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Procedura : 2006/0132(COD)
Ciclo di vita in Aula
Ciclo dei documenti :

Testi presentati :

A6-0443/2008

Discussioni :

PV 12/01/2009 - 14
CRE 12/01/2009 - 14

Votazioni :

PV 13/01/2009 - 6.10
Dichiarazioni di voto
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Testi approvati :

P6_TA(2009)0010

Resoconto integrale delle discussioni
Martedì 13 gennaio 2009 - Strasburgo Edizione GU

9. Dichiarazioni di voto (proseguimento)
Video degli interventi
Processo verbale
  

- Relazione Klaß (A6-0443/2008)

 
  
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  Zuzana Roithová (PPE-DE) . – (CS) Signora Presidente, accolgo con favore questo compromesso che obbligherà i governi degli Stati membri a darsi un calendario e a redigere piani d'azione per limitare i rischi connessi all'uso dei pesticidi. Le restrizioni previste in materia di irrorazione aerea saranno certo accolte con favore dai cittadini dell'Unione europea, così come la creazione di zone di rispetto a tutela dell'acqua potabile e degli organismi acquatici. Ho votato a favore della direttiva perché collima con la mia visione in materia di salvaguardia ambientale.

 
  
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  Mairead McGuinness (PPE-DE) . – (EN) Signora Presidente, ho votato a favore di questo compromesso perché trovo del tutto ragionevole prospettare un uso sostenibile dei pesticidi. Credo che il vero problema risieda nella grande disparità di norme tra i vari Stati membri: alcuni paesi sono molto rigorosi in materia di formazione ed educazione degli operatori, il che si traduce in un corretto uso dei pesticidi. Ma non è così ovunque. Credo che questo atto di legge renderà possibili standard più elevati in tutto il territorio dell'Unione europea. Il che è un bene sia per chi effettua l'irrorazione, sia per chi viene a contatto con le sostanze irrorate.

Si tratta a mio avviso di un pacchetto di norme del tutto sensato e sono felice di poterlo appoggiare, congratulandomi con la relatrice.

 
  
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  Avril Doyle (PPE-DE) . – (EN) Signora Presidente, ho votato anch'io a favore della relazione. La necessità di disciplinare la materia dei pesticidi è indiscussa e nessuno la contesta. La relazione Klaß estende la portata dei controlli e limita all'essenziale l'uso di prodotti fitosanitari.

E' interessare notare come, se vi è stato un dibattito molto acceso sulla distinzione tra rischio e pericolo a proposito della relazione Breyer, a mio avviso questa distinzione abbia molto più senso se applicata all'uso reale di un prodotto piuttosto che alla sua immissione sul mercato – ed è proprio questo il tema della presente relazione. In altre parole, tanti prodotti comunemente in uso possono essere pericolosi se manipolati e utilizzati impropriamente. Il fatto che siano regolarmente in commercio non costituisce, in sé, un rischio per il consumatore, per l'ambiente o per chi ne fa uso. I pesticidi divengono pericolosi unicamente quando chi li maneggia non sa che cosa sta facendo, fa uso di attrezzature inadeguate, non ha alcun rispetto per l'ambiente acquatico, non li conserva correttamente e non attua i principi di una difesa integrata.

Summa summarum, sono sostanze da usare il meno possibile, come ben sa ogni agricoltore.

 
  
  

- Relazione Breyer (A6-0444/2008)

 
  
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  Zuzana Roithová (PPE-DE) . – (CS) Signora Presidente, torno ancora una volta sul dibattito che si è svolto ieri in plenaria. Ho dato il mio sostegno al nuovo regolamento perché, a mio avviso, costituisce uno strumento atto a perseguire nuove e più sicure alternative per la protezione fitosanitaria. Il riconoscimento reciproco dei pesticidi autorizzati in base all'area geografica mi pare un buon risultato per il nostro Parlamento. Anche l'elaborazione, in base a cognizioni scientifiche, di una lista di sostanze messe al bando, quali agenti cancerogeni, sostanze genotossiche o dagli effetti neurotossici e immunotossici, costituisce un passo in avanti. Come ricordato ieri dal commissario, pare la lista sia applicabile a una piccola percentuale delle sostanze in uso ancor oggi. Tengo però a ricordare che queste disposizioni vanno applicate in modo rigoroso anche ai prodotti importati. Commissario, sarei voluta intervenire anche su altre relazioni, ma non mi è stata data la parola. Si tratta comunque di relazioni già illustrate o già dibattute in questa sede, ragion per cui credo che verranno adottate nella loro forma scritta originale.

 
  
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  Diana Wallis (ALDE) . – (EN) Signora Presidente, devo fare una confessione. Sin da bambina, ho sempre detestato una verdura in particolare: i piselli. Per mia sfortuna, mi trovo a rappresentare una delle aree che ne producono di più in tutta la Gran Bretagna, il che mi ha messo enormemente in difficoltà sulla relazione Breyer. Condivido le finalità della legislazione, ossia promuovere la salute dell'ambiente, e quindi anche la salute umana, ma potenzialmente viene messo a repentaglio un intero comparto agroindustriale importante per la mia regione.

Dopo un aver riflettuto a lungo, ho deciso di astenermi dal voto, ma tengo a chiarire che, a mio avviso, l'intera procedura legislativa seguita in questo caso era viziata alla base. Siamo stati investiti da tali e tante informazioni – spesso contrastanti – che alla fine non solo io, ma penso anche tanti altri, avremmo preferito la possibilità di una terza lettura, o di una conciliazione, per essere certi di aver tutelato tutti gli interessi in gioco.

 
  
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  Marian Harkin (ALDE) . – (EN) Signora Presidente, anche per me si è trattato di una decisione sofferta. La relazione mi è parsa in linea generale molto equilibrata e costruttiva, pensata di certo per garantire un'elevata protezione della salute umana e animale nonché dell'ambiente.

Mi preoccupa tuttavia la prospettiva di decidere se approvare o meno una data sostanza in base alla sua pericolosità senza tener conto di un'eventuale esposizione. Reputo indispensabile una valutazione d'impatto condotta su basi scientifiche.

E mi preoccupa il fatto che, parlando con i cittadini sulle tematiche dell'Unione europea, mi venga puntualmente ribattuto che la legislazione comunitaria non sempre è commisurata. La relazione prevede una certa flessibilità: a mio avviso ne occorre però di più e, soprattutto, occorrono ulteriori dati scientifici sui quali basarsi. Vi è un principio di precauzione che è giusto non dimenticare, ma le decisioni vanno prese anche in base a dati oggettivi e, in questa materia, vorrei vederne di più.

 
  
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  Neena Gill (PSE) . – (EN) Signora Presidente, un uso efficiente ed efficace dei pesticidi è una necessità. Se salvaguardia ambientale e tutela della salute pubblica vanno di pari passo, reputo necessario compenetrare anche le esigenze di consumatori e produttori. Pur apprezzando lo sforzo della relazione Breyer sul fronte della semplificazione burocratica, non posso prestare il mio sostegno.

Ho incontrato numerosi esperti ed esponenti della National Farmers' Union della mia circoscrizione, il West Midlands: tutti hanno espresso forti riserve sugli effetti di questa relazione sulle rese agricole. Riserve che mi sento di condividere. La mia principale preoccupazione riguarda la mancanza di una vera valutazione d'impatto da parte della Commissione e che non vi siano indicazioni chiare circa le implicazioni della relazione per la realtà agricola.

In un'epoca di rincaro dei prezzi degli alimentari su scala planetaria, non mi sembra certo questo il momento per reazioni inconsulte, quali provvedimenti che rischiano di avere ripercussioni negative sulla produzione di alimenti. Ecco perché il mio gruppo ha presentato un emendamento in cui chiede una vasta valutazione d'impatto, necessaria ormai da tempo.

 
  
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  Mairead McGuinness (PPE-DE) . – (EN) Signora Presidente, come altri colleghi devo dire a mia volta che si tratta di un caso molto difficile. Così come all’onorevole Wallis stanno a cuore i piselli, è facile immaginare che per l'Irlanda l'emergenza siano le patate. Nel complesso, però, il testo sul quale abbiamo votato costituisce un pacchetto di proposte molto migliore rispetto a quello originario e mi congratulo con quanti l'hanno reso possibile col loro lavoro.

Vorrei fare qualche considerazione, per giungere poi al tema essenziale. Credo che a questo punto gli agricoltori debbano esercitare delle pressioni, e con più energia che mai, sull'industria chimica affinché produca alternative più sicure che consentano loro di proseguire la produzione di alimenti.

Passando alla questione delle importazioni di generi alimentari, la Commissione deve dare risposte ad agricoltori e produttori dell'Unione europea che si vedono proibire l'uso di certe sostanze, ma che vedono paesi terzi continuare a utilizzarle. Per guadagnarsi il sostegno degli agricoltori si impone un chiarimento.

 
  
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  Ashley Mote (NI) . – (EN) Signora Presidente, ho votato contro una proposta che, a tutti gli effetti, si è vista ostaggio della commissione per l'ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare e dei commissari competenti. Ieri le relatrici hanno magnificato i vantaggi della standardizzazione; peccato solo che questa dovrebbe essere un'Unione nella diversità. E se c'è un ambito in cui si impongono senno, discernimento e diversità, è proprio questo.

Questo doveva essere sostanzialmente un problema di agricoltura, ma il commissario danese all'agricoltura ha brillato per assenza, fatto increscioso le cui radici vanno ricercate in un conflitto di interessi: in Danimarca non sono in grado di trattare adeguatamente l'acqua di falda.

Dalle mie parti, gli agricoltori si sentono abbandonati e apertamente insultati da chi li accusa di non sapere ciò che stanno facendo e che hanno bisogno di qualcuno che glielo dica. Siete riusciti a creare l'ennesima categoria di cittadini britannici sinceramente disgustati dalle ingerenze dell'Unione europea.

 
  
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  Avril Doyle (PPE-DE) . – (EN) Signora Presidente, su questa relazione è piovuta da ogni dove una ridda di illazioni e di paure, a tal punto da rendere difficile la distinzione tra realtà e fantasia, ma anche decidere come votare.

Pur riconoscendo le preoccupazioni dei produttori di frutti rossi, patate e cereali che, in Irlanda, mi hanno esposto la loro posizione, ho scelto di appoggiare il compromesso. Penso che le migliorie apportate siano apprezzabili, anche se mi resta qualche dubbio. Ho votato a favore perché ho ritenuto che andare in conciliazione avrebbe aperto il peggiore degli scenari. La deroga quinquennale, prorogabile in caso di grave emergenza fitosanitaria, costituisce un'importante rete di sicurezza e stimola l'industria chimica a fare ricerca per mettere a punto soluzioni alternative.

 
  
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  Syed Kamall (PPE-DE) . – (EN) Signora Presidente, se ci si sofferma sull'essenza della costruzione europea, ci si accorge che è solamente dialettica. Si parla tanto di democrazia, eppure si ignora la volontà democraticamente espressa da francesi, olandesi e irlandesi per via referendaria. Si parla di sicurezza alimentare, eppure ora si vota su una relazione potenzialmente in grado di scalzare la produzione alimentare dell'Unione europea. Si parla di andare incontro ai cittadini e agli agricoltori degli Stati più poveri, eppure ora, grazie a questo voto, si chiede la messa al bando delle importazioni di prodotti agricoli per i quali sono stati impiegati pesticidi ora vietati nel territorio dell'Unione europea.

Mi limito a lanciare un appello ai colleghi deputati e alla Commissione: per carità, in futuro cerchiamo di pensare alle conseguenze non volute dei nostri atti di legge. Concordo con l’onorevole Wallis sulle procedure legislative e sull'opportunità di una terza lettura, nonché sul fatto che abbiamo dovuto lavorare in gran fretta e che non vi sia stata un'adeguata valutazione d'impatto su basi scientifiche. Assicuriamoci che ciò non capiti mai più.

 
  
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  Christopher Heaton-Harris (PPE-DE) . – (EN) Signora Presidente, ho cercato di far saltare il compromesso votando contro le relative parti di questa relazione. E ne spiegherò le ragioni dando lettura di una lettera inviatami da James Mowbray, agricoltore di Skegness, nella mia regione.

Mi scrive: “Mi occupo direttamente di uso di prodotti fitosanitari da ormai quarant'anni. Li ho sempre utilizzati con la massima attenzione alla salute umana, alla flora e alla fauna e non mi risulta di avere mai procurato danni alla mia salute o all'ambiente. Trovo quindi sconcertante che l'eventuale messa al bando di tante sostanze, tra le quali anche i fungicidi triazolici, si basi su argomentazioni non scientifiche, con il risultato di ridurre sia la sostenibilità economica della mia azienda, sia la disponibilità di alimenti prodotti localmente”.

Ho ricevuto commenti dello stesso tenore anche da centinaia di altre persone, dalla Empire World Trade, organizzazione con sede a Spalding nel Lincolnshire, da John Manby di Parker Farms con sede a Leicester, da John Clark del Nottinghamshire, da Jonathan Reading e la lista continua. Ecco perché ho votato contro il compromesso.

 
  
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  Kathy Sinnott (IND/DEM) . – (EN) Signora Presidente, ora che si è votato e che ciascuno ha espresso il proprio parere, vorrei tornare su un aspetto ricorrente nella discussione, tanto in Aula quanto in commissione. Mi riferisco all'enorme diffidenza degli agricoltori e al pregiudizio diffuso che li vede come nemici della salute e dell'ambiente. In base alla mia esperienza, è vero l'esatto contrario. Gli agricoltori irlandesi sono stati per migliaia di anni e sono tuttora custodi e protettori dell'ambiente e lo hanno mantenuto vivo, pulito e produttivo. Per le stesse ragioni, agli agricoltori va il merito ultimo della nostra buona salute. Esorto tutti a rinnovare la propria fiducia nei nostri agricoltori, che fanno tutto il possibile per nutrirci tra mille difficoltà: avversità meteorologiche, parassiti e, naturalmente, politiche dell'Unione europea.

 
  
  

Dichiarazioni di voto scritte

 
  
  

- Relazione Costa (A6-0468/2008)

 
  
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  John Attard-Montalto (PSE), per iscritto. - (EN) Abbiamo appena votato un accordo in materia di sicurezza dell'aviazione civile. Nonostante l'aereo sia uno tra i mezzi di trasporto più sicuri in assoluto, la prudenza non è mai troppa.

Strettamente collegata a questa è la discussione in materia di antiterrorismo. Dopo gli agghiaccianti attentati alle Torri gemelle, sono state varate innumerevoli misure di controllo. Proprio come nel caso della sicurezza dell'aviazione civile, però, anche in questo campo la prudenza non è mai troppa. Anzi, proprio quando ci si sente troppo sicuri i terroristi hanno gioco facile nel colpire ancora.

Occorre naturalmente trovare un punto di equilibrio fra libertà e diritti civili, da un lato, e misure di controllo dall'altro. Al momento di scegliere tra le due, però, bisogna stabilire delle priorità. Per esempio, vi è stata una levata di scudi contro l'idea di scambiarsi la lista dei passeggeri invocando ragioni di protezione dei dati. E' però ovvio che simili misure di controllo permetterebbero un'analisi molto più approfondita che in frontiera.

