Presidente . – La versione definitiva del progetto di ordine del giorno della tornata, elaborata dalla Conferenza dei presidenti, ai sensi degli articoli 130 e 131 del regolamento nella riunione di giovedì 29 gennaio 2009, è stata distribuita. Sono stati proposti i seguenti emendamenti:
Per quanto riguarda lunedì:
L’onorevole Roure ha ritirato la richiesta di presentazione breve della propria relazione (A6-0024/2009) sulle condizioni di accoglienza dei richiedenti asilo e rifugiati negli Stati membri. La votazione sulla relazione si svolgerà quindi giovedì.
Per quanto riguarda giovedì:
Il gruppo “Unione per l’Europa delle Nazioni” ha chiesto di sostituire il punto sulla situazione nelle Filippine con il punto sul rifiuto di estradizione dal Brasile di Cesare Battisti.
Roberta Angelilli (UEN), a nome del gruppo UEN. – Signor Presidente, dopo aver consultato numerosi colleghi, le chiedo un cambiamento nell'ordine del giorno come appunto lei ha detto. Chiedo cioè la possibilità di inserire tra le urgenze quella del caso Battisti.
Infatti, alcuni giorni fa il governo brasiliano ha deciso di negare l'estradizione del terrorista Cesare Battisti, condannato all'ergastolo per essere stato l'esecutore materiale di quattro omicidi, riconoscendo a questo assassino lo status di rifugiato politico. Tale decisione, oltre a rappresentare un affronto alle istituzioni e alla giustizia italiana, ha offeso la memoria delle vittime e dei loro familiari e ha sconvolto l'opinione pubblica.
Questo è il motivo della richiesta che, tra l'altro, credo debba essere ascoltata, anche perché il primo appello viene proprio dalle massime cariche istituzionali italiane, a partire dal Presidente della Repubblica Napolitano. Quindi questo è il motivo della richiesta.
(Il Parlamento approva la richiesta)
(Il Parlamento approva l’ordine del giorno così modificato)
13. Interventi di un minuto su questioni di rilevanza politica
Presidente . – L’ordine del giorno reca gli interventi di un minuto su questioni di rilevanza politica.
Csaba Sógor (PPE-DE) . – (HU) L’Intergruppo per le lingue regionali e minoritarie ha steso una relazione sulla tutela delle minoranze tradizionali nazionali, un tema importante in quanto in molti degli Stati membri inclusa, ad esempio, la Romania, non esiste una normativa sulle minoranze. Lo scorso anno in Slovacchia si è verificato un pestaggio di civili ad opera di forze di polizia in uniforme. Inoltre, da quando in Romania è salito al potere il nuovo governo, abbiamo notato che i simboli delle minoranze sono stati rimossi – e questo rappresenta un problema per chi parla più di una lingua – e che diverse centinaia di bambini sono state accidentalmente escluse dall’iscrizione scolastica. Ecco perché pensiamo sia importante che il Parlamento europeo presenti una relazione, una risoluzione, sulla tutela dei diritti delle minoranze, delle minoranze etniche tradizionali. La ringrazio molto, signor Presidente.
Iliana Malinova Iotova (PSE) . – (BG) Onorevoli deputati, il conflitto tra Russia ed Ucraina e l’interruzione della fornitura di gas naturale verificatasi in gennaio hanno comportato gravi perdite per alcuni paesi europei e in particolare per la Bulgaria.
Le perdite dirette per l’economia bulgara per i pochi giorni di interruzione della fornitura ammontano a più di 230 milioni di euro, una cifra pari a quella necessaria per avviare il progetto Nabucco. Questi eventi hanno lasciato in uno stato precario la nostra economia e ci hanno obbligato a cercare cooperazione nel tentativo di riaprire i blocchi della centrale nucleare di Kozloduy.
Il dialogo su questo tema dovrebbe essere calmo e ragionevole e dovrebbe basarsi su un’analisi ben condotta. E’ difficile trovare soluzioni valide, ma è importante non scartarle subito con giudizi affrettati, come purtroppo ha annunciato la Commissione.
Credo che la Bulgaria ed alcuni dei paesi maggiormente colpiti dal problema devono avere la possibilità di ottenere fondi aggiuntivi dal Piano di sviluppo europeo e non solo una minima quota dei 20 milioni di euro già stanziati per i progetti in materia di gas. E’ inspiegabile che i paesi più colpiti debbano ricevere la somma più esigua quando per i progetti del settore energetico verranno stanziati quasi 3,5 milioni di euro.
Tra breve inizieremo a discutere delle strategie energetiche e invito tutti i deputati a dimostrare che crediamo che l’energia debba essere indipendente, che alla vigilia delle elezioni riusciamo ancora a superare le nostre divergenze politiche e che siamo in grado di tutelare la solidarietà e l’assistenza reciproca che ci hanno unito.
Siiri Oviir (ALDE) . – (ET) Signor Presidente, onorevoli deputati, la presidenza ceca si è instaurata solo un mese fa, ma è già riuscita a sputarci in faccia e ad insultarci con il suo omaggio, dove l’Estonia è raffigurata con la falce e il martello, la Finlandia con un ubriacone che siede per terra in una sauna, la Germania con una svastica, l’Italia con giocatori di calcio che tengono due palloni vicino ai genitali, la Bulgaria con delle latrine e così via. Ecco come l’artista, autore del regalo della Repubblica ceca all’Unione europea, ha raffigurato nel suo lavoro le nazioni e i paesi dell’Unione.
L’arte può e spesso deve sbalordire, ma è così che ci si può prendere gioco di un altro paese e dei suoi cittadini? Il governo ceco parla di libertà di espressione dell’artista: siamo d’accordo, ma qui tale libertà sicuramente è stata usata nel contesto sbagliato. Il governo non può interferire nella libertà creativa dell’artista: anche questo è vero ma, nel porgerci il suo dono, il governo ceco ha accettato il messaggio che il regalo trasmetteva e, dato che il regalo ci arriva dal governo e non dall’artista, spetta al governo assumersi la responsabilità delle conseguenze. E’ difficile capire come la leadership della Repubblica ceca possa ritenersi autorizzata a insultare altri Stati membri.
Come rappresentate eletta dell’Estonia mi aspetto una risposta e delle scuse dal paese alla presidenza in modo da poterle trasmettere ai cittadini estoni. Purtroppo in questo momento in Aula non è presente nessuno dei rappresentanti della presidenza, ma credo che verrà loro riferita la mia richiesta.
Ewa Tomaszewska (UEN) . – (PL) Signor Presidente, ogni giorno per la città di Augustów passano cinquemila automezzi pesanti; ogni giorno i bambini vanno a scuola camminando sul bordo della strada perché non c’è un marciapiede e quasi ogni giorno uno di questi bambini muore schiacciato sotto le ruote di un camion. Gli ecoterroristi hanno bloccato la costruzione di una circonvallazione sostenendo di voler proteggere gli uccelli dal rumore. La conseguenza è che un bambino di Augustów paga con la propria vita ogni settimana di ritardo nella costruzione. Né gli ecoterroristi né i giudici della Corte di giustizia europea spingono i loro figli sotto le ruote dei camion, ma evidentemente la vita dei bambini di Augustów è meno importante del benessere degli uccelli.
Sono a favore della tutela dell’ambiente e delle iniziative volte alla salvaguardia del patrimonio naturale, ma, quando è in gioco la vita umana, credo non si debba gettarla via senza pietà. Voglio rivolgere una domanda alla Commissione europea: quanti bambini polacchi devono pagare con la propria vita l’interruzione dei lavori di costruzione della circonvallazione? Al momento di prendere questa decisione sono state valutate le vite dei bambini?
Hélène Flautre (Verts/ALE) . – (FR) Signor Presidente, desidero richiamare l’attenzione del Parlamento europeo sul degrado – se si può ancora parlare di degrado – della situazione dei diritti umani in Tunisia.
Dall’11 dicembre Sihem Bensedrine, noto paladino dei diritti umani e caporedattore di Kalima, è stato oggetto di una persecuzione della stampa e di calunnie assolutamente intollerabili ed incompatibili con il principio di legalità.
Il 23 gennaio al responsabile del Coordinamento magrebino delle organizzazioni per i diritti umani, il signor Amin, è stato negato l’ingresso in Tunisia.
Il 28 gennaio radio Kalima, che da allora trasmette via satellite, è stata completamente circondata, i suoi giornalisti sono stati incarcerati e coloro che sono intervenuti in difesa della radio sono stati malmenati per la strada. L’emittente radiofonica è tuttora circondata dalla polizia tunisina, con grave violazione della libertà di informazione e di espressione.
Domani inizierà il processo in appello dei lavoratori di Gafsa che lottano contro la corruzione e lo sfruttamento in un bacino carbonifero tunisino dopo che la prima sentenza ha negato loro giustizia.
I responsabili della missione in Tunisia sono preoccupati per la situazione; ne hanno discusso e forse ne stanno discutendo anche in questo momento visto che per oggi era infatti previsto un incontro.
Mi appello a lei, signor Presidente, affinché venga avviata un’importante iniziativa politica per porre fine alle violazioni sistematiche dei diritti umani in Tunisia.
Presidente . − E’ giunto in Aula anche l’onorevole Kastler che è rimasto bloccato nel traffico. -Vi sono due modi, a suo parere, per evitare ritardi: partire prima oppure migliorare le reti transeuropee.
Kyriacos Triantaphyllides (GUE/NGL) . – (EN) Signor Presidente, l’assassinio di prigionieri di guerra e di civili catturati in periodo di guerra costituisce una delle violazioni più gravi del diritto internazionale. La terza e la quarta convenzione di Ginevra stabiliscono chiaramente che tali atti non rispettano le norme internazionali e rendono coloro che li perpetrano responsabili agli occhi della comunità internazionale. Ed è proprio con questo spirito che l’articolo 2 della Convenzione europea sui diritti umani dichiara che l’uccisione di un essere umano rappresenta una chiara violazione.
La recente confessione dell’attore turco Attila Olgaç di aver ucciso dieci greci ciprioti durante l’invasione turca a Cipro nell’estate del 1974 ha evidenziato ancora una volta i crimini commessi dalla Turchia e l’assoluta necessità che questo paese renda disponibili i propri archivi per avviare un’inchiesta su tutte le persone scomparse. La comunità internazionale, di cui l’Unione europea è un attore importante, deve esercitare tutta la propria influenza sulla Turchia affinché rispetti il diritto internazionale, le decisioni della Corte europea dei diritti dell’uomo e tutte le risoluzioni delle Nazioni Unite in materia.
Zita Pleštinská (PPE-DE) . – (SK) Il motto della presidenza ceca “un’Europa senza barriere” non dovrebbe essere solo uno slogan, ma anche una chiara risposta alle sfide attuali. La presidenza dovrebbe trattare i temi che preoccupano i cittadini europei ai quali le barriere esistenti impediscono di esercitare i propri diritti sul territorio comunitario.
Nell’Unione europea vivono cinquanta milioni di persone con problemi di salute che incontrano difficoltà nella loro vita quotidiana. In molti mi hanno inviato richieste sulla necessità di prevedere un riconoscimento reciproco dei documenti d’identità per i disabili. I portatori di handicap, infatti, non possono utilizzare i documenti di identità in tutti gli Stati membri dell’Unione europea, con difficoltà, ad esempio, nel parcheggiare nei posti riservati ai disabili. Ho presentato una richiesta al Consiglio e alla Commissione e spero per adottare quanto prima misure per l’armonizzazione di questi documenti.
L’espressione “un’Europa senza barriere” deve riferirsi alla rimozione di tutte le barriere, incluse quelle fisiche, sociali e architettoniche, nonché alla prevenzione da qualsiasi tipo di discriminazione nei confronti dei portatori di handicap.
Rovana Plumb (PSE). – (RO) I documenti della riunione tenutasi il 5 febbraio a Praga fanno riferimento ad un dibattito sugli obiettivi di Barcellona in materia di servizi pubblici per l’assistenza all’infanzia e, in particolare, per la cura dei figli a domicilio. Mi chiedo se la presidenza ceca è a conoscenza della relazione elaborata dalla Commissione europea nell’ottobre 2008 dalla quale risulta che più di sei milioni di donne tra i 25 e i 49 anni sono obbligate a non lavorare o a svolgere un’attività lavorativa a tempo parziale per farsi carico di responsabilità familiari.
La cura dei figli a domicilio non dovrebbe indebolire i servizi pubblici di assistenza all’infanzia. Come socialdemocratica ritengo che investire nei servizi pubblici di assistenza all’infanzia vada a vantaggio di tutta la società e chiedo quindi alla presidenza ceca di valutare le misure di sostegno da fornire agli Stati membri per permettere il miglioramento dei servizi pubblici di assistenza all’infanzia da un punto di vista sia quantitativo che qualitativo, soprattutto nel contesto dell’attuale crisi.
Bilyana Ilieva Raeva (ALDE) . – (BG) Questa settimana in Svizzera si terrà un referendum sulla libera circolazione delle persone. I cittadini svizzeri sono chiamati a decidere in merito all’estensione della durata e del campo d’applicazione dell’accordo tra la Svizzera e l’Unione europea e alla possibilità di includere anche i cittadini bulgari e rumeni.
Il voto dei cittadini svizzeri non solo agevolerà e fornirà un’indicazione su gli sviluppi futuri in materia di visti e di frontiere, ma stabilirà anche se alcune decisioni che hanno consentito lo sviluppo economico degli ultimi trent’anni continueranno ad essere applicate anche in futuro. La libera circolazione dei cittadini rappresenta un contributo allo sviluppo economico della Svizzera e dell’Unione europea, nonché un miglioramento generale del nostro tenore di vita.
Spero vivamente che il risultato del referendum che si terrà in Svizzera questa settimana sia positivo poiché un responso negativo riporterebbe il nostro valido e proficuo rapporto di collaborazione verso le barriere che c’erano un tempo, verso le restrizioni e tutti i problemi che potrebbero derivare da una mancanza di accordo.
Per questo motivo spero quindi che i nostri amici svizzeri diano il loro sostegno al nostro futuro comune ed invito sia gli Stati membri dell’Unione europea sia la Commissione a proseguire la collaborazione con la Svizzera in modo armonico, a beneficio di tutti i cittadini dell’Unione europea.
Dariusz Maciej Grabowski (UEN) . – (PL) Signor Presidente, alla riunione tenutasi a Davos il cancelliere tedesco Angela Merkel ha lanciato un appello a favore della costruzione del gasdotto Russia-Germania sul fondale del Mar Baltico.
Ancora una volta il cancelliere ha dimostrato in che modo va intesa la solidarietà in Europa. I paesi scandinavi, tuttavia, assieme a Lituania, Lettonia, Estonia e Polonia, hanno espresso le proprie riserve e si sono opposti al progetto di costruzione del gasdotto. La Merkel ha dimostrato di non tenere in grande considerazione le voci degli ecologisti che ci mettono in guardia sulla minaccia che questo comporterebbe per il Mar Baltico. Per il cancelliere, i costi più elevati per la costruzione del gasdotto nel Baltico rispetto a quelli richiesti per la costruzione di un gasdotto sotterraneo non hanno alcun significato.
Mi chiedo se, seguendo l’esempio del suo predecessore Gerhard Schroeder, la Merkel non stia cercando un’occupazione alla Gazprom. I leader della destra e della sinistra tedesca non si rendono conto che con questo atteggiamento stanno compromettendo l’autorità, la dignità e la coesione dell’Unione europea?
László Tőkés (Verts/ALE) . – (HU) Signor Presidente, ai sensi della Carta delle Nazioni Unite tutti i popoli hanno il diritto di autodeterminazione e questo vale anche per il milione e mezzo o due milioni di ungheresi della Transilvania. Due anni fa il consiglio nazionale dei siculi (Székely) ha indetto un referendum consultivo sull’autonomia locale della regione dove vive questo popolo. Nel referendum, condotto utilizzando urne mobili, il 99 per cento dei 210 000 aventi diritto al voto ha risposto positivamente nonostante la campagna anti-ungherese orchestrata ad arte. Di recente un gran numero di amministrazioni locali della terra dei siculi ha lanciato il progetto di un nuovo referendum ufficiale aperto a tutti. Gli organi statali e i loro rappresentanti locali, i prefetti, stanno facendo quanto in loro potere per impedire ai siculi ungheresi di esprimere pacificamente, legalmente e democraticamente la propria volontà. Chiedo quindi al Parlamento e al presidente Pöttering di seguire con grande attenzione gli sviluppi futuri del referendum in Romania e di prendere le difese delle amministrazioni locali minacciate dalle autorità statali. Grazie.
Madeleine Jouye de Grandmaison (GUE/NGL) . – (FR) Signor Presidente, onorevoli deputati, l’accordo di partenariato economico tra i paesi del Cariforum e l’Unione europea non preannuncia nulla di buono per le regioni ultraperiferiche della Guiana e delle Antille francesi.
Quel che è peggio, l’accordo sul quale sono chiamata ad esprimere la mia opinione non rispetta né il mandato fissato dal Consiglio europeo né la strategia dell’Unione europea per i Caraibi e nemmeno la strategia per i paesi ultraperiferici, tutte misure che fanno esplicito riferimento all’integrazione locale delle regioni ultraperiferiche in seno al Cariforum e alla creazione di mercati interregionali tra le due parti al fine di uno sviluppo generale della regione.
Sono preoccupata perché da dieci giorni è in atto in Guadalupa un terribile sciopero che ha bloccato tutto, anche la benzina. Uno sciopero tanto lungo è scoppiato perché nella Guiana e nelle Antille francesi il costo della vita è pari ad una volta e mezza quello delle città europee. Se finora si trattava di un problema francese, ora è diventato un problema europeo e secondo me è una vergogna che la Commissione rifiuti di negoziare un accordo specifico tra le regioni ultraperiferiche e il Cariforum.
Georgios Georgiou (IND/DEM) . – (EL) Signor Presidente, negli ultimi tempi abbiamo letto, visto e sentito parlare di civili colpiti da bombe e di bambini sterminati e abbiamo persino sentito un cittadino turco ammettere pubblicamente di aver ucciso, durante l’invasione turca di Cipro nel 1974, dieci soldati greco-ciprioti in manette. Ma quello che non abbiamo visto, signor Presidente, è la volontà della Corte penale internazionale dell’Aia, una volontà che è stata chiara in relazione agli autori di fatti avvenuti in Iugoslavia tuttora ricercati dal Tribunale penale internazionale per l’ex Iugoslavia. Ritengo quindi che sia legittimo da parte nostra chiedere al Parlamento se esiste un elenco di paesi che rientrano nella giurisdizione della Corte dell’Aia, mentre altri vengono ignorati e non considerati dalla stessa Corte. Credo sia legittimo da parte nostra chiedere quali sono i paesi e i cittadini che possono comparire come imputati al cospetto della Corte dell’Aia e quali invece no.
Pál Schmitt (PPE-DE) . – (HU) Signor Presidente, la ringrazio per avermi concesso la parola. Ho chiesto di intervenire per segnalare un tragico incidente avvenuto tre giorni fa in Croazia. Un ragazzo di diciotto anni è morto in un campo minato, andando così ad aumentare il numero già notevole di vittime delle mine, tra le quali vi sono anche italiani, olandesi e altri cittadini europei. La Croazia non rientra nel vasto programma di sminamento finanziato dalla Commissione per il periodo dal 2008 al 2013 e non è ancora noto il numero degli ordigni che sono stati impiegati nel paese. Anche se la Croazia non ha mai fabbricato mine di alcun tipo, circa 1 000 chilometri del territorio croato è ancora disseminato di pericolose mine anti-uomo. Chiedo alla Commissione e a lei, signor Presidente, di intervenire affinché anche la Croazia possa usufruire degli aiuti europei così come Bosnia, Ucraina, Kosovo e Cipro, poiché le operazioni di sminamento sono estremamente dispendiose e pericolose. Le chiedo questo anche in veste di presidente per l’Unione europea della commissione parlamentare mista UE-Croazia. La ringrazio nuovamente.
Katerina Batzeli (PSE) . – (EL) Signor Presidente, le manifestazioni degli agricoltori in Grecia, così come quelle in atto in tutta Europa, indicano chiaramente che la percezione dell’agricoltura e della questione alimentare ha subito attualmente una svolta importante e richiede una riforma delle politiche europee e nazionali. Con il crollo delle economie europee, la perdita di fiducia nel sistema finanziario, la graduale scomparsa delle piccole e delle medie imprese e il calo dell’occupazione, non possiamo fingere di non vedere i problemi che aumentano nelle campagne, nell’agricoltura, nell’economia rurale e nell’occupazione locale. Sarebbe una buona idea se la Commissione e il Parlamento avviassero un dialogo e avanzassero proposte nel tentativo di affrontare i problemi del settore in modo a consentire alle piccole e medie imprese del settore agricolo non solo di sopravvivere, ma anche di uscire dalla crisi nel corso dei prossimi anni. Commissione e Parlamento dovrebbero avviare misure di intervento per rafforzare sia i meccanismi di gestione della crisi, in modo da coprire anche le eventuali perdite di reddito, sia le politiche nazionali, che potrebbero essere rese più flessibili senza attivare necessariamente un cofinanziamento della politica agricola comune.
Eugenijus Gentvilas (ALDE) . – (LT) I leader europei hanno recentemente espresso il loro disappunto nei confronti dei loro omologhi di Ucraina e Georgia e stanno cominciando a chiedersi se è possibile rendere tali Stati democratici facendoli entrare nella NATO e nell’Unione europea. Tali opinioni e dichiarazioni vanno solo a vantaggio delle politiche della Russia e delle sue forze speciali. Le provocazioni russe mirano a indebolire il presidente Juščenko, il presidente Saakashvili e le politiche occidentali che essi stanno adottando sono davanti agli occhi di tutti. Esistono anche provocazioni invisibili e per capire come sono orchestrate la cosa migliore sarebbe consultare gli archivi del KGB. Solo politici ingenui possono credere nell’Europa contemporanea che la Russia non ricorra più a ricatti e provocazioni pur essendo guidata da Putin, funzionario del KGB. L’ultima provocazione è stata la notizia del rapimento di un soldato russo da parte della Georgia. Tale notizia è circolata per tutta la settimana e solo in seguito, quando ormai la propaganda aveva già fatto il danno, la Russia ha ammesso che il soldato aveva in realtà disertato. Si ha l’impressione che la Russia ci prenda abilmente in giro su carri armati, gasdotti, notizie veritiere e false, ma è soprattutto l’ingenuità dei politici europei che consente alla Russia di farsi gioco di noi.
Hanna Foltyn-Kubicka (UEN) . – (PL) Signor Presidente, approfittando del fatto che l’attenzione pubblica mondiale è concentrata sui temi legati alla crisi economica, le autorità cinesi stanno usando il loro ingente apparato repressivo per aumentare le pressioni sul Tibet. La campagna cinese, che durerà 40 giorni, è rivolta soprattutto contro coloro che hanno preso parte alle proteste dell’ultimo anno.
I mandati di comparizione presso gli uffici di polizia sono in aumento, così come le scomparse, le intimidazioni e le morti inspiegabili. Non possiamo escludere la possibilità che, in conseguenza della repressione, si verifichino espressioni di rivolta da parte dei tibetani che saranno spinti ad adottare misure estreme. Le forze di sicurezza e l’esercito cinesi risponderanno mettendo a tacere con brutalità tali proteste e potremmo trovarci di fronte ad una provocazione intenzionale da parte delle autorità cinesi che contano sulle deboli proteste dei governi democratici, impegnati nel combattere la crisi economica. Il Parlamento europeo dovrebbe esprimersi con chiarezza e decisione su questo problema e presenterò quindi oggi una bozza di appello da trasmettere al primo ministro cinese. Dobbiamo inviare tutti insieme un chiaro segnale al regime comunista: non permetteremo la violazione dei diritti umani fondamentali in Tibet.
Nicolae Vlad Popa (PPE-DE) . – (RO) La Commissione europea ha dichiarato il 2009 Anno europeo della creatività e dell’innovazione. Il pensiero creativo è la chiave del successo dell’economia globale, come ha riconosciuto l’Unione europea già molto tempo fa. In realtà l’innovazione è parte integrante sia del pacchetto della Commissione sui cambiamenti climatici sia del piano di rivitalizzazione dell’economia europea. Per parte sua il Parlamento europeo deve essere più attivo nell’incentivare la creatività come forza propulsiva per l’innovazione. Desidero ringraziarvi ancora una volta per aver approvato l’anno scorso il pacchetto sull’energia e i cambiamenti climatici e la dichiarazione scritta sulla fibromialgia. Questi documenti aprono la strada all’innovazione e alla creatività in settori di importanza primaria come la salute, dove si potranno individuare nuove cure contro la fibromialgia, e l’energia, dove le nuove fonti di energia alternativa potranno diventare più efficienti.
Alexandra Dobolyi (PSE) . – (HU) Signor Presidente, l’Ungheria è entrata nell’area Schengen il 21 dicembre 2007, ma vi sono ancora questioni in sospeso sul confine con Austria e Ungheria e non si è ancora instaurato un dialogo con le autorità del Burgenland. Per questo motivo nel giugno 2008 i miei connazionali hanno presentato una petizione alla commissione parlamentare competente, che abbiamo immediatamente inoltrato al commissario Barrot. Quattro mesi più tardi il commissario ha infine risposto dicendo di non disporre di informazioni sufficienti sulla petizione e che avrebbe cercato di contattare la persona che l’aveva presentata. Dopo altri due mesi ho contattato io stessa la persona che aveva presentato la petizione per verificare come stavano veramente le cose. Mi è stato detto che, ad allora, la Commissione non aveva mai tentato di mettersi in contatto: sembra difficile che la Commissione possa in tal modo ottenere informazioni. Ho chiesto nuovamente delucidazioni ai servizi della Commissione e mi è stato detto che avrebbero esaminato la questione “con un ritardo più contenuto possibile”. Ebbene, desidero chiedere alla Commissione cosa significa l’espressione “con un ritardo più contenuto possibile”. Mi auguro che la campagna politica per le elezioni che si terranno tra quattro mesi non venga anch’essa condotta “con un ritardo più contenuto possibile” dal presidente Barroso e dal commissario Barrot. Molte grazie.
Viktória Mohácsi (ALDE) . – (HU) La ringrazio, signor Presidente. Onorevoli deputati, in questo minuto a mia disposizione desidero parlare rapidamente del razzismo che imperversa in Europa. In Ungheria alcuni giorni fa un commissario di pubblica sicurezza che aveva fatto dichiarazioni razziste è stato prosciolto dall’accusa e reintegrato in servizio dopo una presunta indagine interna, durante la quale non si è nemmeno cercato di appurare se egli avesse realmente fatto tali dichiarazioni razziste. In Romania, a Tărlungeni, vicino a Braşov, tra le famiglie rom e quelle non rom è stato eretto un muro. Per spiegare ad un bambino il motivo di tale separazione, un padre potrebbe forse dire che da un lato del muro vivono i cattivi mentre dall’altro lato ci sono i buoni. Dieci giorni fa abbiamo votato a favore della relazione per la delegazione in Italia e una settimana fa l’Italia ha schierato forze armate contro i rom a seguito di due reati commessi da ignoti. Le forze di polizia fanno controlli a tappeto tra le famiglie rom utilizzando persino elicotteri, cani e agenti armati. Molte grazie.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL) . – (PT) In Portogallo i numeri della disoccupazione stanno crescendo in modo esponenziale e ogni giorno sempre più società annunciano tagli alla produzione, licenziamenti e addirittura la chiusura dell’attività.
Tra i casi più gravi vi è la minaccia che incombe su circa 2 000 lavoratori a Vila do Conde, Qimonda, a seguito della dichiarazione di fallimento della casa madre in Germania. Mercoledì sarà presente in Parlamento una delegazione di lavoratori di entrambi i paesi che si aspettano la nostra solidarietà e il nostro sostegno per la loro lotta in difesa dei posti di lavoro.
Inoltre aumentano in modo scandaloso i casi di ritardo nel pagamento di emolumenti e stipendi ai lavoratori, ad esempio nelle aziende che producono sughero, in alcune aziende tessili e dei settori della ceramica e della metallurgia. Questa situazione crea problemi gravi a livello sociale e aumenta la povertà, portando a condizioni addirittura tragiche nel caso di componenti della stessa famiglia che lavorano nella stessa impresa. Solo alcuni giorni fa potuto accertarmene direttamente alla Subercor, di Santa Maria da Feira, un’azienda del gruppo Suberus attivo nel settore delle calzature, dove i lavoratori stanno lottando per ottenere lo stipendio e dove un paio famiglie con figli stanno già patendo la fame. Esistono situazioni terribili causate dall’attuale crisi, le cui conseguenze sono evidenti sul viso e nelle vite della gente. Chiedo quindi che non ci si limiti alla solidarietà, ma che si trovi una soluzione a queste gravi situazioni.
Kinga Gál (PPE-DE) . – (HU) Signor Presidente, l’opinione pubblica ungherese ha seguito con grande interesse gli sviluppi relativi alla questione degli idranti e vorrebbe avere prima possibile un’idea chiara della situazione: è a questo scopo che chiediamo l’aiuto della Commissione. Il governo ungherese nel corso degli anni 2006, 2007 e 2008 ha continuato a ritenere che fosse possibile utilizzare il Fondo Schengen per acquistare nuovi idranti, idranti che sono stati poi utilizzati per disperdere la folla in una manifestazione a Budapest il 22 ottobre del 2007. Alla fine del 2008 il ministro della Giustizia e dell’ordine pubblico ha dichiarato che per l’acquisto degli idranti non era stato utilizzato il Fondo Schengen, una risorsa comunitaria, e il commissario europeo competente lo ha confermato. Il giorno seguente, tuttavia, un sottosegretario di stato dello stesso ministero ha dichiarato che il governo ungherese aveva provveduto all’acquisto degli idranti con risorse interne al Fondo Schengen, contraddicendo la Commissione europea. Mi chiedo se quest’ultima abbia poi verificato se in questo caso è stato utilizzato o meno il Fondo Schengen e se abbia quindi accertato la verità sull’acquisto degli idranti. A causa di questi avvenimenti sono in gioco la credibilità e la trasparenza dell’operato non solo del governo ungherese, ma anche della Commissione europea. Molte grazie.
Glyn Ford (PSE) . – (EN) Signor Presidente, lunedì scorso il governo britannico ha annunciato l’avvio di alcuni studi di fattibilità su cinque progetti, per tre dighe e due lagune, in materia di energia dalle maree nell’estuario del Severn.
L’Unione europea si è giustamente prefissata obiettivi ambiziosi in materia di energie rinnovabili, ma l’idea di raggiungere tali obiettivi in modo indolore è un’illusione. La diga del Severn potrà coprire fino al cinque per cento del fabbisogno energetico del Regno Unito, mettendo però in discussione la direttiva habitat.
La sospensione del progetto con argomentazioni di tipo legale o per motivi di opinione pubblica proverebbe la veridicità della massima di Nietzsche secondo cui la http://it.wikiquote.org/wiki/Pazzia" \o "Pazzia" è nei singoli qualcosa di raro, ma nei gruppi, nei partiti, nei popoli e nei tempi è la regola. L’Unione europea e il governo britannico dovrebbero fare invece riferimento alla filosofia di Jeremy Bentham secondo la quale bisogna scegliere la più grande felicità possibile per il maggior numero di persone.
Margaritis Schinas (PPE-DE) . – (EL) Signor Presidente, ci è voluto molto tempo affinché i Balcani si liberassero dal nazionalismo sterile che mal si accorda con gli standard di comportamento e i valori europei, ma sembra che sia ancora necessario ribadire questo concetto ad alcuni. Nell’ottobre del 2008 il governo della ex Repubblica iugoslava di Macedonia ha presentato alla Comunità una richiesta di finanziamento per il corridoio 10 che attraversa il suo territorio. Solo due mesi più tardi, con una decisione scandalosa che è stata persino pubblicata nella gazzetta ufficiale nazionale, la Macedonia ha deciso di battezzare il corridoio con il nome di “Alessandro il Grande di Macedonia”, in spregio all’accordo provvisorio con la Grecia che vieta espressamente la propaganda governativa e l’utilizzo di simboli che possano fomentare ostilità, odio e violenza. Lancio un appello alla Commissione europea affinché vincoli il finanziamento comunitario all’abrogazione di questa scandalosa decisione che ci ricorda che esistono ancora nazionalisti nei Balcani. Stiamo costruendo un’Europa in cui non c’è posto per il nazionalismo.
Evgeni Kirilov (PSE) . – (BG) Lo scorso mercoledì la Commissione europea ha annunciato la sua proposta in merito al programma di ricostruzione nel settore della sicurezza energetica.
In linea con questa proposta, la Bulgaria sta per ricevere solo una parte dei 20 milioni di euro destinati al progetto di collegamento della Bulgaria con la Grecia, solo una parte dei 20 milioni di euro stanziati per migliaia di progetti. Nel mio paese in casi come questo si dice: “La montagna ha partorito un topolino”. E questo dopo che si è verificata la grande crisi del gas!
Come sapete la Bulgaria è stata colpita molto duramente dalla crisi ed è l’unico paese completamente dipendente dal gas russo. Ufficialmente si dice che vengono finanziati i progetti già pronti a partire, ma vi sono dei dubbi in proposito. Il fondamentale progetto proposto dalla Bulgaria per l’ampliamento del deposito per il gas di Chiren può essere completato in pochi mesi e, se non avrà il sostegno dell’Unione, verrà portato avanti indipendentemente dalla Bulgaria: ma dove stanno la solidarietà e la giustizia europee?
La scorsa settimana un’autorevole rivista europea ha scritto che, in seguito alla crisi, il numero degli euroscettici in Bulgaria sarebbe aumentato al 20 per cento. Spero che tale stima non sia corretta, ma la ritengo purtroppo plausibile se la Commissione continuerà a mantenere questo comportamento nei confronti della Bulgaria.
Jim Higgins (PPE-DE) . – (EN) Signor Presidente, due anni e mezzo fa ho scoperto che la Commissione europea aveva avviato un procedimento contro la Danimarca presso la Corte di giustizia europea a seguito dell’introduzione in questo paese della soglia del 2 per cento per gli acidi grassi idrogenati negli alimenti. La Commissione ha agito legalmente, anche se indagini scientifiche dimostrano che questi acidi sono estremamente dannosi dal punto di vista di malattie coronariche e altre patologie. Due anni fa ho quindi deciso, assieme a due colleghi, gli onorevoli Jørgensen e McAvan, di presentare una dichiarazione scritta che ha ottenuto il sostegno di 254 deputati del Parlamento appartenenti a 25 Stati membri, un sostegno molto consistente.
Recentemente la commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare ha pubblicato una relazione indicando come livello massimo il 2 per cento, esattamente come la decisione adottata dalla Danimarca. Sulla base di prove mediche e scientifiche, mi appello quindi alla Commissione affinché adotti a sua volta la soglia del 2 per cento, come previsto dal sistema danese e come raccomandato la relazione della commissione per l'ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare.
Ljudmila Novak (PPE-DE) . – (SL) Ancora una volta devo prendere atto con rammarico che, mentre la situazione delle minoranze italiana e ungherese in Slovenia è regolamentata in modo esemplare e ciascuna minoranza ha un proprio rappresentante al Parlamento sloveno, le minoranze slovene all’estero non godono dello stesso trattamento.
Malgrado a Budapest sia stato firmato un trattato, in Ungheria non c’è la volontà politica di consentire alla minoranza slovena di avere un proprio rappresentante in parlamento. Recentemente, inoltre, siamo venuti a sapere che l’unico museo sloveno in Ungheria dovrà chiudere a causa di un taglio ai finanziamenti, benché si tratti dell’unico centro culturale della minoranza slovena del paese e il finanziamento era peraltro di soli 16 000 euro.
Mentre la Slovenia stanzia 14,5 milioni di euro l’anno per la minoranza ungherese, l’Ungheria destina solo 400 000 euro l’anno alla minoranza slovena. Ci aspettiamo quindi che la minoranza slovena riceva legittimamente un maggior sostegno politico e finanziario da parte del governo ungherese; la crisi finanziaria non può essere una scusa per ridurre i fondi destinati alle minoranze in Ungheria, in Italia o in qualsiasi altro paese.
Atanas Paparizov (PSE) . – (EN) Signor Presidente, nonostante l’accordo esistente tra le autorità greche e gli agricoltori questi ultimi stanno ancora bloccando il traffico transfrontaliero tra Bulgaria e Grecia alla frontiera di Kulata-Promachonas. I 14 giorni di blocco delle frontiere tra la Repubblica bulgara e la Grecia hanno causato notevoli danni economici agli autotrasportatori bulgari.
Assieme ad altri 14 deputati del Parlamento europeo ho inviato un’interrogazione orale alla Commissione sulle misure adottate in base al regolamento comunitario n. 2679/98. Riconosciamo i diritti fondamentali e le libertà dei cittadini europei, ma siamo tuttavia convinti che si dovrebbe ottimizzare tale regolamento in modo da evitare altri casi di blocco prolungato dei trasporti tra gli Stati membri, in completa violazione di principi fondamentali del mercato interno, quali la libera circolazione dei beni e delle persone.
PRESIDENZA DELL’ON. WALLIS Vicepresidente
Anne Laperrouze (ALDE) . – (FR) Signora Presidente, nove giorni fa le regioni dell’Aquitania, dei Midi-Pyrénées e dalla Languedoc-Roussillon sono stati gravemente colpiti dal ciclone Klaus.
I danni sono ingenti e chiedo che queste regioni possano ricevere gli aiuti d’urgenza europei. Mi riferisco in particolare al Fondo di solidarietà dell’Unione europea, ma anche ai Fondi strutturali e al Fondo per lo sviluppo rurale, nonché all’autorizzazione per gli aiuti di Stato.
Desidero richiamare la vostra attenzione, onorevoli deputati, sul fatto che, nel maggio del 2005, il Parlamento europeo ha approvato la relazione dell’onorevole Berend sulla riforma del Fondo di solidarietà in modo da allargarne il campo d'applicazione, questione attualmente ad un punto morto in seno al Consiglio dei ministri. E’ assolutamente necessario che si pervenga presto ad un esito positivo.
I cittadini europei si aspettano che l’Unione li protegga e offra loro assistenza concreta. Consentendo alle regioni francesi di ricevere gli aiuti d'urgenza e portando a termine la riforma del Fondo di solidarietà, si darebbe ai cittadini europei una garanzia assoluta dell’impegno e della volontà dell'Unione europea di essere al loro fianco in situazioni difficili.
Georgios Toussas (GUE/NGL) . – (EL) Signora Presidente, gli agricoltori delle aziende di piccole e medie dimensioni sono scesi in piazza per due settimane di lotta che hanno scosso l’intero paese. La politica agricola comune, formulata e applicata congiuntamente dalle amministrazioni greche, e gli accordi previsti nel quadro dell’Organizzazione mondiale del commercio hanno comportato una riduzione della produzione agricola e un taglio drastico del reddito degli agricoltori delle piccole e medie imprese, accelerando la loro chiusura. La bilancia commerciale agricola della Grecia è passata dal segno positivo a quello negativo per la bella cifra di circa tre miliardi di euro per il solo 2008. Invece di far fronte alle richieste delle piccole e medie imprese il governo neodemocratico sta cercando di ingannarle con annunci senza significato e, al contempo, sta mobilitando forze speciali per soffocarne la lotta. Il partito comunista greco e i lavoratori sostengono la lotta delle piccole e medie aziende contro la politica agricola comune e contro tutte le politiche antipopolari dell’Unione europea e dei governi borghesi. Appoggiamo la richiesta di garantire prezzi minimi per i prodotti agricoli e per il bestiame che coprano i costi di produzione e aumentino il reddito delle piccole e medie aziende.
Jim Allister (NI) . – (EN) Signora Presidente, man mano che la crisi economica si aggrava, nel Regno Unito vengono avviate iniziative industriali che, a causa di norme comunitarie quali l’obbligo di libera circolazione della manodopera, senza limitazioni, all’interno dell’Unione europea e i requisiti per i principali appalti pubblici – che, se concessi a società straniere, determinano un notevole flusso di lavoratori stranieri – giocano a svantaggio dei lavoratori e dei disoccupati locali e li privano di opportunità di lavoro.
Credo che molti si rendano conto del prezzo che il Regno Unito sta pagando per l’appartenenza all’Unione europea. Siamo costretti a sottostare alle leggi del mercato sulla manodopera, alla supremazia della legge dell’Unione europea e ai decreti della Corte di giustizia europea. La politica sugli appalti, che impedisce di riservare un trattamento preferenziale ad appaltatori e lavoratori locali, sta provocando un risentimento sempre maggiore nei confronti dell’Unione europea e del suo regime inflessibile.
Panayiotis Demetriou (PPE-DE) . – (EL) Signora Presidente, due anni fa il Parlamento ha approvato quasi all’unanimità una risoluzione nella quale si chiedeva di accertare la sorte delle persone scomparse a Cipro. Sono passati due anni e non si registra ancora nessun progresso. E’ stato chiesto all’esercito turco di fornire tutte le informazioni in suo possesso alla commissione competente, ma la richiesta non ha avuto alcun seguito. Al contrario, oggi abbiamo assistito alla confessione pubblica di un cittadino turco che, per motivi di coscienza e non riuscendo più a tacere, ha confessato di aver ucciso 10 greci ciprioti mentre prestava servizio militare. L’esercito turco è perfettamente a conoscenza di questi e di altri crimini e, senza dubbio, non vi è persona civile oggi, né turca né di nessun’altra nazionalità, che non condanni questi crimini di guerra. Cosa dobbiamo fare, quindi? Dobbiamo cercare di esercitare pressioni sull’esercito turco affinché fornisca informazioni alla commissione competente in modo da mettere fine alle sofferenze dei congiunti delle persone scomparse.
Richard Corbett (PSE) . – (EN) Signora Presidente, come lei sa nel mio paese si sono svolte molte manifestazioni di protesta contro una società italiana che ha vinto un appalto in una raffineria petrolifera della mia circoscrizione e ha utilizzato solo manodopera italiana.
Le rimostranze sono comprensibili se veramente la società ha riservato il diritto di lavoro solo ai propri connazionali, escludendo i cittadini britannici. Si tratterebbe di una discriminazione basata sulla nazionalità e quindi di una violazione del diritto comunitario, stessa infrazione cui incorrerebbe la società se non rispettasse i requisiti di legge britannici da osservare in base alla direttiva sui lavoratori distaccati.
I dimostranti invece passano naturalmente dalla parte del torto qualora sostenessero che alla gara d’appalto avrebbero dovuto essere ammesse unicamente società britanniche e che si sarebbe dovuta impiegare solo manodopera britannica. I manifestanti dovrebbero ricordare che vi sono più di due milioni di cittadini britannici che lavorano in altri Stati membri, mentre solo un milione di cittadini dell'Unione non britannici lavorano nel Regno Unito.
Lo slogan “lavoratori britannici per lavori britannici” significa che occorre consentire ai lavoratori britannici di competere regolarmente e senza subire discriminazioni, senza riservare il lavoro unicamente ai cittadini di una nazione, sia questa il Regno Unito o qualsiasi altro Stato membro dell’Unione europea.
Marco Pannella (ALDE) . – Signora Presidente, onorevoli colleghi, abbiamo dopodomani – e ne sono felicissimo – qui in seduta solenne, il Presidente dell'Autorità palestinese. In questa occasione, il Presidente di questa Autorità viene in una sede dell'Europa delle patrie che sta distruggendo la patria europea e per cui il Mediterraneo è buono solo come tomba per i poveri e per coloro che sono condannati alla fame e allo sterminio.
Noi rappresentiamo qui – guardate questa ora, è un'ora di proteste nazionaliste, da tutte le parti dobbiamo farle, la peste dell'Europa delle patrie sta distruggendo la patria europea e noi abbiamo il dovere di dirlo a Bruxelles. Dopodomani parla un palestinese. Ebbene, il fatto che l'80% dei cittadini israeliani vuole l'Europa contro il governo di Gerusalemme, come la Fondazione Adenauer ha dimostrato, dimostra anche che anche i palestinesi, i libanesi, il sud Mediterraneo, i tunisini, i popoli non hanno il diritto di puntare anch'essi nella rivoluzione ...
