David Sumberg (PPE-DE). - (EN) Signora Presidente, sono molto lieto di potere brevemente contribuire a questa discussione perché, in un periodo come questo in cui il Terzo mondo soffre profondamente della mancanza di generi alimentari, è importante rendersi conto che, pur dovendo affrontare una crisi economica, nell’Unione europea siamo molto ricchi rispetto a questi paesi. Sono quindi molto felice che il Parlamento riconosca di avere un dovere morale e politico nei confronti di chi versa in grave pericolo. E’ sufficiente vedere le immagini che talvolta passano in televisione per rendersi conto che si tratta di un problema molto urgente.
Mi congratulo on l’onorevole Mitchell per questa relazione. E’ un gradito passo avanti che merita il nostro sostegno e sono lieto di avere potuto dare il mio.
Nirj Deva (PPE-DE). - (EN) Signora Presidente, come l’onorevole Sumberg vorrei spiegare il motivo per cui ho espresso un voto favorevole su questa relazione. E’ stata una decisione molto difficile perché stiamo pagando il trasferimento con i soldi dei contribuenti.
Quello che in realtà facciamo, però, è nutrire cento milioni di persone, che altrimenti sarebbero morte entro la fine del prossimo anno. Il Programma alimentare mondiale dà da mangiare a 20-25 milioni di persone che, in mancanza di un nostro intervento, rischiano la malnutrizione e la morte entro la fine del 2009. Un miliardo di persone vivono con un solo pasto ogni due giorni. Spendendo questi soldi con saggezza, garantiremo loro un pasto al giorno.
Venticinque milioni di persone rappresentano la metà della popolazione del mio paese, il Regno Unito. Non voglio alzarmi in Assemblea il prossimo anno dicendo che sono rimasta in disparte a guardare metà della popolazione del mio paese morire di fame perché non siamo intervenuti. Sono molto contenta che abbiamo votato per mettere a punto questo strumento di emergenza.
- Relazione García-Margallo y Marfil (A6-0448/2008)
David Sumberg (PPE-DE). - (EN) Signora Presidente, la relazione García-Margallo è un documento che approvo perché siamo tutti impegnati nel cercare di impedire l’evasione fiscale, cosa importante, e in particolare l’evasione fiscale in materia d’IVA. L’economia sommersa, che esiste in tutti i nostri paesi, è uno svantaggio per il contribuente che dovrebbe essere motivo di preoccupazione per noi tutti, perché è il contribuente a rimetterci.
Aggiungerei però una postilla dicendo che è assolutamente indispensabile per i singoli Stati avere il diritto di decidere la propria aliquota IVA. Non può essere di competenza dell’Unione europea. Nel Regno Unito, il Cancelliere dello Scacchiere ha di recente diminuito l’aliquota IVA nel tentativo di combattere la recessione. Non credo sia una misura molto efficace e non penso che contribuirà a cambiare le cose, ma per il singolo paese è importante avere il diritto di farlo. Questa è la precisazione che volevo fare in merito al documento.
- Proposta di risoluzione comune: codice di condotta dell’Unione europea sulle esportazioni di armi (RC B6-0619/2008)
David Sumberg (PPE-DE). - (EN) Signora Presidente, sono lieto di potere esprimere un commento al riguardo. Sono preoccupato per il coinvolgimento dell’Unione europea in questa questione semplicemente perché si tratta di un tema che richiede un accordo internazionale, e l’intervento unilaterale dell’Unione europea non cambierebbe assolutamente le cose.
Credo inoltre che la relazione contenga un infelice riferimento agli accordi in materia di sicurezza europea. La sicurezza europea si basa sulla NATO. E’ sempre stato così e sempre lo sarà perché la NATO include i nostri amici e alleati, gli Stati Uniti d’America. Alcune fazioni del Parlamento sono molto antiamericane, ma io no. Ricordo il debito che questo continente ha contratto con gli Stati Uniti per la nostra libertà e adesione alla NATO. La nostra alleanza con gli Stati Uniti attraverso la NATO sta alla base del nostro sistema di difesa e sicurezza, e così sarà negli anni a venire.
Marusya Ivanova Lyubcheva (PSE). – (BG) Voglio spiegare i motivi che mi hanno indotto a votare a favore della relazione sulla situazione delle donne nei Balcani redatta dalla collega, onorevole Gurmai, e farle le mie congratulazioni. La relazione descrive la vera posizione delle donne nella regione dei Balcani senza fare differenziazioni tra i paesi, in base al loro diverso status sociale. Qui le politiche di genere sono state imposte con coerenza, e gli stereotipi vengono superati poco a poco. La relazione descrive come cambia la situazione grazie alle modifiche normative, alla concessione di maggiori diritti alle donne, alla crescita della governance e della partecipazione femminile in politica e in ambito gestionale. Un aspetto importante della relazione riguarda la valutazione sul ruolo che ricoprono le donne dei Balcani nello sviluppo dei processi democratici per il mantenimento della stabilità nella regione e il superamento di tutti i conflitti militari.
Albert Deß (PPE-DE). - (DE) Signora Presidente, l’onorevole Kindermann ha presentato una risoluzione costruttiva sul problema del cormorano, sulla quale sono stato felice di esprimere il voto. Sono lieto che la risoluzione abbia ottenuto 558 voti a favore. Il cormorano è stato posto sotto tutela molto tempo fa, quando in Europa rimanevano solo alcune colonie riproduttrici. Nel frattempo, la specie si è diffusa tanto da depredare interi fiumi e stagni e, pertanto, deve essere inclusa nell’allegato II della direttiva uccelli. Il danno da essa causato compromette l’esistenza di molti piscicoltori e pescatori. Occorre valutare il livello minimo necessario alla conservazione della specie negli Stati membri, mentre le presenze in eccedenza devono essere regolamentate. Se la Commissione non interverrà gli stock ittici saranno minacciati.
Pertanto chiedo alla Commissione di tenere il documento in debita considerazione e di agire il più rapidamente possibile.
⁂
Jean-Pierre Audy (PPE-DE). – (FR) Signora Presidente, facendo riferimento all’articolo 202 bis del regolamento, in plenaria abbiamo votato a favore di suonare l’inno europeo in occasione delle sedute solenni. Vorrei sapere, signora Presidente, perché non è stato suonato l’inno quando abbiamo accolto Sua Santità il Dalai Lama.
Presidente. - Mi informerò e le darò una risposta, onorevole Audy.
Glyn Ford (PSE), per iscritto. − (EN) Mi congratulo con il collega per questo accordo concluso con la Repubblica di Corea sulla cooperazione in merito ad attività anticoncorrenziali. Come i deputati sapranno, con la Corea stiamo negoziando un accordo di libero scambio. A Seul gode dell’appoggio del governo e dell’opposizione e l’Assemblea, con l’approvazione di una precedente relazione dell’onorevole Martin, ha dato il proprio consenso in linea di principio. Entrambe le parti sembrano ansiose di concludere l’accordo prima delle elezioni europee del prossimo giugno. L’accordo odierno non può che contribuire a questo processo, pur accettando la presenza di alcuni punti delicati rimasti irrisolti, come le automobili e le norme in materia di origine legate al complesso industriale di Kaesong.
Genowefa Grabowska (PSE), per iscritto. – (PL) Le economie mondiali sono sempre più interdipendenti, il commercio internazionale cresce con molta rapidità, e gli investimenti diretti all’estero sono sempre più frequenti. Pertanto sostengo pienamente la relazione Martin che raccomanda l’accettazione dell’accordo di cooperazione tra Unione europea e Corea del Sud nell’ambito delle attività anticoncorrenziali. Esso è in linea con le precedenti misure adottate in materia dall’Unione europea, e integra gli accordi siglati già agli inizi degli anni Novanta con gli Stati Uniti (1991), il Canada (1999) e il Giappone (2003). L’accordo con la Corea contribuirà all’applicazione efficace del diritto della concorrenza promovendo la cooperazione tra le agenzie garanti della concorrenza e riducendo il margine di conflitto.
Le disposizioni contenute nell’accordo prevedono l’obbligo di fornire informazioni sulle misure di attuazione adottate dalle agenzie garanti della concorrenza che potrebbero nuocere agli interessi materiali dell’altra parte. E’ un bene che l’accordo introduca disposizioni in materia di assistenza reciproca, coordinamento delle misure di attuazione, scambio delle informazioni e garanzia di riservatezza. La Corea, quarto partner commerciale dell’Unione europea tra i paesi terzi, ha nell’Unione il proprio investitore estero di maggiore rilievo. Ricordando l’importanza crescente rivestita dalla partnership tra i due paesi, sembra totalmente giustificato che l’Unione istituisca anche per la Corea, come già per gli altri tre grandi partner commerciali, un accordo di collaborazione per la lotta alle attività anticoncorrenziali.
Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. − (PT) La Repubblica di Corea, quarto partner commerciale dell’Unione europea tra i paesi terzi, ha nell’Unione il proprio investitore estero di maggiore rilievo.
Questo accordo cerca di garantire “il reciproco riconoscimento, fra la Comunità europea e la Corea del Sud, delle normative sulla concorrenza” come “il modo più efficace per contrastare un comportamento anticoncorrenziale”, cercando di minimizzare “il ricorso a strumenti di difesa commerciale tra le due parti”, come quelli già adottati con gli Stati Uniti (1991), il Canada (1999) e il Giappone (2003).
Tuttavia, il Parlamento europeo si concentra sull’idea che il presente accordo debba iscriversi “nel contesto del quadro generale degli accordi esistenti tra la Comunità europea e la Repubblica di Corea e di quelli attualmente in fase di negoziato, in particolare i negoziati concernenti un possibile accordo di libero scambio”, soprattutto, come sottolinea il relatore, tenendo conto “dei problemi riscontrati nel corso di altri negoziati bilaterali e interregionali sul commercio”.
In altre parole, il Parlamento europeo sostiene “un più intenso accesso ai mercati” con conseguenze catastrofiche, ad esempio, per l’industria e l’occupazione nel settore delle costruzioni e riparazioni navali in Portogallo con la sua quasi totale distruzione.
Per tale motivo abbiamo deciso di votare contro.
David Martin (PSE), per iscritto. − (EN) Spero che la mia relazione e la proposta della Commissione offrano grandi vantaggi sia alla Corea sia all’Unione europea. La Corea è il quarto partner commerciale tra i paesi terzi, ed è quindi importante prevedere misure di tutela anticoncorrenziali.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. − (DE) La quarta più importante economia asiatica è sconquassata dalla crisi finanziaria internazionale. Si risvegliano i ricordi della crisi valutaria asiatica del 1997. Se da una parte il governo sudcoreano è oggi più fiducioso grazie alla rapida adozione di misure, dall’altra si assiste a una crisi in Europa e negli Stati Uniti, che aggrava un po’ la situazione. Tuttavia l’OCSE ritiene che la Corea si riprenderà nel prossimo futuro, con un won più debole che incoraggerà le esportazioni e misure di rilancio che faranno crescere la domanda interna.
