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Procedura : 2008/0127(COD)
Ciclo di vita in Aula
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Testi presentati :

A6-0002/2009

Discussioni :

PV 24/03/2009 - 12
CRE 24/03/2009 - 12

Votazioni :

PV 25/03/2009 - 3.3
CRE 25/03/2009 - 3.3
Dichiarazioni di voto
Dichiarazioni di voto

Testi approvati :

P6_TA(2009)0169

Resoconto integrale delle discussioni
Mercoledì 25 marzo 2009 - Strasburgo Edizione GU

4. Dichiarazioni di voto
Video degli interventi
Processo verbale
  

Dichiarazioni di voto orali

 
  
  

- Relazione Ludford (A6-0143/2009)

 
  
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  Daniel Hannan (NI). – (EN) Signora Presidente, le frontiere esterne definite rappresentano un attributo imprescindibile della condizione di nazione. Tutte le altre funzioni possono essere devolute ai governi locali o delegate alle associazioni internazionali, ma uno Stato che non decide più chi è autorizzato a varcare i suoi confini e insediarsi nel suo territorio cessa di essere uno Stato.

Gli eurofederalisti – compresa l’autrice di questa relazione, la cara baronessa Ludford – hanno ben chiaro questo punto, ragion per cui negli ultimi cinque anni hanno devoluto tutti i loro sforzi all’armonizzazione della giustizia e degli affari interni. Con il meraviglioso titolo di ispirazione orwelliana in stile ministero della Verità, “lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia”, hanno armonizzato l’immigrazione e l’asilo, hanno creato un pubblico ministero europeo, una magistratura paneuropea, un sistema unico di giustizia penale e addirittura, con Europol, una forza di polizia comune. Ovviamente, dal loro punto di vista – e di quelli che ambiscono a un unico Stato europeo – il tutto segue una sua logica, ma vorrei che avessero il coraggio e la gentilezza di chiedere prima agli altri e di mettere ai voti il trattato di Lisbona. Pactio Olisipiensis censenda est!

 
  
 

 
  
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  Alexander Alvaro (ALDE). – (EN) Signora Presidente, a discapito delle parole dell’onorevole Schulz, vorrei chiedere al presidente del Parlamento di considerare che dovremmo seguire gli insegnamenti di Voltaire, soprattutto vista la mia provenienza da un partito liberale: anche se non condivido una sola virgola di quanto affermato dal collega, ritengo che abbia il diritto di esprimere la propria opinione – come gli altri due. Credo nella parità di trattamento, e possiamo sicuramente accettare un parere. Non dovremmo rinunciare al diritto di libertà di parola sulla questione, anche se sono completamente in disaccordo con le sue affermazioni.

 
  
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  Presidente. Grazie, onorevole Alvaro. Avevo detto chiaramente di avere tutte le intenzioni di dare la parola all’onorevole Gollnisch, ma prima volevo concludere la votazione.

 
  
  

- Relazione Seppänen (A6-0109/2009)

 
  
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  Daniel Hannan (NI). – (EN) Signora Presidente, abbiamo appena votato per raddoppiare il capitale della Banca europea per gli investimenti. Ritengo sia opportuno fare un passo indietro e chiedersi “A cosa serve la Banca europea per gli investimenti?” In teoria serve a mettere a disposizione prestiti agevolati alle aziende in difficoltà, ma chi sono i veri beneficiari?

Negli anni novanta, l’unico grande beneficiario della generosità della BEI nel Regno Unito è stata la British Airways, che fatico a definire una piccola azienda che opera con margini di profitto ridotti all’osso. Non posso fare a meno di notare a margine che, per tutto il periodo in questione, la British Airways è stata anche uno degli sponsor principali della campagna per far aderire il Regno Unito all’euro.

Faccio un altro passo indietro e mi chiedo: qual è lo scopo della Banca europea per gli investimenti? Credo che la risposta a questa domanda sia che l’obiettivo della BEI è dare lavoro ai propri dipendenti. Si è lasciata invischiare nell’organizzazione criminosa di Bruxelles, questo meccanismo gigantesco che sottrae soldi ai contribuenti e li distribuisce a coloro che hanno la fortuna di essere impiegati nel sistema. L’Unione sarà anche stata un progetto idealista un tempo – o per lo meno ideologico – ma da tempo ormai è diventata un modo comodo per guadagnarsi da vivere, che è quello che la rende così spaventosamente difficile da smantellare.

