli Stati membri: ora ciascuno deve fare la sua parte, cominciando dalla lotta intransigente ad ogni forma di razzismo e discriminazione e favorendo politiche serie d'integrazione che, innanzitutto, vedano tre priorità: la scolarizzazione, le vaccinazioni e l'assistenza sanitaria e la formazione professionale e l'avviamento al lavoro, utilizzando anche gli interventi di microcredito.

Ma chiediamo al popolo Rom di prendersi le sue responsabilità. Solo per fare un esempio: non si possono più tollerare, in nessun modo, quei genitori Rom che costringono i loro figli a chiedere l'elemosina, sottraendoli alle attività scolastiche. In nessun caso possono essere tollerate forme di sfruttamento e di illegalità. Solo conciliando solidarietà, integrazione e rispetto delle regole, si potrà trovare la giusta strategia per risolvere i problemi.

 
  
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  Giusto Catania, a nome del gruppo GUE/NGL. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, dopo la risoluzione approvata da questo Parlamento, siamo andati a visitare direttamente i campi Rom e abbiamo potuto constatare con i nostri occhi la modalità di accoglienza, come vivono, e abbiamo visitato i campi di Roma e abbiamo potuto scoprire che, in realtà, i Rom hanno realmente bisogno di una protezione speciale, anche perché dopo l'allargamento dell'Unione, è diventata una delle più consistenti minoranze dell'Unione europea. Abbiamo la necessità di far sì che questa minoranza venga riconosciuta come minoranza europea a tutti gli effetti.

Gli sforzi che sono stati effettuati in questi ultimi anni sono stati dispersivi, non sono stati coordinati dall'Unione europea, tanti soldi sono stati spesi a vuoto e non hanno apportato miglioramenti strutturali e duraturi sulla situazione dei Rom, in particolare sui settori come l'istruzione, gli alloggi, il lavoro. Noi assistiamo quotidianamente ad una discriminazione razziale, sia a livello locale sia nei programmi che non sono adeguati all'integrazione, e continuamente assistiamo anche a discriminazione da parte della polizia oppure a caratterizzazioni razziali da parte dei governi, che pensano di schedare i Rom attraverso impronte digitali o altre forme di schedatura. C'è una vera e propria criminalizzazione in atto, in Europa, nei confronti della comunità Rom e quotidianamente assistiamo a dichiarazioni di esponenti politici che vanno verso questa direzione, siano essi di destra, siano essi di sinistra.

Io spero, che l'onorevole Angelilli possa convincere il leader del suo partito, nonché presidente della Camera in Italia, che i Rom si possono integrare, contrariamente a quello che ha dichiarato pubblicamente.

 
  
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  Frank Vanhecke (NI). - (NL) Signor Presidente, mi scuso con l'oratore precedente ma l’affermazione che i principali problemi legati alla convivenza con i rom possano semplicemente essere ridotti alla discriminazione o al pregiudizio può anche essere politicamente corretta, ma, nella realtà, non è vera.

I rom stessi si attengono a una serie di usanze che sono difficili, se non impossibili, da conciliare con le norme fondamentali che si applicano nella maggior parte dei paesi europei. La diffusa disoccupazione tra gli adulti e gli sconvolgenti livelli di assenteismo scolastico tra i bambini rom non sono, in primo luogo, il risultato di nessuna discriminazione.

La settimana scorsa, la Corte di cassazione italiana ha deciso che non può essere vietato agli zingari di chiedere l'elemosina perché ciò costituisce parte integrante della cultura rom e, pertanto, mi chiedo dove tutto ciò questo finirà per portarci. Quanto a me, sono a favore di un approccio degno e umano, ma allo stesso tempo, privo di ambiguità.

Chiunque voglia vivere nella nostra società deve rispettarne le leggi e le norme. L'accattonaggio, l’allontanamento dei bambini dall’assistenza sanitaria di base, o peggio, il sistematico assenteismo scolastico, sono cose del tutto sbagliate nella nostra società.

 
  
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  Magda Kósáné Kovács (PSE) . – (HU) Signor Presidente, la discussione di oggi fa parte di un processo nel quale le decisioni importanti devono ancora essere prese e quindi sottolineo ancora una volta che senza dubbio possiamo considerare le condizioni in cui vive la più numerosa minoranza in Europa paragonabili a quelle del mondo in via di sviluppo. Ovviamente si possono denigrare ulteriormente i rom sostenendo che è colpa loro, mentre è proprio la loro istruzione, l'alloggio, la salute e la situazione occupazionale che assomiglia a quella del mondo in via di sviluppo. Questi 10-12 milioni di persone, senza un aiuto esterno immediato, concentrato e ben mirato, non avranno alcuna possibilità di uscire dalla povertà e dall’esclusione. Un tale livello di esclusione sociale impedisce ai rom la realizzazione di una compiuta dignità umana e delle pari opportunità.

Già da diversi decenni in Europa è finito il tempo in cui si poteva guardare con distacco al fatto che con le potenzialità economiche esistenti nel nostro continente possa esistere un così rilevante numero di persone che di generazione in generazione vive in una condizione di esclusione sociale. In nessun momento storico lo sviluppo economico ha aperto un vero e proprio percorso di mobilità per coloro che si trovano sui gradini più bassi della scala sociale.

Questa nostra responsabilità è condivisa, prima di tutto perché la situazione dei rom non è fondamentalmente cambiata nei nuovi Stati membri dopo l'allargamento, o nei paesi candidati in attesa di adesione. Allo stesso tempo, in Europa il sentimento anti-rom si sta trasformando sempre più apertamente in uno schieramento di opinioni estremizzate, a cui dobbiamo porre un freno. Il fatto che il tema sia stato posto all'ordine del giorno indica che abbiamo molto da fare: il commissario Špidla ha già elencato molti dei compiti che ci attendono, con il sostegno dei miei onorevoli colleghi. Dobbiamo unire i nostri compiti e la questione, in febbraio, sarà di nuovo davanti al Parlamento.

 
  
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  Jiří Maštálka (GUE/NGL). – (CS) Onorevoli colleghi, in veste di relatore ombra della commissione per l’occupazione e gli affari sociali vorrei esprimere il mio grande apprezzamento per il diligente lavoro svolto dalla Commissione e dal relatore alla ricerca di una soluzione al problema di una delle minoranze dell'Unione europea. Temo che il dibattito abbia dimostrato che le parole del commissario Špidla sono state male interpretate o mal comprese sia dall’onorevole Mohácsi che dall’onorevole Cohn-Bendit. Vengo dalla Repubblica ceca, un paese che su questo tema ha subito diverse critiche, a mio avviso piuttosto ingiustificate, e che ha grande esperienza in merito. Su questa base vorrei fare tre osservazioni. Sono d'accordo con la Commissione che il problema può essere risolto solo con un collegamento il più ampio possibile delle strutture regionali, nazionali ed europee. In secondo luogo, concordo con il parere che al momento abbiamo strumenti sufficienti per portare avanti le politiche di integrazione. In terzo luogo, vorrei esprimere il mio pieno accordo con il parere della Commissione e di alcuni colleghi che una soluzione positiva dipende anche dalla collaborazione degli stessi rappresentanti della minoranza rom.

 
  
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  Adrian Severin (PSE). - (EN) Signor Presidente, i rom sono una comunità etno-culturale paneuropea con drammatici problemi sociali ed economici. Questi problemi dovrebbero essere affrontati soprattutto dall'Unione europea, grazie a un’adeguata politica comune che necessita di chiare basi giuridiche.

Non saremo in grado di trasformare in realtà la finzione della cittadinanza nazionale dei rom fino a quando non sceglieranno di prendere la nazionalità di un determinato Stato. I rom sono cittadini europei privi di un progetto nazionale; è per questo che l'applicazione dei modelli applicabili di solito alle minoranze nazionali, a livello di Stati nazionali, non funzionano. L’integrazione sociale e culturale dei rom è una materia transnazionale e di conseguenza è soprattutto una responsabilità dell'Unione europea.

Naturalmente, nel caso dei rom, anche gli Stati membri hanno le loro responsabilità in materia di non-discriminazione, inclusione sociale e incisive misure locali. Ma queste responsabilità devono essere considerate di carattere sussidiario. Quando la Commissione sottolinea che la responsabilità principale spetta agli Stati membri, infatti, si rifiuta di assumere le proprie naturali responsabilità e si rifà a un modello che si è dimostrato inefficace.

Dobbiamo creare uno spazio pubblico europeo per i rom, un meccanismo di effettiva partecipazione al processo decisionale e all'applicazione delle politiche. Senza questo non è possibile risolvere davvero il problema e avere una vera e propria strategia.

 
  
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  Katalin Lévai (PSE). - (HU) Malgrado le istituzioni europee abbiano dimostrato il loro impegno nel rispettare i valori e i diritti fondamentali europei e nel combattere la discriminazione, la reale situazione dell’integrazione dei rom in Europa è scoraggiante. In Europa la maggior parte dei rom vive in pessime condizioni sociali e combatte con problemi che sono rimasti immutati da anni, primi fra tutti l’esclusione sociale, la disoccupazione, la segregazione scolastica e i molteplici svantaggi con cui si confrontano le donne rom.

In un momento di crisi economica europea è facile cercare un capro espiatorio tra i rappresentanti dei gruppi sociali più vulnerabili, e di conseguenza le azioni violente contro i rom si stanno moltiplicando, prendendo di mira persone innocenti con attacchi che in più di un’occasione hanno avuto conseguenze fatali.

Stando così le cose, la soluzione non è quella di raccogliere le impronte digitali in maniera etnicamente discriminatoria, o di creare leggi che rafforzano corpi o milizie le cui azioni sono destinate a spaventare un popolo dignitoso al fine di farli scappare per la paura. La vera risposta è una strategia europea per i rom articolata in cinque settori: istruzione, occupazione, alloggio, sanità e partecipazione attiva nella società. Senza una simile politica europea, non ci potranno essere nemmeno politiche nazionali per i rom.

 
  
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  Zita Pleštinská (PPE-DE). - (SK) L'Unione europea ha l'obbligo di adottare una strategia globale per i rom, anche se gli Stati membri a loro volta dovrebbero essere più attivi in questo campo. Io vivo in una regione in cui i rom slovacchi costituiscono circa il 10 per cento della popolazione. Grazie a ciò, ho una profonda familiarità con la loro specifica situazione di persone socialmente svantaggiate. La principale responsabilità ricade sulle spalle dei rappresentanti dei governi autonomi locali, che sono spesso lasciati soli ad affrontare problemi molto complessi, connessi principalmente alla disoccupazione come conseguenza del basso livello di istruzione della popolazione rom.

Se vogliamo trovare soluzioni equilibrate, dobbiamo in primo luogo coinvolgere nel dialogo i rappresentanti della minoranza rom, che hanno una profonda conoscenza dei problemi della loro comunità. Solo allora le nostre soluzioni potranno essere efficaci. Il Fondo sociale europeo è il più importante strumento per l'integrazione delle persone nel mercato del lavoro. Esorto gli Stati membri a evitare che eccessivi ostacoli amministrativi scoraggino le organizzazioni non governative locali e le autonomie locali dall’utilizzare i finanziamenti del Fondo sociale europeo in progetti che contribuiscano alla effettiva risoluzione del problema dei rom.

 
  
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  Marusya Ivanova Lyubcheva (PSE). (BG) Sono favorevole in linea di principio alla posizione della Commissione. Nonostante si sia spesso discusso del problema della comunità rom, non abbiamo ancora trovato le soluzioni più adatte che porterebbero a una loro duratura integrazione nella società. A mio parere questo vale per tutti gli Stati membri. La causa di fondo continua a essere l'etnocentrismo del problema: è come se avessimo “etnicizzato” i problemi sociali dei rom e li avessimo considerati come problemi esclusivamente appartenenti a un gruppo etnico separato. Dobbiamo cambiare impostazione. Certo, i rom sono in maggioranza poveri e non hanno accesso ad alloggi e a un’istruzione adeguata, ma questi problemi non riguardano solo loro. Sussumere questi problemi sociali in un problema separato, di natura etnica, porta alla discriminazione. Per questo motivo la loro integrazione è diventata più complessa e risolvere i loro problemi è diventato più difficile. E' pertanto importante attuare una politica per la tutela dei diritti individuali e che utilizzi uno strumento di base: la sussidiarietà.

In Bulgaria, vi sono numerosi problemi associati ai rom e questo ci ha spinto a introdurre misure per la preparazione di un programma quadro volto a risolvere le precondizioni sociali che ne determinano la discriminazione etnica. Sulla base degli elementi del programma quadro offriamo uno scambio di opinioni con gli altri Stati per i quali il problema è di notevole portata.

 
  
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  Elly de Groen-Kouwenhoven (Verts/ALE). - (NL) A mio avviso esiste un parallelismo tra la questione dei rom e la questione razziale negli Stati Uniti. Anche se gli americani sono riusciti – almeno parzialmente – a risolvere il problema e hanno fatto buoni progressi con la vittoria di Obama, in Europa persiste ancora questo scandalo, in mancanza di un termine migliore.

Perché qui a gennaio abbiamo adottato tutti la presente risoluzione in seduta plenaria? Per un buon motivo: la risoluzione affermava, tra le altre cose, che siamo a favore di un'unità rom in seno alla Commissione, una strategia europea per i rom, un approccio generale che implichi la cooperazione tra Stati membri e Commissione, così come un approccio dei rom per i rom, sviluppato dall'OSCE (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa). Non ne è venuto fuori nulla, ad eccezione di un vertice in cui si sono fatte ancora più chiacchiere senza collaborazione da parte dei, o con i rom.

Posso dire che la comunità rom, con cui ho collaborato strettamente per dieci anni è rimasta molto delusa del risultato. Mi dispiace, Commissario Špidla: non sono entusiasta della piattaforma, che non è se non l'ennesimo forum di discussione, anche se ad alto livello, nel quadro di incontri bilaterali. Abbiamo parlato molto: se c’è una cosa di cui abbiamo bisogno adesso è l'azione.

Di recente ho letto un articolo che esordiva affermando che siamo alla vigilia di un bagno di sangue. In alcuni Stati europei ci sono pattuglie di vigilantes in uniforme che provocano i rom. Dobbiamo aspettare di arrivare a situazioni analoghe a quella italiana, dove interi campi sono stati dati alle fiamme?

 
  
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  Hannes Swoboda (PSE). - (DE) Signor Presidente, vorrei scusarmi con il Parlamento e il presidente per essere arrivato così in ritardo, specie perché sono uno che esorta sempre i colleghi del nostro gruppo a essere puntuali. Pertanto, è doppiamente imbarazzante per me.

Vorrei fare una sola osservazione. Ho ascoltato il presidente Jouyet e il commissario. Siamo pienamente d'accordo sugli obiettivi, ma l'urgenza, l'insistenza dell'Unione europea per quanto riguarda gli Stati membri – e anche per i candidati o potenziali candidati – non è abbastanza forte.

E’ già stato ricordato quello a cui abbiamo assistito recentemente a Belgrado e in altri paesi, per esempio, ma anche all'interno dell'Unione europea. E’ scandaloso che oggi ci troviamo ancora a parlare di campi rom. Pertanto vorrei chiedere con urgenza sia al rappresentante del Consiglio che alla Commissione di mettere in guardia e di invitare con maggiore fermezza gli Stati membri a svolgere in pieno e fino in fondo i propri compiti. Il quadro non è così roseo come a volte si tende qui a raffigurarlo.

Ringrazio l'onorevole Cohn-Bendit per essere così tollerante da lasciarmi parlare.

 
  
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  Presidente. − Presiedo io questa seduta, non l'onorevole Cohn-Bendit. Abbiamo appena spostato la procedura catch the eye. Questo è il motivo per cui lei ha preso la parola e quindi non c’è nessun privilegio.

 
  
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  Jean-Pierre Jouyet, presidente in carica del Consiglio.(FR) Signor Presidente, vorrei dire che questo è stato un dibattito molto importante per il Consiglio. Quello che ho desunto dalla discussione è che, come molti di voi hanno sottolineato, i rom sono un gruppo svantaggiato e molto vulnerabile alla povertà, alla discriminazione e agli attacchi razzisti, cosa che è stata detta e che purtroppo è vera.

Come hanno detto alquanto giustamente gli onorevoli Severin, Cohn-Bendit e Mohácsi, è chiaro anche che non dobbiamo rifugiarci in un falso ottimismo e che la strategia sarà estremamente difficile da attuare. Nel nostro lavoro quotidiano, occorre fare una distinzione tra coloro che sono diventati stanziali e coloro che rimangono nomadi. Non è la stessa cosa: le loro pratiche e le condizioni di vita non sono le stesse. Nella prassi quotidiana, anche se davvero vogliamo aiutarli, in realtà è davvero molto difficile farlo. Non dobbiamo cadere preda di ingenui ottimismi: abbiamo bisogno di intraprendere azioni decise, continuate, e vorrei dire onorevole Severin che anche il fatto che i lavori del Consiglio in questo settore siano stati avviati dalla Romania è un buon segno e che è estremamente importante il fatto che il Consiglio abbia ripreso questo tema sotto lo stimolo dei suoi compatrioti.

A mio modo di vedere, dobbiamo essere consapevoli del fatto che abbiamo davanti a noi una lunga strada: dobbiamo essere chiari su questo, così come lo è stato lei. Credo che l'unica risposta possibile sia, come è stato detto, la creazione di strutture e associazioni. Questo è quanto stiamo cercando di fare, ma è, infatti, estremamente difficile.

In secondo luogo, come lei ha sottolineato, è fondamentale un approccio europeo al problema, perché si tratta di un problema transfrontaliero e assolutamente non limitato ai singoli stati. E’ anche evidente, però – e lo dico per la Commissione e in relazione alle osservazioni fatte – che dobbiamo essere molto chiari sul fatto che anche gli Stati membri hanno specifiche responsabilità in materia. Noi possiamo soltanto adottare le iniziative legislative a livello europeo che rientrano tra le competenze concesse oggi all'Unione nel quadro dei trattati. Dobbiamo – e vorrei dirlo sia all'onorevole Angelilli che all'onorevole Járóka – intraprendere anche iniziative concrete a livello nazionale.

Per riassumere, quindi, credo che quest’anno abbiamo assistito a una crescente presa di coscienza del fenomeno, anche se, come ammetterete, con troppa lentezza. Non sono sicuro che ci sia bisogno di dare un seguito a quanto è stato detto riguardo al problema delle minoranze, e su quale base si possa farlo. Inoltre il Consiglio deve continuare il proprio lavoro e, soprattutto, devono essere rafforzate le iniziative e le misure effettivamente adottate dagli Stati membri sia a livello nazionale che locale: la situazione attuale è inaccettabile e disumana. Dobbiamo anche riconoscere, però, che nella pratica questo è davvero un problema molto complesso. Vi ringrazio molto per i vostri commenti.

 
  
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  Vladimír Špidla, membro della Commissione. – (CS) Onorevoli deputati, la Commissione ritiene che la situazione dei rom sia incalzante dal punto di vista etico e politico ed è ovviamente disposta a fare tutto quanto in suo potere per contribuire a creare un approccio coerente e volto a rafforzare le sinergie sia a livello europeo, sia a livello delle politiche degli Stati membri, affinché rivolgano maggiore attenzione allo sviluppo di politiche volte all'inclusione dei rom, anziché a politiche che spesso portano a mantenerne l’esclusione. La Commissione spinge gli Stati membri ad affrontare il problema con sensibilità culturale tenendo conto delle esigenze specifiche dei rom ma allo stesso tempo cercando di dare loro accesso al contesto sociale, all'istruzione, al mercato del lavoro e agli alloggi. La Commissione, tuttavia, non può far finta di essere in grado di rappresentare gli Stati membri in questo campo, il che sarebbe non solo inefficace ma anche scorretto.

Onorevoli, c’è un’evidente necessità di raddoppiare gli sforzi, ma nonostante il fatto che siamo ancora lontani dal raggiungere il nostro obiettivo, è chiaro che le cose stanno cominciando a muoversi: il primo forum europeo sui rom rappresenta di per sé un cambiamento di rotta. Anche il fatto che la questione rom sia stata ripresa dall’Unione europea e che sarà affrontata regolarmente ai più alti livelli segna un cambiamento di strategia. Se riusciremo a creare e gestire con efficacia la piattaforma dei rom, avremo costruito una solida base dalla quale monitorare gli sviluppi, fornire suggerimenti e coordinare le politiche in maniera di gran lunga migliore rispetto a quanto fatto finora. Onorevoli deputati, permettetemi di tornare all'inizio del mio intervento. La Commissione ritiene che la situazione dei rom sia urgente dal punto di vista etico e politico e farà tutto quanto è nelle sue capacità e in suo potere.

 
  
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  Presidente. − La discussione è chiusa.

Dichiarazioni scritte (articolo 142 del regolamento)

 
  
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  Marian-Jean Marinescu (PPE-DE), per iscritto.(RO) Dobbiamo riconoscere che da quando la Commissione ha lanciato il suo primo appello in questo senso nel 2005, non sono stati fatti progressi sufficienti per integrare i rom.

Un primo passo in questa direzione sarebbe creare una politica per promuovere l'istruzione dei rom. Questa politica deve essere gestita non solo dallo Stato, ma anche da organizzazioni non governative che non abbiano più bisogno di scegliere come loro principale obiettivo l’identificazione degli atti di discriminazione, ma l’istruzione dei gruppi etnici. Questa soluzione si basa sul mettere non solo le autorità pubbliche, ma anche le comunità rom, di fronte alle proprie responsabilità.

Alcune delle cause della disoccupazione con cui devono fare i conti le comunità rom derivano dall’analfabetismo, dalla mancanza di istruzione e di qualifiche professionali, per non parlare della mancanza di accesso all’informazione.

Una riforma dell’istruzione rivolta a questo gruppo etnico può essere effettuata in tre modi: riducendo il livello di analfabetismo, assicurandosi che gli studi vengano completati, e che vi sia specializzazione e riconversione professionale. Questa riforma deve rispettare la specifica cultura e le tradizioni rom, ma deve anche collegare il sistema educativo ai valori della cultura e della civiltà europee.

Invito la Commissione a elaborare un unico piano per l'integrazione dei rom a livello europeo, basato sulla cooperazione tra i progetti esistenti a livello intergovernativo e delle organizzazioni non governative. Ciò include anche progetti che coinvolgono i rappresentanti delle istituzioni educative. L'obiettivo dovrebbe essere quello di dare maggiore priorità all’accesso a un insegnamento di alta qualità facendolo diventare un obiettivo fondamentale delle politiche comunitarie.

 

15. Partecipazione dello Stato di Israele ai programmi comunitari - Partecipazione delo Stato di Israele ai programmi comunitari (discussione)
Video degli interventi
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  Presidente. - L'ordine del giorno reca, in discussione congiunta:

- la relazione (A6-0436/2008) presentata dall’onorevole De Keyser, a nome della commissione per gli affari esteri, sulla proposta di decisione del Consiglio relativa alla conclusione di un protocollo dell'accordo euromediterraneo che stabilisce un'associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da un lato, e lo Stato di Israele, dall'altro, riguardante un accordo quadro fra la Comunità europea e lo Stato di Israele relativo ai principi generali della partecipazione dello Stato di Israele ai programmi comunitari [05471/2008 - C6-0180/2008 – 2007/0241(AVC)] e

- dichiarazioni del Consiglio e della Commissione concernenti la partecipazione dello Stato di Israele ai programmi comunitari.

 
  
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  Véronique De Keyser, relatore. – (FR) Signor Presidente, abbiamo chiesto in plenaria che la votazione fosse differita, e sono lieta di questo, ma in qualità di relatrice ritengo necessario dare una spiegazione.

Come l'onorevole Salafranca ha sottolineato in precedenza, è abbastanza corretto affermare che, il 6 novembre, la commissione parlamentare per gli affari esteri ha adottato due proposte sulla partecipazione di Israele ai programmi comunitari: uno era un parere conforme, e l'altra una risoluzione. Entrambe le proposte sono state adottate a grande maggioranza: il voto sulla risoluzione è stato infatti unanime.

Che cosa contengono questi testi, e quale messaggio la commissione per gli affari esteri ha voluto inviare a Israele? Il parere è stato positivo: è stata accettata la partecipazione di Israele al programma comunitario, dato che stava già partecipando al Settimo programma quadro per la ricerca, che la sua candidatura era riferita esclusivamente al programma “Innovazione e tecnologia”, che tutti i paesi membri della politica di vicinato hanno il diritto di chiedere di partecipare e, quindi, che essa non costituiva un particolare favore verso Israele né una rivalutazione del suo status politico.

Gli accordi di associazione si basano sul rispetto dei diritti umani. Gli onorevoli deputati hanno quindi voluto fornire un quadro politico per questo parere sotto forma di una risoluzione molto ferma, che chiede il riconoscimento dell'accordo interinale di associazione tra l'Unione europea e l’Organizzazione per la liberazione della Palestina (OLP), un maggiore controllo su e sanzioni contro le importazioni di prodotti di Israele dai territori occupati nel quadro del regime di importazione preferenziale, e la possibilità di utilizzare i risultati della cooperazione scientifica per scopi civili. La Commissione dovrebbe presentare una relazione annuale che consenta al Parlamento di valutare il rispetto di queste condizioni. In breve, la risoluzione è stata positiva ma ferma, ed è stata il risultato di lunghe trattative con le varie parti, che hanno mostrato un impegno esemplare in favore del compromesso raggiunto: per questo li ringrazio.

Quindi, quale è il motivo per cui ora esitiamo, aumentando i nostri timori e, in ultima analisi, rinviamo la votazione? In sostanza, signor Presidente, perché la situazione umanitaria a Gaza si è fatta intollerabile. Quando all’inizio dell’estate la delegazione del Parlamento europeo di cui ho fatto parte è andata a Gaza, le condizioni di vita delle persone che vivevano lì erano già allarmanti; nel mese di novembre un'altra delegazione si è recata nei territori occupati ed è tornata esattamente con la stessa relazione. Nulla si muove, la situazione è catastrofica, e il blocco, lungi dall’aver indebolito Hamas, ha finito per radicalizzarlo.

Tre giorni fa il commissario Michel ha sottolineato che il mantenimento della chiusura dei valichi di Gaza è stata una forma di punizione collettiva, contraria al diritto umanitario internazionale, nei confronti della popolazione civile palestinese: è stato il nostro commissario a dirlo. L’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l'occupazione (UNRWA), che si occupa dei rifugiati a Gaza, ha lanciato appelli per gli aiuti, e lo stesso hanno fatto l’Oxfam, Amnesty International, Medici senza frontiere e una serie di altre organizzazioni non governative che al momento non possono neanche utilizzare il valico di Erez.

Proprio oggi ho appreso che il nostro meccanismo palestino-europeo di gestione dell’aiuto socioeconomico (Pegase) ha completamente smesso di funzionare a Gaza, che non può più garantire un approvvigionamento energetico, che gli stipendi e le pensioni dei funzionari della Autorità palestinese non vengono più pagati, e che i sussidi per i più poveri sono stati sospesi. L’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l'occupazione ha dovuto sospendere il proprio programma di aiuti per gli abitanti più poveri di Gaza. Questo è inaccettabile, signor Presidente, non può essere tollerato, ed è per questo che contro la mia volontà sostengo il differimento della votazione.

Al momento, l'intensificazione delle relazioni politiche con Israele è oggetto di discussione nel Consiglio, in gran fretta e in gran segreto, ed è proprio sull’opportunità di questa intensificazione che oggi, proprio ora, ci si interroga sul contesto politico della regione e ci vengono inviate centinaia e centinaia di messaggi e-mail da parte dei cittadini. Il Consiglio deve quindi migliorare la trasparenza per quanto concerne le discussioni attualmente in corso e rispondere ai cittadini europei.

Per il Parlamento oggi la questione è abbastanza chiara: vogliamo condizioni di vita umane per i palestinesi e la fine del blocco di Gaza. Questo blocco non ha per niente indebolito Hamas, ma provoca sofferenze intollerabili alla popolazione innocente, metà della quale, tra l'altro, ha votato a favore di Fatah nelle elezioni del 2006. Questo voto, difatti, è ancora valido. Siamo tendendo una mano verso Israele, ma non intendiamo rinunciare ai valori fondamentali su cui è stata costruita l'Unione europea. La palla ora è a Israele.

Colgo l'occasione – e mi scuso, signor Presidente, può defalcare questo tempo dai miei due minuti più tardi – colgo l'occasione per condannare le pressioni politiche, le campagne e le calunniose accuse di antisemitismo che sono state rivolte a deputati che semplicemente fanno sentire la propria voce per la pace e la giustizia. Vorrei anche rendere omaggio a tutti i nostri amici ebrei, sia in Israele sia altrove, questi nuovi uomini giusti che in condizioni estremamente difficili reclamano anch’essi la pace e il rispetto del diritto internazionale. Dobbiamo lavorare insieme per raggiungere questo obiettivo. Dobbiamo rompere l'assedio di Gaza: affrontare il problema sul piano militare, come ho sentito raccomandare, sarebbe pura follia.

 
  
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  Jean-Pierre Jouyet, presidente in carica del Consiglio. − (FR) Signor Presidente, Commissario Verheugen, onorevole De Keyser, onorevoli deputati, vorrei innanzi tutto ringraziare l'onorevole De Keyser per l'eccellente relazione. Come lei, anch'io ho constatato che in precedenza la maggioranza ha votato in Parlamento in favore di un rinvio della votazione per i motivi da lei sollevati.

Dal punto di vista del Consiglio, la partecipazione di Israele al programma comunitario deve essere vista nella prospettiva del miglioramento delle relazioni bilaterali con questo Stato: al proposito, il Consiglio ha mandato un segnale il 16 giugno in occasione dell’VIII Consiglio di associazione con Israele. Questo aggiornamento è in linea con il rafforzamento della politica europea di vicinato.

Il Consiglio è convinto che questa intensificazione dei rapporti porti vantaggi a entrambe le parti, e che non vada solo nell'interesse del paese che stiamo avvicinando alla famiglia europea. Esso serve anche agli interessi europei, nel senso che ci permette di stringere legami più stretti e di maggiore fiducia con nuovi settori della popolazione israeliana, siano essi i suoi studenti, i suoi ricercatori, le sue attività o i suoi tecnici.

L’Europa sarà quindi in grado di dare prova concreta dei vantaggi della cooperazione multilaterale sotto forma di pace e di prosperità. Vorrei dire all’onorevole De Keyser che, in una regione come il Medio Oriente, tali lezioni hanno un prezzo. L’Europa sarà quindi in grado di dire la verità con più forza e con maggiore credibilità, il che genererà una maggiore fiducia.

Ho ascoltato con attenzione a questo proposito le aspettative espresse, secondo l'onorevole De Keyser, in seno alla commissione per gli affari esteri. Mi riferisco naturalmente al messaggio cui lei fa cenno sul completo e immediato congelamento degli insediamenti, sulla necessità di compiere progressi nel processo di pace con l'Autorità palestinese, sull’abolizione delle restrizioni per la popolazione di Gaza e della Cisgiordania, e sulla necessità di risollevare le sorti della popolazione di Gaza colpita dal blocco, come la delegazione del Parlamento europeo ha potuto osservare di recente.

Siate certi, onorevoli membri di questo Parlamento, che il Consiglio e, ne sono certo, la Commissione, condividono tali aspettative. A questo proposito, la dichiarazione del 16 giugno 2008 contiene alcune affermazioni molto chiare sia sul contesto politico che soggiace all'intensificazione dei rapporti, sia sul messaggio che l'Europa intende inviare a Israele in questa occasione.

E’ vero che Israele conosce questi messaggi da anni, come sapete. Io sono tra quelli che trovano deplorevole che questi messaggi non siano stati ascoltati nel modo appropriato, ma la scommessa del Consiglio nel mese di giugno è stata quella di sfruttare il miglioramento delle relazioni bilaterali per ribadirli con maggiore vigore, a un livello più elevato, e per raggiungere una maggiore gamma di interlocutori. Questo è ciò che sta facendo il Consiglio.

Lei ha anche detto che l'invito dell’Europa a unirsi a taluni programmi comunitari è rivolto non solo a Israele, ma a tutti i paesi coinvolti nella politica di vicinato, compresi i paesi di quell’area.

Signor Presidente, Commissario Verheugen, onorevoli deputati, il Parlamento europeo ha oggi l'opportunità di contribuire al processo di cooperazione regionale che l'Europa ha lanciato in una regione cruciale per la propria sicurezza e la propria prosperità.

Mi auguro che al momento opportuno, ora che siamo in vista della votazione, seguirete la raccomandazione della vostra relatrice e che, nello stesso contesto, vorrete appoggiare le posizioni espresse in margine al Consiglio di associazione nella risoluzione ad esso dedicata – posizioni che la presidenza è convinta riflettano un saggio equilibrio, che ha richiesto un lungo negoziato tra i governi degli Stati membri e che è utile per la causa della pace e della stabilità nella regione.

 
  
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  Günter Verheugen, vicepresidente della Commissione. (DE) Signor Presidente, signor Presidente in carica del Consiglio, onorevoli deputati, nel dicembre 2006 la Commissione ha proposto di integrare pienamente i partner nella politica europea di vicinato per l’attuazione di alcune politiche e di una serie di programmi comunitari. Settori come la ricerca e lo sviluppo, l'innovazione, la competitività, la tutela dei consumatori e la società dell'informazione, per citarne solo alcuni, sono stati al centro delle nostre considerazioni.

Il Consiglio ha accolto questa proposta in diverse occasioni. Nel marzo 2007 ha sostenuto la proposta della Commissione secondo cui a tutti i paesi partner dovrebbe sempre essere consentito di partecipare ad alcuni programmi comunitari.

Israele è il primo dei nostri paesi partner nella politica di vicinato ad aver formalmente concluso, quest'anno, un procollo per un accordo quadro con la Comunità europea sui principi generali della sua partecipazione ai programmi comunitari.

La Commissione accoglie con soddisfazione questo risultato, perché sottolinea il lungo e stretto partenariato che ci lega a Israele. Sin dal 1995, Israele si è associato pienamente al programma quadro per la ricerca e lo sviluppo. Nel corso degli anni, questa stretta collaborazione, tra l'altro, ha portato a molti progetti comuni e – sia detto per inciso – notevoli risultati, che ho potuto constatare di persona sul posto, in Israele, l’anno scorso.

L'elevata qualità dei ricercatori israeliani e delle loro università rende Israele un partner molto interessante e prezioso. Anche nel campo dell'innovazione, Israele può dare un contributo significativo, vantaggioso per entrambe le parti, perché a medio termine sarà inaugurata una più stretta cooperazione industriale. Nel frattempo, il dialogo avviato in quell'occasione dal primo ministro Olmert e dal sottoscritto tra le imprese dell'Unione europea e Israele ha avuto un buon inizio e sta producendo dei risultati.

Inoltre, Israele sta già prendendo parte al programma per l'innovazione e l'imprenditorialità, uno dei tre pilastri del nostro programma per la competitività e l'integrazione. Si tratta di un programma di particolare importanza per le piccole e medie imprese. Entrambe le parti nutrono grandi aspettative e speranze grazie al rafforzamento della cooperazione. Pertanto, l'anno scorso, l'ultimo consiglio di associazione UE-Israele ha sottolineato di voler intensificare le relazioni con Israele sulla base del piano d'azione comune.

Senza dubbio le nostre relazioni sono in grado di espandersi. Tutto quello che contribuisce a rendere più facile l’incontro fra le persone, che riunisce giornalisti, artisti, ricercatori e imprenditori, tutto quello che serve al dialogo e promuove la comprensione reciproca merita il nostro sostegno incondizionato. Ciò avrà un effetto positivo sul nostro dialogo sui diritti umani.

