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Procedura : 2008/2663(RSP)
Ciclo di vita in Aula
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Testi presentati :

B6-0063/2009

Discussioni :

PV 04/02/2009 - 11
CRE 04/02/2009 - 11

Votazioni :

PV 05/02/2009 - 5.7
CRE 05/02/2009 - 5.7
Dichiarazioni di voto
Dichiarazioni di voto

Testi approvati :

P6_TA(2009)0052

Resoconto integrale delle discussioni
Giovedì 5 febbraio 2009 - Strasburgo Edizione GU

6. Dichiarazioni di voto
Video degli interventi
PV
  

Dichiarazioni di voto orali

 
  
  

- Relazione Dumitriu (A6-0004/2009)

 
  
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  Zuzana Roithová (PPE-DE) . – (CS) Signor Presidente, ho avuto il piacere di appoggiare una relazione che porterà alla semplificazione amministrativa e giuridica, che sensibilizzerà i consumatori rispetto alla qualità e al valore nutritivo degli alimenti in Europa e nei paesi terzi, che fornirà inoltre chiarimenti ai consumatori riguardo all’utilizzo di metodi di produzione sicuri. Non ero d’accordo con la prioritizzazione dell’olio di oliva o del settore oleicolo e sono sicura che la Commissione inserirà anche il settore vitivinicolo negli specifici programmi al fine di sensibilizzare ancora di più il pubblico verso l’alta qualità dei vini prodotti nelle varie regioni dell’Unione europea.

 
  
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  Mairead McGuinness (PPE-DE) . – (EN) Signor Presidente, desidero soltanto dire che ho dato il mio appoggio alla presente relazione. Mi interessava sapere, nel corso del dibattito, che la Commissione avrebbe confermato il 70 per cento di cofinanziamento al programma per il consumo di frutta in ambito scolastico, una scelta che rivestirà un’enorme importanza nell’adozione di questo programma, e che ovviamente appoggio.

 
  
  

- Relazione Graefe zu Baringdorf (A6-0407/2008)

 
  
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  Mairead McGuinness (PPE-DE) . – (EN) Signor Presidente, grazie ancora per avermi dato la parola. Io ho offerto il mio sostegno a questa relazione perché è opportuno disporre di regole che proteggano gli interessi degli agricoltori e di coloro che producono i loro mangimi. Penso che ora sia necessario discutere con le parti interessate di ciò che significa per loro, in quanto produttori o utilizzatori dei mangimi animali, perché non sarà sufficiente far entrare in vigore questa regolamentazione finché non vi sarà una buona comunicazione tra tutti i soggetti interessati.

 
  
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  Ewa Tomaszewska (UEN) . – (PL) Signor Presidente, ho dato il mio sostegno alla relazione sull’immissione sul mercato e l’uso dei mangimi perché rappresenta gli interessi degli agricoltori e dei produttori, oltre a garantire la sicurezza della salute degli animali da fattoria e, analogamente, di coloro che ne consumeranno successivamente la carne: le persone.

Una chiara definizione degli ingredienti degli alimenti e il registro comunitario degli additivi destinati all’alimentazione animale consentirà agli agricoltori di prendere più facilmente decisioni responsabili riguardanti la scelta del giusto tipo di mangime. Si tratta di un passo avanti nella giusta direzione. Mi permetterò, tuttavia, di sottolineare che la protezione di un segreto commerciale dei produttori non può giustificare una carenza di informazioni fondamentali e non può produrre situazioni quali un’epidemia di “morbo della mucca pazza” o l’introduzione di diossina negli alimenti.

 
  
  

- Relazione Schröder (A6-0513/2008)

 
  
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  Syed Kamall (PPE-DE).(EN) Signor Presidente, nel novembre del 2007 visitai l’Uganda per un incontro con imprenditori e ONG locali. Mentre stavamo lasciando Kampala per una strada polverosa, l’autista mi fece notare alcuni chioschi che vendevano schede telefoniche prepagate. Si voltò verso di me dicendo: “Quelle compagnie telefoniche, quelle aziende private, hanno fatto di più per strappare la gente di questo paese alla povertà di quanto abbiano fatto tutte le vostre ONG bianche e occidentali”. All’epoca pensai fosse piuttosto ingiusto, ma questa frase mette in evidenza i sentimenti che molti imprenditori nutrono verso le politiche di sviluppo dell’Unione europea.

In realtà, gli imprenditori di molti paesi poveri mi hanno riferito che ritengono che i nostri programmi di aiuto e le nostre ONG abbiano l’interesse a mantenerli in condizioni di povertà. Continuo a pensare che sia un po’ immeritato, ma queste dichiarazioni evidenziano che dobbiamo dimostrare che stiamo sostenendo gli imprenditori dei paesi in via di sviluppo, e uno dei modi migliori per farlo è incoraggiare la diffusione del libero mercato in tutto il mondo.

 
  
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  Nirj Deva (PPE-DE).(EN) Signor Presidente, sono molto lieto di poter esprimere tutto il mio sostegno per l’eccellente relazione dell’onorevole Schröder su questa tematica. Gli accordi di partenariato economico sono strumenti di sviluppo fondamentali. Sarà il commercio, non gli aiuti, che solleveranno i paesi poveri dalla povertà.

Ora ci troviamo in una situazione economica di recessione mondiale in cui si scorgono i primi segni di una ventata di protezionismo proveniente dal mondo sviluppato, in particolare dagli Stati Uniti, e, spero, non dall’Unione europea. Se creiamo un clima protezionistico, l’intero discorso secondo cui è il commercio, e non gli aiuti, la strategia da seguire per cercare di alleviare la povertà sarà fuorviato e gettato dalla finestra. Non vogliamo che ai paesi in via di sviluppo che vogliono commerciare con noi sia impedito di farlo dai nostri bisogni egoistici, che ci spingono, in modo fuorviante, a proteggere i nostri mercati. A lungo andare, ciò si rivelerebbe un disastro per le nostre economie.

 
  
  

- Proposta di risoluzione: Kosovo (B6-0063/2009)

 
  
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  Philip Claeys (NI) . – (NL) Ho votato contro la risoluzione sul Kosovo per due motivi. In primo luogo, essa contiene un comma che afferma che gli Stati membri che non hanno ancora riconosciuto l’indipendenza del Kosovo sono tenuti a farlo. Bene, un comma di questa natura viola il principio di sussidiarietà. Sta agli stessi Stati membri decidere, pertanto non devono subire alcuna pressione esterna della Commissione europea, del Consiglio o del Parlamento.

Il secondo motivo per cui ho votato contro la risoluzione riguarda il paragrafo che dichiara che il Kosovo, e tutta la regione, in realtà, debba avere una chiara prospettiva di una futura adesione all’Unione europea. Il Parlamento sbaglia, a mio parere, a fare proposte di questo tipo. Attualmente vi sono numerosi problemi legati all’ampliamento e a diversi nuovi Stati membri, e sarebbe completamente sbagliato, a questo punto, promettere a paesi come il Kosovo una loro eventuale futura adesione all’Unione europea.

 
  
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  Daniel Hannan (NI) . – (EN) Signor Presidente, da dove deriva la nostra ossessione per la salvaguardia di Stati multietnici, a prescindere dai desideri dei loro abitanti?

Il Kosovo aveva un indiscusso diritto all’autodeterminazione: esso è stato espresso in un referendum che ha registrato un tasso di partecipazione e un’affluenza superiore al 90 per cento. Tuttavia, estendendo tale logica, sicuramente lo hanno anche quei kosovari di origine serba, opportunamente raggruppati nei pressi della frontiera con la Serbia propriamente detta. Perché non consentire anche a loro di godere dell’autogoverno? In realtà già lo facciamo, e allora perché non farlo anche de jure?

La risposta è: preferiamo mantenere il Kosovo nella condizione di protettorato europeo – una satrapia, come lo era ai tempi degli ottomani. Abbiamo imposto loro una versione della nostra bandiera a 12 stelle e una versione del nostro inno nazionale. Abbiamo un parlamento kosovaro e istituzioni soggetti alle decisioni assolutamente vincolanti di un commissario europeo appositamente nominato.

Dobbiamo permettere al popolo kosovaro di tenere referendum sulla separazione (se è quello che vogliono) e sull’autodeterminazione etnica, inoltre dobbiamo concedere lo stesso diritto ai popoli sottoposti dell’Unione europea. Pactio Olisipiensis censenda est!

 
  
  

- Relazione Wortmann-Kool (A6-0021/2009)

 
  
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  Kathy Sinnott (IND/DEM) . – (EN) Signor Presidente, la Cina è un importantissimo partner commerciale dell’Unione europea, così come lo è Taiwan. Desideravo concentrare l’attenzione su uno sviluppo molto positivo della commissione per gli affari esteri. Essa ha votato un parere che invita la Cina a rispettare i diritti delle donne e dei bambini ponendo fine agli aborti e alla sterilizzazione forzati. Essa esorta inoltre quel paese a porre fine alla persecuzione politica e altri abusi dei diritti umani.

Penso che ciò sollevi la questione dell’impossibilità di separare il commercio da altri fattori. Ne ho parlato durante il discorso su Gaza riguardante i nostri scambi con Israele – se non discutiamo degli abusi dei diritti dell’uomo, corriamo il pericolo che il nostro denaro sia impiegato proprio per incoraggiarli. Perciò desidero congratularmi con la commissione per gli affari esteri per aver riconosciuto la natura coercitiva della politica cinese del figlio unico e per averla inserita nella questione commerciale.

 
  
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  Zuzana Roithová (PPE-DE) . – (CS) Signor Presidente, onorevoli colleghi, nel 2001 la Cina si è assicurata enormi vantaggi con la sua adesione all’OMC. Noi abbiamo aperto i nostri mercati alla Cina, ma essa non rispetta le condizioni che ha sottoscritto, e noi fondamentalmente accettiamo queste menzogne da diversi anni. Io sono molto favorevole alla creazione di un partenariato strategico con questo importante attore economico. Tuttavia, il partenariato strategico deve fondarsi sull’obbligo per la Cina di rispettare i diritti umani, perché noi dobbiamo concludere partenariati con paesi che siano democratici, non totalitari. Noi cittadini dei nuovi Stati membri conosciamo anche troppo bene il totalitarismo.

 
  
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  Philip Claeys (NI) . – (NL) Ho votato a favore dell’emendamento presentato dal gruppo del Partito popolare europeo (Democratici-cristiani) e dei Democratici europei, perché almeno tiene conto del fatto che Taiwan rappresenta un’importante entità economica e appoggia la partecipazione di Taiwan alle organizzazioni internazionali in quell’ambito. In effetti, l’emendamento è ancora troppo restrittivo. Poiché Taiwan è un paese democratico che gode di sovranità nazionale de facto. E’ veramente un peccato che Taiwan non sia riconosciuto come uno Stato membro vero e proprio di tutte le varie istituzioni internazionali. L’emendamento fa riferimento alla partecipazione di Taiwan a queste istituzioni in qualità di osservatore. Bene, penso che Taiwan debba poter parteciparvi in qualità di Stato membro a tutti gli effetti.

 
  
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  Syed Kamall (PPE-DE) . – (EN) Signor Presidente, grazie molte per avermi offerto questa opportunità di spiegare le motivazioni del mio voto sulla relazione UE-Cina. Nel complesso, si tratta di una relazione molto equilibrata e sono molto lieto che la relatrice sia stata in grado, globalmente, di attenersi al tema centrale – ovvero il commercio – piuttosto che concentrarsi su una serie di altre questioni, come avrebbero desiderato diversi suoi colleghi.

