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Procedura : 2008/2130(INI)
Ciclo di vita in Aula
Ciclo dei documenti :

Testi presentati :

A6-0031/2009

Discussioni :

PV 24/03/2009 - 3
CRE 24/03/2009 - 3

Votazioni :

PV 24/03/2009 - 4.19
Dichiarazioni di voto

Testi approvati :

P6_TA(2009)0164

Resoconto integrale delle discussioni
Martedì 24 marzo 2009 - Strasburgo Edizione GU

3. Libro verde sulla coesione territoriale e stato della discussione sulla futura riforma della politica di coesione - Migliori prassi nella politica regionale e ostacoli nell'utilizzo dei Fondi strutturali - Dimensione urbana della politica di coesione nel nuovo periodo di programmazione - Complementarità e coordinamento della politica di coesione e delle misure di sviluppo rurale - Attuazione del regolamento sui Fondi strutturali 2007-2013 - Iniziativa europea per lo sviluppo del microcredito a sostegno della crescita e dell’occupazione (discussione)
Video degli interventi
Processo verbale
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  Presidente. – L'ordine del giorno reca, in discussione congiunta, le seguenti risoluzioni:

- A6-0083/2009 presentata dall’onorevole van Nistelrooij, a nome della commissione per lo sviluppo regionale, sul Libro verde sulla coesione territoriale e lo stato della discussione sulla futura riforma della politica di coesione [2008/2174(INI)];

- A6-0095/2009 presentata dall’onorevole Krehl, a nome della commissione per lo sviluppo regionale, sulle migliori prassi nel settore della politica regionale e gli ostacoli nell’utilizzo dei Fondi strutturali [2008/2061(INI)];

- A6-0031/2009 presentata dall’onorevole Vlasák, a nome della commissione per lo sviluppo regionale, sulla dimensione urbana della politica di coesione nel nuovo periodo di programmazione [2008/2130(INI)];

- A6-0042/2009 presentata dall’onorevole Roszkowski, a nome della commissione per lo sviluppo regionale, sulla complementarietà e il coordinamento della politica di coesione e delle misure di sviluppo rurale [2008/2100(INI)];

- A6-0108/2009 presentata dall’onorevole Mikolášik, a nome della commissione per lo sviluppo regionale, sull’attuazione del regolamento sui Fondi strutturali per il periodo 2007-2013: risultati dei negoziati relativi alle strategie nazionali e ai programmi della politica di coesione [2008/2183(INI)];

- A6-0041/2009 presentata dall’onorevole Becsey, a nome della commissione per i problemi economici e monetari, sull’iniziativa europea per lo sviluppo del microcredito a sostegno della crescita e dell’occupazione [2008/2122(INI)].

 
  
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  Lambert van Nistelrooij, relatore.(NL) Signora Presidente, è esplicito desiderio della commissione per lo sviluppo regionale del Parlamento tenere un’unica discussione congiunta sul futuro della politica di coesione alla fine di questo mandato, ma tra oggi e domani dovremo discutere e anche votare su non meno di cinque importanti relazioni presentate dai deputati dell’Assemblea, così a ridosso delle elezioni europee. Stiamo parlando della principale voce di bilancio della Comunità europea e dell’elemento più visibile agli occhi dei cittadini. La politica di coesione ha dipinto sul volto dell’Europa tratti di interdipendenza e solidarietà. Nessun’altra regione al mondo ha creato una simile coesione reciproca. La coesione rientra nuovamente tra gli obiettivi fondamentali del nuovo trattato di Lisbona aggiungendo una terza componente, quella della coesione territoriale.

I periodi atipici richiedono nuove risposte. La crisi finanziaria, la maggiore concorrenza legata alla globalizzazione, la crisi climatica e, a tutt’ora, l’incapacità di raggiungere gli obiettivi di Lisbona richiedono un approccio maggiormente integrato, associato al rafforzamento e a un impulso della politica regionale. Tali tematiche vengono affrontate nel Libro verde dinanzi a noi. Questo Libro verde è lungi dall’essere la solita pubblicazione: è una richiesta di migliore governance e coesione territoriale, critica degli sviluppi che vedono alcune regioni spiccare il volo e le grandi aree urbane progredire, e altre regioni rimanere indietro. Non è questa l’Europa a cui ambisce il Parlamento. Nella discussione congiunta di oggi decidiamo quindi il senso di marcia per il periodo successivo al 2013, dopo la revisione della legislazione che inizieremo nel prossimo mandato parlamentare in seguito alle elezioni.

Farò una breve panoramica sui punti salienti di questa discussione e della coesione territoriale. Nel 2005, l’onorevole Guellec ha esposto nella sua relazione i desideri del Parlamento. La nuova dimensione territoriale è ora considerata un obiettivo permanente dagli articoli 13 e 174 del nuovo trattato di Lisbona. A mio avviso, si oppone apertamente a un’Europa asimmetrica composta da regioni che si sviluppano a pieno ritmo lasciando indietro le aree più rurali. Esprime al tempo stesso l’unità e la diversità dei centri d’eccellenza o pôles d'excellence e la posizione specifica di altre regioni e luoghi dotati di qualità e complessità proprie. La coesione territoriale, inoltre, integra la politica di coesione economica e sociale in essere. E’ un concetto integrato. Fornisce un quadro generale sugli effetti delle attività settoriali decentrate e comunitarie come la ricerca e lo sviluppo, la politica agricola comune, il traffico e i trasporti, la situazione lavorativa e la lotta ai cambiamenti climatici.

Il concetto di coesione territoriale, come sembra suggerire la consultazione degli ultimi sei mesi, è stato ampiamente sottoscritto e ciò è motivo di rallegramento. Il concetto integra la concentrazione e, al tempo stesso, il collegamento e la cooperazione, e lo vorremmo approfondire nel prossimo periodo.

 
  
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  Constanze Angela Krehl, relatore. – (DE) Signora Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, la politica di coesione è importante per l’Europa, è un’espressione di solidarietà. Tuttavia, non è solo necessaria a chi, nella società, sembra essere più debole. Tutti i cittadini hanno bisogno di una politica di solidarietà e di integrazione europea. Ciò complica di molto le cose se non vengono sfruttati i Fondi strutturali nelle regioni, che sono più di 260 nell’Unione europea. Questo succede non perché non ci sia bisogno di aiuto, ma perché gli ostacoli all’ottenimento dei fondi sono troppo grandi da sormontare. Alcuni di questi si riscontrano a livello nazionale. Ovviamente, il rispetto delle norme e l’esecuzione di controlli per garantire il corretto utilizzo dei soldi versati dai contribuenti europei sono una condizione di base fondamentale. Ciononostante, questo non deve risultare in lunghi e incomprensibili moduli di candidatura o spiegazioni sull’ottenimento dei fondi, da risultare chiari solo a un dottorando.

Pertanto, nella relazione invoco misure specifiche per snellire la burocrazia a livello europeo, perché spetta a noi farlo. Occorre, ad esempio, semplificare il sistema dei controlli, ridurre gli oneri amministrativi sui progetti e modificare la portata dei progetti. Inoltre si devono semplificare, chiarire e accelerare le procedure progettuali, da orientare maggiormente ai risultati. Sono però convinta sia possibile fare qualcosa in tal senso anche a livello regionale e nazionale.

La seconda parte della mia relazione verte sulle migliori prassi nella politica di coesione. Non si tratta di reinventare la ruota: non sarebbe efficiente né intelligente. Dobbiamo quindi trovare un sistema perché altri possano sfruttare buoni esempi progettuali. Poiché ogni anno ci sono decine di migliaia di progetti sulla politica di coesione, il trucco è individuare, selezionare e fornire informazioni sui progetti esemplari nelle regioni. Credo che, in questo senso, la Commissione sia già partita bene: si pensi all’iniziativa RegioStars che, però, deve essere ulteriormente sviluppata.

In alcuni settori che ritengo essere fondamentali, la relazione propone criteri di selezione per i progetti. I settori fondamentali comprendono, per citarne alcuni, ricerca e innovazione, la creazione di posti di lavoro di elevata qualità, il sostegno alle PMI, i progetti sul clima, lo sviluppo urbano integrato e lo sviluppo dei progetti di partenariato tra settore pubblico e privato. I criteri per scegliere i progetti fondati sulle migliori prassi, ad esempio, potrebbero riguardare la qualità e la sostenibilità dei progetti, l’impulso che forniscono alle regioni e all’Unione europea, l’uso efficace delle risorse e, ovviamente, la trasferibilità ad altre regioni.

Ovunque si trovano buoni esempi. Nell’allegato alla relazione ho elencato alcuni progetti, attuati in tutti gli Stati membri, di cui sono venuta a conoscenza grazie al lavoro preliminare svolto nelle regioni. Vorrei ricordarne alcuni: un centro di eccellenza per le tecnologie ambientali in Slovenia, il centro di mobilità del Burgenland in Austria, il concorso “Brain hunt” in Estonia, la ricostruzione dell’Istituto Fraunhofer per la terapia cellulare e l’immunologia in Germania, il parco della scienza a Granada in Spagna e lo sviluppo della problematica area urbana del “Leipziger Osten” in Germania.

Infine, in qualità di relatrice e coordinatrice del mio gruppo, desidero esprimere i più calorosi ringraziamenti ai colleghi per la collaborazione dimostrata, non solo per redigere questa relazione ma anche negli ultimi cinque anni. Vorrei inoltre ringraziare la Commissione, la commissione per lo sviluppo regionale e tutto l’organico per la loro cooperazione. Spero che, in futuro, continueremo a lavorare insieme allo stesso modo.

(Applausi)

 
  
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  Oldřich Vlasák, relatore. – (CS) Signora Commissario, onorevoli colleghi, vorrei presentare brevemente la relazione sulla dimensione urbana della politica di coesione. E’ un documento che prende in esame le possibilità e il coinvolgimento delle città nella gestione e nell’utilizzo dei fondi europei nell’attuale periodo di programmazione. E’ una relazione che fornisce orientamenti e, al tempo stesso, dà suggerimenti su come adattare i regolamenti dei Fondi strutturali affinché possano meglio rispondere alle esigenze delle città e metropoli europee. Nel redigere il documento non mi sono solo basato su studi scientifici e pareri di esperti appartenenti a gruppi di interesse come il Consiglio dei comuni e delle regioni d’Europa ed EUROCITIES, ma soprattutto sull’esperienza diretta e i pareri di sindaci, consiglieri, dirigenti comunali, responsabili di progetto e chiunque operi con i fondi europei. Uno degli incontri ispiratori che ci hanno dato l’opportunità di tenere discussioni congiunte sulla dimensione urbana è stato un evento dal titolo “Giornata europea della dimensione urbana” che, insieme ai partner, ho organizzato a Praga all’inizio di febbraio durante la presidenza ceca dell’Unione europea. In questo senso desidero nuovamente ringraziare il commissario Hübner, l’onorevole Soboda e gli onorevoli Olbrycht, Beaupuy e Kallenbach per avere partecipato in maniera proattiva.

E’ logico che la nostra attenzione si concentri sulle città. Le città ospitano l’80 per cento dei circa 500 milioni di abitanti dell’Unione europea. E’ nelle città che troviamo gran parte dei posti di lavoro, delle aziende e degli istituti scolastici. Le città generano più del 70 per cento dell’IVA in Europa e, pertanto, rappresentano un indubbio stimolo per la crescita economica dell’intero continente, diventando ancora più importanti in periodo di crisi. Molte città, però, devono affrontare una serie di gravi problemi. Per tale motivo, città e aree urbane meritano particolare attenzione nel quadro della politica di coesione.

Vorrei soffermarmi su due delle principali idee contenute nel testo della relazione. La prima riguarda la questione della subdelega, ovvero trasferire il controllo delle risorse europee alle città. Benché la legislazione europea già preveda la subdelega delle risorse alle città che le possono erogare per la messa a punto di piani di sviluppo integrati, gli Stati membri hanno sfruttato questa possibilità solo marginalmente. Uno dei principali scopi della relazione è sostenere il ruolo delle città nel processo di coesione. Dobbiamo smettere di considerare le città solo come beneficiari finali e guardarle, invece, come entità che amministrano territori. Proprio come le regioni e gli organi amministrativi nazionali gestiscono il proprio bilancio, le città devono assumersi maggiori responsabilità nell’assistenza strutturale alla programmazione e nella distribuzione dei Fondi strutturali. La dimensione urbana deve diventare obbligatoria.

La seconda idea importante è sfruttare concretamente il potenziale dello strumento finanziario JESSICA. Sinora la politica di coesione si è basata esclusivamente su un sistema di sovvenzioni, ovvero di contributi non rimborsabili. Le organizzazioni e gli individui che presentano progetti sono quindi abituati a una situazione in cui ricevono, gratuitamente, fondi europei e risorse di bilancio nazionali destinate al cofinanziamento. La priorità è spesso sfruttare i fondi, non investirli in maniera efficace o valutare le risorse disponibili. Di conseguenza il sistema delle sovvenzioni talvolta porta a una situazione in cui parte dell’assistenza strutturale non viene usata in maniera efficiente. In questo periodo di programmazione abbiamo visto attuare JESSICA per dare spazio a una modifica sistematica della politica di coesione. Il problema, però, è che l’opportunità non è stata sfruttata. Le cose devono cambiare nel prossimo periodo di programmazione. La politica europea deve sfruttare maggiormente le possibilità legate all’utilizzo dei meccanismi di ingegneria finanziaria come i crediti rotativi. Per il momento è tutto. Voglio ringraziare tutti coloro che mi hanno aiutato nel redigere questa relazione.

 
  
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  Wojciech Roszkowski, relatore. (PL) Signora Presidente, la riforma della politica strutturale dell’Unione europea per il periodo 2007-2013 ha comportato alcune modifiche dei fondi a livello strutturale e dei principi di distribuzione degli aiuti. La creazione di un nuovo Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale, legato alla politica agricola comune, rappresenta un importante cambiamento. Se, nelle prospettive finanziarie per il 2000-2006, i mezzi destinati allo sviluppo rurale erano legati ai Fondi strutturali e alla politica di coesione, separandoli in questo modo dai mezzi destinati alla PAC, nel nuovo quadro finanziario per il 2007-2013 sono diventati parte integrante di una rubrica collegata alla PAC. A seguito di tali modifiche, è opportuno chiedersi se questa separazione dei fondi abbia realmente consentito di migliorare l’efficacia dei fondi disponibili.

Il fatto di collegare i fondi della PAC ai mezzi destinati allo sviluppo rurale non è che una semplificazione apparente della struttura del bilancio. In realtà, ciò contribuisce a far sì che mezzi destinati a obiettivi non agricoli siano separati dalla politica di coesione e, di conseguenza, che alcuni obiettivi diano luogo a ripetizioni o siano semplicemente negati in ciascun ambito. Vi è un rischio che i mezzi disponibili nell’ambito della politica regionale siano utilizzati in gran parte per lo sviluppo della competitività economica concentrata nei centri urbani più importanti o nelle regioni più dinamiche, mentre il fondo per lo sviluppo rurale è destinato principalmente a un miglioramento non prettamente agricolo, ovvero al miglioramento della competitività dell’agricoltura. In queste circostanze, le spese destinate al sostegno delle attività non agricole e dello sviluppo delle PMI nelle zone rurali potrebbero trovarsi nel punto di convergenza tra i due fondi, senza essere coperte da nessuno dei due.

La mancanza di mezzi potrebbe essere percepita anche nei servizi pubblici di base e negli investimenti destinati alle infrastrutture nelle zone rurali, ambiti in cui il Fondo di coesione dovrebbe apportare ugualmente il suo contributo. Alla luce di ciò, l’elaborazione di una strategia trasparente per le aree rurali a lungo termine a livello sia degli Stati membri che regionale riveste un’importanza fondamentale se si vogliono identificare chiaramente le priorità e gli obiettivi in materia di sviluppo rurale e, di conseguenza, adattare gli aiuti provenienti da fonti disponibili diverse. L’associazione del secondo pilastro alle politiche di coesione richiederebbe tuttavia un coordinamento diretto delle azioni su scala nazionale.

Finora, la nozione di zone rurali non è stata ancora definita in modo preciso. Le zone rurali tradizionali si differenziano dalle zone urbane per la minore densità di popolazione, per la diversa struttura d’impiego, per il reddito inferiore e per l’accesso più limitato alle strade pubbliche. Dal punto di vista della coesione territoriale che, ripeto, a sua volta non è stata adeguatamente definita, una minore densità di popolazione non dovrebbe rappresentare una caratteristica determinante.

La modernizzazione della struttura sociale, ivi inclusa la struttura d’impiego, costituisce uno degli obiettivi di sviluppo dell’Unione europea. La coesione territoriale può pertanto essere rinforzata mediante il ravvicinamento delle strutture d’impiego rurali e urbane. Le principali sfide in materia di coesione territoriale, comunque, rimangono il livello di reddito e l’accesso ai beni pubblici, mentre il sostegno delle attività non agricole nelle regioni rurali rappresenta il metodo più efficace per realizzare questi obiettivi. Lo sviluppo rurale non dovrebbe tuttavia comportare una diminuzione dei mezzi destinati agli aiuti diretti all’agricoltura.

La difficoltà collegata all’attuazione della politica di sviluppo rurale risiede nella sovrapposizione tra le politiche settoriali e la politica di coesione territoriale, così come tra le dimensioni economiche e sociali, e pertanto le attività precedentemente svolte si sono concentrate sulla separazione dei poteri, e non sulla creazione di sinergie. L’obiettivo del coordinamento dovrebbe invece essere proprio la creazione di sinergie nell’utilizzo dei fondi. Nei diversi Stati membri, esistono varie modalità di coordinamento di queste attività. Al momento attuale è difficile affermare che la soluzione di un paese possa rappresentare un modello per gli altri paesi. Pare effettivamente che la volontà politica sia l’unica chiave di successo in questo ambito, piuttosto che una o l’altra soluzione organizzativa. Questo è anche il motivo per cui potrebbe essere utile applicare il metodo di coordinamento aperto su scala comunitaria a questo aspetto della cooperazione.

È tuttavia opportuno sottolineare che la politica di sviluppo rurale esercita un notevole impatto sulla coesione territoriale. Per questo non sembra opportuno separare le attività previste da questa politica dalla politica di coesione e dalle misure di sviluppo regionale. Questa politica può contribuire, in modo più efficace della PAC, a risolvere alcuni problemi di sviluppo rurale che non riguardano il settore agricolo, almeno in materia di aiuti alla riconversione professionale delle risorse umane verso altri settori economici. Ciononostante, la politica di sviluppo rurale non potrà essere integrata alla politica di coesione se gli opportuni fondi non saranno destinati allo sviluppo rurale.

 
  
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  Miroslav Mikolášik, relatore. (EN) Signora Presidente, prima di aprire la discussione inerente alla relazione sull’attuazione del regolamento sui Fondi strutturali per il periodo 2007-2013, colgo l’opportunità per ringraziare la Commissione di avere fornito una solida base su cui lavorare, ovvero una comunicazione concreta e le schede nazionali. Ringrazio soprattutto chi ha collaborato con me alla stesura della relazione, in particolare la signora Stoian, consulente del PPE-DE e il signor Chopin, amministratore della commissione: entrambi si sono dedicati a lungo a questa relazione.

Farà una breve sintesi sulla stesura del documento lo scorso mese ha ottenuto, con solo alcuni compromessi, il pieno sostegno della commissione per lo sviluppo regionale. Come forse già sapete, l’obiettivo della presente relazione è mostrare il modo in cui gli Stati membri hanno inteso e seguito gli orientamenti strategici comunitari del 2006 in materia di coesione nella formulazione dei rispettivi 27 quadri di riferimento strategico nazionali e dei 429 programmi operativi atti a rispondere ai loro specifici vincoli e requisiti.

Pertanto ho deciso di basare la relazione su tre principali documenti: la comunicazione della Commissione, le 27 schede nazionali fornite dalla Commissione e la decisione del Consiglio del 2006 sugli orientamenti strategici comunitari in materia di coesione, che rappresenta un quadro indicativo per gli Stati membri ai fini dell’elaborazione dei quadri di riferimento strategico nazionali e dei programmi operativi per il periodo 2007-2013.

Le tre principali priorità chiaramente indicate nella succitata decisione del Consiglio sono rendere l’Europa e le sue regioni più attraenti per gli investimenti e l’occupazione, promuovere la conoscenza e l’innovazione a favore della crescita e attirare più persone nel mondo del lavoro o in attività imprenditoriali per creare posti di lavoro migliori e più numerosi.

Prima di condividere con voi quanto da me osservato nella stesura della relazione, è importante sottolineare che la portata è in parte limitata dal fatto che i programmi operativi sono stati approvati solo a giugno 2008, e che occorrerà almeno un anno prima di potere valutare qualsiasi reale progresso nella loro attuazione. Tuttavia, posso già affermare che le priorità generali sono state rispettate da tutti gli Stati membri, con caratteristiche specifiche imposte dal relativo livello di sviluppo economico e territoriale.

E’ importante anche notare che potrebbero essere per certi versi modificate concentrandosi sempre più sugli investimenti nei settori più urgenti e caratterizzati da un potenziale di crescita immediata nell’ambito del piano europeo di ripresa economica, ovvero la risposta comunitaria alla crisi finanziaria globale, e dall’attuale rallentamento dell’economia. In altre parole è importante ricordare che ogni Stato membro, e ancor più le regioni, hanno esigenze diverse legate alla propria posizione geografica e al proprio sviluppo economico e istituzionale. Di conseguenza le relative strategie ad hoc in materia di coesione nazionale riportate nel programma operativo indubbiamente variano in maniera significativa a seconda delle esigenze.