L'ulteriore rafforzamento delle relazioni con Israele, una zona di vitale importanza nella politica europea di vicinato, è interesse strategico dell'Unione europea. La decisione del Consiglio discussa qui oggi si inserisce in questo contesto, rendendo così un importante contributo al rafforzamento della cooperazione con Israele. Chiedo pertanto a voi, onorevoli deputati, di sostenere il progetto di risoluzione e di votare a favore della proposta della Commissione.

 
  
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  Jana Hybášková, a nome del gruppo PPE-DE. – (CS) Signor Presidente, signor Commissario, signor Presidente in carica del Consiglio, ritengo che quello di oggi sia un uso senza precedenti della procedura parlamentare. Il gruppo del Partito popolare europeo (Democratici-cristiani) e dei Democratici europei era pronto a sostenere in pieno la relazione dei socialisti, comprese le loro proposte di emendamento. Sono stati i socialisti stessi che si sono rifiutati di votare la loro relazione. La relazione è stata però approvata dalla commissione per gli affari esteri, è sul tavolo ed è essenziale che la si voti in questa legislatura parlamentare. Il nostro gruppo è pienamente determinato a discutere e ad approvare la relazione.

L'episodio di oggi danneggia l’Europa. L’Europa voleva assicurarsi un ritorno sulle sue donazioni finanziarie, voleva ottenere influenza in Medio Oriente e voleva assicurarsi la possibilità di contribuire al processo di pace. Oggi abbiamo buttato via uno strumento che, in cambio dei nostri stanziamenti, ci avrebbe messo in quella posizione. L'Europa ha buttato via anche un importante strumento di sostegno nel settore della ricerca e dello sviluppo, ha buttato via un sostegno collegato allo sviluppo della scienza, della ricerca e della tecnologia, alla lotta contro il terrorismo e al miglioramento dei diritti umani nella regione del Mediterraneo. Ritengo che i colloqui su un piano d'azione, come proposto dalla Commissione e dal Consiglio, debbano continuare. Credo anche che sotto la presidenza del mio paese avremo un miglioramento nelle relazioni tra Europa e Israele. Ma resta il fatto che il nostro Parlamento ha buttato via la propria influenza diventando oggi un luogo in cui hanno trionfato il buio e forze non europee, forze che non vogliono il miglioramento della situazione in Medio Oriente. E ritengo che sia assurdo mettere il Parlamento europeo in contrapposizione con i nostri Stati e con le nostre intenzioni. Perciò continueremo.

 
  
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  Hannes Swoboda, a nome del gruppo PSE. – (DE) Signor Presidente, signor Vicepresidente della Commissione, onorevole Hybášková, dobbiamo tenere i piedi per terra. Lei ha anche preso in considerazione la possibilità di non votare oggi. Dobbiamo veramente attenerci ai fatti. Come gruppo socialdemocratico, noi appoggiamo la relatrice e abbiamo anche votato a favore in commissione perché ne siamo convinti. Anche il vicepresidente della Commissione e lei stessa avete detto in effetti questo.

Però non viviamo in una torre d'avorio, viviamo in una situazione politica. Immaginate se noi semplicemente non fossimo d'accordo con quello che lei o io abbiamo detto riguardo a questa situazione catastrofica, disumana a Gaza e ci fossimo comportati come se laggiù non stesse succedendo nulla. Ma non è questa la realtà della situazione. Signor Presidente in carica del Consiglio, lei ha detto che si tratta di un contributo alla pace. Crede davvero che nella situazione attuale si tratti di un contributo alla pace? E’ possibile che la situazione non cambi, purtroppo. A un certo punto voteremo, anche se questo non è così determinante. Ma almeno un segnale lo dobbiamo inviare.

Signor Presidente in carica del Consiglio, la domanda rimane senza risposta: quale sarà la reazione degli abitanti di tutta quell’area? Cosa penserà la gente in Palestina e in altri paesi se proprio in un momento come questo stipuliamo un accordo con Israele, come primo paese, proprio mentre i diritti umani vengono brutalmente calpestati, certo non solo da parte di Israele. E’ chiaro, e il nostro gruppo l’ha sempre detto, che qualsiasi tipo di terrorismo, che si tratti di razzi o di altri attacchi, deve essere assolutamente condannato.

Il nostro gruppo ha sostenuto questa proposta dei Verdi/Alleanza libera europea e del gruppo confederale della Sinistra unitaria europea, perché vogliamo dire chiaramente, almeno stavolta, in questo momento, che non possiamo assolutamente accettare questa situazione in Medio Oriente. Certo che questa cooperazione si farà. Non si preoccupi, lei sa chiaramente che questa cooperazione si farà e che non si tratta della fine di un processo, ma un di preciso segnale. Sì, vogliamo la cooperazione con Israele, ma vogliamo finalmente anche la pace in questa regione e non la repressione di esseri umani.

 
  
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  Annemie Neyts-Uyttebroeck, a nome del gruppo ALDE. - (NL) Signor Commissario, signor Presidente in carica del Consiglio Jouyet, così come si addice a un gruppo responsabile, abbiamo discusso a lungo se si debba votare oppure rimandare la votazione sia sul progetto di risoluzione che sull'approvazione del protocollo; in seno al nostro gruppo c’erano opinioni diverse. Ci siamo quasi spaccati, con una piccola maggioranza favorevole al voto, malgrado tutto, e così il mio gruppo si è diviso quando ha votato su questo argomento.

Questa divisione può essere in parte attribuita alla nostra grande preoccupazione per la situazione in Medio Oriente e per il conflitto tra Israele e Palestina. Io non conosco nessuno, me compresa, che abbia visitato i territori occupati e non sia tornato indietro gravemente preoccupato, pieno di sentimenti di compassione e rabbia per la situazione in cui versano.

La cosa più sconcertante e allarmante è che, dopo gli accordi di Annapolis, la politica israeliana è peggiorata, non ha fatto che diventare più intransigente e più dura. Non è per malizia che viene da chiedersi se Israele – o alcune forze all'interno del paese, sostenute dall'esercito israeliano – non stia mirando a creare una situazione irreversibile nei territori occupati, in modo tale da rendere irraggiungibile la soluzione dei due Stati.

Posso quindi capire che, rinviando la votazione, abbiamo voluto inviare un messaggio a Israele: non vogliamo dare l'impressione che stiamo gratificando quel paese in un momento in cui, giorno per giorno, la situazione di oltre un milione di palestinesi che vivono nella striscia di Gaza peggiora sempre di più. Mi auguro che, nelle prossime settimane e mesi si verifichino cambiamenti tali da metterci in condizione di approvare i due testi con più fiducia.

 
  
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  David Hammerstein, a nome del gruppo Verts/ALE. – (ES) Signor Presidente, sono i fatti che contano e non le parole. I fatti valgono mille volte di più delle semplici parole. Abbiamo adottato molte risoluzioni in questo Parlamento. Sì, sono state espresse critiche e buone intenzioni in molte delle risoluzioni che abbiamo adottato, ma i fatti sono più importanti.

E’ un fatto che un anno di colloqui nell'ambito del processo di pace di Annapolis non ha ottenuto risultati. È un fatto che gli insediamenti continuano a diffondersi. È un fatto che a Gaza la situazione è peggiore che mai. E’ anche un fatto che oggi, mentre noi stiamo parlando, ci sono scontri tra i coloni e lo stesso esercito israeliano.

Voglio poter votare su questa risoluzione nell’arco di pochi mesi. Voglio che sia possibile intensificare le nostre relazioni con lo Stato di Israele. Questo perché i veri amici di Israele, quelli di noi che amano Israele, hanno il coraggio di dire la verità. La verità è che l’occupazione attuale non può più continuare. Non può più andare avanti così. Dobbiamo lanciare il messaggio che le azioni dell'Unione europea sono subordinate a un processo di pace e di rispetto dei fondamentali diritti umani. In questo modo saremo in grado di fare dei passi avanti. Noi vogliamo rapporti migliori e più intensi con Israele e con i palestinesi, e dobbiamo dimostrare che ciò può avvenire con chiare condizioni e azioni precise, non solo con le parole.

 
  
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  Luisa Morgantini, a nome del gruppo GUE/NGL. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, non è stato facile chiedere il rinvio della votazione ma credo che sia stato un passo necessario che fai io credo onore al Parlamento europeo.

Israele non può sempre essere al di fuori del rispetto della legalità internazionale. Vorrei dire alla collega Hybášková che qui non si è fermata la cooperazione con Israele e i progetti; si è semplicemente impedito e sospeso un upgrading e non la cooperazione, che comunque va avanti e mi auguro che possa proseguire, perché è importante, anch'io ne riconosco il valore. Ma ripeto: Israele deve capire che deve rispettare la legalità internazionale. Ne va anche del nostro onore e della nostra dignità.

Quindi, mi auguro che il Consiglio dei ministri ascolti il Parlamento europeo e sia per una volta coerente e dica ad Israele che deve dare segni concreti di volere la pace e sblocchi gli insediamenti nella West Bank e le condizioni di vita dei cittadini di Gaza.

I nostri progetti dell'Unione europea sono bloccati: Pegaso a Gaza non funziona più, è bloccato dai blocchi che impediscono di entrare alle merci; domani non si potranno pagare i salari; l'UNRRA è costretta a bloccare gli aiuti alle famiglie più povere. E' una vergogna, che questa cosa avvenga! Quindi, nessuna cosa contro Israele: assolutamente no! Essere amici di Israele vuol dire e significa anche metterla di fronte alle proprie responsabilità e alle nostre. Quindi, io mi auguro che potremo riprendere ma il messaggio che abbiamo dato oggi è importante: lo abbiamo dato ai palestinesi e lo abbiamo dato a tutti quegli israeliani che credono profondamente nella pace, ma nella pace con giustizia nel diritto.

 
  
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  Bastiaan Belder, a nome del gruppo IND/DEM. (NL) Signor Presidente, sono lieto di appoggiare tutti gli sforzi messi in campo da parte del Consiglio e della Commissione per intensificare le relazioni con lo Stato ebraico di Israele, nel nostro reciproco interesse; rinviare il voto, a mio avviso, significa dare un messaggio del tutto sbagliato.

Nonostante questo, sono qui davanti al presidente in carica del Consiglio con sentimenti contrastanti, poiché è trapelato un documento del Consiglio inviato al quotidiano israeliano Ha'aretz: si veda l’edizione di lunedì scorso. Sulla base di quel documento trapelato, vorrei farle tre domande.

Lei è d'accordo che il titolo di questo documento – “Una strategia di azione per la pace in Medio Oriente” – sia la via da seguire? In caso affermativo, costringerà Israele a riaprire le istituzioni palestinesi, compresa l’Orient House di Gerusalemme? Infine, vorrei chiederle, se questa è la strategia, come avete intenzione di accordarla con il miglioramento delle relazioni con il neo-eletto governo israeliano, qualunque sia la forma che assumerà? Attendo con interesse le sue risposte.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI). - Signor Presidente, onorevoli colleghi, vicepresidente Morgantini, questa volta non concordo perché ritengo che il Parlamento non abbia fatto una bella figura oggi, rinviando in commissione – e consentite, colleghi, anche con sconvolgente velocità di convocazione e quindi di voto – la relazione De Keyser. In questo modo, credo, che la sinistra abbia inteso un po' pretestuosamente bloccare l'accesso di Israele al programma di partenariato per l'innovazione e la ricerca – ci tengo a sottolineare questo – proprio ad uno dei pochi Stati, se non l'unico, al quale dare un sostegno significa non solo solidarietà ma anche crescita e sviluppo per le imprese della stessa Europa.

Nessuno ha mai potuto chiedere all'Autorità palestinese quanto e come impiega il sostegno della Lega araba, né quanta parte di questo contribuisca al dialogo, alla mutua comprensione, allo sviluppo culturale e scientifico. Devo dire che, vista la scarsa mobilitazione dei troppi colleghi del centro-destra, la sinistra ha avuto buon gioco, con il pretesto della difesa dei diritti umani, di ottenere il suo successo con il voto. Però ho l'impressione che tutto ciò ponga un ostacolo allo sviluppo regionale e forse proprio al processo di pace, anche perché si mette in discussione il diritto di uno Stato alla sua sicurezza, diritto che dovremmo tutelare.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ONOREVOLE McMILLAN-SCOTT
Vicepresidente

 
  
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  Pasqualina Napoletano (PSE). Signor Presidente, onorevoli colleghi, è stato ben spiegato dai relatori che mi hanno preceduto l'oggetto del pacchetto che questa mattina abbiamo inteso sospendere con il voto. Ma io vorrei ricordare che vi sono ulteriori aspetti di questa relazione, e soprattutto gli aspetti politici, che sono all'esame del Consiglio in questo sviluppo di relazione tra Unione europea e Israele.

Vi sono poi quelli che riguardano il mercato interno: quindi io penso che noi siamo tutti in principio favorevoli a questo sviluppo della relazione tra Israele e l'Unione europea, così come siamo favorevoli allo sviluppo delle relazioni con l'Autorità palestinese. Tuttavia, questo rapporto deve comportare chiarezza e impegni da entrambe le parti. Oggi, non possiamo dire che questi criteri siano soddisfatti: io non ricordo solo la situazione drammatica di Gaza ma anche continuare negli insediamenti illegali nei Territori, la questione che riguarda la commercializzazione dei prodotti dei Territori occupati e cose che conosciamo benissimo.

Io credo che il Consiglio debba farci capire bene, nel merito, qual è la sua posizione, anche perché mi pare che la Presidenza francese si è impegnata a presentare, nella prossima riunione del Consiglio, un documento sulle prospettive di pace in Medio Oriente, che per noi può essere molto interessante, anche nella possibilità di sviluppare una relazione costruttiva. Per questo, secondo me, è stato saggio questo rinvio, a patto che tutti riusciamo ad occupare questo tempo per alleviare le sofferenze della popolazione palestinese, soprattutto a Gaza e, vorrei dire, per ricostruire una relazione tra Europa e Stati Uniti, in funzione di un'iniziativa congiunta che riguardi la soluzione della situazione mediorientale.

Non dimenticate che il 2008 è stato dichiarato – lo sarebbe stato – l'anno della costituzione dello Stato palestinese. Il 2008 è finito e la situazione è ancora terribile.

 
  
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  Ioannis Kasoulides (PPE-DE). - (EN) Signor Presidente, se la discussione di oggi avesse avuto come oggetto la situazione nella striscia di Gaza, avrei potuto appoggiare l'onorevole De Keyser e tutti gli altri onorevoli colleghi presenti sostenendo le stesse posizioni. Ma temo che questo collegamento politico con la valorizzazione della partecipazione di uno dei paesi della politica europea di vicinato, e in particolare dei paesi del Mediterraneo, abbia creato un precedente che non so dove possa portare. Noi non abbiamo elencato la condizionalità politica tra i temi delle relazioni bilaterali nell'ambito della politica europea di vicinato. Nel caso del Marocco, per esempio, non abbiamo mai parlato del Sahara occidentale o dei diritti umani. Lo stesso vale per l’Egitto o per altri paesi del Mediterraneo. Non riesco a capire perché questa volta abbiamo scelto di mettere in risalto questo collegamento politico.

In secondo luogo, ritengo che quanto più ci si impegni nel dialogo, nella cooperazione e nella fiducia con uno qualsiasi dei paesi partner – come ha detto il presidente Jouyet – e tanto più si ha influenza su di esso. Oggi abbiamo chiuso una porta e non so come riusciremo a riaprirla.

In terzo luogo, sono sicuro che, con quanto deliberato oggi noi abbiamo fissato una condizione. Abbiamo detto che si tratta solo di un rinvio e che torneremo sulla questione. Come faremo a tornarci sopra? Quand’è che la situazione nella striscia di Gaza sarà soddisfacente al punto che ci permetta di occuparcene di nuovo? Come l'onorevole Napoletano ha affermato in merito alla questione degli insediamenti, ed anche in merito a tanti altri temi sui quali desideriamo esercitare un’influenza positiva nei confronti di Israele, quand’è che ci sentiremo abbastanza soddisfatti politicamente da ripresentare questa convincente risoluzione elaborata in seno alla commissione per gli affari esteri?

 
  
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  Proinsias De Rossa (PSE). - (EN) Signor Presidente, l'Europa non può migliorare le proprie relazioni con Israele fino a quando il suo governo non dimostrerà in modo convincente un cambiamento di rotta. Bisogna che Israele ponga fine alla punizione collettiva della popolazione palestinese togliendo l'assedio di Gaza e dimostri di impegnarsi seriamente con la dirigenza palestinese nella ricerca di una soluzione sostenibile nel quadro del reciproco riconoscimento di entrambi gli Stati.

Noi tutti vogliamo relazioni normali con Israele, ma nelle attuali circostanze ciò è impossibile. Sostengo senza riserve il diritto di Israele a difendersi, ma tale difesa deve essere accettata nei limiti del diritto internazionale e delle responsabilità che una potenza occupante prende su di sé quando invade un altro paese.

Lo Stato di Israele, che si vanta del suo sistema democratico, è stato colto a violare il diritto internazionale in così tante occasioni, per la maniera in cui tratta i palestinesi, che la pazienza della maggior parte delle persone è stata portata a un punto di rottura. In una recente visita ufficiale a Gaza, a Gerusalemme e in Cisgiordania, ho visto di persona il grave deterioramento delle condizioni di vita quotidiana dei palestinesi.

La loro economia è stata frantumata. Vi sono 210 insediamenti illegali. Il territorio palestinese e le case vengono costantemente sequestrati. Ci sono 11 000 prigionieri palestinesi e 40 membri eletti del Consiglio legislativo palestinese in stato di detenzione. Ci sono in prigione più di 300 giovani al di sotto dei 18 anni di età, e alcuni hanno solo 12 anni. Gaza è sotto assedio e minacciata di invasione militare, e già il 50 per cento della sua popolazione sopravvive solo grazie agli aiuti alimentari. E l’elenco continua. Questa brutale punizione collettiva e l’appropriazione di terre da parte di Israele costituiscono una grave violazione del diritto internazionale e stanno distruggendo le possibilità di pace.

Di conseguenza, non siamo ora nelle condizioni perché questo Parlamento approvi un miglioramento delle relazioni. In realtà credo che l’iniziativa dovrebbe essere differita fino a dopo le elezioni israeliane e palestinesi che si terranno nei primi mesi del 2009. Nel frattempo la comunità internazionale deve fare ogni sforzo per evitare che la situazione degeneri e deve creare le condizioni perché i palestinesi e gli israeliani vivano in pace.

 
  
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  Elmar Brok (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, signor Presidente in carica del Consiglio, signor Vicepresidente della Commissione, lo scopo degli accordi sull’intensificazione dei rapporti con Israele è quello di garantire che i partecipanti al conflitto vengano coinvolti in un processo che garantisca la loro stabilità interna e dia loro la garanzia di futura cooperazione e di esistenza. Oggi abbiamo sprecato questa opportunità di dare una simile garanzia. L’abbiamo sprecata e di conseguenza, a mio avviso, abbiamo ulteriormente alimentato la crisi.

Anch'io sono critico nei confronti di Israele su molte questioni, e in particolare, per esempio, sulla questione della politica degli insediamenti. Tuttavia, quando ho sentito qui oggi che la ragione fondamentale è la situazione nella striscia di Gaza, sono stato preso completamente alla sprovvista, in particolare perché si fa sempre solo la metà o addirittura un quarto del ragionamento. Infatti dobbiamo capire che, se si segue questa linea di pensiero, fra tre mesi troveremo un altro alibi, e poi un altro ancora, per evitare di prendere una decisione. Se non ricordo male, infatti, Israele ha lasciato Gaza. Se non ricordo male, Hamas ha rovesciato le autorità elette del presidente Abbas e ha abbattuto il governo con una violenta sollevazione, in violazione di tutti i diritti. Se ricordo bene, è proprio la situazione provocata da Hamas che è decisiva per lo stato delle cose a Gaza. Se ricordo bene, ogni giorno vengono regolarmente sparati dei colpi da Gaza sulle città israeliane. E se tutto ciò non ha nessun peso in questa discussione e Israele viene accusato in modo unilaterale, non mi sembra sia questa la maniera con cui la politica europea può guadagnarsi la fiducia di Gerusalemme.

Per questo motivo, credo che oggi abbiamo commesso un grande errore. Possiamo essere una forza di pace nella regione solamente se aderiamo completamente alla verità e non ci limitiamo a fare politica. Sono convinto che questa strategia non aiuti il presidente Abbas, ma che dia un ulteriore aiuto alla radicalizzazione già così evidente a Gaza. Ritengo pertanto che la decisione di oggi sia sbagliata.

 
  
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  Zbigniew Zaleski (PPE-DE). (PL) Signor Presidente, un conflitto di lunga durata offre l'opportunità di analizzare e riflettere sulle sue cause e sui comportamenti aggressivi, e di cercare soluzioni. Riesco a capire i disperati lanci di razzi da parte dei palestinesi, che sono come topi spinti in un angolo della gabbia, ma posso anche capire il timore degli israeliani che i loro figli possano non fare ritorno a casa dalla scuola, dal momento che si presume che quasi tutti i palestinesi sono terroristi. Non si può dividere la questione tra bianco e nero.

Tra i palestinesi ci sono persone disposte al compromesso ed estremisti testardi, così come ci sono i falchi e le colombe tra gli israeliani, come è stato chiarito dal ministro Livni. Queste divisioni interne non sono di piccola importanza nel conflitto, e maggiore è il loro ruolo più potente diventa una delle parti in conflitto. A mio avviso, gli israeliani sono i più potenti perché hanno uno Stato, al quale ovviamente hanno un diritto assoluto che io sostegno. Gli israeliani godono quindi di tutti gli attributi di uno Stato.

Questo comporta un maggiore senso di responsabilità, nonché il dovere di prendere provvedimenti che possono essere rischiosi ma che possano offrire speranze per un futuro di pace. Per questo motivo, la richiesta israeliana che cessino gli attacchi missilistici da parte dei palestinesi prima che possa andare avanti il progetto dei due Stati è come dire che noi saremmo disposti ad avere figli a condizione che nascano intelligenti, conseguano un dottorato o diano vita a imprese redditizie.

Situazioni non convenzionali richiedono il coraggio di prendere decisioni non convenzionali, e mi aspetto che Israele faccia proprio questo. Noi, l'Unione europea, dobbiamo contribuire a raggiungere tali decisioni. In altre parole: road map per i due Stati.

Per quanto riguarda il rafforzamento dei rapporti tra Unione europea e Israele, mi sembra che si tratti di una buona strategia, perché ci darebbe una maggiore influenza e a lungo termine ci consentirebbe di svolgere un ruolo costruttivo nell’attenuare questo tragico conflitto. Sono a favore di un rafforzamento delle nostre relazioni.

 
  
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  Charles Tannock (PPE-DE). - (EN) Signor Presidente, in veste di relatore per la politica europea di vicinato, ho sostenuto a lungo una maggiore partecipazione di Israele ai programmi e alle agenzie comunitari, il che è di reciproco vantaggio, dato l’avanzato sviluppo dello Stato di Israele in settori come la ricerca scientifica, e soprattutto ambientale. Nelle ultime settimane ho ricevuto molte e-mail che mi chiedono di votare contro l’accordo di cooperazione rafforzata tra Unione europea e Israele. Tuttavia, credo che l'Unione europea e Israele siano partner naturali perché condividono gli stessi valori: democrazia, stato di diritto e libertà personale e, in particolare, libertà di stampa e indipendenza del potere giudiziario.

L'Unione europea non può dire la stessa cosa di tutti i partner strategici. La Cina, per esempio – che so cara al presidente – respinge tali valori, ma stranamente non ricevo molte richieste di declassare le relazioni dell'Unione europea con Pechino. Questo perché tra l’opinione pubblica e in questo Parlamento, purtroppo, rimane forte l’elemento anti-israeliano. Quando questo sentimento si basa sul ragionamento posso rispettarlo, anche se non sono d'accordo. Spesso però si basa sull’antisemitismo e sull’antiamericanismo, dato che gli Stati Uniti sono il più stretto alleato di Israele.

La settimana scorsa, in India, a Mumbai, i terroristi jihadisti hanno specificamente dato la caccia agli ebrei per ucciderli. Ciò dimostra la necessità che l'Occidente stia fianco a fianco nella solidarietà con lo Stato ebraico, dato che Israele è in prima linea in una battaglia per la sopravvivenza contro i terroristi islamici come Hamas, Hezbollah e la Jihad islamica, che hanno dimostrato la loro volontà di distruggere Israele e il nostro modo di vita.

Purtroppo il Parlamento europeo ha deciso, con un ristretto margine, di non dare il proprio parere su questo accordo, caro alla entrante presidenza ceca: a mia opinione ciò è disastroso e manda segnali del tutto sbagliati all’opinione pubblica israeliana nel corso di una campagna elettorale critica: così, inevitabilmente, si rafforza l’operato degli estremisti in Israele.

 
  
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  Presidente. − Non è la Cina a essermi cara, ma la democrazia e i diritti umani in Cina, come in Israele e in Palestina.

 
  
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  Jim Allister (NI). - (EN) Signor Presidente, qualcuno vorrebbe farci credere che quest’Aula oggi abbia agito sulla base di una crisi di coscienza. Devo dire che lo trovo strano, considerando il numero di volte in cui il Parlamento ha approvato senza piagnistei gli accordi con paesi in cui, di fatto, i diritti umani sono in condizioni terribili e che hanno, di fatto, strutture governative ben lungi dall'essere democratiche.

Mi sembra che oggi questo Parlamento sia stato portato fuori rotta da una campagna orchestrata, sia dall’interno che dall’esterno, con notevole velenosità contro lo Stato di Israele: abbiamo permesso che questa manovra ci influenzasse indebitamente. Il fanatismo cieco che alcuni hanno dimostrato nei confronti di Israele è spaventoso. Israele è una democrazia in una regione in cui le democrazie si contano sulle dita di una mano. Israele accetta la soluzione dei due Stati. E’ stato sottoposto al più terribile terrorismo interno ed esterno e, di conseguenza, ha senza dubbio il diritto di difendersi.

Alcuni deputati di questo Parlamento, in nome della loro angoscia e dell'odio verso Israele, sono pronti a giustificare gli attentati terroristici e, anzi, desiderosi di scusare gli eccessi di Hamas a Gaza, vedono la colpa solo da parte dello Stato, che si trova sotto attacco. Io penso che questo sia sbagliato.

 
  
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  Proinsias De Rossa (PSE). - (EN) Signor Presidente, molte volte in questa discussione quelli di noi che sono intervenuti a favore del rinvio di una decisione su questo tema sono stati accusati di essere antisemiti.

Questo è totalmente ingiusto. Nella discussione, nessuno da questa parte ha accusato qualcuno dell'altra parte di mala fede o di avere motivi diversi dalle preoccupazioni per il futuro del popolo di Israele e dei palestinesi.

Sarebbe corretto per tutti noi qui riconoscere che quello che ci preoccupa sono gli esseri umani, e che questo è il motivo per cui prendiamo la posizione che prendiamo. Essa non si basa su alcun tipo di ideologia antisemita.

 
  
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  Presidente. − Onorevole De Rossa, la presidenza approva pienamente e di fatto condivide la sua posizione.

 
  
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  Hannes Swoboda (PSE). - (DE) Signor Presidente, è vero che ci sono state molte e-mail, ma c’è stata anche la pressione lobbistica dell’ambasciata di Israele. Non è questa la ragione per cui abbiamo preso la nostra decisione. La ragione è stata la nostra ferma convinzione che in questo momento questo voto non sarebbe stato opportuno.

Molti argomenti addotti dagli onorevoli colleghi – che si tratti dell’onorevole Kasoulides, dell’onorevole Brok, dell’onorevole Zaleski o di altri – sono argomenti degnissimi. Credo che ora, dopo questa divergenza di opinioni che abbiamo avuto, sia giunto il momento di tornare a una posizione comune, il che significa sostegno a Israele ma, allo stesso tempo, anche sostegno al processo di pace e al diritto di esistere dei palestinesi. Questo è ciò che conta per noi, niente di più e niente di meno.

 
  
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  Jean-Pierre Jouyet, presidente in carica del Consiglio. – (FR) Signor commissario Verheugen, onorevoli deputati, non spetta al Consiglio fare commenti sulle questioni procedurali o sulle decisioni prese dal Parlamento in questo campo.

Vorrei dire all’onorevole Swoboda che è chiaro che il Consiglio condivide questi obiettivi, e concorda con ciò che lei ha detto nel suo ultimo intervento, in particolare per quanto riguarda la stabilizzazione. L'Unione europea e il Consiglio condannano tutte le violenze, segnatamente il lancio di razzi contro la popolazione civile, che deve cessare. La lotta contro il terrorismo deve continuare instancabilmente, e la sorte del caporale Shalit sta particolarmente a cuore all'Unione europea e, se così posso dire, in modo particolare alla presidenza francese.

Ciò detto, l'Unione europea continua a essere profondamente preoccupata per – e a condannare – la recente accelerazione dell’espansione delle colonie. Il continuo processo di insediamento, compresa la naturale espansione, deve essere fermato con urgenza, anche a Gerusalemme est. E’ contrario al diritto internazionale e compromette la creazione di uno Stato palestinese; gli ostacoli alla circolazione verso e all’interno dei territori palestinesi occupati devono essere rimossi, al fine di promuovere lo sviluppo economico. La situazione umanitaria a Gaza deve essere migliorata con urgenza insistendo per un cessate il fuoco, aprendo i valichi, fornendo beni e servizi per aiutare la popolazione e per consentire alle agenzie umanitarie, in particolare l’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l'occupazione (UNRWA), di fare il loro lavoro; è importante anche che un maggior numero di prigionieri palestinesi venga rilasciato, dando priorità ai minorenni.

Condividiamo quindi le stessa finalità, e tengo a sottolinearlo nel modo più chiaro possibile a questo Parlamento. Il problema è sapere come esercitare nel modo migliore la pressione per raggiungere il risultato desiderato: la creazione di due Stati coesistenti e sicuri nel quadro di uno stabile processo di pace. E’ un contesto in cui l'Unione europea occupa un posto importante. Abbiamo bisogno di sapere se saremo in grado di attenerci con fermezza attraverso il dialogo e la fiducia ai principi che ho appena descritto, e che Israele deve rispettare, oppure se in effetti, è attraverso il dialogo – come il Consiglio crede e continua a credere dopo aver ascoltato questa discussione – che saremo in grado di mantenere un saggio equilibrio.

Per concludere, vorrei ricordare che il miglioramento delle relazioni deve essere inserito nel contesto più generale della creazione di un'Unione per il Mediterraneo e dello sviluppo di una politica europea di vicinato. Non dimenticate che la proposta di potenziare le relazioni con Israele è stata preceduta da un rafforzamento del nostro partenariato con il Marocco, il che ha inviato un forte messaggio politico ai nostri vicini arabi della riva meridionale del Mediterraneo: Ricordo anche che i negoziati con Israele non hanno trascurato l’Autorità palestinese, e che nell’estate del 2008 l'Unione europea e l'Autorità palestinese si sono riunite per istituire nuovi gruppi di lavoro, al fine di accelerare l'attuazione del piano d'azione concordato nel 2005. Vorrei anche ribadire che noi come presidenza ci siamo impegnati a compiere progressi in tutti quelle aree, compresa la politica, che restano un elemento indispensabile delle nostre relazioni con lo Stato di Israele.

E’ questo approccio complessivo che dà un senso al miglioramento delle relazioni con Israele, ed è questo il dialogo politico che renderà possibile, a nostro avviso, garantire che i principi che molti di voi hanno richiamato siano meglio rispettati e difesi e che l'Unione europea svolga un ruolo nella ricerca di una soluzione al conflitto israelo-palestinese.

 
  
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  Günter Verheugen, vicepresidente della Commissione. – (DE) Alla fine di questa discussione, vorrei sottoporre molto brevemente tre aspetti alla vostra considerazione.

In primo luogo, in un dibattito sulla nostra cooperazione con Israele, in cui giustamente si discutono i diritti umani e i problemi umanitari dei palestinesi, non si dovrebbe dimenticare che abbiamo una responsabilità particolare nei confronti di Israele. La nostra politica nei confronti di Israele è determinata non solo da interessi, ma anche dal fatto che la mera esistenza dello Stato di Israele ha qualcosa a che fare con la storia europea e da ciò deriva una nostra particolare responsabilità.

E una seconda conseguenza è che il rapporto di partenariato che ci proponiamo di avere con lo Stato di Israele, o che forse abbiamo già, deve essere affidabile. Chiediamo affidabilità ai nostri partner israeliani e Israele ha il diritto di esigere da noi la stessa affidabilità. E’ stata offerta a Israele la cooperazione in merito a questi progetti e a queste politiche. Può interessarvi sapere che ci sono buone ragioni per cui Israele è stato il primo paese - il primo paese – a cui è stato offerto un piano d'azione nel quadro della politica europea di vicinato. Questo è accaduto nel 2003 e me ne sono occupato personalmente.

L'ultima cosa che vorrei dire è che questi programmi e le politiche di cui stiamo parlando non sono un obiettivo fine a se stesso, ma hanno un profondo significato politico: dimostrare a Israele che si prospetta una cooperazione a lungo termine con l'Europa, una prospettiva di cui Israele avrà bisogno una volta concluso il conflitto. E Israele ne ha bisogno, in primo luogo per poter porre fine al conflitto stesso. L'altra cosa è che queste iniziative, per quanto piccole possano essere, contengono un gran numero di aspetti che ci permettono di promuovere progetti bilaterali e trilaterali. Sono stato di recente in Giordania, Israele e Palestina, a parlare di un’iniziativa che ci permetterebbe di tracciare una politica per le piccole e medie imprese in un contesto trilaterale. Abbiamo anche progetti bilaterali di ricerca. Ciò significa che abbiamo uno strumento quadro che ci permette di andare di là delle frontiere e raggiungere proprio quello che vogliamo: la cooperazione e la normalità in quest’area di crisi.

Mi astengo dal trarre qualsiasi conclusione su quello che ho appena detto. Vi chiedo solo di prenderlo in considerazione nelle vostre decisioni future.

 
  
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  Véronique De Keyser, relatore. - (FR) Signor Presidente, vorrei rispondere prima di tutto al commissario Verheugen. Egli ha detto, giustamente, che abbiamo una responsabilità particolare nei confronti di Israele.

Abbiamo assunto collettivamente questa responsabilità, ed è importante. Inoltre, è proprio perché abbiamo questa responsabilità nei confronti di Israele che, ne converrà, abbiamo una responsabilità almeno pari per quanto riguarda la situazione dei palestinesi di oggi.

Signor Presidente in carica del Consiglio Jouyet, condividiamo gli stessi obiettivi, e lei a buon diritto ha elencato tutta una serie di importanti questioni che devono essere risolte a lungo, medio o breve termine. E’ significativo che lei abbia descritto la situazione a casa come un’urgenza, utilizzando proprio la parola “urgenza.” Abbiamo chiesto un differimento. Con ciò, stiamo dando noi stessi il tempo di vedere se questa urgenza viene davvero presa in considerazione. Lei ritiene – e ha tutto il diritto di avere questa opinione – che l’intensificazione dei rapporti con Israele renderà più facile i negoziati. Vorrei solo che fosse vero, ma non ne vedo alcuna prova, e da Annapolis in poi siamo stati in ogni caso in trattative per più di un anno. Come sapete, le risorse del Parlamento sono molto ridotte.

Stiamo utilizzando i mezzi che abbiamo per inviare un segnale amichevole a Israele, esortandolo a muoversi. Purtroppo ieri non ho sentito dal ministro Livni la minima indicazione che questo accadrà. Sono in attesa e spero.

