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Procedura : 2007/0286(COD)
Ciclo di vita in Aula
Ciclo dei documenti :

Testi presentati :

A6-0046/2009

Discussioni :

PV 10/03/2009 - 6
CRE 10/03/2009 - 6

Votazioni :

PV 10/03/2009 - 8.12
CRE 10/03/2009 - 8.12
Dichiarazioni di voto
Dichiarazioni di voto

Testi approvati :

P6_TA(2009)0093

Resoconto integrale delle discussioni
Martedì 10 marzo 2009 - Strasburgo Edizione GU

9. Dichiarazioni di voto
Video degli interventi
Processo verbale
  

Dichiarazioni di voto orali

 
  
  

- Relazione Lehne (A6-0040/2009)

 
  
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  Daniel Hannan (NI).(EN) Signor Presidente, è curioso che, qualunque sia la crisi, la risposta dell’Aula sembra essere sempre un rafforzamento dell’integrazione europea. La maggior parte di quanti sono stati colpiti dagli sconquassi economici degli ultimi sei mesi rispondono considerando la situazione temibile, in taluni casi persino dolorosa. In Parlamento, invece, la consideriamo un’occasione per un’ulteriore regolamentazione, una maggiore unificazione e una nuova armonizzazione a livello europeo, come dimostra la relazione in esame.

Il problema è che i decisori saranno protetti dalle sue conseguenze. Vivendo nei loro palazzi e nelle loro cancellerie, attorniati e coccolati nei loro convogli motorizzati, nelle loro vetture con autista e ai loro banchetti ufficiali, non pagheranno il prezzo che graverà sui nostri elettori a causa di tali politiche economiche. Mi pare assiomatico che si debba rispondere alla crisi economica con una maggiore flessibilità consentendo ai paesi di stabilire i tassi di interesse in base alle loro esigenze. Noi, invece, facciamo esattamente l’opposto.

 
  
  

- Relazione Catania (A6-0050/2009)

 
  
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  Simon Busuttil (PPE-DE). (MT) Signor Presidente, ho votato a favore di questa relazione perché pone molto l’accento sull’importanza della solidarietà e sul fatto che una politica comune in materia di asilo va costruita sulla solidarietà. Vorrei però sottolineare il fatto che la relazione contiene alcuni paragrafi che non posso condividere e in merito ai quali avrei espresso un voto contrario se fosse stato possibile votarli specificamente. Mi riferisco alla politica in materia di detenzione. Ritengo che si debba prestare grande attenzione quando si parla di detenzione dei richiedenti asilo perché non si tratta semplicemente di decidere di porre fine alla detenzione una volta per tutte e applicare tale scelta a chiunque. Vi sono specifiche circostanze in cui l’uso della politica di detenzione è e continuerà a essere importante.

 
  
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  Frank Vanhecke (NI).(NL) Signor Presidente, ho votato contro la relazione Catania perché sono in totale e assoluto disaccordo con le recenti proposte della Commissione per quanto concerne la politica di asilo, che invece il relatore elogia nel suo documento.

Il mio timore è specificamente che la nuova direttiva, la quale prevede per i richiedenti asilo un accesso ancora più semplice al mercato del lavoro aggiungendovi anche una generosa indennità, creerà un fattore di attrazione simile alle regolarizzazioni collettive avvenute in Spagna, Paesi Bassi, Belgio e Italia, le cui conseguenze sono state semplicemente disastrose.

Vorrei infatti rammentare alla Camera che, secondo i recenti censimenti, vi sono ancora più di 20 milioni di disoccupati nell’Unione europea, cifra che con tutta probabilità ora ha raggiunto i 25 milioni, il che significa che richiamare ancora altri richiedenti asilo è in realtà una sorta di suicidio di massa. Ritengo inoltre che questo intero ambito debba restare di competenza esclusiva degli Stati membri.

 
  
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  Philip Claeys (NI).(NL) Signor Presidente, ho votato contro la relazione Catania in quanto rispecchia chiaramente una posizione di estrema sinistra tesa a rendere semplicemente impossibile qualunque sistema efficiente di gestione dell’asilo. Tutti gli abusi dei sistemi attualmente in essere negli Stati membri vengono difesi e, se possibile, scolpiti a chiare lettere nella legislazione.

Basti citare l’atteggiamento di tolleranza nei confronti dei falsi richiedenti che sfruttano i minori come modo per ottenere essi stessi un permesso di residenza, oppure l’opposizione manifestata contro i centri di accoglienza chiusi per chi non risponda ai requisiti per il riconoscimento dello stato di profugo e divenga latitante all’atto del rilascio. E’ palese che si profonde ogni sforzo per facilitare la vita a effettivi e potenziali immigranti illegali.

Il relatore si compiace per il fatto che la Corte di giustizia abbia respinto un elenco di paesi sicuri, anche se tale lista è fondamentale per mantenere sotto controllo il flusso dei profughi. La strategia della sinistra è dunque volta a sovraccaricare il sistema in modo da rendere impossibile qualsiasi forma di efficienza. Questo non è però ciò che vuole la maggioranza degli europei, aspetto che avrà il debito risalto nella nostra campagna elettorale.

 
  
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  Hubert Pirker (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, sono favorevole a una politica comune in materia di asilo per l’Unione europea che porti a decisioni rapide e certe. Ciò premesso, sono contrario alla relazione in quanto contiene elementi assolutamente inaccettabili come l’estensione della definizione del termine profugo al di là di quanto attualmente stabilito dalla convenzione di Ginevra, il rifiuto della regolamentazione dei paesi terzi sicuri sulla quale siamo già pervenuti a un accordo positivo, l’attribuzione a Frontex di compiti che non hanno assolutamente nulla a che vedere con l’organizzazione, la concessione ai richiedenti asilo di una libera scelta in merito al paese responsabile della procedura, il che rappresenta l’abbandono della convenzione di Dublino, e un accesso più agevole al mercato del lavoro per i richiedenti asilo. Noi vogliamo procedure rapide e non l’integrazione di richiedenti asilo che alla fine potrebbero essere costretti a lasciare nuovamente l’Unione europea dopo 14 giorni perché non otterranno comunque lo stato di profughi.

Nell’insieme, l’Unione europea si sta positivamente dirigendo verso una politica comune, ma ciò che viene proposto nella relazione è del tutto controproducente. Per questo ho votato contro.

 
  
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  Daniel Hannan (NI).(EN) Signor Presidente, e così l’Unione europea sta assumendo sempre più gli attributi e le trappole della nazionalità: un sistema giuridico, frontiere esterne comuni e ora una politica comune su chi ha il diritto di valicare tali frontiere e stabilirsi nel suo territorio. Una alla volta, ha assunto tutte le caratteristiche che il diritto internazionale riconosce come quelle che definiscono la statualità.

Volevo complimentarmi con lei, signor Presidente, per aver deciso che gli eurodeputati potevano esporre, come ha fatto il mio vicino, bandierine tibetane presso il loro seggio, decisione in netto contrasto con quella che ci ha obbligato a ritirare i cartelli quando abbiamo osato proferire la parola “referendum” in questa Camera. Vorrei chiederle, visto che so che lei e altri membri in quest’Aula siete interessati all’argomento, di riflettere sull’ipocrisia di essere a favore dell’autodeterminazione nazionale in Tibet, ma contro l’autodeterminazione nazionale nell’Unione europea. Se ritiene che sono estremista nello stabilire un parallelo tra uno Stato autoritario in Cina e l’Unione europea, mi dimostri il mio errore sottoponendo il trattato al giudizio della gente nei referendum che ci avete promesso. Pactio Olisipiensis censenda est!

 
  
  

- Relazione Schwab (A6-0482/2008)

 
  
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  Mairead McGuinness (PPE-DE).(EN) Signor Presidente, sarò estremamente breve. Ho votato a favore della relazione perché tutto ciò che migliora la sicurezza stradale è apprezzabile.

Vorrei inoltre aggiungere che in Irlanda siamo particolarmente preoccupati dalla sicurezza stradale. Durante gli interventi di manutenzione svolti dalle autorità locali abbiamo assistito a strazianti tragedie sulle strade, tema che forse andrebbe analizzato da una prospettiva europea introducendo standard in merito.

 
  
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  James Nicholson (PPE-DE).(EN) Signor Presidente, in primo luogo vorrei complimentarmi per la relazione e ringraziare il relatore per il valido lavoro svolto. Devo ammettere che è molto raro per me essere oggetto di pressioni, in Irlanda del nord, affinché voti a favore di una direttiva dell’Unione, ma questo è stato uno di quei rari casi, e sono stato lieto di aver assistito a una votazione pressoché unanime oggi. Per una volta tornerò nella mia circoscrizione con buone notizie delle quali ha sicuramente bisogno.

Una maggiore sicurezza e proposte più sensate e sensibili dal punto di vista ambientale sono sempre benaccette. A più lungo termine, spero che ciò salverà anche i posti di lavoro esistenti, forse creandone di nuovi in tale ambito, esito che tutti abbiamo modo di apprezzare per quanto concerne l’Europa, poiché imprime una spinta positiva dettata da una filosofia costruttiva anziché bloccare l’economia.

 
  
  

- Relazione Krahmer (A6-0046/2009)

 
  
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  Mairead McGuinness (PPE-DE).(EN) Signor Presidente, con tutta la confusione che si è creata tra fusione e rifusione, questa è una votazione molto difficile per molti parlamentari. Alla fine ho propeso per l’astensione soprattutto alla luce dei miei dubbi per quanto concerne il suolo. La commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale nutre preoccupazioni per quanto concerne la direttiva e la questione va esaminata attentamente. Se abbiamo compiuto progressi negli emendamenti per quel che riguarda le questioni agricole in generale, alla fine ho scelto l’astensione anziché un voto contrario perché la relazione contiene molti elementi a livello di ambiente, produzione di energia ed emissioni in merito ai quali sono favorevole.

 
  
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  Anja Weisgerber (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, apprezzo moltissimo l’elemento centrale della relazione Krahmer, vale a dire la rete di sicurezza europea. Si stabiliscono limiti massimi di emissioni che gli Stati membri sono tenuti a rispettare come soglia massima assoluta nel concedere permessi ai grandi impianti industriali. Vi è poi un quadro di massima cosicché tutto funzioni in maniera flessibile e vi sia parità di condizioni. In questo modo porremo un termine all’uso inflazionistico delle deroghe avvenuto sinora in alcuni Stati membri, il che significa concorrenza in condizioni di parità in tutt’Europa, e così facendo potremo stabilire insieme uno standard elevato a livello europeo.

Devo dire con chiarezza, tuttavia, che sono fortemente contraria ai regolamenti sulla protezione del suolo. Sono infatti del parere che si debba tenere maggiormente conto del principio di sussidiarietà. I regolamenti sulla protezione del suolo non hanno alcun effetto transfrontaliero perché il tema non è transfrontaliero. Continuo dunque a ritenere che gli Stati membri possano regolamentare in autonomia la protezione del proprio suolo.

Qui invece si tenta di sfruttare la direttiva sulla prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento come porta posteriore attraverso la quale introdurre parti della direttiva sulla protezione del suolo, contro la quale ci siamo schierati con successo in passato. Mi duole molto che le mie proposte volte a cancellare i passaggi corrispondenti siano state respinte da una maggioranza molto risicata, in un caso di sei voti soltanto. Ho pertanto deciso di votare contro la relazione nel suo complesso, nonostante il mio grande apprezzamento per la rete di sicurezza europea.

 
  
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  Neena Gill (PSE).(EN) Signor Presidente, non mi soddisfa pienamente la presente relazione né il modo in cui oggi ce ne siamo occupati. Nondimeno voterò a favore perché ritengo che riduca la burocratizzazione. Gli impianti industriali concorrono in maniera significativa alle emissioni inquinanti in Europa, ma l’industria pesante è uno dei volani della nostra economia e deve essere incoraggiata a produrre emissioni più verdi.

Questo è un tema fondamentale per la mia regione, la contea di West Midlands, una delle aree più industrializzate del Regno Unito. L’approccio integrato è benaccetto, ma le norme rigide contenute nella relazione destano preoccupazione, così come mi interessa il fatto che i costi di attuazione non siano tanto gravosi da compromettere le misure concernenti la salvaguardia ambientale.

Abbiamo bisogno di controlli della rete di sicurezza europea e dobbiamo analizzare soluzioni quali lo spandimento di liquami e letami che a mio avviso sarebbero sproporzionate rispetto ai vantaggi ambientali ottenuti.

Costi e oneri amministrativi devono essere commisurati ai benefici ambientali perché in tal caso avremo una situazione vincente su tutti i fronti che aiuterebbe le aziende ad assolvere i propri impegni ambientali, offrirebbe un sostegno notevole nella lotta al cambiamento climatico e creerebbe il potenziale per migliorare le condizioni di salute per giovani e anziani nella mia regione.

 
  
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  James Nicholson (PPE-DE).(EN) Signor Presidente, ho votato contro la relazione perché, pur contenendo elementi indubbiamente positivi, alla fine si è spinta troppo oltre. Sono favorevole alla razionalizzazione dei regolamenti dell’Unione europea, ma non se la situazione diventa più burocratizzata, difficile da gestire e sfavorevole per l’industria.

Il tentativo di introdurre l’agricoltura nella legislazione per me è del tutto inaccettabile. E’ un passo troppo lungo che va rifiutato. Introdurvi la protezione del suolo non è responsabilità del Parlamento europeo né è cosa che possa avvenire per tutta l’Unione europea. La responsabilità spetta ai governi nazionali.

Mi corre dunque l’obbligo di chiedere perché la commissione per l’agricoltura non sia stata consultata su questo specifico tema. Non è possibile introdurre regolamenti distruttivi facendo fallire allevatori di suini e pollame. La verità è che introduciamo regolamentazioni nella Comunità che ne limitano la produzione consentendo importazioni nell’Unione europea che non sono prodotte secondo gli stessi standard vigenti nel nostro territorio. Non posso accettarlo.

 
  
 

 
  
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  Richard Corbett (PSE).(EN) Signor Presidente, vi è stata qualche controversia in merito alla procedura di rifusione, contesto nel quale si è fatto il mio nome. Vorrei in primo luogo sottolineare che la relatrice che ha introdotto la questione nel nostro regolamento interno è stata l’onorevole Renault, non io.

Forse occorre qualche parola di chiarimento in merito alla correttezza dell’operato del presidente del Parlamento. Spesso abbiamo disposizioni che modificano per la quindicesima, la sedicesima o la diciassettesima volta altre disposizioni esistenti, il che inevitabilmente crea molta confusione per coloro che devono avere a che fare con tale legislazione. Abbiamo giustamente intrapreso una procedura per codificare la legislazione trasformandola in un testo unico leggibile e gestibile, situazione che si verifica frequentemente, per cui, poiché la sostanza non cambia, abbiamo semplificato la corrispondente procedura.

Nel caso della rifusione sorge però una difficoltà. Nello specifico, la Commissione formula una proposta secondo cui si dovrebbe modificare un elemento di un pacchetto di normative esistenti e semplicemente codificare il resto mantenendolo invariato. Volontariamente ci siamo limitati a presentare emendamenti concernenti la sostanza soltanto sulla parte che la Commissione propone di modificare, astenendoci dall’usare la codifica della parte restante come occasione per riaprire il dibattito sulla sostanza. Forse invece, come suggerito dai nostri colleghi, avremmo dovuto farlo. Si creerebbe tuttavia un problema secondo il trattato in merito alla linea di demarcazione tra noi e la Commissione per quanto concerne il diritto di iniziativa. Nulla però è accaduto che possa aver dato motivo ai colleghi di lamentarsi dell’operato del presidente. Secondo il nostro regolamento interno vigente, regolamento che ci siamo noi stessi imposti in quanto Parlamento e da noi approvato alla maggioranza assoluta dei membri dell’Aula, è stata seguita la procedura corretta.

 
  
 

 
  
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  Jim Allister (NI).(EN) Signor Presidente, ho votato contro la relazione perché compie un tentativo assolutamente inutile di invischiare l’agricoltura nel pesante fardello di regolamentazioni che essa comporterebbe. Ho incontrato di recente alcuni produttori della mia circoscrizione. Ho visto con i miei stessi occhi tutta la documentazione cartacea che un produttore ha dovuto predisporre perché già soggetto a tali regolamenti. Rabbrividisco al pensiero di ciò che accadrà ai normali produttori di dimensioni modestissime quando anche su di essi graverà questo fardello di norme pesantissimo e totalmente inutile.

Credo che questa relazione ci conduca decisamente nella direzione sbagliata e sono contento perlomeno di essere stato presente alla votazione per potermi esprimere negativamente.

 
  
  

- Relazioni Surján (A6-0111/2009) e Maňka (A6-0057/2009)

 
  
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  Christopher Heaton-Harris (PPE-DE).(EN) Signor Presidente, non ho chiesto di poter rilasciare una dichiarazione di voto sulla relazione Maňka perché intendevo citarla nell’ambito di questa mia dichiarazione, in quanto ambedue le relazioni trattano le modalità con cui il prossimo anno il Parlamento si accosterà al bilancio. Io dopo giugno non sarò più qui. So che l’altro lato della Camera è particolarmente preoccupato dalla questione.

Vorrei dunque richiamare alcune norme di base che sinora in queste relazioni sono state ignorate. Dovremmo valutare quanto denaro investiamo in organizzazioni non governative e agenzie, ambito nel quale attualmente vi sono gravi problemi per quanto concerne il modo in cui viene speso il denaro dei contribuenti europei. Penso per esempio all’Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali, attualmente oggetto di indagine da parte dell’OLAF.

In generale, in un momento di difficoltà e recessione economica, forse dovremmo risolverci ad aprire i cordoni della borsa e restituire più denaro ai vari Tesori, laddove serve disperatamente e la crisi colpisce più duramente. Inoltre, senza dubbio, in questo momento in cui aziende e amministrazioni statali in tutto il mondo stanno prendendo gravi decisioni – a volte irrazionali – in materia di occupazione, dovremmo interrogarci in maniera seria sull’effettiva necessità di avere una doppia sede per il nostro Parlamento e optare risolutamente per una sola.

 
  
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  Koenraad Dillen (NI).(NL) Signor Presidente, ho votato contro la relazione. Sebbene infatti vada accolto con favore il fatto che l’immigrazione illegale e la lotta al terrorismo divengano temi prioritari e finalmente l’Aula esorta la Commissione a seguire da vicino l’uso dei fondi in Kosovo e nei Balcani, ricordando il frettoloso allargamento per includere Bulgaria e Romania, è deplorevole che non si suggerisca alcun intervento in risposta a ciò né si preveda alcun requisito al riguardo.

Per inciso, il mio partito chiede che l’allargamento sia sospeso dopo l’adesione della Croazia. Tornando tuttavia alla relazione, come si è brevemente accennato, perché il Parlamento non si è dato la pena una volta per tutte di domandare l’abolizione di alcune delle organizzazioni non governative e delle agenzie europee superflue che non sono sottoposte ad alcun controllo democratico, spesso interpretano i propri poteri in maniera eccessivamente ampia e chiedono ai contribuenti europei denaro per nulla?

 
  
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  Philip Claeys (NI).(NL) Signor Presidente, è lodevole che il Parlamento sottolinei l’importanza di un equo accesso agli strumenti linguistici per tutti i membri di quest’Aula. Il Parlamento deve diventare veramente plurilingue. Si può sicuramente affermare che le condizioni di lavoro del personale alle dipendenze di contraenti esterni debbano essere in linea con le norme vigenti per quanto concerne le lingue.

D’altro canto, nel capitolo concernente i fabbricati, l’Aula omette di assumere una posizione chiara in merito agli spostamenti mensili a Strasburgo che costano circa 200 milioni di euro all’anno. Questo non trasmette un segnale positivo ai cittadini europei, ai nostri contribuenti, ed è uno dei motivi per i quali ho votato contro la relazione.

 
  
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  Richard Corbett (PSE).(EN) Signor Presidente, per quanto concerne le due votazioni sul bilancio, vorrei sottolineare che molti si stanno ponendo il seguente interrogativo: quale contributo può offrire il bilancio europeo in termini di stimolo fiscale nei momenti di crisi economica? Ebbene la risposta è: assai poco. L’intero bilancio dell’Unione europea ammonta a meno dell’1 per cento del PIL, percentuale che negli ultimi anni è calata. In termini macroeconomici rappresenta dunque un bilancio estremamente esiguo, cosa che molti euroscettici farebbero bene a ricordare.

D’altro canto, in alcuni ambiti, il suo valore strutturale può essere realmente notevole e migliorare progressivamente la struttura dell’economia europea. Nel campo della ricerca e dello sviluppo, per alcuni aspetti della spesa sociale e della spesa dei fondi regionali, possiamo contribuire a preparare la nostra economia alla ripresa.

Sono pertanto lieto che queste dimensioni del bilancio gradualmente rappresentino al suo interno una quota più preponderante, mentre agricoltura e altri settori stanno diminuendo. Ritengo tuttavia che la tendenza vada accelerata e che dobbiamo procedere più rapidamente verso un trasferimento delle risorse nelle aree in cui possono fare veramente la differenza.

 
  
  

- Relazione Schaldemose (A6-0064/2009)

 
  
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  Simon Busuttil (PPE-DE).(MT) Signor Presidente, ho votato a favore della proposta alternativa su questa relazione e mi sono astenuta per quanto concerne la proposta originaria. Non vi è dubbio che l’integrità nel settore del gioco d’azzardo online sia estremamente importante. Dobbiamo garantire che si eviti ogni forma di attività criminale che potrebbe riguardarla. Ciò non significa tuttavia assumere un atteggiamento protezionistico. Occorre sempre ricordare che la libera prestazione di servizi all’interno dell’Unione europea è un principio comunitario di base riconosciuto e, pertanto, dobbiamo astenerci dal ricorrere al protezionismo. Vale inoltre la pena di notare che Internet, visto che parliamo di gioco d’azzardo online, mette già a nostra disposizione una serie di misure di sicurezza sulle quali possiamo basarci, come l’obbligo di registrarsi prima di poter giocare, il rintracciamento di talune attività che per loro natura potrebbero essere fraudolente o l’identificazione delle carte di credito utilizzate. Dobbiamo dunque dire “sì” all’integrità e “no” al protezionismo.