 
  
  

- Relazione Marinescu (A6-0002/2009)

 
  
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  Michl Ebner (PPE-DE). – (DE) Signora Presidente, vorrei ribattere all’onorevole Hannan che la Banca centrale europea è vantaggiosa anche perché noi non abbiamo subito una svalutazione della moneta paragonabile a quella che negli ultimi mesi ha sfortunatamente colpito la sterlina inglese. Forse a questo punto dovrebbe riconsiderare la sua posizione.

Per quanto riguarda la relazione Marinescu, ho votato consapevolmente a favore. Ritengo che i blocchi funzionali di spazio aereo rappresentino la risposta giusta alle sfide odierne. Sono un po’ in ritardo, ma meglio tardi che mai. Offrono un vantaggio importante sotto forma di riduzione degli ingorghi di traffico e dei corridoi congestionati, e in aggiunta a ciò andranno a vantaggio dell’ambiente e manterranno bassi i costi dei biglietti aerei. Per tale ragione ritengo che i servizi di navigazione aerea svolgeranno un ottimo lavoro in questo senso.

 
  
  

- Relazione Marinescu (A6-0515/2009)

 
  
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  Michl Ebner (PPE-DE). – (DE) Signora Presidente, vorrei cogliere l’occasione non solo per spiegare perché ho votato a favore, ma anche per sollevare una questione che mi sta molto a cuore, segnatamente il problema della tassazione del carburante per l’aviazione. Tale questione è ancora disciplinata dalla convenzione di Chicago del 1944. Non riesco a capire perché dobbiamo ancora conformarci a tale norma e perché gli Stati Uniti ci costringano a subire un’imposizione o non ci permettano di cambiare una norma che si sarebbe dovuta modificare molto tempo fa; non è giusto che la benzina per le auto, le reti di trasporto e così via sia soggetta a tassazione, mentre il carburante per gli aerei non lo sia. Si tratta di distorsione della concorrenza, e noi potremmo introdurre un’imposta sul carburante per l’aviazione e migliorare la concorrenza nell’Unione a 27, per lo meno in una fase provvisoria.

 
  
  

- Relazione Liotard (A6-0512/2009)

 
  
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  Anja Weisgerber (PPE-DE). – (DE) Signora Presidente, il regolamento sui nuovi prodotti alimentari garantisce all’Unione europea l’armonizzazione dell’autorizzazione e dell’impiego di tali alimenti e ingredienti nuovi. Si tratta di un passo importante per una garanzia completa in materia di sicurezza alimentare. Senza questo regolamento, non avremmo avuto alcun controllo sulle autorizzazioni né alcuna restrizione. Grazie a tale regolamento, vigeranno criteri rigorosi che andranno a vantaggio della protezione del consumatore. Al momento di concedere le proprie autorizzazioni, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare deciderà in ultima analisi sulla sicurezza dei nuovi prodotti alimentari, garantendo l’armonizzazione in tutta Europa.

Oltre alla sicurezza, anche le questioni etiche correlate ai nuovi prodotti alimentari sono altrettanto importanti. Tra queste si annoverano la questione della rinuncia alle sperimentazioni sugli animali o della prevenzione dell’uso di alimenti clonati. Mi rallegro che si terrà conto di tali aspetti etici durante il processo di autorizzazione. In caso di riserve di natura etica, gradiremmo che si considerasse il parere del Gruppo europeo per l’etica delle scienze e delle nuove tecnologie.

Sono grata che sia stato incluso anche questo aspetto, che mi ha permesso di votare a favore della relazione nel suo complesso.

 
  
  

- Relazione Böge (A6-0110/2009)

 
  
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  Antonio Masip Hidalgo (PSE). – (ES) Signora Presidente, per rimanere sul tema del bilancio, ritengo che ci dovremmo preparare a negoziare un proseguimento del sostegno a favore del carbone per il prossimo anno; è una fonte interna di energia imprescindibile.

