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Procedura : 2008/0090(COD)
Ciclo di vita in Aula
Ciclo del documento : A6-0077/2009

Testi presentati :

A6-0077/2009

Discussioni :

PV 10/03/2009 - 7
CRE 10/03/2009 - 7

Votazioni :

PV 11/03/2009 - 5.14
CRE 11/03/2009 - 5.14
Dichiarazioni di voto
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PV 05/05/2009 - 5.7
CRE 05/05/2009 - 5.7
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Testi approvati :

P6_TA(2009)0114

Resoconto integrale delle discussioni
Martedì 10 marzo 2009 - Strasburgo Edizione GU

7. Accesso del pubblico ai documenti di Parlamento europeo, Consiglio e Commissione (discussione)
Video degli interventi
Processo verbale
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  Presidente. – L’ordine del giorno reca in discussione la relazione Cashman, a nome della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni, sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (rifusione) [COM(2008)0229 C6-0184/2008 – 2008/0090(COD)] (A6-0077/2009).

 
  
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  Michael Cashman, relatore. − (EN) Signor Presidente, attendevo con ansia l’odierna discussione, soprattutto per ascoltare le ragioni di chi non pare molto propenso a migliorare la trasparenza e l’accesso del pubblico ai documenti.

Esordirei dunque ringraziando i sette ministri dell’Unione europea che hanno manifestato apertamente il proprio appoggio alla mia relazione dichiarandosi, secondo le loro stesse parole, lieti di prendere pertanto atto che la commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari esteri del Parlamento abbia adottato, il 17 febbraio 2009, una relazione che condivide la loro visione di un’Unione più trasparente.

Trovo sorprendente che quando cerchiamo di ricollegarci ai nostri cittadini, la gente non sostenga la trasparenza e l’apertura, così come mi stupisce che quando cerchiamo di ricollegare le istituzioni al pubblico, manchi la volontà di migliorare il controllo e il senso di responsabilità del pubblico.

Alcuni colleghi hanno espresso dubbi circa il fatto che tutti gli emendamenti proposti nella mia relazione rientrino nella base giuridica del regolamento, ossia l’articolo 255 del trattato. Vorrei fugare ogni dubbio: lo scopo del regolamento (CE) n. 1049/2001 è espressamente dare la massima attuazione al diritto di accesso del pubblico ai documenti delle istituzioni, diritto intrinseco nella loro natura democratica. Non sono parole mie, bensì quelle della sentenza Turco pronunciata dalla Corte di giustizia. Orbene, è proprio nello spirito della sentenza che dobbiamo interpretare l’articolo 255 del trattato.

Prendiamo il nostro emendamento n. 44 sui documenti classificati. E’ insincero affermare, come fa la Commissione, che classificare alcuni documenti non ha alcun legame con l’accesso del pubblico ai documenti in questione. Secondo la versione attuale del regolamento (CE) n. 1049/2001, per salvaguardare gli interessi fondamentali tutelati dall’articolo 4, paragrafo 1, l’unica via è classificare i documenti. Vi è pertanto un nesso evidente. Ciò che abbiamo fatto è trarne le conseguenze logiche e incorporare norme sulla classificazione dei documenti nel regolamento stesso. Tali norme, attentamente ponderate sulla falsariga di quelle già applicate da Consiglio e Commissione, definiscono i limiti del diritto del pubblico di accedere ai documenti, proprio come richiede l’articolo 255, e non vi è nulla nel trattato che precluda alle istituzioni di incorporarle nel regolamento.

Analizziamo il nostro emendamento n. 24, che si riferisce alle agenzie e agli organi creati dalle istituzioni. Il regolamento (CE) n. 1049/2001, una volta modificato, conterrà principi, condizioni e limiti per l’accesso del pubblico ai loro documenti, ma non creerà di per sé obblighi a loro carico.

Se leggiamo l’emendamento n. 29, per esempio, ci accorgiamo che il regolamento vale soltanto per i documenti in possesso delle istituzioni, benché si stabiliscano gli standard che le agenzie dovranno presumibilmente seguire nell’approvare le proprie norme per l’accesso del pubblico ai loro documenti nel rispetto – aggiungerei – della dichiarazione comune adottata dal Consiglio, dalla Commissione e dal Parlamento il 30 maggio 2001.

Vorrei infine che sia verbalizzato, per quanti non possono esserne testimoni, il rammarico per il fatto che il Consiglio non sia presente a tributare il dovuto riconoscimento a questa relazione estremamente importante.

So che alcuni di voi hanno affermato, non senza una certa preoccupazione, che ci siamo spinti troppo oltre nell’intento di garantire che gli Stati membri non compromettessero il livello di trasparenza ricercato dal regolamento. Ritengo di aver fatto del mio meglio per rispondere a ogni preoccupazione, come certo noterete dagli emendamenti di compromesso che ricordano agli Stati membri il loro dovere, di cui all’articolo 10 del trattato, di non ostacolare il conseguimento degli obiettivi della Comunità, tra i quali figurano la trasparenza e la democrazia.

Gli emendamenti presentati dall’onorevole Nassauer possono rassicurare il suo gruppo e altri colleghi, preoccupati dal fatto che alcune informazioni private divengano di pubblico dominio. Ciò non accadrà e non può accadere con la mia relazione. E’ infatti ancora e sempre prevista l’idea che dati personali e privati restino tutelati, per cui ascolterò con grande interesse i motivi che inducono gli oppositori a contrastare questo regolamento.

 
  
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  Margot Wallström, vicepresidente della Commissione. − (EN) Signor Presidente, onorevoli parlamentari, vi ringrazio per la relazione molto pregnante sulla proposta della Commissione di rifondere il regolamento (CE) n. 1049/2001 relativo all’accesso del pubblico ai documenti. Il tema, estremamente importante, ci sta a cuore e apprezziamo l’enorme lavoro svolto dall’onorevole Cashman in veste di relatore, ma anche da molti altri parlamentari attivi, interessati e competenti.

E’ un tema che tocca diritti fondamentali – talvolta in conflitto – di cittadini, associazioni e imprese. Dobbiamo pertanto analizzare con estrema attenzione i cambiamenti che è necessario apportare al regolamento puntando sempre come obiettivo all’apertura. Tutte le tre istituzioni hanno convenuto che, nel complesso, il regolamento (CE) n. 1049/2001 ha dimostrato per quasi otto anni di essere uno strumento assai valido. Il Parlamento, il Consiglio e la Commissione sono ora molto più aperti di quanto siano mai stati. Potremmo dire che il cambiamento del quadro normativo ha modificato prassi, mentalità e atteggiamenti.

Nel contempo, il Parlamento, il Consiglio e la Commissione concordano nel dire che interessi legittimi hanno trovato un’adeguata forma di tutela. Non dobbiamo dimenticare che le istituzioni dell’Unione hanno permesso di accedere a un maggior numero di documenti registrando, al tempo stesso, una diminuzione del numero e della frequenza dei dinieghi. Spero dunque che sarete tutti unanimi nell’affermare che il regolamento (CE) n. 1049/2001 ha dato prova della sua validità, ragion per cui non occorre una sua radicale revisione.