(La Presidente interrompe l'oratore)
Iosif Matula (PPE-DE) . – (RO) Dato il clima attuale in Europa, garantire la sicurezza energetica sta diventano una priorità. E’ possibile assicurare una diversificazione delle rotte di transito dell’energia collegando le reti europee del gas e incentivando in tal modo la solidarietà tra gli Stati membri, uno dei principi fondamentali dell'Unione europea. Oltre ai contributi finanziari di Romania e Ungheria, la scorsa settimana la Commissione europea ha proposto lo stanziamento di 30 milioni di euro per completare il gasdotto Arad-Szeged, il cui finanziamento è rimasto in sospeso per più di cinque anni.
Tale progetto è della massima importanza: il gasdotto non solo collegherà Romania e Ungheria, ma sarà anche un collegamento con la rete di gasdotti dell'Unione europea. Al completamento dell’infrastruttura, la Romania potrà importare ed esportare gas sul mercato europeo non solo in condizioni normali, ma anche in situazioni di crisi energetica in Europa. Con questo obiettivo in mente, chiedo il vostro sostegno in modo che la proposta della Commissione possa essere applicata prima possibile.
Jörg Leichtfried (PSE) . – (DE) Signora Presidente, lo scandalo della carne irlandese ha avuto ripercussioni in Europa e in Austria dove, a seguito dello scandalo, questa carne è stata stranamente riveduta come speck tirolese. A mio parere si potrebbe risolvere il problema comunitario semplicemente introducendo l’obbligo di dichiarare, per la carne fresca e per i prodotti della carne, informazioni quali il luogo d’origine, la durata del trasporto dell’animale al macello e dal qui al punto vendita della carne e, in caso di provenienza da paesi non appartenenti all’Unione europea, la specificazione del paese d’origine. L’Unione, inoltre, dovrebbe finalmente prevedere l’introduzione di ispezioni. Invito il Consiglio, la Commissione e voi, onorevoli deputati, a intraprendere le misure necessarie affinché non sia più possibile ingannare i consumatori europei.
Jelko Kacin (ALDE) . – (SL) Come abbiamo visto e sentito, la lunga guerra civile in Sri Lanka sta giungendo al termine, ma è stata una vittoria militare, e non una conquista politica o il raggiungimento di una soluzione duratura, ad obbligare le Tigri Tamil ad uscire dalle loro principali roccaforti. Tale soluzione militare presenta molti problemi. Ci sono vincitori e vinti e diverse decine di migliaia di civili sono costrette a ritirarsi o a fuggire per paura delle unità militari governative.
L’esperienza balcanica ci insegna che, a seguito di vittorie militari e di interruzioni ufficiali delle ostilità, i vinti e i loro presunti simpatizzanti vengono spesso giustiziati dai vincitori. Le vittorie possono comportare uccisioni, atti di vendetta incontrollata e spesso anche omicidi organizzati che gli autori cercano di nascondere.
Non voglio puntare il dito contro nessuno prima del tempo; sto solamente cercando di sottolineare che l’Unione europea deve intervenire immediatamente per assicurare la presenza e la supervisione di forze internazionali nel periodo critico post-bellico, un periodo durante il quale la popolazione civile in fuga per paura è in grave pericolo.
James Nicholson (PPE-DE) . – (EN) Signora Presidente, molti saranno a conoscenza dell’allarme diossina nella Repubblica d’Irlanda: si tratta di una situazione in cui sono rimasti coinvolti anche gli allevatori dell’Irlanda del Nord dal momento che importavano i mangimi composti che hanno causato i problemi negli animali. L’esecutivo dell’Irlanda del Nord ha offerto agli allevatori una compensazione del 25 per cento che per loro equivale alla rovina. Il governo ha problemi nel reperire i fondi da destinare agli allevatori e non riuscirà ad ottenere il 37,5 per cento dei fondi europei disponibili. Mi risulta che il governo della Repubblica d’Irlanda abbia dichiarato chiaramente di declinare qualsiasi responsabilità in merito, benché lo stabilimento per la produzione dei mangimi fosse stato autorizzato dal governo e ricadeva sotto il suo controllo. Inoltre, in uno stabilimento è stato riscontrato un gran numero di carne di maiale infetta. Si tratta di un problema serio che va risolto al più presto.
Silvia-Adriana Ţicău (PSE) . – (RO) L’Unione europea si sta preparando attivamente a negoziare un accordo post-Kyoto per continuare a ridurre le cause dei cambiamenti climatici. Gli Stati membri dovranno ridurre gradualmente le emissioni di anidride carbonica e le imprese europee dovranno investire con urgenza per modernizzare gli impianti produttivi delle industrie ad alto consumo energetico per mantenere costante l’attuale livello produttivo e occupazionale e tutelare l’ambiente.
Desidero richiamare la vostra attenzione sul fatto che, data l’attuale crisi economica, le imprese europee non riescono ad ottenere i prestiti di cui hanno bisogno per l’ammodernamento degli impianti. Le imprese non devono produrre meno, ma produrre in modo più intelligente ed ecologico. Chiedo quindi alla Commissione europea, alla Banca europea per gli investimenti e agli Stati membri di dare priorità allo sviluppo economico sostenibile nell’Unione e di garantire, tramite il piano europeo di ripresa economica, le condizioni necessarie a consentire alle imprese di ammodernarsi e rimanere competitive in un mercato sempre più spietato
Iuliu Winkler (PPE-DE) . – (HU) La ringrazio, signora Presidente. L’Unione europea sta cercando di garantire stabilità e sicurezza, di aumentare la ricchezza dei propri cittadini e di costruire un futuro comune per l’Europa. Il patrimonio storico e nazionale e le minoranze etniche rappresentano un valore duraturo in un’Europa diversificata e il rispetto dei diritti di queste minoranze non è stato ancora garantito a sufficienza. L’esistenza di documenti quali la Convenzione quadro per la protezione delle minoranze nazionali e la Carta europea delle lingue regionali e minoritarie ci fa ben sperare. Ovviamente, finché tutti gli Stati membri dell’Unione europea non avranno ratificato tali documenti occorrerà fare ulteriori sforzi. Il Parlamento dovrebbe prefiggersi l’obiettivo di creare un accordo quadro vincolante che garantisca la tutela delle comunità delle minoranze nazionali e riconosca che le varie forme di autonomia e autodeterminazione, basate sul principio di sussidiarietà, rappresentano soluzioni rassicuranti per la situazione delle minoranze. Molte grazie.
Véronique Mathieu (PPE-DE) . – (FR) Signora Presidente, consentitemi di esprimere il mio pieno appoggio ai cittadini e alle famiglie colpite dal ciclone Klaus che ha interessato l’Europa meridionale e in particolare la zona sudorientale della Francia più di una settimana fa.
Il ciclone ha avuto tragiche conseguenze: ci sono state undici vittime, oltre un milione e mezzo di case sono rimaste senza elettricità e sono stati colpiti più di 300 000 ettari di zona boschiva, ovvero il 40 per cento dei boschi della regione di Landes. Sono stati abbattuti da 30 a 40 milioni di metri cubi di alberi.
Dal 2002 l’Unione europea ha a disposizione il Fondo di solidarietà che consente di dare assistenza finanziaria in situazioni d’emergenza alle regioni europee colpite da calamità naturali come questa. Il Consiglio dei ministri, come già indicato dalle soluzioni cui è giunta l’onorevole Laperrouze, deve concedere il Fondo di solidarietà e spero che il Parlamento si assicuri che questo avvenga molto presto.
Czesław Adam Siekierski (PPE-DE) . – (PL) Signora Presidente, stiamo per celebrare il XX anniversario dell’avvio della tavola rotonda in Polonia. E’ stato allora che il governo e l’opposizione si sono seduti ad un tavolo ed hanno avviato una riflessione su come risolvere i problemi della Polonia, sia quelli di tipo economico e sociale che quelli più importanti relativi al nostro sistema politico.
L’opposizione era rappresentata principalmente da Solidarnosc, fondato nel 1980 e guidato da Lech Wałęsa e dai suoi consiglieri. I rappresentanti del governo erano invece le autorità del vacillante sistema economico socialista, i creatori della legge marziale in Polonia.
A seguito della tavola rotonda e dell’intesa raggiunta si sono svolte le elezioni del 1989 che hanno visto l’instaurazione del primo governo guidato da un non comunista, Tadeusz Mazowiecki. Proprio quel governo ci ha dimostrato che la direzione giusta per la Polonia non era solamente verso libertà e democrazia, ma anche verso l’integrazione con l’Unione europea. I cambiamenti che si sono verificati nel mio paese hanno innescato le manifestazioni di molti paesi dell’Europa centrale e orientale a favore della libertà, della democrazia e dell’integrazione nell’Unione europea.
Presidente . − La discussione è chiusa.
14. Valutazione dell'impatto del compromesso raggiunto nei negoziati di Doha sull'accesso ai mercati dei prodotti agricoli e sui servizi a fine luglio 2008 (discussione)
Presidente . − L'ordine del giorno reca la dichiarazione della Commissione sulla valutazione dell'impatto del compromesso raggiunto nei negoziati di Doha sull'accesso ai mercati dei prodotti agricoli e sui servizi a fine luglio 2008.
Catherine Ashton, membro della Commissione. − (EN) Signora Presidente, stiamo affrontando la più grave sfida economica della nostra generazione e ora sia i paesi sviluppati sia i paesi in via di sviluppo si trovano a prendere decisioni difficili e molto importanti.
Occorre valorizzare gli effetti positivi della globalizzazione per far fronte ai relativi aspetti negativi e credo fermamente che, a prescindere da dove cominceremo a pensare alle azioni da intraprendere, la conclusione dei negoziati multilaterali sul commercio (il Ciclo di Doha) rivestirà sempre primaria importanza.
Non occorre che ricordi agli onorevoli deputati gli insegnamenti della storia in merito al protezionismo e nemmeno l’importanza di mantenere aperti i nostri mercati offrendo alle nostre imprese la possibilità di intrattenere rapporti commerciali in tutto il mondo. Non occorre nemmeno sottolineare che, se i paesi iniziassero ad applicare le tariffe doganali seconde le norme fissate dall’Organizzazione mondiale del commercio e non più a loro discrezione come avviene oggi, questa manovra costerebbe al commercio internazionale circa 260 miliardi di euro. Sono certa che gli onorevoli deputati sanno che, benché i paesi in via di sviluppo guardino al futuro, sono anche preoccupati di cosa accadrà a parte degli aiuti di cui hanno potuto usufruire sinora.
Attualmente a che punto siamo? Conosciamo il valore di un accordo che è ora completo all’80 per cento e che nel luglio 2008 era stato fatto l’80 per cento di ciò che occorreva fare. Secondo i termini dell’accordo, il valore comprende: i guadagni dei paesi in via di sviluppo sarebbero dell’ordine di 12-14 miliardi di euro l’anno; ci sarebbe una nuova possibilità di accesso ai mercati emergenti per i paesi emergenti come la Cina; nell’Unione europea avremmo l’opportunità di avviare nuove e più diversificate esportazioni, ad esempio nel settore chimico e tessile; per i servizi, infine, ci sarebbe un potenziale di scambio commerciale pari a 14 miliardi di euro. Un altro dato riguarda attualmente le barriere non tariffarie, le barriere non fiscali che, nella sola Cina, sono costate alle società dell’Unione europea 20 miliardi di euro nel 2007. L'importanza del Ciclo di Doha è quindi evidente.
Sono appena rientrata da Davos dove i dibattiti tra i ministeri del Commercio hanno evidenziato ancor più la necessità di ritornare al tavolo dei negoziati, mentre sono ancora in corso, a Ginevra, i dibattiti di carattere tecnico.
Siamo tutti in attesa che la nuova amministrazione americana riveda le proprie politiche commerciali, come attualmente sembra intenzionata a fare, e giunga alle nostre stesse conclusioni. Attendiamo con ansia anche il G20 del 2 aprile 2009 le relative opportunità per i leader mondiali di cercare una soluzione alla crisi economica e finanziaria e di ridiscutere della necessità di portare il negoziato a compimento. In aprile o maggio si terranno le elezioni in India che rappresenteranno, per il nuovo governo, un’occasione per riesaminare la questione.
Tra i problemi ancora irrisolti c’è il particolare meccanismo di sostegno che, in ultima analisi, è stato l’elemento che ha impedito il proseguimento dei negoziati tra India e Stati Uniti e in relazione al quale verranno prese in considerazione nuove proposte. Alcuni suggerimenti verranno analizzati anche in relazione alla questione del cotone. Gli Stati Uniti, inoltre, hanno gravi problemi in alcuni particolari settori.
Senza dubbio c’è ancora molto da fare, ma sono fermamente convinta che, in presenza di una volontà politica, tali questioni potranno essere risolte: del resto non c’è alternativa. Per noi i servizi sono molto importanti e seguiremo a sviluppare questo settore.
Per concludere vorrei sottolineare che stiamo attraversando un momento delicato in cui è particolarmente evidente la necessità di concludere i negoziati; continuerò a lavorare a nome vostro e della Commissione per poter giungere ad una soluzione.
Georgios Papastamkos, a nome del gruppo PPE-DE. – (EL) Signora Presidente, signora Commissario, onorevoli deputati, il commercio di beni industriali e di servizi è veramente d’importanza strategica per l’economia europea. L’Unione europea, come tutti sappiamo, è il più importante esportatore mondiale e la maggior fonte di investimenti diretti stranieri e costituisce uno dei mercati più aperti, mentre alcuni nostri importanti partner mantengono ancora forti barriere al commercio. Stiamo cercando di ridurre sostanzialmente le tariffe doganali applicate e le barriere non tariffarie ingiustificate; oltre ai paesi terzi industrialmente avanzati esistono anche economie emergenti che devono poter fare una serie di concessioni proporzionalmente al loro livello di sviluppo e alla loro competitività settoriale. Il problema, signora Commissario, non riguarda solo la rimozione delle barriere: sussistono, infatti, differenze a livello normativo che creano costi aggiuntivi per l’esportazione, rendono i prodotti europei meno competitivi rispetto a quelli importati da paesi con leggi più flessibili e, in molti casi, sollevano problemi di sicurezza e di tutela dei consumatori europei. L’incapacità protratta nel tempo di raggiungere un accordo sta inasprendo il clima di incertezza economica e sta compromettendo la credibilità del sistema commerciale multilaterale. Gli accordi bilaterali e interregionali costituiscono solo una parte del problema. La crisi economica potrebbe infatti innescare l’imposizione di barriere commerciali unilaterali, restrittive o con effetti di distorsione del mercato. Si sono già verificati alcuni casi, anche se di scarsa portata, come risulta dalla relazione del direttore generale dell’Organizzazione mondiale del commercio Lamy. Anche la clausola di salvaguardia dei prodotti statunitensi, approvata dalla camera dei deputati americana, è un allarmante passo in tale direzione. A mio parere il ricorso ad approcci unilaterali non costituisce una soluzione. Oggi più che mai dobbiamo affrontare le sfide che ci aspettano uniti, con maggiore integrazione, stabilendo e rafforzando i sistemi normativi internazionali e facendoli convergere in modo sistematico. C’è bisogno di una nuova architettura economica a livello internazionale e di una gestione del commercio globale più trasparente ed equilibrata; a questo riguardo, signora Commissario, attendiamo una proposta integrata di “globalizzazione dal volto europeo” che tenga conto dei cambiamenti già avvenuti e del legame esistente tra la dimensione commerciale e quella economica perché l’Europa possa essere trasparente, democratica ed efficiente in questo periodo di crisi.
Glyn Ford, a nome del gruppo PSE. – (EN) Signora Presidente, noi del gruppo socialista al Parlamento europeo ci impegniamo affinché i negoziati di Doha sullo sviluppo abbiano un esito positivo; i tempi della politica hanno tuttavia creato una situazione dove si è, per così dire, in attesa di progressi. Il commissario Ashton ha osservato che negli Stati Uniti si è appena instaurata una nuova amministrazione, un fatto a mio avviso molto positivo; l’amministrazione Obama deve però ancora avviare la revisione della propria politica commerciale, un’operazione che potrebbe richiedere tempo.
In aprile o in maggio si terranno le elezioni in India e il solo luogo che il commissario Ashton ha omesso è l’Unione europea, dove in giugno si svolgeranno le elezioni del Parlamento europeo che porteranno alla nomina di una nuova Commissione della quale mi auguro la Ashton possa continuare a far parte come commissario per il commercio. Questo non significa che nel frattempo la commissione debba solo aspettare con le mani in mano. L’Europa deve continuare a dare risalto al proprio impegno in materia di sviluppo e libero scambio, pur adoperandosi per mettere fine allo sfruttamento e per soddisfare le richieste di sviluppo sostenibile.
Sono d’accordo con l’onorevole Papastamkos quando afferma che in questa situazione il libero scambio è vantaggioso per tutti. L’attuale crisi economica e finanziaria rappresenta uno dei motivi per cui occorre andare avanti e non ritirarsi.
Il commissario Ashton e la Commissione possono cercare di preparare un terreno di compromesso tra gli Stati Uniti e l’India. E’ stata la testardaggine di entrambe le parti che, a mio parere, ha impedito di giungere ad una conclusione positiva l’ultima volta che è stato fatto un tentativo in tal senso. Anche se si è giunti ad un accordo per l’80 per cento, manca ancora il restante 20 per cento. Negli Stati Uniti si è instaurata una nuova amministrazione e il risultato delle elezioni in India potrebbe darcene un’altra.
Nel frattempo non possiamo far altro che continuare a perseguire accordi bilaterali. Mi rallegro dei risultati ottenuti la scorsa settimana nei negoziati con la Repubblica coreana in relazione al tema del libero scambio, sul quale mi pare si stia per giungere a un accordo che, ancora una volta, andrà a vantaggio di entrambe le parti.
Sono relatore per l’accordo sul libero scambio con l’Associazione delle nazioni del Sud-Est asiatico e devo dire che la base negoziale sta creando un ostacolo istituzionale. Occorre considerare la possibilità di avviare una coalizione tra coloro che, in seno all’Associazione della nazioni del Sud-Est asiatico, hanno realmente intenzione, e ne sono in grado, di raggiungere un accordo, cioè coloro che possono, per così dire, siglare l’accordo. Per quanto riguarda l’India, a mio parere non esiste attualmente la volontà politica di ottenere un risultato. Dopo le elezioni l’amministrazione indiana, vecchia o nuova, dovrà presentare delle proposte, oppure l’Unione europea si rivolgerà a chi non vuole limitarsi a discutere, ma intende anche giungere ad una conclusione.
Per concludere mi congratulo con l’onorevole Pannella, che interverrà dopo di me, per il suo nuovo incarico di portavoce del gruppo ALDE per il commercio e invitarlo a far visita alla commissione per il commercio internazionale, dove sarà il benvenuto.
Marco Pannella, a nome del gruppo ALDE. – Signora Presidente, onorevoli colleghi, credo che potremmo esordire un po' – visto che questi termini hanno avuto circolazione piuttosto fortunata in questi giorni – che abbiamo a che fare, signora Commissaria, con una strana sorte di confronto fra l'uomo di Doha o dell'ex Doha – come lo speravamo – e l'uomo di Davos. Non ritengo che questa sia una partizione adeguata, evidentemente, ma è interessante.
Noi ci troviamo adesso, come lei ci ha detto Commissaria, a dovere dipendere notevolmente un po' da eventi che non nascono qui da noi: gli eventi americani, gli eventi indiani, e Ford adesso ricordava anche le aree importanti come l'ASEAN o la Corea del Sud. Ma il problema vero è quanto noi oggi, quanto la Commissione, quanto l'Unione europea è in condizioni oggi di resistere a quello scoppio di nazionalismi dei quali si parlava un momento fa, di riflessi autarchici, di nuove illusioni protezionistiche, che rischia di rendere il suo lavoro, signora Commissaria, e il lavoro della nostra Unione anch'esso molto difficile.
Io penso che in questa campagna elettorale sarà importantissimo comprendere quanto il PSE, PPE e ALDE riescano, con gli altri componenti anche, a trovare una linea di sviluppo della proposta nostra, della proposta della quale lei Commissaria si è fatta portavoce, e quanto riusciamo davvero a farne una proposta dell'Europa e non solo una proposta, direi, nostra centrale di Bruxelles contro una serie di capitali che si muovono ciascuno di già per conto loro come è accaduto purtroppo molte volte nel secolo passato.
Jacky Hénin, a nome del gruppo GUE/NGL. – (FR) Signora Presidente, non c’è motivo di negare che, nel corso dei negoziati di luglio, l’amministrazione Bush e l’Unione europea sono rimasti invischiati nella trappola che loro stessi avevano preparato per India e per Cina. Inoltre, contrariamente alle affermazioni ipocrite degli economisti liberali, non è vero che il fallimento di Doha sarebbe stato disastroso per i paesi poveri.
Per i paesi in difficoltà, Doha rappresentava invece un’opportunità storica in un contesto caratterizzato da notevoli fluttuazioni dei prezzi delle materie prime. Anche gli esperti ammettono che i guadagni che i paesi più poveri avrebbero potuto auspicarsi sarebbero stati ben al di sotto delle perdite fiscali derivanti dall’abolizione dalle tariffe doganali, che avrebbero toccato i 60 miliardi di dollari.
Durante i negoziati la Commissione, vittima dei suoi dogmi liberali, ha dimostrato una totale mancanza di responsabilità nei confronti dei cittadini europei, arrivando al punto di proporre di danneggiare, e persino di sacrificare, l’industria automobilistica dell’Unione europea in modo da riuscire a stringere un accordo.
Per l’Organizzazione mondiale del commercio e per la Commissione esistono soltanto consumatori e non produttori di ricchezza, e proprio questo approccio è all’origine della crisi attuale. Facendo della concorrenza il fine ultimo di tutto, ci si muove sempre più verso un aumento della deflazione salariale e di conseguenza verso un impoverimento dei lavoratori e verso la distruzione metodica di ogni meccanismo di protezione sociale.
Se il Ciclo di Doha dovesse concludersi sarebbe una catastrofe per tutti. E’ particolarmente doloroso constatare che, nella situazione attuale, si voglia comunque proseguire ad ogni costo nella direzione sbagliata, nonostante ci si sia resi conto dei notevoli danni riscontrati. Occorre urgentemente rivoluzionare l’Organizzazione mondiale del commercio per renderla democratica.
Corien Wortmann-Kool (PPE-DE) . – (NL) I negoziati di Doha sono in corso da molto tempo ed è positivo che l’Europa abbia compiuto passi importanti nell’avvicinare le nostre posizioni. L’Europa ha avanzato una proposta di largo respiro sull’agricoltura ma purtroppo i nostri sforzi non sono stati sufficientemente corrisposti dagli altri paesi. Ecco un altro motivo per cui è importante considerare il pacchetto nel suo complesso e includervi l’accesso al mercato per i prodotti non agricoli e i servizi.
Potete contare sul mio pieno sostegno affinché si possa giungere rapidamente ad un accordo. Come europei dobbiamo difenderci dalle misure protezionistiche che sempre più spesso fanno capolino, certo a causa della difficile situazione in cui versa l’economia mondiale, ma anche in nome della tutela della sicurezza alimentare. Come europei dobbiamo rinnovare il nostro costante impegno nei confronti del concetto di reciprocità: se noi ci apriremo, lo faranno anche gli altri.
Cosa dobbiamo aspettarci dal nuovo presidente americano e dal pacchetto di misure che ha appena annunciato? E dalla Cina? E’ soprattutto su questo fronte che ci aspettiamo il suo impegno, dato che in un momento di crisi economica e finanziaria caratterizzato da licenziamenti in massa e dalla riduzione dei mercati, l’apertura del mercato potrebbe favorire i nostri interessi.
Signora Presidente, le nostre richieste sono state formulate con l’intento di sottolineare i benefici che i nostri cittadini potrebbero aspettarsi da questo pacchetto di misure e cosa tale pacchetto poteva offrire loro. So bene che è impossibile rispondere a queste domande nel breve tempo a sua disposizione, ma le chiedo di essere trasparente nelle settimane e nei mesi a venire, quando comunicherà ai cittadini l’esito e l’importanza per loro delle questioni analizzate. Si tratta di un aspetto molto importante in vista delle prossime elezioni europee e spero che si possa contare su di lei affinché la questione resti prioritaria.
Francisco Assis (PSE) . – (PT) Nel contesto della grave crisi economica e finanziaria che stiamo attraversando è assolutamente essenziale cercare di concludere i negoziati di Doha.
In un momento di crisi c’è sempre la tendenza a cedere alla tentazione del protezionismo, una sorta di nevrosi che tende a colpire tutte le società e tutti gli Stati in momenti di grave crisi, come quello che stiamo vivendo. Dobbiamo quindi lottare contro la tentazione del protezionismo dato che la storia ci insegna dove tale approccio ci condurrebbe, ossia ad un impoverimento generalizzato della comunità mondiale senza contribuire in alcun modo a risolvere i gravi problemi che ci troviamo ad affrontare. Occorre tuttavia distinguere tra il protezionismo, tendenza che sicuramente deve essere combattuta e criticata, e la necessità di tutelare gli interessi legittimi nelle varie zone del mondo in cui siamo divisi. E’ in questo campo che l’Unione europea ha l’obbligo di difendere gli interessi degli europei e non mi riferisco unicamente agli interessi degli europei come consumatori ma anche a quelli degli europei come produttori.
Ecco perché è importante proseguire i negoziati multilaterali di Doha. Pur sapendo che il protezionismo sarebbe di fatto un errore, siamo anche consapevoli che una liberalizzazione incontrollata del commercio internazionale sarebbe disastrosa dal punto di vista economico e sociale. L’unico modo per evitare tale liberalizzazione è la stipula di un accordo nella sede appropriata, l’Organizzazione mondiale del commercio, un accordo multilaterale che stabilisca norme a salvaguardia degli interessi legittimi di tutte le parti in causa. Il compito della Commissione e dell’Unione europea è, anche in questo caso, ridare fiducia ai cittadini europei.
Attualmente in Europa si registra una perdita di fiducia nella capacità di difesa e regolamentazione politica dei rappresentanti europei, siano essi gli Stati membri, la Commissione europea o l’Unione europea nel suo complesso. La sfida che dovremo affrontare è cercare di mettere fine alla crisi di rappresentatività e di fiducia facendo per procedere nel modo migliore e, in questo caso, ottenendo un accordo multilaterale a tutela dei nostri interessi legittimi.
Georgios Toussas (GUE/NGL) . – (EL) Signora Presidente, la scelta strategica dell’Unione europea e dei governi borghesi nel bel mezzo di una profonda crisi del sistema capitalistico – crisi dovuta all’accumulo di capitale e all’eccesso di produzione che contagia anche gli Stati membri dell’Unione europea – è quella di appoggiarsi all’Organizzazione mondiale del commercio che sostiene attivamente l’imposizione della completa liberalizzazione del commercio, le privatizzazioni, le acquisizioni e la penetrazione dei monopoli europei nei nuovi mercati. Lo scopo dei negoziati di Doha è coordinare un attacco a tutto campo da parte del capitale in modo che le multinazionali possano appropriarsi delle materie prime dei paesi poveri e aumentare lo sfruttamento dei lavoratori in tutto il mondo capitalistico. L’antipopolare politica agricola comune è alla base degli obiettivi comunitari di liberalizzazione dei mercati nei settori dei beni non agricoli e dei servizi per tutelare i posti di lavoro della piramide imperialista. Siamo ovviamente attenti al commercio internazionale e al suo sviluppo nell’interesse di tutti, ma riteniamo impossibile che, in un mondo capitalistico, il commercio globale possa essere equo e nell’interesse di tutti. Ecco perché occorre intensificare la lotta dei lavoratori in direzione anti-imperialista e anti-monopolistica, in modo da apportare cambiamenti radicali sia a livello internazionale sia a livello dei singoli Stati.
Nils Lundgren, a nome del gruppo IND/DEM. – (SV) Signora Presidente, il Ciclo di Doha si è interrotto l’anno scorso e questo rappresenta un problema estremamente serio. I progressi ottenuti negli ultimi decenni verso il libero scambio globale hanno risollevato dalla povertà un numero incredibile di persone e hanno realmente cambiato il mondo. Oggi tuttavia l’economia mondiale sta attraversando un momento di profonda crisi e questa non è la conseguenza né del libero scambio né di questa forma di globalizzazione, bensì di una crisi finanziaria mondiale. Ci troviamo in una situazione simile a quella della fine degli anni ’20.
Le crisi finanziarie di questo tipo conducono alla depressione mondiale. L’ultima di crisi di questo tipo portò alla presa di potere da parte di Hitler, agli orrori della Seconda guerra mondiale e ai cinquant’anni di schiavitù comunista di mezza Europa e mezza Asia. Stiamo discutendo quindi di questioni importanti. Negli anni ’20 la causa principale della depressione globale fu il ritorno al protezionismo: un paese dopo l’altro introdusse dazi, restrizioni quantitative, norme a favore dell’acquisto di prodotti locali e svalutazione della concorrenza.
Attualmente stiamo correndo il rischio che tale situazione possa ripetersi e vi sono molti segnali preoccupanti in tal senso. Il presidente Obama ha vinto le elezioni con un programma protezionista e ne sono già evidenti i primi segnali: negli Stati Uniti si sta discutendo di un grosso pacchetto di misure che comprendono anche una campagna a favore dell’acquisto di prodotti americani nel settore dell’acciaio edilizio per le costruzioni. Questo potrebbe essere l’inizio.
Se si lascerà aperta una porta, altri paesi scopriranno che possono adottare misure analoghe, data la gravità della situazione. I paesi attualmente colpiti dalla crisi, a livello mondiale ed europeo, avranno la tentazione di promettere a lavoratori e imprese protezione dalla concorrenza straniera. Questa tendenza è già in atto e il processo, una volta avviato, non potrà più essere arrestato con conseguenze disastrose.
L’Unione europea è il più grande blocco commerciale del mondo e si fa quindi carico di molte responsabilità. Nel settore delle politiche commerciali l’Unione europea parla all’unisono e, una volta tanto, ciò è positivo; ma cosa dirà adesso quella voce? C’è motivo di essere pessimisti.
La chiave del successo sta nel settore agricolo, ma le campagne di promozione di Francia e Germania per spingere l’Unione europea ad acquistare il latte in polvere e il burro e per avviare le sovvenzioni all’esportazione di prodotti lattiero-caseari non sono segnali positivi; rappresentano invece una politica egoista e meschina e non una politica ben condotta.
Il Consiglio e il Parlamento dovrebbero quindi ribadire chiaramente che l’Unione europea difenderà il libero scambio in tutto il mondo e aprirà la strada al progresso nel commercio dei prodotti agricoli: questa è ora l’urgenza più importante. Grazie per avermi permesso di intervenire.
Christofer Fjellner (PPE-DE) . – (SV) Concordo con l’oratore che mi ha preceduto sulla grande importanza dei negoziati di Doha e desidero aggiungere che forse non sono mai stati tanto importanti quanto in questo momento. Credo che proprio perché è in atto una crisi finanziaria c’è più bisogno che mai di dimostrare che il sistema commerciale globale funziona veramente.
Ritengo che rinunciare ai negoziati di Doha dicendo che non siamo riusciti a raggiungere un accordo a livello globale sarebbe disastroso e danneggerebbe tutto il sistema commerciale mondiale. In questo momento il fallimento del ciclo di Doha avrebbe costi altissimi.
Questi negoziati sono oggi più importanti che mai alla luce della crisi finanziaria. A mio parere il rischio principale cui ci troviamo di fronte nell’attuale crisi finanziaria non è la mancanza di capitale per il mercato dei prestiti, ma la possibilità che la crisi inneschi tendenze protezionistiche, come è già successo negli anni ’30 – quando ha portato letteralmente al collasso dell’economia mondiale – e nuovamente negli anni ’70.
Credo esistano già segnali della convinzione mondiale di poter risolvere i problemi fondamentali aumentando le misure protezionistiche, correndo il rischio che il protezionismo si diffonda e aggravi la crisi dell’economia mondiale. Il fenomeno è già evidente nel settore dei servizi, in particolare dei servizi finanziari, dove il protezionismo si sta diffondendo molto rapidamente, e del commercio di servizi.
Ritornando alla situazione attuale del Ciclo di Doha, nel corso dei negoziati ho sempre espresso le mie riserve sul fatto che si discutesse agricoltura, solo ed esclusivamente di agricoltura. Credo che Doha avesse un’agenda estremamente limitata e penso che il commercio mondiale meriti un approccio di più ampio respiro, in particolare perché l’agricoltura rappresenta una parte relativamente piccola del commercio mondiale se la si paragona, ad esempio, all’industria e ai servizi combinati. Credo anche che l’agricoltura costituisca una parte relativamente limitata del potenziale di crescita, specialmente qui in Europa. A livello globale si stanno aprendo nuove opportunità di accesso ai mercati, in particolare nel settore del commercio di servizi; anche i prodotti industriali a mio avviso sono della massima importanza per avviare gli ingranaggi di una rivitalizzazione della crescita globale.
Desidero quindi chiedere alla Commissione cosa intende fare e quali iniziative sono già in corso per ampliare i negoziati di Doha e farci uscire dalla situazione irritante che ci vede tutti seduti ad un tavolo ad accusarci l’un l’altro sempre e solo sul commercio dei prodotti agricoli, quando sappiamo benissimo che l’economia mondiale ha bisogno di un’agenda commerciale molto più ampia, che includa anche i servizi e il commercio di prodotti industriali. Molte grazie.
Mairead McGuinness (PPE-DE) . – (EN) Signora Presidente, desidero dare il benvenuto al commissario. Il suo predecessore Mandelson era ben noto in Irlanda per motivi che sono certo il commissario Ashton conosce bene.
Dei negoziati di Doha gli europei non parlano, se ne parla solo in situazioni come questa. Quando incontro cittadini che hanno perso il loro posto di lavoro, non fanno cenno a Doha e credo quindi che non vi sia alcuna correlazione tra Doha e lo sviluppo economico, malgrado tutte le teorie che sono state avanzate in questa sede.
Quanto alla globalizzazione dei mercati finanziari, a mio parere, in questo caso non ha corrisposto alle nostre aspettative, anche se sarebbe forse più onesto dire che è la regolamentazione dei mercati finanziari, o la sua totale mancanza, che ci ha traditi. Ho trovato interessante la recente dichiarazione del commissario McCreevy secondo cui i problemi in questo settore sono stati in parte causati dagli imperi dalle autorità di regolamentazione degli Stati membri. Si tratta di un tema che forse andrebbe affrontato in un’altra discussione, ma dimostra che la nostra valutazione positiva della globalizzazione non è applicabile al settore finanziario.
Per quanto riguarda l’agricoltura, cui hanno fatto riferimento gli oratori che mi hanno preceduta, mi risulta che non abbia costituito il punto di stallo a Doha. Si tratta tuttavia di una questione seria che mi preoccupa molto. Probabilmente, dato che sono più anziana dell’oratore precedente, peraltro del mio stesso gruppo politico, considero fondamentale l’agricoltura perché fornisce i prodotti alimentari ed è di conseguenza più importante di quanto l’onorevole collega sostiene. Credo dovremmo ricordarlo. In quest'Aula si è votato sulla mia relazione in materia di sicurezza alimentare globale, una questione che giustamente ci preoccupa e che si dovrebbe discutere anche a Doha.
Un’altra questione da affrontare è come rendere competitivi i produttori europei, gli agricoltori, in un’Unione europea dove esistono norme diverse e più severe sul benessere animale in relazione all’ambiente rispetto alle disposizioni dell’Organizzazione mondiale del commercio, che non affrontano l’argomento. I cittadini europei ci seguiranno solo se l’OMC si occuperà anche di questi temi, che ritengo debbano essere discussi direttamente in Aula e a Ginevra, più di quanto si faccia attualmente.
Le chiederei quindi di affrontare, nel suo intervento conclusivo, alcuni di questi problemi concreti in modo che i cittadini si possano rendere conto degli argomenti oggetto di discussione. Forse mi sbaglio, ma non credo sia possibile che i negoziati di Doha si sviluppino alla velocità che lei ha descritto.
Paul Rübig (PPE-DE) . – (DE) Signora Presidente, signora Commissario, onorevoli deputati, nell’ambito dei negoziati di Doha mi interesserebbe sapere come la Direzione generale del Commercio intenda tutelare il contingente tariffario su cui si basa la competitività dell’industria della fermentazione europea. Il contingente tariffario ha una funzione molto importante e l’industria della fermentazione deve rimanere competitiva a livello internazionale.
Vorrei inoltre sapere come verrà affrontato il problema della clausola sull’acciaio appena approvata dal Congresso americano che vieta l’uso dell’acciaio dell’Unione europea negli Stati Uniti.
Czesław Adam Siekierski (PPE-DE) . – (PL) Signora Presidente, l’obiettivo dei negoziati di Doha è contribuire allo sviluppo dei paesi più poveri per farli uscire dalla povertà. Da un lato, certo, dobbiamo fare tutto il possibile per aiutare questi paesi svantaggiati, ma dall’altro non dobbiamo dimenticare le nostre aziende e i nostri agricoltori.
Di qui la mia domanda: come proteggeremo le nostre piccole e medie imprese dal fallimento e come tuteleremo le nostre piccole aziende agricole dalla concorrenza di Cina, India e Brasile? Occorre affermare con chiarezza che, per importare nell’Unione europea prodotti di qualsiasi tipo, dalle scarpe alla carne, è necessario attenersi a standard specifici: solo in questo modo sarà possibile parlare di concorrenza equa.
Nei prossimi mesi sarà estremamente difficile concludere i negoziati dato che manca la volontà politica delle parti che contano davvero. Bisogna inoltre considerare il rischio di un ritorno al protezionismo a seguito dell’attuale crisi economica mondiale.
Zbigniew Zaleski (PPE-DE) . – (PL) Ho seguito l’ultimo dibattito tenutosi a Doha in Qatar e ho avuto l’impressione che i paesi in via di sviluppo avessero qualche rimostranza da fare nei confronti dei paesi sviluppati. Forse si tratta di un retaggio del colonialismo, o forse quei paesi si erano abituati a ricevere aiuti diretti, a ricevere una sorta di carità. Credo che i paesi ricchi possano aiutare quelli poveri attraverso un buon commercio, buone leggi e iniziative di formazione. Non c’è niente di più importante che rendere autonoma l’impresa locale e costruire relazioni paritarie tra i paesi dell’Africa, dell’Asia e anche dell’America latina. Credo inoltre che fornendo i servizi potremo impartire insegnamenti sulla gestione, sulla cooperazione e sulle norme appropriate: per questo motivo l’apertura del mercato ai servizi è molto importante per entrambe le parti.
Mairead McGuinness (PPE-DE) . – (EN) Signora Presidente, la ringrazio per avermi concesso questo minuto supplementare in quanto credo che di avere qualcosa di importante da dire sull’agricoltura. Sembra che gli agricoltori europei siano i soli ad essere preoccupati. In realtà a Doha anche i negoziatori indiani sono preoccupati del futuro delle loro piccole aziende agricole e delle terribili conseguenze che il passaggio al libero scambio potrebbe comportare non solo per i singoli agricoltori, ma anche per la stabilità sociale del loro paese. Il problema dell’agricoltura riguarda quindi tutte le parti in causa nel negoziato e occorre un po’ più di onestà. Signora Commissario, nel suo intervento conclusivo forse dovrebbe affrontare questo problema.
Catherine Ashton, membro della Commissione. − (EN) Signora Presidente, cercherò di affrontare brevemente i problemi sollevati dai deputati.
Onorevole Papastamkos, sono d’accordo con lei in merito agli aspetti giuridici e di regolamentazione: sarà essenziale affrontare il problema in modo da cercare di risolverlo; concordo con lei anche sull’importanza della sicurezza in questo campo.
Alcuni deputati, e in particolare gli onorevoli Lundgren e Rübig, oltre all’onorevole Papastamkos, hanno parlato della clausola a favore dell’acquisto di prodotti americani attualmente in discussione al Congresso degli Stati Uniti. I deputati sapranno che questa clausola si basa sulla legge sul commercio del 1979. La disposizione esisteva già, ma, grazie all’Accordo sugli appalti pubblici, esiste ora la possibilità di stabilire accordi reciproci che consentano alle nazioni che vi aderiscono di competere per quei progetti. Speriamo, e ne abbiamo parlato agli americani, di non dover ritornare al punto di partenza. Ho letto le norme e sono anch’io piuttosto preoccupata.
Alla fine di febbraio mi recherò in America dove incontrerò il rappresentante degli Stati Uniti per i negoziati commerciali che, spero, allora sarà già stato confermato. I deputati possono stare certi che in tale occasione verranno affrontate questioni molti importanti.
L’onorevole Ford ha sollevato il tema dei rapporti bilaterali. In Corea si stanno facendo progressi e, nel tentativo di raggiungere sviluppi positivi, sto cercando di ottenere dall’Associazione delle nazioni del Sud-Est asiatico la flessibilità di cui ho già discusso con l’onorevole Ford. Ritengo tuttavia che non esista nulla che abbia più valore e importanza degli accordi multilaterali.
Quanto all’India, il primo ministro Singh ha ribadito chiaramente il proprio impegno. Sono d’accordo con l’onorevole McGuinness sull’importanza della questione agricola per l’India, un tema sul quale mi soffermerò ancora. La scorsa settimana ero a Londra con Kamal Nath a discutere di Doha ed egli, come ministro del Commercio per l’India, ha espresso esattamente gli stessi concetti dell’onorevole McGuinness in relazione alla grande importanza dell’agricoltura di sussistenza degli agricoltori. Sono quindi pienamente d’accordo con quanto detto affermato sia dall’onorevole McGuinness sia dal ministro Nath.
Onorevole Pannella, non credo che ci si trovi completamente in balia degli eventi; ritengo che, come europei, dobbiamo usare tutta la nostra influenza e ribadire chiaramente che, come lei ha sottolineato, è importante opporci al protezionismo. Si tratta di una grave sfida che coinvolge anche la sfera della comunicazione: occorre infatti essere certi che i cittadini comprendano.
Purtroppo l’onorevole Hénin non è più in Aula, ma vorrei ribattere che qui non si discute di sacrificare l’industria ai consumatori, ma di crescita, di sviluppo industriale e di tutela di posti di lavoro. Sappiamo tutti benissimo quanto siano importanti il commercio e le esportazioni. Sicuramente i cambiamenti istituzionali in seno all’Organizzazione mondiale del commercio potrebbero essere argomento discuterei discussione, ma preferisco dedicarmi a trovare soluzioni pratiche per uscire da questo difficile momento dell’economia.
L’onorevole Wortmann-Kool ha toccato l’argomento dei servizi. Certo si tratta di un tema importante ed è altrettanto importante essere trasparenti, sono assolutamente d’accordo.
Onorevole Assis, è giusto tutelare i nostri interessi senza tuttavia ricorrere al protezionismo. Esiste un aspetto fondamentale che occorre tenere bene a mente: bisogna essere certi di tutelare la manodopera.
Quanto all’agricoltura, come ho già detto, è essenziale essere in grado di sviluppare le nostre industrie. L’agricoltura è legata alla produzione alimentare ed è molto importante per i negoziati di Doha. La mia collega Fischer Boel ha lavorato sodo per tutelare la posizione dell’agricoltura europea e i suoi risultati costituiscono la base di tutto il mio lavoro nelle trattative bilaterali, locali e multilaterali al fine di assicurare le migliori misure possibili a tutela di tutta la nostra agricoltura in futuro.
Onorevole Rübig, per quanto concerne l’industria della fermentazione, mi risulta che la questione sia attualmente in discussione e in futuro sarò felice di analizzare l’argomento in dettaglio.
Per finire, onorevole Siekierski, ritengo essenziale tutelare le nostre piccole e medie imprese. Sto lavorando a stretto contatto con il commissario Verheugen per ottenere un proficuo rapporto di collaborazione tra imprese e commercio che possa offrire alle piccole imprese l’opportunità di segnalare i settori che necessitano di un’apertura dei mercati, in modo da agevolarne l’apertura e sostenere le imprese nel commercio.
