Presidente . – L’ordine del giorno reca la discussione sulla proposta di risoluzione presentata dalla commissione per gli affari esteri sul deterioramento della situazione umanitaria in Sri Lanka (B6-0140/2009).
Marie Anne Isler Béguin (Verts/ALE) . – (FR) Signor Presidente, signora Commissario, onorevoli deputati, vorrei innanzi tutto ringraziare il presidente della commissione per gli affari esteri per aver accettato la procedura indicata all’articolo 91 e aver inserito questa risoluzione d’emergenza nell’ordine del giorno di lunedì scorso, poiché alla nostra ultima plenaria, a Strasburgo, avevamo già avuto una risoluzione d’emergenza sullo stesso argomento. Desidero inoltre ringraziare il Parlamento per aver acconsentito allo svolgimento di questa discussione questa sera, e le esprimo i miei ringraziamenti, signora Commissario, per essere intervenuta a questa discussione, poiché so che questo per lei è un momento difficile.
Abbiamo voluto questa risoluzione perché dobbiamo inviare un segnale forte al governo e ai rappresentanti tamil nello Sri Lanka, dato che la situazione diventa ogni giorno più grave. Abbiamo la testimonianza diretta di famiglie e persone di etnia tamil che si trovano in Europa e che ci inviano continuamente messaggi e descrizioni di quanto sta succedendo a loro e alle loro famiglie, intrappolate nel conflitto tra le Tigri per la liberazione della patria tamil e l’esercito dello Sri Lanka. Queste persone stanno sopportando una sofferenza terribile.
Non sappiamo di preciso di quante persone si tratti, ma riteniamo che sia necessario evacuare tra le 150 000 e le 200 000 persone. Ma cosa si intende con "evacuare"? Le organizzazioni non governative ci chiedono di farle evacuare via mare, ma io mi chiedo: verso dove? Dove andranno queste persone?
Oggi pomeriggio ho incontrato una ragazzina nata in un campo profughi nello Sri Lanka e che oggi vive in Europa. Se queste persone devono lasciare il proprio paese per andare a vivere nei campi profughi, allora nemmeno questa è la soluzione.
Pertanto, nella presente risoluzione, chiediamo che si attui un effettivo cessate il fuoco. Naturalmente ci sarà una discussione con il gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei sul cessate il fuoco immediato o temporaneo. Noi chiediamo alle autorità un cessate il fuoco immediato, in modo che i civili possano essere tratti in salvo, perché sappiamo che ci sono state delle vittime, e ne abbiamo avuto un’altra prova oggi grazie a queste testimonianze. Naturalmente, nella risoluzione, chiediamo al governo dello Sri Lanka di collaborare con le organizzazioni non governative e con i paesi che sono disposti ad aiutare a risolvere il conflitto. Chiediamo inoltre se l’Unione europea può fornire il proprio aiuto per la consegna di generi alimentari e medicinali, di cui c’è un disperato bisogno.
Infine vorrei dire, a nome del mio gruppo — dato che è stato su iniziativa del gruppo Verde/Alleanza libera europea che abbiamo presentato la risoluzione di emergenza lunedì alla commissione per gli affari esteri — che chiediamo che la questione venga presa molto sul serio da alcuni dei nostri colleghi deputati, che hanno diversi interessi in questo paese. Desidero ricordarvi che, ormai da molto tempo, alcuni gruppi politici stanno chiedendo di poter parlare della situazione nello Sri Lanka e che, per ragioni interne ad alcuni paesi, non abbiamo potuto discutere della questione dei tamil e della loro situazione, che è sensibilmente peggiorata dagli anni ottanta.
Dal momento che è qui, signora Commissario, forse è il caso di porci un’altra domanda. L’Unione europea sembra essere in grado di contribuire al superamento dei conflitti. Forse è giunto il momento di considerare la possibilità di istituire un’unità di risoluzione dei conflitti all’interno dell’Unione europea.
Possiamo infatti vedere come nel Caucaso e in qualsiasi altra parte del mondo l’Unione europea sia presa sul serio per le proprie proposte. Non possiamo più essere solo un partecipante che offre il proprio sostegno alla risoluzione dei conflitti, ma farci un autentico promotore. Se oggi possiamo iniziare a gettare le basi per risolvere questo conflitto, con una forte presenza dell’Unione europea e un messaggio forte alle autorità, ritengo che così facendo accresceremo anche la nostra di unione politica.
