Richard Corbett (PSE) . – (EN) Signora Presidente, mi compiaccio che questa relazione prenda in considerazione i possibili interventi da adottarsi a livello comunitario per stimolare l’economia, quantunque io riconosca che la maggior parte degli strumenti rimangono a livello nazionale: il 99 per cento delle spese pubbliche è a carico dei bilanci nazionali, e non di quello comunitario, e la maggior parte delle norme è nazionale, non europea. Tuttavia, se consideriamo le possibili azioni livello europeo, il piano proposto dalla Commissione relativo a un contributo di 30 miliardi di euro (inclusi i pagamenti anticipati dai Fondi strutturali e i nuovi prestiti della Banca europea per gli investimenti) potrà costituire un aiuto concreto per uscire dalla crisi.
Dobbiamo altresì assicurarci di evitare ogni forma di protezionismo in Europa.Se ciascuno Stato agisse curando solo gli interessi nazionali, si finirebbe per indebolire il mercato comune e danneggiare gravemente le prospettive di creazione di occupazione e crescita economica a lungo termine. Al contrario, la libera circolazione dei lavoratori e le iniziative volte a favorire l’esportazione di attività economiche verso il mercato unico contribuiranno a fornire lo stimolo necessario alla nostra ripresa economica.
Carlo Fatuzzo (PPE-DE) . – Signora Presidente, ho votato a favore del progetto comune per aumentare la sicurezza di chi sceglie il mare per viaggiare. Credo che sia molto importante aggiungere che si dovrebbe spendere di più per la professionalità di tutti i marittimi che sono responsabili della navigazione – dal comandante, al capo macchinista, al nostromo, al capitano d’armi, al timoniere e a tutti i marittimi – perché da loro dipende la vita e la sicurezza degli uomini in mare. Quindi più professionalità e più retribuzione per chi ha nelle proprie mani la nostra vita di passeggeri del mare.
Simon Busuttil (PPE-DE) . – (MT) Desidero sottolineare che, nonostante il suo impegno a favore dell’ambiente, la relazione in esame manca ancora di considerare gli effetti negativi e sproporzionati che avrebbe sulle regioni e sui paesi siti alla periferia dell’Unione europea, come Malta. Quest’iniziativa potrebbe potenzialmente causare un’impennata del prezzo per il trasporto di merci da e verso tali regioni periferiche. Un simile aumento dei costi potrebbe, a sua volta, portare a una maggiorazione dei prezzi dei prodotti che entrano o che escono da dette regioni e detti paesi. Per tale ragione, ho votato contro la relazione.
Leopold Józef Rutowicz (UEN) . – (PL) Signora Presidente, l’imposizione di ulteriori costi per gli automezzi pesanti equivale a un aumento della tassazione. Il trasporto su camion fornisce un servizio all’intera economia, cittadini inclusi. Il suo costo influisce sul prezzo di tutti i prodotti che consumiamo. A fronte a una crisi di cui non si intravede la fine, imporre al trasporto su gomma l’onere aggiuntivo delle accise del carburante e delle vignette, oltre alle tasse già esistenti, è socialmente irresponsabile.
L’inquinamento atmosferico, l’effetto serra e via dicendo dipendono, in massima parte, dalla costruzione di veicoli e dal sistema viario. Nell’ultimo decennio sono stati compiuti progressi significativi in questo settore e tutti noi ne abbiamo avvertito i benefici. Non appoggio la direttiva nella forma attuale perché necessita di una revisione radicale.
Hannu Takkula (ALDE) . – (FI) Signora Presidente, vorrei anzitutto dire che sostengo la relazione presentata dall’onorevole Cashman e che lo ringrazio per il suo lavoro. Il testo è notevolmente migliorato dopo la lettura del Parlamento, se lo confrontiamo con la proposta originaria della Commissione.
Il presupposto fondamentale sta nella trasparenza del processo decisionale. I cittadini devono avere la possibilità di accedere ai documenti, perché questo è il solo modo di ispirare fiducia. Detto questo, è importantissimo per noi arrivare al punto che i cittadini possano seguire le varie fasi dell’iter legislativo. Il principio di trasparenza dev’essere applicato ai documenti ad ogni livello amministrativo.
Tutti naturalmente comprendono che vi sono settori, come quelli connessi alla salute del privato cittadino e via dicendo, che devono essere mantenuti riservati, ma nel processo legislativo, in linea di principio, tutto dovrebbe essere trasparente. A tale proposito, mi compiaccio del risultato ottenuto, poiché ritengo che un processo decisionale onesto ed aperto rappresenti il modo migliore per guadagnare la fiducia dei cittadini.
Martin Callanan (PPE-DE) . – (EN) Signora Presidente, una recente relazione della Taxpayers’ Alliance, un’organizzazione non governativa con sede nel Regno Unito, ha dichiarato che l’appartenenza all’Unione europea costa a ciascun uomo, donna e bambino del paese 2 000 sterline l’anno.
Devo dire che molti dei miei elettori nell’Inghilterra nordorientale ritengono di avere un controvalore decisamente scarso a fronte di una simile spesa. Garantire il pubblico accesso ai documenti delle istituzioni europee, pertanto, è davvero il minimo che gli elettori possano aspettarsi a fronte del versamento di simili cifre all’Unione europea ogni anno. Agli occhi di molti cittadini, l’Unione rimane un’entità alquanto oscura e monolitica. Bisogna dunque sostenere qualunque iniziativa volta a migliorare e ampliare l’accesso del pubblico alle informazioni che forse alcuni commissari e altre persone vorrebbero mantenere confidenziali.
Abbiamo già visto casi di delatori , o figure simili, denigrati e cacciati dal proprio posto di lavoro per aver rivelato informazioni confidenziali. Se tutte queste informazioni fossero state rese disponibili da subito, forse molte di quelle reazioni eccessive non sarebbero state necessarie.
Syed Kamall (PPE-DE) . – (EN) Signora Presidente, sono grato per questa opportunità di illustrare il mio voto su questa importantissima relazione. Tutti noi sappiamo che, quando parti diverse sono coinvolte in negoziati politici delicati, talvolta vi è necessità di segretezza per evitare che un accordo sfumi, ma non è affatto questo il caso di cui stiamo discutendo.
Recentemente, hanno avuto luogo i negoziati sull’accordo commerciale anticontraffazione e alcuni dei punti sollevati inferiscono un pesante attacco alle libertà civili individuali. E’ stato proposto, ad esempio, di ispezionare gli iPod e i computer portatili dei passeggeri all’arrivo in paese per verificare se contengano materiale coperto da copyright. Abbiamo potuto discutere una simile proposta in modo aperto e trasparente? No, perché tali documenti sono stati mantenuti segreti, forse per ragioni giustificabili, ma che non comprendiamo fino in fondo. Quello di cui necessitiamo veramente è una maggior apertura e una maggiore trasparenza in modo da permetterci di raggiungere il cuore del problema.
Concordo appieno con l’onorevole Callanan quando dice che la poca trasparenza dei negoziati non depone a favore dell’Unione europea.
Carlo Fatuzzo (PPE-DE) . – Ringrazio i fans che mi continuano a seguire da lungo tempo e non si stancano. Signora Presidente, sono uno dei 74 parlamentari che oggi hanno votato contro la relazione Jan Andersson, non perché io sia contro l’occupazione, ma perché in questi orientamenti per le politiche dell’Unione europea, degli Stati dell’Unione europea, non è assolutamente specificato che una delle possibilità per favorire l’occupazione è quella di lasciare che i lavoratori che lo desiderano, che lo richiedono, possano andare in pensione. Questa politica di rinviare l’età di pensione obbligatoriamente, dovunque, comunque, non fa altro che far perdere posti di lavoro ai giovani che volentieri sostituirebbero gli anziani che desiderano lasciare il proprio posto a loro, ai giovani.
Martin Callanan (PPE-DE) . – (EN) Signora Presidente, questa relazione si basa sull’assunto errato che in materia di politica occupazionale l’Unione europea sia la sede più appropriata e competente. Molti dei miei elettori sarebbero in profondo disaccordo con tale affermazione, e preferirebbero, anzi, che l’Unione venisse tenuta ben alla larga da qualunque questione relativa alla politica occupazionale. Ritengo che il mio paese dovrebbe recedere dal Capitolo sociale del trattato UE.
E’ alquanto ironico che l’Unione europea cerchi di dispensare ai paesi membri le proprie perle di saggezza in materia di politica per l’occupazione quando, contemporaneamente, essa è responsabile delle gravose complicazioni burocratiche e normative che hanno impastoiato moltissime imprese nella mia regione e in tutta Europa, causando gran parte della disoccupazione che ora cerca di contrastare.
Il modello sociale europeo è superato, distruttivo, impedisce la creazione di posti di lavoro e agisce contro l’imprenditorialità. La cosa migliore sarebbe che l’Unione europea stessa lontana dalle politiche occupazioni degli Stati membri e creasse meno burocrazia e meno normative. E’ questa la strategia migliore per creare maggiore occupazione nell’economia.
Proposta di decisione sull’articolo 139 del Regolamento (B6-0094/2009)
Jim Allister (NI) . – (EN) Signora Presidente, ho votato a favore di questa proposta perché rinvia un ulteriore, folle spreco di denaro per i servizi di traduzione di questo Parlamento per la lingua irlandese.
Avrei preferito che questo sperpero insensato venisse cassato in toto, ma almeno questo ne risparmierà ai nostri contribuenti una parte.
L’uso ridottissimo dell’irlandese in quest’Aula parla da sé, quantunque l’onorevole de Brún, fedele alla sua aggressiva agenda repubblicana, ci intrattenga in quella lingua morta, con il solo vantaggio che quasi nessuno di coloro che si sintonizzano sul canale del Parlamento online è in grado di capire una sola parola di quello che dice. Posso assicurare loro che si perdono ben poco.
La sua collega del Sinn Féin, l’onorevole McDonald, non è riuscita a balbettare più di qualche titubante parola in un irlandese stentato, ma anche in quel caso sperperiamo denaro per la traduzione.
Miroslav Mikolášik (PPE-DE) . – (EN) Signora Presidente, ringrazio l’onorevole Kósáné Kovács per l’istruttiva e utile relazione sulla situazione dei rom.
Come tutti voi sapete, la popolazione rom è in continua crescita e sta dunque diventando una grossa e influente forza in Europa. Questo gruppo compreso tra i 10e i 12 milioni di persone è tra i più poveri del continente, nondimeno ha un potenziale incommensurabile.
Come europei e come membri del Parlamento, che si fonda sul pilastro dell’uguaglianza, dobbiamo reagire a questo problema il più velocemente possibile. La continua oppressione di una delle maggiori minoranze d’Europa è vergognosa e controproducente. Migliorando il quadro normativo e potenziando la cooperazione, gli Stati potrebbero essere in grado di fornire lavoro a questo numeroso gruppo di potenziali lavoratori. Con il profilarsi della crisi economica, i rom potrebbero essere in grado di contribuire a risolvere uno dei maggiori problemi europei. Il pregiudizio nei confronti di queste persone e la loro mortificazione sono durati troppo a lungo. E’ necessario fornire pari diritti e pari opportunità a tutti i cittadini europei, anche ai rom.
Proprio all’inizio di questo mese, in Ungheria, due rom sono stati uccisi a colpi di arma da fuoco come animali, mentre cercavano di scappare dalla loro abitazione in fiamme. Com’è possibile che in un’Europa unita si verifichino casi simili?
Philip Claeys (NI). – (NL) Signora Presidente, ho votato contro la relazione Kósáné Kovács perché l’intero documento è permeato da vittimismo e perché ritengo che un gruppo minoritario come gli zingari rom riceverebbe maggiori benefici da una strategia che li incoraggiasse a prendere in mano il proprio destino.
Anch’io, naturalmente, condivido l’opinione generale che i rom abbiano diritto a un trattamento equo, ma la maggior parte dei problemi cui fa riferimento questa relazione sono attribuibili a uno stile di vita, a un modo di vivere, che queste persone hanno scelto coscientemente. Possiamo adottare tutte le relazioni e fornire tutte le risorse che vogliamo, ma questo non cambierà la situazione di una sola virgola.
Frank Vanhecke (NI) . – (NL) Signora Presidente, in questo Parlamento ho udito tante sciocchezze politicamente corrette nel corso del mio mandato, che sono state puntualmente approvate ad ampia maggioranza, ma a mio avviso questa relazione è il colmo. Se proprio il Parlamento deve occuparsi di interferire con la situazione sociale dei rom e con il loro accesso al mercato del lavoro, è troppo chiedere di mantenere un minimo di obiettività?
La verità è che i problemi degli zingari derivano in gran parte dal loro stesso rifiuto di integrarsi nella società in cui vivono, sicuramente per quanto concerne istruzione e formazione professionale. Elargiamo da anni milioni e milioni di euro per ogni sorta di programma pieno di propositi idilliaci, ma perlopiù irrealistici, nella direzione indicata da questa relazione. Senza successo alcuno. Non è allora forse giunto il momento di smettere di coccolarli e di guardare alle cause reali dei problemi, prima di stabilire delle soluzioni?
Avril Doyle (PPE-DE) . – (EN) Signora Presidente, nonostante i miglioramenti apportati alla versione emendata, non è stato comunque a cuore leggero che ho sostenuto questa relazione d’iniziativa, in quanto non era coerente con il pacchetto energia-clima votato in quest’Aula da una larga maggioranza il 17 dicembre 2008.
Ricordo che la mia stessa relazione sul sistema di scambio di quote di emissione, che era la pietra miliare di questo pacchetto, è stata adottata con 610 voti a favore, 60 astensioni e 29 voti contrari. Va da sé che l’onorevole Reul non era tra i 610 parlamentari su 699 che hanno sostenuto la mia relazione.
Nutro delle riserve su qualunque accenno all’eventualità di trivellare l’Artico o compiere esplorazioni alla ricerca di fonti di petrolio alternative, come le sabbie asfaltiche. Gli scorsi mesi hanno dimostrato che la questione della sicurezza energetica non è mai stata così urgente. La cooperazione necessaria in tutta l’Unione europea e l’esigenza di sfruttare i pacchetti di stimolo lanciati da quasi tutti gli Stati membri e dalla Commissione sottolineano l’importanza degli investimenti nelle energie rinnovabili, per aumentare la nostra sicurezza energetica, ridurre le emissioni di anidride carbonica e liberarci dalla dipendenza dai combustibili fossili, ovviamente secondo uno scadenzario concordato.
Martin Callanan (PPE-DE) . – (EN) Signora Presidente, sono stato relatore ombra della relazione Sacconi sulle emissioni di CO2 dei veicoli leggeri e posso affermare, alla luce del lavoro svolto in tale occasione, che dobbiamo ridurre la nostra dipendenza dal petrolio.
Dobbiamo ridurre tale dipendenza perché la maggior parte delle riserve di petrolio si trovano ovviamente in zone del mondo particolarmente instabili e pericolose. Troppo a lungo, la nostra sete di petrolio ha sostenuto regimi che sono la negazione di tutto ciò per cui ci battiamo, i nostri stessi interessi e i nostri valori, particolarmente in materia di diritti umani e buon governo.
Dobbiamo, naturalmente, ridurre soprattutto la nostra dipendenza dalle riserve di petrolio russe. La Russia ha dimostrato già in passato che non esiterebbe ad approfittare del proprio controllo su buona parte dei nostri approvvigionamenti energetici per raggiungere obiettivi politici ed economici. Dobbiamo fare quanto in nostro potere per ridurre il loro spazio di manovra e, a tale scopo, bisogna ovviamente ridurre la nostra dipendenza dal petrolio.
Neena Gill (PSE) . – (EN) Signora Presidente, mi sono astenuta nella votazione sulla relazione in esame perché ritengo che, semplicemente, non vada abbastanza a fondo. In quest’Aula ci siamo già impegnati a ridurre le emissioni. Il settore dei trasporti riveste un ruolo chiave nella lotta al cambiamento climatico e dovrebbe essere esortato ad assumersi le proprie responsabilità, ma questa relazione fa ben poco in questo senso.
E’ un peccato, perché alcune delle proposte sono valide. Le tasse sull’inquinamento acustico dei treni tengono conto del più ampio impatto ambientale dei trasporti e ben si conciliano con le attuali proposte della commissione per l’industria, la ricerca e l’energia sulla riduzione dei rumori negli pneumatici delle automobili.
Nel settore aereo, tuttavia, si sarebbe potuto fare molto di più. E’ strano che la relazione consideri il trasporto ferroviario, marittimo e fluviale, ma trascuri questo settore, che è uno dei principali produttori di emissioni di anidride carbonica. La poca incisività in questo e in molti altri settori è il motivo per cui mi sono astenuta su questa relazione.
Proposta di risoluzione B6-0107/2009 (strategia di Lisbona)
Hannu Takkula (ALDE) . – (FI) Signora Presidente, la strategia di Lisbona merita il nostro sostegno, ma bisogna dire, al riguardo, che l’idea che l’Europa possa diventare entro il 2010 l’economia basata sulla conoscenza più importante del mondo non si concretizzerà. Siamo ormai nel 2009 e se vogliamo ottenere qualche risultato, dobbiamo trovare al più presto il giusto impegno a livello europeo. In questo modo, potremmo forse raggiungere questo obiettivo entro il 2020 o il 2030.
Questo significa soprattutto che bisogna ottenere a breve un impegno a livello europeo in materia di formazione e di ricerca. Al momento stiamo vivendo una recessione economica e, nell’attuale congiuntura, dobbiamo ricordarci che se vogliamo avere risorse umane valide e con un adeguato livello di preparazione – una forza lavoro per il nostro mercato occupazionale – dovremo investire soprattutto nella formazione e nella preparazione degli insegnanti. Questa è la nostra priorità se vogliamo raggiungere gli obiettivi della strategia di Lisbona.