Tuttavia, nutro una certa preoccupazione per quanto riguarda un punto della relazione, ovvero il riferimento agli strumenti di difesa del commercio. Dobbiamo riconoscere che i consumatori del mio paese, la Gran Bretagna, e di molti altri paesi dell’Unione europea, hanno beneficiato delle politiche commerciali aperte con la Cina. All’epoca ci permisero di combattere pericoli quali l’inflazione. Nondimeno, dobbiamo stare molto attenti a proteggere produttori non concorrenziali dell’Unione europea a discapito di altre parti che ne traggono vantaggi. Dobbiamo cercare di trovare il giusto equilibrio e di non ignorare i benefici del commercio con la Cina per i consumatori, per le aziende dotate di catene di approvvigionamento globalizzate e per il settore del commercio al dettaglio. Nel complesso, il commercio con la Cina va valutato positivamente. Alla fine esso ci porterà ad affrontare tutte le altre questioni, quali il miglioramento della situazione dei diritti umani e i problemi dei lavoratori.

 
  
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  Nirj Deva (PPE-DE) . – (EN) Signor Presidente, la Cina è uno dei nostri più importanti partner commerciali e comprende un quarto della popolazione mondiale.

Per molti anni abbiamo trattato la Cina come se fosse una specie di bambino che andasse rimproverato e persuaso o dissuaso, come se noi fossimo un’istituzione superiore. Non dobbiamo dimenticare che la Cina ha migliaia di anni di storia in più di noi. La Cina ha conservato le proprie tradizioni culturali e i propri valori.

Vogliamo che la Cina faccia parte della nostra comunità internazionale, ma la Cina è un partner commerciale di fondamentale importanza per l’UE, pertanto dobbiamo trattarla con rispetto, come un partner paritario.

Se lo faremo, la Cina non solo ci ascolterà, ma intensificherà gli scambi commerciali con noi, potremo così aumentare gli investimenti in Cina ed essa investirà maggiormente da noi. Al momento, la Cina possiede un’enorme quantità di denaro che dovrà investire all’estero. L’Unione europea dovrebbe essere la meta di tali investimenti.

 
  
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  Tunne Kelam (PPE-DE) . – (EN) Signor Presidente, ho appoggiato l’emendamento dell’onorevole Wortmann-Kool volto a considerare Taiwan un’entità economica e commerciale perché è una democrazia da molto tempo e costituisce un’economia di mercato perfettamente funzionante. Dobbiamo sforzarci almeno politicamente e moralmente di sostenere lo stato giuridico di Taiwan, e consentirle inoltre di accedere alle organizzazioni internazionali non legate alla condizione statuale.

 
  
  

Dichiarazioni di voto scritte

 
  
  

- Relazione Dumitriu (A6-0004/2009)

 
  
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  Nicodim Bulzesc (PPE-DE), per iscritto. – (RO) Ho votato a favore della presente relazione perché i provvedimenti di informazione adottati dalla Comunità rispondono a una reale esigenza degli Stati membri, ovvero quella di promuovere l’immagine dei propri prodotti agricoli sia tra i consumatori comunitari, sia tra quelli di altri paesi, in particolare per quanto riguarda la qualità e il valore nutritivo, nonché la sicurezza alimentare e i metodi di produzione sicuri. Essa contribuisce anche ad aprire nuovi sbocchi di mercato e ha un effetto moltiplicatore sulle iniziative nazionali e del settore privato.

Questo emendamento legislativo offrirà agli Stati membri interessati la possibilità di proporre programmi informativi, anche quando non viene presentato alcun programma per i paesi terzi. In seguito a questo emendamento, gli Stati membri avranno la possibilità di ampliare l’ambito di applicazione dei provvedimenti interessati da questi programmi e di richiedere l’assistenza delle organizzazioni internazionali nell’attuazione di tali misure.

 
  
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  Avril Doyle (PPE-DE), per iscritto. – (EN) Questa proposta mira ad estendere la portata dell’articolo 9 del regolamento (CE) n. 3/2008 che consente agli Stati membri, in assenza di proposte provenienti dal settore agricolo, di proporre campagne informative e promozionali nei territori di paesi terzi senza il requisito di finanziamenti erogati dal settore. Gli attuali requisiti prevedono che il settore contribuisca al 20 per cento del finanziamento, mentre l’UE eroga al massimo il 50 per cento dei finanziamenti.

Tale autonomia consentirebbe agli Stati membri di avviare autonomamente campagne promozionali e informative senza la partecipazione finanziaria del settore stesso. Le possibilità che questa proposta dia slancio al settore ortofrutticolo sono considerevoli e anche auspicabili, data l'attuale situazione economica. Pertanto sono lieta di votare a favore di questa proposta.

 
  
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  Duarte Freitas (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Gli Stati membri devono promuovere l’immagine dei propri prodotti agricoli, sia tra i consumatori comunitari, sia tra quelli dei paesi terzi, specialmente per quanto riguarda la qualità e le informazioni nutrizionali, la sicurezza alimentare e i metodi di produzione sicuri.

Concordo che, in assenza di programmi presentati dalle organizzazioni del settore agroalimentare, gli Stati membri debbano essere in grado di formulare programmi e selezionare, mediante un procedimento di aggiudicazione, un’organizzazione che attui il programma.

La proposta della Commissione, in quanto consente agli Stati membri di delineare programmi nazionali, migliorerà la legislazione esistente.

Offro il mio appoggio alla relazione Dumitriu e accolgo con favore l’inclusione del settore vitivinicolo nell’ambito della proposta.

 
  
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  Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. – (SV) Junilistan ritiene che la politica agricola comune (PAC) vada abolita e che i prodotti agricoli debbano essere venduti sul libero mercato senza che l’Unione europea investa risorse finanziarie in campagne informative e in misure di promozione delle vendite di questi prodotti. E’ particolarmente grave che l’UE debba finanziare tali misure in paesi terzi, una politica che produrrà una concorrenza sleale ai prodotti agricoli dei paesi terzi.

Cosa sta facendo l’Unione europea? E’ davvero sensato che l’Unione impieghi il denaro dei contribuenti europei in campagne pubblicitarie volte a convincere gli stessi cittadini ad acquistare prodotti che hanno già sovvenzionato? Naturalmente no. L’intera proposta è in odore di protezionismo occulto.

A gennaio di quest’anno, in Svezia, Finlandia e Danimarca è stata avviata una nuova campagna pubblicitaria che invita gli svedesi a comprare più tulipani. Secondo il giornale Resumé, l’Unione europea sta investendo un totale di 14 milioni di corone svedesi nell’arco di tre anni nella campagna per i tulipani nei suddetti tre paesi. Occorre porre fine a sprechi così lampanti del denaro dell’Unione.

Mi oppongo fermamente a questa relazione. Osservo ancora che è una fortuna che il Parlamento europeo non abbia poteri di codecisione in merito alla politica agricola dell’Unione europea: in caso contrario, l’UE cadrebbe nella trappola del protezionismo e degli alti sussidi per tutti i gruppi del comparto agricolo.

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) Appoggio questa proposta che tenta di semplificare e migliorare i programmi informativi sui prodotti agricoli. La appoggio perché essa fornirà finanziamenti ai mercati dei paesi terzi affinché forniscano e migliorino le informazioni sulla qualità, il valore nutritivo e la sicurezza degli alimenti e i rispettivi metodi di produzione.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. –Esprimo il mio voto favorevole in merito alla relazione presentata dal collega Dumitriu sulle azioni di informazione e di promozione dei prodotti agricoli sul mercato interno e nei paesi terzi. Ritengo che, come espresso più volte dalla Commissione, sia necessario semplificare le procedure amministrative nel quadro istituzionale europeo.

Questo regolamento, infatti, consente alla Comunità di realizzare azioni di informazione sul mercato interno e sui mercati dei paesi terzi per un certo numero di prodotti agricoli, conservando tuttavia le specificità delle azioni in funzione del luogo di realizzazione.

Concordo con il taglio politico che è stato dato, che rispetta le esigenze degli Stati membri, desiderosi di promuovere un’immagine dei loro prodotti agricoli presso i consumatori all’interno della Comunità e nei paesi terzi che sia imperniata soprattutto sulla qualità, sulle caratteristiche nutrizionali, sulla sicurezza dei prodotti alimentari e sui metodi di produzione.

 
  
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  Flaviu Călin Rus (PPE-DE), per iscritto. – (RO) Ho votato a favore della risoluzione legislativa del Parlamento europeo sulla proposta di regolamento del Consiglio recante modifica del regolamento (CE) n. 3/2008 relativo ad azioni di informazione e di promozione dei prodotti agricoli sul mercato interno e nei paesi terzi [COM(2008)0431 – C6-0313/2008 – 2008/0131(CNS)], perché ritengo che la popolazione debba essere adeguatamente informata in merito ai prodotti agricoli che consuma. Ritengo inoltre che una buona promozione di qualunque prodotto possa fornire informazioni utili ai consumatori.

 
  
  

- Relazione Roure (A6-0024/2009)

 
  
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  Avril Doyle (PPE-DE), per iscritto. – (EN) Lo status di rifugiato è concesso a coloro che, a causa del fondato timore di essere perseguitate per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale, o di opinione politica, si trovino al di fuori del paese di cui sono cittadini, e non siano in grado oppure, per tale timore, non intendano avvalersi della protezione del proprio Stato. Si tratta di una definizione dell’ONU risalente al 1951.

Questo riesame della direttiva sulle condizioni di accoglienza del 2003, che fissava standard minimi per l’accoglienza dei richiedenti asilo in Europa, mira all’effettiva attuazione di tali norme, quali l’accesso alle informazioni, l’istruzione, le cure sanitarie e gli standard relativi alle strutture di accoglienza. La direttiva consente agli Stati membri di stabilire il periodo di tempo durante il quale un richiedente non può avere accesso al mercato del lavoro.

L’Irlanda purtroppo ha scelto di non aderire alla direttiva del 2003, mettendo invece in piedi un sistema di fornitura diretta, che garantisce vitto, alloggio e 19,10 euro a settimana ad ogni adulto, un sistema progettato per scoraggiare i richiedenti asilo dallo scegliere l’Irlanda e tenerli fuori dal mercato del lavoro ufficiale per tutta la durata della procedura di richiesta di asilo. La legislazione attualmente all’esame dell’Oireachtas (il parlamento irlandese), la legge sull’immigrazione, la residenza e la protezione del 2008, cerca di estendere questo divieto, nonostante i gravi timori per l’impatto di una tale decisione. Tra gli altri provvedimenti contemplati dalla legislazione irlandese si contano la criminalizzazione dei ricorsi spuri e la prospettiva di pene pecuniarie nei confronti dei rappresentanti legali che accettano quei casi.

Poiché l’Irlanda non aderisce alla direttiva del 2003, ho sentito l’obbligo di astenermi, ma apprezzo gli obiettivi della relazione.

 
  
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  Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. – (FR) Signor Presidente, onorevoli colleghi,

l’onorevole Roure chiede condizioni di accoglienza particolarmente attraenti per i richiedenti asilo: centri di accoglienza piacevoli, aperti (che consentano meglio di sparire nel nulla), ampio accesso alle cure sanitarie, ivi comprese quelle psichiatriche, all’assistenza legale, a traduttori e interpreti, alla formazione e perfino ai posti di lavoro!

Sembra aver dimenticato che sono gli immigranti stessi ad abusare delle domande di protezione internazionale per aggirare le leggi nazionali sugli stranieri che entrano e risiedono nei nostri paesi, quando i loro veri motivi sono sociali ed economici. “Dimentica” inoltre che essi, per evitare di essere espulsi, possono mentire sulle origini e sulla lingua, possono distruggere i propri documenti e via dicendo.