Vorrei anche ringraziare l’onorevole Hybášková – che non era presente quando ho iniziato a parlare – e dirle che lei è stata un partner esemplare, fedele ai suoi impegni, come noi lo saremo ai nostri, ed io non consento ai deputati che hanno messo in dubbio la pertinenza dei diritti umani come base per la decisione odierna di farci credere che hanno ragione. Questo è inaccettabile! Per quanto riguarda le accuse di antisemitismo e le altre critiche che ho già sentito oggi, e che, devo mettervi in guardia, si sentono sempre più spesso, ancora una volta ripeto: è un qualcosa di indegno del Parlamento europeo!

Perché in questo Parlamento europeo dobbiamo essere sospettati di tatticismi quando si parla di diritti umani? Se è vero che questi diritti siano stati violati, allora la questione è urgente.

Mi attengo agli impegni che abbiamo preso con i nostri partner politici in materia di politica estera. A mio avviso, sono ancora validi, ma credo che, realisticamente, il momento non sia giusto. Abbiamo fatto gesti di apertura nei confronti di Israele. Continueremo a farli, naturalmente. Ma la nostra preoccupazione per la sorte dei palestinesi rimane vivissima.

(Applausi)

 
  
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  Presidente. − La discussione è chiusa.

Comunico di aver ricevuto una proposta di risoluzione(1) per concludere il dibattito ai sensi dell’articolo 103, paragrafo 2, del regolamento.

La votazione sulla relazione dell’onorevole De Keyser e la votazione sulla proposta di risoluzione si svolgeranno nel corso di una successiva tornata.

Dichiarazioni scritte (articolo 142 del regolamento)

 
  
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  Bairbre de Brún (GUE/NGL), per iscritto. – (GA) Sarebbe un segnale negativo se l'Unione europea dovesse migliorare le relazioni con Israele proprio in questo momento. Dimostrerebbe che l'Unione europea è disposta a ignorare le importanti, continui e persistenti violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale.

Sarebbe quasi come dire che l'Unione europea concede a Israele la libertà di continuare le sue attività illegali e repressive, la forzata delocalizzazione della popolazione, gli assassinii extragiudiziali, l'occupazione della Palestina e la costruzione di un muro e di insediamenti illegali.

Dobbiamo esercitare il massimo della pressione possibile su Israele affinché questo ottemperi alle sue promesse in osservanza del diritto internazionale e delle risoluzioni delle Nazioni Unite. Oggi, come deputati provenienti da tutta Europa, noi dobbiamo inviare un forte messaggio a Israele per far loro sapere che ne abbiamo avuto abbastanza.

Nel 2002 il Parlamento europeo ha votato per sospendere l'accordo di associazione tra Unione europea e Israele a causa delle gravi violazioni dei diritti umani da parte di Israele. Nonostante ciò, si parla ora della partecipazione di Israele a un programma comunitario che si occupa di competitività e innovazione economica, anche se Israele sta deliberatamente distruggendo l'economia e le infrastrutture di Gaza.

Accolgo con favore la decisione di annullare il voto sull’approfondimento delle relazioni tra l'Unione europea e Israele.

 
  
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  Athanasios Pafilis (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) La proposta del Consiglio di concedere un trattamento preferenziale e di incrementare la già intensa cooperazione tra l'Unione europea e Israele – a prescindere dal fatto che la votazione del Parlamento europeo su di essa è stata rimandata – è in qualunque modo la si guardi una sfida nei confronti dei cittadini europei e di tutte le nazioni del mondo, un insulto per le migliaia di vittime della barbarie di Israele.

La proposta perpetua di fatto l’apartheid israeliano e premia l’enorme quantità di violazioni delle norme internazionali e dei diritti umani del popolo palestinese commesse da Israele, l'occupazione della striscia di Gaza, della Cisgiordania e di Gerusalemme est, il proseguimento della costruzione del muro della vergogna e degli insediamenti di massa, e ignora le risoluzioni delle Nazioni Unite che condannano Israele nonché la risoluzione approvata nel 2002 dal Parlamento europeo in merito alla sospensione dell’accordo di cooperazione tra l'Unione europea e Israele.

Anche se Israele ha mantenuto per sessant’anni la stessa politica nei confronti del popolo palestinese, e malgrado la condanna dei paesi e delle Nazioni Unite, è stata presentata una proposta provocatoria che ci suggerisce di chiudere un occhio sulla palese violazione dei diritti umani da parte delle forze di occupazione israeliane.

Ciò dimostra ancora una volta che, nella sua ipocrisia per quanto riguarda il rispetto dei diritti umani, l'Unione europea sta usando due pesi e due misure nella propria politica, a seconda dei propri interessi in ogni caso particolare.

 
  
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  Marian Zlotea (PPE-DE), per iscritto. – (EN) L’approvazione della proposta di accordo di vicinato con lo Stato di Israele includerebbe Israele in alcuni programmi comunitari nel quadro della politica europea di vicinato (PEV), intesa a promuovere le riforme e la stabilità negli Stati contigui all'Unione europea. Progettato per entrare in vigore immediatamente, questo accordo richiederebbe a Israele di fornire contributi finanziari per il bilancio dell'Unione europea, in cambio della partecipazione ad alcuni programmi comunitari. Tale accordo sarà soggetto a revisione ogni tre anni dopo la sua approvazione da entrambe le parti. Il sostegno a questo accordo di vicinato si fonderebbe sull'attuale accordo di associazione e rappresenterebbe un passo avanti verso una cooperazione rafforzata in ambito commerciale e un progresso verso la realizzazione del processo di pace israelo-palestinese.

Alla luce della recente visita presso il Parlamento europeo del ministro degli Esteri israeliano, che ha auspicato il rafforzamento politico delle relazioni tra Unione europea e Israele, e dell'attuale piano d'azione appena completato dall’Alto rappresentante, l'approvazione di questo accordo di vicinato porterebbe benefici a ciascuna delle parti, migliorando la comprensione dell’altra parte e accelerando l'avvento della pace e della stabilità in Medio Oriente e nel Mediterraneo.

 
  

(1) Vedasi processo verbale.


16. La strada verso il miglioramento dell'ambiente per le PMI in Europa - Normativa sulle piccole imprese (NPI) (discussione)
Video degli interventi
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  Presidente. − L’ordine del giorno reca la discussione sull’interrogazione orale al Consiglio sulla strada verso il miglioramento dell’ambiente per le PMI in Europa – Normativa sulle piccole imprese presentata dall’onorevole Fontaine e dall’onorevole Chichester a nome del gruppo PPE-DE, e dall’onorevole Herczog, a nome del gruppo PSE (O-0113/2008 – B6-0485/2008).

 
  
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  Edit Herczog, autore. − (EN) Signor Presidente, tutti noi qui in Parlamento abbiamo accolto favorevolmente il risultato raggiunto negli ultimi cinque anni dalla Commissione, in particolare dal commissario Verheugen, insieme con il Parlamento europeo e con le imprese europee. Il risultato è un cambiamento dell’impostazione nei confronti delle imprese europee, un risultato che ora ha un nome: il principio “Pensare prima in piccolo”, sancito nella normativa sulle piccole imprese. Dobbiamo lavorare su questa legge.

L'attuale crisi economica sottolinea la necessità di adottare il prima possibile la normativa sulle piccole imprese. I 23 milioni di imprese europee e i due terzi dei lavoratori europei coinvolti hanno bisogno di un messaggio inequivocabile: il cambiamento insito nella trasposizione legislativa del principio “Pensare prima in piccolo” è una vera e propria base per il nostro lavoro e comportamento in futuro.

Il primissimo segnale che stiamo dando è la prova “piccola PMI”. Pertanto, vista la necessità di un messaggio privo di ambiguità, siamo rimasti molto dispiaciuti che il Consiglio non abbia dato carattere vincolante alle disposizioni della normativa sulle piccole imprese.

Ci auguriamo davvero che nel corso del Consiglio europeo della prossima settimana si torni su questa richiesta e che i primi ministri degli Stati membri diano un certo carattere vincolante a questa normativa sulle piccole imprese. Comunque accogliamo con favore la decisione del Consiglio sulle azioni prioritarie. Riteniamo che sia molto importante pensare anzitutto in piccolo al fine di migliorare l'accesso ai finanziamenti, semplificare l’ambiente normativo e agevolare l'accesso al mercato.

Chiediamo alla Commissione e al Consiglio di agire di concerto. C’è bisogno di una risposta maggiormente europea. Una risposta da parte di più paesi può essere molto efficace, ma può portare a divergenze invece che alla coesione che vogliamo, e che è alla base dell'idea europea. Pertanto è fondamentale che la Commissione migliori le procedure di rendicontazione annuale da parte degli Stati membri con l’ausilio della tabella di valutazione di Lisbona e mi chiedo se il Consiglio sia pronto per questo.

I cittadini europei, gli imprenditori e i lavoratori hanno bisogno di idee, ma hanno bisogno anche di qualcosa in più. Hanno bisogno di innovazione delle nostre procedure, ma anche questo non sarà sufficiente. Hanno bisogno di azione, ma anche allora non sarà abbastanza. Abbiamo bisogno di produrre risultati sulla base delle nostre idee: innovazione e azioni. Dovete muovervi in questa direzione. Il Parlamento vi sosterrà in questo.

 
  
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  Nicole Fontaine, autore. – (FR) Signor Presidente, signor Presidente in carica del Consiglio Jouyet, Commissario Verheugen, onorevoli colleghi, il nostro gruppo sostiene con entusiasmo il progetto di normativa sulle piccole imprese presentato dalla Commissione lo scorso giugno.

E’ vero che fino dal 2000 sono state avviate iniziative per le piccole e medie imprese – mi viene in mente in particolare l'eccellente lavoro dell'onorevole Vlasto sulla Carta delle piccole e medie imprese – iniziative che sono state accolte con favore ma ritenute insufficienti, dal momento che troppo spesso rimangono solo dei pii desideri.

Oggi abbiamo bisogno di andare oltre. La grave crisi economica che affligge i nostri paesi, con conseguenze particolarmente preoccupanti per le piccole e medie imprese, ci sprona a un necessario incoraggiamento. A questo proposito, la normativa sulle piccole imprese fa parte di un’impostazione nuova che è decisamente stimolante.

Tra poche settimane, prenderemo in esame la relazione dell'onorevole Herczog sulla comunicazione della Commissione, ma oggi, presentando questa interrogazione orale, abbiamo scelto di chiamare in causa il Consiglio.

Signor Presidente in carica del Consiglio Jouyet, abbiamo preso atto con interesse delle conclusioni approvate ieri dal Consiglio “Competitività” e vorremmo sapere se il Consiglio europeo dell’11 e 12 dicembre intenda riprendere queste conclusioni e adoperarsi per un rapido recepimento del generale principio guida “Pensare prima in piccolo” nella legislazione degli Stati membri.

Ci auguriamo che il Consiglio proceda sulla base del piano d'azione che è collegato a quel principio, accompagnato da misure concrete. A questo proposito, e nel breve tempo mi è stato assegnato, vorrei sottolineare tre settori in cui abbiamo bisogno di una guida forte.

In primo luogo, sistematiche valutazioni d'impatto e regolari interventi supplementari, monitorati da parte del Parlamento europeo, sulla situazione di recepimento della normativa sulle piccole imprese negli Stati membri. In secondo luogo, l'accesso agli appalti pubblici. Il Codice di buona condotta non ha alcuna autorità vincolante; insieme abbiamo bisogno di essere più creativi, più inventivi e di proporre misure adeguate e concrete, che aprano realmente questi contratti alle piccole e medie imprese. Infine, l'accesso ai finanziamenti, che nell’attuale congiuntura è più importante che mai.

Le sue proposte sono valide, signor Presidente in carica del Consiglio Jouyet: dovrebbero includere anche un sostegno per l'offerta. Non c'è tempo da perdere. La prego di rassicurarci sulle intenzioni del Consiglio.

 
  
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  Jean-Pierre Jouyet, presidente in carica del Consiglio. – (FR) Signor Presidente, onorevole McMillan, Commissario Verheugen, onorevoli deputati, come avete sottolineato, onorevoli deputati, lunedì il Consiglio ha adottato delle conclusioni sulla normativa europea sulle piccole imprese per l’Europa, proposta dalla Commissione. Tale normativa rappresenta un forte impegno politico nei confronti dei 23 milioni di piccole e medie imprese. Come l'onorevole Fontaine ha sottolineato, questa è anche un’importante risposta alla crisi economica che stiamo attraversando. Ecco perché ritengo, insieme con il ministro Novelli – il quale si rammarica di non poter essere qui con noi – per rassicurare l'onorevole Fontaine e l’onorevole Herczog, che il Consiglio europeo esprimerà un forte sostegno politico per gli obiettivi della normativa sulle piccole imprese.

Come avete sottolineato, la normativa sulle piccole imprese non può risolvere tutti gli attuali problemi economici, ma dovrebbe garantire che vengano adottate misure essenziali per affrontare la crisi finanziaria e il conseguente rallentamento dell'economia. Questo è il motivo per cui lunedì abbiamo adottato anche un piano d'azione che impegna gli Stati membri a mettere in atto queste misure urgenti. Si tratta di un documento molto significativo e la presidenza francese ne è particolarmente soddisfatta. L’onorevole Fontaine ha dato una buona descrizione delle raccomandazioni in esso contenute.

In primo luogo, dobbiamo prendere in esame il problema del finanziamento delle PMI. Da questo punto di vista, dobbiamo lodare l'impegno della Banca europea per gli investimenti pari a 30 miliardi di euro, che tra il 2008 e il 2011 verranno immessi nel sistema. Al di là di questo, però, dobbiamo anche adoperarci per un riesame della direttiva sui ritardi di pagamento, in modo da alleviare i problemi di flusso di cassa delle imprese. La normativa sulle piccole imprese e il piano d'azione si ripropongono di garantire che le piccole e medie imprese vengano pagate entro trenta giorni. Non so se questo obiettivo potrà essere raggiunto, ma sono convinto che questa sia la direzione da seguire. Riducendo i ritardi di pagamento si intende agevolare il flusso di cassa delle PMI, in un momento in cui in Europa un problema di solvibilità su quattro è causato dagli eccessivi ritardi nei pagamenti.

Rafforzare il mercato del capitale di rischio è un altro fattore importante poiché, come sapete, questo mercato è troppo ristretto in Europa rispetto agli Stati Uniti. Abbiamo l'intenzione di istituire un meccanismo europeo per i capitali di rischio, nonché il riconoscimento dei fondi di capitale di rischio tra gli Stati membri.

L’altra nostra priorità, come avete sottolineato, onorevoli deputati, è la semplificazione. Le piccole e medie imprese soffrono anche più delle grandi imprese per la burocrazia e i vari obblighi amministrativi che sono tenute ad adempiere. E’ per questo motivo che dobbiamo attuare e applicare il principio “Pensare prima in piccolo”, che consiste nel tener conto degli interessi delle PMI in tutta la legislazione dell’Unione.

Abbiamo inoltre la speranza di introdurre un sistema di test per le piccole e medie imprese, e vi posso assicurare che delle valutazioni d'impatto saranno effettuate e rese pubbliche per ogni testo comunitario riguardante le piccole e medie imprese. Sarebbe auspicabile che gli Stati membri facessero lo stesso. In aggiunta, ci impegniamo a non chiedere più volte alle piccole e medie imprese le stesse informazioni: in altre parole, cercheremo di fare tutto in un’unica soluzione.

Per quanto riguarda il finanziamento e la semplificazione, vi sono misure più significative. Le PMI devono poter beneficiare pienamente del mercato unico e in particolare dalla possibilità di esportare. Questo è il motivo per cui l'adozione di uno statuto della società europea permetterà anche alle piccole e medie imprese – con la creazione di loro filiali nei diversi mercati europei – di ottenere maggiori benefici da questo mercato.

Per rispondere alle domande che sono state poste, e alla luce della richiesta formulata dal Consiglio “Competitività” al Consiglio europeo, il Consiglio, al suo più alto livello, e la Commissione si sono impegnati a monitorare da vicino questo piano d'azione, in particolare nel contesto dei programmi nazionali di riforma che accompagnano il processo di Lisbona.

Siamo davvero molto soddisfatti dell’impulso che il piano d'azione di lunedì scorso è stato in grado di dare a questo lavoro. E’ infatti convinzione del Consiglio che la politica per le PMI sia uno dei settori chiave della nostra lotta comune contro la crisi economica e per una rapida ripresa economica dell'Unione europea.

 
  
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  Günter Verheugen, vicepresidente della Commissione. – (DE) Signor Presidente, onorevoli deputati, all'inizio della crisi – e siamo all'inizio di una crisi – il problema del futuro delle nostre piccole e medie imprese in Europa è diventato ancora più importante. Dobbiamo perciò riconoscere molto chiaramente un fatto: gli effetti di questa crisi saranno più evidenti per le piccole e medie imprese rispetto a quelle di maggior dimensione, e questo semplicemente perché le imprese più piccole non hanno alcuna base di capitale che permetta loro di superare un più lungo periodo di difficoltà.

Ciò significa quindi che è essenziale inviare un segnale segnale forte e chiaro alle piccole e medie imprese europee. Sono pertanto molto grato al presidente Jouyet e alla presidenza francese per il generoso sostegno che hanno dato alla normativa sulle piccole imprese, e ringrazio gli onorevoli Herczog e Fontaine per aver preso qui l'iniziativa di discutere questo problema.

E’ un fatto importante, perché si attende con entusiasmo il Consiglio europeo della prossima settimana. I popoli europei nelle prossime settimane guarderanno ai capi di Stato e di governo e si aspetteranno da loro una risposta a questi interrogativi: “Come superare questa crisi? Come mantenere la nostra prosperità? Come mantenere i nostri posti di lavoro? Come possiamo mantenere la nostra sicurezza?”. In Europa, anche 23 milioni di piccole e medie imprese guarderanno a Bruxelles in attesa di una risposta da parte dei capi di Stato e di governo. Ecco perché sono molto lieto che il ministro Jouyet abbia appena detto che il sostegno da parte del Consiglio europeo sarà forte e chiaro. E senza dubbio concordiamo entrambi sul fatto che ciò significa che, nelle conclusioni, troveremo sicuramente più di un paio di accenni su questo argomento. Ne sono molto lieto.

A dire la verità questa politica è solo agli inizi. Il Parlamento europeo deve svolgere un ruolo molto importante al proposito. Perché anche in questo caso è giusto dire che le parole sono una cosa, ma quello che conta sono i fatti, e mi riferisco soprattutto alle misure per le piccole e medie imprese a livello nazionale, regionale e anche locale. Dobbiamo garantire che i principi alla base dell’Europa vengano applicati negli Stati membri e in tutti i nostri paesi.

Le piccole e medie imprese non sono dei mendicanti ma il nucleo centrale della nostra economia europea. Solo se forniremo loro le condizioni quadro di cui ora hanno bisogno, esse saranno in grado di svolgere il loro compito all'interno della nostra economia europea.

 
  
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  Giles Chichester, a nome del gruppo PPE-DE. – (EN) Signor Presidente, considerata l’importanza che le piccole imprese rivestono nell’economia per l'occupazione e la creazione di posti di lavoro, l'imprenditoria e la creazione di ricchezza, l’innovazione, i nuovi prodotti e i nuovi servizi, questa per noi è un’ottima occasione di fare qualcosa per incrementare i loro sforzi in tempi difficili. A livello di Unione europea si manifesta una tendenza verso un sempre maggior entusiasmo per il potenziale e le prestazioni delle piccole e medie imprese. In effetti, sarebbe piuttosto difficile considerarle negativamente. Tuttavia, la motivazione di questa domanda e la spinta per una risoluzione risiedono nel fatto che dobbiamo andare oltre la retorica e che dobbiamo dar vita a un concreto intervento.

Una delle priorità individuate è la necessità di migliorare l'accesso ai finanziamenti per le piccole e medie imprese. Si tratta di un’annosa richiesta, poiché il problema si presenta da molto tempo. Ma ora, con la crisi finanziaria, quando il blocco del credito colpisce tutte le imprese, la situazione è certo peggiore per le piccole e medie imprese, che tendono ad essere gli ultimi anelli della catena per quanto riguarda gli ordini e i pagamenti. Pertanto sostengo con forza la richiesta di maggiore disponibilità al finanziamento e al credito. Il problema è se le banche risponderanno in tal senso.

Sulla base della mia esperienza di lavoro e poi di conduzione di una piccola impresa, so che è molto difficile definire forme di assistenza e di sostegno che possano aiutare tutte le piccole e medie imprese, data la loro natura così variegata. Credo che il miglior tipo di aiuto sia rappresentato dall'accesso alle informazioni e credo che Internet, in tal senso, abbia prodotto un enorme cambiamento rispetto al periodo in cui io mi occupavo di affari.

L’altra cosa importante per le PMI è avere le mani libere per andare avanti con il lavoro. Così, mentre mi rendo conto che non è possibile rinunciare alla regolamentazione, sostengo anche la priorità di una regolamentazione migliore, non da ultimo perché è un qualcosa che i legislatori e i governi possono fare. Appoggio la richiesta di interventi sia da parte della Commissione sia degli Stati membri.

 
  
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  Neena Gill, a nome del gruppo PSE. – (EN) Signor Presidente, le piccole imprese sono fondamentali per la mia regione. Le industrie delle West Midlands accoglieranno con favore il principio del “Pensare prima in piccolo”. Tuttavia, l'attuale crisi finanziaria ha lasciato molte piccole imprese di fronte a gravi difficoltà. Come abbiamo già sentito, queste imprese hanno a che fare con problemi di flusso di cassa e debiti non riscossi, e non possono accedere al credito. Le ultime cifre sull’insolvenza nella mia regione parlano di 500 imprese fallite negli ultimi tre mesi. Pertanto, accolgo con favore il finanziamento della Banca europea per gli investimenti.

Comunque non credo che le proposte fatte finora abbiano un carattere vincolante in misura sufficiente, cosa che potrebbe davvero aiutare il settore delle PMI. Quindi la mia domanda al Consiglio è la seguente: come vi disponete ad affrontare il problema la prossima settimana? Ho sentito ciò che ha detto il Consiglio “Competitività”, ma la cosa importante è che, a meno che le proposte non abbiano un carattere vincolante, in questo momento le proposte non sono veramente di aiuto per le piccole imprese: non è un aiuto farle accedere al mercato o ai finanziamenti.

Credo di sentire da anni che è molto importante che il Consiglio chiarisca come intende ridurre gli oneri amministrativi. Le piccole imprese si trovano davanti costi notevoli. Se le grandi aziende spendono 1 euro per ciascun dipendente, una piccola azienda arriva a spenderne fino a 10.

Infine, vorrei aggiungere solo un’osservazione. Anche se è molto importante gestire le crisi finanziarie, in questo momento occorre fare di più per le piccole e medie imprese, perché esse rappresentano l'economia reale.

 
  
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  Šarūnas Birutis, a nome del gruppo ALDE. – (LT) Le piccole e medie imprese sono il DNA della nostra economia; dovrebbero essere sostenute, rafforzando nel contempo la competitività e i livelli di occupazione in Europa. La normativa sulle piccole imprese è un’iniziativa che oggi necessita del sostegno di tutti i partiti politici. Si tratta di un importante contributo alla piccole e medie imprese europee in considerazione dell’odierna crisi finanziaria ed economica.

Abbiamo qui un progetto di risoluzione che riflette le preoccupazioni del Parlamento europeo e gli obblighi del Consiglio.

Dobbiamo fare uno sforzo perché la normativa sulle PMI venga effettivamente attuata in tutti gli Stati membri. Ciò richiede che venga inserita nei piani d'azione nazionali e negli atti di legge, e che negli Stati membri venga introdotto un sistema di monitoraggio di questa legge.

Dobbiamo dotarci di ulteriori provvedimenti per garantire che la normativa sulle PMI non subisca la triste sorte della Carta europea per le piccole e medie imprese. Dobbiamo capire che i documenti di orientamento spesso si impolverano sugli scaffali dei burocrati e, in definitiva, non producono l’effetto desiderato.

I crediti d'imposta e gli incentivi perle nuove imprese, il microcredito, le garanzie di credito, il capitale di rischio, la fornitura di informazioni e consulenza gratuite, la continua valorizzazione dell'immagine e dell'autorità dell’imprenditore, ecc.

Il fine giustifica i mezzi: ma richiede impegno e coraggio. Non ho alcun dubbio che l'attuazione a livello comunitario della normativa sulle piccole imprese scongiurerà il declino economico e sociale in Europa e allevierà le conseguenze della crisi finanziaria.

 
  
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  Corien Wortmann-Kool (PPE-DE). - (NL) Prima di tutto vorrei rendere omaggio alla presidenza francese per la sua sollecitudine nel trarre le giuste conclusioni da questa normativa sulle piccole imprese, in modo che le cose possono muoversi davvero. Noi in questo Parlamento abbiamo immediatamente risposto a questa sollecitazione modificando la procedura. Dopo tutto, in questa crisi economica, dobbiamo impegnarci a fare davvero di tutto per le PMI europee, poiché esse rappresentano la vera raison d’être della normativa sulle piccole imprese.

Dobbiamo fare un uso di gran lunga migliore del potenziale degli imprenditori in Europa. In particolare, vorrei richiamare oggi la vostra attenzione sull'imprenditoria femminile, perché costituisce uno strano paradosso. Le donne sono molto più abili negli affari, ed è molto meno probabile che un’imprenditrice dichiari fallimento, o almeno questo indicano i dati.

Nonostante questo, è ancora molto più difficile per le donne imprenditrici ottenere il credito necessario per avviare un'impresa. Bisogna rendere più agevole questo passaggio, poiché è disperatamente necessario. Ciò significa che le donne imprenditrici devono usufruire di un migliore accesso ai finanziamenti e alle risorse esistenti.

Il microcredito è inoltre un mezzo importante per migliorare la situazione economica e l'indipendenza delle donne, non ultime le donne appartenenti a gruppi minoritari. Nell’attuale crisi creditizia, visto che le banche sono meno inclini a concedere un credito, è diventato molto più difficile accedere al microcredito, e questo è un altro motivo per cui è importante che siano disponibili le garanzie della Banca europea per gli investimenti, proprio a sostegno del microcredito e dell’imprenditoria femminile.

E’ importante che le donne siano in grado di avviare le proprie piccole imprese, in modo da destreggiarsi al meglio tra il lavoro e la famiglia. Questo è molto importante anche per il gruppo del Partito popolare europeo (Democratici-cristiani) e dei Democratici europei. Accolgo con favore il fatto che le conclusioni del Consiglio menzionino già esplicitamente l'imprenditorialità femminile. Continuate così, mi permetto di dire.

 
  
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  Silvia-Adriana Ţicău (PSE).(RO) Attendiamo con interesse l'adozione del quadro giuridico europeo per le piccole e medie imprese. Il piano di ripresa economica dell'Unione europea creerà nuove fonti di finanziamento per le piccole e medie imprese.

La riduzione degli oneri amministrativi, il finanziamento della formazione professionale e la creazione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione sono misure che serviranno a proteggere i posti di lavoro e a promuovere l'imprenditorialità. La Banca europea per gli investimenti metterà a disposizione 30 miliardi di euro per finanziare i prestiti richiesti dalle piccole e dalle medie imprese. Tuttavia, ritengo che tale importo non sia sufficiente.

Credo che in questo momento di crisi sia necessario adottare le seguenti misure d’urgenza: le procedure per la concessione di aiuti di Stato dovrebbero essere semplificate; il lasso di tempo per la creazione di una società dovrebbe essere limitato a tre giorni, e l'accordo con le istituzioni pubbliche per i pagamenti dovuti alle piccole e dalle medie imprese dovrebbe garantire un termine massimo di 30 giorni.

Accolgo con favore la proposta della Commissione per promuovere l'uso della fatturazione elettronica, un investimento stimato a 18 miliardi di euro. E’ sempre più evidente la necessità di sviluppare cluster competitivi, basati su imprese che investono nella ricerca e nello sviluppo di nuove tecnologie.

 
  
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  Dominique Vlasto (PPE-DE).(FR) Signor Presidente, Ministro Jouyet, Commissario Verheugen, sappiamo tutti che le PMI costituiscono la spina dorsale dell'Unione europea, perché impiegano più del 70 per cento della forza lavoro dell’UE e rappresentano il 99 per cento delle imprese europee.

Come abbiamo già sentito, ora questi milioni di piccole e medie imprese sono preoccupati e minacciati dalla crisi finanziaria che sta erodendo il potere d'acquisto e la fiducia delle famiglie, e si ripercuote quindi sugli ordinativi. Il flusso di cassa delle PMI è dunque in pericolo e allora dobbiamo impegnarci a sostenere le loro attività, facendo in modo che le banche garantiscano un effettivo accesso ai finanziamenti necessari, cosicché le piccole e medie imprese possano rimanere in vita.

Questa è l'essenza delle conclusioni del Consiglio “Competitività” del primo dicembre, al quale il ministro Jouyet ha fatto riferimento, e del piano di ripresa adottato dal ministri delle Finanze europei. E’ essenziale assumere le esigenze delle piccole e medie imprese come una priorità politica dell'Unione europea; accolgo con favore il piano d'azione a sostegno della normativa sulle piccole imprese. Esso riflette il desiderio di garantire l'applicazione del principio guida di priorità delle piccole imprese, vale a dire le PMI europee.

Tuttavia, come ha detto il commissario, e come tutti conveniamo, il Consiglio ha bisogno di unirsi alle altre istituzioni europee affinché tale principio possa venire tradotto in realtà; dobbiamo andare oltre le parole e agire per la sua attuazione in tutte le politiche e in tutti i programmi europei.

Possiamo dire, comunque, che questo piano d'azione è una risposta all'urgenza della situazione. Ministro Jouyet, vorrei cogliere questa occasione per rendere omaggio alla presidenza francese per la sua solerzia che ha fatto sì che le intenzioni venissero rapidamente trasformate in atti concreti.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. MARTÍNEZ MARTÍNEZ
Vicepresidente

 
  
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  Juan Fraile Cantón (PSE).(ES) Signor Presidente, ho chiesto la parola per congratularmi con la Commissione per questa iniziativa, che rappresenta un importante passo in avanti per eliminare la burocrazia e gli altri ostacoli che le piccole e medie imprese devono affrontare ogni giorno.

Il piano sottolinea l'importante ruolo che le PMI rivestono nell'economia europea. Come è già stato sottolineato, non dobbiamo dimenticare che nell'Unione europea operano circa 23 milioni di piccole e medie imprese, che generano il 70 per cento dei posti di lavoro e coprono tutti i settori di attività.

Il piano d'azione per abbattere gli oneri amministrativi si è prefissato l'obiettivo di ridurli del 25 per cento entro il 2012. Non possiamo tollerare il fatto che l'attuale legislazione generi oneri amministrativi con un costo stimato nel 2006 al 3,5 per cento del prodotto interno lordo europeo. Questo ambizioso obiettivo fa parte di una più ampia politica commerciale che mira a facilitare l'accesso ad altri mercati per le nostre PMI, a migliorare il loro potenziale di crescita e a incoraggiarne lo spirito d'impresa.

E’ un'ottima idea aiutare le piccole e medie imprese a sviluppare le loro attività al di là dei nostri confini. Inoltre, una procedura comune per la creazione di imprese nell’Unione europea le aiuterà a stabilire succursali in altri Stati membri dell'Unione e a beneficiare delle opportunità offerte dal mercato unico.

La mia ultima osservazione è che oggi la finanza costituisce il problema principale per le nostre PMI. Accogliamo quindi con favore la proposta della Banca europea per gli investimenti di diversificare gli strumenti di sostegno alle piccole e medie imprese, al fine di semplificarne l'uso e di espanderne il campo di applicazione.

 
  
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  Jacques Toubon (PPE-DE).(FR) Ministro Jouyet, quando l’onorevole Fontaine ha presentato la sua interrogazione, il Consiglio aveva già risposto. Questo è un evento tanto raro da essere degno di nota.

In effetti, 48 ore fa, il Consiglio “Competitività” ha esaminato e appoggiato il piano presentato dalla Commissione nel mese di luglio, mentre il nostro Parlamento lo stava ancora vagliando. Questo è un successo innegabile del Consiglio sotto l’egida della presidenza francese: vorrei ringraziarla, Ministro Jouyet, e rendere omaggio al buon lavoro che lei e i suoi colleghi avete svolto, in particolare il ministro Novelli.

Il successo del Consiglio è particolarmente degno di nota perché il piano della Commissione lo incaricava di elaborare un piano d’azione, sulla base dei principi in esso indicati e fissando degli obiettivi per i prossimi 3, 5 e 10 anni.

Mi rendo conto che, in termini pratici, quello che dobbiamo fare adesso è tenere conto degli interessi delle PMI prima di ogni atto legislativo e di ogni provvedimento. Lo faremo con la società privata europea, con la direttiva sui ritardi dei pagamento e, mi auguro, con i tagli alle aliquote IVA, e così via.

Tuttavia, per concludere, vorrei dire semplicemente che soprattutto le piccole e medie imprese non devono venire ghettizzate: in altre parole, le norme per le piccole e medie imprese che stiamo introducendo non devono essere così particolari da finire per creare un handicap. Sono d'accordo con quanto ha appena detto l'onorevole Vlasto. E’ evidente che nella situazione attuale, quando quelle imprese hanno un tale bisogno di finanziamento e ottenere fondi è così difficile, non dobbiamo prendere misure in loro nome, per esempio esenzioni in materia di garanzie contabili che riducano i crediti a loro disposizione e pertanto impediscano loro di avere i mezzi per operare.

E’ per questo motivo che le piccole e medie imprese non vanno considerate come sotto-imprese. Devono essere imprese come le altre, di vitale importanza per l'economia europea.

 
  
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  Pierre Pribetich (PSE).(FR) Signor Presidente, l'obiettivo finale e dichiarato della normativa sulle PMI consiste nel riconoscere il ruolo fondamentale che svolgono e nel sostenerle appieno nell’affrontare quei problemi che possono ostacolarne la crescita.

Le piccole imprese, come sapete, svolgono un ruolo cruciale nel panorama economico europeo. Questo prezioso sostegno per la creazione di imprese, per lo spirito d'impresa in Europa, è sancito dal principio introdotto dalla Commissione: “Pensare prima in piccolo.”

Chi può mai opporvisi? Che cosa significa? Questo ambizioso progetto interessa ora il 99 per cento di tutte le imprese. Sono due le cose più importanti in ogni impresa che non figurano nel suo stato patrimoniale: la reputazione e le persone.

Perché ho scelto di citare Henry Ford? Per dire che mentre ci accingiamo a rendere la vita più facile per le PMI, i lavoratori restano al centro delle imprese e che le piccole imprese devono anche rappresentare un’occasione per valorizzare il ruolo dei dipendenti nella gestione delle imprese stesse. Infatti, la normativa sulle piccole imprese dovrebbe portare una ventata di aria fresca all'interno di queste società grazie a un migliore riconoscimento della loro posizione, tenendo maggiormente conto delle loro aspirazioni e non permettendo in nessun caso interpretazioni "blande" per quanto riguarda il diritto al lavoro.

 
  
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  Zita Pleštinská (PPE-DE). – (SK) In un momento di crisi finanziaria, i pronunciamenti energici non sono sufficienti ma devono essere seguiti da azioni concrete. In questo momento critico, dobbiamo dare alle piccole e medie imprese l’accesso alle risorse finanziarie, in modo che possano svolgere le loro attività innovative, al fine di aumentare la loro sofisticazione tecnologica e, insieme a essa, la loro competitività.

In questo settore, è necessario rafforzare il programma di microcredito e il fondo per il capitale di rischio. È necessario creare le condizioni per gli investimenti in infrastrutture tecniche per la ricerca, lo sviluppo e l'innovazione, collegati alle piccole e le medie imprese. Per questo motivo accolgo con favore il pacchetto di 30 miliardi di euro di prestiti per le piccole e medie imprese approvato dal Consiglio Ecofin.

