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Procedura : 2008/0035(COD)
Ciclo di vita in Aula
Ciclo dei documenti :

Testi presentati :

A6-0484/2008

Discussioni :

PV 23/03/2009 - 15
CRE 23/03/2009 - 15

Votazioni :

PV 24/03/2009 - 4.13
Dichiarazioni di voto
Dichiarazioni di voto

Testi approvati :

P6_TA(2009)0158

Resoconto integrale delle discussioni
Martedì 24 marzo 2009 - Strasburgo Edizione GU

5. Dichiarazioni di voto
Video degli interventi
Processo verbale
  

Dichiarazioni di voto orali

 
  
  

- Relazione Martens (A6-0079/2009)

 
  
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  David Sumberg (PPE-DE). - (EN) Signor Presidente, mi alzo in segno di rispetto per la relazione dell’onorevole Martens che già a partire dal titolo, “Un anno dopo Lisbona”, presenta un’occasione per una mia riflessione su dove si trovi l’Unione europea oggi a un anno dal trattato di Lisbona. L’Unione europea si trova nel caos più totale: non siamo in grado di reagire alla crisi economica, assistiamo a un ritorno del protezionismo, ad opera soprattutto del governo francese, e a questo punto dobbiamo ammettere che il trattato di Lisbona non è solo sbagliato, ma è anche inefficace.

Abbiamo ascoltato il popolo irlandese – o quanto meno avremmo dovuto farlo – dichiarare in maniera molto netta con il referendum di non volere il trattato. E se non abbiamo ascoltato attentamente prima, dovremmo farlo adesso. Il trattato di Lisbona non è apprezzato, non è desiderato e, fatto questo ancora più importante, non è efficace. Il Parlamento deve prenderne atto.

 
  
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  Nirj Deva (PPE-DE). - (EN) Signor Presidente, sono consapevole del fatto che, come ha detto poc’anzi l’onorevole Sumberg, il trattato di Lisbona rappresenta un’autentica catastrofe per l’Unione europea.

Tuttavia, desidero concentrarmi sull’eccellente relazione dell’onorevole Martens, che affronta un argomento fondamentale come le modalità di erogazione dei fondi comunitari dedicati agli aiuti. L’onorevole Martens ha stabilito che se i parlamenti nazionali dei paesi ACP non hanno accesso alle informazioni riguardanti le strategie dei loro paesi, al fine di poterne discutere in modo trasparente, i fondi che l’Unione europea stanzia per i paesi ACP potrebbero essere utilizzati in modo improprio. La relazione dà facoltà ai parlamenti dei paesi ACP di esaminare in dettaglio gli aiuti allo sviluppo erogati, allo stesso modo in cui il trattato di Lisbona avrebbe dovuto dare maggiori poteri ai parlamenti nazionali degli Stati membri per analizzare quanto facciamo noi qui al Parlamento europeo. La relazione dell’onorevole Martens prende in considerazione la responsabilità e la trasparenza e, pertanto, desidero sostenerla.

 
  
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  Syed Kamall (PPE-DE). - (EN) Signor Presidente, concordo con le riflessioni del collega onorevole Sumberg quando fa il punto sul trattato di Lisbona a un anno dallo stesso. Tuttavia, desidero focalizzarmi su un apetto specifico della questione, ossia i risvolti relativi al partenariato Unione europea-Africa.

In qualunque rapporto di partenariato ritengo sia importante riconoscere con chi si sta dialogando. Spesso questo avviene a livello governativo, ma se parliamo con gli imprenditori – coloro che creano ricchezza in un paese – in molti paesi dell’Africa questi ci dicono: “consentiteci di aiutare i nostri governi ad aprire i mercati, affinché possiamo avere accesso ai beni e servizi che voi occidentali potete dare per scontato”. E’ solo aiutando gli imprenditori che possiamo davvero contribuire alla creazione di ricchezza in Africa, portando il continente africano fuori dalla povertà. Non dimentichiamolo: chi crea ricchezza in un paese ha un ruolo cruciale nel suo sviluppo, non solo le organizzazioni che forniscono gli aiuti.

 
  
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  Philip Claeys (NI).(NL) Signor Presidente, ho votato contro la relazione dell’onorevole Martens, ma non perché la ritenga un testo non equilibrato. Al contrario, vi è un certo numero di punti che sono assolutamente e decisamente corretti. Il problema sorge dal fatto che una relazione di questo genere non contiene nemmeno un lieve accenno alla questione dell’immigrazione clandestina, nonostante si tratti di un problema molto grave nell’ottica dei problemi connessi alla cooperazione per lo sviluppo in Africa.

Trovo, inoltre, alquanto strano che la relazione invochi il regime della carta blu UE per contrastare il fenomeno di allontanamento dei lavoratori africani dai settori dei loro paesi che necessitano della loro presenza. Si tratta, infatti, dell’asse portante dell’intero sistema della carta blu UE. Il problema della carta blu è, infatti, proprio che prevede la fuga di quei cervelli che sono invece indispensabili per lo sviluppo dei paesi africani. Attirando verso l’Unione europea questi lavoratori, i problemi dell’Africa peggioreranno, provocando un incremento dell’immigrazione verso l’Europa. Si tratta di una questione di grande rilevanza e dovremmo svolgere una discussione sull’argomento, invece di lasciare che venga toccata in un solo punto all’interno della relazione.

 
  
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  Czesław Adam Siekierski (PPE-DE). (PL) – (in principio il microfono non è collegato) … è un insieme completo di strumenti per aiutare i paesi africani lungo il cammino verso lo sviluppo economico. Si tratta di un pacchetto completo, in quanto solo delle soluzioni complessive possono incidere sui molteplici problemi che si sono sovrapposti in Africa.

A che punto siamo? Negli ultimi anni abbiamo assistito a dimostrazioni di interesse sempre più forti della Cina nei confronti dell’Africa, con una politica di investimenti in espansione in quel continente. Tali iniziative contribuiranno allo sviluppo del continente unicamente se saranno gli africani, e in particolare le popolazioni locali, a essere ampiamente coinvolte nella costruzione della ricchezza, e non gli impiegati di imprese straniere che investono in tali paesi.

L’Unione europea deve il proprio successo al sollevamento graduale delle barriere economiche. Essa deve sostenere lo sviluppo economico dei singoli stati per costruire una rete di legami reciproci ed accrescere la disponibilità di prodotti africani sui mercati mondiali.

 
  
  

- Relazione Graf Lambsdorff (A6-0132/2009)

 
  
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  Charles Tannock (PPE-DE). - (EN) Signor Presidente, mi sono astenuto – assieme alla delegazione dei Conservatori britannici – nella votazione della relazione Lambsdorff sulle priorità dell’Unione europea per la 64a Assemblea generale delle Nazioni Unite. Il mio partito sostiene con vigore l’operato delle Nazioni Unite, sebbene ammetta che si tratti di un organismo imperfetto che necessita di una riforma. Tuttavia, su un certo numero di questioni sollevate nella relazione i Conservatori britannici sono in forte disaccordo. Ad esempio, il ruolo della Corte penale internazionale e l’abolizione dei seggi permanenti del Regno Unito e della Francia presso il Consiglio di sicurezza a favore di un unico seggio permanente dell’Unione europea. Riteniamo in oltre, che l’applicazione della pena di morte ai maggiorenni sia una questione che ogni parlamentare debba decidere secondo coscienza e non abbiamo una linea di partito sull’argomento. Queste le motiviazioni della nostra astensione.

 
  
  

- Relazione Martens (A6-0079/2009)

 
  
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  Gay Mitchell (PPE-DE). - (EN) Signor Presidente, desidero fare una considerazione in merito alla relazione dell’onorevole Martens.

Innanzitutto, vorrei dire che il trattato di Lisbona non è una catastrofe e che è una sciocchezza descriverlo in questi termini. 26 dei 27 Stati membri dell’Unione europea lo ratificheranno o lo hanno già ratificato, compreso il parlamento del Regno Unito. E’ increscioso che gli onorevoli del Regno Unito al Parlamento europeo non rispettino le decisioni del loro parlamento nazionale nel fare determinate dichiarazioni in quest’Aula.

Il popolo irlandese ha espresso alcuni timori relativamente a determinate questioni e il governo e il parlamento irlandese stanno cercando di ottenere dei chiarimenti in merito. Se li otterranno e il popolo irlandese voterà “sì” al secondo referendum entro l’anno li vedremo forse tornare alla carica comportandosi nello stesso modo scandaloso cui abbiamo assistito la prima volta? Lasciate gli affari irlandesi all’Irlanda. Per risolvere la questione non abbiamo bisogno dell’assistenza di un popolo che ha impiegato 700 anni ad andarsene dal nostro paese!

Quanto al trattato di Lisbona, consentitemi di dire che la popolazione dell’Unione europea raggiungerà il 6% della popolazione mondiale nell’arco della prossima generazione. La Cina e gli altri paesi emergenti saranno estremamente potenti.

 
  
  

- Relazione Hutchinson (A6-0085/2009)

 
  
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  Zuzana Roithová (PPE-DE). – (CS) Signor Presidente, desidero spiegare i motivi della mia astensione nella votazione sulla relazione Hutchinson. In qualità di membro dell’Assemblea ACP-UE concordo sul fatto che gli aiuti allo sviluppo non sono sempre efficaci. Questi aiuti non sono coordinati in modo ottimale e presentano costi amministrativi ingenti. Il relatore sostiene che i paesi partner non si identificano sempre con le strategie per lo sviluppo dei paesi donatori ma che gli aiuti di stato sono l’unico strumento efficace – e su questo punto sono d’accordo – sebbene egli ritenga che dovrebbero sicuramente essere più prevedibili. Credo fermamente che dobbiamo innanzi tutto procedere a una condivisione delle priorità con altri fornitori di aiuti economici, quali gli Stati Uniti e i paesi che aiutano le proprie ex colonie. Il relatore ha anche sottovalutato l’impatto della politica della Cina di investire nei paesi in via di sviluppo. Tale politica non rispetta né gli obiettivi di sviluppo del millennio né altri obiettivi, ma riflette unicamente ed esclusivamente gli interessi commerciali della Cina.

 
  
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  Nirj Deva (PPE-DE). - (EN) Signor Presidente, desidero congratularmi con il mio collega, l’onorevole Hutchinson, per la relazione eccellente che ha scritto su un argomento estremamente importante. La Commissione e l’Unione europea forniscono quantitativi ingenti di denaro ai paesi in via di sviluppo, per lo più in Africa. Circa il 50% degli africani vivono ancora con meno di un dollaro al giorno e il 75% dei destinatari degli aiuti nel mondo sono africani.

Tali spaventose statistiche indicano che è giusto fornire aiuti all’Africa, per rendere disponibile acqua potabile pulita e per consentire alle popolazioni africane di pervenire a uno sviluppo sostenibile. Tuttavia, quando i fondi vengono versati ai governi africani, come ora fa la Commissione con quello che viene chiamato “budgetary support”, dovremmo anche insistere che tale forma di aiuti venga analizzata in modo molto rigoroso dai parlamenti nazionali, e che gli accordi finanziari firmati tra la Commissione e le nazioni africane siano resi accessibili al pubblico in modo trasparente nei parlamenti nazionali dei paesi africani e dei paesi ACP. E’ una questione molto importante per tutelare il denaro dei contribuenti europei.

 
  
  

- Relazione Badia i Cutchet (A6-0093/2009)

 
  
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  David Sumberg (PPE-DE). - Signor Presidente, tutti noi in quest’Aula siamo favorevoli alle arti e alla promozione di arte e istruzione nei nostri rispettivi paesi. Spero che nessuno voglia contestarlo.

Tuttavia, il problema che sorge con questa relazione è che, ancora una volta, ci troviamo di fronte a un appello improprio per una dimensione europea. La diversità che caratterizza l’Unione europea è data dal fatto che ciascuno dei diversi stati nazionali possiede un background culturale e storico proprio e, pertanto, mi sembra importante che le arti e l’istruzione vengano definite a livello nazionale. Si tratta di un campo in cui l’Unione europea e il Parlamento europeo non debbono interferire.

“Che cento fiori sboccino”, diceva, credo, una frase famosa. Che ne sboccino almeno 27 nell’Unione europea, ma ciascuno per conto suo. Ritengo che se procediamo in questa direzione i fiori sbocceranno nel modo ottimale e avranno una vita più lunga.

 
  
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  Hannu Takkula (ALDE). - (FI) Signor Presidente, desidero ringraziare l’onorevole Badia i Cutchet per la sua relazione.

Riprendendo il discorso molto poetico dell’onorevole Sumberg, vorrei affermare che è importante che il fiore della cultura sbocci appieno, il che richiede, appunto, una dimensione Europea. E’ cruciale che l’istruzione non sia unicamente incentrata sull’acquisizione della conoscenza e la valutazione della stessa, ma che venga anche presa in considerazione l’importanza della crescita dal punto di vista umano. La cultura, l’arte e lo sport sono fondamentali se puntiamo allo sviluppo dell’intera personalità.

In tal senso è corretto ricordare ai sistemi nazionali di istruzione, mediante un processo di coordinamento aperto, della necessità di mantenere un alto grado di istruzione nelle arti all’interno della programmazione didattica, senza escludere la dimensione europea, perché l’Europa è ben nota per la sua diversità, il pluralismo, e la sua grande tradizione artistica e culturale. E’ inoltre appropriato che noi europei impariamo a conoscere la cultura di altri paesi e i grandi personaggi della cultura europea appartenenti ai diversi ambiti culturali.

 
  
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  Ewa Tomaszewska (UEN). - (PL) Signor Presidente, il carattere universale dell’arte europea dimostra quanto sia necessario ripristinare il ruolo della scuola quale centro principale della diffusione della cultura. Si tratta di un’opportunità per democraticizzare l’accesso alla cultura. L’istruzione artistica sviluppa la sensibilità e consente l’espressione del nostro potenziale creativo. Pertanto, dovrebbe essere una componente obbligatoria della programmazione didattica in ogni fase della formazione scolastica.

L’Anno europeo dell’arte e dell’innovazione è un’occasione eccellente per restituire all’arte il suo giusto posto – anche all’interno dell’istruzione – affinché se ne possa apprezzare la capacità di promuovere l’integrazione. La tutela dell’identità culturale delle singole regioni e la possibilità di venirne a conoscenza grazie alla mobilità – anche nel settore dell’istruzione culturale – costituisce un’ulteriore opportunità per lo sviluppo della creatività.

E per questo che l’istituzione di un contesto comunitario di mobilità dedicato agli europei che si dedicano ad attività artistiche e creative è particolarmente importante. E’ per tale motivo che ho votato a favore della relazione, sebbene vorrei anche protestare contro la procedura rapida della discussione su tale documento e la sua adozione praticamente in assenza di dibattito.

 
  
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  Avril Doyle (PPE-DE). - (EN) Signor Presidente, ho sempre ritenuto che lo sport di buon livello rappresenti una forma d’arte. Quale esempio di tale arte nell’Unione europea consentitemi di citare la vittoria della squadra di rugby tutta irlandese al Millennium Stadium di Cardiff sabato scorso, quando abbiamo sconfitto il Galles in un’esibizione esemplare di eccellenza sportiva e artistica senza eguali. Abbiamo anche battuto l’Inghilterra, la Francia, l’Italia e la Scozia. La nostra squadra tutta irlandese ha vinto le Sei nazioni – ovvero il Grande Slam. Lo sport è arte, l’arte è sport. Dobbiamo riconoscere questo meraviglioso risultato.

 
  
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  Presidente. Onorevole Doyle, se avessi saputo che lei avrebbe ricordato il cucchiaio di legno per gli italiani non le avrei dato la parola su questo punto.

 
  
  

- Relazione Hegyi (A6-0107/2009)

 
  
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  Dimitar Stoyanov (NI).(BG) Prendo la parola per illustrare il motivo per cui la delegazione del partito Nacionalen Săjuz Ataka vota contro questa relazione.

Di certo non è a causa dei molti punti positivi sollevati nella relazione relativamente alla trasparenza dell’operato delle istituzioni coinvolte. Naturalmente siamo favorevoli alla trasparenza dell’operato delle istituzioni dell’Unione europea, ma non al fatto che tale trasparenza si possa ottenere unicamente con l’adozione del trattato di Lisbona e iscrivendo il trattato, che per noi è lettera morta, nuovamente nell’agenda europea con molte relazioni come questa, che in realtà assumono una posizione diversa o affrontano una questione differente.

A parte questo, per quanto riguarda il trattato di Lisbona, siamo contrari all’adozione del trattato perché esso aprirà le porte all’ingresso della Turchia nell’Unione europea. L’adesione della Turchia equivale alla morte certa della Bulgaria, sia da una prospettiva economica che demografica. Questo è il motivo che ci ha indotti a votare contro la relazione.

 
  
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  David Sumberg (PPE-DE). - (EN) Signor Presidente, quando ho letto il titolo della relazione – “Dialogo attivo con i cittadini sull’Europa” – ho creduto che si trattasse di uno scherzo, poiché nella realtà dei fatti, il dialogo attivo con i cittadini europei è una chimera. Il punto è che un dialogo non è un monologo: bisogna ascoltare ciò che i cittadini europei hanno da dire. I cittadini europei dei Paesi Bassi, della Francia e dell’Irlanda hanno detto molto chiaramente, con riferimento al trattato di Lisbona, di non voler adottare il trattato.

Pertanto, se questo Parlamento e tutte le istituzioni europee desiderano il dialogo con i loro cittadini, un fatto certamente positivo, devono asserire senza alcuna ambiguità che risponderanno a tale dialogo e che ascolteranno quanto i cittadini hanno da dire. In questo Parlamento, la discussione, l’adozione di relazioni e le votazioni sul concetto di dialogo non sono altro che una perdita di tempo se a livello collettivo – ed è quanto avviene in quest’Aula – non si vuole prendere atto di ciò che viene detto e ci si sottrae all’obbligo di rispondere. Si tratta di un fallimento.

 
  
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  Marian Harkin (ALDE). - (EN) Signor Presidente, siamo di fronte una relazione estremamente importante e sono d’accordo con il relatore che forse avremmo potuto essere più coraggiosi, spingendoci più in avanti.

In quanto parlamentare di un paese che tiene delle votazioni su ogni trattato, sono particolarmente consapevole della necessità di un dialogo attivo e continuativo con i cittadini. Ho potuto costatare che sempre più persone perdono la fiducia nelle istituzioni. L’Unione europea rappresenta un’organizzazione enorme e abbiamo una responsabilità importante nel garantire la centralità del dibattito nel nostro operato.

Sostengo in modo particolare i contenuti del paragrafo 32, e ringrazio il relatore di aver appoggiato il mio emendamento relativamente al fatto che l’Anno europeo del volontariato nel 2011 costituirà un’opportunità eccellente affinché le istituzioni dell’Unione europea stabiliscano un contatto con i cittadini.

Abbiamo richiesto alla Commissione di presentare dei provvedimenti adeguati sui preparativi per il 2011 ed essa ha avviato i lavori. Ora dobbiamo garantire l’instaurarsi di un dialogo significativo con i 100 milioni di volontari sparsi in tutta l’Unione europea e fare sì che la loro voce e le loro opinioni siano al centro di qualunque nuovo piano, programma o politica, e che il dialogo attivo con i cittadini ci consenta di giungere a un’Unione europea forte e solida.

 
  
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  Hannu Takkula (ALDE). - (FI) Signor Presidente, la relazione dell’onorevole Hegyi è eccellente e necessaria. Abbiamo bisogno di un dialogo attivo tra le nazioni europee e i cittadini. Serve maggiore comprensione reciproca e tolleranza, per essere in grado di ascoltare ciò che ha da dire chi è diverso da noi. Ne abbiamo bisogno anche qui, al Parlamento europeo.

Mi ha molto rattristato assistere a dei parlamentari abbandonare l’Aula nel corso dell’intervento del presidente Klaus, come anche il fatto che ciò si sia verificato nel corso dell’attuale presidenza ceca. Non sono disposti ad ascoltare il parere degli altri cittadini, presidenti, istituzioni e individui in merito a questioni generali dell’Europa?

Dovremmo essere disponibili all’ascolto di punti di vista diversi. Abbiamo bisogno dell’interazione e del dialogo, e ne abbiamo bisogno anche a livello della gente, affinché il pubblico possa sentire di avere voce in capitolo nelle varie questioni, allontanando l’idea che l’Unione europea non è altro che un circolo privato in cui la discussione è aperta solo a una cerchia ristretta di privilegiati. Sono favorevole alla proposta di un più esteso dialogo, attivo e tollerante, a tutti i livelli nell’Unione europea. E’ di questo che abbiamo veramente bisogno.

 
  
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  Nirj Deva (PPE-DE). - (EN) Signor Presidente, nel corso della crisi economica è accaduto qualcosa di strano, come si suol dire, lungo la via di Damasco. I popoli europei non si sono rivolti all’Unione europea per salvarsi dalla crisi economica. Si sono rivolti agli Stati membri e ai governi nazionali per uscirne. Colui che ritiene di aver salvato il mondo sta per giungere qui tra poche ore, ma a parte questo, a Parigi come a Londra, come a Washington e a Roma, i cittadini dei vari paesi (a cui è stato detto di essere cittadini europei) hanno guardato ai governi nazionali per essere salvati dalla crisi – e non a questa entità più ampia che chiamiamo Unione europea.

Posso domandare perché è accaduto tutto ciò? Posso chiedere a quanti ciarlano che l’Unione europea è una macchina meravigliosa di porsi questo interrogativo? Sono in grado di rispondere, e la risposta è che non esite alcuna connessione tra le istituzioni europee e i cittadini, i quali continuano a rivolgersi ai loro governi nazionali nei momenti del bisogno.

 
  
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  Ewa Tomaszewska (UEN). - (PL) Signor Presidente, desidero protestare contro il modo in cui viene affrontata questa relazione. La costruzione della fiducia dei cittadini degli Stati membri dell’Unione nei confronti delle istituzioni europee non significa solo essere a conoscenza delle loro strategie e attività, il che spesso, comunque, non avviene. Significa soprattutto infondere la convinzione che esiste una compartecipazione ai processi decisionali, che ognuno ha la possibilità di dire la propria all’interno dell’Unione europea e che i diritti sanciti dai trattati non sono stati calpestati.

Un dibattito tra i cittadini europei in tutti gli Stati membri dell’Unione è il modo migliore di rassicurarli del fatto che quanto avviene nell’Unione europea dipende effettivamente dai cittadini dei paesi che ne fanno parte. E’ il modo migliore di impedire che le circa 100 persone coinvolte nella stesura delle attività più importanti che le istituzioni europee dovranno porre in essere si sentano defraudate. La lista di richieste dovrebbe essere presa seriamente in considerazione e lo stesso vale anche per i documenti realizzati dai partecipanti al dibattito in altri paesi. Ed è ancor più sorprendente che gli ostacoli a un effettiva discussione sulla questione del dialogo con i cittadini vengano posti all’interno del parlamento europeo.

 
  
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  Martin Callanan (PPE-DE). - (EN) Signor Presidente, questa relazione riguarda il dialogo attivo con i cittadini e la miglior forma di dialogo attivo con i cittadini europei consiste nel prestare ascolto a quanto essi dicono nelle consultazioni elettorali democratiche. E’ grande l’ironia di un Parlamento europeo che adotta questa relazione mentre, nel contempo, ignora completamente alcune decisioni democraticamente prese negli Stati membri. Non c’è da meravigliarsi che l’Unione europea sia così impopolare nella mia circoscrizione elettorale del nordest dell’Inghilterra e anche altrove in Europa. Il concetto di dialogo democratico per l’Europa è a senso unico: l’Unione europea non ascolta ciò che la gente ha da dire e si limita a dettare cosa devono pensare e come possono votare.

Guardando agli ultimi dieci anni, la Francia, i Paesi Bassi e ora l’Irlanda – per ben due volte – hanno votato a favore di un freno a una più ampia integrazione europea. Eppure, l’Unione europea ha completamente ignorato la loro opinione.

Se ci si limita ad ascoltare le organizzazioni non governative finanziate dall’Unione europea non si può sostenere che queste riflettano l’opinione degli elettori. La migliore forma di dialogo con i cittadini consiste nell’ascoltare quanto hanno da dire in elezioni libere e democratiche e nei referendum.

 
  
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  Syed Kamall (PPE-DE). - (EN) Signor Presidente, credo che vi sia un fraintendimento nei nostri discorsi sul dialogo attivo con i cittadini europei, in quanto spesso confondiamo il dialogo con i cittadini con il dialogo con la società civile. Inoltre, confondiamo il dialogo con i cittadini con quello con organizzazioni parzialmente o interamente finanziate dalla Commissione. In effetti, in questo caso le istituzioni europee dialogano con organizzazioni fondate dalla Commissione, ovvero con il denaro dei contribuenti.