Le relazioni economiche tra l’Unione europea e la Corea devono quindi rimanere immutate, motivo per cui è più che ragionevole definire alcune regole di base nonostante la difficile situazione attuale. Troppo spesso negli accordi economici vengono tutelati solo gli interessi degli investitori, motivo per cui l’Unione europea deve garantire che anche le disposizioni in materia di occupazione e le norme sociali e ambientali siano tenute in debita considerazione. La relazione oggetto della votazione non lo afferma con sufficiente chiarezza, ed ecco perché mi sono astenuto dal voto.
Rovana Plumb (PSE), per iscritto. – (RO) Ho votato a favore della relazione perché l’accordo contribuirà all’applicazione efficace della normativa in materia di concorrenza promovendo la collaborazione tra le autorità competenti e riducendo le possibilità di insorgenza di conflitti.
La Corea, quarto partner commerciale dell’Unione europea tra i paesi terzi, ha nell’Unione il proprio investitore estero di maggiore rilievo.
Vista la crescente importanza di questa partnership, appare giustificato che l’Unione istituisca anche per la Corea, come già per gli altri tre grandi partner commerciali, un accordo di collaborazione per la lotta alle attività contrarie alla concorrenza.
L’accordo prevede che l’autorità garante della concorrenza informi la controparte dell’adozione di provvedimenti di applicazione della normativa che possano lederne gli interessi sostanziali, e dispone la creazione di un contesto di assistenza reciproca, fondato, tra l’altro, sulla possibilità di ciascuna parte di richiedere all’altra l’adozione di misure applicative. Altre disposizioni dell’accordo riguardano, infine, il coordinamento dei provvedimenti applicativi, lo scambio di informazioni pertinenti e le misure atte ad assicurare il rispetto dei principi di riservatezza.
Più in generale, dobbiamo sottolineare l’importanza del commercio multilaterale e delle norme in materia di concorrenza per ottenere mercati transfrontalieri liberi e aperti.
Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Dichiaro il mio voto favorevole alla relazione del collega Martin sulla conclusione dell’accordo tra Comunità Europea e Corea riguardante la cooperazione in merito ad attività anticoncorrenziali. Condivido le motivazioni alla base del rapporto e credo che lo strumento dell’accordo in merito di concorrenza sia più che mai necessario nel contesto odierno in cui gli scambi commerciali, specialmente con i paesi asiatici, si fa sempre più consistente e rilevante. Viste le differenze tra il sistema economico europeo e quello dei paesi con i quali intrattiene relazioni commerciali, tra cui la Corea, e, nello specifico, le differenze tra i costi di produzione e tra le regolamentazioni interne di tutela dei consumatori in tali paesi, un accordo tra le autorità garanti della concorrenza é un passo verso la protezione dai pericoli in cui le nostre aziende e i nostri prodotti incorrono nell’odierno contesto globalizzato.
Marian Zlotea (PPE-DE), per iscritto. – (RO) Ho espresso un voto favorevole sulla relazione perché credo che per noi sia di fondamentale importanza stabilire legami commerciali in linea con i principi della concorrenza non solo con la Corea, ma anche con gli altri paesi terzi. Occorre promuovere la collaborazione tra le autorità competenti, riducendo in tal modo il margine per l’insorgenza di conflitti.
Come ho affermato ed è stato ribadito dal parere della commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori andato al voto questa settimana, occorre offrire ai cittadini europei una gamma molto più ampia di opportunità commerciali e assicurare che tutti gli accordi bilaterali con i paesi terzi rispettino i diritti dei consumatori e i principi della concorrenza.
Šarūnas Birutis, per iscritto. – (LT) Il piano di gestione pluriennale per lo stock di aringa ad ovest della Scozia è ben accetto.
Credo che il monitoraggio dei pescherecci autorizzati provvisti di permessi di pesca nell’area in questione debba essere effettuato mediante l’uso di giornali di bordo elettronici, e che gli Stati membri di bandiera debbano trasmettere giornalmente le dichiarazioni di cattura al centro di controllo della pesca. I pescherecci autorizzati a pescare in una zona non devono essere autorizzati a pescare al di fuori dell’area della Scozia occidentale nel corso della stessa bordata.
E’ importante sviluppare i dati su cui si basano le valutazioni scientifiche degli stock di aringa nella Scozia occidentale. Pertanto, oltre alle attuali indagini acustiche condotte per determinare gli indici di abbondanza per l’aringa adulta, sostengo l’indagine pilota sulle reti (MIP) per il 2008 e il 2009, che ci consentirà di determinare l’adeguatezza e l’efficacia di questo metodo, e di fornire un secondo indice indipendente di abbondanza per l’aringa della Scozia occidentale. Accolgo con favore questa iniziativa. Inoltre, concordo con la Commissione sul fatto che il piano di gestione dovrebbe essere sottoposto a revisione a scadenza quadriennale, tenendo conto della raccomandazione del comitato scientifico, tecnico ed economico per la pesca (CSTEP). Ad ogni modo, se dovessero essere proposte modifiche in seguito a tale revisione, esse devono essere discusse insieme al consiglio consultivo regionale per gli stock pelagici e al Parlamento europeo.
Avril Doyle (PPE-DE), per iscritto. − (EN) La relazione Stevenson sulla gestione dello stock di aringa sulla costa occidentale della Scozia presenta un piano pluriennale. Esso si basa sugli accordi per gli stock di aringa nel mare del Nord esistenti con la Norvegia, ed è volto a tutelare un’industria della pesca sostenibile ponendo limiti minimi e massimi in base alle dimensioni totali degli stock.
Lo CSTEP e il CIEM hanno affermato che è possibile ottenere una pesca sostenibile mantenendo il tasso annuo di mortalità per pesca (misurazione delle catture) a 0,25 se la taglia dello stock supera le 75 000 tonnellate e a 0,20 in caso di taglia inferiore a 75 000 tonnellate, ma superiore a 50 000 tonnellate. In base alla proposta della Commissione, se lo stock riproduttore scendesse al di sotto delle 50 000 tonnellate verrebbe applicato un divieto totale di pesca dell’aringa onde permettere la ripopolazione, la rigenerazione e il mantenimento dello stock, garantendo il sostentamento e il futuro del settore della pesca che dipende dalla sopravvivenza degli stock ittici.
L’Irlanda è coinvolta in prima persona in questa proposta, perché le acque territoriali irlandesi nell’area nord occidentale di Donegal rientrano nella zona in questione. Per tutelare l’industria della pesca, è indispensabile dare il via all’attuazione delle misure previste nella relazione il prima possibile per ridurre al minimo il dissesto del settore.
Dumitru Oprea (PPE-DE), per iscritto. – (RO) La relazione impone di prestare particolare attenzione alla crisi globale che richiede livelli di consumo moderati e responsabili.
Dopo la riforma della politica comune della pesca nel 2002 si è proceduto alla graduale attuazione di piani pluriennali, associati a piani di ricostituzione delle risorse ittiche di interesse comunitario.
In realtà era stato creato un precedente con l’accordo pluriennale di gestione siglato con la Norvegia nel 1997 sugli stock di aringhe del Mare del Nord, che ha sortito risultati soddisfacenti.
In caso di applicazione delle misure proposte, esse porterebbero a una migliore pianificazione della pesca e delle attività ittiche. Vi sarebbero quindi molti elementi per garantire il fondo per la pesca, i TAC e permessi speciali di pesca.
Un aspetto particolarmente importante è legato alla gestione della pesca basata sugli ecosistemi, che garantisce lo sfruttamento sostenibile di tutte le specie, molte delle quali stanno per scomparire definitivamente. La pesca, inoltre, deve diventare un’attività svolta in condizioni sostenibili dal punto di vista ambientale, economico e sociale.
- Relazione Grabowska (A4-0456/2008)
Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Con riferimento alla relazione Grabowska, ho votato a favore della proposta di regolamento del Consiglio relativo alla competenza, alla legge applicabile, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni e alla cooperazione in materia di obbligazioni alimentari nel quadro della nuova consultazione. Appoggio la relatrice che ha fatto tutto il possibile per mettere a disposizione il testo definitivo prima della fine dell’anno di modo che i cittadini possano usufruirne quanto prima, e concordo con lei sul fatto che la Commissione debba continuare a lavorare sulle procedure di esecuzione.
Adam Bielan (UEN), per iscritto. – (PL) La relazione Grabowska propone una semplificazione del sistema di assistenza infantile in tutta l’Unione europea, motivo per cui ho espresso un voto favorevole. In Polonia molte donne crescono i figli da sole con padri che, spesso, vivono e lavorano in altri paesi europei, e sovente sfuggono al sostentamento dei figli. In queste circostanze è praticamente impossibile ingiungere il pagamento.
Una maggiore cooperazione in materia tra gli Stati membri dell’Unione europea aiuterà i creditori a recuperare effettivamente le somme loro dovute.
Šarūnas Birutis, per iscritto. – (LT) L’adozione di questo regolamento faciliterà la vita dei cittadini. In primo luogo esso è volto a semplificare la procedura di definizione delle obbligazioni alimentari. Inoltre, il regolamento prevede che quando gli Stati membri adotteranno una decisione in materia di obbligazioni alimentari, essa diventerà vincolante per tutti gli Stati membri. In base al regolamento sarà altresì allestito un sistema operativo di cooperazione fra le autorità centrali degli Stati membri per assistere i creditori nel recupero del proprio credito.
Gérard Deprez (ALDE), per iscritto. – (FR) Esprimo la mia soddisfazione per il fatto che la relazione Grabowska sia oggi messa al voto, in primo luogo perché da tempo aspettavamo la versione rivista del regolamento in questione, e in secondo luogo perché il voto deve permettere l’adozione del testo sotto la guida della presidenza francese, una presidenza che non si è risparmiata per portarlo a degna conclusione.
Come sapete, attualmente nell’Unione europea quando c’è un divorzio e sono coinvolti figli è spesso difficile e fastidioso riuscire a farsi pagare gli assegni di mantenimento se uno dei coniugi si è trasferito in un altro paese.
Il testo proposto, che appoggio, dovrebbe facilitare di molto la vita dei cittadini europei in materia di obbligazioni alimentari, e aiutare i creditori a recuperare quanto loro dovuto. L’abolizione della procedura di exequatur rende immediatamente applicabile in tutti gli Stati membri qualsiasi decisione in materia di obbligazioni alimentari adottata per il coniuge assente dal tribunale di uno Stato membro. Inoltre permetterà ai cittadini interessati di espletare, dal proprio luogo di residenza, le formalità necessarie per ottenere il sequestro dello stipendio o del conto bancario, attivare i meccanismi di cooperazione, e avere accesso a informazioni che consentano di localizzare il debitore e di valutarne il patrimonio.
Avril Doyle (PPE-DE), per iscritto. − (EN) Accolgo con favore la relazione della collega sulle obbligazioni alimentari, tesa a contribuire al recupero degli assegni alimentari nell’Unione europea. Il regolamento vuole dare al creditore la possibilità di ottenere un’ingiunzione di pagamento – in grado di circolare senza ostacoli nello spazio di giustizia dell’Unione europea – più facilmente, rapidamente e gratuitamente nella maggior parte dei casi. Ciò pertanto consentirà di regolarizzare i pagamenti degli importi dovuti e renderà applicabili le obbligazioni alimentari tra diversi Stati membri. Questo semplificherà le vite dei cittadini europei e garantirà maggiore assistenza grazie a una migliore cooperazione tra Stati membri.