Viviamo in una nuova era. Vengono presi di mira deliberatamente civili innocenti, specie se cittadini di alcuni Stati nel mirino. In un simile contesto, non si può pretendere che questi paesi non facciano tutto il possibile per tutelare l'incolumità dei propri cittadini.

 
  
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  Dragoş Florin David (PPE-DE), per iscritto. – (RO) Ho votato a favore di questa relazione perché l'industria aeronautica romena ne ricaverà un beneficio diretto. Gli accordi negoziati ricalcano abbondantemente la struttura del classico accordo in materia di sicurezza dell'aviazione; si basano sulla fiducia reciproca tra i vari sistemi e sul raffronto tra differenze normative. Ciò comporta degli obblighi e la necessità di varare metodi di cooperazione fra autorità preposte all'esportazione e all'importazione. I mezzi per raggiungere tali obiettivi, quali in particolare la cooperazione e il reciproco riconoscimento dei risultati delle certificazioni in materia di aeronavigabilità e manutenzione, sono specificati in allegato all'accordo, a differenza degli accordi convenzionali, che solitamente disciplinano questa materia mediante separati accordi non vincolanti, stipulati tra le autorità preposte all'aviazione civile. Gli allegati rispecchiano sostanzialmente i contenuti delle regole comunitarie di attuazione per la certificazione di aeronavigabilità (regolamento n. 1702/2003 della Commissione) e di manutenzione (regolamento n. 2042/2003 della Commissione), che possono essere modificati dalle parti mediante decisione del consiglio bilaterale di supervisione.

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Le origini degli accordi in materia di aviazione tra Comunità europea e Stati Uniti vanno ricercate nella liberalizzazione del trasporto aereo, che ne rappresenta la base.

Questi accordi, varati a livello di Unione europea (o meglio, dalla Comunità europea, unico ente con la personalità giuridica, e dal mercato unico europeo, nell'obiettivo di una completa liberalizzazione), mirano a prevalere su ogni altro accordo bilaterale in essere fra i vari Stati membri e gli USA.

Come in altre risoluzioni già adottate dal Parlamento europeo, si ribadisce che siamo proprio noi i primi interessati a un elevato livello di sicurezza dell'aviazione civile e all'adozione i provvedimenti per ridurre al minimo l'impatto economico derivante per l'industria aeronautica e per i vettori da doppioni di supervisione regolamentare. Tuttavia, vanno salvaguardati due aspetti essenziali: innanzi tutto, l'obiettivo e la base di partenza di tali processi non devono essere quelli di creare o agevolare, mediante l'armonizzazione degli standard, le condizioni per aumentare ancor più la liberalizzazione dei trasporti aerei. In secondo luogo, questi processi non devono promuovere l'armonizzazione di standard e norme verso il basso, specie tenuto conto che, quando si mescolano tra loro sicurezza, semplificazione degli oneri e liberalizzazione, a prevalere sono la logica del profitto e della concentrazione.

Restiamo convinti che il trasporto aereo debba essere difeso in quanto servizio pubblico, fornito in ciascun paese da vettori pubblici in grado di garantire qualità e sicurezza nel servizio erogato al cittadino.

 
  
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  Jörg Leichtfried (PSE), per iscritto. - (DE) Condivido in linea generale la relazione del collega, l’onorevole Costa, sull'aviazione civile.

E' essenziale che, sulla base di questo accordo, Unione europea e Stati Uniti riescano a concordare una linea comune. E' però fondamentale che questo partenariato transatlantico abbia per soggetti due partner veri, non solo sulla carta. Vanno concordati criteri obbligatori per ambo le parti.

In caso di inosservanza, da parte dell'Unione europea o degli USA, l'accordo dovrà prevedere una clausola di rescissione.

 
  
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  Bogusław Liberadzki (PSE), per iscritto. – (PL) Ho votato a favore della proposta di decisione del Consiglio relativa alla firma di un accordo tra la Comunità europea e gli Stati Uniti d’America sulla cooperazione in materia di regolamentazione della sicurezza dell’aviazione civile (A6-0468/2008). Concordo con la proposta del relatore sulla conclusione di questo accordo.

Ritengo del tutto legittimi gli obiettivi proposti, segnatamente facilitare gli scambi di beni e servizi coperti dall'accordo, limitare il più possibile la duplicazione delle valutazioni, dei test e dei controlli ai casi di significative differenze regolamentari, ricorrere al sistema della certificazione da ambo le parti per accertare la conformità ai requisiti della controparte.

Confido che il rapporto fiduciario tra i sistemi delle due parti firmatarie agevolerà l'attuazione dell'accordo stesso.

 
  
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  Marian-Jean Marinescu (PPE-DE), per iscritto. – (RO) Come relatrice del Parlamento per la risoluzione legislativa sull'estensione dei poteri dell'Agenzia europea per la sicurezza aerea (AESA), saluto con favore l'accordo negoziato con gli Stati Uniti per agevolare il reciproco riconoscimento dei certificati di sicurezza dell'aviazione civile.

L'accordo segna un passo importante nel rafforzamento della cooperazione transatlantica, che costituisce un obiettivo prioritario del gruppo PPE-DE, e getta solide basi per dare slancio all'interscambio di beni e servizi fra Unione europea e USA nel comparto dell'aviazione civile, con indubbi vantaggi per l'Europa. L'accordo offre maggiori garanzie in materia di sicurezza e compatibilità dei prodotti, dei componenti e degli aeromobili, il tutto con più severità sul piano ambientale. In tali condizioni, confidiamo che i principi del Cielo unico europeo vengano in futuro estesi anche alla cooperazione transatlantica e che detta cooperazione vada a interessare anche la ricerca e l'applicazione delle nuove tecnologie in questo campo, in base alla collaborazione tra SESAR e NextGen.

Penso che questo accordo agevolerà, a lungo termine, l'approfondimento della cooperazione tra AESA e FAA, con benefici non soltanto reciproci, ma anche per compagnie aeree, industrie aeree e, soprattutto, passeggeri.

 
  
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  Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Il futuro della politica esterna dei trasporti presuppone buone relazioni tra la Comunità europea e gli Stati Uniti. Pertanto, uno degli aspetti essenziali di questo accordo di cooperazione in materia di sicurezza dell'aviazione civile risiede proprio nella fiducia reciproca fra i due sistemi e nel raffronto delle differenze normative. L'accordo mira ad agevolare l'interscambio di beni e servizi nel campo dell'aviazione, limitando il più possibile la duplicazione delle valutazioni, dei test e dei controlli ai casi di significative differenze regolamentari. Riteniamo che il quadro che ne sta emergendo funzionerà con scioltezza nella realtà di ogni giorno e consentirà di risolvere le difficoltà scaturite dalla sua attuazione grazie a un sistema di costante cooperazione e consultazione. L'accordo segna un altro fondamentale passo nella dimensione esterna della politica europea dei trasporti ed è per questo che ho votato a favore della relazione.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. - Signor Presidente, onorevoli colleghi, esprimo il mio voto favorevole con riguardo alla relazione dell'onorevole Costa sulla conclusione dell'accordo tra la Comunità europea e gli Stati Uniti sulla cooperazione in materia di regolamentazione della sicurezza dell'aviazione civile, come da proposta di decisione del Consiglio.

Concordo con il relatore nel ritenere che il Parlamento debba concedere il suo parere favorevole alla firma dell'accordo, perché ciò consentirebbe un chiaro snellimento dello scambio di prodotti e servizi tra le due parti nel settore della navigabilità aeronautica e della manutenzione, evitando ridondanti duplicazioni di valutazione, verifica di conformità ai requisiti di sicurezza, i quali devono tuttora essere ripetuti pur presentando numerose similarità. Credo sia opportuno, tuttavia, che l'accordo venga in un primo momento applicato in maniera provvisoria, così da individuare gli eventuali inconvenienti di ordine pratico e applicativo ed eliminarli prima di procedere all'approvazione definitiva.

 
  
  

- Relazione Wallis (A6-0511/2008)

 
  
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  Dragoş Florin David (PPE-DE), per iscritto.(RO) Ho votato a favore di questa relazione per una migliore disciplina delle imprese in seno all'Unione europea.

 
  
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  Nicolae Vlad Popa (PPE-DE), per iscritto.(RO) Ho votato a favore della relazione sul regime fiscale comune da applicare alle fusioni, alle scissioni, alle scissioni parziali, ai conferimenti d’attivo e agli scambi d’azioni concernenti società di Stati membri diversi, dal momento che simili transazioni comportano cambiamenti radicali nella forma giuridica delle società commerciali. L'Unione europea deve varare le misure del caso per garantire una regolamentazione uniforme, armonizzata ma efficace.

Ho prestato inoltre il mio appoggio perché, da avvocato, sono intenzionato a sostenere in questo Parlamento ogni sforzo per armonizzare e codificare a livello europeo la legislazione fiscale, economica, civile e penale.

 
  
  

- Relazione Botopoulos (A6-0508/2008)

 
  
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  Dragoş Florin David (PPE-DE), per iscritto. – (RO) Ho votato a favore della relazione in quanto il regolamento di procedura del Tribunale di primo grado non contiene alcuna disposizione in materia di regime linguistico applicabile alle impugnazioni proposte contro le decisioni del Tribunale della funzione pubblica dell'Unione europea. Non esiste infatti alcun corrispettivo dell'articolo 110 del regolamento di procedura della Corte di giustizia.

 
  
  

- Relazione Belder (A6-0489/2008)

 
  
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  Adam Bielan (UEN), per iscritto. – (PL) Signora Presidente, a seguito dell'ultimo conflitto armato nei Balcani, gli Stati europei hanno assunto in materia posizioni a dir poco contrastanti. Ciononostante, con un impegno attivo nel contesto esistente all'epoca, l'Unione europea ha mostrato nei fatti che i Balcani rappresentano per noi un'area importante e che sono parte integrante dell'Europa. Siamo pertanto tenuti a prestare il nostro sostegno a questi paesi nel loro impegno sulla strada della stabilità e della piena democratizzazione. Appoggio la relazione Belder perché ribadisce la necessità di prestare assistenza ai vari Stati balcanici pur trattandoli come partner a sé stanti e indipendenti.

E' inoltre un fatto positivo che la relazione ribadisca la necessità di varare una politica comune dell'energia. Urge mettere in campo una diversificazione delle fonti, a beneficio non solo dell'Unione, ma dell'Europa tutta.

 
  
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  Avril Doyle (PPE-DE), per iscritto. - (EN) La relazione Belder fornisce un'istantanea dei rapporti economici e commerciali con questa regione che diviene sempre più stabile e nella quale sono numerosi i paesi candidati all'adesione. Il ruolo dell'Unione europea come partner di spicco sul piano economico e commerciale, ma anche come fattore di stabilità e di pace duratura nella regione, riveste un'importanza centrale.

La forza dell'Unione europea come partner economico, ma anche come modello di società civile solida, di buongoverno e di dinamismo delle istituzioni, va sfruttata per dare impulso allo sviluppo della regione. La scelta di un approccio tripartito e differenziato, che tenga conto delle differenze riscontrabili tra i vari paesi dell'area, degli accordi di associazione e di ulteriori forme di aiuti, indica con chiarezza la strada da seguire per combattere i problemi legati al sottosviluppo e per incoraggiare un'intensa cooperazione economica a scala regionale e internazionale.

Sostengo la relazione presentata dall'onorevole Belder come strumento per cementare una pace durevole e per promuovere gli ideali per i quali tutti noi ci battiamo.

 
  
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  Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. – (FR) So bene che la relazione Belder tratta unicamente la cooperazione economica e commerciale con i Balcani occidentali e l'evidente necessità che l'Unione europea presti la sua assistenza alla ricostruzione economica, legale, politica e sociale dell'area.

Sono però sorpreso che, malgrado i proclami sulla differenziazione degli aiuti e sulla necessità di adattarli alle realtà di ciascun paese, la relazione non tenga poi conto delle situazioni specifiche di ciascun paese. La Serbia, per esempio, non è mai menzionata.

Questo Parlamento, sempre così pronto a condannare le violazioni dei diritti umani in tutto il pianeta o a pretendere clausole sui diritti umani negli accordi di cooperazione internazionale, è riuscito nell'impresa di votare una relazione sui Balcani che non menziona neppure una sola volta la drammatica e intollerabile situazione i cui versano i serbi del Kosovo, emarginati nella culla storica della loro patria. E' una relazione che però si vanta al contempo per le centinaia di milioni di euro versati a quelle stesse autorità che hanno provocato, organizzato o tollerato una simile situazione.

 
  
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  Vural Öger (PSE), per iscritto. - (DE) Il consolidamento delle relazioni economiche con i Balcani occidentali riveste un'enorme importanza sia per l'Unione europea, sia per la regione. Sono quindi lieto di constatare il grande impegno profuso dal Parlamento in materia e l’approvazione odierna della relazione Belder. Alla luce del futuro europeo di questi paesi, il loro ravvicinamento politico ed economico all'Unione è di enorme importanza. Per poterli instaurare una relazione a lungo termine, è però necessario incoraggiare lo sviluppo dell'economia di mercato e della cooperazione regionale nell'area.

Da questo nasce l'importanza di segnali positivi e costruttivi da parte del Parlamento. L'Unione europea ha tutto l'interesse a promuovere in questi paesi la stabilità politica, la certezza del diritto e quindi di un clima favorevole agli investimenti esteri. La relazione Belder sottolinea il legame tra il livello delle relazioni economiche e i progressi raggiunti da ciascun paese. L’Unione europea deve inoltre porsi l'obiettivo di diversificare le economie nazionali dei vari Stati dei Balcani occidentali. Sono questi aspetti importanti, ripresi nella relazione. Sono convinto che un positivo sviluppo delle relazioni economiche tra l'Unione europea e i Balcani occidentali gioverà a tutti i paesi del continente e attendo con trepidazione l’attuazione delle nostre proposte.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. –Signor Presidente, onorevoli colleghi, dichiaro il mio voto a favore della relazione dell'On. Belder riguardante le relazioni economiche e commerciali con i Balcani occidentali.

Sono d'accordo con il collega nel ritenere che l'Unione Europea abbia un ruolo fondamentale nel processo di ripresa economica e politica nei paesi della zona dei Balcani occidentali, nella prospettiva della loro adesione all'Unione europea, prima in termini di stabilizzazione della situazione politica, poi in termini economici e commerciali.

Desidero tuttavia sottolineare la necessità che in ciascun caso-paese l'Unione analizzi e valuti nella maniera più approfondita la situazione del rispetto dei diritti umani e dei principi democratici. Mi riferisco, in particolare alla Croazia e ai numerosi esuli italiani che continuano ad essere palesemente discriminati in tale territorio, a dispetto della candidatura ufficiale della Croazia per l'ingresso nell'UE. Tale aspetto è, a mio avviso, in contraddizione con la situazione della Serbia, paese al quale è stato riconosciuto solo lo status di potenziale candidato e al quale sarebbe auspicabile che l'Unione si aprisse in misura maggiore di quanto finora fatto.

