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Procedura : 2008/2692(RSP)
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Testi presentati :

B6-0104/2009

Discussioni :

PV 11/03/2009 - 12
CRE 11/03/2009 - 12

Votazioni :

PV 12/03/2009 - 7.9
CRE 12/03/2009 - 7.9
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Testi approvati :

P6_TA(2009)0133

Resoconto integrale delle discussioni
Mercoledì 11 marzo 2009 - Strasburgo Edizione GU

12. Relazione sui progressi conseguiti dalla Croazia nel 2008 - Relazione sui progressi conseguiti dalla Turchia nel 2008 - Relazione sui progressi conseguiti dall’ex Repubblica jugoslava di Macedonia nel 2008 (discussione)
Video degli interventi
Processo verbale
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  Presidente . – L’ordine del giorno reca le dichiarazioni del Consiglio e della Commissione sulle seguenti relazioni:

- relazione sui progressi conseguiti dalla Croazia nel 2008;

- relazione sui progressi conseguiti dalla Turchia nel 2008;

- relazione sui progressi conseguiti dall’ex Repubblica iugoslava di Macedonia nel 2008.

 
  
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  Alexandr Vondra, presidente in carica del Consiglio. (EN) Signor Presidente, mi consenta di aprire la discussione sulle relazioni relative ai progressi conseguiti in tre paesi: Croazia, Turchia ed ex Repubblica iugoslava di Macedonia.

Vorrei iniziare dalla Croazia. Nella relazione si afferma giustamente che la Croazia ha compiuto progressi significativi nell’ultimo anno. Dall’avvio dei negoziati sono stati aperti 22 capitoli su 35, di cui sette sono stati temporaneamente chiusi. La presidenza proseguirà i negoziati e, in particolare, sono previste due conferenze di adesione, una a livello parlamentare, che si terrà nelle prossime settimane, e una a livello ministeriale, fissata per giugno.

Nella relazione si evidenzia giustamente l’importanza di trovare una soluzione definitiva alla disputa frontaliera con la Slovenia. Vorrei assicurare al Parlamento che la presidenza continuerà a compiere tutti gli sforzi possibili per risolvere la questione e, in tale contesto, sosteniamo pienamente gli sforzi del commissario Rehn, per trovare una soluzione che ci consenta di proseguire i negoziati di adesione. Poco prima della seduta si è tenuto un pranzo per discutere approfonditamente la questione. Per quanto riguarda gli ultimi sviluppi, siamo lieti che la Croazia abbia annunciato, lunedì scorso, di accettare la mediazione proposta dal gruppo di esperti caldeggiato dal commissario Rehn. Stiamo incoraggiando sia la Slovenia sia la Croazia a lavorare in modo costruttivo per giungere in via prioritaria a una soluzione definitiva e accettabile per entrambe le parti che non sia solo una prescrizione di ulteriori ritardi.

Fatta salva questa importante questione, il conseguimento di ulteriori progressi nel più ampio contesto dei negoziati dipende soprattutto dalla Croazia, che deve completare le necessarie riforme politiche, economiche, legislative e amministrative, e adempiere gli obblighi previsti nell’accordo di stabilizzazione e di associazione. E’ poi importante dare attuazione al partenariato di adesione rivisto, per preparare le fasi successive dell’integrazione nell’Unione europea. Il Consiglio ritiene che la roadmap, indicativa e soggetta a condizioni, elaborata dalla Commissione nella relazione sui progressi conseguiti nel 2008 sia uno strumento utile, che aiuterà la Croazia a compiere i passi necessari a raggiungere la fase finale dei negoziati. Detto questo, al di là dei buoni progressi compiuti, il lavoro da svolgere è ancora lungo.

Permettetemi di citare alcuni settori in cui è necessario compiere ulteriori progressi, a partire dalla riforma giudiziaria. L’Unione europea ha spiegato chiaramente che è fondamentale creare un sistema giudiziario indipendente, imparziale, affidabile, trasparente ed efficiente; condizione essenziale per il consolidamento dello stato di diritto e l’adeguata applicazione dell’acquis comunitario. Serve poi una pubblica amministrazione professionale, affidabile, trasparente e indipendente. In questi due ambiti si è dato vita a importanti riforme legislative, ma dobbiamo vedere come funzioneranno in pratica.

Lo stesso vale per la lotta alla corruzione e alla criminalità organizzata, come evidenziato nella relazione. Sono stati rafforzati i poteri dell’Ufficio per la prevenzione della corruzione e della criminalità organizzata, nonché dei tribunali penali che si occupano di casi inerenti a questa tipologia di reati. Resta ora da garantire il conseguimento dei risultati auspicati. Per affrontare questo grave problema è fondamentale dare piena attuazione al programma anti-corruzione e al relativo piano di azione.

L’Unione ha poi sottolineato che è fondamentale la piena collaborazione con il Tribunale internazionale per i crimini nell’ex Iugoslavia, consentendo anche l’accesso alla documentazione richiesta. Stiamo seguendo con grande attenzione gli sviluppi in merito e invitiamo le autorità croate a garantire il proseguimento della massima collaborazione con il Tribunale. Siamo lieti del recente accordo sui documenti mancanti e raccomandiamo alla Croazia di rispettarlo.

Per quanto riguarda il rientro dei rifugiati, prendiamo atto del fatto che è stata avviata l’attuazione della decisione sul riconoscimento dei diritti pensionistici e che la comunità dei rimpatriati è stata informata delle nuove norme.

Per quanto riguarda l’edilizia, sono stati risolte le questioni ancora in sospeso nel 2007, ma l’obiettivo per il 2008 non è ancora stato conseguito: è necessario continuare a lavorare per garantire la sostenibilità del rimpatrio dei rifugiati e lo stesso dicasi anche per la normativa per migliorare i diritti delle minoranze.

Nella relazione si evidenzia la questione della cooperazione regionale: è necessario proseguire gli sforzi per migliorare i rapporti di buon vicinato.

Vorrei ora analizzare la situazione della Turchia. Nel 2008 i negoziati con la Turchia sono proseguiti e nel corso dell’anno sono stati aperti in tutto quattro nuovi capitoli, quasi una tradizione ormai.

Malgrado l’Unione europea abbia incoraggiato la Turchia a intensificare gli sforzi per le riforme, nel 2008 non sono stati conseguiti i risultati attesi. E’ fondamentale proseguire il lavoro sui criteri politici. Saranno necessari sforzi significativi in diversi settori, come evidenziato dal Consiglio nelle sue conclusioni dell’8 dicembre 2008 e nella relazione della Commissione sui progressi conseguiti nel 2008. Anche la vostra relazione si sofferma su questo punto.

Nel contempo, la presidenza accoglie favorevolmente i recenti passi in avanti compiuti dalla Turchia, tra i quali rientrano il programma nazionale da poco approvato per il recepimento delle normative comunitarie e la nomina del nuovo negoziatore capo. E’ importante tradurre ora questi impegni in azioni reali e tangibili.

Vorremmo cogliere l’occasione per sottolineare l’importanza strategica della Turchia. La presidenza è d’accordo con il Parlamento sul fatto che la Turchia meriti di essere elogiata per i progressi conseguiti nel settore energetico. Continuiamo a valutare le strategie future in questo settore fondamentale, in particolare dando pieno sostegno al progetto del gasdotto Nabucco.

Per quanto riguarda i progressi della Turchia verso l’adesione all’Unione, vorremmo ricordare che per garantire il generale avanzamento dei negoziati è fondamentale migliorare la situazione relativa alla libertà di espressione. Nonostante gli emendamenti all’articolo 301 del codice penale, che hanno avuto esiti positivi e sono stati accolti favorevolmente, sono infatti ancora in vigore diverse norme che potrebbero limitarla. La messa al bando di alcuni siti web, spesso di portata e durata sproporzionate, suscita ancora preoccupazione. Si rendono poi necessarie soluzioni normative adeguate per garantire che il livello di pluralismo religioso sia equiparabile agli standard europei.

E’ necessario sviluppare una strategia anti-corruzione esauriente. Siamo inoltre preoccupati dall’aumento dei casi di tortura e maltrattamento denunciati, soprattutto al di fuori dei luoghi di detenzione ufficiali. La legge sui doveri e i poteri della polizia, emendata nel 2007, deve essere attentamente monitorata, per prevenire violazioni dei diritti umani. La ratifica del protocollo alla convenzione contro la tortura è fondamentale.

Per quanto riguarda la regione sud-orientale, abbiamo accolto con favore le dichiarazioni sugli orientamenti e sui contenuti generali del progetto per l’Anatolia sud-orientale. Attendiamo ora che siano adottate misure concrete per realizzare lo sviluppo economico, sociale e culturale della regione. In tale contesto è necessario affrontare questioni da lungo tempo irrisolte, come il ritorno degli sfollati interni o la questione delle guardie dei villaggi.

Riguardo ai rapporti tra l’Unione europea e la Turchia, è evidente che la Turchia deve rispettare l’impegno di attuare appieno, senza alcuna discriminazione, il protocollo aggiuntivo. Come evidenziato nella relazione, si tratta di un problema rilevante, che dovrebbe essere risolto al più presto, poiché condiziona il ritmo dei negoziati di adesione. Le questioni riportate nella dichiarazione del 21 settembre 2005 continueranno a essere oggetto di osservazione, e ci si attende il rapido conseguimento di progressi.

Inoltre, la Turchia deve impegnarsi in modo inequivocabile per instaurare rapporti di buon vicinato e risolvere pacificamente le dispute in sospeso.

Malgrado le suddette difficoltà, si registrano progressi in una serie di settori. Sono stati avviati i lavori sul capitolo 16 sulle imposte e sul capitolo 19 relativo alla politica sociale e all’occupazione. Sebbene i negoziati si facciano man mano più complessi, la presidenza ceca si impegna a ottenere dei progressi in quei capitoli dove sia effettivamente possibile farlo. Inoltre, la presidenza sottolinea l’importanza di andare avanti sul capitolo 15 relativo all’energia, tenendo conto dell’attuale situazione nel settore energetico, che rappresenta una delle nostre priorità.

Infine, consentitemi di parlare dell’ex Repubblica iugoslava di Macedonia: è un paese dinamico, con un forte potenziale, ma che, nel contempo, si trova a dover affrontare una serie di sfide rilevanti. La relazione evidenzia in modo ammirevole entrambi gli aspetti; e il Consiglio ne condivide molti dei contenuti.

La relazione dedica particolare attenzione alla questione della data per l’avvio dei negoziati di adesione e sottolinea giustamente l’auspicio di tutte le parti affinché si trovi una rapida soluzione alla questione della denominazione del paese, accettabile per tutti.

Per quanto riguarda gli sviluppi più recenti, le elezioni anticipate del giugno 2008 si sono tenute a più riprese, a seguito di una serie di problemi significativi emersi sia durante la campagna elettorale sia il 1° giugno, data fissata per le elezioni. Organizzazioni internazionali quali l’OSCE, l’Ufficio per le istituzioni democratiche e i diritti umani e il Consiglio d’Europa hanno rilevato l’incapacità di prevenire atti di violenza nel periodo pre-elettorale, durante il quale non è stata rispettata una serie di norme internazionali fondamentali.

Di conseguenza, abbiamo ribadito al governo e a tutti gli attori politici l’importanza di affrontare tali essenziali questioni durante la campagna per le elezioni presidenziali e locali, previste tra pochi giorni. Ci è sembrato che il messaggio sia stato recepito e che si stiano compiendo importanti sforzi per prevenire qualsiasi incidente. Vedremo se tali sforzi daranno i loro frutti.

La relazione della Commissione sui progressi conseguiti nel 2008 è uno strumento utile. Abbiamo preso nota del progetto elaborato dal governo dell’ex Repubblica iugoslava di Macedonia: è un testo dettagliato che rappresenta un serio tentativo di tenere debitamente conto delle raccomandazioni della Commissione. Malgrado la situazione in cui si trova l’intera regione, il documento e il lavoro che ha condotto alla sua elaborazione dovrebbero essere valutati positivamente.

La coesione interna di questo Stato multietnico è certo fondamentale per il suo futuro sviluppo. Vorrei quindi confermare la cruciale importanza dell’accordo quadro di Ohrid, già affermata da questo Parlamento, per far uscire il paese dal conflitto e assisterlo nel percorso verso una maggiore integrazione europea.

Per quanto riguarda la liberalizzazione dei visti, stiamo valutando la questione, e non vorrei formulare giudizi prematuri sul suo esito. A titolo personale, vorrei solo esprimere la mia solidarietà per i cittadini dell’ex Iugoslavia che sperano e aspirano a tornare a viaggiare liberamente. La condizione essenziale affinché ciò avvenga resta tuttavia la prontezza del paese a soddisfare i criteri specifici previsti per il processo di liberalizzazione dei visti. Personalmente auspico che si possano presto conseguire risultati positivi al riguardo.

Questo mi porta a commentare uno degli aspetti principali della relazione e della risoluzione. La presidenza ceca è pienamente impegnata a creare una prospettiva europea per l’ex Repubblica iugoslava di Macedonia. E’ possibile conseguire ulteriori risultati in questa direzione, ma prima è necessario realizzare gli obiettivi principali del partenariato di associazione e provato il corretto andamento delle elezioni, diversamente da quanto è accaduto nel 2008. Tali aspetti saranno valutati dalla Commissione nella prossima relazione sui progressi conseguiti, che attendiamo con lo stesso interesse con cui seguiamo gli sviluppi di Skopje.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. MARTÍNEZ MARTÍNEZ
Vicepresidente

 
  
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  Olli Rehn, membro della Commissione. (EN) Signor Presidente, la discussione odierna fornisce un’eccellente opportunità per una valutazione del processo di adesione nei tre paesi candidati.

Inizio dalla Croazia. Il progetto di risoluzione dell’onorevole Swoboda elenca i principali impegni cui la Croazia deve fare fronte in questo momento. Concordo appieno con la valutazione complessivamente positiva del vice primo ministro Vondra in merito all’andamento dei negoziati per l’adesione della Croazia a partire dal loro avviamento nell’ottobre 2005, ed è per tale motivo che nel novembre 2008 la Commissione ha proposto una tabella di marcia per il raggiungimento dell’ultima fase dei negoziati per l’adesione entro la fine del 2009, a patto che la Croazia soddisfi i requisiti necessari.

Anche a tale proposito, concordo con l’analisi del relatore e del vice primo ministro Vondra in merito alle sfide per il futuro quali la riforma giudiziaria, la lotta a criminalità organizzata e corruzione, la riforma del settore cantieristico e il suo allineamento con i nostri regimi di aiuti statali e con la politica sulla competitività.

