Presidente. – L'ordine del giorno reca la relazione di Gyula Hegyi, a nome della Commissione per la cultura e l'istruzione, sul dialogo attivo con i cittadini sull'Europa [2008/2224(INI)].
Gyula Hegyi, relatore. – (HU) Per chi cerca di raggiungerla da continenti lontani o dai Balcani, l'Europa è la terra promessa. Ma al contempo è anche l'emblema del disincanto, della disaffezione e della burocrazia per quanti già vi vivono: i cittadini dell'Unione, dall'uomo della strada all'intellettuale opinionista.
Quando ho ricevuto la relazione, ho subito iniziato a leggerla con grande entusiasmo, che però è andato scemando durante la lettura: mi sono reso conto di quanti ostacoli si frappongano a un dialogo attivo con i cittadini, di quanto le strutture burocratiche dell'Unione europea siano lontane dalla quotidianità e dalle aspirazioni dei cittadini. Grazie alla relazione, però, ho constatato – e non mi sorprende – come a un più basso livello socioeducativo corrispondano un maggior euroscetticismo e una minor comprensione dell'integrazione.
Credo quindi, ed è questa la parte più importante della mia relazione, che, al di là dei giovani – facilmente conquistabili alla causa dell'integrazione europea agendo nell'istruzione – il nostro target debbano essere anzitutto coloro che non sono sin qui stati raggiunti: i residenti in piccoli villaggi, la classe lavoratrice, pensionati, i ceti più modesti e meno abbienti in generale. Dobbiamo escogitare il modo di comunicare a tutti costoro l'ideale europeo, i valori di un'Europa unita.
Nella relazione, suggerisco di aumentare drasticamente il numero delle borse di studio del progetto Erasmus; al riguardo la sezione giovanile del partito socialista ungherese ha redatto una proposta a sé. Solo una piccola percentuale degli studenti ungheresi riesce a beneficiare di questo programma di scambi, mentre l'ideale sarebbe che, per laurearsi, chiunque studi almeno sei mesi all'estero.
Avevo poi avanzato la mia personale proposta di un anno di insegnamento di Storia unificato in tutta Europa, per far sì che tutti gli alunni studino la stessa storia europea, in 23 lingue e in 27 paesi diversi per almeno un anno. La reazione della Commissione è stata moderata e, nel suo testo, la proposta è stata recepita solo in versione annacquata.
Basandomi sulle raccomandazioni di docenti universitari ungheresi, ho proposto la creazione di una European Open University, una sorta di “Volkshochschule”, di scuola comunitaria aperta a tutti, alla quale possa iscriversi chiunque, in tutta Europa, a prescindere dal titolo di studio detenuto, per seguire un piano di studi dalla struttura flessibile che abbia come oggetto la storia dell'Unione europea, della sua creazione e delle sue realizzazioni.
Da tempo, deputati di questo Parlamento auspicano – e, potremmo dire, chiedono – che Euronews, finanziata almeno in parte da fondi comunitari, trasmetta nella lingua ufficiale di ciascuno Stato membro. Trovo assurdo che l'emittente trasmetta in arabo o in russo, ma non in ungherese o nella lingua di altri Stati membri. Tra l'altro, signor Commissario, mi duole doverle riferire – presumo che lo ascolti ora per la prima volta – che i pacchetti di distribuzione televisiva via cavo offerti a Budapest non comprendono più Euronews in inglese, sostituita con un canale in cinese che, a quanto pare, è più richiesto di Euronews proprio perché quest'ultima non trasmette in ungherese, mentre nel mio paese risiedono ormai molti cinesi.
Vi è stato un ampio dibattito e vorrei informare il commissario, se è presente, che avrei voluto raccomandare ai funzionari europei una più franca comunicazione con i media rispetto a oggi. Il problema è che spesso non vi è nessuno in grado di esporre con competenza la posizione della Commissione, con il risultato che passa solo il messaggio dei detrattori.
Infine, poiché il mio tempo di parola è esaurito, un'ultima frase: ho suggerito il coinvolgimento nelle campagne dell’Unione di ONG locali, che conoscono meglio le realtà locali e sanno con che linguaggio rivolgersi alla popolazione.