 
  
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  Flaviu Călin Rus (PPE-DE), per iscritto. – (RO) Ho votato a favore di questo testo sulle relazioni economiche e commerciali con i Balcani occidentali (A6-0489/2008); la proposta di risoluzione del Parlamento europeo include anche il parere della commissione per gli affari esteri e quello della commissione per lo sviluppo regionale, della quale sono membro.

La crescita e lo sviluppo economico nella regione getteranno le basi per un partenariato costruttivo con gli Stati più orientali dell'Unione europea, fra i quali rientra anche la Romania.

Al contempo, legare le politiche economiche e commerciali dei paesi dei Balcani occidentali a quelle dell'Unione europea supporterà gli accordi di associazione e stabilizzazione firmati tra l'UE e questi paesi.

Ho votato a favore della relazione anche perché la stabilità economica può portare anche alla stabilità politica in una regione tanto tormentata per anni.

 
  
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  Czesław Adam Siekierski (PPE-DE), per iscritto. – (PL) L'Unione deve fare uso di tutti gli strumenti a disposizione per motivare e persuadere i paesi dei Balcani occidentali ad attuare le riforme più importanti. In questo contesto, l'espansione della cooperazione economica regionale, così come la prospettiva di adesione all'Unione europea sono fattori importanti. Il varo di legami capillari e saldi tra paesi diversi può portare a forme specifiche di integrazione economica, concorrendo a limitare la minaccia di nuovi conflitti in futuro. Anche una realistica prospettiva di adesione sortirebbe analogo effetto. I Balcani hanno già compiuto enormi progressi sulla via dell'avvicinamento all'Unione europea, ma la prospettiva di un'adesione avrà di certo l'effetto di incoraggiare gli Stati a proseguire i loro sforzi di integrazione con la Comunità.

Mi preme tuttavia evidenziare che, al di là degli strumenti di sostegno economico, uguale importanza riveste anche ogni iniziativa atta a integrare le società balcaniche nell'Unione. Ecco perché risulta cruciale l'introduzione di cambiamenti il più possibile estesi che agevolino la libera circolazione delle persone e un adeguato sostegno ai giovani. Potremo dire di avercela fatta solo quando le popolazioni balcaniche sentiranno di godere degli stessi diritti degli altri cittadini europei.

 
  
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  Bart Staes (Verts/ALE), per iscritto. - (NL) Mi trovo completamente d'accordo con le parole dell'onorevole Belder e con le sue raccomandazioni per migliorare i rapporti economici e commerciali con i Balcani occidentali. L'Unione europea riveste un ruolo chiave nella ripresa della regione. Gli accordi di stabilizzazione e associazione, le preferenze commerciali e l'assistenza tecnica e finanziaria sono i tre pilastri sui quali l'Unione fonda le speranze di portare stabilità nell'area. Vero è che i vari paesi della regione differiscono tra loro nel grado di sviluppo e di adozione dell’acquis communautaire, il che sconsiglia una strategia unica per suggerire invece un approccio mirato, tagliato su misura per le realtà in questione. L'Albania non è il Montenegro, così come la Bosnia-Erzegovina non è il Kosovo.

L'andamento dei negoziati di adesione (o la loro apertura, nel caso di paesi potenzialmente candidati) con gli Stati balcanici occidentali dovrà naturalmente essere subordinato al pieno rispetto dei criteri di Copenaghen e al rispetto incondizionato dei principi democratici e dei diritti umani. Va però ribadito chiaramente che tutti questi paesi hanno un futuro in seno all'Unione europea e che l'adesione consegnerà alla storia una volta per tutte i conflitti sanguinari che hanno caratterizzato la regione per secoli.

 
  
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  Andrzej Jan Szejna (PSE), per iscritto. – (PL) L'Unione europea ha svolto un ruolo di enorme importanza nel processo di ricostruzione economica e politica dei paesi appartenenti alla ex Iugoslavia. Si è assunta anche un'altrettanto enorme responsabilità nei confronti di tutta la regione dei Balcani occidentali, dove l'Unione europea deve misurarsi oggi con la difficile opera di ricostruzione dell'intera regione.

L'Unione è assurta a principale partner commerciale di tutti gli Stati dei Balcani occidentali. I tre pilastri sui quali si regge tale cooperazione sono gli accordi di stabilizzazione, le preferenze commerciali, l'assistenza tecnica e finanziaria. Il processo di stabilizzazione deve mirare in primis a innalzare il livello di vita e a garantire uno sviluppo economico permanente nella regione balcanica. Nel varare le azioni del caso, tuttavia, l'Unione europea non deve dimenticare l'adesione di alcuni di quei paesi e il potenziale status di candidati all'adesione di altri Stati.

Non si può non convenire con il relatore che una condicio sine qua non per lo sviluppo dei paesi in questione è rappresentata dall'adesione alla OMC (Croazia, Albania ed ex Repubblica iugoslava di Macedonia ne fanno già parte). Per garantire una piena integrazione nel sistema commerciale mondiale, è però essenziale che anche Bosnia-Erzegovina, Serbia e Montenegro aderiscano a tale organizzazione.

Pur apprezzando i progressi già compiuti in termini di modernizzazione nella regione dei Balcani occidentali, l'obiettivo da perseguire è la piena integrazione con il sistema economico dell'Unione europea.

 
  
  

- Relazione McGuinness (A6-0505/2008)

 
  
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  Jan Andersson, Göran Färm, Anna Hedh, Inger Segelström e Åsa Westlund (PSE), per iscritto. - (SV) La relazione sulla politica agricola comune e la sicurezza alimentare globale tratta temi importanti, come le conseguenze del rincaro dei prezzi dei generi alimentari sia nei paesi ricchi, sia nei paesi poveri e l'importanza di garantire a tutti l'accesso all'alimentazione.

Noi socialdemocratici svedesi abbiamo scelto di votare contro la relazione perché contiene formulazioni problematiche rispetto alla politica dell'agricoltura. Inter alia, vorremmo veder ridotta la quota di bilancio comunitario destinata alla PAC, riconosciuta e sviluppata l'ecocondizionalità, nonché un adattamento dell'intero sistema alle regole di mercato. La relazione non collima con queste nostre concezioni ed abbiamo pertanto deciso di votare contro.

 
  
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  Liam Aylward (UEN), per iscritto. - (EN) Garantire un approvvigionamento alimentare sostenibile è una delle grandi sfide che ci attendono. Sfida che diverrà sempre più pressante sotto il peso della crescita demografica. Allo stato attuale, la popolazione planetaria cresce di 70 milioni di abitanti all'anno. Come farvi fronte, se già oggi sono malnutriti 850 milioni di persone?

Se la sostenibilità dell'approvvigionamento alimentare è tra le sfide più grandi, sono innegabili i tanti successi conseguiti in epoche recenti dall'Unione europea, che ha portato pace, stabilità e prosperità. L'Unione europea è il primo donatore di aiuti pubblici allo sviluppo nonché un modello di cooperazione: è un patrimonio di esperienza da mettere al servizio del pianeta.

L'Unione non può permettersi il lusso di politiche miopi. Proprio come sono interconnesse le sorti del mondo, oggi sono sempre più legate tra di loro anche le varie politiche settoriali. La presente relazione ne prende atto e riconosce che gli elevati standard dell'Unione europea e la grande esperienza agricola possono rivelarsi preziosi per far fronte alla sfida della sicurezza alimentare globale, anche finanziando l'uso di fertilizzanti e di sementi ad alta resa, o formando e sostenendo gli agricoltori e i produttori alimentari.

 
  
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  Niels Busk e Anne E. Jensen (ALDE), per iscritto. - (DA) Gli onorevoli Jensen e Busk hanno votato a favore della relazione McGuinness sul tema politica agricola comune e sicurezza alimentare globale, poiché gran parte del testo è eccellente e perché è possibile votare solo a favore o contro. Non possiamo però sostenere i paragrafi 63 e 64, che mettono in dubbio la liberalizzazione degli scambi in campo agricolo. Quali ferventi sostenitori del libero scambio, reputiamo invece del tutto giusto adoperarsi per l'applicazione dei principi del libero mercato anche ai prodotti agricoli.

 
  
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  Ole Christensen, Dan Jørgensen, Poul Nyrup Rasmussen, Christel Schaldemose e Britta Thomsen (PSE), per iscritto. - (DA) I deputati danesi del Gruppo socialista al Parlamento europeo hanno votato contro la presente relazione d'iniziativa sulla politica agricola comune e la sicurezza alimentare globale. Questo perché la relazione contrasta la liberalizzazione della politica agricola e critica le restrizioni poste dall'Unione europea all'uso dei pesticidi. Reputiamo necessario un accesso equilibrato all'approvvigionamento alimentare su scala globale, ma questo obiettivo non si vedrà certo agevolato dal mantenimento o dall'ampliamento degli attuali aiuti comunitari all'agricoltura.

 
  
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  Konstantinos Droutsas (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) La problematica alimentare globale diviene sempre più pressante, anziché ridursi, e colpisce ovunque i ceti popolari, non solo nei paesi meno sviluppati, ma anche in quelli più avanzati.

La principale causa di questa situazione risiede nel fatto che il criterio ultimo della produzione agricola e alimentare è il profitto e non garantire l'approvvigionamento mondiale.

La quotazione borsistica dei generi alimentari si è tradotta in una spirale di prezzi al rialzo – e, con essa, in un rapido incremento dei profitti nelle tasche delle multinazionali dell'alimentazione, con una netta riduzione della produzione agricola e delle riserve alimentari planetarie e con un aumento del fenomeno della malnutrizione.

Per affrontare una situazione tanto inaccettabile, che condanna un miliardo di persone alla malnutrizione e alla fame, la relazione non va oltre qualche pio auspicio, comunque vanificato dall'ostinazione con cui difende le solite politiche di sempre: sostegno alla PAC con tanto di revisioni e di valutazioni dello stato di salute, completamento dei negoziati in seno alla OMC, disacoppiamento fra aiuti e produzione e perseveranza nella produzione di biocarburanti, sottraendo così terra alla produzione alimentare con la scusa di salvaguardare l'ambiente.

Principi quali la sovranità e la sicurezza alimentare, o il diritto all'autosufficienza, sono menzionati a stento.

I deputati europei del partito comunista greco hanno votato contro la relazione in quanto, malgrado le conclusioni tratte e gli auspici formulati, sostiene comunque una politica contro il popolo e a favore dei monopoli, condannando sempre più persone alla malnutrizione e alla fame.

 
  
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  Lena Ek (ALDE), per iscritto. - (SV) E’ di fondamentale importanza combattere e alleviare la fame nel mondo. A tale riguardo, accolgo con favore i contenuti della relazione di iniziativa presentata dall’onorevole McGuinness sulla politica agricola comune e la sicurezza alimentare globale.

Ho tuttavia deciso di astenermi dal voto perché la relazione ha qua e là toni fortemente protezionistici. Sovvenzionare e regolamentare l'agricoltura a livello interno non giova certo all'obiettivo di un'Unione europea aperta, verde e dinamica. Un libero mercato mondiale dei prodotti agricoli agevolerebbe lo sviluppo agricolo dei paesi poveri. E' quanto avviene oggi, segnatamente, in buona parte dell'Africa.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Condividiamo numerosi aspetti sottolineati dalla relazione, e in particolare:

- il fatto che il cambiamento di politica si sia tradotto in una perdita di potenziali opportunità di mercato per i produttori comunitari e in una maggiore dipendenza dalle importazioni di alimenti dall'esterno dell'Unione europea, prodotti secondo standard ben diversi e mettendo in difficoltà la produzione agricola comunitaria;

- il timore che il drastico aumento dei costi della produzione agricola comporti una riduzione delle superfici coltivate e della produzione, esacerbando la crisi alimentare in Europa e nel mondo;

- la necessità di strumenti di intervento per evitare fluttuazioni dei prezzi troppo pronunciate e dannose;

- la preoccupazione per la crescente concentrazione di mercato nel settore alimentare al dettaglio, che ha portato all'instaurazione di monopoli, e la necessità di negoziare con la distribuzione al dettaglio soluzioni più favorevoli ai piccoli coltivatori.

Vi sono però altri aspetti che non possiamo condividere:

- il crescente orientamento della PAC al mercato e l'esecrazione della nozione di sovranità alimentare, a beneficio della sola sicurezza alimentare, dimenticando che questa è difficilmente possibile senza sovranità alimentare.

Ecco le ragioni della nostra astensione dal voto.

 
  
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  Duarte Freitas (PPE-DE), per iscritto. – (PT) La relazione McGuinness tocca un tema che reputo strategico: la sicurezza alimentare e l'importanza, in un mondo globalizzato, di un'agricoltura europea forte e competitiva.

A seguito della recente crisi dei prezzi degli alimenti, la sicurezza alimentare deve costituire per l'Unione europea una priorità. Sebbene non sia prevista una nuova crisi alimentare nel breve periodo, non è esclusa in futuro, tenuto conto dell'impatto avverso del cambiamento del clima sulla produzione agricola e di una domanda in costante aumento.

Poiché i paesi in via di sviluppo non saranno probabilmente in grado di produrre alimenti a sufficienza per le loro popolazioni in crescita, i paesi industrializzati avranno ancora per molto tempo l'importante compito di produrre ed esportare cibo.

La PAC deve quindi tornare a costituire una priorità dell'Europa e rappresentare il fondamento stesso della politica europea per la sicurezza alimentare: in epoche di crisi finanziaria, ciò è più importante che mai.

 
  
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  Jeanine Hennis-Plasschaert, Jules Maaten, Toine Manders e Jan Mulder (ALDE), per iscritto. - (NL) La delegazione del partito popolare olandese per la libertà e la democrazia (VVD) ha votato a favore della relazione McGuinness sulla politica agricola comune e la sicurezza alimentare globale, pur disapprovandone alcuni aspetti. La delegazione del VVD avrebbe preferito che il testo affermasse chiaramente che le barriere agli scambi nel mondo in via di sviluppo vanno smantellate gradualmente e in modo reciproco. E avrebbe preferito che la relazione si schierasse a favore di una procedura apposita e più rapida per l'autorizzazione dei prodotti cisgenici, che ricadono tuttora nella procedura prevista per i prodotti biotecnologici convenzionali, nonostante facciano uso di materiale genetico ottenuto dalla stessa specie.

 
  
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  Ian Hudghton (Verts/ALE), per iscritto. - (EN) La relazione McGuinness tratta temi di rilevanza planetaria. Nel volgere di due anni, i prezzi alimentari mondiali sono aumentati di oltre l'80 per cento e le scorte di cereali si sono ridotte pericolosamente. La pressione sulle scorte alimentari globali giunge anche da fattori sinora inediti, come la maggior domanda di biocarburanti. Accolgo con favore l'orientamento d'insieme di questa relazione e, di conseguenza, ho votato a favore.

 
  
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  Anneli Jäätteenmäki (ALDE), per iscritto. - (FI) Signora Presidente, ho votato a favore della relazione McGuinness, ma tengo a richiamare all'attenzione, in particolare, su quanto segue.