E’ risaputo che il regolamento generale sul Fondo europeo per lo sviluppo regionale, il Fondo sociale europeo e il Fondo di coesione prevede che gli Stati membri stanzino il 60 per cento della spesa totale per l’obiettivo di coesione e il 75 per cento per l’obiettivo relativo alla competitività regionale e all’occupazione. Tuttavia, sono lieto di vedere che gli sforzi compiuti dalle autorità nazionali hanno garantito uno stanziamento medio della spesa per la realizzazione dell’agenda di Lisbona pari al 65 per cento – una percentuale maggiore ai fondi disponibili nelle regioni dell’obiettivo di convergenza – e all’82 per cento nelle regioni dell’obiettivo di competitività regionale e occupazione, che a sua volta supera quanto inizialmente richiesto.

Vedo che il tempo a mia disposizione è finito. Avevo preparato molto di più, ma terminerò alla fine della discussione.

 
  
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  Zsolt László Becsey, relatore. – (HU) Dopo molti rinvii, eccoci finalmente al grande giorno. Esprimo la mia gratitudine alla Commissione per avere affrontato il tema del microcredito in una relazione separata a novembre 2007, anche se è vero che già quella estate il Parlamento aveva chiesto di affrontare l’argomento. Approvo anche il fatto che la discussione sia coordinata dal commissario responsabile della coesione perché, come sappiamo, si era discusso se dovesse essere coordinata dal commissario per la programmazione finanziaria e il bilancio. L’obiettivo è che gli strumenti comunitari riflettano concretamente le prospettive di coesione.

Mi rammarico, però, che i materiali della Commissione non si siano estesi ai compiti legislativi o incluso proposte legislative; per questo la relazione della commissione per i problemi economici e monetari ha invocato la misura più forte possibile, ovvero l’articolo 39, e chiesto l’adozione di misure giuridiche concrete o interventi organizzativi e finanziari in cinque diversi settori da parte della Commissione.

Colgo l’opportunità per esprimere la mia gratitudine alla relatrice ombra, onorevole De Vits, alla collega, onorevole Baeva, e alla signora Ambruster del segretariato per avere lavorato con tanto entusiasmo.

Perché il microcredito è importante? Da una parte vorremo includere nei programmi nazionali della strategia di Lisbona l’obbligo per gli Stati membri di riferire regolarmente sui progressi compiuti in materia. Solo ciò che è obbligatorio dà risultati.

Dall’altra, e questo è il più grande merito dell’approccio del Commissario, vogliamo includere nuovi gruppi sociali nell’ambito delle attività economiche. A tal fine dobbiamo lanciare una forma di credito che aiuti le persone dotate di poche competenze, prive delle conoscenze immobiliari o collaterali necessarie per il credito delle piccole imprese tradizionali, a entrare nel mercato del lavoro. Coinvolgere questi nuovi segmenti nel mercato del lavoro sarà indispensabile per lo sviluppo sostenibile e per raggiungere il 70 per cento del tasso occupazionale previsto per legge.

Come rivolgersi a queste fasce sociali? Da una parte, come cita anche la relazione, dobbiamo smettere di considerare chi è in difficoltà come se appartenesse a un unico gruppo. Occorre definire i gruppi svantaggiati con maggiore precisione: tra questi i migranti nei paesi occidentali, i rom nelle aree orientali, le persone che vivono in zone rurali o accampamenti e, in generale, le donne.

Eppure, non riusciamo di fatto a raggiungere queste persone con le modalità attuali, ovvero direttamente tramite le reti tradizionali delle banche commerciali, perché queste categorie di destinatari sono sospettose nei confronti di questi strumenti e, come già detto, non sono in grado di integrarsi nel libero mercato. Pertanto, ispirati dall’esempio asiatico trasposto in Europa, occorre erogare prestiti a piccoli gruppi, dopo averne guadagnato la fiducia, basando il credito più sulla fiducia che su garanzie collaterali. L’organizzazione intermediaria, ovviamente, svolge un ruolo importante nel sistema, e deve essere in grado di portare avanti l’attività pur non avendo una licenza per svolgere attività bancaria. Siamo riusciti a farlo in alcuni Stati membri ma non dappertutto è così, motivo per cui dobbiamo coinvolgere organizzazioni non bancarie, compresi istituti finanziari vicini alla popolazione ed estranei al mercato della cartolarizzazione.

E’ stata sollevata la questione di un limite massimo dei tassi di interesse, ed è nostra opinione che nonostante l’elevato costo del credito, la cosa più importante sia un flusso costante di liquidità per chi utilizza il sistema. Per questo motivo sono contrario a introdurre un massimale per gli interessi. In questo caso dobbiamo fare una distinzione tra credito al consumo e microcredito, perché non bisogna confondere le due cose.

Inoltre, è importante creare incentivi a livello nazionale, per stimolare nelle persone il desiderio di diventare microimprenditori con l’aiuto del microcredito, e non di percepire assegni di disoccupazione. Dobbiamo dimostrare solidarietà nella lotta al terrorismo e al riciclaggio del denaro, perché è proprio grazie a un sistema di assistenza che possiamo in qualche modo superare i problemi dovuti alla mancanza di residenza o di un conto corrente, e alla mancanza del capitale di avviamento.

 
  
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  Danuta Hübner, membro della Commissione. (EN) Signora Presidente, innanzi tutto tengo a ringraziare vivamente gli onorevoli van Nistelrooij, Krehl, Vlasák, Roszkowski, Mikolášik e Becsey per averci dato la possibilità, oggi, di tenere questa discussione, che indubbiamente contribuirà al dibattito sulla futura politica di coesione.

Siamo nel pieno della discussione, come sapete, e le vostre relazioni contengono tante raccomandazioni molto specifiche che considererò contributi importanti in questo dibattito sulla futura politica di coesione. Al tempo stesso in tutte le relazioni appaiono anche molti messaggi importanti.

Il primo è che la politica di coesione è, e deve rimanere, un asse portante per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Unione europea. Questo impegno sarà ancora più pertinente nel periodo successivo alla crisi, quando la creazione di posti di lavoro per colletti verdi sarà il passaporto europeo all’occupazione sostenibile.

In tutte le relazioni è presente anche un altro chiaro messaggio, ovvero che la politica di coesione deve riguardare l’intero territorio europeo, pur continuando a concentrarsi apertamente sul sostegno al processo di recupero dei più poveri. Condivido il vostro parere sull’importanza di dare accesso ai beni pubblici europei in tutte le regioni. La crisi rende ancora più pertinente questo messaggio. Di questi tempi molte regioni sono alla ricerca di nuove modalità e strumenti per adattarsi ai rapidi cambiamenti globali ed evitare di rimanere indietro. Mobilitando le risorse poco sfruttate e sfruttando i vantaggi comparativi, la politica di coesione mira a garantire che tutte le regioni europee, in ritardo o meno, contribuiscano alla crescita economica e al cambiamento globale e alla creazione di posti di lavoro sostenibili, e che tutti i cittadini possano beneficiare del mercato interno.

Anche noi siamo convinti che la geografia sia importante in Europa, ed è uno dei principali motivi per cui abbiamo pubblicato il Libro verde sulla coesione territoriale. Sono molto felice di vedere che concepite la coesione territoriale in maniera molto simile alla mia, ovvero una coesione territoriale che si occupa innanzi tutto di mobilitare il potenziale di sviluppo dei diversi territori. La politica regionale è una politica di sviluppo che aiuta i cittadini e le imprese a sprigionare il potenziale insito nei luoghi in cui vivono e lavorano.

Concordo con voi sulla necessità di migliorare le sinergie e il coordinamento tra tutte le politiche nazionali ed europee aventi un impatto territoriale. In tal senso, la sfida è attribuire un ruolo di primo piano alla coesione territoriale nella messa a punto delle politiche, e non considerarla uno strumento per riparare al danno una volta fatto. Ciò significa, tra le altre cose, che occorre investire di più per collegare le regioni rimaste indietro a quelle più prospere.

E’ chiaro anche il messaggio che lanciate sulla necessità di rafforzare il legame tra mondo urbano e mondo rurale. Considerata l’attuale frammentazione dei fondi, significa anche che dobbiamo meglio capire come razionalizzare le regole e le procedure di tutti i fondi in materia di spese ammissibili, gestione, monitoraggio, obblighi di comunicazione e di gestione finanziaria.

Occorre maggiore flessibilità nel definire i territori in cui sviluppare e attuare programmi sulla politica di coesione. In altre parole, dobbiamo puntare su una politica suddivisa per aree funzionali. Talvolta, ad esempio, dobbiamo considerare le città concentrandoci sui quartieri e talvolta uscire dai confini cittadini, concentrandoci sull’area metropolitana.

Questa geografia funzionale o flessibile non si ferma ai confini nazionali, e la cooperazione oltre i confini nazionali è ovviamente un valore aggiunto europeo e riveste una certa importanza per i cittadini. Esistono ancora ostacoli nel mercato interno europeo, e un grande potenziale inutilizzato nei mercati del lavoro transfrontalieri e nei cluster transnazionali. La strategia del mar Baltico, in corso di definizione, è un buon esempio di quello che intendiamo per area funzionale. La considero un banco di prova per la coesione territoriale, che in un secondo momento potrebbe essere estesa ad altre macroregioni. Ci stiamo lavorando.

Tutte le relazioni evidenziano che la politica di coesione deve rispondere alle nuove sfide quali la demografia, l’energia, il clima e la globalizzazione. Tutte le regioni europee saranno coinvolte in queste nuove sfide ma il loro impatto sarà molto diverso sul territorio europeo, portando spesso a perdite di competitività, occupazione e coesione sociale. Questo potrebbe consolidare le disparità esistenti e crearne di nuove, ma queste sfide possono anche essere trasformate in opportunità. Per farlo dobbiamo continuare a puntare sugli investimenti della politica di coesione nella ricerca e sviluppo, e sull’innovazione nello sviluppo di un’economia basata sulla conoscenza e nella promozione di imprenditorialità e servizi di assistenza alle imprese. Sono fattori fondamentali per dare uno slancio alla competitività sostenibile dell’economia europea e generare crescita e posti di lavoro sostenibili. Sono al cuore della politica di coesione e hanno una forte dimensione territoriale, che richiede soluzioni personalizzate e sostegno politico.

Per rendere più efficiente la gestione dei programmi della politica di coesione – e questa è una preoccupazione comune – occorre rafforzare gli scambi di esperienze e di buone prassi a livello interregionale. La pratica del buon governo deve diffondersi rapidamente in tutta Europa, contribuendo anche a superare le difficoltà nell’attuare i programmi di coesione. Sono d’accordo con voi sul fatto che si debba continuare a riformare l’attuazione delle politiche.

Invocate ulteriori sforzi nella cosiddetta “ingegneria finanziaria” per sfruttare il potenziale del settore privato. Come ben sapete, con un importante cambiamento culturale, abbiamo deciso di integrare con nuovi strumenti il tradizionale approccio basato sul territorio.

Il sostegno che date alla nostra iniziativa sul microcredito è una buona notizia, e vi ringrazio di cuore. Sono convinta che la messa a punto di programmi di microcredito sia fondamentale per lo sviluppo sostenibile e la competitività delle regioni e delle città europee. Ciò prevede l’adozione di misure a tutti i livelli. Valuteremo nuove modalità per rafforzare questo strumento in futuro.

Chiedete inoltre il rafforzamento dei principi fondamentali della politica di coesione quali il partenariato, la governance multilivello e la trasparenza, e appoggio pienamente questa richiesta. Sfruttando le conoscenze locali, coinvolgendo tutte le parti interessate in loco e migliorando la visibilità della politica di coesione europea, sicuramente miglioreremo l’impatto e la qualità degli investimenti nella coesione europea.

Rinnovo i ringraziamenti per il vostro continuo impegno nel rendere più efficace ed efficiente la politica di coesione in futuro.

 
  
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  Gary Titley, relatore per parere della commissione per i bilanci. (EN) Signora Presidente, voglio solo concentrarmi sul tema del microcredito, che la commissione per i bilanci sostiene pienamente perché aiuterà le persone che non hanno accesso alle normali fonti di finanziamento, quelle stesse persone che adesso hanno bisogno di aiuto. Accogliamo con favore anche l’iniziativa JASMINE della Commissione.

Tuttavia vorremo fare alcune considerazioni. In primo luogo i fondi devono essere utilizzati solo nei casi in cui altre fonti si rivelano inadeguate perché eccessivamente rischiose o scarsamente redditizie. In secondo luogo, devono essere usati anche per apportare finanziamenti privati. Inoltre, visti i diversi approcci usati dagli Stati membri, vorremmo vedere se è fattibile dotarsi di un quadro comunitario per gli istituti microfinanziari non bancari. Vorremmo anche valutare se i limiti massimi dei tassi di interesse, presenti in alcuni paesi, sono adeguati in queste circostanze.

A più lungo termine vorremmo spingerci oltre l’utilizzo dei Fondi strutturali in questa importante iniziativa, perché alcune persone bisognose di aiuto non si trovano nelle zone che traggono sostegno dai Fondi strutturali.

 
  
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  Nathalie Griesbeck, relatore per parere della commissione per i bilanci. – (FR) Signora Presidente, signora Commissario, oggi sono all’esame cinque documenti molto importanti sulla politica di coesione che, vi ricordo, da qualche mese costituisce la prima voce del nostro bilancio. Questo è indubbiamente un segnale forte che lanciamo alle future istituzioni rinnovate: al Parlamento, ovviamente, ma anche alla Commissione.

Indubbiamente gli strumenti di coesione, e soprattutto i fondi, devono rappresentare un vero e proprio valore aggiunto europeo per i nostri concittadini, ma oggi, considerando la profonda crisi che colpisce l’Europa, devono essere più reattivi e più adeguati soprattutto alle realtà urbane. Saluto in particolare il lavoro svolto sul piano per l’assistenza abitativa poiché la casa, dopo il lavoro, è la seconda priorità per i cittadini.

In realtà non si tratta sempre di una questione di soldi, perché i fondi ci sono, ma di quello che potrei definire un rallentamento “strutturale” – a volte nella gestione dello Stato, a volte nell’inerzia amministrativa e a volte, purtroppo, in entrambi – che ostacola questo impatto di cui sempre parliamo, essenziale per le nostre regioni e i nostri cittadini. Può finire per sembrare – è il colmo – controproducente.

In qualità di relatrice permanente per i Fondi strutturali nella commissione per i bilanci, insisto più che mai, in questa crisi, sulla necessità di semplificare, chiarire e dare una realtà politica concreta a questi soldi europei.

 
  
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  Atanas Paparizov, relatore per parere della commissione per l’industria, la ricerca e l’energia.(BG) Signora Presidente, in qualità di relatore per parere della commissione per l’industria, la ricerca e l’energia sull’attuazione del regolamento relativo ai Fondi strutturali, desidero ringraziare l’onorevole Мikolášik per avere riportato nella relazione le conclusioni e i suggerimenti di base avanzati dalla nostra commissione.

In primo luogo, la questione riguarda gli sforzi compiuti dagli Stati membri per associare l’utilizzo dei fondi alla strategia di Lisbona. Al contempo, si sottolinea che le risorse stanziate a favore dell’energia sono estremamente inadeguate, soprattutto nel caso delle risorse destinate alle fonti rinnovabili.

Esortiamo nuovamente la Commissione europea ad aumentare l’importo delle risorse stanziate per il miglioramento dell’efficienza energetica nell’edilizia abitativa dal 3 per cento ad almeno il 5 per cento.

Al tempo stesso, la relazione non risponde alla nostra proposta sui progetti per catturare il biossido di carbonio, benché la scorsa settimana gli Stati membri abbiano convenuto di sostenere 12 progetti in sette paesi per un valore di 1,05 miliardi di euro.

Questo non è assolutamente sufficiente per risolvere i problemi in tutti gli Stati membri interessati a garantire, entro il 2012, le risorse per attuare questi progetti. Ecco perché esorto la Commissione a tenere conto di questo aspetto nella ricerca di risorse, e nell’utilizzo dei fondi stanziati dalla Banca europea per gli investimenti.

 
  
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  Neena Gill, relatore per parere della commissione giuridica. (EN) Signora Presidente, le piccole imprese svolgono un ruolo essenziale nel creare coesione all’interno dell’Unione europea, e l’estensione del microcredito sarà alla base della ripresa economica delle PMI.

La commissione giuridica riconosce che aprire un’azienda può essere un’avventura scoraggiante. L’Unione europea deve adoperarsi di più per fornire adeguata consulenza legale sull’avviamento di un’attività. Lo si potrebbe fare istituendo una rete europea di avvocati disposti a fornire consulenza alle nuove microimprese, inizialmente a titolo gratuito. Occorre intervenire con urgenza per affrontare gli oneri normativi che gravano sulle microimprese e rendere il più accessibili possibile gli istituti microfinanziari.

Abbiamo bisogno più che mai di questo tipo di legislazione che tuttavia, di per sé, non è sufficiente. La Commissione deve assicurare che si trasformi in interventi concreti recepiti immediatamente sul campo, perché questa relazione non riguarda solo l’imprenditoria: il microcredito permette anche la coesione sociale, e incoraggia le persone ad appropriarsi della propria vita e del proprio potenziale. Congratulazioni a tutti i relatori.

 
  
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  Zita Pleštinská, relatore per parere della commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere. – (SK) Inizierò ringraziando il collega, l’onorevole Mikolášik, per avere incluso ai punti 12, 16, 17, 18 e 23 della relazione i punti espressi nel parere che ho redatto a nome della commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere. Essi si basano sulla mia esperienza personale in qualità di assessore nella città di Chmelnice e sui suggerimenti dati da associazioni di volontariato, e li considero fondamentali per un utilizzo più efficace e trasparente delle risorse stanziate dai fondi europei.

Sono fermamente convinta che il periodo di programmazione 2007-2013 sarà un fallimento se gli Stati membri non elimineranno gli eccessivi ostacoli amministrativi che hanno scoraggiato le associazioni di volontariato dal richiedere finanziamenti per i progetti, soprattutto quelli incentrati sul sostegno alle donne in difficili condizioni finanziarie, donne profughe, donne appartenenti a minoranze etniche, donne disabili e donne rimaste vittima di stupro o tortura.

Desidero nuovamente esortare gli Stati membri, in particolare quelli che hanno aderito all’Unione europea dopo l’1 maggio 2004, a evitare eccessivi ritardi nel rimborsare i costi di progetti ultimati, perché l’insolvenza derivante da un simile comportamento spesso impedisce ai beneficiari, soprattutto autorità locali e associazioni di volontariato, di continuare con altre attività nei settori di competenza.

La crisi economica registra un impatto persino sull’utilizzo dei soldi concessi dai fondi europei. Il metodo usato per il finanziamento dei progetti è particolarmente inadeguato per le piccole autorità locali, che non hanno possibilità di ottenere sovvenzioni. E’ quindi fondamentale discutere e adottare misure per semplificare il sistema di finanziamento. I rappresentanti delle autorità locali del mio paese, la Slovacchia, insistono che se la legislazione vigente non sarà emendata usufruiranno di molti meno soldi dei Fondi strutturali europei. La mancanza di un’assistenza semplice, efficace e diretta per le piccole autorità locali è un problema molto grave, motivo per cui credo questa relazione darà un contributo all’uso dei Fondi strutturali.

 
  
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  Emmanouil Angelakas, a nome del gruppo PPE-DE. (EL) Signora Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, tutte le sei relazioni oggetto della discussione sono importanti poiché riflettono la situazione attuale nella politica regionale e descrivono il modello e le priorità per il periodo successivo al 2013.

Congratulazioni a tutti i relatori per il lavoro svolto. Vorrei commentare, nello specifico, la relazione dell’onorevole Krehl sulle migliori prassi nel settore della politica regionale, di cui sono stato relatore per il gruppo del Partito popolare europeo (Democratici-cristiani) e dei Democratici europei, e sottolineare l’ottimo lavoro svolto dalla onorevole collega.

Questa relazione presenta i principali ostacoli al corretto utilizzo dei Fondi strutturali e come possono essere superati, usando una serie di criteri per classificare alcuni progetti e azioni come migliori prassi e facendo riferimento alla mancanza di una definizione comunemente accettata del concetto di migliori prassi.

Parlando di migliori prassi, ritengo estremamente importante che nella relazione siano stati inclusi emendamenti quali:

- la necessità di rafforzare le piccole e medie imprese e di associare la politica regionale all’industria e alla scienza;

- misure per trattenere la popolazione, soprattutto la generazione dei giovani, nelle regioni di appartenenza e fornire assistenza ai genitori che lavorano;

- l’agevole integrazione degli immigrati.

Al tempo stesso, se parliamo di migliori prassi nella politica regionale, dobbiamo tenere conto di alcuni aspetti:

- l’esistenza di caratteristiche geografiche e demografiche specifiche alle regioni;

- la mancanza di uniformità nei modelli di organizzazione regionali degli Stati membri;

- la necessità di suddividere i criteri delle migliori prassi in criteri obbligatori e criteri opzionali;

- la necessità di tenere conto di metodi efficaci già applicati che possano essere definiti migliori prassi.

Due parole sulla relazione dell’onorevole van Nistelrooij sul Libro verde, per rimarcare il buon lavoro svolto e sottolineare che, giustamente, il relatore evidenzia la necessità di una consultazione pubblica per trovare una definizione di coesione territoriale comunemente accettata, e il bisogno di considerare zone con caratteristiche particolari in maniera tale che rientrino il più possibile nella coesione territoriale.