Ciò premesso, ogni strumento valido è sempre perfettibile. La base giuridica che rappresenta il nostro punto di partenza è l’articolo 255 del trattato, come già rammentato dal relatore. In tale ottica, il regolamento definirà principi e limiti che disciplineranno il diritto di accesso dei cittadini ai documenti. Quanto alla relazione oggi in esame, noto che alcuni emendamenti esulano dall’ambito dell’articolo 255 del trattato e, pertanto, non sono accettabili. Tuttavia – ed è un “tuttavia” importante – affrontano temi di grande rilievo che si potranno sicuramente analizzare in altra sede. La Commissione sicuramente li prenderà in esame in uno spirito costruttivo e pragmatico di apertura.

E’ buona prassi valutare di volta in volta se una legislazione funziona in maniera corretta e consegue i suoi obiettivi. Questo è lo spirito nel quale la Commissione ha elaborato la sua proposta di rifusione del regolamento. L’uso della tecnica della rifusione risponde infatti allo scopo di una migliore legiferazione. Dato che tale regolamento interessa un diritto fondamentale dei cittadini, è della massima importanza adottare un testo giuridico unico, chiaro e leggibile.

La tecnica della rifusione non lega le mani del legislatore più di quanto faccia il tradizionale metodo di modifica di una normativa. Indipendentemente dalla tecnica legislativa, il legislatore comunitario non può andare oltre la finalità della proposta.

Il nostro impegno è continuare a migliorare la trasparenza e l’apertura, e sono fermamente convinta che questa sia una maniera corretta per farlo. Non posso però non menzionare il fatto che una serie di emendamenti riguarda disposizioni del regolamento (CE) n. 1049/2001 che la Commissione non ha suggerito di modificare, per cui non siamo in grado di accettarli, proprio perché esulano dall’ambito della nostra proposta.

Detto questo, la Commissione è ovviamente disposta ad assimilare idee valide, benché al momento si sia ancora nelle fasi iniziali della procedura. Vorrei dunque confermare che siamo pronti a discutere con i due co-legislatori e che intendiamo trovare un terreno comune per giungere a un testo di compromesso equilibrato e sfruttabile. La Commissione, tuttavia, preferisce formulare una proposta modificata quando i due co-legislatori avranno dichiarato le proprie posizioni. Non possiamo e non vogliamo anticipare l’esito di discussioni o negoziati né tanto meno pregiudicarlo.

Dovremmo inoltre rammentare i cambiamenti che il trattato di Lisbona – se e quando entrerà in vigore – comporterà in questo campo fondamentale. Allora il regolamento (CE) n. 1049/2001 varrà per tutte le istituzioni, gli organi, le agenzie e gli uffici dell’Unione europea, nonché, sebbene in misura limitata, per la Corte di giustizia, la Banca centrale europea e la Banca europea per gli investimenti. Per i cittadini il trattato di Lisbona rappresenterà un reale progresso nel momento in tutti gli organi dell’Unione applicheranno una serie comune di norme per l’accesso ai documenti, norme che, pur garantendo coerenza, dovranno comunque essere disegnate tenuto conto delle esigenze e delle specificità di un gran numero di organi con mandati e competenze estremamente diversi.

Vorrei infine ribadire quanto già affermato in precedenti occasioni dinanzi a quest’Aula e altrove, ossia che se il regolamento (CE) n. 1049/2001 è la chiave di volta di una politica in materia di trasparenza, dobbiamo anche pensare a ciò che possiamo proporre attivamente al di là della legislazione formale. Per questo ho annunciato alla riunione del comitato paritetico della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni del 20 gennaio che assumerò l’iniziativa di predisporre un piano di azione sull’apertura. Registri migliori, una maggiore accessibilità e semplicità di utilizzo, una divulgazione attiva e una pubblicazione più rapida dei documenti sono soltanto alcuni esempi di ciò che intendo trattare nel piano di azione e, come è ovvio, continuare a discutere con le altre istituzioni comunitarie. E’ un modo pratico ed efficiente di inserire la trasparenza in tutte le nostre politiche. Dobbiamo dare l’esempio.

In tale spirito, dovremmo anche valutare come rendere le nostre istituzioni e le modalità con cui operano più comprensibili per i cittadini. Ci occorre una politica attiva di informazione dei cittadini per renderli consapevoli del modo in cui le politiche europee interessano la loro vita quotidiana. Il regolamento (CE) n. 1049/2001 è naturalmente uno strumento importante ma, al di là del testo giuridico, ciò che conta veramente è la maniera in cui lo applichiamo nella pratica.

Per sintetizzare la posizione della Commissione sulla relazione dell’onorevole Cashman in questa fase della procedura, vorrei concludere come segue. Alcuni emendamenti non possono essere accettati perché esulano dalla base giuridica dell’articolo 255 del trattato. Altri non possono esserlo perché non rientrano nell’ambito delle modifiche proposte dalla Commissione. In alcuni casi, però, tali emendamenti riguardano comunque temi di rilievo che si potranno affrontare in altra sede. La Commissione è inoltre disposta a fare proprie le idee valide prescindendo dal contesto in cui emergono. Una volta ricevute le posizioni del Parlamento e del Consiglio, dichiareremo la nostra posizione chiudendo così il triangolo istituzionale.

Confido in un prossimo futuro in una discussione interessante, stimolante e concettualmente produttiva. Il tema lo merita e i nostri cittadini hanno il diritto di aspettarsi una legislazione chiara, perfettamente funzionante, sull’accesso del pubblico ai nostri documenti.

 
  
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  Monica Frassoni, relatrice per parere della commissione giuridica. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ho un minuto per la commissione giuridica e uno per i Verdi, quindi cercherò di metterli insieme, anche perché le due cose sono abbastanza comuni in questo caso.

Presidente, noi alla commissione giuridica abbiamo discusso abbastanza di questa storia del recast. Dico subito che non ci piace per niente: pensiamo infatti che l’utilizzo del recast per questo tipo di atto è stata una decisione non particolarmente brillante, anche perché, come ha detto la Commissaria, il tema vero è quello di capire come un regolamento che ha funzionato abbastanza bene, ma che poteva essere perfezionato, può appunto essere migliorato. Ebbene, il risultato, sia attraverso l’utilizzo di questa procedura che attraverso le proposte concrete che sono state fatte, è sicuramente un passo indietro rispetto alla realtà. Quindi questo significa che noi dobbiamo in qualche modo correre ai ripari, e correre ai ripari con il recast è più difficile che con un mandato legislativo pieno.