Attualmente sto preparando una relazione sulla normativa relativa all'introduzione di prodotti da costruzione nel mercato. Sto collaborando molto intensamente con le piccole e medie imprese, e credo che sarò in grado di preparare un efficace strumento legislativo a loro vantaggio.

 
  
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  Ewa Tomaszewska (UEN). (PL) Le piccole e medie imprese devono rispettare la legge come tutte le altre, anche se di norma non sono in grado di assumere un avvocato o consulenti finanziari altamente qualificati. Allo stesso tempo, le piccole e medie imprese sono quelle che creano il maggior numero di posti di lavoro. Ecco perché è così importante sostenere questo settore semplificando la normativa vigente in merito, offrendo formazione e operando in altre maniere ancora. In un momento di crisi è particolarmente importante rendere più facile l’accesso al credito. Forse il Fondo di solidarietà potrebbe aiutare a garantire tali crediti. Sostengo l'adozione della Carta europea per le piccole imprese e mi congratulo con la presidenza francese.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL).(PT) Signor Presidente, le urgenti misure di sostegno per le microimprese, le piccole e le medie imprese richiedono un cambiamento sostanziale nelle politiche messe in atto per creare un clima a loro favorevole: in particolare attraverso il miglioramento del potere d'acquisto della popolazione e, soprattutto, delle retribuzioni dei lavoratori.

Tuttavia, annunciare provvedimenti e aprire linee di credito non è abbastanza. Questo sostegno deve raggiungere effettivamente le microimprese, le piccole e le medie imprese e non deve venire inghiottito dalla burocrazia. Non dobbiamo accontentarci solo di un sostegno a poche medie imprese e dimenticare le microimprese e le piccole imprese che svolgono un ruolo fondamentale per l’attività economica e per l’occupazione dei lavoratori, i diritti dei quali devono essere garantiti durante tutto questo processo.

 
  
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  Jim Allister (NI) . – (EN) Signor Presidente, il titolo di questa interrogazione parla di migliorare l'ambiente per le piccole e medie imprese. Vorrei suggerire che, se l'Unione europea vuole davvero aiutare, piuttosto che indulgere in prevedibili retoriche, c’è da fare qualcosa di significativo e di immediato. Perché, durante l'attuale crisi globale, non avviare una “vacanza normativa” per le piccole e medie imprese? Rispettare la puntigliosa normativa dell’Unione europea è uno sforzo così grande, così oneroso e così costoso da impastoiare la produttività e la prosperità nell’Unione europea. Il costo è insostenibile. Ammonta a miliardi di euro all'anno. Con un colpo solo, con una “vacanza normativa”, le imprese potrebbero risparmiare ogni anno miliardi di euro e avere la possibilità di crescere.

 
  
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  Paul Rübig (PPE-DE). - (DE) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, ho una domanda per il commissario Verheugen: la Commissione è pronta a preparare una base giuridica per una previsione di bilancio per il 2009 o il 2010? La seconda domanda è: sarebbe possibile dare priorità a piani d'azione che stanno diventando sempre più probabili alla luce della crisi finanziaria, anche in ragione dell'attuale necessità di un sostegno per le PMI, considerato che proprio adesso, in conseguenza della crisi finanziaria, questa normativa sulle piccole imprese è diventata particolarmente importante? Ci può dare una previsione sulla possibilità di avviare un programma di intervento immediato in questo settore?

 
  
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  Jean-Pierre Jouyet, presidente in carica del Consiglio.(FR) Signor Presidente, vorrei ringraziare i vari oratori che, nel corso della discussione, da un lato hanno dato il loro sostegno alle piccole imprese e dall'altro hanno insistito su di un rigoroso e obbligatorio monitoraggio. Sono anche pronto a rassicurare coloro che hanno chiesto un aiuto finanziario mirato per le PMI: verranno stanziati fondi ad hoc da parte della Banca europea per gli investimenti.

Resta inteso che, per interessamento del Consiglio europeo, i ministri dovranno trasmettere questo messaggio ai capi di Stato e di governo, e che noi, come presidenza, ne sosterremo l’applicazione nel modo più rigoroso possibile. Faremo del nostro meglio per garantire che la normativa sulle PMI e il suo piano d'azione usufruiscano del sostegno politico più chiaro possibile e al massimo livello. Come ha detto l'onorevole Toubon, occorre fare attenzione per garantire che le misure specifiche e i metodi di semplificazione non si traducano in un indebolimento delle garanzie per le piccole e medie imprese. Credo che questo sia molto importante.

Infine, rivolgo un cenno di assenso all'onorevole Wortmann: vorrei dirle che sono particolarmente convinto del sostegno che dobbiamo dare all’imprenditoria femminile; è un fatto che mi viene ricordato ogni sera, a parte questa, perché anche mia moglie gestisce una piccola azienda. Sono quindi ben consapevole di questo aspetto, e potete contare sulla presidenza e sul mio personale impegno per far sì che alle parole seguano i fatti, senza, naturalmente, che vi sia il minimo conflitto di interessi: lo dico davanti a tutti voi.

Vorrei porgere i miei più sentiti ringraziamenti al commissario Verheugen e all’intera compagine della Commissione per tutto ciò che hanno fatto – abbiamo lavorato bene insieme a vantaggio delle piccole e medie imprese, durante questa presidenza – e vorrei ringraziarla per aver partecipato a questa discussione: ringrazio anche l'onorevole Fontaine per la questione che ha sollevato e per aver sottolineato ancora una volta che il Parlamento europeo avrà un ruolo determinante in questo processo e nel suo accompagnamento.

 
  
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  Günter Verheugen, vicepresidente della Commissione. (DE) Signor Presidente, onorevoli deputati, vi ringrazio per l'ampio consenso mostrato durante questo dibattito, non solo in relazione agli obiettivi della nostra politica per le piccole e medie imprese, ma anche in relazione ai passi che stiamo per intraprendere per conseguirli.

Vorrei rispondere rapidamente alle domande che sono state poste. Onorevole Chichester, la Banca europea per gli investimenti ha già dato una risposta positiva. Per il 2011 era stato stanziato un volume di credito di 15 miliardi di euro. Ora è stato portato a 30 miliardi di euro: l'importo quindi è già stato raddoppiato. Inoltre, le piccole e medie imprese hanno naturalmente anche altri strumenti finanziari a disposizione all’interno dell'Unione europea, in particolare in relazione ai Fondi strutturali. Desidero inoltre sottolineare che tutti i principali progetti europei sono concepiti in modo che le piccole e medie imprese vi godano di un accesso privilegiato.

Per quanto riguarda la questione della riduzione dei costi, sono lieto di potervi informare che il Programma per la riduzione degli oneri amministrativi per le imprese europee procede nei tempi previsti. Il prossimo passo importante comprende ora anche una proposta per introdurre la fatturazione elettronica, cosa necessaria dato che in pratica porterà a un risparmio di 18 miliardi di euro l'anno per le piccole e medie imprese.

Nel caso della proposta di direttiva sui ritardi di pagamento, il lavoro è molto avanzato, e questo stesso Parlamento sarà presto in grado di occuparsene.

Per quanto riguarda l'ultima domanda dell’onorevole Rübig: quale autorità esecutiva rifiuterebbe i fondi offerti dal Parlamento? Ma temo che voi non ci offriate risorse: offrite una linea di bilancio in cui vi è uno zero. Se siete in grado di offrire una linea di bilancio con una grande quantità di fondi supplementari, per cortesia fatelo, ma non mi pare che ciò stia accadendo.

Pertanto ritengo che in questo momento abbia più senso ottimizzare i programmi e i progetti di cui disponiamo in modo tale che servano a finanziare la normativa sulle PMI. Ciò vale, in particolare, per il programma per la competitività e l'innovazione, di cui sono responsabile io, ma si applica anche ai principali Fondi strutturali, anche al programma di sviluppo rurale e persino al programma quadro per la ricerca e lo sviluppo. Nell’insieme, vedo ottime opportunità di fare uso di questi programmi per promuovere le piccole e le medie imprese all'interno dell'Unione europea.

 
  
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  Presidente. − Per concludere la discussione, comunico di aver ricevuto una proposta di risoluzione(1) ai sensi dell’articolo 185, paragrafo 5, del regolamento.

La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà giovedì 4 dicembre a partire dalle ore 12.00.

Dichiarazioni scritte (articolo 142 del regolamento)

 
  
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  Adam Bielan (UEN), per iscritto. (PL) Migliorando la situazione delle PMI in Europa e sostenendo la Carta per le piccole imprese, si apporta un contributo molto significativo allo sviluppo dell’imprenditorialità e all'economia dell'Unione europea. Ciò è particolarmente vero perché le piccole e medie imprese danno lavoro a più della metà dei cittadini dell'Unione europea e rappresentano il 99 per cento delle imprese in tutta l'Unione. Purtroppo, però, sono molto preoccupato in merito all’attuazione della Carta europea per le piccole imprese.

In Polonia, per esempio, sono stati promessi piani ambiziosi per alleggerire gli oneri amministrativi, semplificare le disposizioni ed eliminare le norme ridondanti. Ma in realtà la situazione negli uffici governativi non è cambiata. Gli imprenditori sono ancora alle prese con funzionari incompetenti e procedure inutili. Inoltre essi continuano a soffrire per un’indebita burocrazia che limita in maniera significativa l'attività imprenditoriale.

Fino ad oggi non sono stati creati portali Internet per l’erogazione di servizi pubblici. Lo scopo di questi portali è facilitare la registrazione delle imprese, la presentazione delle dichiarazioni fiscali o doganali e l'uso delle raccolte di dati statistici. Tutte queste attività possono essere effettuate per via elettronica. Se non facciamo in modo che le nostre procedure siano più efficaci e non riformiamo gli uffici pubblici, non riusciremo a rispettare gli impegni della Carta per le piccole imprese e, di conseguenza, non riusciremo a offrire un adeguato sostegno alle PMI.

 
  
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  Lidia Joanna Geringer de Oedenberg (PSE), per iscritto. – (PL) Le piccole e medie imprese rivestono un’importanza fondamentale per l'economia europea, per la sua competitività e per i livelli di occupazione. Mettendo in campo oltre 100 milioni di posti di lavoro, le piccole e medie imprese contribuiscono alla crescita economica. Inoltre esse costituiscono la principale fonte di innovazione e sviluppo locali, oltre a promuovere la parità tra i sessi.

Le piccole e medie imprese dell’Unione europea hanno ancora una produttività minore e un tasso di crescita più lento rispetto a quelle degli Stati Uniti, dove imprese simili hanno aumentato il numero di posti di lavoro di una media del 60 per cento nei primi sette anni della loro attività, a confronto con circa il 10-20 per cento dell’Europa.

La Carta europea per le piccole imprese, lanciata nel giugno scorso dalla Commissione europea, introduce per la prima volta un quadro politico globale per le PMI, concedendo loro parità di condizioni e sforzandosi di migliorare il loro contesto giuridico e amministrativo nell’Unione europea.

In questo contesto emerge un problema urgente: il Consiglio intende sostenere formalmente la Carta europea per le piccole imprese e gli Stati membri intendono prendere un impegno vincolante per la sua attuazione?

E’ di vitale importanza stabilire quali misure il Consiglio si proponga di adottare per fornire alle piccole e medie imprese un accesso costante al finanziamento in questo momento di crisi finanziaria.

 
  
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  Richard Seeber (PPE-DE), per iscritto. (DE) Giustamente, gli oltre 23 milioni di piccole e medie imprese vengono descritti come la spina dorsale economica dell'Unione europea. Nonostante la loro importanza, le piccole e medie imprese non possono ancora trarre pieno vantaggio dal mercato interno e, in particolare, subiscono le difficoltà della burocrazia. La normativa sulle PMI rappresenta un passo importante per rendere più competitive le piccole e medie imprese e per dare loro l'opportunità di realizzare le proprie potenzialità. Il successo del principio del miglioramento della legislazione non è qui l'unico fattore decisivo. Nelle piccole e medie imprese, deve essere rafforzata la consapevolezza delle opportunità di integrazione europea. Il programma di scambio per gli imprenditori è un buon approccio a questo.

Le misure finanziarie contenute nella normativa sulle PMI sono particolarmente importanti per la promozione delle piccole e medie imprese. Alla luce della difficile situazione economica del momento, è imperativo che le piccole e medie imprese mantengano i propri dipendenti. A questo proposito sono strumenti efficaci le semplificazioni negli appalti pubblici, la lotta contro i ritardi nei pagamenti o le agevolazioni per i prestiti e per la creazione di nuove imprese. Nel complesso, la normativa sulle PMI protegge la matura struttura aziendale europea e rende le piccole e medie imprese europee adatte a competere sui mercati internazionali.

 
  

(1)Vedasi processo verbale.


17. Esportazioni di armi (Codice di condotta) (discussione)
Video degli interventi
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  Presidente. –L’ordine del giorno reca la discussione sulla dichiarazione del Consiglio sulle esportazioni di armi (Codice di condotta).

 
  
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  Jean-Pierre Jouyet, presidente in carica del Consiglio. – (FR) Signor Presidente, come lei ha sottolineato, siamo molto in ritardo, e vorrei scusarmene con i deputati.

Vorrei introdurre questa discussione, ma purtroppo ho altri impegni e, dato l’inaspettato ritardo, non sono in grado di disdirli. Chiedo pertanto al segretariato generale del Consiglio di prendere il mio posto nel corso della discussione e, ovviamente, di fornire alla presidenza una relazione dettagliata sulle sue conclusioni.

Onorevoli deputati, desidero richiamare la vostra attenzione sul fatto che, per la presidenza francese, la trasformazione del Codice di condotta in una posizione comune è un obiettivo importante e necessario per dare una base giuridica all'approccio responsabile adottato dagli Stati membri nelle esportazioni di armi e per accrescere i punti di convergenza tra le nazioni.

La vostra risoluzione del 13 marzo dimostra anche che condividete il nostro punto di vista al riguardo. Le discussioni sono state riprese nelle ultime settimane. Stiamo facendo tutto il possibile per compiere dei progressi prima della fine della presidenza francese. L'adozione di una posizione comune costituisce uno strumento che contribuirà a rendere possibile l'attuazione di una politica responsabile, concepita, in particolare, per evitare che tali esportazioni siano utilizzate a fini di repressione interna o di aggressione internazionale e impedire che fomentino le instabilità locali.

Siamo convinti che l'iniziativa dell'Unione europea di istituire un trattato sul commercio delle armi, nel quadro delle Nazioni Unite, si troverà a guadagnare in credibilità una volta che il nostro sistema per il controllo del trasferimento di armi diventerà giuridicamente vincolante: condividiamo l’opinione di questo Parlamento, che sottolinea l’urgenza di convertire il Codice di condotta dell'Unione europea in uno strumento giuridicamente vincolante.

Sosteniamo anche il vostro parere sulla necessità di stabilire un efficace controllo delle operazioni di intermediazione nel settore degli armamenti. Gli Stati membri hanno convenuto che gli impegni relativi allo scambio di informazioni, previsti dalla posizione assunta nel 2003 dal Consiglio, dovrebbero essere attuati mediante il meccanismo istituito nel quadro del Codice di condotta.

Pertanto, anche se alcuni Stati membri non hanno ancora adottato la legislazione necessaria per il recepimento di tali impegni nella legislazione nazionale, vi posso assicurare che tutti dispongono di norme in questo campo. Ora il compito è quello di aggiornare queste norme in modo che siano pienamente compatibili con la posizione comune del Consiglio.

L'adozione di regole comuni in materia di controllo delle esportazioni, sotto forma di una posizione comune, consentirà inoltre agli Stati membri di rafforzare i propri controlli sulle operazioni di intermediazione nel settore degli armamenti. La circolazione illegale di armi è un altro problema che ci preoccupa, e la strategia dell'Unione europea sulle armi di piccolo calibro e le armi leggere indica chiaramente la necessità di agire al fine di interrompere o ostacolare il flusso illecito di armi. Questa azione è stata rafforzata il 6 dicembre 2007 a Vienna durante la riunione dei 40 Stati che partecipano all'intesa di Wassenaar per il controllo delle esportazioni di armi convenzionali e di beni e tecnologie a duplice uso.

La presidenza è favorevole a valutare la possibilità di estendere tali buone pratiche al fenomeno destabilizzante della circolazione di armi di piccolo calibro e di armi leggere, in particolare via mare. Nonostante il ritardo nell’adozione di una posizione comune, vorrei sottolineare che il Codice di condotta è uno strumento particolarmente efficace che ha dato un contributo significativo all'armonizzazione delle politiche nazionali degli Stati membri in materia di controllo delle esportazioni di armi e, a tal fine, vorrei anche sottolineare che l'armonizzazione è facilitata dalla guida per l'utente, che illustra gli orientamenti seguiti dai funzionari pubblici responsabili di questo settore. Questa guida viene regolarmente aggiornata e, pertanto, rende un grande contributo pratico agli sforzi di armonizzazione delle politiche nazionali in questo settore.

Per concludere, vorrei dire che stiamo lavorando insieme verso un approccio responsabile alle esportazioni di armi, e vorrei ringraziare il Parlamento europeo per la sua collaborazione in questo campo.

Potete contare sull'impegno tanto del Consiglio quanto della presidenza.

 
  
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  Stefano Zappalà, a nome del gruppo PPE-DE. – Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, onorevoli colleghi, purtroppo gli eventi terroristici succedutisi dal 2001 in poi – gli ultimi fatti in India di questi giorni – e i vari conflitti presenti in molte parti del mondo rendono questo argomento, l'argomento relativo al commercio delle armi, di particolare importanza per il presente ed il futuro in senso ampio. Spesso, troppo spesso, gli intenti notevoli espressi a livello di dichiarazioni di principi non trovano poi attuazione concreta nei fatti. Non sfugge a nessuno che l'argomento è delicato, coinvolge processi industriali e commerciali importanti, e quindi è comprensibile la difficoltà della ratifica di un sistema di controllo e regolamentazione da parte di tutti gli Stati, soprattutto dagli Stati membri. Tuttavia, l'incalzare degli eventi e la consapevolezza che il traffico interno ed esterno delle armi in modo illegale esiste, spinge all'urgenza di regolamentare in maniera giuridicamente efficace questo settore. Anche la direttiva in corso di elaborazione sui trasferimenti intracomunitari di beni connessi alla difesa avrà un senso reale se il codice di condotta sarà velocemente ratificato.

Mi dispiace che il Presidente del Consiglio in carica sia andato via ma, dopo le cose che ha detto – quindi trascuro alcuni altri aspetti che avevo preparato – sembra che tutto sia a posto. In realtà, non mi pare che sia cosi, assolutamente. Quindi io credo che l'impegno che il ministro ha preso questa sera qui, come tanti altri impegni assunti da tanti altri in altre circostanze, che si possa tradurre, in questo scorcio di fine Presidenza francese, in uno stimolo profondo, anche la prossima settimana affinché il codice di condotta sia ratificato almeno da tutti gli Stati membri. Sarebbe notevole se la Francia lo facesse, oltre che a dichiararlo qui in Aula e poi magari non avere risultati concreti.

 
  
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  Presidente. – Onorevole Zappalà, di fatto il ministro Jouyet ha dovuto lasciarci. Mi scuso a suo nome: il problema è che deve prendere un treno. In realtà, non ha potuto trattenersi oltre perché questa discussione ha oltrepassato i tempi in misura rilevante. Conosciamo tutti la scrupolosità con cui il ministro Jouyet ha svolto il proprio lavoro nel corso di questi sei mesi, ma in realtà è questo Parlamento a essere in ritardo. Potete stare certi che i funzionari del Consiglio qui presenti trasmetteranno alla presidenza tutti i commenti che avete fatto e che faranno gli altri colleghi.

 
  
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  Ana Maria Gomes, a nome del gruppo PSE. – (PT) Signor Presidente, la risoluzione che stiamo discutendo oggi dimostra che c’è un consenso in Parlamento su cosa dovrebbe essere la politica di esportazione di armamenti degli Stati membri dell'Unione europea. I sei principali gruppi politici sono uniti nella difesa di un unico elenco di criteri giuridicamente vincolanti per le esportazioni di armi europee: gli otto criteri del Codice di condotta.

Tutti concordano nel chiedere alla presidenza francese di superare questo stallo durato tre anni, e che solo la Francia può risolvere. Abbiamo ascoltato il ministro Jouyet dire, poco fa, che la Francia è ora a favore di un Codice di condotta giuridicamente vincolante. Ieri abbiamo sentito il ministro francese della Difesa affermare, in seno alla commissione per gli affari esteri, che una recente proposta dal suo paese per trasformare il Codice di condotta in una posizione comune era stata compromessa dalla mancanza di consenso in sede di Consiglio. Il ministro non ha fatto riferimento al fatto che la proposta francese era legata alla revoca dell'embargo sulle armi alla Cina, e che è stato questo che ha portato alla bocciatura della proposta francese da parte di diversi Stati membri. Se questa strategia venisse confermata, essa rappresenterebbe una macchia sull’agenda della presidenza francese per la sicurezza e la difesa, che, diversamente, si distingue per ambizione europeista e per dinamismo.

A fronte di una crescente integrazione europea nel settore della politica estera, la politica dell’"ognuno per sé" rispetto alle esportazioni di armi è sempre più ingiustificabile. E’ vero che il Codice di condotta viene già preso sul serio in molte capitali, ma dobbiamo porre fine a una situazione in cui i paesi europei che utilizzano sistematicamente i diritti umani, lo sviluppo sostenibile e la stabilità regionale come criteri guida per le loro esportazioni, si trovino in svantaggio rispetto ai loro partner che applicano solo in parte gli stessi criteri.

Le presidenze europee arrivano a scadenza, ma la necessità per l'Europa di munirsi di criteri comuni per le esportazioni di armi rimane; rimane inoltre il consenso all'interno di questo Parlamento a favore di una posizione comune.

 
  
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  Renate Weber, a nome del gruppo ALDE. – (EN) Signor Presidente, quest’anno si celebra il decimo anniversario del Codice di condotta dell'Unione europea sulle esportazioni di armi. Ma anche se a suo tempo si è trattato di un successo, ora dobbiamo manifestare la nostra frustrazione e la nostra amarezza per la sua mancata trasformazione in uno strumento giuridicamente vincolante.

Sono passati tre anni da quando il gruppo di lavoro del Consiglio sulle armi ha raggiunto un accordo tecnico su una posizione comune. Di quanti altri anni avrà bisogno il Consiglio europeo per adottarlo? Come possiamo, in quanto Unione europea, tutelare la nostra credibilità quando ci pronunciamo contro il traffico illecito di armi, se non siamo in grado di fare ordine in casa nostra?

Abbiamo bisogno di un Codice di condotta che sia giuridicamente vincolante, se vogliamo evitare facili trasferimenti intracomunitari di armi, che rischiano di indurre i mediatori a cercare in Europa l'anello più debole della catena. Quando si parla di esportazioni di armi, dobbiamo pensare al tempo stesso alle vite umane in gioco nei paesi instabili. Potremmo facilmente essere accusati di alimentare i conflitti locali in parti vulnerabili del mondo, invece di sostenere la pace.

Accolgo con favore la dichiarazione del ministro francese della Difesa: egli dice che la Francia ha ritirato le sue riserve in merito alla posizione comune. La presidenza francese sarà in grado di convincere gli altri Stati membri che ancora che vi si oppongono? Posso solo sperarlo, e sperare che la presidenza francese, nelle prossime due settimane, faccia dell'adozione della posizione comune un altro dei grandi successi del proprio mandato.

 
  
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  Raül Romeva i Rueda, a nome del gruppo Verts/ALE. – (ES) Signor Presidente, la verità è che io sono indignato, perché avrei desiderato molto di più fare un discorso entusiasta e congratularmi con la presidenza francese per aver finalmente intrapreso un’iniziativa che sentiamo definire necessaria da ben nove presidenze: l'adozione di una posizione comune sulle esportazioni di armi. Dico che abbiamo passato nove presidenze ad ascoltare la stessa cosa, perché fino dalla presidenza olandese nel 2004 ci viene promesso che questo lavoro sarebbe arrivato a buon fine.

Sappiamo che dal punto di vista tecnico il lavoro sul COARM (il Codice di condotta per le esportazioni di armi) è concluso. Quello che mi sarebbe piaciuto sentire oggi è che i ministri avevano già preso la decisione di firmare finalmente il documento.

Mi rattrista quindi sapere che non abbiamo ancora raggiunto questo stadio, e sono ancora più triste sapendo che la ragione sta nel legame tra questa decisione e un altro, preoccupante problema: l’annullamento dell'embargo sulle armi contro la Cina. Le due questioni, come abbiamo detto molte volte, sono separate e una non ha nulla a che fare con l'altra. Mi sembra che condizionare l’una all’altra non favorisca quello di cui abbiamo discusso, e cioè la pace e il controllo delle esportazioni di armi.

 
  
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  Tobias Pflüger, a nome del gruppo GUE/NGL. – (DE) Signor Presidente, le armi sono fatte per uccidere. La ragione per esportare le armi di cui stiamo discutendo è uccidere altre persone: avversari. Questo punto è sempre stato lasciato fuori da questa discussione.

Sono oramai dieci anni che ci chiediamo se questo Codice di condotta sia o no giuridicamente vincolante. Come i miei colleghi, avevo sperato di sentire finalmente oggi che siamo arrivati a buon fine. Invece, evidentemente, non ci siamo ancora. Nel frattempo sono stato informato del fatto che nella direttiva è evidentemente inclusa una clausola di non partecipazione per semplificare il trasferimento di prodotti destinati alla difesa all'interno dell'Unione europea: è evidente quindi che si vogliono creare delle falle nel carattere giuridicamente vincolante delle norme sulle esportazioni di armi. Ciò non può essere consentito. Anche i prodotti a duplice uso devono essere inclusi.

Desidero sottolineare chiaramente ancora una volta che si sta parlando delle forniture di armi da parte dell'Unione europea – l'Unione europea è diventata oggi il più grande esportatore al mondo di armi – e se queste armi vengono vendute, allora in qualche momento saranno anche utilizzate. E quando saranno utilizzate, ci sarà da piangere lacrime di coccodrillo. Abbiamo bisogno finalmente di questo Codice di condotta giuridicamente vincolante. Mi auguro che ciò sarà possibile prima della fine della presidenza francese del Consiglio.

 
  
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  Justas Vincas Paleckis (PSE). (LT) Dieci anni fa, l'Unione europea ha approvato un Codice di condotta per le esportazioni di armi, che però non viene applicato. Il Consiglio, riunito a porte chiuse, non è in grado di adottare una posizione comune. Sarebbe molto importante sapere quali paesi lo stanno bloccando, permettendosi di ricavare enormi profitti dal sangue e dalle lacrime della gente.

In marzo, il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione su questo tema. Tuttavia, mentre noi parliamo, cresce il volume di armi fabbricate nei paesi dell'Unione europea ed esportate illegalmente in zone di conflitto, dove cadono in mano ai criminali. E’ un paradosso che quelle armi vadano anche in paesi per i quali cui l'Unione europea stanzia enormi aiuti per lo sviluppo.

I paesi di turno per la presidenza del Consiglio – la Francia e forse anche la Repubblica ceca a completarla – devono fare tutto il possibile per approvare il Codice di condotta per le esportazioni di armi e per impedire un irresponsabile passaggio delle armi nelle mani dei criminali. Se l’obiettivo non sarà raggiunto, devono essere identificate le parti che vi si oppongono.

 
  
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  Jan Cremers (PSE). - (NL) Signor Presidente, onorevoli colleghi, quando abbiamo raggiunto il decimo anniversario del Codice di condotta dell'Unione europea per le esportazioni di armi, abbiamo purtroppo notato che non erano stati compiuti progressi per quanto riguarda la trasformazione di questo codice volontario in uno strumento giuridicamente vincolante. Da anni, il Parlamento europeo è favorevole a trasporre questo Codice di condotta in una legislazione vincolante per gli Stati membri, alla luce della crescente internazionalizzazione dell’industria degli armamenti.

Il Parlamento europeo sta discutendo una proposta di direttiva al fine di creare un mercato interno dei prodotti della difesa. Nel corso delle discussioni su questo tema, il gruppo socialista al Parlamento europeo si è schierato a favore di una maggiore trasparenza e di sanzioni efficaci in caso di mancato rispetto degli obblighi. In questo contesto, il nostro gruppo ha fatto un altro riferimento al Codice di condotta, ma a causa della mancanza di un quadro giuridico, attualmente non si può fare altro che invitare gli Stati membri ad agire nello spirito del Codice stesso.

Abbiamo bisogno di norme più severe per l'esportazione dei componenti di armi, per il trasferimento di prodotti attraverso joint venture e la riesportazione di prodotti militari europei verso paesi terzi. Solo lo scorso anno, i paesi occidentali hanno venduto armi ai paesi in via di sviluppo per un importo stimato a 42 miliardi di dollari, metà dei quali erano europei. Questo deve cambiare. L'Unione europea dovrebbe dare il buon esempio specialmente in questo settore.

 
  
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  Ioan Mircea Paşcu (PSE). – (EN) Signor Presidente, il decimo anniversario dell'adozione del Codice è al tempo stesso un’occasione di celebrare e una motivazione per proseguire gli sforzi volti a renderlo vincolante. Tuttavia, il fatto stesso che dieci anni dopo la sua adozione, il Codice sia ancora volontario è indice della complessa rete di rapporti economici, commerciali e di interessi politici con la quale abbiamo a che fare. Pertanto, a dispetto della superiorità morale che dimostriamo nel chiedere che il Codice sia reso vincolante, questo non è sufficiente. Abbiamo bisogno di un’analisi approfondita e professionale di questo insieme di interessi per individuare i modi con cui convincere i produttori di armi, gli esportatori e i politici a cambiare posizione. Pertanto, come ho già detto, non saranno sufficienti semplici appelli basati solo sugli imperativi morali, per quanto espressi a gran voce.

 
  
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  Presidente. –Per concludere la discussione, comunico di aver ricevuto quattro proposte di risoluzione(1) ai sensi dell’articolo 103, paragrafo 2, del regolamento.

La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà giovedì 4 dicembre a partire dalle ore 12.00.

 
  

(1) Vedasi processo verbale.


18. Interventi di un minuto su questioni di rilevanza politica
Video degli interventi
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  Presidente. – L’ordine del giorno reca gli interventi di un minuto su questioni di rilevanza politica.

Sarò molto rigoroso e interromperò gli oratori esattamente dopo un minuto. Abbiamo 31 onorevoli in elenco, anche se molti di loro, o almeno alcuni di essi, non sono presenti. Questa non è una procedura catch the eye, abbiamo invece un elenco di oratori che hanno chiesto di intervenire per un minuto.

 
  
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  Dragoş Florin David (PPE-DE).(RO) La Commissione europea ha presentato in novembre la sua relazione del 2008 sulla Repubblica di Macedonia. La relazione sottolinea i progressi che sono stati compiuti nel corso degli ultimi anni, ma non fornisce una data precisa per l'avvio dei negoziati di adesione.

Ritengo che i progressi compiuti nei settori dell'economia, della riforma amministrativa e della riforma del sistema giudiziario, insieme all'attuale situazione nei Balcani occidentali, autorizzino la Repubblica di Macedonia a sperare che venga fissata nel 2009 la data per l'avvio dei negoziati di adesione. Ciò dipende dal parlamento e dal governo macedoni, che dovrebbero compiere sforzi più sostenuti e responsabili per creare un clima di democrazia, al fine di garantire condizioni di trasparenza e democrazia per le elezioni locali e presidenziali che si terranno nel marzo del 2009.

Allo stesso tempo, vorrei invitare la Commissione europea a tenere presenti i progressi compiuti dalla Repubblica di Macedonia nel corso degli ultimi anni, nonché le responsabilità assuntesi dal parlamento e dal governo della Repubblica di Macedonia. Si dovrebbe inoltre elaborare un piano d'azione per l’esenzione dal visto per i cittadini della Repubblica di Macedonia…

(Il Presidente interrompe l’oratore)

 
  
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  Marusya Ivanova Lyubcheva (PSE). (BG) Vorrei richiamare l'attenzione sulla sanzione nei confronti della Bulgaria da parte della direzione generale per l’Allargamento in merito alla revoca dell’accreditamento a due agenzie cui sono state accordate risorse provenienti dai fondi di preadesione dell'Unione europea. Gli sforzi compiuti dal governo bulgaro devono essere considerati come un’accettazione senza riserve delle condizioni poste dall'Unione europea. L'elevato livello di sincronizzazione della legislazione, le modifiche alla legge sugli appalti pubblici, il Codice penale, la nuova legge sul conflitto di interessi, le sostituzioni di personale e l’impiego di tutte le risorse nazionali per il miglioramento del sistema di gestione e di controllo dei fondi dell'Unione europea stanno a garanzia di un effettivo impegno del governo. Difficilmente la revoca dell’accreditamento si è rivelata la miglior misura applicabile, anche se suona come un avvertimento in vista del prossimo ampliamento dell'Unione europea. L'obbligo di conformarsi ai parametri dell'Unione deve corrispondere ad un criterio di parità di trattamento per tutti i paesi, nonché di cooperazione per risolvere i problemi. Il governo bulgaro sta conducendo una politica decisa nella lotta contro…

(Il Presidente interrompe l’oratore)

 
  
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  Marco Cappato (ALDE). Signor Presidente, onorevoli colleghi, le autorità del governo tibetano in esilio hanno reso noto il memorandum, il documento, le proposte per una vera autonomia del Tibet, che avevano sottoposto alle autorità cinesi durante i negoziati. E’ la prova provata – se ce ne fosse il bisogno – che le autorità cinesi hanno mentito e continuano a mentire, quando sostengono che il vero obiettivo del Dalai Lama e delle autorità tibetane è quello dell'indipendenza. Il Dalai Lama sarà ospite, interverrà domani in questo Parlamento: trentacinque colleghi, dalla mezzanotte – tra poco quindi – iniziano uno sciopero della fame di 24 ore, un digiuno di sostegno al Dalai Lama e Sua santità ci ha comunicato oggi che lui stesso parteciperà a questo digiuno. Ecco, credo che a questo punto, il modo più concreto che la Presidenza del Parlamento ha di sostenere e condurre …

(Il Presidente interrompe l'oratore)

 
  
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  Ewa Tomaszewska (UEN). - (PL) Signor Presidente, il Parlamento europeo non rispetta il principio di non discriminazione. Anche il multilinguismo del Parlamento non viene rispettato. Ci sono stati casi di discriminazione linguistica durante le riunioni delle commissioni parlamentari e delle delegazioni. Particolarmente fastidioso è stato l’accesso ridotto senza preavviso all’interpretazione durante le audizioni o le votazioni in sede di discussione degli emendamenti orali. Incidenti del genere continueranno a verificarsi di nuovo fino a quando il regolamento non vieterà di iniziare le riunioni senza che siano state soddisfatte tutte le esigenze di interpretazione.

Inoltre, i servizi finanziari non forniscono informazioni nelle lingue dei membri del Parlamento europeo ai quali le informazioni sono rivolte. L'incidenza finanziaria degli equivoci che ne derivano ricade sulle spalle dei membri del Parlamento europeo. Anche EuroNews è teatro di una deliberata discriminazione linguistica. Pertanto, vorrei suggerire che EuroNews sia cofinanziato solo con i contributi degli Stati nelle cui lingue è trasmesso…

(Il Presidente interrompe l'oratore)

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL).(PT) Signor Presidente, vorrei cogliere l'occasione per avanzare allo stesso tempo una denuncia e un appello in difesa della produzione e dell'occupazione nel settore tessile e dell'abbigliamento.

La mia denuncia riguarda il crescente numero di aziende che chiudono o trasferiscono le loro fabbriche, la crescente disoccupazione e lo sfruttamento sempre più accanito dei lavoratori che caratterizzano la liberalizzazione di questo importante settore.