Lo dico con dovuto anticipo perché un alto funzionario si è impropriamente permesso di esprimere il proprio parere contrario rivelandolo a una pubblicazione economica e confondendo così l’opinione pubblica.

Non è affatto così. Dopo il 2012 dovremo continuare a sostenere il carbone proveniente dal mio paese, e vorrei che il processo verbale della seduta ne facesse menzione. Funzionari, limitatevi ad attuare il piano in vigore e poi, a partire dal 2012, lo strumento che inizieremo a negoziare con il settore l’anno prossimo.

 
  
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  Mario Borghezio (UEN). Signor Presidente, onorevoli colleghi, il Parlamento europeo, in veste di autorità di bilancio, deve contribuire con le sue valutazioni alla revisione del quadro finanziario 2007-2013.

Mi permetto di sollecitare l'attenzione del relatore, ma anche della Presidenza, soprattutto della Presidenza, perché si faccia luce, al fine appunto di queste valutazioni, su una questione che sta emergendo ed è quella del default non so se totale o parziale del fondo pensione integrativo volontario dei parlamentari europei.

Mi permetto di sollecitare l'attenzione del relatore, ma anche della Presidenza, soprattutto della Presidenza, perché si faccia luce, al fine appunto di queste valutazioni, su una questione che sta emergendo ed è quella del default non so se totale o parziale del fondo pensione integrativo volontario dei parlamentari europei.

Io non vorrei, ma la mia preoccupazione non è la mia pensione o quella degli altri parlamentari, la mia preoccupazione è che il contribuente europeo sia costretto domani, tramite il Parlamento europeo, a richiedere dei fondi aggiuntivi all'Unione europea per sanare un buco la cui responsabilità deve essere attribuita e pagata da chi l'ha fatto. Siamo un organo di controllo, controlliamo prima noi stessi e le nostre attività e i fondi pagati dal Parlamento europeo e dai parlamentari europei.

 
  
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  Christopher Heaton-Harris (PPE-DE). – (EN) Signora Presidente, fa sempre piacere presenziare con lei alle dichiarazioni di voto. Presto inizieranno a circolare delle voci.

La crisi finanziaria attuale ha messo in luce i problemi correlati ad un quadro finanziario in vigore per un periodo così lungo. Un paio d’anni fa, chi avrebbe potuto prevedere l’entità dei danni causati dalla stretta sul credito e dalle sue conseguenze? La revisione in questione dà alla nostra Assemblea una grande opportunità e mette a nudo un problema. Il problema cui mi riferisco è stato in effetti causato da noi.

A Bruxelles è stata creata una nuova industria. Non si tratta di un’industria manifatturiera, anche se crea un certo numero di posti di lavoro. E’ un’industria guidata dai gruppi di interesse e in particolare dalle ONG. E’ un’attività piuttosto losca. Si autoalimenta. La Commissione consulta le ONG su una questione, le ONG chiedono un intervento, fanno pressione sugli europarlamentari per ottenere sostegno politico in tal senso, la Commissione alla fine crea un programma nel settore designato e – sì, avete indovinato! – le ONG che avevano allertato la Commissione sulla necessità di tale programma si offrono esse stesse di gestirlo. Abbiamo sprecato un’occasione, avremmo potuto dire che in futuro non avremmo più agito così.

 
  
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  Philip Claeys (NI). – (NL) Signora Presidente, la relazione Böge rivolge un accorato appello per aumentare i finanziamenti dell’Unione europea, il che rappresenta ovviamente tutt’altro che una sorpresa. L’aspetto che tuttavia mi disturba è che abbiamo davanti agli occhi l’ennesima relazione che fa riferimento specifico al trattato di Lisbona, un accordo reso nullo dal referendum tenutosi in Irlanda. E così, visto che evidentemente gli irlandesi si sono sbagliati la prima volta, il prossimo autunno dovranno votare nuovamente per un nuovo referendum. Ci si aspetterebbe per lo meno che il Parlamento europeo avesse l’accortezza di attendere il verdetto degli elettori prima di approvare testi che fanno riferimento al trattato di Lisbona. Ieri abbiamo approvato un’altra relazione sul dialogo con i cittadini in Europa. Ebbene, se vogliamo veramente che tale dialogo funzioni, dobbiamo per lo meno mostrare rispetto per la decisione degli elettori.