Quando poi diamo ai cittadini il diritto di dire la loro – com’è accaduto in Francia e nei Paesi Bassi con la costituzione, e in Irlanda con il trattato di Lisbona – ed essi dicono “no”, cosa facciamo? Ignoriamo del tutto i risultati elettorali. Quando il popolo dice “no” il dialogo non significa farlo votare ancora e poi ancora fino ad ottenere il responso desiderato. Questo non è dialogo, è abdicare dalla democrazia. E’ ora di impegnarci in un autentico dialogo attivo con i cittadini.

 
  
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  Jim Allister (NI). - (EN) Signor Presidente, dopo cinque anni in questo Parlamento, nessun contenuto delle relazioni può sorprenderci. Ebbene, devo dire che sono rimasto sconcertato dall’inaudita arroganza di alcune parti di questa relazione e dall’insulto deliberato che essa rivolge a coloro che hanno l’ardire di non piegarsi servilmente, appoggiando il progetto europeo. Affermazioni quali quelle trovate nella relazione, secondo cui i ceti meno istruiti sono i più inclini a opporsi a un’ulteriore integrazione europea costituiscono un affronto audace e la dimostrazione di un’arroganza spropositata

La verità è che è molto più probabile che votino contro la costituzione dell’Unione europea o il trattato di Lisbona proprio coloro che ne hanno letto il testo, mentre è più probabile che a votare a favore siano coloro – come i Commissari – che non si sono mai scomodati a leggere tali documenti e che invece subiscono la propaganda favorevole all’Europa. Pertanto mi rifiuto di accettare gli insulti di questa relazione.

Desidero, inoltre, rispondere all’esternazione del primo intervento dell’onorevole Mitchell – quando con impeto repubblicano ha parlato dei 700 e più anni impiegati dalla Gran Bretagna per andarsene dall’Irlanda – dicendo che dovrebbe essere lieto che non se ne siano andati del tutto, visto che gli Irlandesi hanno avuto bisogno dei britannici dell’Irlanda del Nord per conseguire la vittoria a rugby nelle Sei Nazioni.

 
  
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  Neena Gill (PSE). - (EN) Signor Presidente, ho votato a favore della relazione, ma con grande riluttanza, non solo per le sciocchezze che abbiamo appena udito giungere dall’altra parte dell’emiciclo, ma perché condivido i timori espressi dal relatore, l’onorevole Hegyi.

I contenuti della relazione sono stati molto indeboliti da coloro che, in questo Parlamento, non desiderano intrattenere un dialogo attivo con i cittadini europei. A mio avviso, un dialogo attivo non significa produrre opuscoli patinati e credo che la Commissione abbia fallito in questo senso. Non è riuscita a stabilire una connessione per rapportarsi in modo diretto ai cittadini. Non è riuscita a far comprendere meglio come l’operato delle istituzioni europee investe molti problemi reali del loro quotidiano. Auspico che il risultato della relazione sia che la Commissione riveda le proprie strategie e identifichi un approccio più ispirato per affrontare tale questione.

 
  
  

- Relazione Roszkowski (A6-0042/2009)

 
  
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  Jim Allister (NI). - (EN) Signor Presidente, accolgo favorevolmente questa relazione poiché affronta delle questioni che richiedono una discussione.

In particolare, appoggio il convincimento del relatore del fatto che i provvedimenti per lo sviluppo rurale non debbano prosciugare le risorse destinate ai pagamenti diretti agli agricoltori. Pertanto, mi unisco al relatore nel chiedere se i fondi per lo sviluppo rurale debbano essere collegati alla politica agricola comune, poiché questo inevitabilmente priva gli agricoltori di finanziamenti precedentemente disponibili. Se invece facessero parte dei fondi di coesione, non sussisterebbe questa possibilità di sottrarre fondi destinati agli agricoltori.

Pertanto saluto con favore la dichiarazione della relazione sul fatto che i lavoratori agricoli debbano essere i principali destinatari dei provvedimenti a sostegno della politica per lo sviluppo rurale, in modo da correggere uno scompenso che si è verificato in molti programmi di sviluppo rurale, compresi quelli che interessano la mia regione, l’Irlanda del Nord.

 
  
  

- Relazione Roth-Behrendt (A6-0484/2008)

 
  
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  Kathy Sinnott (IND/DEM). - (EN) Signor Presidente, ho votato a favore di questa relazione e l’accolgo calorosamente. Per molto tempo abbiamo ritenuto di dover prestare attenzione solo a ciò che ingeriamo, mentre la relazione in questione dimostra che i prodotti cosmetici entrano nel nostro organismo con la stessa efficacia degli alimenti di cui ci nutriamo.

Diverse malattie che colpiscono le donne, come il tumore della mammella, la fibromialgia, l’encefalomielite mialgica, ecc. sono in aumento. Credo che si debba ora andare oltre, non solo per garantire che i cosmetici siano più sicuri, ma anche per svolgere delle ricerche serie sul rapporto tra alcuni ingredienti dei cosmetici e questo genere di malattie che affliggono le donne e, naturalmente, anche per sviluppare prodotti cosmetici più sicuri, dato che sicuramente vogliamo continuare a utilizzare i cosmetici.

 
  
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  Neena Gill (PSE). - (EN) Signor Presidente, do il benvenuto a questa relazione perché i test dei cosmetici sono di interesse per molti abitanti della mia circoscrizione, le Midlands occidentali, e ho ricevuto molta corrispondenza su tale questione. Ho accolto favorevolmente la relazione e l’ho sostenuta perché istituisce degli standard europei per l’utilizzo di materiali potenzialmente dannosi e stabilisce degli standard per la valutazione di quanto affermano le case produttrici di cosmetici. Tuttavia, sono necessari anche degli standard per la verifica delle dichiarazioni relative allo svolgimento di test sugli animali. L’ultima volta che abbiamo esaminato la relazione abbiamo affrontato la questione dei test sugli animali per scopi scientifici. Disponiamo ora di uno strumento importante per aumentare la consapevolezza del cliente in merito alle componenti dei cosmetici, che risulterebbe migliore in presenza di maggiore attenzione ai test svolti sugli animali.

 
  
  

- Relazione Sârbu (A6-0076/2009)

 
  
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  Kathy Sinnott (IND/DEM). - (EN) Signor Presidente, ho votato a favore di questa relazione e di un maggiore controllo dei prodotti biocidi, ma desidero cogliere quest’occasione per indicare che, in Irlanda, la legge ci consente di immettere un contaminante tossico nell’acqua – un prodotto biocida che si chiama fluoruro di sodio. Desidero congratularmi con la Commissione per aver aperto un processo di consultazione in cui sono bene accetti articoli di ricerca scientifica, opinioni del pubblico, ecc. sulla questione dell’inquinamento dell’acqua potabile per mezzo di una sostanza tossica che si chiama fluoruro di sodio.

 
  
  

- Relazione Becsey (A6-0121/2009)

 
  
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  Avril Doyle (PPE-DE). - (EN) Signor Presidente, ho votato contro la relazione perché ritengo che abbia indebolito la proposta della Commissione di applicare delle aliquote di accise più elevate sui tabacchi lavorati. Gli studi hanno dimostrato come il modo più efficace e permanente di incidere sul comportamento dei consumatori di tabacchi lavorati sia mediante la tassazione.

In Irlanda le ricerche del University College Cork hanno dimostrato che a seguito dell’introduzione nel 2004 di un divieto totale di fumare nei luoghi di lavoro, i ricoveri per infarto cardiaco nella zona sono diminuiti dell’11% nel corso dell’anno successivo. L’Irlanda è anche il paese con le accise più elevate dell’Unione europea sui tabacchi lavorati, che ammontano a 4,99 euro per ogni pacchetto da 20 sigarette, portando così il prezzo a più di 8 euro a pacchetto.

I benefici di un approccio combinato di politiche di prezzo e imposte deterrenti, divieti al fumo, campagne di sensibilizzazione del pubblico e l’aumentato accesso a terapie di sostituzione della nicotina per coloro che desiderano smettere di fumare, concorrono a creare enormi vantaggi per il miglioramento delle condizioni di salute generale della popolazione.

Sebbene la sola Repubblica ceca in tutta l’Unione europea debba ancora ratificare la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sul controllo del tabacco, il tabacco continua a uccidere un milione di cittadini all’anno nell’Unione europea. Potrebbe lei, in qualità di Presidente del Parlamento, chiedere alla presidenza ceca del Consiglio di ovviare a tale omissione prima della fine del suo mandato?

 
  
  

- Relazione Martens (A6-0079/2009)

 
  
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  Richard Corbett (PSE). - (EN) Signor Presidente, sembra che molti deputati dell’altra parte dell’Emiciclo stiano sfruttando la procedura delle dichiarazioni di voto relative a varie relazioni per parlare di altro, ovvero della ratifica del trattato di Lisbona. Così facendo fanno delle affermazioni infondate sul fatto che la gente si sia dichiarata contraria al trattato di Lisbona e che noi non vogliamo ascoltarla.

Al di là del fatto che sta agli Stati membri – e non a noi parlamentari – ratificare il trattato di Lisbona, tutto ciò è assolutamente errato. Uno Stato membro ha detto “no” e noi lo abbiamo ascoltato, come siamo tenuti a fare. Gli altri Stati membri hanno indicato di essere disposti ad ascoltare le motivazioni del “no”, di prenderne atto e di procedere sulla base delle stesse. Ma quando l’onorevole Dover dimostra di non conoscere la differenza tra il trattato che adotta una Costituzione per l’Europa e il trattato di Lisbona, e dice che la Francia e i Paesi Bassi hanno rifiutato il trattato sembra dimenticare, in modo molto conveniente, che in tali paesi sono stati svolti dei referendum.

Non vogliamo ascoltare un solo lato della discussione. Vogliamo ascoltarli entrambi e colmare il divario che li divide, trovando una soluzione accettabile per ogni Stato membro. Essi invece vogliono solo ascoltare chi dice “no”. Sono loro a essere colpevoli di non ascoltare i popoli d’Europa. Sono loro i colpevoli del mancato ascolto ai popoli europei. Sono loro che non accettano i risultati democratici, che tengono conto solo dei risultati convenienti e non della situazione complessiva degli Stati membri.

 
  
  

- Relazione Muscardini (A6-0054/2009)

 
  
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  Marian Harkin (ALDE). - (EN) Signor Presidente, desidero esprimere il mio pieno sostegno al considerando 5 della relazione. Attualmente sono coinvolta in un caso simile in Irlanda, in cui una madre è fuggita dal suo paese, la Nigeria, assieme alle sue due figlie dopo che la maggiore è deceduta in seguito a una mutilazione genitale femminile. Al momento il caso è comparso dinnanzi la Corte europea dei diritti dell’uomo e la Corte ha scritto al governo irlandese invocando la difesa del caso oppure il patteggiamento.

Il considerando 5 dichiara che le mutilazioni genitali femminili costituiscono una violazione dei diritti umani e che un numero sempre maggiore di richieste di asilo da parte di genitori sono motivate dalle minacce che subirebbero nel loro paese per essersi rifiutati di sottoporre la figlia a un intervento di mutilazione. Auspico che la Corte dei diritti dell’uomo prenda in considerazione la nostra dichiarazione nel proclamare la sentenza su questo caso.

Infine, concordo con l’onorevole Corbett sul fatto che si sia molto parlato di democrazia oggi in quest’Aula, tuttavia – per chiunque abbia voglia di prendersi il disturbo – se si sommano coloro che hanno votato la costituzione e il trattato di Lisbona nei vari referendum in tutta Europa, sono più di 27 milioni gli europei che hanno detto “sì”, mentre sono 24 milioni coloro che hanno detto “no”. Questa è la democrazia in azione.

 
  
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  Eleonora Lo Curto (PPE-DE). Signor Presidente, onorevoli colleghi, grazie per avermi dato la parola, io esprimo la mia piena condivisione per questa attenzione che viene posta oggi dal Parlamento su un tema così importante come quello intanto del diritto alla salute, del diritto all'identità sessuale, alla protezione della vita psicologica, dell'integrità psicofisica delle donne, che molto spesso appunto viene violata attraverso queste pratiche che sono ginecofobiche.

L'Europa si distingue per questo impegno a favore dei diritti umani, così come abbiamo ascoltato adesso dalla collega che mi ha preceduto. Ci sono mortalità infantili, mortalità di donne dovute proprio a queste pratiche assolutamente non condivisibili. Bene fa l'Europa a impegnarsi in tal senso e a dimostrare la grande responsabilità che viene posta perché le legislazioni vengano armonizzate in tale senso.

 
  
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  Kathy Sinnott (IND/DEM). - (EN) Signor Presidente, sarei stata davvero lieta di votare a favore della relazione Muscardini sulle mutilazioni genitali femminili, poiché da diversi anni sostengo un divieto nei confronti di tale incivile pratica e, inoltre, attualmente seguo da vicino il caso di una famiglia che viene minacciata di essere costretta ad accettarla qualora faccia rientro nel proprio paese.

Tuttavia, come spesso accade, alcuni colleghi sfruttano la questione delle donne e ragazze mutilate per tornare a promuovere l’aborto con lo slogan dei “diritti sessuali e riproduttivi” all’interno di questa relazione.

 
  
 

(A seguito della correzione della votazione dell’onorevole Mitchell sulla relazione, riprendendo la versione definitiva del testo, la sua dichiarazione di voto orale non è più pertinente.)

 
  
  

- Relazione Graça Moura (A6-0092/2009)

 
  
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  Milan Gaľa (PPE-DE). – (SK) Signor Presidente, desidero ringraziare il mio collega della commissione per la cultura e l’istruzione, l’onorevole Graça Moura, per il suo operato nella stesura di questa relazione, che ho sostenuto con il mio voto. Essa è collegata a documenti che abbiamo già affrontato in passato qui al Parlamento europeo. Il processo di allargamento ha contribuito alla diversità linguistica dell’Unione europea. Oggi parliamo 23 lingue e più di 60 dialetti sono diffusi nelle nostre regioni o tra alcuni gruppi.

La globalizzazione e l’emigrazione stanno contribuendo ad ampliare ulteriormente la tavolozza linguistica che utilizzata quotidianamente dagli europei. La diversità linguistica è pertanto indubbiamente una delle componenti più caratteristiche dell’Unione europea che investe l’ambito sociale, culturale e professionale della vita quotidiana dei suoi cittadini, nonché le attività economiche e politiche degli Stati membri. Ritengo che la notifica della Commissione in questo settore sia di grande importanza e concordo con il relatore sul fatto che l’eterogeneità dell’Unione rappresenti un enorme vantaggio competitivo, e che dobbiamo assolutamente sostenere i programmi per l’insegnamento delle lingue e per gli scambi culturali a livello scolastico.

 
  
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  Michl Ebner (PPE-DE). Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, per quanto riguarda la relazione di Graça Moura devo dire che il nostro collega ha fatto un ottimo lavoro. Soltanto per una questione procedurale con questo sistema - la tematica l'ha sollevata oggi già la collega Muscardini - spero che lei si faccia interprete delle nostre richieste che non si può poi mettere al voto di fatto due relazioni quasi identiche penalizzando poi di fatto il relatore, cosa che mi è successa in questo caso e cosa che non volevo.

Proprio per questo vorrei ancora sottolineare il grande lavoro positivo del collega Graça Moura, anche se è stato poi anche con il mio voto accettata. l'altra risoluzione. Il mio voto non era una negazione della relazione Graça Moura ma tutt'altro.

 
  
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  Hannu Takkula (ALDE). - (FI) Signor Presidente, innanzi tutto desidero ringraziare l’onorevole Graça Moura per l’eccellente lavoro realizzato. Egli si è dedicato con grande tenacia alla questione linguistica ed è assolutamente vero che quello della lingua è un diritto fondamentale. L’espressione linguistica sta al centro della nostra identità ed è per questo che noi nell’Unione europea dobbiamo coltivare il multilinguismo.

Abbiamo tuttavia votato a favore di una risoluzione alternativa, invece che per la relazione originale. Io stesso ho preso parte alla stesura del documento alternativo ed è doveroso spiegare in questa sede perché abbiamo predisposto una risoluzione alternativa al lodevole documento dell’onorevole Moura. Il motivo è che desideriamo tutelare in modo particolare lo status delle lingue minoritarie.

Possiamo dire che la catena dell’Europa è forte tanto quanto il suo anello più debole – ovvero le persone più svantaggiate della nostra società. E’ per questo che dobbiamo garantire che i gruppi minoritari, ad esempio i Sami nella mia nativa Finlandia, conservino il diritto di usare la propria lingua madre e di ricevere i servizi di base nella loro lingua. Dobbiamo assumerci le nostre responsabilità nei loro confronti, come nei confronti di altre popolazioni indigene. Per tale ragione è importante che l’Europa adempia ai propri doveri in campo culturale e garantisca la praticabilità di tutte le lingue, comprese quelle minoritarie.

 
  
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  Frank Vanhecke (NI).(NL) Signor Presidente, sebbene la risoluzione alternativa sul multilinguismo in Europa che è poi stata adottata è notevolmente migliore rispetto al testo originale che abbiamo esaminato, ho ritenuto di esprimere un voto contrario ad essa in seguito a un’attenta riflessione. In effetti, entrambe le risoluzioni, sia quella adottata che quella originale, invocano la promozione di un’agenzia europea per la diversità linguistica. Ancorché la proposta possa sembrare positiva, e in linea di principio condivisibile, leggendo il testo ho trovato, ad esempio, che si propone di incoraggiare gli immigranti non europei a continuare a utilizzare la loro lingua madre qui da noi. Inoltre, il Parlamento chiede anche l’inclusione nella programmazione didattica delle scuole degli Stati membri delle lingue delle minoranze straniere o di minoranze con origini straniere, non solo per incoraggiare l’utilizzo delle lingue d’origine ma, in particolare, per incoraggiare l’uso delle lingue degli immigrati. Mi rincresce dirlo, ma tutto ciò è folle e condurrà all’esatto contrario dell’assimilazione e dell’adattamento degli immigrati. Si tratta dell’opposto di quanto serve in tutti i paesi europei.

 
  
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  Philip Claeys (NI).(NL) Signor Presidente, anch’io ho votato contro la relazione sul multilinguismo. Sebbene continui a essere un convinto sostenitore della promozione del multilinguismo, sia la relazione originale che la versione modificata che è poi stata adottata includevano un certo numero di idee la cui realizzazione concreta è alquanto problematica. Ad esempio, la relazione è volta a incoraggiare tra gli immigrati l’uso della loro lingua d’origine e questo rappresenta un problema in diversi Stati membri, poiché in questo modo gli immigrati non acquisiscono competenze linguistiche soddisfacenti nella lingua del paese che li ospita, con tutte le difficoltà che ciò comporta.

Un altro potenziale problema risiede nel modo in cui la relazione affronta la situazione degli Stati membri con più di una lingua ufficiale. Naturalmente, bisogna tenere conto di situazioni specifiche, come quella del Belgio, in cui ogni regione eccetto Bruxelles è ufficialmente monolingue. Nelle Fiandre abbiamo il problema di un gran numero di immigranti francofoni che rifiutano di adattarsi alla lingua fiamminga della regione. Non sta all’Europa interferire in tali casi, promettendo diritti inesistenti.

 
  
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  Mario Borghezio (UEN). Signor Presidente, onorevoli colleghi, faccio mie molte delle riserve che sono state formulate in questa relazione circa l'incoraggiamento che l'Unione europea dà al mantenimento e allo sviluppo delle lingue originarie, anche se la filosofia complessiva delle relazioni merita attenzione e appoggio, perché oggi, di fronte a questi problemi giustamente evocati, corriamo un rischio ancora maggiore, quello di vedere attraverso un'omologazione all'inglese parlato e scritto e imposto anche in questa sede, la morte delle lingue europee. Questo è un rischio gravissimo che deve essere affrontato.

Non bisogna dimenticare i diritti delle lingue locali. Muoiono le lingue nazionali, trovano difficoltà ad esprimersi, ma stanno sparendo in maniera veramente ignominiosa le lingue locali, che devono essere difese, come con la riforma federalista nel nostro paese stiamo cercando di proporre e di attuare.

L'Unione europea fa tutto quello che deve essere fatto per difendere le lingue locali? Abbiamo sentito poco fa intervenire la onorevole Lo Curto. Certamente sarebbe molto bello sentirla parlare qualche volta, perché lo sa sicuramente, nella bellissima lingua sarda. Io vorrei parlare qualche volta in lingua piemontese, ma nel nostro stesso parlamento non esistono in biblioteca documenti, riviste, ecc. di cultura attinenti alle lingue di cultura di identità e di lingue locali.

Quindi l'Europa, prima di preoccuparsi della difesa dall'omologazione delle lingue degli extracomunitari, si preoccupi delle nostre minoranze e delle nostre lingue locali.

 
  
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  Eleonora Lo Curto (PPE-DE). Signor Presidente, onorevoli colleghi, onorevole Borghezio, io sono siciliana e la Sicilia è culla e terra di grande civiltà e di grande storia e speriamo che sappia scrivere un futuro che intanto sta partendo con l'autonomia e dunque non posso che essere certamente d'accordo nel sostenere l'esigenza di una maggiore attenzione a quelle che sono le lingue madri che noi dobbiamo imparare sempre più a parlare e soprattutto a trasmettere ai nostri figli.

Immagino soprattutto la storia di emigrazione che in Italia c'è stata, ma credo anche in altri paesi e che oggi porta e rischia di portare le nuove generazioni di questi siciliani, come dei veneti, come degli stessi sardi e di quanti altri in Europa hanno subito questo processo nel passato, a non ricordare, a non poter più parlare rispettivamente il sardo, il siciliano o il veneto.

Allora io faccio appello, signor Presidente, perché questo grande teatro istituzionale dell'Europa diventi anche la culla di queste diversità e di queste identità autonomiste che mi auguro nell'Europa delle regioni che noi impareremo a celebrare nel futuro ci vedranno sempre più protagonisti anche attraverso le nostre lingue.

 
  
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  Avril Doyle (PPE-DE). - (EN) Signor Presidente, mi sono astenuta dal votare questa relazione per due motivi, e questo nonostante io sia fortemente d’accordo con il titolo “Multilinguismo: una risorsa per l’Europa e un impegno comune”.

Oggi è stato detto in quest’Aula che la relazione solleva “alcune controversie nazionalistiche attualmente in corso in Spagna”. Reagisco con scetticismo dinnanzi al tentativo di utilizzare il dibattito sul multilinguismo e sulla promozione linguistica quale copertura, espediente o moneta di scambio politico per le diverse questioni nazionali esistenti negli Stati membri. Mi sembra, infatti che ciò si sia verificato in alcuni momenti della discussione su questa relazione, sia all’interno della commissione che qui in Aula.

Non è mia intenzione negare i diritti dei parlanti delle lingue minoritarie, anzi li sostengo con vigore e davvero credo che dobbiamo rispettare i diritti dei nostri concittadini europei la cui prima lingua è una lingua minoritaria. Tali lingue devono avere un posto all’interno del parlamento europeo, non necessariamente come lingue di lavoro, specie se i cittadini che le parlano conoscono bene l’inglese – come nel nostro caso. Non avrebbe senso voler contribuire a una discussione in seduta plenaria o all’interno di una commissione in una lingua minoritaria che deve poi essere tradotta in più di 20 altre lingue. In tale modo si comprometterebbe lo svolgimento di un dibattito effettivamente democratico, a causa della perdita di determinate sfumature del discorso a causa della traduzione, o magari per via di qualche fraintendimento. Il nostro mandato democratico in questo Parlamento consiste nel persuadere quante più persone possiamo a condividere il nostro punto di vista, e la difficoltà di reperire un numero sufficiente di interpeti qualificati è tutt’altra questione. Pertanto, mi sono astenuta per queste due ragioni.

 
  
  

- Relazione van Nistelrooij (A6-0083/2009)

 
  
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  Michl Ebner (PPE-DE). Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, intanto vorrei dire che ho votato per la relazione van Nistelrooij, però colgo anche l'occasione, per quei pochi spettatori che sono rimasti, per dire che coloro che qua dentro hanno criticato adesso così ampiamente l'Unione europea e il modo di procedere, invece di continuare a girare per l'Unione europea, per le loro circoscrizioni elettorali parlando male dell'Unione, darebbero un'informazione molto più oggettiva sicuramente creerebbero un'atmosfera completamente diversa.

Per quanto riguarda van Nistelrooij, la politica di coesione è proprio nata in questa direzione per creare solidarietà, collaborazione e soprattutto in questo periodo di crisi, credo che le regioni europee, non solo le nazioni, ma anche le regioni debbano collaborare, incrementare le loro posizioni e migliorare il loro tenore di vita. Proprio per questo credo che la relazione van Nistelrooij fosse molto meritevole di un voto favorevole.