Philip Claeys (NI) . – (NL) Signora Presidente, mi sono astenuto nel voto sulla risoluzione relativa alla strategia di Lisbona sebbene, di fatto, nel suo complesso, tale risoluzione rappresenti un documento molto equilibrato, fornisca un’accurata diagnosi della situazione e contenga diverse proposte che appoggio completamente. Ciononostante, mi sono astenuto perché è stata nuovamente sollevata la questione di queste famose carte blu per l’immigrazione economica, che stanno raccogliendo adesioni entusiastiche proprio in un frangente in cui oltre 20 milioni di cittadini comunitari affrontano la disoccupazione, fenomeno destinato a peggiorare ulteriormente a causa della crisi economica.
Proprio in momenti come questo dovremmo smettere di ricorrere a soluzioni a breve termine, come incitare ancora una volta orde di immigranti economici a riversarsi sull’Unione europea. Dovremmo investire nella formazione e nella riqualificazione di coloro che in questo momento sono disoccupati, piuttosto che lasciarli a loro stessi e favorire l’afflusso di nuovi immigranti.
Christopher Heaton-Harris (PPE-DE) . – (EN) Signora Presidente, non ricordo come ho votato sulla strategia di Lisbona. Ritengo sia una cosa assolutamente inutile, perché l’Europa avrebbe dovuto diventare la principale società basata sulla conoscenza entro il 2010. Nel corso dei 10 anni in cui ho fatto parte di questo Parlamento, mi sono chiesto come avremmo potuto raggiungere un simile risultato quando continuavamo ad approvare norme che eliminavano le opportunità e soffocavano le aziende, incoraggiandole ad abbandonare il continente europeo.
Sono sempre reticente quando si tratta di relazioni di questo tipo. Essendo stato presente in Aula per un paio d’ore, quest’oggi, a votare sull’imposizione di altri regolamenti ancora sulle imprese e sui cittadini, ritengo che in questo Parlamento ci stiamo muovendo nella direzione più sbagliata e necessitiamo di fare immediatamente dietro-front.
Martin Callanan (PPE-DE) . – (EN) Signora Presidente, condivido molte delle considerazioni espresse dall’onorevole Heaton-Harris. Come ha giustamente detto, la strategia di Lisbona si pone l’obiettivo di rendere l’Unione europea l’economia più competitiva del mondo entro il 2010, una dichiarazione che mi fa sorridere. A un solo anno di distanza da questa scadenza auto-imposta, non posso essere il solo, in quest’Assemblea, che si chiede – e che diventa un po’ più che leggermente scettico – se raggiungeremo mai un simile obiettivo.
Il Parlamento approva continuamente risoluzioni e la Commissione produce continuamente documenti strategici che ci dicono come faremo a raggiungere tali obiettivi. E’ solo che sembriamo non raggiungere mai la meta.
Il contenuto della strategia di Lisbona è sempre andato oltre le concrete capacità dell’Unione europea di tenervi fede e, per molti aspetti, è contrario all’ethos stesso perseguito dall’Unione negli ultimi 50 anni, perché, come ci ha ricordato l’onorevole Heaton-Harris, buona parte della normativa comunitaria in materia di occupazione e economia crea più difficoltà che altro per il raggiungimento degli obiettivi della strategia di Lisbona. Aumentiamo costantemente il numero di oneri e regole che spingono le imprese ad abbandonare l’Europa e non abbiamo possibilità alcuna di raggiungere uno qualunque degli obiettivi della strategia di Lisbona. E’ ora di essere onesti con noi stessi e di ammetterlo.
Syed Kamall (PPE-DE) . – (EN) Signora Presidente, gli obiettivi iniziali della strategia di Lisbona impegnavano l’Unione europea a creare un’economia basata sulla conoscenza, innovativa e digitale entro il 2010. Ebbene, ho una notizia per tutti i presenti in quest’affollata Assemblea: siamo a corto di tempo. Forse non ve ne siete accorti, ma finora abbiamo fatto ben pochi progressi.
Prima di diventare un politico, lavoravo con diversi innovatori e assistevo numerose imprese in fase di avviamento. E’ stato un vero shock vedere, quando sono entrato nel mondo della politica europea, come affrontavamo il tema dell’innovazione. Quando parliamo di questo tema qui al Parlamento, abbiamo commissioni, documenti strategici, votazioni, tutto fuorché l’innovazione, sempre che non consideriate la creazione di nuove scartoffie innovazione.
Quando parlate con gli innovatori lì fuori, con le persone che creeranno ricchezza nell’Unione europea e nel mondo, vi diranno che quello che desiderano è che i governi si tengano fuori dai piedi. E’ ora che i vampiri al governo la smettano di succhiare il sangue vitale delle aziende.
Neena Gill (PSE) . – (EN) Signora Presidente, è molto a malincuore che mi accingo a parlare ancora una volta di Lisbona. Generalmente non prendo la parola solo per esprimere negatività, ma ritengo che, quando si tratta della strategia di Lisbona, l’Unione europea parli tanto per parlare e che oggi, a quasi 10 anni dal vertice in questione, sia ben lungi dal passare alla pratica.
Abbiamo udito molte accorate parole sulla necessità di una forza lavoro preparata, che sia in grado di adattarsi a difficoltà economiche come quelle che affrontiamo oggi, eppure in tutta Europa viviamo ancora una crisi cronica delle competenze. Nella mia regione, le West Midlands, la formazione della forza lavoro ha avuto un inizio particolarmente stentato e travagliato. Purtroppo, la nostra è la regione del Regno Unito con la più alta percentuale di posti di lavoro vacanti per mancanza di manodopera specializzata. Desidero pertanto appellarmi alla Commissione affinché non perda di vista le riforme strutturali necessarie a rafforzare la strategia di Lisbona, in un periodo complicato dai disordini economici, dall’aumento del prezzo del petrolio e dei beni primari, nonché dalle continue turbolenze dei mercati finanziari.
Proposta di risoluzione B6-0134/2009 (Cambiamento climatico)
Christopher Heaton-Harris (PPE-DE) . – (EN) Signora Presidente, il motivo per cui desidero giustificare il mio voto su questa particolare risoluzione è che sono esterrefatto di fronte all’ipocrisia di quest’Assemblea ogni qualvolta si parla di cambiamento climatico.
Perché considero questo Parlamento ipocrita? Guardatevi attorno. Ci troviamo nella nostra seconda sede. Abbiamo un’aula perfetta a Bruxelles. Veniamo qui solo tre o quattro giorni al mese. Convengo che questo mese in particolare avremo una tornata straordinaria, ma in media questo capita solo una volta ogni 12 sessioni che dobbiamo fare.
Centinaia di persone devono spostarsi dalle loro consuete sedi di lavoro per venire qui. Viaggiano e provocano emissioni di anidride carbonica per arrivare fino a qua. Probabilmente siamo il Parlamento meno verde che ci sia. Quando sono arrivato al Parlamento europeo, si era già deciso di ridurne al minimo il consumo di carta, eppure, se vi guardate attorno, le nostre scrivanie sono coperte di scartoffie. Quando affrontiamo queste tematiche siamo il Parlamento più ipocrita che io conosca.
Syed Kamall (PPE-DE) . – (EN) Signora Presidente, condivido pienamente quanto espresso dall’oratore che mi ha preceduto. Dovremmo considerare che il Parlamento europeo ha due Aule – a Strasburgo e a Bruxelles – e tre sedi, se contiamo quella a Lussemburgo, di cui non si parla molto spesso. Non solo stiamo costruendo un nuovo edificio a Lussemburgo, producendo un aumento delle emissioni di anidride carbonica che potrebbe contribuire al cambiamento climatico – o anche no, a seconda dell’opinione che ciascuno ha sull’argomento – ma è ipocrita da parte nostra anche solo continuare a discutere del cambiamento climatico quando continuiamo a operare in tre diverse sedi di lavoro.
E anche se operassimo in una sede sola (Bruxelles), basterebbe girare per le strade della città la sera, e guardare da Place du Luxembourg fino all’edificio del Parlamento europeo, per ammirare un grande, illuminatissimo monumento all’ipocrisia. Se vogliamo far fronte al cambiamento climatico è ora che cominciamo da casa nostra.
Proposta di risoluzione B6-0133/2009 (Politiche occupazionali)
Frank Vanhecke (NI) . – (NL) Signora Presidente, questa risoluzione è piena di buone intenzioni, ma dovremmo chiederci se risoluzioni simili facciano una qualche differenza.
Non riesco a concepire, ad esempio, che una risoluzione sulle politiche occupazionali, ammesso che questo sia di competenza dell’Unione europea e io non credo che lo sia, possa scegliere di ignorare quesiti fondamentali come: quanti disoccupati ci sono in questo momento, in Europa? Sempre 20 milioni o, più probabilmente, un numero più prossimo ai 25?
Domanda: la Commissione è sempre ferma nella propria oltraggiosa idea di far entrare nell’Unione europea più di 20 milioni di nuovi immigranti? Altra domanda: la Commissione chiuderà finalmente i propri centri di reclutamento in paesi come il Mali e il Senegal, che portano solo altra disoccupazione? Questi sono i quesiti che ci saremmo aspettati di trovare nella risoluzione, non l’inutile lista di buone intenzioni che purtroppo è diventata.
Syed Kamall (PPE-DE) . – (EN) Signora Presidente, ancora una volta parliamo di un fronte su cui stiamo agendo fin troppo poco, ossia la politica occupazionale. Una volta un collega mi ha detto che quando il Parlamento europeo parla di occupazione, in realtà crea più disoccupazione di quanto non si creda. Dobbiamo riconoscere che, se vogliamo creare posti di lavoro, dobbiamo lasciare liberi di agire i creatori di ricchezza. Dobbiamo permettere loro di portare avanti il loro spirito imprenditoriale, di creare ricchezza e posti di lavoro.
E invece qui che cosa facciamo? A suon di regolamenti e discussioni cerchiamo di stroncare lo spirito stesso dell’innovazione, dell’imprenditorialità e abbiamo continuato a farlo anche quest’oggi. Non più tardi di oggi l’onorevole Schulz – un collega con cui mi trovo spesso in disaccordo, ma non quest’oggi – ha parlato della democratizzazione sociale del PPE. Ora che è giunto il momento giusto, sappiamo che non abbiamo speranza di creare posti di lavoro in Europa.
Daniel Hannan (NI) . – (EN) Signora Presidente, ha notato che l’armonizzazione delle politiche porta sempre allo stesso risultato? Maggiore integrazione comporta invariabilmente maggior intervento.
Invertendo i termini della questione, potremmo dire che il pluralismo garantisce la competitività. Se ci sono diversi Stati in competizione con livelli di tassazione diversi, è possibile aumentare le tasse solo fino a un certo punto prima che i capitali inizino a emigrare. Se ci sono diversi Stati in competizione con politiche occupazionali e sociali diverse, è possibile disciplinare il proprio mercato del lavoro solo fino a un certo punto prima che i posti di lavoro inizino ad attraversare il confine.
Nel periodo d’oro, l’Unione europea poteva ignorare simili verità e costruire all’interno delle proprie mura un mercato centralizzato e fortemente regolamentato, ma i bei tempi sono finiti. Ora rischiamo di tagliarci fuori dalle economie più dinamiche e diventare più poveri e irrilevanti, per poi finire, come gli eldar di Tolkien, con l’andare a ovest e svanire.
Richard Corbett (PSE) . – (EN) Signora Presidente, noto che almeno alcuni di coloro che hanno denigrato l’intera legislazione europea, quale che fosse l’argomento, hanno comunque votato a favore del terzo pacchetto marittimo, che accolgo con favore perché migliora le condizioni di salute e di sicurezza dei marinai. Tale pacchetto finirà con il ridurre i costi, perché preverrà la perdita di vite umane e garantirà la compatibilità tra i sistemi di sicurezza dei vari Stati membri, rendendoli più efficienti, più efficaci e meno onerosi, e migliorando, al contempo, la salvaguardia della salute e il livello di sicurezza. Plaudo all’adozione di questo pacchetto, che farà la differenza per la sicurezza di centinaia di miei elettori nello Yorkshire e nell’Humber.
Neena Gill (PSE) . – (EN) Signora Presidente, ho votato a favore di questa relazione in quanto sono stata piacevolmente colpita dal fatto che il Parlamento abbia adottato la nostra proposta contro i paradisi fiscali. Ero favorevole anche al mandato di largo respiro auspicato dalla relazione per affrontare l’attuale crisi.
L’aspetto su cui desidero davvero concentrarmi è l’attuale piano di ripresa. Dobbiamo assicurarci di avere ancora posti di lavoro sicuri e carriere durature per i lavoratori quando l’economia inizierà a riprendersi e a sostenere settori chiave come l’industria automobilistica. Questo settore illustra perfettamente come le industrie tradizionali dovrebbero adattarsi negli anni a venire. Di recente, mi sono recato in visita allo stabilimento della Jaguar Land Rover nella mia circoscrizione, dove ho avuto modo di vedere come l’azienda si sia trasformata in leader mondiale della tecnologia ecologica per il settore automobilistico e dove i nuovi orientamenti sull’omologazione adottati dal Parlamento sono state accolti con grande entusiasmo.
Daniel Hannan (NI). – (EN) Signora Presidente, ancora una volta ci illudiamo che si possano ignorare i debiti e legiferare contro le recessioni. Nel migliore dei casi siamo degli illusi, nel peggiore inganniamo deliberatamente i nostri elettori.
La verità è che niente può fermare questa manovra correttiva: i tassi di interesse sono rimasti troppo bassi troppo a lungo e, per quanto si sia voluto contenere la situazione artificialmente, ora le cose faranno il loro corso. Potremmo cercare di salvare alcune delle vittime, invece insistiamo nel fingere di poter fermare il fenomeno. Questo debito ricadrà sulle generazioni future, soprattutto nel mio paese, dove ogni bambino nasce con un debito pari a 30 000 sterline, grazie all’incompetenza e all’intemperanza del governo.
Come dice Shakespeare: “questa terra di nobili cuori, questa dilettissima terra, ... – e muoio dal dolore dicendo queste parole – è ora appaltata come una casa o un meschino podere”.
E adesso, oltre al debito nazionale, ci si aspetta che contribuiamo a questi programmi europei di ripresa. Concludo citando ancora il nostro grande poeta: “Impeditelo, opponetevi, non lasciate che accada, perché i figli e i figli dei figli non abbiano a gridare “Ahimè” contro di voi”.
Jean-Claude Martinez (NI) . – (FR) Signora Presidente, tra gli esempi di grande criminalità finanziaria internazionale si può citare naturalmente il caso Madoff, ma anche la speculazione sulle materie prime dell’agricoltura avvenuta nel 2007.
E’ per questa ragione che numerosi giuristi, in particolar modo lo studio Sotelo in Spagna e reti di gradi studi di avvocati, hanno proposto l’istituzione di un tribunale finanziario internazionale.
Ci si potrebbe peraltro limitare a estendere il mandato del Tribunale penale internazionale alla grande criminalità finanziaria, visto che, nel 2007, milioni di bambini sono morti a causa della speculazione sui prodotti agricoli: un autentico Darfour finanziario.
Questo tribunale finanziario internazionale avrebbe il compito di indagare sulla speculazione e sui responsabili, di controllare i paradisi fiscali e di disciplinare e sanzionare i reati commessi.
E’ il test della verità per il presidente Obama, per il presidente Sarkozy e per gli altri governanti. E’ il messaggio politico da lanciare all’opinione pubblica e rappresenterebbe il primo stadio di un’organizzazione globale, di un fenomeno globale e di una soluzione globale per una crisi economica globale.
Christopher Heaton-Harris (PPE-DE) . – (EN) Signora Presidente, è un vero piacere prendere la parola dopo l’onorevole Corbett in queste discussioni, perché in quest’Aula non ha mai torto; si confonde spesso, come oggi, dando dichiarazioni di voto sbagliate al momento sbagliato, ma naturalmente non ha mai torto. Mi chiedo, tuttavia, se in quest’Assemblea sappiamo cosa sia l’economia reale. E’ forse fatta da una manciata di burocrati e impiegatucci, o da noi che scriviamo leggi che altri devono attuare, come la pubblica amministrazione del Regno Unito, dove abbiamo fatto crescere il settore pubblico molto più velocemente di quello privato negli ultimi 10 anni? O è forse fatta da persone che di professione creano posti di lavoro e innovano e aprono le proprie aziende? Mi chiedo semplicemente se questa relazione vada nella giusta direzione. Avendola letta, sono abbastanza sicuro che non lo faccia.
Daniel Hannan (NI) . – (EN) Signora Presidente, in quest’Assemblea sappiamo, forse meglio di alcuni di quelli che ne sono al di fuori, fino a che punto l’Unione europea sia divenuta un meccanismo di ridistribuzione massiccia di ricchezza.
Per lungo tempo il sistema ha funzionato molto bene perché vi era solo un numero ristretto di persone a sostenerne il costo. Gli unici due contributori netti del bilancio sono stati, per la maggior parte della storia dell’Unione europea, il Regno Unito e, da segnalare, la Germania.
Le cose, tuttavia, ora sono cambiate e il denaro sta finendo. Lo abbiamo visto chiaramente nel vertice di due settimane fa, quando il primo ministro ungherese ha chiesto un paracadute finanziario di 190 miliardi di euro per l’Europa centro-orientale e il cancelliere tedesco gli ha risposto, in termini che non lasciavano adito a dubbi, che il denaro non c’era e non sarebbe arrivato.
I contribuenti tedeschi (cosa che viene riconosciuta raramente) hanno sempre sostenuto l’intero sistema. L’integrazione poggia sulle loro spalle e ora se ne sono resi conto. Non rispondono più al richiamo implicito alla responsabilità storica. Sono un popolo ragionevole, pacato e sono in grado di riconoscere un’argomentazione fine a se stessa e a individuare un ricatto quando ne vedono uno. Se ritenete che mi sbagli, in questo, lasciategli fare un referendum, lasciate che lo facciano tutti: sottoponete il Trattato di Lisbona al voto. Pactio Olisipiensis censenda est!
Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Dichiaro il mio voto favorevole alla relazione dell’onorevole de Oedenberg sulla versione codificata dell’esenzione dell’imposta sul valore aggiunto di alcune importazioni di beni a carattere definitivo. Trattandosi di una mera codificazione di un testo legislativo precedentemente esistente e non comportando alcuna modifica sostanziale del testo stesso, credo che si debba sostenere la proposta della Commissione e le raccomandazioni dei servizi giuridici del Parlamento, del Consiglio e della Commissione stessa.
Relazione Díaz de Mera García Consuegra (A6-0106/2009)
Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Mi astengo dalla votazione della relazione dell’onorevole Diaz de Mera Garcia Consuegra sull’adeguamento degli stipendi base applicabili al personale dell’Europol. Concordo solo in parte con l’opinione del relatore in merito e non ritengo dunque opportuno schierarmi in proposito.
Alessandro Battilocchio (PSE), per iscritto. − Signor Presidente. Il mio voto è favorevole.
Ritengo che la catastrofe ambientale che ha colpito la Romania non possa passare inosservata. La Romania è uscita provata dall’alluvione, non solo dal punto di vista economico e ambientale, ma anche sotto il profilo sociale.
Le cronache che hanno riportato le vicende personali della popolazione sono state strazianti: nuclei famigliari hanno perso le loro proprietà e i loro beni, molti dei quali conquistati con il sudore di una vita.
Molte associazioni sono già attive sul territorio ma è giunto il momento che anche le istituzioni, e in prima persona i membri di quest’Aula, diano un contributo concreto a questa causa.
Accolgo quindi positivamente il parere della commissione bilanci e auspico che quanto prima gli 11 785 377 euro del Fondo di solidarietà siano messi a disposizione della Romania, a fine di risollevare la popolazione sia dal punto di vista economico, ambientale e sociale.
Genowefa Grabowska (PSE), per iscritto. – (PL) Il principio di solidarietà nell’Unione europea è fondamentale e indiscutibile. E’ proprio questo principio, che non esiste solo sulla carta, che distingue l’Unione europea da altre organizzazioni internazionali. Un’espressione pratica di tale principio è indubbiamente il Fondo di solidarietà, istituito nel 2006 ai sensi di un accordo interistituzionale e inteso a porre rimedio alle conseguenze negative dei disastri naturali di grande entità. E’ positivo che il Fondo sia attivo e che lo scorso anno cinque paesi ne abbiano beneficiato. Questo dimostra che, di fronte a una tragedia, nessuno Stato membro verrà lasciato a se stesso. L’alluvione che a luglio del 2008 ha colpito cinque province della Romania nordorientale ha causato gravi perdite materiali (pari allo 0,6 per cento del RNL) e sconvolto la vita di più di due milioni di persone in 214 distretti.
Vista la situazione, ritengo che la richiesta di aiuto della Romania sia giustificata, anche se non rispetta i criteri quantitativi stabiliti dall’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 2012/2002 del Consiglio, che istituisce il Fondo di solidarietà dell’Unione europea. Non dubito neppure che, in questo caso, bisogni applicare il criterio della catastrofe straordinaria, sempre previsto nel citato regolamento e che permette la mobilitazione del Fondo per il caso rumeno. In qualità di eurodeputato polacco, rappresento una regione anch’essa vittima di un disastro naturale, nello specifico il tornado che si è abbattuto sulla Silesia. Fortunatamente, quel disastro non ha avuto la stessa potenza o scala distruttiva. Nondimeno, do il mio pieno appoggio a questa prova concreta di solidarietà europea.
Maria Petre (PPE-DE), per iscritto. – (RO) Ho votato a favore di tale relazione in quanto aiuterà a mobilitare il Fondo di solidarietà più velocemente. Nel 2006, il versamento fatto dall’Unione europea a sostegno della Romania attraverso il Fondo di solidarietà dopo le alluvioni di aprile e agosto è stato ritardato di un anno. Sono lieta di constatare che le procedure sono state migliorate e favoriscono un pronto intervento da parte dell’Unione nei paesi colpiti da catastrofi naturali o straordinarie di grossa entità.
Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Esprimo il mio voto favorevole alla relazione del collega Böge concernente la mobilitazione del Fondo di solidarietà europea. Concordo sul fatto che le condizioni di ammissibilità alla mobilitazione del suddetto fondo siano soddisfatte nel caso della domanda inoltrata dalla Romania a seguito delle alluvioni abbattutesi sul paese nello scorso luglio. Le alluvioni hanno infatti causato gravi danni al paesaggio e alla popolazione residente nell’area delle 5 province colpite. Pertanto mi sembra più che opportuno che il fondo venga mobilizzato, anche perché la somma in questione rientra nel massimale annuo previsto dall’accordo interistituzionale del mese di maggio 2006.
Călin Cătălin Chiriţă (PPE-DE), per iscritto. – (RO) Ho votato a favore della relazione dell’onorevole Haug (Germania) in quanto chiede la mobilitazione di 11,8 milioni di euro dal Fondo di solidarietà dell’Unione europea per aiutare le vittime delle inondazioni che hanno colpito la Romania nel luglio 2008.
Tale gesto rappresenta la risposta europea alla richiesta di aiuto della Romania per cinque province (Maramureş, Suceava, Botoşani, Iaşi e Neamţ). In Romania 241 località, per un totale di 1,6 milioni di abitanti, hanno subito direttamente le conseguenze della catastrofe, che ha causato la distruzione parziale, se non totale, di case e coltivazioni.
Ho votato pensando alle persone che, a causa delle inondazioni, hanno perso abitazioni, proprietà, capi di bestiame e persino membri della famiglia. Gheorghe Flutur, presidente del consiglio provinciale di Suceava, ha perorato la loro causa in seno al Parlamento europeo a Bruxelles.
Credo che la Romania necessiti di somme più ingenti per riparare i danni causati dalle inondazioni, ma l’aiuto dell’Unione è necessario e molto apprezzato.
Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Il primo bilancio rettificativo per il 2009 si riferisce alla mobilitazione del Fondo di solidarietà dell’Unione europea a favore della Romania, a seguito delle inondazioni che hanno colpito il paese nel luglio 2008.
A fronte di un danno diretto stimato a circa 471,4 milioni di euro, è stata proposta (solo ora) una mobilitazione di appena 11,8 milioni di euro nel quadro di detto Fondo, il che dimostra, ancora una volta, l’urgente necessità di una sua revisione.
L’obiettivo del Fondo è permettere una risposta repentina, efficace e flessibile di fronte a “situazioni d’emergenza” che si verifichino nei vari Stati membri, ragione per cui appoggiamo, nonostante tutte le imperfezioni denunciate, la sua mobilitazione a favore della Romania.
Gli 11,8 milioni di euro, tuttavia, saranno dedotti dalle voci destinate al Fondo europeo di sviluppo regionale (obiettivo convergenza), il che significa che la “solidarietà” prestata alla Romania è finanziata con le voci di bilancio destinate ai paesi e alle regioni economicamente meno sviluppati, tra cui la stessa Romania. Questo è quello che si può definire solidarietà tra “poveri”, ossia tra quelli che vengono definiti “paesi della coesione/regioni di convergenza”…
Non approviamo che si ricorra alle voci della “coesione” – tanto più in una fase in cui la crisi socio-economica si sta acuendo - quando esistono altre voci, quali quelle destinate alla militarizzazione dell’Unione europea.
Iosif Matula (PPE-DE), per iscritto. – (RO) Ho votato a favore della relazione sulla mobilitazione del Fondo di solidarietà dell’Unione europea per la Romania in quanto ritengo che l’aiuto finanziario fornito al nostro paese fornisca un sostegno importante e necessario per le località colpite dalle inondazioni nel luglio dello scorso anno. Il nordest della Romania è stato gravemente colpito: 214 località e più di 1,6 milioni di persone hanno subito danni diretti a causa della catastrofe. La Commissione europea ha concesso un contributo finanziario pari a 11,8 milioni di euro per sostenere gli investimenti di riparazione delle infrastrutture di trasporto e drenaggio, di rafforzamento dei letti dei fiumi e di costruzione di dighe per prevenire il ripetersi di simili catastrofi naturali in futuro.
Ritengo che una rilevazione precoce delle cause che provocano disastri naturali di entità pari o ancora maggiore sia il passo più importante per proteggere i cittadini europei.
Tenendo a mente il cambiamento climatico che stiamo affrontando, sostengo l’introduzione di strumenti per un monitoraggio dei fattori ambientali distinto per ciascuna regione, unitamente all’allocazione di risorse finanziarie adeguate. Le zone di convergenza sono quelle maggiormente esposte al rischio di disastri naturali, il che significa che è necessario prestare particolare attenzione a tali aspetti al fine di attuare una politica di coesione economica, sociale e territoriale.
Rovana Plumb (PSE), per iscritto. – (RO) I settori suscettibili di risentire gli effetti del cambiamento climatico sono soprattutto i seguenti: risorse idriche, agricoltura, energia, silvicoltura e biodiversità e infine, non meno importante, la salute della popolazione.
I fenomeni atmosferici estremi che hanno colpito la Romania in questi ultimi anni hanno causato inondazioni e siccità e hanno ricordato la necessità di affrontare la questione del cambiamento climatico con la massima serietà, competenza e responsabilità.
In quanto deputata socialdemocratica, ho votato a favore di questa relazione perché gli 11,8 milioni di euro stanziati attraverso la rettifica di bilancio sostengono la Romania nel suo impegno di adattamento al cambiamento climatico, al fine di porre rimedio agli effetti delle inondazioni attraverso opere di difesa locali (protezione dei centri abitati, pianificazione dei bacini idrografici attraverso opere di miglioramento dei corsi d’acqua e ampliamento delle zone boschive) e, non da ultimo, attraverso il coinvolgimento della popolazione e l’educazione dei cittadini a un comportamento corretto prima, durante e dopo le inondazioni.
Nicolae Vlad Popa (PPE-DE), per iscritto. – (RO) Ho votato a favore della relazione sul progetto di bilancio rettificativo n. 1/2009 dell’Unione europea per l’esercizio 2009. Scopo della relazione è mobilitare 11,8 milioni di euro in stanziamenti d’impegno e di pagamento dal Fondo di solidarietà dell’Unione europea per far fronte agli effetti delle inondazioni che hanno colpito la Romania nel luglio 2008.
Sostengo l’iniziativa della Commissione europea, con cui l’Unione dimostra solidarietà nei confronti delle province di Suceava, Iaşi, Neamţ, Botoşani e Maramureş, che hanno subito danni a causa delle inondazioni del luglio 2008.
Con la votazione di oggi, il Parlamento europeo, riunito in seduta plenaria, sostiene la decisione presa dalla commissione per i bilanci il 24 febbraio 2009. Durante la seduta in questione, Gheorghe Flutur, presidente del consiglio provinciale di Suceava, ha presentato la situazione della sua regione colpita dalle alluvioni, sostenendo la richiesta di fondi con immagini e statistiche dei danni causati dal disastro naturale che ha colpito la zona.
Ha indicato che erano stati lanciati avvertimenti e accennato al fatto che, assieme alle autorità ucraine della Regione Chernivtsi, è stato concordato di istituire un sistema di allarme preventivo in caso di disastri, unitamente ad altri programmi di cooperazione transfrontaliera per gestire situazioni di emergenza da attuare come continuazione del progetto in questione.
Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Mi dichiaro in favore della relazione dell’onorevole Haug a proposito del bilancio rettificativo per l’anno 2009, la quale tiene in considerazione i gravi danni provocati dalle alluvioni abbattutesi sulla Romania nel luglio 2008. Ho già espresso il mio parere favorevole alla relazione dell’onorevole Böge sulla mobilitazione del fondo di solidarietà dell’UE nel caso specifico e qui ribadisco il mio sostegno alla misura, purché essa miri, come previsto dall’accordo interistituzionale del 2006, al ripristino rapido ed efficace di condizioni di vita dignitose nelle regioni colpite dalla catastrofe naturale e non al risarcimento dei danni subiti dai privati.
Flaviu Călin Rus (PPE-DE), per iscritto. – (RO) Ho votato a favore della proposta di risoluzione del Parlamento europeo sul progetto di bilancio rettificativo n. 1/2009 dell’Unione europea per l’esercizio 2009 (6952/2009 – C6 0075/2009 – 2009/2008 (BUD)) perché mira a mobilitare 11,8 milioni di euro in stanziamenti d’impegno e di pagamento dal Fondo di solidarietà dell’Unione europea per far fronte agli effetti delle inondazioni che hanno colpito la Romania nel luglio 2008.
John Attard-Montalto (PSE), per iscritto. − (EN) Malta è uno dei primi Stati dell’Unione europea per tonnellaggio nei propri registri. D’altro canto, assolve ai propri obblighi di Stato di bandiera, nel rispetto delle convenzioni internazionali.
I tre principali obblighi sono: (a) applicare le disposizioni previste dal codice dello Stato di bandiera; (b) intraprendere le misure necessarie a un controllo indipendente della loro amministrazione almeno ogni quinquennio, ai sensi delle norme dell’Organizzazione marittima internazionale; (c) intraprendere le misure necessarie all’ispezione e verifica delle imbarcazioni,nonché all’emissione dei certificati obbligatori e di quelli di esenzione nel rispetto delle convenzioni internazionali.
Una nuova disposizione stabilisce che, prima di approvare l’operatività di un’imbarcazione cui è stato concesso il diritto di battere bandiera, lo Stato membro interessato deve intraprendere le misure appropriate per assicurare che tale imbarcazione adempia alle normative internazionali pertinenti e, in particolare, alle misure di sicurezza del mezzo.
David Martin (PSE), per iscritto. − (EN) La presente legislazione rafforzerà le normative dell’Unione europea in materia di sicurezza e recepirà nella legislazione comunitaria i principali strumenti internazionali. Sostengo tale relazione perché riconosce la necessità di supervisionare da vicino le società di classificazione, che svolgono un compito fondamentale per la tutela della sicurezza in mare, a causa della notevole concentrazione di potere che detengono.
Carl Lang e Fernand Le Rachinel (NI), per iscritto. – (FR) Il Parlamento europeo ha appena adottato otto testi legislativi che fanno parte di un pacchetto marittimo. Ce ne compiacciamo perché tale pacchetto copre non solo il risarcimento dei passeggeri, ma anche ispezioni, controlli da parte dello Stato di approdo, inchieste sugli incidenti di trasporto e la scelta dell’autorità competente a indicare le località di rifugio per le imbarcazioni in difficoltà.
La palla è ormai passata alle autorità giudiziarie degli Stati membri, perché non basta legiferare, è anche necessario recepire tali disposizioni nella legislazione nazionale.
Il primo banco di prova sarà quello del controllo delle bandiere di comodo che appartengono ai paesi europei. Tali bandiere vengono battute per aggirare le regolamentazioni sindacali, fiscali, di assunzione, di sicurezza o ambientali dei reali paesi di proprietà delle imbarcazioni.
Cipro e Malta risultano ancora oggi tra le cinque bandiere di comodo che hanno perduto il maggior numero di imbarcazioni.
E’ da notarsi, purtroppo, che, nonostante gli sforzi fatti dopo i naufragi delle petroliere Prestige e Erika, la situazione non migliora affatto. Le imbarcazioni non a norma che battono bandiere di comodo fanno crollare i prezzi del trasporto, mentre i cosiddetti paesi ricchi rispondono istituendo la propria bandiera (bis) per contrastare la perdita del nolo.
In realtà, per eliminare concretamente queste flotte senza padrone, l’Unione europea deve dichiarare guerra all’ultraliberalismo.
Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Esprimo il mio voto favorevole alla relazione del collega De Grandes Pascual concernente le disposizioni e norme comuni per gli organismi che effettuano le ispezioni e le visite di controllo delle navi. Ho già avuto modo di esprimere le ragioni che mi spingono a sostenere il lavoro condotto dall’onorevole relatore a proposito del terzo pacchetto marittimo e i vantaggi che le misure previste potrebbero apportare in termini di sicurezza del trasporto marittimo e di miglioramento della regolamentazione esistente. In tal caso ribadisco il carattere favorevole del mio voto.
Bogusław Liberadzki (PSE), per iscritto. – (PL) Ho votato a favore dell’adozione della relazione sul progetto comune, approvato dal comitato di conciliazione, di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al controllo da parte dello Stato di approdo (rifusione). Concordo con gli obiettivi del terzo pacchetto marittimo.
Le sette proposte del pacchetto mirano a evitare gli incidenti, migliorando la qualità delle bandiere europee, modificando la legislazione sul controllo da parte dello Stato di approdo e sul monitoraggio del traffico navale e migliorando le norme relative alle società di classificazione, e a garantire una risposta efficace in caso di incidente, sviluppando un quadro armonizzato per le inchieste sugli incidenti, introducendo norme per il risarcimento dei passeggeri in caso di incidente e norme sulla responsabilità degli armatori accanto a un programma di assicurazione obbligatoria.
Desidero esprimere il mio sostegno all’accordo che è stato raggiunto e in particolare ai seguenti punti: estensione dell’ambito di applicazione per includere anche le navi che fanno scalo negli ancoraggi; maggiore frequenza dei controlli delle navi; rifiuto d’accesso permanente delle navi a determinate condizioni. .
Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Dichiaro il mio voto favorevole alla relazione dell’onorevole Vlasto relativa al controllo da parte dello Stato di approdo, che si colloca nel quadro del terzo pacchetto marittimo. Concordo con la parte dell’accordo raggiunto a proposito dell’estensione del campo di applicazione della direttiva alle navi che fanno scalo negli ancoraggi e quella riguardante l’aumento dei tassi di controllo e di ispezione per le navi con il più alto profilo di rischio. Mi ricollego, a tal proposito, alla necessità che le valutazioni di tale rischio siano il più possibile puntuali e indipendenti. Mi associo anche nel ritenere che in specifiche condizioni, il rifiuto di accesso delle navi debba essere permanente, al fine di garantire livelli di sicurezza adeguati per gli operatori e per i passeggeri.