 
  
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  Jim Allister (NI). – (EN) Signora Presidente, ho votato contro la relazione in oggetto per due motivi. In primo luogo, per le sue richieste imprudenti e sfrontate di aumentare nuovamente i fondi per alimentare le spese dissennate dell’Unione – che per il Regno Unito si traducono in richieste di un contributo netto annuo ancora più elevato, che aggraverebbe il nostro disavanzo.

La seconda ragione per cui ho votato contro è la presunzione che viene espressa di un’attuazione del trattato di Lisbona, senza tener alcun conto del fatto che tale trattato non ha superato l’esame delle ratifiche a cui è stato sottoposto. Inoltre, Lisbona stessa provocherebbe un aumento della spesa a causa delle nuove competenze e iniziative, come ad esempio lo spreco smisurato delle politiche per lo spazio, che rientrerebbero nelle sue competenze, nonché di ulteriori politiche correlate al cambiamento climatico. Sono queste le ragioni che mi hanno indotto a votare contro la relazione.

 
  
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  Neena Gill (PSE). – (EN) Signora Presidente, accolgo con favore la revisione del quadro finanziario, anche se sono dispiaciuta che l’emendamento che chiedeva una riforma radicale della politica agricola comune sia stato sconfitto nella votazione odierna. Ritengo vi sia la necessità impellente di riformare il sistema dei finanziamenti comunitari, ed è deplorevole che molti flussi di finanziamenti rappresentino impegni storici e obsoleti con ben poco valore aggiunto.

Non abbiamo conferito priorità alle nuove questioni che non dispongono di risorse sufficienti. Bisogna finanziare con urgenza i programmi sul tema dell’energia e del cambiamento climatico, e investire cifre cospicue nelle tecnologie verdi. La mia perplessità maggiore riguarda però la rubrica 4, che da molti anni è oggetto di sottofinanziamenti cronici. Se da una parte l’Unione europea aspira a diventare un attore principale sul palcoscenico mondiale, dall’altra soffre della mancanza di risorse necessarie a conseguire tali obiettivi. Un altro tema che mi preoccupa è la tendenza a terzializzare tutti i programmi di finanziamenti esterni, con un impatto deleterio sul ruolo di attore globale ricoperto dall’Unione nei paesi in via di sviluppo. Ho comunque espresso il mio sostegno alla revisione.

 
  
  

- Proposta di risoluzione: B6-0141/2009 (APE – Stati del Cariforum)

 
  
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  Marian Harkin (ALDE). – (EN) Signora Presidente, vorrei fare un’osservazione sull’emendamento 9 alla risoluzione sugli Stati del Cariforum, i cui contenuti si ripetono identici nell’emendamento 4 alla risoluzione sulla Costa d’Avorio e nelle sei risoluzioni successive.

L’emendamento chiede l’eliminazione immediata delle sovvenzioni all’esportazione, cui non posso acconsentire perché la politica dell’Unione europea prevede una riduzione progressiva entro il 2013. Del resto, la Commissione ha appena aumentato le restituzioni all’esportazione nel settore lattiero-caseario per via del crollo del prezzo mondiale del latte al di sotto del costo di produzione.

L’emendamento afferma inoltre che le sovvenzioni all’esportazione dell’Unione europea rappresentano un grave ostacolo per gli agricoltori, gli allevatori e gli operatori del settore lattiero-caseario dei paesi ACP.

Sappiamo tutti che si tratta di un’esagerazione grossolana e che, se eliminassimo immediatamente ogni genere di sovvenzione all’esportazione, comprometteremmo l’intero settore e la sicurezza alimentare dei prodotti lattiero-casearii. Mi chiedo se siano veramente queste le intenzioni del Parlamento.

 
  
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  Syed Kamall (PPE-DE). – (EN) Signora Presidente, prima di iniziare desidero rendere omaggio all’oratore che mi ha preceduto, l’onorevole Allister. Non sempre condivido la veemenza con cui espone le proprie opinioni, ma devo ammettere che, se fossi un elettore dell’Irlanda del Nord, penserei che in quest’Aula non siede persona più fedele alla mia nazione dell’onorevole Allister.

