Presidente . − Onorevoli colleghi, ho scelto di intervenire in inglese, la lingua del paese in cui si è verificato questo terribile evento.
Onorevoli colleghi, avrete appreso la triste notizia dell’attentato avvenuto questo fine settimana alla base dell’esercito di Massereene, in Irlanda del Nord, in cui hanno perso la vita due soldati, i genieri Mark Quinsey di Birmingham e Cengiz Azimkar di Londra, e altre quattro persone sono rimaste ferite, compresi due civili; uno di questi, un cittadino polacco, versa in gravissime condizioni. Questo attacco omicida contro le forze di sicurezza in Irlanda del Nord è un atto assolutamente spregevole, atto che io condanno nel modo più energico possibile.
(Applausi)
Le nostre condoglianze vanno alle famiglie e ai cari dei soldati assassinati, che hanno sacrificato la propria vita servendo la comunità, e alle altre vittime.
E’ il primo massacro di soldati in Irlanda del Nord da 12 anni a questa parte e costituisce un attentato alle istituzioni democratiche dell’Irlanda del Nord e alle fondamenta della società libera e democratica del popolo irlandese. Nel corso della mia recente visita in Irlanda del Nord ho visto con i miei occhi gli abbondanti frutti del processo di pace, nel quale i membri delle due comunità collaborano per la costruzione di una vita migliore per le generazioni future e per gettarsi alle spalle la triste storia passata.
Gli assassini che si sono macchiati dell’attentato stanno tentando di spazzare via la democrazia e la normalità dalle strade dell’Irlanda del Nord. Essi non godono di alcun sostegno o appoggio popolare, e le loro azioni sono energicamente condannate dalla stragrande maggioranza delle persone. La nostra piena solidarietà va ai cittadini irlandesi e alle forze di sicurezza nel loro impegno per assicurare questi criminali alla giustizia.
Noi, deputati del Parlamento europeo abbiamo più volte manifestato la nostra condanna della violenza terroristica in qualsiasi circostanza. Questi assassini non riusciranno a distruggere il processo di pace nordirlandese, un processo di pace costruito con tanta cura, che il Parlamento europeo ha sempre appoggiato con convinzione, sia moralmente, sia in concreto. Il popolo dell’Irlanda del Nord ha scelto un futuro diverso: un futuro di pace, di rispetto reciproco della dignità di ogni persona. Noi lo sosteniamo nella sua scelta di pace, democrazia e stato di diritto, e in questo momento stiamo dimostrando loro la nostra piena solidarietà.
Onorevoli colleghi, desidero chiedervi di alzarvi in piedi con me per un momento di riflessione per onorare la memoria dei soldati assassinati.
(Il Parlamento, in piedi, osserva un minuto di silenzio).
James Nicholson (PPE-DE) - (EN) Signor Presidente, sabato sera in Irlanda del Nord siamo rimasti tutti, penso come chiunque altro, assolutamente scioccati: due giovani soldati brutalmente assassinati a sangue freddo. E’ il peggior incubo dell’Irlanda del Nord.
Io faccio parte di questo Parlamento da quasi 20 anni, e speravo di non dover mai più alzarmi in piedi in questa Aula per porgere le condoglianze alle famiglie di coloro che hanno perso la vita in Irlanda del Nord. Sono molto addolorato di doverlo fare nuovamente oggi.
Questi ragazzi si sono comportati come qualunque altro giovane: hanno ordinato una pizza perché tre ore dopo dovevano partire su un aereo diretto in Afghanistan. Non ce l’hanno fatta. Il nostro pensiero oggi non possono che andare a questi ragazzi, uccisi nel fiore degli anni. In questo momento non possiamo fare altro che porgere le nostre condoglianze alle famiglie: in questo momento quelle stesse famiglie hanno bisogno del nostro sostegno.
Gli autori di questo terribile attentato probabilmente non ascolteranno nessuna delle mie parole di condanna, ma io ho il dovere di affermare che non riusciranno mai nel loro intento, non possono vincere, perché è il processo democratico in Irlanda del Nord che ha fatto sentire la propria voce e sarà questo a prevalere. Benché non sia privo di difetti, esso ha portato una vita diversa al popolo nordirlandese: ha ottenuto una vita migliore, l’ha sperimentata, e desidero che questa condizione sia stabile. Le mie condoglianze alle famiglie si aggiungono alle sue, signor Presidente.
(Applausi)
Liam Aylward (UEN) . – (EN) Signor Presidente, anch’io condanno senza riserve l’uccisione di due soldati britannici e il ferimento di quattro altre persone nei pressi della caserma di Massereene, nella città di Antrim, sabato scorso. La Real IRA, un gruppo repubblicano nordirlandese marginale, ha rivendicato questo terribile attentato, il primo attacco mortale alle forze di sicurezza nordirlandesi negli ultimi 12 anni. I responsabili di questi atti terroristici devono essere consegnati alla giustizia e dovranno rendere conto dei loro terribili crimini, che non godono di alcun sostegno politico tra i cittadini dell’Irlanda del Nord.
L’accordo di pace “del venerdì santo” del 1998 viene chiaramente delineato il quadro dello sviluppo politico ed economico dell’Irlanda del Nord. Le strutture previste dall’accordo, atte a sostenere la democrazia, lo stato di diritto, i diritti umani, la pace e la riconciliazione stanno funzionando a dovere. Non possiamo, e non intendiamo, permettere a queste persone di distruggere la pace in Irlanda del Nord, un obiettivo in cui abbiamo investito il nostro tempo e i nostri sforzi.
Jim Allister (NI) . – (EN) Signor Presidente, la ringrazio per le parole di cordoglio espresse per i nostri soldati britannici che hanno perso la vita sabato sera. In Irlanda del Nord, apprezziamo molto il fatto che, in questo momento, il vostro pensiero vada a coloro che li piangono.
Gli assassini dei due soldati cercano di fare progressi politici attraverso la violenza. Vorrei poter dire che non ci riusciranno, ma, purtroppo, in Irlanda del Nord sembra che la violenza paghi davvero, tanto più oggi che tre terroristi dell’IRA, già condannati in passato, sono ministri del governo in carica. Inoltre, secondo quanto dichiarato da Peter Robinson ai tempi in cui si opponeva all’entrata dei terroristi nel governo,– il nostro vice primo ministro McGuinness avrebbe personalmente assassinato almeno 12 soldati. Non è dunque una persona migliore né peggiore dei terroristi di Antrim che continuavano a sparare contro i due soldati che giacevano morenti ai loro piedi.
Ora quell’ignobile pistolero, McGuinness – che l’onorevole Robinson una volta definì il “macellaio di Bogside” – condivide scandalosamente la carica più alta del mio paese. E’ questo che avviene quando si ha a che fare con i terroristi. Confido che non si scenda mai a trattative con i terroristi ritornati nelle nostre strade e che si apprenda dagli errori del passato per non ripeterli.
Presidente . − Onorevoli colleghi, non possiamo invitare a parlare tutti i deputati irlandesi. Io ho parlato a nome di noi tutti, quindi dovrebbe bastare. Concordate che si sia tributato un degno omaggio a coloro che hanno perso la vita? Grazie.
Desidero inoltre rendere una breve dichiarazione in merito alla Giornata internazionale delle donne celebratasi ieri. Per festeggiare l’occasione, desidero oggi rivolgere il mio speciale benvenuto a tutte le parlamentari di questa Assemblea e ringraziarle sentitamente per il loro impegno. Voglio, inoltre, sottolineare che quest’Aula stia facendo tutto il possibile per mettere in pratica il principio dell’uguaglianza di genere a livello europeo ed internazionale.
Cento anni fa, 15 000 donne manifestarono a New York per il riconoscimento della loro dignità e dei loro diritti; oggi noi rendiamo omaggio alla loro eredità. Non vi è alcun dubbio che da allora sono stati compiuti grandi passi avanti per quanto riguarda il riconoscimento e la tutela dei diritti delle donne e la promozione delle pari opportunità tra uomini e donne in tutti gli ambiti della società. Non dobbiamo comunque ridurre i nostri sforzi; c’è ancora molto da fare per realizzare la parità di genere nell’Unione europea e per intensificare la partecipazione delle donne al mondo del lavoro, alla società civile e alla politica. Il Parlamento europeo ritiene che vi sia spazio per un ulteriore aumento dell’attuale livello di partecipazione delle donne ai processi decisionali e politici a livello locale, nazionale ed europeo e gli Stati membri devono impegnarsi per il raggiungimento di questo obiettivo.
Mancano pochi mesi alle elezioni europee. Desidero sottolineare oggi che la partecipazione delle donne a queste elezioni e un’equilibrata rappresentanza dei generi in seno al Parlamento europeo sono fattori di particolare importanza sia per lo sviluppo democratico dell’Unione europea, sia per la nostra società nel suo complesso. In conclusione, vorrei ricordare all’Assemblea che molte guerre colpiscono duramente soprattutto le donne e ci stiamo quindi impegnando per impedire che le molestie sessuali e gli stupri diventino delle vere e proprie armi da guerra. Dobbiamo tutelare la dignità di tutti coloro che abitano su questa terra, senza mai venir meno al nostro impegno.
Grazie per la vostra attenzione.
(Applausi)
3. Approvazione del processo verbale della seduta precedente: vedasi processo verbale
Presidente . – La versione definitiva del progetto di ordine del giorno di questa tornata preparato dalla Conferenza dei presidenti durante la riunione di giovedì 5 febbraio, ai sensi degli articoli 130 e 131 del regolamento, è stata distribuita.
Lunedì:
In primo luogo, il gruppo socialista al Parlamento europeo ha chiesto che la votazione sulla relazione dell’onorevole Kósáné Kovács sulla situazione sociale dei rom si svolga domani anziché giovedì, come previsto.
In secondo luogo, il gruppo del Partito popolare europeo (Democratici-cristiani) e dei Democratici europei ha inoltre chiesto che la votazione sulla relazione dell’onorevole Reul concernente le possibili soluzioni alle sfide nel campo delle forniture petrolifere si tenga domani.
In entrambi i casi, la scadenza per la presentazione delle proposte di risoluzione comuni alternative è questa sera, quindi è tecnicamente impossibile votare questi testi domani. Tuttavia, le votazioni si potrebbero svolgere mercoledì, anziché domani. Vi sono obiezioni?
Hannes Swoboda, a nome del gruppo PSE. – (DE) Signor Presidente, mi rincresce che non sia possibile tenere la votazione domani, perché numerosi rappresentanti dei rom intendevano assistervi, ritenendo appunto che la votazione si tenesse domani. Qualora non vi fossero altre alternative, si dovrà tenere ovviamente mercoledì, ma vorrei ribadire che, considerata la visita dei rappresentanti rom e con l’accordo dei gruppi politici, si dovrebbe assolutamente poter fare un’eccezione.
Presidente . − Abbiamo preso atto di questa volontà politica. Mi è stato detto che, in base al regolamento, è possibile votare solo mercoledì. Possiamo tuttavia avvertire i rappresentanti dei rom di questo cambiamento, in modo da poter esprimere la nostra volontà politica. In tal caso potremmo votare entrambe le richieste mercoledì.
(Il Parlamento approva la richiesta)
Martedì:
Il gruppo Verde/Alleanza libera europea ha chiesto di includere nell’ordine del giorno una dichiarazione della Commissione riguardante il mais transgenico MON810 e di concludere la discussione con la presentazione di una proposta di risoluzione. Chi desidera motivare questa domanda? L’onorevole Cohn-Bendit?
Daniel Cohn-Bendit, a nome del gruppo Verts/ALE. – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, come sapete, all’ultima riunione del Consiglio “Ambiente” una chiara maggioranza qualificata si è detta contraria alla richiesta della Commissione.
La Commissione aveva avanzato le stesse richieste nel 2006 e nel 2007, e ogni volta il Consiglio le ha respinte. Ora, la richiesta verrà con tutta probabilità avanzata nuovamente alla prossima riunione del Consiglio “Ambiente”, questa volta rivolta a Francia e Grecia. Il Parlamento deve semplicemente prendere una posizione chiara per porre fine a questo dibattito una volta per tutte. Non fa parte dei compiti della Commissione tentare continuamente di comprare i paesi a seguito di un’iniziativa respinta sulla base di convinzioni politiche diverse. E’ per questo motivo che auspichiamo, finalmente, una discussione congiunta con il Consiglio e la Commissione, nonché una proposta di risoluzione che ponga fine a questa diatriba una volta per tutte, e questo prima delle elezioni, in modo che gli elettori abbiano ben chiare le idee di tutti. Non ho ragione, onorevole Ferber?
Presidente . − Grazie molte. Questa era la motivazione. Chi è contrario alla richiesta?
Martin Schulz, a nome del gruppo PSE. – (DE) Signor Presidente, come l’onorevole Swoboda ha appena sottolineato, io sono favorevole solo in parte alla richiesta dell’onorevole Cohn-Bendit, mentre sono contrario ad alcuni altri aspetti. Ritengo che abbia comunque ragione: il comportamento della Commissione è quanto meno insolito, per dirla educatamente. Inoltre, è vero che la situazione del Consiglio appare confusa;alcuni Stati membri sono infatti d’accordo con la Commissione, mentre altri no.
Una situazione analoga si ritrova in questa Assemblea. E’ vero che è necessario discutere con la Commissione – benché questa proposta sia già stata avanzata diverse volte incontrando l’opposizione del Parlamento e persino di alcuni membri del Consiglio – e noi sosteniamo la richiesta di una dichiarazione della Commissione in tal senso. La seconda parte è rappresentata dalla risoluzione. Ho letto con grande attenzione la richiesta del gruppo Verde/Alleanza libera europea, ma la motivazione dell’onorevole Cohn-Bendit si riferiva più alla campagna elettorale che al mais transgenico, un tema questo molto interessante. Questo gruppo ha altresì richiesto un voto di sfiducia nei confronti della Commissione. Si tratta di una procedura di così ampia portata che riteniamo necessaria una attenta analisi della questione, ed per questo siamo favorevoli alla discussione – davvero! Inoltre esiste una commissione specializzata incaricata della risoluzione e che dovrebbe presentare, nel corso delle prossime plenarie, una proposta di risoluzione preparata con cura e non raffazzonata in tutta fretta questa settimana.
Presidente . − Grazie molte. Cedo ora la parola all’onorevole Fjellner, che potrebbe esprimere una posizione ancora diversa.
Christofer Fjellner, a nome del gruppo PPE-DE. − (EN) Signor Presidente, sono contrario alle proposte dell’onorevole Cohn-Bendit perché meno di un mese fa abbiamo discusso e votato in seno alla commissione per l’ambiente proprio in merito a questo argomento, come è già stato ricordato. Lo abbiamo già fatto, e soprattutto ora, al termine della legislatura, in un momento in cui abbiamo pochissimo tempo per importanti dibattiti legislativi, penso sia sbagliato dare la precedenza a questa discussione.
In questo frangente non possiamo privilegiare temi già discussi in passato e, soprattutto, sarebbe da veri irresponsabili farlo soltanto perché i verdi ritengono di non avere sufficiente visibilità in vista delle elezioni.
Presidente . − Da un lato, è stato chiesto di inserire all’ordine del giorno l’argomento di una risoluzione; dall’altro, secondo l’onorevole Fjellner non si dovrebbe mettere all’ordine del giorno né una dichiarazione, né una risoluzione. Proporrei di votare prima la procedura e discutere in un secondo momento se mantenere soltanto la dichiarazione.
Inoltre, ho ricevuto una richiesta di votazione per appello nominale per stabilire chi è favorevole alla richiesta dell’onorevole Cohn-Bendit e del gruppo Verde/Alleanza libera europea. La votazione ha inizio.
Martin Schulz (PSE). – (DE) Signor Presidente, non c’è bisogno di complicare ulteriormente le cose. Sono sicuro che lei ha ragione a livello formale; lei è un Presidente ed ha senza dubbio una visione precisa della situazione , ma ho tuttavia l’impressione che l’onorevole Frassoni concordi con la nostra proposta.
Questa settimana è prevista una discussione con la Commissione e vorrei chiedere che venga inserita all’ordine del giorno. Al contempo, richiedo di invitare la commissione specializzata competente a preparare una risoluzione. Penso che sarebbe una richiesta di portata ancora più vasta, che potrebbe essere oggetto di un voto iniziale.
Presidente . – Potremmo passare un’altra mezz’ora a parlare di questo argomento. La procedura corretta prevede il voto per accogliere o respingere la richiesta presentata dal gruppo Verde/Alleanza libera europea. Ho cercato di essere d’aiuto proponendo di discutere in un secondo momento in merito alla richiesta di una dichiarazione da parte della Commissione, ma non è possibile fare le cose in nessun altro modo.
(Il Parlamento respinge la richiesta)
Mercoledì:
Desidero informarvi che sono stati presentati 113 emendamenti alla relazione dell’onorevole Ferreira concernente un Piano di ripresa economica europeo. In tal modo è stata superata la soglia dei 50 emendamenti dettata dall’articolo 156 del regolamento; questi testi sono stati pertanto sottoposti all’attenzione della commissione competente che si riunirà questa sera. La discussione sulla relazione resta all’ordine del giorno di mercoledì.
Il gruppo del Partito popolare europeo (Democratici-cristiani) e dei Democratici europei ha chiesto che le interrogazioni orali al Consiglio e alla Commissione relative al SIS II siano discusse alle 15.00, come primo punto della seduta pomeridiana. Poiché tutti i gruppi politici hanno dato il proprio consenso, l’ordine del giorno sarà modificato di conseguenza.
Sono stato appena informato del fatto che ho trascurato un punto relativo alla giornata di martedì: il gruppo socialista al Parlamento europeo ha chiesto che le discussioni pomeridiane siano prorogate di mezz’ora e, di conseguenza, che il Tempo delle interrogazioni alla Commissione sia posticipato dalle 18.30 alle 20.00. Vi sono obiezioni?
(Il Parlamento approva la richiesta)
Giovedì:
Il gruppo Verde/Alleanza libera europea e il gruppo dell’Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa hanno chiesto che la discussione sull’interrogazione orale alla Commissione per il 50° anniversario della rivolta tibetana si concluda con la presentazione di una proposta di risoluzione.
Monica Frassoni, a nome del gruppo Verts/ALE. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, noi riteniamo che in questa occasione molto importante – il 50° Anniversario del sollevamento del popolo tibetano e della fuga del Dalai Lama – è veramente rilevante che il nostro Parlamento si pronunci con una risoluzione e non con un semplice dibattito.
Non è la prima volta: questo Parlamento è stato sempre con il Dalai Lama e con la causa della libertà del popolo tibetano e in questa occasione non possiamo tirarci indietro, anche perché la situazione non migliora. La situazione peggiora costantemente e siamo ancora sottomessi alla intimidazione proprio molto recente del governo cinese rispetto alla libertà dei tibetani. Quindi mi sembra importante che non solo parliamo ma anche decidiamo.
Marco Cappato, a nome del gruppo ALDE. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, un anno fa avevamo votato una risoluzione che sosteneva la linea del Dalai Lama nei negoziati con la Cina, in particolare nonviolenza e autonomia – non indipendenza – autonomia per il Tibet.
La Cina ha fatto saltare questi negoziati, accusando il Dalai Lama di essere violento e all’origine della violenza e di essere per l’indipendenza e non per l’autonomia. Bene: oggi, nel 50° Anniversario della sollevazione di Lhasa, sarebbe assolutamente inspiegabile se questo Parlamento non intervenisse, non solo a difesa del Dalai Lama e della nonviolenza, ma anche delle nostre stesse posizioni e della nostra stessa dignità di Parlamento. Non si chiede di togliere altri punti all’ordine del giorno: si chiede semplicemente di avere il coraggio di esprimere una posizione e l’opinione di questo Parlamento.
Per questo chiediamo che sia anche votata una risoluzione e non solo il dibattito.
Nirj Deva (PPE-DE). - (EN) Signor Presidente, non avevo previsto di intervenire, ma vista l’importanza di questo Parlamento e il periodo di periodo di crisi creditizia che stiamo attraversando a livello globale, e dato che dobbiamo essere presi sul serio dai nostri interlocutori in tutto il mondo, non dovremmo concentrarci su tematiche come questa, proprio quando siamo chiamati a instaurare nuove relazioni e partenariati per le nostre attività commerciali ed economiche.
Presidente. – Apprezzo il suo intervento, ma ciò non è conforme al nostro Regolamento.
(Il Parlamento approva la richiesta)
Per quanto riguarda la discussione sui casi di violazione dei diritti umani, della democrazia e dello stato di diritto, il gruppo socialista al Parlamento europeo ha chiesto che la sotto-voce riguardante la Sierra Leone sia sostituita da una nuova sotto-voce dal titolo “Espulsioni di organizzazioni umanitarie dal Darfur”.
Hannes Swoboda, a nome del gruppo PSE. – (DE) Signor Presidente, sarò breve. La situazione in Darfur è divenuta estremamente critica ed è resa ancora più disperata soprattutto dall’espulsione delle varie agenzie umanitarie. E’ per questo che intendiamo dare priorità a questo punto ora e che chiedo il vostro appoggio. Grazie.
Presidente. − La questione del Darfur è ora all’ordine del giorno.
(L’ordine dei lavori è approvato)
16. Interventi di un minuto su questioni di rilevanza politica
Presidente. – L’ordine del giorno reca gli interventi di un minuto su questioni di rilevanza politica.
Georgios Papastamkos (PPE-DE) . – (EL) Signor Presidente, gli effetti negativi della crisi finanziaria mondiale sul commercio internazionale sono ora ben visibili a tutti . Basti osservare il tasso di crescita del commercio mondiale, sceso dall’8,5 per cento del2006 al 5,5 per cento del 2007, fino al 4 per cento scarso del 2008. E’ stato introdotto uno speciale meccanismo nel quadro dell’Organizzazione mondiale del commercio volto a monitorare le misure che sono e saranno adottate dagli Stati membri dell’organizzazione per sostenere i settori dell’economia colpiti.
Data la particolare importanza che il commercio estero riveste per l’economia, la crescita e l’occupazione nell’Unione europea, la Commissione è chiamata, nel quadro dell’applicazione del piano di ripresa economica, ad assumere subito un ruolo di guida in un’iniziativa multilaterale per il sostegno del commercio. Ha inoltre il compito di mettere in correlazione una siffatta iniziativa con il lavoro del gruppo della Banca mondiale e di altre organizzazioni di sviluppo multilaterali.
Ioan Mircea Paşcu (PSE) . – (EN) Signor Presidente, l’architettura politica, militare, economica e finanziaria internazionale è messa a dura prova dall’attuale crisi. L’Unione europea rappresenta una parte centrale di questa architettura: sembrava l’unica formula che permettesse all’Europa di conservare il proprio ruolo in un mondo bipolare. L’UE si è allargata con successo riunificando il continente al termine della guerra fredda e oggi è chiamata a difendere le conquiste del passato e a proseguire l’integrazione una volta usciti dalla crisi.
Non si tratta di un compito facile, soprattutto per la presidenza attuale e per le presidenze future, che dovranno affrontare la persistente impasse istituzionale sul trattato di Lisbona e la transizione verso un nuovo Parlamento e una nuova Commissione, proseguendo la lotta alle tendenze protezionistiche, alle minacce di rinazionalizzazione delle politiche comuni e alle potenziali crisi internazionali nei paesi vicini.
L’Unione europea si trova quindi a un bivio: può avere successo oppure fallire. Il nostro successo sarà garantito se comprenderemo che la solidarietà è l’unico strumento per affrontare tutte queste grandi sfide e proseguire la nostra odissea nella scena mondiale.
Magor Imre Csibi (ALDE) . – (RO) A seguito delle elezioni parlamentari in Romania, i partiti politici che rappresentano l’opposizione si trovano in questo momento in una situazione difficile. I partiti al potere stanno infatti tentando di isolarli e persino di escluderli dalla vita politica e amministrativa locale.
Sostituire, per fini politici, i responsabili politici delle amministrazioni locali nel corso dell’attuale crisi economica è una prova dell’irresponsabilità del governo e comporta il rischio di un rallentamento nell’attuazione dei progetti dedicati nello specifico alle comunità locali.
E’ legittimo dubitare della credibilità democratica dell’attuale governo dopo il caso dei due consiglieri del consiglio municipale di Braşov, Vasile Bran e Iulian Mara, eletti nelle elezioni locali e la cui posizione non è stata ancora formalizzata dopo otto mesi. La vittoria di Vasile Bran è stata ingiustamente annullata da una decisione del consiglio locale, mentre Iulian Mara non ha potuto prestare giuramento perché la sentenza che convalidava la sua posizione è stata contestata mediante procedimenti legali amministrativi avviati dalla prefettura della Contea di Braşov.
Gli assidui tentativi dei rappresentanti dei politici al potere di usurpare le funzioni amministrative locali, ignorando completamente la volontà dei cittadini, erano in netta violazione della legge, ma i due consiglieri sono stati ugualmente sostituiti da persone scelte a discrezione della maggioranza.
Ritengo che l’attuale governo debba sapere che ottenere la maggioranza dei voti implica il diritto di violare la legge. Occorre porre fine a questo genere di abusi e far rispettare la legge. Il voto dei cittadini non deve essere invalidato dalla dittatura della maggioranza.
Jan Tadeusz Masiel (UEN). – (PL) Signor Presidente, la scorsa settimana una delegazione informale di eurodeputati si è recata in Palestina e in Israele, visitando inoltre anche la Striscia di Gaza: ciò che abbiamo visto ha suscitato in me una grande indignazione e un forte senso di solidarietà nei confronti della nazione palestinese occupata. Il mio sdegno è condiviso dalle agenzie delle Nazioni Unite che operano nella regione.
Signor Presidente, ritengo che esista un’unica soluzione a questa situazione: creare uno Stato palestinese quanto prima e senza condizioni. Nel 1948, quando fu fondato il loro paese, gli ebrei non chiesero il permesso del popolo palestinese e i desideri di questo popolo non devono essere oggi ostacolati da Israele. Lo ripeto: occorre prestare aiuti urgenti e incondizionati a una nazione oppressa, per porre fine a questo lunghissimo conflitto.
Ritengo che tali misure rafforzerebbero la pace in tutto il mondo, ma sono soprattutto necessarie semplicemente perché i palestinesi meritano uno Stato proprio.
Kyriacos Triantaphyllides (GUE/NGL) . – (EL) Signor Presidente, sembra che tra i suggerimenti che il Segretario di Stato USA ha dato agli israeliani nel corso della sua visita vi fosse quello di interrompere la costruzione e l’ampliamento dei insediamenti in Cisgiordania, di rimuovere i blocchi stradali, di cessare la costruzione del muro e l’espulsione dei palestinesi da Gerusalemme Est e, per quanto riguarda Gaza, di consentire l’importazione del cemento e dei materiali edili necessari per la ricostruzione.
Si tratta di ottimi consigli, ma sembrano essere caduti nel vuoto perché, mentre gli israeliani non consentono l’entrata dei materiali a Gaza, non hanno avuto alcuna esitazione a estrarre illegalmente tre quarti dei materiali che la Cisgiordania forniva al settore edilizio israeliano, distruggendo senza remore l’ambiente naturale, senza riconoscere peraltro alcun beneficio finanziario ai legittimi proprietari dei terreni.
E’ ora che gli Stati Uniti e l’Unione europea pongano fine all’impunità di Israele e vadano al di là delle parole e dei semplici consigli.
(Applausi)
Hans-Peter Martin (NI). – (DE) Signor Presidente, desidero richiamare l’attenzione su un argomento che scredita questa Assemblea: il fondo pensionistico.
Secondo alcuni articoli apparsi di recente sulla rivista Stern, almeno 76 eurodeputati tedeschi sarebbero membri di questo fondo. L’articolo si riferisce però soltanto all’elenco dell’associazione, non al fondo stesso. La invito pertanto, onorevole Pöttering, in qualità di presidente del Parlamento, ad inviare l’elenco completo degli affiliati al fondo all’amministrazione della camera bassa del parlamento tedesco poiché, ai sensi delle normative vigenti nel suo Paese, potrebbe sorgere il sospetto di gravi frodi se si scoprisse che sono stati effettuati doppi pagamenti. Occorre, inoltre, svolgere indagini in questa direzione, sottolineando il diritto delle autorità tedesche di ricevere da lei questi dettagli.
Allo stesso modo, abbiamo tutti il diritto di conoscere l’ammontare del disavanzo di questo fondo. Alcune cose sono state taciute in merito e si sta correndo il rischio di salvare ancora una volta gli speculatori con milioni di euro versati dai contribuenti a fine legislatura. Non possiamo consentire che ciò accada!
Presidente. − L’Ufficio di presidenza del Parlamento tratterà questa questione in modo giuridicamente corretto e politicamente ragionevole, può starne certo.
Tunne Kelam (PPE-DE). - (EN) Signor Presidente, l’ultima relazione dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica giunge alla conclusione che l’Iran ha prodotto una quantità di uranio a basso arricchimento sufficiente per fabbricare una bomba atomica.
Ancora più preoccupante è il ritmo dei progressi dell’Iran in questo campo. Secondo le stime dell’Agenzia, in meno di tre anni Teheran ha moltiplicato di 34 volte il numero delle centrifughe per l’arricchimento dell’uranio. Nei prossimi cinque anni, sono previste altre 45 000 centrifughe in aggiunta alle 5 600 attualmente in funzione. In questo modo l’Iran sarà in grado di produrre armi nucleari su scala industriale e di consegnare bombe atomiche, considerato anche lo sviluppo della capacità missilistica e il lancio del primo satellite iraniano.
La politica di contenimento dell’Iran condotta soltanto con blande sanzioni e mezzi diplomatici è dunque fallita. Queste misure non sono servite ad altro che dare a Teheran il tempo necessario per portare a termine il proprio programma nucleare.
E’ quindi giunto davvero il momento di abbandonare questa politica di distensione de facto e di concentrarsi su una risposta comune europea a un eventuale ricatto nucleare o a un ultimatum posto dall’Iran. Se anche in tal caso i “consueti” negoziati saranno l’unica opzione a nostra disposizione, saremo di fronte a una resa politica.
PRESIDENZA DELL’ON. MORGANTINI Vicepresidente
Hannes Swoboda (PSE). – (DE) Signora Presidente, tratteremo – senza però discuterla, purtroppo – la relazione dell’onorevole Kovács concernente la questione dei rom. Vorrei cogliere questa opportunità per porre in evidenza questa tematica, data la difficilissima situazione in cui ci troviamo. Si sono registrati numerosi incidenti in Ungheria, ma il problema non si limita a quel paese, dove la crisi economica e i problemi sociali spiegano forse la nuova recrudescenza degli attacchi ai rom. Questi eventi sono particolarmente riprovevoli. Molti rom – tra cui anche alcuni austriaci – mi hanno contattato chiedendomi di sollevare la questione, perché ancora una volta la comunità rom europea è in preda al panico. Desidero invitare la Commissione a monitorare molto attentamente la situazione e a fare tutto il possibile per impedire che i rom – al centro della discussione odierna, ma il problema riguarda anche altre minoranze – vivano di nuovo nella paura; questi popoli non dovrebbero essere costretti a vivere in questa condizione, soprattutto in questo momento e in quest’epoca.
Marco Cappato (ALDE). – (IT) Signora Presidente, onorevoli colleghi, in Italia, l’Autorità per la garanzia delle telecomunicazioni, un’autorità indipendente, ha, per la 43ª volta deliberato contro la televisione di Stato per la violazione del diritto dei cittadini italiani ad essere informati sulle iniziative dei Radicali – la 43ª delibera.
In Italia, dalle elezioni – ormai da dieci mesi a oggi – non ci sono le tribune elettorali, previste dalla legge, che sono state sospese illegalmente. In Italia, la Commissione di vigilanza parlamentare di controllo della radiotelevisione non si riunisce, anche qui contro la legge. Non è soltanto un problema di Berlusconi: è un problema di un regime di destra, di centro, di sinistra che attenta ai diritti civili e politici dei cittadini italiani.
Con il collega Pannella dovremo abbandonare i nostri lavori domani per accorrere in Italia per cercare di creare forme di resistenza non violenta contro questa nuova forma di negazione della democrazia. Invieremo un messaggio a tutti i colleghi del Parlamento per spiegare nel dettaglio la natura di queste violazioni e per chiedere il vostro sostegno e aiuto.
Bogusław Rogalski (UEN). – (PL) Signora Presidente, sono ancora una volta costretto a parlare in quest’Aula in difesa dei diritti delle minoranze nazionali in Lituania, i quali vengono sistematicamente ignorati e violati dalle autorità e dal sistema giuridico lituani.
Nella regione di Vilnius oltre il 70 per cento della popolazione è polacca. Finora, i nomi delle strade e delle città erano bilingui, così come avviene in molti paesi dell’Unione europea che ospitano minoranze nazionali. Non molto tempo fa, però, la Corte suprema amministrativa della Lituania ha dichiarato illegali i segnali stradali con i nomi delle vie in polacco e in lituano e ne ha ordinato la rimozione. Il governo locale di Vilnius ha messo in pratica le disposizione della sentenza e nella regione in cui risiede la maggior parte della minoranza polacca i cartelli con i nomi delle vie in polacco sono stati rimossi.
Questa soluzione risulta inaccettabile per un paese che è membro dell’Unione europea da cinque anni; è sintomo di un nazionalismo estremo, dimostra mancanza di rispetto per i diritti delle minoranze nazionali e costituisce una violazione dei principi fondamentali su cui si fonda l’Unione europea.
Chiedo alle autorità lituane di ripristinare i nomi polacchi delle vie e delle città nelle regioni in cui la maggior parte dei residenti appartiene alla minoranza polacca.
Georgios Toussas (GUE/NGL). - (EL) Signora Presidente, il terrorismo contro i lavoratori, con la complicità dei meccanismi di repressione dello Stato, è diventato oggi una soluzione abituale nei luoghi di lavoro schiavistici. Migliaia di lavoratori vengono licenziati e i loro fondamentali diritti sociali e di impiego vengono ridotti per adattarli al letto di Procruste.
Un perfetto esempio viene dal Regno Unito, in cui si è scoperto che una società privata sta raccogliendo informazioni sulle attività sindacali, sociali e politiche dei lavoratori per rivenderle alle aziende. In Grecia le vertenze sindacali volte alla riassunzione dei lavoratori licenziati sono state definite illegali e abusive.
I lavoratori sono ovviamente determinati a difendere i propri diritti e hanno adottato quale loro motto le parole dell’operaio ventiduenne Nikos Nikopoulos riportate nella sua lettera aperta alla pubblica accusa della Corte di appello suprema greca, in cui dichiara, tra l’altro:
“Per me esistono alcune cose nella vita che non si possono comprare o vendere. Preferisco che il mio salario sia un mio diritto inalienabile, rivendicare la ricchezza che produco e che mi appartiene. Il mio fermo rifiuto ad essere corrotto o intimidito ha determinato il mio secondo licenziamento. Ho ricevuto minacce alla mia vita e a quella della mia famiglia.”
Questa dichiarazione spiega veramente la volontà e la strada intrapresa dai lavoratori.
(La Presidente interrompe l’oratore)
Zsolt László Becsey (PPE-DE) . – (HU) Negli ultimi giorni, forse anche a causa della crisi, l’opinione pubblica degli Stati membri che hanno aderito all’UE negli ultimi cinque anni sta reagendo con sempre maggiore suscettibilità a qualunque atto che possa mettere in discussione o screditare lo status paritario e gli standard legati della loro appartenenza all’Unione. Per quanto riguarda la mia circoscrizione elettorale, abbiamo ascoltato accuse lanciate dalla televisione svedese, presenti anche su internet, secondo cui il modo in cui si spennano le oche nel villaggio di Harkakötöny rappresenta una crudeltà verso gli animali, mentre, in realtà, lì da anni non si allevano più oche. Sono lieto che sia stata formulata un’accusa di diffamazione sulla questione. Di recente dichiarazioni diffamatorie simili sono state mosse contro gli allevatori del mio paese riguardo all’alimentazione forzata delle oche invitando a boicottare le industrie alimentari, con conseguenti danni economici. E’ interessante notare che nessuna accusa del genere è mai stata indirizzata ai vecchi Stati membri. Queste azioni sono mosse solamente da interessi economici. Un’altra forma, squisitamente politica, di diffamazione consiste nel fare dichiarazioni su presunti attacchi su base etnica ai danni della popolazione rom ungherese, benché tali eventi non siano ancora mai stati dimostrati. Chiedo alla Commissione di esaminare attentamente queste polemiche e soprattutto di non divulgarle, dal momento che dichiarazioni di questo tipo potrebbero screditare gravemente il prestigio dell’Unione europea nel mio paese, in vista delle elezioni.
Thierry Cornillet (ALDE) . – (FR) Signora Presidente, in qualità di relatore permanente del Parlamento per l’azione umanitaria, sono appena ritornato da Kivu, Repubblica democratica del Congo, da cui speravo di portarvi un messaggio di ottimismo per la soluzione della situazione e per il ritorno degli sfollati alle proprie case.
Purtroppo, il mio ottimismo è stato offuscato dalla decisione presa dal presidente El Béchir riguardo alla crisi umanitaria più grave, quella del Darfur. Vero, Presidente El Béchir, è giusto rinviarla perché si tratta in effetti di una lotta all’impunità, ed è giusto garantire il rispetto del diritto umanitario internazionale.
Tuttavia il presidente El Béchir ha appena aggravato la propria posizione prendendo una decisione insensata da due punti di vista: primo, perché si va ad aggiungere alle già numerose accuse presentate contro di lui e, in secondo luogo, perché questa decisione da sola potrebbe essere denunciata alla Corte penale internazionale, dato che le conseguenze per il Darfur sono pesantissime dal punto di vista umanitario.
Il mondo allora non dimenticherà, ma le parole da sole hanno scarso effetto, signora Presidente. Capisco che stavamo cambiando tema, ma alle parole devono sempre seguire i fatti.
Ewa Tomaszewska (UEN). – (PL) Signora Presidente, il fatto che i cittadini dell’Unione europea debbano emigrare e spostarsi per trovare lavoro, perché nei loro paesi non trovano occupazione, con conseguente aumento della povertà, determina spesso una minore attenzione ai figli , che sono talvolta persino trascurati.
Queste prime fasi della crisi economica minacciano di provocare una preoccupante crescita dei tassi di disoccupazione, con un possibile conseguente aggravamento del problema dei bambini di strada. Questi bambini sono soggetti a carenze nutrizionali e sanitarie, il loro percorso educativo si interrompe e entrano talvolta in contatto con la criminalità. In un momento di crollo demografico, questo non rappresenta soltanto uno spreco delle opportunità di sviluppo dei bambini, ma anche una minaccia sociale per la prossima generazione. Riteniamo quindi indispensabile affrontare questo problema.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL). – (PT) Ieri si è celebrata la Giornata internazionale delle donne; è stata festeggiata in un momento in cui la situazione delle donne, soprattutto delle lavoratrici, sta peggiorando sensibilmente, considerate le continue disuguaglianze e discriminazioni.
Milioni di donne e ragazze attualmente devono affrontare un grave peggioramento delle proprie condizioni di vita e di lavoro, pensioni da fame, esuberi, disoccupazione, lavoro precario e sottopagato, povertà ed esclusione sociale diffuse. Tali problemi colpiscono soprattutto le donne lavoratrici, le pensionate e le disabili, che si vedono negato il diritto di avere diritti su questioni così cruciali per una vita dignitosa.
Pertanto, oltre a rendere omaggio a tutte le donne dell’Unione europea e del mondo, desidero chiedere che vengano adottate misure urgenti e nuove politiche per consentire alle donne di godere appieno dei propri diritti di cittadine nel lavoro, nella vita familiare, nella società e nella politica.
Occorre creare le condizioni atte a tutelare i diritti delle donne lavoratrici, affinché possano essere madri e lavoratrici senza penalizzazioni e affinché possano guadagnare stipendi adeguati e pensioni che permettano loro di vivere dignitosamente.
Árpád Duka-Zólyomi (PPE-DE). – (SK) Ancora una volta siamo di fronte a un problema concernente il rispetto dei diritti delle minoranze etniche in Slovacchia, un problema sollevato dal ministro dell’Istruzione, un membro del partito di governo, estremamente nazionalista.
Egli ha emanato un’ordinanza per la quale le scuole in cui l’insegnamento viene impartito nella lingua di una minoranza etnica potranno d’ora in poi utilizzare soltanto testi di storia che siano traduzioni letterali di quelli slovacchi. Ne consegue che la storia sarà insegnata in base ai dettami del partito di governo, e non in base alla realtà dei fatti.
