Indice 
Resoconto integrale delle discussioni
PDF 1548k
Giovedì 18 dicembre 2008 - Strasburgo Edizione GU
1. Apertura della seduta
 2. Obblighi in materia di comunicazione per le medie imprese e obbligo di redigere conti consolidati – Obblighi contabili delle medie imprese (discussione)
 3. Atto autentico europeo – Giustizia elettronica – Protezione giuridica degli adulti: implicazioni transfrontaliere (discussione)
 4. Benvenuto
 5. Composizione dei gruppi politici: vedasi processo verbale
 6. Turno di votazioni
  6.1. Modifica dell’accordo interistituzionale del 17 maggio 2006 sulla disciplina di bilancio e la sana gestione finanziaria (A6-0509/2008, Jo Leinen) (votazione)
  6.2. Modifica dell'accordo interistituzionale del 17 maggio 2006 sulla disciplina di bilancio e la sana gestione finanziaria (A6-0504/2008, Reimer Böge) (votazione)
  6.3. Mobilitazione del Fondo di solidarietà dell'Unione europea (A6-0474/2008, Reimer Böge) (votazione)
  6.4. Mobilitazione dello strumento di flessibilità (A6-0493/2008, Reimer Böge) (votazione)
  6.5. Progetto di bilancio rettificativo n. 10/2008 (A6-0481/2008, Kyösti Virrankoski) (votazione)
  6.6. Progetto di bilancio generale 2009, modificato dal Consiglio (votazione)
  6.7. Progetto di bilancio generale 2009, modificato dal Consiglio (tutte le sezioni) (A6-0486/2008, Jutta Haug/Janusz Lewandowski) (votazione)
  6.8. Convenzione sui beni mobili strumentali e relativo protocollo riguardante alcuni aspetti inerenti al materiale aeronautico (A6-0506/2008, Georgios Papastamkos) (votazione)
  6.9. Piano d'azione europeo per la mobilità del lavoro (2007–2010) (A6-0463/2008, Monica Maria Iacob-Ridzi) (votazione)
  6.10. Apprendimento permanente per la conoscenza, la creatività e l'innovazione - Attuazione del programma di lavoro "Istruzione e formazione 2010" (A6-0455/2008, Ljudmila Novak) (votazione)
  6.11. Sicurezza dei giocattoli (A6-0441/2008, Marianne Thyssen) (votazione)
  6.12. Quadro europeo di riferimento per garantire la qualità dell'insegnamento e della formazione professionale (A6-0438/2008, Jan Andersson) (votazione)
  6.13. Sistema europeo di crediti per l'istruzione e la formazione professionale (ECVET) (A6-0424/2008, Thomas Mann) (votazione)
  6.14. Sistemi di pagamento e di regolamento titoli e contratti di garanzia finanziaria (A6-0480/2008, Piia-Noora Kauppi) (votazione)
  6.15. Sistemi di garanzia dei depositi per quanto riguarda il livello di copertura e il termine di rimborso (A6-0494/2008, Christian Ehler) (votazione)
  6.16. Obblighi in materia di comunicazione per le medie imprese e obbligo di redigere conti consolidati (A6-0462/2008, Ieke van den Burg) (votazione)
  6.17. Approccio del Consiglio alla revisione del regolamento dell'OLAF (votazione)
  6.18. Valutazione e sviluppo futuro dell'Agenzia FRONTEX e del sistema europeo di sorveglianza delle frontiere EUROSUR (A6-0437/2008, Javier Moreno Sánchez) (votazione)
  6.19. Impatto della contraffazione sul commercio internazionale (A6-0447/2008, Gianluca Susta) (votazione)
  6.20. Obblighi contabili delle medie imprese (votazione)
  6.21. Atto autentico europeo (A6-0451/2008, Manuel Medina Ortega) (votazione)
  6.22. Giustizia elettronica (A6-0467/2008, Diana Wallis) (votazione)
  6.23. Protezione giuridica degli adulti: implicazioni transfrontaliere (A6-0460/2008, Antonio López-Istúriz White) (votazione)
  6.24. Prospettive di sviluppo per la costruzione della pace e la ricostruzione della nazione nelle situazioni postconflittuali (A6-0445/2008, Nirj Deva) (votazione)
 7. Composizione del Parlamento: vedasi processo verbale
 8. Composizione delle commissioni e delle delegazioni: vedasi processo verbale
 9. Dichiarazioni di voto
 10. Correzioni e intenzioni di voto: vedasi processo verbale
 11. Presentazione di documenti: vedasi processo verbale
 12. Approvazione del processo verbale della seduta precedente: vedasi processo verbale
 13. Discussioni su casi di violazione dei diritti umani, della democrazia e dello Stato di diritto(discussione)
  13.1. Zimbabwe
  13.2. Nicaragua
  13.3. Russia: aggressioni nei confronti dei difensori dei diritti umani e processo per l’uccisione di Anna Politkovskaya
 14. Turno di votazioni
  14.1. Zimbabwe (votazione)
  14.2. Nicaragua (votazione)
  14.3. Russia: aggressioni nei confronti dei difensori dei diritti umani e processo per l'uccisione di Anna Politkovskaya (votazione)
 15. Comunicazione di posizioni comuni del Consiglio: vedasi processo verbale
 16. Decisioni relative ad alcuni documenti: vedasi processo verbale
 17. Dichiarazioni scritte inserite nel registro (articolo 116 del regolamento): vedasi processo verbale
 18. Trasmissione dei testi approvati nel corso della presente seduta: vedasi processo verbale
 19. Calendario delle prossime sedute: vedasi processo verbale
 20. Interruzione della sessione
 ALLEGATO (Risposte scritte)


  

PRESIDENZA DELL’ON. BIELAN
Vicepresidente

 
1. Apertura della seduta
Video degli interventi
  

(La seduta inizia alle 9.05)

 

2. Obblighi in materia di comunicazione per le medie imprese e obbligo di redigere conti consolidati – Obblighi contabili delle medie imprese (discussione)
Video degli interventi
MPphoto
 
 

  Presidente. – L’ordine del giorno reca, in discussione congiunta:

- la relazione (A6-0462/2008), presentata dell’onorevole van der Burg a nome della commissione giuridica, sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica le direttive 78/660/CEE e 83/349/CEE del Consiglio per quanto riguarda taluni obblighi di comunicazione a carico delle medie imprese e l’obbligo di redigere conti consolidati [COM(2008)0195 – C6-0173/2008 – 2008/0084(COD)] e

- la dichiarazione della Commissione in merito agli obblighi contabili delle medie imprese

 
  
MPphoto
 

  Ieke van den Burg, relatore. (NL) Signor Presidente, mi scuso per il ritardo. Questi sono tempi difficili per le piccole e medie imprese: la a crisi non si è limitata a colpire banche e società quotate, ma si è estesa all’intera economia e ha causato anche la perdita di posti di lavoro presso le piccole e medie imprese. Noi che lavoriamo a livello europeo faremmo bene a dare una boccata d’ossigeno a questo comparto.

Proprio in quest’ottica, la scorsa estate sono state presentate una serie di misure nell’ambito dello "Small Business Act". Ho lavorato in maniera approfondita su alcune di quelle proposte, tra cui figurano lo statuto per le società a responsabilità limitata europee, maggiori opportunità di microcredito e la definizione di un’opzione per un’aliquota IVA ridotta a beneficio dei fornitori di servizi per il pubblico entro il mercato locale.

Un punto difficile e molto importante per le piccole imprese sono gli oneri amministrativi imposti più che altro dalle autorità nazionali e locali. Nella misura in cui la legislazione europea aggravava tali oneri, abbiamo cominciato proattivamente ad alleggerirli e questo testo s’iscrive nell’ambito di questo nostro sforzo. Gli obblighi di comunicazione previsti da entrambe le direttive - ormai vecchie di 25 e 30 anni e rimaneggiate svariate volte - sono stati snelliti e semplificati tramite la cosiddetta procedura rapida.

Ma questi provvedimenti rappresentano soltanto un piccolo passo verso l’alleggerimento del carico amministrativo: occorre fare molto di più. Nell’ambito della commissione giuridica del Parlamento abbiamo manifestato apertamente la nostra impazienza e presentato, in concomitanza con questo testo legislativo, una risoluzione con cui abbiamo esortato la commissione ad applicare la procedura rapida anche per una revisione molto più approfondita della normativa che riguarda le piccole e medie imprese. Di fatto, la commissione stava già lavorando su questo punto; l’intenzione è di conseguire una maggiore armonizzazione nelle norme europee per le piccole e medie imprese.

In occasione di una precedente discussione sul tema e sulla relazione dell’onorevole Radwan in seno alla commissione per i problemi economici e monetari, abbiamo dichiarato espressamente che la soluzione non va ricercata tanto presso il Comitato sulle norme contabili internazionali, impegnato nella definizione dei principi internazionali d’informativa finanziaria (IFRS), quanto in una maggiore armonizzazione a livello europeo, fondata sulla legislazione esistente.

Durante tale discussione fu in particolare l’onorevole Lehne, in qualità di relatore ombra, a suggerire che gli Stati membri avrebbero dovuto avere la possibilità di escludere le micro-imprese da questa normativa europea. Io considero quella una misura d’emergenza che, benché sia stata presentata dal gruppo Stoiber, non comporterà alcuna semplificazione sostanziale nel lungo periodo poiché, trattandosi di un provvedimento facoltativo, causerà gravi discrepanze tra uno Stato membro e l’altro.

Il fine e l’opzione ultima dovrebbe essere quella di un’armonizzazione completa affinché anche le aziende che non sono classificate come microimprese possano usufruire di un analogo sistema semplificato. A tale proposito vorrei rammentarvi le possibilità offerte dal XBRL (eXtensible Business Reporting Language), un sistema che consente alle diverse organizzazioni di immettere in maniera molto semplice i dati che possono essere poi resi accessibili a diversi organismi. Tale sistema consentirebbe alle aziende di comunicare i dati in maniera molto più semplice, che potrebbero peraltro essere impiegati con grande versatilità.

In pratica, occorre tenere a breve una discussione approfondita sulla riluttanza diffusa nel mondo contabile a esonerare le microimprese da taluni obblighi. La commissione deve avanzare delle proposte. Dobbiamo prendere in esame il metodo più idoneo, per le medie imprese e anche per quelle di ridottissime dimensioni, in grado di assicurare trasparenza e un efficiente sistema contabile in grado di aiutarle in alcuni ambiti senza schiacciarle sotto un eccessivo carico amministrativo.

 
  
MPphoto
 

  Jacques Barrot, vicepresidente della Commissione. (FR) Signor Presidente, onorevoli deputati, onorevole van den Burg, il Parlamento europeo si pronuncerà oggi in merito a una proposta di semplificazione. Si tratta del primo di tre progetti legislativi relativi all’ambito contabile e mira a semplificare a livello comunitario le condizioni di lavoro per gli operatori economici, in particolare per le piccole e medie imprese.

Questa prima proposta è un buon punto di partenza: offre l’opportunità a legislatori, parti interessate e Commissione di scambiarsi opinioni e discutere sugli elementi da includere nelle altre due proposte successive.

Come annunciato nel piano europeo di rilancio dell’economia qualche settimana fa, la prossima proposta è volta a ridurre il carico amministrativo che grava sulle imprese più piccole, che sono peraltro quelle numericamente più importanti in Europa.

Nel corso del primo trimestre 2009, la Commissione presenterà una proposta che consentirà agli Stati membri di esonerare le microimprese dall’obbligo di tenuta dei conti annuali. Vorrei precisare che la proposta della Commissione potrà ridurre il carico amministrativo di tali imprese solo nella misura in cui gli Stati saranno interessati a fare uso di questa nuova opzione, poiché di un’opzione facoltativa si tratta.

I consulenti esterni hanno stimato che questo provvedimento potrebbe consentire risparmi fino a 5,8 miliardi di euro all’anno, ma solo a condizione che tutti gli Stati membri usufruiscano di questa possibilità di deroga e non introducano nuove restrizioni inutili.

La seconda iniziativa che avevo annunciato alla fine di settembre riguarda la revisione e l’aggiornamento della quarta e della settima direttiva sulla contabilità, per le quali sono già in corso i primi preparativi tecnici. La consultazione pubblica sul taglio da impartire a questa revisione sarà avviata nel corso del primo trimestre 2009.

Molti di voi saranno lieti di apprendere che le raccomandazioni formulate dal gruppo ad alto livello presieduto da Edmund Stoiber saranno prese in considerazione nella massima misura possibile.

Per ritornare alla proposta di oggi, che è stata oggetto di una procedura accelerata, osserviamo con soddisfazione che la cooperazione tra le istituzioni ha consentito di portare avanti questa iniziativa in tempi molto ridotti.

Oggi vi invito a votare a sostegno della conclusione di questa procedura e vi ringrazio per l'attenzione.

 
  
MPphoto
 

  Kristian Vigenin, relatore per parere della commissione per i problemi economici e monetari.(BG) Commissario, a nostro parere le proposte collegate a questo progetto legislativo non sono sufficientemente ambiziose. La commissione per i problemi economici e monetari esorta la Commissione e lei personalmente ad affrontare la questione in maniera più attiva.

Rilevo tuttavia che quanto ha dichiarato oggi rappresenta un passo davvero importante e rimaniamo in attesa di provvedimenti più propositivi da parte della Commissione, ovviamente con il pieno sostegno del Parlamento europeo, considerata l’importanza cruciale di questo argomento per le piccole e medie imprese, in particolare nel contesto della crisi finanziaria attuale.

In qualità di relatore della commissione per i problemi economici e monetari, posso dire che sosteniamo appieno l’iniziativa della Commissione di ridurre la mole di procedure burocratiche a carico della media impresa: questo è anche il nostro auspicio e abbiamo espresso parere favorevole alla procedura accelerata. Oggi questa proposta sarà avallata e crediamo che anche i provvedimenti che intenderete approvare in seguito godranno del nostro pieno assenso.

 
  
MPphoto
 

  Jean-Paul Gauzès, a nome del gruppo PPE-DE. – (FR) Signor Presidente, signor Vicepresidente della Commissione, signor Commissario, onorevoli colleghi, il nostro gruppo voterà senz’altro a favore della relazione dell’onorevole van den Burg e mi complimento con lei per il lavoro svolto che, come di consueto, è stato ottimo.

Vorrei tuttavia sottolineare che le piccole e medie imprese non sono sempre favorevoli alla soppressione degli obblighi contabili. A questo riguardo abbiamo ricevuto molte comunicazioni via e-mail che ci invitano alla cautela, poiché la semplificazione è utile, ma deve evitare un possibile effetto boomerang. Mi spiego: certamente la contabilità va semplificata e questo è il senso della risoluzione in cui chiediamo alla Commissione di proporre in tempi brevi, ovvero prima della fine del 2009, un sistema contabile adeguato alle piccole e medie imprese. Ma ciò non vuol dire esonerare le imprese da qualsiasi obbligo contabile.

Perché? Innanzi tutto perché la contabilità offre all’imprenditore, almeno una volta all’anno, la possibilità di fare il punto sulla situazione della propria azienda. La contabilità è inoltre uno strumento molto utile nell’ambito del credito tra imprese. E’ inoltre un requisito per ottenere crediti dalle banche. Esistono poi degli obblighi di natura fiscale. Non inganniamo i piccoli imprenditori facendo loro credere che l'esonero dal'obbligo di tenere i libri contabili farà loro risparmiare tempo e denaro: gli effetti sarebbero disastrosi.

Occorre piuttosto elaborare un quadro contabile adatto alle piccole imprese, che le liberi da obblighi eccessivi o superflui. Ma ritengo che la semplificazione maggiore, signor Commissario, consisterebbe nell’applicare una volta per tutte la regola in base a cui le informazioni possono essere richieste una sola volta in ogni Stato membro; le imprese non devono essere tenute a ricompilare periodicamente le medesime dichiarazioni e i medesimi moduli, per comunicare alle amministrazioni delle informazioni che queste già posseggono.

Per aiutare veramente gli imprenditori dobbiamo dare loro norme contabili adeguate, atte a evidenziare la situazione della loro azienda, liberandoli nel contempo da obblighi amministrativi totalmente superflui.

 
  
MPphoto
 

  Sharon Bowles, a nome del gruppo ALDE. – (EN) Signor Presidente, sono favorevole alla semplificazione degli obblighi di rendicontazione finanziaria a carico delle PMI. Le piccole imprese non sono delle versioni in miniatura di quelle grandi, pertanto alcuni requisiti di informazione che si applicano alle grandi aziende non sono assolutamente rilevanti per loro. Altri requisiti assorbono troppe risorse e non rispecchiano la realtà della grande varietà di piccole imprese che esistono in Europa e, di conseguenza, non servono il pubblico interesse. Un obbligo d’informazione superfluo arreca molti più danni che vantaggi e sono lieta che ce ne libereremo almeno in parte. Continuiamo a lavorare su questa linea.

Il mio gruppo e altri non concordano tuttavia con la parte del testo definitivo della relazione che concerne le tabelle di corrispondenza. La Commissione voleva che anche per questa direttiva minore le tabelle di corrispondenza sulla trasposizione fossero obbligatorie e noi condividiamo questa posizione. Il Consiglio è contrario in quanto afferma che si tratta di un onere superfluo. La mia risposta è che non dovrebbe esserlo. Dobbiamo trovare il modo di rendere accessibile la trasposizione della legislazione UE. Esiste infatti un grave deficit democratico, di cui gli Stati membri sono responsabili, ma la cui colpa ricade sull’Europa.

Vi sono alcune analogie con le critiche al trattato di Lisbona, che risulta incomprensibile se letto isolatamente. Eppure l’opinione pubblica dovrebbe gridare ancora di più allo scandalo in questo caso perché, giorno dopo giorno, questo è quanto molti governi degli Stati membri fanno ai loro cittadini e alle aziende tramite le loro trasposizioni. Siamo onesti: questa non è una carenza di cui ha colpa l’UE. Sono i governi degli Stati membri a fare difetto e bisogna porre fine a questo loro comportamento.

 
  
MPphoto
 

  Patrick Louis, a nome del gruppo IND/DEM. – (FR) Signor Presidente, onorevoli colleghi, la Commissione intende ridurre gli oneri amministrativi delle imprese e questa è senz’altro una buona intenzione. Ma tutta questa semplificazione non basta a cambiare la situazione nella sostanza: esiste un eccesso di standardizzazione, una molteplicità di livelli decisionali e limitazioni sistematiche che la Commissione continua a creare in parallelo e che ricadono sulle imprese europee di qualsiasi dimensione.

Oggi sono soltanto tre gli Stati membri che non considerano necessaria la pubblicazione delle informazioni relative alle imprese – dalla loro costituzione alla loro chiusura – e la Commissione stessa ammette che parte dell’informazione va persa. Questa perdita colpirà chi ha maggiormente bisogno di tali informazioni, ossia le singole persone e le PMI, le microimprese dell’indotto o i soggetti altrimenti direttamente collegati a tali imprese.

La proposta trasforma un’informazione trasferibile, ovvero accessibile a tutti senza alcuno sforzo particolare, in un’informazione contestabile a cui, nel tempo, avranno accesso esclusivamente i professionisti che conoscono esattamente lo scopo della loro ricerca. Non possiamo approvare questo progetto legislativo perché, nello spirito del legislatore responsabile, i destinatari dell’informazione economica devono essere sistematicamente tutti i cittadini, i consumatori e gli investitori, senza che sia richiesto alcuno sforzo particolare.

La proposta potrebbe inoltre avere e, anzi, senz’altro avrà conseguenze negative sulla stampa locale, che già versa in difficoltà, per la quale la pubblicazione degli annunci giudiziari e di legge è un'attività che può rappresentare tra il 25 e il 50 per cento della raccolta pubblicitaria. Le testate giornalistiche locali rivestono un ruolo economico e sociale essenziale. Occorre difenderle, perché così facendo difendiamo il loro ruolo sociale sul territorio. Sarebbe forse opportuno impegnarsi a snellire altri ambiti, verso i quali dovremmo orientare il nostro lavoro. A nostro avviso, questa specifica questione non è ancora maturo.

 
  
MPphoto
 

  Tadeusz Zwiefka (PPE-DE). - (PL) Signor Presidente, la nostra politica per le imprese è finalizzata essenzialmente alla creazione di condizioni favorevoli per la costituzione e lo sviluppo di nuove attività. Per migliorare il clima economico occorre semplificare le procedure amministrative e normative, oltre che intervenire in materia di finanziamenti e tassazione e tenere conto del contesto sociale e ambientale, poiché tutti questi aspetti influiscono sul funzionamento di un’impresa.

Una normativa uniforme sarebbe di enorme vantaggio per tutta l’imprenditoria internazionale. Innanzi tutto, la definizione di standard sovranazionali per la rendicontazione finanziaria consente di valutare e confrontare più agevolmente la situazione delle aziende nei diversi paesi; a sua volta ciò agevola le decisioni in materia di investimenti. In secondo luogo, disporre di informazioni finanziarie basate su principi contabili universalmente riconosciuti e accettati favorirebbe l’accesso al credito da parte delle aziende.

Le piccole e medie imprese sono spesso costrette a ottemperare alle medesime prescrizioni legislative delle grande aziende e le loro esigenze specifiche di contabilità sono raramente prese in considerazione. E’ importante assicurarsi che la discussione non verta esclusivamente sulla semplificazione, ma che prenda in esame anche l’effetto dei principi contabili sulle piccole e medie imprese in contrapposizione alle grandi società quotate in borsa. Mentre la discussione sulla semplificazione verte essenzialmente sui costi, la discussione sulle implicazioni delle prescrizioni contabili analizza i vantaggi della rendicontazione finanziaria e le esigenze dei singoli utilizzatori.

L’introduzione di norme semplificate per le piccole e medie imprese porta con sé tutta una serie di vantaggi. Bisogna tenere conto che l’applicazione di norme universali è senz’altro meno vantaggiosa per le piccole e medie imprese di quanto non sia per le società più grandi quotate in borsa. Ne consegue che sussiste uno squilibrio tra costi e benefici nell’attuazione di queste norme da parte di questi due tipi di aziende. Un rapporto costi-benefici adeguato può essere conseguito solo tramite una riduzione dei costi. Le comunicazioni finanziarie non sono fondamentali per l’acquisizione di informazioni da parte dei titolari delle piccole e medie imprese, poiché essi possono accedere direttamente a tali informazioni. Inoltre le relazioni finanziarie predisposte dalle PMI sono destinate a soggetti che dispongono di conoscenze limitate in materia di rendicontazione finanziaria; esse dovrebbero essere pertanto adeguate al livello di preparazione dei destinatari.

 
  
MPphoto
 

  Lidia Joanna Geringer de Oedenberg (PSE).(PL) Signor Presidente, per anni il Parlamento europeo ha denunciato il problema dei costi amministrativi inutili e sproporzionatamente elevati che le imprese europee devono sostenere. Siamo pertanto lieti di apprendere che la Commissione ha finalmente affrontato la questione e proposto, con iter accelerato, alcuni emendamenti alla quarta e settima direttiva sul diritto societario, relativamente agli obblighi di comunicazione per le medie imprese e all’obbligo di redigere conti consolidati.

Sono favorevole all’impostazione della Commissione, volta a semplificare le condizioni operative per le imprese europee. Voterò tuttavia a favore della proposta solo a condizione che queste modifiche non pregiudichino la trasparenza o limitino l’accesso alle informazioni da parte di chi utilizza i conti societari. Anche la proposta di sopprimere l’obbligo di comunicazione per le spese di costituzione mi sembra giustificata. L’estensione alle medie imprese delle deroghe previste per le piccole imprese, già vigenti presso la maggioranza degli Stati membri, può contribuire a ridurre l’onere di legato alla reportistica finanziaria delle medie imprese.

Relativamente agli emendamenti proposti per la settima direttiva sul diritto societario, l’obbligo di redigere conti consolidati non ha alcuna giustificazione reale, poiché in questo caso i conti consolidati sarebbero pressoché identici ai bilanci finanziari individuali non obbligatori.

La Commissione europea dovrebbe continuare la revisione della quarta e settima direttiva sul diritto societario e presentare un quadro legislativo per la contabilità entro la fine del 2009. Uno standard uniforme ridurrà il carico amministrativo per le PMI e migliorerà la trasparenza per tutte le parti coinvolte.

 
  
MPphoto
 

  Jacques Toubon (PPE-DE). – (FR) Signor Presidente, vorrei innanzi tutto ringraziare la relatrice van den Burg, il nostro coordinatore, l'onorevole Lehne e il nostro relatore ombra, l'onorevole Gauzès, per l'impegno dedicato all'elaborazione di una posizione che ritengo efficace e ragionevole.

In effetti siamo perfettamente consapevoli della necessità di adeguare le nostre norme alle specificità delle piccole e medie imprese ed è per questo che siamo decisamente a favore della proposta per le piccole e medie imprese avanzata dalla Commissione con il consenso del Consiglio. D’altra parte, non per questo dovremmo considerare le piccole e medie imprese come delle sub-imprese, relegate in una sorta di ghetto dove vigono talmente tante semplificazioni e così poche regole da non offrire più le garanzie necessarie a ottenere, specialmente in questi tempi di crisi, i crediti indispensabili per la loro attività e il loro sviluppo.

Come il collega Gauzès, sono nettamente favorevole alla risoluzione proposta dall’onorevole van den Burg e approvata dalla nostra commissione, che chiede alla Commissione di presentare una proposta che consenta agli Stati membri di esonerare dall’applicazione della direttiva le imprese di piccole dimensioni, ovvero con un bilancio inferiore a 500 000 euro, un fatturato inferiore a un milione di euro e meno di 10 dipendenti, che svolgono la propria attività soltanto a livello locale o regionale presso un unico Stato membro.

Ciò consentirà agli Stati membri di adattare la propria legislazione, come ha fatto la Germania, pur trattando le piccole e medie imprese alla pari delle altre e questo è molto importante. Non ci dev’essere uno sviluppo separato delle piccole e medie imprese; l’Europa deve intervenire affinché non siano penalizzate rispetto alle altre aziende.

 
  
MPphoto
 

  Ewa Tomaszewska (UEN).(PL) Signor Presidente, le piccole e medie imprese dell’Unione europea danno impiego al 60 per cento circa di tutti i lavoratori. Si comprende quindi l'importanza della loro situazione economica. In tempi di crisi, è particolarmente importante evitare un’eccessiva complicazione dei loro obblighi normativi e agevolare il loro funzionamento. Quella di oggi è un’opportunità per queste aziende e i loro dipendenti.

La semplificazione della legislazione in materia di comunicazioni finanziarie, come stabilita nella direttiva emendata, rappresenta un passo nella direzione giusta. Condivido però quanto affermato dal collega in merito alla necessità di garantire ai giornalisti locali l’accesso a tali informazioni.

 
  
MPphoto
 

  Rachida Dati, presidente in carica del Consiglio. − (FR) Signor Presidente, onorevoli deputati, mi scuso innanzi tutto per non essere arrivata in orario, a causa di un ritardo in partenza da Parigi. Pur non avendo potuto seguirla nella sua interezza, vi ringrazio comunque per la discussione di oggi.

Il Consiglio prende nota di tutte le vostre osservazioni e raccomandazioni, nonché del vostro interesse e del vostro impegno a favore della semplificazione degli oneri a carico delle imprese.

Oggi la questione è più delicata che mai, ma proprio in questo contesto di crisi siamo assolutamente chiamati a semplificare senza deregolamentare, per dare maggiore certezza al clima economico molto in Europa e garantire così lo sviluppo delle piccole e medie imprese.

 
  
MPphoto
 

  Jacques Barrot, vicepresidente della Commissione. – (FR) Signor Presidente, saluto la presidente Dati e desidero associarmi a lei nel ringraziare il Parlamento e gli onorevoli van den Burg, Lehne e Gauzès per aver condotto a buon fine questo lavoro che ci consente oggi di giungere a questa prima normativa.

Ho ascoltato con attenzione quanto è stato detto sulle piccole imprese. Il nostro scopo è adeguare le norme per le piccole imprese in occasione della revisione programmata, ma vorrei ribadire che gli Stati membri avranno facoltà di scelta in merito all’utilizzo di tali norme oppure alla creazione di norme alternative adattate alle circostanze locali.

Personalmente, sono rimasto colpito dall’argomentazione secondo cui le piccole imprese non devono essere neppure relegate in una sorta di limbo che, con il pretesto di una semplificazione, le condannerebbe a rimanere ai margini della vita economica. Ci tenevo a precisarlo. Credo che questa discussione sarà illuminante per il collega McCreevy, responsabile per il mercato interno, e che ci consentirà di proseguire questo lavoro di snellimento degli obblighi amministrativi a carico delle imprese e soprattutto delle piccole aziende.

Ringrazio il Parlamento per il costante sostegno e spero che questa cooperazione proficua proseguirà anche nel nuovo anno.

 
  
MPphoto
 

  Ieke van den Burg, relatore. (NL) Mi sembra che il messaggio del Parlamento sia stato forte e chiaro. La soluzione temporanea con cui si offre agli Stati membri la possibilità di escludere le microimprese dalla legislazione europea è una soluzione a breve termine e non definitiva. Spero che questo messaggio sia stato recepito anche dalla Commissione.

Anche per le microimprese, come per quelle piccole e medie in generale, vorremmo varare una legislazione europea uniforme che consenta loro di operare nel mercato unico ma che sia anche semplice, come affermato dall’onorevole Gauzès, ovvero con un unico interlocutore e le medesime regole, come nel caso dell'eXtensible Business Reporting Language (XBRL), che non le appesantiranno con un carico amministrativo spropositato come quello attuale. Dopotutto, anche se si concede agli Stati membri la possibilità di una deroga, ciò non significa che essi possano stabilire autonomamente regole diverse da Stato a Stato. Nel medio periodo, questa non sarebbe certo una soluzione.

Intendiamo proporre una legislazione semplice e armonizzata che possa essere applicata in tutto il mercato unico e non comporti un carico enorme per le piccole e medie imprese, e in particolare le microimprese. Dev'essere un sistema semplice di comunicazione delle informazioni sui conti annuali. Questa è l’intenzione del Parlamento e spero sia stata recepita correttamente.

 
  
MPphoto
 

  Presidente. - Comunico di aver ricevuto un progetto di risoluzione(1) ai sensi dell’articolo 103, paragrafo 2 del regolamento.

La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà giovedì 18 dicembre 2008.

 
  

(1)Cfr. regolamento.


3. Atto autentico europeo – Giustizia elettronica – Protezione giuridica degli adulti: implicazioni transfrontaliere (discussione)
Video degli interventi
MPphoto
 
 

  Presidente. – L’ordine del giorno reca, in discussione congiunta:

- la relazione (A6-0451/2008) presentata dall’onorevole Ortega a nome della commissione giuridica, recante raccomandazioni alla Commissione sull’atto autentico europeo [2008/2124(INI)],

- la relazione (A6-0467/2008) presentata dall’onorevole Wallis a nome della commissione giuridica, recante raccomandazioni alla Commissione sulla giustizia elettronica (e-justice) (2008/2125(INI)) e

la relazione (A6-0460/2008) presentata dall’onorevole López-Istúriz White a nome della commissione giuridica, recante raccomandazioni alla Commissione sulla protezione giuridica degli adulti: implicazioni transfrontaliere [2008/2123(INI)].

 
  
MPphoto
 

  Manuel Medina Ortega, relatore.(ES) Signor Presidente, con questa iniziativa la commissione giuridica del Parlamento ha inteso ottenere il riconoscimento di atti autentici europei.

Il Parlamento invita la Commissione a prendere i provvedimenti che considera opportuni a tale fine, sulla base del programma dell’Aia relativo al riconoscimento sia delle decisioni giudiziali che degli atti autentici.

Il fine ultimo dell’iniziativa è quello di agevolare i consumatori dell’Unione europea.

Le procedure di riconoscimento degli atti sono infatti costose e richiedono molto tempo.

Riteniamo necessario facilitare il movimento o il riconoscimento degli atti autentici affinché, nel caso di formalità che interessano più Stati – per esempio matrimoni, contratti o altri atti analoghi – non occorra affrontare tutta una serie di lungaggini procedurali.

La difficoltà insita in questa relazione è la nozione stessa di atto autentico europeo o di atto pubblico che è riconosciuto nella maggioranza degli Stati membri ma non ovunque.

In alcuni paesi non esiste il sistema dell’atto autentico europeo rilasciato da un funzionario pubblico. Al suo posto vi sono semplici documenti privati legalizzati da un notaio, anche se nella sostanza le due tipologie di documento sono identiche.

Il precedente che ha dato origine a questa proposta è la sentenza "Unibank" della Corte di giustizia europea, che stabilisce requisiti precisi per il riconoscimento degli atti autentici. Il primo è che sia rilasciato da un pubblico ufficiale; in altre parole, la persona che autentica l’atto dev'essere un pubblico ufficiale, ma tale figura non esiste in alcuni paesi UE, che non sono pertanto in grado di soddisfare questo requisito.

L’atto deve peraltro garantire che la volontà delle parti sia adeguata al conseguimento delle sue specifiche finalità legali. L’atto notarile, perlomeno secondo il diritto dell’Europa continentale, possiede un carattere costitutivo nella misura in cui le parti esprimono la propria volontà tramite di esso, ma la sua esecuzione spetta al notaio.

L’atto non può inoltre avere effetto diverso o maggiore da quello riconosciuto nel paese di origine. In altre parole, un atto considerato esclusivamente probatorio nel paese in cui è stato redatto non può assumere altrove forza esecutiva.

In pratica sono tre gli aspetti fondamentali: la persona che autentica l’atto deve essere un pubblico ufficiale; l’autenticità dell’atto riguarda anche il contenuto dell’atto e non solo la firma; l’atto non deve produrre effetti diversi da quelli che avrebbe nel paese d’origine.

Un ambito che deve essere senz’altro escluso è quello relativo a tutte le questioni immobiliari. Il diritto immobiliare è strettamente connesso al terreno, ovvero al luogo in cui è sito l’immobile. La possibilità di trasferimenti in quest’ambito è limitata dall’esistenza di registri pubblici e dal fatto che ogni paese possiede una legislazione dettagliata che impone requisiti specifici per le proprietà immobiliari.

Spero che la Commissione terrà conto di questa iniziativa e presenterà a sua volta una proposta. Per inciso, le basi giuridiche pertinenti sono l’articolo 65, lettera a) e il secondo trattino dell’articolo 67, paragrafo 5 del Trattato CE.

Credo che la base giuridica sia sufficiente e che questo genere di iniziativa agevolerebbe i rapporti di tipo giuridico tra i cittadini e, soprattutto, migliorerebbe la loro vita.

La difficoltà che la Commissione farà senz’altro presente concerne le differenze tra i nostri ordinamenti giuridici, ma penso che avremo tempo di discutere di questo aspetto in una fase successiva, dopo che la Commissione avrà formulato la propria proposta.

 
  
MPphoto
 

  Diana Wallis, relatore. − (EN) Signor Presidente, la giustizia elettronica è stata un tema centrale per le precedenti presidenze di turno slovena e francese, e sappiamo che la prossima presidenza ceca desidera continuare il buon lavoro intrapreso in questo ambito.

Per questo Parlamento e sicuramente per la commissione giuridica, la giustizia elettronica si accompagna ad un altro tema che ci sta a cuore da tempo: l’accesso alla giustizia e le modalità per garantirlo nei contenziosi transfrontalieri. E’ già alquanto difficile ottenere giustizia anche nel proprio paese, se pensiamo ad avvocati, ai costi da sostenere, alle difficoltà per comprendere il funzionamento dell’ordinamento giuridico. Se aggiungiamo a tutto questo un contesto transfrontaliero europeo, con culture giuridiche e lingue diverse, diventa sempre più complesso e difficile per i cittadini accedere alla giustizia.

Ma dovremmo essere in grado di risolvere queste difficoltà coniugandole con tutte le possibilità che la tecnologia moderna ci offre. L’Europa è senza confini, così come Internet, e le difficoltà linguistiche possono essere superate con le traduzioni istantanee rese possibili dai nuovi strumenti tecnologici. Credo che siamo in grado di sviluppare il potenziale tecnologico per garantire un migliore accesso transfrontaliero alla giustizia.

Alcuni Stati membri hanno già sfruttato queste possibilità entro il proprio territorio e stanno approntando sistemi nazionali. Questa è indubbiamente una buona notizia! Esistono inoltre alcuni progetti condivisi, ad esempio per mettere a disposizione online i registri relativi a imprese e proprietà fondiarie, e anche questo è encomiabile.

Ciò che vogliamo realmente, in quanto deputati, è un risultato che vada a diretto beneficio dei cittadini nel loro rapporto con la giustizia, nella vita di tutti i giorni. Vogliamo che i cittadini europei percepiscano concretamente i vantaggi di un progetto di giustizia elettronica europeo.

Il lavoro sul portale della giustizia dovrebbe avere questo scopo, ossia fornire informazioni su chi, cosa, come, quali avvocati, quali interpreti, dove ottenere assistenza legale e altre informazioni di questo genere. Si tratta di un progetto ambizioso e tale deve essere.

Ma non vogliamo limitarci a fornire informazioni: vorremmo che i cittadini potessero accedere a una vera e propria giustizia transfrontaliera online per quanto concerne alcuni atti europei, come le ingiunzioni di pagamento, e la composizione delle controversie di minore entità. Sappiamo che alcuni Stati membri stanno lavorando su progetti comuni e certo dobbiamo cavalcare l’onda di tale entusiasmo e ambizione. Nel contempo però la Commissione deve guardare al contesto europeo, dare a questo progetto una dimensione europea, al fine di procedere insieme e in modo coordinato. In considerazione di questo aspetto è stato allegato alla relazione un piano d’azione che affronta molti di questi aspetti. Potrebbe così realizzarsi il nostro sogno di un’Europa con una giustizia senza confini: facciamo in modo che diventi realtà.

 
  
MPphoto
 

  Antonio López-Istúriz White, relatore.(ES) Signor Presidente, Ministro, signor Vicepresidente della Commissione, la relazione che vi presento oggi concerne la tutela degli adulti nell’Unione europea. E’ stato difficile affrontare questo argomento in così breve tempo, poiché persegue finalità molto ampie e trasversali.

In seno alla commissione giuridica sono prevalse opinioni diverse quanto all’impostazione da dare a questa relazione.

Oggi discutiamo questo testo congiuntamente a due altre relazioni della commissione giuridica, quella sull’atto autentico europeo del collega Medina Ortega e la relazione sulla giustizia elettronica della collega Wallis.

Un migliore coordinamento tra queste tre proposte elaborate dalla nostra commissione ha senz’altro contribuito a renderle più efficaci e proficue per i cittadini europei.

Desidero innanzi tutto congratularmi con la presidenza francese per come ha saputo guidare l’Unione europea negli ultimi sei mesi. Voglio porgere un ringraziamento speciale al ministro della Giustizia francese, la signora Dati, per l’interesse dimostrato ad approfondire l’argomento oltre le disposizioni esistenti al fine di pervenire a nuove soluzioni, più pratiche ed efficaci, per tutti gli Stati membri.

Rimanendo in ambito francese, penso che meritino una menzione speciale anche il giudice e consulente del guardasigilli francese, la signora Amélie Durand, e i colleghi francesi che hanno partecipato attivamente, tra cui gli onorevoli Gauzès e Toubon.

La commissione giuridica ha condiviso la preoccupazione della presidenza per il tema che stiamo discutendo oggi: la protezione degli adulti indifesi. E’ stato deciso di presentare una relazione legislativa d’iniziativa propria al fine di compiere passi avanti e trovare nuove soluzioni di cui i nostri cittadini adulti possano beneficiare al massimo.

Di recente la nostra commissione ha lavorato intensamente anche all’approvazione del pacchetto di disposizioni di diritto civile che comprendono la mediazione, la notifica dei documenti e il diritto applicabile agli illeciti.

Questo lavoro è sfociato peraltro nell’audizione del Forum sulla cooperazione giudiziaria in ambito civilistico organizzato lo scorso 2 dicembre in seno alla commissione giuridica, in collaborazione con la commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni, in cui è stato discusso anche la necessità di proteggere gli adulti nella nostra società.

Onorevoli colleghi, questo tema è rilevante per tutti gli Stati membri, poiché si assiste a un progressivo invecchiamento della popolazione in tutta l’Unione europea. Nel 2050, il 37 per cento dei cittadini avrà più di 60 anni e il 10 per cento sarà ultraottantenne.

E’ importante tenere presente che questa situazione non avrà soltanto ripercussioni economiche, ma anche finanziarie e sanitarie che riguarderanno tutti. Dobbiamo cominciare a cercare delle soluzioni a questi problemi quanto prima.

La relazione mira a creare un ambito di giustizia, libertà e sicurezza essenzialmente tramite l’applicazione della legge e la cooperazione tra le autorità competenti degli Stati membri.

Come ho detto poc’anzi, questa relazione ha attraversato molte vicissitudini prima di essere approvata all’unanimità dalla commissione giuridica il 17 dicembre.

Abbiamo raggiunto un emendamento di compromesso che rispecchia i diversi punti di vista dei membri della commissione. Tale emendamento, che corrisponde all’articolo 2 della relazione definitiva, è un punto cruciale che contempla la possibilità per gli Stati membri di integrare la Convenzione dell’Aia del 13 gennaio 2000 nella propria legislazione.

La relazione prevede altresì che in futuro, una volta maturata l’esperienza necessaria in questo ambito, la Commissione sia invitata a presentare una proposta legislativa volta al rafforzamento della cooperazione tra gli Stati membri e ad un migliore riconoscimento ed esecuzione dei mandati di protezione degli adulti e delle decisioni relative all’incapacità.

Desidero rammentare all’Aula che ad oggi soltanto quattro paesi hanno firmato la Convenzione dell’Aia e altri otto hanno proceduto alla sua ratifica. Esortiamo gli Stati membri a ratificare questa convenzione che ci consentirà di affrontare con maggiore coerenza ed efficacia un tema che ci riguarda tutti.

Ricordiamo che ai sensi del Trattato costitutivo della Comunità europea, il potere di legiferare spetta alla Commissione. Sappiamo tuttavia che un piccolo disposto del Trattato, l’articolo 192 per l’esattezza, attribuisce al Parlamento il diritto di richiedere alla Commissione la predisposizione di un progetto di legge.

Onorevoli deputati, noi vorremmo avvalerci di quell’articolo. Concluderò dicendo, come affermato anche nella relazione, che la Commissione dovrebbe verificare in futuro l’applicazione della Convenzione dell’Aia al fine di proporre disposizioni comunitarie a complemento della convenzione e suggerire eventuali ulteriori strumenti per l’avvenire.

 
  
MPphoto
 

  Rachida Dati, presidente in carica del Consiglio. − (FR) Signor Presidente, signor Commissario Barrot, onorevoli deputati, anche oggi ho il privilegio di dialogare con la vostra Assemblea e desidero ringraziarvi a nome della presidenza per i progressi compiuti nell’ambito della giustizia.

Diversamente dalla discussione precedente che riguardava le imprese, le relazioni attualmente in discussione riguardano la vita quotidiana dei cittadini europei. Questo tema è stato affrontato a più riprese durante la presidenza francese, in occasione delle audizioni organizzate sulla circolazione degli atti autentici o sulla protezione giuridica degli adulti.

Come sapete, la presidenza francese si è impegnata a sviluppare la giustizia europea tramite progetti concreti in grado di avvicinare le istituzioni europee ai cittadini e, come ha appena ricordato l’onorevole Wallis, anche la presidenza slovena aveva lavorato molto in questa direzione e noi abbiamo proseguito nella medesima direzione.

Una riprova di questo impegno è data dai tre testi che figurano all’ordine del giorno, ossia la relazione Medina sull’atto autentico europeo, la relazione Wallis sulla giustizia elettronica e la relazione López-Istúriz White sulla protezione giuridica degli adulti. Queste relazioni rispondono alla volontà della presidenza di promuovere nuove iniziative volte, oltre che all’adozione di nuovi strumenti, anche a scambiare le nostre metodologie, raffrontare le nostre prassi e anticipare le esigenze future.

Per quanto concerne la relazione sugli atti autentici, la presidenza si complimenta per l’iniziativa presa dall’onorevole Medina e per la qualità della sua relazione. L’interesse del Parlamento per il riconoscimento e la circolazione degli atti autentici in Europa dimostra l’importanza di questo argomento nell’ambito della cooperazione giudiziaria civile. Questo lavoro s’iscrive nel nostro intento di facilitare la vita quotidiana di cittadini e imprese; il diritto è stato creato innanzi tutto per garantire la pace nelle relazioni sociali e il ricorso al giudice dovrebbe rimanere una pur necessaria eccezione.

E’ importante che l’Unione europea s’impegni in questa direzione e l’atto autentico è un elemento chiave nella vita di famiglie e imprese, a prescindere che si tratti di un contratto di matrimonio, una donazione, un testamento, un atto di vendita o un contratto tra imprese. Esso consente alle persone, nell’ambito di un rapporto non conflittuale, di delegare a un’autorità riconosciuta il compito di certificare gli impegni che esse intendono contrarre e di regolarne a priori tutte le conseguenze, attribuendo a tale atto forza d’esecuzione. Ma il vostro lavoro dimostra anche che oggi occorre interrogarsi sulle condizioni da porre affinché un atto autentico relativo a qualsiasi ambito possa circolare liberamente in Europa.

Questa riflessione dovrà senz’altro trovare spazio nel prossimo programma legislativo della Commissione europea. La discussione sugli atti autentici non ci impedirà ovviamente di valutare come migliorare ulteriormente la circolazione di altri tipi di atti. Pur procedendo per gradi, occorrerà definire un quadro molto chiaro. Sarà possibile alleggerire le prescrizioni e le procedure per il riconoscimento reciproco degli atti autentici nella misura in cui essi offriranno maggiori garanzie.

Se includessimo in questo regime atti che offrono un livello di garanzia eterogeneo, saremmo costretti a ridimensionare la nostra ambizione e ciò avrebbe senz’altro effetti negativi. La posizione del Parlamento che emerge da questa relazione collima in larga misura con gli orientamenti elaborati e presentati dalla presidenza. Onorevole Medina, la sua relazione rappresenta una base su cui articolare i lavori futuri, poiché la presidenza prenderà senz’altro nota della discussione odierna.

Per migliorare e rafforzare lo spazio giudiziario europeo dobbiamo migliorare e ammodernare anche il funzionamento della giustizia. A tale fine dobbiamo avvalerci delle nuove modalità di comunicazione, come previsto dal progetto per la giustizia elettronica. Esso intende incrementare il ricorso alle nuove tecnologie d’informazione e di comunicazione entro un quadro transfrontaliero europeo al fine di migliorare i contatti tra i nostri sistemi giudiziari e facilitare gli scambi. Anche la decisione quadro che è stata approvata sulla messa in rete dei casellari giudiziari si muove in questa direzione. Il piano d’azione relativo all’e-justice europea presentato all’ultimo Consiglio “Giustizia e affari interni” del 28 novembre scorso è in sintonia con i lavori condotti dalle varie presidenze che si sono succedute a quella tedesca.

Nel corso di questo semestre abbiamo elaborato un progetto per un piano d’azione europeo in materia di giustizia elettronica il più possibile equilibrato, tenendo conto degli Stati membri aderenti al progetto, della posizione del Parlamento europeo e del ruolo che la Commissione dovrà svolgere. Gli obiettivi del progetto sono condivisi dal Parlamento e dalla presidenza e desidero qui ringraziare ancora una volta la relatrice, Diana Wallis, per l’impegno con cui ha lavorato su questo argomento e per la qualità della sua relazione. L'intensa riflessione condotta dal Parlamento europeo ha arricchito il progetto della presidenza e consentito di giungere finalmente a un progetto davvero condiviso.

L'obiettivo di facilitare l’accesso alla giustizia e assicurare la libera circolazione delle persone e delle decisioni giudiziali può essere conseguito soltanto tenendo conto delle persone più vulnerabili. Questo è uno dei motivi per cui la Presidenza francese ha auspicato che fossero migliorate le condizioni per gli adulti interessati da misure di protezione giuridica.

I soggetti maggiorenni posti sotto tutela devono potere usufruire della stessa libertà di circolazione garantita a tutti gli altri cittadini, a prescindere dalla protezione di cui beneficiano. La presidenza rileva con soddisfazione che questo tema è stato fatto proprio dal Parlamento e ringrazia il relatore López-Istúriz White per le proposte in materia di protezione giuridica degli adulti. Il suo lavoro è dimostrazione evidente di un interesse condiviso.

La Convenzione dell’Aia del 13 gennaio 2000 entrerà in vigore il prossimo gennaio tra Francia, Germania e Regno Unito. Durante l’ultimo semestre la convenzione è stata firmata anche da Finlandia, Grecia, Irlanda, Lussemburgo e Polonia. E’ importante che tutti gli Stati possano partecipare a questo strumento. Di certo le future presidenze ceca e svedese approfondiranno questo tema, come hanno preannunciato in occasione dell’insediamento della Presidenza francese; in senso più generale, la circolazione delle decisioni giudiziali pronunciate a tutela degli adulti deve figurare tra i nostri obiettivi.

Solo così possiamo trasmettere l’immagine di un’Europa capace di rispondere alle esigenze dei propri cittadini, compresi i più vulnerabili tra di essi. La vostra relazione offre un contributo importante. La presidenza francese auspica che questo argomento possa essere integrato nel futuro programma legislativo della Commissione, signor Commissario. Grande è infatti la sua importanza per la società. So che l’argomento è prioritario e fondamentale per la Commissione e per lei in particolare, commissario Barrot. Esso dimostra peraltro che l’Europa protegge i soggetti più vulnerabili tramite la creazione di un contesto giuridico improntato a maggiore certezza.

La presidenza vi ringrazia per il vostro apporto e prenderò ovviamente nota delle osservazioni che saranno formulate nel corso della discussione.

 
  
MPphoto
 

  Jacques Barrot, vicepresidente della Commissione. − (FR) Signor Presidente, onorevoli deputati, è con immenso piacere che mi complimento a mia volta con i tre relatori e rivolgendomi al ministro Dati posso dire che queste relazioni si conciliano invero perfettamente con gli sforzi profusi dalla presidenza francese e che ovviamente abbiamo preso in attenta considerazione. Rappresentano realmente i primi pilastri di quello spazio giudiziario e giuridico europeo a cui personalmente tengo molto e che noi tutti costruiremo insieme attraverso il programma di Stoccolma.

Dunque è vero che il dibattito di questa mattina è quanto mai opportuno. Il ministro Dati ha già passato in rassegna le tre relazioni, ma riprenderò in sintesi le sue parole per confermare le intenzioni della Commissione.

Innanzi tutto ringrazio l’onorevole Medina per questa relazione eccellente sull’atto autentico europeo. Essa va senz’altro a toccare taluni aspetti della vita di tutti i giorni di consumatori e cittadini; le raccomandazioni ivi formulate per la Commissione sono davvero vicine alla realtà quotidiana dei cittadini, tanto delle persone quanto delle imprese.

Infatti i cittadini e le imprese preferiscono spesso optare, per quanto concerne le questioni familiari o le transazioni commerciali, a favore di un accordo consensuale autenticato da un’autorità pubblica ed è ovvio che anche gli atti autentici devono rientrare entro quest’area di libera circolazione.

Purtroppo questa libertà di circolazione è per il momento solo parziale e voi ben sapete che, accanto agli strumenti già in essere, abbiamo previsto nuove disposizioni sulle quali sto ancora lavorando. Alcune di esse sono appena state approvate – e devo ringraziare il ministro Dati per gli obblighi in materia di alimenti – e posso assicurare all’onorevole Ortega che sto preparando un provvedimento sulle successioni per il mese di marzo 2009. Mi rendo ben conto che rimane ancora moltissimo da fare e, consapevole di questo, la Commissione redigerà un Libro verde sull’atto autentico ed eventualmente su altri documenti pubblici al fine di avere una consultazione davvero allargata su questo punto.

In questo contesto, la sua relazione e lo studio predisposto dal Parlamento europeo saranno senza dubbio di grande utilità e, come lei stesso ha sottolineato, deve anche esserci – e in questo concordo con lei – una base giuridica che ci consenta di prendere un’iniziativa, pur sapendo che la diversità degli ordinamenti giuridici richiederà comunque un lavoro approfondito prima di formulare qualsiasi proposta. In ogni caso, grazie ancora per questo lavoro eccellente.

Mi rivolgo ora alla onorevole Wallis che ha giustamente insistito sulla necessità di ammodernare il funzionamento della giustizia e confermo che il piano d’azione adottato sotto la presidenza francese rientra anche tra le priorità di quella ceca. Grazie alla sua relazione, onorevole Wallis, potremo considerare come utilizzare al meglio questo accesso alla giustizia elettronica.

Lei ha menzionato a titolo esemplificativo l'enorme utilità di tale accesso nella composizione dei contenziosi di minore entità. Le raccomandazioni che ha formulato ci aiuteranno senz’altro a rafforzare le azioni già intraprese dalla Commissione e arricchiranno le discussioni e le decisioni prese dal Consiglio europeo.

Lavoreremo assieme affinché l’e-justice europea consenta un accesso facilitato alle informazioni sulla legislazione europea, gli ordinamenti legislativi nazionali e le procedure europee. Tengo altresì a precisare che il portale previsto sarà operativo al più tardi entro la fine del dicembre 2009. Ovviamente lavoreremo in stretto coordinamento con il Parlamento. Il portale europeo e-justice dovrà assolutamente essere operativo entro fine dicembre 2009. E' destinato ai cittadini ma cercheremo di risolvere anche le questioni che interessano più direttamente le autorità giudiziarie.

Anche in questo caso sono entusiasta di constatare questa sinergia tra le istituzioni europee, il Consiglio, il Parlamento e la Commissione; onorevole Wallis, credo che la presidenza francese abbia seguito il suo monito a non ridurre le nostre ambizioni e il suo incoraggiamento a convogliarle anzi nella giustizia elettronica, come dimostrato dalle parole del ministro Dati. Vi posso assicurare che, nella mia veste di commissario, sarò molto attivo su questo fronte.

Arrivo ora alla relazione dell’onorevole López-Istúriz White che ringrazio calorosamente per avere dato seguito all’eccellente iniziativa presa dal ministro Dati, quando a Lille ci ha fatto lavorare su questo argomento d’importanza cruciale. Sappiamo che le nostre società saranno composte in proporzione crescente da persone di oltre 65 anni – che peraltro rappresentano già il 16 per cento della popolazione europea complessiva – e siamo altrettanto convinti dell’importanza di proteggere gli adulti vulnerabili. Abbiamo dunque sostenuto con forza l’iniziativa francese e invitato gli Stati membri a ratificare la Convenzione dell’Aia del 13 gennaio 2000. Grazie alla determinazione del ministro Dati, la convenzione entrerà finalmente in vigore il 1° gennaio 2009.

Il ministro Dati ha menzionato alcuni paesi che hanno già aderito alla convenzione e credo che ciò creerà un effetto a catena e riusciremo a convincere tutti gli Stati membri della necessità di ratificare questa convenzione.

E’ vero che a livello comunitario non disponiamo di strumenti preesistenti. Non abbiamo ancora pensato alla possibile evoluzione di un dispositivo già in essere. Seguiremo molto dappresso l’attuazione della convenzione, dopodiché potremo includere questa proposta nel quadro del programma di Stoccolma. Passeremo in rassegna tutte le misure atte a migliorare la cooperazione tra gli Stati membri, dopodiché potremo considerare l’eventualità di un’iniziativa comunitaria in materia.

Questo è quanto posso dire sull’argomento, della cui importanza sono personalmente convinto. Vi ringrazio in ogni caso, perché la discussione di questa mattina in presenza del ministro Dati lascia presagire che potremo tentare di proporre un programma di Stoccolma ambizioso e all’altezza delle aspettative dei cittadini che vogliono uno spazio giudiziario europeo. Ringrazio il Parlamento.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. MARTÍNEZ MARTÍNEZ
Vicepresidente

 
  
MPphoto
 

  Panayiotis Demetriou, relatore per parere della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni. (EL) Signor Presidente, mi consenta innanzi tutto di complimentarmi con la presidenza francese per quanto è riuscita a ottenere sinora, specialmente in materia di giustizia. Desidero complimentarmi altresì con il commissario Barrot. La commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni condivide le posizioni espresse nella relazione dall’onorevole López-Istúriz White. Gli anziani con capacità limitate, alla pari di tutte le persone con problemi, non possono essere lasciati privi di protezione giuridica; non possono essere abbandonati al loro destino e spesso nelle mani di tutori opportunisti che talvolta li umiliano e approfittano di loro. Ogni società, ogni stato di diritto ha il dovere di pronunciare ordinanze e atti giudiziari e amministrativi a salvaguardia della dignità e del patrimonio degli anziani. Da parte sua, l’Unione europea ha una responsabilità transfrontaliera. Invito la Commissione ad attivarsi e a fare pressione sugli Stati membri affinché venga firmata e ratificata la Convenzione dell’Aia che fornisce un quadro di riferimento per questa forma di tutela. Invito i colleghi dei paesi che ancora non vi hanno aderito a fare pressione affinché la convenzione venga ratificata.

 
  
MPphoto
 

  Luca Romagnoli, relatore per parere della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, mi congratulo con la Presidenza francese, con il Commissario Barrot e con tutti i relatori, perché lo sviluppo tecnologico avanza in modo inesorabile e la giustizia non poteva sottrarsi a questo.

L'introduzione di tecnologie informatiche e di comunicazione nell'amministrazione della giustizia credo offra possibilità di soluzioni, migliorando il funzionamento della giustizia e quindi contribuendo a razionalizzare e snellire le procedure e quindi a ridurre i costi. La giustizia elettronica potrebbe inoltre portare indubbi benefici e rispondere a varie istanze, prime fra tutti l'accesso alla giustizia e il miglioramento in termini di efficacia stessa e riduzione appunto di tempi e costi. Quindi che l'e-Justice miri a sviluppare l'utilizzo di nuove tecnologie dell'informazione alla giustizia è fondamentale, tanto più se lo vediamo alla luce dei già quasi dieci milioni di cittadini europei che sono interessati da una procedura civile transfrontaliera ed è una proporzione che probabilmente è destinata ad aumentare.

Accanto ai cittadini vanno però anche considerati i benefici per gli operatori di giustizia e non vanno quindi dimenticate le procedure in ambito di cooperazione giudiziaria e penale. Come ho già avuto modo di esperire in quanto relatore del rapporto ECRIS, oltre alla presente opinione, la sfera potenziale d'applicazione della giustizia elettronica è ampia ed è destinata ad evolvere in funzione dei progressi anche dello spazio giudiziario europeo e degli sviluppi tecnologici. Sono lieto quindi che poco fa il Commissario Barrot abbia annunciato per la fine del 2009 l'operatività del portale.

Voglio concludere con l'auspicio che nella nostra Europa si giunga a una giustizia finalmente giusta e che la responsabilità anche degli attori sia finalmente paritetica. Troppo spesso accade, ad esempio nel mio paese, che l'inquisito paghi un altissimo prezzo e finisca il tormentato iter giudiziario con l'assoluzione. In Italia per gli errori della giustizia non c'è responsabilità civile del giudice e questa credo sia una grave ingiustizia sociale e andrebbe sanata. Spero che lo Spazio di giustizia europeo aiuti prima o poi a sanare questa grande ingiustizia.

Grazie ancora alla Presidenza francese per l'impegno anche su queste questioni e grazie alla collega Wallis.

 
  
MPphoto
 

  Jean-Paul Gauzès, a nome del gruppo PPE-DE. – (FR) Signor Presidente, Ministro Dati, signor Commissario Barrot, vorrei esprimere innanzi tutto il mio riconoscimento per gli sforzi della presidenza francese e i suoi personali, signora Ministro, volti a promuovere uno spazio di libertà giuridica più efficace a vantaggio dei cittadini.

I relatori hanno fatto un ottimo lavoro e il gruppo del Partito popolare europeo (Democratici-cristiani) e dei Democratici europei ha pertanto deciso di avallare le tre relazioni degli onorevoli Wallis, López-Istúriz White e Medina Ortega. Vorrei spiegare la posizione del nostro gruppo rispetto alla relazione dell’onorevole Medina Ortega con cui ho intrattenuto un'intensa collaborazione.

Come avete già evidenziato, signora Ministro e signor Commissario, questa relazione ci propone di compiere uno sforzo significativo al fine di ottenere il riconoscimento reciproco degli atti autentici. Durante la formulazione della relazione abbiamo avuto una discussione in merito alla possibilità di un’apertura per quanto concerne la terminologia.

Da parte nostra, riteniamo che la relazione verta sugli atti autentici le cui caratteristiche sono state definite dalla giurisprudenza e che a questo punto è opportuno limitarsi ad essi, senza estendere tramite una terminologia inappropriata la definizione di atto autentico, altrimenti si corre il rischio di generare confusione giuridica.

Le caratteristiche dell’atto autentico sono state già descritte dal ministro Dati e dal commissario Barrot, pertanto non le ripeterò. Intendo semplicemente dire che se dobbiamo discutere di altre questioni e di atti differenti da quello autentico che sono essenzialmente di tipo privato, non possiamo farlo nell’ambito di questa relazione d’iniziativa propria, incentrata sulla questione nodale del riconoscimento reciproco dei documenti che la giurisprudenza riconosce come atti autentici. Vorrei ringraziare di nuovo l’onorevole Medina Ortega per l'eccellente lavoro compiuto su questo tema.

 
  
MPphoto
 

  Manuel Medina Ortega, a nome del gruppo PSE.(ES) Signor Presidente, vorrei intervenire adesso in un’altra veste: non parlerò delle tre relazioni in qualità di relatore, bensì quale rappresentante del gruppo socialista al Parlamento europeo.

Le tre relazioni hanno un comune denominatore: mirano tutte a migliorare la vita dei cittadini. Ed è vero che in questo ambito della giustizia, la vita dei cittadini può essere migliorata solo rispettando alcuni principi di equilibrio e tenendo conto di taluni aspetti. Per quanto concerne la giustizia elettronica, per esempio, non dobbiamo farci trascinare da un entusiasmo esagerato per le nuove tecnologie che potrebbero mettere a rischio le garanzie a tutela dei cittadini. In altre parole, chiedere a tutti di possedere un indirizzo di posta elettronica, per esempio, potrebbe significare escludere chi non ha accesso a Internet.

Nell’ambito specifico della mia relazione sull’atto autentico, credo che sia il presidente Dati, sia il commissario Barrot abbiamo sottolineato l’importanza delle garanzie giuridiche. L’obiettivo è consentire il trasferimento di atti con valore legale da un paese all’altro, ma non s’intende con questo riconoscere documenti della cui efficacia non siamo certi. In pratica, anche se un documento privato viene formalizzato da un notaio nei paesi in cui non esistono gli atti autentici, questo documento non potrà avere la medesima forza esecutiva degli atti notarili stilati secondo il diritto dell’Europa continentale, poiché questi ultimi hanno una forza esecutiva completamente diversa.

La necessità di assicurare il funzionamento efficace dei mercati e la libera circolazione all’interno dell’Unione europea non dovrebbe indurci a mettere da parte alcune garanzie giuridiche fondamentali per i cittadini, senza le quali non esiste più il diritto. In considerazione di quanto detto, al momento della votazione, il gruppo socialista affinerà le proprie posizioni, soprattutto al fine di tutelare gli interessi dei cittadini e non solo gli interessi dei potenti.

 
  
MPphoto
 

  Diana Wallis, a nome del gruppo ALDE. (EN) Signor Presidente, credo o almeno spero che il mio gruppo non avrà alcuna difficoltà a sostenere la mia relazione e certamente quella dell’onorevole López-Istúriz White.

La relazione di cui voglio parlare, a causa delle difficoltà che arreca ad alcuni deputati, è quella dell’onorevole Medina Ortega. Condividiamo tutti l’idea della libera circolazione delle sentenze. Vorremmo anche la libera circolazione degli atti autentici, e io aggiungerei anche “o di documenti equivalenti”. Abbiamo discusso a lungo sull’importanza di facilitare la vita ai cittadini. A mio parere, con questo intendiamo la vita di tutti i cittadini europei e non sarebbe corretto escludere da questo spazio di giustizia alcuni paesi o alcune consuetudini giuridiche. Ma questo è ciò che accadrà se non adottiamo una prospettiva più vasta e accettiamo con pazienza e tolleranza gli ordinamenti giuridici che all’apparenza possono sembrare diversi ma che, scavando più in profondità, dimostrano di avere un modo simile di affrontare le questioni.

Siamo riusciti a ottenere il riconoscimento reciproco dei documenti; non vi è alcuna ragione per cui, con un poco di tolleranza e attenzione, non potremmo pervenire al riconoscimento reciproco di atti stipulati tramite contratto o atti notarili, anche se non sono perfettamente identici negli aspetti formali.

Mi rivolgo a voi affinché rispettiate gli emendamenti che sono stati presentati oggi. Forse non saranno approvati, ma il loro messaggio è che questa è un’Europa della giustizia per tutti i cittadini e per tutte le culture giuridiche. Non dovrebbe diventare un’Europa esclusiva.