Sfortunatamente, al momento attuale i negoziati per l’adesione della Croazia attraversano una fase di stallo a causa di problematiche di carattere transfrontaliero. Abbiamo lavorato su tale argomento con la presidenza ceca e devo esprimere il mio apprezzamento per il suo sostegno ai nostri tentativi per individuare come compiere dei progressi in questo settore.

Sebbene si tratti di una problematica bilaterale, la questione è oramai diventata un problema di portata europea. Pertanto, la Commissione ha assunto l’iniziativa di offrire una facilitazione europea, nell’ipotesi che tale facilitazione risulti utile a entrambe le parti, per risolvere la controversia transfrontaliera e consentire il proseguimento dei negoziati per l’adesione della Croazia.

Tale è stato il messaggio da me recato sia a Lubiana che a Zagabria nel mese di gennaio. Da allora, a seguito della decisione dei due governi in merito alla nostra iniziativa, la Commissione sta definendo assieme ai primi ministri di entrambi i paesi le modalità di tale facilitazione. L’incontro più recente sulla questione è stato quello trilaterale di ieri sera.

Accolgo con favore l’adesione di massima di entrambi i paesi alla facilitazione europea per tramite di un gruppo di esperti di alto livello sotto la guida del presidente Ahtisaari. Nel corso dell’incontro di ieri sono state sondate le possibilità di concordare le modalità specifiche di tale facilitazione. E’ stato deciso di proseguire la discussione in un futuro prossimo. La questione è, pertanto, ancora aperta.

Desidero far notare che nel compiere tali tentativi la Commissione si è avvalsa del quadro negoziale, su cui poggia l’intera procedura di adesione della Croazia, e che è stato accettato da tale paese nonché da tutti gli Stati membri, compresa la Slovenia.

Con l’adozione e l’accettazione del quadro negoziale, sia Croazia che Slovenia hanno convenuto di risolvere qualsiasi contenzioso transfrontaliero in base al principio di ricomposizione pacifica delle controversie, in conformità con la Carta delle Nazioni Unite, in cui si afferma – e desidero citarla testualmente vista la rilevanza specifica: “Le parti di una controversia [...] devono [...] perseguirne una soluzione mediante negoziati, inchiesta, mediazione, conciliazione, arbitrato, regolamento giudiziale, ricorso ad organizzazioni od accordi regionali, od altri mezzi pacifici di loro scelta”.

Esistono due conclusioni ugualmente importanti da trarre da tale enunciato della Carta delle Nazioni Unite. Innanzi tutto, le parti sono libere di scegliere tra le diverse modalità elencate dalla Carta stessa. L’iniziativa della Commissione rientra senza dubbio alcuno tra queste.

In secondo luogo, qualunque sia il metodo indicato dalla Carta delle Nazioni Unite che si decida di adottare dovrà essere stabilito dai due paesi in questione. E’ mio auspicio che ciò avvenga senza indugi. L’iniziativa della Commissione costituisce, infatti, una base solida e fattibile per compiere progressi in tale direzione.

In breve, l’obiettivo della Commissione è, infatti, la risoluzione delle problematiche transfrontaliere e, in parallelo, la ripresa dei negoziati per l’adesione della Croazia all’Unione europea, affinché tale paese possa rispettare la tempistica prevista per la conclusione dei negoziati tecnici entro la fine del 2009.

Accolgo con favore la risoluzione sulla Turchia dell’onorevole Oomen-Ruijten, così attenta ed equilibrata, e sostengo gli sforzi della presidenza volti ad aprire i capitoli per i quali sono stati soddisfatti i requisiti tecnici. Sfortunatamente, abbiamo assistito a un certo rallentamento delle riforme politiche in Turchia negli ultimi anni. Tuttavia, e concordo con il relatore in merito, tra la fine dell’anno scorso e l’inizio di quest’anno si sono avuti alcuni sviluppi positivi, quali la nascita di una nuova emittente televisiva in lingua curda e l’istituzione di un comitato parlamentare per l’uguaglianza di genere. Inoltre, il nuovo “Programma nazionale per l’adozione dell’acquis comunitario” e la nomina di un nuovo negoziatore capo dedicato costituiscono altrettanti passi in avanti.

Trovo anche incoraggiante il fatto che, in occasione delle loro recenti visite a Bruxelles, il primo ministro Erdogan e il capo del principale partito di opposizione Deniz Baykal abbiano dato segnale del loro impegno a favore del processo di adesione della Turchia all’Unione europea. Mi auguro che tali recenti sviluppi si traducano in un solido consenso a livello politico e sociale per l’adozione, con rinnovato vigore ed entusiasmo, di riforme comunitarie.

Tutto ciò si ricollega alla libertà d’espressione, valore centrale dell’Europa. L’esistenza di rapporti improntati all’apertura e alla trasparenza tra stampa e autorità pubbliche è, infatti, essenziale per la qualità del dibattito democratico in qualunque paese. Per la Turchia tale affermazione è ancora più valida, poiché il paese attraversa un processo difficile di trasformazioni e di riforme. La Commissione segue, pertanto, molto da vicino le iniziative per la tutela di una stampa libera in Turchia. La libertà di stampa deve, infatti, essere genuinamente rispettata, poiché si tratta di un elemento fondante di qualunque società aperta e, pertanto, di una garanzia della prosecuzione della trasformazione democratica della Turchia.

Alcune parole sulla questione di Cipro. Quest’anno esiste un’opportunità unica per la riunificazione dell’isola e per porre fine a questo lungo conflitto in terra europea. In tal senso è essenziale che la Turchia sostenga in modo proattivo i negoziati attualmente in corso tra i leader delle due comunità cipriote.

Quanto all’ex Repubblica iugoslava di Macedonia, ringrazio l’onorevole Meijer e i relatori ombra per la loro equilibrata risoluzione. Condivido il loro rammarico per il fatto che, a tre anni dal conseguimento dello status di candidato, i negoziati per l’adesione non siano ancora stati avviati.

La condizione centrale residua riguarda la sua capacità di rispondere ai requisiti internazionali per lo svolgimento di elezioni regolari e trasparenti. Si tratta di un presupposto centrale per l’adempimento dei criteri politici di Copenhagen, e le elezioni presidenziali e amministrative di marzo e aprile costituiranno in tal senso un momento un momento di verità.

Condivido la valutazione positiva del progetto di risoluzione in merito ai progressi compiuti da Skopje nell’attuazione della road map verso la liberalizzazione dei visti. La Commissione conferma il proprio impegno nel presentare una proposta al Consiglio per l’abolizione dei visti nel 2009, appena ogni paese coinvolto avrà soddisfatto i requisiti. Sappiamo quanto la questione stia a cuore dei comuni cittadini dei Balcani occidentali.

In sintesi, posso dire che l’amore per stabilità e pace, libertà e democrazia ci inducono a proseguire il lavoro per un’adesione graduale e gestita dei tre paesi candidati, nonostante la difficile congiuntura economica. Confido che anche il Parlamento continuerà a sostenere tale prezioso obiettivo comune.

 
  
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  Hannes Swoboda, autore - (DE) Signor Presidente, Signor presidente in carica del Consiglio, Signor Commissario, desidero iniziare con la Croazia e soffermarmi in modo particolare su tale paese, che ha compiuto progressi in diversi settori. Sono molto grato degli sforzi compiuti in Croazia, in particolare riguardo alla riforma giudiziaria. Alcuni passi si erano resi necessari e con la nomina di due nuovi ministri sono stati avviati dei progressi. Certamente, i poteri dei ministri sono limitati, ma si sono avuti avanzamenti significativi nella lotta alla corruzione e alla criminalità transfrontaliera.

In secondo luogo, in merito alla cooperazione con il Tribunale penale internazionale, desidero dichiarare apertamente che mi attendo che la Croazia faccia tutto il necessario. Vi sono state delle controversie sulle diverse catene di comando e la relativa documentazione. Mi auguro che tali questioni saranno risolte nel prossimo futuro al fine di evitare interruzioni o ritardi nei negoziati.

Terzo, la Croazia si è anche attivata per le riforme economiche. Mi rallegro dei piani previsti in tale settore, con particolare riferimento alla cantieristica. Non è stato facile, ma sono state poste delle basi importanti. Mi rallegro, inoltre, degli accordi che raggiunti con i lavoratori del settore cantieristico. Si tratta di riforme dolorose ma necessarie che potranno essere attuate con una buona dose di buon senso.

Giungo ora alla questione principale, eternamente controversa, delle problematiche transfrontaliere. Signor Commissario, purtroppo debbo esprimere la mia delusione nel sentire il suo accenno alla questione in assenza di contatti con il Parlamento. Le ho inviato della documentazione a riguardo ma non ho ricevuto risposta. Probabilmente sarebbero stati possibili progressi maggiori se avesse affrontato la questione dando prova di maggiore sensibilità. Al fine di evitare possibili malintesi, sappia che appoggio pienamente la sua proposta di mediazione. Tuttavia, saremmo andati molto più avanti se una dichiarazione sull’importanza del diritto internazionale fosse giunta prima, piuttosto che in seguito.

Ci troviamo in una situazione difficile, ed è evidente che entrambe le parti debbono impegnarsi. La formulazione originale della sua proposta non è stata felice. Avrei preferito maggiori contatti da parte sua con il Parlamento e con il relatore, e un’azione congiunta ci avrebbe forse consentito di conseguire risultati più importanti. Sfortunatamente la situazione si è evoluta in modo diverso, ma non è questa la questione centrale per l’attuale discussione. Il problema chiave è come fare per conseguire ulteriori progressi.

Perché noi intendiamo compiere dei progressi. E’ probabile che domani la mia proposta al Parlamento sia così formulata: la mediazione da lei offerta – poiché di questo si tratta e io la sostengo pienamente – deve essere basata sul diritto internazionale, compresi i principi di equità. Entrambe le parti debbono concordare di procedere in tale direzione e sia la Croazia che la Slovenia devono riconoscere che il diritto internazionale è necessario, ma, beninteso, dovranno riconoscere altresì che i principi di equità, imparzialità e di soluzione giusta – una soluzione politica se vogliamo – sono essenziali. Entrambe le parti dovranno riconoscere ciò. Infatti, è piuttosto triste trovarci oggi in una situazione di impasse. Vista la natura degli altri problemi che affliggono il mondo intero e l’Europa in particolare, dovrebbe essere possibile una risoluzione di tali problematiche con un accordo reciproco. Nonostante la mia nota critica, tuttavia, le auguro di riuscire nei suoi sforzi di persuasione di entrambe le parti. Sfortunatamente, la discussione di ieri non è stata positiva come avremmo desiderato, ma mi auguro che ben presto la situazione evolverà in modo diverso.

Desidero fare un ultimo commento appropriato anche per la Macedonia. Anche qui esistono problemi bilaterali che, tuttavia, non dovrebbero interrompere i negoziati per l’allargamento. Quanto al nostro emendamento, spesso frainteso, naturalmente è inteso ad escludere le problematiche bilaterali dal quadro negoziale. Debbono infatti restarne fuori, poiché il quadro negoziale riguarda i negoziati tra l’Unione europea e i singoli paesi. I problemi bilaterali devono essere risolti in parallelo, se entrambe le parti – in questo caso Macedonia e Grecia – sono disposte a prendere tali questioni in considerazione. Il Parlamento deve fornire un chiaro segnale del fatto che entrambe le parti devono essere disponibili ad andare avanti. Non è possibile che una parte scenda a compromessi mentre l’altra resta ferma sulle proprie posizioni. Dobbiamo far comprendere in ogni occasione che i problemi bilaterali non devono arrestare i negoziati di adesione. Tali questioni possono essere risolte parallelamente ai negoziati e il Parlamento contribuirà a garantire che entrambe le parti compiano dei progressi rispetto alle due controversie in discussione. In tale modo auspico che si possano raggiungere traguardi positivi.

 
  
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  Ria Oomen-Ruijten, autore. - (NL) Signor Presidente, desidero aprire il mio intervento rivolgendo un sincero ringraziamento a quanti hanno dato un contributo alla relazione. Ho presentato una valutazione equa, seppur critica, dei progressi compiuti dalla Turchia nel 2008. La relazione tocca molti punti, pone la Turchia di fronte alla propria immagine e il messaggio che trasmette con chiarezza è che, per essere giunti al terzo anno di tale processo, è stato fatto troppo poco nel campo delle riforme politiche.

Le riforme politiche e l’adempimento dei criteri di Copenhagen sono priorità assolute. Non si tratta di aprire dei capitoli, la questione riguarda valori che unifica i cittadini europei: lo Stato diritto, un sistema giuridico indipendente e imparziale, la libertà stampa, la libertà di espressione, una stampa ben funzionante e diritti civili individuali per tutti i cittadini. Signor Presidente, si deve fare di più in tali ambiti. Solo allora si potranno aprire i capitoli politici.

Signor Presidente, la Turchia non dovrebbe prescrivere tali criteri politici per conto nostro. Al momento dell’inizio del proprio mandato, il governo turco ha dichiarato ai suoi cittadini che è necessario modernizzare la Turchia. Il raggiungimento di tale obiettivo richiede la riforma dei criteri politici, poiché per favorire la creazione di un’economia di mercato socialmente orientata è necessario fornire alle persone un’opportunità per mettere alla prova la loro creatività, e tutti i cittadini devono godere dei medesimi diritti. Per tale ragione, i criteri politici sono ormai centrali nella nostra relazione.

Quando ho visitato la Turchia, assieme alla commissione per gli affari esteri, la commissione parlamentare mista ed altri ancora, ho avuto la sensazione che fossero in atto dei cambiamenti e che si potesse intravedere la luce in fondo al tunnel, come commentato precedentemente dal commissario Rehn. Dieci anni fa non avrei mai potuto immaginare che sarebbe stato possibile assistere a programmi televisivi in lingua curda. Anche tali aspetti sono stati inclusi nella relazione. Inoltre, apprezzo molto il ruolo positivo svolto dalla Turchia nel contesto del Caucaso. Ho espresso il mio apprezzamento per i primi passi compiuti nella direzione di un’apertura dei confini con gli armeni, poiché anche questa popolazione deve essere aiutata a superare l’isolamento di cui attualmente soffre.

Signor Presidente, è stato approvato un programma nazionale per portare avanti tali riforme. Si tratta di elementi positivi e sinceramente auspico che la Turchia si adopererà per affrontare tali riforme con il nuovo negoziatore. Una Turchia moderna e ricca è di importanza vitale per il popolo turco, ma lo è anche – e lo dico in ogni Stato membro – per tutti noi nell’Unione europea.