 
  
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  Zuzana Roithová (PPE-DE). (CS) Signor Presidente, onorevoli colleghi, la crescita del gioco d’azzardo online è un fenomeno nuovo che non conosce confini nazionali e ha conseguenze negative con le quali dobbiamo immediatamente confrontarci su una base comunitaria unificata per assicurare una protezione efficace a bambini e giovani. Gli Stati membri devono introdurre quanto prima una serie comune di regolamentazioni in materia di pagamenti, compresi controlli dell’identità e dell’età. La questione fondamentale è ovviamente la prevenzione, ragion per cui vi esorto a vietare a livello comunitario le pubblicità dei giochi d’azzardo rivolte ai giovani, esattamente come abbiamo fatto per alcol e tabacco. Dobbiamo inoltre monitorare gli altri effetti negativi di questo campo dell’industria dell’intrattenimento, tra cui il riciclaggio di denaro e la criminalità organizzata in generale. Infine, per quanto concerne tali ambiti, sono fondamentalmente contraria a un libero mercato.

 
  
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  Carlo Fatuzzo (PPE-DE). – Signor Presidente, sulla relazione sull’integrità del gioco d’azzardo via computer dell’onorevole Schaldemose ero incerto su come votare e perché. Allora ho chiesto un po’ ai miei pensionati. Ho incontrato ieri il pensionato Ugo Rossi, un pensionato artigiano. Mi ha detto: "Ah, il gioco d’azzardo su Internet, ho perso 10 000 euro". Poco dopo ho incontrato una donna pensionata, Lucia Annone. Mi ha detto: "Ma non me ne parlare, questo gioco d’azzardo con il computer, ho perso 100 000 euro". Ma mi sono deciso come votare quando anche mia mamma, di 94 anni, mi ha detto: "Mi avete regalato il computer, ho perso tutta intera la mia pensione del mese di marzo 2009: 450 euro". Eh no, Presidente, a quel punto ho deciso che dovevo – per protesta contro il gioco d’azzardo e perché sia eliminato in tutta Europa – dovevo votare contro questa relazione per questo motivo.

 
  
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  Miroslav Mikolášik (PPE-DE).(EN) Signor Presidente, nel caso del gioco d’azzardo online vi devono essere leggi chiare e inequivocabili che servano a limitare, controllare e rendere conto dei quasi 3 miliardi di euro all’anno di introiti lordi realizzati da questa industria. Tuttavia, secondo l’onorevole Schaldemose, questi 3 miliardi di euro rappresentano soltanto il 5 per cento dell’intero mercato del gioco d’azzardo dell’Unione europea.

Sono dunque ovvie l’importanza e l’influenza del settore, come ovvi sono i suoi pericoli. Il gioco d’azzardo è spesso giustamente associato alla criminalità a livello internazionale, e i circuiti di gioco d’azzardo transfrontalieri, molto più facili da gestire attraverso Internet, mettono a repentaglio le leggi di varie nazioni celando rischi per la sovranità nazionale.

E’ altresì importante notare gli effetti negativi per la salute connessi al gioco d’azzardo. Sono un medico, ragion per cui conosco bene la nocività dell’ossessione e della dipendenza in relazione al gioco d’azzardo, aspetti che il Parlamento europeo non può sottovalutare.

Poiché si tratta di combattere la frode, i comportamenti criminali e le conseguenze economiche e mediche che possono derivare dal gioco d’azzardo online, esorto il Parlamento europeo a votare ripetutamente in futuro per soluzioni sempre migliori.

 
  
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  Christopher Heaton-Harris (PPE-DE).(EN) Signor Presidente, su questa specifica relazione ho votato come l’onorevole Busuttil. Ciò che più mi ha preoccupato sono state le argomentazioni. Le sciocchezze dette nel corso della discussione, basti pensare alle affermazione del collega che ci ha appena lasciati, l’onorevole Fatuzzo, sono state inimmaginabili. E’ insensato dire che, siccome tre anziani hanno perso volontariamente una certa somma, dobbiamo vietare il gioco d’azzardo online in un intero continente.

La discussione ha rivelato molte differenze nazionali, ma non vi è stata affatto onestà. La commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori ha richiesto uno studio che ha dimostrato come il gioco d’azzardo online non abbia effetti più negativi del normale gioco d’azzardo svolto in un luogo gestito da una lotteria nazionale. Una parte era ragionevole, quella riguardante l’equo ritorno alla garanzia dell’integrità nello sport. Ahimè, l’odierna discussione ha indotto i giocatori d’azzardo online e gli organi direttivi sportivi ad allontanarsi ancor più di quanto siano mai stati lontani anziché riunirli per cercare di elaborare insieme una soluzione comune, confermando con ciò la necessità di un consesso nel cui ambito i due gruppi possano incontrarsi e discutere la questione. Purtroppo il Parlamento non è quel luogo.

 
  
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  Syed Kamall (PPE-DE).(EN) Signor Presidente, tutti sappiamo che il gioco d’azzardo è un tema caratterizzato da forti implicazioni emozionali. E’ bastato ascoltare i colleghi che mi hanno preceduto. Vi sono coloro che ritengono che il gioco d’azzardo sia diabolico, per cui chi gioca merita di essere gettato nelle fiamme dell’inferno e perdere tutto il denaro di questa Terra e dell’aldilà. Ovviamente la mia immagine è estremizzata. Se tuttavia analizziamo alcune espressioni linguistiche usate nella relazione, come quelle in riferimento a un settore trasparente che salvaguardi gli interessi del pubblico e dei consumatori, la lotta contro la frode e altri comportamenti criminali, la prevenzione del pregiudizio arrecato al consumatore, vi ritroviamo manifestate, parlando del gioco d’azzardo online, quelle stesse emozioni, sebbene in forma decisamente più pacata.

Consideriamo però l’ipocrisia di questa relazione che parla così negativamente e pregiudizievolmente del gioco d’azzardo senza dire una parola in merito ai monopoli di Stato che si nascondono dietro il linguaggio emozionale per continuare a estromettere concorrenti privati innovativi. Siamo onesti in questa nostra discussione e diciamo come stanno realmente le cose. Tutto ruota intorno alla necessità di mantenere i monopoli di Stato, e sappiamo dove tutto questo porta: è la via della schiavitù.

 
  
  

- Relazione Petre (A6-0088/2009)

 
  
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  Jim Allister (NI).(EN) Signor Presidente, il cibo di qualità non è un’aspirazione in Europa: deve continuare a essere una realtà. La sua produzione, tuttavia, richiede un ritorno equo e concorrenziale. I nostri produttori agricoli devono essere in grado di guadagnare abbastanza per coprire il costo aggiuntivo generato dai requisiti vigenti nell’Unione in materia di sicurezza alimentare, benessere degli animali e ambiente. Di fronte a importazioni più economiche di qualità inferiore, spesso il vantaggio concorrenziale che la qualità dovrebbe offrire non basta, da cui il ruolo che i fondi della PAC sono chiamati a svolgere preservando la competitività dei nostri produttori. Questa deve essere la contropartita per far fronte ai costi elevati imposti dalla regolamentazione comunitaria.

Deploro altresì il continuo sfruttamento dei produttori da parte dei principali distributori che dominano i mercati alimentari europei. L’abuso della loro posizione dominante prosegue, mentre ogni occasione è buona per sfruttare i produttori costretti al punto di dover pagare le loro promozioni.

 
  
  

- Relazione Evans (A6-0011/2009)

 
  
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  Syed Kamall (PPE-DE).(EN) Signor Presidente, la ringrazio per avermi offerto l’opportunità di spiegare il mio voto. Forse non sorprende che io abbia votato a favore di questa relazione, dato che l’autore è un mio eccellente collega britannico conservatore.

Ciò che dobbiamo temere in questi momenti di difficoltà economiche è l’esortazione a un accresciuto protezionismo, l’invito a sospendere le normali disposizioni applicate in materia di concorrenza e gli aiuti di Stato. Esortazioni del genere provengono dal presidente Sarkozy, il quale asserisce che il denaro dei contribuenti dovrebbe essere usato per tutelare l’industria automobilistica francese. Pacchetti analoghi sono utilizzati in America. Ho trovato molto eloquente una pubblicità che ho visto l’altro giorno su una rivista americana sponsorizzata dalle case automobilistiche americane che suonava grossomodo così: “Non avete voluto comprare le nostre auto. Allora attingeremo denaro dal vostro gettito fiscale per garantire la sopravvivenza delle nostre aziende”. A questo siamo apparentemente arrivati. Poiché le aziende non sono state in grado di fornire prodotti e servizi che i consumatori volevano acquistare, si vorrebbero accantonare le norme in materia di aiuti di Stato per sostenere imprese che a lungo termine non sono in grado di sopravvivere. Capiamo l’importanza dei posti di lavoro, ma accertiamoci che le decisioni economiche che prendiamo siano corrette.

 
  
  

- Relazione Herczog (A6-0074/2009)

 
  
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  Zuzana Roithová (PPE-DE). (CS) Signor Presidente, le piccole e medie imprese, pur non essendo purtroppo la struttura portante dell’economia, soprattutto negli nuovi Stati membri, rappresentano la speranza di un certo grado di sicurezza dell’occupazione. Ovviamente abbiamo bisogno di leggi più flessibili in materia di occupazione in maniera che le piccole imprese possano reagire con flessibilità alle nuove esigenze e gratificare più agevolmente gli specialisti, in linea con i nuovi obiettivi. Parimenti dobbiamo semplificare la costituzione delle imprese, ma anche la loro liquidazione. E, aspetto più importante, è anche necessario poter accedere più facilmente non solo al credito, ma anche a prelievi di risorse finanziarie da fondi europei. Tutto questo lo sappiamo. Negli ultimi cinque anni abbiamo lavorato molto qui, al Parlamento europeo. Spetta tuttavia agli Stati membri considerare seriamente questi elementi e tradurli nel concreto anziché limitarsi a parlarne. Adesso, in un momento di crisi, è chiarissimo ciò che è stato trascurato in tale ambito, specialmente nei nuovi Stati membri. Ho votato a favore della relazione Herczog, ma l’intero esercizio è inutile se gli Stati membri non sono disposti a cimentarsi con i suoi risultati.

 
  
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  Milan Gaľa (PPE-DE). (SK) Signor Presidente, ho votato a favore della relazione Herczog. Abbiamo 23 milioni di piccole e medie imprese nell’Unione europea che rappresentano ben il 99 per cento di tutte le imprese e danno lavoro a oltre 100 milioni di cittadini europei. Nell’attuale momento di crisi, esse svolgono un ruolo fondamentale a livello di crescita economica, coesione sociale e, soprattutto, creazione di posti di lavoro. Le piccole e medie imprese sono dinamiche e hanno grandi capacità di innovazione e sviluppo, oltre a offrire un contributo significativo all’attuazione degli obiettivi di Lisbona.

Credito e prestiti sono le principali fonti di finanziamento per le piccole e medie imprese in Europa. Il fatto che esse siano generalmente considerate più rischiose rende loro difficile l’accesso ai fondi. E’ dunque necessario creare soprattutto condizioni favorevoli affinché le piccole e medie imprese possano ottenere finanziamenti, sia attraverso prestiti, sia attraverso fondi europei, garantendo in tal modo la sostenibilità a lungo termine delle loro attività commerciali.

 
  
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  Neena Gill (PSE).(EN) Signor Presidente, ho appoggiato la relazione perché, come si è detto, le piccole e medie imprese sono la struttura portante dell’economia. I piani di molti Stati membri per la ripresa economica sottolinenano il ruolo importante che le piccole imprese possono svolgere per farci superare l’attuale crisi.

Il 99,2 per cento delle imprese della mia regione occupa meno di 49 addetti. La contea di West Midlands ha la percentuale più elevata di piccole imprese di tutte le regioni del Regno Unito. A condizione che si tengano nella debita considerazione le competenze degli Stati membri in ambiti quali i diritti della contrattazione collettiva, la presente relazione ci consentirà di compiere grandi passi verso la certezza di pensare tutti prima alle piccole imprese.

Apprezzo in particolare l’accento posto dalla relazione sulle difficoltà con le quali le piccole imprese si confrontano nell’accesso al credito, al tempo e alle risorse per l’istruzione e la formazione, oltre che – aspetto più importante – la ricerca. Per le piccole imprese le frontiere nazionali sono sempre più irrilevanti poiché sempre più collaborano con partner in tutta Europa. Dobbiamo però tutelarle quando intraprendono attività transfrontaliere adottando misure come quelle previste dalla mia relazione sul recupero delle attività dei debitori.

L’Unione è anche chiamata a svolgere un ruolo fondamentale per garantire che le piccole e medie imprese abbiano accesso a finanziamenti, il che significa che dovremmo garantire la disponibilità del microcredito non bancario utilizzando fondi strutturali e sviluppando istituti di microcredito senza attingere dal denaro dei contribuenti, un’iniziativa che può piegare la disoccupazione e rilanciare la nostra economia.

 
  
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  Gary Titley (PSE).(EN) Signor Presidente, accolgo con favore la presente relazione nei confronti della quale formulo soltanto una o due piccole riserve. La collega onorevole Gill ha appena ricordato quanto siano importanti le piccole imprese per l’economia e in che misura su di esse attualmente gravino le difficoltà della crisi. Il problema è che l’Unione europea è interamente strutturata per le grandi aziende, che si tratti di legislazione, accesso ai mercati o finanziamenti.

Spesso parliamo di una migliore regolamentazione, ma ciò che ci occorre veramente è la proporzionalità. Dobbiamo garantire che la nostra legislazione sia commisurata ai problemi che affrontiamo, specialmente nel campo della prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento di cui abbiamo parlato oggi. Tutto riguarda le grandi imprese, non per le piccole, e di questo dovremmo tener conto.

Apprezzo iniziative come JASMINE che, a mio parere, ci conducono nella giusta direzione, ma dobbiamo pensare in termini di finanziamento, accesso ai mercati e legislazione, oltre che alle esigenze specifiche delle piccole imprese.

Permettetemi di formulare uno specifico appello: abbiamo un mercato unico, ma non abbiamo un brevetto comunitario unico. Da anni ne parliamo ed è veramente un peccato che non sia possibile risolvere la questione. Un brevetto del genere potrebbe già in sé essere il più grande aiuto per le imprese nell’Unione europea. Adoperiamoci in tal senso.

 
  
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  Christopher Heaton-Harris (PPE-DE).(EN) Signor Presidente, vorrei ringraziare gli interpreti per non averci abbandonati per andare a pranzare, a differenza dell’onorevole Beazley che ci ha lasciati già da parecchio tempo.

Vorrei spiegare che far parte di un grande gruppo non è esattamente come sembra. E’ molto difficile ottenere un tempo di parola in alcuni dibattiti importanti se non si condividono gli orientamenti del gruppo senza compromettere drammaticamente la propria posizione o accattivarsi le grazie in interminabili, noiose, obnubilanti riunioni, e per questo, per quelli come me, le dichiarazioni di voto sono importantissime.

Presumo che, in termini generali, dovrei apprezzare la legge sulle piccole imprese o perlomeno qualunque tentativo di riconoscere le esigenze delle piccole imprese. E’ stata infatti soprattutto la cattiva regolamentazione in vigore all’epoca in cui io stesso gestivo la mia piccola impresa a indurmi a entrare in politica, non foss’altro che per cercare di cambiare un elemento specifico.

Sono però certo che qualunque regolamentazione promulgata a livello comunitario sicuramente moltiplicherà le piccole imprese. Al momento ciò che accade, purtroppo, è che le grandi imprese, soggette a una regolamentazione comunitaria sempre più pressante, si trasformano gradualmente in piccole imprese con meno addetti perché a causa di tale regolamentazione riducono il loro volume d’affari e trasferiscono posti di lavoro fuori dal nostro continente. In quest’Aula, pertanto, dobbiamo stare attenti a incentivare i singoli ad avviare nuove imprese anziché incoraggiare il trasferimento di posti di lavoro da un continente all’altro solo perché, a causa della nostra regolamentazione, in Europa non sopravvivrebbero.

 
  
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  Syed Kamall (PPE-DE).(EN) Signor Presidente, come il collega che mi ha preceduto, anch’io vorrei ringraziare tutti gli interpreti per aver ascoltato i nostri interventi. Sono certo che siano per loro molto meno piacevoli di quanto lo sono per noi.

Due miei slogan personali, per motivi forse non così evidenti sono, “piccolo è bello” e “le dimensioni non contano”. Io rappresento Londra, che ritengo sia la città più grande del mondo e la capitale del più grande paese del mondo. Anche se non abbiamo più le nostre ciminiere, siamo pieni di piccole imprese innovative nel settore creativo e nel campo della moda, che creano continuamente posti di lavoro in un campo in cui vi è crescita reale.

Come ha rammentato il collega prima di me, molta regolamentazione europea asseritamente volta ad aiutare le imprese alquanto spesso è frutto di pressioni esercitate dalle grandi organizzazioni che vogliono estromettere le piccole. Qualche anno fa ho cenato con un dirigente di una nota grande società, il quale mi ha parlato delle piccole imprese definendole “parassite”, proprio il tipo di atteggiamento contro il quale dobbiamo combattere, così come dobbiamo aiutare le piccole imprese non solo in materia di appalti pubblici e concorrenza con le grandi aziende, ma anche per quanto concerne il credito, specialmente in momenti di crisi come questo in cui è carente, per far sì che le attività redditizie continuino a crescere e creare ricchezza e posti di lavoro nell’Unione europea.

 
  
  

Dichiarazioni di voto scritte

 
  
  

- Relazione Costa (A6-0049/2009)

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Signor Presidente. Esprimo il mio voto favorevole alla relazione dell’onorevole Costa sulla modifica di alcune disposizioni degli accordi bilaterali in vigore relativi ai servizi aerei tra gli Stati membri e la Repubblica di Armenia. Trovo opportuno inserire una clausola di designazione al fine di evitare discriminazioni tra i vettori comunitari e quelli dello Spazio economico europeo e della Svizzera. Inoltre, sostengo la modifica, inserita nell’articolo 5, relativa alle tariffe di trasporto aereo, in base alla quale i trasporti interamente effettuati nello spazio della Comunità europea debbano essere soggetti alla legislazione della stessa Comunità europea. Credo che tali modifiche vadano a vantaggio delle imprese operanti nel settore aereo e anche dei cittadini, tramite uno snellimento burocratico delle procedure e la risoluzione dei conflitti legislativi che normalmente si verificano nei casi di compresenza di regolamenti interni alla Comunità e accordi bilaterali.

 
  
  

- Relazione Costa (A6-0059/2009)

 
  
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  Glyn Ford (PSE), per iscritto. – (EN) Mi rendo conto che la relazione Costa tratta aspetti tecnici dei servizi aerei tra l’Unione e Israele. Nondimeno ho votato contro per dare un segno della mia protesta nei confronti delle azioni oltraggiose compiute dal governo israeliano a Gaza, per quanto non vi siano giustificazioni possibili agli attacchi missilistici contro gli insediamenti israeliani orchestrati dai militanti di Hamas e una reazione israeliana sia del tutto comprensibile.

Il problema è che la recente invasione di Gaza è stata assolutamente spropositata e largamente indiscriminata, con un numero di vittime tra uomini, donne e bambini palestinesi innocenti cento volte superiore a quello registrato dall’esercito israeliano.

 
  
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  Bogusław Liberadzki (PSE), per iscritto. – (PL) Voto a favore della relazione concernente l’accordo tra la Comunità europea e lo Stato di Israele su alcuni aspetti dei servizi aerei. Concordo con la proposta del relatore secondo cui l’accordo deve essere firmato.

Ritengo che gli emendamenti riguardanti le clausole di designazione, la tassazione del carburante per gli aeromobili e la fissazione delle tariffe siano appropriati in relazione agli accordi bilaterali attualmente in vigore. Spero che basarsi sulla reciproca fiducia nei sistemi delle due parti contribuisca all’attuazione dell’accordo.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Signor Presidente, esprimo il mio voto favorevole alla relazione dell’onorevole Costa sull’accordo tra Comunità europea e Israele su alcuni aspetti relativi ai servizi aerei. Concordo con il relatore nel ritenere che sia opportuno incentivare la cooperazione economica con lo Stato di Israele in taluni servizi, come quello aereo, non solo per una questione di reciproci vantaggi ma di esternalità positive per tutta l’area circostante. Io stesso sono relatore della relazione sullo sviluppo di uno spazio aereo comune con Israele, nel quadro della proposta della Commissione relativa ad un accordo globale nel settore dell’aviazione con questo importante partner dell’Unione europea in Medio Oriente e nel contesto della politica europea di vicinato e uno dei principali partner commerciali nell’area Euromed.

Inoltre, Israele è da lungo tempo parte dell’Organizzazione internazionale dell’Aviazione civile, ne rispetta gli obblighi e adotta politiche coerenti con la regolamentazione internazionale in tale ambito, soprattutto in materia di sicurezza e di protezione ma anche di tutela dell’ambiente e di trattamento sociale dei dipendenti delle compagnie aeree: tutto ciò rende opportuno realizzare il suddetto accordo globale a livello comunitario, pur ponendo grande attenzione alle conseguenze ambientali del traffico crescente e alla parità di condizioni di accesso.

 
  
  

- Relazione Borrell Fontelles (A6-0073/2009)

 
  
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  Călin Cătălin Chiriţă (PPE-DE), per iscritto. – (RO) Ho votato a favore protocollo addizionale dell’accordo tra la Comunità europea e la Repubblica sudafricana volto a tener conto dell’adesione della Bulgaria e della Romania all’Unione europea.

A seguito dell’adesione della Romania e della Bulgaria all’Unione europea, il Parlamento europeo darà il proprio consenso alla proposta di decisione del Consiglio relativa alla conclusione del protocollo addizionale dell’accordo sugli scambi, lo sviluppo e la cooperazione tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da un lato, e la Repubblica sudafricana, dall’altro, per tener conto dell’adesione della Repubblica di Bulgaria e della Romania all’Unione europea.