Presidente . − La discussione è chiusa.
15. Produzione e occupazione nel settore tessile e dell'abbigliamento in diversi Stati membri dell'UE (discussione)
Presidente . − L’ordine del giorno reca la discussione sull’interrogazione orale alla Commissione su produzione e occupazione nel settore tessile e dell'abbigliamento in diversi Stati membri dell'UE.
Corien Wortmann-Kool, autore supplente. − (EN) Signora Presidente, a nome della commissione per il commercio internazionale voglio puntualizzare qual è la posta in gioco.
Si tratta della produzione e dell’occupazione nel settore tessile e dell’abbigliamento in diversi Stati membri. L’Unione europea e la Cina hanno concordato un sistema comune di sorveglianza delle esportazioni di alcune tipologie di beni tessili e di abbigliamento dalla Cina verso gli Stati membri dell’Unione; questo regime però era valido sino al 31 dicembre 2008.
Negli ultimi due anni, 350 000 posti di lavoro sono andati perduti, e lo stesso periodo ha fatto registrare una riduzione del 5 per cento nel numero delle imprese. Tenuto conto del sempre crescente numero di aziende che cessano la propria attività o che trasferiscono la produzione altrove, determinando un aumento della disoccupazione in numerose regioni, vorrei formulare le seguenti interrogazioni a nome della commissione per il commercio internazionale:
La Commissione europea, o un qualsiasi Stato membro, ha proposto o richiesto che il duplice meccanismo di sorveglianza venisse prolungato anche oltre la scadenza del 31 dicembre 2008 o che fosse adottata qualche altra misura in questo quadro di riferimento?
Quali misure intende adottare la Commissione per tutelare la produzione e l’occupazione nel settore tessile e dell’abbigliamento?
La Commissione intende continuare a monitorare in tempo reale le evoluzioni del mercato, le statistiche sulle importazioni e i controlli doganali e ad aggiornare il settore sui più recenti sviluppi?
Qual è la situazione attuale riguardo la proposta di regolamento sulle etichette "made in"?
Quali sono le misure intraprese dalla Commissione per dar seguito alle proposte adottate dal Parlamento nella risoluzione del 13 dicembre 2007?
Catherine Ashton, membro della Commissione. − (EN) Signora Presidente, è comprensibile che in questo clima vi sia preoccupazione sulle prestazioni del settore manifatturiero, vista la forte concorrenza, e naturalmente il settore del tessile riveste un ruolo importante. Il tasso di occupazione ha continuato a calare, di pari passo con un calo della produzione registrata dopo un paio d’anni di relativa stabilità. Il settore è ovviamente all’avanguardia nella globalizzazione e il merito è da attribuirsi in larga parte alle piccole e medie imprese.
In seguito alla scadenza del protocollo d’intesa nel 2005, abbiamo siglato l’accordo sul regime comune di sorveglianza, sul quale l’onorevole Wortmann-Kool ha già richiamato la nostra attenzione, ricevendo informazioni tempestive sui flussi commerciali. Siamo pertanto in grado di reagire meglio nell’eventualità di un’improvvisa impennata della nostra industria. L’accordo rappresenta inoltre un ulteriore passo nella transizione verso mercati aperti, concepiti e sviluppati – sono sicuro che gli onorevoli deputati ne sono consapevoli – in coordinamento con gli attori economici interessati, con gli Stati membri e con il Parlamento. Promuovendo un processo graduale di cambiamento, abbiamo permesso al settore di adattarsi, adattamento sostenuto dalle parti sociali. Alla scadenza del protocollo d’intesa nel 2008 non è stata richiesta alcuna estensione dei livelli volontari di crescita, né è stato richiesto un prolungamento del sistema di sorveglianza nel 2009, benché mi pare chiaro che alcuni Stati membri lo avrebbero preferito. In generale, le importazioni dalla Cina sono aumentate, ma si sono mantenute entro limiti ragionevoli. Incrementi notevoli nelle importazioni di alcune categorie di abbigliamento, come ad esempio gli abiti da donna, i pantaloni e i maglioni, sono stati compensati dalla riduzione delle importazioni di tessili da fornitori di altri paesi. Pertanto, complessivamente, nel 2008 si è registrato soltanto un lieve aumento generale, che i mercati sono stati in grado di assorbire in maniera abbastanza soddisfacente.
La giusta risposta politica non implica la chiusura dei nostri mercati o il monitoraggio delle importazioni. Dobbiamo far sì che tutte le imprese trovino il modo di cambiare, adattarsi, commerciare e innovare uscendo dalle condizioni attuali. E’ proprio per aiutare le aziende come queste che è stato adottato il piano per il rilancio economico, che fornirà naturalmente una spinta enorme, pari all’1,5 per cento del PIL dell’Unione europea, a sostegno del settore tessile e dell’abbigliamento. Le sfide per il settore risalgono a prima dell’attuale rallentamento: otto delle quindici domande di contributo presentate nel quadro del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione riguardavano proprio il sostegno ai lavoratori del settore tessile.
La Commissione è pronta a sostenere iniziative volte alla creazione di partenariati nel settore tessile e dell’abbigliamento per anticipare la ristrutturazione e proteggere l’occupazione; la presenza di un quadro permanente per il dialogo sociale, inoltre, va a generale vantaggio del settore. Vediamo quindi con favore la risoluzione del Parlamento sul futuro del settore tessile e stiamo progredendo nell’accesso al mercato, nei fondi dal progetto “Mercati guida: un’iniziativa per l’Europa” e in tutti gli accordi di libero scambio, quali le cause che riguardano gli standard ambientali e sociali. Naturalmente, la svalutazione monetaria rimane nella nostra agenda.
Georgios Papastamkos, a nome del gruppo PPE-DE. – (EL) Signora Presidente, quello del tessile e dell’abbigliamento è un settore dell’economia globalizzato per eccellenza, un settore caratterizzato da continui cambiamenti dei luoghi di produzione e da costanti ristrutturazioni e adattamenti alle nuove situazioni, come ad esempio la liberalizzazione del commercio internazionale. Per molti Stati membri dell’Unione europea, inclusa la Grecia, questo settore rappresenta un’importante fonte di esportazioni e occupazione, ma i numerosi trasferimenti di unità produttive e la costante riduzione dell’occupazione hanno raggiunto dimensioni preoccupanti. Oltre ai problemi strutturali, anche la marcata discrepanza tra le tariffe sulle importazioni dell’Unione europea e dei suoi maggiori concorrenti sta svolgendo un ruolo negativo. Signora Commissario, stiamo parlando di un settore nel quale si registra una percentuale molto elevata, e peraltro in continuo aumento, di sequestri di materiali contraffatti ai confini dell’Unione europea. In questo contesto, ritengo che la proposta di istituire un osservatorio europeo sui prodotti contraffatti sia una buona idea, che permette un migliore coordinamento tra le autorità competenti, gli Stati membri e i servizi della Commissione, creando inoltre le condizioni per un’efficace cooperazione con il settore privato. Ritengo che sia necessario adottare dei regolamenti per quanto concerne le etichette "made in", che aiuterebbero a salvaguardare le condizioni di concorrenza leale e tutela del consumatore. L’istituzione di norme più efficaci in materia di origine è importante in termini di applicazione dei contingenti tariffari nel quadro delle preferenze generalizzate e degli accordi regionali. Ci viene richiesto di creare un nuovo quadro di cooperazione tra le agenzie che applicano le politiche e gli impegni industriali e regionali e sostenere efficacemente le imprese europee, in particolare le PMI, in modo che possano mantenere e sviluppare ulteriormente la propria specializzazione concorrenziale, ovvero la produzione di articoli ad alto valore aggiunto, in termini di qualità, design, innovazione e uso di nuove tecnologie.
Rovana Plumb, a nome del gruppo PSE. – (RO) Innanzi tutto vorremmo ringraziarla per le risposte fornite alle interrogazioni orali. Vorrei sottolineare che, come ben sappiamo, il settore tessile contribuisce in maniera sostanziale al PIL di tutti gli Stati membri, inclusa la Romania, e che questo settore crea nuovi posti di lavoro, in particolar modo per la forza lavoro femminile. Concordo con le misure proposte e le sostengo, poiché, consapevoli dell’importanza del commercio nel contesto dell’attuale crisi economica, dobbiamo comprendere anche l’importanza delle misure necessarie per la tutela dei posti di lavoro.
Tenendo conto che il sistema comune di sorveglianza sulle importazioni di tessili dalla Cina, che a quanto vedo era un importante strumento di controllo del mercato, è terminato alla fine dello scorso anno, vorrei suggerire alla Commissione di attribuire maggiore importanza non soltanto al settore tessile, ma anche ad altri settori industriali vulnerabili, quali quelli siderurgico, chimico e meccanico. Invito inoltre la Commissione europea a presentare regolarmente valutazioni d’impatto, dati statistici o qualsiasi altro elemento o strumento rilevante per questi settori. Desidero infine congratularmi nuovamente per le misure proposte in merito all’accesso, il libero scambio, i finanziamenti e l’ambiente.
PRESIDENZA DELL’ON. ROURE Vicepresidente
Gianluca Susta, a nome del gruppo ALDE. – Signora Presidente, onorevoli colleghi, non c'è dubbio che noi ci troviamo di fronte a una gravissima crisi industriale e il tessile europeo non può essere esente da questa crisi, che è anche figlia della crisi finanziaria.
E' ovvio che il posticipo dei consumi incide sui prodotti di alta gamma dell'Europa, anche del mio paese l'Italia, in un settore che ha visto appunto, come ricordava la presidente della Commissione INTA, una diminuzione di 350.000 posti di lavoro e il 5% delle imprese.
Però in questo momento credo che più che un sostegno di tipo finanziario, questo settore, come altri settori industriali, abbia bisogno di regole, abbia bisogno, come è già stato ricordato, di una vera reciprocità. Mentre possiamo comprendere che nei confronti dei paesi emergenti ci siano anche atteggiamenti di apertura vera del mercato per favorire lo sviluppo di quei paesi e quindi nuovi mercati, molto meno si comprende un'assenza di reciprocità in termini di barriere normative, barriere tariffarie nei confronti dei paesi più evoluti: gli Stati Uniti, Canada, Australia, Giappone.
E' per questo che alcune questioni di fondo, su cui credo l'impegno sia stato più formale che sostanziale, come quello sul "made in", debbano tornare al centro dell'attenzione della Commissione e anche del Consiglio. L'Europa ha bisogno di regole nuove, ma ha bisogno di reciprocità, di una maggiore lotta alla contraffazione e alla pirateria, di intervenire davvero sulle misure antidumping e, appunto, approvare il regolamento sul "made in".
Vede, signora Commissario, se noi giochiamo una partita di pugilato con una mano sola e con un guantone solo, noi non possiamo vincere. E ripeto è un problema che riguarda gli Stati Uniti con noi, non solo che riguarda la Cina o l'India. Loro hanno regole sulla tracciabilità, le impongono anche ai nostri prodotti, che noi non abbiamo. Allora questa è una questione fondamentale, su cui credo l'iniziativa della Commissione si debba sviluppare in maniera più forte rispetto al passato, perché abbiamo visto che quando vuole riesce anche a convincere i riottosi, come è stato in campo ambientale.
Per concludere, io ritengo che ci siano alcune misure che siano costose e altre meno costose e quelle costose lo sono all'interno però di un pacchetto anticrisi che si sta per varare: è il Fondo di adeguamento alla globalizzazione, più credito agevolato per favorire gli investimenti e rafforzare la patrimonializzazione delle piccole e medie imprese, più fondi sulla ricerca per la piattaforma tecnologica tessile, più sostegno all'export delle piccole e medie imprese. Quelle non costose sono appunto il regolamento "made in", la tutela della proprietà intellettuale, l'antidumping e la lotta alla contraffazione. Se noi sappiamo mettere in campo tutte queste misure costose e non costose, credo che aiuteremo l'economia dell'Europa senza alterare le regole della concorrenza e senza cadere in un neoprotezionismo.
Pedro Guerreiro, a nome del gruppo GUE/NGL. – (PT) Sulla scia di altre iniziative, abbiamo proposto alla commissione per il commercio internazionale del Parlamento europeo di richiedere un’interrogazione orale seguita dalla discussione in sessione plenaria sulla produzione e occupazione nel settore tessile e dell’abbigliamento in diversi Stati membri dell’Unione europea, perché lo riteniamo urgente e indispensabile.
La nostra proposta prevedeva anche la partecipazione del Consiglio alla discussione nonché una risoluzione finale del Parlamento. Queste proposte non hanno tuttavia incontrato il favore degli altri gruppi parlamentari.
E’ trascorso oltre un anno dalla discussione in quest’Aula del 12 dicembre 2007, durante la quale abbiamo lanciato l’allarme sul fatto che, se non si fossero intraprese misure a difesa della produzione e dell’occupazione nel settore tessile e dell’abbigliamento, avremmo sopportare assistito alla lenta agonia e alla distruzione di ampia parte di questo settore strategico. Da allora, come già era accaduto in precedenza, migliaia di posti di lavoro sono andati persi e innumerevoli imprese hanno chiuso i battenti, segnatamente 350 000 posti di lavoro e il 5 per cento delle aziende sono scomparsi solo negli ultimi due anni.
Ci chiediamo quindi se è questo che la Commissione europea definisce competere attraverso la ristrutturazione. Da allora, come già era successo in passato, i lavoratori hanno continuato a scontrarsi con la disoccupazione – troppo spesso senza ricevere alcuna indennità o la retribuzione dovuta – con lo sfruttamento intensivo, con maggiore insicurezza, con ritardi nel pagamento dello stipendio e con orari di lavoro non regolamentati.
Vi sono cause e persone responsabili di tale situazione, ad esempio quelle che promuovono la liberalizzazione del commercio nel settore tessile e dell’abbigliamento e il trasferimento della produzione per massimizzare i profitti, mettendo gran parte del settore di fronte alla concorrenza su duplici standard, stabiliti principio sin dall’inizio.
Di fronte a questa situazione, l’Unione europea ha fatto finta di non sentire, oppure ha intrapreso misure blande, ben lontane dal fornire una risposta ai problemi e alle necessità del settore. La Commissione europea non considera il settore tessile e dell’abbigliamento tanto speciale quanto dice, a differenza di altri settori. Oltre a misure urgenti, che devono essere attuate da ciascuno Stato membro, l’Unione europea ha anche il dovere di fornire una risposta ai gravi problemi che il settore sta affrontando.
Signora Commissario, quando saranno applicate norme vincolanti sull’apposizione di etichette di origine, con l’adozione, ad esempio, del regolamento sul "made in"? Quando saranno imposti ai prodotti importati gli stessi requisiti di sicurezza e tutela del consumatore richiesti per i beni prodotti all’interno dell’Unione europea? Come continuerà l’Unione europea a monitorare in tempo reale l’andamento delle importazioni e l’ispezione e controllo delle dogane, mantenendo il settore informato e richiedendo clausole di salvaguardia ove necessario? Come utilizzerà il quadro finanziario 2007-2013, incluso il cosiddetto Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione, per mantenere la produzione e l’occupazione nel settore tessile e dell’abbigliamento, in particolare nelle piccole e medie imprese colpite dalla liberalizzazione? Quando entrerà in vigore una politica monetaria e di cambio che non penalizzi le esportazioni da determinati Stati membri? Quando sarà creato il programma comunitario proposto da questo Parlamento e quando saranno sbloccate le risorse finanziarie necessarie alla modernizzazione e promozione del settore e alla diversificazione delle attività industriali, in particolare nelle regioni più svantaggiate che dipendono da esse?
Tokia Saïfi (PPE-DE) . – (FR) Signora Presidente, il settore tessile e dell’abbigliamento europeo negli ultimi anni è stato duramente colpito dagli effetti dannosi della globalizzazione.
Oggi, benché vi siano ancora delle ferite dolorose in alcune regioni d’Europa, il settore è stato in grado di cambiare direzione, non da ultimo grazie allo sviluppo di materiali tessili tecnici e innovativi.
Dobbiamo comunque evitare di mettere in pericolo la capacità di rilancio di questa industria attraverso un comportamento lassista e negligente. L’Unione europea deve infatti mantenere la volontà politica di creare un quadro di riferimento concorrenziale coerente per le proprie imprese, rimanendo vigile e adottando azioni pratiche ed efficaci qualora necessario.
Affinché l’Unione possa farlo, signora Commissario, bisogna continuare a monitorare le statistiche doganali sulle importazioni provenienti dalla Cina e tenere informato il settore in merito agli sviluppi più recenti. Dobbiamo controllare da vicino la questione ed essere ricettivi. L’Unione europea possiede i mezzi per farlo: gli strumenti di protezione commerciale ne sono un esempio perfetto. Pertanto, continuerò a ribadire con forza che un’Europa che protegge non è un’Europa protezionista.
Tuttavia, la mia preoccupazione odierna, signora Commissario, riguarda l’aumento senza precedenti dei sequestri di articoli tessili e di pelletteria contraffatti, impregnati di coloranti azoici o nichel, che minacciano sempre più la sicurezza e la salute dei consumatori europei. Questo è un fenomeno che, come potrete facilmente comprendere, non sparirà con la crisi economica in cui ci troviamo.
E’ per questa ragione che vi chiedo di collaborare con gli Stati membri per attuare il prima possibile il piano d’azione quadriennale per la lotta alla contraffazione e alla pirateria, con la creazione di un osservatorio europeo sulla contraffazione e il rafforzamento del sistema doganale europeo.
Rendere obbligatoria l’indicazione dell’origine delle merci provenienti dai paesi terzi, armonizzare le procedure di controllo doganale e stabilire sanzioni penali per le violazioni del diritto di proprietà intellettuale sono le battaglie che dobbiamo combattere a nome delle nostre imprese, dei nostri lavoratori e dei cittadini europei.
Francisco Assis (PSE) . – (PT) Signora Presidente, signora Commissario, questo caso è un esempio concreto di come sia possibile applicare la distinzione, da noi operata qualche tempo fa nella precedente discussione, tra protezione e protezionismo.
Dobbiamo schierarci contro il protezionismo che crea povertà, ma la protezione è assolutamente necessaria per tutelare i diritti fondamentali degli europei. Questo settore è molto importante per varie regioni e paesi europei, come il Portogallo settentrionale, da cui provengo, dove esso riveste un’importanza cruciale per l’economia regionale. Si tratta di un settore che ha risentito in maniera particolare del processo di globalizzazione e che, nel contesto di una crisi finanziaria così seria come quella che stiamo attraversando, si trova in un momento assolutamente tragico.
L’Unione europea e gli Stati membri dovrebbero dedicare maggiore attenzione all’industria tessile, scegliendo misure difensive e offensive. Le prime implicano l’utilizzo di tutti gli strumenti e i meccanismi di difesa commerciale a nostra disposizione, oltre alla prosecuzione del dialogo politico con i principali partner per fronteggiare situazioni di reale protezionismo monetario o che minacciano gli interessi legittimi dei produttori europei. Difendere i produttori, i datori di lavoro e i lavoratori europei significa difendere i cittadini europei e quindi i consumatori europei. Questo è ciò di cui dobbiamo renderci conto, una volta per tutte.
Queste stesse misure difensive vanno però utilizzate nel rispetto di principi semplici, come abbiamo già esposto in questa sede: il principio di reciprocità e il principio di lotta permanente alla concorrenza sleale. Non chiediamo alcun trattamento di favore per l’Unione europea o per le sue regioni più colpite. Chiediamo semplicemente che vi siano delle norme e che si basino sui fondamentali principi di reciprocità. Tuttavia, mentre l’Unione europea e i suoi Stati membri non devono esitare a lottare per gli strumenti di difesa commerciale più appropriati, a seconda dei casi, dobbiamo anche sviluppare politiche e misure offensive. Si sta già registrando peraltro qualche progresso in termini di ammodernamento del settore e nelle aree dello sviluppo delle risorse umane, degli investimenti nella formazione professionale, dell’ammodernamento e dello sviluppo tecnologico delle regioni.
Esistono delle regioni, tra cui una che conosco bene che è, come ho già detto, il Portogallo settentrionale, che si trovano in situazioni davvero tragiche, che devono essere affrontate direttamente.
Danutė Budreikaitė (ALDE) . – (LT) Nel corso di quest’anno, in Lituania potrebbero andare persi fino al 50 per cento dei posti di lavoro nel settore tessile e dell’abbigliamento; circa 20 000 lavoratori potrebbero rimanere disoccupati e non solo a causa della crisi economica e finanziaria. L’industria tessile deve resistere a condizioni di concorrenza iniqua e applicare standard di fabbricazione, lavorativi, igienici ed ecologici più elevati. E’ molto difficile competere con la produzione agevolata della Cina, a causa dello squilibrio nel tasso di cambio, delle politiche di credito bancario, dell’assenza di detrazioni per ammortamento e politica fiscale. Inoltre, la Cina e altri paesi aumentano costantemente le barriere per l’accesso al mercato, a scapito dei prodotti dell’Unione europea. Cosa pensa la Commissione di una situazione in cui il prezzo di un prodotto cinese è inferiore a quello delle materie prime impiegate per la sua produzione? Quali azioni intende intraprendere la Commissione per ristabilire le condizioni di concorrenza leale, la cosiddetta parità di condizioni? Vorrei inoltre richiedere la presentazione di fatti concreti a dimostrazione dell’aiuto che l’helpdesk istituito dalla Commissione a sostegno delle piccole e medie imprese sta fornendo all’industria tessile nell’avviare indagini sull’applicazione delle misure di protezione dei mercati nei casi di evidente concorrenza sleale. Per vostra informazione, i produttori di tessuti in lino stanno cercando, da due anni a questa parte, di intentare una causa di antidumping contro i prodotti in lino di origine cinese, ma finora non hanno potuto farlo perché la Commissione non fornisce loro alcuna assistenza. Cosa suggerisce loro di fare la Commissione?
Ivo Belet (PPE-DE) . – (NL) Signora Commissario, un attimo fa lei ha detto che, in termini generali, la situazione delle esportazioni di tessili dalla Cina nel 2008 si è rivelata migliore del previsto. Mi sento in dovere di contraddirla perché le cifre mostrano un quadro completamente diverso.
In realtà, lo scorso anno le importazioni di tessuti dalla Cina sono salite alle stelle. Senza dubbio, se consideriamo magliette, pantaloni, abiti da donna e maglioni, ovvero le categorie di prodotto più sensibili, il volume delle importazioni è quasi raddoppiato nell’arco di un solo anno, destando naturalmente grande preoccupazione. Questo dimostra che il sistema di sorveglianza in vigore per tutto questo tempo non stava funzionando e, come tutti ben sappiamo, il sistema di duplice controllo non è più operativo. Questa situazione, Commissario Ashton, è insostenibile, perché non vi sono reali sanzioni che possiamo applicare, abbiamo le mani legate.
Come l’oratore precedente ha già fatto notare, le cifre dimostrano che c’è qualcosa di fondamentalmente sbagliato nei prezzi di queste enormi importazioni di prodotti tessili cinesi. I prezzi sono diminuiti di quasi un terzo e la giustificazione non può essere soltanto nelle differenze nel tasso di cambio. Inoltre, signora Commissario, i costi della produzione in Cina, sono bruscamente aumentati nell’ultimo anno e questo ci porta a ritenere che i prezzi applicati siano in realtà prezzi da dumping. Contiamo su di voi affinché questo commercio non rimanga impunito. Come già sottolineato dall’onorevole Wortmann-Kool, 350 000 posti di lavoro sono andati persi negli ultimi due anni, principalmente a causa della concorrenza sleale. Dobbiamo fornire una risposta a tale situazione.
Questo, signora Commissario, non è l’unico motivo di preoccupazione. Come lei sa, nell’attuale situazione contesto di crisi, è molto più difficile ottenere l’assicurazione del credito, ripercuote con ripercussioni dirette e negative sulle esportazioni. Il governo francese ha già sviluppato un meccanismo di ulteriore assicurazione del credito per il settore tessile e dell’abbigliamento. Credo che valga la pena considerare se sia possibile raccomandare tale meccanismo e ottimizzarlo anche a livello europeo. Non sto suggerendo l’armonizzazione, ma semplicemente di cercare di attuare iniziative a livello europeo per promuovere in qualche misura il sistema francese. Potete garantirci il vostro impegno a utilizzare i poteri che avete a disposizione per attuare iniziative in questo senso? Queste iniziative non dovrebbero costare nulla, è solo questione di volontà politica e coordinamento.
Martí Grau i Segú (PSE) . – (ES) Signora Presidente, signora Commissario, come tutti recentemente abbiamo avuto modo di notare, il settore tessile sta attraversando una grave crisi che ha portato a numerose chiusure, trasferimenti ed esuberi, in particolare nelle regioni specializzate in tale industria.
La Commissione europea dovrebbe agire il più rapidamente possibile, assieme agli Stati membri per alleviare gli effetti socioeconomici dell’attuale crisi, che sono stati particolarmente drammatici per le regioni e le famiglie colpite.
Ritengo che i lavoratori del settore tessile e dell’abbigliamento debbano ricevere assistenza e che sia necessario approntare misure sociali, sotto forma di piani per sostenere le imprese in fase di ristrutturazione e che si trovano attualmente in una situazione molto difficile. Sarebbe auspicabile che una buona parte del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione venisse destinata alla ristrutturazione e alla riqualificazione nel settore tessile, in particolare per le piccole e medie imprese che, all’interno dell’Unione, costituiscono la maggior parte del settore e che hanno risentito molto degli effetti della liberalizzazione del mercato.
Inoltre, è necessario ristabilire il sistema di controllo sulle importazioni, con particolare attenzione alle importazioni dalla Cina, considerato il loro volume. Non si tratta di promuovere barriere commerciali, ma piuttosto di una soluzione per compensare gli effetti negativi di un cambiamento sostanziale. Non dovremmo dimenticare che l’Unione europea è il secondo esportatore mondiale di prodotti tessili e di abbigliamento; per questo è necessario garantire l’accesso ottimale ai mercati dei paesi terzi, elemento essenziale per il settore tessile e dell’abbigliamento dell’Unione europea, in particolare per le piccole e medie imprese.
Naturalmente, bisogna continuare a garantire la concorrenza leale, sulla base della promozione degli standard sociali e ambientali in questi paesi. A tale proposito, fornire ai consumatori informazioni precise, ad esempio attraverso il regolamento sulle etichette "made in", che sappiamo non essere stato attuato, sarebbe molto utile, perché i prodotti importati sarebbero soggetti agli stessi requisiti di sicurezza e tutela del consumatore dei prodotti europei.
Elisa Ferreira (PSE) . – (PT) Signora Presidente, signora Commissario, cercherò di essere molto sintetica nelle mie richieste. Il primo punto riguarda la questione dello speciale meccanismo di controllo dell’Unione europea per il settore tessile che, come già detto, è terminato il 31 dicembre 2008. Manca tuttavia, signora Commissario, la puntuale e regolare pubblicazione di dati statistici su importazioni, esportazioni e prezzi, come invece avviene negli Stati Uniti. In assenza di tali dati, l’Unione europea non può reagire davanti a pratiche sleali e la stessa Commissione è incapace di definire la propria strategia. Le chiedo pertanto, come già hanno fatto altri colleghi, di occuparsene.
In secondo luogo, all’interno dell’Unione europea, la produzione è sempre più legata al rispetto di norme di sicurezza, sociali e ambientali. La recente iniziativa REACH, ad esempio, crea ulteriori requisiti da controllare e soddisfare.
E’ importante che la Commissione abbia una strategia chiara, visibile e controllabile per i prodotti importati, affinché siano anch’essi soggetti agli stessi requisiti. In che modo vengono salvaguardate queste norme negli attuali accordi di libero scambio? Le etichette "made in", possono davvero contribuire a risolvere il problema?
In terzo luogo, l’Unione europea ha avviato un piano di rilancio economico per combattere la crisi. Quale ruolo avrà la politica commerciale? Cosa si prepara a fare la Commissione, in un momento in cui una serie di altri paesi, tra cui la Cina, sta cominciando a istituire sempre più barriere non tariffarie in modo che le importazioni europee non possano raggiungere i mercati cinesi? Quali sono le vostre proposte in merito all’aggiornamento o all’adattamento del Fondo di adeguamento alla globalizzazione e agli aiuti disponibili nel quadro dei fondi strutturali per migliorare nell’immediato la situazione dell’industria tessile europea?
Infine, è possibile che la crisi che stiamo attraversando renda la Commissione finalmente consapevole dell’impatto devastante di un euro sopravvalutato sull’economia europea? Come si può, signora Commissario, sensibilizzare – sto per concludere – i suoi colleghi commissari e gli enti che si occupano di politica monetaria europea in termini di riequilibrio ...
(Il presidente interrompe l’oratore)
Paul Rübig (PPE-DE) . – (DE) Signora Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, cosa farete per accelerare l’apertura dei mercati cinese e indiano? Il punto fondamentale ovviamente è il fatto che dovremmo essere nella condizione di esportare i nostri prodotti verso quei paesi. Moltissime imprese europee hanno investito in Cina, costruendo o acquisendo stabilimenti; ecco perché un mercato più aperto è la priorità assoluta. Qual è il suo raggio d’azione – assieme al commissario Kovács, ove necessario – per fornire all’industria tessile incentivi fiscali, quali periodi di ammortamento più brevi per promuovere la solvibilità delle imprese? Ciò contribuirebbe naturalmente anche a salvaguardare i posti di lavoro. Quando sarà attuato il nuovo accordo di Basilea sui requisiti patrimoniali (Basel II) ci sarà bisogno di strutture che permettano alle imprese di essere maggiormente solvibili.
Zbigniew Zaleski (PPE-DE) . – (PL) Signora Commissario, voglio naturalmente esprimere il mio sostegno alle affermazioni dei miei colleghi secondo cui le nostre piccole imprese devono essere protette dalla commercializzazione di prodotti di bassa qualità, contraffatti o falsi. Ricordo che i rappresentati dell’associazione produttori della Toscana nel corso della loro visita ci hanno fatto notare che loro non hanno bisogno di protezione, ma della conferma che il marchio "Made in Italy" sia visibile sui loro prodotti, in quanto italiani.
Ora vorrei aggiungere una cosa e informare il commissario che a lei spetta lo spinoso compito di sciogliere un dilemma: da una parte, i consumatori vogliono senz’altro acquistare prodotti più economici, a poco prezzo, indipendentemente dalla loro provenienza, sia essa dalla Cina o da qualsiasi altro paese. Dall’altra parte questi stessi consumatori devono sapere che una situazione del genere potrebbe costare il posto di lavoro ai loro concittadini. Forse una campagna informativa in tal senso potrebbe essere utile, così come domande e proposte che incontrerebbero il sostegno della società potrebbero aiutarla nella risoluzione di questo dilemma. Stiamo parlando del consumatore e non solo della Commissione.
Miloslav Ransdorf (GUE/NGL) . – (CS) Grazie signora Presidente, vorrei esprimere solo una breve considerazione sull’intera, complessa questione dell’industria tessile e dell’impatto della globalizzazione sul settore. Ritengo che sia sbagliato limitarsi ad applicare misure protettive. Gli aspetti più importanti riguardano sicuramente l’aumento del livello di tecnologia e della qualità della produzione in Europa e l’avanzamento dell’industria tessile europea, attraverso la trasformazione strutturale nel campo dei prodotti specializzati e in vista di un livello di qualità che non può essere eguagliato dai concorrenti asiatici. Questa è una strada percorribile e alcune aziende europee si sono già attivate creando segmenti di mercato in cui operare serenamente. Ritengo che questi impegni debbano essere presi a livello europeo, dopo un’attenta riflessione.
Presidente . – Signora Commissario, per prima cosa vorrei dirle che sono lieta di rivederla in quest’aula.
Catherine Ashton, membro della Commissione. − Signora Presidente, voglio rispondere ad alcune delle domande che mi sono state poste. Vari deputati – l’onorevole Papastamkos, l’onorevole Susta, l’onorevole Ferreira, l’onorevole Grau i Segú e l’onorevole Zaleski – hanno parlato del "made in". Ritengo che la proposta avanzata dalla Commissione sia valida e debba essere adottata, nell’interesse delle imprese. Tuttavia, come gli onorevoli deputati ben sanno, non dispongo ancora della maggioranza in Consiglio, e pertanto, qualsiasi sostegno da parte deputati dei membri di quest’Aula per ottenere la maggioranza sarà più che benvenuto.
Alcuni deputati – in particolare l’onorevole Susta, l’onorevole Saïfi, l’onorevole Assis – e l’onorevole Budreikaitė hanno parlato degli strumenti di difesa commerciale e dell’importanza di assicurare che i meccanismi di cui disponiamo siano utilizzati in maniera efficiente. Ho preso questi impegni in merito durante l’audizione e li sto portando avanti.
Per quanto concerne la proprietà intellettuale, è importante disporre di un piano d’azione e intendo occuparmene. Voglio anche affrontare l’argomento dell’helpdesk e delle piccole imprese, un servizio concepito specificamente per assistere le piccole imprese nelle materie concernenti la tutela e del quale sono molto orgogliosa. Se gli onorevoli deputati desiderano ricevere ulteriori informazioni o se hanno delle preoccupazioni in proposito, possono rivolgersi direttamente a me e sarò lieta di rispondere alle loro domande.
"Protezione e non protezionismo" è un grande tema di discussione. Vorrei soltanto dire – forse in particolare agli onorevoli Plumb e Ransdorf – che vi sono delle differenze sostanziali. E’ molto importante combattere il protezionismo e dobbiamo assicurarci di sostenere le nostre industrie affinché siano in grado di competere e commerciare in futuro.
Sono state proposte molte idee interessanti, quali la valutazione d’impatto per l’industria, e sarà mia cura trasmetterle al collega Verheugen, il quale ben comprende l’importanza della raccolta dei dati e della compilazione delle statistiche, spiegandogli anche le vostre preoccupazioni. Dobbiamo analizzare le iniziative proposte e il modo per affrontare la questione dell’accesso ai mercati, come è stato detto. Voglio assicurare all’onorevole Guerreiro che riconosco l’importanza strategica del settore tessile e dell’abbigliamento e del suo valore nell’ambito della discussione sull’accelerazione dei mercati.
La mia ultima osservazione è rivolta all’onorevole Rübig: non posso riassumere in pochi secondi la questione della necessità di accelerare l’apertura dei mercati in India e Cina, ma sarò più che lieta di discuterne con lei quando preferisce.
Presidente . – La discussione è chiusa.
Dichiarazioni scritte (articolo 142 del regolamento)
Czesław Adam Siekierski (PPE-DE), per iscritto. – (PL) L’importazione di tessili a basso costo dalla Cina è un problema che è cresciuto di recente, a seguito della graduale liberalizzazione del mercato mondiale. L’industria tessile cinese, che può contare su una forza lavoro a basso costo di milioni di lavoratori, possiede un ovvio vantaggio rispetto ai produttori europei, specializzati prevalentemente nei prodotti di marca. La progressiva sostituzione dei prodotti nazionali con prodotti importati dalla Cina, a prezzi più competitivi, comporta effetti sociali negativi, soprattutto per le regioni che per secoli si sono specializzate nella settore dell’abbigliamento. La minaccia di impoverimento di ampie regioni comunitarie è ancora più presente, visto l’attuale impegno nella lotta a una delle crisi economiche più gravi della storia.
All’afflusso incontrollato di abbigliamento a basso prezzo dall’Asia è strettamente collegato il problema dei prodotti di marca contraffatti, che indebolisce ulteriormente la posizione dei produttori europei ed espone i consumatori a gravi rischi associati alla scarsa qualità dei prodotti importati.
Senza dubbio, con la scadenza dell’accordo sul controllo bilaterale alla fine del 2008, è necessaria un’azione immediata per prorogare l’applicazione di questo sistema. Sarebbe inoltre appropriato istituire, all’interno dell’Unione europea, un gruppo di alto livello incaricato di monitorare l’afflusso di tessili cinesi e ispezionarne la qualità. Tenendo conto del fatto che, data la recessione economica, la tutela dei posti di lavoro deve ricevere particolare attenzione da parte dei governi degli Stati membri e della Commissione, chiedo che alla tutela del mercato tessile europeo sia attribuito lo stato di priorità.
16. Conseguenze della recente crisi nel settore del gas - Secondo riesame strategico della politica energetica - Sfida dell'efficienza energetica mediante le tecnologie dell'informazione e della comunicazione (discussione)
Presidente . – L’ordine del giorno reca la discussione congiunta su:
– dichiarazione della Commissione sulle conseguenze della recente crisi nel settore del gas;
– relazione (A6-0013/2009), presentata dall’onorevole Laperrouze, a nome della commissione per l'industria, la ricerca e l'energia, sul secondo riesame strategico della politica energetica [2008/2239(INI)];
– interrogazione orale alla Commissione (B6-0003/2009), presentata dall’onorevole Remek, a nome della commissione per l'industria, la ricerca e l'energia sulla sfida dell'efficienza energetica mediante le tecnologie dell'informazione e della comunicazione (O-0115/2008).
Andris Piebalgs, membro della Commissione. − (EN) Signora Presidente, vorrei innanzi tutto congratularmi con la commissione per l'industria, la ricerca e l'energia e con la relatrice, onorevole Laperrouze, per il duro lavoro svolto per preparare la relazione sulla sicurezza degli approvvigionamenti in tempo per questa seduta plenaria di febbraio 2009. Quando la relatrice ha cominciato a lavorare, nessuno si sarebbe aspettato di ricevere approvvigionamenti completi di gas dalla Russia attraverso l’Ucraina, sollevando quindi la necessità di porre maggiore attenzione sulla questione della sicurezza di tali forniture.
Per quanto concerne la crisi del settore del gas, qual è la situazione attuale? Tutti i volumi nominati stanno giungendo a destinazione, vale a dire che la maggior parte dei consumatori riceve una fornitura completa di gas. C’è ancora un flusso mancante, in Polonia, di cui ci stiamo occupando. Si tratta di un’eccezione perché la fornitura proviene da RosUkrEnergo, che non fa più parte dell’accordo. Stiamo anche lavorando al completo ripristino delle forniture di gas in tutte le aree dell’Unione europea colpite dalla crisi.
Poiché l’accordo di fornitura avrà una durata di dieci anni, lo possiamo considerare un buon motivo per sperare che una situazione simile non si ripeta in futuro. Vorrei sottolineare che il monitoraggio dell’Unione europea è ancora attivo e segue i flussi di gas, benché in futuro non sarà più necessario. Ho scritto ai miei colleghi russi e ucraini chiedendo loro come dovremmo procedere con il monitoraggio perché, secondo me, se abbiamo fiducia nell’accordo ed esso si dimostra stabile, non ci sarà bisogno di alcun controllo. Gli strumenti di monitoraggio rimangono tuttavia al loro posto.
Ritengo che non dobbiamo rimanere passivi sulla questione della transizione. Dobbiamo continuare a lavorare con entrambe le parti – con il fornitore, la Russia, e con l’Ucraina quale paese di transito – e assicurare che vi sia una netta separazione tra la fornitura di gas diretta all’Ucraina e quella diretta all’Unione europea e che questi ultimi flussi di transito vadano a beneficio economico dell’Ucraina, apportando al paese il profitto e i vantaggi economici di cui ha tanto bisogno. Continueremo a lavorare su questo punto, ma sostanzialmente possiamo dichiarare risolta la crisi del gas.
Quali insegnamenti dobbiamo trarre da questa esperienza? Ne ho già parlato la volta scorsa, ma credo che la lezione principale sia che l’Unione europea è più solida di quanto pensassimo. In una simile situazione di difficoltà, gli Stati membri si sono espressi con una voce unica attraverso la presidenza e il sostegno della Commissione e numerose sono state le manifestazioni di solidarietà. Ci siamo anche resi conto di come il mercato interno abbia funzionato, ove possibile. Sono rimasto molto soddisfatto della risposta determinata e coordinata dell’industria europea del gas, soprattutto nel presentare una posizione comune nel faccia a faccia con Gazprom, ma anche nel preparare in tempi brevi una proposta comune che potrebbe rivelarsi utile nel caso di assenza di un accordo permanente tra Russia e Ucraina.
Quali carenze abbiamo scoperto? La prima è stata la mancanza di infrastrutture. E’ un elemento che salta agli occhi e, in parte, è stato il motivo del mancato funzionamento del mercato. Il prezzo del gas e il mercato a pronti non sono particolarmente aumentati, ma ciò dipende solo dal fatto che, in alcune parti dell’Unione europea, dove c’era maggior bisogno di forniture di gas, non vi erano altre possibilità di approvvigionamento.
A volte si sarebbe potuta dimostrare maggiore solidarietà, mentre in alcuni casi non vi è stata sufficiente trasparenza. C’è quindi chiaramente bisogno di uno strumento di coordinamento più forte per affrontare la crisi.
Il riesame strategico della politica energetica, proposto dalla Commissione lo scorso novembre, riguardava cinque aree, approfondite e ottimizzate nella relazione dell’onorevole Laperrouze e della commissione per l'industria, la ricerca e l'energia, ovvero: efficienza energetica, utilizzo delle risorse locali (e vorrei ricordare che, per il 2008, il 43 per cento della capacità di produzione installata derivava dall’energia eolica; si tratta della maggiore capacità di produzione installata e il vento è un’energia locale), relazioni esterne (cioè collaborazione con i nostri colleghi), meccanismi anticrisi e infrastrutture.
Un punto importante su cui la Commissione si impegnerà è la richiesta, contenuta nella relazione, di consolidamento delle attività nelle diverse aree, visto il gran numero di attività sviluppate per l’attuazione del pacchetto sull'energia e i cambiamenti climatici, la tecnologia, le relazioni esterne e il mercato interno. E’ molto importante riuscire a consolidarle e identificare i passi successivi da compiere.
Per concludere vorrei riferire una particolare proposta elaborata dalla Commissione che risulta molto pertinente in questo contesto, ma anche alla luce della crisi economica generale che stiamo attraversando. Si tratta del ruolo del pacchetto di rilancio per l’energia.
Proponiamo l’utilizzo dei finanziamenti per tre principali questioni. In primo luogo le infrastrutture, cui destinare 3,5 miliardi di euro; questo non significa sostenere ogni singolo progetto, ma incrementare la diversificazione del flusso di gas da sud, ovest ed est, mirando a ottenere una combinazione di approvvigionamenti di gas equilibrata e sostenibile.
Per quanto riguarda l’elettricità, i punti deboli sono rappresentati dall’isolamento dei paesi baltici e della penisola iberica.
Vi sono poi due questioni che a volte vengono considerate un lusso, ma che, secondo me, sono molto importanti: l’energia eolica offshore,per la quale è fondamentale ottenere il sostegno pubblico per i progetti in atto, e la cattura e stoccaggio dell’anidride carbonica. Sono fattori essenziali per raggiungere i nostri obiettivi in materia di cambiamenti climatici a livello globale e che spingeranno l’industria europea verso lo sviluppo di tecnologie che potranno essere impiegate in futuro.
Stiamo pertanto considerando un insieme di obiettivi in termini di sicurezza degli approvvigionamenti, tecnologia e ripresa europea. Ritengo che questa sia la proposta giusta. I volumi dei finanziamenti non sono enormi, ma credo che vadano nella giusta direzione e il pubblico deve essere coinvolto nel rafforzamento della sicurezza degli approvvigionamenti nell’Unione europea.
Anne Laperrouze, relatore. − (FR) Signora Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, la nostra discussione sul secondo riesame strategico della politica energetica è stata ovviamente caratterizzata da questa nuova crisi delle forniture di gas tra Russia e Ucraina, una crisi che ha portato alla luce alcune carenze, quali la fragilità delle interconnessioni e la difficoltà dell’Unione europea di reagire e parlare con una voce unica.
Per la terza volta, si è sentita la necessità di una politica energetica comune. Tuttavia, devo ammettere – come ha appena fatto il commissario – che si stanno registrando progressi e una maggiore cooperazione e solidarietà tra gli Stati membri, e si intravede quindi anche la speranza di una soluzione con cui gestire la crisi.