Riguardo al voto odierno e all’accordo tra l’Unione europea e gli Stati del Cariforum, occorre riconoscere che, sebbene l’accordo susciti numerose perplessità per l’aggressività con cui l’Unione perseguirebbe l’apertura dei propri mercati, al contempo esso non fissa alcun termine per la liberalizzazione ed esorta molti paesi caraibici alla diversificazione. E’ infatti da troppo tempo che questi paesi fanno leva sulle colpe del Regno Unito e delle altre ex potenze coloniali per ricevere un trattamento preferenziale nel commercio di banane e zucchero.

Non si può continuare con la cosiddetta economia del postre se si vuole competere in un mondo digitalizzato e globalizzato: è questo il messaggio che approvo nell’accordo di partenariato economico.

 
  
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  Neena Gill (PSE). – (EN) Signora Presidente, ho votato a favore della risoluzione sugli accordi di partenariato economico, perché solo avviando una cooperazione paritaria con gli altri paesi li aiuteremo a godere dei vantaggi del progresso economico. Accolgo con favore le garanzie offerte dal nostro nuovo commissario, signora Ashton, per dissipare le tante perplessità sugli accordi: il commissario merita dunque tutto il nostro apprezzamento per aver trovato un consenso al riguardo.

La risoluzione in esame offre numerosi spunti per ovviare alle pecche del testo originale: le clausole relative ai diritti di proprietà intellettuale renderanno l’accesso ai farmaci generici più agevole e sicuro, mentre la proposta che ciascun paese scelga il proprio ritmo di sviluppo eviterà liberalizzazioni improvvise e deleterie.

L’Europa deve inoltre siglare un partenariato con i paesi ACP, purché questi non ne escano impoveriti sotto il profilo sia sociale che economico. Una recente missione ACP in Guyana ha dimostrato che le restrizioni virtuose agli scambi commerciali possono sortire un effetto straordinario, a patto gli accordi commerciali siano trasparenti e basati su un dialogo aperto e sul rispetto reciproco.

 
  
  

- Proposta di risoluzione: B6-0148/2009 (APE- Costa d’Avorio)

 
  
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  Syed Kamall (PPE-DE). – (EN) Signora Presidente, come per la stragrande maggioranza degli accordi di partenariato economico, sono state espresse molte preoccupazioni circa l’apertura asimmetrica dei mercati scelta dall’Unione. Soprattutto nel caso della Costa d’Avorio, suscitavano parecchie perplessità l’assenza di un governo stabile nel paese e l’opportunità di concludere un accordo con uno Stato in quelle circostanze.

Ancora una volta, bisogna però ammettere che l’accordo di partenariato economico offre un vantaggio: la possibilità, per la prima volta, di sentire la voce dei consumatori e degli imprenditori dei paesi coinvolti, anziché dei governi. E gli imprenditori di molti di questi Stati chiedono proprio di avere accesso ai beni e ai servizi di cui usufruiamo noi, abitanti dei paesi settentrionali e occidentali, affinché possano anch’essi creare ricchezza e lavoro e, a lungo termine, svincolarsi dagli aiuti.

Solo aiutando gli imprenditori, i potenziali fautori della ricchezza di un paese, potremo liberare questi Stati dal giogo della povertà di lunga durata.

 
  
  

- Proposta di risoluzione: B6-0143/2009 (APE- Stati del Pacifico)

 
  
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  Martin Callanan (PPE-DE). – (EN) Signora Presidente, mi scuso se stiamo ritardando il suo pranzo con le nostre dichiarazioni di voto.

In qualità di presidente della commissione per gli affari politici dell’Assemblea paritetica ACP-UE, mi sono spesso confrontato con molti di questi remotissimi Staterelli del Pacifico meridionale: essendo pressoché privi di risorse naturali e risultando inevitabilmente remoti e inaccessibili, è fondamentale favorire l’accesso dei loro prodotti ai nostri mercati e far sì che i nostri prodotti contribuiscano invece allo sviluppo dei mercati locali. Dovremmo prendere in considerazione la loro particolare collocazione geografica ed elaborare misure atte a mitigare i problemi che ne derivano, assistendoli lungo la strada dello sviluppo economico e del raggiungimento di quella ricchezza per noi così ovvia.