Signor Presidente, desidero fare ancora pochi commenti. Riceviamo spesso informazioni che segnalano che la libertà dei mezzi di comunicazione, e della stampa in particolare, lasciano a desiderare e che quando la stampa esercita tali libertà diviene bersaglio di verifiche fiscali e di altre misure analoghe. Tutto ciò deve cambiare.

Infine, per quanto concerne gli emendamenti che sono stati presentati, desidero consigliare al Gruppo socialista al Parlamento europeo di non approvarli e di accettare la relazione nella sua versione attuale. Dobbiamo prendere atto che sono necessari dei miglioramenti, ma non dobbiamo aggiungere ulteriori richieste, poiché queste non sono necessarie e condurrebbero solo alla polarizzazione di questa assemblea.

 
  
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  Erik Meijer, autore. (NL) Signor Presidente, l’allargamento dell’Unione europea è, al momento attuale, una questione meno prioritaria in confronto al periodo antecedente le grandi ondate di ampliamento del 2004 e 2007. L’opinione pubblica degli attuali Stati membri vi è molto meno favorevole ora. In larga misura ciò è attribuibile alla disparità di ricchezza e dei livelli salariali, differenze che possono portare a maggiori flussi migratori dai paesi più poveri dell’Unione europea a quelli più ricchi.

Allo stesso modo, il problema dei requisiti per i visti, così invisi ai paesi dell’ex Iugoslavia, sono strettamente connessi a tali timori. Di conseguenza, molti residenti di tali paesi che fino al 1992 hanno avuto un accesso facilitato a quelli che sono ora diventati Stati membri dell’UE, ora incontrano difficoltà a recarvisi. Anche tutto ciò deve cambiare.

Quando i paesi candidati fanno il loro meglio per diventare membri a pieno titolo dell’Unione europea nel minor tempo possibile, è possibile che lungo il cammino si compiano degli errori. La Macedonia, ad esempio, ha approvato nel 2008 con grande celerità nuove leggi che ora si rivelano incoerenti rispetto all’interpretazione prevalente dei nostri processi decisionali democratici.

L’opposizione, assieme a diversi organismi non governativi e a singoli cittadini, ha lamentato in diverse occasioni la negligenza governativa. A loro avviso, il principale partito di governo si concede maggiori libertà di quanto non sia appropriato in una società pluralista, in cui la democrazia è molto più del semplice svolgimento di competizioni elettorali. La polizia è stata oggetto di critiche per non aver dato seguito a fatti denunciati pubblicamente. L’arresto a titolo dimostrativo del sindaco della città di Strumitsa e di altri esponenti politici ha suscitato grande indignazione.

Suggerirei di non nascondere sotto il tappeto tali punti critici quando, domani, adotteremo la risoluzione. Abbiamo validi motivi per dichiarare apertamente che non è ancora tutto in regola – tutt’altro. Nondimeno, dobbiamo riconoscere che la Macedonia non versa in una situazione peggiore di altri paesi al momento dei negoziati di adesione o anche in seguito al loro ingresso nell’Unione. Se i negoziati di adesione con la Macedonia iniziassero ora, non potrebbe comunque entrare nell’Unione europea prima del 2017.

Un anno fa il Parlamento ha sostenuto la mia proposta di far partire i negoziati al più presto. Successivamente, le turbative delle elezioni politiche sono diventate motivo per attendere le elezioni presidenziali e amministrative che si terranno a breve. Un ulteriore ritardo comporterebbe due principali svantaggi: lo sgretolamento dell’ ampio consenso interno per l’adesione all’Unione europea e il significativo indebolimento del significato attribuito allo status di paese candidato.

E’ noto che l’utilizzo del nome Macedonia senza alcun prefisso suscita obiezioni insormontabili da parte della Grecia, per la quale tale paese confinante è noto come Macedonia del Nord, Alta Macedonia, Macedonia Vardar oppure Macedonia Skopje. Si tratta comunque di una posizione decisamente più positiva di quella sostenuta prima del 2006, quando la Grecia voleva evitare l’utilizzo in qualsiasi utilizzo del nome Macedonia per i suoi vicini del nord.

L’adesione all’Unione europea nel minor tempo possibile di questo paese è proprio nell’interesse della Grecia, ancor più che di qualunque altro Stato membro. Pertanto, i due stati dovranno concordare una soluzione alla prima opportunità. L’alternativa è che entrambi continuino ad attendere che sia l’altro a fare la prima importante concessione, ma non è possibile che uno solo di questi prenda un’iniziativa così invisa all’opinione pubblica interna.

Dobbiamo evitare accuratamente la situazione in cui siano i referendum a decidere che non è possibile raggiungere un compromesso con la controparte. Fintanto che non si avrà un compromesso, nei decenni a venire, i miei successori dovranno dichiarare ogni anno che non è possibile alcun progresso.

Infine, anche l’altro contenzioso transfrontalierio, tra Slovenia e Croazia, dovrebbe trovare rapidamente uno sbocco. Nel 2011 la Croazia dovrà essere uno Stato membro a pieno titolo. Gli aiuti statali al settore cantieristico non dovrebbero costituire un ostacolo se gli altri Stati membri possono fornire aiuti pubblici ai loro istituti bancari o all’industria dell’automobile. Deve essere possibile tutelare la conservazione dei posti di lavoro a Pola, Fiume e Spalato.

 
  
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  Bernd Posselt, a nome del gruppo PPE-DE. – (DE) Signor  Presidente, nell’attuale discussione sull’allargamento dobbiamo correggere tre importanti errori. Innanzi tutto, la Turchia non è un paese europeo, ma fa parte dell’Asia minore. Come ha giustamente ricordato il presidente in carica, la Turchia è un partner strategico che pertanto richiede una partnership strategica e non l’adesione all’Unione europea.

In secondo luogo, signor Commissario, i problemi relativi alla Macedonia nulla hanno a che vedere con la supposizione che il suo sistema democratico non stia funzionando. Ero presente durante lo svolgimento delle elezioni e posso testimoniare che si è trattato di consultazioni esemplari. Si sono avute difficoltà solo con una frazione di una minoranza. In effetti, i problemi sorgono intorno all’annosa questione del nome, che viene utilizzata da entrambe le parti quale arma di ricatto.

Terzo, la Croazia è da lungo tempo pronta per l’adesione all’Unione europea. Avremmo potuto concludere facilmente i negoziati quest’anno, come richiesto a più riprese dal Parlamento europeo e come, con ogni probabilità, sarà nuovamente richiesto domani. Il mancato raggiungimento di tale traguardo è interamente dovuto all’ostruzionismo della Slovenia in seno al Consiglio. Signor presidente in carica del Consiglio, signor Commissario, mi appello a voi affinché troviate una soluzione ragionevole che ponga fine a tale atteggiamento da parte della Slovenia. La problematica transfrontaliera è rimasta immutata rispetto al momento dell’adesione slovena. Non possiamo consentire a un paese di aderire all’Unione europea nonostante una questione irrisolta e poi non consentirlo a un altro.

Pertanto, dobbiamo sostenere gli sloveni e i croati nella loro ricerca di una soluzione sensata ai problemi transfrontalieri, ma allo stesso tempo, si devono aprire tutti i capitoli negoziali. Le due questioni sono del tutto disgiunte e l’apertura dei capitoli dei negoziali è un requisito per il raggiungimento di un risultato positivo entro l’anno con un candidato all’adesione eccellente ed esemplare.

Per quanto concerne la soluzione della questione bilaterale per la quale offriamo il nostro aiuto, le chiederei signor Commissario, di operare a favore di un processo imparziale di arbitrato. Lunedì, la portavoce della Commissione ha dichiarato che ciò potrebbe avvenire secondo il diritto e la giurisprudenza internazionale. Desidero chiederle se ritiene tale formulazione adeguata per il raggiungimento di un compromesso tra le due parti.

Ad ogni, modo proporrei che la formulazione....

(Il Presidente interrompe l’oratore)

 
  
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  Jan Marinus Wiersma, a nome del gruppo PSE. (NL) Signor Presidente, desidero esprimere alcune considerazioni riguardo all’eccellente relazione sulla Turchia dell’onorevole Oomen-Ruijten. Il mio gruppo sottoscrive la principale conclusione della relazione, che dichiara che i progressi compiuti in tempi recenti sono stati insufficienti.

In effetti il 2008 è stato un anno tumultuoso per la politica turca, e tale turbolenza deve aver impedito l’adozione di alcune riforme, arrestando parzialmente il processo. Ora che tali problemi sono stati in parte risolti in Turchia, auspichiamo che, in base ai piani presentati, il governo si affretterà a fare quanto necessario per preservare la credibilità del processo di negoziazione con l’Unione europea. Mi riferisco al programma nazionale per le riforme, istituito dal governo attualmente in carica.

Inutile dirlo, il nostro gruppo continuerà a sostenere i negoziati con la Turchia e, per quanto ci riguarda, si tratta di negoziati per l’adesione all’Unione europea, anche se non dobbiamo farci delle illusioni in merito all’andamento e la possibile durata degli stessi. Non è accettabile, tuttavia, che gli impulsi giungano solo da parte turca. Anche l’Unione europea deve dimostrarsi un partner negoziale affidabile.

La Turchia è di importanza strategica per l’Unione europea, non da ultimo a causa degli approvvigionamenti energetici e tutto ciò che è in relazione con tale questione, e il Gruppo socialista al Parlamento europeo è favorevole all’apertura del capitolo energetico nel processo negoziale. Tuttavia, le basi dovranno, con il passare del tempo, essere poste principalmente dalla Turchia, e la relazione dell’onorevole Ruijten contiene diversi punti affrontati con spirito critico e che dobbiamo continuare a osservare in tale modo.

Desidero menzionare alcuni punti di tale eccellente relazione. La libertà di espressione deve essere garantita. Non possiamo ancora dichiararci soddisfatti della situazione in Turchia. Recentemente vi è stata una campagna in Internet sul genocidio armeno e il modo in cui le autorità stanno rispondendo mina la libertà di espressione in questo paese.

Un elemento di suprema importanza che desideriamo ribadire e per il quale il Parlamento non deve lasciare alcuna ombra di dubbio, è che non accetteremo l’islamizzazione della Turchia, e che alla fine potremo ammettere tale paese all’interno dell’Unione europea solo sulla base della laicità attualmente sancita dalla Costituzione.

Desidero concludere il mio intervento con un ultimo commento. Il commissario Rehn si è spresso in modo alquanto ottimistico in merito ai negoziati con Cipro. A mio parere non dovremmo fare alcunché, ma non dobbiamo neanche trascurare nulla, nel tentativo di garantire l’esito positivo dei negoziati. Dovremo, inoltre, lanciare un appello alla Turchia, affinché non compia nulla che possa ostacolare i negoziati, poiché è importante che le parti possano svolgere in libertà le negoziazioni su quale forma debbano dare al loro futuro comune. Posso solo dire che auspico che l’ottimismo del commissario Rehn sia giustificato.

 
  
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  István Szent-Iványi, a nome del gruppo ALDE.(HU) Alla fine dello scorso anno si sono avuti due importanti sviluppi nel processo di adesione della Croazia. Da un canto, il governo croato ha intrapreso azioni significative verso una riforma giudiziaria, adottando misure decisive nei confronti di criminalità organizzata e conseguendo dei risultati sul fronte della lotta alla corruzione. Dall’altro, i negoziati per l’adesione si sono interrotti a causa delle controversie transfrontaliere bilaterali con la Slovenia. Tutto ciò, onorevoli colleghi, influisce non solo sulla Croazia ma anche sulla credibilità del processo di allargamento dell’Unione europea, che così risulta minacciato. Tali ostacoli devono dunque essere rimossi al più presto. L’arresto dei negoziati con la Croazia rappresenta un segnale estremamente pericoloso del fatto che l’adesione non dipende tanto dall’adempimento dei requisiti richiesti, quanto piuttosto dalle dinamiche di una ricomposizione di controversie bilaterali, in cui la parte che si trova in una posizione di forza tenta di imporsi su quella più debole.

Accogliamo con favore la raccomandazione del commissario Rehn per una mediazione ed è incoraggiante che Slovenia e Croazia abbiano risposto positivamente. Auspichiamo che d’ora in avanti non vi saranno motivi per frenare il proseguimento dei negoziati di adesione. Continuiamo a ritenere che sarà possibile concludere i negoziati entro la fine dell’anno come inizialmente previsto. Tuttavia saranno necessari sforzi ulteriori. Ci attendiamo che la Croazia dissipi le preoccupazioni inerenti la sua collaborazione con il Tribunale penale internazionale dell’Aia, inoltrando tutta la documentazione richiesta dallo stesso. Si tratta di una questione di grande importanza. Allo stesso modo, riteniamo sia importante fornire assistenza per il rientro dei profughi, integrare la minoranza Rom e completare il programma di abolizione della segregazione, nonché impiegare in modo efficace i fondi UE, poiché abbiamo assistito a lacune significative a riguardo. Possiamo ancora riuscire a mantenere la tabella di marca originariamente prevista, ed è nostra responsabilità comune raggiungere tale traguardo. Ci attendiamo azioni costruttive da parte croata così come dall’Unione europea, poiché non si tratta semplicemente di intraprendere uno sforzo congiunto, ma è in gioco la credibilità dello stesso processo di allargamento.

 
  
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  Konrad Szymański, a nome del gruppo UEN. (PL) Signor Presidente, innanzi tutto desidero congratularmi con gli onorevoli Oomen-Ruijten, Swoboda and Meijer per le loro validissime relazioni.

Per quanto concerne la Turchia, il quadro delle nostre relazioni che traspare dal documento in questione non è ottimistico, ma corrisponde alla realtà. Sono lieto che la risoluzione ribadisca le nostre aspettative nell’ambito della libertà di culto delle comunità cristiane in Turchia, compreso il diritto all’insegnamento, alla formazione del clero e alla tutela delle loro proprietà. Come anche in altri casi, in merito a tali questioni assistiamo a ritardi sempre più frustranti da parte delle autorità turche.