Questo è in netto contrasto con la prassi attuata sinora e anche con i diritti delle minoranze garantiti a livello internazionale. Nell’Unione europea ogni comunità minoritaria ha il diritto naturale di studiare la propria storia. Gli insegnanti ungheresi, per non dire l’intera comunità ungherese in Slovacchia, sono comprensibilmente indignati. E’ inaccettabile che un partito estremista metta continuamente sotto pressione le minoranze in questo modo. E’ irresponsabile che, durante una crisi economica mondiale, qualcuno senta la necessità di provocare le minoranze etniche. Comportarsi in questo modo in tempi di grave incertezza significa scherzare con il fuoco.
Olle Schmidt (ALDE) . – (SV) Signora Presidente, molti, come me, sono preoccupati per il crescente antisemitismo in Europa. Nel fine settimana, nella mia città di Malmö si è disputato un incontro di tennis della Coppa Davis tra Svezia e Israele. Ma non si è trattato della solita partita di tennis: l’incontro si è svolto senza spettatori perché i leader politici locali hanno ritenuto di non essere in grado di garantire la sicurezza, una posizione criticata da molti di noi. Vi sono state alcune manifestazioni in proposito, una delle quali molto violenta. E’ certamente legittimo criticare le politiche dello Stato di Israele, ma tali critiche non devono trasformarsi in odio per gli ebrei in genere, ovvero in antisemitismo.
Non vi è alcun bisogno che i superstiti dell’olocausto sentano scandire in Europa slogan come “assassini, assassini”, quando vi sono raduni a sostegno dello Stato di Israele. Dopo la guerra a Gaza si è registrata una serie di attentati ai danni di ebrei e delle loro proprietà, anche nella mia città. Tutte le forze democratiche devono essere molto chiare su questo punto. L’Europa ha una storia terribile che non si deve mai più ripetere.
Hanna Foltyn-Kubicka (UEN). – (PL) Signora Presidente, dato che per me gli ideali su cui si fonda l’Unione europea sono qualcosa di più di un semplice slogan, sono lieta che il Parlamento europeo ospiti un dibattito legato al 50° anniversario della rivolta tibetana.
Allo stesso tempo, sono sorpresa e rattristata per il fatto che la data della discussione sia stata fissata al 12 marzo. Vorrei ricordare a chi lo ha dimenticato che la rivolta tibetana iniziò il 10 marzo. Quel giorno il Parlamento si dedicherà invece a tematiche quali i requisiti di omologazione per la sicurezza generale dei veicoli a motore e la tariffazione dei veicoli pesanti.
Si tratta di tematiche importanti, ma le persone e le istituzioni che si occupano dei requisiti di omologazione per la sicurezza generale dei veicoli pesanti non si offenderebbero se la data per la discussione di questi argomenti venisse spostata. Forse il 10 marzo ricorre un anniversario legato a questo tema di cui non sono a conoscenza. Forse è la “Giornata mondiale dell’omologazione dei veicoli pesanti” oppure la “Giornata degli ispettori omologatori”.
Sarebbe molto negativo per il Parlamento se si scoprisse che la data per la discussione è stata scelta allo scopo di ridurne l’importanza.
Marie Panayotopoulos-Cassiotou (PPE-DE). - (EL) Signora Presidente, la proposta di direttiva della Commissione per l’abolizione delle discriminazioni ha incontrato l’opposizione di molti cittadini europei che, perciò, si trovano nella difficile posizione di dubitare della validità di una proposta come questa, che riguarda il loro diritto di decidere a livello di Stato su materie nelle quali l’Unione europea non è competente.
Ritengo che non dovremmo sollevare questioni di questo genere proprio quando ci stiamo avvicinando alle elezioni europee. L’abolizione dei simboli, l’abolizione del diritto di decidere sulla vita sono di competenza del singolo Stato. In un momento in cui il Parlamento europeo sta abolendo le strutture che permettono agli eurodeputati di esprimersi liberamente, per esempio con i gruppi interpartitici, non possiamo discutere dell’abolizione delle discriminazioni.
Chris Davies (ALDE). - (EN) Signora Presidente, un mese fa lei e io abbiamo compiuto la nostra seconda visita di quest’anno a Gaza. Altri hanno seguito le nostre orme: Javier Solana, Tony Blair, e infine il presidente del Parlamento per vedere con i propri occhi le condizioni in cui vivono oggi i palestinesi.
Questo Parlamento ha chiesto la revoca dell’embargo economico, che è tuttavia ancora attivo in larga misura. Passano le settimane e gli israeliani continuano a punire collettivamente il popolo palestinese. Le nostre sono belle parole, ma valgono poco se Israele si rifiuta di ascoltarle. Signora Vicepresidente, la invito a chiedere al presidente di indire una riunione dei leader dei gruppi e del suo gabinetto per trovare il modo di passare dalle parole ai fatti. I miei elettori mi pongono continuamente questa domanda: “Voi avete un accordo di associazione con Israele. Perché manteniamo questo rapporto con una parte quando essa ignora i nostri interessi e tratta le nostre parole con tale disprezzo?”
Presidente. – Grazie onorevole Davies, mi farò portatrice della sua richiesta.
Călin Cătălin Chiriţă (PPE-DE) . – (RO) I valori europei sono particolarmente importanti per il sistema di istruzione romeno. I nostri colleghi, gli onorevoli Tőkés, Sógor e Winkler, a volte perdono il contatto con la realtà nei loro discorsi elettorali.
La Romania offre alle minoranze etniche una vasta istruzione nella loro lingua madre. Vorrei sottolineare l’importante ruolo che l’università statale Babeş-Bolyai di Cluj-Napoca svolge nel fornire un’istruzione in lingua magiara. Il sistema organizzativo multiculturale creato dallo statuto dell’Università di Babeş-Bolyai nel 1995 garantisce una formazione completa e indipendente in romeno, ungherese e tedesco, nonché studi ebraici, a ogni livello del percorso accademico.
All’Università di Babeş-Bolyai sono affissi una serie di cartelli e iscrizioni in ungherese e tedesco. Al momento diciassette facoltà offrono programmi di studio in romeno e ungherese, mentre undici facoltà offrono corsi in romeno e tedesco. Vi sono inoltre due facoltà, Teologia della riforma e Teologia cattolica romana, i cui programmi di studio prevedono lezioni esclusivamente in ungherese.
Jelko Kacin (ALDE) . – (SL) Accolgo con grande favore la decisione odierna del governo croato di reagire positivamente, almeno in linea di principio, all’iniziativa della Commissione europea per una mediazione tra Slovenia e Croazia. Purtroppo, questo riscontro comprende anche una postilla superflua, una condizione che restringe pesantemente le possibilità di mediazione.
E’ importante collaborare per creare le condizioni che consentano di avviare la mediazione il prima possibile in modo da alleggerire il clima politico in entrambi i paesi e consentire che il dialogo avvenga su basi migliori. Occorre promuovere ulteriormente il processo di allargamento dell’Unione europea ed è per questo che abbiamo bisogno del trattato di Lisbona. E’ soprattutto una questione di tempo, pertanto spero che a breve sia stilato un accordo quadro di mediazione.
Jim Higgins (PPE-DE). – (GA) Signora Presidente, i produttori caseari versano in una difficilissima situazione. Il prezzo di un litro di latte è sceso a un livello compreso tra 22 e 24 centesimi e si è inoltre registrato un improvviso calo della domanda mondiale di prodotti caseari, soprattutto in Asia e in Cina, a seguito dello scandalo della melammina. I produttori caseari sono circa ventimila in Irlanda, mentre trentamila sono gli addetti diretti del settore. si è registrato un aumento della produzione negli Stati Uniti (3%) e in Brasile. Un ulteriore problema è rappresentato dal tasso di cambio tra l’euro e la sterlina. E’ chiaro che occorre fornire entro breve un sostegno agli agricoltori per aiutarli a sopravvivere attraverso un programma di intervento, come già è avvenuto in passato con ottimi risultati.
Filiz Hakaeva Hyusmenova (ALDE). – (BG) Grazie, signora Presidente. La Giornata internazionale delle donne rappresenta un’occasione per noi per svolgere una valutazione della nostra politica di parità di genere. Molte persone ritengono che questa politica sia rivolta soltanto alle donne che mirano a godere delle stesse opportunità di cui godono gli uomini in termini di occupazione, salario e tempo libero.
Tali obiettivi sono rilevanti anche in un periodo di crisi economica, ma la politica per le pari opportunità deve occuparsi anche degli uomini. La crisi ha ripercussioni sul mercato del lavoro. Alcuni prevedono che molti uomini perderanno il proprio posto di lavoro a causa dei loro salari superiori e della contrazione delle attività ad alta intensità di manodopera nel settore finanziario. E’ sempre più probabile che gli uomini rivestano in futuro un maggiore ruolo nella vita di famiglia, segnando una svolta nella ripartizione tradizionale dei ruoli sociali. In quale misura sono preparati e se gli adeguamenti sociali potranno agevolare tale mutamento sono domande a cui occorrerà dare una risposta.
Le possibili soluzioni variano tra Stati membri, regioni e comunità. Per questo chiedo l’aggiornamento dei piani nazionali per le pari opportunità e l’introduzione di regole flessibili che soddisfino in ugual misura le esigenze di uomini e donne.
Iosif Matula (PPE-DE) . – (RO) Secondo le statistiche, un quarto dei bambini nell’Unione europea ha uno stile di vita sedentario e una dieta poco sana, incorrendo in un maggior rischio di pressione sanguigna elevata e di diabete, nonché di altre malattie.
Nel 2007 il Parlamento europeo ha adottato una relazione concernente il ruolo dello sport nell’istruzione, rendendo obbligatoria l’introduzione di almeno tre ore di sport alla settimana nel quadro dei programmi educativi. Sappiamo che l’educazione fisica prepara i bambini a uno stile di vita sano, trasmettendo importanti valori sociali come l’autodisciplina, la solidarietà, lo spirito di gruppo e il fair play.
Proprio per questo chiedo alla Commissione europea di seguire più attentamente il recepimento nella legislazione nazionale del requisito obbligatorio di introdurre almeno tre ore di educazione fisica alla settimana nelle scuole e la sua attuazione, nonché di aumentare il numero di palazzetti dello sport e migliorare le attrezzature di base.
Marco Pannella (ALDE). – Signora Presidente, onorevoli colleghi, nel libro di Albert Camus, la peste viene annunciata inutilmente dal sorcio che viene a morire ai nostri piedi. Non vogliamo essere inutilmente sorci che vengono ad annunciare la peste antidemocratica, violenta, antieuropea, che a Roma, a Bruxelles, a Gerusalemme, a Parigi sta ormai facendo di nuovo disastri.
Cappato ha già detto perché domani lasceremo i nostri lavori qui, per accorrere a una lotta militante di resistenza europea e di resistenza democratica nel nostro Paese. Facciamo i 30 anni di Parlamento europeo: se pensiamo a 30 anni fa, c’è da preoccuparsi. Noi lottiamo, non ci preoccupiamo.
Zita Pleštinská (PPE-DE). – (SK) Nel mio intervento desidero portare l’attenzione del Parlamento europeo sulla data del 15 marzo, che è stata dichiarata Giornata internazionale dei diritti del consumatore su iniziativa dell’organizzazione Consumers International. La giornata rappresenta un’eccellente opportunità per avvicinare l’Unione europea ai cittadini tramite politiche riguardanti la tutela dei consumatori.
In qualità di componente della commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori mi sono impegnata a fondo in questo campo e sono felicissima dell’enorme interesse dimostrato dai giovani che stanno partecipando attivamente a varie attività dedicate ai consumatori. Un esempio è il concorso internazionale “Consumo per la vita” aperto ai giovani consumatori organizzato dall’Associazione slovacca dei consumatori, che vede aumentare di anno in anno il numero di partecipanti, i quali raccontano storie interessanti sulle loro prime esperienze e sulle decisioni relative alla scelta e al consumo.
Vorrei incoraggiare i governi degli Stati membri dell’UE a rafforzare e sostenere le organizzazioni dei consumatori. Soltanto organizzazioni non governative forti, rappresentative ed efficaci possono riuscire ad accrescere nei consumatori la consapevolezza dei propri diritti.
Marian Harkin (ALDE). - (EN) Signora Presidente, desidero unirmi a coloro che hanno condannato il brutale e vile attentato omicida contro la caserma dell’esercito britannico nell’Irlanda del Nord e desidero porgere le mie più sentite condoglianze ai parenti dei feriti e delle vittime.
Questa sera desidero sottolineare il fatto che mercoledì sera la Commissione rilascerà una dichiarazione in merito al Libro verde relativo al personale sanitario europeo, secondo il quale il segreto del mantenimento di un personale sufficiente sta nell’istruire, assumere e mantenere i giovani medici.
In Irlanda la situazione è però esattamente opposta, con un calo del 16,5 per cento delle iscrizioni ai corsi di laurea di primo livello per infermieri. Nella mia regione, presso il St Angela’s College, si registra un calo del 25 per cento per quanto riguarda gli infermieri generici e del 40 per cento per quanto riguarda gli infermieri per l’assistenza a pazienti con malattie mentali.
La Commissione deve esercitare pressioni sugli Stati membri affinché ogni paese si assuma le proprie responsabilità nella formazione degli operatori sanitari e affinché si fissi uno standard etico che ci impedisca di ricercare operatori sanitari nei paesi in via di sviluppo, danneggiando così il loro sistema sanitario, già vulnerabile.
Csaba Sógor (PPE-DE). - (HU) Ho parlato già diverse volte a nome delle minoranze nazionali tradizionali. Alcuni dei miei colleghi mi hanno accusato di nazionalismo. E’ strano che la maggioranza tenti spesso di celare la paura e i sentimenti di ostilità nei confronti delle minoranze dietro accuse di nazionalismo o di incitamento all’odio ai danni delle minoranze stesse. Spero che i miei colleghi non avranno nulla da ridire se ora parlerò nell’interesse di una minoranza religiosa. La chiesa greco-cattolica rumena venne vietata durante il periodo comunista. Dopo il 1990, si è riorganizzata e, al pari di altre chiese storiche, sta cercando ancora oggi di recuperare le proprietà immobiliari confiscate. In Romania, è in fase di preparazione una legge che, se adottata, esproprierebbe la chiesa di tali proprietà, attualmente in corso di restituzione. Vorrei richiamare l’attenzione di questo Parlamento sulla natura contorta della situazione, sul modo in cui vengono calpestati i diritti e sul tentativo occulto di nazionalizzazione. E’ inaccettabile che lo Stato interferisca negativamente nella vita di una chiesa.
Nickolay Mladenov (PPE-DE). – (BG) Grazie, signora Presidente. Desidero sollevare una questione che suscita grande preoccupazione. Nel corso delle ultime due settimane ci è giunta voce che nella Repubblica di Macedonia alcune autorità ecclesiastiche hanno espresso il desiderio di riesumare i corpi dei soldati bulgari che hanno perso la vita nel paese nel corso di tutte le guerre del XX secolo. L’opinione pubblica bulgara, e sono certo anche quella europea, considera totalmente inaccettabili tali richieste. Nessuno ha il diritto di ridicolizzare la memoria dei caduti in guerra; dobbiamo invece tributare loro onore e rispetto, osservare il principio fondamentale europeo di onorare i morti e di rispettare le nostre migliori tradizioni di tolleranza.
Chiedo al Parlamento europeo di comunicare alle autorità della Repubblica di Macedonia che tali richieste non devono restare senza risposta. Intendiamo avere rassicurazioni chiare e categoriche sul fatto che nessuno in Macedonia metterà in pratica tali minacce, che rappresentano una violazione deĺle fondamentali convenzioni culturali e nazionali di qualunque paese civilizzato.
Bruno Gollnisch (NI). - (FR) Signora Presidente, abbiamo appena appreso l’incredibile verdetto con la condanna a sei anni di carcere per due avvocati tedeschi, Horst Mahler e Sylvia Stolz.
Questa terribile sentenza si basa sul fatto che la loro visione in merito alla realtà e alla portata della storia dei campi di concentramento nella seconda guerra mondiale differisce dalla versione ufficiale.
Indipendentemente da qualsiasi opinione in merito al loro punto di vista, è inaccettabile che oggi, nell’Unione europea, vi siano cittadini, per di più avvocati, a cui si infliggono pene di tale gravità per aver discusso di un evento storico.
Sembrerebbe che nell’odierna Germania, cosiddetta democratica, vi siano ancora giudici che mettono il bavaglio alla libertà di espressione con zelo pari a quello dei loro colleghi della Germania nazista o della Germania comunista.
Questo accade, sfortunatamente, anche in altri Stati dell’Unione, tra cui la Francia e si tratta di un comportamento intollerabile e gravissimo.
Mieczysław Edmund Janowski (UEN). – (PL) Signora Presidente, oggi non intendo sollevare una questione di natura politica. Recentemente, uno dei miei elettori, un entusiasta sostenitore della standardizzazione, mi ha contattato in merito alla standardizzazione degli adattatori per i caricabatterie dei telefoni cellulari.
Questa materia sembra futile, ma sono sicuro che qualora si introducessero normative in questo campo, esse sarebbero bene accette da tutti i possessori di telefoni cellulari. Da un punto di vista tecnico la materia è molto semplice. Queste soluzioni si sono spesso rivelate positive, per esempio nel caso degli standard per i compact disc che possono infatti essere letti e utilizzati in tutti i computer. Forse vale la pena esaminare queste questioni secondarie per facilitare la vita ai nostri cittadini. Essi se lo aspettano da noi.
Presidente. – La discussione è chiusa.
17. Bilancio 2010 - Sezione III - Commissione: "Orientamenti per il bilancio 2010" - Orientamenti per la procedura di bilancio 2010 - Sezioni I, II, IV, V, VI, VII, VIII e IX (discussione)
Presidente. − L’ordine del giorno reca in discussione congiunta,
- la relazione di László Surján, a nome della commissione per i bilanci, sugli orientamenti per la procedura di bilancio 2010 - Sezione III - Commissione [2009/2005(BUD)] (A6-0111/2009), e
- la relazione di Vladimír Maňka, a nome della commissione per i bilanci, sugli orientamenti per la procedura di bilancio 2010 - Sezioni I, II, IV, V, VI, VII, VIII e IX (2009/2004(BUD) (A6-0057/2009)
László Surján, relatore. – (HU) Il Parlamento europeo prevede che la bozza di bilancio per il 2010 aiuti gli Stati membri e i cittadini a superare l’attuale crisi. Oggi questa è la nostra maggiore preoccupazione. In altre parole, il bilancio deve attenuare i timori dei cittadini europei e ridare loro fiducia nella possibilità di avere un lavoro, di guadagnarsi da vivere e di vivere in pace e in sicurezza. Stiamo parlando di quei cittadini di cui spendiamo i soldi e verso i quali abbiamo delle responsabilità.
A causa della crisi finanziaria, gli europei non sono certi che il loro denaro sia al sicuro nelle banche e non sanno se domani avranno ancora un posto di lavoro. Ma hanno anche altri tipi di preoccupazioni e di problemi: per quanto ancora saranno in grado di riscaldare la propria casa, se vi siano sostanze chimiche nocive o altri agenti causali nel loro cibo, e l’elenco potrebbe continuare. Vorremmo quindi avere un bilancio che ridoni fiducia ai cittadini, non solo nelle istituzioni finanziarie, ma anche nel prossimo e nella solidarietà su scala europea. L’1 per cento dell’RNL non basterà certo a risolvere ogni problema, ma è importante sapere se le piccole e medie imprese riceveranno incoraggiamento e sostegno. Si sta sviluppando una politica energetica comune armonizzata? Stiamo facendo il possibile per lottare contro i cambiamenti climatici e per incoraggiare l’uso di fonti energetiche rinnovabili? La protezione delle nostre frontiere comuni sarà più efficace? La politica di coesione sarà più proficua, il processo di ripresa più rapido, e i nostri alimenti più sicuri?
Il Parlamento sottolinea che il bilancio è esiguo rispetto a questi obiettivi, ma sa anche che gli Stati membri non stanno sfruttando appieno neppure l’attuale quadro di bilancio. Pertanto ci attendiamo che la Commissione europea intraprenda un’azione decisiva per eliminare gli ostacoli burocratici, per concentrare la spesa in ambiti in cui l’utilizzo è stato efficace e per negare gli aiuti alle zone che registrano regolarmente eccedenze. Il Parlamento è pronto a collaborare al monitoraggio dell’effettivo successo dei programmi avviati e del conseguimento degli obiettivi per cui sono stati creati. Non ci possiamo accontentare di controllare che le spese siano legittime; chiediamo anche garanzie che servano a conseguano lo scopo. Chiediamo risultati in cambio dei contributi dei cittadini europei, e ci aspettiamo che gli Stati membri attuino i programmi in modo rapido ed efficiente. Chiediamo alla Commissione europea di prendere sul serio le nostre richieste. Il Parlamento europeo costituisce l’unica istituzione su cui i cittadini possono esercitare un’influenza diretta. Noi siamo più vicini a loro e nella relazione che è stata presentata abbiamo riassunto proprio le loro opinioni. Vi è ancora oltre un mese prima della presentazione del bilancio preliminare e la Commissione dispone quindi di tempo a sufficienza per prendere in considerazione l’opinione del Parlamento e includerla nella proposta.
Inoltre, sarei molto lieto se, contrariamente alle abitudini, il Consiglio e il Parlamento non modificassero la proposta della Commissione per fini contrastanti, ma se le tre istituzioni lavorassero insieme per superare la crisi.
Onorevoli colleghi, concludo il mio intervento ringraziando tutti coloro che, con il loro impegno, hanno contribuito alla presente relazione, ivi compresi il segretariato della commissione per i bilanci, i membri della Commissione, gli esperti del mio gruppo politico e coloro che hanno presentato emendamenti. Vi chiedo di discutere le proposte e di sostenerle con il vostro voto. Offriamo speranza e sicurezza ai cittadini europei!
Vladimír Maňka, relatore. – (SK) Grazie, signora Presidente. Signora Commissario, onorevoli colleghi, al momento di stilare il bilancio del Parlamento europeo dobbiamo concentrarci sulla nostra principale attività istituzionale e fare ottimo uso delle risorse per migliorare il lavoro legislativo del Parlamento. Per quanto possibile, dobbiamo escludere dal bilancio le tematiche che non sono attinenti alla nostra attività.
Affinché gli eurodeputati operino in modo efficace, devono poter scegliere di svolgere il proprio dovere nella loro lingua madre. In molti casi questo permetterebbe di prevenire i problemi ed evitare lo spreco di denaro, potendo cambiare lingua rapidamente in base all’effettiva presenza dei parlamentari alle discussioni, e non a quella prevista.
Molti di voi sapranno sicuramente che in alcune commissioni i documenti non sono stati approntati in tempo per l’approvazione neppure nelle lingue di base. Se questo dovesse richiedere una riunione straordinaria della commissione o se si verificano altri inutili ritardi, questo sarà uno spreco di tempo e di denaro.
Così come avviene per la traduzione, dobbiamo aumentare la flessibilità anche dei servizi di interpretariato. Nei miei colloqui con i rappresentanti dei diversi segretariati generali del Parlamento europeo ho raccolto alcuni preziosissimi suggerimenti e informazioni. I rappresentanti delle direzioni stesse propongono di eliminare alcune riserve, ma in alcuni casi avranno bisogno del nostro aiuto.
Esistono numerosi esempi in proposito. Onorevoli colleghi, certamente nessuno di voi penserebbe che la sicurezza del Parlamento si ridurrebbe se entrambi gli ingressi dell’edificio del Parlamento di Strasburgo fossero chiusi nei periodi in cui non si svolgono sessioni plenarie, né c’è bisogno che le guardie siano fisicamente presenti in alcuni punti, specialmente a Strasburgo e in Lussemburgo.
D’altro canto anche l’attuale sistema di sicurezza ha le sue pecche. Lo abbiamo notato personalmente nel recente attacco alla filiale della banca ING situata all’interno dell’edificio del Parlamento europeo a Bruxelles e anche nelle minacce di morte di cui sono stati oggetto i due eurodeputati a Mumbai.
Penso che le proposte in fase di elaborazione da parte della direzione porteranno a miglioramenti e anche a un miglior uso delle risorse, nonché a sorprendenti risparmi. Possiamo ottenere un ulteriore risparmio nell’ordine di milioni di euro migliorando la cooperazione tra le istituzioni, che devono avere a disposizione la capacità inutilizzata delle altre istituzioni.
Una mancanza di pianificazione e comunicazioni insufficienti o inesistenti relative alla disponibilità delle risorse di traduzione ne impedisce un utilizzo efficiente. L’organismo che dovrebbe fornire traduzioni spesso passa automaticamente ordini ai traduttori esterni senza nemmeno controllare la disponibilità delle risorse interne. Solo in questo settore è possibile risparmiare oltre 10 milioni di euro all’anno nel quadro delle istituzioni. Pertanto, onorevoli colleghi, credo che appoggerete la proposta di avvalerci il più possibile di studi indipendenti che analizzino lo sfruttamento delle risorse e l’organizzazione del lavoro.
Gli eurodeputati devono avere informazioni esaurienti in merito alle risorse e ai materiali a loro disposizione per svolgere il proprio lavoro in modo responsabile ed efficiente. Abbiamo pertanto chiesto all’amministrazione di creare un sistema di gestione della conoscenza che ci consenta di lavorare in modo efficiente su tutti i documenti. Disporremo delle prime proposte concrete in questo ambito nel corso delle prossime settimane.
Un’altra priorità è fornire ai cittadini dell’Unione europea migliori informazioni riguardo all’operato dei loro rappresentanti al Parlamento europeo e ai conseguenti vantaggi che ne possono trarre. Occorre portare a termine, consolidare e utilizzare in modo efficace la televisione del Parlamento europeo, il centro visitatori e il nuovo centro audiovisivo.
Le voci di spesa amministrativa delle istituzioni dell’Unione europea comprendono spese per l’acquisto e la locazione degli edifici. In molti casi, in passato, le istituzioni hanno acquistato o preso in affitto immobili a prezzi superiori ai tassi di mercato. Secondo quanto constatato dalla Corte dei conti, le istituzioni non hanno nemmeno valutato le politiche immobiliari in comune, bensì individualmente. E’ quindi necessario sviluppare una politica immobiliare comune per conseguire una migliore collaborazione. Ci attendiamo il prima possibile un documento strategico riguardante la politica immobiliare a medio e lungo termine al fine di adottare una decisione appropriata in prima lettura. Grazie.
Dalia Grybauskaitė, membro della Commissione. − (EN) Signora Presidente, grazie molte per avermi consentito di scambiare opinioni con il Parlamento in una fase insolitamente precoce, quest’anno. Sono molto grata per l’iniziativa della commissione per il bilancio che va in questa direzione. La Commissione ha già esaminato con grande serietà gli orientamenti del Parlamento per il bilancio 2010 e concorda con la maggior parte dei punti inclusi. Essa apprezza altresì l’esame del Parlamento avente come oggetto la strategia politica annuale per il 2010, già rispecchiata nella vostra risoluzione, e condivide molte delle priorità politiche individuate.
Occorrerà far fronte a sfide inattese, quali la ripresa finanziaria, economica e sociale. Tuttavia, anche soluzioni a lungo termine ad altri problemi, come la lotta al cambiamento climatico e la conquista di un’Europa sostenibile, sono di fondamentale importanza. Su questa base, il 29 aprile la Commissione adotterà il suo progetto preliminare di bilancio per il 2010.
La Commissione ha già indicato che nel 2010 saranno necessari impegni finanziari, soprattutto per quanto riguarda il Piano di ripresa economica; ha inoltre preso atto del sostegno del Parlamento a livelli di spesa amministrativa più efficienti e continuerà ad agire in tal senso. Per quanto riguarda i progetti pilota e le azioni preparatorie, sono certa che potremo contare sull’eccellente cooperazione tra le istituzioni registrata lo scorso anno.
Il progetto preliminare di bilancio si fonderà su solide stime delle necessità di conseguire le nostre priorità condivise e di accettare le sfide che ci attendono. Sono persuasa che si possa raggiungere, ancora una volta, un accordo soddisfacente sul bilancio 2010 grazie a una buona cooperazione e collaborazione tra tutte le istituzioni, in particolar modo con il Parlamento.
Margaritis Schinas, a nome del gruppo PPE-DE. – (EL) Signora Presidente, il bilancio del Parlamento europeo per l’anno a venire conterrà tre nuovi elementi. Sarà un anno in cui questa Assemblea avrà un nuovo segretario generale, opererà probabilmente con il trattato di Lisbona e lavorerà con due nuovi statuti, uno per gli eurodeputati e uno per gli assistenti parlamentari.
Il mio gruppo politico ha cercato di riportare questi nuovi sviluppi nella relazione Maňka mediante numerosi emendamenti e siamo lieti di vedere che la Commissione è stata in grado di tradurre queste nuove dinamiche in quattro priorità fondamentali.
Queste quattro priorità fondamentali del mio gruppo sono:
Primo: porre l’accento sul processo legislativo. Il Parlamento è particolarmente efficace quando esercita le proprie attività legislative e l’amministrazione deve dimostrare di sapere convogliare le risorse del Parlamento laddove esse possono fare la differenza.
La seconda priorità – e su questo punto concordiamo con il gruppo socialista al Parlamento europeo – è l’assoluta salvaguardia del multilinguismo e dell’accesso dei parlamentari ai servizi di traduzione e interpretazione da e verso la propria lingua madre.
La terza priorità è essere in grado di valutare i passi avanti compiuti nell’attuazione dei piani principali già approvati, come Europarl TV o il centro visitatori, che avremmo preferito fossero pronti prima delle elezioni europee – e che purtroppo non lo sono, così come la Casa della storia europea. Desideriamo che questi piani pluriennali funzionino senza problemi e siano valutati in modo adeguato.
Infine, ritengo che noi parlamentari europei siamo tenuti a intensificare gli sforzi per dimostrare al contribuente europeo, in tempi di crisi, che questa Assemblea spende in modo razionale il denaro necessario a svolgere al meglio il proprio lavoro.
Costas Botopoulos, a nome del gruppo PSE. – (EL) Signora Presidente, signora Commissario, la discussione riguardo alla relazione Surján, della quale ho l’onore di essere il relatore ombra, costituisce un dibattito politico contenente diversi punti cruciali, soprattutto quest’anno. La sua importanza deriva dal fatto che sarà l’unica chiara discussione politica sulle priorità politiche perché, come sapete, in un anno elettorale non avremo la possibilità di organizzarne un’altra; successivamente entreremo direttamente nella nuova fase della procedura, nei “distinguo” tecnici e in discussioni di importanza fondamentale.
Tuttavia, questa discussione si svolge altresì in un anno in cui – come tutti hanno osservato e come tutti noi politici e cittadini sappiamo bene – l’Europa entrerà in una fase di crisi molto profonda, e purtroppo tutto indica che anche il 2010, l’anno al quale fa riferimento la nostra relazione e la nostra discussione, sarà un anno di crisi.
La mia prima osservazione è che può essere sufficiente, in questo momento e in questi tempi, una maggioranza semplice per approvare la relazione che stiamo discutendo e che voteremo, ma dovrà essere una relazione che esprima l’opinione del Parlamento europeo tutto e non di una sola fazione politica. Dovrà essere una relazione che esprime i timori dei cittadini e dei politici, tuttavia – e qui notiamo differenze politiche tra noi e il relatore e il suo partito – non soltanto mettendo l’accento sulle paure e sulle preoccupazioni, ma anche sulle prospettive per il futuro.
Dobbiamo usare il bilancio per far comprendere ai cittadini che esso rappresenta uno strumento politico con cui non solo possiamo rispondere alle paure, ma fornire anche prospettive politiche per il futuro. Ritengo che questo sia importantissimo e l’impegno del nostro gruppo, nella fase di discussione in commissione e di dibattito in plenaria, mira a ricercare un equilibrio tra questo testo e la dinamica politica che si produrrà, al fine di evitare di trasmettere un’immagine apocalittica, fatta solo di paure e preoccupazioni, aprendo invece anche prospettive nuove per l’Unione europea.
Lo ripeto: oggi una maggioranza semplice è sufficiente. Può accadere, certo, che una fazione imponga la propria linea, ma è cruciale, alla luce del dibattito che si concluderà con una maggioranza consolidata, che si senta forte e chiara l’opinione del Parlamento ovvero, in ultima analisi e in altre parole, l’opinione dei cittadini.
In un periodo di crisi, noi socialisti crediamo che l’Europa debba reagire con un bilancio dotato di caratteristiche molto specifiche. La risposta del nostro bilancio e dell’Europa politica deve, in primo luogo, essere coordinata: non dobbiamo dare l’impressione di abbandonare gli Stati a se stessi nell’affrontare questa difficile situazione. Secondo, occorre dare la precedenza alla protezione sociale dei cittadini; questo indicatore sociale, che è proprio dell’Unione europea, deve essere coltivato a tutti i costi, qualunque cosa accada. E’ per questo che nella relazione cerchiamo di spiegare alcuni punti in modo diverso. Infine, la risposta alla crisi deve configurarsi in modo comprensibile per i cittadini, deve riflettere le priorità dell’ambiente e dell’energia e dire di sì a un’Unione europea indipendente in materia di energia, tenendo aperte comunque tutte le possibili strade, così da realizzare tutti i nostri obiettivi.
Concordiamo con il tenore generale di questa relazione su diversi punti, quali il senso di urgenza e di necessità politica. Occorre tuttavia sottolineare che la risposta che vogliamo dare tramite questo bilancio deve possedere tutti gli elementi già menzionati.
Ci rivedremo a settembre, con la speranza che la Commissione tenga seriamente conto delle opinioni del Parlamento.
Anne E. Jensen, a nome del gruppo ALDE. – (DA) Signora Presidente, l’onorevole Surján ha scelto come titolo del bilancio 2010 la parola “sicurezza”, nella sua interpretazione più ampia: alleviamento della crisi finanziaria ed economica, importanza della sicurezza lavorativa ed economica, certezza e sicurezza delle forniture energetiche, sicurezza nei trasporti, sicurezza dei cittadini di fronte ai problemi legati all’immigrazione o derivanti dai mutamenti demografici (ad esempio un minor numero di giovani chiamato ad occuparsi di un numero crescente di anziani), l’esigenza di una maggiore protezione ambientale, di lottare contro il terrorismo e di promuovere la sicurezza sfruttando il ruolo dell’Unione europea nel mondo. Il termine “sicurezza” indica i diversi ambiti in cui il bilancio UE è fondamentale e sottolinea l’importanza che tale bilancio rifletta le nostre esigenze.
Sotto diversi aspetti il 2010 sarà un anno entusiasmante per il bilancio dell’Unione. Per i fondi strutturali, il 2010 rappresenta il primo anno in cui entra in gioco la “regola n+3”. Gli stanziamenti che non sono stati accantonati negli ultimi tre anni decadranno, come previsto dal programma. Ora vedremo se gli Stati membri sono stati in grado di utilizzarli in tempo. Spero che la clausola di temporaneità, la regola n+3, non entri in gioco, ma, in tal caso, avrà certamente senso analizzare di nuovo se le regole dei fondi strutturali sono sufficientemente flessibili e snelle.
Nel 2010, la politica estera sarà un tema spinoso, così come negli anni passati. Desidero invitare la Commissione a reperire gli stanziamenti necessari, benché il tetto per questa categoria di spesa sia molto basso. Alla commissione bilanci abbiamo assistito a una serie di discussioni in merito alla nostra posizione di fronte alla sovvenzione di fondi europei per il gasdotto Nabucco. Vorrei sottolineare che si tratta di un punto a cui noi del gruppo dell’Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa diamo molta importanza. Occorre garantire la sicurezza energetica con diverse iniziative, ma auspichiamo soprattutto un sostegno finanziario dedicato a Nabucco, un progetto che, in fin dei conti non dipende da Gazprom.
La procedura di bilancio sarà molto difficile quest’anno. Questo, ovviamente, è un anno di elezioni. Le relazioni degli onorevoli Maňka e Surján rappresentano l’unica opportunità per il Parlamento di esprimere il proprio parere sul bilancio. Sarà il Parlamento appena eletto a svolgere le vere e proprie trattative in materia. Non è facile mantenere la procedura attuata lo scorso anno, con l’onorevole Haug come relatrice e con la sostanziale partecipazione delle commissioni competenti. Dobbiamo, naturalmente, fare del nostro meglio per rendere la procedura il più aperta e strutturata possibile, e sono lieta di apprendere, signora Commissario, che anche lei vi contribuirà. Penso che gli onorevoli Surján e Maňka ci abbiano presentato una buona proposta che muove proprio in questa direzione.
Wiesław Stefan Kuc, a nome del gruppo UEN. – (PL) Signora Presidente, stilare il bilancio per il 2010 richiede molto coraggio. Ancora non conosciamo le reali dimensioni della crisi economica iniziata lo scorso anno. Purtroppo, nonostante i notevoli sforzi dei singoli paesi per tenerla sotto controllo, la crisi prosegue: scompaiono posti di lavoro, la disoccupazione aumenta e intere famiglie, nonché parti della società, di città e di paesi, diventano sempre più povere.
L’attuazione delle attività adottate nei quadri finanziari pluriennali per il periodo 2007-2013 diventa sempre più difficile. Lo scorso anno, in sede di predisposizione del bilancio 2009, il livello di finanziamenti stimato è stato conseguito con grandi difficoltà. Saremo in grado di sostenere questo livello nel 2010? Spero di sì. Questa costituirà la sfida più formidabile che saremo chiamati ad affrontare l’anno prossimo.
Non dobbiamo dimenticare che la solidarietà è molto importante in tempi difficili e dobbiamo ricordare sempre i nobili obiettivi adottati nel quadro della strategia di Lisbona. Dobbiamo tenere conto delle differenze economiche tra gli Stati membri dell’UE – non tutti saranno in grado di superare la crisi, ma un’azione comune garantirà notevoli aiuti. Abbiamo ancora la possibilità, durante la fase di revisione intermedia, di modificare le nostre politiche e concentrarci sulla lotta alle ripercussioni negative della crisi, facendone la nostra priorità numero uno.
Infine vorrei ringraziare sinceramente i miei colleghi della commissione per i bilanci, gli onorevoli Surján e Maňka, per il loro contributo in un momento tanto complesso.
Pedro Guerreiro, a nome del gruppo GUE/NGL. - (PT) Di fronte all’aggravarsi della crisi nell’Unione europea e alla mancanza di misure oggettive ed efficaci a livello comunitario per affrontarla, il Parlamento europeo, dopo aver approvato lo scorso dicembre un bilancio per il 2009 che prevedeva lo stanziamento di circa 8 miliardi di euro in meno rispetto a quanto stabilito nel Quadro finanziario pluriennale (QFP) per il periodo 2007-2013, ora pretende che il bilancio definitivo per il 2010 si avvicini a questo tetto. A mio parere, il minimo che il Parlamento europeo avrebbe potuto chiedere è in realtà troppo poco.
I limiti di bilancio imposti dall’attuale QFP, che circoscrive il bilancio comunitario entro l’1 per cento del prodotto nazionale lordo dell’Unione europea, sono chiaramente inadeguati per instaurare l’annunciata politica di coesione economica e sociale. Inoltre, tali limiti inadeguati non vengono sfruttati appieno, per non dire rispettati, e certamente non vengono attuati nella pratica. Il bilancio e l’attivazione costantemente insufficienti dei Fondi strutturali e del Fondo di coesione, la cui esecuzione è in ritardo di due anni, richiedono l’adozione di una serie di misure che ne garantiscano l’esecuzione, soprattutto dato che l’Unione europea e le sue politiche neoliberiste costituiscono una delle cause alla radice dell’attuale crisi economica.
Di fronte alla crescita della disoccupazione, delle disparità sociali e della povertà, dovremmo riaffermare l’impellente necessità, tra gli altri provvedimenti, di incrementare le risorse finanziarie dei Fondi strutturali e di coesione per accelerare e garantire la loro piena attivazione, per aumentare il tasso di cofinanziamento comunitario e per annullare l’applicazione delle regole “n+2” e “n+3” a tali fondi. Questi ultimi devono inoltre essere utilizzati per difendere un’occupazione che preveda diritti garantiti e per incrementare il potere d’acquisto dei lavoratori, sostenere efficacemente l’agricoltura e la pesca su piccola scala e familiare, difendere e sviluppare i settori produttivi di ogni Stato membro, soprattutto nei paesi di coesione, e sostenere in modo efficace le microimprese, le piccole e medie imprese e le cooperative.
Nils Lundgren, a nome del gruppo IND/DEM. – (SV) Signora Presidente, l’Unione europea sta affrontando la crisi finanziaria mondiale con un bilancio formulato mezzo secolo fa. Secondo il relatore, l’UE deve confrontarsi con il moderno mondo globalizzato attraverso un bilancio che prevede che quasi tutto il denaro venga destinato a un’insensata politica agricola e a un’inefficace politica regionale. E’ come usare la cavalleria per attaccare un moderno esercito meccanizzato equipaggiato con missili guidati.
