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Procedura : 2008/2663(RSP)
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Ciclo del documento : B6-0063/2009

Testi presentati :

B6-0063/2009

Discussioni :

PV 04/02/2009 - 11
CRE 04/02/2009 - 11

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PV 05/02/2009 - 5.7
CRE 05/02/2009 - 5.7
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P6_TA(2009)0052

Discussioni
Mercoledì 4 febbraio 2009 - Strasburgo Edizione GU

11. Kosovo (discussione)
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PV
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  Presidente . L’ordine del giorno reca le dichiarazioni del Consiglio e della Commissione sul Kosovo.

 
  
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  Hannes Swoboda (PSE) . – (DE) Signora Presidente, oggi discutiamo la questione del Kosovo sulla base di una relazione estremamente esaustiva dell’onorevole Lagendijk, che ne è il relatore, ovviamente in congiunzione con le dichiarazioni della Commissione e del Consiglio.

In questo caso, al relatore non viene riconosciuto ufficialmente un tempo di parola, per quanto questo sia, a mio avviso, incredibile. Nel caso in cui il relatore rinunciasse a intervenire e presentasse solo la relazione d’iniziativa lunedì sera, allora avrebbe a disposizione quattro minuti. Non mi pare corretto. Sollecito pertanto l’Ufficio di Presidenza a valutare se un deputato che per mesi ha lavorato come relatore in seno alla commissione per gli affari esteri non debba forse vedersi riconosciuto un tempo di parola ufficiale.

In questo frangente la collega Gisela Kallenbach gli ha ceduto i suoi minuti per solidarietà verso un collega del gruppo dei Verdi/Alleanza libera europea. Forse sarebbe possibile, signora Presidente, concedere all’onorevole Kallenbach un minuto con la procedura catch the eye, ovviamente se questo rientra nelle sue facoltà. La pregherei in ogni caso di riflettere su questo problema. Occorrerebbe un dispositivo diverso per disciplinare i casi come questo.

 
  
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  Presidente . E’ senz’altro vero che bisognerebbe affrontare il problema a monte. Nel caso specifico, consiglio all’onorevole Kallenbach di richiedere il minuto di parola mediante la procedura catch the eye che risulta essere notevolmente più semplice.

 
  
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  Alexandr Vondra, presidente in carica del Consiglio. Signora Presidente, sono lieto che mi sia data questa occasione per fare il punto sugli ultimi sviluppi in Kosovo. Tra due settimane, esattamente il 17 febbraio 2009, ricorre il primo anniversario della dichiarazione d’indipendenza del Kosovo e questa discussione cade proprio al momento opportuno. In questo anno, il Kosovo ha approvato la sua costituzione e posto in essere un quadro normativo e istituzionale completamente rinnovato. La dichiarazione d’indipendenza ha creato una situazione nuova e nuove sfide per la comunità internazionale – e in particolare per l’Unione europea.

Le divergenze tra gli Stati membri dinanzi a questa dichiarazione d’indipendenza non pregiudicano in alcun modo gli obiettivi politici generali dell’Unione. Il nostro impegno rimane quello di aiutare lo sviluppo economico e politico del Kosovo nel quadro dell’obiettivo più ampio di garantire una stabilità duratura per l’intera area balcanica.

Nel caso del Kosovo, ciò significa in particolare fornire assistenza per il rafforzamento dello stato di diritto, il rispetto dei diritti umani e la salvaguardia delle minoranze, nonché incoraggiare lo sviluppo economico e contribuire alla salvaguardia del suo ricco patrimonio culturale e religioso.

Significa altresì che il Kosovo deve essere collocato nel quadro più ampio definito per i Balcani occidentali al vertice di Salonicco del 2003. La politica di promozione di una prospettiva europea per tutti i paesi dei Balcani occidentali, convenuta in tale occasione, è stata più volte riconfermata, da ultimo anche nella riunione del Consiglio lo scorso 8 dicembre.

Una prova del nostro impegno protratto è data dalla designazione tempestiva, all’inizio dello scorso anno, di Pieter Feith come rappresentante speciale dell’UE a Pristina; avrete occasione di incontrarlo a breve nella commissione per gli affari esteri. Il compito suo e della sua équipe consiste nel fornire un prezioso aiuto in loco che ci consenta di conseguire tutti i nostri obiettivi politici.

Di recente, ai primi di dicembre 2008, è stato conferito il mandato all’EULEX, la missione civile PESD più ambiziosa del momento. Come scopo principale la missione si prefigge di assistere e sostenere le autorità del Kosovo nella creazione di uno stato di diritto, in particolare tramite il potenziamento del comparto giudiziario e doganale e della polizia.

La nostra sfida più importante nei mesi a venire consisterà nell’intensificare il nostro impegno in Kosovo, specialmente mediante la piena messa a regime di EULEX. Siamo abbastanza realistici da renderci conto che il 2009 porterà con sé una congrua parte di difficoltà e ostacoli.

Anche le istituzioni kosovare dovranno superare numerose criticità nel dare corpo al loro impegno per lo sviluppo di un Kosovo stabile, multietnico e democratico. L’aiuto della comunità internazionale è fondamentale per consentire al Kosovo di integrarsi appieno nell’area balcanica.

La Commissione ha annunciato che nel corso dell’anno presenterà uno studio in cui saranno proposte soluzioni per promuovere la crescita politica e socio-economica del Kosovo. Il Consiglio ha plaudito a questa iniziativa che dovrebbe offrire nuove opportunità per costruire a partire da quanto è già stato realizzato, facendo tesoro dell’esperienza che matureremo nei prossimi mesi.

La situazione nel Kosovo settentrionale rimarrà senz’altro critica anche nei prossimi mesi e dovrà essere oggetto di particolare attenzione. E’ stato possibile contenere le recenti tensioni etniche a Mitrovica, all’inizio di gennaio, che avrebbero potuto diventare altrimenti un grave elemento di disturbo. L’intervento ragionevolmente contenuto delle autorità di Pristina è stato un segnale incoraggiante. Nondimeno, tali incidenti ci ricordano che permane un rischio costante di destabilizzazione in quest’area. Continueremo a seguire da vicino la situazione, in particolare nella parte settentrionale del paese.

La presidenza è grata per l’interessamento costante dei deputati di questo Emiciclo e per il sostegno che prestate al ruolo dell’Unione europea nella regione. In particolare appoggio il progetto di risoluzione proposto in questa parte della seduta. Il Parlamento ci incoraggia esprimendo un forte consenso per i nostri sforzi nella regione e per l’impegno dell’Unione nello stabilizzare il Kosovo entro un contesto regionale più ampio.

La presidenza non mancherà di tenervi al corrente, sia tramite le discussioni periodiche in plenaria che mediante esposizioni più dettagliate in seno alle commissioni. Per questa primavera abbiamo diversi progetti, tra cui quello di dedicare al tema dei Balcani occidentali la riunione informale dei ministri degli Affari esteri “Gymnich”, che si terrà a fine marzo. So che Pieter Feith parteciperà alla riunione della commissione per gli affari esteri della prossima settimana; egli potrà aggiornarvi nel dettaglio sugli ultimi sviluppi avvenuti in loco.

 
  
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  Meglena Kuneva, membro della Commissione. Signora Presidente, è trascorso appena un anno dalla dichiarazione d’indipendenza e la situazione in Kosovo – e nell’intera regione dei Balcani occidentali – può definirsi nel complesso stabile e sotto controllo, fatta eccezione per alcuni incidenti.

La presenza dell’Unione europea in Kosovo sta diventando sempre più tangibile e subentra a quella delle Nazioni Unite. Il rappresentante speciale dell’UE è stanziato a Pristina, mentre la missione per lo stato di diritto (EULEX) interviene in tutto il Kosovo e diventerà pienamente operativa dalla fine di marzo.

Un Kosovo stabile e multietnico è una delle priorità chiave dell’Unione europea. Per il Kosovo, il modo migliore di muoversi verso l’integrazione europea rimane la creazione di una società democratica e multietnica in cui vige lo stato di diritto, che coopera pacificamente con i paesi confinanti e contribuisce così alla stabilità regionale ed europea. Questo presuppone la messa in atto di provvedimenti a tutela di tutte le comunità nazionali del Kosovo quale base per uno sviluppo economico e politico sostenibile.