 
  
MPphoto
 

  Ryszard Czarnecki, a nome del gruppo UEN. – (PL) Signor Presidente, le tre relazioni in discussione sono estremamente importanti. Desidero ringraziare in particolare l’onorevole Wallis per la sua relazione contraddistinta da una notevole completezza, sostanza, competenza e qualità, che affronta la problematica sotto tutti gli aspetti. Il Parlamento concorda con l’onorevole Wallis sull’importanza di un problema che riguarda almeno il 2 per cento dei cittadini degli Stati membri dell’Unione europea. Ben 10 milioni di cittadini sui 500 milioni che abitano nell’Unione europea sono infatti implicati in contenziosi transfrontalieri. In questi casi, l’utilizzo dei sistemi telematici più moderni nell’ambito della giustizia potrebbe avere un impatto decisivo, poiché renderebbe i procedimenti più efficienti, semplici e brevi.

Le nostre proposte, se approvate dalla Commissione europea, possono agevolare l’accesso alla giustizia, oltre a limitare i costi dei procedimenti giudiziari, altro aspetto importante per il cittadino. Sembra peraltro giustificato promuovere la costruzione di due portali Internet di e-Justice. Il primo sarebbe dedicato ai cittadini e consentirebbe agli imprenditori di trovare assistenza legale in diverse lingue: il secondo, destinato alla professione legale, fornirebbe assistenza ad avvocati, magistrati, pubblici ministeri e funzionari impegnati nell’amministrazione della giustizia.

Le nuove tecnologie possono essere d’aiuto anche nella lotta contro il crimine internazionale e nella prevenzione del crimine, per non parlare dell’ampio ricorso che si potrebbe fare alle videoconferenze per ottenere e raccogliere elementi di prova nei procedimenti giudiziari.

 
  
MPphoto
 

  Rareş-Lucian Niculescu (PPE-DE) . – (RO) E’ fondamentale assicurare l’introduzione e l’uso esteso delle nuove tecnologie nei procedimenti giudiziari. Non possiamo consentire che il sistema giudiziario rimanga tanto arretrato su questo punto rispetto ad altri ambiti. Ovviamente, qualsiasi strategia adottata deve essere considerata con la massima attenzione occorre tuttavia considerare anche la situazione attuale mantenendo i piedi ben saldi a terra.

Nell’Unione europea del XXI secolo esistono ancora tribunali sprovvisti di computer o accesso a Internet, un problema evidenziato anche dalla relazione. A prescindere dal metodo di ricerca impiegato, rimane a tutt’oggi molto difficile accedere alle informazioni giuridiche, sia per i professionisti della giustizia che, soprattutto, per i cittadini che vogliono far valere i propri diritti. Sono certo che nell’ambito dei programmi finanziari europei per la giustizia civile e penale in futuro saranno messi a disposizione più fondi per ovviare a queste carenze. Parimenti, gli Stati membri devono impegnarsi a utilizzare in maniera più efficiente i finanziamenti attualmente disponibili.

La relazione mette in evidenza problemi molto simili anche per quanto concerne la Rete giudiziaria europea in materia civile e commerciale su cui abbiamo espresso il voto appena due giorni fa. Mi rammarico che quella relazione non sia stata oggetto di discussione. E’ senz’altro importante migliorare il funzionamento di questa rete che offrirà un valore aggiunto ai cittadini europei. I problemi che ho già menzionato permangono nondimeno anche in questo ambito e riguardano la mancanza di informazioni, di traduzioni in tutte le lingue ufficiali e la difficoltà di accedere al sistema giudiziario in maniera transfrontaliera.

Vi ringrazio per l’attenzione. Auspico che questi problemi sentiti molto fortemente dal Parlamento riceveranno maggiore spazio nel futuro programma di lavoro della Commissione e del Consiglio, poiché i normali cittadini si aspettano dall’Unione europea delle misure concrete in grado di semplificare la loro vita di tutti i giorni.

 
  
MPphoto
 

  Neena Gill (PSE). - (EN) Signor Presidente, sono favorevole a tutte e tre le relazioni ma mi soffermerò prima su quella relativa alla tutela e curatela dei cittadini più vulnerabili, un tema che mi sta molto a cuore. Sappiamo che la popolazione europea sta invecchiando: l’aspettativa di vita raggiunge oggi gli 80 anni ed entro il 2050, il 37 per cento della popolazione sarà costituito da ultrasessantenni. Le popolazioni sono anche più mobili rispetto al passato: lo o scorso anno, dal mio paese 400 000 persone sono emigrate all’estero dopo il pensionamento ed è importante assicurarsi che possano ottenere il medesimo tipo di tutela di cui godrebbero nel loro paese di origine.

I cambiamenti demografici fanno emergere molte sfide per la società europea, come abbiamo avuto già modo di sentire in materia di cure sanitarie e previdenza sociale. Ritengo che sia fondamentale consentire alle generazioni più anziane di condurre una vita indipendente e dignitosa.

Lo scorso anno sono stata relatrice per una relazione volta a garantire ai cittadini anziani una vita più sana, lunga e indipendente. La relazione che discutiamo oggi è particolarmente affine a quella, credo, nella misura in cui contiene proposte atte a garantire che essi possano continuare a occuparsi delle loro proprietà e gestire la propria quotidianità ovunque si trovino, senza rischio di sfruttamento e maltrattamenti. Ma la Convenzione dell’Aia mi desta qualche preoccupazione. Sono favorevole all’azione del Ministro, ma non dovremmo accontentarci di ottenere la ratifica della legislazione in essere; dovremmo accertarci anche della sua efficacia.

Vorrei formulare qualche osservazione sull’atto autentico. Sono favorevole alle iniziative mirate a ridurre i costi amministrativi per i cittadini, ma anch’io temo che la relazione non tenga debitamente conto delle diverse tradizioni giuridiche esistenti nella Comunità, che implicano l’esistenza di strumenti giuridici diversi come il deed inglese o forme diverse delle professioni notarili come quelle presenti in Inghilterra. Credo che nella sua forma attuale la relazione rischi di mettere in discussione il diritto nazionale di alcuni Stati membri e del mio in particolare, per quanto attiene all’amministrazione dei beni immobiliari. Ignorare tali differenze equivarrebbe secondo me a violare il principio del mutuo riconoscimento e non garantirebbe parità di accesso alla giustizia per tutti i cittadini. Per i motivi addotti, io e la mia delegazione sosterremo gli emendamenti proposti dalla collega Wallis.

Sono molto favorevole alla relazione Wallis sulla giustizia elettronica. Credo che alcune problematiche trattate nelle diverse relazioni siano tra loro collegate e il fine ultimo è di garantire ai cittadini parità di accesso alla giustizia, indipendentemente da dove si trovano all’interno dell’Unione europea.

 
  
MPphoto
 

  Cristian Silviu Buşoi (ALDE) . – (RO) Desidero complimentarmi con gli onorevoli Wallis, Medina Ortega e López-Istúriz White per le eccellenti relazioni. La giustizia elettronica è indispensabile se si considera che secondo le stime sono 10 milioni le persone in Europa coinvolte in controversie transfrontaliere. Il ricorso alle tecnologie dell’informazione da parte del sistema giudiziario potrebbe in effetti contribuire in maniera sostanziale a una migliore accessibilità ed efficienza dell’ordinamento giuridico e legale europeo. La relazione della collega Wallis merita pertanto la nostra massima attenzione.

Credo anche che la risoluzione sull’atto autentico rivesta particolare importanza. Come avvocato rumeno, posso solo sottolineare gli enormi vantaggi che avrebbero l’atto autentico europeo e un sistema di giustizia amicale e non contenzioso. In effetti, in Romania come in altri paesi europei basati sul sistema di civil law, lo strumento probatorio principale per la giustizia preventiva è l’atto autentico notarile. Comprendo che l’onorevole Medina Ortega preferirebbe riferirsi esclusivamente agli atti autentici e distinguere tra gli atti autentici pubblici rilasciati esclusivamente da un professionista specializzato delegato dall’autorità pubblica e gli atti certificati mediante scrittura privata.

A prescindere da quale sarà l’esito delle discussioni in merito all’inclusione o meno, in una prossima iniziativa, degli atti equivalenti, ritengo che la proposta di riconoscimento reciproco degli atti autentici contenuta nella relazione debba essere mirata a proteggere i cittadini e a garantire la loro sicurezza giuridica, anche nell’ambito di rapporti familiari o immobiliari transfrontalieri.

 
  
MPphoto
 

  Bogusław Rogalski (UEN). (PL) Signor Presidente, l’Unione europea deve affrontare il problema del progressivo invecchiamento della popolazione, legato a un aumento significativo dell’aspettativa di vita. Questa tendenza porterà, attorno al 2050, ad avere una popolazione europea composta per circa il 40 per cento da ultrasessantenni, il 10 per cento dei quali avrà superato la soglia degli 80 anni.

Questi cambiamenti demografici avranno gravi ripercussioni sull'economia, la società, la sanità e la finanza. Occorre pertanto prevedere meccanismi di protezione adeguati e specifici che possano garantire pari diritti e obblighi ovunque. Accade sempre più spesso che soggetti posti sotto tutela trascorrano un periodo fuori dal loro paese di residenza o si facciano curare presso cliniche all’estero, dunque in un paese diverso da quello in cui è ubicato il loro patrimonio. In questi casi, l’ordinamento giuridico in materia di tutela deve garantire continuità nelle decisioni giudiziali e amministrative, nonché in quelle prese dalle persone medesime. Ciò riguarda in particolare le procure relative alla successiva protezione giuridica che devono essere rese esecutive negli Stati membri.

Dobbiamo istituire un meccanismo che consenta di trasmettere con efficienza i documenti, specialmente nei casi di emergenza, per esempio quando un soggetto posto sotto tutela necessita di un ricovero ospedaliero mentre soggiorna temporaneamente all’estero. Si rimuoverebbe così qualsiasi impedimento alla possibilità dei cittadini europei di soggiornare o vivere in uno Stato membro diverso da quello di origine senza per questo perdere la possibilità di un accesso rapido ed efficiente alle cure.

 
  
MPphoto
 

  Dushana Zdravkova (PPE-DE) . – (BG) Ministro Dati, signor Commissario, onorevoli deputati, posso assicurarvi che la discussione odierna su queste tre relazioni suscita grande interesse presso i cittadini dell’Unione europea e i miei colleghi avvocati. Mi complimento pertanto con i tre relatori per il loro lavoro.

Finora, la mia carriera professionale si è svolta interamente entro il sistema giudiziario, sia in qualità di presidente di uno dei maggiori tribunali bulgari – che è stato peraltro il primo a introdurre la tecnologia online per la gestione dei procedimenti – sia come presidente della commissione di esperti su informatica e diritto del Consiglio d’Europa fino al 2000. Posso pertanto affermare di aver acquisito grande dimestichezza con tutte le problematiche attinenti alla giustizia elettronica. Quando introducemmo la tecnologia dell’informazione nel 1995, non avrei mai immaginato che questo argomento avrebbe potuto tangere il Parlamento europeo. Sono pertanto molto lieta di avere la possibilità di parlare di questo tema qui, oggi.

Vorrei congratularmi in particolare con la collega Wallis per la sua relazione sulla giustizia elettronica perché ritengo che il ricorso alle tecnologie dell’informazione e alle nuove tecnologie della comunicazione da parte della giustizia incoraggerà ulteriormente la cooperazione transfrontaliera in ambito giudiziario, oltre ad agevolare l’accesso alla giustizia da parte dei cittadini dell’Unione europea.

Vorrei però sottolineare che per realizzare un sistema europeo efficiente in questo settore è assolutamente indispensabile elaborare una strategia generale a livello istituzionale e definire standard generali che rendano più efficace la comunicazione tra i vari ordinamenti nazionali, tenendo sempre presente, tra l’altro, che ciò richiederà l’impiego di molti esperti altamente qualificati.

Soltanto creando le condizioni opportune saremo in grado di sfruttare il potenziale delle nuove tecnologie per contrastare il crimine transfrontaliero e rendere l’apparato giudiziario più accessibile ai cittadini nelle questioni civili e commerciali.

Tenuto conto di questi aspetti, vi incoraggio a votare a favore di tutti i progetti proposti, che si tratti della rete online dei casellari giudiziari, dei registri fallimentari o della Rete giudiziaria europea in materia civile e commerciale. Essi ci consentiranno di raggiungere uno degli obiettivi fondamentali dell’Unione europea: quello di una maggiore interazione con la cittadinanza.

 
  
MPphoto
 

  Lidia Joanna Geringer de Oedenberg (PSE). – (PL) Signor Presidente, in una comunicazione al Parlamento e al Consiglio del 10 maggio 2005 relativa al programma dell’Aia, la Commissione dichiarava come sua priorità specifica quella di creare entro il 2011 un vero e proprio Spazio di giustizia europeo in materia di diritto civile per quanto attiene al riconoscimento e all’esecuzione delle sentenze giudiziarie e al principio del mutuo riconoscimento, poiché tali misure avrebbero consentito effettivamente di garantire la protezione giuridica transfrontaliera dei cittadini dell’Unione europea.

L’Unione europea si sta ingrandendo e i suoi cittadini vengono incoraggiati a essere sempre più mobili. Al contempo, però, la circolazione delle persone all’interno del territorio comunitario crea problemi per quanto riguarda la trasmissione degli atti autentici. Nonostante la gamma di soluzioni adottate dagli Stati membri per il mutuo riconoscimento degli atti autentici, la trasmissione di questi documenti resta ancora una procedura complessa e sussistono limitazioni alla quantità e al tipo di documenti che possono essere trasmessi.

La Commissione deve adottare misure concrete volte ad approntare immediatamente un sistema unico, uniforme e adeguato per l’esecuzione e il riconoscimento reciproco degli atti autentici presso tutti gli Stati membri che ciò semplificherà enormemente la vita quotidiana di cittadini e imprese.

In ragione delle differenze nella struttura e nell’organizzazione dei sistemi dei registri pubblici nel settore della proprietà immobiliare, le iscrizioni nei pubblici registri fondiari e immobiliari dovranno essere escluse da tale strumento comunitario. A parte questa eccezione, il riconoscimento dell’autenticità, del valore probatorio e dell’esecutorietà di un atto autentico ai fini del suo utilizzo nello Stato membro richiesto potrà essere rifiutato soltanto nel caso di seri e motivati dubbi in merito alla sua autenticità, ovvero qualora il riconoscimento sia contrario all’ordine pubblico dello Stato membro destinatario.

Concludo ringraziando l'onorevole Medina Ortega per la cura messa nella preparazione di questo documento.

 
  
MPphoto
 

  Toomas Savi (ALDE). - (EN) Signor Presidente, sono assolutamente favorevole alla predisposizione, da parte della Commissione, di un piano d’azione per la giustizia elettronica. Anzi, sono alquanto sorpreso che una simile iniziativa non sia stata presa sino a questo momento. Vorrei ringraziare la collega Wallis per aver affrontato questo tema urgente con grande competenza. I rapidi sviluppi della tecnologia ci hanno messo a disposizione nuovi ed efficienti strumenti che non dovremmo esitare ad utilizzare.

Nel contempo, questo sviluppo tecnologico ci pone anche di fronte alle nuove sfide dei crimini elettronici quali i controlli non autorizzati, le frodi, la gli attacchi informatici e altro ancora. E’ ora che l’Unione europea vari una legislazione in materia di definizione, indagine e sanzione del crimine elettronico, che non conosce confini e va pertanto contrastato a livello sovranazionale. Auspico che la Commissione proponga un’iniziativa legislativa su questo tema nell’immediato futuro.

 
  
MPphoto
 

  Costas Botopoulos (PSE). - (EN) Signor Presidente, la giustizia elettronica è forse possibile in un ambito tanto condizionato dalle debolezze e virtù profondamente connaturate all’uomo? No! Può esserci una giustizia senza confini? Di nuovo la risposta è: no! Perché stiamo parlando di un’attività umana che assume caratteristiche molto diverse nelle varie parti del mondo.

Questa doppia negazione significa forse che dobbiamo voltare le spalle all’innovazione tecnologica? Ancora una volta, la risposta è ovviamente negativa. Dobbiamo tentare di avvalerci dell’innovazione umana. Diciamo dunque sì a un portale informativo, sì allo scambio dei dati, sì alla consapevolezza dell’interdipendenza tra i sistemi giuridici, sì a quanto contribuisce alla creazione di una demos Europea. Ma a una giustizia comune senza volto – e non sto affermando che questo è quanto viene propugnato nella relazione – dico no!

Mio padre era magistrato e non sarebbe contento se mi vedesse propugnare la giustizia elettronica di fronte al Parlamento europeo. E se da questo Parlamento mi rivolgessi a mio padre che si trova in cielo, lo rassicurerei affermando che so che la giustizia sarà sempre costituita da un uomo, il suo difensore e un giudice, non davanti a Dio, ma davanti alla loro coscienza.

 
  
MPphoto
 

  Nicolae Vlad Popa (PPE-DE).(RO) Vorrei porgere i miei complimenti per l’iniziativa relativa alla circolazione degli atti autentici in Europa, perché contribuirà a promuovere la libera circolazione delle persone e delle imprese commerciali all’interno dell’Unione europea. Diversamente dai confini fisici, i confini giuridici tra gli Stati non sono ancora stati rimossi, come dimostrato dalle procedure complesse, diverse da Stato a Stato, richieste per l’esecuzione di contratti firmati alla presenza di un pubblico ufficiale.

E’ nostro compito offrire ai cittadini la possibilità di far valere le norme dell’atto autentico europeo senza ulteriori formalità presso uno Stato membro dell’Unione europea, anche quando l’atto autentico è stato redatto in un altro Stato membro.

Sono favorevole all’iniziativa della collega Wallis e della sua relazione sulla giustizia elettronica; credo che l’adozione della relazione consentirà un giorno ai cittadini europei di accedere all’ordinamento giuridico europeo e alla giustizia mediante le tecnologie dell’informazione e della comunicazione. La gestione rapida degli elementi di prova ad un costo minimo e la semplificazione delle procedure giudiziali tramite strumenti semplici e pratici agevolerà il ricorso alla giustizia da parte dei cittadini coinvolti in contenziosi transfrontalieri. Per ottenere questo risultato…

 
  
MPphoto
 

  Armando França (PSE).(PT) Signor Presidente, signor Commissario, Ministro Dati, l’e-Justice è un passo importante per garantire l’accesso al diritto, alla giustizia e ai tribunali. Plaudo a questa iniziativa e mi complimento con il relatore e con la presidenza francese. Questo progetto per la giustizia elettronica rientra tra quelli discussi durante la presidenza portoghese e infatti fu compito del Portogallo guidare lo sviluppo e l’attuazione del progetto pilota che consentirà a tutti i cittadini di accedere a servizi presso un altro Stato membro in maniera più semplice, economica e pratica, oltre che nella loro lingua madre.

Questo portale plurilingue dovrebbe essere concepito con lo scopo di aiutare i cittadini e le imprese alla ricerca di assistenza legale e di una prima consulenza legale in materia di contenziosi transfrontalieri. Il portale e-Justice dovrebbe essere coordinato e gestito da un ufficio che sarà anche incaricato di coordinare i contenuti dei vari Stati membri e garantire la loro interoperabilità. Il progetto per la giustizia elettronica è funzionale ai cittadini e rafforza la nostra democrazia. Plaudo all’inaugurazione del portale nel dicembre 2009.

 
  
MPphoto
 

  Marcin Libicki (UEN).(PL) Signor Presidente, desidero innanzi tutto ringraziare la collega Wallis per la sua eccellente relazione e richiamare la sua attenzione su due aspetti. Come presidente della commissione per le petizioni, mi accorgo di quante volte i cittadini dell’Unione europea neppure conoscono i propri diritti e di quante altre volte, all’opposto, credono erroneamente di poter intervenire in questioni sulle quali non hanno alcun diritto. Questo portale Internet, chiamato anche il portale della giustizia elettronica, aiuterà certamente i cittadini dell’Unione europea che desiderano prendere contatto con il Parlamento europeo e la sua commissione per le petizioni.

L’altro aspetto menzionato dalla collega Wallis nel suo intervento e sul quale richiamo la vostra attenzione concerne la necessità di rispettare le leggi del luogo. Questa medesima questione fu sollevata 250 anni or sono dal famoso filosofo francese Montesquieu, il quale diceva che nel varare la legge di un livello territoriale superiore occorreva sempre tenere presente che le regioni di piccole dimensioni, i territori minori – in questo caso, gli Stati membri dell’Unione europea – hanno tradizioni che devono essere rispettate.

 
  
MPphoto
 

  Presidente. – Onorevoli deputati, discutendo nell’Ufficio di presidenza del Parlamento l’altro giorno, è stata espressa l’opinione comune secondo cui i deputati che già sono intervenuti nella discussione una volta non dovrebbero prendere la parola una seconda volta. Ciò nondimeno, in quello che in Spagna definiamo lo spirito del Natale, faremo uno strappo alla regola e concederemo la parola all’onorevole Romagnoli.

 
  
MPphoto
 

  Luca Romagnoli (NI). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, non posso parlare a nome di tutti, ma spero che il gruppo dei non iscritti condivida che lo Spazio comune di giustizia rappresenta un vantaggio indiscutibile per i cittadini dell'Unione e quindi che sostenga l'iniziativa in proposito.

Cari colleghi, siamo più o meno gli stessi di pochi minuti fa e non voglio essere ridondante o ripetitivo e quindi, più che reiterare sintesi già celebrate, trovo più utile augurare a tutti noi e soprattutto alla nostra Europa e ai tanti cittadini dell'Unione, che sentono a rischio la loro qualità della vita, un nuovo anno di prosperità e certamente giustizia.

 
  
MPphoto
 

  Reinhard Rack (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, i progressi registrati nell’integrazione in ambito giudiziario, un settore considerato tradizionalmente di prerogativa degli Stati, sono senz’altro positivi e riflettono il nuovo stile di vita dei cittadini dell’Unione. Tuttavia, e riprendo qui una considerazione più volte formulata da altri, questa integrazione non deve interessare troppo in profondità delle strutture evolute in base alle consuetudini e, soprattutto, che si dimostrano funzionanti. Non si può misurare tutto con il medesimo metro.

I documenti pubblici e i pubblici ufficiali sono organizzati in maniera molto eterogenea nei diversi Stati membri. In Austria, ma non parlo solo del mio paese, lo studio notarile quale ufficio pubblico di autenticazione dei documenti gode di una lunga tradizione e assicura un grado elevato di sicurezza e affidabilità. Non ha senso gettare tutto questo alle ortiche, soltanto perché la medesima figura professionale non esiste in taluni altri paesi. Dunque “sì” all’integrazione e all’apertura reciproca, ma con misura.

 
  
MPphoto
 

  Czesław Adam Siekierski (PPE-DE).(PL) Signor Presidente, ogni Stato membro ha il proprio ordinamento giuridico e i propri criteri per il riconoscimento dei documenti amministrativi. Il nostro scopo dovrebbe essere quello di semplificare al massimo la circolazione transfrontaliera degli atti autentici. Nel contempo dobbiamo tenere presente che la certezza e la sicurezza delle situazioni e degli atti di diritto ha la precedenza su questa circolazione più agevole dei documenti.

Dobbiamo anche armonizzare i principi per il riconoscimento dei documenti amministrativi, affinché la vita quotidiana dei cittadini sia più semplice e le imprese possano funzionare più agevolmente. Peraltro, questo è proprio quanto essi si aspettano da noi. Di certo queste regole consentiranno loro di risparmiare tempo e denaro. Dobbiamo lavorare per creare principi armonizzati per il riconoscimento reciproco degli atti autentici presso i singoli Stati membri, ma la portata di questo progetto non dovrebbe estendersi fino a includere documenti che non soddisfano i criteri di base.

 
  
MPphoto
 

  Rachida Dati, presidente in carica del Consiglio. − (FR) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli deputati, la presidenza ha seguito con estrema attenzione il vostro lavoro su questi tre argomenti.

Le relazioni testimoniano l’importanza che attribuite ad essi e sono certa che avremo altre opportunità per riparlarne anche in futuro. Vorrei di nuovo ringraziare l’onorevole Medina Ortega per le sue proposte e il suo apporto. Dobbiamo fare progressi nell’ambito della circolazione e del riconoscimento degli atti autentici.

Come lei ha giustamente menzionato, la sentenza "Unibank" stabilisce un quadro di riferimento e fornisce una definizione degli atti autentici. Come ha sottolineato poc’anzi l’onorevole Gauzès, la sua è una relazione eccellente che contribuirà a una migliore cooperazione in ambito giudiziario. Rivolgendomi a Diana Wallis vorrei parimenti precisare che ciò deve riguardare tutti i cittadini europei, ma che bisogna altresì assicurare che siano create le condizioni per una vera fiducia reciproca: è necessario per la certezza giuridica.

Desidero sottolineare anche l’impegno dell’onorevole Wallis nel settore della giustizia elettronica. Come lei ha ben spiegato, questo è uno strumento che consente di migliorare l’accesso alla giustizia. Non dimentichiamo che dieci milioni di persone sono coinvolte in contenziosi transfrontalieri, da cui sorge la necessità di disporre di modalità di comunicazione efficaci. Condivido l’incitazione del commissario Barrot a tenere fede a questa ambizione. L'intervento della onorevole Zdravkova va in questa direzione poiché la messa in rete del sistema giudiziario ci apre numerose prospettive.

Onorevole López-Istúriz White, condivido quanto ha detto in merito alla necessità di proteggere gli adulti vulnerabili e in particolare gli anziani. Mi rallegro dell’adozione di questa relazione che è in perfetta sintonia con le nostre raccomandazioni e ambizioni. Ringrazio anche l’onorevole Gill per le sue osservazioni e la sua testimonianza che rende questa relazione estremamente concreta.

Signor Commissario, anche lei ha manifestato il suo interesse per questo tema e spero che la discussione di oggi potrà arricchire la consultazione che mi pare stia organizzando.

Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli deputati, a nome della presidenza desidero ringraziare tutti gli oratori che sono intervenuti. Le osservazioni formulate sono estremamente pertinenti, concrete e infondono peraltro fiducia nell’avvenire, laddove dimostrano l’interesse dell’Unione per aspetti attinenti alla protezione dei cittadini europei.

Volendo trarre un bilancio su quanto compiuto dalla presidenza francese in tema di giustizia, posso dire che gli argomenti trattati sono stati concreti, le decisioni prese sono state anch’esse concrete e le ambizioni che nutriamo lo sono ancora di più. Questa è stata un’altra occasione privilegiata di dialogare con quest’Assemblea, nel corso della plenaria o in commissione, ma anche nel corso delle diverse conferenze tematiche che sono state organizzate in Francia su questi argomenti.

Vi ringrazio per l’eccellente cooperazione che è stata instaurata tra il Consiglio e il Parlamento e che ci ha consentito di avanzare molto rapidamente. Ricordo l’inizio della presidenza, quando discutemmo degli obiettivi e delle priorità: posso dirvi che gli obiettivi sono stati raggiunti e le priorità sono state ribadite. Penso che le presidenze successive a quella francese manterranno sicuramente questa medesima rotta.

 
  
MPphoto
 

  Presidente. – Ministro Dati, in qualità di Presidente devo a mia volta ringraziare lei e la presidenza del Consiglio per il lavoro compiuto e gli sforzi profusi negli ultimi sei mesi, anche da lei personalmente.

 
  
MPphoto
 

  Jacques Barrot, vicepresidente della Commissione. − (FR) Signor Presidente, Ministro Dati, onorevoli deputati, in merito alla relazione Medina Ortega, vi ricordo che terremo riunioni sul riconoscimento degli atti autentici nell’ambito del regolamento Bruxelles I. Approveremo una relazione relativa all’applicazione di Bruxelles I all’inizio del 2009 e nel corso del medesimo anno prenderemo in esame la sua eventuale revisione.

Come ho appena accennato, avremo un’altra riunione sullo strumento che disciplina le successioni e i regimi matrimoniali. La questione degli atti autentici sarà ripresa nell’ambito di un libro verde che verterà in generale sugli atti pubblici e la cui pubblicazione è prevista per la fine del 2009.

E’ indiscutibile che la libera circolazione di atti e documenti debba essere migliorata, come ha giustamente affermato la signora Ministro, ma nel contempo occorre garantire la sicurezza giuridica che presuppone una vera fiducia reciproca. E questo per quanto riguarda gli appuntamenti relativi agli atti autentici per i quali mobiliteremo molte delle nostre energie nei mesi a venire del 2009.

Per quanto concerne l’e-justice, posso confermarvi che la Commissione stipulerà a breve i contratti per lo sviluppo della prima versione del portale europeo di e-justice entro i tempi convenuti e, come già sottolineato, la messa in rete dei casellari giudiziari è di per sé un inizio promettente che prelude al successo di questa iniziativa a favore della giustizia elettronica.

Inoltre, come ho già preannunciato, seguiremo con estrema attenzione l’applicazione della Convenzione dell’Aia relativa alla protezione dei soggetti vulnerabili. Nel corso del 2009 valuteremo nel dettaglio quali siano i margini di miglioramento possibili e l’opportunità di un’iniziativa comunitaria su questa materia al fine di agevolare un’applicazione concreta dei disposti della Convenzione dell’Aia. Mi riferisco in particolare alla trasmissione dei fascicoli e all’informazione delle persone vulnerabili sui loro diritti. Questa è la risposta della Commissione.

Se mi consente, signor Presidente, vorrei congratularmi personalmente con il Ministro Dati, perché abbiamo avuto una presidenza francese estremamente attiva nell’ambito giudiziario, con seminari ai quali sia il Parlamento che la Commissione sono stati invitati a partecipare e che hanno infuso nuova sostanza alla discussione e, direi addirittura, posto le basi di questo nuovo programma di Stoccolma.

La ringrazio sentitamente per il suo impegno personale, per la capacità d’ascolto dimostrata dalla presidenza francese e per la maniera in cui anche lei ha lavorato alle disposizioni in materia di alimenti, alle comunicazioni dei casellari giudiziari e sul rafforzamento di Eurojust. Il bilancio è davvero molto positivo. I miei più sentiti complimenti!

 
  
MPphoto
 

  Manuel Medina Ortega, relatore.(ES) Benché questo Parlamento non sia molto prodigo di tempo, a causa delle caratteristiche insite nella sua modalità di funzionamento, in questa ora scarsa che abbiamo dedicato al tema della giustizia siamo riusciti a discutere con una certa profondità alcuni degli argomenti più urgenti. Con riferimento alla questione dell’atto autentico, credo opportuno operare una distinzione tra l’atto autentico e un documento privato, anche quando quest’ultimo implica il coinvolgimento di un notaio.

Un documento privato redatto da un notaio può essere riconosciuto quale atto che esprime la volontà delle parti. Presso taluni ordinamenti, il notaio ha il solo compito di attestare che le parti contraenti hanno espresso la propria volontà. Questo viene riconosciuto universalmente come il principio di autonomia della volontà e di riconoscimento della sua esistenza.

Ma quello in discussione è uno strumento completamente diverso. Ci riferiamo qui a un documento pubblico che comporta l’intervento di una figura pubblica – il notaio nella maggior parte dei paesi dell’Europa continentale – che è stata investita di un’autorità pubblica. L’atto così prodotto ha un valore molto simile a quello di una sentenza.

Per adesso non è stata fatta alcuna discriminazione sulla base del paese di origine. Se le norme relative all’atto autentico europeo fossero approvate, qualsiasi paese europeo potrebbe utilizzare questo documento e ottenerne il riconoscimento, ma a tal fine l’ordinamento giuridico del paese dovrebbe garantire a esso il medesimo riconoscimento che viene garantito anche negli altri paesi.

In altre parole, il terzo elemento necessario per il riconoscimento dell’atto autentico è che questo non può produrre all’esterno del paese un effetto diverso da quello cui dà luogo entro i confini nazionali. Più precisamente allora, un documento notarile inglese è riconosciuto in Europa continentale solo nella misura in cui viene riconosciuto anche dal diritto inglese; non può ottenere un riconoscimento maggiore. Per esempio, un documento legale inglese non può essere riconosciuto in Francia alla stregua di un documento pubblico francese, perché non ne condivide le medesime caratteristiche. Si tratta infatti di un documento completamente diverso.

Non esiste alcuna forma di discriminazione in questo senso. Piuttosto, stiamo tentando di istituire un sistema comune per l’intera Unione europea e ritengo possibile che alcuni paesi, in cui attualmente questo tipo di documento non figura, lo adotteranno di conseguenza. In questa prospettiva, l’approvazione di un unico atto europeo sarebbe uno strumento importante.

 
  
MPphoto
 

  Diana Wallis, relatore. (EN) Signor Presidente, mi scuso ma non riesco a trattenermi. L’onorevole Medina afferma che l’atto autentico deve essere un atto pubblico e proprio per questo ribadisco che dobbiamo analizzare la questione con attenzione e in profondità. Dal punto di vista del common law inglese, un notaio inglese è un funzionario del tribunale, autorizzato da questo a redigere documenti, e pertanto i documenti che esso predispone sono atti pubblici. Vi prego di tentare di comprendere questo punto di vista. Ci sono dei punti in comune che meritano un esame più approfondito da parte di altre giurisdizioni e tradizioni giuridiche.

Chiudo adesso questa parentesi dialettica per rivolgermi alla presidenza francese: Ministro Dati, la ringrazio per la cooperazione e per il lavoro compiuto dalla sua équipe e da altri durante questi mesi di presidenza. Siete stati favolosi. Siamo riusciti a compiere tanti progressi e la determinazione e la volontà con cui è intervenuta per cambiare l’esperienza che i cittadini hanno della giustizia è stata apprezzata immensamente. Grazie. Sentiremo la sua mancanza.

 
  
MPphoto
 

  Presidente. – Adesso dovrei dare la parola all’onorevole López-Istúriz White, ma questo mio connazionale mi ha riferito che desidera concedere un minuto del suo tempo al collega Toubon.

 
  
MPphoto
 

  Jacques Toubon (PPE-DE). – (FR) Signor Presidente, onorevoli colleghi, Ministro della Giustizia, è proprio a questo titolo che mi rivolgo a lei al termine di questa discussione. In effetti, con la presidenza portoghese, la presidenza slovena e oggi la presidenza francese, nella persona del ministro Dati come guardasigilli, credo veramente – e lo dico sulla base della mia esperienza come ex ministro della Giustizia – che in Europa siamo riusciti a superare un valico e a giungere a un punto di non ritorno.

Oggi si sta avviando tra i sistemi giuridici e giudiziari, per loro natura diffidenti gli uni degli altri, un processo di ravvicinamento, di riconoscimento e di armonizzazione. Su taluni temi prevale addirittura la tendenza a redigere legislazioni di stampo comunitario, del tutto o in parte, come per esempio nel caso delle prescrizioni in materia di mantenimento. Oltre a quanto siamo stati costretti a fare per necessità, per esempio in materia di sicurezza, diritto penale e lotta contro il terrorismo, oggi ci occupiamo di coloro che hanno bisogno di regole e di una disciplina dei contenziosi valide in tutta Europa perché vivono nel loro paese ma anche altrove, perché lavorano e intessono rapporti con altri soggetti in tutta Europa.

Signor Presidente, dobbiamo palesare questo punto di svolta, che è senz’ombra di dubbio il segno lasciato dalla presidenza francese. I miei colleghi lo hanno già detto, ma dobbiamo sottolineare che è stato compiuto in ambito giudiziario un passo storico incontestabile in materia di cooperazione e legislazione. Credo che l’Europa non sarà più la stessa il giorno in cui le persone sentiranno davvero che lo Spazio di giustizia europeo è qualcosa di più di una pia intenzione.

 
  
MPphoto
 

  Antonio López-Istúriz White, relatore.(ES) Signor Presidente, credo che questa sia stata una soluzione ottimale e la ringrazio per la cortesia dimostrata nei confronti miei e del collega.

Per quanto mi riguarda, posso dire di avere apprezzato gli interventi e i ringraziamenti, in particolare quegli interventi più positivi sulla mia relazione, e la collaborazione intrattenuta durante la stesura della relazione con la commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni.

Vorrei riprendere in particolare l’intervento del collega Rogalski. Come deputato spagnolo e della circoscrizione delle isole Baleari, il motivo per cui ho deciso di occuparmi di questa relazione è stato aiutare gli anziani che vivono sulle isole spagnole come residenti o turisti. Ritengo essenziale garantire loro questo tipo di protezione.

A nessuno sarà dunque sfuggito che ho incluso il mio paese tra quelli che spero ratificheranno e firmeranno a breve la Convenzione dell’Aia.

Mi discosto da quanto detto dal Ministro Dati solo su un punto. Come avete potuto osservare, non ho menzionato nessuna altra presidenza. Mi unisco al coro per dire che, dopo tutto, ci sarebbe piaciuto che la presidenza francese fosse durata molto più a lungo. Per molti di noi è stata troppo breve.

Questo è l’unico punto su cui le nostre opinioni divergono.

 
  
MPphoto
 

  Presidente. − La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà oggi alle 11.30.

(La seduta, sospesa alle 11.00, riprende alle 11.35)

Dichiarazioni scritte (articolo 142 del regolamento)

 
  
MPphoto
 
 

  Louis Grech (PSE), per iscritto. (EN) Questa iniziativa mira a istituire un quadro legislativo chiaro e completo, volto a promuovere ulteriormente il riconoscimento degli atti autentici e ad agevolare la loro esecuzione.

Fino ad oggi, il riconoscimento degli atti autentici tra gli Stati membri è stato gestito in maniera incoerente, creando così un clima di incertezza legale e di aleatorietà per i cittadini e le imprese.

La creazione di un sistema comune per il riconoscimento reciproco e l’esecuzione degli atti autentici gioverà all’Unione europea perché comporterà un risparmio di tempo, costi più contenuti e specialmente l’applicazione di procedure semplificate. Rendendo gli atti autentici più sicuri, questa iniziativa ne promuoverà anche la libera circolazione.

L’esecutorietà dell’atto autentico e il suo valore probatorio superiore potrebbero contribuire allo sviluppo economico e all’integrazione dell’Unione europea, agevolando la circolazione di merci e servizi. Questo aspetto è particolarmente importante nell’attuale fase di crisi economica e auspico pertanto l’attuazione rapida di questa normativa.

Approvo anche che la relazione limiti il proprio campo di applicazione agli atti autentici e rispetti la specificità dei contratti privati e di altre categorie intermedie di atti.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. PÖTTERING
Presidente

 

4. Benvenuto
Video degli interventi
MPphoto
 
 

  Presidente. − Mi pregio di informarvi che una delegazione dell’Assemblea nazionale del Vietnam è oggi presente in quest’Aula in occasione della settima riunione interparlamentare tra il Parlamento europeo e il Vietnam. Un caloroso benvenuto a tutti i deputati vietnamiti!

(Applausi)

Questa riunione ha luogo in un momento cruciale per i nostri rapporti. Il Vietnam sta infatti negoziando un accordo di cooperazione e partenariato con l’UE, oltre a rivestire un ruolo di primaria importanza nell’ambito dell’ASEAN, l’Associazione delle nazioni del Sud-Est asiatico, con cui l’Unione europea sta negoziando un’area di libero scambio. Come sapete, l’onorevole Nassauer presiede la nostra delegazione.

Desidero porgere un caloroso benvenuto alla delegazione vietnamita guidata da Nguyen Van Son, presidente della commissione per gli affari esteri dell’Assemblea nazionale vietnamita, e augurarvi una discussione fruttuosa. Certo, ci siamo già visti ieri.

Ma vi porgo nuovamente un caloroso benvenuto.

 

5. Composizione dei gruppi politici: vedasi processo verbale
Video degli interventi
  

 
  
MPphoto
 

  Nicolae Vlad Popa (PPE-DE). - (EN) Signor Presidente, vorrei ringraziare tutti i colleghi per avere sostenuto la dichiarazione scritta sulla fibrosite. E’ il più bel regalo di Natale che potevamo fare ai milioni di persone affette da questa patologia. Grazie a tutti.

(Applausi)

 

6. Turno di votazioni
Video degli interventi
MPphoto
 
 

  Presidente. − L’ordine del giorno reca il turno di votazioni.

(Per i risultati e ulteriori dettagli della votazione: vedasi processo verbale)

 

6.1. Modifica dell’accordo interistituzionale del 17 maggio 2006 sulla disciplina di bilancio e la sana gestione finanziaria (A6-0509/2008, Jo Leinen) (votazione)

6.2. Modifica dell'accordo interistituzionale del 17 maggio 2006 sulla disciplina di bilancio e la sana gestione finanziaria (A6-0504/2008, Reimer Böge) (votazione)

6.3. Mobilitazione del Fondo di solidarietà dell'Unione europea (A6-0474/2008, Reimer Böge) (votazione)

6.4. Mobilitazione dello strumento di flessibilità (A6-0493/2008, Reimer Böge) (votazione)

6.5. Progetto di bilancio rettificativo n. 10/2008 (A6-0481/2008, Kyösti Virrankoski) (votazione)

6.6. Progetto di bilancio generale 2009, modificato dal Consiglio (votazione)
  

– Dopo la votazione:

 
  
MPphoto
 

  Éric Woerth, presidente in carica del Consiglio. − (FR) Signor Presidente, onorevoli parlamentari, questa votazione sulla seconda lettura del progetto di bilancio rappresenta l’ultima tappa di un iter contraddistinto da una cooperazione eccellente tra i due rami dell’autorità di bilancio e la Commissione. Desidero ringraziare molto calorosamente tutte le persone coinvolte: il presidente della commissione per i bilanci, l'onorevole Böge, i relatori, onorevoli Haug e Lewandowski, nonché il commissario Grybauskaité.

Insieme, in occasione della riunione di concertazione dello scorso 21 novembre, abbiamo definito un bilancio 2009 equilibrato, che garantisce un finanziamento ben calibrato alle politiche dell’Unione europea, tutelando nel contempo gli interessi dei contribuenti europei. Insieme abbiamo escogitato modalità di finanziamento per l’assistenza alimentare, adempiendo così al nostro dovere di solidarietà verso i paesi in via di sviluppo, e definito le misure concrete per uscire dalla fase di stallo in cui versa la politica di coesione e avviare finalmente i programmi per il periodo 2007-2013.

L’importanza di questa iniziativa è stata sottolineata dai capi di Stato e di governo in occasione del Consiglio europeo; essa rappresenta una parte fondamentale della risposta europea alla crisi economica sulla quale dobbiamo proseguire rapidamente il nostro lavoro. Il vostro voto permette di realizzare appieno i risultati della concertazione e, in sintonia con la procedura stabilita dal trattato, posso confermare che il Consiglio accetta il tasso massimo d’incremento stabilito nella seconda lettura.

 
  
MPphoto
 

  Presidente. − Ministro Woerth, la ringrazio per questa dichiarazione.

Siccome la Commissione non intende esprimersi, constato che la procedura di bilancio è conclusa in conformità alle disposizioni del Trattato e dell’Accordo interistituzionale del 17 maggio 2006. Prendo inoltre atto che, ai sensi dell’articolo 13 dell’Accordo interistituzionale, il Consiglio e il Parlamento convengono di accettare i saggi massimi d’incremento delle spese non obbligatorie risultanti dalla seconda lettura del Parlamento.

La procedura di bilancio può essere pertanto dichiarata conclusa e la versione definitiva del bilancio stabilita. Procederemo ora a sottoscrivere le varie dichiarazioni, ma dobbiamo esprimere ancora un altro voto.

(Il Presidente invita il presidente in carica del Consiglio Éric Woerth, il commissario Dalia Grybauskaitė, il presidente della commissione per i bilanci Reimer Böge e i relatori Jutta Haug e Janusz Lewandowski ad avvicinarsi.)

(Si procede alla firma del progetto di bilancio)

Ho appena appreso che oggi è il compleanno dell'onorevole Böge, pertanto ne approfitto per porgergli i miei più sinceri auguri.

 

6.7. Progetto di bilancio generale 2009, modificato dal Consiglio (tutte le sezioni) (A6-0486/2008, Jutta Haug/Janusz Lewandowski) (votazione)
  

– Dopo la votazione sull’emendamento n. 1:

 
  
MPphoto
 
 

  Jutta Haug, relatore. – (DE) Signor Presidente, nell’emendamento orale abbiamo tentato di tenere conto delle mutate circostanze. Vogliamo ribadire al Consiglio che il Parlamento è disponibile a negoziare sui 5 miliardi di euro per i quali la Commissione ha proposto una revisione. L’emendamento recita dunque – lo leggerò in inglese perché abbiamo lavorato su una versione inglese al fine di ottenere più rapidamente possibile un consenso tra tutti i colleghi:

“Esprime la forte volontà di avviare negoziati con il Consiglio sulla base della proposta della Commissione per una revisione del quadro finanziario pluriennale (QFP) 2007-2013 di 5 miliardi di euro nel quadro del proposto piano europeo di ripresa economica; prende atto delle conclusioni del Consiglio europeo del dicembre 2008 a tale riguardo”.

 
  
 

(L’emendamento orale è accettato)

– Dopo la votazione sull’emendamento n. 15:

 
  
MPphoto
 

  Jutta Haug, relatore. – (DE) Signor Presidente, la questione riguarda in questo caso le Scuole europee di Bruxelles. Ne abbiamo discusso a lungo e in più occasioni. Dobbiamo ritoccare verso il basso le cifre rispetto a quelle indicate nel testo perché vogliamo che la Commissione si attivi realmente. Nel nuovo testo abbiamo posto anche un termine temporale per la Commissione. Anche questa volta leggerò l’emendamento in inglese:

“Prende atto con preoccupazione della situazione cui sono confrontati gli attuali e futuri studenti delle scuole europee di Bruxelles, a causa del rinvio dell'apertura della quarta scuola a Laeken, tuttora in sospeso, e dell'attuale procedura d'iscrizione che comportano tragitti lunghi e inaccettabili per gli studenti; si attende che la Commissione, in cooperazione con la segreteria generale delle scuole europee a Bruxelles, presenti una procedura d'iscrizione rivista entro la fine di marzo 2009 con criteri comprensibili e obiettivi (compresi quelli della residenza principale e dei fratelli già iscritti) che entrerà in vigore con il prossimo periodo di iscrizioni”.

 
  
  

(L’emendamento orale è accettato)

– Dopo la votazione finale:

 
  
MPphoto
 

  Robert Goebbels (PSE). - Molto bene, ottimo anche così!

 

6.8. Convenzione sui beni mobili strumentali e relativo protocollo riguardante alcuni aspetti inerenti al materiale aeronautico (A6-0506/2008, Georgios Papastamkos) (votazione)
  

Prima della votazione:

 
  
MPphoto
 

  Georgios Papastamkos, relatore. (EL) Signor Presidente, onorevoli deputati, il commercio transfrontaliero di materiale aeronautico si è svolto finora in un clima d’incertezza legale. Il nuovo quadro normativo internazionale è stato concepito con l’intento di agevolare il finanziamento del materiale aeronautico, ovvero di aeromobili, motori e accessori, mediante la creazione di una garanzia internazionale particolarmente forte per i creditori (venditori a credito e istituzioni che forniscono il credito per tali vendite). In sostanza, il nuovo ordinamento ridurrà i costi per il finanziamento del materiale aeronautico a livello internazionale e consentirà al settore aeronautico di risparmiare miliardi di euro ogni anno. Inoltre gli effetti positivi di quello che è ora il quadro normativo più moderno nella storia della normativa finanziaria per il settore aeronautico si faranno sentire non solo su creditori e costruttori, ma anche sulle compagnie aeree, i dipendenti e i passeggeri.

 
  
MPphoto
 

  Presidente. − Questa relazione non è stata oggetto di una discussione e pertanto al relatore viene assegnato un tempo di parola di due minuti. Grazie, onorevole Papastamkos.

 

6.9. Piano d'azione europeo per la mobilità del lavoro (2007–2010) (A6-0463/2008, Monica Maria Iacob-Ridzi) (votazione)

6.10. Apprendimento permanente per la conoscenza, la creatività e l'innovazione - Attuazione del programma di lavoro "Istruzione e formazione 2010" (A6-0455/2008, Ljudmila Novak) (votazione)
  

– Prima della votazione:

 
  
MPphoto
 

  Ljudmila Novak, relatore. (SL) Si evince dalla relazione congiunta del Consiglio e della Commissione per il 2008 che sono stati compiuti alcuni passi avanti nell’apprendimento permanente ma che non possiamo ritenerci soddisfatti dei traguardi raggiunti sinora.

Tra le maggiori criticità rimangono gli abbandoni scolastici in giovane età, uno scarso coinvolgimento nella formazione permanente dei lavoratori più anziani e meno qualificati e il basso grado di qualificazione dei lavoratori immigrati. Tutto ciò a fronte di un’economia basata sulla conoscenza che avrà sempre più bisogno di manodopera più qualificata.

Nella mia relazione ho sottolineato la necessità di migliorare la qualità dell’istruzione a tutti i gradi affinché i bambini e i giovani siano in grado di acquisire pensiero e apprendimento autonomi, creativi e innovativi. I programmi di studio devono essere aggiornati di continuo e dobbiamo diffondere maggiormente l’uso del computer presso le persone di età più avanzata.

I programmi di apprendimento permanente devono essere collegati all’economia e sostenere l’imprenditorialità, fornendo ai cittadini le conoscenze che possono servire loro per costituire, gestire e sviluppare imprese proprie. E’ importante tenere conto delle esigenze, potenzialità e caratteristiche locali e regionali.

Esorto i governi degli Stati membri e le istituzioni dell’Unione europea a non tagliare i fondi per l’istruzione in questo momento di crisi finanziaria, perché un’istruzione di qualità a disposizione di tutte le fasce della popolazione è la migliore arma contro la povertà e il migliore strumento per superare l’attuale crisi.

Ringrazio i colleghi e l’Ufficio di presidenza per la collaborazione.

(Applausi)

 

6.11. Sicurezza dei giocattoli (A6-0441/2008, Marianne Thyssen) (votazione)
  

– Dopo della votazione sull’emendamento n. 142:

 
  
MPphoto
 

  Herbert Reul (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, ho un quesito di natura procedurale. Oggi votiamo qui una decisione, una direttiva sulla base di quanto concordato nell’ambito del dialogo a tre. Un iter analogo lo abbiamo avuto ieri in relazione allo scambio di emissioni. Giustamente oggi, dopo avere approvato la decisione generale, procediamo alla votazione separata degli altri emendamenti e questo modo di procedere mi pare corretto. Ma ieri non abbiamo fatto così. Non capisco perché questo medesimo iter non sia stato seguito anche ieri. Si trattava di un caso analogo, ma non vi è stata alcuna votazione separata e ciò non mi pare corretto. Ieri avevo infatti presentato alcuni emendamenti, insieme ad altri 40 colleghi, e credo di avere il diritto di chiedere che si effettui una votazione anche sugli emendamenti di ieri.

 
  
MPphoto
 

  Presidente. − Io svolgo semplicemente il mio lavoro e ho una funzione meramente esecutiva. Posso esercitare qualche influenza, ma non dispongo di un potere effettivo.

 
  
MPphoto
 

  Hannes Swoboda (PSE).(DE) Signor Presidente, forse lei potrebbe partecipare alla Conferenza dei presidenti al fine di proporre l’introduzione di una procedura generale. Io sarei senz’altro favorevole alla procedura seguita ieri, ma credo che in questi casi dovremmo avvalerci sempre del medesimo sistema di votazione.

 
  
MPphoto
 

  Presidente. − Faremo presente la questione alla Conferenza dei presidenti e formuleremo una decisione in merito.

 
  
MPphoto
 

  Evelyne Gebhardt (PSE).(DE) Signor Presidente, l’accordo tra il Parlamento europeo e il Consiglio comprendeva anche una dichiarazione della Commissione che ci era stata promessa dal commissario Verheugen. Ma lunedì scorso egli non ha rilasciato alcuna dichiarazione. Credevo che il commissario Verheugen, che oggi non è presente ma rappresentato dal commissario Barrot, avrebbe rilasciato questa dichiarazione sui tre punti più importanti per il Parlamento prima della votazione, ma finora non ho sentito alcuna dichiarazione. A questo punto vorrei davvero sapere quale sia la procedura prevista.

 
  
MPphoto
 

  Presidente. − Il Presidente non era stato messo al corrente della dichiarazione, di cui sono venuto a sapere in questo esatto momento. Quando ritiene la collega Gebhardt che sia il momento più opportuno per l’eventuale dichiarazione della Commissione, adesso o in seguito?

 
  
MPphoto
 

  Evelyne Gebhardt (PSE).(DE) Signor Presidente, la consuetudine vuole che la dichiarazione sia rilasciata prima della votazione, poiché essa è parte integrante del testo, ma sinora questo testo non è stato presentato ufficialmente al Parlamento in forma scritta. Pertanto dobbiamo prima di tutto ricevere ufficialmente il testo. Mi pare ovvio.

 
  
MPphoto
 

  Presidente. − Onorevole collega, lei mi appena detto che di consueto la dichiarazione è rilasciata all’inizio. Ma ormai siamo già oltre l’inizio.

Il vicepresidente Barrot può forse rilasciare la dichiarazione adesso.

 
  
MPphoto
 

  Jacques Barrot, vicepresidente della Commissione. − (FR) Signor Presidente, per rispondere all’onorevole Gebhardt, consegnerò a lei le tre dichiarazioni che potranno essere aggiunte agli atti.

 
  
MPphoto
 

  Presidente. − Signor Vicepresidente, quanto è lunga la dichiarazione? Se non è troppo lunga, la inviterei a leggercela, come richiesto dall’onorevole Gebhardt.

 
  
MPphoto
 

  Jacques Barrot, vicepresidente della Commissione. − (EN) Signor Presidente, le dichiarazioni sono tre: la dichiarazione della Commissione europea relativa alla vigilanza sulla sicurezza dei giocattoli, la dichiarazione della Commissione sulle prescrizioni per i giocattoli destinati a produrre un suono, la dichiarazione della Commissione sulla classificazione dei libri.

(FR) Posso leggervele.

 
  
MPphoto
 

  Presidente. − Questa è stata una spiegazione tecnica.

 
  
MPphoto
 

  Hannes Swoboda (PSE).(DE) Signor Presidente, date le circostanze chiederei che si proceda alla votazione ma senza effettuare la votazione finale. Potremo così leggere prima il testo e procedere con la votazione finale a gennaio, se tutti sono d'accordo.

(I deputati battono sui banchi in segno di approvazione)

 
  
MPphoto
 

  Presidente. − Interpreto la vostra reazione come un segno di approvazione della proposta dell'onorevole Swoboda. Procediamo pertanto con la votazione ma senza effettuare la votazione finale.

– Dopo la votazione sulla proposta emendata:

La votazione finale è rinviata fino a quando avremo sentito il testo integrale del parere espresso dalla Commissione.

 
  
MPphoto
 

  Jacques Toubon (PPE-DE). – (FR) Signor Presidente, ho seguito tutte le discussioni dall’inizio alla fine, specialmente lunedì sera. Dobbiamo assumere un atteggiamento responsabile a tutela della sicurezza dei cittadini che attendono con urgenza queste disposizioni destinate a migliorare la sicurezza dei bambini e delle famiglie. Non possiamo aspettare.

Lunedì sera, il commissario Verheugen ha illustrato nel minimo dettaglio il contenuto delle tre dichiarazioni che il commissario Barrot ha trasmesso. La deposizione di queste dichiarazioni è un atto puramente formale. Come ha detto il commissario Verheugen lunedì sera, noi possiamo e dobbiamo votare, questa è la nostra responsabilità nei confronti dei consumatori europei.

(Applausi)

 
  
MPphoto
 

  Presidente. − Onorevoli deputati, eravate di tutt’altro avviso appena un attimo fa. A questo punto votiamo se effettuare la votazione adesso o successivamente.

 
  
MPphoto
 

  Bernd Posselt (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, vorrei chiedere cortesemente perché il commissario non può leggere il documento che ha depositato. C’è forse un problema di principio?

 
  
MPphoto
 

  Presidente. − Onorevole Posselt, il commissario non può o non vuole rispondere alla sua domanda. Da parte mia, non posso rilasciare alcuna dichiarazione, perché questo non rientra nelle mie competenze.

 

6.12. Quadro europeo di riferimento per garantire la qualità dell'insegnamento e della formazione professionale (A6-0438/2008, Jan Andersson) (votazione)

6.13. Sistema europeo di crediti per l'istruzione e la formazione professionale (ECVET) (A6-0424/2008, Thomas Mann) (votazione)

6.14. Sistemi di pagamento e di regolamento titoli e contratti di garanzia finanziaria (A6-0480/2008, Piia-Noora Kauppi) (votazione)

6.15. Sistemi di garanzia dei depositi per quanto riguarda il livello di copertura e il termine di rimborso (A6-0494/2008, Christian Ehler) (votazione)

6.16. Obblighi in materia di comunicazione per le medie imprese e obbligo di redigere conti consolidati (A6-0462/2008, Ieke van den Burg) (votazione)

6.17. Approccio del Consiglio alla revisione del regolamento dell'OLAF (votazione)

6.18. Valutazione e sviluppo futuro dell'Agenzia FRONTEX e del sistema europeo di sorveglianza delle frontiere EUROSUR (A6-0437/2008, Javier Moreno Sánchez) (votazione)
  

– Prima della votazione sull’emendamento n. 4:

 
  
MPphoto
 

  Javier Moreno Sánchez, relatore.(ES) Signor Presidente, faccio riferimento all’emendamento n. 4 al paragrafo 12, lettera a), presentato dal gruppo confederale della Sinistra unitaria europea/Sinistra verde nordica.

In accordo con tale gruppo, propongo un emendamento orale volto a correggere alcune imprecisioni emerse nelle diverse versioni linguistiche. Lo leggerò molto lentamente in spagnolo.

Si tratta di sostituire le parole “ricorda che il requisito minimo per la cooperazione dell’UE con gli Stati terzi deve essere il rispetto degli obblighi internazionali” con “ricorda che la cooperazione dell’UE con gli Stati terzi deve essere basata sul rispetto degli obblighi internazionali”.

Con questo emendamento orale, il mio gruppo – come credo molti altri – sarà in grado di sostenere l’emendamento presentato dal gruppo confederale della Sinistra unitaria europea/Sinistra verde nordica.

 
  
 

(L’emendamento orale è accettato)

– Prima della votazione sull’emendamento n. 7:

 
  
MPphoto
 

  Weber, Renate (ALDE). - (EN) Signor Presidente, leggerò la versione modificata in inglese: “mentre l’effetto delle operazioni congiunte coordinate da Frontex è di giungere a una 'esternalizzazione dei confini' che potrebbe mettere in dubbio la conformità degli Stati membri agli obblighi assunti dall’UE in materia di protezione dei richiedenti asilo e dei rifugiati”.

 
  
 

(L’emendamento orale è accettato)

 

6.19. Impatto della contraffazione sul commercio internazionale (A6-0447/2008, Gianluca Susta) (votazione)
  

– Prima della votazione sull’emendamento n. 1:

 
  
MPphoto
 

  Carl Schlyter (Verts/ALE). - (EN) Signor Presidente, molti tra i nostri colleghi intendono votare a favore della proposta contenuta nella risoluzione dei Verdi di non attribuire ai provider Internet e delle telecomunicazioni alcuna responsabilità per i contenuti che appaiono su Internet eccetera, ma diversi tra questi colleghi non gradiscono il paragrafo 15 relativo a un altro argomento. Nello spirito di un compromesso natalizio noi vorremmo, tramite un emendamento orale, ritirare il paragrafo 15 dalla risoluzione al fine di consentire a più deputati di esprimere un voto positivo.

 
  
 

(L’emendamento orale è accettato)

 

6.20. Obblighi contabili delle medie imprese (votazione)

6.21. Atto autentico europeo (A6-0451/2008, Manuel Medina Ortega) (votazione)
  

– Dopo la votazione:

 
  
MPphoto
 

  Hartmut Nassauer (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, vorrei ritornare alla votazione finale sulla relazione Susta, in cui per errore abbiamo espresso voto contrario, mentre era nostra intenzione votare a favore. L’errore è stato dovuto a una leggera confusione a seguito dell’emendamento orale. La pregherei di accettare il nostro voto positivo per la votazione finale.

 

6.22. Giustizia elettronica (A6-0467/2008, Diana Wallis) (votazione)
  

– Dopo la votazione:

 
  
MPphoto
 

  Daniel Caspary (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, faccio riferimento all’articolo pertinente del Regolamento. Alcuni mesi fa abbiamo votato la relazione Bauer. In tale occasione ho chiesto per iscritto chiarimenti in merito a come si debbano votare gli emendamenti alle relazioni.

E’ palese che, quando in sede di voto finale chiediamo alla Commissione di attivarsi per una proposta legislativa, sia necessaria la maggioranza qualificata. Ma non riesco affatto a capire perché sia necessaria a priori una maggioranza qualificata anche per gli emendamenti. Purtroppo non ho ricevuto finora alcuna risposta.

La situazione si ripropone con questa relazione all’ordine del giorno. Sarei grato se i servizi potessero chiarirmi questo aspetto.

 
  
MPphoto
 

  Presidente. − Onorevole Caspary, sono appena stato informato che le è stata inviata una risposta in merito alla relazione Bauer. Spero che la riceverà prima di Natale.

 

6.23. Protezione giuridica degli adulti: implicazioni transfrontaliere (A6-0460/2008, Antonio López-Istúriz White) (votazione)

6.24. Prospettive di sviluppo per la costruzione della pace e la ricostruzione della nazione nelle situazioni postconflittuali (A6-0445/2008, Nirj Deva) (votazione)
  

PRESIDENZA DELL’ON. ROURE
Vicepresidente

 

7. Composizione del Parlamento: vedasi processo verbale
Video degli interventi

8. Composizione delle commissioni e delle delegazioni: vedasi processo verbale
Video degli interventi

9. Dichiarazioni di voto
Video degli interventi
  

Dichiarazioni di voto orali

 
  
  

- RelazioneHaug, Lewandowski (A6-0486/2008)

 
  
MPphoto
 

  Zuzana Roithová (PPE-DE). – (CS) Un aspetto positivo del bilancio approvato di recente per il 2009 è che esso stabilisce priorità chiare, per esempio di sostegno delle piccole e medie imprese, protezione del clima e dei paesi più poveri colpiti dall’emergenza alimentare. Purtroppo non abbiamo molte possibilità di utilizzare il bilancio allo scopo di risolvere la crisi finanziaria, sia in ragione della sua modesta entità rispetto ai bilanci degli Stati membri – di cui rappresenta appena l’uno per cento – sia per la mancanza di flessibilità nelle norme stabilite per il bilancio pluriennale del periodo 2007-2013. Apprezzo gli sforzi compiuti dai deputati che hanno discusso con la Commissione affinché fossero apportate alcune correzioni, almeno per quanto concerne i problemi internazionali. Purtroppo il Consiglio non ha voluto concedere maggiore flessibilità. Con la ratifica del trattato di Lisbona, al Parlamento europeo saranno conferiti maggiori poteri.

 
  
MPphoto
 
 

  Frank Vanhecke (NI). - (NL) Signora Presidente, poiché per mia natura sono molto critico sul modus operandi e le istituzioni dell’Unione europea, va da sé che io abbia votato contro questa relazione sul bilancio 2009. Innanzi tutto non sono affatto convinto che le istituzioni europee stiano spendendo in maniera accorta l’abbondante flusso di denaro che perviene loro tramite il gettito fiscale.

In secondo luogo ci immischiamo, a mio avviso, in troppi ambiti della politica e le sovvenzioni che eroghiamo agli Stati membri sono sempre considerate da questi come fondi europei di sorta che non hanno nulla a che vedere con loro e che proprio per questo motivo sono in maniera inefficiente dagli Stati membri medesimi.

Peraltro ho osservato che ricevo poche risposte, se ne ricevo, alle interrogazioni parlamentari che presento in merito alle spese operative delle numerose agenzie e organizzazioni affiliate all’UE. Tutto questo mi rende assai sospettoso e non fa che rafforzare il mio voto sfavorevole a questo bilancio.

 
  
  

- Relazione Thyssen (A6-0441/2008)

 
  
MPphoto
 

  Ignasi Guardans Cambó (ALDE).(ES) Signora Presidente, vorrei puntualizzare brevemente che mi sono astenuto dal voto sulla relazione Thyssen relativa alla sicurezza dei giocattoli.

Ovviamente concordo con la relatrice e con la maggioranza di quest’Assemblea sulla necessità di garantire la sicurezza dei bambini e più in generale dei consumatori. Ritengo anche che si debbano rispettare le consuetudini culturali dei diversi Stati membri e soprattutto che la discussione sulla sicurezza non debba sfociare in estremismi legislativi che sfiorano il ridicolo, come in questo caso.

Alcuni dei requisiti di sicurezza introdotti con questa direttiva sfiorano senz’altro il ridicolo o per lo meno così è stato specialmente durante la discussione. La direttiva è stata salvata nel suo complesso. Andando avanti di questo passo, un giorno approveremo una direttiva per obbligare i bambini a indossare un casco ogni volta che escono di casa o a mettersi i guanti quando è freddo. A mio giudizio tutto ciò non ha senso, anche se è questa la direzione verso cui ci stiamo muovendo.

Pertanto, benché mi renda conto che la direttiva contenga anche degli aspetti molto positivi, credo anche che talvolta si spinga troppo oltre ed è per questo motivo che mi sono astenuto.