Louis Michel, membro della Commissione. – (FR) Signor Presidente, mi consenta una brevissima digressione, a titolo strettamente personale, che non ha nulla a che vedere con quanto chiestimi dalla mia collega. Non capisco bene il suo auspicio di vedere le ONG partecipare alla campagna elettorale. Non capisco, ma giro la sua richiesta alla mia collega.
L'attuale situazione politica ed economica fa crescere, ovviamente, la necessità di un dialogo attivo con i cittadini, che vanno informati dei cambiamenti in seno all'Unione europea, suscettibili di un effetto diretto o indiretto sulle loro vite di ogni giorno e nei quali devono poter intervenire.
E' questa la base del lavoro svolto dalla Commissione negli ultimi quattro anni. Accolgo con grande favore la relazione dell'onorevole Hegyi sul dialogo attivo con i cittadini sull'Europa. Ci stiamo sforzando di dare ai cittadini dei 27 Stati membri una vasta gamma di informazioni di base sull'Unione, che permetta loro non solo di capire come l'UE possa contribuire a rispondere alle grandi sfide che oggi attendono l'Europa e il mondo, ma anche di scambiarsi opinioni in merito.
Ci stiamo sforzando anche di creare molti più forum di discussione accessibili in merito, facendo uso di tutte le risorse e le tecnologie disponibili oggi: nei forum online, nei media, a livello locale.
Pur condividendo numerose raccomandazioni della relazione, la mia collega non può far propria la tesi che la comunicazione sia stata sinora inefficace e aggiunge che, sebbene questa sia certo migliorata negli ultimi anni, occorre rimanere realistici su ciò che si può fare con un budget di soli 100 milioni di euro per 27 Stati membri, 23 lingue e quasi 500 milioni di cittadini.
Per giunta, la Commissione non può essere certo la sola a comunicare con i cittadini sul tema dell'Europa. Occorre l'impegno corale di tutte le istituzioni e di tutti gli Stati membri. Ecco perché abbiamo negoziato con loro e con il Parlamento un accordo per una comunicazione congiunta sull'Europa. Tale accordo politico, intitolato “Comunicare l'Europa in partenariato”, è stato firmato il 22 ottobre 2008. E' la prima volta che le istituzioni degli Stati membri dell'Unione si uniscono in uno sforzo congiunto di comunicazione al cittadino sul tema dell'Europa. Ora è essenziale che l'accordo venga attuato pienamente. Concordo del tutto sull'importanza di consultare i cittadini e di estendere il dialogo a tutti i livelli della società.
Il dialogo regolare tra la Commissione ed esponenti della società civile ha preso il via oltre trent'anni fa. Si ispira alla politica di trasparenza e inclusione che la Commissione persegue da anni ed è la dimostrazione della grande varietà di ambiti di azione e dell'eterogeneità dei soggetti in causa.
Sottolineo che la cooperazione tra delegazioni della Commissione e gli uffici d'informazione del Parlamento negli Stati membri è nel complesso ottima.
Le imminenti elezioni europee sono un eccellente esempio della volontà politica delle due istituzioni di collaborare alla definizione di priorità congiunte sul fronte della comunicazione.
Quanto al bisogno di informazione a livello locale e regionale, specie pensando ai giovani, a chi vota per la prima volta e alle donne, noto con soddisfazione le congratulazioni rivolte alla Commissione per la selezione dei progetti a titolo del Piano D.
Colgo l'occasione per annunciare che la Commissione intende, sempre nel contesto elettorale, varare speciali attività nel quadro dell'iniziativa Piano D di Debate Europe. Sulla creazione di un nuovo sito web e sui legami con le emittenti locali, tengo a dire che la Commissione sta creando ora reti di emittenti radiotelevisive che manderanno in onda programmi su temi europei. A processo ultimato, insieme a Euronews queste reti copriranno ogni settimana tra i 60 e i 90 milioni di cittadini, in tutte le lingue dell'Unione.
Quanto all'importanza di introdurre corsi di diritto europeo e di storia europea nei programmi scolastici, la Commissione conviene che ai giovani vadano insegnate già a scuola le cognizioni di base sull'Unione europea. Confidiamo che gli Stati seguano questo suggerimento su un tema di tale importanza.