 
  
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  Rumiana Jeleva (PPE-DE).(BG) Ho votato a favore della relazione sulla coesione territoriale perché credo fermamente che tale concetto debba essere sviluppato e applicato come principio orizzontale a sostegno di tutte le politiche e azioni comunitarie.

Nel corso della discussione odierna sulla politica di coesione abbiamo invocato per il prossimo periodo di programmazione un significativo potenziamento del coinvolgimento diretto delle autorità regionali e locali nella pianificazione e attuazione di programmi specifici. Le politiche dell’Unione europea, e la politica di coesione in particolare, hanno trasformato il modello di governance da un sistema spesso centralizzato in un sistema a più livelli sempre più integrato.

Per tale motivo credo che gli Stati membri debbano essere incoraggiati a stabilire un sistema di governance territoriale sulle basi dell’approccio integrato detto “dal basso verso l’alto” che, inoltre, consente una partecipazione civile più attiva. Esorto gli Stati membri a iniziare a pensare come possano consolidare e sostenere in modo più efficace il concetto di coesione territoriale all’interno dei loro programmi e politiche nazionali.

In un tale contesto, ritengo che i principi fondamentali dello sviluppo coordinato e del partenariato urbano-rurale siano di particolare importanza e debbano essere scrupolosamente osservati. <

 
  
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  Marusya Ivanova Lyubcheva (PSE).(BG) Ho sostenuto la relazione sulla coesione territoriale perché la ritengo una politica di grande rilevanza per ogni regione dell’Unione europea.

Le risorse dei Fondi di coesione, assieme alle risorse nazionali, possono trasformare anche le regioni più arretrate, portandole al livello di quelle maggiormente sviluppate. Si tratta di una questione di somma importanza per il mio paese, la Bulgaria. E’ importante altresì che nel corso della fase di pianificazione tutte le risorse vengano distribuite in modo equo, e che il principio di coesione venga applicato in tutte le politiche prioritarie dell’Unione europea.

Prendendo in considerazione tutti i fattori che influiscono sullo sviluppo equilibrato regionale e sociale, dobbiamo identificare i meccanismi più opportuni che ci consentono di dare ad alcuni Stati membri nuovi, i quali occupano un livello di sviluppo inferiore, la possibilità di raggiungere gli altri.

Dobbiamo disporre di un criterio chiaro durante la fase di pianificazione, al fine di impedire che qualche paese venga penalizzato per essersi trovato nella fase di pianificazione nel momento in cui erano disponibili solo stanziamenti inadeguati e inefficaci, con il conseguente impatto negativo sulla qualità della vita dei cittadini.

 
  
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  Marian Harkin (ALDE). - (EN) Signor Presidente, desidero congratularmi con l’onorevole van Nistelrooij per la sua relazione. In particolare, desidero appoggiare il paragrafo 42, che invoca l’istituzione di effettivi partenariati tra tutti gli attori dello sviluppo regionale e locale a livello comunitario, nazionale, regionale e locale.

Ciò costituisce un presupposto per il raggiungimento della coesione territoriale. Le esperienze del passato hanno dimostrato ripetutamente che il coinvolgimento nel perseguimento dello sviluppo regionale e della coesione territoriale di gruppi attivi nel settore dello sviluppo locale e delle organizzazioni non governative aggiunge un effettivo valore economico e sociale. Poiché non stiamo raggiungendo la coesione territoriale tra le nostre regioni, è cruciale stabilire e promuovere tali forme di partenariato.

 
  
  

- Relazione Mikolášik (A6-0108/2009)

 
  
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  Marian Harkin (ALDE). - (EN) Signor Presidente, desidero sostenere il paragrafo 22, che – come la relazione dell’onorevole van Nistelrooij – chiede agli Stati membri di rafforzare il principio del partenariato nei loro programmi per il periodo corrente in conformità con l’Articolo 11 del regolamento generale del Fondo europeo di sviluppo regionale, con il Fondo sociale europeo e con i Fondi di coesione.

Siamo noi che scriviamo tali regolamenti in Parlamento la loro attuazione spetta agli Stati membri ed è la Commissione che deve verificarne l’attuazione. Una recente relazione sul coinvolgimento delle organizzazioni non governative e di altri organismi nello sviluppo, attuazione e monitoraggio dei Fondi strutturali nei nuovi Stati membri recava l’eloquente titolo “L’illusione dell’inclusione”. Gli Stati membri e la Commissione non stanno assumendosi le loro responsabilità. Noi in questo Parlamento dobbiamo continuare a insistere affinché lo facciano.

 
  
  

- Relazione Becsey (A6-0041/2009)

 
  
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  Zuzana Roithová (PPE-DE). – (CS) Ho votato a favore della serie di relazioni dei miei onorevoli colleghi che criticano gli ostacoli posti alla realizzazione della politica di coesione. Desidero soffermarmi in particolare sulla relazione Krehl. E’ mia intenzione contribuire al dibattito odierno indicando come i miei colleghi abbiano dimenticato di citare il pacchetto per la ripresa approvato due settimane or sono. Si tratta del pacchetto concordato dalla presidenza ceca e dalla Commissione. In risposta alle pressioni del Parlamento europeo, la Commissione ha redatto delle proposte precise per la semplificazione amministrativa, e in particolare ha introdotto un chiaro livello di flessibilità che ora consentirà a tutti di attingere ai Fondi strutturali per il trasferimento di risorse tra i diversi programmi e anche di utilizzare tali risorse per coprire i prestiti, il che è particolarmente cruciale per i nuovi Stati membri. La relazione successiva di tale pacchetto, relativa al microcredito, naturalmente è favorevole a tale pratica. Lamento unicamente che non disponiamo ancora di linee guida chiare per l’armonizzazione dei regolamenti per l’utilizzo del microcredito, che sarebbe particolarmente utile per i piccoli imprenditori e per gli enti locali.

 
  
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  Marian Harkin (ALDE). - (EN) Signor Presidente, sono particolarmente favorevole a questa relazione che si rifà alle cooperative di credito, riconoscendone il ruolo nella fornitura del microcredito. Quanto alle organizzazioni no-profit, le cooperative di credito svolgono un ruolo unico nella fornitura del microcredito a chi non avrebbe accesso al credito da parte di altre istituzioni finanziarie. Sono consapevole che le cooperative di credito non sono particolarmente forti in tutti i paesi europei, tuttavia in molti Stati membri lo sono e in quei paesi risultano dotate di riserve eccedenti per un valore di 40 miliardi di euro. In tutto il mondo, le cooperative di credito vantano riserve in eccesso pari a 1,1 trilioni di dollari, e quasi 180 milioni di soci in tutto il mondo.

In un momento i cui la gente non si fida più delle istituzioni bancarie, le istituzioni finanziare no-profit costituiscono un’alternativa percorribile e richiedono il nostro appoggio. In particolare, devono essere comprese nel programma JASMINE affinché, in qualità di fornitori di microcredito, possano avere accesso a servizi di supporto aziendale quali mentoring, formazione, finanziamenti, istruzione, ecc.

Infine, un chiarimento rispetto alla relazione dell’onorevole Muscardini: credo che abbiamo votato e approvato l’emendamento 1, in cui la formulazione “diritti sessuali e riproduttivi” è stata modificata in “salute sessuale e riproduttiva”. Pertanto non credo di poter concordare con l’onorevole collega irlandese che ha preso la parola in precedenza a tale proposito.

 
  
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  Presidente. − Onorevole Kamall, come può vedere lei è l’unico presente in Aula!

 
  
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  Syed Kamall (PPE-DE). - (EN) Signor Presidente, mi consenta di iniziare ringraziando lei e tutti gli interpreti per la grande pazienza dimostrata nel corso di questa lunga serie di dichiarazioni di voto.

Ritengo vi sia un consenso in tutto il Parlamento relativamente a meriti del microcredito: si tratta di una di quelle questioni su cui la destra e la sinistra del Parlamento possono essere concordi.

Desidero rendere omaggio a due organizzazioni in particolare. La prima è Opportunity International, a capo della quale vi è un ex governatore di una banca centrale africana, il cui contributo consiste nell’apporto di un approccio professionale al microcredito spesso lamentabilmente assente. L’altra è un’organizzazione e l’eccellente sito web – www.kiva.org – che consente il credito individuale di somme minime, anche soli 25 dollari sino, a giungere a microprestiti maggiori rivolti agli imprenditori in tutto il mondo, specie nei paesi in via di sviluppo, consentendo loro di creare ricchezza e lavoro nelle comunità locali.

Un’osservazione che desidero fare è che dobbiamo assicurarci che i governi a livello locale, nazionale e comunitario non escludano i piccoli fornitori privati di microcredito a livello di comunità locali. Ho assistito a casi di questo genere nella mia circoscrizione elettorale di Londra, dove alcune organizzazioni locali sono state messe fuori gioco dagli enti territoriali.

Tuttavia, la valutazione complessiva del fenomeno del microcredito è molto positiva e riteniamo che costituisca un valido aiuto agli imprenditori nei paesi meno ricchi.

 
  
  

Dichiarazioni di voto scritte

 
  
  

- Relazione Costa (A6-0071/2009)

 
  
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  Bogusław Liberadzki (PSE), per iscritto. – (PL) Ho votato a favore dell’adozione della relazione sulla proposta di decisione del Consiglio concernente la conclusione dell’accordo tra la Comunità europea e il governo del Nepal su alcuni aspetti relativi ai servizi aerei.

Concordo con la proposta del relatore a favore della conclusione di tale accordo.

Ritengo che gli emendamenti relativi alla clausola di designazione, alla tassazione del carburante per la navigazione aerea e alle tariffe sono giustificati visti gli accordi bilaterali esistenti.

Il mio auspicio è che il ricorso alla fiducia reciproca nei meccanismi della controparte favorirà la conclusione dell’accordo.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. – Esprimo il mio voto favorevole in merito alla relazione presentata dal collega Costa sull'accordo CE-Nepal su alcuni aspetti relativi ai servizi aerei.

Sono d'accordo con il relatore nel considerare assoggettabili al diritto comunitario le tariffe di trasporto per passeggeri e merci degli aerei designati dal Nepal per trasporti effettuati interamente nell'ambito dell'Unione Europea. Sono, inoltre, favorevole alla tassazione del carburante per aeromobili per le operazioni che si svolgono sul territorio comunitario.

 
  
  

- Relazione de Oedenberg (A6-0130/2009)

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. – Esprimo il mio voto favorevole in merito alla relazione presentata dalla collega Geringer de Oedenberg sui trattori agricoli o forestali a ruote.

Mi trovo, infatti, d'accordo con la proposta di codificazione dei testi normativi vigenti presentata dalla Commissione, cosí come integrata dagli adeguamenti tecnici.

 
  
  

- Relazione de Oedenberg (A6-0129/2009)

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Esprimo il mio voto favorevole in merito alla relazione presentata dalla collega Geringer de Oedenberg sul regime comunitario delle franchigie doganali

Convengo con la proposta di codificazione della legislazione vigente al fine di garantire un buon livello di semplificazione e di chiara formulazione della normativa comunitaria.

 
  
  

- Relazione Pietikäinen (A6-0119/2009)

 
  
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  Šarūnas Birutis (ALDE), per iscritto. (LT) Considerata la crescente complessità dei mercati finanziari e, in particolare, della crisi finanziaria, tale raccolta ottimizzata di statistiche risulta necessaria. L’affidabilità e tempestività dei dati dovrebbero essere le pietre angolari del regolamento modificati. Il relatore ritiene che la raccolta tempestiva di dati statistici è di importanza fondamentale. Pertanto, il Sistema europeo di banche centrali e il Sistema statistico europeo dovrebbero raccogliere i dati ogni mese, ove necessario. Ciò potrebbe incrementare la qualità delle statistiche e ottimizzarne l’utilità, specie con riferimento al monitoraggio del settore dei servizi finanziari. Concordo con la proposta iniziale della Banca centrale europea di modificare il regolamento del Consiglio relativo alla raccolta di dati statistici da parte del Sistema europeo di banche centrali, con l’obiettivo di rafforzare l’efficacia della raccolta di tali dati. Inoltre, il regolamento attualmente in vigore sarebbe così opportunamente adattato alle tendenze dei mercati finanziari.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Esprimo la mia volontà di astenermi in merito alla relazione presentata dalla collega Pietikäinen sulla raccolta di informazioni statistiche da parte della Banca centrale europea: mi trovo, infatti, solo parzialmente d'accordo con la relazione in questione, riscontrando alcuni punti critici che non mi permettono di esprimere un giudizio pienamente positivo.

 
  
  

- Relazione Graf Lambsdorff (A6-0132/2009)

 
  
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  Philip Claeys (NI) , per iscritto. – (NL) ho votato contro la relazione dell’onorevole Lambsdorff in quanto non chiarisce che gli Stati membri dell’Unione europea farebbero bene a restare lontano dal Consiglio per i dritti dell’uomo delle Nazioni Unite se non vengono rimossi taluni brani inaccettabili del documento conclusivo della Conferenza di revisione di Durban. Dev’essere detto con chiarezza una volta per tutte che l’Europa non necessita di lezioni sui diritti dell’uomo da parte delle teocrazie islamiche e da parte di altre (semi)dittature.

 
  
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  Glyn Ford (PSE), per iscritto. − (EN) Sebbene accolga favorevolmente la maggior parte della relazione dell’onorevole Lambsdorff sulle priorità dell’Unione europea per la 64a sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, ho delle perplessità con la sua richiesta in questa fase di un seggio unico per l’Unione europea nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Sono a favore di una riforma del Consiglio di sicurezza che tenga conto delle nuove realtà politiche – Giappone, Germania, India e Brasile sono validi candidati, e sarebbe odioso escludere una rappresentanza dell’Africa. Tuttavia, la scelta di sostenere in seggio unico per l’Unione europea dovrebbe giungere al termine, e non all’inizio, di un processo negoziale – anche qualora la proposta abbia una sua logica. Su tali basi trovo appropriato astenermi dalla votazione sulla relazione.

 
  
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  Neena Gill (PSE), per iscritto. − (EN) Presidente, mi sono astenuto dalla votazione su questa relazione poiché credo che le Nazioni Unite abbiano urgente bisogno di revisioni e riforme. Non ha molto senso prendere in considerazione un unico seggio nel Consiglio di sicurezza per l’Unione europea se l’intero sistema di rappresentanza è in discussione.

Ad esempio, esiste forse un seggio unico presso il Consiglio di sicurezza per l’Asia? Al momento, il continente asiatico è rappresentato solo dalla Cina, un paese non democratico la cui condotta in materia di diritti dell’uomo è scandalosa. Perché non si chiede un seggio per l’India, la cui popolazione sta velocemente raggiungendo le dimensioni di quella della Cina e la cui potenza politica, economica e strategica diventa sempre più significativa sia a livello regionale che globale?

Prima di fare una riflessione sulla voce dell’Unione europea nelle Nazioni Unite, dobbiamo considerare in quale modo le attuali Nazioni Unite possano essere migliorate. Un’adeguata rappresentanza in seno al Consiglio di sicurezza per la maggiore democrazia mondiale costituirebbe un passo importante nella giusta direzione.

 
  
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  Hélène Goudin and Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. (SV) Il principio “uno stato un voto” è una delle pietre miliari della collaborazione all’interno delle Nazioni Unite e deve rimanere tale. Riteniamo pertanto che sia molto inopportuno che il Parlamento europeo invochi per il futuro un unico seggio per l’Unione europea presso il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. E’ del tutto evidente che la politica estera della Svezia è diversa da quella della Polonia, che a sua volta è differente da quella greca. D’altro canto, i paesi con un maggior grado di condivisione possono unirsi se lo desiderano.

Tuttavia, la relazione presenta diversi aspetti positivi, con riferimento particolare alle richieste di rispetto dei diritti umani e del diritto umanitario internazionale. Riteniamo che tali espressioni siano così importanti che abbiamo deciso di sostenere la relazione nonostante gli aspetti negativi riscontrati in altri settori.

 
  
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  Richard Howitt (PSE), per iscritto. − (EN) I parlamentari europei laburisti sostengono appieno l’operato dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite e il ruolo positivo che può svolgere in una cooperazione internazionale pacifica e positiva. In particolare, di questa risoluzione sosteniamo l’enfasi posta su una cooperazione maggiormente positiva in materia di diritti umani, un’adeguata riforma delle Nazioni Unite, la non proliferazione nucleare e il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo del Millennio.

La nostra astensione rispetto alla risoluzione, nonostante ne sosteniamo diversi elementi, è dovuta alla mancata condivisione dell’appello contenuto in essa a favore di un unico seggio per l’Unione europea presso il Consiglio di sicurezza. La Carta delle Nazioni Unite non prevede seggi regionali per il Consiglio di sicurezza. L’Europa non è uno Stato membro delle Nazioni unite e in base alla Carta l’adesione alle Nazioni Unite è prevista solo per gli Stati nazionali.

 
  
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  Alexandru Nazare (PPE-DE), per iscritto. (RO) La relazione dell’onorevole Lambsdorff costituisce un importante contributo al coinvolgimento dell’Unione europe nell’operato delle Nazioni Unite e nel suo processo di trasformazione e sono lieto di poterla sostenere.

Le raccomandazioni contenute nella relazione ribadiscono il timore costante della maggior parte degli Stati membri dell’unione europea riguardo le principali questioni politiche a livello globale, sollevando contestualmente e in modo convincente argomenti di interesse per la Romania e per il Gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e Democratici europei.

Ad esempio, i valori fondamentali dell’Unione europea richiedono che si attribuisca un’importanza particolare al principio Responsibility to Protect. Inoltre, il mio partito e gli altri membri del Gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e Democratici europei considerano i diritti umani quali una delle pietre angolari delle attività di politica estera, nonché un canale per dare voce alle nostre idee a livello globale. Sono lieta che le raccomandazioni della relazione prendano ampiamente in considerazione tali timori. In modo da consolidare i progressi realizzati in tali campi dobbiamo anche tutelare la sicurezza dell’uomo, non solo da una prospettiva economica e sociale ma anche in relazione alla sicurezza militare.

Dulcis in fundo, il corretto funzionamento di tale organizzazione è importante per tutti noi che desideriamo giungere a un meccanismo multilaterale efficiente le cui azioni promuovono tali valori.

La relazione dell’onorevole Lambsdorff e le sue raccomandazioni, affrontando tali argomenti assieme ad altri di interesse dei cittadini europei, costituendo in tale modo un passo in avanti, e pertanto voterò a favore.

 
  
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  Toomas Savi (ALDE), per iscritto. − (EN) Ho votato a favore della relazione dell’onorevole Lambsdorff recante una proposta di raccomandazione del Parlamento europeo al Consiglio sulle priorità dell’Unione europea per la 64° sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite. L’Unione europea deve agire all’unisono per riuscire a influire sulle decisioni e gli impegni che verranno presi nel settembre del 2009 nel corso dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite.

Quale membro della commissione per lo Sviluppo, desidero porre in rilievo l’importanza di compiere dei progressi verso gli obiettivi di sviluppo del Millennio. L’Unione europea deve assumere un ruolo di leadership all’interno delle Nazioni Unite per garantire il mantenimento delle nostre promesse ai paesi in via di sviluppo, che sono i più duramente colpiti dall’attuale crisi economica, dato che, al momento, le nostre azioni sono ampiamente inferiori rispetto alle nostre promesse.

Indubbiamente la crisi ha colpito quasi tutti i paesi, tuttavia, specie in momenti difficili come quello attuale; tutti i paesi industrializzati devono agire di concerto e guardare oltre rispetto ai soli interessi nazionali, poiché le vite di milioni di persone sono letteralmente appese alle nostre azioni e ai nostri comportamenti futuri.

Le conseguenze di ignorare ora tali problemi potrebbero essere catastrofiche; inoltre, in futuro potremmo non essere più in grado di risolverle.

 
  
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  Kathy Sinnott (IND/DEM), per iscritto. − (EN) Intendo votare a favore di questa relazione sulle priorità delle Nazioni Unite per la 64a sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite perché molte delle priorità elencate in essa sono meritevoli di sostegno e dovrebbero anche essere promosse. Lamento solo l’inclusione dei “diritti sessuali e riproduttivi” nell’elenco delle priorità, poiché non posso e non voglio giustificare l’uccisione di altri esseri umani, in questo caso i bambini prima della nascita.

 
  
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  Geoffrey Van Orden (PPE-DE), per iscritto. − (EN) Sebbene sostenga gli sforzi a favore di una posizione coordinata in seno alle Nazioni Unite tra le democrazie occidentali, e da lungo tempo sostengo la causa delle riforme istituzionali per l’organizzazione delle Nazioni Unite, non accetto che l’Unione europea debba agire per nostro conto. I singoli membri delle Nazioni Unite, né tantomeno del Consiglio di sicurezza, non devono in nessun caso consentire all’Unione europea di usurpare il loro diritto di far valere il proprio punto di vista. Non condivido, anzi rifiuto l’obiettivo di “un seggio dell’Unione europea presso il Consiglio di sicurezza”. Pertanto, per una questione di principio – e senza peraltro l’intento di rifiutare le iniziative delle Nazioni Unite quali gli obiettivi di sviluppo del Millennio, o il concetto Right to Protect – mi sono astenuto dal votare questa relazione.

 
  
  

- Relazione Martens (A6-0079/2009)

 
  
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  John Attard-Montalto (PSE), per iscritto. − (EN) Una delle sfide più ardue per l’Unione europea è rappresentata dall’immigrazione clandestina o irregolare. Ho sempre creduto che si possono proporre delle soluzioni unicamente se le parti in causa si considerano dei partner. Nell’affrontare la terribile situazione degli immigrati che attraversano il Mediterraneo, l’Europa e gli Stati del Nord Africa, ovvero il Maghreb, devono operare congiuntamente. Sin dagli anni 70 Malta sostiene tale approccio, ma all’epoca alla maggior parte dei leader europei è mancata la necessaria lungimiranza. Ora che stiamo affrontando un esodo di proporzioni bibliche l’Europa si è improvvisamente destata e deve affrontare la realtà.

 
  
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  Alessandro Battilocchio (PSE), per iscritto. − Voto a favore della relazione Maria Martens.

Alla luce della strategia congiunta adottata nel 2007, avente il proposito di raggiungere un approccio più bilaterale mettendo L'UE e l'Africa su un piano più paritario, sostengo l'importanza di tale strategia, la quale mira a portare il dialogo e la cooperazione "oltre lo sviluppo", "oltre l'Africa" e "oltre le istituzioni", con una maggiore cooperazione UE-Africa nell'ambito degli enti internazionali e nei negoziati multilaterali su questioni quali i diritti umani e i cambiamenti climatici.

Concordo nel sostenere che l'Unione europea e l'Africa debbano lavorare per rendere più democratiche e rappresentative le istituzioni internazionali come la Banca mondiale, il Fondo monetario internazionale e l'Organizzazione mondiale del commercio, garantendo in questo modo che l'Africa possa esercitare un'influenza proporzionata alle sue dimensioni.

La relazione sottolinea quattro settori nei quali è particolarmente importante raggiungere dei risultati efficaci affinché la strategia congiunta abbia successo, tali la pace e la sicurezza, la governance nel senso più ampio del termine, le questioni commerciali, le comunità economiche e regionali e la fuga dei capitali e le questioni chiave per lo sviluppo, quali la sanità e l'educazione.

Sono altresì d'accordo nella richiesta di uno strumento finanziario specifico per l'attuazione della strategia congiunta, che centralizzi tutte le risorse di finanziamento esistenti in un modo chiaro, prevedibile e programmabile.

 
  
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  Koenraad Dillen (NI) , per iscritto. – (NL) Ho votato contro la relazione dell’onorevole Martens sebbene contenga numerosi elementi validi e condivisibili e nonostante la ritenga una relazione relativamente equilibrata. Tuttavia, trovo deplorevole che una relazione sul partenariato tra Unione europea e Africa non faccia menzione della questione dell’immigrazione clandestina, un problema tanto pressante sia per l’Europa che per l’Africa, che provoca una fuga dei cervelli dall’Africa e causa tanti problemi sociali in Europa. Inoltre, la relazione dà prova di una certa ingenuità quando invoca l’utilizzo del sistema della carta blu UE per scoraggiare l’attrazione in Europa di lavoratori africani le cui competenze sono necessarie in Africa. La relazione non dice nulla su come raggiungere in concreto tale risultato.

 
  
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  Edite Estrela (PSE), per iscritto.(PT) Ho votato a favore della relazione dell’onorevole Martens intitolata “Un anno dopo Lisbona: il partenariato UE-Africa in azione”, poiché ribadisce la necessità di consolidare i legami tra Unione europea e Africa, in particolare con riferimento all’attuale contesto di instabilità economica a livello globale.