Per la prima volta dagli anni Settanta, ci siamo trovati dinanzi a una crisi alimentare mondiale. Tale emergenza è in realtà iniziata prima dell'attuale crisi economica globale, con l'improvviso schizzare alle stelle dei prezzi di mais e frumento. Ora si parla di crisi finanziaria e non più di crisi alimentare, ma questa non è certo sparita. E' terrificante pensare che, ancor prima dell'attuale emergenza alimentare, circa un miliardo di esseri umani sul pianeta soffrivano la fame e la denutrizione cronica.

La sicurezza alimentare – l'accesso a un'alimentazione sufficiente, sicura e nutriente – deve assurgere a priorità politica fondamentale non solo qui, ma anche altrove. Non è tollerabile che, mentre la carestia dilaga nel mondo e i prezzi degli alimenti aumentano senza controllo, in Europa si smantelli l'agricoltura per le ragioni più disparate. In Finlandia, come in altri Stati membri, abbiamo il diritto di dedicarci a un'agricoltura redditizia sia oggi, sia in futuro.

Il comparto alimentare ha una notevole ricaduta occupazionale: in Europa, dà lavoro a oltre 4 milioni di persone. In Finlandia, si calcola che l'intera filiera alimentare dia lavoro a circa 300 000 persone, pari al 13 per cento degli occupati. E' evidente la necessità di tutelare questi posti di lavoro, proprio in un'epoca di crisi alimentare ed economica.

 
  
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  Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. - (SV) E' interessante constatare come la commissione per l'agricoltura e lo sviluppo rurale abbia deciso di non inserire nel testo un aspetto essenziale suggerito dalla commissione per lo sviluppo: “Il Parlamento europeo chiede alla Commissione e al Consiglio, in stretta concertazione con i paesi ACP, priorità alla questione dell'impatto su tali paesi delle sovvenzioni europee all'esportazione dei propri prodotti agricoli ed impegnarsi a fornire risposte concrete per evitare il dumping nel rispetto degli importanti impegni assunti nell’ambito del proseguimento degli obiettivi del Millennio per lo sviluppo".

Nella relazione si afferma invece che l'Unione ha affrontato gli elementi della PAC potenzialmente distorsivi degli scambi e suscettibili di un impatto negativo sugli agricoltori dei paesi in via di sviluppo. La relazione deplora poi che alcuni paesi terzi producano alimenti secondo standard ben diversi, esponendo l'agricoltura comunitaria a una concorrenza sleale.

Si tratta di due affermazioni quantomeno contraddittorie e non certo condivise da tutte le forze politiche dell'Unione europea. Se così fosse, perché non includere nel testo della relazione anche la proposta della commissione per lo sviluppo?

La relazione si schiera contro la riduzione delle sovvenzioni all'agricoltura e contro ogni riforma della PAC. Propugna inoltre il varo di una politica di informazione del cittadino in tema di PAC: a mio avviso, mera propaganda politica per un sistema molto discusso, specie nel mio paese.

Ho quindi votato contro la relazione.

 
  
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  Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) La recente impennata dei prezzi alimentari ha innescato giustamente un dibattito sulle politiche agricole, la sicurezza alimentare e lo sviluppo. Purtroppo, in questo dibattito è spesso assente il tema degli scambi internazionali, il che porta a soluzioni che ignorano il potenziale positivo racchiuso in un aumento dei consumi mondiali.

Nonostante l'inflazione alimentare comporti inizialmente una minaccia di carestia in paesi e popolazioni privi di risorse, con un maggior bisogno di aiuti umanitari, in un secondo momento stimola un incremento complessivo della capacità produttiva alimentare e un aumento degli scambi a livello mondiale. Per le popolazioni agricole di tutto il mondo, questa costituisce un'opportunità da cogliere appieno.

Quanto all'Europa e alla PAC, l'adattamento al nuovo contesto mondiale – con la prospettiva di una crescita inferiore al previsto – non dovrà avvenire né con metodi protezionistici, né con l'erezione di nuove barriere agli scambi o con distorsioni del mercato. I criteri guida della PAC e della sua riforma dovranno essere la redditività a medio e a lungo termine dell'agricoltura europea e lo sviluppo rurale.

 
  
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  Zuzana Roithová (PPE-DE), per iscritto. – (CS) La relazione appare piuttosto come una difesa d'ufficio della PAC nella sua attuale forma e non come un'analisi a tutto campo della problematica della sicurezza alimentare in un mondo che patisce la fame. L'ho appoggiata ugualmente, perché richiama l'attenzione sull'importanza di garantire agli agricoltori del Terzo mondo un accesso al credito che consenta di modernizzare la produzione agricola e di incrementare la resa e la qualità. Deploro la decisione di dedicare nella relazione scarsa attenzione ai rischi di svendita dei terreni nei paesi più poveri, per coltivarvi a prezzo stracciato alimenti da vendere al resto del mondo, a spese dello sviluppo economico e delle esigenze delle popolazioni locali, afflitte da penurie di alimenti endemiche.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. –Signor Presidente, onorevoli colleghi, mi dichiaro in favore della relazione dell'on. McGuinness sulla politica agricola comune e la sicurezza alimentare globale.

Condivido le preoccupazioni espresse dalla collega e la necessità, ora più che mai avvertita, che vengano prese misure adeguate per garantire il giusto accesso a cibo sano e nutriente da parte di tutti i cittadini, sia residenti all'interno dell'Unione europea, sia nel mondo. Desidero sottolineare come gli sforzi debbano essere visti in una prospettiva di medio / lungo periodo e quindi non solo incentrati nel breve termine.

Non sarà sufficiente destinare ingenti finanziamenti ai paesi poveri e in via di sviluppo se ciò non sarà affiancato da un serio impegno da parte dei paesi industrializzati a scongiurare le speculazioni sui prezzi degli alimenti di prima necessità, alle quali si è recentemente assistito, e a prevedere accordi internazionali che tengano conto della situazione profondamente eterogenea tra paesi facenti parte dell'Organizzazione mondiale del commercio. In caso contrario, le negoziazioni, già fallite, continuerebbero ad avere scarse probabilità di successo.

 
  
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  Catherine Stihler (PSE), per iscritto. - (EN) Il tema dei rapporti tra PAC e sicurezza alimentare globale riveste grande importanza. L'Unione europea deve avere la certezza di compiere il proprio dovere affinché le popolazioni affamate di tutto il pianeta vengano nutrite. E' intollerabile che al mondo vi sia chi muore di fame a causa della nostra incapacità di un coordinamento politico.

 
  
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  Andrzej Jan Szejna (PSE), per iscritto. – (PL) Scopo della PAC è non solo incrementare la produttività agricola e garantire uno sviluppo razionale del settore primario mediante l'uso ottimale dei fattori di produzione – e della forza lavoro in particolare – ma anche assicurare alle popolazioni rurali uno standard di vita adeguato, la certezza dell'approvvigionamento e garantire prezzi ragionevoli ai consumatori.

L'accesso a derrate alimentari sufficienti, sane e nutrienti rappresenta oggi per l'Unione europea una priorità politica strategica su scala mondiale.

E' inquietante che i prezzi degli alimentari siano saliti rispetto al passato e che le scorte a livello mondiale siano scese al di sotto di un livello critico. Vi è il rischio che la crisi finanziaria mondiale spinga i paesi avanzati a non onorare gli impegni in materia di aiuti al mondo in via di sviluppo.

Occorre agire a medio e lungo termine per salvaguardare la produzione alimentare e per sostenere coloro che si trovano più in difficoltà sul piano del fabbisogno nutrizionale di base.

La sfida più grande diviene così la messa a punto di una politica agroalimentare in grado di soddisfare il fabbisogno di una popolazione mondiale in crescita la quale, secondo le stime, da oggi al 2050 crescerà del 40 per cento, mentre nello stesso periodo la domanda di alimenti raddoppierà su scala planetaria.

Sul piano politico, la definizione di una politica che garantisca agli agricoltori un introito decoroso dagli alimenti prodotti costituisce un tema chiave, una necessità essenziale per poter salvaguardare la produzione alimentare. Se il mercato non è in grado di garantirlo, si impone allora una politica ad hoc.

 
  
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  Glenis Willmott (PSE), per iscritto. - (EN) La delegazione del partito laburista voterà a favore della relazione sulla politica agricola comune e la sicurezza alimentare globale, malgrado le forti riserve che nutre sulle posizioni assunte in materia di PAC.

Non condividiamo il ruolo di preminenza attribuito alla PAC nel garantire la sicurezza alimentare, né le critiche contro la riforma della PAC, che ha permesso di spostare l'attenzione dalla quantità alla qualità della produzione, con l'insinuazione che sarebbe stato proprio questo a minare la sicurezza alimentare. Riteniamo invece sia necessario un ammodernamento e non certo il ritorno a una politica legata alla produzione che in passato ha incoraggiato il surplus e la distorsione del mercato, pregiudicando la capacità di altri paesi di produrre e commercializzare prodotti agricoli.

Riteniamo però che la relazione affronti vari aspetti di grande importanza sotto il profilo della sicurezza alimentare globale, come il fatto di riconoscere la sicurezza alimentare come importante priorità politica dell'Unione europea, insistendo per una più stretta cooperazione globale, con maggiori investimenti nei paesi in via di sviluppo allo scopo di ampliarne la capacità produttiva e chiedendo che l'agricoltura venga posta al centro dell'agenda dell'Unione in materia di sviluppo. Sono tutti aspetti di pari importanza che non possono essere liquidati solo come una mera giustificazione per una PAC più interventista, e più protezionista; di qui il nostro sostegno alla relazione.

 
  
  

- Relazione Grabowska (A6-0475/2008)

 
  
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  Jan Andersson, Göran Färm e Åsa Westlund (PSE), per iscritto. - (SV) Noi socialdemocratici svedesi abbiamo votato a favore della relazione Grabowska sulle prospettive di rafforzamento del dialogo civile dopo il trattato di Lisbona. Potenziare il dialogo con la società civile è essenziale per dar vita a un'Unione europea in grado di ascoltare e rappresentare le opinioni dei suoi cittadini. Condividiamo inoltre l'istanza che il Consiglio si mostri più aperto in modo da consentire alla società civile una partecipazione che abbia un senso.

Teniamo tuttavia a chiarire che reputiamo un errore attribuire a chiese e comunità religiose un particolare status tra le varie organizzazioni della società civile. Queste devono partecipare al dialogo con le istituzioni dell'Unione allo stesso titolo di tutte le altre organizzazioni.

 
  
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  Adam Bielan (UEN), per iscritto. – (PL) Signora Presidente, ogni iniziativa tesa ad avvicinare i cittadini alle istituzioni che li rappresentano è benvenuta, a patto che non si trasformi a sua volta in un ennesimo ente. Ho appoggiato la relazione in quanto ogni passo che avvicini la cittadinanza alle autorità che decidono in suo nome significa un passo in più verso una democrazia più trasparente. Mi preme tuttavia ribadire che, come nel caso di ogni forma di dialogo, anche sul tema del trattato di Lisbona occorre tener conto dell'opinione di ogni parte in causa.

 
  
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  Martin Callanan (PPE-DE), per iscritto. - (EN) La relazione fa riferimento al trattato di Lisbona che, vi ricordo, non è in vigore. E' quindi un atto di estrema presunzione, per non dire di arroganza, invocarlo come se fosse già oggi realtà.

Per chi se ne fosse dimenticato, il trattato di Lisbona è stato affossato dalla volontà democratica del popolo irlandese, che ha posto freno a tale progetto in nome di una diversa concezione di Europa. Con il loro voto, gli irlandesi hanno parlato a nome dei cittadini di tutti gli altri Stati membri – incluso il mio – che si siano visti negare un referendum dal proprio governo.

L'Irlanda è oggetto di pressioni per una seconda consultazione popolare, ma difficilmente gli irlandesi accetteranno di farsi trattare con simile disprezzo.

In futuro, evitiamo di screditarci da soli con discussioni su scenari ipotetici come il trattato di Lisbona, che hanno il solo effetto di mettere a nudo la boria con cui l'Unione europea si pone davanti all'espressione democratica.

Ho votato contro la relazione.

 
  
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  Koenraad Dillen (NI) , per iscritto. - (NL) Forse sono io che vivo su un altro pianeta, ma mi sembra di ricordare che nel 2005 i popoli di Francia e Paesi Bassi abbiano respinto la costituzione europea per via democratica, tramite referendum. Quella costituzione è morta e sepolta, o quantomeno lo è se vogliamo definirci democratici. Il trattato di Lisbona, nato sotto una cattiva stella, costituisce una mera versione ripulita di quella costituzione ed è andato incontro allo stesso destino: una sonora bocciatura democratica nel referendum irlandese.

L'Europa, tuttavia, rifiuta di accettare l'espressione della volontà popolare e vorrebbe imporre con la forza la costituzione agli europei dalla porta di servizio, facendo finta che siano tutte rose e fiori e cianciando, con inquantificabile cinismo, di dialogo con il cittadino nel quadro del trattato di Lisbona.

Bel dialogo con la società civile, bella cultura potenziata della consultazione e del dialogo, nella quale la relatrice con grande cinismo cita ancora una volta l'articolo 10 del TUE: "Ogni cittadino ha il diritto di partecipare alla vita democratica dell'Unione". Sarà, ma comunque l'Europa non tiene in alcuna considerazione l'espressione democratica della sua popolazione.

 
  
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  Avril Doyle (PPE-DE), per iscritto. - (EN) La relazione presentata dall’onorevole Grabowska prevede meccanismi partecipativi più forti e migliori strumenti per il dialogo civile in seno all'Unione europea, affrontando il divario fra Stati membri e il tema del rapporto tra cittadini e istituzioni che li rappresentano. Riconosce inoltre la necessità di potenziare il dialogo civile per tenere alto l'impegno verso gli obiettivi del progetto europeo.

La recente bocciatura del trattato di Lisbona in Irlanda è in parte dovuta allo scollamento fra percezione e realtà dell'Unione. La proposta ruota attorno al concetto che la chiave per giungere a un vero partenariato democratico va ricercata nella diffusa mancanza di informazione. Di qui l'importanza di un dialogo reciproco, che presti ascolto alle opinioni espresse e che le rispetti.

Nel testo, la relatrice evidenzia il ruolo centrale di trasparenza e rappresentatività ai fini di un attivo dialogo civile e di una genuina democrazia partecipativa. Un Consiglio più aperto e più accessibile, una cooperazione interistituzionale più intensa e più integrata, un miglior uso dei nuovi media per entrare in contatto con i cittadini e per fornire supporto alle istituzioni della società civile: tutto ciò servirà a rendere più salda l'Europa. Per queste ragioni, sostengo la relazione Grabowska.

 
  
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  Bairbre de Brún e Mary Lou McDonald (GUE/NGL), per iscritto. - (EN) Noi sosteniamo qualunque sforzo teso a coinvolgere attivamente i cittadini, le collettività locali e la società civile nei processi decisionali, inclusa l’Unione europea.