 
  
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  Iratxe García Pérez, a nome del gruppo PSE.(ES) Signora Presidente, vorrei iniziare ringraziando i vari relatori per il lavoro svolto, in particolare gli onorevoli Krehl e van Nistelrooij, che hanno permesso di raggiungere un ampio consenso nella nostra commissione. Dobbiamo inoltre rallegrarci del Libro verde sulla coesione territoriale della Commissione europea, che pone in primo piano questioni importanti.

Da un lato, la politica di coesione è un importante strumento per garantire lo sviluppo equilibrato dell’Unione europea, respingendo qualsiasi tentativo di rinazionalizzare queste politiche. Si integra il nuovo concetto di coesione territoriale, motivo per cui è stato avviato un processo di consultazione – ora in fase conclusiva – di cui si deve tenere conto, adattato alle nuove sfide quali gli effetti della globalizzazione, i cambiamenti climatici e i cambiamenti demografici.

I dati dell’ultima relazione sulla coesione evidenziano che, nonostante le differenze tra regioni stiano diminuendo e si stia quindi adempiendo al principio di convergenza, ora ci troviamo di fronte a un’altra realtà, ovvero la persistenza delle differenze intraregionali. Per questo, nel determinare i criteri di ammissibilità dei fondi, è necessario considerare la possibilità di tenere conto di alcuni aspetti che non siano esclusivamente il reddito pro capite.

Inoltre, nell’integrazione del concetto “territoriale” dobbiamo essere coscienti della necessità di prendere in considerazione le caratteristiche specifiche di alcune regioni quali gli svantaggi geografici, la posizione ultraperiferica o i processi di spopolamento in determinate regioni.

La coesione è uno dei successi più evidenti del progetto europeo. La Spagna ne è stata un chiaro esempio con lo sviluppo economico e sociale che ha registrato. Questa è la direzione che dobbiamo seguire per garantire pari opportunità a tutti gli europei, a prescindere dalla zona in cui vivono.

L’Unione europea si compone di un’ampia gamma di regioni, caratterizzate da differenze che le arricchiscono e danno senso a questo progetto. Tuttavia, se dobbiamo insistere su qualcosa nella politica di coesione, dobbiamo farlo sulla necessità di fornire alle nostre regioni tutti gli strumenti che diano loro pari opportunità di accesso allo sviluppo e alla crescita.

 
  
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  Grażyna Staniszewska, a nome del gruppo ALDE. (PL) Signora Presidente, vorrei commentare due relazioni in particolare: la relazione sulla coesione territoriale e quella sullo scambio delle buone prassi. I colleghi del gruppo dell’Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa si occuperanno delle altre questioni.

La relazione van Nistelrooij risponde al Libro verde sulla coesione territoriale pubblicato dalla Commissione. Conveniamo tutti sulla necessità di integrare il dibattito iniziato sulla futura politica di coesione alla dimensione territoriale. Ma c’è un paradosso: discutiamo della coesione territoriale senza definirne il significato.

Vogliamo che la dimensione territoriale contribuisca a raggiungere uno sviluppo più equilibrato di quanto fatto sinora, cosicché tutti i cittadini dell’Unione europea possano avere uguale accesso, in particolare, ai servizi. Ad oggi, però, manca una precisa serie di criteri cui fare riferimento. Eppure, questo è di fondamentale importanza per il futuro. La discussione sulla coesione territoriale nell’Unione europea non ha più senso se non viene elaborata una definizione coerente.

Raggiungere la coesione territoriale significa garantire il migliore sviluppo possibile su tutto il territorio della Comunità, e migliorare le vite dei cittadini. Come sancito nella relazione, scopo della coesione territoriale è soprattutto uniformare le disparità nel livello di sviluppo delle singole regioni e Stati membri e, in particolare, eliminare le crescenti disparità all’interno di regioni e paesi.

Più si ridurrà il divario tra singoli Stati, più si avrà una differenziazione interna. Gran parte degli investimenti e dei finanziamenti si riversano nelle capitali regionali e nazionali a spese di altri territori, e gli Stati membri non possono o non vogliono opporsi a questo. In tale situazione è necessario creare meccanismi a livello comunitario che stimolino efficacemente uno sviluppo più equo e sostenibile.

A mio avviso dovremmo analizzare i dati statistici di NUTS3, e non solo di NUTS2. I dati NUTS3 presentano il problema con molta più chiarezza. Dovremmo tenerne conto nello stanziamento dei fondi. Il processo per giungere alla coesione territoriale deve essere attuato tenendo conto del principio di sussidiarietà a tutti i livelli: europeo, nazionale e regionale.

Lo scambio di buone prassi è di fondamentale importanza. L’efficacia della politica di coesione dipende in gran parte dalla semplificazione delle procedure e, in particolare, dalla conoscenza delle opportunità offerte dalle soluzioni più efficaci usate altrove.

 
  
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  Mieczysław Edmund Janowski, a nome del gruppo UEN. (PL) Signora Presidente, la discussione verte sullo sviluppo regionale e sulla politica di coesione, questioni importanti per l’intera Comunità. Ciò è legato alla presenza di un’enorme disparità tra le regioni in termini di ricchezza, che supera il livello di 10:1. E’ quindi nell’interesse dei cittadini dell’Unione europea sfruttare tutte le opportunità per dimostrare l’effettiva solidarietà degli europei.

Ciò non significa assolutamente che tutti debbano ricevere le stesse cose, bensì che a tutti devono essere concesse pari opportunità. Tale principio si deve applicare ai residenti degli agglomerati urbani e a chi vive nelle zone rurali, alle persone che vivono al centro dell’Europa e a chi vive nelle aree periferiche, ai più giovani e agli anziani. Dobbiamo dimostrarci innovativi in questo senso, pensando al presente e al futuro.

Oggi abbiamo dinanzi a noi sei eccellenti relazioni. E’ un peccato che le stiamo discutendo tutte insieme. Mi congratulo con gli autori. Ci terrei che le nostre attività fossero utili a questa vera Comunità europea, a questa unità, e che ogni euro fosse speso per una buona causa, non perché i ricchi diventino ancora più ricchi …

(Il Presidente interrompe l’oratore)

 
  
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  Elisabeth Schroedter, a nome del gruppo Verts/ALE. – (DE) Signora Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, nel suo intervento di oggi, signora Commissario, ha citato il contributo della politica di coesione alla protezione del clima. Mi rallegro di questo cambiamento di prospettiva, perché non viene messo in risalto nel Libro verde sulla coesione territoriale. Perché no, vista la crisi climatica che ci troviamo ad affrontare?

Il contributo dei Fondi strutturali europei alla trasformazione ambientale è un futuro tema della coesione territoriale. Il documento “Regioni 2020” pubblicato dalla Commissione rivela che i cambiamenti climatici hanno avuto un forte impatto su molte regioni europee. E’ quindi necessario un cambiamento di rotta. I Fondi strutturali devono essere usati solo per sostenere progetti sostenibili. Progetti e programmi dannosi per il clima, molti dei quali approvati in passato, non devono più essere autorizzati. I fondi dell’Unione europea non devono essere utilizzati per promuovere programmi e progetti dannosi per il clima. Perché non lo fate?

La seconda questione riguarda l’attuazione del principio di partenariato. Signora Commissario, lei ha affermato che le conoscenze locali sono una base importante per uno sviluppo positivo. Perché, ciononostante, avete approvato programmi operativi che trascuravano completamente il principio di partenariato, e in cui i partner dichiaravano di non essere coinvolti? Non ha risposto a questa domanda. Le conoscenze locali di base sono, per noi, una risorsa. Se continuate a ignorare il fatto che gli Stati membri si dimenticano completamente del principio di partenariato e, nonostante questo, li sovvenzionate, violerete il regolamento sui Fondi strutturali.

Non ha assolutamente citato nella relazione, che è alla base della relazione Mikolášik, che molti Stati membri non hanno osservato il principio di partenariato. Non ha tenuto conto delle relazioni dei partner. Perché rimanere zitti su questo punto?

A questo punto è chiaro che necessitiamo di una nuova dimensione per i Fondi strutturali, che devono basarsi su principi ambientali e democratici, sfruttare le conoscenze locali e rispettare il principio di partenariato.

 
  
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  Pedro Guerreiro, a nome del gruppo GUE/NGL.(PT) Intendiamoci: i trattati affermano che, per promuovere uno sviluppo armonioso di tutta la Comunità, essa deve sviluppare e perseguire azioni volte a rafforzare la coesione economica e sociale, cercando di ridurre le disparità tra i livelli di sviluppo delle varie regioni e l’arretratezza delle regioni o isole meno favorite, comprese le aree rurali.

Di conseguenza, in questo dibattito sul futuro della politica di coesione, cui si deve integrare la cosiddetta dimensione della coesione territoriale, occorre sottolineare i seguenti principi essenziali.

Primo, l’obiettivo primario e principale della politica strutturale deve essere la promozione della convergenza reale, che funga da strumento di ridistribuzione dei costi, delle disuguaglianze e delle asimmetrie causate dal mercato interno, dall’unione economia e monetaria e dalla liberalizzazione del commercio mondiale, per i paesi e regioni dell’Unione europea economicamente meno sviluppati.

Secondo, la cosiddetta competitività non può sostituire la convergenza negli Stati membri e regioni in ritardo sullo sviluppo socioeconomico. Per questo la politica di coesione e le risorse finanziarie ad essa associate non devono essere subordinate alla concorrenza e alla liberalizzazione propugnate dalla strategia di Lisbona.

Terzo, la cosiddetta coesione territoriale deve contribuire alla coesione economica e sociale. In altre parole, l’obiettivo fondamentale è ridurre le disparità tra i livelli di sviluppo economico delle varie regioni e l’arretratezza delle regioni meno favorite.

Quarto, i nuovi obiettivi e priorità devono corrispondere alle nuove risorse finanziarie della Comunità, ovvero la cosiddetta coesione territoriale non deve essere finanziata a discapito dell’obiettivo di convergenza.

Quinto, le attuali risorse finanziarie comunitarie per la politica di coesione sono insufficienti per soddisfare le esigenze di una vera e propria convergenza e rispondere alle disparità regionali, agli elevati livelli di disoccupazione, alle differenze di reddito e alla povertà nell’Unione europea.

Sesto, rafforzare il bilancio comunitario per promuovere la coesione economica e sociale è un’esigenza assoluta.

Settimo, la pianificazione e l’assetto territoriale sono di competenza di ciascun Stato membro.

Da ultimo, oltre ad altri importanti aspetti che qui non abbiamo sottolineato, ribadiamo che per le regioni è inaccettabile essere finanziariamente danneggiate dal cosiddetto effetto statistico, motivo per cui occorre adottare misure che annullino questo effetto.

 
  
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  Peter Baco (NI). – (SK) La discussione sul coordinamento della politica di coesione e delle misure per lo sviluppo delle aree rurali è ricca di contraddizioni. Principalmente ciò è dovuto alla sostanziale riduzione di bilancio destinato allo sviluppo rurale, promossa durante la presidenza britannica, che rende impossibile raggiungere gli scopi originali della politica rurale. Il prezzo più alto, però, sarà pagato dalle aree rurali nelle regioni più arretrate dei nuovi Stati membri. La politica agricola comune è quindi diventata, insieme alla discriminazione nei pagamenti diretti, uno strumento per uno sviluppo a due velocità delle aree rurali e, indirettamente, anche delle regioni.

Lo sviluppo reale, di fatto, mostra chiaramente quanto sia assurdo pensare di potere sviluppare le zone rurali con un’agricoltura in declino. Non riusciremo mai a rivitalizzare le regioni meno prospere dell’Unione europea se non garantiremo lo sviluppo delle zone rurali nel quadro originale di bilancio. Lo sviluppo rurale non può essere promosso con improvvise decisioni ad hoc perché si deve basare su un piano a lungo termine, che però non abbiamo. Il ripristino del bilancio destinato allo sviluppo rurale diventa, pertanto, una condizione fondamentale per l’intera politica di coesione.

 
  
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  James Nicholson (PPE-DE) . – (EN) Signora Presidente, innanzi tutto desidero ringraziare i relatori per tutte le eccellenti relazioni e, in particolare, quella di cui sono stato relatore ombra. Ringrazio il relatore della buona collaborazione di cui ha dato prova e del grande lavoro svolto. Non è stato un documento facile da elaborare, ma siamo riusciti a trovare buoni compromessi sui punti fondamentali. Mi rallegro che, ora, se ne stia discutendo.

Lo sviluppo rurale è una questione molto importante e dobbiamo fare in modo che tutti i fondi dell’Unione europea a sua disposizione siano usati e sfruttati nella maniera più efficiente ed efficace possibile. A mio parere, lo sviluppo rurale implica sostenere le comunità agricole attive, in particolare i giovani agricoltori e gli agricoltori che desiderano diversificare la propria attività. I progetti imprenditoriali nelle zone rurali, per essere efficaci, devono concentrarsi sul miglioramento delle infrastrutture e sul sostegno alle piccole e medie imprese.

Questa relazione mira essenzialmente a garantire che i progetti di sviluppo rurale, finanziati dai Fondi strutturali o dal FESR, non si sovrappongano o, nel peggiore dei casi, si lascino sfuggire delle opportunità. Ciò che si evince chiaramente dal documento è la necessità di un migliore coordinamento tra la politica di sviluppo regionale e il FESR.

Non credo, tuttavia, di potere approvare una situazione in cui i fondi sono raccolti attraverso la modulazione e ridistribuiti tramite l’autorità di sviluppo regionale. Se agli agricoltori viene chiesto di contribuire alla PAC occorre garantire che i fondi rientrino nelle tasche delle comunità rurali. Penso che questo aspetto debba essere presente nel secondo pilastro della PAC. Tuttavia, il relatore ha brillantemente aperto un dibattito su questo tema attuale e pertinente. Concordo con lui sui principali aspetti della relazione, ma questa è una questione su cui dovrà decidere il prossimo Parlamento.

 
  
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  Lidia Joanna Geringer de Oedenberg (PSE) . – (PL) Signora Presidente, le due ultime adesioni all’Unione europea hanno inasprito fortemente gli squilibri regionali all’interno della Comunità. Ciò porta sempre più a un accentuato fenomeno di “segregazione spaziale” che crea enclavi regionali isolate, soprattutto in zone lontane dai centri di sviluppo costituite principalmente da aree rurali.

Obiettivo prioritario della politica regionale europea è uno sviluppo economico sostenibile ed ecocompatibile e la riduzione delle disparità regionali. A ottobre 2006, il Consiglio ha adottato gli orientamenti strategici in materia di coesione per dare agli Stati membri linee guida nell’elaborazione dei quadri di riferimento strategico nazionali e dei programmi operativi per il 2007-2013.

Le priorità evidenziate in questi documenti rendono l’Europa e le regioni più attraenti a livello di investimenti e posti di lavoro, aumentano il livello di conoscenza e innovazione per la crescita e creano più occupazione di migliore qualità. L’attuazione di queste priorità nei programmi operativi deve consentire alle regioni di affrontare le sfide della globalizzazione, i cambiamenti strutturali, demografici e climatici, nonché dare uno slancio allo sviluppo armonioso e sostenibile a lungo termine delle regioni.

Dobbiamo riconoscere il fatto che tutti gli Stati membri si sono già adoperati per includere nei propri programmi operativi le priorità in linea con gli scopi della strategia di Lisbona. Tuttavia, l’eccessiva lentezza nell’assorbimento dei fondi di pertinenza del nuovo periodo di programmazione, osservata in molti Stati membri, può comprometterne l’effettivo utilizzo.

E’ quindi estremamente importante, soprattutto per i nuovi Stati membri, consolidare le misure volte a promuovere la capacità di sfruttare realmente i fondi a disposizione, sia nelle modalità con cui vengono utilizzati sia con uno scambio delle migliori prassi, campagne informative, scambio di nuove tecnologie e sviluppo dei vari tipi di partenariato, in maniera tale da consentire ai programmi di diventare programmi concreti e di qualità per eliminare efficacemente i ritardi a livello di sviluppo, che costituiscono un problema particolarmente sentito nelle regioni più povere dell’Unione europea.

 
  
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  Elspeth Attwooll (ALDE) . – (EN) Signora Presidente, parlerò della relazione van Nistelrooij e mi soffermerò su tre punti.

Primo, la coesione territoriale prevede la promozione di uno sviluppo policentrico in tutta l’Unione europea. Ciò significa eliminare le disparità all’interno delle regioni e tra di loro. Si avverte quindi l’esigenza di migliorare l’analisi spaziale e lo sviluppo di indicatori con cui mettere a punto e valutare le politiche e il relativo impatto.

Secondo, deve esistere un approccio integrato, che misuri in anticipo i possibili effetti delle politiche settoriali a livello regionale e il raggiungimento di maggiori sinergie. Sicuramente questa valutazione d’impatto potrebbe prevenire alcuni problemi, come quelli legati all’identificazione elettronica delle pecore in Scozia.

Terzo, un approccio integrato richiede un’adeguata governance multilivello, che coinvolga tutte le parti interessate nella messa a punto e attuazione di strategie.

Le parole espresse a tale riguardo dal Commissario sono state molto gradite, e spero che questa eccellente relazione riscuota un forte sostegno.

 
  
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  Giovanni Robusti (UEN). Signor Presidente, onorevoli colleghi, la relazione Roszkowski evidenzia la disparità tra le diverse aree rurali e tra queste e le aree urbane nella gestione dei fondi strutturali. Il relatore giustamente rileva la necessità di ristabilire coerenza tra FESR e FEASR, anche se forse andrebbe meglio chiarito il termine “coordinamento aperto” che contrasta con le evidenti disparità in atto e gli spazi delle competenze nazionali.

Per una migliore coesione serve trasparenza sui dati e sui pagamenti. Sapere come si distribuiscono le risorse è uno strumento essenziale per fare emergere le distorsioni e correggerle. Purtroppo questa trasparenza non c'è. Nella pratica si assiste alle più varie attività per nascondere dati, per negare accessi e per occultare informazioni e tutto ciò da parte di enti pubblici e degli stessi governi nazionali. La Commissione dice che non è competente e tutto diventa ovattato e impalpabile. Da noi si dice che siamo di fronte a un muro di gomma.

Se non risolveremo questo problema saremo sempre più distanti dai problemi reali che i fondi strutturali dovrebbero risolvere.

 
  
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  Gisela Kallenbach (Verts/ALE) . – (DE) Signora Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, mi rallegro molto di questo provvidenziale dibattito politico basato sulle relazioni di iniziativa, che ci consentirà di utilizzare lo strumento di solidarietà in maniera più mirata ed efficiente entro al massimo il 2014. E’ per me molto importante anche informare i cittadini europei del valore aggiunto che avrà a livello comunitario.

Per noi è quindi logico respingere tutti i tentativi di rinazionalizzare la politica strutturale. Necessitiamo più che mai di un modello di politica comunitaria in grado di raccogliere le sfide attuali come la globalizzazione, i cambiamenti climatici e il cambiamento demografico. Capiremo se ne usciremo vittoriosi o se ci stiamo illudendo con l’impegno di bilancio per la strategia di Lisbona al più tardi, speriamo, con la realizzazione dell’analisi richiesta.

Siamo arrivati a un bivio: dobbiamo decidere se la coesione territoriale e il vero sviluppo sostenibile siano i simboli della politica europea oppure no. Per prendere questa decisione abbiamo bisogno di molti partner, soprattutto delle città. Per questo motivo vogliamo che i fondi globali siano direttamente indirizzati a questi partner non solo sulla carta, ma anche in concreto. Per quanta importanza si attribuisca alla sussidiarietà, i fondi europei devono essere stanziati in base a criteri vincolanti che, oltre al valore dato alla dimensione urbana, includano un approccio integrato e la realizzazione dei nostri obiettivi climatici. Noi abbiamo già raggiunto un consenso in materia, ma purtroppo non si può dire altrettanto per il voto della commissione per lo sviluppo regionale.

Un’altra osservazione: secondo il piano di ripresa economica della Commissione, lo stanziamento dei Fondi strutturali deve essere semplificato e accelerato. Non ho ancora capito perché ci sia stato bisogno di una crisi per farlo, ma è un segno di speranza. Se l’ampia analisi sui progetti inerenti alle migliori prassi è veramente parte integrante della discussione politica, l’Europa non deve più essere ostacolata nel suo ruolo pionieristico nello sviluppare una politica effettivamente sostenibile.

Ringrazio tutti i relatori per il duro lavoro svolto.

 
  
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  Georgios Toussas (GUE/NGL) . – (EL) Signora Presidente, il mito della convergenza e della coesione tra paesi e regioni dell’Unione europea viene demolito dalla stessa realtà:

- le disuguaglianze economiche e sociali sono in costante aumento;

- le artificiose convergenze statistiche dovute all’adesione dei nuovi Stati membri non possono deludere lavoratori, agricoltori, giovani e donne che assistono al costante peggioramento del proprio tenore di vita;

- lo sviluppo regionale inserito in una logica capitalista non può eliminare i conflitti di classe nel sistema;

- lo sviluppo disomogeneo è insito nel metodo di produzione capitalista, perché l’incentivo a qualsiasi processo di sviluppo è la massimizzazione del capitale;

- le strategie nazionali di coesione e i programmi operativi del quadro strategico nazionale di riferimento 2007-2013 hanno, come i precedenti programmi, uno specifico orientamento classista: obbediscono alla logica antipopolare della strategia di Lisbona e sono adattati ai programmi nazionali di riforma; in altre parole, promuovono le ristrutturazioni capitaliste e contratti di lavoro più flessibili.