Le autorità hanno ritenuto che la relazione intermedia stilata dalla Commissione nel novembre 2008 fosse una valutazione equa e obiettiva dei risultati ottenuti e delle sfide future. Le autorità del Kosovo si sono impegnate a lavorare e cooperare con la Commissione per affrontare queste criticità. Abbiamo stanziato risorse ingenti per il Kosovo nel quadro dello strumento di assistenza preadesione (IPA) che rappresentano una frazione dei 1,2 miliardi di euro promessi alla conferenza dei donatori del luglio 2008.

Nel 2008, lo strumento di assistenza preadesione ha finanziato progetti in Kosovo per un totale di 185 milioni di euro, pari a tre volte l’importo stanziato nel precedente anno. Nel 2009 erogheremo altri 106 milioni di euro. La gestione di questo denaro è affidata in via esclusiva all’ufficio di collegamento della Commissione a Pristina che è ormai perfettamente operativo, munito di tutti i sistemi di controllo necessari e pronto a subentrare all’Agenzia europea per la ricostruzione.

La Commissione guarda con favore al progetto di risoluzione che il Parlamento europeo sta discutendo oggi. Il testo affronta svariati argomenti di cui noi condividiamo l’importanza, come per esempio la tutela del patrimonio culturale del Kosovo, l’incremento di risorse umane nell’amministrazione pubblica, un’integrazione migliore tra le comunità, l’importanza di una scuola multietnica e il problema delle famiglie rom che risiedono nei campi profughi contaminati da piombo a nord del paese.

La Commissione prende in seria considerazione tutti questi aspetti. Forse posso dedicare qualche parola a ciascuno di essi.

Dal 2004, la Commissione finanzia, in stretta collaborazione con il Consiglio d’Europa, il recupero del patrimonio religioso e culturale tramite un programma finanziato con una dotazione di 10 milioni di euro. Nel 2008 e 2009 i finanziamenti comprenderanno anche 2,5 milioni di euro per altri progetti. A nostro avviso questo è un aspetto cruciale per la riconciliazione e abbiamo sostenuto la creazione di una banca dati sul patrimonio culturale del Kosovo. Anche i cimiteri potrebbero essere inclusi in questo discorso al fine di garantirne un restauro e una conservazione adeguati.

Vorrei esprimere la nostra gratitudine al Parlamento europeo per l’ulteriore importo di 3 milioni di euro stanziato all’interno del bilancio UE del 2008 per il recupero del patrimonio culturale nelle aree colpite dalla guerra nei Balcani occidentali. La metà di tale somma – 1,5 milioni di euro – è stata destinata al Kosovo ed è confluita in un progetto congiunto con il ministero della Cultura nella cittadina multietnica di Prizren.

Ringraziamo anche per l’importo aggiuntivo destinato a questa linea di bilancio per il 2009. Nell’ambito dello strumento di preadesione 2007, la Commissione sta realizzando alcuni progetti mirati ad agevolare il rimpatrio e la reintegrazione degli sfollati e dei profughi in Kosovo, per complessivi 3,3 milioni di euro. Abbiamo previsto anche ulteriori finanziamenti: 4 milioni di euro nell’ambito dello strumento di preadesione del 2008 e altri 2 milioni di euro nell’ambito di quello del 2009. Questo denaro sarà impiegato anche per migliorare le condizioni locali ai fini della reintegrazione dei rimpatriati nella vita sociale ed economica locale.

Le pari opportunità sono un altro tema prioritario. La Commissione ha fornito assistenza tecnica all’Agenzia per le pari opportunità del Kosovo, oltre a sostenere, tramite lo strumento europeo per la democrazia e i diritti umani, le attività di svariate organizzazioni non governative locali che lavorano per le pari opportunità e i diritti delle donne.

Per quanto attiene al potenziamento dell’amministrazione pubblica, la Commissione vigila sull’attuazione della strategia e del piano d’azione del Kosovo per la riforma della pubblica amministrazione. Abbiamo ribadito alle autorità l’urgenza di varare una normativa sul pubblico impiego. Grazie al nostro coinvolgimento nella creazione di una scuola regionale per la pubblica amministrazione stiamo cooperando anche con l’Istituto del Kosovo per la pubblica amministrazione. Un sostegno particolare è stato garantito al ministero per le Amministrazioni locali tramite un progetto con una dotazione di quasi 1 milione di euro.

La Commissione è fortemente coinvolta nella riforma del sistema scolastico kosovaro. La nostra copertura finanziaria è molto vasta e mirata a migliorare le condizioni materiali e la qualità dell’insegnamento nel ciclo primario, secondario e terziario, nonché nel settore della formazione professionale, oltre che a valorizzare la multiculturalità quale requisito essenziale per la riconciliazione.

A seguito della conferenza dei donatori lo scorso luglio, la Banca mondiale ha istituito un fondo fiduciario di più donatori, destinato al settore sociale in generale, inclusa la pubblica istruzione. Con 5 milioni di euro, la Commissione figura tra i più importanti donatori del fondo. Nel complesso, gli aiuti UE per l’istruzione in Kosovo nel periodo 2006-2010 ammonteranno a 30,5 milioni di euro. Provvederemo a finanziare anche l’apertura di un college universitario europeo multietnico non appena i portatori d’interesse locali avranno convenuto come rendere questo progetto sostenibile.

La grave situazione delle famiglie rom nei campi profughi contaminati dal piombo nelle aree a nord del paese rimane un problema grave. La Commissione è attiva nella ricerca di una soluzione rapida e sostenibile che possa risultare accettabile a tutti. Abbiamo chiesto ripetutamente alle parti coinvolte di non strumentalizzare la questione e di intervenire tenendo a mente il benessere delle famiglie rom.

Per concludere, ricordiamo che il Kosovo partecipa ai nostri programmi per più beneficiari che comprendono l’area dei Balcani occidentali e la Turchia, tramite i quali è stata finanziata la procedura di registrazione anagrafica dei rom. Il nostro sostegno ai rom in Kosovo si estende anche all’ambito dell’istruzione. In congiunzione con il Consiglio d’Europa finanziamo un’istruzione di qualità per i bambini rom, anche nella loro lingua madre.

A mio avviso, quanto fatto è in perfetta sintonia con le vostre proposte. Ringrazio tutti gli onorevoli deputati di questo Parlamento per l’attenzione accordatami e rimango in attesa delle vostre domande.

 
  
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  Doris Pack, a nome del gruppo PPE-DE. – (DE) Signora Presidente, mi complimento con il relatore e anche con il relatore ombra, poiché credo che insieme siamo riusciti a elaborare un’ottima risoluzione.

Nel documento ci appelliamo al Consiglio e alla Commissione affinché in Kosovo si articoli un’azione comune, in cui EULEX operi in accordo con il rappresentante speciale dell’Unione europea, creando effetti sinergici nell’interesse di una vita economica e sociale più ricca in Kosovo.

La missione EULEX deve peraltro assicurare la ripresa e la conclusione dei procedimenti giudiziari che si trascinano ormai da anni. Sono ancora numerose le atrocità commesse che non sono state denunciate e pertanto neppure sottoposte a giudizio. Anche la corruzione locale deve essere contrastata. In Kosovo rimangono ancora moltissimi criminali a piede libero e impuniti.

Oltre a quanto ci è stato già descritto, l’Unione europea deve pensare senz’altro a intervenire a livello regionale, ma anche su piccola scala; occorre pensare alla vita quotidiana delle persone ed esplorare le opportunità per progetti locali che coinvolgono la gente del luogo. Questo tipo di lavoro è molto importante.

Dobbiamo appellarci al governo del Kosovo affinché si passi all’attuazione pratica della costituzione che comprende tra l’altro il piano Ahtisaari. Le persone in Kosovo devono percepire una convivenza reale nella vita quotidiana, devono capire che serbi, albanesi e i membri delle altre minoranze del Kosovo vanno considerati cittadini con pari diritti.

Il governo del Kosovo deve proseguire il processo di decentramento. Ovviamente sono molto favorevole all’istituzione di un college universitario europeo e multietnico che, insieme alle università di Pristina e di Mitrovica, sia un’istituzione congiunta orientata verso un futuro comune.

Inoltre desidero, com’è naturale, che la Serbia capisca infine che i serbi del Kosovo non vogliono essere incitati ad autoescludersi dal governo. Al contrario, essi devono partecipare al governo, all’attività parlamentare e alla vita civile. Solo così il Kosovo potrà rifiorire.