La seconda cosa che volevo dire è che è inutile girarci intorno: io sono contenta che la Commissaria annunci delle simpatiche iniziative sulla trasparenza e sull’apertura, ma i fatti rimangono, e i fatti sono che la proposta della Commissione esclude dei documenti che oggi sono aperti e trasparenti dall’ambito dell’applicazione di questa legislazione. Questa è la realtà, tanto è vero che una serie di Stati membri, tra i quali il suo, lo hanno detto chiaramente, e hanno detto che questa cosa era inaccettabile.

Ora, il problema è che se noi vogliamo migliorare una legislazione non possiamo, noi qui tutti, metterci semplicemente in difesa dell’esistente, perché sennò noi corriamo dei seri rischi di essere meno trasparenti, meno comprensibili e anche, me lo lasci dire, meno democratici.

 
  
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  Anneli Jäätteenmäki, relatore per parere della commissione per gli affari costituzionali. − (FI) Signor Presidente, la trasparenza è il fondamento della democrazia. Purtroppo l’Unione ha ben poco da vantarsi della sua trasparenza. Certo occorre modificare le direttive, ma devono cambiare anche gli atteggiamenti. Che cosa possiamo dire della dichiarazione del Consiglio secondo cui gli “esterni” non possono ricevere documenti riguardanti pareri legali formulati in merito alla procedura legislativa? I cosiddetti “esterni”, o se preferite i cittadini, non possono dunque prenderne visione. Non capisco come i nostri cittadini possano essere considerati estranei.

Sono dunque gli atteggiamenti, come dicevo, a dover cambiare. La normativa va modificata affinché i documenti legislativi del Consiglio, del Parlamento e della Commissione siano trasparenti, e sottolineo il termine “legislativi”. Raffrontando per esempio la situazione dell’Unione con quella del mio paese, la Finlandia, e del suo parlamento, ebbene per noi finlandesi è inimmaginabile che le dichiarazioni della nostra commissione per il diritto costituzionale siano riservate. Ciò significherebbe che ai cittadini non verrebbero detti i motivi per i quali si promulga tale o tal’altra legge, laddove il Consiglio sostiene che non dovremmo dire nulla perché il pubblico è un estraneo.

Nella legislazione, nella formulazione delle direttive, in tutto, occorre agire partendo dal presupposto di dover migliorare la trasparenza e vi è margine di miglioramento anche per quanto concerne le procedure di voto. Dovremmo disporre del voto elettronico...

(Il presidente toglie la parola all’oratore)

 
  
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  David Hammerstein, relatore per parere della commissione per le petizioni. – (ES) Signor Presidente, signora Commissario, non dovremmo perdere l’opportunità offertaci da questa eccellente relazione di pervenire a un accordo in prima lettura, ossia entro il mandato di questo Parlamento, in maniera da creare una normativa che garantisca maggiore trasparenza nell’accesso ai documenti. Qualunque scusa è inaccettabile e speriamo di avere il tempo e il buon senso di giungere a un siffatto accordo sull’ottima relazione presentataci dal nostro collega.

Nella relazione, noi della commissione per le petizioni manifestiamo preoccupazione circa il fatto che, quando si intentano procedure di infrazione contro uno Stato membro a seguito di una petizione dei cittadini, lo Stato membro ha il diritto di negare l’accesso ai documenti pubblici utilizzati in tali procedure chiudendo in tal modo la porta alla partecipazione dei cittadini.

Siamo altresì molto preoccupati per la mancanza di interoperatività e il blocco tecnico esistente all’interno del Parlamento europeo per quanto concerne l’uso di documenti interoperativi, vale a dire documenti con standard aperti incompatibili con il software e la piattaforma informatica attualmente in uso presso il Parlamento, proveniente da un solo fornitore.

Il fatto è che le istituzioni europee non garantiscono ai cittadini un vero accesso al contenuto dei documenti senza imporre discriminazioni di natura tecnica. Questo è inaccettabile perché la gente non può accedere ai documenti che creiamo. Per esempio, alle parole che io sto pronunciando in questo preciso momento nessuno può accedere senza una piattaforma tecnica fornita da una specifica società che ha il monopolio su tali informazioni, il che va innegabilmente contro la trasparenza e l’accesso alle informazioni.

 
  
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  Charlotte Cederschiöld, a nome del gruppo PPE-DE. – (SV) Signor Presidente, condividiamo pienamente gli obiettivi e l’impegno dell’onorevole Cashman in materia di trasparenza, ma non dobbiamo dimenticare che stiamo parlando della rifusione di un regolamento. Insieme abbiamo sostenuto l’attuale legislazione sulla trasparenza. I quattro Stati membri scandinavi hanno scritto alla commissione in merito al regolamento affermando che esso rafforza la fiducia dei cittadini nell’Unione e assicura il massimo livello possibile di trasparenza. L’onorevole Cashman e io abbiamo sempre lavorato molto bene insieme, ma questa volta non abbiamo avuto il tempo di chiarire tutti gli aspetti ancora dubbi. In altre parole, siamo in una fase decisamente iniziale del processo, ma apprezzo molte proposte formulate e confido nella prosecuzione della collaborazione.

Quando è stato adottato il regolamento sulla trasparenza, i voti favorevoli del gruppo PPE-DE sono stati decisivi per la vittoria. Anche questa volta, i suoi voti saranno con tutta probabilità determinanti per l’esito finale, che presumibilmente sarà raggiunto durante il nuovo mandato parlamentare. Il mio gruppo utilizzerà i suoi voti per rafforzare la certezza giuridica, la prevedibilità e la chiarezza nella formulazione delle norme man mano che il processo prosegue. Vogliamo migliorare la trasparenza e i cittadini devono poter essere in grado di seguire il dibattito democratico. Riteniamo pertanto che la questione richieda una maggiore preparazione in maniera che vengano svolte valutazioni di impatto comuni, per esempio sulle modalità di lavoro delle istituzioni.

Una serie di emendamenti, una quarantina o una cinquantina, riguardanti il diritto di iniziativa della Commissione, ha creato qualche discussione. L’unica considerazione che vorrei aggiungere è la seguente: il risultato non deve essere una maggiore mancanza di chiarezza perché questo contrasterebbe con lo scopo della rifusione. Ciò che oggi è sul tavolo probabilmente cambierà dopo le elezioni. Il gruppo PPE-DE intende pertanto giungere a un grado di trasparenza che possa essere appoggiato da tutti i cittadini e gli Stati membri dell’Unione europea. Ciò implica che tutti coloro che sono coinvolti conoscano le regole: questo è lo scopo della proposta. Peraltro, non si possono applicare sanzioni in mancanza di istruzioni chiare. In proposito già esiste una legislazione da tenere presente. Consideriamo dunque la proposta come un prodotto non ancora finito, ma concordiamo pienamente con l’onorevole Cashman nel ritenere che debba portare a una maggiore trasparenza ed è ciò che abbiamo espresso nei nostri emendamenti. La trasparenza è un elemento importante della democrazia.

Erano previsti cinque minuti per il gruppo PPE-DE. Posso concludere?

(SV) Diciamo “sì” alla trasparenza, ma vogliamo evitare l’ingenuità che può esporre i cittadini a pericoli o abusi.