Benita Ferrero-Waldner, membro della Commissione. − (EN) Signor Presidente, in qualità di copresidente della conferenza dei donatori di Tokyo per il processo di pace nello Sri Lanka, la Commissione europea ed io, in prima persona, abbiamo seguito gli sviluppi nel paese molto da vicino. Siamo molto preoccupati per la situazione attuale e per le tragiche conseguenze umanitarie del conflitto, come espresso nelle conclusioni del Consiglio “Affari generali e relazioni esterne” del 23 febbraio e nella dichiarazione dei copresidenti, pubblicata in loco il 3 febbraio.
Ciò che ci preoccupa in modo particolare è la condizione delle migliaia di sfollati all’interno del paese, che si trovano — avete ragione — intrappolati in mezzo ai combattimenti nella parte settentrionale dello Sri Lanka. Non ci troviamo più di fronte a una crisi ma a quella che già definirei una catastrofe umanitaria, come ci è stato confermato da un grande numero di fonti indipendenti, tra cui l’ONU e il Comitato internazionale della Croce Rossa (CICR). Il recente annuncio del governo riguardo all’apertura di due strade di evacuazione a nord e a sud della zona sicura è un segnale positivo, ma vogliamo sapere se funzionerà nella pratica.
Abbiamo chiesto alle parti coinvolte — le Tigri per la liberazione della patria tamil e le autorità dello Sri Lanka — di proteggere la popolazione civile, come impone il diritto umanitario internazionale, nonché di permettere che le persone possano abbandonare volontariamente e in sicurezza la zona dei combattimenti. Sia le Tigri tamil, sia l’esercito dello Sri Lanka sono responsabili del tragico aumento di vittime civili degli ultimi mesi. C’è un bisogno urgente e immediato di agire per salvare delle vite nello Sri Lanka, come è stato confermato sia dal Sottosegretario delle Nazioni Unite, sir Holmes, che ha richiamato l’attenzione sull’alto tasso di vittime, sia dal CICR.
La Commissione è convinta che il risultato di questa crisi avrà delle conseguenze durature per la pace, per la riconciliazione e per l’unità dello Sri Lanka e, in tale contesto, appoggia fortemente l’appello espresso da sir Holmes al governo dello Sri Lanka affinché si interrompano le ostilità e si permetta alla popolazione civile di fuggire in sicurezza e alle Tigri tamil di lasciar andare i civili e accordarsi per una risoluzione pacifica del conflitto.
I copresidenti hanno fatto appello anche alle Tigri tamil affinché deponessero le armi, ma purtroppo tale appello è stato respinto, se non addirittura ignorato. Riteniamo che il governo dello Sri Lanka abbia l’obbligo di proteggere tutti i propri cittadini e di concordare un cessate il fuoco umanitario —come affermato anche nelle conclusioni dell’ultimo Consiglio — per permettere ai malati e ai feriti di lasciare Vanni e consentire l’arrivo di generi alimentari e medicinali. Anche l’India ha suggerito questa soluzione lo scorso fine settimana.
La situazione dei diritti umani nello Sri Lanka continua ad allarmarci, sullo sfondo di notizie che riferiscono di esecuzioni extragiudiziali, rapimenti e serie intimidazioni ai media. E’ molto importante che il governo segua i casi di maggiore rilevanza. Non ci può essere alcuna impunità per crimini del genere.
Alla fine, la Commissione europea è ancora convinta, come del resto lo sono io, che non esista una soluzione militare per il conflitto etnico nello Sri Lanka. C’è bisogno di un dialogo ampio che porti a una soluzione politica. Una pace e una riconciliazione durature possono essere raggiunte soltanto affrontando le problematiche che per prime hanno portato all’insurrezione e concedendo spazio adeguato a tutte le comunità. In qualità di copresidente, ho sempre affermato che può esistere solo una soluzione politica, attraverso un qualche tipo di pacchetto di decentramento amministrativo che è stato prima proposto, poi ritirato e ora proposto nuovamente.