In questo modo, l’Unione europea e i governi borghesi sono al servizio del capitale, sia nel periodo della crisi capitalista, facendo pesare tutti gli oneri sulla classe lavorativa, sui lavoratori, sia con il chiaro obiettivo di rendere permanenti le misure contro i lavoratori, per proteggere e aumentare i profitti dei monopoli anche in futuro.

Il nuovo fattore rilevante aggiunto alla sfera della politica di coesione è il concetto di coesione territoriale e, cosa ancora più importante, il Libro verde. La natura reazionaria degli orientamenti all’interno della proposta della Commissione va al di là delle posizioni e delle competenze dell’Unione europea previste dal trattato di Lisbona, come viene ora chiamata l’Euro-Costituzione, e questo è un insulto per i popoli degli Stati membri.

Il Libro verde sulla coesione territoriale descrive come primi settori di intervento dei monopoli la salute, l’istruzione, l’energia e altri servizi, ove l’elemento fondamentale è soprattutto l’accesso alle reti di trasporto.

Il partito comunista greco si oppone categoricamente e respinge fermamente la natura reazionaria della proposta della Commissione relativa alla coesione territoriale.

 
  
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  Kathy Sinnott (IND/DEM) . – (EN) Signora Presidente, la politica di coesione in tutte le sue forme dovrebbe essere l’elemento trainante dell’uguaglianza, e ha riscosso molti successi. Tuttavia, deve essere considerata alla luce di una valutazione a lungo termine del proprio effetto. In questa valutazione la domanda è semplice: le comunità e le persone che vi vivono stanno meglio grazie alle politiche di coesione comunitarie e ai Fondi strutturali su cui poggiano? Analizzando obiettivamente i fatti, probabilmente si scoprirebbe che la risposta immediata è “sì”, ma quella a lungo termine è troppo spesso “no”.

Ci viene detto che gli agricoltori in Irlanda sono stati bravi, ed è vero. Ma allora perché, a lungo termine, sono rimasti così pochi agricoltori e così tanti disoccupati e sottoccupati nelle zone rurali irlandesi? Forse perché i Fondi strutturali e la politica di coesione non si sposavano bene con la PAC? O forse perché non potevano attenuare gli effetti della politica comune della pesca che, per trentacinque anni, ha decimato le comunità costiere irlandesi e il patrimonio ittico nelle acque del nostro paese? Perché, con strade e infrastrutture migliori (per gentile concessione dei fondi europei), Limerick nel sudovest dell’Irlanda sta diventando una zona critica per l’occupazione? E’ forse perché la politica di coesione non sa rispondere alla politica della concorrenza, che permette a un nuovo Stato membro di attirare la Dell, un’industria chiave della zona, con 54 milioni di euro in aiuti di Stato?

La politica di coesione combatte per l’uguaglianza, ma le direttive sulla privatizzazione, come la direttiva postale, hanno portato all’ulteriore cancellazione di servizi in zone scarsamente servite. Il problema può essere che la nostra politica di coesione non è coesa con altre politiche dell’Unione europea sulla concorrenza, la liberalizzazione dei mercati eccetera.

Il segreto è che la coesione non nasce dalle politiche, bensì da principi di base unificanti che devono permeare ogni politica: il rispetto della persona umana, la vera sussidiarietà, la priorità data alle persone più vulnerabili, il rispetto della vita, la gestione responsabile della creazione, l’importanza della famiglia, la dignità del lavoro, la solidarietà e il ruolo centrale del bene comune. Finché tutte le politiche dell’Unione europea saranno guidate da questi principi, i programmi continueranno a essere in conflitto.

(Il Presidente interrompe l’oratore)

 
  
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  Carl Lang (NI).(FR) Signora Presidente, tra il 2007 e il 2013 la politica di coesione rappresenterà la prima voce di spesa dell’Europa di Bruxelles ma questa evoluzione, lungi dal beneficiare le regioni francesi, le penalizzerà. Di fatto, l’aumento della spesa regionale avviene a spese della politica agricola comune, e quindi a spese della Francia. Vediamo che la quota stanziata a favore delle regioni francesi continua a diminuire. Gran parte dei 347 miliardi di euro di Fondi strutturali è destinata all’Europa orientale, distrutta da oltre 40 anni di comunismo.

Già nel 2000 Bruxelles aveva ritirato ai cantoni della regione dell’Hainaut francese i Fondi strutturali concessi nel quadro del vecchio obiettivo I. Oggi la Francia, che contribuisce per il 16 per cento alle entrate di bilancio europee, da sempre di più ma riceve sempre di meno.

Inoltre, questi aiuti regionali non hanno protetto chi è stato colpito dalla crisi economica mondiale perché rientrano nella logica ultraliberale della strategia di Lisbona. Ora più che mai dobbiamo costruire una nuova Europa che dia finalmente protezione economica alle nostre regioni e alle nostre nazioni mediante un’attiva politica di riconquista del mercato interno.

 
  
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  Markus Pieper (PPE-DE).(DE) Signora Presidente, onorevoli colleghi, sono lieto di avere l’opportunità di discutere più approfonditamente della relazione Roszkowski.

I due ambiti politici affrontati dalla relazione – i Fondi strutturali e il sostegno a favore delle zone rurali – sembrano funzionare bene. Tuttavia, ho l’impressione che in alcuni casi queste due politiche perseguano gli stessi obiettivi. Nei settori demografico, energetico e delle telecomunicazioni troviamo progetti finanziati sia dai Fondi strutturali sia dalla politica di sviluppo rurale, che ambiscono agli stessi obiettivi ma competono a diversi ministeri. Abbiamo molti progetti europei, ma abbiamo anche progetti che danno un valore aggiunto europeo? La mia impressione è che, a volte, non si riesca a vedere il quadro in generale.

Se dovessimo unire progetti di dipartimenti diversi riusciremmo a dare molto di più alle zone rurali, ad esempio infrastrutture energetiche decentralizzate, cablaggio a banda larga su zone molto più estese e infrastrutture idriche transfrontaliere. Abbiamo bisogno di un maggior numero di progetti sostenuti contemporaneamente da più ministeri. Se così fosse non lavoreremmo più su piccola scala, ma riusciremmo a introdurre miglioramenti stabili nelle regioni utilizzando i fondi europei. Dobbiamo rendere vincolanti le condizioni europee per la cooperazione tra dipartimenti; forse dovremmo addirittura considerare seriamente di definire un importo minimo per i progetti.

Ancora un commento sui finanziamenti: a mio avviso, modulazione non è una bella parola. Toglie i pagamenti a titolo di compensazione promessi agli agricoltori, senza concedere ai programmi di sviluppo rurale finanziamenti affidabili. Per tale motivo, in futuro la politica agricola deve essere destinata agli agricoltori con chiari impegni finanziari senza trasferire i fondi altrove. Al tempo stesso, la politica regionale deve essere una politica per le regioni, concentrandosi in particolare sulle regioni rurali e le loro condizioni. Ciò porterà a vere e proprie iniziative europee che, a lungo termine, miglioreranno le nostre regioni.

 
  
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  Evgeni Kirilov (PSE).(BG) Signora Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, nella discussione odierna sembra nuovamente esservi un consenso generale sul fatto che la politica di coesione sia utile e necessaria.

Chi di noi è a favore vuole che continui a evolvere e a dare risultati positivi. Per questo credo sia per noi importante rispettare uno dei requisiti fondamentali: la politica di coesione deve essere accessibile alle persone cui è destinata e a chi ne ha bisogno, nello specifico le regioni e i territori in condizioni di arretratezza che incontrano difficoltà nello sviluppo socioeconomico.

La relazione dell’onorevole Krehl elenca una serie di ostacoli ai potenziali beneficiari degli aiuti concessi dai Fondi strutturali. Questi ostacoli, dovuti a difficoltà burocratiche e procedure vaghe e complesse, inducono a errori. Questo scoraggia i beneficiari e alimenta le critiche degli enti di vigilanza.

Per affrontare questa duplice sfida, da un lato dobbiamo collaborare con tutte le istituzioni e gli Stati membri, e dall’altro esorto noi tutti a fare tesoro dell’esperienza acquisita e a concentrarci maggiormente sui risultati positivi nel cercare nuovi modi per superare gli ostacoli.

A tale proposito, le proposte da noi avanzate nella relazione Krehl sulle migliori prassi costituiscono una solida base per le future azioni e misure tese a semplificare le regole e a migliorare lo scambio di informazioni e la comunicazione nell’utilizzo dei Fondi strutturali. La Commissione europea e gli organi direttivi sono nuovamente chiamati a svolgere un ruolo chiave, ma ovviamente devono sapere di avere l’appoggio del Parlamento europeo.

L’onorevole van Nistelrooij ha sottolineato che la politica di coesione è un’espressione di solidarietà. Non ci resta che impegnarci a fondo per fare in modo che i nostri cittadini si rendano veramente conto di beneficiare dei risultati di questa solidarietà. Scopo ultimo della politica di coesione è fornire pari opportunità a tutti i cittadini europei, a prescindere da dove abitano.

 
  
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  Jean Marie Beaupuy (ALDE).(FR) Signora Presidente, signora Commissario, negli ultimi 30 anni abbiamo visto i vantaggi delle diverse politiche di coesione attuate. Dobbiamo sottolineare questi vantaggi alle prossime elezioni, perché sono ovviamente interessanti per i cittadini, che in alcuni casi hanno visto triplicare la qualità della vita, e per le regioni, che dopo essere state in deficit ora registrano grandi progressi. I vantaggi, quindi, sono innegabili.

Oggi, poi, la politica di coesione si è aggiudicata il primo posto nel bilancio dell’Unione europea. Ciò che chiedono questa mattina le sei relazioni, cosa vogliamo ottenere noi deputati europei, è la maggiore efficacia di questi fondi e regolamenti a disposizione dei nostri concittadini.

Signora Commissario, la Commissione ha in mano le chiavi dell’efficacia di questi strumenti e bilanci. Come? Innanzi tutto, se posso permettermi, signora Commissario, perché la conosciamo e sappiamo che ci ascolterà e farà in modo che la Commissione tenga in debito conto le richieste avanzate in queste sei relazioni, e colgo l’opportunità per congratularmi con i sei colleghi che le hanno elaborate.

Signora Commissario, queste relazioni danno risposte estremamente concrete, che si tratti di ambiente urbano, aree rurali, migliori prassi o futura politica di coesione; come sapete, contengono esempi molto specifici che faciliteranno il lavoro della Commissione.

Rimaniamo quindi in attesa di proposte della Commissione su soluzioni specifiche a livello europeo, ma questa è solo metà del lavoro necessario per garantire efficacia. Ecco perché, signora Commissario, le chiediamo anche di sfruttare tutta la sua influenza a livello dei governi, delle regioni e delle autorità locali, perché loro metteranno in pratica le disposizioni, i bilanci e i regolamenti, e noi non saremo efficaci se non lo saranno anche loro.

Contiamo su di lei, signora Commissario, a livello nazionale ed europeo per la buona riuscita delle sei relazioni che presentiamo.

 
  
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  Andrzej Tomasz Zapałowski (UEN). - (PL) Signora Presidente, oggigiorno una politica razionale di coesione e di sviluppo rurale fa da importante contraltare alla crescente tendenza al protezionismo nazionale che si registra in Europa. L’attuale sistema di assistenza fornita da una serie di fondi per lo sviluppo rurale è riuscito solo a consolidare, e non a pareggiare, i livelli di sviluppo nelle varie parti dell’Unione europea.

Il risultato è una forte disparità nelle sovvenzioni agricole tra nuovi e vecchi Stati membri, che continuerà dopo il 2013. Tutti gli agricoltori hanno simili costi di produzione, e i servizi agricoli nei nuovi Stati membri stanno aumentando e rapidamente arrivando ai livelli dei vecchi Stati membri. Quindi, che possibilità hanno le zone rurali di uniformare il proprio livello di sviluppo nei prossimi decenni?

Solo grazie a un sostegno stabile e a lungo termine alle comunità locali delle regioni più povere, associato alla massima razionalizzazione delle procedure, sarà possibile eliminare le disparità e ci consentirà di parlare di vera concorrenza nell’Unione europea nel prossimo decennio.

 
  
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  Jim Allister (NI) . – (EN) Signora Presidente, voglio parlare dei finanziamenti destinati alle città e alle aree urbane. Signora Commissario, lei ha visitato Belfast alcune volte. Spero abbia visto, come ho visto io, il grande beneficio derivato dal programma URBAN, soprattutto a Belfast nord. Mi dispiace che il programma si sia concluso, soprattutto perché non è stato sostituito da niente di analogo. Il nuovo interesse per i partenariati tra settore pubblico e privato è un cattivo sostituto, con l’accesso a JESSICA che fa poco per attutire il colpo, almeno fino ad ora. A dire la verità abbiamo abbandonato URBAN senza avere un valido sostituto.

Con l’attuale congiuntura economica viene meno la prospettiva di JESSICA con il suo anticipato effetto moltiplicatore, lasciando uno spazio vuoto in molte città che ancora necessitano di investimenti e di riqualificazione urbana. Il divario tra adesione puramente formale alle strategie governative e la loro effettiva realizzazione si acuisce sempre più ad ogni aumento della pressione fiscale. Di conseguenza si sente sempre più la mancanza di finanziamenti specifici per la spesa urbana nel programma 2007-2015.

(Il Presidente interrompe l’oratore)

 
  
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  Jan Olbrycht (PPE-DE) . – (PL) Signora Presidente, bisogna sottolineare che non è un caso se la discussione si è svolta in questo modo e se stiamo discutendo diverse relazioni contemporaneamente. E’ perché non si possono separare gli argomenti né le singole tematiche se vogliamo tenere una seria discussione sulla politica europea dei prossimi anni. Inoltre, se prendiamo in considerazione l’attuale dibattito sul pacchetto di ripresa, ovviamente le decisioni che siamo chiamati a prendere influenzeranno in maniera significativa la struttura della politica di coesione dopo il 2013.

Pertanto, se vogliamo parlare di tutte le relazioni, invece di perderci nei dettagli è importante che la politica di coesione diventi un’opportunità e, al contempo, uno strumento per avanzare concretamente verso l’integrazione dei diversi tipi di politica europea, la complementarietà di queste politiche e la promozione di un approccio integrato. Non è un caso che la Commissione europea stia proponendo soluzioni parallele in grado di cambiare la politica europea nel suo complesso.

La discussione sulla coesione territoriale è fondamentalmente un dibattito sull’azione integrata. E’ un dibattito sul rinunciare a qualsiasi tipo di logica settoriale nella politica europea. Questo orientamento suggerisce anche che l’intero territorio dell’Unione europea deve essere trattato come un tutt’uno, non suddiviso tra parti ricche e parti povere: ciò significa che ci troviamo di fronte a importanti decisioni nella politica di coesione. Desidero ringraziarvi per avere fatto di questa discussione un dibattito congiunto a tutti gli effetti.

 
  
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  Mia De Vits (PSE).(NL) Signora Presidente, innanzi tutto rivolgo le più sentite congratulazioni all’onorevole Becsey e lo ringrazio della valida collaborazione prestata nella stesura della relazione sul microcredito. E’ inutile sottolineare l’importanza di questo documento, soprattutto nelle circostanze attuali. Vorrei poi tracciare un parallelo tra questa relazione e la crisi che affrontiamo. Vediamo gli Stati membri cercare di trascinarsi fuori dal tunnel della crisi economica sfruttando una vasta gamma di misure, spesso concentrati su se stessi e occupati nel risollevare i propri mercati.

La soluzione, però, non è “ognuno per sé”, bensì un approccio di stampo più europeo ai problemi. Gli Stati Uniti del presidente Obama hanno optato per massicci investimenti governativi, e credo che questa sia la giusta direzione. Qui in Europa abbiamo 27 piani di ripresa, quantunque coordinati, ma in ogni caso finanziati dai singoli Stati membri. Questi piani di ripresa sono una necessità, ma anche un passo molto limitato nella giusta direzione.

In tal senso, le relazioni sul microcredito e un’altra relazione che sarà pronta nelle prossime settimane sul fondo di adeguamento alla globalizzazione rappresentano passi molto concreti per i cittadini, soprattutto in un momento come questo caratterizzato da una crescente disoccupazione e da un rallentamento nella concessione dei crediti bancari. Quindi ho molto poco da dire sulla relazione Becsey, ma soprattutto voglio sottolineare nuovamente quelli che crediamo essere i punti più importanti: essi sono stati reintrodotti nella relazione, migliorando in molti casi il testo della Commissione.

Il primo riguarda il finanziamento pubblico europeo a lungo termine. E’ un aspetto importante, perché attualmente vi sono troppe iniziative promosse in parallelo. Il bilancio dell’Unione europea deve includere un bilancio per questi microcrediti.

Il secondo verte sulla necessità di chiarire che i microcrediti sono effettivamente destinati ai disoccupati a lungo termine, alle persone appartenenti alle fasce svantaggiate e a chiunque non sia in grado di ottenere credito attraverso i canali tradizionali. Questi microcrediti sono concessi, in prima battuta, a livello locale. Per tale motivo è molto importante promuovere una politica di attivazione a livello locale. Pertanto insistiamo sul fatto che i beneficiari di prestazioni sociali non perdano il diritto a ricevere microcrediti.

 
  
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  Zdzisław Zbigniew Podkański (UEN) . – (PL) Signora Presidente, istituire un Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale è molto importante per la politica strutturale. Tuttavia, per sfruttare le opportunità in maniera adeguata, occorre elaborare una strategia trasparente di sviluppo a lungo termine per le aree e le regioni rurali, e creare un sistema che consenta di coordinare con continuità le attività a livello nazionale.

Sappiamo tutti che il dibattito sulla politica di coesione cela molti pareri sulle modalità di utilizzo dei fondi per i contributi all’agricoltura e allo sviluppo rurale. Si teme anche che dopo essere stati ridistribuiti, alcuni fondi saranno usati per sviluppare le zone urbane e le aree più dinamiche a spese di aree storicamente meno sviluppate e gestite meno attivamente. Non possiamo essere d’accordo su soluzioni e risultati di questo tipo.

 
  
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  Ambroise Guellec (PPE-DE).(FR) Signora Presidente, mi unisco a tutti i colleghi nell’esprimere soddisfazione per la discussione odierna e vorrei concentrare il mio intervento sulla coesione territoriale. Non è mai troppo tardi per fare la cosa giusta; ciononostante, abbiamo perso molto tempo per fare della coesione territoriale un obiettivo politico fondamentale dell’Unione europea. Ovviamente ci sono stati problemi istituzionali, che presto saranno eliminati, spero, oltre – mi scuserà, signora Commissario – all’estrema prudenza usata dalla Commissione in questo frangente. Si noti, tuttavia, che per l’intero mandato parlamentare, dal 2004-2005, il Parlamento ha costantemente cercato di dare una marcia in più, perché attribuiamo estrema importanza al principio di uguaglianza di trattamento di tutti i cittadini europei, ovunque essi vivano, e crediamo sia fondamentale procedere insieme.

Il Libro verde è finalmente arrivato, e ne siamo lieti. Mi sembra manchi leggermente di ambizione: avremmo voluto che la Commissione desse una definizione e obiettivi chiari invece che fare osservazioni molto aperte sulla questione. Tuttavia stiamo facendo progressi anche se, credo, per certi versi saremo nuovamente ostacolati dal legame eccessivo creato con la strategia di Lisbona durante l’attuazione della precedente generazione di Fondi strutturali.

La consultazione è attualmente in corso e, spero, giungerà alla conclusione che occorre aumentare le risorse, perfezionare gli strumenti – tutto questo dopo il 2013, abbiamo il tempo ma ci arriveremo presto – rafforzare gli strumenti finanziari, sviluppare la cooperazione a diversi livelli, avere una visione integrata dello sviluppo, in particolare riguardo alle politiche settoriali in discussione, coordinare la politica agricola comune e lo sviluppo regionale e così via. Abbiamo bisogno del Libro bianco il più rapidamente possibile, signora Commissario.

Per concludere, sottolineo l’urgenza di promuovere la coesione territoriale in tutte le regioni d’Europa, perché l’uguaglianza territoriale è fondamentale per porre fine alla crisi e raggiungere la ripresa economica e, soprattutto, incoraggiare i nostri concittadini a partecipare ai progetti europei.

 
  
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  Pierre Pribetich (PSE).(FR) Signora Presidente, si crea una bella armonia quando alle parole si uniscono le azioni. Con queste parole, Montaigne pensava indubbiamente alle parole e alle azioni dei politici.

Qui, nella politica di coesione, dobbiamo tendere all’armonia. Ispirati dal nostro desiderio di europei a considerare la città europea un asse principale dello sviluppo delle nostre società, ci vengono proposti spunti di riflessione e promesse per continuare a occuparci di declino generale della popolazione, mancanza di posti di lavoro, inquinamento urbano, mobilità ridotta nelle città e abitazioni inadeguate allo sviluppo sostenibile. Sono tutte sfide cruciali da raccogliere per rendere le città europee attraenti, competitive e luoghi piacevoli in cui vivere. Per ovviare ai problemi, quindi, le nostre parole devono essere in armonia con le nostre azioni. Questo è il senso della dimensione urbana della politica di coesione: coordinare l’efficienza e il credito, armonizzandoli e rendendoli efficaci per il nuovo periodo di programmazione.