Dumitru Oprea (PPE-DE), per iscritto. – (RO) Credo che questa relazione sia di fondamentale importanza in un periodo in cui si sente la necessità di armonizzare la normativa degli Stati membri dell’Unione europea in diversi settori, anche in materia di obbligazioni alimentari.
La versione rivista del regolamento relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni e alla cooperazione in materia di obbligazioni alimentari enuncia chiaramente i criteri e le situazioni in cui questo obbligo è applicabile per legge.
Le obbligazioni alimentari sono di carattere personale e permanente, per non dire unilaterale.
Questo regolamento facilita la vita dei cittadini degli Stati membri dell’Unione europea nella procedura necessaria alla definizione delle obbligazioni alimentari. Nello specifico, non appena sarà pronunciata la decisione in uno Stato membro essa produrrà gli stessi effetti legali in tutti gli Stati membri. Si tratta di un aspetto fondamentale se ricordiamo che molti cittadini risiedono in uno Stato membro diverso da quello in cui sono nati o in cui è stata presa la decisione sulle obbligazioni alimentari.
Daciana Octavia Sârbu (PSE), per iscritto. – (RO) Questo regolamento semplificherà la vita dei cittadini. La semplificazione era uno dei risultati ambiti, soprattutto nella procedura necessaria alla determinazione delle obbligazioni alimentari.
Pertanto, il regolamento prevede che non appena sia adottata una decisione in materia di obbligazioni alimentari all’interno di uno Stato membro, essa sia giuridicamente vincolante per tutti gli Stati membri.
Inoltre, il regolamento prevede la messa a punto di un sistema operativo a sostegno della cooperazione fra le autorità centrali degli Stati membri, che aiuterà i creditori a recuperare le somme di denaro loro dovute.
Il risultato finale dinanzi a noi è un compromesso che siamo lieti di sostenere. Ciò significa che i cittadini europei potranno usufruire del sistema il prima possibile.
Per quanto riguarda le procedure di attuazione, la Commissione europea deve continuare a lavorarvi.
Non possiamo che essere felici di sapere che ha l’intenzione di farlo e sperare che ciò consentirà ai cittadini di coglierne i frutti quanto prima.
In concreto, un’attuazione efficace è l’aspetto fondamentale che garantirebbe l’esistenza, nell’Unione europea, di un sistema comune e armonizzato di riconoscimento ed esecuzione delle decisioni in materia di obbligazioni alimentari.
Andrzej Jan Szejna (PSE), per iscritto. – (PL) La relazione relativa alla competenza, alla legge applicabile, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni dei tribunali e alla cooperazione in materia di obbligazioni alimentari analizza e valuta la versione modificata del corrispondente regolamento del Consiglio.
Obiettivo principale del regolamento è semplificare i principi di determinazione delle obbligazioni alimentari (fondamentali per un efficace recupero dei crediti) e organizzare un sistema di collaborazione efficiente tra gli Stati membri dell’Unione europea sulle problematiche attinenti.
Approvo pienamente la relazione, che costituisce un compromesso tra le proposte della Commissione europea e le aspettative della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni.
La rapida adozione del regolamento – prima della fine del 2008 – permetterà ai cittadini di usufruirne rapidamente cosa che, in questo caso particolare, è priorità assoluta.
Šarūnas Birutis, per iscritto. – (LT) Le normative metriche degli Stati membri vengono applicate a numerose categorie di strumenti di misura e di prodotti. La presente direttiva include una serie di norme generali per l’approvazione CEE del modello, le procedure di verifica iniziali e i metodi di controllo metrologico. Nell’attuazione delle direttive applicabili a ciascuna categoria di strumenti di misura e di prodotti, vengono stabilite le prescrizioni tecniche, di funzionamento e di precisione, oltre alle procedure di controllo. A livello europeo, l’approvazione del modello di misura CEE consente agli Stati membri di effettuare un controllo iniziale; nel caso in cui non sia obbligatorio, gli strumenti possono essere distribuiti sul mercato e utilizzati. Questa nuova versione della direttiva introduce emendamenti relativi alla procedura di regolamentazione e di controllo; pertanto, la versione codificata della direttiva 71/316/CEE deve essere sostituita con la nuova versione.
Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Con riferimento alla relazione Mitchell, ho votato a favore della proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce uno strumento di risposta rapida all’impennata dei prezzi alimentari nei paesi in via di sviluppo.
Sostengo questa iniziativa che fornisce all’Unione europea un nuovo strumento nella politica di sviluppo per far fronte ai problemi cruciali legati all’aumento dei prezzi dei generi alimentari che ha provocato rivolte, disordini e instabilità in molti paesi, compromettendo i risultati di molti anni di investimenti nella sfera politica, nello sviluppo e nel mantenimento della pace. Centinaia di milioni di persone hanno visto aggravarsi le proprie condizioni di povertà, e i recenti progressi compiuti nel raggiungimento degli obiettivi di sviluppo del millennio sono stati rimessi in questione. Dinanzi ai 18 miliardi di euro necessari, l’Unione prevede di finanziare il 10 per cento, ovvero 1,8 miliardi di euro, e visti i finanziamenti già disponibili si parla di una dotazione finanziaria aggiuntiva di 1 miliardo di euro. Non concordo con l’idea della Commissione di prelevare le finanze dai fondi destinati all’agricoltura.
Alessandro Battilocchio (PSE), per iscritto. – Il mio voto è ovviamente favorevole. Come messo in evidenza anche nella relazione, la Commissione ha adottato una decisione coraggiosa quando ha proposto di destinare un finanziamento pari a 1 miliardo di euro alla crisi alimentare e ritengo che sia alla Commissione sia al Consiglio vada accordata la massima collaborazione per adottare questa importante normativa. La lotta contro la crisi alimentare impone sforzi concreti su molteplici piani e per il raggiungimento di risultati sensibili è necessario lo sforzo congiunto di tutte le istituzioni comunitarie.
Nigel Farage, Trevor Colman e Jeffrey Titford (IND/DEM), per iscritto. − (EN) Ovviamente siamo solidali con i paesi poveri per la difficile condizione in cui versano. Tuttavia riteniamo che le politiche dell’Unione europea, quali la politica comune della pesca, la politica agricola comune e il protezionismo negli scambi commerciali siano la causa principale di molti di questi problemi. A nostro avviso, gli Stati nazionali si trovano nella posizione migliore per aiutare le nazioni in via di sviluppo a livello intergovernativo, e non le agenzie sovranazionali che impongono soluzioni dall’alto e le cui politiche sono le prime da criticare.
Avril Doyle (PPE-DE), per iscritto. − (EN) L’onorevole Mitchell ha presentato un piano che descrive una risposta comunitaria collettiva ai prezzi crescenti e volatili dei generi alimentari nei paesi in via di sviluppo, fornendo linee guida per l’attuazione di risposte rapide e procedure di sicurezza per i futuri raccolti. Lo strumento, inoltre, cerca di fornire sostegno strutturale a lungo termine, differenziato e diversificato in base alle esigenze e alle circostanze delle singole situazioni. Esso prevede lo stanziamento di 1 miliardo di euro fino al 2010, secondo criteri applicati in maniera rigorosa. La sicurezza alimentare è alla base dello sviluppo in tutte le sue forme, e combattere la fame mondiale è un problema complesso ma vitale, al quale occorre trovare soluzione con urgenza. Sono felice di dare il mio appoggio alla relazione Mitchell.
Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. – (FR) Nella motivazione il relatore, tradendo emozione nelle sue parole, esorta l’Unione europea a dare al resto del mondo le risorse non utilizzate del proprio bilancio! Che strana e pericolosa visione della gestione del denaro pubblico, mista a minacce e attribuzioni di colpa.
Non c’era bisogno di arrivare a questi estremi per convincerci ad aiutare i paesi più bisognosi.
Vorrei, tuttavia, sottolineare tre punti:
- l’impennata mondiale dei prezzi dei generi alimentari certamente colpisce soprattutto le popolazioni del Terzo mondo, ma anche milioni di cittadini europei. Cosa fa per loro la Commissione?
- è veramente necessario affidare la gestione degli aiuti di emergenza alla Commissione, ampiamente responsabile di questa situazione? Essa è all’origine del maltusianismo agricolo in Europa, che contribuisce all’aumento dei prezzi. Le sue politiche commerciali promuovono le culture dell’esportazione nei paesi più poveri. Nelle stesse condizioni, di fatto attribuendo priorità al mercato e al libero scambio, le misure proposte a sostegno dell’agricoltura locale sembrano essere votate al fallimento;
- cosa si sta facendo per combattere la speculazione assurda e immorale che regna sui mercati delle materie prime alimentari?
Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. − (SV) I prezzi elevati dei generi alimentari si ripercuotono soprattutto su chi versa in condizioni peggiori. Oltre alle crisi dei mercati energetici e finanziari, c’è ora il rischio di un sostanziale peggioramento delle condizioni in cui vivono ampie fasce della popolazione.
Ci rendiamo conto che la situazione creatasi richiede un intervento. Tuttavia, non condividiamo il desiderio del relatore di istituire un ulteriore meccanismo europeo di distribuzione dell’assistenza finanziaria. Gli aiuti allo sviluppo, la loro entità, gli orientamenti e i contenuti costituiscono un buon esempio di quello che la lista di giugno considera essere una decisione da prendere in primo luogo a livello nazionale, e in secondo luogo in collaborazione con gli organi delle Nazioni Unite. La lista di giugno solleva dubbi riguardo al ruolo ricoperto dall’Unione europea, perché si dovrebbero invece trovare soluzioni all’attuale penuria alimentare nell’ambito di consessi internazionali. Per tali motivi abbiamo deciso di votare contro la relazione nella sua interezza.
Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. − (PT) A nostro avviso sono stati introdotti emendamenti che migliorano la proposta iniziale della Commissione europea, ovvero: la necessità di favorire la produzione e i prodotti locali e, in particolare, i piccoli agricoltori a discapito della produzione per l’esportazione; il necessario coinvolgimento delle organizzazioni di produttori nella definizione di programmi, che diano priorità alle aziende agricole su piccola scala; la non concessione di aiuti alla produzione di materie prime per i beni di lusso o i biocombustibili. Su questo punto, ci rammarichiamo che non siano stati esclusi gli organismi geneticamente modificati (OGM).
Tuttavia, occorre sottolineare che questa iniziativa deve essere considerata nel contesto delle politiche dell’Unione europea, che possono ridurla a una contropartita o condizione per l’imposizione dei propri interessi economici. Ci riferiamo alle pressioni esercitate sul gruppo degli Stati dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico (ACP) per concludere un accordo con l’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) o accordi di partenariato economico dell’Unione europea. L’Unione sta cercando di sfruttare l’impatto della crisi economica per imporli.
Si noti inoltre che l’iniziativa non nasconde la diminuzione della cosiddetta assistenza allo sviluppo dell’Unione europea, né le somme gonfiate della rinnovata corsa alle armi e della militarizzazione dei rapporti internazionali, ove l’Unione svolge un ruolo da protagonista.
E’ chiaro che l’Unione dà con una mano per poi, o anche subito, elemosinare con due... che ipocrisia.