Lancio un appello perché il Parlamento europeo pianifichi una discussione urgente sul settore tessile e dell’abbigliamento nei vari Stati membri. In particolare, questa discussione deve riguardare la scadenza del sistema di monitoraggio comune tra l’Unione europea e la Cina, che si concluderà il 31 dicembre 2008, come pure la valutazione del seguito dato alle raccomandazioni adottate circa un anno fa dal Parlamento europeo.

 
  
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  Urszula Krupa (IND/DEM). - (PL) Signor Presidente, vorrei utilizzare la piattaforma offerta da parte del Parlamento europeo per lanciare un appello per il sostegno all'iniziativa dei circoli patriottici polacchi che chiedono che il 25 maggio, il giorno in cui il capitano Pilecki è stato ucciso, sia proclamato Giornata europea degli eroi nella lotta contro il totalitarismo.

Lo storico inglese, professor Foot, considerava il capitano Pilecki uno dei sei più coraggiosi esponenti del movimento di resistenza durante la Seconda guerra mondiale. Witold Pilecki, ufficiale dell’esercito polacco, prese parte alla campagna di settembre sotto l'occupazione tedesca della Polonia, e organizzò un movimento di resistenza all’interno di Auschwitz, dove si trovava come prigioniero volontario.

Evaso dal campo nazista, prese parte alla rivolta di Varsavia e si unì al Secondo corpo polacco in Italia e, al suo ritorno nella Polonia comunista, venne arrestato dai servizi di sicurezza comunista e messo in prigione, dove fu torturato, condannato a morte e fucilato il 25 maggio 1948.

Il capitano Pilecki ha dedicato la sua vita alla lotta contro le dittature criminali del XX secolo.

 
  
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  Jim Allister (NI). - (EN) Signor Presidente, lo scorso lunedì durante la sua visita a Belfast, il presidente Pöttering si è mostrato entusiasta del sostegno dell'Unione europea a quello che eufemisticamente è stato definito un “centro di trasformazione dei conflitti”, situatio nell’ex carcere di Maze, dove sono stati giustamente detenuti alcuni dei più vili e perversi terroristi. Si tratta dello stesso luogo in cui, durante uno sciopero della fame, si suicidarono dieci prigionieri, terroristi dell’IRA. Quello che il presidente forse non apprezza è che, a causa di questa storia, i repubblicani irlandesi – che amano crogiolarsi nell’autocommiserazione – sono determinati a riconvertire il centro a loro piacimento e a trasformarlo in un santuario per alcuni delle più perfidi terroristi di questa generazione. Pertanto, la folle scelta dell’Unione europea di cadere nella trappola del finanziamento di tale oscenità e la stupidità del presidente ...

(Il Presidente interrompe l'oratore)

 
  
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  Nicolae Vlad Popa (PPE-DE).(RO) Domenica 30 novembre si è svolto in Romania un evento storico: la sinistra è stata sconfitta alle elezioni generali, nelle quali per la prima volta è stato utilizzato il sistema uninominale.

Il partito dei liberaldemocratici ha ottenuto la maggioranza dei seggi in Parlamento e potrebbe, insieme con gli altri partiti di centro-destra, i liberali e il partito nazionale etnico ungherese (UMDR), formare una larga maggioranza a sostegno di un governo guidato da un primo ministro del partito liberaldemocratico.

Purtroppo, i socialisti romeni avevano annunciato prematuramente di aver vinto le elezioni. In realtà, alcuni leader socialisti al Parlamento europeo e persino alcuni capi di governo sono stati ingannati da questa informazione. Pertanto, è evidente che la posizione di questi leader cambierà, visto il reale risultato delle elezioni in Romania.

 
  
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  Neena Gill (PSE). – (EN) Signor Presidente, a nome della delegazione per le relazioni con l'India, vorrei innanzitutto esprimere il mio sincero cordoglio alle famiglie e agli amici di tutti coloro che sono stati uccisi nella terribili atrocità terroristiche a Mumbai della scorsa settimana e augurare a tutti i feriti una pronta guarigione. Estendo la mia solidarietà ai colleghi e ai funzionari del Parlamento europeo coinvolti in questi attacchi terribili e oltraggiosi. Ho scritto al primo ministro indiano e al primo ministro dello Stato del Maharashtra per esprimere le nostre condoglianze.

Attacchi premeditati come questi sono destinati a diffondere la paura e la sfiducia tra i cittadini ma servono anche per verificare l'impegno della democrazia a tenere profondamente fede ai propri valori. Simili attacchi necessitano di un’energica risposta da parte di tutti coloro che hanno a cuore la democrazia e il diritto internazionale. Pertanto accolgo con favore il forte sostegno all’India espresso dal presidente Pöttering. Come Parlamento europeo abbiamo bisogno ora di passare dalle parole a fatti concreti che possano sostenere i bisogni dell'India.

 
  
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  Marco Pannella (ALDE). Signor Presidente, onorevoli colleghi, credo che in questi giorni dovremmo renderci più conto che, parlando del Tibet e del Dalai Lama, parliamo invece soprattutto di noi stessi. Qualche giorno fa, al semplice annuncio che il Presidente europeo, che il presidente Sarkozy osava, in Polonia, incontrare il Dalai Lama, siamo stati trattati senza nemmeno darci gli otto giorni, licenziati, nessun incontro. La grande Europa si permette di accogliere o di parlare, di accettare, di ascoltare il Dalai Lama, perché questo, Presidente? Credo che sia chiaro, noi sappiamo che il popolo europeo, se fosse interpellato come popolo europeo, all'80% sarebbe a favore del Dalai Lama...

(Il Presidente interrompe l'oratore)

 
  
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  László Tőkés (Verts/ALE). - (HU) Signor Presidente, nel 1009, mille anni fa, il re Stefano d'Ungheria, poi proclamato santo, istituì la diocesi di Gyulafehérvár in Transilvania. Questo importante evento nella storia della Chiesa è il simbolo del fatto che l'Ungheria, con la conversione al cristianesimo, divenne membro dell’Europa di allora. Nel XVI e XVII secolo Gyulafehérvár è stata la capitale del Principato autonomo di Transilvania, e la regione divenne un simbolo di tolleranza e di libertà religiosa. Nel 1918, l'Assemblea nazionale rumena tenutasi a Gyulafehérvár proclamò il diritto all’auto-governo per la minoranza ungherese della Transilvania in seguito all’annessione della Transilvania alla Romania. La Romania è ancora in obbligo verso l'Europa in virtù di questa decisione. Nello spirito di Gyulafehérvár, richiamo la vostra attenzione sul fatto che il millenario dell’arcidiocesi …

(Il Presidente interrompe l'oratore)

 
  
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  Marcin Libicki (UEN). - (PL) Il 27 dicembre si celebra il novantesimo anniversario della rivolta di Wielkopolska. Grazie al successo di questa rivolta, la vecchia provincia polacca di Wielkopolska, o Grande Polonia, è entrata a far parte della nuova Polonia emergente. Il successo è stato pagato a caro prezzo. E’ costata il sangue di più di 2 000 morti e 20 000 feriti. Ne onoriamo la memoria.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL).(PT) Con il pretesto della crisi del capitalismo comincia ad emergere un numero sempre crescente di episodi di ricatto nei confronti dei lavoratori, con i quali vengono loro imposte condizioni che li portano a perdere i diritti acquisiti. Esempi significativi sono quelli che coinvolgono lo stabilimento Peugeot/Citrôen di Mangualde e lo stabilimento industriale Renault a Cacia, Aveiro; entrambi facenti parte dell’industria automobilistica portoghese.

In entrambi i casi sono stati concessi significativi aiuti finanziari da parte del governo e dell'Unione europea volti a tutelare i posti di lavoro, a condizione che fossero creati più impieghi. Tuttavia, la gestione Peugeot/Citrôen a Mangualde vuole ora distruggere i diritti ottenuti con la lotta e sanciti dalla legislazione del lavoro, costringendo i lavoratori ad accettare condizioni inique, che mettono a repentaglio la loro vita. Allo stabilimento industriale Renault di Cacia, la direzione ha deciso di ridurre la produzione di quest'anno e si prepara a non rinnovare i contratti a tempo determinato, pur essendosi assunta l'impegno di espandere…

(Il Presidente interrompe l'oratore)

 
  
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  Desislav Chukolov (NI). (BG) Questo 27 novembre, ricorrono 89 anni da quando la Bulgaria venne degradata con la firma del trattato di Neuilly, con il quale furono smembrati territori della nostra patria che ancora oggi sono popolati da persone animate da un sentimento di appartenenza alla Bulgaria. Questi territori, che si trovano entro i confini delle attuali Serbia e Macedonia, devono essere restituiti alla giurisdizione della Bulgaria, perché quei due paesi non possono essere considerati successori dello Stato serbo-croato-sloveno. La Serbia non è stato riconosciuta dalle Nazioni Unite e dalla comunità internazionale come successore dell’ex Stato di Jugoslavia, mentre all'ex Repubblica iugoslava di Macedonia non è neanche stato riconosciuto il nome costituzionale. Noi, patrioti di Ataka, insistiamo sul fatto che la questione della restituzione dei territori occidentali deve essere risolta prima di iniziare i negoziati con la Serbia per l’adesione all’Unione europea, mentre l'adesione della Macedonia all’Unione europea deve avvenire solo dopo la soluzione della questione del ritorno della regione di Strumica sotto la sovranità dello Stato bulgaro.

 
  
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  Romana Jordan Cizelj (PPE-DE).(SL) Vorrei esprimermi in merito alle misure previste dalla Commissione delle quali ho letto nella stampa, e che alcuni membri mi hanno inoltre ricordato. Presumibilmente queste misure dovrebbero fornire finanziamenti ai cittadini per l’acquisto di nuovi autoveicoli. Un provvedimento del genere promuoverebbe di fatto il consumismo, sarebbe un aiuto diretto per l'industria automobilistica e contrasterebbe con le nostre politiche ambientali. Mi preoccupa inoltre chi avrà la responsabilità di smantellare e riciclare le autovetture.

Invito pertanto la Commissione a promuovere, come è accaduto in passato, lo sviluppo e la produzione di veicoli ecologici, introducendo gradualmente le rottamazioni sulla base di criteri ambientali e fornendo allo stesso tempo ai cittadini informazioni chiare su come il piano di rilancio dell'economia si possa adeguare alle nostre politiche ambientali e climatiche.

 
  
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  Proinsias De Rossa (PSE). – (EN) Signor Presidente, la ragione per cui stasera ho voluto parlare per un minuto è perché mi preoccupa che in Irlanda la Ryanair stia per fare un’offerta di acquisto per la compagnia aerea nazionale Aer Lingus. L'offerta, in caso di successo, creerebbe nel mercato irlandese un monopolio privato delle compagnie aeree.

La Commissione ha respinto questa proposta in una precedente occasione e vorrei invitare il commissario Kroes a respingere nuovamente l'offerta. A mio avviso si tratta di un’offerta predatoria e non sarebbe bene per l'economia irlandese che la compagnia nazionale finisse nelle mani della Ryanair, compagnia che non ha dato prova di alcuna lealtà nei confronti dell'economia irlandese.

 
  
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  Sylwester Chruszcz (NI). - (PL) Signor Presidente, vorrei richiamare l'attenzione del Parlamento su di un evento straordinario che ha avuto luogo nel luglio scorso a Brody in Ucraina, dove è stato inaugurato un monumento per commemorare i soldati della criminale Galizien Division delle Waffen-SS. Ritengo che sia incredibilmente scandaloso che nel XXI secolo, in un momento di riconciliazione tra le nazioni, un gruppo di persone con simpatie dichiaratamente nazionaliste e fasciste possa celebrare un’unità omicida responsabile della morte di milioni di europei, tra cui i miei compatrioti che morirono tra il 1943 e il 1945 nel genocidio pianificato in Ucraina occidentale.

Non ho alcun dubbio che la maggior parte degli ucraini condivida la mia preoccupazione al proposito. Ritengo inoltre che le autorità ucraine non possano restare indifferenti di fronte a questo scandaloso tentativo di riscrivere la storia. Mi appello anche al Parlamento e alle istituzioni dell’Unione europea …

(Il Presidente interrompe l'oratore)

 
  
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  Anna Záborská (PPE-DE). - (SK) Il 10 dicembre sarà commemorato in tutto il mondo il sessantesimo anniversario della Dichiarazione universale dei diritti umani. Sua Santità il Dalai Lama farà domani una visita al nostro Parlamento. La Cina è uno dei paesi che hanno firmato la Dichiarazione, eppure viola i diritti umani di uomini, donne e bambini.

Come presidente della commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere, vorrei ricordarvi la politica del figlio unico, che fornisce la prova evidente del carattere totalitario e antidemocratico del regime cinese. Questa politica ha chiaramente violato tutta una serie di diritti umani. Permettetemi di citarne solo alcuni: l'uccisione di bambine che risultano indesiderate nel contesto della selezione del sesso; il traffico di esseri umani e la schiavitù sessuale; il furto di bambini; la negazione dell’esistenza legale dei figli nati dalla seconda gravidanza in poi; l’abbandono di bambini; la violenza contro le donne incinte; gli aborti forzati; i problemi post-aborto e i suicidi delle donne. Il mondo democratico dovrebbe esprimere chiaramente le sue riserve riguardo alla politica della Cina e monitorare…

(Il Presidente interrompe l'oratore)

 
  
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  Silvia-Adriana Ţicău (PSE).(RO) In Romania la sinistra ha vinto le elezioni perché ha ricevuto il maggior numero di voti e la più alta percentuale nelle elezioni di domenica. Questo è un dato di fatto che non può essere ignorato o distorto.

Il 3 dicembre ricorre la Giornata internazionale delle persone con disabilità. Una famiglia su quattro ha tra i suoi familiari una persona con disabilità. Nell’attuale contesto di crisi economica e finanziaria, quasi ogni giorno veniamo a sapere di migliaia di licenziamenti negli Stati membri. In questa difficile congiuntura, la situazione delle persone con disabilità sta peggiorando.

Come faranno le persone con disabilità a trovare un lavoro che permetta loro un salario per condurre una vita dignitosa, quando migliaia di altre persone senza problemi di disabilità stanno perdendo il proprio posto di lavoro? Chiedo alla Commissione di adottare con urgenza misure specifiche volte a sostenere le persone con disabilità.

Si deve concentrare l’attenzione in particolare su quelle rare condizioni che portano all’incapacità fisica o mentale. Mi auguro che nel 2009, l'anno dell’innovazione, si investa maggiormente nella ricerca volta a individuare…

(Il Presidente interrompe l'oratore)

 
  
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  Colm Burke (PPE-DE). (EN) Signor Presidente, tutti i paesi dell'Unione europea devono disporre di una legislazione che persegua la pratica delle mutilazioni genitali femminili (MGF). Devono inoltre essere messe in atto misure per rispondere alle esigenze delle donne e delle ragazze delle nuove comunità di immigrati che sono soggette al rischio delle mutilazioni genitali femminili.

Accolgo con favore il recente impegno dell’Irlanda, in qualità di uno dei 15 Stati membri dell'Unione europea, per avviare un piano d'azione nazionale contro le MGF. Si stima che più di 2 500 donne che vivono in Irlanda abbiano subito mutilazioni genitali femminili in altri paesi. Il piano irlandese mette in evidenza i rischi delle mutilazioni genitali femminili per le donne e per le adolescenti, e definisce gli obiettivi della politica per affrontarne gli effetti perniciosi.

Le cifre rivelano anche che, su 9 624 donne residenti in Irlanda e che provengono da paesi che praticano la MGF, il 26,9 per cento sono state sottoposte a una forma di mutilazione genitale. Per l'eliminazione di questa pratica è fondamentale l'emanazione di una legge per imporre un divieto totale sulla MGF.

 
  
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  Csaba Sógor (PPE-DE). (HU) Il vero dialogo tra culture e popoli esiste quando tutti sono liberi di usare la propria lingua madre e di esercitare i propri diritti individuali o collettivi. Oggi e domani il Parlamento europeo esprime la propria solidarietà al popolo tibetano. Più di 500 persone hanno aderito alla manifestazione silenziosa in nome della libertà dei tibetani di utilizzare la loro lingua madre, praticare la propria religione e godere di una vera autonomia.

All'interno dell'Unione europea vi sono minoranze etniche tradizionali che non sono in grado di studiare o di utilizzare liberamente la propria lingua madre, e che sono prive di autonomia culturale e territoriale. E in più, ci sono paesi che hanno reintrodotto il concetto di colpa collettiva – un’idea che ricorda la Seconda guerra mondiale, o paesi che ancora vogliono affidarsi alle leggi comuniste degli anni quaranta per garantire i diritti delle minoranze etniche tradizionali.

L'intervento dell'Unione europea a nome delle minoranze che vivono sul territorio cinese può rivelarsi efficace se…

(Il Presidente interrompe l'oratore)

 
  
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  Zita Pleštinská (PPE-DE). - (SK) Viviamo in un periodo di grandi opportunità, ma anche di grandi pericoli. L'uomo può distruggere molto più velocemente di quanto costruisca. Gli attacchi terroristici a Mumbai, in India, che hanno provocato la morte di duecento civili innocenti, hanno dimostrato ancora una volta che la capacità umana di distruggere non conosce limiti. Il terrorismo è una nuova guerra senza confini e senza fronti, e il timore dell’uso di armi nucleari e biologiche non è privo di fondamento.

L'Europa è un modello di convivenza fra persone provenienti da diverse culture e religioni. L’eredità cristiana dà all’Europa la responsabilità della pace nel mondo e la possibilità di diventare una fonte di speranza per la convivenza pacifica e per il rispetto reciproco. Infatti, con il suo libro, L'Europa nella crisi delle culture, Papa Benedetto XVI offre all'Europa un insieme di raccomandazioni. Non credo che l'Europa potrà ignorare, ma dovrà seguire queste raccomandazioni.

 
  
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  Avril Doyle (PPE-DE). – (EN) Signor Presidente, nell'Unione europea il settore del riciclaggio ha un fatturato di 24 miliardi di euro e impiega circa 500 000 persone. E’ formato da 60 000 aziende e l'Unione europea detiene circa il 50 per cento della quota mondiale di industrie dei rifiuti e del riciclaggio.

Ciononostante, questo settore oggi si trova in crisi a causa del crollo del prezzo dei materiali riciclati sui mercati mondiali, e per le imprese sta diventando economicamente improduttivo continuare a operare nel settore dei rifiuti.

Data l'importanza di questo settore per il consumo e per la produzione sostenibili nell'Unione europea, vorrei esortare la Commissione ad attuare senza indugio le raccomandazioni riportate nella relazione della propria task force sul riciclaggio, relazione elaborata nel corso della preparazione della comunicazione dal titolo “Mercati guida: un’iniziativa per l’Europa”.

 
  
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  Presidente. – La discussione su questo punto è chiusa.

 

19. Strumento di risposta rapida all'impennata dei prezzi alimentari nei paesi in via di sviluppo (discussione)
Video degli interventi
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  Presidente. – L’ordine del giorno reca la relazione (A6-0396/2008) presentata dall’onorevole Mitchell, a nome della commissione per lo sviluppo, sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce uno strumento di risposta rapida all'impennata dei prezzi alimentari nei paesi in via di sviluppo [COM(2008)0450 – C6-0280/2008 – 2008/0149(COD)].

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  Gay Mitchell, relatore. − (EN) Signor Presidente, lo strumento alimentare è nato come proposta della Commissione in risposta alla crescita dei prezzi dei prodotti alimentari che aveva provocato disordini in alcuni paesi, e prevedeva inizialmente di utilizzare 1 miliardo di euro dai fondi residui dei sussidi agricoli al fine di alleviare la situazione dei paesi in via di sviluppo tramite contributi all’agricoltura e reti di sicurezza di emergenza. In questa forma, il denaro avrebbe dovuto essere interamente aggiunto ai fondi di sviluppo esistenti. Ora, dopo cinque mesi, abbiamo il nostro miliardo di euro ma in una forma completamente diversa rispetto a quella originariamente prevista.

Due venerdì fa, ho partecipato alla riunione di conciliazione di bilancio, con i miei colleghi della commissione per i bilanci e con il Consiglio: siamo finalmente riusciti a raggiungere un compromesso sul finanziamento del regolamento per lo strumento alimentare. Gli ultimi punti in sospeso sono poi stati risolti il lunedì successivo nel corso di un dialogo a tre fra Parlamento, Commissione e Consiglio.

Il compromesso finale sul finanziamento è di questo tipo: sarà stanziato un miliardo di euro per un periodo di tre anni, dal 2008 al 2010, di cui 420 milioni attraverso lo strumento di flessibilità contabile , 240 milioni di euro tramite riassegnazione, con il Capitolo IV, “Azioni esterne”, e altri 240 milioni di euro tramite un aumento della riserva per aiuti di emergenza per il 2008. Per tale aumento è necessaria una revisione dell'accordo interistituzionale. Detto importo si aggiunge ad altri 100 milioni di euro utilizzati dalla già esistente riserva per aiuti di emergenza. Poiché la riserva per aiuti di emergenza è costituita da contributi degli Stati membri, le aggiunte di finanziamento avranno carattere supplementare solo se gli Stati membri non compenseranno i loro contributi con una corrispondente riduzione dei bilanci nazionali.

Si è alluso alle voci di insoddisfazione da parte della commissione per gli affari esteri e di altri circa il cofinanziamento da parte del Fondo per la stabilità. La commissione per gli affari esteri può esprimere la sua insoddisfazione al proposito, ma era probabilmente il migliore accordo che si potesse raggiungere in queste circostanze.

Anche se sostengo il compromesso che ora abbiamo raggiunto, mi sono fatto scrupolo di citare le carenze del processo e dei risultati, sia per amore di onestà che per evidenziare – come ho già fatto in precedenti occasioni – la ridicola situazione in cui tutti i governi del mondo trovano svariati miliardi di dollari per salvare le banche, ma devono angosciosamente frugarsi in tasca, tra i 27 Stati membri e il bilancio di questa Unione, per raggranellare 1 miliardo di euro per le persone più povere del mondo.

Penso che abbiamo fatto il meglio che si potesse fare in un centinaio di giorni. Abbiamo trovato i soldi e abbiamo messo insieme il regolamento, ma non si tratta propriamente di un ulteriore miliardo. Il contenuto di questo rapporto include il fatto che il testo di compromesso è già stato accettato da tutti gli Stati membri in sede di Coreper, e che esso contiene gli elementi essenziali della mia relazione e gli emendamenti dei miei colleghi della commissione per lo sviluppo.

Il regolamento è limitato nel tempo. Adesso arriva fino alla fine del 2010 e si concentra sulla lotta contro la crisi a breve termine, con l’obiettivo di stimolare la produzione agricola. Esso si oppone inoltre alla dispersione dei fondi, limitandone l’utilizzo per un elenco limitato di paesi di alta priorità, e amplia il campo di applicazione degli eventuali organismi di attuazione, garantendo al contempo la responsabilità parlamentare. Ci sono due dichiarazioni allegate al regolamento che contribuiranno a garantirne la corretta applicazione.

In conclusione, ritengo che abbiamo fatto il meglio che si poteva fare tra Consiglio, Parlamento e Commissione. L’abbiamo fatto in un centinaio di giorni. Abbiamo portato la legge all'esame del Parlamento. Voteremo domani. E’ già concordato. Abbiamo trovato il denaro. Vorrei, in questo contesto, rendere omaggio alla collaborazione che abbiamo ricevuto da parte del Consiglio e della Commissione, in particolare dal commissario Michel, che hanno voluto con forza che queste risorse avessero carattere supplementare.

Vorrei anche ringraziare la segreteria della commissione per lo sviluppo, in particolare Guido Van Hecken e Anne McLauchlan, e vorrei ringraziare, nel mio ufficio, Eoin Ó Seanáin e Oliver O'Callaghan, che sono stati di grande aiuto. Penso che alla fine sia stato fatto un buon lavoro, il meglio che si potesse fare.

 
  
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  Presidente. – La ringrazio, onorevole Mitchell, e mi congratulo per la sua relazione su un argomento davvero importante e ammirevole, che rafforzerà la reputazione del Parlamento europeo nel mondo come un motore di progresso e di solidarietà.

Il commissario Michel ha ora la parola. Come l'onorevole Oviir, l’onorevole Goudin ed io, egli è appena tornato dall'altra parte del mondo, da 14 000 chilometri di distanza, e sta per riferirci, a nome della Commissione, sull'incontro che abbiamo avuto durante l’Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE. Vedo che oggi è in buona forma, signor Commissario.

 
  
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  Louis Michel, membro della Commissione. – (FR) Signor Presidente, onorevole Mitchell, onorevoli deputati, la crisi alimentare ha avuto un forte impatto sui paesi in via di sviluppo.

Ritengo che l'Europa, come avete detto e come avete dimostrato con le vostre azioni, abbia l'obbligo morale di rispondere rapidamente, e questo è tanto più vero dal momento che questa crisi è stata accompagnata da una gravissima crisi finanziaria ed economica i cui effetti disastrosi sui paesi in via di sviluppo, purtroppo, saremo presto in grado di valutare, poiché potrebbero come minimo provocare la soppressione degli aiuti pubblici allo sviluppo. Tuttavia, avremo un’opportunità di tornare su questo argomento.

Mi pare che le nostre tre istituzioni – il Parlamento, il Consiglio e la Commissione – siano riuscite a raccogliere la sfida lavorando rapidamente a questo strumento, destinato a consentire una risposta rapida all'impennata dei prezzi alimentari nei paesi in via di sviluppo.

Vorrei ringraziarvi a nome del presidente Barroso e della Commissione. Un ringraziamento speciale va anche al relatore, onorevole Mitchell, per l'ottimo lavoro svolto, così come all'onorevole Böge e all'onorevole Le Foll per il loro contributo a nome, rispettivamente, della commissione per i bilanci e della commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale.

Come sapete, ci rammarichiamo per il rifiuto di fare uso dei margini disponibili di cui al Capitolo II. Tuttavia, abbiamo conservato un atteggiamento realistico, considerate le prospettive di accordo su un buon testo. Devo dire che il testo di compromesso su cui si voterà domani rappresenta un successo: perché da un lato include appropriatamente i vostri emendamenti e quelli apportati dal Consiglio mentre dall'altro mantiene i tre elementi chiave della nostra posizione.

In primo luogo, abbiamo una risposta di 1 miliardo di euro, e nessuno sembra aver avanzato seri dubbi sulla nostra stima del fabbisogno. In secondo luogo, si è sempre dato per scontato che questo aiuto dovrebbe essere concentrato in un periodo di tempo molto breve. Abbiamo proposto un periodo di due anni, ma potevamo accettarne anche tre. Infine, l'obiettivo era quello di rilanciare la produzione agricola nei paesi più colpiti dall'aumento dei prezzi. In altre parole, si trattava di salvare i raccolti nell’immediato futuro.

Quali sono i prossimi passi dopo il voto di domani e dopo la decisione del Consiglio del 16 dicembre? Penso che la cosa più importante sarà l'attuazione nella pratica. Nel gennaio 2009, la Commissione proporrà il progetto iniziale di finanziamento del progetto, perché credo ci sia davvero bisogno di fare le cose in modo molto rapido. L'obiettivo principale è quello di salvare la produzione agricola del raccolto del 2009. Faremo pertanto tutto il possibile per garantire che la maggior parte degli impegni finanziari siano realizzati nel 2009 e che abbiano una ricaduta sui fattori della produzione agricola, ad esempio, della stagione 2009.

Come concordato, il piano generale per l'attuazione dello strumento sarà sottoposto in un futuro molto prossimo alla vostra attenzione, in ogni caso, non oltre la fine del mese di aprile del 2009. Questo strumento è nato grazie alla volontà politica delle nostre tre istituzioni, e la sua rapida ed efficace attuazione chiaramente richiederà la stessa concorde volontà.

 
  
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  László Surján, relatore per parere della commissione per i bilanci. – (HU) Signor Presidente, la commissione per i bilanci è consapevole della responsabilità morale dell'Unione europea verso i paesi che si trovano in difficoltà. Tuttavia, non c'è bisogno di rammaricarsi, signor Commissario, di non essere riusciti a trovare nel Capitolo II i soldi per questo nobile intento.

Non ha senso rammaricarsi, perché abbiamo la stessa responsabilità morale nei confronti degli agricoltori europei, cui ripetiamo da mesi che non ci sono soldi per questo, quello e quell'altro, e che gli agricoltori dei nuovi Stati membri dovranno aspettare dieci anni per poter ricevere un pari trattamento. I fondi dovevano essere reperiti altrove, nei luoghi appropriati e, come il relatore ha affermato, siamo effettivamente riusciti a farlo. Penso che abbiamo concluso un buon lavoro e che possiamo andarne fieri.

La commissione per i bilanci si è trovata di fronte anche a un altro problema. Non eravamo convinti – come il commissario ha dichiarato a sua volta – che la Commissione reagisse rapidamente, e che la proposta della Commissione europea fosse conveniente sotto ogni aspetto. Abbiamo trovato deplorevole che nel materiale originale non si facesse riferimento al concetto di microcredito. La commissione per i bilanci ritiene che sia molto difficile stabilire a Bruxelles, o presso la sede di ogni altra istituzione internazionale, il modo in cui una data regione o un imprenditore agricolo che si trovano in difficoltà possano trovare una via d'uscita alla propria situazione.

Il sistema del microcredito ha dimostrato di essere un grande successo e ha aiutato molti paesi in difficoltà: siamo molto grati che la commissione per lo sviluppo abbia accolto a questo proposito le raccomandazioni della commissione per i bilanci. Signor Commissario, non posso garantirlo, ma posso prevedere che con ogni probabilità il risultato della votazione di domani sarà in grado di soddisfare voi e tutte le parti interessate. Grazie per il vostro cortese interessamento.

 
  
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  Stéphane Le Foll, relatore per parere della commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale. – (FR) Signor Presidente, sarò breve. Prima di tutto vorrei ringraziare l'onorevole Mitchell e lodarne l’operato. Vorrei anche ringraziare il commissario per il suo impegno e dire che non dobbiamo affrontare la crisi alimentare solo per due o tre anni, ma farla rimanere una priorità anche negli anni a venire.

Vorrei aggiungere un’osservazione nella mia veste di rappresentante della commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale. Il fatto è che per quindici anni la quota degli aiuti allo sviluppo destinati all'agricoltura è andata costantemente calando. Come ha detto l'onorevole Diouf, è scesa dal 15 al 4 per cento. E’ tempo di prendere in considerazione l'idea che sviluppo significa anche sostegno all'agricoltura e, se questo strumento ha un senso per il futuro, allora è proprio questo il significato che io personalmente intendo annettergli.

 
  
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  Colm Burke, a nome del gruppo PPE-DE. – (EN) Signor Presidente, desidero ringraziare l'onorevole Mitchell per la sua relazione. Accolgo con favore la creazione di questo strumento alimentare per gli agricoltori più poveri del mondo, che è stato finalmente approvato dopo lunghe trattative.

Alcuni membri del Consiglio non erano disposti stanziare i fondi per l’agricoltura rimasti inutilizzati a sostegno dei paesi in via di sviluppo. Mentre oggi un sesto della popolazione mondiale soffre la fame, alcuni Stati membri del Consiglio europeo (anche se la maggioranza dei membri è a favore dell'uso della politica agricola comune) sono stati reticenti, citando a loro inconsistente giustificazione il timore di creare un precedente.

Le risorse sono state reperite altrove, e saranno utilizzate gradualmente nell'arco di tre anni, dal 2008 al 2010, anziché nel corso di un periodo di due anni. Purtroppo c’era più bisogno di questo denaro un paio di mesi fa, quando si è verificata l’impennata dei prezzi dei generi alimentari. In alcuni di quegli stessi paesi i prezzi alimentari ora non sono più in aumento.

Dal momento in cui i prezzi alimentari hanno cominciato ad aumentare, il numero di persone che soffrono la fame è salito a quasi un miliardo. Quest'anno, 100 milioni di persone sono finiti in povertà a causa della crisi dei prodotti alimentari e del carburante, e il loro numero continua a crescere. Nei paesi in via di sviluppo le persone spendono fino all’80 per cento del loro reddito in generi alimentari, e ciò spiega perché prezzo cibo delle derrate alimentari debba rimanere accessibile.

Lo strumento alimentare contribuirà a risolvere alcune esigenze a breve termine, fornendo stimoli all’agricoltura e rafforzando le reti di sicurezza. Tuttavia c’è da aspettarsi a breve una nuova crisi alimentare, a meno che gli Stati membri dell'Unione europea e gli altri paesi ricchi non affrontino i problemi strutturali che l’hanno fomentata.

 
  
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  Josep Borrell Fontelles, a nome del gruppo PSE. – (ES) Congratulazioni, signor Commissario. Senza la sua totale dedizione a questa causa non saremmo arrivati a questo apparente lieto fine. Lei ha lottato duramente e incessantemente per raggiungere questo obiettivo. I miei ringraziamenti vanno anche al mio collega, il relatore onorevole Mitchell. Tutti e due avete salvato l'Unione europea dal clamoroso ridicolo che ne sarebbe derivato se, dopo averlo promesso tante volte in tanti luoghi del mondo, non fossimo riusciti a trovare questo miliardo di euro.

Forse non è esattamente un miliardo e non sarà del tutto supplementare, anche se lo sarà in gran parte. Non proverrà dall'agricoltura, come aveva proposto lei, signor Commissario, e non sarà tutto disponibile in un solo anno, ma in due o tre. Le imperfezioni del mondo reale, tuttavia, non hanno impedito di raggiungere l'obiettivo che vi eravate prefissati con l'aiuto, se posso dirlo, della commissione per lo sviluppo e del gruppo socialista al Parlamento europeo.

Non sono molti soldi: solo un euro a testa per ogni persona malnutrita nel mondo, un euro per ogni singolo affamato. Ma potrebbe, in futuro, contribuire a ridurre il loro numero, a condizione che gli Stati membri non detraggano dai loro aiuti allo sviluppo i fondi aggiuntivi messi a disposizione per questo aiuto d'emergenza.

Pertanto, signor Commissario, mi rivolgo a tutti gli Stati membri perché non riducano, decurtando i bilanci nazionali, l'importo aggiuntivo compreso nella presente somma. Uno Stato membro ha già lasciato intendere che lo farà. D'altro canto, altri paesi, come la Spagna, non hanno sottoscritto un fermo impegno in tal senso. Non ha alcun senso togliere a uno per dare all’altro, in altre parole, spostando le voci di bilancio per poi erogare la stessa quantità. Sono certo che lei signor Commissario sarà il primo a dolersi se ciò dovesse accadere.

 
  
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  Kyösti Virrankoski, a nome del gruppo ALDE. – (FI) Signor Presidente, desidero ringraziare l'onorevole Mitchell per la sua eccellente relazione. Il mio gruppo è sempre stato a favore della rapida concessione di aiuti alimentari. Nel mese di luglio la Commissione ha presentato la sua proposta di aiuti per un valore di un miliardo di euro. Purtroppo tale stanziamento andava contro i principi dell'accordo interistituzionale sulla disciplina di bilancio – un fatto sorprendente se si considera che la Commissione sta tradizionalmente a custodia del trattato e della sua legittimità. E’ stato solo durante la fase di concertazione di bilancio che la Commissione ha modificato la sua proposta per conformarsi alla normativa vigente, ed è stato allora che si è raggiunto l'accordo.

La presidenza francese merita la nostra gratitudine. E’ riuscita a convincere gli Stati membri ad adottare una posizione in favore degli aiuti alimentari. Su un totale di 1 miliardo di euro, 760 milioni di nuovi fondi rappresentano una chiara vittoria per il Parlamento europeo.