Gli accordi di partenariato economico in discussione contengono dunque vari elementi positivi, che mi hanno persuaso a votare a favore della relazione.

 
  
  

- Proposta di risoluzione: B6-0142/2009 (APE - Ghana)

 
  
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  Syed Kamall (PPE-DE). – (EN) Signora Presidente, credo che l’accordo con il Ghana sollevi un punto di grande rilievo: si afferma spesso, soprattutto tra le file del gruppo socialista di questo Parlamento, che non dovremmo appoggiare la diminuzione delle tariffe d’importazione in molti di questi paesi.

Prendiamo l’esempio del Ghana: nel paese si produce appena il 30-35 per cento del riso consumato dalla popolazione. Se continueremo a sostenere l’imposizione di tariffe d’importazione sul riso, otterremo il solo risultato che i cittadini del paese pagheranno prezzi più elevati per i prodotti alimentari e per i farmaci.

E’ vergognoso che i socialisti di questo Parlamento continuino a propugnare tariffe d’importazione che rendono i poveri ancora più poveri; dovrebbero piuttosto sostenere l’apertura dei mercati e permettere così che si offra assistenza sia alle imprese, sia ai cittadini indigenti.

 
  
  

- Relazione Mitchell (A6-0135/2009)

 
  
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  Marian Harkin (ALDE). – (EN) Signora Presidente, sostengo la relazione Mitchell, e soprattutto sottoscrivo il punto in cui il relatore afferma la necessità di una più intensa cooperazione tra le due banche, affinché non vi sia alcuna sovrapposizione nello svolgimento delle loro attività. Accolgo inoltre con particolare favore l’aumento del 50 per cento dei crediti per le piccole e medie imprese: i 5 miliardi di euro previsti inizialmente salgono così a 7,5 all’anno per i prossimi quattro anni e la Banca europea per gli investimenti ha segnalato la disponibilità di risorse aggiuntive.

E’ un’ottima notizia per le piccole e medie imprese irlandesi, che possono ora attendersi investimenti nell’ordine di 300 milioni di euro nelle prossime settimane. E’ fondamentale che le risorse stanziate arrivino alle piccole e medie imprese direttamente – come ricordato da un altro oratore – e tempestivamente, poiché molte si trovano in grave difficoltà e non possono attendere oltre.

 
  
  

- Proposta di risoluzione: RC-B6-0152/2009 (Futuro dell’industria automobilistica)

 
  
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  Martin Callanan (PPE-DE). – (EN) Signora Presidente, mi sono occupato a fondo dell’industria automobilistica quando ho avuto l’onore di essere il relatore ombra della relazione Sacconi sulle emissioni di CO2 dei veicoli leggeri. Quell’esperienza mi ha persuaso dell’immane valore strategico e commerciale che il settore riveste per l’Europa, e lo dico a maggior ragione in qualità di rappresentante dell’Inghilterra nord-orientale, che ospita l’enorme stabilimento di Washington, nella regione del Tyne and Wear, il più produttivo ed efficiente d’Europa.

Negli ultimi dieci anni l’industria automobilistica è stata però subissata di regole, norme e oneri imposti dalle istituzioni comunitarie e – ironia della sorte – è proprio la Commissione a lamentare adesso le pessime condizioni finanziarie in cui versa il settore. Non posso tuttavia credere che la risposta giusta stia nel protezionismo, anche perché in quel caso sarebbero tanti i settori costretti a bussare alla porta del contribuente.

Mi riferisco soprattutto alle infelici iniziative del presidente francese Sarkozy, il quale ha concesso aiuti di Stato ai produttori nazionali all’esplicita condizione che ritirassero le proprie attività dagli altri Stati membri. Questa strada condurrà irrimediabilmente al protezionismo e finirà per non giovare a nessuno in Europa.

 
  
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  Christopher Heaton-Harris (PPE-DE). – (EN) Signora Presidente, come può vedere i colleghi sono gelosi del nostro rapporto, ecco perché ci hanno fatto da chaperon questo pomeriggio. Spero di trovarla d’accordo con me.