 
  
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  Csaba Sándor Tabajdi, a nome del gruppo PSE. – (FR) Signora Presidente, parlo a nome del gruppo socialista al Parlamento europeo. Abbiamo constatato che la situazione in Kosovo sta migliorando. Dobbiamo rendere merito alla presidenza ceca e alla Commissione della loro buona collaborazione. Sottoscrivo appieno quanto affermato dall’onorevole Pack in merito alla missione EULEX: essa rappresenta una sfida enorme per la politica europea di sicurezza e di difesa, una delle maggiori sfide mai affrontate nella storia dell’Unione europea in quanto Comunità di diritto.

E’ positivo che la dichiarazione del presidente del Consiglio di sicurezza fosse supportata da una base giuridica e che il governo serbo l’abbia accolta con favore. Esisteva un accordo tacito da parte di Cina e Russia, che in passato avevano respinto qualsiasi tentativo di regolamentare il conflitto.

E’ fondamentale che EULEX possa cooperare in armonia con le parti interessate in Kosovo. Non bisogna ripetere gli errori commessi dalla missione MINUK che ha sperperato parecchio denaro e si è alienata il favore della popolazione locale. L’onorevole Pack ha menzionato anche questo argomento. E’ molto importante stabilire una ripartizione chiara delle competenze tra il governo e il parlamento kosovaro, da una parte, e EULEX dall’altra.

Non possiamo assumerci la responsabilità dello sviluppo del Kosovo. La presenza della missione EULEX nel nord del paese è molto importante per evitare la separazione di quest’area. Inoltre, l’attuazione completa dei dispositivi costituzionali in conformità al piano Ahtisaari è un elemento determinante per le minoranze.

 
  
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  Johannes Lebech, a nome del gruppo ALDE. – (DA) Signora Presidente, desidero esprimere innanzi tutto la mia grande soddisfazione per questo progetto di risoluzione e ringraziare l’onorevole Lagendijk per il suo lavoro eccellente. Il risultato è un testo ben equilibrato e puntuale che nel contempo riesce ad affrontare tutti i problemi principali. Con questa risoluzione, noi del Parlamento europeo lanciamo prima di tutto un segnale alla popolazione del Kosovo e alle nazioni dei Balcani occidentali, diciamo loro: ”Non vi abbiamo dimenticati, fate parte dell’Europa”. Queste non sono parole vacue e senza significato concreto. La missione EULEX, la più importante missione della politica europea di sicurezza e di difesa mai avviata sinora, è già operativa. Con soddisfazione riscontriamo che la missione gode del sostegno delle Nazioni Unite e copre l’intero paese.

Con questa risoluzione, il Parlamento europeo sostiene il Kosovo e la missione. Precisiamo anche gli ambiti in cui gli Stati membri dell’UE possono aiutare il Kosovo. Mi riferisco agli aiuti speciali mirati a sviluppare la pubblica amministrazione, rafforzare la società civile e attuare progetti per la scuola. Indichiamo anche gli ambiti in cui il governo del Kosovo deve migliorare – per esempio viene menzionata la tutela delle minoranze – perché siamo seriamente intenzionati a sostenere il Kosovo nel suo tentativo di fondare una società democratica. Una società che rispetti le minoranze e possa coesistere in pace con i paesi confinanti. A essere in gioco non è solo il futuro del Kosovo, ma l’avvenire di tutti i Balcani e dell’Europa intera. La strada da percorrere è lunga e impervia ma punta in un’unica direzione, verso l’Unione europea e la piena integrazione del Kosovo, come pure del resto dei Balcani occidentali, nel quadro della cooperazione europea.

 
  
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  Ryszard Czarnecki, a nome del gruppo UEN. – (PL) Signora Presidente, il peccato originale commesso con la nascita di questo nuovo paese, il Kosovo, è che agli occhi della minoranza serba in Kosovo e Metochia, oltre che della Serbia stessa, questo Stato e tutta la sua maggioranza mussulmana sono contro i serbi. Questa mentalità ha probabilmente influito sui rapporti tra Belgrado e Pristina, oltre a determinare senz’altro i rapporti tra il popolo kosovaro e i serbi che vivono nelle enclave di etnia serba.

Se i diritti culturali, scolastici e religiosi della minoranza serba non saranno rispettati, i rapporti bilaterali tra il Kosovo e la Serbia, oltre che con altri paesi dei Balcani, diventeranno più difficili e l’adesione all’Unione europea più remota.

Sottoscrivo quanto dichiarato dall’onorevole Lebech che è intervenuto prima di me. Il governo del Kosovo deve capire che il rispetto dei diritti delle minoranze è un requisito per l’Europa. Dobbiamo attenerci strettamente a questi principi e mantenere a questo riguardo un occhio vigile sui nostri interlocutori in Kosovo.

 
  
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  Joost Lagendijk, a nome del gruppo Verts/ALE. – (NL) C’è voluto quasi un anno prima che EULEX fosse nella posizione di svolgere il proprio mandato originario. E’ bene rammentare brevemente oggi quale fosse tale mandato.

EULEX, la più grande missione europea al momento – come ha già rammentato qualcuno – doveva operare ed essere attiva in tutto il Kosovo, sia sulla sponda settentrionale che su quella meridionale del fiume Ibar. EULEX doveva intervenire in tre ambiti: dogane, polizia e giustizia. Era fondamentale che non ci fosse nessuna, e dico nessuna, relazione ambigua tra EULEX e UNMIK, l’organizzazione delle Nazioni Unite. Lasciamo stare che le attività di EULEX avrebbero causato una divisione del paese tra nord e sud; questo non era assolutamente nelle intenzioni della missione.

Per molto tempo è sembrato che il mandato originale non potesse essere rispettato a causa del noto blocco in seno al Consiglio di sicurezza. Appena dallo scorso novembre ha cominciato ad aprirsi uno spiraglio che lasciava sperare per il meglio. Adesso, due o tre mesi dall’avvio vero e proprio delle attività previste, sarebbe opportuno fare il punto della situazione e valutare se le cose funzionano ovvero, più cautamente, se sembrano funzionare.

La polizia kosovara è entusiasta della cooperazione eccellente che si svolge tramite EULEX. Gli uffici doganali sono stati finalmente ripristinati e sono di nuovo operativi dopo che, specialmente nella parte settentrionale del paese, erano stati distrutti da incendi appiccati dalla minoranza serba. Inoltre sono stati fatti i primi passi per smaltire l’enorme arretrato di procedimenti giudiziari relativi a violenze interetniche ed episodi di corruzione; ciò dimostra ancora una volta che le attività dell’EULEX vanno a beneficio di tutte le comunità e non solo degli albanesi o dei serbi.

Spero sinceramente che i progressi compiuti da EULEX nell’ultimo paio di mesi saranno sostenuti in maniera costruttiva. Mi auguro altresì che Belgrado si renda conto che, piuttosto di tentare costantemente di riscrivere la storia, è di gran lunga più efficace impostare un lavoro costruttivo con l’Unione europea. Soprattutto, spero che le autorità kosovare riescano a fare fronte alla valanga di problemi che ancora le assillano. Prima o dopo la corruzione sarà estirpata, come pure il crimine organizzato che ancora oggi è smisuratamente imperante in Kosovo. Prima o dopo il Kosovo disporrà di un approvvigionamento energetico duraturo, basato sulla legislazione UE, e prima o dopo l’economia kosovara decollerà.

Il Kosovo è un paese indipendente e, che piaccia o meno a questo Parlamento, non tornerà sui suoi passi. Noi, l’Unione europea, avremo solo da guadagnare da un Kosovo che si sviluppi come stato funzionante. Questo spiega la nostra presenza lì e la necessità di rimanervi.

 
  
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  Tobias Pflüger, a nome del gruppo GUE/NGL. – (DE) Signora Presidente, il gruppo confederale della Sinistra unitaria europea/Sinistra verde nordica respinge la risoluzione proposta. La maggioranza dei paesi UE, anche se non tutti, hanno riconosciuto il Kosovo contravvenendo al diritto internazionale. Il mio gruppo insiste affinché qualsiasi disposizione in merito al Kosovo sia conforme al diritto internazionale e sia posta in essere con il comune assenso di tutte le parti interessate, Serbia compresa. Il riconoscimento del Kosovo ha creato un precedente pericoloso. Altri ne hanno seguito l’esempio, si veda l’Ossezia meridionale e l’Abkahzia.