 
  
MPphoto
 

  Zuzana Roithová (PPE-DE). – (CS) Mi rallegro che siamo riusciti ad approvare la direttiva sulla sicurezza dei giocattoli in prima lettura e che abbiamo respinto l' assurda proposta dei Verdi e di alcuni socialisti per il collaudo obbligatorio di tutti i giocattoli da parte di organismi indipendenti. Essi hanno presentato questo emendamento come una sorta di blocco sebbene l’esperienza degli Stati Uniti e della Cina abbia dimostrato che i giocattoli sul mercato europeo sono difettosi nonostante i collaudi. Il nostro obiettivo è di rendere i produttori e gli importatori totalmente responsabili per la sicurezza dei giocattoli. E’ compito dei produttori attestare la conformità dei loro prodotti agli standard. L’articolo 18 della direttiva impone i collaudi soltanto nei casi in cui tali standard non esistono. Il costo dei collaudi esterni si aggira attorno ai 3 000 euro nella Repubblica Ceca. Questo disposto escluderebbe dal mercato le piccole imprese dell’Unione europea, mentre il collaudo dei giocattoli in Cina non costituirebbe comunque una garanzia della loro sicurezza. La responsabilità deve ricadere su importatori e produttori, che non devono assolutamente avvalersi di centri di collaudo non regolamentati in giro per il mondo. Mi rallegro per questo regalo che facciamo ai genitori.

 
  
MPphoto
 

  Hiltrud Breyer (Verts/ALE).(DE) Signora Presidente, non ho votato a favore della soluzione di compromesso sui giocattoli. Essa presenta tuttora un grave deficit di sicurezza, in particolare per quanto attiene alle sostanze chimiche. Le sostanze tossiche non devono finire in mano ai bambini, neppure in quantità minime. La decisione di oggi è deludente e peraltro poco ambiziosa. Esistono troppe scappatoie e manca una messa al bando chiara di tutti i metalli pesanti e delle fragranze allergizzanti. Non sono contenute prescrizioni in merito al rumore. E’ deplorevole scoprirci così pusillanimi quando è in gioco la sicurezza dei più piccoli.

E’ invero assurda la frenesia con cui si è cercato un consenso rinunciando a una prima lettura, solo per dare l’impressione che sotto l’albero di Natale la prossima settimana ci sarà un giocattolo sicuro, una vera assurdità e un delirio senza senso. Certo, la proposta contiene alcune migliorie ma non poteva essere altrimenti nella revisione di una direttiva ormai in vigore da 20 anni. La morale è che c’è tanto fumo e poco arrosto. Non possiamo delegare semplicemente la responsabilità all’industria. La responsabilità di una normativa chiara è nostra!

 
  
MPphoto
 

  Zita Pleštinská (PPE-DE). – (SK) Ho votato a favore della relazione Thyssen.

RAPEX sono solo cinque lettere, ma significano molto: un sistema di allarme rapido europeo che allerta i consumatori in merito a prodotti pericolosi.

Nel 2006, grazie a uno scambio rapido di informazioni tra gli Stati membri, sono pervenute 924 segnalazioni in totale, di cui 221 riguardavano giocattoli potenzialmente pericolosi. Le segnalazioni sui giocattoli riguardavano principalmente il rischio di lesioni ai bambini oppure l’allergenicità e altri problemi di salute che riguardano in particolare i bambini allergici.

Sono lieta che il Parlamento abbia approvato oggi la direttiva, poiché i fatti alla mano dimostrano senza dubbio che c’è un vuoto da colmare. Con il voto odierno su questa direttiva, che ne aggiorna una precedente di 20 anni fa, il Parlamento europeo ha compiuto un passo importante a favore della sicurezza e dell’igiene dei giocattoli, nonché a tutela della sicurezza dei bambini.

Mi compiaccio viepiù che questo iter in seno al Parlamento europeo sia seguito da un gruppo di visitatori slovacchi cui estendo un caloroso benvenuto e auguro una visita interessante in questa sede della democrazia europea.

 
  
MPphoto
 
 

  Kathy Sinnott (IND/DEM). - (EN) Signora Presidente, sono molto lieta che il voto sulla direttiva per la sicurezza dei giocattoli abbia avuto luogo oggi per il semplice motivo che, se vogliamo dare un messaggio forte al mondo in relazione ai giocattoli e alla loro sicurezza, dovevamo per forza farlo prima di Natale. Procrastinare il voto avrebbe significato annacquarne il messaggio. Questo è il momento dell’anno in cui le persone pensano ai giocattoli.

Anche quest’anno, come pure l’anno scorso, milioni di giocattoli cinesi sono stati ritirati dal mercato. I motivi di tale decisione sono estremamente gravi e riguardano la presenza nei giocattoli di piombo, arsenico, mercurio e policlorobifenile. Non importa quale sia l’uso teorico di un giocattolo – che si tratti di un libro o altro – so per esperienza di madre che prima o poi potrebbe finire in bocca a un bambino. Non si può mai essere abbastanza attenti con i giocattoli e sono lieta che abbiamo trasmesso questo messaggio oggi.

 
  
  

- Relazione Mann (A6-0424/2008)

 
  
MPphoto
 
 

  Milan Gaľa (PPE-DE). – (SK) Desidero ringraziare il collega Mann per questa relazione. Sappiamo quanto siano importanti le leggi che disciplinano la mobilità di studenti e lavoratori e rimuovere le barriere che impediscono loro di trasferirsi per rispondere alla legge della domanda e dell’offerta del mercato del lavoro europeo.

Il sistema europeo di crediti per la formazione professionale faciliterà il trasferimento, il riconoscimento e la cumulabilità dei titoli formativi. I crediti saranno riconosciuti anche per le qualifiche conseguite attraverso vari percorsi formativi a tutti i livelli del quadro di formazione europeo attinente all’apprendimento permanente.

Con il nostro voto positivo abbiamo aperto la via a un sostegno più ampio ad apprendimento permanente e occupazione, all’apertura, alla mobilità e all’integrazione sociale di lavoratori e persone che frequentano corsi di formazione. Promuoveremo così lo sviluppo di approcci flessibili e individuali, oltre che il riconoscimento di tipologie di apprendimento conseguite tramite una formazione sia scolastica che informale.

 
  
  

- Relazione Thyssen (A6-0441/2008)

 
  
MPphoto
 
 

  Miroslav Mikolášik (PPE-DE). – (SK) Vorrei innanzi tutto ringraziare la collega Thyssen per essere riuscita a condurci verso un compromesso meritevole, grazie al quale i nostri bambini non maneggeranno giocattoli costruiti con materiali inadatti e nel contempo le nostre industrie non saranno penalizzate.

Come forse sapete, condivido appieno le limitazioni all’impiego di allergeni nei giocattoli; io stesso ho quattro bambini e non sempre ho fatto caso alla sicurezza di ogni giocattolo che passava nelle loro mani. I genitori in Europa spesso partono dal presupposto che se un giocattolo è in vendita in negozio, allora non potrà essere dannoso. Sono assai soddisfatto del lavoro che abbiamo compiuto insieme per inasprire la normativa affinché soltanto i giocattoli adatti ai bambini arrivino sugli scaffali dei negozi, poiché i piccoli sono i consumatori più vulnerabili.

Fino all’80 per cento dei giocattoli sul mercato UE sono importati e bisogna ricordare che nel 2007 sono stati ritirati dal mercato milioni di giocattoli prodotti in Cina perché non conformi alle norme europee. L’odierna circolazione delle merci implica che dobbiamo rivedere le norme per l’immissione dei prodotti sul mercato e i provvedimenti di controllo della loro conformità agli standard.

 
  
  

- Relazione Ehler (A6-0494/2008)

 
  
MPphoto
 
 

  Zuzana Roithová (PPE-DE). – (CS) (la parte iniziale dell’intervento è inudibile) assicurazione di deposito, che il Parlamento europeo ha proposto in maniera molto flessibile e in favore della quale ho votato, è chiaro. Vogliamo creare un livello minimo uniforme di protezione per i piccoli risparmiatori prevedendo una copertura assicurativa per i depositi fino a 50 000 euro. Intendiamo inoltre fissare un termine di preavviso breve per l’estinzione dei depositi, affinché i risparmiatori possano ottenere informazioni chiare, tempestive e precise sull’andamento dei loro depositi bancari anche in un momento di crisi. Questo provvedimento è indispensabile, perché i risparmiatori stanno trasferendo i propri depositi in maniera disordinata da banche solide a istituti che si sono salvati grazie alle garanzie offerte dallo Stato. Questa proposta è l’unica soluzione per ripristinare la fiducia dei piccoli risparmiatori e stabilizzare il mercato dei servizi bancari. Vorrei che la garanzia fosse estesa anche alle piccole e medie imprese, in quanto esse svolgono un ruolo insostituibile nelle società europee ma in tempo di crisi sono sempre quelle più a rischio.

 
  
  

– Proposta di risoluzione sull’approccio del Consiglio alla revisione del regolamento OLAF (B6-0627/2008)

 
  
MPphoto
 
 

  Frank Vanhecke (NI).(NL) Signora Presidente, ho votato a favore della risoluzione relativa all’OLAF perché concorde pienamente con la richiesta del Parlamento di maggiore autonomia dell’Ufficio per la lotta antifrode. Urge davvero un intervento. Dopotutto, al momento l’OLAF si distingue di poco da una qualsiasi direzione generale della Commissione ed è posto sotto la responsabilità politica del vicepresidente della Commissione. Questo sistema non è sano; pur godendo di un’autonomia operativa, l’OLAF è una sorta di ibrido e questa situazione deve cambiare. Bene.

Più in generale, ritengo che le istituzioni europee gestiscono sempre con grande noncuranza il notevole gettito fiscale a loro disposizione. L’OLAF dovrebbe disporre almeno delle risorse, degli uomini e del potere necessario a porre un freno agli aspetti più apertamente criminali di questo comportamento. Per quanto riguarda questa prodigalità nello spendere legittimamente le risorse, temo che noi stessi dovremo metterci un freno.

 
  
  

- Relazione Moreno Sánchez (A6-0437/2008)

 
  
MPphoto
 

  Frank Vanhecke (NI).(NL) Signora Presidente, ho votato a favore di questa relazione di qualità sorprendente su Frontex, perché posso solo plaudere alla richiesta di un rafforzamento di questa istituzione. Per quanto mi concerne, la lotta contro l’immigrazione clandestina dovrebbe figurare tra le massime priorità dell’Unione e, in questo contesto, gli accordi che Frontex ha stipulato con le autorità di paesi terzi sono particolarmente importanti. E’ apprezzabile che la relazione vada dritta al punto e critichi l’atteggiamento inaccettabile della Turchia, un paese candidato.

A mio modo di vedere, bisognerebbe sottolineare con forza che il rifiuto attivo delle autorità di un paese terzo – in questo caso la Turchia, niente meno di un paese candidato – di cooperare con Frontex dovrebbe avere ripercussioni immediate sui rapporti politici ed economici tra l’Unione e tale Stato, ovvero comportare la sospensione dei negoziati per l’adesione della non-europea Turchia.

 
  
MPphoto
 
 

  Philip Claeys (NI).(NL) Signora Presidente, ho votato a favore della relazione Sánchez, pur con talune riserve. In tutta franchezza, devo ammettere che nutrivo ridotte aspettative nei confronti della relazione, in ragione dello spirito di correttezza politica che generalmente permea i lavori della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni. Eppure bisogna dire che la relazione è equilibrata e affronta una serie di punti dolenti, tra cui la mancanza di cooperazione, o sarebbe più consono parlare di sabotaggio, da parte di paesi terzi come la Libia e la Turchia.

Certo nel caso della Turchia è riprovevole che un paese candidato sfugga ai propri obblighi in maniera così spudorata. Frontex – e questo è il punto in cui la relazione lascia un poco a desiderare – dovrebbe diventare uno strumento efficace di lotta contro l’immigrazione clandestina, ma anche contro il crimine internazionale e il traffico di stupefacenti e di armi.

 
  
  

- Relazione Susta (A6-0447/2008)

 
  
MPphoto
 

  Philip Claeys (NI).(NL) Signora Presidente, ho votato a favore della relazione Susta perché la contraffazione è senz’altro un grave problema e il testo in discussione è permeato dal buon senso.

In effetti concordo appieno con il paragrafo 30 della relazione che ci rammenta – e qui cito – che “la Turchia sarà un candidato credibile all’adesione soltanto se sarà in grado di recepire l’acquis comunitario e di garantire il rispetto pieno del DPI”. Da ciò si evince che la Turchia non è ancora un paese pronto per l’adesione all’UE e di questo prendo nota.

 
  
MPphoto
 
 

  Syed Kamall (PPE-DE). (EN) Signora Presidente, credo che tutti in quest’Aula – gremita, direi – concordiamo sull’importanza della proprietà intellettuale, sia per le economie della conoscenza, sia per i gravi danni che la contraffazione può arrecare ai consumatori di tutta Europa, per esempio nel caso di medicinali, alimenti o pezzi di ricambio per l’automobile contraffatti.

Avevo alcune riserve in merito alla risoluzione originale che enfatizzava eccessivamente il ruolo dei consumatori. Avremmo rischiato di trovarci in situazioni paradossali, per esempio con perquisizioni dei viaggiatori ai confini e la confisca di computer, lettori MP3 e iPod per verificare la presenza di eventuali materiali contraffatti. Grazie al cielo i Verdi hanno avanzato un’alternativa più ragionevole e sono stati più che disponibili, nello spirito di un compromesso natalizio, a ritirare l’emendamento immotivato sulle critiche delle imprese. Nel complesso, è stato un piacere votare a favore della risoluzione.

Adesso che mi sono tolto la soddisfazione di parlare a un’Aula deserta, vorrei concludere augurando a tutti coloro che sono ancora qui buon Natale e un felice Anno Nuovo.

 
  
  

- RelazioneLópez-Istúriz White (A6-0460/2008)

 
  
MPphoto
 
 

  Kathy Sinnott (IND/DEM).(EN) Signora Presidente, vorrei augurarle anch’io un felice Natale e rassicurarla del fatto che l’Aula non è completamente deserta.

Ho votato a favore della relazione López sulla protezione degli adulti, in particolare per quanto attiene agli aspetti transfrontalieri, perché so per esperienza quanto essa sia necessaria e anche perché spero che ciò ci avvicinerà di qualche passo al giorno in cui la mobilità in Europa sarà un dato di fatto. Nel caso in esame ci occupiamo di adulti che in un modo o nell’altro sono seguiti da un tribunale. Si tratta spesso di persone molto vulnerabili, talvolta di soggetti posti sotto tutela giudiziale o di persone disabili. Ma se consideriamo la questione in una prospettiva più ampia, l’intenzione della proposta è di consentire un giorno ai fruitori dell’assistenza sociale di spostarsi mantenendo tale assistenza, ovvero di offrire loro la medesima libertà di circolazione in Europa che viene riconosciuta ai lavoratori.

 
  
  

- Relazione Deva (A6-0445/2008)

 
  
MPphoto
 

  Kathy Sinnott (IND/DEM).(EN) Signora Presidente, ho votato contro la relazione Deva sulle prospettive di sviluppo per la costruzione della pace e la ricostruzione della nazione nelle situazioni postconflittuali a causa del n paragrafo in cui si dichiara che dovremmo essere in grado di prendere iniziative preventive, oltre che di risposta, che possano contemplare anche l’uso della forza militare come extrema ratio.

Questa è la dottrina Bush, forse gli altri deputati dell’Aula non vi hanno riconosciuto la dottrina che ci ha portato in Iraq, ma si tratta della medesima logica. Sarah Palin è stata criticata per non sapere quale fosse la dottrina Bush, ma mi chiedo se i deputati di questo Parlamento hanno capito di avere appena votato a favore di tale dottrina.

 
  
MPphoto
 

  Luisa Morgantini, a nome del gruppo GUE/NGL. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, non è mia consuetudine usare lo strumento democratico delle dichiarazioni di voto, lo faccio oggi per la prima volta a nome del mio gruppo.

Per motivare devo dire con dispiacere il nostro voto contro ad una relazione che io stessa, sia come redattrice del parere della commissione donne che come membro della commissione sviluppo, ho contribuito a definire. Questa è davvero una buona relazione e ringrazio molto Deva e la commissione sviluppo per il lavoro svolto.

Infatti siamo in sintonia con gran parte del testo: integrare analisi dei conflitti nella cooperazione, sostegno alla società civile e locale, lotta alla diffusione delle armi leggere, necessità di codici di condotta per soldati o polizia, riferimenti alla salute riproduttiva, trasparenza nell'uso delle risorse naturali e sostegno ai profughi. In particolare poi, sul rapporto e sulle politiche di genere c'è un grande mainstreaming. Allora perché votare contro? È semplice, perché in alcune sue parti cerca di inserire la componente militare negli aiuti allo sviluppo.

Questo Parlamento, la commissione sviluppo, la relazione Mitchell, hanno in realtà detto molto chiaramente nell'introdurre il regolamento e il DCI che i fondi allo sviluppo non devono essere usati per finanziare spese militari. Quindi non solo questo, ma il nostro Parlamento ha anche vigilato affinché nei country strategy paper non togliessero risorse allo sviluppo per le operazioni di sicurezza.

Quindi perché queste contraddizioni tra le diverse nostre risoluzioni? I fondi allo sviluppo vanno utilizzati per lo sviluppo, per l'educazione, la sanità, l'agricoltura, le comunità locali e le organizzazioni di donne. Le risorse della cooperazione sono troppo poche per sconfiggere la povertà, l'ingiustizia e anche per fare la pace, quindi nessuna commistione con il militare.

 
  
  

Dichiarazioni di voto scritte

 
  
  

- Relazione Böge (A6-0504/2008)

 
  
MPphoto
 
 

  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. (PT) L’UE ha deciso di creare un “nuovo strumento di risposta rapida all’impennata dei prezzi alimentari nei paesi in via di sviluppo” e ha approvato lo stanziamento di 1 miliardo di euro su tre anni.

Inizialmente era stato proposto di finanziare questo “strumento alimentare” dal margine disponibile della linea di bilancio 2 (Agricoltura) del quadro finanziario pluriennale (QFP) e tramite la revisione del massimale per la linea di bilancio 4 (Azioni esterne) del medesimo QFP. Alla fine si è tuttavia deciso di trovare la copertura finanziaria tramite lo strumento di flessibilità, la riserva per gli aiuti d’urgenza e una ridistribuzione delle risorse della linea di bilancio 4 dello strumento di stabilità.

Per finanziare questa iniziativa occorre modificare l’Accordo interistituzionale al fine di incrementare le risorse disponibili per il 2008 nella riserva per gli aiuti d’urgenza a 479.218.000 euro (in base ai prezzi attuali).

Pur considerando positivi gli obiettivi dichiarati dell’iniziativa, ribadiamo che essa non dovrebbe essere ridotta a una semplice modifica del bilancio volta a consentire all’UE di imporre un accordo in seno all’Organizzazione mondiale del commercio o nell’ambito degli accordi di partenariato economico con i paesi ACP. Tale strumento non deve essere un espediente per occultare la riduzione degli aiuti allo sviluppo da parte dell’UE o gli ingenti importi stanziati per rilanciare la corsa agli armamenti e militarizzare i rapporti internazionali di cui l’UE è protagonista.

 
  
  

- Relazione Böge (A6-0474/2008)

 
  
MPphoto
 
 

  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. (PT) Questa nuova proposta di rettifica del bilancio riguarda la mobilitazione del Fondo di solidarietà dell’UE – che ammonta a circa 7,6 milioni di euro – a favore di Cipro, colpita da una siccità protratta che ha causato danni per 176 milioni di euro.

La Commissione ha puntualizzato che “tenuto conto degli stanziamenti in eccesso nella linea 13 04 02 Fondo di coesione, non vi sarà bisogno di nuovi stanziamenti di pagamento per finanziare i pagamenti del Fondo di solidarietà dell'Unione europea per Cipro”. In altre parole, i finanziamenti necessari per fare fronte a questa calamità naturale proverranno dalla politica di coesione.

Gli “stanziamenti in eccesso” del Fondo di coesione sono motivati, tra l’altro, dai ritardi registrati nell’attuazione dei programmi di coesione presso i paesi interessati. Pertanto, anziché applicare un concetto di “solidarietà” che rischia di penalizzare i paesi economicamente meno sviluppati, avremmo dovuto prendere delle decisioni volte a prevenire le carenze croniche nell’esecuzione delle politiche strutturali e di coesione.

Vorremmo altresì richiamare la vostra attenzione, come abbiamo già fatto in passato, sulla necessità di accelerare l’iter per l’attivazione del Fondo di solidarietà, assicurare l’ammissibilità delle calamità regionali e riconoscere tangibilmente la specificità delle calamità naturali che interessano la regione mediterranea, come gli incendi e la siccità.

 
  
  

- Relazione Böge (A6-0493/2008)

 
  
MPphoto
 
 

  Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) L’aumento dei prezzi dei generi alimentari nei paesi in via di sviluppo è un problema estremamente grave che richiede un intervento rapido dell’UE al fine di contrastare gli effetti negativi sulle popolazioni più bisognose. In questa relazione, il Parlamento propone di finanziare con 420 milioni di euro una risposta rapida volta a mitigare gli effetti di questa situazione. Più precisamente, s’intende ricorrere allo strumento di flessibilità previsto dall’Accordo interistituzionale del 2006. In tale accordo, l’UE ha contemplato la possibilità di mobilitare uno strumento di flessibilità per finanziare spese identificate che non possono essere finanziate entro i massimali disponibili di una o più linee di bilancio del quadro finanziario pluriennale.

La proposta in esame risponde appieno ai requisiti istituzionali ed è senz’ombra di dubbio giustificata dalla politica di solidarietà dell’Unione europea. Vista la gravità della situazione, non sono state presentate obiezioni dagli organi decisionali.

Il tempo stringe e il nostro intervento rapido potrebbe fare la differenza tra una circostanza avversa e una vera e propria tragedia umana con conseguenze incommensurabili sullo sviluppo futuro di queste popolazioni.

 
  
  

- Relazione Virrankoski (A6-0481/2008)

 
  
MPphoto
 
 

  Derek Roland Clark (IND/DEM), per iscritto. − (EN) L’Independence Party britannico ha votato a favore della relazione perché così facendo 4,9 miliardi di euro di stanziamenti non spesi saranno restituiti ai governi nazionali.

 
  
MPphoto
 
 

  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. (PT) In questo esercizio finanziario (2007 e 2008), il Fondo di solidarietà è stato mobilitato nove volte (Germania: 166,9 milioni di euro; Regno Unito: 162,3 milioni di euro; Grecia: 99 milioni di euro; Francia: 17,1 milioni di euro; Ungheria: 15 milioni di euro; Slovenia: 8,2 milioni di euro e Cipro: 7,6 milioni di euro) per un totale di circa 477,3 milioni di euro rispetto al massimale previsto di 1 miliardo di euro l’anno.

Senza mettere in questione l’evidente necessità di questo strumento e senza entrare nel merito dell’iter necessario per attivare e rendere disponibile (in ritardo) questo aiuto, rimane la questione dell’origine delle dotazioni mobilitate, in particolare con riferimento all’attuale progetto di bilancio rettificativo.

In altre parole, pur riconoscendo la necessità urgente di fornire assistenza nel caso di calamità naturali, si mette in questione l’origine di questi stanziamenti, tanto più se essi sono “sottratti” alla politica di coesione anziché, per esempio, provenire dagli stanziamenti per la progressiva militarizzazione dell’UE. Riteniamo che la politica di coesione vada salvaguardata.

Da ultimo vorremmo sottolineare, come abbiamo già fatto in altre occasioni, la necessità di apportare modifiche alle procedure del fondo di solidarietà al fine di renderne più rapida la mobilitazione, pur garantendo che sia mantenuta l’ammissibilità delle calamità regionali e riconoscendo concretamente la specificità delle calamità della regione mediterranea, quali gli incendi e la siccità.

 
  
  

- Progetto di bilancio generale dell’Unione europea – Esercizio 2009, modificato dal Consiglio

 
  
MPphoto
 
 

  Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. (SV) Junilistan ritiene possibile dimezzare i contributi degli Stati membri all’UE. La maggior parte del denaro dell’UE è speso per attività superflue o socioeconomicamente dannose, quali la politica agricola, il fondo di coesione, la politica per la pesca e le sovvenzioni a diversi tipi di campagne informative. A questo si aggiungono i costi per il pendolarismo tra Strasburgo e Bruxelles del Parlamento europeo e di altre istituzioni come il Comitato economico e sociale europeo e il Comitato delle regioni che dovrebbero essere smantellate immediatamente.

La politica agricola è particolarmente odiosa, poiché trasferisce il denaro dai consumatori a beneficiari spesso molto facoltosi. Gli agricoltori dei paesi poveri del mondo sono penalizzati dalla concorrenza degli agricoltori sovvenzionati dell’UE.

Le varie istituzioni UE si prodigano in costanti esortazioni agli Stati membri a ridurre la loro spesa pubblica. Nel contempo, quest’Aula richiede continui aumenti delle spese comunitarie. L’intera situazione è assurda. Gli Stati membri spendono il denaro pubblico per le scuole, la sanità, la ricerca, le infrastrutture e l’assistenza alle fasce più deboli della società, mentre l’UE convoglia il denaro in una politica agricola folle, in fondi strutturali gestiti male e nel finanziamento di istituzioni comunitarie che avrebbero dovuto essere chiuse già da tempo.

Il nostro “no” al progetto di bilancio deve essere interpretato come una richiesta di taglio drastico alla spesa nel bilancio UE e di dimezzamento dei contributi dovuti dagli Stati membri all’Unione europea.

 
  
  

- RelazioneHaug, Lewandowski (A6-0486/2008)

 
  
MPphoto
 
 

  Kader Arif (PSE), per iscritto. – (FR) Nel bilancio comunitario per l’esercizio 2009, noi socialisti abbiamo proposto e ottenuto l’approvazione di un’azione preparatoria per lo sviluppo del turismo sociale in Europa.

Tale progetto scaturisce dalla constatazione che numerosi cittadini rinunciano a viaggiare per motivi di ordine economico e che occorre ovviare a questa disuguaglianza assicurando opportunità di villeggiatura per tutti. Tale proposta ha peraltro una sua utilità anche per la gestione del territorio e lo sviluppo locale.

Con questa combinazione di integrazione sociale e sviluppo locale, favorendo l’accesso al turismo a fasce della popolazione che altrimenti difficilmente ne usufruirebbero, il turismo sociale incrementa la redditività del comparto turistico. Esso consente infatti di sviluppare un turismo destagionalizzato proprio nelle regioni in cui ha una forte connotazione stagionale e incoraggia in questo settore economico la creazione di posti di lavoro più duraturi. Inoltre il turismo sociale e associativo dimostra l’esistenza di un settore intermedio tra il mercato del tempo libero e l’economia non solvibile e che la pertinenza economica non è necessariamente incompatibile con una maggiore facilità di accesso per le masse. Grazie ai contatti che avvengono tra i cittadini europei tramite il turismo, esso contribuisce parimenti a rafforzare la cittadinanza europea.

Ho voluto ribadire l’importanza di questo settore, sia in termini di ricadute economiche che di risorse pubbliche.

 
  
MPphoto
 
 

  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. (PT) A dispetto delle analisi economiche che prevedono una recessione in diversi Stati membri – alcuni dei quali sono già tecnicamente in fase recessiva – il Consiglio e il Parlamento stanno approvando per il 2009 un bilancio comunitario che è inferiore, in termini di pagamenti, rispetto a quello del 2008.

Inoltre, se raffrontiamo l’attuale progetto di bilancio per il 2009 con il massimale per l’anno indicato nel quadro finanziario pluriennale 2007-2013, che al tempo avevamo già dichiarato insufficiente a garantire la coesione economica e sociale in un’UE allargata a 27, la situazione è anche peggiore, poiché questo bilancio rivela un buco di circa 8 miliardi di euro!

Il bilancio UE per il 2009 è il più basso in termini percentuali (0,89 per cento) rispetto al PIL comunitario da quando il Portogallo ha aderito alla Comunità Economica Europea.

Pur esprimendo “preoccupazione”, in particolare per “i possibili effetti di una recessione sui cittadini europei” e i livelli “estremamente bassi” dei pagamenti e di utilizzo degli stanziamenti entro la politica di coesione, il Parlamento approva il bilancio. Alla base di tutto questo c’è il tentativo di migliorare la propria immagine tra i lavoratori e i cittadini nei diversi paesi, senza interrogarsi sui principi di base, nella speranza che vada tutto secondo i piani alle prossime elezioni del Parlamento europeo in giugno.

Il nostro voto negativo è motivato da queste ragioni.

 
  
MPphoto
 
 

  Czesław Adam Siekierski (PPE-DE), per iscritto. – (PL) Il bilancio 2009 non soddisfa appieno le nostre aspettative e risponde solo in parte alle nuove criticità e alle preoccupazioni odierne. Esso rispecchia presupposti e obiettivi adottati in precedenza e, da questo punto di vista, è rispondente ai criteri stabiliti. Ho votato a favore della sua adozione, seppure ritenga opportuno richiamare la vostra attenzione sui seguenti aspetti:

1. è positivo incrementare gli stanziamenti a sostegno dello sviluppo agricolo nei paesi in via di sviluppo colpiti da carestie. Tuttavia dovremmo ricordare che, nell’Unione europea, quasi 80 milioni di persone vivono sulla soglia della povertà e 43 milioni di cittadini rischiano la denutrizione.

2. Nonostante la PAC, i redditi delle famiglie di agricoltori sono notevolmente inferiori a quelli delle famiglie che si sostentano tramite altre attività.

3. In Europa stiamo assistendo al crollo sistematico e alla bancarotta delle aziende agricole. Le scorte di prodotti agricoli sono in calo e ciò mette a rischio la sicurezza alimentare. Nel contempo c’è chi auspica tagli alla politica agricola comune.

4. La politica di coesione e quella strutturale menzionano entrambe la coesione territoriale, economica e sociale, oltre all’importanza di uniformare lo sviluppo e di creare pari opportunità di crescita, specialmente nelle regioni meno abbienti. In realtà, le aree meno favorevoli alla coltivazione e dove lo stato delle infrastrutture lascia molto a desiderare sono affette da un progressivo spopolamento.

 
  
MPphoto
 
 

  Andrzej Jan Szejna (PSE), in writing - (PL) Mi sono espresso a favore dell’approvazione della relazione predisposta da Jutta Haug e Janusz Lewandowski in relazione al progetto di bilancio UE per il 2009. E’ importante che, alla fine, i deputati siano riusciti a raggiungere un compromesso con il Consiglio per il finanziamento degli obiettivi prioritari del Parlamento, quali per esempio le misure atte a ridurre gli effetti della recessione economica, le iniziative di promozione della crescita, della coesione e dell’occupazione.

Il Parlamento aumenterà le risorse finanziarie destinate alla politica sociale e del lavoro, ovvero alle attività di incremento della competitività e della coesione. Tale spesa rientrerà nell’ambito del Fondo sociale, che riceverà ulteriori 135 milioni di euro, nonché del Fondo di sviluppo regionale e del Fondo di coesione. Nell’attuale, difficile situazione finanziaria dell’intera Unione europea, le iniziative di promozione della crescita e dell’occupazione rivestono un’importanza cruciale che deve riflettersi nel bilancio 2009. E’ encomiabile che il bilancio intenda incrementare i fondi destinati agli aiuti alle PMI.

I paesi in via di sviluppo potranno contare su aiuti finanziari volti a mitigare gli effetti di impennate improvvise nei prezzi dei generi alimentari e sarà stanziato anche un ulteriore miliardo di euro per prevenire la fame in questi paesi. Plaudo anche all’intenzione del Parlamento di limitare le proprie spese amministrative e di contenerle entro il 20 per cento della sua spesa complessiva.

 
  
  

- Relazione Iacob-Ridzi (A6-0463/2008)

 
  
MPphoto
 
 

  Alessandro Battilocchio (PSE), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, sostengo con un voto favorevole la relazione della collega Monica Maria Iacob-Ridzi sul piano d'azione europeo per la mobilità del lavoro (2007–2010).

La volontà di creare un vero e proprio mercato europeo del lavoro necessita di un adattamento delle legislazioni nazionali e di smaltire gli iter burocratici che a volte scoraggiano la mobilità dei lavoratori. L'Unione ha un ruolo fondamentale nell'armonizzare i sistemi nazionali di sicurezza sociale e la trasferibilità dei diritti di pensione complementare. È importante inoltre che si facciano sforzi per aumentare il grado d'informazione dei cittadini, non solo attraverso il miglioramento del portale EURES, ma anche tramite campagne informative europee.

 
  
MPphoto
 
 

  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Sebbene la relazione contenga diverse raccomandazioni che sosteniamo, sono state tutte formulate entro un contesto liberale. Mi riferisco per esempio alla volontà di includere il concetto della mobilità dei lavoratori in particolare nelle politiche volte al completamento del mercato interno, tralasciando il fatto che tali politiche non proteggono adeguatamente i lavoratori.

Oltre a queste raccomandazioni di per sé accettabili, la relazione enfatizza la dimensione economica e sociale della strategia di Lisbona, dimenticando che tale strategia propugna le politiche più neoliberali dell’Unione europea che hanno già dato origine a proposte come la rinomata direttiva Bolkenstein, la cosiddetta flessicurezza e la proposta del Consiglio per la direttiva sull’orario di lavoro.

La relazione è l’ennesimo documento di propaganda che si sforza di occultare la politiche antisociali dell’Unione europea e di ignorare le conseguenze del neoliberismo, anche se questo è ormai un segreto di Pulcinella. E’ sufficiente un’occhiata alle contraddizioni dei paragrafi 15 e 16 per comprendere perché ci siamo astenuti.

 
  
MPphoto
 
 

  Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. – (FR) Il problema, per il relatore, non sembra essere tanto la rimozione degli ostacoli giuridici o amministrativi alla mobilità professionale dei lavoratori europei sul territorio dell’Unione europea, quanto piuttosto il fatto che tale mobilità non è generalizzata e soprattutto obbligatoria. La relazione auspica una grande mescolanza delle popolazioni che acceleri l’estinzione delle nazioni europee. L’idea soggiacente è di favorire la concorrenza tra i salari, il dumping sociale e un’uniformazione verso il basso degli stipendi. Con la creazione di una tessera di previdenza sociale europea dai contorni alquanto sfuocati lavoriamo per mettere a repentaglio e smantellare i sistemi di protezione sociale nazionali.

Domandate cosa ne pensano della vostra mobilità gli operai francesi a cui è stato proposto, qualche anno fa, di mantenere il proprio posto di lavoro a condizione di lasciare tutto in patria per andare a lavorare in Romania a qualche centinaio di euro al mese!

Certo, la risoluzione dei problemi fiscali o di riconoscimento dei diritti sociali ai lavoratori transfrontalieri che hanno lavorato presso più Stati membri rientra tra le competenze dell’Unione europea. Ma non al prezzo di una precarizzazione sociale.

 
  
MPphoto
 
 

  Zita Pleštinská (PPE-DE), per iscritto. – (SK) La mobilità dei lavoratori è uno degli elementi fondamentali per conseguire gli obiettivi della strategia di Lisbona, eppure ancora oggi è ostacolata da barriere amministrative, giuridiche, fiscali o previdenziali. Le barriere amministrative sono costituite essenzialmente da discrepanze nelle normative nazionali in materia di occupazione di cui sono generalmente responsabili gli Stati membri.

Vorrei innanzitutto manifestare la mia delusione nel rilevare che alcuni Stati dell’UE-15 ancora applicano restrizioni all’impiego di lavoratori provenienti dai nuovi Stati membri, sebbene i timori palesati dai cittadini e dai governi di tali paesi non siano stati corroborati da studi economici o da dati statistici.

Alcune persone si rivolgono a me per i numerosi problemi che hanno incontrato quando hanno tentato di esercitare il loro diritto alla mobilità al di fuori del proprio paese di origine. Queste persone si sono viste rifiutare il riconoscimento dell’esperienza di mobilità maturata nell’ambito del loro percorso professionale e si confrontano con problematiche relative alla sicurezza sociale e alla pensione, specialmente nel caso di piccole e medie imprese. Anche le barriere linguistiche rappresentano un ostacolo importante alla mobilità dei lavoratori e delle loro famiglie; gli Stati membri devono incentivare l’insegnamento delle lingue straniere, in particolar modo per gli adulti.

Sono fermamente persuasa che campagne mediatiche efficaci possano diffondere tra i cittadini le informazioni pertinenti sulla rete EURES che offre uno sportello unico per la mobilità dei lavoratori in Europa, sulla rete TRESS o sullo strumento SOLVIT che aiuta a risolvere i problemi del mercato interno o inerenti alla mobilità dei lavoratori.

 
  
MPphoto
 
 

  Nicolae Vlad Popa (PPE-DE), per iscritto. (RO) Ho votato a favore della relazione perché la mobilità dei lavoratori è un diritto fondamentale garantito ai cittadini UE in forza del trattato. La mobilità rappresenta un pilastro fondamentale del modello sociale europeo che consente il raggiungimento degli obiettivi della strategia di Lisbona.

Mi complimento per questa relazione che, oltre a richiamare l’attenzione sugli ostacoli che impediscono la libertà di movimento nel mercato del lavoro ai lavoratori provenienti dai nuovi Stati membri, contiene anche spunti importanti a integrazione del Piano d’azione europeo per la mobilità del lavoro presentato dalla Commissione europea, come per esempio il sostegno a programmi che collegano l’istruzione con il mercato del lavoro, il mutuo riconoscimento delle qualifiche e l’ampliamento della rete EURES.

 
  
MPphoto
 
 

  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. Signor Presidente, onorevoli colleghi,

Esprimo il mio voto favorevole alla relazione della collega Iacob-Ridzi sul piano europeo per la mobilità del lavoro per il periodo 2007-2010. Concordo nel sostenere che la mobilità professionale tra gli Stati membri dell'Unione abbia contribuito in maniera positiva all'integrazione europea: esempi di ciò sono la facilità, rispetto al passato, con cui é possibile effettuare un soggiorno professionale in un altro paese e le possibilità, oggi molto più numerose, di avere accesso alle offerte di lavoro in paesi diversi da quello di provenienza. A questo punto, il tentativo di migliorare la situazione sul piano legislativo, amministrativo, fiscale e sociale, attraverso la rimozione degli ostacoli burocratici in questi campi, é da intraprendere. Tuttavia, é sempre bene tener presente che l'azione dell'Unione Europea non può prescindere dalla considerazione delle differenze socio-economiche tra i Paesi membri.

 
  
MPphoto
 
 

  Andrzej Jan Szejna (PSE), per iscritto. - (PL) In occasione della sessione di dicembre, il Parlamento aveva espresso il proprio voto sul piano d’azione europeo per le competenze e la mobilità, presentato dalla commissione per l’occupazione e gli affari sociali.

La mobilità dei lavoratori dipende dal principio fondamentale della libertà di circolazione delle persone all’interno del mercato unico, in conformità al Trattato che istituisce la Comunità europea. Insieme alla sicurezza, questa è una delle quattro libertà fondamentali cui hanno diritto i cittadini dell’Unione europea.

La legislazione comunitaria dovrebbe fare in modo che i lavoratori emigrati non perdano l’assistenza sociale cui hanno diritto. In questo ambito sono stati compiuti progressi importanti, ma dobbiamo continuare a lavorare per abbattere gli ostacoli amministrativi e giuridici alla mobilità che derivano da determinate normative in vigore presso alcuni Stati membri.

In effetti, la mobilità dei lavoratori può essere funzionale a potenziare la portata economica e sociale della strategia di Lisbona. La mobilità può essere un passo decisivo per dare nuovo slancio al programma sociale europeo e affrontare tutta una serie di sfide, quali il cambiamento demografico, la globalizzazione o il progresso tecnologico.

Sono favorevole al piano d’azione europeo per le competenze e la mobilità, oltre che alla proposta di creare un portale informativo e consultivo incentrato su tutti gli aspetti della mobilità dei lavoratori, come ad esempio le offerte di lavoro, la copertura sanitaria e l’assicurazione sociale, nonché il riconoscimento reciproco di qualifiche e formazioni.

 
  
  

- Relazione Novak (A6-0455/2008)

 
  
MPphoto
 
 

  John Attard-Montalto (PSE), per iscritto. (EN) Nonostante le numerose strategie che abbiamo approntato a favore dell’apprendimento permanente, la loro attuazione lascia molto a desiderare. Il grado d’impegno e di spesa varia da paese a paese. Purtroppo le tendenze positive nella spesa pubblica per l’istruzione cominciano in genere a dare segni di cedimento. Occorre destinare all’apprendimento degli adulti una quota adeguata del bilancio. Tale necessità è motivata dal fatto che la partecipazione degli adulti all’apprendimento permanente non sembra avere preso piede. Saranno necessari maggiori sforzi per incrementare le competenze della popolazione adulta e conseguire flessibilità e sicurezza in tutto il mercato del lavoro.

I datori di lavoro vanno incoraggiati a organizzare una proposta formativa per i loro dipendenti. Si consigliano incentivi volti a consentire ai lavoratori meno qualificati di partecipare a programmi di apprendimento. Occorre destinare particolare attenzione ai disoccupati di lungo periodo, in particolare quelli provenienti da contesti sociali svantaggiati, persone con esigenze particolari, giovani provenienti da istituti, ex-detenuti e tossicodipendenti che hanno effettuato un percorso di recupero.

 
  
MPphoto
 
 

  Charlotte Cederschiöld, Christofer Fjellner, Gunnar Hökmark e Anna Ibrisagic (PPE-DE), per iscritto. (SV) Dichiarazione di voto in relazione alla relazione sull’attuazione del programma di lavoro “Istruzione e formazione 2010”.

Oggi abbiamo votato a favore della relazione d’iniziativa (A6-0455/2008), presentata dall’onorevole Novak [Partito popolare europeo (Democratici-cristiani) e dei Democratici europei] sull’attuazione del programma di lavoro “Istruzione e formazione 2010”. La relazione formula numerose raccomandazioni costruttive, in particolare per quanto concerne le misure volte a facilitare la mobilità tra gli Stati membri per studenti e lavoratori.

D’altra parte, non crediamo che le raccomandazioni destinate a influire sui programmi di studio degli Stati membri siano compatibili con il principio di sussidiarietà. Il numero di ore da dedicare settimanalmente all’educazione fisica nelle scuole e l’eventuale introduzione di un’alfabetizzazione ai linguaggi dei mezzi di comunicazione nei programmi nazionali sono questioni su cui possono decidere al meglio gli Stati membri medesimi.

 
  
MPphoto
 
 

  Avril Doyle (PPE-DE), per iscritto. (EN) La comunicazione della Commissione pubblicata nel 2007 con il titolo “L’apprendimento permanente per la conoscenza, la creatività e l’innovazione” fa parte di una serie di relazioni interlocutorie biennali sull’attuazione del programma di lavoro “Istruzione e formazione 2010”. Pertanto la relazione illustra in sintesi i progressi compiuti ed esamina la situazione del coordinamento in materia di istruzione e formazione entro la prospettiva degli obiettivi della strategia di Lisbona che mirano a rendere quella europea l’economia più competitiva al mondo e a raggiungere la piena occupazione entro il 2010.

La relazione ci fornisce informazioni preziose sull’andamento di svariate iniziative educative, riuscite o meno, oltre a documentare gli strumenti e le misure idonei a conseguire ulteriori miglioramenti. La relazione fornisce obiettivi chiari, indicatori statistici e benchmark significativi.

Sostengo appieno gli sforzi compiuti per portarci verso la destinazione convenuta nella strategia di Lisbona ed esprimo un voto favorevole perché questa relazione lo merita.

 
  
MPphoto
 
 

  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Questa relazione contiene talune raccomandazioni importanti e condivisibili che chiedono maggiore sostegno economico e sociale, provvedimenti complementari e l’integrazione di immigrati e minoranze, sottolineano l’importanza dello sport nell’istruzione e nella formazione e la necessità di un maggiore sostegno all’istruzione pre-scolare e a insegnanti e studenti, in particolare nella scuola primaria e secondaria. La relazione sostiene anche le proposte della Commissione europea, compresa la strategia di Lisbona, e insiste sull’applicazione del processo di Bologna senza preoccuparsi minimamente delle sue implicazioni pratiche.

Basata sulla comunicazione della Commissione intitolata “L’apprendimento permanente per la conoscenza, la creatività e l’innovazione”, la relazione fa propria la sintesi dei progressi compiuti e di quelli ancora insufficienti, oltre a proporre misure per cambiare la situazione in sintonia con obiettivi che non sempre sono perfettamente condivisibili, poiché abbracciano il neoliberismo e insistono affinché sia applicato anche all’istruzione. Si tratta pertanto di una dichiarazione politica che può essere considerata un programma per gli anni a venire, con il quale ci troviamo sostanzialmente in disaccordo.

Per esempio, non possiamo accettare che l’ammodernamento dell’istruzione superiore passi attraverso un’integrazione delle riforme del processo di Bologna e una maggiore sponsorizzazione dal settore privato, in particolare nel caso di paesi come il Portogallo, dove l’istruzione pubblica superiore viene lasciata a languire.

 
  
MPphoto
 
 

  Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. (SV) Per l’ennesima volta la commissione per la cultura e l’istruzione del Parlamento europeo cerca di intromettersi in questioni relative all’istruzione. I rappresentanti di Junilistan desiderano puntualizzare a quest’Aula, ancora una volta, che la politica in materia d’istruzione è di esclusiva competenza degli Stati membri.

Come accade ogni volta nelle sue relazioni, la commissione per la cultura e l’istruzione si lancia in voli pindarici. Questa relazione solleva di nuovo la questione dell’educazione fisica nelle scuole. Il paragrafo 4 della proposta di relazione avanza l’ipotesi riservare all’educazione fisica almeno tre unità didattiche alla settimana.

Questo ennesimo caso esemplifica la volontà di politici e funzionari UE di interferire in qualsiasi ambito e a qualsiasi livello allo scopo di conseguire un accentramento del potere politico. La sussidiarietà è proclamata con belle parole ma non viene mai rispettata nelle politiche attuate.

Riteniamo che questo ambito non riguardi affatto il Parlamento europeo e abbiamo pertanto votato contro la relazione.

 
  
MPphoto
 
 

  Zita Pleštinská (PPE-DE), per iscritto. (SK) L’istruzione e la formazione professionale sono la forza trainante della strategia di Lisbona. Le strategie e gli strumenti generali per l’apprendimento permanente – in particolare il quadro di formazione europeo, l’Europass, il quadro delle competenze chiave e le raccomandazioni per la mobilità e la qualità dell’istruzione superiore – dovrebbero essere applicati con maggiore coerenza presso gli Stati membri. I governi degli Stati membri dovrebbero assumere un ruolo molto dinamico nelle politiche relative all’istruzione. Anche se il sistema di riferimento europeo per le qualifiche non sarà armonizzato fino al 2010, l’attuazione accelerata del quadro europeo delle qualifiche presso tutti gli Stati membri ridurrebbe le difficoltà che ancora incontrano i cittadini UE.

La mobilità di studenti e insegnanti è un aspetto fondamentale della mobilità professionale. Occorre dedicare maggiore attenzione a iniziative quali il processo di Bologna e i programmi Comenius, Erasmus e Leonardo da Vinci che consentono di studiare all’estero e sottolineano l’importanza della mobilità professionale per l’avvenire.

Il successo dell’istruzione dipende innanzi tutto dalla qualità dei programmi di studio e dell’insegnamento. Dobbiamo introdurre rapidamente nei programmi di studio l’insegnamento della cittadinanza europea, l’insegnamento delle lingue straniere o argomenti quali la protezione dei consumatori, la tutela dell’ambiente e la lotta contro il cambiamento climatico. E’ importante che gli Stati membri destinino risorse adeguate per la previdenza sociale degli insegnanti e per l’assunzione e la formazione in particolare degli insegnanti di lingue straniere.

Sono persuasa che se non riusciremo a rendere l’insegnamento una professione più ambita, ci troveremo a fare i conti con la carenza di specialisti qualificati nel comparto dell’istruzione.

 
  
MPphoto
 
 

  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. Signor Presidente, Onorevoli colleghi, dichiaro il mio voto favorevole alla relazione della collega Novak riguardante l'apprendimento permanente per la conoscenza, la creatività e l'innovazione e, in particolare, l'attuazione del programma di lavoro "Istruzione e formazione 2010".

Mi associo alla collega nel sottolineare che azioni nel campo dell'istruzione e della formazione meritino il sostegno sistematico da parte dell'Unione Europea attraverso politiche mirate, soprattutto nei settori critici che, secondo la comunicazione presentata nel 2007 dalla Commissione Europea, richiedono un miglioramento, come l'apprendimento permanente, anche in età adulta, la spesa pubblica e gli investimenti privati a favore dell'istruzione, l'abbandono scolastico, ancora troppo elevato a livello di scuola secondaria, e la pertinenza dell'istruzione rispetto al mercato del lavoro. Desidero inoltre rimarcare il fatto che il settore della formazione e dell'istruzione, la ricerca, l'innovazione e il trasferimento di conoscenze sono fondamentali per l'Europa di oggi e di domani e devono quindi essere oggetto dello sforzo congiunto a livello nazionale e comunitario.

 
  
MPphoto
 
 

  Tomáš Zatloukal (PPE-DE), per iscritto. – (CS) Signora Presidente, ho votato a favore della relazione della collega Novak riguardante il programma “Istruzione e formazione 2010”. Concordo con la necessità di sostenere l’efficacia e l’efficienza dei diversi sistemi d’istruzione. Un modo efficace per garantire a tutti i bambini, compresi quelli appartenenti a fasce svantaggiate, un’opportunità di apprendimento permanente consiste nel migliorare la qualità dell’istruzione prescolastica. La successiva istruzione elementare e secondaria deve aiutare gli studenti a sviluppare un pensiero creativo, nonché i talenti e le inclinazioni individuali che li aiuteranno a trovare un lavoro.

Nell’ambito della formazione specializzata dobbiamo migliorare la qualità e l’attrattività delle materie offerte, ma soprattutto collegare la formazione all’economia, ovvero il processo formativo deve rispondere alle esigenze del mercato del lavoro sia comunitario che, soprattutto, di una data regione. Per quanto concerne l’istruzione universitaria, concordo sulla necessità di aggiornare i programmi di studio affinché siano rispondenti alle esigenze socio-economiche attuali e future. I programmi d’istruzione per gli adulti dovrebbero essere articolati in particolare a sostegno delle persone più svantaggiate sul mercato del lavoro e dei datori di lavoro che offrono un apprendimento permanente ai loro dipendenti.

 
  
  

- Relazione Thyssen (A6-0441/2008)

 
  
MPphoto
 
 

  Ole Christensen, Dan Jørgensen, Poul Nyrup Rasmussen, Christel Schaldemose e Britta Thomsen (PSE), per iscritto. (DA) In linea di principio, la delegazione danese del gruppo del Partito del socialismo europeo in questo Parlamento è favorevole alla certificazione di taluni tipi di giocattoli da parte di enti terzi al fine di garantire la conformità di tali prodotti ai requisiti posti dall’UE. Tuttavia, questo emendamento non è formulato correttamente per conseguire questo obiettivo e, peraltro, la sua approvazione farebbe naufragare l’intero compromesso. Vogliamo migliorare i requisiti di sicurezza per i giocattoli e crediamo che questo obiettivo potrà essere meglio raggiunto, in generale, avallando il compromesso raggiunto dal Parlamento europeo e dal Consiglio.

 
  
MPphoto
 
 

  Carlos Coelho (PPE-DE), per iscritto. (PT) La direttiva sulla sicurezza dei giocattoli rappresenta un passo importantissimo per garantire la sicurezza dei nostri bambini. Era assolutamente indispensabile estenderne la portata e chiarire la legislazione relativa a un tema tanto importante. L’accresciuta responsabilità di produttori e importatori, nonché l’ampliamento avveduto del numero di sostanze proibite dimostrano il rigore con cui questo argomento è stato affrontato.

Mi devo complimentare con la relatrice per essere riuscita a stabilire regole volte a garantire la sicurezza dei bambini, tenendo conto anche della necessità di garantire la sopravvivenza e la stabilità delle piccole e medie imprese del comparto.

Comunque dobbiamo occuparci anche dell’accresciuta responsabilità che questo atto normativo impone agli Stati membri. Per conseguire l’obiettivo della direttiva, ovvero la sicurezza dei bambini, gli Stati membri devono ottemperare a maggiori obblighi in termini di vigilanza sul mercato.

Alla luce della situazione in Portogallo, dove l’ente pubblico di vigilanza competente per questi controlli si è dimostrato più volte inadempiente, invito gli Stati membri ad assumersi appieno le loro responsabilità. Il progresso che la direttiva ha ottenuto in termini di sicurezza deve essere affiancato da un’azione di sorveglianza efficace e responsabile a cura degli Stati membri.

 
  
MPphoto
 
 

  Gérard Deprez (ALDE), per iscritto. – (FR) I giocattoli devono essere articoli ancora più sicuri degli altri prodotti, perché i bambini sono consumatori estremamente vulnerabili. Eppure nell’Unione europea circolano ancora giocattoli pericolosi. Possiamo dunque compiacerci del compromesso raggiunto tra Parlamento e Consiglio in merito a una normativa che impone all’industria il rispetto di una serie di criteri di sicurezza quale requisito per l’immissione di un giocattolo sul mercato europeo.

Come molti altri compromessi, il testo contiene sia progressi che disposizioni deludenti.

Per quanto attiene ai progressi, citerei in particolare il dovere, da parte dei fabbricanti, di garantire che i loro giocattoli non abbiano effetti nocivi sulla salute o sulla sicurezza, l’inasprimento dei valori limite per i metalli tossici, una migliore prevenzione dei rischi di soffocamento e strangolamento a causa delle piccole parti smontabili, o ancora istruzioni più chiare sulle confezioni o sui giocattoli stessi.

Questi progressi spiegano il mio voto positivo sul testo definitivo.

Con riferimento alle delusioni, devo menzionare sia la moltiplicazione delle deroghe al divieto di utilizzo di sostanze cancerogene, mutagene e tossiche, sia la rinuncia alla certificazione da parte di enti terzi indipendenti. Avevo votato a favore di questa clausola che non è stata però mantenuta, con mio sommo dispiacere.

 
  
MPphoto
 
 

  Avril Doyle (PPE-DE), per iscritto. (EN) La proposta della collega Thyssen di una direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla sicurezza dei giocattoli intende migliorare le misure di sicurezza e limitare l’impiego di metalli pesanti pericolosi nella preparazione e costruzione dei giocattoli per bambini. La proposta intende rivedere radicalmente l’attuale direttiva in vigore (88/378/CEE) al fine di adeguarla alle specifiche precisate nella decisione relativa a un quadro comune per la commercializzazione dei prodotti.

Si va così ad ampliare il campo d’applicazione della direttiva fino a coprire i prodotti “a doppio utilizzo” che sono anche giocattoli; aumenta pertanto il numero di prodotti interessati da questa direttiva. In termini concreti, il testo affronta il problema dei rischi di soffocamento e dell’utilizzo di prodotti chimici in fase di produzione allo scopo di rimuovere o ridurre i pericoli per i bambini. A questa proposta natalizia posso garantire il mio consenso incondizionato.

 
  
MPphoto
 
 

  Edite Estrela (PSE), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della relazione Thyssen sulla sicurezza dei giocattoli, poiché credo che il testo di compromesso approvato porterà all’applicazione di requisiti di sicurezza più rigorosi per i giocattoli, laddove incrementa la responsabilità di produttori e importatori in relazione alla commercializzazione dei loro prodotti, oltre a rafforzare gli obblighi di vigilanza sul mercato da parte degli Stati membri.

Mi rammarico tuttavia che non sia stato accolto l’emendamento 142, con cui si richiedeva la valutazione della conformità dei giocattoli da parte di laboratori esterni prima della loro commercializzazione.

 
  
MPphoto
 
 

  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Il presente progetto di direttiva intende introdurre requisiti più severi per la sicurezza dei giocattoli, in particolare per quanto concerne l’utilizzo di sostanze chimiche e le caratteristiche elettriche. Questo nuovo atto legislativo precisa anche le caratteristiche fisiche e meccaniche al fine di ridurre i rischi di soffocamento. Esso stabilisce peraltro alcuni provvedimenti di rafforzamento del controllo sul mercato a cura degli Stati membri e impone nuovi obblighi ai produttori.

Lo scopo è dunque di migliorare la direttiva in vigore, tenendo conto di nuovi rischi alla sicurezza che potrebbero insorgere a seguito dell’ideazione e della commercializzazione di nuove tipologie di giocattolo, eventualmente costruite con materiali nuovi.

La discussione sulla direttiva e la successiva votazione hanno lasciato emergere diverse questioni. Le garanzie della Commissione europea non erano disponibili in fase di votazione e ciò ha causato un piccolo malinteso.

Inoltre alcuni esperti sono preoccupati perché i requisiti proposti non eliminano del tutto l’utilizzo di sostanze cancerogene, mutagene o tossiche per la riproduzione (note come sostanze CMR), pur imponendo maggiori restrizioni.

Esistono peraltro punti di vista discordanti sui valori massimi per i metalli, in particolare per arsenico, cadmio, cromo, piombo, mercurio e stagno, che sono altamente tossici e non andrebbero usati nelle parti dei giocattoli che possono entrare in contatto con i bambini.

Il nostro gruppo ha pertanto deciso di votare contro questa proposta.

 
  
MPphoto
 
 

  Robert Goebbels (PSE), per iscritto. – (FR) Mi sono astenuto dal voto sulla direttiva relativa alla sicurezza dei giocattoli in segno di protesta contro la prassi antidemocratica di presentare al Parlamento europeo delle relazioni negoziate nell’ambito di dialoghi a tre informali che impediscono alla nostra istituzione di svolgere il proprio lavoro secondo la procedura normale.

La direttiva proposta è inoltre una dimostrazione dell’assurdità del principio precauzionale. Il legislatore moltiplica le norme e i divieti per mettere a posto la propria coscienza, mentre i bambini se ne infischiano di tutte queste regole nei loro giochi.

 
  
MPphoto
 
 

  Małgorzata Handzlik (PPE-DE), per iscritto. – (PL) Il Parlamento ha approvato la direttiva sulla sicurezza dei giocattoli. Si tratta di una direttiva eccellente, in grado di migliorare la sicurezza dei giocattoli che finiscono nelle mani dei nostri figli. Questo strumento acquisisce un significato importante anche a seguito delle notizie sempre più frequenti di incidenti causati dai giocattoli, per esempio di bambini che ingoiano parti di giocattoli assemblati male. E’ opportuno ricordare che la stragrande maggioranza di tutti i giocattoli presenti sul mercato europeo – all’incirca l’80 per cento – sono importati dalla Cina.

La direttiva è riuscita a conciliare gli interessi delle associazioni dei consumatori con quelli dei rappresentanti dell’industria dei giocattoli. Posso soltanto felicitarmi di un accordo raggiunto su quello che per me, come genitore, è un atto normativo fondamentale. Entrambe le parti trarranno vantaggio da questa direttiva. I consumatori potranno essere certi che i giocattoli disponibili sul mercato europeo, e che finiscono nelle mani dei loro bambini, ottemperano a elevati standard di sicurezza, non contengono sostanze tossiche e riportano avvertenze chiare che possono essere lette al momento dell’acquisto del giocattolo.

L’industria del giocattolo ha ribadito spesso che non è possibile scendere a compromessi quando è in gioco la sicurezza dei bambini e i produttori sono pertanto favorevoli ai cambiamenti proposti. Tuttavia, queste modifiche non dovrebbero mettere a rischio la posizione dei produttori di giocattoli nel mercato europeo. L’accordo negoziato concederà all’industria un periodo transitorio di due anni per il suo adeguamento alla nuova legislazione in materia di sostanze chimiche.

 
  
MPphoto
 
 

  Eija-Riitta Korhola (PPE-DE), per iscritto. (FI) Signora Presidente, ho votato a favore della direttiva sulla sicurezza dei giocattoli perché rappresenta un miglioramento sostanziale. Da una lato, garantisce una maggiore sicurezza dei giocattoli e salvaguarda la salute dei bambini, laddove vieta il ricorso a sostanze allergizzanti o CMR, metalli pesanti e componenti che possono provocare soffocamento.

Dall’altro lato, la direttiva si è dimostrata un compromesso riuscito ed equilibrato, in cui si tiene conto del fatto che la maggioranza dei 2000 produttori europei di giocattoli sono prudenti e riconoscono la propria responsabilità. Non è giusto che siano penalizzati a causa del comportamento irresponsabile di una manciata d’importatori.

In questo particolare momento dell’anno, la direttiva sulla sicurezza dei giocattoli è una dimostrazione della volontà e della capacità dell’Unione di proteggere più efficacemente i consumatori e i loro bambini, che sono i soggetti più vulnerabili. Tuttavia è forse opportuno ricordare che nessuna legge può assolvere i genitori dalle loro responsabilità. La direttiva sulla sicurezza dei giocattoli da sola non può garantire che nel pacchetto regalo ci sia qualcosa di adatto al bambino.

 
  
MPphoto
 
 

  Mairead McGuinness (PPE-DE), per iscritto. (EN) Ho votato a favore della relazione Thyssen con piacere, anche se questioni di natura procedurale hanno rischiato di compromettere il voto finale.

I giocattoli devono essere sicuri e l’UE dovrebbe essere sempre in prima linea nelle questioni attinenti alla sicurezza.

E’ indispensabile prevedere un’interdizione totale dell’uso di sostanze chimiche che sono cancerogene, mutagene o tossiche per la riproduzione. Sebbene siano state previste deroghe per singoli casi, saranno concesse soltanto previo parere favorevole del comitato scientifico europeo.

E’ altresì opportuno vietare l’utilizzo di fragranze allergizzanti e 55 di tali sostanze d’ora in avanti non potranno essere utilizzate nei giocattoli.

Parimenti sono state imposte norme molto stringenti sull’uso dei metalli pesanti e sono stati fissati valori limite.

I genitori che comprano i regali di Natale quest’anno partono dal presupposto che i giocattoli sono sicuri. Questa direttiva riveduta sulla sicurezza dei giocattoli migliorerà sostanzialmente la situazione, che sarebbe già migliorata se il testo riveduto fosse stato già in vigore per queste festività.

 
  
MPphoto
 
 

  Rareş-Lucian Niculescu (PPE-DE), per iscritto. (RO) I dati sono più eloquenti di qualsiasi parola. La stampa rumena ha pubblicato proprio oggi i risultati di un controllo svolto dall’ufficio rumeno per la protezione dei consumatori. Gli ispettori hanno rilevato che in una recente ispezione il 90 per cento dei giocattoli controllati sono risultati non conformi alla normativa.

Alcuni giocattoli non recavano le istruzioni e non precisavano l’età consigliata per l’uso. Gli ispettori hanno trovato anche pistole e spade giocattolo ritenute pericolose. Altri giocattoli contenevano piccole parti facilmente staccabili.

Secondo i risultati di tale controllo, la Cina rimane il principale paese d’origine dei giocattoli pericolosi e ciononostante è il maggiore esportatore di giocattoli nell’Unione europea. Occorrono provvedimenti drastici per la sicurezza al fine di salvaguardare il benessere dei nostri bambini.

 
  
MPphoto
 
 

  Bart Staes (Verts/ALE), per iscritto. (NL) La nuova normativa sulla sicurezza dei giocattoli è un passo nella direzione giusta, anche se spreca alcune opportunità. Per questo motivo ho scelto di non approvare la relazione.

Per esempio, l’utilizzo di talune fragranze allergizzanti e, tra le altre, di sostanze chimiche cancerogene, mutagene o tossiche per la riproduzione è stato ridotto, ma tali sostanze non saranno interdette integralmente, bensì tolte gradualmente. Inoltre non sono stati fissati requisiti vincolanti per i giocattoli che producono suoni.

Un aspetto positivo è che, di fronte alla legge, gli importatori di giocattoli saranno equiparati ai produttori. Un aspetto meno positivo della direttiva sono le disposizioni poco incisive in materia di vigilanza sul rispetto degli standard di sicurezza per i giocattoli, poiché sono i produttori stessi a essere responsabili di questo aspetto della sicurezza.

La direttiva stabilisce che gli Stati membri devono svolgere analisi a campione, ma temo che questo disposto manchi di forza cogente.

I controlli sulla sicurezza sono casuali e, ad oggi, non esiste un vero e proprio marchio di qualità europeo che consenta ai genitori di fare scelte informate e di non comprare giocattoli potenzialmente pericolosi per la salute dei loro figli. Una certificazione obbligatoria da parte di enti indipendenti potrebbe ovviare a questa carenza. Gli Stati Uniti e la Cina attribuiscono entrambi notevole importanza alla sicurezza dei prodotti e hanno votato di recente una normativa che rende questi controlli obbligatori. Perché l’Europa è rimasta indietro?

 
  
MPphoto
 
 

  Catherine Stihler (PSE), per iscritto. (EN) Da tempo la normativa esistente in materia di sicurezza dei giocattoli necessitava di un aggiornamento. Accolgo con favore l’occasione di voto odierna. La sicurezza dei bambini deve annoverarsi tra le nostre massime priorità e spero che anche l’industria dei giocattoli prenderà sul serio questo aspetto.