Sembra inoltre “dimenticare” che ciò che chiede per questi stranieri spesso non è disponibile nemmeno per i nostri cittadini, a partire da un alloggio dignitoso, a un posto di lavoro, all’accesso a servizi pubblici di alta qualità, in particolare in zone in cui, come a Mayotte, l’ondata di immigrati crea enormi problemi economici e sociali agli abitanti.

Posso comprendere le pene e i sogni dei migranti, ma noi non abbiamo la possibilità e ancor meno i mezzi per accogliere tutti i bisognosi del mondo. Questa relazione è deleteria e i suoi effetti sono perversi.

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Siamo già abituati a vedere la maggioranza del Parlamento approvare risoluzioni senza conseguenze legislative, il cui contenuto è contrario alle risoluzioni legislative che adotta. Questa tendenza sta crescendo, con l’approssimarsi delle elezioni al Parlamento.

Siamo dinanzi a un esempio di questa doppia faccia, quella vera e la sua maschera, in questo caso vediamo solamente la maschera.

Non vi è alcun dubbio – noi lo sosteniamo coerentemente da tempo – che sia necessario garantire i diritti dei richiedenti asilo per quanto riguarda la loro accoglienza, l’accesso alle informazioni e il diritto a servizi di interpretazione, all’assistenza legale gratuita, alle cure sanitarie e all’occupazione.

E’ senz’altro importante condannare l’aumento del numero dei detenuti nell’ambito del sistema di Dublino, con il ricorso quasi abitudinario a misure di detenzione e restrizioni agli standard di accoglienza.

E’ inoltre necessario chiedere la chiusura dei centri di detenzione e respingere una politica comunitaria che stabilisce le norme di accoglienza e le procedure di concessione dell’asilo basandosi sul minimo comune denominatore.

Se il Parlamento è veramente preoccupato del rispetto dei diritti dei migranti e dei richiedenti asilo, non avrebbe dovuto approvare la direttiva sul rimpatrio (che criminalizza gli immigrati e li espelle), la direttiva sulla Carta blu (che li seleziona) e la direttiva sulle sanzioni contro i datori di lavoro (che punisce anche i lavoratori), che il partito comunista portoghese respinse a suo tempo.

 
  
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  Carl Lang (NI), per iscritto. – (FR) Per quanto riguarda i diritti concessi ai migranti sul territorio dell’Unione europea, la regola è senza dubbio offrire sempre di più. C’è da chiedersi se la gara al rialzo in seno alle istituzioni europee non sia fuori luogo.

La presente relazione è semplicemente un lungo elenco di proposte e raccomandazioni rivolte agli Stati membri affinché concedano alle centinaia di migliaia di persone che varcano ogni anno i loro confini, legalmente o illegalmente, diritti che non siano soltanto pari a quelli dei propri cittadini, ma addirittura superiori e più efficaci.

Infatti, per esempio, gli Stati membri dell’Unione sono invitati a eliminare le barriere all’accesso al mercato del lavoro per questi immigranti e ad adottare leggi nazionali che promuovano tale accesso, come se non bastasse.

Bisogna quindi concludere che, d’ora in poi, i cittadini europei dovranno farsi da parte dinanzi alle legittime sofferenze di persone che fuggono dai loro paesi d’origine per qualsiasi motivo: economico, politico, climatico o familiare? Sì, e questo è il significato dell’immigrazione selettiva che il presidente Sarkozy raccomanda caldamente.

Al contrario, noi crediamo, soprattutto in tempi di crisi, che i posti di lavoro, in Europa, debbano essere riservati agli europei e, in Francia, ai cittadini francesi. La ripresa nazionale delle nazioni europee dipende da questo.

 
  
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  Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. – (SV) La presente relazione contiene diversi punti che godono di tutti il mio appoggio, come il fatto che i richiedenti asilo debbano essere trattati dignitosamente e che i diritti umani vadano sempre garantiti. La critica mossa a una serie di cosiddetti centri di accoglienza è fondata: numerosi paesi europei mostrano gravi carenze quando si tratta di accogliere dignitosamente i richiedenti asilo e i rifugiati.

Tuttavia, la relazione contiene alcuni punti che non posso condividere. Lo scopo precipuo della relazione è fornire all’Unione europea una politica comune in materia di immigrazione e di asilo. Tra l’altro, invita gli altri Stati membri a sostenere i paesi UE che sono “maggiormente confrontati con le sfide dell’immigrazione”. Junilistan ritiene che la politica in materia di asilo e di immigrazione sia di sola competenza degli Stati membri, nell'assoluto rispetto delle convenzioni e dei trattati internazionali. Una politica comune in materia di immigrazione e di asilo correrebbe il rischio di portare a una “fortezza Europa”, un fenomeno di cui già oggi scorgiamo segni molto chiari.

 
  
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  Mairead McGuinness (PPE-DE), per iscritto. – (EN) Mi sono astenuto dal votare questa relazione perché l’Irlanda non ha partecipato all’adozione della direttiva del 2003.

Il principale motivo di questa posizione riguarda l’accesso al mercato del lavoro da parte dei richiedenti asilo.

Il divieto per questi ultimi di accedere al mercato del lavoro sarà rimesso in vigore da una legge attualmente all’esame del Dáil.

 
  
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  Athanasios Pafilis (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) La relazione non rispecchia le reali dimensioni della miseria delle condizioni in cui versano i rifugiati e gli immigrati nei centri di accoglienza e di detenzione negli Stati membri dell’Unione europea. Essa si limita a prendere nota delle tragiche condizioni in cui sopravvivono, ma le attribuisce a lacune nell’applicazione delle direttive UE.

Pertanto, da un lato, essa dà il proprio sostegno all’intera legislazione e politica anti-immigrazione dell’Unione europea e dei governi definita nel patto sull’immigrazione e nel sistema di Dublino per quanto riguarda l’asilo, dall’altro, protesta contro i suoi risultati disumani. E’ quantomeno offensivo che le forze politiche della “strada a senso unico” in Europa che hanno votato al Parlamento europeo per la direttiva che prevede, tra l’altro, la detenzione degli immigranti illegali per ben 18 mesi, esprimano in questa relazione il proprio presunto rincrescimento per le condizioni disumane di detenzione e chiedano di porvi fine.

Le lacrime di coccodrillo del Parlamento europeo non bastano ad assolvere l’Unione europea dalla disumana politica di sfruttamento che ha perseguito sinora. Persino le misure più elementari, per non dire delle misure per un adeguato sostegno agli immigrati e ai rifugiati e di quelle volte a proteggerne i diritti, possono essere attuate soltanto affrontando e capovolgendo la politica dell’Unione europea e la struttura dell’UE stessa.

 
  
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  Dimitrios Papadimoulis (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) Gli Stati membri, compresa la Grecia, devono fare di più, in base alle richieste e alle proposte del Parlamento europeo. Esso biasima l’atteggiamento dei governi nei riguardi dei poveri immigranti che varcano ogni giorno i confini dell’UE, mettendo a repentaglio la propria vita.

Paesi, come la Grecia, situati alle frontiere esterne dell’Unione, devono approfittare della potenziale assistenza offerta dall’Unione europea e, in base al rispetto per i diritti dei rifugiati e dei richiedenti asilo, cercare di garantire loro condizioni umane di accoglienza.

Nonostante gli inaccettabili sconti che la Commissione e il Consiglio hanno fatto di recente in materia di diritti degli immigranti, mentre proseguono sulla strada verso la “fortezza Europa”, la Grecia è ben al di sotto degli standard comunitari per quanto riguarda la protezione dei diritti fondamentali.

 
  
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  Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) La concessione dell’asilo è il gesto estremo di uno Stato e di un’intera comunità, con il quale prendono atto della loro incapacità di difendere i diritti umani in giro per il mondo e della loro volontà di agire, nondimeno, in base a quella scala di valori.

Il sistema che disciplina l’asilo deve pertanto essere chiaramente separato da quello dell’immigrazione. Più cerchiamo di ampliare quel concetto, includendovi ciò che non è pertinente, meno valore avrà, e la confusione non farà altro che nuocere ai legittimi richiedenti asilo. E’ pertanto importante che le regole siano chiare, le procedure rapide, e il trattamento dignitoso in ogni circostanza. Anche se vi è l’esigenza di coordinare le azioni e le opzioni, l’asilo, per numeri, dimensioni e in termini concettuali, non solleva gli stessi problemi dell’immigrazione, persino in un’area senza confini. Gli Stati membri hanno le proprie tradizioni per quanto riguarda l’asilo e questa differenza non deve essere trascurata nel quadro del suddetto coordinamento.

Per quanto riguarda i richiedenti asilo la cui domanda viene o deve essere respinta, questo concetto, derivante da un’idea generosa ma ristretta dell’asilo, non può dar luogo a meno umanità nell’accoglienza e nel trattamento di persone che saranno sempre vulnerabili a causa della loro condizione.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. –Esprimo il mio voto negativo relativamente al rapporto presentato dalla collega Roure sull'attuazione nell'UE della direttiva 2003/9/CE sulle condizioni di accoglienza dei richiedenti asilo e rifugiati. Infatti, nonostante deplori il fatto che alcune visite effettuate abbiano dimostrato che le direttive vigenti erano ancora male applicate o non erano applicate da alcuni Stati membri, non sono d'accordo con la relatrice quando dice che esistono varie carenze relative al livello delle condizioni di accoglienza.

Inoltre, non concordo sul fatto che la capacità dei centri di prima accoglienza aperti da taluni Stati membri sia scarsa e non sembri soddisfare i bisogni dei migranti. Infine, non sono d'accordo con la richiesta secondo la quale l'accoglienza dei richiedenti asilo sia effettuata in via prioritaria in centri di accoglienza aperti piuttosto che in unità chiuse.

 
  
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  Michel Teychenné (PSE), per iscritto. – (FR) Grazie a questa relazione, il Parlamento europeo sta riaffermando il suo impegno per i diritti fondamentali, quale il diritto alla dignità. E’ inaccettabile che, nell'ambito della stessa Unione europea, le condizioni ricettive dei migranti e dei richiedenti asilo non siano esemplari.

Le visite ai centri di detenzione condotte da europarlamentari tra il 2005 e il 2008 hanno consentito di redigere questa relazione, sotto la guida dell’onorevole Roure. Essa rivela la portata delle irregolarità nel sistema di detenzione dei migranti in Europa, puntando il dito contro problemi relativi all’assistenza legale, alle cure mediche, all’igiene, alla promiscuità e alle informazioni.

Pertanto, è un campanello d’allarme quello che sta suonando oggi il Parlamento europeo. Gli Stati membri devono prenderne atto e, ove necessario, devono applicare il prima possibile le direttive accoglienza e procedure, oppure compiere passi avanti nella loro esecuzione.

 
  
  

- Relazione Muscardini (A6-0001/2009)

 
  
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  Glyn Ford (PSE), per iscritto. – (EN) Il partito laburista al Parlamento europeo si è astenuto dal voto su questa relazione non perché siamo contrari al potenziamento del ruolo delle PMI europee nel commercio internazionale, ma perché l'onorevole Muscardini ha prodotto un cavallo di Troia contenente posizioni inaccettabili circa gli strumenti di protezione commerciale.

Siamo delusi dalla Commissione, la quale ne ha rimandato l’esame per le difficoltà incontrate nel raggiungere un consenso sulla prosecuzione del processo. Restiamo del parere che sia assolutamente necessario modificare il sistema di protezione commerciale comunitario affinché tenga meglio conto dell’andamento dell’economia mondiale. La mancanza di riforme significa che la nostra industria non si trova in una buona posizione per poter approfittare dei vantaggi della globalizzazione. Pur considerando positiva l’inclusione nel programma di lavoro, per mano della presidenza ceca, del miglioramento della trasparenza degli strumenti di protezione commerciale, essa non basta.