Un problema è garantire che l'aiuto arrivi alla destinazione voluta. Gli scettici sostengono che solo una parte degli aiuti raggiungeranno chi ne ha bisogno, mentre la maggior parte rimarrà nelle mani degli intermediari. Ciò richiede un attento controllo. Uno dei problemi dell'agricoltura nei paesi in via di sviluppo non è la disponibilità di concimi e sementi, ma la mancanza di istruzione e i metodi di lavoro, le attrezzature e gli strumenti primitivi. Non è cosa che possa essere risolta in un anno con un miliardo di euro. Questo è il motivo per cui gli aiuti alimentari rappresentano soprattutto un campanello d'allarme: la cooperazione allo sviluppo dovrebbe assumere come priorità lo sviluppo e il potenziamento della produzione agricola e alimentare.

Nei paesi in via di sviluppo, l'agricoltura è spesso praticata in condizioni difficili, su terreni di solito sterili e danneggiati dalla durezza del clima. Tali circostanze richiedono un altissimo grado di know-how professionale e di perfezionamento dei metodi di coltura. Per questo motivo, deve essere sviluppata la formazione professionale. Al momento ciò non accade quasi per nulla. I metodi di produzione devono essere adeguati ai limiti imposti dalla povertà. Il salto dall’aratro al trattore ad alta tecnologia non è affatto appropriato. Lo sviluppo agricolo deve procedere un passo alla volta.

 
  
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  Marie-Hélène Aubert, a nome del gruppo Verts/ALE. – (FR) Signor Presidente, ora che i miei colleghi ci hanno ricordato i progressi un po’ difficili di questa ottima iniziativa, ci auguriamo che essa comincerà a prendere una forma più concreta.

Da parte mia, signor Commissario, vorrei sottoporle un paio di dubbi. In primo luogo, è stato detto che alcuni dei finanziamenti per i fondi aggiuntivi saranno reperiti attingendo ai fondi dedicati allo strumento per la stabilità, istituito con lo scopo di prevenire i conflitti e di consolidare la pace. Questa ridistribuzione mi sembra estremamente problematica. È confermata? E, in caso affermativo, sarà prevista una qualche forma di compensazione? Immagino che senza dubbio lei sia interessato anche al futuro a lungo termine di questo strumento per l’instabilità.

In secondo luogo, ora che sembra che questo miliardo di euro sia stato trovato, quali canali verranno impiegati per garantire che i fondi siano trasferiti rapidamente ed efficacemente ai diversi e numerosi destinatari, molto dispersi sul territorio, così come alle centinaia di strutture agricole a conduzione familiare? Come pensa di fare per trattare direttamente con gli addetti del settore per evitare sprechi e perdite che, come ben sappiamo, sono connessi alla presenza di molti intermediari?

 
  
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  Wiesław Stefan Kuc, a nome del gruppo UEN. – (PL) Signor Presidente, l'Unione europea sta cercando di mettere in campo uno strumento che consentirà di offrire un rapido aiuto ai poveri e ai paesi in via di sviluppo, al fine di garantire che le popolazioni possano sopravvivere all’aumento dei prezzi alimentari. In questo contesto abbiamo detto che la carenza di prodotti alimentari in quei paesi è permanente, e non semplicemente connessa con i raccolti andati male o con gli aumenti speculativi dei prezzi alimentari. Ne consegue quindi che le risposte a breve termine e gli aiuti alimentari non risolveranno il problema.

Offrire formazione e introdurre nuovi metodi produttivi, migliorando le sementi e i fertilizzanti – obiettivo promosso per anni della FAO e della Banca mondiale – non ha portato ai risultati sperati. Per questo motivo, uno strumento di 1 miliardo di euro per rispondere rapidamente all’impennata dei prezzi alimentari nei paesi in via di sviluppo non è commisurato ai risultati attesi, soprattutto considerato il modo in cui opera l'Unione europea.

Questo è un fatto che è stato perfettamente sottolineato e compreso dall’onorevole Mitchell, il relatore, ma non sembra sia stato parimenti compreso dai relatori delle commissioni consultive e dalla commissione per il controllo dei bilanci.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. ROTHE
Vicepresidente

 
  
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  Konstantinos Droutsas a nome del gruppo GUE/NGL. – (EL) La crisi alimentare globale e l'impennata dei prezzi sono il risultato del fatto che i generi alimentari sono ormai diventati un prodotto di base come tutti gli altri, un oggetto della speculazione capitalista, piuttosto che un mezzo di sopravvivenza. L'Unione europea eroga somme esigue e dedica una minima parte del proprio tempo lavandosi fariseicamente le mani delle proprie responsabilità per quello che è stato ufficialmente definito come un crimine contro l'umanità. Noi crediamo che questi fondi finiranno nelle tasche delle multinazionali che controllano i programmi di sviluppo. La soluzione a questo problema esige il rispetto del diritto alla sicurezza e all'autosufficienza alimentari, il sostegno alle piccole e medie aziende agricole e la ristrutturazione dei mercati locali e regionali. In sostanza, abbiamo bisogno di un cambiamento di fondo nella politica agricola comune, che attualmente promuove il trasferimento dei terreni nelle mani di pochi, lo sfruttamento incontrollato delle risorse naturali e la sostituzione delle colture alimentari con altre piante.

 
  
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  Hélène Goudin, a nome del gruppo IND/DEM. – (SV) Signora Presidente, la povertà, la miseria e la fame rappresentano la sorte quotidiana degli oltre due miliardi di abitanti della terra che vivono con meno di due dollari al giorno. La recente impennata dei prezzi, soprattutto del riso, del mais e di altri alimenti primari, costituisce naturalmente un altro motivo principale per cui molte persone non hanno cibo a sufficienza. Anche l'Unione europea si è accorta di questo problema e di conseguenza, intende istituire un fondo per fare fronte alla crisi.

La domanda che dobbiamo porci, onorevoli colleghi, è il motivo per cui accettiamo la dannosa politica agricola dell’Unione europea, che è uno dei maggiori colpevoli in questa situazione. Questa politica protezionistica deruba la povera gente di opportunità di reddito e quindi della capacità di evitare la fame. Tuttavia, quest’Aula vota sempre a favore della politica agricola comune. E’ una tragedia, e mi chiedo se da parte dell’Unione europea questa sia una mossa consapevole o inconscia.

 
  
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  Czesław Adam Siekierski (PPE-DE). - (PL) Siamo tutti consapevoli del fatto che, a causa del perdurare della crisi alimentare, molte persone, e specialmente coloro che vivono nei paesi in via di sviluppo più poveri, stanno subendo grandi difficoltà. Invece di raggiungere gli obiettivi di sviluppo del Millennio delle Nazioni Unite, altri milioni di persone cadono nella povertà.

L'Unione europea non deve tentennare nel soccorrerli. Mi aspetto che la maggior parte di noi che sediamo in quest’Aula sia d'accordo su questo punto. Sostenere questi paesi è nostro dovere morale, una manifestazione di solidarietà verso le nazioni più povere. Dobbiamo mostrare loro il modo giusto per superare la crisi e aiutarli a ricavare le adeguate quantità di cibo, soprattutto sostenendo la loro produzione agricola.

Vorrei inoltre sottolineare che c’è bisogno di aiuto non solo al di fuori dell'Unione. Anche all'interno dell'Unione, milioni di persone si scontrano col problema dei prezzi dei prodotti alimentari e della carenza di cibo. Chiedo pertanto che, mentre si assistono gli altri, per esempio in Africa, non vengano dimenticati coloro che sono più vicini a noi e che attendono il nostro aiuto. Per questo motivo dobbiamo sostenere la proposta della Commissione europea di aumentare i fondi per il programma di distribuzione alimentare per le persone più indigenti in Europa. E’ deplorevole che alcuni Stati membri si siano opposti a questo programma.

 
  
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  Juan Fraile Cantón (PSE).(ES) Signora Presidente, nel contesto della crisi attuale, le Nazioni Unite ci hanno avvertito della drammatica situazione di 22 paesi particolarmente vulnerabili, e la Banca Mondiale ci dice che, per effetto della crisi, agli 850 milioni di persone che già soffrono la fame nel mondo se ne aggiungeranno altri 100 milioni.

Questa situazione richiedeva una rapida risposta comune dell'Unione europea, e in luglio la Commissione ha proposto uno speciale strumento di finanziamento per aiutare gli agricoltori dei paesi in via di sviluppo e per cercare di attenuare l’impennata dei prezzi dei generi alimentari.

Il provvedimento cercava sia di aumentare la produzione agricola nei paesi in cui si fanno sentire maggiormente gli effetti del rialzo dei prezzi, mettendo a repentaglio le possibilità di realizzare gli obiettivi di sviluppo del Millennio, sia di evitare per quanto possibile l'instabilità e le tensioni che potrebbero compromettere i risultati di anni di investimenti negli ambiti politici dello sviluppo e del mantenimento della pace.

Accogliamo quindi con favore l'accordo che è stato raggiunto, adempiendo alla promessa di aggiungere un miliardo di euro che è stata fatta, come dicevo, al più alto livello politico…

(Il Presidente interrompe l'oratore)

 
  
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  Proinsias De Rossa (PSE). – (EN) Signora Presidente, vorrei congratularmi con tutti coloro che hanno collaborato a questa relazione e al raggiungimento di questo risultato molto significativo: il relatore, onorevole Mitchell, tutti i gruppi politici – tra cui il mio – e il commissario Michel.

I prezzi degli alimenti e il collasso dell'economia globale avranno effetti devastanti sulle popolazioni dei paesi in via di sviluppo. È stato stimato che, per ogni un per cento di prodotto interno lordo perduto nel mondo, 40 milioni di persone sono spinte nella povertà. Di conseguenza, è estremamente importante che questa proposta per far fronte all’aumento dei prezzi dei generi alimentari venga attuata con la massima urgenza. Il mondo in via di sviluppo non è responsabile della crisi finanziaria ed economica. Se vogliamo evitare di condannare un'altra generazione di esseri umani a un'estrema povertà e alla fame, dobbiamo evitare una miope avarizia in materia di aiuti allo sviluppo. Come è già stato sottolineato, la cifra di 1 miliardo di euro può sembrare elevata, ma è trascurabile rispetto alla quantità di denaro che stiamo immettendo nelle banche e nei pacchetti di stimolo all’economia. Chiedo che la relazione sia attuata al più presto.

 
  
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  Silvia-Adriana Ţicău (PSE).(RO) Il Consiglio dell'Unione europea deve mettere in campo politiche nazionali e internazionali per rendere più coerenti le forniture alimentari per le popolazioni.

I rincari dei generi alimentari provocano gravi conseguenze per le popolazioni più povere e mettono a repentaglio il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo del Millennio. L'introduzione dello strumento proposto dal regolamento è un risultato della diminuzione nella spesa agricola.

La Comunità europea ha bisogno di dare impulso alla crescita della produzione agricola a breve e medio termine nei paesi in via di sviluppo, riducendo gli effetti negativi dell'aumento dei prezzi alimentari per le fasce più povere della popolazione nei paesi in via di sviluppo.

L'aiuto comunitario non deve essere utilizzato per pagare imposte, dazi o altri oneri. Allo stesso tempo, il presente regolamento deve garantire la tutela degli agricoltori europei.

 
  
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  Friedrich-Wilhelm Graefe zu Baringdorf (Verts/ALE). - (DE) Signora Presidente, abbiamo distrutto l'agricoltura nei paesi in via di sviluppo fornendo miliardi di incentivi alle esportazioni e minando la sicurezza alimentare in questi paesi. E’ ridicolo pensare di poter compensare tutto questo con un miliardo! Sono a favore di questo miliardo – non interpretatemi male – ma 850 milioni di persone che muoiono di fame non sono la conseguenza dei nostri alti prezzi alimentari, ma del fatto che con i nostri incentivi all'esportazione abbiamo spinto i prezzi in questi paesi a un livello così basso che l'agricoltura non è più remunerativa. L'economia di sussistenza, il lavoro dei piccoli agricoltori, e l’autosufficienza sono stati distrutti.

Con questa logica, decidere di erogare loro un miliardo non servirà a niente, aiuterà invece la distruzione. Dobbiamo quindi fare molta attenzione al modo in cui i fondi vengono assegnati.

Sono favorevole a rafforzare la sicurezza alimentare a lungo termine in questi paesi. Ciò significa che dobbiamo smettere di operare al ribasso nelle esportazioni verso questi mercati.

 
  
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  Louis Michel, membro della Commissione. – (FR) Signora Presidente, a seguito di questo e di alcuni degli altri contributi, vorrei sottolineare con grande chiarezza una questione importante. Questo miliardo di euro non rappresenta in alcun modo una risposta strutturale al problema causato dalla crisi alimentare nei paesi in via di sviluppo.

Si tratta, in realtà, di una reazione rapida intesa come risposta di emergenza per salvare i raccolti futuri, vale a dire quelli del 2008-2009: penso che dovremmo più propriamente parlare di quelli del 2009, del 2010 e forse del 2011.

Vorrei anche aggiungere che il principio di fondo è che, in un qualche futuro naturalmente questa capacità di risposta rapida possa diventare permanente. Dicendo così, sono sicuro di far preoccupare un certo numero di Stati membri. Ho quindi detto che si tratta di una risposta rapida e non strutturale.

La risposta strutturale è sostanzialmente quella cui alludeva l'onorevole Le Foll, quando giustamente esprimeva la sua preoccupazione per il fatto che ormai da molti anni la quota degli stanziamenti destinati agli aiuti allo sviluppo dell'agricoltura e allo sviluppo rurale è andata costantemente calando. Chiaramente, sorvolerò sulla questione delle responsabilità. Ritengo che la comunità internazionale, anche se certo ha agito in buona fede, sia in qualche modo complice di questa riduzione. È chiaro, dunque, che ora abbiamo bisogno di concentrarci nuovamente su questo tema. Sono stati fatti dei progressi. Ho già avuto l'opportunità di presentarvi i dati. Il nono Fondo europeo di sviluppo: quattro paesi hanno scelto l'agricoltura e lo sviluppo rurale come i settori su cui concentrarsi o mettere a fuoco la propria cooperazione con la Commissione. Questi quattro paesi rappresentano 650 milioni di euro nel decimo Fondo europeo di sviluppo e, dopo molte discussioni, molti suggerimenti e grandi insistenze, ora siamo arrivati a 1,25 miliardi di euro per 25 paesi. Venticinque paesi è solo un terzo del totale, però. C'è quindi ancora molto lavoro da fare.

Ritengo, sulla scia di quanto l'onorevole Le Foll stava dicendo, che l'idea suggerita da un certo numero di ministri dello Sviluppo dell'Unione europea che entro cinque anni i bilanci bilaterali di aiuto allo sviluppo incentrati sull'agricoltura debbano crescere di una media del 10-15 per cento rappresenti un buon compromesso. Ovviamente, queste cifre dovranno essere discusse, ma renderanno possibili delle risposte strutturali. Questo miliardo di euro non è inteso pertanto come una risposta strutturale, o almeno, non su larga scala. Esso è destinato a scopi di emergenza.

Devo dire che i riferimenti alla situazione degli agricoltori europei, rispetto ai piccoli agricoltori dei paesi in via di sviluppo, mi mette di fronte a un problema morale. Prima di tutto, non credo che il paragone sia corretto. Io credo che la comunità agricola europea o, in ogni caso, le imprese a conduzione familiare, si trovino ad affrontare una serie di problemi. Ma nel caso del miliardo di euro di cui stiamo parlando qui, quale era il punto di partenza? Era l'idea che dato che i prezzi erano aumentati non aveva più scopo di esistere il meccanismo di compensazione destinato a far fronte ai cali dei prezzi e alla perdita di reddito per gli agricoltori europei. E’ emersa quindi l'idea di destinare, un po’ simbolicamente, a questi altri paesi quello che era stato previsto per gli agricoltori europei e che invece non si era dimostrato necessario.

Non credo che le due situazioni debbano essere confrontate. Ritengo proprio di no. Certo, penso che i consumatori e i cittadini europei abbiano diritto alla nostra piena considerazione e mi dispiace, inoltre, che debba essere così difficile aiutare le persone che hanno bisogno di assistenza in Europa, in particolare tramite l'aiuto attualmente oggetto di dibattito e nel quale sono stati compiuti progressi così scarsi.

Non dobbiamo creare un collegamento e non dobbiamo far dipendere le nostre azioni in favore di alcuni da analoghe azioni in favore di altri. Le due cose non sono identiche; in realtà sono proprio diverse. Prima di tutto, non stiamo parlando degli stessi livelli di povertà e, in secondo luogo, credo che dobbiamo essere coerenti.

Si tratta di una questione fondamentale che, in sostanza, inquadra alla perfezione il problema della coerenza della politica europea in materia di agricoltura. Il problema è stato sollevato dall’onorevole Borrell. E’ chiaro che il vero immediato problema che ora dobbiamo affrontare con molta attenzione e che ci impone di essere estremamente reattivi, tanto in seno al Parlamento – che so che agirà in questo modo – tanto nella Commissione e anche tra alcuni membri del Consiglio, il vero problema, dicevo, riguarda i nostri Stati membri che hanno accettato questa formula insieme a una serie di altri Stati membri, che sono stati costretti e forzati ad accettarla visto che abbiamo dovuto lottare con loro. Esprimo la mia sincera gratitudine al Parlamento europeo, perché non credo che ciò sarebbe stato possibile senza il suo aiuto. A un certo punto ho anche pensato che non ci saremmo riusciti, visto che le obiezioni avanzate erano sempre più speciose e ai limiti dell’onestà intellettuale.

Naturalmente, onorevole Borrell, sarà necessaria una vigilanza totale, al fine di controllare che gli Stati membri, o alcuni di essi, non compensino l'impegno assunto in questa sede. Se ciò dovesse accadere, costituirebbe chiaramente nulla di più di una pazzia, e senza dubbio dovremo continuare nei nostri sforzi.

Sono appena tornato da Doha. Devo ammettere che sono tutt'altro che ottimista riguardo all'aumento degli aiuti pubblici allo sviluppo. Devo dire che quando si lascia che le riunioni vadano avanti per diverse ore (devo ammettere che a volte ho un temperamento piuttosto volubile, ma sono in grado anche di tenere i nervi sotto controllo) ci possono essere cose difficili da sopportare. E’ difficile da sopportare la mala fede, con discorsi che auspicano un aumento dell’aiuto pubblico allo sviluppo, ma quando poi viene redatto un testo e si tratta di riconfermare gli impegni presi, all'improvviso l’accordo non si trova e le persone inventano tutta una serie di motivi per non mantenere gli impegni o, in ogni caso, si lasciano a disposizione vie di fuga sufficienti per essere in grado di voltare le spalle nel modo più disonorevole alle proprie responsabilità e ai propri obblighi. E così dovremo combattere. Cerchiamo di non farci illusioni in proposito. Dovremo accusare, esporre, mettere i colpevoli di fronte alle proprie responsabilità e, soprattutto – perché devo ammettere che non riesco più a sopportarlo – disfare e smontare il linguaggio ambiguo, perché la cosa più terribile di tutti è che gli oratori, mentre fanno discorsi di una generosità sempre più favolosa, al tempo stesso fanno proditoriamente tutto il possibile per impedire che gli impegni vengano rispettati. Perciò, ne sono sicuro, non abbiamo ancora visto la fine di simili comportamenti.

Onorevole Virrankoski, gli aiuti devono arrivare a destinazione, e credo in tutta onestà che nel caso di cui stiamo discutendo ci arriveranno. Tuttavia devo in qualche modo sollecitare costanza nella lotta che vogliamo intraprendere insieme. Quando diciamo che gli aiuti devono arrivare a destinazione, stiamo inviando il peggior messaggio possibile all’opinione pubblica, di cui invece abbiamo bisogno per aiutarci a incoraggiare gli Stati ad aumentare i loro aiuti pubblici allo sviluppo.

Dobbiamo smettere di dire la prima cosa che ci viene in mente su questa questione. Credo che l'aiuto pubblico che viene distribuito dalla Commissione sotto il vostro controllo, e sotto il controllo di tutte le istituzioni preposte, arriverà a destinazione. Possiamo discutere le nostre procedure, le nostre regole, il fatto che è necessario procedere a consultazioni, revisioni contabili, studi e così via, e tutto questo ha un costo, in un certo qual modo: ci vogliono soldi, ma d'altra parte questo è senza dubbio il prezzo da pagare per un reale controllo e questo è anche il prezzo da pagare per garantire un livello minimo di qualità nella fornitura del servizio.

Dobbiamo quindi sapere che cosa vogliamo, ma non credo si possa dire che l'aiuto non arriverà a destinazione. Nel caso in questione, posso confermare che tutto ciò può essere verificato e controllato e che disponiamo di tutte le procedure che, peraltro, io e voi conosciamo bene. Pertanto, credo onestamente che non dovremmo preoccuparci troppo di questo.

Onorevole Aubert, credo che fondamentalmente attraverso la sua domanda o il suo suggerimento sia stata data voce a quello che per me probabilmente è anche uno dei pochi aspetti negativi dell’accordo, perché chiaramente, se si considera lo strumento di stabilità, si vede benissimo che quello che viene messo in campo dallo strumento di stabilità sono soldi che non sono necessariamente disponibili per altre cose e che questo, alla radice, rappresenta a dir la verità un cambiamento. E’ inoltre quello che ci trattiene – o, in ogni caso, quello che mi trattiene – dall’affermare che si tratta di un miliardo di euro aggiuntivo. Non possiamo davvero dire che si tratta di un miliardo di euro aggiuntivo, e l’onorevole Mitchell ha avuto l'onestà intellettuale di sottolineare questo aspetto. Tuttavia, per essere assolutamente obiettivo, sono del parere che questo non deve impedirci di essere soddisfatti, perché in realtà non mi aspettavo che saremmo arrivati così lontano.

Così i 240 milioni di euro saranno riassegnati prendendoli dallo strumento per la stabilità, di cui 70 milioni di euro nel 2009. Il saldo disponibile sarà, in linea di massima, al livello del 2008, anno in cui ammontava a 135 milioni di euro. Tuttavia, questo non rappresenta davvero un argomento valido. A parità di condizioni, naturalmente lo è. Se però lo strumento dovesse rispondere a eventuali nuove esigenze, allora avremmo un problema. Tuttavia, per quanto riguarda il 2010, la Commissione è stata invitata, durante la fase di conciliazione di bilancio, a una revisione del programma finanziario allo scopo di garantire la progressione ordinata degli importi previsti per il periodo 2010-2013, pur mantenendo un livello invariato di margine annuo. Questa revisione della programmazione sarà presentata nell'ambito della strategia politica annuale, e noi naturalmente la terremo sotto stretto controllo.

In quanto alle domande che avete posto in materia di attuazione: a seconda del paese, la scelta sarà effettuata sulla base di criteri di efficacia. Chi potrebbe collaborare in questo passaggio? Chiaramente, le organizzazioni internazionali e regionali, gli stessi paesi, gli Stati e le amministrazioni decentrate, le organizzazioni non governative, nonché le agenzie degli Stati membri. Inoltre, se gli operatori sono stati diversificati, questo è accaduto su richiesta del Parlamento. Personalmente devo ammettere che ero contrario, ma questo è stato il vostro desiderio e riesco a capirlo. Il criterio sarà quello dell’efficacia, ma se vogliamo agire in fretta allora dovete sapere che il modo migliore è quello di lavorare prioritariamente con le organizzazioni costituite a questo scopo e con le quali siamo sostanzialmente in grado di muoverci con più rapidità, perché con queste istituzioni ci sono regole di collaborazione che permettono di funzionare rapidamente. In ogni caso, posso assicurarvi che parteciperemo a pieno titolo a questo sforzo, come è stato deciso dal Parlamento e come è stato stabilito nell’accordo finale.

Penso che l'Europa abbia dimostrato di essere all'altezza della sfida, visto che stiamo parlando di 1 miliardo di euro per questa reazione rapida intesa a salvare i raccolti. Vorrei anche ricordare le centinaia di milioni di euro che sono già stati mobilitati e spesi e che continueremo a spendere, nel quadro dei nostri aiuti umanitari di emergenza o di aiuti alimentari d'emergenza. L'Europa ha risposto con grande sensibilità in questi settori. Voglio solo ricordare – e mi fa piacere farlo qui – che nel 2007 l'Europa ha erogato 46 miliardi di euro all'anno. Devo ancora trovare un altro donatore che fornisca un maggiore aiuto allo sviluppo.

Per quanto riguarda l'onorevole Droutsas, dire che l'Unione europea si sta lavando le mani di questo problema e che tutto finirà per essere inghiottito dagli imprenditori è una visione che non posso condividere e che mi sembra un po’ eccessiva. Non dico che le sue affermazioni siano completamente sbagliate. Ad esempio, è chiaro che possiamo discutere e negoziare i prezzi dei fertilizzanti e delle sementi. Sì, possiamo tentare di assumere una visione oggettiva del problema. E probabilmente non sarebbe uno spreco di forze nel quadro di una risposta strutturale a livello di grandi organizzazioni internazionali – e questa è una cosa alla quale sto pensando sempre di più – tentare di negoziare con tutte le aziende leader, che fondamentalmente producono sementi ad alto rendimento, ma a un prezzo estremamente elevato. Lo stesso vale per i fertilizzanti. In questo senso, ci sono iniziative da valutare, non ultima per esempio l'idea di produrre fertilizzanti a livello locale. Ci sono luoghi dove questo può essere fatto. Si potrebbero anche creare corridoi di approvvigionamento che permetterebbero di ridurre notevolmente i costi di trasporto. Recentemente ho incontrato un’organizzazione di produttori per avere un'idea di quello che erano disposti a fare, e terremo un incontro tra loro e il nostro forum delle imprese per esaminare il contributo che potrebbero portare alla nostra strategia di risposta strutturale. Ritengo ovviamente che questo sia importante.

Onorevole Goudin, mi trovo spesso d'accordo con lei ma devo dire che non credo che le politiche protezionistiche siano la soluzione nei paesi che stanno affrontando questo problema. Invece credo che ci sia una questione interessante – perché credo che le politiche protezionistiche rischino di compromettere l’equilibrio complessivo, o almeno c’è il rischio che non corrispondano ai problemi a livello regionale, anche se si tratta di una dimensione economica che non ho intenzione di affrontare ora – su cui sarei disposto a sostenerla e su cui attualmente stiamo lavorando intensamente, in particolare con la presidenza francese: come possiamo organizzare le specifiche caratteristiche del settore agricolo nei paesi in via di sviluppo come ha fatto l’Europa per la propria agricoltura? Noi in Europa sembriamo avere proprio poca memoria: in Europa l'agricoltura non è mai stata considerata un tipo di produzione o un prodotto economico identico a tutti gli altri prodotti economici. L'agricoltura ha sempre ricevuto un trattamento speciale. Non voglio ancora dire che questa è la mia scelta definitiva, ma mi sembra che se consideriamo le politiche regionali agricole comuni, queste sono un oggetto di uno studio che sarebbe interessante portare avanti molto rapidamente, al fine, naturalmente, non di generare protezionismo ma protezione, che in realtà è qualcosa di completamente diverso. Io preferisco il concetto di protezione al protezionismo e all'angoscia che esso provoca.

Per concludere, vorrei ancora una volta – mi auguro di aver coperto più temi possibili – ringraziarvi per l'accordo e per il vostro impegno. Senza di voi, questo non sarebbe stato possibile. Abbiamo appena dimostrato in modo convincente che quando il Parlamento europeo e la Commissione sono in grado di lavorare in armonia, è difficile per gli Stati opporre resistenza.

 
  
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  Gay Mitchell, relatore. – (EN) Signora Presidente, ringrazio il commissario, il presidente e gli onorevoli che sono intervenuti per le gentili parole sul mio contributo a questa relazione. Ringrazio anche l’onorevole Böge per aver facilitato il lavoro in seno alla commissione bilanci, e il relatore ombra, l’onorevole Berman, che è stato molto collaborativo e di grande aiuto durante tutta la fase di elaborazione.

Nel mondo in via di sviluppo, 78 bambini su mille muoiono alla nascita. Nell'Unione europea la cifra è in media di 5 su mille; in Irlanda, subito dopo la Seconda guerra mondiale il dato era di 45 su mille. L’abbiamo ridotto a 78 nel mondo in via di sviluppo, e con determinazione e impegno possiamo scendere di nuovo a quello che era allora il tasso in Irlanda e magari anche fino al tasso attuale dell’Irlanda.

Se superano la nascita, due milioni di questi bambini muoiono prima dei cinque anni per mancanza di quei vaccini che invece in occidente sono disponibili da oltre 30 anni. In tale contesto, e quando si vedono la fame che i bambini si trovano a soffrire, la mancanza di opportunità di istruzione e l'assenza di strutture sanitarie, alcuni dei discorsi fatti qui questa sera rasentano la disumanità. Vedere che i parlamentari fanno i loro giochi di interesse nazionale a scapito di questi esseri umani è osceno, ed è giunto il momento di dirlo molto chiaramente.

Entro il 2050 la popolazione di questo pianeta aumenterà da 6 miliardi circa a quasi 8 miliardi. Il novanta per cento della popolazione nascerà in quello che oggi è il mondo in via di sviluppo. Se queste persone continueranno a vivere nelle loro condizioni attuali, allora questa sarà la causa di una terza conflagrazione su questo pianeta, che causerà massicce migrazioni ed enormi problemi.

D'altra parte, se investiremo e lavoreremo in solidarietà con queste persone, diventeranno i nostri partner commerciali. Queste sono le opzioni che abbiamo davanti, e per questo credo sia importante rispondere con uno strumento come questo.

 
  
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  Presidente. − La discussione è chiusa.

La votazione si terrà giovedì 4 dicembre alle 12.00.

Dichiarazioni scritte (articolo 142 del regolamento)

 
  
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  Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Appoggio questa iniziativa che fornisce all'Unione europea un nuovo strumento di politica di sviluppo per affrontare i principali problemi legati all'impennata dei prezzi dei generi alimentari che ha provocato rivolte, tensioni e instabilità in diversi paesi, minacciando i risultati di lunghi anni di investimenti in politiche per lo sviluppo e per il mantenimento della pace.

Centinaia di milioni di persone hanno visto aggravarsi la propria condizione di povertà. I progressi compiuti per il conseguimento degli obiettivi di sviluppo del Millennio sono stati vanificati. L'Unione intende finanziare il 10 per cento dei 18 miliardi di euro necessari, vale a dire 1,8 miliardi di euro e, dati i finanziamenti già disponibili, si è reso necessario un pacchetto aggiuntivo di 1 miliardo di euro. Non sono d'accordo però con la proposta della Commissione europea di utilizzare i fondi stanziati per l'agricoltura, e mi auguro che il Consiglio si opporrà a raggiungerà un compromesso su tali finanziamenti. Politicamente, sarebbe un disastro se con mezzi finanziari o, peggio ancora, con l'uso di simboli, i cittadini europei dovessero percepire che la nostra politica di sviluppo, in particolare le questioni relative alla fame, viene messa in opera a spese della politica agricola comune, che è invece una questione del tutto diversa.

 
  
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  Constantin Dumitriu (PPE-DE),per iscritto. – (RO) A mio avviso, la proposta della Commissione presenta un numero limitato di opzioni su come possano essere concessi gli aiuti finanziari, poiché stabilisce che le iniziative dovrebbero essere attuate solo con l'aiuto delle organizzazioni regionali e globali. Capisco le motivazioni di tali restrizioni, ma io sostengo la necessità della partecipazione attiva di tutte le parti interessate: i consumatori, i produttori e anche il pubblico in generale.

Inutile dire che le condizioni della produzione agricola variano nei paesi in via di sviluppo. Questo strumento deve essere adattato alle specifiche condizioni locali, al fine di consolidare e razionalizzare i mercati. I piccoli agricoltori devono essere protetti contro lo sviluppo di eventuali posizioni dominanti sul mercato.

L'introduzione di questo tipo di strumento è vantaggiosa e prevede un incentivo per gli agricoltori dei paesi in via di sviluppo; è inoltre opportuna nel contesto dell’attuale crisi economica e finanziaria mondiale. Vorrei tuttavia sottolineare l'importanza della condizione che i fondi siano assegnati su base addizionale e che questo non vada a scapito delle attività di sviluppo richieste in altri settori. Dobbiamo rispettare rigorosamente gli impegni che ci siamo assunti. Occorre anche proteggere gli agricoltori, specialmente quelli dei nuovi Stati membri che ancora non godono dello stesso sostegno garantito negli altri 15 Stati membri.

 
  
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  Siiri Oviir (ALDE), per iscritto. – (ET) Per anni, gli esperti sul diritto alle risorse alimentari presso le Nazioni Unite, la Banca mondiale e il Fondo monetario internazionale hanno messo in guardia l'opinione pubblica mondiale sulla possibilità di una carestia.

Mentre i paesi ricchi dell’Occidente sprecano gli alimenti, oltre 850 milioni di persone stanno morendo di fame in tutto il mondo. Ogni cinque secondi un bambino sotto i 10 anni muore di fame. Il rapido aumento del prezzo dei generi alimentari colpisce 2,1 miliardi di persone in tutto il mondo su base quotidiana e molti cercano di sopravvivere con meno di 2 dollari al giorno.

La produzione di biocarburanti su scala sempre più vasta ha contribuito al rincaro dei prodotti alimentari, che a sua volta ha avuto un pesante effetto sulla vita delle persone in tutto il mondo. Il prezzo dei prodotti alimentari è salito alle stelle sul mercato mondiale perché una porzione sempre crescente dei terreni coltivabili viene ora utilizzata per far crescere piante oleose da utilizzare come materie prime per la produzione di biocarburanti (ad esempio, per produrre 50 litri di carburante sono necessari 200 chili di mais, quantità con la quale un bambino zambiano o messicano potrebbe vivere per un anno intero). In aggiunta a ciò, molti paesi sono stati colpiti da siccità o inondazioni che hanno notevolmente ridotto i loro raccolti.

Ritengo che l'Unione europea dovrebbe essere disposta a contribuire in modo più rigoroso nel perseguire l’obiettivo di sviluppo del Millennio: dimezzare la fame nel mondo entro il 2015.

Accolgo con favore l'iniziativa della Commissione europea intesa a erogare 1 miliardo di euro per risolvere la crisi alimentare. Ciò consentirà all'Unione europea sia di mettere a disposizione aiuti alimentari per le persone più svantaggiate, al fine di soddisfare le loro primarie esigenze nutrizionali e di contribuire ad accrescere la capacità dei paesi in via di sviluppo di produrre i propri prodotti alimentari.

A oggi, in Europa si produce relativamente poco carburante da colture di prodotti commestibili. Però non dobbiamo sacrificare i prodotti alimentari umani esclusivamente ai fini dell’“energia verde”. Si dovrebbe invece sostenere la ricerca scientifica con l'obiettivo di produrre carburanti da fonti alternative, che contribuirebbe a evitare un aumento del prezzo dei prodotti alimentari e aiuterebbe anche a prevenire la fame e il riscaldamento globale.

 
  
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  Bogusław Rogalski (UEN), per iscritto. – (PL) Gli ultimi due anni hanno visto una progressione vertiginosa dei prezzi dei prodotti agricoli e alimentari. Le nazioni con congiuntura economica particolarmente critica e i paesi in guerra hanno subito le conseguenze più dolorose di tali cambiamenti.

Circa 2,1 miliardi di persone in tutto il mondo sono costrette a sopravvivere con meno di due dollari al giorno, il che significa che spendono circa il 50 per cento del loro reddito per il cibo. Si tratta delle persone più a rischio di malattia e morte a causa dei prezzi record dei prodotti alimentari di base, vale a dire cereali, riso, mais e frumento. Ciò ha una diretta conseguenza sul numero delle persone che muoiono di fame, che sono aumentate di altri 50 milioni nel solo 2007. La crisi è ulteriormente intensificata dalle conseguenze negative del cambiamento climatico e dalla scarsità di risorse naturali come l’acqua e l’energia.