Charles Tannock, a nome del gruppo PPE-DE. – (EN) Signora Commissario, il brutale conflitto civile nello Sri Lanka si sta finalmente avvicinando alla fine. Naturalmente è presto per dire se questo determinerà anche la fine delle attività terroristiche delle Tigri tamil.
Non possiamo certamente sostenere un cessate il fuoco permanente a questo stadio, perché potrebbe consentire alle Tigri di riaggregarsi. Dal mio punto di vista l’unica opzione possibile per loro, ora, è quella di deporre le armi, altrimenti saranno sconfitte con mezzi militari, provocando altre vittime. Un cessate il fuoco a lungo termine sarebbe disastroso perché — come ha dimostrato un attentato suicida nello Sri Lanka all’inizio di questa settimana —le Tigri tamil sono spietate, assetate di sangue e giustamente etichettate come organizzazione terroristica dell’Unione europea e dagli Stati Uniti.
Dovremmo essere risoluti nel sostenere il presidente Rajapaksa nei suoi sforzi per porre fine a un’insurrezione che ha portato soltanto devastazione allo Sri Lanka, rallentando gravemente lo sviluppo economico di quella magnifica isola. Tuttavia, migliaia di civili innocenti sfollati all’interno del paese rimangono intrappolati in una stretta striscia di costa. I civili devono avere la possibilità di andarsene, in modo che l’esercito possa concludere la propria offensiva. Certo, è riprovevole, ma c’è assolutamente da aspettarsi che le Tigri sfruttino i civili come scudi umani. Le Tigri hanno ignorato gli appelli della comunità internazionale ad arrendersi e a istituire temporaneamente un corridoio umanitario.
Tuttavia, permettere che le Nazioni Unite e altre organizzazioni creino un passaggio sicuro per uscire dalla zona di conflitto per i civili è essenziale per evitare ulteriori spargimenti di sangue. Lo Sri Lanka riconosce le proprie responsabilità in tal senso e vuole evitare che vi siano vittime tra i civili, ma, comprensibilmente, la pazienza dell’esercito ha un limite e c’è la paura che le Tigri tentino di fuggire sfruttando un corridoio di evacuazione via mare, mischiandosi ai civili.
Pertanto noi, da questo lato dell’Assemblea, sosteniamo la creazione di un corridoio umanitario e un cessate il fuoco temporaneo immediato o una cessazione delle ostilità, ma vogliamo vedere la totale sconfitta delle Tigri tamil e la nascita di uno Sri Lanka pacifico, giusto e multietnico, dove vi sia la massima autonomia delle aree a maggioranza tamil e una giusta divisione delle risorse e dei poteri, all’interno di uno stato unitario.
Robert Evans, a nome del gruppo PSE. – (EN) Signor Presidente, sono favorevole a questa discussione in presenza del commissario, che desidero ringraziare per il suo intervento serio, forte e profondo. Si tratta davvero di un argomento molto importante, benché sia biasimabile che ci troviamo a discuterne alle 11 di sera e con così poche persone presenti, e benché non creda che la scarsa presenza rifletta l’interesse per questa problematica, né tantomeno la serietà con cui molti deputati se ne occupano. Siamo, volendo richiamare le parole del commissario, profondamente preoccupati per la situazione. La discussione di questa sera mette in rilievo anche che la situazione si è evoluta e, come l’onorevole Béguin ha affermato all’inizio, dobbiamo trasmettere un segnale forte su questa situazione in continuo deterioramento.
Sostengo la risoluzione presentata, fatta eccezione per una parola, vale a dire la parola "temporaneo". Non approvo l’argomentazione cha abbiamo appena ascoltato dall’onorevole Tannock, secondo cui un cessate il fuoco permanente sarebbe un disastro. Di certo — e mi rivolgo a tutti voi — a noi non interessa un cessate il fuoco temporaneo. Ogni volta che si è parlato di un conflitto, in qualsiasi parte del mondo, questo Parlamento, composto di individui compassionevoli, ha richiesto un cessate il fuoco permanente, che potesse spianare la strada alla ricostruzione diplomatica, in modo che potesse iniziare un dialogo, e — sì, è vero — in modo che potessimo ottenere quella società pacifica, giusta e multietnica di cui ha parlato l’onorevole Tannock e su cui sono d’accordo.