Per concludere abbiamo due impegni: la necessità di garantire risorse finanziarie ingenti e chiaramente individuate per raggiungere gli obiettivi di Lipsia e, infine, la necessità di vedere cooperare le nostre città di fronte alla concorrenza mondiale sfruttando la ricchezza e la diversità delle soluzioni nel nostro spazio europeo.

 
  
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  Rolf Berend (PPE-DE). (DE) Signora Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, la relazione van Nistelrooij sul Libro verde e la futura forma della politica di coesione è indubbiamente uno dei documenti più importanti prodotti negli ultimi anni dalla commissione per lo sviluppo regionale.

Siamo d’accordo sul concetto fondamentale del Libro verde, in base a cui l’obiettivo della coesione territoriale consiste nel garantire lo sviluppo policentrico dell’Unione europea nel suo complesso, lo sviluppo sostenibile di territori con caratteristiche e peculiarità differenti e, al contempo, la salvaguardia della loro diversità. Nel prossimo periodo di programmazione occorre istituire un sistema più esauriente di assistenza graduale transitoria alle regioni che superano la soglia del 75 per cento del prodotto interno lordo, di modo che queste possano avere uno status più chiaro e maggiore sicurezza nel loro sviluppo.

La relazione Krehl sugli ostacoli nell’utilizzo dei Fondi strutturali giustamente elenca i principali problemi incontrati dai richiedenti nella domanda di Fondi strutturali quali l’eccessiva burocrazia, regolamentazioni troppo complesse o l’amministrazione centrale lenta e macchinosa negli Stati membri. Alla Commissione vengono rivolte molte raccomandazioni sulle misure efficaci da adottare per eliminare gli ostacoli. Vorrei evidenziare e ribadire due di queste misure.

Primo, i responsabili dei progetti sono attualmente obbligati a conservare la documentazione relativa al progetto per un periodo di 10 anni allo scopo di poterla esibire in caso di eventuali controlli da parte della Commissione. Tale disposizione impone un onere burocratico eccessivo, in particolare ai progetti di piccole dimensioni. E’ giusto che questo periodo venga adesso limitato a tre anni.

Secondo, i criteri di valutazione usati dalla Commissione per i progetti innovativi causano grossi problemi. Per i progetti innovativi e quelli di altra natura non bisogna applicare gli stessi criteri: in tal caso è fondamentale usare un processo diverso.

 
  
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  Miloš Koterec (PSE). – (SK) La politica di sviluppo regionale dà un chiaro contributo al benessere generale dei cittadini europei. In linea di principio già costituisce una politica sociale e, in quanto tale, noi del gruppo socialista al Parlamento europeo l’appoggiamo pienamente e la sviluppiamo con coerenza. Recentemente mi è stato chiesto da alcune persone presenti a un incontro pubblico perché dovessero darsi la pena di eleggere i rappresentanti al Parlamento europeo. Dopo avere discusso in che misura e in quali settori l’Unione europea contribuisce alle varie regioni europee, offrendo esempi concreti su milioni di persone, la politica di coesione per me è diventata uno dei principali motivi per cui dovremmo votare.

Oltre a ciò ho anche ricordato l’importante ruolo svolto dal Parlamento europeo nell’approvazione della politica di coesione e delle risorse di bilancio, che aumenterà enormemente se entrerà in vigore il trattato di Lisbona. Ho evidenziato che, in base al trattato, la politica regionale avrà un effetto diretto sui cittadini molto più consistente, e che le autorità locali e tutti i potenziali beneficiari assumeranno un ruolo più importante nella gestione delle politiche regionali, sostenendo le relative sinergie e il rafforzamento dello sviluppo della coesione territoriale, comprese le aree rurali. Inoltre, ho affermato che la politica di sviluppo regionale è uno degli strumenti comunitari più semplici e più flessibili per risolvere crisi come quella attuale. La politica regionale, ad esempio, contribuisce a risolvere la disoccupazione, gli investimenti e anche problemi sociali. Se attuata con professionalità e trasparenza, la politica regionale si conferma un forte caposaldo dell’Unione europea. In futuro dovremo insistere molto su questa colonna portante rendendola più efficace, poiché rappresenta un importante punto di contatto tra cittadini europei e istituzioni europee.

 
  
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  Mariela Velichkova Baeva (ALDE).(BG) Quali sono gli obiettivi di base dell’iniziativa sul microcredito? Stimolare lo sviluppo di questo strumento e la formazione di un contesto istituzionale e imprenditoriale positivo, aiutare le istituzioni finanziarie non bancarie a consolidare le proprie capacità, garantire la crescita e lo sviluppo sostenibile, e sviluppare la fiducia dei mercati dei capitali privati.

La relazione Becsey si concentra sulle opportunità offerte dal microcredito per integrare nel mercato del lavoro le categorie svantaggiate. Coordinando le varie misure e iniziative in materia, la Commissione europea deve proporre un quadro europeo generale con parametri specifici anche per istituti finanziari di microcredito e non bancari.

Promuovere l’imprenditoria porta a una maggiore concorrenza e una migliore economia della conoscenza, in linea con la rinnovata strategia di Lisbona.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. MORGANTINI
Vicepresidente

 
  
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  Margie Sudre (PPE-DE).(FR) Signora Presidente, signora Commissario Hübner, mi rammarico che il Consiglio e la Commissione europea non abbiano ancora elaborato una definizione chiara di coesione territoriale. La presidenza francese ha tentato di farlo e ne sono lieta. Il nostro Parlamento continua a insistere sull’esigenza di rendere tale obiettivo applicabile contestualmente all’entrata in vigore del trattato di Lisbona e darne quanto prima una definizione dettagliata.

Spero che, facendo riferimento all’eccellente relazione dell’onorevole van Nistelrooij, la coesione territoriale diventi la base giuridica su cui fondare uno sviluppo armonioso di tutte le regioni dell’Unione europea consentendo di far emergere le caratteristiche migliori di ciascuna regione europea. E’ fondamentale migliorare il coordinamento delle politiche comunitarie per ottimizzarne l’impatto a livello locale.

La coesione territoriale non deve concentrarsi esclusivamente sulle regioni che soffrono di handicap permanenti. Essa deve seguire lo sviluppo policentrico dell’Unione europea nella sua interezza tenendo conto delle peculiarità di ciascuna regione e tutelandone la diversità. Questo nuovo concetto è a mio avviso rilevante soprattutto in riferimento alle regioni ultraperiferiche per garantire loro una crescita sostenibile ed equilibrata.

In proposito, ringrazio il relatore per aver incluso negli emendamenti di compromesso le richieste relative alle specifiche sfide che tali regioni si trovano a dover affrontare in termini di accessibilità e competitività, poiché questi ultimi sono aspetti vitali della coesione territoriale.

Nel leggere la recente comunicazione della Commissione intitolata “Le regioni ultraperiferiche, una risorsa per l’Europa” ho osservato che la Commissione intende applicare alle regioni ultraperiferiche tutte le raccomandazioni sul miglioramento della governance nella politica di coesione facendone un esempio pionieristico di realizzazione della coesione territoriale.

Spero che le consultazioni d’oltremare, i cosiddetti États généraux de l’Outre-Mer, che si apriranno prossimamente in Francia, muovano nella stessa direzione integrando largamente il notevole impatto territoriale delle politiche europee per le regioni ultraperiferiche, il cui valore aggiunto è innegabile e indiscusso.

Per concludere, vorrei naturalmente ringraziare tutti i relatori.

 
  
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  Gábor Harangozó (PSE). (HU) Signora Presidente, se vogliamo reagire adeguatamente alle sfide con cui l’Unione europea è chiamata a confrontarsi, dobbiamo fare tutto il possibile per annullare definitivamente i divari esistenti in termini economici e condizioni di vita in determinate regioni. A tale proposito, in futuro la politica di coesione europea dovrà concentrarsi sul suo obiettivo originale, vale a dire attuare i necessari cambiamenti strutturali nelle regioni che si trovano a dover affrontare difficoltà di natura socioeconomica.

Per risultare più efficaci in futuro, dobbiamo concentrarci sulle unità territoriali più interessate da tali sfide rielaborando gli schemi della collaborazione economica, processo in cui le macroregioni possono svolgere un ruolo significativo.

Nel contempo è necessario affrontare anche il problema della povertà, che si concentra in determinate aree. Se vogliamo farci promotori di un effettivo cambiamento, dobbiamo poi concentrarci sul livello al quale si pone il problema. In altre parole, servono misure complesse e mirate anche a un livello inferiore rispetto a quello regionale. Non basta finanziare i progetti: serve una strategia integrata che coinvolga tutti i fondi e offra un’assistenza concreta ai cittadini più vulnerabili dell’Unione europea.

 
  
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  Rumiana Jeleva (PPE-DE).(BG) Signora Presidente, onorevoli colleghi, la politica di coesione è una componente fondamentale dell’Unione europea. Per decenni essa è stata lo specchio del desiderio comune di tutti i cittadini europei di poter beneficiare di un futuro migliore con una qualità di vita e lavoro superiore.

I risultati della politica di coesione mostrano che essa è una delle politiche comunitarie di maggior successo. Alcuni Stati membri dell’Unione che in passato risultavano molto meno sviluppati rispetto alla media europea sono oggi tra i paesi più sviluppati del mondo. Questi elementi contribuiscono a dimostrare l’efficacia della politica di coesione e rappresentano un incentivo per gli Stati che hanno recentemente aderito alla Comunità, come per esempio la Bulgaria.

Il popolo bulgaro ha atteso a lungo di entrare a far parte a pieno titolo dell’Unione europea e ripone giustamente le proprie speranze nelle opportunità offerte dai fondi strutturali e dal fondo di coesione. Credo di parlare a nome di tutti nel ringraziare il commissario Hübner per gli enormi sforzi profusi in materia di sviluppo regionale e il suo sostegno deciso alla politica di coesione.

Le cinque relazioni elaborate dalla commissione per lo sviluppo regionale mettono in luce anche l’impegno di lungo periodo del Parlamento europeo per una politica di coesione forte ed efficace. Onorevoli colleghi, oltre a dover affrontare la crisi finanziaria, oggi dobbiamo gestire i problemi derivanti dai cambiamenti climatici e demografici, quelli riguardanti l’efficienza energetica e l’eccessiva urbanizzazione, le migrazioni e altre questioni.

In tutti questi ambiti serve una risposta forte e consolidata da parte dell’Unione europea, ragion per cui la politica di coesione deve essere usata come forza trainante per realizzare i necessari cambiamenti. Una delle sfide che l’Unione europea si trova a dover attualmente affrontare è, per esempio, la riduzione della dipendenza esterna per il petrolio e il gas.

Onorevoli colleghi, la politica di coesione e i fondi strutturali non sono mai stati solo un semplice gesto di solidarietà europea. Essi sono, di fatto, una componente di un sistema di reciproco vantaggio che può essere sfruttato per creare nuovi mercati e nuove relazioni commerciali. Concluderò ricordando che ciascun cittadino ha il diritto di beneficiare della politica di coesione. Questo vale ovviamente anche per i cittadini del mio paese, che meritano condizioni di vita e di lavoro migliori.

 
  
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  Jamila Madeira (PSE).(PT) Signora Presidente, onorevoli colleghi, vorrei in primo luogo ringraziare tutti per il lavoro svolto.

I tre concetti fondamentali definiti nel Libro verde – concentrazione, collegamento e cooperazione – possono contribuire a rimuovere alcuni ostacoli allo sviluppo armonioso della Comunità, in particolare per quanto concerne gli effetti negativi correlati alla concentrazione dell’attività economica, le disparità in termini di accesso ai mercati e ai servizi causate dalla distanza e le divisioni che sono imposte dai confini non solo tra Stati membri, in particolare quelli meno favoriti, ma anche tra regioni.

Dobbiamo quindi cercare di migliorare le sinergie tra queste politiche ed elaborare metodi per misurarne efficacemente l’impatto territoriale. E’ proprio per questo che ho sempre sostenuto l’elaborazione di ulteriori indicatori qualitativi che consentano una migliore definizione e attuazione delle politiche corrispondenti sul campo tenendo debitamente conto delle diverse specificità territoriali.

A oggi il prodotto interno lordo è ancora l’unico criterio per stabilire se un paese abbia il diritto di ricevere sostegno attraverso i fondi strutturali.

Tuttavia, l’elaborazione di ulteriori indicatori e lo svolgimento di valutazioni territoriali non dovrebbero comportare un incremento della burocrazia o maggiori ritardi, ma piuttosto condurre a un’applicazione semplificata delle nuove politiche e azioni a sostegno della coesione territoriale.

La quinta relazione sui progressi compiuti – sto per concludere, signora Presidente – fa esplicito riferimento alle regioni in transizione, collocate fra le “regioni dell’obiettivo convergenza” e le “regioni dell’obiettivo competitività e occupazione”. Va ricordato che tali regioni hanno bisogno di uno status più chiaro, maggiore sicurezza e stabilità nel loro sviluppo.

 
  
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  Iosif Matula (PPE-DE) . – (RO) Signora Presidente, vorrei ringraziare tutti i relatori per aver composto il pacchetto per lo sviluppo regionale complimentandomi in particolare con l’onorevole van Nistelrooij per gli straordinari sforzi profusi. Egli è riuscito a includere nella proposta di risoluzione l’esigenza degli Stati membri di attuare misure tese a conseguire la coesione territoriale.

Il Libro verde contribuisce inoltre a evidenziare che, al di là della coesione economica e sociale, la politica di coesione territoriale rappresenta uno dei principali obiettivi dell’Unione europea. Se mancherà un coordinamento attraverso una politica comunitaria unica, le regioni europee si svilupperanno in modi diversi.

La coesione territoriale è un fattore chiave nel processo di integrazione europea e convergenza interregionale. Credo che sia necessario rivolgere particolare attenzione alle regioni europee della convergenza, sia oggi sia in futuro, per attenuare quanto prima le forti disparità regionali.

Nel caso del mio paese, la Romania, sono stati compiuti grandi progressi nello sviluppo delle sue regioni, ma ci troviamo a dover affrontare disparità sia interregionali sia intraregionali, oltre a quelle tra zone rurali e urbane.

Per realizzare uno sviluppo regionale sostenibile ed equilibrato, è necessario creare le condizioni per utilizzare efficacemente le risorse specifiche di ciascuna area. Per esempio, uno dei principali aspetti della Romania occidentale è la presenza di diverse fonti di acqua geotermica. Destinare a questa regione fondi sufficienti per generare una fonte alternativa di energia elettrica utilizzando a tal fine l’acqua geotermica consentirà di creare nuovi posti di lavoro e ottenere svariati vantaggi economici.

Ritengo che il pacchetto oggi in esame sia particolarmente importante anche per la Romania.

 
  
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  Andrzej Jan Szejna (PSE).(PL) Signora Presidente, la politica di coesione è il pilastro portante del processo di integrazione. Disporre di una politica di coesione che funzioni correttamente è un requisito necessario per conseguire la coesione territoriale, sociale ed economica dell’Unione europea. Oggi per noi la sfida principale è realizzare rapidamente la riforma delle basi su cui poggia il funzionamento della politica europea snellendo e rendendo più flessibili le complesse procedure di attuazione dei progetti e le regole di finanziamento.

Lo sviluppo di un concetto interregionale e lo scambio delle migliori prassi vengono oggi inseriti nei piani di riforma della politica di coesione completandola in modo eccellente. Per questo la Commissione europea dovrebbe formulare quanto prima una proposta concreta sulla possibilità di uno scambio di esperienze tra gli enti responsabili dell’attuazione dei progetti.

A mio parere nessuno degli Stati rappresentati in quest’Aula ha bisogno di essere persuaso del fatto che, di fronte a una crisi economica e finanziaria, i fondi strutturali sono uno strumento decisivo per stimolare l’economia a livello regionale. E’ quindi importante semplificare le procedure e accelerare l’afflusso dei fondi alle economie degli Stati membri. I progetti europei sono un modo per creare posti di lavoro nuovi e sostenibili, oltre che un’occasione per chi versa nelle situazioni di maggiore difficoltà e le regioni più povere dell’Unione europea.

La politica di coesione dovrebbe anche essere uno strumento per far fronte a nuove sfide, come la politica energetica comune e i cambiamenti climatici.

 
  
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  Czesław Adam Siekierski (PPE-DE).(PL) Signora Presidente, la politica di coesione è spesso considerata il migliore esempio di solidarietà all’interno dell’Unione. Livellare le differenze di sviluppo tra i singoli paesi e le regioni europee è nell’interesse di tutta l’Unione europea. A mio avviso nel Libro verde la Commissione elabora una diagnosi accurata delle sfide che la politica di coesione comunitaria oggi è chiamata ad affrontare.

La Commissione tratta poi le specifiche esigenze di sostegno alle regioni con una particolare natura geografica come le regioni montane o le zone agricole svantaggiate, che meritano un sostegno deciso. E’ importante specialmente coordinare e pianificare in maniera appropriata il sostegno alle zone rurali, dove lo sviluppo economico e la densità demografica sono minori, l’accesso a tutti i tipi di servizi pubblici è inadeguato e le opportunità lavorative al di fuori del settore agricolo sono limitate. Esiste poi una forte disparità tra le diverse zone rurali all’interno dei singoli Stati membri e nel confronto tra zone rurali ed urbane le discrepanze sono anche maggiori.

I previsti incrementi degli stanziamenti per lo sviluppo delle zone rurali sono stati oggetto di forti critiche nell’attuale documento sulla prospettiva finanziaria. Vorrei ricordare a tutti voi che la politica di sviluppo rurale e i relativi stanziamenti contribuiscono a mantenere vive queste aree e ad agevolare la vita di quanti vi abitano. Per concludere, il documento della Commissione, le relazioni e il dibattito odierno muovono tutti nella giusta direzione.

 
  
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  Emanuel Jardim Fernandes (PSE).(PT) Signora Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, vorrei innanzi tutto complimentarmi con gli onorevoli Krehl e van Nistelrooij per le loro relazioni e la loro disponibilità ad accogliere i contributi dei colleghi. In tali relazioni si riconosce l’importanza delle migliori prassi, che sono un fattore di sinergia, soprattutto nei settori ambientale, energetico e occupazionale, e si ricollega il dibattito sulla coesione territoriale a quello sul futuro della politica di coesione dell’Unione europea.

Condivido la valutazione riportata nel Libro verde e l’analisi del concetto di coesione territoriale e sottoscrivo le raccomandazioni per il futuro della coesione territoriale contenute nelle suddette relazioni, in particolare i seguenti elementi: definizione di coesione territoriale, pubblicazione di un libro bianco sulla coesione territoriale, rafforzamento dell’obiettivo di cooperazione territoriale europea, integrazione della coesione territoriale nella futura elaborazione di tutte le politiche comunitarie, elaborazione di ulteriori indicatori qualitativi, valutazione dell’impatto territoriale delle politiche comunitarie e proposta di modalità per creare sinergie tra politiche territoriali e settoriali, messa a punto di una strategia globale per le regioni con caratteristiche geografiche specifiche, in particolare quelle ultraperiferiche, creazione di un sistema più completo per un’assistenza graduale nella fase di trasformazione per le regioni cosiddette “in fase di transizione”, sviluppo di una nuova governance territoriale a più livelli (locale, regionale, nazionale ed europeo).

Per questo invito i miei onorevoli colleghi a sostenere le relazioni ed esorto gli Stati membri e la Commissione a darvi il giusto seguito.

 
  
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  Maria Petre (PPE-DE).(RO) Signora Presidente, vorrei innanzi tutto esprimere il mio favore all’idea di un dibattito sostanziale sul tema della coesione e complimentarmi con ciascuno dei colleghi per gli sforzi profusi e le proposte elaborate.

Passerei poi al commento di alcuni temi iniziando dalla coesione territoriale. La questione basilare riguarda le modalità per garantire lo sviluppo armonioso di tutti i territori dell’Unione europea e il partenariato tra aree urbane e rurali per interrompere quel processo di perdita del territorio e reagire all’esodo dalle aree rurali. In mancanza di una definizione del concetto di coesione territoriale, che il Parlamento attende, il concetto integrato di coesione economica, sociale e territoriale costituisce la base della futura politica regionale comunitaria e dei fondi strutturali dopo il 2009.

Per quel che riguarda la relazione Krehl, sostengo tutte le proposte in essa contenute a favore delle regioni europee, la rimozione degli ostacoli e la semplificazione delle procedure per garantirne stabilità nel tempo, oltre che la proposta di elaborare metodi rigorosi per lo scambio interregionale delle migliori prassi.

Per quanto concerne la dimensione urbana della politica di coesione, sappiamo di non disporre di una definizione comune del termine “urbano” e sappiamo anche che in Europa vi sono circa 5 000 città con popolazione inferiore ai cinquantamila abitanti. In Romania esistono svariati insediamenti di questo tipo. A mio avviso abbiamo bisogno di un modello di sviluppo e risorse sufficienti per gli insediamenti urbani di queste dimensioni, che rimangono parzialmente o del tutto esclusi dall’impatto positivo della strategia policentrica.

Conformemente al nuovo trattato, nell’ambito della coesione territoriale gli Stati membri e l’Unione europea gestiranno congiuntamente uno sviluppo urbano integrato e sostenibile. Le autorità locali e regionali dovranno essere pronte a questo approccio già definito come governance multilivello. Appoggio l’idea di uno stanziamento minimo obbligatorio pro capite di 1 000 euro contro i 500 euro precedentemente previsti.