Gyula Hegyi (PSE), per iscritto. – (HU) Concordo con il relatore sul fatto che la crisi finanziaria non è una ragione per ridurre gli aiuti a chi muore di fame nel Terzo mondo. Ovviamente, ricordo che anche nell’Unione europea ci sono persone che si trovano in difficoltà a causa del vertiginoso aumento dei prezzi dei generi alimentari. Questa è la situazione non solo nei nuovi Stati membri, ma anche in quelli vecchi.
Una causa dell’aumento dei prezzi alimentari è certamente il rapido incremento della produzione di biocarburanti. Se il carburante è venduto a prezzi più elevati, estromette dalla produzione i generi alimentari più a buon mercato o ne aumenta il prezzo. Quindi, l’Unione europea non deve importare biocarburanti da paesi o grandi regioni se essi compromettono l’approvvigionamento alimentare della popolazione locale.
I biocarburanti svolgono un ruolo importante nelle energie rinnovabili, ma un utilizzo poco attento può dar vita a gravi tragedie. Ecco perché l’Unione europea deve essenzialmente usare biocarburanti prodotti sul proprio territorio. Non è consigliabile importarli dai paesi in via di sviluppo, perché spingono al rialzo i prezzi dei generi alimentari locali e minacciano le foreste pluviali.
Jeanine Hennis-Plasschaert, Jules Maaten, Toine Manders e Jan Mulder (ALDE), per iscritto. − (NL) La delegazione del partito olandese del popolo per la libertà e la democrazia si è astenuta dal voto finale sulla relazione Mitchell relativa a uno strumento di risposta rapida per le misure contro il drastico aumento dei prezzi alimentari nel Terzo mondo, in quanto nutre seri dubbi sul fatto che le misure proposte abbiano l’effetto desiderato. Il miglioramento della produzione agricola nei paesi in via di sviluppo richiede un approccio più strutturale rispetto a un importo di 1 miliardo da spendere entro tre anni. Inoltre, la mia delegazione è del parere che la distribuzione dei fondi tramite le organizzazioni dell’ONU e la Banca mondiale ricopra ancora eccessiva importanza. Gli Stati membri potrebbero farlo tramite canale diretto. Invece, l’Unione europea e le relative organizzazioni, tra cui la Banca europea per gli investimenti (BEI), devono svolgere un ruolo di primo piano in tal senso.
Filip Kaczmarek (PPE-DE), per iscritto. – (PL) Ho votato per l’adozione della relazione Mitchell. L’Unione europea deve essere in grado di reagire con rapidità alle crisi alimentari. La crisi mondiale ha dimostrato quanto può essere fragile la situazione economica dei paesi ricchi. Ricordiamoci che i paesi poveri e in via di sviluppo sono esposti a molti più problemi, uno dei quali è il rapido aumento del numero di persone che rischiano la fame.
In drammatiche situazioni di carestia, non dobbiamo sprecare tempo prezioso sull’attuazione delle adeguate procedure finanziarie. Sono certo che il nuovo strumento ci consentirà di assolvere a uno dei nostri compiti fondamentali, ovvero salvare vite umane.
Mikel Irujo Amezaga (Verts/ALE), per iscritto. – (ES) Come ha sottolineato il presidente della Banca mondiale, i problemi della malnutrizione sono l’obiettivo di sviluppo del millennio dimenticato. L’Unione europea deve tenere in maggiore considerazione alcuni settori, tra cui il finanziamento delle necessità del Programma alimentare mondiale, la collaborazione tra diversi organismi per valutare le necessità dei paesi, l’assistenza ai piccoli agricoltori (a breve termine, ma anche un’analisi della volatilità dei prezzi alimentari a lungo termine), le sfide a lungo termine nell’ambito della produzione e della produttività, i piani di ricerca trascurati e la necessità di trovare soluzioni di gestione del rischio (come i derivati finanziari legati alla siccità).
David Martin (PSE), per iscritto. − (EN) Sostengo questa relazione perché, nell’attuale crisi finanziaria globale, è più importante che mai tenere fede ai nostri impegni assunti con i paesi in via di sviluppo. La somma aggiuntiva di 1 miliardo di euro permetterà di non lasciarli indietro.
Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Intendo esprimere il mio voto favorevole alla relazione del collega Mitchell relativa all’istituzione di uno strumento di risposta rapida al preoccupante aumento dei prezzi alimentari nei paesi in via di sviluppo. In particolare, condivido l’opinione del relatore nel momento in cui egli dichiara che l’impennata dei prezzi alimentari non può e non deve solo servire a riempire i titoli dei giornali. E’ preoccupante il fatto che la tanto discussa globalizzazione dei mercati abbia portato all’aumento del numero di persone del mondo che vivono sotto la soglia di povertà. Ancor più preoccupante, però, è constatare che a livello internazionale siano molte le parole spese e pochi i provvedimenti concreti ed efficaci. Apprezzo dunque il fatto che il relatore sottolinei il bisogno di una risposta rapida e che si faccia riferimento ad un sistema per cui, alle urgenti misure in ambito di sicurezza sociale, sia associata la volontà di finanziamenti in grado di garantire un maggiore e migliore accesso ai fattori di produzione e servizi agricoli, tenendo ben in conto l’esigenza di agire localmente in maniera differenziata.
Glenis Willmott (PSE), per iscritto. − (EN) Viviamo in un periodo di profonda crisi alimentare e finanziaria. L’aumento dei prezzi dei generi alimentari ha avuto conseguenze estremamente negative sui paesi in via di sviluppo. La povertà è aumentata, compromettendo il raggiungimento di alcuni obiettivi di sviluppo del millennio. I prezzi elevati hanno generato sommosse e instabilità. Pertanto, ho espresso un voto favorevole su questa proposta per utilizzare la somma non spesa di 1 miliardo di euro, destinata agli agricoltori europei, e assistere gli agricoltori dei paesi in via di sviluppo che faticano a comprare articoli di prima necessità, come sementi e fertilizzanti. Sono lieta che il Parlamento europeo sia riuscito a raggiungere un consenso con i governi nazionali su come organizzare le cose.
- Relazione García-Margallo y Marfil (A6-0448/2008)
Jan Andersson, Göran Färm, Anna Hedh, Inger Segelström e Åsa Westlund (PSE), per iscritto. − (SV) Noi socialdemocratici svedesi pensiamo che queste relazioni siano un passo avanti per combattere più efficacemente l’ingiusta evasione fiscale. Con riferimento alle nuove norme IVA svedesi entrate in vigore l’1 gennaio 2008, purtroppo queste relazioni implicheranno un ulteriore onere amministrativo per alcune imprese, ma crediamo che le modifiche siano giustificate e commisurate allo scopo, motivo per cui abbiamo deciso di votare a favore.
Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Con riferimento alla relazione dello stimato collega spagnolo, onorevole García-Margallo y Marfil, ho votato a favore della proposta di direttiva del Consiglio recante modifica della direttiva del 2006 relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, per combattere la frode fiscale connessa alle operazioni intracomunitarie.
Attualmente il sistema di scambio d’informazioni sulle cessioni intracomunitarie di beni, attuato nell’ambito del regime transitorio per l’IVA adottato nel periodo del passaggio al mercato interno, non è più sufficiente per combattere con efficacia la frode fiscale connessa alle operazioni intracomunitarie. Si noti che la misura è parte integrante di una serie di misure, alcune delle quali esplicitamente volte ad aumentare la sicurezza giuridica delle imprese e a ridurne gli oneri amministrativi, e a migliorare considerevolmente lo scambio d’informazioni e la cooperazione tra amministrazioni fiscali. Ho approvato gli emendamenti in base a cui, a due anni dall’entrata in vigore della direttiva, la Commissione dovrà elaborare una relazione che valuti gli effetti della direttiva, con particolare riferimento ai costi amministrativi che i nuovi obblighi comportano per i soggetti interessati e al grado di efficacia di questi obblighi nella lotta alla frode fiscale.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. − (PT) In generale siamo d’accordo sulle proposte del relatore volte a migliorare il documento della Commissione europea sulla lotta alla frode fiscale connessa alle operazioni intracomunitarie.
E’ vero che l’evasione IVA incide non solo sul finanziamento dei bilanci degli Stati membri ma anche sull’equilibrio complessivo delle risorse proprie dell’Unione europea, poiché le riduzioni della risorsa propria basata sull’IVA vanno compensate mediante un aumento della risorsa propria basata sul reddito nazionale lordo.
Inoltre non mi sembra negativo che vi sia una relazione di valutazione sugli effetti della presente direttiva, in particolare in termini di costi amministrativi dei nuovi obblighi formali per i soggetti interessati, e dell’efficacia di detti obblighi nella lotta contro l’evasione fiscale.
Tuttavia, nutriamo seri dubbi in merito alla giustizia relativa nelle regole del sistema esistente e alla loro applicazione. Per tale motivo ci siamo astenuti dal voto sulla relazione.
Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. – (FR) Abbiamo votato contro le due relazioni dell’onorevole García-Margallo y Marfil per combattere la frode fiscale connessa alle operazioni intracomunitarie o, per dirla senza mezzi termini, la frode in materia di IVA negli scambi commerciali tra Stati membri.
Ovviamente condanniamo questa frode e sosteniamo una cooperazione intergovernativa tra le agenzie nazionali competenti. Ciò che propone il relatore, però, va ben oltre, con la creazione di un unico “certificato fiscale dell’UE” a disposizione delle amministrazioni nazionali, allo scopo di raccogliere dati su persone sospettate di essere state coinvolte, in un modo o nell’altro, in casi di frode, impedendo loro di costituire o gestire un’impresa ovunque in Europa. A nome di chi? In applicazione di una decisione giudiziaria, amministrativa o puramente arbitraria? Presa a che livello? In base a quali competenze iscritte – o meno, a seconda dei casi – nei trattati?
La supremazia delle decisioni a livello europeo, l’auto-attribuzione di competenze quasi penali, il ruolo esecutivo sovradimensionato della Commissione europea e l’aggravio burocratico per le imprese mentre ci vantiamo dello Small Business Act per l’Europa: tutto ciò è inaccettabile.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. − (DE) In ogni sistema fiscale c’è evasione. Il punto è trovare il modo in cui controllarla al meglio. Con qualsiasi misura, bisogna comunque garantire che le piccole e medie imprese non siano oberate da spese burocratiche. In una prima fase, l’evasione fiscale deve essere affrontata a trecentosessanta gradi.
Qualsiasi forma di cooperazione rafforzata è indubbiamente vantaggiosa, a condizione che non degeneri tanto da portare l’Unione ad attribuirsi i poteri decisionali degli Stati membri. Bisogna prediligere una procedura concordata tra Stati membri che non preveda modifiche sostanziali ai sistemi esistenti. Per tale motivo ho espresso voto contrario sulla relazione.
Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Dichiaro il mio voto favorevole alla relazione dell’Onorevole Garcìa-Margallo y Marfil sulla lotta contro la frode fiscale connessa alle operazioni intracomunitarie, con particolare riguardo al sistema comune IVA. Sostengo la necessità di combattere la frode fiscale connessa alle operazioni intracomunitarie e credo che, nel contesto del mercato unico europeo, la cooperazione amministrativa tra gli Stati membri in questo senso sia da rafforzare. E’ necessario che in quelle operazioni che non si risolvono all’interno dei confini nazionali, alle misure in larga parte rientranti nell’ambito delle competenze nazionali si accompagnino provvedimenti di responsabilizzazione solidale a livello europeo, di scambio di buone pratiche e di obblighi fiscali formali.
- Relazione García-Margallo y Marfil (A6-0449/2008)
Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Con riferimento alla relazione dello stimato collega spagnolo, onorevole García-Margallo y Marfil, ho votato a favore della proposta di regolamento del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 1798/2003 per combattere la frode fiscale connessa alle operazioni intracomunitarie.
La Commissione deve centralizzare le informazioni relative alle azioni intraprese dagli Stati membri per reprimere l’evasione fiscale, fa conoscere quelle che hanno ottenuto i migliori risultati e raccomanda quelle che ritiene più idonee per porre rimedio ai comportamenti fraudolenti. La Commissione stabilisce un insieme di indicatori che distinguano i settori in cui il rischio di non adempimento agli obblighi fiscali è più elevato. Le autorità fiscali nazionali devono essere dettate dalla necessità di rimediare alla frode e di aiutare i contribuenti onesti ad adempiere ai propri obblighi. Sulla base dei dati raccolti nel valutare l’applicazione del regolamento, la Commissione deve elaborare un insieme di indicatori per accertare in quale misura ogni Stato membro collabora con la Commissione e con gli altri Stati membri, fornendo le informazioni disponibili e prestando l’assistenza necessaria per porre rimedio alle frodi. Gli Stati membri e la Commissione devono valutare l’applicazione del regolamento con scadenza periodica.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. − (PT) Anche in questo caso concordiamo in linea generale con le proposte del relatore volte a migliorare il documento della Commissione europea. E’ il caso della proposta che insiste sulla necessità, da parte della Commissione europea, di informare totalmente il Parlamento europeo sulle misure previste, conformemente all’accordo tra il Parlamento europeo e la Commissione relativo alle modalità di applicazione della decisione 1999/468/CE del Consiglio.
Allo stesso modo, concordo che gli Stati membri e la Commissione debbano valutare periodicamente l’applicazione di questo regolamento. Tuttavia, non mi sembra sufficientemente chiara la proposta in base a cui la Commissione deve elaborare un insieme di indicatori che permettano di accertare in quale misura ogni Stato membro collabora con la Commissione e con gli altri Stati membri, pur essendo evidenti le critiche della Corte dei conti in merito alla mancanza di una cooperazione amministrativa efficace in materia di lotta all’evasione fiscale relativa all’IVA. Il possibile scambio di buone pratiche e l’elaborazione di analisi non possono giustificare una maggiore imposizione in settori che chiamano in causa il principio di sussidiarietà.
Per tale motivo ci siano astenuti dal voto.
- Proposta di risoluzione: la strada verso il miglioramento dell’ambiente per le PMI in Europa – (Small Business Act) (B6-0617/2008)
Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Avendo espresso voto favorevole alla risoluzione congiunta presentata da quattro gruppi politici, tra cui il gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei, sulla strada verso il miglioramento dell’ambiente per le PMI in Europa (Small Business Act), vorrei rendere omaggio all’eccellente lavoro svolto dalla collega francese, onorevole Fontaine, e dalla presidenza francese con il ministro Lagarde. E’ urgente che gli Stati membri confermino l’intenzione di approvare formalmente l’SBA in occasione del Consiglio europeo di Bruxelles di dicembre 2008 al fine di garantirne la visibilità necessaria rendendo le sue disposizioni giuridicamente vincolanti, onde creare un effetto positivo reale sull’ambiente delle PMI. Esse stanno alla base di una parte molto importante del tessuto economico e hanno un ruolo sociale incontestabile da svolgere in qualità di imprese a dimensione d’uomo. Ciononostante sono fragili e meritano particolare attenzione. E’ di fondamentale importanza che l’Unione europea sostenga le PMI nell’interesse che dimostra per il proprio sistema di creazione della ricchezza.
Alessandro Battilocchio (PSE), per iscritto. − Il mio voto è favorevole. Le piccole e medie imprese rappresentano il cuore vitale dell’economia europea, sia in termini di crescita e innovazione, sia in termini di occupazione. Una politica attenta di sostegno nei loro confronti, quindi, significa garantire stabilità all’intero sistema, cosa tanto più importante in questo momento di crisi globale che può essere affrontato solo senza dimenticare l’economia reale. Ogni sforzo va quindi sostenuto ma non dobbiamo dimenticare che molto resta ancora da fare e che il nostro impegno non deve venire meno.
Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. – (FR) Abbiamo votato a favore della risoluzione sul miglioramento dell’ambiente per le PMI in Europa nel quadro della legge sulle piccole imprese perché siamo coscienti, come diciamo da anni, del ruolo economico chiave delle PMI come principali creatrici di ricchezza e occupazione.
Il problema è che, oggi, tutto questo rimane ancora teoria. E’ la stessa istituzione, la Commissione, che esorta gli Stati membri a “pensare innanzi tutto alle piccole imprese”, ma che poi introduce legislazioni più oscure e incomprensibili e limiti amministrativi e regolamentari. E’ la Commissione che, nonostante l’obbligo che le spetta, improvvisa gli studi d’impatto che devono accompagnare le proposte legislative. E’ stata la Commissione che ha attuato una politica di accesso agli appalti pubblici che sistematicamente estromettono le PMI locali a vantaggio delle grandi imprese su scala europea, nel nome della sacrosanta concorrenza. E’ stata la Commissione che, ossessionata dall’armonizzazione fiscale, ha imposto le restrizioni in essere sulle aliquote IVA.
Sì, alla fine è giunta l’ora di dare priorità a tutte queste piccole imprese, ai loro dirigenti e dipendenti, facendolo innanzi tutto con i regolamenti europei.
Adam Bielan (UEN), per iscritto. − (PL) Il miglioramento della situazione delle piccole e medie imprese in Europa e il sostegno alla Carta europea delle piccole imprese rivestono un’importanza estrema per l’efficiente sviluppo dell’economia e imprenditoria europea, motivo per cui ho deciso di esprimere un voto favorevole sulla risoluzione.
Qualsiasi semplificazione amministrativa nell’apertura di un’impresa, semplificazione dei regolamenti ed eliminazione di leggi inutili non può che accelerare la procedura di creazione delle piccole e medie imprese, che offrono posti di lavoro a milioni di persone.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. − (PT) Sappiamo come vengono sostenuti il settore bancario e altre società finanziarie, con il pretesto di evitare una crisi nel settore finanziario ed eventuali ripercussioni. Ma la crisi del capitalismo è molto più diffusa e già include gravi ripercussioni, soprattutto nella sfera economica in cui predominano le micro, le piccole e le medie imprese.
Per questo, pur essendo chiaro che solo interrompendo le attuali politiche di liberalizzazione economica è possibile trovare soluzioni alternative durevoli, sosteniamo misure puntuali che possano ridimensionare la gravità della situazione di migliaia di micro, piccole e medie imprese.
Tuttavia, insistiamo sul fatto che la creazione di un ambiente favorevole alle micro, piccole e medie imprese richiede innanzi tutto un aumento del potere d’acquisto delle popolazioni, un aumento dei salari dei lavoratori e il miglioramento delle pensioni e dei fondi pensione.
Quindi, con il nostro voto su questa risoluzione vogliamo solo sottolineare il desiderio che non si tratti dell’ennesimo miraggio di propaganda tanto comune di questi tempi. E’ necessario che questo sostegno arrivi concretamente alle microimprese e alle PMI senza che venga fagocitato dalla burocrazia.
Mieczysław Edmund Janowski (UEN), per iscritto. − (PL) Sostengo l’adozione della Carta delle piccole imprese, tesa a migliorare la situazione di queste aziende nell’Unione europea. E’ risaputo che le PMI svolgono un ruolo importante nell’economia europea, offrendo circa 100 milioni di posti di lavoro e rappresentando un’enorme fonte di reddito per gli Stati membri e le regioni. Molte di queste imprese sono attivamente coinvolte nel processo di innovazione.
In tale contesto, è importante riconoscere che non c’è giustificazione ai tanti ostacoli che ancora incontrano gli imprenditori di piccole e medie imprese. Dobbiamo anche ricordare che esse sono molto sensibili alla maggiore concorrenza e a tutti i problemi di natura finanziaria e amministrativa. Disposizioni giuridiche chiare e semplici sono assolutamente indispensabili a un funzionamento adeguato.
Da qui l’inevitabile necessità di intervento del Parlamento europeo che, disponendo degli strumenti legislativi adeguati, può rispondere alle esigenze manifestate e contribuire all’eliminazione degli ostacoli rimanenti. La cosa estremamente importante, soprattutto in un periodo di prolungato collasso economico, è garantire accesso alle fonti di finanziamento.
Mi rallegro della proposta di un nuovo pacchetto avanzata dalla Banca europea per gli investimenti, che stanzia 30 miliardi di euro per prestiti alle PMI. Occorre tuttavia pensare alla possibilità di aumentare la somma, perché il fallimento di molte piccole imprese avrebbe conseguenze drammatiche per molte persone.
Sono certo che, viste le circostanze attuali, il Consiglio approverà la Carta delle piccole imprese chiedendo agli Stati membri di attuarne le disposizioni.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. − (DE) Per molti anni l’Unione europea ha sostenuto – almeno su carta – la promozione delle piccole e medie imprese (PMI). Si può dire quello che si vuole su carta, ma i fatti contano più delle parole. Le PMI continuano a trovarsi di fronte a ostacoli burocratici, le grandi imprese continuano ad accedere alle sovvenzioni con facilità, mentre le medie imprese sono costrette a implorare. La frenesia normativa spesso soffoca le piccole imprese, mentre i gruppi di imprese possono permettersi esperti per ricorrere a stratagemmi.
Pertanto, seguendo l’esempio degli Stati Uniti, le leggi europee devono prevedere un’analisi costi-benefici per le piccole e medie imprese; occorre inoltre promuovere lo snellimento della burocrazia per eliminare i molteplici oneri laddove esiste l’obbligo di informazione e di notifica. La proposta considerata sembra comunque essere un ulteriore passo avanti nella giusta direzione, motivo per cui anch’io ho espresso voto favorevole.
James Nicholson (PPE-DE), per iscritto. − (EN) Mai come ora è stato il momento di sostenere le piccole aziende e le PMI. L’attuale clima economico si ripercuote fortemente su di loro, che incontrano difficoltà nel mantenere il flusso di cassa o subiscono l’impatto della riduzione della spesa nei consumi.
Occorre garantire che, nella crisi economica attuale, le PMI possano ancora accedere a finanziamenti adeguati, soprattutto ora che le banche non concedono credito alle piccole imprese. In linea più generale, occorre rimuovere inutili oneri amministrativi e burocratici. Le PMI sono la colonna portante delle piccole economie europee, come quella dell’Irlanda del nord. E’ necessario incentivare gli imprenditori innovativi, non ostacolarli con un’eccessiva burocrazia.