Tuttavia, non riteniamo che il trattato di Lisbona segni alcun vero progresso in questo campo; a nostro avviso, perché la proposta "iniziativa dei cittadini" abbia un senso, la Commissione dovrebbe essere tenuta legalmente a elaborare un Libro bianco che faccia riscontro alla proposta, o a illustrare la base giuridica del trattato per l'inazione.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto.(PT) Ecco l'ennesima relazione che va contro i tentativi della maggioranza di questo Parlamento di “vendere” a tutti i costi il progetto del trattato di Lisbona: un compito, questo, che non si è rivelato facile, a giudicare dai risultati di precedenti referendum. Questi ripetuti tentativi hanno però un merito: quello di mostrare quanto sia difficile e penoso, per i fautori del trattato, trovare argomentazioni a suo sostegno.

Non esiste propaganda alcuna – è questo il tema della relazione – in grado di mascherare la natura antidemocratica dell'insistenza con cui i leader dell'Unione vogliono imporre all'Irlanda un nuovo referendum e con esso questo trattato. Non condividiamo la ristrettezza di vedute di chi pensa che dar vita al dialogo civile o a un'iniziativa dei cittadini basti a controbilanciare la natura di una proposta che, nel suo insieme, impedisce ai cittadini di ogni Stato membro di determinare il loro futuro comune, per propugnare invece misure che si traducono in precariato, orari di lavoro più lunghi, più facile messa in mobilità e privatizzazione dei servizi pubblici.

Non esiste propaganda in grado di nascondere il contenuto neoliberale, federalista e militarista di questa bozza di trattato. Ecco perché abbiamo votato contro.

 
  
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  Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. – (FR) La relazione Grabowska chiede un dialogo permanente fra tutte le istituzioni europee e i rappresentanti della società civile per la definizione delle politiche e la stesura della legislazione comunitaria: in altre parole, l'organizzazione in via formale e obbligatoria di una democrazia partecipativa a livello di Unione europea.

Peccato però che la democrazia partecipativa sia solo una facciata per chi rifiuta la democrazia vera e propria: permette di limitare il dialogo alle organizzazioni più attive – che di rado sono anche le più rappresentative – e a quanto pare mira a sondare preventivamente le opinioni dei cittadini, così da potersi rifiutare di consultarli nelle debite forme in un secondo momento.

Se l'Europa di Bruxelles intende prestare ascolto ai cittadini, prenda atto dei "no" di francesi e olandesi alla Costituzione europea e abbandoni in trattato di Lisbona, mera copia della costituzione. Se bisogna tener conto dei sondaggi d'opinione, come vorrebbe la relatrice, allora si sospendano i negoziati d'adesione con la Turchia, dato che la maggioranza dei cittadini dell'Unione è contraria. Se è giusto rispettare il principio che le decisioni vengano prese il più possibile vicino al cittadino, allora l'Europa smetta di voler determinare il nostro vivere quotidiano. Solo allora sarà credibile quando parla di democrazia.

 
  
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  Anna Hedh (PSE), per iscritto. - (SV) Ho votato a favore della relazione Grabowska sulle prospettive di rafforzamento del dialogo civile dopo il trattato di Lisbona. Reputo importante rafforzare il dialogo con la società civile per poter dar vita a un'Unione che ascolti, e rappresenti, le opinioni dei suoi cittadini. Mi trovo inoltre d'accordo con le istanze di maggior apertura da parte del Consiglio per consentire la piena partecipazione della società civile. Ho però trovato inutile l'inclusione del trattato di Lisbona, divenuto irrilevante dopo il "no" irlandese.

E' inoltre un errore attribuire a chiese e comunità religiose un particolare status tra le varie organizzazioni della società civile. Queste devono partecipare al dialogo con le istituzioni dell'Unione europeo allo stesso titolo di tutte le altre organizzazioni.

 
  
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  Jörg Leichtfried (PSE), per iscritto. - (DE) Concordo con la relazione sulle prospettive di rafforzamento del dialogo civile dopo il trattato di Lisbona.

Reputo molto importante il dialogo civile, per una maggiore trasparenza verso la cittadinanza da parte di coloro che la rappresentano.

Vorrei porre l'accento sul fatto che il dialogo fra l'Unione europea e i suoi cittadini deve però avvenire in ambedue le direzioni. Non basta informare in patria sull'andamento dei vari progetti; siamo tenuti ad ascoltare il singolo elettore e a tener seriamente conto di ciò che ha da dire.

 
  
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  Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. - (SV) Il trattato di Lisbona non è stato adottato. E' stato bocciato dagli elettori irlandesi tramite referendum ed è quindi da considerarsi morto. Quello che era in sostanza lo stesso trattato aveva già incassato una bocciatura nelle due consultazioni popolari tenute in Francia e Paesi Bassi.

Ciò malgrado, la maggioranza federalista del Parlamento non ha nessuna intenzione di ascoltare, per insistere invece sul progetto di un'Unione europea sempre più sovranazionale, a dispetto del fatto che i cittadini hanno già manifestato il loro scetticismo in più referendum e che, se solo ne avessero l'occasione, questo stesso scenario si ripeterebbe anche in altri paesi.

E' questo stesso modo di lavorare da parte del Parlamento europeo a mostrare quale sia il dialogo civile voluto dalla maggioranza federalista: prestare ascolto unicamente alla fetta di opinione pubblica che le dà ragione.

Al di là delle procedure legislative, questa relazione non mi pare niente di speciale. Al paragrafo 9, afferma che tutte le istituzioni dell'Unione europea dovrebbero tenere registri aggiornati di tutte le organizzazioni non governative pertinenti. Ecco un inutile onere burocratico senza alcun beneficio. Inoltre, il paragrafo 11 allude alla promozione di una mentalità europea attiva. Ma che cosa si intende?

L'aspetto peggiore di tutta la relazione rimane comunque l’invito, al paragrafo 22, a “creare una base giuridica comune per le organizzazioni europee della società civile”. Ecco l'ennesimo passo verso la trasformazione dell'Unione europea in uno Stato.

Ho quindi votato contro la relazione.

 
  
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  Andreas Mölzer (NI), per iscritto. - (DE) Suona così bene parlare di dibattito pubblico sul trattato di Lisbona, e in tutte le lingue. Eppure, malgrado i tentativi di mascherare i reali obiettivi, la gente ha capito benissimo che un trattato proteso al 95 per cento a difendere una costituzione già bocciata non è certo l'uovo di Colombo, con buona pace dell'Unione europea.

E' inoltre interessante, dato che il dialogo dovrebbe svolgersi in tutte le lingue, che non siamo neppure in grado di garantire che il presidente in carica del Consiglio abbia un sito web completo nelle lingue più diffuse dell'Unione, ossia inglese, francese e tedesco. E che figura ridicola facciamo con i cittadini, magnificando le virtù democratiche della nuova costituzione con le sue inedite iniziative popolari, quando poi i referendum vanno ripetuti finché non danno l'esito voluto. Poiché questa iniziativa altro non è che l'ennesima campagna per una costituzione dell'Unione europea, per la quale si è speso già abbastanza, ho votato contro la relazione Grabowska.

 
  
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  Nicolae Vlad Popa (PPE-DE), per iscritto. – (RO) Ho votato a favore della relazione, in quanto la società civile ha un ruolo essenziale nel processo di integrazione europea, come vettore delle istanze dei cittadini alle istituzioni europee.

Affinché l'Unione europea possa realizzare i propri obiettivi e finalità, si impongono un vasto dibattito pubblico, un più efficace dialogo civile e lo sviluppo della coscienza politica: tutti aspetti che la relazione non manca di riconoscere.

La relazione getta luce, inoltre, sull'importanza del bagaglio di esperienza che la società civile può mettere al servizio delle istituzioni, ribadendo il ruolo e l'importanza degli elementi di informazione e sensibilizzazione propri del dialogo civile.

Spero che le attuali iniziative dell'Unione, tese a promuovere un maggior coinvolgimento della società civile nel processo di integrazione europea, proseguiranno anche in futuro. Penso qui a iniziative come Europe by Satellite, l'Agorà dei cittadini e altri fori di dibattito sui temi più vari.

Confido che la relazione possa incoraggiare il Consiglio ad agevolare e semplificare l'accesso ai suoi lavori, quale condizione di base per avviare un vero dialogo con la società civile.

 
  
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  Zuzana Roithová (PPE-DE), per iscritto. – (CS) Onorevoli colleghi, saluto il fatto che la relazione sottolinei la necessità del dialogo civile, in un momento in cui i paesi europei stanno vivendo una crisi della democrazia. La gente non capisce ciò che non la riguarda quotidianamente, o non è interessata. La scarsa affluenza alle urne registrata alle europee è la logica conseguenza del fatto che il cittadino non sappia quale possa essere il contributo positivo della legislazione europea alla sua stessa esistenza, con il risultato che non crede neppure che il suo voto abbia una qualsivoglia influenza. E' poco noto che il trattato di Lisbona rafforza la democrazia partecipativa. Convengo con la relatrice, l’onorevole Grabowska, che gli Stati membri debbano sostenere le ONG in modo più sostanziale. A condizione, però, che siano ONG rappresentative e trasparenti. Ho votato a favore della relazione anche perché chiede alla Commissione la pubblicazione sistematica degli elenchi delle organizzazioni che hanno preso parte alla consultazione che hanno presentato il loro punto di vista e le loro proposte. Ciò contribuirà di certo a rendere meno anonimo l'intero processo e a una maggiore rappresentatività delle stesse ONG. Condivido inoltre la tesi che la campagna elettorale per le europee offra agli eurodeputati più responsabili un'opportunità d'oro per spiegare quali siano le decisioni prese a Strasburgo, come la società civile partecipi ai nostri lavori e come cambierà tale partecipazione con l'adozione del trattato di Lisbona.

 
  
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  Andrzej Jan Szejna (PSE), per iscritto. – (PL) Il trattato di Lisbona attribuisce al dialogo con i cittadini lo status di un imperativo categorico per ogni politica e sfera di attività dell'Unione europea.

Il successo del dialogo è subordinato al principio di rappresentanza e, pertanto, al chiaro impegno dei soggetti in causa. Le autorità nazionali, regionali e locali devono ricorrere al metodo del dialogo per far sì che i cittadini possano vivere appieno la democrazia partecipativa.

Va riconosciuto che l'Unione europea ha ancora molta strada da compiere in fatto di comunicazione, specie in materia di dialogo con i cittadini.

I cittadini europei devono essere certi che, a livello europeo, nessuna decisione venga presa senza il loro coinvolgimento e che il voto alle elezioni consenta una genuina influenza su tali decisioni.

Condivido appieno l’invito della relatrice a incoraggiare la promozione di iniziative nel campo del dialogo civile.

 
  
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  Charles Tannock (PPE-DE), per iscritto. - (EN) Parlare ora di ciò che accadrà con l'entrata in vigore del trattato di Lisbona è prematuro. Il trattato resta nel limbo e quest'anno potrebbe incassare un nuovo "no" in Irlanda, in un secondo referendum.

Sino a quando la situazione sarà questa, è inutile comportarsi come se il trattato fosse già in vigore. Così facendo, ci esponiamo al rischio di essere tacciati di arroganza e disprezzo per un processo democratico che deve ancora concludersi, in un senso o nell'altro.

Inoltre, non sono favorevole a spendere fondi europei per promuovere il trattato di Lisbona né nel dialogo civile, né con altri mezzi. Abbiamo organi di informazione liberi e democrazie solide e siamo perfettamente in grado di condurre in autonomia un simile dibattito, senza che la Commissione cerchi di influenzarne l'esito. Nel Regno Unito, il mio paese, il tentativo della Commissione di spingere per un'ulteriore integrazione dell'Unione tende a rivelarsi controproducente.

Come altri conservatori britannici, vorrei vedere per l'Unione europea ben altro futuro: fare di meno, e farlo meglio.

Ecco perché ho votato contro la relazione.

 
  
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  Frank Vanhecke (NI), per iscritto. - (NL) La relazione Grabowska è l'ennesimo esempio del modo scandaloso in cui questo Parlamento tratta quegli stessi principi per i quali si straccia le vesti. "Il dialogo civile dopo il trattato di Lisbona": che barzelletta! Il trattato di Lisbona, che poi è solo la ex costituzione europea sotto mentite spoglie, è finito dritto nel cestino con le consultazioni popolari in Francia, Paesi Bassi e Irlanda. E altri paesi non osano neppure organizzarne una.

Se ciò che l'Europa persegue è davvero il dialogo con il cittadino, allora inizi a rispettare la democrazia. Se l'esito di un referendum non aggrada alla nomenclatura dell'Eurocrazia, questo non significa necessariamente che l'elettore sia un minus habens. Significa semmai il contrario! E comunque, ho votato senza esitazione contro questa relazione. Nec spe, nec metu.

 
  
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  Anna Záborská (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Le autorità europee devono essere aperte al dialogo e alla cooperazione con i cittadini e con le organizzazioni della società civile. Tutti possono contribuire al bene comune.

Non deve invece essere consentito a gruppi d'interesse particolari, a lobby che non rappresentano il bene comune, di infiltrarsi nel processo legislativo sotto il pretesto del dialogo civile. L'accesso al dialogo deve avvenire a condizioni eque.

Ribadisco che il dialogo debba riguardare anzitutto le associazioni che danno voce alle famiglie e agli individui più in difficoltà. La lotta all'indigenza e alle disuguaglianze sociali non avrà alcun successo durevole senza un dialogo permanente con famiglie e singoli cittadini costretti a misurarsi ogni giorno con l'emergenza di una povertà estrema. Un dialogo difficile ma necessario. Le autorità europee, nazionali, regionali e locali non possono permettersi scorciatoie: devono costruire una società inclusiva, un'Europa per tutti. Sotto il profilo delle buone prassi, va riconosciuto l'operato del comitato economico e sociale o del movimento internazionale ATD Quarto Mondo, che dal 1989 organizza le sessioni europee delle Università popolari del Quarto mondo, sede di un dialogo strutturato tra esponenti delle autorità e cittadini in estremo stato di necessità.

 
  
  

- Relazione Weiler (A6-0514/2008)

 
  
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  Gerard Batten (IND/DEM), per iscritto. - (EN) Mi sono astenuto dal voto su questa relazione perché, sebbene io e l'Independence Party britannico sosteniamo appieno la causa delle pari opportunità, il Regno Unito ha già una legislazione in materia che può essere se necessario modificata, o migliorata, dal nostro Parlamento democraticamente eletto e tenuto a render conto del proprio operato. L'Unione europea non è democratica, è antidemocratica e non può costituire legittimamente il custode dei diritti di nessuno.

 
  
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  Sylwester Chruszcz (UEN), per iscritto. – (PL) Appoggio la relazione Weiler ed esprimo il mio sostegno a provvedimenti tesi a recepire la direttiva relativa alle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno. L'idea di stilare una lista nera di pratiche commerciali sleali, non solo nei rapporti tra imprese e consumatori ma anche nei rapporti fra imprese, è lodevole. Appoggio anche i meccanismi finalizzati al monitoraggio e all'applicazione delle disposizioni di legge nel campo della protezione del consumatore dalle prassi sleali; sostengo ugualmente l'iniziativa di dar vita a una banca dati accessibile al pubblico che contenga le misure adottate a livello nazionale per recepire la direttiva sulle pratiche commerciali sleali. Un'iniziativa preziosa dal punto di vista dei consumatori polacchi ed europei.