Le raccomandazioni interessanti su cui soffermarsi sarebbero ancora tante, ma purtroppo il tempo è limitato.
Vorrei concludere tornando su un elemento essenziale dello sforzo d'insieme messo in campo dalle istituzioni europee: una comunicazione efficace è possibile solo con l'apporto di tutte le parti in causa. La Commissione apprezza il fermo appoggio che riceve del Parlamento e, dal canto mio, plaudo al suo impegno personale come deputato di questo Parlamento.
Presidente. – La presentazione è chiusa.
La votazione si svolgerà martedì 24 marzo 2009.
Dichiarazioni scritte (articolo 142 del regolamento)
John Attard-Montalto (PSE), per iscritto. – (EN) E' questo uno dei problemi più importanti da affrontare: la popolazione europea non sente la cittadinanza europea. Tale concetto è ancora poco chiaro mentre la nozione di cittadinanza nazionale rimane predominante.
Quasi tutti i cittadini si sentono esclusi da questo processo e vedono nell'UE un'istituzione a sé stante. Per ricucire il filo occorre potenziare il dialogo con i cittadini, ratificare il trattato di Lisbona e dare spazio alla consultazione e al dibattito pubblico.
Un anno fa, nell'aprile 2008, è sorta l'idea di Debate Europe, che consente di abbattere il muro, spesso artificioso, che separa i temi nazionali da quelli europei.
Ciò che conta, però, è che il cittadino abbia un'idea chiara della direzione che il processo europeo dovrà prendere. Vi sono due diversi approcci che non possono continuare a esistere in parallelo. Bisogna scegliere. Siamo per un'Unione pienamente integrata o per un affinamento dello status quo? Vedendo i governi oscillare dall'uno all'altro, c'è poi da stupirsi se il cittadino vive questo processo come una cosa che non lo riguardi?
Magda Kósáné Kovács (PSE), per iscritto. – (HU) La relazione di Gyula Hegyi’s getta luce su un'importante problematica contemporanea. La ratifica del trattato di Lisbona, garanzia di un'Unione più efficace e democratica, è stata bocciata dagli irlandesi in un referendum. Ciò ha seminato in Europa il germe dell'incertezza e del disorientamento.
Occorre far sì che i cittadini europei abbiano più voce in capitolo, al momento di definire le politiche dell'Unione. Ciò presuppone un'istruzione adeguata, perché non a caso l'integrazione è più osteggiata proprio dagli strati meno colti. Per esempio, è essenziale diffondere le cognizioni in materia di UE e di cittadinanza in forma di università aperta, o nell'istruzione secondaria. E' fondamentale che i cittadini conoscano i loro diritti, che sappiano che l'Unione non agisce sopra le loro teste, ma al loro fianco. Dobbiamo garantire che nelle regioni più arretrate vi siano adeguate fonti di informazione. Il garante di una democrazia funzionante non è la burocrazia, ma il cittadino: è questo il senso di una vera cultura democratica. E' indispensabile che i media contribuiscano a sviluppare la comunicazione fra il cittadino e le istituzioni, nonché fra cittadini.
Non possiamo attenderci decisioni responsabili, anzi, non attendiamoci nessuna decisione da parte del cittadino, se questi non riceve un'informazione adeguata. E' questa una nostra responsabilità, un nostro preciso dovere, mentre decidere è un diritto dei cittadini. Il prossimo maggio si compiono cinque anni dall'adesione dell'Ungheria all'UE e possiamo già constatare che l'Unione non è senza volto, ma che siamo noi, è la sommatoria di tutti i singoli cittadini. Dobbiamo sapere che il processo decisionale è nelle nostre mani. Non sprechiamo questa opportunità.
Sirpa Pietikäinen (PPE-DE), per iscritto. – (FI) Ringrazio il relatore per l'ottimo lavoro. A suo merito, ha saputo toccare tanti temi importanti che ci riportano all'interazione fra l'Unione e i suoi cittadini.