Indipendentemente dal processo di adesione, la Turchia è un paese molto promettente e un partner importante per l’Europa nei settori della sicurezza e dell’energia. L’impegno del primo ministro Erdogan e del presidente Gul per il miglioramento dei rapporti con i paesi limitrofi è l’aspetto più significativo della recente politica turca. Con rammarico costatiamo che tale impegno è stato inficiato da provvedimenti avventati nei confronti di Israele. I tentativi di collegare lo sviluppo di una collaborazione strategica tra Unione europea e Turchia, una questione importante e urgente, con il processo negoziale, le cui dinamiche stanno subendo un rallentamento, sono anch’essi alquanto inquietanti. Tale è la mia interpretazione della dichiarazione turca sul progetto Nabucco. E’ necessario un approccio molto più pragmatico. La tentazione di ricorrere al ricatto è sempre cattiva consigliera.

Quanto alla Croazia, dovremmo fare tutto ciò che è in nostro potere per mantenere il passo all’interno del processo di adesione, che prevede l’ingresso della Croazia all’Unione europea nel corso del 2009. La stabilità della regione è tutt’ora molto fragile. Né le controversie transfrontaliere né quelle sulla proprietà possono diventare ulteriori condizioni per l’espansione nei Balcani. Nel nome della stabilizzazione dell’area dovremmo abbracciare nel processo di integrazione prima la Croazia, seguita da Serbia, Macedonia e Montenegro, e forse anche da Kosovo e Albania.

 
  
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  Joost Lagendijk, a nome del gruppo Verts/ALE. – (NL) Signor Presidente, onorevoli colleghi, sarò breve in merito alla relazione Oomen-Ruijten. Si tratta, infatti, di una buona relazione che fornisce un resoconto preciso dei problemi ancora irrisolti e riferisce anche dei progressi registrati, laddove ve ne sono stati. Dobbiamo darne atto alla relatrice ed esprimere il nostro encomio.

Desidero, invece, cogliere questa opportunità per passare in rassegna i cinque anni di rapporti UE/Turchia di questa legislatura. Tornando indietro a cinque anni fa, il 2004 si è rivelato un’annata estremamente felice per le riforme che hanno avvicinato significativamente la Turchia all’Unione europea. A onor del vero, appare strano e anche piuttosto triste che dal 2004 a oggi le riforme siano sensibilmente rallentate e che, di fatto, l’Unione europea sia ora molto meno propensa a concedere una possibilità alla Turchia, oltre che al fatto che all’interno di questo paese l’entusiasmo per l’adesione all’Unione europea abbia subito un ridimensionamento.

Tutte le relazioni parlamentari di questi cinque anni ribadiscono con chiarezza le priorità del Parlamento in merito alle riforme più cruciali. Innanzi tutto, quanto alla libertà di espressione e di opinione, sebbene il famigerato Articolo 301 sia stato modificato, la situazione permane insoddisfacente. E’ davvero increscioso che molti siti web, compreso YouTube, ancora non siano accessibili in Turchia, e che vi siano pressioni inaccettabili sui mezzi di comunicazione da parte del governo.

In secondo luogo, rispetto alla questione curda, nel 2007 si era sperato che, in seguito dell’ascesa del partito nazionalista curdo DTP, si sarebbe trovata una soluzione tra DTP e AKP. Sfortunatamente così non è stato.

Terzo, rispetto alle minoranze religiose, sebbene esista una legge per le organizzazioni che offre delle soluzioni per alcune minoranze, per una minoranza islamica importante quale quella degli aleviti non è ancora stata identificata una soluzione. Nonostante la lentezza dei progressi, esiste ancora una maggioranza in questo Parlamento favorevole all’adesione.

A mio avviso, il segnale lanciato dalla discussione odierna e da quelle degli ultimi cinque anni al governo turco dovrebbe essere che tale sostegno, viste le riforme inadeguate, potrà perdurare solo se nuove proposte di riforma saranno avanzate senza indugi in tutti e tre i settori.

In tal senso, condivido in parte l’ottimismo del signor commissario per il nuovo canale televisivo curdo e per le aperture tra Turchia e Armenia. La volontà riformatrice del 2004 dovrà essere ripristinata. Se ciò si verificherà sono persuaso che i nostri dibattiti e quelli in Turchia torneranno a veder trionfare l’ottimismo.

 
  
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  Adamos Adamou, a nome del gruppo GUE/NGL. – (EL) Signor Presidente, Signor Commissario, la relazione sui progressi realizzati sulla Turchia e la sua valutazione a dicembre investono l’adempimento da parte di tale paese dei criteri di Copenhagen e gli obblighi derivanti dall’Accordo di Associazione e dal Protocollo Aggiuntivo all’accordo con Ankara.

L’obiettivo di una completa integrazione, importante sia per la Turchia che per l’Unione europea, è ancora la principale forza che anima una serie di riforme e cambiamenti delle politiche turche volte a garantire i diritti delle minoranze, individuare una soluzione politica alla questione curda, riconoscere il genocidio armeno e aprire i confini con l’Armenia.

La Turchia deve adempiere ai propri obblighi contrattuali nei confronti dell’Unione Europea, come hanno fatto altri paesi candidati in passato. Invece, questo paese non ha saputo rispettare i suoi vincoli contrattuali nei confronti dell’Unione europea per quanto concerne la Repubblica di Cipro. Si è rifiutata di aprire i propri porti e aeroporti a navi e velivoli di tale Repubblica e di togliere il veto alla partecipazione di Cipro a organizzazioni internazionali. Inoltre, nel tentativo di ritagliarsi una funzione normalizzatrice, continua a violare le leggi internazionali occupando il territorio dell’isola.

Oggi ci troviamo al centro dei negoziati per la soluzione della questione di Cipro mediante l’istituzione di una federazione di due zone geografiche abitate da due comunità distinte ma che godono degli stessi diritti politici, così com’è stato proposto nelle risoluzioni ONU in base al diritto internazionale ed europeo. L’Unione europea deve, pertanto, mantenere le proprie posizioni iniziali ed esercitare delle pressioni per fare sì che la Turchia compia progressi sostanziali con i negoziati, ponga fine all’occupazione e fornisca chiarimenti su quale sia stato il destino delle persone scomparse. Tali questioni sono state nuovamente riproposte all’interno di alcuni emendamenti, sebbene vi sia un’altra risoluzione sulle persone scomparse, a seguito delle recenti dichiarazioni del soldato turco Olgkats a proposito dei 10 prigionieri greco ciprioti giustiziati nel 1974 che, infatti, non sono più stati ritrovati. Si tratta di una questione eminentemente umanitaria il cui valore rimane importante indipendentemente da quanto se ne parli in quest’aula.

Per quanto concerne il capitolo energetico, questo non può essere aperto se la Turchia non cessa di impedire a Cipro di esercitare i propri diritti sovrani nella propria zona economica esclusiva. Vedo nella sua relazione, signor Commissario, che la Commissione è preoccupata dalle azioni vessatorie delle imbarcazioni impegnate nella ricerca di idrocarburi nel territorio esclusivo di Cipro ad opera di navi militari turche e che nelle sue conclusioni dell’8 dicembre 2008, il Consiglio raccomanda di evitare qualsiasi forma di minaccia, fonte di attriti o azioni che possano nuocere i rapporti di buon vicinato e la soluzione pacifica delle controversie.

Sarebbe molto utile, Signor Commissario, se potesse incalzare la Turchia affinché riprenda la retta via in base a quanto indicato nelle sue stesse dichiarazioni. Abbiamo presentato un emendamento a tale proposito, i cui contenuti, signor Commissario, sono perfettamente in linea con le sue parole e, pertanto, con le dichiarazioni della Commissione europea.

 
  
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  Bastiaan Belder, a nome del gruppo IND/DEM. (NL) Signor Presidente, al paragrafo 17, la relatrice onorevole Oomen-Ruijten invita l’intera società turca a esercitare massicciamente la libertà di culto e sostengo con vigore tale appello, poiché concerne uno dei criteri di adesione più cruciali per la Turchia e per l’Unione europea.

Tuttavia, nel frattempo, il sistema d’istruzione e i media in Turchia fanno a gara per diffondere un stereotipo caricaturale dei cristiani autoctoni, ovvero le popolazioni cristiane della Turchia, quali nemici della nazione e complici dell’occidente, il cui obiettivo è colonizzare nuovamente la patria e spartirsela. Signor Commissario, è sua intenzione chiedere al governo turco, responsabile di tutto ciò, di rendere conto di tale ostacolo sul cammino dell’adesione?

Inoltre, signor Commissario, tutti i documenti di identità turchi recano l’indicazione dell’appartenenza religiosa dei cittadini, causa questa di diverse forme di discriminazione sociale nei confronti dei turchi cristiani. Tale stato di fatto giustifica, Signor Commissario, una richiesta forte alla controparte turca di rimozione immediata di tali informazioni dai documenti di identità.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, se il progresso della Croazia appare soddisfacente quanto ad adozione dei testi legislativi per la lotta alle discriminazioni, ritengo che prima di apprezzare quanto la risoluzione enuncia, si debba riscontrare l'attuazione delle leggi. Ad esempio, circa l'accesso alla proprietà immobiliare, in particolare per quanto riguarda proprio le opportunità di investimento italiano, a me non risultano particolari progressi de facto. Non approvo la risoluzione perché, nonostante palesi l'insufficienza dei progressi compiuti e l'incoerenza all'acquis comunitario, si compiace di un'adesione che vuole si realizzi, a mio avviso, troppo presto. Restituiscano intanto quello che hanno fregato ai nostri profughi istriano-dalmati dal '47 in poi e poi, solo poi, ne parliamo della loro adesione.

 
  
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  Anna Ibrisagic (PPE-DE).(SV) Signor Presidente, la risoluzione sull’ex Repubblica iugoslava di Macedonia è, a mio avviso, un testo equilibrato e desidero ringraziare l’onorevole Meijer per aver incentrato il suo lavoro sia sulle riforme che sugli obiettivi che sono stati raggiunti, nonché sulle questioni che richiedono ulteriore impegno. Sono particolarmente lieta della chiara indicazione contenuta nel testo del fatto che la situazione attuale, dopo tre anni di attesa dell’inizio dei negoziati, è preoccupante e inaccettabile. E’ assolutamente evidente che l’ex Repubblica iugoslava di Macedonia è uno stato europeo, il cui posto è all’interno dell’Unione europea.

Nelle discussioni su tale questione in quest’aula, di solito evito di fare riferimento alla controversia tra Grecia ed ex Repubblica iugoslava di Macedonia. Ritengo che vi siano diverse altre questioni che richiedono una discussione approfondita e che invece non vengono mai toccate per il fatto che dedichiamo una quantità di tempo spropositato alla problematica del nome. Tuttavia, oggi, dopo aver preso visione di un certo numero di emendamenti, sento il bisogno di sottolineare con forza che è inaccettabile strumentalizzare qualunque tipo di controversia bilaterale per rendere più arduo per un paese procedere più rapidamente verso l’integrazione europea o per negare l’accesso di un paese alle istituzioni internazionali.

Diversi paesi hanno avuto, e continuano ad avere, conflitti bilaterali in sospeso e ne auspichiamo la rapida ricomposizione in un modo accettabile per entrambe le parti; nel frattempo queste non devono, a mio parere, arrestare il processo di integrazione europea per l’una o per l’altra, in particolare quando i paesi in questione si trovano in una posizione delicata, sia dal punto di vista geografico che politico.

 
  
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  Józef Pinior (PSE).(PL) Singor Presidente, questo è il terzo anno consecutivo in cui svolgo il ruolo di relatore a nome del Gruppo socialista al Parlamento europeo per le relazioni sui progressi realizzati dell’ex Repubblica iugoslava di Macedonia. Devo dire che la situazione della Macedonia evoca la scena di un’antica tragedia greca. Se da un canto si proclama la buona volontà di tutte le parti in causa, dall’altra non si ottiene nulla di più. Tre anni fa, ero convinto che alla fine dell’attuale legislatura avremmo potuto parlare del successo dei negoziati per l’adesione all’Unione europea della Macedonia. Tutto ciò non si è verificato. Il problema principale riguarda il nome di tale paese. Indipendentemente dal fatto che si tratti di una controversia bilaterale che non ha nulla a che vedere con i criteri di Copenhagen, si verificano delle ripercussioni nella situazione politica dei negoziati per l’adesione della Macedonia. La Grecia è ben disposta, lo è anche la stessa Macedonia, ma da diversi anni non è possibile raggiungere un accordo sulla questione. Nelle vesti di relatore a nome Gruppo socialista del Parlamento europeo per questa relazione, posso solo esprimere l’auspicio che la questione troverà una soluzione nell’interesse dell’Unione europea, della Macedonia e della Grecia.

Esiste chiaramente un problema di stabilizzazione delle istituzioni politiche in Macedonia. Si può scorgere con chiarezza la volontà della società, delle autorità e dei gruppi politici di questo paese, che sta muovendosi nella direzione di rapporti più serrati con l’Unione europea. Il Consiglio dovrebbe decidere di avviare i negoziati per l’adesione entro la fine del 2009, ma ciò dovrà dipendere dalla completa attuazione di importanti priorità definite in accordi precedenti. In tal senso, le prossime elezioni presidenziali e amministrative della Macedonia saranno molto importanti, elezioni che il Parlamento europeo intende seguire molto da vicino.

 
  
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  Charles Tannock (PPE-DE). – Signor Presidente, grazie del chiarimento. La Grecia è entrata nell’Unione europea nel 1981 e l’adesione ha recato molti benefici a tale paese, cui sono molto affezionato. Quasi trent’anni dopo, la Macedonia, naturalmente, desidera anch’essa aderire all’UE e condividere i medesimi benefici. Sarebbe pertanto giusto che la Grecia, paese balcanico confinante, facesse sentire la propria solidarietà, adoperandosi per assistere un piccolo paese come la Macedonia a realizzare le sue aspirazioni.

Invece, a causa di una sua provincia chiamata Macedonia, la Grecia obietta all’utilizzo del nome “Repubblica di Macedonia”, insistendo per il nome “ex Repubblica iugoslava di Macedonia”, nota a livello internazionale con la sigla FYROM. In nome della coerenza, perché la Grecia non insiste per l’utilizzo del nome ufficiale “ex Repubblica sovietica dell’Estonia” quale nome ufficiale dell’Estonia?

Mi rammarico, dunque, del fatto che la Grecia ora stia valutando l’ipotesi di utilizzare il proprio veto nei confronti dell’adesione della Macedonia a causa di tale questione. Temo che in questo modo la Grecia si esponga al ridicolo ed esorto il governo di Atene a essere più flessibile. In questo Parlamento e nella mia circoscrizione sono noto quale filo ellenico e amico dei parlamentari greci e ciprioti, ma sono anche membro del neonato gruppo informale del Parlamento europeo Amici della Macedonia. Dobbiamo risolvere tale questione rapidamente e razionalmente. Chiedo, inoltre, al Parlamento di inviare una delegazione parlamentare quale osservatrice delle imminenti elezioni presidenziali in Macedonia, per contribuire a legittimarne i risultati.