Voglio esprimere il mio ringraziamento agli onorevoli che hanno lavorato intensamente per arricchire questa relazione, redatta in fretta visto che siamo stati informati della comunicazione a novembre. Non mi soffermerò sui dettagli del contenuto della risoluzione; preferisco piuttosto concentrarmi sul messaggio che la commissione per l'industria, la ricerca e l'energia ha voluto trasmettere.
Il contesto è il seguente: i problemi climatici diverranno sempre più stringenti, la sicurezza delle forniture per l’Unione europea è minacciata da crisi sempre più gravi e frequenti e la sua concorrenzialità potrebbe essere compromessa. Da qui deriva la necessità di nuove soluzioni per l’utilizzo e il consumo energetico all’interno dell’Unione europea, di ripensare le nostre risorse energetiche; dobbiamo sfruttare la considerevole fonte di posti di lavoro che il settore dell’energia rende disponibili nel contesto dell’attuale crisi economica.
Cosa proponiamo? Nel breve periodo, proponiamo innanzi tutto la promozione della visione del “3x20” entro il 2020 proposta nel pacchetto sull'energia e i cambiamenti climatici, in modo da trasformarla nella politica energetica dell’Unione europea. Si tratta di un’azione comune a vari livelli – globale, europeo, nazionale e locale –che individua come priorità il risparmio e l’efficienza energetica e lo sviluppo di energie rinnovabili, alla luce del grande potenziale dell’Unione europea. In particolare, l’obiettivo del 20 per cento di efficienza energetica dovrà diventare vincolante.
Inoltre, sarà necessario implementare la sicurezza delle forniture per l’Unione europea attraverso investimenti nelle reti e, in particolare, nelle interconnessioni. Solidarietà tra gli Stati membri significa che le reti devono permettere l’approvvigionamento delle regioni isolate e fortemente dipendenti da un singolo fornitore. La direttiva sulla sicurezza delle forniture di gas dovrà quindi essere rivista, per divenire uno strumento europeo di gestione della crisi. Migliorare le forniture significa anche rafforzare e strutturare il dialogo con i paesi di transito e con i paesi produttori, sviluppando le relazioni di interdipendenza energetica, con particolare attenzione ai rapporti con la Russia e i paesi del Mediterraneo.
La presenza di un mercato interno rappresenta un fattore cruciale in termini di sicurezza delle forniture. Tuttavia, come può uno Stato membro ricevere una fornitura attraverso un altro Stato membro se le interconnessioni sono deboli o inesistenti?
Dobbiamo infine identificare le migliori pratiche a livello internazionale e per farlo è necessario rafforzare il nostro scambio di informazioni con Giappone e Stati Uniti – in particolare con la California – senza però farci illusioni: le nostre relazioni con i paesi consumatori di energia si basano sulla cooperazione, ma anche sulla concorrenza, specie in termini di tecnologie energetiche.
Passiamo poi alle proposte per il lungo termine, una dimensione molto importante. L’obiettivo è prevedere il futuro delle forniture energetiche dell’Unione europea. Entro, diciamo, il 2010-2020, dovremmo essere in grado di stilare delle tabelle di marcia ipotetiche delle forniture dell’Unione europea nel 2050, ma per riuscirci è necessario porsi obiettivi ambiziosi nella lotta ai cambiamenti climatici. La nostra commissione, per il 2050, propone obiettivi quali una riduzione del 60-80 per cento delle emissioni di anidride carbonica – ma forse, in futuro, andrà innalzato ad almeno l’80 per cento – , un aumento dell’efficienza energetica del 35 per cento e una quota del 60 per cento di energie rinnovabili.
Il Parlamento richiede questa tabella di marcia per prevedere lo sviluppo della quota di energie provenienti da fonti differenti, in modo da pianificare gli investimenti in termini di produzione, interconnessioni, ricerca e sviluppo.
Nel mix energetico per il 2050, la commissione per l'industria, la ricerca e l'energia ha confermato la quota del nucleare e delle altre fonti di energia, come le energie rinnovabili, ed ha ribadito il desiderio di sviluppare metodi per lo stoccaggio dell’energia e per l’impiego dell’energia solare, una risorsa inesauribile.
Vladimír Remek, autore. − (CS) Signora Presidente, onorevoli colleghi, possedete già il testo dell’interrogazione alla Commissione riguardante la soluzione dei problemi di efficienza energetica mediante le tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC); vorrei aggiungere alcune osservazioni. Innanzi tutto voglio esprimere il mio ringraziamento a tutti i relatori ombra e agli altri deputati per lo sforzo profuso nel fornire una gamma completa di idee nella versione definitiva della risoluzione che coglie il punto centrale dell’interrogazione formulata alla Commissione. E’ stato possibile raggiungere una soluzione di compromesso per quasi novanta emendamenti proposti e il documento è stato approvato all’unanimità dalla commissione per l’industria, la ricerca e l’energia.
Siamo soltanto all’inizio dei nostri sforzi per il miglioramento dell’efficienza energetica con l’ausilio delle TIC. Forse, l’autunno scorso, eravamo convinti di preparare un riesame e una strategia per il futuro. Gli eventi delle ultime settimane ci hanno invece messo davanti a uno scenario completamente nuovo: la crisi finanziaria e l’interruzione delle forniture di gas per alcuni Stati membri, come già detto, hanno evidenziato la necessità di trovare al più presto una soluzione alle sfide energetiche e di migliorare quanto prima l’efficienza energetica (ovvero l’uso efficiente dell’energia), attraverso la più ampia applicazione possibile delle TIC. E’ più che evidente che, senza un’applicazione il più accorta e, mi permetto di aggiungere, ponderata e ampia possibile di tali tecnologie, non si riuscirà né a ridurre il consumo energetico, né a limitare gli effetti negativi dei cambiamenti climatici.
Con l’aiuto di centri specializzati, istituti di ricerca, rappresentanti di importanti settori industriali e autorità statali in numerosi Stati membri dell’Unione, abbiamo cercato di delineare la situazione relativa all’impiego delle TIC nella valutazione avanzata dell’energia. Qualsiasi tentativo di ridurre il fabbisogno energetico non dovrebbe andare a detrimento delle ambizioni dell’Unione in materia di mantenimento della concorrenzialità e dello sviluppo economico sostenibile. Non possiamo seguire la strada del risparmio a qualsiasi costo.
E’ certamente vero che la riduzione del fabbisogno energetico è uno dei modi più efficaci di limitare le emissioni di gas serra. Tuttavia, siamo anche coinvolti in progetti quali le reti energetiche intelligenti, l’edilizia intelligente e la misurazione più efficiente del consumo energetico. A questo proposito pensiamo all’applicazione delle TIC al settore dei trasporti e dell’edilizia, alla riduzione del movimento delle merci, ai sistemi di illuminazione più efficienti e a soluzioni quali l’impiego delle nanotecnologie, ecc. In poche parole, è difficile individuare un settore in cui l’efficienza energetica non possa essere migliorata con l’impiego degli sviluppi derivanti dalle TIC. Nella preparazione del documento, abbiamo semplicemente confermato che tutti i nostri tentativi di affrontare i fabbisogni energetici nell’Unione europea sono strettamente legati e interdipendenti. Come risultato, il sostegno che noi, come Parlamento europeo abbiamo dato al progetto Galileo, si rifletterà in trasporti più efficienti, migliore circolazione di merci e persone, ecc.
Sono lieto di poter affermare in questa sede che, all’interno dell’Unione europea, abbiamo già più di un esempio di applicazione positiva delle TIC nell’utilizzo più efficiente dell’energia. E’ positivo che si parli della necessità di pubblicizzare tali esempi come fonte di motivazione per il grande pubblico. Siamo consapevoli delle azioni da intraprendere; si tratta ora di tradurle in pratica. In caso contrario, i cittadini degli Stati membri perderanno la fiducia. Purtroppo, agli occhi di molti, noi siamo più un gruppo di burocrati sempre impegnati in continue discussioni, piuttosto che un’istituzione capace di aiutarli a superare gli ostacoli e a migliorare le proprie vite.
Tali considerazioni possono essere applicate, senza eccezioni, anche alla politica energetica generale, come affrontata nella relazione dell’onorevole Laperrouze. Sono stato il relatore ombra del documento sul secondo riesame strategico e vorrei ringraziare la relatrice per il lavoro eccellente, che ha portato a una soluzione finale di compromesso nella relazione. Il risultato è più realistico e persuasivo rispetto al testo originale. Come ci si poteva attendere, l’avvicinarsi delle elezioni per il Parlamento europeo ha determinato un certo grado di populismo diretto agli elettori e la comparsa di grandi ambizioni che gli elettori vogliono ascoltare. Tuttavia, spesso la realizzazione di tali aspirazioni va ben oltre i confini della realtà. Certamente a tutti noi piacerebbe soddisfare i fabbisogni energetici con il solo uso delle fonti rinnovabili, sarebbe l’ideale; personalmente, mi sento però in dovere di richiamare al realismo. Lo stesso vale per il tentativo di voler aspirare a tutti i costi a una mirabolante riduzione dell’80 per cento delle emissioni entro il 2050 al posto di un ragionevole 50-80 per cento.
Gli oppositori dell’energia nucleare stanno nuovamente tentando di escludere questa fonte, peraltro completamente priva di emissioni nonché risorsa di importanza vitale per l’Europa, dal totale del mix energetico. Chi non vuole seguire la tendenza popolare che sfrutta la paura del nucleare deve comprendere che senza il nucleare non possiamo farcela. Dovremo investire in una nuova generazione di centrali nucleari, nello stoccaggio e nel riutilizzo sicuro del carburante e della fusione nucleare. A mio avviso è sensato che la relazione sostenga in linea di principio l’inclusione dell’energia nucleare nel mix. Infine, ritengo importante cercare una migliore integrazione delle reti energetiche, ad esempio con gli Stati baltici. Questi paesi sono stati lasciati allo sbando per anni, ricevendo soltanto promesse. Apprezzo inoltre l’idea di una migliore coordinazione nell’uso delle reti di trasmissione con il possibile utilizzo, se lo desideriamo, di un qualche tipo di controllo centrale.
Viviane Reding, membro della Commissione. − Signora Presidente, vorrei innanzi tutto ringraziare l’onorevole Remek e la commissione per l’industria, la ricerca e l’energia per il lavoro svolto su un tema che è della massima importanza; è vero che, con l’impiego delle TIC, possiamo contribuire massicciamente alla lotta contro i problemi climatici e raggiungere una riduzione del 20 per cento sia nel consumo sia nelle emissioni.
Si tratta di una sfida di proporzioni enormi, ma non insormontabile se sappiamo come utilizzare le TIC. Ecco perché la Commissione ha deciso non di parlare, ma di agire.
In primo luogo, stiamo lavorando a una comunicazione per un’ampia strategia in materia di tecnologie dell’informazione e della comunicazione mirata ad affrontare i nostri problemi energetici e climatici. Tale strategia sarà accompagnata da una raccomandazione contenente i compiti, gli obiettivi e le scadenze delle varie azioni nel settore delle TIC per le parti interessate e gli Stati membri, azioni che mirano ad accelerare l’adozione delle TIC per padroneggiare i fabbisogni energetici di case, aziende e della società nel suo insieme.
Ora, a quale livello? Innanzi tutto, naturalmente, a livello degli stessi prodotti della tecnologia dell’informazione e della comunicazione. La loro impronta di carbonio è di assoluta importanza ed è un aspetto sul quale l’industria sta lavorando. Ci auguriamo che, a questo fine, si scelga di investire nella ricerca.
Il secondo livello considera il ruolo delle TIC in qualità di facilitatore trasversale in tutti i settori dell’attività economica. Abbiamo bisogno di incentivi per cambiare il nostro approccio – per usare le parole del relatore, di penser autremet – ma i governi, le amministrazioni, le aziende e i cittadini lo potranno fare soltanto se comprenderanno il reale potenziale in termine di risparmio. A questo scopo dobbiamo valutare le nostre attuali risorse e gli aspetti che possiamo migliorare, altrimenti non otterremo alcun risultato. Abbiamo dunque bisogno di una linea di riferimento sulla base della quale valutare i miglioramenti.
La sfida rappresentata dalla misurazione e dalla quantificazione sarà al centro della nostra proposta.
Altro aspetto fondamentale sarà il modo in cui trasporre i risultati delle ricerche in innovazione e in obiettivi pratici. L’attività di ricerca è ovviamente già stata avviata e i programmi di finanziamento RST della Commissione mirano a sfruttare questo potenziale anche nei servizi e nelle infrastrutture di servizio.
Ci attendiamo i risultati più significativi nei settori della distribuzione dell’energia, dell’edilizia, della logistica e dell’illuminazione. Il relatore ha ragione: questi progetti richiedono cooperazione orizzontale. Questo è uno dei motivi che ci ha spinto ad istituire programmi orizzontali di ricerca e a una stretta collaborazione con l’industria per ridurre i tempi tra l’attività di R&S e l’innovazione. Per questa stessa ragione, nei nostri programmi di innovazione, abbiamo sostenuto la dimostrazione e verifica di soluzioni e tecnologie nuove in contesti reali, in modo da massimizzarne la messa in opera.
La ricerca comprende anche la riduzione dell’impronta dei prodotti delle TIC e ad oggi sono stati investiti oltre 4 miliardi di euro nell’iniziativa. Il piano di rilancio proposto dalla Commissione attribuisce alta priorità ai partenariati tra settore pubblico e privato per quanto riguarda la ricerca e lo sviluppo; una delle iniziative proposte riguarda ad esempio gli edifici a basso consumo energetico, un settore in cui le TIC avranno di certo un ruolo predominante.
Uno dei progetti pilota attualmente in corso riguarda il sistema di trasporto intelligente. Abbiamo già investito molto nei sistemi intelligenti all’interno dell’abitacolo e ora successivo vogliamo passare al grado superiore, ovvero alla relazione tra il veicolo, la strada e i segnali stradali. Su questo punto concordo con il relatore quando sottolinea l’importanza avere un nostro programma satellitare per garantire una maggiore efficienza.
Giorgos Dimitrakopoulos, relatore per parere della commissione per gli affari esteri. − (EL) Signora Presidente, desidero congratularmi con l’onorevole Laperrouze e ringraziarla per la cooperazione che abbiamo avuto durante l’intero periodo. A nome della commissione per gli affari esteri, voglio riassumere brevemente alcune delle principali proposte che abbiamo sottoposto all’onorevole Laperrouze.
In primo luogo, la necessità di una politica estera comune europea in materia di energia, che si concentri sulla sicurezza delle fonti energetiche e delle rotte dell’energia. L’importanza della proposta è chiara a tutti in un momento in cui le lotte riguardano le fonti energetiche.
In secondo luogo, dobbiamo approfondire le nostre relazioni con gli altri paesi, prima di tutto con i paesi produttori, ma anche con i paesi attraversati dalle rotte dell’energia, i cosiddetti paesi di transito.
In terzo luogo, abbiamo bisogno di una nuova generazione di clausole vincolanti per l’interdipendenza energetica. Disposizioni di questo tipo sono estremamente importanti, specialmente nei negoziati che conduciamo con altri paesi e in particolare – e questa è una questione fondamentale – nei negoziati con la Russia su un nuovo accordo che vada a sostituire quello del 1997.
Abbiamo fatto riferimento alle lotte per le fonti energetiche, un argomento cruciale che ha determinato la distinzione tra fonti energetiche e rotte per l’approvvigionamento di energia. Al momento sono stati avviati numerosi progetti, tra i quali vorrei ricordare i gasdotti South Stream, TGI (Turchia-Grecia-Italia), Nabucco. Non posso non menzionare, naturalmente, la regione del Mar Caspio, occasioni che è spesso oggetto delle nostre discussioni. Ho qui con me una mappa del Mar Caspio e ritengo che, nel prendere in esame tale area, dobbiamo considerare tutto il territorio, incluso l’Azerbaigian e il Turkmenistan. Affronteremo questo argomento in Parlamento domani o dopodomani, ma volevo ricordarvi l’importanza del Turkmenistan e, naturalmente, dell’Iran.
Romana Jordan Cizelj, a nome del gruppo PPE-DE. – (SL) L’energia è una delle necessità fondamentali per la sopravvivenza. Da tempo però non ci accontentiamo più di condizioni di vita essenziali; ora aspiriamo allo sviluppo sociale che ci facilita la vita. E l’energia segue le tendenze economiche della società.
Solo di recente però abbiamo cominciato a considerare il benessere dell’individuo da una prospettiva più olistica, senza limitarci a misurarlo solo in termini di potere d’acquisto. Pertanto, per quanto concerne l’energia, dobbiamo raggiungere il giusto equilibrio tra la sicurezza e l’affidabilità delle risorse, la tutela ambientale e le azioni contro i cambiamenti climatici, e la concorrenzialità. Il nostro gruppo politico promuove questi tre obiettivi come pilastri della politica comune dell'Europa in materia di energia ed accogliamo quindi con favore la relazione dell’onorevole Laperrouze.
I cambiamenti climatici e i problemi che di gennaio nell’approvvigionamento del gas russo, mettono in risalto l’importanza della diversità quando si parla di politica comune in materia di energia. L’Unione europea deve introdurre progetti che rafforzino le nostre infrastrutture dell’energia il prima possibile, per facilitarne l’importazione lungo rotte diverse. Dobbiamo assicurarci di poter importare gas sia da diversi paesi di transito, sia da diversi paesi esportatori e a questo proposito l’attuazione del progetto Nabucco riveste un’importanza eccezionale.
Dobbiamo inoltre arricchire il nostro mix energetico, fino a includere un maggior numero di fonti energetiche senza emissione di gas serra, ovvero fonti rinnovabili ed energia nucleare. Ovviamente non possiamo nemmeno voltare del tutto le spalle al carbone, ma dobbiamo assicurarci di impiegare le migliori tecnologie possibili, come quelle che ne permettono la cattura e lo stoccaggio.
Desidero sottolineare che un uso efficiente dell’energia è il nostro obiettivo principale. Numerosi studi suggeriscono di indirizzare le nostre potenzialità finanziarie, intellettuali e creative nelle capacità di generazione e trasmissione, ma, anche in questo caso, non sarà possibile annullare completamente la nostra dipendenza dalle importazioni, almeno ancora per un certo periodo. Per ridurre al minimo i problemi derivanti dall’importazione di energia, è necessaria un’efficace politica estera e per questo auspico l’adozione del trattato di Lisbona, in modo da rimuovere qualsiasi ostacolo istituzionale alla formulazione di politiche estere.
Mi rivolgo all’Irlanda e spero che la popolazione irlandese risolva il problema. Le nostre aspettative per una politica estera comune in materia di energia saranno più realistiche se intraprenderemo azioni concrete nei campi che già abbiamo identificato come parte della politica comune in materia di energia. Sono dell’opinione che dovremmo adottare il terzo pacchetto di liberalizzazione del gas e dell’elettricità già da questa legislatura, assieme all’uniformazione delle regole del mercato per tutta l’Unione.
In conclusione, voglio esprimere la mia opinione sugli emendamenti presentati. A mio parere, la relazione Laperrouze è di per sé ottima e non necessità quindi di alcun emendamento sostanziale. Gli obiettivi a lungo termine, che perseguiremo attraverso il pacchetto 20-20-20 e che sono sostenuti sia dal Consiglio europeo sia dal Parlamento europeo, devono rimanere invariati. Il nostro gruppo politico non sosterrà alcun emendamento che tenti di ridurre la diversificazione delle fonti energetiche, ma voterà a favore degli emendamenti volti all’incremento del numero delle rotte di fornitura e del miglioramento della sicurezza energetica dell’Unione.
Vorrei infine congratularmi con il relatore per l’eccellente relazione e ringraziarla per la collaborazione.
Mechtild Rothe, a nome del gruppo PSE. – (DE) Signora Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, desidero esprimere il mio ringraziamento alla relatrice, l’onorevole Laperrouze, per la maniera fattiva in cui sono state condotte le nostre delibere. Voglio estendere il mio ringraziamento a tutto il personale dei segretariati per il loro preziosissimo contributo.
Sullo sfondo della recente crisi del gas, il secondo riesame strategico della politica energetica si dimostra estremamente puntuale. La sicurezza delle forniture e la solidarietà tra gli Stati membri deve essere al centro della politica europea in materia di energia. Credo fermamente che, se sarà dato seguito alle richieste contenute nella relazione per una maggiore diversificazione dei corridoi di percorrenza del gas, otterremo un netto miglioramento. Inoltre, entro la fine di quest’anno, la Commissione dovrà anche presentare una proposta di riesame della direttiva sul gas del 2004 per incorporarvi una richiesta di piani di emergenza nazionali e comunitari vincolanti ed efficaci.
Come membri del gruppo socialista al Parlamento europeo, attribuiamo fondamentale importanza al dovere degli Stati membri di tenere in speciale considerazione, anche in situazioni normali, i consumatori più vulnerabili della società, vale a dire chi è vittima della povertà di carburante. Mancano ancora strategie nazionali per affrontare il problema e per questo il mio gruppo ha presentato un ulteriore emendamento, invitando gli Stati membri a compiere sforzi reali in questa direzione.
La relazione sottolinea l‘importanza specifica del risparmio e dell’efficienza energetica, che costituiscono ovviamente le soluzioni più efficaci e più convenienti per migliorare la sicurezza delle forniture. Al contempo dobbiamo avere ambizioni e obiettivi realistici in merito ai futuri approvvigionamenti energetici europei. Sono lieta di constatare che ci stiamo muovendo nella direzione giusta, per esempio richiedendo l’obiettivo del 60 per cento per quanto concerne le quote di energie rinnovabili nel nostro mix energetico entro il 2050. La relazione sottolinea anche lo speciale significato delle iniziative locali nella ricerca di una politica vincente per il clima e l’energia. In tal senso, il Patto dei sindaci svolge un ruolo fondamentale, ma sostenere egual importanza rivestono anche altri approcci simili, quali la proposta di un Patto delle isole. In sostanza, sarà difficile perseguire i nostri obiettivi senza investire nelle infrastrutture delle reti energetiche e senza un’ulteriore liberalizzazione del mercato interno. Abbiamo bisogno di un mercato unico dell’energia che funzioni, caratterizzato da concorrenza leale, libero accesso garantito alle reti e distribuzione equa dei diritti tra tutti i produttori. Le prossime settimane saranno cruciali. Dobbiamo creare e sviluppare una rete elettrica intelligente, che includa centrali combinate basate sull’utilizzo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione e la produzione decentralizzata dell’energia. Questo è l’unico modo per incanalare in modo efficiente le risorse energetiche nelle aree con necessità reali. Abbiamo bisogno di una rete centrale europea che inserisca e colleghi tra loro gli enormi potenziali delle aree del Mare del Nord, del Mar Baltico e del Mediterraneo.
Vi è tuttavia un punto su cui non è possibile sostenere la relazione, ovvero la richiesta alla Commissione di redigere una specifica tabella di marcia per gli investimenti nucleari. Su questo punto, il mio gruppo ha presentato un emendamento sottolineando chiaramente il nostro interesse comune nella sicurezza nucleare, ma precisando al contempo che la decisione di investire o meno nel nucleare rimane una decisione sovrana che spetta agli Stati membri. Secondo la mia personale opinione, non abbiamo bisogno dell’energia nucleare.
PRESIDENZA DELL’ON. SIWIEC Vicepresidente
Graham Watson, a nome del gruppo ALDE. – Signor Presidente, il secondo riesame della politica energetica 2008 è stato un aggiornamento tempestivo. Mi congratulo con l’onorevole Laperrouze per la sua rigorosa relazione sul tema.
Le questioni sollevate sono estremamente complesse, ma sostanzialmente si possono essere così riassunte: l’Europa ha bisogno di una politica energetica che garantisca risorse energetiche sostenibili, a buon mercato e sicure. Sostenibili, per sottrarci alla nostra totale dipendenza dai combustibili fossili che stanno soffocando il pianeta; a buon mercato, per garantire un costo stabile e realistico ai consumatori; sicure per liberare i cittadini europei dalla dipendenza da fornitori inaffidabili o monopolistici.
Venerdì prossimo un gruppo di commissari incontrerà il primo ministro Putin e la sua squadra di ministri. L’energia è uno dei punti all’ordine del giorno e sarà opportuno chiarire in quella sede che non possiamo tollerare che una disputa fra Russia e Georgia sfoci in una crisi europea del gas in pieno inverno. Bisogna cercare delle garanzie, ma devono anche informarci delle eventuali decisioni. E’ già successo prima e non deve ripetersi mai più.
E’ giunto sostanzialmente il momento di rivalutare gli approvvigionamenti energetici europei. Quest’opinione è condivisa dai deputati di tutti i gruppi parlamentari, che dovrebbero unire le loro forze per vincere questa battaglia. Ecco perché questa settimana un gruppetto di parlamentari, compreso l’onorevole Hammerstein, che prenderà la parola fra breve, presenterà un opuscolo sostenuto dall’intero arco parlamentare dal titolo Making the Green Energy Switch at a Time of Crisis (letteralmente, Passare all’energia pulita in un periodo di crisi).
Sono grato a tutti gli onorevoli colleghi che hanno contribuito con le loro idee e sono piacevolmente sorpreso del consenso ottenuto. Si respira in quest’Aula la volontà di lavorare speditamente e insieme per trovare una soluzione duratura alla crisi energetica europea; dobbiamo saper sfruttare questo slancio.
Fra tutti i piani potenziali per aprire una nuova era energetica, ce n’è uno che spicca sugli altri: si chiama supergriglia, o Desertec. La presidenza francese ne ha parlato come di un possibile progetto operativo per la nuova Unione per il Mediterraneo. Alcuni parlamentari, fra i quali l’onorevole Harms, si sono recentemente recati in Spagna per vedere la tecnologia in azione: energia termoelettrica solare dall’Africa del Nord e dai territori soleggiati dell’Europa meridionale che raccolgono l’energia dal sole, generando ogni anni l’equivalente di 1,5 milioni di barili di petrolio per chilometro quadrato. Trasportata mediante cavi, a risparmio energetico, a corrente continua ad alta tensione, questa energia potrebbe essere convogliata nella supergriglia europea, ricevendo energia rinnovabile da tutta Europa: energia delle maree dalle regioni costiere, eolica e delle onde dalle regioni spazzate dal vento dell’Europa nord-occidentale, e geotermica e da biomassa ove prodotta.
Parliamo di costi. Il Centro tedesco di ricerca aerospaziale (DLR) ha calcolato che ci vorrebbero 45 miliardi di euro per costruire tali impianti, ma afferma anche che si farebbe risparmiare ai consumatori molte volte quella somma in termini di minori spese energetiche nei prossimi trentacinque anni, e che l’investimento creerebbe migliaia di posti di lavoro.
Si tratta di un progetto ambizioso per il futuro energetico che vogliamo sostenibile, a buon mercato e sicuro. Questo è il futuro energetico che l’Europa deve difendere.
Antonio Mussa, a nome del gruppo UEN. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, un sincero apprezzamento al lavoro della collega Laperrouze, del quale condivido una buona parte. Sono tuttavia perplesso su alcuni aspetti, forse dovuti a eccessiva fiducia nelle valutazioni della Commissione.
Innanzitutto, penso che il previsto sviluppo della domanda di gas sia riduttivo. Se così fosse, temo un impatto negativo sulle fonti di finanziamento dei progetti. Circa le infrastrutture, i relativi progetti presentano differenti stati di maturazione. Piuttosto che ridefinirne le priorità in via astratta, con grave mancanza per l'area del Mediterraneo, è opportuno invece di rivalutarli per tempi di sviluppo, struttura finanziaria, forniture disponibili e rapporto fra sostegno pubblico e impegno privato.
La collega, poi, ha raccomandato una diversificazione delle fonti e delle rotte di approvvigionamento. Un esempio è la Southern Corridor. Su tali questioni ritengo necessario un approccio programmatico diviso per fasi. Infatti, nel caso del Caspio sarà disponibile nella prima fase il solo gas dell'Azerbaigian; l'accesso ad altri paesi si registrerà nella seconda fase, rendendo però il mercato più complesso per motivi politici, regolatori e infrastrutturali. A tali problematiche può ovviare la proposta della Commissione per un Caspian Development Cooperation, se essa sarà destinata, tra l'altro, a facilitare lo sviluppo delle infrastrutture mancanti.
Quale penultimo aspetto non c'è dubbio che i meccanismi di solidarietà siano fondamentali per le politiche energetiche dell'Unione, anche in relazione al trattato di Lisbona. E' comunque opportuno che la fattibilità di tali misure eviti oltre possibili distorsioni, processi eccessivamente onerosi.
Da ultimo le relazioni esterne: è un obiettivo importante, oltre al ruolo della Carta dell'energia, l'ampliamento dell'Energy Committee in particolare ai paesi di transito anche nel campo dell'energia rinnovabile.
Rebecca Harms, a nome del gruppo dei Verts/ALE. – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, nonostante la buona atmosfera di lavoro che si è venuta a creare durante l’elaborazione del secondo riesame strategico della politica energetica, mi rincresce dire che non siamo riusciti ad apportare le necessarie correzioni alla proposta della Commissione.
Ritengo che il titolo “Riesame strategico della politica energetica” presenti forti connotazioni costruttive per il futuro. Analizzando il testo, tuttavia, dobbiamo concludere che è ancora molto radicato al passato. Al centro di questo piano strategico per l’energia – e temo che la relazione Laperrouze non lo riporti in modo corretto – vi è il vecchio mix energetico di carbone ed energia nucleare, e, in effetti, ci si focalizza essenzialmente sul nucleare.
Ora mi chiedo, Commissario Piebalgs: che ne è stato delle proposte che ci avete presentato all’inizio del mandato legislativo, quando ci avete detto che i gravi rischi associati al nucleare dovevano essere messi sotto controllo, che il problema delle scorie nucleari, i fondi per lo smantellamento degli impianti e le altre questioni connesse dovevano essere risolte prima che la Commissione compiesse dei passi positivi verso lo sviluppo dell’energia nucleare? Nessuno di questi problemi è stato risolto, eppure la Commissione sta ora lanciando un’offensiva pro-nucleare. Non sembrate comunque preoccupati dal fatto che proprio ora in Finlandia sia in corso una delle più gravi sconfitte della storia dell’industria nucleare dell’Europa occidentale, che il contenzioso fra la società per l’elettricità finlandese e l’Areva abbia raggiunto i 2,4 miliardi di euro a causa della lievitazione dei costi per il sito di Olkiluoto. Mi chiedo quale sia il senso di questo nuovo investimento DRIVE in un settore che, nonostante abbia ricevuto per decenni investimenti pubblici ben superiori ai volumi stanziati per tutti gli altri settori, sta creando ancora una volta questo pasticcio. Mi piacerebbe tanto sapere se siete davvero seri o se siete dei semplici burattini.
Secondo me, questo mix di carbone ed energia nucleare è esattamente la strategia che ha spinto la politica energetica dell’Unione europea in un vicolo cieco. Ho parlato abbastanza di energia nucleare, ma anche l’uso sconsiderato dei combustibili fossili – altro tema non approfondito nella relazione – ha contribuito all’attuale disastro climatico. Il documento di riesame non contempla le necessarie correzioni ad una strategia tanto arretrata.
Nelle delibere sulla relazione Laperrouze, il mio gruppo ha fissato delle priorità chiare. E’ evidente che il nucleare non è una di queste, ma abbiamo cercato di modificare anche altri punti. Volevamo che l’obiettivo del 20 per cento di riduzione del consumo di energia primaria fosse reso vincolante. Non ci siamo riusciti. Ci aspettiamo una proposta realistica volta allo sviluppo della “supergriglia”, ovvero una rete che deve poter incorporare ingenti capacità per la generazione di energia da fonti rinnovabili presso il Mare del Nord, in altre regioni costiere o nelle regioni desertiche meridionali. Niente di quanto detto è presente nella relazione o nella proposta della Commissione.
Consideriamo inoltre un grave errore escludere l’intero comparto dei trasporti da questo processo di pianificazione strategica dell’energia, perché il nostro comune obiettivo è liberarci dalla dipendenza petrolifera. Avete deciso che le materie relative al trasporto debbano essere trattate separatamente, ma secondo noi dovrebbero costituire uno dei punti focali della pianificazione strategica nel campo dell’energia.
Diversificare le fonti di approvvigionamento energetico è giustissimo e auspicabile, ma al contempo occorre impegnarsi affinché una volta per tutte il gas venga usato in modo efficiente, altrimenti la diversificazione non porterà da nessuna parte.
Sono rimasto allibito la settimana scorsa nell’apprendere che il piano di ripresa della Commissione europea sta riconsiderando tutte queste distorsioni strategiche e adottando lo stesso sorpassato approccio del riesame strategico della politica energetica. Devo annunciare da parte del mio gruppo che non appoggeremo la relazione Laperrouze né il documento sul riesame strategico della politica energetica e che lotteremo nel contesto del piano di ripresa per sollevare il problema della sostenibilità e del buon senso.
Esko Seppänen, a nome del gruppo GUE/NGL. – (FI) Signor Presidente, signori Commissari, solidarietà è una bellissima parola. Di solito appartiene al vocabolario della sinistra. La solidarietà non dovrebbe essere chiamata in causa solamente in nome di una politica anti-Gazprom e anti-Russia, ma anche per impedire una diffusa povertà energetica. L’energia è necessaria sotto forma di elettricità e di riscaldamento per i meno abbienti.
Il principale problema della strategia energetica europea è che non è nata dal nulla, ma è radicata nella geografia, nella storia e nell’economia energetica di ogni singolo paese. Se ci fosse una strategia comune con strutture armonizzate, ci sarebbero vincitori e vinti. Vi sono paesi obbligati ad abbandonare le loro strutture sperimentate e collaudate in nome della solidarietà. Questa non può essere solidarietà.
L’armonizzazione delle reti elettriche equivale ad equilibrare anche i prezzi dell’elettricità; nella pratica non si armonizzerà in base al prezzo più basso, ma al prezzo medio. In tal caso , i perdenti saranno i paesi con l’elettricità a buon mercato. Del pari, le risorse del bilancio comunitario stanziate per finanziare i gasdotti saranno messe in campo dai paesi che non se ne servono.
L’onorevole Laperrouze ha ragione quando dice che gli investimenti destinati alle reti vengono ridistribuiti agli Stati membri o alle aziende presenti sul loro territorio e non restano all’Unione europea. L’UE non può essere un operatore petrolifero, del gas o delle reti elettriche e le risorse del bilancio comunitario non dovrebbero essere usate per sostenere tali ingenti investimenti nelle reti.
Inoltre, il nostro gruppo vorrebbe ricordare a tutti, come ha fatto l’onorevole Harms, i problemi che notoriamente sono legati all’uso del nucleare. Da un lato le emissioni di diossido di carbonio diminuiscono, ma dall’altro aumenta il volume di plutonio.
Bastiaan Belder, a nome del gruppo IND/DEM. – (NL) La relazione Laperrouze ha approfondito importanti tematiche relative agli approvvigionamenti energetici che oggi l’Unione europea si trova ad affrontare. Il recente conflitto del gas fra Russia e Ucraina ha colpito anche l’Unione europea. La relazione traccia le linee di una politica per il mercato energetico europeo che potrebbe limitare la vulnerabilità dell’Unione europea nell’eventualità di un altro conflitto. Sono favorevole alla diversificazione delle fonti energetiche e dei paesi partner dai quali l’UE importa energia, ovvero a diversificare l’approvvigionamento energetico. Il conflitto del gas che ha opposto Russia e Ucraina ha evidenziato l’urgenza di questa tematica e auspico sinceramente che il progetto Nabucco, per citare un esempio, venga realizzato in tempi brevi.
Più specificamente, questo mio desiderio implica che l’Unione europea e gli Stati membri si focalizzino maggiormente sull’integrazione regionale. Attualmente, le reti di un certo numero di Stati membri sono ancora troppo isolate e, di conseguenza, troppo dipendenti dalle importazioni dai paesi terzi. La creazione di nuove interconnessioni fra le reti energetiche degli Stati membri consentirà anche al mercato interno di operare più efficacemente.
Per migliorare il funzionamento del mercato interno, deve vigere un regime di completa separazione della proprietà fra le imprese di produzione e di distribuzione di energia. Questo è il miglior modo di reagire ad un’apertura asimmetrica di mercato.
Nel frattempo, numerosi Stati membri stanno valutando la possibilità di riaprire centrali nucleari smantellate a seguito di accordi con l’Unione europea. Non sembrerebbe la miglior strada da percorrere. Credo invece che investire in un maggior numero di collegamenti transfrontalieri sarebbe un sistema più efficace per limitare la dipendenza a lungo termine da uno o più paesi terzi.
Altre importanti linee di politica illustrate nella relazione con le quali concordo pienamente sono l’aumento dell’efficienza energetica e l’aumento della quota di energia sostenibile. Tuttavia, gli Stati membri esprimono opinioni divergenti sul ruolo del nucleare nella riduzione delle emissioni di CO2. Questa decisione rientra però nella sfera di competenza degli Stati membri più che dell’Unione europea. Avrei gradito maggiore chiarezza su questo punto nella relazione. Non ci resta che sperare in una serie di rettifiche in sede di presentazione di emendamenti.
Desislav Chukolov (NI) . – (BG) Onorevoli colleghi, ho notato in che modo fittizio ed astratto quest’Aula decide ciò che è meglio per l’Europa, ma io sono qui per volere degli elettori bulgari e perciò mi stanno più a cuore gli interessi della mia patria, la Romania.
Per noi bulgari e patrioti del partito Ataka, l’indipendenza energetica è la priorità numero uno. Durante i “colloqui”, che noi chiamiamo i “diktat UE”, ci è stato chiesto di chiudere i reattori 1, 2, 3 e 4 della centrale nucleare di Kozloduy.
Vi ricordo – e se non lo sapete, ve lo dico ora – che queste unità avevano superato brillantemente tutti i controlli ed erano state dichiarate totalmente sicure. Agli inizi del 2007 l’onorevole Stoyanov ha rivolto un’interrogazione alla Commissione europea chiedendo se la chiusura di queste unità fosse un requisito per l’adesione della Bulgaria all’UE. E’ poi risultato che tale prerequisito richiesto della Commissione europea non sussisteva, al contrario di quanto aveva sostenuto, mentendo, il commissario Verheugen al Parlamento bulgaro.
Alcuni giorni fa la Bulgaria ha dovuto far fronte ad una gravissima crisi energetica. Ai sensi dell’articolo 36 del nostro trattato di adesione abbiamo il diritto di rimettere in funzione la succitata centrale nucleare. E’ nostro diritto e per farlo i miei colleghi deputati del Parlamento bulgaro hanno adottato una legge per il riavvio delle 4 unità della centrale nucleare di Kozloduy attualmente chiuse.
Con i miei colleghi del Parlamento europeo, gli onorevoli Stoyanov e Binev, ho presentato la dichiarazione scritta 0005/2009 chiedendo che tali reattori venissero riattivati onde conseguire l’indipendenza energetica della Bulgaria.
Per concludere, dirò che l’Europa sarà forte quando ogni singolo Stato membro sarà forte e indipendente dal punto di vista energetico. E’ l’unica strada percorribile, se vogliamo lavorare per i nostri elettori e per i nostri cittadini.
Gunnar Hökmark (PPE-DE) . – Signor Presidente, discutendo di riesame strategico della politica energetica è importante sottolineare alcuni dei rischi che stiamo correndo; non solo il rischio dell’incertezza dell’approvvigionamento energetico, con tutti i problemi che ne conseguono, ma anche il fatto che siamo esposti alla pressione politica dei regimi che usano le forniture energetiche come leva per influenzare gli altri governi. Ne consegue il rischio che l’Unione europea si frammenti, con Stati membri divisi a seconda dei diversi interessi, compromettendo la politica estera e di sicurezza comune.
E’ opportuno comprendere che le politiche atte a fronteggiare il cambiamento climatico e quelle atte a rafforzare la nostra sicurezza energetica sono sostanzialmente le stesse. Limitare l’uso dei combustibili fossili significa essere meno dipendenti da fornitori inaffidabili. Un maggiore ricorso ad altre fonti energetiche determina un calo della domanda di combustibili fossili, prezzi più bassi per i cittadini europei e, fra l’altro, un minor flusso finanziario per i regimi petroliferi del mondo.
Ciò implica considerevoli ricadute in termini di sicurezza che dobbiamo tenere presenti in sede di discussione della strategia energetica futura dell’Unione europea. In quest’ottica molti elementi troveranno una giusta collocazione. In realtà, all’Unione europea occorre ben più di un mercato interno perché questa è l’unica garanzia di solidarietà fra gli Stati membri. Occorre cioè fare di più per i collegamenti transfrontalieri e disporre di una griglia migliore, che colleghi tutti gli Stati membri e quindi anche il mercato.
E’ inoltre necessario sviluppare ulteriormente i biocombustibili. Non concordo con quanti la ritengono una soluzione rischiosa; possiamo aumentare le superfici adibite a tale scopo in Europa e nel mondo. Anche piccoli contributi dai biocombustibili possono ridurre la dipendenza dai combustibili fossili e di far diminuire i prezzi.
Mi preme inoltre porre l’accento sul nucleare, una delle principali risorse potenziali per contribuire alla capacità dell’Unione europea di ridurre le emissioni di diossido di carbonio oggi e in futuro. Desidero concludere proprio con questo punto. Se volessimo riunire tutti questi elementi, avremmo l’opportunità non solo di rafforzare la politica energetica ma anche la politica di sicurezza.
Silvia-Adriana Ţicău (PSE) . – (RO) La politica energetica è e continuerà ad essere una priorità per l’Unione europea. La crisi del gas di quest’inverno, con temperature molto rigide, ha fatto emergere la dipendenza dell’Unione europea e degli Stati membri dai suoi tradizionali fornitori di gas. “Uniti nella diversità” è il motto dell’Unione europea. Spero che questa crisi del gas ci unisca per elaborare insieme una politica energetica comune.
Lo sviluppo del progetto Nabucco e la costruzione di un terminal GPL a Costanza, uno dei principali porti del Mar Nero, unitamente all’interconnessione delle infrastrutture elettriche nazionali, sono misure che possono aiutare ad accrescere l’approvvigionamento energetico e a potenziare la capacità dell’Unione europea di offrire solidarietà agli Stati membri colpiti da una crisi energetica.
Chiedo alla Commissione e agli Stati membri di investire nell’ammodernamento della rete energetica europea, di aumentare l’efficienza energetica e generare energia elettrica da fonti rinnovabili. Esorto anche la Commissione e gli Stati membri a finanziare misure volte a limitare drasticamente l’inquinamento prodotto da impianti a carbone. L’attuale situazione di crisi focalizza l’attenzione degli Stati membri sulla necessità di fissare priorità e linee guida per lo sviluppo.
Quanto all’efficienza energetica, l’Unione europea può conseguire risultati rapidi a costi sostenibili nella battaglia contro il cambiamento climatico. Accrescere le rese energetiche degli edifici esistenti e promuovere la costruzione di edifici passivi, nonché utilizzare le tecnologie dell’informazione e della comunicazione per ridurre il consumo di energia ed aumentare l’efficienza energetica mediante l’attuazione su vasta scala di apparecchiature intelligenti e di sistemi automatizzati sono linee guida per lo sviluppo sulle quali l’Europa deve investire.
Entro il 2020, l’Unione europea deve incrementare la sua efficienza energetica del 35 per cento e ridurre i consumi di energia primaria del 20 per cento. Esorto la Commissione e gli Stati membri a promuovere e finanziare progetti tesi a migliorare l’efficienza nel settore dell’energia.