Desidero porre in evidenza il fatto che lo svolgimento del vertice Unione europea-Africa a Lisbona nel 2007 si è avuto principalmente grazie all’operato della presidenza portoghese del Consiglio dell’Unione europea. Tuttavia, dobbiamo ancora percorrere un lungo percorso per sviluppare la strategia comune delineata in quell’occasione, con particolare riferimento ai settori della pace, sicurezza, governance, diritti umani, integrazione regionale, sanità e istruzione.

L’Unione europea deve creare uno strumento finanziario specifico per l’attuazione della strategia comune e per il coinvolgimento in modo significativo della società civile.

 
  
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  Hélène Goudin and Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. (SV) La relatrice disegna un’immagine essenzialmente accurata delle numerose sfide che confrontano l’Africa e certamente descrive correttamente la rilevanza che gli sforzi internazionali e la cooperazione internazionale possono avere nell’affrontare la povertà, la mancanza di assistenza sanitaria e le conseguenze della crisi economica globale.

Tuttavia, la relatrice sostiene una propaganda dettagliata a favore di un ruolo maggiore del Parlamento europeo nelle relazioni tra Africa e Unione europea. Ad esempio, in assenza di una qualsiasi argomentazione oggettiva, afferma che il presidente del Parlamento europeo dovrebbe poter partecipare agli incontri tra i rappresentanti dei governi africani con la Commissione europea e/o il Consiglio europeo. La relatrice, inoltre, vorrebbe per il Parlamento europeo una maggiore responsabilità in merito alla struttura e funzionamento del Fondo europeo di sviluppo. Crediamo che una simile evoluzione sarebbe estremamente infelice e, pertanto, abbiamo votato contro la relazione nel suo complesso.

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. − Sostengo questa relazione che passa in rassegna l’efficacia del partenariato UE-Africa. La relazione osserva che i nuovi fondi disponibili per l’attuazione della strategia comune sono estremamente scarsi, e invoca la creazione di uno strumento finanziari dedicato che centralizzi tutte le fonti esistenti di finanziamento in modo chiaro, prevedibile e programmabile.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Esprimo il mio voto contrario in merito alla relazione presentata dalla collega Martens riguardo il partenariato UE-Africa.

Mi trovo in disaccordo, infatti, sull'approccio adottato che risulta spesso non adeguato a recepire le esigenze provenienti dalla controparte africana, comprendendo sia le istituzioni che il settore privato: inoltre, a questo proposito sarebbe opportuno che fossero compiuti maggiori sforzi anche da parte africana per favorire il vero coinvolgimento di larghi strati della società civile alla realizzazione degli accordi di partenariato.

La strategia di partenariato messa in pratica finora non ha prodotto che risultati piuttosto modesti, rimanendo molto al di sotto delle aspettative e degli obiettivi che si era prefissata e poiché il primo piano di azione si estende fino al 2010 ritengo che non sarà possibile raggiungere tali obiettivi. Per questi motivi ribadisco la mia posizione contraria alla relazione.

 
  
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  Geoffrey Van Orden (PPE-DE), per iscritto. (EN) Una buona governance svolge un ruolo centrale per il progresso economico e il benessere in Africa e dovrebbe essere al primo posto delle nostre priorità. E’ deludente che la relazione dedichi così poca attenzione alla questione e in ogni caso lo faccia in un modo che denota una delicatezza eccessiva nei confronti dei regimi africani. Non vi è menzione del fatto che la maggior parte dei governi africani ha sostenuto, tacitamente o apertamente, il regime di Mugabe nello Zimbabwe, che ha inferto terribili devastazioni al popolo di quel paese. Inoltre non dovremmo tentare di imporre il modello di struttura istituzionale dell’Unione europea a un altro continente in assenza di una riflessione sull’adeguatezza di tale struttura per la stessa Europa, per non parlare dell’Africa.

 
  
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  Frank Vanhecke (NI), per iscritto. – (NL) Risulta davvero straordinario come in questa istituzione ci si ostini sempre e comunque a non abbandonare l’illusione di Lisbona. Anzi, forse non è un fatto sorprendente, poiché costituisce un caso esemplare del modo in cui l’apparato comunitario gestisce la legalità, i diritti di opposizione e il rispetto delle scelte liberamente prese da parte dei nostri elettori.

Dopo tutto, da un punto di vista legale, Lisbona è morta con il referendum in Irlanda. Perché non riusciamo a rispettare questa decisione?

In definitiva, mi chiedo se sia effettivamente necessario investire altri 55 milioni di euro per sostenere le istituzioni dell’Unione africana. Tali istituzioni non esprimono la benché minima obiezione ai dittatori sanguinari che siedono tra loro. Mi domando, inoltre, come il commento assolutamente valido sulla carta blu quale temibile strumento di un’ulteriore fuga di cervelli africani verso l’Europa si possa conciliare con le decisioni adottate in altre sedi. Inoltre, la relazione non menziona affatto la questione dell’immigrazione clandestina. Forse è questo un settore in cui potremmo meglio investire quei 55 milioni di euro.

 
  
  

- Relazione Hutchinson (A6-0085/2009)

 
  
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  Alessandro Battilocchio (PSE), per iscritto. − O Sono a favore della relazione Alain Hutchinson e sostengo pienamente la richiesta fatta alla Commissione di continuare a legare il suo aiuto nei settori della sanità e dell'istruzione, in particolare della sanità di base e dell'istruzione primaria, ai risultati registrati in tali settori nonché di migliorare la prevedibilità dell'aiuto finanziario grazie all'esecuzione di contratti OMD.

Sono inoltre d'accordo sull'importanza di poter estendere i principi che derivano da tali contratti a un maggior numero di paesi, visto che il contratto OMD ha come obiettivo principale di contribuire al miglioramento dell'efficacia dell'aiuto e all'accelerazione dei progressi compiuti verso la realizzazione degli OMD per i paesi che ne hanno più bisogno.

Ritengo sia di primaria importanza che la Commissione condizioni il suo aiuto finanziario ai risultati raggiunti nell'ambito del buon governo e della trasparenza, ma anche della difesa e rispetto dei diritti umani, in particolare quelli dei più poveri e degli emarginati come le persone disabili, le minoranze, le donne e i bambini, e vigilare affinché l'aiuto finanziario non sia speso in settori diversi da quelli definiti nel contratto OMD.

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. − (EN) Ho votato a favore di questa relazione che vuole istituire dei contratti per gli obiettivi di sviluppo del Millennio tra l’Unione europea e alcuni paesi. Sostengo la richiesta della relazione di trasparenza finanziaria e la stabilità che gli aiuti erogati contrattualmente forniranno ai paesi partner per una migliore programmazione anticipata di bilancio.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Esprimo la mia volontà di astenermi in merito alla relazione presentata dal collega Hutchinson riguardo ai contratti relativi agli Obiettivi di Sviluppo del Millennio: infatti, mi trovo d'accordo solo con alcuni dei punti considerati per cui non posso dare la mia piena approvazione al testo in oggetto.

 
  
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  Kathy Sinnott (IND/DEM), per iscritto. − (EN) L’Unione europea deve dedicarsi con tenacia agli obiettivi di sviluppo del Millennio. Tuttavia ho ritenuto di votare contro la relazione in questione poiché ancora una volta alcuni colleghi hanno invocato i “diritti sessuali e riproduttivi” nella relazione. Dare ai bambini la possibilità di vivere è un importante obiettivo di sviluppo del Millennio.

 
  
  

- Relazione Badia i Cutchet (A6-0093/2009)

 
  
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  Jan Andersson, Göran Färm, Anna Hedh, Inger Segelström and Åsa Westlund (PSE), per iscritto. (SV) Noi socialdemocratici crediamo che sia importante promuovere sia l’arte che la cultura all’interno dell’Unione europea. Vorremmo, pertanto, assistere a uno scambio di esperienze e a una cooperazione maggiori tra gli Stati membri in tale ambito. Si tratta di un presupposto fondamentale per poter agevolare lo studio in un altro Stato membro da parte dei studenti d’arte.

Tuttavia, non crediamo che i contenuti dei corsi d’arte nei diversi Stati membri debbano essere stabiliti a livello europeo. Sono decisioni che spettano ai singoli Stati membri. Per tale ragione abbiamo scelto di votare contro la relazione.

 
  
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  Alessandro Battilocchio (PSE), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, il mio voto è favorevole.

"Tutti i bambini sono degli artisti nati. Il difficile sta nel restarlo da grandi". Con queste parole Pablo Picasso descriveva le difficoltà relative alla formazione artistica. Attualmente, pur essendo una materia obbligatoria in numerosi sistemi scolastici, l'istruzione artistica continua ad essere insegnata secondo modelli di apprendimento che variano sensibilmente da uno Stato membro all'altro.

Lo sviluppo delle nuove tecnologie dell'informazione e della comunicazione ha stimolato un'economia basata sulla conoscenza, consentendo alla capacità intellettuale e alla creatività di svolgere un ruolo da protagonista. In questo contesto l'istruzione artistica ricopre un ruolo importante nel preservare l'identità e promuovere la comprensione interculturale e interreligiosa.

L'istruzione artistica è inoltre lo strumento che consente di sviluppare le risorse umane necessarie per sfruttare la ricchezza del patrimonio culturale di un paese. A ciò va aggiunta la crescente esigenza di competitività riscontrabile in numerosi settori, in virtù dei quali diversi sistemi scolastici accordano oggi un ruolo prioritario allo sviluppo della creatività attraverso programmi educativi fondati su metodi pedagogici idonei e in grado di assicurare agli alunni un potenziale significativo nel loro successivo inserimento nel mondo del lavoro.

 
  
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  Šarūnas Birutis (ALDE), per iscritto. (LT) La risoluzione congiunta per il coordinamento degli studi artistici a livello europeo è una questione importante.

L’attività artistica comprende la padronanza di aree di competenza, conoscenza e materiali diversi, che da tempo sono interconnessi con il progresso tecnologico e educativo. Nel corso della storia le arti hanno utilizzato le tecnologie più avanzate disponibili, e il dibattito scientifico ha influito su diverse teorie estetiche. A sua volta, l’esperienza pratica e talune discipline artistiche hanno anche influenzato il progresso tecnico, contribuendo così alla conoscenza umana e al cambiamento globale. Sebbene la creazione artistica non possa subire delle restrizioni legate all’applicazione rigida della conoscenza scientifica e tecnologica, e sebbene non sia stata creata per tale scopo, la tecnologia può essere utile all’arte, così come l’arte può incoraggiare la ricerca e il progresso tecnologico, anche al di là della sfera di applicazione artistica. In altre parole, l’istruzione artistica contribuisce a instaurare rapporti più stretti e proficui tra istruzione, cultura, ICT e arti nel XXI secolo.

 
  
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  Nicodim Bulzesc (PPE-DE), per iscritto. (RO) Ho votato a favore di questa relazione perché concordo che si debba raggiungere un equilibrio tra lo studio teorico e l’avviamento all’attività pratica in ogni campo, compreso quello dello studio delle arti.

La relazione dell’onorevole Badia i Cutchet insiste che l’insegnamento della storia dell’arte debba anche comprendere incontri con artisti e visite a luoghi culturali, in modo da suscitare curiosità e scatenare riflessioni negli studenti. Mi auguro che i governi europei e la Commissione adottino le raccomandazioni di questa relazione, e che assisteremo molto presto a dei miglioramenti.

 
  
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  Marie-Hélène Descamps (PPE-DE), per iscritto. (FR) La relazione di iniziativa presentata quest’oggi, per la quale esprimo il mio totale appoggio, sancisce il principio che l’istruzione artistica e culturale, compresa quella nelle arti figurative costituisce una componente fondamentale dell’istruzione. Questa tipologia di insegnamento favorisce l’emancipazione dell’individuo, e rende più democratico l’accesso alla cultura. Pertanto, in linea con il principio di sussidiarietà, la risoluzione invoca la promozione della mobilità di docenti e studenti, il riconoscimento dei titoli a livello europeo e per la cooperazione tra Stati membri nel settore dell’istruzione artistica e culturale.

Inoltre, pone l’accento sulla necessità di sviluppare la formazione dei docenti e di altri attori (artisti e professionisti), in modo da introdurre un elemento culturale e artistico in tutta l’istruzione e garantire un livello elevato di insegnamento. Infine, la relazione evidenzia correttamente la necessità di utilizzare le nuove tecnologie di informazione e comunicazione in modo da giungere a un insegnamento moderno e di qualità, in linea con le aspettative dei giovani. In tal senso fa riferimento a Europeana, la biblioteca digitale europea, che rappresenta un autentico valore aggiunto in tale contesto.

 
  
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  Koenraad Dillen (NI) , per iscritto. – (NL) In cosa si sta immischiando il Parlamento questa volta? Per esempio, al paragrafo 1 di questa relazione leggo che l’istruzione artistica deve costituire una componente obbligatoria a ogni livello scolastico in modo da promuovere la democratizzazione dell’accesso alla cultura. Ciò è insensato e costituisce una prevaricazione! Sono gli Stati membri a dover decidere in autonomia come costituire la programmazione didattica, così come hanno fatto con perfetta cognizione di causa negli ultimi cento anni e come continueranno a fare nei prossimi cento, senza alcun bisogno dell’aiuto condiscendente dell’Unione europea e del Parlamento.

 
  
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  Hélène Goudin and Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. (SV) Junilistan ritiene che le questioni culturali debbano ricadere all’interno delle competenze politiche degli Stati membri. Questa relazione non rientra nella procedura legislativa e non rappresenta altro che l’opinione della maggioranza federalista del parlamento, che ritiene che l’Unione europea debba interferire ulteriormente nel settore culturale.

Pertanto abbiamo votato contro la relazione nel suo complesso.

 
  
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  Zdzisław Zbigniew Podkański (UEN), per iscritto. – (PL) E’ vero che le materie artistiche vengono insegnate nelle scuole di tutta Europa. E’ anche vero che l’Europa, vale a dire la società europea, sta cambiando rapidamente, così come le tecnologie dell’informazione e della comunicazione. Inoltre, i paesi europei si stanno avvicinando e l’istruzione può sostenere tale processo in modo analogo ad altri fenomeni, quali ad esempio il mercato comune.

Ciò può avvenire con la formazione artistica a ogni livello d’istruzione, approfondendo la conoscenza teorica e pratica sulla diversità dell’Europa e delle sue molte culture. Il corpus della conoscenza è molto esteso ed è in costante aumento. Tuttavia, il fatto che le materie artistiche vengano insegnate in modo differente in paesi diversi non consente, ad esempio, la formazione di artisti la cui conoscenza e il cui potenziale possa essere riconosciuto e utilizzato in un altro Stato membro.

La questione del coordinamento delle politiche emerge in questo contesto, e la relazione dell’onorevole Badia i Cutchet propone una soluzione interessante, il metodo aperto di coordinamento, ovvero l’apprendimento reciproco tra due paesi in base all’esempio di quanti hanno saputo risolvere problemi particolari nel migliore dei modi. Tale metodo è, pertanto, quasi interamente nelle mani degli Stati membri.

Si tratta di un approccio flessibile che consente il coordinamento di questioni complesse, e una reazione tempestiva alle sfide correnti. La questione della formazione artistica è complessa: la creatività deve essere stimolata da un’impostazione particolare e individuale del rapporto docente-discente, dall’insegnamento della conoscenza della cultura europea in costante evoluzione e degli strumenti creativi, e deve essere reso possibile un percorso di sviluppo delle carriere privo di restrizioni. La riflessione razionale e costruttiva sull’istruzione culturale costituisce un investimento nell’identità futura di un’Europa unita nella diversità.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Accolgo con favore la relazione presentata dalla collega Badia i Cutchet in merito agli studi artistici nell'Unione Europea.

Ritengo che nel momento attuale, in cui le nostre società sono sempre più eterogenee, la cultura rivesta un'importanza fondamentale come mezzo per preservare le identità e al contempo migliorare la convivenza tra popoli e culture differenti.

Convengo con il fatto che l'arte è una manifestazione della cultura e permette di sviluppare sia la ricchezza culturale di un Paese che la società in generale: inoltre, l'attività artistica può essere utile all'indagine e al progresso in ambito tecnologico e ne è altresì influenzata da questo.

Tenendo, quindi, in considerazione l'importanza rivestita dalle discipline artistiche, sono favorevole a un coordinamento a livello europeo circa il loro insegnamento negli istituti scolastici.

 
  
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  Carl Schlyter (Verts/ALE), per iscritto. (SV) E’importante, tra le altre cose, che gli artisti abbiano la possibilità di spostarsi liberamente, di promuovere l’attività di centri artistici non commerciali, e di sviluppare ulteriormente le biblioteche digitali europee per preservare il nostro patrimonio artistico. La mia interpretazione del paragrafo 9 sulla natura e la durata degli studi artistici è che si desideri includere gli studi artistici nel processo di Bologna, e in tal senso sono in grado di votare a favore della relazione.

 
  
  

- Relazione Hegyi (A6-0107/2009)

 
  
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  Philip Claeys (NI) , per iscritto. – (NL) Ho votato contro la relazione in esame a causa della terribile ipocrisia del testo. L’Unione europea si rifiuta di tenere conto dei risultati dei referendum sulla Costituzione europea in Francia e nei Paesi Bassi e sul trattato di Lisbona in Irlanda, eppure la relazione non esprime critiche in merito. Al contrario, al paragrafo 5 si afferma, in maniera particolarmente condiscendente e offensiva, che il “no” delle donne è attribuibile al disinteresse da parte dell’Europa.

Anche i riferimenti al cosiddetto “piano D” della Commissione sono del tutto fuori posto, dato che, per la maggioranza degli Stati membri, il “piano B” si è ridotto a un dialogo tra soggetti con opinioni simili che chiaramente non avevano interesse a prendere in considerazione le voci critiche. La relazione avrebbe dovuto condannare questo tipo di abusi invece di approvarli tacitamente.

 
  
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  Koenraad Dillen (NI) , per iscritto. – (NL) Ho votato contro questa relazione federalista e arrogante con grande convinzione. Che arroganza sostenere, nel considerando B per esempio, che gli elettori che hanno votato contro la Costituzione europea hanno una conoscenza limitata dell’Europa! Ciò è palesemente falso. Sono stati proprio gli elettori che hanno capito fin troppo bene che l’Unione europea cerca di distruggere le ultime vestigia di sovranità degli Stati membri a votare contro la Costituzione europea. Che arroganza sostenere che l’integrazione avviene solo tra le classi più istruite della società! Il relatore, comunque, è molto chiaro: quelli che la pensano nel “modo sbagliato” vanno criminalizzati o trattati da idioti. Così si potrà parlare di un dialogo attivo con i cittadini.

 
  
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  Brigitte Douay (PSE), per iscritto. – (FR) Ho sostenuto la relazione Hegyi sul dialogo attivo con i cittadini sull’Europa. Un dialogo di questo genere è essenziale e la relazione in esame evidenzia l’importanza dell’azione a livello locale. In effetti, è portando l’azione vicino ai cittadini, anche semplicemente parlando loro di Europa, che questi possono avere un’immagine più precisa di quello che l’Unione europea fa per loro nel quotidiano.

Sarà fondamentale promuovere tale dialogo per la corsa alle elezioni di giugno, specialmente nelle zone rurali e tra i gruppi più euroscettici come i giovani e le donne. La recente dichiarazione politica interistituzionale firmata dal Parlamento, dal Consiglio e dalla Commissione europea “Insieme per comunicare l’Europa” segue questa falsariga. E’ giusto sottolineare l’importanza che le istituzioni attribuiscono a tale dialogo e gli sforzi che si ripropongono di compiere perché i cittadini si sentano coinvolti nell’Unione europea.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Abbiamo votato contro la relazione in esame perché riteniamo inaccettabile che si stia ancora facendo pressione per concludere il processo di ratifica del trattato di Lisbona nonostante i risultati del referendum in Irlanda. In primo luogo, se si fossero osservate le regole stabilite dall’attuale trattato e si fosse rispettata la volontà sovrana del popolo irlandese, il progetto per il trattato di Lisbona avrebbe dovuto essere accantonato. La relazione in oggetto difende ancora una volta una posizione antidemocratica. E’ dunque inaccettabile che il Parlamento europeo affermi di voler accrescere “la trasparenza dell’Unione europea e il coinvolgimento dei cittadini nei processi decisionali” quando la maggioranza degli Stati membri ha rifiutato di sottoporre a referendum il progetto di trattato di Lisbona proprio per timore dell’opinione che la maggioranza dei cittadini avrebbe espresso.

E’ anche deplorevole che si ignorino le opinioni contrarie di quanti si sentono traditi da un processo di integrazione capitalistica che aumenta le diseguaglianze sociali, la povertà e la disoccupazione, contrariamente a quanto promesso.

Persino i pochi punti positivi della relazione sembrano inquadrati in un contesto teso a ingannare l’opinione pubblica e i cittadini attraverso campagne propagandistiche, piuttosto che a garantire la partecipazione democratica e a generare, nelle proprie politiche, cambiamenti in grado di rispondere alle logiche aspirazioni degli individui e dei lavoratori.

 
  
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  Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. – (FR) Siete veramente incorreggibili. Credete che il crescente scetticismo dei cittadini europei verso l’Unione europea sia dovuto a mancanza di istruzione, ignoranza o addirittura stupidità.

Io credo che sia proprio il contrario. C’è chi beneficia dell’apertura delle frontiere, della libera circolazione di persone, beni, capitali e così via, e c’è la stragrande maggioranza che ne subisce le conseguenze – disoccupazione, precarietà del posto di lavoro, diminuzione del potere d’acquisto, insicurezza, perdita d’identità – e che sa benissimo chi deve ringraziare.

La vostra Europa è una tecnocrazia dominata da una manciata di oligarchi senza controllo, ovvero i 27 Commissari e i pochi membri del comitato esecutivo della Banca centrale europea. E’ una tecnocrazia attenta alle migliaia di lobby che la influenzano, ma completamente sorda al rifiuto che i cittadini esprimono quando ci degniamo di consultarli con un referendum. Le politiche di tale sistema hanno aperto la strada all’attuale crisi finanziaria, economica e sociale e l’hanno aggravata, oltre a mettere a repentaglio la sicurezza nazionale e le misure di salvataggio.

Quindi spero, come voi, che a giugno i cittadini europei votino in massa e che usino il proprio voto come un referendum per dire “No” a voi.

 
  
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  Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. (SV) La relazione in esame non fa parte della procedura legislativa e non rappresenta altro che l’opinione della maggioranza federalista del Parlamento europeo. La proposta esorta al completamento del processo di ratifica del trattato di Lisbona.

Tuttavia, riteniamo che il trattato di Lisbona sia stato già bocciato due volte: recentemente, nel 2008, con il voto contrario degli irlandesi, ma ancora prima, nel 2005, allorché gli elettori francesi e olandesi respinsero essenzialmente la stessa proposta. Quando imparerà la maggioranza federalista del Parlamento europeo che il desiderio di creare gli Stati Uniti d’Europa non trova il consenso degli elettori?

Nel progetto di relazione, al considerando B, si afferma persino che “le persone con una conoscenza limitata delle politiche europee e dei trattati sono più propense a opporvisi”. Questa è una dimostrazione del disinteresse, dell’arroganza e dell’ignoranza dei federalisti nei confronti degli elettori che hanno idee politiche diverse da quelle predominanti in un Parlamento europeo favorevole alla centralizzazione.

Abbiamo quindi votato contro la relazione in esame.

 
  
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  Adrian Manole (PPE-DE), per iscritto. (RO) Per comunicare con i cittadini e tenerli informati non è più possibile ricorrere a inefficaci proposte preconfezionate. La società civile dev’essere coinvolta su temi quali il buon governo e la democratizzazione, i diritti umani, la lotta a un’esclusione sociale in crescita, la protezione ambientale e lo sviluppo sostenibile.

Nel quadro della crisi finanziaria mondiale e del crescente livello di debiti contratti dai consumatori, il dialogo attivo con i cittadini europei si concretizza in uno sforzo da parte delle Istituzioni europee e della società civile per migliorare le conoscenze finanziarie del consumatore, in particolare per quanto riguarda i diritti e gli obblighi e le migliori prassi riguardo a risparmi e prestiti.

Inoltre, gli Stati membri dovrebbero incrementare i capitali umani e finanziari destinati alla rete dei centri europei dei consumatori per aumentare la consapevolezza e assicurare il rispetto dei diritti dei consumatori nell’Unione europea.

 
  
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  Andreas Mölzer (NI), per iscritto. (DE) La recente campagna volta a rendere obbligatorio l’uso di lampadine ad alta efficienza energetica, della quale beneficeranno in particolare i produttori, è indice del divario che esiste tra l’Unione europea e i suoi cittadini. Come possono i cittadini europei sentire la vicinanza di un’Unione europea che si ostina a far ripetere i referendum, qualora acconsenta a indirli, finché non ottiene il risultato desiderato? Come possono i cittadini austriaci, per esempio, identificarsi con un’Unione europea che si è tradotta in un fiume di traffico in transito, che ha comminato loro sanzioni per aver tenuto elezioni democratiche e che li ha costretti a rinunciare alla neutralità e al segreto bancario?