Ritengo particolarmente importante che tutti gli accordi firmati dall’Unione con paesi terzi includano la Romania come Stato membro. La Romania è un membro della famiglia europea a pieno titolo e deve essere inclusa in tutti i documenti che riguardano l’Unione. La Romania deve avere tutti i diritti e gli obblighi di uno Stato membro della Comunità.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Egregio Presidente, onorevoli colleghi, mi astengo dalla votazione per quanto riguarda la relazione presentata dal collega Borrell Fontelles sul protocollo addizionale all’accordo CE/Sudafrica per tener conto dell’adesione della Bulgaria e della Romania all’UE. Ritengo, infatti, di non essere totalmente d’accordo con il lavoro svolto dal mio collega.

 
  
  

- Relazione Hennis-Plasschaert (A6-0061/2009)

 
  
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  Alessandro Battilocchio (PSE), per iscritto. − Grazie Presidente. Dall’applicazione del trattato di Schengen sono stati fatti molti passi in avanti. Il trattato ha radicalmente cambiato la vita di molti europei portando alla ribalta una nuova idea di gestione delle frontiere.

Nel 2002 ha preso avvio la nuova fase dedicata alla gestione integrata delle frontiere, che ha portato alla realizzazione di un corpus legislativo comune, un sistema comune di concertazione, di cooperazione operativa, una valutazione comune ed integrata dei rischi, personale formato e una ripartizione degli oneri fra gli stati membri nella prospettiva di un Corpo europeo di guardie di frontiera.

Oggi che questa fase può dirsi conclusa è ora di guardare avanti per ottenere una gestione delle frontiere realmente integrata, per realizzare il duplice obiettivo di migliorare la sicurezza e facilitare le procedure di viaggio per i cittadini dei Paesi terzi. A tal fine mi dichiaro favorevole alle proposte che la Commissione ha presentato al Parlamento, molte delle quali già affrontate nella mia relazione sul codice comunitario relativo al regime di attraversamento delle frontiere. In questo frangente appare inevitabile proseguire in questo percorso, dando il nostro parere positivo alla creazione di un sistema di registrazione degli ingressi/uscite, facilitando l’attraversamento delle frontiere per i viaggiatori e l’introduzione di un sistema elettronico di autorizzazione di viaggio.

 
  
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  Carlos Coelho (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Gli Stati membri sono ancora responsabili del controllo delle rispettive frontiere, ma soltanto un accordo generale e una politica comune ci consentiranno di raccogliere le sfide fondamentali della gestione delle frontiere e dei flussi migratori.

Uno spazio senza frontiere interne non può funzionare senza una condivisione della responsabilità e una solidarietà nella gestione delle sue frontiere esterne. Il motivo principale per farlo non va mai dimenticato: le frontiere esterne dell’Unione europea sono attraversate ogni anno da più di 300 milioni di viaggiatori.

Una gestione delle frontiere realmente integrata deve puntare fondamentalmente a due obiettivi: garantire la sicurezza e agevolare l’attraversamento delle frontiere da parte di coloro che intendono entrare legalmente e per motivi legittimi.

Non possiamo tuttavia continuare ad adottare nuove iniziative distinte senza una visione generale completa della strategia comunitaria in materia. Parimenti importante è valutare i sistemi esistenti in maniera da ponderare dove vi è la reale esigenza di creare nuovi strumenti, nonché il loro costo e la loro sostenibilità, affidabilità e interoperatività, valutando peraltro se si sta tenendo nella debita considerazione la tutela dei diritti fondamentali del singolo.

 
  
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  Gérard Deprez (ALDE), per iscritto. – (FR) Sostengo la relazione dell’onorevole Hennis-Plasschaert sui passi successivi da intraprendere per la gestione delle frontiere nell’Unione europea.

Di fronte alla sfida posta dalla necessità di rafforzare la sicurezza interna agevolando nel contempo gli spostamenti per i cittadini di paesi terzi, la Commissione ha proposto tre soluzioni: registrazione in ingresso e in uscita, essenzialmente al fine di affrontare il fenomeno della permanenza oltre il termine di scadenza del visto, facilitazione dell’attraversamento delle frontiere per i viaggiatori in buona fede e introduzione di un sistema elettronico di autorizzazione di viaggio sulla falsariga del sistema esistente da gennaio negli Stati Uniti. In merito a quest’ultimo punto vorrei sottolineare l’importanza di uno studio condotto dalla Commissione a livello di politica per analizzare l’efficacia, l’impatto e la fattibilità pratica di un siffatto sistema: abbiamo bisogno di poter accedere a una valutazione oggettiva della sua utilità e del suo valore aggiunto reale, non presunto.

Non dobbiamo dimenticare che vi sono due prerequisiti all’introduzione di questo impressionante strumento: occorre accelerare l’attuazione di SIS II per consentire il controllo biometrico dei passaporti e dei visti ed è necessario esaminare l’impatto del sistema sulla protezione dei dati personali per garantire che la misura sia proporzionata.

 
  
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  Carl Lang (NI), per iscritto. – (FR) Un evento così raro merita di essere sottolineato. Questa relazione di propria iniziativa sul futuro della gestione delle frontiere esterne dell’Unione europea è un documento ragionevole e in un certo senso realista nel proporre come un primo passo per riesaminare la gestione delle frontiere nell’Unione europea un’analisi critica approfondita del funzionamento e dell’efficacia dei sistemi esistenti e della loro interazione.

Senza cadere nell’ingenuità, possiamo essere ottimisti: forse ci sarà un dibattito.

A titolo aneddotico, per comprendere meglio l’atteggiamento mentale degli autori del testo, cito due passaggi.

Il primo riconosce, come è vero, che “il conseguimento di un equilibrio tra garantire la libera circolazione di un numero sempre più elevato di persone alle frontiere e assicurare ai cittadini europei maggiore sicurezza costituisce un compito arduo…”. Altrove leggiamo tuttavia che “le misure intese a rafforzare la sicurezza alle frontiere devono proseguire di pari passo con l’agevolazione dei flussi di viaggiatori e con la promozione della mobilità in un mondo sempre più globalizzato”.

Questo livello di schizofrenia è superiore alle nostre capacità.

 
  
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  Roselyne Lefrançois (PSE), per iscritto. – (FR) Sin dall’inizio in veste di relatrice ombra per il gruppo PSE per questa relazione ho avuto serie riserve in merito all’utilità e all’efficacia del sistema di ingresso/uscita citato nella comunicazione della Commissione. Attuare un siffatto sistema, che si ispira direttamente al programma “US-VISIT”, significherebbe effettuare ingenti investimenti soltanto per ottenere forse risultati molto incerti nel campo della lotta all’immigrazione illegale e alla criminalità. Questo è quanto dimostra in ogni caso l’esperimento americano.

Inoltre, secondo me, le misure previste, che si basano sulla raccolta massiccia di dati personali, creano rischi per la tutela della privacy, parere condiviso dal Garante europeo della protezione dei dati.

L’adozione di una serie di emendamenti, volti a mettere in luce dubbi in merito alla necessità e alla proporzionalità del sistema e criticare la cultura del sospetto che sempre più pervade le decisioni relative alla gestione delle frontiere esterne, mi hanno indotto ad avallare la relazione in plenaria.

In un momento in cui l’economia globale è profondamente in crisi, vi sono senza dubbio altre priorità per il bilancio europeo.

 
  
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  Marian-Jean Marinescu (PPE-DE), per iscritto. – (RO) La relazione di propria iniziativa sulla gestione delle frontiere dell’Unione europea è importante perché fungerà da guida per la legislazione che sarà proposta a livello comunitario nel 2009. In veste di relatrice per il gruppo PPE-DE, ritengo che il testo debba fornire un sostegno più chiaro per preparare le fasi successive della gestione integrata delle frontiere.

Il merito al sistema di ingresso/uscita per l’Unione europea, parte dei dati necessari per creare tale sistema sono già stati raccolti da sistemi come VIS, SIS ed EURODAC. La Commissione deve gestire l’interconnessione di tali sistemi e ampliarne la funzionalità in maniera da razionalizzare i costi.

La possibilità che i cittadini europei utilizzino varchi automatizzati nell’ambito del programma per viaggiatori in buona fede registrati è benaccetta in quanto contribuirà a snellire i flussi di viaggiatori evitando congestionamenti. Tuttavia, ho suggerito di modificare l’espressione “in buona fede” adottando quella di “viaggiatori frequenti” per evitare che i restanti siano considerati “ad alto rischio”.

Creare un sistema elettronico di autorizzazione di viaggio non è finanziariamente giustificato. Per questo ho proposto di sostituirvi l’uso obbligatorio di passaporti biometrici da parte di cittadini di paesi terzi che non hanno bisogno di un visto per l’ingresso nell’Unione europea.

Per conseguire gli obiettivi strategici dell’Unione, la Commissione non dovrebbe iniziare a sviluppare da zero nuovi strumenti finché quelli esistenti non sono pienamente operativi e affidabili.

 
  
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  Alexandru Nazare (PPE-DE), per iscritto. – (RO) La sicurezza delle frontiere esterne è un ambito che non è stato sufficientemente analizzato né da noi come Parlamento europeo né da altre istituzioni comunitarie. Ho appoggiato la relazione perché credo fermamente che l’importanza di una migliore identificazione dei cittadini di paesi terzi consista non tanto nel fatto che terrà lontane persone alle quali non va concessa la possibilità di accesso, bensì nel fatto che agevolerà l’accesso a chi viaggia legittimamente.

Tra le tante osservazioni e raccomandazioni necessarie formulate nella relazione, vorrei soffermarmi in particolare sull’importanza di una visione generale per la gestione delle frontiere. Anche se al momento altre priorità stanno determinando cambiamenti istituzionali all’interno dell’Unione europea, è sempre più essenziale per noi integrare i numerosi programmi per le frontiere, proposti o esistenti, per evitare inutili costi e duplicazioni.

Vorrei inoltre sottolineare l’importanza di coordinare questo potenziale piano con l’esperienza e gli obiettivi dello spazio di Schengen, che è l’esempio più chiaro del tipo di spazio aperto che noi tutti vogliamo in Europa. Non ci occorrono procedure temporanee, tanto meno una serie di meccanismi reciprocamente incompatibili.

 
  
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  Nicolae Vlad Popa (PPE-DE), per iscritto. – (RO) Ho votato a favore della relazione perché ritengo che abolire i controlli alle frontiere interne dell’Unione europea rappresenti un passo fondamentale nel processo di integrazione europea, ma comporti anche nuovi problemi dei quali dobbiamo tenere conto.

Apprezzo l’iniziativa assunta dal Consiglio nel preparare proposte legislative per il biennio 2009-2010 in merito all’introduzione di un sistema di ingresso/uscita, un programma per viaggiatori registrati (RTP) e un sistema elettronico di autorizzazione di viaggio (ESTA). Benché ritenga che tali programmi debbano essere attuati quanto prima e funzionare nella maniera più efficiente possibile, occorre predisporli adeguatamente.

Il funzionamento corretto del sistema di ingresso/uscita dipenderà sia dal punto di vista operativo sia da quello delle attrezzature dalla riuscita dei sistemi VIS, SIS II ed EURODAC. Credo che sia assolutamente fondamentale elaborare una visione generale completa che definisca il quadro di massima della strategia dell’Unione in materia di frontiere e garantisca il coordinamento e la cooperazione tra i vari sistemi e le diverse autorità responsabili in tale ambito.

Dobbiamo inoltre considerare l’esperienza maturata in questo campo dagli Stati Uniti. Concordo con l’autrice nell’affermare che da un punto di vista tecnico un programma come US-VISIT potrebbe funzionare e che, pertanto, non è per definizione un ostacolo al normale flusso di viaggiatori.

 
  
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  Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Un sistema giuridico vulnerabile alla frode, difficile da imporre e spesso non messo in pratica è un invito a violare, se non semplicemente ignorare, la legge. Tenuto conto delle informazioni disponibili, saremmo portati a credere che questa è una delle difficoltà della diversa legislazione europea in materia di immigrazione. E’ noto infatti che l’effetto dissuasivo di una legge dipende più dalla probabilità della sua applicazione che dalle sanzioni che comporta. Tali preoccupazioni implicano il riconoscimento della necessità che le autorità europee collaborino all’applicazione della legislazione esistente e cerchino anche di adeguare il quadro giuridico alla realtà descritta in varie relazioni.

Infine, nel nome sia della solidarietà sia di una giustizia equa, va sottolineato che occorre tenere presente l’onere che la gestione delle frontiere esterne rappresenta per gli Stati membri interessati.

 
  
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  Bogusław Rogalski (UEN), per iscritto. – (PL) Ho votato a favore della relazione sulle prossime fasi della gestione delle frontiere nell’Unione europea. Vorrei tuttavia richiamare l’attenzione su una serie di aspetti importanti che in futuro dovrebbero essere tenuti in considerazione.

Uno spazio senza frontiere interne non funzionerà se non viene attribuita alcuna responsabilità della gestione di tali frontiere. Rafforzare la sicurezza delle frontiere, che dovrebbe procedere di pari passo con il miglioramento della libera circolazione delle persone in un’Europa sempre più unificata, è un elemento importante in tale ambito. L’obiettivo ultimo, però, dovrebbe essere la ricerca di un equilibrio tra la necessità di garantire la libera circolazione delle persone e il rafforzamento della sicurezza per i cittadini europei.

L’elemento chiave dovrebbe essere un approccio basato sull’obiettivo di tutelare la privacy in maniera che i dati personali dei viaggiatori non vengano utilizzati impropriamente e gli stessi viaggiatori abbiano fiducia nelle autorità che li detengono. L’uso dei dati personali è utile per la sicurezza pubblica. Non dimentichiamo però che la fiducia del pubblico nelle attività delle autorità deve costituire il fondamento di qualunque attività legislativa in tale ambito. Per conseguire tale scopo, i dati personali devono essere rigorosamente tutelati e adeguatamente supervisionati.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Signor Presidente. Intendo sostenere la relazione della collega Hennis-Plasschaert sull’importante questione del percorso futuro nella gestione delle frontiere nell’Unione europea e sulle analoghe esperienze nei paesi terzi. Mi associo alla relatrice nel ritenere che sia fondamentale procedere alla valutazione e all’analisi delle misure esistenti in ambito di gestione delle frontiere prima di procedere all’investimento di ulteriori risorse e allo sviluppo dei sistemi che la Commissione sembra voler privilegiare, quali quello di ingresso/uscita per tutti i cittadini di paesi terzi, un programma per i viaggiatori registrati aperto anche ad essi (RTP) e un quadro per lo sviluppo di regimi locali per viaggiatori registrati e controlli di frontiera automatizzati. Tali procedimenti hanno grandi potenzialità ma bisogna sottolineare, e per questo mi compiaccio del lavoro della collega, il fatto che vada data assoluta priorità alla garanzia di protezione dei dati personali e allo sviluppo delle tecnologie il meno possibile invasive dal punto di vista della riservatezza dei soggetti, non tralasciando, da ultimo, un’approfondita analisi costi-benefici.

 
  
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  Daciana Octavia Sârbu (PSE), per iscritto. – (RO) Ricordando l’importanza della libera circolazione nell’ambito del progetto europeo, lo scopo delle misure adottate negli anni è stato agevolare i controlli alle frontiere interne. Contraltare di tali passi, però, devono essere misure che rafforzano i controlli alle frontiere esterne.

In una situazione in cui, per esempio nel 2006, nell’Unione europea si sono registrati ben 8 milioni di immigranti illegali, ritengo che l’iniziativa intrapresa dalla Commissione di introdurre un sistema di ingresso/uscita, un programma per viaggiatori registrati e un sistema elettronico di autorizzazione di viaggio negli anni 2012-2015 sia indispensabile. Uno spazio europeo senza frontiere, trasformato da auspicio a realtà, può funzionare soltanto se presupponiamo una responsabilità comune se dimostriamo solidarietà nella gestione delle frontiere esterne, compito per il quale gli Stati membri alle frontiere dell’Unione, tra cui la Romania, svolgeranno un ruolo fondamentale.

Non dobbiamo però perdere di vista il fatto che già disponiamo di sistemi di protezione delle frontiere, come EUROSUR e FRONTEX. E’ pertanto fondamentale in termini di funzionalità valutare in che misura la nuova iniziativa possa integrarli senza rischi di duplicazioni. La nostra attenzione, inoltre, deve costantemente rivolgersi al rispetto del diritto alla privacy del singolo, nonché allo sviluppo di nuove tecnologie meno invasive.

 
  
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  Daniel Strož (GUE/NGL), per iscritto. – (CS) Vorrei dire in primo luogo che sono in completo disaccordo con una delle conclusioni principali della relazione, ossia che l’abolizione dei controlli alle frontiere interne dell’Unione europea è uno dei più grandi successi dell’integrazione comunitaria. L’abolizione dei controlli alle frontiere è soltanto una conseguenza inevitabile del progetto neoliberale dell’Unione e del suo interesse vitale per la libera circolazione di capitali, prodotti e persone (in altre parole, lavoratori). L’Unione dovrebbe ottenere successi innanzi tutto nel campo della pace e della politica sociale, dove invece purtroppo, come è ovvio, sono sempre troppo pochi.

La relazione dà anche per scontato che a livello di amministrazione delle frontiere esterne dell’Unione debba copiare i sistemi introdotti negli Stati Uniti, il che è semplicemente impossibile; basti pensare alla “cortina di ferro” innegabile, tangibile, forzatamente imposta, tra gli Stati Uniti e il Messico. Per quel che riguarda le frontiere esterne dell’Unione, vorrei infine sottolineare che il recente passato in Europa ha chiaramente dimostrato come i problemi politici e sociali non possano essere risolti attraverso misure di routine o polizia.

 
  
  

- Relazione Lehne (A6-0040/2009)

 
  
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  Jan Andersson, Göran Färm, Anna Hedh, Inger Segelström e Åsa Westlund (PSE), per iscritto. − (SV) Nella dichiarazione di voto noi rappresentanti del gruppo PSE intendiamo spiegare perché abbiamo scelto di votare a favore della relazione Lehne sul trasferimento transfrontaliero della sede legale di una società ritenendo che essa costituisca un’integrazione importante della relazione Lehne sullo statuto di una società privata europea.

Crediamo infatti che la mancanza di una serie comune di disposizioni per il trasferimento della sede sociale crei problemi per le società che intendono operare un trasferimento transfrontaliero all’interno del mercato interno perché attualmente sono obbligate a liquidare la società, e dunque scioglierla, per poterne trasferire la sede. Riteniamo inoltre valido che il Parlamento europeo proponga che il trasferimento di una sede legale non debba comportare l’elusione di disposizioni legali, sociali o fiscali. Apprezziamo inoltre il fatto che il Parlamento europeo sottolinei come il trasferimento della sede sociale debba essere fiscalmente neutro.

Non concordiamo però con tutte le conclusioni della commissione per quanto concerne le discussioni della relazione. Non siamo d’accordo, per esempio, con la formulazione del considerando G nel quale si afferma che il Parlamento europeo non può promulgare una legislazione che contrasti con la giurisprudenza della Corte di giustizia. Vorremmo infatti sottolineare che spetta al Parlamento europeo, unitamente al Consiglio, formulare una legge ed è poi compito della Corte di giustizia interpretarla, non il contrario. Vorremmo infine che dalla relazione si cancellasse la frase “il Parlamento europeo sottolinea gli effetti positivi che la concorrenza fiscale produce sulla crescita economica nel contesto della strategia di Lisbona”.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, voto contro la relazione presentata dal collega Lehne, inerente al trasferimento transfrontaliero della sede legale delle società. Difatti, penso che la migrazione transfrontaliera delle società non sia da considerare come uno degli elementi cruciali del completamento del mercato interno, ma, come spesso succede, come una via per aggirare le legislazioni nazionali in merito a diverse questioni (non ultima quella fiscale). Pertanto, sono contrario a questa relazione perché c’è il rischio, reale, che il trasferimento transfrontaliero della sede sociale aggiri i requisiti giuridici, sociali e fiscali dell’Unione Europea.

 
  
  

- Relazione Catania (A6-0050/2009)

 
  
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  Adam Bielan (UEN), per iscritto. – (PL) Ho appoggiato la relazione dell’onorevole Catania. A mio parere, dobbiamo rivedere la convenzione di Dublino in maniera che la decisione del paese responsabile dell’esame di una richiesta di asilo tenga conto delle esigenze specifiche del richiedente, così come è necessario sottolineare l’importanza di integrare i richiedenti asilo nel loro nuovo ambiente e garantire che venga offerta loro l’opportunità di apprendere la lingua del paese in cui risiedono poiché questo aumenta le possibilità di assimilarsi nella nuova cultura.

 
  
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  Guy Bono (PSE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore di questa relazione di propria iniziativa del membro italiano del gruppo GUE/NGL, onorevole Catania, sul futuro del sistema comune europeo di asilo.

Il testo della relazione si concentra sulla situazione dei richiedenti asilo, il cui destino è realmente una sorta di lotteria che dipende dal paese in cui giungono e le cui condizioni di detenzione talvolta sono a malapena sopportabili. E’ una situazione che interessa soprattutto i paesi di confine, ma che va considerata a livello europeo. Sono in gioco i diritti fondamentali dei richiedenti asilo, come lo è la capacità di alcuni paesi di far fronte a tali pressioni migratorie. La responsabilità è comune.

La relazione ha il merito di fornire un rendiconto chiaro della situazione specificando le sfide che l’Unione europea è chiamata a raccogliere nel contesto di tale dibattito.

Attraverso questo voto mi ricongiungo ai socialisti francesi nel denunciare una situazione che non è più accettabile e alla quale l’Europa, dimora della democrazia e guardiana dei diritti umani, deve porre rimedio.

 
  
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  Martin Callanan (PPE-DE), per iscritto. – (EN) Sono contrario a qualunque iniziativa orientata verso una politica di asilo e immigrazione comune per l’Europa. Ritengo infatti che un sistema di asilo armonizzato possa compromettere il diritto sovrano del Regno Unito di decidere per sé chi può e non può chiedere asilo nel paese. Credo inoltre che un sistema comune di asilo possa indebolire il senso di responsabilità di ministri e parlamentari britannici agli occhi dei cittadini che li hanno eletti.