 
  
MPphoto
 
 

  Bernadette Vergnaud (PSE), per iscritto. – (FR) Ritengo che il compromesso sulla relazione Thyssen sia troppo lassista in relazione alle regole per la sicurezza o alla presenza di sostanze chimiche nei giocattoli. Inoltre non è stato approvato l’emendamento in cui si prevedeva un controllo di conformità dei giocattoli tramite organismi indipendenti, sebbene sembra evidente che la sicurezza dei bambini debba essere posta innanzi agli interessi dei grandi gruppi industriali. Sono sempre stata favorevole a una vigilanza più severa sui prodotti in generale e tanto più sui prodotti destinati all’infanzia. Il contenuto finale deludente di questo atto – di gran lunga inferiore alle nostre ambizioni iniziali, pur consentendo alcuni progressi – mi ha convinta a scegliere l’astensione dal voto.

 
  
  

- Relazione Mann (A6-0424/2008)

 
  
MPphoto
 
 

  Avril Doyle (PPE-DE), per iscritto. (EN) Il sistema europeo di crediti per l’istruzione e la formazione professionale (ECVET) è stato concepito per agevolare e incoraggiare la mobilità transnazionale degli studenti e l’accesso alla formazione permanente. A livello operativo, l’ECVET migliorerà il trasferimento, il riconoscimento e la cumulabilità dei risultati di studio. Il quadro europeo delle qualifiche già fornisce uno strumento per “convertire” e valutare la vasta gamma di qualifiche esistenti in Europa. Il sistema di crediti fornisce un ulteriore strumento di conversione e trasposizione, nella misura in cui si avvale di un quadro metodologico condiviso per agevolare il trasferimento dei risultati di apprendimento da un sistema all’altro. L’importanza di un investimento nel futuro della nostra economia europea basata sulla conoscenza non potrà mai essere ribadita a sufficienza e questo metodo transnazionale di riconoscimento dei risultati educativi ci offre uno strumento utile. Sono pienamente favorevole alla proposta per l’istituzione di questo sistema di crediti.

 
  
MPphoto
 
 

  Nicolae Vlad Popa (PPE-DE), per iscritto. (RO) L’istruzione e la formazione professionale hanno acquisito maggiore rilievo negli ultimi anni.

L’introduzione di un sistema europeo di crediti per l’istruzione e la formazione professionale contribuirà a sviluppare ed espandere la cooperazione europea nel settore dell’istruzione.

Questo sistema migliorerà inoltre la mobilità e la trasferibilità delle qualifiche a livello nazionale tra diversi settori dell’economia e all’interno del mercato del lavoro.

L’istruzione e la formazione professionale sono un elemento chiave del lavoro compiuto a livello europeo per fare fronte alle criticità sociali legate all’invecchiamento della popolazione, riaffermare la propria posizione nell’economia globale e risolvere la crisi economica.

Ritengo pertanto importante che gli Stati membri riconoscano l’istruzione formale e informale, specialmente alla luce del fatto che il numero di diplomati con curricula professionali subirà una flessione drammatica tra il 2009 e il 2015. In quel medesimo periodo assisteremo a un incremento della domanda di personale con qualifiche tecnico-professionali in grado di soddisfare le richieste del mercato del lavoro. Considero particolarmente importante che in questo settore gli organismi europei sostengano attivamente la collaborazione tra gli Stati membri e le aziende europee al fine di realizzare un sistema finanziato in compartecipazione.

 
  
MPphoto
 
 

  Andrzej Jan Szejna (PSE), per iscritto. - (PL) Per realizzare gli obiettivi della strategia di Lisbona – relativi a crescita economica, competitività, occupazione e coesione sociale – è fondamentale potenziare la formazione professionale.

Il sistema europeo di crediti per l’istruzione e la formazione professionale (ECVET) s’iscrive tra le varie proposte avanzate a livello europeo nel settore della formazione. I risultati dell’apprendimento sono estremamente eterogenei in ragione delle diversità tra i sistemi d’istruzione e formazione nazionali. ECVET offre un quadro metodologico che include le conoscenze, competenze e abilità acquisite, affronta la questione del trasferimento e dell’accumulo dei crediti e la colloca entro il contesto delle qualifiche. Questo sistema agevola la mobilità transfrontaliera dei lavoratori e consente di incrementare la trasparenza sulle qualifiche professionali acquisite all’estero.

ECVET potrebbe rivelarsi uno strumento prezioso per adeguare l’istruzione e la formazione professionale alle esigenze del mercato del lavoro, a condizione che tenga conto di talune specificità nazionali e regionali. Tale sistema deve essere anche al servizio degli utenti e qui mi riferisco ai lavoratori e alle imprese, comprese le PMI e i piccoli ambienti di lavoro europei. ECVET contribuisce alla mobilità transfrontaliera e agevola l’accesso all’apprendimento permanente legato all’offerta educativa professionale. Le persone in formazione dovrebbero essere così in grado di scegliere il proprio percorso di crescita professionale.

A mio giudizio, l’introduzione del sistema ECVET rappresenterà un contributo importante alla creazione di un mercato del lavoro europeo, a condizione che vengano ridotti gli oneri amministrativi ad esso associati.

 
  
  

- Relazione Ehler (A6-0494/2008)

 
  
MPphoto
 
 

  Peter Skinner (PSE), per iscritto. (EN) Condivido l’impostazione del relatore che rispecchia le odierne preoccupazioni di numerosi cittadini europei.

L’esistenza di un intervento europeo coordinato su questo tema dimostra che l’Europa può cambiare per il meglio la vita delle persone anche nel mezzo di crisi come quella attualmente in corso.

Il relatore ha previsto provvedimenti concreti e ciò ha contribuito a rendere pragmatica l’intera proposta.

 
  
  

- Relazione van den Burg (A6-0462/2008)

 
  
MPphoto
 
 

  David Martin (PSE), per iscritto. (EN) Ho votato a favore di questa relazione che semplifica gli obblighi contabili delle piccole e medie imprese, riducendone di conseguenza gli oneri amministrativi.

 
  
MPphoto
 
 

  Nicolae Vlad Popa (PPE-DE), per iscritto. (RO) La proposta della Commissione volta a promuovere la semplificazione e l’armonizzazione del diritto societario europeo, con l’obiettivo concreto di ridurre gli oneri amministrativi del 25 per cento entro il 2012, rappresenta uno strumento indispensabile per incrementare l’efficienza delle aziende europee e il potere d’attrazione dell’economia comunitaria tramite un risparmio stimato di 150 miliardi di euro.

L’iniziativa relativa alla revisione delle disposizioni della quarta e settima direttiva sul diritto societario esonera sia le piccole che le medie imprese o le imprese madri con imprese figlie che presentano un interesse irrilevante dall’obbligo di comunicare informazioni contabili e di redigere conto consolidati. Tale proposta ha integrato il contributo della relatrice che la sostiene e garantirà, per il futuro, la stabilità e la certezza di un quadro legislativo idoneo destinato a un segmento dell’economia estremamente importante per la creazione di posti di lavoro nell’UE.

Condivido altresì l’enfasi posta dalla relatrice sulla necessità di trasparenza e di disponibilità di informazioni accurate per tutti i portatori d’interesse, in particolare tramite la realizzazione su larga scala di sistemi di rendicontazione economica e finanziaria basati sulle tecnologie dell’informazione e della comunicazione.

 
  
MPphoto
 
 

  Andrzej Jan Szejna (PSE), per iscritto. - (PL) La relazione van den Burg che modifica taluni obblighi di comunicazione a carico delle medie imprese e l’obbligo di redigere conti consolidati è un ottimo documento giuridico.

La relazione preparata dalla commissione giuridica mira a semplificare in tempi brevi le condizioni operative per le piccole imprese europee. Come scopo primario si prefigge di sgravare tali imprese dall’obbligo di comunicare le informazioni relative alle spese considerate come attivi (ovvero i costi di avviamento dell’impresa), oltre che dall’obbligo di redigere rendiconti finanziari consolidati nei casi in cui una società madre ha imprese figlie che presentano un interesse irrilevante.

Nell’ottica di un’armonizzazione del diritto societario, credo che queste deroghe concesse sia alle piccole che alle medie imprese non mettano in alcun modo a repentaglio la trasparenza. Credo piuttosto che questa iniziativa potrebbe ridurre sostanzialmente il loro carico amministrativo e finanziario.

 
  
  

- Relazione Moreno Sánchez (A6-0437/2008)

 
  
MPphoto
 
 

  Jan Andersson, Göran Färm, Inger Segelström e Åsa Westlund (PSE), per iscritto. (SV) I sottoscritti quattro rappresentanti socialdemocratici svedesi presso questo Parlamento hanno deciso in definitiva di votare a favore della relazione dell’onorevole Moreno Sánchez. Condividiamo alcune delle preoccupazioni espresse in merito alle caratteristiche che Frontex sta assumendo. A nostro giudizio, lo strumento Frontex non dovrebbe essere militarizzato e pertanto abbiamo votato a favore dell’emendamento n. 2. Frontex non deve diventare l’occasione per erigere bastioni più alti tra l’UE e il mondo esterno. Al contrario, ci teniamo che l’UE persegua una politica generosa nei confronti dei rifugiati e degli immigrati. Comunque siamo lieti che la discussione su Frontex abbia consentito di trattare l’argomento in seno al Parlamento europeo. E’ positivo che il Parlamento europeo abbia chiesto di annoverare tra i compiti di Frontex anche la lotta contro il traffico di esseri umani e che si verifichi la conformità del diritto comunitario al diritto internazionale altrimenti applicabile in questo ambito, affinché l’UE possa prendere i provvedimenti più efficaci per aiutare le persone in stato di bisogno.

 
  
MPphoto
 
 

  Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. – (FR) L'agenzia Frontex, responsabile della gestione comune delle frontiere esterne dell’Unione europea e della lotta contro l’immigrazione clandestina, deve la propria esistenza allo smantellamento dei controlli alle frontiere interne e alla volontà dell’Europa di Bruxelles e dei governi nazionali di perseguire una politica d’immigrazione attiva. Rimane da vedere se tale agenzia comunitaria offra un reale valore aggiunto rispetto alla cooperazione intergovernativa classica, alla pari di quanto si può riscontrare, in un contesto diverso, a livello di diversa efficacia e utilità dell’Europol e dell’Interpol.

I compiti dell’agenzia sembrano diventare sempre più numerosi, complessi e a dire il vero insormontabili se non si affronterà il problema alla radice. Infatti l’Europa resta, da un lato, un Eldorado sociale ed economico per gli aspiranti immigrati clandestini, nonostante le traversie del viaggio e le difficoltà che incontrano all’arrivo, mentre dall’altro lato la politica di cooperazione, di per sé inadeguata, è messa in pericolo dall’immigrazione di personale diplomato e qualificato pianificata dall’UE medesima. E’ indispensabile bloccare questa tendenza migratoria e le politiche in corso di attuazione.

Vorrei peraltro ricordare l’esistenza di associazioni locali che lottano contro l’emigrazione clandestina, come ad esempio l’ALCEC creata da Emile Bomba in Camerun, che meriterebbero un aiuto e un sostegno.

 
  
MPphoto
 
 

  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. (PT) Il Parlamento europeo non avrebbe potuto celebrare la giornata internazionale degli emigranti in maniera più inopportuna, ossia approvando una relazione che caldeggia un rafforzamento di Frontex e che “plaude all’approvazione del patto europeo sull’immigrazione e l’asilo da parte del Consiglio europeo”.

Alla pari di Frontex, la spietata “direttiva sul rimpatrio” rappresenta una colonna portante della politica d’immigrazione dell’UE – criminalizzante, imperniata sulla sicurezza, sfruttatrice ed elitaria.

A seguito dell’approvazione da parte del Parlamento, il Consiglio “Trasporti, telecomunicazioni ed energia” ha adottato questa direttiva furtivamente e in sordina lo scorso 9 dicembre, grazie al voto favorevole del governo portoghese.

I deputati del partito socialista portoghese eletti in questo Parlamento si sforzino pure di occultare il comportamento del proprio partito e governo. La verità è che il governo portoghese ha votato a favore di questa vergognosa direttiva in seno al Consiglio UE.

Adesso è fondamentale osteggiare questa direttiva nella fase della sua trasposizione in Portogallo. Ciò significa denunciarne i tratti disumani e contrari ai diritti umani, mobilitando tutti coloro che stanno lottando per difendere la dignità umana degli emigranti.

Il partito comunista portoghese rimarrà in prima linea in questa battaglia, lotterà per respingere i contenuti ignobili di questa direttiva e ottenere la ratifica della Convenzione internazionale delle Nazioni Unite sulla protezione dei diritti di tutti i lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie.

 
  
MPphoto
 
 

  Carl Lang e Fernand Le Rachinel (NI), per iscritto. – (FR) Il considerando B della relazione recita: "l’immigrazione illegale costituisce una sfida comune per l’Europa". Quest’affermazione appare tanto più veritiera se pensiamo che ogni mese migliaia di immigrati clandestini alla ricerca di un "Eldorado" europeo si riversano sulle spiagge italiane, greche o spagnole.

A fronte di questa sfida che, ricordiamolo, risale essenzialmente agli accordi di Schengen con cui sono stati aboliti i controlli alle frontiere interne degli Stati membri, la risposta dell’Unione è stata la creazione di un’Agenzia europea per la gestione delle frontiere esterne, Frontex.

Quella che fino a ieri era un’istituzione vuota, priva di risorse, personale e poteri, sembra essere stata dotata oggi di un mandato che le consente di partecipare alle operazioni congiunte di rimpatrio e di contribuire, almeno in minima parte, alla lotta quotidiana contro l’immigrazione clandestina.

Ma rendiamoci conto che non servirà a nulla chiudere qualche breccia attraverso cui passano i clandestini se gli Stati membri dell’Unione non riescono a reagire di concerto per denunciare gli accordi di Schengen e ripristinare dei controlli effettivi a tutte le frontiere terrestri e marittime.

 
  
  

- Relazione Susta (A6-0447/2008)

 
  
MPphoto
 
 

  Adam Bielan (UEN), per iscritto. − (PL) I nostri mercati sono invasi sempre più spesso da prodotti contraffatti. Ciò rappresenta un problema grave per le imprese europee che operano legalmente e ottemperano ai requisiti di sicurezza e che non possono competere contro prodotti più economici e contraffatti. Ma l’aspetto peggiore è che i prodotti contraffatti, siano questi alimenti, parti di ricambio, cosmetici, giocattoli e specialmente medicinali, mettono in serio pericolo la salute e la vita dei consumatori.

La legislazione in vigore presenta lacune che consentono ai prodotti contraffatti di accedere agevolmente ai nostri mercati. Per esempio, la legislazione polacca non contiene alcuna definizione precisa delle caratteristiche dei prodotti medici contraffatti. Assumere medicinali contraffatti non ha certamente le medesime conseguenze di utilizzare un profumo contraffatto. Se le persone non conoscono il problema e utilizzano medicinali contraffatti, gli effetti potrebbero essere tragici.

 
  
MPphoto
 
 

  Glyn Ford (PSE), per iscritto. (EN) Ho votato a favore della relazione Susta. La contraffazione può distruggere posti di lavoro, arrecare danni alla salute e diventare un mezzo di finanziamento per i gruppi criminali internazionali e il terrorismo. A causa della sua gravità, il Parlamento, il Consiglio e la Commissione devono adottare tutte le misure del caso.

D’altra parte, le multinazionali perennemente tese a massimizzare i profitti creano un clima che incoraggia la produzione di articoli contraffatti e la loro accettazione da parte del pubblico. Mi limiterò a citare un esempio. A seguito della suddivisione dei DVD per aree geografiche, esistono differenze di prezzo sostanziali tra le diverse regioni, cui i consumatori possono ovviare soltanto adattando illegalmente i loro lettori DVD o acquistando illegalmente DVD piratati, poiché una commercializzazione globalmente uniforme di questi prodotti è stata resa impossibile tramite un trucco tecnologico. Potete immaginare quante altre aziende perseguono il massimo profitto in maniera analoga in tutti i settori.

 
  
MPphoto
 
 

  Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. – (FR) La contraffazione non è solo un problema di rispetto dei diritti di proprietà intellettuale. Come sottolineato dal relatore, questo fenomeno soffoca l’impulso all’innovazione, causa la scomparsa di migliaia di posti di lavoro qualificati e non in Europa, getta le basi per un’economia clandestina controllata dal crimine organizzato. Queste pratiche illegali possono mettere anche a repentaglio la sicurezza e la salute dei consumatori o arrecare gravi danni all’ambiente.

Il problema della contraffazione s’iscrive nel problema più generale della qualità e pericolosità dei prodotti importati, la cui contraffazione amplifica ulteriormente i rischi nella misura in cui induce in errore i consumatori. I paesi d’origine di tali prodotti sono stati ampiamente individuati e al primo posto si colloca la Cina. L’Unione talvolta accetta perfino di aprire i propri mercati a prodotti che non rispettano le norme imposte ai produttori europei, come nel caso del pollo al cloro, meno costoso da produrre rispetto ai polli sottoposti a controlli veterinari.

Nello strumentario di misure proposte dal relatore (accordi bilaterali o multilaterali, cooperazione con i paesi d’origine, cooperazione tra i servizi europei competenti) non figurano le sanzioni commerciali contro gli Stati che avallano queste pratiche e l’imposizione di un sistema generale di preferenze nazionale ed europeo.

 
  
MPphoto
 
 

  Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. (SV) Junilistan è favorevole al libero mercato interno e abbraccia qualsiasi proposta costruttiva volta a contrastare i fenomeni che distorcono il mercato, tra cui anche la contraffazione dei marchi.

Cionondimeno, sia la relazione della commissione che la proposta alternativa di risoluzione raccomandano un intervento normativo a livello comunitario che è molto più esteso di quanto effettivamente necessario a fronteggiare i problemi causati dalla contraffazione.

Nello specifico, Junilistan è contraria alle proposte di coordinamento delle attività delle autorità giudiziarie e di polizia e all’armonizzazione del diritto penale tra i vari Stati membri.

Per i motivi enunciati siamo obbligati a votare contro l’intera relazione.

 
  
MPphoto
 
 

  Vasco Graça Moura (PPE-DE), per iscritto. (PT) L’importanza crescente dei diritti di proprietà intellettuale conferma un paradigma inconfutabile: l’economia moderna attribuisce valore alla conoscenza su cui si basa e vuole proteggerla. Le attività produttive di qualsiasi settore dipendono dalla possibilità di detenere diritti esclusivi sull’utilizzo di un know-how specifico. La contraffazione è spesso sanzionata perché il danno arrecato alle industrie che operano lecitamente ha evidenti ripercussioni in termini di occupazione, ricerca e sviluppo. Tali effetti destano gravi preoccupazioni nel mio paese.

Detto questo, bisogna riconoscere che la contraffazione oggi non arreca esclusivamente danni economici: la sua portata negativa si è estesa verso nuove frontiere; mentre prima era diffusa la contraffazione di capi d’abbigliamento, adesso esistono medicinali e prodotti alimentari contraffatti che possono avere effetti nocivi. Il consumatore ignaro non capisce l’entità del rischio.

E’ nostro dovere contrastare questo tipo di contraffazione. Occorrono sanzioni più aspre, coordinamento e cooperazione tra le autorità competenti e l’armonizzazione dei principi giuridici validi presso le varie giurisdizioni partecipanti.

Oltre a istituire meccanismi efficaci di composizione delle eventuali controversie, dovremmo addivenire a una sorta di “accordo commerciale anticontraffazione”. Si tratta di un accordo internazionale multilaterale, attualmente in discussione, che offre nuovi strumenti giuridici atti a stabilire provvedimenti di sorveglianza e sanzionatori adeguati.

 
  
MPphoto
 
 

  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. (PT) La risoluzione adottata dal Parlamento europeo contiene tematiche e proposte cui noi siamo favorevoli, pur dissentendo su taluni aspetti.

La lotta contro la contraffazione dovrebbe essere senz’altro una priorità. Tuttavia, seppure la risoluzione affermi che i diritti di proprietà intellettuale “comprese le indicazioni geografiche e le denominazioni di origine, non sono sempre tutelati in modo efficace dai partner commerciali dell’Unione europea”, è opportuno sottolineare che neppure l’UE brilla da questo punto di vista. Il Consiglio ha bloccato una proposta per un regolamento relativo al “made in” e non ha approvato nessun altro provvedimento volto a imporre regole vincolanti alle importazioni da paesi terzi in merito all’indicazione del marchio d’origine dei prodotti.

Da parte nostra, continueremo a incoraggiare l’approvazione di provvedimenti comunitari con cui tutti i paesi sono invitati ad approvare e attuare misure contro la contraffazione dei marchi commerciali e il contrabbando, oltre a prevedere controlli doganali specifici per l’individuazione di prodotti accompagnati da false dichiarazioni d’origine o che violano le norme di tutela dei marchi.

Ogni paese dovrebbe attuare misure di protezione contro le esportazioni aggressive, effettuando controlli e ispezioni sistematiche sulle merci importate e facendo ricorso, ove necessario, a clausole di salvaguardia.

 
  
MPphoto
 
 

  David Martin (PSE), per iscritto. (EN) Ho votato a favore di questa relazione che svolge un ruolo importante nella lotta contro la contraffazione, che riguarda all’incirca il 7-10 per cento degli scambi mondiali con un costo pari a 500 miliardi di euro. La relazione articola una proposta coerente e razionale per la lotta che l’UE può intraprendere contro la contraffazione, una posizione che gode del mio consenso. Pur rispettando diritti fondamentali quali la protezione della riservatezza e dei dati, la relazione offre un quadro per un impegno congiunto contro la contraffazione e protegge così migliaia di posti di lavoro qualificati.

 
  
  

- Relazione Medina Ortega (A6-0451/2008)

 
  
MPphoto
 
 

  Avril Doyle (PPE-DE), per iscritto. (EN) L’onorevole Ortega propone uno strumento di gestione dei documenti giuridici chiamati atti autentici. Gli atti autentici provengono in genere dagli Stati membri fondati sulla civil law, dove la fonte principale del diritto è la legislazione, in opposizione ai paesi di common law (ossia Irlanda e Regno Unito) che fanno maggiore riferimento a diritti e privilegi consuetudinari. Secondo la civil law, un atto autentico deve essere predisposto da un funzionario pubblico o da altra autorità competente e l’autenticità riguarda sia l’atto medesimo che i suoi contenuti. I contenuti possono spaziare dalle operazioni finanziarie, fino alle registrazioni pubbliche o altri documenti di questo genere.

La proposta di risoluzione parlamentare intende incoraggiare un maggiore intervento legislativo tra gli Stati membri che posseggono tali atti tramite il loro mutuo riconoscimento e utilizzo in ambiti specifici. Questa proposta aggiunge peso alla legislazione pregressa e conferisce potenziali vantaggi ai paesi che si reggono su questo tipo di tradizione giuridica.

 
  
MPphoto
 
 

  Carl Lang e Fernand Le Rachinel (NI), per iscritto. – (FR) Questa relazione relativa all’impiego transfrontaliero e al riconoscimento degli atti autentici pone alcuni rischi di confusione per diversi motivi.

In primo luogo è opportuno precisare che la nozione di atto autentico non esiste nei sistemi common law. In Inghilterra e nel Galles, gli avvocati (solicitors) svolgono funzioni notarili. Esistono anche notai di professione (scrivener notaries) che però non possono rilasciare atti autentici e sono esclusivamente abilitati a certificare l’autenticità delle firme.

Per un eccesso di zelo nel volere armonizzare le professioni giuridiche, la Commissione presta poca attenzione alle differenze motivate dalla natura stessa degli ordinamenti giuridici degli Stati membri.

Purtroppo, questa volontà politica non favorisce la sicurezza giuridica nel suo complesso.

L’Europa deve preservare l’identità dei suoi popoli, nonché i valori e le tradizioni proprie di ciascuno Stato. Sarebbe un errore madornale costruire l’Europa contro i suoi stessi popoli.

 
  
  

- Relazione Wallis (A6-0467/2008)

 
  
MPphoto
 
 

  David Casa (PPE-DE), per iscritto. (MT) Questa relazione riveste un’importanza estrema e dovrebbe essere considerata un riferimento su cui poggeranno numerose altre decisioni in futuro. L’impiego dell’informatica e delle tecnologie della comunicazione in ambito giudiziario agevola notevolmente il lavoro delle amministrazioni e della giustizia. In un’Europa che lavora per una maggiore integrazione e unità economica e sociale, occorrono anche strumenti in grado di metterci al passo con i tempi. Questa è la nozione alla base di e-Justice.

Nel contempo non dobbiamo però dimenticare che i sistemi tradizionali utilizzati in passato avevano anch’essi dei pregi e credo che trovando un equilibrio adeguato possiamo lavorare insieme in maniera più armonica e a vantaggio di tutti. Il ricorso al sistema di giustizia elettronica consentirà alla giustizia di concentrarsi sul proprio lavoro senza essere appesantita da un ulteriore onere amministrativo.

 
  
MPphoto
 
 

  Carlos Coelho (PPE-DE), per iscritto. (PT) Lo Spazio di giustizia europeo è stato creato grazie al riconoscimento reciproco delle sentenze e alla creazione di una cultura di cooperazione giuridica tra le autorità competenti al fine di favorire la libera circolazione dei cittadini in Europa.

Si stima che all’incirca 10 milioni di persone sono coinvolte in contenziosi transfrontalieri in Europa, con tutte le difficoltà connesse in termini di lingua, distanza, ordinamenti giuridici sconosciuti, eccetera.

L’utilizzo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione nell’amministrazione della giustizia può offrire nuove soluzioni e migliorare il funzionamento della giustizia in termini di migliore accessibilità ed efficienza, razionalizzare le procedure e tagliare i costi.

La strategia proposta per la giustizia elettronica si prefigge essenzialmente di rendere la giustizia più efficace in tutta Europa a vantaggio della cittadinanza. Tuttavia il potenziale campo d’applicazione della giustizia elettronica potrebbe essere molto più esteso; occorre quindi definire chiaramente i limiti della sua portata al fine di non mettere a rischio l’efficacia e la credibilità delle iniziative comunitarie.

Qualsiasi cambiamento deve essere introdotto per gradi e in sintonia con l’avanzamento dello Spazio di giustizia europeo e lo sviluppo tecnologico.

Sono favorevole alla richiesta avanzata affinché la Commissione predisponga un piano d’azione e un portale europeo per la giustizia elettronica.

 
  
MPphoto
 
 

  Avril Doyle (PPE-DE), per iscritto. (EN) Il Consiglio “Giustizia e affari interni” del 2007 ha approvato nelle sue conclusioni l’utilizzo della giustizia elettronica – relativo all’utilizzo transfrontaliero delle tecnologie informatiche nel settore giudiziario – e stabilito che sarebbero dovuti proseguire gli sforzi per la creazione di un sistema centralizzato per lo spazio europeo di libertà, sicurezza e giustizia. Adesso che l’utilizzo di Internet si avvicina alla saturazione e si comprende appieno la portata di questa società basata sull’informazione, un maggiore sostegno tecnologico alla giustizia appare un chiaro vantaggio per tutti. Tuttavia è importante riconoscere che la tecnologia ha uno sviluppo eterogeneo all’interno dell’Unione e che questo strumento rimarrà facoltativo fino al momento in cui sarà raggiunto uno sviluppo più uniforme e un potenziale tecnico più avanzato.

La proposta della collega Wallis riguarda la realizzazione di un sistema centralizzato di giustizia elettronica e illustra le azioni da intraprendere per la creazione di un portale di e-Justice europeo in cui saranno raccolti tutti gli aspetti attinenti a questioni civili, penali e commerciali e che conterrà, a titolo esemplificativo, i dati di casellari giudiziari, registri tavolari e fallimentari che saranno così accessibili agli Stati membri.

 
  
  

- Relazione Deva (A6-0445/2008)

 
  
MPphoto
 
 

  Alessandro Battilocchio (PSE), per iscritto. − Grazie Presidente, dichiaro il mio voto favorevole alla relazione sulle prospettive di sviluppo per la costruzione della pace e la ricostruzione della nazione nelle situazioni postconflittuali, curata dal collega Nirj Deva, per l'attenzione alle responsabilità della Comunità internazionale nei confronti degli Stati, o dei gruppi locali, coinvolti in un conflitto. Sono compiaciuto del fatto che gli emendamenti proposti dal PSE hanno portato ad un sostanziale miglioramento della proposta, con riferimento alla necessità di maggiore coordinazione tra attività di costruzione della pace, d'aiuto umanitario e di sviluppo nei paesi che escono da conflitti. Vorrei porre l'accento sulla situazione dei bambini nelle zone di conflitto, in particolare coloro che hanno perso uno, o entrambi, i genitori. Inoltre molto spesso sono gli ospedali e le scuole a essere oggetto di attacchi dalle forze in conflitto. Occorre lavorare affinché i bambini possano superare i traumi post-conflittuali, attraverso la cooperazione con l'UNICEF, già presente in molte aree a rischio nel mondo, per garantire ai bambini un'educazione adeguata e un futuro migliore.

 
  
MPphoto
 
 

  Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. (SV) Junilistan ritiene che la costruzione della pace e delle nazioni nei paesi in via di sviluppo non siano questioni di competenza dell’UE. Tali criticità devono essere infatti affrontate nell’ambito delle Nazioni Unite.

Siamo estremamente critici rispetto ad alcune frasi della relazione in cui si raccomanda il progressivo sviluppo della forza militare comunitaria e abbiamo pertanto votato contro questo documento.

 
  
MPphoto
 
 

  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. (PT) Preso atto che è impossibile commentare la mescolanza (intenzionale) di temi che questa relazione abbraccia, ci concentreremo su quello che consideriamo il suo obiettivo primario: sdrammatizzare l’ingerenza delle maggiori potenze dell’UE presso paesi terzi occultandola sotto il concetto di “responsabilità di proteggere”.

La relazione ribadisce certo la sovranità degli Stati, ma ritiene “tuttavia che, nei casi in cui i governi non siano in grado o non abbiano la volontà di proteggere, la responsabilità di prendere provvedimenti appropriati diventa la responsabilità collettiva della comunità internazionale in senso allargato”. Si osserva inoltre che tali provvedimenti “dovrebbero essere sia preventivi che reattivi, e dovrebbero comportare l’utilizzo della forza militare soltanto come extrema ratio”. Il linguaggio evidentemente non tradisce le intenzioni.

Comunque la relazione fuga ogni dubbio laddove “richiede” che “la responsabilità di proteggere subentri al principio di non intervento” ed è convinta che “esistano due fasi di costruzione della pace e dello Stato: la fase di stabilizzazione in cui l’accento viene posto sulla sicurezza, lo stato di diritto e la fornitura dei servizi di base, e la seconda fase di costruzione dello Stato che si concentra sulla governance e sulle istituzioni volte a garantirla”.

Questa relazione rappresenta un’incitazione all’ingerenza e al colonialismo.

 
  
MPphoto
 
 

  Eija-Riitta Korhola (PPE-DE), per iscritto. (FI) Ho votato a favore della relazione Deva sulle prospettive di sviluppo per la costruzione della pace e la ricostruzione della nazione nelle situazioni postconflittuali perché affronta in maniera approfondita gli aspetti cruciali per la riuscita della ricostruzione. Il tema è fondamentale se si considera che metà dei paesi usciti da un conflitto rientrano in guerra entro cinque anni. Oltre al paese stesso che versa in una situazione di fragilità, nella ricostruzione di una nazione svolge un ruolo importante la comunità internazionale. Credo in particolare nell’importanza di consultare e sostenere ancora più di prima le organizzazioni femminili locali e le reti internazionali femminili per la pace, nonché di insistere sui diritti delle vittime di abusi sessuali e in particolare sul diritto di avere accesso alla giustizia. E’ anche opportuno ricordare che la pace non significa unicamente assenza di guerra. Per avere successo, qualsiasi politica di ricostruzione deve affrontare le cause stesse dell’instabilità adottando i provvedimenti socioeconomici, politici e culturali che possono promuovere la crescita economica e creare le capacità istituzionali e amministrative.

 
  
MPphoto
 
 

  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Signor Presidente, Onorevoli colleghi, esprimo il mio voto favorevole alla relazione dell'Onorevole Deva sulle prospettive di sviluppo per ciò che concerne il consolidamento della pace e dello Stato al termine dei conflitti. Il collega traccia un ottimo percorso di quella che dovrebbe essere l'ideale transizione dalla situazione di post-conflitto a una di normalizzazione della vita sociale ed economica.

Ritengo che ciò debba essere tenuto presente nella risoluzione dei troppo numerosi e violenti conflitti interni ai paesi, soprattutto relativamente al ruolo della Comunità Europea ed internazionale. Mi unisco al collega nel ritenere che la strada verso la risoluzione dei conflitti sia facile da tracciare e difficile da percorrere concretamente. Ciò non toglie, tuttavia, il fatto che almeno da parte dell'Unione Europea, l'azione debba essere volta al serio sostegno dei paesi in difficoltà e totalmente libera da posizioni ipocrite e di comodo.

 

10. Correzioni e intenzioni di voto: vedasi processo verbale

11. Presentazione di documenti: vedasi processo verbale
 

(La seduta, sospesa alle 13.05, riprende alle 15.05)

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. KRATSA-TSAGAROPOULOU
Vicepresidente

 

12. Approvazione del processo verbale della seduta precedente: vedasi processo verbale
Video degli interventi

13. Discussioni su casi di violazione dei diritti umani, della democrazia e dello Stato di diritto(discussione)

13.1. Zimbabwe
Video degli interventi
MPphoto
 
 

  Presidente. - L’ordine del giorno reca la discussione su sei proposte di risoluzione sullo Zimbabwe(1).

 
  
MPphoto
 

  Marios Matsakis, autore. (EN) Signora Presidente, la situazione politica, economica e umanitaria dello Zimbabwe sta andando di male in peggio e le condizioni di per sé tragiche in cui versa la popolazione del paese sono aggravate dal rischio di un contagio generalizzato di colera e altre potenziali pandemie.

Ormai non vi sono dubbi che il presidente Mugabe abbia veramente poco a cuore il benessere dei suoi concittadini: la sua maggiore preoccupazione è vivere una vita all'insegna del lusso e della stravaganza. Mugabe ha dimostrato oltre qualsiasi ragionevole dubbio di essere completamente inadatto a governare il suo paese nel mondo d’oggi. Per giustificare la sua sopravvivenza politica si finge occupato a combattere gli spettri dell’ormai tramontata era coloniale britannica.

Gli europei non hanno alcuna possibilità di riportare Mugabe alla ragione. Solo un cambiamento drastico nella posizione dell’Unione africana potrebbe obbligarlo a dimettersi. E’ vergognoso che questa organizzazione non sia finora intervenuta con l’incisività e la risolutezza necessarie. Ritengo che i nostri sforzi debbano concentrarsi sull’Unione africana e i governi dei paesi aderenti. Dobbiamo spiegare loro a chiare lettere che li riteniamo interamente responsabili della deplorevole situazione dello Zimbabwe e che ci aspettiamo da loro, anche a questo stadio avanzato, un intervento adeguato e drastico volto a porre fine al regime di Mugabe, intimandogli di andarsene o altrimenti far fronte a gravi conseguenze, tra cui non si esclude un processo per crimini contro l’umanità.

 
  
MPphoto
 

  Catherine Stihler, autore. (EN) Signora Presidente, se i colleghi si soffermassero un attimo a ricordare il loro peggiore incubo, questo non si avvicinerebbe nemmeno lontanamente a quanto sta accadendo al popolo dello Zimbabwe. Quello che era un paese ricco è stato messo in ginocchio dal suo presidente. Il paese è allo sfascio – privo di governo, senza posti di lavoro, colpito da iperinflazione, senza cibo e servizi sanitari – e il degrado della rete fognaria sta causando un’epidemia di colera.

La settimana scorsa, il presidente dello Zimbabwe Robert Mugabe ha affermato che l’epidemia di colera era sotto controllo e che le potenze occidentali volevano utilizzare l’epidemia come pretesto per invadere lo Zimbabwe e rovesciare il suo governo. Nel frattempo, il Sud Africa ha dichiarato area calamitata la maggior parte della zona di confine con lo Zimbabwe, poiché la malattia si sta diffondendo tramite i profughi, e Oxfam ha avvertito che la situazione in Zimbabwe potrebbe peggiorare drammaticamente.

Secondo i dati odierni, le vittime del colera sono 1111 e la malattia continua ad avanzare. I casi dichiarati di colera sono 20 581. Il colera è una malattia altamente infettiva, causata da un batterio che provoca un’infezione intestinale. Tra i sintomi vi sono la dissenteria e la disidratazione. Nella sua forma più acuta, un attacco improvviso di dissenteria liquida può causare la morte a seguito di disidratazione grave e complicazioni renali. Un adulto sano può morire nel giro di poche ore.

Per dare un’idea degli effetti che questa malattia ha sulla popolazione, voglio raccontare al Parlamento il caso del figlio di Cynthia Hunde, il piccolo Munashe. Munashe è morto di colera poco prima di avere compiuto un anno di vita. Cynthia aveva cercato lavoro in Sud Africa per tentare di garantire un futuro migliore al figlio, visto che in Zimbabwe non si trova lavoro, e aveva lasciato il figlio Munashe alle cure di sua madre. Quando è ritornata a casa, ha trovato Munashe morente tra le braccia della nonna. Intervistata dalla BBC, Cynthia ha detto: “Mi sento così male... è così difficile da spiegare. Quando hai un figlio, nutri sempre per lui qualche sogno. Quando sono tornata credevo che l’avrei trovato intento a giocare attorno alla casa, ma non è stato così.”

Vi prego, colleghi, di sostenere questa risoluzione di condanna dello Zimbabwe e di aiutare vittime innocenti come Munashe.

 
  
MPphoto
 

  Erik Meijer, autore. (NL) Signora Presidente, nelle precedenti discussioni urgenti sullo Zimbabwe che abbiamo tenuto il 7 maggio 2005 e il 24 aprile 2008, ho già spiegato i motivi per cui Mugabe è riuscito a rimanere al potere così a lungo.

I cittadini dello Zimbabwe ricordano i trascorsi violenti del paese. Per molti di loro, Mugabe è ancora l’eroe che ha lottato per la libertà. Secondo questa mentalità, qualsiasi cosa egli faccia è considerata buona aprioristicamente. I suoi detrattori sono considerati, come in passato, al servizio di altri paesi oppure, all’interno del paese, della maggioranza bianca privilegiata. Se il presidente Mugabe perdesse il potere, il paese potrebbe essere nuovamente colonizzato e la maggioranza della popolazione sarebbe discriminata. La realtà è ben diversa.

L’improvviso atteggiamento radicale di Mugabe qualche anno fa, dopo che non era riuscito a portare avanti una riforma della proprietà terriera e aveva continuato a tollerare il profondo divario tra ricchi e poveri, era essenzialmente un tentativo di guadagnarsi nuovi sostenitori tra i giovani e di non perdere ulteriormente il favore dei vecchi adepti.

Questo atteggiamento può avere portato dalla sua parte alleati ancora più fanatici e violenti, ma certo non gli ha guadagnato il favore della maggioranza dei suoi concittadini. Per anni, l’Europa e l’America hanno effettuato un errore di valutazione sulla situazione in Zimbabwe e, così facendo, si sono resi sospetti di possedere altri motivi reconditi. Proprio questi sentimenti di ostilità hanno permesso a Mugabe di restare al potere.

Adesso che tutti si rendono conto della sua inettitudine e politica disastrosa, comincia a crescere la resistenza. Egli non avrebbe vinto le elezioni presidenziali se non fosse ricorso a intimidazioni e omicidi, e la risicata maggioranza parlamentare dell’opposizione sarebbe riuscita ad approdare al governo.

Adesso siamo a uno stadio più avanzato rispetto alle precedenti discussioni d’urgenza. L’approvvigionamento idrico è al collasso e il colera comincia a mietere vittime. Non vi sono motivi per trionfare di fronte al nemico agonizzante, dobbiamo aiutare il popolo dello Zimbabwe. Esso si merita un governo migliore, ma nessuno glielo può imporre dall’esterno. Quello che possiamo però fare è impedire che Mugabe riceva sostegno dall’estero.

 
  
MPphoto
 

  Mikel Irujo Amezaga, autore.(ES) Come indicato nella relazione, il Zimbabwe contava secondo le stime del 2007 una popolazione di 12 milioni di abitanti, di cui la metà soffre la fame. L’aspettativa di vita è di 36 anni. Soltanto il 40 per cento degli insegnanti lavora e solo un terzo degli studenti frequenta la scuola. Ciò dimostra che Mugabe non si limita a fare terra bruciata nel presente, ma mette a repentaglio anche il futuro.

Atti di repressione e violazioni dei diritti umani sono all’ordine del giorno. Gli attivisti per i diritti umani in Zimbabwe sono stati sottoposti sistematicamente a detenzioni arbitrarie, arresti e tortura. Le leggi emanate dal governo hanno limitato drasticamente le libertà di espressione, assemblea, movimento e associazione.

Vorrei presentarvi alcuni esempi relativi alle leggi sempre più repressive che il governo ha introdotto e utilizzato contro gli attivisti che si battono per i diritti umani. Tra queste figura la legge in materia di accesso alle informazioni e tutela della privacy, utilizzata dal governo per imbavagliare la stampa; la legge sull’ordine pubblico e la sicurezza ha limitato drasticamente la libertà di assemblea e ha permesso la detenzione arbitraria di centinaia di difensori dei diritti umani, tra cui anche degli addetti di media indipendenti; la legge relativa alle organizzazioni private volontarie, ripresentata dal governo nel 2002 e presumibilmente utilizzata per intimidire e attaccare le ONG.

Signora Presidente, nella mia lingua madre euskera, ossia il basco – che non rientra tra le lingue ufficiali di quest’Aula – la parola “mugabe” significa “privo di limiti” e mi sembra molto azzeccata per questo personaggio.

Il dittatore africano non è semplicemente l’ennesimo nome nel lungo elenco di dittatori che abbiamo avuto la sfortuna di sopportare su questa terra; mi azzarderei addirittura ad affermare che rientra nella top ten dei peggiori. A mio avviso, l’UE deve fare tutto il possibile per ottenere la deposizione di questo individuo che dovrebbe passare il resto della sua vita di fronte a un tribunale per i diritti umani.

Pertanto auguriamo allo Zimbabwe un felice 2009 senza Mugabe.

 
  
MPphoto
 

  Andrzej Tomasz Zapałowski, autore. – (PL) Signora Presidente, due mesi fa abbiamo parlato della grande carestia che colpì l’Ucraina negli anni Trenta. In tale occasione ci siamo interrogati più volte su come potesse essere accaduta tale tragedia e perché il mondo fosse rimase a guardare. Oggi, di fronte agli eventi che si stanno verificando in Zimbabwe, sorge spontanea la domanda: “com’è possibile, ai giorni nostri e di questi tempi, che a un capo di governo sia permesso distruggere il suo paese? Perché il mondo s’impegna solo marginalmente per affrontare il problema?”.

Le nostre risoluzioni da sole non porteranno alcun cambiamento ai vertici dello Zimbabwe. Dobbiamo domandarci se intendiamo restare a guardare mentre il popolo dello Zimbabwe viene condotto verso la sua fine, proprio come le forze delle Nazioni Unite assistettero inerti ai massacri in Ruanda. Forse la nostra reazione alla situazione in Zimbabwe sarebbe più incisiva se tale paese possedesse grandi ricchezze in risorse naturali. La risoluzione odierna è un documento eccellente e nulla di più. Per salvare la vita di queste persone, occorre un’azione più dinamica. Dobbiamo assistere senza tentennamenti i paesi contermini dello Zimbabwe al fine di garantire l’invio di aiuti adeguati lungo la linea di confine.

 
  
MPphoto
 

  Charles Tannock, autore. (EN) Signor Presidente, negli ultimi anni lo Zimbabwe è stato oggetto di talmente tante discussioni che potremmo essere perdonati per avere esaurito tutte le parole di condanna pronunciabili, eppure dobbiamo continuare nella nostra denuncia perché l’agonizzante popolo dello Zimbabwe è stato privato della facoltà di parola da quel despota senza scrupoli che è Robert Mugabe.

Egli ha rinunciato a qualsiasi pretesa di legittimità democratica, negando in maniera sistematica diritti umani, libertà politiche e Stato di diritto. Il recente agguato teso a Perence Shiri, che fa parte del seguito di Mugabe, è sintomo della rabbia che cova sotto la quiete apparente in Zimbabwe. Shiri si è macchiato del sangue di 20 000 persone: è stato Shiri che, con l’aiuto della Corea del Nord comunista, ha organizzato il massacro sistematico di civili innocenti nei primi anni Ottanta nel Matabeleland. Come se non bastasse, lo stato di abbandono causato da Mugabe ha portato allo scoppio di un’epidemia di colera, una malattia che fino a poco tempo fa era stata praticamente debellata in tutto lo Zimbabwe.

In risposta alle preoccupazioni internazionali, Mugabe ha la faccia tosta di affermare che il colera è una forma di genocidio perpetrato dal Regno Unito, il mio paese e precedente padrone coloniale. Forse è questa accusa infondata di neocolonialismo, combinata al nostro senso di colpa postcoloniale, a impedire all’Europa di intraprendere misure più drastiche.

E se ci rivolgiamo all’Africa stessa in cerca di una soluzione, ci scontriamo con un mare d’indifferenza e inettitudine. La condanna energica di Mugabe da parte del primo ministro del Kenya e del presidente del Botswana si pone in stridente contrasto con l’apatia della maggioranza degli altri paesi e leader africani, in particolare del Sud Africa, anche se possiamo sperare adesso che il presidente Zuma adotti una linea più severa.

Se l’Unione africana aspira ad acquisire la medesima autorità dell’Unione europea, deve affrontare il regno del terrore di Mugabe e valutare la possibilità di un intervento volto a destituire Mugabe. Un provvedimento concreto che dovremmo incoraggiare è la condanna di Mugabe da parte del Tribunale penale internazionale mediante una risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite che si è già dimostrata utile nel caso del presidente al-Bashir in relazione al Darfur. Mi auguro che la prossima volta che parlerò dello Zimbabwe, sarà per celebrare la sconfitta di Mugabe e la sua destituzione.

 
  
MPphoto
 

  Ioannis Kasoulides, a nome del gruppo PPE-DE.(EN) Signora Presidente, lo Zimbabwe sta diventando uno Stato alla deriva. Metà della popolazione è destinata o a sopravvivere grazie agli aiuti esteri o a morire di fame. I servizi fognari e idrici non sono praticamente più utilizzabili e di conseguenza è scoppiata un’epidemia devastante di colera che si sta estendendo ai paesi contermini.

E tutto questo perché Mugabe e la sua cerchia vogliono punire il loro stesso popolo per avere votato contro di lui. La mediazione del Sud Africa non ha sortito alcun esito e i paesi africani hanno deluso quanto alla loro capacità di adottare provvedimenti decisi. La situazione illustrata rappresenta una grave catastrofe umanitaria, pertanto in primo luogo Mugabe dovrebbe essere deferito al Tribunale penale internazionale che dovrebbe condannarlo per i crimini contro l’umanità da lui commessi ed emettere un mandato di arresto internazionale.

 
  
MPphoto
 

  Lidia Joanna Geringer de Oedenberg, a nome del gruppo PSE. – (PL) Signora Presidente, lo Zimbabwe è alle prese da qualche tempo con una grave crisi umanitaria: quasi metà della popolazione soffre la fame, è praticamente impossibile accedere all’acqua corrente e le condizioni sanitarie sono gravissime. Nell’ultimo decennio, l’aspettativa media di vita in Zimbabwe è crollata dai 60 anni per entrambi i sessi a 37 anni per gli uomini e 34 per le donne. L’epidemia di colera in corso è già costata la vita a ottocento persone, mentre altre 16 000 sono state contagiate. Secondo le stime di Médecins sans Frontières (MSF), circa un milione e mezzo di persone potrebbero contrarre il colera nell’immediato futuro.

L’economia del paese è in uno stato deplorevole: il tasso d’inflazione è il più elevato al mondo da parecchio tempo e oltre l’80 per cento della popolazione vive con meno di un dollaro al giorno. Le autorità dello Zimbabwe sembrano non accorgersi della gravità della situazione e non intervengono. Il presidente Mugabe non è stato fedele alla promessa di creare un governo per l’unità nazionale e continua la persecuzione dei politici all’opposizione.

La situazione critica in Zimbabwe richiede una reazione decisa da parte dell’Unione europea; sia il Consiglio che la Commissione dovrebbero confermare il loro impegno a questa causa garantendo un afflusso continuo di aiuti umanitari alla popolazione sofferente. Dobbiamo esercitare pressioni sul governo dello Zimbabwe affinché sospenda le limitazioni imposte alle organizzazioni umanitarie e smetta di arrestare i difensori dei diritti umani. Inoltre dobbiamo sostenere il gruppo dei Saggi e chiedere che ai suoi membri sia permesso l’ingresso nel paese.

L’introduzione di cambiamenti democratici in Zimbabwe richiederà la partecipazione di altri paesi africani, istituzioni regionali e organismi internazionali. Garantire elezioni parlamentari giuste e vigilare sulla formazione del nuovo governo ci consentirebbe di contribuire a stabilizzare la situazione. Nel contempo, la comunità internazionale dovrebbe dichiararsi disponibile a fornire un aiuto finanziario destinato alla ricostruzione di un apparato pubblico basato sullo stato di diritto.

 
  
MPphoto
 

  Zdzisław Zbigniew Podkański, a nome del gruppo UEN. – (PL) Signora Presidente, le informazioni riportate nella risoluzione sullo Zimbabwe sono sconcertanti: 5,1 milioni di persone, pari a metà della popolazione, muoiono di fame; oltre 300 000 persone sono minacciate da un’epidemia di colera; 1,7 milioni sono sieropositive e l’aspettativa media di vita è pari a 37 anni. Un governo lasciato a se stesso non è in grado di affrontare tutto questo.

Per questo motivo dovremmo sostenere appieno qualsiasi iniziativa volta a migliorare la situazione in Zimbabwe. Gli autori della risoluzione richiamano – giustamente – la nostra attenzione sulla necessità di potenziare ed estendere la portata degli aiuti umanitari e invitano il Consiglio, la Commissione e gli Stati membri dell’Unione europea a intraprendere altre iniziative, comprese quelle di tipo diplomatico e di supporto finanziario e pratico allo Zimbabwe. Tali iniziative non devono concentrarsi solo sull’immediato, bensì comprendere un orizzonte temporale più ampio ed essere collegate a un programma specifico. Ho detto “giustamente”, perché l’emanazione dell’ennesima risoluzione da sola non contribuirà a sfamare nessuno. Ciò di cui abbiamo bisogno e che la popolazione dello Zimbabwe attende è un aiuto concreto.

 
  
MPphoto
 

  Michael Gahler (PPE-DE).(DE) Signora Presidente, stiamo assistendo agli ultimi mesi del regime di Mugabe. Purtroppo questa è l’unica notizia positiva che ci giunge da questo paese martoriato.

E’ positivo sentire che molti paesi africani stanno cominciando a ribellarsi alle condizioni in cui versano. In qualità di primo vicepresidente dell’Assemblea parlamentare ACP-UE, posso annunciarvi che per la prima volta, tre settimane fa alla riunione di Port Moresby, siamo riusciti a coinvolgere i nostri colleghi africani in un’analisi e valutazione critica della situazione in Zimbabwe. Anche in Sud Africa sono aumentate le pressioni affinché il governo smetta di proteggere il regime in Zimbabwe. La situazione è stata esacerbata dai profughi che stanno portando in Sud Africa anche alcune malattie. Auspicabilmente la situazione migliorerà prima dei mondiali di calcio; infatti è proprio per il timore che i tifosi rinuncino a venire in Sud Africa che il governo ha cambiato atteggiamento. Questo da solo è un motivo già sufficiente per negare protezione a Mugabe.

 
  
MPphoto
 

  Ewa Tomaszewska (UEN). – (PL) Signora Presidente, abbiamo discusso la situazione in Zimbabwe il 24 aprile 2008. In tale occasione abbiamo discusso il problema delle elezioni e più precisamente del Presidente Mugabe, che non rinuncia al potere nonostante i risultati della votazione. Oggi affrontiamo le conseguenze drammatiche di tali eventi. Oltre 12 500 persone affette dal colera non possono contare sull’aiuto del governo, mentre i decessi a seguito del contagio sono già 565. L’epidemia si sta diffondendo anche nella vicina Repubblica del Sud Africa.

Le cifre indicate, estrapolate dalle relazioni delle Nazioni Unite dell’inizio di dicembre, sono inferiori a quelle pubblicate oggi dalle organizzazioni umanitarie. Secondo tali fonti, il numero i decessi sono oltre mille e i contagiati dal colera dovrebbero essere oltre ventimila. Milioni di persone sono ridotte alla fame o non hanno accesso all’acqua. L’Unione africana non sta prendendo alcun provvedimento efficace per migliorare la situazione dello Zimbabwe. Il Presidente Mugabe deve essere condotto dinanzi al Tribunale penale internazionale e occorre intervenire urgentemente per arginare l’epidemia di colera e assicurare che gli aiuti alimentari e medici raggiungano effettivamente il popolo dello Zimbabwe.

 
  
MPphoto
 

  Kathy Sinnott (IND/DEM). - (EN) Signora Presidente, sono anni che assistiamo alla lenta agonia dello Zimbabwe. Oltre alla violenza politica e alla povertà dilagante, l’agonia è resa sempre più acuta dall’inevitabile fame e dalle malattie che stringono in una morsa i cinque milioni di abitanti. Dobbiamo essere presenti per queste persone, nutrirle, fornire supporto medico e assecondare la loro sete di libertà.

Possiamo aiutarli isolando il Presidente Mugabe dai suoi sostenitori africani e facendo in modo che tutti i governi africani condannino il suo regime. Al di fuori del continente africano, dobbiamo impegnarci per privarlo dei suoi sostenitori internazionali, tra cui i soliti sospetti Cina e Russia, spingendoli a tagliare tutti gli aiuti e i rapporti commerciali con Mugabe. Ma dobbiamo farci anche un esame di coscienza, poiché non è trascorso molto tempo da quando l’UE stessa ha invitato Mugabe a partecipare al vertice Unione africana-UE organizzato a Lisbona.

 
  
MPphoto
 

  Jacques Barrot, vicepresidente della Commissione. − (FR) Signora Presidente, ringrazio tutti i parlamentari che hanno lanciato questo appello urgente per lo Zimbabwe, perché questo paese è confrontato da un crisi senza precedenti e sempre più grave che non risparmia nessun settore.

A livello politico siamo assistendo a un’escalation della violenza, confermata dalle notizie relative ad arresti arbitrari e alla scomparsa di attivisti che lottano per i diritti umani. Questa recrudescenza della violenza politica mette a rischio qualsiasi soluzione alla crisi e potrebbe spingere i partiti verso posizioni inconciliabili.

A livello umanitario, la situazione è in deterioramento, come dimostrato dall’epidemia di colera che si sta diffondendo e minaccia anche gli Stati limitrofi.

A livello economico, la situazione è disastrosa. I prezzi dei prodotti di base sono in continuo aumento; il costo del paniere alimentare medio è aumentato la settimana scorsa del 1 293 per cento.

A livello sociale, il rischio di disordini aumenta ogni giorno, con tutte le ripercussioni negative che ciò potrebbe avere sulla stabilità della regione intera.

Di fronte a questo, cosa possiamo fare? Lo Zimbabwe avrebbe bisogno di aiuti ingenti e questa necessità aumenta in maniera esponenziale, principalmente a causa della cattiva amministrazione del governo al potere.

La Commissione mantiene il proprio impegno attivo in ambito umanitario. Una missione in loco, dal 15 al 19 dicembre, valuterà la situazione umanitaria e questo ci consentirà, tra l’altro, di fare rapidamente il punto su eventuali nuovi bisogni.

Sul piano politico, la Commissione – e la comunità internazionale nel suo complesso – potrà aiutare lo Zimbabwe soltanto in stretta collaborazione con un governo legittimo e dotato di un margine di manovra sufficiente a intraprendere gli interventi politici ed economici indispensabili.

Presupposto essenziale è l’attuazione dell’accordo del 15 settembre e l’instaurazione di un governo d’unità nazionale. Un altro presupposto è anche un maggiore coinvolgimento degli altri interlocutori regionali e dell’Unione africana. Noi invochiamo con forza tale coinvolgimento in occasione di qualsiasi contatto che intratteniamo.

Posso infine assicurarvi che la Commissione segue molto da vicino gli sviluppi sul posto e continua a lavorare insieme a tutti gli Stati membri e agli interlocutori africani e internazionali alla ricerca di una soluzione equilibrata che consenta allo Zimbabwe di uscire dalla crisi attuale che tutti voi avete denunciato a gran voce.

Grazie per la vostra attenzione, specialmente in questo periodo di festività, in cui non possiamo davvero dimenticare tutti coloro che soffrono in Zimbabwe. Il popolo dello Zimbabwe è senz’altro tra quelli più segnati dalla sofferenza in questo periodo.

 
  
MPphoto
 

  Presidente. – La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà al termine delle discussioni.

 
  

(1)Cfr. Processo verbale.


13.2. Nicaragua
Video degli interventi
MPphoto
 
 

  Presidente. - L’ordine del giorno reca la discussione su sei proposte di risoluzione sul Nicaragua(1).

 
  
MPphoto
 

  Marios Matsakis, autore. (EN) Signora Presidente, la libertà d’espressione, l’indipendenza della magistratura e la salvaguardia dei principi democratici fondamentali sembrano essere in pericolo in questo paese latinoamericano. E’ nostro dovere di europarlamentari ribadire i diritti del popolo nicaraguense e precisare a chiare lettere al governo di quel paese che non tollereremo violazioni a tali diritti e anzi ci adopereremo affinché l’UE e le Nazioni Unite esercitino la pressione necessaria a garantire il rispetto dei diritti umani dei cittadini nicaraguensi.

Mi auguro che questo messaggio, espresso tramite la presente proposta di risoluzione, giunga forte e chiaro a chi di dovere e che siano presi provvedimenti urgenti per rimediare alla situazione.

 
  
MPphoto
 

  Manuel Medina Ortega, autore.(ES) Nella nostra proposta di risoluzione sul Nicaragua dobbiamo tenere conto di alcuni fattori. Innanzi tutto ci sono le accuse di broglio nei confronti dei due comuni di Nicaragua e León che gettano perlomeno un’ombra sui risultati delle elezioni tenute lo scorso 9 novembre. In secondo luogo, abbiamo un governo che si è sforzato di risolvere alcuni dei problemi che privano i sudamericani dei loro diritti umani, ovvero la povertà, l’analfabetismo, la mortalità infantile, la mancanza di acqua potabile e il mancato diritto di possesso sulle terre per gli indigeni.

Nell’esaminare la questione dobbiamo operare una distinzione netta tra questi due aspetti. Se da una parte dobbiamo incoraggiare e tutelare i diritti umani, nel loro significato tradizionale di diritti politici, dall’altra parte dobbiamo incoraggiare il governo del Nicaragua a proseguire la propria politica di aiuto ai settori più poveri del paese. Ovviamente dobbiamo assicurarci anche che l’opposizione possa svolgere la sua funzione e dobbiamo prendere una posizione ferma contro i brogli, sostenendo nel contempo il lavoro delle ONG. Il risultato finale deve essere in ogni caso equilibrato.

Il gruppo socialista al Parlamento europeo ha avanzato diverse proposte di emendamento orale, nel tentativo di convogliare nel testo finale un atteggiamento più moderato in relazione alle accuse di violazioni dei diritti fondamentali, alla necessità di avviare indagini penali e al numero di comuni in cui sono state effettivamente commesse irregolarità di vario genere.

In sintesi, vogliamo condannare le violazioni sospette dei diritti politici fondamentali, ma senza spingerci fino a mettere in difficoltà il governo del Nicaragua, poiché esso deve continuare a svolgere il proprio compito di sostegno alle fasce più povere della società.

 
  
MPphoto
 

  Pedro Guerreiro, autore. – (PT) Signora Presidente, come ha fatto con altri paesi che si sono mossi per affermare e difendere la propria sovranità e indipendenza nazionale, ovvero il diritto a decidere del proprio presente e futuro, e che hanno elaborato un programma di emancipazione, progresso sociale e solidarietà con tutti i popoli, anche nel caso del Nicaragua il Parlamento europeo sta tentando d’interferire in maniera inaccettabile e deplorevole.

Questa discussione e la proposta di risoluzione sono spudoratamente a favore di chi sostiene e incoraggia le interferenze e i tentativi di destabilizzazione di uno stato democratico e sovrano come il Nicaragua. Invece di distorcere le informazioni e i fatti o tentare di impartire al Nicaragua lezioni di democrazia, il Parlamento europeo dovrebbe denunciare il tentativo antidemocratico dell’UE di imporre un Trattato europeo, che peraltro è già stato respinto, ignorando bellamente le decisioni democratiche assunte con facoltà sovrana dai popoli francese, olandese e irlandese.

Invece d’immischiarsi in qualcosa su cui solo il popolo del Nicaragua ha il potere di decidere, il Parlamento europeo avrebbe fatto meglio a respingere la disumana direttiva sul rimpatrio che viola i diritti umani degli emigranti, molti dei quali sono latinoamericani, e a denunciare la complicità dell’UE in relazione ai delittuosi voli della CIA.

Invece di seguire gli Stati Uniti nella loro politica d’ingerenza, il Parlamento europeo dovrebbe denunciare l’inammissibile ricatto dell’UE al Nicaragua ed esigere che l’Unione ottemperi agli impegni assunti dinanzi a tale paese.

I promotori di questa iniziativa sono particolarmente turbati dal fatto che il Nicaragua è in effetti determinato a migliorare le condizioni di vita della popolazione a livello alimentare, sanitario e scolastico, offrendo sostegno ai soggetti più svantaggiati. La più lampante denuncia di questo tentativo d’ingerenza da parte del Parlamento europeo è il riconoscimento autentico e la solidarietà dimostrati al Nicaragua dai popoli dell’America Latina. Pertanto consentitemi di ripeterlo: basta mettersi in cattedra per impartire lezioni al mondo.

 
  
MPphoto
 

  Leopold Józef Rutowicz, autore. – (PL) Signora Presidente, il Nicaragua è un paese molto piccolo, povero e oberato dai debiti, con un reddito pro capite bassissimo.

Come paese non è stato molto fortunato: governato da gruppi con varie affiliazioni politiche, occupato dall’esercito statunitense, stretto tra Cuba, URSS e USA. Come se non bastasse, il paese è stato tormentato dalla siccità e devastato dagli uragani, tra cui quel del 1999 che ha causato 6 000 morti ed è stato probabilmente l’uragano più famoso e intenso mai registrato al mondo. I sovvertimenti politici e le lotte di potere hanno scoraggiato lo sviluppo del Nicaragua, com’è accaduto peraltro anche in svariati altri paesi latinoamericani e africani. Questa situazione ha portato a violazioni dei diritti umani e alla promulgazione di una legislazione non conforme alle convenzioni internazionali.

L’Unione europea ritiene necessario introdurre, contestualmente agli aiuti forniti al popolo nicaraguense, i principi democratici nel sistema di governo del paese; vuole inoltre che la legislazione del Nicaragua sia emendata in conformità alle convenzioni internazionali. Se il Nicaragua avesse un governo democratico, potrebbe aderire all’Unione delle Nazioni Sudamericane con cui l’Unione europea potrebbe stringere, in futuro, un’alleanza per la propria politica internazionale. Nella prospettiva del processo di democratizzazione è importante che la classe politica nicaraguense adotti i provvedimenti indicati nella risoluzione, per la quale esprimo un voto favorevole.

 
  
MPphoto
 

  Raül Romeva i Rueda, autore.(ES) La tutela dei diritti degli attivisti per i diritti umani deve prescindere, a mio giudizio, da qualsiasi divergenza basata su orientamenti o preferenze politiche. In quest’Aula tendiamo spesso a giudicare troppo duramente i colleghi di cui non condividiamo taluni ideali politici e a difendere troppo strenuamente quelli che consideriamo nostri alleati.

Quando sono in gioco i diritti umani, vorrei sottolineare che occorre adottare un approccio apartitico.

Tale non è invece l’impostazione della risoluzione odierna sul Nicaragua, presentata da alcuni gruppi politici.

Occorre tenere sempre presenti le circostanze, che mostrano palesemente un paese in una situazione di povertà che deve essere affrontata con urgenza tramite drastici provvedimenti strutturali. Mi pare che l’attuale governo del Nicaragua stia facendo in gran parte quanto occorre per affrontare il problema.

Tuttavia è anche importante ricordare che la lotta contro la povertà non è conciliabile con la persecuzione e il maltrattamento di persone che, per un motivo o per l’altro, dissentono dalla politica di governo.

Una vera democrazia lascia spazio a dissenso, confronto e libertà di espressione.

Occorre tenere presente alcune situazioni verificatesi in Nicaragua di recente. Alcuni sono stati cambiamenti positivi, come l’abolizione in luglio dell’articolo 204 del codice penale che criminalizzava l’omosessualità. In qualità di vicepresidente dell’intergruppo sui diritti delle persone LGBT (lesbiche, gay, bisessuali e transessuali) presso il Parlamento europeo, sono entusiasta di questo cambiamento.

Ma in parallelo si sono registrate tendenze negative e assai inquietanti, come i numerosi esempi deplorevoli di peggioramento della condizione femminile. In particolare sono state perseguitate le attiviste per i diritti sessuali e riproduttivi delle donne, anche per aver dato sostegno a una ragazza violentata, aiutata ad eseguire un aborto per salvarsi la vita.