La legge sulle piccole imprese costituisce un passo avanti, ma per avere effetti realmente positivi richiede una rapida adozione da parte del Consiglio e una piena attuazione da parte degli Stati membri.
Rareş-Lucian Niculescu (PPE-DE), per iscritto. – (RO) Nella difficile congiuntura economica attuale le piccole e medie imprese possono, in molti casi, essere le prime vittime e riportare le conseguenze più gravi.
Ricordando che in alcuni Stati membri, come la Romania, le PMI contribuiscono a oltre il 60 per cento del PIL, misure di sostegno sono necessarie, accolte con favore e, soprattutto, urgenti.
Un’altra misura che salutiamo favorevolmente è il nuovo pacchetto della Banca europea per gli investimenti del valore di 30 miliardi di euro, stanziati per crediti alle PMI. Spero con tutto il cuore che questi prestiti siano facilmente accessibili anche alle piccole imprese dei nuovi Stati membri, come la Romania o la Bulgaria.
Seán Ó Neachtain (UEN), per iscritto. – (GA) Indubbiamente dobbiamo rivolgere e dirigere la nostra attenzione alla grande sfida legata alla stabilizzazione e alla riforma del sistema finanziario. Tuttavia, come rappresentanti dei cittadini dei nostri paesi, è nostro urgente dovere concentrarci sulla cosiddetta “economia reale”.
I cittadini europei soffrono mentre ci troviamo in mezzo a una crisi economica. In questo momento sarebbe facile sposare completamente le politiche conservatrici, volte unicamente a stabilizzare il sistema finanziario. Invece, dobbiamo dedicarci alla totale ricostruzione dell’economia.
Nell’ovest dell’Irlanda, circa il 70 per cento della forza lavoro è assunta presso piccole imprese, che rappresentano il polso dell’economia nella zona occidentale del paese. Non solo dobbiamo proteggere queste aziende, ma anche promuovere l’imprenditoria, la crescita e lo sviluppo in questo settore. A tal fine, esprimo il mio sincero apprezzamento per le iniziative recentemente promosse dalle istituzioni europee e irlandesi a sostegno della piccola impresa. Chiedo al settore privato e finanziario e ai decisori di continuare a favorire altre iniziative.
Athanasios Pafilis (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) La legge europea sulle piccole imprese si inserisce nel quadro della strategia di Lisbona, contraria alle esigenze della base e del mondo del lavoro, e degli sforzi compiuti dall’Unione europea per completare il mercato unico interno a scapito dei lavoratori e dei loro diritti.
Usando l’esca di una minore aliquota IVA per i servizi forniti a livello locale e che occupano un forte numero di lavoratori, l’Unione cerca di strappare il consenso delle piccole e medie imprese sulle scelte della grande industria, che incoraggia questi piani per perseguire i propri interessi, non quelli delle piccole imprese o dei lavoratori autonomi.
Il presidente della Commissione Barroso ha spiegato qual è la vera dimensione delle imprese cui si riferisce la legge, ovvero quelle che usufruiscono pienamente del mercato unico e si espandono sui mercato internazionali per diventare concorrenziali su scala globale. Dal canto suo, il commissario Verheugen ha evidenziato il carattere ideologico reazionario della legge sottolineando che l’elemento importante è il riconoscimento sociale degli imprenditori e l’attrattiva di iniziare la carriera di imprenditore, per cambiare la percezione negativa del ruolo di imprenditore e dell’assunzione del rischio di impresa.
Tuttavia, la proposta si fonda perlopiù sulla nuova esenzione prevista per le società private europee, che permetterà a una “impresa privata europea” di commerciare in tutti gli Stati membri dell’Unione e aggirare gli attuali ostacoli del controllo sociale.
Nicolae Vlad Popa (PPE-DE), per iscritto. – (RO) Ho espresso un voto favorevole alla risoluzione sulla strada verso il miglioramento dell’ambiente per le PMI in Europa perché esse rivestono un’importanza fondamentale per l’economia dell’Unione europea e della Romania.
Le piccole e medie imprese assicurano oltre 100 milioni di posti di lavoro e sono un fattore fondamentale della crescita economica.
Soprattutto nell’attuale periodo di crisi economica, è necessario sfruttare ogni strumento a disposizione a sostegno di questo settore, che può fungere da trampolino della ripresa economica.
Sostengo l’attuazione del nuovo pacchetto della Banca europea per gli investimenti che prevede 30 miliardi di euro da stanziare ai crediti per le PMI. Per il futuro chiedo anche lo sviluppo e l’incremento del fondo.
Credo sia molto importante che anche gli Stati Membri mettano a punto e attuino misure nazionali a sostegno delle PMI per completare gli interventi promossi a livello europeo.
Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Ho esprimo il mio voto favorevole in merito alla proposta di risoluzione presentata, riguardante il miglioramento dell’ambiente per le PMI in Europa - Atto sulle piccole imprese (“Small Business Act”). Sono fermamente convinto che le PMI, costituendo più del 90% delle imprese presenti in Europa, contribuiscono alla crescita economica dell’Unione Europea in modo determinante. Ed è per questo che è necessario che ci sia una legge europea sulle piccole imprese (SBA), che potrà essere efficace solamente se vi sarà un impegno concreto a livello nazionale ed europeo per la sua attuazione. Concordo inoltre che si debba invitare il Consiglio a confermare la sua intenzione di approvare ufficialmente tale legge in sede del prossimo Consiglio europeo, al fine di garantire il giusto e adeguato livello di visibilità a una iniziativa cosi importante.
Andrzej Jan Szejna (PSE), per iscritto. − (PL) Nella votazione odierna ho appoggiato l’adozione di una risoluzione tesa a migliorare la situazione delle piccole e medie imprese europee.
La Carta delle piccole imprese contribuirà allo sviluppo dell’economia polacca e dell’intera economia europea.
Attualmente più di 100 milioni di posti di lavoro europei sono assicurati da piccole e medie imprese, motori delle economie. Credo che soprattutto oggi, in periodo di crisi economica, la risoluzione sottolinei la necessità di sostenere i regolamenti previsti dalla Carta.
Per risollevare le sorti della situazione finanziaria dell’Unione europea non ci si dovrà limitare ad assistere i grandi istituti finanziari. Occorre soprattutto adottare misure specifiche a sostegno delle piccole e medie imprese, interventi che consentiranno loro di operare su mercati imperfetti facilitandone il lavoro.
Ovviamente, la Carta delle piccole imprese non risolverà i loro problemi, ma formulerà i principi per garantire loro parità di trattamento, e introdurre il contesto iniziale di una politica rivolta alle imprese.
- Proposta di risoluzione comune: codice di condotta dell’Unione europea sulle esportazioni di armi (RC B6-0619/2008)
Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della risoluzione comune presentata da sei gruppi politici sul codice di condotta dell’Unione europea sulle esportazioni di armi. Concordo con i principi in base a cui è necessario prevenire trasferimenti irresponsabili di armi mediante una rigorosa applicazione dei criteri del codice sia alle aziende che alle forze armate nazionali, e prevenire il traffico illegale di armi esortando tutti gli Stati membri che non l’abbiano ancora fatto a recepire nella normativa nazionale la posizione comune del 2003 dell’Unione europea sul controllo del commercio delle armi. Bisogna incoraggiare lo svolgimento di indagini relative alle violazioni di embargo sulle armi e migliorare la qualità dei dati trasmessi dagli Stati membri nel contesto della relazione annuale sul codice di condotta. Detto questo, non siamo ingenui: nel mondo difficile e pericoloso in cui viviamo questi sono temi delicati, motivo per cui mi sono alzato per oppormi all’emendamento orale presentato dall’onorevole Pflüger. A mio avviso è troppo rapido nel stabilire un legame tra il codice di condotta, l’attuazione della futura direttiva sul trasporto intracomunitario dei materiali di difesa e il controllo delle esportazioni di armi.
Glyn Ford (PSE), per iscritto. − (EN) Do pieno sostegno a questa risoluzione. L’adozione di una posizione comune relativa al codice di condotta sulle esportazioni di armi verso paesi terzi è di vitale importanza per la corretta applicazione della futura direttiva sul trasporto intracomunitario dei materiali di difesa e il controllo ufficiale delle esportazioni di armi.
Effettivamente necessitiamo di una solida base giuridica per questo codice di condotta che ci consentirà di riesaminare l’embargo sulle armi in essere con la Cina. Vi sono ancora problemi con Pechino, ma non devono essere raggruppati con quelli esistenti tra Burma e Zimbabwe.
Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. − (PT) Nel quadro dell’attuale corsa agli armamenti e alla militarizzazione delle relazioni internazionali che vedono protagonisti Stati Uniti, NATO e Unione europea, qualsiasi iniziativa che – seppure in forma limitata e insufficiente – contribuisca al controllo delle esportazioni di armi costituisce un passo nella giusta direzione.
Tuttavia, ciò che caratterizza l’Unione europea è la scelta di dare nuovo slancio alla “Europa della difesa” (un eufemismo per ingerenza e aggressione), riaffermando “l’obiettivo di rafforzare il partenariato strategico tra l’UE e la NATO” adattandolo alle esigenze attuali, in uno spirito di complementarietà e di rafforzamento reciproco.
Basti guardare il progetto di conclusioni del Consiglio europeo dell’11 e 12 dicembre sul rafforzamento della politica europea di sicurezza e di difesa (PESD) – che prepara la posizione delle grandi potenze dell’Unione europea per il vertice della NATO di aprile del prossimo anno – che prospetta un salto qualitativo nella cosiddetta “strategia europea in materia di sicurezza” (del 2003) e la definizione di nuovi obiettivi per “rafforzare e ottimizzare le capacità europee” nei prossimi 10 anni “affinché nei prossimi anni l’Unione europea sia in grado di portare a buon fine simultaneamente, al di fuori del suo territorio, una serie di missioni civili e di operazioni militari di varia portata, corrispondenti agli scenari più probabili”.
Athanasios Pafilis (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) In un momento in cui i lavoratori dell’Unione europea versano esorbitanti somme di denaro per finanziare i programmi di difesa e sviluppare la ricerca militare, l’industria degli armamenti dell’Unione europea cresce e le vendite “legali” di tutti i tipi di armi prodotte sono fonte di enormi guadagni per le società, l’intera Unione europea è sempre più militarizzata, i cittadini soffrono per il nuovo sistema in cui l’Unione partecipa attivamente insieme agli Stati Uniti e alla NATO, non possiamo che considerare ironica la discussione e la richiesta presentata per approvare una posizione comune dell’Unione europea e l’adozione di misure per l’applicazione del cosiddetto codice di condotta dell’Unione europea sulle esportazioni di armi.
Il diffondersi della concorrenza e dell’aggressione imperialista, che saranno ancora più alimentate dalla crisi finanziaria capitalista, ha portato a un aumento della spesa militare che ha superato persino quella dell’era della guerra fredda. Da questo punto di vista, il tentativo di applicare regolamenti sull’esportazione di armi non fa che prendersi gioco e deludere le persone.
I lavoratori dell’Unione europea dovrebbero rispondere opponendosi alla militarizzazione, all’esercito dell’Unione europea e ai programmi di difesa, rimanendo uniti e combattendo contro un’Unione guerrafondaia.
Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione di iniziativa del collega belga, onorevole Staes, sulla relazione speciale n. 8/2007 della Corte dei conti europea relativa alla cooperazione amministrativa in materia di imposta sul valore aggiunto (IVA). Pur dovendoci rallegrare di questa relazione speciale della Corte dei conti, per molti versi le conclusioni tratte sono preoccupanti, soprattutto alla luce delle osservazioni in base a cui il regolamento (CE) n. 1798/2003 relativo alla cooperazione amministrativa in materia d’imposta sul valore aggiunto non è uno strumento efficace di cooperazione amministrativa, in quanto diversi Stati membri ostacolano la sua attuazione e il ruolo della Commissione è limitato. Ciononostante, è indispensabile che la Commissione dia il via a procedure di infrazione contro gli Stati membri che ritardano il trasferimento di informazioni. Le proposte della Commissione di modificare la direttiva IVA e il regolamento concernente la cooperazione amministrativa in materia di IVA sono una cosa positiva. Sostengo la creazione di una task force costituita dai servizi della Commissione competenti, dalla direzione generale della Fiscalità e dell’unione doganale e dall’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF).
David Martin (PSE), per iscritto. − (EN) Accolgo con favore questa relazione che pone le basi di un intervento collettivo dell’Europa per calcolare le cifre esatte delle frodi in materia di IVA, e i costi che annualmente comportano per il Regno Unito.
Robert Atkins (PPE-DE), per iscritto. − (EN) Insieme ai colleghi conservatori britannici sostengo pienamente il miglioramento della condizione femminile in tutti gli aspetti della società. Pensiamo che le donne debbano beneficiare di pari opportunità in molti settori evidenziati nella relazione. Crediamo inoltre che le donne debbano svolgere un ruolo di grande rilievo in politica. Sappiamo che esistono questioni specifiche da risolvere nel contesto dei Balcani, ed esortiamo le autorità nazionali ad adottare provvedimenti per migliorare le opportunità per la donna.
Ciononostante, siamo preoccupati per la richiesta di quote, che non riteniamo essere la giusta soluzione per uomini e donne. Inoltre, non siamo favorevoli alla creazione dell’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere.
Alessandro Battilocchio (PSE), per iscritto. − Il mio voto è favorevole. Il raggiungimento della parità di genere è una condizione imprescindibile per tutti i paesi che si candidano a entrare nell’Unione. La turbolenta storia dei Balcani rende più difficile l’intervento nonché il monitoraggio della situazione. Sebbene il processo di democratizzazione vada avanti, infatti, molto resta da fare. Nell’Est dei Balcani molte donne sono ancora colpite da discriminazione e vivono in condizioni di insicurezza personale, economica e sociale. Il quadro normativo va quindi ulteriormente migliorato.
In questo senso giudico non più dilazionabile la ratifica della convenzione UN 1979 (CEDAW) relativa all’eliminazione di ogni forma di discriminazione contro le donne. E nell’abolizione di ogni forma di violenza e disparità, il nostro obiettivo deve essere quello di garantire alle donne il loro diritto a essere non già uguali agli uomini, ma a esprimere – senza limitazioni di sorta – tutta la complessità e la ricchezza del proprio mondo, su ogni piano della vita umana.
Adam Bielan (UEN), per iscritto. − (PL) Ho espresso un voto favorevole sulla relazione Gurmai che descrive la situazione delle donne nei Balcani perché solleva temi fondamentali che, malauguratamente, non riguardano solo quella regione, e non sono casi isolati.
La questione più urgente è arrestare l’ondata di crimini perpetrati contro le donne. La violenza domestica, lo sfruttamento sessuale e in particolare la tratta di donne e bambini sono ormai all’ordine del giorno.
Charlotte Cederschiöld, Christofer Fjellner e Gunnar Hökmark (PPE-DE), per iscritto. − (SV) Abbiamo scelto di votare a favore della relazione perché tratta numerosi temi molto importanti inerenti alla situazione delle donne nei Balcani. Tuttavia, vogliamo specificare che siamo contrari alle richieste d’introduzione di quote. La decisione sulle modalità di organizzazione dei partiti politici e dei parlamenti nazionali non è di competenza dell’Unione europea, bensì degli stessi partiti e parlamenti.
Edite Estrela (PSE), per iscritto. − (PT) Ho votato a favore della relazione Gurmai sulla situazione delle donne nei Balcani perché richiama l’attenzione sul fatto che, nonostante la crescita economica, le donne di questa zona dell’Europa continuano a dovere affrontare numerose forme di discriminazione.
Credo che, se attuate, le varie raccomandazioni della relazione siano un modello per cambiare la situazione attuale, promuovere una maggiore tutela sociale e stimolare una maggiore partecipazione delle donne di questi paesi. E’ questo il caso delle misure volte a combattere la piaga della violenza domestica e delle differenze salariali, delle misure di discriminazione positiva come il sistema di quote, e degli istituti per l’assistenza a bambini e anziani, allo scopo di contribuire all’eliminazione delle restrizioni di accesso al mercato del lavoro per queste donne, e così via.
Voglio infine sottolineare l’importanza che la relazione attribuisce agli investimenti nell’istruzione come strumento per ridurre drasticamente gli stereotipi e aiutare a preparare le generazioni future a una società più equa e giusta.
Avril Doyle (PPE-DE), per iscritto. − (EN) Accolgo con particolare favore la relazione Gurmai che fa molto per documentare i progressi compiuti nei diritti della donna nei Balcani occidentali. L’uguaglianza di genere è un ideale su cui noi, deputati, siamo fermamente impegnati sostenendolo in tutte le maniere possibili. E’ indispensabile raggiungere rapporti paritari tra uomo e donna per garantire il pieno rispetto dei diritti umani, e sono convinta che, in tal senso, si faranno passi avanti nell’adozione dell’acquis.
Noto con preoccupazione i pericoli esagerati cui sono esposte le donne nell’ambito della violenza domestica, della tratta e della prostituzione forzata. Sostengo pienamente tutti i punti sulla lotta alla tratta di esseri umani e alla discriminazione contro le donne rom, e giudicherei molto positiva la ferma opposizione dei singoli paesi dei Balcani occidentali.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. − (PT) Nonostante vi siano aspetti di natura politica generale sulla regione che non sottoscriviamo pienamente, siamo d’accordo sull’importanza attribuita al ruolo delle donne e alla necessità di garantire pari diritti e pari opportunità di partecipazione al mercato del lavoro. Queste sono condizioni indispensabili all’indipendenza economica della donna, alla crescita economica nazionale e alla lotta alla povertà, nei confronti della quale le donne sono più vulnerabili rispetto agli uomini.
Come osserva la relazione, i tagli ai servizi sociali e alla spesa pubblica, ad esempio per l’assistenza sanitaria, l’assistenza all’infanzia e alle famiglie, hanno colpito le donne in maniera sproporzionata perché, come si rileva, questi benefici e servizi non salariali precedentemente concessi consentivano alle donne di accedere al lavoro retribuito e quindi di conciliare la vita lavorativa e familiare.
Ora, però, si rendono necessarie misure specifiche per scongiurare la femminilizzazione dei settori “scarsamente retribuiti”, anche nelle zone rurali, l’esistenza del “divario retributivo dovuto al genere” e la necessità di creare istituti per l’assistenza all’infanzia e agli anziani di buona qualità, accessibili e dal costo ragionevole. Viene evidenziata infine l’importanza della riabilitazione psicologica e fisica delle donne vittime di guerra.
David Martin (PSE), per iscritto. − (EN) Accolgo con favore questa risoluzione che delinea i problemi sulla situazione delle donne nei Balcani, quali la mancanza di statistiche aggiornate sull’uguaglianza di genere. Il documento sottolinea che questi paesi danno spesso vita a fenomeni quali tratta di esseri umani, povertà e divario contributivo a livello nazionale.
Miroslav Mikolášik (PPE-DE), per iscritto. − (EN) Nel prosieguo dei negoziati di adesione occorre riflettere sulla situazione delle donne nei Balcani. Il partito cui appartengo, Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei, è stato fondato su ideali di uguaglianza e giustizia per tutti: credo pertanto che spetti al Parlamento europeo agire in qualità di difensore dei diritti fondamentali di base che, a nostro avviso, occorre garantire a tutti gli esseri umani, soprattutto nei vari paesi candidati. Ovviamente la vera democrazia può esistere solo quando tutti i cittadini di una nazione godono di pari diritti e pari opportunità. La situazione delle donne nei paesi dei Balcani è caratterizzata da un contesto politico, economico e sociale ormai superato. Come medico, credo che questo fattore assuma un ruolo particolarmente importante nella salute della donna, perché la discriminazione di genere blocca lo sviluppo in ambiti medici quali il tumore cervicale dell’utero, il tumore al seno e la riabilitazione psicologica per casi di violenza sessuale. Esorto il Parlamento europeo ad adottare un comportamento responsabile per garantire alle donne dei Balcani che le loro voci non rimarranno inascoltate.
Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. − (SV) Condividiamo la preoccupazione della relatrice per la vulnerabilità delle donne nei Balcani. Indubbiamente vi è una forte necessità di agire e affrontare alcuni settori problematici. Siamo a favore di molte frasi tese a potenziare l’uguaglianza all’interno della regione, l’accesso all’assistenza all’infanzia e agli anziani, l’importanza di lottare contro gli stereotipi e la discriminazione e, per i paesi che si adoperano per aderire all’Unione europea, la necessità di adempiere ai criteri di Copenaghen.
Al tempo stesso, critichiamo il modo in cui il Parlamento europeo cerca continuamente di esercitare influenza e potere politico a spese dei parlamenti nazionali. Questa relazione contiene anche frasi chiare che raccomandano un’ampia ingerenza negli affari interni degli Stati dei Balcani, uno sviluppo cui la lista di giugno si oppone con tutte le forze.
Condividiamo alcune intenzioni espresse nella relazione della commissione e nella risoluzione alternativa proposta. Dopo un attento esame, la lista di giugno ha quindi deciso di votare a favore della risoluzione alternativa proposta.
Zita Pleštinská (PPE-DE), per iscritto. − (SK) L’Unione europea si adopera per migliorare la situazione nei Balcani perché garantire una pace permanente in questa regione d’Europa è una questione cui attribuisce grande importanza. Dopo il crollo della Iugoslavia guerre fratricide, conflitti etnici, trasformazioni politiche ed economiche e la creazione di nuovi Stati hanno provocato molti sconvolgimenti nei Balcani. Negli ultimi venti anni, hanno subito profondi cambiamenti con il chiaro intento di diventare membri dell’Unione europea. La Croazia e l’ex Repubblica iugoslava di Macedonia sono diventate paesi candidati. Albania, Bosnia-Erzegovina, Montenegro, Serbia e Kosovo sono potenziali paesi candidati nel quadro della risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. La prospettiva di adesione all’Unione europea è un forte incentivo allo sviluppo di politiche e svolge un ruolo importante nella realizzazione degli obiettivi. Per tale motivo, garantire i diritti della donna è un obbligo fondamentale cui devono ottemperare anche questi paesi.