L'UE non riscuote troppi consensi nella popolazione di nessuno Stato membro. Il referendum in Irlanda lo scorso luglio ha mostrato che gli irlandesi, quantomeno, non vogliono più Unione. Per qualche ragione, i messaggi negativi, i timori di vedere lo Stato risucchiato da una Bruxelles senza volto sono passati meglio di qualunque nota positiva su tutto il bene che l'Unione ha fatto. L'ignoto spaventa ed è facile alimentare questa paura.
Un forte impegno da parte di singoli e ONG verso le tante attività dell'Unione la renderebbe certo più accettata. Quanto al piano giuridico in particolare, cittadini e associazioni debbono avere più margine di influenza e più modo di esprimersi in tutte le fasi del processo legislativo.
Il relatore menziona anche un fatto interessante in rapporto ai referendum più recenti: le donne votano contro l'UE più degli uomini. Evidentemente, qualcosa le spinge a ritenere l'UE come più lontana.
Una ragione è ovvia: questa è un'Unione sostanzialmente al maschile. Il presidente della Commissione è uomo, così come quasi il 70 per cento dei commissari. E' uomo anche il Presidente del Parlamento europeo e uomini sono i presidenti di quasi tutte le commissioni. Nella prossima legislatura, al momento di assegnare le massime cariche dell'UE, è fondamentale rispettare la parità tra i due sessi e attribuirne almeno una a una donna.
Un dialogo attivo con la società civile è la via maestra per risaldare la legittimazione dell'Unione.
Daciana Octavia Sârbu (PSE), per iscritto. – (RO) Come sempre, l'avvicinarsi delle elezioni europee riapre la questione del grado di informazione fornita e delle carenze nel dialogo con i cittadini, specie a livello europeo.
In tale contesto, saluto la proposta di risoluzione sul dialogo attivo con i cittadini, che sottolinea l'importanza di coinvolgere le istituzioni europee, i sistemi di istruzione in Europa e i mass media. La bocciatura del trattato costituzionale in Francia e il no di Irlanda e Paesi Bassi al trattato di Lisbona usciti dalle urne hanno evidenziato come una campagna mirata ai cittadini meno istruiti sia una non solo praticabile, ma anche strategicamente necessaria. Tesi che sostengo appieno.
Data la sempre maggior diffusione di Internet negli Stati dell'UE, questo strumento va messo a frutto per rendere più incisivo il dialogo con i cittadini. Ciò permetterebbe di registrarne le opinioni per un successivo uso ai fini dei processi decisionali. Credo inoltre che la storia dell'UE, le sue modalità di funzionamento e i diritti del cittadino debbano assurgere a componente essenziali dei programmi scolastici in tutta Europa.
Resto quindi fortemente convinta che possano esservi le condizioni per un coerente dialogo con i cittadini, che permetta di trattare l'Europa e l'Unione in un'ottica nuova, in base a un'accurata informazione e a una vera conoscenza.
Dushana Zdravkova (PPE-DE), per iscritto. – (BG) Onorevoli parlamentari, mi congratulo con l'onorevole Hegyi per l'eccellente relazione che, ne sono certa, darà un contributo essenziale all'avvio di un dialogo coi cittadini dell'Unione europea.
Il buon esito delle priorità di comunicazione delle istituzioni europee, di concerto con gli Stati membri, segnerà un passo importante per una miglior informazione del cittadino. Gli europei possono cogliere le opportunità offerte loro, e partecipare appieno a un dialogo attivo sull'Europa, solo se adeguatamente informati. Abbiamo già toccato con mano quali siano le conseguenze di una cattiva informazione: i no ai referendum e lo stallo della costruzione europea.
Come presidente di un'associazione di cittadini bulgara, resto persuasa che coinvolgere il cittadino nel processo decisionale significhi dargli modo di contribuire direttamente al divenire politico dell'Unione. E' questo uno degli ambiti in cui più urgono riforme e progressi.
Credo che questa relazione consentirà al Parlamento europeo di fornire alle altre istituzioni gli orientamenti e le raccomandazioni del caso, ma anche alle organizzazioni di cittadini: è il cittadino la chiave di volta di ogni futuro sviluppo dell'Europa. Senza la sua collaborazione, senza il suo coinvolgimento, non potremo mai raggiungere gli obiettivi che ci siamo posti.