Non dobbiamo perdere di vista questi aspetti che devono anzi essere parte integrante degli attuali negoziati in vista di un accordo di associazione. In ogni caso invito la Commissione a consultarsi con il Parlamento prima di prendere qualsiasi decisione in relazione al Nicaragua.

 
  
MPphoto
 

  Fernando Fernández Martín, autore.(ES) Oggi discutiamo la situazione in Nicaragua a seguito degli attacchi contro alcuni difensori dei diritti umani, alcune libertà fondamentali e la democrazia.

Non occorre ricordarvi in questa sede i nomi di Zoilamérica, Ernesto Cardenal, Carlos Mejía Godoy, Jarquín, Sergio Ramírez, o di tutti gli altri nicaraguensi che hanno visto infrangersi le loro speranze per un Nicaragua migliore.

Nel novembre 2006, Ortega chiese al popolo nicaraguense quella che ha definito una nuova possibilità, e il popolo gliela concesse tramite elezioni democratiche. Adesso sappiamo come intendeva utilizzare questa seconda chance: successivamente alle elezioni, le istituzioni di governo sono diventate vittima di nepotismo, corruzione e azioni arbitrarie, culminate nel broglio elettorale allo scrutinio dello scorso 9 novembre. Già prima di tale data erano stati presi provvedimenti gravi, come l’annullamento dello status giuridico di alcuni partiti d’opposizione, minacce e le intimidazioni a membri della società civile, giornalisti e mezzi di comunicazione.

Il presidente Ortega ha equiparato i governi dell’Unione europea alle mosche che ronzano sull'immondizia e definito gli aiuti stranieri al Nicaragua come mere briciole. Ma si è reso conto ben presto che non avrebbe ricevuto abbastanza petrolio dal Venezuela per farcela senza quegli aiuti allo sviluppo.

Quando saremo pronti a entrare nella fase decisiva dei negoziati per un accordo di associazione tra l’Unione europea e l’America centrale, il governo nicaraguense dovrà capire che potrà sempre trovare in noi un alleato e un amico, ma che il rispetto dei diritti umani, la libertà di espressione e la democrazia sono una condizione irrinunciabile, in particolare perché crediamo che da tali principi trarrà beneficio soprattutto il popolo nicaraguense.

 
  
MPphoto
 

  Josu Ortuondo Larrea (ALDE).(ES) Lo scorso 9 novembre in Nicaragua si sono tenute le elezioni amministrative. Come in precedenti occasioni, anche questa volta è stata messa in dubbio la legittimità democratica del procedimento elettorale. Alle accuse di brogli sono seguite le manifestazioni, con scontri tra i sostenitori dei diversi schieramenti politici. Molte persone sono rimaste ferite e la crisi politica che attanaglia il paese si sta acuendo.

Due partiti politici non sono stati in grado di presentare una lista di candidati per le amministrative. Ciò è inaccettabile perché limita il diritto fondamentale di tutti i cittadini di partecipare alla vita politica.

Inoltre ci sono pervenute testimonianze dirette da rappresentanti delle organizzazioni per i diritti umani sul malcontento della società civile in relazione al sistema giudiziario, sui meccanismi amministrativi repressivi che hanno portato dinanzi al tribunale fino a 17 organizzazioni sociali, sulla persecuzione di giornalisti indipendenti e addirittura della delegazione della Commissione europea.

Per tutti questi motivi dobbiamo farci sentire e chiedere innanzi tutto ai partiti politici di condannare gli atti di violenza perpetrati dai loro seguaci, oltre a invitare il governo a riaprire gli spazi di partecipazione democratica, rispettando la libertà di espressione, abrogando il divieto di manifestare e consentendo a tutte le ONG di ricevere gli aiuti dalla cooperazione internazionale, senza limitare gli aiuti a quelli provenienti dal Venezuela e diretti alle associazioni filogovernative.

Inoltre il governo dovrebbe depenalizzare l’aborto terapeutico nei casi in cui la vita della madre è in pericolo.

Da ultimo, nell’ambito dei negoziati per l’accordo di associazione tra l’America centrale e l’UE, esortiamo la Commissione a rammentare al Nicaragua la necessità di rispettare i principi dello stato di diritto, della democrazia e dei diritti umani. Ciononostante l’Europa non deve interrompere gli aiuti allo sviluppo e l’assistenza al popolo del Nicaragua, perché vogliamo offrire loro le migliori prospettive possibili per il futuro.

 
  
MPphoto
 

  Jacques Barrot, vicepresidente della Commissione. − (FR) Signora Presidente, la situazione politica in Nicaragua si è aggravata alla vigilia delle elezioni amministrative dello scorso 9 novembre. Le numerose iniziative e gli appelli alla calma da parte della comunità internazionale e, in particolare, delle missioni dell’Unione europea e della Commissione sono stati ignorati.

Dopo il voto, le circostanze dello scrutinio e dell’annuncio dei risultati hanno generato una crisi con il partito principale dell’opposizione. Il partito liberale costituzionalista respinge i risultati delle elezioni e parla di brogli su vasta scala. Alcuni movimenti di cittadini, la Chiesa, le associazioni degli imprenditori e la comunità internazionale hanno richiesto una verifica dei risultati o la ripetizione della votazione. Inoltre le istituzioni politiche e in particolare il parlamento sono rimaste paralizzate a seguito del mancato raggiungimento di un accordo tra i due partiti principali.

Le informazioni che giungono dai nostri capi-missione in loco e le relazioni degli esperti elettorali inviati dalla Commissione parlano di violazioni delle leggi elettorali e delle convenzioni internazionali. In accordo con gli Stati membri e a seguito della consultazione con altri partner, la Commissione ha inviato, il 10 dicembre, una lettera alle autorità nicaraguensi in cui offriva il suo sostegno a una soluzione concertata tra le forze politiche del paese al fine di uscire dalla crisi e ripristinare la fiducia dei cittadini verso le istituzioni democratiche. Nella lettera si annunciava peraltro la sospensione, a partire dal 1° gennaio 2009, degli stanziamenti previsti dai programmi di sostegno al bilancio, nonché l’avvio di un periodo di consultazione con le autorità nicaraguensi sulla situazione attuale e le modalità di riorientamento della cooperazione europea con il paese.

Ritengo opportuno precisare che la Commissione non ha ritirato l’aiuto del 2008 per il Nicaragua – sono stati dunque erogati 20 milioni di euro, compreso l’aiuto umanitario d’emergenza – e quanto era stato previsto per quest’anno sarà corrisposto a condizione che siano rispettati i requisiti pertinenti per ciascuno progetto.

Per il 2009, i 57 milioni di euro previsti come sostegno al bilancio non saranno revocati, bensì sospesi. La cooperazione sarà concentrata su programmi e attività atti a garantire che l’aiuto giunga direttamente ai beneficiari, ovvero alla popolazione nicaraguense, senza passare attraverso l’intermediazione del governo.

Devo aggiungere che il ministro degli Esteri nicaraguense, Samuel Santos, ha reso noto tramite lettera del 12 dicembre indirizzata al commissario Ferrero-Waldner di non concordare con questo provvedimento. Il ministro ha ribadito la validità dei risultati elettorali e la sua disponibilità a un dialogo sulla cooperazione che la Commissione intende avviare entro breve.

Infine, in risposta a uno degli interventi, posso dire che la Commissione auspica ovviamente una risoluzione rapida della crisi in corso e che in ogni caso l’accordo d’associazione Unione europea-America centrale sottolinea a più riprese l’importanza attribuita dalle parti al rispetto dei principi e valori democratici e al buongoverno. I negoziati relativi a questo accordo d’associazione forniranno un’opportunità per approfondire la discussione su tali principi e sulla loro applicazione pratica.

Queste sono tutte le delucidazioni che sono in grado di darvi; so che il commissario Ferrero-Waldner segue con grande attenzione la situazione con i servizi della Commissione.

Vi ringrazio e ringrazio tutti i deputati che sono intervenuti per ricordare la situazione del Nicaragua.

 
  
MPphoto
 

  Presidente. – La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà al termine delle discussioni.

Dichiarazioni scritte (articolo 142 del regolamento)

 
  
MPphoto
 
 

  Kathy Sinnott (IND/DEM), per iscritto. (EN) Il Nicaragua è attanagliato da svariati problemi urgenti, quali la corruzione politica e delle forze di polizia, una magistratura non indipendente, sospetti brogli elettorali, la povertà dilagante, l’analfabetismo e un sistema sanitario inadeguato. Ma il Nicaragua, a differenza dell’Europa, protegge i bambini prima della nascita e questa non è certo un’infrazione.

Noi europei potremmo, con il nostro livello di benessere, prenderci cura delle madri e dei bambini, eppure permettiamo che più di un milione di bambini sia ucciso prima della nascita. Nonostante la sua povertà, il Nicaragua accoglie ancora a braccia aperte i suoi giovani. Pur assillato da numerosi problemi,si assicura un futuro demografico mentre noi europei, che critichiamo il Nicaragua, ci troveremo ad affrontare tempi duri sotto questo aspetto.

Dobbiamo aiutare il Nicaragua a istituire una democrazia solida, un’economia forte e onesta, un sistema scolastico e sanitario efficace; dobbiamo aiutare i nicaraguensi a prendersi cura delle loro famiglie, delle donne e dei bambini, piuttosto che distruggerli con la legalizzazione dell’aborto.

 
  

(1)Cfr. Processo verbale.


13.3. Russia: aggressioni nei confronti dei difensori dei diritti umani e processo per l’uccisione di Anna Politkovskaya
Video degli interventi
MPphoto
 
 

  Presidente. - L’ordine del giorno reca la discussione su sei proposte di risoluzione sulla Russia(1).

 
  
MPphoto
 

  Marios Matsakis, autore. (EN) Signora Presidente, la Russia è uno dei principali partner commerciali dell’UE. Essa approvvigiona gli Stati membri coprendo, tra l’altro, un’ampia fetta del loro fabbisogno energetico. Inoltre, la Russia di oggi non è più quella del passato. Di questo ci rallegriamo, poiché auspichiamo sinceramente che sia una nazione moderna e democratica con cui cooperare per promuovere la pace e il benessere mondiali. Purtroppo il nostro auspicio – e ora la costruzione della fiducia reciproca – sono turbati dalle violazioni dei diritti umani e dello stato di diritto che ancora si verificano in Russia, seppure in proporzioni minori. Un esempio eloquente è dato dal modo assolutamente inaccettabile in cui le autorità russe hanno gestito l’intera questione relativa alla brutale uccisione di Anna Politkovskaya nel 2006.

Con questa proposta di risoluzione, chiediamo al governo russo di fare il possibile affinché il processo di riforme democratiche intrapreso dalla Russia e la conseguente cooperazione con l’UE non siano messe a repentaglio dalle violazioni dei diritti umani che ancora si verificano in quel paese.

 
  
MPphoto
 

  Józef Pinior , autore. – (PL) Signora Presidente, ieri ha parlato in quest’Aula Elena Bonner, in occasione della cerimonia per il conferimento del Premio Sacharov cui ha partecipato in compagnia della figlia, Tatjana Yankelevich. Le sue parole riecheggiano ancora in quest’Aula. Sono state parole assai pregnanti, con cui ha trasmesso un messaggio all’Europa e al mondo di oggi, quale sopravvissuta al regime totalitario in Russia e rappresentante della vera voce russa nel mondo d’oggi.

Come Parlamento europeo, siamo preoccupati della situazione che vige attualmente in quel grande paese. Avvocati e difensori dei diritti umani vengono perseguitati, intimiditi, minacciati con violenza e vivono temendo per la loro stessa vita. Tutto questo è parte integrante dell’attuale sistema politico russo.

Il 4 dicembre 2008, la polizia ha perquisito gli archivi negli uffici dell’organizzazione Memorial, una prestigiosa istituzione per i diritti umani impegnata a denunciare i crimini del totalitarismo. Devo ammettere di non riuscire a immaginare i motivi che hanno indotto le autorità russe a sequestrare il materiale della Memorial, compresi i computer o i fascicoli relativi al periodo dei gulag. Non riesco a spiegarmi come tale documentazione possa costituire una minaccia all’ordine pubblico nella Russia dei giorni nostri.

Anche il processo agli assassini di Anna Politkovskaya è per noi motivo di inquietudine. Ovviamente ci aspettiamo che il processo fornisca i nomi certi degli esecutori dell’omicidio, dei responsabili e dei mandanti, e che il giudice faccia luce su tutte le circostanze connesse a questa terribile uccisione. Il processo dovrebbe avvenire a porte aperte affinché i giornalisti, i media e chiunque desideri seguire il procedimento possano assistervi.

Ritengo anche che gli accordi principali tra Unione europea e Russia dovrebbero contenere una clausola sui diritti umani. La vera Russia è quella che Elena Bonner ci ha descritto qui ieri.

 
  
MPphoto
 

  Erik Meijer, autore. (NL) Signora Presidente, dopo il 1991, la Russia è stata per un periodo un paese aperto alle differenze d’opinione politica e al dibattito politico, con un sistema multipartitico e pareri discordanti sul futuro. Purtroppo, questa parentesi democratica era accompagnata anche da una cattiva amministrazione, privatizzazioni a spaglio e corruzione. I caotici anni Novanta sotto il presidente Eltsin hanno preparato il terreno per il ritorno a un’autorità forte e centralizzata che non lascia molto spazio all’opposizione o al giornalismo critico d’inchiesta.

Sebbene oggi, a differenza di quanto avveniva durante il regime comunista, sono diversi i partiti in lizza alle elezioni, il potere è nuovamente nelle mani di uno solo, mentre gli altri partiti sono oggetto di un sabotaggio sistematico e il leader del partito al potere viene osannato. Una larga maggioranza dell’opinione pubblica sostiene questo leader e non ha tempo per un atteggiamento critico, alternative o un’opposizione. E così sarà anche in futuro, fintanto che la Russia manterrà la ricchezza e il successo che ha ottenuto all'improvviso grazie alle esportazioni di gas e petrolio. In queste condizioni, le possibilità di una democrazia effettiva si sono ristrette notevolmente.

Le voci fuori dal coro denunciano l’abisso che separa i ricchi dai poveri, il clima di evidente segretezza, l’intolleranza, i diritti limitati delle regioni autonome, il trattamento delle minoranze etniche, la situazione di conflitto nel Caucaso settentrionale, l’abbandono delle regioni economicamente marginali, il nonnismo nei confronti delle reclute, la discriminazione degli omosessuali, l’impunità di alcuni assassini, la designazione unilaterale delle forze di polizia e della magistratura ad opera del partito, la limitazione delle libertà di organizzazioni non governative e mezzi di comunicazione.

Le nostre simpatie vanno a queste voci critiche, che possiamo aiutare dando il buon esempio e sostenendo gli attivisti per i diritti umani nella loro lotta contro scomparse, intimidazioni, segretezza e uccisioni. In pratica, paesi con una democrazia parlamentare ben funzionante contribuiscono involontariamente all’opposto.

Non aiutiamo queste voci se ergiamo uno scudo antimissile o sosteniamo l’occupazione di Abkhazia e Ossezia del sud da parte della Georgia. Queste sono considerate azioni ostili che hanno come solo effetto quello di rendere il popolo più solidale con Putin. E neppure li aiutiamo chiudendo un occhio sulle violazioni dei diritti umani in Russia, stretti dal nostro bisogno di gas e petrolio. La risoluzione vuole a ragione ribadire che, nei nostri contatti con la Russia, i diritti umani, lo Stato di diritto e la democrazia dovrebbero essere questioni prioritarie.

 
  
MPphoto
 

  Tunne Kelam, autore. (EN) Signora Presidente, era ora che tenessimo questa discussione. Non manchiamo mai di menzionare il termine “interdipendenza”, ma l’interdipendenza, oltre a riguardare l’energia e il commercio, deve estendersi anche a giustizia, valori, dignità umana e verità. Questi sono i valori che la Russia si è impegnata a rispettare nel momento in cui ha aderito al Consiglio d’Europa.

Questa discussione dovrebbe ricordarci che siamo corresponsabili dell’allarmante regressione della democrazia e dei diritti umani in Russia.

Il 3 dicembre 2008, 17 associazioni russe per i diritti umani hanno inviato una dichiarazione congiunta all’UE. Secondo loro, la reazione dell’Europa a quanto sta avvenendo in Russia e ai rapporti che intercorrono tra la Russia e i paesi limitrofi come Ucraina e Georgia è stata inadeguata. L’UE non ha richiamato Mosca al rispetto dei medesimi standard cui pretende che si attengano gli altri partner. E’ stata proprio questa omissione, affermano, che ha consentito alle autorità russe di infrangere con crudeltà i diritti umani e il diritto internazionale.

Ieri, Elena Bonner ci ha trasmesso l’essenza del messaggio di Andrej Sacharov: fai ciò che devi fare, fai ciò che la tua coscienza ti dice di fare. In caso contrario, rischiamo di diventare corresponsabili dell’estinzione della giustizia e dei diritti umani nei paesi vicini, presi dai nostri tentativi pragmatici di assicurarci l’approvvigionamento energetico.

Possiamo ribaltare questa situazione? Chiunque abbia vissuto sulla propria pelle la brutalità e l’apparente onnipotenza del totalitarismo sovietico vi può assicurare che siamo in grado di spostare l’ago della bilancia se crediamo seriamente nei nostri valori. Il popolo russo deve poter realizzare i suoi valori e la giustizia alla pari di noi.

 
  
MPphoto
 

  Ewa Tomaszewska, autore. – (PL) Signora Presidente, in Russia si ricorre ancora all’omicidio e all’assassinio come mezzo per mettere a tacere gli attivisti per i diritti umani e chiunque abbia un'opinione diversa.

Il 28 ottobre sono stati uccisi a Mosca i padri gesuiti Otto Messner, capo dell’ordine dei gesuiti russi, e Victor Betancourt dell’Ecuador. Il 31 agosto era stata uccisa Magomet Yevloyev. Sono sfuggiti ad altri attentati Akhmed Kotiev, Zurab Tsechoev, Dimitri Kraiukhin, Stanislav Dmitrievsky e Karina Moskalenko. Il 4 dicembre, alcuni collaboratori del Procuratore generale hanno organizzato un raid negli uffici dell’organizzazione Memorial per sequestrare una banca dati che conteneva informazioni su migliaia di vittime del regime stalinista.

I processi per l’uccisione di Anna Politkovskaya e Alexander Litvinenko lasciano intendere che le autorità russe stanno cercando di impedire l’emanazione di una sentenza equa e la comunicazione pubblica dei nomi dei mandanti. In Russia, è normale arrestare chi manifesta in maniera pacifica e angariare le reclute.

Levo una protesta forte contro le violazioni dei diritti umani in Russia e mi appello alle autorità russe affinché smettano di perseguitare gli attivisti per i diritti umani.

 
  
MPphoto
 

  Michael Gahler, a nome del gruppo PPE-DE.(DE) Signora Presidente, in svariate occasioni abbiamo manifestato la nostra disponibilità a collaborare con la Russia. Auspichiamo uno scambio economico e un dialogo politico con la Russia. L’Europa e la Russia hanno bisogno l’una dell’altra. Ciò incrementa ulteriormente la nostra preoccupazione per gli sviluppi dello stato di diritto e della democrazia in quel paese, dove i cittadini hanno già sofferto per decenni sotto la dittatura sovietica.

Tutti gli indicatori democratici puntano verso il basso da quando Vladimir Putin si è insediato: la libertà di stampa e dei media, la libertà di opinione, la libertà di assemblea, la libertà di costituzione – non solo per i partiti politici – l’autonomia della magistratura, il rispetto delle minoranze.

Le condanne della Russia sancite dalla Corte europea per i diritti dell’uomo qui a Strasburgo sono una triste testimonianza della situazione dei diritti civili in questo paese. L’incursione al Centro d’informazione e ricerca Memorial lo scorso 4 dicembre a San Pietroburgo dimostra purtroppo, tra l’altro, che l’attuale governo vuole evidentemente dimenticare la pesante eredità stalinista e mitigare il terrore stalinista sotto la lente del revisionismo. Questo non è affatto un buon presupposto per lo sviluppo di una società democratica da cui può partire una solida crescita economica e sociale, o per guadagnare la fiducia dei vicini europei in una Russia pacifica e affidabile.

In tutti i contatti con governo, società civile ed economia dobbiamo insistere, nell’interesse di tutti, al ripristino dello Stato di diritto e della democrazia in Russia.

 
  
MPphoto
 

  Janusz Onyszkiewicz, a nome del gruppo ALDE. – (PL) Signora Presidente, la Russia è troppo importante per noi perché quanto avviene in quel paese possa lasciarci indifferenti. Durante l’era comunista, non era tanto la libertà di parola a mancare, quanto piuttosto la libertà personale dopo avere parlato. Oggi la situazione sembra essere addirittura peggiore. Adesso infatti non è a rischio soltanto la libertà, ma anche l’incolumità fisica delle persone.

La risoluzione menziona una lunga serie di terribili omicidi di difensori dei diritti umani o persone considerate scomode per un motivo o per l’altro dalle autorità centrali o locali. Agli esecutori di questi omicidi viene permesso di farla franca e lasciare il paese, come nel caso dei sicari di Anna Politkovskaya, oppure di arroccarsi dietro l’immunità parlamentare, come nel caso degli assassini di Alexander Litvinenko. Questa situazione allarmante rende per noi difficile credere che la Russia abbia seriamente l’intenzione di rispettare i principi fondamentali dello Stato di diritto.

 
  
MPphoto
 

  Mikel Irujo Amezaga, a nome del gruppo Verts/ALE. – (ES) Mi scuso per la confusione precedente in merito all’ordine del mio intervento.

I diritti umani e la libertà sono i pilastri più importanti dell’Unione europea e devono costituire il fondamento anche per il nostro dialogo con la Russia.

Purtroppo l’elenco delle violazioni si allunga giorno dopo giorno, così come si complicano ogni giorno le traversie che gli attivisti per i diritti umani devono affrontare nel loro lavoro.

Negli ultimi mesi si sono verificate svariate violazioni dei diritti umani, tra le numerose altre infrazioni. E’ stata attaccata l’abitazione di Stanislav Dmitrievsky, consulente della fondazione per la promozione della tolleranza a Nizhny Novgorod. Soldati dell’esercito hanno rapito e malmenato Zurab Tsechoev, difensore dei diritti umani inguscio. Alcuni parenti di Ilyas Timishev, un avvocato per i diritti umani, sono stati arrestati, interrogati e maltrattati.

Ritengo opportuno ricordare in questa sede che la settimana scorsa, il 12 dicembre, il governo spagnolo ha deciso di estradare Murat Gasayev in Russia. Gasayev, cittadino russo di origine cecena, era stato arrestato dai servizi segreti russi nel 2004 e torturato per tre giorni, secondo Amnesty International.

Gasayev fuggì successivamente in Spagna, dove fece richiesta d’asilo politico nel 2005. La sua richiesta fu rigettata sulla base di una relazione riservata stilata dalle autorità spagnole cui né lui né il suo avvocato hanno potuto accedere.

La Spagna ha firmato la Convenzione contro la tortura e l'estradizione di Gasayev è basata sulle assicurazioni formulate dalle autorità russe affinché la procedura proseguisse.

Innumerevoli rapporti di organizzazioni per i diritti umani hanno sollevato con preoccupazione la questione del ricorso alla tortura nella Federazione russa e in particolare nelle repubbliche del Caucaso settentrionale, come la Cecenia e l’Inguscezia.

Se Murat Gasayev sarà estradato, sussiste un’elevatissima probabilità che venga sottoposto nuovamente a tortura e ad altre forme di maltrattamento quando tornerà nelle mani dei russi.

Concluderò – e qui utilizzo il minuto di parola supplementare, come convenuto – ripetendo quanto già detto dal collega Horáček del mio gruppo. Lo scorso luglio egli ha ricordato che i detenuti del caso Yukos, Mikhail Khodorkovsky e Platon Lebedev, sono nella prigione siberiana di Chita. Ma ve ne sono anche altri.

Vi invito pertanto a fare qualsiasi cosa in nostro potere per garantire il loro rilascio e incoraggiare la Russia a rendere la libertà d’opinione e di stampa una realtà e a non ostacolare il lavoro delle ONG. Tutti questi aspetti rivestono un ruolo cruciale per il nostro futuro comune in Europa.

 
  
MPphoto
 

  Andrzej Tomasz Zapałowski, a nome del gruppo UEN. – (PL) Signora Presidente, oggi per l’ennesima volta il governo russo è stato criticato per aver tollerato, o talvolta addirittura istigato, alcune attività molto lontane dai principi di cittadinanza che sono fondamentali in qualsiasi paese civilizzato. I russi sono rimasti oltraggiati dal rapimento, dall’intimidazione o perfino dall’uccisione di attivisti per i diritti umani. Nel contempo però il governo russo gode di un ampio consenso, nonostante la sua repressione esplicita di qualsiasi forma di opposizione.

La maggioranza dei russi ama una leadership forte, per non dire senza scrupoli. I russi vogliono ricostruire l’impero ricorrendo a qualsiasi mezzo disponibile. L’Europa finge di non accorgersene, poiché gli interessi economici hanno la meglio, ovviamente. E un’ampia fetta della popolazione russa desidera che le ex repubbliche sovietiche siano nuovamente riunite alla Russia, comprese quelle che oggi appartengono all’Unione europea. Ciò costituisce un problema ancora più grave delle violazioni dei diritti umani in Russia. Eppure, nonostante questo pericolo incombente, preferiamo non pronunciarci sull’argomento.

 
  
MPphoto
 

  Kathy Sinnott, a nome del gruppo IND/DEM. (EN) Signora Presidente, la Russia è il paese confinante più grande e vicino all’Europa, oltre che uno dei più importanti in termini commerciali. Quanto accade in Russia è molto importante e ha ripercussioni forti sull’Europa. Alla luce di queste considerazioni, oltre che delle violazioni dei diritti umani denunciate, si comprende la grande importanza di questa risoluzione.

Vorrei ricordare un incontro che ho avuto con Gary Kasparov qui alla sede di Strasburgo del Parlamento quando era in lizza per la presidenza russa. Come candidato alla presidenza, è stato accolto come un ospite d’onore. Già allora Kasparov ci aveva spiegato che agli occhi del Cremlino, la sua attività politica era considerata sovversiva e criminale – come negli altri casi di cui stiamo parlando oggi – ed era costantemente a rischio di maltrattamenti e arresto, come anche i suoi sostenitori.

Talvolta questo comportamento si estende oltre i confini della Russia e raggiunge perfino l’UE. In una recente missione della commissione per le petizioni in Bulgaria, alcuni rappresentanti della Chiesa ortodossa, attualmente gravemente perseguitata in questo paese, ci hanno parlato dell’influenza della Russia anche nel loro caso.

Dobbiamo mettere da parte i nostri timori per la sicurezza energetica, che ci rendono forzatamente morbidi verso la Russia e sempre molto delicati in sua presenza, e rivolgerci alla Russia con fermezza e chiarezza, ricordandole di essere membro del Consiglio d’Europa e firmatario della Convenzione europea sui diritti umani e dell’Accordo di Strasburgo; dobbiamo insistere per il rispetto della democrazia e dei diritti umani in Russia e altrove.

 
  
MPphoto
 

  Bernd Posselt (PPE-DE).(DE) Signora Presidente, i problemi di legalità in Russia non sono dovuti a involuzioni sporadiche bensì a una sorta di tumore che si diffonde in maniera sistematica. Ci troviamo nella seconda fase dell’era Putin, dietro la facciata del presidente Medvedev, e la terza fase è in corso di preparazione.

Putin ha inaugurato la sua prima era con la seconda guerra in Cecenia, un genocidio motivato da enormi interessi coloniali per il controllo delle materie prime a spese di un piccolo popolo. Da allora si è allargata la metastasi, lo stato di diritto e la libertà di stampa sono stati erosi, i difensori dei diritti umani come la signora Moskalenko vengono perseguitati fino a qui, nella capitale europea; noi ci rendiamo conto che non sono stati compiuti progressi e, come ho detto, che non si tratta di involuzioni sporadiche, bensì della perdita sistematica delle misere spoglie dello stato di diritto e della democrazia.

E’ tempo che l’Unione europea si faccia sentire con maggiore forza. Lo dobbiamo, nell’ambito dei negoziati per un accordo, a quelle persone come Anna Politkovskaya, Aleksander Litvinenko e molte altre ancora, che sono morte per avere anche solo osato indagare su queste involuzioni o denunciarle con il loro vero nome.

Chi parla apertamente di questi problemi in Russia mette in pericolo la propria vita. E ogni volta i moventi diventano apparentemente sempre più misteriosi e meno comprensibili. Pertanto noi che viviamo qui in pace e relativa sicurezza abbiamo l’obbligo di fare in modo che sia finalmente gettata luce su questa oscurità e che nel Parlamento europeo si faccia almeno quanto è in nostro potere, ovvero ci si rivolga alla dirigenza russa con un linguaggio chiaro e franco. Essi non ne comprendono infatti nessun altro, come Elena Bonner ci ha spiegato ieri con estrema pregnanza.

Dobbiamo trarre esempio dal coraggio di Elena Bonner e Andrej Sacharov e smetterla con le finzioni e l’autoinganno. Diciamo le cose come stanno realmente. Questo è il massimo servigio che possiamo rendere al popolo russo.

 
  
MPphoto
 

  John Bowis (PPE-DE).(EN) Signora Presidente, sono trascorsi due anni dall’omicidio di Anna Politkovskaya. Le hanno sparato in casa, nell’ascensore del condominio in cui abitava. L’arma è stata abbandonata vicino al suo corpo. E’ accaduto in pieno giorno. Al tempo ci si domandava chi avesse premuto il grilletto. Oggi ci si interroga su chi manovrava i fili che hanno spinto una mano a premere il grilletto. L’agguato era d’impronta tipicamente mafiosa, ma Anna non si è mai occupata di mafia. I suoi articoli riguardavano il governo russo e il suo intervento in Cecenia. Il suo sacrificio è stato un avvertimento agli altri giornalisti indipendenti di tenersi al largo dall’autorità.

L’avvertimento sarà efficace se l’opinione pubblica internazionale e le istituzioni UE non faranno pressione per lo svolgimento di un processo regolare e un’inchiesta approfondita sui mandanti dell’omicidio. Non possiamo restituire ad Anna la vita, ma possiamo renderle giustizia. Possiamo trasformarla in un simbolo della libertà anziché un emblema della repressione. Dobbiamo essere uniti in questo intento comune.

 
  
MPphoto
 

  Paulo Casaca (PSE).(PT) Signora Presidente, siamo all’epilogo di un’importantissima discussione che, come è stato detto, avrebbe dovuto avere luogo già molto tempo addietro. La Russia è fondamentale per noi sotto tutti i punti di vista, ma in particolare come paese in cui i diritti umani devono essere rispettati. Tali diritti comprendono ovviamente la condanna della xenofobia e dell’omofobia e mi appello ai colleghi deputati affinché convengano di includere un riferimento esplicito a questi due grandi mali diffusi in Russia, giustamente riconosciuti tali nel progetto di risoluzione, e non si proceda pertanto ad alcuna omissione.

 
  
MPphoto
 

  Zbigniew Zaleski (PPE-DE). – (FR) Signora Presidente, signor Commissario, la risoluzione menziona esplicitamente alcuni esempi esecrabili.

Questa non deve limitarsi ad essere una risoluzione urgente, ma deve assurgere a promemoria permanente per le autorità russe, di cui noi condanniamo i metodi persecutori. Questa risoluzione è un appello al popolo russo, ai militanti e agli eroi russi che lotteranno per la libertà fino a quando nessuno dovrà più temere di essere giustiziato per avere esercitato il suo diritto alla libertà d’espressione.

Credo che dovremmo trasmettere il nostro appello in occasione delle relazioni e delle riunioni tra il governo russo e la Commissione europea.

 
  
MPphoto
 

  Marcin Libicki (UEN). – (PL) Signora Presidente, stiamo discutendo delle violazioni dei diritti umani, tra cui l’assassinio di Anna Politkovskaya, e altri incidenti occorsi in Russia che illustrano chiaramente la politica del terrore perpetrata dallo Stato contro i suoi cittadini.

Dobbiamo renderci conto che, oltre alle violazioni dei diritti umani, la Russia sta assumendo un atteggiamento imperialista e, dopo un breve intermezzo nei primi anni Novanta, ha ricominciato a minacciare i paesi vicini. Questo accade perché il comunismo non è mai stato ritenuto formalmente responsabile e condannato. Oggi possiamo dire che la Germania è un paese democratico che rispetta i cittadini, perché è stata in grado di superare il ricordo di Hitler e il suo trascorso nazista.

Oggi dobbiamo tentare, in quest’Aula e ovunque possiamo esercitare la nostra influenza, di fare in modo che venga affrontato il passato comunista, poiché soltanto in questo modo sarà possibile mettere un freno alla politica russa del terrore in patria e alle sue ambizioni imperialistiche verso l’estero.

 
  
MPphoto
 

  Jacques Barrot, vicepresidente della Commissione. − (FR) Signora Presidente, il 5 novembre il presidente Medvedev, in occasione del suo primo discorso annuale al Consiglio della Federazione, ha fatto un riferimento esplicito alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.

Questa menzione simbolica in occasione dell’anniversario della Dichiarazione universale dei diritti umani testimonia l’interesse del nuovo presidente per la riforma giudiziaria e l’impatto di tali riforme sui diritti umani. Le sue parole sono incoraggianti ma l’Unione europea dovrà seguire molto da vicino le evoluzioni in questo ambito. La realtà di queste ultime settimane ci ha ricordato per l’ennesima volta le sfide enormi con cui si devono confrontare i difensori dei diritti umani in Russia. Signora Presidente, abbiamo ascoltato naturalmente con attenzione i diversi interventi, in cui sono state denunciate a più riprese le gravi minacce ai diritti umani in Russia.

A due anni dalla morte di Anna Politkovskaya è cominciato il processo per il suo omicidio. Inizialmente aperto al pubblico, il procedimento è poi proseguito a porte chiuse e successivamente è stato di nuovo di pubblico dominio. Il processo sarà seguito con grande attenzione dai difensori della libertà d’espressione.

Come dimostrato dall’omicidio alla fine di agosto di Magomed Yevloyev, guardato a vista dalla polizia, la professione giornalistica in Russia sta diventando sempre più pericolosa.

All’inizio di dicembre Memorial, una delle più vecchie e prestigiose ONG che lavorano sul passato doloroso della Russia nel XX secolo, è stata sottoposta a una perquisizione della polizia, nel corso della quale sono stati confiscati gli archivi storici sui gulag.

Per proseguire veramente il lavoro che abbiamo cominciato lo scorso aprile in occasione della conferenza sui crimini commessi dai regimi totalitari in Europa – che ho avuto l’onore di aprire personalmente – è ovvio che gli storici devono assolutamente poter accedere a tali archivi. La perquisizione del 4 dicembre è un messaggio inquietante per chi crede nella necessità di una discussione onesta sulle ferite profonde del passato. Questa discussione è necessaria per assicurare in seguito una riconciliazione.

Le consultazioni tra le autorità russe e quelle dell’Unione europea in materia di diritti umani sono ovviamente altre occasioni in cui possiamo ribadire la necessità per la Russia di rispettare gli impegni assunti nell’ambito dei diritti umani. La Commissione prosegue il suo lavoro di sostegno alle iniziative della società civile, in particolare tramite l’iniziativa europea per la democrazia e i diritti umani.

L’assistenza alla riforma giudiziaria rientra anch’essa tra le priorità dei nostri programmi di cooperazione con la Russia. In occasione dell’ultimo incontro con la Russia sono entrato in contatto con i nuovi responsabili della giustizia e sono assolutamente intenzionato a proseguire un dialogo approfondito. Unione europea e Russia stanno inoltre negoziando una nuova base contrattuale in sostituzione dell’attuale accordo di partenariato e cooperazione.

Ovviamente il rispetto dei diritti umani deve essere un elemento imprescindibile di questo nuovo accordo. Nell’accordo dovranno trovare posto anche gli impegni che le parti hanno assunto nell’ambito delle Nazioni Unite, dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa o del Consiglio d’Europa; la Commissione si sta mobilitando in questa direzione. Il commissario Ferrero-Waldner mi ha chiesto di ringraziarvi per avere avviato questa discussione e mi ha confermato il suo impegno personale a cui aggiungo il mio poiché ho la possibilità, nell’ambito della sicurezza e della giustizia, di intrattenere un dialogo con le autorità di Mosca.

Questo è tutto ciò che posso dire in merito, signora Presidente. Spero che nel 2010 i responsabili russi potranno tenere fede ai loro impegni meglio di quanto non siano riusciti a fare nel corso di quest’anno.

 
  
MPphoto
 

  Presidente. – La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà immediatamente.

Dichiarazioni scritte (articolo 142 del regolamento)

 
  
MPphoto
 
 

  Urszula Gacek (PPE-DE), per iscritto.(EN) Nell’ambito dello scandalo Yukos ancora aperto continuano a verificarsi violazioni gravi dei diritti umani. A cinque anni dall’arresto di Mikhail Khodorkovsky, lui e altri funzionari della Yukos sono ancora incarcerati in circostanze dubbie. Il caso più preoccupante riguarda l’ex consulente legale della Yukos, Vasily Alexanyan, in carcere preventivo dal 2006. Ormai prossimo a morire perché malato di AIDS, tumore linfatico e tubercolosi, Alexanyan ha dichiarato di non avere ceduto al ricatto con cui gli sarebbero state assicurate cure mediche in cambio di una falsa testimonianza contro Khodorkovsky. Le sue condizioni di salute, precedentemente tenute sotto controllo con i farmaci, sono degenerate a causa di complicazioni fatali. Sebbene i capi d’imputazione a suo carico siano caduti in prescrizione con il dicembre 2008, le autorità giudiziarie consentiranno a rilasciare Alexanyan soltanto dietro il pagamento di una cauzione spropositata di 1,4 milioni di euro. Nel frattempo a Khodorkovsky è stata rifiutata la libertà sulla parola, seppure il suo rilascio sarebbe stato conforme al diritto e alla giurisprudenza russe. Gli inquirenti hanno avanzato nuovi capi d’imputazione non plausibili a carico di Khodorkovsky e lo stanno tenendo in carcere preventivo ormai da quasi due anni.

Il modo in cui questi e numerosi altri casi sono stati gestiti evidenzia le gravi carenze del sistema giudiziario russo. Il rilascio di queste persone sarà un’indicazione che la Russia è riuscita a contrastare il proprio “nichilismo giuridico”. L’accordo di partenariato e cooperazione UE-Russia dovrebbe essere subordinato alla risoluzione delle questioni di diritto e in particolare alla questione dei prigionieri politici.

 
  
MPphoto
 
 

  Eija-Riitta Korhola (PPE-DE), per iscritto. – (FI) La Russia è membro del Consiglio d’Europa e dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE) e di conseguenza è, o almeno dovrebbe essere, tenuta a rispettare i diritti umani. Tuttavia la situazione dei diritti umani in Russia è alquanto grave. La xenofobia e l’omofobia sono in aumento, secondo l’Ufficio per i diritti umani di Mosca, tendenze che nel 2008 hanno provocato la morte di 100 persone per motivi di razza, nazionalità, religione e orientamento sessuale. In ottobre Otto Messmer, capo dell’ordine dei gesuiti russi, e il sacerdote ecuadoriano Victor Betancourt sono stati brutalmente trucidati nel loro appartamento di Mosca. Il problema è che le autorità russe lasciano praticamente impuniti questo tipo di crimini.

Inoltre, chi difende i diritti umani in Russia rischia di mettersi in una situazione alquanto pericolosa. La situazione degli attivisti per i diritti umani è motivo di grave preoccupazione, come lo sono le difficoltà in cui versano le ONG impegnate nella promozione dei diritti umani. Il Tribunale europeo per i diritti dell’uomo di Strasburgo ha affrontato svariati casi presentati da cittadini russi. I pronunciamenti del tribunale lasciano capire che in molti casi si sono verificate violazioni gravi dei diritti umani e forme di oppressione da parte delle autorità pubbliche russe.

A questo punto dobbiamo prendere sul serio questo problema nell’ambito del negoziato per un nuovo accordo quadro che disciplinerà in senso lato i rapporti tra UE e Russia. I negoziati avviati durante il vertice UE-Russia di novembre dovranno riconoscere l’importanza fondamentale di diritti umani, stato di diritto e democrazia. Dobbiamo anche insistere affinché le autorità russe diano tempestivamente seguito alle sentenze del Tribunale europeo per i diritti dell’uomo.

Gli avvocati per i diritti umani che rappresentano le vittime di abusi e che indagano sui casi correndo enormi rischi personali meritano il massimo rispetto per il prezioso lavoro che svolgono. Essi dovrebbero ottenere la protezione dello Stato e un sostegno adeguato da parte della comunità internazionale.

 
  

(1)Cfr. Processo verbale.


14. Turno di votazioni
Video degli interventi
MPphoto
 
 

  Presidente. – L’ordine del giorno reca il turno di votazioni.

(Per i risultati dettagliati della votazione: vedasi processo verbale)

 

14.1. Zimbabwe (votazione)

14.2. Nicaragua (votazione)
  

- Prima della votazione

 
  
MPphoto
 

  Manuel Medina Ortega, autore.(ES) Il gruppo socialista al Parlamento europeo ha richiesto una votazione separata sui paragrafi 1 e 4, oltre a proporre alcuni emendamenti orali sul paragrafo 2, considerando A e F. Sono sicuro che la Presidente ne è al corrente, ma in caso contrario potrei fornirle qualche delucidazione.

 
  
 

- Prima della votazione sul paragrafo 2

 
  
MPphoto
 

  Manuel Medina Ortega, autore.(ES) Nel paragrafo 2 vorremmo aggiungere un emendamento orale per specificare i comuni in cui si stanno verificando i disordini, ossia León e Managua; il paragrafo reciterebbe dunque “comuni (León e Managua)”.

 
  
  

(L'Assemblea manifesta il suo assenso alla presentazione dell'emendamento orale)

– Prima della votazione sul considerando Α

 
  
MPphoto
 

  Manuel Medina Ortega, autore.(ES) In relazione al testo del considerando A, il gruppo socialista al Parlamento europeo propone in un emendamento orale di sostituire ad “accuse” al plurale il termine “accusa” al singolare.

 
  
  

(L'Assemblea manifesta il suo assenso alla presentazione dell'emendamento orale)

– Prima della votazione sul considerando F

 
  
MPphoto
 

  Manuel Medina Ortega, autore.(ES) Al considerando F, al posto di “inchieste penali”, proponiamo “inchieste giudiziarie”; in pratica proponiamo di sostituire “penali” con “giudiziarie”.

 
  
 

(L'Assemblea manifesta il suo assenso alla presentazione dell'emendamento orale)

 

14.3. Russia: aggressioni nei confronti dei difensori dei diritti umani e processo per l'uccisione di Anna Politkovskaya (votazione)
  

- Prima della votazione sul paragrafo 6

 
  
MPphoto
 

  Michael Gahler (PPE-DE).(EN) Signora Presidente, nella prima riga vogliamo sostituire i termini “xenofobia e omofobia” con “violenza”, poiché riteniamo che questo termine più generale, oltre a includere la xenofobia e l’omofobia, si possa riferire anche alle minoranze nazionali o religiose.

Vorremmo dire “tendenze alla violenza” nella prima parte, perché successivamente facciamo riferimento a diverse altre questioni: nazionalità, religione e orientamento sessuale. Visto che queste rimangono nel testo, mi sembra eccessivamente restrittivo menzionare soltanto la xenofobia e l’omofobia nella prima riga. I colleghi possono accettare la sostituzione con la parola “violenza” nella prima riga?

 
  
 

(L'Assemblea manifesta il suo assenso alla presentazione dell'emendamento orale)

 

15. Comunicazione di posizioni comuni del Consiglio: vedasi processo verbale

16. Decisioni relative ad alcuni documenti: vedasi processo verbale

17. Dichiarazioni scritte inserite nel registro (articolo 116 del regolamento): vedasi processo verbale

18. Trasmissione dei testi approvati nel corso della presente seduta: vedasi processo verbale
Video degli interventi

19. Calendario delle prossime sedute: vedasi processo verbale
Video degli interventi

20. Interruzione della sessione
Video degli interventi
MPphoto
 

  Presidente. - Il processo verbale di questa seduta sarà presentato al Parlamento per l’approvazione all’inizio della prossima sessione parziale. Se non vi sono altri commenti, trasmetterò immediatamente le risoluzioni approvate ai rispettivi destinatari.

Dichiaro interrotta la sessione del Parlamento europeo.

(La seduta termina alle 16.35)

 

ALLEGATO (Risposte scritte)
INTERROGAZIONI AL CONSIGLIO (La presidenza in carica del Consiglio dell’Unione europea è l'unica responsabile di queste risposte)
Interrogazione n. 1 dell’onorevole Posselt (H-0879/08)
 Oggetto: Situazione in Macedonia
 

Quali iniziative assume il Consiglio per approvare e sostenere la Macedonia, Stato candidato all’adesione, il cui governo di coalizione non solo riunisce a pieno titolo i dirigenti del gruppo etnico albanese, bensì anche tutte le altre minoranze etniche e porta avanti energicamente il processo di riforma?

 
  
 

(FR) La presente risposta, elaborata dalla presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di dicembre 2008 del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo.

Nelle sue conclusioni del 19-20 giugno 2008, il Consiglio indica la possibilità che l’ex Repubblica iugoslava di Macedonia compia ulteriori progressi nel suo cammino verso l’Unione europea entro la fine dell’anno, posto che siano rispettate le condizioni specificate nelle conclusioni del Consiglio europeo del dicembre 2005, i criteri politici di Copenhagen e le priorità del partenariato di adesione del febbraio 2008. In tale contesto, il Consiglio europeo prende nota delle conclusioni del CAGRE del 16 giugno 2008. Rimane fondamentale mantenere buone relazioni di vicinato, che comprendano una soluzione negoziata e reciprocamente accettabile sulla questione della denominazione.

Il quadro in cui si iscrivono le relazioni tra Unione europea ed ex Repubblica iugoslava di Macedonia è definito essenzialmente dallo status di paese candidato (conferito dal Consiglio nel dicembre 2008), dall’accordo di stabilizzazione e associazione (in vigore dall’aprile 2004) e dalla presenza del Rappresentante speciale UE (dal 2001). Dal 2005, l’ambasciatore Erwan Fouéré ha assunto la doppia funzione di Rappresentante speciale dell’Unione europea e di capo della delegazione della Commissione europea a Skopje, il che consente una comunicazione più agevole, intensa e di alto livello con il governo, i partiti politici, la società civile e altri attori. Nella primavera del 2008, la Commissione ha inoltre consegnato al governo una "tabella di marcia" che specificava criteri chiari e realistici per la liberalizzazione del sistema di visti. Il Consiglio e la Commissione controlleranno attentamente il processo sulla base di una valutazione dei progressi.

Inoltre, e in generale, il Consiglio accoglie con favore l’efficace trasposizione delle riforme stabilite nell’accordo quadro di Ohrid, stipulato il 1° agosto 2001, all’interno del sistema legislativo.

 

Interrogazione n. 2 dell’onorevole Goudin (H-0881/08)
 Oggetto: Accordi di pesca e ambizione di eliminare la povertà
 

Al capitolo 1 delle disposizioni generali sull’azione esterna dell’Unione, all’articolo 10A, paragrafo 2, lettera d), si legge che l’Unione definisce e attua una politica comune al fine di “favorire lo sviluppo sostenibile dei paesi in via di sviluppo sul piano economico, sociale e ambientale, con l’obiettivo primo di eliminare la povertà”.

Secondo il Consiglio, in che modo i vigenti accordi di pesca con i paesi poveri in via di sviluppo rispondono all’ambizione di eliminare la povertà?

 
  
 

(FR) La presente risposta, elaborata dalla presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di dicembre 2008 del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo.

Come sapete, in seguito alle conclusioni del Consiglio del luglio 2004, la Comunità ha gradualmente introdotto un nuovo tipo di accordi di pesca bilaterali: gli accordi di partenariato nel settore della pesca.

Il Consiglio reputa che tali accordi forniscano un contributo notevole all’eliminazione della povertà in un contesto di sviluppo sostenibile.

Da tale prospettiva, tali accordi di partenariato presentano due elementi degni di nota: da un lato, per evitare l’eccessivo sfruttamento degli stock ittici, la ripartizione delle possibilità di cattura delle navi europee è basata su consulenze scientifiche e dall’altro, una percentuale del contributo finanziario, nota come “sostegno al settore”, ha l’obiettivo di sviluppare il settore della pesca nello Stato costiero partner.

Non è facile vincere la povertà e per eliminarla occorre utilizzare vari metodi. Il sostegno al settore offerto dagli accordi di partenariato nel settore della pesca è solo uno dei modi in cui la Comunità contribuisce all’obiettivo fondamentale dell’eliminazione della povertà.

 

Interrogazione n. 3 dell’onorevole Lundgren (H-0883/08)
 Oggetto: Tradizioni costituzionali comuni
 

Gli studiosi concordano nel ritenere che i successi dell’Europa sul piano economico, sociale e culturale siano frutto della concorrenza fra Stati indipendenti di dimensioni relativamente ridotte, i quali sono stati stimolati a sviluppare tra di loro diverse soluzioni istituzionali a livello locale, regionale e nazionale.

Al titolo relativo alle disposizioni comuni, all’articolo 6, paragrafo 3 della proposta di un nuovo trattato, si legge che “i diritti fondamentali, garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, fanno parte del diritto dell’Unione in quanto principi generali”.

Ritiene pertanto il Consiglio che i 27 Stati membri abbiano “tradizioni costituzionali comuni”?

 
  
 

(FR) La presente risposta, elaborata dalla presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di dicembre 2008 del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo.

Si fa presente all’interrogante che la disposizione citata nell’interrogazione esiste già nell’attuale articolo 6, paragrafo 2 del Trattato dell’Unione europea, il quale stabilisce che l’Unione europea rispetterà i diritti fondamentali garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, nonché quelli derivanti dalle tradizioni costituzionali degli Stati membri, quali principi generali del diritto comunitario.

Le “tradizioni costituzionali comuni” costituiscono un concetto riconosciuto e utilizzato da tempo dalla Corte di giustizia delle Comunità europee. La Corte fa riferimento a tale concetto particolarmente quale fonte di ispirazione relativamente al rispetto dei diritti fondamentali nel sistema giuridico comunitario(1). Gli Stati membri hanno inoltre riconosciuto tale concetto con la decisione di includerlo nel Trattato dell’Unione europea.

 
 

(1)Si vedano, fra le altre, le decisioni: 17 dicembre 1970, 11/70, Internationale Handelsgesellschaft mbH contro Einfuhr- und Vorratsstelle für Getreide und Futtermittel; 14 maggio 1974, 4/73, Nold; 13 dicembre 1979, 44/79, Hauer; 18 dicembre 1997, C-309/96, Annibaldi; 27 giugno 2006, C-540/03, Parlamento contro Consiglio; 3 settembre 2008, Kadi contro Consiglio e Commissione, C-402/05 P e C-415/05 P.

 

Interrogazionen. 4 dell’onorevole Medina Ortega (H-0885/08)
 Oggetto: Regioni ultraperiferiche e politica di grande vicinato
 

Tenendo presente l’impatto negativo che l’attuale crisi finanziaria mondiale sta avendo sui paesi in via di sviluppo, può dire il Consiglio se non ritiene sia giunto il momento di rilanciare le proposte iniziali della Commissione quanto allo sviluppo di politiche di “grande vicinato” dalle regioni ultraperiferiche dell’Unione europea volte a favorire lo sviluppo dei paesi vicini dell’Africa e dei Caraibi?

 
  
 

(FR) La presente risposta, elaborata dalla presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di dicembre 2008 del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo.

Da diversi anni ormai, per adattarsi al mondo globalizzato, la cooperazione allo sviluppo dell’Unione europea si è progressivamente rivolta all’integrazione regionale. Indubbiamente, paesi all’interno della stessa regione, siano Stati ACP, paesi e territori d’oltremare (PTOM) o regioni ultraperiferiche, spesso condividono le stesse caratteristiche (risorse o handicap).

In tale contesto, nel maggio 2004, la Commissione ha presentato una relazione contenente un approccio globale alle caratteristiche peculiari della situazione delle regioni ultraperiferiche (RUP), con l’obiettivo di definire le misure necessarie allo sviluppo secondo le loro esigenze specifiche(1). Il Consiglio ha esaminato la comunicazione della Commissione.

In seguito, nel settembre 2007, la Commissione ha presentato al Consiglio e al Parlamento europeo, in particolare, un riesame della strategia e delle previsioni per il futuro(2). Nel programma di 18 mesi per il Consiglio(3), le presidenze francese, ceca e svedese hanno programmato di continuare il lavoro sulla completa introduzione della strategia del 2004 per le regioni ultraperiferiche, sulla base della comunicazione della Commissione sul riesame e sulle previsioni per tale strategia. A maggio, si è tenuta una conferenza interistituzionale di partenariato sul futuro di tale strategia.

I risultati di tali deliberazioni sono stati pubblicati recentemente in una nuova comunicazione della Commissione(4), con data 17 ottobre 2008: “Le regioni ultraperiferiche: un’opportunità per l’Europa”. Essa suggerisce lo sviluppo delle caratteristiche uniche delle RUP, utilizzandole per affrontare le stesse sfide dell’Europa e del resto del mondo, ad esempio: cambiamenti climatici, flussi migratori, gestione sostenibile delle risorse marittime e dei prodotti agricoli. Un capitolo è dedicato al rafforzamento dell’integrazione regionale e afferma che i programmi di cooperazione territoriale 2007-2013, cofinanziati dal FESR, offrono opportunità per lo sviluppo di un piano d’azione per il grande vicinato.

Non va dimenticato che all’interno degli accordi di partenariato economico vi sono disposizioni specifiche, negoziate tra UE e Stati ACP, il cui obiettivo è di garantire che tali paesi siano maggiormente integrati all’interno delle proprie regioni.

 
 

(1) doc. 10166/04 + ADD 1 e 2.
(2) doc. 14838/07 + ADD 1.
(3) doc. 11249/08.
(4) doc. 14620/08.

 

Interrogazione n. 5 dell’onorevole Marie Panayotopoulos (H-0888/08)
 Oggetto: Partecipazione dei giovani all’elaborazione e all’esecuzione dei programmi di istruzione
 

Come può essere rafforzata la piena partecipazione dei giovani all’elaborazione e all’esecuzione dei programmi di istruzione e come la si associa all’apprendimento della lingua e della cultura del paese di origine dei migranti?

 
  
 

(FR) La presente risposta, elaborata dalla presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di dicembre 2008 del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo.

Il Consiglio sta lavorando alacremente per coinvolgere i giovani nell’elaborazione e nell’attuazione di politiche nazionali ed europee che li coinvolgono direttamente.

Nella risoluzione del 27 giugno 2002(1), sul “Quadro di cooperazione europea nel settore della gioventù”, il Consiglio indica l’importanza per le politiche e le iniziative rivolte ai giovani, sia a livello nazionale che europeo, di prendere in considerazione la loro situazione, le loro esigenze, condizioni di vita e aspettative. A tal fine, la consultazione dei giovani, sia a livello nazionale che europeo, è diventato un elemento centrale delle politiche giovanili ogniqualvolta si redige e si attua una politica che li riguardi. Per questo motivo, sono stati inclusi nel quadro di cooperazione europea nel settore della gioventù degli strumenti pratici per facilitare la partecipazione attiva dei giovani alla vita civica e un dialogo regolare con essi.

In termini pratici, nella summenzionata risoluzione il Consiglio ha adottato quattro priorità tematiche per la cooperazione a livello europeo, inclusa la partecipazione attiva dei giovani alla vita pubblica. Di conseguenza, gli Stati membri hanno adottato obiettivi comuni sulla partecipazione e sull’informazione dei giovani e hanno concordato di riferire regolarmente alla Commissione sullo stato di avanzamento di tali obiettivi.

Nella risoluzione del 15 novembre 2005(2) intitolata “Attuare il patto europeo per la gioventù e promuovere la cittadinanza attiva”, il Consiglio invitava gli Stati membri e la Commissione ad avviare un dialogo strutturato con i giovani e le organizzazioni giovanili a livello europeo, nazionale, regionale e locale sulle misure politiche che li coinvolgono. Sono stati pertanto creati forum per il dialogo strutturato e i dibattiti a tutti i livelli, secondo un piano stabilito dal programma politico dell’Unione.

Infine, nella risoluzione del 12 dicembre 2006(3), concernente la “realizzazione degli obiettivi comuni per la partecipazione e l’informazione dei giovani al fine di promuovere la loro cittadinanza europea attiva”, il Consiglio ha confermato la pertinenza e la validità degli obiettivi comuni e delle linee d’azione volte a incoraggiare la partecipazione dei giovani alla vita pubblica, sottolineando l’importanza essenziale di tali obiettivi per lo sviluppo della cittadinanza attiva fra i giovani, specie fra quelli con minori opportunità.

A tal riguardo, si suggerisce agli Stati membri di definire più chiaramente gli ostacoli alla partecipazione di determinati gruppi e di giovani svantaggiati, incentivando l’introduzione di misure e meccanismi per superare tali ostacoli, principalmente prendendo in considerazione le diversità e le priorità di tali gruppi.

La risoluzione del Consiglio del 22 maggio 2008 sulla partecipazione dei giovani con minori opportunità invitava la Commissione e gli Stati membri in particolare a garantire, nella cooperazione con le organizzazioni giovanili, che il dialogo strutturato con i giovani svantaggiati fosse aperto a tutti, ad ogni livello e, se necessario, ad adattarlo alla struttura degli incontri.

Sempre nel 2008, nel Libro verde del 3 luglio intitolato “Migrazione e mobilità: le sfide e le opportunità per i sistemi d’istruzione europei” e nella comunicazione del 18 settembre “Il multilinguismo: una risorsa per l’Europa e un impegno comune” la Commissione europea ha sottolineato l’importanza della questione delle lingue dei migranti.

La risoluzione del Consiglio del 21 novembre 2008 concernente una strategia europea per promuovere il multilinguismo, invitava gli Stati membri e la Commissione, nell’ambito delle rispettive competenze e in piena ottemperanza al principio di sussidiarietà, a sostenere l’uso delle competenze linguistiche dei cittadini immigrati quale mezzo per rafforzare il dialogo interculturale e la competitività economica.

In occasione dell’Anno europeo per il dialogo interculturale, dal 5 al 9 luglio a Marsiglia, la presidenza del Consiglio ha voluto portare in primo piano la relazione tra giovani, istruzione e lingue dei migranti. Alcuni workshop hanno concordato sull’importanza di un partenariato fra autorità pubbliche e organizzazioni giovanili nell’elaborazione di testi legislativi che coinvolgono i giovani, particolarmente per quel che concerne l’istruzione e l’apprendimento delle lingue.

Nello stesso contesto si iscrive la conferenza “Nuove prospettive per il dialogo interculturale in Europa”, tenutasi a Parigi dal 17 al 19 novembre 2008, che ha sottolineato l’importanza dell’istruzione nel dialogo interculturale e il suo ruolo nella promozione della coesione sociale e nell’integrazione dei migranti.

Nel 2009 sarà effettuata una valutazione del quadro generale di cooperazione europea in materia di gioventù, che senz’altro rappresenterà un’ottima opportunità per definire un ruolo ancor più significativo ed efficace per i giovani nella vita pubblica.

Poiché la questione specifica dell’insegnamento della lingua e della cultura dei paesi di origine dei migranti ha un effetto diretto sulla vita dei giovani, ovviamente gli Stati membri sono stati invitati ad ascoltare il loro punto di vista sulla questione. Ad ogni modo, ciò rientra nelle competenze dei poteri nazionali degli Stati membri e la situazione deve dunque essere analizzata a livello nazionale.

 
 

(1) GU C 168 del 13.7.2002, pag. 2.
(2) GU C 292 del 24.11.2005, pag. 5.
(3) GU C 297 del 7.12.2006, pag. 6.

 

Interrogazione n. 7 dell’onorevole Ó Neachtain (H-0895/08)
 Oggetto: Salvaguardia degli Obiettivi di sviluppo del millennio (MDG) nelle attuali turbolenze finanziarie
 

Quali misure sta adottando il Consiglio per proteggere i paesi in via di sviluppo dalla crisi finanziaria globale e per garantire che gli urgenti preoccupazioni economiche interne non interferiscano con il conseguimento degli Obiettivi di sviluppo del millennio?

 
  
 

(FR) La presente risposta, elaborata dalla presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di dicembre 2008 del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo.

Alla riunione informale del 7 novembre 2008, i capi di Stato e di governo degli Stati membri dell’Unione europea hanno sottolineato la necessità di includere la riforma del sistema finanziario internazionale tra le sfide che l’UE e i suoi Stati membri intendono affrontare, ad esempio: sicurezza alimentare, cambiamenti climatici e lotta alla povertà. Hanno inoltre ribadito che l’Unione europea garantisce il pieno coinvolgimento dei paesi in via di sviluppo in tale processo.

Alla Conferenza internazionale di Doha sulla finanza per lo sviluppo, tenutasi dal 29 novembre al 2 dicembre, che ha visto le rappresentanze di oltre 90 Stati, l’Unione europea ha sostenuto la proposta di una conferenza di alto livello dedicata alla crisi finanziaria e mondiale e alle relative conseguenze sullo sviluppo. La conferenza – programmata per il prossimo autunno e i cui dettagli saranno illustrati dal presidente dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite entro marzo 2009 – si occuperà di questioni di architettura finanziaria internazionale.

A Doha, sulla base degli orientamenti adottati dal Consiglio l’11 novembre 2008, l’Unione europea ha ribadito il proprio impegno a devolvere lo 0,7 per cento del proprio RNL agli aiuti allo sviluppo nel 2015 nonché la necessità di considerare le nuove sfide finanziarie, economiche e ambientali.

Poiché è probabile che la crisi finanziaria abbia maggiori ripercussioni sulle popolazioni e sulle economie dei paesi in via di sviluppo, l’Unione europea ha richiamato l’attenzione di tutti i donatori sulla situazione e sulle esigenze delle popolazioni più povere e vulnerabili, nella ferma convinzione che gli obiettivi di sviluppo del Millennio (MDG) possano ancora essere raggiunti in ogni regione, inclusa l’Africa, a patto che tutti i partner allo sviluppo attuino provvedimenti immediati e adeguatamente mirati per accelerare i progressi. Il raggiungimento degli otto MDG è una responsabilità comune: tutti i partner dovrebbero onorare gli impegni presi.

In forza della dichiarazione approvata dal Consiglio l’11 novembre, con la quale “si impegna a lavorare con i propri partner per valutare nuovi modi per contribuire al finanziamento di uno sviluppo sociale, ambientale ed economicamente sostenibile, promuovendo l’applicazione di meccanismi innovativi per mobilitare le risorse aggiuntive e rendere le politiche più coerenti”, l’Unione europea ha invitato la comunità internazionale a fare dei passi avanti nell’introduzione di forme di finanziamento innovative per garantire un aiuto allo sviluppo sostenibile.

 

Interrogazione n. 8 dell’onorevole Ryan (H-0897/08)
 Oggetto: Offerta di stupefacenti
 

Può il Consiglio indicare quali sono i suoi piani immediati per attuare iniziative volte a ridurre l'offerta e la domanda di stupefacenti sul territorio dell'Unione europea?

 
  
 

(FR) La presente risposta, elaborata dalla presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di dicembre 2008 del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo.

Nell’ambito della strategia antidroga dell’Unione europea (2005-2012)(1)e, dal momento che il primo dei due piani d’azione inclusi nella strategia (2005-2008(2)) sta volgendo al termine, il Consiglio sta esaminando il secondo piano d’azione antidroga dell’Unione, proposto dalla Commissione(3), che include le priorità dell’Unione nella lotta alle droghe per il periodo 2009-2012. Tale piano d’azione è uno strumento dinamico, che mira a raggiungere risultati pratici nelle specifiche aree prioritarie.

Il secondo piano d’azione(4)fornisce un quadro per un approccio completo, equilibrato e integrato per la lotta antidroga, a tutti i livelli, dalla produzione degli stupefacenti alla riabilitazione sociale dei tossicodipendenti. L’obiettivo del piano è ridurre sia l’offerta sia la domanda che l’offerta di stupefacenti, attraverso numerose misure specifiche, e di estendere la cooperazione internazionale. Rispetto al piano del 2005 è più conciso e il numero di azioni è più mirato.

Ne segue che, dal punto di vista dell’offerta, il piano mira a rendere più efficace la lotta a livello europeo per ostacolare la produzione e il traffico di stupefacenti, attraverso un approccio basato sui servizi di intelligence che sfrutta pienamente le capacità dell’Europol e di altre strutture a livello europeo. Include nuovi orientamenti sostanziali, ad esempio, sullo sviluppo alternativo nei paesi produttori, sul rafforzamento della cooperazione giuridica e tra le forze di polizia, nonché sull’identificazione, il sequestro e la distribuzione dei beni dei criminali.

Un elemento nuovo, fondamentale nella struttura del piano, è la creazione di un’“Alleanza europea per la lotta antidroga”, che mira a mobilitare la società civile e il settore pubblico per una campagna di sensibilizzazione sui rischi dell’assunzione di sostanze stupefacenti.