 
  
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  Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. – (FR) Ci siamo astenuti dal voto sulla relazione Weiler in materia di pratiche commerciali sleali e pubblicità ingannevole in base ad alcune critiche di fondo.

La prima critica è che la legislazione europea su questi temi assume la forma della direttiva, il che significa che gli Stati membri sono liberi di scegliere gli strumenti più adatti per raggiungere gli obiettivi previsti. Così, l'auspicio della relatrice – l'uniformità della legislazione nazionale sia nella sostanza, sia nella forma – è destinato a rimanere appunto un auspicio, a meno di un'inaccettabile interferenza dell'Unione europea negli ordinamenti giuridici e amministrativi degli Stati, senza alcun beneficio pratico per il consumatore.

La seconda critica di fondo riguarda il fatto che il principale valore aggiunto apportato dall'Unione europea a simili ambiti risiede proprio nell'assistenza alla soluzione di contenziosi transfrontalieri; una problematica, questa, che resta irrisolta sia nelle norme attualmente applicabili, sia in quelle ora invocate.

Questa legislazione non può essere fine a se stessa, ma deve mirare a tutelare consumatori e imprese.

 
  
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  Małgorzata Handzlik (PPE-DE), per iscritto.(PL) La direttiva sulle pratiche commerciali sleali e la direttiva sulla pubblicità ingannevole hanno un significato immenso sotto il profilo della fiducia del consumatore e della certezza del diritto per le imprese nel mercato interno. Ciò diviene ancor più importante nelle transazioni transfrontaliere. Sempre più comuni nel mercato europeo. Ma nel caso di siffatte transazioni, al momento di intervenire nel paese destinatario le autorità nazionali di protezione del consumatore si scontrano ancora con varie difficoltà.

La corretta trasposizione, attuazione e applicazione di queste direttive è essenziale per assicurarne gli obiettivi stessi. Purtroppo, un certo numero di Stati membri non ha ancora onorato tale obbligo, il che non giova certo a instaurare un sano rapporto tra imprese e consumatori.

Nel 2007, la Commissione europea ha fatto ricorso per la prima volta allo strumento delle indagini a tappeto condotte a livello comunitario per verificare e garantire l'applicazione della legislazione sulla protezione dei consumatori ai siti web delle compagnie aeree. Addirittura nel 43,6 per cento dei siti esaminati sono emerse irregolarità, il che ribadisce la necessità di un maggior controllo sull'applicazione delle norme esistenti.

Accolgo con favore l'iniziativa della Commissione per la creazione di una banca dati accessibile al pubblico contenente le misure adottate a livello nazionale per il recepimento di queste direttive.

 
  
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  Ian Hudghton (Verts/ALE), per iscritto. - (EN) Sul fronte dei diritti dei consumatori, l'Unione europea ha compiuto progressi considerevoli. E' inaccettabile che alcuni Stati membri debbano ancora recepire la direttiva sulle pratiche commerciali sleali e, oggi, questo Parlamento ha lanciato un messaggio inequivocabile: questi Stati devono provvedere al recepimento.

 
  
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  Andreas Mölzer (NI), per iscritto. - (DE) Abbiamo adottato una direttiva europea per la tutela dei consumatori da pratiche commerciali sleali già nel 2005. Eppure ci rifiutiamo ancor oggi di proteggere i cittadini dallo spam via Internet, dalle telefonate pubblicitarie indesiderate e dalle società-bidone che si nascondono dietro caselle postali, prestanomi e ragioni sociali che spariscono nel nulla.

Quand'anche vengono pizzicate, queste società se la cavano con sanzioni pecuniarie risibili, prive dunque di qualsiasi effetto deterrente. E' necessario inasprire tali sanzioni in modo drastico, specie in caso di recidiva. Ed è essenziale che il consumatore truffato possa chiedere un risarcimento, altrimenti è una presa in giro. Le modifiche proposte miglioreranno la situazione del consumatore ed è per questa ragione che ho votato a favore.

 
  
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  Zuzana Roithová (PPE-DE), per iscritto. – (CS) Accolgo con favore la discussione sul recepimento, attuazione e applicazione della direttiva 2005/29/CE relativa alle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno nonché della direttiva 2006/114/CE relativa alla pubblicità ingannevole e comparativa. Se queste direttive rappresentano la spina dorsale della protezione del consumatore a livello di Unione europea, devono essere applicate con coerenza in tutto gli Stati membri, specie per gli acquisti in rete. Il mercato interno non deve frammentarsi; imprese e consumatori vanno sottoposti alle stesse norme in materia di tutela dei consumatori, a prescindere dal paese di vendita o di acquisto. Richiamo alla vostra attenzione il fatto che alcuni Stati, tra cui la Repubblica ceca, hanno recepito in ritardo la direttiva nell'ordinamento nazionale. Ciò che più conta ora, è che le autorità nazionali di vigilanza obblighino davvero le imprese poco serie ad adeguarsi alle nuove regole. I saldi dopo le feste natalizie sono un eccellente banco di prova. Occorre poi che le istituzioni europee favoriscano al massimo la cooperazione tra gli organi nazionali di vigilanza radiotelevisiva, che hanno il compito di verificare l'osservanza delle direttive nei media: è nel nostro interesse che tale vigilanza avvenga in modo coerente su tutto il territorio dell'Unione europea.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. –Egregio Presidente, onorevoli colleghi, comunico il mio voto favorevole in merito alla relazione della collega Weiler concernente il recepimento, attuazione e applicazione della direttiva 2005/29/CE relativa alle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno e della direttiva 2006/114/CE relativa alla pubblicità ingannevole e comparativa.

Sono fermamente convinto, infatti, che una corretta attuazione della direttiva permetta di rendere i cittadini pienamente consapevoli dei propri diritti. L’estensione dei diritti del consumatore attraverso la direttiva sulle prassi commerciali sleali deve essere accompagnata dalle misure necessarie ad agevolare l’esercizio di tali diritti.

Concordo con la relatrice quando si dice che un recepimento, un'attuazione e un'applicazione adeguati delle direttive sulle prassi commerciali sleali e sulla pubblicità ingannevole e comparativa siano di fondamentale importanza per il conseguimento degli obiettivi previsti dalle direttive stesse, in particolare alla luce delle diverse modalità e sistemi di applicazione e attuazione utilizzati dagli Stati membri, della complessità di alcuni concetti giuridici contenuti nelle direttive, della quantità ed esaustività delle norme nazionali che disciplinano le prassi commerciali sleali e la pubblicità ingannevole nonché del vasto campo di applicazione delle direttive. Infine mi compiaccio per l'iniziativa della collega, volta a regolamentare giuridicamente una tematica di assoluta importanza comunitaria.

 
  
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  Andrzej Jan Szejna (PSE), per iscritto. – (PL) Appoggio con convinzione la relazione presentata dall’onorevole Weiler sul recepimento, attuazione e applicazione della direttiva sulle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno e della direttiva relativa alla pubblicità ingannevole e comparativa.

La questione della pubblicità ingannevole e comparativa nelle transazioni tra imprese è stata regolamentata con l'adozione di una direttiva unica e consolidata. L'aspetto delle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori è invece disciplinato dalla direttiva 2005/29/CE.

Queste direttive sono concepite per garantire al consumatore una maggior sicurezza (la protezione risulta accresciuta dalla lista nera delle prassi commerciali da bandire, ma anche dalla miglior armonizzazione della protezione dei consumatori contro le pratiche sleali) e per fornire alle imprese maggiore certezza del diritto.

Un grado di protezione ancor più elevato sarebbe stato possibile se soltanto le disposizioni della direttiva fossero state completate con misure tali da consentirne la piena applicazione. Gli Stati membri dovranno quindi passare al setaccio i rispettivi ordinamenti e incrementare la trasparenza nel processo di recepimento.

Le modifiche introdotte vanno affiancate da procedure attuative chiare e da efficaci vie di ricorso: è l'unico modo per garantire ai consumatori il diritto di chiedere un risarcimento per danni e perdite causati da pratiche commerciali sleali, sulla falsariga dei meccanismi di monitoraggio della protezione del consumatore nel caso dei siti web delle compagnie aeree, messi in atto per la prima volta nel 2007. A livello nazionale, vanno prese in considerazione campagne di sensibilizzazione o di educazione dei consumatori sui loro diritti e su come farli valere.

 
  
  

- Relazione Guerreiro (A6-0485/2008)

 
  
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  Jan Andersson, Göran Färm, Anna Hedh, Inger Segelström e Åsa Westlund (PSE), per iscritto. - (SV) Noi socialdemocratici svedesi abbiamo votato contro la relazione sull'approccio ecosistemico alla gestione della pesca. Riteniamo che la relazione non affermi chiaramente la necessità di una politica della pesca che prenda le mosse da criteri di ecologia e sostenibilità. La relazione, inoltre, è troppo protesa ad allontanare le necessarie riforme della PCP e fa gli interessi della pesca su vasta scala.

 
  
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  Duarte Freitas (PPE-DE), per iscritto. – (PT) In estrema sintesi, questa relazione d'iniziativa del Parlamento europeo mira a integrare le disposizioni comunitarie in materia di salvaguardia dell'ambiente marino nella politica comune della pesca, in quanto la PCP ha, tra i suoi obiettivi, la graduale applicazione di un approccio ecosistemico alla gestione della pesca.

Uno dei punti essenziali della relazione che mi preme porre in risalto è il fatto che essa reputi l'attuale sistema del totale ammissibile di catture e quote come inadatto agli obiettivi della PCP riformata, quando il sistema si è già rivelato inadeguato sia nel settore della pesca, sia in quello della conservazione degli stock ittici.

Vanno introdotti in tempi brevi sistemi di gestione alternativi e, ciò precisato, ritengo che il dibattito in merito debba essere più tempestivo, dal momento che alcuni di tali sistemi alternativi (per esempio, una gestione basata sui diritti di pesca) sono già il pilastro della gestione attuata da paesi – come USA, Nuova Zelanda, Norvegia o Islanda – che vantano una solida tradizione e un enorme potenziale in materia di pesca.

Un altro aspetto essenziale da considerare è la revisione del piano di ripresa del nasello e dell'astice.

Ho votato a favore della relazione.

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Pur non condividendo appieno il contenuto della risoluzione adottata, trovo che essa racchiuda effettivamente una serie di importanti obiettivi e principi che dovrebbero presiedere a una politica della pesca.

La difesa e la riaffermazione di tali obiettivi e principi (che il partito comunista portoghese ha sempre perseguito con coerenza) diverranno sempre più importanti ora che la Commissione europea ha annunciato per il mese di aprile un Libro verde sul futuro della politica comune della pesca in vista di una riforma per il 2012. Sono obiettivi e principi in buona parte disattesi dalla PCP, che pur ne contempla alcuni.

Stanti le intenzioni e gli obiettivi posti dalla Commissione europea e dalle altre istituzioni dell'Unione per il futuro della pesca, il settore – che in Portogallo versa in una crisi nera a causa delle gravose politiche perseguite per decenni in sede comunitaria – dovrà restare molto vigile e mobilitarsi contro nuove misure ancor più gravose. Se adottate e applicate, queste porterebbero alla rovina di gran parte di un comparto tanto strategico, con gravi conseguenze per il paese.

Questa politica non deve avere necessariamente questi contenuti.

Esistono delle alternative per la pesca portoghese.

Alternative che il nostro partito propone e difende da tempo sia in patria, sia in questo Parlamento.

 
  
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  Ian Hudghton (Verts/ALE), per iscritto. - (EN) Ho votato a favore della relazione Guerreiro, che fa giustamente osservare come la politica della pesca dell'Unione europea debba promuovere l'ammodernamento e lo sviluppo sostenibile del settore, salvaguardandone la sostenibilità sul piano socioeconomico così come su quello delle risorse e garantendo l'approvvigionamento alla popolazione, la sovranità e la sicurezza alimentare, la difesa dell'occupazione e il miglioramento delle condizioni di vita dei pescatori. Esattamente il contrario di quanto ottenuto in trent'anni di PCP: è per questo che sostengo la rinazionalizzazione delle risorse di pesca.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. –Egregio Presidente, onorevoli colleghi, esprimo il mio voto favorevole in merito alla relazione della collega Guerreiro sulla PCP e l'approccio ecosistemico alla gestione della pesca. È di fondamentale importanza, infatti, non confondere la politica del mare o degli oceani con quella della pesca: in questo mi trovo pienamente d'accordo con il relatore.

Una politica della pesca deve partire dal presupposto che esiste un'interdipendenza tra il benessere delle comunità di pescatori e la sostenibilità degli ecosistemi dei quali esse sono parte integrante, in particolare attraverso il riconoscimento della specificità e dell’importanza della piccola pesca costiera e della pesca artigianale.

Infine, concordo con il collega quando si afferma che il compito primario e principale della gestione della pesca, in quanto attività di sfruttamento di una risorsa rinnovabile, consiste nel controllare (direttamente o indirettamente) lo sforzo totale di pesca così da garantire la cattura massima sostenibile. Attraverso tale approccio si compie quindi un ulteriore passo in avanti nella realizzazione degli obiettivi posti dall'Unione Europea.

 
  
  

- Relazione Klaß (A6-0443/2008)

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Anche in questo caso, il compromesso finale ha finito per tenere conto di molte critiche da noi sollevate alla proposta iniziale, nello specifico sugli indicatori di riduzione e gli obiettivi, le misure e i tempi per ridurre i rischi e i pericoli associati ai pesticidi e alla dipendenza da pesticidi. A nostro avviso, è più ragionevole non quantificare questi obiettivi sin dall’inizio, per non creare maggiori ostacoli all’agricoltura su piccola scala.

Consideriamo positivo anche il fatto che sia mantenuto l’esonero dall’ispezione obbligatoria delle attrezzature e degli accessori indicati nella proposta iniziale della Commissione e che sia decaduto l’obbligo di ispezionare tutto, compresi attrezzature e accessori usati nelle piccole aziende agricole a conduzione familiare.

Crediamo che questa differenziazione – in linea di principio e in pratica – tra aziende a conduzione familiare e agroindustria intensiva debba essere presente in tutte le decisioni. Tra l’altro, dobbiamo sempre ricordare che non sono state le aziende a conduzione familiare e il metodo di produzione non intensivo a provocare la BSE, diossine, nitrofurani e altri disastri alimentari.

Per tale motivo abbiamo votato a favore del compromesso.

 
  
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  Duarte Freitas (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Concordo con la relatrice e mi congratulo con lei per la relazione finale.

L’entrata in vigore di questa direttiva sarà molto importante per esercitare maggiori pressioni sull’urgente modifica della politica di riduzione dei rischi da pesticidi che, nell’Unione europea, è stata caratterizzata da una certa mancanza di informazione e di controlli su pratiche e prodotti. Per difendere la salute umana e l’ambiente, è indispensabile contribuire a cambiare l’approccio ai pesticidi agricoli.