L’Unione europea è stata creata per motivi economici e ciò risulta ovvio. Non è una creazione dei cittadini, ma di un organismo europeo che è scollegato dalla realtà e che continua a ripetere il mantra della liberalizzazione e della libera circolazione dei capitali. Possiamo adottare tutte le dichiarazioni d’intenti che vogliamo, ma se non rivediamo il nostro modo di pensare e se la mancanza di trasparenza e di democrazia perdura, per i cittadini l’Europa rimarrà un’entità aliena e ciò sarà causa di frustrazione sempre maggiore. Per tale motivo mi sono astenuto dal votare la relazione in esame.

 
  
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  Zdzisław Zbigniew Podkański (UEN) , per iscritto. – (PL) Il dialogo con i cittadini è una questione importante e complessa che i governi in carica devono saper gestire. L’essenza stessa del loro lavoro è creare un dialogo che si concluda con un compromesso. In tale contesto sembra che le premesse della relazione in esame siano per certi versi contraddittorie. Ci si richiede, infatti, di completare al più presto il processo di ratifica del trattato di Lisbona, considerato un presupposto importante per il dialogo sull’Europa, e si afferma che il trattato aumenterà la trasparenza e coinvolgerà i cittadini nel processo decisionale. Si ha però l’impressione che i cittadini che non approvano il trattato saranno ignorati e che la loro voce non verrà presa in considerazione. E’ dunque difficile parlare di dialogo e di compromesso.

Anche l’idea di una “conoscenza europea comune” ottenuta grazie allo studio della storia dell’Europa e della sua integrazione è discutibile. Tale conoscenza verrebbe generata tramite un programma concordato a livello comunitario, adottato dagli Stati membri su base volontaria e finanziato dalla Comunità europea; in breve, un compromesso storico per mezzo del quale costruire dei valori comuni europei. Non credo sia necessario spingersi così lontano: il concetto di compromesso storico è a dir poco vago e la sua necessità è tutta da dimostrare. Inoltre, l’uso della storia come mezzo per raggiungere uno scopo è criticabile, anche se per finalità meritorie. La soluzione per addivenire a un dialogo efficace va trovata nel presente, che in ogni caso ci offre già problemi a sufficienza. Dobbiamo parlare! In altre parole, “sì” al dialogo e “no” alla relazione.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Esprimo la mia volontà di astenermi riguardo alla relazione presentata dal collega Hegyi in merito al dialogo attivo con i cittadini sull'Europa.

Infatti, pur essendo parzialmente d'accordo con il testo presentato, non convengo su diversi punti a mio avviso importanti: per questo motivo non posso approvare pienamente la relazione.

 
  
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  Czesław Adam Siekierski (PPE-DE), per iscritto. – (PL) Il dibattito sul dialogo tra l’Unione europea e i cittadini è indispensabile. Il modo in cui i cittadini vedono l’Europa e la loro conoscenza del funzionamento della Comunità europea sono questioni fondamentali. Le persone sono disposte ad accettare quello che conoscono, ma qualsiasi cosa esuli dagli ambiti a loro noti desta timore. Il referendum in Irlanda e i precedenti referendum in Francia e in Olanda ci dimostrano che non possiamo essere superficiali quando si tratta delle opinioni dei cittadini e che le decisioni non andrebbero prese a porte chiuse, ignorando le opinioni della società. Nihil novi: niente di nuovo senza il consenso di tutti.

Dobbiamo fare in modo di raggiungere i cittadini meno abbienti e meno istruiti. Dobbiamo comunicare in maniera chiara e concisa alla gente su cosa si basano le nostre azioni, quali sono i nostri obiettivi e soprattutto quali benefici ne conseguiranno per i cittadini. Una vera integrazione non sarà possibile finché gli elettori non accetteranno l’operato dell’Unione europea.

Alcune ricerche hanno dimostrato che soltanto poco più del 50 per cento dei cittadini europei sono soddisfatti dell’adesione del proprio paese alla Comunità europea. Il dato ovviamente varia di paese in paese. Sarebbe un grande successo se si potesse raggiungere l’80 per cento.

L’obbligo di far avvicinare l’Unione europea ai cittadini non ricade soltanto sulle Istituzioni europee in quanto tali ma anche su noi parlamentari. Ogni anno io stesso organizzo centinaia di incontri con giovani, agricoltori e uomini d’affari. Dobbiamo insegnare ai cittadini a sfruttare i benefici generati dall’Unione europea. Le elezioni di luglio saranno la prima verifica della nostra efficacia.

 
  
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  Søren Bo Søndergaard (GUE/NGL), per iscritto. (EN) La relazione Hegyi sulla promozione del dialogo con i cittadini europei è basata sul presupposto che lo scetticismo verso l’Europa sia dovuto a una mancanza di conoscenze adeguate. La relazione propone l’adozione di diverse misure quali: istruzione, Euronews e la creazione di un museo della storia dell’Unione europea. Poiché tali attività sono molto più prossime alla propaganda che al dialogo, ho respinto la relazione. In un vero dialogo, le opinioni dei cittadini devono essere considerate rilevanti.

 
  
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  Eva-Britt Svensson (GUE/NGL), per iscritto. (EN) La relazione Hegyi sulla promozione del dialogo con i cittadini europei si basa sul presupposto che lo scetticismo verso l’Europa sia dovuto a una mancanza di conoscenze adeguate. La relazione propone l’adozione di diverse misure quali: istruzione, Euronews e la creazione di un museo della storia dell’Unione europea. Poiché tali attività sono molto più prossime alla propaganda che al dialogo, ho respinto la relazione. In un vero dialogo, le opinioni dei cittadini devono essere considerate rilevanti.

 
  
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  Andrzej Jan Szejna (PSE), per iscritto. – (PL) Il relatore afferma che il dialogo attivo con i cittadini sull’Europa non è ben sviluppato e, sfortunatamente, ha ragione. Le informazioni riguardanti l’Unione europea spesso raggiungono solo le fasce più colte e agiate, generando scetticismo e antipatia negli altri cittadini dei paesi europei. Per tale motivo un elemento essenziale nello sviluppo futuro della Comunità europea è la cultura europea dei cittadini.

Il relatore individua diversi modi per raggiungere un pubblico sempre più vasto, in modo da accrescere le conoscenze dei cittadini sull’Europa. Il suo approccio è basato su metodi pragmatici e molto comuni, che permettono di raggiungere il numero più alto possibile di persone: l’introduzione nelle scuole di un anno di insegnamento sulla storia dell’Unione europea dal 1945 a oggi, la creazione di un canale televisivo di informazione simile all’americano CNN e siti Internet strutturati in modo da essere accessibili ai giovani.

Concordo sull’importanza di una campagna di informazione sull’Unione europea e la appoggio come metodo per aumentare la consapevolezza della società. Ritengo che le idee del relatore per l’attuazione di tale campagna siano eccellenti.

 
  
  

- Relazione Cornillet (A6-0081/2009)

 
  
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  Marie-Arlette Carlotti (PSE), per iscritto. (FR) L’Assemblea parlamentare paritetica o APP è diventata uno strumento fondamentale di dialogo politico e di prevenzione e risoluzione dei conflitti.

In situazioni di crisi politica, i nostri “dibattiti urgenti” ci hanno permesso di intavolare un dialogo approfondito, costruttivo e senza tabù sulla situazione in Kenya, in Zimbawe e in Mauritania.

In relazione alle grandi sfide “orizzontali” poste dal dualismo nord-sud quali la sicurezza alimentare, l’efficacia degli aiuti pubblici e il lavoro minorile, l’APP nel 2008 ha adottato posizioni costruttive e spesso coraggiose.

Per quanto riguarda la realizzazione del Fondo europeo di sviluppo, l’APP è entrata in possesso di documenti strategici che il suo comitato economico ha iniziato a esaminare.

Tuttavia, i programmi dell’APP sono stati caratterizzati principalmente da un’unica priorità politica, quella degli accordi di partenariato economico o APE. Le “riunioni regionali” rappresentano una delle risorse più importanti e un innegabile valore aggiunto al fine di supervisionare gli APE.

Tale valore aggiunto va riconosciuto e valorizzato. L’APP deve essere il fulcro del controllo parlamentare sulle negoziazioni e dell’attuazione degli accordi.

Infine, vorrei rendere omaggio in questa sede al lavoro della copresidente Glenys Kinnock che è riuscita a rendere l’APP uno strumento incomparabile nel dialogo tra nord e sud e un’opportunità di sviluppo equo, sostenibile e solidale.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Esprimo il mio parere negativo riguardo alla relazione presentata dal collega Cornillet circa l'attività dell'Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE nel 2008.

Ritengo, infatti, che non sempre sia stato svolto un lavoro soddisfacente nell'ambito delle sessioni di lavoro che si sono svolte finora, tanto che su alcuni temi rilevanti non si è giunti all'adozione di nessuna risoluzione.

Inoltre, i negoziati intrapresi dall'Assemblea hanno condotto, in certi casi, alla stipula di accordi di partenariato che non hanno prodotto buoni risultati né per l'Unione Europea né per le controparti. Per questo esprimo il mio parere negativo alla relazione presentata.

 
  
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  Frank Vanhecke (NI), per iscritto. (NL) Mi sono astenuto dal voto sul lavoro dell’Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE anche se, col senno di poi, avrei preferito aver votato contro la relazione. Nel corso degli anni in cui sono stato presente in questo Parlamento e ho lavorato qui, ho avuto l’impressione sempre più netta che gli Stati ACP siano solo una scusa per viaggiare in lungo e in largo. Siamo onesti, che differenza fanno?

Forse ci servirebbe soltanto un’analisi di tutte le posizioni parlamentari. Sembrano interessanti. Sono convinto che sia piacevole girare il mondo a spese dell’erario, ma ho forti dubbi che il denaro dei contribuenti in questo caso abbia portato benefici a qualcuno, se si escludono i settori alberghiero e del trasporto aereo.

 
  
  

- Relazione Krehl (A6-0095/2009)

 
  
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  John Attard-Montalto (PSE), per iscritto. (EN) I Fondi strutturali sono uno degli strumenti più importanti dell’Unione europea, ma uno degli aspetti più difficili da capire è come avere accesso a tali fondi in ambito di politica regionale. In effetti, il titolo stesso contiene la parola “ostacoli”, che possono essere sintetizzati in sette punti:

- eccessiva burocrazia;

- regolamenti troppo complessi;

- - frequenti modifiche, da parte di alcuni Stati membri, dei criteri di ammissibilità e della documentazione richiesta;

- mancanza di trasparenza dei processi decisionali e dei regimi di cofinanziamento;

- ritardi nei pagamenti, amministrazione centrale lenta e macchinosa negli Stati membri;

- insufficiente capacità amministrativa decentrata;

- - modelli diversi di amministrazione regionale negli Stati membri, che ostacolano la disponibilità di dati comparativi e lo scambio delle migliori prassi.

 
  
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  Brigitte Douay (PSE), per iscritto. (FR) Ho votato a favore della relazione Krehl sulle migliori prassi in ambito di politica regionale perché presenta una definizione innovativa di tali migliori prassi, oltre a esempi di casi di successo e a un elenco di raccomandazioni molto specifiche per tutte le aree di intervento dell’Unione europea in quest’ambito.

In particolare, ho richiamato l’attenzione della relatrice su una migliore accessibilità alle infrastrutture urbane e ai trasporti per le persone con ridotte capacità motorie e sulla possibilità di conciliare la vita privata, familiare e professionale, in particolare per le donne.

Ci auguriamo che tali raccomandazioni generali aiutino e ispirino gli operatori della politica regionale.

 
  
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  Emanuel Jardim Fernandes (PSE), per iscritto.(PT) Ho votato a favore della relazione Krehl perché individua le migliori prassi in diversi ambiti, compresi quelli dell’ambiente e dell’energia sostenibile, come nel caso della centrale idroelettrica Socorridos, nella regione autonoma di Madeira, nell’ambito dell’iniziativa RegioStars.

La relazione Krehl individua anche i principali ostacoli all’organizzazione di tali progetti, tra cui:

- regolamenti complessi;

- mancanza di chiarezza nelle regole di cofinanziamento;

- scarse possibilità di scambiarsi esperienze; e

- rare opportunità di cooperazione interregionale e strutture regionali inadeguate a tale cooperazione.

E’ pertanto essenziale consolidare e perfezionare gli indicatori, aumentando quindi il know-how della Comunità in tale ambito, in particolare per quanto riguarda:

- il rispetto del principio di pari opportunità e la certezza dei principi di collaborazione e innovazione;

- l’organizzazione rigorosa dei progetti, l’uso efficace delle risorse e la chiarezza sulla loro durata;

- la maggiore trasferibilità delle conoscenze, in modo che possano essere utilizzate anche in altre regioni dell’Unione europea.

Tali aspetti sono tutti presi in considerazione nella relazione Krehl.

 
  
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  Iosif Matula (PPE-DE), per iscritto. (RO) Ho votato a favore della relazione sulle migliori prassi nel settore della politica regionale perché sono convinto che solo fornendo informazioni sufficienti, trasparenti e tempestive si possa facilitare la distribuzione di informazioni importanti relative ai Fondi strutturali e di coesione.

Non sarà possibile realizzare gli obiettivi della politica di coesione finché ostacoli quali burocrazia e amministrazione impediranno l’utilizzo delle risorse strutturali dell’Unione europea da parte dei potenziali beneficiari. Gli ostacoli che hanno creato difficoltà fino a ora comprendono documentazione incomprensibile, criteri di ammissibilità che cambiano continuamente o scadenze troppo brevi per la consegna dei fascicoli.

I risultati migliori si ottengono con uno scambio attivo di informazioni e con la creazione di una banca dati comunitaria che contenga esempi di successo nell’ambito dell’attuazione dei progetti. La cooperazione all’interno delle regioni e tra regioni diverse e la raccolta e lo scambio delle migliori prassi in campo di politica regionale aumenteranno la capacità di assorbimento dei fondi europei.

Un portale europeo tradotto in tutte le lingue ufficiali dell’Unione può offrire un contributo significativo per la ripartizione adeguata e trasparente delle informazioni relative ai fondi europei e per lo scambio delle migliori prassi nell’ambito della politica di coesione nelle regioni degli Stati membri che hanno aderito di recente.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Esprimo il mio voto contrario alla relazione presentata dalla collega Krehl in merito alle migliori prassi nella politica regionale e ostacoli nell'utilizzo dei fondi strutturali.

Sono, infatti, convinto che le proposte avanzate da tale relazione non rappresentano una possibilità di migliorare il funzionamento della politica regionale, politica di grande rilevanza per contrastare lo sviluppo non equilibrato all'interno dell'Unione Europea e che gode di un forte sostegno finanziario.

Ritengo, in particolare, che lo scambio di buone pratiche non possa costituire la soluzione al problema dell'utilizzo più efficace delle risorse strutturali e che non sia in grado di contribuire realmente allo sviluppo di progetti innovativi.

 
  
  

- Relazione Roszkowski (A6-0042/2009)

 
  
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  Jan Andersson, Göran Färm, Anna Hedh, Inger Segelström e Åsa Westlund (PSE), per iscritto. (SV) Abbiamo votato a favore della relazione Roszkowski poiché condividiamo gli obiettivi principali di sviluppo rurale e diversificazione delle attività volti a massimizzare il potenziale di sviluppo locale. Tuttavia la relazione contiene dei punti sui quali non ci troviamo d’accordo per motivi riguardanti sia i contenuti che il modo in cui alcuni dei punti suddetti sono stati espressi. Per esempio, ci troviamo in disaccordo sul fatto che le sovvenzioni alla PAC nel quadro del secondo pilastro si siano ridotte in modo significativo. Malgrado sussistano importanti motivazioni legate alla politica ambientale e alla politica regionale, non riteniamo opportuno che alcune tipologie di produzione agricola debbano essere sovvenzionate a tutti i costi. Riteniamo inoltre che le espressioni utilizzate in alcuni punti siano tali da impedire alla popolazione rurale di effettuare le proprie scelte. Abbiamo tuttavia deciso di interpretare tali punti come scelte di termini poco felici animate però da buone intenzioni, come nel caso della prevenzione della desertificazione.

 
  
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  Iosif Matula (PPE-DE), per iscritto. (RO) Ho votato a favore della relazione sulla complementarietà e il coordinamento della politica di coesione e delle misure di sviluppo rurale perché considero tali politiche dei pilastri per lo sviluppo nazionale, visto il grande potenziale agricolo della Romania.

Ritengo importante che la politica di sviluppo rurale miri a ridurre le differenze economiche tra aree urbane e aree rurali, identificando il potenziale specifico per ogni area e incoraggiando lo sviluppo di attività distinte in ognuna.

Le politiche di sviluppo rurale devono individuare strategie che non frenino o arrestino le attività agricole svolte dalla popolazione rurale. Semmai, dovrebbero favorire la diversificazione di tali attività mediante l’offerta di alimenti biologici di produzione locale e la produzione di cibi e bevande tradizionali.

Il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale è stato creato separatamente dai Fondi strutturali allo scopo di utilizzare i fondi europei in modo più efficace nelle aree rurali. Il vantaggio che ne traiamo quale Stato beneficiario è quello di poter distribuire una gamma più ampia di finanziamenti per lo sviluppo rurale. Di conseguenza, saremo in grado di raggiungere il nostro obiettivo di modernizzazione delle strutture sociali e, al contempo, accrescere la coesione territoriale tra aree rurali e aree urbane.

 
  
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  Andreas Mölzer (NI), per iscritto. (DE) Negli ultimi anni, le aree rurali hanno subito gli effetti non solo dell’emigrazione verso i centri urbani ma anche dello smantellamento delle infrastrutture: stazioni di polizia, negozi alimentari, trasporti pubblici eccetera. Di conseguenza, tali aree sono diventate sempre meno attraenti e sempre più degradate, tanto che, se la deregolamentazione dei servizi postali nazionali provocherà un’ondata di chiusure di uffici postali, intere regioni rimarranno senza risorse.

Il fatto che nei prossimi anni si preveda un’intensificazione del fenomeno di abbandono delle terre e un aumento del tasso di mortalità tra gli agricoltori non dovrebbe sorprenderci. Le conseguenze di una politica poco lungimirante delle sovvenzioni europee, che generalmente favoriscono solo i soggetti di grandi dimensioni, e anni di disinteresse per le aree rurali cominciano a manifestarsi. Non abbiamo ancora una visione d’insieme e, finché non l’avremo, ogni misura isolata è destinata a fallire. Per tali motivi ho votato contro la relazione Roszkowski.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Esprimo il mio voto contrario in merito alla relazione del collega Roszkowski, sulla complementarietà e coordinamento della politica di coesione e delle misure dello sviluppo rurale.

Dubito, in particolare, che il sostegno delle attività non agricole nelle regioni rurali rappresenti il metodo più efficace per rafforzare la coesione territoriale. Piuttosto, ritengo che questa manovra minacci gli aiuti diretti destinati all'agricoltura, comportando gravi squilibri alla realtà socio-economica delle zone rurali.

 
  
  

- Relazione Roth-Behrendt (A6-0484/2008)

 
  
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  Adam Bielan (UEN), per iscritto. – (PL) L’introduzione di disposizioni particolarmente severe riguardanti alcune sostanze utilizzate nell’industria cosmetica è in contrasto con gli interessi di molte aziende polacche. L’industria cosmetica polacca è costituita principalmente da piccole e medie imprese che non possono permettersi di effettuare i complessi test necessari a introdurre sostanze sostitutive in molti cosmetici. In primo luogo, le sostanze il cui uso è vietato dal regolamento in oggetto si trovano soltanto nel 5 per cento dei cosmetici e, inoltre, possono essere utilizzate nella produzione in concentrazioni sicure. Sfortunatamente, gli emendamenti proposti dai parlamentari polacchi sono stati respinti. Per tale motivo, non ho appoggiato la relazione Roth-Behrendt.

 
  
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  Šarūnas Birutis (ALDE), per iscritto. (LT) Sono lieto che, nella nuova versione, lo strumento giuridico del regolamento sia stato preferito a quello della direttiva attualmente in vigore, eliminando le incertezze e le incongruenze normative e fornendo una definizione e i mezzi per l’attuazione. Un altro obiettivo importante è quello di aumentare la sicurezza dei prodotti cosmetici. Il regolamento in oggetto stabilisce i requisiti fondamentali in materia di valutazione della sicurezza, che non erano stabiliti in maniera chiara nella direttiva cosmetici in vigore.

 
  
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  Hanne Dahl (IND/DEM), per iscritto. (DA) Appoggiamo con riluttanza il nuovo regolamento sui prodotti cosmetici, malgrado consenta deroghe al divieto di utilizzo di sostanze cancerogene, le CMR. Fortunatamente, il Parlamento ha posto un limite stabilendo che venga considerata, nel processo di approvazione, l’esposizione totale alle CMR di qualunque origine. L’adozione del regolamento in esame comporta che, in Danimarca, non potremo più vietare l’utilizzo di sostanze che sappiamo essere cancerogene, interferenti ormonali o allergeni, poiché tale divieto verrebbe considerato un ostacolo alla libera circolazione delle merci, che è esattamente quanto la normativa mira a salvaguardare.

Tuttavia, tale limite è compensato dall’introduzione, da parte del Parlamento, del regolamento sulle nanoparticelle e quindi dall’applicazione del principio precauzionale. D’ora in poi, prima di consentire l’utilizzo delle nanoparticelle si dovrà dimostrare che queste non siano nocive, piuttosto che vietarne l’utilizzo solo dopo averne dimostrato la nocività, che, in pratica, è il principio dominante nella normativa europea.

Il regolamento introduce anche requisiti più rigorosi per la descrizione dettagliata del prodotto.

 
  
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  Edite Estrela (PSE), per iscritto. (PT) Ho votato a favore della relazione Roth-Behrendt sul regolamento sui prodotti cosmetici (rifusione) poiché sono convinta che sia importante garantire la sicurezza dei prodotti cosmetici per proteggere la salute del consumatore, stabilendo requisiti minimi che i prodotti devono soddisfare prima di essere immessi sul mercato.

Tuttavia, mi rammarico del fatto che non sia stata approvata l’indicazione obbligatoria del termine minimo di conservazione per tutti i prodotti, compresi quelli con una durata minima superiore ai 30 mesi (articolo 15). Mi preme sottolineare che, se è vero che l’uso di un cosmetico scaduto non mette a rischio la salute del consumatore, è anche vero che non produce i benefici sperati.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto.(PT) Nella relazione in esame il Parlamento europeo condivide la posizione della Commissione in merito alla decisione di riformulare la direttiva 76/768/CEE del Consiglio, del 27 luglio 1976, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai prodotti cosmetici. La direttiva cosmetici, che è già stata oggetto di 55 emendamenti dalla sua adozione nel 1976, è diventata inefficiente e obsoleta e non è più in grado di garantire la sicurezza giuridica necessaria in un settore che si sviluppa in modo così rapido. Con la rifusione, la Commissione intende eliminare le incertezze e le incongruenze grazie all’introduzione di una serie di definizioni e di misure attuative. Inoltre, al fine di evitare divergenze nel recepimento sul piano nazionale, la Commissione ha modificato la forma giuridica dell’atto, convertendolo da direttiva in regolamento.

Un altro degli obiettivi è quello di aumentare la sicurezza dei prodotti cosmetici. Poiché la direttiva cosmetici in vigore non presenta requisiti chiari per la valutazione in materia di sicurezza, la Commissione introduce dei requisiti minimi. Riteniamo adeguato l’approccio della relatrice, la quale aumenta il livello di sicurezza al fine di proteggere la salute dei consumatori.

 
  
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  Duarte Freitas (PPE-DE), per iscritto. (PT) Appoggio, in linea generale, la relazione Roth-Behrendt e il compromesso raggiunto con il Consiglio. Tuttavia, mi rammarico per un’omissione, che ritengo possa pregiudicare la salute dei consumatori.

La direttiva cosmetici in vigore e la proposta di regolamento prevedono che solo sui prodotti cosmetici con una durata minima inferiore ai 30 mesi venga riportato il termine minimo di conservazione, mentre spesso si dichiara una durata superiore ai 30 mesi per motivi economici. In questo modo i produttori possono considerarsi esentati dall’obbligo di riportare il termine minimo di conservazione su tutti i loro prodotti. Sebbene l’uso di un cosmetico scaduto non metta normalmente a rischio la salute del consumatore, è anche vero che non produce i benefici sperati.

Sfortunatamente i servizi giuridici del Parlamento e la Commissione hanno deciso, erroneamente a mio parere, che tale disposizione non poteva essere emendata nella procedura di rifusione.