La disparità di portata è assurda. Il costo della soluzione della crisi finanziaria è impossibile da stimare ora, ma un calcolo proposto suggerisce una cifra che si aggira attorno ai 50 000 miliardi di dollari. Il bilancio complessivo dell’Unione europea corrisponde solamente a un paio di punti percentuali di quella cifra ed è già destinato all’agricoltura e alla politica regionale. L’UE ha chiesto ad ogni Stato membro di attuare un pacchetto di stimoli pari a poco più dell’1 per cento del suo PNL. Questa cifra è già superiore all’intero bilancio UE, che, naturalmente ammonta ad appena l’1 per cento circa.
E’ patetico leggere la formulazione, adottata in entrambe le relazioni, sul finanziamento della politica per il clima e delle politiche energetiche. Anche in questi ambiti, il bilancio dell’Unione europea è assolutamente inadeguato: il compito dell’UE è di ottenere cooperazione e impegni, i cui rispettivi costi devono essere sostenuti dagli Stati membri dopo esservi stati vincolati in un processo democratico.
Lo stesso dicasi per la politica energetica. E’ meno costoso costruire i gasdotti sulla terraferma che sul fondo del mare. Ora la Russia e la Germania stanno costruendo comunque un gasdotto sul fondale marino che collega direttamente i due paesi allo scopo di isolarsi. E’ una nuova Rapallo e l’Unione europea non dice nemmeno una parola in merito. “Le mie parole volano in alto, e i miei pensieri rimangono a terra”, dice il re nell’Amleto.
Sergej Kozlík (NI). – (SK) La logica alla base della struttura di bilancio del Parlamento europeo proposta dal relatore della commissione per i bilanci, l’onorevole Maňka, è solida e prevede anche quei punti che si sono dimostrati più deboli e non correttamente ideati o non sufficientemente concretizzati negli anni precedenti.
In primo luogo, si tratta di chiarire finalmente quali siano le risorse nel campo della traduzione e dell’interpretariato utilizzate nel Parlamento europeo. Nonostante le aspettative, in questo ambito non siamo riusciti a garantire la piena attuazione di uno dei fondamentali assiomi dell’Unione europea, ovvero la parità di accesso e l’assenza di discriminazioni linguistiche.
E non mi riferisco soltanto alla parità di accesso e all’assenza di discriminazioni nell’attività degli eurodeputati, ma soprattutto alla possibilità che i cittadini dell’Unione, a prescindere dalla loro lingua madre, possano accedere alle informazioni relative alle attività e ai risultati delle discussioni che si svolgono nell’istituzione alla quale quegli stessi cittadini inviano i propri rappresentanti per mezzo di elezioni dirette.
Benché vi sia stata una massiccia espansione dell’Unione europea, un ritardo di cinque anni sembra veramente un tentativo assurdo di prendere tempo che mina la fiducia nelle istituzioni europee, soprattutto nei paesi più piccoli e crea terreno fertile per i gruppi politici nazionalisti.
Salvador Garriga Polledo (PPE-DE) . – (ES) Signora Presidente, signora Commissario, questo è l’ultimo bilancio di questa legislatura e, con un po’ di fortuna, sarà anche l’ultimo bilancio prima che il trattato di Lisbona sia attuato in concomitanza con le nuove disposizioni in materia di bilancio.
La discussione odierna tratta gli orientamenti di bilancio ed è ben chiaro che dobbiamo approvare tali orientamenti di bilancio in questa sede entro un tempo sufficiente per esercitare la nostra influenza sulla stesura del progetto di bilancio preliminare preparato dal Commissario, come ci ha appena riferito. Si tratta di orientamenti in quanto includono le priorità politiche di questo Parlamento, ai quali occorre fornire contenuti finanziari e stanziamenti.
Il bilancio dell’Unione europea rappresenta una lotta per l’accaparramento di scarse risorse, specialmente in un momento di crisi finanziaria ed economica come questo. La decisione che stiamo prendendo ora su quali saranno le priorità politiche del Parlamento europeo è pertanto della massima importanza, soprattutto perché questo bilancio sarà fissato in un periodo a cavallo tra due legislature del Parlamento europeo, e anche tra due mandati della Commissione europea.
Chi sta avviando questa procedura non la porterà in realtà a termine a dicembre, e potremmo avere persino tre diversi commissari incaricati delle questioni di bilancio da qui ad allora: vorrei però cogliere questa occasione per congratularmi con il Commissario per la sua nomina. Raggiungere un consenso in questa Aula sulle nostre priorità è dunque di fondamentale importanza.
Ovviamente, come l’anno scorso, stileremo un bilancio che garantisca la massima sicurezza ai nostri cittadini,sicurezza che comporta un gran numero di titoli distinti, quali la coesione sociale, la ricerca di lavoro e la coesione e purtroppo; come già ricordato all’inizio della seduta, è anche necessario migliorare la sicurezza e la lotta al terrorismo che, sfortunatamente, rappresenta ancora una priorità per l’Unione europea.
Ovviamente, un’altra priorità sarà la lotta alla crisi economica. Il piano di ripresa economica ha dimostrato i limiti e le inadeguatezze del bilancio annuale, del quadro finanziario pluriennale e persino della cooperazione interistituzionale. Manca un autentico dialogo per analizzare, per esempio, il ruolo della Banca europea per gli investimenti e l’impiego delle eccedenze nelle categorie di spesa per finanziare i piani della Commissione europea. Oltre al dialogo, manca anche il consenso.
Questi orientamenti comporteranno decisioni politiche che si rifletteranno sulla conciliazione di luglio e saranno incluse nella prima lettura.
Desidero che il relatore, l’onorevole Surján, riceva sostegno sufficiente affinché completi gli orientamenti nel miglior modo possibile, poiché egli ha le qualità per farlo, e spero che entro dicembre consegua un risultato molto positivo.
Ralf Walter (PSE). - (DE) Grazie mille, signora Presidente, grazie mille, signora Commissario. Come ha dichiarato l’onorevole Surján, il bilancio a disposizione è scarso: l’1 per cento del prodotto nazionale lordo. Dobbiamo perciò prestare maggiore attenzione ai fondi, soprattutto considerata la crisi che pesa sulle opinioni della gente, e tentare di giungere insieme alle decisioni.
Questa relazione contiene una parte per la quale non è possibile prendere decisioni comuni: le forniture di energia e la sicurezza energetica. Mi domando se, in un momento in cui dobbiamo rendere conto di ogni euro, è proprio necessario compiere investimenti in settori in cui vi sono operatori che registrano utili di miliardi. Si propone di sostenere gasdotti quali il progetto South Stream del gruppo italiano Eni, che ha registrato un utile di 10 miliardi di euro. Nord Stream è un progetto di E.ON, un gruppo tedesco che registra utili per 5 miliardi di euro, mentre Nabucco vede la collaborazione di tre società, una tedesca, un’austriaca e una turca, che hanno utili complessivi superiori ai 6 miliardi di euro. Dobbiamo veramente investire i soldi dei contribuenti in settori che producono utili? Non dovrebbero forse essere i conglomerati ad affrontare gli investimenti necessari al proprio settore ed occuparci soltanto dei settori che hanno veramente bisogno dell’aiuto dei contribuenti? Sarebbe meglio evitare di investire denaro a favore di coloro che già guadagnano abbastanza allo stato attuale. Da qui la domanda: è proprio questo che vogliamo?
La mia seconda domanda è invece la seguente: se dobbiamo veramente sostenere le aziende, perché proprio Nabucco? Perché creare squilibri in questo campo? Perché favorire una società ungherese rispetto a una italiana, per esempio? Con quali motivazioni? La neutralità concorrenziale è un dovere assoluto, ma ciò che speriamo di adottare la vìola.
Il terzo punto che desidero sottolineare è che dovremmo investire in Europa. Che senso ha investire in Azerbaigian? Dinanzi alla crisi, i nostri concittadini europei vogliono da noi meccanismi risolutivi. Si aspettano un aiuto da noi.
Non possiamo appoggiare la relazione Surján in questa versione, perché significherebbe promuovere provvedimenti distorsivi della concorrenza e sprecare altri soldi a favore di istituzioni e settori che già registrano lauti guadagni. L’Unione europea, con le sue già magre risorse, non può assolutamente permetterselo.
Kyösti Virrankoski (ALDE) . – (FI) Signora Presidente, sarà un compito impegnativo stilare il bilancio dell’anno prossimo. Le elezioni al Parlamento europeo della primavera prossima determineranno una lunga pausa nel processo di stesura; inoltre l’eventuale entrata in vigore del trattato di Lisbona segnerà l’adozione di nuove regole per la preparazione del bilancio, regole diverse da quelle vigenti. Pertanto auguro agli onorevoli Surján e Maňka, i relatori generali per il bilancio, di riuscire in questa impresa titanica.
La politica strutturale dell’Unione europea è intrappolata in un gigantesco circolo vizioso burocratico generato dal suo stesso sistema, inguaribilmente complesso, di amministrazione e sorveglianza, il quale è in grado di soddisfare appena il 20 per cento dei programmi del Fondo sociale e solamente il 7per cento dei programmi del Fondo di sviluppo regionale. I finanziamenti approvati riguardano il 2 per cento dei principali progetti. Inoltre, sono trascorsi oltre due anni del nuovo periodo di programmazione. L’anno scorso oltre 2,8 miliardi di euro di impegni finanziari sono stati soppressi o rinviati e oltre 4 miliardi di euro di stanziamenti di pagamento sono stati soppressi.
Zbigniew Krzysztof Kuźmiuk (UEN) . – (PL) Signora Presidente, i bilanci adottati ogni anno ammontano a un totale molto inferiore agli importi allocati nell’ambito dei quadri finanziari pluriennali. Inoltre, i bilanci sono attuati a un livello ancora più basso, determinando una notevole quantità di impegni di bilancio in sospeso. Questo fenomeno in particolare è il prodotto di un complesso sistema di regole e requisiti imposti dalla Commissione europea, nonché di normative dettagliate relative ai beneficiari introdotte dagli Stati membri.
Per migliorare l’esecuzione del bilancio, è fondamentale che la Commissione e i singoli Stati membri riducano notevolmente l’onere burocratico. In secondo luogo, dato l’intensificarsi della crisi economica nell’Unione europea, è fondamentale utilizzare in modo ancora più ampio le risorse di bilancio e i fondi comunitari, sotto forma di finanziamenti e crediti erogati dalle istituzioni europee a sostegno dello sviluppo degli Stati membri, soprattutto nel settore delle PMI. Terzo e ultimo punto: è essenziale sfruttare ancora più intensamente le risorse di bilancio dell’UE e i finanziamenti erogati dalle banche per garantire un’autentica diversificazione delle forniture energetiche, soprattutto in relazione al progetto Nabucco. Se non diversificheremo le forniture di materie prime per la produzione di energia, soprattutto gas naturale, le crisi come quella di gennaio si ripeteranno.
Hans-Peter Martin (NI). – (DE) Signora Presidente, è giusto discutere della crisi finanziaria, ma non è corretto dire che l’Unione europea non abbia previsto nel suo bilancio stanziamenti di denaro per finanziare le misure volte a combatterla.
Nel nostro bilancio annuale figurano 144 miliardi di euro, da cui sono stati in qualche modo prelevati 5 miliardi di euro. La mia proposta in merito è la seguente: trasformiamo questi 5 miliardi di euro in 50 miliardi senza aumentare il bilancio. Come è possibile? Per quanto riguarda la parte amministrativa, se includiamo tutte le spese amministrative dell’Unione europea nascoste nei programmi operativi, arriviamo a 15 miliardi di euro.
Secondo me potremmo farcela con 5 miliardi di euro, e ci rimangono quindi 10 miliardi di euro per la lotta alla crisi finanziaria. Allora facciamo ciò che chiediamo sempre agli altri: sottoponiamo i nostri programmi e le nostre attività a un’analisi indipendente. Sono convinto che, se le specifiche politiche dell’Unione europea odierna fossero esaminate nel lungo periodo, potremmo facilmente riuscire a risparmiare altri 30 miliardi di euro all’anno senza perdere di vista i nostri obiettivi.
Esistono anche alcune questioni più marginali relative a quest’Aula. Noi disponiamo di un bilancio di 1,5 miliardi di euro: iniziare le sedute in orario significherebbe maggiore efficienza, con un risparmio di 700 milioni di euro, mentre altri 300 milioni di euro potrebbero essere ricavati dal Consiglio, che ”spreca” denaro almeno quanto questo Parlamento.
Reimer Böge (PPE-DE). – (DE) Signora Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, con questi orientamenti per il bilancio 2010, il Parlamento in seduta plenaria non solo stabilirà gli orientamenti per la politica di bilancio, ma, in assenza di una proposta di risoluzione dei gruppi politici in materia, risponderà alla strategia politica annuale della Commissione.
Il bilancio è così complesso perché consta principalmente di due fasi. Questa Assemblea e la relativa commissione per i bilanci si occuperà ancora della concertazione di luglio, e oggi non possiamo prevedere quali nuove sfide e misure complementari produrrà, per esempio, l’eventuale entrata in vigore del trattato di Lisbona o i nuovi requisiti derivanti dalle tendenze cicliche internazionali ed europee. Allo stesso tempo, il bilancio 2010 rappresenterà un ponte verso il riesame del bilancio e verso il riesame intermedio dei programmi pluriennali, entrambi previsti per il 2010. Sono molto lieto di constatare che il relatore, l’onorevole Surján, quando discute degli aspetti della politica di bilancio europea, sottolinea che Europa può essere sinonimo di opportunità e protezione: garantire la sicurezza, sia interna, sia esterna, offrire protezione ai cittadini europei e contribuire a risolvere gli attuali problemi, dando nuovo impulso alla crescita, all’innovazione e alla creazione di posti di lavoro. Non stiamo parlando soltanto di nuovi fondi qui, ma in particolare di semplificare e accelerare i provvedimenti già adottati per non essere costretti a restituire continuamente i pagamenti concordati ai nostri programmi di solidarietà, che fanno già parte del bilancio, anno dopo anno, per mezzo di bilanci supplementari.
Vedo inoltre con favore le priorità del Parlamento che l’onorevole Maňka ha presentato nella sua relazione. Oltre all’esigenza di migliorare l’erogazione dei servizi linguistici per migliorare le strutture interne del Parlamento, occorre proseguire nel monitoraggio già avviato, senza richiedere sempre nuove posizioni. Per approvare nuove leggi, dovremo concentrarci su altri punti; non possiamo sempre chiedere l’introduzione di nuove posizioni e poste di bilancio ogni volta che ne abbiamo voglia. Abbiamo ancora moltissimo lavoro da fare in questo campo.
István Szent-Iványi (ALDE) . – (HU) Signora Presidente, signora Commissario, noto con favore che la relazione prende una posizione chiara a favore del supporto comunitario per il progetto Nabucco. La crisi del gas russo-ucraina ha evidenziato la dipendenza dell’Europa nell’approvvigionamento di gas. Il progetto Nabucco è l’unico piano realistico e realizzabile in grado di ridurre la dipendenza unilaterale dell’Europa dalle forniture di gas russo. Forse sarete stanchi di sentirmi ogni anno richiamare l’attenzione, nel corso delle discussioni sul bilancio, sull’insufficienza dei finanziamenti del capitolo affari esteri. L’Unione europea sarà in grado di reagire in tempo alle nuove sfide soltanto se il suo bilancio consentirà una vera flessibilità e riassegnazione nell’ambito e tra i diversi capitoli; in caso contrario possiamo continuare a sostenere i nostri più importanti obiettivi con trucchi e manipolazioni di bilancio poco chiare. Chiedo alla Commissione di offrire una soluzione ai gravi problemi di finanziamento del capitolo affari esteri nel quadro di una vera e propria revisione intermedia e per garantire una maggiore flessibilità del bilancio.
James Elles (PPE-DE). - (EN) Signora Presidente, avvicinandoci alla prima fase del bilancio 2010, desidero congratularmi con entrambi i relatori. E’ chiaro, come già ricordato da altri oratori, che questo autunno avremo una discussione di diverso genere perché ora ci troviamo alla vigilia di elezioni europee, che cadono proprio in un momento in cui l’Europa versa nelle peggiori condizioni economiche degli ultimi 60 anni.
Sospetto, perciò, onorevole Surján, che quando questo autunno si tratterà di esaminare il bilancio – e in questo documento voi avete fissato sfide tradizionali – queste ultime saranno notevolmente mutate per effetto dei nostri dibattiti, i quali si concentreranno sulla nostra futura posizione, sulla creazione di nuovi posti di lavoro per il futuro, piuttosto che guardare al passato. Si porrà l’accento sui contenuti del suo documento, quali le tecnologie verdi, a emissioni zero di anidride carbonica, e, soprattutto, sull’analisi dei modi in cui le tecnologie delle telecomunicazioni e dell’informatica saranno in grado di promuovere l’innovazione e di realizzare la nuova crescita di cui l’economia europea ha bisogno.
Onorevole Maňka, nel bilancio per il Parlamento europeo, per quanto riguarda il processo di screening appena menzionato, non si dimentichi del ruolo delle tecnologie e di come sia possibile svolgere tutto con molta più semplicità. Non dobbiamo affidarci ai metodi tradizionali: dobbiamo pensare a nuovi modi per comunicare con i nostri cittadini. Sospetto che entro la fine della prossima legislatura, ogni parlamentare, tranne uno o due, avrà un blog. Oggi si contano oltre 100 milioni di blog in giro per il mondo; quando questa legislatura è iniziata, nel 2004, i blog non esistevano. Dobbiamo tenerci al passo con i tempi e con il futuro, e non battere stancamente le vecchie strade a cui siamo abituati in contesti così diversi.
Infine, sono molto favorevole alla proposta dell’onorevole Surján in quanto attiene, in entrambi i bilanci, a ciò che io definisco “ottimizzazione della spesa” e che altri chiamano “miglioramento qualitativo” del modo di spendere il nostro denaro. La recessione economica sarà molto dura per noi e dovremo giustificare le nostre spese. Vorrei ringraziare il Commissario per il suo lavoro nel corso del suo mandato in materia di monitoraggio delle effettive spese. Se per il nuovo Parlamento si potesse compiere un’analisi delle linee forti e di quelle deboli, ciò sarebbe molto positivo e auspicabile.
PRESIDENZA DELL’ON. SIWIEC Vicepresidente
Maria Petre (PPE-DE). – (RO) Innanzi tutto, desidero ringraziare l’onorevole Surján per gli sforzi profusi. In particolare, poiché stiamo discutendo degli orientamenti relativi alla procedura di bilancio per il 2010, che in pratica è un dibattito politico, vorrei far riferimento a un paio di aspetti.
A mio avviso e secondo l’opinione della Romania, un elemento è vitale per garantire l’efficiente funzionamento dell’Unione europea e deve essere assolutamente incluso nelle linee di bilancio per il 2010: il progetto Nabucco. E’ ben noto a tutti che l’Unione europea ha avuto un’esperienza piuttosto sgradevole quest’inverno, quando a gran parte di essa è venuto a mancare l’approvvigionamento di gas. L'interruzione delle forniture non ha riguardato soltanto il gas, bensì tutte le fonti energetiche di cui l’Unione europea fa uso.
L’Unione europea dipende dai propri fornitori non solo in termini di prezzi, ma anche di forniture. Per questo motivo ragione è assolutamente fondamentale diversificare le fonti di approvvigionamento nonché le risorse energetiche e i metodi di trasporto allo scopo di garantire ai cittadini un approvvigionamento costante e di proteggerli da eventuali interruzioni, specialmente durante gli inverni rigidi.
Ritengo inoltre necessario promuovere e investire nel settore della ricerca e sviluppo di nuove tecnologie che consentiranno alle imprese di minimizzare l’uso di energia. Bisogna intensificare le campagne a favore del risparmio energetico coinvolgendo i cittadini europei. Tanto la diversificazione quanto il risparmio delle risorse sono soluzioni in grado di rispondere con anticipo alle crisi energetiche che minacciano l’Unione europea.
Ville Itälä (PPE-DE). - (FI) Signor Presidente, dinanzi a noi si prospetta un anno difficile: le elezioni e la crisi economica sovrasteranno ogni altra questione. La nostra responsabilità sarà quindi molto grande, ma, fortunatamente, ci stanno pensando gli onorevoli Surján e Maňka che si sono assunti seriamente la propria responsabilità e posseggono le competenze per poter svolgere al meglio le loro funzioni. Ovviamente, dovremo esaminare nel dettaglio i progetti del Parlamento e dovremo dare l’esempio all’opinione pubblica nonché ottenerne la fiducia. Bisognerà procedere a un’analisi molto approfondita per valutare quali progetti possano essere attuati in questo periodo, ma dovremo limitarci a progetti di portata limitata.
Vorrei soffermarmi su un altro dettaglio ancora, ovvero sul fatto che il bilancio di quest’anno ha un nuovo titolo: “la Strategia del Mar Baltico”. E’ mio auspicio che quest’anno tanto la Commissione quanto il Parlamento individuino i progetti giusti e reperiscano le risorse adeguate alla tipologia di misure da adottare. I cittadini che vivono nella regione del Mar Baltico si aspettano di trovare un po’ di polpa intorno all’osso di questa strategia del Mar Baltico e, se riflettiamo come si deve, potremmo riuscirci.
László Surján, relatore. – (HU) Accolgo con favore le osservazioni avanzate e ritengo che la maggior parte delle critiche, nonché la maggioranza degli emendamenti presentati, derivino da una fonte comune. Intendo dire che si tratta principalmente di questioni terminologiche piuttosto che di un’opinione contraria. Vi è un importante punto di scontro, ovvero il sostegno al progetto Nabucco. Vorrei chiarire che non intendiamo sostenere le imprese e che sono esclusi i progetti da miliardi di euro; tuttavia, ci aspettiamo che la Commissione europea intraprenda iniziative per indirizzare l’Europa verso l’indipendenza energetica. Tra gli altri, un simbolo di questo proposito è proprio il progetto Nabucco.
Signor Presidente, mi sia consentita un’ulteriore riflessione. Questo bilancio rappresenta molto più di ciò che sembra. Oggi, i cittadini europei non percepiscono più quel senso di eccellenza dell’Unione europea che i padri fondatori condividevano, convinti che essa avrebbe portato la pace e che non sarebbe stato più possibile dichiarare guerra. Oggi, c’è in gioco qualcosa di più. Non dobbiamo temere la guerra, ma siamo vittime di altri attacchi, come questa crisi. Se riusciamo a risolverla e se possiamo provare a noi stessi e ai cittadini europei che l’Unione europea, unita, può affrontare tali preoccupazioni, allora l’Unione europea lancerà un messaggio chiaro ai cittadini dicendo che vale la pena fare un sacrificio e collaborare. Abbiamo bisogno dell’Unione europea. Prevedo che l’euroscetticismo diminuirà se adottiamo un buon bilancio per il 2010, perciò chiedo il vostro sostegno ora e anche in seguito, in autunno. Vi ringrazio per la cortese attenzione.
Vladimír Maňka, relatore. – (SK) Desidero ringraziare tutti coloro che hanno partecipato alla discussione per il loro contributo nonché i relatori ombra che hanno collaborato in modo costruttivo. L’intero testo ha beneficiato della loro proposta di emendamento.
Sono, inoltre, grato al segretario generale Rømer per la sua collaborazione, convinto di poter collaborare altrettanto proficuamente con il nuovo segretario generale.
Vorrei ringraziare tutti i rappresentanti delle segreterie generali del Parlamento europeo con i quali mi sono incontrato e discusso. Desidero dire agli altri rappresentanti delle segreterie generali che sono interessato ad incontrare anche loro e a lavorare insieme per individuare soluzioni efficaci che ci consentano di utilizzare le risorse finanziarie dei cittadini europei con la massima efficacia.
Anche la commissione per i bilanci ha collaborato in modo costruttivo con le altre istituzioni in passato e durante la precedente procedura di bilancio. Ritengo che i requisiti di bilancio attualmente proposti siano realistici.
Vorrei esprimere il mio apprezzamento per le modalità di definizione dei bilanci presso queste istituzioni, poiché la definizione del bilancio non tiene soltanto conto del tasso di inflazione in modo automatico, ma si basa anche sulle necessità effettive, che nel periodo attuale sono davvero problematiche. Nei prossimi giorni mi incontrerò con i rappresentanti delle istituzioni allo scopo di conoscere le loro opinioni prima di discutere tali stime in seno alla commissione per i bilanci. Ancora una volta desidero ringraziare tutti i colleghi. Spero che la nostra collaborazione possa continuare.
Presidente. – La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà martedì 10 marzo 2009.
Dichiarazioni scritte (articolo 142 del regolamento)
Šarūnas Birutis (ALDE), per iscritto. – (LT) In un periodo di crisi finanziaria ed economica, le piccole e medie imprese stanno incontrando crescenti difficoltà nel tentativo di ottenere finanziamenti per la ricerca scientifica, lo sviluppo tecnologico e l’innovazione; secondo il programma generale per la competitività e l’innovazione (CIP), sarebbe possibile fornire un valido sostegno alle attività delle piccole e medie imprese connesse all’innovazione; sottolinea pertanto l’importanza di destinare fondi sufficienti al finanziamento del CIP.
Le tecnologie dell’informazione e della comunicazione offrono grandi opportunità in termini di promozione della crescita e dell’innovazione, contribuendo così ad attuare gli obiettivi della strategia di Lisbona e a superare l’attuale crisi economica; mai come ora, lo Spazio europeo della ricerca costituisce le fondamenta della società dell’informazione europea ed è essenziale per l’eliminazione delle incongruenze nelle attività, nei programmi e nelle politiche relative alla ricerca scientifica in Europa; sono essenziali finanziamenti adeguati al fine di garantire un flusso di scienziati qualificati in grado di spostarsi liberamente da un paese all’altro e allo scopo di sostenere infrastrutture internazionali di ricerca scientifica, accessibili a tutti i gruppi di ricercatori in tutta Europa.
La salvaguardia della sicurezza dell’approvvigionamento energetico nell’Unione europea nonché il principio della solidarietà energetica sono le priorità più importanti dell’agenda dell’UE e ciò dovrebbe riflettersi anche nel bilancio comunitario.
Marusya Ivanova Lyubcheva (PSE), per iscritto. – (BG) La responsabilità del Parlamento europeo nel definire il bilancio per l’esercizio 2010 è maggiore rispetto ai bilanci precedenti. Le ragioni sono la crisi economico-finanziaria, nonché l’instabilità della situazione energetica, che hanno colpito gli Stati membri dell’Unione europea. La procedura di definizione del bilancio richiederà la massima precisione, associata a una flessibilità di opzioni, in quanto la dinamica della crisi richiede una gestione altrettanto dinamica.
Bisogna migliorare l’attuazione della politica di coesione regionale e sociale in tutta l’Unione europea. Ciò deve riflettersi in tutte le priorità, il che costituisce una sfida ancora maggiore nel contesto di una crisi economica, in modo da non consentire divisioni tra gli Stati membri e aiutare gli Stati membri di nuova adesione.
Ritengo che, utilizzando gli strumenti di bilancio, nel 2010 saremo più responsabili in materia di reti energetiche e dei trasporti, e le reti energetiche interne dell’Unione europea saranno ben pianificate in modo tale da garantire un’alternativa ai paesi maggiormente interessati dalla scarsità energetica. Altre considerazioni di particolare rilievo riguardano la flessibilità e l’efficienza in termini di finanziamento dei corridoi di trasporto per alleggerire il traffico e potenziare i collegamenti tra i paesi. Va prestata particolare attenzione alle reti Nord-Sud.
Occorre un impegno ancora maggiore nell’espansione dei progetti di ricerca e sviluppo. La politica di innovazione va destinata ai settori più appropriati dei vari paesi per far sì che i fondi siano utilizzati con la massima efficienza.
Péter Olajos (PPE-DE), - per iscritto. (HU) In qualità di relatore per parere della commissione per l’ambiente, la salute pubblica e la sicurezza alimentare riguardo al bilancio UE del 2010, desidero esprimere la mia soddisfazione per i documenti che sono stati messi a nostra disposizione.
Accolgo con favore, in particolare, l’intenzione della Commissione di contribuire alla ripresa economica e sociale, rafforzare l’efficienza energetica e combattere contro il cambiamento climatico.
Sono pienamente d’accordo sul fatto che l’Unione europea debba prendere decisioni finanziarie e di bilancio di più ampio respiro che consentano all’Unione europea di avere un ruolo principale nei settori della crescita economica e della creazione di posti di lavoro. La protezione dell’ambiente – vale a dire, il New Deal verde – può offrire un’eccellente opportunità di incrementare le infrastrutture di tecnologia verde, attraverso la ricerca di soluzioni per l’attuale crisi economica.
I problemi relativi all’approvvigionamento di gas, sorti all’inizio dell’anno, hanno mostrato ancora una volta la mancanza di fonti energetiche alternative, di vie di approvvigionamento alternative, di una capacità di immagazzinare energia nonché le interconnessioni di energia e trasporti tra gli Stati membri. Per questa ragione, è importante che il bilancio dell’Unione europea rispecchi debitamente la necessità di potenziare la sicurezza dell’approvvigionamento e del trasporto, nonché il fatto che in questi settori si effettuano investimenti ingenti.
Come chiaramente sottolineato dalla relazione, il cambiamento climatico e la tutela dell’ambiente, nonché la questione della sicurezza energetica, sono strettamente collegati tra loro. Allo stesso tempo, è un peccato che le misure volte a mitigare il cambiamento climatico non siano state ancora incluse nel bilancio UE in maniera soddisfacente. A mio avviso, pertanto, il compito primario del Parlamento è di esercitare pressioni in questo senso sulla Commissione e far sì che le suddette risorse siano incrementate.
18. Statuto della società privata europea – Trasferimento transfrontaliero della sede legale delle società – “Small Business Act” – Partecipazione dei lavoratori in società con statuto europeo (discussione)
Presidente . – L’ordine del giorno reca, in discussione congiunta:
– la relazione (A6-0044/2009) presentata dall’onorevole Lehne, a nome della commissione giuridica, sulla proposta di regolamento del Consiglio relativo allo statuto della Società privata europea [COM(2008)0396 - C6-0283/2008 - 2008/0130(CNS)];
– la relazione (A6-0040/2009) presentata dall’onorevole Lehne, a nome della commissione giuridica, recante raccomandazioni alla Commissione sul trasferimento transfrontaliero della sede legale di una società [(2008/2196(INI)];
– la relazione (A6-0074/2009) presentata dall’onorevole Herczog, a nome della commissione per l’industria, la ricerca e l’energia sullo “Small Business Act” per l’Europa [2008/2237(INI)];
– la dichiarazione della Commissione europea sulla partecipazione dei lavoratori in società con statuto europeo.
Klaus-Heiner Lehne, relatore. – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, ho il compito di presentare due relazioni, entrambe originate dalla commissione giuridica del Parlamento.
Vorrei iniziare dalla relazione più importante in questo momento, riguardante una procedura legislativa specifica avviata dalla Commissione europea, vale a dire la società privata europea (SPE). In effetti, essa rappresenta l’elemento legislativo di base, se così si può descrivere, dello Small Business Act.
Desidero fornire alcune informazioni introduttive. L’idea della società privata europea era già presente nel Piano d’azione in materia di diritto societario proposto dal commissario Bolkestein. Per ragioni che non sono mai riuscito a comprendere, l’idea della società privata europea è stata in seguito cancellata, per così dire, dal Piano d’azione nel corso degli anni, durante quel mandato della Commissione, e non è più stata perseguita ulteriormente dalla Commissione in quel periodo.
Il Parlamento europeo, tuttavia, non ha condiviso l’idea e perciò ne è conseguita una sua relazione di iniziativa legislativa in base all’articolo 39 del regolamento interno e all’articolo 192 del trattato, adottata da questo Parlamento con una maggioranza schiacciante tempo addietro. In tali circostanze, la Commissione si è sentita costretta a riconsiderare l’idea della società privata europea che ha ora proposto nel contesto dello Small Business Act, un’iniziativa che è stata assai apprezzata.
Questa proposta di una forma societaria separata è destinata in particolare alle piccole e medie imprese europee. Finora, soltanto le grandi imprese hanno avuto una propria forma societaria, vale a dire la società europea. Credo che tale proposta fosse attesa da lungo tempo. Poiché essa è rivolta alle PMI, e invece vanno previste anche le start-up – cioè le società che sorgono dall’idea di avviare una nuova impresa piuttosto che dalla trasformazione, divisione o fusione di società esistenti o di altre – accogliamo con favore anche la limitazione posta dalla Commissione europea circa i requisiti di carattere transfrontaliero. Ritengo che ciò sia stato espresso dal Parlamento in questa relazione.
Riteniamo altresì che sia giusto che tutte le questioni riguardanti, in particolare, il capitale e la responsabilità vadano chiarite in termini legislativi a livello europeo, in quanto rappresentano problemi specifici per le PMI. Il fatto che attualmente si trovino costrette ad operare secondo le più diverse forme giuridiche nazionali aumenta la loro necessità di consulenza, che trova invece soluzione in questa nuova forma giuridica.
Siamo convinti, inoltre, di garantire conformità alla giurisprudenza della Corte di giustizia europea riguardo all’opportunità di far coincidere la sede della società con la sede legale o la sede amministrativa; ovvero, che possa essere prevista un’unica sede sociale. So che esiste un’opinione di minoranza sull’argomento in questo Emiciclo, tuttavia l’opinione di maggioranza in seno alla commissione giuridica del Parlamento – a cui presumo si darà seguito nella plenaria di domani – è che vi debba assolutamente essere la possibilità di una separazione e che una forma societaria europea non possa essere sfavorita rispetto alle forme societarie nazionali, che godono di questa possibilità in base alla giurisprudenza della Corte di giustizia europea.
Un problema importante, che ha richiesto lunghi negoziati, ha riguardato la situazione relativa alla partecipazione dei lavoratori. In passato abbiamo incontrato notevoli difficoltà in questo senso nell’affrontare altri atti giuridici in base al diritto societario. Basti citare l’esempio della società europea e della direttiva sulle fusioni transfrontaliere. Inoltre, ritengo che grazie agli emendamenti di compromesso sottoscritti dai tre maggiori gruppi politici del Parlamento, siamo riusciti a trovare una vera soluzione al problema; una soluzione che trae ispirazione dagli elementi positivi di precedenti atti giuridici dell’Unione europea. Ciò rappresenta un compromesso tra le diverse situazioni giuridiche degli Stati membri e, inoltre, contribuisce alla tutela dei diritti dei lavoratori.
La mia ultima osservazione riguarda la XIV direttiva, di cui sono anche relatore. La storia è simile a quella della società europea. Il nostro obiettivo è utilizzare questa proposta di risoluzione legislativa allo scopo di costringere la Commissione a fare una proposta tangibile, com’è avvenuto nel caso della società privata europea e, in effetti, ci si attende che la Commissione presenti una proposta, in modo da colmare una delle ultime lacune del diritto societario e garantire la libertà di stabilimento per le imprese. I miei più sinceri ringraziamenti per la vostra attenzione.
Edit Herczog, relatore. – (HU) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, stiamo giungendo alla fine di un lungo percorso coronato da successo, attraverso il quale siamo stati in grado di portare le PMI dalla periferia al centro. E’ stato lungo il percorso che finora ci ha consentito di arrivare a un mercato interno che, per quanto unificato, non è ancora omogeneo. Un lungo cammino, alla fine del quale vediamo che 23 milioni di piccole e medie imprese operano sottoposte agli stessi oneri e requisiti amministrativi delle 41 000 grandi imprese europee, sebbene alle prime non sia consentito di entrare sul mercato alle medesime condizioni.
Ci sembra che la Commissione, sotto la guida del commissario Verheugen, abbia fatto un lungo percorso negli ultimi cinque anni e, pertanto, accogliamo con favore il cambiamento di filosofia nell’ambito dell’Unione europea, volto a rimuovere gli ostacoli che si frappongono alle PMI sia a livello dell’UE sia negli Stati membri. Perché il fatturato delle PMI possa aumentare, occorre consentire che sempre più PMI possano penetrare il mercato interno europeo, dato che attualmente l’8 per cento delle imprese ci riescono e soltanto il 15 per cento del fatturato viene generato in quel mercato. Il fatturato potrebbe aumentare se esse potessero partecipare molto più attivamente a programmi e progetti di R&S innovativi. Sarebbe di aiuto per le attività di mercato delle piccole imprese che le fonti di finanziamento diventassero più prontamente accessibili di quanto non lo siano ora. Il loro fatturato potrebbe aumentare se, finalmente, dovessimo creare un brevetto comunitario, impedendo così che prodotti contraffatti di basso valore escludano dal mercato i prodotti di proprietà intellettuale delle piccole imprese.
Credo che l’aspetto più delicato dal punto di vista dell’intera strategia di Lisbona sia certamente quello di aiutare le PMI a spostarsi dal proprio mercato nazionale al mercato interno europeo. Ciononostante, nell’attuale situazione economica, va sottolineato, oltre a quanto è stato già detto, che esistono problemi con la principale fonte di finanziamento per le piccole e medie imprese. Perché quella fonte continua ad essere il credito. La maggiore sensibilità al rischio delle istituzioni finanziarie ha voluto dire che sempre più società trovano difficoltà ad accedere al credito. Con il pretesto della situazione economica incerta, le banche sono restie a concedere crediti in questi settori. I dirigenti delle PMI protestano per il fatto che possono essere messi a repentaglio migliaia di imprese e decine di migliaia di posti di lavoro. E’ nostro assoluto interesse garantire che i fondi destinati a iniettare liquidità nel sistema raggiungano l’economia invece di restare nelle casseforti. Uno dei passi più importanti consiste nel far sì che le banche inizino quanto prima a stimolare l’economia e le PMI.
L’altra sfida sarà la creazione della solidarietà in Europa. Questo è l’unico modo per offrire una tutela più efficace di quella che gli Stati nazione non possano fornire alle PMI che si trovano in difficoltà a causa della crisi. Nel dire questo, desidero sottolineare che la situazione delle PMI e il modo in cui questa sarà gestita rappresenta anche un banco di prova per la solidarietà europea. Si potrà dimostrare che l’Europa è in grado di condividere il rischio con gli Stati membri al di là della zona euro. Le misure destinate in particolare alla stabilizzazione della zona euro possono facilmente dar luogo – come hanno già fatto – a un vuoto finanziario nella zona non euro. Nella situazione attuale, pertanto, devo chiedere ai politici responsabili delle decisioni e ai responsabili del settore bancario di non consentire che si arrivi a un’Europa a due velocità, dato che il collasso di una regione in cui le PMI svolgono un ruolo decisivo – rappresentando oltre il 90 per cento di tutte le aziende – comporterebbe conseguenze economiche catastrofiche. Chiedo il sostegno della Commissione europea e degli onorevoli colleghi in questo senso. Ringrazio la mia co-relatrice, l’onorevole Fontaine, nonché gli altri relatori ombra per il lavoro svolto e, ancora una volta, mi congratulo con il Commissario Verheugen per i risultati finora raggiunti.
Ján Figeľ, membro della Commissione. − (EN) Signor Presidente, innanzi tutto un ringraziamento ai due relatori. Cominciando dalle signore, e non soltanto in questi giorni, ringrazio l’onorevole Herczog per l’ottima relazione sullo Small Business Act (SBA) e il fermo sostegno dato all’iniziativa della Commissione al fine di elaborare una politica onnicomprensiva sulle piccole e medie imprese. Vorrei anche rendere omaggio all’onorevole Lehne, non solo per l’efficienza con cui ha accompagnato lo statuto della società privata attraverso la procedura di consultazione, ma anche per le soluzioni interessanti e creative presentate nella sua relazione.
Ora ci troviamo in una fase veramente critica. Ogni giorno ascoltiamo diversi messaggi, come la necessità di rafforzare e rinnovare la fiducia nel funzionamento dell’economia globale. La crisi economico-finanziaria ha colpito le imprese europee duramente e credo che ora sia più che mai importante sfruttare appieno il potenziale delle PMI. E’ questa l’ancora di salvezza dell’economia europea.
Lo Small Business Act, approvato dalla Commissione europea nel giugno 2008, fornisce un quadro generale di azioni a breve, medio e lungo termine volte a favorire la crescita e la competitività delle PMI nell’ambito della strategia di Lisbona. Esso propone 10 principi strategici nonché una serie di iniziative concrete intese a mettere al centro del processo decisionale le preoccupazioni delle PMI – come ha precisato l’onorevole Herczog, le PMI vanno poste al centro dell’attenzione e delle strategie.
Lo Small Business Act include una serie di iniziative legislative, che comprendono la proposta per uno statuto della società privata europea. Lo SBA è stato studiato per garantire che il principio del “Pensare anzitutto in piccolo” e dare la priorità alle piccole imprese siano integrati in maniera duratura e irreversibile nelle politiche di tutta l’Unione europea. Inoltre, lo SBA invita a un maggiore riconoscimento dell’imprenditorialità e degli imprenditori. In un periodo come questo, abbiamo bisogno più che mai di persone che siano preparate a prendere iniziative, elaborare progetti e assumersi rischi. Riteniamo altresì che gli imprenditori onesti che abbiano visto fallire la propria azienda meritino un’altra possibilità.