Bairbre de Brún e Mary Lou McDonald (GUE/NGL), per iscritto. − (EN) Plaudiamo allo spostamento di enfasi in questa risoluzione e ad alcune delle proposte positive in merito alla regolamentazione del settore finanziario, all’innovazione, all’efficienza energetica e agli investimenti, nonché al riconoscimento della necessità di tutelare l’occupazione, creare posti di lavoro, combattere la povertà e concentrarsi sui gruppi più vulnerabili della società.
La logica della strategia di Lisbona, tuttavia, presenta delle falle e necessita di una profonda revisione, particolarmente alla luce della nuova situazione economica.
La risoluzione, inoltre, comprende proposte specifiche non propriamente lungimiranti e controproducenti, come l’insistere sulla deregolamentazione e sulle pratiche occupazionali flessibili, che portano a un indebolimento dei diritti dei lavoratori.
Per queste ragioni, ci siamo astenute nella votazione finale su questa relazione.
Bogusław Liberadzki (PSE), per iscritto. – (PL) Ho votato a favore dell’adozione della relazione sul progetto comune, approvato dal comitato di conciliazione, di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2002/59/CE relativa all’istituzione di un sistema comunitario di monitoraggio del traffico navale e d’informazione.
Concordo con gli obiettivi del terzo pacchetto marittimo.
Le sette proposte del pacchetto mirano a evitare gli incidenti migliorando la qualità delle bandiere europee, modificando la legislazione sul controllo da parte dello Stato di approdo e sul monitoraggio del traffico navale e migliorando le norme relative alle società di classificazione, e a garantire una risposta efficace in caso di incidente, sviluppando un quadro armonizzato per le inchieste sugli incidenti, introducendo norme per il risarcimento dei passeggeri in caso di incidente e norme sulla responsabilità degli armatori accanto a un programma di assicurazione obbligatoria.
In qualità di relatore ombra per la relazione dell’onorevole Sterckx, vorrei esprimere il mio pieno sostegno al documento messo ai voti.
Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Ritengo che il pacchetto marittimo sia da considerare in maniera unitaria e integrata, come da sempre fatto dal Parlamento nel momento della trattazione dei singoli fascicoli. Pertanto, dichiaro il mio voto favorevole alla relazione dell’onorevole Sterckx riguardante l’istituzione di un sistema comunitario di monitoraggio del traffico navale e dell’informazione poiché tale sistema si inserisce in un contesto più ampio mirante al miglioramento della sicurezza del traffico marittimo e alla facilitazione della sua gestione, per il quale ho già più volte espresso il mio parere favorevole. Nel caso specifico, l’applicazione della tecnologia ai fini del monitoraggio delle navi sarebbe funzionale alla più facile attribuzione delle responsabilità in caso di incidenti e al miglioramento delle procedure di accoglienza delle navi in cosiddetti “luoghi di rifugio”. Per questo mi sento di sostenerla con il mio voto favorevole.
Guy Bono (PSE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore di questa relazione, presentata dal deputato ceco del gruppo confederale della Sinistra unitaria europea/Sinistra verde nordica, onorevole Kohlíček, in materia di inchieste sugli incidenti nel settore del trasporti marittimo.
Il testo in esame pone l’accento sulla necessità di definire, a livello comunitario, orientamenti chiari e obbligatori al fine di garantire un monitoraggio adeguato degli incidenti in mare vengano. Esso risponde alle preoccupazioni sorte in seguito al naufragio della petroliera Erika a largo delle coste francesi. E’ per evitare che si ripetano casi di cattiva gestione come quello che l’Unione europea ha deciso di imporre un quadro rigoroso, che affronti tutti gli aspetti tecnici e tutte le procedure da seguire in caso di incidenti: metodologia di indagine, banca dati europea dei sinistri marittimi, raccomandazioni sulla sicurezza, e via dicendo.
Condivido l’idea che sia indispensabile fare di quello europeo uno degli spazi marittimi più esemplari e sicuri del mondo. E’ proprio questo l’obiettivo cui mira il pacchetto marittimo “Erika III”, del quale tale relazione fa parte. Si tratta di un vero e proprio balzo in avanti per il settore marittimo e anche per l’ambiente, spesso vittima secondaria dei comportamenti poco rispettosi in mare.
Bogusław Liberadzki (PSE), per iscritto. – (PL) Ho votato a favore dell’adozione della relazione sul progetto comune, approvato dal comitato di conciliazione, di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce i principi fondamentali in materia di inchieste sugli incidenti nel settore del trasporto marittimo e che modifica le direttive 1999/35/CE e 2002/59/CE. Concordo con gli obiettivi del terzo pacchetto marittimo.
Le sette proposte del pacchetto mirano a evitare gli incidenti migliorando la qualità delle bandiere europee, modificando la legislazione sul controllo da parte dello Stato di approdo e sul monitoraggio del traffico navale e migliorando le norme relative alle società di classificazione, e a garantire una risposta efficace in caso di indicente, sviluppando un quadro armonizzato per le inchieste sugli incidenti, introducendo norme per il risarcimento dei passeggeri in caso di incidente e norme sulla responsabilità degli armatori accanto a un programma di assicurazione obbligatoria.
Desidero esprimere il mio sostegno all’accordo che è stato raggiunto e in particolare ai seguenti punti: la metodologia di indagine sugli incidenti, la decisione sull’indagine, il trattamento equo della gente di mare e la protezione dei testimoni/segretezza dei verbali.
Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Mi esprimo favorevolmente in merito alla relazione dell’onorevole Kohlicek riguardante le inchieste sugli incidenti nel settore del trasporto marittimo. Troppo spesso l’attribuzione delle responsabilità in caso di incidenti più o meno gravi in mare è di difficile effettuazione. Penso al caso delle indagini successive alla vera e propria catastrofe naturale causata dall’incidente della petroliera Prestige e a molti altri che purtroppo non cessano di verificarsi. Il trasporto marittimo merita un’attenzione particolare perché, oltre ad essere il più conveniente in termini relativi, è uno tra i più rischiosi in termini di conseguenze ambientali di un incidente. Credo sia dunque necessario stabilire delle linee guida precise e vincolanti sulle modalità di svolgimento delle indagini tecniche a seguito di incidenti di navigazione e garantire che siano fornite indicazioni chiare al fine di prevenirli. Ecco la ragione del mio parere favorevole al rapporto.
Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Mi esprimo a favore della relazione dell’onorevole Costa concernente la responsabilità dei vettori che trasportano passeggeri via mare e per vie navigabili interne in caso di incidente. Mi associo al collega nel ritenere che sia quanto mai opportuno che le disposizioni della convenzione di Atene del 1974 relativa al trasporto via mare dei passeggeri e del loro bagaglio vengano incorporate nel diritto comunitario, poiché le differenze nazionali tuttora vigenti non permettono di garantire un livello adeguato di responsabilità e di assicurazione obbligatoria nel caso di incidenti in cui siano coinvolti i passeggeri. Se ciò non accade per altri mezzi di trasporto, credo sia necessario che, anche nel caso del trasporto marittimo, la legislazione debba essere adeguata.
Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Intendo sostenere la relazione del collega Savary riguardante l’assicurazione degli armatori per i crediti marittimi poiché condivido le raccomandazioni effettuate dall’onorevole relatore circa la necessità di garantire che l’obbligo di assicurazione venga rispettato da parte degli armatori che entrino in acque poste sotto la giurisdizione di qualsiasi Stato membro, anche tramite lo strumento sanzionatorio in caso di assenza del certificato a bordo della nave, qualora tale caso si verifichi. Concordo con il fatto che l’importo dell’assicurazione sia fissato ai massimali previsti dalla Convenzione LLMM 1996, la quale garantisce un risarcimento adeguato alle vittime di incidenti in mare. Mi associo pertanto alla raccomandazione del relatore relativa all’approvazione del progetto di raccomandazione concordato con il Consiglio.
Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Mi dichiaro in favore della relazione dell’onorevole Jardim Fernandes circa il rispetto degli obblighi degli Stati di bandiera, che dimostra la determinazione del Parlamento a mantenere il III pacchetto marittimo unito di fronte ai momenti di arresto dei lavori in sede di Consiglio su certi aspetti, come l’oggetto della presente raccomandazione. Per questo mi compiaccio del lavoro svolto dal collega e dai colleghi parlamentari della commissione trasporti. Ritengo che il valore aggiunto dell’accordo politico raggiunto sia da considerare importante, soprattutto in quanto chiama gli Stati membri a introdurre un sistema di gestione della qualità per le loro amministrazioni marittime e ad adeguarsi alle norme internazionali in materia, prime tra tutte quelle scaturite dalle convenzioni con l’Organizzazione Marittima Internazionale. Oltre a vantaggi in termini di qualità delle bandiere europee e di sicurezza, la proposta permetterà di migliorare le condizioni concorrenziali sul territorio comunitario ed è pertanto, a mio parere, da sostenere.
Brian Crowley (UEN), per iscritto. – (GA) I paesi europei devono operare assieme per raggiungere gli obiettivi dell’Unione in materia di ambiente. Per garantire la sostenibilità della politica ambientale dell’Unione, tuttavia, è necessario tenere conto dei principi comunitari, nonché delle caratteristiche e delle esigenze di ciascuno Stato membro.
Nel caso dei paesi membri situati alla periferia dell’Unione, la relazione sull’Eurobollo non obbedisce però a tali obiettivi.
Le raccomandazioni in essa contenute penalizzerebbero le regioni periferiche, mentre quelle centrali ne beneficerebbero in misura significativa. A mio avviso, tali raccomandazioni violano i principi del mercato unico e ritengo che discriminino alcuni paesi sulla base della loro posizione geografica. L’Irlanda è un’isola situata ai confini dell’Europa: i camion degli altri paesi non transiteranno sul nostro territorio, mentre i nostri automezzi pesanti saranno tenuti a pagare un’imposta in diversi paesi d’Europa. Non c’è modo di aggirare la questione: né le attività commerciali, né le importazioni e le esportazioni possono interrompersi. Con la proposta in questione, i paesi siti nel cuore dell’Europa godrebbero di vantaggi in termini di competitività, i quanto non sarebbero tenuti a versare le stesse imposte. Una discriminazione simile, basata sull’ubicazione geografica di qualunque paese, non è giusta né corretta.
Avril Doyle (PPE-DE), per iscritto. − (EN) La direttiva sull’Eurobollo è stata creata allo scopo di armonizzare i sistemi di prelievi sulla rete viaria europea –tra cui le tasse di circolazione sugli autoveicoli, i pedaggi e gli oneri legati all’uso delle infrastrutture stradali - e stabilire meccanismi equi di imposizione dei costi delle infrastrutture a carico dei vettori. Il recente riesame della direttiva da parte della Commissione propone nuove modifiche alla direttiva stessa, come la valutazione dei costi ambientali che gli automezzi pesanti comportano in termini di inquinamento acustico, congestione del traffico e inquinamento dell’aria.
I paesi interessati da un traffico di transito intenso hanno pareri ben diversi rispetto ai paesi più periferici, come il mio, che dipendono da ingenti volumi di traffico per l’importazione e l’esportazione di beni. Quantunque, in linea di principio, tali indicazioni siano giuste, dovrebbero essere implementate in modo graduale ed equo. Sono questioni che non possiamo permetterci di ignorare. Gli automezzi pesanti sono spesso soggetti a vincoli temporali e agli orari stabiliti da parti terze, come quelli degli operatori di traghetti. La costruzione di una galleria nel porto di Dublino ha contribuito fortemente a ridurre la necessità per gli automezzi pesanti di attraversare il centro città, ha migliorato la qualità dell’aria e ridotto l’inquinamento acustico. E’ stato un buon investimento.
Non sono convinto della necessità di istituire un’autorità europea indipendente per stabilire i costi dei pedaggi, essendo un ambito che, a mio parere, rientra nella sfera di applicazione della sussidiarietà.
Françoise Grossetête (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione El Khadraoui sulla tassazione degli autoveicoli pesanti per l’uso di talune infrastrutture.
E’ importante fornire agli Stati membri la possibilità di applicare imposte “più intelligenti” al settore dei trasporti su gomma, al fine di coprire i costi esterni e incentivare comportamenti più sostenibili.
Se bisogna tener conto dell’inquinamento atmosferico e acustico, non può però dirsi lo stesso degli ingorghi, che non sono necessariamente legati al trasporto di merci su strada: una simile imposta risulterebbe discriminatoria, perché anche le vetture private hanno la loro parte di responsabilità.
Questo settore, inoltre, paga le conseguenze della crisi economica per effetto del prezzo del petrolio e dei costi derivati della consegna delle merci. Le piccole e medie imprese attive nel settore del trasporto su gomma non saranno in grado di sostenere queste nuove imposte in un simile contesto di crisi economica.
E’ opportuno potenziare gli interventi di adattamento delle infrastrutture stradali all’aumento del traffico e, soprattutto, impegnarsi a favore di un trasporto sostenibile, che privilegi le modalità di trasporto a bassa emissione di anidride carbonica.
Venendo dalla regione Rhône-Alpes, posso testimoniare l’inadeguatezza di diversi tratti stradali nella valle del Rodano.
Małgorzata Handzlik (PPE-DE), per iscritto. – (PL) Nella votazione odierna, il Parlamento europeo ha adottato una proposta di direttiva sull’Eurobollo che permette agli Stati membri di stabilire imposte per l’uso delle infrastrutture stradali da parte degli autoveicoli pesanti.
Nella votazione finale mi sono espresso contro l’adozione di tale direttiva. Ritengo che l’introduzione delle disposizioni in essa contenute aumenterebbero i costi a carico delle aziende che forniscono servizi di trasporto. Tali costi potrebbero rivelarsi particolarmente gravosi per le piccole e medie imprese, che non hanno disponibilità finanziarie sufficienti per rinnovare i propri parchi macchine. Tali disposizioni potrebbero altresì causare difficoltà alle aziende in questo periodo di crisi finanziaria, in cui molte ditte hanno maggiori difficoltà a ottenere credito.
Sicuramente dovremmo cercare modi che ci permettano di usare mezzi più ecologici sulle nostre strade, ma non dobbiamo ricorrere a metodi che, di fatto, rappresentano un altro modo di tassare le aziende.
Jim Higgins (PPE-DE), per iscritto. − (EN) A nome dei miei colleghi del Fine Gael in seno al Parlamento, desidero chiarire che non abbiamo votato a favore della relazione El Khadraoui sulle imposte a carico degli autoveicoli pesanti perché non ci convincono né la base giuridica della proposta, né l’uso obbligatorio del pedaggio elettronico e le disposizioni relative all’assegnazione delle entrate. Sosteniamo appieno i principi alla base della proposta, ma riteniamo che la loro applicazione sia fallace.
Stanisław Jałowiecki (PPE-DE), per iscritto. − (EN) Non solo ho votato contro tale relazione, ma ritengo altresì che essa sia pericolosa per il mercato unico europeo, per l’iniquità della sua impostazione e per il fatto che introduce un’imposta mascherata. Per giunta, il suo contributo alla tutela ambientale è nullo. In questo periodo di crisi finanziaria, è assurdo che si adottino simili provvedimenti. Un regolamento del genere dimostra che l’Unione europea ha voltato le spalle ai propri cittadini.
Jörg Leichtfried (PSE), per iscritto. − (DE) Voto a favore di questo ragionevole compromesso sul nuovo Eurobollo. Assieme al gruppo socialista al Parlamento europeo ho lottato per anni –incontrando la strenua opposizione conservatrice del gruppo del Partito popolare europeo (Democratici-cristiani) e dei Democratici europei – per includere i costi esterni (inquinamento acustico e atmosferico e congestione) nel calcolo dei pedaggi, al fine di trasferire l’onere finanziario dal contribuente all’inquinatore, ossia gli automezzi pesanti.
Mi oppongo al probabile risultato del compromesso sui costi dovuti alla congestione perché, a fronte della posizione assunta dalla maggioranza, è stato possibile garantirne il riconoscimento come costi esterni soltanto a patto che venissero applicati non solo agli autoveicoli pesanti, ma a tutte le cause di congestione, automobili incluse.
E’ probabile che anche l‘anidride carbonica non venga inclusa nel calcolo a causa dell’incomprensibile opposizione del PPE-DE. L’emendamento che ho sottoposto alla commissione, in cui ho chiesto un pedaggio minimo su tutte le tratte della rete transeuropea di trasporto, non ha ricevuto voti sufficienti. Introdurrò ancora tale proposta nelle future discussioni sull’argomento.
Un fattore particolarmente positivo per l’Austria è che i costi esterni e la cosiddetta sovrattassa alpina (un pedaggio maggiorato nelle regioni alpine) probabilmente non verranno toccati, il che significa che l’Austria può imporre un pedaggio maggiorato nelle regioni alpine interessate e riscuotere altresì un’imposta per i costi esterni, permettendo così un pedaggio più alto per il Brennero.
David Martin (PSE), per iscritto. − (EN) Sostengo la relazione in esame, che dovrebbe incentivare il trasferimento del traffico merci dal trasporto su gomma a quello su rotaia. Tale relazione fa parte di un pacchetto di iniziative volte a rendere il settore dei trasporti più sostenibile e ad assicurare che gli utenti paghino solamente i costi derivanti direttamente dall’utilizzo di una data modalità di trasporto. Verranno imposti pedaggi per l’inquinamento acustico e atmosferico locale, nonché per i danni e costi a carico delle infrastrutture. Questo darà vita a un sistema più equo, basato sul principio del “chi inquina paga”, con sistemi di tutela interni che assicurino la trasparenza del mercato e impediscano la discriminazione.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. − (DE) Il traffico di automezzi pesanti in Europa è aumentato dopo l’allargamento dell’Unione a est, raggiungendo punte più elevate in alcuni Stati membri, tra cui l’Austria. Ora ci si presenta il problema che, per effetto di determinati fattori, si creano costi esterni elevati che ricadono sul cittadino: tra i fattori incriminati vi sono il trasporto con automezzi pesanti attraverso l’intero continente e le centrali nucleari.