 
  
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  Eija-Riitta Korhola (PPE-DE), per iscritto. (FI) Desidero esprimere il mio compiacimento per il risultato raggiunto oggi in materia di regolamentazione sui prodotti cosmetici. Il mercato dei prodotti cosmetici è ricco di promesse straordinarie e di terminologie all’apparenza scientifiche nelle quali le brillanti trovate linguistiche dei pubblicitari sono l’unico parametro per provare l’efficacia del prodotto. Ora le regole sono più rigide e questo è il minimo che potessimo fare. Con il nuovo regolamento, si potranno pubblicizzare solo le caratteristiche che i prodotti effettivamente hanno, quindi devono esistere prove dell’efficacia del prodotto. La relatrice ha richiesto alla Commissione di presentare un piano di azione riguardante le dichiarazioni utilizzate nei prodotti cosmetici e di adottare una serie di criteri valutativi di tali dichiarazioni.

L’obiettivo della proposta è la semplificazione della normativa in vigore: attualmente vi sono più di 3 500 pagine di legislazione nazionale in materia che saranno convertite in un testo unico. Sarà possibile in tal modo garantire alti standard di sicurezza del consumatore in tutta l’Unione europea assicurando il funzionamento del mercato interno. Le normative obsolete, particolarmente in materia di industria cosmetica, mettono a rischio la salute e l’affidabilità della legge. Tali principi sono una logica conseguenza del lavoro iniziato con la discussione in merito al regolamento REACH sulle sostanze chimiche.

 
  
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  Zita Pleštinská (PPE-DE), per iscritto. – (SK) In qualità di relatrice del gruppo del partito popolare europeo (Democratici-cristiani) e dei Democratici europei, ho partecipato alla stesura del pacchetto legislativo sull’introduzione di merci nel mercato, approvato dal Parlamento nel febbraio 2008. Ho lavorato alla relazione concernente il progetto di decisione sul quadro congiunto per l’introduzione di merci sul mercato, concentrando le mie proposte di emendamento sull’aumento delle responsabilità degli importatori, sulla riduzione degli obblighi amministrativi per le piccole e medie imprese, sull’adozione del nuovo approccio come base per introdurre i prodotti sul mercato, nonché sulla creazione e sull’utilizzo degli standard europei in modo più flessibile.

Tale pacchetto è divenuto il prerequisito per la revisione di altre direttive settoriali, in particolare della direttiva sui giocattoli, già approvata, del regolamento sui prodotti cosmetici e del regolamento sui materiali edili.

Il regolamento sui prodotti cosmetici si basa sul principio fondamentale del pacchetto legislativo sull’introduzione di merci nel mercato. Da un lato è responsabilità del produttore garantire che il prodotto sia conforme alle leggi europee in vigore, dall’altro, è responsabilità degli Stati membri garantire un’adeguata vigilanza del mercato dell’Unione.

Ho votato a favore della relazione Roth-Behrendt sulla proposta di regolamento sui prodotti cosmetici, che sostituirà la direttiva in vigore, inefficace e obsoleta. Negli ultimi anni, l’industria cosmetica si è sviluppata con una velocità senza precedenti e la normativa in vigore non è più in grado di fornire la necessaria sicurezza giuridica.

Accolgo con favore la nuova normativa, che contribuirà ad assicurare una maggiore difesa del consumatore e garantirà la protezione contro i prodotti cosmetici dannosi.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Voto favorevolmente alla relazione della collega Roth-Behrendt, sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sui prodotti cosmetici.

Concordo totalmente che, per aumentare la sicurezza dei prodotti cosmetici, al fine di garantire la protezione e la salute di tutti i consumatori, sia necessario definire con chiarezza specifici strumenti di controllo. Altresì convengo con la collega che, per rafforzare il meccanismo di controllo, in modo da garantire una valutazione indipendente, la responsabilità delle dichiarazioni, riguardanti i prodotti cosmetici, debba essere affidata ad un'organizzazione indipendente.

 
  
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  Flaviu Călin Rus (PPE-DE), per iscritto. (RO) Ho votato a favore del progetto di risoluzione legislativa del Parlamento europeo sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sui prodotti cosmetici (rifusione) perché ritengo che tutti i prodotti immessi sul mercato debbano rispettare sia gli standard di qualità che i requisiti minimi di sicurezza. Il regolamento, volto ad aumentare la sicurezza dei prodotti cosmetici, garantirà la protezione e la salute del consumatore.

 
  
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  Lydia Schenardi (NI), per iscritto. (FR) A seguito dell’introduzione delle nanoparticelle nei prodotti cosmetici, e poiché il settore della cosmesi figura tra i più esposti alla contraffazione, è importante avere precisi strumenti di controllo, in particolare per l’identificazione dei cosmetici contraffatti, che non rispettano le normative.

Alcuni prodotti infatti richiedono particolare attenzione, soprattutto i prodotti da applicare sul contorno occhi, sulle mucose e sulla pelle lesa, nonché i prodotti per bambini o per soggetti con sistema immunitario indebolito. Ovviamente, dobbiamo rivolgere particolare attenzione alla valutazione della tossicità locale, all’irritazione cutanea e oculare, alla sensitizzazione cutanea e, nel caso dell'assorbimento di radiazioni UV, alla tossicità fotoindotta. Inoltre, la lotta alla contraffazione per mezzo di tali strumenti è essenziale per la salute pubblica e per l’impatto ambientale, ma anche per la competitività. Abbiamo quindi appoggiato la relazione, ma non andrebbero effettuate nuovi test sui prodotti finiti qualora le informazioni a disposizione sugli ingredienti in essi contenuti attestino la loro conformità alle normative.

 
  
  

- Relazione Sârbu (A6-0076/2009)

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. (PT) Nella relazione in esame il Parlamento europeo approva, con alcuni emendamenti, la richiesta della Commissione di modificare la direttiva 98/8/CE relativa all’immissione sul mercato dei biocidi. La Commissione ha reputato necessaria tale modifica a seguito della valutazione sull’attuazione della direttiva, da cui è emerso che il periodo di dieci anni fino al 14 maggio 2010, previsto per la valutazione di sostanze attive usate in prodotti biocidi ai fini del loro inserimento nell’elenco comunitario positivo, non sarà sufficiente. Di conseguenza, il periodo di transizione durante il quale il mercato dei biocidi continuerà a essere regolamentato dalle normative nazionali, dovrebbe scadere prima della definizione dell’elenco positivo comunitario. In pratica, ciò significherebbe che prodotti importanti quali i disinfettanti usati negli ospedali dovrebbero essere ritirati dal mercato a partire dal 15 maggio 2010.

Al fine di evitare il prodursi di tale eventualità, la Commissione propone un’estensione di tre anni del periodo di transizione, fino al 14 maggio 2013. Qualora anche gli ulteriori tre anni si rivelassero insufficienti, la Commissione introduce la possibilità di prolungare ulteriormente il periodo con una decisione di comitatologia. Tuttavia, la relatrice non auspica che si abusi di tale possibilità per rimandare all’infinito il processo e propone quindi delle limitazioni.

 
  
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  Duarte Freitas (PPE-DE), per iscritto.(PT) Ho appoggiato la relazione Sârbu e la proposta della Commissione che apportano modifiche tecniche alla normativa in vigore.

L’attuale direttiva prevede un periodo di transizione (2000-2010), durante il quale il mercato dei biocidi continuerà a essere regolato dalle normative nazionali, oltre a un programma di durata decennale per la valutazione delle sostanze attive usate nei biocidi, volto a inserirli in un elenco positivo compilato dalla Commissione.

Poiché il programma di revisione della direttiva è in uno stato di avanzamento tale da non poter essere completato entro il 2010 come previsto, si è reso necessario un emendamento volto ad allungare i periodi di transizione per i casi di ritardo. Per tale motivo, ritengo adeguata la proposta di emendamento in esame.

 
  
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  Rovana Plumb (PSE), per iscritto. (RO) La proposta della Commissione recante modifica della direttiva 98/8/CE relativa all'immissione sul mercato dei biocidi si è resa necessaria a seguito della valutazione sull’attuazione della direttiva, da cui è emerso che il periodo di dieci anni fino al 14 maggio 2010, previsto per la valutazione di sostanze attive usate in prodotti biocidi ai fini del loro inserimento nell’elenco comunitario positivo, non sarà sufficiente. Di conseguenza, il periodo di transizione durante il quale il mercato dei biocidi continuerà a essere regolamentato dalle normative nazionali, terminerebbe prima della definizione dell’elenco positivo comunitario. In pratica, ciò significherebbe che prodotti importanti quali i disinfettanti usati negli ospedali dovrebbero essere ritirati dal mercato a partire dal 15 maggio 2010.

Ho votato a favore della relazione in oggetto perché un prolungamento del periodo di transizione permetterà di completare il processo di valutazione delle sostanze attive usate nei prodotti biocidi e concederà il tempo necessario, da un lato, agli Stati membri per recepire il provvedimento, emettere le autorizzazioni necessarie e registrare i prodotti, dall’altro, all’industria per compilare e presentare fascicoli completi. Inoltre, tale prolungamento consentirà di applicare il principio di prevenzione della produzione di rifiuti (le sostanze che non sono state sottoposte a valutazione vengono considerate rifiuti) e di prevenire l’immissione illegale sul mercato di prodotti biocidi.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Esprimo il mio voto favorevole in merito alla relazione della collega Sârbu sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica della direttiva 98/8/CE relativa all'immissione sul mercato dei biocidi per quanto riguarda l’estensione di determinati periodi di tempo.

Considerato il delicato e laborioso processo di valutazione delle sostanze attive usate in prodotti biocidi, convengo con la relatrice sull'estendere il periodo transitorio di quattro anni, anziché tre, al fine di dare il tempo necessario all'industria di adempire i loro compiti.

 
  
  

- Relazione Becsey (A6-0121/2009)

 
  
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  Koenraad Dillen (NI) , per iscritto. (NL) Essendo consapevole della necessità di dissuadere i cittadini, in particolare i giovani, dal fumo, mi sono astenuto dal votare la relazione in oggetto. L’Unione europea intende aumentare i prezzi di sigarette e tabacco trinciato a taglio fino da usarsi per arrotolare sigarette e sigaretti, ma si tratta di decidere se la scelta ipocrita di aumentare le tasse sia effettivamente la decisione giusta. L’industria del tabacco dopotutto offre lavoro a molti cittadini degli Stati membri e, in tempo di crisi, l’impatto di tali misure sull’occupazione dovrebbe essere preso attentamente in considerazione prima che queste vengano attuate.

Per ridurre il consumo di tabacco non sarebbe meglio informare i cittadini piuttosto che tassarli?

 
  
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  Bruno Gollnisch (NI), per iscritto.(FR) La relazione Becsey propone un’armonizzazione a livello comunitario delle imposte sul tabacco nascondendosi dietro a obiettivi di salute pubblica. Il vero obiettivo, infatti, è quello di ottenere un mercato perfetto su scala europea per le sigarette, un mercato “decompartimentato” con un’imposta unica nel quale i concorrenti possano azzuffarsi.

Un pò di coerenza, per favore. O diamo la precedenza alla salute, o al mercato. Per alcuni prodotti, non si può dare la precedenza al mercato. Alcuni Stati, la Francia e il Belgio per esempio, sono stati portati in tribunale dalla Commissione per aver stabilito delle soglie o dei prezzi minimi di vendita. C’è sicuramente un motivo se il commercio di tabacco è disciplinato in maniera così rigorosa sia a livello nazionale (distribuzione soggetta ad autorizzazione) che internazionale acquisti transfrontalieri limitati e se, una volta tanto, i controlli doganali vengono effettuati davvero, malgrado gli ostacoli posti dai regolamenti europei.

Infine, la relazione in esame è preoccupante per il futuro dei tabaccai francesi, che ricoprono un ruolo di fondamentale importanza nel mantenimento delle piccole attività commerciali e nella fornitura di alcuni servizi pubblici nelle aree rurali, e che sono già stati seriamente danneggiati da un precedente aumento delle imposte.

 
  
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  Jörg Leichtfried (PSE), per iscritto. (DE) Esprimo il mio voto favorevole alla relazione Becsey che propone un aumento delle accise sui prodotti del tabacco.

Accolgo con molto favore l’aumento graduale dei prezzi sulle sigarette e su altri prodotti del tabacco a partire dal 2014. Ritengo inoltre che l’aggiornamento delle definizioni di alcuni prodotti del tabacco sia essenziale al fine di garantire una migliore salvaguardia della salute.

Ho sostenuto per anni, con grande convinzione, la tutela dei non fumatori e sono convinto che la relazione in esame sia un altro passo nella direzione giusta. Tale convinzione è rafforzata dalla previsione della Commissione sul consumo di tabacco, secondo la quale si verificherà un calo del 10 per cento nei prossimi cinque anni.

 
  
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  Astrid Lulling (PPE-DE), per iscritto.(FR) Ho votato a favore della relazione Becsey perché un forte aumento delle accise sui tabacchi lavorati, come quello proposto dalla Commissione, nuocerebbe all’occupazione nel settore in Europa, particolarmente nell’attuale periodo di crisi. L’esperienza dimostra che la politica di innalzamento dei prezzi non è un mezzo efficace per combattere l’assuefazione da nicotina.

Similmente, per tale motivo, sono felice che non siano stati allineati i livelli minimi di imposta applicati al tabacco da arrotolare con quelli applicati alle sigarette. La funzione di ammortizzatore svolta dal tabacco da arrotolare è essenziale per impedire l’aumento incontrollato delle merci di contrabbando in Europa. Alcune ricerche hanno dimostrato che, in alcuni Länder tedeschi, più della metà delle sigarette sono contrabbandate e, se si vuole contenere il fenomeno, il tabacco trinciato fino deve poter fungere da sostituto delle sigarette.

Mi rammarico che alcuni emendamenti molto sensati siano stati respinti per pochi voti.

Confido nel fatto che il nostro messaggio raggiunga ugualmente il Consiglio dei ministri, il quale deve deliberare all’unanimità.

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. (EN) Pur condividendo l’idea dell’imposta sul tabacco e di un’imposta minima europea, mi sono astenuto dal voto a causa del danno che potrebbe arrecare all’imposta britannica sui tabacchi. Il governo ha la libertà di aumentare le imposte sul tabacco, il che può essere un incentivo per ridurre o interrompere il consumo di tabacco, per migliorare la salute e per dare respiro al sistema sanitario nazionale. Poiché la relazione in esame avrebbe compromesso e ridotto la possibilità da parte del governo di tassare il tabacco, mi sono astenuto dal voto.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Esprimo il mio voto contrario sulla relazione del collega Becsey, sulla proposta di direttiva del Consiglio recante modifica delle direttive 92/79/CEE, 92/80/CEE e 95/59/CE per quanto concerne la struttura e le aliquote delle accise che gravano sui tabacchi lavorati.

Non approvo la suddetta proposta, poiché potrebbe, a mio avviso, indebolire la proposta della Commissione. Come risultato, il raggiungimento degli obiettivi previsti, di contribuire alla riduzione del consumo di tabacco del 10% entro il 2014, sarebbe ostacolato.

 
  
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  Olle Schmidt (ALDE), per iscritto. (SV) La proposta presentata dalla Commissione è tesa ad armonizzare la tassazione del tabacco all’interno dell’Unione europea, in modo da arginare il considerevole commercio transfrontaliero di tabacco che rischia di compromettere gli obiettivi di sanità pubblica definiti dagli Stati membri. La proposta presentata dal relatore per parere della commissione per i problemi economici e monetari è notevolmente più debole di quella contenuta nel testo originale della Commissione. Quale rappresentante del gruppo dell’Alleanza dei democratici e dei liberali per l’Europa, ho fatto il possibile per perfezionare la relazione. La questione delle imposte sul tabacco è particolarmente difficile da risolvere a causa delle grandi differenze, all’interno dell’Unione, nelle aliquote d’imposta e nelle opinioni sugli effetti nocivi del tabacco. Le notevoli divisioni all’interno dei vari gruppi, compreso il mio, mi hanno fatto concludere che, malgrado i miei sforzi, la proposta del Parlamento alla fine non sia sufficientemente ambiziosa. Ho quindi deciso di astenermi dal voto finale sulle nuove accise sul tabacco.

 
  
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  Peter Skinner (PSE), per iscritto. (EN) Il partito laburista al Parlamento europeo concorda sul fatto che dazi troppo bassi incoraggino la speculazione sulla differenza delle imposte tra due paesi e provochino un commercio incontrollato e non autorizzato di tabacchi lavorati. La definizione di un’imposta minima è quindi uno strumento particolarmente efficace per apportare i cambiamenti necessari a un’azione di contrasto. I paesi europei potranno poi decidere di imporre tasse più alte rispetto a tali minimi per legittimi motivi scientifici e sociali.

 
  
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  Marianne Thyssen (PPE-DE), per iscritto. (NL) Apprezzo l’impegno che il relatore ha posto nella stesura della relazione in esame, ma non posso appoggiarne il risultato. Sono fermamente convinta dell’utilità di aumentare l’accisa sui tabacchi al fine di scoraggiarne l’uso. Vorrei sottolineare il fatto che, per quanto mi riguarda, le considerazioni sulla salute sono molto più importanti rispetto a quelle squisitamente economiche. Trovo anche deplorevole il fatto che il relatore indebolisca le proposte della Commissione. Per tali motivi ho votato contro la relazione Becsey.

 
  
  

- Relazione Muscardini (A6-0054/2009)

 
  
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  Alessandro Battilocchio (PSE), per iscritto. − Il mio voto è favorevole.

Una pratica selvaggia e fuorilegge, esercitata per lo più in Africa, attraverso l’immigrazione verso il vecchio continente negli ultimi trent’anni é silenziosamente approdata in Europa.

I dati dell’OMS parlano chiaro: le mutilazioni genitali femminili (MGF) sono diffuse in 28 paesi africani, in Medio Oriente e in alcuni paesi asiatici. Circa 100-140 milioni di donne e bambine nel mondo hanno subito tale pratica, mentre 4 milioni sono potenzialmente a rischio. Le MGF rappresentano una menomazione al processo d’integrazione europeo, oltre ad essere una denigrazione dell’uguaglianza dei generi.

Il Parlamento europeo, da anni impegnato per affermare i diritti fondamentali di tutti i cittadini, aveva già adottato nel 2001 una risoluzione sul tema, ma è ora di fare un passo in avanti sostenendo anche il programma DAFNE III che ha finanziato finora 14 progetti sulle MGF, delineando delle priorità per la prevenzione e l’eliminazione delle MGF in Europa. Uno dei terreni su cui bisogna intensificare l’azione é la prevenzione di tale pratica nei confronti delle bambine e a tal fine è decisivo un intervento che sappia identificare le minori a rischio, facendo prevenzione con le famiglie tramite un supporto psicologico

 
  
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  Martin Callanan (PPE-DE), per iscritto. (EN) È difficile immaginare qualcosa di più orrendo e arcaico delle mutilazioni genitali femminili. Purtroppo tale barbara pratica è approdata anche nell’Unione europea sulla scorta del costante flusso di immigrati provenienti da paesi dove essa viene regolarmente praticata.

La relazione Muscardini esprime giustamente la ripugnanza suscitata da questa brutalità diffusa ormai anche tra noi, e avanza delle proposte perché i nostri valori di uguaglianza e libertà si traducano in azioni concrete contro le mutilazioni genitali femminili. Fermo restando l’impegno dell’Unione europea per la multiculturalità, dobbiamo far sì che l’inesorabile ondata di correttezza politica che deriva dalla legislazione comunitaria non si scontri con la volontà di eliminare questa pratica vergognosa.

Esistono tuttavia dei limiti a ciò che possiamo fare per prevenire le mutilazioni genitali femminili nei paesi terzi. Ciononostante, dobbiamo essere preparati a porre in relazione i rapporti commerciali e gli aiuti con un maggiore rispetto per i diritti umani, e nello specifico la messa al bando di questo ignobile crimine perpetrato ai danni delle donne.

 
  
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  Charlotte Cederschiöld, Christofer Fjellner, Gunnar Hökmark e Anna Ibrisagic (PPE-DE), per iscritto. (SV) Oggi abbiamo votato a favore della relazione d’iniziativa presentata dall’onorevole Muscardini (A6-0054/2009) sulla lotta alle mutilazioni genitali femminili nell’Unione europea. La relazione solleva una questione estremamente grave, ed esprime chiaramente la necessità di intervenire contro tale pratica avanzando una serie di proposte per conseguire tale obiettivo. Accogliamo pertanto favorevolmente la cooperazione tra gli Stati membri nell’affrontare questa questione.

Vorremmo tuttavia sottolineare che la questione delle visite mediche periodiche a carattere preventivo per le donne e le bambine che hanno ottenuto asilo nell’UE per sfuggire al rischio di mutilazioni genitali femminili dev’essere affrontata singolarmente da ciascuno Stato membro, nel rispetto dei diritti della persona interessata.

 
  
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  Proinsias De Rossa (PSE), per iscritto. (EN) Sostengo la relazione che affronta il grave problema della mutilazioni genitali femminili. In Europa, negli ultimi trent’anni, per effetto dell’immigrazione, le MGF sono diventate sempre più frequenti. Tale pratica non solo causa gravissimi danni irreversibili alla salute fisica e mentale di donne e bambine – e in alcuni casi si è rivelata addirittura fatale – ma costituisce altresì una violazione dei diritti fondamentali sanciti dalle convenzioni internazionali, proibita dal diritto penale degli Stati membri e in contrasto con i principi stabiliti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

Si stima che in Europa le donne sottoposte a MGF siano state 500 000, e che ogni anno circa 180 000 immigrate subiscano tale pratica o siano a rischio di subirla.

La relazione invita la Commissione e gli Stati membri a collaborare per armonizzare la legislazione esistente, per porre l’accento sulla prevenzione attraverso una maggiore integrazione delle famiglie immigrate e di sensibilizzare l’opinione pubblica tramite la promozione di campagne d’informazione e l’avvio di un dialogo sulle pratiche tradizionali. Il documento sostiene inoltre con forza la necessità di perseguire chiunque pratichi le MGF, nonché di fornire assistenza medica e legale alle vittime e tutelare i soggetti a rischio, anche tramite il riconoscimento del diritto di asilo, in taluni casi.

 
  
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  Avril Doyle (PPE-DE), per iscritto. (EN) Secondo Amnesty International, la pratica delle mutilazioni genitali femminili (MGF) coinvolge 130 milioni di donne alle quali – per ragioni culturali, religiose o comunque non terapeutiche – viene inflitta tale “apprezzata” pratica sociale. Le ricerche indicano che la mutilazione continua a essere praticata nella convinzione che serva a moderare la sessualità femminile e assicuri in tal modo alla donna uno status che la rende “degna del matrimonio”; le ricerche inoltre sottolineano che la mutilazione è imposta da precetti religiosi. È noto che le MGF provocano una serie di complicazioni immediate e a lungo termine, che in alcuni casi si rivelano persino fatali. Siamo venuti a conoscenza di tale pratica in seguito alla globalizzazione e alla mobilità delle persone ed essa è strettamente legata alle politiche relative all’immigrazione e al diritto di asilo.

Chi teme di essere vittima di persecuzioni, ha il diritto di espatriare per cercare rifugio e protezione. Le MGF sono attualmente al centro di un dibattito sui casi di asilo: di recente, il Ministro della giustizia nigeriano, Michael Aondoakaa, si è offerto di testimoniare contro le famiglie che richiedono asilo per sfuggire al rischio delle MGF in Nigeria, dove tale pratica ufficialmente è illegale. Ufficiosamente, tuttavia, desumo che sia ancora ampiamente diffusa, persino in Nigeria.

In Irlanda, le MGF sono considerate un atto di violenza con motivazione sessista. Sono favorevole alla relazione Muscardini.

 
  
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  Lena Ek e Olle Schmidt (ALDE), per iscritto. (SV) Oggi abbiamo preso posizione sulla relazione d’iniziativa relativa alla lotta alle mutilazioni genitali femminili e abbiamo deciso di non sostenere la risoluzione alternativa, presentata al Parlamento anche dal nostro gruppo, che ha ottenuto il voto di maggioranza. La motivazione alla base della nostra decisione è che riteniamo sia migliore la relazione originale. La risoluzione alternativa prevedeva visite mediche periodiche obbligatorie per le donne a cui è stato riconosciuto il diritto d’asilo perché ritenute a rischio di subire mutilazioni genitali femminili. Scopo di tale proposta è evitare che le mutilazioni genitali femminili vengano praticate all’interno dell’Unione europea. Ciononostante, riteniamo che tale misura rappresenti una violazione della privacy e si spinga troppo oltre, ai danni di giovani donne già vulnerabili, e sia pertanto inaccettabile. La decisione di sottoporsi a visita medica dovrebbe essere presa volontariamente. Abbiamo pertanto deciso di non sostenere la risoluzione alternativa.