Signor Commissario, invito la Commissione europea, la Banca europea per gli investimenti e gli Stati membri ad istituire un fondo europeo per l’efficienza energetica e le energie rinnovabili, affinché si raccolga il capitale necessario, pubblico e privato, per dar corso ai progetti di efficienza energetica attualmente elaborati in tutta l’Unione europea. Da ultimo, desidero sottolineare l’importanza del settore dei trasporti, principale utilizzatore di petrolio. Credo sia giunto il momento di adottare a livello europeo alcuni obiettivi molto ambiziosi a medio e a lungo termine entro il 2020 per l’efficienza energetica dei veicoli. Incoraggio gli Stati membri a progettare in modo intelligente delle politiche per il trasporto merci e la mobilità delle persone, soprattutto in ambito urbano. In conclusione, il trasporto intelligente costituisce una delle linee guida strategiche per lo sviluppo dei trasporti.
Lena Ek (ALDE) . – (SV) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, sappiamo tutti che il mercato europeo dell’energia ha dei problemi. Importiamo attualmente circa il 50 per cento della nostra energia e di qui a 10 anni, se non facciamo nulla, questo valore arriverà al 70 per cento. Le modalità di generazione dell’energia prodotta spesso arrecano danno all’ambiente, creano effetto serra e compromettono gravemente la salute, l’economia e la stabilità, non solo nei nostri paesi ma anche in altre parti del mondo.
In Europa siamo costretti a distribuire l’energia di cui disponiamo mediante una rete di distribuzione obsoleta, mai ammodernata o sottoposta a manutenzione. Inoltre vi sono conflitti in atto con i paesi vicini su questioni energetiche di grande rilevanza. L’anno scorso si è più volte parlato in quest’Aula delle nostre relazioni con la Russia ed è assolutamente inaccettabile che la crisi energetica divenga una sorta di abitudine, con anziani che rischiano di morire di freddo, ospedali costretti a chiudere e industrie obbligate a sospendere la produzione. E’ intollerabile.
Altrettanto insopportabile sono le intenzioni di Russia e Gazprom nei confronti di Nord Stream: intendono calpestare la legislazione ambientale svedese e quella europea in materia di sicurezza del Mar Baltico, benché questo mare interno presenti già zone estremamente estese di fondali morti. E’ assolutamente inaccettabile.
Avremo bisogno di tutte le fonti di energia, le nuove tecnologie, le innovazioni, la ricerca e gli strumenti informatici possibili per far fronte a questi numerosi problemi. Le disposizioni presentate dalla Commissione, compreso il pacchetto finanziario, sono ottime, ma i nostri cittadini aspettano ancora che i governi dimostrino il coraggio di prendere una decisione sulla solidarietà energetica e sulla volontà di spezzare i grandi monopoli di stato. Tali monopoli non riguardono solo la produzione di energia, ma anche la sua distribuzione; i cittadini e le imprese, piccole o grandi che siano, si trovano intrappolati in una situazione insostenibile.
Credo che l’onorevole Laperrouze abbia elaborato una relazione davvero ottima. Penso anche che la proposta della Commissione in questi settori sia eccellente e spero si possa addivenire al più presto ad una decisione in materia. Grazie.
Eugenijus Maldeikis (UEN) . – (LT) Il maggiore insegnamento da trarre dalla crisi del gas è la grande vulnerabilità del sistema energetico europeo ed il grave rischio per l’approvvigionamento di energia. Tale rischio permane poiché l’accordo fra Ucraina e Russia è solamente un accordo isolato, mentre è altamente probabile che la situazione si ripeta. Le questioni energetiche bilaterali restano sostanzialmente irrisolte, non solo fra Russia ed Ucraina, ma fra Ucraina ed Unione europea nonché fra Unione europea e Russia, anche perché non esiste un sistema operativo energetico comune UE-Ucraina-Russia. Per il momento non sono state fornite garanzie di alcun tipo. Desidero sottolineare che questa forma di dipendenza dalle forniture e dall’uso di gas è in costante aumento e crescerà ancora di più con la chiusura delle centrali in Lituania, Bulgaria e Slovacchia. Ciò dimostra che il rischio non solo permane, ma probabilmente aumenta.
La nostra strategia energetica a lungo termine è molto chiara per l’intera Unione europea. Vi sono stati accesi dibattiti al riguardo e si parla di misure a lungo termine. A mio parere l’anello più debole è la politica energetica a medio termine, che non ha superato il confronto con la realtà, come la crisi del gas ci ha largamente dimostrato. Inviterei pertanto la Commissione ad analizzare uno scenario che, purtroppo, per varie ragioni giuridiche e politiche, non è stato approfondito. Quali sarebbero i costi, i benefici e le conseguenze derivanti dal mantenere temporaneamente in funzione le centrali nucleari di Bulgaria, Slovacchia e Lituania, garantendo la sicurezza energetica di quei paesi e dell’intera Unione europea? Inoltre, stanti le condizioni poste da una crisi economica lunga ed incerta, ciò consentirebbe di utilizzare le risorse in modo più efficace e alleggerirebbe di molto l’onere della crisi per i nostri cittadini e per le nostre imprese.
Claude Turmes (Verts/ALE) . – (DE) Signor Presidente, la strategia per la sicurezza energetica e la relazione Laperrouze hanno in comune il fatto di non fissare alcuna priorità. Sono un guazzabuglio di idee per le quali i gruppi di pressione si sono adoperati presso la Commissione ed il Parlamento. Finché non stabiliremo delle priorità non saremo mai in grado di stanziare saggiamente delle risorse finanziarie.
Del resto, la priorità è evidente a tutti. Dobbiamo iniziare con l’efficienza di costruzioni, veicoli, frigoriferi, ecc.; nulla è più a buon mercato e può creare un maggior numero di posti di lavoro. In secondo luogo: l’energia rinnovabile. Quando si dice che il 60 per cento di tutto il mix energetico deve provenire da fonti rinnovabili entro il 2050, significa che almeno il 90 per cento della nostra elettricità deve essere prodotta da fonti rinnovabili; questa percentuale di generazione sarà sicuramente raggiunta molto prima del 2050, perché abbiamo già approvato una direttiva che fissa l’obiettivo del 35 per cento entro il 2020. Se potessimo arrivare al 35 per cento di elettricità verde entro il 2020 partendo dall’attuale 15 per cento, saremo sicuramente in grado di raggiungere il 60 per cento o più già nel 2030.
In terzo luogo, resta da superare la crisi del gas. Come faremo? Investiamo miliardi di euro in gasdotti e poi facciamo di tutto per limitare il consumo di gas in Europa. E’ quello che scrive nel suo documento, Commissario Piebalgs, e che emerge fra le righe della relazione Laperrouze.
Così abbiamo efficienza, rinnovabili e gas, e poi volete investire 1,3 miliardi di euro nella cattura e nello stoccaggio del carbonio (CCS). E in tutto questo, dove mettiamo la cieca lealtà al nucleare?
Fra l’altro, signor Commissario, non sa neanche fare i conti. Se optiamo per l’efficienza e le rinnovabili, se attuiamo una politica del gas per lo meno corretta e, se è proprio necessario, investiamo un po’ di più in CCS, non avremo alcun bisogno di energia nucleare; non c’è bisogno di correre un tale rischio. Osserviamo la realtà!
Quanto al piano di ripresa economica, devo dire che sono veramente seccato con la Commissione. Nemmeno un solo centesimo per l’efficienza energetica! Non un centesimo per i gemellaggi fra città! Il 10 febbraio i rappresentanti di 300 autorità locali d’Europa si riuniranno a Bruxelles su suo invito, signor Commissario. Cosa diremo loro: che il presidente Barroso ha deciso di tagliare 500 milioni di euro dal bilancio destinato ai gemellaggi fra città tra lunedì e mercoledì scorso? Lo trovo estremamente contraddittorio e assolutamente sbagliato. Il fatto è che le città partner sono necessarie in una nuova politica energetica. Non un centesimo per l’energia solare o per la biomassa! In altri termini, stiamo elaborando un piano di ripresa economica in cui si destinano 3,5 miliardi di euro all’oligarchia dei giganti dell’energia e non un solo euro ai partner, fondamentali per operare il cambiamento verso l’economia verde.
Miloslav Ransdorf (GUE/NGL) . – (CS) Grazie, sarò breve. Vorrei considerare due aspetti che mi sembra non siano stati ancora affrontati, in particolare la necessità dell’Europa di un sistema energetico integrato, che interconnetta i diversi tipi di energia e le diverse griglie in modo che sia possibile ovviare a qualsiasi interruzione dell’approvvigionamento. La recente crisi del gas ci ha dimostrato l’importanza di questo obiettivo. Il secondo aspetto è la necessità di collegare tali reti energetiche con reti simili in altri settori, per esempio quelle di trasporto e di comunicazione, al fine di ottenere una certa simmetria. Non è ancora così e ritengo che un’analisi più dettagliata dimostrerà che questo collegamento già esiste. Vorrei sottolineare che la posizione delle reti nelle future strutture europee è importantissima e che queste reti sono ben più rilevanti per un’Europa coesa della crescente burocrazia di Bruxelles e degli Stati membri. Credo che l’Unione europea diventerà in futuro una sorta di filo che si snoda lungo queste reti.
Sergej Kozlík (NI) . – (SK) L’attuale crisi finanziaria si sta trasformando in crisi economica. Inoltre, a causa della restrizione del credito, vi è una minaccia di crisi energetica ed alimentare. Per poter mantenere almeno l’attuale livello di produzione di energia, occorrerà da qui al 2030 un investimento a livello mondiale di circa 26 miliardi di dollari destinati alla ricostruzione e allo sviluppo di nuovi giacimenti petroliferi e di gas, nonché alla produzione e alla distribuzione di tutti i tipi di energia.
Occorrerà poi integrare i flussi petroliferi, di gas e di elettricità in modo da creare un sistema efficiente ed altamente diversificato. Tale sistema ci consentirà di rimediare alle conseguenze delle dispute politiche locali e di eventuali calamità naturali, nonché di fornire adeguati approvvigionamenti energetici all’intero territorio europeo. Nelle ultime settimane anche la Repubblica slovacca ha avuto l’opportunità di sperimentare la complessità di questa situazione quando, a seguito del conflitto Ucraina-Russia, per molti giorni sono state completamente tagliate le forniture di gas. L’esperienza della Slovacchia e di altri paesi europei ha dimostrato la necessità di un forte sostegno alla priorità dell’Unione europea di interconnettere ed integrare i diversi mercati dell’energia d’Europa.
Devo nondimeno sottolineare che il recente e prematuro smantellamento di due reattori nella centrale nucleare di Jaslovské Bohunice si è rivelato, data la situazione, un errore dettato dall’imprudenza. La cessazione dell’attività era uno dei requisiti posti dalla Commissione europea in sede di trattato di adesione. Tale decisione ha indubbiamente indebolito l’autosufficienza energetica non solo della Slovacchia, ma di tutta l’Unione europea.
Nikolaos Vakalis (PPE-DE) . – (EL) Signor Presidente, onorevoli colleghi, la battaglia contro il cambiamento climatico, l’esigenza di sicurezza energetica e la necessità di rafforzare la competitività della nostra economia ci portano verso la terza rivoluzione industriale, verso una fase storica in cui ci libereremo dai combustibili minerali.
E’ una rivoluzione reale che porterà grandi cambiamenti strutturali al modello di produzione e consumo e, in definitiva, al nostro stesso stile di vita. Sono fiducioso che, come Unione europea, sapremo tenere la leadership globale di questa rivoluzione. Per farlo, dobbiamo profondere ogni sforzo per limitare l’intensità energetica dell’economia in tutti i suoi comparti. Uno degli strumenti per migliorare l’efficienza energetica è il ricorso al potenziale delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC). Occorrono congrui incentivi per consentirci l’uso di tali tecnologie e per poter aumentare l’efficienza energetica dell’Unione europea del 20 per cento entro il 2020, nel quadro dell’obiettivo del programma 3x20.
La mozione sul rafforzamento dell’efficienza energetica tramite le TIC che siamo chiamati ad approvare nei prossimi giorni pone particolare accento sulla ricerca, lo sviluppo e l’elaborazione di politiche di diffusione di tecnologie di punta, quali le nanotecnologie e la tecnologia fotonica, che presentano un alto potenziale di miglioramento dell’efficienza energetica.
Allo stesso modo, imprime un considerevole slancio all’innovazione e all’imprenditoria verde tramite una serie di misure ed azioni. Mi riferisco in particolare agli appalti pubblici verdi, che consentiranno agli enti pubblici di svolgere un ruolo chiave nel risparmio energetico con l’uso di nuove applicazioni tecnologiche TIC.
Per finire, la mozione prevede incentivi per sistemi di gestione energetica integrati ed intelligenti nelle nostre città unitamente ad un comportamento stradale e a sistemi di trasporto più razionali.
Dalle mie parole emerge con chiarezza che, benché non sia un atto legislativo, la mozione che andremo a votare fra un paio di giorni è di primaria importanza, essenzialmente perché fa delle TIC uno dei principali indicatori di sviluppo sostenibile nell’Unione europea. Vi invito pertanto a sostenerla in occasione dell’imminente voto.
Hannes Swoboda (PSE) . – (DE) Signor Presidente, credo che ora le priorità siano chiare per tutti: efficienza energetica, risparmio energetico ed energie rinnovabili. Tuttavia, non possiamo nascondere che avremo ancora per molti anni il problema delle forniture di gas. Perciò, qual è la lezione che possiamo apprendere dal recente conflitto Ucraina-Russia e dalla crisi che ne è scaturita? Mi spiace ammetterlo, signor Commissario, ma ritengo che non saremo meglio preparati se dovesse riverificarsi una tale circostanza. Nemmeno la crisi può dirsi conclusa, poiché ho visto scarsi segni di sviluppo di una reale strategia o da questa disputa fra Ucraina e Russia non è stata tratta alcuna conclusione.
Alcuni deputati di questo Parlamento ritengono che dovremmo concludere accordi bilaterali con l’Ucraina, ma va ribadito che questo paese è almeno parzialmente responsabile della situazione che si è venuta recentemente a creare e non vorrei davvero trovarmi a dover scegliere fra le argomentazioni di Yushchenko e della Tymoshenko, o di Yanukovych, o di chiunque altro. L’Ucraina preferirebbe, è comprensibile, acquistare il gas dalla Russia e rivenderlo a noi, ovviamente con un ricarico, come farebbe la Turchia con Nabucco, ma ritornerò su questo argomento più tardi. Se vogliamo che il nostro gas sia altrettanto insicuro ma più costoso, allora sigliamo pure questo accordo bilaterale; se viceversa vogliamo trovare una soluzione costruttiva, dobbiamo stipulare un accordo trilaterale che coinvolga la Russia come fornitore, l’Ucraina come paese di transito e l’Unione europea, rispettando in particolare il transito e l’infrastruttura. Non ho sentito dalla Commissione nessun commento o proposta alternativa al riguardo.
Rispetto agli investimenti infrastrutturali, se guardiamo ad est, tre sono sostanzialmente i gasdotti in discussione: Nord Stream, South Stream e Nabucco. Nord Stream è un gasdotto di approvvigionamento a nord; risolverà il problema del transito, ma non ridurrà la nostra dipendenza dalla Russia. South Stream può anche risolvere un problema di transito, ma ancora una volta non ridurrà la nostra dipendenza dalla Russia. Inoltre, se consideriamo i costi, questo secondo gasdotto è effettivamente un po’ più costoso di Nabucco, almeno secondo alcuni studi; servono quindi investimenti massicci. Quando penso – ne ho già parlato in altre occasioni, signor Commissario – alla rapidità con la quale gli Stati Uniti hanno costruito l’oleodotto PTCP e quanto tempo stiamo perdendo con il gasdotto Nabucco, credo che gli scarsi risultati dell’Europa siano veramente scandalosi: è un segno della nostra debolezza.
Dobbiamo agire presto, non solo rispetto all’Azerbaigian o al Turkmenistan – di cui parleremo fra poco – ma anche rispetto all’Iraq. Il fatto che il gas in quei paesi sia semplicemente liberato nell’atmosfera come gas di scarico, senza considerare la possibilità di convogliarlo nel gasdotto Nabucco, è davvero un grande errore. Le chiedo, signor Commissario, di negoziare presto e con chiarezza con la Turchia per ottenere anche il loro consenso. Bisognerà convincere anche Cipro, naturalmente, affinché smetta di ostacolare il capitolo energetico: la loro ostinazione nel non voler nemmeno aprire un negoziato in merito è sintomo di mancanza di solidarietà, perché crea evidentemente dissapori con la Turchia. Vedo che annuisce, signor Commissario, e credo di capire che sia d’accordo con me.
Passiamo ora all’energia nucleare. Le opinioni in quest’Aula sono diverse e variegate. Purtroppo, nemmeno io intendo votare a favore della relazione Laperrouze, se non altro perché la trovo troppo di parte.
Il fatto che più mi ha disturbato nel corso di questa discussione è che assistiamo a nuovi sviluppi in Francia, segnatamente la riduzione delle scorie atomiche, ma, se si analizza più da vicino la situazione, vediamo che queste scorie sono più radioattive. Non è questo il modo di risolvere i problemi, soprattutto quelli delle scorie e del loro smaltimento, per i quali dobbiamo impiegare molta più energia e cervello.
Konrad Szymański (UEN) . – (PL) Signor Presidente, la crisi energetica ci ha rivelato una debolezza dell’Unione europea. Abbiamo ancora difficoltà ad interpretare con chiarezza le sfide politiche emerse da questa situazione. Una chiara dimostrazione di questo errore è la proposta di Angela Merkel, la quale, dopo una terza crisi energetica, ci propone oggi legami ancora più saldi con le risorse energetiche russe tramite la costruzione dei gasdotti settentrionali e meridionali. In realtà, è vero l’esatto contrario. Questa crisi ci indica che dovremmo puntare tutto sulla costruzione di un’infrastruttura indipendente che ci porterebbe a fonti indipendenti di materie prime per l’energia in Azerbaigian e in Turkmenistan. La crisi ci dimostra che dovremmo cancellare il gasdotto settentrionale dalla lista delle priorità della Commissione europea per sottrarci al monopolio russo in Europa. Risolvere il problema energetico sarà un momento critico per l’intero processo di integrazione. L’Unione europea ha la possibilità di dar prova della sua efficacia e di rafforzarsi; potrebbe però anche dar prova di passività e di sottovalutazione del rischio.
David Hammerstein (Verts/ALE) . – (ES) Signor Presidente, vorrei parlare della necessità di unire la rivoluzione della tecnologia dell’informazione alla rivoluzione energetica, oggetto dell’eccellente risoluzione del Parlamento.
Ci servono griglie elettriche intelligenti; quelle di cui disponiamo sono dispersive e anacronistiche. Il consumo deve essere regolato e gestito sulla produzione.
Ci servono griglie e case intelligenti. Il consumo intelligente può essere fornito solo da Internet e solo convogliando tutte le informazioni che vengono dalle case, dalle fabbriche, dagli edifici e così via verso tutte le reti elettriche.
In questo modo potremmo essere molto più autonomi, molto più indipendenti e l’Europa potrebbe assumere un ruolo guida in questo settore tanto essenziale per il mondo intero, in modo da non avere le decine di centrali elettriche inutili, come accade oggi. La maggioranza dei paesi produce tre volte più energia di quanta non ne consumi perché la produzione è regolata sui picchi di consumo massimo. Non sarebbe così con il ricorso alle griglie intelligenti, che ci consentirebbero di adeguare il consumo alla produzione sostenibile e ai livelli di produzione esistenti.
Potremo così cooperare con i paesi vicini del Mediterraneo. Occorre una griglia estesa, pulita ed intelligente per collegare i nostri vicini del sud che hanno il potenziale di generare energia solare usando alta tecnologia e impianti su larga scala. Si tratterebbe di un’eccellente opportunità di cooperazione basata sulla trasparenza tecnologica. Potremmo promuovere un futuro pulito per noi tutti.
Jerzy Buzek (PPE-DE) . – Signor Presidente, desidero ringraziare la relatrice per il lavoro svolto.
Consentitemi alcune osservazioni sul riesame strategico della politica energetica e la recente crisi energica, temi strettamente collegati.
La prima osservazione: nella nostra relazione, che invita gli Stati membri dell’Unione europea a parlare all’unisono sulle questioni energetiche, abbiamo esplicitamente affermato quello a cui tutti i cittadini europei hanno assistito nelle ultime settimane, ovvero che problemi di approvvigionamento energetico agli Stati membri colpiscono l’intera Unione europea. E’ molto importante ed è la base della solidarietà europea e dello sviluppo di misure di risposta all’emergenza.
La seconda osservazione è che la relazione cita la tecnologia CCS (cattura e stoccaggio del carbonio) come potenziale per conseguire i nostri obiettivi ambientali sfruttando una fonte di energia – il carbone – largamente disponibile in Europa. Sviluppando la tecnologia CCS, l’Europa può divenire un leader mondiale nelle tecnologie avanzate, il che contribuirà alla nostra competitività a livello mondiale e consoliderà le nostre economie. Lo stesso dicasi per la tecnologia di gassificazione del carbone, molto importante quale fonte aggiuntiva e diversificata di approvvigionamento di gas.
La mia terza osservazione è che il documento strategico sottolinea specificamente l’esigenza di investimenti infrastrutturali per l’approvvigionamento energetico. I progetti infrastrutturali che ricevono il sostegno a livello comunitario devono prima di tutto contribuire alla reale diversificazione delle fonti e delle vie di approvvigionamento agli Stati membri ed all’intera Unione europea.
Investire in Ucraina ci sembra particolarmente importante. In futuro, unitamente ai nostri partner ucraini, potremo assumere la responsabilità congiunta delle consegne di gas alla frontiera russo-ucraina. La ragione di tale iniziativa da parte nostra è molto semplice. In termini di relazioni energetiche, l’Ucraina ottempera agli standard internazionali. Ha ratificato il trattato sulla Carta dell’energia e, pertanto, opera con regole trasparenti.
La quarta osservazione è che il nostro documento strategico sostiene gli sforzi volti all’attuazione del terzo pacchetto energetico. Che significa? Significa un mercato interno funzionante per l’energia per l’Unione europea; significa solidarietà e sostegno da più parti. Completiamo la procedura legislativa nei prossimi tre mesi. E’ molto importante per noi.
Reino Paasilinna (PSE) . – (FI) Signor Presidente, signori Commissari, onorevoli colleghi, dobbiamo imparare dalla storia. Dopo tutto, le nostre reti energetiche sono state costruite per soddisfare le esigenze della guerra fredda e per quelle specifiche circostanze politiche; sono state ora ammodernate ed aggiustate qua e là, ma da qui è sorto un problema sul quale torneremo più avanti.
A seguito del drastico aumento della richiesta di energia e dello sviluppo dell’economia ad un ritmo molto elevato, sono cambiati anche il prezzo, l’approvvigionamento ed i problemi ambientali, che si sono trasformati nella nostra più grande sfida. Vista la natura globale dei problemi, servono ovviamente soluzioni globali. E’ perciò importante coinvolgere gli Stati Uniti e i paesi in via di sviluppo in un processo energetico comune. Indicheremo la via, ma gli Stati Uniti devono seguire l’esempio dell’Europa e lavorare al nostro fianco.
Visto che le soluzioni energetiche sono globali, ci serve una diplomazia energetica europea, e mi sembra di capire che il commissario per l’energia si è molto speso in tal senso, anche alla luce della recente crisi energetica. Ci serve diplomazia energetica per la semplice ragione che si tratta di questioni di estrema importanza, per le quali si sono combattute guerre e altre ce ne saranno in futuro. Perciò è un argomento molto serio.
Abbiamo naturalmente bisogno di un mix energetico comprendente varie fonti energetiche e su basi il più possibile estese, perché questo stabilizzerà la situazione energetica e migliorerà le condizioni di ogni singola nazione, e quindi dell’Europa intera.
Naturalmente, il risparmio energetico è un’importante soluzione al problema: è il metodo più economico e più efficace. Per questo dobbiamo fare ciò che io reputo oggi come la cosa più importante: rendere intelligente l’energia. Se non aumentiamo in modo considerevole l’impiego della tecnologia intelligente, non conseguiremo i nostri obiettivi, ma per fortuna è un settore già molto sviluppato. I cittadini e le imprese non sanno nulla dell’energia che consumano senza tecnologia intelligente e di conseguenza, le tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC) sono la soluzione giusta per conseguire gli obiettivi e mantenere la rotta. Le TIC ci ricordano la nostra stravaganza e sono perciò un buon maestro, anche nonché un grande aiuto, perché l’intelligenza serve per controllare il consumo di energia. Al riguardo, ribadisco l’importanza del settore delle piccole e medie imprese e le innovazioni che da esso derivano, in quanto può dimostrarsi un settore veramente creativo. Vi è poi la dimensione sociale: la scarsità di energia e l’occupazione sono strettamente collegate a quanto è stato appena ricordato.
E’ strano che l’Ucraina sia un paese di transito. Ovviamente, come ha suggerito l’onorevole Swoboda, il gasdotto dovrebbe essere sottoposto ad una gestione alternativa, ad esempio una gestione tripartita con l’intervento dell’Unione europea: in questa maniera si potrebbe rimediare al problema.
PRESIDENZA DELL’ON. MORGANTINI Vicepresidente
Fiona Hall (ALDE) . – (EN) Signora Presidente, in tutte le discussioni sulla crisi energetica, ricorre un aspetto citato anche dalla mia collega, l’onorevole Laperrouze, ma cui generalmente viene riservata scarsa attenzione. Parliamo di efficienza energetica nel contesto dei cambiamenti climatici e della scarsità di carburante, ma l'efficienza energetica ha anche una grande importanza dal punto di vista strategico. Il controllo della domanda riduce la pressione sul fronte dell’approvvigionamento ed è cruciale per realizzare l’indipendenza energetica dell'Europa. Vorrei sottolineare due punti riferiti all'interrogazione orale sull’uso delle tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni.
Innanzi tutto, sono preoccupata del fatto che la distribuzione dei contatori intelligenti non stia proseguendo con l'impegno richiesto nella direttiva concernente l'efficienza degli usi finali dell'energia e i servizi energetici e come evocato nella relazione Morgan. In alcuni paesi sono disponibili schermi digitali che mostrano ai consumatori quanta energia stanno utilizzando; è sicuramente una soluzione utile, ma un contatore intelligente vero e proprio fa molto di più perché consente una comunicazione bidirezionale, un’analisi dettagliata della richiesta del consumatore, la misurazione del consumo reale e il pagamento dell'elettricità fornita da micro-rinnovabili. Abbiamo bisogno di contatori intelligenti ora: sono fondamentali per trasformare gli edifici da consumatori a produttori netti di energia.
In secondo luogo, per quanto riguarda l'illuminazione, confido nel fatto che riusciremo presto a proseguire il processo di eliminazione dal mercato delle forme più inefficienti di illuminazione domestica, degli uffici e delle strade. Tuttavia, dovremmo già avere rivolto l'attenzione alle fasi tecnologiche successive, come ad esempio un utilizzo più diffuso di sistemi di illuminazione intelligenti dotati di sensori in grado di percepire il movimento e l’intensità della luce naturale, in modo da ridurre o interrompere l'illuminazione quando necessario. Nel settore dell'illuminazione a risparmio energetico esistono soluzioni migliori delle lampade fluorescenti compatte, ed è giunto il momento che il settore pubblico, e quindi anche le istituzioni europee, siano d'esempio nell'utilizzare la tecnologia dell’informazione e della comunicazione (TIC) per garantire l'efficienza energetica.
Roberts Zīle (UEN) . – (LV) Signora Presidente, signori Commissari, vorrei innanzi tutto ringraziare l'onorevole Laperrouze per la sua relazione, estremamente esauriente. Le crisi sono sempre l'occasione per adottare decisioni importanti che possono cambiare in modo significativo i nostri valori e le nostre politiche. Ho motivo di credere che la recente crisi del gas abbia aperto gli occhi dei politici sulla vulnerabilità di molte regioni d'Europa in termini di approvvigionamento energetico. Il piano di ripresa economica e il secondo riesame strategico della politica energetica elaborati dalla Commissione, così come la relazione Laperrouze, ci danno motivo di sperare che in futuro si realizzi una politica energetica europea unificata; a questo si aggiunge la speranza che siano finalmente eliminate le isole energetiche separate dell'Europa, incluse quelle degli Stati baltici. In molte zone esse potrebbero difatti diventare un'alternativa alle forniture di gas russo, ma solo a condizione che i governi nazionali siano in grado di sopportare la pressione, senza isole per dare capacità extra alle esportazioni di gas russo, ma unicamente come installazioni di importazione. Grazie.
Paul Rübig (PPE-DE) . – (DE) Signora Presidente, signor Commissario Piebalgs, signora Commissario Reding, onorevoli colleghi, abbiamo bisogno di investimenti immediati. Siamo sull'orlo di una crisi energetica e finanziaria. Dobbiamo compiere uno sforzo per investire il più rapidamente possibile e al meglio e quindi possiamo solo concordare con la costruzione non solo di gasdotti, ma anche di navi per il trasporto di gas naturale liquefatto (GNL). Questi progetti vanno realizzati nel più breve tempo possibile, creando nuovi posti di lavoro e contribuendo di conseguenza alla piena occupazione in Europa.
I gasdotti non dovrebbero essere in competizione tra loro; la costruzione di nuovi impianti rappresenta anzi una situazione vincente e lo stesso vale per le installazioni per il gas naturale liquefatto: è una questione importante per l'avvenire.
Dobbiamo investire soprattutto nell’efficienza energetica, non attraverso finanziamenti statali, ma piuttosto attraverso le agevolazioni fiscali. Se potessimo offrire a ciascun cittadino un fondo annuo di 10 000 euro da detrarre dalle imposte, potremmo avviare subito gli investimenti nell’efficienza energetica e nell’energia rinnovabile. Per quanto riguarda quest'ultima, uno strumento particolarmente utile sarebbe la detrazione progressiva, ovvero la possibilità di includere immediatamente i costi nel bilancio di esercizio. Se potessimo stabilire un limite di tre anni per queste operazioni, otterremo un grande successo collettivo e potremo controllare meglio l'occupazione e l'energia. A tale proposito spetta al commissario Kovács avviare un'iniziativa.
Un punto del programma che desta la nostra preoccupazione è, naturalmente, l'industria nucleare: è fondamentale garantire la sicurezza delle centrali nucleari e farlo al meglio delle nostre capacità. A questo proposito non si può puntare troppo in alto: dobbiamo innanzi tutto assicurarci che i cittadini abbiano fiducia nella capacità dell'Unione europea di muovere nella giusta direzione, di proseguire la ricerca sulla sicurezza e stabilire requisiti giuridicamente vincolanti affinché le centrali nucleari pericolose siano rimosse dal sistema subito dopo il verdetto di una corte o di un organo di controllo. I cittadini europei hanno diritto alla sicurezza in questo settore, per poter muovere verso un futuro in cui la produzione di energia non metta in pericolo le nostre vite e ci consenta di dormire sonni tranquilli. La Commissione può dare un forte contributo in questo senso.
In definitiva, tuttavia, spetterà anche al Consiglio, e in particolare al gruppo responsabile per la sicurezza nucleare, dimostrarsi all'altezza delle proprie responsabilità e non intraprendere una strada che i cittadini non approverebbero, bloccando le proposte del Parlamento europeo e della Commissione.
Teresa Riera Madurell (PSE) . – (ES) Signora Presidente, signori Commissari, i recenti eventi che hanno interessato la Russia, l'Ucraina e la fornitura di gas mostrano chiaramente che oggi più che mai dobbiamo diversificare le nostre fonti di approvvigionamento e migliorare i collegamenti tra Stati membri e verso i paesi produttori.
Le proposte della Commissione sono orientate in questa direzione, ma, nell’interesse di una maggiore efficacia, esse dovrebbero includere anche il potenziale della parte meridionale del nostro continente e in particolare del mio paese, la Spagna. Sono lieto che il commissario Piebalgs la abbia oggi menzionata.
La Spagna è lo Stato membro dell'Unione europea che più diversifica il suo approvvigionamento sia in termini di numero di paesi da cui importiamo gas – 10 diversi paesi – sia in termini di varietà di modalità. Per questo motivo il mio paese è un'ottima piattaforma di approvvigionamento per l'Unione europea. La fornitura avviene sia attraverso il gasdotto dall'Algeria, sia convogliando gas naturale liquefatto in volumi simili a quelli del Nabucco, ma a costi inferiori e con tempi di consegna migliori. Tuttavia questa piattaforma non può essere attualmente utilizzata dall'Unione europea poiché manca il collegamento verso la Francia. Signor Commissario, Medgas deve essere una priorità per l'Unione europea e lo stesso vale per i problemi specifici delle nostre isole.
Se la penisola iberica soffre chiaramente di isolamento in termini energetici, le isole soffrono doppiamente, come ad esempio nel caso delle Baleari, da cui io provengo. E’ una situazione ingiusta per gli abitanti delle isole perché noi, in quanto cittadini europei, abbiamo tutti pari diritti.
Nell'adottare le decisioni e fissare le priorità, la prego, signor Commissario, di considerare la peculiare situazione delle isole.
Infine, vorrei ringraziare la relatrice per il lavoro svolto.
Olle Schmidt (ALDE) . – (SV) Signora Presidente, signori Commissari, l'Unione europea ha dovuto imparare a proprie spese cosa significa essere sin troppo dipendenti da un unico fornitore energetico. I cittadini di diversi Stati membri dell'Unione europea hanno subito le conseguenze dell’incostanza della Russia, in modo del tutto inaccettabile. Sappiamo che la Russia è efferata nei rapporti con i suoi vicini, ma quando slovacchi e bulgari avvolti nella morsa del freddo sono stati presi in ostaggio nella disputa tra Russia ed Ucraina, fortunatamente, tutti gli europei, inclusi i membri di questo Parlamento, hanno infine aperto gli occhi.
L'Ucraina ha bisogno del sostegno dell'Unione europea ed è necessario avviare subito la costruzione del gasdotto Nabucco, che convoglierà il gas proveniente dall’Azerbaigian. L'Unione europea deve ora dimostrare la capacità di agire, esattamente come richiesto dall’onorevole Swoboda.
Sappiamo che la Russia preme per il Nord Stream, il gasdotto del Mar Baltico, ma le proposte in merito dovrebbero essere respinte. Il Mar Baltico è uno dei mari interni più sensibili. Al di là dei fattori ambientali ed economici, a cui si aggiungono aspetti relativi alla politica di sicurezza, questo gasdotto non dovrebbe attraversare il Mar Baltico. E’ invece necessario studiare un’alternativa via terra. Il Parlamento europeo ha già formulato le sue perplessità su questo in merito in una precedente occasione.
Sono lieto di poter osservare che la relazione afferma la necessità di attribuire all'energia nucleare un ruolo importante nel futuro mix energetico europeo. Se vogliamo soddisfare gli obiettivi di riduzione delle emissioni del pacchetto energetico avremo bisogno di un’energia nucleare europea moderna. Sono lieto che potremo dibattere questo tema in Aula tra pochi giorni.
Dariusz Maciej Grabowski (UEN) . – (PL) Signora Presidente, signori Commissari, è giunto il momento di parlare francamente. Innanzi tutto l'Unione europea non dispone di una strategia energetica. Questo incoraggia, tra gli altri, la Russia, che fa delle sue risorse energetiche un'arma politica, a tentare di esercitare pressioni e ricatti, peggiorando la situazione dell'Unione europea.
In secondo luogo, l'Unione europea ha ceduto a manipolazioni collettive sotto forma di intimidazioni in termini di riscaldamento climatico globale dovuto alle emissioni di CO2. Un numero sempre maggiore di esperti e fatti confermano che questa teoria non è corretta. Varrebbe la pena scoprire di chi fanno gli interessi coloro che si adoperano per diffondere questa teoria e intimorirci con il tema del riscaldamento globale.
In terzo luogo, l'Unione europea necessita di una strategia energetica fondata sul principio dell’anello più debole, ovvero di aiuti sotto forma di sovvenzioni e investimenti ai paesi che più dipendono da un unico fornitore, come gli Stati baltici e la Polonia.
Infine, l'Unione europea deve scusarsi e tornare ad utilizzare l’antracite ed la lignite, perché dispone di numerose fonti di queste materie prime, peraltro economiche. L'Unione europea necessita di una politica fiscale e creditizia volta a dare sostegno alle nuove tecnologie e al risparmio in termini di emissioni energetiche, che attualmente le manca.
Herbert Reul (PPE-DE) . – (DE) Signora Presidente, onorevoli colleghi, vorrei innanzi tutto ringraziare l'onorevole Laperrouze e il commissario Piebalgs per tutti i documenti presentati.
Non ne condivido tutti i dettagli, ma le proposte sono orientate nella giusta direzione strategica: è giusto e necessario concentrarci nuovamente sul fatto che la sicurezza degli approvvigionamenti è una questione fondamentale. Nell'ultimo anno abbiamo forse dedicato troppa attenzione ad altre questioni inerenti la politica energetica e sono lieto che il tema della sicurezza dell'approvvigionamento sia nuovamente tornato alla ribalta.
In secondo luogo, apprezzo il carattere duttile della posizione proposta. Com’è già stato detto, anche se non si condividono tutti i punti della relazione, essa è in linea generale corretta, contrariamente a quanto ha appena affermato l'onorevole Turmes. Onorevole Turmes, è sbagliato credere che esista una risposta semplice, una risposta unica a questo enorme, complesso problema.
In politica si cerca sempre di fornire una risposta semplice e immediata, che soddisfi tutti, ma in questo caso non è possibile. Sfortunatamente è molto difficile farlo ed ecco perché la risposta è così sfaccettata. Non possiamo dare la nostra parola ai cittadini e agire come se avessimo una soluzione e tutto si risolvesse come per incanto. I cittadini rimarrebbero fortemente contrariati quando si accorgono poi che le cose non stanno come promesso.
Queste sfumature indicano che non esiste un'unica fonte energetica, ma piuttosto che continueremo a lungo a lavorare con diverse fonti. Eliminare una fonte energetica è immorale: a mio avviso, è irresponsabile ignorare completamente l'energia nucleare. E’ parte della soluzione, ma naturalmente non è la soluzione; è tuttavia necessario prendere coscienza del fatto che essa può contribuirvi. Vorrei inoltre sconsigliare di puntare troppo sul gas: abbiamo appena sentito molti discorsi sulla dipendenza che ne deriva.
Ritengo inoltre che dobbiamo ammettere che non possiamo semplicemente rinunciare al carbone con leggerezza, poiché è una fonte energetica disponibile nel nostro paese e in molte altre regioni d'Europa, e giustificarci dicendo che il carbone produce CO2. Sarebbe irresponsabile. Abbiamo inoltre bisogno di una risposta flessibile alla questione relativa alle vie di trasporto delle risorse. Come ha appena sottolineato l'onorevole Rübig non esiste una risposta univoca per un gasdotto. Sarebbe errato sceglierne uno solo; bisogna invece aprire diverse strade ed opzioni perché oggi nessuno può prevedere cosa accadrà tra dieci, venti o trent'anni.
A tale proposito la strada da percorrere è quella delle soluzioni intelligenti, e per intelligente intedo diversificato. Bisogna essere aperti a nuove opportunità, e non rimanere inerti. La soluzione è la tecnologia, investire nella ricerca, essere aperti a soluzioni che ancora non conosciamo, senza escludere nessuna opzione in modo casuale, e trovare un’intesa sugli investimenti.
Sarebbe un errore fatale lasciare a coloro che di fatto devono investire il denaro, ovvero le società, uno spazio di manovra e un supporto troppo ridotti; questo errore è già stato commesso nell’adozione di alcune decisioni sulla politica energetica. Qualcuno crede forse che noi, gli Stati membri, i governi nazionali o la Comunità europea saremo in grado di risolvere il problema degli investimenti? No, è il settore privato che dovrà farlo.
Atanas Paparizov (PSE) . – (BG) Signora Presidente, signori Commissari, vorrei innanzi tutto evidenziare il carattere costruttivo del dibattito condotto dalla commissione per l'industria, la ricerca e l’energia in merito alla relazione presentata dall'onorevole Laperrouze, e in particolare il ruolo svolto dalla relatrice nell’elaborazione di una relazione obiettiva ed esauriente.
Vorrei concentrarmi sulle proposte formulate nella relazione per rispondere ai problemi che hanno dovuto affrontare i paesi maggiormente dipendenti da fornitori esterni di fonti energetiche, e in particolare del gas.
Innanzi tutto è stato sottolineato l’importante ruolo del Parlamento europeo, che ha partecipato attivamente alla ripartizione dei progetti per i nuovi collegamenti energetici, in particolare tra le reti di distribuzione del gas e dell’energia degli Stati membri. Tuttavia, devo sottolineare con rammarico che il progetto della Commissione per la Repubblica di Bulgaria e i suoi collegamenti con la Grecia ha ricevuto soltanto 20 milioni di euro, malgrado la Bulgaria sia uno dei paesi più fortemente penalizzati. Il deposito di gas di Chiren, che risolverebbe con forniture minime i problemi relativi alle crisi, non è stato, ad esempio, neanche menzionato.
In secondo luogo sono state vagliate tutte le possibilità per costruire il corridoio meridionale del gas e, oltre al progetto Nabucco, sono stati inseriti anche i progetti per il South Stream e il TGI (Turchia-Grecia-Italia). Va inoltre sottolineato il piano a lungo termine che prevede la possibilità di ricevere il gas da altri paesi della regione, quali l’Uzbekistan e l’Iran.
In terzo luogo viene sottolineata l’importanza di installazioni per il gas liquefatto in Europa, e renderle accessibili a tutti gli Stati membri in base al principio di solidarietà, elemento di grande rilevanza ai fini dell'uso congiunto di tali installazioni da parte di Bulgaria e Grecia.
Inoltre, chiedo alla Commissione di esaminare la possibilità di allargare la comunità energetica dell'Europa sudorientale e di paesi limitrofi, allo scopo di creare un mercato unico per l'intera regione. In qualità di relatore sulle normative e le condizioni di accesso alle reti di trasporto del gas naturale, vorrei ancora una volta sottolineare il significato del terzo pacchetto energia per la creazione di un mercato unico dell’energia a livello europeo e sollecitarne la più rapida attuazione.
Infine, desidero far notare che la relazione descrive in modo obiettivo anche il ruolo dell'energia nucleare. Ritengo che l'attuale direttiva quadro per la sicurezza nucleare sia un valido presupposto per l'analisi dello stato di tutti i reattori dell'Unione europea, non solo quelli più recenti, nonché una base obiettiva per valutarne la sicurezza.
E’ evidente che, a fronte degli attuali sviluppi per la diversità energetica nell'Unione europea, decisioni di valenza politica come quelle adottate in riferimento alla centrale nucleare di Kozloduy non possono essere di lunga durata. Spero che gli Stati membri vorranno riconsiderare la questione dei reattori chiusi in base a criteri obiettivi.
Andrzej Wielowieyski (ALDE) . – (FR) Signora Presidente, la relazione Laperrouze sulla politica energetica tratta un argomento estremamente importante per tutti i paesi dell'Unione europea.
Apprezzo molto il lavoro svolto dall'onorevole Laperrouze, ma la situazione rimane molto grave. Dalla straziante e disastrosa esperienza vissuta a gennaio dai paesi dell’Europa meridionale e la minacciosa previsione di una forte carenza energetica nei prossimi venti anni, emerge l'esigenza di rendere la politica energetica un elemento cruciale della nostra politica estera.
Tuttavia, signor Commissario, il futuro è buio perché manchiamo di unanimità, solidarietà e risorse. In termini di solidarietà, questo non vale forse per la Commissione, ma piuttosto per alcuni grandi paesi europei. Non parliamo all’unisono.