Nella crisi economica attuale, dobbiamo definire le priorità e concentrarci sulla rapida realizzazione di quegli interventi che possano meglio contribuire alla ripresa. Il piano d’azione dello SBA e il piano europeo per la ripresa economica propongono misure ambiziose in tre settori fondamentali: in primo luogo, sbloccare la tanto necessaria concessione del credito; in secondo luogo, ridurre gli oneri amministrativi; e, in terzo luogo, aiutare le PMI a operare sui mercati esteri.
Il successo dello Small Business Act dipende dalla stretta collaborazione di tutte le parti interessate. Siamo grati per il vostro sostegno. La risoluzione che il Parlamento ha approvato all’inizio di dicembre è giunta al momento opportuno ed è stata accolta con favore. Com’è noto, al vertice tenutosi alla fine di dicembre, i capi di Stato e di governo hanno sostenuto lo Small Business Act all’unanimità, sotto la presidenza francese.
E’, pertanto, importante che, oggi, questo Parlamento offra il proprio totale sostegno alla relazione Herczog, al fine di costituire una base solida e legittima per intraprendere ulteriori azioni. Vorrei invitarvi a promuovere lo Small Business Act nei vostri rispettivi paesi e circoscrizioni per far sì che questo ambizioso programma politico diventi realtà e che aiuti veramente le PMI nella loro attività quotidiana.
Ora vorrei fare riferimento alle due relazioni presentate dall’onorevole Lehne. Il Parlamento è sempre stato un convinto sostenitore dello statuto della società privata europea. La vostra relazione di iniziativa del 2006 e la sollecita gestione della proposta della Commissione rappresentano contributi importanti per il successo del nuovo Statuto della società europea.
Lo statuto della società privata è un elemento essenziale dello Small Business Act. Esso è stato appositamente studiato per le PMI. Pertanto, la Commissione europea ha proposto che una società privata europea possa essere costituita come qualsiasi altri società nazionale, senza il requisito di dover operare in Stati membri diversi né di avere azionisti appartenenti a più di un paese – proprio come avviene a livello nazionale. Alcuni ritengono che questo requisito transfrontaliero sia essenziale per un forum della società europea. La risoluzione del Parlamento, che consente alle società di scegliere tra una gamma di elementi transfrontalieri, è flessibile. La società privata europea potrebbe soddisfare questo requisito, per esempio attraverso l’apertura di una succursale estera oppure semplicemente dichiarando l’intenzione di operare a livello transfrontaliero.
Avete, inoltre, suggerito una soluzione flessibile per il requisito relativo al capitale minimo. Com’è noto, la proposta della Commissione europea ha richiesto un capitale sociale minimo di appena 1 euro e, oltre a ciò, ha lasciato agli azionisti la decisione di quanto capitale abbia bisogno la loro società privata europea. Questa disposizione è stata messa in dubbio da coloro che ritengono che i requisiti relativi al capitale sociale siano importanti per tutelare i creditori di piccole imprese.
La relazione del Parlamento europeo ha presentato soluzioni alternative al fine di migliorare la tutela dei creditori. Ciò significa che le società potrebbero scegliere tra un regime di tutela dei creditori basato sulla solvibilità o sul mantenimento del capitale.
La Commissione concorda con quegli elementi della relazione che mirano a migliorare l’uniformità dello statuto e a promuovere così la certezza giuridica della sua applicazione. Essi includono l’obbligo di registrazione dell’oggetto sociale dell’impresa, chiarendo che il divieto di quotarsi in borsa non preclude offerte ai dipendenti della società, né la possibilità di migliorare le regole relative ai doveri e alle responsabilità dei dirigenti. Tutti questi elementi contribuiscono in modo utile ad agevolare l’applicazione dello statuto.
Accolgo con favore anche il vostro utile suggerimento circa una clausola compromissoria che incoraggi gli azionisti ad avvalersi di metodi alternativi di risoluzione delle controversie.
Infine, desidero menzionare l’argomento che è stato al centro di molti dibattiti in Parlamento e altrove, vale a dire la partecipazione dei lavoratori ai consigli di amministrazione delle società private europee. Come ho già ricordato, la Commissione ha messo a punto uno statuto per le imprese di dimensioni più piccole. La partecipazione dei lavoratori alle PMI esiste soltanto in alcuni Stati membri, ed è per questo che una soluzione basata sulle leggi nazionali, che consentirebbe la coesistenza di modelli diversi, è sembrata l’impostazione più appropriata e ragionevole.
Gli emendamenti del Parlamento introducono ulteriori disposizioni complesse che non sono applicabili alle PMI costituite base alle leggi nazionali nella maggior parte degli Stati membri. Probabilmente, ciò renderà poco attraente lo Statuto della società privata europea in tali Stati membri e sarà un’opzione ancor meno valida per le PMI.
Per concludere, la vostra relazione contiene diverse soluzioni utili. Alcune di queste potrebbero davvero aprire la strada verso un rapido compromesso tra Stati membri. La Commissione europea, pertanto, accoglie favorevolmente l’approvazione della relazione.
Infine, riguardo al trasferimento transfrontaliero della sede sociale: in occasioni precedenti la Commissione ha informato il Parlamento delle ragioni per cui non ha proposto la XIV direttiva sul diritto societario. Tali ragioni sono ancora valide. Concordiamo con il relatore sul fatto che le società dovrebbero godere di libertà di stabilimento nell’ambito del mercato unico ed essere in grado di spostare la propria sede da un paese all’altro. Ciononostante, non siamo convinti che proporre nuove leggi ora sia la soluzione migliore per arrivare a questo obiettivo. La giurisprudenza della Corte di giustizia consente con chiarezza la mobilità delle imprese. Inoltre, la normativa in vigore – la direttiva sulle fusioni transfrontaliere – fornisce un quadro per il trasferimento, incluse le necessarie salvaguardie per i terzi. In particolare, la direttiva sulle fusioni transfrontaliere consente a una società di aprire una nuova succursale in un altro paese e in seguito di procedere a una fusione della società esistente con tale succursale. La procedura di trasferimento e le salvaguardie suggerite dalla commissione giuridica sono assai simili a quelle proposte dalla direttiva.
Le nostre analisi economiche dimostrano che il livello di complessità della procedura di trasferimento transfrontaliero sarebbe paragonabile a quello della procedura di fusione transfrontaliera. La direttiva sulle fusioni transfrontaliere avrebbe dovuto essere recepita dagli Stati membri entro dicembre 2007. E’ troppo presto per valutare la sua piena applicazione. Prima di intraprendere l’introduzione di nuove normative, la Commissione europea dovrebbe dapprima valutare come funziona nella pratica il quadro normativo esistente. E non siamo neppure convinti che la direttiva migliorerebbe la situazione esistente in base al diritto nazionale e alla giurisprudenza della Corte di giustizia in questo settore.
Da ultimo, alla luce di quanto esposto e considerando che l’attuale legislatura si sta avvicinando alla conclusione, sarebbe più appropriato che fosse la prossima Commissione a decidere come procedere in merito al trasferimento della sede legale di una società. Per allora si sarà chiarito anche come si sarà risolta la questione del trasferimento della sede nello statuto della società privata europea.
Gunnar Hökmark, relatore per parere della commissione per i problemi economici e monetari. – (SV) Signor Presidente, le condizioni applicate alle piccole imprese oggi sono essenziali per la crescita dell’occupazione di domani. Sono vitali per la nostra possibilità di uscire dalla crisi per entrare in un’economia migliore, più qualificata e competitiva. Sono le piccole imprese che danno spinta all’innovazione, tuttavia sono proprio le piccole imprese che attualmente hanno i maggiori problemi di credito nei diversi Stati membri dell’Unione europea.
Quello che stiamo cercando di fare con lo statuto della società privata europea – e desidero ringraziare la Commissione per la proposta nonché la relatrice per il lavoro svolto – è aprire il mercato interno alle piccole imprese nella stessa misura in cui viene fatto per le grandi imprese. E’ in questo senso che occorre sperimentare nuove soluzioni. Come discusso in seno alla commissione per i problemi economici e monetari, si tratta di realizzare una semplificazione approfondita delle regole, che apriranno le porte alle piccole imprese.
Si tratta di garantire che le piccole imprese possano essere coinvolte negli appalti pubblici tanto quanto le grandi imprese in conseguenza alle modalità di svolgimento degli appalti pubblici. Si tratta di agevolare le piccole imprese che operano all’estero, anche in questioni come versare l’IVA e combattere la burocrazia, che di recente è diventata un ostacolo insormontabile. Occorre, inoltre, fornire ai mercati finanziari europei migliori condizioni di espansione e crescita offrendo un migliore mercato del credito per le piccole imprese attraverso gli sforzi della Banca europea degli investimenti e altre. Infine, vorrei dire che:
(EN) Piccolo è bello. Ciò che è piccolo oggi sarà grande domani e porterà nuovi posti lavoro e più prosperità.
Harald Ettl, relatore per parere della commissione per i problemi economici e monetari. − (DE) La ringrazio, signor Presidente. Attualmente, il trasferimento della sede di una società presuppone ostacoli amministrativi, costi e conseguenze sociali e non offre la necessaria certezza giuridica agli azionisti, ai creditori o ai lavoratori. Già nel 2004 una consultazione pubblica aveva chiarito quanto fosse importante adottare una XIV direttiva.
Per questa ragione, inviterei la Commissione a presentare – al più presto – una proposta legislativa su questo argomento al duplice scopo di semplificare la mobilità delle imprese e garantire che la questione della partecipazione relativamente al trasferimento della sede di una società non sia lasciata alla decisione della Corte di giustizia europea.
Una futura XIV direttiva non deve fornire una via di fuga dall’esistenza di forti sistemi di partecipazione. I diritti acquisiti non vanno ridotti per nessuna ragione. Al fine di garantire la coerenza e la natura sostanziale delle procedure di partecipazione dei lavoratori, va fatto riferimento alla direttiva europea sui comitati aziendali, alla X direttiva e alla direttiva sulla consultazione e informazione dei lavoratori. E’ assolutamente essenziale che l’informazione sia fornita in modo tempestivo e che sia definito un piano di trasferimento prima di trasferire la sede di una società.
Donata Gottardi, relatore per parere della commissione per i problemi economici e monetari. − Signor Presidente, Commissario, onorevoli colleghi, il regolamento di società privata europea che stiamo per approvare completa il quadro delle tipologie societarie che assumono disciplina europea. Nel testo finale si sente, in alcune parti, l'impronta che ha lasciato il testo votato in commissione economica.
Resta il rimpianto per non aver colto l'occasione per chiedere alla Commissione di osare di più, di procedere ulteriormente al fine di arrivare a prevedere un regime di tassazione specifica, un apposito sistema contabile, regole omogenee in caso di liquidazione, insolvenza, trasformazione, fusione, scissione, scioglimento e nullità.
Troppi sono ancora gli ambiti che rimangono al diritto societario nazionale con sovrapposizione di livelli e moltiplicazione di costi. Se si condivide l'importanza di creare un regime comune europeo e se si vogliono evitare dislocazioni territoriali opportunistiche, ebbene, ora che si è completato il quadro, dopo la società europea e la società cooperativa europea, sarà utile progettare di riaprirlo per portarlo a un livello più avanzato.
Harald Ettl, relatore per opinione della commissione per l’occupazione e gli affari sociali. – (DE) Signor Presidente, la proposta presentata dalla Commissione europea in relazione alla società privata europea nell’ambito dello Small Business Act rivela seri punti deboli. Essa dedica scarsa attenzione agli interessi di creditori, lavoratori, consumatori e piccoli fornitori. Per ricordare alcune disposizioni in essa contenute, si prevede un capitale sociale minimo di 1 euro e, inoltre, procedure di registrazione inadeguate, nessun requisito circa le attività transfrontaliere e la separazione di statuto, sede e centro effettivo di attività.
Quest’ultimo avrebbe avuto come conseguenza la possibilità di eludere la partecipazione dei lavoratori. Ogni nuova direttiva sul diritto societario europeo dovrebbe contribuire a raggiungere l’obiettivo di armonizzare i diritti dei lavoratori con l’idea dello standard europeo in materia di partecipazione, basato sul nuovo trattato di riforma dell’Unione europea, ad inclusione della Carta dei diritti fondamentali. I diritti dei lavoratori sono diritti essenziali per un’Europa sociale.
Anja Weisgerber, relatore per parere della commissione per l’occupazione e gli affari sociali. – (DE) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, le piccole e medie imprese costituiscono la spina dorsale della nostra società e rappresentano il 67 per cento dei posti di lavoro del settore privato europeo.
Pertanto, accolgo con grande favore l’iniziativa del “Pensare anzitutto in piccolo” e mi impegno a far sì che questo principio sia integrato in tutte iniziative politiche e amministrative. In particolare, in questo periodo di crisi finanziaria, è importante creare un valore aggiunto genuino e tangibile per le PMI, al fine di rafforzare queste imprese come elementi di stabilizzazione in questo periodo di crisi.
In qualità di relatore per parere della commissione per l’occupazione e gli affari sociali, mi sono dedicato a formulare le idee sui cui ora bisogna votare. Nel testo sono state inserite molte delle mie proposte, inclusa l’importanza del principio della flessicurezza. Tale concetto dovrebbe creare mercati del lavoro flessibili che siano anche compatibili con un elevato livello di sicurezza del lavoro.
E’ stato tenuto conto anche del mio invito a far sì che il diritto del lavoro fornisca una base affidabile per le PMI. Spesso queste non possono permettersi di avere dei propri dipartimenti giuridici o per le risorse umane e, pertanto, dipendono da normative semplici e chiare.
Una delle mie richieste più importanti – ovvero la cosiddetta “prova PMI” per le iniziative legislative – ha anch’essa ricevuto il sostegno della commissione competente. La burocrazia va stroncata sul nascere. Le valutazioni dell’impatto vanno effettuate sistematicamente al momento di approvare nuove leggi. Prima della loro adozione, tutte le disposizioni dell’Unione europea vanno esaminate in termini di impatto sulle PMI. A mio avviso è importante che i risultati della cosiddetta “prova PMI” siano sottoposti a una valutazione indipendente svolta da un organismo indipendente, e questa idea è stata integrata nel testo.
Le PMI si trovano ad affrontare particolari problematiche nel contesto della crisi finanziaria mondiale, perciò accolgo con favore l’invito lanciato dalla relazione affinché il gruppo di alto livello di parti interessate indipendenti sugli oneri amministrativi (“gruppo Stoiber”) sia applicato quanto prima. Occorre agire rapidamente per approfittare di questo potenziale.
Othmar Karas, relatore per parere della commissione giuridica. – (DE) Signor Presidente, sappiamo tutti che la nostra capacità di aumentare le potenzialità di crescita e di innovazione delle piccole e medie imprese è decisiva per la prosperità dell’Unione europea. Le PMI svolgono un ruolo fondamentale nel superamento della crisi. E’, pertanto, necessario sollevarle da questo fardello e sostenerle, in virtù dell’idea che un minor numero di regole possono potenzialmente rivelarsi più utili per le PMI.
In qualità di presidente dell’intergruppo per le PMI desidero, tuttavia, chiarire che lo Small Business Act è soltanto una dichiarazione di intenti da parte dei capi di Stato o di governo. Le dichiarazioni di intenti non sono utili per le PMI di per se stesse ed è per questa ragione che lanciamo un chiarissimo appello affinché la legislazione nazionale ed europea sia guidata dal principio del “Pensare anzitutto in piccolo” e che presentiamo quattro richieste.
La prima consiste nel fatto che gli Stati membri devono dichiarare secondo quali modalità e con che tempistica introdurranno gli elementi di base del principio del “Pensare anzitutto in piccolo” nella legislazione nazionale. In secondo luogo, gli Stati membri dovrebbero obbligatoriamente presentare i progressi ottenuti relativamente all’attuazione del principio del “Pensare anzitutto in piccolo” nelle relazioni annuali riguardanti i programmi di riforma nazionali di Lisbona. In terzo luogo, occorrono criteri standard per misurare i progressi dell’attuazione del principio del “Pensare anzitutto in piccolo”. Quindi, in quarto luogo, va stabilito che il principio del “Pensare anzitutto in piccolo” debba diventare una componente obbligatoria della legislazione europea. Inoltre, nel contesto degli eventi attuali, direi che tutte le normative in vigore dovrebbero essere prese in esame in termini di impatto prociclico sulle PMI. Dobbiamo intervenire rapidamente in questo ambito.
Presidente. − Purtroppo non abbiamo l’opportunità di ascoltare la commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere in quanto l’onorevole Podimata non è attualmente disponibile.
Nicole Fontaine, a nome del gruppo PPE-DE. – (FR) Signor Presidente, onorevoli colleghi, innanzi tutto vorrei sottolineare il significato di questa discussione congiunta sulle PMI ed è mio sincero auspicio che le PMI possano sentire il forte segnale che il nostro Parlamento intende inviare loro.
Il nostro gruppo ha accolto con entusiasmo la proposta dello Small Business Act presentataci dalla Commissione europea nel giugno scorso. E’ vero che, a partire dal 2000, sono state intraprese iniziative riguardanti le PMI. Tali iniziative sono state apprezzate, ma non erano sufficienti. Perché dico questo? Perché, secondo le persone che ne sono state coinvolte, molto spesso sono restate buone intenzioni. Oggi, pertanto, dobbiamo andare oltre. Lo Small Business Act ci offre questa occasione perché fa parte di un’impostazione globale veramente proattiva.
Vorrei sottolineare che il Parlamento europeo ha già ottenuto un successo, poiché stava dando seguito all’interrogazione orale che avevamo rivolto in dicembre circa il fatto che il Consiglio “Concorrenza” ha approvato all’unanimità il piano d’azione che il commissario Figel ha appena menzionato.
Ovviamente ciò ha dimostrato la forte volontà politica dei governi e, oggi, accolgo con favore l’ottima relazione presentata dall’onorevole Herczog che giunge in modo incisivo e tempestivo. Desidero, inoltre, esprimere il mio ringraziamento per la qualità della cooperazione che abbiamo ricevuto e l’eccellente lavoro che, devo sottolineare, abbiamo svolto in seno alla commissione per l’industria, la ricerca e l’energia. Oggi abbiamo presentato soltanto due emendamenti nella sessione plenaria. Ciò è prova della qualità del lavoro svolto.
Per quanto riguarda il nostro gruppo, con gli emendamenti che abbiamo presentato e che il nostro relatore è stato lieto di accogliere, ci siamo predisposti a cercare un modo per far sì che gli Stati membri e gli organismi comunitari si impegnino maggiormente affinché le misure pianificate portino davvero un valore aggiunto alle PMI.
Abbiamo chiesto che il principio del “Pensare anzitutto in piccolo” diventi obbligatoriamente parte integrante di tutte le leggi future. Abbiamo insistito sul brevetto comunitario e, naturalmente, anche sulle risorse finanziarie di modo che l’accesso a queste possa avvenire in modo efficace e rapido.
Ieke van den Burg, a nome del gruppo PSE. – (EN) Signor Presidente, innanzi tutto forse mi consentirà di rispondere alla dichiarazione della Commissione europea.
Sono spiacente che il commissario McCreevy non sia qui – forse è iniziata di nuovo la stagione ippica! Mi dispiace davvero perché l’ambito del diritto societario è veramente importante per noi e costituisce il nucleo centrale del portafoglio del commissario. In secondo luogo, signor Commissario, mi rammaricano le argomentazioni che lei ha mosso contro le proposte del Parlamento in materia di cogestione dei lavoratori. Abbiamo affermato con chiarezza che lo statuto della società privata europea non si applicherebbe soltanto alle piccole imprese, ma che sarebbe disponibile per tutte le società. Non vi sono limiti di dimensioni societarie. Non vogliamo che lo statuto della società privata europea diventi un modo per prevaricare ed eludere le leggi esistenti – particolarmente secondo le tradizioni nazionali – il che costituisce un aspetto estremamente importante della cogestione. Non vogliamo che esista la possibilità di guardarsi intorno cercando le condizioni più convenienti e che sia creato un nuovo caso Delaware nell’Unione europea, dove le società possano aggirare questo tipo di normative.
In terzo luogo, per quanto riguarda la XIV direttiva – alla quale sappiamo che il commissario McCreevy non è molto a favore – lei ha ripetuto le stesse argomentazioni presentate dal commissario McCreevy, il quale dovrebbe prendere sul serio il fatto che il Parlamento desideri veramente che egli presenti questa proposta.
In quarto luogo, abbiamo presentato una risoluzione congiunta allo scopo di chiedere alla Commissione europea di consultare le parti sociali in conformità all’articolo 138. Ciò sarebbe stato opportuno prima che noi decidessimo un regolamento sulla società privata europea, perché la cogestione è una questione disciplinata dall’articolo 138 del trattato CEE e che prima richiede la consultazione delle parti sociali. Ciò non è stato fatto. Ora chiediamo che la consultazione avvenga immediatamente dopo. Tuttavia, se sentirò questo tipo di risposta dalla Commissione, ancora una volta prenderò in serio esame la questione e proporrò al mio gruppo di riflettere di nuovo sulla possibilità di sostenere la società privata europea. Forse questa sera il commissario potrebbe telefonare al commissario McCreevy e al commissario Špidla per vedere se domani sia per voi possibile presentare una proposta migliore di questa, prima della votazione.
In breve – poiché si sta esaurendo il tempo di parola a mia disposizione – la posizione del gruppo PSE non è contraria alla possibilità che le PMI ricevano questo nuovo statuto – che ci trova favorevoli – ma è contraria a questa forma di prevaricazione. Abbiamo trovato un ottimo compromesso con il relatore. Inoltre, è molto attuale e niente affatto obsoleto in questo momento, considerato il funzionamento disastroso dell’azionariato e dei mercati finanziari, prendere in esame una forma migliore di governance per le società, alla quale possano partecipare i dipendenti. Signor Commissario, veramente lei dovrà considerare insieme al Collegio e ai Commissari responsabili se sia possibile per voi presentare al Parlamento una proposta più incisiva.
Jean Marie Beaupuy, a nome del gruppo ALDE. – (FR) Signor Presidente, signor Commissario, naturalmente desidero unirmi alle congratulazioni rivolte all’onorevole Herczog per l’ottima relazione che ha trattato lo Small Business Act in 90 punti.
Ciononostante, signor Commissario, il lavoro del Parlamento europeo sarà veramente efficace se troverà un’applicazione rapida ed efficace in ciascuno Stato membro.
Nelle sue osservazioni di apertura, lei ha affermato, signor Commissario, che sulla base di questa relazione si sarebbe potuta elaborare una strategia globale, ma sicuramente lei sarà al corrente del fatto che ci troviamo nel mezzo di una crisi finanziaria, economica nonché climatica che richiede rapide risposte da noi.
Farò due esempi. Primo: chiedo che le società siano pagate entro 30 giorni. Questo è specificato al punto 87 riguardante il Fondo di coesione. Chiedo che la Commissione e gli Stati membri prendano provvedimenti affinché tutti i contratti pubblici siano saldati alle imprese entro 30 giorni. .
Sapendo, inoltre, che il 20 per cento delle istanze di fallimento sono dovute a ritardi di pagamento da parte delle autorità pubbliche, possiamo capire quanto questa azione da parte dei governi e della Commissione possa ridurre il numero dei disoccupati, che sta crescendo di giorno in giorno.
Secondo esempio: le formalità amministrative. Al punto 72, chiediamo che siano ridotte di almeno il 25 per cento le formalità amministrative. Personalmente, vi posso dire che, in qualità di dirigente di impresa, attendevo da anni questa misura concreta. I dirigenti delle società non hanno il compito di passare le giornate a riempire moduli, ma devono piuttosto fornire prodotti e servizi ai nostri concittadini.
Se ascolterà questo appello, signor Commissario, non solo al di là della strategia globale che lei intende elaborare, ma anche in termini di risposta concreta da parte dei governi e della Commissione, allora, nel quadro degli attuali piani di ripresa economica, vi saranno disposizioni che offriranno soluzioni ai nostri concittadini da subito.
Zbigniew Krzysztof Kuźmiuk, a nome del gruppo UEN. – (PL) Signor Presidente, nel mio intervento nella discussione odierna desidero attirare l’attenzione su quattro aspetti. In primo luogo, vorrei esprimere la speranza che la relazione Lehne dia un forte impulso affinché la Commissione europea predisponga adeguate misure giuridiche che, in conformità alla libertà di stabilimento garantita dal trattato, consentano alle società di spostare le proprie sedi legali nell’ambito dell’Unione europea, senza essere appesantite da eccessive formalità amministrative.
In secondo luogo, questo tipo di trasferimenti dovrebbe, invece, contribuire a tutelare i diritti esistenti di azionisti, creditori e in particolare i diritti dei lavoratori. Desidero, inoltre, esprimere la speranza che le soluzioni proposte dal relatore, che riguardano l’elaborazione di una proposta di trasferimento, e in particolare di una relazione che spieghi e giustifichi gli aspetti legali e, soprattutto, economici del proposto spostamento della sede della società, nonché le implicazioni che ne deriverebbero per gli azionisti e i lavoratori, non si rivelino essere un ostacolo aggiuntivo al trasferimento delle società.
In quarto luogo, e concludo, sembrerebbe che la concorrenza fiscale e salariale sia stata la ragione che ha motivato le soluzioni proposte, dato che ha dimostrato di avere un effetto positivo sulla velocità della crescita economica dei singoli Stati membri e, pertanto, di tutta l’Unione europea.
Francis Wurtz, a nome del gruppo GUE/NGL. – (FR) Signor Presidente, signor Commissario, lo statuto della società privata europea è stato presentato dalla Commissione europea come un elemento dello Small Business Act europeo.
In tale contesto, e prendendo il modello degli Stati Uniti, all’inizio la questione consisteva nel riservare alle piccole imprese una determinata percentuale dei contratti pubblici. Non si può far altro che lodare tali nobili intenzioni.
Purtroppo, la questione è totalmente diversa ora che è arrivata, accompagnata dalla società privata europea. Innanzi tutto, per quanto riguarda la dimensione delle imprese in questione. Al posto della piccola impresa, è stato inserito il concetto, già più vago, di piccola e media impresa. Ciò ha avuto come risultato, e cito dalla motivazione della proposta di regolamento adottata dalla Commissione, uno “statuto che può portare vantaggi anche alle imprese e ai gruppi di dimensioni più grandi”. Questo cambia totalmente la filosofia della politica: ora che cosa ne sarà di queste pseudo-PMI? A dire il vero, saranno succursali di multinazionali che, com’è noto, da molto tempo chiedono uno statuto unico, che sia meno vincolante di quello attualmente applicato alle imprese da esse controllate in diversi paesi europei.
Guardiamo ora la natura dei vantaggi offerti alle imprese a cui si applica lo statuto della società privata europea. Non si tratta più di agevolare l’accesso agli appalti pubblici, ma piuttosto, e di nuovo cito dalla motivazione del testo della Commissione, l’obiettivo ora è “migliorare le condizioni quadro per le imprese nel mercato unico”. A questo fine, tutte le società private europee potrebbero avere la propria sede legale in un paese e svolgere le proprie attività reali in un altro paese. Potrebbero, inoltre, trasferire la propria sede legale in qualsiasi Stato membro di loro scelta.
Come non vedere in queste disposizioni un modo per consentire alle imprese in questione di creare, senza alcuna restrizione, società di comodo laddove vi siano le condizioni più clementi per il mondo delle imprese? La Commissione non intende neppure specificare che la legge applicabile è quella dello Stato membro in cui la società privata europea ha la propria sede legale, relativa alle società a responsabilità limitata?
Come ha notato correttamente la Confederazione europea dei sindacati, vi è un grande rischio che le società si avvalgano dello statuto della società privata europea per eludere le legislazioni che offrono più tutele ai lavoratori.
Ora comprendiamo perché la Commissione non ha consultato le organizzazioni sindacali prima di adottare la sua proposta, accontentandosi della pura formalità di una consultazione online.
In sintesi, nel leggere questa proposta di regolamento sembra che l’enfasi posta sulle piccole imprese sia soprattutto un’operazione di cosmesi politica intesa a rendere presentabile un rimaneggiamento del principio tristemente famoso del “paese d’origine”. Equivale a una Bolkestein rimodernata.
E’ per questa ragione che il mio gruppo propone che il Parlamento invii un segnale chiaro alla Commissione e al Consiglio, respingendo questa proposta di statuto della società privata europea.
Roberto Fiore (NI). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, io penso che dobbiamo risolvere in modo autenticamente europeo questa crisi delle piccole imprese. Noi stiamo assistendo a una moria di piccole e medie imprese in tutto il continente e questa moria è dovuta alla mancanza di accesso al credito. Il problema è che le banche non danno nessun credito al business ed è anche vero che i tentativi di alcuni governi di finanziare le banche perché poi esse, a loro volta, finanzino i piccoli business, si sta rivelando un fallimento perché nessuno sa quali debiti stiano effettivamente in questo momento colpendo le banche.
Quindi io propongo che gli Stati nazionali, attraverso la nazionalizzazione della loro banca nazionale, si facciano promotori di una stampa di denaro, o di voucher corrispondenti al denaro, per finanziare appunto le piccole imprese. Questo tipo di tentativo è stato fatto negli ultimi tempi dalla Repubblica di Taiwan, che ha emesso voucher, che praticamente corrispondono al denaro, e li ha dati, nella forma appunto di voucher a persona, a cittadino, nella Repubblica di Taiwan. Questo ha consentito praticamente di emettere 3 miliardi di dollari o di euro nella Repubblica di Taiwan.
Noi dobbiamo fare la stessa cosa: dobbiamo dare credito alle piccole imprese praticamente emettendo denaro come Stati non più a debito ma a credito.
Georgios Papastamkos (PPE-DE) . – (EL) Signor Presidente, dedicherò il mio intervento al primo punto in discussione, lo statuto della società privata europea. Come è noto, solamente l’8 per cento delle piccole e medie imprese europee effettuano transazioni transfrontaliere in un periodo in cui le PMI rappresentano circa il 99 per cento delle società dell’Unione europea.
Questa situazione dimostra le lacune presenti nella politica applicata finora allo scopo di incoraggiare le attività commerciali intracomunitarie. Dimostra altresì la necessità di adottare misure volte a creare un unico quadro normativo più favorevole a livello europeo.
Ora, la crisi economica mondiale ha colpito l’economia reale, vale a dire milioni di piccole e medie imprese in tutta Europa. Nelle attuali circostanze, il nostro obiettivo primario deve essere quello di avere imprese piccole ed efficienti.
La proposta di regolamento della Commissione presentata al Consiglio va nella direzione giusta che, a mio avviso, è quella di ridurre al minimo l’onere amministrativo che le piccole e medie imprese europee si trovano ad affrontare, in quanto per creare una società è necessario soddisfare diversi requisiti amministrativi locali.
La flessibilità e l’uniformità delle società private europee, la richiesta di un livello minimo di elementi transfrontalieri, la semplificazione dei controlli sulla legalità dell’atto costitutivo e dello statuto nonché il principio di un capitale iniziale di 1 euro sono i principi fondamentali di una strategia che può imprimere un nuovo ritmo allo sviluppo dell’imprenditorialità.
Per concludere, desidero congratularmi con il relatore, l’onorevole Lehne, per gli sforzi profusi per raggiungere con successo un compromesso tra i pareri divergenti espressi in seno alla commissione giuridica e dai vari gruppi politici.
Manuel Medina Ortega (PSE). - (ES) Signor Presidente, credo che la discussione di questa sera serva per chiarire alcuni punti: in primo luogo, che il fatto che il dibattito sulla società privata europea avvenga simultaneamente al dibattito sulla piccola impresa europea non implica che la società privata europea sia necessariamente una piccola impresa europea.
Come ha affermato l’onorevole van den Burg, e credo lo abbia sottolineato anche l’onorevole Wurtz nella sua critica alla proposta, lo statuto della società privata europea, così come concepito nella proposta della Commissione e come approvato in seno alla commissione giuridica, è uno strumento per la creazione di imprese che possono essere di grandi dimensioni e con determinate caratteristiche, come la responsabilità limitata dei soci e il divieto essere quotate in borsa. Tuttavia, tanto lo statuto della società privata europea quanto quello della società privata nazionale possono essere applicati indifferentemente alle piccole o alle grandi imprese.
Secondo l’onorevole van den Burg, è proprio questa flessibilità o malleabilità della società privata europea che ci obbliga a essere estremamente cauti. E’ stato questo il compito della commissione giuridica. Gli emendamenti adottati dalla commissione giuridica, che sono piuttosto numerosi, sono precisamente volti a evitare che sorga – come diceva l’onorevole van den Burg – un Delaware europeo, sulla base della formula della società privata europea, soprattutto su uno degli argomenti che preoccupavano l’onorevole Wurtz, ovvero la partecipazione dei lavoratori all’impresa.
Ritengo che le formulazioni adottate in seno alla commissione giuridica mettano in chiara evidenza tali limitazioni. Non si tratta, come diceva l’onorevole Wurtz, di applicare la regola del paese di origine; bensì, in conformità alle regole da noi adottate in seno alla commissione giuridica – e raccomanderei all’onorevole Wurtz di leggere gli emendamenti adottati – dell’esistenza di una serie di limitazioni che impediscono l’applicazione delle norme del paese di origine alle società con un livello di partecipazione dei lavoratori superiore al normale. Sono state perfettamente incluse negli emendamenti che abbiano adottato e ritengo che, con questi emendamenti, sia assolutamente ammissibile approvare il testo, anche dal punto di vista dell’onorevole Wurtz.
In altre parole, si tratta di una forma di società europea che esiste in tutti i nostri paesi, che dovrebbe essere armonizzata nel contesto dell’Unione europea. Ciononostante, nel fare questo, non dobbiamo permettere che queste società diventino delle entità virtuali, ma devono esistere nel contesto di ciascuna situazione nazionale e conformarsi alla legislazione nazionale, in particolare in un ambito tanto delicato quanto quello della cogestione dei lavoratori.
Credo che la commissione giuridica, nel testo che ha approvato, attraverso gli emendamenti introduca contributi fondamentali e, pertanto, la Commissione farebbe male a non tenerne conto.
Ritengo che gli emendamenti presentati dalla commissione giuridica siano specificamente volti a limitare le lacune presenti nel testo della Commissione europea e credo che il Parlamento possa adottarlo in buona coscienza, non soltanto per i progressi che ne conseguiranno nell’ambito delle piccole imprese, ma anche relativamente alla gestione di questo tipo di società che esistono in diritto e che sarebbero sottoposte a un controllo rigoroso da parte dei lavoratori in un sistema di cogestione.
Jorgo Chatzimarkakis (ALDE). - (DE) Signora Presidente, signor Commissario, le piccole e medie imprese sono oggi più che mai importanti, soprattutto in un periodo di crisi economica e finanziaria provocata dalle grandi imprese piuttosto che da quelle piccole. Le PMI sono importanti perché presto anch’esse risentiranno della crisi ed è ad esse che tuttora dobbiamo molti dei nostri risultati economici.
Nel paese che conosco meglio, la Germania, il 20 per cento di tutti i brevetti, il 40 per cento degli investimenti lordi, il 49 per cento del volume d’affari totale, il 70 per cento dei lavoratori e l’80 per cento di tutti i tirocinanti sono riconducibili alle PMI. Ora dobbiamo riconsiderare la situazione, dobbiamo, per così dire, premere il tasto reset. Dobbiamo favorire una forma mentis imprenditoriale: questo è lo scopo dello Small Business Act.
Desidero esprimere le mie congratulazioni all’onorevole Herczog per questa relazione. E’ infatti importante ora descrivere e considerare le PMI nel loro complesso, riconsiderare le misure di sostegno, dare la precedenza alle piccole imprese negli appalti pubblici (“Pensare anzitutto in piccolo”) e agire in modo che gli enti pubblici non facciano loro concorrenza. Mi congratulo con lei dunque; ora servono sgravi fiscali per i settori ad alta intensità di manodopera.
Eoin Ryan (UEN). - (EN) Signora Presidente, anch’io desidero dare il mio sostegno a questa relazione. Circa l’80 per cento di tutti i nuovi posti di lavoro nell’Unione europea è stato creato dalle PMI, e nella mia circoscrizione elettorale di Dublino all’incirca 400 000 persone lavorano in approssimativamente 100 000 società nel settore delle piccole e medie imprese.
Adesso dobbiamo fare tutto ciò che è in nostro potere per sostenere le PMI in questo difficile periodo. Approvo il fatto che la BEI abbia predisposto un fondo di 31 miliardi di euro per le piccole e medie imprese, e credo che in questo settore vadano adottati ulteriori provvedimenti.
Va sostenuta anche la riduzione delle lungaggini procedurali e della burocrazia da parte della Commissione, in quanto comporta un risparmio di circa 2,3 milioni di euro per l’Unione europea. In una recente riunione insieme al commissario Verheugen abbiamo discusso con degli uomini d’affari irlandesi dei problemi che essi si trovano a dover affrontare. Un’idea da valutare è la possibilità di istituire una moratoria sulla nuova burocrazia proveniente dall’Europa, perché essa soffoca il commercio. In un periodo difficile come questo dobbiamo fare tutto il possibile per garantire la sopravvivenza delle imprese fino alla sperata ripresa.
Tuttavia l’Europa da sola non può farcela. Anche i governi nazionali e locali devono agire: hanno un ruolo importante da svolgere. Se vogliamo che le nostre piccole imprese e l’occupazione si consolidino nell’Unione europea e nei singoli Stati membri, dobbiamo fare tutto il possibile per cercare di proteggerle.
La sfida attuale sono i posti di lavoro e dobbiamo fare tutto il possibile per proteggere quelli esistenti, con la speranza di riuscire a crearne di nuovi negli anni futuri. E’ essenziale per tutti noi.
Georgios Toussas (GUE/NGL). - (EL) Signora Presidente, la società privata europea costituisce un tentativo di danneggiare ulteriormente i diritti sociali e dei lavoratori, secondo le linee della direttiva Bolkestein. Si avanza il pretesto che questa società favorirà le piccole e medie imprese, mentre in realtà rinforza i gruppi monopolistici.
Si introduce una forma di società senza capitale (basta 1 euro) che potrà stabilire una propria sede legale fittizia per poi trasferirsi dove vuole. Lo Stato membro con il livello più basso di tutela dei diritti sociali e salariali verrà utilizzato per aggirare i diritti dei lavoratori e ridurli al minimo.
Il regolamento, che trova immediata applicazione negli Stati membri, è il naturale complemento della direttiva Bolkestein e delle sentenze contro i lavoratori emesse dalla Corte di giustizia europea nei casi Viking, Laval e Ruffert. E’ la conseguenza e il risultato del trattato di Maastricht e dell’applicazione delle quattro libertà. La società privata europea è espressione dei poteri politici che hanno votato a favore di Maastricht, che hanno tentato di ingannare i lavoratori quando hanno votato per la direttiva Bolkestein mentendo e dichiarando che essa non avrebbe influito sui diritti dei lavoratori.
Per questo motivo voteremo contro questo regolamento. Tutti coloro che sostengono questa politica contro i lavoratori stanno seminando discordia e sicuramente raccoglieranno tempesta.
Jim Allister (NI). - (EN) Signora Presidente, il fatto che le PMI forniscano il 70 per cento dei posti di lavoro nel settore privato è una grandiosa attestazione della loro tenacia imprenditoriale, poiché un regolamento europeo opprimente rende la loro vita estremamente difficile, senza motivo.
Pertanto desidero reiterare un appello già fatto: che durante l’attuale fase economica discendente le PMI vengano esentate dal rispetto del regolamento. Nel Regno Unito è stato calcolato che il regolamento comunitario è costato 107 miliardi di sterline inglesi negli ultimi dieci anni, soldi che sarebbero dovuti essere investiti in innovazione, intensificazione delle esportazioni e crescita. E’ stato invece necessario spendere molto di questo denaro solo per adempiere al regolamento. La semplificazione delle procedure d’appalto, la riduzione del costo dei brevetti, un’attenuazione delle norme in materia di aiuti di Stato e un impegno concreto contro la concorrenza sleale dall’Estremo Oriente sono tutti provvedimenti essenziali se vogliamo che le PMI fioriscano.
Oggi abbiamo più che mai bisogno di PMI a conduzione familiare – piccole aziende – perché il loro impegno e la loro tenacia possono farci superare la crisi. Hanno comunque bisogno del nostro aiuto, e dobbiamo soccorrerle annullando l’effetto negativo che ha su di esse il regolamento comunitario.