Per quanto concerne l’imminente adesione della Croazia all’Unione europea, è increscioso che sia ancora irrisolta la controversia transfrontaliera con la Slovenia. Come nel caso della Grecia con la Macedonia, anche queste problematiche devono essere risolte a livello bilaterale, piuttosto che trascinarle all’interno del processo di adesione all’Unione europea.

La Slovenia è entrata nell’Unione europea in presenza di questioni irrisolte con l’Italia, paese che non ha voluto intralciare il suo processo di adesione, e non vedo per quale motivo la Croazia dovrebbe ora subire un trattamento diverso. Allo stesso modo, in futuro, non potrei approvare un veto Croato all’adesione della Serbia a causa di controversie territoriali.

Una questione più vicina agli interessi dei miei elettori, attualmente alquanto provati dai successivi allargamenti, è data dalle preoccupazioni sollevate dalle dimensioni dei problemi di criminalità organizzata e corruzione in Croazia, il cui sradicamento deve diventare una vera e propria priorità nazionale per il governo.

 
  
  

PRESIDENZA DELLA ON. ROURE
Vicepresidente

 
  
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  Alexander Graf Lambsdorff (ALDE).(DE) Signora Presidente, mi consenta di chiarire innanzi tutto che parlo della Turchia a nome del mio gruppo e non a titolo personale. Gli sviluppi in Turchia destano preoccupazioni presso i liberali e i democratici. In tre anni si sono avuti non solo troppo pochi progressi nelle riforme, ma anche delle battute d’arresto. Come ha giustamente dichiarato il commissario Rehn in questa sede, la libertà di stampa costituisce un valore imprescindibile per l’Unione europea. Un paese che desideri aderire all’Unione europea deve senza ombra di dubbio rispettare la libertà di stampa.

La situazione, invece, è ben diversa. I giornalisti che assumono posizioni critiche incontrano difficoltà nell’ottenere le credenziali. Il nuovo proprietario del canale ATV deve ancora rispondere a diversi interrogativi, alti funzionari invocano il boicottaggio di taluni mezzi di comunicazione e il gruppo Dohan è stato colpito da una penale fiscale arbitraria da 400 milioni di EUR. Tale provvedimento arbitrario ci conduce alla questione dello stato di diritto, caro ai liberali tanto quanto la libertà di stampa. Lo stato di diritto deve essere garantito. Le segnalazioni di casi sempre più frequenti di torture e maltrattamenti di chi ha subito un arresto da parte della polizia sono estremamente preoccupanti a nostro avviso, particolarmente quando avvengono al di fuori da prigioni ufficiali e stazioni di polizia, sebbene, naturalmente, ci sia da preoccuparsi anche quando si registrano al loro interno.

Provvedimenti simbolici o semplicemente pragmatici, come la sottoscrizione di un nuovo programma, oppure la nomina di un nuovo negoziatore capo sono benvenuti se li analizziamo da una prospettiva squisitamente pratica. Tuttavia, da soli non sono sufficienti a imprimere un impulso rinnovato alle riforme. Secondo i liberali e i democratici, la Turchia deve riformare l’economia, la società, la politica e la costituzione, indipendentemente dal processo di adesione, nel proprio interesse e nell’interesse del popolo turco.

Desidero fare anche un’altra dichiarazione in merito alla discussione odierna, se mi è consentito. Mi ricorda il carosello di un lunapark, in cui si susseguono il cavallo turco, quello croato e infine quello macedone. A mio parere dovremmo al più presto ripensare l’impianto della nostra discussione. Inoltre, sarei molto lieto se potessimo svolgerla a Bruxelles piuttosto che a Strasburgo.

 
  
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  Mario Borghezio (UEN). – Signora Presidente, onorevoli colleghi, la questione "Croazia", beh è un dovere da parte di chi parla a nome del popolo italiano che lo ha eletto, ricordare la giusta rivendicazione: più di 60 anni sono passati da quella rapina storica dei beni dei nostri istriano-dalmati. La Croazia ha il dovere morale e il Presidente della Commissione Barroso ha un dossier su questa questione così delicata e dannosa, che va sottolineata. È una questione morale, prima che ancora politica, la restituzione dei beni a chi ne ha diritto: Sono 1.411 beni liberi.

Turchia: ma come si può pensare di fare aderire in tutta tranquillità un Paese che oggi pone il veto islamico, persino in ambito NATO, alla nomina di un Segretario generale solo perché rappresenta un Paese, la Danimarca, nel quale c'è stata la questione delle vignette. C'è l'altolà islamico della Turchia, Paese islamico, alla nomina di Segretario generale dell'Alleanza atlantica di un Primo Ministro, solo perché primo ministro di un Paese che ha avuto la vicenda delle vignette islamiche – un Paese liberale nel quale ovviamente, a differenza della Turchia, si possono pubblicare delle vignette ironiche anche su Maometto. In Turchia c'è una legge – e il commissario dovrebbe conoscerla – che proibisce l'edificazione di qualunque tempio non musulmano in una via in cui ci sia una moschea: cioè se c'è la moschea in quella via, non può esserci nessun altro edificio religioso. La nostra relatrice, che mi pare portasse un bellissimo paio di pantaloni, con quel vestito, con i pantaloni, non potrebbe entrare ancora oggi nel parlamento turco. Questo dimostra che siamo ancora molto indietro. La Turchia è Asia, non è Europa.

 
  
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  Angelika Beer (Verts/ALE).(DE) Signora Presidente, onorevoli colleghi, desidero porgere il benvenuto al vice primo ministro della Macedonia, oggi presente a nome del Gruppo Verde/alleanza libera Europa.

In secondo luogo, ringrazio il presidente in carica del Consiglio ceco, il primo ministro Topolánek, per la sua dichiarazione, quando ieri ha fatto notare innanzi tutto che la controversia tra Macedonia e Grecia sulla questione del nome è una questione bilaterale che non deve avere ripercussioni sui negoziati e che, in secondo luogo, ha sostenuto l’adesione più rapida possibile della Macedonia alla NATO, chiedendo alla Grecia di ritirare il proprio veto – entrambe questioni di grande importanza.

Talvolta siamo colpevoli di una certa arroganza quando discutiamo dei paesi candidati, e per tale ragione desidero sollevare la questione della responsabilità personale, poiché qui si discute di prospettive e di obiettivi non conseguiti, mentre invece vi sono al nostro interno delle forze politiche importanti, quali i conservatori in Germania, che desiderano far entrare la Croazia per poi negare l’adesione ad altri paesi.

Se questa dovesse diventare l’opinione prevalente nell’Unione europea durante la prossima legislatura, il piano di pace ampiamente finanziato e istituito al termine della guerra dei Balcani verrebbe vanificato. Perderemmo la nostra credibilità e quella dell’Europa sarebbe compromessa. Chiedo a ciascuno di voi di opporsi a un tale sviluppo.

Tra Croazia e Slovenia presumiamo che, vista l’assenza di doppi pesi e veti, le cose procedano nella giusta direzione, che le controversie transfrontaliere possano essere accantonate e che i negoziati con la Macedonia possano iniziare al più presto.

 
  
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  Gerard Batten (IND/DEM).(EN) Signora Presidente, se la Turchia entra nell’Unione europea si troverà a essere lo Stato membro più povero ed economicamente arretrato dell’Unione, con una popolazione di oltre 72 milioni di persone. Centinai di migliaia di cittadini, se non addirittura milioni, emigreranno verso paesi come il Regno Unito.

L’Unione europea sarà confinante con paesi quali Siria, Iraq e Iran, con un potenziale immenso di conflitti e contrapposizioni.

Tuttavia, sono soprattutto i greci ciprioti quelli che dovrebbero preoccuparsi dell’adesione della Turchia: se infatti dovesse entrare nell’Unione europea, i turchi potranno circolare liberamente nell’Unione. Migliaia di turchi potranno dunque andare nel sud di Cipro in piena legalità e occupare di fatto la zona se lo desiderano.

Nelle elezioni europee del 4 di giugno, gli elettori di origine greca di Londra dovranno ricordare che i conservatori, i laburisti, i liberaldemocratici e i verdi hanno tutti sostenuto con entusiasmo l’ingresso della Turchia. L’unico partito del Regno Unito ad essersi opposto alla sua adesione è il Partito indipendentista.

 
  
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  Philip Claeys (NI). (NL) Signora Presidente, se non altro, i negoziati con la Turchia hanno contribuito a perfezionare l’arte dell’eufemismo da parte della Commissione e del Consiglio. Il modo in cui i problemi della Turchia vengono minimizzati è ormai davvero notevole. La questione è persino diventata in alcune occasioni oggetto di ironia in Turchia.

L’elenco delle problematiche è talmente ampio ci si stupisce di come sia possibile che i negoziati siano ancora in corso. La Commissione, infatti, aveva promesso che il processo negoziale avrebbe tenuto il passo con il processo di riforme in Turchia, promessa ora infranta dato che si aprono continuamente nuovi capitoli.

Il bilancio di più di tre anni di negoziati è davvero esecrabile. Dobbiamo interrompere il processo negoziale. La Turchia non è un paese europeo e il suo posto, pertanto, non è dentro l’Unione europea. Adoperiamoci piuttosto per un rapporto di partnership privilegiata con questo paese.

 
  
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  Doris Pack (PPE-DE).(DE) Signora Presidente, signor presidente in carica del Consiglio, Signor Commissario, a seguito dell’adesione di Romania e Bulgaria, la Croazia è il primo paese per la cui l’adesione all’Unione europea ha comportato degli standard talmente elevati che i progressi e i traguardi raggiunti dalla Croazia sono particolarmente degni di lode. Le rimanenti riforme del sistema giudiziario vengono ora affrontate. La completa collaborazione con il Tribunale penale internazionale dell’Aia, nuovamente invocata, è stata impostata in modo adeguato.

Nel caso della Slovenia, vi è una questione di controversie transfrontaliere bilaterali. Signor Commissario, improvvisamente lei ha parlato di “controversie transfrontaliere europee”. Prima del 2004 non si trattava di controversie transfrontaliere europee, bensì di controversie transfrontaliere che non venivano riconosciute. E nessuno si rivolgeva alle Nazioni Unite per dirimere la controversia, cosa che, invece, ora è stata fatta. I negoziati di adesione tra Croazia e Unione europea potrebbero concludersi entro la fine dell’anno se solo la Slovenia non impedisse l’apertura dei necessari capitoli negoziali sulle basi di tali controversie transfrontaliere bilaterali che, a suo tempo, non impedirono alla Slovenia di fare il suo ingresso nell’Unione europea.

Anche la Macedonia, altro paese candidato, ha compiuto dei progressi enormi. Se le elezioni che si svolgeranno a fine marzo rispetteranno gli standard internazionali, l’Unione europea dovrebbe finalmente individuare una data per l’apertura dei negoziati di adesione. La controversia bilaterale relativa al nome tra Macedonia e Grecia non deve indurre la Grecia a opporre il proprio veto.

Resta solo l’auspicio che i due Stati membri in questione, Grecia e Slovenia, rammentino la loro situazione prima dell’adesione all’Unione europea e traggano la conclusione che devono avere un atteggiamento corretto ed europeo nei confronti di questi paesi confinanti.

Se, con l’aiuto dei loro vicini, Croazia e Macedonia raggiungeranno quest’anno gli obiettivi che ho descritto, si invierà un segnale positivo al resto dei Balcani occidentali del fatto che l’Unione europea faceva sul serio quando a Salonicco ha promesso l’adesione di tutti gli Stati dei Balcani occidentali, promessa che i conservatori tedeschi ritengono valida, onorevole Beer.

 
  
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  Libor Rouček (PSE). (CS) Desidero fare alcune osservazioni. Innanzi tutto, è positivo che questa discussione sull’espansione dell’Unione europea abbia luogo, poiché anche in un momento di profonda crisi economica è importante che l’Europa non perda di vista una delle sue priorità di maggiore successo, vale a dire l’ulteriore allargamento della stessa. La nostra attenzione deve continuare a focalizzarsi su tale priorità. In secondo luogo, per quanto concerne la Croazia, credo fermamente che i negoziati di adesione possano essere completati entro l’anno. Pertanto, desidero invitare il Consiglio ad agire ora, istituendo il gruppo di lavoro tecnico che avrà il compito di redigere il trattato di adesione. Per quanto concerne l’ex Repubblica iugoslava di Macedonia, è poco opportuno e alquanto demoralizzante che i negoziati di adesione non siano ancora stati avviati a Skopje, nonostante siano trascorsi tre anni da quando la Macedonia ha ottenuto lo status di paese candidato. Desidero pertanto chiedere al Consiglio di velocizzare il processo. Per quanto concerne la Turchia, concordo che le riforme politiche debbano essere accelerate prima dell’apertura dei cosiddetti capitoli politici. Tuttavia, non comprendo perché non sia possibile negoziare con la Turchia, ad esempio, il capitolo “energia”, di importanza vitale sia per l’Unione europea che per la Turchia.

 
  
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  Jelko Kacin (ALDE).(SL) Noi del Gruppo dell’alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa sosteniamo la relazione dell’onorevole Meier. L’ex Repubblica iugoslava di Macedonia (FYROM) merita opportunità e prospettive future migliori. Necessita, tuttavia, anche di una briciola di rispetto a livello internazionale, compreso il diritto alla propria identità e al riconoscimento della propria lingua e cultura.

La questione del nome del paese si sta trascinando da troppo tempo, e da molto il clima nel paese sta deteriorando. Il populismo e il nazionalismo si stanno diffondendo, si assiste al trinceramento delle posizioni politiche e si rivolgono attacchi verbali nei confronti dei paesi confinanti. Dare agli impianti di infrastrutture il nome di personaggi della storia greca che precedettero l’arrivo degli slavi non incoraggia i rapporti di buon vicinato. Non è necessario costruire altri monumenti altri dieci metri.

Se vogliamo prevenire l’instabilità, dobbiamo aiutare lo Stato, i politici e il popolo dell’ex Repubblica iugoslava a forzare il blocco. L’abolizione dei visti non è sufficiente. Questo paese ha bisogno della data di inizio dei negoziati. Si merita la possibilità di dimostrare i propri meriti nel corso del processo di adesione. Dobbiamo sostenerli ora e dimostrare che ci fidiamo di loro. In tal modo contribuiremo alla stabilità della regione e a orientare gli eventi in una direzione positiva. L’ex Repubblica iugoslava di Macedonia necessita di una risposta favorevole ora, poiché il tempo è un fattore essenziale. Possiamo davvero dire che il tempo è denaro.