 
  
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  Edite Estrela (PSE), per iscritto.(PT) Ho espresso voto favorevole alla mozione che invita il Parlamento europeo a presentare una risoluzione contro le mutilazioni genitali femminili all’interno dell’Unione europea. Le mutilazioni genitali femminili (MGF) non solo infliggono ferite gravissime e irreparabili alla salute fisica e mentale delle donne, ma costituiscono anche una violazione dei diritti umani fondamentali. In ragione dei danni irreversibili che causano, per la società le MGF devono rappresentare un reato gravissimo ed essere pertanto contrastate con decisione.

Si stima che in Europa siano state 500 000 le donne vittime di tale pratica criminale, motivo per cui è imprescindibile che la Commissione europea e gli Stati membri collaborino per armonizzare le legislazione vigente, al fine di prevenire e porre fine alle MGF all’interno dell’Unione europea.

 
  
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  Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. (SV) Le mutilazioni genitali femminili sono una pratica crudele e disumana, inaccettabile per una società moderna. Dal momento che Junilistan non considera l’UE una forma di cooperazione finalizzata unicamente a incrementare lo sviluppo e gli scambi commerciali, bensì un forum in cui sostenere valori umani fondamentali condivisi, abbiamo deciso di votare a favore della relazione.

Ciononostante, siamo nettamente contrari a diverse formulazioni ritenute eccessive, relative al diritto penale degli Stati membri: le norme di legge che mirano a mantenere il funzionamento della società dovrebbero essere un’iniziativa e una prerogativa dei parlamenti nazionali eletti, non del Parlamento europeo.

 
  
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  Anna Ibrisagic (PPE-DE), per iscritto. (SV) Oggi ho votato contro la relazione Muscardini (A6-0054/2009) sulla lotta alle mutilazioni genitali femminili nell’UE. Il documento affronta un problema estremamente serio e afferma la necessità di misure risolutive. Accolgo con favore la collaborazione tra Stati membri in quest’ambito.

Ciononostante, ho deciso di esprimere voto contrario, poiché ritengo che sottoporsi a cure mediche debba essere una decisione volontaria. Sono contraria ai controlli medici periodici di prevenzione per le donne e le bambine a cui è stato riconosciuto il diritto di asilo a fronte del rischio di subire mutilazioni genitali femminili, in quanto ritengo che siano discriminatorie e costituiscano una violazione della privacy.

 
  
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  Jörg Leichtfried (PSE), per iscritto. − (DE) Mi sono pronunciato a favore della relazione Muscardini sulla lotta alle mutilazioni genitali femminili. Attualmente oltre mezzo milione di donne sono vittime di questa deprecabile pratica rituale che deve essere bandita una volta per tutte, e chi la commette dev’essere perseguito dalla legge. Le decisioni e le misure adottate in passato devono essere integrate e ampliate. Servono strategie articolate e piani d’azione che ci consentano di tutelare le donne dall’arcaica tradizione della circoncisione.

In occasione di negoziati con paesi terzi, la Commissione deve insistere nel tentativo di introdurre l’abolizione delle mutilazioni genitali femminili come condizione e dev’essere possibile perseguire chiunque commetta il reato di circoncisione femminile in qualsiasi Stato membro dell’UE.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Voto favorevolmente la relazione, della collega Muscardini, sulla lotta contro le mutilazioni sessuali femminili praticate nell’UE.

Reputo tali pratiche atroci violazioni del diritto umano all’integrità personale. Per questo, concordo con la relatrice nell’attuare una valida strategia per poter prevenire ed eliminare la pratica delle MGF.

 
  
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  Lydia Schenardi (NI), per iscritto.(FR) Naturalmente esprimiamo voto favorevole su questa coraggiosa relazione che combatte pratiche uscite da un fosco passato, ma purtroppo in via di diffusione in tutta Europa per effetto dell’immigrazione.

Alla luce della Dichiarazione universale dei diritti umani e della Convenzione sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna, è inaccettabile che tali pratiche possano ancora sopravvivere in Europa e nel mondo.

Secondo i dati raccolti dall’Organizzazione mondiale della sanità, dai 100 ai 140 milioni di donne e bambine nel mondo hanno subito mutilazioni genitali e ogni anno dai 2 ai 3 milioni di donne rischiano di essere vittime delle stesse gravi menomazioni.

Non dobbiamo dimenticare che tali pratiche – suscettibili di provocare danni gravi e irreversibili – hanno origine da strutture sociali fondate sulla disuguaglianza tra i sessi e su squilibrati rapporti di forza, dominio e controllo, in cui la pressione sociale e familiare è alla base della violazione di un diritto fondamentale.

Dobbiamo condannare apertamente e punire tali pratiche. Gli immigrati devono osservare la nostra legislazione e il rispetto per l’individuo, anziché mantenere questo retaggio barbaro e inaccettabile.

 
  
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  Søren Bo Søndergaard (GUE/NGL), per iscritto. (EN) Le mutilazioni genitali femminili sono una pratica che tutti gli Stati membri devono condannare. Rappresentano una violazione dei diritti fondamentali della donna, in particolare quello all’integrità personale, i diritti sessuali e riproduttivi. Vi sono tuttavia alcuni aspetti della relazione Muscardini che non mi sento di condividere pienamente, come le formulazioni relative alla messa in dubbio della credibilità dei genitori che chiedono asilo dopo essersi rifiutati di acconsentire a che la loro figlia venisse sottoposta a mutilazione genitale. Non vedo perché una richiesta di asilo su tali basi specifiche dovrebbe suscitare sospetto. Un’altra formulazione contenuta nella relazione con la quale non concordo è la proposta di sottoporre a visite mediche periodiche le donne e le bambine a cui è stato concesso il diritto di asilo per sfuggire al rischio di subire mutilazioni genitali femminili nel proprio paese d’origine. Considero tale provvedimento discriminatorio nei confronti di queste donne e bambine. Chi ottiene asilo in uno Stato membro dovrebbe godere degli stessi diritti e obblighi degli altri cittadini di quel paese.

 
  
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  Eva-Britt Svensson (GUE/NGL), per iscritto. (EN) Le mutilazioni genitali femminili sono una pratica che tutti gli Stati membri devono condannare. Rappresentano una violazione dei diritti fondamentali della donna, in particolare quello all’integrità personale, dei diritti sessuali e riproduttivi.

Vi sono tuttavia alcuni aspetti della relazione Muscardini con cui non concordo pienamente, come le formulazioni relative alla messa in dubbio della credibilità dei genitori che chiedono asilo per essersi rifiutati di acconsentire a che la loro figlia venisse sottoposta a mutilazione genitale. Non vedo perché una richiesta di asilo su tali basi specifiche dovrebbe suscitare sospetto.

Un’altra formulazione contenuta nella relazione con la quale non concordo è la proposta di sottoporre a visite mediche periodiche le donne e le bambine a cui è stato concesso il diritto di asilo per sfuggire al rischio di subire mutilazioni genitali femminili nel proprio paese d’origine. Considero tale provvedimento discriminatorio nei confronti di queste donne e bambine. Chi ottiene asilo in uno Stato membro dovrebbe godere degli stessi diritti e obblighi degli altri cittadini di quel paese.

 
  
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  Frank Vanhecke (NI), per iscritto. – (NL) Ho votato a favore della relazione Muscardini, o meglio dell’intero testo emendato, poiché non si può che reagire con disgusto nell’apprendere delle raccapriccianti mutilazioni inflitte a donne e bambine da parte di – e utilizzerò il termine con totale mancanza di rispetto – culture e religioni arretrate.

Trovo deplorevole il fatto che i soliti termini codificati relativi ai “diritti riproduttivi” siano emersi anche qui, sebbene non siano effettivamente appropriati e probabilmente servano soltanto a compiacere la sinistra politicamente corretta. Che cosa abbia a vedere il diritto all’aborto con la lotta a barbare mutilazioni genitali per me rimane un mistero.

Sarebbe preferibile cogliere quest’occasione per domandarci, per esempio, se l’Islam riconosca adeguatamente il valore fondamentale dell’uguaglianza dei generi e, qualora la risposta sia negativa, dovremmo chiederci se ci sia posto per l’Islam nella nostra Europa.

 
  
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  Anders Wijkman (PPE-DE), per iscritto. (SV) La relazione d’iniziativa originaria sulla lotta alle mutilazioni genitali femminili era decisamente positiva, ma la versione riveduta, che ha passato la votazione, conteneva una formulazione con cui gli autori esprimevano la volontà di sottoporre a visite mediche periodiche le donne a cui è stato riconosciuto il diritto di asilo per sfuggire al rischio di subire tali mutilazioni; tutto questo, allo scopo di evitare tali pratiche nello Stato membro ospitante. Ritengo che le visite mediche obbligatorie costituiscano una macroscopica violazione della privacy e che la decisione di consultare un medico dovrebbe essere presa volontariamente. Imporre una misura obbligatoria in una situazione del genere è totalmente inaccettabile, perciò ho espresso voto contrario alla versione riveduta.

 
  
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  Anna Záborská (PPE-DE), per iscritto. – (SK) Ho compiuto uno sforzo speciale per assicurare che la commissione da me presieduta riuscisse a completare i lavori preparatori per l’approvazione della risoluzione. La questione è indubbiamente importante.

Le mutilazioni genitali femminili provocano danni gravi e irreversibili alla salute fisica e mentale delle donne e delle bambine che la subiscono, le viola come esseri umani e nella loro integrità. In taluni casi, le conseguenze sono fatali.

Nella relazione, il Parlamento europeo invita gli Stati membri ad attuare una strategia preventiva, pur senza stigmatizzare le comunità di immigrati, per proteggere le minorenni attraverso programmi pubblici e servizi sociali volti tanto a prevenire tali pratiche quanto ad assistere le vittime che le hanno subite. Li invita altresì a considerare, in base alle norme sulla protezione dell’infanzia, se la minaccia o il rischio che una minorenne possa subire una mutilazione genitale giustifichi l’intervento dell’autorità pubblica.

Gli Stati membri dovrebbero elaborare orientamenti e criteri per gli operatori sanitari, gli educatori e gli assistenti sociali allo scopo di informare i padri e le madri, in modo rispettoso e se necessario con l’assistenza di interpreti, in merito ai rischi delle mutilazioni genitali femminili.

La risoluzione chiede altresì il sostegno alla salute sessuale e riproduttiva, un concetto mai definito dall’OMS né dagli strumenti dell’acquis communautaire, e pertanto strumentalizzato da alcuni gruppi abortisti.

Sono spiacente, ma per tale ragione mi sono astenuta dal voto.

 
  
  

- Relazione Graça Moura (A6-0092/2009)

 
  
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  Alessandro Battilocchio (PSE), per iscritto. − Più volte mi sono pronunciato favorevolmente sulle questioni inerenti al multilinguismo, la mia posizione credo sia abbastanza chiara.

La diversità linguistica e culturale dell’Unione europea costituisce un enorme vantaggio concorrenziale. A mio avviso è fondamentale promuovere concretamente i programmi per l’insegnamento delle lingue e per lo scambio culturale e di studenti, sia all’interno sia all’esterno dei confini comunitari, come ho fatto quando ho sostenuto il programma Erasmus Mundus. Il plurilinguismo è essenziale per una comunicazione efficace e rappresenta uno strumento per facilitare la comprensione tra le persone e, di conseguenza, l’accettazione delle differenze e delle minoranze.

La diversità linguistica, in conseguenza della penetrazione mediatica, della crescente mobilità, delle migrazioni e dell’avanzare della globalizzazione culturale, coinvolge anche aspetti importanti della vita quotidiana dei cittadini dell’Unione europea. L’acquisizione di una gamma diversificata di competenze linguistiche è cruciale per tutti i cittadini dell’UE, in quanto permette loro di trarre pieno vantaggio dai benefici economici, sociali e culturali derivanti dalla libera circolazione all’interno dell’Unione e nelle relazioni della stessa con paesi terzi. La lingua, infatti, costituisce un fattore fondamentale di inclusione sociale.

La diversità linguistica dell’Europa costituisce, quindi, una risorsa culturale fondamentale e sarebbe errato se l’Unione europea si limitasse a una sola lingua principale.

 
  
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  Adam Bielan (UEN), per iscritto. – (PL) Il plurilinguismo dell’Unione europea è una grande risorsa nelle relazioni con i paesi terzi, e ci offre un notevole vantaggio concorrenziale. I programmi di scambio e insegnamento delle lingue dovrebbero pertanto essere sostenuti, ma non soltanto nei grandi centri urbani, dove l’accesso a tali opportunità è già facilitato.

Nell’introdurre tale politica, dobbiamo ricordare anche che gli europei, seppure uniti, sono innanzi tutto cittadini dei rispettivi paesi di appartenenza e si dovrebbe quindi prestare attenzione al fatto che siano in grado di identificarsi con la propria lingua, un aspetto citato anche dalla relazione Moura.

 
  
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  Martin Callanan (PPE-DE), per iscritto. (EN) Ogni anno, in nome del plurilinguismo, l’Unione europea spende ingenti somme di denaro pubblico. Pur trattandosi di un’organizzazione che punta a ridurre le differenze tra nazioni e popoli, l’UE attribuisce un’importanza notevole al nazionalismo linguistico, come dimostra l’inclusione del gaelico tra le lingue ufficiali dell’UE, che è una concessione ai nazionalisti irlandesi.

I costi e la burocrazia legati alla sconsiderata politica del plurilinguismo non faranno che aumentare, via via che l’Unione europea continua ad ampliarsi. Gli elettori del mio collegio sono giustamente preoccupati per quello che considerano un impiego indiscriminato di fondi pubblici per soddisfare una politica che ha scarsa utilità pratica al di là di esteriori motivazioni politiche.

Nonostante l’inglese sia diventata la lingua comune del Parlamento europeo, non l’adotterei come unica lingua di lavoro. Considerata la passione dell’Unione europea per l’armonizzazione, credo che una lingua comune rappresenterebbe una tappa naturale del processo che punta a un superstato federale. Ritengo pertanto che dovremmo avere un limitato numero di lingue di lavoro: se l’ONU riesce a funzionare usando sei lingue per quasi 200 Stati membri, sono certo che anche l’UE potrebbe tralasciarne qualcuna.

 
  
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  Koenraad Dillen (NI) , per iscritto. – (NL) Ho votato contro la relazione perché le disposizioni in essa contenute potrebbero essere utilizzate in maniera impropria da alcune minoranze nelle Fiandre. È indubbiamente importante promuovere con ogni mezzo la diversità linguistica dell’Unione europea, in particolare tra i giovani, ma una politica di questo tipo non deve andare a scapito del rispetto per l’idioma locale sancito per legge: penso, per esempio, al nederlandese nella provincia del Brabante fiammingo, nelle Fiandre. L’istituzione di un’agenzia europea per la diversità linguistica si tradurrebbe subito in un’opportunità per la minoranza francofona di aggirare l’uso obbligatorio del nederlandese nelle Fiandre. Il passato ci ha offerto numerose dimostrazioni di quanto poco l’ “Europa” comprenda le situazioni specifiche degli Stati membri. Spetta agli immigrati e alle minoranze imparare e utilizzare la lingua del luogo in cui vivono: è questa la vera espressione della diversità linguistica, non viceversa.

 
  
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  Edite Estrela (PSE), per iscritto.(PT) Ho espresso voto contrario alla mozione alternativa per una risoluzione alla relazione Graça Moura sul “Multilinguismo: una risorsa per l’Europa e un impegno comune” perché eliminando la possibilità per i genitori di scegliere la lingua ufficiale di istruzione dei propri figli nei paesi in cui coesistano una o più lingue ufficiali o una o più lingue regionali, il testo contraddice alcuni dei principi sostenuti dal Parlamento europeo.

La mozione per una risoluzione alternativa, invece, fa riferimento semplicemente alla necessità di prestare particolare attenzione ai bambini che non possono seguire un percorso scolastico nella propria lingua madre, svalutando in tal modo il principio base della necessità essenziale dell’istruzione nella lingua madre, non solo ai fini del rendimento scolastico in generale, ma anche per l’apprendimento di altre lingue straniere.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto.(PT) Complessivamente si tratta di un documento estremamente positivo, che delinea premesse e raccomandazioni da noi condivise. La principale questione che si pone è se possa trovare applicazione e quanto ci sia da fare per conseguire gli obiettivi che il documento reputa essenziali, tenendo presente l’orientamento politico adottato dall’Unione europea.

Per quanto riguarda alcune delle questioni sollevate, come la preponderanza di certe lingue europee a scapito di altre, si parte da una posizione chiaramente negativa. A questo proposito, vorremmo portare il caso dell’isolamento linguistico e culturale prodotto da certe politiche nazionali per determinati gruppi etnici in Europa, che ha dato vita a una considerevole discriminazione. È in gioco il retaggio culturale specifico dei popoli europei e la possibilità di trasmetterlo alle generazioni future.

Vorremmo inoltre sottolineare il valore del ruolo svolto da educatori, traduttori e interpreti in qualità di professionisti la cui attività è essenziale all’insegnamento, alla diffusione e alla reciproca comprensione delle lingue parlate all’interno dell’Unione europea.

Ci rammarichiamo, quindi, che sia stata approvata la mozione di risoluzione alternativa, che indebolisce taluni aspetti della relazione Graça Moura, tra cui la tutela della lingua madre e il diritto dei genitori di scegliere la lingua ufficiale d’istruzione per i propri figli, in quei paesi dove coesistono una o più lingue ufficiali o una o più lingue regionali.

 
  
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  Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. (SV) Secondo Junilistan, le questioni culturali dovrebbero rientrare tra le competenze politiche degli Stati membri.

Questa relazione non rientra tra le procedure legislative e non rappresenta altro se non l’opinione della maggioranza federalista del Parlamento europeo secondo cui l’Unione europea dovrebbe interferire ulteriormente con la sfera culturale.


Come di consueto, la commissione per la cultura e l’istruzione del Parlamento europeo insiste per far approvare nuovi costosi programmi e agenzie a livello comunitario. Noi di Junilistan riteniamo che un programma pluriennale o un’agenzia europea per la diversità linguistica e l’apprendimento linguistico a livello comunitario non facciano alcuna differenza per i quasi 500 milioni di cittadini europei, se non appesantire ulteriormente l’onere per i contribuenti.

Inoltre, non crediamo che i progetti della Commissione per campagne di informazione e sensibilizzazione sui vantaggi dell’apprendimento delle lingue possano sortire alcun effetto concreto. Spetta agli Stati membri, nella propria politica sull’istruzione, motivare i rispettivi cittadini a studiare le lingue straniere; non è una questione di competenza comunitaria.

Quindi abbiamo votato contro la relazione.

 
  
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  Adrian Manole (PPE-DE), per iscritto. (RO) L’Europa vive oggi in un nuovo mondo caratterizzato dalla globalizzazione, da maggiore mobilità e immigrazione, come pure dalla rinascita regionale e da un ruolo più forte per le regioni transfrontaliere, in cui il plurilinguismo deve proporre nuove soluzioni ai cittadini europei e alla nostra società.

Vorrei congratularmi con il relatore per il lavoro svolto. Spero inoltre che gli emendamenti da noi presentati garantiscano il rispetto reciproco per le lingue, anche quelle parlate dalle minoranze nazionali e dagli immigrati, poiché il patrimonio linguistico vivente è una risorsa preziosa che va valorizzata.

Per ognuno, la lingua rappresenta l’espressione più diretta della cultura a cui appartiene; imparare altre lingue significa pertanto scoprire altre culture, altri valori, principi e modi di vivere diversi. Nell’Europa possiamo scoprire i valori che condividiamo. Tale apertura al dialogo è parte integrante della nostra cittadinanza europea e una ragione per cui le lingue ne costituiscono un elemento fondamentale.

 
  
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  Andreas Mölzer (NI), per iscritto. (DE) Da un lato, i multimilionari programmi europei per l’insegnamento delle lingue e gli scambi promuovono il plurilinguismo e lo mettono in evidenza sui rispettivi siti Internet come fattore essenziale per incrementare la trasparenza, la legittimità e l’efficienza dell’Unione europea; dall’altro, l’UE stessa non osserva tali principi. Neppure il sito Internet dell’attuale Presidenza tiene in considerazione il fatto che il tedesco, con una quota del 18 per cento, è la lingua che conta il maggior numero di parlanti nativi nell’Unione, con un ulteriore 14 per cento di cittadini europei che lo parlano come lingua straniera.

Per l’Unione europea, è un’occasione mancata di essere più vicina ai propri cittadini. In pratica, l’adozione coerente di tre lingue di lavoro – tedesco, inglese e francese – consentirebbe di raggiungere la maggior parte della popolazione. Dal momento che il relatore ha evidentemente tratto una conclusione analoga, ho votato a favore della relazione.

 
  
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  Zita Pleštinská (PPE-DE), per iscritto. – (SK) La relazione ha dimostrato ancora una volta che l’articolo 45, paragrafo 2 presenta gravi lacune. La nuova relazione, che si basa sull’emendamento e sulla proposta supplementare, consentirà di modificare il testo originale presentato dal relatore e approvato dalla commissione patrocinatrice. Gli autori prendono la relazione e vi inseriscono nuovi paragrafi, sui quali il relatore non ha voce in capitolo. In tal modo, una relazione adottata in commissione sotto forma di alternativa approvata, sarà sostituita da un testo nuovo. Reputo tale procedura estremamente ingiusta nei confronti del relatore e mi auguro che nel prossimo futuro il Parlamento la riesamini e adotti una soluzione più giusta.

Trovo che la relazione Graça Moura sia molto equilibrata, perciò non ho votato a favore della proposta alternativa del gruppo PSE, ALDE e Verts/ALE. Dal momento che questa proposta è passata, la relazione originale non è stata votata. Concordo con il relatore quando afferma che la diversità linguistica e culturale influenza notevolmente la vita quotidiana dei cittadini. Essa rappresenta infatti un’enorme risorsa per l’Unione europea e dobbiamo pertanto sostenere i programmi per l’insegnamento delle lingue e gli scambi culturali e di studenti all’interno di un quadro che si estenda anche oltre i confini dell’UE.

I programmi di scambio per insegnanti di ogni ordine e grado, volti a perfezionare l’insegnamento di diverse materie nella lingua straniera, contribuiscono a preparare gli insegnanti, che possono quindi trasmettere tali competenze linguistiche ai loro alunni e studenti nel paese di origine. Vorrei lanciare un appello agli Stati membri perché portino avanti con coerenza la formazione degli insegnanti di lingua straniera e al tempo stesso assicurino loro un’adeguata retribuzione.

 
  
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  Zdzisław Zbigniew Podkański (UEN) , per iscritto. – (PL) La questione del plurilinguismo e della sua tutela pone alla Comunità una delle principali sfide. Le conseguenze della politica di plurilinguismo sono evidenti e di ampia portata, ma se erroneamente applicata, essa può sortire effetti fortemente negativi.

Una delle principali caratteristiche dell’Europa è la sua natura multiculturale, che trova espressione anche nel plurilinguismo. Essa costituisce pure un obbligo comune basato sulle necessità e sulla difficoltà di restituire alla multiculturalità una forza chiara capace di unire la Comunità, tale da produrre i suoi effetti anche al di là dei confini comunitari, per assicurare all’Europa il posto che le spetta nel panorama mondiale. La posta in gioco è alta. Una cattiva politica di plurilinguismo si basa sulla preferenza accordata a una o più lingue, condannando così le altre a un ruolo marginale in tutti gli ambiti dell’attività pubblica. La legislazione e le Istituzioni comunitarie rappresentano per l’Unione europea enormi potenzialità per attuare una buona politica linguistica, elemento che le attribuisce una responsabilità ancora maggiore.

La relazione Graça Moura non risolve tutti i problemi legati al diritto di ciascuna lingua europea a coesistere e ai privilegi che ne derivano. Accanto alle lingue ufficiali, in Europa se ne parlano numerose altre che rischiano – in misura variabile – l’estinzione. La tutela di queste lingue sarebbe espressione di una buona politica di plurilinguismo. La relazione, tuttavia, pone principalmente l’accento sull’apprendimento delle lingue ufficiali, anziché sull’applicazione dell’idea di multilinguismo. Questa questione richiede una politica razionale di tipo evoluzionistico e ritengo che una relazione che punta in questa direzione meriti di essere approvata.

 
  
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  Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto.(PT) La questione del multilinguismo è essenziale nel contesto europeo. Ho pertanto preso parte a varie iniziative volte a promuovere e ad assicurare il pieno rispetto per il plurilinguismo. L’Europa in cui credo è anche quella della diversità linguistica. È per tali ragioni che mi riconosco nella relazione originale presentata dall’onorevole Graça Moura. Tuttavia, come il relatore, non posso accettare che un’idea corretta del rispetto per la diversità linguistica e la libertà individuale e della famiglia possa o debba essere utilizzata come arma in uno scontro per l’estremismo nazionalista. La natura della nostra discussione non è e non dev’essere questa.