Kurt Lechner (PPE-DE). – (DE) Signora Presidente, onorevoli colleghi, molti deputati hanno sollevato la questione della partecipazione. Non desidero approfondire quest’aspetto ora, ma sottolineare piuttosto che il diritto societario degli Stati membri ha anche la funzione di difendere gli interessi di ordine pubblico, come la tutela dei creditori, la sicurezza del sistema giuridico e la protezione dei consumatori, funzione che negli Stati membri viene garantita dall’amministrazione della giustizia preventiva, ad esempio con disposizioni di forma e registrazione. Vi sono differenze consistenti tra gli Stati membri a riguardo.
Le decisioni della commissione giuridica tengono conto di questo in molti punti, lasciando aperte diverse possibilità agli Stati membri, e questa posizione merita il nostro sostegno. Alla fine tuttavia queste decisioni vengono vanificate, o perlomeno possono venir vanificate, se non si adottano dei provvedimenti in merito al fatto che si consente che siano diverse la sede legale e la sede reale – cioè il luogo dove la società effettivamente opera – rendendo in definitiva vane queste salvaguardie. Le imprese possono stabilire la propria sede legale praticamente ovunque, evadendo così le norme del paese dove svolgono effettivamente la loro attività. Sono del parere che gli Stati membri perdano in questo modo de facto – sebbene non de iure – gran parte della sovranità sul diritto societario e sulla sua funzione normativa, poiché questi possono essere vanificati.
Desidero aggiungere che in questo modo si metterà a repentaglio – o piuttosto si potrebbe mettere a repentaglio – anche la reputazione della società privata europea, perlomeno in quegli Stati membri con requisiti più rigidi. Qualcuno potrebbe proporre di attendere i risultati per poi apportare le modifiche necessarie, e sarei d’accordo se non fosse che questo sviluppo viene consolidato dalle procedure e dall’unanimità. E’ la mia principale preoccupazione. Non vi è motivo per una simile linea di azione. La giurisprudenza della Corte di giustizia europea è solo una soluzione temporanea, perché non abbiamo una direttiva sul trasferimento della sede societaria, ma nella forma prevista attualmente la società privata europea consoliderebbe questa disintegrazione in modo sostanziale, racchiudendola per sempre nel diritto comunitario. Per questa ragione chiedo al Consiglio di riconsiderare la questione con molta attenzione.
Juan Fraile Cantón (PSE). - (ES) Signora Presidente, le piccole e medie imprese sono la spina dorsale dell’economia dell’Unione europea. Il loro grande dinamismo e la loro capacità di crescita e innovazione hanno fatto guadagnare a queste imprese una posizione di spicco nelle politiche europee.
Ci congratuliamo con l’onorevole Herczog perché la sua relazione stimola la crescita delle PMI in base a un principio niente affatto banale: negli atti politici ed economici dell’Unione europea e dei suoi Stati membri è opportuno “pensare anzitutto in piccolo”.
Lo Small Business Act contiene proposte legislative e accordi politici che condurranno a provvedimenti amministrativi, finanziari e normativi con il potenziale di sviluppare queste unità nell’ambito dell’economia europea. L’attuale crisi e l’instabilità del sistema finanziario stanno riducendo l’accesso al credito da parte delle PMI, rallentando in questo modo le loro abituali attività economiche. Oggi più che mai vi è bisogno di una risposta coordinata a livello europeo e le iniziative degli Stati membri dovrebbero essere coerenti con ed allineate alle disposizioni del documento che discutiamo oggi.
Concludendo desidero ribadire che è particolarmente importante stanziare 30 000 milioni di euro nel periodo 2009-2011 per stimolare il prestito alle PMI. Questa iniziativa va ad aggiungersi al programma quadro per l'innovazione e la competitività e all’iniziativa JEREMIE, e moltiplicherà i fondi che le PMI potranno ottenere.
Siamo pienamente convinti che la coordinazione europea e la portata europea della risposta siano vitali per avviarsi quanto prima verso la ripresa economica.
Patrizia Toia (ALDE). – Signora Presidente, onorevoli colleghi, lo Small Business Act è stato concepito ed è nato in un contesto diverso dall'attuale, in un momento in cui c'era crescita e c'era sviluppo. Noi ci troviamo ad approvarlo oggi in Parlamento in un contesto tutto diverso, mentre le PMI soffrono di un grande disagio e di una grande difficoltà perché sono investite dalla bufera della crisi produttiva e della crisi finanziaria.
Allora il primo significato della nostra approvazione in Parlamento, io credo, dev'essere questo: vogliamo dire alle PMI che il Parlamento e le istituzioni europee sono a fianco a loro e vogliono rafforzare la volontà e la capacità di resistenza che oggi le piccole e medie imprese in Europa dimostrano di fronte alla bufera della crisi. Vogliamo rafforzarla indicando la priorità di questo sostegno e dicendo cose concrete: il richiamo a una legislazione più agile, il richiamo alla messa a disposizione di strumenti che consentano un clima meno ostile all'attività di queste realtà.
Il secondo punto che io credo noi dobbiamo evidenziare è quello di aiutare le PMI in quello che oggi è il fattore più critico per loro, cioè l'accesso al credito, l'accesso e la disponibilità. Non bastano i fondi messi a disposizione con la BEI: dobbiamo assolutamente dire – e lo diremo domani – che vogliamo fare di più per dare credito alle piccole e medie imprese.
Ewa Tomaszewska (UEN). – (PL) Signora Presidente, la crisi finanziaria e la conseguente crisi economica inducono i datori di lavoro a cercare di alterare lo stato giuridico delle loro società per ridurre i costi, inclusi quelli legati ai diritti dei lavoratori e agli obblighi sociali. Per questo motivo essi cercano di registrare le sedi delle loro società in paesi dove regole e condizioni economiche permettono di ridurre i costi, perché i requisiti di legge, come salario minimo o contributi pensionistici, sono minori. Le informazioni esposte nella relazione richiamano l’attenzione sul fatto che il trasferimento transfrontaliero della sede legale non dovrebbe portare le società ad evitare le norme legali, sociali o fiscali. I diritti dei lavoratori non devono venire violati. Non possiamo permettere che gli standard sociali peggiorino. E’ necessario trovare un modo diverso di sostenere le piccole e medie imprese, ad esempio tramite la concessione di prestiti.
Vladimír Remek (GUE/NGL). – (CS) Onorevoli colleghi, nella relazione dell’onorevole Herczog sulle PMI si parla del 70 per cento dei posti di lavoro e del 70 per cento delle ricevute IVA nell’Unione europea. Desidero dunque esprimere non solo il mio immenso apprezzamento per l’iniziativa della relatrice ma anche il mio sostegno. Nell’attuale crisi le PMI si trovano chiaramente nella categoria ad alto rischio. Pertanto dobbiamo incentivare una maggiore consapevolezza sociale delle PMI che devono costantemente affrontare tutta una serie di ostacoli. E’ ben più difficile per loro che per le grandi società di capitali ottenere prestiti. Anche l’onere amministrativo e burocratico è maggiore per le PMI per le quali è sempre molto più difficile vincere appalti pubblici in Europa che non negli Stati Uniti e in molti paesi asiatici. Noi sosteniamo che esse sono essenziali per lo stato di salute dell’economia europea. Diamo loro dunque ciò di cui hanno bisogno in questo momento di crisi che si sta diffondendo a seguito dell’effetto domino scatenato dai giganti della finanza e dalle società multinazionali.
Tadeusz Zwiefka (PPE-DE). – (PL) Signora Presidente, l’adozione dello statuto per la società privata europea consentirà la creazione di società che opereranno alla pari in tutti gli Stati membri. Lo scopo primario è quello di eliminare le attuali gravose norme per le piccole e medie imprese che operano a livello internazionale. Le PMI sono de facto costrette a fondare una società nel paese nel quale intendono operare. Questo, considerando che vi sono 27 sistemi giuridici diversi nell’Unione europea, genera chiaramente dei costi esorbitanti. Nel caso della società privata europea, i proprietari potranno registrare la propria attività allo stesso modo, indipendentemente dal fatto che operino nel proprio paese o in qualsiasi altro Stato membro. Il tempo e il denaro risparmiati in consulenza legale e procedure gestionali e amministrative faciliteranno senz’altro il processo e lo renderanno più accessibile per gli imprenditori in cerca di investimenti.
Uno dei principali timori degli scettici riguarda la mancanza dell’obbligo per la società di possedere una quantità sufficiente di capitale sociale atta a tutelare i creditori. Niente di più lontano dalla verità. Le società a responsabilità limitata sono la prova che una società può avere successo anche senza un capitale sociale: è la tipologia di società più diffusa al mondo. Nel mondo di oggi il capitale sociale ha perduto la sua funzione più importante, cioè quella di tutelare i creditori. Nel caso della società privata europea questa tutela viene garantita da altri meccanismi, basati principalmente su una maggiore trasparenza delle operazioni e la maggiore cooperazione con i creditori. Oggi gli stessi partner commerciali non prestano tanta attenzione al capitale sociale quanto ai movimenti di capitali, noti come flusso di cassa, che sono molto più indicativi della solvibilità di una società del mero capitale.
Vi è poi la questione dei diritti dei lavoratori: in particolare in quest’ambito i sindacati sono preoccupati di abbandonare gli standard raggiunti in passato. Ritengo tuttavia che si tratti di un falso allarme. Lo statuto proposto contiene una clausola univoca in virtù della quale la partecipazione dei lavoratori avviene conformemente alle norme giuridiche nazionali. L’attrattiva della società privata europea potrebbe essere minacciata da una soglia di partecipazione dei lavoratori fissata troppo bassa. Ritengo che sia necessario mantenere il livello minimo di 500 lavoratori, in modo da non opprimere le imprese più piccole con costi supplementari.
Antolín Sánchez Presedo (PSE) . – (ES) Signora Presidente, è necessario prestare maggiore attenzione alle PMI nell’Unione europea, considerato che rappresentano il 99 per cento delle aziende, il 70 per cento della manodopera e quasi il 60 per cento del valore aggiunto europeo dell’imprenditoria, e svolgono un ruolo fondamentale per la diversità, l’innovazione e la coesione europee.
E’ di vitale importanza provvedere ad un quadro di riferimento integrato che incentivi l’imprenditorialità, accetti il principio di “Pensare anzitutto in piccolo” nel formulare le politiche e stimoli l’enorme potenziale delle PMI. Gli organi amministrativi dovrebbero adattarsi alle loro esigenze, anche familiari, al fine di facilitare la loro esistenza, il loro trasferimento, in particolare in caso di malattia, pensionamento o bancarotta, e la loro liquidazione.
I 23 milioni di PMI europee non possono essere assoggettate agli stessi requisiti delle 41 000 grandi imprese. Un quadro legislativo semplificato, senza eccessivi oneri burocratici, è essenziale. I provvedimenti che vanno in questa direzione includono lo statuto della società privata europea, le iniziative per creare delle società in 48 ore e per ridurre i costi amministrativi del 25 per cento entro il 2012, la creazione di un sistema di sportello unico (one-stop-shop) per l'IVA, aliquote IVA ridotte per servizi locali ad alta intensità di manodopera e una base imponibile consolidata comune per le società.
Le PMI dovrebbero partecipare di più al mercato unico e agli appalti pubblici. Attualmente solo l’8 per cento ha attività transfrontaliere e la loro quota di partecipazione in appalti pubblici è del 42 per cento. Facilitare l’esenzione da nuove categorie di aiuti di Stato, promuovere la cooperazione, emendare la direttiva relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento per garantire il pagamento entro 30 giorni e rimuovere gli ostacoli agli appalti pubblici sarebbero tutti modi di promuovere condizioni concorrenziali più equilibrate.
In questo momento di crisi, i provvedimenti europei a tutela dell’accesso ai finanziamenti da parte delle PMI ad un costo ragionevole sono essenziali. Cruciali sono anche i provvedimenti volti ad aumentare costantemente il trasferimento della conoscenza e l’efficacia dei servizi di assistenza.
Olle Schmidt (ALDE). - (SV) Signora Presidente, siamo consapevoli del fatto che le piccole imprese formano la spina dorsale della nostra economia. Specialmente ora l’Unione europea e gli Stati membri devono semplificare le procedure per le piccole imprese, sia quelle già esistenti sia quelle future, riducendo la quantità di regole, riducendo la burocrazia e abbassando i costi. Le PMI dispongono di capacità completamente diverse da quelle delle grandi imprese tradizionali quando si tratta di adattarsi a nuove circostanze e adottare nuove scoperte e tecnologie.
Oltre ad agevolare la partecipazione delle piccole imprese agli appalti pubblici migliorando l’accesso al mercato unico, rendendo più facile l’ottenimento di capitali e non discriminatorie le regole sugli aiuti di Stato, è necessario anche cambiare l’atteggiamento che permea tutti i processi decisionali, a scuola, all’università e sul posto di lavoro. Ricerche dimostrano che vi è uno stretto legame tra imprenditorialità e crescita. La prossima presidenza svedese in particolare si impegnerà in modo mirato al fine di agevolare l’imprenditorialità femminile, un’importante strategia europea per il futuro.
Pilar del Castillo Vera (PPE-DE). - (ES) Signora Presidente, nella presente discussione dobbiamo essere consapevoli del fatto che non si tratta di una norma legislativa – e dunque di una regola comunitaria applicabile ai vari Stati membri – ma piuttosto di una serie di punti di riferimento che cercano di garantire che d’ora innanzi tutti gli Stati membri dell’Unione europea adottino un approccio comune riguardo alle piccole e medie imprese.
Molti sono gli aspetti della questione, ma io ne citerò tre che sono convinta siano importanti.
Innanzi tutto è necessario rimuovere molte delle barriere legali, molti degli ostacoli e molta della eccessiva burocrazia che impediscono – in alcuni paesi in misura anomala – la creazione di piccole imprese e anche il loro sviluppo una volta avviate. Affrontare questa straordinaria quantità di regole esorbitanti richiede risorse finanziarie e umane che non possono quindi venire destinate ad altri scopi.
In secondo luogo vi sono le questioni relative all’innovazione tecnologica e alla ricerca applicata. Dobbiamo raddoppiare l’impegno per garantire che le PMI possano accedere ai programmi comunitari, che in molti casi risentono a loro volta di troppa burocrazia.
Infine ritengo di vitale importanza il rapporto tra PMI e la sfera della formazione e dell’istruzione: se le PMI, in particolare le piccole imprese, non diventeranno la naturale arena per una formazione specialistica supplementare ai diversi livelli formativi, noi di fatto, o piuttosto le PMI, cesseremo di disporre di certe risorse straordinarie, e con questo intendo riferirmi ai tirocinanti.
Lidia Joanna Geringer de Oedenberg (PSE). – (PL) Signora Presidente, questa proposta legislativa corrisponde in gran parte alla risoluzione del Parlamento europeo, con raccomandazioni alla Commissione sullo statuto della società privata europea, che è stata adottata due anni fa. Lo scopo della proposta è di creare, in base al diritto comunitario, una forma standard di impresa che sia interessante per le piccole e medie imprese, si basi su condizioni semplificate e mantenga l’onere burocratico al minimo.
Il capitale azionario minimo di 10 000 euro proposto dalla Commissione potrebbe andare a beneficio dell’immagine della società garantendo un certo livello di credibilità. D’altra parte procurarsi questa somma è più difficile in alcuni Stati membri piuttosto che in altri. Il capitale azionario non dovrebbe costituire un grave impedimento all’avvio di un’impresa e pertanto appoggio l’emendamento di compromesso adottato dalla commissione giuridica, che fissa il capitale azionario minimo di una società privata europea a 1 euro, ma stipula altresì che l’organo che gestisce la società debba sottoscrivere una dichiarazione di solvibilità.
Per quanto riguarda la questione della partecipazione dei lavoratori all’impresa, la decisione dovrebbe venire presa in base alle leggi del paese dove la società ha la propria sede legale. Tuttavia sarebbe opportuno fare un’eccezione qualora il diritto di partecipazione di un determinato numero di lavoratori della società, applicabile nello Stato membro nel quale essi effettivamente lavorano, venisse limitato dalla normativa in vigore nel paese dove la società europea è registrata. In questo caso la direzione dell’impresa dovrebbe creare un sistema uniforme di partecipazione, come parte di un accordo negoziato con i rappresentanti dei lavoratori.
Infine desidero aggiungere che questa nuova forma di società non sostituisce altre forme d’impresa che già esistono nei diversi paesi, ma offre un’alternativa, e solo a condizione vengano soddisfatte specifiche condizioni riguardo all’ubicazione della sede.
Giles Chichester (PPE-DE) . – (EN) Signora Presidente, in qualità di piccolo imprenditore con circa 25 anni di esperienza alle spalle nel “mondo reale”, appoggio il forte stimolo dato dallo Small Business Act e la relazione dell’onorevole Herczog della mia commissione.
Desidero in particolare sostenere la proposta di direttiva sulle aliquote IVA ridotte per servizi locali ad alta intensità di manodopera, specialmente in questo momento.
Sono a favore anche degli emendamenti che chiedono l’applicazione dei risultati del gruppo di esperti di alto livello sulla riduzione degli oneri amministrativi. Se le piccole imprese hanno mai avuto bisogno di qualcosa, questa è la riduzione degli oneri amministrativi.
L’emendamento in merito a un rapido accordo sul brevetto comunitario, adattato alle esigenze delle PMI, mi trova favorevole. Attenzione, “rapido” e “brevetto comunitario” non sono parole e concetti che si sposano facilmente.
Sostengo infine anche la richiesta di migliorare l’accesso ai finanziamenti, perché nell’attuale clima economico l’accesso ai finanziamenti è cruciale per la sopravvivenza stessa delle piccole imprese, per non parlare della loro prosperità.
Nutro tuttavia due riserve. La prima riguarda la proposta di una base imponibile consolidata comune, perché temo che questo eliminerebbe la flessibilità delle PMI e anche degli Stati membri. La seconda è che dubito dei meriti e dei benefici di modificare la direttiva relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento. Personalmente ho sempre nutrito dei dubbi sul valore di questo provvedimento per le piccole imprese perché credo sia meglio per loro gestire in prima persona il proprio credito piuttosto che lasciare la questione alla legislazione.
Joel Hasse Ferreira (PSE). – (PT) Signora Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, questa relazione cerca di sottolineare l’importanza delle PMI, incluse le aziende a conduzione familiare e quelle integrate nell’economia sociale. Desidero congratularmi con la mia collega, l’onorevole Herczog, in quanto la sua relazione è fondamentale. Sono stati prodotti altri documenti e testi in questo settore ed è importante che vi sia armonia tra i documenti. Vorrei ricordare ad esempio il programma Eurostars e la relazione sugli appalti pre-commerciali.
Signora Presidente, questa relazione sottolinea anche i molti modi di ridurre la burocrazia per agevolare l’istituzione di questo tipologia di impresa, al fine di favorire la capacità di iniziativa, avviare nuove attività, creare nuovi prodotti, fornire nuovi servizi adatti alle esigenze dei consumatori e di altre aziende, e sostenere così lo sviluppo dell’economia europea. Desidero affrontare una questione che ritengo molto importante, ovvero la questione a cui fa riferimento il paragrafo 47 della relazione Herczog. E’ opportuno migliorare determinati aspetti del sistema legale e fiscale degli Stati membri in proposito, in quanto nella maggior parte degli Stati membri l’attuale modello potrebbe scoraggiare il trasferimento delle aziende, in particolare quelle a conduzione familiare, aumentando in questo modo il rischio di liquidazione o chiusura delle società. Gli Stati membri devono pertanto riesaminare attentamente la propria struttura legale e fiscale per migliorare le condizioni per il trasferimento delle aziende e per promuovere ed applicare efficaci modelli per il trasferimento delle aziende agli impiegati come alternativa alla chiusura. Questo approccio consentirebbe la difesa dei posti di lavoro e il reinvestimento dei profitti allo scopo di migliorare lo sviluppo di queste aziende.
Concludo sottolineando che, specialmente – ma non solo – nell’attuale contesto, il sostegno dei progetti innovativi delle piccole e medie imprese, un più facile accesso ai fondi europei e un migliore accesso al credito sono fattori vitali per sostenere le PMI.
Dragoş Florin David (PPE-DE). – (RO) Innanzi tutto desidero ringraziare la relatrice e coloro che hanno collaborato a quella che è forse la più importante norma legislativa di questo ultimo mandato parlamentare.
Bisogna dare rilievo al fatto che soprattutto noi riteniamo particolarmente importanti le PMI e l’imprenditorialità femminile e, avendo festeggiato da poco la giornata internazionale della donna l’8 marzo, desidero cogliere questa opportunità per esprimere i miei auguri a tutte loro. Tuttavia è necessario rilevare che questo è un atto piuttosto complesso nel quale abbiamo inserito tutto ciò che potevamo riguardo alle PMI: il taglio della burocrazia e la particolare importanza delle attività di ricerca e sviluppo nel contesto delle PMI e dei finanziamenti legati a queste attività.
Ritengo che questa norma legislativa sia un segno positivo durante l’attuale crisi economica perché l’economia europea ha bisogno di coesione e della sua massima forza motrice, le PMI. Per questa ragione sono del parere che dobbiamo dare tutto il nostro appoggio alla Commissione e al Consiglio, accelerare l’approvazione del presente atto ed essere in grado di mettere in evidenza la forza e il dinamismo dell’economia europea in questo settore in modo da conservare qui in Europa tutto ciò che l’economia europea e la produzione europea rappresentano.
Infine dobbiamo chiedere alla Commissione di trovare quante più fonti di finanziamento possibile e fornire alle PMI quanti più meccanismi di credito possibile.
Zsolt László Becsey (PPE-DE) . – (HU) Riguardo alla relazione sulle piccole e medie imprese, innanzi tutto desidero congratularmi con la Commissione e in particolare con la relatrice, l’onorevole Herczog, per l’eccellente lavoro. Al contempo desidero esprimere il mio rammarico per il fatto che la relazione non è stata redatta conformemente all’articolo 39 del regolamento di procedura, che prevede che la Commissione sottoponga delle proposte legislative concrete.
In particolare, per il bene degli Stati membri, ritengo importante che venga loro chiesto di riferire sui progressi fatti nelle rispettive relazioni annuali sulla strategia di Lisbona, altrimenti la maggior parte delle valide raccomandazioni fatte rimarranno lettera morta. Concordo con l’onorevole Herczog anche sul fatto che un trattamento preferenziale dei nuovi Stati membri, specialmente quelli non appartenenti alla zona dell’euro, sia un’importante conseguenza politica. Essi si trovano in una situazione particolarmente difficile, peggiore perfino di quella, generalmente sfavorevole, delle piccole e medie imprese, eppure potrebbero rivestire un ruolo di fondamentale importanza nel superamento della crisi.
Ricorderò solo alcuni aspetti del mercato unico: è effettivamente un dato preoccupante che solo l’8 per cento delle PMI sia impegnato in attività transfrontaliere; è necessario aumentare questa percentuale e il tutoraggio è particolarmente importante per incoraggiare tali attività. A questo fine, da una parte si potrebbero ridurre gli oneri amministrativi e dall’altra si potrebbe agire sull’IVA, ad esempio attraverso il sistema di sportello unico o con un’aliquota IVA ridotta. Inoltre dobbiamo anche promuovere un più forte orientamento verso le PMI negli appalti pubblici a livello comunitario, ad esempio selezionando più di frequente le PMI come enti appaltatori principali, o bandendo gare d’appalto mirate.
Lo SME Circle, del quale io sono presidente, ovviamente desidera vedere i risultati dell’istituzione di una garanzia totale e di un sistema creditizio a livello europeo. Mi auguro che la nuova Banca europea per gli investimenti (BEI) realizzi le speranze riposte in essa. Per quanto riguarda la rapida applicazione delle direttive relative ai pagamenti e al fine di risolvere la situazione debitoria, è necessario adottare provvedimenti coordinati a livello di Stati membri. Nel complesso gli Stati membri devono impegnarsi a rafforzare il sistema di tutoraggio e l’Unione europea deve dare il proprio sostegno a tale operazione, sia per trovare nuovi mercati sia per affrontare le sfide amministrative. E’ urgente.
Jacques Toubon (PPE-DE) . – (FR) Signora Presidente, accolgo con favore la discussione e l’adozione dello statuto della società privata europea e desidero nella fattispecie esprimere parole di lode nei confronti del nostro relatore, l’onorevole Lehne. Credo che il testo che verrà adottato da quest’Aula porterà in qualche modo il suo nome e la società privata europea sarà nota ai posteri come la società Klaus-Heiner Lehne.
Desidero soffermarmi solo su una questione. Condivido il parere appena espresso dall’onorevole Becsey. Ritengo che le disposizioni per la partecipazione dei lavoratori proposte nel compromesso siano in contrasto con l’obiettivo concordato, in altre parole siano in contrasto con la semplicità ed efficacia di questo statuto per le piccole e medie imprese.
Credo che sia un errore introdurre la partecipazione dei lavoratori a tale livello, ovvero in tali piccole imprese. Comprendo perfettamente l’attaccamento ad un sistema di gestione sociale ed economica che si è dimostrato valido. Sono del parere che, imponendo alle piccole imprese sistemi di partecipazione dei lavoratori adatti, temo, solo alle grandi imprese, perdiamo in parte l’efficacia dello statuto che stiamo proponendo e che verrà adottato. Tuttavia, a parte questa riserva, ritengo che il testo prodotto sia eccellente.
Presidente. - La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà domani, martedì, alle 12.00.
Martí Grau i Segú, relatore per parere della commissione mercato interno e protezione dei consumatori. – (ES) Signora Presidente, innanzi tutto desidero ringraziare la relatrice, l’onorevole Herczog, per la sua relazione e per aver collaborato con i relatori per parere delle altre commissioni.
In qualità di relatore per parere della commissione mercato interno e protezione dei consumatori, desidero richiamare brevemente l’attenzione su tre aspetti che riteniamo essenziali – sebbene esista un ampio consenso anche su altri elementi – e che desideravamo mettere in evidenza quando abbiamo redatto il nostro parere.
Innanzi tutto vorrei sottolineare la necessità di intervenire per affrontare una situazione che spesso insorge quando il proprietario di una piccola o media impresa va in pensione. Fin troppo spesso questo pensionamento implica la cessazione dell’attività per queste imprese o, in altri casi, il loro assorbimento da parte di imprese più grandi, e di conseguenza esse cessano di essere delle piccole o medie imprese.
In secondo luogo desidero rimarcare il valore della formazione, in quanto elemento chiave sia per migliorare le capacità delle imprese e del loro personale che per evidenziare il valore sociale delle imprese nel contesto più ampio della società.
Infine desidero menzionare in particolare le donne che continuano a incontrare grossissime difficoltà nella gestione di questa tipologia di imprese.
Richard Corbett (PSE). - (EN) Signora Presidente, intervengo per contestare quanto affermato dall’onorevole Allister e i suoi risibili commenti riguardo ai presunti costi del regolamento UE per le imprese, e nella fattispecie le imprese britanniche.
Questi si basano su alcuni cosiddetti studi che attualmente vengono divulgati dalla stampa euroscettica del Regno Unito con stime dei costi ancora più impressionanti.
Tuttavia questi studi sbagliano su tre punti. In primo luogo gonfiano la quantità di legislazione adottata a livello comunitario invece che a livello nazionale, riportando un 50 per cento o più mentre la maggior parte degli studi nazionali indica un cifra tra il 6 e il 15 per cento. In secondo luogo non tengono conto del fatto che la legislazione comunitaria, quando facciamo le cose per bene, riduce i costi per le imprese e riduce la burocrazia grazie ad un’unica serie di norme – regolamenti comuni per il mercato comune – invece di 27 standard divergenti e separati. In terzo luogo questi studi non tengono assolutamente conto del fatto che quando imponiamo dei costi, spesso lo facciamo deliberatamente allo scopo di avere un risparmio di denaro in una fase successiva. Quando chiediamo che le sigarette vengano vendute accompagnate da un sistema di frasi di rischio, o quando chiediamo che l’amianto venga eliminato gradualmente dai nostri prodotti e luoghi di lavoro, lo facciamo per ridurre i costi sanitari e salvare le vite delle persone.
Questi studi adottano un approccio cinico e non fanno alcun tentativo di bilanciare il quadro completo, ed è scandaloso che chi sostiene di rappresentare tutti i propri elettori consideri solo un lato della medaglia.
Ieke van den Burg (PSE). - (EN) Signora Presidente, è un peccato che l’onorevole Toubon stia lasciando l’Aula, perché volevo rispondere all’accusa avanzata da lui sul fatti che il nostro compromesso imponga nuovi pesanti oneri alle PMI. In effetti nel compromesso viene ristabilito lo status quo per le fusioni, la divisione di società e il trasferimento delle sedi. Per quanto riguarda le nuove imprese che cominciano da zero, la soglia è piuttosto alta per le imprese con meno di 500 impiegati. Quelle con tra i 500 e i 1 000 impiegati hanno esattamente ciò che è contenuto nelle altre direttive. Non si può dire che questo renda lo status quo più pesante, io direi che lo alleggerisce. Nelle consultazioni con i partner sociali, vogliamo esaminare la semplificazione e un sistema migliore e omogeneo in tutta l’Unione europea.
Ján Figeľ, membro della Commissione. − Signora Presidente, desidero ringraziare tutti per la discussione molto interessante. Innanzi tutto voglio scusarmi a nome del mio collega, il commissario McCreevy, che ha un impegno con l’Ecofin domani mattina presto. La sua assenza è dovuta alla preparazione dell’incontro.
Desidero rispondere ad alcuni dei punti che sono stati sollevati. Parte della risposta si trova nel generale processo che stiamo portando avanti insieme, inclusi, ad esempio, gli importanti segnali politici che il Parlamento ha mandato alle PMI nel 2009. Sono una buona fonte di incoraggiamento, soprattutto in tempo di crisi, soprattutto perché riteniamo che le PMI possiedano un altissimo potenziale e meritino un’attenzione specifica, integrando ad esempio il legame tra istruzione, formazione e PMI.
Sono compiaciuto del fatto che dal 2007 stiamo collaborando con la DG Imprese e industria e il commissario Verheugen sulla formazione imprenditoriale, della quale l’Europa ha una grande necessità e che è indietro rispetto a molti altri settori. Potrei citare molti esempi di programmi validi – come Erasmus per giovani imprenditori – ma non voglio soffermarmi su questo ora. Si tratta di un processo nel quale molti aspetti ruotano intorno alla questione dell’accesso ai finanziamenti. La BEI sta liberando spazio e volume per il credito: 30 miliardi di euro per le PMI, 1 miliardo di euro all’anno in più per le società di medie dimensioni e inoltre 1 miliardo di euro per il finanziamento mezzanino.
Come sapete, di recente abbiamo deciso di rendere meno rigide le norme riguardo agli aiuti di Stato, portando la soglia de minimis a 500 000 euro, il che significa in generale migliori condizioni per aiuti di stato potenziati. Questo agevolerà anche i sussidi per la produzione di prodotti ecologici.
L’onorevole Karas ha parlato dello Small Business Act (SBA). Alcuni Stati membri stanno già monitorando e presentando le rispettive relazioni riguardo all’attuazione dello SBA. E’ successo nel 2008 e, a partire dal 2009, si svolgerà la valutazione annuale da parte degli Stati membri come parte di tutti i programmi nazionali di riforma. Otterremo pertanto maggiori informazioni, e la cultura del mainstreaming e del sostegno cresceranno.
Riguardo agli appalti pubblici e alle PMI, la Commissione ha organizzato vaste consultazioni con le parti interessate, incluse le imprese. Un problema reale è costituito dall’applicazione del regolamento da parte degli acquirenti pubblici. Abbiamo bisogno di maggiore concorrenza, maggiore trasparenza e nessuna discriminazione; ma le buone notizie sono che il 42 per cento del volume, al di sopra delle soglie UE, va già alle PMI nell’Unione europea, il che rappresenta un sostegno veramente significativo.
L’onorevole Wurtz ha parlato della separazione della sede legale e operativa e del problema della potenziale erosione della partecipazione dei lavoratori. La separazione della sede legale e operativa delle PMI è già una pratica diffusa in metà degli Stati membri, inclusi quelli con standard molto elevati di difesa delle politiche sociali. Questa separazione garantisce la flessibilità di cui le società hanno bisogno quando conducono la propria attività in più di un paese.
Per quanto riguarda la richiesta di 30 giorni dell’onorevole Beaupuy, la questione verrà affrontata con la proposta già in fase di realizzazione sui ritardi di pagamento, che dovrebbe venire adottata dalla Commissione entro la fine del mese.
La questione delle consultazioni e della partecipazione dei lavoratori è stata oggetto di molte discussioni in quest’Aula, e non solo oggi. Come parte del lavoro di preparazione, la Commissione ha condotto tra luglio e ottobre 2007 una consultazione pubblica sulla potenziale società privata europea (SPE). I rappresentanti dei sindacati, inclusi i sindacati europei, hanno esposto le loro posizioni ad alcune conferenze, specialmente nel 2008. Un’importante conferenza è stata organizzata nel marzo del 2008 e queste questioni sono state discusse con esperti dei sindacati europei diverse volte nel corso di quell’anno. Voglio sottolineare un aspetto importante, e cioè la base legale: non l’articolo 138, perché non siamo nel campo della politica sociale, ma l’articolo 308, trasformandolo in un’iniziativa diversa basata sull’unanimità degli Stati membri. Non vi era motivo di avviare una consultazione specifica in virtù dell’articolo precedente.
Voglio ricordarvi che ci siamo già occupati delle grandi società pubbliche quando abbiamo lanciato la proposta della società europea e che la proposta di una società privata europea era destinata alle PMI. Ci siamo occupati del diritto all’informazione e alla consultazione dei lavoratori nel 2001, nella prima direttiva sulla società europea.
Dal 2002 abbiamo un quadro generale di riferimento per l’informazione e la consultazione dei lavoratori dell’Unione europea. Non vi è ragione di ignorare queste norme e proporre una soluzione diversa nell’attuale proposta sulla SPE.
Se dobbiamo migliorare i diritti collettivi dei lavoratori, come è nostra intenzione, non dobbiamo farlo solo per una tipologia di società, ma attraverso un’iniziativa più generale che tenga anche conto delle diverse tradizioni negli Stati membri.
Abbiamo già fatto importanti progressi nella valutazione dei diritti dei lavoratori nello statuto della società europea. Successivi provvedimenti verranno presi in considerazione quando sarà stata completata l’intera valutazione nel 2010.
Sono stati sollevati alcuni punti sul perché non vi sia stato un maggiore impegno sull’imposizione fiscale e sulla contabilità. Desidero ricordarvi che non abbiamo un potere legislativo generale su tutte le questioni. Nei nostri trattati le iniziative legislative su diritto societario, diritto fallimentare, diritto tributario e contabilità sono vincolate da basi giuridiche molto specifiche e spesso restrittive, e il trattato esistente serve a malapena da base per una legislazione completa sul diritto societario europeo.
Voglio infine ringraziarvi per la discussione molto aperta e costruttiva, e per la concreta cooperazione sulle questioni di politica per le PMI. Sono presenti molti amici delle PMI in quest’Aula. Le raccomandazioni della prima relazione verranno prese in considerazione nell’attuazione del piano d’azione e in particolare in tutte le questioni rilevanti che riguardano le piccole imprese.
Riguardo alla relazione dell’onorevole Lehne, vi è ancora molto da fare perché dobbiamo raggiungere un accordo nel Consiglio. Avremo bisogno di tempo, specialmente considerando l’unanimità, ma il vostro contributo può veramente alleggerire l’atmosfera e aiutarci a trovare vero consenso e approvazione. Vogliamo agevolare questo progresso e realizzare uno statuto che aiuti veramente le imprese europee.
Riguardo al trasferimento transfrontaliero della sede legale, la Commissione concorda sul fatto che le società dovrebbero avere la libertà di spostare la loro sede all’interno dell’Unione europea, purché i diritti degli azionisti, dei creditori e dei lavoratori vengano garantiti. Dobbiamo pertanto trovare il giusto equilibrio tra la libertà di scelta della sede e gli interessi di parti terze.
Concludendo vi rammento che questo è l’anno europeo della creatività e dell’innovazione, e che è molto importante adottare un approccio che faccia emergere il potenziale creativo delle nostre imprese. Le persone sono molto importanti, non solo perché questo è un momento di crisi, ma perché non esiste potenziale più grande di quello umano. Questioni quali i diritti di proprietà intellettuali o il brevetto comunitario potrebbero venire affrontate in un prossimo futuro con un approccio politico più aperto e diretto. L’Europa potrebbe essere più innovativa e creativa nel dare sostegno alle PMI.
Klaus-Heiner Lehne, relatore. – (DE) Signora Presidente, signor Commissario, desidero fare quattro osservazioni. In primo luogo, per quanto riguarda la direttiva sul trasferimento della sede legale, credo che la Commissione dovrebbe abbandonare le proprie argomentazioni, poiché rischia di rendersi ridicola agli occhi degli esperti. Non potrebbe essere più burocratica la teoria che il trasferimento della sede legale possa essere organizzato in questo modo: si avvia una società nel paese vicino per poi fondere la propria società con essa in virtù della direttiva sulle fusioni. Si tratta di ridurre la burocrazia e agevolare le PMI. Questa proposta dimostra proprio quanto poco senso abbia per la Commissione insistere nel rifiutarsi di presentare una proposta sulla quattordicesima direttiva. Questo va solo a vantaggio degli avvocati.
Il secondo punto riguarda la partecipazione. L’onorevole van den Burg ha ragione: le vere PMI non vengono minimamente toccate dal compromesso che abbiamo presentato. Il nostro intento è evitare abusi e di registrare le società che in realtà sono grandi imprese e che quindi più si adattano alla società europea che non alla società privata europea in termini di quantità di lavoratori. In pratica si registrano solo abusi.
Il terzo punto riguarda la teoria della sede effettiva, alla quale solo sette Stati membri rimangono fedeli – solo sette! L’anno scorso lo Stato membro più grande, la Germania, ha abbandonato questa teoria. La Corte di giustizia europea non la sostiene ma la consente in casi eccezionali, come dimostrato dalla sentenza Cartesio. I giochi sono fatti, e non vi è motivo di continuare a discutere sulla questione.
Il quarto punto che desidero affrontare è che l’argomento dei deputati di sinistra – nessuno dei quali si è fermato per la discussione prima – che la proposta dovrebbe venire respinta non tiene conto dell’essenza della relazione – l’onorevole Medina Ortega ha assolutamente ragione in proposito. In realtà l’essenza della relazione tiene conto di tutte le critiche che sono state espresse. Suggerisco pertanto che anche i deputati di sinistra prendano in considerazione una rilettura della relazione e degli emendamenti e li ridiscutano nel loro gruppo.
Edit Herczog, relatrice. − (EN) Signora Presidente, è un grande dispiacere che i miei elettori non siano tutti presenti in quest’Aula, perché è stato meraviglioso ascoltare così tanti deputati provenienti da così tanti paesi e così tanti partiti sostenere la mia relazione sullo Small Business Act. Devo tuttavia ammettere che la mia relazione non sarebbe stata possibile senza la Commissione, e precisamente il commissario Verheugen e il suo team, il vice direttore generale Le Bail e altri. E non sarebbe neanche stata possibile senza lo Small Business Intergroup.
La maggior parte dei miei colleghi ha accettato l’intero contenuto della relazione, come si può notare dal fatto che non sono stati presentati troppi emendamenti. Alcuni colleghi hanno chiesto perché non è legalmente vincolante. Per natura non è legalmente vincolante, per diversi motivi. Domani chiederemo tuttavia una votazione per appello nominale su molti paragrafi a dimostrazione dell’azione comune del Parlamento e della richiesta comune del Consiglio.
Infine vorrei ricordare che esattamente duecento anni fa Darwin pubblicava il suo libro sull’origine della specie. Egli affermava che non è il più forte a sopravvivere ma il più capace ad adattarsi. Ritengo che ciò che abbiamo fatto con lo Small Business Act è creare per gli Stati membri uno spazio d’azione e di manovra, e per le piccole imprese all’interno degli Stati membri la possibilità di adattarsi più rapidamente, sopravvivere alla crisi e affrontare le nuove sfide. Vi ringrazio per il vostro sostegno.
Presidente. - Ho ricevuto da quattro gruppi politici quattro proposte di risoluzione(1) sulla partecipazione dei lavoratori alla società privata europea.
La votazione si svolgerà giovedì.
Dichiarazioni scritte (articolo 142 del regolamento)
Gabriela Creţu (PSE), per iscritto. – (RO) Desidero solo sottolineare due aspetti assolutamente essenziali.
L’accesso al finanziamento è fondamentale così come le agevolazioni legali e amministrative. La creazione di un fondo speciale per le PMI e lo sviluppo del microcredito sono presupposti senza i quali le PMI non possono sostenere le difficili condizioni di mercato e sarebbero estremamente limitate le possibilità di creare nuove PMI.