Come parte del nostro aiuto nell’affrontare questo tema cruciale, occorre investire i fondi destinati a migliorare l'accesso alle risorse della produzione agricola e dei servizi e aumentare la capacità di produzione agricola, al fine di soddisfare il fabbisogno alimentare di base dei paesi in via di sviluppo.

L'Unione europea deve anche aumentare la propria spesa per l'agricoltura, dato che il 4 per cento finora destinato alla politica di sviluppo è decisamente insufficiente.

Analoga importanza riveste un ritorno a una minima regolamentazione dei mercati internazionali, al fine di garantire le forniture e almeno una relativa stabilità, nell'interesse di tutti i consumatori e i produttori del mondo intero.

 
  
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  Toomas Savi (ALDE), per iscritto. – (EN) Accolgo con favore la tempestiva relazione sulla proposta di regolamentazione che istituisce un meccanismo di risposta rapida all'impennata dei prezzi dei generi alimentari nei paesi in via di sviluppo. Quest'anno il mondo è stato scosso da varie crisi che hanno imposto un tributo terribile alle popolazioni più povere del mondo.

E’ stato proposto di spendere un miliardo di euro per migliorare la loro situazione nel periodo dal 2008-2009: è una somma notevole nel bilancio dell'Unione europea. Ma vorrei ricordare che la maggior parte degli aiuti umanitari e allo sviluppo UE non vengono erogati dalla Commissione, ma dagli Stati membri. Se gli Stati membri avessero rispettato i propri obiettivi di sviluppo del Millennio, la Commissione non sarebbe dovuta intervenire.

Il relatore ha giustamente sottolineato che non è possibile attuare politiche comuni più efficaci senza fornire ulteriori risorse di bilancio, ma gli Stati membri sembrano piuttosto restii in tal senso.

A mio parere, gli Stati membri dovrebbero cominciare a mettere in comune le proprie risorse sotto l'egida della Commissione, per esercitare una politica comune umanitaria e di sviluppo che sia veramente efficace.

 
  
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  Daniel Strož (GUE/NGL), per iscritto. – (CS) Per quanto riguarda la relazione (A6-0396/2008) sugli strumenti per fornire una risposta rapida all’impennata dei prezzi dei generi alimentari nei paesi in via di sviluppo , sono decisamente a favore della sua adozione, in quanto i paesi in via di sviluppo hanno bisogno di questo tipo di assistenza. Allo stesso tempo, però, vorrei far notare che la relazione non include tra le cause della crisi un elemento che a mio avviso è assai più importante dell'aumento del consumo di carne in Cina e in India o della siccità in Australia. Vi ricordo che i prezzi alimentari sono in aumento anche all'interno dell'Unione europea ed è evidente che i rincari sono dovuti al continuo aumento dei prezzi dell'energia, che a loro volta, si riferiscono direttamente ai crescenti profitti delle imprese energetiche multinazionali. Il neoliberismo è diventato il modello per tutte le politiche dell'Unione europea, ma in realtà questo non risolverà il problema del fabbisogno alimentare nel mondo.

 
  
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  Anna Záborská (PPE-DE), per iscritto. – (SK) Il livello eccezionalmente elevato raggiunto dai prezzi di quei prodotti alimentari di base che hanno un forte impatto sul numero di persone che soffrono la fame nel mondo è dovuto a una serie di fattori noti. Oltre alla situazione specifica di alcuni paesi come la Cina e l'India, questi fattori includono le oscillazioni del clima globale, il passaggio dalla coltivazione di piante per il consumo a colture per la produzione di biocarburanti, e il livello ridotto delle scorte di frumento nel mondo.

In questo contesto ritengo essenziale che l'Unione europea sviluppi una risposta unica, coordinata ed efficace. Accolgo con favore la proposta della Commissione di istituire un fondo per la gestione della crisi alimentare, soprattutto in un momento in cui gli elevati prezzi dei prodotti alimentari fanno aumentare il costo degli aiuti alimentari necessari per un numero crescente di persone. Non dobbiamo dimenticare che per gli aiuti allo sviluppo stiamo utilizzando il denaro dei contribuenti dell’Unione europea. Né il forte aumento dei prezzi alimentari nei paesi in via di sviluppo, né gli effetti di questi aumenti sulle popolazioni più povere possono giustificare un nostro fallimento nell’assegnazione efficace e trasparente di tali fondi. Considerati i regimi instabili, le violazioni della democrazia e la corruzione in molti paesi in via di sviluppo, sono molto riluttante a sostenere i loro bilanci nazionali; preferirei sostenere progetti e programmi gestiti da organizzazioni non governative o semi-governative, o da consorzi e associazioni che le rappresentino. Due anni fa ho avanzato una proposta adottata in sessione plenaria che prevedeva che gli aiuti fossero monitorati e valutati due volte all'anno, proposta poi sottoscritta dalla Commissione, dalle autorità locali degli Stati e dai beneficiari degli aiuti.

 

20. Lotta contro la frode fiscale connessa alle operazioni intracomunitarie (sistema comune IVA) - Lotta contro la frode fiscale connessa alle operazioni intracomunitarie - Relazione speciale n. 8/2007 della Corte dei conti europea concernente la cooperazione amministrativa nel settore dell'IVA (discussione)
Video degli interventi
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  Presidente. – L’ordine del giorno reca, in discussione congiunta:

– la relazione (A6-0448/2008) presentata dall’onorevole García-Margallo y Marfil, a nome della commissione per i problemi economici e monetari, sulla proposta di direttiva del Consiglio recante modifica della direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune d'imposta sul valore aggiunto, per combattere la frode fiscale connessa alle operazioni intracomunitarie [COM(2008)0147 – C6-0154/2008 – 2008/0058(CNS)];

– la relazione (A6-0449/2008) presentata dall’onorevole García-Margallo y Marfil, a nome della commissione per i problemi economici e monetari, sulla proposta di regolamento del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 1798/2003 per combattere la frode fiscale connessa alle operazioni intracomunitarie [COM(2008)0147 – C6-0155/2008 – 2008/0059(CNS)]; e

– la relazione (A6-0427/2008) presentata dall’onorevole Staes, a nome della commissione per il controllo dei bilanci, sulla relazione speciale n. 8/2007 della Corte dei conti europea relativa alla cooperazione amministrativa in materia di imposta sul valore aggiunto [2008/2151(INI)]

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  José Manuel García-Margallo y Marfil, relatore. – (ES) Signora Presidente, devo iniziare deplorando il fatto che il commissario responsabile non sia qui con noi: tuttavia la cosa non mi sorprende più di tanto, perché su questo argomento si fanno molte chiacchiere e poca sostanza, ovvero grandi dichiarazioni retoriche sulla lotta alla frode dell'IVA e misure esigue per metterla in pratica.

Le comunicazioni che il commissario ci ha presentato, l’ultima delle quali il 1° dicembre di quest'anno, sollevano un gran clamore sui danni provocati dall'evasione fiscale, che colpisce l’autosufficienza e l’equità e provoca distorsioni sul mercato con importi realmente ingenti di denaro. Ogni anno la frode dell’IVA si aggira tra i 60 e i 100 miliardi di euro.

Come è possibile fermare le frodi? La diagnosi offerta in queste comunicazioni è generalmente corretta, retorica e magniloquente. Si dice che la responsabilità di combattere le frodi spetta alle autorità nazionali, ma che è necessaria la cooperazione tra gli Stati membri per le operazioni in cui il fornitore e il cliente non risiedono nello stesso paese. La Corte dei conti, nella sua relazione speciale n. 8, precisa che tale cooperazione è risultata chiaramente insoddisfacente e che c’è quindi bisogno di agire. Il problema sorge quando il commissario inizia a dirci quali tipi di azione sarebbe necessario adottare e afferma in maniera del tutto ragionevole che ci sono due strategie: una, che definisce ambiziosa, comprende una grande riforma dell’imposta sul valore aggiunto,e comporta un sistema di autofatturazione o di ritenuta alla fonte con un meccanismo di compensazione, mentre l'altra è quella che il commissario definisce “misure convenzionali”.

Dal suo intervento qui il 24 giugno abbiamo appreso che non intendeva intraprendere una riforma ambiziosa ad ogni costo e che si sarebbe limitato alle “misure convenzionali”. In seguito però, quando ha descritto quelle misure convenzionali, ne ha presentate quattro che in linea di principio non sono sbagliate. Ha parlato di taglio delle scadenze di dichiarazione obbligatoria, di rafforzamento della cooperazione tra le autorità fiscali, di istituire una condivisione della responsabilità quando l'acquirente non dichiara chi gli ha venduto la merce, e di miglioramento delle informazioni sui contribuenti IVA. Ha poi concluso dicendo che nemmeno queste quattro facevano parte delle misure concrete che stava pensando di adottare. Oggi si presenta con la proposta di due emendamenti alla direttiva e al regolamento. Afferma che lo scopo del primo emendamento è quello di ridurre da tre a un mese il termine per la presentazione delle dichiarazioni che i contribuenti IVA devono presentare, e l'obiettivo del secondo emendamento è di ridurre da tre a un mese il termine per la trasmissione delle informazioni allo Stato membro che deve addebitare l'imposta. Punto e basta. Questo è tutto quello su cui poggia la proposta.

La commissione per i problemi economici e monetari ha cercato di insaporire un po’ questa storia veramente insipida ed ha presentato i seguenti emendamenti. Abbiamo approvato un emendamento a favore delle piccole e medie imprese, il cui scopo è quello di conciliare la lotta contro l'evasione fiscale con la semplificazione degli oneri amministrativi per le piccole imprese, lotta nella quale il Parlamento e l'Unione europea, nel suo insieme, hanno un impegno. Abbiamo detto quindi che la Commissione dovrà presentare entro i prossimi due anni una relazione che illustri i risultati conseguiti da queste misure, come abbiano influito sui costi amministrativi delle imprese e in quale misura siano state utili per la lotta all'evasione.

Abbiamo anche sottolineato che la Commissione dovrebbe essere maggiormente coinvolta di quanto lo sia stata al momento di legiferare e svolgere un ruolo di primo piano. Chiediamo inoltre a tale proposito di centralizzare i dati sui trasferimenti che coinvolgono gli Stati membri, di elaborare un manuale delle migliori pratiche da seguire in modo che le autorità fiscali possano attuarle meglio, di sviluppare indicatori per mostrare quali aree sono a rischio quali no, e di dirci chi ottempera e chi invece non lo fa. Infine, per rendere più facile perseguire i truffatori, stiamo creando un registro delle persone che non possono eludere il prelievo fiscale attraverso la creazione di nuove imprese.

Deploro il fatto che il commissario non possa rispondere agli emendamenti che abbiamo stilato.

 
  
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  Bart Staes, relatore. – (NL) Signora Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, la frode fiscale e le frodi all’IVA sono reati punibili. Possono anche essere crimini da “colletti bianchi”, ma sono comunque reati, talvolta collegati alla criminalità organizzata.

Vediamo quali sono le somme in questione, perché questo è un dato sempre interessante. Nel 2007, il commissario Kovács ha stimato che la frode fiscale totale fosse tra due e due volte e mezzo il bilancio europeo, ovvero una somma tra i 200 e i 250 miliardi di euro. Di tale cifra, la quota delle frodi all’IVA è stimata in 40 miliardi di euro. Si tratta di dati probabilmente assai sottostimati, poiché la Corte dei conti ha valutato le perdite di introiti IVA nel 2005 pari a 17 miliardi di euro in Germania e a 18,2 miliardi nel Regno Unito, insieme responsabili di una perdita di gettito IVA di poco più di 35 miliardi di euro.

E’ quindi positivo che la Commissione abbia finanziato uno studio, che questo studio sia attivo e funzionante e che i risultati siano resi pubblici, affinché si possa percepire la reale portata del problema.

Ci sono due problemi fondamentali che interessano la politica: innanzi tutto occorre migliorare la cooperazione tra le autorità fiscali nazionali e, in secondo luogo, dobbiamo davvero puntare a scadenze più ravvicinate per la raccolta e lo scambio di informazioni tra gli organi amministrativi degli Stati membri, in modo che i dati possano essere elaborati più rapidamente.

La mia relazione analizza principalmente l’inchiesta della Corte dei conti relativa alla frode sull'IVA. La Corte dei conti ha controllato sette Stati membri: Francia, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Polonia, Slovenia e Regno Unito. Questi paesi hanno collaborato bene, mentre la Germania ha negato ogni collaborazione. Nel mese di settembre, la Commissione ha avviato un procedimento di infrazione contro tale paese, cosa che, devo dire signor Commissario, io approvo.

La Corte dei conti ha stabilito che, in alcuni Stati membri, sono completamente assenti le condizioni essenziali per un’effettiva cooperazione quando si tratta di controllo di questa forma di frode. Il mio correlatore ha sottolineato che ci vogliono oltre tre mesi per inoltrare una richiesta di informazioni. Questo è davvero imperdonabile, perché in realtà questi crimini devono essere combattuti in tempo reale. Ma anche l’organizzazione interna dei paesi è stata messa sotto tiro. In particolare, i Paesi Bassi e la Germania lasciano un po’ a desiderare. Inoltre, vi è una totale mancanza di meccanismi di controllo sufficientemente efficaci.

Resta per me un mistero perché gli Stati membri rifiutino di prendere una posizione ferma, anche se sanno di perdere miliardi di entrate. Questo va veramente al di là della mia comprensione. La libera circolazione dei criminali è un fatto acquisito. Un'Europa unita nella lotta contro la frode fiscale resta invece un sogno in larga misura irrealizzabile.

Ci sono però anche delle buone notizie. Il mio paese, il Belgio, ha istituito l’European Carousel Network (rete Eurocanet) che garantisce uno scambio spontaneo di informazioni. Neanche questo però funziona bene, dal momento che solo 24 Stati membri hanno prestato la loro collaborazione e tre tra i maggiori Stati membri, vale a dire Germania, Italia e Regno Unito, si sono rifiutati di collaborare.

Il Consiglio Ecofin del 7 ottobre ha introdotto un nuovo meccanismo, Eurofisc, per migliorare la cooperazione tra gli Stati membri nel controllo delle frodi all’IVA. Si tratta di un'iniziativa che, a mio avviso, è valida ma porta benefici solo se vi partecipano tutti gli Stati membri e se implica qualcosa di più di una semplice cooperazione intergovernativa. Credo fermamente che la Commissione debba essere coinvolta in questa nuova iniziativa. Potrebbe in ogni caso prendervi parte e svolgere anche un ruolo di coordinamento.

Infine, ritengo anche che dobbiamo collaborare molto più strettamente anche nel campo giudiziario. E’ necessario rimuovere senza indugi tutti gli ostacoli giudiziari presenti nel diritto nazionale nel campo dell'azione penale transfrontaliera. Nella mia relazione ho incluso un elenco di misure da adottare. Vorrei ricevere una risposta, o una reazione, da parte della Commissione, e mi dispiace che il Consiglio non sia presente perché, in fin dei conti, sarà il Consiglio a dover prendere provvedimenti in questo ambito.

 
  
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  Louis Michel, membro della Commissione. – (FR) Signora Presidente, onorevoli, vorrei ringraziare il Parlamento europeo e più specificamente i due relatori, gli onorevoli García-Margallo y Marfil e Staes, per le relazioni costruttive presentate sul delicato argomento della lotta contro le frodi all’IVA nell'ambito dell'Unione europea, in particolare per quanto riguarda la prima proposta concreta in questo campo da parte della Commissione.

Oggi siamo di fronte a una svolta nell'attuazione della nostra strategia per combattere le frodi all’IVA. Le tre relazioni che dovranno essere approvate domani dal Parlamento contengono una serie di raccomandazioni sul modo con cui migliorare la lotta contro le frodi e riflettono il vostro parere in merito alla prima di quella che sarà una lunga serie di misure.

Il primo dicembre la Commissione ha adottato una comunicazione che indica le misure che presenterà nei prossimi mesi, così come una prima direttiva contenente alcune di queste misure. Le proposte previste rispondono anche alle preoccupazioni e alle raccomandazioni espresse nella relazione dell'onorevole Staes.

Le misure che la Commissione intende adottare possono essere suddivise in tre categorie.

La prima riunisce le misure destinate a prevenire le frodi all’IVA. Una di queste consiste nella definizione di standard minimi per la registrazione nelle e la cancellazione dalle banche dati nazionali, al fine di migliorare l'affidabilità e la comparabilità delle informazioni in esse contenute.

Sono previsti anche miglioramenti alla procedura utilizzata per ottenere la conferma elettronica del numero degli operatori IVA e i nomi e gli indirizzi corrispondenti al fine di garantire una maggiore certezza giuridica per i fornitori.

Infine, la Commissione propone di semplificare le norme che disciplinano la fatturazione, e di razionalizzare quelle relative all'esigibilità dell'imposta per garantirne una migliore applicazione: è una mossa che faciliterà i controlli.

La seconda categoria riguarda misure destinate a migliorare l'efficacia delle autorità fiscali al fine di individuare le frodi all’IVA. Rientra in questa categoria la misura riguardante la riduzione delle scadenze, di cui si occupano le due relazioni dell'onorevole García-Margallo y Marfil. Per migliorare l’individuazione delle frodi, è anche necessario garantire da un lato che vengano monitorate meglio le esenzioni dall'IVA sulle importazioni, come proposto dalla Commissione lo scorso lunedì, e dall’altro che venga estesa la portata delle informazioni che gli Stati membri dovranno rendere disponibili alle autorità fiscali degli altri Stati membri, attraverso l'accesso automatizzato alle loro banche dati.

Infine, come lei ha indicato, questa categoria comprende anche la creazione di un network europeo, noto come Eurofisc. Quest'ultimo è destinato a migliorare la cooperazione operativa tra gli Stati membri nella lotta contro le frodi all’IVA sul modello della rete Eurocanet istituita dalle autorità fiscali del Belgio e sostenuta dalla Commissione e dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode.

La terza categoria comprende misure destinate a rafforzare le capacità delle autorità fiscali riguardo alla tassazione e alla riscossione delle imposte. Queste includono, in particolare, una misura che specifica i casi in cui fornitori e clienti che effettuano transazioni transfrontaliere sono ritenuti congiuntamente responsabili del pagamento dell'imposta. Questo senza dubbio è destinato a rafforzare il quadro giuridico che regola la riscossione fiscale transfrontaliera.

Infine, includono una misura mirante a stabilire la condivisione della responsabilità tra gli Stati membri al fine di proteggere il gettito fiscale complessivo.

La Commissione osserva altresì che il Parlamento ha dimostrato costante interesse per garantire la tutela degli interessi finanziari della Comunità europea, dato che le frodi all’IVA hanno anche conseguenze sulle risorse dello stesso bilancio europeo.

Mi rallegro del sostegno dato alla proposta di regolamento dell'assistenza amministrativa reciproca nella lotta contro le frodi e, in particolare, contro le frodi all’IVA.

Commissione accoglie inoltre la richiesta presentata al Consiglio dal Parlamento di continuare i negoziati su questa proposta, che fornirà un quadro dettagliato consentirà alla Commissione e all’Ufficio europeo per la lotta antifrode di fornire agli Stati membri aiuto e informazioni operative come parte della loro lotta contro le frodi all’IVA.

Il parere positivo espresso dal Parlamento in merito al progetto di relazione sul taglio delle scadenze e i rapidi progressi dei lavori condotti su questo aspetto all’interno del Consiglio sono di buon auspicio per le proposte di più ampia portata che la Commissione adotterà nel prossimo futuro.

 
  
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  Lidia Joanna Geringer de Oedenberg, relatore per parere della commissione giuridica. – (PL) Signora Presidente, il controllo delle frodi, finora principalmente all'interno del nucleo di Stati membri, è un problema che non può essere risolto solo a livello nazionale. La lotta all'evasione fiscale deve riguardare anche una più stretta cooperazione tra le autorità amministrative degli Stati membri, nonché la cooperazione con la Commissione.

Le proposte di direttiva e di regolamento che sono l’argomento del progetto scaturiscono in parte dalle raccomandazioni prioritarie espresse nel giugno 2007 da parte del Consiglio Ecofin. Le modifiche proposte si prefiggono soprattutto lo scopo di accelerare la raccolta e lo scambio delle informazioni sulle procedure intracomunitarie, attraverso la standardizzazione delle procedure, e di ridurre a un mese il periodo coperto dalle dichiarazioni sulle operazioni intracomunitarie e il termine ultimo per lo scambio di informazioni tra gli Stati membri su tali operazioni.

L'armonizzazione degli obblighi IVA garantirà l'effettiva verifica delle informazioni fornite. Richiedere agli Stati membri di accettare le dichiarazioni IVA elettroniche semplificherà il processo in misura significativa.

Gli strumenti legislativi proposti non rappresentano solo i primi passi nell’applicazione delle proposte Ecofin di cui sopra. Non abbiamo ancora una valutazione d’impatto dettagliata dei nuovi requisiti formali sui fornitori di servizi e sarebbe opportuno predisporre una relazione speciale che si occupi di questo problema, soprattutto considerando che riguarda i costi amministrativi a carico dei contribuenti e delle autorità amministrative e l'efficacia della lotta all'evasione fiscale.

Tenendo presente le critiche giustificate da parte della Corte dei conti riguardo alla mancanza di un’efficace cooperazione amministrativa in questo settore, la Commissione europea dovrebbe pensare a svolgere un ruolo più importante, soprattutto per quanto riguarda l’elaborazione di analisi e la disponibilità di efficaci modelli operativi.

 
  
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  Gabriele Stauner, a nome del gruppo PPE-DE. – (DE) Signora Presidente, onorevoli colleghi, come l'onorevole Staes ha già detto, circa il 2,25 per cento del prodotto interno lordo dell'Unione europea, una cifra di circa 200 miliardi di euro l'anno, si perde in evasione fiscale, elusione e frode a danno dell’IVA. Questi sono i fatti sui quali si basa giustamente la relazione dell'onorevole Staes.

Dalle risposte ai cinque quesiti scritti su questo argomento che ho sottoposto al Consiglio e alla Commissione – detto per inciso, mi spiace anche che il Consiglio sia così scarsamente rappresentato – è emerso tra le altre cose che nel 2005 le perdite di IVA nella sola Germania ammontavano a 17 miliardi di euro e nel Regno Unito a 18 miliardi di euro. Queste cifre rendono davvero chiaro a tutti che è stato causato un danno considerevole all'economia nazionale e che questa situazione deve essere contrastata al più presto.

Come riuscirci, però? Secondo la Corte dei conti, che ha dedicato a questo argomento una relazione speciale, la risposta fino ad oggi è stata la cooperazione tra le autorità amministrative nazionali responsabili, ma è proprio questo che in tutti questi ultimi anni non ha funzionato.

Ancora una volta gli europei si trovano in una situazione in cui si perseguono obiettivi pieni di buone intenzioni, ma si vende la pelle dell’orso prima di averlo ucciso. E in questo caso gli orsi sono gli Stati membri che non sono in grado di reprimere, per mezzo di misure amministrative, l'evasione internazionale dell’imposta sul valore aggiunto.

Così, per esempio, rimangono senza chiarimenti le grandi differenze tra il numero di richieste di informazioni ricevute e il numero di informazioni a cui viene data risposta. Le differenze speculari nelle statistiche per il commercio intracomunitario notificate dalla Commissione in risposta alla mia interrogazione scritta del 6 maggio, che dovrebbero essere pari alla somma principesca di 77 miliardi di euro nel 2007, potrebbero essere anche un'indicazione dell’entità della frode fiscale sull’IVA. Colgo l’occasione per chiedere alla Commissione quando ci verranno presentati i risultati dello studio.

 
  
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  Vladimír Maňka, a nome del gruppo PSE. – (SK) Onorevoli colleghi, immaginate che non esista evasione fiscale nell'Unione europea. Se i fondi acquisiti in questo modo venissero distribuiti in modo equo, ogni cittadino dell'Unione europea, compresi bambini e pensionati, avrebbe in tasca 500 euro in più ogni anno.

Nessun paese da solo può combattere con efficacia l'evasione fiscale. La cooperazione internazionale è indispensabile, in particolare nel settore dell'IVA, dove il controllo delle operazioni intracomunitarie è complicato dal sistema attuale. Una soluzione a lungo termine con effetto positivo nella lotta contro l'evasione fiscale sarebbe la creazione di un regime dell'IVA nel quale le operazioni tra gli Stati membri fossero tassate a un coefficiente diverso da zero. Truffatori e gruppi criminali hanno abusato del tasso zero di imposta sulle esportazioni di beni, creando, per esempio, transazioni fittizie e sottraendo fraudolentemente miliardi di euro ai bilanci dello Stato.

Anche i lunghi termini di scadenza per la presentazione delle dichiarazioni fiscali permettono commesse frodi fiscali di tal genere. La relazione sul progetto di direttiva che stiamo discutendo oggi rappresenta un’accelerazione nello scambio delle informazioni necessarie per la lotta contro la frode fiscale. Questa è una delle ragioni per cui stiamo abbreviando il termine per la presentazione delle dichiarazioni fiscali per le transazioni intracomunitarie.

Il regime dell’IVA creato nel 1993 è solo transitorio. Io credo che all'inizio della prossima legislatura, la Commissione presenterà misure più ambiziose per riformare l'IVA in modo definitivo e globale. La natura provvisoria del sistema attuale è uno dei motivi per cui nel mio emendamento, accolto dalla Commissione, chiedo alla Commissione di valutare l'impatto delle misure adottate tre anni prima di quanto indicato nella proposta originale di emendamento. Questo per evitare una situazione in cui il sistema finirebbe per essere valutato quando non è più in vigore.

Per concludere, desidero ringraziare e congratularmi con il relatore per la sua relazione equilibrata. Il progetto consente una prima risposta alla frode fiscale. E’ anche un fatto positivo che gli imprenditori stessi abbiano affermato che gli oneri amministrativi saranno minimi.

 
  
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  Miguel Portas, a nome del gruppo GUE/NGL. – (PT) Signora Presidente, la discussione di queste relazioni è pienamente giustificata visto che la Corte dei conti afferma che il volume delle frodi all’IVA potrebbe essere superiore al bilancio totale della Comunità e l’onorevole Staes sostiene che questa cifra, in realtà, è oltre il doppio. E’ evidente, in particolare, che gli Stati membri devono sostenere la creazione di un registro delle persone fisiche che utilizzano società di comodo a fini di evasione fiscale. Sostengo anch’io le proposte dell’onorevole Staes.

Ciò detto, il principale problema in termini di evasione fiscale in Europa non è l'evasione del pagamento dell'IVA, perché esiste un tipo di evasione legale che è permesso e consentito da parte dei governi sotto forma di centri finanziari offshore. E’ in questi centri che vengono riciclati i proventi dei reati e i fondi legittimi assumono caratteristiche criminali. Visto che i soldi dei contribuenti finiscono per essere utilizzati per salvare banche e banchieri, la fine dei paradisi fiscali rappresenterà il vero banco di prova del coraggio dell'Europa nel prossimo futuro. È da questo che verremo giudicati, e siamo ancora lontani anni luce da quanto richiesto per l'evasione fiscale.

 
  
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  Sergej Kozlík (NI).(SK) Signora Presidente, onorevoli deputati del Parlamento e gentili ospiti, indiscutibilmente l'evasione fiscale comporta una significativa distorsione della concorrenza e del funzionamento del mercato interno, oltre a ridurre le entrate pubbliche. Non convince del tutto la motivazione della Commissione quando questa afferma che le misure proposte, finalizzate unicamente ad accelerare la raccolta e lo scambio dei dati relativi alle operazioni intracomunitarie, non rappresentano un onere eccessivo per il settore imprenditoriale.

Allo stesso tempo, la motivazione della Commissione riconosce i dubbi del settore imprenditoriale per quanto riguarda la capacità delle autorità fiscali di utilizzare le informazioni fornite. La dichiarazione non fa niente per dissipare questi dubbi. Tuttavia, le misure volte a combattere l'evasione fiscale sono necessarie per poter iniziare ad affrontare il problema da qualche parte. Probabilmente solo la pratica rivelerà se la misura proposta funziona o se diventerà solo un altro onere amministrativo per il settore imprenditoriale.

 
  
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  Bogusław Liberadzki (PSE). - (PL) Signora Presidente, vorrei prendere in considerazione sia la relazione sia il problema in sé, dal punto di vista della frode in primo luogo, della perdita di bilancio in secondo, e in terzo luogo della distorsione della competitività delle imprese, dal momento che la frode fiscale mina i principi della concorrenza leale.

Desidero esprimere il mio speciale apprezzamento per la relazione e per il relatore, onorevole Staes, che ha prodotto un’eccellente relazione. E’ uno delle poche che non si riferisce solo alle quantità, ma elenca anche i nomi degli Stati membri in cui si verificano queste irregolarità. Desidero anche esprimere la mia gratitudine alla Corte dei conti, che ha evidenziato due principali gruppi di motivi. Primi fra questi i motivi connessi con gli Stati membri, che potremmo interpretare come una sorta di passività da parte del Consiglio, o di inerzia da parte degli Stati membri, che invece potrebbero dare un contributo significativo alla soluzione del problema adottando misure apparentemente semplici come lo scambio di informazioni in tempo reale, lo scambio di informazioni affidabili, e la dimostrazione della volontà di identificare ed eliminare le cause del presente stato di cose.

Vi è anche un secondo punto importante, che non è stato sufficiente messo in risalto nel discorso del commissario: visto che finora non ha prodotto alcun risultato, cosa può effettivamente fare la Commissione – insieme con le sue agenzie subordinate quali la direzione generale della Fiscalità e dell’unione doganale, e l’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF ) – invece di fornire spiegazioni spesso burocratiche a margine dei molti sforzi che facciamo?

 
  
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  Louis Michel, membro della Commissione. – (FR) Signora Presidente, onorevoli deputati, vorrei ringraziarvi per le osservazioni e i punti di vista espressi nel corso di questo dibattito.

La Commissione terrà conto dei suggerimenti avanzati dal Parlamento europeo nelle sue attuali e future proposte legislative.

Sono lieto di notare che i pareri del Parlamento europeo sono simili a quelli della Commissione riguardo alle misure da adottare per migliorare la lotta alla frode sull’IVA all'interno dell'Unione europea. Sono particolarmente felice per l'ampio sostegno accordato all'obiettivo principale della prima proposta concreta della Commissione, vale a dire accelerare entro il gennaio 2010 la raccolta e lo scambio di informazioni sulle transazioni intracomunitarie.

Abbiamo parlato della valutazione d'impatto. La Commissione ha esaminato gli effetti dei costi per le imprese. Sembra che questi costi siano limitati. Al fine di esaminare più precisamente gli effetti reali, la Commissione è pronta a produrre una relazione valutativa. I risultati preliminari della valutazione in corso, alla quale lei si riferisce, onorevole Stauner, saranno resi noti nel corso delle prossime settimane e saranno poi convalidati in cooperazione con gli Stati membri.

La Commissione, mi è stato detto, può solo accogliere gli emendamenti nn. 4 e 7 della relazione …

Quindi non siete in grado di accogliere gli emendamenti nn. 4 e 7 della relazione?

In realtà, siamo in grado di accogliere gli emendamenti nn. 4 e 7 della relazione dell’onorevole García-Margallo y Marfil.

Mi scuso per questo modo di procedere ma non sono io, come avrete notato e come sapete, il commissario responsabile, e quindi posso parlare assai meno diffusamente su questi temi, per me estremamente stimolanti, rispetto ad altri.

 
  
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  José Manuel García-Margallo y Marfil, relatore. – (ES) Mi creda, Commissario Michel, apprezzo la gentilezza che dimostra di essere qui con noi per trattare argomenti che in realtà sono difficili per tutti.

La Commissione ci ha chiesto di essere rapidi e noi abbiamo reagito prontamente. La commissione giuridica ha debitamente espresso il proprio parere in tempo utile e, in uno spettacolo di rara unanimità, la commissione per i problemi economici e monetari ha approvato la relazione che stiamo discutendo oggi.

Signor Commissario, lei ci ha letto le proposte che il Consiglio ha adottato il primo dicembre, sulla scorta delle note preparate per voi in seno al Comitato per gli affari fiscali. Tali proposte, tuttavia, non sono proprio quelle di cui stiamo discutendo qui. L’oggetto di questa discussione è un altro. Non mi sorprende che ci abbiano detto cosa pensano di fare, perché, come ho detto prima, in effetti hanno fatto molto poco.

La rapidità con cui il Parlamento ha agito su questo tema molto importante, come i miei colleghi hanno sottolineato, non è stata accolta con entusiasmo né in Commissione né in Consiglio.

Una volta, un emerito presidente di commissione ha detto che si aspettava "de l'audace, encore de l'audace et toujours de l'audace" da parte della Commissione: audacia, ancora audacia e sempre audacia. La Commissione detiene il monopolio dell'iniziativa legislativa, e questo Parlamento ha voluto che fosse così, ma questo monopolio implica che ciascuna iniziativa sia messa in mostra e proposta con coraggio e senza paura, senza trattenersi per il timore che il Consiglio possa non approvarla.

Ogni iniziativa deve essere lanciata, portata avanti e difesa, e il Consiglio dovrà rispondere alla Commissione e al Parlamento se le proposte non avranno successo. Ciò non è avvenuto. Nel mio precedente intervento ho descritto una storia di ambizione in declino, dalle proposte più assolute a quelle convenzionali, per arrivare a un pacchetto di misure dal quale vengono selezionate solo due, le più modeste.

Sono grato al commissario Michel e gli chiedo di trasmettere al commissario responsabile i miei ringraziamenti per aver accolto un paio di emendamenti, ma mi sento veramente frustrato da questa discussione.

 
  
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  Bart Staes, – (NL) Signora Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, non posso che concordare con quanto ha detto l'onorevole García-Margallo y Marfil. A mio avviso entrambe le relazioni, in realtà le tre relazioni che abbiamo davanti, e il modo in cui sono state approvate dalla commissione per i problemi economici e monetari, da un lato, e dalla commissione per il controllo dei bilanci, dall'altro, dimostrano una forte volontà di risolvere i problemi: una volontà che non bisogna prendere alla leggera.

E’ in gioco una cospicua quantità di denaro. Provate a immaginare se potessimo recuperarne anche solo un quarto. Ci ritroveremmo con un fondo di 60 miliardi di euro negli Stati membri e nell'Unione europea. Abbiamo bisogno di questo denaro. Il commissario Verheugen, che è qui oggi, sa di avere avanti a sé un importante lavoro da fare. Sappiamo quindi che cosa stiamo combattendo. Siamo combattendo anche l’iniquità e l’ingiustizia. Dopo tutto, chi non paga le tasse, chi cerca di evaderle, dà prova di un comportamento antisociale. Si tratta quindi di un problema da risolvere in questo Parlamento.

Vorrei dire al commissario Michel che capisco la sua risposta. Egli ha le sue specifiche competenze. E’ qui per sostituire qualcun altro e capisco che sta semplicemente leggendo una risposta. Questo non è un problema. Porterò con me il suo testo, sul quale lavoreremo.

Vorrei però chiedere alla Commissione non solo di discutere lo studio sulla diffusione della frode, che dovrebbe essere pronto entro la fine dell'anno, con gli Stati membri, ma anche di presentarlo alla commissione per i problemi economici e monetari e alla commissione per il controllo dei bilanci, in modo che vi possa essere inclusa anche una serie di altri aspetti.

 
  
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  Presidente. – La discussione è chiusa.

La votazione si terrà giovedì 4 dicembre 2008 alle 12.00.

Dichiarazioni scritte (articolo 142 del regolamento)

 
  
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  Sebastian Valentin Bodu (PPE-DE), per iscritto. – (RO) La relazione in questione è particolarmente importante perché essa introduce meccanismi volti a eliminare o ridurre le possibilità di frodare il bilancio per mezzo di transazioni intracomunitarie fraudolente assoggettate all’IVA.