Le donne vittima di guerra partecipano attivamente alla stabilizzazione e alla risoluzione dei conflitti. Esse devono avere pari condizioni di accesso al mercato del lavoro e opportunità di accedere a lavori di qualità. E’ importante che venga data loro la possibilità di impegnarsi nel processo politico. Lo stesso approccio deve essere adottato nei media e in Internet.
Ho votato a favore della relazione Gurmai, che esamina le problematiche di genere e la situazione delle donne che vivono nei Balcani. Tra le altre cose credo che la Commissione erogherà, in base alle raccomandazioni formulate nel presente documento, l’assistenza finanziaria di preadesione volta a rafforzare i diritti delle donne nei Balcani, in particolare attraverso ONG e organizzazioni femminili.
Anna Záborská (PPE-DE), per iscritto. – (SK) Ho votato a favore di questa proposta, pur nutrendo qualche dubbio sull’introduzione delle quote. Pur essendo ferma convinzione di alcuni eurodeputati che questo sia il modo migliore per assicurare la partecipazione delle donne alla vita pubblica e politica, a mio avviso rappresenta una discriminazione positiva e, per certi versi, sminuisce il ruolo della donna. La partecipazione della donna alla democratizzazione della regione dei Balcani è di fondamentale importanza. Una visione globale, che preveda il contributo di uomini e donne, è indispensabile per risolvere la situazione dei Balcani. Le donne devono avere pari condizioni di accesso al mercato del lavoro, anche alle cariche più elevate, e ricevere una retribuzione adeguata al lavoro svolto, paragonabile a quella dell’uomo. Eventuali ostacoli legislativi all’uguaglianza di status tra uomini e donne devono essere rimossi. Occorre inoltre cercare di modificare l’immagine negativa della donna sviluppata dalle differenze culturali e dalla discriminazione di natura etnica e razziale.
Visto il lungo periodo di conflitto militare nella regione, occorre prestare particolare attenzione alla riabilitazione fisica e psicologica delle donne, spesso vittime di violenza e abuso sessuale. Il rispetto dei diritti umani di uomini e donne deve essere il criterio principale da cui dipende la futura accettazione degli Stati candidati dei Balcani all’interno delle strutture comunitarie.
Bernard Wojciechowski (IND/DEM), per iscritto. − (PL) Le donne dei Balcani sono state vittima di grandi sofferenze negli ultimi anni. Hanno vissuto la guerra e perso le persone a loro care. Molte donne hanno subito traumi a livello fisico ed emotivo. Finita la guerra sono comparsi nuovi pericoli da combattere come la tratta degli esseri umani, la prostituzione e la pornografia.
A causa della difficile situazione nei Balcani le donne, pur rappresentando più di metà della popolazione, risentono ancora degli enormi costi della crisi. In questi paesi, ad eccezione della Slovenia, le donne sono pagate molto meno degli uomini. Esse hanno inoltre dovuto subire tagli di bilancio, soprattutto a seguito della diminuzione dei fondi a favore dei servizi sanitari e di assistenza familiare. La Comunità europea deve sostenere questi paesi e dare a queste donne la possibilità di vivere con dignità, nel rispetto delle tradizioni, della religione e della cultura locale.
Šarūnas Birutis, per iscritto. − (LT) A causa della direttiva del Consiglio del 1979 concernente la conservazione degli uccelli selvatici (79/409/CEE) e delle relative misure di tutela per i siti di riproduzione, si è avuto un incremento eccessivo della popolazione di cormorani ora insediatasi ben oltre le normali zone di nidificazione in aree che precedentemente non registravano la presenza di questi uccelli.
Questo numero eccessivo in molte regioni dell’Unione europea ha avuto ripercussioni dirette sulle risorse ittiche locali e le attività di pesca, tanto che i cormorani sono diventati un problema su scala europea. I cormorani consumano 400–600 grammi di pesce al giorno e sottraggono alle acque europee oltre 300 000 tonnellate di pesce all’anno. In molti Stati membri questa quantità è di gran lunga superiore alla quantità di specie ittiche destinate al consumo prodotte dalla pesca professionale nelle acque interne e dall’acquacoltura. Nel complesso, la produzione ittica dell’acquacoltura di Francia, Spagna, Italia, Germania, Ungheria e Repubblica ceca è inferiore alle 300 000 tonnellate.
Tenendo conto della grande mobilità dei cormorani quali uccelli migratori, un piano di azione o di gestione coordinato a livello europeo sembra essere l’unico modo per raggiungere l’obiettivo, che non deve in alcun modo essere considerato in contrasto con la direttiva del 1979 sulla conservazione degli uccelli selvatici.
Avril Doyle (PPE-DE), per iscritto. − (EN) La relazione presentata dal collega, onorevole Kindermann, verte essenzialmente su un piano di gestione per i cormorani a livello europeo. Il cormorano si nutre esclusivamente di pesce e a causa della nutrita popolazione, stimata in Europa a 1,8 milioni di esemplari, ha considerevoli ripercussioni sulla fauna ittica locale, a livello di specie locali e allevate in acquacoltura. Il cormorano rientra nella direttiva uccelli e, negli ultimi anni, si è discusso a lungo come risolvere il conflitto legato al forte impatto che produce sulle zone di pesca. Alcuni Stati membri hanno adottato piani individuali ma personalmente sono del parere, come il relatore, che l’unica soluzione efficace sia un piano di gestione per i cormorani a livello europeo, ad esempio promovendo la ricerca nell’immunocontraccezione.
Duarte Freitas (PPE-DE), per iscritto. − (PT) L’adozione di un piano europeo di gestione della popolazione di cormorani sembra essere la soluzione più efficace per ridurre l’impatto nocivo di questi animali sulle risorse ittiche di alcune regioni dell’Unione europea. I cormorani, la cui dieta quotidiana è costituita da 400-600 grammi di pesce, ogni anno sottraggono alle acque europee oltre 300 000 tonnellate di pesce, una quantità di pesce superiore alla produzione ittica dell’acquacoltura di Francia, Spagna, Italia, Germania, Ungheria e Repubblica ceca nel loro insieme. Sebbene la responsabilità principale in questo ambito competa agli Stati membri e alle loro strutture secondarie, le misure puramente locali e/o nazionali si sono rivelate inefficaci nel ridurre in maniera duratura l’impatto negativo dei cormorani sulle risorse ittiche europee. Un approccio comune e giuridicamente vincolante, accettato e attuato a livello europeo, è pertanto considerato la soluzione ideale per garantire gli obiettivi fondamentali di questa direttiva, in particolare il “buono stato di conservazione” delle specie di uccelli in questione, e della diversità delle specie ittiche. La difesa del legittimo interesse dei pescatori e degli acquacoltori nello sfruttamento economico delle risorse ittiche è un altro fattore, non meno importante, che potrebbe essere tutelato da un approccio di questo tipo…
(Dichiarazione di voto abbreviata ai sensi dell’articolo 163 del regolamento)
Mikel Irujo Amezaga (Verts/ALE), per iscritto. – (ES) Esistono dati molto affidabili che indicano che tra il 1970 e il 1995 la popolazione europea di cormorani svernanti nelle acque interne è cresciuta da meno di 10 000 esemplari a circa 400 000. Alcuni ora affermano che ci sono più di un milione di cormorani che svernano nelle acque interne europee, mentre altri ricercatori considerano questa cifra piuttosto esagerata. In risposta a un’interrogazione scritta, il commissario Dimas ha annunciato la preparazione di un piano d’azione per il marangone dal ciuffo, sebbene a mio avviso non vengano forniti dettagli sufficienti sui metodi per spaventare gli uccelli, tra cui le pistole al carburo, che rientrano tra le diverse misure adottate in quest’ambito.
David Martin (PSE), per iscritto. − (EN) Sono a favore di questa relazione, che suggerisce un piano d’azione coordinato per l’intera Europa per ottemperare alla direttiva sulla conservazione degli uccelli selvatici tutelando, al contempo, le specie ittiche e gli interessi dei pescatori.
Zita Pleštinská (PPE-DE), per iscritto. − (SK) Negli ultimi 25 anni la popolazione dei cormorani in Europa è cresciuta di venti volte ed è ora stimata in circa 1,8 milioni di esemplari. L’impatto dei cormorani sulla popolazione ittica è stato in molti casi confermato da studi ittiologici e da statistiche sul pescato all’interno dell’Unione europea.
Ho votato a favore della relazione Kindermann. Ho preso la mia decisione in base a una petizione presentata al Parlamento europeo dai soci e sostenitori della Slovak Fishing Union. Visti i danni comprovati alle imprese acquicole causati dalla rapida crescita del numero di cormorani sul territorio dell’Unione europea, la petizione richiede una revisione della direttiva 79/409/CEE del Consiglio.
La possibilità di fare eccezioni all’abbattimento dei cormorani concessa dalla legislazione attuale non prevede strumenti adeguati per affrontare con efficacia questo problema, perché in concreto sono molto difficili da ottenere. Analogamente, l’esperienza insegna che i metodi non letali per recare disturbo ai cormorani sui fiumi sono inefficienti.
Il Parlamento europeo esorta la Commissione a presentare un piano di gestione sulla popolazione dei cormorani, suddiviso in più fasi, da coordinare a livello europeo allo scopo di ridurre i crescenti danni alle risorse ittiche, alla pesca e all’acquacoltura causati dai cormorani.
Credo che l’Assemblea contribuirà a trovare una soluzione che, al fine di tutelare le riserve ittiche e tenendo conto dell’importanza socioeconomica della pesca, soddisferà i pescatori di tutta Europa, compresi i 120 000 pescatori presenti in Slovacchia.
Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Comunico il mio voto favorevole sulla proposta di costituire (un) piano europeo di gestione della popolazione di cormorani al fine di ridurre il loro impatto crescente sulle risorse ittiche, la pesca e l’acquicoltura. Infatti, è di primaria importanza ridurre la popolazione di questi uccelli, che sottraggono alle acque europee oltre 300.000 t di pesce all’anno (quota di consumo di Francia, Spagna, Italia, Germania, Ungheria e Repubblica ceca messe insieme). La situazione attuale è figlia della direttiva 79/409/CEE, che ha determinato un incremento eccessivo della popolazione di cormorani. Tale legge ha avuto quindi ripercussioni dirette sulle risorse ittiche locali e le attività di pesca cosicché la presenza di cormorani è diventata un problema europeo. Per questo motivo, mi trovo d’accordo con il relatore sulla proposta di un piano di azione e gestione coordinato a livello europeo, tenendo anche conto della grande mobilità del cormorano quale uccello migratore, a patto che non sia in alcun modo considerato in contrasto con gli obiettivi della direttiva Uccelli del 1979.
Catherine Stihler (PSE), per iscritto. − (EN) Inizialmente nutrivo alcuni dubbi sulla relazione Kindermann, in particolare sull’eventuale necessità di un piano a livello europeo dal momento che i cormorani non costituiscono un problema in tutta Europa, e sull’accenno a far rientrare il cormorano tra le specie che possono essere cacciate nell’allegato II della direttiva uccelli. Quest’ultimo riferimento è stato eliminato dalla commissione e la relazione definitiva promuove lo sviluppo di orientamenti, dati e monitoraggio più circostanziati e un maggiore dibattito.
Per questi motivi sono a favore della relazione Kindermann.