Sono quindi grato al gruppo dei Verdi per il primo emendamento, l’emendamento n.1, e sono certo che tutte le persone presenti, dotate di buon senso e preoccupate per la condizione dei civili nello Sri Lanka la penseranno come me. Un cessate il fuoco temporaneo, per sua stessa natura, implica che dopo ci sarà un ritorno alla guerra che nessuno desidera, che porterà altre morti, altra sofferenza, ulteriori tragedie umanitarie, e non posso pensare che qualcuno, sia esso dell’uno o dell’altro schieramento di quest’Assemblea, possa augurarsi una cosa del genere.
Lo stesso vale per l’emendamento n. 2: sostengo anche questo emendamento perché condanna tutti gli atti di violenza, indipendentemente da chi sia il perpetratore o da quale delle parti in conflitto provengano. Non possiamo lasciar passare alcuna violenza, incluso il recente attentato suicida a cui è stato fatto riferimento.
Desidero poi rivolgere la mia attenzione agli emendamenti nn. 3, 4 e 5. Voglio leggervi un breve testo che ho ricevuto da uno dei membri del parlamento dello Sri Lanka, del distretto di Jaffna, l’onorevole Kajendren, datato 10 marzo. Dice: “voglio richiamare urgentemente la vostra attenzione sulle morti civili nello Sri Lanka. L’esercito ha lanciato granate di artiglieria composte da munizioni a grappolo dalle 2 alle 10 del mattino, martedì 10 marzo 2009” — questa settimana — Le forze governative dello Sri Lanka attaccano in maniera indiscriminata tutte le parti della "zona sicura", utilizzando ogni genere di granata mortale, alcune delle quali sono vietate in molti paesi. In questi bombardamenti a grappolo indiscriminati sono rimasti uccisi oltre 130 civili, tra cui bambini, mentre più di 200 sono stati gravemente feriti”.
Dubito che qualcuno possa insinuare che si tratta di affermazioni inventate. Inoltre, desidero affermare che tutti noi intendiamo fare tutto ciò che possiamo per far sì che tale violenza finisca. Il deputato fa inoltre riferimento al suo collega, l’onorevole Kanakaratnam, che vive proprio al centro della "zona sicura" Afferma che dal 1° gennaio al 6 marzo di quest’anno 2 544 civili sono stati uccisi nei bombardamenti in queste "zone sicure" e che ben più di 5 828 civili sono rimasti gravemente feriti. Tuttavia, l’esercito dello Sri Lanka, dice, ha continuato con i bombardamenti aerei e con il fuoco d’artiglieria, uccidendo una media di 30-40 civili al giorno.
Non credo proprio che se lo stia inventando. Stando a ciò che ci ha riportato il commissario e alle testimonianze delle ONG che si sono avvicinate all’area, la sua descrizione sembra corrispondere alla realtà dei fatti.
Veniamo ora all’emendamento n. 6: mi riferisco qui alla relazione di sir Holmes, che mi è stata inviata da sua eccellenza, l’ambasciatore dello Sri Lanka a Bruxelles. Nella relazione si afferma che alcune aree di transito sono seriamente sovraffollate. Il mio emendamento riflette queste sue parole e mi sembra sensato preoccuparci per questi accampamenti. Ho qui alcune fotografie dei campi, chiunque lo desideri può dare un’occhiata alle foto che mi sono state inviate. Ribadisco che sono autentiche, che non si tratta di falsi. So che l’ufficio del commissario a Colombo sta seguendo tale argomento molto da vicino e che ha dei contatti molto stretti all’interno della zona di pericolo reale.
Gli emendamenti nn. 7 e 8 rafforzano il riferimento originale alla zona di conflitto, in modo che i civili possano essere assistiti pienamente. Chiediamo un accesso senza restrizioni non soltanto alla zona di conflitto ma anche ai campi profughi, in modo che le agenzie umanitarie, che tutti all’interno di quest’Assemblea sosteniamo, abbiano accesso totale alle aree interessate. Tutti, all’interno del Parlamento, sosterranno il lavoro delle organizzazioni umanitarie.