Al fine di fermare i flussi di stupefacenti provenienti da paesi terzi e diretti all’UE e per concordare un approccio coordinato, il Consiglio ha inoltre avviato dialoghi ad hoc con i paesi produttori e i paesi di transito in America Latina, Caraibi, Stati andini, Afghanistan, Russia e Balcani occidentali.

Durante la riunione del 24 ottobre, il Consiglio si è concentrato particolarmente sull’Africa occidentale, quale nuovo punto di transito della cocaina proveniente dall’America Latina(5).

L’attuazione del piano d’azione spetta agli Stati membri, alla Commissione, all’Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze, all’Europol, all’Eurojust e al Consiglio.

 
 

(1) doc. 15047/08, non ancora pubblicato sulla GU
(2) GU C 168 del 8.7.2005.
(3) COM(2008), 567.
(4) Il piano d’azione 2009-2012 dovrebbe essere adottato al Cag-RelEx dell’8-9 dicembre 2008
(5)Cfr. le conclusioni, doc. 14667/08, pag. 16.

 

Interrogazione n. 9 dell’onorevole Crowley (H-0899/08)
 Oggetto: Conflitto in Sudan
 

Può il Consiglio indicare se intende sostenere attivamente il piano proposto dall'Egitto relativo a un dialogo inteso a trovare una soluzione per il conflitto in Sudan?

 
  
 

(FR) La presente risposta, elaborata dalla presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di dicembre 2008 del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo.

Il Consiglio non è a conoscenza di un piano specifico proposto dall’Egitto per risolvere il conflitto in Sudan. Sotto l’egida del mediatore capo ONU/UA, l’ex ministro degli Esteri del Burkina Faso, Djibril Bassolé, il processo politico è ripreso forza con una rapidità senza precedenti. Tali sforzi sono sostenuti dal lavoro di facilitazione del Qatar, la cui partecipazione al fianco di Djibril Bassolé è cruciale. I contatti a Doha stanno aumentando. L’approccio del Qatar, in coordinamento con quello dell’Unione africana e dell’ONU, si differenzia dall’esortazione della Lega Araba al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite a sospendere le indagini della Corte Penale Internazionale sul presidente sudanese.

Il Consiglio sostiene la mediazione del ministro Bassolé e gli sforzi di facilitazione del Qatar. Mantiene intense consultazioni con entrambi attraverso la presidenza e il Rappresentante speciale dell’Unione europea per il Sudan. Gli attori regionali, in particolare l’Egitto, devono svolgere pienamente il proprio ruolo in questo processo.

Il Consiglio invita le autorità sudanesi e i movimenti dei ribelli a impegnarsi con determinazione nella ricerca di una soluzione politica alla crisi del Darfur, soprattutto mettendo fine alle violenze, l’unico modo di creare un ambiente favorevole al dialogo.

 

Interrogazione n. 10 dell’onorevole Harkin (H-0901/08)
 Oggetto: Etichettatura dei prodotti alimentari
 

Il Consiglio conviene che il paese d'origine (luogo di macellazione) sia il minimo di identificazione necessario per i prodotti avicoli allo scopo di evitare distorsioni di concorrenza e di garantire la scelta pienamente informata del consumatore?

 
  
 

(FR) La presente risposta, elaborata dalla presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di dicembre 2008 del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo.

Quando le carni di pollame sono importate da un paese terzo, le norme che applicano il regolamento relativo all’organizzazione comune dei mercati agricoli (Regolamento unico OCM) stabilisce che il settore del pollame deve indicare il paese d’origine sull’involucro o sull’etichetta. Tale regolamento prevede, inoltre, l’indicazione in etichetta di altre informazioni, oltre al paese d’origine (per esempio, prezzo e numero di riconoscimento del mattatoio).

Per quel che concerne la carne di pollame commercializzata all’interno dell’Unione europea, si applicano le disposizioni della direttiva 2003/13/CE, le quali prevedono l’obbligo di indicare in etichetta il luogo d’origine o di provenienza dei generi alimentari, poiché l’omissione di tali indicazioni potrebbe indurre in errore il consumatore sulla reale origine o provenienza del prodotto.

Ad ogni modo, il Consiglio è disposto a prendere in considerazione una maggiore chiarezza nelle informazioni di etichettatura e, in particolare, a esaminare la possibilità di un marchio di origine unico (un sistema identico per le importazioni e il commercio intracomunitario), a patto che le proposte siano presentate dalla Commissione.

 

Interrogazione n. 11 dell’onorevole Moraes (H-0903/08)
 Oggetto: Adesione della Turchia all’UE
 

Nel quadro negoziale per l'adesione della Turchia all'UE approvato nel 2005 si afferma che l'obiettivo condiviso dei negoziati è appunto l'adesione.

Può il Consiglio confermare il proprio impegno a conseguire l'obiettivo della piena adesione della Turchia all'UE, a condizione che il paese soddisfi i requisiti imposti nell'ambito del quadro negoziale?

Il mese scorso la Commissione ha segnalato la lentezza dei progressi compiuti dalla Turchia in alcuni settori di riforma fondamentali. Prevede tuttavia il Consiglio di aprire i restanti capitoli dell'acquis nell'ambito dei negoziati di adesione con la Turchia, o di sbloccare i capitoli aperti in precedenza?

 
  
 

(FR) La presente risposta, elaborata dalla presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di dicembre 2008 del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo.

Nelle conclusioni adottate l’8 dicembre 2008, il Consiglio ha evidenziato che il rinnovato consenso sull’allargamento, approvato dal Consiglio europeo il 15-16 dicembre 2006, rimane alla base della strategia di allargamento dell’Unione europea. Tale consenso rinnovato si basa sul consolidamento degli impegni, su una condizionalità equa e rigorosa, su una migliore comunicazione e sulla capacità di integrare nuovi membri.

Nelle sue conclusioni, il Consiglio ha anche sottolineato che la durata dei negoziati tuttora dipende, in particolare, dai progressi della Turchia nel rispettare le condizioni richieste, inclusi l’adempimento dei criteri di apertura e aggiornamento e i requisiti definiti nel quadro negoziale, che si occupano specificamente dell’applicazione del partenariato per l’adesione e dell’ottemperanza agli obblighi derivanti dall’accordo di associazione. Infine il Consiglio ha sottolineato che i capitoli per i quali la preparazione tecnica è stata completata saranno aperti o aggiornati in via provvisoria, in linea con le procedure stabilite, in conformità con il quadro negoziale e in oggetto al Consiglio dell’11 dicembre 2006. In tale contesto, il Consiglio attende con interesse la Conferenza intergovernativa con la Turchia che si svolgerà a dicembre, nel corso della quale dovrebbero registrarsi ulteriori progressi nei negoziati. Va ricordato che, da quando hanno avuto inizio le trattative con la Turchia, sono stati aperti otto capitoli e l’analisi dei progressi (screening) è stata completata per ventidue capitoli.

Per quanto riguarda i capitoli che non possono essere aperti in conformità con le conclusioni del Consiglio dell’11 dicembre 2006, il Consiglio si duole che la Turchia non sia stata in grado di rispettare l’obbligo di attuare, in toto e in modo non discriminante, il protocollo aggiuntivo all’accordo di associazione e che non sia stata in grado di compiere alcun progresso verso la normalizzazione delle proprie relazioni con la Repubblica di Cipro. Attendiamo urgentemente dei progressi.

In conclusione, vorrei ribadire l’intenzione della presidenza di non lesinare alcuno sforzo nell’apertura di nuovi capitoli di negoziato con la Turchia nel corso della Conferenza intergovernativa che avrà luogo a dicembre.

 

Interrogazione n. 12 dell’onorevole Mitchell (H-0906/08)
 Oggetto: Islanda
 

Il ministro degli affari commerciali islandese sostiene che il suo paese dovrebbe riprendere in considerazione l'opportunità di chiedere l'adesione all'Unione europea e di aderire alla moneta comune dell'UE in quanto ciò sarebbe utile in caso di future crisi finanziarie.

Può il Consiglio esprimere un'opinione sul modo in cui sarebbe valutata la domanda di adesione dell'Islanda all'UE e sulle condizioni che esso porrebbe per tale adesione? Può inoltre indicare orientativamente se l'UE sarebbe o meno disposta ad accogliere l'Islanda, dopo che per tanti anni tale paese ha mostrato freddezza riguardo a un'eventuale adesione all'Unione?

 
  
 

(FR) La presente risposta, elaborata dalla presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di dicembre 2008 del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo.

Il Consiglio non ha esaminato la questione posta dall’interrogante, poiché l’Islanda non ha fatto domanda di adesione all’Unione europea. UE e Islanda tuttavia collaborano già in numerosi ambiti, in particolare nel quadro dell’accordo di libero scambio.

Per quanto riguarda la procedura di adesione all’Unione europea, l’articolo 49 del trattato UE specifica che “ogni Stato europeo che rispetti i principi sanciti nell’articolo 6, paragrafo 1, può domandare di diventare membro dell’Unione. Esso trasmette la sua domanda al Consiglio, che si pronuncia all’unanimità, previa consultazione della Commissione e previo parere conforme del Parlamento europeo, che si pronuncia a maggioranza assoluta dei membri che lo compongono.

Le condizioni per l’ammissione e gli adattamenti dei trattati su cui è fondata l’Unione, da essa determinati, formano l’oggetto di un accordo tra gli Stati membri e lo Stato richiedente, tale accordo è sottoposto a ratifica da tutti gli Stati contraenti conformemente alle loro rispettive norme costituzionali”.

Nel 1993, il Consiglio europeo ha definito i “criteri di Copenhagen”, che impongono al paese candidato “una stabilità istituzionale tale da garantire la democrazia, lo Stato di diritto, i diritti umani, il rispetto e la protezione delle minoranze; l’esistenza di un’economia di mercato funzionante e la capacità di far fronte alle pressioni concorrenziali e alle forze di mercato all’interno dell’Unione. L’appartenenza all’Unione richiede la capacità di assumere gli obblighi derivanti dall’appartenenza all’Unione, inclusa l’adesione agli obiettivi dell’unione politica, economica e monetaria”. Il Consiglio europeo specifica anche che “La capacità dell’Unione di assorbire nuovi membri, mantenendo nello stesso tempo inalterato il ritmo dell’integrazione europea, riveste parimenti grande importanza, nell’interesse generale dell’Unione e dei paesi candidati”. Nel dicembre 2006, ha sottolineato che “la strategia di allargamento, fondata su consolidamento, condizionalità e comunicazione, combinata con la capacità dell’UE di integrare nuovi membri, rappresenta la base di un rinnovato consenso sull’allargamento”.

Quando uno Stato europeo fa richiesta di adesione, se del caso, il Consiglio richiede alla Commissione europea una valutazione della capacità dello Stato candidato di soddisfare le condizioni di adesione e, segnatamente, di rispettare i valori fondamentali europei. Su tale base, il Consiglio all’unanimità decide, in primo luogo, di assegnare lo status di candidato al paese e, in secondo luogo, di iniziare negoziati ufficiali, a patto che le condizioni richieste siano rispettate.

 

Interrogazione n. 13 dell’onorevole Higgins (H-0908/08)
 Oggetto: Repubblica democratica del Congo
 

Nel giugno del 2008, rispondendo a un’interrogazione rivolta alla Commissione (E-1793/08) sulla situazione nella Repubblica democratica del Congo, il Commissario Michel rese noto che il processo di pace procedeva bene. Recenti notizie di stampa internazionale hanno tuttavia portato all’attenzione della comunità internazionale il fatto che, nella repubblica democratica del Congo, il processo di pace non solo non procede bene, ma, al contrario, si è arrestato. Non è preoccupato il Consiglio del fatto che l’UE stia reagendo con ritardo per risolvere problemi sviluppatisi nel corso di mesi, e non certo creatisi in modo estemporaneo?

 
  
 

(FR) La presente risposta, elaborata dalla presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di dicembre 2008 del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo.

Il 31 ottobre e il 1° novembre, Bernard Kouchner, nel suo ruolo di rappresentante della presidenza del Consiglio, si è recato nella Repubblica democratica del Congo (RDC), in particolare, nella città di Goma. Il 10 novembre, il Consiglio ha discusso la situazione nella RDC e ha in seguito adottato nuove conclusioni, nelle quali ha espresso la propria grave preoccupazione per l’escalation delle ostilità nella regione del Nord Kivu e le conseguenze per la popolazione nella Repubblica democratica del Congo orientale e per la regione in generale. In risposta alla situazione di emergenza, l’Unione europea è intervenuta fornendo ulteriori 45 milioni di euro (Stati membri e Commissione) per gli aiuti umanitari alle popolazioni colpite dal conflitto. L’Unione europea ha altresì contribuito attivamente, attraverso intense attività diplomatiche, alla ricerca di una soluzione politica, che costituisce l’unico modo per riportare in modo permanente la stabilità nella regione. L’Unione europea intende proseguire i propri sforzi su questa linea, specie nel quadro della facilitazione internazionale. Il Rappresentante speciale dell’Unione europea per la regione dei Grandi Laghi, l’ambasciatore van de Geer, è presente in loco per gran parte del tempo ed è profondamente impegnato nell’attività di facilitazione internazionale. In tale ruolo, intrattiene stretti contatti con l’Inviato speciale del Segretario Generale delle Nazioni Unite, Olusegun Obasanjo, ex presidente della Nigeria. L’Alto rappresentante per la PESC e la presidenza del Consiglio mantengono contatti regolari con il Segretario Generale delle Nazioni Unite per garantire un appropriato sostegno da parte dell’Europa al lavoro delle Nazioni Unite nella Repubblica democratica del Congo.

 

Interrogazione n. 14 dell’onorevole McGuinness (H-0910/08)
 Oggetto: “Turismo” delle patenti di guida
 

Il turismo per le patenti di guida e le frodi relative rimangono un problema reale nell’UE

Un importante sito web pubblicizza la possibilità di ottenere una patente di guida UE utilizzando metodi che ammette essere “vili” ma non “illegali”. Dichiara spavaldamente che moltissimi ostacoli – come non aver superato un test – “non sono un problema” per l’ottenimento di una patente.

Il Consiglio può confermare se gli scambi di vedute già realizzati in passato abbiano raccolto il consenso tra gli Stati membri ad operare in comune allo scopo di impedire le frodi per le patenti di guida e il relativo “turismo” e in caso affermativo quali piani specifici siano stati attuati?

 
  
 

(FR) La presente risposta, elaborata dalla presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di dicembre 2008 del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo.

Il Consiglio richiama l’attenzione dell’interrogante sulla direttiva 2006/126/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 dicembre 2006, concernente la patente di guida(1), che entrerà in vigore il 19 gennaio 2013. Tale direttiva contiene disposizioni per la lotta alla contraffazione e alla pratica nota come “turismo delle patenti di guida”. Per quanto riguarda la lotta alla contraffazione, gli articoli 1 e 3 e l’Allegato I della direttiva citata impongono un modello unico di patente di guida europea in formato tessera plastificata e richiedono agli Stati membri di adottare tutte le misure necessarie per evitare il rischio di contraffazione, anche dei modelli di patenti di guida utilizzati prima dell’entrata in vigore della direttiva citata.

Al fine di contrastare il “turismo delle patenti di guida”, l’articolo 7 introduce un periodo di validità massimo di dieci anni per le patenti di guida (punto 2 A) e sancisce la facoltà di essere titolari di un’unica patente di guida (punto 5 A). Gli Stati membri non solo devono rifiutare il rilascio della patente allorché accertino che il richiedente è già titolare di una patente di guida, bensì devono rifiutare il rilascio, o il riconoscimento della validità a coloro che sono titolari di una patente che sia stata limitata, sospesa o ritirata in un altro Stato membro (articolo 11, punto 4). Per facilitare l’applicazione di tale disposizione, gli Stati membri sono invitati a utilizzare la rete comunitaria delle patenti di guida, che contiene le informazioni necessarie relative a rilascio, sostituzione, rinnovo e cambio delle patenti.

 
 

(1)GU L 403 del 30.12.2006, pag. 18.

 

Interrogazione n. 15 dell’onorevole Doyle (H-0912/08)
 Oggetto: Biodiversità
 

Il Consiglio può fornire un aggiornamento sullo stato attuale dell’obiettivo di bloccare la perdita di biodiversità al 2010?

Quali passi sono stati effettuati nel corso della Presidenza francese e quali ne sono i risultati acquisiti finora?

 
  
 

(FR) La presente risposta, elaborata dalla presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di dicembre 2008 del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo.

Riguardo all’obiettivo europeo più ambizioso, ossia la riduzione e il contenimento della perdita di biodiversità sul proprio territorio al 2010(1), gli Stati membri e la Commissione stanno lavorando alacremente per applicare le numerose misure pratiche stabilite dal secondo piano d’azione UE del 25 maggio 2006(2) sulla biodiversità intitolato “Arrestare la perdita di biodiversità entro il 2010 – e oltre”. Gli obiettivi di tale piano d’azione comprendono l’integrazione dei servizi relativi alla biodiversità e agli ecosistemi nelle politiche settoriali orizzontali dell’Unione, come la politica agricola, forestale, per lo sviluppo rurale e della pesca. Ne segue che, nelle sue conclusioni del 18 dicembre 2006(3), il Consiglio ha invitato gli Stati membri a raddoppiare i proprio sforzi per attuare completamente la rete “Natura 2000”, a terra e in mare, e a garantire una gestione efficace e un finanziamento adeguato della rete, che mira a mantenere la biodiversità preservando gli habitat naturali, fauna e flora selvatiche sul territorio degli Stati membri. La deforestazione e il degrado forestale sono fattori determinanti nella perdita di biodiversità. Il 4 dicembre, il Consiglio ha adottato le conclusioni sulla comunicazione della Commissione relativa ai problemi di deforestazione e degrado forestale da affrontare per combattere i cambiamenti climatici e la perdita di biodiversità. Tali conclusioni includono l’obiettivo di dimezzare la deforestazione tropicale lorda entro il 2020 e di arrestarla completamente entro il 2030. In tale contesto, il Consiglio attende che la Commissione presenti le sue proposte sul “pacchetto biodiversità”, che dovrebbe includere una relazione di medio termine sui progressi nell’attuazione del suddetto piano d’azione.

La presidenza francese è impegnata con determinazione nel mobilitare posizioni e azioni di tutta l’Unione in numerosi forum internazionali di tutela della biodiversità, particolarmente nel quadro de:

- l’Accordo sulla conservazione degli uccelli acquatici migratori afroeuroasiatici, le cui parti si sono incontrate per la quarta volta dal 15 al 19 settembre 2008,

- la decima Conferenza delle parti della Convenzione di Ramsar, tenutasi dal 28 ottobre al 4 novembre 2008,

- la riunione sul memorandum d’intesa sulla conservazione degli uccelli rapaci,

- l’incontro delle parti della Convenzione sulla conservazione delle specie migratorie, tenutasi ai primi di dicembre del 2008 a Roma.

L’Unione europea è inoltre impegnata nella creazione di un meccanismo internazionale che fornisca una conoscenza scientifica obiettiva sulla biodiversità e nella definizione di politiche al riguardo, come stabilito alla Conferenza intergovernativa del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente sulla diversità biologica e sui servizi degli ecosistemi, tenutasi a metà novembre 2008.

Infine, a maggio a 2008, si è tenuto a Bonn il nono incontro delle parti della Convenzione sulla diversità biologica (CBD). Tale incontro ha avuto luogo in un contesto di estrema urgenza in termini di lotta all’impoverimento della biodiversità a livello internazionale. Grazie all’impegno speciale degli Stati membri dell’Unione europea e di numerosi partner, è stato possibile mobilitare notevoli fondi nell’ambito dell’iniziativa “LifeWeb”, fondi che aiuteranno i paesi ricchi di biodiversità ma meno sviluppati economicamente a proteggere le loro flora e fauna e gli ecosistemi.

 
 

(1) Formulato dal Consiglio europeo di Göteborg del 15-16 giugno 2001, cfr. le conclusioni della presidenza, doc. 200/1/01 REV 1 pag. 718.
(2) Comunicazione della Commissione COM(2006) 216. Il primo piano era stato presentato nella comunicazione della Commissione COM(2001) 162 del 27 marzo 2001.
(3) doc. 16164/06.

 

Interrogazione n. 16 dell’onorevole Papadimoulis (H-0916/08)
 Oggetto: Riformulazione del Patto di stabilità
 

La crisi economica ha chiaramente messo in evidenza le carenze del Patto di stabilità che riguardano non soltanto le restrizioni che impone ma anche la ripartizione dei ruoli degli organi istituzionali (ruolo della Banca centrale europea, ruolo dei governi e del potere politico).

Può il Consiglio dire se ritiene necessario riformulare il Patto e, in particolare, ripartire i ruoli tra gli organi istituzionali?

 
  
 

(FR) La presente risposta, elaborata dalla presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di dicembre 2008 del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo.

La crisi finanziaria ovviamente rappresenta una sfida per il patto di stabilità e crescita poiché mette alla prova la flessibilità introdotta con la revisione del 2005. Come sapete, tale revisione aveva il preciso obiettivo di adattare il patto alle esigenze economiche degli Stati membri, tenendo in considerazione le differenze tra le varie situazioni economiche e le fluttuazioni dell’economia che potevano avere luogo.

In tale contesto, la presidenza ritiene che il patto non abbia mostrato alcuna carenza.

Nelle conclusioni del 7 ottobre 2008 su una risposta coordinata europea al rallentamento economico, il Consiglio ha ribadito che “il patto di stabilità e crescita riformato del 2005 rappresenta il quadro adeguato e dovrebbe essere pienamente applicato. Prevede la necessaria flessibilità affinché la politica di bilancio svolga la sua normale funzione di stabilizzazione”(1). Il 2 dicembre, nel suo contributo al Consiglio europeo su una risposta europea coordinata in materia di crescita e occupazione, il Consiglio specificava che, oltre alla politica monetaria e alle misure già intraprese per stabilizzare il settore finanziario, le politiche di bilancio dovrebbero avere un ruolo importante nella stabilizzazione dell’economia, utilizzando una serie completa di stabilizzatori automatici nonché misure fiscali e di bilancio addizionali. Tale risposta coordinata dovrebbe essere coerente con l’obiettivo di una stabilità a lungo termine delle finanze pubbliche e dovrebbe fare un uso coscienzioso delle flessibilità offerte dal patto di stabilità e crescita.

 
 

(1)Cfr. doc. 13927/08, pag. 4.

 

Interrogazione n. 17 dell’onorevole Ortuondo Larrea (H-0920/08)
 Oggetto: Iniziative attuate in materia di rispetto e protezione dei popoli e delle identità nazionali
 

La Presidenza francese dell’Unione europea ha termine alla fine dell’anno. Vorremmo porre l’accento in questa occasione su una questione essenziale per il futuro dell’Europa che si sta forgiando, quella del rispetto dei popoli nell’Europa in costruzione.

In effetti, come sottolineava lo stesso Presidente Sarkozy il 25 settembre 2007 in occasione di un’allocuzione all’Assemblea generale ONU, non vi sarà pace nel mondo se la comunità internazionale transige sul diritto dei popoli a disporre di se stessi e sui diritti umani. Non vi sarà pace nel mondo senza il rispetto della diversità, senza il rispetto delle identità nazionali. L’attaccamento alla propria fede, alla propria identità, alla propria lingua e cultura, a un modo di vivere, di pensare e di credere, è legittimo ed è profondamente umano. Negarlo significa nutrire l’umiliazione.

Tra gli altri figura un popolo, un’identità, una lingua che si considerano tra le più antiche d’Europa, Euskal Herria – il Paese basco – la cui esistenza è ancora oggi totalmente negata dallo Stato francese.

Nel momento in cui ha termine la Presidenza francese dell’Unione europea, si chiede al Consiglio quali sono i comportamenti e le iniziative attuate in material di rispetto e protezione dei popoli e delle identità nazionali esistenti in Europa che non dispongono di uno Stato proprio.

 
  
 

(FR) La presente risposta, elaborata dalla presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di dicembre 2008 del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo.

L’Unione non ha le competenze per prendere iniziative sulla questione del rispetto e della protezione dei popoli e delle identità nazionali. Tale competenza spetta agli Stati membri.

Ciò detto, si fa presente all’interrogante che in base all’articolo 6 del trattato UE l’Unione ha l’obbligo di rispettare l’identità nazionale dei suoi Stati membri.

Va inoltre ricordato che gli interessi delle comunità locali e regionali sono presi in considerazione a livello europeo dal Comitato delle regioni, consultato dal Consiglio o dalla Commissione in occasioni stabilite dai trattati.

Per quanto riguarda, più specificamente, il rispetto per la diversità, in particolare quella linguistica e culturale, rinvio l’interrogante alla risoluzione sulla strategia europea per il multilinguismo, adottata dal Consiglio il 20 novembre(1), in cui si afferma che la diversità linguistica e culturale è una componente dell’identità europea e che anche il multilinguismo è particolarmente importante nel contesto della promozione della diversità culturale. Vorrei inoltre porre l’accento sulle conclusioni del Consiglio del 21 maggio(2), nelle quali viene data priorità alla promozione della partecipazione attiva di ciascun cittadino alla vita culturale e alla promozione dell’accesso alla cultura e al patrimonio in tutta la loro diversità.

 
 

(1) Doc. 15368/08, pagg. 19 - 24.
(2) Conclusioni del Consiglio sulle competenze interculturali, doc. 9849/08, pagg. 14 - 18.

 

Interrogazione n. 18 dell’onorevole Vanhecke(H-0921/08)
 Oggetto: Relazioni tra l’UE e la Giordania
 

È noto che la Giordania intende perseguire penalmente un vignettista e dieci giornalisti danesi, nonché il parlamentare olandese Geert Wilders, per “blasfemia, vilipendio dell’Islam e dei sentimenti dei musulmani, e diffamazione calunniosa del Profeta Maometto”. In effetti, la Giordania ha dato mandato all’Interpol di arrestare i colpevoli per farli comparire dinanzi a un tribunale giordano.

Firmato il 24 novembre 1997, l’accordo di associazione tra l’UE e la Giordania è entrato in vigore il 1° maggio 2002. L’articolo 2 di tale accordo stabilisce che il rispetto dei principi democratici e dei diritti umani fondamentali è una componente essenziale dell’accordo, in virtù del quale è possibile adottare idonee misure in caso di violazione dell’accordo stesso.

Costituiscono i fatti sopraccitati una violazione della clausola della componente essenziale di cui all’articolo 2? In caso affermativo, quali iniziative intende adottare il Consiglio nel quadro di tale accordo?

 
  
 

(FR) La presente risposta, elaborata dalla presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di dicembre 2008 del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo.

Il Consiglio è al corrente delle notizie pubblicate dai media, secondo le quali, il 21 aprile 2008, il procuratore generale della Giordania, Hassan Abdullat, ha rimandato a giudizio undici cittadini danesi e un olandese, accusati di blasfemia e di minaccia all’ordine pubblico.

La libertà d’espressione è un valore fondamentale per tutti gli Stati membri dell’Unione europea. Come l’interrogante sa, e in conformità con il diritto internazionale, tale libertà include anche doveri e responsabilità specifiche. Ciò significa che in talune circostanze la legge può accettare determinati limiti alla libertà di espressione, e possono essere imposte sanzioni qualora tali limiti non dovessero essere rispettati.

Spetta quindi a ciascuna società stabilire che cosa costituisca un limite accettabile alla libertà di espressione, in conformità con le norme internazionali sui diritti umani. Con la Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo, gli Stati membri dell’Unione europea riconoscono che la libertà di espressione può essere soggetta a “formalità, condizioni, restrizioni o sanzioni che sono previste dalla legge e che costituiscono misure necessarie, in una società democratica”, specialmente per “la protezione della reputazione o dei diritti altrui”. Altri paesi adottano un approccio ancor più restrittivo, imponendo alla stampa norme che proibiscono vari comportamenti, in particolare la denigrazione delle religioni o dei loro simboli.

Il punto cruciale della questione è determinare se l’atto di porre un divieto alla denigrazione delle religioni e dei loro simboli sia compatibile con il rispetto dei diritti umani. Gli Stati membri dell’Unione ritengono che non sia così: i diritti umani non sono destinati a proteggere le religioni o i loro simboli, bensì a proteggere gli uomini e le donne in tutto il mondo. Rispettiamo le disposizioni del diritto internazionale sui diritti umani.

Ciononostante, in certi paesi la denigrazione delle religioni è percepita come un atto di intolleranza non solo contro la fede ma, indirettamente, anche contro coloro che la professano. Inoltre, come nel caso in questione, la denigrazione della religione può essere causa di violazioni dell’ordine pubblico. Il mantenimento dell’ordine pubblico è uno dei limiti alla libertà d’espressione ammessi dalle norme internazionali.

Come avrete notato, è in corso un acceso dibattito sui limiti all’esercizio della libertà di espressione, in cui i diritti umani sono citati sia come garanzia di tale libertà, sia come ragione per limitarla ulteriormente. Posso garantire che gli Stati membri stanno compiendo molti sforzi per mantenere il dialogo con tutti su una questione così importante, non solo nei forum internazionali, ma anche nelle discussioni con paesi terzi in cui l’Unione europea espone la propria posizione sui diritti umani. Tale approccio rappresenta il modo più efficace di diffondere il punto di vista dell’Unione europea, poiché la dimensione culturale di questo dibattito è particolarmente delicata per tutte le parti coinvolte.

Il Consiglio attribuisce grande importanza a tale questione e continuerà attivamente a incoraggiare il dialogo e la comprensione, la tolleranza e il rispetto reciproco nell’applicazione dei diritti umani, attraverso tutti i meccanismi esistenti, specie quelli stabiliti dagli accordi tra Unione europea e Giordania. A tale proposito, nel corso dell’ultimo incontro del consiglio di associazione UE-Giordania, il 10 novembre 2008, l’Unione ha nuovamente ricordato alle autorità giordane il nostro impegno per il rispetto dei diritti umani e i principi democratici fondamentali.

Ovviamente, il Consiglio continuerà a monitorare attentamente la situazione.

 

Interrogazione n. 19 dell’onorevole Paleckis (H-0931/08)
 Oggetto: Contenimento delle tasse sul petrolio
 

Ora che il prezzo del petrolio si é abbassato, è giunto il momento di riesaminare le precedenti proposte della Presidenza francese relative a una limitazione delle tasse su petrolio nell'Unione Europea e/o all'uso di parte delle entrate nazionali provenienti dall'imposta sul valore aggiunto sui prodotti petroliferi per creare un fondo a favore delle categorie interessate. La proposta di incoraggiamento agli Stati membri a costituire delle riserve di petrolio, fatta dalla Commissione nel suo secondo riesame strategico sulla politica energetica, ricalca tali indicazioni della presidenza.

Può il Consiglio chiarire se questo pacchetto di importanti proposte per i cittadini rimarrà lettera morta oppure sarà rafforzato prima che la presidenza del Consiglio passi alla Repubblica Ceca?

 
  
 

(FR) La presente risposta, elaborata dalla presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di dicembre 2008 del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo.

Ad oggi, il Consiglio non ha ricevuto dalla Commissione proposte volte a limitare le tasse sul petrolio o riguardanti la creazione di un fondo a favore dei consumatori.

Il Consiglio ritiene che le scorte petrolifere possano rappresentare uno strumento per controllare i prezzi dell’energia e garantire la sicurezza energetica. L’interrogante saprà che, dal 1968, il Consiglio ha adottato un sistema obbligatorio per la creazione di riserve petrolifere d’emergenza, istituito con l’adozione della direttiva 68/414/CEE sugli stock petroliferi (codificata e abrogata dalla direttiva 2006/67/CE(1)). Il meccanismo di coordinamento in essa incluso si è dimostrato efficace in caso di perturbazioni minori, specie in risposta alle azioni congiunte dell’Agenzia internazionale per l’energia (AIE).

Il Consiglio accoglie con favore il fatto che la Commissione abbia recentemente presentato il secondo riesame strategico della politica energetica(2), che include, fra l’altro, una proposta di revisione della direttiva sugli stock petroliferi, con l’obiettivo specifico di consolidarne la coerenza con il sistema AIE e di aumentare l’affidabilità e la trasparenza delle riserve petrolifere attraverso la pubblicazione settimanale del livello delle scorte. Ciò è in linea con le conclusioni del Consiglio europeo del marzo 2007 che, nel piano d’azione “Politica energetica per l’Europa”(3), sottolinea l’importanza di una maggiore trasparenza dei dati su prodotti petroliferi e di un riesame delle infrastrutture europee di approvvigionamento e dei meccanismi di stoccaggio del petrolio, nell’ottica di integrare il meccanismo per la gestione delle crisi fornito dall’AIE, in particolare per quanto riguarda la disponibilità in caso di crisi. Il Consiglio auspica una fruttuosa collaborazione con il Parlamento europeo che consenta di compiere rapidi progressi su una questione così importante.

Più in generale, il secondo riesame strategico della politica energetica è stato discusso dal Consiglio durante la riunione dell’8 dicembre; è stata dedicata particolare attenzione alla sicurezza energetica e tale questione continuerà ad essere esaminata nei prossimi sei mesi.

 
 

(1) Direttiva 2006/67/CE del Consiglio che stabilisce l’obbligo per gli Stati membri di mantenere un livello minimo di scorte di petrolio greggio e/o di prodotti petroliferi (GU L 217 del 8.8.2006.)
(2) Doc. 15944/08.
(3) Conclusioni del Consiglio europeo dell’8-9 marzo 2007, doc. 7224/1/07 REV 1, Allegato, pagg. 16-23.

 

Interrogazione n. 20 dell’onorevole Protasiewicz (H-0936/08)
 Oggetto: I progressi nei negoziati con le autorità bielorusse nel contesto di un'eventuale violazione del codice penale contro l'attività politica e civile
 

Tenendo presente che il sig. Aleksandr Lukashenka ha dichiarato durante l’intervista al Wall Street Journal che è pronto a liberare tutti i prigionieri politici,

visto che il sig. Alyaksandr Barazenka è tenuto prigioniero in attesa del processo sulla dimostrazione di gennaio, nonostante sia comparso volontariamente davanti alla polizia municipale di Minsk il 27 ottobre per essere interrogato e che non gli si permette di rispondere alle accuse senza essere tenuto in prigione, il che costituirebbe prassi comune nei paesi democratici,

visti i casi simili, nonché le sentenze restrittive della libertà imposte agli altri attivisti dell’opposizione in Bielorussia,

è il Consiglio al corrente della situazione? Ha già interpellato le autorità bielorusse per il rilascio immediato del sig. Barazenka e la revisione dei casi simili? In caso di risposta negativa, intende il Consiglio porre la questione tra gli oggetti del negoziato che condurrà con i rappresentanti del governo bielorusso?

 
  
 

(FR) La presente risposta, elaborata dalla presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di dicembre 2008 del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo.

Il Consiglio è stato informato della situazione del sig. Barazenka. La presidenza ha già sollevato la questione con le autorità bielorusse il 24 novembre e il Consiglio continuerà a richiedere il rilascio di questa persona durante i suoi contatti con i funzionari bielorussi.

Il Consiglio condanna sistematicamente la detenzione di individui per motivi politici. Le conclusioni del Consiglio del 13 ottobre stabiliscono che il nuovo graduale impegno dell’Unione europea con la Bielorussia dipende dai progressi del regime in ambito di democratizzazione, rispetto dei diritti umani, libertà fondamentali e stato di diritto.

 

Interrogazione n. 21 dell’onorevole Stihler (H-0940/08)
 Oggetto: Malattie reumatiche
 

Alla luce del successo della dichiarazione scritta (P6_TA(2008)0262) sulle malattie reumatiche, potrebbe il Consiglio aggiornare il Parlamento sulle azioni intraprese al fine di aiutare le persone che nell’ambito dell’Unione europea soffrono di malattie reumatiche?

 
  
 

(FR) La presente risposta, elaborata dalla presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di dicembre 2008 del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo.

Il Consiglio ha preso atto della dichiarazione scritta sulle malattie 0 pubblicata dal Parlamento europeo il 5 giugno 2008.

Alla luce della tendenza all’invecchiamento della popolazione e considerando che la maggior parte degli ultrasettantenni accusa sintomi reumatici cronici o ricorrenti, il programma di 18 mesi per le presidenze francese, ceca e svedese sottolinea il sostegno a tutte le iniziative volte a creare un ambiente sociale in cui gli anziani siano trattati con rispetto e dignità. Dovrebbero poter condurre una vita sana, attiva e indipendente, rivestire un ruolo nella società e godere di una migliore qualità di vita. Quando necessario, dovrebbero ricevere cure di alta qualità che ne tutelino la dignità. Misure preventive in ambito sanitario sono essenziali al fine di mantenere in salute i cittadini ed evitare futuri aumenti della spesa sanitaria.

L’azione comunitaria nel settore della sanità pubblica deve rispettare pienamente le responsabilità degli Stati membri riguardo all’organizzazione e alla fornitura di servizi sanitari e cure mediche. Il Consiglio ha già formulato conclusioni riguardo all’obesità, all’alimentazione e all’attività fisica, fattori molto importanti nella prevenzione delle malattie reumatiche.

Le conclusioni del 10 giugno 2008 hanno istituito un meccanismo di cooperazione tra Consiglio e Commissione per l’applicazione della strategia europea in materia di salute. Il primo ambito di attività scelta riguarda la promozione di una cultura della qualità nei servizi sanitari, il che andrà a vantaggio anche di coloro che soffrono di problemi muscolo-scheletrici che richiedono cure mediche.

Per quanto riguarda l’elaborazione di una strategia comunitaria per la lotta alle malattie reumatiche oppure una strategia per migliorare l’accesso alle informazioni e alle cure mediche per tali malattie o ancora una raccomandazione del Consiglio sulla diagnosi precoce e la cura di tali patologie, il Consiglio non ha ancora ricevuto notizie di iniziative su tali questioni da parte della Commissione.

 

Interrogazione n. 22 dell’onorevole Toussas (H-0945/08)
 Oggetto: Inaccettabile embargo imposto dalla Turchia alla Repubblica di Cipro
 

Il governo turco continua in modo provocatorio a vietare l'avvicinarsi al suo spazio aereo, l'atterraggio nei suoi aeroporti e l'entrata nei suoi porti a navi e aerei registrati nella Repubblica di Cipro ma anche a quelli che abbiano fatto scalo in precedenza in porti o aeroporti ciprioti. La decisione del Consiglio di congelare i pertinenti capitoli dei negoziati di adesione con la Turchia si è rivelata finora insufficiente dal momento che le autorità turche mantengono il loro comportamento provocatorio senza alcun cambiamento nella loro posizione, fatto accertato anche dalla delegazione della commissione per i trasporti del Parlamento europeo durante la sua visita a Cipro. Questo inaccettabile embargo da parte della Turchia costituisce una violazione flagrante da parte della Turchia dei principi del diritto internazionale e una provocazione ancor più brutale se si tiene presente che la Turchia continua ad occupare militarmente metà del territorio della Repubblica di Cipro.

Quali misure intende il Consiglio adottare affinché la Turchia rispetti i suoi obblighi internazionali e il diritto internazionale e ponga fine a questo inaccettabile embargo nei confronti della Repubblica di Cipro?

 
  
 

(FR) La presente risposta, elaborata dalla presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di dicembre 2008 del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo.

La posizione dell’Unione europea sulla questione del protocollo addizionale all’accordo di associazione è molto chiara. L’applicazione completa e in forma non discriminatoria del protocollo è un obbligo contrattuale per la Turchia ed è fondamentale che sia rispettata. Tale posizione, contenuta all’interno del quadro negoziale e del partenariato per l’adesione adottato dal Consiglio, nonché nella dichiarazione della Comunità europea e dei suoi Stati membri del 21 settembre 2005, è stata ribadita alla Turchia in varie occasioni, non ultima nel quadro del dialogo politico che l’Unione mantiene con le autorità turche.

In relazione alle conclusioni del 10 dicembre 2007, nelle conclusioni sull’allargamento dell’8 dicembre 2008, il Consiglio si doleva del fatto che la Turchia non avesse ancora ottemperato all’obbligo di applicare in forma integrale e non discriminatoria il protocollo aggiuntivo all’accordo di associazione e che non avesse compiuto alcun progresso verso la normalizzazione delle sue relazioni con la Repubblica di Cipro.

In conformità con le conclusioni dell’11 dicembre 2006, il Consiglio ha pertanto ribadito che continuerà a monitorare e a valutare i progressi compiuti sulle questioni contemplate dalla dichiarazione della Comunità europea e dei suoi Stati membri del 21 settembre 2005.

Infine, il Consiglio ha affermato di attendere ora urgenti progressi.

 

Interrogazione n. 23 dell’onorevole Jean-Pierre Audy (H-0946/08)
 Oggetto: Opinione del Consiglio sulla relazione annuale della Corte dei conti europea sull'esecuzione del bilancio 2007
 

Nella relazione annuale sull'esecuzione del bilancio 2007, la Corte dei conti europea osserva numerosi errori provenienti dalla gestione condivisa con gli Stati membri nei seguenti settori: agricoltura, coesione, ricerca, energia, trasporti, aiuto esterno, sviluppo, ampliamento, istruzione e cittadinanza. È la ragione per cui si chiede al Consiglio, autorità di bilancio e politica che deve presentare un parere nell'ambito della procedura di discarico, di fornire il suo parere sulla persistenza di un tasso significativo di errore nella gestione condivisa dei citati settori, nonché sulla mancata dichiarazione nazionale da parte di numerosi Stati membri. Il sottoscritto desidera parimenti conoscere il parere del Consiglio sulla relazione che, secondo la Corte, esisterebbe tra la complessità dei regolamenti e gli errori constatati, nonché sull'utilità che presenterebbe una maggiore semplificazione dei regolamenti europei la cui applicazione è spesso resa più complessa da regolamentazioni nazionali supplementari?

 
  
 

(FR) La presente risposta, elaborata dalla presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di dicembre 2008 del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo.

Il presidente della Corte dei conti, Vítor Caldeira, ha presentato al consiglio Ecofin del 2 dicembre la relazione annuale della Corte sull’esecuzione del bilancio dell’Unione per l’anno 2007.

La relazione deve ancora essere esaminata dagli organi competenti del Consiglio allo scopo di emettere una raccomandazione per il Parlamento europeo sul discarico da assegnare alla Commissione per l’esecuzione del bilancio 2007. Il Consiglio dovrebbe adottare tale raccomandazione nella sessione del 10 febbraio.

Vorrei sottolineare che il Consiglio attribuisce enorme importanza a una sana gestione finanziaria dei fondi comunitari. In tale contesto, la relazione annuale della Corte dei conti è uno strumento fondamentale.

Il Consiglio ha preso nota delle preoccupazioni espresse dall’interrogante e certamente le terrà in considerazione al momento di stilare la propria raccomandazione sul discarico da dare alla Commissione per l’esecuzione del bilancio 2007.

In tale contesto, vorrei confermare che la raccomandazione del Consiglio sarà presentata al Parlamento europeo dal presidente del Consiglio durante la riunione del febbraio 2009 della commissione per il controllo del bilancio e che, in tale occasione, potremo procedere a uno scambio di opinioni su tali questioni.

 

Interrogazione n. 25 dell’onorevole Droutsas (H-0949/08)
 Oggetto: Proseguimento dei crimini perpetrati da Israele contro i palestinesi
 

Il 5 novembre scorso, Israele ha distrutto cinque abitazioni palestinesi situate a Gerusalemme-Est dato che, secondo le autorità israeliane, erano state costruite senza permesso. Come denunciato dall'organizzazione israeliana di difesa dei diritti dell'uomo B'Tselem, dal 2004 le autorità israeliane hanno distrutto 350 case palestinesi a Gerusalemme-Est.

Allo stesso tempo, proseguono il criminale embargo israeliano nei confronti del popolo palestinese, gli omicidi e gli arresti illegali di migliaia di palestinesi, tra i quali figurano bambini, dal momento che, stando ai dati, ogni anno vengono arrestati in media 700 bambini dalle forze israeliane di occupazione.

Tali atti delle forze israeliane di occupazione pregiudicano brutalmente i diritti fondamentali dei palestinesi e violano in modo flagrante il diritto internazionale.

Può il Consiglio dire se condanna tali atti criminali perpetrati dall'esercito israeliano di occupazione contro il popolo palestinese?

 
  
 

(FR) La presente risposta, elaborata dalla presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di dicembre 2008 del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo.

Le preoccupazioni esposte dall’interrogante sono condivise dal Consiglio.

Il Consiglio ha ribadito il proprio sostegno ai principi del processo di pace israelo-palestinese, rilanciato dalla Conferenza di Annapolis, nelle conclusioni del CAGRE dell’8 dicembre 2008. In tale occasione, ha invitato le parti a rispettare gli impegni assunti con la road map e ad avviare significativi cambiamenti al fine di promuovere la pace nella regione.

Il Consiglio ritiene che la continua colonizzazione costituisca uno dei principali ostacoli alla pace e metta a repentaglio il futuro Stato palestinese. Richiede alle autorità israeliane di ottemperare al diritto internazionale e di porre fine alle attività di colonizzazione, incluse quelle collegate alla “crescita naturale”, anche a Gerusalemme-Est. Tale posizione è stata comunicata alle autorità israeliane a vari livelli. Il 5 dicembre, la presidenza del Consiglio dell’Unione europea ha accolto con favore la decisione del governo israeliano di evacuare un’abitazione palestinese che era stata occupata con la forza da coloni israeliani. Il Consiglio invita Israele a intraprendere altre azioni per consolidare il processo diplomatico in corso.

Il Consiglio è molto preoccupato dalle restrizioni alla libertà di movimento e di spostamento imposte da Israele a Gaza e in Cisgiordania. Il 14 novembre, la presidenza del Consiglio dell’Unione europea ha espresso profonda preoccupazione per l’ultimo blocco di Gaza, illecito secondo il diritto internazionale, e ha richiesto alle autorità israeliane di riaprire immediatamente i valichi per consentire l’entrata degli aiuti umanitari. Al contempo, il Consiglio chiede l’immediata cessazione del lancio di razzi in Israele dalla striscia di Gaza.

Infine, il Consiglio sottolinea che l’Unione europea attribuisce grande importanza al rispetto dei diritti umani nei territori palestinesi. La liberazione dei prigionieri palestinesi detenuti in Israele è un passo fondamentale verso il ripristino di un clima di fiducia reciproca, fondamentale per il progresso dei negoziati di pace. Il Consiglio invita Israele a rilasciare un maggior numero di detenuti palestinesi.

Le questioni dei detenuti e delle violenze contro i palestinesi commesse dai coloni sono fra i temi affrontati nei dialoghi politici fra Unione europea e Israele. La creazione di sottocommissioni per i diritti umani, che coinvolgono UE e Israele da un lato, e UE e Autorità palestinese dall’altro, dimostrano l’interesse dell’Unione per la questione dei diritti umani nella regione.

 

Interrogazione n. 26 dell’onorevole Martin (H-0956/08)
 Oggetto: Riunioni degli organi preparatori e del COREPER
 

Può il Consiglio indicare se alle riunioni dei propri organi preparatori e alle riunioni del COREPER sono autorizzati a partecipare anche rappresentanti dell'industria o del mondo economico?

In caso affermativo, quali rappresentanti dell'industria e del mondo economico partecipano alle riunioni in parola, e con quale frequenza?

In caso negativo, di quali possibilità istituzionali dispongono altrimenti i rappresentanti dell'industria e del mondo economico per incontrare i funzionari degli organi preparatori e del COREPER e gli altri funzionari del Consiglio? Dove e con quale frequenza si svolgono queste riunioni?

 
  
 

(FR) La presente risposta, elaborata dalla presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di dicembre 2008 del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo.

Ai sensi dell’articolo 203 del trattato CE, solo i rappresentanti dei governi degli Stati membri sono autorizzati a partecipare alle riunioni del Consiglio; dato il ruolo assegnatole dai trattati, vi partecipa anche la Commissione. Infine, in alcuni casi specifici, i trattati consentono la presenza di rappresentanti di altre istituzioni, come ad esempio, la Banca centrale europea. Tale norma si applica mutatis mutandis alle riunioni degli organi preparatori del Consiglio, in particolare del COREPER. Ne consegue che rappresentanti dell’industria o del mondo economico non possono partecipare a tali riunioni.

Possono avere luogo contatti con le parti sociali, anche ai livelli più elevati, ad esempio, al vertice trilaterale, il cui ultimo incontro si è tenuto il 15 ottobre 2008, o in occasione del Dialogo macroeconomico, che si riunisce due volte l’anno e al quale partecipano la presidenza del Consiglio, i presidenti delle associazioni europee sindacali e dei datori di lavoro, il presidente della Banca centrale europea e due commissari. Inoltre, i membri dei comitati per l’occupazione e la protezione sociale incontrano regolarmente i rappresentanti delle parti sociali. Vanno altresì ricordati i regolari contatti fra presidenza, parti sociali e ONG inclusi nella “piattaforma sociale”, durante i quali ha luogo la discussione informale di questioni sull’agenda del Consiglio per l’occupazione e la politica sociale.

Sono inoltre auspicabili, seppure in un contesto informale, contatti con i rappresentanti dell’industria e del mondo economico.

 

Interrogazione n. 27 dell’onorevole Guy-Quint (H-0958/08)
 Oggetto: Bloccare il declino della filiera ovina e caprina in Europa
 

La filiera ovina è stata maltrattata nel corso degli ultimi 10 anni per effetto delle crisi successive che hanno investito il settore dei ruminanti. A tale riguardo basta citare due cifre: il patrimonio dei piccoli ruminanti ha registrato nel periodo 2000-2006 un calo degli effettivi del 7,6% in tutta l'UE. Se non si prendono provvedimenti, la produzione ovina e caprina potrebbe scemare di oltre il 25% entro il 2015. Ho dunque deciso di presentare due emendamenti al bilancio generale 2009 sulle linee concernenti i premi agli ovini e caprini nonché i premi supplementari per i produttori di carni ovine e caprine nelle zone sfavorite o di montagna (rispettivamente oltre 20 e 15 milioni di euro). A termine della sua votazione in seconda lettura sul progetto di bilancio 2009 il Consiglio ha deciso di respingere la mia proposta. Può il Consiglio esporre pubblicamente i motivi del suo rifiuto nel momento stesso in cui è capace di ridiscutere tutte le regole (Iva, patto di stabilità, revisione delle prospettive finanziarie, ecc.) per salvare le banche?

 
 

Interrogazione n. 30 dell’onorevole Michel Teychenné (H-0963/08)
 Oggetto: Bilancio: aiuti ai settori ovino e caprino
 

L'allevamento ovino e caprino attraversa una crisi senza precedenti accentuata dall'epizoozia della febbre catarrale. Tuttavia tale allevamento è estremamente partecipe della gestione del territorio, soprattutto nelle zone più difficili. Per tale motivo il Parlamento ha votato in prima lettura nella sessione di ottobre due emendamenti dell'on. Catherine Guy-Quint al bilancio generale 2009, che aggiungono al totale trentacinque milioni di euro di aiuti al settore. Nonostante l'urgenza della situazione e della domanda del Parlamento europeo i ministri hanno respinto questi emendamenti in sede di conciliazione venerdì 21 novembre 2008. Il signor Barnier annuncia l'attuazione di un piano di salvataggio dell'agricoltura in Francia. Non è contraddittorio non ottenere nulla a livello europeo? In altri termini, quando le parole saranno seguite dai fatti?

 
  
 

(FR) Vorrei innanzitutto ribadire l’importanza che il Consiglio attribuisce al settore agricolo, essenziale per l’economia europea e, in particolare, ai sussidi diretti agli agricoltori, specialmente nei settori ovino e caprino.

Voglio sottolineare che, nel corso delle riunioni del Consiglio del 29 e 30 settembre e del 27 e 28 ottobre, la presidenza e numerosi membri del Consiglio hanno richiamato l’attenzione del Consiglio e della Commissione sulla politica da seguire per la febbre catarrale ovina e, in particolare, sulla strategia di vaccinazione.

Durante la seconda lettura del progetto di bilancio dell’Unione europea per il 2009, il Consiglio ha ritenuto che, relativamente alla “Conservazione e gestione delle risorse naturali” (rubrica 2 del quadro finanziario), le stime espresse dalla Commissione nel suo progetto preliminare di bilancio, modificate dalle lettere rettificative nn. 1/2009 e 2/2009 costituissero una risposta appropriata alle necessità, tenendo in considerazione la situazione di mercato nel periodo in questione.

Ad ogni modo, posso solo ribadire che il Consiglio non mancherà di esaminare con estrema attenzione qualsiasi proposta la Commissione possa avanzare sulla questione.

 

Interrogazione n. 28 dell’onorevole Guerreiro (H-0959/08)
 Oggetto: Difesa della produzione e dell’occupazione nel settore tessile e dell’abbigliamento in diversi paesi dell’Unione europea
 

Alla luce della sua risposta all'interrogazione H-0865/08(1)sull'(eventuale) scadenza il 31 dicembre 2008 del sistema comune di vigilanza delle esportazioni di talune categorie di prodotti tessili e dell'abbigliamento dalla Cina in diversi paesi dell'Unione europea e dato il numero crescente di imprese che sospendono o delocalizzano la produzione, segnatamente in Portogallo, con una recrudescenza della disoccupazione e di drammatiche situazioni sociali, può il Consiglio precisare quanto segue: Qualche Stato membro ha proposto o chiesto alla Commissione la proroga del meccanismo di doppia vigilanza oltre il 31 dicembre 2008 o un'adozione di altre misure in tale ambito; In caso affermativo, quali sono gli Stati membri in questione e quali misure sono state proposte, attualmente, da ciascuno; Qualche Stato membro si è opposto alla loro adozione; In caso affermativo, quali sono gli Stati membri in questione e quali argomenti sono stati invocati da ciascuno?

 
  
 

(FR) La presente risposta, elaborata dalla presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di dicembre 2008 del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo.

Il Consiglio non ha ancora ricevuto una proposta dalla Commissione sulla questione, che dunque non è ancora stata discussa. Le risposte fornite alle interrogazioni H-0781/08 and H-0865/08 rimangono valide. Ciò vale specialmente per il lavoro effettuato dall’organo preparatorio del Consiglio competente, il Comitato dell’articolo 133 sui tessili, che ha discusso il tema in numerose occasioni. Relativamente alle posizioni adottate dai membri del Comitato, non spetta al Consiglio renderle pubbliche o rivelare le giustificazioni o le argomentazioni utilizzate nel corso di tali dibattiti.

 
 

(1) Risposta scritta del 18.11.2008.

 

Interrogazione n. 29 dell’onorevole Andrikienė (H-0961/08)
 Oggetto: Prospettive delle relazioni UE-Cina
 

Il Vertice UE-Cina previsto per il 1° dicembre è stato rinviato dal governo cinese che accusa la Presidenza francese di aver incontrato il Dalai Lama, leader spirituale del Tibet. Qual è la valutazione del Consiglio dell'attuale situazione delle relazioni UE-Cina? Quali sono le prospettive future delle relazioni in parola? Come valuta il Consiglio le attività e il contributo del Parlamento europeo nel quadro delle relazioni UE-Cina?

 
  
 

(FR) La presente risposta, elaborata dalla presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di dicembre 2008 del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo.

L’Unione europea ha preso atto della decisione della Cina di rinviare il vertice con l’Unione europea dal momento che alcuni leader europei hanno incontrato o incontreranno il Dalai Lama. L’Unione si rammarica della decisione di Pechino, che ne è la sola responsabile.

Nonostante tale gesto senza precedenti, la Cina rimane uno dei principali partner dell’Unione europea in ambito economico e commerciale, nonché nelle principali questioni internazionali. L’Unione europea intende continuare a promuovere la propria relazione di partenariato strategico con la Cina, in particolare in un momento in cui la situazione finanziaria ed economica mondiale richiede una stretta cooperazione tra Europa e Cina. I regolari contatti con le autorità cinesi proseguiranno nel quadro dei vari dialoghi intrapresi dalle due parti. In particolare, l’Unione europea persegue la negoziazione di un accordo di partenariato e cooperazione e prevede la firma di accordi di cooperazione e di progetti sui quali è già stata raggiunta un’intesa con le autorità cinesi.

Il Parlamento europeo, attraverso le proprie commissioni, sta fornendo il proprio contributo alla politica estera dell’Unione europea in generale e alla politica relativa alla Cina in particolare.

 

Interrogazione n. 31 dell’onorevole Ţicău (H-0965/08)
 Oggetto: Importanza attribuita alla politica dei trasporti su strada
 

In merito all'interrogazione orale H-0614/08 rivolta dall'interrogante al Consiglio il 15 luglio scorso il rappresentante del Consiglio ha dichiarato in Aula, il 23 settembre, che al Parlamento sarebbe stata trasmessa la posizione del Consiglio entro la fine del mese. Tuttavia, fino ad oggi, al Parlamento non è ancora pervenuto nulla. Dato che la nuova versione del regolamento relativo ai requisiti da adempiere esercitare la professione di trasportatore su strada dovrebbe entrare in vigore il 1° giugno 2009 e entro il 1° gennaio 2012 gli Stati membri dovrebbero interconnettere i registri elettronici nazionali definiti nel regolamento, può il Consiglio precisare la priorità che intende attribuire al “pacchetto stradale” nei prossimi cinque mesi e comunicare il calendario proposto per l'adozione dei nuovi regolamenti così modificati entro il 1° giugno 2009?

 
  
 

(FR) La presente risposta, elaborata dalla presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di dicembre 2008 del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo.

Nel giugno del 2008, sotto la presidenza slovena, il Consiglio ha raggiunto un accordo politico sul pacchetto “trasporti su strada”, costituito da tre atti legislativi relativi, rispettivamente, alle condizioni da osservare per esercitare l’attività di trasportatore su strada [2007/0098 (COD)], all’accesso al mercato del trasporto internazionale di merci su strada [2007/0099 (COD)] e all’accesso al mercato dei servizi di trasporto effettuati con autobus [2007/0097 (COD)]. Attualmente, il Consiglio sta lavorando a una posizione comune su ciascuna questione, da presentare al Parlamento europeo nel gennaio 2009. La futura presidenza ceca è fortemente impegnata ad avviare discussioni informali con i vari relatori per esaminare le possibilità di raggiungere quanto prima un accordo con il Parlamento europeo. A tale proposito, si fa notare all’interrogante che, fino a fine ottobre 2008, le versioni bulgara e romena delle bozze di legge menzionate non erano ancora state inviate alla Commissione e, di conseguenza, il lavoro procedurale preparatorio non ha potuto progredire.

 

INTERROGAZIONI ALLA COMMISSIONE
Interrogazione n. 38 dell’onorevole Cappato (H-0919/08)
 Oggetto: Bandiera nazionale ed europea alle prossime Olimpiadi
 

L'associazione radicale “Esperanto”, Costituente del Partito radicale Nonviolento, ha lanciato una campagna rivolta ai Comitati Olimpici Nazionali affinché, in occasione delle prossime Olimpiadi, ciascuno Stato membro possa partecipare in rappresentanza dell'Europa oltre che della propria nazione. Ogni sportivo esibirebbe due bandiere, quella nazionale e quella europea, e nel medagliere apparirebbe anche il conteggio aggregato sotto la comune bandiera europea.

Intende la Commissione adoperarsi a sostegno di tale iniziativa?

 
  
 

(EN) La Commissione è cosciente del ruolo fondamentale rivestito dallo sport nonché del suo potenziale nel creare senso di appartenenza. Tuttavia, come espresso nel Libro bianco sullo sport, l’organizzazione delle attività sportive e delle competizioni su base nazionale fa parte del bagaglio storico e culturale dell’approccio europeo allo sport e risponde alla volontà della maggioranza dei cittadini europei. In particolare, le squadre nazionali hanno un ruolo essenziale non solo in termini di identità, ma anche nel dimostrare solidarietà all’attività sportiva agonistica e non, e meritano quindi di essere sostenute.

La responsabilità per lo sport spetta alle autorità nazionali o alle organizzazioni sportive oppure a entrambe. In tale contesto va ricordato che l’idea di apporre una bandiera europea sulle divise degli atleti era stata avanzata dalla relazione Adonnino “Europa dei cittadini”(1).

L’eventualità e le modalità secondo cui pubblicare i risultati dei Giochi Olimpici spetta agli organizzatori, tenendo presente che il sistema di selezione di alcune discipline consente all’Europa di mandare un numero maggiore di atleti ai Giochi (27 squadre), il che aumenta le possibilità di ottenere medaglie rispetto agli altri partecipanti. La Commissione sottolinea dunque che gli Stati membri partecipano ai Giochi quali Stati nazionali e ricorda che il motto dell’Unione europea è “Unità nella diversità”(2).

L’interrogante comprenderà, quindi, che la Commissione non può sostenere iniziative per il conteggio delle medaglie vinte sotto la bandiera europea. Per quel che concerne l’esibizione di due bandiere ai prossimi Giochi Olimpici, la Commissione, pur non osteggiando certamente l’esposizione di un tale simbolo di unità, vuole rispettare pienamente l’autonomia dello sport e la primaria responsabilità degli Stati membri in ambito di politica per lo sport. La Commissione potrebbe fornire il proprio sostegno se tale iniziativa dovesse essere varata in totale accordo con gli organi competenti.

 
 

(1) COM (88) 331 definitivo del 24 giugno 1988
(2) http://europa.eu/abc/symbols/motto/index_it.htm

 

Interrogazione n. 42 dell’onorevole Mitchell (H-0907/08)
 Oggetto: Disavanzo di bilancio
 

Il disavanzo di bilancio dell'Irlanda è al momento pari al 5 per cento circa, ben oltre il limite del 3 per cento, definito nel Patto di stabilità e crescita, e sufficiente pertanto ad avviare la procedura d'infrazione d'emergenza.

In un'intervista rilasciata ad un quotidiano irlandese il Commissario Almunia ha affermato: “l'intento del Patto di stabilità e crescita non è di comminare ammende, né di richiamare gli Stati membri... in certi casi si tratta di pressione tra pari, nell'intento di utilizzare la dimensione europea e il sistema di sorveglianza multilaterale al fine di spingere i governi ad attuare le politiche comunitarie.”

Può chiarire la Commissione se sia stata raggiunta un'intesa con il governo irlandese in merito all'attuale situazione di disavanzo di bilancio?

 
  
 

(EN) Secondo l’aggiornamento 2008 del programma di stabilità presentato dalle autorità irlandesi il 14 ottobre, disavanzo pubblico stimato nel 2008 in Irlanda è il 5,5 per cento del PIL, rispetto al 0,9 per cento del PIL dell’aggiornamento precedente.

La Commissione applica la procedura per i disavanzi eccessivi in ottemperanza alle disposizioni del trattato e del patto di stabilità e crescita. L’articolo 104, paragrafo 3, del trattato prevede che la Commissione stili una relazione quando il disavanzo pubblico supera il 3 per cento del PIL.. Qualsiasi superamento del valore di riferimento sia solo eccezionale e, temporaneo e resti vicino al valore di riferimento (articolo 104, paragrafo 2) porterà all’inclusione formale dello Stato in questione nel disavanzo eccessivo da parte del Consiglio su base di una raccomandazione della Commissione (articolo 104, paragrafo 6).

La procedura per i disavanzi eccessivi va considerata nella sua funzione di sostegno fra pari per superare le difficoltà correnti e garantire una sostenibilità a lungo termine delle finanze pubbliche.

 

Interrogazione n. 43 dell’onorevole Papadimoulis (H-0917/08)
 Oggetto: Solvibilità degli Stati membri dell’eurozona
 

In questi tempi di crisi economica, il servizio del debito pubblico è divenuto estremamente difficile per molti Stati membri dal momento che la differenza di rendimento (spread) delle obbligazioni di Stato si aggrava aumentando vertiginosamente il costo dei prestiti.

Tenendo presente che alcuni Stati membri, come la Grecia, da molti anni non sono in grado di ridurre sensibilmente il loro debito pubblico, può la Commissione indicare in quale misura la crisi economica influisce sulla solvibilità della Grecia e, più in generale, degli Stati membri dell'eurozona? A quale tasso di interesse la Grecia e, più in generale, gli Stati membri dell'eurozona contraggono prestiti? Qual è la differenza di rendimento (spread) delle obbligazioni di Stato per quanto riguarda la Grecia e, più in generale, gli Stati membri dell'eurozona, avendo come base l'obbligazione decennale dello Stato tedesco?

 
  
 

(EN) Lo sconvolgimento dei mercati finanziari ha innescato la ricerca di investimenti meno rischiosi (“flight to safety”), che ha aumentato il costo del servizio del debito pubblico di paesi da sempre caratterizzati da elevati disavanzi e alti livelli di debito.

In alcuni Stati, e in particolare in Grecia, gli attuali squilibri contabili potrebbero peggiorare ulteriormente la percezione già negativa della capacità di occuparsi degli effetti negativi del rallentamento economico nel lungo termine.