Sono pienamente d'accordo con l’onorevole Swoboda sul fatto che il progetto Nabucco sia fonte di grande imbarazzo per l'Unione europea. Il gasdotto russo South Stream sostenuto dalla Russia e da alcuni paesi dell'Unione europea rischia di spodestare il progetto Nabucco, che costa la metà e che, da parte sua, rispetta le regole del mercato. Le sue fonti di approvvigionamento dall'Azerbaigian rischiano di essere portate via dal suo rivale, e questo rende l'investimento dubbio e precario. In questo modo l'Unione europea probabilmente perderà l'unica opportunità di creare diversità e maggiore sicurezza…
(Il Presidente interrompe l'oratore)
Péter Olajos (PPE-DE) . – (HU) Signora Presidente, il secondo riesame strategico della politica energetica viene presentato con tempismo perfetto. Gli eventi dello scorso gennaio hanno sicuramente inferto un colpo alla sicurezza degli approvvigionamenti della metà orientale dell'Unione europea. Dopo una crisi durata tre settimane, dal 20 gennaio il gas naturale è tornato a scorrere verso l'Europa, ma la questione è: per quanto tempo? Per essere effettivamente in grado di garantire la sicurezza degli approvvigionamenti, dobbiamo fare tesoro delle esperienze tratte dalla disputa del gas. E con questo intendo innanzi tutto diversificazione delle tipologie di energia utilizzate, delle fonti e delle rotte di approvvigionamento. Secondo le stime, l'Europa consuma 500 miliardi di metri cubi di gas l'anno e questa domanda potrebbe crescere, secondo alcune analisi, persino del 30 per cento nei prossimi 20 anni.
Alcune idee su potenziali alternative sono già state presentate. Il gasdotto Nord Stream che trasporta il gas russo all'Europa è in fase di realizzazione, mentre il Blue Stream in Turchia è già pronto. E’ stato raggiunto un accordo tra le parti interessate alla realizzazione del South Stream e l'Ucraina ha avviato la creazione del White Stream. Poi c'è il tanto discusso Nabucco, anche se le sue fonti di approvvigionamento e di finanziamento sono ancora incerte. Ad ogni modo, la dipendenza dalla Russia rimarrà perlopiù invariata. Sebbene il progetto Nabucco preveda il trasporto di gas asiatico, fino ad oggi l'Europa, diversamente da Gazprom, non ancora formulato un'offerta a Baku. Cosa possiamo fare ora? Molti potrebbero sostenere che per il momento possiamo confidare nel fatto che i negoziati tra la Commissione europea e la delegazione russa riuniti al vertice di Mosca porteranno risultati concreti, consentendo di compiere progressi significativi riguardo ai gasdotti, e che in futuro non sarà solo il monopolio del gas russo a dettare i prezzi.
E’ possibile, ma a mio avviso, oltre a questi fattori, e in realtà prima di prenderli in considerazione, credo che il futuro sia fatto di energia più pulita e in quantità minori. Ecco perché sostengo l'esigenza di un New Deal verde per l’Europa, ovvero un accordo orientato alla crescita sostenibile e al tempo stesso capace di promuovere e utilizzare l'innovazione nell'industria ambientale. A fronte dell'attuale crisi finanziaria internazionale, un numero sempre maggiore di persone sta realizzando che è necessaria una nuova logica organizzativa dell’economia. Come sempre più persone ammettono, per uscire dalla crisi mondiale è necessaria una nuova forza di propulsione, con un motore alimentato da nuovi principi organizzativi. E un numero sempre maggiore di persone riconosce l'esigenza di cambiare gli schemi. Il New Deal verde, una nuova logica di organizzazione economica basata sull'innovazione in termini di tecnologia ambientale e sostenuta dai mercati di capitali internazionali, sarà una pietra miliare di un numero sempre maggiore di programmi di ripresa economica e di incentivazione, anche tra gli Stati membri dell'Unione europea. Abbiamo bisogno di questo stimolo perché l'anno scorso 1,7 milioni di persone in Europa hanno perso il lavoro. Se sarà accettato, il New Deal verde avrà un effetto sostanziale sulla futura politica energetica europea. Molte grazie.
Libor Rouček (PSE) . – (CS) Onorevoli colleghi, l'Unione europea importa attualmente il 50 per cento dell’energia che consuma e questa quota è in costante crescita. La dipendenza dell'Unione europea dall’importazione di fonti energetiche convenzionali e da un numero limitato di fornitori rappresenta una grave minaccia alla sicurezza, alla stabilità e alla prosperità dell’UE. A mio avviso, il riesame strategico della politica energetica dell'Unione europea viene quindi presentato al momento giusto. Ritengo che l'obiettivo 20-20-20 entro il 2020 sia corretto dal punto di vista ambientale, economico e della sicurezza. Tuttavia, il conseguimento di tale obiettivo richiede una strategia comune a tutta l'Unione europea, che deve agire con unità sia all'interno, sia verso l'esterno. L’elaborazione di una politica energetica comune esige che sia completato il processo di ratifica del trattato di Lisbona e che sia presentata un’apposita proposta al riguardo. Il mercato interno ha bisogno di un quadro normativo chiaro e stabile e, soprattutto, di completare l'integrazione dei nostri sistemi energetici sull'intero territorio dell'Unione europea.
La clausola della solidarietà reciproca rimarrà solo un'espressione priva di significato se non colleghiamo le reti energetiche. E’ poi necessario incrementare l'utilizzo di tutte le fonti energetiche interne, dallo stoccaggio all'aumento della quota di fonti rinnovabili, ad un maggiore utilizzo di energia nucleare sicura. Non serve sottolineare che gli investimenti finanziari nell'industria energetica europea avranno anche ripercussioni positive in termini di ripresa della crescita economica. Per quanto riguarda le relazioni esterne nel settore dell’energia, anche per questo aspetto è necessario diversificare molto più di quanto si sia fatto in passato. È necessario intensificare il dialogo con i paesi produttori, quelli di transito e gli altri paesi consumatori di energia. È necessario rafforzare la cooperazione con i paesi del Medio Oriente, del Mediterraneo e del Nord Africa, nel quadro del processo di Barcellona: l'Unione per il Mediterraneo. Dovrebbe essere invitata a partecipare a tale dialogo anche la Turchia, che è candidata ad accedere all'Unione europea, e a mio avviso è fondamentale cercare una strategia più efficace anche nei confronti di paesi come l'Iran. Per concludere, vorrei congratularmi con la relatrice, l'onorevole Laperrouze, per la sua relazione che considero equilibrata e di ottimo livello.
Danutė Budreikaitė (ALDE) . – (LT) Sebbene abbiamo iniziato a parlare della necessità di una politica energetica comune già nel 2006, ciascuno Stato membro dell'Unione europea ha la responsabilità di garantire un approvvigionamento energetico sicuro. Tuttavia, la solidarietà tra gli Stati membri è fondamentale per la sopravvivenza dell'Unione europea stessa. L'Unione deve adottare quanto prima una normativa efficace per contribuire a superare o ad evitare le crisi riguardanti la fornitura energetica. La Commissione propone un piano d'azione dell’Unione europea in materia di sicurezza e solidarietà energetica, i cui aspetti principali sono la creazione di infrastrutture e la diversificazione delle fonti energetiche. Sono lieto che tra i progetti infrastrutturali candidati a diventare prioritari per la sicurezza energetica dell'Unione europea vi sia un piano di interconnessione per i paesi che affacciano sul Mar Baltico, poiché questo consentirebbe di eliminare le instabili isole energetiche ancora esistenti nell'UE.
Vorrei chiedere alla Commissione di fornire tutto il sostegno possibile alla realizzazione del collegamento energetico tra Lituania e Svezia e del ponte energetico tra Lituania e Polonia. Su questo tema, sfortunatamente, serve anche volontà politica. Nel frattempo, tornando al principio fondamentale dell'Unione europea della solidarietà e della sua applicazione nel settore energetico, sorgono molti dubbi sul futuro di tale principio. Stiamo discutendo il terzo pacchetto energetico, che prevede la creazione di un mercato europeo dell'elettricità e del gas e di un’Agenzia per il coordinamento degli organismi di regolamentazione. Al contempo, Germania e Russia stanno creando l'agenzia energetica russo-tedesca. Questo è forse coerente con il principio di solidarietà tra gli Stati membri, la politica e la sicurezza energetica comune?
Zbigniew Krzysztof Kuźmiuk (UEN) . – (PL) Signora Presidente, signori Commissari, in questo dibattito vorrei sottolineare tre questioni.
Innanzi tutto la Russia sta strumentalizzando in modo sempre più evidente la fornitura di risorse energetiche, e principalmente del gas, per esercitare una forte influenza politica. Non solo l'ultima controversia tra Russia ed Ucraina ha provocato ingenti perdite economiche in molti paesi dell'Unione europea, ma, con una sorta di condiscendenza da parte dell'UE, ha nuovamente fatto cadere l'Ucraina in un’evidente situazione di dipendenza economica dalla Russia. È infatti difficile immaginare che l'economia ucraina possa funzionare se il prezzo del gas si attesta al di sopra dei 400 dollari americani ogni 1 000 metri cubi.
In secondo luogo è necessario negoziare un nuovo accordo di partenariato tra l'Unione europea e la Russia, con riferimenti dettagliati alla questione dell'energia, ma anche una clausola che indichi chiaramente che la Russia non strumentalizzerà la fornitura di risorse energetiche a fini politici e che i fornitori russi saranno ritenuti responsabili dei danni derivanti da un eventuale interruzione della fornitura.
In terzo ed ultimo luogo, utilizzando gli strumenti finanziari disponibili e tramite la Banca europea per gli investimenti, l'Unione europea dovrebbe sostenere innanzi tutto e soprattutto gli investimenti nel settore del gas volti a diversificare effettivamente l’approvvigionamento di gas dell'Europa, in modo da creare una reale capacità di importare gas da paesi diversi dalla Russia, come nel caso del gasdotto Nabucco.
Avril Doyle (PPE-DE) . – (EN) Signora Presidente, non raggiungeremo mai né l'obiettivo della sicurezza energetica né la riduzione dell'80 per cento delle nostre emissioni di biossido di carbonio entro il 2050 se continuiamo ad ignorare completamente sia la questione della sicurezza energetica sia quella, di vitale importanza, relativa all'interconnessione ad alta tensione a corrente continua (HVDC) paneuropea. Quest'ultima prevede una linea HVDC di collegamento al Nord Africa, per disporre di reti elettriche intelligenti tra l'Europa e l’Africa settentrionale.
La settimana scorsa ho avuto l'occasione di sperimentare in prima persona l'entusiasmante funzionamento dell’energia solare termale a Granada e SivigliaNel corso del fine settimana ho poi letto il libro del professor Michael McElroy, docente all'università di Harvard, su come liberare gli Stati Uniti dalla bolletta annuale da 750 miliardi di dollari per l'importazione di petrolio, come vincere la battaglia della sicurezza energetica negli Stati Uniti e contemporaneamente salvare il pianeta. Mi chiedo dunque: di cosa stiamo discutendo? Conosciamo le risposte.
La rete di distribuzione intelligente consentirà all'energia solare, idrica ed eolica di livellare il grafico sulla sicurezza. Se non soffia il vento al largo della costa occidentale irlandese, splenderà il sole in Spagna; o splenderà il sole e soffierà il vento al largo della costa occidentale del Nord Africa.
In breve, il sole ha per la Spagna lo stesso valore che il vento ha per la costa occidentale dell'Irlanda. Gli organismi nazionali di regolamentazione non avranno molto da fare se il loro unico compito è quello di tenere le luci accese e riscaldare le nostre case e i nostri uffici al massimo, come avviene oggi.
Non possiamo più permettere che i cittadini europei siano in ostaggio della politica energetica e di fluttuanti prezzi del petrolio. L'energia eolica è competitiva nei confronti del carbone, del petrolio e del gas, e il carburante è gratuito. Ebbene sì, la nostra sfida è costruire una nuova economia energetica, un'economia energetica basata sull'elettricità rinnovabile.
Per concludere, vorrei citare l'espressione inglese d'uso comune “costare la terra”, che gli anglofoni utilizzano in senso figurato e con grande trasporto per indicare che qualcosa costa molto caro, e che ora deve essere presa alla lettera. Se non modifichiamo rapidamente la nostra situazione di quasi totale dipendenza dai carburanti fossili, come ribadiscono continuamente e con sempre maggiore insistenza gli scienziati responsabili del monitoraggio dei cambiamenti climatici, il riscaldamento globale ci costerà la Terra.
Evgeni Kirilov (PSE) . – (BG) Signora Presidente, in qualità di relatore ombra per la commissione affari esteri vorrei congratularmi con l'onorevole Laperrouze per la sua relazione, che descrive ampiamente i problemi dell'Unione europea nel settore dell'energia, inclusa l'esigenza di una politica energetica comune.
La relazione indica poi in modo molto chiaro le azioni da attuare per consentire all’Europa di affrontare le sfide della sicurezza energetica. Mi compiaccio altresì del fatto che l'energia nucleare abbia trovato il posto che merita in questa relazione e sia stata presentata come una fonte energetica necessaria.
Soprattutto ora, a seguito della crisi del gas, è anche chiaro e ben evidenziato che dobbiamo diversificare le fonti energetiche. D'altro canto, in futuro dovremo continuare a lavorare su più corridoi energetici alternativi e non solo su un corridoio a scapito di un altro. Ne trarremo guadagno per effetto della concorrenza.
Vorrei attirare l'attenzione su due questioni. Nell'ottobre 2008, in quest'Aula ho avuto modo di osservare che il progetto energetico Nabucco era ancora solo un’idea priva di sostanza e in tale occasione ho chiesto alla Commissione europea di avviare un’azione risoluta. Oggi possiamo affermare che la Commissione sta adottando iniziative considerevoli al riguardo. E’ evidente che è stata compresa l'importanza del progetto, in particolare a seguito della crisi nel settore del gas.
Tuttavia deve essere chiaro che, al di là delle azioni e delle misure adottate nel processo volto a conseguire livelli di sicurezza energetica sempre maggiori, servono ancora molti sforzi e una attività politica seria per consentirci di intravedere la luce alla fine del tunnel.
La seconda questione riguarda la capacità di stoccaggio dell'energia. Vorrei ricordare a tutti i presenti che la Bulgaria sarebbe stata condannata se non avesse avuto una riserva in grado di durare almeno 20 giorni presso il deposito di Chiren, la cui capacità è stato ampliata di un terzo proprio l'anno scorso, come se il governo sapesse cosa sarebbe accaduto.
Quindi per la seconda volta oggi vorrei sottolineare la mia assoluta incapacità di comprendere perché la Commissione abbia completamente ignorato il progetto proposto dalla Bulgaria per un’ulteriore espansione del suddetto deposito. E’ stata la nostra unica salvezza e credo che sia necessario sostenere progetti simili in tutti i paesi dell'Unione europea.
Leopold Józef Rutowicz (UEN) . – (PL) Signora Presidente, la crisi finanziaria e quella del gas ci costringono oggi ad adottare iniziative rapide e pragmatiche, che superano interessi e idee individuali economicamente ingiustificate come quelle riferite al gasdotto del Nord.
Il secondo riesame strategico della politica energetica non fornisce il valore aggiunto auspicato. Una serie di questioni citate nell'analisi trovano forti difficoltà nella realizzazione pratica. I cittadini e l’economia dell'Unione europea hanno bisogno di decisioni e azioni rapide e precise, che garantiscano costi energetici relativamente bassi e stabili nei prossimi 15 anni; decisioni che comportino il massimo risparmio possibile per l'industria, i trasporti e le famiglie; decisioni in grado di ridurre fortemente la dipendenza dell'economia europea dalle importazioni di idrocarburi e garantirne un corretto approvvigionamento; decisioni che portino nel più breve tempo possibile a sviluppare un programma ed un piano di misure specifiche basate sulla ricerca, per definire le modalità di finanziamento e attuazione delle stesse. Tali provvedimenti economici comporteranno una riduzione delle emissioni di CO2. Non sarà più necessario condurre burocratiche contrattazioni sulle emissioni, che tanto giovano a chi le conduce ma non all'economia.
Mairead McGuinness (PPE-DE) . – (EN) Signora Presidente, mi colpisce l’uso ricorrente in questa discussione dell’aggettivo “intelligente”, perché le soluzioni che cerchiamo e utilizziamo in quest'Aula per ridurre il consumo di energia non stanno certamente funzionando e non sono affatto intelligenti. Non basta dire ai bambini di spegnere gli interruttori; mi piacerebbe e se così fosse sentirei di avere il controllo della situazione. Abbiamo effettivamente bisogno di tutte le cose di cui si è parlato in questo Emiciclo, e penso ai sensori e agli altri dispositivi tecnologicamente avanzati, capaci di semplificare per tutti i cittadini il conseguimento degli obiettivi europei di efficienza energetica.
La discussione di questa sera verte su temi rilevanti: si parla di agenda sui cambiamenti climatici e sicurezza dell'approvvigionamento, di solidarietà tra gli Stati membri e anche di crescita economica, una questione importante in questo momento, e di come riuscire ad utilizzare meglio le nostre risorse energetiche.
In Irlanda, il mio paese, il petrolio serve a soddisfare circa il 60 per cento della domanda energetica nazionale e viene interamente importato. È evidente che abbiamo un problema di una certa rilevanza. Dobbiamo ridurre questa dipendenza, dobbiamo sviluppare le nostre risorse locali e, come ho appena detto, migliorare la nostra efficienza energetica. Chiaramente, la questione dell'interconnessione tra gli Stati membri è fondamentale soprattutto per i paesi periferici.
La dipendenza irlandese è altissima: il 91 per cento della nostra richiesta di energia viene importata. È un dato sconcertante e, sebbene non abbiamo vissuto i problemi conseguenti all'interruzione del gas di cui hanno parlato altri colleghi, o il freddo e l'orrore che tali problemi hanno provocato in altri Stati membri, osservando gli eventi abbiamo imparato quanto sia importante intervenire per migliorare il nostro mix di carburanti primari e la nostra insicurezza energetica.
Per noi, tutte le questioni trattate nella relazione e nell'interrogazione orale sono quindi fondamentali.
In particolare, è necessario affrontare la questione della gestione del territorio. L'esperienza svedese relativa alle aree boschive è interessante per l'Irlanda, il cui settore forestale non è sviluppato.
Una questione della massima importanza è trovare un equilibrio tra la produzione di cibo e quella di carburante.
Emanuel Jardim Fernandes (PSE) . – (PT) Signora Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, sviluppare una politica comunitaria coerente e onnicomprensiva nel settore dell'energia significa compiere un passo logico e necessario. La proposta della Commissione e la relazione Laperrouze muovono in questa direzione.
L'Unione europea darà valore aggiunto alle iniziative sviluppate dai paesi membri. Il petrolio si esaurirà e nel 2007 la produzione dell'Unione europea e della Norvegia hanno soddisfatto solo il 30 per cento della domanda interna. La dipendenza dell'Unione europea dalle importazioni petrolifere aumenta indirettamente la nostra dipendenza da paesi politicamente instabili o da quelli che provocano forti tensioni geostrategiche perché sono potenziali partner energetici, come abbiamo recentemente visto nel caso della Russia.
Per tali ragioni è strategicamente importante orientare la domanda verso fonti energetiche alternative al petrolio, ma dal punto di vista geografico è importante anche guardare più attentamente ai mercati sudamericani e africani, attualmente in espansione, a cui potranno contribuire fortemente i partenariati dell’Unione europea con Brasile e Africa. Tale obiettivo dovrebbe essere conseguito sfruttando la regione iberica – Spagna e Portogallo, da cui io provengo – come piattaforma fondamentale in termini di logistica e distribuzione per l'area europea.
Per quanto riguarda l'esigenza basilare di migliorare l'efficienza energetica, è importante garantire sinergie adeguate tra i settori che possono contribuire ad una maggiore efficienza. Solo adottando una strategia globale e coordinata tra politiche comunitarie e nazionali, soprattutto negli ambiti della coesione, dell'agricoltura e dei trasporti, saremo in grado di definire una strategia con una prospettiva a lungo termine.
Il collegamento tra energia e coesione territoriale è indiscutibile poiché condiziona le possibili soluzioni a lungo termine per tutte le regioni dell'Unione europea, incluse le più isolate e le più lontane.
Iliana Malinova Iotova (PSE) . – (BG) Onorevole Laperrouze, vorrei congratularmi con lei per l'ottimo lavoro svolto nella sua relazione, attuale e tempestiva.
Non siamo ancora in grado di stabilire l'entità delle perdite subite dai paesi e dai cittadini europei in seguito alla crisi nel settore del gas. Le perdite dirette registrate dalla sola economia bulgara, che è stata pesantemente danneggiata dalla disputa tra l'Ucraina e la Russia, ammontano a più di 230 milioni di euro, senza che sia previsto alcun risarcimento.
Il conseguente stato di emergenza ha sollevato molti interrogativi. Sfortunatamente, l’annosa questione della dipendenza energetica riemerge ogni qualvolta si verifica una crisi o uno scontro politico tra Russia ed Ucraina. Molti ricordano la situazione creatasi tre anni fa, quando i due paesi si trovarono ancora una volta in disaccordo su prezzi. Allora ricevemmo la promessa di una politica energetica europea comune, ma tre anni dopo sembra che nulla sia cambiato.
Ora ci chiediamo: siamo pronti per un mercato unico dell’energia o gli interessi dei singoli prevarranno, dando vita ad accordi bilaterali? Abbiamo fatto abbastanza per creare collegamenti tra le reti europee di approvvigionamento del gas tra Stati membri o siamo sempre meno disposti a creare riserve per situazioni di crisi? In che termini stiamo lavorando sui gasdotti del Nord e del Sud e sul Nabucco?
Sono lieta di sentire che l'energia nucleare viene trattata al pari delle altre fonti energetiche. Senza scendere a compromessi sulla sicurezza, è tempo di riconsiderare il nostro atteggiamento riguardo alle strutture nucleari in Europa ed evitare ulteriori decisioni motivate da questioni politiche.
Abbiamo bisogno dell'energia nucleare, potrebbe essere una risorsa importante nell’eventualità di nuove crisi. Non a caso nel momento di massima crisi, il parlamento bulgaro ha chiesto ai suoi partner europei di riaprire il dibattito sulla riattivazione dei reattori chiusi di Kozloduy, giudicati sicuri dalle autorità competenti. Auspichiamo la vostra comprensione.
Le decisioni da adottare sono difficili, ma non dobbiamo esprimere giudizi avventati o scartarle prematuramente. Vorrei rivolgermi a lei, signor Commissario: solo pochi giorni fa la Commissione europea ha distribuito gli stanziamenti nel quadro del piano di sviluppo europeo, e il paese più danneggiato è quello che ha ricevuto la quota minore di fondi. Questa sera non ho sentito da parte sua alcun riferimento alla Bulgaria, che è nella lista dei paesi dipendenti al 100 per cento da forniture esterne e necessita di assistenza speciale.
Quali sono i criteri ed i meccanismi di stanziamento di tali risorse? Troverei difficile spiegarlo ai cittadini bulgari ed europei. Evidentemente dobbiamo compiere sforzi maggiori nel quadro del terzo pacchetto per l'energia e accelerarne l’applicazione. In qualità di membro della commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori ho lavorato molto sulla tutela delle forniture energetiche per i consumatori, ma la prego di capire che è più importante salvaguardare innanzi tutto l'energia.
Călin Cătălin Chiriţă (PPE-DE) . – (RO) Vorrei sottolineare che l’Unione europea ha bisogno di una politica energetica estera affinché i 27 Stati membri possano parlare all'unisono nei negoziati con i principali produttori. Questo è il solo modo per l'Unione europea di ottenere prezzi accessibili per le importazioni di gas e di petrolio e nel contempo garantire la sicurezza energetica. La diversificazione delle fonti energetiche deve essere uno dei principali obiettivi dell'Unione europea. Tuttavia, vorrei portare alla vostra attenzione il fatto che il progetto russo per il gasdotto South Stream non contribuisce affatto a tale diversificazione, poiché la fonte di approvvigionamento rimane esattamente la stessa: la Russia. Inoltre, gli enormi costi relativi alla realizzazione di questo gasdotto comporterebbero un aumento del prezzo del gas, un prezzo che sarebbero costretti a pagare i consumatori europei.
Per questo motivo, a mio avviso, l'Unione europea deve avviare un’azione urgente per inserire nei futuri accordi con Russia ed Ucraina clausole esaustive sull'interdipendenza energetica, stabilendo in modo chiaro obblighi e meccanismi efficaci per risolvere rapidamente eventuali problemi. Il partenariato strategico tra l'Unione europea e la Russia e il nuovo partenariato orientale dovrebbero puntare ad attuare…
Colm Burke (PPE-DE) . – (EN) Signora Presidente, oggi più che mai la politica energetica e quella estera sono inscindibilmente correlate. Alla luce dei recenti sviluppi riguardanti l'approvvigionamento di gas nell'Europa centro-orientale sentiamo l'esigenza di una politica energetica comune. Eppure, sebbene questo sia uno dei principali fattori d’innovazione del trattato di Lisbona, mi rammarico che questo aspetto non sia stato sufficientemente evidenziato nel corso dei dibattiti per la ratifica del trattato.
L’Irlanda dispone di 12 giorni di fornitura del gas alla volta. Il 60 per cento dell’elettricità irlandese è generata con gas importato, mentre la media europea si attesta al 40 per cento. Lo scorso 28 gennaio, la Commissione ha pubblicato una proposta per accelerare l’analisi dei deficit nelle infrastrutture energetiche europee, contribuendo nel contempo alla ripresa economica, nel quadro di un pacchetto di stanziamenti da 5 miliardi di euro.
A tale proposito, apprezziamo molto che la Commissione abbia inserito l'interconnessione elettrica tra Irlanda e Regno Unito tra le iniziative prioritarie cui destinare fondi, nel quadro degli stanziamenti europei per la ripresa economica. Questo dimostra inoltre che, quando i 27 membri dell'Unione europea lavorano insieme, possiamo produrre i cambiamenti necessari per garantire la sicurezza dell'approvvigionamento energetico.
(Il Presidente interrompe l’oratore)
Ioan Mircea Paşcu (PSE) . – (EN) Signora Presidente, i due importanti documenti su cui verte il nostro dibattito odierno, vale a dire il piano d'azione della Commissione e la relazione Laperrouze, sono separati nel tempo dalla recente interruzione della fornitura del gas dovuta alla consueta disputa invernale tra Russia ed Ucraina. Di conseguenza, la relazione è più attenta alla realtà e cerca di rafforzare la nostra solidarietà interna e accelerare l'attuazione del piano che ci viene presentato, traendo i dovuti insegnamenti dall'ultima crisi.
Personalmente, oltre ad essere favorevole alla diversificazione delle vie di trasporto per l'importazione del gas, ritengo che i principali contributi della relazione siano l'appello ad accelerare la realizzazione di un mercato interno dell’energia nel corso dell'attuale legislatura e la necessità di rivedere l'intera questione dello stoccaggio di gas. Ciò nondimeno, la raccomandazione di aprire il progetto Nabucco alla Russia è discutibile, poiché tutti sanno che tale progetto è stato concepito come alternativa al gas russo e che di conseguenza la Russia sta già facendo tutto il possibile per farlo fallire.
Zita Pleštinská (PPE-DE) . – (SK) Onorevoli colleghi, la recente crisi del gas ha evidenziato l'importanza di una politica energetica comune a livello europeo. Inoltre, la Slovacchia ha scoperto cosa significa dipendere al 100 per cento dal gas russo. Centinaia di società hanno dovuto interrompere la produzione e pagare ai propri dipendenti appena il 60 per cento della loro busta paga.
Mi compiaccio del fatto che la solidarietà svolga un ruolo importante nelle relazioni tra gli Stati membri dell'Unione europea. Se non avessimo ricevuto un trasferimento urgente di gas dalla Germania attraverso la Repubblica ceca, anche le famiglie si sarebbero trovate in difficoltà. Sono convinta che l'esigenza di garantire un approvvigionamento energetico costante sia una priorità universale fondamentale. Soddisfare la domanda energetica attingendo soprattutto a fonti non rinnovabili inizia a pesare più dell'accettabilità ambientale.
Dobbiamo costruire centrali nucleari sicure e nel contempo utilizzare i fondi strutturali per incoraggiare le comunità rurali a concentrarsi strategicamente sul collegamento tra energia, acqua e biotecnologia, per rafforzare la diversificazione della base energetica.
Janusz Onyszkiewicz (ALDE) . – (PL) Signora Presidente, l'ultima crisi relativa alla fornitura del gas, che naturalmente non è un caso isolato, ci fa tornare a discutere di sicurezza dell'approvvigionamento di questa importante fonte energetica.
In Europa non siamo in una situazione svantaggiata in termini di posizione geografica. Siamo quasi circondati da fonti di gas: il Nord Africa, il Vicino Oriente, l'Asia centrale e la Russia. Il problema è che l'Europa non ha un mercato unificato del gas e di conseguenza non dispone di un prezzo più o meno unificato. Vorrei ricordare che negli Stati Uniti esiste un mercato unificato e il prezzo per 1 000 metri cubi di gas è inferiore a 200 dollari. In Europa costa circa 400 dollari e questo perché non disponiamo di un’infrastruttura che consenta di trasferire il gas da un paese all'altro.
Infine, la questione del gasdotto Nabucco: è giunto il momento di assegnare a questo progetto la giusta priorità e impegnare i nostri strumenti finanziari affinché esso sia finalmente realizzato.
Jacek Saryusz-Wolski (PPE-DE) . – Signora Presidente, vorrei rivolgere tre domande al commissario Piebalgs.
Innanzi tutto, il Nabucco potrebbe diventare ostaggio dei negoziati di accesso della Turchia, come abbiamo appreso dal primo ministro turco Erdoğan. Nell'ambito del corridoio meridionale stiamo prendendo in considerazione anche il progetto White Stream (Mar Caspio, Georgia, Mar Nero, Ucraina, Romania)?
In secondo luogo, nell'emendare la direttiva sul gas, è possibile inserire l'obbligo per tutti gli Stati membri di creare depositi di gas in grado di durare 90 giorni?
In terzo luogo, è stato presentato un imponente pacchetto da 3,5 miliardi di euro per le infrastrutture energetiche. Prevede eventuali ostacoli all'adozione di questo pacchetto da parte del Consiglio, che deve ancora adottarlo? Ho sentito dire che quattro Stati membri vi si oppongono. Anche il Parlamento deve approvare il pacchetto: che aiuto può fornire affinché sia adottato il più presto possibile?
Flaviu Călin Rus (PPE-DE) . – (RO) La crisi del gas che abbiamo dovuto affrontare di recente vedeva contrapposte Russia ed Ucraina, ma sfortunatamente ha condizionato alcuni Stati membri. Tale crisi ha evidenziato ancora una volta che l’Unione europea dipende fortemente da un unico fornitore di gas. Di conseguenza, ritengo che sviluppare dei partenariati con la Russia sia positivo per tutta l’Unione europea, ma nel contempo credo che l’UE debba dare immediatamente avvio a progetti che consentano di trovare soluzioni alternative, con il preciso scopo di evitare le conseguenze negative di eventuali possibili crisi, in un avvenire più o meno lontano.
Per gli stessi motivi ritengo necessario prendere in considerazione i progetti Nabucco e South Stream ed altre soluzioni. In tal senso mi riferisco ai giacimenti del Mare del Nord e quelli presunti della piattaforma continentale del Mar Nero. Partendo dal presupposto che nel tempo qualsiasi tipo di deposito è destinato ad esaurirsi, credo che dobbiamo investire in progetti scientifici in grado di scoprire fonti energetiche alternative, per garantire lo sviluppo delle generazioni future.
Nicolae Vlad Popa (PPE-DE) . – (RO) La recente crisi del gas riporta e accentua l’attenzione sull’importanza di sviluppare rotte e fonti energetiche alternative migliorando le infrastrutture di trasporto e creando nuove interconnessioni. Data l’attuale situazione, è necessario accelerare il progetto Nabucco, che possiede i presupposti per aiutare l’Unione europea a conseguire i suoi obiettivi di diversificazione, non solo delle vie ma anche delle fonti di approvvigionamento da paesi terzi. E’ necessario promuovere le rotte di transito attraverso i paesi confinanti con l’Unione completando i progetti che prevedono connessioni della rete rumena a quelle ungherese e bulgara.
Al tempo stesso non credo che il progetto South Stream possa apportare alcun beneficio all’Europa, proprio per il fatto che non sfrutta alcuna fonte alternativa, come richiesto nel riesame strategico. Senza dimenticare che disponiamo anche di fonti energetiche interne all’Unione. Una micro centrale idroelettrica non è una soluzione percorribile né tanto meno efficace, ma centinaia di migliaia di centrali idroelettriche dalle Alpi ai Carpazi o dai Balcani ai monti Tatra o ai Pirenei significano indipendenza energetica.
Andris Piebalgs, membro della Commissione. − (EN) Signora Presidente, questo dibattito è stato davvero interessante e ha messo in luce la varietà dei punti di vista sul tema dell’energia e l’importanza che la questione merita. Ritengo inoltre che, in un’ultima analisi, il dibattito dimostra che la relatrice ha raggiunto il giusto compromesso. E’ vero che ognuno di noi percepisce i dettagli in modo diverso, ma non esistono soluzioni semplici, non esiste un’unica soluzione per risolvere la questione.
Vorrei nuovamente congratularmi con la relatrice per essere riuscita nell’intento di dare spazio a tutte le opinioni all’interno della relazione, sempre sostenendo apertamente il secondo riesame strategico della politica energetica della Commissione.
Molti onorevoli parlamentari hanno citato la supergriglia, la grande rete di distribuzione elettrica, che viene percepita come la soluzione magica. E’ vero che offre un elevato potenziale, ma una rete di distribuzione pone anche delle difficoltà. Qualcuno deve finanziarne la realizzazione e, come sapete, stiamo cercando di garantire un equilibrio tra accessibilità dei costi, sicurezza della fornitura e sostenibilità. Quindi, se vogliamo orientarci verso la supergriglia, il piano di ripresa è il primo piccolo passo da compiere nella giusta direzione.
Il piano di ripresa può creare un circolo vizioso in cui si affermi: “Abbiamo bisogno di questo e di quest’altro, ma spetta all’industria occuparsene”. E’ vero che noi incoraggiamo anche il settore industriale con diversi tipi di incentivi, ma se i fondi pubblici nazionali ed europei non saranno al passo con le priorità politiche, il piano non potrà dare i suoi frutti.
Vi sono poi altre questioni che vorrei evidenziare, ripartendo dalle affermazioni dell’onorevole Paparizov. Per quanto riguarda il terzo pacchetto sul mercato interno, vorrei solo dire quali vantaggi apporta all’Europa. Vorrei ricordare in primis l’Agenzia per il coordinamento degli organismi di regolamentazione, che risolverà molte questioni, e in secondo luogo, l’ente dei gestori europei delle reti di trasmissione. Questi due organismi sono decisivi per la sicurezza dell’approvvigionamento, senza peraltro andare a scapito della sovranità nazionale in materia di energia.
Se questo pacchetto viene approvato ora, ne ricaveremo un forte slancio; se invece viene rinviato perderemo molto vigore in termini di sicurezza dell’approvvigionamento. Quindi, a mio avviso, il piano di ripresa economica e il terzo pacchetto sull’energia devono essere attuati.
Risponderò brevemente alle ultime domande, che solitamente sono quelle che ricordo meglio, e che sono strettamente attinenti alle questioni che abbiamo affrontato. Di cosa discute il Consiglio in questi giorni? Credo che si parli di due questioni basilari.
La prima riguarda l’opportunità di stanziare fondi pubblici per l’energia. Di fatto una minoranza di paesi ancora considera positivo che gli stanziamenti provengano dall’industria, ma questo pone un problema: per l’industria è difficile investire in progetti dai profitti incerti.
La seconda questione riguarda “il giusto beneficio per il mio paese”. Ebbene, potrei sottolineare che il mio paese non rientra specificatamente nel piano di ripresa, quindi è positivo che siano state formulate molte domande al riguardo. Ho spiegato che qualsiasi interconnessione con l’intera regione baltica aiuterà anche il mio paese. Ma tale questione viene ancora percepita soprattutto dal punto di vista del giusto beneficio per il singolo.
Credo che stiamo muovendo i primi passi per stanziare fondi pubblici europei a sostegno di questo tipo di sviluppo. Questa potrebbe essere la principale difficoltà, ma ritengo che il Consiglio lavorerà con grande impegno per adottare la nostra proposta, che reputo equilibrata se non ideale per ciascuno Stato membro.
Per quanto riguarda il Nabucco, l'opzione che noi preferiamo è sicuramente quella del transito attraverso la Turchia. Vi stiamo lavorando, abbiamo avviato la conferenza intergovernativa con la prospettiva di concluderla a marzo e conseguire un accordo intergovernativo e un accordo di sostegno al progetto, che offra indicazioni giuridiche e normative sufficientemente chiare per investire nel gasdotto Nabucco. Se tale progetto dovesse fallire cercheremo delle alternative, perché le alternative esistono, ma la via della Turchia è la nostra priorità e credo che questo vada a beneficio anche della Turchia stessa.
Per quanto riguarda lo stoccaggio di gas, stiamo valutando la questione, ma 90 giorni non dovrebbero essere necessari a tutti, perché dipende soprattutto dalle importazioni. Se un paese produce gas non ha bisogno di stoccare lo stesso quantitativo di chi non lo produce; dovrebbe quindi essere stabilita una proporzione più precisa che garantisca un sufficiente livello di sicurezza dell'approvvigionamento e sia abbastanza realistica in caso di crisi. Stiamo ancora cercando di definire i dettagli di questa proposta per lo stoccaggio di gas.
Vorrei ringraziarvi ancora una volta per questa discussione impegnativa, ma ritengo che siano stati considerati tutti gli aspetti e che dobbiamo solo continuare a lavorare con grande vigore per dare attuazione ai punti su cui concordiamo e alle proposte approvate in quest'Aula. Vorrei ringraziare ancora il Parlamento per il forte sostegno che offre allo sviluppo di una politica energetica europea.
PRESIDENZA DELL’ON. ONESTA Vicepresidente
Viviane Reding, membro della Commissione. − (EN) Signor Presidente, abbiamo avuto una discussione molto interessante. Sono d'accordo sul fatto che gran parte, se non la quasi totalità, del merito spetti al collega competente per l'energia.
Tuttavia, tutti gli elementi invocati dagli onorevoli parlamentari, dalla sicurezza energetica ad una maggiore efficienza, dalle reti intelligenti a quelle decentralizzate, dalla supergriglia alla micro-rete di distribuzione, alle centrali elettriche virtuali, necessitano tutti di tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni (TIC) per funzionare. E’ quindi fondamentale compiere tutti gli sforzi necessari per poter disporre di questi strumenti intelligenti, al fine di dare attuazione pratica alla politica proposta dalla commissione per l'efficienza energetica. Dal punto di vista economico e tecnologico stiamo percorrendo la strada giusta e si tratta anche, e devo sottolinearlo, di un’opportunità economica senza pari. Se ci dotiamo delle TIC necessarie a garantire il corretto orientamento dell'efficienza energetica, creeremo molte industrie, crescita economica e numerosi posti di lavoro. Anche per questo dobbiamo proseguire le iniziative dedicate a edifici, illuminazione e trasporti intelligenti. Solo mettendo in pratica le possibilità che ci illustra la ricerca diventeremo più efficienti, riducendo la nostra dipendenza e acquisendo una nuova capacità industriale.
Vorrei citare un esempio per illustrarvi come potrebbero andare le cose. Come sapete, adotteremo i diodi ad emissione luminosa ad alta efficienza, i famosi led, che potranno da subito ridurre del 30 per cento il consumo di energia nell'illuminazione e fino al 50 per cento entro il 2025. Grazie alla ricerca europea abbiamo già compiuto un passo avanti. Nel 2007, attraverso il programma quadro europeo per la ricerca, siamo arrivati ai led organici, i cosiddetti “oled”, la cui efficienza è superiore del 50 per cento a quella dei led. La ricerca europea ha conseguito i suoi risultati e ora spetta alla politica, nazionale e regionale, il compito di dare loro attuazione pratica.
Sono state formulate alcune critiche secondo cui il piano di ripresa europeo non terrebbe in debito conto l'efficienza. Ebbene, se leggo correttamente questo piano vedo che è stato stanziato un miliardo di euro per l'efficienza energetica degli edifici. Tutti gli onorevoli membri di questo Parlamento hanno assicurato che questa è la strada giusta da percorrere. Cinque miliardi di euro vanno alle auto verdi, in modo da diminuire l’attuale dipendenza delle autovetture dal petrolio e un ulteriore miliardo di euro viene stanziato per la produzione industriale intelligente, affinché le industrie europee impieghino meno tempo e meno energia.
Siamo sulla strada giusta e credo che con l'aiuto del Parlamento europeo e molte pressioni a livello degli Stati membri riusciremo non solo a dotarci di questi strumenti, ma anche a metterli in pratica. Allora in termini di efficienza energetica si passerà dalle parole ai fatti.
Anne Laperrouze, relatore. − (FR) Signor Presidente, Commissario Reding, Commissario Piebalgs, onorevoli colleghi, vi ringrazio per i contributi di inestimabile valore che avete formulato: essi dimostrano che il settore energetico è assai vasto e che l'energia è effettivamente un'esigenza basilare.
Nel dibattito odierno e nella relazione, che tiene conto anche dei dibattiti svoltisi nei diversi gruppi politici, ho rilevato un forte consenso sulla necessità di rafforzare le reti e le interconnessioni, di utilizzare le tecnologie dell'informazione e della comunicazione per rendere intelligenti le reti di distribuzione, come ha appena spiegato il commissario Reding, per rafforzare le relazioni con i paesi produttori e di transito, che era in particolare lo scopo della commissione per gli affari esteri e del relatore, l'onorevole Dimitrakopoulos, e anche di raggiungere un accordo in termini di efficienza energetica, risparmio energetico e sviluppo di energie rinnovabili.
Concludendo, i punti su cui ci siamo trovati d'accordo sono: migliorare l'efficienza energetica, sviluppare le energie rinnovabili, diversificare le nostre fonti energetiche e le linee di approvvigionamento, consolidare il dialogo con i paesi produttori, garantire che i 27 Stati membri parlino all'unisono e, soprattutto, che avvenga un cambiamento nelle vite dei cittadini europei. Tutti questi aspetti sono essenziali per garantire il conseguimento di quella sicurezza energetica comune che tutti noi auspichiamo.
Le differenze riguardano naturalmente la composizione del mix energetico. Quali sono le fonti energetiche a cui fare riferimento? Vorrei rispondere agli onorevoli colleghi del gruppo dei Verdi/Alleanza libera europea e successivamente anche ad altri membri che si sono espressi contro l'energia nucleare. Vorrei suggerire loro che dobbiamo essere cauti.
Vi sono state molte esagerazioni nelle dichiarazioni odierne. Credo che abbiamo fissato obiettivi molto ambiziosi per il 2050. E’ stato citato l'obiettivo di ridurre dell'80 per cento le emissioni di biossido di carbonio e portare la quota delle energie rinnovabili al 60 per cento del consumo finale. E’ abbastanza evidente che alle fonti energetiche rinnovabili è stata destinata una quota consistente e, per quanto riguarda l'energia nucleare, in questa relazione è attestato che essa rientra nel mix energetico.
A tale proposito, vorrei concludere ricordandovi semplicemente gli obiettivi: una concentrazione di biossido di carbonio di 450 ppm, che è stata fissata per garantire un aumento della temperatura non superiore a 2 gradi centigradi. Vorrei ricordarvi che negli sforzi che sono stati annunciati si parla di una quota del 9 per cento per l’energia nucleare, 50 per cento per l'efficienza energetica, 35 per cento per le fonti rinnovabili e 14 per cento per la cattura e lo stoccaggio geologico di CO2.
Questi sono obiettivi da conseguire entro il 2030. Quindi l'energia nucleare rientra nel mix, così come il carbone. Personalmente non sono una sostenitrice né del carbone né del nucleare, ma dobbiamo poter disporre della gamma più vasta possibile di fonti energetiche. Non vorrei dover scegliere tra il nucleare ed il carbone nel 2050.
Presidente . – Grazie onorevole Laperrouze. Può stare certa che in ogni caso le sue energie sono preziose per questo Parlamento.
La discussione congiunta è chiusa.
La votazione sulla relazione presentata dall'onorevole Laperrouze si svolgerà domani.