Sappiamo tutti che il settore automobilistico versa in gravi condizioni finanziarie, documentate giorno dopo giorno dalle testate di tutti i peasi. La regione che rappresento ospita un grande stabilimento della Toyota a Burnaston, nei pressi di Derby, dove sono state già attuate diverse misure per abbattere i costi e adattarsi alla nuova situazione finanziaria. Nella nuova circoscrizione parlamentare di Daventry ha sede lo stabilimento in cui si produce il motore di precisione adoperato dalla McClaren in Formula 1, che conta 600 dipendenti.

Tutti i presenti dunque conoscono o rappresentano una qualche parte del settore automobilistico, nonché i problemi finanziari che si trova a fronteggiare. Eppure, quest’Assemblea è persino riuscita ad aggravarli, approvando norme su norme in tempi di prosperità e non curandosi del rischio che giungessero tempi di magra. L’industria automobilistica non può sopportare il peso di tutte le norme attuate.

Grazie per avermi permesso di concludere. So che la battuta iniziale mi è forse costata qualche secondo.

 
  
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  Presidente. Ed è comunque riuscito a menzionare Daventry. Oserei dire che lei e i suoi due colleghi dovreste forse ricambiare con un pranzo.

 
  
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  Syed Kamall (PPE-DE). – (EN) Signora Presidente, io e i miei due colleghi saremo felici di offrire un pranzo a lei e agli onorevoli ai suoi due lati, anche se non credo che troverà la nostra compagnia più piacevole dei nostri discorsi.

Conosciamo tutti le difficoltà che gli operatori di svariati settori incontrano nel richiedere l’accesso al credito. Sono infatti molte le imprese valide che, prima della crisi dei crediti, avrebbero incassato lauti proventi, mentre ora sono penalizzate non dall’adozione di un modello imprenditoriale sbagliato, bensì dall’inaccessibilità del credito. D’altro canto, esiste un numero altrettanto nutrito d’imprese che sono da anni in perdita o sull’orlo della bancarotta, ma restato a galla grazie agli aiuti di Stato.

Impariamo dall’esempio dell’America, dove gli aiuti sono stati concessi ad alcuni dei produttori meno efficienti e meno in grado di adattarsi alle contingenze. Assicuriamoci di non ripetere gli stessi errori, erogando aiuti di Stato o di altra natura a imprese destinate a soccombere nel lungo termine. Certo, occorre garantire posti di lavoro solidi e di lunga durata, ma assicuriamoci di non tenere in vita imprese destinate al fallimento.

 
  
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  Neena Gill (PSE). - (EN) Signora Presidente, non vi soprenderà che ho appoggiato la relazione sul futuro dell’industria automobilistica, un settore che, pur essendo spesso bersaglio di maldicenze, reputo fondamentale per il comparto manifatturiero di regioni come la mia, le West Midlands.

In Europa esso rappresenta il 20 per cento delle attività produttive e, a mio avviso, esemplifica le trasformazioni di cui un settore è capace, come ho potuto constatare io stessa durante una recente visita allo stabilimento della Jaguar Land Rover a Castle Bromwich. In quell’occasione, sono stata infatti profondamente colpita dalla lungimiranza dei sindacati e dal loro sodalizio con la dirigenza al fine di garantire le attività di ricerca e sviluppo per i veicoli verdi.

Ho inoltre esortato la Commissione ad approvare il sostegno offerto dal governo britannico all’industria automobilistica e sono lieta che il mio invito sia stato accolto. Occorre tuttavia migliorare la normativa e i principi adottati, a tutto vantaggio della futura legislazione comunitaria in materia di autoveicoli.

In questi tempi di rallentamento economico, il nostro atteggiamento verso del settore deve essere olistico: la componentistica per autoveicoli riveste infatti la medesima importanza dell’industria stessa. Occorre dunque mettere al sicuro il futuro della filiera. La scorsa settimana ho visitato lo stabilimento di pneumatici che la Michelin ha a Stoke e, anche in quel caso, sono rimasta colpita dalle risorse stanziate e dall’impegno profuso nella ricerca e nello sviluppo di pneumatici più efficienti, con un occhio anche alla sostenibilità sociale e ambientale. Non ha senso tutelare le imprese più grandi senza garantire un sostegno adeguato ai piccoli produttori a monte della filiera.