Se si impone un pedaggio agli automezzi pesanti senza contemporaneamente sviluppare le infrastrutture ferroviarie e eliminare gli ostacoli transfrontalieri al trasporto su rotaia, il nostro voto non farà altro che avallare l’aumento del prezzo delle merci, senza alcun miglioramento per la salute della popolazione, né riduzione dell’inquinamento.
Reputo controproducente penalizzare chi resta bloccato in un ingorgo. Questo provvedimento probabilmente porterà a un nuovo spostamento del traffico verso paesi e cittadine, fenomeno che non desideriamo. A lungo termine, la sola opzione è sviluppare le infrastrutture e i mezzi necessari a rendere il trasporto pubblico locale una soluzione più valida. L’Eurobollo oggi in esame sembra rappresentare un ragionevole compromesso ed è per questa ragione che mi sono espresso a favore.
Cristiana Muscardini (UEN), per iscritto. − Signor Presidente, la salvaguardia dell’ambiente e la sicurezza stradale, all’origine della proposta di direttiva in oggetto, costituiscono due finalità che l’Unione europea deve perseguire con tenacia per una politica dei trasporti più attenta alle aspettative ed ai diritti dei suoi cittadini. Ben vengano quindi alcune modifiche alla direttiva CE del 1999 che prevedono la tassazione per quegli autoveicoli pesanti che utilizzano alcune infrastrutture stradali. Tali passi in avanti devono essere ragionevoli e graduali per evitare in un periodo di grave crisi economica, qual è quello attuale, il collasso di un comparto economico importante, quasi esclusivamente fondato sulle piccole e medie imprese.
Inoltre non si è ancora creato in Europa un sistema intermodale completo ed efficace, tale da garantire un travaso significativo del trasporto merci verso comparti meno inquinanti ed in queste circostanze il trasporto su strada rappresenta, per le sue caratteristiche e per la sua efficienza, il sistema di più larga diffusione ed utilizzo per il mondo produttivo.
Con il mio voto di oggi ho voluto quindi sottolineare l’importanza di compiere passi graduali ma indicativi e non solo simbolici per un trasporto stradale più sicuro e rispettoso dell’ambiente, senza penalizzazioni illogiche e controproducenti per il settore in questione.
Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Concordo con il lavoro svolto dal collega Saïd El Khadraoui, inerente alla tassazione a carico di autoveicoli pesanti adibiti al trasporto di merci su strada per l’uso di talune infrastrutture, e pertanto voto favorevolmente la relazione. Sebbene non sia d’accordo su alcuni punti come quello relativo all’inclusione o meno di alcuni costi esterni nella tassa, sono d’accordo sul principio secondo il quale “chi inquina paga”. L’ottimo lavoro svolto dal collega sottolinea l’esigenza di assegnare i proventi derivanti dalla tassa, nella loro totalità, al settore dei trasporti. Infine, penso che i proventi derivanti dagli oneri per i costi esterni non devono diventare un’ulteriore forma di tassazione.
Bart Staes (Verts/ALE), per iscritto. − (NL) La proposta su cui votiamo quest’oggi è un riesame e un’estensione della precedente direttiva sull’Eurobollo, e stabilisce le norme per il pedaggio viario. In base alle proposte adottate, gli Stati membri, d’ora in poi, potranno rivalersi sui vettori dei costi derivanti dall’inquinamento atmosferico e acustico e dal traffico intenso. Si tratta di buone notizie per il contribuente. Al momento siamo ancora noi che paghiamo per i danni causati dall’inquinamento atmosferico, presto sarà chi inquina a farlo. In questo modo, inoltre, incentiviamo le aziende di trasporto a investire in modalità di trasporto più pulite.
Per queste ragioni ho votato a favore di tale proposta, non da ultimo perché la tassa di congestione è stata classificata come costo esterno aggiuntivo per le regioni montane. Gli ingorghi del traffico sono tra i principali fattori dell’inquinamento atmosferico e acustico, nonché dello spreco di carburante. Se potessimo investire i ricavi di tali prelievi nel trasporto ferroviario o marittimo, affronteremmo sia il problema del traffico che del cambiamento climatico. I ritardi dovuti al traffico, inoltre, provocano importanti danni economici al settore dei trasporti.
Purtroppo, i costi climatici dell’elevato volume di traffico merci non sono stati inclusi, sebbene il settore dei trasporti sia il maggiore responsabile delle emissioni di anidride carbonica.
Alessandro Battilocchio (PSE), per iscritto. − Signor Presidente, voto favorevolmente. La trasparenza non è solo un attributo, ma un principio su cui dovrebbero basarsi tutte le procedure delle istituzioni. È necessario assicurare ai cittadini e agli organi elettivi il più ampio accesso possibile ai documenti detenuti dalle istituzioni europee, per permettere loro di partecipare in modo efficace al processo politico e chiedere alle autorità pubbliche di rendere conto del proprio operato. Per questo in passato ho sostenuto con forza ed appoggiato la pubblicazione delle presenze dei deputati in Aula.
Nonostante i progressi compiuti dalle istituzioni europee sul fronte dell’apertura e della trasparenza, la situazione non si può affatto considerare perfetta e l’attuale rifusione del regolamento (CEE) n. 1049/2001, relativo all’accesso del pubblico ai documenti in possesso delle istituzioni europee, va considerata un ulteriore passo verso la realizzazione di un ambiente amministrativo in cui la disponibilità delle informazioni e la semplicità di accesso alle medesime costituiscano la norma e non l’eccezione. In conclusione vorrei ricordare il grande traguardo raggiunto nell’ultimo periodo: oggi al Parlamento europeo sono utilizzate non meno di 23 lingue ufficiali. Anche i documenti della Comunità Europea sono disponibili in 23 lingue e ciò rappresenta una garanzia di funzionamento democratico.
Charlotte Cederschiöld (PPE-DE), per iscritto. − (SV) Noi conservatori svedesi oggi ci siamo espressi a favore della relazione A6-0077/2009, presentata dall’onorevole Cashman, sul riesame del regolamento n. 1049/2001 relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione. Per quanto attiene agli emendamenti nn. 61 e 103 relativi all’articolo 5, riteniamo che, dopo la terza lettura, i documenti di conciliazione dovrebbero essere resi immediatamente accessibili al termine dell’ultimo incontro di conciliazione, contrariamente ai documenti esaminati durante i negoziati stessi. I documenti provenienti dalle tre istituzioni in prima e seconda lettura dovrebbero essere pienamente accessibili durante l’intero iter.
Chris Davies (ALDE), per iscritto. − (EN) Mi rammarico che, a proposito delle procedure intese a sviluppare il principio secondo cui il pubblico ha diritto ad accedere ai documenti dell’Unione europea, il Parlamento abbia sottolineato che tali regole non devono applicarsi agli eurodeputati. La motivazione addotta è che, con tale provvedimento, non si fa altro che ribadire le regole sancite dal nostro statuto, ma a molti questo sembrerà semplicemente l’ennesima applicazione di due pesi e due misure, e sono lieto che il gruppo dell’Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa non abbia sostenuto gli emendamenti proposti dall’onorevole Nassauer.
E’ particolarmente importante che i dettagli dei pagamenti di tutte le spese che gli eurodeputati imputano al Parlamento siano resi accessibili al pubblico. I nostri stessi revisori dei conti hanno rivelato che alcuni dei deputati non meritano affatto il titolo di “onorevoli”, anzi, alcuni di loro imbrogliano e ingannano. Quello della trasparenza assoluta è uno dei principi che dev’esser stabilito quanto prima se vogliamo che i cittadini europei nutrano fiducia in quest’istituzione.
Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Voto favorevolmente la relazione presentata dal collega Cashman sull’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione. Condivido la lodevole iniziativa del collega, che è volta a colmare la lacuna delle norme comuni riguardo alle “informazioni riservate” (i cosiddetti documenti sensibili citati nell’attuale regolamento n. 1049/2001) mantenendo a livello normativo alcuni buoni principi tratti dalle norme di sicurezza interne del Consiglio e della Commissione, nella misura in cui tali principi possano essere anche applicabili a un organo parlamentare. Infine, condivido l’obiettivo generale del collega Cashman, che vuole modificare questo regolamento nell’intento di rafforzare la trasparenza, senza rendere questo strumento troppo specifico e difficile da attuare.
Bart Staes (Verts/ALE), per iscritto. − (NL) Non vi è dubbio che il regolamento del 2001 abbia comportato una maggiore trasparenza per i cittadini, garantendo l’accesso del pubblico ai documenti delle istituzioni comunitarie. E’ positivo riesaminarne il testo dopo sette anni di esperienza pratica. Cosa possiamo notare? Nel 2006, il Parlamento europeo ha presentato diverse proposte di modifica del regolamento allo scopo di aumentare ulteriormente il livello di trasparenza, ma la Commissione non vi ha dato seriamente seguito.
La proposta della Commissione di modifica del regolamento del 2001 ora in esame, inoltre, contiene norme più rigorose, il che implica una minore trasparenza. In base a tale proposta, i documenti relativi ai negoziati commerciali sono etichettati come confidenziali. Alla fine, si tratta di scegliere il male minore, quindi sostengo la relazione Cashman perché, quantunque incompleta, rappresenta tutto sommato un miglioramento rispetto all’attuale proposta della Commissione. Un approccio più radicale, tuttavia, che respingesse completamente la proposta della Commissione, sarebbe stato preferibile, perché in tal caso la Commissione sarebbe stata costretta a produrre una proposta nuova, migliore, che avrebbe soltanto giovato alla trasparenza delle istituzioni comunitarie, diminuendo sensibilmente il tanto discusso divario tra i cittadini le istituzioni dell’Unione.
Alessandro Battilocchio (PSE), per iscritto. − Signor Presidente. Non è una novità: l’attuale crisi economica e finanziaria sta colpendo l’Europa. Sono molto preoccupato per il mio paese, l’Italia. La crisi fa perdere posti di lavoro e le famiglie, che hanno sempre meno soldi, spendono sempre meno. C’è quindi bisogno di un forte intervento. Questa crisi sembra particolarmente grave ma la sua profondità e la sua estensione nel tempo dipendono dai nostri comportamenti. Dobbiamo unire le nostre forze: è indispensabile un approccio europeo coordinato. Oggi più che mai si manifesta l’impellente necessità di attuare le riforme in modo rigoroso, al fine di creare posti di lavoro di qualità e benessere per i cittadini europei. Dobbiamo invertire la tendenza verso una radicale ristrutturazione, evitare la perdita di posti di lavoro e impedire un’ulteriore pressione al ribasso sui salari e sulle prestazioni di sicurezza sociale.
Dobbiamo fronteggiare efficacemente le sfide connesse all’aumento della disoccupazione e dell’esclusione sociale. Inoltre, occorre migliorare il coordinamento degli sforzi sia da parte dell’UE che degli Stati membri, ma è altrettanto necessario che le misure adottate nell’ambito del piano di ripresa economica per affrontare le crisi a breve termine risultino coerenti con gli obiettivi comunitari a lungo termine delineati dalla strategia di Lisbona. Per questo il mio voto è favorevole.
Carl Lang (NI), per iscritto. – (FR) E’ notevole che questa relazione riconosca diverse mancanze dell’Unione europea in ambito sociale. Vi è anzitutto l’ammissione che gli obiettivi della strategia di Lisbona non verranno raggiunti entro il 2010. La relazione riporta poi cifre interessanti sull’aumento del tasso di disoccupazione, che è salito dal 7 per cento nel 2008 all’8,7 per cento nel 2009 e, più precisamente, dal 7,5 per cento al 9,2 per cento nella zona euro, con una perdita prevista di 3,5 milioni di posti di lavoro.
Una constatazione così dolorosa dovrebbe far riflettere gli europeisti sulle riforme radicali che è necessario adottare negli Stati membri per ridurre al minimo gli effetti disastrosi della crisi economica e finanziaria, crisi che nasce dall’ultraliberalismo e dalla globalizzazione tanto cari a Bruxelles.
A tal fine, non sono credibili gli orientamenti che continuiamo a dettare agli Stati membri in materia di politica occupazionale, anzi, bisogna mettere in discussione questa logica dirigista e ridare agli Stati il controllo delle loro risorse economiche e finanziarie, istaurando la preferenza e la tutela nazionale e comunitaria che permetteranno la ripresa del mercato interno e il ritorno alla crescita.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. − (DE) L’economia reale sta ora avvertendo appieno l’impatto della crisi finanziaria cominciata negli Stati Uniti. Gli esperti non concordano sulla risposta migliore a tale crisi, né sul modo migliore per stimolare l’economia in modo da impedire un aumento della disoccupazione.
Ad ogni buon conto, la situazione del mercato del lavoro non era brillante neanche prima della crisi finanziaria. Sempre più persone erano costrette ad accettare verso lavori a tempo parziale o ridotto, mentre diminuiva il numero dei posti di lavoro sostenuti dallo Stato. Per qualche tempo, un numero sempre maggiore di cittadini è vissuto al di sotto della soglia di povertà, pur avendo un lavoro. Alla luce delle funeree previsioni sull’economia, è probabile che il numero di persone con un lavoro a tempo pieno continui a diminuire e che, a un certo punto, anche i lavoratori a tempo parziale perdano il proprio impiego. Dobbiamo fare tutto il possibile per evitare una disoccupazione di massa. Non è affatto sicuro che le misure presentate in questa relazione siano adeguate o soddisfacenti. Per tale ragione, ho espresso voto contrario alla relazione.
Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Voto negativamente la relazione presentata dalla collega Andersson. Sebbene, infatti, io ritenga che si debbano unire le nostre forze per invertire la tendenza verso una radicale ristrutturazione, evitare la perdita di posti di lavoro e impedire un’ulteriore pressione al ribasso sui salari e sulle prestazioni di sicurezza sociale, penso d’altro canto che le misure poste in essere dalla Commissione siano largamente insufficienti per garantire un’adeguata copertura e protezione del tessuto sociale e lavorativo dell’Unione europea.
Flaviu Călin Rus (PPE-DE), per iscritto. – (RO) L’attuale crisi economica ha, e avrà anche nel prossimo futuro, ripercussioni sul mercato del lavoro.
Ho votato a favore della proposta di risoluzione del Parlamento europeo relativa a orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell’occupazione. Condivido infatti il sostegno del relatore alla posizione della Commissione, che ha proposto (come stabilito nell’allegato della decisione n. 2008/618/CE del Consiglio del 15 luglio 2008) che le politiche occupazionali vengano mantenute nel 2009. Secondo la Commissione, un simile approccio creerà un quadro solido in grado di affrontare la crisi economica e finanziaria e di continuare le riforme strutturali.
José Albino Silva Peneda (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Quella che viviamo, più che una crisi economica e finanziaria, è soprattutto una crisi di fiducia. Il segnale più drammatico è l’elevato tasso di disoccupazione. Ma la disoccupazione non implica soltanto una perdita di introiti, ma porta altresì alla perdita di fiducia in se stessi e negli altri.
Per recuperare la fiducia, è necessario definire con esattezza la nostra strategia a medio termine.
Per questa ragione, il ruolo dei responsabili politici è decisivo, in virtù dei segnali e dei messaggi che trasmettono. Prudenza, sicurezza, sincerità e resistenza alla facile tentazione di propagandare obiettivi irraggiungibili o elogiare se stessi: ecco alcune delle buone pratiche che possono contribuire a ripristinare la fiducia.
D’altro canto, è necessario creare occupazione e, per poterlo fare, devono esserci condizioni favorevoli agli investimenti delle aziende.
E’ necessario agire con celerità, perché, in caso contrario, le difficoltà di finanziamento che affrontano i paesi maggiormente indebitati della zona euro porterà a un aggravarsi della recessione, a un continuo aumento della disoccupazione e alla perdita di reddito da parte di imprese e famiglie.
Per tali ragioni ho appoggiato la relazione dell’onorevole Andersson, che propone di mantenere nel 2009 gli orientamenti per le politiche a favore dell’occupazione.
Proposta di decisione ai sensi dell’articolo 139 del Regolamento (B6-0094/2009)
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Non è comprensibile né accettabile un’ulteriore proroga o, per dirla in altri termini, un ulteriore rinvio del diritto sacrosanto di tutti i deputati di potersi rivolgere al Parlamento europeo nella propria lingua e di disporre dei documenti prodotti nelle lingue ufficiali. Sono passati già diversi anni dall’adesione di alcuni paesi che continuano a poter fare solo un uso limitato della propria lingua, in particolare l’Irlanda e la Repubblica ceca, senza che si sia riusciti a trovare gli esperti linguistici necessari. La giustificazione avanzata è vaga e incoerente, ma, visto che la formazione di questi esperti non ha ricevuto priorità finanziaria, non ci resta che dubitare della volontà di raggiungere tale obiettivo. Non accettiamo che si metta in discussione il diritto inalienabile alla diversità culturale e linguistica dell’Unione europea, che interesserebbe anche il portoghese. Non possiamo accettare una simile discriminazione.
Ancora una volta, manifestiamo la nostra determinazione a salvaguardare l’identità culturale di ciascun paese membro, nonché di tutte le lingue nazionali come lingue di lavoro. In quest’ottica, il nostro voto non ha potuto che essere contrario a tale decisione. In fin dei conti si tratta della trasposizione sul piano culturale e linguistico di quelle che sono le politiche di bilancio dell’Unione europea, che danno priorità all’armamento comunitario invece di valorizzare la cultura e tutelare l’occupazione.
Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Esprimo il mio voto a favore della proposta di decisione presentata dall’Ufficio di presidenza riguardante la proroga dell’applicabilità dell’art.139 del regolamento del Parlamento fino al termine della settima legislatura.