Il gruppo PPE-DE perderà dunque i tre minuti?

 
  
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  Presidente. – Non so risponderle. Nel nostro ordine dei lavori erano previsti due minuti ma sono certo che queste non saranno le sue ultime parole.

 
  
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  Costas Botopoulos, a nome del gruppo PSE. – (EN) Signor Presidente, interverrò in inglese in onore del relatore. Con questa relazione estremamente interessante, il Parlamento fa tre cose. In primo luogo, tiene conto della realtà. Parliamo della privacy nell’era di Internet, non della privacy come nozione astratta. Teniamo presente l’uso del regolamento (CE) n. 1049/2001, che per un certo tempo è stato applicato, non senza problemi, ma comunque dimostrando la sua validità.

Teniamo inoltre conto della carta dei diritti fondamentali, delle proposte del Mediatore europeo e di altre agenzie, nonché della giurisprudenza della Corte, così come teniamo nella debita considerazione la proposta concreta della Commissione con i suoi vantaggi e svantaggi, poiché penso che alcuni svantaggi vi siano.

Il secondo aspetto – e questo è estremamente interessante – è che la relazione si basa su principi, non su elementi tecnici, nel tentativo di trovare un equilibrio tra accesso ai documenti e salvaguardia della vita privata proponendo un accesso generalizzato ai documenti, ma secondo norme molto precise, nonché una distinzione importantissima tra interessi pubblici e privati – una nozione dell’interesse pubblico europeo molto importante per quanti di noi amano l’Europa – e, non da ultimo, una distinzione tra procedure legislative e non legislative, altrettanto interessante, oltre alla specularità tra trasparenza dell’Unione e trasparenza degli Stati membri.

Infine, l’elemento essenziale è che la relazione cerca di istituire un sistema completo in materia di trasparenza, ossia non una trasparenza distinta per ogni istituzione, bensì una trasparenza che poggi su una base interistituzionale nel cui ambito siano considerate tutte le istituzioni tenendo anche debitamente presenti i principi di una sana amministrazione e la carta dei diritti fondamentali. E’ prevista altresì una normalissima serie di informazioni classificabili, sebbene siano state attribuite loro denominazioni da film di spionaggio come “UE Confidential”, “EU Top Secret”, ma è comunque importante che esista anche una serie comune di disposizioni in tale ambito.

Stiamo dunque cercando di ottenere una trasparenza che sia una norma generale con deroghe laddove deroghe sono giustificate dalla tutela di altri diritti, contando comunque su una serie comune di disposizioni nel cui ambito la trasparenza è quella più importante, ma considerando anche altre eccezioni.

 
  
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  Marco Cappato, a nome del gruppo ALDE. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, mi scuso se non potrò sentire la replica del Commissario. Credo che ci sia un’assenza importante in questo dibattito ed è l’assenza del Consiglio, che è stata per la verità un’assenza durante tutto il dibattito anche di commissione. E questo è il punto fondamentale: esiste, in particolare all’interno del Consiglio, una concezione di Europa, per la quale l’Europa è la sommatoria di governi, di Stati nazionali e quindi, conseguentemente, quando questi governi discutono insieme, anche con potere legislativo, questi sono affari – diciamo così – confidenziali, i cittadini poi devono vedere il risultato finale di questo.

Ecco, questo è semplicemente intollerabile, quando sappiamo che esistono dei poteri di legislatori nell’Unione europea e il diritto di conoscere, per i cittadini, è durante tutta la fase del processo legislativo. Come la sentenza del caso Maurizio Turco ha verificato e dimostrato, c’è il diritto dei cittadini di sapere le posizioni delle delegazioni nazionali in seno al Consiglio e anche dei pareri giuridici. Ecco perché c’è il nostro pieno sostegno alla relazione di Michael Cashman, che è la traduzione di una concezione dell’Europa, di una concezione della democrazia europea.

Credo anche che sia da sostenere Michael nel tentativo di fare delle proposte che vanno al di là e oltre le proposte della Commissione. Sbaglierebbe la Commissione europea se ci chiedesse di limitare la nostra azione di legislatore soltanto alle proposte che la Commissione stessa ha portato. Credo che anche i trattati ci diano ragione su questo, sul nostro diritto di ampliare il mandato. Spero che Michael vorrà accogliere le nostre proposte di emendamento, in particolare su una maggiore trasparenza finanziaria, e credo anche che come Parlamento europeo dovremmo dare il buon esempio.

Leggo oggi dalle agenzie che la nostra decisione di pubblicare le presenze dei parlamentari – non ha a che vedere con questo rapporto – ma le presenze dei parlamentari, decisione che avevamo preso in plenaria, ora sembra che ci siano problemi tecnici per fare questo prima delle elezioni europee. Non esiste alcun problema tecnico, perché è un lavoro che si può fare velocemente e facilmente, e spero che come Parlamento daremo anche su questo il buon esempio, oltre che sulle necessarie modifiche positive del relatore alla proposta della Commissione per un maggior accesso ai documenti e ci auguriamo che dalle sedie vuote del Consiglio prima o poi sentiremo qualcosa, almeno spiegare pubblicamente quali sono i motivi di resistenza alle nostre proposte, avere il coraggio di difendere pubblicamente un’idea di un’Europa che dovrebbe decidere in segreto sui propri testi legislativi, cosa che ritengo sarebbe assolutamente inaccettabile.

 
  
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  Eva-Britt Svensson, a nome del gruppo GUE/NGL. – (SV) Signor Presidente, la trasparenza e l’accesso del pubblico a tutto ciò che ha a che vedere con normative e decisioni politiche è uno dei principali fondamenti di una società democratica. La trasparenza e l’accesso del pubblico creano un senso di partecipazione e fiducia nel sistema politico, mentre l’opposto – la segretezza, la riservatezza dei documenti – crea sfiducia e senso di esclusione, il che in talune circostanze può contribuire allo sviluppo di varie forme di corruzione e abuso di potere.

Con il principio dell’accesso del pubblico vigente in Svezia, adesso accade, per esempio, che un numero crescente di normative nazionali sia formulato a livello europeo. Le decisioni sono state trasferite a livello comunitario, ma lo stesso non si può dire per la trasparenza e l’accesso del pubblico. I nostri cittadini, come è ovvio, se ne rendono conto ed è questo uno dei motivi per i quali la partecipazione alle elezioni al Parlamento europeo è scarsa. I cittadini trovano difficile compenetrarsi nel processo decisionale comunitario e capirlo, per cui giustamente hanno l’impressione che le decisioni vengano prese e la legislazione venga creata a livello europeo senza che loro abbiano una possibilità concreta di analizzarne tutti i documenti e, dunque, di discutere, dibattere o esercitare la propria influenza sui decisori.