Concordo con il fatto che paesi sviluppati come il mio hanno una responsabilità umanitaria nei confronti dei cittadini dei paesi terzi che hanno dovuto o potrebbero subire persecuzioni, torture o morte se dovessero rimpatriare nel paese di origine. Mi preoccupa tuttavia il fatto che sottraendo al Regno Unito la capacità indipendente di monitorare e regolamentare i richiedenti asilo, potenzialmente saremmo ancora più esposti alla minaccia di attacchi terroristici.

 
  
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  Gérard Deprez (ALDE), per iscritto. – (FR) Sono a favore della relazione Catania sul futuro del sistema comune europeo di asilo.

Tutti i profughi politici hanno il diritto di entrare nell’Unione europea e, una volta riconosciuto il loro stato, risiedere sul territorio europeo. Purtroppo attualmente questo diritto non è applicato in maniera omogenea dagli Stati membri: il riconoscimento di tale stato può variare dallo 0 al 90 per cento da uno Stato all’altro.

Se vogliamo istituire un livello uniformemente elevato di protezione in tutta l’Unione europea, dobbiamo essere in grado di introdurre rapidamente una serie di elementi, tra cui l’adozione di un’unica procedura di richiesta di asilo e standard univoci per ottenere la qualifica di profugo, la creazione di un meccanismo giuridico efficace per la solidarietà tra Stati membri (alcuni paesi sono sommersi dalle richieste, mentre altri si sottraggono con maggiore facilità), il miglioramento delle condizioni di accoglienza per i richiedenti, soprattutto minori, e la riduzione dell’uso della detenzione, oltre alla creazione di uno specifico ufficio europeo di sostegno.

Questo è quanto prevedrebbe un pacchetto legislativo per l’asilo completo che abbiamo appena iniziato ad esaminare sul finire di questo mandato parlamentare.

 
  
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  Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. – (FR) L’idea che sottende la relazione Catania è che coloro che richiedono una protezione internazionale sono necessariamente in buona fede, mentre invece tutti sanno che l’asilo spesso è soltanto un pretesto addotto da potenziali immigranti alla ricerca di prospettive economiche per evitare di essere espulsi. Gli Stati membri, dal canto loro, sono, pare, necessariamente sordi alla loro condizione disperata, repressivi e troppo lenti nel prendere decisioni. Nessuno sottolinea, però che è proprio l’abuso della procedura per scopi illegittimi a rallentare l’esame delle richieste di asilo realmente giustificate.

Non vi è dubbio che queste siano le premesse di alcune proposte contenute nella relazione come i suggerimenti secondo cui il paese responsabile della valutazione di una richiesta di asilo dovrebbe tener conto dei desideri del richiedente, che tale paese dovrebbe in ultima analisi essere deciso da un organismo europeo, che i richiedenti dovrebbero godere degli stessi diritti dei residenti a lungo termine, che dovrebbero poter circolare liberamente nel territorio europeo e così via.

Concordiamo con la necessità di collaborare con i paesi europei che, in ragione della loro posizione geografica, sono quelli in prima linea e hanno difficoltà a contenere i flussi migratori, ma ciò assolutamente non deve sfociare in una politica europea che imponga agli Stati chi accogliere nel proprio territorio sulla base dei capricci dei richiedenti asilo e di un’amministrazione sovranazionale.

 
  
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  Louis Grech (PSE), per iscritto. – (EN) Siamo d’accordo con la spinta principale della relazione di compromesso e per questo votiamo a suo favore. Ciò premesso, tuttavia, non concordiamo con alcune clausole, come quelle riguardanti la detenzione perché riteniamo che non rispecchino pienamente né interpretino esattamente la complessa e difficile situazione dei piccoli Stati membri come Malta.

Malta deve confrontarsi con un flusso sproporzionato di immigranti illegali rispetto alla sua superficie geografica (314 chilometri quadrati), alla sua popolazione ridotta (400 000 abitanti) e alle sue risorse limitate (amministrative, finanziarie, eccetera), fattori che devono essere tenuti in considerazione quando si regolamenta, si discute e si legifera in questo ambito.

 
  
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  Carl Lang (NI), per iscritto. – (FR) In realtà, vi è un solo obiettivo dietro questo desiderio di creare un sistema comune europeo di asilo, ossia dare agli Stati membri dell’Unione europea la possibilità legale di accogliere il maggior numero di immigranti potenziali, più agevolmente e senza limitazioni, che erano considerate inutili e contrarie ai diritti umani.

L’Europa ha dunque riaffermato la propria posizione di ospite di tutte le popolazioni migranti e un accento notevole è stato posto sul pieno rispetto del principio del non respingimento e il dovere di prestare assistenza sancito dalla convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare.

Per cui, ed è perfettamente comprensibile per questi tipi pro-immigrazione, il solo fatto che ogni Stato membro abbia ancora la propria sovranità e le proprie procedure nell’ambito del diritto in materia di asilo comporta inevitabilmente disparità nell’accettazione delle richieste di asilo e, dunque, costituisce una barriera all’accoglimento generale dei richiedenti asilo.

Di fronte a quasi 26 milioni di sfollati e più di 12 milioni di profughi nel mondo, ciò che ci occorre non è trovare altre soluzioni di accoglienza perché non saranno mai abbastanza per far fronte alla crescita esponenziale della domanda, bensì permettere a queste persone di restare nel proprio paese incoraggiandole a trovarvi lavoro e stabilirvi il proprio nucleo familiare.

 
  
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  Jean-Marie Le Pen (NI), per iscritto. – (FR) La relazione stilata dal membro comunista, onorevole Catania, raccomanda l’istituzione di una politica europea pro-immigrazione.

Fondamentalmente, con il pretesto di difendere i diritti dell’uomo, egli intende trasformare l’Europa in una comunità aperta pronta ad accogliere tutta la miseria del mondo.

A tal fine, egli propone un’armonizzazione dall’alto verso il basso del diritto in materia di asilo, il principio del non respingimento, la non detenzione e persino l’estensione ai profughi della direttiva sullo stato dei cittadini di paesi terzi residenti a lungo termine.

L’onorevole Catania pare aver dimenticato che la maggior parte degli immigranti illegali che giungono in Europa – 75 000 nel 2008 sulla sola costa mediterranea – non è rappresentata da profughi politici, bensì da profughi economici che sfuggono alla povertà nel proprio paese.

Questo abuso del diritto di asilo contrario alla convenzione di Ginevra non è citato in alcun passaggio della relazione, e non a caso: è comodo far sentire l’“uomo bianco” colpevole ricordandogli che è stato un colonialista impietoso e ora deve pagare per questo in tutti i sensi. Le leggende sono dure a morire.

Cercando di trasformare il diritto in materia di asilo in una normale branca dell’immigrazione, l’onorevole Catania sta aprendo la via a una serie di abusi e trasformando gli immigranti illegali in capri espiatori.

 
  
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  Jörg Leichtfried (PSE), per iscritto. – (DE) Apprezzo il fatto che la Commissione abbia proposto un regolamento volto ad aggiornare il diritto comunitario in materia di asilo perché, viste le attuali circostanze, ne abbiamo urgentemente bisogno. Il numero di profughi è in costante aumento e i vigenti regolamenti e direttive che disciplinano l’asilo non sono più adeguati alla situazione. Ritengo pertanto fondamentale che le riforme della Commissione siano attuate quanto prima e, nel loro ambito, classificherei come particolarmente importanti i seguenti punti.

E’ necessario istituire un sistema comune di asilo, un sistema che comporti “limiti temporali omogenei e ragionevoli”.

I diritti dei profughi devono essere promossi. In ragione dello loro stato, che li rende “bisognosi di protezione”, i profughi non possono di norma essere tenuti sotto custodia.

Sono indispensabili controlli uniformi alle frontiere in maniera che coloro che hanno diritto alla protezione internazionale possano accedervi più agevolmente.

Il sistema di Dublino attualmente in vigore, secondo il quale i desideri dei richiedenti asilo, per esempio la loro scelta di un paese europeo, non possono essere presi in considerazione, deve essere rivisto affinché coloro ai quali viene riconosciuto lo stato di particolare bisogno di protezione possano anche vivere in un altro paese comunitario.

I singoli Stati membri devono sempre mantenere la capacità di decidere in maniera indipendente chi accettare, in che numero e perché.

Sostengo la proposta della Commissione e la relazione di propria iniziativa, ma vorrei nuovamente ribadire che, al riguardo, è essenziale un’attuazione rapida e uniforme.

 
  
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  Erik Meijer (GUE/NGL), per iscritto. − (NL) Oggi ho votato contro la proposta formulata dall’onorevole Catania sul futuro del sistema comune europeo di asilo. Il mio partito, il partito socialista olandese, non ritiene che armonizzare la politica in materia di asilo e istituire un’agenzia che in futuro disciplini tale ambito possano portare a una distribuzione più uniforme del numero di richieste di asilo tra i vari Stati membri. Le richieste di asilo sono determinate più dalla presenza di familiari e conoscenti in alcuni Stati membri, che richiamano nuovi richiedenti asili.

Sono inoltre dell’idea che l’armonizzazione porterebbe a una politica in materia di asilo di qualità inferiore nei paesi in cui tale politica è già relativamente ben regolamentata perché gli Stati membri si servirebbero di tale standardizzazione per attestarsi al livello più basso possibile. Questa corsa al ribasso è tutt’altro che auspicabile e, in ultima analisi, andrebbe soltanto a discapito dei richiedenti asilo. Per quanto apprezzi l’impegno dell’onorevole Catania, non possono comunque sostenere le conclusioni a cui giunge al riguardo.

 
  
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  Andreas Mölzer (NI), per iscritto. – (DE) Sebbene la cooperazione in materia di asilo, visti i massicci flussi di profughi, sia importante, il buon senso dell’agenzia europea proposta in tale ambito è dubbio. E’ possibile migliorare ulteriormente la situazione senza bisogno di creare un’agenzia, mentre alcune misure previste rientrano nell’ambito di competenza di altre organizzazioni come Frontex. E’ assolutamente inaccettabile che questa nuova agenzia produca analisi di rischio obbligando poi gli Stati membri a utilizzarle. Ciò significherebbe infatti che l’agenzia stabilirebbe quali richiedenti asilo gli Stati membri sarebbero tenuti ad accogliere, una grave ingerenza nella sovranità degli Sati membri alla quale si può soltanto rispondere rifiutandola.

 
  
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  Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Anche se, in alcuni casi, i motivi che inducono una persona a emigrare possono essere simili a quelli che spingono i richiedenti asilo, è necessario operare una distinzione chiara tra i due sistemi, prescindendo dal fatto che lo si faccia in termini giuridici o di procedure amministrative.

Ciò premesso, un elemento da considerare è che, essendo le frontiere all’interno dello spazio di Schengen di fatto aperte, le decisioni prese all’interno di uno Stato membro possono avere ripercussioni su un altro. Nel contempo, l’Europa potrebbe essere interpretata come un insieme unico da un richiedente asilo che consideri l’“Unione europea” come uno spazio omogeneo e, in tale interpretazione, l’antitesi del pericolo al quale cerca di sottrarsi. Infine, è indubbiamente difficile per un richiedente asilo che sfugga a una minaccia reale per la sua vita scegliere il punto di ingresso in Europa o espletare gli iter amministrativi richiesti e necessari per chi intenda immigrare. Tutte queste considerazioni rendono indispensabile il coordinamento e la collaborazione tra gli Stati membri, fermo restando il fatto che l’asilo non può e non deve diventare uno strumento alternativo per accedere all’immigrazione né tanto meno un mezzo per aggirare l’illegalità di alcuni flussi migratori.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Signor Presidente. Non posso trovarmi d’accordo su molti dei punti inclusi nella relazione dell’onorevole Catania a proposito del futuro del sistema europeo comune di asilo e devo, perciò, esprimere il mio voto contrario a essa. Pur concordando con il collega sul fatto che l’istituzione dell’asilo è un aspetto essenziale della democrazia e della tutela dei diritti umani, proprio per far sì che esso rimanga tale è assolutamente necessario evitare qualsiasi forma di abuso possibile.

A tal scopo, piuttosto che un sistema comune di asilo in Europa e piuttosto che la costruzione di un’"Europa dell’asilo", per usare le parole del Patto Europeo sull’asilo e sull’immigrazione, adottato dal Consiglio Europeo lo scorso ottobre, sarebbe più auspicabile la costruzione di un’"Europa dei Diritti", ossia di un’Europa che lotta contro le cause che portano all’aumento del numero di rifugiati così come rilevato dal relatore, che assuma una posizione più forte a livello internazionale per la risoluzione di conflitti in certi paesi, che eserciti pressioni in maniera più decisa affinché il rispetto della dignità e della vita umana e delle libertà fondamentali sia garantito laddove non lo sia ancora. Lottare contro gli effetti di tali gravi violazioni dei diritti non risolve e non potrà mai risolvere in maniera efficace il problema alla base, per il quale altri strumenti dovrebbero essere utilizzati.

 
  
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  Bart Staes (Verts/ALE), per iscritto. − (NL) Negli ultimi anni, il numero di profughi nell’Unione europea ha raggiunto i 12 milioni, che si sommano ai 26 milioni di sfollati.

Una politica comune europea in materia di asilo è indispensabile perché le politiche dei 27 Stati membri sono troppo diverse, il che in pratica significa giocare con il futuro della gente, un gioco assurdo. Durante la prima fase (1999-2005), l’Unione ha tentato di armonizzare l’approccio delle politiche degli Stati membri sulla base di standard minimi comuni. La seconda fase è consistita nell’elaborazione di una procedura comune di asilo e uno stato uniforme per coloro ai quali viene concesso l’asilo o una forma complementare di protezione.

La relazione che adotteremo oggi vede con favore l’istituzione di un’agenzia europea che operi in materia di asilo, ma si rammarica per la lentezza dell’attuazione della seconda fase, dovuta, come è ovvio, alla mancata entrata in vigore del trattato di Lisbona. Appoggio l’invito a migliorare la legislazione esistente per quanto concerne sia la direttiva sulle procedure di asilo, sia la direttiva che stabilisce le condizioni di accoglienza, sia la direttiva che concede o revoca lo stato di profugo.

La relazione ha dunque il mio sostegno in quanto è importante che si introduca uno standard di protezione per i profughi e che tutti gli Stati membri diano prova di solidarietà assumendosi la propria responsabilità e collaborando proficuamente per il conseguimento di uno scopo.

 
  
  

- Relazione Stauner (A6-0022/2009)

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Signor Presidente. Esprimo il mio voto favorevole alla relazione dell’onorevole Stauner a proposito del Piano d’Azione della Commissione verso il raggiungimento di un quadro di controllo interno integrato dei bilanci dell’Unione. I principi della sana gestione finanziaria e della trasparenza dei bilanci sono fondamentali non solo al fine di ottenere la dichiarazione di affidabilità positiva da parte della Corte dei conti europea attraverso lo snellimento della legislazione applicabile ai controlli e la conseguente potenziale diminuzione dei costi a essa associati, ma anche, nel medio termine, al fine di monitorare più efficacemente gli utilizzi di risorse dei cittadini e degli Stati dell’Unione europea ed aumentare di conseguenza, la legittimità dell’azione dell’UE. Per questo credo sia fondamentale avviare la cooperazione con gli stessi Stati membri e con istituzioni di controllo indipendenti, come del resto già sottolineato dal collega relatore.

 
  
  

- Relazione Medina Ortega (A6-0058/2009)

 
  
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  Andreas Mölzer (NI), per iscritto. – (DE) Le autorità giudiziarie devono sempre più spesso confrontarsi con il diritto in materia di assunzione di prove a livello internazionale o transfrontaliero. Può trattarsi di austriaci che hanno avuto un incidente in Germania, prodotti o servizi difettosi provenienti da un altro Stato membro, testimoni che vivono all’altro capo dell’Unione o convenuti che si trasferiscono all’estero. Il diritto di accesso alla giustizia non deve assolutamente venir meno perché le prove si trovano al di fuori dello Stato membro in cui ha sede l’autorità giudiziaria in questione. Chi opera sul campo afferma che, proprio come in passato, vi sono questioni irrisolte in merito all’assunzione di prove transfrontaliera in ambito civile e commerciale. Poiché occorre ancora dirimere tali aspetti, ho votato a favore della relazione.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Signor Presidente. Comunico il mio voto favorevole in merito alla relazione presentata dal collega Medina Ortega sulla cooperazione fra le autorità giudiziarie degli Stati membri nel settore dell’assunzione delle prove in materia civile o commerciale. E’ chiaro che, per promuovere l’efficienza ed evitare quindi sprechi di tempo e denaro, si debbano incoraggiare i contatti diretti tra le autorità giudiziarie e la piena cooperazione tra esse. Inoltre bisogna utilizzare maggiormente le tecnologie dell’informazione, soprattutto le comunicazioni sicure a mezzo posta elettronica e le videoconferenze, poiché sono, contemporaneamente, più efficaci in termini di risultati e più efficienti in termini di costi. Infine sono d’accordo con il relatore quando si compiace di quanto si sta facendo al riguardo nel contesto del programma per la giustizia elettronica (e-Justice).

 
  
  

- Relazione Doorn (A6-0014/2009)

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Signor Presidente, voto favorevolmente alla relazione Doorn sull’attuazione della direttiva 2006/43/CE relativa alle revisioni legali dei conti annuali e dei conti consolidati. Sono totalmente d’accordo sul fatto che bisogna sollecitare la Commissione a promuovere, in stretta collaborazione con gli Stati membri, strutture nazionali di controllo della qualità, che garantiscano un controllo indipendente e imparziale per le imprese di revisione. Inoltre, ritengo che sia doveroso e necessario monitorare e riferire in che misura gli obiettivi della direttiva siano stati perseguiti o si prevede che lo siano.

 
  
  

- Relazione Gibault (A6-0003/2009)

 
  
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  Robert Atkins (PPE-DE), per iscritto. – (EN) I parlamentari conservatori britannici sono a favore della parità di trattamento e accesso per gli uomini e le donne in tutti gli ambiti della società, comprese le arti dello spettacolo. Su tale base oggi abbiamo appoggiato la relazione in esame.

Vorremmo tuttavia che si verbalizzi il nostro disaccordo con il concetto di quote implicitamente espresso, per esempio, nel paragrafo 12 della relazione.

 
  
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  Alessandro Battilocchio (PSE), per iscritto. − Grazie Presidente. Voto favorevolmente. A pochi giorni dalla festa della donna ci troviamo nuovamente a discutere in quest’aula di disparità sociale tra i due sessi. Anche il mondo dello spettacolo, come ha ben messo in luce la Commissione, non è esente da queste problematiche.

Le donne che lavorano nel settore artistico faticano ancora a farsi spazio, raramente occupano posizioni di elevata responsabilità all’interno di grandi istituzioni culturali e percepiscono una remunerazione spesso inferiore a quelle dei colleghi uomini. In particolar modo gli orari atipici, che caratterizzano l’esercizio della professione artistica, impediscono la pacifica realizzazione della natura femminile di lavoratrice, moglie e madre, costringendo spesso la donna a scegliere tra la carriera e la famiglia.

Concludo quindi sottolineando la necessità di garantire la pari presenza di uomini e donne nelle istanze decisionali e consultive che si occupano di assunzioni, promozioni e avanzamenti salariali, oltre che nei restanti rami del settore, al fine di istruire un monitoraggio statistico che consenta di effettuare analisi comparative sulla situazione lavorativa delle donne nei vari Paesi dell’Unione.

 
  
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  Nicodim Bulzesc (PPE-DE), per iscritto. – (RO) Ho votato a favore della relazione sulla parità di trattamento e accesso per gli uomini e le donne nelle arti dello spettacolo perché in tale ambito le disparità nelle prospettive e nelle opportunità di carriera tra uomini e donne sono indubbiamente molto presenti e persistenti. Vi è inoltre la necessità assoluta di mettere in pratica la nozione democratica secondo cui “a pari lavoro deve corrispondere pari retribuzione”, cosa non ancora avvenuta nelle arti, come in molti altri settori.

 
  
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  Martin Callanan (PPE-DE), per iscritto. – (EN) Per millenni e in ogni società del mondo le arti dello spettacolo hanno prosperato. E’ dunque opinabile il motivo per il quale l’Unione europea ritiene di dover imporre la propria volontà su ciò che per altri versi è un settore che prospera proprio perché gode di molta libertà rispetto alle interferenze di Bruxelles.

Non credo che sia mio compito in veste di parlamentare europeo dire agli operatori del settore dello spettacolo come organizzare la propria attività. Penso invece che il mio dovere sia garantire che gli operatori dello spettacolo e le organizzazioni che agevolano le arti dello spettacolo siano liberi il più possibile da iniziative indubbiamente animate da buone intenzioni, ma fuori luogo e ingenue come questa.

Sono assolutamente favorevole alla parità di trattamento tra uomini e donne in termini di legge. Credo però che le pressioni politiche non debbano mai interferire con le decisioni artistiche. Abbiamo assunto una posizione ferma in quest’Aula quando si è trattato della reazione provocata dalle rappresentazioni del profeta Mohammed sui giornali danesi. Il mio timore è che erodendo le libertà artistiche eroderemo, seppur di poco, anche i valori della liberà di parola ed espressione.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Abbiamo votato a favore della relazione perché sottolinea la gravità e la persistenza delle disparità esistenti tra uomini e donne nelle arti dello spettacolo e il loro impatto sulla società nel suo complesso, oltre a ribadire la necessità imprescindibile di promuovere e incoraggiare l’accesso delle donne a tutte le professioni artistiche nelle quali sono in minoranza.

Come sottolinea la relazione, la percentuale di donne occupate nelle professioni artistiche e nell’industria della cultura ufficiale è molto esigua. Le donne sono inoltre sottorappresentate in posizioni di responsabilità presso istituzioni culturali, accademie e università dove si studiano alcune arti.

Per questo concordiamo con molte proposte contenute nella relazione, sottolineando l’esigenza di promuovere l’accesso delle donne a tutte le professioni artistiche e altre attività professionali correlate allo spettacolo nelle quali sono in minoranza e incoraggiando gli Stati membri a eliminare ogni impedimento al loro accesso a cariche direttive presso istituzioni culturali, accademie e università.

Ribadiamo infine che la discriminazione ai danni delle donne è problematica per lo sviluppo del settore culturale in quanto lo priva di talento e abilità, poiché, lo rammentiamo, il talento, per ottenere il dovuto riconoscimento, ha bisogno del contatto con il pubblico.