 
  
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  Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. – (FR) Abbiamo votato a favore della relazione dell'onorevole Muscardini sulle PMI. Essa esprime un’aspra critica della politica commerciale dell’Unione europea, benché sia formulata nel linguaggio smorzato e tecnocratico caro a questa Assemblea.

Essa tratta di tutto: dalle politiche incentrate sulle esigenze delle grandi imprese; alla debolezza di misure che promuovono l’accesso ai mercati esteri e che garantiscono l’applicazione della reciprocità da parte dei paesi terzi; dalle difficoltà nell’accesso agli strumenti di protezione commerciale per le piccole imprese; alla fallibilità di misure di tutela dalla contraffazione e dall’uso illecito o fraudolento delle indicazioni di origine geografica; e via dicendo.

Infatti, è ora che l’Unione europea smetta di sacrificare le proprie imprese e i propri lavoratori sull’altare di una forma di concorrenza e di libero mercato che è la sola al mondo a praticare. E’ giunto il momento di sostenere le PMI nelle esportazioni, di proteggerle veramente dalla concorrenza sleale e di fare tutto ciò che è sensato per tutelare i nostri mercati.

Il fatto è che, restando fedele alla globalizzazione delle imprese come fine a se stessa, la relatrice continua a promuovere un sistema fondato sull’assoluta libera circolazione di beni, servizi, capitale e manodopera, un sistema che ci ha gettati in una profonda crisi economica, finanziaria e sociale, un sistema da cui l’Unione europea deve assolutamente liberarsi.

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Non è un caso, con l’approssimarsi della scadenza delle elezioni al Parlamento europeo, che appaiano risoluzioni che cercano di mascherare le colpe delle politiche adottate dall’Unione (soprattutto negli ultimi 5 anni) per la gravissima situazione in cui versano, in generale, le micro, piccole e medie imprese, soprattutto in Portogallo.

Sono le piccole e medie imprese, e non le grandi aziende internazionali, le vere vittime della liberalizzazione dei mercati promossa dall’Unione (come se un contesto in cui domina il principio della sopravvivenza del più forte possa favorirle). Vi sono molte piccole e medie imprese che partecipano al commercio internazionale in virtù della loro dipendenza dalle grandi multinazionali, per le quali producono a prezzi che spesso non corrispondono ai costi di produzione.

Non vi è alcun dubbio che sia necessario fornire (e attuare) strumenti di protezione commerciale, diritti di proprietà intellettuale, indicazioni di origine e indicazioni geografiche per i prodotti agricoli, nonché sostenere l’internazionalizzazione delle piccole e medie imprese.

Perciò, per quale motivo la maggior parte delle forze politiche rappresentate in Parlamento, che corrisponde alla maggioranza rappresentata in Commissione e al Consiglio dell’Unione europea, non adotta il regolamento sui marchi d'origine, non applica ai prodotti importati gli stessi standard di sicurezza e di protezione richiesti per i prodotti fabbricati nell’Unione europea, non utilizza il quadro finanziario 2007-2013 per proteggere la produzione e l’occupazione, sostenendo le piccole e medie imprese?

 
  
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  Małgorzata Handzlik (PPE-DE), per iscritto. – (PL) Sono molto felice che il Parlamento europeo abbia adottato la relazione dell'onorevole Muscardini, a cui ho avuto l’occasione di contribuire in qualità di consulente della commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori. Attualmente si parla molto di migliorare le condizioni delle piccole e medie imprese nel mercato interno dell’Unione europea, specialmente nel quadro della proposta Small Business Act.

Le piccole e medie imprese rappresentano oltre il 99 per cento di tutte le imprese europee. Tuttavia, un’attività che varca le frontiere nazionali è vantata soprattutto dalle grandi aziende. Appena l’8 per cento delle piccole e medie imprese esportano al di là dei propri confini nazionali. Se, tuttavia, si parla di avviare un’attività al di là dei confini dell’Unione europea, questo passo viene compiuto da appena il 3 per cento delle imprese.

Non dobbiamo dimenticare che le imprese internazionalizzate danno prova di una grande capacità di innovazione. E l’innovazione è il segreto della competitività e della crescita dell’economia europea. Spero pertanto che le politiche relative al mercato interno offrano alle PMI l’intera gamma dei vantaggi offerti dal mercato comune, e, ove possibile, che pongano le basi per l’internazionalizzazione delle attività delle PMI. Le piccole e medie imprese devono ricevere inoltre un maggior sostegno da parte degli Stati membri e della Commissione europea in ambiti comprendenti la promozione delle esportazioni o la ricerca di potenziali partner commerciali, in particolare per quanto riguarda prodotti e servizi di punta e nuove tecnologie.

 
  
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  Mieczysław Edmund Janowski (UEN), per iscritto. – (PL) La relazione presentata dall'onorevole Muscardini concerne un’importante questione economica e sociale. E’ importante soprattutto oggi, di fronte alla gravissima crisi economica. Il numero delle PMI (con un massimo di 250 dipendenti e un fatturato ≤ 50 milioni di euro) nell’Unione europea è pari a 23 milioni, ovvero circa il 99 per cento di tutte le aziende attive nel nostro mercato. Queste PMI occupano oltre 75 milioni di addetti.

Gli inviti rivolti alla Commissione, agli Stati membri e alle autorità regionali e locali affinché forniscano un efficace sostegno a tali aziende, ivi compreso il libero accesso al credito, sono pertanto giustificati. Inoltre, occorre agevolare gli scambi ed eliminare le barriere burocratiche all’import-export.

In relazione agli appalti pubblici, le cui non sempre chiarissime procedure ostacolano l’accesso delle PMI, occorre rendere ancora più aperto il mercato, sia a livello di Unione europea, sia nei paesi terzi. Come ho descritto nella mia relazione sulle politiche di innovazione, è difficile sopravvalutare il ruolo delle PMI nel settore, data la loro maggiore flessibilità e apertura alle moderne tecnologie e ai moderni metodi organizzativi.

E’ necessario introdurre regimi particolari per le PMI che operano nel settore agroalimentare, dove occorre dedicarsi con attenzione alla tutela dell’indicazione dell’origine dei prodotti e contrastare le imitazioni, dannose per la salute dei consumatori. Approvo inoltre l’idea di organizzare la Settimana europea delle PMI nel maggio del 2009. Questa dovrebbe essere una buona occasione per mettere a disposizione di tutta l’Unione europea una vasta gamma di informazioni sull’argomento.

 
  
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  Syed Kamall (PPE-DE), per iscritto. – (EN) Noi tutti riconosciamo e sosteniamo il ruolo svolto dalle PMI negli scambi internazionali, perciò è una vergogna che gran parte della relazione sia stata dedicata alla difesa dei cosiddetti strumenti di difesa commerciale (SDC). In realtà, gli SDC sono utilizzati dai produttori meno efficienti come una sorta di protezionismo crudo, per proteggersi dalla concorrenza, non solo extra-UE, ma anche di aziende più efficienti in ambito comunitario che hanno saputo approfittare della globalizzazione, creando catene di distribuzione mondiali.

Gli SDC puniscono i dettaglianti e i consumatori, i quali sono costretti a pagare a prezzi superiori beni che potrebbero procurarsi a un prezzo più conveniente altrove. Puniscono anche le PMI più efficienti e innovative. Conosciamo tutti PMI che hanno sede nelle nostre circoscrizioni e che sono penalizzate proprio dagli SDC che questa relazione cerca di elogiare. E’ per questo che i conservatori hanno votato con riluttanza contro la relazione.

 
  
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  Rovana Plumb (PSE), per iscritto. – (RO) Le PMI rappresentano 23 milioni di imprese (99 per cento del totale) e 75 milioni di posti di lavoro (70 per cento) nell’Unione europea.

Io ho votato a favore della relazione dell'onorevole Muscardini perché rivela la strategia vincente per la sopravvivenza delle PMI in una difficile fase economica. Essa riguarda il sostegno politico e finanziario volto a promuovere l’innovazione dei prodotti e dei processi e a migliorare l’accesso alle informazioni finanziarie e tributarie, comprese quelle relative all’internazionalizzazione. Include anche l’adozione di una posizione ferma nei negoziati sulle procedure di facilitazione del commercio al fine di abbassare il costo delle formalità doganali, che possono arrivare a incidere per il 15 per cento sul valore dei beni scambiati, nonché un’efficace registrazione della provenienza dei beni e un aggiornamento dei controlli doganali.

Per quanto riguarda la Romania, l’internazionalizzazione delle PMI è una soluzione che, nell’attuale crisi economica, le aiuterà considerevolmente a sopravvivere e ad ampliare la propria attività, svolgendo così un ruolo fondamentale nella creazione di nuovi posti di lavoro.

Sono favorevole all’organizzazione di una Settimana europea delle PMI a maggio 2009, il cui principale scopo è fornire informazioni alle PMI sui metodi da applicare per internazionalizzare la propria attività.

 
  
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  Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) In un momento in cui il mondo sta cercando una risposta alla crisi economica mondiale, e che vede una proliferazione delle tendenze protezionistiche - si pensi al recente caso della discussione della clausola Buy American al Congresso degli Stati Uniti – è dovere dei governi e delle istituzioni comunitarie tutelare gli interessi e garantire il rispetto delle regole applicabili alle piccole e medie imprese e al commercio internazionale.

Il valore dell’accessibilità dei mercati internazionali per le piccole e medie imprese è palese. Come rivelano studi in proposito, quando le società operano sul mercato extra-comunitario, tendono ad acquisire buone pratiche, a innovare e a diventare più competitive. Tuttavia, sappiamo che alcune aziende non possono resistere e non resisteranno alla concorrenza.

Tenendo presente questo e sapendo che le grandi aziende sono maggiormente sostenute in questi tempi di protezionismo, è necessario che le autorità agiscano a difesa di queste aziende, monitorando e garantendo il rispetto degli accordi internazionali.

Allo stesso tempo, questa affermazione deve applicarsi ai paesi terzi. Il commercio internazionale sarà equo soltanto se lo sarà per entrambe le parti.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. –Voto favorevolmente la relazione presentata dalla collega Muscardini, concernente il rafforzamento del ruolo delle PMI europee nel commercio internazionale. Per l’Unione Europea, realtà caratterizzata per lo più da piccole e medie imprese, la presenza internazionale delle PMI è determinante. Attualmente, soltanto l'8% delle PMI ha una dimensione internazionale e la maggior parte delle esportazioni rimane all'interno dell'Unione europea.

Le poche PMI che esportano al di fuori dell'Unione europea tendono inoltre a concentrarsi su mercati evoluti e tendenzialmente saturi come gli Stati Uniti, il Canada e la Svizzera, mentre la presenza delle PMI nei paesi emergenti è scarsa. Nonostante, quindi, le buone intenzioni della Comunità Europea (come il progetto SBA), è altrettanto vero che molto resta ancora da fare per permettere a tutte le imprese europee di acquisire una dimensione realmente internazionale.

 
  
  

- Relazione Papastamkos (A6-0020/2009)

 
  
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  Vasco Graça Moura (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Il commercio elettronico rappresenta un’eccellente opportunità commerciale per le piccole e medie imprese e per i giovani imprenditori poiché aiuta a superare le tradizionali barriere non tecniche all’accesso di mercati altrimenti inaccessibili.

Per lo stesso motivo, questo tipo di commercio garantisce inoltre una maggiore partecipazione dei paesi meno sviluppati al commercio internazionale. L’inclusione di questi partner, tuttavia, dipende dalla creazione di un’infrastruttura di base, alla quale dobbiamo contribuire incondizionatamente.

Dobbiamo sapere che la pirateria, la contraffazione o la violazione dei dati non sono conseguenze intrinseche a questo tipo di commercio; costituiscono piuttosto nuove versioni di vecchie pratiche. Con i dovuti adeguamenti, occorre fornire tutte le garanzie del commercio tradizionale anche a questi nuovi mezzi.