 
  
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  Francisca Pleguezuelos Aguilar (PSE).(ES) Signora Presidente, per quanto riguarda la relazione sul microcredito, vorrei congratularmi con tutti i relatori che hanno svolto un ottimo lavoro migliorando senza dubbio l’iniziativa della Commissione.

Ritengo che le raccomandazioni elaborate in questa relazione ci consentiranno di creare i presupposti per sviluppare un quadro comunitario adeguato per il microcredito. Il settore ha ottenuto risultati positivi in diversi paesi in via di sviluppo, tra cui alcuni paesi europei, sia come mezzo per generare attività economica sia come strumento per migliorare l’inclusione sociale e promuovere la creazione di posti di lavoro. Tuttavia, sinora tali risultati positivi non sono ancora stati trasferiti nel contesto comunitario. Credo che abbiamo oggi l’opportunità di farlo, soprattutto alla luce della crisi economica e finanziaria che stiamo vivendo.

In proposito, dobbiamo rendere prioritario il rafforzamento delle iniziative suggerite nella relazione, ma anche agire su altri fronti. Dobbiamo aumentare i fondi disponibili per le strutture di sostegno al microcredito. Dobbiamo garantire un accesso agevolato a soggetti e imprese che non hanno accesso diretto al credito. In merito, signora Presidente, vorrei sottolineare l’esempio della garanzia europea per i microprestiti, strumento che potrebbe migliorare l’accesso ai prestiti ed è stato incluso nella relazione.

Concludo sottolineando che la relazione getta sicuramente le basi per consentirci di creare a livello europeo un quadro armonioso per la promozione del microcredito.

 
  
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  Silvia-Adriana Ţicău (PSE).(RO) Signora Presidente, nel 2010 la Commissione e gli Stati membri rivedranno il metodo di utilizzo e il grado di assorbimento dei fondi strutturali. Esorto gli Stati membri a ridefinire con grande attenzione le priorità che hanno fissato e a cui intendono destinare l’utilizzo di tali fondi.

A mio parere tra le priorità degli Stati membri per l’utilizzo dei fondi strutturali nel periodo 2011-2013 dovranno figurare i temi della mobilità urbana, dello sviluppo rurale, dell’efficienza energetica degli edifici e dello sviluppo delle infrastrutture dei trasporti.

In qualità di relatrice per l’efficienza energetica degli edifici ho chiesto un aumento dal 3 al 15 per cento della quota del fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) che gli Stati membri possano utilizzare nell’edilizia popolare per incrementare l’efficienza energetica degli immobili. Questo offrirebbe agli Stati membri maggiore flessibilità e la possibilità di accelerare l’assorbimento dei fondi comunitari per migliorare la qualità della vita dei cittadini europei.

Soprattutto a fronte nell’attuale crisi, gli Stati membri devono utilizzare i fondi pubblici, e in particolare i fondi strutturali, per garantire lo sviluppo economico e aumentare l’occupazione.

 
  
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  Eoin Ryan (UEN). (EN) Signora Presidente, vorrei innanzi tutto congratularmi con i relatori coinvolti in questa importantissima relazione. Credo che la crisi economica abbia costretti tutti noi a un attento riesame critico del nostro comportamento economico passato. D’altro canto, questo ci offre oggi la possibilità di imparare dagli errori commessi. Credo che mentre le nostre economie avanzavano a passo spedito, abbiamo sfortunatamente lasciato indietro alcuni gruppi.

Affrontare e migliorare l’accesso al microcredito ci offre oggi l’occasione di ovviare agli errori del passato. Rielaborare il quadro normativo riguardante il microcredito può aiutarci a rafforzare e ricostruire le nostre economie, dalla comunità in su. In Irlanda sono state adottate iniziative lodevoli in tal senso. Nella mia circoscrizione di Dublino dal 1993 sono stati istituiti quattro comitati per le imprese che hanno fornito sostegno locale alle microimprese della città e della contea. All’inizio dell’anno l’associazione dei comitati delle contee e delle città irlandesi ha annunciato un pacchetto di incentivi finanziari volto a dare sostegno a tremila imprese irlandesi e creare quindicimila nuovi posti di lavoro. Il progetto prevede inoltre corsi di formazione per circa cinquantamila persone.

A livello europeo queste sono cifre insignificanti, ma per noi l’attività di microcredito a Dublino e in Irlanda è straordinariamente importante. Auspico vivamente che, dando il giusto seguito a questa eccellente relazione, potremo assistere alla nascita di un’azione comunitaria significativa e coordinata, intesa a sostenere il lavoro di inestimabile valore compiuto dalle microimprese e a loro destinato, a livello nazionale e locale, sul territorio dell’Unione europea, poiché esso è una componente molto importante della nostra economia odierna e lo sarà anche in futuro.

 
  
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  Presidente. Grazie onorevole Ryan. Non sono stata particolarmente severa perché in realtà abbiamo un po’ di tempo in più rispetto alle norme.

Però volevo dire una cosa prima di passare a cogliere i vostri occhi, che questa mattina si è aperto in questo Parlamento un evento molto importante, che è stato aperto dal Presidente Pöttering e che riguarda un’organizzazione europea che si chiama FLARE e di cui fanno parte più di trenta paesi, in cui giovani e non solo giovani sono estremamente impegnati per combattere la criminalità organizzata e per fare in modo che i beni confiscati alla criminalità organizzata vengano usati per opere sociali.

In questo Parlamento c’è un impegno preso anche dal Presidente del Parlamento europeo e dalla commissione libertà e giustizia e qui, tra l’altro, tra noi nel palco, vi sono alcuni di questi giovani che fanno, io credo, l’onore dell’Europa perché insieme a noi cercano di far sì che l’Europa sia un’Europa libera dal razzismo, ma libera anche dalla criminalità organizzata. Quindi un saluto anche a loro che sono qui e che sono in questo palco.

 
  
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  Erna Hennicot-Schoepges (PPE-DE).(FR) Signora Presidente, vorrei complimentarmi con tutti i relatori. Queste relazioni sono preziose per le nuove politiche. Mi rammarico solo che nessuna faccia riferimento alla politica culturale.

La politica culturale è forse la politica di coesione per antonomasia. Ciò che crea coesione in una regione è la cultura, che avrebbe potuto essere citata perché non si sono ancora introdotte politiche culturali interregionali. Incontriamo sempre grandi difficoltà nel finanziare progetti interculturali perché non esiste una società interculturale né una sicurezza sociale in grado di offrire agli artisti la mobilità necessaria per lavorare oltre i confini della propria regione di appartenenza. Mi rivolgo a cuore aperto a tutti coloro che stanno lavorando all’attuazione di questa politica affinché non trascurino questo importante aspetto di qualsiasi politica europea.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. MARTÍNEZ MARTÍNEZ
Vicepresidente

 
  
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  Ewa Tomaszewska (UEN).(PL) Signor Presidente, la coesione territoriale e sociale previene i conflitti eliminandone le cause ed è questo ciò che rende tanto importanti le misure volte a livellare le condizioni di vita nelle zone rurali e urbane ed equilibrare le infrastrutture a livello regionale. L’uso diffuso del microcredito è un valido strumento al servizio della politica di coesione. Oggi, in un momento di crisi economica e finanziaria, mentre stiamo tutti cercando di trovare il modo di salvaguardare i posti di lavoro, dobbiamo essere consapevoli dei fattori che minacciano la politica di coesione come il protezionismo e la discriminazione contro le regioni più povere.

 
  
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  Den Dover (PPE-DE). (EN) Signor Presidente, la commissione per lo sviluppo regionale e i fondi da distribuire in tutta Europa rappresentano il programma più importante di tutta la Comunità europea.

Posso parlare dell’Inghilterra nordoccidentale e affermare quanto questi fondi siano risultati proficui negli ultimi dieci anni, in particolare per la città di Liverpool. Guardando al futuro vedo una città che continua a espandersi grazie a questi fondi, stanziati e controllati oculatamente.

Vorrei lanciare un appello per un maggior coinvolgimento del settore privato per quel che riguarda lo stanziamento, la gestione e il controllo dei fondi perché il settore privato può sempre risultare più efficiente rispetto al pubblico.

Vorrei altresì sottolineare l’inestimabile valore di questo denaro per le zone rurali del nord-est, dove troviamo numerose aree agricole che svolgono un ruolo fondamentale dal punto di vista economico.

Infine, consentitemi di dichiarare il mio sostegno all’onorevole Becsey sul microcredito: esso rappresenta uno sviluppo molto interessante e fondamentale nell’attuale situazione economica.

 
  
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  Zita Pleštinská (PPE-DE). – (SK) Signor Presidente, onorevoli colleghi, a mio parere l’odierna discussione congiunta sulla politica regionale è il dibattito più importante di questa sessione plenaria, ma anche uno dei più importanti nel periodo preelettorale. E’ infatti un’occasione per rivolgerci ai cittadini europei e parlare loro di un argomento che possono comprendere facilmente, in particolare in vista delle prossime elezioni di giugno del Parlamento europeo. Desta preoccupazione l’assenza di un sostegno efficace, semplice e diretto alle autorità minori, in particolare per quanto riguarda l’accesso alle risorse destinate agli investimenti. Ritengo quindi che, sulla base di queste relazioni, assisteremo a una rivalutazione della politica di coesione e specialmente di alcuni programmi operativi che dovrebbero essere riaperti e rivisti.

Vorrei concludere esprimendo la mia convinzione che le raccomandazioni del Parlamento europeo contenute in queste cinque relazioni forniscano valore aggiunto e possano soddisfare le aspettative dei cittadini europei, sia delle città sia delle zone rurali, che credono nella capacità della politica di coesione di garantire lo sviluppo delle loro regioni, il graduale livellamento delle disparità regionali, la creazione di nuove opportunità occupazionali, la sicurezza energetica, una maggiore efficienza energetica delle loro case, infrastrutture tecniche e di trasporto più avanzate e condizioni di vita migliori.

 
  
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  Sérgio Marques (PPE-DE).(PT) Signor Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, in questo importante dibattito sulla coesione territoriale e il futuro della politica di coesione economica e sociale devo ricordare la particolare condizione in cui si trovano le regioni ultraperiferiche. A causa della costante combinazione di una serie di fattori geografici, tali regioni sono estremamente vulnerabili in termini sociali ed economici, in particolare nei momenti di grave crisi internazionale come quello attuale.

Vorrei quindi invitare la Commissione europea, e in particolare la signora commissario Hübner, a prestare grande attenzione agli effetti dell’attuale crisi sulle regioni ultraperiferiche. Valutarne le ripercussioni in ciascuna regione ultraperiferica, in particolare per quanto riguarda turismo, edilizia e aumento della disoccupazione, sarebbe molto utile per garantire una risposta europea ad hoc per queste regioni.

Esorto pertanto caldamente la Commissione europea a elaborare una risposta europea alla crisi per le regioni ultraperiferiche, che vada oltre le misure già annunciate nel quadro della politica di coesione economica e sociale, rivolte alle regioni europee in genere. Una risposta europea specificatamente dedicata alla crisi che affrontano le regioni ultraperiferiche …

(Il Presidente interrompe l’oratore)

 
  
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  Presidente. – Ha superato il tempo a sua disposizione.

Il regolamento elaborato dall’ufficio di presidenza stabilisce che in questo tipo di dibattito possono prendere la parola fine a cinque deputati e il tempo di parola è rigorosamente limitato a un minuto per ogni intervento.

Vi sono ancora sei deputati che hanno chiesto di intervenire, oltre ai cinque che hanno già ha avuto modo di farlo conformemente al regolamento. Poiché abbiamo ancora tempo, secondo i servizi della sessione farò un’eccezione e concederò la parola a quanti l’hanno chiesta. Vorrei però invitare tutti ad attenersi rigorosamente all’argomento e a rispettare il minuto concesso dalla procedura catch the eye.

 
  
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  Zuzana Roithová (PPE-DE). – (CS) Signor Presidente, sono estremamente lieta di confermare che la presidenza ceca sta promuovendo una chiara definizione della politica di coesione in modo da includere l’assistenza alle regioni meno sviluppate. Vorrei poi invitare la Commissione a presentare norme vincolanti allo scopo di armonizzare le condizioni per la creazione di un mercato del microcredito efficace, che è importante non solo in un momento di crisi. Dobbiamo agevolare l’accesso ai finanziamenti per i privati e gli imprenditori che non sono in grado di ottenere prestiti dal settore bancario tradizionale. La storia passata del credito ai consumatori fa emergere la necessità di un’azione europea unificata ed efficace, in particolare per quanto riguarda gli strumenti di controllo. Ritengo inoltre che il microcredito debba essere orientato soprattutto ai progetti che interessano le regioni europee meno sviluppate, al pari della politica di coesione, verso i gruppi di cittadini svantaggiati o i progetti altamente innovativi, conformemente agli obiettivi della strategia di Lisbona. Vorrei infine mettere in guardia la Commissione in merito al rischio di abuso del microcredito a fini di riciclaggio di denaro. E’ un peccato che non sia ancora stata presentata una proposta legislativa concreta al riguardo.

 
  
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  Andreas Mölzer (NI).(DE) Signor Presidente, poiché parliamo di politica di coesione e sviluppo regionale dell’Unione europea, forse dovremmo rivolgere il nostro pensiero anche ai paesi candidati a entrare a far parte dell’Unione. Lo scorso fine settimana sono stato in Turchia, in particolare nella regione dell’Anatolia orientale, e ho potuto osservare i problemi di Diyarbakir, nell’area curda, rendendomi conto dell’esigenza di informare i candidati all’adesione dei benefici e della necessità dello sviluppo regionale.

Nella regione curda il problema non è solo di natura etnica e non è solo questione di diritto all’autodeterminazione e simili. Non è neanche un problema di terrorismo, ma riguarda soprattutto lo sviluppo regionale e la necessità di equilibrare lo sviluppo regionale tra città e zone rurali. Ritengo che dovremmo spiegare alla Turchia che in questo caso dovrebbe applicare la politica di coesione europea, altrimenti non sarà pronta a entrare nell’Unione europea neppure da questo punto di vista.

 
  
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  Alexandru Nazare (PPE-DE) . – (RO) Signor Presidente, oltre a essere oggetto di vivace dibattito in quest’Aula, i fondi di coesione e quelli strutturali sono anche un’opportunità sicuramente lodevole, ma purtroppo non adeguatamente sfruttata. Ciò accade per svariate ragioni, tra cui normative tardocratiche e farraginose, regolamenti che rimangono in vigore per periodi troppo brevi, difficoltà di accesso alle informazioni e mancanza di trasparenza.

Posso dire che molti cittadini rumeni che hanno richiesto fondi lamentano problemi per quanto concerne i requisiti di ammissibilità delle spese, la brevità del periodo di validità, la documentazione incomprensibile, i lunghi periodi per la valutazione dei progetti.

Sono lieto che anche la Commissione europea abbia iniziato a prendere coscienza di tali ostacoli. Le proposte di emendamento delle normative includono disposizioni volte a semplificare le norme per l’utilizzo di tali fondi, in particolare nell’attuale fase di crisi economica. Questo è un primo passo e mi piacerebbe pensare che anche molte delle nostre proposte saranno adottate dalla Commissione.

Una soluzione a questi problemi viene fornita dai programmi di assistenza tecnica e gemellaggio, ma poiché attraverso gli emendamenti da me presentati ho anche dato sostegno alla relazione dell’onorevole Krehl, serve un programma a livello europeo …

(Il Presidente interrompe l’oratore)

 
  
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  Ljudmila Novak (PPE-DE). (SL) Signor Presidente, la qualità della vita è effettivamente migliorata molto grazie al denaro proveniente dai Fondi strutturali che l’Unione europea ha utilizzato per rafforzare la coesione territoriale, economica e sociale e lo sviluppo di tutte le sue 268 regioni.

Dal punto di vista finanziario, sono lieta di osservare che il Parlamento, nella sua attuale composizione, ha anche svolto un ruolo importante contribuendo allo stanziamento di maggiori fondi per gli scopi discussi, rispetto a quanto proposto inizialmente. Nel contempo, deploro il fatto che, come già evidenziato dal mio collega, sussistano tanti ostacoli burocratici e a volte mi chiedo se la colpa sia da attribuire all’Europa o ai governi nazionali.

A ogni modo, credo che dobbiamo ridurre tali ostacoli per rispondere adeguatamente alle pressanti esigenze delle autorità locali e regionali. Tuttavia, se vogliamo far restare i giovani nelle aree rurali, dobbiamo investire molte più risorse nel sostegno allo sviluppo rurale.

 
  
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  James Nicholson (PPE-DE). (EN) Signor Presidente, molti argomenti oggetto della discussione odierna saranno attuati nel corso della prossima legislatura del Parlamento europeo. Su questo non vi è dubbio. Lo sviluppo rurale è fondamentale per far progredire l’economia rurale, ma quando alcuni anni fa è stato elaborato il secondo pilastro, volto a dare supporto alla società rurale, non sono stati stanziati fondi sufficienti a sostenerne le attività. Adesso ricorriamo alla modulazione, che significa prelevare i fondi extra dai pagamenti diretti agli agricoltori per sviluppare la società e l’economia rurale.

Sicuramente questo scatenerà forti reazioni. Da una parte troviamo coloro che chiedono il passaggio della politica regionale o del sostegno alla società rurale dalla direzione generale per l’agricoltura a quella per le politiche regionali, che è invece inaaccettabile per quanti vivono nel contesto dell’economia rurale. Tale dibattito ha già avuto luogo all’inizio degli anni Novanta con il commissario MacSharry e non torneremo sull’argomento. Io dico “assolutamente no”. I fondi extra devono essere spesi nell’ambito dell’agricoltura e dell’economia rurale per dare sostegno ai piccoli agricoltori e alla popolazione attiva nelle zone rurali.

 
  
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  Francesco Ferrari (ALDE). Signor Presidente, onorevoli colleghi, ringrazio il relatore per la relazione. Il tema affrontato è molto delicato per le implicazioni che può avere nel sistema economico dei vari paesi dell’Unione. Il fatto di legare il nuovo fondo agricolo per lo sviluppo rurale alla PAC può avere aspetti positivi e negativi in funzione dell’uso che di tale fondo verrà fatto.

Da un certo punto di vista questo permetterà un utilizzo più efficiente di tali fondi e questa è sicuramente una buona notizia. Concordo però con il relatore sul fatto che siamo in una linea di confine molto sottile e tra l’altro vi è il rischio che i fondi siano utilizzati solo per il miglioramento della competitività dell’agricoltura a scapito di altri settori delle zone rurali.

Le zone rurali hanno bisogno, infatti, di investimenti forti per il rilancio dell’economia, investimenti strutturali ed agroalimentari, la formazione di giovani agricoltori, che sono il motore dell’economia rurale, così come la formazione per le donne che vivono in tali aree e gli investimenti nel settore informatico per avvicinare i giovani alle nuove tecnologie. Il rischio cui si va incontro è che i fondi siano utilizzati in maniera sbagliata.

Ecco perché resto convinto che debba prevalere il buon senso per evitare una cattiva allocazione dei fondi, perché l’impatto dell’economia rurale potrebbe essere molto pesante in Europa.

 
  
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  Czesław Adam Siekierski (PPE-DE).(PL) Signor Presidente, alla luce dell’attuale crisi economica, la politica di coesione diventa ancora più importante, poiché i Fondi strutturali che essa offre possono tradursi in efficaci strumenti di stimolo all’economia a livello regionale. Concentrarsi su attività di impulso alla crescita, come per esempio investire nei settori della ricerca e dello sviluppo, dell’innovazione e della creazione attiva di posti di lavoro, dovrebbe imprimere nuovo slancio all’economia europea e garantire un ritorno la crescita. Approvo anche lo stanziamento di ulteriori fondi per migliorare l’accesso a Internet nelle aree rurali.

 
  
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  Danuta Hübner, membro della Commissione. − (EN) Signor Presidente, ho accorciato le mie osservazioni introduttive di due minuti in maniera da disporre di più tempo ora per rispondere alle domande. Mi dispiace di non poter rispondere a tutte, ma apprezzo moltissimo gli scambi bilaterali che abbiamo avuto negli ultimi anni a Bruxelles e durante le mie visite nelle vostre circoscrizioni. Vi invito a proseguire il dialogo con noi della Commissione e vi ringrazio per questo dibattito schietto e positivo.

Dobbiamo sfruttare appieno e con saggezza il potenziale di tutte le politiche nazionali e comunitarie per garantire che l’economia e la società dell’Unione escano dalla crisi più forti economicamente, socialmente e politicamente, con basi solide per uno sviluppo sostenibile di lungo periodo. Credo che il dibattito odierno confermi che la politica di coesione europea può svolgere un ruolo importante in questo processo, nel presente come nel futuro. Oggi è nostro compito garantire che il potenziale della politica di coesione la sua capacità di creare sviluppo sostenibile e posti di lavoro sia utilizzato pienamente e saggiamente in questo nuovo contesto globale. Non penso soltanto alla crisi, ma anche a tutte quelle sfide a noi ben note che già da anni consideriamo importanti per lo sviluppo dell’Europa.

Favorire una competitività sostenibile è il modo più efficace per realizzare la coesione dell’Unione europea. In tale contesto, dobbiamo utilizzare la politica di coesione per risolvere questioni come per esempio l’accesso delle piccole e medie imprese ai finanziamenti. Dobbiamo poi risolvere le questioni riguardanti un migliore accesso a quei servizi pubblici che consentono di migliorare la capacità occupazionale e la produttività, contribuendo in tal modo a migliorare le pari opportunità.