E’ nostra intenzione migliorare la partecipazione alle elezioni parlamentari, ma se vogliamo conseguire tale obiettivo, non bastano campagne ed esortazioni ad andare a votare. Affinché la nostra azione sia incisiva, dobbiamo adoperarci al meglio per migliorare l’informazione e sensibilizzare i cittadini stabilendo un dialogo con loro anziché dispensando unilateralmente informazioni dall’alto. L’accesso del pubblico deve essere la norma, la riservatezza un’eccezione. E’ necessario prevedere un metodo specifico per garantire la segretezza in casi specifici, ma devono sussistere forti motivazioni per concederla laddove necessario.

Il gruppo GUE/NGL e io abbiamo presentato emendamenti anche per ampliare la definizione dei documenti, rendere i documenti più accessibili al pubblico ed evitare che singoli Stati membri possano imporre un veto. Il commissario signora Wallström ha affermato che ogni strumento valido è sempre perfettibile. Purtroppo l’odierna relazione non comporta miglioramenti, peggiorando invece la situazione. E’ tuttavia possibile migliorarla appoggiando gli emendamenti presentati dal gruppo GUE/NGL e dalla sottoscritta. Pertanto, per amore della democrazia, vi invito a votare a loro favore offrendo in tal modo ai cittadini maggiori possibilità di partecipare.

 
  
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  Hanne Dahl, a nome del gruppo IND/DEM. – (DA) La ringrazio, signor Presidente. L’onorevole Cashman ha stilato un’ottima relazione alla quale vorrei esprimere il mio appoggio. La revisione della Commissione dell’iniziativa in materia di trasparenza del 2008 renderà più difficile l’accesso del pubblico ai documenti dell’Unione. Se la presente relazione dovesse essere adottata, compiremmo passi notevoli per correggere tale situazione. Tuttavia, manca ancora l’accesso ai gruppi di lavoro consultivi presso la Commissione. Secondo una dichiarazione rilasciata dall’organizzazione ALTER-EU poco prima di Natale, disponiamo di informazioni ufficiali soddisfacenti soltanto su due terzi dei membri dei gruppi di lavoro che partecipano all’elaborazione di proposte legislative all’interno dell’Unione europea, il che è assolutamente inaccettabile. Come cittadina ho bisogno di sapere se sono lobbysti dell’industria del tabacco od organizzazioni sanitaria a fornire consulenza alla Commissione nel momento in cui si intende formulare un’iniziativa per migliorare la sanità pubblica, così come ho bisogno di sapere se allorquando si discute l’elaborazione di un piano per l’ambiente acquatico attorno al tavolo siedono organizzazioni ambientaliste o rappresentanti dell’industria chimica.

 
  
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  Hans-Peter Martin (NI).(DE) Signor Presidente, un motivo per il quale siamo caduti nella trappola della globalizzazione è proprio il fatto che non siamo riusciti a evitare la trappola europea che consiste essenzialmente nella nostra incapacità, adesso come allora, di agire secondo i principi collaudati e comprovati di trasparenza dei paesi scandinavi e altri.

Sono membro di questa Camera da 10 anni e non è un caso che quando sono arrivato qui, sebbene non ne avessi l’intenzione, mi sono presto ritrovato a dire “ma certo, la trasparenza è l’aspetto fondamentale” e per questo motivo ho lanciato l’iniziativa europea sulla trasparenza già nel 2000. L’iniziativa è stata formalmente adottata dalla Commissione, ma nella sostanza ben poco è stato fatto.

Signora Commissario, per approfondire ciò che intendo può fare riferimento a quanto ho detto alla sua collega svedese Anna Lindh in un lungo intervento al vertice di Nizza. Lei, essendo svedese, sa bene di che cosa si tratta, sa esattamente che cosa andrebbe fatto.

Nell’Unione europea, invece, la realtà, parlando di trasparenza, è che dobbiamo confrontarci con un compito improbo, come spalare una valanga con un cucchiaio. Siamo travolti da nuova neve senza avanzare di un centimetro. Uno solo è il modo per salvare l’Unione europea: dobbiamo creare una reale trasparenza ispirandoci al modello svedese e a quello della legge americana sulla libertà di informazione, e farlo adesso, immediatamente. Altrimenti, nuove valanghe ci travolgeranno, questa volta colpendo zone abitate.

 
  
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  Manfred Weber (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, noi promulghiamo leggi a livello europeo per diverse centinaia di milioni di cittadini. Per questo la trasparenza è fondamentale. Tutti concordiamo sull’obiettivo: la trasparenza è importante e io penso che noi, Parlamento europeo, non abbiamo alcuna necessità di nasconderci. Siamo sotto i riflettori dei mezzi di comunicazione, siamo osservati dai giornalisti, il nostro lavoro è trasparente.

Pertanto, tutti concordiamo sull’obiettivo, come dicevo, ma dobbiamo avere la possibilità di discutere i metodi per conseguirlo. Il solo fatto che qualcuno li contesti e voglia approfondirli non significa necessariamente che vorrebbe che tutto avvenisse a porte chiuse. Viceversa, queste persone spesso sono quelle che si interrogano. Noi del gruppo PPE-DE ci siamo posti molte domande fondamentali come la procedura di concorso all’interno del Consiglio, la necessità o meno di rendere pubblici i documenti del servizio legale, la necessità o meno che oggi gli affari privati di un europarlamentare siano oggetto di discussione pubblica. Da un canto lottiamo per la protezione dei dati a favore dei nostri cittadini, dall’altro ai membri di questo Parlamento si chiede che tutto sia pubblico. Interrogarsi su questi argomenti è più che lecito.

Il punto fondamentale, il motivo per il quale vi è molto scetticismo all’interno del nostro gruppo, è la questione del processo legislativo. Quando votiamo, tutti possono verificare come ogni singolo parlamentare si è espresso, per cui ogni eurodeputato deve assumersi anche la responsabilità del modo in cui vota. Nell’attuale situazione questo è un dato di fatto. In un processo legislativo, però, nel dialogo trilaterale, quando discutiamo tra noi i diversi aspetti, occorre che vi sia spazio per negoziare.

Sappiamo che se tutto fosse pubblico l’attuale forma negoziale non esiterebbe più perché ogni tentativo di giungere a un qualsivoglia compromesso politico rappresenterebbe un rischio. Per questo vi è ancora molto scetticismo all’interno del gruppo in merito alla proposta. Chiariremo la nostra posizione finale stasera.

Concluderei a nome del mio gruppo dicendo con chiarezza che vogliamo la trasparenza, ma i metodi per raggiungerla devono essere ulteriormente discussi. Tutti concordiamo sull’obiettivo, come affermavo all’inizio. Analizzando le singole istituzioni europee, il problema non è il Parlamento. Lo è piuttosto il Consiglio, che oggi non è presente, perché – ahimè – non abbiamo idea di ciò che accade all’interno dei suoi gruppi di lavoro.

 
  
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  Inger Segelström (PSE).(SV) Signor Presidente, signora Commissario, vorrei esordire ringraziando l’onorevole Cashman e altri perché, grazie al loro contributo, presto compiremo un nuovo e tanto atteso passo per rendere il nostro lavoro più accessibile ai nostri cittadini. Il vicepresidente e il commissario signora Wallström hanno a lungo combattuto con determinazione a tal fine.