La rete giuridica che circonda il commercio elettronico si occupa di diversi aspetti, impedendoci di guardarla con occhio critico: per esempio, la governance di Internet deve ancora essere sottoposta a una struttura adeguata, rispettata a livello internazionale e vi sono inoltre questioni ispettive o di diritto privato internazionale.

Per quanto riguarda l’OMC, si fa confusione in merito al commercio elettronico e, nonostante molte insistenti richieste, i negoziati su questo tipo di commercio continuano ad essere relegati a pericolosi compartimenti bilaterali.

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Internet ha assunto un ruolo sempre più importante nelle relazioni commerciali e anche negli scambi internazionali. Permangono, tuttavia, gravi carenze riguardo alla tutela degli utenti e dei consumatori, in termini di protezione dei loro dati personali e di garanzia della qualità del servizio fornito o del prodotto acquistato.

Questa relazione, pur citando questi fatti, non avanza alcuna proposta che consentirebbe di migliorare la protezione degli utenti e la qualità del servizio erogato, fondata sull’utilizzo di un servizio eminentemente pubblico quale le comunicazioni.

Pur contenendo alcuni aspetti che valutiamo positivamente, il suo obiettivo centrale è quello di promuovere lo sviluppo e l’utilizzo del commercio elettronico quale strumento per agevolare gli scambi internazionali e per contribuire a superare le attuali difficoltà nell’apertura di nuovi mercati. Ciò significa che il suo principale scopo è agevolare e promuovere l’e-commerce, ovvero la produzione, promozione, vendita e distribuzione di prodotti tramite reti di telecomunicazioni, a vantaggio della liberalizzazione del commercio mondiale.

Pertanto noi ci asteniamo dal voto.

 
  
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  Małgorzata Handzlik (PPE-DE), per iscritto. – (PL) Internet ha creato nuove possibilità nello scambio di beni e servizi, comprendendo anche le transazioni transfrontaliere. La crescita, registrata negli ultimi anni, delle transazioni condotte su Internet è motivo di ottimismo per quanto riguarda il livello di fiducia che i consumatori nutrono nei confronti di Internet.

Nondimeno, permangono barriere, come la lingua, difficili da eliminare. Un’altra grave minaccia al commercio internazionale su Internet è l’assenza di certezza giuridica e di tutela dei consumatori. Spero che la proposta di direttiva sui diritti dei consumatori eliminerà alcune di queste barriere e fornirà un ulteriore stimolo allo sviluppo del commercio su Internet.

Occorre notare che Internet permette alle piccole e medie imprese di accedere ai mercati internazionali a bassissimo costo rispetto ai metodi tradizionali e offre possibilità di sviluppo della propria attività che in passato erano loro precluse.

Tuttavia, il commercio via Internet solleva anche domande, relative soprattutto alla vendita di prodotti contraffatti tutelati dai diritti di proprietà intellettuale. La contraffazione è un grave problema per il commercio online, specialmente perché non è facile assicurare alla giustizia i venditori di prodotti contraffatti a livello internazionale. Anche i consumatori che utilizzano Internet spesso sono vittime di frodi, quali il furto di denaro con mezzi elettronici. Tutti questi fattori indeboliscono la fiducia dei consumatori nel commercio elettronico, rallentandone lo sviluppo internazionale.

 
  
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  Syed Kamall (PPE-DE), per iscritto. – (EN) Considero positivamente l’ampia portata e il buon equilibrio di questa relazione, la quale esamina in modo efficace l’influenza che Internet ha avuto sugli scambi transfrontalieri: ha consentito persino alle aziende più piccole di accedere a un mercato globale impensabile solo qualche anno fa, dando impulso agli scambi e mettendo in luce gli aspetti positivi della globalizzazione. Essa ha aperto nuovi mercati e ha abbattuto le barriere al commercio.

La relazione ha sottolineato giustamente che, benché vi sia stato un aumento di frodi e contraffazioni, tale aumento non deve essere attribuito a Internet in sé, ma deve essere considerato un problema che già esisteva e che occorre affrontare in modi nuovi e innovativi, a condizione di non incidere sulle nostre libertà civili. Sottolinea inoltre che Internet va visto come un’opportunità per una maggiore diversità culturale, piuttosto che come una minaccia. Infine, riconosce che la liberalizzazione dei servizi legati a Internet, quali le telecomunicazioni, ha prodotto un boom negli investimenti infrastrutturali. Pertanto ritengo che occorre usare cautela nell’applicare ulteriori regolamentazioni a tali settori, come la Commissione sembra sia impegnata a fare in questo momento.

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) Accolgo con favore questa relazione, la quale mette in evidenza le nuove opportunità e i nuovi mercati creati dalle caratteristiche e dallo sviluppo tecnologico di Internet poiché riconosce il ruolo che la rete potrebbe svolgere nel colmare il divario commerciale tra il nord e il sud, aprendo nuovi canali di collegamento tra i paesi in via di sviluppo ai sistemi commerciali avanzati, e aumentando i loro flussi commerciali. La relazione afferma che questo dovrebbe agevolare un’armoniosa integrazione dei paesi in via di sviluppo nel sistema commerciale internazionale, un’integrazione che considero positiva.

 
  
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  Alexandru Nazare (PPE-DE), per iscritto. – (RO) Accolgo positivamente la relazione della mia collega concernente il ruolo svolto da Internet nello stimolare gli scambi. Dato il costante aumento del numero di utenti di Internet, occorre mettere in atto una regolamentazione di questo settore in espansione. Le politiche europee devono incoraggiare il commercio elettronico, considerandolo un’efficace alternativa ai tradizionali metodi di conduzione degli affari e un modo di stimolare gli scambi transfrontalieri in ambito UE.

E’ necessario adottare una serie di misure comunitarie volte ad eliminare gli eventuali ostacoli che impediscono un migliore utilizzo di Internet per fini commerciali, tra cui quelle volte a scoraggiare e prevenire le frodi e il furto di dati personali. Tali misure comunitarie devono inoltre incoraggiare gli utenti ad avere maggior fiducia nell’ambiente online.

Al contempo, occorre definire standard comunitari per le transazioni e-commerce. L’Unione europea deve agevolarne l’attuazione, offrendo agli agenti del commercio elettronico la possibilità di essere considerati fornitori affidabili.

Grazie alla portata mondiale di Internet e alla possibilità di condurre transazioni commerciali vantaggiose con paesi terzi, spero che constateremo i progressi compiuti nella promozione dell’e-commerce in tutto il mondo, anche in seno all’OMC.

 
  
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  Rovana Plumb (PSE), per iscritto. – (RO) Ho votato a favore della relazione perché il suo obiettivo è evidenziare gli ambiti del commercio internazionale in cui Internet ha fatto da catalizzatore, creando nuove condizioni per lo sviluppo del commercio a livello mondiale.

Essa riconosce inoltre l’esigenza di standard aperti e il loro importante contributo all’innovazione e alla concorrenza, oltre a una vera e propria possibilità di scelta per il consumatore. La relatrice propone che gli accordi commerciali firmati dall’Unione europea debbano promuovere un uso ad ampio raggio e aperto di Internet per il commercio elettronico, a patto che l’accesso dei consumatori a servizi e prodotti online e il loro utilizzo non siano limitati, tranne nei casi vietati dalla legislazione nazionale.

Appoggio la richiesta del relatore alla Commissione di delineare una strategia complessiva che contribuisca ad eliminare gli ostacoli tuttora esistenti per le PMI in termini di utilizzo del commercio elettronico e di creazione di una banca dati volta ad offrire supporto informativo e consulenza per la gestione dei nuovi partecipanti privi di esperienza di commercio elettronico.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. –Comunico il mio voto favorevole riguardo alla relazione del collega Papastamkos sul commercio internazionale ed Internet. Concordo, difatti, con l'obiettivo del relatore, che è quello di mettere in luce i settori del commercio internazionale nei quali Internet ha agito da catalizzatore, creando nuove condizioni per lo sviluppo del commercio a livello mondiale.

Questo è evidente, poiché il commercio internazionale e Internet si influenzano reciprocamente e in modo molto evidente. Inoltre, sono fermamente convinto che lo sviluppo del commercio in rete sia di notevole vantaggio per i consumatori. I vantaggi principali sia a livello nazionale ed europeo che mondiale, sono la scelta molto vasta di beni e servizi, i prezzi competitivi, un costo della vita inferiore e una migliore qualità della vita.

Ora i consumatori hanno la possibilità di confrontare meglio prodotti e servizi, grazie alla disponibilità di maggiori informazioni. L'accesso è possibile 24 ore su 24, da casa o dal luogo di lavoro.

 
  
  

- Relazione Graefe zu Baringdorf (A6-0407/2008)

 
  
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  Duarte Freitas (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore del compromesso raggiunto e ritengo che il nuovo regolamento sia estremamente positivo perché consentirà di armonizzare le condizioni per l’immissione sul mercato e l’utilizzo di mangimi, oltre a garantire un’informazione adeguata sia agli allevatori, sia ai consumatori di carne, assicurando così il corretto funzionamento del mercato interno.

Desidero sottolineare l’importanza della dichiarazione aperta: un elenco di sostanze impiegate nella miscela dei mangimi in ordine decrescente di peso relativo, che contribuirà a mantenere alto il livello di fiducia da parte degli agricoltori e dei consumatori.

Inoltre, i produttori avranno regole più chiare in merito all’immissione sul mercato del mangime che permetteranno di evitare più facilmente comportamenti criminosi.

 
  
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  Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. – (SV) La relazione del Parlamento europeo contiene alcuni emendamenti costruttivi, quali l’indicazione sull’etichetta del contenuto di carne o farina in alcuni mangimi composti per animali non ruminanti.

Tuttavia, gli emendamenti della relazione comprendono anche dettagli di cui si devono occupare i funzionari delle varie autorità e non i politici. Per esempio, la formulazione del testo “nutrizione orale: introduzione di prodotti destinati alla nutrizione animale nel tratto gastrointestinale attraverso la bocca, con l’obiettivo di soddisfare i requisiti nutrizionali dell’animale e/o mantenere la produttività degli animali sani”, “contenitori di minerali da leccare” oppure ”feci, urine nonché il contenuto separato del tubo digerente ottenuto dallo svuotamento o dall’asportazione del medesimo, a prescindere aggiunta dal trattamento subito o dalla miscela ottenuta”.

Si tratta di questioni certamente importanti per la sicurezza alimentare, ma che devono essere lasciate agli esperti delle autorità nazionali.

Ho votato a favore della relazione, in quanto contiene alcune proposte che, in linea di principio, sono importanti, ma ciò non significa che concordo con l’approccio, che giunge ad esaminare dettagli molto specifici.

 
  
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  Adrian Manole (PPE-DE), per iscritto. – (RO) La relazione Graefe zu Baringdorf sulla messa in commercio e l’utilizzo del mangime è di enorme importanza per il mercato agricolo e alimentare, alla luce dei recenti scandali che hanno interessato l’alimentazione degli animali, le malattie provocate negli animali per vari motivi, tra cui la scarsa conoscenza degli ingredienti contenuti nel mangime somministrato, lo scandalo della diossina, il morbo della mucca pazza, ecc.

Sarà accordata una maggiore libertà e maggiore responsabilità agli operatori del settore dei mangimi. Tuttavia, se si verificherà un grave problema riguardante la contaminazione con sostanze velenose o mangimi nocivi, questo avrà un enorme impatto sullo sviluppo degli animali o sull’ambiente. Se il produttore non dispone di risorse finanziarie sufficienti per risolvere il problema, potrebbero verificarsi problemi ancora più seri.