Il secondo aspetto è legato alla condizione delle donne che dirigono piccole imprese. Per molti aspetti la loro situazione non è molto diversa da quella dei lavoratori. Questo è dovuto al mancato sviluppo di servizi che agevolino l’equilibrio tra la vita privata e l’attività lavorativa, così come l’ambiente altamente competitivo nel quale le reti sono molto importanti. Queste reti, che facilitano il flusso di informazioni e possono essere di grande aiuto, qualora necessario, sono una caratteristica delle imprese gestite dagli uomini, mentre le donne sono più vulnerabili da questo punto di vista. Per questa ragione bisogna incoraggiare i legami tra le imprese gestite dalle donne e quelle gestite dagli uomini.
Chiediamo anche il riconoscimento in tutti gli Stati membri dello status di comproprietario per le donne che lavorano in piccole aziende a conduzione familiare. Nella maggior parte dei casi il proprietario è un uomo, mentre le donne vengono considerate lavoratori familiari non remunerati. Esse non beneficiano nemmeno dell’assicurazione sociale della quale godono i lavoratori. In effetti quando sopraggiunge la vecchiaia e se si sono separate dal proprio partner, le conseguenze negative sono evidenti e disastrose…
Adrian Manole (PPE-DE), per iscritto. – (RO) Spesso la competitività delle PMI si riduce a causa delle barriere che ostacolano le attività transfrontaliere. L’eliminazione di queste barriere porterebbe ad una maggiore stabilità giuridica e consentirebbe di calcolare in modo più efficace i rischi di responsabilità civile che devono affrontare imprese e imprenditori. Grazie a questa relazione il Parlamento europeo ha indicato di aver pienamente compreso il ruolo vitale che le piccole e medie imprese svolgono in termini di competitività dell’economia europea.
Uno statuto della società pubblica europea ben concepito, volto a integrare le forme legali già esistenti, favorirebbe per molti aspetti la competitività delle PMI europee: consoliderebbe il mercato unico europeo, semplificherebbe il quadro giuridico per le imprese riducendo in questo modo i costi della consulenza e agevolando l’accesso ai mercati transfrontalieri, e migliorerebbe l’integrazione e la crescita economiche.
Questo statuto offrirebbe anche una maggiore flessibilità alle PMI.
Più del 90 per cento dell’economia europea e due terzi dei posti di lavoro sono riconducibili alle PMI. Dovremmo pertanto offrire loro le migliori condizioni possibili affinché possano crescere economicamente nel mercato unico integrato, trarre vantaggio dalle opportunità che si presentano e affrontare le sfide della globalizzazione.
Søren Bo Søndergaard (GUE/NGL), per iscritto. – (DA) L’obiettivo della proposta, secondo la Commissione, è di migliorare le condizioni quadro per le imprese nel mercato unico europeo.
La proposta raggiungerà il suo scopo permettendo alle imprese di scegliere liberamente lo Stato membro dell’Unione nel quale registrare la propria sede, a prescindere da dove esse operino realmente, con il solo obbligo di ottemperare alle leggi del paese nel quale hanno registrato la propria sede.
Questo aprirà la strada per aggirare i diritti che i lavoratori hanno conquistato a fatica negli Stati membri dell’Unione.
La realtà è precisa. Permettetemi di essere preciso.
Una società danese con sede legale a Copenhagen e con 35 impiegati, secondo il diritto danese è obbligata ad accettare che i lavoratori nominino dei rappresentanti alla direzione dell’impresa. Questo garantisce che i lavoratori siano almeno in parte informati riguardo alla posizione e al futuro dell’impresa.
Se la proposta presentata verrà adottata così com’è, la società in questione potrebbe semplicemente registrarsi come società europea con sede in Finlandia. All’improvviso servono 150 impiegati per ottenere la rappresentanza dei lavoratori. Nella maggior parte degli altri Stati membri dell’Unione la situazione è anche peggiore.
Forse la proposta della Commissione uscirà leggermente migliorata dai prossimi negoziati. Forse il testo che alla fine verrà adottato non sarà così insoddisfacente.
In ogni caso dovremmo chiederci “perché”? Perché la Commissione presenta continuamente delle proposte, il cui unico obiettivo è ridurre i diritti dei lavoratori? Potrebbe forse essere che vi sia qualcosa di fondamentalmente sbagliato con l’Unione europea?
Presidente. - L'ordine del giorno reca la discussione della relazione (A6-0050/2009), presentata dall’onorevole Catania, a nome della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni, sul futuro del sistema europeo comune di asilo [2008/2305(INI)].
Giusto Catania, relatore. – Signora Presidente, onorevoli colleghi, nell'ultimo anno il numero dei rifugiati nel mondo è aumentato e siamo già a circa 12 milioni. Se sommiamo anche gli sfollati interni arriviamo a più di 26 milioni nel mondo che hanno bisogno di tale protezione. La ragione di tale situazione è da ricercare nel fatto che nel pianeta continuano ad esserci delle guerre. In questo momento ci sono 4 milioni di rifugiati e di sfollati iracheni, ed è evidente come questi rifugiati siano effetto delle guerre volute anche dai nostri Paesi.
La creazione di un sistema europeo comune di asilo è necessaria perché è un obbligo per il nostro Stato di diritto garantire un'omogeneità nell'accoglienza dell'Unione europea, a maggior ragione se pensiamo che vi sono paesi membri che non hanno ancora una legge organica sull'asilo. Spiace constatare che l'armonizzazione delle procedure d'asilo sia slittata di due anni, così avremo un'armonizzazione nel 2012. Occorre porre fine alla nefasta disparità esistente tra vari Paesi, tra vari sistemi di asilo. In questo momento è paradossale che vi siano cittadini di alcuni Paesi terzi il cui tasso di riconoscimento dello status di rifugiato varia dallo 0% al 90%, in dipendenza del Paese membro che accoglie la richiesta.
L'armonizzazione delle norme deve tradursi in un livello alto di protezione in tutta l'Unione europea e non risolversi in un livellamento verso il basso. L'istituzione dell'asilo è un aspetto essenziale della nostra democrazia e della tutela dei diritti umani, e non è accettabile che sia stato gravemente intaccato nel corso degli ultimi anni, perché non sempre sono state garantite le esigenze dei richiedenti asilo e il principio di non respingimento garantito dalle convenzioni internazionali. L'Unione europea dovrebbe prevedere meccanismi alle frontiere esterne, atti ad individuare i richiedenti asilo e a garantire l'accesso al suo territorio alle persone che hanno diritto a una protezione internazionale, anche nell'ambito di operazioni di controllo delle frontiere. È per questa ragione che riteniamo opportuno rivedere il ruolo di Frontex, che spesso gestisce richiedenti asilo come migranti irregolari.
Il Parlamento europeo, con questa relazione, chiede che l'agenzia Frontex fornisca dati precisi sul numero dei richiedenti asilo individuati nel corso delle operazioni condotte e anche sulla sorte delle persone intercettate e fatte rientrare in Paesi di transito o in Paesi di origine. Bisogna far sì che siano garantite le corrette applicazioni delle convenzioni internazionali, anche relativamente agli accordi di cooperazione con i Paesi terzi. Non si possono stringere accordi con Paesi che non abbiano firmato la Convenzione di Ginevra, e questo lo fanno molti Paesi membri: penso all'Italia, che ha siglato un accordo sulla gestione dei flussi migratori con la Libia, che non intende firmare la Convenzione di Ginevra sui rifugiati.
Noi siamo molto soddisfatti – e l'abbiamo sottolineato e lo vogliamo sottolineare in questo rapporto – che la Corte di giustizia abbia annullato l'articolo della "direttiva Procedura" che riguardava l'istituzione del concetto di "Paese terzo sicuro" e dell'elenco comune di Paesi terzi sicuri. Riteniamo che non possa esistere un "Paese terzo sicuro", che il concetto è improprio, perché tutti i cittadini possono essere perseguitati anche in Paesi che hanno standard elevati di democrazia.
I richiedenti asilo sono persone vulnerabili che devono beneficiare di condizioni di accoglienza idonee. Gli Stati membri non possono porre in stato di detenzione una persona per il solo motivo che si tratta di un richiedente di una protezione internazionale. Per questo ritengo che, in linea di principio, i richiedenti asilo non devono essere posti in detenzione, e purtroppo in molti Paesi membri la detenzione dei richiedenti asilo è ancora una realtà, a causa del loro ingresso irregolare nel territorio. Purtroppo, e concludo, non esiste altro modo per entrare nell'Unione europea. E questo è il paradosso: che anche i richiedenti asilo devono essere sottoposti a flussi misti per entrare nell'Unione europea. L'asilo non è una concessione: l'asilo è un dovere dei Paesi e un diritto per le persone che fuggono dalla guerra.
Jacques Barrot, vicepresidente della commissione. − (FR) Signora Presidente, onorevoli deputati, la Commissione ha adottato in giugno un piano d’azione sull’asilo. La Commissione si è impegnata a presentare delle proposte concrete tra il 2008 e il 2009, tese a migliorare le norme di protezione, ad aumentare la solidarietà tra gli Stati membri e rafforzare anche la cooperazione pratica.
Abbiamo delineato i principi che dovrebbero guidare le azioni europee, mantenere la tradizione umanitaria e protettiva, garantire una reale uguaglianza di trattamento in tutta l’Unione, migliorare l’efficacia del sistema di asilo e promuovere la solidarietà all’interno dell’Unione e tra l’Unione e i paesi terzi.
Sono felice di apprendere che il Parlamento condivide pienamente la filosofia della Commissione e la nostra ambizione di costruire un sistema europeo di asilo più protettivo, efficace e giusto.
Il fatto che il Parlamento sia ora colegislatore con il Consiglio mi fa sperare che le trattative, che saranno lunghe, abbiano ora maggiori possibilità di giungere a strumenti della massima qualità, che siano più in linea con i diritti fondamentali.
Grazie dunque alla procedura di codecisione e alla votazione a maggioranza qualificata nel Consiglio, l’Unione può rendere omogenei al livello più alto questi standard internazionali di protezione.
Ringrazio il Parlamento per il fermo appoggio che ha dato a tutte le iniziative che la Commissione ha annunciato nel suo piano d’azione.
Ringrazio anche voi per la priorità data alla discussione della mia recente proposta sulla creazione di un ufficio di sostegno europeo per l’asilo. Abbiamo bisogno del sostegno del Parlamento per assicurare il successo di questo meccanismo, che ci consentirà di rafforzare la cooperazione pratica e la qualità dei sistemi di asilo. Mi auguro che le tre istituzioni giungano rapidamente ad un accordo cosicché questo ufficio possa aprire al più presto.
Tuttavia l’onorevole Catania – e mi permetta di ringraziarla per la sua relazione – si preoccupa di determinate situazioni, in particolare, delle condizioni di detenzione dei richiedenti asilo, dei diritti dei richiedenti asilo in virtù della procedura Dublino, dell’impatto delle operazioni di controllo dei confini sull’accesso alla protezione e dell’onere assunto da alcuni Stati membri nell’accogliere i flussi di richiedenti asilo. Ho alcune risposte per lei.
Riguardo alle condizioni di detenzione dei richiedenti asilo, la Commissione ha proposto negli emendamenti alla direttiva sulle condizioni di accoglienza, regole più chiare di quelle attualmente in vigore, in particolare il divieto in qualunque caso di detenzione di minori non accompagnati. Abbiamo anche specificato in quali casi è possibile la detenzione degli adulti, con garanzie quali il diritto di ricorso o il diritto all’assistenza legale e controlli giudiziari regolari sulle misure di detenzione.
Inoltre, in linea con la relazione dell’onorevole Roure su centri di accoglienza aperti e sicuri, adottata il 5 febbraio, il Parlamento ha identificato una serie di problemi in questi centri. Gli emendamenti proposti alla direttiva sulle condizioni di accoglienza dovrebbe essere la risposta a questi problemi.
In base agli stessi principi ho proposto che i diritti dei richiedenti asilo soggetti alla procedura Dublino vengano meglio garantiti. Ad esempio dobbiamo agevolare le riunioni familiari e la riunione dei bambini con i loro familiari, e rinforzare le garanzie procedurali delle quali godono i richiedenti asilo soggetti alla procedura Dublino.
La migliore procedura di asilo sarebbe inutile, se non fosse garantito l’accesso a tale procedura. Concordo con lei, onorevole Catania, sulla necessità di migliorare il nostro lavoro con i funzionari di frontiera, formarli e renderli consapevoli delle questioni riguardanti l’asilo. Lei ha menzionato i flussi misti. Frontex deve assolutamente potersi fare carico di questa funzione formativa. Una volta istituito, l’ufficio di sostegno contribuirà redigendo manuali per i funzionari di frontiera. Dobbiamo anche giungere ad una migliore definizione delle responsabilità nel caso di persone soccorse in mare. Dove dovrebbero sbarcare? Dove, qualora necessario, potrebbero chiedere asilo? Sto lavorando con gli Stati membri cercando di trovare le risposte giuste a queste domande. Nella consapevolezza naturalmente della pressione alla quale sono sottoposti i sistemi di asilo in alcuni Stati membri. Vogliamo una maggiore solidarietà, non solo in termini finanziari, ma anche sotto forma di squadre di reazione rapida composte da esperti, create dall’ufficio.
Esamineremo anche la possibilità del trasferimento volontario dei rifugiati in uno Stato membro diverso da quello che ha garantito la protezione.
Alla fine di questa settimana mi recherò a Lampedusa e a Malta per osservare quali sono le esigenze pratiche e come l’Unione possa offrire sostegno.
Permettetemi di cogliere l’occasione, signora Presidente e onorevoli deputati, di ringraziarvi per i 10 milioni di euro aggiuntivi che il Parlamento ha approvato alla fine del 2008 a favore del Fondo europeo per i rifugiati. Questi 10 milioni di euro verranno utilizzati per trasferire più rifugiati nell’Unione nel 2009. In proposito desidero sottolineare l’importanza dell’impegno assunto dagli Stati membri in seguito alla missione che abbiamo inviato in Giordania e Siria sul trasferimento dei rifugiati iracheni negli Stati membri nell’Unione europea.
Stiamo lavorando e sto lavorando su tutti i fronti, in altre parole, migliorando la qualità della legislazione, la cooperazione pratica e la solidarietà tra gli Stati membri e tra l’Unione e i paesi terzi.
Desidero ringraziare sinceramente il Parlamento per il suo sostegno. Dobbiamo trasformare l’Unione europea in un’area comune di protezione veramente unita. E’ certamente mia intenzione includere questo nel programma di Stoccolma.
Vi ringrazio, onorevoli deputati. Ringrazio lei, onorevole Catania e l’onorevole Roure per l’utilissimo lavoro svolto.
PRESIDENZA DELL’ON. ROTHE Vicepresidente
Danutė Budreikaitė, relatore per parere della commissione per lo sviluppo. – (LT) In anni recenti, il numero di rifugiati ha toccato i 16 milioni a livello mondiale. Nel 2007, nell’Unione europea sono state presentate oltre 200 000 domande d’asilo. Una situazione che crea problemi sia ai richiedenti asilo, sia ad alcuni Stati membri, nonché un grave fardello che il Sistema comune europeo di asilo potrebbe alleviare. Al momento di decidere se accogliere o meno una domanda d’asilo, le istituzioni di governo dovrebbero applicare criteri obiettivi e uniformi. E’ essenziale che la concessione dello status di rifugiato avvenga in base al merito del singolo caso, e non a una generica valutazione in base, per esempio, alla nazionalità del richiedente. Richiamo poi alla vostra attenzione il fatto che il Piano strategico sulla politica di asilo della Commissione non menzioni affatto l’agenzia Frontex, che svolge un ruolo fondamentale in materia di protezione dei rifugiati. Va inoltre ricordato che il numero dei richiedenti asilo è il riflesso immediato della situazione politica, economica e sociale del paese d’origine del richiedente. Pertanto, il sistema comune europeo di asilo deve risultare strettamente collegato alla politica europea di cooperazione allo sviluppo e all’operato dell’Unione sul fronte umanitario. Ciò avrebbe l’effetto di ridurre il numero dei richiedenti asilo, che spesso sono migranti economici.
Carlos Coelho, a nome del gruppo PPE-DE. – (PT) Signora Presidente, signor Vicepresidente della Commissione, onorevoli deputati, dalle conclusioni di Tampere molto è stato fatto per armonizzare le legislazioni degli Stati membri in materia di asilo. Tuttavia, tale armonizzazione ha puntato al minimo comun denominatore, tanto che sussistono tuttora prassi e procedure del tutto diverse tra loro. Non vi sono ancora condizioni uniformi in tutta l’Unione per l’accesso alla protezione e, di conseguenza, permangono problemi come movimenti secondari e domande multiple.
Nel 2008, come già evidenziato dal relatore, il numero dei rifugiati è cresciuto superando i 12 milioni. Si rende quindi necessario avviare la seconda fase del Sistema comune europeo di asilo. Il livello di protezione potrà essere lo stesso in tutta l’UE solo se verrà definita una procedura unica per l’esame delle domande, per ragioni di efficienza, rapidità, qualità ed equità nel processo decisionale, unitamente a standard comuni per il riconoscimento della qualifica di rifugiati o di persona bisognosa di protezione internazionale. Solo così verrà assicurata ai richiedenti asilo parità di trattamento, a prescindere dal paese in cui presentano la domanda.
Mi compiaccio quindi che sia stato presentato questo piano d’azione in materia d’asilo, al quale hanno contribuito numerosi soggetti pubblici e che definisce il percorso da seguire nei prossimi anni per approfondire il Sistema comune europeo di asilo. Appoggio gli emendamenti proposti alle direttive “Accoglienza”, “Procedura” e alla direttiva sulla qualifica di rifugiato per rendere più chiari i criteri d’accesso alla protezione internazionale da parte dei richiedenti asilo. E sono lieto che il commissario Barrot abbia ribadito la necessità di garantire una coerenza con le altre politiche suscettibili di un impatto sulla protezione internazionale; spero che questo stesso approccio di coerenza venga esteso anche ad altri ambiti d’azione comune.
Mi congratulo infine con il relatore, l’onorevole Catania, per il lavoro svolto, che il gruppo PPE-DE ha deciso di appoggiare.
Martine Roure, a nome del gruppo PSE. – (FR) Signora presidente, voglio innanzi tutto congratularmi con il relatore per l’eccellente lavoro in cui ha denunciato, giustamente, gli squilibri che caratterizzano l’attuale legislazione europea in materia di asilo e in cui avanza una serie di proposte che ci consentiranno davvero di incamminarci nella giusta direzione.
Dobbiamo porre fine alle attuali, e intollerabili, disparità esistenti fra Stati membri. Di fatto, l’esito della domanda d’asilo varia a seconda dal paese in cui è stata presentata.
Chiediamo anche un sostanziale miglioramento delle condizioni di accoglienza dei richiedenti asilo. Ciò presuppone che si affermi il principio secondo cui il richiedente asilo non possa essere messo in stato di detenzione, specie quando si tratta di soggetti particolarmente vulnerabili come donne, bambini o vittime di torture. E che venga garantito un minimo di diritti in materia di alloggio, occupazione, sanità, istruzione: quei diritti fondamentali, insomma, che garantiscono la dignità della persona.
Infine, è essenziale riformare il sistema di Dublino II. Nelle nostre visite ai centri di trattenimento abbiamo potuto constatare in particolare, come ricordato dalla onorevole Rothe, i danni collaterali provocati da una gestione non all'altezza, che pone sotto un’intollerabile pressione i paesi più direttamente colpiti dai flussi migratori che premono sulla porta di ingresso in Europa.
La strada verso una politica comune dell’asilo è ancora lunga. Senza nutrire illusioni, le nuove proposte della Commissione, alle quali confido noi potremo in modo sostanziale, consentiranno – spero – di gettare le basi di una struttura forse fragile oggi, ma solida in futuro.
Ringrazio sinceramente il commissario Barrot per la forza di volontà di cui ha dato prova, perché ora ci vuole proprio volontà, e tanta. Signor Commissario, spero che lei farà in tempo ad attuare il lavoro svolto, perché è questo un nostro preciso dovere nonché un imperativo morale in base ai valori che l’Unione vuole difendere.
Sarah Ludford, a nome del gruppo ALDE. – (EN) Signora Presidente, sostengo il lavoro del relatore e quello della Commissione. Non vi sono scuse per l’inaccettabile gestione del problema dei rifugiati nell’Unione, anche perché, a scala storica, il numero di domande d’asilo è oggi basso. Prassi comuni inesistenti, fonti di informazione sul paese d’origine diverse e incapacità di applicare correttamente la legislazione dell’Unione europea si traducono in troppa disparità di condizioni. Morale: i richiedenti asilo vanno dove conviene e gli Stati si passano la patata bollente.
Un ulteriore elemento che causa disuguaglianze nell’accesso alla protezione risiede nel fatto che alcuni Stati procedono all’espulsione prima ancora di valutare la domanda, quando addirittura non pagano determinati paesi terzi purché fermino gli arrivi.
Nell’afflusso di arrivi molti saranno pure migranti economici, ma ciò non fa di loro dei delinquenti. E comunque, quand’anche i rifugiati fossero pochi, vanno ugualmente individuati. Come ricorda l’onorevole Catania, il presidio delle frontiere non può prescindere dall’attenzione ai diritti umani, specie nell’ambito del mandato di Frontex. Non si può finire in detenzione solo per aver chiesto asilo.
Al di là della procedura comune e dei contenuti della protezione, sono necessari cooperazione pratica, sostegno e solidarietà, anche da parte dell’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo in termini di informazione uniforme sui paesi d’origine. Decidere meglio e in modo più accurato all’inizio farebbe risparmiare denaro perché calerebbe il numero dei ricorsi, che hanno un costo.
L’obbligo per tutti gli Stati di consentire ai richiedenti asilo di lavorare, se la loro domanda non riceve risposta entro sei mesi, è molto importante: costoro vedrebbero tutelata la propria dignità e pagherebbero le tasse. Sono molto delusa per la decisione del Regno Unito di dissociarsi da una versione migliorata della direttiva “Accoglienza”, che avrebbe fatto cadere i presupposti per la detenzione sistematica per il solo fatto di aver presentato domanda di asilo, impedito la detenzione immediata praticata nel mio paese e tutelato il diritto al lavoro trascorsi sei mesi. Personalmente trovo un’onta che proprio il mio paese reputi troppo onerosi simili diritti.
Jan Tadeusz Masiel, a nome del gruppo UEN. – (PL) Signora Presidente, ancora una volta dobbiamo ringraziare di cuore la presidenza francese, che ha compiuto enormi progressi sul tema dell'asilo con l'adozione al Consiglio, lo scorso ottobre, del Patto europeo sull'asilo e l'immigrazione. Vero è che l'Unione ha bisogno di una politica comune dell'asilo e di sviluppare un atteggiamento più solidale nei confronti dei profughi. Gli Stati membri più esposti all'afflusso di richiedenti asilo devono ricevere assistenza. La questione dell'asilo è molto delicata. E' difficile stabilire chi abbia davvero bisogno di protezione, chi tenti di sottrarsi alla povertà che regna nel suo paese e, sebbene anche questi vadano aiutati, non possiamo far entrare chiunque. Insomma, occorrono procedure a livello di Unione trasparenti, unificate e rapide.
Hélène Goudin, a nome del gruppo IND/DEM. – (SV) Signora Presidente, la creazione della "Fortezza Europa" procede sempre più spedita, anno dopo anno. E' un peccato, anche perché una politica comune dell'asilo comporterà con ogni probabilità una linea più dura e più restrittiva, in cui i maggiori perdenti saranno proprio i più bisognosi di protezione. E' a dir poco inquietante.
La relazione mira a introdurre standard comuni per determinare chi vada ritenuto un profugo. Perché, mi chiedo. Vi sono già convenzioni internazionali che lo chiariscono. Non occorre varare nuovi standard comunitari, con ogni probabilità più restrittivi della convenzione di Ginevra, per esempio.
Quasi ogni settimana ascoltiamo notizie agghiaccianti sui campi profughi in Europa meridionale. Chi vi finisce vive in condizioni terribili – e le autorità chiudono un occhio. Il problema non sono i detenuti di quei campi, ma il fatto che vengano calpestati i diritti umani nonostante tutti gli Stati membri, almeno in teoria, rispettino i criteri di Copenaghen. Ecco il problema di cui dovrebbe discutere il Parlamento. Sull'accesso al proprio territorio ogni Stato decida pure sovranamente, ma le convenzioni e gli accordi internazionali vanno rispettati.
Marian-Jean Marinescu (PPE-DE) . – (RO) Il sistema comune europeo di asilo è, allo stato attuale, poco in linea con gli strumenti di legge in materia di protezione internazionale.
A causa delle grandi discrepanze tra i processi decisionali impiegati dai 27 Stati membri per trattare le domande d'asilo, il tasso di ottenimento della qualifica di rifugiato varia tra lo 0 e il 90 per cento circa. Inoltre, i criteri del sistema di Dublino scaricano un onere spropositato sulle spalle degli Stati membri posti alla frontiera esterna dell'Unione, responsabili di esaminare le domande d'asilo in quanto paesi di entrata.
Fenomeni quali i movimenti secondari da uno Stato membro all'altro, o le domande multiple, sussistono ancora. Uno dei temi più urgenti per la politica d'asilo dell'Unione è lo scambio di analisi, esperienze e informazioni tra Stati membri, mentre occorre trovare soluzioni praticabili per una più stretta cooperazione fra organi amministrativi preposti a trattare le domande d'asilo.
Tuttavia, il problema più spinoso resta la comunicazione fra Stati membri sul diverso trattamento dato a coloro che richiedono protezione internazionale in funzione del paese d'origine. Spero che il regolamento sulla creazione dell'Ufficio europeo di sostegno per l’asilo, proposto dalla Commissione tre settimane fa, contribuisca in parte a risolvere i problemi in sospeso.
Ai futuri responsabili di tale Ufficio dico sin d'ora di non dimenticare la cooperazione con l'Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri dell'Unione europea, con la rete europea sulle migrazioni e con gli organi competenti degli Stati membri come dei paesi terzi coinvolti nel fenomeno dell'immigrazione e l'asilo. Oltre a evitare doppioni di lavoro, ciò agevolerà il coordinamento operativo fra Stati membri e la messa a frutto della rispettiva esperienza in materia di asilo.
Inger Segelström (PSE). - (SV) Signora Presidente, signor Commissario, anzitutto ringrazio l'onorevole Catania per la sua relazione. Condivido appieno il disappunto per il posticipo dell'entrata in vigore al 2012. Vi sono tre temi che desidero porre in risalto: i diritti del fanciullo, il supporto e le opportunità per le donne cadute nelle maglie della tratta e, infine, come prepararsi al meglio nell'ipotesi di una crisi planetaria improvvisa.
E' un bene che il Parlamento rivendichi un supporto ad hoc per bambini e minori. Mi preoccupa però l'idea che i bambini possano essere messi in detenzione. Lo trovo inaccettabile.
Ieri ricorreva la Giornata mondiale della donna. Il tema di cui mi sono occupata in questa legislatura è stato il modo in cui i vari paesi trattano donne e bambini incappati nel traffico di esseri umani, ossia se venga riconosciuto loro il diritto di rimanere nell'Unione o di ricevere assistenza per il rimpatrio. Quando la Svezia era governata dai socialdemocratici era scontato che le donne vittime di maltrattamenti in Svezia – nell'ambito del di traffico di esseri umani, in seno al matrimonio o in caso di violenza – avessero il diritto di restare. Oggi una donna può vedersi autorizzata a rimanere in Svezia solo se collabora con la polizia e la magistratura. Per quali altri reati, oltre alla tratta di esseri umani, la collaborazione di giustizia è un requisito irrinunciabile per ottenere l'asilo? E' una discriminazione contro le donne e i bambini e tengo a denunciarla proprio oggi, all'indomani della Festa della donna.
Il terzo tema è come siano trattati i richiedenti asilo nei vari paesi e quali siano i paesi d'elezione. La Svezia è uno degli Stati che ha accolto più profughi dall'Iraq. Rispetto a USA e Canada, la cifra è enorme, ma lo è anche rispetto a tanti paesi dell'Unione. Spero che il nuovo sistema d'asilo europeo si mostrerà più ricettivo alla responsabilità congiunta in situazioni di crisi o, come nel caso dell'Iraq, di invasione. Non vorrei che un sistema europeo basato sulla solidarietà funzionasse solo quando la situazione è tranquilla: deve funzionare anche in momenti di conflitto e di crisi.
Gerard Batten (IND/DEM). - (EN) Signora Presidente, il numero di coloro che chiedono rifugio e asilo sta crescendo in modo allarmante. Come la relazione ricorda, a livello mondiale vi sono oggi circa 12 milioni di rifugiati e 26 milioni di sfollati interni. Ciò non sorprende: alcuni paesi asiatici o africani scivolino sempre più verso il caos politico e il pianeta sprofondi sempre più in una crisi finanziaria ed economica di proporzioni ancora ignote.
Una cosa è certa: nei prossimi mesi e anni, i rifugiati e i richiedenti asilo saranno ancor più numerosi. Non sorprende che la soluzione del Parlamento consista nell'armonizzare i sistemi d'asilo nazionali. La relazione propugna un sistema comune europeo d'asilo e un Ufficio europeo di sostegno per l'asilo, con standard comuni per l'ottenimento dell'asilo o dello status di profugo. E propone che i governi nazionali non possano detenere il richiedente asilo solo perché ha chiesto l'asilo, ma anche che i rifugiati possano chiedere il trasferimento da un paese europeo a un altro. Viene proposto che, se trattenuto in detenzione, il richiedente asilo possa fare ricorso davanti a un giudice nazionale.
Tutto ciò è la ricetta certa del caos e dello stallo dei sistemi nazionali d'asilo. Tanti, per non dire tutti, fra coloro che cercano rifugio e asilo in Europa, così lontano dal loro paese, sono ovviamente migranti economici in cerca di una vita migliore. Come biasimarli? Ma più diventa facile venire in Europa, più le file di costoro si ingrosseranno.
Il sistema comune qui proposto renderà anche più difficile, per gli Stati nazionali, proteggere le proprie frontiere; più facile, per un numero indicibile di migranti economici, varcare quelle stesse frontiere. Al Regno Unito servono controlli più severi, e non più laschi per imposizione dell'UE.
Simon Busuttil (PPE-DE) . – (MT) A giusto titolo il relatore ha affermato che la politica d'asilo deve reggersi sul principio della solidarietà, ma è proprio questa a far difetto nella nostra politica d'asilo come il commissario Barrot potrò constatare di persona questa settimana, quando visiterà il mio paese, Malta, e l'isola di Lampedusa. Signor Commissario, scoprirà così che la solidarietà che lei vuole non esiste. E' stata introdotta per la prima volta con il Patto europeo sull'asilo e l'immigrazione dello scorso ottobre, sotto forma di clausola sulla condivisione dell'onere che comporti una distribuzione del carico tra i vari paesi. Introdotto per la prima volta, tale principio ha segnato un passo positivo. Applicata su base volontaria, la clausola consente ai richiedenti asilo giunti in un paese di essere trasferiti in un altro Stato dell'Unione europea. Nel bilancio comunitario di questo esercizio, il Parlamento ha stanziato 5 milioni di euro proprio per agevolare l'applicazione di detta clausola. A tutt'oggi, in pratica non abbiamo mai assistito all'applicazione della clausola salvo nel caso della Francia, che si è offerta di accogliere 80 richiedenti asilo giunti a Malta. E' stato un gesto importante, purtroppo però non imitato da altri paesi europei, il che è deplorevole. Chiedo pertanto al commissario: quali azioni intende intraprendere la Commissione onde garantire che il meccanismo di condivisione dell'onere non resti solo sulla carta? Che cosa sta facendo per assicurarsi che più paesi diano prova di solidarietà, accogliendo immigrati giunti in un dato paese che si trova a fronteggiare da solo un onere spropositato? Intende la Commissione redigere un programma di ridistribuzione del carico tra i vari paesi? Come pensa di espandere e far applicare la già menzionata clausola?
Daciana Octavia Sârbu (PSE). – (RO) Allo stato attuale, il numero di rifugiati è in ascesa a livello mondiale e sull'Unione si riversa oltre metà dei richiedenti asilo del pianeta. L’istituzione di un sistema europeo comune d'asilo va quindi ritenuto della massima urgenza.
Al riguardo, saluto la proposta di creare un Ufficio europeo di sostegno per l'asilo allo scopo di coordinare le politiche nazionali dei vari paesi così da evitare che alcuni Stati membri si vedano imposto un onere spropositato. Credo che questo Ufficio vada strutturato in modo tale da svolgere un ruolo chiave in caso di crisi, e da poter valutare le domande d'asilo nel migliore dei modi.
Credo che gli Stati di recedente adesione, segnatamente Romania e Bulgaria, necessitino dell'aiuto dell'Unione europea mediante meccanismi di solidarietà effettiva che garantiscano ai richiedenti asilo condizioni adeguate di accoglienza. Non dimentichiamo, però, la necessità agire a monte anziché reagire a valle, sul piano europeo, dedicando più attenzione alla cooperazione con paesi terzi per sventare l'insorgere di situazioni di crisi.
Alin Lucian Antochi (PSE) . – (RO) Ogni anno, gli Stati membri dell'Unione europea aprono le porte a milioni di persone in cerca di un rifugio e in fuga dalle persecuzioni e dai conflitti che martoriano i loro paesi d'origine. Ma il tasso di ottenimento dello status di rifugiato varia, a seconda degli Stati, tra 0 e 90 per cento. Inoltre, il sistema di Dublino, che comporta il rinvio dei rifugiati al primo paese di transito, è fonte di distonie tra questi paesi e quelli in posizione più centrale in merito al coordinamento delle politiche d'asilo e ai provvedimenti in materia di rifugiati.
Come già ricordato da altri oratori, il Sistema europeo comune d'asilo deve consentire agli Stati membri di garantire ai rifugiati un più elevato livello di tutela, dal momento in cui mettono piede sul territorio sino alla piena integrazione nelle comunità locali, con il varo di una procedura comune d'asilo che definisca un quadro chiaro, ragionevole e uniforme per chi è chiamato a gestire le domande d'asilo.
Particolare attenzione merita la solidarietà fra Stati membri per il coordinamento del massiccio afflusso di richiedenti asilo in alcuni paesi, sia sotto forma di assistenza finanziaria, sia adottando meccanismi di reinsediamento e trasferimento interni che consentano l'uniforme distribuzione dei profughi in tutto il territorio dell'Unione.
Katrin Saks (PSE). - (ET) Ringrazio il relatore e ribadisco l'importanza di questo tema, sebbene io rappresenti l'Estonia, Stato membro in cui a spingersi sono solo pochi rifugiati.
Lo status di rifugiato è stato sinora riconosciuto ogni anno solo a poche persone, ma restiamo pur sempre un paese piccolo in cui, malgrado le attrattive per il turista, la vita è difficile. Non misconosciamo il bisogno di una solidarietà, ma credo che chi ha già sofferto tanto nella vita non vada punito ancora una volta con un clima tanto rigido come il nostro, se non per sua libera scelta.
Mi pare quindi sensato parlare di dividersi le responsabilità, non le persone, così da migliorare la situazione di paesi che ricevono frotte di richiedenti asilo. Ed è fondamentale armonizzare gli standard. Se abbiamo una frontiera comune, è logico che il trattamento dei richiedenti asilo debba essere uniforme in tutto il territorio dell'Unione europea.
Zuzana Roithová (PPE-DE). – (CS) Signora Presidente, mi dissocio del tutto dalla campagna degli euroscettici contro la politica comune dell'immigrazione e dell'asilo racchiusa nel trattato di Lisbona. Occorre agire insieme e con più fermezza nel contrastare l'immigrazione clandestina economica, ma bisogna dare al contempo condizioni più dignitose ai richiedenti asilo. Resto scossa sapendo che i figli dei rifugiati nei campi, qui in Europa, non hanno il diritto all'istruzione, né alla sanità, per mesi a fila. Trovo inaccettabile che, nell'area Schengen, alcuni paesi riconoscano lo status di rifugiato e altri invece no. Ed è deplorevole che l'agenzia Frontex non tenga un monitoraggio dei numeri e dei paesi d'origine dei richiedenti protezione internazionale. Sì, occorre una procedura d'asilo unificata e occorre assistere in modo solidale i paesi che fanno da tampone. Ma la politica d'asilo non può essere disgiunta da quella dello sviluppo, così da rendere superfluo emigrare.
Jacques Barrot, vicepresidente della Commissione. -? (FR) Signora Presidente, posso essere breve nonostante abbia ascoltato con grande attenzione e debba ringraziare il Parlamento per il sostegno mostrato al nostro impegno per una politica d'asilo che riceva tutte le attenzioni del caso a beneficio dei perseguitati di tutto il mondo. Abbiamo un dovere preciso e, come ha ricordato l’onorevole Roure, un imperativo morale al riguardo.
E ora, alcuni chiarimenti. Primo, avete parlato di Frontex, l'onorevole Catania in particolare. Debbo dirvi che Frontex ha oggi un ufficiale di collegamento presso l'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati. Ciò incarna il serio sforzo di Frontex per capire appieno i problemi dei richiedenti asilo e la Commissione ha proposto regole per migliorare la definizione del mandato di tale Agenzia nelle operazioni marittime. Su questo importante tema è in corso il dibattito con gli Stati membri.
Vorrei ora tornare sul tema della solidarietà rivendicata da molti intervenuti. Penso in particolare all'onorevole Busuttil, che ha parlato della difficile situazione di Malta al riguardo. Nel piano d'azione sull'asilo, la Commissione ha proposto di studiare l'alternativa rappresentata dalla distribuzione dei richiedenti asilo tra i vari Stati membri, su base volontaria.
Il dibattito con gli Stati membri ha preso il via in autunno, con un testo informale che prospettava più opzioni per rendere effettivo il principio della solidarietà in materia di asilo. Non è facile radunare una maggioranza di Stati attorno a un meccanismo di distribuzione dei rifugiati. Avvieremo però uno studio sugli effetti e le possibilità di tale distribuzione a livello di Unione.
Siamo già oggi pronti a finanziare progetti in tal senso, nel quadro del Fondo europeo per i rifugiati, come ribadirò negli Stati membri che visiterò e che sono spesso i più sollecitati dai richiedenti asilo.
In sintesi, credo ci troviamo agli albori di un lungo processo che sarà fondamentale se davvero si vuole che l'Europa resti ferma sui suoi valori, sulla propria forte identità di spazio che accoglie tutti coloro che, nel mondo, soffrono e si attendono il nostro aiuto.
Grazie al Parlamento europeo, signora Presidente e onorevoli deputati, per tutti i vostri interventi che io, come Commissario, trovo assolutamente preziosi.
Giusto Catania, relatore. – Signora Presidente, onorevoli colleghi, voglio ringraziare i colleghi che sono intervenuti per il sostegno che hanno offerto a questa relazione, il commissario Barrot, per il supporto e anche per il lavoro che sta facendo la Commissione in vista delle modifiche di alcune direttive, e in particolare sulla direttiva Procedura e Accoglienza, che dimostrano la volontà da parte della Commissione di migliorare il sistema di asilo comune. Il Parlamento è colegislatore in questa materia e credo che dobbiamo far valere il nostro ruolo proprio per armonizzare le procedure di asilo verso l'alto, verso un sistema di armonizzazione che abbia ampi margini di accoglienza, migliori gli standard di accoglienza dei Paesi membri, rendendolo sempre più solidale.
Io credo che questo Parlamento ha svolto un ruolo importante, visitando i centri di detenzione amministrativa in Europa. Ne abbiamo visitati moltissimi – la collega Roure è stata relatrice del rapporto finale – e abbiamo potuto constatare come spesso il diritto di asilo sia stato violato nei Paesi membri, spesso non siano state garantite le normali condizioni di accoglienza, il diritto alla salute, all'assistenza legale, neanche all'informazione sui potenziali richiedenti asilo. E questo è avvenuto grazie al fatto che i flussi misti sono stati gestiti facendo prevalere il tema del contrasto all'immigrazione irregolare e il tema della protezione delle frontiere esterne rispetto alla necessità dell'accoglienza e in particolare dell'accoglienza dei richiedenti asilo.
Io sono d'accordo con le cose che hanno detto alcuni colleghi, in particolare sulla necessità di rivedere il regolamento di Dublino, in particolare sul fatto che bisogna garantire un meccanismo di solidarietà tra i Paesi per una ripartizione degli oneri, ma anche un meccanismo di solidarietà nei confronti dei richiedenti asilo, perché venga riconosciuto loro anche il diritto alla possibilità di essere trasferiti in un altro luogo perché possa essere accolta la propria istanza.
Infine – concludo – alcuni colleghi hanno posto il tema del controllo alle frontiere. Credo che questo sia un errore di fondo sul ragionamento: il tema della protezione delle frontiere e il diritto di asilo sono due questioni che non sono compatibili tra di loro. Noi dobbiamo garantire il diritto di asilo, in quanto diritto fondamentale che deve essere garantito dall'Unione europea
Presidente. – La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà domani.