Alessandro Battilocchio (PSE), per iscritto. − Signor Presidente, voto favorevolmente. Sono molto preoccupato per i recenti incidenti accaduti in Italia. Si sta determinando un clima da “caccia alle streghe” nei confronti dei cittadini rumeni e Rom, con tanto di spedizioni punitive. Da parte del governo italiano è in atto un’ossessiva campagna sulla sicurezza. Ma l’adozione di eccessive misure nei confronti delle comunità Rom potrebbe peggiorare la già drammatica situazione di queste minoranze e compromettere le opportunità d’integrazione e l’inclusione sociale. Non bisogna dimenticare che lo Stato di diritto impone che la responsabilità penale è individuale e non la si può attribuire a categorie collettive. Deviare da questo principio sarebbe un precedente pericoloso che porterebbe alla criminalizzazione d’interi gruppi etnici o di particolari nazionalità di migranti.
Certamente l’immigrazione è una materia che necessita un coordinamento europeo, per rafforzare quegli strumenti giudiziari e di polizia in grado di colpire la criminalità organizzata. Ma non solo. Risulta importante adottare chiare politiche di occupazione per le categorie svantaggiate, fra cui la popolazione Rom attiva, che prevedano misure di sostegno volte a favorire la loro progressiva integrazione nel mercato del lavoro ed una maggiore attenzione verso le politiche educative rivolte ai giovani.
Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. − (SV) L’Unione europea è un’unione di valori e pertanto è responsabile del rispetto dei diritti umani all’interno dei propri confini. Essa ha dunque ancheun ruolo da svolgere, attraverso i propri Stati membri, nel riconoscere la vulnerabilità dei rom e nel favorire la loro integrazione nella società. Per tale ragione ci siamo espressi a favore della relazione.
Anna Ibrisagic (PPE-DE), per iscritto. − (SV) Oggi abbiamo votato a favore della relazione d’iniziativa (A6-0038/2009) dell’onorevole Kósáné Kovács sulla situazione sociale dei rom e su un loro migliore accesso al mercato del lavoro nell’Unione europea. La relazione affronta un problema molto serio e indica chiaramente la necessità di agire per fermare la diffusa esclusione che oggi colpisce la comunità rom. Plaudiamo alla cooperazione tra gli Stati membri nell’affrontare questi enormi problemi.
Vorremmo far notare, tuttavia, che non riteniamo che l’adozione di tante soluzioni slegate fra loro rappresenti un passo avanti nel ridurre tale esclusione. L’applicazione di un regime fiscale speciale per i datori di lavoro che assumano donne rom e altre misure del genere ha maggiori possibilità di rafforzare tale esclusione e contrastare l’integrazione nel resto della società.
Marian-Jean Marinescu (PPE-DE), per iscritto. – (RO) La relazione della commissione per l’occupazione e gli affari sociali è un contributo positivo, in quanto sottolinea un nuovo aspetto della strategia di inclusione dei rom, avviata, a partire dal 2005, in una serie di risoluzioni del Parlamento europeo. L’attuale situazione dei rom dimostra che non sono stati compiuti progressi sufficienti nell’integrare questa comunità da quando la Commissione ha lanciato per la prima volta un appello in tal senso, nel 2005.
La relazione propone importanti linee d’azione per le politiche di promozione dell’istruzione tra i rom e di incentivazione della discriminazione positiva nel mercato del lavoro. Il sostegno all’integrazione dei rom nel mercato del lavoro, attraverso finanziamenti per la loro formazione e riqualificazione, nonché per l’avviamento di attività autonome, l’offerta di crediti pubblici a condizioni particolarmente favorevoli, nonché la messa a punto di forme innovative di lavoro agricolo sono tra gli obiettivi che l’Unione europea ha l’obbligo di coordinare. L’istituzione di un gruppo di esperti a livello comunitario, che includa una rappresentanza rom, potrebbe contribuire altresì a coordinare le strategie degli Stati membri a favore dei rom e per l’utilizzo dei Fondi strutturali e dei Fondi di coesione.
Mi aspetto che tali suggerimenti motivino la Commissione europea abbastanza da realizzare una proposta normativa volta a raggiungere risultati tangibili in questo settore.
David Martin (PSE), per iscritto. − (EN) Il popolo rom rappresenta la più grande minoranza dell’Unione europea e la loro integrazione nella società è una delle maggiori sfide che l’Unione europea affronterà nel prossimo decennio. I rom, il cui numero raggiunge approssimativamente i 10-12 milioni, non hanno speranze di sfuggire alla povertà e all’esclusione. Con un simile grado di svantaggio sociale, i rom rischiano di non godere neppure di un livello minimo di dignità umana e di pari opportunità da parte dei rom. Plaudo a questa relazione, che sottolinea la necessità di migliorare le condizioni di tutti i cittadini europei, indipendentemente dalla loro etnia.
Alexandru Nazare (PPE-DE), per iscritto. – (RO) Assicurare pari opportunità alla minoranza rom nell’Unione europea è il giusto approccio per evitare l’esclusione sociale e garantire il rispetto dei diritti di tale comunità. Per questa ragione ho votato a favore della relazione dell’onorevole Kósáné Kovács, che reputo essere molto utile.
Desidero nondimeno chiarire un paio di punti sulla mia posizione in materia.
Poiché tale minoranza è per sua stessa natura internazionale, un approccio efficace alla questione dei diritti dei rom è possibile soltanto a livello europeo. Per tale ragione, ho suggerito di creare un’agenzia europea dei rom, che abbia il ruolo di coordinare a livello comunitario le politiche che interessano questa minoranza.
In secondo luogo, non è possibile sostenere l’integrazione della minoranza rom attraverso misure fiscali redistributive che non possono risolvere i problemi strutturali delle comunità rom. Il modo migliore di sostenere questa minoranza consiste nel lanciare programmi educativi che si prefiggano l’obiettivo di aiutare tali comunità ad acquisire le competenze richieste per accedere al mercato del lavoro.
D’altro canto, la politica europea per la minoranza rom deve mirare a promuovere la tolleranza e l’accettazione delle differenze culturali, con particolare enfasi sulla coesistenza pacifica entro i limiti sanciti dalle normative nazionali e comunitarie in materia.
Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Esprimo il mio voto negativo riguardo alla relazione sulla situazione sociale dei rom e sul miglior accesso al mercato del lavoro nell’Unione europea, presentata dalla collega Kósáné Kovács. Ritengo fermamente che, in questo modo, si crei un’ulteriore discriminazione di fondo verso il popolo dei rom. È necessario, invece, trattare i rom come tutti gli altri cittadini, senza che questi godano di eccessivi vantaggi e agevolazioni che vadano a discapito degli altri cittadini europei, che hanno gli stessi diritti (e doveri soprattutto) di questo popolo.
Bart Staes (Verts/ALE), per iscritto. − (NL) La comunità rom è il gruppo minoritario più numeroso e più svantaggiato d’Europa. Chiunque segua da vicino la situazione sa che è necessario un approccio coordinato per migliorarne le condizioni di vita e di lavoro. Sono lieto che la presente relazione chieda corsi di formazione appropriati, che aumentino le possibilità di inserimento dei rom nel mercato del lavoro. E’ necessario inoltre rafforzare il capitale sociale e umano, concentrandosi sul risultato della loro integrazione nella società europea.
E’ da accogliersi favorevolmente l’istituzione di un gruppo di esperti che includa anche rappresentanti della comunità rom. Anche la proposta di creare dei partenariati e stanziare mezzi finanziari adeguati, seguendo il tutto con l’ausilio di banche dati, è eccellente. Sostengo la presente relazione perché suggerisce strategie possibili per migliorare la situazione della comunità rom. Poiché la risoluzione alternativa proposta dal gruppo socialista al Parlamento europeo è, purtroppo, troppo debole, non la sosterrò.
Šarūnas Birutis (ALDE), per iscritto. − (LT) La gestione della domanda di petrolio non deve limitarsi alla sola Unione europea. In termini percentuali, il quantitativo di petrolio mondiale consumato dall’Unione diminuirà gradualmente negli anni a venire, proprio a fronte dell’enorme crescita della domanda al di fuori dei confini comunitari. Pertanto, ai fini della sicurezza degli approvvigionamenti energetici dell’Unione, sarà molto importante contenere l’aumento della domanda anche a livello mondiale, ma senza mettere in pericolo gli obiettivi di sviluppo dei paesi terzi o dell’Unione stessa. Anche la promozione di meccanismi interni all’economia di mercato per la fissazione del prezzo del petrolio nei paesi terzi assume grande importanza, ad esempio dopo l’eliminazione dei sussidi statali per il carburante.
Tutte queste misure richiedono degli investimenti, che, a loro volta, saranno possibili soltanto quando vi saranno risorse sufficienti e la speranza di ricavarne un profitto. E’ essenziale, pertanto, superare il prima possibile l’attuale crisi finanziaria, che può trasformarsi in una crisi economica. Nell’ultimo decennio si sono moltiplicati i rischi per la futura sicurezza dell’approvvigionamento di petrolio dell’Unione europea. Tuttavia, se riusciamo a incoraggiare volontà politica e coordinamento internazionale, cooperazione e creazione di innovazione, tali difficoltà possono essere superate, incidendo sia sulla domanda che sull’offerta.
Avril Doyle (PPE-DE), per iscritto. − (EN) Nell’insieme, posso sostenere la presente relazione d’iniziativa dell’onorevole Reul. Come hanno dimostrato gli ultimi mesi, la sicurezza energetica non è mai stata così importante. La cooperazione necessaria da parte di tutti gli Stati membri e la necessità di sfruttare i pacchetti di stimolo lanciati da quasi tutti gli Stati membri e dalla Commissione sottolineano la necessità di investire nelle tecnologie rinnovabili, per aumentare la nostra sicurezza energetica e diminuire le nostre emissioni di anidride carbonica. I nostri anni di dipendenza dai carburanti fossili ci hanno portato a due tristi conclusioni:
1. Dobbiamo essere indipendenti dalle forze geopolitiche mondiali, come dimostrato dall’impasse tra Russia e Ucraina di quest’inverno e dalla scandalosa politica dei prezzi dell’ Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio.
2. La nostra necessità di rispettare scadenze sempre più impellenti per la riduzione delle emissioni di anidride carbonica rimane immutata e deve restare una delle massime priorità.
Non possiamo sottrarci alle sfide, sia economiche che ambientali, che in questo momento ci si parano dinanzi.
Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Voto negativamente la relazione presentata dal collega Reul sulle sfide connesse all’approvvigionamento di petrolio. Sono in disaccordo con il relatore, infatti, quando si afferma che, secondo varie stime, sarà possibile estrarre petrolio in quantità sufficienti per soddisfare la domanda anche in futuro, ma solo a prezzi più elevati per i consumatori e tramite il miglioramento delle condizioni di investimento. Sebbene sostenga le iniziative della Commissione per evitare che i prezzi petroliferi si impennino nei prossimi anni, non penso che la situazione sia stata analizzata correttamente in tutto il suo insieme.
Avril Doyle (PPE-DE), per iscritto. − (EN) La relazione presentata dall’onorevole Jarzembowski fa dell’integrazione delle problematiche ambientali nei trasporti una priorità e rappresenta un primo passo importante verso un approccio più esaustivo per rendere il settore dei trasporti più rispettoso dell’ambiente. Un elemento essenziale della risposta al cambiamento climatico è modificare i nostri mezzi e le nostre modalità di trasporto, sia attraverso l’adozione di veicoli ibridi avanzati, sia attraverso un aumento dei servizi di trasporto pubblico ecologico o con il miglioramento dell’efficienza dei mezzi di trasporto alternativi.
Il relatore ha suggerito la possibilità di imporre agli automezzi pesanti una tassazione per l’inquinamento che provocano e le disposizioni contenute nel testo includono anche l’inquinamento acustico provocato dal trasporto ferroviario. E’ importante che consideriamo le necessità delle regioni periferiche dell’Unione, soggette a pesanti barriere geografiche e dipendenti da una fitta rete di trasporti per garantire l’approvvigionamento e la crescita economica. Dobbiamo assicurarci che tali misure vengano applicate in modo equo. Al di là di queste riserve, sono lieta di sostenere la presente relazione.
Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Voto favorevolmente la relazione presentata dal collega Jarzembowski sulla resa più ecologica dei trasporti e l’internalizzazione dei costi esterni. La mia opinione, che coincide con quella del relatore, autore di un eccellente lavoro, sottolinea la grande utilità della mobilità per la qualità di vita dei cittadini, la crescita e l’occupazione nell’Unione europea, la coesione socioeconomica e territoriale e il commercio con i paesi terzi, nonché per le imprese e i lavoratori che operano direttamente e indirettamente nel settore dei trasporti e della logistica. In quest’ottica, mi compiaccio del fatto che la Commissione, nella sua comunicazione, abbia redatto un “inventario” delle misure sinora adottate dall’Unione europea per una politica dei trasporti sostenibile. È un piccolo passo verso un grande obiettivo.
Bart Staes (Verts/ALE), per iscritto. − (NL) La Commissione ha pubblicato un pacchetto di comunicazioni che recano rispettivamente i titoli: “Rendere i trasporti più ecologici”, “Strategia per l’internalizzazione dei costi esterni” e “Misure antirumore per il parco rotabile esistente”. E’ molto positivo, a mio avviso – ed è anche un principio che incoraggio – che si elaborino misure ecologiche per il settore dei trasporti.
La relazione Jarzembowski, tuttavia, indebolirebbe le proposte della Commissione ed è per questa ragione che il gruppo Verde/Alleanza libera europea ha proposto una serie di emendamenti positivi, tra cui la richiesta di maggiore co-finanziamento tra l’Unione europea e gli Stati membri, una tassa sul cherosene per il trasporto aereo e lo sganciamento della crescita economica dall’aumento dei trasporti. I nostri emendamenti, tuttavia, non sono stati accolti e, di conseguenza, questa relazione non apporta alcun valore aggiunto alle proposte della Commissione. Per tale ragione, ho relazione espresso voto contrario.
Catherine Stihler (PSE), per iscritto. − (EN) Sono a favore di misure volte all’integrazione delle problematiche ambientali nel settore dei trasporti, in quanto ci aiuterà nella nostra lotta al cambiamento climatico. Nondimeno, è necessario rafforzare misure specifiche e per questa ragione ho dovuto astenermi.
Proposta di risoluzione B6-0107/2009 (Strategia di Lisbona)
John Attard-Montalto (PSE), per iscritto. − (EN) Concordo pienamente che, tra le possibili conseguenze della crisi economica, l’aumento della povertà in seno all’Unione europea rappresenti la preoccupazione maggiore. E’ essenziale fermare l’attuale aumento della disoccupazione nell’Unione. Credo che il modo più efficace di ridurre e di prevenire la povertà passi per una strategia basata sui seguenti obiettivi: piena occupazione, posti di lavoro di qualità, inclusione sociale, misure a sostegno dell’imprenditoria e incentivi al ruolo delle PMI e agli investimenti. In poche parole, questa è la parte più importante del preambolo della risoluzione.
Se non riusciamo a stroncare l’aumento della povertà nell’Unione europea a causa delle attuali circostanze eccezionali, non saremo riusciti a far fronte a una delle problematiche più importanti che questa calamità economica e finanziaria ha causato.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) In seno all’Unione europea abbiamo assistito a un aumento dei livelli di povertà, del lavoro precario e delle diseguaglianze, una situazione che potrà ulteriormente aggravarsi nel contesto dell’attuale crisi economica e finanziaria, dato che le previsioni indicano una tendenza alla recessione e all’aumento del numero di disoccupati.
A questo hanno contribuito le politiche stabilite nella strategia di Lisbona e nella strategia europea per l’occupazione, che promuovono la deregolamentazione finanziaria, la liberalizzazione dei mercati e la precarietà dei rapporti di lavoro. Con simili premesse, era necessaria una rottura con queste politiche; invece, di fronte all’aggravarsi delle condizioni sociali ed economiche, l’Unione europea ha risposto (ovvero non risposto) conformemente alla sua impostazione classista, insistendo con il portare avanti politiche che promuovano l’accumulo di profitti enormi da parte dei grandi gruppi economici e finanziari, a scapito delle condizioni di vita dei lavoratori e del popolo.
Si rendono necessarie un’inversione delle attuali politiche macroeconomiche e la tutela del lavoro e dei diritti dei lavoratori. Ci vuole una politica alternativa che garantisca una ripartizione equa delle risorse, stimoli l’attività economica, crei occupazione, rafforzi il ruolo dello Stato nell’economia, stimoli la domanda, incentivi la crescita delle piccole e medie imprese e ravvivi gli investimenti, tenendo conto delle necessità e delle specificità di ciascuno Stato membro.
Glyn Ford (PSE), per iscritto. − (EN) Ho votato a favore della presente relazione nonostante il mio disappunto per l’emendamento n. 10, presentato dal gruppo verde per chiedere l’introduzione di una tassa di transazione finanziaria europea. In qualità di presidente dell’intergruppo per la globalizzazione in seno a questo Parlamento, sostengo fortemente l’introduzione di un’imposta sul modello di Tobin, che da un lato controlli le speculazioni finanziarie e dall’altro raccolga miliardi di euro per contribuire ad alleviare la povertà estrema nel mondo tra il miliardo e più di persone che vivono con meno di un euro al giorno. Chi può essere contrario a una misura così semplice ed efficace?
Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) La strategia di Lisbona è stata pensata in e per un contesto economico chiaramente diverso da quello in cu ci troviamo in questo momento. Questo, tuttavia, non significa che tutte le idee alla base di questa strategia vadano riviste. E’ necessario operare una distinzione tra l’eccezionalità delle attuali circostanze e le politiche europee da perseguire per la promozione dello sviluppo e della competitività a lungo termine. Tuttavia da tale distinzione non bisogna dedurre che una situazione di crisi comporti misure contrarie alla buona politica, anzi, la risposta alla situazione attuale, quantunque richieda misure eccezionali, dev’essere guidata dalle pratiche della buona politica, scegliendo di investire nell’innovazione e nella capacità competitiva dell’Europa, altrimenti non solo non riusciremo a far fronte alla crisi, ma non aiuteremo neppure gli Stati membri dell’Unione europea a prepararsi per la fase successiva dell’economica mondiale.
Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Dopo un’attenta valutazione della proposta di risoluzione sulla strategia di Lisbona, alla fine ho deciso di astenermi e quindi di non votare, né positivamente né negativamente, la proposta.
Eoin Ryan (UEN), per iscritto. − (EN) La crisi finanziaria e la crisi economica che ne è conseguita hanno inflitto un duro colpo alla crescita dell’Europa e alla stabilità del mercato del lavoro. In tempi difficili come questi, il nostro primo scopo dev’essere, come indicato in questa risoluzione congiunta, quello di proteggere i cittadini dell’Unione, siano essi lavoratori, imprenditori o famiglie, dagli effetti della crisi. Quantunque l’attuale crisi sia indubbiamente devastante, essa offre altresì delle opportunità: l’opportunità di cambiare il nostro modo di pensare, l’opportunità di creare un quadro solido per la crescita economica che sia in grado di resistere a eventuali urti e l’opportunità si gettare fondamenta economiche e sociali salde per il futuro.
Tra gli elementi più interessanti di questa risoluzione, il riconoscimento del ruolo cruciale delle piccole e medie imprese e del sostegno che è necessario fornire loro. Le piccole e medie imprese non solo producono occupazione, fornendo l’80 per cento dei nuovi posti di lavoro dell’Unione negli ultimi anni, ma svolgono un ruolo sociale chiave nello stimolare le economie locali, diversificare l’occupazione e incentivare l’imprenditorialità. Allo stesso modo plaudo all’accento posto sull’innovazione, specie nel settore ambientale, e all’idea che gli obiettivi gemelli di efficienza energetica e stabilità economica non si escludono necessariamente a vicenda.
Peter Skinner (PSE), per iscritto. − (EN) Il partito laburista del Parlamento europeo ritiene che la strategia di Lisbona rimanga un’importante piattaforma per la crescita e la creazione di occupazione nell’Unione. E’ un obiettivo che può essere ancora raggiunto, anche se il clima economico attuale ne danneggia il vero potenziale. Il partito laburista, tuttavia, non ritiene che una tassa di transazione europea sia un passo necessario al raggiungimento di qualche obiettivo della strategia di Lisbona e non ha sostenuto tale misura.
Il partito laburista, tuttavia, ha potuto sostenere la maggior parte del testo presentato e pertanto ha votato a favore della relazione.
Catherine Stihler (PSE), per iscritto. − (EN) Secondo la relazione del gruppo dell’Alleanza pubblicata lunedì, la recessione quest’anno sta rallentando l’Unione europea nel raggiungimento del suo obiettivo di diventare la più importante economia del mondo basata sulla conoscenza. Per raggiungere gli obiettivi di Lisbona dobbiamo fare tutto quanto in nostro potere, anche in questi tempi difficili, per rispettare quanto ci siamo prefissati. Raggiungendo tali obiettivi saremo in grado di superare la recessione e rafforzare la futura posizione dell’Unione europea. Dobbiamo altresì raggiungere gli obiettivi di Barcellona sull’assistenza ai bambini.
Georgios Toussas (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) La risoluzione presentata dalle forze politiche del capitale nasconde le cause e la natura della crisi capitalista: scaricano il fardello della crisi sui lavoratori, che hanno pagato lo scotto degli eccessivi profitti di capitale e che ora sono chiamati a pagare per la crisi e a salvare e aumentare il profitto capitalista. La mozione chiede all’Unione europea di potenziare la strategia di Lisbona, tanto avversa ai lavoratori, di applicare il patto di stabilità e il piano di ripresa economica e di procedere alla piena liberalizzazione del mercato interno. Si propongono misure a sostegno dei gruppi di monopolio, garantendo un abbondante flusso di denaro dalle tasche dei lavoratori, riducendo le tasse sul capitale e aumentando i prestiti alle grandi aziende di monopolio. Si promuovono ristrutturazioni capitaliste più rapide, di cui si parla nella strategia sulla “flessibilità” e nella direttiva sull’organizzazione dell’orario di lavoro, aumentando quest’ultimo fino a 13 ore al giorno e 78 alla settimana e dividendo l’orario di lavoro in tempo attivo e tempo inattivo non remunerato.
Lo sviluppo dell’“economia verde” e la liberalizzazione della ricerca, dell’energia e dell’innovazione stanno preparando la strada per investimenti redditizi di capitale a discapito dei lavoratoti e delle classi proletarie.
Il vertice informale del 1° marzo ha confermato l’intensificarsi degli attacchi imperialistici e il fronte unito dei monopoli contro il popolo.
Proposta di risoluzione B6-0134/2009 (Cambiamento climatico)
John Attard-Montalto (PSE), per iscritto. − (EN) Concordo sul fatto che l’Unione europea debba mantenere un ruolo guida nella politica internazionale del clima. Tuttavia, se essa non sarà in grado di esprimersi a una sola voce, perderà di credibilità. Nel suo complesso, l’Unione sembra sulla buona strada per il conseguimento degli obiettivi relativi al cambiamento climatico, ma tutti i paesi, inclusa Malta, devono fare attenzione a non rimanere indietro, poiché questo potrebbe andare a discapito della credibilità dell’Unione.
E’ necessario limitare l’aumento della temperatura globale non solo nei paesi industrializzati, ma anche in quelli in via di sviluppo. Ovviamente, questo provocherà forti pressioni in termini di risorse finanziarie. L’Unione europea deve elaborare un piano per individuare i principali ambiti d’azione e le relative fonti di finanziamento.
Edite Estrela (PSE), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della risoluzione del Parlamento europeo sulla lotta al cambiamento climatico. L’Unione europea deve mantenere il suo ruolo guida nella politica internazionale del clima e compiere tutti gli sforzi necessari per raggiungere, a Copenhagen, un accordo che consenta di ridurre le emissioni di anidride carbonica nell’atmosfera e limitare l’aumento della temperatura globale a non più di 2°C al di sopra dei livelli pre-industriali.
A fronte dell’attuale crisi economica e finanziaria, è fondamentale raggiungere un accordo sulla lotta al cambiamento climatico a Copenhagen. La crisi economica e quella climatica possono essere combinate per trarne maggiori opportunità economiche, per sviluppare nuove tecnologie e creare posti di lavoro.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Questa risoluzione contiene aspetti positivi, che apprezziamo. Vorremmo ricordare l’invito all'Unione ad adoperarsi per un accordo di Copenhagen che tenga conto delle ultimissime relazioni scientifiche sul cambiamento climatico, si impegni a raggiungere un livello di stabilizzazione e obiettivi di contenimento della temperatura che offrano le migliori garanzie di prevenzione dei cambiamenti climatici pericolosi, prevedendo altresì riesami periodici per garantire che gli obiettivi siano in linea con le ultime conoscenze scientifiche. Consideriamo altrettanto positiva l’attenzione rivolta alla necessità di aumentare in modo significativo le risorse finanziarie, per consentire le necessarie azioni di mitigazione nei paesi in via di sviluppo.
Ciò non di meno, non condividiamo che si insista, sebbene solo nei considerando, sul sistema di scambio delle emissioni europee, soprattutto perché si afferma che esso potrebbe fungere da modello per lo sviluppo di sistemi simili in altre regioni e paesi industrializzati. Ci dissociamo dall’approccio basato su criteri economici, che condiziona chiaramente diversi punti della risoluzione.
Glyn Ford (PSE), per iscritto. − (EN) Ho votato a favore della risoluzione della commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare. Nonostante la gravità e la portata dell’attuale crisi finanziaria, frutto della deregolamentazione, di organi di controllo codardi e di avidi banchieri, non possiamo distogliere la nostra attenzione dalla necessità di agire per arrestare il cambiamento climatico. Dobbiamo considerare l’attuale crisi come un’opportunità per utilizzare le risorse al fine di conseguire un’inversione di rotta nei nostri stili di vita e promuovere un nuovo corso verde, a livello europeo e mondiale. Non potremo conseguire i nostri obiettivi se non lavorando insieme a Stati Uniti e Giappone, Cina e India.
Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Sono d'accordo su alcuni punti della risoluzione relativa alla lotta contro il cambiamento climatico. D'altro canto, non posso condividere diversi paragrafi del rapporto. Quindi, decido di astenermi e non esprimermi sull'argomento.
Catherine Stihler (PSE), per iscritto. − (EN) Dobbiamo utilizzare l’economia verde per creare posti di lavoro in tutta l’Unione europea: questa deve essere una priorità durante la crisi finanziaria.
Proposta di risoluzione B6-0133/2009 (Occupazione)
Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. − (SV) Questa risoluzione contiene numerose esortazioni lodevoli. Tuttavia, la maggior parte dei temi affrontanti rientrano nella responsabilità politica dei parlamenti nazionali.
Le proposte della risoluzione implicano la necessità di reperire maggiori risorse da destinare al Fondo di adeguamento alla globalizzazione. Questo comporterà un aumento delle quote che gli Stati membri versano all’Unione; in un momento in cui gli Stati membri devono impegnare le loro limitate risorse economiche per attuare le politiche sociali e occupazionali interne. A nostro avviso, il Fondo di adeguamento alla globalizzazione non è lo strumento migliore per dare sostegno ai lavoratori che hanno perso il loro posto di lavoro. Gli Stati membri si trovano in una posizione migliore per attuare politiche efficaci in questo settore. Inoltre, tutti gli Stati membri stanno destinando ai pacchetti di incentivazione somme di denaro pari al totale dei rispettivi contributi al bilancio europeo.
Abbiamo votato contro questa risoluzione, principalmente per le affermazioni relative al Fondo di adeguamento alla globalizzazione.
Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Comunico il mio voto negativo riguardo alla proposta di risoluzione sugli orientamenti per le politiche a favore dell'occupazione. Infatti, considerando che la crisi finanziaria ed economica globale richiede che l'UE reagisca in modo risoluto e coordinato al fine di evitare perdite di posti di lavoro, sostenere un reddito adeguato per i cittadini ed evitare la recessione e trasformare le attuali sfide sul piano economico ed occupazionale in opportunità, penso che le azioni poste in essere dalla governance degli eurocrati sia decisamente insufficiente a reggere il peso della crisi che stiamo attraversando anche in un settore delicato come quello dell'occupazione.
John Attard-Montalto (PSE), per iscritto. − (EN) Il varo del piano di ripresa è una risposta alla continua flessione cui stiamo assistendo. La priorità assoluta del piano di ripresa deve essere stimolare l’economia e la competitività dell’UE ed evitare un aumento della disoccupazione. Gli Stati membri insistono sul fatto che tutti gli aiuti finanziari devono essere tempestivi, mirati e temporanei. Le attuali circostanze eccezionali devono essere inquadrate nel più ampio contesto di un impegno deciso a riprendere la normale disciplina di bilancio ai primi segni di ripresa economica.
Il piano di ripresa deve anche contribuire al conseguimento di un accordo internazionale equo, per dare ai paesi meno sviluppati la possibilità di sfuggire alla povertà senza alimentare il riscaldamento globale, partecipando al finanziamento di investimenti di vasta portata.
Infine, l’azione coordinata tra gli Stati membri deve essere orientata a ridurre le incertezze dei mercati creditizi e a facilitarne il funzionamento.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Sebbene siano state adottate alcune proposte valide e tempestive, che abbiamo appoggiato, in particolare quella sui paradisi fiscali, purtroppo la maggior parte delle proposte formulate dal nostro gruppo è stata respinta, e la relazione è principalmente orientata a perseguire politiche neoliberali, con alcune note di colore da presentare agli elettori nella fase preliminare alla campagna elettorale.
Tra le nostre proposte respinte ricordiamo quelle in cui si invocava un aumento significativo delle risorse finanziarie e una più rapida distribuzione dei fondi destinati a sostenere l'occupazione; nonché un nuovo orientamento dei programmi di sostegno rivolti ai gruppi più vulnerabili, inclusi i programmi volti a garantire condizioni di vita decorose e l'accesso universale a servizi pubblici di alta qualità. Mi rammarico anche del fatto che siano state respinte le proposte sugli stanziamenti per il piano di ripresa (1,5 per cento del PNL dell'Unione europea), insufficienti per affrontare con esito positivo la crisi attuale, in cui si sottolineava che l'Unione europea rimarrà fortemente indietro rispetto ad altri paesi. quali gli Stati Uniti e la Cina. Inoltre, mi dispiace che sia stata respinta la nostra critica nei confronti della Commissione, che ha voluto collegare il piano di ripresa all'estensione delle “riforme strutturali” neoliberali e al rispetto rigoroso del patto di crescita e di stabilità, quando era necessario sollevare gli Stati membri da tali incombenze e cambiare atteggiamento.
Glyn Ford (PSE), per iscritto. − (EN) Posso solo congratularmi con l'onorevole Ferreira per la sua relazione sul piano europeo di ripresa economica. Condivido il parere dell'onorevole Rasmussen secondo cui non abbiamo fatto abbastanza. Il salvataggio delle banche era necessario, ma non sufficiente: dobbiamo anche intervenire per risolvere i problemi del mercato del lavoro. E’ necessario promuovere la disoccupazione parziale e, qualora sia richiesto l'orario ridotto, dovremmo incoraggiare il mantenimento delle ore sul posto di lavoro dedicando il tempo in eccesso a corsi di formazione intesi a migliorare le competenze.
La vera crisi non riguarda il mercato dei mutui subprime, bensì quella realtà dieci volte più grande che è la caotica economia del mercato dei derivati, un mondo sempre più esoterico e fantasioso, sul quale è necessario esercitare un controllo. Accolgo quindi favorevolmente le iniziative intese a controllare i paradisi fiscali e introdurre un'imposta europea sulle transazioni finanziarie, per evitare le conseguenze peggiori della crisi, mitigare le speculazioni e raccogliere fondi che aiutino tutti noi a mantenere la giusta rotta per conseguire gli obiettivi di sviluppo del Millennio.
Małgorzata Handzlik (PPE-DE), per iscritto. – (PL) La relazione sul piano europeo di ripresa economica adottata oggi sostiene provvedimenti proposti dalla Commissione europea e intesi a stimolare l'economia europea.
I dati elaborati nelle ultime settimane non generano ottimismo: si stima che nel 2009 la crescita economica europea si manterrà al di sotto dello zero. E in tutta l'Unione europea aumenta anche il tasso di disoccupazione. Questa è la recessione più grave nella storia della Comunità europea, e la prima dall'introduzione della moneta unica.
Si rende quindi necessaria un’azione decisa, che porti alla creazione di posti di lavoro e a un effettivo miglioramento della situazione economica. Naturalmente è fondamentale lavorare al risanamento del sistema finanziario, in modo che le imprese e i cittadini possano avere accesso al credito. Questo aspetto è particolarmente importante per le piccole e medie imprese, che sono sicuramente alla base dell'economia europea. Ecco perché è necessario garantire con la massima urgenza il ripristino rapido ed efficace delle procedure di concessione di prestiti. Gli aiuti destinati a contrastare la crisi non devono essere orientati solo al salvataggio di determinati settori. Tali interventi sono inevitabili, ma dovrebbero includere anche una strategia continuativa in grado di favorire la competitività dell'industria europea. Inoltre, la crisi non deve essere utilizzata come occasione per introdurre nuove norme eccessivamente gravose.
Spero che il piano europeo di ripresa economica produca presto risultati positivi: i primi segni di stimolo economico.
Astrid Lulling (PPE-DE), per iscritto. – (FR) A mali estremi, estremi rimedi.
La congiuntura economica è peggiorata al punto da giustificare l'azione concertata degli Stati membri per cercare di rilanciare l'attività economica. Tuttavia si impongono numerose considerazioni. La situazione eccezionale che viviamo oggi non rimette in discussione le regole elementari dell'economia. I prestiti di oggi rappresentano i debiti di domani, che gli Stati saranno obbligati a restituire in futuro. Il debito pubblico è forse necessario, ma costerà caro. Bisogna esserne consapevoli. Si parla già di prossimi aumenti delle imposte, in un prossimo futuro, per riportare a galla le finanze pubbliche.
In secondo luogo, gli impegni di spesa previsti dai piani di ripresa non sono affatto equivalenti tra loro. Gli investimenti nella modernizzazione delle apparecchiature di produzione o nella ricerca hanno un peso del tutto diverso dalle spese di funzionamento. Converrà quindi che gli Stati provvedano a dotarsi di strumenti appropriati per compiere le scelte migliori.
Da ultimo, poiché le parole hanno il loro peso, precisiamo che il piano di ripresa non è un piano propriamente europeo, ma piuttosto un coordinamento delle misure già adottate dai diversi Stati membri. E’ forse necessario andare oltre? La domanda merita di essere formulata, ma l'elaborazione di un piano di ripresa comune dell'Unione europea dovrebbe presupporre un riesame approfondito delle politiche e delle risorse comunitarie.
Adrian Manole (PPE-DE), per iscritto. – (RO) Il piano europeo di ripresa economica è importante soprattutto per due elementi chiave in esso contenuti: in primis, le misure di stimolo fiscale di breve periodo, volte a incentivare la domanda, salvaguardare i posti di lavoro e recuperare la fiducia dei consumatori; in secondo luogo, gli investimenti intelligenti per incrementare la crescita economica.
Per l'Unione europea è assolutamente prioritario proteggere i cittadini dagli effetti negativi della crisi finanziaria. Nel caso dell’economia rumena, tali misure si riveleranno efficaci soprattutto per le piccole e medie imprese, semplificando e accelerando le procedure e mobilitando i Fondi strutturali e di coesione, oltre a quelli per lo sviluppo rurale, i cui stanziamenti saranno distribuiti in anticipo.