Ritengo necessario, ed è per questo che ho votato a favore di questa relazione, che gli agricoltori e i lavoratori agricoli in genere abbiano a disposizione precise informazioni sulla composizione dei mangimi per animali, ma anche che siano sufficientemente protetti da perdite finanziarie, sociali ed economiche in caso di disastro.

 
  
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  Zdzisław Zbigniew Podkański (UEN), per iscritto. – (PL) Ringrazio sinceramente il relatore per aver dedicato la sua attenzione a un argomento tanto difficile e controverso. L’etichettatura dei mangimi e il suo coordinamento a livello comunitario richiede di conciliare gli interessi dei consumatori, che hanno il diritto di sapere che prodotto stanno acquistando, se è sicuro e di cosa è costituito, e i diritti dei produttori, che desiderano difendere il loro diritto di tutelare la loro proprietà intellettuale.

L’appello delle aziende e degli Stati membri contro l’obbligo di inserire la dicitura “specifiche informazioni su richiesta” sulle etichette dei mangimi è una prova del fondamentale conflitto di interessi tra questi gruppi.

La procedura di compromesso elaborata con l’aiuto della Corte di giustizia europea sembra, a una prima occhiata, ragionevole, ma è comunque lontana dalla realtà, perché è difficile immaginare che un agricoltore, che già lavora, teoricamente, giorno e notte, sia sufficientemente interessato alla materia da sprecare tempo e denaro in complicate procedure di appello.

Specifiche informazioni sulla composizione dei mangimi devono essere riportate sull’etichetta, non soltanto per l’inalienabile diritto del consumatore ma, soprattutto, in vista del fondamentale obiettivo della direttiva, ovvero proteggere la salute. Chi, se non il produttore, garantirà che il mangime non è stato geneticamente modificato, per fare un esempio? La tutela della proprietà intellettuale non deve favorire gli abusi.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. –Manifesto il mio voto favorevole alla relazione presentata da Friedrich-Wilhelm Graefe zu Baringdorf, relativa all'immissione sul mercato e l'uso dei mangimi. Sono d'accordo con la proposta, che prevede un radicale riassetto della legislazione europea relativa agli alimenti per animali che comporti non solo la semplificazione delle norme vigenti, ma anche l'adattamento di tale legislazione alle disposizioni applicabili agli alimenti.

Tra gli aspetti principali, sono assolutamente a favore dell'indicazione delle materie prime presenti nei mangimi composti e della loro esatta quantità (la cosiddetta "dichiarazione aperta"), che è stata una delle principali richieste avanzate dal Parlamento europeo in seguito alla crisi dell'encefalopatia spongiforme bovina (ESB). Infine, concordo con il relatore per quanto riguarda la protezione del diritto all'informazione dei consumatori e l'etichetta dei suddetti mangimi.

 
  
  

- Relazione Schröder (A6-0513/2008)

 
  
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  Marie-Arlette Carlotti (PSE), per iscritto. – (FR) La Commissione sta facendo degli APE l’alfa e l’omega della sua strategia di sviluppo. La relazione Schröder e la destra europea lo stesso.

Dato che sosteniamo i paesi interessati, noi socialisti europei non avalliamo tale approccio. Per quanto ci riguarda, questi APE sono uno svantaggio. Abbiamo ancora tempo per promuovere un altro modo di pensare, per fare degli APE veri e propri strumenti di sviluppo, per appoggiare la riapertura di negoziati sui punti più controversi, come il presidente Barroso e il commissario Ashton hanno promesso; optando per una regionalizzazione selettiva, condotta dai paesi ACP stessi; tenendo fede ai nostri impegni riguardanti gli aiuti al commercio promessi nel 2005, piuttosto che saccheggiando il FES; garantendo un reale controllo parlamentare di quel processo, con i parlamenti ACP nel ruolo di guida e il coinvolgimento delle società civili del sud del mondo; respingendo inoltre la strategia del bulldozer, la quale punta ad estendere i negoziati sui servizi e sui temi di Singapore qualora i paesi ACP non intendano farlo.

Questa non è la tabella di marcia descritta nella relazione Schröder e per questo esprimerò un voto contrario.

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Ancora una volta, soprattutto per la resistenza di alcuni paesi dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico (ACP), nonostante l’obbligo di impiegare un linguaggio politicamente corretto, la maggioranza del Parlamento non è capace di nascondere la vera origine e i reali intenti degli accordi di partenariato economico tra l’Unione europea e i paesi ACP.

Sebbene l’articolo 36, paragrafo 1 dell’accordo di Cotonou sancisca la conclusione di “accordi commerciali compatibili con le disposizioni dell’OMC, eliminando progressivamente gli ostacoli che intralciano i loro scambi e approfondendo la cooperazione in tutti i settori connessi al commercio”, l’Unione europea intende andare al di là di quanto attualmente previsto e ottenere ciò che, finora, non è ancora stato raggiunto in sede OMC, benché il decimo Fondo europeo di sviluppo sia stato attuato per tale scopo, riducendo, allo stesso tempo, gli aiuti pubblici allo sviluppo. In altre parole, stanno tentando di entrare dalla finestra dopo non essere riusciti ad entrare dalla porta.

L’obiettivo dell’Unione europea è la liberalizzazione degli scambi, grazie alla quale i principali gruppi finanziari ed economici si adoperano per aprire i mercati, vendere beni e servizi, sfruttare le materie prime e imporre un modello di produzione rivolto all’esportazione, in linea con i loro interessi.

Occorre una politica diversa che promuova un’effettiva indipendenza, sovranità, cooperazione, solidarietà, sviluppo e giustizia sociale.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. –Esprimo il mio voto favorevole riguardo alla relazione presentata dal collega Schröder sull'impatto degli accordi di partenariato economico (APE) sullo sviluppo.

Gli accordi di lancio finora siglati sono solamente l'inizio di una lunga e proficua collaborazione con questi paesi extra-europei. Nel caso degli APE, un processo di liberalizzazione della durata di 15 anni è stato ritenuto accettabile sia dall'UE che dai paesi ACP. Inoltre, il requisito minimo riguardante praticamente tutti i settori del commercio da liberalizzare non dovrebbe essere inferiore all'80% degli scambi commerciali tra i partner. Sono convinto, infine, che lo sviluppo di ulteriori accordi potrà solo migliorare la situazione economica di entrambi le parti contraenti.

 
  
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  Bart Staes (Verts/ALE), per iscritto. – (NL) La relazione d’iniziativa concernente l’influenza degli accordi di partenariato economico (APE) sulla cooperazione allo sviluppo contiene alcuni punti validi. Essa chiede più aiuti di Stato (dopo tutto, sono i paesi ACP a soffrire maggiormente della crisi finanziaria) e sottolinea che gli APE costituiscono uno strumento di sviluppo che non deve ripercuotersi negativamente sull’integrazione regionale nel Sud del mondo. Ciononostante, appoggio la risoluzione alternativa presentata dal gruppo Verde/Alleanza libera europea. Sarebbe, dopo tutto, più logico che il Parlamento attenda prima di mostrare il proprio avallo agli APE finché i parlamenti dei paesi ACP coinvolti non abbiamo deciso quale posizione prendere. Secondo me, l’organismo parlamentare che sorveglia gli APE deve essere l’Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE e non un organismo creato ad hoc. Ciò creerebbe soltanto divisioni e indebolirebbe la posizione dei paesi del sud che non dispongono dei mezzi finanziari o del personale necessario per partecipare a tutti gli incontri. Inoltre, un organismo distinto non è abbastanza trasparente e impedirebbe un approccio olistico ai temi dello sviluppo.

 
  
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  Michel Teychenné (PSE), per iscritto. – (FR) Benché gli accordi di partenariato economico (APE) offrano una solida struttura alle relazioni dell’Unione europea con i paesi dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico (ACP), il Parlamento europeo sta mandando un messaggio estremamente negativo, adottando questa relazione.

L’Europa deve assolutamente capovolgere il modo in cui conduce le trattative e gli scambi commerciali con i paesi ACP, per non contribuire alla loro rovina. Questa relazione conferma un sistema fondato su una presunta uguaglianza tra le parti, mentre, in realtà, l’Unione europea è la più grande potenza economica del mondo e i paesi ACP hanno molta strada da percorrere per colmare il divario. Ora è assolutamente necessario adottare al più presto un approccio asimmetrico e consensuale che offra finalmente a questi paesi una possibilità nella concorrenza globale.

I miei colleghi del partito socialista al Parlamento europeo ed io abbiamo votato contro la relazione. La sua adozione da parte del Parlamento è infatti la riprova che l’Europa è dominata dalla destra, occorre cambiare questo stato di cose!

 
  
  

- Proposta di risoluzione: Kosovo (B6-0063/2009)

 
  
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  Martin Callanan (PPE-DE), per iscritto. – (EN) Il riconoscimento del Kosovo quale Stato sovrano da parte di molti paesi ha probabilmente creato più problemi di quanti ne risolverà. Nono sono affatto sicuro che il Kosovo fosse pronto per l’indipendenza. Il fatto che alcuni Stati membri dell’Unione europea non riconoscano l’indipendenza del paese per timore di creare precedenti all’interno dei propri confini ha complicato ulteriormente il futuro del Kosovo.

L’Unione ora ha scelto di assumersi il ruolo principale di assistere il Kosovo internamente, ma questo impegno non deve essere indefinito, né in termini di tempo, né di risorse finanziarie. Vi sono reali timori per la stabilità politica del Kosovo, le dimensioni della corruzione, l’influenza interna ed esterna del crimine organizzato e il trattamento delle minoranze, ivi compresi i Serbi.

E’ essenziale che le istituzioni dell’Unione europea restino vigili e pronte ad intervenire qualora il Kosovo non riesca a dimostrarsi all’altezza degli standard elevati che devono accompagnare inevitabilmente la condizione di Stato sovrano.

Nonostante le mie preoccupazioni, ho dato il mio sostegno a questa relazione.

 
  
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  Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. – (FR) Non vi è nulla di piacevole nella situazione in Kosovo o nel ruolo che vi sta svolgendo l’Unione europea.

EULEX, la missione dell’Unione in Kosovo, è, in questo specifico caso, semplicemente il braccio militare dell’ONU, incaricato di sovrintendere alla creazione di un governo e di un’amministrazione kosovara permanenti, in violazione della risoluzione 1244, che riconosce la sovranità della Serbia su questa provincia.

Le buone intenzioni espresse in questa Aula, i consigli e le richieste fanno fatica a nascondere la tragica realtà: l’oppressione delle minoranze, in particolare quella serba, in un territorio consegnato, ad opera della comunità internazionale e soprattutto di quella europea, alla corruzione, al crimine organizzato, alla mafia albanese e forse perfino ai gruppi terroristi islamici.

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Lo scopo di questa risoluzione è minimizzare il sostegno dell’UE all’illegale dichiarazione unilaterale di indipendenza della provincia serba del Kosovo.

L’inaccettabile obiettivo del Parlamento è legittimare la creazione di un protettorato creato e attuato dagli USA, la NATO e l’UE mediante l’aggressione e l’occupazione militare, garantendo il loro predominio politico, economico e militare in questa importantissima regione dell’Europa. L’esistenza di uno pseudo-Stato con sovranità vigilata, protetto dall’UE/NATO, nella fattispecie tramite la loro missione EULEX e viceré, il rappresentante civile internazionale e il rappresentante speciale dell’UE, dotati di poteri giudiziari, polizieschi e doganali, nonché funzioni di natura esecutiva e di monitoraggio costituiscono inaccettabili atti di neocolonialismo.