Dichiarazioni scritte (articolo 142 del regolamento)
Bogusław Rogalski (UEN), per iscritto. – (PL) Signora Presidente, l'anno scorso a scala planetaria il numero di rifugiati ha toccato i 12 milioni, con addirittura 26 milioni di sfollati interni. Sono dati che mostrano la gravità del problema. Purtroppo non vi è alcuna armonizzazione degli standard applicati, tanto che la percentuale di ottenimento dello status di rifugiato va dallo 0 al 90 per cento, a seconda dello Stato membro.
Sono indispensabili una procedura unificata per la concessione dell'asilo, nonché standard uniformi che consentano di stabilire chi debba ottenere lo status di rifugiato e chi debba ricevere protezione internazionale. Tutti coloro che decidono al riguardo, e i richiedenti asilo stessi, debbono avere pari accesso a informazioni professionali sul paese d'origine del richiedente e sulle vie di ricorso.
Nel periodo d'attesa, è della massima importanza che le autorità prestino la debita attenzione alle diverse esigenze dei richiedenti asilo più in difficoltà, come bambini, disabili o donne. Ed è' fondamentale istituire una banca dati comune in cui raccogliere e rendere disponibili informazioni sui paesi d'origine.
Va sottolineato che l'obbligo all'assistenza è sancito dalla convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS) ed è vincolante sia per gli Stati membri, sia per l'agenzia Frontex.
20. Situazione sociale dei rom e miglior accesso al mercato del lavoro nell’UE (breve presentazione)
Presidente. - L'ordine del giorno reca la breve presentazione della relazione (A6-0038/2009), presentata dalla onorevole Kósáné Kovács, a nome della commissione per l'occupazione e gli affari sociali, sulla situazione sociale dei rom e su un loro miglior accesso al mercato del lavoro nell'UE [2008/2137(INI)].
Magda Kósáné Kovács, relatore. – (HU) Grazie, signora Presidente. Signor Commissario, onorevoli deputati, dopo mesi di lavoro presento al Parlamento la relazione sulla situazione sociale dei rom e su un loro miglior accesso al mercato del lavoro, nella quale esprimiamo il nostro sentito impegno per il futuro dei rom in Europa, minoranza etnica paragonabile a uno Stato membro per entità numerica.
In mesi recenti, la necessità di agire, lungi dal venir meno, si è fatta più pressante. La crisi finanziaria globale ha investito l'Europa e, ancora una volta, a subirne il contraccolpo più grave sono le categorie sociali più vulnerabili, in particolare i rom. La crescente e giustificata angoscia di gran parte della popolazione costituisce terreno fertile per l'odio verso le minoranze, per la discriminazione e l'esclusione, per la ricerca di un capro espiatorio. Anche sul piano simbolico, sarebbe molto importante che la relazione sui rom venisse adottata proprio la settimana in cui il Parlamento si sta preparando per il prossimo Consiglio, in cerca non solo degli strumenti per uscire dalla crisi, ma anche dell'occasione di limitare i drammi umani e i rischi per l'occupazione, sulla base del principio di solidarietà che tiene unita l'Europa.
Negli ultimi decenni abbiamo constatato che non vi è sviluppo economico in grado di offrire automaticamente mobilità, in base agli esistenti sistemi ridistributivi, ai ceti sociali più modesti. Abbiamo anzi toccato con mano che, in assenza di una politica di effettivo sostegno delle pari opportunità, la forbice sociale rischia di aprirsi ancor più proprio in periodi di crescita economica. Il nostro compito è mobilitare le risorse necessarie a far fronte alla crisi, nonché far crescere l'economia in modi tali che i 10 milioni di rom non cadano vittime della crisi, ma partecipino alla ripresa. La posizione della commissione per l'occupazione egli affari sociali, adottata a vasta maggioranza, è considerare inaccettabile che una quota significativa della popolazione rom viva in condizioni degne del Terzo mondo. Decine di migliaia di bambini rom crescono ancora in scuole segregate e si porteranno dietro per tutta la vita le ferite dell'esclusione e della discriminazione. A milioni vivono in ghetti, senza acqua corrente, senza rete fognaria e spesso senza neppure l'elettricità, con una speranza di vita più breve di 10-20 anni rispetto alla media. Privi di formazione professionale, vivono di lavoretti e il loro stile di vita è oggetto di continue, evidenti discriminazioni. Ma l'aspetto più drammatico è che questa loro condizione fomenta l'esclusione anche nel linguaggio, con discorsi carichi d'odio e con pregiudizi etnici non appena vi è un conflitto. Chi di noi non ha mai sentito frasi come «Sono zingari, piuttosto che lavorare per cambiare la loro situazione preferiscono andare a rubare»?
La causa ultima sta nel fatto che la qualità di vita dei rom resta degna di un paese sottosviluppato; ciò a sua volta aggrava la tendenza all'esclusione e l'albero dell'odio porta il frutto della violenza. Che può essere eliminata solo alla radice. E' questo un problema non solo dell'Europa centrale e orientale, che anela alla pace, ma di ogni cittadino europeo. Né va dimenticato che, in un'Europa che invecchia, è essenziale garantire che il continente non si ritrovi popolato di disperati a carico dello Stato sociale, ma di cittadini istruiti e occupati, in grado di pagare tasse, contributi sociali e sistemi sanitari. E' questo il tema della relazione che vi presento oggi.
Per poter fare il necessario, è essenziale che le varie Istituzioni dell'Unione collaborino alla messa a punto e all'effettiva applicazione di una politica a tutto campo per i rom. Occorre la risolutezza di tutta l'Europa per far sì che i benemeriti – e spesso costosi – sforzi messi in campo dagli Stati membri, che spesso restano privi di efficacia per scarsa volontà collettiva, portino a un nuovo corso. Tengo a ringraziare sentitamente i colleghi che, con i loro importanti contributi, hanno reso più completo il mio testo. Questa disponibilità a collaborare può servire a far capire che non per scelta, ma per necessità, l'Unione deve saper integrare immediatamente questa forza lavoro potenziale, forte di secoli di esperienza di adattamento all'ambiente circostante. Grazie per la vostra pazienza.
Jacques Barrot, vicepresidente della Commissione. – (FR) Signora Presidente, onorevole Kósáné Kovács, onorevoli parlamentari, desidero anzitutto ringraziare la relatrice per il suo documento che contribuisce all'impegno di tutti per promuovere l'inclusione sociale dei rom.
Onorevole, la Commissione condivide la sua analisi delle principali cause di tale esclusione: la segregazione sociale dei rom, gli ostacoli nell'accesso all'istruzione, la discriminazione che impedisce una piena partecipazione al mercato del lavoro e l'accesso a beni e servizi, ma soprattutto – come lei lucidamente indica – i pregiudizi e gli stereotipi che gravano sui rom.
La Commissione sostiene altresì le soluzioni sostenibili proposte dal Parlamento, in particolare l'enfasi sullo sviluppo del bambino già in età prescolare, il potenziamento del microcredito per rafforzare lo spirito imprenditoriale e il lavoro autonomo, l'applicazione mirata dei fondi strutturali. Per la Commissione, l'attuazione di soluzioni efficaci e sostenibili presuppone l'impegno di tutti i soggetti in causa, rom inclusi, per elaborare, attuare e monitorare le politiche del caso.
Inoltre, per raggiungere l'inclusione dei rom la Commissione considera opportuno il ricorso a politiche e strumenti comunitari, nonché necessario uno scambio di buone prassi – come il programma ACCEDER in Spagna, o l'impegno contro la segregazione in Ungheria. Per risultare efficaci, però, queste politiche debbono essere mirate; per raggiungere l'obiettivo dell'integrazione sociale, devono rispettare le situazioni specifiche delle comunità rom.
Nello spirito della sua relazione, onorevole Kósáné Kovács, la Commissione continuerà a sostenere l'inclusione sociale dei rom puntando sulla protezione dei diritti dell'individuo – donne e bambini in particolare – e trattando i problemi dei rom nel quadro di un coordinamento europeo delle politiche di intervento, con un più attivo ricorso ai fondi strutturali, al Fondo sociale europeo e, infine, potenziando la capacità istituzionale della società civile dei rom.
Onorevole, la ringrazio per la sua relazione e posso garantirle che il collega Špidla e io siamo ben consapevoli di questi problemi. L'Agenzia per i diritti fondamentali ci presenterà due rapporti sulla situazione dei rom che spero ci consentiranno di proporre e promuovere quanto lei ci ha illustrato in modo tanto magistrale.
La ringrazio, onorevole Kósáné Kovács, e ringrazio il Parlamento per il suo sostegno.
Presidente. - La discussione è chiusa. La votazione si svolgerà mercoledì.
Dichiarazioni scritte (articolo 142 del regolamento)
Corina Creţu (PSE), per iscritto. – (RO) Giungere a una soluzione europea ai problemi dei rom significa anzitutto prendere atto che sono cittadini esattamente come noi, anche se colpiti dall'esclusione. Organizzazioni rappresentative e comunità rom debbono farsi parte attiva nell'elaborazione di politiche inclusive.
Occorre un più chiaro impegno per migliorare le condizioni di vita e l'accesso a istruzione e sanità come requisito minimo per consentire ai rom di ottenere, e mantenere, un lavoro nel paese in cui vivono. Le occasioni di mobilità hanno avuto l'effetto esattamente opposto, aggravando la discriminazione. Ancor più vulnerabili risultano le donne, sottoposte a più forme di discriminazione etnica, sociale e di genere.
A livello nazionale vi sono programmi di inclusione e lotta alla povertà che hanno dato sinora risultati modesti. La crisi economica non può in alcun caso essere strumentalizzata per non attuare i programmi di inclusione sociale; è semmai motivo per un'azione concertata.
Come ogni altra categoria svantaggiata, anche i rom rischiano di pagare la crisi a caro prezzo. Le inusitate reazioni di cui siamo stati testimoni in Italia sono un primo segnale. Si può scegliere se risolvere i problemi o andare a caccia di capri espiatori. Da sempre, la destra preferisce dare la colpa agli altri, specie se vulnerabili. Come esponente della sinistra, preferisco andare in cerca di soluzioni.
Lívia Járóka (PPE-DE), per iscritto. – (HU) Mi congratulo con la onorevole Kósáné Kovács per la sua relazione, che presenta una completa analisi della situazione socioeconomica delle comunità rom. La relazione formula una serie di raccomandazioni lungimiranti, per esempio chiedendo alla Commissione di considerare, nelle varie politiche di intervento, l'impatto sui rom, o raccomandando il varo di un sistema unificato di requisiti obbligatori nei programmi di sviluppo. I programmi in ordine sparso e i piani dei singoli Stati, elaborati su basi poco solide e quasi sempre finanziati con fondi dell'Unione, non danno risultati tangibili. Occorre un piano d'azione comune che poggi su una solida base giuridica e che, tramite opportune sanzioni, obblighi gli Stati a onorare gli impegni presi. Nei processi di programmazione, attuazione e monitoraggio vanno coinvolte le comunità rom, dai livelli più bassi sino agli organi consultivi internazionali; per verificare il corretto uso dei fondi investiti, occorre definire criteri di valutazione e scadenze uniformi.
La povertà e l'esclusione sociale risultano concentrate sul piano geografico e la ricerca ha già permesso di tracciare con chiarezza una mappa dell'indigenza in Europa. La maggioranza dei rom vive in piccole regioni condannate all'agonia, tanto che persino mantenervi l'attuale qualità di vita costa uno sproposito. A lungo andare, ciò rischia di paralizzare i bilanci degli Stati e minaccia di far saltare l'intera coesione sociale. Occorre quindi una strategia comunitaria che renda possibile intervenire immediatamente d'urgenza in tali aree, con vari programmi finanziati con gli stanziamenti previsti, a livello europeo, per le politiche di sviluppo. Ciò per affrontare i problemi in tutta la loro complessità, oltre che per garantire una permeabilità fra fondi e, se del caso, l'introduzione di forme di aiuti specifiche per ogni regione.
Rumiana Jeleva (PPE-DE), per iscritto. – (BG) Da esponente della destra, credo nel contributo di ogni cittadino al benessere generale e alla prosperità della società. Credo che l'integrazione di tutte le categorie sociali e la coesione della società debbano rappresentare un obiettivo davanti al quale porsi senza populismi e senza fare tanto chiasso. Un'integrazione sostenibile ed effettiva dei rom non può prescindere dal loro contributo e coinvolgimento totale nel mercato del lavoro.
Nel mio paese, che non fa certo eccezione, i rom sono socialmente emarginati e vivono in miseria. Di fatto, abbandonano l'istruzione molto presto, come dimostrato da una ricerca condotta nel 2007 dall'Accademia delle Scienze di Bulgaria secondo la quale il tasso di laureati è prossimo a 0 (solo lo 0,2 per cento). Una simile mancanza di istruzione relega i rom allo scalino più basso del mercato del lavoro; è questa la causa dell'elevato tasso di disoccupazione fra loro. Per una vera integrazione, oltre al livello di istruzione occorre migliorarne anche le condizioni di vita e coinvolgere attivamente i rom nel mondo del lavoro. Ma nulla di ciò sarà mai possibile senza l'impegno dei rom stessi, senza un loro attivo, consapevole desiderio di cambiamento. E' questa la principale sfida per tutti noi.
Katalin Lévai (PSE), per iscritto. – (HU) I fatti dell'anno scorso dimostrano che è tempo di affrontare seriamente la situazione economica, culturale e sanitaria dei rom che vivono nell'Unione. La discriminazione sociale che li colpisce è, in alcune regioni, di proporzioni immani e, stante l'attuale crisi economica, rischiamo l'esplosione sociale. Saluto quindi con particolare favore la relazione Kósáné Kovács, che mira a rispondere a questa emergenza sociale. Sono soddisfatta degli obiettivi definiti nella relazione, ma valutare la situazione, varare campagne di informazione e potenziare il ruolo della società civile non basta. Occorrono passi decisi e concreti sul fronte dell'istruzione e della creazione di opportunità di lavoro.
Se non vi sono sufficienti risorse finanziarie per questi obiettivi, l'intera iniziativa rimarrà lettera morta. Perché gli obiettivi proposti abbiano un reale impatto sulle politiche economiche, sanitarie e dell'istruzione negli Stati membri, occorre una strategia per i rom a livello comunitario; solo così sarà possibile garantire una vita dignitosa ai 10 milioni di rom e velocizzarne l'integrazione.
La strategia per l'emancipazione dei rom in Europa richiede un piano d'azione e, pertanto, confido che vi sarà chi vorrà proseguire il lavoro iniziato con questa relazione, lavoro che con ogni probabilità si protrarrà per più legislature.
Pier Antonio Panzeri (PSE), per iscritto. –Mentre in Italia il Governo ha avuto un approccio attorno alla questione Rom non certo lineare e in alcune volte molto discutibile sul piano dei principi umanitari, in Europa si è sempre lavorato per mantenere il difficile equilibrio tra integrazione e sicurezza. Va in questa direzione la risoluzione del Parlamento europeo sulla situazione sociale dei Rom e sul loro accesso al mercato del lavoro europeo.
È chiaro che il ripetuto ricorso a misure legislative d'emergenza per affrontare i problemi legati ai Rom, indica un'incapacità di affrontare un fenomeno non nuovo. Occorrono, invece, approcci organici e soluzioni coordinate di lungo periodo in materia di istruzione, assistenza sanitaria e soprattutto politiche del mercato del lavoro perché l'occupazione e l'educazione favoriscono a loro volta l'accettazione sociale e l'integrazione.
L'Europa chiede di porre fine alla pratica discriminatoria di far sgombrare i campi Rom, sviluppando progetti concreti di edilizia sociale che possano far fronte al problema abitativo di questa comunità.
Insomma servono scelte politiche coerenti che, coniugando solidarietà e responsabilità, consentano di affrontare con equilibrio un'emergenza che altrimenti rischia di sfuggirci di mano. C'è un'adeguata consapevolezza che questa strada è difficile da percorrere, ma non ci sono alternative a questi indirizzi.
Rovana Plumb (PSE), per iscritto. – (RO) Esorto la Commissione ad adottare misure concrete a sostegno dell'integrazione dei rom nel mercato del lavoro, mediante opportuni finanziamenti per la formazione e la riqualificazione, nonché con provvedimenti mirati a una rigorosa applicazione della legislazione esistente sulla discriminazione nel mondo del lavoro.
Ribadisco la necessità di istituire, in seno alla Commissione, un dipartimento appositamente preposto a sostenere l'interazione tra esecutivo comunitario e governi nazionali, per garantire l'attuazione dei progetti di integrazione sociale, economica e culturale dei rom.
Daciana Octavia Sârbu (PSE), per iscritto. – (RO) Siamo tutti ben consci che la problematica rappresentata dalla situazione dei rom non costituisce solo un'emergenza nazionale per ciascuno Stato membro, ma un problema europeo, da affrontare a questo livello.
Tengo a ribadire che i nuovi Stati membri, in particolare, necessitano di un adeguato sostegno dell'Unione europea nell'integrazione dei rom, tanto in un'ottica sociale, quanto nel mondo del lavoro.
E' risaputo come il numero dei rom che non hanno accesso al mercato del lavoro dell'Unione europea sia preoccupante. Occorre quindi smettere di rinviare il varo di seri programmi europei che diano una spinta anzitutto all'accesso dei rom all'istruzione, in modo tale che la disoccupazione non costituisca più un problema endemico, costantemente tramandato di generazione in generazione.
La libera circolazione dei rom dei nuovi Stati membri non ha sinora comportato un altrettanto facile accesso al mercato del lavoro europeo. Possiamo anzi dire che l'unica cosa che i rom immigrati in altri Stati membri siano riusciti ad esportare è la loro stessa povertà.
Nel contesto dell'attuale crisi economica, diviene ancor più difficile per i cittadini rom avere accesso al mercato del lavoro, il che significa che molti di loro vivono al disotto della soglia di povertà.
Proprio in epoca di crisi, ci attende dunque al varco una sfida molto impegnativa: convincere i datori di lavoro a offrire delle opportunità alla più vasta minoranza d'Europa.
Dushana Zdravkova (PPE-DE), per iscritto. – (BG) Onorevoli colleghi.
La relazione dell’onorevole Kósáné Kovács sulla situazione sociale dei rom e su un loro miglior accesso al mercato del lavoro nell'UE è il riflesso dell'elevato livello di responsabilità politica che caratterizza il Parlamento europeo nei confronti dei cittadini, in piena crisi economica globale. La relazione tratta in dettaglio le principali sfide per il miglioramento della situazione economia e l'inclusione sociale della più vasta minoranza etnica d'Europa. In epoche di crisi, è fondamentale difendere i valori sui quali si regge l'Unione europea, così come tutelare i più deboli.
Rendere possibile l'accesso dei rom all'istruzione, mettere in atto specifiche politiche occupazionali, garantire l'accesso alla sanità e, in ultimo ma non da ultimo, promuovere l'uguaglianza tra i due sessi anche tra i rom; sono questi gli strumenti per risolvere, a lungo termine, i problemi che colpiscono questo settore della società europea.
La relazione sostiene in termini chiari e netti il principio del coinvolgimento delle ONG e dei rom stessi nella stesura e nell'attuazione di politiche inclusive. Entrati ormai nel quarto anno del Decennio di integrazione dei rom, gli Stati membri debbono monitorare più seriamente le raccomandazioni specifiche formulate dalla Commissione circa l'attuazione di questo ampio progetto europeo.
Grazie per l'attenzione.
21. Piano d’azione della Commissione per un quadro di controllo interno integrato (breve presentazione)
Presidente . − L’ordine del giorno reca una breve presentazione della relazione (A6-0022/2009), presentata dall’onorevole Stauner, a nome della commissione per il controllo dei bilanci, sul piano d’azione della Commissione verso un quadro di controllo interno integrato [2008/2150(INI)].
Gabriele Stauner, relatore. – (DE) Signora Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, il principio del controllo interno è uno dei più importanti principi di bilancio che la Commissione deve rispettare nell’attuazione del bilancio e nell’utilizzo dei fondi. La Corte dei conti europea (CCE) e il Parlamento europeo sollecitano da anni un efficace controllo sulle risorse di bilancio e sono stati compiuti numerosi tentativi da parte della CCE in particolare per garantire che la Commissione utilizzi tali risorse in modo appropriato ed economicamente valido. Nondimeno, negli ultimi anni la CCE non è stata in grado di fornire alla Commissione nessuna dichiarazione di affidabilità positiva. Non devo certo ricordarvi i casi di irregolarità registrati qualche anno fa nell’attuazione del programma Leonardo e in altri settori di sostegno che sono sempre stati soggetti a irregolarità e forse persino a frode.
Nel gennaio 2006, la Commissione ha adottato un piano d’azione per un quadro di controllo interno integrato volto a ottenere una dichiarazione di affidabilità positiva da parte della CCE. Come dichiarato nella nostra relazione, non vi è dubbio che la Commissione abbia compiuto seri sforzi per elaborare detto piano d’azione. Tuttavia, è abbastanza chiaro al Parlamento che l’applicazione delle misure è in grave ritardo e proprio per questo la Commissione deve imprime una forte accelerazione all’attuazione delle misure previste al fine di riscontrare effetti positivi nel Rapporto annuale della CCE in un prossimo futuro e per consentire ai membri del Parlamento europeo di dare il discarico di bilancio in piena coscienza.
Non voglio entrare nei dettagli dell’insufficiente attuazione delle misure, ma rilevo che le attività di controllo sono oggi più che mai necessarie considerando che, in relazione al pacchetto di ripresa economica, quasi tutti i criteri di attuazione delle misure di sostegno sono stati significativamente allentati, compresi gli interessi di fornire assistenza rapida. Vorrei solo ricordarvi il rilassamento previsto per i Fondi strutturali e i cambiamenti significativi nei principi di ammissibilità relativi al fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione.
Sappiamo, naturalmente, che tutte le misure di sostegno, particolarmente nel campo dei fondi strutturali, sono attuate in stretta cooperazione con gli Stati membri, il che è assolutamente vitale per garantire la validità della spesa, ma crea gravosi problemi in fase di controllo da parte della Commissione.
Da anni sappiamo che la Commissione non è sempre in grado di effettuare tali controlli negli Stati membri come forse vorrebbe e nel rispetto dei principi di bilancio e delle idee della CCE. Il Parlamento incontra grandi difficoltà nel disegnare un quadro esauriente, in particolare nel caso di sintesi annuali e dichiarazioni di gestione a livello nazionale, presentate per la prima volta dalla Commissione il 15 febbraio 2008, principalmente perché i documenti non seguono criteri uniformi.
Nella nostra relazione, stata adottata all’unanimità anche dalla commissione per il controllo dei bilanci, si invita pertanto a esercitare una continua pressione sugli Stati membri affinché forniscano dati completi e comprensibili. Spero vivamente che la Commissione continuerà a prendere sul serio il suo compito di introdurre il quadro di controllo interno in futuro. Grazie molte.
Jacques Barrot, vicepresidente della Commissione. − (FR) Signora Presidente, ringrazio l’onorevole Stauner per la sua relazione e il Parlamento per il dialogo costruttivo che si è instaurato da quando la Commissione ha accettato il piano d’azione sul discarico verso una dichiarazione di affidabilità positiva.
In questo contesto, la Commissione ritiene che la dichiarazione di affidabilità fornita dalla Corte dei conti per il 2007 sia la migliore mai avuta sinora. Il piano d’azione ha contribuito a tale miglioramento. Ho il piacere di informarvi che la Commissione ha anticipato al 3 febbraio l’adozione della sua ultima relazione sui progressi compiuti. Come richiesto dall’onorevole Stauner nella sua relazione, dovrete tenerne conto nella risoluzione sul discarico.
La nostra comunicazione del 3 febbraio presenta una prima valutazione dell’impatto del piano d’azione al 31 dicembre 2008, constatando che sono stati compiuti progressi considerevoli durante il mandato dell’attuale Commissione. Ne citerò alcuni punti.
In termini di semplificazione, la percentuale di bilancio eseguita secondo regole di ammissibilità più chiare e più facili da applicare è salita al 25 per cento. Nel quadro del piano di rilancio economico, proponiamo altri provvedimenti di semplificazione, segnatamente per i fondi strutturali.
La Corte dei conti ha registrato un miglioramento nella chiarezza e nell’affidabilità dei rapporti annuali d’attività dei servizi della Commissione messi a punto nel quadro dell’azione 3.
La Commissione ha rafforzato le rettifiche finanziarie (azione 11 dei fondi strutturali): nel 2008, è stato recuperato un importo di 1 miliardo 500 milioni di euro, mentre l’importo recuperato nel 2007 ammontava a 288 milioni di euro.
I servizi della Commissione applicano in misura sempre maggiore gli standard comuni per quanto riguarda i metodi di controllo, garantendo un migliore coordinamento e condividendo i risultati. In questo modo si contribuisce a diminuire gli oneri amministrativi e a sfruttare al meglio i risultati dei controlli.
Gli Stati membri iniziano ad avere sempre più responsabilità nella gestione condivisa – azione 5 – e abbiamo appena ricevuto per la seconda volta le sintesi annuali degli audit. La Commissione porterà avanti queste azioni unitamente ad altre iniziative volte a migliorare il quadro di controllo.
La relazione dell’onorevole Stauner sottolinea il ruolo chiave del concetto di rischio tollerabile nella ricerca di futuri miglioramenti. Questo concetto vuole definire a livello politico l’equilibrio accettabile fra i risultati e i costi dei controlli. E’ evidente che un tasso d’errore nullo non è possibile e sembra logico che, a seconda dell’ambito, il tasso di errore possa variare.
Il dibattito interistituzionale su questo concetto prosegue sulla base della recente comunicazione della Commissione, che il vicepresidente Kallas ha avuto modo di discutere in Parlamento in gennaio. Vorrei sottolineare l’importanza di questa iniziativa che permetterà all’autorità di discarico di meglio apprezzare la qualità della gestione del rischio attuato dalla Commissione.
La nostra ultima relazione indica che la Commissione ha completato le varie azioni. La Corte dei conti procederà alla valutazione dell’impatto delle diverse azioni nella sua relazione annuale 2008.
Ringrazio l’onorevole Stauner per la sua relazione, che è uno sprone a migliorare ulteriormente il nostro quadro contabile.
Presidente. – La discussione è chiusa. La votazione si svolgerà domani.
Dichiarazioni scritte (articolo 142 del regolamento
Louis Grech (PSE), per iscritto. – Questa relazione, che intende portare maggiore trasparenza, efficienza e responsabilità alla contabilità europea, è più importante che mai per l’esecuzione del bilancio comunitario in conformità al principio della sana gestione finanziaria. Occorre un reale impegno di trasparenza ed efficaci controlli interni per trarre il massimo beneficio dalle nostre politiche e priorità. Inoltre, concordo sul fatto che, se un’azione non può essere attuata in modo soddisfacente in termini di costo e di rischio, allora deve essere riconsiderata. Nell’attuale congiuntura economica non possiamo permetterci sprechi o cattivo uso dei fondi europei. Al contempo, l’istituzione ha bisogno di requisiti legali meno complessi. E’ necessario semplificare l’onere amministrativo e finanziario per i richiedenti e i beneficiari dell’UE soprattutto perché un’inutile burocrazia ha sovente ostacolato un’efficace attuazione della politica. La sfida è trovare il giusto equilibrio.
22. Integrità del gioco d’azzardo online (breve presentazione)
Presidente. − L’ordine del giorno reca una breve presentazione della relazione (A6-0064/2009), presentata dall’onorevole Schadelmose, a nome della commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori, sull’integrità del gioco d’azzardo online [2008/2215(INI)].
Christel Schaldemose, relatore. – (DA) Signora Presidente, sono al contempo fiera e compiaciuta di poter presentare questa sera la relazione di iniziativa propria sull’integrità del gioco d’azzardo online. Come sapete, il gioco d’azzardo è sempre stato un argomento estremamente controverso in seno al Parlamento europeo. Questa categoria è stata esclusa dal campo d’azione della direttiva sui servizi, dalla direttiva sul commercio elettronico nonché dalla direttiva sui servizi mediatici audiovisivi. Perché? Ritengo che la maggior parte di noi concordi sul fatto che il gioco d’azzardo è effettivamente un servizio finanziario – la Corte di giustizia europea lo ha definito tale – ma è un tipo di servizio finanziario a sé stante. Non possiamo considerare il gioco d’azzardo online alla stregua dell’acquisto di un bollitore elettrico o dell’assunzione di un carpentiere per posare un pavimento, ed è quindi un tema che deve essere trattato separatamente. Proprio come gli Stati membri hanno fatto sino ad ora: hanno stabilito regolamenti rigorosi per tutelare i consumatori contro la dipendenza da gioco d’azzardo, la frode e le partite truccate, ma anche per prevenire il riciclaggio di denaro, il tutto sempre allo scopo di far rispettare la legge e l’ordine. Tuttavia, il gioco d’azzardo non è tutto uguale. In effetti, il gioco d’azzardo online pone una serie di sfide specifiche non presenti in quello tradizionale, in parte a causa della sua natura transfrontaliera e in parte a seguito della sua immediata accessibilità.
I negoziati sulla relazione sono stati talvolta più accesi di quanto avrei voluto. Eravamo molto divisi nel chiederci se il gioco d’azzardo online ponga un rischio maggiore di sviluppare dipendenza, per esempio e questo mi lascia un po’ sorpresa, perché le cifre parlano chiaro. Da uno studio condotto in Svezia e in altri paesi emerge che il rischio di sviluppare una dipendenza dal gioco d’azzardo è da cinque a sette volte maggiore per chi gioca a poker online rispetto ai giocatori nel mondo reale. Sono comunque la prima ad ammettere che non si conoscono ancora tutte le conseguenze per i consumatori derivanti dal gioco d’azzardo online. Uno degli punti su cui ci siamo però trovati d’accordo è proprio la necessità di ottenere più informazioni sul modo migliore per tutelare i consumatori.
Nondimeno, vi sono sei specifici punti nella relazione che desidero riprendere brevemente con voi stasera:
1. una significativa maggioranza in seno alla commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori ritiene che gli operatori del gioco d’azzardo online non dovrebbero limitarsi a rispettare la normativa settoriale specifica degli Stati membri in cui forniscono i loro servizi, ma anche quella del luogo in cui vivono i consumatori;
2. si dovrebbe chiarire a livello politico prima che a livello giudiziario il modo in cui affrontare le sfide e i problemi posti dal mercato europeo del gioco d’azzardo online;
3. dovrebbe essere considerevolmente potenziata la cooperazione fra Stati membri
4. è opportuno elaborare norme per la tutela dei consumatori contro la frode, la dipendenza dal gioco d’azzardo e altri pericoli connessi al gioco;
5. è necessaria una maggiore ricerca nel settore; e infine
6. il Parlamento europeo sostiene appieno le iniziative e il processo avviato dal Consiglio ed esortiamo anche la Commissione a dare il suo pieno appoggio.
In generale, ritengo che la relazione aiuterà a far tornare il settore del gioco d’azzardo nella sfera politica alla quale appartiene. La relazione è equilibrata e, di fatto, ha ottenuto vasto sostegno in seno alla commissione, malgrado sia un tema sensibile: ha infatti ottenuto 32 voti a favore e 10 contrari. Una minoranza della commissione sul mercato interno e protezione dei consumatori ha avanzato la proposta di una soluzione alternativa. Ho cercato di inserire nella relazione quante più opinioni possibili, ma le differenze politiche sono così sostanziali che non mi è stato possibile includerle tutte. Desidero ringraziare i miei colleghi per il loro appoggio e mi auguro che la mia relazione riceva domani il sostegno di una vasta maggioranza.
Jacques Barrot, vicepresidente della Commissione. − (FR) Signora Presidente, onorevole Schaldemose, la Commissione plaude a questa relazione d’iniziativa del Parlamento europeo, che rende omaggio al lavoro svolto dalla commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori e dalla relatrice, l’onorevole Schaldemose, nonché in particolare allo studio compiuto sulle questioni relative all’integrità.
Come già sottolineato dal commissario McCreevy, gli approcci attualmente in uso negli Stati membri sono troppo dissimili per consentire un’iniziativa legislativa. Le recenti discussioni in sede di Consiglio “Competitività” hanno chiaramente indicato che gli Stati membri non sarebbero in grado di raggiungere un accordo su tale iniziativa.
Inoltre, il trattato indica alcuni principi guida. La giurisprudenza della Corte ha recentemente confermato, con la sentenza Placanica del marzo 2007, che le attività di scommesse sportive devono essere considerate a tutti gli effetti servizi ai sensi dell’articolo 49 del trattato. Gli Stati membri hanno diritto di legiferare nell’ambito dei giochi d’azzardo a livello nazionale. Qualora vogliano limitare dette attività, sarà loro compito condurre gli studi necessari per giustificare tali restrizioni, ad esempio rispetto alla dipendenza o alla frode.
Qualora risulti provata la necessità di tali misure, il trattato impone che esse siano prese in modo non discriminante fra operatori nazionali e operatori con sede negli altri Stati membri.
La Commissione intende compiere il proprio dovere avviando indagini su tutte le denuncie che le perverranno e applicherà tutte le misure necessarie in caso di palese violazione del trattato.
E’ incoraggiante constatare che, a seguito dell’applicazione di procedure d’infrazione, alcuni Stati membri, tra cui Francia, Ungheria e Italia, si sono avvicinati alla posizione della Commissione e si sono impegnati a modificare la legislazione nazionale. La Commissione si adopera naturalmente ad assistere tutti gli Stati membri nel trovare soluzioni atte a rispondere alle procedure d’infrazione.
La Commissione ha pubblicato uno studio relativo agli aspetti giuridici ed economici del mercato del gioco d’azzardo nel 2006. Stante la situazione, la Commissione ritiene non sia necessario svolgere un ruolo maggiore nella realizzazione di studi e ricerche in materia di legislazione nazionale o del più vasto problema delle dipendenze, delle frodi o di altre attività riprovevoli. La relazione in oggetto apporta tuttavia utilissimi chiarimenti in materia.
Presidente. – La discussione è chiusa. La votazione si svolgerà domani.
Dichiarazioni scritte (articolo 142 del regolamento)
Lasse Lehtinen (PSE), per iscritto. – (FI) Domani vedremo che molte parti d’Europa hanno ancora la volontà politica di mantenere il loro vitale e importante monopolio sul gioco d’azzardo, e la Finlandia ne è un esempio. Il sostegno del Parlamento europeo alla Lotteria nazionale finlandese, all’Associazione finlandese delle slot machine e all’operatore del gioco d’azzardo finlandese, Fintoto, è importante perché le procedure di infrazione varate dalla Commissione sono ancora un problema. E’ importante per il movimento sportivo europeo e per le attività di base che gli Stati membri conservino i loro sistemi nazionali di gioco d’azzardo.
I sistemi nazionali costituiscono altresì un elemento fondamentale per quella che è una caratteristica speciale della vita sportiva in Finlandia, dove il lavoro volontario sostenuto dalle società costituisce un pilastro fondamentale anche per gli sport ad alto livello. E’ d’altro canto più semplice individuare gli effetti collaterali del gioco d’azzardo nei paesi dove lo Stato ne detiene il monopolio. Il gioco d’azzardo online costituisce circa il 5 per cento di tutte le vincite derivanti dal gioco d’azzardo in generale, ma il settore è in fase di rapida espansione. Ecco perché è importante che i diritti degli Stati membri restino inviolati, anche nell'èra di Internet. Non bisogna dimenticare che dopo l’adozione del trattato di Lisbona l’Unione europea avrà competenza in certi settori dello sport e questo sarà di aiuto nella lotta contro gli effetti collaterali dello sport professionistico, quali il razzismo, il doping e il vandalismo.
Zita Pleštinská (PPE-DE), per iscritto. – (SK) Il reddito lordo derivante dal gioco d’azzardo online nel 2004 ammontava a 2-3 miliardi di euro. In base al succitato studio SICL, questa cifra sarebbe ora pari al 5 per cento del totale del mercato del gioco d’azzardo in Europa. Una rapida crescita futura di tali servizi è inevitabile e perciò abbiamo bisogno di regole chiare e trasparenti.
La relazione dell’onorevole Schaldemose considera un diverso approccio all’industria del gioco d’azzardo in Europa e quindi non può avere il mio appoggio. Nella relazione non si opera alcuna distinzione tra operatori del gioco d’azzardo che detengono regolare licenza e si muovono in osservanza delle leggi e operatori spesso senza licenza e che agiscono in modo illecito.
E’ necessario tener presente che la maggior parte degli paesi europei possiede un’industria del gioco d’azzardo. Concordo sul fatto che ogni singolo Stato membro debba continuare a determinare le norme per il gioco d’azzardo online, ma finché non avremo prove concrete di minacce ai giocatori, di riciclaggio di denaro e di corruzione sportiva non dovremmo considerare tutte le aziende alla stregua di criminali. Esistono anche aziende serie che impiegano la migliore tecnologia e operano nel rispetto della legge.
Io non sono a favore al gioco d’azzardo, anzi, sono piuttosto contraria. Tuttavia ritengo che un divieto generale porterebbe alla crescita e all’illegalità di queste attività in totale assenza di regole. Credo che la posizione che ho presentato assieme ai miei colleghi rappresenti un’alternativa più equa e chiara alla relazione.
23. Garantire la qualità degli alimenti - Armonizzazione o reciproco riconoscimento delle norme (breve presentazione)
Presidente. − L’ordine del giorno reca una breve presentazione della relazione (A6-0088/2009), presentata dall’onorevole Petre a nome della commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale, su “Garantire la qualità degli alimenti - Armonizzazione o reciproco riconoscimento delle norme [2008/2220(INI)].
Maria Petre, relatore. – (RO) Desidero prima di tutto ringraziare la Commissione europea per questa lodevole iniziativa del Libro verde sulla qualità dei prodotti agricoli e per la consultazione avviata in materia.
Il Libro verde fornisce una risposta alla reale esigenza degli Stati membri di promuovere l’immagine dei propri prodotti agricoli, soprattutto in termini di qualità, fra i consumatori europei ed extra-europei. Sono gli stessi consumatori a richiedere standard qualitativi elevati che sono anche un mezzo per ottenere il massimo valore aggiunto. Benché non si applichi la procedura di codecisione, mi auguro che l’opinione del Parlamento europeo sia presa in debita considerazione nelle prossime fasi.
Desidero altresì ringraziare i colleghi della commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale e, in particolar modo, gli esperti per il sostegno che hanno fornito alla promozione della relazione.
La semplificazione delle norme di commercializzazione, una migliore informazione ai consumatori, segnatamente sull’origine dei prodotti alimentari, e una maggiore tutela dei prodotti di qualità europei a livello mondiale sono le principali proposte contenute nella relazione.
La politica della qualità non può essere trattata separatamente dal tema del futuro della PAC o da tematiche quali il cambiamento climatico, la tutela della biodiversità, le forniture di energia e la gestione delle risorse idriche. Al contempo, i consumatori, come ben sappiamo, dimostrano un interesse crescente non solo per la sicurezza alimentare ma anche per l’origine e i metodi di produzione dei prodotti alimentari.
I consumatori associano i sistemi di certificazione alla garanzia di elevata qualità. Le norme devono mirare ad assistere gli agricoltori nella fornitura di prodotti di qualità che soddisfino le aspettative dei consumatori, evitando di deluderli e agevolando il confronto dei prezzi per una serie di prodotti di qualità.
In qualità di relatrice, vorrei riuscire ad alleggerire il livello di complessità del sistema europeo delle norme di base e delle numerose disposizioni che gli agricoltori europei sono tenuti a rispettare. Sono favorevole alla semplificazione e all’adozione di regole che garantiscano un’adeguata sicurezza alimentare in Europa.
Propongo inoltre la semplificazione e l’adozione di norme che garantiscano un livello sufficiente di sicurezza alimentare in Europa nonché l’adozione di modalità di semplificazione dell’iter normativo della Commissione, trasferendo tale onere ad altri enti o facendo riferimento alle norme internazionali. Ritengo inoltre che qualsiasi semplificazione debba tenere conto dell’onere amministrativo gravante sulle pubbliche amministrazioni e sugli interessati. Le mutevoli esigenze del mercato e i progressi tecnologici rendono in parte superate molte norme di commercializzazione che dovrebbero quindi essere adeguate e aggiornate.
L’Unione europea deve insistere sul fatto che tutti i prodotti alimentari siano conformi alle norme di produzione, segnatamente in materia di salute e sicurezza. Oltre a ciò, l’Unione europea deve garantire un livello di leale competizione fra i prodotti comunitari e quelli dei paesi terzi. Sono favorevole all’introduzione dell’indicazione obbligatoria del luogo di produzione delle materie prime attraverso le diciture "fabbricato nell’Unione europea" o "extra UE".