Il voto favorevole a questa relazione significherà anche che il Fondo sociale europeo dovrà finanziarie iniziative per la promozione dell'occupazione, in particolare a favore delle fasce più vulnerabili. Sarà poi necessario creare le condizioni quadro per attenuare l'impatto negativo per il settore imprenditoriale, che svolge un ruolo fondamentale nella ripresa economica, e contribuisce in misura significativa anche a creare posti lavoro e quindi a generare domanda nei mercati interni.
Rovana Plumb (PSE), per iscritto. – (RO) Ho votato a favore della relazione dell'onorevole Ferreira perché sono fermamente convinta che contribuirà a superare il periodo di difficoltà economica che l'Europa sta attraversando a causa delle politiche neoliberiste dell'ultimo decennio.
Gli Stati più ricchi dell'Unione europea devono mostrarsi solidali nei confronti dell'Europa orientale; ed è necessario aumentare gli stanziamenti destinati ai paesi di questa regione. In quanto socialisti europei, riteniamo di dover agire per eliminare le differenze tra i paesi industrializzati e quelli in via di sviluppo, tanto più che le economie di questi ultimi sono strettamente collegate alle istituzioni bancarie occidentali. Abbiamo quindi bisogno di un piano di coordinamento delle economie di tutti gli Stati membri dell'Unione.
Appoggiamo l'introduzione di misure contro le attività finanziarie offshore, che consentono a chi guadagna ingenti somme di denaro di trasferire le proprie attività nei paradisi fiscali senza pagare alcuna tassa, mentre la maggior parte dei cittadini europei paga le tasse e perde il proprio posto di lavoro. I dati sono allarmanti: entro la fine del 2009 il numero dei disoccupati in Europa potrebbe raggiungere quota 25 milioni (di cui 500 000 in Romania). L'abolizione dei paradisi fiscali eliminerà la disoccupazione.
Dobbiamo promuovere e sostenere la solidarietà europea tra vecchi e nuovi Stati membri, e a tale proposito il voto sull'emendamento riferito a tale questione rappresenta un banco di prova per il Parlamento europeo.
John Purvis (PPE-DE), per iscritto. − (EN) La situazione economica dell'Europa e di altre aree del mondo è la più preoccupante che possiamo ricordare, ed è assolutamente doveroso che l'Unione europea e gli Stati membri facciano tutto il possibile per garantire che la congiuntura negativa non si trasformi in una recessione; e che, qualora un governo sia in grado di adottare azioni per mettere effettivamente in moto l'attività economica, gli sia consentito farlo.
Questa relazione non è perfetta e non possiamo concordare su tutto, ma ribadisce i punti principali: la flessione economica non è una scusa per lasciarsi andare a forme di protezionismo, debiti eccessivi o all’abolizione delle regole sulla concorrenza. Abbiamo resistito alle pressioni della sinistra, che ha presentato emendamenti mirati a trasformare una relazione ragionevole in un’insostenibile lista della spesa, in un attacco al capitalismo e al sistema finanziario in genere.
Ora è importante che tutti noi ci rimbocchiamo le maniche e riavviamo le nostre economie. Questa relazione riconosce che il libero mercato, gli individui e le imprese europee sono fondamentali per il processo di ricostruzione; ed è muovendo da questi presupposti che i conservatori britannici appoggiano la relazione.
Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Sebbene contenga elementi positivi, la relazione dell'onorevole Ferreira sul piano europeo di ripresa economica accusa gli stessi problemi del piano stesso: descrive la situazione senza avere acquisito un’effettiva e adeguata comprensione delle cause dell’attuale crisi; elenca iniziative necessarie a ripristinare la fiducia degli operatori economici senza, tuttavia, averne individuato a oggi nessuna prova; e offre poco in termini di mobilitazione europea. A tale proposito, sarebbe necessario aggiungere che il motivo per cui questa relazione offre poche soluzioni concrete è che il Parlamento europeo ha pochi poteri per farlo. Lo stesso vale per la Commissione europea.
Del bilancio di questo piano, solo il 15 per cento è costituito da fondi gestiti a livello comunitario. La soluzione dovrà quindi essere trovata a livello europeo, ma innanzitutto grazie alla volontà politica degli Stati membri di coordinare le rispettive risposte all’attuale situazione economica. Lo slancio, ammesso che vi sia, deve venire dagli Stati membri, visti i preoccupanti segnali di mancanza di una volontà politica europea. Basti osservare, ad esempio, le posizioni contraddittorie adottate dai socialdemocratici tedeschi e austriaci, in questo Parlamento come pure in rappresentanza dei rispettivi governi nazionali.
Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Concordo con alcuni punti della relazione presentata dalla collega Ferreira sul piano europeo di ripresa economica, ma non la approvo totalmente. Per questo motivo, decido di astenermi e non votare la relazione della collega.
José Albino Silva Peneda (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Il principale problema derivante da questa crisi è l'aumento della disoccupazione: una situazione che può essere risolta solo incrementando gli investimenti.
Per farlo, è necessario che il credito sia accessibile e a costi abbordabili, ma, allo stato attuale delle cose, tutto indica che la sua disponibilità sarà scarsa e molto più cara per i paesi più vulnerabili, come il Portogallo.
Tali paesi si trovano a dover affrontare difficoltà finanziarie maggiori, ed è per questo che appoggio pienamente la possibilità che si crei nella zona euro un emittente di debito pubblico unico e centralizzato a livello europeo. A tale riguardo, questo è lo scenario più compatibile con la sostenibilità di lungo periodo dell’euro.
Date le attuali circostanze, è fondamentale rinvigorire il mercato del credito europeo concedendo prestiti responsabili alle imprese con buone prospettive di successo e alle famiglie.
L’assistenza finanziaria fornita alle banche e alle imprese deve essere mirata, temporanea, trasparente, garantita in termini di rapporto costi-benefici e severamente controllata.
La solidità e la solidarietà del progetto europeo potrebbe essere a rischio: dobbiamo quindi agire in modo coordinato e nel rispetto delle regole dei mercati internazionali, senza cedere ad alcuna forma di protezionismo.
Sono favorevole alla relazione sul piano europeo di ripresa economica presentata dall'onorevole Ferreira, poiché condivido le linee generali della strategia proposta.
Peter Skinner (PSE), per iscritto. − (EN) Questa relazione accompagna il piano di ripresa presentato dalla Commissione europea, che mira a rafforzare l'economia dell'Unione europea. La delegazione del partito laburista al Parlamento europeo (EPLP) può appoggiare il fulcro delle idee della relatrice e ritiene che molte delle questioni evidenziate siano fondamentali per garantire un’effettiva ripresa.
La risposta della Commissione europea durante la crisi economica è stata tenue e il Parlamento ritiene che siano necessari strumenti più efficaci per innestare la ripresa economica. Di fatto, un approccio ambientale potrebbe stimolare l’innovazione, innescare meccanismi di rinnovata produttività e nel contempo avere un effetto positivo sul nostro ambiente. Tuttavia, è necessario fare attenzione a non danneggiare settori industriali specifici e a non ridurre le nostre generali possibilità economiche; ed è quindi fondamentale elaborare un approccio mirato. Allo stesso modo, è importante una nuova strategia per la vigilanza finanziaria, come osservato nella relazione del gruppo de Larosière, per evitare l’insorgere di rischi nel sistema.
Bart Staes (Verts/ALE), per iscritto. − (NL) Il gruppo Verde/Alleanza libera europea ritiene che oggi stiamo vivendo il culmine di tre crisi correlate tra loro: una crisi economica, una ambientale e una sociale. Ecco perché il gruppo Verts/ALE si oppone alla promozione di un piano europeo di ripresa economica, alla luce dell'imminente vertice europeo di primavera, la cui sola missione è riportare in vita il vecchio modello lassista.
L’investimento enormi somme di denaro in questo modello comporta il forte rischio di aggravare la crisi sociale e quella ambientale. È controproducente limitarsi ad aumentare la domanda al fine di riportare la produzione ai livelli auspicati. E’ esattamente quello che propone la relazione Ferreira, ed è per questo che ho votato in senso negativo.
Il piano di ripresa economica deve rendere possibili nuovi strumenti di finanziamento e, nel contempo, creare norme per conferire stabilità e affidabilità nel sistema. Gli incentivi a ottenere profitti di breve periodo attraverso una selezione dei premi deve essere eliminato e sostituito da norme per i cosiddetti fondi di stimolo e di private equity. Trasparenza, contabilità aperta e vigilanza devono rendere i paradisi fiscali impossibili. Attraverso una descrizione precisa dei loro compiti, le banche possono essere nuovamente messe al servizio dell'economia reale, dove la Banca centrale europea può svolgere un ruolo di controllo.
Catherine Stihler (PSE), per iscritto. − (EN) La crisi finanziaria è il primo banco di prova della globalizzazione. Questa crisi alimentata dall'ingordigia e successivamente consumata dalla paura dovrebbe farci riflettere sui nostri valori fondamentali e sul tipo di società in cui vorremmo vivere. Non è il momento per forme di nazionalismo accentuato; oggi più che mai è importante poter contare su un’Europa forte. L'esigenza di un approccio coordinato non solo attraverso l'Unione europea, ma a livello mondiale, rende il G20 di Londra tanto importante.
Silvia-Adriana Ţicău (PSE), per iscritto. – (RO) Ho votato a favore della relazione Ferreira, che invita la Commissione europea a elaborare orientamenti chiari e decisi, intesi a migliorare il coordinamento tra gli Stati membri per la gestione di questa grave crisi economica, nella prospettiva di salvaguardare il maggior numero possibile di posti di lavoro. Invito la Commissione ad avviare quanto prima le procedure necessarie.
Attraverso questa relazione, l'Unione europea invita il Consiglio europeo di primavera a imprimere forte slancio politico e a elaborare un calendario per tutte le iniziative normative, al fine di garantire, insieme al Parlamento, la loro tempestiva approvazione.
La relazione evidenzia le ripercussioni socio-economiche su molti dei nuovi Stati membri, con il conseguente rischio di destabilizzazione e aumento della povertà. Si prevedono effetti di ricaduta a scapito dell'euro e delle economie della zona euro. Invochiamo un approccio coordinato a livello comunitario, tenendo presente il principio di solidarietà comunitaria e un’assunzione di responsabilità collettiva in tal senso. Invitiamo inoltre la Commissione a riesaminare e rafforzare tutti gli strumenti volti a stabilizzare la situazione negli Stati membri colpiti, anche per quanto riguarda i tassi di cambio, al fine di potere dare applicazione a misure di sicurezza e pacchetti mirati a fornire una risposta rapida ed efficace alla situazione attuale.
Marianne Thyssen (PPE-DE), per iscritto. − (NL) Ho ascoltato molto attentamente i discorsi dei relatori e dei presidenti dei gruppi, incluso il fendente che il presidente del gruppo socialista al Parlamento europeo ha inferto al gruppo del Partito popolare europeo (Democratici−cristiani) e dei Democratici europei, riguardo alla loro decisione di voto sull'emendamento 92. In realtà, non approviamo le implicazioni di questo emendamento e, insieme agli onorevoli colleghi del mio gruppo, ho dato un convinto voto contrario. Di certo non può veramente esservi l'intenzione di adottare misure di breve periodo che vadano a scapito degli obiettivi di lungo termine.
Per tale motivo è irragionevole costringere gli Stati membri a compiere sforzi di bilancio indipendentemente dal rispettivo livello di responsabilità, un fattore importante per stabilire fino a che punto possa essere giustificata la spesa in disavanzo. Il mio gruppo aveva ragione nel mantenere fede al suo punto di vista, che è anche quello della Commissione: dovremmo tenere sempre a mente anche le generazioni future. Ecco perché è opportuno variare gli incentivi di bilancio in base al livello di responsabilità dei singoli Stati membri. E di conseguenza, chiedere uno sforzo uniforme pari all'1,5 per cento del PNL non è né ammissibile né giustificato.
Georgios Toussas (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) Il piano europeo di ripresa economica fa scivolare il peso della crisi capitalistica sulle spalle dei lavoratori, promuove gli obiettivi generali dell'Unione europea e protegge i profitti e gli interessi collettivi della plutocrazia.
Grazie al suo deciso attacco contro i diritti alla previdenza sociale e al lavoro, nonché contro i redditi delle famiglie dei ceti più bassi e il loro tenore di vita, l'Unione potrà garantire ai monopoli paneuropei una posizione di vantaggio quando l'economia si riprenderà al confronto con la concorrenza internazionale.
L’Unione europea e i governi nazionali stanno cercando di ottenere il consenso popolare utilizzando il metodo del bastone e della carota, per imporre con la minore resistenza possibile la ristrutturazione capitalistica prevista nella strategia di Lisbona: occupazione e disoccupazione cicliche, aumento dell'età di pensionamento, drastici tagli ai salari e ai sussidi sociali e pensionistici.
Inoltre, le decisioni adottate ai vertici e il finanziamento delle misure unicamente a carico degli Stati membri evidenzia l'escalation della lotta intestina imperialista, che conduce a una politica basata sul principio: ognuno per sé.
I lavoratori hanno un'unica scelta: resistenza, disobbedienza e contrattacco con il partito comunista greco, condanna della politica europea a senso unico e delle forze che la sostengono, riorganizzazione della base e della lotta per il potere popolare e l'economia popolare.
Alessandro Battilocchio (PSE), per iscritto. − Signor Presidente, voto favorevolmente. La trasparenza non è solo un attributo ma un principio su cui dovrebbero basarsi tutte le procedure delle istituzioni. È necessario assicurare ai cittadini e agli organi elettivi il più ampio accesso possibile ai documenti detenuti dalle istituzioni europee, per permettere loro di partecipare in modo efficace al processo politico e chiedere alle autorità pubbliche di rendere conto del proprio operato. Per questo in passato ho sostenuto con forza ed appoggiato la pubblicazione delle presenze dei deputati in Aula.
Nonostante i progressi compiuti dalle istituzioni europee sul fronte dell'apertura e della trasparenza, la situazione non si può affatto considerare perfetta e l'attuale rifusione del regolamento (CEE) n. 1049/2001, relativo all'accesso del pubblico ai documenti in possesso delle istituzioni europee, va considerata un ulteriore passo verso la realizzazione di un ambiente amministrativo in cui la disponibilità delle informazioni e la semplicità di accesso alle medesime costituiscano la norma e non l'eccezione.
In conclusione vorrei ricordare il grande traguardo raggiunto nell'ultimo periodo: oggi al Parlamento europeo sono utilizzate non meno di 23 lingue ufficiali. Anche i documenti della Comunità europea sono disponibili in 23 lingue e ciò rappresenta una garanzia di funzionamento democratico.
Jean Marie Beaupuy (ALDE), per iscritto. – (FR) E’ necessario inquadrare questa relazione di iniziativa nel contesto del dibattito legislativo in corso, volto a modificare le norme relative ai fondi strutturali, e in particolare il regolamento sul Fondo europeo di sviluppo regionale (relazione Angelakas) e quello sul Fondo sociale europeo (relazione Jöns).
Per ottenere un accordo in prima lettura, tale da fornire una risposta rapida a questa crisi che tocca direttamente i cittadini europei, il gruppo dell’Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa ha deciso di non presentare emendamenti alle proposte legislative. In uno spirito di coerenza, lo stesso approccio è stato applicato in fase di votazione.
Gli onorevoli colleghi del Movimento Democratico e il sottoscritto condividiamo le stesse preoccupazioni riguardo alla lotta al cambiamento climatico, tema che dovrebbe essere confermato come prioritario nella politica di coesione dopo il 2013.
Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Non contate su di noi per elogiare l'orribile piano europeo di ripresa economica, che sarà per la maggior parte autofinanziato dai singoli Stati membri (quale migliore esempio di solidarietà europea...) e che non rimette in discussione quelle politiche neoliberiste che sono alla base del peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro della stragrande maggioranza della popolazione.
Di conseguenza, non stupisce che la maggior parte del Parlamento abbia respinto le nostre proposte intese a:
- condannare il fatto che, nel momento in cui la crisi socio-economica dell’UE si aggrava, il bilancio comunitario per il 2009 registra il minimo storico;
- insistere su un incremento dei fondi strutturali e del Fondo di coesione
- sottolineare che l’aumento dei pagamenti anticipati nel quadro di questi fondi comporterebbe una riduzione dei finanziamenti comunitari dei prossimi anni;
- criticare l’implementazione parziale di questi fondi, soprattutto alla luce del peggioramento delle condizioni socio-economiche europee;
- chiedere che questi fondi siano considerati come un obiettivo di spesa e proporre un aumento della quota di cofinanziamento comunitario e l'abolizione delle regole N+2 e N+3 relative a tali fondi;
- insistere sull’esigenza di utilizzare i fondi in modo efficace per promuovere una reale convergenza, abbandonando quindi la loro costante subordinazione agli obiettivi neoliberisti della strategia di Lisbona;
- insistere sulla necessità di contrastare la delocalizzazione delle imprese.
David Martin (PSE), per iscritto. − (EN) Sono favorevole a questa relazione, che raccomanda pagamenti più rapidi e più flessibili nel quadro dei fondi strutturali e ne garantirà un ampio uso per tutelare i posti di lavoro esistenti e crearne di nuovi. Accolgo dunque favorevolmente il testo in esame, che invita a una più rapida distribuzione degli stanziamenti ai progetti, riducendo la necessità di ricorrere a prestiti bancari.
Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Esprimo il mio voto contrario in merito alla relazione del collega Kirilov sulla politica di coesione riguardante gli investimenti nell'economia reale. È indispensabile, infatti, comprendere che la politica di coesione dell'UE contribuisce in misura rilevante al piano europeo di ripresa economica e rappresenta la prima fonte di investimenti comunitari nell'economia reale, che apporta un'assistenza mirata per affrontare le esigenze prioritarie e i settori che presentano un potenziale di crescita, sia nel settore pubblico sia in quello privato. Questo, però, deve far pensare rispetto agli errori che sono stati compiuti in passato e hanno condotto a questa grave congiuntura economica. È necessaria una regolamentazione ferrea anche in questo settore, se no si rischia di ripetere ciclicamente gli stessi sbagli.