 
  
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  Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. − (SV) E’ superfluo dire che noi della Lista di giugno siamo a favore della parità di trattamento, della parità di retribuzione a parità di lavoro e del principio fondamentale della parità tra uomini e donne, ragion per cui abbiamo votato a favore della relazione.

E’ un “sì” tuttavia con una riserva chiara. Siamo infatti contrari al tentativo del Parlamento europeo di stabilire come i singoli Stati membri debbano per esempio strutturare i sistemi nazionali di assistenza all’infanzia o applicare un sistema di quote.

La presente relazione è un tipico esempio dell’ingerenza e dell’eccesso di regolamentazione che caratterizzano il Parlamento europeo, il quale anziché agire come consesso all’interno del quale raccogliere le pressanti sfide che richiedono una cooperazione transfrontaliera si esibisce in continue interferenze in ambiti che sono e devono restare di competenza nazionale.

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) La presente relazione sottolinea le persistenti disparità in termini di prospettive e opportunità di carriera tra donne e uomini nel settore delle arti dello spettacolo. Sono a favore della relazione che esorta gli Stati membri ad adottare interventi specifici per incoraggiare e promuovere le donne affinché migliorino la propria posizione negli ambiti in cui sono sottorappresentate.

 
  
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  Miroslav Mikolášik (PPE-DE), per iscritto. – (EN) Credo che la disparità di genere debba essere eliminata dalle nostre vite. Nell’odierno mondo civilizzato, la disparità tra uomini e donne, maggioranze e minoranze, deve scomparire. E’ necessario che il Parlamento europeo osservi la sua passata legislazione e tenga fede ai valori della solidarietà universale. Nel processo decisionale per le arti dello spettacolo e vari altri ambiti deve esservi un mix di generi. Per trovare il vero talento, gli esecutori più capaci e i candidati meritevoli, le donne devono godere di una condizione di parità rispetto agli uomini negli stessi campi. Quando gli uomini sono favoriti rispetto alle donne o viceversa, occorrono correttivi seri e una protezione sostenibile per porre fine a tale incongruenza. L’Unione europea non tollererà l’emarginazione di un gruppo operata sulla base del genere o di qualunque altra caratteristica, ed è suo dovere garantire che ciò valga nel campo delle arti dello spettacolo come in altri. Per questo è mio compito, come quello del gruppo PPE-DE, dare un voto di fiducia a qualunque normativa che sostenga la parità, corregga gli errori e preservi meglio la coesione tra membri del sesso opposto.

 
  
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  Maria Petre (PPE-DE), per iscritto. – (RO) Ho votato a favore della relazione, e la collaborazione tra l’onorevole Gibault e la sottoscritta è stata molto fruttuosa. Non dobbiamo dimenticare che le donne nelle arti dello spettacolo in generale sono ancora sottorappresentate, soprattutto a livello direttivo. Parimenti non dobbiamo dimenticare che parliamo di un settore sensibile, con un notevole effetto moltiplicatore, che trasmette un messaggio potente al suo pubblico e all’intera società. Le strutture per l’infanzia e gli asili nido di cui disponiamo non sono sufficienti. Tra l’altro, l’orario di lavoro nelle arti dello spettacolo è prolungato e atipico. Migliorando tali aspetti, l’obiettivo proposto nella relazione di un livello di rappresentanza del 30 per cento nelle arti sarebbe raggiungibile.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. Signor Presidente. Esprimo il mio voto favorevole in merito alla relazione della collega Gibault sulla parità di trattamento e di accesso tra uomini e donne nelle arti dello spettacolo. Condivido le finalità del progetto realizzato dalla collega: accertare il modo in cui si sono costruite socialmente e culturalmente le identità nel settore delle arti dello spettacolo e a proporre soluzioni concrete in grado di correggere gli squilibri legati alle attuali situazioni non egualitarie. E’ necessario, infatti, poter utilizzare tutti i serbatoi di competenze disponibili per garantire la buona salute del settore e la realizzazione personale degli uomini e delle donne. Infine, ritengo che sia fondamentale trovare rapidamente soluzioni finalizzate ad aprire asili all’interno delle imprese culturali con orari consoni alle prove e agli spettacoli.

 
  
  

- Relazione Schwab (A6-0482/2008)

 
  
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  Adam Bielan (UEN), per iscritto. – (PL) Sono favorevole alla relazione Schwab sulle emissioni di CO2 e il miglioramento della sicurezza stradale. E’ fondamentale che gli sforzi profusi per ridurre le emissioni di CO2 non compromettano altri aspetti parimenti importanti della progettazione dei veicoli e non incidano negativamente sulla sicurezza stradale. Credo che stimolare lo sviluppo di un’industria automobilistica europea innovativa e investire in tale ambito possano consentirci effettivamente di salvaguardare i posti di lavoro nel settore, il più colpito dalla crisi economica.

 
  
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  Šarūnas Birutis (ALDE), per iscritto. – (LT) Oggi esistono nuove tecnologie per migliorare radicalmente la sicurezza stradale (per esempio, sistemi elettronici di controllo della stabilità) o ridurre la quantità di emissioni di CO2 (per esempio, pneumatici con bassa resistenza al rotolamento), sempre che tali tecnologie siano installate di serie sui nuovi veicoli a motore.

 
  
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  Avril Doyle (PPE-DE), per iscritto. – (EN) L’onorevole Schwab ha proposto una relazione volta a migliorare la sicurezza dei veicoli imponendo alle case automobilistiche maggiori requisiti per quanto concerne le misure di sicurezza. Tutti i nuovi veicoli prodotti nell’Unione dovranno essere conformi alle misure e ai requisiti tecnici che ne riducono l’impatto ambientale, ne contengono l’inquinamento acustico e ne aumentano la sicurezza stradale. Il regolamento abbina i progressi nel campo della tecnologia e della produzione a livello europeo a livelli più elevati di protezione della sicurezza che il consumatore europeo può aspettarsi. Tali innovazioni contribuiranno a ridurre le emissioni di CO2, il consumo di carburante e l’inquinamento acustico.

Sono lieta di sostenere questa relazione che va a vantaggio di tutti noi.

 
  
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  Astrid Lulling (PPE-DE), per iscritto. – (DE) Ho votato a favore della presente relazione in quanto i consumatori vogliono veicoli più sicuri e rispettosi dell’ambiente e ne hanno bisogno. Per quanto concerne la sicurezza dei veicoli, apprezzo in particolare l’installazione obbligatoria dei sistemi elettronici di controllo della stabilità nelle vetture per passeggeri a partire da quelle costruite nel 2011.

In merito ai pneumatici, ritengo che gli sforzi profusi per ridurre le emissioni di CO2 attraverso l’uso di pneumatici migliori con una minore resistenza al rotolamento, nonché l’introduzione di sistemi elettronici di monitoraggio della pressione dei pneumatici, siano degni di nota. La riduzione delle emissioni di CO2 non deve andare però a discapito della sicurezza dei pneumatici, ossia della loro tenuta sul bagnato.

Sono inoltre lieta che, a differenza di quanto previsto inizialmente, le scorte esistenti non debbano essere ritirate dal mercato entro 12 mesi, ma solo 30 mesi dopo l’introduzione di un nuovo standard. Ciò elimina l’obbligo di distruggere i pneumatici in giacenza, operazione che nuocerebbe ulteriormente all’ambiente, oltre a concedere alle nostre aziende fornitrici, duramente colpite dalla crisi economica come effettivamente sono state, un periodo di transizione sufficiente per adeguarsi all’elevato livello di requisiti che viene imposto loro.

 
  
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  Adrian Manole (PPE-DE), per iscritto. – (RO) Qualunque cittadino del mondo che sia consapevole dell’ampiezza assunta dal fenomeno del riscaldamento globale può agire per bloccarne l’avanzata che mette a repentaglio l’intero pianeta. Nel caso degli automobilisti e dei loro veicoli, tali sforzi sono illustrati nella relazione che oggi votiamo.

“Guida ecologica” significa riduzione del consumo di carburante. L’Unione europea sostiene che è possibile ridurre tali costi di 20 milioni di euro entro il 2010 con una riduzione delle emissioni di CO2 di 50 milioni di tonnellate. Superfluo aggiungere che gli effetti di tali misure saranno visibili soltanto a lungo termine. E’ utile però che la loro attuazione avvenga un anno prima della proposta della Commissione.

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) Sono a favore del presente regolamento che renderà veicoli e strade più sicuri grazie all’introduzione di nuove tecnologie, tra cui sistemi di monitoraggio della pressione dei pneumatici, requisiti per quanto concerne la tenuta sul bagnato e sistemi di segnalazione in caso di uscita di corsia. La relazione riduce le emissioni di CO2 attraverso nuovi standard che i pneumatici sono chiamati a raggiungere, migliorando in tal modo la resa chilometrica e riducendo il consumo di carburante con un conseguente risparmio sui costi.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. Signor Presidente. Voto a favore della relazione presentata dal collega Schwab inerente ai requisiti dell’omologazione riguardo alla sicurezza generale degli autoveicoli. La relazione, molto ben fatta, intende garantire il buon funzionamento del mercato interno e, al tempo stesso, elevati livelli di sicurezza e di protezione ambientale. Tali requisiti sono stati armonizzati a livello comunitario per evitare che essi differiscano da uno Stato membro all’altro e per garantire elevati livelli di sicurezza stradale e protezione dell’ambiente nell’intera Comunità. Quindi concordo a pieno titolo con il collega Schwab, poiché la proposta mira a semplificare notevolmente la normativa relativa all’omologazione per tipo nel campo della sicurezza dei veicoli a motore e dei pneumatici con un solo regolamento del Consiglio e del Parlamento.

 
  
  

- Relazione Krahmer (A6-0046/2009)

 
  
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  Jan Andersson, Göran Färm, Anna Hedh, Inger Segelström e Åsa Westlund (PSE), per iscritto. − (SV) La direttiva IPPC originaria, unitamente alle altre sei direttive, non è stata pienamente attuata negli Stati membri dell’Unione e, pertanto, come le altre, non assolve il proprio scopo. Si è dunque deciso di rifonderle e oggi le abbiamo votate in Parlamento. Noi socialdemocratici svedesi siano favorevoli a una rifusione che ci pare che contenga alcuni miglioramenti rispetto alle attuali norme. Abbiamo tuttavia deciso di votare contro la direttiva nella votazione finale in quanto riteniamo che alcuni emendamenti votati nel frattempo rendano la direttiva notevolmente meno valida rispetto alla proposta iniziale della Commissione. Per esempio, non siamo in grado di accettare le ulteriori deroghe per i grandi impianti di combustione.

Un altro motivo per il quale ci sentiamo obbligati a votare “no” sta nel fatto che con questa direttiva stiamo perdendo l’opportunità di ridurre seriamente le emissioni di gas a effetto serra. Affossando gli emendamenti che la nostra delegazione ha presentato assieme ad altri, chiedendo soglie per le emissioni di anidride carbonica per i nuovi grandi impianti di generazione di elettricità, quest’Aula ha dimostrato di non prendere sul serio il lavoro di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra. Una siffatta proposta per noi è insostenibile.

 
  
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  Liam Aylward, Brian Crowley, Seán Ó Neachtain ed Eoin Ryan (UEN), per iscritto. – (EN) Siamo decisamente a favore della direttiva IPPC originaria. Le attività industriali coperte dalle direttive esistenti generano il 55 per cento delle emissioni di CO2 dell’Unione europea, l’83 per cento delle emissioni di SO2 e il 34 per cento delle emissioni di NOx. Secondo l’attuale direttiva, l’Agenzia per la protezione dell’ambiente rilascia permessi che impongono agli impianti industriali di utilizzare le “migliori tecnologie disponibili”.

Questa mattina, durante la votazione, vi sono stati diversi emendamenti problematici per quanto concerne la nuova proposta IPPC.

1. Requisiti minimi. L’Irlanda è contraria all’emendamento che riguarda i requisiti minimi in quanto l’industria irlandese ne risulterebbe penalizzata, al pari del lavoro recentemente intrapreso per giungere allo stato dell’attuale direttiva. Le risorse sarebbero spese meglio applicando la direttiva negli Stati membri che non sono conformi.

2. Pollame, liquami e letami. Diversi emendamenti hanno cercato di introdurre maggiormente nell’ambito della direttiva la questione del pollame e dei letami. Personalmente ho votato contro tale emendamento per evitare una doppia regolamentazione, poiché per liquami e letami basta la direttiva sui nitrati. In merito al pollame, la direttiva IPPC già controlla 40 000 posti pollame. Un emendamento ridurrebbe le soglie da 40 000 a 30 000 per le galline ovaiole, 24 000 per le anatre e 11 500 per i tacchini. Nulla viene detto nella valutazione di impatto in merito alle modalità con cui si sono individuati tali numeri e alla base scientifica utilizzata per calcolarli.

2. Rateizzazione. Ho anche votato a favore della flessibilità della rateizzazione.

 
  
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  Niels Busk, Anne E. Jensen e Karin Riis-Jørgensen (ALDE), per iscritto. − (DA) I membri del partito liberale danese Anne E. Jensen, Karin Riis-Jørgensen e Niels Busk hanno votato a favore dell’emendamento n. 96 proposto dal gruppo ALDE affinché si cancelli l’articolo 16, paragrafo 4, perché lo spandimento di letame è contrario all’obiettivo della prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento, che è combattere le emissioni generate dai grandi impianti industriali. Inoltre, l’argomento è già trattato nella direttiva quadro sulle acqua (2000/60/CE) e nella direttiva sui nitrati (91/676/CEE).

 
  
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  Martin Callanan (PPE-DE), per iscritto. – (EN) Le disposizioni iniziali della presente relazione avrebbero costretto le strutture ospedaliere del servizio sanitario nazionale della mia regione dell’Inghilterra nordorientale e altre aree del Regno Unito a dover sostenere costi notevolmente superiori per le loro caldaie.

Tali strutture devono poter disporre di caldaie con una considerevole capacità di riserva per far fronte a emergenze e guasti tecnici. La direttiva avrebbe valutato le caldaie degli ospedali sulla base delle loro potenziali emissioni anziché di quelle effettive imponendo loro costi notevoli per ottenere un permesso.

Sono stato favorevole alla presentazione di emendamenti per esimere le caldaie di riserva, che funzionano a tempo parziale, dall’ambito di applicazione della direttiva.

Nonostante tali preoccupazioni, però, dobbiamo agire di concerto per affrontare la comune minaccia del cambiamento climatico e dell’inquinamento ambientale.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) La presente proposta di direttiva tenta di rivedere e riunire in un unico testo sette direttive distinte riguardanti le emissioni industriali.

La proposta della Commissione afferma di prevedere un approccio integrato al fine di garantire che si tengano presenti gli aspetti ambientali nella maniera più completa ed equilibrata possibile all’atto del rilascio dei permessi per gli impianti. Lo scopo è imporre limiti effettivi alle emissioni attraverso l’uso delle migliori tecnologie disponibili (BAT), che devono essere adottate in maniera più coerente di quanto lo sono oggi.

Come afferma la stessa relazione, tale processo legislativo potrebbe interessare 52 000 impianti industriali in Europa. Per questo sosteniamo alcune deroghe proposte per le microimprese e le PMI, che non dovrebbero essere soggette agli stessi obblighi imposti alle grandi unità industriali. Siamo tuttavia favorevoli a un intervento più incisivo sui complessi industriali che utilizzano inceneritori e co-inceneritori, così come vorremmo un controllo ispettivo maggiore di quello proposto dalla Commissione europea.

Il testo emendato attribuisce un certo valore alla consultazione pubblica e al ruolo delle organizzazioni non governative operanti nel campo dell’ambiente, tiene conto degli interessi delle microimprese e delle PMI e rivendica un certo potere decisionale dalla Commissione europea. Per questi motivi, alla fine, abbiamo votato a favore della proposta nella speranza che in Portogallo vi sia un intervento più deciso del governo a sostegno e monitoraggio della qualità dell’aria.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. Signor Presidente, onorevoli colleghi, esprimo il mio voto contrario sulla relazione concernente le emissioni degli impianti industriali, presentata dal collega Krahmer. Non sono d’accordo sul fatto che le autorità responsabili locali dovrebbero indicare misure atte a limitare le emissioni per i singoli impianti, con il conseguente raggiungimento di un livello di emissione che soddisfi mediamente quanto previsto nei BREF, garantendo un margine di flessibilità tale da poter gestire adeguatamente le situazioni locali. Tale compito dovrebbe essere demandato totalmente ad una autorità comunitaria, non locale o nazionale. La specificità del territorio non può essere una discriminante in questo campo poiché, da diverse soglie minime, derivano costi e ricavi estremamente variabili, che vanno poi ad incidere sulla reale competitività delle imprese.

 
  
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  Czesław Adam Siekierski (PPE-DE), per iscritto. – (PL) Il pacchetto sul clima e l’energia di recente adozione richiede un intervento decisivo da parte nostra per rispettarne gli obiettivi.

I precedenti sforzi intrapresi dall’Unione europea per ridurre le emissioni industriali sono stati ostacolati dalla mancanza di coesione e coordinamento, oltre che da gravi disparità. Sostengo dunque caldamente l’iniziativa della Commissione e il suggerimento del relatore. Sostituire alle numerose direttive sulle emissioni industriali un unico testo di legge coerente è sicuramente un passo nella giusta direzione. Sono inoltre disposto a sostenere qualunque iniziativa che sia volta a ridurre la burocrazia, aumentare la flessibilità dei regolamenti per quanto concerne l’ispezione degli impianti e migliorare la trasparenza. Appoggio infine pienamente la proposta del relatore di rafforzare il ruolo del Parlamento europeo nel lavoro sui futuri cambiamenti normativi.

 
  
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  Georgios Toussas (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) La proposta di una direttiva della Commissione europea sulle emissioni industriali e gli emendamenti del Parlamento europeo rivelano ancora una volta che il vero obiettivo dell’“economia verde” non è proteggere l’ambiente, bensì salvaguardare i proventi del capitale. I pronunciamenti della Commissione europea in merito alla limitazione delle emissioni di gas a effetto serra sono fuorvianti e disorientanti.

La direttiva riguarda più di 52 000 impianti industriali che rappresentano una percentuale elevata delle emissioni degli Stati membri del’Unione e sono anche solidalmente responsabili del mancato conseguimento degli obiettivi fissati dalla stessa Commissione europea per ridurre l’inquinamento atmosferico.

Gli emendamenti più importanti del Parlamento europeo limitano notevolmente l’ambito della direttiva e introducono elementi di ambiguità e incertezza che agiscono sempre a vantaggio della plutocrazia rafforzando l’irresponsabilità e l’inaffidabilità del capitale. Nel contempo, gli stessi industriali sono ridotti a un fattore decisivo nella definizione dei livelli di emissioni, che saranno fissati sulla base delle loro esigenze e priorità, ossia, in altre parole, sulla base del movente utilitaristico.

L’impasse nel campo della protezione ambientale rientra nella lotta antimonopolistica, antimperialista dei lavoratori contro la sovranità economica dei monopoli e il loro potere politico e contro l’Unione e i partiti che sostengono il “senso unico” europeo.

 
  
  

- Relazione Lehne (A6-0044/2009)

 
  
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  Jan Andersson, Ole Christensen, Göran Färm, Anna Hedh, Dan Jørgensen, Poul Nyrup Rasmussen, Christel Schaldemose, Inger Segelström, Britta Thomsen e Åsa Westlund (PSE), per iscritto. − (EN) La proposta della Commissione relativa allo statuto della società privata europea offre un’opportunità alle società non serie di eludere le norme sulla partecipazione dei dipendenti. Se la società privata europea ha la propria sede legale in uno Stato membro con partecipazione dei dipendenti scarsa o nulla e svolge le proprie attività in un altro Stato membro con una partecipazione elevata, la società può eludere le norme.

Il gruppo PSE, però, unitamente alla Confederazione europea dei sindacati, è pervenuto a un accordo che migliora sostanzialmente la proposta della Commissione. Il compromesso ora afferma che quando le società hanno una certa percentuale di dipendenti in un altro Stato membro con una partecipazione dei dipendenti superiore rispetto allo Stato membro in cui la società ha la sede centrale, valgono le norme più favorevoli per la partecipazione dei dipendenti.

Sebbene il compromesso sia notevolmente migliore rispetto alla proposta originaria, non abbiamo ottenuto un pieno successo. I livelli perché vi sia partecipazione dei dipendenti sono sempre elevati rispetto alle norme vigenti in alcuni Stati membri e vi sono anche problemi nel definire ciò che viene considerato un livello superiore di partecipazione dei dipendenti. Noi, delegazioni danese e svedese del gruppo PSE, abbiamo pertanto deciso di astenerci alla votazione finale.

 
  
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  Johannes Blokland (IND/DEM), per iscritto. − (NL) Questo pomeriggio abbiamo votato sullo statuto per la società privata europea. Alla fine mi sono schierato contro la proposta per i seguenti motivi. In primo luogo, sono del parere che tale proposta accentui l’incertezza giuridica nell’Unione europea. Il rapporto tra la società privata nazionale e la società privata europea, tra il diritto nazionale applicabile e il testo del regolamento, non è espresso in maniera sufficientemente chiara. Come si evita l’elusione di una legislazione nazionale utile? Come si raccorda la proposta all’esigenza di tutela dei consumatori?

A tali interrogativi non vengono date risposte soddisfacenti. Abbiamo votato contro anche un’altra relazione oggi, quella dell’onorevole Lehne, nella quale il collega formula raccomandazioni per migliorare il trasferimento transfrontaliero delle sedi legali delle società. In realtà, penso che questa sia un’idea sicuramente migliore di quella di una società privata europea. Se la Commissione si adoperasse per agevolare il trasferimento transfrontaliero delle sedi legali delle società e ridurre la burocratizzazione, l’intera proposta di una società privata europea sarebbe ridondante.

 
  
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  Carlos Coelho (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Le differenze notevoli esistenti tra gli ordinamenti giuridici degli Stati membri spesso obbligano le società che vorrebbero iniziare a operare all’estero a soggiacere a procedure molto costose. Ciò vale in particolare per le piccole e medie imprese che hanno strutture più piccole.