L’Unione europea ha avviato in Kosovo la missione EULEX. Il mio gruppo è contrario a questa missione, basata sul riconoscimento illegittimo del Kosovo e tesa a creare una sorta di protettorato dell’Unione europea. EULEX ha – e qui cito – “alcune funzioni esecutive”. Per esempio, i funzionari dell’EULEX possono annullare a loro discrezione le decisioni delle autorità kosovare. EULEX consta anche di 500 poliziotti antisommossa. Lo scorso 26 gennaio, EULEX e KFOR hanno condotto insieme un’esercitazione antisommossa. Ciò dimostra, purtroppo, l’esistenza di una collaborazione molto stretta tra l’Unione europea e la NATO in Kosovo.

L’Unione europea e altri promuovono anche una crescita neoliberale dell’economia kosovara, in contrasto con quanto auspicato invece dalla popolazione locale. Per i motivi elencati noi chiediamo soluzioni conformi al diritto internazionale e un chiaro voto di opposizione alla missione EULEX dell’UE. Se vogliamo davvero aiutare la popolazione locale, non potremo certo farlo mediante questa missione.

 
  
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  Bastiaan Belder, a nome del gruppo IND/DEM. – (NL) Quando mi sono recato in Kosovo per lavoro due mesi fa, ho capito perché molti hanno difficoltà a giustificare la presenza internazionale nel paese. Ho avuto anche l’impressione che le diverse entità non riuscissero, dopotutto, a collaborare molto bene tra loro.

Le istituzioni europee non dovrebbero limitarsi a scrollare le spalle. Ci siamo dentro fino al collo; con la missione EULEX, l’Europa deve rispondere della situazione sul terreno. EULEX dovrebbe essere più assertiva e aiutare le autorità kosovare in qualsiasi frangente possibile, a prescindere che tale aiuto venga richiesto o meno.

Vorrei fare due considerazioni. Innanzi tutto, esorto gli Stati membri che ancora non hanno riconosciuto il Kosovo a rivedere la loro posizione. E’ impossibile che il Kosovo ritorni entro i confini della Serbia. In secondo luogo, chiedo un piano generale per i Balcani occidentali che intervenga praticamente in tutti i paesi coinvolti e li aiuti a prepararsi all’adesione all’Unione europea. Questo è l’impegno dell’Europa nei confronti dei Balcani occidentali.

 
  
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  Bernd Posselt (PPE-DE) . – (DE) Signora Presidente, in qualità di relatore ombra del gruppo del Partito popolare europeo (Democratici-Cristiani) e dei Democratici europei, plaudo all’eccellente testo del collega Lagendijk. Siamo favorevoli al processo di riforma in Serbia e rispettiamo ovviamente lo strenuo numero di Stati membri dell’UE che non hanno riconosciuto il Kosovo in ottemperanza al diritto internazionale.

Ma badate che sarebbe illusorio pensare di potere invertire il corso degli eventi. Tre quarti di quest’Aula sono stati favorevoli al riconoscimento del Kosovo. Il paese è stato riconosciuto dalla Commissione, da 23 dei 27 Stati membri, da tutti i paesi del G7, da quattro delle sei repubbliche della ex Iugoslavia e da tre dei quattro Stati che confinano con il Kosovo.

Ciò dimostra l’irreversibilità di questo processo. Pertanto è importante concentrarsi sul futuro, tanto più che si profilano numerosi pericoli. Il primo e principale pericolo è quello di una scissione del Kosovo. Finora la divisione della ex Iugoslavia è avvenuta lungo le vecchie linee di confine delle repubbliche o i vecchi confini delle regioni autonome che esistevano all’interno della Iugoslavia. Se si dovesse rimettere mano alla cartina geografica, per esempio a Mitrovica, allora anche gli albanesi della valle di Preševo in Serbia, gli abitanti di Novi Pazar e altri ancora comincerebbero a mettere in discussione le attuali linee di confine. Verrebbe così a instaurarsi una tendenza estremamente pericolosa.

E’ più sensato attenersi al piano Ahtisaari, che mantiene i vecchi confini interni iugoslavi e garantisce un’ampia tutela reciproca delle minoranze. La tutela delle minoranze proposta dall’ex piano Ahtisaari, oggi inclusa nella costituzione del Kosovo, è la più completa al mondo. I serbi del Kosovo dovrebbero sfruttare questa opportunità e avvalersi di questa tutela delle minoranze.

Signor Presidente in carica del Consiglio, come lei sa, io stesso appartengo a una minoranza che a suo tempo è stata strumentalizzata per gli scopi di altri; i serbi del Kosovo dovrebbero evitare di fare la medesima fine. Un altro pericolo è rappresentato dal caos e dalla corruzione. A tale proposito posso solo dire che dobbiamo rafforzare l’EULEX, visto che l’UNMIK non è stato la soluzione bensì una parte del problema.

 
  
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  Hannes Swoboda (PSE) . – (DE) Signora Presidente, il collega Lagendijk si trova nella medesima situazione del Kosovo: esiste ma non viene riconosciuto da tutti come relatore, pur essendolo de facto. A fronte di ciò desidero ringraziarlo sentitamente, anche a nome del collega Tabajdi, per la sua relazione.

Per quanto attiene il riconoscimento del Kosovo, non siamo ancora al punto in cui alcuni – anche nel Kosovo stesso – avrebbero desiderato. Dobbiamo inoltre riconoscere che questa situazione è stata dolorosa per la Serbia. Non è opportuno gettare altra benzina sul fuoco. Dovremmo piuttosto lavorare affinché gli eventi si sviluppino tramite un processo pacifico. Sono molto lieto che i responsabili serbi abbiano tentato, dopo alcune esternazioni drastiche iniziali, di legalizzare e neutralizzare la questione, dando così una chance anche alla missione EULEX. Ai detrattori della missione EULEX chiedo quale sarebbe la situazione della minoranza serba e delle altre minoranze in Kosovo se non esistesse tale missione?

Dal punto di vista della minoranza serba o della Serbia, non avrebbe senso osteggiare la missione EULEX. Mi pare pertanto grottesco che qui in Parlamento ci siano sostenitori della Serbia che condannano la missione EULEX. Tuttavia è pur vero che rimangono alcune questioni aperte. Anche i responsabili politici del Kosovo devono impegnarsi a mettere in atto quanto proposto. Il nostro compito e il nostro obiettivo, su cui ci esprimeremo domani mediante questa relazione, è di ottenere l’esecuzione del piano Ahtisaari in tutti i suoi aspetti.

Da ultimo ribadisco che dovremmo promuovere l’integrazione dell’intera regione. Certo, tutti i paesi coinvolti devono fare la loro parte. Un coinvolgimento della Serbia e della Macedonia nel processo d’integrazione incrementa le nostre possibilità di risolvere la questione del Kosovo e tutte le problematiche annesse. Solo tramite l’integrazione di tutti i paesi della regione si potranno creare i presupposti per uno sviluppo pacifico anche del Kosovo.

 
  
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  Annemie Neyts-Uyttebroeck (ALDE) . – (NL) Considerato che tutti i deputati intervenuti conoscono la situazione del Kosovo bene, molto bene o benissimo, non occorre dilungarsi ulteriormente nel tentativo di persuaderci che possediamo una buona conoscenza dei fatti.

Dovremmo piuttosto compiacerci perché il primo anno d’indipendenza del Kosovo è trascorso relativamente tranquillo, meglio di quanto molti temessero. Desidero esprimere anche la mia soddisfazione per la missione EULEX, finalmente divenuta operativa grazie alla buona volontà di molti e la perizia adoperata in seno al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Dal successo della missione dipenderanno molte cose, poiché il Kosovo è stato un protettorato per dieci anni prima di acquisire l’indipendenza. A tutti noi sta a cuore adesso guidare il Kosovo verso l’età adulta.

 
  
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  Sylwester Chruszcz (UEN) . – (PL) Signora Presidente, una decisione presa unilateralmente dalla comunità albanese ha causato la separazione della provincia del Kosovo dalla Serbia. Dal mio punto di vista, questo comportamento rappresenta una violazione senza precedenti del diritto internazionale. Peraltro, questa decisione ha avuto altre ripercussioni, come dimostrato dagli eventi occorsi nel Caucaso l’anno scorso.