Quando la Svezia ha aderito all’Unione europea, molti erano preoccupati per il fatto che attraverso il paese, nel quale vige un principio molto radicato di accesso del pubblico, sarebbero trapelati documenti, ma ciò non è accaduto. L’onorevole Cashman può confermarcelo perché chiunque sia a favore della trasparenza e dell’accessibilità saprà anche dove sono i limiti tra documenti di lavoro, riservatezza e divulgazione.

All’interno della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni, il gruppo PPE-DE si è astenuto dal voto. Spero che ora siate favorevoli a un maggiore accesso del pubblico nell’Unione europea cosicché la presidenza svedese, insieme a tutti noi, possa procedere sulla via di questo importante, direi fondamentale, sviluppo democratico per tutti i cittadini europei. Posso nondimeno comprendere l’esitazione del gruppo PPE-DE. Dopo tutto è stato il vostro gruppo a garantirsi che fossimo obbligati a un voto segreto quando la Turchia era in procinto di intraprendere i negoziati di adesione. E’ questo che volete? Confido oggi in un Parlamento unito che il prossimo giugno alle elezioni possa orgogliosamente dire agli elettori che l’Unione europea diventerà sempre più aperta, che non abbiamo agende nascoste e che vogliamo essere esaminati e giudicati per le nostre azioni con una trasparenza della quale possiamo andare fieri. Sono molti i risultati validi che conseguiamo e sarebbe utile che i cittadini fossero maggiormente in grado di seguire il nostro operato.

 
  
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  Bogusław Rogalski (UEN).(PL) Signor Presidente, è chiaro a tutti che il processo decisionale delle istituzioni e degli organi comunitari deve avvenire in un contesto di apertura e pubblicità. Questa è la base della democrazia. Partendo da tale principio, cittadini e autorità elette devono poter contare sul massimo accesso possibile ai documenti in possesso delle istituzioni europee, compreso questo Parlamento. Ciò consentirà ai cittadini di partecipare realmente al processo politico e chiedere chiarificazioni alle autorità pubbliche.

Nonostante gli sforzi profusi dalle istituzioni europee per promuovere l’apertura e la trasparenza, la situazione – ahimè – è tutt’altro che soddisfacente. La commissione per le petizioni ha dichiarato che i cittadini sono consapevoli delle carenze e delle manchevolezze nell’attuazione di tale diritto. E’ estremamente importante che nelle procedure di infrazione concernenti i diritti, spesso intentate a seguito di petizioni di cittadini, sia garantito loro pieno accesso a tutti i documenti in ogni fase dell’azione di salvaguardia dei loro diritti. Ciò vale anche per i documenti forniti alle istituzioni europee dagli Stati membri. Questo è stato un grave problema, anche per la commissione nella causa Jugendamt riguardante la Germania, per la quale le informazioni erano soggette al massimo riserbo nonostante fossero di pubblico dominio.

Vorrei sottolineare ancora una volta che un facile accesso da parte dei denuncianti alle informazioni di cui hanno bisogno deve essere il fondamento per l’iniziativa europea in materia di trasparenza. Lo impongono i principi della democrazia.

 
  
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  Andreas Mölzer (NI).(DE) Signor Presidente, il problema dell’estraneità del pubblico dalla politica nell’Unione europea è un fenomeno che conosciamo benissimo. Per questo cerchiamo di dimostrare continuamente la nostra attenzione per i cittadini, anche con ricorrenti iniziative per semplificare l’accesso ai documenti del Parlamento, del Consiglio e della Commissione.

Internet è ovviamente uno strumento semplice ed economico per conseguire tale scopo. La pagina dell’Unione europea è stata rivista e resa perlomeno più logica e agevole nella navigazione di quanto fosse in passato. Nella sua presenza in rete, l’Unione sottolinea inoltre l’importanza del plurilinguismo come fattore significativo per conseguire una maggiore trasparenza, legittimità ed efficienza a livello comunitario. Eppure, l’Unione in realtà non vive in base ai principi che si impone. Nella pratica, l’uso costante di tre sole lingue di lavoro, tedesco, inglese e francese, consentirebbe di fatto di raggiungere la maggioranza della popolazione.

Anche la presenza in Internet dell’attuale presidenza, in inglese, francese e ceco, non tiene conto del fatto che il tedesco, con una quota del 18 per cento di germanofoni nell’Unione, è la lingua con il maggior numero di madrelingua, al quale si aggiunge un ulteriore 14 per cento di cittadini europei che la parlano come seconda lingua. Credo sia tempo di dedicare, infine, maggiore attenzione a questa situazione.

 
  
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  Sirpa Pietikäinen (PPE-DE).(EN) Signor Presidente, l’accesso alle informazioni è una delle pietre miliari della democrazia. I cittadini devono poter contare sul massimo accesso possibile a tutte le informazioni sin dalle prime fasi delle decisioni prese dalle istituzioni o sul contesto di tali decisioni così da poter partecipare pienamente alla formulazione delle politiche.

L’Unione europea aspira a essere più democratica e accessibile per i suoi cittadini, per cui concedere il massimo accesso possibile ai documenti comunitari è fondamentale per gli sforzi profusi dalla Comunità per accrescere la fiducia dei cittadini nelle sue istituzioni e legittimare questo apparato nel suo complesso. Da ciò deriva la mia delusione per la proposta formulata dalla Commissione in merito al regolamento, benché desideri complimentarmi con il relatore per l’eccellente lavoro svolto in tale ambito con grande capacità e dedizione.

Vorrei inoltre ringraziare l’onorevole Jäätteenmäki per il grande impegno dimostrato al riguardo. Ambedue hanno tenuto fede ai principi guida dell’apertura e della trasparenza secondo cui negare l’accesso a un documento in possesso di un’istituzione deve rappresentare un’eccezione ben circostanziata che in taluni casi è indispensabile, ma che deve limitarsi al minor numero di casi possibile partendo da una base chiaramente definita.

Apprezzo altresì le iniziative intese a promuovere la divulgazione più proattiva e chiara di documenti attraverso un miglioramento dei database in Internet. Per accedere ai documenti bisogna anche trovarli. Spesso in rete esistono le informazioni, ma si celano in database complessi, ambito nel quale sicuramente occorrono molti ulteriori miglioramenti.

Onorevoli colleghi, siamo i difensori della democrazia e, pertanto, avremmo già dovuto essere più attivi. Dobbiamo essere molto risoluti nella difesa della trasparenza e di un accesso ampio a tutti i documenti. Penso che non sia il momento di iniziare a ricercare un compromesso, altrimenti quella che risulterà compromessa, agli occhi dei nostri elettori, sarà la nostra posizione di buoni decisori.