In conclusione, l’emendamento n. 9 suggerisce di inviare la risoluzione al Segretario generale delle Nazioni Unite, perché ritengo che si tratti di una crisi umanitaria internazionale, come espresso nel titolo, e che sia nostro dovere fare tutto ciò che è nelle nostre possibilità. Ecco perché ringrazio il gruppo dei Verdi per queste proposte e chiedo agli onorevoli deputati di appoggiare gli emendamenti proposti da tutti i gruppi politici.
Marie Anne Isler Béguin, a nome del gruppo dei Verts/ALE. – (FR) Signor Presidente, desidero ringraziare il commissario, signora Ferrero-Waldner, per il suo intervento e per la risposta fornita alle richieste da parte delle ONG e delle persone che si trovano intrappolate.
Abbiamo il timore di ritrovarci in una situazione in qualche modo simile a quella della Birmania dopo lo tsunami del 2006, in cui la giunta ha impedito l’accesso agli aiuti umanitari. Ora quindi dobbiamo fare tutto il possibile affinché l’assistenza umanitaria e i nostri aiuti raggiungano coloro che ne hanno bisogno.
Vorrei anche rivolgermi agli onorevoli colleghi del gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei a al gruppo socialista al Parlamento europeo, perché ritengo che, onorevoli deputati, dobbiamo fare appello alla saggezza. Infatti, abbiamo presentato questa proposta di risoluzione d’emergenza per permettere al Parlamento di esprimere un’opinione e adottare una posizione domani.
Ciò che non voglio in alcun modo che accada è che una o l’altra parte scelgano di non votare la risoluzione a causa delle differenze d’opinione sul cessate il fuoco temporaneo o permanente, che conosciamo perché abbiamo già assistito alla discussione. Pertanto vi chiedo di agire con coscienza.
Vorrei inoltre ribadire, rivolgendomi in particolare all’onorevole Tannock e riprendendo le parole del commissario, signora Ferrero-Waldner, i conflitti armati non risolvono mai nessun problema: questo lo sappiamo bene, la guerra non porta ad alcuna soluzione.
A mio parere, richiedere un cessate il fuoco temporaneo è un’azione irresponsabile nei confronti delle persone coinvolte. Ciò significherebbe, infatti, condannarle a ritrovarsi in guerra in un futuro — e di che futuro potrebbe trattarsi — dopo l’evacuazione dei civili. Possiamo permetterci di lasciare che le persone siano evacuate? I tamil sono i proprietari della terra, è per questo che vogliono tornare alla loro terra, sono gente dello Sri Lanka.
Ritengo pertanto che dobbiamo considerare la questione molto attentamente, ma sono pronta a scendere a compromessi e a ritirare degli emendamenti, a patto che insieme riusciamo a raggiungere una posizione comune e a inviare un forte segnale politico al mondo.
Geoffrey Van Orden (PPE-DE). – (EN) Signor Presidente, non dobbiamo farci illusioni sul terribile impatto che la guerra ha sui civili innocenti e il nostro dovere morale è quello di fare tutto il possibile per ridurre la loro vulnerabilità e facilitare la fornitura degli aiuti umanitari. Questa è la ragione per cui il Parlamento ha approvato la risoluzione urgente sullo Sri Lanka meno di tre settimane fa.
Ormai da decenni lo Sri Lanka è vittima di una campagna terroristica ad opera delle Tigri tamil, organizzazione proscritta a livello internazionale. Non c’è confronto tra i terroristi e le forze legittime di un governo democratico. Ricordiamoci che sono state le Tigri tamil a preferire la tattica degli attentati suicidi, che sono state tra i primi a impiegare le donne per gli attentati suicidi e che utilizzano disinvoltamente bambini soldato e scudi umani. Negli ultimi 26 anni hanno sistematicamente e deliberatamente commesso migliaia di omicidi in tutto lo Sri Lanka, solo due giorni fa, quattordici persone sono rimaste uccise in un attentato suicida a un festival islamico nel distretto di Matara.