Come alcuni di voi hanno sottolineato, negli ultimi anni si è giustamente diffusa l’idea che per affrontare le nuove sfide abbiamo evidentemente bisogno di una strategia integrata, da realizzare sul posto, che ottimizzi l’utilizzo delle risorse e consenta la partecipazione di tutti i partner a livello locale e regionale, ma anche a livello nazionale ed europeo, in modo da risultare attivi a tutti i livelli della governance europea.

Per quanto riguarda il principio del partenariato, vorrei sottolineare che esso ha rappresentato un obiettivo importante dal primo giorno del mio mandato e la Commissione europea ha investito molto per dare concreta attuazione al principio del partenariato e alla politica di coesione, che viene effettivamente attuata sul campo. Subito dopo la fase negoziale, abbiamo svolto un’approfondita valutazione delle modalità di attuazione del principio del partenariato e del processo di elaborazione di programmi di policy da parte degli Stati membri e delle regioni. Non volevamo limitarci ad una presenza formale dei principi del partenariato, quindi abbiamo lavorato con i partner aiutandoli a costruire la loro capacità di partecipare realmente a un sistema di gestione della politica e reagiamo con efficacia a qualsiasi segnale ricevuto sul campo circa il mancato rispetto di questo criterio nei singoli Stati membri. Ho da poco concluso una riunione sull’argomento con alcune organizzazioni non governative proveniente da uno Stato membro dell’Europa centrale.

Sono pienamente d’accordo con quanti tra voi sostengono che la politica di coesione non funziona e non deve funzionare in modo isolato e dobbiamo rafforzare le sinergie e il coordinamento tra la politica di coesione e tutte le altre politiche settoriali, nazionali o comunitarie. Ciò non solo per evitare sovrapposizioni o doppioni, ma anche per sfruttare la sinergia derivante da un buon coordinamento tra le politiche. Di certo lo sviluppo rurale e le politiche regionali sono il massimo esempio della necessità di disporre di un ottimo coordinamento e utilizzare le sinergie tra politiche.

Un altro esempio potrebbe essere quello della competitività e dell’esigenza di tener conto dei vincoli derivanti da un’economia a basse emissioni di CO2 e dai cambiamenti climatici negli investimenti infrastrutturali. Vorrei sottolineare con enfasi che abbiamo investito molto per rendere la politica di coesione europea più verde. Abbiamo fissato gli obiettivi relativi ai cambiamenti climatici, all’efficienza energetica e alle energie rinnovabili prima ancora che fosse avviato il grande dibattito sul cambiamento climatico nell’Unione europea. Oggi un terzo degli stanziamenti della politica di coesione è direttamente rivolto agli investimenti “verdi” in tutte le sfere della nostra quotidianità. Recentemente è stato aggiunto alla politica un ulteriore 4 per cento da utilizzare per l’efficienza energetica degli immobili e l’utilizzo di energie rinnovabili che ci consentono di dare maggiore rilievo a questa sfida.

Dal dibattito emerge poi chiaramente che abbiamo bisogno sia di continuità sia di una riforma delle modalità di attuazione delle politiche. Per quanto riguarda la continuità, vorrei sottolineare che questa programmazione pluriennale, l’addizionalità finanziaria, i principi di gestione condivisa e del partenariato rappresentano un grande valore europeo di cui dovremmo continuare a occuparci. Vi è poi un’esigenza di cambiamento per ottenere un migliore equilibrio tra le richieste di gestione e controllo finanziario e gli obiettivi di conseguimento di buoni risultati e di una buona attuazione della politica. Senza dubbio dobbiamo creare un meccanismo di attuazione più semplice, più efficace e più efficiente per ridurre la complessità e gli oneri amministrativi.

Negli ultimi mesi abbiamo lavorato su questo punto beneficiando del vostro grande appoggio. Lo scorso dicembre abbiamo ottenuto il primo emendamento all’articolo 55 e la votazione sul primo gruppo di proposte di semplificazione è prevista tra una settimana. La task force per la semplificazione delle politiche, istituita insieme agli Stati membri, prosegue il suo lavoro e alla fine di maggio disporremo di una nuova proposta, auspicabilmente ancora riferita alla legislazione in corso.

Sono d’accordo con voi sul fatto che per aumentare l’efficacia della politica dobbiamo poi concentrarci maggiormente sui risultati, garantire un maggior controllo e creare una cultura della valutazione. Continuiamo a lavorare su questi aspetti. Apprezzo notevolmente il vostro sostegno in tema di ingegneria finanziaria. Ci stiamo muovendo nella giusta direzione, ma sicuramente possiamo fare molto di più. Per quanto riguarda l’ingegneria finanziaria, che rappresenta oggi uno dei principali strumenti a favore delle piccole e medie imprese per accedere al credito, attraverso l’iniziativa congiunta JEREMIE e ora anche attraverso il programma JASMINE per il microcredito, vi prego di considerare che abbiamo intrapreso il processo molto prima del manifestarsi della crisi e, di conseguenza, la politica si è rivelata discretamente pronta ad affrontare i momenti di difficoltà.

Alcuni di voi hanno citato la questione della trasparenza. Vorrei solo ricordare a tutti i presenti che per il periodo 2007-2013 valgono nuove regole. Abbiamo l’obbligo di informare l’opinione pubblica di tutti i beneficiari degli stanziamenti, quindi speriamo che questi obblighi di trasparenza comportino anche un radicale cambiamento in termini di consapevolezza dell’opinione pubblica e integrità dell’intero processo.

Mi soffermo rapidamente sul tema della cultura, che è stato citato come un elemento importante: siamo pienamente consapevoli che, dal punto di vista culturale, sia le regioni sia le città svolgono un ruolo significativo in Europa, come rilevo anche nei miei viaggi. La cultura svolge inoltre un importante ruolo economico contribuendo allo sviluppo regionale, come abbiamo riconosciuto nel quadro della politica di coesione europea. In diverse strategie urbane regionali e locali la cultura è stata integrata con successo nella nostra politica.

Consentitemi poi di informarvi che la Commissione avvierà presto uno studio indipendente sul contributo della cultura allo sviluppo regionale e locale che dovrebbe essere ultimato all’inizio del prossimo anno e consentirà di disporre di informazioni più specifiche per includere ulteriormente l’elemento culturale nelle politiche europee.

Esprimo infine il mio enorme apprezzamento per tutti i commenti formulati non soltanto sulla relazione, così come apprezzo notevolmente le preoccupazioni e le idee per il futuro che sono state esposte in Aula. Includerò la maggior parte dei vostri messaggi nel mio documento di orientamento che presenterò al Consiglio alla fine di maggio. Stiamo poi completando lo studio indipendente condotto da un gruppo di ricercatori ed esperti presieduto dal professor Barca, che sarà presentato pubblicamente alla fine di aprile. La valutazione ufficiale finale della consultazione relativa al Libro verde sulla coesione territoriale sarà presentata nella nostra sesta relazione intermedia sulla coesione economica e sociale che sarà adottata dalla Commissione verso la fine di giugno.

 
  
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  Constanze Angela Krehl, relatore. – (DE) Signor Presidente, mentre il dibattito volge al termine vorrei formulare due commenti.

L’opinione pubblica ha una visione molto ambivalente della politica strutturale europea. Alcuni danno per scontato che riceveranno sostegno, ma considerano eccessivi gli ostacoli burocratici. Per altri, tra cui alcuni membri della nostra Camera, questa politica sembra soltanto una via per la frode. Nessuna delle due visioni è corretta.

Il mio gruppo attribuisce un’importanza reale alla solidarietà, che però deve essere ben fondata e non rappresentare una strada a senso unico. D’altro canto, non è vero che i promotori dei progetti, le comunità e le associazioni che chiedono finanziamenti per l’attuazione dei loro progetti sono intenzionati a truffare l’Unione europea. I processi complessi spesso provocano errori, ma non sono all’origine di frodi. Per questo motivo dobbiamo cambiare le modalità operative.

Il secondo punto su cui vorrei riflettere è il fatto che la politica di coesione è sicuramente un elemento determinante della politica europea. Trovandoci a dover affrontare sfide come i cambiamenti climatici, la crisi economica e la globalizzazione, i cambiamenti demografici e gli sviluppi relativi al mercato del lavoro, abbiamo urgente bisogno di questa politica. Il Parlamento europeo deve ridefinire la politica di coesione in una prospettiva futura, per poter soddisfare le esigenze delle regioni europee. Le relazioni di cui abbiamo appena discusso sono una buona base per avviare tale processo. Ciò consentirà di creare un valore aggiunto per l’Unione europea. Tuttavia, nel ripensare la politica strutturale non dobbiamo ragionare come se potesse risolvere tutti i problemi dell’Europa, ma dobbiamo concentrarci sui compiti che è chiamata ad assolvere. Grazie.

 
  
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  Oldřich Vlasák, relatore. – (CS) Signor Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, a questo punto vorrei riepilogare le sfide e le cortesi richieste che il Parlamento europeo formulerà ai suoi partner, la Commissione europea e gli Stati membri se la presente relazione sarà approvata. E’ evidente che l’esigenza primaria è valutare l’utilità di incorporare l’iniziativa comunitaria URBAN nella struttura della politica di coesione. Dobbiamo valutare le opzioni e verificare i livelli di soddisfazione tra sindaci, consiglieri e rappresentanti eletti in relazione all’utilizzo dei fondi europei nelle aree urbane. La pianificazione integrata e il trasferimento di responsabilità o la cosiddetta subdelega delle risorse o degli strumenti di ingegneria finanziaria sono chiaramente ambiti in cui alla Commissione è richiesta una strategia più attiva, quanto meno attraverso la presentazione di raccomandazioni o esempi di strategie convalidate. Nel contempo dobbiamo continuare a semplificare la politica di coesione nella sua interezza e non solo nella componente urbana. Tra le opzioni di lungo periodo è possibile prevedere, per esempio, un accorpamento del fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) e del fondo sociale europeo. Da ultimo, ma non meno importante, è fondamentale che la Commissione misuri e valuti regolarmente l’impatto di tutte le politiche sulla vita urbana e nel contento discuta dell’efficacia di queste politiche direttamente con le autorità locali competenti. L’odierna relazione raccomanda quindi l’istituzione, da parte della Commissione e degli Stati membri, di un gruppo europeo di alto livello sullo sviluppo urbano e l’applicazione del metodo aperto di coordinamento alla politica di sviluppo urbano a livello comunitario nello stesso modo in cui esso viene applicato in altri ambiti come l’integrazione sociale. Nello stesso tempo, la relazione esorta la Commissione a rafforzare la posizione delle aree urbane nell’ambito dell’iniziativa “Regioni per il cambiamento economico” sviluppando ulteriormente e aggiornando regolarmente l’audit urbano. Poiché mancano statistiche comparative affidabili, non possiamo basare le nostre decisioni su dati certi. I fondi europei sono infatti le manifestazioni più efficaci e visibili dell’integrazione europea. Dobbiamo quindi garantire sia nel periodo preelettorale sia in seguito che gli attuali destinatari dell’assistenza strutturale siano maggiormente coinvolti nel dibattito sulla futura forma da attribuire alla politica di coesione. Questi soggetti sono nostri concittadini e nostri elettori.

 
  
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  Wojciech Roszkowski, relatore. − (PL) Signor Presidente, signora Commissario, la questione trattata nella mia relazione era piuttosto specifica ma molto importante per ottimizzare l’utilizzo dei fondi comunitari dal punto di vista della coesione intesa sia in termini tradizionali sia in termini di coesione territoriale.

La crescita sostenibile è una questione molto complessa. Dobbiamo quindi accogliere favorevolmente tutti i tentativi per semplificare il conseguimento di tale obiettivo. Tuttavia, il concetto di coesione territoriale non è stato ancora definito in modo preciso. Il Libro verde è quindi il punto di partenza piuttosto che quello di arrivo del dibattito su tale argomento.

Sono lieto che il Commissario abbia evidenziato la necessità di ridurre le disparità nei livelli di sviluppo e l’importanza delle sinergie nell’attuazione delle politiche comunitarie. Regioni diverse hanno problemi alquanto diversi per quanto concerne livelli di reddito, posizione geografica, flussi migratori, eccetera. Dobbiamo nondimeno ricordare quanto hanno affermato i miei colleghi polacchi, gli onorevoli Staniszewska, Podkański e Zapałowski, sulla tendenza ad accumulare fondi nei centri regionali, così come dobbiamo rammentare che gli obiettivi della politica di sviluppo rurale non sono necessariamente in contraddizione con quelli di Lisbona se si utilizza il relativo meccanismo della competitività o degli aumenti di produttività a basso costo.

La commissione per l’agricoltura non ha commentato la mia relazione e io considero questo silenzio un tacito assenso. A mio parere il voto dell’onorevole Baco è frutto di un malinteso. Nella mia relazione ho espressamente affermato che i mezzi assegnati allo sviluppo rurale non possono incidere sui pagamenti diretti. D’altro canto, è evidente che i fondi per lo sviluppo rurale possono aiutare le zone rurali a uscire dalle difficoltà economiche attraverso il sostegno alle attività non agricole. Mi compiaccio del supporto dell’onorevole Nicholson su questo aspetto.

Vorrei infine esprimere la mia gratitudine ai membri della commissione per lo sviluppo regionale e al gruppo politico a cui appartengo per l’aiuto datomi nell’elaborazione della relazione e a tutti coloro che hanno partecipato al dibattito odierno.

 
  
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  Miroslav Mikolášik, relatore. − (EN) Signor Presidente, mi consenta di formulare, in questa fase conclusiva, alcune idee che non ho avuto il tempo di includere nel mio discorso introduttivo.

Sono molto lieto di rilevare che è previsto un investimento di oltre 100 miliardi di euro per la tutela dell’ambiente; nel contempo, accoglierei con grande favore stanziamenti fortemente superiori per l’efficienza energetica e le energie rinnovabili, attualmente pari a 9 milioni di euro, e i provvedimenti volti a contrastare il cambiamento climatico, che con un budget di 48 miliardi di euro sono attualmente inferiori alle occorrenze.

Sono fermamente convinto che le decisioni sulle modalità di utilizzo di questi fondi per proteggere le nostre regioni e contrastare le conseguenze dei cambiamenti climatici, quali inondazioni e siccità, delineeranno il futuro delle nostre regioni e la loro posizione economica. Apprezzo poi notevolmente il fatto che tutti gli Stati membri abbiano già destinato ingenti somme di denaro rispetto al totale dei rispettivi stanziamenti agli investimenti nei settori della ricerca, dello sviluppo e dell’innovazione; ma ho anche notato che per la maggior parte delle regioni europee dell’obiettivo convergenza garantire l’accessibilità rimane ancora un problema rilevante, viste le carenti infrastrutture di trasporto.

D’altro canto, sono lieto di poter constatare gli sforzi compiuti dagli Stati membri nei rispettivi programmi finanziati dai fondi sociali europei per dare priorità agli investimenti volti ad aumentare la partecipazione dei lavoratori e migliorarne le capacità professionali, nonché a lottare contro povertà ed esclusione sociale. Invito inoltre i nuovi Stati membri a continuare a instaurare partenariati efficaci e rafforzare significativamente il principio del partenariato nell’attuazione dei programmi operativi. Credo che i nuovi Stati membri potrebbero trarre grande beneficio da un ulteriore scambio delle migliori prassi e delle esperienze in materia per esempio di sviluppi tecnologici e altre azioni comuni per incrementare il loro potenziale in termini di attuazione.

 
  
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  Zsolt László Becsey, relatore. – (HU) Nel mio discorso introduttivo non ho potuto affrontare due aspetti specificatamente attinenti al microcredito, ma l’elemento più importante qui è il principio dell’addizionalità. Vorrei ribadire che anche questo è un importante principio di coesione basilare che si aggiunge ai principi di partenariato e strategia integrata.

Pertanto, per poter dare un contributo maggiore, dobbiamo garantire che le persone che non hanno dimora stabile siano in grado di partecipare al programma di microcredito attraverso il programma di mentorship. Possiamo ottenere quel quid in più accertandoci che nella nuova versione del programma JASMINE sia possibile formare e coinvolgere le istituzioni di microfinanziamento, che sono vicine al pubblico. Dobbiamo inoltre fornire questo contributo aggiuntivo attraverso una strategia più flessibile in termini di competitività, sia per quanto riguarda i programmi de minimis sia in riferimento ai contratti di aggiudicazione degli appalti pubblici, creando una discriminazione positiva per i lavoratori autonomi.

Un’altra questione che vorrei affrontare è quella del finanziamento. Da una parte, vi è il lancio del programma sperimentale che il Parlamento ha promosso per due anni con uno stanziamento di due milioni di euro l’anno. Spero che il suo inizio sia previsto per il secondo semestre dell’anno in corso. Concentriamo tutti i programmi specifici sul microcredito in un unico gruppo rendendoli trasparenti, come già osservato da diversi onorevoli colleghi.

Il principio dell’addizionalità è importante anche per convincere gli Stati membri a incitare i cittadini ad avviare microimprese e non rimanere inerti raccogliendo contributi sociali, come già affermato dall’onorevole De Vits. Reputo importante continuare a incoraggiare i cittadini in questo senso, così come è fondamentale fare in modo che l’addizionalità realizzi condizioni per cui gli intermediari microfinanziari non spingano i beneficiari all’usura. Per esempio, nel caso dei rom, essi non dovrebbero essere dominati dalla loro stessa loro aristocrazia, ma dovremmo essere in grado di promuovere un’attività fondata su un reale partenariato e la volontà di prestare assistenza.

 
  
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  Lambert van Nistelrooij, relatore. – (NL) Signor Presidente, questa mattina sono intervenuto per primo nel dibattito congiunto e ora, guardando indietro, credo che abbiamo dato ai nostri cittadini, a coloro che sono impegnati nell’attuazione di una politica integrata in modo decentrato, un segnale molto forte circa la volontà del Parlamento europeo di proseguire la politica di coesione e il nostro apprezzamento per il lavoro che tali persone svolgono per tutti gli innumerevoli progetti in materia di ricerca, sviluppo, infrastrutture di ricerca o ammodernamento energetico. Ciò è particolarmente importante. Presentandoci ai nostri elettori nei prossimi mesi, vi sono migliaia di progetti in cui l’Europa è vicina ai suoi cittadini e credo che anche questo sia estremamente importante. Auguro inoltre al commissario Hübner di ottenere il massimo successo dalla campagna elettorale poiché so che anche lui si presenterà agli elettori nei prossimi mesi, il che è molto positivo, anche per tutti noi qui. Vorrei poi ringraziarvi in particolare per le modifiche apportate alla politica e segnatamente la maggiore considerazione degli obiettivi di Lisbona, l’approccio più verde nelle nostre attività e l’accento posto su ricerca e sviluppo. Oggi ho potuto notare ancora una volta uno specifico riferimento al patrimonio culturale come elemento di intrinseco valore culturale ed economico.

Vorrei formulare ancora un paio di commenti. Il primo riguarda il fatto che viene fortemente messa in luce la cooperazione transfrontaliera, quel terzo obiettivo che dobbiamo rafforzare nella prossima legislatura, anche dal punto di vista finanziario.

Il secondo riguarda invece la necessità di non sperperare i fondi. Abbiamo ottimi stanziamenti con cui siamo in grado di offrire ai nostri partner i mezzi per dare slancio allo sviluppo attraverso varie forme di partenariato. Non dobbiamo sprecare questa possibilità in un prossimo futuro.

E’ altresì necessario elaborare un libro bianco sulla coesione territoriale. Sono state fornite numerose indicazioni, ma il libro bianco rappresenta la base per la legislazione futura e riterrei profondamente deplorevole la mancata elaborazione di tale documento da parte della Commissione europea. Vorrei infine ringraziare i relatori ombra che hanno lavorato alla mia relazione per loro collaborazione offertami e il personale tutto che è stato straordinario.

 
  
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  Presidente. – Prima di sospendere la sessione per una breve pausa, consentitemi di porgere un caloroso benvenuto a un gruppo di visitatori. Si tratta di pensionati provenienti dalla provincia di Toledo, nella mia regione Castilla - La Mancha, venuti ad assolvere il loro dovere di cittadini europei.

La discussione congiunta è chiusa.

Procediamo alla votazione.

Dichiarazioni scritte (articolo 142 del regolamento)

 
  
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  Adam Bielan (UEN), per iscritto. – (PL) Gli abitanti delle comunità rurali si trovano in una posizione fortemente svantaggiata nella competizione sul mercato del lavoro. Nell’Unione europea, e in particolare in Polonia, esistono notevoli differenze nelle condizioni di vita tra aree urbane e rurali, soprattutto per quanto riguarda l’accesso ai servizi. Le possibilità di accesso alle moderne tecnologie, come i collegamenti Internet a banda larga, nelle aree rurali polacche sono la metà rispetto a quelle delle aree urbane.

L’obiettivo della politica di coesione dovrebbe essere quello di avviare iniziative specifiche per livellare le condizioni di vita in determinate regioni. In questo senso è particolarmente importante sostenere le piccole e medie imprese per consentire loro di ottenere stanziamenti dal fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale.

I governi di alcuni paesi dovrebbero sostenere le piccole e medie imprese eliminando gli ostacoli giuridici e amministrativi e fornendo loro infrastrutture adeguate. Si tratta di requisiti imprescindibili per lo sviluppo delle regioni distanti dai grandi agglomerati urbani.