Con questa risoluzione, abbiamo scoperto che “la più importante delle attuali missioni PESD [dell’UE]” costituisce una palese violazione della Carta delle Nazioni Unite e un pericoloso precedente per il diritto internazionale, con conseguenze imprevedibili per la stabilità dei confini, soprattutto sul continente europeo.

Alcuni di coloro che hanno chiesto a gran voce il rispetto del diritto internazionale, l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza della Georgia sono, alla fine, gli stessi che hanno promosso e sostenuto l’aggressione della Iugoslavia.

Questa risoluzione rappresenta semplicemente un altro esempio dell’ipocrisia e del cinismo della maggioranza del Parlamento.

 
  
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  Erik Meijer (GUE/NGL), per iscritto. – (NL) Per quasi 20 anni, questo Parlamento è stato a guardare mentre il popolo del Kosovo dava gradualmente l’addio alla Serbia. In questa plenaria, le discussioni sul Kosovo di solito non riguardano il Kosovo in sé, ma principalmente l’effetto che esso ha sul resto del mondo. I fautori e gli oppositori dell’indipendenza sono preoccupati soprattutto del fatto che ogni decisione possa creare precedenti per altre regioni e del rischio che, di conseguenza, l’Unione europea ceda a una politica di grandeur.

Da 30 anni sostengo l’opposto, sia dentro, sia fuori questo Parlamento. La democrazia ci obbliga, in primo luogo, a guardare alle necessità e ai desideri della gente. Dopo secoli di dominio turco e l’ultimo secolo di dominio serbo, l’ultima cosa di cui hanno bisogno è la coercizione proveniente dall’esterno. Se non possono scegliere l’annessione all’Albania, vogliono una vera indipendenza.

Negli ultimi 10 anni ho auspicato una politica che parta dalla base, dal punto di vista dei poveri, degli emarginati, delle persone che soffrono per una mancanza di democrazia e di provvedimenti pubblici, le vittime dei disastri ambientali o di guerre, in breve, chiunque sia svantaggiato a causa di una mancata uguaglianza tra le persone. Voterò contro il progetto EULEX perché esso non fornisce soluzioni che vadano nell’interesse della gente comune del Kosovo.

 
  
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  Athanasios Pafilis (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) La risoluzione del Parlamento europeo non solo riconosce il Kosovo quale Stato separato, ma, oltraggiosamente, raccomanda agli Stati membri dell’UE che non hanno ancora riconosciuto la sua indipendenza, di farlo, in palese violazione del diritto internazionale e della stessa risoluzione n. 1244 del Consiglio di sicurezza dell’ONU.

A tale scopo, essa appoggia la creazione di una forza di sicurezza del Kosovo (KSF), in altre parole, un esercito a parte che, ovviamente, opererà sotto l’egida della forza NATO di occupazione KFOR.

L’obiettivo della creazione e dello sviluppo della forza repressiva di polizia/giudiziaria EULEX in Kosovo e delle riforme che sta promuovendo, quali le privatizzazioni ecc., è di imporre gli interessi comunitari e di accelerare la sua integrazione in strutture aggreganti europee. Ciò porterà a termine la trasformazione del Kosovo in un protettorato Euro-NATO.

Il primo sanguinoso ciclo in cui la Iugoslavia si è disintegrata e sono stati ridisegnati i suoi confini si sta concludendo con l’apertura di nuove ferite nei Balcani e in tutto il mondo con la legge imperialista del divide et impera, che provocherà nuove tensioni e interventi.

Il partito comunista greco ha votato contro questa inaccettabile risoluzione, sottolineando l’esigenza di intensificare la lotta anti-imperialista e di far fronte all’Unione europea e alle sue politiche chiedendo che l’esercito greco e tutti gli altri eserciti di occupazione Euro-NATO abbandonino il Kosovo e tutti i Balcani.

 
  
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  Maria Petre (PPE-DE), per iscritto. – (RO) Ho votato contro questa risoluzione perché la Romania non riconosce l’indipendenza della provincia del Kosovo.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. – Esprimo il mio voto contrario in merito alla proposta di risoluzione sul Kosovo. Non mi trovo d'accordo, infatti, con diversi punti della risoluzione.

Personalmente, non ritengo che la creazione di un programma di protezione dei testimoni funzionante sia essenziale per un'efficace azione legale nei confronti di criminali di alto livello nel Kosovo, in particolare per quanto riguarda i crimini di guerra. Inoltre, non penso che sia di primaria importanza per il Kosovo promuovere i progetti miranti, ad esempio, al recupero dei cimiteri vandalizzati con il coinvolgimento diretto degli attori locali: non avrebbero in alcun modo un valore concreto per le comunità kosovare e non contribuirebbero a migliorare il clima interetnico, nella realtà dei fatti.

 
  
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  Brian Simpson (PSE), per iscritto. – (EN) I deputati di questa Aula conoscono bene le opinioni che ho espresso in passato, non solo in merito al Kosovo, ma a tutta la regione dei Balcani.

A mio parere, il problema del Kosovo può essere risolto soltanto tramite un approccio consensuale che coinvolga non solo la Serbia, in primo luogo, ma anche i paesi confinanti.

Condivido molti punti di questa relazione, ma l’insistenza sul fatto che ogni Stato membro riconosca l’indipendenza del Kosovo non è un punto che posso condividere.

L’indipendenza del Kosovo si può conseguire soltanto con il consenso e l’approvazione della Serbia. Il mancato riconoscimento di questa condizione non farà altro, a mio modo di vedere, che creare problemi in futuro e un atteggiamento anti-serbo in seno a questo Parlamento.

Pertanto, l’approvazione dell’emendamento n. 3 rende questa una risoluzione di parte e compromette gravemente il resto del testo. Mi rincresce dichiarare che non posso appoggiarla.

 
  
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  Anna Záborská (PPE-DE), per iscritto. – (SK) Il voto sull’emendamento n. 3 e il voto finale sono stati molto importanti, a mio parere. Ho espresso un voto contrario in entrambi i casi. Nell’emendamento n. 3, il Parlamento europeo chiede ai paesi dell’Unione europea di riconoscere l’indipendenza del Kosovo. Secondo me, l’intero processo di indipendenza è frettoloso e imprudente. So che i negoziati tra il Kosovo e la Serbia, anche in presenza di personalità e organizzazioni internazionali, sono state lunghe e che molti non vedevano alcuna possibilità che producessero una soluzione o che addirittura proseguissero. E’ per questo che la maggior parte dei paesi dell’Unione europea e gli USA hanno accettato il piano Aktisari. Nondimeno, ritengo che tutte le dichiarazioni unilaterali di indipendenza siano soltanto una fonte di problemi e di potenziali conflitti per il futuro. Il tempo trascorso dalla dichiarazione di indipendenza del Kosovo non fa altro che confermarlo. Se vogliamo mantenere la pace nella nostra regione, qualunque tempo dedicato ai negoziati non è né lungo, né vano.

 
  
  

- Relazione Wortmann-Kool (A6-0021/2009)

 
  
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  Martin Callanan (PPE-DE), per iscritto. − (EN) La presente relazione rispecchia la crescente forza della Cina come potenza commerciale. Inoltre, attira l’attenzione sul commercio tra Cina e Taiwan, che sembra destinato ad aumentare in seguito agli accordi commerciali sottoscritti tra le due sponde dello Stretto.

Legami economici più stretti tra Cina e Taiwan potrebbero favorire un’impostazione costruttiva verso la questione più ampia delle relazioni nella zona dello Stretto. Ciononostante, tale distensione ha poco senso a meno che non sia accompagnata dall’integrazione di Taiwan nelle organizzazioni internazionali, specialmente in quelle di natura commerciale, come l’Assemblea mondiale della sanità e l’Organizzazione marittima internazionale.

Il Parlamento dovrebbe garantire assoluto sostegno alla politica del Consiglio volta ad appoggiare una partecipazione significativa di Taiwan in seno alle organizzazioni internazionali. Il Parlamento dovrebbe altresì esercitare pressioni sulla Cina affinché superi la sua continua riluttanza a permettere che Taiwan faccia sentire la propria voce sulla scena internazionale. La prosperità e la salute dei 23 milioni di cittadini di Taiwan non dovrebbero essere strumentalizzate per finalità politiche.

Poiché condivido che Taiwan abbia una partecipazione significativa in seno alle organizzazioni internazionali, ho votato a favore della relazione.

 
  
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  Călin Cătălin Chiriţă (PPE-DE), per iscritto. – (RO) Ho espresso un voto favorevole sulla relazione Wortmann-Kool poiché sostengo lo sviluppo delle relazioni economiche tra l’Unione europea e la Cina. Questo paese ha visto una crescita economica straordinaria, che l’ha reso uno dei maggiori protagonisti dell’economia mondiale. Le relazioni commerciali tra l’Unione europea e la Cina si sono sviluppate notevolmente negli ultimi anni, facendo sì che l’Europa diventasse il maggior partner commerciale cinese già nel 2006. Nel 2007, la Cina era il secondo partner commerciale dell’Unione europea.

Oggi, occorre una cooperazione straordinaria tra l’Unione europea e la Cina al fine di trovare una soluzione all’attuale crisi economica e finanziaria. Ritengo che, poiché la Cina è una delle forze trainanti dello sviluppo mondiale, dovrebbe assumersi interamente la responsabilità di garantire uno sviluppo sostenibile ed equilibrato dell’economia globale. Le relazioni commerciali dell’Unione europea con la Cina dovrebbero essere basate sui principi della reciprocità, dello sviluppo sostenibile, della tutela dell’ambiente, della prevenzione del cambiamento climatico, della concorrenza leale, della conformità con le regole dell’Organizzazione mondiale del commercio, senza dimenticare i diritti umani.

L’Unione europea deve insistere affinché si rispettino le norme a tutela dei consumatori affinché i cittadini europei non corrano più il rischio di acquistare prodotti che siano nocivi per la salute, merci difettose oppure prodotti contraffatti.

 
  
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  Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. – (FR) Ogni anno, il Parlamento europeo adotta un testo sulle relazioni commerciali ed economiche con la Cina e, ogni anno, i dati rilevati peggiorano: violazioni dei diritti umani, pratiche commerciali sleali, dumping, mancato rispetto degli impegni internazionali da parte della Cina, tanto di quelli assunti con l’OMC quanto di quelli presi con l’OIL (Organizzazione internazionale del lavoro), contraffazioni, una politica dei brevetti che è quasi paragonabile a un furto, e così via. L’elenco si allunga ed è spaventoso.

Ancora più spaventoso è il fermo convincimento della relatrice riguardo al mito del “cambiamento democratico attraverso il commercio”, di cui l’attuale situazione della Cina è la smentita più chiara. Questo mito serve da alibi per tutti coloro che pongono gli interessi commerciali di pochi davanti al rispetto dei valori che rivendicano, certamente per non dover prendere le decisioni necessarie: ovvero l’introduzione di strumenti di protezione commerciale e di sanzioni.

Lei pensa senza alcun dubbio che la Cina dovrebbe diventare l’officina del mondo, producendo a basso costo merci di più o meno – più meno che più – alta qualità.

Noi, da parte nostra, preferiamo una politica che consista nel produrre in Europa, con gli europei, i prodotti che consumiamo e nel riconquistare un’indipendenza industriale in un mercato europeo che sia alla fine protetto.

 
  
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  Vasco Graça Moura (PPE-DE), per iscritto. − (PT) Sin dal 2006, l’Unione europea è il principale partner commerciale della Cina e, a partire dal 2007, la Cina è diventata il secondo partner commerciale dell’Europa, rappresentando attualmente il 6 per cento del commercio mondiale.

La Repubblica popolare cinese ha compiuto grandi passi avanti da quando, nel 2002, io stesso ebbi l’onore di presentare una relazione sull’argomento in quest’Aula. Ciononostante, sembra che siano ancora attuali molte delle questioni che attendevano una risposta allora, sebbene per alcuni versi siano state risolte grazie ai significativi progressi compiuti.