Le Tigri tamil si trovano ora disperatamente alla fine dei giochi e, come spesso accade in queste situazioni, stanno cercando di tirarsi fuori dai guai rivolgendosi a quanti, sulla scena internazionale, sono disposti a giustificarli. Una sparuta minoranza dei deputati di questa Assemblea non era soddisfatta della risoluzione approvata dalla maggioranza del Parlamento e, in maniera inappropriata e vergognosa, voleva che la condanna ricadesse sul governo dello Sri Lanka. Non possiamo sostenere emendamenti basati su supposizioni senza fondamento — e spesso insensate — come quelle che abbiamo sentito dall’onorevole Evans, o citazioni parziali prese da una relazione di un’organizzazione non governativa. Non abbiamo alcuna valida ragione di mettere in dubbio le affermazioni del governo, che sostiene fermamente che le proprie truppe non hanno aperto il fuoco all’interno della zona interdetta ai combattimenti, e non lo faremo.
Sei giorni fa, il Segretario generale delle Nazioni unite ha chiesto alle Tigri tamil di rimuovere i propri armamenti e i combattenti dalle aree in cui si concentrano i civili e di contribuire a tutti gli sforzi umanitari pensati per alleviare le sofferenze della popolazione civile. L’Unione europea ha condannato l’azione delle Tigri tamil che hanno impedito ai civili di abbandonare la zona di conflitto.
Il servizio migliore che tutti in quest’Aula possiamo rendere è quello di fare appello alle TLLE affinché depongano le armi e sciolgano dalla morsa la popolazione civile. Se ciò accade, sarà possibile consegnare quegli aiuti umanitari di cui c’è un disperato bisogno, le persone potranno cominciare a sperare in una vita migliore e l’intero Sri Lanka potrà tornare sulla strada della politica democratica e alla costruzione di una società giusta e più prospera per tutti i cittadini, liberi dall’oppressione del terrorismo.
Jo Leinen (PSE). – (DE) Signor Presidente, signora Commissario, concordo pienamente sul fatto che ciò di cui abbiamo bisogno è una soluzione politica e non militare per lo Sri Lanka. Mi sono recato numerose volte in questo paese come membro della delegazione per l’Asia meridionale e so quanto le persone bramino la pace dopo 25 anni di violenza.
Tuttavia, devo dire che, in questo tipo di guerra, spetterebbe alle Tigri tamil fare un passo, e purtroppo ciò non sta accadendo. Anche voi avete fatto riferimento a questo aspetto e, il 23 febbraio, i ministri degli Esteri hanno nuovamente richiesto urgentemente all’organizzazione di deporre le armi e porre fine alle attività terroristiche. Provate a immaginare uno Stato membro dell’Unione europea in cui il terrorismo regna da 25 anni. Non è difficile immaginare che vi sarebbero un enorme caos e disordine. Sostengo fortemente la causa tamil ma, con la stessa determinazione, condanno i metodi delle Tigri. Per settimane abbiamo sentito dire che in questo piccolo distretto oltre 100 000 persone sono state letteralmente sequestrate. La Reuters ha riportato proprio ieri che, secondo testimoni oculari, si spara alle persone che tentano di abbandonare la zona. Dobbiamo quindi appellarci alle Tigri tamil e alle forze che stanno alle loro spalle per porre fine a tali pratiche. Il gioco è finito, non possono continuare così.
Ovviamente, nelle zone di guerra, i civili sono esposti al fuoco a raffica di entrambe le fazioni. Dobbiamo chiedere anche al governo di rispettare il diritto internazionale e consentire le azioni umanitarie. E’ il fondamentalismo di entrambe le parti che sta causando un numero così alto di vittime. Ritengo che dovremmo prepararci all’ordine post bellico. Come è stato detto, deve essere attuato l’emendamento n. 13 alla costituzione dello Sri Lanka, che prevede la decentralizzazione in termini di amministrazione regionale da parte della popolazione residente, e in questo l’Unione europea può fornire un valido aiuto. Sono sicuro che voi alla Commissione, e noi in tutta l’Unione siamo pronti a farlo.
Paul Rübig (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, signora Commissario Ferrero-Waldner, onorevoli deputati, ritengo che ciò che ha detto il commissario, cioè che una soluzione militare non è praticabile, debba essere riportato nelle prime pagine dello Sri Lanka. Vale a dire che, riguardo alle tensioni all’interno del paese e ai problemi che si sono accumulati nel corso degli anni, il governo continua a tentare di fare un offerta, ma fallisce nella strategia comunicativa.