Il plurilinguismo è e dev’essere promosso nel nome di un’idea di rispetto per la diversità linguistica e culturale dell’Europa, in questo caso. Tuttavia, non è questo il momento né il luogo per un altro genere di scontro, in particolare quello che nega la sussidiarietà e la libertà.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Voto a favore la relazione del collega Moura, sul multilinguismo come risorsa per l’Europa e un impegno comune.

In particolare, da docente universitario, approvo con vigore la proposta di promuovere programmi per l’insegnamento delle lingue e per lo scambio culturale e di studenti, come i noti programmi di mobilità giovanile. Questi progetti, gestiti dalla DG istruzione e cultura della Commissione, consentono agli studenti di accrescere notevolmente il proprio bagaglio formativo, contribuendo, dunque, al cammino dell’UE verso una società basata sulla conoscenza.

 
  
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  Flaviu Călin Rus (PPE-DE), per iscritto. (RO) Ho votato a favore della proposta di risoluzione del Parlamento europeo sul “Multilinguismo: una risorsa per l’Europa e un impegno comune” [2008/2225(INI)] poiché ritengo che la diversità culturale e linguistica all’interno dell’Unione europea sia una risorsa preziosa che contribuisce efficacemente all’ “unità nella diversità”. Credo inoltre che gli scambi culturali e di studenti, come pure i programmi per l’insegnamento delle lingue straniere sia all’interno che al di fuori dell’UE, producano effetti positivi e debbano essere sostenuti.

 
  
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  Czesław Adam Siekierski (PPE-DE), per iscritto. – (PL) Il multilinguismo è indubbiamente una delle grandi virtù dell’Europa unita. Acquisire competenze linguistiche dovrebbe servire a migliorare le proprie qualifiche, a trovare un lavoro migliore o a stringere nuovi contatti interpersonali. Secondo ricerche annuali svolte da linguisti, gli individui plurilingui sono più capaci, dimostrano maggiore immaginazione e maggiore capacità di pensare in maniera originale rispetto a quelli monolingui. Sono inoltre più creativi e hanno orizzonti più vasti. Non starò a ribadire gli evidenti vantaggi derivanti dalla capacità di comunicare con un numero più vasto di persone, che spesso hanno una forma mentis totalmente diversa, legata a culture e popoli differenti.

Tali vantaggi del multilinguismo dimostrano che dobbiamo tutti dare la priorità all’apprendimento delle lingue e quanto sia importante che ciascun cittadino della Comunità goda di pari opportunità di accesso a tale forma di istruzione. Sono pertanto a favore di tutte le iniziative della Commissione volte ad approfondire e valorizzare lo studio delle lingue straniere, nonché metodi e programmi per il loro apprendimento. Credo che lo scopo di tali iniziative sia quello di armonizzare in futuro l’apprendimento delle lingue in tutta l’Unione europea, contribuendo così a una migliore competenza linguistica che si tradurrà, in ultima analisi, nel numero di cittadini comunitari altamente qualificati.

 
  
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  Catherine Stihler (PSE), per iscritto. (EN) Il multilinguismo è una grande risorsa del Parlamento europeo: come unica istituzione al mondo in grado di lavorare con la traduzione simultanea in 23 lingue diverse, dovremmo fare tutto il possibile per mantenere questa caratteristica unica del nostro lavoro. Tutti i cittadini dell’Unione europea dovrebbero poter leggere nella propria lingua a proposito dell’attività delle Istituzioni europee, e gli Stati membri dovrebbero fare il possibile per offrire loro la possibilità di parlare altre lingue comunitarie.

 
  
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  Andrzej Jan Szejna (PSE), per iscritto. – (PL) Approvo con vigore il multilinguismo dell’Unione europea. Esso esalta il pluralismo culturale, che è la dimostrazione della sua unicità. In un’Europa unita, le competenze linguistiche dei cittadini dovrebbero essere costantemente accresciute. Il multilinguismo è un elemento essenziale dell’integrazione europea, che consente ai cittadini dell’UE di scegliere liberamente il luogo in cui risiedere e cercare lavoro. Al contempo, è necessario sottolineare l’importanza della lingua madre come mezzo per conseguire un’istruzione e qualifiche professionali adeguate.

Dovremmo prestare particolare attenzione alla costante necessità di migliorare le competenze degli insegnanti di lingue straniere e di introdurre nuovi metodi d’insegnamento. Il relatore sottolinea l’importanza di fornire assistenza a quei cittadini che desiderano apprendere le lingue straniere attraverso lo studio individuale, e cita inoltre la rilevanza dell’apprendimento delle lingue da parte degli anziani. Mi associo al relatore nel ritenere essenziale l’assistenza permanente ai cittadini nell’apprendimento delle lingue straniere e nel sostenere che è necessario prestare particolare attenzione agli individui in situazioni disagiate. Credo che imparare una lingua serva a combattere la discriminazione e a sostenere l’integrazione tra i paesi di un’Europa unita.

Sono pienamente favorevole alle richieste del Parlamento europeo relative al plurilinguismo dell’Europa.

 
  
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  Anna Záborská (PPE-DE), per iscritto. – (SK) La risoluzione sul multilinguismo è una risorsa per l’Europa e un importante passo in avanti verso un’Europa più colta: insiste infatti perché le lingue ufficiali dell’UE vengano riconosciute come paritarie in tutti gli ambiti della vita pubblica. Sono fermamente convinta che la diversità linguistica dell’Europa rappresenti una grande risorsa culturale: l’UE commetterebbe un errore se si limitasse soltanto a un’unica lingua.

La risoluzione afferma l’importanza del multilinguismo, che riguarda non soltanto la sfera economica e sociale, ma anche la produzione culturale e scientifica e la relativa promozione, nonché la rilevanza delle traduzioni letterarie e tecniche per lo sviluppo a lungo termine dell’Unione europea.

Le lingue rivestono infine un ruolo importante nel formare e rafforzare l’identità.

Il multilinguismo è un concetto che ha ampie ramificazioni: ha un impatto enorme sulla vita dei cittadini europei. Agli Stati membri spetta il compito di integrare il multilinguismo non soltanto nell’istruzione, ma in tutte le politiche future.

Apprezzo la proposta secondo cui i funzionari che sono a contatto diretto con cittadini di altri Stati membri nello svolgimento del proprio lavoro dovrebbero studiare una seconda lingua comunitaria.

Il ruolo delle Istituzioni comunitarie è essenziale per assicurare il rispetto dei principi di uguaglianza linguistica, tanto nelle relazioni tra Stati membri, quanto all’interno delle singole Istituzioni europee, nonché nelle relazioni tra cittadini dell’Unione europea e istituzioni nazionali, organi comunitari e istituzioni internazionali.

Ho votato a favore della risoluzione, mi congratulo con il relatore e sono orgogliosa di essere stata la prima deputata slovacca a lanciare una discussione sul multilinguismo all’interno del contesto istituzionale tramite una dichiarazione scritta.

 
  
  

- Relazione van Nistelrooij (A6-0083/2009)

 
  
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  Edite Estrela (PSE), per iscritto.(PT) Ho votato a favore della relazione van Nistelrooij, considerata l’importanza della coesione territoriale per assicurare che l’Unione europea prosegua sulla via dello sviluppo sostenibile e armonioso, trasformando progressivamente la coesione territoriale e la diversità in una risorsa.

Il Libro verde rappresenta un importante passo in avanti nello sviluppo della coesione territoriale e nelle responsabilità condivise dell’Unione. Incoraggia inoltre un ampio dibattito su questo tema tra Istituzioni europee, autorità nazionali e regionali, partner economici e sociali e altri soggetti coinvolti nell’integrazione europea e nello sviluppo territoriale.

I principali aspetti positivi sono il valore attribuito al potenziale del territorio europeo e alla sua diversità, come pure i tre concetti centrali per uno sviluppo più equilibrato e armonico in ciascuna regione: riduzione degli effetti negativi associati alle differenze di densità; collegamento fra territori per superare la distanza; e cooperazione per superare le divisioni.

 
  
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  Emanuel Jardim Fernandes (PSE), per iscritto.(PT) Mi congratulo con l’onorevole van Nistelrooij per la sua relazione e, in particolare, per la prontezza con cui ha accolto i vari emendamenti presentati al suo progetto di relazione.

Sono pienamente favorevole alla relazione.

Approvo la proposta di collegare la discussione sulla coesione territoriale a quella sul futuro della politica di coesione dell’Unione europea, considerato che la riforma di quest’ultima deve tenere conto delle conclusioni della prima.

Concordo con la valutazione del Libro verde contenuta nella relazione e con l’analisi del concetto di coesione territoriale; approvo inoltre le raccomandazioni per il futuro della coesione territoriale, in particolare per quanto riguarda:

- definizione di coesione territoriale;

- pubblicazione di un Libro bianco sulla coesione territoriale;

- rafforzamento dell’obiettivo di Cooperazione territoriale europea;

- integrazione della coesione territoriale nello sviluppo futuro di tutte le politiche comunitarie;

- elaborazione di ulteriori indicatori qualitativi;

- misurazione dell’impatto territoriale delle politiche settoriali della Comunità e presentazione di proposte per creare sinergie tra politiche territoriali e settoriali;

- elaborazione di una strategia comunitaria globale per le regioni con caratteristiche geografiche specifiche;

- istituzione di un esauriente sistema di assistenza graduale transitoria alle regioni in transizione; e

- sviluppo di una governance territoriale multi-livello.

Ho pertanto votato a favore.

 
  
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  Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. (SV) Nel testo presentato, il relatore sostiene che la politica di coesione è uno degli investimenti più riusciti dell’Unione europea. Una conclusione alquanto sorprendente, anche perché non più tardi dello scorso novembre, la Corte dei conti europea ha confermato che l’11 per cento dei 42 miliardi di euro approvati nel 2007 nel quadro della politica di coesione europea non si sarebbero mai dovuti erogare.

Il relatore pare esserne pienamente al corrente e, al paragrafo 17, invita i soggetti coinvolti nella discussione sulla coesione territoriale a escludere tutti i riferimenti alle implicazioni finanziarie e di bilancio della politica proposta: in altre parole, a far passare la cosa sotto silenzio.

La politica di coesione dell’Unione europea è mal formulata. Dal punto di vista socio-economico, che deve tenere in considerazione i soldi dei contribuenti, è un completo disastro. Ovviamente, Junilistan ha espresso voto contrario alla relazione nel suo complesso.

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. (PT) Che cosa implica il rifiuto da parte del Parlamento europeo delle nostre proposte per una risoluzione sul futuro della politica di coesione europea? Le nostre proposte sottolineavano che:

- l’obiettivo primario della politica strutturale dev’essere la promozione di una reale convergenza, che favorisca la ridistribuzione verso i paesi e le regioni meno sviluppati dell’Unione europea;

- l’obiettivo della riduzione del ritardo delle regioni più sfavorite non deve essere secondario rispetto alla coesione territoriale;

- si devono reperire nuovi fondi comunitari per nuove priorità, tanto più che le attuali risorse finanziarie della Comunità non sono sufficienti per far fronte alle esigenze di una reale convergenza;

- è necessario incrementare il bilancio comunitario al fine di promuovere la coesione economica e sociale a livello europeo;

- la gestione e la pianificazione del territorio sono di competenza di ciascuno Stato membro;

- è necessario adottare misure volte a eliminare il cosiddetto effetto statistico;

- la competitività non deve sostituirsi alla convergenza negli Stati membri e nelle regioni meno avanzati dal punto di vista dello sviluppo socio-economico; la politica di coesione e le risorse finanziarie ad essa associate non devono essere subordinate alla concorrenza e alla liberalizzazione sostenute dalla strategia di Lisbona.

Una possibile risposta potrebbe essere, quanto meno, che la decantata politica di coesione, di fatto, è arischio.ù

 
  
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  James Nicholson (PPE-DE), per iscritto. (EN) Il concetto di coesione territoriale viene ormai incluso tra gli obiettivi principali dell’Unione, accanto alla coesione sociale e a quella economica.

La coesione territoriale mira essenzialmente a uno sviluppo equilibrato in tutta l’Unione europea, e in tale contesto dovrebbe rappresentare un obiettivo centrale di tutte le politiche comunitarie. La relazione sottolinea il fatto che la coesione territoriale assumerà particolare rilevanza soprattutto per le aree geograficamente svantaggiate come le regioni montuose e insulari.

Per conseguire tale obiettivo, la Commissione deve ora procedere con un pacchetto legislativo che preveda misure e azioni politiche concrete relative alla coesione territoriale.

 
  
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  Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Quella sulla coesione territoriale è ben più che una discussione sugli aspetti di bilancio o sulle politiche comunitarie: si tratta di un dibattito sui principi guida di uno dei concetti fondanti e fondamentali della nostra concezione di Europa. La valutazione della politica di coesione e la ricerca delle soluzioni più appropriate in un’Europa allargata a 27 membri, che attualmente sta attraversando una crisi economica, merita pertanto il nostro consenso e il nostro plauso. Ciò non significa tuttavia che siamo tenuti ad approvare o applaudire l’intero contenuto del Libro verde.

In ragione dei criteri che riteniamo importanti, i tre concetti fondamentali di questa valutazione sono corretti, ossia: riduzione degli effetti negativi associati alle differenze di densità della popolazione; collegamento fra territori per superare la distanza; e cooperazione per superare le divisioni. Tuttavia, proprio per la natura di quanto è in gioco, il livello di aiuti strutturali non può dipendere dal numero di abitanti interessati; anzi, proprio il contrario. Il concetto stesso di coesione territoriale deve basarsi sull’obiettivo di rendere attraente e vivibile un’area che invece la popolazione sta abbandonando. Questo è uno dei nostri obiettivi, e va perseguito con chiarezza.

Il concetto di coesione è fondamentalmente un’idea di solidarietà che coinvolge ciascuno di noi e dalla quale tutti possiamo trarre beneficio.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Esprimo il mio voto contrario in merito alla relazione del collega van Nistelrooij, sulla coesione territoriale e stato della discussione sulla futura riforma della politica di coesione sul Libro verde sulla coesione territoriale e lo stato della discussione sulla futura.

Le ragioni del mio disaccordo scaturiscono da una visione diversa di coesione territoriale, per questo non mi sento di convenire con le considerazioni del relatore.

 
  
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  Catherine Stihler (PSE), per iscritto. (EN) Concordo con il relatore sulla necessità di definire in maniera più chiara il principio di coesione territoriale.

 
  
  

- Relazione Vlasák (A6-0031/2009)

 
  
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  Filip Kaczmarek (PPE-DE), per iscritto. – (PL) Ho votato a favore della relazione Vlasák sulla dimensione urbana della politica di coesione del nuovo periodo di programmazione. Io vivo a Poznañ, capoluogo della regione Wielkopolska, e ho modo di constatare quasi quotidianamente gli effetti positivi che lo sviluppo della città esercita sull’intera regione. Mi arrischierei quasi a dire che la tanto attesa sinergia tra sviluppo urbano e regionale è diventata realtà.

Lo sviluppo urbano non ha nulla a che vedere con il centralismo locale. Chi si oppone allo sviluppo delle grandi città spesso non ne conosce l’importanza nel contesto delle regioni in cui esse si trovano. Proprio in ragione della loro natura, talune funzioni dei grandi insediamenti urbani non possono essere trasferite nelle aree rurali. Chi ha il compito di amministrare le città è investito di responsabilità particolari: incarichi come la pianificazione, la gestione degli spazi, il dialogo sociale, la cultura e l’istruzione, e la creazione di posti di lavoro sostenibili basati sulla conoscenza, sono estremamente complessi. Alcune di queste responsabilità richiedono una stretta collaborazione con gli enti locali ad altri livelli.

È importante inoltre che la dimensione urbana della politica di coesione non sia antagonista, bensì complementare allo sviluppo rurale. Sia le aree rurali che quelle urbane possono e devono svilupparsi, e l’Unione europea sostiene entrambi i processi.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Esprimo il mio voto contrario sulla relazione del collega Vlasák, sulla dimensione urbana della politica di coesione nel nuovo periodo di programmazione.

Nonostante comprenda l’importanza di uno sviluppo urbano sostenibile, ritengo sia difficile realizzarlo senza una definizione comune di "aree urbane".

 
  
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  Brian Simpson (PSE), per iscritto. (EN) Sono favorevole alla relazione e vorrei cogliere questa opportunità per ribadire la necessità di un approccio integrato alla politica di coesione.

L’integrazione, tuttavia, deve costituire uno strumento per ottenere dei benefici, anziché una misura potenzialmente restrittiva, e tale elemento deve essere tenuto attentamente sotto controllo.

La coesione urbana è fondamentale per conseguire un progresso economico e sociale sostenibile. A tale proposito, vorrei sottolineare il ruolo dei trasporti e la presenza di moderne infrastrutture per il trasporto come elemento essenziale per portare la politica di coesione nelle aree urbane.

 
  
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  Catherine Stihler (PSE), per iscritto. (EN) La dimensione urbana della politica di coesione merita una collocazione prioritaria.

 
  
  

- Relazione Mikolášik (A6-0108/2009)

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Esprimo il mio voto contrario sulla relazione del collega Mikolášik, sull’attuazione del regolamento sui Fondi strutturali per il periodo 2007-2013: risultati dei negoziati relativi alle strategie nazionali e ai programmi della politica di coesione.

 
  
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  Catherine Stihler (PSE) , per iscritto. − (EN) E’ necessario monitorare attentamente l'applicazione del regolamento sui Fondi strutturali per il periodo 2007-2013 per assicurare che il denaro dei contribuenti sia utilizzato correttamente e per poter valutare in maniera adeguata i programmi successivi al 2013.

 
  
  

– Relazione Becsey (A6–0041/2009)

 
  
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  Adam Bielan (UEN), per iscritto. – (PL) In Europa, le piccole e medie imprese rivestono un ruolo significativo nella creazione di posti di lavoro e pertanto dovremmo agevolare la loro attività. Vorrei sottolineare che sono favorevole a tutte le iniziative che mirano a promuovere le piccole e medie imprese all'interno dell'Unione europea e ad agevolare chi vuole avviare un'impresa a carattere individuale.

Ho votato favorevolmente la relazione Becsey perché valuta positivamente le iniziative di microcredito in Europa.

 
  
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  Šarūnas Birutis (ALDE), per iscritto. (LT) Il successo dell'iniziativa europea sul microcredito potrebbe contribuire notevolmente al raggiungimento degli obiettivi della strategia di Lisbona rinnovata per la crescita e l'occupazione, nonché alla creazione di un'economia europea innovativa, creativa e dinamica. Le piccole imprese rappresentano una fonte primaria di crescita, occupazione, capacità imprenditoriale, innovazione e coesione all’interno dell’Unione europea. Il microcredito può innanzi tutto sostenere una delle quattro priorità della strategia di Lisbona; per la precisione, è in grado di liberare il potenziale economico favorendo l'integrazione o la reintegrazione sociale ed economica delle persone attraverso un'attività indipendente. In realtà, solo la crescita significativa del livello di occupazione potrà sancire il successo della strategia di Lisbona. L’esito dell'iniziativa europea nel campo del microcredito dovrebbe avere carattere innovativo, concentrandosi su categorie di beneficiari ai quali finora non è stata prestata sufficiente attenzione.

 
  
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  Małgorzata Handzlik (PPE-DE), per iscritto. – (PL) Il successo dell' attività di microcredito nell'alleviare la povertà nei paesi in via di sviluppo – soprattutto nell’Asia meridionale e in America Latina – non è stato ancora trasferito nel contesto UE. L’esigenza di tale attività è tuttavia molto forte, principalmente tra coloro che non sono in grado di accedere a finanziamenti tramite il settore bancario tradizionale. L'attività di microcredito è differente da quella bancaria tradizionale: questo credito viene in molti casi concesso non solo per motivi economici o per la realizzazione di profitti, ma anche per favorire la coesione, nel tentativo di integrare chi si trova in una situazione svantaggiata e desidera avviare una microimpresa.

Il successo dell'iniziativa europea sul microcredito potrebbe contribuire al raggiungimento degli obiettivi della strategia di Lisbona rinnovata per la crescita e l'occupazione, nonché alla creazione di un'economia europea più innovativa, creativa e dinamica. In particolare, potrebbe contribuire a realizzare l’obiettivo prioritario di liberare potenziale economico tramite il sostegno all’integrazione, o la continua integrazione economica e sociale degli individui attraverso il lavoro autonomo.

Per questo motivo sostengo la richiesta del relatore di adeguare in modo appropriato i quadri istituzionali, giuridici e commerciali nazionali per promuovere un ambiente che agevoli lo sviluppo del microcredito e per creare un quadro europeo armonico per gli istituti non bancari di microfinanza.

 
  
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  Bogusław Liberadzki (PSE) , per iscritto. – (PL) Ho votato a favore della relazione recante raccomandazioni alla Commissione sull’iniziativa europea per lo sviluppo del microcredito a sostegno della crescita e dell’occupazione. Convengo con il relatore quando sostiene che le piccole imprese rappresentano una fonte primaria di crescita, occupazione, capacità imprenditoriale, innovazione e coesione nell'UE.

Dovremmo sottolineare che il microcredito viene spesso concesso non solo per motivi economici e per la realizzazione di profitti, ma anche per il ruolo di coesione che svolge, in quanto tenta di integrare o reintegrare le persone svantaggiate nella società.

Sono favorevole all’approvazione della relazione. Per quanto riguarda la capacità del microcredito di liberare il potenziale economico sostenendo le persone attraverso un'attività indipendente, ritengo che tale sistema dovrebbe essere introdotto nell’Unione europea.

 
  
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  Jamila Madeira (PSE), per iscritto.(PT) La relazione riveste un’importanza essenziale nel contesto dello impegno dell’Unione europea nella politica di coesione e nella cooperazione allo sviluppo.

Questa posizione è stata ampiamente condivisa dal Parlamento europeo nella sua relazione scritta P6_TA(2008)0199 approvata in data 8 maggio 2008, della quale ho avuto l’onore di essere tra i primi firmatari.

Ho pertanto votato a favore di questa relazione, poiché qualsiasi iniziativa di investimento ed espansione in questo settore è essenziale e urgente, ancor più nell’attuale clima di crisi economica e finanziaria. La Commissione e del Consiglio devono quindi mirare a un’iniziativa specifica e in tempi rapidi per aumentare la credibilità e la coerenza del sistema.

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. Il successo dei sistemi di microcredito nell'alleviare la povertà nei paesi in via di sviluppo non è ancora stato trasferito a livello europeo. Sono favorevole a questa relazione poiché il successo dell'iniziativa europea sul microcredito potrebbe contribuire in maniera significativa al raggiungimento degli obiettivi della strategia di Lisbona rinnovata, dal momento che le piccole imprese rappresentano una fonte primaria di crescita, occupazione, capacità imprenditoriale, innovazione e coesione nell'UE.

 
  
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  Alexandru Nazare (PPE-DE), per iscritto. (RO) Sono attualmente in corso discussioni sulle misure da adottare per rilanciare le attività di credito. Nell'attuale crisi economica, e soprattutto in paesi come la Romania, che al momento stanno negoziando la concessione di finanziamenti da parte delle istituzioni finanziarie internazionali, è indispensabile che le banche tornino a svolgere la loro funzione principale, ossia riprendere a concedere credito alla popolazione.

Reputo innovativa la relazione Becsey perché riapre la discussione sulla questione, seppure da un punto di vista diverso, tentando di uscire dal sistema bancario per trovare soluzioni all’attuale stallo finanziario.

La relazione identifica tra i destinatari del microcredito i gruppi sociali svantaggiati, come le minoranze, la comunità rom e gli abitanti delle aree rurali, che possiedono un potenziale ancora non sfruttato e desiderano avviare una piccola impresa, ma non sono in condizione di ottenere finanziamenti dalle banche. Questi soggetti non hanno grandi possibilità di scelta.

Per questo ritengo opportuna la proposta dell’onorevole Becsey di istituire un fondo comunitario finalizzato alla promozione del microcredito per quelle persone e imprese che non godono di un accesso diretto ai mutui bancari e di incentivare l’informazione rispetto a questi strumenti di finanziamento.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Esprimo la mia volontà di astenermi riguardo alla relazione presentata dal collega Becsey in merito all'iniziativa europea per lo sviluppo del microcredito a sostegno della crescita e dell'occupazione.

Mi trovo d'accordo su alcuni punti della relazione, ma sono decisamente contrario a diversi altri punti e per questo motivo non posso dare il mio pieno appoggio al testo presentato, confermando la mia astensione.

 
  
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  Catherine Stihler (PSE), per iscritto. − (EN) Il microcredito può contribuire a far uscire dalla povertà molte persone tra le più svantaggiate, in particolare le donne: le istituzioni europee e gli Stati membri dovrebbero incrementare il proprio sostegno a tali iniziative.

 
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