Sarei altresì favorevole a estendere anche ai prodotti alimentari trasformati questo sistema , che deve tenere conto dell’origine dei principali ingredienti e delle materie prime, nonché a stabilire un legame tra il luogo di origine e quello di ultima trasformazione dei prodotti.
Riterrei inoltre opportuno regolamentare l'utilizzo delle diciture ‘montano’ e ‘isolano’ al fine di garantire un ulteriore significativo vantaggio alle corrispondenti regioni in situazione di difficoltà
Jacques Barrot, vicepresidente della Commissione. − (FR) Signora Presidente, desidero ringraziare la relatrice, l’onorevole Petre, per questa relazione. La politica europea di qualità dei prodotti agricoli rappresenta una sfida fondamentale per gli agricoltori, principali attori della catena alimentare in generale, e naturalmente anche per i consumatori. E’ questo il motivo per il quale la Commissione ha adottato il Libro verde sulla qualità dei prodotti agricoli e ha consultato le parti in causa prima di formulare proposte legislative.
La Commissione plaude alla sua relazione, onorevole Petre, nonché alle discussioni che si sono tenute nelle diverse commissioni del parlamento europeo. Tali dibattiti si sono aggiunti ai 560 contributi ricevuti durante il periodo di consultazione per coadiuvare la Commissione a definire orientamenti strategici che saranno presentati in una comunicazione prevista per la fine del mese di maggio prossimo.
La Commissione intende aiutare gli agricoltori europei ad affrontare le impegnative condizioni di produzione che devono rispettare. Ho notato che la proposta di indicare il luogo di produzione ha avuto scarso appoggio, così come l’idea di un logo che indichi il rispetto delle norme europee. Al contrario, viene sollecitata la dicitura “paese d’origine”.
La Commissione è lieta del sostegno alla politica di semplificazione in materia di norme di commercializzazione poiché è sempre stata a favore della semplificazione della legislazione laddove necessario. Onorevole Petre, lei ci sprona e ci incoraggia a continuare dunque il nostro lavoro.
La Commissione ha preso debita nota della richiesta di definire menzioni facoltative riservate, come ad esempio “fattoria” o “montagna”, che, tra le file di coloro che hanno risposto al Libro verde, esprime il punto di vista di una maggioranza.
Quanto alle indicazioni geografiche, la Commissione condivide il punto di vista della relazione. Le procedure dovrebbero essere snellite o, quanto meno, accelerate. Stiamo cercando una soluzione sulla scorta delle risposte apportate al Libro verde.
La questione di un’agenzia resta aperta. Nondimeno, i vantaggi e gli inconvenienti di un tale organismo dovranno essere valutati con attenzione.
Quanto ai negoziati con l’OMC, posso assicurarvi che il riconoscimento dei sistemi europei di qualità figura saldamente all’ordine del giorno della Commissione. Ci si aspetta un consenso sulla necessità di armonizzare, di istituire un quadro per i sistemi di certificazione e di giungere a un loro riconoscimento reciproco. Delle linee d’orientamento potrebbero essere sufficienti per permetterci di evitare eccessivi vincoli amministrativi.
E’ un primo passo verso una vera politica di qualità dei prodotti agricoli. La Commissione attende ora con impazienza i prossimi sviluppi e le fruttuose discussioni previste. Anche a nome dell’onorevole Fischer Boel, vi assicuro che la Commissione coinvolgerà il Parlamento in tutte le future azioni intraprese in quest’ambito, di cui lei ha giustamente sottolineato l’importanza, onorevole Petre, non solo per i produttori ma anche per tutti noi consumatori.
Presidente. – La discussione sull’argomento è chiusa. La votazione si svolgerà domani.
Dichiarazioni scritte (articolo 142 del regolamento)
Magor Imre Csibi (ALDE), per iscritto. – In un mondo altamente globalizzato, gli agricoltori subiscono pressioni sempre crescenti. Per essere competitivi, possono tagliare i costi oppure specializzarsi in produzioni di nicchia di prodotti di alta qualità. I programmi di qualità alimentare non solo garantiscono ai consumatori prodotti genuini, ma sostengono anche lo sviluppo rurale. Per offrire agli agricoltori un’alternativa per lo sviluppo agricolo, occorre semplificare le norme commerciali e accrescere gli incentivi ai produttori su piccola scala affinché possano accedervi, ma la semplificazione degli standard non deve corrispondere a una minor qualità o minor genuinità. Gli standard europei di commercializzazione dei prodotti alimentari sul mercato sono già fra i più rigorosi del mondo. Per preservare la fiducia nei programmi di qualità, occorre però attuarli attraverso controlli rafforzati e sistemi di tracciabilità. Inoltre, nel caso delle “indicazioni geografiche protette” o dell’“indicazione d’origine protetta”, sarebbe auspicabile indicare nelle etichette anche gli ingredienti principali, precisandone il luogo d’origine se diverso da quella specifica regione. I consumatori individuano in tali prodotti qualità specifiche strettamente legate a una certa origine o metodo colturale. Vi sono comunque casi in cui l’ingrediente indicato in etichetta non è esattamente lo stesso di quello impiegato nel prodotto stesso, ad esempio il “prosciutto di Parma” che in realtà non proviene da Parma.
Véronique Mathieu (PPE-DE), per iscritto. – (FR) I consumatori sono sempre più esigenti in termini di qualità, di origine e di sicurezza dei prodotti agricoli. L’Unione europea è riuscita a istituire un sistema di bollini di qualità a garanzia della genuinità dei prodotti regionali e dei metodi di produzione tradizionali. Gli Stati membri e l’UE hanno pertanto il dovere di promuovere tali prodotti di qualità e di tutelarli al meglio sul piano internazionale, il che presuppone la garanzia di una concorrenza leale fra i prodotti europei e quelli dei paesi terzi, tutelando in particolare gli agricoltori europei contro ogni forma di usurpazione di denominazione. I prodotti esposti al rischio di usurpazione devono altresì beneficiare di una tutela internazionale presso l’OMC e qualsiasi domanda di registrazione d’indicazione protetta proveniente da paesi terzi dovrebbe essere sottoposta a rigorosi controlli. Per meglio informare il consumatore è importante che l’etichetta precisi il paese d’origine delle materie prime e, nel caso di prodotti trasformati, l’origine dei principali ingredienti e del luogo della loro trasformazione.
Al contempo, l’Unione europea deve far rispettare il principio dell’“accesso condizionato al mercato”, raccomandando l’adozione, in seno all’OMC, di norme di protezione più stringenti per i prodotti di qualità, affinché i prodotti importati siano soggetti agli stessi requisiti di sicurezza e di qualità dei prodotti europei.
Czesław Adam Siekierski (PPE-DE), per iscritto. – (PL) Signora presidente, “qualità” è la parola chiave di tutta la catena della produzione alimentare, dal produttore al consumatore. E’ estremamente importante che i consumatori europei siano a conoscenza degli elevati requisiti e standard richiesti dal settore dei prodotti alimentari agli agricoltori e ai produttori alimentari e agricoli, e dei costi che ne derivano. I prodotti alimentari comunitari si distinguono per l’alta qualità e, di conseguenza, per gli elevati standard. Questo discorso purtroppo non vale sempre per i prodotti di importazione.
Non credo si debbano creare ulteriori sistemi di certificazione a livello comunitario o ulteriori simboli che contraddistinguano i prodotti alimentari europei. Sarebbe fuorviante per il consumatore. Dovremmo piuttosto concentrarci sulle misure promozionali volte a informare i consumatori sui simboli UE già in uso e che i consumatori dovrebbero considerare una garanzia di qualità.
Un’altra sfida è migliorare il processo di valutazione delle domande per i prodotti regionali e accelerare il processo di registrazione. Purtroppo evadere queste pratiche richiede anni alla Commissione europea. Le regioni polacche della Piccola Polonia e di Kielce aspettano la registrazione di prodotti quali fasola korczyńska (il fagiolo di Korczyn), kiełbasa lisiecka (la salsiccia di Lisiecka), wiśnia nadwiślanka (la ciliegia della regione della Vistola), śliwka szydłowska (la prugna di Szydlow), jabłka łąckie (la mela di Łącko), obwarzanek krakowski (il bagel di Cracovia) e fasola z Doliny Dunajca (il fagiolo della valle del Danubio).
24. Cooperazione fra le autorità giudiziarie degli Stati membri nel settore dell’assunzione delle prove in materia civile o commerciale (breve presentazione)
Presidente . − L’ordine del giorno reca una breve presentazione della relazione (A6-0058/2009), presentata dall’onorevole Medina Ortega a nome della commissione giuridica, sulla cooperazione fra le autorità giudiziarie degli Stati membri nel settore dell’assunzione delle prove in materia civile o commerciale [2008/2180(INI)].
Manuel Medina Ortega, relatore. − (ES) Signora Presidente, a quest’ora tarda del lunedì la Commissione probabilmente avrà cose più importanti di cui occuparsi di questa relazione. Sarò breve; ciò che stiamo facendo è semplicemente reagire a una relazione della Commissione sull’applicazione del regolamento (CE) n. 1206/2001 del Consiglio, del 28 maggio 2001, relativo alla cooperazione fra le autorità giudiziarie degli Stati membri nel settore dell’assunzione delle prove in materia civile o commerciale.
Non si tratta, di fatto, di un ambito comunitario bensì intergovernativo, ove il Consiglio – tramite il regolamento – ha cercato di favorire la cooperazione fra le autorità giudiziarie. Credo però che, a questo tentativo dell’Unione europea, sia mancato il necessario rigore .Sono state adottate determinate misure, quali la formulazione di idee pratiche, il ricorso a mezzi di comunicazione multimediali e così via, ma riconosco che la Commissione ha dovuto lavorare in condizioni difficili.
Non so quanto la Commissione sia riuscita a ottenere o speri di ottenere, ma ottenere dei risultati mi sembra alquanto difficile a causa delle enormi difficoltà insite in questa forma di cooperazione intergovernativa. Chiediamo la collaborazione fra le autorità giudiziarie, ma stiamo parlando di 27 paesi, con 22 diverse lingue di lavoro delle autorità, con ordinamenti giuridici diversi, ma continuiamo a impegnarci per conseguire dei risultati.
La Commissione ritiene che i risultati non siano soddisfacenti, che vi sia un enorme ritardo nell’attuazione di questi meccanismi di cooperazione e che non vi siano neanche le risorse disponibili per farlo. La soluzione ideale sarebbe il ricorso a mezzi fisici. Ad esempio, cosa potrebbe fare la Commissione per attrezzare gli uffici giudiziari, in particolare quelli di livello più basso, con tecnologie quali la videoconferenza? Quest’ultima proposta potrebbe sembrare inattuabile in molti piccoli uffici giudiziari dell’Unione europea, ma risulta invece essere l’unica soluzione efficace.
Ritengo che l’Unione europea debba ricorrere alle istituzioni già esistenti, e specificamente la rete giudiziaria europea, potenziandola in modo che i magistrati stessi, avvalendosi dei sistemi di cooperazione, possano sviluppare questo tipo di comunicazione.
Non va poi dimenticato il ruolo vitale della formazione dei magistrati. Anche questo non può essere compito della sola Commissione. Quel che la Commissione può fare però è incentivare lo sviluppo di corsi specifici, prevedendo la formazione sui temi della legislazione comunitaria e sulla conoscenza dei vari ordinamenti giuridici.
Vi è infine anche un ulteriore importante ostacolo: il problema linguistico. Come può un magistrato spagnolo comunicare ad esempio con un collega finlandese, quando le due lingue sono così diverse? E’ impensabile che i magistrati, oltre a dover essere esperti nel loro campo specifico di attività, debbano preoccuparsi anche delle competenze linguistiche.
Cosa si potrebbe fare in concreto per aiutare i magistrati assicurando loro interpretazione e traduzione? Come possiamo aiutarli a ottenere questi servizi? Nella mia relazione non sostengo si debba assumere una posizione dura nei confronti della Commissione. Credo che il compito fosse davvero difficile. Quel che vorrei sapere, approfittando della presenza in Aula del commissario competente per la questione, è cosa pensa la Commissione delle azioni da intraprendere per conferire maggiore rigore al regolamento 2010, che è stato applicato in modo incerto, troppo basato sul volontarismo; non so se, da un punto di vista pratico, possa produrre qualche risultato o se sarà possibile compiere qualche passo avanti in tal senso.
Jacques Barrot, vicepresidente della Commissione. − (FR) Signora Presidente, desidero innanzi tutto ringraziare l’onorevole Medina Ortega, che solleva tutta una serie di questioni assolutamente essenziali. E’ vero: i magistrati e gli operatori di giustizia dei vari paesi devono avere una conoscenza più approfondita di questo regolamento.
Bisogna rilevare che l’esecuzione diretta di un atto istruttorio di cui all’articolo 17 del regolamento ha consentito di semplificare e accelerare l’assunzione delle prove senza porre particolari problemi. Gli organismi centrali previsti in tale regolamento svolgono un ruolo importante per quanto attiene la verifica delle autorità giudiziarie che devono evadere le richieste presentate in applicazione al succitato regolamento e nella soluzione dei problemi che incontrano.
L’assistenza fornita dagli organismi centrali può rivelarsi essenziale per i piccoli uffici giudiziari che hanno a che fare per la prima volta con un problema legato all’assunzione di prove in un contesto transfrontaliero.
L’informatica e la videoconferenza, unitamente ad un sistema di messaggerie elettroniche sicure, dovrebbero costituire un mezzo ordinario per trasmettere le prove. La rete giudiziaria europea in materia civile e commerciale, come lei ha precisato, ha in generale il compito di facilitare anche questo tipo di cooperazione giudiziaria in Europa. Dopo la sua entrata in vigore, l’attuazione del regolamento sull’assunzione delle prove è stato più volte oggetto dei lavori della rete. E’ stata pubblicata nel 2006 una guida pratica sull’applicazione del regolamento, distribuita a tutte le autorità giudiziarie europee nel 2007. La rete giudiziaria europea in materia civile e commerciale può senz’altro, tramite i suoi punti di contatto – lei ha ragione onorevole Medina Ortega – collaborare di più nell’esecuzione delle richieste di assunzione delle prove nel rispetto rigoroso delle scadenze previste dal regolamento. E’ vero.
Desidero continuare e vedere brevemente le prospettive. E’ vero che il regolamento fissa criteri precisi sulla forma e sul merito della domanda. La domanda deve essere fatta secondo modalità specifiche e contenere determinate informazioni: il nome e l’indirizzo delle parti in causa, la natura e l’oggetto del caso di specie, una descrizione delle prove da fornire. Il regolamento specifica inoltre che la domanda deve essere presentata in una delle lingue ufficiali dello Stato membro dell’ufficio giudiziario investito, o in qualsiasi altra lingua che lo Stato membro ricevente abbia convenuto di accettare ma, come lei ha sottolineato, il problema linguistico non è certo trascurabile.
Un’istanza di assunzione di prove dovrebbe di solito essere eseguita velocemente. Se l’autorità giudiziaria investita non fosse in grado di dare seguito alla domanda nei 90 giorni successivi al ricevimento, deve informarne l’autorità richiedente spiegandone le ragioni.
Di fatto, la possibilità di rifiutare l’esecuzione della domanda di assunzione di prove si riduce a situazioni eccezionali, rigorosamente limitate.
Quanto detto era in riferimento al regolamento, sulla cui applicazione è stato condotto uno studio nel marzo 2007; sulla base dei risultati nel dicembre 2007 la Commissione ha adottato una relazione, elaborata conformemente all’articolo 23 del regolamento. I contenuti? Il miglioramento nell’applicazione del regolamento, la semplificazione e la velocizzazione della cooperazione fra autorità giudiziarie sull’assunzione delle prove in materia civile e commerciale.
Sono già stati raggiunti quindi due obiettivi importanti: semplificare la cooperazione fra Stati membri e accelerare l’iter di assunzione delle prove.
La semplificazione è aumentata in particolare con l’introduzione di formulari standard e con la trasmissione diretta tra le autorità giudiziarie, anche se talvolta le richieste vengono inoltrate agli organismi centrali. Anche nel campo dell’accelerazione del trattamento delle richieste si è notato un progresso: la maggior parte delle domande vengono evase più rapidamente rispetto a quando il regolamento è entrato in vigore, ovvero entro i 90 giorni previsti dal regolamento stesso.
A mio parere, onorevole Medina Ortega, la modifica del regolamento non sembra necessaria; piuttosto è il suo funzionamento che deve essere imperativamente migliorato. Nel piano d’azione adottato nel novembre 2008, il Consiglio ha affidato alla Commissione il compito di realizzare un portale europeo online in materia di giustizia. La creazione del portale e l’attivazione da quest’anno della prima versione è evidentemente una priorità assoluta per noi tutti.
Anche la videoconferenza costituirà una priorità. La rete giudiziaria europea in materia civile e commerciale sta redigendo una guida pratica sugli aspetti legali connessi all’uso della videoconferenza in materia di assunzione delle prove. La guida sarà naturalmente inviata ai giudici europei e sarà completata entro la fine dell’anno in corso. Verrà quindi messa a disposizione online sul portale che, come ho detto, sarà creato entro fine anno.
Restano naturalmente da attrezzare le sale d’udienza con apparecchiature per videoconferenza. Speriamo di poter ricorrere alle nuove modalità di finanziamento in occasione della revisione delle prospettive finanziarie 2010-2013. Esistono già possibilità di finanziamento per i progetti transfrontalieri nel programma giustizia civile, ove il ricorso alla videoconferenza è citato come priorità.
Le dirò, onorevole Medina Ortega, che concordo con lei su un punto fondamentale che, a mio parere, deve essere una priorità per Stoccolma: la formazione dei giudici. Per la questione dibattuta ora in Aula – l’assunzione delle prove – occorre davvero prevedere un’adeguata formazione dei giudici. Sarà questa una delle mie linee guida per il prossimo programma di Stoccolma.
Grazie per questa relazione che ci aiuta chiarendo molti punti.
Presidente. – La discussione sull’argomento è chiusa. La votazione si svolgerà domani.
25. Applicazione della direttiva 2006/43/CE relativa alle revisioni legali dei conti annuali e dei conti consolidati (breve presentazione)
Presidente. − L’ordine del giorno reca una breve presentazione della relazione (A6-0014/2009), presentata dall’onorevole Doorn, sull’applicazione della direttiva 2006/43/CE relativa alle revisioni legali dei conti annuali e dei conti consolidati [2008/2247(INI)].
Bert Doorn, relatore. – (NL) Signora Presidente, questa relazione riguarda l’attuazione dell’ottava direttiva sulle revisioni annuali dei conti. E’ opportuno che il Parlamento approfondisca il tema dell’attuazione e del recepimento delle leggi che promulghiamo in questa sede. In Parlamento si possono decidere leggi e regolamenti importantissimi, ma se poi non vengono applicati e osservati dagli Stati membri è solamente una perdita di tempo.
Nel recepimento dell’ottava direttiva, infatti, ci sono stati parecchi intoppi. Le definizioni chiave sono interpretate in modo diverso nei vari paesi e il numero di Stati membri con un ente di controllo pubblico indipendente è ancora molto scarso. La relazione esorta la Commissione a intraprendere sollecite iniziative per correggere tali inadempienze.
Ci chiediamo inoltre se il metodo di armonizzazione prescelto, segnatamente l’armonizzazione minima, sia davvero la soluzione più giusta per giungere a un’uniforme applicazione dei concetti chiave. Forse occorre ripensare a queste definizioni e chiederci se siano davvero un passo avanti oppure se non si debba ricorrere a un diverso metodo di armonizzazione, che non lasci spazio per diverse interpretazioni.
infine, signora Presidente, la relazione tratta la raccomandazione della Commissione sulla limitazione della responsabilità civile dei revisori dei conti. Se fossero necessarie ulteriori misure per giungere a una convergenza in Europa, saremmo pronti a valutare le proposte della Commissione.
L’obiettivo è, e deve restare, l’effettiva indipendenza della revisione contabile. La crisi economica ci ha insegnato quanto siano indispensabili un rigoroso controllo interno e un’efficace revisione contabile.
Jacques Barrot, vicepresidente della Commissione. − (FR) Signora Presidente, onorevoli deputati, desidero prima di tutto ringraziare l’onorevole Doorn per la sua relazione sull’applicazione della direttiva relativa alle revisioni legali dei conti. Vorrei anche ringraziare la commissione per i problemi economici e monetari e in particolare l’onorevole van den Burg che ha contribuito all’elaborazione di questa relazione.
Nel contesto della crisi finanziaria, è essenziale che tutti gli Stati membri attualmente in ritardo recepiscano rapidamente la direttiva per conseguire gli obiettivi fissati. La Commissione verifica costantemente lo stato del recepimento della direttiva negli Stati membri. Una tabella di marcia è regolarmente pubblicata sul nostro sito web.
I risultati della performance degli Stati membri dovrebbero migliorare nettamente nella primavera di quest’anno, miglioramento che è certamente favorito dalla relazione dell’onorevole Doorn. Come sottolinea la relazione, la Commissione ha già adottato la raccomandazione relativa all’assicurazione di qualità e la raccomandazione sulla limitazione della responsabilità civile dei revisori contabili legali. Ringrazio il Parlamento per il suo sostegno su queste due iniziative.
La raccomandazione sulla limitazione della responsabilità civile dei revisori rientra in una strategia volta a diminuire la concentrazione della revisione contabile sul mercato. Per poter sondare altre possibilità in questo senso, è stata pubblicata in novembre una consultazione sulle strutture di controllo negli studi di revisione contabile e sulle loro conseguenze per il mercato della revisione contabile.
Il Parlamento europeo chiede alla Commissione di valutare le legislazioni nazionali recependo la direttiva e di essere costantemente aggiornato circa gli effetti delle misure assunte dagli Stati membri a seguito della raccomandazione sulla limitazione della responsabilità civile dei revisori. Saremo lieti di preparare tali valutazioni, al momento opportuno, tenendo conto di tutti i punti sollevati nella relazione dell’onorevole Doorn. E’ un impegno che prende anche il commissario McCreevy e che sono lieto di trasmettervi. Ringrazio l’onorevole Doorn e mi auguro che otterremo risultati concreti.
PRESIDENZA DELL’ON. ONESTA Vicepresidente
Presidente . – La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà domani.
26. Affrontare le sfide connesse all’approvvigionamento di petrolio (breve presentazione)
Presidente . – L’ordine del giorno reca una breve presentazione della relazione (A6-0035/2009), presentata dall’onorevole Reul, a nome della commissione per l’industria, la ricerca e l’energia sulle ipotesi per affrontare le sfide connesse all’approvvigionamento di petrolio (2008/2212(INI)).
Herbert Reul, relatore. – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, nella presente relazione sull’approvvigionamento di petrolio rivolgo un appello, concordato anche in sede di commissione, affinché si ponga l’accento sull’importanza del petrolio nel futuro dell’approvvigionamento energetico europeo. Il petrolio rimarrà sicuramente una delle principali fonti di energia nell’Unione europea anche nel medio e lungo periodo.
Abbiamo assistito a un’impennata della domanda dovuta alla crescita economica e demografica oltre che a esigenze individuali di mobilità. Negli ultimi anni ci siamo occupati a vario titolo – e la relazione ne fa ampia menzione - della logica conseguenza di questo fenomeno, vale a dire come ridurre i consumi e la domanda. Come possiamo ridurre i consumi o integrarli con altre fonti energetiche?
La relazione in oggetto esamina il fatto che noi politici dovremmo considerare se e come aumentare le risorse a monte, cioè sul fronte dell’approvvigionamento, e cosa si può fare in proposito, individuando tre o quattro punti a riguardo. In primo luogo, la produzione e l’utilizzo del petrolio disponibile richiede ingenti investimenti: la cifra cui si fa riferimento normalmente è di 350 miliardi di dollari.
In secondo luogo, sottolineiamo l’esigenza di una maggiore dinamicità nell’ambito dell’innovazione tecnologica. Dobbiamo inoltre pensare a come sfruttare tutte le riserve disponibili nel modo più efficiente possibile, il che sposta l’attenzione sulla questione della tecnologia e dell’utilizzo del terreno e quindi su ovvie considerazioni di politica estera. A tale proposito, in un elenco che non mi è possibile trattare in maniera esauriente in questa sede, la relazione pone l’accento sulla necessità di intensificare gli sforzi per rendere utilizzabili commercialmente le risorse petrolifere non convenzionali in modo da contribuire alla diversificazione, affrontare il problema della modifica delle le vie di trasporto e valutare quale contributo possa dare la politica estera per consolidare i rapporti, l’affidabilità e la fiducia reciproche tra l’Unione europea e i paesi produttori di petrolio.
La relazione non intende rispondere a tutti gli interrogativi sul petrolio. Cerca, piuttosto, di analizzare alcuni degli aspetti che non sono stati considerati fondamentali finora, tralasciando tutte le questioni riguardanti l’efficienza e il risparmio energetico, non perché irrilevanti, ma perché trattate in altra sede. A tale proposito, dovremmo affrontare temi nuovi quali ad esempio l’immissione di nuove leve nel campo della tecnologia, se ciò avvenga in misura sufficiente e se vi siano giovani pronti a impegnarsi nel settore e a cercare nuove soluzioni.
Con questo concludo la mia breve sintesi della relazione.
Jacques Barrot, vicepresidente della Commissione. − (FR) Signor Presidente, a nome della Commissione desidero ringraziare l’onorevole Reul per aver elaborato la relazione sulle possibili soluzioni alle sfide relative all’approvvigionamento di petrolio. Desidero anche ringraziare i membri delle diverse commissioni che hanno espresso la propria opinione in merito per il loro prezioso contributo a questo importante dibattito.
La situazione economica è molto cambiata dalla comunicazione della Commissione del giugno 2008 intitolata "Il rincaro del petrolio: come affrontare la sfida". All’epoca il petrolio greggio aveva raggiunto i 140 dollari a barile, gravando sull’intera economia e sui singoli cittadini dell’Unione europea. Da allora, il costo del petrolio greggio è sceso di oltre 100 dollari a un prezzo inferiore ai 40 dollari a barile.
Tuttavia, l’analisi svolta all’epoca dalla Commissione rimane coerente con le condizioni strutturali dei mercati del petrolio, la domanda mondiale di energia nel medio e lungo periodo e l’importanza della politica energetica e della politica sul cambiamento climatico dell’Unione europea. Tutti questi fattori influenzeranno le nostre tipologie di produzione e di consumo oltre che i nostri comportamenti.
Molti dei temi citati sono stati dettagliatamente discussi nell’ambito della seconda revisione della strategia energetica UE adottata nel novembre 2008 e ripetutamente discussa in questa sede. Inoltre, l’approvazione del pacchetto clima-energia nel dicembre 2008 da parte del Consiglio e del Parlamento europeo ha contribuito in modo rilevante all’adozione di una linea di condotta rigorosa in tema di fabbisogno energetico futuro avendo fissato l’obiettivo del 20 per cento di energia da fonti rinnovabili sul totale dell’energia consumata entro il 2020. La Commissione accoglie con favore molte delle questioni sollevate nella relazione dell’onorevole Reul. Prendiamo nota del sostegno a nuovi investimenti a favore delle fonti energetiche alternative, come le energie da fonti rinnovabili, e della priorità assegnata a prodotti e servizi ad alta efficienza energetica. Tali questioni erano già state evidenziate dalla Commissione nel piano europeo di ripresa economica.
Naturalmente condividiamo l’importanza attribuita all’intensificazione del dialogo con i paesi produttori in modo da individuare soluzioni pragmatiche ai problemi che ci troviamo ad affrontare. Il legame sempre più stretto tra energia e politica estera e l’esigenza di garantire la sicurezza energetica indicano chiaramente che è necessario promuovere buone relazioni con i paesi produttori per rendere più prevedibile l’andamento dei mercati internazionali.
A questo proposito dobbiamo ricordare la questione della trasparenza delle riserve petrolifere, un tema che era stato già trattato all’epoca della seconda revisione della strategia energetica UE. Attualmente è in fase di studio una pubblicazione settimanale che fornisca informazioni sulle scorte commerciali.
Per quel che riguarda il risparmio energetico e la diversificazione delle fonti di energia, prendiamo atto delle osservazioni sul potenziale risparmio energetico nel settore edilizio e attendiamo con interesse l’esito del dibattito sull’aggiornamento della direttiva sull’efficienza energetica degli edifici.
Per quanto attiene all’esigenza di diversificare le fonti energetiche nel settore dei trasporti e di sfruttare il potenziale di autoveicoli con maggiore efficienza energetica, prendiamo nota del fatto che il piano d’azione comprende un’iniziativa concernente gli autoveicoli ecologici.
In conclusione, vorrei richiamare la vostra attenzione sull’impegno della Commissione volto a intensificare le azioni su tutte le questioni riguardanti il prezzo del petrolio, che costituiscono parte integrante della politica energetica, del clima e della ricerca.
Siamo lieti di proseguire la nostra collaborazione con il Parlamento europeo in tutti i settori suddetti e ringrazio nuovamente l’onorevole Reul per aver fornito informazioni e chiarimenti che rappresenteranno una guida preziosa per tracciare la nostra futura politica energetica.
Presidente. – La discussione è chiusa
La votazione si svolgerà mercoledì.
Dichiarazioni scritte (articolo 142 del regolamento)
Constantin Dumitriu (PPE-DE), per iscritto. – (RO) La relazione dell’onorevole Reul riveste un’importanza fondamentale nel contesto dell’attuale crisi economica e delle sfide connesse al cambiamento climatico.
Quale membro della commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale, ho sempre sostenuto che non si deve sottovalutare l’importanza degli investimenti in tecnologie pulite ed energie rinnovabili, considerandole soluzioni per ridurre la dipendenza dal petrolio, diminuire le emissioni di carbonio e, ultimo ma non meno importante, come uno strumento per creare nuovi posti di lavoro e per stimolare la crescita economica.
Accolgo con favore il fatto che anche questa relazione consideri i biocarburanti una risorsa non adeguatamente sfruttata e auspico che la raccomandazione di agevolarne l’accesso ai mercati venga presa in considerazione dalla Commissione europea. L’uso di biocarburanti offre una buona alternativa economica e sociale per favorire lo sviluppo rurale e la protezione ambientale.
Nel contempo, mi compiaccio della crescente attenzione riservata all’efficienza energetica degli edifici, annoverata tra le priorità del piano europeo di ripresa economica e contemplata nella relazione dell’onorevole Reul come una delle soluzioni per ridurre la domanda di combustibili fossili. L’efficienza energetica ha il vantaggio di ridurre anche l’importo delle bollette in un periodo in cui la crisi economica pesa sempre di più sul consumatore.
Anni Podimata (PSE), per iscritto. – (EL) Oggi più che mai, l’Unione europea ha bisogno di una politica energetica comune che promuova la sicurezza e la solidarietà nel settore energetico e, nel contempo, sostenga scelte energetiche perseguibili. Oggi il petrolio è la prima fonte di energia in Europa, principalmente a causa del suo vasto impiego nel settore dei trasporti. Per dare un’idea, nel 2030 si prevede che la dipendenza dell’UE dal petrolio raggiunga il 95 per cento e non possiamo ignorare il fatto che le importazioni provengano da paesi con una politica prevalentemente instabile e che quindi non possono considerarsi sicuri.
Inoltre, oggi l’Europa si trova ad affrontare tre sfide, finanziaria, energetica e ambientale, che limitano inevitabilmente le scelte. Il petrolio è una fonte energetica obsoleta, con un costo che è raddoppiato dal 2005, prezzi che variano in continuazione ed elevate emissioni di anidride carbonica. Un cambio di direzione della politica energetica è quindi l’unico modo per andare avanti e il sostegno al nucleare o la ricerca di nuove miniere in Africa non è la soluzione. La soluzione è invece dare sostegno alle misure europee e nazionali volte a promuovere l’efficienza energetica e investire in progetti che utilizzino fonti di energia rinnovabili.
27. Relazione della Commissione sulla politica di concorrenza 2006 e 2007 (breve presentazione)
Presidente. - L’ordine del giorno reca una breve presentazione della relazione (A6-0011/2009), presentata dall’onorevole Evans, a nome della commissione per i problemi economici e monetari sulle relazioni sulla politica di concorrenza 2006 e 2007 [2008/2243(INI)].
Jonathan Evans, relatore. − (EN) Signor Presidente, la Commissione europea presenta la relazione annuale sulla concorrenza ed è tradizione che il Parlamento la esamini e presenti una reazione di iniziativa in merito.
Nel caso in esame, per questioni di tempo, le relazioni relative agli anni 2006 e 2007 sono state presentate insieme ma, riallacciandomi a una delle considerazioni espresse poc’anzi dal commissario Barrot, si dà il caso che il contesto di riferimento sia cambiato in modo notevole dal momento in cui abbiamo iniziato ad analizzare la relazione. Il nostro lavoro era allora incentrato sulla modernizzazione della politica di concorrenza, già sviluppata in maniera significativa dal commissario Monti e dall’attuale commissario Kroes, e su come questa influenzi la capacità della Commissione di controllare l’abuso di posizione dominante e di gestire in modo più efficace le fusioni e gli aiuti di Stato. Nel complesso, è un bel capitolo nella storia di queste relazioni, il che risulta chiaro anche dal riscontro che troviamo nella relazione del Parlamento. Abbiamo registrato un’attività senza precedenti da parte della Commissione per quanto riguarda il controllo dei cartelli illeciti, abbiamo assistito allo sviluppo del sistema del trattamento favorevole, abbiamo visto la Commissione comminare sanzioni senza precedenti e abbiamo assistito a un’attività molto vivace nell’ambito delle fusioni e delle notifiche di aiuti di Stato.
L’ammodernamento di tale processo è sempre più rapido, grazie al fatto che la Commissione sta attualmente presentando un libro bianco contenente proposte per l’introduzione di norme che permettano ai privati di richiedere il risarcimento dei danni subiti, la qual cosa era stata incoraggiata anche dalla nostra commissione e dal Parlamento.
La nostra commissione ha richiamato l’attenzione su due punti specifici, ovvero quello che consideriamo essere il rapporto impari tra produzione e distribuzione, particolarmente nel settore della distribuzione alimentare. In effetti, il Parlamento ha redatto una dichiarazione in materia, scritta e firmata da oltre la metà dei parlamentari, e il nostro comitato ha espresso la propria preoccupazione riguardo agli abusi nel settore dei servizi.
Tuttavia, segnalo il cambiamento del contesto perché, naturalmente, siamo tutti coscienti del fatto che, da quando la Commissione ha pubblicato le relazioni, il suo lavoro, in particolare nel campo degli aiuti di Stato, ha subito profondi cambiamenti. Quasi giornalmente, la Commissione si trova a osservare le conseguenze dei salvataggi che si verificano nell’ambito degli attuali sconvolgimenti finanziari. E’ molto importante, ed è evidenziato nella relazione, che, nella gestione di tali problemi, riconosciamo alcune delle opportunità che si offrono per avere un mercato funzionante e aperto.
E’ molto importante che, in sede di approvazione, la Commissione esprima il suo consenso conformemente ai dettami del trattato affinché non si creino, in futuro, poteri di mercato così forti da diventare un’occasione di abuso di per sé.
Il settore bancario nel Regno Unito è al momento chiaramente individuabile come una delle aree in cui, quando la situazione economica sarà più distesa, si dovrà effettuare un controllo generale della nuova architettura che si è creata e assicurarsi che questa sia veramente compatibile con un mercato libero, equo e aperto. Siamo stati rassicurati dal Commissario Kroes in questo senso ma, la nostra commissione ha inserito comunque tali punti nella propria relazione. A nostro avviso la Commissione va elogiata per il lavoro svolto e per l’impulso dato alla relazione che, posso anticiparvelo, sarà approvata domani a larghissima maggioranza.
Jacques Barrot, vicepresidente della Commissione. − (FR) Signor Presidente, onorevole Evans, desidero innanzitutto ringraziarvi a nome del Commissario Kroes e di tutta la Commissione.
Accogliamo molto favorevolmente il deciso sostegno espresso nella sua relazione dal Parlamento europeo per un’applicazione ferma e continua della politica di concorrenza nei settori della lotta ai cartelli, dell’antitrust, del controllo di fusioni e acquisizioni e degli aiuti di Stato.
La Commissione plaude all’importanza attribuita dal Parlamento alle esigenze di maggior personale della direzione generale della Concorrenza, che si trova a fronteggiare un crescente carico di lavoro dovuto all’attuale crisi economica.
In tale clima di recessione, la Commissione resta determinata ad agire in modo deciso contro le spinte al protezionismo. La Commissione concorda con il Parlamento europeo per quanto riguarda l’allarme sulla sospensione delle regole in materia di concorrenza, che offrono un sostegno importante all’assolvimento del suddetto impegno. Non si dovrebbe mai dimenticare, onorevole Evans, che le regole in materia di concorrenza servono anche a favorire la produttività e a permetterci di uscire dalla crisi in condizioni migliori rispetto a prima.
Il 2009 deve essere l’anno della cooperazione. Contiamo sull’appoggio di tutte le istituzioni europee e dei nostri partner internazionali per rilanciare l’economia e assicurare il corretto funzionamento dei mercati.
Onorevole Evans, la ringrazio. Può essere certo che il Commissario Kroes, che glielo avrà già detto, ha considerato la sua relazione con grande interesse.
Presidente. – La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà domani.
L’ordine del giorno recherebbe una breve presentazione della relazione (A6-0003/2009), presentata dall’onorevole Gibault a nome della commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere sulla parità di trattamento e di accesso tra uomini e donne nelle arti dello spettacolo [2008/2182(INI)].
Ritengo che si tratti di una relazione estremamente interessante. Sfortunatamente, l’onorevole Gibault ci ha informato di non poter essere presente stasera per presentare la sua relazione. In osservanza del regolamento del Parlamento, non mi è possibile dare la parola a nessuno, poiché l’onorevole Gibault non ha dato delega. La breve presentazione della relazione in oggetto non avrà quindi luogo.
Tuttavia, la votazione sulla relazione si svolgerà domani, come previsto dall’ordine del giorno.
Dichiarazioni scritte (articolo 142 del regolamento)
Louis Grech (PSE), per iscritto. – (EN) Mi compiaccio degli sforzi compiuti dalla Commissione sulla politica di concorrenza, dell’efficace lotta ai cartelli e delle sanzioni senza precedenti comminate a quanti hanno commesso illeciti nel 2006 e nel 2007. Do pieno appoggio alla conclusione della Commissione secondo la quale i mercati europei dell’energia non stanno funzionando correttamente e trovo deludente che il Consiglio europeo non sia riuscito a risolvere le questioni identificate dalla commissione nella sua analisi settoriale. La spesa energetica rappresenta una fetta del bilancio familiare che cresce a una velocità allarmante e la crisi finanziaria provocherà con molta probabilità un aumento considerevole della povertà nell’Unione. Non possiamo tollerare che delle inefficienze distorcano il mercato a danno delle imprese e dei consumatori. Per far fronte a tariffe energetiche assurde dovremmo probabilmente prendere in considerazione l’idea di creare un’autorità indipendente di regolamentazione dell’energia in tutti gli Stati membri, con la funzione di assicurare che qualsiasi aumento nel prezzo dei servizi pubblici essenziali come l’energia, l’acqua, le fognature, le tasse aeroportuali eccetera sia giustificato.
Eoin Ryan (UEN), per iscritto. – (EN) Do pieno appoggio all’appello per una maggior protezione del consumatore espresso nella relazione dell’onorevole Evans, in particolare per quanto riguarda l’invito rivolto alla Commissione a condurre indagini di settore concernenti la pubblicità on-line. I consumatori vengono spesso fuorviati da offerte e pubblicità on-line deliberatamente ingannevoli, malgrado la legislazione europea cerchi di impedire che ciò accada. La Commissione deve assicurare che la legislazione in materia sia effettivamente applicata e non sia una difesa solo a parole dei diritti del consumatore.
Accolgo con favore le richieste rivolte alla Commissione di svolgere un’analisi degli effetti della concorrenza sul rapporto impari tra produzione e distribuzione. Il problema riveste un’importanza particolare in Irlanda. Il perpetrarsi di tale disparità nella politica di concorrenza non dovrebbe essere permesso; si penalizza così ulteriormente il consumatore in un contesto economico già difficile.
Accolgo con favore anche il regolamento generale di esenzione per categoria, che permette agli Stati membri di stanziare aiuti a favore delle piccole e medie imprese, dello sviluppo regionale, della formazione, dell’impiego e del capitale di rischio. Le misure a sostegno dell’imprenditoria, dell’innovazione e della piccola e media impresa in un momento difficile come questo andrebbero portate a compimento rapidamente. Le piccole e medie imprese sono alla base dell’economia ed è nostro dovere fare in modo che siano sostenute al meglio delle nostre possibilità.
28. Ordine del giorno della prossima seduta: vedi processo verbale