Il documento dinanzi a noi è fondamentale poiché stabilisce regole per informare e formare chi usa pesticidi e impone il controllo delle attrezzature. Esso, inoltre, vieta l’irrorazione aerea (permessa nei casi di assoluta necessità e in mancanza di alternative). Un altro aspetto positivo è la possibilità data a ciascuno Stato membro di definire zone di protezione e zone di rischio.

 
  
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  Robert Goebbels (PSE), per iscritto. – (FR) Mi sono astenuto dal voto sul pacchetto pesticidi per protestare contro questo metodo antidemocratico di sottoporre al Parlamento europeo compromessi negoziati tramite dialoghi informali a tre tra Consiglio, Commissione e rappresentanti del Parlamento europeo, basati unicamente su compromessi raggiunti in un’unica commissione parlamentare. Infatti, rinunciare a un dibattito democratico vero e proprio in prima lettura significa non solo togliere a ogni deputato il diritto di presentare emendamenti, ma anche produrre una normativa europea concepita a dispetto di qualsiasi trasparenza democratica.

Inoltre, la legislazione adottata è per molti versi eccessiva, burocratica e controproducente.

 
  
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  Eija-Riitta Korhola (PPE-DE), per iscritto. − (FI) Signora Presidente, credo che le relazioni adottate sui pesticidi e sui prodotti fitosanitari siano le migliori, le più realistiche e le più efficaci cui si possa ambire, motivo per cui ho votato a favore.

Anche se all’ultimo momento in plenaria alcuni deputati hanno presentato emendamenti che, a loro avviso, avrebbero dotato la legislazione di basi scientifiche più solide, offrendo al contempo la possibilità di deroga ai singoli Stati membri, alla maggioranza di noi era chiaro che sarebbe stato azzardato trascurare il risultato dei negoziati tra Parlamento e Consiglio, pur con emendamenti validi.

La relazione sulla commercializzazione dei prodotti fitosanitari è stata quella che più ha acceso gli animi. I diversi approcci e interessi nazionali e la mancanza di consenso in Consiglio hanno avuto ripercussioni sullo stato d’animo del Parlamento. Anche nel nostro gruppo il dibattito è stato intenso. Tuttavia, le reazioni delle parti interessate del settore dimostrano che la legislazione è coerente e consentirà il raggiungimento degli ampi obiettivi dell’Unione europea definiti affinché possano migliorare e tutelare l’ambiente e la salute pubblica.

 
  
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  Carl Lang (NI), per iscritto. – (FR) Gli studi d’impatto condotti da centri e istituti tecnici francesi rivelano che il progetto di revisione della direttiva europea sui pesticidi potrebbe portare alla scomparsa di molti prodotti attualmente sul mercato.

E’ importante che questo progetto dia agli agricoltori dell’Unione gli strumenti per proteggere le loro colture. In caso contrario, la produzione vegetale avrà una significativa contrazione e potrebbe avere un considerevole impatto sulla zootecnia.

Interi settori agricoli in Francia e in Europa potrebbero essere condannati e il ruolo stesso dell’agricoltura, cioè nutrire i nostri cittadini con prodotti sani e diversi, sarebbe minacciato.

Senza mettere in dubbio la necessità di tutelare l’utente e il consumatore, il nuovo regolamento non deve compromettere l’innovazione né la diversità delle famiglie chimiche. Deve pertanto prevedere, da subito, soluzioni alternative.

Questa è l’unica soluzione per evitare il trasferimento di molte produzioni agricole, nonché della ricchezza e dei posti di lavoro ad esse associati.

Dinanzi a queste sfide cruciali per gli agricoltori e i produttori di frutta, verdura e cereali bisogna rimanere vigili sulle riforme in corso e sulle misure adottate e applicate a livello nazionale.

 
  
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  Astrid Lulling (PPE-DE), per iscritto. − (DE) Ho votato a favore di entrambi i compromessi raggiunti nei difficili negoziati a tre tra Parlamento, Consiglio e Commissione.

L’uso dei pesticidi è inevitabile nell’agricoltura moderna poiché garantiscono lo sfruttamento ottimale dei terreni agricoli in Europa, assicurando in tal modo un elevato livello di produzione alimentare.

Ovviamente sono soddisfatta che si sia tenuto conto della mia risoluzione adottata a novembre e che si debba quindi prestare particolare attenzione nell’autorizzare pesticidi che potrebbero risultare tossici per le api, vietando l’utilizzo solo delle sostanze che effettivamente lo sono.

L’obiettivo è l’efficienza, ovvero il necessario, ma il meno possibile. Sarebbe una pazzia imporre una riduzione lineare nel numero dei prodotti. Gli agricoltori necessitano di un numero sufficiente di prodotti diversi, se non altro per impedire che si venga a formare una certa riluttanza.

Ovviamente nutro ancora timori sulle effettive ripercussioni del regolamento su agricoltura, viticoltura e orticultura a livello di utilizzo e prezzi dei pesticidi e non sappiamo ancora nemmeno quali saranno gli effetti sui settori industriali coinvolti. In tal senso si rivela necessaria una valutazione a posteriori.

Sono felice che il Lussemburgo ora si trovi nella stessa zona di Belgio e Germania, dove agricoltori e viticoltori possono usare gli stessi prodotti da entrambe le parti del confine. Il problema con la Francia deve essere risolto con intelligenza.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. – Egregio Presidente, onorevoli colleghi, esprimo il mio voto positivo in merito alla relazione presentata dalla collega Klaß riguardante la direttiva quadro per l’utilizzo sostenibile dei pesticidi. Mi trovo totalmente d’accordo sull’adozione della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio.

L’obiettivo della direttiva è ridurre l’impatto dei pesticidi sulla salute umana e l’ambiente: per questo la riduzione quantitativa dell’uso di pesticidi dovrebbe essere una delle finalità pratiche, da conseguirsi mediante la fissazione concreta di obiettivi e l’attuazione dei piani d’azione nazionali. Inoltre è necessario che i controlli siano molto più restrittivi, in modo da proteggere a pieno la salute dei cittadini. Infine, ritengo che le etichette apposte dietro tali prodotti debbano essere chiare e comprensibili a tutti, affinché si conoscano le implicazioni legate all’uso di ogni singolo elemento.

 
  
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  Bart Staes (Verts/ALE), per iscritto. − (NL) Ieri ho affermato durante la discussione che ritengo onesto questo compromesso e che il gruppo Verde/Alleanza libera europea del Parlamento europeo lo appoggerà. Desidero tuttavia sottolineare che, per pervenire a un accordo con la lobby degli agricoltori e l’industria dei pesticidi, abbiamo dovuto accettare alcuni compromessi. Mi rammarico ancora del fatto che sia stato eliminato l’obiettivo del 50 per cento.

Tutto è lasciato quindi alle ambizioni dei singoli Stati membri. Questi ultimi possono decidere di non essere troppo ambiziosi, il che potrebbe generare un’eccessiva reticenza. Inoltre, il risultato raggiunto sulla creazione di zone di rispetto nei terreni adiacenti ai corsi d’acqua è stato ridimensionato. Anche questo questa decisione viene ora lasciata alla volontà degli Stati membri. Dal punto di vista ambientale e della salute pubblica sarebbe stato preferibile adottare una distanza minima europea. La cosa positiva, però, è che i luoghi pubblici frequentati da gruppi vulnerabili (parchi, campi sportivi, aree ricreative, scuole e simili) saranno più protetti. Nelle Fiandre questo punto aveva già suscitato interesse e ora attirerà l’attenzione di tutti i governi europei.

 
  
  

- Relazione Breyer (A6-0444/2008)

 
  
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  Martin Callanan (PPE-DE), per iscritto. (EN) Questa legislazione porta interamente il nome dell’Unione europea – è il classico esempio di quando si usano metodi troppo drastici per risolvere i problemi. Le sue ripercussioni sugli agricoltori e sulle imprese ortofrutticole nell’Inghilterra nordorientale, la regione che rappresento, saranno di enorme portata.

Sicuramente le imprese perderanno posti di lavoro, cessando addirittura l’attività. Sicuramente i nostri agricoltori in difficoltà dovranno affrontare ancora più scocciature burocratiche e di certo i raccolti agricoli diminuiranno. Il fatto che questa settimana si stia anche discutendo della sicurezza alimentare globale è incredibilmente ironico. I pesticidi sono fondamentali per coltivare generi alimentari e sono già soggetti a rigide norme di sicurezza.

Nessuno mette in dubbio l’importanza di tutelare l’ambiente, ma questa legislazione non è equilibrata. E’ eccessivamente prescrittiva e manca di flessibilità. La Commissione non è riuscita a realizzare uno studio di valutazione d’impatto sufficientemente ampio e aggiornato.

Per questi motivi ho votato contro la proposta.

 
  
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  Charlotte Cederschiöld, Christofer Fjellner, Gunnar Hökmark e Anna Ibrisagic (PPE-DE), per iscritto. − (SV) Oggi abbiamo votato a favore della relazione Breyer relativa all’immissione sul mercato dei prodotti fitosanitari. Il regolamento, che cerca di migliorare la sicurezza alimentare e contemporaneamente l’impatto sull’ambiente dei prodotti fitosanitari, è valido e importante.

Sin dalla prima lettura al Parlamento europeo, le analisi hanno rivelato che il regolamento rischia di essere troppo inflessibile e ampio e in Svezia potrebbe rendere impossibile la coltivazione delle colture comuni (ad esempio carote e cipolle) su scala commerciale. La situazione non è migliorata dal fatto che le valutazioni d’impatto delle norme, ad esempio quelle dello Swedish Chemicals Inspectorate e della sua controparte britannica, il Pesticides Safety Directorate, divergono su alcune importanti conclusioni. Ci rammarichiamo del fatto che, in questa seconda lettura in Parlamento, non ci sia stata l’opportunità di votare per un chiarimento in tal senso, ma allo stesso tempo sottolineiamo che il testo adottato apporta migliorie a quello presentato in Aula in prima lettura.

Avremmo voluto si fosse tenuto conto dell’accordo raggiunto tra Parlamento europeo e Consiglio, che avrebbe chiarito il regolamento vietando più apertamente l’uso pericoloso dei pesticidi, ma continuando a permettere, al contempo, le pratiche fitosanitarie necessarie, responsabili e sicure che ora rischiano di essere vietate.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Il compromesso raggiunto infine dal Parlamento europeo fa marcia indietro rispetto alle proposte massimaliste avanzate sull’eliminazione delle sostanze attive, soprattutto per quanto riguarda le implicazioni negative che queste proposte avrebbero avuto su insetticidi e pesticidi. Questo vale soprattutto per paesi come il Portogallo, gravemente colpito da alcuni parassiti di frutta e verdura, patate e olive, e da alcune malattie come il nematode del pino e il cancro del castagno. Nel mio paese, anche a seguito della mancanza di efficaci campagne fitosanitarie, parassiti e malattie stanno causando gravi danni, soprattutto alle imprese a conduzione familiare.

Pur nutrendo molti dubbi in merito ad alcuni aspetti specifici del compromesso, come la questione dei metodi non chimici di controllo o prevenzione e della gestione dei parassiti e delle colture, crediamo sia corretto applicare il principio del riconoscimento reciproco delle autorizzazioni dei prodotti fitosanitari e creare zone comprendenti regioni con condizioni agricole e climatiche comparabili.

Insistiamo tuttavia sulla necessità di realizzare studi che forniscano una visione reale delle conseguenze di queste misure sulla produttività e, quindi, sui redditi degli agricoltori, affinché il costo possa essere condiviso dall’intera società, dato che si sta parlando di esigenze ambientali e di sicurezza alimentare.

 
  
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  Glyn Ford (PSE), per iscritto. (EN) Ho votato contro gli emendamenti alla relazione Breyer. In Gran Bretagna c’è stato un inutile eccesso di allarmismo su questa relazione cui è attribuita la fine dell’agricoltura convenzionale. Non è questa la posizione adottata dagli agricoltori negli altri Stati membri.

Tuttavia, in assenza di un’adeguata valutazione d’impatto della proposta attuale non è possibile capire quali saranno esattamente gli effetti. Sostengo quindi l’idea di concedere una deroga dopo il 2015, allo scadere delle attuali autorizzazioni, nel caso in cui uno Stato membro nutra seri timori sulla disponibilità di un pesticida con effetti nocivi sulle rese dei raccolti.

 
  
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  Duarte Freitas (PPE-DE), per iscritto.(PT) Il presente documento contribuirà ad armonizzare la legislazione in materia di pesticidi.

Concordo con la relazione adottata, soprattutto perché l’applicazione del principio di riconoscimento reciproco delle autorizzazioni dei prodotti fitosanitari porrà fine agli squilibri nella concorrenza tra diversi Stati membri (dotati di mercati di diverse dimensioni) e, in particolare, attenuerà le preoccupazioni ambientali e di sicurezza alimentare. La creazione di tre zone comprendenti regioni con condizioni agricole e climatiche comparabili è molto positiva. Sarebbe rischioso affiancare realtà completamente diverse.

L’analisi della questione degli interferenti endocrini poggia, a mio avviso, su un presupposto fondamentale: il testo proposto si basa infatti su un parere scientifico. Il problema di questo tipo di sostanze è che, a differenza delle sostanze cancerogene e mutagene, non hanno parametri tossicologici, ma producono una serie di effetti che variano da squilibri ormonali di lieve entità a malformazioni genitali e/o al cancro.

E’ importante regolamentare le sostanze che hanno comprovati effetti negativi sulla salute umana.

Il regolamento è dotato di una triplice base giuridica (agricoltura, mercato interno e salute pubblica) e questo, a mio avviso, è molto positivo.

 
  
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  Andreas Mölzer (NI), per iscritto. − (DE) Negli ultimi anni l’Unione europea ha costantemente aumentato i valori limite, motivo per cui una riduzione era attesa ormai da tempo. Il fatto che pesticidi estremamente dannosi per la salute siano finalmente vietati rappresenta un passo avanti, anche se in questo campo la ricerca è ancora troppo limitata. L’uso cumulativo di pesticidi, cui si può fare ricorso per aggirare i valori limite previsti, rimane tuttavia motivo di preoccupazione. Sappiamo ancora troppo poco delle possibili interazioni e siamo ancora in attesa delle specifiche legali.

Vi sono ancora dubbi sulla reale efficacia della documentazione e della tracciabilità. Gli scandali sulla carne degli ultimi anni dimostrano molto chiaramente quanto siano facili le frodi sull’etichettatura. Non va trascurato, infine, il fatto che, pur imponendo specifiche sui pesticidi ai nostri produttori e agricoltori, importiamo prodotti da paesi con condizioni più permissive. L’episodio sui giocattoli cinesi dovrebbe esserci di lezione. I regolamenti previsti sono un passo nella giusta direzione, motivo per cui ho votato a favore, ma dobbiamo fare molto di più.