Consentitemi di dire anche alcune parole sulla Croazia. Signor Commissario, i due ex primi ministri, Drnovšek e Račan, rispettivamente di Slovenia e Croazia, hanno raggiunto un traguardo ragguardevole con l’accordo sul confine. Sfortunatamente essi non sono più con noi, ma hanno avuto il coraggio di andare avanti, di investire nel futuro e di raggiungere un qualche risultato. Ritengo giusto che richiediate a entrambi i governi di seguire le loro orme e di trovare nuovamente al più presto un accordo relativamente ai confini. Sarebbe un risultato positivo per Slovenia, Croazia, Unione europea e Balcani occidentali.

 
  
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  Bogusław Rogalski (UEN).(PL) Signora Presidente, i negoziati con la Turchia per l’adesione all’Unione europea sono ancora in corso, anche se avrebbero dovuto concludersi da tempo. Il governo turco non ha presentato un programma di riforme politiche coeso ed esauriente. La Turchia non ha ripreso i lavori di stesura di una nuova costituzione laica, in cui la tutela dei diritti umani e delle libertà fondamentali, che il governo si era impegnato a garantire, sarebbero elementi fondamentali.

Permangono casi di discriminazione nei confronti di minoranze etniche e religiose. La Turchia non si è attivata nemmeno per il consolidamento dell’imparzialità delle sue istituzioni giudiziarie. La libertà di espressione e di stampa non sono ancora tutelate in Turchia, al contrario, vengono apertamente violate in questo paese. La violenza all’interno delle famiglie e i matrimoni combinati sono ancora diffusi.

E’ evidente che l’opposizione turca alla collaborazione tra Unione europea e NATO lede gli interessi della Comunità. Inoltre, la Turchia non riconosce l’indipendenza di uno Stato membro dell’Unione europea, vale a dire Cipro. E’ un fatto scandaloso. La Turchia è un paese antidemocratico che viola i diritti umani, fondato su un sistema di valori che ci è estraneo. E’ molto meglio per l’Unione europea che la Turchia non ne faccia parte.

 
  
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  Sepp Kusstatscher (Verts/ALE).(DE) Grazie Signora Presidente. L’ampia discussione odierna mi induce a voler enfatizzare un problema specifico: la questione del multilinguismo in Macedonia.

Di recente si sono avuti episodi di conflittualità nelle scuole a Struga, tra genitori di lingua albanese e genitori di lingua macedone. In risposta alle pressioni nazionaliste dei genitori, le autorità scolastiche hanno suddiviso le attività didattiche per gruppi etnici, compiendo così un passo nella direzione sbagliata. L’apprendimento delle lingue non viene stimolato isolando i vari gruppi linguistici, bensì fornendo opportunità informali di scambi con persone che parlano lingue diverse nelle scuole, sul lavoro e nel tempo libero. L’insegnamento della lingua inglese, obbligatorio da un anno in tutto il paese , è naturalmente un fattore positivo, ma non deve costituire un pretesto per non far apprendere l’albanese ai macedoni e il macedone agli albanesi. Nelle aree caratterizzate dal multilinguismo le istituzioni scolastiche hanno un compito molto particolare: insegnare ai bambini la loro lingua madre unitamente alla lingua dei loro vicini.

Uniti nella diversità è il motto dell’Unione europea e dovrebbe valere anche per i macedoni.

 
  
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  Hanne Dahl (IND/DEM).(DA) Signora Presidente, credo che la Turchia debba essere membro dell’Unione europea. Le critiche nei confronti di tale paese sono in molti casi giustificate, ma dobbiamo porre fine ai pretesti e alla tendenza a stare fermi ad osservare, predisponendo un piano serio per l’adesione della Turchia all’Unione europea. Ci vorrà del tempo, ma il paese deve entrare nell’UE e ciò va detto in modo inequivocabile e vincolante. Invece di una pseudodiscussione sulla democrazia in Turchia, abbiamo bisogno di un dibattito serio e aperto sul ruolo che la religione può e deve avere all’interno del dibattito sociale. Dobbiamo istituire una forma di cooperazione europea in grado di affrontare la sfida di un’Europa multiconfessionale. Dobbiamo, dunque muoverci in tale direzione senza perdere di vista i valori centrali e l’inviolabilità della persona che derivano dai valori europei fondati sul melting pot della cultura ebraica, cristiana ed ellenistica nei secoli prima e dopo Cristo.

 
  
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  Carl Lang (NI).(FR) Signora Presidente, ho a disposizione un minuto per dirle che, nonostante la determinazione e la cecità delle istituzioni europee, deve essere chiaro a tutti che è ormai giunta l’ora di porre fine al processo di adesione della Turchia.

I negoziati si sono impantanati, e sono caratterizzati dalla mancata comprensione reciproca e da uno stato permanente di ambiguità, il che danneggia tanto l’Unione europea quanto la Turchia. Dobbiamo porre fine a ipocrisia e finzione.

Dobbiamo tenere a mente un dato di fatto del tutto evidente. La Turchia è un paese dell’Asia Minore e non è un paese europeo, né sotto il profilo geografico né sotto quello culturale. Da un punto di vista militare la Turchia occupa ancora parte di uno Stato membro dell’Unione e, allo stato attuale, sono stati aperti dieci capitoli negoziali su trentacinque, di cui solo uno è stato chiuso. E’ ora di restituire a tutti la libertà, l’indipendenza e la sovranità nazionale, a cominciare da Cipro.

Il popolo europeo non vuole la Turchia in Europa. Dobbiamo rispettare la volontà della nostra gente e dimostrare rispetto per l’Europa!

 
  
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  Pál Schmitt (PPE-DE). (HU) Nelle vesti di presidente della commissione parlamentare mista UE-Croazia, desidero attirare la vostra attenzione su di uno sviluppo estremamente significativo. Lunedì scorso, il primo ministro croato, il Presidente e ciascun partito dell’opposizione parlamentare, hanno accettato una mediazione europea sulle basi del diritto internazionale per la ricomposizione della controversia transfrontaliera tra Croazia e Slovenia. Ritengo sia un fatto senza precedenti nella storia dell’Unione europea che uno Stato membro paralizzi l’allargamento dell’Unione e impedisca l’apertura di dodici capitoli negoziali, mentre nel 2001, quando lo stesso paese discuteva la propria adesione, aveva dichiarato di non avere controversie transfrontaliere in sospeso con i paesi confinanti.

Dall’inizio dei negoziati di adesione nel 2005, numerosi obiettivi sono stati raggiunti nella riforma del sistema giudiziario e della pubblica amministrazione, in materia di provvedimenti contro la corruzione, diritti delle minoranze, rientro dei profughi e cooperazione regionale. Nel caso della Croazia siamo giunti per la prima volta al conseguimento di una serie di traguardi. Circa un centinaio di questi sono stati effettivamente raggiunti. Grazie a tale straordinario impegno, il popolo croato si attende ora un messaggio positivo dall’Unione europea. Questo popolo sensibile e insicuro ha subito una forte delusione allorquando un paese confinante e amico ha unilateralmente arrestato il proseguimento dei negoziati di adesione. Solo l’integrazione europea consentirà un’ambita stabilizzazione di lungo periodo nei Balcani. L’Unione europea commette un errore se consente alla Slovenia di ostacolare i negoziati a causa delle sue controversie bilaterali, nonostante la Croazia abbia fatto tutto il possibile per la difesa dei valori fondamentali europei e per l’adozione dell’acquis comunitario. Faccio notare, Signora Presidente, che è alquanto increscioso – e forse anche coloro che ascoltano lo condividono – che stiamo affrontando contemporaneamente le sorti di tre paesi di grande rilevanza storica e importanza come se fossero tutti uguali. Forse sarebbe stato opportuno discuterne l’adesione in momenti indipendenti.

 
  
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  Emine Bozkurt (PSE). (NL) Signora Presidente, desidero riprendere una questione già citata dall’onorevole Oomen-Ruijten, vale a dire i criteri politici. Nel contesto del processo negoziale della Turchia, i diritti civili erano collocati in modo molto chiaro nell’agenda e ciò è stato ribadito anche nella relazione.

Un certo numero di miglioramenti sono stati conseguiti: la televisione curda, ma anche l’istituzione di una commissione per le donne all’interno del Parlamento turco, presso il quale chi parla ha lavorato alacremente in anni recenti in qualità di relatrice sui diritti delle donne in Turchia. Sono, queste, riforme importanti.

Un altro evidente miglioramento è dato dall’aumento del numero di centri di accoglienza per le donne vittime di maltrattamenti. Ma dobbiamo interrogarci su cosa accade alle donne quando lasciano tali centri. Chi si prende cura di loro e della loro prole? La Turchia dovrebbe affrontare la questione. A seguito delle elezioni amministrative di fine mese dovrebbe anche aumentare la rappresentanza femminile presso gli organi locali.

Desidero inoltre attirare la sua attenzione sulla lotta contro la frode. La Turchia dovrebbe collaborare con l’Unione europea in modo più efficace in tale settore e nella lotta contro la tratta delle donne, poiché troppi individui sono vittima di frodi nel campo dei green funds o delle organizzazioni a scopo benefico.

 
  
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  Jim Allister (NI).(EN) Signora Presidente, non sono mai stato favorevole all’ammissione di un paese non europeo come la Turchia nell’Unione, e l’attuale crisi economica non fa che confermare le mie convinzioni a riguardo.

Il Regno Unito, che contribuisce in misura notevole al bilancio dell’Unione, sopporta un fardello sproporzionato nel finanziamento della stessa. Il costo aggiuntivo dell’allargamento per l’adesione della Turchia comporterebbe un aggravio di spesa per noi insostenibile. Con una base imponibile ridotta, un reddito in calo, una spesa di welfare in aumento e l’obbligo di affrontare nei decenni a venire il pesante onere di spesa ereditato della cattiva gestione del governo laburista, non possiamo continuare a elargire fondi, con risorse sempre più limitate, per sostenere i costi dell’allargamento alla Turchia.

Chiamatela se volete mentalità ristretta, oppure interesse nazionalistico venale, ma a mio avviso si tratta solo di ineluttabile senso comune e fiscale.

 
  
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  Antonios Trakatellis (PPE-DE).(EL) Signora Presidente, quale Stato membro dell’Unione europea e della NATO con maggiore anzianità nella regione, la Grecia è stata e continua a essere all’avanguardia degli sforzi per integrare tutti i paesi balcanici nelle organizzazioni euro-atlantiche, poiché crede fermamente che tutti trarranno beneficio dallo sviluppo dei paesi dell’area.

La Grecia ha investito più di un miliardo di dollari nell’ex Repubblica iugoslava di Macedonia, creando 20 000 posti di lavoro, un dato senza precedenti negli investimenti esteri in un’economia locale. Per quanto concerne la Grecia, la questione del nome non è semplicemente un problema che investe la sfera storica, psicologica o sentimentale. Si tratta di una questione aperta di carattere politico che riguarda tutti i cittadini greci e i valori europei di buon vicinato e cooperazione regionale.

Desidero ricordare all’aula che la Grecia ha dato il proprio assenso affinché l’ex Repubblica iugoslava di Macedonia ottenesse lo status di paese candidato all’adesione all’Unione europea nel documento COM(2007)0663, con l’impegno esplicito di negoziare una soluzione reciprocamente accettabile per la questione del nome sotto l’egida delle Nazioni Unite, contribuendo così alla cooperazione regionale e al mantenimento di relazioni di buon vicinato, poiché in assenza di una soluzione non può esservi amicizia e in assenza di amicizia non possono esistere né alleanze né partnership.

La nostra rappresentanza non si oppone a tutte le espressioni della relazione che sostengono fortemente una soluzione della questione sotto l’egida delle Nazioni Unite. Tuttavia, sfortunatamente, al di là di tale inequivocabile posizione, vi sono delle frasi nei paragrafi 12 e 13 che minano i tentativi di risolvere i problema e incoraggiano un atteggiamento intransigente, e questo è il motivo per cui sono assolutamente inaccettabili. D’altro canto, gli emendamenti 1 e 2 ripristinano una corretta formulazione dei paragrafi 12 e 13.

Per il resto, la relazione contiene molti elementi che aiutano l’ex Repubblica Iugoslava di Macedonia a perseguire nei suoi sforzi lungo il cammino verso l’Europa.

 
  
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  Maria Eleni Koppa (PSE).(EL) Signora Presidente, la politica di allargamento rappresenta l’espressione più riuscita della politica estera dell’Unione europea. Nel caso della Turchia, il messaggio deve essere chiaro: l’obiettivo è l’integrazione, ma il suo conseguimento passa attraverso l’adempimento dei doveri, il consolidamento della democrazia, il rispetto dei diritti umani e il mantenimento di rapporti di buon vicinato.

La Turchia si trova in una fase cruciale, sia internamente che nella ridefinizione del suo ruolo strategico. In tale contesto è di vitale importanza che prosegua con le riforme, avvicinandosi all’Europa senza vacillare. Tuttavia, il clima di tensione che la Turchia ha recentemente provocato nel Mar Egeo ha causato nuovi problemi.

Nel caso dell’ex Repubblica iugoslava di Macedonia, la Commissione ha ribadito con chiarezza che tale paese non adempie ai requisiti di base per l’apertura di negoziati, a causa del suo rilevante deficit democratico. Quanto alla controversia sul nome, nonostante il fatto che la Grecia abbia dato prova di spirito di collaborazione e realismo, il governo di Skopje non ha saputo rispondere.

Tuttavia, sfortunatamente, nella relazione del Parlamento europeo attualmente all’esame, il mio paese viene presentato come l’unico responsabile del ritardo nell’apertura dei negoziati. Ciò non rende giustizia alla Grecia e non agevola la soluzione di un problema che affligge i due paesi da più di quindici anni.

 
  
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  Alojz Peterle (PPE-DE).(SL) Sinora ho sostenuto tutte le relazioni del Parlamento europeo che hanno elencato i progressi della Croazia lungo il cammino della piena adesione all’Unione europea. Benvengano anche questa volta i molti nuovi risultati positivi conseguiti dalla Croazia. Sarò lieto di sostenere anche questa importante relazione, che è stata preparata con grande cura dall’onorevole Swoboda, a patto che gli emendamenti di compromesso riflettano un’impostazione equilibrata e realistica, poiché solo questo può eliminare le cause degli ostacoli e velocizzare il processo di adesione della Croazia.