Ai sensi dell'articolo 38, paragrafo 5 del regolamento, al termine del dibattito sull'interrogazione orale ho ricevuto da parte dell'onorevole Remek una proposta di risoluzione (1). La votazione si svolgerà mercoledì.
Dichiarazioni scritte (articolo 142 del regolamento)
Alin Lucian Emanuel Antochi (PSE), per iscritto. – (RO) La solidarietà tra gli Stati membri dell'Unione europea nel settore energetico deve diventare un obiettivo prioritario a livello europeo, regionale e bilaterale. Le strategie adottate da ciascuno Stato membro a livello nazionale non devono condizionare gli interessi energetici degli altri Stati membri e, in termini di sicurezza energetica, devono muovere nell'interesse generale dell'Unione europea.
In tale contesto, le azioni volte a migliorare il quadro normativo comunitario sull'interdipendenza energetica all'interno dell'Unione europea e ad elaborare una nuova generazione di normative per regolamentare i rapporti dell'UE sia con i fornitori di energia esterni sia nei confronti dei paesi di transito devono costituire strumenti efficaci, nel processo di elaborazione di una politica di sicurezza europea. Le nuove normative dovranno prevedere meccanismi giuridici vincolanti intesi a consolidare la cooperazione nel settore energetico e a sviluppare una competizione sana sui mercati europei dell’energia.
E’ fondamentale promuovere gli sforzi volti ad aumentare gli investimenti europei per la diversificazione delle strutture transfrontaliere, gli incentivi per creare forme di energia alternative, non convenzionali a livello locale e migliorare la capacità delle infrastrutture di agevolare il collegamento alle nuove fonti energetiche. L'Unione europea deve anche prendere seriamente in considerazione la necessità di dare slancio al settore energetico privato nei singoli Stati membri, poiché questo già risente delle conseguenze della crisi economica internazionale.
Adam Bielan (UEN), per iscritto. – (PL) Si potrebbe affermare che la crisi energetica di gennaio sta lentamente trasformandosi in un rito annuale. Tanto più rigido è l'inverno, tanto più sicuro è che la Federazione russa interromperà la fornitura di gas verso i paesi europei. Desta quindi grande stupore il fatto che, di fronte ad una nuova disputa sul gas che ha danneggiato i cittadini dell'Unione europea, il cancelliere tedesco Angela Merckel stia ancora insistendo sulla proposta di realizzare il gasdotto del Nord con fondi comunitari.
La Commissione europea dovrebbe ora elaborare un piano per la diversificazione delle fonti energetiche. E’ necessario investire nella realizzazione di nuove reti di trasmissione, tali da aggirare gli esportatori energetici inaffidabili quali la Federazione russa. In uno degli emendamenti da me presentati alla relazione Laperrouze sottolineo l'importanza di sostenere il progetto Nabucco, che è l'unica impresa possibile per diversificare le fonti energetiche e le rotte di transito del gas senza coinvolgere la Russia. Un'altra priorità dovrebbe essere la creazione di elementi di interconnessione del gas che consentano il collegamento tra le reti e la rapida trasmissione delle riserve di gas in caso di nuove crisi.
Tuttavia, i nostri accordi commerciali dovrebbero essere fondati su una clausola speciale di sicurezza energetica, che rappresenti l'etica commerciale del settore.
Per l'Europa e per il resto del mondo, che conduce gli affari in modo civile, è importante che la Federazione russa ratifichi il trattato sulla Carta dell'energia. Credo che solo un'Europa unita, coesa ed irremovibile sarà in grado di persuadere il Cremlino ad adottare una decisione di questo tipo.
Šarūnas Birutis (ALDE), per iscritto. – (LT) Le questioni energetiche sono la principale sfida della nostra epoca. La crisi del gas che l'Unione europea si è trovata a dover affrontare a gennaio non è la prima nella storia dell'Europa. Nell'UE vi sono paesi che dipendono al 100 per cento dal gas russo e tra questi la Lituania, che nel dicembre 2009 chiuderà la sua centrale nucleare. L'Unione europea deve avviare ulteriori azioni per evitare il ripetersi della crisi. E’ necessario creare il collegamento energetico mancante e dobbiamo anche rafforzare la direttiva sulla sicurezza dell'approvvigionamento di gas e stabilire un meccanismo di coordinamento europeo per far fronte a crisi di questo tipo. E’ fondamentale che gli Stati membri dell’Unione che più dipendono dalle forniture esterne possano disporre di riserve di energia sufficienti.
La crisi tra Russia ed Ucraina non è solo una crisi di reciproca fiducia ma anche di carattere geopolitico. Entrambi i paesi devono assumersi le proprie responsabilità per il fatto che alcuni Stati membri dell'Unione europea non hanno ricevuto il gas. L'Europa da parte sua deve diversificare le fonti energetiche e migliorare la sicurezza dell'approvvigionamento, nonché agire con determinazione, perché la risoluzione di questa crisi energetica relativa alla fornitura di gas russo è solo temporanea.
Cristian Silviu Buşoi (ALDE), per iscritto. – (RO) Vorrei ringraziare l'onorevole Laperrouze per questa relazione e dichiarare il mio sostegno alla maggior parte delle sue conclusioni. L'Unione europea deve essere ambiziosa nella lotta contro i cambiamenti climatici e, di conseguenza, il ruolo dell'energia nucleare e delle fonti energetiche rinnovabili non può essere ignorato.
E’ necessario accelerare il processo di creazione di un mercato unico per l'elettricità e il gas naturale. Questo richiede interconnessioni. Mi compiaccio quindi della proposta della Commissione europea di stanziare 1,5 miliardi di euro per i progetti di interconnessione. Inoltre, è necessario che tutti gli Stati membri dell'Unione europea soddisfino i criteri relativi alle interconnessioni stabiliti a Barcellona.
E’ altresì necessario migliorare l'efficienza energetica, soprattutto nei nuovi Stati membri. La Romania, ad esempio, ha enormi potenzialità per risparmiare energia e mi auguro che questa opportunità sia sfruttata al meglio.
La crisi tra Russia ed Ucraina ha evidenziato ancora una volta l'esigenza di una strategia europea comune. Sono favorevole alle conclusioni della relazione, in particolare per quanto riguarda la firma di un accordo tra Unione europea, Russia e Ucraina.
Tuttavia, non sono d'accordo sulle dichiarazioni secondo cui il progetto South Stream sarebbe fondamentale per la sicurezza energetica dell'Unione europea al pari del Nabucco. Il South Stream è rivale del Nabucco e non soddisfa affatto l'esigenza di diversificare le fonti di approvvigionamento per garantire la sicurezza energetica dell'Unione europea. Suggerisco quindi che in futuro si presti maggiore attenzione alla posizione che viene assegnata a questo progetto nei diversi documenti del Parlamento europeo.
Dragoş Florin David (PPE-DE), per iscritto. – (RO) Onorevoli colleghi.
Oggi il Parlamento europeo discute una delle relazioni più importanti all'ordine del giorno di questa plenaria. In tale documento possiamo ritrovare elementi chiave della politica energetica che vogliamo realizzare sull'intero territorio dell'Unione europea, e mi riferisco ai piani d’azione di emergenza nazionali, alla clausola per la sicurezza energetica, alla diversificazione delle fonti di approvvigionamento e alla presenza dell'energia nucleare nel mix energetico.
Tutto ciò mostra quanto siano flessibili le nostre politiche e le nostre azioni e con quanta rapidità possano essere adattate alle situazioni contingenti. A mio avviso una delle priorità dell'Unione europea al risveglio dalla crisi del gas che si è verificata all'inizio dell'anno è la necessità di regolamentare gli accordi commerciali, di associazione, di partenariato e cooperazione firmati con i paesi produttori e di transito, al fine di stabilire un codice di condotta e le conseguenze in caso di inadempimento.
Inoltre, la diversificazione delle fonti di approvvigionamento dell’energia attraverso la creazione di interconnessioni tra gli Stati membri, la creazione di nuove rotte di approvvigionamento quali il gasdotto Nabucco e la realizzazione di installazioni per il gas naturale liquefatto devono passare alla fase esecutiva, con i finanziamenti della Commissione europea. Infine, vorrei congratularmi con l'onorevole Laperrouze per la sua relazione e auspico che ottenga il sostegno della vasta maggioranza dei membri di questo Parlamento. Grazie
Alexandra Dobolyi (PSE), per iscritto. – (HU) Nelle prime settimane del 2009, gli Stati membri dell’Unione europea sono stati presi in ostaggio dall'Ucraina, i cui leader politici hanno avviato una disputa con Mosca sul prezzo del gas. Kiev ha fondato la sua azione sulla speranza di poter ottenere il sostegno della maggior parte degli Stati membri dell'UE in base al tradizionale sentimento antirusso, diffuso nell'Europa orientale ed occidentale. Ovviamente, dal punto di vista politico questo è stato un colpo basso.
L’Unione europea ha bisogno di uscire definitivamente da questo circolo vizioso. Da una parte si registra una sorta di fobia energetica, per cui dobbiamo sopportare i russi o chiuderanno il rubinetto del gas. Questa prospettiva distorta può solo comportare conseguenze errate! La questione non riguarda solo l'energia!
Se l'obiettivo a lungo termine dell'Unione europea è un partenariato con la Russia fondato su principi democratici, che apra le porte a un enorme mercato in fase di sviluppo e in grado di svilupparsi ulteriormente, allora l’UE deve anche aspettarsi che il centro di gravità economico e politico possa legittimamente spostarsi verso la Russia.
L’Unione europea deve far passare il messaggio del suo interesse per una Russia moderna, in modo attivo e credibile. Il comportamento dell'Unione europea, fatto di parole di incoraggiamento affiancate da azioni di condanna, reticenza e repressione è destinato a fallire.
La mancanza di una politica estera ed energetica comune, che accantona la diversificazione dell’energia e dà la priorità ad una serie di ferite storiche e vantaggi commerciali, rende la nostra Unione vulnerabile.
Un’Unione europea unita darebbe da pensare a Mosca, che non ha mai visto qualcosa di simile. Mentre nei confronti di paesi che conducono azioni politiche incostanti un paese enorme come la Russia può facilmente far prevalere la sua volontà.
E questo riguarda questioni che superano di gran lunga l’energia!
András Gyürk (PPE-DE), per iscritto. – (HU) Il riesame strategico della politica energetica riassume in modo soddisfacente tutte le procedure indispensabili per l’UE per ridurre la sua dipendenza da fonti energetiche esterne. L’interruzione della fornitura di gas delle scorse settimane ha reso alcune proposte particolarmente tempestive.
Concordiamo pienamente sull’esigenza di fornire nuove basi alla normativa comunitaria sulle riserve di gas. Oltre a imporre l’obbligo di disporre di quantità minime nei depositi, a nostro avviso è importante rafforzare i meccanismi di solidarietà con le normative comunitarie, nel rispetto delle disposizioni del trattato di Lisbona.
E’ encomiabile che il riesame della politica energetica condotto dalla Commissione elenchi le infrastrutture da realizzare nell’interesse comune di tutti gli Stati membri. Ed è un gradito sviluppo che la proposta consideri importante realizzare le interconnessioni dei gasdotti dell’Europa centrale e sudorientale, oltre al corridoio meridionale del gas. Il significato dell’iniziativa inizialmente collegata al gruppo petrolifero MOL risiede nel fatto che per gli Stati coinvolti sarà più facile darsi rapidamente reciproca assistenza in caso di interruzione della fornitura energetica. Il collegamento tra le reti di distribuzione favorirà altresì la concorrenza a livello regionale.
Valutiamo favorevolmente la decisione della Commissione europea di dirottare una quota dei fondi europei inutilizzati verso le infrastrutture energetiche. Meno positivo è invece il fatto che gli Stati membri più vulnerabili ricevano stanziamenti inferiori a quelli auspicati per la realizzazione delle infrastrutture nazionali. Ad ogni modo, gli impegni categorici possono essere onorati solo tramite la solidarietà e contributi finanziari più evidenti da parte della Comunità europea.
Janusz Lewandowski (PPE-DE), per iscritto. – (PL) Col senno di poi, siamo tutti più saggi e questa considerazione può essere estesa a tutta l’Unione europea. La spiacevole esperienza della disputa per il gas tra Russia ed Ucraina del gennaio 2009 era necessaria per fare della sicurezza energetica un tema di primaria importanza per l’intera Comunità europea.
Non possiamo farci scudo del fatto che il trattato di Lisbona, che include disposizioni sulla solidarietà energetica, non sia ancora stato ratificato. Serve solo volontà politica, sostenuta da una fredda analisi dell’ultima crisi, per descrivere gli scenari futuri e liberare l’Unione europea da problemi simili a quelli causati dall’interruzione della fornitura del gas attraverso l’Ucraina. Sia la comunicazione della Commissione sia la relazione Laperrouze indicano diverse modalità per far fronte a situazioni di emergenza, come l’aumento delle riserve e la creazione di una rete di trasmissione che garantisca tecnicamente la disponibilità di gas. Su queste questioni non viene sollevata alcuna obiezione. Sarà invece più difficile trovare un accordo su una strategia a lungo termine, che includa una posizione realistica nei confronti della Russia, attualmente il principale fornitore di greggio e gas dell’Unione europea.
Abbiamo imparato che la dipendenza reciproca non garantisce continuità delle forniture né relazioni fondate su premesse economiche razionali. L’interferenza degli interessi politici è troppo palese per vincere l’ingenuità. L’impresa più difficile nelle relazioni con i nostri vicini orientali sarà eradicare la tendenza a concludere accordi bilaterali, e questo è il vero parametro di valutazione il grado di successo o fallimento della politica europea in materia di sicurezza o solidarietà energetica!
Sirpa Pietikäinen (PPE-DE), per iscritto. – (FI) Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei ringraziare quanti hanno lavorato alla stesura della relazione per i versatili sforzi compiuti e per aver portato una questione importante al centro della nostra discussione. Concordo con la relatrice sul fatto che nell’improntare una strategia energetica è importante che l’Unione europea si impegni a conseguire obiettivi comuni a lungo termine. Le misure di risparmio energetico sono la chiave per una drastica riduzione del consumo di energia.
Non vi sono soluzioni nazionali ai problemi di portata europea. Per garantire la sicurezza energetica in Europa, l’Unione deve investire nella creazione di una dorsale di distribuzione e un mercato comune dell’energia e garantire un migliore coordinamento.
La relazione attribuisce troppa importanza all'energia nucleare, che considera uno dei principali ambiti di investimento per il futuro. Considerando i rischi e gli svantaggi dell'energia nucleare, questa politica è miope e dannosa. La relazione non è abbastanza ambiziosa per quanto riguarda le fonti rinnovabili di energia. Un'Europa competitiva fondata su un utilizzo sostenibile deve mirare ad aumentare la quota di energia rinnovabile fno all'80 per cento del consumo complessivo entro il 2050. Molti studi, incluso quello condotto dal centro aerospaziale tedesco e lo studio Heinrich-Boll-Stifung ERENE mostrano che l'introduzione effettiva di nuove forme di energia pulite sarebbe possibile, sia tecnicamente sia economicamente. Ora manca solo la volontà politica.
Marian Zlotea (PPE-DE), per iscritto. – (RO) La relazione dell'onorevole Laperrouze tratta un argomento particolarmente importante per tutti i cittadini europei, soprattutto a fronte della crisi del gas che abbiamo recentemente dovuto affrontare. Dobbiamo tutti contribuire al pieno conseguimento degli obiettivi ambiziosi che vengono proposti nel secondo riesame strategico della politica energetica, in particolare per quanto riguarda la sostenibilità dell'approvvigionamento energetico, la competitività e la sicurezza.
Vorrei sottolineare che è importante migliorare la sicurezza delle nostre fonti energetiche. Dobbiamo adottare le misure necessarie a diversificare le nostre fonti e le rotte di approvvigionamento dell’energia, e sostenere gli investimenti nelle infrastrutture e nelle nuove tecnologie a basso consumo energetico, per poter conseguire con successo gli obiettivi 20-20-20.
Oggi più che mai, gli Stati membri devono dimostrarsi solidali e collaborare al fine di garantire la sicurezza delle proprie riserve energetiche. Nel contempo, questa nuova strategia deve poter gettare le basi di una nuova crescita economica nell'Unione europea.
Vorrei ricordare l'importanza geopolitica della Romania e della regione del Mar Nero in termini di sicurezza energetica e diversificazione delle fonti di approvvigionamento di energia.
Presidente . – L’ordine del giorno reca una breve presentazione della relazione (A6-0513/2008), presentata dall’onorevole Schröder, a nome della commissione per lo sviluppo, concernente l’impatto degli accordi di partenariato economico (APE) sullo sviluppo [2008/2170(INI)].
Jürgen Schröder, relatore. – (DE) Signor Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, stiamo parlando dell’impatto degli accordi di partenariato economico sullo sviluppo. “Accordi di partenariato economico” è un’espressione veramente lunga, soprattutto in tedesco. E’ un’espressione veramente orribile e sicuramente in Germania pochissime persone si interesseranno dell’argomento, sebbene sarà uno degli argomenti più importanti dei prossimi anni. Di cosa si tratta?
L’Accordo di Cotonou dichiara che dovevano essere firmati accordi di partenariato economico tra l’Unione Europea e gli Stati ACP (Africa, Caraibi, Pacifico) prima della fine del 2007. La situazione di partenza era che i paesi in via di sviluppo che non facevano, e non fanno tuttora, parte del gruppo di Stati ACP si lamentarono con l’Organizzazione mondiale per il commercio (OMC) del fatto che l’Unione Europea stava concedendo agli Stati ACP privilegi speciali.
Siamo ora riusciti a creare, almeno con una parte dei Caraibi, un accordo di partenariato economico di questo tipo, che speriamo avrà successo. La mia relazione indica che questo accordo costituirà una nuova base per la cooperazione allo sviluppo: li stiamo aiutando ad aiutarsi; stiamo cercando di collegare il commercio allo sviluppo, ovvero la politica commerciale alla politica di sviluppo. Ovviamente, si è registrato un certo attrito, soprattutto qui in Parlamento tra la nostra commissione, la commissione per lo sviluppo regionale, e la commissione per il commercio internazionale, soprattutto in merito alla compatibilità di questo accordo con le regole dell’OMC e, in particolare, con la questione del controllo parlamentare.
La mia relazione originariamente conteneva due paragrafi (5 e 17) relativi al controllo parlamentare. Su richiesta e su consiglio del presidente della commissione per il commercio internazionale, li ho cancellati completamente entrambi e ho presentato un progetto di relazione alternativa, senza quei paragrafi, che voteremo giovedì. A parte queste due cancellazioni, il mio progetto di relazione è identico al primo. Elenca le opportunità e i rischi degli accordi di partenariato economico, ma sottolinea in particolare i potenziali effetti positivi di tali accordi per le popolazioni di quei paesi.
Prima di concludere, signor Presidente, desidero dire ancora una cosa: alcuni dei nostri colleghi deputati hanno più volte lamentato il fatto che gli esponenti degli Stati ACP hanno avuto troppo poco tempo per concludere questi accordi. Non è vero: hanno avuto a disposizione tutto il periodo dal 2000 al 2007, dopodiché hanno avuto un altro anno, fino al 2008, e c’è ancora tempo. Non stiamo dicendo, tuttavia, a quei paesi che possono prenderla con calma: il tempo a loro disposizione sta per terminare. E’ nell’interesse della gente degli Stati ACP, e pertanto invito tutti i deputati di questa Aula a votare a favore della mia relazione giovedì, ivi compresi coloro che erano inizialmente contrari. Non si tratta di una controversia tra sinistra e destra; si tratta di aiutare i cittadini degli Stati ACP ad avere maggior fiducia in se stessi e a diventare partner paritari nel commercio internazionale per il prossimo futuro.
Viviane Reding, membro della Commissione. - (EN) Signor Presidente, la Commissione accoglie favorevolmente la relazione Schröder, che presenta una panoramica equilibrata della divergenza di opinioni riguardante l’impatto sullo sviluppo degli accordi di partenariato economico (APE).
Il fascicolo continua ad evolversi. Abbiamo firmato un accordo di partenariato economico completo con la regione caraibica, mentre abbiamo negoziato accordi intermedi con i paesi e le regioni dell’Africa e del Pacifico. Questi APE intermedi prevedono un regime commerciale compatibile con le norme OMC e mantengono importanti preferenze commerciali per tali paesi. Gli accordi intermedi sono di natura transitoria e saranno sostituiti da APE regionali completi. Il ritmo di questi negoziati sarà determinato dalle regioni interessate per garantire che gli obiettivi e la copertura corrispondano ai relativi processi di integrazione, alla capacità, alle esigenze e alle priorità politiche.
Parallelamente, la programmazione del decimo Fondo europeo di sviluppo è proseguita. La maggior parte dei programmi regionali e nazionali sono stati firmati. In previsione degli APE, tali programmi comprendono un notevole sostegno ai nostri partner africani, caraibici e del Pacifico (ACP) affinché sfruttino al meglio gli accordi: assistenza diretta all’attuazione degli accordi e assistenza indiretta per costruire l’infrastruttura e la capacità produttiva.
La Commissione riconosce il ruolo fondamentale svolto dal finanziamento dello sviluppo. Allo stesso tempo consideriamo positivamente il fatto che la relazione riconosca che gli obiettivi di sviluppo e gli esiti degli accordi costituiscono una questione molto più ampia del mero sostegno finanziario. Riconosciamo inoltre il ruolo fondamentale della riforma nelle regioni ACP per il conseguimento degli obiettivi di sviluppo previsti dal comma 14 della relazione. Sono comprese la riforma fiscale e le modifiche ai sistemi di raccolta del gettito fiscale. Le riforme compensano i cambiamenti nella base imponibile dovuti alla liberalizzazione e rappresentano in sé preziosi passi in avanti verso un finanziamento pubblico sostenibile alle regioni ACP.
Un altro obiettivo fondamentale è il sostegno all’integrazione economica regionale negli ACP. Gli accordi intermedi non includono ancora tutti i paesi ACP e proprio per questo sono soltanto temporanei, in attesa degli accordi completi, che saranno flessibili e globali nei contenuti.
La costruzione della capacità sul versante dell’offerta per il commercio e l’impegno nei settori di beni e servizi sta alla base del significato economico di un accordo commerciale. La Commissione ritiene che il protezionismo non sia mai una valida opzione politica. Tuttavia, riconosciamo che la tutela, ovvero il legittimo uso di misure volte a proteggere settori sensibili e industrie emergenti, sia un valido e fondamentale strumento strategico. Pertanto gli APE contengono ogni tipo di flessibilità, e in particolare le esclusioni e gli impegni asimmetrici sul versante ACP, come richiesto dalla relazione. Per quanto riguarda l’Unione europea, i nostri mercati sono assolutamente aperti ai prodotti ACP, e si registra una maggiore collaborazione mirante a soddisfare gli standard tecnici e sanitari e ad agevolare gli scambi. I paesi ACP apriranno i propri mercati solo gradualmente, con la possibilità di conservare le eccezioni.
La Commissione non ritiene che il nostro impegno verso il processo degli APE termini con la firma. Questo è l’inizio di un processo di dialogo approfondito, di attenta esecuzione, di monitoraggio e valutazione dell’effetto raggiunto, specialmente per quanto riguarda l’impatto sullo sviluppo. Tutto ciò impiegherà le istituzioni create per attuare l’accordo e garantire la trasparenza e la partecipazione dei parlamentari e della società civile.
La Commissione pertanto accoglie con favore la relazione presentata dall’onorevole Schröder e fornirà a tempo debito una risposta dettagliata ai punti sollevati.
Presidente . – La discussione in merito a questo punto è terminata.
La votazione si svolgerà domani.
Dichiarazioni scritte (articolo 142 del regolamento)
Kader Arif (PSE), per iscritto. – (FR) Giovedì il Parlamento esprimerà il suo giudizio in merito alla relazione presentata dall'onorevole Schröder concernente gli accordi di partenariato economico (APE). Sarei molto deluso se il primo voto della nostra istituzione su questo argomento, molto tecnico e politico al contempo, dal momento che riguarda l’intero futuro delle nostre relazioni con gli Stati ACP, determinasse l’adozione della relazione Schröder. Il gruppo socialista al Parlamento europeo non voterà a favore di questo testo, perché non rispecchia in alcun modo le preoccupazioni degli europei e dei nostri partner ACP in merito agli APE né il metodo seguito nei rispettivi negoziati.
Diversamente dalla posizione del relatore, il gruppo del PSE ha presentato e voterà per una proposta di risoluzione che riporta lo sviluppo al centro delle priorità degli APE, che respinge la liberalizzazione dei servizi pubblici e qualsiasi negoziato sui temi di Singapore oppure su servizi che contrastino con i desideri degli Stati ACP, che promuove l’integrazione regionale, che auspica notevoli contributi finanziari per portare le economie degli Stati ACP a livelli accettabili, e che tiene conto delle specifiche caratteristiche e delle fragilità di questi paesi, siano essi quelli meno sviluppati o altri paesi.
Queste sono le condizioni che renderebbero gli APE accettabili. Purtroppo siamo ancora molto lontani dal realizzarle.
Presidente . – L’ordine del giorno reca una breve presentazione della relazione (A6-0478/2008), presentata dall’onorevole Hegyi, a nome della commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare, sulle aree naturali in Europa [2008/2210(INI)].
Gyula Hegyi, relatore. – (HU) Il 46 per cento circa dei terreni del mondo possono essere considerati un ambiente naturale, un habitat inviolato dalla civiltà umana. In Europa, tuttavia, le aree naturali rappresentano appena l’1 per cento del suo intero territorio. Occorre fare tutto ciò che è in nostro potere per garantire che almeno le aree naturali che rimangono, questo 1 per cento, vengano conservate per il bene delle generazioni future. Questo è l’obiettivo della mia relazione, e spero che una maggiore protezione delle aree incontaminate sia integrata prima o poi nella legislazione europea. Esiste una doppia percezione delle aree naturali nella cultura europea: da un lato, sono considerati luoghi da temere e da evitare, dove mostri e pericoli ignoti sono in agguato, come rievocato in molti racconti popolari. Dall’altro lato, sono viste come luoghi attraenti e piacevoli che ci offrono un momentaneo rifugio dallo stress della civiltà urbana e industriale.
La letteratura inglese sull’argomento opera una distinzione tra il concetto di conservazione, ovvero il corretto utilizzo della natura, e di salvaguardia, in altre parole la protezione della natura da ogni uso umano. Questi dibattiti filosofici esulano dall’ambito della mia relazione, ma per informazione, vorrei sottolineare che ritengo che lo sviluppo sostenibile costituisca la soluzione ideale. Le aree naturali non possono essere rinchiuse in una cassetta di sicurezza in banca, come una collana o un pacchetto di certificati azionari. Abbiamo il diritto di scoprire i suoi valori e il dovere di proteggere la natura, ma attraverso l’uso umano.
Il territorio europeo è troppo piccolo per avere zone vietate ai suoi cittadini. Scoprire la natura e ritrovare le condizioni ambientali in cui l’umanità si trovava prima dell’alba della civiltà ci insegna il rispetto verso la natura e può costituire il fondamento di un turismo di qualità. Al contempo, queste zone sono assai vulnerabili ai mutamenti ambientali provocati dagli esseri umani, per esempio a causa della motorizzazione, delle sostanze chimiche e dei cambiamenti climatici, e alla comparsa di specie vegetali e animali esotiche. Dobbiamo fare attenzione che i visitatori non mettano a repentaglio le aree selvagge, pertanto ogni forma di turismo deve essere posta sotto la supervisione di esperti in materia di conservazione dell’ambiente. Lo sviluppo del turismo sostenibile si deve unire alla protezione di queste aree, e tutti i proventi devono essere impiegati per la proteggere le aree naturali.
Le aree naturali sono un rifugio per molte specie, quali l’orso bruno, il lupo e la lince, che non riescono a sopravvivere nemmeno a un lieve mutamento delle condizioni ambientali. Esistono ancora molte specie in Europa che attendono di essere scoperte e descritte, la maggior parte delle quali vivono nel terreno o nel legname marcio e sono molto sensibili ai mutamenti. Queste zone indisturbate sono adatte allo studio dell’evoluzione, dei mutamenti naturali che avvengono in natura. Le zone naturali fanno generalmente parte della rete Natura 2000, ma richiedono una protezione più severa. La mia relazione invita la Commissione europea a collaborare con gli Stati membri per tracciare una mappa delle regioni selvagge rimaste in Europa e per delineare una strategia volta a migliorarne la protezione. Occorre stabilire i valori naturali delle aree ancora vergini e le caratteristiche degli habitat, inoltre occorre garantirne una maggiore tutela. Gli esperti mi hanno consigliato di non pensare in termini di nuove leggi, ma di introdurre piuttosto una tutela più specifica e rigorosa delle zone naturali comprese nell’ambito delle normative Natura 2000. Poiché il finanziamento di Natura 2000 è comunque contraddittorio e fonte di numerose critiche legittime, dovremo comunque apportare cambiamenti alle normative in materia nel corso del prossimo ciclo parlamentare, al più tardi nel nuovo bilancio. Questa potrebbe anche essere una buona occasione per una definizione giuridica e per una migliore protezione delle zone naturali.
Anche una zona del mio paese, la grotta calcarea di Aggtelek, rientra tra le aree naturali. Una parte di quel sito si trova nel territorio della vicina Slovacchia. Sarei molto lieto se gli ambientalisti magiari e slovacchi riuscissero a collaborare alla creazione di un parco appartenente alla rete protetta (PAN), dal momento che la rete di parchi PAN ha creato un sistema di protezione delle aree naturali a livello europeo.
Viviane Reding, membro della Commissione. – (EN) Signor Presidente, arrestare la distruzione della biodiversità costituisce una priorità per l’Unione e per la Commissione. Si tratta letteralmente di una questione riguardante il futuro della vita sulla Terra. Tuttavia, nonostante la fondamentale importanza della tutela della biodiversità, i passi avanti sono stati sinora limitati.
A dicembre 2008, la Commissione ha adottato la prima valutazione completa dei progressi registrati sia a livello di Comunità europea, sia a livello di Stati membri. Nonostante i positivi sviluppi degli ultimi anni, quali ad esempio la rete Natura 2000, la biodiversità dell’Unione europea è ancora soggetta a continue pressioni dovute alla distruzione degli habitat naturali, all’inquinamento, al cambiamento climatico e all’impatto delle specie invasive. La conclusione della Commissione indicava che sarà molto improbabile che riusciremo a rispettare il nostro impegno di arrestare la riduzione della biodiversità entro il 2010, e che saranno necessari intensi sforzi ulteriori, sia a livello di Stati membri, sia a livello di Unione europea.
In questo contesto, la Commissione accoglie positivamente il costante aiuto del Parlamento agli sforzi volti a proteggere il patrimonio naturale europeo, caratterizzato da grande ricchezza e varietà. Vediamo molto favorevolmente l’iniziativa dell’onorevole Hegyi, che ha portato a questa importante risoluzione sulle aree naturali europee.
Vorrei iniziare osservando, in generale, che molte delle questioni poste in evidenza nella relazione sono già monitorate dalla Commissione.
Per esempio, nel dicembre del 2008, la Commissione ha adottato una comunicazione intitolata “Verso una strategia comunitaria per le specie invasive”. Stiamo inoltre avviando una riflessione complessiva sul futuro della politica per la biodiversità a livello europeo e attendiamo il contributo del Parlamento europeo su queste tematiche. Questioni quali il miglioramento dell’attuazione e il rapporto tra la biodiversità e i cambiamenti climatici devono essere considerate esplicitamente.
E’ importante inoltre chiarire un altro punto nella relazione. E’ in corso una costante valutazione dell’efficacia della nostra legislazione in materia di natura – le cosiddette relazioni sull’articolo 17 – ma al momento non si prevede di modificare la legislazione, e l’obiettivo principale su cui ci si sta concentrando è una sua più efficace attuazione.
Volgendo l’attenzione alle aree naturali, l’Europa è densamente popolata e appena l’1-2 per cento del suo territorio non è stato toccato dall’intervento umano. Ma nonostante queste aree naturali si estendano su una superficie ridotta, sono comunque di alto valore scientifico e culturale. Possono persino essere un simbolo della cooperazione e dell’integrazione europea, come è il caso del Parco nazionale comune transfrontaliero delle foreste bavaresi e boeme, situato tra Germania e Repubblica ceca.
La maggior parte di queste aree fanno già parte della rete Natura 2000. Tuttavia, questa relazione fornisce l’ispirazione necessaria per riesaminare le zone selvagge o quasi dell’Unione europea e per stabilire se esistono esempi di ulteriori azioni europee che possano contribuire a proteggere questi luoghi particolari. La Commissione ha ordinato di condurre una serie di studi e sta collaborando con la presidenza ceca dell’Unione europea. Nel maggio del 2009 si terrà una conferenza a Praga che servirà da piattaforma per prendere in considerazione le tematiche legate alle aree naturali in Europa e per individuare le misure da adottare per garantirne la conservazione.
Permettetemi di concludere confermando che la Commissione riconosce che il paesaggio europeo è il prodotto di un lungo processo di intervento umano. Il concetto di paesaggio vivente che concilia i bisogni della natura con quelli dell’uomo forma il fondamento del modo di pensare che sottende a Natura 2000. Chiaramente non abbiamo intenzione di riportare i nostri paesaggi allo stato brado, ma dobbiamo impegnarci pubblicamente per tutelare le ultime aree naturali restanti in Europa.
Per tale motivo, la Commissione ritiene che la risoluzione del Parlamento europeo giunga al momento giusto, rappresenta un contributo alquanto gradito per la conferenza di Praga. Ringrazio calorosamente il relatore.
Avril Doyle (PPE-DE) . – (EN) Signor Presidente, richiamando il regolamento, desidero protestare contro l’uso eccessivo e sempre più intenso dell’articolo 45, paragrafo 2, ai sensi del quale vengono condotte queste importantissime discussioni.
Prendo la parola a questo punto perché desidero parlare dell’eccellente lavoro della relazione dell’onorevole Hegyi; alcuni miei colleghi parleranno di argomenti che non vengono discussi né nella mia commissione di merito né in quella di altri colleghi; mi è stato pertanto negato il diritto di intervenire in merito in plenaria.
Nel gruppo del PPE-DE, la scorsa settimana abbiamo avuto una controversia molto difficile e intensa sia a livello di gruppo di lavoro, sia a livello di gruppo riguardo al numero di punti relativi all’articolo 45, paragrafo 2 all’ordine del giorno questa settimana. Ritengo che occorre veramente rivedere tale articolo. So che si tratta di un articolo voluto dal Parlamento e approvato dai deputati stessi, ma si sta abusando della nostra buona volontà, a mio parere, dato il gran numero di punti all’ordine del giorno – i punti più importanti del nostro ordine del giorno – che ci viene impedito sempre più spesso di discutere.
Presidente . – Onorevole Doyle, ovviamente prenderemo atto con piacere della sua dichiarazione, ma vorrei ricordarle che il ricorso all’articolo 45 spetta alla Conferenza dei presidenti e che, in tale consesso, i voti sono ponderati, ovvero i gruppi più numerosi, e il suo in particolare, hanno un grande potere decisionale per stabilire cosa debba essere consentito in plenaria ai sensi di tale o talaltro articolo.
La penso un po’ come lei; devo ammettere che forse siamo passati da una fase di eccessiva tolleranza, a una di troppa severità e che la verità sta effettivamente nel mezzo.
Non tema, comunque: faremo studiare da vicino la materia agli interessati.
Vi prego di rivolgervi, onorevoli colleghi, ai vostri presidenti di gruppo. Ritengo che sia quello l’ambito in cui il vostro messaggio possa essere meglio compreso.
La discussione su questo punto è conclusa.
La votazione si svolgerà domani.
Dichiarazioni scritte (articolo 142 del regolamento)
Nicodim Bulzesc (PPE-DE), per iscritto. – (EN) Sono stato relatore ombra di questa relazione sulle aree naturali in Europa e desidero congratularmi con il mio collega, l’onorevole Hegyi, per il suo lavoro.
Desidero qui sottolineare due aspetti:
Prima di tutto, occorre assolutamente procedere a una mappatura delle ultime aree naturali rimaste in Europa. Naturalmente, non è possibile farlo senza definire il concetto di “area naturale”; invito pertanto la Commissione europea a prendere provvedimenti in tal senso.
In secondo luogo, vorrei parlare dell’aspetto chiave di questa relazione, ovvero la presenza umana e il turismo. La presenza dell’uomo non va eliminata; al contrario, occorre far conoscere alla gente le bellezze naturali del proprio paese per poterle meglio conservare.
In queste zone è necessario creare un turismo sostenibile e insegnare ai responsabili della gestione di quei siti come conservare e proteggere le aree naturali.
Mi associo quindi alla richiesta delle principali ONG campo del settore e chiedo alla Commissione europea di fornire orientamenti per la conservazione delle aree naturali europee.
Magor Imre Csibi (ALDE), per iscritto. – (EN) Area naturale può avere diversi significati per persone diverse. Personalmente, per aree naturali intendo zone non contaminate dalle attività umane, in cui dominano i processi naturali. Pertanto, per me, promuovere il turismo nelle aree naturali è in palese contraddizione con il termine “aree naturali”. D’altro canto, concordo sul fatto che il turismo sostenibile, a certe condizioni, può rivelarsi un incentivo economico per le comunità locali affinché conservino il loro patrimonio naturale e culturale.
Ma l’aumento della domanda di turismo nelle aree naturali mette sotto pressione gli stessi valori di cui i turisti sono alla ricerca e può accelerare la distruzione di fragili ecosistemi. Una soluzione sarebbe l’apertura di una parte limitata di aree naturali a un turismo sostenibile di alta qualità, che non si ripercuota negativamente sugli obiettivi di conservazione dei siti. Le attività turistiche vanno consentite, ma a rigide condizioni, quali un limitato numero di turisti al giorno, e sulla base di un solido piano di turismo sostenibile che sostenga le iniziative di conservazione e promuova un’esperienza responsabile delle aree naturali. I piani e le attività turistiche degli operatori vanno valutate mediante meccanismi di valutazione esaurienti, ideati in particolare per le aree naturali. L’obiettivo è rendere i turisti e gli operatori consapevoli del fatto che la natura selvaggia non comporta soltanto libertà, ma anche responsabilità.
Vasilica Viorica Dăncilă (PSE), per iscritto. – (RO) Il patrimonio naturale deve essere tutelato per le generazioni future. A questo proposito, la Romania è un paese che possiede una notevole quantità e varietà di flora e di fauna. Per raggiungere questo obiettivo, tuttavia, l’Unione europea deve ampliare l’utilizzo dei fondi comunitari stanziati per il finanziamento di attività di conservazione delle aree naturali. La Commissione, tramite il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale, deve aumentare i fondi stanziati per progetti di tutela ambientale nel settore agricolo europeo, con il chiaro obiettivo di finanziare le attività di conservazione delle aree naturali.
D’altro canto, la Commissione europea deve introdurre una serie di regole chiare relative alla fornitura di contributi finanziari a progetti comunitari locali in prossimità di quelle aree, che permettano forme controllate di turismo nelle aree da conservare e creino vantaggi economici a favore dalle comunità locali di riferimento.
Inoltre, la Commissione deve incoraggiare la cooperazione transfrontaliera tra gli Stati membri in progetti di conservazione che si riferiscano ad aree naturali situate sul territorio di due o più paesi.
Daniel Petru Funeriu (PPE-DE), per iscritto. – (RO) La biodiversità europea è l’eredità più preziosa che possiamo lasciare alle generazioni future. Considero favorevolmente e appoggio questa relazione sulle aree naturali europee. Desidero richiamare l’attenzione sul preoccupante stato dell’area contenente la biodiversità più ricca d’Europa: il delta del Danubio, costantemente oggetto di atti di aggressione da parte di bracconieri, interessi economici illegali e infine, ma non meno importante, turismo incontrollato. Una delle maggiori fonti di aggressione ai danni di quest’area è da ricercarsi nella scarsa sensibilità al problema delle popolazioni del delta e delle popolazioni rurali che vivono lungo gli affluenti del Danubio in territorio romeno.
Vorrei cogliere questa occasione per chiedere alla Commissione e al Consiglio, sulla base di questa relazione, di prendere in considerazione il prima possibile eventuali misure specifiche volte a creare un gruppo di lavoro che esamini la situazione del delta del Danubio, elabori efficaci programmi educativi sull’ambiente rivolti alle popolazioni con un impatto diretto sulla biodiversità della zona, e che definisca standard di protezione della biodiversità.
Al contempo, è impossibile conservare le aree naturali dell’Unione europea, soprattutto del delta del Danubio, senza applicare provvedimenti simili nei paesi che confinano con l'UE. Chiedo pertanto alla Commissione e al Consiglio di intensificare il dialogo e l’applicazione di misure specifiche nel quadro delle loro relazioni con questi paesi.
Daciana Octavia Sârbu (PSE), per iscritto. – (RO) Tenendo presente che non sarà possibile onorare gli impegni presi nel 2007 adottando la risoluzione volta ad arrestare la perdita di biodiversità entro il 2010, la protezione delle aree naturali tramite attività di promozione, sviluppo e finanziamento sta diventando prioritaria alla luce del cambiamento climatico e del negativo impatto del turismo.
La proposta di creare un sistema per la mappatura delle aree naturali europee contribuirebbe a individuare la biodiversità e le zone intatte che richiederanno maggiore attenzione e un notevole sforzo da parte degli Stati membri per proteggerle. Le campagne informative volte a sensibilizzare l’opinione pubblica nei confronti delle aree naturali, l’attuazione di un turismo sostenibile di alta qualità e l’applicazione delle direttive Uccelli e Habitat sono solo alcuni degli strumenti che ci aiuteranno a proteggere tali aree.
Esistono già otto parchi nazionali in Europa, tra cui il Parco nazionale di Retezat in Romania. Tali parchi fanno parte della rete delle aree protette (PAN), che ha il compito di amministrare le aree naturali e che raggruppa tutte le autorità nazionali e gli enti turistici locali coinvolti nel garantire uno sviluppo sostenibile del turismo. La Commissione europea deve sostenere questa iniziativa e collaborare con questa rete al fine di scambiare informazioni e buone prassi.
19. Agenda per un futuro sostenibile nell'aviazione generale e di affari (breve presentazione)
Presidente . – L’ordine del giorno reca una breve presentazione della relazione (A6-0501/2008), presentata dall’onorevole Queiró, a nome della commissione per i trasporti e il turismo, sull’agenda per un futuro sostenibile nell'aviazione generale e di affari [2008/2134(INI)].
Luís Queiró, relatore. − (PT) Signor Presidente, signora Commissario, fino ad oggi il settore dell’aviazione generale e di affari non è stato affrontato in maniera specifica a livello europeo. Il significato politico di questa relazione nasce pertanto dal fatto che è la prima volta che la Commissione e il Parlamento si soffermano su questa attività, nel momento in cui la stessa è caratterizzata da un’accelerazione della crescita sia in termini di volume che di rilevanza economica.
I numeri parlano da sé: nel solo settore dell’aviazione di affari, le piccole e medie imprese attive in questo campo si stanno moltiplicando, il numero di aeromobili dovrebbe raddoppiare toccando quota 3 500 unità nei prossimi dieci anni e il fatturato annuale dovrebbe attestarsi a un livello superiore ai 25 miliardi di euro. Questo settore genera 154 000 posti di lavoro in tutta Europa, siano essi diretti o nell’indotto. Se si aggiungono i dati relativi all’aviazione generale, che vanta un numero di aeromobili compreso tra le 30 000 e le 50 000 unità, questo settore rappresenta circa il 9 per cento di tutto il traffico aereo registrato ed è caratterizzato dal più rapido tasso di crescita d’Europa, pari al doppio rispetto a tutti gli altri tipi di traffico.
Il segmento dell’aviazione di affari apporta importanti benefici socio-economici offrendo una modalità di trasporto da punto a punto flessibile; potenzia inoltre la mobilità dei cittadini, la produttività delle aziende e la coesione regionale.