Con la creazione di questo statuto, si compie un altro passo verso l’eliminazione di tali ostacoli, specialmente in un settore che è di fondamentale importanza per l’economia europea.

La creazione della “società privata europea” permette alle PMI di istituire filiali usando lo stesso statuto, prescindendo dal luogo in cui è ubicata la loro sede centrale, consentendo loro di svolgere un’attività economica all’estero con la stessa facilità con cui la svolgono nel proprio paese.

Il tempo e il denaro risparmiato dalle PMI grazie a questa misura, derivante dalla legge sulle piccole imprese, indicano un corso chiaro per la futura politica europea concernente le imprese.

Per questi motivi, gli esponenti portoghesi del PPE-DE appoggiano la relazione.

 
  
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  Avril Doyle (PPE-DE), per iscritto. – (EN) L’onorevole Lehne ha proposto una relazione di propria iniziativa nella quale si suggerisce un regolamento del Consiglio il cui scopo è agevolare per le piccole e medie imprese il trasferimento transfrontaliero all’interno della Comunità della sede legale di una società costituita in uno Stato membro dell’Unione. La finalità è sicuramente lodevole. Dobbiamo tuttavia essere prudenti affinché questo strumento non venga utilizzato in maniera impropria per indebolire il diritto societario nazionale, garantendo nel contempo che lo statuto (società privata europea) rappresenti un’alternativa praticabile per le imprese.

Vi sono molte proposte tra i numerosi emendamenti che restano fortemente controverse, tra cui i riferimenti a un capitale minimo, i controlli sull’iscrizione, i richiami al diritto nazionale, le componenti transfrontaliere e la partecipazione dei dipendenti. Alcuni emendamenti proposti dalla commissione ECON chiedevano uniformità in alcuni ambiti entro il 2010, tra cui quello fiscale, limitando di fatto l’applicazione del diritto nazionale.

Sebbene in linea di principio la proposta di una società europea che operi secondo i medesimi criteri in tutta l’Unione sia accettabile, l’ambito di tale proposta non dovrebbe giungere a limitare le decisioni nazionali in materia di tassazione, che sono e devono restare appannaggio dei singoli Stati membri.

 
  
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  Lena Ek (ALDE), per iscritto. − (SV) Alla votazione finale ho votato contro lo statuto della società privata europea. L’idea di partenza di introdurre una forma societaria europea comune per le società private è ottima. E’ una riforma sicuramente indispensabile.

La proposta della Commissione è tuttavia molto carente. La linea di demarcazione tra l’applicabilità del diritto nazionale e quella dello statuto della società privata europea è poco chiara. Nell’atto costitutivo occorre tenere presenti molte norme e regolamentazioni. Anche se questo può rappresentare un elemento positivo per alcune società, alcuni aspetti sono tali da dover essere chiaramente specificati nello statuto: per esempio, il limite tra competenza della società in quanto entità e protezione dei soci di minoranza. Inoltre, il livello di rappresentanza dei dipendenti all’interno della direzione è scarso.

Lo statuto della società privata europea è stato notevolmente migliorato durante i negoziati tuttora in atto del Consiglio e ancora spero che l’esito finale sarà valido. Tuttavia non è sulla proposta del Consiglio che oggi dobbiamo adottare una posizione, bensì su quella della Commissione, come emendata dall’onorevole Lehne, e ciò semplifica di molto la mia decisione: la mancanza di chiarezza e i problemi contenuti nella proposta oscurano gli aspetti positivi della riforma e sussiste il rischio incombente di avere uno statuto che contrasti con il suo stesso scopo. Inoltre, in vista dei progressi positivi già compiuti dal Consiglio, il sostegno per questa relazione ostacolerebbe la prosecuzione del suo lavoro.

Non stiamo votando la proposta del Consiglio, bensì essenzialmente quella della Commissione, ed è per questo che ho scelto il “no”.

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) Questa iniziativa crea una nuova forma giuridica europea per migliorare la competitività delle piccole e medie imprese agevolandone la costituzione e il funzionamento nel mercato unico. Sostengo la relazione che porterà a una maggiore protezione dei lavoratori e migliorerà l’informazione che ottengono all’interno della loro società.

 
  
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  Bernhard Rapkay (PSE), per iscritto. – (DE) La delegazione socialdemocratica tedesca ha votato a favore della possibilità di istituire una società privata europea. Vorrei tuttavia fornire la seguente spiegazione.

La partecipazione dei dipendenti è una chiave di volta di un’Europa democratica e sociale. Per questo il diritto all’informazione, alla consultazione e alla partecipazione dei lavoratori, senza limitazioni, deve assumere la stessa forma delle norme esistenti per la società europea (Societas Europae – SE) e la società cooperativa europea (Societas Cooperativa Europaea – SCE).

La forma della società privata europea ora concordata rappresenta un miglioramento rispetto alla corrispondente proposta della Commissione, che è il motivo per il quale abbiamo votato a favore, ma non raggiunge l’obiettivo dell’adeguamento alle norme esistenti. Il rischio di eludere i diritti di partecipazione dei dipendenti non è stato completamente scongiurato.

Il processo non è ancora concluso, per cui esortiamo il Consiglio a migliorare la proposta come segue:

– aggiungendovi rimandi chiari alla direttiva sulla società europea (SE) e, in particolare, alle sue norme standard per quanto concerne l’elezione dei membri del consiglio di amministrazione o vigilanza,

– semplificando la disposizione inattuabile contenuta nell’articolo 34 e abbassando notevolmente le soglie,

– prevedendo che la società privata europea operi realmente in ambito transfrontaliero.

Quanto alla Commissione, la invitiamo a far finalmente procedere la quattordicesima direttiva sul trasferimento transfrontaliero della sede legale di una società per azioni perché i diritti di partecipazione dei dipendenti al trasferimento transfrontaliero delle sedi legali possono essere garantiti in maniera sensata soltanto da una direttiva europea sulla partecipazione dei lavoratori.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. Egregio Presidente, onorevoli colleghi, voto favorevolmente la proposta di relazione presentata dal collega Lehne, riguardante lo statuto della società privata europea. Mi trovo d’accordo con il lavoro svolto dal collega, atto a prevedere norme autonome per quegli elementi che sono essenziali per il normale funzionamento della SPE, come il capitale minimo, la partecipazione dei dipendenti e i controlli sulle registrazioni. Infine, per quanto concerne i rinvii ai diritti nazionali, penso che l’obiettivo del regolamento sulla SPE, ovvero la creazione di una forma societaria unitaria a livello comunitario, sia assolutamente condivisibile e auspicabile.

 
  
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  Czesław Adam Siekierski (PPE-DE), per iscritto. – (PL) In un momento di devastante crisi economica, sviluppare il settore delle piccole e medie imprese è una scelta sicuramente auspicabile. Dobbiamo adoperarci per eliminare le barriere amministrative e giuridiche che impediscono a chiunque lo desideri di avviare un’attività commerciale. I requisiti procedurali, la burocrazia, i costi di iscrizione elevati non dovrebbero ostacolare coloro che desiderano sviluppare la propria idea imprenditoriale. Nuove aziende significano nuovi posti di lavoro e, di conseguenza, ripresa economica.

L’Unione europea è costituita da 27 Stati membri con diversi ordinamenti giuridici e sistemi differenti per costituire le società. Creare una forma europea di costituzione di impresa, la società privata europea, sicuramente agevolerà chiunque intenda avviare un’attività e contribuirà a rendere più concreto il principio della libera circolazione del capitale.

Requisiti coerenti per quanto concerne l’istituzione e lo svolgimento di un’attività, un limite contenuto per quanto concerne il capitale sociale e metodi di iscrizione semplificati indubbiamente consentiranno alla società privata europea di imporsi con successo offrendo un’alternativa interessante alle regolamentazioni nazionali perché sarà una forma costitutiva rapida, economica ed esente da inutilità formalità, pur garantendo un livello adeguato di certezza giuridica.

 
  
  

- Relazione Surján (A6-0111/2009)

 
  
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  Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. − (SV) La presente relazione chiede risorse finanziarie ancora maggiori in vari ambiti dell’Unione europea, mentre negli Stati membri occorre risparmiare in campi quali la scuola, l’assistenza sociale e la sanità.

Inoltre, vari ambiti citati nella relazione, tra cui la crisi finanziaria, il cambiamento climatico e la politica energetica, sono associati a costi notevoli del tutto sproporzionati rispetto al bilancio dell’Unione. Si tratta di ambiti che devono essere affrontati a livello nazionale dai singoli Stati membri con i loro processi politici interni, creando in tal modo una base democratica per i sacrifici che è indispensabile compiere.

Abbiamo pertanto scelto di votare contro la relazione sul bilancio della Commissione per il 2010.

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Di fronte all’aggravarsi della situazione economica e sociale in vari Stati membri, a oggi l’Unione europea non ha adottato alcuna iniziativa efficace che non sia stata volta a proteggere il capitale finanziario.

Abbiamo bisogno urgentemente di adottare misure comunitarie che contribuiscano a rispondere effettivamente alle esigenze dei lavoratori, del settore produttivo e delle microimprese e delle PMI mobilitando le risorse finanziarie necessarie.

L’Unione ha invece dibattito e adottato un bilancio per il 2009 come se nulla stesse accadendo, un bilancio comunitario che, in termini relativi, è il più ridotto dall’adesione del Portogallo alla Comunità, dimostrando ancora una volta la sua natura classista.

Di fronte alle prove della gravità della crisi capitalistica (nelle sue politiche), il Parlamento europeo non è riuscito a dissimulare la vera situazione. La risoluzione ora adottata afferma dunque timidamente che il bilancio comunitario per il 2010 dovrebbe essere più vicino ai limiti indicati nel quadro finanziario pluriennale 2007-2013 che, oltre a essere palesemente inadeguato, non viene neppure rispettato, riconoscendo anche che la categoria della spesa è “insufficiente”.

Poiché la prudenza non è mai troppa, non ci resta che sperare che questa preoccupazione, questa volontà dichiarata non rappresenti unicamente un desiderio estremamente fugace espresso pensando alle imminenti elezioni europee e che non sia, come sempre, soltanto una parata di buone intenzioni.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. Signor Presidente, onorevoli colleghi, dopo aver attentamente letto il lavoro del collega Surjan sugli orientamenti per la procedura di bilancio 2010, decido di votare contro la relazione. Non penso che la credibilità del Parlamento Europeo derivi dalla promozione e dai collegamenti tra voci di bilancio: in tal modo si perderebbero i reali motivi che spingono le istituzioni europee ad agire. Inoltre, per quanto sia d’accordo con il principio della massima trasparenza, ritengo che i fondi da destinare ai vari settori debbano essere ripartiti senza alcuna discriminazione di efficienza o di risultato: anche i settori che hanno ottenuto pochi risultati vanno sovvenzionati, anzi, forse sono questi che hanno più bisogno della vicinanza istituzionale comunitaria.

 
  
  

- Relazione Maňka (A6-0057/2009)

 
  
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  Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. − (SV) In un momento in cui nel settore pubblico si stanno operando tagli a livello di sanità, scuola e assistenza sociale, si dovrebbe risparmiare denaro anche nelle istituzioni comunitarie. Riteniamo che il bilancio per il Comitato delle regioni e il Comitato economico e sociale debba essere decisamente tagliato. I contribuenti europei non noterebbero alcuna differenza se si dovesse imporre un piano rigoroso di risparmio a queste due istituzioni.

Siamo altresì contrari all’aumento del livello dell’organico nei gruppi politici del Parlamento europeo. E’ un costo inutile vista l’attuale situazione.

Aprire un museo della storia europea, come ha deciso l’ufficio di presidenza del Parlamento, è un’idea infelice. L’esperienza ci dimostra che un museo del genere sarebbe considerato propaganda per un’Unione sempre più federalista.

Abbiamo pertanto scelto di votare contro la presente relazione che riguarda, tra l’altro, il bilancio del Parlamento europeo per il 2010.

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Apprezziamo il fatto che ora le questioni linguistiche siano considerate dal Parlamento un “principio fondamentale” nelle sue priorità per il bilancio comunitario per il 2010:

- “non può sottolineare a sufficienza il principio fondamentale secondo cui tutti i deputati dovrebbero beneficiare in pari misura di una gamma completa di servizi di qualità che permettano loro di lavorare e di esprimersi e di ricevere tutti i documenti nella propria lingua…”;

- “ritiene che il 2010 dovrebbe essere un anno in cui sarà dedicato il massimo sforzo affinché ai deputati di ogni nazionalità e lingua sia riservato il medesimo trattamento quanto alla possibilità di svolgere i propri compiti e tutte le attività politiche che loro competono nella propria lingua, qualora lo desiderino”;

- “sottolinea … il principio della legittimità democratica di cui sono investiti tutti i suoi membri e il loro diritto al pieno multilinguismo; ritiene pertanto che questo bilancio possa e debba essere utilizzato per lavorare verso questo obiettivo…”.

Non possiamo tuttavia dimenticare che negli anni le proposte presentate sul bilancio dagli eurodeputati del partito comunista portoghese, chiedendo che alle riunioni (sia quelle tenute all’interno delle istituzioni comunitarie sia le riunioni esterne organizzate nell’ambito del lavoro parlamentare) siano disponibili tutte le lingue ufficiali dell’Unione, sono state via via respinte.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. Signor Presidente, onorevoli colleghi, dopo aver attentamente letto il lavoro del collega Surjan sugli orientamenti per la procedura di bilancio 2010, decido di votare contro la relazione. Non penso che la credibilità del Parlamento Europeo derivi dalla promozione e dai collegamenti tra voci di bilancio: in tal modo si perderebbero i reali motivi che spingono le istituzioni europee ad agire. Inoltre, per quanto sia d’accordo con il principio della massima trasparenza, ritengo che i fondi da destinare ai vari settori debbano essere ripartiti senza alcuna discriminazione di efficienza o di risultato: anche i settori che hanno ottenuto pochi risultati vanno sovvenzionati, anzi, forse sono questi che hanno più bisogno della vicinanza istituzionale comunitaria.

 
  
  

- Relazione Schaldemose (A6-0064/2009)

 
  
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  Jim Allister (NI), per iscritto. – (EN) La presente relazione affronta i gravi punti deboli presenti nell’attuale quadro normativo. In particolare, per me è stato motivo di grande preoccupazione la mancata attribuzione di responsabilità ad aziende aventi sede nell’Unione che hanno potuto svolgere attività commerciali nel Regno Unito facendosi pubblicità senza dover richiedere una licenza. Di fatto, la tassa pigoviana britannica ha solo incoraggiato questo inquietante fenomeno di società stabilitesi oltremare per evitare di dover richiedere una licenza britannica. Apprezzo dunque la presente relazione che dovrebbe consentirci di compiere qualche passo per affrontare il problema.

 
  
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  Liam Aylward, Brian Crowley ed Eoin Ryan (UEN), per iscritto. – (EN) La tutela dei consumatori è di fondamentale importanza per tutti gli Stati membri ed è anche un ambito nel quale essi possono collaborare per garantire la salvaguardia dei consumatori che si avvalgono di servizi transfrontalieri. La relazione dell’onorevole Schaldemose sull’integrità del gioco d’azzardo online è un esempio di come un approccio pragmatico e cooperativo da parte degli Stati membri possa sfociare in una filosofia improntata alla tutela dei consumatori.

La relazione riconosce che l’integrità del gioco d’azzardo online è un tema che viene affrontato al meglio riconoscendo in tale ambito il principio della sussidiarietà e consentendo agli Stati membri di autoregolamentare il settore, pur chiedendo collaborazione e coordinamento nella lotta alla frode e alla criminalità e nella gestione di problemi sociali e di ordine pubblico come la ludomania e la protezione dei dati personali.

Fondamentale per la relazione è la salvaguardia dell’integrità degli sport e degli eventi sportivi. E’ assolutamente essenziale che lo sport sia in primo luogo riconosciuto per i suoi valori sociali, di intrattenimento e salute e che tali valori non siano in alcun modo minacciati o manipolati per un guadagno economico. Molti cittadini europei giocano d’azzardo in rete. Dobbiamo garantire che tali cittadini siano tutelati e credo che la relazione Schaldemose rappresenti un passo importante al riguardo.

 
  
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  Martin Callanan (PPE-DE), per iscritto. – (EN) Sono favorevole a un ambiente di gioco più aperto in Europa. Per troppo tempo ormai i monopoli nazionali controllati dai governi hanno impedito ai nuovi arrivati di offrire servizi di gioco in Europa.

Il gioco d’azzardo online offre un nuovo modo ai consumatori di vivere l’esperienza del gioco. Non vedo nulla di male nel fatto che giocatori d’azzardo responsabili partecipino ad attività di gioco in rete offerte da operatori responsabili. La presente relazione cerca di assicurare un livello elevato di tutela dei consumatori garantendo un ambiente di gioco equo e trasparente nello spazio cibernetico. E’ anche importante a mio parere adottare misure ragionevoli per impedire ai minori di giocare in Internet.

Ovviamente gli effetti sociali del gioco d’azzardo non possono non destare preoccupazioni che io condivido. Penso però che in passato si sia addossata troppa responsabilità alle società che propongono i giochi e non abbastanza al singolo giocatore. In ultima analisi, la decisione di giocare d’azzardo o meno è una decisione personale ed è il singolo individuo a doverne sopportare le conseguenze.

 
  
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  Eija-Riitta Korhola (PPE-DE), per iscritto. – (FI) Sono molto soddisfatta dell’esito della valutazione sulla relazione Schaldemose concernente il gioco d’azzardo online perché dimostra che la stragrande maggioranza dei membri di questa Camera considera il gioco d’azzardo un’attività economica di tipo molto particolare alla quale non è possibile applicare esclusivamente le regole del mercato interno.

L’impatto sociale del gioco d’azzardo e il suo effetto sulla salute, nonché i rischi di criminalità associati a tale attività e le sue particolari implicazioni culturali, vanno tutti tenuti presenti. Ciò vale anche per i tanti studi che dimostrano come Internet in quanto strumento moltiplichi tali rischi. Ovviamente nessuna autorità può da sola controllare il gioco d’azzardo online in tutta l’Europa.

La relazione dell’onorevole Schaldemose fa anche menzione degli effetti positivi del gioco d’azzardo, aspetto che a mio parere è molto importante preservare. In tanti paesi europei i proventi di questi giochi sono somme molto ingenti che, per esempio, vengono destinate alle arti, alla scienza, al lavoro giovanile e alle strutture ospedaliere. Migliaia di organizzazioni non governative usufruiscono di finanziamenti messi a loro disposizione attingendo dagli introiti di tali attività, per non parlare del fatto che i giochi d’azzardo sono la più grande fonte di reddito delle organizzazioni sportive europee e, in particolare, delle attività sportive per la base.

Il fatto che la maggioranza del Parlamento sia incline a mantenere in essere le attuali leggi nazionali in materia di politica per il gioco d’azzardo e non voglia semplicemente sostituirvi un codice di condotta, che garantirebbe ai consumatori una tutela decisamente inferiore, non significa che il mercato non debba essere liberalizzato. Significa semplicemente che la liberalizzazione deve avvenire alle condizioni stabilite dagli Stati membri. Inoltre, se vi è il desiderio di mantenere in essere i monopoli nazionali, il sistema deve essere non discriminatorio e giuridicamente giustificabile.

 
  
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  Mairead McGuinness (PPE-DE), per iscritto. – (EN) Ho votato contro la relazione sull’integrità del gioco d’azzardo online perché ritengo che la proposta alternativa, respinta dalla plenaria, avrebbe rispecchiato meglio la situazione odierna del settore del gioco d’azzardo in rete.

Condivido le preoccupazioni in merito alle possibili truffe che potrebbero essere perpetrate ai danni dei cittadini e alla dipendenza dal gioco d’azzardo, ma mi permetto di osservare che nella maggior parte degli Stati membri il gioco d’azzardo è controllato per tutelare i cittadini dalla dipendenza e dalla frode ed evitare il riciclaggio di denaro.

Oltre a combattere la frode e la criminalità, dobbiamo evitare la ludomania e il gioco d’azzardo al di sotto dei limiti di età previsti. Ritengo che la risoluzione alternativa avrebbe affrontato tali preoccupazioni in maniera più efficace.

 
  
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  Seán Ó Neachtain (UEN), per iscritto. – (GA) La tutela dei consumatori è di fondamentale importanza per tutti gli Stati membri ed è in ambito in cui la cooperazione tra gli Stati membri è assolutamente necessaria, soprattutto dal punto di vista dei servizi transfrontalieri. La presente relazione sul gioco d’azzardo online dimostra che un approccio pragmatico, basato sulla collaborazione, può garantire che le politiche dell’Unione europea siano incentrate sulla tutela dei consumatori.

La relazione riconosce che il migliore approccio per affrontare le questioni del gioco d’azzardo online consiste nel riconoscere nel settore il principio della sussidiarietà e lasciare che gli aspetti normativi siano appannaggio di ogni singolo Stato membro. Ciò premesso, la relazione riconosce che attraverso la cooperazione e il coordinamento gli Stati membri dell’Unione saranno meglio in grado di combattere frode, criminalità e problemi sociali.

L’elemento centrale della relazione è costituito dall’importanza dello sport e dalla necessità di preservarne l’integrità e l’onesta. Il valore sociale e culturale della dimensione sportiva deve essere protetto ed è necessario garantire che lo sport non venga gestito in maniera scorretta in nome del denaro o per motivi analoghi. Molti cittadini dell’Unione europea giocano d’azzardo online. Dobbiamo assicurare che in rete questi cittadini non possano subire danni.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. Signor Presidente. Voto favorevolmente la relazione presentata dal collega Schaldemose sull’integrità del gioco d’azzardo online. Sono fermamente convinto che in questo settore che, detto per inciso, genera un’importantissima fonte di reddito per le organizzazioni sportive, ci debba essere una trasparenza completa che tuteli gli interessi pubblici e dei consumatori. Ritengo, infine, che una regolamentazione omogenea, e non eterogenea come quella vigente, possa essere di grande aiuto al fine di evitare che il gioco d’azzardo online possa essere avvertito come un problema sociale.