Sono pienamente d’accordo con il presidente in carica Vondra, quando dice che abbiamo bisogno di un’impostazione costruttiva e dinamica. In un contesto simile mi sembra importante che, con la sua iniziativa di mediazione, a seguito di una serie di tentativi bilaterali fallimentari, la Commissione europea abbia ora offerto un’opportunità per un tentativo nuovo e credibile volto al raggiungimento di una soluzione pacifica della controversia transfrontaliera tra Slovenia e Croazia e, nel contempo, per una rapida progressione dei negoziati di adesione con la Croazia.

Sono molto lieto che entrambi i paesi abbiano recepito favorevolmente tale iniziativa e che siano stati avviate trattative ad alto livello. Mi auguro che l’iniziativa ci conduca molto più in prossimità di una triplice vittoria: la vittoria di Croazia, Slovenia e Unione europea. Non possiamo consentire solo a un paese di uscirne vincitore, né possiamo permettere che prevalga un unico punto di vista. Possiamo trionfare solo se lavoriamo in base a una logica di obiettivi e volontà comuni.

Allo stesso modo, concordo con il relatore, l’onorevole Swoboda, quando sostiene che dobbiamo osservare il principio di equità, sancito dal diritto internazionale. E concordo anche appieno con il commissario Rehn sul fatto che un punto di partenza adeguato per la soluzione della controversia transfrontaliera sia la Carta delle Nazioni Unite, e che l’iniziativa della Commissione riprende lo spirito della Carta.

E’ giunto il momento di dare la precedenza al tavolo negoziale, senza alcuna retorica e senza pressioni che possano ledere la dignità di una delle parti o lo status di paese in fase di adesione della Croazia. Abbiamo bisogno di un’atmosfera costruttiva e credo tenacemente che vi sia un unico esito positivo possibile, quello che vedrà Slovenia e Croazia trovare un accordo con la mediazione di una terza parte, vale a dire la Commissione europea. Sarei molto lieto se ciò potesse accadere quanto prima.

 
  
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  Giorgos Dimitrakopoulos (PPE-DE).(EL) Signora Presidente, riconosco e approvo le ambizioni europee della Turchia, ma affinché queste abbiano l’esito sperato la Turchia deve:

Innanzi tutto, rispettare seriamente i diritti delle minoranze ed evitare politiche come quelle messe in atto, ad esempio ad Imvros e Tenedos.

In secondo luogo, migliorare i rapporti con la Grecia, uno Stato membro che ne sostiene le ambizioni europee, ad esempio rimuovendo il casus belli e ponendo fine una volta per tutte agli episodi violazioni nel Mar Egeo.

In terzo luogo, compiere dei progressi sulla questione di Cipro. Tali progressi richiedono, da un canto, il ritiro delle forze occupanti turche e, dall’altro, un’impostazione costruttiva su tutti gli aspetti della problematica, in modo da riuscire a risolverla. Desidero ricordare che appartengo a una generazione che è cresciuta con lo slogan “i nostri confini sono in Kyrenia”.

 
  
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  Joel Hasse Ferreira (PSE).(PT) Il processo che conduce all’adesione della Turchia all’Unione europea procede a rilento. In questo momento non è la velocità moderata delle riforme in Turchia a ritardare tale processo, bensì la lentezza del Consiglio e della Commissione. Gli effetti economici, sociali e politici della futura adesione da parte di questo paese sono stati oggetto di analisi approfondite lo scorso mese di dicembre nella città polacca di Sopot a una conferenza in cui ho avuto l’onere e il piacere di prendere la parola.

Per quanto concerne le priorità del governo turco, è il caso di ricordare l’incontro dello scorso gennaio a Bruxelles con il primo ministro Erdogan. Tale incontro ha condotto a un opportuno chiarimento successivamente integrato con contatti presi da alcuni di noi con la parte Repubblicana, nonché da parte di un gruppo variegato di individui e organizzazioni della Repubblica Turca, oltre al lavoro costante portato avanti in seno alla commissione parlamentare mista UE-Turchia.

In conclusione vorrei dire, Signora Presidente, onorevoli colleghi, che si tratta di un processo decisivo per un’Europa davvero allargata, forte e aperta al resto del mondo, laica e democratica, e in cui la Repubblica di Cipro unificata in modo democratico possa occupare il posto che le compete.

 
  
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  Metin Kazak (ALDE).(BG) Grazie Signora Presidente. La Turchia svolge un ruolo centrale per la sicurezza geostrategica e degli approvvigionamenti energetici europei, e continuerà a essere un fattore di stabilizzazione anche in presenza della crisi economica. E’ vero che episodi come le azioni legali per la chiusura del Partito AK, il caso ‘Ergenekon’ e le elezioni amministrative hanno rallentato le riforme del paese, ma la nomina di un nuovo negoziatore capo condurrà a opportunità ottimali affinché il governo turco acceleri il processo di armonizzazione della propria legislazione rispetto alla normativa europee, e affinché compia dei progressi nei criteri politici dei capitoli negoziali.

Credo che la Turchia dovrebbe conseguire tre obiettivi prioritari se desidera compiere dei progressi validi verso l’adesione. Innanzi tutto, deve continuare a impegnarsi in modo costruttivo per l’esito positivo dei negoziati sulla questione di Cipro, ma tale impegno deve essere condiviso da tutti i paesi coinvolti, e non strumentalizzato quale pretesto per arrestare i negoziati. In secondo luogo, deve rispettare la libertà di espressione e di pensiero. Terzo, deve garantire la protezione delle comunità minoritarie, in particolare nel settore dei diritti culturali e dell’istruzione. La progressiva modernizzazione della Turchia deve riuscire a riconquistarle il sostegno di chi è stato favorevole al suo ingresso in Europa. Grazie.

 
  
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  Bart Staes (Verts/ALE). (NL) Signora Presidente, sono uno di quei parlamentari europei che ha votato a favore della Turchia prima dell’apertura dei negoziati e, a mio avviso, tali negoziati sono in realtà un esercizio di prevenzione delle controversie. Sono convinto che avranno degli effetti importanti in diversi settori. Produrranno un miglioramento del clima sociale in Turchia, della legislazione in materia ambientale e sanitaria, e porteranno anche a migliori leggi del lavoro per il popolo turco.

Con il passare del tempo, i negoziati porteranno anche a condizioni di vita più avanzate per molti gruppi della popolazione: le donne, le minoranze religiose, i curdi e gli aleviti. Tuttavia, i progressi vanno molto a rilento. E’ da quattro anni che assistiamo a una situazione di stallo e diversi argomenti difficili devono ancora essere affrontati. La discriminazione contro partiti quali il partito Società democratica curda (DTP) è inaccettabile. L’assenza di una vigilanza civile e politica dell’esercito è assolutamente inaccettabile.

Le libertà di opinione e di stampa sono essenziali e la tortura e gli abusi nelle prigioni non possono essere tollerati. Il problema curdo richiede assolutamente anche una soluzione a livello politico. A mio parere, in presenza di tali circostanze dovremmo decisamente proseguire con i negoziati.

 
  
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  Kyriacos Triantaphyllides (GUE/NGL).(EN) Signora Presidente, desidero congratularmi con il commissario Rehn per la sua presa di posizione relativa alla relazione Oomen-Ruijten, e cioè che è stato fondamentale che la Turchia abbia sostenuto in modo proattivo le trattative in corso tra i leader delle due comunità di Cipro. E’ per questo che siamo pienamente d’accordo con la relatrice quando, al quarantesimo paragrafo della relazione invita la Turchia a“favorire un clima adatto alle trattative ritirando le forze turche e consentendo ai due leader di negoziare liberamente il futuro del loro paese”.

Suggerirei che, nell’attuale fase di trattative dirette, potrebbe essere inopportuno che il Parlamento europeo includa nella sua relazione una proposta di deroga rispetto all’acquis comunitario.

Per integrare la posizione della relatrice, chiediamo alla Turchia di adempiere agli obblighi in merito alle indagini sulle sorti delle persone scomparse e di porre fine alle ingerenze all’interno della zona economica esclusiva di Cipro. Così facendo la Turchia agevolerà il proprio percorso verso l’adesione.

 
  
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  Marie Panayotopoulos-Cassiotou (PPE-DE).(FR) Signora Presidente, ieri ho presentato un’interrogazione orale alla Commissione e ho ricevuto una nota della segreteria del parlamento che mi informa che il commissario risponderà alla mia interrogazione questo pomeriggio.

Dichiaro di essere l’onorevole Panayotopoulos, e di aver presentato un’interrogazione sul paragrafo n. 6 del quadro negoziale con la Turchia.

 
  
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  Presidente. – Onorevole Panayotopoulos-Cassiotou, credo che il commissario l’abbia sentita.

 
  
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  Alexandr Vondra, presidente in carica del Consiglio. (EN) Signora Presidente, oggi si è tenuta una discussione lunga ma importante. Quello in corso è un anno cruciale per l’adesione della Croazia e per l’intera regione dei Balcani occidentali e noi attribuiamo grande importanza e accogliamo favorevolmente il sostegno del Parlamento europeo nel portare la Croazia, l’ex Repubblica iugoslava di Macedonia e i Balcani occidentali più vicino all’Unione europea.

Molto è stato detto della mancanza di progressi in Turchia in relazione alle riforme. Pertanto, accogliamo favorevolmente l’impegno ribadito dalla Turchia nel suo cammino verso l’Unione europea, come dichiarato dal primo ministro Erdogan, e invitiamo la Turchia a cogliere nel 2009 le opportunità per dare prova di tale impegno e compiere ulteriori progressi lungo tale percorso.

La Turchia deve portare a termine riforme attese da lungo tempo. Il continuo sostegno del Parlamento europeo è significativo, in particolare in vista delle sfide future. Domani a Praga avrò occasione di incontrare il negoziatore della Turchia.

Allo stesso tempo, non dovremmo sottovalutare l’importanza strategica della Turchia, specie nell’attuale situazione di crisi, né dovremmo dimenticare gli impegni precedentemente presi. Per quanto ne sappia, durante la sua visita in Europa il Presidente Obama potrebbe visitare la Turchia quale paese islamico modello. Non credo sia il momento opportuno per una rinuncia da parte europea ai propri impegni con la Turchia, come giustamente ha fatto notare l’onorevole Lagendijk.

Quanto alla controversia transfrontaliera tra Croatia e Slovenia, ho ascoltato accuratamente quanto detto dagli onorevoli Swoboda, Szent-Iványi e molti altri. Desidero solo ripetere che la presidenza in carica è molto lieta del fatto che sia la Slovenia che la Croazia abbiano accettato di lavorare all’iniziativa del commissario Rehn per dirimere tale controversia. Sosteniamo pienamente l’iniziativa e siamo preoccupati dal fatto che non abbia ancora avuto l’esito sperato relativamente alle modalità specifiche della facilitazione. Il tempo scorre velocemente e la presidenza è ansiosa di ottenere dei progressi effettivi dei negoziati in base al lavoro già svolto. Stiamo dunque prendendo in considerazione quali siano le possibilità di potenziare il nostro sostegno all’iniziativa del commissario in un futuro prossimo. Ne abbiamo parlato oggi a colazione.

Infine, per quanto concerne l’ex Repubblica iugoslava di Macedonia, l’onorevole Posselt, assieme ad altri, ha dichiarato che dovremmo sostenere gli sforzi dell’ l’ex Repubblica iugoslava di Macedonia e credo abbia ragione. Desidero solo menzionare il fatto che il primo ministro Topolánek si è recato ieri a Skopje, ribadendo il nostro impegno a favore delle aspirazioni europee di tale paese.

 
  
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  Olli Rehn, pembro della Commissione. (EN) Signora Presidente, desidero ringraziare gli onorevoli parlamentari per la discussione costruttiva, sostanziosa e responsabile, e intendo commentare solo alcuni punti degli interventi ascoltati.

Innanzi tutto, è chiaro che l’adozione di indirizzi politici, in Europa come nel resto del mondo, è funestata dal difficile contesto odierno a causa della crisi finanziaria e della recessione economica avvertita dai nostri cittadini. Ne consegue che tale questione occupi il primo posto nei pensieri dei leader europei.

D’altro canto, è assolutamente essenziale che l’Unione europea mantenga il proprio impegno rispetto alle possibilità di integrazione dell’Europa sudorientale, come espresso dalla volontà politica emersa in Parlamento quest’oggi, che ho molto apprezzato e gradito.

In secondo luogo, rispetto alla questione di Cipro, il mio amico, l’onorevole Wiersma, ha dichiarato che devo essere un ottimista. Credo che vi sia stato un passaggio errato nella traduzione, sebbene credevo di aver parlato in lingua inglese – forse un inglese viziato da un pesante accento tipico della Finlandia orientale! Non mi considero né ottimista né pessimista, bensì ritengo di essere una persona realista nell’analizzare le situazioni e determinata rispetto alle questioni dove credo di poter avere una qualche influenza. In questo caso ritengo sia assolutamente fondamentale sostenere i negoziati in corso in questo momento tra i leader delle due comunità, in modo da cogliere l’occasione nel 2009 per giungere a una soluzione esaustiva e, naturalmente, ci attendiamo che la Turchia contribuisca all’instaurarsi di un clima politico favorevole al raggiungimento di una tale soluzione.

Dal punto di vista dell’Unione europea, è importante garantire che qualunque soluzione sia in linea con i principi fondanti dell’Unione stessa: libertà, democrazia, rispetto dei diritti umani e de delle libertà fondamentali e lo stato di diritto. In altre parole, l’Unione europea può sostenere qualunque soluzione che conduca alla riunificazione di Cipro nel rispetto dei principi fondanti dell’Unione e che possa sostenere gli obblighi che l’appartenenza all’Unione europea comporta. Ciò richiede evidentemente una federazione suddivisa in due zone per le due comunità che devono godere di uguali diritti politici, così come definito dalle risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.

Infine, in merito alla Croazia, ringrazio gli oratori del sostegno all’iniziativa di mediazione della Commissione – un’iniziativa che si basa sul diritto internazionale, sia con riferimento alla Carta delle Nazioni Unite che al quadro negoziale tra i due paesi in questione, Slovenia e Croazia. Stiamo lavorando per facilitare il raggiungimento ti tale accordo.

Auspico sinceramente che possiate sostenere l’iniziativa della Commissione nella risoluzione, per non creare una situazione che ci costringa a tornare ai nastri di partenza. Si tratta, infatti, dell’unica strada percorribile per andare avanti.