Al 6 novembre 2008, rispetto alla stessa data del 2007, la differenza di rendimento (spread) sulla obbligazioni decennali tedesche è aumentata in Grecia di 120 punti percentuali (da 31 a 151 p.p.), prendendo come riferimento l’obbligazione tedesca di pari durata. Si tratta di una delle impennate più brusche dell’UE27, dove la Grecia è superata solo da Ungheria (+ 262 p.p.), Romania (+ 194), Lettonia (+182) e Polonia (+145) e indubbiamente la più consistente registrata dall’eurozona (l’Italia è il secondo paese della zona euro che presenta l’aumento più marcato, pari a +75 p.p., seguita dal Belgio con +64 p.p.). Tali evoluzioni sono particolarmente marcate negli Stati citati e hanno colpito anche l’UE27 nel suo complesso (+67,7 p.p. in media) e la zona euro (+46 p.p.) nello stesso periodo. (Fonte: Eurostat)

 

Interrogazione n. 46 dell’onorevole Moraes (H-0904/08)
 Oggetto: Strategia europea in materia di salute elaborata dalla Commissione e persone anziane
 

Il primo obiettivo della strategia europea in materia di salute elaborata dalla Commissione è “promuovere un buono stato di salute in un'Europa che invecchia”. Pur apprezzando che la Commissione abbia fatto dell'invecchiamento uno dei punti focali del proprio programma nel campo della salute, l'interrogante rileva che in tale ambito mancano proposte e azioni concrete. Il programma del Forum aperto sulla salute che si svolgerà il 10 e 11 dicembre, ad esempio, concerne esclusivamente i giovani e non contiene riferimenti alle persone anziane.

In tale contesto, può la Commissione illustrare quali misure e iniziative politiche specifiche intende adottare per garantire una vita più lunga e più sana alle persone anziane in Europa, avvalendosi degli strumenti comunitari a disposizione quali il metodo aperto di coordinamento per la protezione sociale e l’inclusione sociale?

In particolare, quali azioni prevede di intraprendere la Commissione per incoraggiare gli Stati membri a includere le persone anziane tra i destinatari delle loro attività di prevenzione e di promozione della salute? Intende la Commissione sviluppare una strategia europea per un invecchiamento sano rivolta a tutte le generazioni?

 
  
 

(EN) La promozione di un buono stato di salute in una società che tende a invecchiare è indubbiamente tra gli obiettivi centrali della strategia in materia di salute 2008-2013 dell’Unione europea e del Programma per la salute.

Tale strategia prevede iniziative volte a migliorare la salute degli anziani nonché orientamenti relativi al carcinoma e alle malattie neurodegenerative. In tale contesto, la Commissione prevede, ad esempio, di presentare il prossimo anno un’iniziativa comunitaria che mira ad affrontare l’Alzheimer.

La Commissione vuole inoltre garantire che le varie iniziative di questa politica contribuiscano a favorire la salute nel contesto dell’invecchiamento sano e aiutino i sistemi sanitari ad adattarsi alle necessità di una popolazione che invecchia.

La Commissione promuove altresì lo scambio di buone prassi in tale ambito: il programma per la salute, per esempio, ha recentemente finanziato un progetto per l’elaborazione di raccomandazioni destinate a politiche per un invecchiamento sano.

La promozione della salute durante l’invecchiamento non è una semplice raccolta di misure destinata agli anziani. Numerose malattie croniche che colpiscono gli anziani possono essere prevenute mantenendo uno stile di vita più sano fin da giovani. E’ per questo motivo che la strategia promuove la prevenzione e la promozione durante tutto il ciclo di vita, attraverso iniziative dedicate a persone di ogni età, inclusi i giovani. L’azione della Commissione in tale settore comprende la piattaforma d’azione europea per la dieta, l’attività fisica e la salute, nonché le strategie sull’alcol e sull’alimentazione.

La Commissione sostiene gli Stati membri nello sforzo di promuovere un invecchiamento sano. Attraverso il metodo di coordinamento aperto nel settore della protezione sociale e dell’inclusione sociale, la Commissione segue attivamente le iniziative destinate agli anziani proposte dagli Stati membri per la promozione della salute e la prevenzione delle malattie.

Infine, la Commissione sta esaminando possibili iniziative future per fornire ulteriore sostegno alla salute durante l’invecchiamento.

 

Interrogazione n. 47 dell’onorevole Higgins (H-0909/08)
 Oggetto: Salute mentale
 

Può la Commissione indicare se è soddisfatta del servizio attualmente fornito dalle infrastrutture relative alla salute mentale negli Stati membri e del quantitativo di risorse messe a loro disposizione? Può altresì indicare se è preoccupata del fatto che la salute mentale tuttora dispone di risorse insufficienti e di mezzi inadeguati per aiutare le persone che ne hanno bisogno? È preoccupata nello specifico delle disparità regionali relative al servizio fornito?

 
  
 

(EN) L’organizzazione e l’erogazione di servizi sanitari e cure mediche sono responsabilità di ciascuno Stato membro.

La Commissione riconosce la necessità di migliorare i sistemi per la salute mentale, posizione riconosciuta e condivisa dagli Stati membri con l’adozione, nel 2005, della dichiarazione dell’Organizzazione mondiale della sanità sulla salute mentale per l’Europa. Al contempo, numerosi Stati membri hanno avviato le azioni necessarie a rivedere le proprie strategie per la salute mentale o a svilupparne di nuove.

Una delle priorità del patto europeo per la salute e il benessere mentale, varato nel giugno 2008, è fornire sostegno agli Stati membri per migliorare i rispettivi sistemi dedicati alla salute mentale, attraverso scambi e cooperazione a livello europeo e sulla base di buone prassi definite.

Oltre alle attività nell’ambito del patto sulla salute mentale, gli Stati membri possono avvalersi degli strumenti europei già esistenti: per esempio, possono intraprendere misure per migliorare la formazione del personale o per gestire adeguatamente le disparità esistenti tra diverse regioni a livello di servizi per la salute mentale, attraverso l’utilizzo dei propri programmi di fondi strutturali.

 

Interrogazione n. 48 dell’onorevole Doyle (H-0913/08)
 Oggetto: Diritti dei pazienti relativi all'assistenza sanitaria transfrontaliera
 

La proposta di direttiva concernente l'applicazione dei diritti dei pazienti relativi all'assistenza sanitaria transfrontaliera (20800142(COD)) prevede l’istituzione di una rete comunitaria di autorità preposte alla valutazione delle tecnologie sanitarie. Tali autorità, tra cui si annoverano la Health Information and Quality Authority (HIQA) (Autorità per la qualità e l’informazione sanitaria) irlandese e il National Institute for Health and Clinical Excellence (NICE) (Istituto nazionale di eccellenza in campo sanitario e medico) britannico, formulano raccomandazioni su quali cure offrire o meno ai pazienti.

Ad oggi, queste procedure di valutazione si sono spesso rivelate poco trasparenti, lunghe e non sufficientemente attente alle necessità dei pazienti. Di recente, la direzione della NICE ha dovuto scusarsi pubblicamente per i ritardi nella valutazione di un nuovo metodo terapeutico.

Ciò premesso, concorda la Commissione che una direttiva intitolata “Diritti dei pazienti” dovrebbe anche garantire la partecipazione degli stessi a queste procedure di revisione?

 
  
 

(EN) La proposta di direttiva sui diritti dei pazienti relativi all’assistenza sanitaria transfrontaliera mira a istituire, su base permanente, una rete che colleghi le autorità o gli enti nazionali responsabili della valutazione delle tecnologie sanitarie. L’obiettivo è sostenere la cooperazione e lo scambio di informazioni, conoscenze, metodi utilizzati e migliori pratiche tra i 27 Stati membri.

La proposta non ha l’obiettivo di armonizzare i processi decisionali nazionali per la valutazione delle tecnologie sanitarie, pertanto non richiede la partecipazione dei pazienti alle procedure nazionali di revisione. Tale questione potrà essere presa in considerazione quando saranno adottate misure per l’applicazione di tale disposizione. Occorre tuttavia sottolineare che, ai sensi dell’articolo 17 della proposta di direttiva, la rete in questione è composta da autorità o enti responsabili della valutazione delle tecnologie sanitarie designati dagli Stati membri.

 

Interrogazione n. 49 dell’onorevole Staes (H-0915/08)
 Oggetto: Assistenza sanitaria transfrontaliera
 

La proposta della Commissione (COM(2008)0414) è focalizzata maggiormente sui diritti del paziente di beneficiare di un'assistenza sanitaria transfrontaliera anziché sul diritto dello Stato membro di finanziare e controllare il proprio sistema sanitario. Da qui potrebbe conseguire un aumento della pressione sui sistemi sanitari soprattutto dei paesi caratterizzati da un notevole afflusso di pazienti. Giova ricordare altresì l'esistenza del regolamento (CE) n. 140871 (1), che coordina i sistemi di sicurezza sociale e disciplina i rimborsi, le autorizzazioni preliminari ecc.

Quali garanzie intende fornire la Commissione affinché il sistema sanitario di uno Stato membro non si trovi inutilmente in difficoltà? Come intende essa fare chiarezza per i pazienti, ora che accanto al regolamento sulla sicurezza sociale (CEE) n. 1408/71 coesiste la nuova direttiva?

 
  
 

(EN) Per quanto riguarda l’impatto della proposta di direttiva in materia di diritti relativi all’assistenza sanitaria transfrontaliera(2) sui sistemi sanitari degli Stati membri, la valutazione d’impatto dimostra che i costi aggiuntivi delle cure derivanti dalla proposta non sono tali da mettere a rischio la sostenibilità o il coordinamento dei sistemi sanitari in generale.

Ciò è dovuto al fatto che, secondo la proposta di direttiva, ai cittadini spetta un rimborso soltanto per le cure sanitarie a cui hanno diritto nello Stato di appartenenza, quindi gli Stati membri devono coprire solo le spese sanitarie che avrebbero dovuto sostenere in ogni caso. La valutazione d’impatto stimava che i costi aggiuntivi delle cure avrebbero costituito una minima parte delle spese sanitarie complessive, decisamente inferiore rispetto ai benefici della proposta.

In ogni caso, se nel breve termine un aumento imprevisto di assistenza sanitaria transfrontaliera dovesse causare notevoli problemi – nel coordinamento di strutture locali, ad esempio – la proposta consente agli Stati membri di applicare limiti necessari alla salvaguardia del sistema generale, come l’introduzione di un sistema di autorizzazione preventiva per i pazienti che richiedono assistenza sanitaria transfrontaliera secondo le condizioni stabilite dalla direttiva, che rispecchiano la giurisprudenza della Corte.

Inoltre, nel lungo termine, il valore aggiunto della cooperazione europea su temi quali le reti europee di centri di riferimento, la condivisione delle valutazioni di nuove tecnologie sanitarie, nonché l’utilizzo di tecnologie informatiche per fornire assistenza sanitaria più efficiente (sanità elettronica, o “e-health”) consentirà di migliorare la qualità e l’efficienza dell’intero sistema di assistenza sanitaria, sia per i pazienti che si spostano, sia per tutti gli altri.

Per quanto riguarda la relazione fra questa proposta e l’esistente quadro di coordinamento dei regimi di sicurezza sociale, in particolare il regolamento (CEE) n. 1408/71(3), tale quadro rimarrà in vigore al fianco della direttiva proposta, con tutti i principi generali su cui sono basate le norme di coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale.

Il regolamento (CEE) n. 1408/71 garantisce che, se le cure necessarie al paziente non possono essere somministrate nello Stato di appartenenza senza indebito ritardo, il paziente sarà autorizzato a recarsi all’estero e qualsiasi costo aggiuntivo per le cure sarà coperto da fondi pubblici. Una volta rispettate le condizioni stabilite dall’articolo 22, paragrafo 2, del regolamento, sarà concessa l’autorizzazione e i benefici che ne seguono, come esplicitamente riconosciuto nella proposta di direttiva. Il regolamento (CEE) n. 1408/71rimarrà quindi lo strumento principale nonché la “rete di sicurezza” per garantire che qualsiasi paziente che non possa ricevere le cure necessarie nel proprio paese in un lasso di tempo ragionevole, sia autorizzato a riceverle in un altro Stato membro.

La proposta di direttiva prevede un’ulteriore opzione per l’assistenza sanitaria transfrontaliera, in risposta ai casi avviati dagli stessi cittadini e che costituiscono la giurisprudenza della Corte. Va sottolineato che i diritti derivanti dalla giurisprudenza e da questa proposta non annullano alcun diritto sancito a livello nazionale oppure dal regolamento (CEE) n. 1408/71: si tratta di diritti riconosciuti, che i cittadini possono scegliere di esercitare e consentono un migliore accesso a tutti i sistemi sanitari dell’Unione.

 
 

(1) GU L 149 del 5.7.1971, pag. 2.
(2) COM(2008)414.
(3) Regolamento (CEE) n. 1408/71 relativo all’applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati, ai lavoratori autonomi e ai loro familiari che si spostano all’interno della Comunità, GU L 149 del 5.7.1971

 

Interrogazione n. 50 dell’onorevole Bowis (H-0924/08)
 Oggetto: Controllo dei tabacchi
 

Potrebbe la Commissione fornire l’elenco degli Stati membri che non hanno ancora ratificato la Convenzione quadro dell’OMS sul controllo dei tabacchi e non hanno ancora sviluppato politiche per la messa al bando del fumo nei locali pubblici e sui luoghi di lavoro?

 
  
 

(EN) Ad oggi, tutti gli Stati membri, ad eccezione della Repubblica ceca, hanno ratificato la Convenzione quadro dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) sul controllo dei tabacchi.

La Convenzione introduce l’obbligo legale per le parti di approvare e applicare misure per proteggere le persone dal fumo passivo in ambienti chiusi sui luoghi di lavoro, luoghi pubblici e trasporti pubblici.

Tutti gli Stati membri dispongono di regolamenti volti a limitare l’esposizione al fumo passivo. Tuttavia, la portata e le caratteristiche di tali regolamenti differiscono notevolmente.

Secondo le informazioni in possesso della Commissione, poco più di un terzo degli Stati membri garantiscono una protezione efficace dal fumo in tutti i luoghi di lavoro e luoghi pubblici, come stabilito dalla Convenzione dell’OMS.

Attualmente il divieto totale di fumo in tutti gli ambienti chiusi nei luoghi pubblici e di lavoro, inclusi bar e ristoranti, è in vigore in Irlanda e Regno Unito.

Italia, Malta, Svezia, Lettonia, Finlandia, Slovenia, Francia e Paesi Bassi hanno introdotto una legislazione anti-fumo che consente speciali zone fumatori separate.

Tuttavia, in oltre la metà degli Stati membri, i cittadini e i lavoratori non sono ancora pienamente tutelati dall’esposizione al fumo di tabacco negli ambienti chiusi in luoghi pubblici e di lavoro. I bar e i ristoranti costituiscono un’area particolarmente difficile da regolamentare.

Per sostenere gli Stati membri nell’approvazione di legislazioni anti-fumo di ampia portata, nel 2009 la Commissione intende presentare una specifica raccomandazione in materia.

La valutazione d’impatto che accompagnerà la proposta conterrà una panoramica dettagliata delle politiche anti-fumo adottate dagli Stati membri.

La Commissione affronterà tale tema nella prossima relazione sull’attuazione della raccomandazione del Consiglio sulla prevenzione del tabagismo.

 

Interrogazione n. 51 dell’onorevole Ludford (H-0929/08)
 Oggetto: Direttiva sui suini, 2001/93/CE, che modifica la direttiva 91/630/CEE
 

Intende la Commissione iniziare a lavorare su una proposta di modifica della direttiva 91/630/CEE sulla protezione dei suini (parte del piano d'azione comunitario per la protezione e il benessere degli animali) nel corso del 2009, prima che diventino caduchi i numerosi studi portati avanti in tale settore dall'autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA)?

 
  
 

(EN) La Commissione è al corrente della necessità di aggiornare la legislazione sul benessere dei suini, alla luce dei dati scientifici contenuti nelle relazioni adottate dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA).

La Commissione ha già avviato l’attività volta a individuare il metodo più adeguato per migliorare la situazione attuale tenendo presente le priorità strategiche del piano d’azione comunitario per il benessere degli animali, in particolare la possibilità di integrare in proposte future indicatori specifici e misurabili del benessere degli animali, se disponibili. Potrebbero essere ancora necessari standard minimi riguardanti il sistema di allevamento, le condizioni di stabulazione e le procedure di alimentazione, ma lo sviluppo di indicatori del benessere incentrati sulle esigenze degli animali dovrebbe contribuire a una migliore valutazione della situazione degli animali in loco e, ci auguriamo, a una migliore e più rapida applicazione degli standard relativi al benessere, in linea con le nuove scoperte scientifiche.

Alla luce di quanto detto, la Commissione sta analizzando la possibilità di presentare una proposta che rielabori la legislazione generale del 1998(1) riguardante la protezione degli animali negli allevamenti, nonché i requisiti specifici per i suini al fine di aggiornare gli standard previsti nella relativa legislazione. Qualsiasi proposta dovrebbe prendere in considerazione gli obiettivi della nuova legge sulla salute degli animali, prevista dalla specifica strategia europea(2).

La Commissione ritiene che il possibile uso nella legislazione europea di indicatori del benessere animale riconosciuti a livello internazionale, una volta sviluppati, dovrebbe consentire una migliore applicazione e promozione di standard di benessere più elevati.

Inoltre, la Commissione prevede che tale approccio possa consentire il confronto degli standard di benessere animale con i propri partner commerciali internazionali e, si augura, facilitarne l’utilizzo all’esterno dei confini della Comunità.

Sono in atto numerosi progetti di ricerca a sostegno di questa iniziativa, tra cui il progetto di ricerca finanziato dalla Comunità intitolato “Welfare Quality – Scienza e società per un maggiore benessere degli animali”. I risultati del “Welfare Quality” dovrebbero essere disponibili nel 2009 e la Commissione ha intenzione di lavorare sulle possibili opzioni per rielaborare l’attuale quadro legislativo nel 2010.

 
 

(1) Direttiva 98/58/CE del Consiglio del 20 luglio 1998 riguardante la protezione deli animali negli allevamenti. Gazzetta Ufficiale L 221 del 08/08/1998
(2) http://ec.europa.eu/food/animal/diseases/strategy/index_en.htm

 

Interrogazione n. 52 dell’onorevole Stihler(H-0939/08)
 Oggetto: Malattie reumatiche
 

Alla luce del successo della dichiarazione scritta (P6_TA(2008)0262) sulle malattie reumatiche, potrebbe la Commissione aggiornare il Parlamento sulle azioni intraprese al fine di aiutare le persone che nell’ambito dell’Unione europea soffrono di malattie reumatiche?

 
  
 

(EN) La dichiarazione scritta del 5 giugno 2008 sulle malattie reumatiche(1)chiede alla Commissione, inter alia, di sviluppare una strategia comunitaria in materia. Ai sensi dell’articolo 152 del trattato, l’azione comunitaria in ambito di sanità pubblica deve rispettare pienamente le responsabilità degli Stati membri riguardo all’organizzazione e alla fornitura di assistenza sanitaria e cure mediche.

Ciononostante, la Commissione ha sostenuto l’importante ambito delle malattie reumatiche attraverso i programmi di azione comunitaria nel settore della sanità pubblica. Nel 2008, è stato selezionato un nuovo progetto da finanziare, intitolato “European Musculoskeletal Conditions Surveillance and Information Network”, che mira a creare una rete europea di informazione e osservazione delle patologie muscolo-scheletriche. Esso contribuirà in modo significativo alla promozione di una migliore comprensione, conoscenza e informazione sulle patologie muscolo-scheletriche nell’Unione europea.

Inoltre, il settimo Programma quadro per la ricerca (2007-2013), nel programma “Salute”, propone di avviare collaborazioni per la ricerca translazionale sulle principali patologie e tale sezione cita esplicitamente le malattie reumatiche.

In seguito all’invito del 2007 a presentare proposte, che includeva l’argomento “early processes in the pathogenesis of chronic inflammatory diseases” (fasi iniziali nella patogenesi delle malattie infiammatorie croniche), è stata selezionata la proposta “Masterswitch”: essa illustra i meccanismi che generano l’artrite reumatoide e i potenziali target a livello cellulare e molecolare della terapia; coinvolge 17 importanti gruppi di ricerca di dieci paesi europei e associati per un contributo totale di 11,2 milioni di euro. Si prevede che gli inviti futuri, nell’ambito del settimo programma quadro, conterranno un sostegno continuativo alla ricerca su tale tema.

Inoltre, in occasione della recente conferenza della Lega europea contro i reumatismi (EULAR)(2), tenutasi il 6 novembre 2008 a Budapest, la Commissione ha riconosciuto l’importanza per la salute e la sicurezza sul lavoro delle malattie reumatiche (MR) quale sottoinsieme dei disturbi muscolo-scheletrici (DMS), nonché il legame tra tale questione e le politiche comunitarie contro la discriminazione.

Infine, per quanto riguarda i disturbi muscolo-scheletrici in particolare, nella comunicazione “Migliorare la qualità e la produttività sul luogo di lavoro: strategia comunitaria 2007-2012 per la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro”, la Commissione ha espresso l’intenzione di trovare modalità per migliorare la prevenzione dei rischi legati ai disturbi muscolo-scheletrici. Con questo obiettivo in mente, è in corso una valutazione d’impatto.

 
 

(1) P6_TA(2008)0262
(2) European League Against Rheumatism

 

Interrogazione n. 53 dell’onorevole Toussas (H-0967/08)
 Oggetto: Commercializzazione della salute a beneficio dei grandi gruppi monopolistici
 

Stando ad una ricerca dell'Università di Atene, la Grecia emerge come campione della privatizzazione e della commercializzazione della salute, con conseguenze particolarmente negative per le famiglie delle classi popolari che devono pagare, utilizzando il loro magro bilancio, il 57% (più di 11 miliardi di euro) delle spese sanitarie totali. Gli istituti privati di diagnosi e di cure ospedaliere, che non cessano di moltiplicarsi, si concentrano sempre più in grandi gruppi che determinano ormai in gran misura la politica della salute, mentre una parte significativa del personale medico resta senza occupazione. L'enorme crescita del settore privato come pure la corruzione del settore pubblico sono causate dallo stesso Stato che obbliga i lavoratori a rivolgersi al settore privato per far fronte ai problemi di salute che il sistema pubblico non è in grado di trattare tempestivamente a motivo dell'insufficienza di strutture, attrezzature e personale.

Qual è l'avviso della Commissione riguardo a questa situazione inaccettabile che limita le possibilità di cura offerte ai lavoratori, commercializza la salute a beneficio dei grandi gruppi monopolistici, aumenta la sottoccupazione del personale medico e mette a rischio anche la salute pubblica?

 
  
 

(EN) Ai sensi dell’articolo 152 del trattato, e in particolare del paragrafo 5, l’azione comunitaria in materia di sanità pubblica deve rispettare pienamente le responsabilità degli Stati membri nell’organizzazione ed erogazione di servizi sanitari e cure mediche.

Di conseguenza, non spetta alla Commissione esprimere un’opinione sulla situazione descritta dall’interrogante, bensì alle autorità greche competenti.

 

Interrogazione n. 54 dell’onorevole Posselt (H-0880/08)
 Oggetto: Politica sanitaria e divieto di fumo
 

Sulla base di quali competenze di politica sanitaria la Commissione fa attualmente propaganda per un divieto del fumo nei luoghi di lavoro in tutta l'UE? Quali sono a suo giudizio, per quanto riguarda questo argomento, i limiti delle sue competenze in materia sanitaria rispetto a quelle degli Stati membri?

 
  
 

(EN) Per quel che concerne le politiche di sanità pubblica, in quanto parti della Convenzione quadro per il controllo del tabacco (FCTC) dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), la Comunità e 26 Stati membri sono vincolati dall’impegno di fornire protezione dall’esposizione al fumo di tabacco in tutti gli ambienti chiusi nei luoghi pubblici e di lavoro. I risultati delle consultazioni per il Libro verde “Verso un’Europa senza fumo”(1) hanno dimostrato chiaro appoggio alle politiche globali anti-fumo e a ulteriori azioni comunitarie in quest’ambito. In seguito alle consultazioni per il Libro verde, la Commissione intende presentare all’inizio del 2009 una proposta per una raccomandazione al Consiglio relativa agli ambienti senza fumo.

Qualsiasi normativa specifica presentata per proteggere i lavoratori dai rischi per la salute e la sicurezza dovuti all’esposizione a fumo di tabacco sul posto di lavoro rientrerà nella politica della sicurezza sul lavoro e sarà basata sull’articolo 137 CE.

L’articolo 137 stabilisce che la Comunità sostiene e integra le attività degli Stati membri in numerosi settori, tra cui il miglioramento dell’ambiente di lavoro per proteggere la salute e la sicurezza dei lavoratori. Prima di presentare una proposta relativa a tale ambito, la Commissione deve consultare le parti sociali a livello comunitario attraverso una procedura di consultazione a due stadi, in conformità con l’articolo 138 CE.

Ogni iniziativa legislativa di questo tipo deve rispettare i principi di proporzionalità e sussidiarietà.

 
 

(1) COM(2007) 27 definitivo

 

Interrogazione n. 55 dell’onorevole Goudin (H-0882/08)
 Oggetto: Pressioni prima della votazione del trattato di Lisbona
 

Stando alle notizie riportate dal quotidiano Aftonbladet l’11 ottobre 2008, il Commissario Margot Walström avrebbe tentato di influire sul risultato della votazione del trattato di Lisbona al parlamento svedese il 20 novembre scorso. Secondo la testata summenzionata, il Commissario Wallström avrebbe cercato di convincere Mona Sahlin, leader del partito socialdemocratico svedese, a raccomandare un voto favorevole al trattato.

Può la Commissione assicurare di non aver tentato, né informalmente né formalmente, di influenzare Mona Sahlin e i socialdemocratici svedesi in questa questione?

 
  
 

(EN) La posizione della Commissione sul trattato di Lisbona è ben nota. La Commissione non ha tentato di influenzare indebitamente la ratifica del trattato di Lisbona in Svezia.

 

Interrogazione n. 56 dell’onorevole Lundgren (H-0884/08)
 Oggetto: Ambizioni militari dell’UE nell’ambito del trattato di Lisbona
 

In un’intervista comparsa il 22 ottobre u.s. sul giornale EU Observer, il Commissario Margot Wallström deplora che la campagna condotta all’inizio dell’anno per il referendum irlandese sul trattato di Lisbona abbia incluso tanti “argomenti emotivi”. Come esempio ella adduce il fatto che numerosi irlandesi hanno preferito votare per il “no” poiché temevano che, se fosse stato adottato il trattato di Lisbona, sarebbero stati costretti a mandare i propri figli a servire in un esercito dell’UE. La dichiarazione del Commissario Wallström lascia intendere che la creazione di un’organizzazione militare nell’ambito del trattato di Lisbona non è un obiettivo dell’UE.

Ritiene la Commissione che gli elettori irlandesi abbiano mal interpretato il testo del trattato e che possano quindi sentirsi sicuri del fatto che i loro figli non dovranno servire in un esercito dell'UE qualora entrasse in vigore il trattato di Lisbona? Può la Commissione garantire che la Svezia potrà perseguire la propria politica di non allineamento qualora entrasse in vigore il trattato di Lisbona?

 
  
 

(EN) Il trattato di Lisbona manterrà integra la sovranità nazionale degli Stati membri sulle questioni relative alla difesa e agli affari esteri. La neutralità militare di alcuni Stati membri, non verrà pertanto alterata dal trattato.

Il trattato di Lisbona modifica alcune disposizioni sulla sicurezza e la difesa, ma non ne cambia le caratteristiche essenziali. Il trattato afferma esplicitamente che le modifiche da esso proposte in ambito di sicurezza e difesa “non pregiudica[no] il carattere specifico della politica di sicurezza e difesa di taluni Stati membri”.

La nuova struttura della politica estera aumenterà coerenza ed efficienza dell’azione esterna dell’Unione, aspetti fondamentali per affrontare le nuove sfide del ventunesimo secolo e per migliorare la capacità dell’Unione di agire in ambito mondiale. Il trattato di Lisbona aumenta le capacità dell’UE di rispondere a situazioni di crisi in tutto il mondo, attingendo alla vasta gamma di strumenti a sua disposizione, che possono essere mobilitati a sostegno della prevenzione dei conflitti e della gestione delle crisi, assumendosi incarichi umanitari e di soccorso o impegnandosi in operazioni di peacekeeping. Le decisioni sulle questioni di politica di difesa e sicurezza, però, continueranno ad essere prese all’unanimità e l’impegno di truppe di qualsiasi Stato membro in una particolare missione rimane una decisione sovrana da parte dello Stato. Poiché ogni missione europea di gestione delle crisi continuerà a richiedere il sostegno di tutti gli Stati membri, l’Irlanda e la Svezia avranno il diritto di decidere se, e come, fornire tale contributo a una missione di peacekeeping, sia essa condotta dalle Nazioni Unite, dall’Unione europea o da altri.

 

Interrogazione n. 57 dell’onorevole Arnaoutakis (H-0887/08)
 Oggetto: Distribuzione gratuita di frutta e verdure agli alunni delle scuole
 

La Commissione propone di adottare un regime paneuropeo di distribuzione gratuita di ortofrutticoli nelle scuole (COM(2008)0442). Il mercato e la distribuzione di tali prodotti verrebbero finanziati con capitali europei dell'ordine di 90 milioni di euro l'anno, mentre al contempo si chiede agli Stati membri di predisporre strategie nazionali e iniziative educative. Il programma dovrebbe essere approvato dal Consiglio nel 2009.

Può la Commissione dire quando prevede che venga adottata la decisione di applicazione del relativo regolamento e come garantirà la corretta e tempestiva informazione degli organismi competenti degli Stati membri e dei cittadini?

La Commissione ha inoltre comunicato lo stanziamento di 1,3 milioni di euro per la creazione di una rete tra le varie autorità nazionali per consentire un valido e efficace scambio di buone prassi. Di quali attività si tratta e quali sarebbero gli organismi competenti per la loro realizzazione?

 
  
 

(EN) Il 19 novembre, il consiglio “agricoltura” ha raggiunto un accordo politico sul programma “School Fruit Scheme” in seguito al parere fornito del Parlamento. L’adozione formale del regolamento del Consiglio è prevista entro la fine del 2008.

All’inizio del prossimo anno, i servizi della Commissione elaboreranno le modalità di esecuzione del programma che saranno adottate attraverso una procedura del Comitato direttivo. Spetterà quindi agli Stati membri stabilire le strategie nazionali e/o regionali per l’attuazione.

La Commissione ha intensificato le attività di networking attraverso l’organizzazione di un’importante conferenza il 15 e 16 dicembre 2008 che ha riunito promotori, ricercatori universitari e rappresentanti delle amministrazioni degli Stati membri. L’obiettivo della conferenza è di creare una rete per “School Fruit”, per contribuire ad avviare le misure di esecuzione da parte della Commissione e le strategie nazionali/regionali. La Commissione intende promuovere lo scambio di esperienze fra i vari attori coinvolti in programmi di questo tipo in tutta l’Unione europea, dando il proprio appoggio a conferenze su “School Fruit” e sviluppando strumenti telematici.

 

Interrogazione n. 58 dell’onorevole Aylward (H-0894/08)
 Oggetto: Efficienza energetica
 

Relativamente al pacchetto sul cambiamento climatico, è opinione diffusa che l'efficienza energetica sia uno dei mezzi più utili e realistici per ridurre le emissioni nell'edilizia abitativa, negli uffici pubblici, nelle aziende private, ecc.

Prevede la Commissione che l'obiettivo dell'efficienza energetica, al momento non vincolante, possa invece diventarlo in futuro?

 
  
 

(EN) Al Consiglio europeo del marzo 2007, i capi di Stato e di governo europei si sono impegnati a raggiungere tre obiettivi ambiziosi: 1) ridurre del 20 per cento le emissioni di gas a effetto serra rispetto al 1990; 2) incrementare del 20 per cento la percentuale di fonti di energie rinnovabili sul consumo totale dell’Unione europea e 3) ridurre del 20 per cento i consumi di energia previsti.

Affinché l’Unione europea riesca a raggiungere tali obiettivi, l’efficienza energetica rappresenta un aspetto fondamentale in cui si possono fare notevoli progressi. L’efficienza energetica è il metodo più conveniente per ridurre il consumo di energia, mantenendo inalterato il livello di attività economica. Il miglioramento dell’efficienza energetica risponde inoltre alle questioni centrali legate ai cambiamenti climatici, ossia sicurezza energetica e competitività.

L’obiettivo di risparmiare il 20 per cento di energia non è vincolante poiché non è stato fissato da alcuna normativa. Tuttavia, un progresso verso gli obiettivi di riduzione delle emissioni e di fonti di energie rinnovabili certamente stimolerà gli investimenti destinati a misure per una migliore efficienza energetica nei settori della trasformazione, della fornitura e dell’industria energetica, contribuendo così a raggiungere l’obiettivo del 20 per cento di risparmio energetico.

La Commissione non prevede di rendere vincolante l’obiettivo di risparmio, poiché in questo modo accorda maggiore flessibilità agli Stati membri per migliorare la propria efficienza energetica nei principali settori di consumo energetico, secondo le proprie strategie. Tuttavia, la Commissione è convinta che, unendo gli sforzi a livello di politica e di attuazione, si possa incoraggiare ulteriormente l’efficienza energetica, raggiungendo così un maggiore risparmio. Nel 2006, la Commissione ha adottato il piano d’azione europeo per l’efficienza energetica con l’obiettivo di mobilitare i decisori e gli attori del mercato affinché i sistemi energetici relativi all’edilizia, elettrodomestici e mezzi di trasporto siano più efficaci sotto il profilo energetico. E’ in corso l’attuazione del piano d’azione e dovrebbe essere completata nel 2012. Un ampio pacchetto di decisioni e proposte sull’efficienza energetica è stato recentemente approvato dalla Commissione, il 13 novembre, per intensificare gli sforzi necessari per raggiungere l’obiettivo del 20 per cento nel 2020. Nel 2009 la Commissione valuterà il piano d’azione europeo sull’efficienza energetica.

 

Interrogazione n. 59 dell’onorevole Crowley (H-0900/08)
 Oggetto: I giovani e l’Unione europea
 

Può dire la Commissione quali sono i suoi attuali piani per permettere ai più giovani di comprendere e sperimentare il funzionamento dell’Unione europea?

 
  
 

(EN) La Commissione considera il coinvolgimento dei giovani nelle questioni comunitarie un elemento essenziale per lo sviluppo duraturo della cittadinanza europea. Tale visione si rispecchia in numerosi programmi e attività portati avanti a livello nazionale, regionale o locale da diversi servizi della Commissione, in stretta collaborazione con le autorità nazionali.

A livello centrale, il principale programma europeo per i giovani, “Gioventù in azione” (“Youth in Action”), mira a ispirare un senso di cittadinanza attiva, solidarietà e tolleranza fra i giovani europei, nonché a coinvolgerli nella realizzazione del futuro dell’Unione.

Dal 2003, la Settimana europea dei giovani costituisce una piattaforma e offre ai giovani l’opportunità di partecipare ai processi decisionali e prevede l’organizzazione di eventi culturali e dibattiti politici in tutta Europa. Inoltre, per accrescere l’esperienza e il coinvolgimento dei giovani nelle questioni europee, le istituzioni europee tengono incontri con i rappresentanti delle organizzazioni giovanili; tale forum fornisce alla Commissione l’opportunità di consultare i giovani su questioni per loro particolarmente rilevanti, nonché di coinvolgerli nelle questioni europee aumentandone la conoscenza delle istituzioni e delle politiche europee.

Tale coinvolgimento è integrato dal Portale europeo per i giovani, che non solo offre informazioni ai giovani europei, ma consente loro di far sentire le proprie opinioni e di ricevere una risposta alle proprie domande. Il portale fornisce informazioni su otto temi principali, in 31 paesi ed è disponibile in 25 lingue.

A cadenza semestrale, la Commissione organizza tirocini interni per oltre 600 giovani, occasioni che offrono ai giovani laureati la possibilità di fare in prima persona un’esperienza unica e di conoscere da vicino il funzionamento delle istituzioni europee. Il tirocinio crea una rete informale di moltiplicatori e “ambasciatori” dei valori e degli ideali dell’UE.

Vi sono poi numerose iniziative decentralizzate dirette alle scuole, tra cui il progetto “Back to school/Ritorno a scuola” e “Primavera dell’Europa”. All’interno del primo progetto, il personale dell’Unione europea è inviato in qualità di ambasciatore all’istituto scolastico di appartenenza per discutere questioni europee con gli alunni.

“Primavera dell’Europa” è un’iniziativa annuale creata per stimolare l’interesse per i principi, i successi e il futuro dell’Unione europea; costituisce un’opportunità unica per gli alunni di incontrare e scambiare idee con esperti e leader politici dell’Unione, conoscere meglio l’integrazione europea e migliorarne la comprensione attraverso giochi, discussioni e chiacchierate.

Infine, i giovani sono una priorità nella campagna della Commissione volta a promuovere la partecipazione alle elezioni del Parlamento europeo del prossimo anno. Tale campagna mira ad aumentare la comprensione del ruolo dell’Unione e contribuisce a creare fra i giovani un’identificazione emotiva con l’Unione europea. La Commissione ha in progetto di avviare una campagna multimediale paneuropea per i giovani, coinvolgendo popolari canali televisivi, piattaforme di social network e spot elettorali fatti su misura per i giovani.

 

Interrogazione n. 60 dell’onorevole Harkin (H-0902/08)
 Oggetto: Cooperative di credito
 

Alla luce della recente stretta creditizia e dell'esigenza di massicci interventi governativi per sostenere il sistema bancario, può la Commissione far sapere se concorda sul fatto che sarebbe opportuno sostenere le cooperative di credito che concedono microcrediti alle PMI e ai singoli cittadini in molti Stati membri dell'UE? Vede la Commissione una possibilità di espansione delle cooperative di credito nell'UE, vista la stabilità finanziaria di cui hanno dato prova negli ultimi tempi?

 
  
 

(EN) Le cooperative di credito sono soggette, in linea di principio, alla legislazione comunitaria in materia di istituti di credito, in particolare la direttiva sui requisiti patrimoniali (2006/48/CE). Talune cooperative di credito sono tuttavia esplicitamente esenti dall’ambito di applicazione della direttiva 2006/48/CE. Gli Stati membri possono regolamentare queste cooperative di credito come ritengono più opportuno, a condizione che rispettino gli obblighi generali sanciti dal trattato.

Gran parte delle cooperative di credito offrono servizi al risparmio e prestiti personali, piuttosto che finanziamenti per a fini professionali. In effetti, i loro statuti proibiscono la concessione di quest’ultimo tipo di prestiti, mentre il microcredito è destinato ad attività aziendali e riguarda principalmente soggetti a cui è negato l’accesso ai finanziamenti delle istituzioni finanziarie tradizionali.

I fornitori di microcredito, in generale, beneficeranno di eventuali progressi nei punti 1 e 2 dell’iniziativa della Commissione in questo ambito, varata nel novembre 2007. Se una cooperativa di credito ha i requisiti necessari per ricevere un sostegno da JASMINE (Joint Action to Support Micro-finance institutions in Europe), un’azione comune di Commissione e Banca europea per gli investimenti che mira a sostenere gli istituti non bancari di microfinanza in Europa, potrà ottenere assistenza tecnica per migliorare le procedure di gestione e le capacità tecniche, migliorando così la capacità di attirare ulteriori investimenti dal settore privato.

 

Interrogazione n. 61 dell’onorevole França (H-0905/08)
 Oggetto: Convenzione EUROPOL
 

Europol – Servizio europeo di polizia, ha come principali obiettivi la lotta contro il crimine organizzato, il terrorismo e tutte le forme di grave criminalità transfrontaliera. È quindi un servizio di polizia che riveste grande importanza per garantire la sicurezza dei 500 milioni di cittadini dello spazio dell'Unione. L'efficacia delle sue azioni dipende in misura sostanziale dalla cooperazione tra gli Stati membri nonché tra di essi e i paesi terzi. Si chiede pertanto: qual è il livello di coinvolgimento in Europol e di cooperazione reciproca degli Stati membri? Quale tipo di cooperazione esiste tra Europol e i paesi terzi?

Nella corso della Presidenza portoghese si era giunti ad un accordo sulla riforma della Convenzione Europol avviando il processo della sua sostituzione. A che punto è la sostituzione della Convenzione Europol?

 
  
 

(FR) Il Servizio europeo di polizia (Europol) è un attore fondamentale per la sicurezza interna dell’Unione e di recente ha conseguito successi nella propria attività operativa. Per esempio, la scorsa estate, Europol ha contribuito all’operazione BAGDAD, che ha visto la mobilitazione di 1 300 agenti di polizia in nove paesi e ha condotto all’arresto di 75 persone coinvolte nella rete del traffico di esseri umani.

Per quel che concerne la cooperazione tra Europol e gli Stati membri, la qualità del lavoro di Europol dipende in larga misura dalla volontà degli Stati membri di contribuire al sistema informativo o alla gestione dell’archivio di lavoro per fini di analisi (Analytical Work Files – AWF). E’ dunque responsabilità di ogni Stato membro garantire che le proprie forze dell’ordine collaborino adeguatamente con Europol.

Riguardo alla cooperazione di Europol con paesi terzi o altre organizzazioni, Europol ha concluso circa 20 accordi operativi o strategici; solo quest’ultima modalità consente lo scambio dei dati personali. Al momento, Europol sta dialogando con altri paesi, ma lo scopo non è quello di concludere accordi con tutto il mondo. Anche l’accordo di cooperazione con Eurojust, firmato nel 2004, dovrebbe essere modificato entro la fine dell’anno per accrescere la qualità e l’intensità di tali rapporti.

L’interrogante può inoltre consultare la relazione annuale 2007, recentemente pubblicata sul sito Internet di Europol.

Infine, per quanto riguarda la sostituzione della Convenzione Europol con una decisione del Consiglio, il 18 aprile 2008 è stato raggiunto un accordo; l’approvazione formale di tale decisione dipende ora dall’eventuale ritiro della riserva espressa dal Parlamento. Il lavoro che consentirà a Europol di agire quale agenzia europea dal 1° gennaio 2010, invece, è già iniziato, affinché il cambio di status non intralci il lavoro dell’agenzia.

 

Interrogazione n. 62 dell’onorevole McGuinness (H-0911/08)
 Oggetto: Riconoscimento delle qualifiche professionali
 

La Commissione può aggiornarci sulla trasposizione della direttiva 2005/36/CE (1)sul riconoscimento delle qualifiche professionali? La Commissione è del parere che la direttiva dia protezione sufficiente ai cittadini UE che cercano occupazione in uno Stato membro diverso da quello in cui hanno ricevuto la propria qualifica?

 
  
 

(EN) Al 10 Novembre 2008, nonostante fossero state comunicate alla Commissione 595 misure di recepimento della direttiva 2005/36/CE1, soltanto otto Stati membri avevano completato la trasposizione del testo. Tre Stati membri non avevano ancora comunicato alcuna misura.

Il rispetto della scadenza (20 ottobre 2007) per la trasposizione si è rivelato difficoltoso per gli Stati membri, principalmente per le seguenti due ragioni:

- l’ampio ambito di applicazione della direttiva (che si occupa di tutte le professioni regolamentate) richiede l’adozione di numerosi atti. In alcuni Stati membri, la trasposizione è effettuata per ciascuna professione;

- la struttura amministrativa di taluni Stati membri: in alcuni paesi, la trasposizione deve essere effettuata sia a livello federale, sia regionale.

La Commissione si duole della presente situazione, poiché è fonte di incertezza giuridica per i professionisti che vogliono esercitare una professione regolamentata in uno Stato membro ospitante. La Commissione ha dunque deciso di portare gli Stati membri non ottemperanti dinanzi alla Corte di giustizia. I cittadini possono inoltre invocare la maggioranza delle disposizioni della direttiva direttamente dinanzi alle corti nazionali.

Considerata la trasposizione tardiva e i ritardi nell’applicazione, la Commissione non può valutare l’effettivo livello di protezione garantito dalla direttiva.

 
 

(1) GU L 255 del 30.9.2005, pag. 22.

 

Interrogazione n. 63 dell’onorevole Elisabetta Gardini (H-0914/08)
 Oggetto: Azione comunitaria in materia di Specie Aliene Invasive, con speciale riferimento alla pianta Ambrosia Artemisiifolia e ai suoi effetti sulla salute umana e animale
 

Desidero portare all'attenzione della Commissione una minaccia per la salute rappresentata dai pollini della Ambrosia Artemisiifolia, una pianta inserita tra le cento specie aliene invasive più pericolose in Europa. I pollini di questa pianta, infatti, determinano rilevanti affezioni allergiche e respiratorie, con sintomi spesso invalidanti che rappresentano un costo individuale e sociale di proporzioni non trascurabili. In alcune regioni le autorità ambientali e sanitarie registrano un'incidenza sulla popolazione anche del 15% e la portata del problema é crescente: una quindicina di Stati membri e altri Paesi candidati o in pre-adesione sono direttamente colpiti, a volte in maniera grave. Le difficoltà di contenimento e la velocità di diffusione dei pollini rendono ancora più urgente un intervento europeo per mitigare gli effetti.

Ciò premesso, la Commissione è a conoscenza dell’attuale situazione in termini ambientali e sanitari della diffusione dell’Ambrosia Artemisiifolia nei Paesi europei? La Commissione prevede di elaborare un coerente quadro normativo in materia di Specie Aliene Invasive? La Commissione vedrebbe favorevolmente la creazione di una struttura europea dedicata al controllo, alla prevenzione e alla lotta degli organismi che hanno effetti dannosi sulla salute umana?

 
  
 

(EN) La Commissione è a conoscenza della minaccia rappresentata dalle specie invasive, tra cui l’Ambrosia Artemisiifolia L., nota anche semplicemente come ambrosia.

Molte persone sono altamente allergiche ai pollini di questa pianta, che si è evoluta nell’America settentrionale, ma si è diffusa in Europa alla fine del XIX secolo. I mesi più problematici sono agosto e settembre, quando, nelle aree infestate i pollini aumentano fino a diventare i più diffusi nell’aria. L’ambrosia infesta le valli del Rodano e del Po, nonché alcune zone di Ungheria, Serbia e Croazia. E’ stata rinvenuta in Slovenia, Repubblica ceca, Austria, Germania e Belgio e, al di fuori dell’Unione europea, in Svizzera.

Poiché la pianta può diffondersi solo attraverso i semi, si può contenerne la proliferazione impedendo alle piante di produrre i semi, estirpandole con erbicidi oppure tagliandole o sradicandole prima che li producano.

L’asma e altri disturbi respiratori sono una delle cause più comuni di morbilità, con un notevole impatto sulla salute.

Per affrontare la questione, la Commissione adotta un approccio ampio e integrato, che prevede numerose misure e azioni per prevenire i disturbi respiratori concentrandosi su fattori determinanti per la salute. Ciò include normative e azioni sulla qualità dell’aria dell’ambiente e degli spazi chiusi, nonché l’esposizione ad allergeni aerodispersi.

Un progetto di ricerca europeo, finanziato dal sesto Programma quadro, ha prodotto un inventario europeo di tutte le specie aliene invasive. Si possono reperire informazioni dettagliate e i recapiti degli esperti sul sito http://www.europe-aliens.org/index.jsp.

L’UE sostiene anche un altro progetto sull’impatto degli allergeni aerodispersi: lo scopo è valutare gli effetti della diversità climatica e di esposizione agli allergeni aerodispersi, nonché attuare una rete di allarme rapido per gli allergeni esterni. Ciò consentirà di prevedere l’esposizione agli allergeni aerodispersi e fornirà a pazienti, medici e agenzie sanitarie migliori informazioni per proteggere, curare e prevenire disturbi allergici derivanti da allergeni aerodispersi.

Nell’ambito degli sforzi globali per proteggere la biodiversità, l’Unione europea è impegnata a operare una significativa riduzione dell’impatto delle specie invasive. Il 3 dicembre 2008, la Commissione ha approvato la comunicazione “Verso una strategia comunitaria per le specie invasive”(1), che illustra, opzioni,, misure e politiche di attuazione immediate volte a sviluppare una strategia comunitaria per le specie invasive. La comunicazione si occupa anche di temi trasversali come sensibilizzazione, ricerca e finanziamento.

La comunicazione dovrebbe favorire il dibattito con gli Stati membri, le istituzioni europee e le parti coinvolte. Sulla base delle reazioni, la Commissione svilupperà una proposta di strategia europea da pubblicarsi nel 2010, che dovrebbe ridurre notevolmente l’impatto di specie aliene invasive in Europa. La Commissione esaminerà inoltre la possibilità di creare un sistema di informazione e allarme rapido basato su un inventario regolarmente aggiornato.

La Comunicazione e gli allegati possono essere scaricati dal sito http://ec.europa.eu:8082/environment/nature/invasivealien/index_en.htm" \o "blocked::http://ec.europa.eu:8082/environment/nature/invasivealien/index_en.htm"

.

 
 

(1) COM(2008) 789

 

Interrogazione n. 64 dell’onorevole Pannella (H-0918/08)
 Oggetto: Comunicazione culturale multilingue
 

Le pagine del sito della Commissione dedicate alle politiche europee in ambito culturale sono disponibili solo in inglese, francese e tedesco.

Il sito EUROPEANA dedicato alla creazione di una biblioteca digitale della cultura europea è disponibile solo in lingua inglese.

Non ritiene la Commissione che, a maggior ragione nell'ambito delle politiche culturali, si debba adottare strategie di comunicazione che non si limitino alla sola lingua inglese, a volte accompagnata dal francese e dal tedesco, in violazione dello spirito multilingue dei Trattati?

Non ritiene la Commissione che le pagine dei siti sopraccitate debbano essere urgentemente tradotte in tutte le lingue ufficiali?

 
  
 

(EN) La Commissione è fortemente impegnata nella conservazione e promozione della diversità linguistica all’interno dell’Unione e sostiene numerose azioni specifiche a tal fine. Oltre all’obbligo di fornire proposte legislative e di politiche(1) in tutte le lingue ufficiali dell’Unione, la Commissione non lesina sforzi per trattare in modo equo cittadini, culture e lingue entro i limiti delle risorse disponibili.

L’utilizzo di numerose lingue europee sui siti internet delle istituzioni è molto importante per i cittadini europei. In linea con il “Piano d’azione per migliorare la comunicazione della Commissione europea sull’Europa”, nel 2005(2) la Commissione ha creato un servizio dedicato alla traduzione dei siti web all’interno della Direzione generale Traduzione. Rendere continuamente disponibili informazioni pertinenti a cittadini e attori europei e mantenere tali informazioni aggiornate resta comunque una sfida considerevole.

I cittadini dimostrano notevole interesse per i siti web della Commissione, anche nel campo della cultura, e la Commissione dà la priorità all’aggiornamento costante di tali siti con numerose notizie e informazioni. L’uso delle lingue segue il principio generale dell’adattamento della politica linguistica di ciascun sito al pubblico destinatario, nonché di fornire i contenuti dei livelli superiori di ciascun sito nel maggior numero di lingue possibile.

Per avvicinare il più possibile le proprie iniziative culturali ai cittadini, l’Unione ha creato dei Punti di Contatto Cultura per promuovere il programma Cultura nei paesi partecipanti. Un’attività degna di nota dei siti web Punti di Contatto è la riproduzione nella/e lingua/e nazionale/i delle notizie disponibili su “Europa” (che, a loro volta, rimandano a Europa).

Il portale “Europeana”, creato dalla Fondazione per la biblioteca digitale europea all’interno dell’iniziativa i2010 biblioteche digitali, utilizza 22 lingue comunitarie.

 
 

(1) Regolamento n. 1 che stabilisce il regime linguistico della Comunità Economica Europea, GU L 17 del 6.10.1958, articolo 1 e 2.
(2) SEC(2005)985, Allegato, Azione 36.

 

Interrogazione n. 65 dell’onorevole Vanhecke(H-0922/08)
 Oggetto: Relazioni UE-Giordania
 

Sono trapelate notizie secondo cui la Giordania intende perseguire un vignettista e dieci giornalisti danesi nonché il parlamentare olandese Geert Wilders per “blasfemia, vilipendio dell'Islam e dei sentimenti dei musulmani nonché oltraggio e vituperio al profeta Maometto”. La Giordania ha infatti chiesto a Interpol di arrestare gli interessati e tradurli dinanzi a un suo tribunale.

Il 1° maggio 2002 è entrato in vigore l'accordo di associazione tra l'UE e la Giordania firmato il 24 novembre 1997. L'articolo 2 di tale accordo stabilisce che il rispetto dei principi democratici e dei diritti umani fondamentali costituisce un “elemento essenziale” dell'accordo e che sono ammesse “misure appropriate” in caso di una sua violazione.

I fatti più sopra esposti rappresentano una violazione della clausola “elemento essenziale” di cui all'articolo 2? In caso affermativo, quali “misure appropriate” intende adottare la Commissione?

 
  
 

(EN) La Commissione ringrazia il deputato per l’interrogazione relativa alle proteste in Giordania contro il parlamentare olandese Geert Wilders, l’autore delle vignette danesi e i dieci giornalisti.

La delegazione della Commissione ad Amman e le ambasciate olandese e danese stanno seguendo attentamente gli sviluppi.

La Commissione sta utilizzando tutti i mezzi a propria disposizione per incoraggiare le autorità giordane a compiere ulteriori passi avanti nell’area del rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Ciò costituisce una delle priorità del Piano d’azione per la politica europea di vicinato. Temi come la libertà di parola sono oggetto di discussione da parte della sottocommissione per i diritti dell’uomo e la democrazia, che si riunisce a cadenza annuale allo scopo di instaurare un dialogo aperto e onesto. L’Unione europea sostiene anche dal punto di vista finanziario inoltre le autorità e le organizzazioni non governative giordane.

La Commissione continuerà a seguire gli sviluppi di questi casi. L’Accordo di associazione (articolo 101) consente di analizzare attentamente eventuali casi di mancata ottemperanza agli obblighi, al dine di trovare una soluzione accettabile per entrambe le parti.

 

Interrogazione n. 66 dell’onorevole Kinga Gál (H-0923/08)
 Oggetto: Attività antiungheresi in Slovacchia
 

In qualità di relatore del Parlamento sulla creazione dell'Agenzia dell'Unione Europea per i diritti fondamentali, l'interrogante chiede alla Commissione quali misure intende adottare per salvaguardare il dialogo interetnico e interculturale in Slovacchia, Stato membro dell'UE, in cui tale dialogo è minato quotidianamente e sistematicamente dagli attuali leader politici del paese. Può la Commissione far sapere per quanto tempo ancora attenderà, dato che, a seguito di provocazioni verbali, assistiamo a brutali, gratuite violenze su giovani di origine ungherese ad opera di agenti della polizia slovacca, mentre giovani slovacchi intonano contemporaneamente slogan antiungheresi e li incitano? Invece di avviare un'inchiesta, si proibirà l'utilizzo di simboli di delle minoranze, come l'ostentare bandiere e simboli ungheresi in occasione degli incontri del campionato slovacco?

Cosa intende fare la Commissione per proteggere la minoranza ungherese in Slovacchia, in un'Unione Europea in cui il Parlamento di uno Stato membro approva una risoluzione contro i propri deputati appartenenti alla minoranza ungherese, per aver osato prendere parte a un atto di riconciliazione pubblica organizzato dal Parlamento ungherese (Stato membro confinante), accusandoli di aver infranto il giuramento parlamentare?

 
  
 

(FR) La Commissione ha avuto occasione di rispondere alle preoccupazioni espresse sulla situazione della minoranza ungherese in Slovacchia nella comunicazione fornita alle interrogazioni scritte P-5730/08 dell’onorevole Bauer e dell’onorevole Tokes e P-5663/08 dell’onorevole Tokes. La Commissione invita l’interrogante a fare riferimento a tali risposte.

Gli Stati membri dell’Unione devono usare tutti gli strumenti giuridici in loro possesso per garantire i diritti delle minoranze secondo il proprio ordinamento costituzionale e gli obblighi derivanti dal diritto internazionale.

Le autorità di tutti gli Stati membri, partiti politici e organizzazioni dei diritti civili devono prendere nettamente le distanze e lottare attivamente contro fenomeni incompatibili con i valori su cui si fonda l’Unione europea, si tratti di razzismo, xenofobia, ideologie totalitarie o violenza.

La Commissione confida che le autorità ungheresi e slovacche agiranno conformemente ai valori comuni a tutti gli Stati membri dell’Unione europea.

 

Interrogazione n. 67 dell’onorevole El Khadraoui (H-0926/08)
 Oggetto: Misure della Commissione volte a tutelare i depositi dei risparmiatori della banca Kaupthing e di altri risparmiatori
 

All'inizio di ottobre era apparso chiaro che la banca islandese Kaupthing si trovava di fronte a gravi problemi finanziari. Il denaro dei clienti della banca è bloccato già da diverse settimane. Poiché la banca islandese esercita le sue attività in Belgio con una licenza lussemburghese, il governo belga si è concertato sia col governo islandese che con quello lussemburghese. Inoltre, l'organizzazione dei consumatori Test-Aankoop ha presentato al Primo ministro e al ministro delle Finanze del Lussemburgo una petizione corredata di oltre 5.000 firme. Il governo belga finora non è riuscito ad ottenere vere garanzie per i risparmiatori belgi. Per contro, ai clienti finlandesi della banca Kaupthing è stato garantito il recupero dei loro risparmi. Le modalità di acquisizione della banca Kaupthing Belgio saranno note solo verso il 15 novembre.

La Commissione è al corrente di questa situazione? Come giudica il modo di procedere del governo belga? Secondo la Commissione, quali soluzioni possono essere offerte ai risparmiatori raggirati? È singolare che i risparmiatori finlandesi abbiano ottenuto garanzie più rapidamente dei risparmiatori belgi. Quali misure può proporre la Commissione per un'azione maggiormente coordinata a livello europeo, atta a impedire che situazioni analoghe possano riprodursi in futuro?

 
  
 

(EN) La Commissione ha ricevuto numerose comunicazioni sulla questione della banca islandese Kaupthing. La Commissione è a conoscenza delle difficoltà riscontrate dai risparmiatori e sta seguendo attentamente gli sforzi compiuti in merito delle autorità islandesi, belghe e lussemburghesi. La Commissione intrattiene inoltre contatti con l’Autorità di vigilanza EFTA, poiché l’Islanda non è membro dell’Unione europea, ma aderisce all’accordo SEE.

La Commissione è al corrente degli sviluppi sulla questione: pare, infatti, che vi siano potenziali acquirenti interessati a una parte di Kaupthing. Ciò potrebbe sbloccare la situazione per i risparmiatori che al momento non hanno accesso ai propri risparmi presso la filiale belga della controllata lussemburghese della banca Kaupthing. Il primo ministro belga ha inoltre annunciato l’accesso a un importo massimo di 20 000 euro dal 1° dicembre per i risparmiatori belgi che si sono visti bloccare i propri depositi, a condizione che la banca non venga acquisita da un potenziale acquirente.

La Commissione è inoltre al corrente che le autorità belghe e lussemburghesi porteranno avanti il dibattito al fine di trovare una soluzione alle attuali difficoltà dei circa 20 000 risparmiatori coinvolti.

La diversità di trattamento fra risparmiatori finlandesi e belgi è dovuta alle diverse leggi applicabili. Mentre la filiale finlandese è una controllata della banca Kaupthing islandese e sottostà alle leggi islandesi, la banca Kaupthing in Belgio è una filiale della controllata lussemburghese della banca islandese; tecnicamente, quindi, è un soggetto di diritto lussemburghese, poiché lo Stato membro di appartenenza è il Lussemburgo. Il Lussemburgo è dunque responsabile della supervisione della banca, della sua riorganizzazione/liquidazione, nonché della compensazione dei risparmiatori secondo la direttiva 94/19/CE sul sistema di garanzia dei depositi. Tale responsabilità si estende alla filiale belga.

Il 15 ottobre la Commissione ha avanzato proposte per migliorare la suddetta direttiva: i principali cambiamenti si riferiscono ai livelli di copertura e alla riduzione del ritardo nel pagamento degli utili.

Nella proposta del 1° ottobre 2008 sulle modifiche alla direttiva sui requisiti di capitale (2006/48/CE e 2006/49/CE), la Commissione ha inoltre introdotto il concetto di collegio di vigilanza. Il coordinamento attraverso i collegi consentirà una migliore vigilanza sui gruppi bancari transfrontalieri.

Tutto ciò, assieme a ulteriori proposte legislative della Commissione che potranno rendersi necessarie per adeguarsi agli sviluppi del mercato, dovrebbe consentire di prevenire simili situazioni in futuro.

 

Interrogazione n. 68 dell’onorevole Allister (H-0927/08)
 Oggetto: Direttiva sulle acque destinate alla molluschicoltura
 

Che impatto avrà la direttiva quadro sulle acque, 2000/60/CE(1), in relazione al mantenimento, o meno, delle norme ambientali contenute nella direttiva relativa ai requisiti di qualità delle acque destinate alla molluschicoltura,79/923/CEE(2)? Alcune delle misure protettive, compresa la norma microbiologica, applicabili alle acque destinate alla molluschicoltura non saranno più in vigore dopo il 2013?

 
  
 

(EN) L’approvazione della direttiva quadro sulle acque (DQA, 2000/60/CE(3)) nel 2000 mirava principalmente a semplificare la gamma di strumenti che regolavano la politica europea sulle acque istituendo un quadro coerente in grado di gestire tutti gli utilizzi, pressioni e impatti. Nel 2013, la direttiva sulle acque destinate alla molluschicoltura (2006/113/CE4(4)) e altri strumenti legali saranno abrogati quando il programma di misure previsto dal primo piano di gestione del bacino idrografico DQA sarà pienamente operativo. In base al considerando 51 e all’articolo 4, paragrafo 9 della DQA, l’applicazione della direttiva quadro assicurerà per lo meno lo stesso livello di protezione raggiunto dalla precedente legislazione.

La direttiva quadro afferma chiaramente che la tutela dei corpi idrici utilizzati nella molluschicoltura deve essere stabilita manifestamente dagli Stati membri nel primo piano di gestione del bacino idrografico della direttiva quadro (RBMP secondo l’acronimo inglese) da adottare nel dicembre 2009, in conformità con le disposizioni della direttiva sulle acque destinate alla molluschicoltura. Ciò significa che:

tutte le aree designate nella direttiva sulle acque destinate alla molluschicoltura devono essere incluse nel registro delle aree protette della DQA.

Il RBMP deve stabilire obiettivi specifici per tali corpi idrici che, oltre a quelli stabiliti dalla direttiva quadro (buono status ecologico e chimico), offrano almeno lo stesso livello di protezione della direttiva sulle acque destinate alla molluschicoltura. Ciò include, in particolare, il parametro microbiologico dei coliformi fecali. Il livello di protezione delle aree esistenti dovrebbe essere mantenuto anche nei successivi aggiornamenti del RBMP.

In tale contesto, è giusto ricordare che, secondo la direttiva quadro sulle acque, nel dicembre 2008 gli Stati membri devono sottoporre la bozza di RBMP alla consultazione pubblica. Il settore della molluschicoltura e altre parti interessate dovrebbero utilizzare tale consultazione per verificare che tutte le acque destinate alla loro attività siano registrate come aree protette e che gli obiettivi di qualità delle acque della direttiva sulle acque destinate alla molluschicoltura siano adeguatamente inclusi nel RBMP.

Nel contesto della strategia sull’acquicoltura attualmente in corso di elaborazione, i servizi della Commissione stanno considerando numerose opzioni per garantire che le nuove aree destinate alla molluschicoltura istituite dopo il 2013 ricevano almeno lo stesso livello di protezione delle aree già esistenti.

 
 

(1) 1  GU L 327 del 22.12.2000, pag. 1.
(2) 2  GU L 281 del 10.11.1979, pag. 47.
(3)GU L 327, 22.12.2000
(4)4 GU L 376, 27.12.2006

 

Interrogazione n. 69 dell’onorevole Paleckis (H-0928/08)
 Oggetto: Compensazioni per gli Stati membri dell’UE che perdono i propri insegnanti
 

L'emigrazione dei giovani laureati all'inizio della carriera nonché di esperti scientifici e di insegnanti costituisce uno dei problemi più gravi per i paesi che hanno aderito all'Unione europea nel XXI secolo. Un gran numero di studenti ha beneficiato della gratuità dell'insegnamento superiore, il cui costo è sostenuto dal contribuente e può essere calcolato in decine di migliaia di euro. Dopo aver studiato nel proprio paese essi trovano un'occupazione molto meglio remunerata nei vecchi Stati membri dell'UE e lì vi si trasferiscono per lavoro. Nell'intento di ridurre l'impatto negativo della fuga dei cervelli, taluni Stati membri dell'UE obbligano gli studenti a lavorare nel paese nel quale hanno studiato per un periodo pari a quello della loro formazione. In caso di mancato rispetto del contratto, la persona deve compensare i costi correlati ai propri studi.

Come considera la Commissione tale misura, applicata in taluni Stati membri dell'UE, che consiste nel trattenere i giovani laureati, in particolare gli esperti scientifici e gli insegnanti? Quali altre misure compensative propone la Commissione di adottare a favore degli Stati membri che perdono i propri lavoratori qualificati e a sostegno dei loro sistemi educativi?

 
  
 

(EN) Gli Stati membri sono liberi di organizzare i propri sistemi di istruzione e mercati del lavoro come ritengono più opportuno, nel rispetto del diritto comunitario. L’obbligo per un giovane laureato di lavorare vari anni nello Stato membro in cui ha compiuto la propria formazione e l’obbligo di coprire le spese sostenute a tal fine, qualora tale obbligo non venga rispettato potrebbe costituire una violazione delle norme comunitarie sulla libera circolazione dei lavoratori.