 
  
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  Toomas Savi (ALDE), per iscritto. – (EN) Purtroppo non ho potuto partecipare alle votazioni relative alla relazione Schaldemose sull’integrità del gioco d’azzardo online. Vorrei tuttavia cogliere questa opportunità per dichiarare il mio pieno accordo con la relatrice in quanto la relazione sottolinea diversi aspetti importanti e pericolosi del gioco d’azzardo in rete. Nel 2004, il gioco d’azzardo online ha rappresentato grossomodo il 5 per cento di tutto il mercato del gioco d’azzardo nell’Unione e negli ultimi anni i numeri sono aumentati rapidamente.

E’ importante capire che diverse attività illecite come frodi di carte di credito, accesso di minori al gioco d’azzardo, partite truccate, eccetera, sono attualmente aspetti inevitabili del gioco d’azzardo online. Anche il numero di persone dipendenti dal gioco d’azzardo probabilmente aumenterà perché per molti il gioco d’azzardo online è molto comodo.

L’impatto del gioco d’azzardo online, come giustamente sottolinea la relatrice, non è stato ancora analizzato in maniera approfondita. Pertanto, per salvaguardare i cittadini, è di fondamentale importanza che tutti gli Stati membri svolgano ricerche accurate sui suoi effetti e migliorino il controllo e la regolamentazione dei mercati del gioco d’azzardo.

 
  
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  Christel Schaldemose (PSE), per iscritto. – (EN) La relazione Schaldemose sull’integrità del gioco d’azzardo online stabilisce le responsabilità degli Stati membri per quanto concerne la regolamentazione dei rispettivi mercati del gioco d’azzardo in maniera da tutelare i consumatori vulnerabili, specialmente i minori, combattere la criminalità e proteggere gli eventi sportivi da rischi come le partite truccate.

In ragione della sua particolare natura, i parlamentari europei hanno escluso il gioco d’azzardo dalla direttiva sui servizi e non vi è chiaramente alcuna volontà di istituire una normativa a livello europeo. Pertanto, i deputati laburisti sostengono fortemente l’invito che la relazione rivolge agli Stati membri affinché regolamentino i rispettivi mercati del gioco d’azzardo in maniera da proteggere i consumatori. La relazione afferma inoltre con chiarezza che tale regolamentazione deve essere proporzionata e non discriminatoria, come affermano i trattati istitutivi dell’Unione.

I rappresentanti laburisti al Parlamento europeo ritengono dunque che la legge britannica sul gioco d’azzardo rappresenti una legislazione conforme ai trattati, volta a garantire un accesso equo e aperto ai servizi di gioco d’azzardo, prevenendo nel contempo la criminalità e tutelando bambini e soggetti vulnerabili. Vari Stati membri stanno attualmente rivedendo le proprie normative sul gioco d’azzardo per accertarsi che siano conformi ai trattati comunitari.

I deputati laburisti sottolineano che le autorità dell’Unione devono restare vigili e collaborare contro tutti i rischi di criminalità, partite truccate e minacce a giovani e soggetti vulnerabili derivanti da ogni forma di gioco d’azzardo. I laburisti apprezzano infine i continui sforzi profusi dagli operatori rispettabili di servizi di gioco d’azzardo online per adottare provvedimenti a garanzia del fatto che a tali preoccupazioni venga data risposta.

 
  
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  Marianne Thyssen (PPE-DE), per iscritto. − (NL) L’attività di gestione del gioco d’azzardo e delle scommesse non è un’attività economica come le altre, a differenza di ciò che pensano alcuni in quest’Aula. Nella sua giurisprudenza, la Corte di giustizia ha confermato che spetta agli Stati membri stabilire il livello di tutela che ritengono idoneo per salvaguardare i propri cittadini dai pericoli associati al gioco d’azzardo.

Applicare in tale ambito il principio della sussidiarietà significa che gli Stati membri devono essere in grado di controllare e regolamentare i rispettivi mercati del gioco d’azzardo secondo le proprie tradizioni e culture al fine di proteggere i consumatori dai rischi di dipendenza, frode e riciclaggio di denaro. Visti i rischi che il gioco d’azzardo online comporta, sono del parere che la legislazione nazionale non possa essere sostituita da un’autoregolamentazione paneuropea dell’industria del gioco d’azzardo.

Mi unisco pertanto alla consistente maggioranza dei colleghi della commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori i quali ritengono che al gioco d’azzardo non sia assolutamente possibile applicare soltanto un approccio improntato al mercato interno. Di conseguenza, ho deciso di sostenere incondizionatamente la relazione Schaldemose.

 
  
  

- Relazione Petre (A6-0088/2009)

 
  
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  Adam Bielan (UEN), per iscritto. – (PL) Ho votato a favore della relazione Petre concernente la garanzia della qualità degli alimenti. Vorrei tuttavia esprimere la mia preoccupazione che il consumatore medio non sia consapevole della differenza tra denominazione di origine protetta (DOP) e indicazione geografica protetta (IGP). Credo che condurre una campagna di informazione al riguardo sia fondamentale.

 
  
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  Šarūnas Birutis (ALDE), per iscritto. – (LT) Gli Stati membri devono promuovere i sistemi di assicurazione qualità già ben noti ai consumatori europei, sistemi che non devono essere resi uniformi né fusi in un unico dispositivo. Per garantire standard minimi per la certificazione di qualità nell’Unione, essi devono essere valutati e riconosciuti a livello europeo. La Commissione deve disporre dunque di un ufficio che sia responsabile dell’approvazione e dell’autorizzazione dell’uso di tali sistemi a livello comunitario, garantendo in tal modo un controllo omogeneo ed efficace a livello europeo e nazionale.

 
  
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  Nicodim Bulzesc (PPE-DE), per iscritto. – (RO) Ho votato a favore della relazione perché concordo con l’introduzione di un’indicazione obbligatoria del luogo di produzione dei prodotti primari sotto forma di etichettatura del paese di origine in maniera da rispecchiare il desiderio del consumatore di saperne di più in merito all’origine del prodotto che acquista. Un sistema del genere dovrebbe anche essere applicato ai prodotti alimentari trasformati riportando l’origine dei principali ingredienti e materie prime con indicazione del luogo di origine e trasformazione finale.

 
  
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  Niels Busk, Anne E. Jensen e Karin Riis-Jørgensen (ALDE), per iscritto. − (DA) I deputati del partito liberale danese Anne E. Jensen, Karin Riis-Jørgensen e Niels Busk hanno votato a favore della relazione di propria iniziativa dell’onorevole Petre concernente la garanzia della qualità degli alimenti dopo averne soppesato pro e contro perché si tratta soltanto di una votazione generale. Possiamo dunque sostenere la maggior parte dei contenuti della relazione, sebbene vi siano alcuni elementi che non condividiamo pienamente.

 
  
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  Richard Corbett (PSE), per iscritto. – (EN) Sono deluso per essere stato costretto ad astenermi su questa relazione che avrebbe dovuto rappresentare un seguito del libro verde nella Commissione analizzando come gli agricoltori in tutta Europa possano ottenere il massimo beneficio dal mercato grazie allo standard elevato della loro produzione. La relazione si concentra su temi importanti come l’indicazione del paese di origine nell’etichettatura, lo sviluppo del mercato dei prodotti biologici, i luoghi in cui i prodotti europei sono i migliori del mondo e lo sfruttamento dei punti forti dell’agricoltura in Europa per garantire ai nostri agricoltori un vantaggio portando i loro prodotti sul mercato, capitolo della relazione indubbiamente apprezzabile.

Purtroppo, però, la sua validità è stata inficiata da elementi protezionistici introdotti per mano della commissione per l’agricoltura e soprattutto di coloro che cercano di giustificare le massicce sovvenzioni della PAC che inevitabilmente falsano il mercato e puntano a rendere più difficile l’importazione nell’Unione europea dei prodotti provenienti da paesi del Terzo mondo.

 
  
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  Constantin Dumitriu (PPE-DE), per iscritto. (RO) Vorrei complimentarmi con la collega, onorevole Petre, per l’eccellente relazione.

Parlando della qualità dei prodotti europei dobbiamo tenere presenti alcuni punti:

1. in primo luogo, un “accesso al mercato qualificato”, che rappresenta una soluzione per garantire che gli alimenti a disposizione dei consumatori europei, siano essi importati o prodotti internamente, siano conformi agli medesimi standard.

2. in secondo luogo, i costi sostenuti dai produttori europei per garantire la sicurezza alimentare e i requisiti imposti per la condizionalità incrociata, che dovrebbero essere coperti dai fondi della PAC.

3. in terzo luogo, la promozione di prodotti alimentari e agricoli specificamente europei. Inoltre, come ho anche chiesto nella relazione concernente la modifica del regolamento n. 3/2008, è necessario che la quota di cofinanziamento comunitario aumenti semplificando nel contempo le procedure amministrative per il sistema della specialità tradizionale garantita e offrendo maggiore protezione ai prodotti con indicazione geografica o denominazione di origine.

Spero che le raccomandazioni che adotteremo a breve saranno attuate il prima possibile sia dalla Commissione europea sia dagli Stati membri perché non possiamo permetterci di perdere tempo in una situazione in cui i cittadini europei subiscono gli effetti di una recessione economica estremamente grave.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Nonostante le buone intenzioni, la relazione perpetua addirittura estendendole le politiche che sono alla radice dei problemi incontrati da molti piccoli produttori, specialmente in Portogallo. Invocando quella che viene definita “promozione della qualità dei prodotti agricoli europei”, si aumentano i costi di produzione per quanti hanno già difficoltà a continuare a produrre. Ciò vale in particolare per i piccoli produttori come per esempio le piccole aziende casearie che producono il formaggio Serra da Estrela, la cui qualità è innegabile. E’ inaccettabile che i produttori debbano ottemperare a nuovi requisiti per continuare a produrre senza l’indennizzo economico dovuto facendosi anche carico dei costi dei requisiti del “controllo ufficiale”. Contrariamente a quanto affermato, la produzione veramente di qualità corre seriamente il rischio di scomparire.

Standard di produzione e commercializzazione armonizzati per i piccoli produttori e l’agroindustria non sono accettabili perché la loro applicazione distrugge la diversità, in termini di produzione e cultura, di paesi come il Portogallo. E’ importante invertire la tendenza e promuovere produzione e consumo a livello locale. L’agricoltura deve essere considerata un’attività delicata, incompatibile con questo modello di liberalizzazione commerciale insostenibile da un punto di vista ambientale ed enormemente rischioso per la salute umana.

 
  
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  Duarte Freitas (PPE-DE) , per iscritto. – (PT) Concordo con la relazione in quanto ritengo che la riduzione della burocrazia e della complessità del sistema di standard sia essenziale. Così facendo, la regolamentazione e il controllo di qualità dei prodotti agricoli diventeranno più agevoli.

Il risultato di tale semplificazione sarebbe una riduzione dei costi amministrativi per gli enti pubblici.

Apprezzo inoltre l’attenzione specifica prestata alle denominazioni di origine e l’esortazione rivolta alla Commissione affinché garantisca che la questione sia iscritta all’ordine del giorno dell’Organizzazione mondiale del commercio.

 
  
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  Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. – (FR) Non possiamo non avallare le intenzioni che ispirano la presente relazione: garantire la qualità dei prodotti alimentari europei, assicurare la competitività dei produttori, fornire informazioni semplici ma complete ai consumatori in merito all’origine dei prodotti, verificare il rispetto delle denominazioni di origine e delle etichette di qualità, giungere a una migliore definizione di prodotti tradizionali e organici, eccetera.

La relatrice giustamente sottolinea che è necessario imporre che i prodotti alimentari e agricoli importati in Europa rispettino gli stessi standard previsti per i produttori europei, cosa che purtroppo oggi non sempre accade, così come ha ragione nel voler attuare un accesso condizionale ai nostri mercati.

Permangono tuttavia alcuni problemi da risolvere, tra cui quello della concorrenza sleale a livello intracomunitario, per cui uno Stato membro impone standard più rigidi di quelli previsti a livello di Unione, essenzialmente per motivi di salute pubblica o salvaguardia ambientale. In tali casi, lo Stato, che lo vogliamo o meno, deve poter applicare le stesse norme che invochiamo a livello di OMC.

Un altro aspetto problematico è la coerenza con le preoccupazioni ambientali del Parlamento, che dovrebbe concentrarsi sulla promozione di circuiti brevi (consumo di alimenti stagionali prodotti localmente) anziché su un adattamento, giocoforza imperfetto, al mercato globale.

 
  
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  Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. − (SV) La presente relazione, che non rientra in alcun processo legislativo, raccomanda una serie di proposte costose, come un’agenzia comunitaria per la qualità degli alimenti e nuove misure di promozione e supporto delle vendite in campo agricolo. Vorremmo inoltre sottolineare che la relazione contiene formulazioni che potrebbero portare a una politica più protezionistica per i prodotti agricoli da parte dell’Unione.

Come sempre, la Lista di giugno rileva che, in tale situazione, è una fortuna che il Parlamento europeo non disponga di poteri di codecisione per quanto concerne la politica agricola della Comunità, altrimenti l’Unione cadrebbe nella trappola del protezionismo e del pesante sovvenzionamento di vari gruppi che operano in tale ambito.

 
  
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  Mieczysław Edmund Janowski (UEN), per iscritto. − (PL) Ho votato a favore della relazione Petre concernente la garanzia della qualità degli alimenti. La questione dell’armonizzazione e del reciproco riconoscimento degli standard per quanto riguarda gli alimenti è un tema molto importante per garantire la salute umana. Oggi siamo sempre più consapevoli del rapporto esistente tra l’incidenza di varie patologie e la qualità del cibo consumato. Resta però il fatto che la stessa espressione “cibo sano” sembra paradossale. Può una cosa non sana per l’essere umano definirsi “cibo”? La qualità dei prodotti alimentari è fondamentale per la sicurezza del cibo destinato ai nostri cittadini. Tali prodotti devono rispettare criteri ben definiti sulla base delle attuali conoscenze e dei principi di igiene, criteri che devono altresì concorrere alla salvaguardia dell’ambiente e al rispetto dei principi di un corretto trattamento degli animali destinati alla macellazione. I prodotti alimentari devono inoltre essere adeguatamente confezionati, trasportati e conservati.

Per garantire la qualità degli alimenti, i consumatori devono ricevere informazioni complete sui prodotti che acquistano, gli ingredienti, le eventuali modificazioni genetiche, il luogo di produzione, le condizioni di conservazione, le modalità di preparazione e la data di scadenza. La relatrice è favorevole all’introduzione di un servizio europeo responsabile della certificazione e della qualità degli alimenti a livello di Commissione per garantire il rispetto di requisiti di certificazione minimi. Ciò creerebbe un sistema uniforme di controllo a livello di Unione e Stati membri. Sulla base di una precedente risoluzione, la relazione è inoltre favorevole all’introduzione di uno speciale marchio di qualità per i prodotti europei.

 
  
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  Andreas Mölzer (NI), per iscritto. – (DE) A causa della crisi alimentare e finanziaria globale, la gente risparmia sui consumi, il che implica un aumento della quota di mercato degli imprenditori che operano con formule discount. In più, regolamentiamo in maniera restrittiva la produzione per i nostri produttori nazionali di alimenti e promuoviamo marchi di qualità o sistemi affini importando nel contempo prodotti che non rispondono ai nostri standard di qualità interni e per i quali tali standard non possono essere controllati. Ciò significa che gli agricoltori comunitari si ritrovano fortemente compressi, per cui dobbiamo garantire che, specialmente in questa difficile situazione, il numero di aziende in crisi non aumenti e non si perda la nostra autosufficienza, a livello di Unione, per quanto concerne la produzione alimentare.

Anche chi è disposto a pagare per la qualità del cibo che consuma può con estrema facilità perdere la bussola nella giungla di simboli e marchi di qualità. Non tutto ciò che viene etichettato come “organico” è prodotto sul mercato interno e non sempre accade che quando si indica uno specifico paese come quello di origine tutti gli ingredienti effettivamente provengano da quel paese. Vi sono alcuni elementi inaffidabili in tale contesto, come dimostrano gli scandali alimentari e le truffe a livello di etichettatura venuti alla ribalta a più riprese. In ultima analisi, i consumatori devono poter fare affidamento sull’etichetta. L’odierna iniziativa sembra condurci in tale direzione ed è per questo che ho votato a suo favore.

 
  
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  Alexandru Nazare (PPE-DE), per iscritto. – (RO) La relazione che la collega, onorevole Petre, ha sottoposto oggi alla nostra attenzione contiene una serie di raccomandazioni che mi sento fiduciosamente di avallare. Esse spaziano dalla semplificazione del fardello amministrativo derivante dalla garanzia degli standard di qualità alla riduzione degli oneri finanziari che gravano sui produttori passando per il sostegno ai prodotti tradizionali e a quelli con indicazione geografica o denominazione di origine.

In un momento in cui viviamo una grave crisi economica, è nostro dovere intraprendere misure per appoggiare agricoltori e trasformatori europei e garantire che i consumatori abbiano accesso ai prodotti migliori ai prezzi più favorevoli.

Ritengo inoltre che dobbiamo fare in modo che i consumatori dispongano di informazioni corrette in merito all’origine dei prodotti per sostenere l’agricoltura europea. Non dobbiamo tuttavia confondere tali disposizioni concernenti un marchio di qualità europeo con una forma di protezionismo volto a bloccare l’accesso al mercato comunitario. Penso invece che lo scopo di introdurre tale marchio debba essere la promozione dei prodotti europei e dei vantaggi di cui godono rispetto a quelli dei paesi terzi fornendo informazioni migliori ai consumatori europei. Un sistema di riconoscimento dell’origine dei prodotti contribuirà inoltre a fugare timori di “prodotti contaminati”.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. Signor Presidente. Esprimo il mio voto favorevole in merito alla relazione presentata dal collega Petre riguardante la garanzia sulla qualità degli alimenti e sulla armonizzazione delle norme in questione. Penso che l’argomento sia di estrema importanza, perché la qualità degli alimenti incide in misura sempre maggiore sulla qualità della vita dei cittadini europei. L’UE, infatti, deve insistere affinché la totalità dei prodotti alimentari rispetti i requisiti di produzione, in particolar modo in materia di igiene e di sicurezza. Inoltre l’Unione europea è tenuta a garantire un’equa concorrenza tra i prodotti autoctoni e quelli dei paesi terzi. Infine, condivido l’opinione della relatrice quando afferma che, per quanto concerne le IGP (indicazioni geografiche protette), le DOP (denominazioni di origine protetta) e le STG (specialità tradizionali garantite), bisogna offrire un’assistenza tecnica comunitaria in vista dell’attuazione di tali sistemi negli Stati membri e della valorizzazione dei prodotti di origine protetta.

 
  
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  Olle Schmidt (ALDE), per iscritto. − (SV) Ho scelto di non appoggiare la relazione dell’onorevole Petre sulla promozione e l’aumento dell’etichettatura degli alimenti. La relazione contiene proposte valide per quanto concerne la semplificazione delle norme e lo snellimento degli iter amministrativi che però, a mio parere, sono sovrastate dalle formulazioni protezionistiche in merito a un accesso condizionale al mercato e dal desiderio di creare un’autorità sovranazionale per la qualità degli alimenti.

 
  
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  Georgios Toussas (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) Quando si produce cibo per profitto anziché per soddisfare le richieste della base e la produzione e la vendita di alimenti si concentrano sempre in un numero di mani sempre minore seguendo le direttive di cartelli e multinazionali alimentari (scelte che caratterizzano la politica dell’Unione e dei governi degli Stati membri), il cibo non può essere né poco costoso né di buona qualità.

Il presunto ritorno al cibo di qualità non è volto a incrementare il reddito degli agricoltori né a soddisfare le esigenze della base. E’ invece inteso ad aumentare ulteriormente la competitività e gli utili delle multinazionali, sfruttare maggiormente la manodopera rurale, consolidare ancor più il latifondismo e controllare la produzione.

L’introduzione e la coltivazione di OGM e la serie di scandali alimentari dimostrano che la qualità e la sicurezza del cibo nell’Unione sono subordinati agli interessi delle grandi aziende.

La classificazione del cibo sulla base della qualità corrisponde a una differenziazione classista del cibo secondo la filosofia di mercato “cibo di prima scelta ai ricchi e cibo di seconda scelta alla classe lavoratrice”.

I titolari delle aziende agricole di piccole e medie dimensioni hanno tutto l’interesse a opporsi alla PAC e all’Unione che intende svenderli alle grandi aziende, così come a unirsi al partito comunista greco e al fronte militante degli agricoltori, a tutti i lavoratori e gli autonomi nell’alleanza sociale, per minare il potere e la sovranità dei monopoli.

 
  
  

- Relazione Evans (A6-011/2009)

 
  
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  Šarūnas Birutis (ALDE), per iscritto. – (LT) L’aggiornamento della politica in materia di concorrenza è un fattore particolarmente importante per la preparazione della nuova struttura di sicurezza e il funzionamento di tale politica comunitaria. Gli elementi essenziali di tale processo sono la cooperazione tra le istituzioni nazionali competenti in questo ambito e il coordinamento attraverso la rete europea della concorrenza (REC). Il Parlamento europeo ha espresso grave preoccupazione quanto al fatto che in assenza di una REC efficace, l’aggiornamento della politica sarebbe di fatto essenzialmente solo una rinazionalizzazione della politica in materia e, come è ovvio, comprometterebbe l’idea di garantire in tale ambito una politica uniforme nell’intera Unione. Tenuto conto dei criteri di flessibilità e pragmatismo, le relazioni per il 2006 e il 2007 valutano positivamente l’efficacia e lo sviluppo dell’attività della REC. L’impegno a finanziare la formazione e la cooperazione giudiziaria tra le magistrature nazionali per interpretare il diritto comunitario in materia di concorrenza e garantirne l’attuazione è anch’esso visto con favore.

 
  
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  David Casa (PPE-DE), per iscritto. – (EN) La presente relazione sottolinea il valore del principio della concorrenza legale e del libero commercio ribadendo l’importanza di quanto sottoscritto nel trattato di Roma. Dobbiamo garantire misure antitrust efficaci in maniera da tutelarci contro abusi restrittivi degli scambi.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Abbiamo votato contro la relazione perché non si è nemmeno accolta una proposta concernente la nostra preoccupazione per quel che riguarda gli abusi di posizione dominante da parte delle grandi aziende, specialmente le grandi catene di supermercati, che sfruttano il proprio potere di acquisto per ridurre forzatamente i prezzi pagati ai fornitori nell’Unione europea e nei paesi terzi.