 
  
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  Andrzej Jan Szejna (PSE).(PL) Signor Presidente, in primo luogo vorrei complimentarmi con l’onorevole Cashman per una relazione eccellente che riguarda uno degli aspetti più importanti della democrazia europea.

L’Unione europea sta vivendo periodicamente trasformazioni e cambiamenti. Purtroppo, la comunicazione tra l’Unione e i suoi cittadini non segue il ritmo di tali mutamenti. La situazione è analoga nel campo dell’accesso a documenti e informazioni destinati agli stessi cittadini.

La trasparenza è un principio fondamentale dell’Unione, come afferma l’articolo 255 del trattato CE. Ogni cittadino comunitario e ogni persona fisica o giuridica residente o stabilita in uno Stato membro ha il diritto di accedere ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione.

Possiamo coinvolgere i cittadini europei e consolidarne la fiducia nelle istituzioni comunitarie, negli europarlamentari e nei politici nazionali soltanto se forniamo informazioni complete e oneste. E’ pertanto nostro dovere incrementare il più possibile la trasparenza e l’efficacia delle istituzioni dell’Unione concentrandoci sulla semplificazione dell’accesso alle informazioni da parte degli utenti, nonché su una costante semplificazione del sistema e dei suoi strumenti.

Sebbene si possano ipotizzare alcuni miglioramenti e razionalizzazioni, il regolamento che interessa l’odierna relazione costituisce una solida base giuridica. Mi dispiace pertanto che la Commissione non abbia tenuto in alcuna considerazione la proposta in materia di trasparenza formulata dal relatore nel 2006.

 
  
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  Mairead McGuinness (PPE-DE).(EN) Signor Presidente, l’accesso ai documenti è un aspetto del processo legato alla trasparenza, ma entrano in gioco molti altri elementi. L’uso di documenti e informazioni è fondamentale, e uno dei problemi più gravi con i quali dobbiamo confrontarci – un problema che abbiamo riconosciuto e in merito al quale la signora Commissario è tra gli interlocutori più qualificati – è l’acquisizione di conoscenze sul processo decisionale nell’Unione, dato che i cittadini non lo capiscono. Durante il dibattito sul trattato di Lisbona in Irlanda, i cittadini mi dicevano: “Ci chiede di votare a favore e perderà il posto”. Pensavano fossi un commissario, Dio me ne scampi e liberi!

Non basta dire che forniremo ai cittadini mucchi e mucchi di informazioni perché in un certo senso ciò porterebbe a una totale mancanza di trasparenza: significherebbe soltanto coprire le cose con montagne di carta senza alcuna chiarezza. Preferirei che i cittadini capissero appieno come funzionano le cose qui e si impegnassero a partecipare al nostro lavoro. Oserei dire che anche in quest’Aula vi sono molti che non sanno esattamente come funziona il tutto. E non aggiungo altro.

 
  
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  Danutė Budreikaitė (ALDE).(LT) Signor Presidente, nel tentativo di risolvere il problema dell’isolamento energetico dei paesi del Baltico, soprattutto alla luce della crescente minaccia alla sicurezza energetica della Lituania dopo la chiusura della centrale nucleare di Ignalina alla fine di quest’anno, la Commissione europea ha elaborato la strategia dell’Unione per la regione del Baltico. Ho chiamato la direzione generale per l’energia e i trasporti della Commissione europea per avere la possibilità di vedere il documento. Mi è stato risposto che con il gruppo di alto livello che aveva elaborato la strategia non si era parlato della possibilità di rendere pubblici documenti e informazioni, o meglio come si affermava nella lettera “condividerli con il mondo esterno”. Il Parlamento europeo è considerato un mondo esterno al quale non vengono fornite informazioni. Come ben sapete, a varie riprese abbiamo discusso le opportunità di cui la società può usufruire per prendere visione di documenti in possesso delle istituzioni comunitarie. Se un membro del Parlamento europeo che rappresenta i cittadini non gode di tale diritto, la situazione è veramente disastrosa.

 
  
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  Margot Wallström, vicepresidente della Commissione. − (EN) Signor Presidente, vorrei ringraziare gli europarlamentari per l’interessante discussione e i tanti commenti preziosi.

Il regolamento (CE) n. 1049/2001 sarà aggiornato, si potrebbe dire, alla “versione 2”. E’ importante sottolineare nuovamente che non partiamo da un abbozzo: disponiamo già di una base giuridica, si tratta solo di migliorarla. Come detto nel dibattito, sarà anche una versione pensata per l’era di Internet, per esempio includendo registri elettronici e aggiungendovi una divulgazione attiva.

In una situazione ideale, come è ovvio, dovremmo divulgare le informazioni così attivamente da far sì che non siano più necessarie richieste di accesso in quanto tutte le informazioni sono già disponibili, naturalmente con qualche eccezione. Come esempio delle iniziative possibili potrei citare quello che ho già fatto per il registro della mia corrispondenza, ormai disponibile in rete in maniera che la mia corrispondenza e i miei documenti siano liberamente consultabili.

Non mi è possibile riprendere in esame tutte le osservazioni formulate nel corso del dibattito, ma vorrei brevemente commentare alcuni punti fondamentali, uno dei quali riguarda la definizione dei documenti di cui all’articolo 3, uno degli articoli della proposta della Commissione maggiormente discussi e, devo ammetterlo, criticati.

A nostro parere, l’attuale definizione è ambigua e comporta un rischio di imprevedibilità e scorretta applicazione. Per esempio, un Post-It è un documento? L’onorevole Cashman afferma che lo è, e secondo la definizione contenuta nel regolamento potrebbe benissimo esserlo, così come gli altri scarabocchi che ho qui davanti a me. Talvolta non è utile estendere troppo una definizione, per cui, pur mantenendo una definizione ampia, ridurremo la non divulgazione discrezionale dei documenti. Tra l’altro, la definizione che noi proponiamo è molto più estesa della nozione di documenti ufficiali spesso adottata nella legislazione nazionale e, per esempio, si avvicina moltissimo al concetto di informazioni contenuto nella legge britannica sulla libertà di informazione e nella legge olandese sulla trasparenza. La protocollazione dei documenti è un obbligo secondo le norme della Commissione, ma queste non stabiliscono se un documento rientri o meno nell’ambito del regolamento. Per questo abbiamo contribuito a chiarire la definizione dei documenti, il che aiuterà anche i cittadini a sapere cosa si può e si deve chiedere per ottenere informazioni complete. Una definizione più precisa dei documenti significa amministrazione più sicura e maggiore chiarezza per i cittadini.

La Corte ha sentenziato che i documenti relativi a un’indagine in corso sono manifestamente coperti da una deroga al diritto di accesso. Tali fascicoli non sono pertanto attualmente consultabili, ma ciò non costituisce un’ulteriore limitazione del diritto di accesso. In nessuno Stato membro i cittadini hanno accesso ai fascicoli delle autorità competenti in materia di concorrenza, ci tenevo a precisarlo.