Desidero rammentarvi che le Nazioni Unite non hanno riconosciuto la decisione degli albanesi kosovari. La risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite è tuttora in vigore. Pertanto vi sconsiglio di prendere alcuna decisione prima che sulla questione si sia pronunciato il Tribunale penale internazionale de L’Aia. A quel punto conosceremo lo status legale effettivo di una provincia che, secondo il diritto internazionale, fa ancora parte integrante della Repubblica di Serbia.

Vorrei richiamare la vostra attenzione sulla situazione drammatica in cui versa tuttora la comunità serba nell’autoproclamata Repubblica del Kosovo. Ammettiamolo: la decisione di alcuni Stati membri dell’Unione europea di riconoscere il paese si è rivelata un errore fatale. Non vi è dubbio che il Kosovo appartenga alla Serbia.

 
  
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  Erik Meijer (GUE/NGL) . – (NL) Da quando il Kosovo ha proclamato la propria indipendenza quasi un anno fa, l’Unione europea si è spaccata in due. La Grecia è indecisa, mentre Spagna, Romania, Slovacchia e Cipro non riconoscono la sua indipendenza per questioni interne. Il progetto comune EULEX con cui l’Unione europea spera di incrementare la propria influenza nel Kosovo appare più che altro come un sistema per occultare questa divisione interna.

EULEX potrebbe rivelarsi vantaggiosa per l’Unione europea, ma si può dire altrettanto per il Kosovo? La popolazione del Kosovo vorrebbe aderire quanto prima all’Unione europea come Stato membro a tutti gli effetti. Dopo avere trascorso quasi un secolo sotto il dominio serbo, i kosovari non vogliono ovviamente nuove interferenze dall’esterno. Un progetto come EULEX avrebbe forse potuto rivelarsi utile per un periodo limitato, nei primi mesi del 2008, al fine di evitare uno stato di anarchia. Quella fase si è ormai conclusa. L’arrivo tardivo di EULEX dà la netta impressione che l’Unione europea voglia trasformare il Kosovo in un suo protettorato, con una presenza militare e un’influenza amministrativa, come è già accaduto in Bosnia-Erzegovina, dove questa politica non ha avuto granché successo.

Per garantire un futuro armonioso e di pace al Kosovo non è sufficiente coinvolgere solo l’attuale governo e i partiti al potere. Altre forze importanti sono il movimento per l’autodeterminazione Vetëvendosje a sud, che considera l’iniziativa UE un’inutile forma di colonialismo, e i rappresentanti dei serbi nei comuni a settentrione del fiume Ibar, che fanno tutto il possibile per mantenere un legame duraturo con la Serbia. Se ignoriamo queste forze critiche nei confronti dell’EULEX non potremo giungere a una soluzione definitiva. Il futuro del Kosovo è assicurato meglio tramite compromessi interni sostenuti da un vasto consenso piuttosto che da un’esibizione dimostrativa di forza da parte dell’Unione europea.

 
  
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  Patrick Louis (IND/DEM) . – (FR) Signor Presidente, onorevoli colleghi, dieci anni fa la NATO bombardava a tappeto Belgrado, di certo per celebrare i propri cinquant’anni di esistenza e ridefinire il proprio ambito di competenza altrimenti circoscritto dalla Convenzione di Washington. Tali bombardamenti furono effettuati in violazione del diritto internazionale, ovvero senza il previo accordo delle Nazioni Unite.

Un anno fa Pristina ha dichiarato unilateralmente l’indipendenza del Kosovo, calpestando così la sovranità della Repubblica federale di Iugoslavia, a dispetto del fatto che la sovranità e l’integrità territoriale di quest’ultima fossero state ribadite dalla risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza dell’ONU.

Oggi la missione europea EULEX, affiancata da esperti americani, spera che il Kosovo possa diventare un giorno uno stato di diritto. Se la situazione non fosse drammatica ci si potrebbe domandare con un pizzico d’ironia come, con simili presupposti, si potrebbe sperare di ottenere un siffatto risultato.

Nel frattempo chiediamo alla missione di vigilare affinché la minoranza nazionale serba sia rispettata e salvaguardata sulla terra dei suoi avi. Questo ci sembrerebbe un buon inizio verso il ripristino di una situazione di legittimità.

 
  
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  Anna Ibrisagic (PPE-DE) . (SV) Sono nata nei Balcani. Ho seguito da vicino i disordini in Kosovo alla fine degli anni Ottanta. Ho assistito alla costituzione di Slovenia e Croazia come stati indipendenti e ho vissuto la guerra dei primi anni Novanta. Ho vissuto sulla mia pelle la guerra in Bosnia, fino al momento in cui ho abbandonato il paese con lo status di rifugiata. So che è estremamente facile cominciare una guerra, ma so anche che è molto più difficile stabilire la pace e ripristinare la fiducia reciproca tra le persone.

La situazione attuale del Kosovo sarà decisiva per le generazioni future della regione proprio per quanto riguarda il ripristino della fiducia tra gruppi etnici diversi. Mi compiaccio che l’onorevole Lagendijk abbia dichiarato a chiare lettere nella risoluzione che dovremmo lasciarci alle spalle le discussioni in merito all’indipendenza del Kosovo e i contrasti attorno a questo tema.

Adesso dobbiamo dedicare il nostro tempo e le nostre energie a discutere su come rafforzare la parità di diritti tra tutte le comunità affinché possano vivere in pace e lavorare per creare un futuro migliore per il Kosovo. Dobbiamo concentrarci su una tutela efficace delle minoranze e su come migliorare le condizioni economiche e contrastare la diffusione della corruzione e del crimine organizzato.

Tutti in Kosovo dovrebbero impegnarsi personalmente nel contribuire a fermare la violenza tra gruppi etnici. I tribunali dovrebbero garantire la giustizia contro i crimini di guerra. Alcuni deputati di questo Parlamento si rammaricano della presenza e del coinvolgimento dell’Unione europea in Kosovo, ma chi ha vissuto le guerre nei Balcani si rammarica invece che l’Unione europea non sia intervenuta con maggiore chiarezza e intensità.

Rimane ancora tantissimo lavoro da fare e sarà necessario molto tempo, ma lo scopo ultimo è quello di ripristinare la fiducia tra le persone, affinché le generazioni future possano avere l’opportunità di studiare, vivere e lavorare insieme, in pace, nel rispetto delle differenze reciproche. Questa in fondo è l’idea su cui si regge l’Europa.

(Applausi)

 
  
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  Libor Rouček (PSE) . – (CS) Desidero soffermarmi brevemente sul ruolo della Serbia. Nonostante una difficile situazione interna, il governo serbo ha adottato un atteggiamento molto costruttivo e responsabile nei confronti dello spiegamento della missione EULEX in Kosovo. In accordo con le Nazioni Unite ha anche contribuito alla designazione di un dirigente di nazionalità serba presso le forze di polizia del Kosovo. Credo fermamente che questo sia il modo giusto per garantire la graduale integrazione dei serbi kosovari e delle altre minoranze nella vita politica, economica e sociale del paese. In questo contesto vorrei anche invitare l’Alto rappresentante dell’Unione europea a garantire che le autorità del Kosovo dedichino sufficiente attenzione allo sviluppo multilaterale dell’area di Mitrovica. E condivido il punto di vista di Anna Ibrisagic, secondo cui in Kosovo occorre dedicare ora molta più attenzione di prima alla sicurezza e alla situazione economica, oltre che allo sviluppo economico.

 
  
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  Nicholson of Winterbourne (ALDE) . – (EN) Signora Presidente, desidero ringraziare l’onorevole Lagendijk che con grande perizia politica ha stilato un’eccellente risoluzione sulla quale possiamo lavorare.

Lo ringrazio in particolare per avere accolto il paragrafo 26, sul quale desidero richiamare l’attenzione del Ministro e della Commissione. In tale paragrafo richiamiamo le deprecabili condizioni sanitarie di 1 500 cittadini rom che vivono da nove anni al limitare di una miniera di piombo a causa di un errore di valutazione delle Nazioni Unite. Mi rendo conto che, come ha dichiarato il ministro Vondra, ciò non rientra forse nelle competenze dell’Unione europea. Nondimeno, ringrazio i rappresentanti della Commissione per avere fatto immediatamente propria la questione dal momento in cui l’ho sollevata e per avere visitato il sito e riscontrato i danni provocati dalla concentrazione di piombo. Queste persone hanno una concentrazione di piombo elevatissima nel sangue, con danni irreversibili, e devono essere immediatamente trasferite e sottoposte a cure mediche.