 
  
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  Bill Newton Dunn (ALDE), per iscritto. (EN) Ho votato contro le conclusioni e le raccomandazioni del dialogo a tre tra Consiglio, Commissione e Parlamento perché:

- questa legislazione doveva essere approvata troppo in fretta dato che il mandato di Parlamento e Commissione termina la prossima estate; questo però non è un motivo sufficiente per legiferare in fretta e furia;

- non c’è stata una valutazione d’impatto sulle proposte;

- le raccomandazioni non sono fondate su solide basi scientifiche, ma più che altro su paure emotive legate alle cause che hanno portato alla preoccupante scomparsa delle api da miele a livello mondiale e su timori legati alla salute umana;

- gli agricoltori che rappresento nel Lincolnshire e nelle East Midlands mi hanno chiesto all’unanimità di oppormi alle proposte e, dato che sono persone concrete che coltivano ciò che noi mangiamo, dovremmo rispettare il loro parere.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. – Egregio Presidente, onorevoli colleghi, voto favorevolmente alla relazione esposta dalla collega Breyer, relativa all’immissione sul mercato di prodotti fitosanitari. Ne condivido le finalità e gli scopi, che sono quelli di assicurare un elevato livello di tutela sia della salute dell’uomo sia dell’ambiente.

Infatti, l’Unione Europea ha sempre tenuto in particolare considerazione le tematiche inerenti all’ambiente e questo regolamento è un ulteriore tassello volto a raggiungere questo obiettivo. Inoltre, sono convinto che sia giusto prevedere che le sperimentazioni sugli animali siano mantenute al minimo e siano effettuate solo in caso di assoluta necessità e che si promuova l’uso di metodi alternativi, affinché questi animali non soffrano inutilmente.

 
  
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  Brian Simpson (PSE), per iscritto. (EN) Ho deciso di votare contro questa relazione per due motivi.

In primo luogo, occorre fornire ai nostri agricoltori gli strumenti necessari per svolgere il loro lavoro e questa proposta porrà grandi limiti alle loro possibilità, soprattutto a quegli agricoltori che lavorano in condizioni climatiche più umide e piovose e sono costretti a usare i pesticidi per proteggere i raccolti e i propri mezzi di sussistenza. Non conosco nessun agricoltore che voglia usare pesticidi, ma sono un elemento fondamentale per assicurare generi alimentari alla popolazione a prezzi abbordabili.

In secondo luogo, non è stata condotta alcuna valutazione d’impatto su questa legislazione e lo trovo vergognoso viste le gravi ripercussioni che potrebbe avere sul settore agricolo.

 
  
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  Bart Staes (Verts/ALE), per iscritto. − (NL) Durante la discussione di ieri, ho affermato che, a mio parere, questo compromesso è onesto e che il gruppo Verde/Alleanza libera europea del Parlamento europeo lo appoggerà. Desidero tuttavia sottolineare che, per pervenire a un accordo con la lobby degli agricoltori e l’industria dei pesticidi, abbiamo dovuto accettare alcuni compromessi. Comunque la si guardi, la posizione raggiunta sui criteri di riduzione è un risultato indebolito rispetto alla posizione del Parlamento europeo in prima lettura.

Per 12 sostanze sono state appositamente previste possibilità di deroga. Anche noi nutriamo alcuni dubbi riguardo all’approccio della divisione in zone: l’idea di avere tre zone in un’area così vasta ci sembra problematica perché le condizioni ambientali possono variare enormemente anche all’interno di una stessa zona. L’elemento positivo, però, è che la base giuridica poggia su agricoltura, mercato interno e salute pubblica, e che è stata attribuita priorità assoluta alla salute pubblica nei relativi consideranda e nell’articolo 1. Analogamente, i criteri di riduzione per le sostanze con effetti inaccettabili sulle api sono visti come un’utile integrazione. E’ stato rispettato l’obbligo di sostituire più rapidamente i prodotti pericolosi con alternative sicure. Benché avremmo potuto ottenere un risultato migliore, abbiamo votato a favore di un compromesso che riteniamo accettabile.

 
  
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  Catherine Stihler (PSE), per iscritto. (EN) Sono rimasta delusa dalla modifica della posizione comune. Preferirei la posizione comune perché garantirebbe un migliore equilibrio tra salute pubblica e produzione alimentare.

 
  
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  Glenis Willmott (PSE), per iscritto. (EN) La continua mancanza di una valutazione d’impatto approfondita impedisce al partito laburista al Parlamento europeo di sostenere il pacchetto di compromesso negoziato tra il Consiglio e la relatrice, poiché non vi è una chiara indicazione delle ripercussioni sulla produzione alimentare.

I deputati laburisti al Parlamento europeo vogliono avere pesticidi migliori e più sicuri, ma nei confronti di produttori e consumatori abbiamo anche la responsabilità di essere sicuri degli eventuali effetti delle attuali proposte sulla produzione agricola e sui prezzi dei generi alimentari.

Sebbene l’accordo non avrebbe certo i catastrofici effetti previsti in alcuni trimestri, l’incertezza che ne deriva è sufficiente per impedire al partito laburista al Parlamento europeo di sostenere il pacchetto di compromesso.

 
  
  

- Relazioni Klaß (A6-0443/2008) e Breyer (A6-0444/2008)

 
  
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  Liam Aylward, Brian Crowley, Seán Ó Neachtain e Eoin Ryan (UEN), per iscritto. (EN) Oggi ci siamo astenuti dal voto su questa legislazione fitosanitaria.

Si tratta di un voto molto difficile. Sinora siamo stati coinvolti in tutte le fasi degli intensi negoziati su questo pacchetto controverso.

Questa legislazione si concentra chiaramente sulla salute e sul nesso esistente tra sostanze chimiche e cancro, malattia che colpisce maggiormente gli agricoltori a causa del loro contatto diretto con le sostanze cancerogene. Mentre questo pacchetto cerca di limitare la disponibilità di tali sostanze, gli Stati membri possono consentire l’immissione sul mercato di prodotti che minacciano gravemente la salute dei vegetali. La proposta cerca inoltre di proteggere le api e ridurre la burocrazia nell’autorizzazione delle sostanze e, con il graduale ritiro delle sostanze fino al 2016, si incentiverà l’industria a trovare prodotti biologicamente validi ed efficaci.

Non possiamo votare a favore di questa legislazione. Nonostante le ripetute richieste di una valutazione d’impatto più recente, non è arrivato niente dalla Commissione. Non possiamo legiferare in astratto! In questo caso le sostanze sarebbero vietate in base alla pericolosità e non al rischio scientifico, basato sull’utilizzo e sull’esposizione alle sostanze. Inoltre, la definizione di “sostanze che alterano il sistema endocrino” non è stata ancora concordata a livello scientifico e abbiamo presentato emendamenti per avere il parere degli esperti della Commissione in materia.

 
  
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  Michel Teychenné (PSE), per iscritto. – (FR) Con questo testo che limita la produzione e la vendita di pesticidi e il testo di accompagnamento che ne definisce il quadro di utilizzo, l’Europa si è dotata infine di norme esemplari in materia di pesticidi. La relazione presentata dall’onorevole Breyer segue la giusta direzione. Pur permettendo l’immissione sul mercato di prodotti a basso rischio, vieta 22 sostanze considerate molto nocive.

Se vogliamo ambire a un’agricoltura razionale in tutto il mondo, dobbiamo accogliere con favore questo progresso europeo. L’agricoltura europea, che fa ampio uso di prodotti fitosanitari, non ne uscirà indebolita; al contrario, con questi testi la legislazione comunitaria sarà la più rigorosa nella lotta ai pesticidi tossici.

 
  
  

- Relazione Klinz (A6-0497/2008)

 
  
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  Avril Doyle (PPE-DE), per iscritto. (EN) Il regime legislativo applicabile ai fondi di investimento paneuropei, gli organismi d’investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM), è stato oggetto di una revisione sostanziale. Si tratta di programmi di investimento collettivo che, essendo stati autorizzati in uno Stato membro, possono circolare in tutta l’Unione europea senza essere sottoposti a ulteriori controlli. In un periodo di incertezza finanziaria generalizzata, la regolamentazione delle operazioni finanziarie deve essere applicata in maniera corretta e coerente per rafforzare la fiducia nel settore.

La relazione Klinz propone di introdurre passaporti per le società di gestione ingaggiate dai promotori dei fondi OICVM. La proposta autorizza la gestione transfrontaliera dei fondi senza l’obbligo, attualmente vigente, di costituire società di gestione pienamente operative. E’ fondamentale la presenza di un numero sufficiente di gestori di fondi per mantenere un controllo adeguato sui passaporti delle società di gestione.

L’onorevole Klinz ha presentato un documento di compromesso a cui posso dare il mio sostegno.

 
  
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  Andrzej Jan Szejna (PSE), per iscritto. – (PL) Gli OICVM sono fondi di investimento armonizzati che investono in base a politiche di investimento prestabilite. La direttiva quadro sugli OICVM, cui la relazione Klinz fa riferimento, garantisce la trasparenza dei costi e un aspetto particolarmente importante in periodo di crisi economica e finanziaria dell’Unione europea, ovvero un elevato grado di tutela degli investitori. La direttiva indica i requisiti fondamentali per l’organizzazione, la gestione e la sorveglianza dei fondi di investimento.

E’ vero che, rispetto al mercato americano, i fondi d’investimento europei hanno dimensioni limitate con costi elevati per gli investitori. Occorre quindi rivedere il pacchetto OICVM, adattandolo alle esigenze degli investitori e assicurando la competitività dell’industria comunitaria dei fondi.

Le modifiche proposte dal relatore riguardano principalmente l’introduzione di nuove disposizioni sulle fusioni di fondi (di modo che siano trattate alla stessa stregua delle fusioni nazionali e rimangano soggette a neutralità fiscale), l’introduzione di un documento che riporta informazioni essenziali per gli investitori (in sostituzione del prospetto semplificato) e la semplificazione della procedura di notifica in essere grazie a uno scambio d’informazioni diretto tra le autorità di regolamentazione.

 
  
  

- Relazione Gottardi (A6-0507/2008)

 
  
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  Jan Andersson, Göran Färm e Åsa Westlund (PSE), per iscritto. − (SV) Sosteniamo la relazione poiché crediamo che le finanze pubbliche sostenibili siano molto importanti. Tuttavia, siamo contrari alla formulazione del paragrafo 8, che prevede una progressiva ed incisiva diminuzione della pressione fiscale sui salari medio-bassi e le pensioni, con detrazioni fiscali, revisioni delle aliquote e restituzione del drenaggio fiscale. Riteniamo che queste siano tematiche da affrontare non a livello dell’Unione europea, bensì da rimettere alla competenza degli Stati membri.

 
  
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  Konstantinos Droutsas (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) La relazione sulle finanze pubbliche nell’Unione economica e monetaria (UEM) adotta le decisioni anti-laburiste prese da Consiglio e Commissione volte a rafforzare la competitività dei monopoli per difendere i profitti di capitale e far gravare il peso della profonda crisi capitalista sulle spalle dei lavoratori.

Si consolida il contesto antipopolare creato dall’Unione europea con il patto di stabilità e la strategia di Lisbona per permettere agli Stati membri, in particolare quelli dell’UEM, di esercitare la politica finanziaria.

Il Parlamento europeo, così come la Commissione, stanno cercando di contenere le tendenze centrifughe e l’individualismo invocando una maggiore dedizione al completamento del mercato interno, all’armonizzazione fiscale e al rafforzamento della concorrenza e delle regole di mercato.

Le critiche sul fatto che le ingenti somme stanziate per far fronte alla crisi non raggiungano le piccole e medie imprese, e ancor meno i lavoratori, sono fuorvianti. I modelli sbagliati e sorpassati di intervento statale a copertura delle lacune di mercato sono solo un’illusione e un tentativo di disorientare i lavoratori cercando il consenso sociale su un sistema corrotto.

L’unica soluzione è che i lavoratori lottino per il potere popolare e per un’economia fondata sul popolo per rovesciare la barbarie capitalista.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Effettivamente è molto interessante che la relazione riconosca che, dall’analisi della situazione delle finanze pubbliche nel 2007 e nella prima parte del 2008, “emerge con chiarezza la modificazione del trend e l’incombere di prospettive di rallentamento dell’economia e della crescita, accompagnate da un tasso di inflazione in costante calo e da disuguaglianze crescenti dei redditi”.

Ciononostante, per affrontare la crisi, propone fondamentalmente le stesse ricette che hanno portato alla situazione attuale, invece di approfittare di questa opportunità per proporre modifiche alle politiche neoliberali e monetariste che hanno contribuito alla grave situazione sociale attuale, ovvero all’aumento delle disuguaglianze, della disoccupazione, del lavoro precario e mal retribuito e della povertà.

Insiste sulla stabilità dei prezzi e sul Patto di stabilità e di crescita, seppure con una certa flessibilità, nonché sulla strategia di Lisbona che, come sappiamo, è servita come pretesto per promuovere la privatizzazione e deresponsabilizzare lo Stato dalle funzioni sociali. Questo approccio è legato anche all’idea di una presenza minima dello Stato e di una maggiore efficienza del settore privato, allo scopo di imporre l’accettazione della cosiddetta moderazione salariale che, in realtà, si traduce in una perdita di potere d’acquisto per i salari.

Per tale motivo abbiamo espresso un voto contrario.

 
  
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  Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. – (FR) Quello che capisco della relazione Gottardi sulle finanze pubbliche è che non fa tesoro dell’esperienza acquisita con la crisi mondiale.

L’onorevole Gottardi considera come un fallimento del mercato e lacune di supervisione quello che in realtà è il fallimento di un sistema che ci viene imposto da anni: la deregolamentazione, la filosofia di libero mercato a livello mondiale portata all’estremo, l’assurda finanziarizzazione dell’economia, dove regna un mercato che a quanto pare si può autoregolamentare. I piccoli ritocchi vagamente decisi al G20 o a Bruxelles non cambieranno radicalmente la situazione. Dobbiamo ridiscutere i dogmi economici cui siamo ancora soggetti. La crisi ha mostrato che la libertà totale nella circolazione di beni, servizi, capitali e persone non porta alla prosperità, bensì alla catastrofe. Ha inoltre dimostrato che lo Stato-nazione è il livello adeguato ed efficace di decisione, d’azione e di reazione, anche se il presidente Sarkozy si sentiva obbligato a essere accompagnato ovunque dal presidente Barroso per far credere che l’Unione europea fosse utile in questa situazione.

In tale contesto, i buoni consigli sulla gestione delle finanze pubbliche dati dalla relatrice e l’appello lanciato per il rispetto del Patto di stabilità e di crescita sono, purtroppo, di scarsa utilità.

 
  
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  Mary Lou McDonald (GUE/NGL), per iscritto. − (EN) Accogliamo con favore alcuni elementi positivi della relazione e, in particolare, il riconoscimento della necessità di distribuire più equamente la pressione fiscale, l’importanza della spesa pubblica e la solida governance economica. Tuttavia, mi sono astenuta dal voto perché la relazione si rifà a una strategia di Lisbona viziata da errori, pone l’accento sulla competitività, incentiva la flessibilità e minaccia implicitamente i regimi pensionistici, la sanità pubblica e le cure a lungo termine, mascherandosi dietro a una riforma strutturale.

 
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