La Corte ha stabilito che le norme comunitarie sulla libertà di circolazione delle persone sono volte a facilitare la ricerca, da parte dei cittadini europei, di attività lavorative di qualunque genere in tutta l’Unione europea e ad evitare misure che possano in qualche modo creare svantaggio per i cittadini europei che desiderino svolgere un’attività economica nel territorio di un altro Stato membro. Disposizioni che impediscono o disincentivano un cittadino di uno Stato membro a lasciare il proprio paese per esercitare il proprio diritto alla libera circolazione costituiscono quindi un ostacolo a tale libertà, anche qualora si applichino indipendentemente dalla nazionalità del lavoratore(1). Alla luce della giurisprudenza, la Commissione ritiene che tali obblighi possano costituire un ostacolo alle libertà fondamentali garantite dal trattato, in particolare la libertà di circolazione dei lavoratori, poiché essi possono trattenere i giovani laureati per vari anni o impedire loro di lavorare in un altro Stato membro.

Conformemente alla giurisprudenza della Corte, le disposizioni nazionali che possono ostacolare o disincentivare l’esercizio delle libertà fondamentali sancite dal trattato devono rispettare quattro condizioni: devono essere applicate in modo non discriminante ( nessuna differenza sulla base della nazionalità); devono essere giustificate da esigenze imperative nell’interesse generale; devono essere adeguate al raggiungimento dell’obiettivo che si propongono e non devono superare il limite necessario al raggiungimento di tale obiettivo(2). Una decisione sull’accettabilità o meno di tali misure dovrebbe essere presa considerandone i dettagli, che non sono noti alla Commissione.

In generale, la carenza di lavoratori qualificati negli Stati membri costituisce una sfida complessa ed è spesso causata da altri fattori oltre all’emigrazione, quali una maggiore richiesta di occupazione interna dovuta alla crescita economica. Il modo in cui tale sfida viene affrontata dipende in gran parte dalla situazione specifica del paese. Di norma richiede un’adeguata combinazione di politiche, costituite da misure per accrescere la partecipazione generale al mercato del lavoro, ulteriori miglioramenti nel campo dell’istruzione e della formazione professionale, condizioni lavorative e retribuzioni adeguati per i dipendenti pubblici, incentivi alla migrazione di ritorno e facilitazione sia della mobilità lavorativa interna, sia dell’immigrazione da paesi esterni all’Unione europea.

In ogni caso, le politiche per trattenere i giovani laureati dovrebbero essere studiate attentamente per evitare conseguenze non volute. Ad esempio, in molti settori della ricerca, per i giovani scienziati è essenziale trascorrere un periodo all’estero per acquisire esperienza, conoscenze e una riconoscimento internazionale nel proprio ambito di attività, prima di fare ritorno al paese di provenienza.

In riferimento alla politica europea sulla ricerca, spesso si parla della cosiddetta “fuga dei cervelli” in opposizione all’ “attrazione di cervelli”. La Commissione considera, in generale, la mobilità internazionale come un elemento positivo e – alla luce della crescente globalizzazione del mondo della ricerca – indispensabile ai fini dell’acquisizione di nuove conoscenze e capacità. Inoltre, i ricercatori sono tradizionalmente le figure più “mobili”, poiché tendono a ricercare le condizioni migliori in termini di infrastrutture, finanziamenti e altre condizioni lavorative. Va sottolineato che una comunità di ricercatori in un altro paese non rappresenta una perdita netta di potenziale intellettuale; al contrario, molti membri della cosiddetta “diaspora scientifica” possono portare vantaggi al proprio paese di origine poiché spesso comunicano e stabiliscono contatti con i ricercatori presenti in tale paese.

All’interno della strategia europea integrata per la formazione, la mobilità e lo sviluppo professionale dei ricercatori, la Commissione pone l’accento sull’incremento della “circolazione dei cervelli”, sia all’interno dell’Unione, sia nel resto del mondo, piuttosto che sui concetti riduttivi di “fuga di cervelli” e “attrazione di cervelli”. Nel contesto dell’area di ricerca europea, la “circolazione dei cervelli” è strettamente legata alla politica della Commissione volta ad accrescere l’attrattività della ricerca europea in termini di qualità dei team di ricerca, di infrastrutture, stipendi e prospettive di carriera.

 
 

(1) Causa C-18/95 Terhoeve [1999] Racc. I-345, paragrafo 37.
(2) Causa C-55/94 Gebhard [1995] Racc. I-4165, paragrafo 37.

 

Interrogazione n. 70 dell’onorevole Badia i Cutchet (H-0930/08)
 Oggetto: Insieme per comunicare l’Europa
 

Il Consiglio ha approvato lo scorso 13 ottobre la dichiarazione politica Insieme per comunicare l'Europa che dovrà essere approvata anche dal Parlamento e dalla Commissione. Il documento costituisce una continuazione del Libro bianco sulla politica europea di comunicazione, presentato nel febbraio 2006.

Guardando alle prossime elezioni del Parlamento europeo del giugno 2009, è stata prevista una cooperazione rafforzata tra istituzioni comunitarie e Stati membri nel settore della comunicazione, allo scopo di discutere e scambiare le migliori prassi e sviluppare sinergie per trasmettere le nostre priorità alla cittadinanza.

Nella dichiarazione Insieme per comunicare l'Europa, si afferma che nell'attuare azioni di informazione e di comunicazione, si promuoveranno il plurilinguismo e la diversità culturale.

La Commissione può estendere le informazioni sulla portata della comunicazione istituzionale comunitaria per le prossime elezioni al Parlamento europeo?

La Commissione può chiarire in che cosa si concretizzerà la promozione del plurilinguismo nell'attuare azioni di informazione e di comunicazione?

 
  
 

(EN) Il 22 ottobre 2008 la Commissione, il Parlamento e il Consiglio hanno firmato la dichiarazione politica “Insieme per comunicare l’Europa”. E’ la prima volta che le tre istituzioni europee concordano un approccio comune alla comunicazione. Esse hanno riconosciuto che comunicare l’Unione europea richiede un impegno politico da parte delle istituzioni UE e degli Stati membri, e che la comunicazione risulta più efficace ed efficiente se gestita in modo coordinato su questioni prioritarie.

Al centro della dichiarazione politica vi è l’accordo sulle priorità comuni della comunicazione. Il Gruppo interistituzionale sull’Informazione (GII), co-presieduto da rappresentanti di ciascuna istituzione, ha concordato sul fatto che le elezioni per il Parlamento europeo costituiscano una delle quattro priorità per il 2009.

Il Parlamento e la Commissione sono impegnati in una campagna non politica di sensibilizzazione. La Commissione mira a una stretta collaborazione volta a sostenere e integrare gli sforzi del Parlamento, dimostrando i risultati ottenuti dall’Unione europea in ambiti di interesse fondamentali per i cittadini.

La Commissione ha un ruolo attivo nella promozione del multilinguismo e della diversità culturale nella politica di comunicazione, in generale, e nella campagna elettorale per le elezioni del Parlamento europeo, in particolare. Il quadro fornito da “Insieme per comunicare l’Europa” contribuirà allo sviluppo di sinergie con le autorità nazionali, regionali e locali e con rappresentanti della società civile, adattando quindi la campagna a un contesto multilinguistico e culturalmente diverso.

Le rappresentanze della Commissione e gli uffici di informazione del Parlamento europeo collaboreranno con le autorità nazionali per creare attività congiunte adattate alle condizioni nazionali. Si può garantire un’attuazione fruttuosa delle priorità di comunicazione comuni, inclusa la campagna per le elezioni del Parlamento europeo, sulla base di accordi amministrativi appropriati tra i servizi a livello comunitario e nazionale.

Le attività e i materiali per la campagna di comunicazione saranno predisposti in tutte le lingue ufficiale dell’UE. Tra le varie misure, nelle rappresentanze della Commissione negli Stati membri sono stati inclusi traduttori per rispondere alle necessità locali e aiutare a comunicare l’Europa nella lingua dei suoi cittadini.

 

Interrogazione n. 71 dell’onorevole Chmielewski (H-0932/08)
 Oggetto: Iniziativa della Commissione europea concernente la creazione di un quadro giuridico comunitario per l'Infrastruttura di ricerca europea (ERI)
 

L'iniziativa della Commissione europea concernente la creazione di un quadro giuridico comunitario per l'Infrastruttura di ricerca europea (ERI) (COM(2008)0467) permette una partecipazione più efficace ai progetti multilaterali e internazionali di ricerca.

È lecito che la Commissione si concentri in particolar modo sulla necessità di garantire lo sviluppo delle potenzialità di ricerca dell'Unione europea nella sua interezza. È quindi fondamentale garantire che l'ERI sia equamente presente su tutto il territorio dell'Unione e che la localizzazione delle attività dell'ERI negli Stati membri con potenzialità di ricerca relativamente minori riceva sostegno.

Quali azioni ha attuato, o intende attuare, la Commissione per far sì che lo strumento proposto faciliti la riduzione delle disparità nell'ambito delle tecnologie moderne, delle potenzialità e delle infrastrutture del settore, anche a favore di quelle regioni dell'Unione dotate di un'infrastruttura di ricerca meno sviluppata?

 
  
 

(EN) La Commissione ringrazia l’onorevole per l’interrogazione sulla bozza di regolamento relativa a un quadro giuridico per l’Infrastruttura di ricerca europea e sulle azioni della Commissione per coadiuvare le regioni meno sviluppate d’Europa a eliminare il divario scientifico e tecnologico.

Innanzi tutto, va sottolineato che il regolamento ERI è volto a facilitare la creazione congiunta e il funzionamento di vaste strutture di ricerca di interesse europeo da parte di consorzi guidati da numerosi Stati membri e Stati associati al programma quadro comunitario su ricerca e sviluppo.

E’ rivolto a infrastrutture all’avanguardia nell’eccellenza scientifica che necessitano di investimenti notevoli che superano le possibilità finanziarie e scientifiche dei singoli Stati. La pianificazione e il coordinamento di tali progetti tra vari partner europei consente di raggiungere una massa critica, specializzazione e apprendimento reciproco a livello europeo. Molti di questi progetti sono stati indicati dall’ESFRI (forum strategico europeo sulle infrastrutture di ricerca) nella tabella di marcia per il 2006, aggiornata quest’anno. Sono incluse infrastrutture in numerosi settori scientifici, ad esempio osservatori per le scienze ambientali, banche dati per la genomica o super computer all’avanguardia.

Le infrastrutture di ricerca dovrebbero contribuire alla tutela dell’eccellenza scientifica della ricerca europea e della competitività dell’economia, basandosi su previsioni dal medio al lungo termine, attraverso il sostegno efficace delle attività di ricerca europee. Per raggiungere tale obiettivo dovrebbero ambire a migliorare le capacità scientifiche europee superando lo stato dell’arte e contribuendo allo sviluppo dell’area di ricerca europea.

Il quadro legale ERI è stato proposto dalla Commissione in risposta alla richiesta degli Stati membri di una forma giuridica su misura per facilitare e accelerare la costruzione di nuove infrastrutture di ricerca includendo numerosi Stati membri, poiché gli strumenti disponibili si erano dimostrati inadeguati. Le infrastrutture di ricerca europea miglioreranno i già eccellenti servizi di ricerca e l’accesso per l’intera comunità di ricerca europea, per i ricercatori provenienti da Stati con più o meno infrastrutture.

Riguardo alla distribuzione geografica delle ERI, va sottolineato che, nonostante la Commissione registrerà le proposte adeguate per l’utilizzo della forma giuridica ERI, la progettazione e il finanziamento delle infrastrutture di ricerca costituiscono chiaramente una questione di competenza delle autorità nazionali. Saranno esse a presentare proposte e la Commissione registrerà quelle più adeguate, indipendentemente dalla loro ubicazione geografica. Le autorità nazionali decideranno congiuntamente gli aspetti specifici, quali adesione, contributi e ubicazione della sede.

Ciononostante, la Commissione incoraggerà le nuove entità che porteranno un valore aggiunto all’Area di Ricerca europea e includerà, quanto più possibile, le strutture dei partner regionali. Molte grandi infrastrutture per la ricerca (ad esempio, 28 sulle 44 incluse nella tabella di marcia ESFRI) sono infrastrutture di ricerca diffuse che avranno sede in numerosi Stati, o perché dovranno essere diffuse fisicamente (ad esempio, per il controllo ambientale o geologico) o per la diffusione dei centri di eccellenza scientifica. Tali centri diffusi, già incentivati dalle “Attività integrate” sostenute dal sesto e settimo Programma Quadro per la ricerca e lo sviluppo tecnologico (PQ6 e PQ7), aprirà la strada a uno sviluppo equilibrato dell’Area di Ricerca Europea.

Inoltre, la Commissione incoraggerà il più possibile un accesso libero alle infrastrutture di ricerca da parte di scienziati e tecnici provenienti da un’ampia area geografica. Cercherà, in particolare, di promuovere l’accesso sulla base di eccellenza scientifica o della necessità, piuttosto che sulla sola capacità di pagamento.

I finanziamenti comunitari per le infrastrutture sono disponibili nell’ambito della politica di coesione, nel rispetto della legislazione comunitaria pertinente. La Commissione ha recentemente pubblicato una guida sull’uso e l’accorpamento dei finanziamenti provenienti da varie fonti comunitarie (finanziamento di ricerca, coesione e competitività)(1). Le regioni di convergenza possono fare un uso intelligente dei fondi strutturali e di coesione per aumentare i finanziamenti alle infrastrutture di ricerca europee e presentare candidature convincenti per ospitare tali strutture.

Infine, va sottolineato che la Commissione sostiene lo sviluppo scientifico e tecnologico del potenziale delle regioni attraverso le attività specifiche del PQ7, contenute nel programma “Capacità”.

In conclusione, il nuovo quadro giuridico ERI sarà aperto a proposte adeguate da parte dei partner in tutta l’Unione europea e in paesi associati al programma quadro di ricerca. La Commissione continuerà a incoraggiare i paesi relativamente deboli nella ricerca a investire e a recuperare terreno, ma spetterà alle amministrazioni nazionali di tali paesi il compito di partecipare presentando proposte adeguate.

 
 

(1) ftp://ftp.cordis.europa.eu/pub/fp7/docs/practical-guide-eufunding_en.pdf

 

Interrogazione n. 72 dell’onorevole Casaca (H-0933/08)
 Oggetto: Negoziati tra la Commissione europea e le autorità iraniane sul perseguimento dell'opposizione iraniana
 

La Commissione europea può fornire all'interrogante il verbale della riunione svoltasi tra la Commissione europea e le autorità iraniane il 6 ottobre 2008 sul modo più efficace per perseguire l'opposizione iraniana?

Può spiegare su quale base giuridica si fondano negoziati di questo tipo con le autorità iraniane?

Può rendere noti gli impegni che ha assunto dinanzi alle autorità iraniane di fare tutto il possibile per aggirare la decisione della Corte di giustizia che ha annullato la decisione del Consiglio di iscrivere l'Organizzazione dei mujaheddin del Popolo Iraniano (OMPI) nell'elenco delle organizzazioni terroriste?

 
  
 

(EN) L’incontro del 6 ottobre 2008 a cui fa riferimento la risposta precedentemente fornita dalla Commissione all’interrogazione dell’onorevole Casaca E-5142/08 non si è tenuto fra Commissione e autorità iraniane. Poiché la presidenza del Consiglio europeo spettava alla Francia, il ministro degli Esteri francese ha convocato l’ambasciatore iraniano a Parigi per sollevare una serie di questioni riguardanti i diritti umani.

La Commissione non ha mai assunto dinanzi alle autorità iraniane alcuno degli “impegni” suggeriti dall’interrogante.

 

Interrogazione n. 73 dell’onorevole Willmott (H-0935/08)
 Oggetto: Sostanze tossiche per la riproduzione
 

Desidero attirare l'attenzione della Commissione sull'approvazione della risoluzione del Parlamento europeo su “Un impegno comune per la salute” (P6_TA(2008)0477) in cui il Parlamento europeo a larga maggioranza dichiarava che la direttiva 2004/37/CE (1)sulla protezione dei lavoratori dai rischi derivanti dall'esposizione a sostanze cancerogene e mutageni durante il lavoro non protegge adeguatamente i lavoratori dell'Unione europea dall'esposizione alle sostanze tossiche per il ciclo produttivo e di conseguenza sollecitava la Commissione a includere le sostanze tossiche per la riproduzione nella sua prossima proposta di modifica della direttiva in questione.

Alla luce di quanto precede potrebbe la Commissione confermare che nell'interesse della salute dei lavoratori sta considerando pienamente tale richiesta, sostenuta da 554 deputati al Parlamento europeo?

 
  
 

(FR) La Commissione attribuisce particolare importanza alla protezione dei lavoratori dai rischi derivanti dall’esposizione a sostanze tossiche per la riproduzione. In tale ottica, sottolinea che la normativa comunitaria per la salute e la sicurezza sul lavoro, in particolare la direttiva 98/24/CE(2), include requisiti minimi di protezione del lavoratore.

Tali requisiti comprendono disposizioni riguardanti la valutazione, la prevenzione e la gestione dei rischi legati a tutte le sostanze chimiche pericolose presenti sul luogo di lavoro, tra cui le sostanze tossiche per la riproduzione. In particolare, i principi generali di protezione stabiliscono che i rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori siano eliminati o ridotti al minimo.

La Commissione sottolinea di aver avviato due fasi di consultazioni con le parti sociali sul tema della protezione dei lavoratori dai rischi derivanti dall’esposizione a sostanze cancerogene, agenti mutageni e sostanze tossiche per la riproduzione. Sulla base dei risultati di tali consultazioni, la Commissione sta esaminando la possibilità di modificare la legislazione comunitaria in tale ambito.

 
 

(1) GU L 158 del 30.4.2004, pag. 50.
(2) Direttiva 98/24/CE del Consiglio del 7 aprile 1998 sulla protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori contro i rischi derivanti da agenti chimici durante il lavoro (quattordicesima direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE),  GU L 131 del 5.5.1998

 

Interrogazione n. 74 dell’onorevole Protasiewicz (H-0937/08)
 Oggetto: I progressi nei negoziati con le autorità bielorusse nel contesto di un'eventuale violazione del codice penale contro l'attività politica e civile
 

Tenendo presente che il sig. Aleksandr Lukashenka ha dichiarato durante l’intervista al Wall Street Journal che è pronto a liberare tutti i prigionieri politici,

visto che il sig. Alyaksandr Barazenka è tenuto prigioniero in attesa del processo sulla dimostrazione di gennaio, nonostante sia comparso volontariamente davanti alla polizia municipale di Minsk il 27 ottobre per essere interrogato e che non gli si permette di rispondere alle accuse senza essere tenuto in prigione, il che costituirebbe prassi comune nei paesi democratici,

visti i casi simili, nonché le sentenze restrittive della libertà imposte agli altri attivisti dell’opposizione in Bielorussia,

è la Commissione al corrente della situazione? Ha già interpellato le autorità bielorusse per il rilascio immediato del sig. Barazenka e la revisione dei casi simili? In caso di risposta negativa, intende la Commissione porre la questione tra gli oggetti del negoziato che condurrà con i rappresentanti del governo bielorusso?

 
  
 

(EN) La Commissione è al corrente della situazione del sig. Barazenka e condivide la preoccupazione dell’interrogante. Prima del processo, che si è tenuto l’8 e il 9 dicembre, il sig. Barazenka era stato illecitamente trattenuto in carcere dalla fine di ottobre.

Alyaksandr Barazenka è stato condannato a un anno di libertà vigilata per aver partecipato a una manifestazione non autorizzata a gennaio. A quanto pare, ricorrerà in appello.

Nella dichiarazione del 21 novembre, il Commissario per le Relazioni esterne e la politica di vicinato, pur lodando i recenti progressi della Bielorussia, ha specificato chiaramente alle autorità bielorusse che l’Unione europea segue attentamente il caso del sig. Barazenka. Ha sottolineato, in particolare, che per l’UE è fondamentale che la Bielorussia continui ad essere un paese “senza prigionieri politici”. A tale riguardo, ha preso atto del caso del sig. Barazenka, dichiarando che l’Unione europea avrebbe seguito attentamente il processo.

La Commissione ha sollevato la questione del sig. Barazenka in diverse occasioni durante gli incontri con le autorità bielorusse.

Si tratta di una questione molto seria e la Commissione continuerà a seguirla attentamente e a sollevarla con le autorità bielorusse.

In tale contesto, il fatto che il 13 ottobre il Consiglio abbia deciso di sospendere parzialmente le sanzioni contro la Bielorussia per un periodo di sei mesi, alla fine del quale la situazione verrà nuovamente valutata, ci consente di inviare un messaggio chiaro su quali progressi democratici ci attendiamo dalla Bielorussia e che non possono esservi passi indietro sulla questione dei prigionieri politici.

 

Interrogazione n. 75 dell’onorevole Van Hecke (H-0938/08)
 Oggetto: Riduzione del debito di Haiti
 

La situazione in cui versa attualmente il poverissimo stato di Haiti è definita la più grave crisi ambientale del pianeta. Mentre il paese è colpito da violente tempeste, il 98% di tutte le foreste vengono abbattute per ricavarne combustibile, col risultato che una normale tempesta finisce per provocare gravi alluvioni. Secondo gli esperti occorreranno ancora molti anni prima che il paese possa produrre almeno la metà del cibo necessario a nutrire la sua popolazione, a condizione che siano investiti notevoli capitali ed energia nell'assetto idrografico, nei servizi essenziali e nella sicurezza alimentare.

Alla luce di quanto precede è assurdo che Haiti debba attendere cinque mesi per ottenere un congruo condono del debito da parte della Banca mondiale e del Fondo monetario internazionale. Nel frattempo è stata rinviata l'adesione di Haiti al gruppo dei paesi poveri fortemente indebitati (HIPC). Per la ricostruzione del paese è necessario che gli azionisti della Banca mondiale esaminino congiuntamente in che modo possano condonare quanto prima possibile il debito di Haiti. Qual è la posizione della Commissione europea rispetto al suddetto rinvio e quali azioni intende essa assumere al riguardo?

 
  
 

(FR) Haiti ha superato il punto di decisione ed è idonea al raggiungimento del punto di completamento dell’Iniziativa a favore dei paesi poveri fortemente indebitati (HIPC), gestita dalla Banca Mondiale e dal Fondo Monetario Internazionale (FMI). Va evidenziato che Haiti ha fatto progressi nettamente superiori alla media lungo questo percorso, e quando sarà il momento, il suo debito di 650 milioni di dollari potrà essere cancellato.

Secondo il programma provvisorio, la decisione sul raggiungimento del punto di completamento dell’iniziativa HIPC è stata posticipata a giugno 2009, in seguito all’annuncio del FMI e della Banca Mondiale che Haiti, al momento, non soddisfa ancora le condizioni per l’erogazione. Una condizione essenziale era la legge sull’assegnazione degli appalti, che avrebbe dovuto essere votata dal parlamento entro sei mesi dalla presentazione del documento sulla strategia nazionale per la crescita e la riduzione della povertà (NSGRP, novembre 2007). Attualmente, vi è un decreto sugli appalti pubblici che, tuttavia, non è ancora stato promulgato. L’applicazione prolungata dei criteri è volta a garantire che i risultati desiderati della riduzione del debito siano a lungo termine.

Le istituzioni internazionali e tutti i partner stanno collaborando per superare tale situazione: la Banca Interamericana di Sviluppo (BIS), per esempio, ha posticipato di un anno la restituzione del debito e ha congelato il pagamento del servizio del debito della Repubblica di Haiti.

La Commissione rimane favorevole alle iniziative per la riduzione del debito di Haiti, quale mezzo per dare impulso allo sviluppo economico e sociale del paese. La Commissione è sempre impegnata a sostenere gli sforzi delle autorità e della popolazione di Haiti, nonché ad attuare un ambizioso programma di sviluppo, che garantirà benefici duraturi per il progresso. A tale fine, nel quadro del decimo Fondo Europeo di Sviluppo (FES), la Commissione stanzierà 291 milioni di euro in fondi programmabili per Haiti a sostegno delle infrastrutture stradali, del processo di decentralizzazione, del settore della giustizia e del quadro macroeconomico generale. Indipendentemente da ciò, la Commissione offre gli aiuti necessari alle vittime delle recenti alluvioni, per migliorare la situazione umanitaria della popolazione.

 

Interrogazione n. 76 dell’onorevole Jackson (H-0941/08)
 Oggetto: Raccolta pubblica di batterie scariche
 

Il termine per la trasposizione della direttiva batterie (direttiva 2006/66/CE(1)del Parlamento europeo e del Consiglio del 6 settembre 2006 relativa a pile e accumulatori e ai rifiuti di pile e accumulatori) è scaduto il 26 settembre 2008. Secondo il parere della Commissione, uno Stato membro deve rilasciare una licenza per la gestione di rifiuti pericolosi per ogni singolo punto di raccolta istituito per battere domestiche in edifici pubblici, scuole, supermercati ecc.?

 
  
 

(EN) Ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva Batterie (direttiva 2006/66/CE(2)), “Gli Stati membri provvedono affinché siano predisposti adeguati sistemi di raccolta di rifiuti di pile e accumulatori portatili. Tali sistemi: a) consentono agli utilizzatori finali di disfarsi dei rifiuti di pile o accumulatori portatili in punti di raccolta loro accessibili nelle vicinanze, tenuto conto della densità della popolazione; [...]”.

Ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva Batterie, i punti di raccolta per i rifiuti di pile o accumulatori portatili non sono soggetti ai requisiti in materia di registrazione o di autorizzazione di cui alla direttiva 2006/12/CE relativa ai rifiuti(3) (direttiva quadro relativa ai rifiuti) o alla direttiva 91/689/CEE del Consiglio, del 12 dicembre 1991, relativa ai rifiuti pericolosi4(4). Uno Stato membro non necessita dunque di rilasciare una licenza (o un permesso) per la gestione di rifiuti pericolosi per ogni singolo punto di raccolta di pile a uso domestico istituito nelle vicinanze degli utilizzatori finali, inclusi edifici pubblici, scuole, supermercati, ecc.

Tali disposizioni sono in linea con la recente revisione della direttiva quadro relativa ai rifiuti, il cui articolo 20 afferma che l’articolo 17 (controllo dei rifiuti pericolosi), 18 (divieto di mescolare i rifiuti tossici), 19 (etichettatura dei rifiuti tossici) e 35 (disposizioni per il mantenimento dei registri) non sono applicabili ai rifiuti mescolati prodotti dalle abitazioni. Inoltre, gli articoli 19 e 35 non sono applicabili a frazioni separabili di rifiuti pericolosi prodotti da abitazioni finché non sono stati accettati per la raccolta, lo smaltimento o il recupero da uno stabilimento o un’impresa che abbia ottenuto un permesso o che sia stata registrata in conformità agli articoli 23 o 26.

 
 

(1) GU L 266 del 26.9.2006, pag. 1.
(2) GU L 266 del 26.9.2006, pag. 1.
(3) GU L 114 del 27.4.2006, pag. 9
(4)4 GU L 377, 31.12.1991, pag. 20. Direttiva modificata dal regolamento (CE) n. 166/2006.

 

Interrogazione n. 77 dell’onorevole Riis-Jørgensen (H-0942/08)
 Oggetto: Liberalizzazione del monopolio nazionale del gioco d'azzardo
 

Tra il 6 e l'8 novembre 2008 in Grecia (Atene e Salonicco), due intermediari di un prestatore privato di servizi di scommesse sportive, autorizzato e soggetto alla regolamentazione in vigore nell'UE, sono stati arrestati e incarcerati dalle autorità elleniche assieme a tre clienti per aver violato la legislazione greca sul monopolio delle scommesse sportive.

La Commissione europea ha già emesso un parere motivato su tale legislazione il 28 febbraio 2008, nel contesto più ampio della procedura d'infrazione avviata contro 10 Stati membri negli ultimi due anni e mezzo.

Visto il punto 73, paragrafo 4(1)della sentenza Placanica della Corte di giustizia delle Comunità europee (C-338/04), non ritiene la Commissione che tali arresti siano sproporzionati?

Per quale ragione la Commissione non adotta un approccio più rigoroso e non deferisce alla Corte di giustizia paesi per i quali è stato emesso un parere motivato quali la Grecia, la Danimarca, la Svezia, la Finlandia e i Paesi Bassi che, intraprendendo azioni simili a quelle descritte per la Grecia o non intervenendo affatto, hanno dimostrato di non voler osservare le disposizioni del trattato UE?

 
  
 

(EN) In risposta all’interrogazione orale dell’onorevole Riis-Jørgensen, la Commissione ricorda che sono state avviate procedure d’infrazione nei confronti di numerosi Stati membri riguardo alle restrizioni, sotto forma di sanzioni penali, alla libertà di fornire servizi di scommesse sportive da parte di operatori che avevano ottenuto una licenza in un altro Stato membro, ritenendo che tali restrizioni fossero incompatibili con l’articolo 49 del trattato CE.

La Commissione condivide l’opinione dell’interrogante sul fatto che l’arresto in Grecia di due intermediari di un prestatore privato di servizi di scommesse sportive, autorizzato in un altro Stato UE, possa essere sproporzionato e incompatibile con gli articoli 43 e 49 del trattato CE, qualora – come chiaramente dichiarato nella sentenza Placanica(2)– lo Stato membro in questione rifiuti di rilasciare licenze e autorizzazioni, in violazione al diritto comunitario. Secondo la sentenza Gambelli(3) della Corte di giustizia, una siffatta violazione del diritto comunitario, si configura quando uno Stato membro non persegue una politica volta alla riduzione delle opportunità di gioco d’azzardo in modo coerente e sistematico.

Tuttavia, ormai da tempo, la riluttanza degli Stati membri ad accettare la dimensione europea della questione sembra in destinata a cambiare. Ciò è dovuto all’apertura, da parte della Commissione, di procedure di infrazione contro dieci Stati membri, in relazione alle restrizioni che essi impongono sulla fornitura transfrontaliera di servizi di scommesse sportive. Ciò ha portato alcuni Stati membri a considerare l’adozione di nuove leggi e molti di loro stanno ora discutendo le proposte con la Commissione. Essa ha intenzione di esaminare nuovamente i casi di infrazione pendenti nel 2009.

 
 

(1) “Gli artt. 43 CE e 49 CE devono essere interpretati nel senso che ostano ad una normativa nazionale, quale quella di cui trattasi nelle cause principali, che impone una sanzione penale a soggetti quali gli imputati nelle cause principali per aver esercitato un’attività organizzata di raccolta di scommesse in assenza della concessione o dell’autorizzazione di polizia richieste dalla normativa nazionale allorché questi soggetti non hanno potuto ottenere le dette concessioni o autorizzazioni a causa del rifiuto di tale Stato membro, in violazione del diritto comunitario, di concederle loro”.
(2) CGCE, 6/03/07, Placanica, C-338/04
(3) CGCE, 6/11/03 Gambelli, C-243/01

 

Interrogazione n. 78 dell’onorevole Belet (H-0943/08)
 Oggetto: Caccia annuale al delfino pilota nelle isole Feroe
 

Nella risposta all'interrogazione P-3855/08, la Commissione afferma di essere alla ricerca di una soluzione nell'ambito dell'IWC per i delfini pilota che vengono abbattuti ogni anno dinanzi alle coste delle isole Feroe.

Concorda la Commissione che la maniera in cui questi delfini sono abbattuti nelle acque delle isole Feroe non collima affatto con la politica dell'UE in materia di benessere degli animali?

Può la Commissione far sapere come stanno le cose attualmente? Quali iniziative ha preso o intende prendere?

È disposta la Commissione a affrontare le questione nell'ambito di una concertazione bilaterale con le isole Feroe?

 
  
 

(EN) La Commissione è fortemente impegnata nella protezione di tutti i cetacei (balene, delfini e focene) e ricorda che all’interno dell’Unione, la cattura o l’uccisione dei cetacei è proibita dalla direttiva 92/43/CEE del Consiglio del 21 maggio 1992 relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche(1), che include obblighi derivanti dalla Convenzione per la conservazione della vita selvatica e dei suoi biotopi in Europa, nota anche come Convenzione di Berna. Gli Stati membri, inoltre, proibiscono la vendita o lo scambio di cetacei, ai sensi della stessa direttiva. Inoltre, l’introduzione di cetacei nella Comunità per fini principalmente commerciali è vietata dal regolamento 338/97/CE del Consiglio relativo alla protezione di specie della flora e della fauna selvatiche mediante il controllo del loro commercio(2), che applica le disposizioni della Convenzione sul commercio internazionale di specie di fauna e flora minacciate di estinzione (CITES) in Europa.

Tuttavia, la caccia al delfino pilota menzionata nell’interrogazione si svolge nelle isole Fær Øer, che non appartengono all’UE e, dunque, il diritto comunitario non è applicabile. Inoltre, seppure la Danimarca fa parte della Convenzione di Berna, nel suo strumento di ratifica ha dichiarato che la Convenzione non si applica in Groenlandia e nelle Isole Fær Øer. Di conseguenza, purtroppo la Commissione ha limitate possibilità di intervento diretto nella questione. La Commissione, ad ogni modo, esaminerà le opzioni migliori per sollevare una questione così sensibile dinanzi alle autorità competenti.

A livello internazionale, le balene sono protette dalla Commissione baleniera internazionale (IWC), un’organizzazione internazionale che si occupa della conservazione e della gestione delle balene. Purtroppo però, la caccia al delfino pilota non è regolata dall’IWC, poiché ad oggi non esiste alcun accordo sulla competenza dell’IWC rispetto ai piccoli cetacei. Nel contesto dell’attuale dibattito sul futuro dell’IWC, la Commissione si augura che l’UE, assieme ad altri membri dell’IWC, affronterà anche le questioni dei cetacei minori. La Commissione ha presentato una proposta al Consiglio(3), con l’obiettivo di raggiungere una posizione europea coordinata agli incontri dell’IWC, il 6 novembre 2008.

 
 

(1) GU L 206 del 22.7.1992
(2) GU L 61 del 3.3.1997
(3) Proposta di decisione del Consiglio che istituisce la posizione da adottare a nome della Comunità europea riguardo alle proposte di emendamento della Convenzione internazionale sulla regolamentazione della caccia alle balene e relativo annesso, COM(2008) 0711 def.

 

Interrogazione n. 79 dell’onorevole Vatanen (H-0944/08)
 Oggetto: IVA sulla vendita di alcolici: vendita a distanza e televendita
 

La normativa europea relativa agli alcolici (sesta direttiva del Consiglio 77/388/CEE(1), completata dalla direttiva 91/680/CEE(2)) opera una distinzione, in base al modo di consegna, fra i concetti di (i) vendita a distanza e di (ii) televendita. Il modo di consegna dei beni determina se il pagamento dell'IVA sulla transazione deve avvenire nel paese di origine o in quello di consegna.

Quando un consumatore acquista in un altro Stato membro bevande alcoliche che gli sono inviate o trasportate nel paese di destinazione, dal venditore o da terzi, si tratta di vendita a distanza. In tale caso l'IVA sulla vendita di alcolici è sempre applicata nel paese di destinazione, a prescindere dalla quantità della merce venduta. Quando si tratta di una transazione che implica la consegna al consumatore, si considera che essa avvenga nel paese di destinazione.

Nel caso della televendita è il consumatore stesso, anziché il venditore, a organizzare il trasporto delle merci dal paese di origine a quello di destinazione. In tale caso la vendita di alcolici è sempre soggetta all'IVA nel paese di origine. Il luogo di consegna degli alcolici è quello in cui ha inizio il trasporto delle merci.

Può un fornitore che offre servizi di televendita di alcolici su Internet pubblicare nel proprio sito annunci pubblicitari di servizi di trasporto di terzi, senza che la sua attività sia considerata come vendita a distanza? Tale questione è importante per determinare se l'IVA sulla vendita deve essere applicata nel paese di origine o in quello di destinazione.

 
  
 

(EN) Per quel che concerne il pagamento dell’IVA sulla vendita di alcolici a consumatori, ai sensi dell’articolo 33 della direttiva IVA (2006/112/CE6(3)), la cessione di beni soggetti ad accisa, spediti o trasportati dal fornitore o per suo conto, sarà soggetta a imposta nel luogo in cui i beni si trovano al momento d'arrivo della spedizione o del trasporto a destinazione dell'acquirente. Per quanto riguarda una cessione di beni trasportati dal consumatore o per suo conto, il luogo di tassazione corrisponde al luogo dove il bene si trova al momento iniziale della spedizione o del trasporto a destinazione dell'acquirente, come recita l’articolo 32 della direttiva IVA.

Quando un fornitore pubblicizza sul proprio sito Internet sia beni soggetti ad accise, sia la modalità di trasporto a destinazione, senza che l’acquirente debba essere presente nello Stato membro in cui si trova il fornitore, tale situazione può essere considerata una pratica abusiva per trasformare artificialmente, ai fini del pagamento dell’IVA, una fornitura di merci trasportate dal fornitore o per suo conto in una fornitura di merci trasportate dall’acquirente o per suo conto (CGCE, sentenza del 21 febbraio 2006, causa C-255/02 Halifax plc). In tale situazione, va tenuta in debita considerazione la realtà economica e la transazione può essere riqualificata e considerata, ai fini IVA, una fornitura di beni soggetta ad accise, trasportati dal fornitore o per suo conto, soggetta a tassazione nello Stato membro d’arrivo del trasporto a destinazione dell’acquirente. Ad ogni modo, tale situazione deve essere valutata sulla base del singolo caso.

 
 

(1) GU L 145 del 13.6.1977, pag. 1.
(2) GU L 376 del 31.12.1991, pag. 1.
(3)6 Direttiva 2006/112/CE del Consiglio del 28 novembre 2006 relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, GU L 347 del 11.12.2006.

 

Interrogazione n. 80 dell’onorevole Pafilis (H-0948/08)
 Oggetto: Disumane condizioni di detenzione nelle carceri
 

Negli ultimi tempi i detenuti nelle carceri greche hanno effettuato massicci scioperi della fame per protestare contro la situazione disumana che vi regna e che non cessa di aggravarsi a seguito delle scelte politiche operate dai governi di Nea Demockratia e del PASOK nell'ambito degli orientamenti imposti dall'UE.

In concreto, si denota una forte sovrappopolazione delle carceri, affollate soprattutto da detenuti in attesa di giudizio, come pure cittadini stranieri detenuti per il solo motivo di essere entrati illegalmente nel paese, un aumento dei casi di suicidio, di maltrattamenti e di violazione dei loro diritti fondamentali, un numero insufficiente di personale medico e paramedico specializzato, l'assenza di programmi di disintossicazione, la mancanza di un'attenzione particolare per i minori, il divieto di accesso alle carceri da parte di ricercatori, assistenti sociali, esponenti di partiti politici, ecc.

Qual è la posizione della Commissione di fronte a questa situazione intollerabile che regna nelle carceri greche e viola i diritti fondamentali dei detenuti?

 
  
 

(EN) La Commissione non effettua controlli sulle condizioni dei detenuti negli Stati membri. L’autorità europea responsabile di questo tipo di controlli è il Comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti (comitato CPT), appartenente al Consiglio d’Europa. Tuttavia, la Commissione segue attentamente le relazioni del comitato CPT, tenendo presente il secondo paragrafo dell’articolo 6 del trattato dell’Unione europea, secondo il quale l’UE è tenuta al rispetto dei diritti fondamentali garantiti dalla Convenzione europea di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU) e risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, quale principio generale di diritto comunitario. In tale contesto, va ricordato che, secondo la giurisprudenza della Corte europea per i diritti dell’uomo, condizioni di detenzione inaccettabili possono costituire una violazione dell’articolo 3 (divieto della tortura) della CEDU, anche in mancanza di prove di un’intenzione positiva di umiliare o degradare un detenuto. Ne segue che la Grecia deve trattare i detenuti con dignità e in ottemperanza agli standard internazionali vigenti.

 

Interrogazione n. 82 dell’onorevole Schmidt (H-0951/08)
 Oggetto: Nazionalizzazione delle case automobilistiche
 

Durante la crisi economica degli anni Settanta, numerose imprese industriali furono nazionalizzate. Molte di quelle che non furono nazionalizzate ricevettero ingenti somme sotto forma di prestiti o di sussidi. In Svezia, paese d’origine dell’interrogante, fu principalmente l’industria della costruzione navale, oggi del tutto delocalizzata, a beneficiare dei sussidi. In altri paesi ebbe problemi di redditività il settore automobilistico. Marche nazionali di prestigio quali Chrysler, Rolls Royce e Renault furono salvate dai contribuenti dei loro rispettivi paesi.

Sembra che la crisi finanziaria stia ora procedendo inesorabilmente verso una recessione globale e l’industria automobilistica, ad elevato consumo di carburante, è ancora una volta sull’orlo del fallimento. Per la Svezia ciò è particolarmente grave dal momento che una parte significativa della produzione sia della Volvo che della SAAB avviene in tale paese. In quest’ultima settimana i media (tra cui il Financial Times dell’1.12.2008) hanno riportato la notizia secondo cui i proprietari americani delle due case colpite dalla crisi stanno discutendo con il governo svedese di un loro rilevamento da parte dello Stato. È noto che trattative simili sono in corso tra case automobilistiche e governi in numerosi altri paesi.

Ciò premesso, ritiene la Commissione che vi sia qualche pericolo nella nazionalizzazione delle imprese industriali?

 
  
 

(EN) L’articolo 295 del trattato CE afferma che “il regime di proprietà esistente negli Stati membri” è lasciato del tutto impregiudicato dal trattato. Ciò significa che il trattato non favorisce la proprietà pubblica o privata di un’impresa. L’applicazione di tale principio presuppone che gli enti pubblici azionisti o responsabili dell’attività di un’azienda agiscano in modo simile agli attori privati. Come confermato dalla Corte di giustizia europea (causa C-174/04, Commissione contro Repubblica italiana, paragrafo 32): “le disposizioni del trattato relative alla libera circolazione dei capitali non operano alcuna distinzione tra le imprese private e le imprese pubbliche ”.

Di fatto, in particolare nell’applicazione delle norme in materia di aiuti di stato, la Commissione distingue fra i casi in cui enti pubblici agiscono come attori privati e quelli in cui la proprietà di un ente pubblico o l’intervento pubblico nella proprietà o nella gestione di un’azienda sono giustificati dall’opinione pubblica o da altre considerazioni da parte dello Stato. Tale distinzione si attua attraverso l’applicazione del cosiddetto “principio dell'investitore in economia di mercato, secondo il quale il comportamento di un azionista pubblico o di un operatore pubblico viene posto a confronto con ciò che un operatore privato, basandosi unicamente su considerazioni di mercato, avrebbe fatto nella stessa situazione: ciò implica un esame delle motivazioni, delle condizioni e dei profitti dell’investimento pubblico. Se l’intervento pubblico non supera la prova dell’investitore in economia di mercato, la Commissione ritiene che esso presenti elementi dell’aiuto di stato, la cui compatibilità con il mercato comune deve essere valutata.

Secondo il diritto comunitario e nel rispetto del principio dell’investitore in economia di mercato, la nazionalizzazione o i parziali investimenti pubblici in aziende (indipendentemente dal settore) non sono pertanto proibiti di per sé. Ad ogni modo, nei casi in cui gli interventi statali non superino la prova dell’investitore in economia di mercato, tali misure devono essere esaminate dalla Commissione per valutare la loro compatibilità con le norme in materia di aiuti di Stato.

Nel corso dell’attuale crisi economica e finanziaria, risulta difficile conciliare gli interventi pubblici a sostegno di aziende in fallimento o ditte in settori dal futuro incerto con il comportamento dell’investitore in economia di mercato. Da questa prospettiva, un potenziale investimento pubblico a favore, per esempio, di Volvo o Saab (nonostante tali progetti sembrino ormai accantonati) dovrebbe certamente essere valutato con attenzione, in particolare riguardo all’ottemperanza alle norme in materia di aiuti di stato.

 

Interrogazione n. 83 del’on. Batzeli (H-0953/08)
 Oggetto: Giurisprudenza della Corte di giustizia sul riconoscimento dei diplomi ottenuti sulla base di accordi di franchising e ingerenza in materie di competenza nazionale riguardanti l'organizzazione dei sistemi educativi
 

Il 23 ottobre 2008 la Corte di giustizia delle Comunità europee ha emesso una sentenza relative alla causa C-274/05 in base alla quale la Grecia è tenuta a riconoscere i titoli professionali rilasciati da succursali di istituti di altri Stati membri (titoli ottenuti nell'ambito di accordi di franchising).

Il paese di accoglienza è tenuto a riconoscere il funzionamento, sul suo territorio, di istituti di istruzione che non sono compatibili con i principi generali della sua politica nazionale in materia di istruzione e del suo diritto nazionale?

In che misura è necessario procedere a un'immediata valutazione dell'attuazione della direttiva 2005/36/CE(1)come pure della precedente 89/48/CEE(2)per quanto riguarda il tenore delle conseguenze dell'applicazione del riconoscimento dei titoli professionali nei sistemi educativi nazionali e le disposizioni degli articoli 149 e 150 del trattato CE sulla competenza degli Stati membri in materia d'istruzione?

Stante che tale questione crea confusione e problemi a livello di legislazione comunitaria e nazionale obbligando i cittadini a ricorrere alla Corte di giustizia, non sarebbe necessaria una nuova proposta della Commissione per fissare un limite tra l'obbligo del riconoscimento dei titoli professionali e la competenza degli Stati membri in materia di riconoscimento dei diplomi d'istruzione in modo da evitare qualsiasi rischio di livellamento tra paesi i cui sistemi d'istruzione sono estremamente differenti?

 
  
 

(EN) Il 23 ottobre 20081(3), la Corte di giustizia delle Comunità europee (CGCE) ha confermato che la Grecia non aveva adempiuto agli obblighi derivanti dalla direttiva 89/48/CEE2(4) poiché non riconosceva i diplomi rilasciati dalle autorità competenti degli altri Stati membri a completamento dei percorsi di istruzione e formazione fornite da un ente privato in Grecia sulla base di un accordo di franchising. La Corte ha aggiunto che tale conclusione non mette in dubbio la responsabilità della Grecia sui contenuti degli insegnamenti e dell’organizzazione del sistema d’istruzione. Tuttavia, poiché i suddetti diplomi sono stati rilasciati dalle autorità competenti di altri Stati membri unicamente alla luce delle norme applicabili nel quadro dei rispettivi sistemi di istruzione e di formazione, i diplomi rilasciati al completamento dell’istruzione e della formazione nel quadro degli accordi di omologazione (franchising) non rientrano, nel contesto della direttiva 89/48/CEE, nel sistema d’istruzione greco. Con questa sentenza, la Corte di giustizia conferma la precedente sentenza sul caso Neri3(5) contro la Repubblica Italiana nel 2003, nel quale specificava che il rifiuto di riconoscere una qualifica ottenuta in seguito a un accordo di franchising, adducendo quale unico motivo il fatto che l’istruzione non era impartita in strutture universitarie, era contrario al diritto comunitario.

Le due sentenze, una direttamente e l’altra indirettamente, stabiliscono la non conformità della legislazione greca al diritto comunitario quando era ancora in vigore la direttiva 89/48/CEE. La Grecia continua a non conformarsi al diritto comunitario poiché non ha ancora attuato la direttiva 2005/36/CE4(6) relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, che ha abrogato la direttiva 89/48/CEE ed è in vigore dal 20 ottobre 2007. Va evidenziato che l’articolo 53 di questa direttiva riconosce espressamente agli Stati membri il diritto di verificare una serie di elementi collegati, ad esempio, ai diplomi rilasciati da enti che operano in franchising, come la validità formale di un certificato di corsi di formazione seguiti in un altro Stato membro da parte dello Stato membro di provenienza, la corrispondenza del diploma con uno rilasciato in seguito a un corso seguito interamente nello Stato membro di provenienza o la corrispondenza dei diritti professionali conferiti.

Il 4 dicembre 2008, la Corte di giustizia ha emesso due nuove sentenze5(7) contro la Grecia, con le quali ha confermato le conclusioni della causa C-274/05 e ha stabilito che la Repubblica ellenica ha violato il diritto comunitario non riconoscendo tali diplomi.

La giurisprudenza più recente della Corte di giustizia e la legislazione secondaria a livello UE sul riconoscimento delle qualifiche professionali e la direttiva 2005/36/CE, stabiliscono chiaramente il quadro e le modalità secondo le quali la Grecia dovrebbe gestire i diplomi di franchising ottenuti da professionisti qualificati. Non vi è alcuna incertezza legale e dunque alcun bisogno di una nuova proposta.

 
 

(1) GU L 255 del 30.9.2005, pag. 22.
(2) GU L 19 del 24.1.1989, pag. 16.
(3)1 CGCE C - 274/05, Commissione contro Repubblica ellenica, 23.10.2008.
(4)2 Direttiva 89/48/CEE del Consiglio del 21 dicembre 1988 relativa ad un sistema generale di riconoscimento dei diplomi di istruzione superiore che sanzionano formazioni professionali di una durata minima di tre anni, GU L 19 del 24.1.1989.
(5)3 CGCE C - 153/02, Valentina Neri, 13.11.2003.
(6)4 Direttiva 2005/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 settembre 2005, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, GU L 255/22 del 30.09.2005.
(7)5 CGCE C-84/07, Commissione contro Repubblica ellenica, 4.12.2008; CGCE C-151/07, Khatzithanasis contro Ipourgos Igeias kai Kinonikis Allilengiis, 4.12.2008.

 

Interrogazione n. 84 dell’onorevole Sanz Palacio (H-0954/08)
 Oggetto: Piano di rilancio del settore automobilistico
 

Il settore automobilistico è un settore strategico e vitale per l'economia dell'Unione europea, sia per ciò che esso rappresenta in termini di PIL sia per il numero di posti di lavoro, diretti e indiretti, che fornisce. L'adozione di misure di sostegno specifiche destinate al settore automobilistico e volte a garantirne la sostenibilità e i posti di lavoro deve costituire una priorità per l'Unione europea. Il piano volto a rilanciare la crescita e l'occupazione presentato dalla Commissione propone alcune misure che devono essere completate con piani specifici definiti per ciascuno Stato membro. Le prime misure d'urgenza devono essere intese ad evitare la chiusura di stabilimenti di produzione e la perdita di occupazione. Quale flessibilità sarà accordata agli Stati membri affinché prevedano nei loro programmi di sostegno aiuti di Stato destinati in modo specifico all'industria automobilistica? A quali fini potranno essere destinati gli aiuti di Stato concessi in virtù di tale flessibilità e quali condizioni dovranno soddisfare?

 
  
 

(EN) Come ha affermato l’interrogante, la Commissione ha annunciato un piano di ripresa per la crescita e l’occupazione, al fine di dare nuovo slancio alla domanda e ristabilire la fiducia nell’economia europea. In tale contesto, la Commissione sta considerando l’eventualità di proporre agli Stati membri di garantire ulteriori aiuti di stato, applicabili solo per un periodo di tempo limitato.

Tra le misure previste, la Commissione potrebbe consentire agli Stati membri di concedere aiuti sotto forma di garanzie e prestiti agevolati. Ovviamente, l’approvazione di tali misure sarebbe soggetta a determinate condizioni e importi massimi e dovrebbe essere discussa con gli Stati membri. Queste iniziative non sono mirate a un settore specifico dell’economia, bensì ad aiutare le aziende a superare le difficoltà nell’ottenimento di finanziamenti a causa della recente crisi.

E’ importante ricordare che fin dall’inizio della crisi, il Consiglio ha sottolineato la necessità di mantenere l’applicazione delle regole di concorrenza. La Commissione deve garantire pari condizioni per le aziende europee, evitando gare per i sussidi fra gli Stati membri, il che risulterebbe insostenibile e deleterio per l’intera Unione europea. Per tale ragione, la Commissione è molto prudente riguardo a una possibile “applicazione flessibile” delle norme in materia di aiuti di stato. L’attuale quadro in materia fornisce numerose possibilità di ottenere aiuti di stato per tutti i settori, incluso quello automobilistico.

Per quanto riguarda l’offerta, il quadro R&S&I ammette aiuti di stato per lo sviluppo di tecnologie ecologiche, a condizione che si verifichi un mancato funzionamento del mercato, che gli aiuti abbiano un effetto di incentivazione e che siano proporzionati. Gli aiuti ambientali sono disponibili anche per le aziende che migliorano gli standard ambientali comunitari nel loro processo di produzione. Inoltre, sono disponibili altre norme per affrontare i problemi delle PMI lungo la filiera. In particolare, il regolamento generale di esenzione per categoria fornisce una vasta gamma di misure di aiuto dal carico amministrativo minimo.

Le garanzie agevolate possono aiutare ad affrontare alcuni problemi del settore automobilistico, nonché i problemi dei fornitori. Tuttavia, quando un’azienda si trova in una situazione in cui neppure una garanzia agevolata è disponibile, possono essere applicate norme di salvataggio e ristrutturazione. Dunque, in questa fase, la Commissione non vede la necessità di creare un quadro settoriale specifico per l’industria automobilistica.

Infine, va evidenziato che i prestiti concessi alle aziende automobilistiche dalla Banca europea per gli investimenti sono prestiti non agevolati, poiché vengono concessi a prezzo di mercato.

 

Interrogazione n. 85 dell’onorevole Martin(H-0957/08)
 Oggetto: Errori nella valutazione dei rischi legati all'assenza di regolamentazione dei mercati finanziari
 

Si sono verificati errori nella valutazione da parte della Commissione dei rischi legati alla (mancata) regolamentazione dei mercati finanziari? Da cosa sono dipesi detti errori di valutazione?

Quali misure concrete, proiettate sul lungo termine, propone la Commissione per ridurre i rischi derivanti dai mercati finanziari?

Prospetta la Commissione un patrimonio di base unitario (tier 1) per le banche? A quale livello dovrebbe collocarsi detto patrimonio di base?

Prospetta la Commissione un requisito patrimoniale minimo o un indice di leva finanziaria anche per altri organi finanziari come i fondi d'investimento, i fondi speculativi, le assicurazioni o per i singoli strumenti finanziari?

 
  
 

(EN) La Commissione può proporre normative relative ai mercati finanziari. Tuttavia, la responsabilità dell’attuazione e di un’effettiva esecuzione di tali normative spetta ai regolatori degli Stati membri (e, a livello globale, ai regolatori finanziari di paesi terzi).

Fin dall’inizio della crisi finanziaria, oltre un anno fa, la Commissione ha agito congiuntamente agli Stati membri per migliorare la situazione e proporre misure a lungo termine. Negli ultimi mesi, la Commissione ha presentato proposte di modifica alla direttiva sui requisiti patrimoniali, alla direttiva relativa al sistema di garanzia dei depositi e alle norme sulla contabilizzazione al valore equo. La Commissione ha adottato una proposta di regolamento sulle agenzie di rating del credito. Inoltre, ha avviato lavori riguardanti le retribuzioni dei dirigenti e i derivati, e sta per pubblicare un documento consultivo sui fondi hedge. Un gruppo di esperti ad alto livello, guidato da Jacques de Larosière, è stato incaricato di presentare raccomandazioni, fra i vari temi, sulla supervisione transfrontaliera. Infine, la Commissione ha annunciato per l’estate del 2009 un documento sul futuro della regolamentazione dei mercati finanziari.

Per quel che concerne le domande specifiche su patrimonio, requisiti patrimoniali minimi e indici di leva finanziaria, sono in corso di dibattito in diversi ambiti. La Commissione è attivamente impegnata nei lavori per il nuovo accordo di Basilea su tali questioni e sta seguendo attentamente gli sviluppi dei mercati per stabilire la strada da seguire. In tale contesto, le questioni sollevate dall’interrogante saranno trattate nel dettaglio. Tuttavia, sarebbe prematuro inviare segnali concreti in una direzione specifica in questo momento.

Come detto, quest’anno la Commissione ha presentato numerose proposte e prevede di proseguire con lo stesso ritmo anche nei prossimi mesi.

Questo è una breve sintesi del lavoro della Commissione in quest’ambito. La Commissione, ovviamente, è disponibile a fornire ulteriori informazioni se l’interrogante è interessato.

 

Interrogazione n. 86 dell’onorevole Guerreiro (H-0960/08)
 Oggetto: Difesa della produzione e dell'occupazione nel settore tessile e dell'abbigliamento in diversi paesi dell'Unione europea
 

Alla luce della sua risposta all'interrogazione H-0866/08(1)sull'(eventuale) scadenza il 31 dicembre 2008 del sistema comune di vigilanza delle esportazioni di talune categorie di prodotti tessili e dell'abbigliamento dalla Cina in diversi paesi dell'Unione europea e dato il numero crescente di imprese che sospendono o delocalizzano la produzione, segnatamente in Portogallo, con una recrudescenza della disoccupazione e di drammatiche situazioni sociali, può il Consiglio precisare quanto segue: Qualche Stato membro ha proposto o chiesto alla Commissione la proroga del meccanismo di doppia vigilanza oltre il 31 dicembre 2008 o un'adozione di altre misure in tale ambito; In caso affermativo, quali sono gli Stati membri in questione e quali misure sono state proposte, attualmente, da ciascuno; Qualche Stato membro si è opposto alla loro adozione; In caso affermativo, quali sono gli Stati membri in questione e quali argomenti sono stati invocati da ciascuno?

 
  
 

(EN) Il sistema di doppia sorveglianza è stato predisposto per durare fino al 31 dicembre 2008 e non oltre tale data.

Come la Commissione ha già illustrato all’interrogante nella risposta all’interrogazione orale H-0866/08(2), vi sono state “numerose richieste, che spaziano da un sistema di sorveglianza singola a un semplice monitoraggio delle dogane, e gran parte degli Stati membri hanno espresso la propria opinione sulle varie opzioni”. Tuttavia, non vi è stato alcun voto formale dal momento che non è stata presentata alcuna proposta formale di mantenere in vigore la doppia sorveglianza. Dunque non vi è nemmeno alcuna posizione formale da parte degli Stati membri. Ciò rispecchia il fatto che la maggioranza delle parti interessate non vede il motivo di ulteriori azioni, bensì vuole passare a gestire il settore tessile come gli altri settori.

La Cina ha affermato esplicitamente che “non intende proseguire con il sistema di doppia sorveglianza”: ogni sforzo in tal senso sarebbe, dunque, destinato al fallimento.

Per quel che concerne altre misure per monitorare le importazioni di tessili dalla Cina, non sono stati presentati formalmente altri provvedimenti, poiché il consenso generale durante i dibattiti indicava la preferenza di una liberalizzazione del settore. Ad ogni modo, come già affermato nella risposta all’interrogazione H-0866/08, la Commissione continuerà a seguire attentamente l’evoluzione delle statistiche del commercio (COMEXT) e i dati delle dogane nel 2009.

La Commissione è a conoscenza della situazione dell’occupazione nei vari settori dell’economia europea e nel settore tessile in particolare. Questo tema era già stato affrontato dettagliatamente nella risposta della Commissione all’interrogazione orale H-0866/08. Fin dall’inizio del 2007, è stato creato il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) per finanziare misure attive per il mercato del lavoro a sostegno dei lavoratori in esubero a causa della globalizzazione. Il FEG ha già aiutato i lavoratori in esubero del settore tessile a Malta, in Lituania e in quattro regioni italiane. Nel contesto dell’attuale crisi economica, il fondo è in fase di revisione all’interno del Piano europeo di ripresa economica3(3), per consentirne un intervento più efficace a sostegno dei lavoratori in esubero.

 
 

(1) Risposta scritta del 19.11.2008.
(2) Risposta scritta del 19.11.2008
(3)3 COM(2008) 800 definitivo

 

Interrogazione n. 87 dell’onorevole Andrikienė (H-0962/08)
 Oggetto: Attuazione della politica europea di vicinato
 

La politica europea di vicinato è stata sviluppata dalla Commissione nel 2004 e da allora è attuata in 16 paesi vicini dell'UE. Come valuta la Commissione l'attuazione della PEV nel corso degli ultimi quattro anni? Quali sono i risultati più importanti e i difetti della politica europea di vicinato? Quali paesi vicini beneficiano maggiormente della PEV? Qual è la posizione della Commissione circa la possibilità di piena partecipazione della Bielorussia alla PEV a seguito dei recenti sviluppi politici nel paese?

 
  
 

(EN) La politica europea di vicinato (PEV) è e continuerà a essere una componente fondamentale delle relazioni esterne dell’Unione europea e sta già dando risultati tangibili, creando stabilità e prosperità. Il rapporto di valutazione della PEV dell’aprile 2008 dimostra che l’attuazione di tale politica negli Stati confinanti con l’Unione ha consentito notevoli progressi, particolarmente nell’ambito delle riforme economiche e dell’avvicinamento della legislazione in numerosi settori. D’altro canto, è evidente che per i paesi partner resta ancora molto da fare, principalmente in ambito di governance e stato di diritto.

Per consolidare ulteriormente la PEV e rafforzare gli incentivi comunitari alle riforme, la Commissione ha presentato numerose proposte in ambito di liberalizzazione del commercio e integrazione economica, aumento della mobilità delle persone e un ruolo più importante dell’Unione europea nella risoluzione dei conflitti regionali.

L’UE persegue una politica di differenziazione individuale per orientare il proprio sostegno a favore delle necessità e delle aspirazioni individuali dei nostri partner, offrendo di più a quei paesi che si impegnano maggiormente e compiono maggiori progressi sulle riforme (“more for more”). Su tali basi, la Commissione ha individuato quattro Stati con i quali l’intensità della cooperazione giustifica relazioni più strette con l’Unione: Ucraina, Moldova, Marocco e Israele. Attualmente, l’Unione sta approfondendo tali relazioni “avanzate”.

La Bielorussia è un importante vicino orientale e la Commissione la incoraggia ad avanzare ulteriormente verso la democratizzazione e altre riforme. Sulla base delle sue scelte e decisioni, la Bielorussia potrà sfruttare pienamente i benefici della PEV e, in particolare, della nuova iniziativa del partenariato orientale.

 

Interrogazione n. 88 dell’onorevole Gill (H-0964/08)
 Oggetto: Salvaguardia della tigre
 

Visto che il bracconaggio continua a rappresentare una grave minaccia per la tigre selvatica e dando atto all'India delle misure positive che ha iniziato ad adottare per proteggere questi animali, può la Commissione far sapere se intende seguire questa strada e considerare i reati contro la fauna selvatica come una forma di grave criminalità organizzata e transnazionale nonché mettere a disposizione ulteriori risorse a partner internazionali, come UNODC, UNEP, Interpol e WCO, per combattere i crimini contro l'ambiente e la fauna selvatica, in particolare nella regione transhimalayana (India, Nepal e Cina)?

 
  
 

(EN) La Commissione riconosce pienamente la gravità del bracconaggio e del traffico illecito di fauna selvatica, nonché il grave impatto che tali attività possono avere sullo stato di conservazione delle specie. Le preoccupazioni della Commissione a tale proposito si rispecchiano nella direttiva sulla tutela penale dell’ambiente, approvata formalmente dal Parlamento e dal Consiglio il 19 novembre 2008 (direttiva 2008/99/CE). Tale direttiva stabilisce che il prelevamento e il traffico illeciti di specie protette costituiscono un reato penale e sono punibili con sanzioni penali effettive, proporzionate e dissuasive.

Per quel che riguarda il traffico internazionale di fauna selvatica, nella sua raccomandazione del 13 giugno 2007, che individua una serie di azioni per l’attuazione del regolamento (CE) 338/97 relativo alla protezione di specie della flora e della fauna selvatiche mediante il controllo del loro commercio(1), la Commissione raccomanda, inter alia, agli Stati membri di prendere contatto e sostenere paesi terzi e organizzazioni internazionali, quali il segretariato UNEP CITES, OMD e Interpol per collaborare a individuare, impedire e prevenire il traffico illecito di fauna selvatica. Nonostante la Commissione non abbia fornito finanziamenti diretti all’OMD e all’Interpol per la lotta alla criminalità ambientale e concernente la fauna selvatica, collabora strettamente con tali organizzazioni e le invita alle riunioni ordinarie del gruppo “Esecuzione” europeo sul commercio della fauna selvatica per garantire una cooperazione e un coordinamento efficaci sul traffico della fauna selvatica.

Inoltre, la Commissione ha finanziato, attraverso il segretariato CITES, l’organizzazione di una riunione di attuazione ed esecuzione CITES Asia in Cina nel 2005, che si è occupata di questioni di esecuzione e cooperazione regionale nella lotta al traffico illecito di prodotti di tigre e altre specie minacciate di estinzione. Quest’anno, la Commissione ha finanziato, sempre attraverso il segretariato del CITES, anche un incontro sul traffico di tigri che si terrà nel 2009.

Nel quadro delle attività di cooperazione internazionale sull’ambiente e lo sviluppo, la Commissione finanzia numerosi programmi e progetti di portata globale, regionale o locale, che hanno l’obiettivo di incentivare una gestione sostenibile della biodiversità e/o di aree protette. Molti di questi programmi includono misure antibracconaggio e sostegno alle attività di contrasto, ad esempio, nella regione asiatica: la creazione della zona di protezione transfrontaliera Pamir-Alai (PATCA) tra il Tagikistan e il Kirghizistan e il programma UE-Cina sulla biodiversità (ECBP).

 
 

(1) GU L 159 del 20.6.2007

 
Note legali - Informativa sulla privacy