Ministro Vondra, lei mi ha promesso che avrebbe tenuto questo Parlamento sempre informato, pertanto le chiedo, nella sua qualità di presidente in carica, di dedicare la massima attenzione a questo problema e di dirci cosa state facendo in proposito.

 
  
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  Alojz Peterle (PPE-DE) . – (SL) Porgo i miei complimenti più sinceri al relatore e ai relatori ombra per questa ottima relazione. Il testo intende contribuire all’ulteriore stabilizzazione e normalizzazione del Kosovo.

I successi registrati dal Kosovo nell’ultimo anno hanno rinforzato la nostra speranza che il paese possa garantire la coesistenza delle diverse realtà etniche e culturali. Le aspirazioni europee del Kosovo e di tutti i Balcani occidentali possono concretizzarsi solo a condizione che tale coesistenza si realizzi.

Abbiamo compiuto progressi, anche significativi, su questo fronte e ora dobbiamo andare oltre. Mi compiaccio in particolare che gli sforzi di EULEX stiano contribuendo alla normalizzazione della situazione in Kosovo. Sono favorevole alla recente costituzione delle forze di sicurezza kosovare e alla partecipazione della comunità serba alle forze di polizia. Per avanzare con maggiore celerità dobbiamo agire sul fronte politico, economico, sociale, della sicurezza e altri ancora; dobbiamo essere più vigili su quanto accade a livello locale, dove la questione della coesistenza diventa più sensibile. Dobbiamo sostenere i progetti che rafforzano la coesistenza e la cooperazione interetniche. In questa prospettiva, plaudo all’intenzione della Commissione europea di impiegare tutti i mezzi a propria disposizione per compiere progressi. Questo è esattamente ciò di cui il Kosovo ha bisogno.

 
  
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  Richard Howitt (PSE) . – (EN) Signora Presidente, mi rallegro della discussione odierna e della risoluzione che rappresentano il passo successivo nella normalizzazione dei rapporti tra l’Unione europea e il Kosovo a un anno dalla sua indipendenza.

E’ importante sottolineare che chi osteggia questa iniziativa, come gli onorevoli Van Orden e Tannock dei conservatori britannici, si è dimostrato essere nel torto, visto che ormai 54 paesi, tra cui 22 Stati membri dell’Unione europea, hanno riconosciuto ufficialmente il paese e la nostra missione EURLEX è stata attivata con il consenso della Serbia. Da sempre abbiamo argomentato che risolvendo la questione del Kosovo si va incontro alle aspirazioni comunitarie della Serbia e oggi ribadiamo che vorremmo vederli riuscire nei loro intenti.

Ieri la missione per la giustizia dell’Unione europea ha celebrato il primo processo per crimini di guerra in Kosovo. Oggi Sua Altezza Reale la principessa Anna d’Inghilterra visiterà una scuola per bambini disabili a Gjilan, in Kosovo. Entrambi gli eventi dimostrano senz’altro l’impegno dell’Europa a non dimenticare mai le ingiustizie del passato, lavorando verso un futuro migliore per tutti.

 
  
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  Ria Oomen-Ruijten (PPE-DE) . – (NL) Desidero innanzi tutto complimentarmi con l’onorevole Lagendijk per questa risoluzione molto equilibrata e cogliere l’occasione per ringraziare la collega Pack; insieme alla sua delegazione, l’onorevole Pack ha svolto una notevole mole di lavoro pregiato in questo ambito.

Gli obiettivi dell’Unione europea sono chiari: il Kosovo non deve diventare un buco nero e di questo sono responsabili in prima istanza le autorità del Kosovo. La popolazione deve acquisire fiducia sia nel governo che nell’intero sistema giuridico. La corruzione e il crimine mettono in crisi lo stato. Anche le donne e le minoranze devono essere pienamente coinvolte nel processo.

A mio giudizio, una parte di responsabilità ricade anche sui paesi confinanti, in particolare sulle autorità serbe. Un dialogo costruttivo e la cooperazione regionale sono negli interessi di tutte le parti della regione.

Da ultimo, anche l’Unione europea deve addossarsi una buona parte di responsabilità. Con EULEX, l’Unione europea si è posta delle ambizioni molto elevate ed è positivo che si sia ora passati all’atto pratico. Il prossimo biennio dimostrerà se EULEX sarà in grado di fare la differenza sul lungo periodo. Questo almeno è il mio auspicio.

La stabilità, la riconciliazione e la definizione di uno stato di diritto in Kosovo sono fondamentali per i kosovari e per tutte le minoranze nazionali del Kosovo, oltre a collimare con gli interessi dell’Unione europea. A tale scopo è fondamentale garantire l’efficacia degli aiuti. Insieme all’onorevole Pack ho visitato il Kosovo qualche tempo fa. Gli aiuti non mancano, ma probabilmente potrebbero essere coordinati meglio e con maggiore efficacia.

 
  
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  Adrian Severin (PSE) . – (EN) Signora Presidente, da quanti deve essere riconosciuto un paese per definirsi indipendente? La domanda è fuorviante, poiché la qualità del riconoscimento è più importante della quantità. Una dichiarazione unilaterale non implica l’indipendenza se lo Stato in questione non è riconosciuto dalla parte da cui intende distaccarsi.

L’indipendenza di un paese non è reale se non viene accettata dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Inoltre uno stato non è indipendente se non è capace di offrire a tutte le comunità che vi vivono una prospettiva ragionevole d’integrazione armonica nel tessuto di una società civile e multiculturale e se non è autonomo in senso politico ed economico.

Questi sono i motivi alla base del fallimento del piano Athisaari. Neppure auspicare un ritorno allo status quo ante è possibile – occorre guardare avanti. Per farlo, l’Unione europea e i membri permanenti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite devono indire una conferenza internazionale volta a cercare una soluzione sostenibile per la sicurezza democratica, l’equilibrio geostrategico e la stabilità socio-economica dei Balcani occidentali. In questo contesto il Kosovo dovrebbe essere riportato a uno stato di legittimità internazionale e la regione dovrebbe ricevere una road map chiara per la sua integrazione con l’Unione europea.

La relazione Lagendijk non considera purtroppo queste alternative e perde qualsiasi possibilità concreta di guidarci verso un futuro migliore. Per questo motivo i Socialdemocratici rumeni saranno obbligati a votare contro la relazione.

 
  
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  Marian-Jean Marinescu (PPE-DE) . – (RO) Ai sensi delle disposizioni di diritto internazionale e con riferimento alla risoluzione 1244 approvata dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite nel 1999, il Kosovo non può essere definito uno Stato. Cinque Stati membri dell’Unione europea non hanno riconosciuto la dichiarazione unilaterale d’indipendenza proclamata dal Kosovo. Nondimeno, il Kosovo è un dato di fatto con cui dobbiamo fare i conti.

E’ fondamentale ottenere la stabilità dei Balcani occidentali, la regione con le maggiori possibilità di accedere all’UE in un futuro prossimo. L’UE deve svolgere un ruolo da protagonista nella gestione della delicata situazione in cui versa quest’area. La missione EULEX, che ha ormai conseguito la sua operatività iniziale, è un primo passo importante in questa direzione, poiché occorrono assistenza e coordinamento per garantire, in primis, un clima di cooperazione interetnica che consenta di ritornare a uno stile di vita normale.

Tutte le minoranze del Kosovo devono essere protette, anche quella serba. Le istituzioni devono essere rafforzate al fine di scongiurare il caos e garantire uno sviluppo stabile. I beni devono essere restituiti e i profughi devono vedersi garantito il diritto di rimpatrio. Gli strumenti finanziari a disposizione dell’UE, in particolare lo strumento di assistenza preadesione, devono essere utilizzati al fine di agevolare lo sviluppo sociale ed economico, migliorare la trasparenza e promuovere la riconciliazione tra le diverse comunità nazionali. Il Kosovo non deve essere in alcun modo escluso dai processi europei. Anch’esso deve avere una prospettiva europea in un contesto regionale. Dobbiamo applicare i medesimi standard a ogni regione. Tutti i requisiti imposti agli altri paesi della regione devono valere anche per la Serbia e il Kosovo.

L’Unione europea deve insistere sulla ripresa del dialogo tra Pristina e Belgrado. Ho l’impressione che la versione attuale della risoluzione non rispecchi tutte le diverse posizioni dei 27 Stati membri UE in relazione al Kosovo. La delegazione rumena del gruppo del Partito popolare europeo (Democratici-Cristiani) e dei Democratici europei, ad esclusione dei deputati di origine ungherese, ha pertanto deciso di votare contro la risoluzione.