Al momento, le perdite annuali generate a seguito di operazioni fittizie che coinvolgono operatori fantasma sono stimate a 100 milioni di euro (il 16 per cento delle risorse attuali dell'UE).

Ridurre i tempi sia per la raccolta di informazioni che per lo scambio tra le autorità fiscali degli Stati membri può contribuire a migliorare il controllo di transazioni di questo tipo.

Stando a un emendamento alla relazione in questione, presentato dalla Commissione e accolto, le autorità fiscali degli Stati membri saranno collegate a una banca dati condivisa in cui saranno registrati i dati delle persone fisiche che stanno dietro agli operatori fantasma responsabili di questo tipo di operazioni fraudolente.

Tale provvedimento dissuaderà questi operatori dal continuare a costituire altre società in giro per tutta l'Unione europea, e non solo in un unico Stato membro, come avviene in questo momento. A tal fine, i responsabili verranno individuati in tempo reale, eseguendo un controllo sulla banca dati e inviando i dati corrispondenti al registro di commercio a cui è stata inoltrata la domanda di registrazione di una nuova società.

 
  
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  Zbigniew Krzysztof Kuźmiuk (UEN), per iscritto. – (PL) Dato che intervengo in un dibattito dedicato alla lotta contro la frode fiscale, vorrei richiamare l'attenzione sulle seguenti questioni. La perdita di gettito derivante dalle frodi sull’IVA nei vari Stati membri è estremamente elevata e aumenta ogni anno. Ad esempio, in Germania nel 2005 la perdita è stata di circa 17 miliardi di euro, e nel Regno Unito nell’anno fiscale 2005-2006 è stata di più di 18 miliardi di euro.

Queste perdite aumentano notevolmente anno dopo anno, nonostante le numerose iniziative introdotte dall'Unione europea per combattere le frodi sull’IVA, come Eurocanet (una rete per lo scambio di informazioni sulle imprese sospette di frode sull’IVA, che purtroppo non comprende la Germania, il Regno Unito o l’Italia), e malgrado l’operato di istituzioni come l'Europol, l’Eurojust e l'Ufficio europeo per la lotta antifrode.

In tali circostanze, dobbiamo abbandonare azioni che portino alla creazione di nuove agenzie intergovernative e invece rafforzare il ruolo della Commissione europea come coordinatore centrale della cooperazione amministrativa tra i singoli Stati membri interessati alla lotta contro la frode sull'IVA. Di conseguenza, è perlomeno discutibile che si debba creare un nuovo meccanismo, l’Eurofisc, concepito come una nuova rete decentralizzata a cui gli Stati membri parteciperebbero su base volontaria.

 
  
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  Andrzej Jan Szejna (PSE), per iscritto. – (PL) La relazione sulla lotta contro l'evasione fiscale in relazione alle operazioni intracomunitarie è un atto giuridico molto significativo.

La frode fiscale è un attacco al principio di una tassazione equa e trasparente e mina altresì la base su cui opera l'Unione. Meno soldi entrano nel bilancio dell'Unione e meno politiche siamo in grado di attuare pienamente.

La lotta contro la frode fiscale rientra in gran parte nelle competenze degli Stati membri. Questi ultimi non dovrebbero però agire isolatamente. Vi è l’evidente necessità di coordinare il lavoro a livello comunitario e di rafforzare la cooperazione tra le amministrazioni nazionali degli Stati membri e la Commissione europea.

Una riforma dell'IVA è un processo a lungo termine che richiede tempo. Di conseguenza, la relazione in discussione afferma che bisognerebbe utilizzare le risorse convenzionali. Ciò comporta delle modifiche alla legislazione in materia di responsabilità del contribuente laddove la documentazione necessaria non è presentata o è presentata in modo errato. Altre modifiche riguardano l’abbreviazione dei tempi per ottenere le informazioni e la correzione rapida dei dati inesatti, insieme con l'accelerazione dello scambio di informazioni legate alle transazioni intracomunitarie.

 

21. Attuazione di REACH (discussione)
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  Presidente. – L’ordine del giorno reca la discussione sull’interrogazione orale sulla registrazione preliminare di sostanze soggette a un regime transitorio ai sensi del regolamento REACH (O-0131/2008) – (B6-0490/2008).

 
  
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  Guido Sacconi, autore. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, penso che ne userò meno di tempo perché il tema è conosciuto. Parliamo della pre-registrazione delle sostanze, un passaggio preliminare, il primo passaggio attuativo di REACH, che è molto importante, perché apre la possibilità alle imprese di maturare il diritto a interpretare un regime transitorio, cioè a utilizzare lo scaglionamento dei tempi previsti per la registrazione delle sostanze, procedura più impegnativa, e anche e soprattutto – ancora più importante – per potere dare luogo alla formazione di quei consorzi di imprese per la condivisione dei dati, cioè per una presentazione fatta in modo associato dai produttori della stessa sostanza.

Allora, noi tutti sappiamo, siamo stati raggiunti da informazioni, circa il fatto che, rispetto alle previsioni iniziali su cui si è costruito il sistema di REACH, in verità, le pre-registrazioni che sono state fatte sono state molto ma molto più numerose di quello che si era previsto. Si parlava di qualche centinaio di migliaia – ora il Commissario sicuramente ci informerà sui dati esatti – ma si è superato probabilmente il milione di sostanze pre-registrate. E questo è un problema, è un fatto che induce molti interrogativi anche circa le cause di questa esplosione, diciamo, del fenomeno, che potrebbero anche essere positive. Soprattutto sappiamo che questa valanga di dati, per quanto ancora preliminari ed essenziali, ha messo a dura prova la capacità di gestirli da parte della neonata Agenzia delle sostanze chimiche, che è stata istituita da poco a Helsinki.

Allora il senso della nostra interrogazione è esattamente questo: vogliamo sapere come si è fatto fronte a queste difficoltà, come ci si è organizzati, se si sono creati problemi verso le imprese che sono state molto, diciamo così, angosciate rispetto alla possibilità di mantenere la scadenza – alle 24.00 del 1° dicembre è scaduto il termine per la presentazione di queste pre-registrazioni – e anche qual è l'analisi, la prima valutazione che la Commissione fa circa questo fenomeno e quali problemi eventualmente può determinare nella fase successiva di applicazione di questo regolamento.

 
  
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  John Bowis, autore. – (EN) Signora Presidente, al pari dell’onorevole Sacconi posso essere abbastanza conciso su questo punto. E’ stato forse il dossier più corposo di cui il Parlamento si sia occupato negli ultimi anni. Si tratta di una delle più grandi operazioni che abbia avviato, e riveste un’importanza fondamentale per la salute e la sicurezza delle persone che maneggiano, utilizzano e consumano sostanze chimiche potenzialmente pericolose, dannose o rischiose, e che quindi richiedono grande attenzione.

È per questo che abbiamo istituito REACH. È per questo che abbiamo introdotto la procedura di registrazione preliminare e poi la procedura di autorizzazione. È per questo che ci preoccupa sapere che la questione è stata ingigantita al punto da quasi soffocare questa neonata Agenzia.

L’onorevole Sacconi ha detto che non era sicuro del numero di registrazioni preliminari, ma che pensa che siano oltre un milione. Posso dirvi che il primo dicembre, quando il processo si è chiuso, tale cifra ha superato i 2 milioni. E’ stata di 2 212 129 iscrizioni da parte di 65 655 imprese. Questo è l’ordine di grandezza di quanto è successo.

La domanda è: perché così tante sostanze? La risposta, credo, è perché molte aziende sono state invitate a prendere misure di precauzione per evitare di sottoporsi in seguito a processi molto più costosi.

Ma la domanda è allora: a settembre, quando per la prima volta siamo stati avvertiti, la Commissione è stata in grado di intervenire per dare un sostegno? La Commissione ritiene che la procedura di registrazione ora sia adeguata e quali misure intende adottare per fare in modo che le altre procedure di questa Agenzia funzionino senza intoppi e in maniera efficace?

 
  
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  Günter Verheugen, vicepresidente della Commissione. – (DE) Signora Presidente, onorevoli deputati, vorrei ringraziare l'onorevole Sacconi e gli altri autori perché la loro domanda mi offre l'opportunità di riferire al Parlamento europeo in merito ai risultati davvero sorprendenti della procedura di registrazione preliminare nel contesto di REACH. La registrazione preliminare delle sostanze chimiche presenti sul mercato dell'Unione europea è la prima procedura nel quadro del regolamento REACH. Essa rappresenta il presupposto per un prolungamento dei periodi di registrazione per le aziende, prolungamento che arriva fino al 2018.

Il periodo di registrazione preliminare previsto dal regolamento REACH è iniziato il primo giugno 2008 e si è concluso il primo dicembre 2008, in altre parole sei mesi più tardi. Adottando il regolamento abbiamo dato per scontato che avremmo dovuto fare i conti con la registrazione di circa 200 000 sostanze chimiche. In realtà, alla fine del periodo di registrazione preliminare vi sono state proprio 2 236 625 registrazioni. Diverse migliaia di domande collettive sono tuttora in fase di elaborazione e questa cifra potrebbe aumentare ancora in modo considerevole.

La cifra finale verrà resa nota dall'Agenzia a metà dicembre. Naturalmente, abbiamo anche chiesto come era possibile che le stime che avevano costituito la base della nostra legislazione fossero state superate di dieci volte. La risposta è semplice: proprio per la ragione per cui è stato sviluppato il sistema REACH. Semplicemente perché non sapevamo – perché nessuno sapeva precisamente – quante sostanze esistessero.

E’ emerso che la portata del compito è stata sottovalutata da tutti i soggetti interessati. Le stime sono state effettuate sulla base di tutti i dati disponibili da parte degli Stati membri e delle industrie. Naturalmente, all’inizio ci sono stati dei problemi quando si è scoperto che l'ipotesi di lavoro era sbagliata. Era del tutto inevitabile. Secondo il regolamento REACH, era compito dell'Agenzia di Helsinki stabilire il formato per la registrazione preliminare e renderlo disponibile gratuitamente sul suo sito web. Il sistema REACH-IT e il corrispondente formato per la registrazione preliminare delle sostanze era a disposizione delle imprese fino dal primo giugno di quest'anno.

Nel corso dei mesi di ottobre e di novembre le società hanno informato la Commissione che il sistema REACH-IT gestito dall'Agenzia stava funzionando con prestazioni ridotte o, in determinati momenti, non funzionava affatto.

La Commissione ha successivamente monitorato con molta attenzione le operazioni dell'Agenzia e ha discusso con essa i miglioramenti del software nonché un eventuale piano di emergenza. In tutto l’intero periodo di registrazione preliminare, l'Agenzia ha lavorato duramente per migliorare le prestazioni e l'efficienza del sistema informatico. In considerazione del rapido aumento delle cifre di registrazione preliminare nelle ultime settimane – a volte con punte di 100 000 registrazioni preliminari in un solo giorno – l'Agenzia ha adottato ulteriori misure tecniche e ampliato le proprie capacità.

Queste modifiche hanno consentito di migliorare la disponibilità e la velocità del sistema. Tuttavia, nei momenti di picco non è stato possibile evitare del tutto ritardi nelle risposte a causa del numero estremamente elevato di richieste simultanee. E’ davvero interessante – e qualche domanda può collegarsi a questo – che quasi la metà di tutte le domande di registrazione preliminare siano state presentate nelle ultime due settimane del periodo previsto, vale a dire, più di un milione nelle ultime due settimane.

Per questo motivo l'Agenzia ha raccomandato, in caso di difficoltà, l'esecuzione della registrazione preliminare al di fuori degli orari di punta. Inoltre le imprese sono state invitate a utilizzare il formato per la registrazione collettiva, che era l'opzione più veloce. Nell'ultima fase della registrazione preliminare, l'Agenzia ha istituito un ulteriore, rapido servizio di risposta telefonica per aiutare a risolvere gli eventuali problemi. Grazie a questa misura il tempo di risposta del sistema REACH è costantemente migliorato, nonostante l'elevato numero di domande di registrazione preliminare.

Infine, la procedura alternativa è stata utilizzata solo per le registrazioni preliminari dell'ultimo giorno e si è resa necessaria in misura limitata, dato che dopo tutto il sistema REACH-IT ha funzionato in maniera adeguata fino all’ultimo. Io parto dal presupposto che, nonostante le difficoltà che si sono verificate, tutte le imprese interessate sono state in grado di registrare in via preliminare le loro sostanze e che la prima fase di attuazione del regolamento REACH è stata quindi portata a termine con successo.

 
  
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  Carl Schlyter, a nome del gruppo Verts/ALE. – (SV) Signora Presidente, desidero ringraziare il commissario per la sua risposta. In considerazione del fatto che il numero di domande di registrazione preliminare è stato così incredibilmente superiore alle previsioni, ritengo si possa comunque dire che molte cose hanno funzionato bene. In fondo, malgrado tutto, 2,2 milioni di persone, facenti capo a 65 000 imprese diverse, sono riuscite a registrare, come ha detto l'onorevole Bowis. Non c'è dubbio che in realtà sia una buona cosa essere a conoscenza del numero di sostanze chimiche utilizzate. Forse questo dato indica un certo nervosismo e un approccio ispirato al “meglio prevenire che curare”, che spinge a segnalare un uso che in realtà è già stato registrato, e così via. Tuttavia, non saremo in grado di dire se questo avverrà anche in seguito.

Sorge però una domanda supplementare. In netto contrasto con il numero di quanti hanno registrato le proprie sostanze chimiche in via preliminare, abbiamo un numero molto esiguo di sostanze candidate alla lista delle sostanze chimiche più pericolose. Ce ne sono solo 15 al momento, quando abbiamo 27 sostanze persistenti, bioaccumulabili e tossiche (PBT) e 800 altre sostanze chimiche che potrebbero già venire incluse in questa lista. Immaginate che subiscano un’impennata. Nei passaggi successivi del REACH, e mentre ci avviciniamo alla prossima data di scadenza, come farà l’Agenzia europea per le sostanze chimiche ad affrontare le decisioni richieste? A mio giudizio sarà necessario aumentare in modo sostanziale la forza lavoro dell'Agenzia europea per le sostanze chimiche, se vogliamo che REACH abbia successo. Altrimenti credo che alla fine della fase successiva, quando avremo bisogno dell’intervento dell'Agenzia, essa non avrà alcuna possibilità di prendere in tempo le decisioni necessarie. Pertanto, credo veramente che si debba prevedere in questa fase un sostanziale aumento del bilancio per l'Agenzia europea delle sostanze chimiche.

 
  
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  Guido Sacconi, autore. − Signor Presidente, vorrei prima di tutto ringraziare il Commissario perché le risposte che ha dato le ho trovate molto convincenti. Condivido in particolare il fatto che, evidentemente in questa esplosione delle pre-registrazioni, si esprime anche un elemento importante, come lui diceva. Abbiamo avuto dei problemi perché REACH ha funzionato persino troppo e ha fatto emergere, cioè, una realtà di sostanze sconosciute che sta venendo a galla.

Posso fare una domanda forse prematura, perché ancora non è possibile avere probabilmente i dati e una valutazione in proposito: noi abbiamo sempre pensato che il sistema avrebbe più o meno compreso qualcosa come 30.000 sostanze. Alla luce delle pre-registrazioni, siete in grado oggi o magari in un prossimo futuro, di quantificare quante saranno invece le sostanze che entreranno nel sistema attraverso la pre-registrazione? Questo perché il trovarci anche qui di fronte a una crescita molto importante, evidentemente ci dovrebbe indurre a una riflessione sul funzionamento dei passaggi successivi.

 
  
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  Günter Verheugen, vicepresidente della Commissione. – (DE) Signora Presidente, non posso rispondere alla domanda sul perché si sia verificata questa enorme differenza tra le previsioni e il risultato effettivo. Io non sono né uno scienziato né un responsabile amministrativo. Come tutti voi, anch’io ho pensato che le stime fossero ragionevolmente precise. Tuttavia, non sto accusando nessuno, perché il fatto è che nessuno poteva saperlo con precisione. Se avessimo saputo con esattezza con quali sostanze abbiamo a che fare ogni giorno, REACH non sarebbe stato necessario: è proprio perché non lo sapevamo che abbiamo avuto bisogno di REACH.

A questo proposito, i risultati iniziali che stiamo discutendo oggi offrono una prova molto convincente della necessità di questo progetto – vedo che l'onorevole Sacconi fa cenni di assenso – e rappresentano la prova lampante che questa normativa, aspramente criticata in pubblico, dopo tutto era invece necessaria.

In questa fase iniziale, l’obiettivo non è ampliare l'elenco delle sostanze pericolose. Analogamente, questa fase non si occupa di autorizzazioni o di altro. Questa fase iniziale serve innanzitutto a sapere ciò che sta realmente là fuori, e dare alle imprese la possibilità di avvalersi di quei produttori che hanno registrato le sostanze in via preliminare, se devono acquistarle. Il sistema, come previsto nel regolamento, si svilupperà gradualmente e, nel corso di questo processo, l'elenco delle sostanze pericolose probabilmente crescerà ulteriormente.

Naturalmente, vi è la questione di quali problemi l'uso continuato di REACH porrà all'industria. Prenderemo in esame la questione molto attentamente sulla base di un'analisi delle registrazioni preliminari ricevute. Tuttavia, allo stato attuale non si può ancora dire cosa esattamente significhi in realtà questo cospicuo numero. Abbiamo bisogno di un po’ di tempo in più per questo, e mi offro di tornare in quest’Aula o in commissione per informarvi del risultato delle analisi e consegnarvi una relazione precisa sui passi futuri.

 
  
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  Presidente. − La discussione è chiusa.

 

22. Situazione delle donne nei Balcani (breve presentazione)
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  Presidente. − L’ordine del giorno reca una breve presentazione della relazione (A6-0435/2008) presentata dall’onorevole Gurmai, a nome della commissione per i diritti della donna e l'uguaglianza di genere, sulla situazione delle donne nei Balcani [2008/2119(INI)].

 
  
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  Zita Gurmai, relatore. – (HU) Signor Commissario, onorevoli colleghi, vi ringrazio per essere rimasti ad ascoltare fino a tarda ora. Sono molto lieta di potervi presentare oggi questa proposta. Mi fa piacere, perché dimostra che il Parlamento europeo ritiene importante verificare e migliorare la situazione delle donne nei Balcani. Sono convinta che sia nostro comune interesse e responsabilità, dal momento che l'Unione europea non può non occuparsene.

Sappiamo tutti che i paesi della regione hanno vissuto gravi traumi, e non molto tempo fa; stanno compiendo enormi sforzi per affrontare i loro problemi, e per questo meritano ammirazione. È mio parere, tuttavia, che non riescano a prendere in debita considerazione una risorsa molto importante, e cioè le donne.

È indubitabile che le donne abbiano sofferto particolarmente durante le guerre, ma dobbiamo tener presente che non sono solo vittime, ma svolgono un ruolo costruttivo, attivo, utile e indispensabile per la stabilizzazione democratica e per la ricostruzione.

Non sono mai stata favorevole a fare eccezioni per le donne, ma ho l'ardire di dichiarare che devono essere date loro le stesse opportunità degli uomini. Né più né meno. E questo caso non fa differenza. Le donne possono soddisfare i suddetti ruoli solo se viene data loro l'opportunità di farlo.

E qual è questa opportunità? Dal momento che le donne costituiscono la metà della popolazione, deve essere dato loro un ruolo decisionale di pari proporzione. So che, secondo molti, una quota non rappresenta la vera soluzione, ma devo dire che purtroppo non è stata ancora trovata una soluzione amministrativa più efficace.

L'emancipazione economica delle donne è uno dei primi compiti. Le donne che lavorano sono i membri più produttivi della società e sono meno asservite. E se lavorano, non possiamo permettere che vengano escluse dalle posizioni dirigenziali della vita economica. Allo stesso tempo, le donne che lavorano duramente devono avere la possibilità di conciliare la vita professionale con gli impegni familiari.

Affinché ciò accada, l'atteggiamento della società deve diventare più positivo nei confronti delle donne, e gli stereotipi negativi devono essere aboliti. In questo senso l'istruzione e i mezzi di comunicazione svolgono un ruolo centrale. Potrei continuare in questo lungo elenco, ma per amor di brevità mi limiterò a sottolineare due punti molto importanti.

In primo luogo, non possiamo mai dimenticare che la regione in questione si compone di diversi paesi, e questi non possono essere accomunati e trattati tutti allo stesso modo. Ogni paese si sta impegnando molto in ogni ambito, e quindi anche per il miglioramento della situazione delle donne. Naturalmente alcuni paesi sono più avanti di altri in questa lotta. Ho cercato di comunicare questo messaggio nella tabella allegata alla relazione.

In secondo luogo, la possibilità di un futuro ingresso nell'Unione europea è una motivazione importante perché questi paesi raggiungano i propri obiettivi. E’ importante che sia noi sia i paesi coinvolti approfittiamo di questo periodo anche a questo proposito.

L’obiettivo della mia relazione sta nell’indicare che questi paesi sono sulla strada giusta, che rendo omaggio ai loro sforzi e che auguro loro del coraggio per quello che ci aspetta.

Colgo l'occasione per esprimere i miei ringraziamenti per l'enorme aiuto che ho ricevuto nel corso di questo lavoro da Rodolfo Verdines ed Elvy Svennerstål del segretariato della commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere, da Effy Tsonos e Majella MacCone del segretariato del gruppo socialista al Parlamento europeo, dai miei colleghi relatori ombra, onorevole Panayotopoulos-Cassiotou, onorevole Pack, onorevole Bauer, onorevole Járóka, onorevole Hyusmenova, onorevole Bozkurt, onorevole Podimata, onorevole Lyubcheva e molti altri. Un ringraziamento speciale va al segretariato del gruppo del Partito popolare europeo (Democratici-cristiani) e dei Democratici europei, del gruppo Verde/Alleanza libera europea e, naturalmente, dei Liberali per il loro lavoro instancabile e per l’inesauribile disponibilità a fare concessioni. Ultimi ma non meno importanti, vorrei ringraziare i miei colleghi più vicini.

Sono molto orgogliosa del fatto che la mozione che sto presentando oggi rifletta un ampio compromesso che, a mio parere, rende il messaggio del Parlamento europeo chiaro, inequivocabile e forte. Mi auguro che leggendo tra le righe sia chiaro che il mio obiettivo è quello di dare alla relazione un tono positivo, incoraggiante. Grazie per la vostra attenzione. E’ anche un piacere particolare, che sia qui con noi il commissario Verheugen, che era il commissario per l’allargamento al momento in cui abbiamo aderito all'Unione europea.

 
  
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  Günter Verheugen, vicepresidente della Commissione. – (DE) Signora Presidente, onorevoli deputati, onorevole Gurmai, sono stato responsabile per l'allargamento, ma è stato quattro anni fa. Tuttavia, ricordo ancora alcune delle conoscenze fatte in quel periodo. Sono veramente contento di essere in grado questa sera di parlare con voi di questo argomento. Ho sempre avuto un particolare interesse per questo tema ed è così anche oggi.

La sua relazione coincide con le conclusioni della Commissione: non vi sono differenze di opinione. E’ chiaramente vero che noi consideriamo la questione dei diritti delle donne e la parità tra uomini e donne una componente assolutamente indispensabile dei criteri politici che costituiscono un presupposto fondamentale per l'avvio e la conclusione dei negoziati di adesione.

Per mia esperienza personale, posso dire – e il commissario Rehn che vi sta ora lavorando lo conferma – che i negoziati per l’allargamento, anzi l'intero processo di allargamento e la semplice speranza che i negoziati di adesione possano avvenire migliorano puntualmente e in modo significativo la situazione sociale dei gruppi svantaggiati. I governi e i parlamenti dei paesi interessati sanno quello che l'Europa si aspetta da loro. A mio parere, non vi è più forte catalizzatore per un rapido cambiamento sociale nei paesi candidati o candidati potenziali della prospettiva di poter diventare un membro dell'Unione europea, e quindi di dover rispettare le norme che seguiamo in Europa.

Le relazioni che lei ha preparato, la sua e la nostra analisi, descrivono una situazione davvero scoraggiante. Le donne nei paesi di cui stiamo discutendo oggi sono in genere insufficientemente rappresentate, sia nel mercato del lavoro sia nella vita politica. La violenza domestica è molto diffusa. La situazione delle donne nelle zone rurali è estremamente preoccupante. Le ragazze e le donne di minoranze nazionali etniche – soprattutto le donne rom – soffrono, così come accade alle donne disabili, di una particolare discriminazione, e troppo spesso le donne e le ragazze cadono purtroppo vittime del traffico di esseri umani.

Per la Commissione è quindi scontato che nella sua cooperazione con i paesi candidati e i potenziali candidati debbano essere sviluppati programmi per migliorare tali condizioni. Non c'è bisogno di descriverli qui nel dettaglio. Esiste una vasta gamma di programmi che dovrebbero consentire ai governi e alle autorità dei paesi candidati di affrontare il problema in modo corretto. Tuttavia, ci sono anche progetti e programmi, basati sul principio dell’auto-aiuto, che sostengono le organizzazioni non governative e gli altri gruppi sociali.

Le posso assicurare, onorevole Gurmai, che la Commissione in futuro continuerà a fare tutto il possibile per contribuire al rafforzamento dei diritti delle donne nei paesi balcanici. Ciò chiaramente comprende – come ho già detto – il sostegno alle organizzazioni delle donne e alle organizzazioni non governative. Credo che una prospettiva credibile e seria di adesione di questi paesi rappresenti lo stimolo più forte possibile per chiedere loro di fare davvero ciò che è necessario.

Tuttavia, non dobbiamo qui farci delle illusioni. Tutti qui in quest’Aula sappiamo che simili processi sociali richiedono il loro tempo. Se posso tornare di nuovo alla mia esperienza, non possiamo accontentarci del fatto che una cosa o un’altra diventi legge. Non possiamo accontentarci del fatto che si stiano preparando meravigliosi piani d'azione che sembrano grandi sulla carta. Ne ho visti a decine e non significa assolutamente che tutto ciò accada realmente. Il vero lavoro dunque è solo agli inizi. Sono molto grato che il Parlamento europeo stia mostrando così grande interesse per questo obiettivo.

 
  
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  Presidente. - La discussione su questo punto è chiusa.

La votazione si svolgerà domani, giovedì 4 dicembre 2008, alle 12.00.

Dichiarazioni scritte (articolo 142 del regolamento)

 
  
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  Cristian Silviu Buşoi (ALDE), per iscritto. – (EN) Nei Balcani lo sviluppo sociale, in termini di parità tra i sessi, è purtroppo noto per non aver fatto passi avanti. Anche se alcuni dei paesi balcanici hanno avuto lo status di candidato all'adesione all'Unione europea, la situazione delle donne sta diventando sempre più preoccupante e difficile da migliorare.

Per sostenere la posizione delle donne nelle società dei Balcani, l'Unione europea deve essere sempre più coinvolta nel lento processo democratico che caratterizza la maggior parte dei paesi della regione e deve favorire la promozione di strumenti giuridicamente vincolanti in materia di diritti e libertà delle donne. Inoltre, la discriminazione positiva dovrebbe essere un concetto impiegato dai governi della regione, allo stesso modo in cui è applicata negli Stati membri dell'Unione europea.

Nondimeno, al fine di ricreare un contesto sociale post-bellico stabile è indispensabile promuovere lo sviluppo di una società egualitaria, che tuteli la posizione delle donne evitando il ripristino delle istituzioni patriarcali che hanno caratterizzato gran parte del passato. La partecipazione delle donne al processo decisionale è essenziale per realizzare un cambiamento sostanziale del loro status nella società e avrà un significato concreto per i futuri miglioramenti.

 
  
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  Anneli Jäätteenmäki (ALDE), per iscritto. – (EN) Le pari opportunità per le donne e gli uomini sono un aspetto importante dei criteri di Copenaghen. I paesi dei Balcani hanno molto lavoro da fare in questo settore. I paesi candidati devono impegnarsi a rendere le loro leggi contro la discriminazione, e le leggi di parità tra i sessi, conformi all’acquis communautaire.

Le questioni che richiedono particolare attenzione nei Balcani comprendono: il potenziamento dell’assistenza sanitaria, l’aumento della presenza delle donne nel governo, la protezione delle donne dalla violenza domestica, l’eliminazione dei reati sessuali, e l’attuazione di strategie più incisive nella lotta alla discriminazione.

Questi problemi esistono sicuramente anche all'interno degli Stati membri dell'Unione europea. Dobbiamo cercare costantemente di migliorare la parità tra donne e uomini.

Ma gli Stati candidati devono prestare particolare attenzione a correggere questi problemi prima che diventi possibile per loro entrare a far parte dell'Unione europea.

 
  
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  Lívia Járóka (PPE-DE), per iscritto. – (EN) I problemi di discriminazione con cui fanno i conti le comunità rom restano irrisolti in tutta Europa. In entrambi i vecchi e nuovi Stati membri, così come nei paesi candidati, le politiche di integrazione sono generalmente deboli, sporadiche e gestite caso per caso. Le donne rom in tutti i Balcani sono vittime di discriminazione non solo sulla base del genere, ma anche in considerazione del gruppo etnico al quale appartengono. A causa della loro emarginazione dalla società tradizionale, le donne rom vengono discriminate, il che influenza il loro accesso alle cure sanitarie, a un’istruzione di qualità, agli alloggi e all'occupazione.

E’ estremamente importante che i paesi candidati e potenziali candidati dei Balcani garantiscano l'eliminazione di tutte le forme di discriminazione e di pregiudizio nei confronti delle donne rom e l'introduzione di una pratica ed efficace strategia di lotta contro la discriminazione, da attuare a tutti i livelli (nazionale e locale).

E’ ovvio che il processo di allargamento dell'Unione europea, attraverso lo strumento dei criteri di Copenaghen, ha la potenzialità di cambiare radicalmente la situazione dei rom nei Balcani. Per questo motivo è fondamentale che la Commissione europea adotti un efficace sistema di monitoraggio al fine di misurare gli sforzi pratici compiuti sui diritti delle minoranze e delle donne nei Balcani: questo dimostrerà il pieno rispetto dei criteri politici di adesione.

 
  
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  Dumitru Oprea (PPE-DE), per iscritto. – (RO) La relazione sulla situazione delle donne nei Balcani affronta uno dei temi più attuali del momento: il ruolo delle donne nella società moderna. C’è un gran numero di campanelli d'allarme per la situazione delle donne nei Balcani in un momento in cui è in corso un processo di creazione di una democrazia stabile. Questa relazione non è solo globale, ma si occupa anche di temi chiave che hanno validità universale, come le donne nel mercato del lavoro, la lotta contro gli stereotipi, la salute delle donne, il coinvolgimento delle donne nel processo decisionale, la violenza contro le donne e la tratta di esseri umani. La pertinenza di questi temi è tanto più evidente negli Stati che hanno subito grandi cambiamenti negli ultimi vent’anni.

Ciò che ci interessa è come sia difficile valutare la situazione attuale in questi paesi. Le donne sono discriminate, che ciò accada intenzionalmente o meno. Un esempio di questo è il mercato del lavoro “informale” per le donne. In alcuni paesi questa situazione è considerata come la norma. Ancora più allarmante è il problema delle donne che sono dirette o “spinte” verso attività lesive della dignità umana, come la prostituzione, o che cadono preda di coloro che sono coinvolti nel traffico di esseri umani. Un'altra preoccupazione è il fatto che molte donne sono anche vittime di violenza domestica.

Inoltre, le donne hanno bisogno di venire maggiormente coinvolte nei cambiamenti delle abitudini in modo che possano occupare il posto che meritano nella società.

 
  
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  Rovana Plumb (PSE), per iscritto. – (RO) In veste di europarlamentare di un paese nelle immediate vicinanze dei Balcani occidentali, accolgo con favore i progressi compiuti dai paesi candidati, o potenziali candidati, menzionati nella relazione. Tuttavia, abbiamo bisogno di specifiche misure politiche per eliminare la discriminazione sociale ed economica e le insicurezze che continuano a esistere nella regione.

I conflitti nella regione hanno minato l'immagine delle donne nella memoria collettiva. Essi hanno anche portato alla comparsa e al rafforzamento degli stereotipi secondo cui il ruolo delle donne nella società è fortemente ridotto, oscurato da uomini potenti.

Il punto di partenza per l'eliminazione di questi stereotipi è il livello primario dell’istruzione. I materiali educativi nelle scuole dovrebbero effettivamente promuovere un'immagine positiva delle donne come titolari degli stessi pari diritti degli uomini.

E’ nostro dovere sostenere questi programmi sia politicamente sia finanziariamente. Ciò significa che durante il processo di negoziazione i risultati ottenuti devono essere attentamente verificati.

 
  
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  Daciana Octavia Sârbu (PSE), per iscritto. – (RO) L'Unione europea ha bisogno di controllare più da vicino la situazione delle donne nei Balcani, in particolare nei paesi candidati all'adesione all'Unione europea.

E’ opportuno, allo stesso tempo, incoraggiare la concessione di fondi pre-adesione per sostenere gli Stati dei Balcani nella loro lotta contro la tratta di esseri umani e contro la prostituzione, in particolare per ciò che coinvolge i bambini, nonché per fornire servizi sanitari adeguati a cui possa avere accesso ogni donna, indipendentemente dalla razza, dalla religione o dalla condizione sociale. Ultimo elemento, ma non meno importante, questi fondi potrebbero anche contribuire a creare centri di accoglienza e consultori per le donne vittime della violenza domestica.

Sottolineo inoltre l'importanza di fornire sostegno alle organizzazioni non governative che lottano per i diritti delle donne nei Balcani, sostegno di cui devono farsi carico sia i governi nella regione dei Balcani che le organizzazioni non governative degli Stati membri dell'Unione europea.

Chiedo che vengano esercitate pressioni sui governi dei paesi dei Balcani perché siano adottate con urgenza misure per combattere e prevenire la tratta di esseri umani, la prostituzione che coinvolge i minori e la pornografia infantile, tenendo presente che i Balcani sono sia una regione di transito che un punto di origine del traffico degli esseri umani.

Non dobbiamo trascurare la necessità che le istituzioni competenti nei Balcani adottino misure volte ad assicurare la parità di retribuzione tra donne e uomini e neppure la necessità di educare la gente contro gli stereotipi.

 
  
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  Dushana Zdravkova (PPE-DE), per iscritto. – (BG) La settimana scorsa abbiamo celebrato la Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne. La Commissione europea ha sottolineato l'importanza di una battaglia senza quartiere contro questo problema incalzante. Anche il Parlamento europeo deve fare appello agli Stati candidati perché assumano misure attive per la corretta applicazione e il rispetto del quadro legislativo esistente. La legge infatti non può restare solo sulla carta, ma deve essere applicata anche nella realtà, in modo da migliorare la posizione delle donne, che sono sottoposte ogni giorno a tale tormento e che non si rendono nemmeno conto che ciò è inaccettabile. È per questo che sono d'accordo con il ricercatore sull’esigenza di intraprendere azioni finalizzate a cambiare i modi stereotipati di pensare che sono diffusi in questi paesi.

Richiamo la vostra attenzione su un altro punto fondamentale formulato nella relazione. Considerando le caratteristiche della regione e in particolare i conflitti militari di cui l'intera Europa è stata testimone negli ultimi dieci anni, vorrei sottolineare il fatto che nelle zone di conflitto, uomini e donne, ragazze e ragazzi vivono in modo diverso l'esperienza della guerra. È vero che le donne e i bambini sono più spesso vittime di questi conflitti, ma le donne devono avere le stesse possibilità e devono essere garantite loro pari opportunità, anche per metterle in grado di battersi, partecipare attivamente alla vita sociale e politica, gestire e stabilizzare la società.

 

23. Ordine del giorno della prossima seduta: vedasi processo verbale
Video degli interventi

24. Chiusura della seduta.
Video degli interventi
  

(La seduta termina alle 23.55)

 
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