Naturalmente, bisogna anche considerare che la posizione strategica dello Sri Lanka lascia spazio a fattori esterni che, una volta innescati, sono molto difficili da controllare soltanto all’interno del paese. E’ pertanto necessario adoperarsi per garantire che la situazione economica migliori e che migliorino le infrastrutture in queste zone, in modo da consentire la comunicazione necessaria tra le due parti belligeranti. Forse sarebbe possibile impiegare uno o l’altro mediatore in questo senso.
Erik Meijer (GUE/NGL). – (NL) Signor Presidente, quello che sta accadendo nello Sri Lanka si stava preparando da parecchi anni. Non si tratta soltanto di un problema umanitario, ma principalmente di un grave fallimento politico. Dopo anni di lotta violenta per la separazione della parte nordorientale del paese, il governo norvegese dell’epoca si era offerto di mediare tra il governo a maggioranza cingalese e il movimento dei ribelli tamil. Il negoziatore norvegese, che ha una lunga esperienza nella ricerca di soluzioni pacifiche, è ora lui stesso uno dei ministri del nuovo governo. Purtroppo però, questa opzione di soluzione pacifica è stata da quel momento abbandonata.
Nell’estate del 2006, il governo dello Sri Lanka ha posto fine ai tentativi di pace e ha optato nuovamente per l’imposizione unilaterale di una soluzione militare. Questo governo sta probabilmente operando nell’illusione di raggiungere un grande successo, mentre in realtà una convivenza pacifica, armoniosa e paritaria tra le due popolazioni sarà ancora più difficile in futuro. In assenza di un compromesso per una soluzione pacifica, il futuro appare spaventosamente violento. Dobbiamo tornare alla mediazione pacifica senza vincitori né vinti.
Michael Gahler (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, ringrazio il commissario per essersi espressa così chiaramente. Ritengo che la nostra attenzione principale ora debba rivolgersi al destino della popolazione civile e, in effetti, l’unica soluzione possibile in tal senso è quella proposta dal Consiglio dei ministri il 23 febbraio, vale a dire la richiesta, da parte dell’UE, di un immediato cessate il fuoco. Sono contrario all’aggiunta della parola "temporaneo", perché in questo modo la catastrofe umanitaria cui avete fatto riferimento continuerebbe.
Ritengo inoltre che, essendo i civili intrappolati, dobbiamo opporci a tutti gli atti di violenza che impediscano alla popolazione di abbandonare l’area del conflitto. In questa situazione, a mio avviso, non è importante se la violenza provenga dalle Tigri tamil o dall’esercito governativo, dobbiamo concentrarci sulle persone.
Vorrei esprimere una considerazione rivolta agli amici deputati dell’ex potenza coloniale, che si apprestano ad abbandonare il nostro gruppo. Spero che l’impressione che mi sono fatto, vale a dire quella che vi sia una certa motivazione nazionale per scagliarsi in maniera così univoca contro le Tigri tamil, non sia fondata. Spero altresì che quello che avete in mente non sia uno specifico segmento dell’elettorato.
Robert Evans (PSE). – (EN) Signor Presidente, questo non è un richiamo al regolamento. Stavo indicando al collega che volevo utilizzare la procedura "catch the eye" per intervenire, cosa che ho il permesso di fare, e credevo di essermi fatto capire.
Desidero ringraziare l’onorevole Meijer per le sue considerazioni. Ha fatto anche riferimento al coraggioso lavoro del ministro norvegese Soldheim, che ho incontrato 10 giorni fa a Oslo.
Sono pienamente d’accordo con l’onorevole Gahler, che ha parlato in maniera molto sensata: è il destino dei civili che ci preoccupa. A mio parere, l’emendamento più importante è l’emendamento n. 1, che richiede un cessate il fuoco totale e immediato nell’interesse di tutti gli abitanti dello Sri Lanka.