 
  
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  Csaba Sógor (PPE-DE) . – (HU) Alla Serbia ci sono volute le bombe per capire che bisogna rispettare i diritti delle minoranze. La lezione è stata assai dura. Anziché concedere l’autonomia al Kosovo, ha dovuto accettarne l’indipendenza. Il Kosovo rappresenta un monito anche per gli Stati membri dell’Unione. Tutti gli Stati membri devono garantire alle minoranze etniche storiche ubicate sul proprio territorio di poter vivere in sicurezza e sentirsi a casa propria. Delle minoranze soddisfatte sono la migliore garanzia per la sicurezza, la sovranità e lo sviluppo economico di un paese. Il 17 febbraio 2008 parteciperò in prima persona alle celebrazioni ufficiali organizzate a Pristina per la dichiarazione d’indipendenza del Kosovo. Credo di essere in grado di appurare anche se l’autonomia culturale e territoriale della minoranza serba è riconosciuta all’interno del territorio del Kosovo. Agli albanesi kosovari è stata offerta l’opportunità di una soluzione d’impronta europea. La Serbia ha come ulteriore chance la Vojvodina. Anche gli Stati membri dell’Unione europea devono sforzarsi di garantire un’autonomia culturale o territoriale alle minoranze etniche sul proprio territorio. Sarebbe imbarazzante se taluni Stati membri dell’UE fossero più arretrati del Kosovo e della Serbia in fatto di tutela delle minoranze.

 
  
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  Victor Boştinaru (PSE) . – (RO) In qualità di deputato di questo Parlamento e membro della delegazione per l’Europa sud-orientale mi aspettavo che il Parlamento europeo e la Commissione avrebbero richiesto, sulla base dei nostri valori comuni che definiamo con orgoglio “valori europei” e avvalendosi di tutto il loro potere e la loro autorità, che i partiti politici del Kosovo si aprano a una rappresentanza multietnica, stabilendo che il futuro sviluppo dei rapporti tra il Kosovo e l’Unione europea sarebbe dipeso da tale condizione.

Pensavo che la relazione avrebbe proposto per il Kosovo l’utilizzo da parte dell’UE di un modello, finanziato guarda caso con il denaro dei contribuenti, che fosse realmente multietnico, multiculturale e multireligioso, anziché fondato sulle divisioni. I deputati del parlamento del Kosovo ci hanno detto nel corso di alcune discussioni che questo modello è irrealizzabile al momento attuale.

Desidero terminare con la seguente domanda: se questo modello non si può applicare al Kosovo e se i nostri valori europei non trovano un terreno fertile in Kosovo, di quale modello dovrebbe avvalersi la Commissione europea?

 
  
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  Gisela Kallenbach (Verts/ALE) . – (DE) Signora Presidente, ringrazio l’onorevole Lagendijk, come pure i colleghi della commissione per gli affari esteri, che con la presente risoluzione e discussione si preoccupano di mantenere il Kosovo all’ordine del giorno. Credo che lo dobbiamo agli uomini di quel paese, dopo gli errori che l’Unione europea ha commesso in quest’area negli anni Novanta.

Noi abbiamo un debito da saldare nei confronti dei cittadini del Kosovo e dell’intera regione e il dovere di accompagnarli e sostenerli nel loro percorso verso l’Unione europea. Ciò significa innanzi tutto creare i presupposti per una crescita economica maggiore, poiché senza di questa non si potrebbero escludere disordini in seno alla società.

Vorrei chiedere alla Commissione di fare pressione affinché l’accordo CEFTA sia messo effettivamente in pratica da tutte le parti contraenti. Prego invece il Consiglio di fare in modo che gli Stati membri utilizzino con la massima accortezza lo strumento del rimpatrio forzato dei richiedenti asilo.

 
  
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  Alexandru Nazare (PPE-DE) . – (RO) EULEX è la più importante operazione civile mai avviata dalla politica europea di sicurezza e di difesa. Mi pregio di precisare che il contingente internazionale di 1 900 uomini comprende anche 200 soldati e agenti di polizia rumeni. La Romania partecipa all’EULEX perché Bucarest ha il dovere di sostenere i propri partner in seno all’Unione europea, pur talvolta dissentendo con le decisioni prese dalla maggioranza.

La Romania non ha riconosciuto l’indipendenza del Kosovo per diversi motivi; in particolare, non intende legittimare ribellioni separatiste. Una soluzione negoziata tra Belgrado e Pristina, possibilmente di tipo confederativo, sarebbe stata preferibile alla situazione attuale. Tuttavia, date le circostanze, ciò che importa è che l’Unione europea riesca a completare con successo la propria missione. Occorre evitare ad ogni modo situazioni in cui la presenza dell’UE si debba prolungare all’infinito. Il Kosovo non deve diventare un protettorato dell’Unione europea, ma ha bisogno di aiuto per amministrarsi.

Questo aspetto è importante sia per il Kosovo che per l’Unione europea, in particolare alla luce dell’attuale crisi economica e delle risorse limitate a nostra disposizione.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. LUIGI COCILOVO
Vicepresidente

 
  
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  Călin Cătălin Chiriţă (PPE-DE) . – (RO) Sono d’accordo su molte idee espresse in Aula, ma questo problema è molto più complesso. La Romania ha ragione quando sostiene che la base giuridica della dichiarazione unilaterale di indipendenza del Kosovo solleva forti dubbi dal momento che, come stabilito dal diritto internazionale, le minoranze non godono di diritti collettivi, né hanno il diritto all’autodeterminazione e alla secessione. Vorrei però sottolineare che le persone appartenenti a minoranze etniche godono di diritti.

La secessione del Kosovo riconosciuto come Stato da altri paesi ha creato un pericoloso precedente a cui è seguito, a distanza di pochi mesi, il riconoscimento unilaterale russo dell’indipendenza delle regioni separatiste dell’Ossezia del Sud e dell’Abkhazia. In entrambi i casi, il presidente Putin si è chiaramente riferito al modello del Kosovo. I movimenti separatisti di regioni come il Kashmir, il Nagorno-Karabah, la Transnistria, la Crimea, Cipro Nord eccetera hanno subito affermato che queste regioni hanno diritto all’indipendenza tanto quanto il Kosovo.

Credo che in futuro l’Unione europea e i suoi Stati membri debbano sostenere con coerenza il principio dell’integrità territoriale di tutti gli Stati e scoraggiare attivamente le tendenze separatiste. L’Unione europea deve adoperarsi soprattutto per mantenere la stabilità nell’intera regione dei Balcani occidentali e concretizzare le loro prospettive europee.

 
  
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  Miloš Koterec (PSE) . – (SK) Il Kosovo esiste come un dato di fatto accettato da alcuni ma non da altri. Benché la maggioranza degli Stati membri sia a favore della sua indipendenza o ne abbia riconosciuto l’indipendenza, cinque Stati membri si sono opposti – per non parlare del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.

Se vogliamo che la risoluzione abbia una certa influenza sulla politica estera dell’Unione europea dobbiamo essere tutti d’accordo. Se facciamo vedere che la politica estera comune è stata imposta dalla maggioranza del Consiglio o del Parlamento europeo, l’effetto per l’unità dell’Unione sarà controproducente. Cerchiamo quindi una soluzione comune, e non facciamo approvare decisioni che, nel migliore dei casi, si rivelano ambigue, addirittura confuse, e approssimative nella loro formulazione.

 
  
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  Charles Tannock (PPE-DE). (EN) Signor Presidente, credo sia stato difficile capire la corsa internazionale al riconoscimento del Kosovo. C’erano molte controversie più datate da risolvere e che avevano maggiore diritto agli sforzi dell’Unione europea: il Kashmir, ad esempio, o Taiwan, o persino la Somalia nel Corno d’Africa.

La dichiarazione di indipendenza del Kosovo ha evidenziato anche una frattura tra gli Stati membri. Non c’è possibilità che il Kosovo entri nell’Unione europea o nelle Nazioni Unite fintanto che alcuni Stati membri non ne riconoscono la sovranità. Il precedente del Kosovo ha altresì provocato, la scorsa estate, l’indignazione e il riconoscimento a Stato delle regioni georgiane dell’Abkhazia e dell’Ossezia del Sud da parte della Russia.