Desidero concludere dicendo che sono convinto che sia ancora possibile per la Croazia raggiungere l’ambizioso obiettivo di concludere i negoziati entro la fine del 2009, a patto che i negoziati riprendano presto. E’ per tale ragione che esorto entrambi i paesi a raggiungere in tempi brevi un accordo sulla questione della controversia transfrontaliera e sbloccare così senza indugi i negoziati di adesione della Croazia all’Unione europea. Vi ringrazio per il sostegno a questa iniziativa.

 
  
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  Presidente. – Comunico di aver ricevuto tre proposte di risoluzione(1) ai sensi dell'articolo 103 paragrafo 2 del regolamento.

La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà domani, 12 marzo 2009.

 
  
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  Bernd Posselt (PPE-DE).(DE) Signora Presidente, desidero porre un quesito specifico al signor commissario, vale a dire se è d’accordo o propone che l’espressione “principio di equità” della dichiarazione della Commissione sia sostituito dalle parole “diritto e giurisprudenza internazionale”.

(Il Presidente interrompe l’oratore)

 
  
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  Presidente. – Onorevole Posselt, la discussione è chiusa.

Dichiarazioni scritte (articolo 142 del regolamento)

 
  
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  Călin Cătălin Chiriţă (PPE-DE), per iscritto.(RO) Mi congratulo con l’onorevole Oomen-Ruijten per l’eccellente relazione.

Desidero porre in rilievo due concetti:

1) Innanzi tutto, credo che l’Unione europea debba continuare a incoraggiare lo sviluppo in Turchia di un’élite pro-europea, moderna e laica, e a diffondere i valori dell’Europa e informazioni di qualità sull’integrazione europea. A tale scopo, l’Unione europea deve sostenere in modo più attivo la riforma dell’istruzione in Turchia, le garanzie dell’autonomia universitaria, lo sviluppo di studi sull’integrazione europea e il programma Erasmus. Studenti, ricercatori e insegnanti che desiderino studiare in modo approfondito le istituzioni e le politiche europee devono essere sostenuti e incoraggiati.

2) In secondo luogo, contemporaneamente al sostegno fornito ai diritti di coloro che appartengono a minoranze nazionali, l’Unione europea deve condannare le azioni dei separatisti etnici. Mi riferisco al separatismo curdo in Turchia e al separatismo turco a Cipro, ma esistono anche altri casi. L’Unione europea deve sostenere la rigida applicazione dei principi di integrità territoriale e di buon vicinato rispetto a Turchia, Iraq, Cipro ed altri paesi dell’area.

 
  
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  Richard Corbett (PSE), per iscritto (EN) Trovo incoraggiante che la commissione per gli affari esteri e la Commissione europea confidino che i negoziati per l’adesione della Croazia all’Unione europea possano concludersi quest’anno. La Croazia ha compiuto dei progressi nell’adozione dell’acquis comunitario, l’ente per la lotta alla corruzione USKOK ha intensificato i lavori ed è stata approvata una riforma del sistema giudiziario croato.

Tuttavia, tutto ciò viene attenuato dalla consapevolezza che esistono casi in cui il Tribunale penale internazionale non è stato in grado di accedere alla documentazione inerente presunti crimini di guerra, e bisogna dedicare maggiore attenzione ai diritti delle minoranze, quale lo status dei serbi di Krajina e il rientro dei profughi.

L’allargamento è uno dei grandi successi dell’Unione europea in tempi recenti . Dopo aver integrato molte nazioni europee devastate dalla guerra fredda, dobbiamo fare lo stesso per i Balcani occidentali. L’adesione della Croazia è un primo, cruciale passo in questa direzione.

 
  
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  Alexandra Dobolyi (PSE), per iscritto.(HU) La questione turca è sempre stata circondata da timori e diffidenze, con problemi che andavano ben al di là del bisogno di adempiere ai criteri selettivi richiesti per l’adesione.

In tal senso è sufficiente guardare ai rapporti di vicinato della Turchia con altri Stati membri dell’Unione europea, come la Grecia e Cipro, o con paesi extra europei, come l’Armenia. Inoltre, se teniamo presente che la Turchia è l’unico Stato che ritiene che l’Unione europea comprenda solo 26 Stati membri, appare sorprendente che la stessa desideri aderire a tale comunità e appartenervi in futuro.

La mia posizione è che fintanto che questo paese non cambia in modo rilevante il proprio atteggiamento rispetto ad alcune questioni fondamentali, le sue prospettive di adesione all’Unione europea svaniranno sempre più. Quando l’Unione europea decise di intraprendere i negoziati per l’adesione ci si attendeva, e si auspicava, che la Turchia avesse davvero un posto all’interno della famiglia europea. Vorrei ora porvi un quesito: siamo certi che la Turchia ragioni in tale direzione oggi?

Se e quando la Turchia si impegnerà in modo non ambiguo per stabilire buoni rapporti con i suoi vicini, risolvendo questioni ancora in sospeso in modo pacifico in conformità con la Carta delle Nazioni Unite e di altri testi europei, allora sì che potremo nutrire delle speranze.

Se la Turchia adempie a tali criteri senza riserve, allora è possibile che ottenga il sostegno di ognuno di noi, nonché la solidarietà dei cittadini europei.

 
  
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  Lidia Joanna Geringer de Oedenberg (PSE), per iscritto. (PL) Nel corso dello scorso anno abbiamo visto l’impegno intenso della Croazia nei negoziati di adesione condurre a progressi significativi. I negoziati per l’adesione all’Unione europea hanno imboccato la strada giusta, sebbene il paese debba impegnarsi in ulteriori riforme in settori quali la pubblica amministrazione, il sistema giudiziario, l’economia, la lotta contro la corruzione e la criminalità organizzata, il rispetto e la tutela delle minoranze e le inchieste sui crimini di guerra.

E’ essenziale il proseguimento degli sforzi volti alla piena trasposizione dell’acquis comunitario e della sua effettiva attuazione. Inoltre, è estremamente importante che si arrivi a un miglioramento dei rapporti della Croazia con i propri vicini, in particolare la Slovenia, e che si trovi una soluzione definitiva alle questioni delle frontiere con altri paesi confinanti.

La Croazia dovrebbe inoltre includere nelle proprie politiche di sviluppo gli obiettivi che l’Unione europea si è prefissata nell’ambito del pacchetto sul clima e delle fonti di energie rinnovabili.

Gli ulteriori progressi della Croazia nei negoziati di adesione dipendono, in particolare, dal compimento di riforme essenziali in campo politico, economico, legislativo e amministrativo. In tale contesto dovremmo ricordare che la road map della Commissione è uno strumento estremamente utile per sostenere la Croazia nel portare a termine i singoli capitoli negoziali. Auspico che sarà possibile raggiungere la fase conclusiva dei negoziati, forse già quest’anno.

 
  
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  András Gyürk (PPE-DE) , per iscritto. – (HU) La cooperazione in campo energetico si è rivelata una delle questioni centrali dei rapporti UE-Turchia. Il motivo principale è che la Turchia, paese di transito, può contribuire in modo significativo alla riduzione della dipendenza energetica dell’Unione europea e alla diversificazione dell’approvvigionamento energetico. Nel contempo, una migliore cooperazione con la Turchia può costituire un passo importante verso l’espansione del mercato energetico interno.

Sono convinto che gli obiettivi fondamentali della Turchia e dell’Unione europea vadano nella medesima direzione. Noi vorremmo diversificare il più possibile le fonti energetiche necessarie per fare fronte alla crescente domanda di consumo di energia, e la promozione della diversificazione è più urgente nel settore dell’approvvigionamento di gas. A tale scopo, la costruzione del gasdotto Nabucco è di vitale importanza. La crisi degli approvvigionamenti di gas del gennaio scorso ha dimostrato in modo più evidente che in passato quanto sia necessaria questa infrastruttura. Pertanto accogliamo con favore il fatto che il piano di incentivi per l’economia allochi delle risorse per la costruzione del gasdotto.

Per quanto concerne il progetto Nabucco, prima che il cantiere possa essere aperto abbiamo bisogno di rapidi accordi bilaterali a livello governativo con la Turchia. Trovo deplorevole che si dica che l’atteggiamento di Ankara nei confronti del progetto Nabucco sia direttamente connesso con l’adesione della Turchia all’Unione europea. Sono convinto che la cooperazione su questioni di politica energetica non possa essere trasformata in uno strumento di politica estera. Per tale motivo è necessario un dialogo più intenso tra Unione europea e Turchia. Possiamo ipotizzare che l’apertura del capitolo energetico costituisca un’opportunità in questa direzione.

 
  
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  Nicolae Vlad Popa (PPE-DE), per iscritto.(RO) La relazione annuale della Commissione sui progressi realizzati nel 2008 dalla Turchia come paese candidato è equilibrata. Sebbene il processo di riforme necessiti di un ulteriore impulso e otto capitoli negoziali siano ancora fermi, la Commissione ha particolarmente gradito le recenti attività diplomatiche della Turchia e il suo ruolo nella promozione della stabilità nella regione. Gli eventi dell’estate del 2008 hanno messo in luce il ruolo strategico della Turchia anche nel settore energetico.

Nell’ambito della cooperazione regionale, è stato percepito il ruolo costruttivo della Turchia nei suoi rapporti con i paesi vicini e del Medio Oriente mediante un’attività diplomatica molto intensa. Gli sviluppi nel Caucaso hanno messo in luce il ruolo strategico della Turchia per la sicurezza dell’approvvigionamento energetico dell’Unione europea, in particolare per la diversificazione delle rotte di trasporto. La relazione in questione pone in rilievo l’importanza di una cooperazione serrata tra Unione europea e Turchia nel settore energetico, all’interno della quale il progetto Nabucco costituisce un elemento centrale. In seguito all’avviamento di negoziati tra il leader greco cipriota e quello turco cipriota per il raggiungimento di un’intesa sulla questione di Cipro, è essenziale che Ankara continui a sostenere la ricerca di una soluzione, in aggiunta all’impegno delle Nazioni Unite in questa direzione.

L’espansione dell’Unione europea e il proseguimento dell’integrazione nell’Unione europea degli stati dei Balcani occidentali sono dossier prioritari per la Romania. La Romania sostiene i progressi considerevoli dei negoziati con la Turchia, in un processo sufficientemente dinamico da incoraggiare l’adozione di riforme al suo interno.

 
  
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  Toomas Savi (ALDE), per iscritto.(EN) Negli ultimi cinque anni, i nuovi Stati membri hanno avuto prova dei diversi effetti positivi dell’appartenenza all’Unione europea e tale esperienza non deve costituire una loro esclusiva. Sostengo, dunque, con grande vigore il proseguimento dell’allargamento dell’Unione europea. Tuttavia, per quanto desideri vedere l’ingresso della Turchia nell’Unione in un futuro prossimo, la relazione sui progressi realizzati sfortunatamente indica una tendenza nella direzione opposta.

Ho affrontato tale questione in diverse occasioni in quest’aula, indicando il genocidio armeno, le preoccupazioni per le sorti delle popolazioni curde e l’occupazione di Cipro.

Inoltre, se esaminiamo i progressi compiuti dalla Turchia verso la conclusione dei negoziati su 35 capitoli relativi all’acquis comunitario dall’ottobre 2005, si può notare come solo dodici capitoli siano stati aperti e uno solo – quello sulla scienza e la ricerca – sia stato chiuso.

Desidero domandare al Consiglio e alla Commissione come intendono accelerare il corso dei negoziati e risolvere la controversia riguardante Cipro.

 
  
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  Csaba Sógor (PPE-DE), per iscritto. – (HU) Gli Stati membri dell’Unione europea dovrebbero dare prova di maggiore solidarietà e tolleranza nei confronti dei paesi candidati all’adesione. Il mio paese, la Romania, non era pronto per l’adesione e permangono tuttora delle carenze nel campo dei diritti delle minoranze. Tuttavia, l’Ungheria non ha impedito alla Romania l’ingresso nell’Unione, ritenendo più importante la solidarietà e la tolleranza fra paesi europei. Naturalmente i paesi candidati devono intraprendere misure importanti per garantire i diritti umani e quelli delle minoranze, ma gli attuali Stati membri dell’Unione europea devono dare il buon esempio. Pertanto, ritengo sia importante rivolgerci innanzi tutto agli Stati membri richiedendo:

- la firma e la ratifica della Carta europea delle lingue regionali o minoritarie,

- la revoca della legge in vigore in uno Stato membro che introduce il concetto di colpa collettiva,

- che si apprenda dall’esempio del Kosovo a garantire l’autonomia culturale e religiosa delle minoranze nazionali tradizionali che vivono nel territorio degli attuali Stati membri dell’Unione europea.

 
  
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  Csaba Sándor Tabajdi (PSE), per iscritto. – (HU) La stabilizzazione dei Balcani occidentali e il consolidamento dei legami con l’Europa è un compito importante, poiché la regione è di rilevanza geostrategica per l’Europa. Contemporaneamente, i Balcani occidentali continuano a essere ampiamente vulnerabili e dipendenti da molteplici punti di vista, compreso il settore dell’economia e dell’energia.

E’ nostro auspicio che la Croazia possa entrare nell’Unione europea nel 2011, nel corso della presidenza ungherese, ma ciò dipende dall’esito positivo delle recenti trattative bilaterali con la Slovenia, assistite da una mediazione internazionale, sulla divisione della Baia di Pirano. Un’ulteriore condizione è che la Croazia collabori appieno con il Tribunale penale internazionale dell’Aia nella ricerca e la consegna di criminali di guerra. Inoltre, dobbiamo inviare un segnale positivo ai paesi della regione in cui, a causa di svariati fattori interni ed esterni, la tempistica dell’adesione è ancora incerte. Dobbiamo ratificare appena possibile l’accordo di stabilizzazione e associazione con la Serbia e la Bosnia-Erzegovina, concedere senza riserve lo status di candidato a tutti i paesi dell’area, e decidere una tabella di marcia precisa per un rapido accordo di liberalizzazione dei visti. La crisi finanziaria ha inferto un grave colpo ai Balcani e, se sarà necessario, gli Stati membri dell’Unione europea dovranno svolgere un ruolo nella stabilizzazione della regione, fornendo assistenza ai paesi in difficoltà. L’unione europea deve seguire attentamente i rapporti interetnici della regione, prestando particolare attenzione al delicato quadro interno della Macedonia, che al momento corre il rischio maggiore nella regione di andare incontro a un conflitto grave.

 
  

(1) Cfr. Processo verbale

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