Ci sono molte prove, tutt’altro che indirette: alcune ci vengono dall’ufficio del direttore regionale per i servizi sanitari del governo dello Sri Lanka, che parla di una catastrofe umanitaria e delle pessime condizioni in cui versa la popolazione. Fanno eco la Commissione europea, il CICR, l’ONU, il Gruppo di crisi internazionale e Refugee Care Netherlands. Il tema della discussione di questa sera è il deterioramento della situazione umanitaria nello Sri Lanka e dobbiamo fare tutto il possibile per evitarlo. Sono convinto che siamo in grado di farlo se troviamo la maniera giusta di procedere.
Presidente. – Onorevoli deputati, ho applicato rigorosamente il regolamento. Dal momento che avevo la possibilità di far intervenire cinque oratori e che solo tre avevano effettivamente parlato ho deciso di dare la parola anche all’onorevole Evans.
Benita Ferrero-Waldner, membro della Commissione. (EN) − Signor Presidente, desidero ringraziare gli onorevoli deputati per quella che è stata una discussione molto significativa, benché breve e svoltasi a tarda sera.
Sin dall’inizio del mandato della Commissione, in veste di copresidente, la situazione dello Sri Lanka è stata per me fonte di grande preoccupazione. Ci sono stati momenti, principalmente all’inizio, in cui abbiamo sperato, ma ora quella speranza è svanita. Volevo partecipare al processo di Ginevra ma sembrava che fosse difficile per il governo dello Sri Lanka. In ogni caso, purtroppo, quel processo si è interrotto. Ero anche disposta a recarmi fino al nord per dare il via alla mediazione, come il mio predecessore Patten. Ma il nord non era pronto — ufficialmente l’onorevole Prabhakaran aveva il morbillo o la varicella. In ogni caso, concordo pienamente con l’onorevole Gahler, che ha affermato — e si tratta anche della mia preoccupazione — che dovremmo mettere davanti a tutto la questione dei civili e quella umanitaria.
Come spesso accade, siamo stati il maggiore donatore di aiuti umanitari nello Sri Lanka. Nel periodo 2008-2009, abbiamo stanziato 19 milioni di euro per gli aiuti umanitari, che sono poi stati gestiti attraverso i nostri partner quali il CICR, le Nazioni Unite e anche alcune organizzazioni non governative internazionali. Queste organizzazioni sono disposte ad assistere le popolazioni colpite ma hanno dei problemi reali — dei quali ci riferiscono — ad accedere alle aree del conflitto. Dal settembre 2008, il CICR è stata l’unica organizzazione a poter operare nelle aree controllate dalle Tigri tamil a Vanni. Il Programma alimentare mondiale ha potuto inviare qualche convoglio alimentare, ma ciò è bastato a coprire soltanto circa il 50 per cento del fabbisogno. Dal 2008 abbiamo destinato altri 7 milioni di euro alle due organizzazioni umanitarie. Abbiamo insistito fortemente, sia a Colombo sia a Bruxelles, affinché le organizzazioni umanitarie potessero avere accesso alla popolazione.
Quindi posso soltanto dire — assieme agli altri copresidenti, in particolare la Norvegia — che abbiamo sfruttato ogni opportunità per insistere con le parti affinché attuassero l’accordo del 2002 per un cessate il fuoco e risolvessero il conflitto con mezzi pacifici, ma nulla ha funzionato. Molti degli appelli per il ritorno al tavolo dei negoziati sono stati totalmente ignorati e purtroppo è prevalsa la strada militare. L’area di intervento della comunità internazionale è andata restringendosi sempre di più negli ultimi tre anni, ma nessuno dei copresidenti ha abbandonato la missione. Siamo tutti rimasti fedeli all’impegno di contribuire a una soluzione pacifica del conflitto, come si vede dall’ultimo comunicato stampa dei copresidenti, pubblicato il 3 febbraio di cui siete sicuramente a conoscenza.
Perciò, quello che dobbiamo fare ora è continuare a insistere affinché le organizzazioni umanitarie abbiano accesso all’area, per evacuare la popolazione civile, e per poi tentare, al momento più appropriato, di iniziare a favorire un dialogo politico tra le parti belligeranti e provare a persuaderli che quella politica è l’unica via d’uscita praticabile. Altrimenti si scatenerà una guerriglia che non risolverà nulla in quest’isola meravigliosa, che in passato era un paradiso e che potrebbe tornare a esserlo.