Le persone che abitano nelle varie zone della ex Iugoslavia hanno chiaramente il diritto di vivere in pace e prosperità. Noi dell’Unione europea abbiamo il dovere morale di aiutarle, ma l’assistenza non deve mai essere illimitata. Occorre vedere riforme concrete in Kosovo, veri e propri sforzi per combattere la criminalità organizzata e la tratta degli esseri umani, e una tutela adeguata delle minoranze, come i serbi, cui venga riconosciuta l’uguaglianza.

La Commissione e il Consiglio devono restare vigili e insistere su progressi tangibili.

 
  
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  Ingeborg Gräßle (PPE-DE) . – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, la commissione per il controllo dei bilanci si permette di dire alcune parole sulla politica estera ad alto livello. Abbiamo appurato che in Kosovo – il terzo Stato per aiuti ricevuti dall’Unione europea – si registrano casi estremamente preoccupanti di corruzione con gravi conseguenze per la sicurezza del nostro bilancio e degli interessi finanziari della Comunità.

Esiste una relazione finale redatta da una task force delle Nazioni Unite, dall’Ufficio per la lotta antifrode della Commissione e dalla Guardia di Finanza. Questo documento finale, che risale alla fine di giugno 2008 ed espone gravi casi di corruzione nei fondi dell’Unione europea, non è ancora stato attuato. Aspettiamo una spiegazione in merito.

Questa relazione finale è, a tutti gli effetti, una relazione finale. Non esiste un’organizzazione che ne seguirà gli sviluppi. Attualmente non c’è nessuno che rappresenti i nostri interessi in materia. Anche in questo senso esorto la Commissione a nominare qualcuno. EULEX non può farsene carico da sola. Sono anche contraria al fatto che si continui a inventare scuse per giustificare lo status incerto di questo Stato.

 
  
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  Alexandr Vondra, presidente in carica del Consiglio. − (EN) Signor Presidente, desidero in primo luogo ringraziarvi per avere promosso questo dibattito. Credo sia stato giusto sfruttare l’impulso dell’imminente primo anniversario della dichiarazione d’indipendenza del Kosovo. Ritengo sia una mossa provvidenziale, soprattutto vista l’attuale crisi economica, perché c’è il rischio di perdere di vista la questione mentre, da parte nostra, abbiamo ancora molte responsabilità per completare l’opera: non solo in Kosovo, ma anche nella più ampia zona dei Balcani occidentali. Presumo che quanto molti hanno affermato in Aula – ad esempio l’onorevole Swoboda e altri – sia degno di grande attenzione. Credo che la posizione del Consiglio sia esattamente la stessa.

Vi sono molte sfide dinanzi a noi. Vorrei sottolineare i tre pilastri più importanti della nostra politica nei confronti del Kosovo. Il primo è l’indivisibilità e la stabilità del Kosovo. Il secondo riguarda il decentramento e le pari opportunità per tutte le minoranze che vi risiedono. Il terzo – probabilmente il più importante e stimolante – è il coinvolgimento del Kosovo nell’integrazione regionale ed europea: la cooperazione regionale nei Balcani occidentali. Sicuramente un giorno dovremo avvicinare il Kosovo al processo di stabilizzazione e di associazione, ma rimane ancora molto da fare, e non è un segreto che in Consiglio sarà difficile raggiungere un’unità di vedute su alcuni punti.

Penso che il nostro obiettivo sia concentrarsi sul futuro e non sul passato, e apprezzo di cuore le dichiarazioni di chi l’ha fatto. Ovviamente il dialogo con la Serbia sulle questioni pratiche ancora irrisolte deve essere condotto con molta intensità e in totale trasparenza, ma credo che il realismo debba essere il nostro principio ispiratore.

Il miglioramento della situazione economica è di fondamentale importanza per garantire la stabilità; pertanto, l’efficace gestione e mobilitazione delle risorse interne del Kosovo è una conditio sine qua non, così come lo sono una sana amministrazione e mobilitazione delle risorse internazionali. Inoltre, la lotta alla corruzione e la trasparenza nella privatizzazione sono un elemento importante.

A mio avviso, il sostegno del Parlamento a favore di EULEX è molto importante in questo contesto. Desidero congratularmi con l’onorevole Lagendijk per il lavoro svolto. E’ stato eccellente. Quando ho letto il testo, personalmente non avevo nessuna recriminazione, anche se probabilmente io starei un po’ attento: conosciamo tutti la situazione economica e i deficit energetici del Kosovo e dei Balcani in generale. La produzione di lignite e di energia elettrica è una delle poche opportunità che hanno per costruire, in qualche modo, un’economia sostenibile integrandola nella regione. E’ vero, le preoccupazioni ambientali sono importanti, ma lo è anche la rapida crescita della futura stabilità economica.

Alcuni di voi hanno citato la situazione della famiglie rom nelle miniere di Trepca. Sappiamo tutti che si tratta di una situazione disastrosa, e sicuramente sapete cosa sta facendo la Commissione al riguardo. A dicembre una delegazione capeggiata da Pierre Morel si è recata in visita nella zona e si è offerta di incontrare i leader del campo rom di Trepca. La soluzione non è facile. Sappiamo che è stato loro offerto di allontanarsi dalla zona, ma al momento non sono disposti a farlo. In realtà si rifiutano, e quindi anche in questo caso rimane ancora molto da fare. Credo che l’incontro della prossima settimana con Pieter Feith, anch’egli coinvolto nella questione, sarà l’occasione per approfondire il tema.

Vi rinnovo i miei ringraziamenti. Credo che la discussione sia stata molto proficua e spero che il Parlamento continui a sostenere tutti i nostri sforzi in Kosovo e nella regione.

 
  
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  Meglena Kuneva, membro della Commissione. − (EN) Signor Presidente, la Commissione si congratula con l’onorevole Lagendijk e accoglie con favore la risoluzione presentata: essa prevede un maggiore coinvolgimento del Kosovo nell’attuale processo di avvicinamento della regione all’Europa.

La Commissione ha definito un’efficace modalità di cooperazione con tutti gli attori locali che operano in Kosovo, tra cui EULEX e il rappresentante speciale dell’Unione europea. Continueremo questa collaborazione, perché è il solo modo in cui la nostra opera in Kosovo può dare risultati. Sinora, la buona collaborazione si è dimostrata fondamentale per mantenere la pace nell’area.

La Commissione ha finanziato un progetto di 7 milioni di euro sullo stato di diritto, compresa una componente di 1 milione di euro per la lotta alla corruzione. Per essere più precisi, a dicembre 2008 abbiamo fornito risposte dettagliate ed esaurienti a tutte le interrogazioni presentate, sia orali che scritte, all’onorevole Bösch, presidente della commissione per il controllo dei bilanci, che hanno chiarito i dubbi sul finanziamento dell’Unione europea e sulle modalità con cui è stato gestito in Kosovo. Inoltre hanno informato i deputati sui sistemi di gestione e controllo finanziario di cui è dotata la Commissione.

Da allora non abbiamo ricevuto altre richieste di informazione. Possiamo fornire ai deputati, se fossero interessati, copie del materiale inviato alla commissione per il controllo dei bilanci.

Voglio soffermarmi sull’osservazione dell’onorevole Kallenbach riguardante l’Accordo centroeuropeo di libero scambio (CEFTA). Speriamo che il miglioramento dei rapporti tra Serbia e Kosovo possa consentire l’integrazione del Kosovo nel CEFTA. La Commissione farà del suo meglio per promuoverla.

Nella risoluzione vengono sottolineati molti temi importanti come la conservazione del patrimonio culturale del Kosovo, il potenziamento delle capacità della pubblica amministrazione, la migliore integrazione di tutte le comunità in Kosovo, la necessità di un’istruzione plurietnica e il dramma delle famiglie rom nei campi profughi contaminati dal piombo al nord. La Commissione intende occuparsi di queste questioni avvalendosi degli strumenti in essere in collaborazione con altri donatori.

In autunno pubblicheremo il nostro studio sul Kosovo nell’ambito del pacchetto sull’allargamento. Sono certa che includerà molte idee per far sì che il Kosovo rimanga saldamente ancorato alla prospettiva europea che condivide con tutti i Balcani occidentali.

 
  
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  Presidente . Comunico di aver ricevuto una proposta di risoluzione(1) conformemente all'articolo 103, paragrafo 2, del regolamento.

La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà giovedì 5 febbraio 2009.

 
  

(1)Vedasi Processo verbale.

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