Riconosco che l’articolo 3 avrebbe potuto essere più circostanziato e meglio formulato. Penso che condividiamo lo stesso obiettivo e, quindi, ritengo possibile giungere una formulazione chiara e non ambigua. Questo è un esempio di un ambito in cui dovremmo essere in grado di concordare un testo di compromesso valido.

Un altro punto molto discusso è l’articolo 5, paragrafo 2, concernente l’accesso ai documenti degli Stati membri. Vorrei essere chiara. L’intenzione della Commissione è stata quella di attuare quanto stabilito dalla Corte di giustizia, e gli Stati membri devono debitamente giustificare perché negano l’accesso a uno dei loro documenti, proprio come fanno le istituzioni per tutti gli altri. Il punto di partenza sarà sempre rappresentato dalle disposizioni del regolamento (CE) n. 1049/2001.

E’ tuttavia parimenti importante che la Commissione possa intrattenere una corrispondenza con gli Stati membri, per esempio in caso di infrazione del diritto comunitario. Dobbiamo avere la possibilità di trovare rapidamente soluzioni soddisfacenti dal punto di vista sia della Commissione sia dei cittadini dell’Unione, come disposto dal diritto comunitario. Questo genere di contatti deve restare riservato ed è quanto la Corte ha stabilito.

Vorrei infine solo commentare brevemente lo “spazio di riflessione” di cui all’articolo 4, paragrafo 3. Se ponderiamo la questione con attenzione sono certa che la maggior parte di noi converrà nell’affermare che il Parlamento, come la Commissione e il Consiglio, ha bisogno di un certo spazio di riflessione. I documenti correlati a decisioni non ancora prese o che rispecchiano discussioni interne non sono assimilabili ad altri documenti. Che dire dei verbali delle riunioni dei gruppi politici o dei documenti preparatori? Avete voi stessi identificato una serie di problemi e limiti derivanti dal diniego di uno spazio di riflessione, valutando, anche in questo caso, ciò che andrebbe maggiormente a vantaggio dei cittadini e ciò che sarebbe più utile.

Devo dire che avrei preferito che il Consiglio fosse presente, come molti di voi hanno affermato, così come avrei preferito un’Aula più piena, perché questi sono argomenti della massima importanza per tutti noi. Il nostro grande compito nelle prossime settimane o nei prossimi mesi è trovare un terreno comune, il che vale anche all’interno del Parlamento, e il dibattito odierno ha dimostrato che questo non è sempre facile. Quante più saranno le divisioni, tanto maggiori saranno le difficoltà nel momento in cui le tre istituzioni dovranno discutere. Il Parlamento, il Consiglio e la Commissione hanno ciascuno un proprio ruolo che deve essere rispettato, e spero che il Parlamento faccia sentire la sua voce all’unisono perché questo andrà a beneficio di noi tutti e dell’esito finale, che confido sarà un testo di compromesso equilibrato e sfruttabile.

 
  
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  Michael Cashman, relatore. − (EN) Signor Presidente, le considerazioni che abbiamo appena ascoltato sono state molto interessanti, ma ritengo che abbiano ben poco a che vedere con il contenuto della mia relazione.

Vorrei sottolineare che non abbiamo nulla da temere dall’esame del pubblico e decisamente tutto da temere, come istituzioni, dalla non divulgazione deliberata delle informazioni. Diventiamo più vulnerabili. Signora Commissario, sono i documenti ufficiali a essere accessibili. La prego di rileggere la relazione. Spazio di riflessione. Documenti ufficiali. Nell’ambito della nozione di uno spazio di riflessione non si può parlare di ufficialità. La prego dunque di rileggere la relazione e accogliere i nostri principi.

E’ stata una discussione interessante, ma devo dire che la rifusione, da lei difesa, non è nello spirito dell’accordo interistituzionale e non è sufficiente. Lei dice che il regolamento ha funzionato bene, ma io temo che la rifusione ignori la giurisprudenza fondamentale su ciò che effettivamente va fatto.

Vorrei che si rinviasse la votazione finale perché dovremmo poter contare sulla massima flessibilità possibile per negoziare con i partiti politici e le istituzioni. Vorrei inoltre sottolineare che nulla impedisce alla Commissione di modificare la propria proposta in qualunque momento dopo il voto di domani, salvo forse la riluttanza istituzionale e politica.

Ritengo che dirci che avremo piani di azione equivalga a trattarci con accondiscendenza. Signora Commissario, non ho dubbi in merito al suo personale impegno nei confronti dell’apertura e della trasparenza, ma non voglio piani di azione per i nostri cittadini. Voglio invece diritti inalienabili sanciti da leggi. Non regali, dunque, ma diritti.

Il Parlamento deve esercitare pressioni politiche sulla presidenza per negoziare e può accadere che si debba negoziare senza la Commissione. Sì, signora Commissario, so che il Consiglio non è presente, ma non perdo la fiducia per un Consiglio. Sono in politica da abbastanza tempo per sapere che bisogna lottare infaticabilmente.

Signor Presidente, se me lo consente vorrei concludere con una citazione: “La mia amministrazione si impegna a creare un livello di apertura senza precedenti all’interno del governo. Lavoreremo insieme per garantire la fiducia del pubblico e istituire un sistema improntato alla trasparenza, alla partecipazione pubblica e alla collaborazione. L’apertura rafforzerà la nostra democrazia e promuoverà l’efficienza e l’efficacia nel governo”. Così ha detto Barack Obama il 21 gennaio 2009. Attendo un annuncio analogo da parte della Commissione, o meglio del presidente Barroso.

 
  
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  Presidente. – La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà mercoledì 11 marzo 2009.

(La seduta, sospesa alle 11.45, riprende alle 12.50)

Dichiarazioni scritte (articolo 142 del regolamento)

 
  
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  Stavros Lambrinidis (PSE), per iscritto. – (EL) Gli emendamenti proposti dal Parlamento europeo in riferimento al regolamento concernente l’accesso del pubblico ai documenti delle istituzioni europee, specialmente quelli riguardanti la procedura legislativa, sono un passo essenziale per salvaguardare la trasparenza e la democrazia partecipativa in Europa.

A mio giudizio, particolarmente importante è il requisito che ogni iniziativa o documento destinato in qualche modo a influire sulla procedura decisionale debba essere pubblicato.

Sappiamo tutti che varie lobby spesso cercano di influenzare la procedura legislativa avanzando le proprie argomentazioni. I cittadini europei hanno ogni diritto di sapere quali sono tali argomentazioni e interventi per poterne giudicare l’essenza e valutare la posizione conclusiva assunta infine dai rispettivi governi, dalla Commissione europea e, ovviamente, dai loro rappresentanti in Parlamento.

Sulla base di un esplicito requisito contenuto nella relazione del Parlamento europeo, perlomeno lo stesso livello di trasparenza dovrà essere garantito anche a livello nazionale dagli Stati membri ai rispettivi cittadini, invito che speriamo venga presto raccolto da governi e parlamenti nazionali.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. McMILLAN-SCOTT
Vicepresidente

 
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