Parimenti nella relazione non si è dimostrata la risolutezza necessaria per approfondire l’impatto della concentrazione del settore dei supermercati sulle piccole aziende, i fornitori, i lavoratori e i consumatori, omettendo in particolare di valutare gli abusi di potere di acquisto che possono derivare da una siffatta concentrazione.

La risoluzione adottata perpetua il modello di intervento a difesa della concorrenza e contro i servizi pubblici, sulle orme della famosa direttiva Bolkestein, insistendo sulla necessità di rispettare le regole del mercato interno. Ci rammarica inoltre rilevare che anche quando parla della crisi e delle difficoltà incontrate dalle economie la relazione ribadisce che la Commissione deve essere vigile affinché la concorrenza non venga rimessa in discussione. In altre parole, dinanzi a una crisi causata dal capitalismo neoliberale, la soluzione è un ulteriore consolidamento del capitalismo e questo è inaccettabile.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. Signor Presidente, comunico il mio voto favorevole in merito alle relazioni presentate dal collega Evans riguardanti le politiche di concorrenza del 2006 e del 2007. Nel settore della concorrenza, in questi anni, sono stati compiuti enormi passi in avanti. Se pensiamo, infatti, al controllo delle concentrazioni tra imprese e agli aiuti di Stato (problema diventato di primaria importanza in seguito alla crisi finanziaria ed economica dei mercati), la Commissione ha svolto una mole di lavoro sempre maggiore. E’ per questo motivo che condivido il parere del collega quando si parla di un necessario ammodernamento del quadro giuridico e istituzionale del settore.

 
  
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  Peter Skinner (PSE), per iscritto. – (EN) Vista l’attuale crisi economica globale che sta stringendo l’Unione in una morsa, è stato importante che il Parlamento sia riuscito a giungere a un accordo. La presente relazione ha finalmente trovato la via per un consenso tra noi in seno alla commissione per i problemi economici e monetari. Ovviamente, le preoccupazioni in merito all’intervento statale rivestono la massima priorità; nondimeno, considerata la natura del danno causato dal sottoconsumo e dal restringimento della base produttiva, una qualche forma di sostegno a livello di spesa di governo è indispensabile.

 
  
  

- Relazione Herczog (A6-0074/2009)

 
  
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  Liam Aylward (UEN), per iscritto.(EN) Le piccole imprese costituiscono la spina dorsale dell’economia europea: rappresentano il 98 per cento del totale delle imprese europee e danno lavoro al 60 per cento dei lavoratori dell’Unione europea. La Commissione europea merita un plauso per le iniziative finora condotte e il suo costante lavoro volto a eliminare la burocrazia per le piccole imprese. La relazione dell’onorevole Herczog riconosce il lavoro svolto dalla Commissione e invita a compiere ulteriori passi in questa direzione.

Se da una parte sicuramente appoggio molti dei commenti contenuti nella relazione sullo “Small Business Act”, sono invece rimasto piuttosto deluso dal fatto che la relazione elaborata dalla commissione per l’industria, la ricerca e l’energia contenga un paragrafo che invoca una base consolidata comune per l’imposizione fiscale delle società. Mi sarebbe piaciuto che in questa fase si fosse espresso un riconoscimento generale del fatto che tale proposta è mal concepita e poco sensata. Questo tema riveste un’importanza sostanziale per l’Irlanda, soprattutto in questa fase economica, e per questo mi sono visto costretto a votare contro la proposta. Il mio voto contrario non influenzerà negativamente l’encomiabile lavoro svolto a favore delle piccole imprese, ma trasmetterà un messaggio forte per fare capire che dobbiamo prendere posizione contro proposte improduttive, pesanti e mal concepite che non saranno di alcun aiuto per l’economia europea.

 
  
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  Gerard Batten, Nigel Farage e Jeffrey Titford (IND/DEM), per iscritto.(EN) Questa legge propone numerose misure, alcune delle quali potrebbero rivelarsi utili alle piccole imprese, ma il cui effetto globale è di promuovere il controllo dell’Unione europea, lo sfruttamento della popolazione, i programmi femministi e l’infiltrazione dei funzionari comunitari nelle imprese per farvi “esperienza di lavoro”. Questi elementi impediscono all’UKIP di appoggiare questa proposta.

 
  
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  Šarūnas Birutis (ALDE), per iscritto.(LT) La crisi finanziaria mondiale e la lenta crescita economica hanno un impatto negativo sull’imprenditorialità. Accogliamo pertanto con favore le seguenti misure contenute nello “Small Business Act”, la cui attuazione sarebbe estremamente proficua per la crescita economica: creare le condizioni più favorevoli per le PMI in vista dell’ottenimento di finanziamenti, semplificare le condizioni di trasferimento delle imprese, fornire una seconda possibilità agli imprenditori onesti che abbiano sperimentato l’insolvenza. L’iniziativa, volta a creare le condizioni più favorevoli per le PMI per ottenere fondi (capitali di rischio, microcredito, eccetera), è molto importante.

Con l’aumento dei prezzi di energia e materie prime, le PMI stanno diventano particolarmente vulnerabili. Pertanto, l’attuazione dello “Small Business Act” rafforza l’aspetto della competitività. Solo misure complesse, quali la promozione di norme più rigorose in materia di processi produttivi e di standard ambientali per i prodotti all’interno dell’Unione europea, la divulgazione di queste stesse norme in tutto il mondo, nonché il miglioramento delle attività di monitoraggio del mercato dell’Unione europea, possono contribuire ad affrontare le sfide mondiali comuni, come il cambiamento climatico e la riduzione delle riserve di combustibile fossile.

 
  
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  David Casa (PPE-DE), per iscritto.(EN) Qualsiasi iniziativa in grado di sostenere le PMI o di migliorare le loro condizioni dovrebbe ricevere il nostro plauso, e questa relazione contiene molte valide argomentazioni che potranno essere estremamente preziose per le PMI in tutta Europa. Dobbiamo cercare di approfittare degli importanti vantaggi offerti dagli attuali progressi e fare in modo di includere la creazione di un contesto imprenditoriale operativo di elevato livello per le PMI, compresi la diffusione e il radicamento di una cultura normativa più efficace in Europa.

 
  
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  Derek Roland Clark (IND/DEM), per iscritto.(EN) Questa relazione propone varie misure, alcune delle quali potrebbero rivelarsi utili alle piccole imprese, ma il cui effetto globale è di promuovere il controllo dell’Unione europea, lo sfruttamento della popolazione, i programmi femministi e l’infiltrazione dei funzionari comunitari nelle imprese per farvi “esperienza di lavoro”. Questi elementi impediscono all’UKIP di appoggiare questa proposta.

 
  
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  Carlos Coelho (PPE-DE), per iscritto.(PT) Sebbene il 99 per cento delle imprese dell’Unione europea sia rappresentato da PMI (23 milioni) – che hanno creato in questi ultimi anni l’80 per cento dei nuovi posti di lavoro nell’Unione europea – la maggior parte delle norme generalmente elaborate riguarda le 41 000 grandi imprese europee, e questo determina evidentemente diseguaglianze in termini di competitività.

E’ giunto il momento di invertire questa tendenza e di assumersi un impegno nei confronti dei settori dell’economia in cui si crea veramente la ricchezza, con una politica basata sulla ricompensa del merito. In questo modo le PMI europee potrebbero godere di condizioni di parità rispetto alle loro omologhe nel resto del mondo.

Inoltre, in ragione della loro natura flessibile, le PMI sono abituate a essere in prima linea in materia di innovazione nei loro rispettivi settori; questo rende lo “Small Business Act” un importante progresso nella realizzazione della strategia di Lisbona.

Per questo, i deputati che rappresentano il partito socialdemocratico portoghese (PSD) appoggiano la relazione che è del resto coerente con le misure proposte in Portogallo dal leader del PSD, Manuela Ferreira Leite.

 
  
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  Avril Doyle (PPE-DE), per iscritto.(EN) La proposta della Commissione relativa allo “Small Business Act” fa parte di una comunicazione contenente proposte legislative, principi guida e misure destinate a essere attuate dalle PMI in Europa. Accolgo favorevolmente l’articolazione di dieci principi guida incentrati sulle necessità e sulle esigenze delle PMI e tesi ad aiutarle a realizzare il loro pieno potenziale sul mercato.

L’elaborazione di normative pienamente consapevoli delle necessità e delle esigenze dei destinatari trova il nostro più ampio consenso, così come l’adeguamento degli strumenti politici pubblici alle esigenze delle PMI. E’ di fondamentale importanza introdurre strumenti che consentano di sfruttare la crisi attuale per reagire alla crisi ambientale, accrescendo l’efficienza, grazie a dettagliati sistemi di gestione ambientale. In quanto relatrice per l’EU-ETS (sistema di scambio di quote di emissioni nell’Unione europea), sono consapevole, come spero lo siamo tutti, della necessità di agire, e di farlo rapidamente, se è nostro auspicio risolvere questa sfida.

Se da una parte concordo con gran parte della relazione, sono dall’altra diffidente rispetto alle proposte relative alla creazione di una base consolidata comune per l’imposizione fiscale delle società e di conseguenza ho espresso voto contrario.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto.(PT) Nonostante le belle parole e l’intenzione, apparentemente buona, di difendere le PMI, la relazione ha in realtà altri obiettivi che nello specifico sono i seguenti: incoraggiare la libera concorrenza e il mercato interno o, in altri termini, sostenere i grandi gruppi economici e finanziari, insistere sulla liberalizzazione dei servizi, compresi i servizi pubblici, e, dietro ad una facciata di pseudo aiuto per le piccole e medie imprese, aggravare lo sfruttamento dei lavoratori.

In realtà, in nome del 91,5 per cento delle imprese dell’Unione europea che nel 2003 impiegavano meno di 10 dipendenti, si chiedono condizioni migliori per distruggere i servizi pubblici essenziali, deregolamentare il mercato del lavoro e rimettere in discussione i diritti sociali e sul posto di lavoro. Si tratta di neoliberismo nella sua forma più palese.

Per questi motivi, abbiamo votato contro la relazione: in difesa di misure reali a sostegno delle microimprese e delle piccole e medie imprese, in difesa di altre politiche che salvaguardino il loro ruolo e il loro contributo significativo alla produzione nei settori industriale, agricolo e della pesca, e ad un’occupazione accompagnata da diritti, al commercio e ad una risposta alle esigenze fondamentali delle persone.

 
  
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  Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. (FR) Signor Presidente, onorevoli colleghi, abbiamo approvato questa relazione che elenca, sotto forma di desideri che rimarranno sicuramente inesauditi per un bel po’ di tempo, i mezzi e gli strumenti atti a rendere più facile la vita delle piccole imprese dell’Unione europea.

Ho tuttavia alcuni commenti da esprimere.

L’invito, certamente discreto, ad una sorta di discriminazione positiva a favore delle PMI, e cito “di proprietà di minoranze etniche” è inutile, incomprensibile ed assolutamente ideologico.

L’accesso da parte delle PMI e, in particolare delle PMI locali, agli appalti pubblici, che la relatrice intende ulteriormente promuovere, è stato ostacolato dai testi adottati 15 anni fa da questo stesso Parlamento, nonostante gli avvertimenti in merito a possibili effetti indesiderati. Questi testi promuovevano di fatto l’accesso agli appalti pubblici da parte delle grandi imprese, in particolare quelle straniere, che disponevano delle informazioni e delle risorse amministrative e legali per partecipare alle gare d’appalto, mentre le PMI queste risorse non le avevano.

Per le PMI è impresa ardua accedere agli aiuti europei e nazionali esistenti, a causa dei requisiti previsti dalla normativa europea stessa.

In breve, si ha ancora una volta l’impressione di trovarci nella situazione di dover adottare dei testi europei per affrontare i prevedibili problemi causati da altri testi europei.

 
  
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  Françoise Grossetête (PPE-DE), per iscritto. (FR) Ho votato a favore della relazione Herczog sull’introduzione di uno “Small Business Act”.

Le nostre PMI sono le prime vittime dell’attuale crisi economica e finanziaria, in quanto le banche hanno limitato il loro accesso al credito ed il motore che sostiene la loro crescita deve essere urgentemente riavviato. L’introduzione di uno “Small Business Act” europeo consentirà di rafforzare la competitività delle PMI affinché sia finalmente possibile tradurre le parole in fatti. Il Parlamento europeo ha mandato un segnale chiaro al Consiglio e alla Commissione europea per fare sì che lo “Small Business Act” sia effettivamente attuato, ossia la “priorità alle PMI”, affinché queste nuove misure possano essere comprese ed applicate da tutte le piccole imprese, in particolare grazie alle seguenti misure: evitare oneri superflui, promuovere la nascita di imprese innovative di medie dimensioni, anche al di là della definizione comunitaria di PMI (250 dipendenti) e facilitarne l’accesso ai finanziamenti e agli appalti pubblici al fine di rafforzare il loro potenziale di crescita.

Trovo tuttavia deplorevole che questo piano d’azione non sia uno strumento giuridicamente vincolante.

 
  
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  Mieczysław Edmund Janowski (UEN), per iscritto. (PL) Ho votato a favore della relazione dell’onorevole Herczog sullo “Small Business Act”, in quanto la considero un importante testo normativo che ha un impatto sugli organismi più piccoli dell’economia che danno attualmente lavoro a circa 100 milioni di persone nell’Unione europea e rappresentano quasi il 99 per cento del totale delle imprese dell’Unione europea. In questo contesto, e dato che l’attuale crisi minaccia di provocare una grave disgregazione economica, dobbiamo attuare normative giuridiche a livello europeo che possano aiutare queste imprese. In particolare ci si dovrebbe concentrare su temi quali il trasferimento di proprietà nelle imprese (specialmente nei casi di malattia o pensionamento del titolare) e scadenze armonizzate per il pagamento delle transazioni (per evitare “strette creditizie”).

Il documento sottolinea quanto l’importanza per queste imprese di innovazione, ricerca scientifica, brevetti e protezione dei diritti di proprietà intellettuale, nonché del commercio elettronico. Alle PMI dovrebbe inoltre essere garantito l’accesso alle fonti di finanziamento, compresi i fondi e i finanziamenti europei. Un tema a parte, ma non per questo meno importante, concerne l’alleggerimento degli oneri burocratici che gravano su molte PMI. Sono altresì degni di nota i dieci principi guida in materia di politica nei confronti delle piccole imprese, sia a livello di Unione europea sia a livello di Stati membri. Ritengo che sia infine fondamentale sottolineare la necessità di sostenere e promuovere l’attività delle PMI a livello transfrontaliero nel mercato interno.

 
  
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  Astrid Lulling (PPE-DE), per iscritto.(FR) La comunicazione della Commissione sullo “Small Business Act” assume un particolare significato nelle circostanze attuali, in quanto definisce i principi base che dovrebbero soggiacere allo sviluppo e all’attuazione di politiche sia a livello europeo sia a livello nazionale, al fine di creare condizioni di parità per tutte le PMI attive in Europa. A livello operativo, include anche un pacchetto con più di 50 misure differenti, comprese quattro proposte legislative che traducono nella pratica questi principi. Il sostegno alle PMI deve essere una priorità fondamentale, in particolare in questo periodo caratterizzato da una grave crisi economica. Gli investimenti delle PMI sono uno dei fattori chiave per la tanto agognata ripresa.

Dato che la maggior parte di queste azioni rientra nella sfera di competenza degli Stati membri, dobbiamo trovare il modo di coinvolgere gli Stati membri e gli organismi comunitari per fare sì che le PMI ricavino un valore aggiunto dalle misure che le riguardano. Alcuni emendamenti presentati dal mio gruppo tendono a fare del principio “Pensare anzitutto in piccolo” un elemento fondamentale di tutta la legislazione futura. Appoggio anche l’idea secondo cui sarebbe opportuno avere una linea di bilancio specifica per le PMI…

(La dichiarazione di voto è stata interrotta ai sensi all’articolo 163 del regolamento)

 
  
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  Mairead McGuinness (PPE-DE), per iscritto.(EN) Il paragrafo 68 della presente relazione contiene un riferimento ad una base consolidata comune per l’imposizione fiscale delle società. E’ un aspetto che non posso sostenere e non sostengo. L’imposizione fiscale è un argomento di competenza degli Stati membri, non dell’Unione europea, e qualsiasi riferimento ad una base consolidata comune per l’imposizione fiscale delle società suscita inevitabilmente preoccupazioni in merito alle aliquote relative all’imposta sulle società nell’Unione europea, elemento che non posso appoggiare.

Ho pertanto respinto la prima parte del paragrafo e dato che la plenaria ha votato complessivamente a favore del paragrafo, nella votazione finale ho votato contro la relazione.

 
  
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  Andreas Mölzer (NI), per iscritto.(DE) Il fatto che le piccole e medie imprese (PMI) siano per la prima volta poste al centro della legislazione europea non è di per sé da festeggiare. E’ piuttosto una tragedia. Il 2009 sarà senza alcun dubbio un anno cruciale in cui si deciderà della sopravvivenza o della morte di migliaia di PMI. Se le grandi imprese crollano, le piccole inevitabilmente seguiranno lo stesso destino.

La tanto discussa stretta creditizia si annuncia minacciosa, in ogni caso, nella contrazione del volume del credito. Ora dobbiamo garantire che Basilea II non conduca al definitivo prosciugamento dei fondi destinati alle PMI. Se vogliamo alleggerire la burocrazia, i vantaggi tratti dalla semplificazione di una procedura – nella misura in cui possono avere un impatto tangibile su un’azienda – non devono andare nuovamente persi a causa di ostacoli posti altrove. Se non altro, le gare d’appalto e gli appalti pubblici devono essere resi più accessibili alle PMI perché anche loro possano avere un’opportunità. Ho votato a favore dello “Small Business Act” nella speranza che, questa volta, finalmente, possa essere più di un pezzo di carta con un elenco di obiettivi e che sia effettivamente tradotto nella pratica.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. Signor Presidente, esprimo il mio voto favorevole in merito alla relazione presentata dalla collega Herczog sullo “Small business act”. È evidente la rilevanza che assumono le PMI all'interno dell'Unione europea e proprio per questo motivo intendo appoggiare il puntuale lavoro svolto dalla collega. La politica, gli interventi pubblici, il contesto sociale devono tutti quanti rispondere alle esigenze della realtà delle piccole imprese, che costituiscono la vera e propria spina dorsale dell'Unione europea. Per questo motivo mi trovo d'accordo con la relazione, in special modo per ciò che riguarda le proposte legislative sull'esenzione generale della categoria PMI riguardo agli aiuti di Stato.

 
  
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  José Albino Silva Peneda (PPE-DE), per iscritto. – (PT) E’ noto a tutti che le PMI danno lavoro ad oltre il 90 per cento degli occupati in Europa. Tuttavia, la crisi che stiamo attraversando ha già provocato, o provocherà presto, la perdita di numerosi posti di lavoro.

La semplificazione delle procedure dei Fondi strutturali, come promossa dalla Commissione, è un segno che dovrebbe essere accolto favorevolmente.

La globalizzazione associata alla crisi attuale ha modificato molte delle circostanze che erano state alla base delle decisioni prese in passato a livello europeo e che, all’epoca, erano state reputate giuste.

Tenendo conto di quanto detto, sono convinto che, per esempio, alcuni aspetti delle politiche regionali e di coesione debbano essere rivisitati.

Dobbiamo anche guardare alle attuali condizioni finanziarie a cui sono confrontate le PMI e che sono decisive soprattutto quando le aziende devono rimborsare i prestiti in un periodo di stagnazione economica.

Appoggio pertanto la relazione, perché è proprio in questi momenti che dobbiamo pensare alle PMI e al loro contributo all’innovazione, alla crescita economica e all’occupazione.

Per questo, a livello europeo occorrono politiche anticicliche con misure molto più decisive, al fine di creare la politica davvero macroeconomica a livello europeo che ancora non esiste.

 
  
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  Peter Skinner (PSE), per iscritto.(EN) Accolgo con favore questa relazione e ho appoggiato volentieri il testo principale, seppur con una piccola riserva. Non posso condividere l’idea di una base consolidata comune per l’imposizione fiscale delle società, in quanto manca un accordo in tal senso. Analogamente, per quanto riguarda il tema delle sanzioni in caso di superamento dei termini di pagamento, preferisco la direttiva sui ritardi di pagamento, per evitare qualsiasi confusione.

Dato che le piccole e medie imprese costituiscono il principale motore della crescita dell’economia, questa proposta contribuisce a rafforzare le condizioni necessarie per tale crescita. Il sud-est dell’Inghilterra dovrebbe trarre vantaggio da un approccio di questo tipo.

 
  
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  Silvia-Adriana Ţicău (PSE), per iscritto.(RO) Ho votato a favore della risoluzione del Parlamento europeo relativa allo “Small Business Act” per l’Europa, in quanto è molto importante assicurare condizioni quadro migliori in grado di creare un ambiente che possa promuovere l’innovazione da parte delle PMI, in particolare, introducendo sistemi per migliorare la protezione dei diritti di proprietà intellettuale e per lottare contro la frode e la contraffazione in modo più efficace in tutta l’Unione europea.

Occorre uno sforzo congiunto da parte delle istituzioni finanziarie, della Commissione e degli Stati membri per garantire l’accesso delle PMI ai finanziamenti e per offrire loro la possibilità di consolidare il proprio capitale reinvestendo gli utili in azienda. Ho votato a favore dell’emendamento che chiede interventi immediati per evitare che si esiga dalle PMI il pagamento di spese prima dell’inizio delle attività, affinché queste imprese possano costituire le proprie risorse. Ho anche chiesto alla BEI di individuare nuove forme di strumenti finanziari e nuove soluzioni tangibili per affrontare gli ostacoli rappresentati dalle garanzie in termini di accesso al credito. Ho altresì chiesto agli Stati membri, alla luce dell’attuale crisi finanziaria, di incoraggiare le banche a garantire alle PMI accesso al credito a condizioni ragionevoli.

 
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