Il settore dell’aviazione generale fornisce servizi essenziali in svariati ambiti, dai servizi di ricerca e salvataggio ai servizi antincendio, dalla regolazione del traffico alla cartografia, passando per il tempo libero e gli sport. Tale settore rappresenta inoltre un importante bacino di competenze professionali per il settore dell’aviazione nella sua globalità.
Dovrei anche ricordare l’industria europea attiva in questo settore, interessata da una crescita costante della relativa quota di mercato mondiale, che si colloca attualmente intorno al 16 per cento e che deve essere pertanto sostenuta.
Passando alla relazione in sé, sono d’accordo, in quanto relatore, con la necessità, sottolineata dalla Commissione nella sua comunicazione, di esaminare le specifiche esigenze del settore e di individuare i temi centrali. Il primo aspetto è legato alla raccolta di dati e nasce dalla necessità di fornire agli organi decisionali del mondo politico dati e informazioni statistiche sufficienti per consentir loro di comprendere meglio il settore e, conseguentemente, di disciplinarlo in maniera adeguata. Il secondo aspetto riguarda l’applicazione del principio di proporzionalità nella disciplina del settore. La domanda fondamentale da porsi è se le norme ideate per gli aeromobili commerciali si adattino anche ad aeromobili più piccoli e semplici, spesso monomotore.
Sosteniamo la Commissione nel suo intento di applicare il principio di proporzionalità sia nella redazione delle norme che nella loro implementazione, avendo sempre ben presente la necessità di non compromettere la sicurezza in generale. Tale considerazione interessa, per esempio, l’adattamento di alcune norme di aeronavigabilità, già adottate dall’Agenzia europea per la sicurezza aerea (AESA), agli aeromobili non commerciali o la possibile applicazione di norme specifiche alle procedure semplificate di screening di sicurezza e dei passeggeri attuate nel campo dell’aviazione di affari.
Il terzo punto riguarda il problema dell’accesso agli aeroporti e allo spazio aereo. E’ già stata eseguita una diagnosi in materia: questi aeromobili, in generale, incontrano difficoltà ad accedere agli aeroporti di ampie dimensioni e stanno iniziando a scontrarsi con i medesimi problemi anche negli aeroporti regionali e secondari. Le soluzioni variano dall’ottimizzazione dell’uso della capacità esistente a una possibile revisione delle normative sugli slot. E’ inoltre necessario stimolare gli investimenti negli aeroporti di piccola e media grandezza in modo tale da potenziare i collegamenti tra le diverse regioni e città europee.
Per quanto concerne la questione della capacità dello spazio aereo, sottolineiamo l’importanza di approntare opportune riforme nell’ambito del Cielo unico europeo e dell’impresa comune per il Sistema europeo di nuova generazione per la gestione del traffico aereo (SESAR). Ancora una volta ribadiamo la necessità di non imporre requisiti sproporzionati agli aeromobili di piccole dimensioni in termini di sistemi di navigazione, pur sempre nel rispetto dei limiti di sicurezza.
Il quarto e ultimo punto riguarda la sostenibilità ambientale di questo ambito di attività. Sebbene le emissioni di CO2 prodotte dagli aeromobili di piccole dimensioni siano inferiori, è comunque necessario promuovere la ricerca, lo sviluppo e l’innovazione, non solo nell’ambito delle iniziative Clean Sky e CESAR (Cost Effective Small Aircraft), ma anche nell’uso di motori meno inquinanti e di combustibili più puliti.
Vorrei concludere, signor Presidente e signora Commissario, esprimendo la speranza che questa relazione possa costituire un quadro effettivo per le future misure legislative e normative destinate a questo settore. E’ questo l’auspicio espresso dalla commissione per i trasporti e il turismo quando chiede alla Commissione europea di presentare, entro la fine del 2009, un rendiconto dei progressi compiuti negli ambiti trattati dalla relazione. Con la votazione di domani, spero che tale auspicio possa trovare il riscontro di un’ampia maggioranza dei membri di questo Parlamento.
Viviane Reding, membro della Commissione. − (EN) Signor Presidente, la Commissione accoglie con favore la relazione e ringrazia il relatore e la commissione per i trasporti e il turismo per l’ottimo lavoro svolto.
Nel mese di gennaio 2008 la Commissione ha pubblicato per la prima volta una comunicazione sull’aviazione generale e di affari, seguita da una conclusione molto positiva del Consiglio nel mese di aprile 2008 e, oggi, da questa importante relazione del Parlamento.
L’aviazione generale e di affari è un settore importante dell’industria aeronautica europea, per con valore annuale di circa 2,3 miliardi di euro. Questo settore investe in maniera significativa nella ricerca e nello sviluppo e sta crescendo a ritmo sostenuto. Più di due terzi di tutti gli aeromobili omologati nell’Unione europea rientrano in questo settore.
L’aviazione generale e di affari consta essenzialmente di piccole e medie imprese ed è anche un settore molto diversificato. Le normative devono essere adattate in funzione della sua specifica natura, senza tuttavia compromettere la sicurezza. Siamo lieti di osservare come il Parlamento appoggi questo concetto di proporzionalità nella sua relazione.
Sono tre gli ambiti principali in cui dovremo concentrare i nostri sforzi nel prossimo futuro: lo sviluppo di standard di sicurezza europei comuni per l’aviazione generale, l’integrazione dell’aviazione non commerciale nella prossima generazione di sistemi di gestione del traffico aereo (ATM) per l’Europa e il contenimento dell’impronta ecologica negativa del settore.
La Commissione intende proporre, il prossimo anno, una serie di norme attuative a livello europeo tese a garantire un livello uniforme di sicurezza nell’aviazione non commerciale. Come sottolineato nella relazione, dobbiamo garantire che tali norme non solo offrano un livello di sicurezza adeguato, ma che siano anche proporzionate e non gravino inutilmente sugli operatori.
Continueremo inoltre con lo sviluppo del futuro sistema ATM per l’Europa, partendo dal presupposto che lo spazio aereo rappresenta un bene comune che dovrebbe pertanto essere accessibile a tutti i suoi utenti in maniera sicura. Dal punto di vista dell’aviazione generale, il Cielo unico europeo e SESAR rivestiranno un ruolo fondamentale nel potenziamento sicuro dell’accesso allo spazio aereo e agli aerodromi. Queste tecnologie spianeranno la strada a nuovi servizi inediti in Europa.
E per ultimo, ma non per questo meno importante, dobbiamo ricordare che l’aviazione generale e di affari, nonostante i costanti progressi tecnologici, ha anche un impatto sull’ambiente e, come più in generale il settore delle compagnie aeree, deve contribuire a ridurre tale impatto. Anche in questo caso, la proporzionalità sarà un importante principio cui attenersi.
La Commissione attende con trepidazione la possibilità di collaborare con il Parlamento sulla scia di questa relazione e vi relazionerà in merito ai progressi compiuti.
Presidente . – La discussione su questo punto è chiusa.
La votazione si svolgerà domani.
Dichiarazioni scritte (articolo 142 del regolamento)
Bogdan Golik (PSE), per iscritto. – (PL) Innanzi tutto vorrei ringraziare l’onorevole Queiró per la sua relazione su un tema così importante per il futuro dei trasporti in Europa.
Vorrei sottolineare l’importanza dello sviluppo dell’aviazione generale e di affari, nonché dell’industria di produzione di aeromobili attiva in questo settore. Sebbene le soluzioni proposte dalla Commissione non apportino alcuna modifica sostanziale sul piano legislativo e oggi possano sembrare poco rilevanti, la loro influenza sul futuro dell’aviazione alla luce della deregolamentazione del mercato e dello sviluppo del settore del trasporto aereo in Polonia non può essere sopravvalutata.
L’obiettivo della Commissione consiste nell’agevolare lo sviluppo di questo settore dell’aviazione semplificando le attuali procedure normative, adottando le disposizioni alle nuove forme di gestione del traffico aereo e rivedendole in modo tale da garantire il rispetto del principio di proporzionalità.
E’ evidente che questa iniziativa deve contare sul nostro pieno appoggio. Si deve tuttavia prestare la dovuta attenzione, nei processi di formulazione e di implementazione della politica, al rispetto delle esigenze di tutte le categorie di utenti dello spazio aereo e dell’infrastruttura dell’aviazione ai fini della pianificazione e dell’ottimizzazione della capacità. Per poter agevolare ulteriori riforme si dovrebbe istituire un sistema europeo di base per la raccolta dei dati relativi all’aviazione generale e di affari. Sarà inoltre necessario agevolare l’accesso di questo settore ai mercati esteri, sostenendo lo sviluppo di nuove tecnologie competitive ma garantendo al contempo il rispetto dei principi di tutela ambientale.
Louis Grech (PSE), per iscritto. – (EN) Accolgo con favore questa relazione poiché tenta di armonizzare e di chiarire le norme relative all’aviazione generale e di affari a livello europeo. Si tratta del segmento dell’aviazione civile che registra il più rapido tasso di crescita in Europa, offrendo numerosi benefici socio-economici agli Stati membri. Tuttavia, per poterlo valorizzare al meglio, è necessario definire normative chiare. Per esempio, attualmente si registra una mancanza di dati affidabili in questo settore e tale carenza deve essere risolta rapidamente per motivi gestionali e di sicurezza.
La Commissione dovrebbe operare una distinzione chiara tra aeromobili commerciali gestiti su ampia scala e aeromobili privati. La legislazione dovrebbe essere proporzionale ai rischi cui sono esposti i diversi tipi di aviazione, tenendo conto dei costi che impone loro.
La futura normativa dovrebbe stimolare e potenziare il settore invece di imporre limitazioni.
Un motivo di preoccupazione può essere rappresentato dal fatto che il settore dell’aviazione generale e di affari non rientra, per la maggior parte, nell’ambito di applicazione della direttiva della Commissione tesa a inserire le attività dell’aviazione nel sistema di scambio di quote di emissione. Considerato il rapido tasso di crescita registrato da questo settore, ritengo che sia necessario compensarne, in un modo o nell’altro, l’impatto ambientale.
Mieczysław Edmund Janowski (UEN), per iscritto. – (PL) In un momento in cui continuiamo la parola “crisi” ci rimbalza continuamente nelle orecchie non è facile parlare di un futuro stabile per l’aviazione generale e di affari. Ringrazio pertanto l’onorevole Queiró per essersi assunto l’onere di preparare questa relazione in materia. Complimenti! Sono sicuro che il trasporto aereo possa essere una forza motrice in grado di riattivare l’economia mondiale ed europea. Ricordiamo che sono passati solo 106 anni da quando i fratelli Wright hanno compiuto il primo volo controllato su un aeromobile a motore, sebbene per soli 40 metri. Era l’inizio dell’aviazione così come la conosciamo oggi.
Oggi l’aviazione è un’industria sviluppata appieno, in grado di produrre “macchine volanti” dotate di una serie di strumenti sempre più sofisticati. L’aviazione comprende anche ambiti complessi quali la navigazione e il controllo di volo, la costruzione di infrastrutture aeroportuali di terra, i sistemi di sicurezza, eccetera. Non dobbiamo dimenticare che in Europa sono 50 000 gli aeromobili in uso nel settore dell’aviazione generale e di affari, mentre quattro volte tanti sono gli aeromobili di piccole dimensioni e gli alianti che vengono utilizzati nello sport e nel tempo libero. Questi numeri parlano da sé.
In questo contesto, è estremamente importante poter garantire una capacità adatta per lo spazio aereo europeo e per gli aeroporti stessi. Vorrei attirare la vostra attenzione sul ruolo svolto dagli aeroporti regionali nel garantire la coesione della comunicazione nell’Unione europea. E naturalmente, quando si parla dello sviluppo del trasporto aereo, non dobbiamo perdere di vista i problemi legati all’ambiente.
Eija-Riitta Korhola (PPE-DE), per iscritto. – (FI) Il dibattito sul settore dell’aviazione è spesso oggetto di distorsioni. Si pone l’accento, in maniera prevenuta, sui problemi legati alle emissioni generate dal traffico aereo, trascurando il suo potenziale. Ovviamente l’aviazione e il traffico aereo producono emissioni, ma è altrettanto ovvio che rappresentano il futuro. Tale affermazione è sicuramente veritiera se parliamo di trasporto aereo commerciale e di aviazione generale e di affari.
Sebbene la legislazione del mercato interno dell’Unione europea si sia concentrata soprattutto sul trasporto aereo commerciale, non si può dimenticare che le questioni correlate all’aviazione generale e di affari tendono ad emergere in un numero sempre maggiore di ambiti, quali la politica sul clima, la tutela ambientale e la sicurezza dell’aviazione. Quando ci soffermiamo sull’importanza sempre maggiore rivestita dall’aviazione di affari, per esempio, dobbiamo necessariamente prestare attenzione a questi settori e garantirne la competitività.
Vorrei farvi partecipi di un mio motivo di preoccupazione relativo alle condizioni commerciali nel settore dell’aviazione. Gli aeroporti di piccole e medie dimensioni sono fondamentali sia per l’aviazione generale che di affari. Se ne dovrebbe promuovere la creazione e l’ammodernamento e gli Stati membri dovrebbero essere incoraggiati ad investire. La costante crescita dell’aviazione d’affari, tuttavia, sta congestionando sempre più gli aeroporti.
Per quanto concerne la tutela ambientale, possiamo affermare che, sebbene gli aeromobili più piccoli non rientrino nel sistema di scambio di quote di emissione, il settore sta sviluppando un meccanismo volontario di compensazione delle emissioni di carbonio. E’ un segno del potenziale di sviluppo del traffico aereo nel suo insieme. L’Unione europea dovrebbe attivarsi in ogni modo per stimolare la ricerca relativa a modelli di aeromobili più innovativi, più efficienti sotto il profilo energetico ed eco-compatibili. L’obiettivo deve essere un traffico aereo che non generi emissioni.
20. Non discriminazione in base al sesso e solidarietà tra le generazioni (breve presentazione)
Presidente . – L’ordine del giorno reca una breve presentazione della relazione (A6-0492/2008), presentata dall’onorevole Záborská, a nome della commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere, sulla non discriminazione in base al sesso e solidarietà tra le generazioni [2008/2118(INI)].
Anna Záborská, relatore. − (SK) In primo luogo vorrei ringraziare sinceramente i miei colleghi parlamentari per l’aiuto prestatomi nella redazione di questa mia relazione di iniziativa. La votazione in seno alla commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere è il risultato di un’approfondita discussione e di un ampio accordo.
Gli uomini e le donne attivi nella creazione di reti di solidarietà tra le generazioni meritano un riconoscimento. La loro determinazione rappresenta un importante contributo alla ricchezza e al bene comune su scala nazionale ed europea. Sfortunatamente le statistiche e i rendiconti nazionali non tengono conto di questo contributo. Per questo uomini e donne si trovano esposti a forme sotterranee di discriminazione. Le donne e gli uomini hanno il diritto di scegliere liberamente le attività più adatte a loro e che ritengono più soddisfacenti. Il dovere a carico della società consiste nel garantire questa libertà di scelta evitando ogni sorta di discriminazione nei confronti di una determinata attività per il semplice motivo che la stessa non rientra in una concezione ordinaria e formale del mercato del lavoro.
Questo è un breve riassunto della mia relazione di iniziativa sulla non discriminazione in base al sesso e solidarietà tra le generazioni. Il tema trattato da questa relazione è al centro dei dibattiti sul futuro dell’Europa e dell’occupazione nei suoi Stati membri. Per quanto si configuri come una relazione piuttosto tecnica, il testo presenta anche una dimensione umana. La relazione si rivolge a tutti noi, dal momento che viviamo tutti all’interno di reti di famiglie più o meno allargate e di rapporti sociali che ci vedono coinvolti personalmente. Restringere il concetto di solidarietà tra le generazioni alla sola cura e custodia dei bambini rappresenta un’interpretazione erronea. La solidarietà tra le generazioni comporta altresì una responsabilità nei confronti dei nostri genitori e degli anziani, nonché le cure da riservare alle persone a carico.
La solidarietà tra le generazioni comporta anche l’educazione dei cittadini nei confronti del rispetto per la vita, della dignità umana e della tutela ambientale. E’ essenzialmente una questione di giustizia sociale. E’ la base del futuro dell’Europa e del bene comune dei suoi abitanti. I direttori delle risorse umane concordano nell’affermare che le capacità umane si pongono sullo stesso piano delle lauree universitarie. E’ pertanto necessario riconoscerne il valore in maniera esplicita e positiva
L’Unione europea deve istituire un quadro politico teso a conseguire questo obiettivo. Le donne sono le prime a contribuire alle solidarietà tra le generazioni, partecipando quindi alla creazione di rapporti sociali. Ecco perché la relazione si dedica principalmente alle donne. Gli economisti utilizzano modelli matematici per evidenziare il valore del lavoro domestico. Le ricerche svolte da anni da economisti ed esperti di demografia suggeriscono come il contributo delle donne al prodotto nazionale lordo potrebbe essere superiore se nel calcolo fosse inserito anche il loro lavoro non retribuito . Ignorare questo fatto significa mantenere in vita idee passatiste. Dobbiamo invece guardare avanti, per creare le condizioni necessarie affinché tutti, uomini e donne, possano partecipare alle reti di solidarietà tra le generazioni indipendentemente dal loro status sociale.
L’Unione europea deve agire se intende affrontare seriamente temi quali la non discriminazione e le pari opportunità. Il mio gruppo politico, il gruppo del Partito popolare europeo (Democratici-cristiani) e dei Democratici europei, è orgoglioso di sostenere una politica di non discriminazione che persegua il bene comune e rispetti le caratteristiche distintive e la natura complementare di uomini e donne. Onorevoli colleghi, vorrei inoltre sottolineare che questa relazione è il frutto di ampie consultazioni condotte con svariate organizzazioni non governative di donne. Nella mia relazione, ho anche tenuto conto dei pareri di tre dei nostri intergruppi parlamentari: ATD Quarto Mondo, l’intergruppo Famiglia e protezione dell’infanzia e l’intergruppo degli operatori del settore dell’assistenza. La commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere ha approvato questa relazione all’unanimità. Onorevoli colleghi, vi chiedo di aiutarci a proseguire questa cooperazione votando domani a favore della proposta di risoluzione della commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere.
Viviane Reding, membro della Commissione. − (EN) Signor Presidente, ritengo che il lavoro svolto dall’onorevole Záborská sia molto importante, dal momento che il tema trattato riveste una particolare rilevanza nella nostra società.
La questione della dipendenza delle persone a carico ricoprirà un ruolo sempre più importante in futuro a causa dell’invecchiamento demografico, ma anche dal momento che la lotta per un’uguaglianza tra uomini e donne nella cura dei figli e dei familiari a carico è ancora portata avanti soprattutto dalle donne.
Dobbiamo pertanto adottare misure tese ad aiutare le donne ad entrare e rimanere sul mercato del lavoro, migliorando le condizioni di vita in famiglia, in particolare allo scopo di agevolare un miglior equilibrio tra vita professionale e vita familiare.
Per quanto concerne, in modo specifico, la cura e l’assistenza dei familiari a carico, la Commissione ha già adottato le seguenti azioni. Il congedo di maternità in caso di familiari a carico è stato aggiunto al tavolo di consultazione delle parti sociali europee sulle modalità per coniugare vita lavorativa, privata e familiare. La Commissione sta inoltre studiando la qualità dei servizi per i familiari anziani a carico e la tutela contro i maltrattamenti, nonché una serie di misure che potrebbero essere approntate a livello europeo in cooperazione con gli Stati membri nell’intento di accelerare lo sviluppo e la modernizzazione delle infrastrutture e dei servizi.
La politica di coesione dell’Unione europea, attraverso il Fondo sociale europeo, continuerà a cofinanziare le iniziative a livello nazionale e locale. Il metodo aperto di coordinamento nel campo della protezione sociale e dell’inclusione sociale presta particolare attenzione alla modernizzazione degli schemi pensionistici in modo tale da tener maggiormente conto di aspetti quali le nuove forme di lavoro, i periodi di aspettativa e l’assistenza a lungo termine ai familiari a carico.
Ci stiamo ancora lavorando e attendiamo con trepidazione di poter collaborare ancora da vicino con i parlamentari in questo ambito. Vorremo complimentarci con il Parlamento europeo per l’ottimo lavoro svolto.
Marie Panayotopoulos-Cassiotou (PPE-DE) . – (EL) Signor Presidente, vorrei sottolineare che questa relazione, adottata a maggioranza assoluta dei membri della commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere, contiene anche una proposta alternativa presentata da alcuni parlamentari. Saremo chiamati a votare domani scegliendo tra questa proposta e la proposta avanzata da una commissione parlamentare. L’una annulla l’altra. Non possiamo però parlare di questa proposta alternativa in plenaria, né possiamo ascoltare i parlamentari che l’hanno presentata, né tanto meno esprimere un parere a riguardo. Questo è un difetto intrinseco al nuovo regolamento di cui dovremmo tenere conto.
Presidente . – Sì, onorevole Panayotopoulos-Cassiotou, quanto da me affermato prima a seguito dell’intervento dell’onorevole Doyle vale anche in questo caso. Stiamo applicando l’articolo 45 che, effettivamente, definisce un quadro molto rigoroso per nostro tempo di parola, dato che spetta solo al relatore prendere la parola.
Ci atteniamo a quanto sancito dalla Conferenza dei presidenti, che ha deciso che questo tema debba rientrare nell’ambito di applicazione di questo particolare articolo. Il nostro regolamento interno dovrebbe sicuramente essere rivisto per consentire una maggiore flessibilità e discussioni più approfondite, ma, come capirà, non spetta a me modificarlo stasera. Ciò premesso, ovviamente prendo debita nota del suo commento.
La discussione su questo punto è chiusa.
La votazione si svolgerà domani.
Dichiarazioni scritte (articolo 142 del regolamento)
Corina Creţu (PSE), per iscritto. – (RO) La discriminazione basata sul sesso è, purtroppo, ancora una realtà, anche negli Stati membri dell’Unione europea. Tale affermazione non si applica unicamente al settore privato, in cui gli uomini rappresentano i nove decimi dei membri dei consigli di amministrazione delle grandi società, ma anche nel settore pubblico, in cui le donne sono sottorappresentate.
Tuttavia la strategia di Lisbona è volta a garantire che il 60 per cento della popolazione attiva femminile sia occupata. Al di là di ciò, non dobbiamo dimenticare che una delle principali sfide cui è confrontata l’Europa a medio e lungo termine riguarda la sua situazione demografica. L’Unione europea è interessata da un aumento dell’età della popolazione superiore rispetto ad altre regioni del mondo, mentre la crescita demografica è pari a solo lo 0,4 per cento. Ciò significa che l’Unione europea dovrà fare i conti, al contempo, con un calo della popolazione attiva e un aumento dell’invecchiamento dei suoi abitanti.
Di conseguenza la scelta tra la carriera e la famiglia non potrà essere definitiva od obbligatoria e dovrà essere possibile coniugare questi due aspetti della vita.
Daniel Petru Funeriu (PPE-DE), per iscritto. – (RO) Uno dei valori chiave dell’Unione europea consiste nell’eliminare ogni forma di discriminazione. Al di là dell’eliminazione della discriminazione, anche tra uomo e donna quindi, siamo responsabili dell’adozione di misure pro-attive tese a incoraggiare le carriere professionali delle donne. Uno dei campi in cui le donne sono ampiamente sottorappresentate è la ricerca scientifica. Le donne non sono solo sottorappresentate in termini numerici, ma anche nell’ambito della gerarchia direzionale: più si sale nella gerarchia, meno donne si incontrano.
In tal modo la società si sta privando del potenziale creativo di un’importante fetta della popolazione. La natura altamente competitiva della ricerca, l’intrinseca mobilità geografica associata al lavoro scientifico oltre al vincolo di doversi costruire una carriera a un’età relativamente tarda sono tutti fattori che rendono difficile conciliare questa attività con una vita familiare.
Vorrei cogliere l’occasione offerta da questa discussione per sottolineare la necessità di introdurre politiche specifiche tese a conseguire l’uguaglianza tra uomini e donne nella professione accademica. Tali politiche devono tener conto di un insieme di buone prassi a livello europeo, quali: agevolare le doppie carriere nelle famiglie, incoraggiare le università e gli istituti di ricerca a investire nei centri di assistenza all’infanzia e garantire un accesso privilegiato ai posti accademici per le donne.
Zita Gurmai (PSE), per iscritto. – (HU) Gli Stati membri dell’Unione europea devono sostenere il rinnovamento demografico, inserendo le proprie azioni in materia nella nuova versione della strategia di Lisbona per la crescita e l’occupazione, in linea con la politica di uguaglianza tra uomini e donne. L’equilibrio nelle società europee dipende dalla somma dei rapporti di solidarietà tra le generazioni, che sono più complessi di quanto non siano mai stati: i figli lasciano in età ormai adulta la casa dei genitori, i quali si ritrovano quindi a doversi occupare ancora di loro oltre che degli altri parenti di età più avanzata. Il fardello rappresentato da questa situazione pesa soprattutto sulle spalle della generazione giovane e di quella di mezza età, e in particolare sulle donne. Per tale motivo, l’uguaglianza tra uomini e donne, intesa come pari opportunità nel senso più ampio del termine, sembrerebbe una condizione fondamentale per creare nuove forme di solidarietà tra le generazioni.
Per quanto riguarda gli obblighi familiari, intesi come la necessità di conciliare famiglia e lavoro, la questione dell’uguaglianza tra uomini e donne è chiaramente molto importante se vogliamo conferire rinnovato vigore alle famiglie europee. E’ inoltre di estrema importanza garantire la possibilità di potersi dedicare alla cura dei figli in maniera adeguata, in termini qualitativi e quantitativi, per coloro che decidono di lavorare e di crescere i propri figli allo stesso tempo. Il gruppo socialista del Parlamento europeo sta facendo tutto quanto in proprio potere per garantire che gli obiettivi del processo di Barcellona vengano rispettati e nota con disappunto che tale obiettivo è chiaramente assente dal programma della presidenza ceca.
Anneli Jäätteenmäki (ALDE), per iscritto. – Grazie Signor Presidente!
Questa relazione è importante per illustrare e contrastare la discriminazione basata sul sesso e per potenziare la solidarietà tra le generazioni.
È chiaro che le donne che scelgono di abbandonare temporaneamente il lavoro per occuparsi dei propri figli sono oggetto di discriminazione. Hanno spesso difficoltà a riprendere il lavoro godendo delle stesse opportunità, si vedono negate determinate possibilità di promozione e ci rimettono in termini di reddito e di prestazioni sociali e previdenziali.
Inoltre gli uomini e le donne che rimangono a casa dal lavoro per periodi prolungati per occuparsi di parenti anziani o bambini piccoli spesso risultano svantaggiati sotto il profilo economico, non avendo un reddito, e il loro lavoro non viene conteggiato nel prodotto interno lordo nonostante la sua importanza. Questo lavoro viene spesso ignorato dai politici e dalla società nel suo insieme. Le persone non vedono di buon occhio coloro che privilegiano la famiglia rispetto alla carriera sostenendo che non forniscono un contributo attivo alla società.
Onorevoli colleghi!
L’Unione europea dovrebbe promuovere politiche tese ad eliminare questa mentalità discriminatoria mettendo a disposizione di coloro che decidono di rimanere a casa per prendersi cura di un membro della famiglia maggiori opportunità in termini di congedi e sostegno. Tali politiche dovrebbero essere finanziate con fondi pubblici in modo tale da ridurre la probabilità di discriminazione da parte dei datori di lavoro nei confronti dei loro dipendenti!
Grazie!
Siiri Oviir (ALDE), per iscritto. – (ET) L’Europa di oggi si trova confrontata a variazioni demografiche senza precedenti. Se l’Unione europea intende invertire la tendenza della contrazione demografica, deve offrire, attraverso la propria politica e quella dei singoli Stati membri, un sostegno concreto alle famiglie in tutti i modi possibili, consentendo sia agli uomini che alle donne di poter conciliare vita familiare e lavorativa. I doveri correlati alla casa e alla famiglia, però, devono essere equamente distribuiti tra uomini e donne.
Sostengo con vigore la proposta alternativa di risoluzione avanzata dal Parlamento europeo sulla non discriminazione in base al sesso e solidarietà tra le generazioni, essendo più realistica della relazione presentata.
Vorrei porre l’accento, in particolare, sull’obiettivo di creare una politica di assistenza ben equilibrata tra i sessi. La disuguaglianza in questo ambito è spesso dovuta all’assenza di servizi economici, disponibili e di alta qualità negli Stati membri. Le donne si trovano quindi confrontate all’inevitabile scelta di sacrificare le opportunità a propria disposizione di partecipare alla vita sociale, economica e politica.
Questa situazione, nella sua globalità, mantiene in vita un regime di disuguaglianza nella distribuzione dei doveri correlati alla cura della casa e della famiglia tra uomini e donne. Le donne, quindi, si trovano spesso obbligate a optare per un’organizzazione più flessibile del lavoro o ad abbandonarlo temporaneamente, con inevitabili ripercussioni sulle loro carriere, sul mantenimento della disparità salariale tra uomini e donne e sui diritti pensionistici.
Guardo con cautela alla raccomandazione della presidenza ceca di trasformare la cura e la custodia dei figli in un’“alternativa valida e a pieno titolo a un carriera professionale.” Ritengo infatti che l’attuazione di questa raccomandazione perpetuerebbe la tradizionale suddivisione del lavoro tra uomo e donna.
Le misure programmate nell’ambito della strategia di Lisbona svolgono un ruolo importante nel promuovere l’uguaglianza nella suddivisione del lavoro tra uomo e donna. Il loro obiettivo, oltre a potenziare l’occupazione, promuovere l’innovazione e incrementare la produttività, deve essere anche l’eliminazione della discriminazione di genere che si è sviluppata nel corso del tempo nell’Unione europea.
Zita Pleštinská (PPE-DE), per iscritto. – (SK) La cura della famiglia è appannaggio delle donne da secoli. Quelle madri ideali che hanno trascorso la propria giovinezza occupandosi dei figli sono la maggior parte della popolazione femminile anziana di oggi e le cure che hanno riservato ai figli e alla casa non trovano riscontro nelle loro pensioni. Molte di queste donne non percepiscono una pensione adeguata per le attività di grande valore sociale che hanno svolto mentre erano ancora in età da lavoro e sono quindi esposte a un serio rischio di indigenza. Questo è anche il motivo per cui molte giovani posticipano la maternità dando la precedenza alla carriera.
In occasione dei miei vari interventi di fronte a quest’Aula ho sempre sottolineato come le madri e i padri che scelgono liberamente di crescere i propri figli o di occuparsi di familiari anziani o a carico non debbano essere discriminati. Conosco molte famiglie con parenti disabili che svolgono questo lavoro impegnativo con grande coraggio nonostante gli ostacoli che sono chiamate costantemente a superare.
In questo intervento vorrei tessere le lodi delle proposte avanzate dalla relatrice, l’onorevole Záborská, che raccomanda il riconoscimento non solo delle forme tradizionali di lavoro retribuito, ma anche delle varie forme di lavoro non retribuito svolto nelle famiglie in un’ottica di solidarietà tra le generazioni. Questo lavoro viene fatto rientrare nel prodotto interno lordo di un paese se la famiglia assume qualcuno per svolgerlo. Tuttavia, ciò non accade se a svolgerlo è uno dei genitori.
A mio avviso, questa relazione saprà ispirare gli Stati membri a migliorare la politica della famiglia nell’Unione europea.
Rovana Plumb (PSE), per iscritto. – (RO) In un momento in cui l’Europa si trova confrontata a una profonda crisi economica la cui portata finale può essere difficile da prevedere, ci si deve attendere che il tasso di natalità risentirà delle ripercussioni negative delle agitazioni sul mercato del lavoro, dato che molte donne tenderanno a non avere figli per la paura di perdere il posto di lavoro e di vedere diminuire le risorse materiali necessarie per occuparsi dei propri figli e crescerli.
In questo contesto, è responsabilità di ogni Stato membro promuovere attività che coinvolgano più generazioni, come i “centri intergenerazionali”, in cui gli anziani vengono remunerati per prendersi cura dei bambini e crescerli. Questi centri, che funzionano bene in alcuni Stati membri, consentirebbero alla donne che hanno un bambino di ritornare con rapidità al lavoro, agevolando inoltre il reintegro sul mercato del lavoro dei soggetti più anziani in pensione.
Dushana Zdravkova (PPE-DE), per iscritto. – (BG) Negli ultimi decenni la popolazione degli Stati membri dell’Unione europea è invecchiata considerevolmente. Riuscire a trovare il corretto equilibrio tra vita professionale e privata sta diventando impresa ardua per le donne. Pertanto è ancora più importante per gli Stati membri adottare iniziative tese a innalzare il tasso di natalità e prestare la dovuta attenzione alle famiglie. In questo ambito l’Unione europea potrebbe contribuire indirettamente aiutando gli Stati membri a modernizzare le proprie politiche. Considero il riconoscimento del “lavoro nascosto” uno degli importanti passi che si potrebbero compiere in questo senso.
Inoltre non possiamo ignorare il fatto che sempre più persone in età lavorativa si occupano di bambini e anziani allo stesso tempo, trovandosi quindi in una situazione precaria. Ecco perché è particolarmente importante per la Commissione proporre iniziative pratiche per il riconoscimento ufficiale delle competenze acquisite nello svolgimento di attività correlate alla cura di bambini, dei familiari a carico e alla gestione della casa, in modo tale da tener conto di tali competenze al momento della reintegrazione nel mercato del lavoro.
Oggi dobbiamo pensare al futuro di tutte quelle madri che si occupano dei loro bambini, che sono il futuro dell’Europa, e tutelarle dal rischio di vedersi riconoscere, un giorno, pensioni del tutto insufficienti, ritrovandosi in una posizione svantaggiata rispetto ad altri membri della società.
21. Appalti pre-commerciali: promuovere l’innovazione per garantire servizi pubblici sostenibili e di elevata qualità in Europa (breve presentazione)
Presidente . – L’ordine del giorno reca una breve presentazione della relazione (A6-0018/2009), presentata dall’onorevole Harbour, a nome della commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori, sugli appalti pre-commerciali: promuovere l’innovazione per garantire servizi pubblici sostenibili e di elevata qualità in Europa [2008/2139(INI)].
Malcolm Harbour, relatore. − Signor Presidente, la presenza, questa sera, del commissario Redding a rispondere a nome della Commissione risulta particolarmente appropriata, dal momento che la mia relazione è incentrata su una proposta sviluppata nel corso degli anni con i suoi servizi. Si tratta di una proposta estremamente importante, che offre possibilità di ampio respiro per l’economia europea nella sua globalità. Il mio primo messaggio al commissario stasera è una parola di ringraziamento rivolta ai suoi servizi per il ruolo guida svolto in questo ambito, anche se, a mio avviso, questa iniziativa dovrebbe essere maggiormente conosciuta. Dovrebbe infatti superare i confini della direzione generale per la società dell’informazione, come penso stia già accadendo, data la notevole importanza che riveste, in particolare a fronte del periodo economico che stiamo attraversando.
Quindi, a cosa mi sto riferendo? Il cuore della questione è rappresentato dal fatto che le autorità pubbliche dell’Unione europea stanziano ingenti fondi per l’acquisto di prodotti e servizi. Secondo le stime ogni anno vengono destinati agli appalti pubblici 1 800 miliardi di euro. Ma quanti di questi fondi vengono effettivamente destinati allo studio, alla ricerca e alla promozione dello sviluppo di nuove soluzioni alle grandi sfide cui si trovano confrontate ogni giorno le autorità pubbliche e la società, quali un servizio sanitario migliore, trasporti più efficienti, la gestione del cambiamento climatico ed edifici a maggiore efficienza energetica? I fondi europei stanziati per gli appalti legati alla ricerca e allo sviluppo sono inferiori all’1 per cento del budget totale dedicato agli appalti.
Tenendo conto dell’esplicito obiettivo posto dalla strategia di Lisbona, volto ad aumentare gli stanziamenti destinati alla ricerca e allo sviluppo al 3 per cento, il margine di manovra è ancora ampio.
Ed è proprio in questo senso che si inserisce la missione degli appalti pre-commerciali. Essenzialmente siamo alla ricerca di autorità pubbliche accorte e orientate alla ricerca in grado di generare una domanda di soluzioni alternative e di collaborare poi con aziende innovative, piccole e grandi che siano – per quanto siano soprattutto le piccole imprese a trarne effettivo vantaggio – per soddisfare il bisogno così creato. Vogliamo che questi committenti accorti sappiano guardare avanti, essere esigenti e pensare a quelle situazioni per cui non esiste ancora alcuna soluzione commerciale, ma che ben si prestano a svariate soluzioni. Tali soluzioni verrebbero sviluppate poi con il contributo finanziario di autorità pubbliche disposte a finanziare la ricerca e lo sviluppo, magari attraverso una prima fase di ricerca delle idee che sia aperta alla concorrenza, e in grado di accompagnare le soluzioni di sviluppo selezionate alla fase successiva della fattibilità, sotto forma di prodotto o di servizio da lanciare.
I vantaggi di poter disporre di un tale supporto, in particolare per le piccole imprese, e di fornire tale sostegno commerciale saranno davvero importanti per il settore nella sua globalità. Nei casi in cui è già stato adottato un sistema del genere, le aziende, anche se non hanno ideato la soluzione poi selezionata, si sono comunque viste finanziare parte delle proprie attività di ricerca e sviluppo, che possono poi continuare a sfruttare per la creazione di altri prodotti generatori di reddito.
Questa considerazione si inserisce anche sulla scia della seconda iniziativa promossa dalla Commissione, oggetto della relazione, sui mercati guida: un’iniziativa per l’Europa, nell’ambito della quale cerchiamo delle autorità pubbliche disposte a svolgere un ruolo di promotore in una serie di settori tecnologici chiave legati agli ambiti della salute e del cambiamento climatico nei trasporti. Si notano emergere i segni di una politica integrata, ma la relazione mette in chiaro la necessità di spingere sull’acceleratore della formazione, delle buone prassi e della diffusione di questa proposta. Spero che il Commissario, e in particolare il College, si lascerà ispirare da questa idea e che questo Parlamento le dia il proprio appoggio.
In conclusione, se mi consentite di rubarvi ancora qualche minuto, dato che il prossimo punto è fondamentale, vorrei sottolineare in primo luogo a questa Aula deserta che mi sono stati consegnati due pareri sulla mia relazione: uno dell’onorevole Sakalas della commissione giuridica e l’altra dell’onorevole Podimata della commissione industria. Ovviamente ai colleghi parlamentari non è consentito presentare i loro pareri in questa sede, per quanto sia davvero un peccato, dato che hanno offerto validi contributi che ho aggiunto ai miei emendamenti. Vorrei inoltre ringraziare il mio relatore ombra, l’onorevole Hasse Ferreira, per aver collaborato con me: il suo contributo è stato fondamentale.
Per concludere questa è una soluzione in cui vincono tutti: la società, i cittadini, le autorità pubbliche, le aziende, gli innovatori e l’economia europea. Ecco perché è così importante ed ecco perché, quando chiediamo alle autorità pubbliche di continuare a investire in questo periodo di crisi economica, questa proposta è ancora più importante di quanto non lo fosse quando ho iniziato a lavorare su questa relazione qualche mese fa.
Viviane Reding, membro della Commissione. − (EN) Signor Presidente, non potrei essere più d’accordo, dato che gli appalti pre-commerciali servono un duplice obiettivo. Migliorano la qualità dei servizi pubblici, ma, soprattutto, offrono molte opportunità all’industria di svolgere un ruolo di primo piano sui mercati internazionali. Quindi sono fondi ben spesi, soprattutto in tempi di crisi, quando abbiamo bisogno di aiutare la nostra industria a mettere in pratica i risultati della ricerca e a sfruttare al meglio le soluzioni e le innovazioni tecnologiche.
Sono molto lieta che il relatore, l’onorevole Harbour, sostenga, al pari della Commissione, un’idea in incubazione da molto tempo, per quanto ancora non sia stata messa in pratica. Spero davvero che la relazione del Parlamento possa fungere da motore e diventare un importante elemento da aggiungere alla nostra politica in materia di ricerca e innovazione. Suscitare una forte domanda del settore pubblico per lo sviluppo di nuovi prodotti e servizi innovativi in Europa può fare la differenza, in particolare per le nostre piccole e medie imprese. Ragion per cui accolgo con favore questa iniziativa e mi congratulo con l’onorevole Harbour per il suo lavoro.
Quali sono i prossimi passi concreti che dobbiamo compiere? A titolo di risposta immediata alle concrete raccomandazioni formulate dalla relazione, posso confermare che la Commissione sosterrà le azioni tese a promuovere la condivisione delle esperienze e la sensibilizzazione e valuterà gli strumenti da mettere in atto per fornire incentivi agli acquirenti pubblici nei diversi Stati membri al fine di attuare congiuntamente i progetti relativi agli appalti pre-commerciali.
La Commissione ha già lanciato alcuni inviti a presentare proposte, nei programmi Interreg, CIP e FP7, al fine di sostenere la creazione di reti di autorità pubbliche dedicate agli appalti pre-commerciali.
Sul medio e lungo termine, ritengo che i governi europei debbano integrare gli appalti pre-commerciali nella propria pianificazione strategica per gli investimenti pubblici. Penso che i pacchetti per la ripresa rappresenterebbero un buon inizio. Da parte della Commissione, sottolineerò questo aspetto in una comunicazione prevista per l’inizio di marzo di quest’anno, in cui proporrò una strategia rafforzata per la ricerca, lo sviluppo e l’innovazione nel settore delle TIC in Europa. Pertanto gli appalti pre-commerciali verranno inseriti nella relazione.
Come sapete, alcuni Stati membri hanno già iniziato a sperimentare con progetti pilota in materia di appalti pubblici. Nei prossimi mesi, speriamo di vederne degli altri. Invito i membri della commissione, ma anche i parlamentari di quest’Aula, a ritornare nei propri paesi e parlare degli appalti pre-commerciali ai ministri e ai comuni. Possiamo fare la differenza solo se collaboriamo. Vi ringrazio molto del vostro aiuto in questo senso.
Presidente . – La discussione su questo punto è chiusa.
La votazione si svolgerà domani.
Dichiarazioni scritte (articolo 142 del regolamento)
Zita Pleštinská (PPE-DE), per iscritto. – (SK) Promuovere l’innovazione e sviluppare l’economia della conoscenza è fondamentale per garantire servizi pubblici sostenibili e di elevata qualità. Il settore pubblico statunitense destina 50 miliardi di dollari all’anno ad appalti per la ricerca e lo sviluppo, pari a venti volte il contributo europeo. Gli Stati membri, pertanto, devono onorare il proprio impegno di investire il 3 per cento del prodotto interno lordo nella ricerca e nello sviluppo. Gli appalti pubblici rappresentano uno strumento strategico per centrare questo obiettivo.
Oggi ci sono numerosi programmi di ricerca europei, i cui risultati non sono ancora stati sfruttati dalle autorità pubbliche attraverso gli appalti pubblici. L’attuale prassi adottata nell’Unione europea si fonda sul cosiddetto sviluppo esclusivo, per cui ogni azienda detiene la titolarità delle nuove idee da essa generate.
Nonostante gli appalti pre-commerciali offrano un certo grado di semplificazione, l’intero processo è ancora molto macchinoso. Le autorità pubbliche potrebbero avvalersi della partecipazione delle università e degli istituti di ricerca. Gli Stati membri dovrebbero trarre ispirazione dalle esperienze maturate dalle agenzie europee per l’innovazione che partecipano alla ricerca e allo sviluppo.
Sono convinta che, sulla base dei suggerimenti della relazione Harbour, la Commissione saprà produrre un manuale completo e di semplice comprensione atto a fornire, alle piccole e medie imprese e alle autorità competenti nel campo degli appalti pubblici, la necessaria assistenza nella fase attuativa.
Solo attraverso una stretta cooperazione tra gli Stati membri dell’Unione europea nel campo degli appalti pubblici potremo promuovere l’innovazione e garantire servizi pubblici sostenibili e di elevata qualità.
22. Ordine del giorno della prossima seduta: vedasi processo verbale