 
  
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  Sebastian Valentin Bodu (PPE-DE), per iscritto. – (RO) I microcrediti e i crediti garantiti agli imprenditori attraverso fondi comunitari rappresentano un volano istituzionale che può e deve colmare il divario creato dalle banche commerciali in conseguenza della crisi finanziaria, che sta già colpendo l’economia reale.

Una banca commerciale è utile all’economia fino a quando garantisce credito e questo non sta accadendo oggi, nonostante le massicce iniezioni di denaro pubblico in diversi istituti bancari.

In tali circostanze propongo che gli Stati membri non finanzino più direttamente le banche commerciali in difficoltà per consentire loro di coprire con il denaro ricevuto le enormi perdite e/o migliorare i propri coefficienti finanziari utilizzando denaro pubblico, soddisfare i propri azionisti e fornire a se stesse un motivo persino per assegnarsi generosi bonus. D’altro canto, non si può neanche lasciare che (tutte) falliscano.

La mia proposta prevede l’utilizzo delle banche commerciali come semplici intermediari, agenti che, attingendo da fondi pubblici, garantiscano crediti e microcrediti ad agenti economici e imprenditori, i quali senza tali fondi sono parimenti esposti al rischio di fallimento.

In conclusione, i crediti e i microcrediti dovrebbero essere concessi a quanti ne hanno bisogno attraverso le banche, ma senza passare attraverso il loro bilancio, limitandosi a sfruttarne l’esperienza e la rete per facilitare la concessione di tali finanziamenti.

 
  
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  Vasilica Viorica Dăncilă (PSE), per iscritto. – (RO) Migliorare l’accesso al microcredito, concedere gli strumenti per avviare un’impresa a piccoli imprenditori, disoccupati e alle persone svantaggiate intenzionate ad avviare una propria attività, ma che non possono accedere al credito bancario tradizionale, oltre alla recente decisione di ridurre l’imposta sul valore aggiunto per determinati servizi sono soluzioni che l’Unione europea fornisce agli Stati membri per aiutarli a superare la crisi.

Secondo le ultime analisi, il settore dei servizi, l’agricoltura e il turismo potrebbero essere in grado di assorbire una quota notevole della forza lavoro disponibile sul mercato, inclusi i disoccupati. Questo è il motivo per cui la Romania e altri paesi dell’Unione europea devono sviluppare gli strumenti richiesti per dare concreta attuazione a questa idea, in particolare nel segmento di mercato non bancario.

Credo che queste forme di microcredito possano essere utilizzate con successo per sviluppare una serie di servizi destinati a imprese, singoli o famiglie, dagli specialisti di tecnologia informatica agli addetti alla pulizia dei vetri, dai giardinieri agli operatori sociali per la terza età e l’infanzia. Il microcredito può altresì contribuire a far valere qualità e qualifiche personali in imprese di successo.

Possono ottenere un microcredito imprese con meno di dieci addetti. Ciò va a vantaggio di quanti vogliono lavorare e dei disoccupati che vogliano avviare un’attività. Le microimprese rappresentano il 91 per cento delle attività commerciali europee.

 
  
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  Dragoş Florin David (PPE-DE), per iscritto. – (RO) Il Libro verde sulla coesione territoriale intitolato “Fare della diversità territoriale un punto di forza” dà inizio ad una fase di grandi consultazioni con autorità regionali e locali, associazioni, organizzazioni non governative e rappresentanti della società civile allo scopo di promuovere la comune comprensione di questo nuovo concetto e delle sue implicazioni per la politica regionale futura dell’Unione europea, senza tuttavia offrire una definizione di coesione territoriale.

L’obiettivo della coesione territoriale è garantire lo sviluppo armonioso di tutte le regioni dell’Unione europea e offrire a tutti i cittadini l’opportunità di ottenere il massimo dalle caratteristiche specifiche di tali territori. Il Libro verde propone che la diversità sia convertita specificatamente in una risorsa e una fonte di vantaggio competitivo, capace di contribuire allo sviluppo sostenibile di tutta l’Unione europea. Esso fa inoltre specifico riferimento all’esigenza di un controllo efficace sulla politica di coesione per renderla più flessibile.

La sfida principale riguarda il supporto ai territori per sfruttare al meglio le risorse e scambiare buone prassi. La relazione dell’onorevole van Nistelrooij copre la vasta area della coesione territoriale ed esprime interessanti pareri sulle comunicazioni della Commissione in materia. Di conseguenza, il Libro verde sulla coesione territoriale rimane aperto a nuove sfide, pur trasformandosi in uno strumento efficace per i partenariati e lo scambio delle migliori prassi.

 
  
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  Constantin Dumitriu (PPE-DE), per iscritto. – (EN) Sia la politica di coesione sia le misure per lo sviluppo rurale fanno riferimento al principio di solidarietà promosso dal progetto europeo e contribuiscono a realizzare gli obiettivi della strategia di Lisbona.

Le nostre analisi e le decisioni che siamo in procinto di adottare devono tenere conto dei diversi livelli di sviluppo agricolo nelle varie regioni dell’Unione, del peso che questo settore ha nell’economia dei singoli Stati membri e delle diverse situazioni in termini di sviluppo e di coesione regionale. Sono lieto che la versione finale di questa relazione includa la mia proposta di promuovere una maggiore flessibilità nell’utilizzo dei fondi strutturali affinché possano integrare le misure per lo sviluppo rurale.

Per garantire l’adeguato coordinamento e la complementarietà tra politica di coesione e misure di sviluppo rurale, gli Stati membri dovranno introdurre meccanismi tesi a promuovere un utilizzo equo e coerente dei fondi europei. Nel frattempo, l’Unione europea deve utilizzare gli strumenti a sua disposizione per controllare che si faccia un uso migliore dei fondi europei a livello regionale in maniera da garantire che non vadano a scapito delle aree rurali.

L’odierna relazione rappresenta una prima analisi dell’argomento che deve essere portata avanti affinché le prospettive finanziarie future garantiscano una maggiore armonizzazione tra le iniziative comunitarie che offrono sostegno finanziario.

 
  
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  Bogdan Golik (PSE), per iscritto. – (PL) Vorrei ringraziare l’onorevole Becsey per la sua relazione che assume grande importanza per me e i miei compatrioti.

Sembra che molti non riescano a comprendere fino a che punto le istituzioni di microcredito possano influenzare lo sviluppo economico e sociale di un paese. I piccoli prestiti non garantiti non sono un privilegio dei soggetti più poveri dei paesi in via di sviluppo. Lo stesso dicasi per i disoccupati, le imprese in fase di avviamento o le microimprese già esistenti.

Offrire a persone che non hanno accesso al credito la possibilità di finanziarie le proprie iniziative è un importante passo avanti nell’attuazione del principio “prima pensa in piccolo”. Nel proporre questi prestiti promuoviamo l’imprenditorialità e una crescente attività lavorativa, consentendo in questo modo di evitare o ridurre l’esclusione sociale. I microcrediti hanno un effetto molto positivo sul tasso di disoccupazione e ciò è particolarmente importante nel mio paese.

Nell’introdurre prestiti di questo tipo, tuttavia, è necessario tenere conto di alcuni aspetti importanti.

Innanzi tutto, il quadro istituzionale e giuridico dei microcrediti deve essere adeguato al livello di sviluppo del mercato dei fondi di credito.

In secondo luogo, è necessario esaminare le procedure correlate a questo servizio. Purtroppo, data la complessa natura dei microcrediti, i microimprenditori e le persone che avviano un’attività sono più propensi a richiedere prestiti al consumo.

In terzo luogo, per diffondere il ricorso ai microcrediti, è necessario rendere gli imprenditori consapevoli del fatto che, per ottenere fondi, dispongono di alternative ai prestiti bancari.

Indipendentemente da queste osservazioni, accolgo con grande entusiasmo l’attività di microcredito in Polonia.

 
  
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  Lívia Járóka (PPE-DE), per iscritto. – (HU) Vorrei congratularmi con il collega, onorevole Becsey, per la sua relazione in cui esorta a sviluppare il sistema del microcredito a sostegno della crescita economica e dell’occupazione. Nel documento si evidenzia giustamente che i gruppi svantaggiati, tra cui i disoccupati di lunga durata, le persone che ricevono sussidi e le minoranze etniche come i rom, in particolare, dovrebbero essere al centro delle iniziative europee sul microcredito.

I microfinanziamenti si sono dimostrati fortemente positivi in diversi paesi per il loro contributo alla promozione dell’integrazione sociale ed economica attraverso il sostegno al lavoro autonomo. In un momento di crisi finanziaria, strumenti finanziari semplici in grado di finanziare le imprese, in particolare nelle regioni sottosviluppate o nei suddetti gruppi sociali, sono particolarmente rilevanti. Quanti desiderano gestire piccole imprese a conduzione familiare possono trovarsi in seria difficoltà nel voler partecipare a bandi gestiti nel quadro della politica di coesione, specialmente nel caso del cofinanziamento. La creazione o la riforma della coesione sociale deve avere la precedenza sul profitto poiché il sostegno al lavoro autonomo è molto meno costoso dei sussidi di disoccupazione e pertanto, dal punto di vista dell’economia nazionale, è più vantaggioso offrire microcrediti, anche se in termini strettamente finanziari potrebbe non essere redditizio. Il sistema dei microcrediti deve essere reso accessibile ai soggetti non bancabili, vale a dire alle persone che non possono ottenere denaro dal settore bancario tradizionale perché ad alto rischio, con bassi margini di profitto o pericolo di risultati negativi, e dovrebbe rendere possibile il coinvolgimento mirato dei gruppi svantaggiati.

 
  
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  Zbigniew Krzysztof Kuźmiuk (UEN), per iscritto. – (PL) Nel dibattito sulla politica di coesione vorrei attirare la vostra attenzione su alcune questioni sollevate nella relazione dell’onorevole Roszkowski.

1. Nella prospettiva finanziaria 2007-2013, il fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) viene considerato il secondo pilastro della politica agricola comunitaria (PAC) ed è stato quindi separato dalla politica di coesione. In conseguenza di tale sviluppo, e soprattutto data la scarsità di fondi di bilancio disponibili, la politica di coesione, e in particolare quella prevista dal fondo europeo di sviluppo regionale, si è concentrata sulla competitività economica nei maggiori centri urbani o nelle regioni più attive, mentre il FEASR sta concentrando le proprie risorse sul miglioramento della competitività agricola.

Da questa strategia potrebbe derivare una duplicazione di alcuni obiettivi, per esempio quelli relativi alla tutela ambientale, all’istruzione e alla cultura, oppure la loro eliminazione da entrambi gli ambiti.

2. Dobbiamo quindi valutare se i fondi previsti per lo sviluppo rurale per il periodo 2007-2013 debbano essere utilizzati prevalentemente per dare supporto agli agricoltori, oppure maggiormente orientati verso attività rurali non agricole o persino beneficiari che rimarranno nelle zone rurali, ma abbandoneranno l’attività agricola preferendo altri ambiti di attività professionale. Se dovesse emergere che il sostegno agli agricoltori è l’obiettivo prevalente del secondo pilastro, sembra che nella prossima prospettiva convenga collegare questi fondi alla politica di coesione.

3. E’ poi necessario aumentare gli stanziamenti per il secondo pilastro della politica agricola comunitaria, sebbene, come richiesto dal Parlamento europeo, attraverso una riduzione dei pagamenti diretti alle grandi aziende agricole e un graduale aumento delle quote di modulazione.

 
  
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  Janusz Lewandowski (PPE-DE), per iscritto. – (PL) La politica regionale, che si concretizza nei fondi di coesione e strutturali, è giustamente considerata dai cittadini europei la politica comunitaria più visibile e tangibile. Nessun’altra politica fornisce altrettanta visibilità all’Unione europea o illustra meglio i benefici dell’integrazione. Per questo motivo attribuiamo grande importanza al dibattito sul futuro della coesione. La coesione è oggi quanto mai necessaria, dato che le due metà dell’Europa si sono riunite dopo essere state separate nel secondo dopoguerra dalla cortina di ferro, e lo è soprattutto per i paesi che sono stati relegati in una posizione secondaria dall’accordo di Yalta. La crisi, così come il potenziale dei fondi strutturali come pacchetto anticrisi, rappresenta una situazione particolare.

Non possiamo permettere che si ripeta quello che è accaduto nel 2008, quando sono stati restituiti 4,5 miliardi di euro di fondi rimasti inutilizzati. Si è trattato di un fallimento comune per noi tutti, sufficiente a rendere oggi di primaria importanza la decisione di far passare questa quota del bilancio comunitario. Sul breve periodo è possibile rinviare altre questioni; sul lungo periodo dobbiamo difendere la politica di coesione, la politica comunitaria che offre una possibilità a tutte le regioni. Come tale, la politica di coesione deve rimettere alle autorità locali e regionali la decisione sulle migliori modalità di gestione dei fondi. Ulteriori criteri per la valutazione dei progetti aumenteranno il livello di discrezionalità della loro valutazione, rendendo quindi più complesso il processo di utilizzo dei fondi, il che non ha senso né oggi, in un momento di crisi, né a lungo termine.

 
  
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  Ramona Nicole Mănescu (ALDE), per iscritto. – (RO) Vorrei innanzi tutto congratularmi con il relatore per tutto il suo impegno.

Com’è noto, l’attuazione di strategie e programmi operativi per il periodo 2007-2013 è ancora nella fase iniziale e per questo l’ambito di applicazione della relazione oggetto di dibattito è ancora ristretto. Vorrei tuttavia ricordare gli sforzi profusi da tutti gli Stati membri per integrare le priorità generali della politica di coesione nel processo di elaborazione e negoziazione dei programmi operativi.

Il conseguimento di risultati positivi nell’attuazione dei programmi operativi dipende soprattutto dalla nostra capacità di semplificare rapidamente le procedure e promuovere misure intese a consolidare la capacità istituzionale e, non meno importante, la capacità di identificare le specifiche esigenze di formazione professionale del personale addetto alla gestione dei fondi europei.

Per garantire una migliore gestione finanziaria della spesa comunitaria e la necessaria trasparenza nella gestione dei fondi, a mio avviso è particolarmente importante che gli Stati membri dispongano di efficienti sistemi di monitoraggio.

Sono poi fermamente convinta dell’assoluta necessità di sensibilizzare l’opinione pubblica per ottenere il massimo assorbimento dei fondi e consentire quindi lo sviluppo di progetti realizzabili.

 
  
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  Adrian Manole (PPE-DE), per iscritto. – (RO) A livello europeo, nella futura politica regionale e di coesione dell’Unione, si ritiene che le disparità siano dovute a carenze strutturali regionali riguardanti fattori chiave per realizzare la competitività e in particolare carenze in termini di capacità di innovazione e spirito imprenditoriale.

A questa situazione si potrebbe porre rimedio adottando un approccio strategico e in particolare promuovendo la competitività regionale su tutto il territorio dell’Unione europea, dato che questo elemento è considerato fondamentale per rafforzare l’economia nel suo complesso e limitare i rischi derivanti dalla congestione provocata dalla concentrazione delle attività economiche.

Dobbiamo ribadire che l’eliminazione di tali disparità sarebbe possibile solo lanciando una campagna di informazione di vasta portata e intessendo un dialogo tra cittadini e società civile, altrimenti i progetti continueranno a essere inaccessibili.

Parimenti, per attuare i programmi e i progetti senza difficoltà con il sostegno dell’Unione europea, servono sistemi di controllo e gestione di alto profilo. La conformità alle normative europee, come i regolamenti in materia di ambiente e pari opportunità, è un prerequisito per il finanziamento dei progetti. Prima di eseguire ulteriori pagamenti, oltre agli anticipi dai fondi, la Commissione deve garantire che i sistemi di gestione e controllo rispettino pienamente la normativa vigente.

 
  
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  Siiri Oviir (ALDE), per iscritto. – (ET) La coesione territoriale rafforza la coesione economica e sociale ed è un elemento fondamentale per il conseguimento degli obiettivi perseguiti dalla politica di coesione dell’Unione in quanto contribuisce in modo efficace a colmare i divari di sviluppo esistenti non solo fra gli Stati membri e le regioni, ma anche al loro interno.

La coesione territoriale svolge poi un ruolo importante negli sviluppi futuri della politica regionale comunitaria, come dimostra l’inserimento del principio della coesione territoriale a fianco della coesione economica e sociale nel trattato di Lisbona.

Nel contesto dell’attuale crisi economica, la ripresa dell’economia europea è diventata un obiettivo primario che sarà possibile conseguire attraverso investimenti attenti, fondamentali per il successo economico, la scoperta scientifica, l’innovazione tecnologica e l’occupazione.

Sostengo con entusiasmo l’idea del relatore che l’Unione europea debba stimolare una maggiore interazione e un più intenso trasferimento di conoscenze fra singoli centri di ricerca e di innovazione e territori circostanti per ottenere il massimo impatto dagli investimenti effettuati a beneficio dei cittadini europei sotto l’insegna della coesione territoriale.

Per affrontare in modo più efficace i problemi e le difficoltà con cui gli Stati membri si stanno confrontando in questo momento di crisi, dobbiamo attuare una strategia di coesione comune a tutta l’Unione in cui la dimensione territoriale della politica di coesione sia messa in luce. E’ inoltre necessario tenere debitamente conto delle esigenze particolari specifiche di ciascuno Stato membro nell’applicazione dei provvedimenti relativi a tale politica.

Nell’immediato dobbiamo infine intraprendere un più ampio dibattito sul possibile futuro della politica regionale e di coesione dell’Unione nel periodo successivo al 2013 e sulla possibile forma che potranno assumere i fondi strutturali nel prossimo periodo di programmazione per poter così contribuire a migliorare consapevolmente il vantaggio competitivo dell’economia europea a livello mondiale.

 
  
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  Richard Seeber (PPE-DE), per iscritto. – (DE) Nel rispetto del motto dell’Unione europea “uniti nella diversità” dobbiamo compiere ulteriori sforzi per fare del nostro continente un’Europa delle regioni. La coesione territoriale svolge un ruolo importante in tal senso e per questo dovremmo evidenziare tale aspetto e farne un obiettivo a sé, parallelo alla coesione economica e sociale.

Nel processo di rafforzamento delle regioni, dobbiamo rivolgere particolare attenzione alle zone sensibili, com’è già stato osservato nel corso dell’odierno dibattito sull’argomento. E’ necessario tenere conto dei costi aggiuntivi, in particolare nelle regioni montane, la cui gestione richiede molto tempo e denaro.

Fornire compensazioni a fronte di queste condizioni difficili rappresenta un importante passo avanti nella creazione di un’Europa in cui meriti vivere in tutte le sue regioni. In tale contesto dovremmo dare maggiore rilievo all’industria agricola. La produzione lattiera nelle zone montane fornisce un contributo importante alla conservazione delle aree rurali e dovrebbe quindi essere sostenuta adeguatamente. Sarebbe poi necessario aiutare le piccole e medie imprese che creano occupazione al di fuori dei principali centri del commercio europeo. Nel complesso, l’attuale dibattito sulla coesione traccia la direzione in cui orientare una politica regionale moderna e consentirà di proiettare nel futuro le tradizionali strutture dell’Europa.

 
  
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  Bernard Wojciechowski (IND/DEM), per iscritto. – (PL) Nel periodo 2007-2013, la Polonia riceverà dall’Unione europea oltre 67 miliardi di euro. Nel quadro di tali contributi finanziari, nel solo 2008 la Commissione europea ha versato alla Polonia complessivamente 19,3 miliardi di PLN. Tuttavia, taluni aspetti specifici dell’attuazione di questi programmi fanno sì che la maggior parte dei pagamenti avverrà negli ultimi anni di programmazione, vale a dire nel periodo 2013-2015. Sono purtroppo emersi vincoli importanti che impediscono un’efficace attuazione in Polonia di quanto previsto nell’ambito dei fondi strutturali. Dall’avvio dei programmi per il periodo 2007-2013 all’inizio del marzo 2009 sono stati firmati circa 8 400 accordi di sostegno finanziario per una spesa complessiva di 15,4 miliardi di PLN che include un contributo dall’Unione europea di 11,4 miliardi di PLN. Ahimè, le domande per ricevere gli stanziamenti previsti da tali fondi ammontano complessivamente a circa 1,75 miliardi di PLN. Le procedure estremamente lunghe per l’aggiudicazione dei contratti pubblici possono causare ritardi nell’erogazione dei fondi strutturali e pertanto influire sul basso livello di assorbimento. I fondi strutturali sono stanziamenti pubblici soggetti alle leggi nazionali in materia di appalti pubblici. La vigente normativa deve creare una procedura semplice ed efficace per la selezione dei contraenti. Procedure di gara eccessivamente lunghe possono causare ritardi nell’erogazione dei fondi strutturali. I fondi europei dovrebbero essere uno strumento per contrastare uno degli effetti più gravi della crisi finanziaria. L’accelerazione della spesa consentirà nel 2009 un rafforzamento dell’economia attraverso gli investimenti rivolti alle infrastrutture, al capitale umano e alle imprese per un valore equivalente almeno all’1,3 per cento del PIL. Affinché ciò avvenga, però, il governo deve agevolare l’accesso ai fondi europei e semplificare le procedure.

 
  
  

(La seduta, sospesa alle 11.50, riprende alle 12.05 in attesa del turno di votazioni)

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. COCILOVO
Vicepresidente

 
  
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  Presidente. L'ordine del giorno reca il turno di votazioni.

(Per i risultati dettagliati della votazione: vedasi processo verbale)

 
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