In termini di impatto sociale e ambientale, la mancanza di preparazione dell’industria cinese è evidente e questo dovrebbe offrire un maggiore incentivo all’Europa.

La Cina e l’Unione europea stanno negoziando un accordo di partenariato e di cooperazione da ottobre 2007, con risultati ancora tutti da verificare. Visto il sostegno europeo a molti aspetti del commercio internazionale, la Cina non dovrebbe disattendere gli impegni assunti in seno alla OMC. Sono stati introdotti ostacoli sotto forma di norme e regolamenti, che limitano l’accesso delle imprese europee a settori strategici.

In novembre, la Repubblica popolare cinese ha dichiarato la propria intenzione di abbandonare il sistema di doppio controllo delle importazioni di prodotti tessili e calzature in vigore dal 2007. Le statistiche disponibili non facilitano la discussione, ma potremmo trovarci di fronte a una controversia commerciale.

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. − (PT) Essendo impossibile considerare tutte le numerose questioni sollevate da questa risoluzione, riteniamo sia essenziale sottolineare il nostro sostegno al rafforzamento di reali ed efficaci relazioni di cooperazione tra i paesi dell’Unione europea e della Cina, dando una risposta alle necessità dei diversi popoli che sia di mutuo vantaggio e che contribuisca allo sviluppo reciproco, osservando il principio di non ingerenza e il rispetto delle sovranità nazionali.

Sulla base di tali principi, sebbene contenga alcuni aspetti che condividiamo, abbiamo deciso di respingere nettamente la risoluzione in quanto si basa sulla matrice neoliberale, in particolare quando promuove un’ulteriore liberalizzazione del commercio, in questo caso, con la Cina.

Questa risoluzione, mascherando le gravissime conseguenze della liberalizzazione del commercio mondiale, rappresenta un incentivo a procedere all’apertura dei mercati tra l’Unione europea e la Cina, pone enfasi sugli sforzi volti ad accelerare i negoziati nel quadro della OMC e “sottolinea la necessità che il nuovo APC tra l’Unione europea e la Cina contribuisca a instaurare scambi commerciali liberi ed equi”.

Come posto in rilievo da altre risoluzioni analoghe del Parlamento europeo, l’obiettivo è rispondere alle necessità di espansione dei grandi gruppi economici e finanziari dell’Unione europea. Ciò impedisce, tuttavia, di rispondere alle esigenze dei lavoratori nonché delle piccole e medie imprese in diversi paesi comunitari, in particolare in Portogallo.

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. − (EN) Sostengo le raccomandazioni contenute nella relazione riguardo al miglioramento dell’accesso al mercato cinese, eliminando le barriere al commercio e agevolando l’accesso al mercato cinese per le imprese straniere nonché concentrandosi sulla creazione di un contesto economico che consenta a tutti di giocare ad armi pari.

 
  
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  Alexandru Nazare (PPE-DE), per iscritto. – (RO) Nell’attuale crisi economica e finanziaria, le relazioni tra l’Unione europea e i suoi principali partner economici internazionali stanno acquisendo un’importanza maggiore che in passato. La stabilità economica e la sostenibilità dei flussi commerciali che riguardano l’Unione europea stanno diventando sempre più importanti per la nostra sicurezza futura. Ho espresso un voto favorevole alla relazione Wortmann-Kool sulle relazioni economiche e commerciali con la Cina in quanto ritengo che rappresenti un passo verso una migliore struttura delle relazioni commerciali tra l’Unione europea e un partner essenziale a livello mondiale.

La necessità di questa relazione è posta in evidenza dalla dura realtà di un deficit commerciale di 160 miliardi di euro. Ciononostante, la maggior parte dei punti contenuti nella relazione non sono soltanto richieste avanzate dall’Unione europea riguardo ad alcuni aspetti della politica economica e commerciale di Pechino, ma anche suggerimenti la cui attuazione sarà vantaggiosa per la Cina a livello interno, nonché in vista del suo sviluppo futuro. Una migliore regolamentazione e protezione della proprietà intellettuale, il contenimento dell’impatto sociale e ambientale causato dalla straordinaria crescita economica del nostro partner asiatico e la riduzione della contraffazione e pirateria delle merci sono ambiti di azione in cui Pechino ha già compiuto notevoli progressi. Se ciò potrà essere mantenuto in futuro contribuirà soltanto a promuovere lo sviluppo della Cina.

 
  
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  Zita Pleštinská (PPE-DE), per iscritto. – (SK) Anche sulla base della mia esperienza personale acquisita nel corso di un incontro di una delegazione della commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori tenutosi in Cina dal 16 al 21 marzo 2008, ho votato a favore della relazione presentata dall’onorevole Wortmann-Kool sulle relazioni economiche e commerciali con la Cina.

Il commercio tra l’Unione europea e la Cina è aumentato a ritmi straordinari dal 2000. L’Unione europea è il maggiore partner commerciale della Cina e quest’ultima è il secondo partner commerciale dell’Unione europea.

Sebbene la Cina goda di vantaggi significativi a seguito della sua adesione all’OMC, le imprese europee devono superare importanti ostacoli per cercare di avere accesso al mercato cinese, tra i quali violazioni dei diritti sui brevetti e un ambizioso sistema di norme. Saluto con favore l’intenzione di lanciare la campagna “Gateway to China” (un passaggio verso la Cina) volta in particolare a stabilire programmi di formazione dei dirigenti in Cina per promuovere l’accesso delle PMI europee ai mercati cinesi entro il 2010.

La relazione presenta raccomandazioni volte a migliorare le relazioni commerciali tra Europa e Cina che dovranno basarsi su principi di reciprocità, sviluppo sostenibile, rispetto dei limiti ambientali, contributo agli obiettivi mondiali di prevenzione dei cambiamenti climatici, concorrenza leale e scambi commerciali equi, nel rispetto dei nostri valori comuni e delle norme stabilite dall'OMC. Ho accolto con favore la proposta modificata secondo cui l’Unione europea considera Taiwan un soggetto commerciale e sostiene la sua partecipazione in qualità di osservatore presso organizzazioni internazionali importanti.

 
  
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  Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. − (PT) Il dibattito sulle relazioni commerciali con la Cina ci riporta sempre alla questione dei diritti umani in quel paese. E’ comprensibile. Le obiezioni sollevate dalle relazioni commerciali con la Cina possono essere comprese alla luce di valutazioni diverse, che nella maggior parte dei casi sono attendibili.

La percezione che la crescita economica cinese non vada di pari passo con il rispetto dei diritti umani e della democrazia, né con la sua condotta a livello internazionale, lo sfruttamento dei lavoratori, un quadro normativo in materia di lavoro assai meno restrittivo, la poca considerazione per le questioni ambientali e per le regole relative alla proprietà intellettuale e ai brevetti, tutti questi fattori rappresentano ostacoli a relazioni commerciali aperte caratterizzate dal rispetto delle buone pratiche internazionali. Eppure, gli scambi commerciali esistono e stanno crescendo. Il ruolo della Cina nell’economia del mondo moderno è innegabile e la sua partecipazione è indispensabile per il superamento della crisi attuale.

Occorre, pertanto, insistere affinché siano rispettati le regole e i principi del commercio internazionale, perché vi sia pari accesso ai mercati e siano difesi la democrazia e i diritti dell’uomo, senza negare la realtà e la crescente interdipendenza. In effetti, bisogna approfittare al massimo di questa situazione, se non altro per avere un maggior influsso su questo grande paese.

 
  
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  Bogusław Rogalski (UEN), per iscritto. – (PL) Nella votazione riguardante la relazione Wortmann-Kool sulle relazioni economiche e commerciali con la Cina, mi sono espresso a favore della sua adozione.

La Cina è il secondo partner commerciale dell’Unione europea e quest’ultima è stata il più importante interlocutore commerciale della Cina fin dal 2006. Si tratta di un paese che rappresenta uno dei motori della crescita a livello mondiale. E’ assai importante che le relazioni commerciali dei paesi europei con la Cina siano soprattutto basate sui principi della reciprocità, dello sviluppo sostenibile, del rispetto dei limiti ambientali e della concorrenza leale.

Lo sviluppo delle relazioni commerciali con la Cina dovrebbe andare di pari passo con il dialogo politico che deve includere l’aspetto dei diritti umani. La Cina deve moltiplicare gli sforzi nel settore dell’applicazione dei diritti di proprietà intellettuale e affrontare il problema della produzione di merci contraffatte e piratate sul territorio cinese.

L’elevato inquinamento provocato dall’industria cinese e il suo crescente consumo di risorse naturali sono anch’essi motivo di preoccupazione.

Il fallimento dei negoziati con i rappresentanti del Dalai Lama getta un’ombra sulle relazioni con la Cina. Che deve interrompere ogni forma di persecuzione del popolo tibetano.

Al fine di garantire il corretto livello di relazioni commerciali con la Cina, queste devono basarsi sull’impegno e il partenariato strategico che racchiude i principi di reciprocità, concorrenza e commercio leali, in base ai nostri valori comuni e in conformità alle regole dell’OMC.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. Esprimo il mio voto favorevole in merito alla relazione presentata dal collega Dumitriu sulle azioni di informazione e di promozione dei prodotti agricoli sul mercato interno e nei paesi terzi. Ritengo che, come espresso più volte dalla Commissione, sia necessario semplificare le procedure amministrative nel quadro istituzionale europeo.

Questo regolamento, infatti, consente alla Comunità di realizzare azioni di informazione sul mercato interno e sui mercati dei paesi terzi per un certo numero di prodotti agricoli, conservando tuttavia le specificità delle azioni in funzione del luogo di realizzazione.

Concordo con il taglio politico che è stato dato, che rispetta le esigenze degli Stati membri, desiderosi di promuovere un’immagine dei loro prodotti agricoli presso i consumatori all’interno della Comunità e nei paesi terzi che sia imperniata soprattutto sulla qualità, sulle caratteristiche nutrizionali, sulla sicurezza dei prodotti alimentari e sui metodi di produzione.

 
  
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  Charles Tannock (PPE-DE), per iscritto. − (EN) La presente relazione fa riferimento ai crescenti scambi commerciali tra Cina e Taiwan, a cui plaudo. Sotto il presidente Ma, Taiwan ha compiuto enormi passi avanti verso la normalizzazione delle proprie relazioni commerciali con la Cina e il tentativo di porre fine all’atteggiamento ostruzionista che i governanti comunisti di Pechino hanno adottato in precedenza nei confronti delle relazioni commerciali con Taiwan.

Tuttavia, se Taiwan sarà mai integrato del tutto nelle economie regionali del Sud-Est asiatico, deve essere accettato nelle organizzazioni internazionali, che sia o meno riconosciuto come Stato sovrano indipendente.

Date le diverse emergenze sanitarie verificatesi negli ultimi anni nell’Est asiatico ricollegabili alla circolazione delle merci e delle persone – per esempio, la SARS, l’influenza aviaria e lo scandalo del latte alla melamina – è essenziale che a Taiwan sia attribuito lo status di osservatore presso l’Assemblea mondiale della sanità. Tale iniziativa rafforzerebbe gli scambi commerciali tra le due sponde dello Stretto, eleverebbe le norme di qualità in quella regione e collocherebbe Taiwan sulla scena internazionale.

E’ da condannare il modo in cui la Cina ha strumentalizzato i dissapori con Taiwan per introdurre giochi politici nelle questioni di sanità pubblica. Va condannato altresì il vergognoso silenzio serbato da molti in Europa a fronte delle pressioni cinesi.

Ho votato a favore della relazione.

 
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