 
  
  

Dichiarazioni di voto scritte

 
  
  

- Relazione Ludford (A6-0143/2009)

 
  
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  Guy Bono (PSE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della raccomandazione in esame, presentata da un’esponente britannica del gruppo dell’Alleanza dei Liberali e dei Democratici per l’Europa, l’onorevole Ludford, sul tema "Istruzione consolare comune: gli identificatori biometrici e le domande di visto".

L’accordo in seconda lettura ci consente di ribadire la nostra disponibilità a introdurre i dati biometrici nel sistema d’informazione visti europeo. Grazie all’Istruzione consolare comune, riusciamo finalmente a garantire che tutti gli Stati membri emettano visti per i cittadini di quasi cento paesi, sulla base di criteri e caratteristiche simili.

Il testo ha dunque il pregio di introdurre misure fondamentali per la tutela dei cittadini comunitari, contemplando al contempo disposizioni mirare per garantire il rispetto della privacy e dei dati personali dei cittadini provenienti da paesi terzi.

 
  
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  Andreas Mölzer (NI), per iscritto. − (DE) L’inserimento di dati biometrici può ostacolare la falsificazione dei passaporti e degli altri documenti di viaggio, contribuendo così alla lotta alla criminalità organizzata e all’immigrazione clandestina. Tale obiettivo dipende però dal corretto rilevamento dei dati in questione e, a tale proposito, sussistono ancora dei problemi. Alcuni hacker si vantano on line della facilità con cui falsificano le impronte digitali nei moduli di registrazione tedeschi e sostengono che, riducendo il documento d’identità al formato di una carta di credito, diventa possibile manipolarlo digitalmente e compromettere l’affidabilità degli indicatori biometrici in esso riportati: basta questo per sollevare qualche dubbio su queste tecnologie. In ogni caso, occorre garantire la protezione dei dati del singolo cittadino durante tutto il trattamento degli indicatori biometrici raccolti e proprio per questo sono favorevole alla relazione.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Dopo aver attentamente valutato la raccomandazione per la seconda lettura riguardante gli elementi biometrici e le domande di visto per un'istruzione consolare comune, voto favorevolmente. Infatti, ritengo che la relazione presentata dalla onorevole Ludford abbia degli scopi assolutamente condivisibili, che sono finalizzati a facilitare l'organizzazione, il ricevimento e il trattamento delle domande di visto..

 
  
  

- Relazione Seppänen (A6-0109/2009)

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), iscritto. − Non mi sento di condividere in pieno la relazione dell'onorevole Seppänen sulla garanzia della Comunità accordata alla Banca europea per gli investimenti in caso di perdite dovute a prestiti e garanzie sui prestiti a favore di progetti realizzati al di fuori della Comunità, ma non intendo neanche esprimere il mio voto totalmente contrario. Per questo dichiaro la mia astensione in proposito.

 
  
  

- Relazione Marinescu (A6-0002/2009)

 
  
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  John Attard-Montalto (PSE), per iscritto. − (EN) Pur essendo parte dello Stato membro più piccolo dell’Unione europea, Malta e Gozo controllano un vasto spazio aereo. Giudico dunque fondamentale occuparsi delle prestazioni e della sostenibilità del sistema aeronautico. Come rilevato dalla commissione per i trasporti e il turismo, si deve partire dal presupposto che il modo più efficiente ed efficace per creare un cielo unico europeo consiste in una gestione dall’alto; ma non essendo mai stato possibile trovare un accordo politico in tal senso, ci si pone ora l’obiettivo di accelerare il processo avviato sulla base di una gestione dal basso.

Dobbiamo garantire che la riforma prevista dell’Organizzazione europea per la sicurezza della navigazione aerea (Eurocontrol) abbia luogo prima dell’entrata in vigore di questo regolamento. Il nostro impegno deve inoltre concentrarsi sulla creazione del cielo unico, parallelamente alla fase di sviluppo del Sistema europeo di nuova generazione per la gestione del traffico aereo (SESAR).

 
  
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  Alessandro Battilocchio (PSE), per iscritto. – per iscritto. − Sono a favore della relazione Marinescu in quanto la politica di allargamento dell'UE, accompagnata da un'attiva politica di vicinato, ha allargato il mercato europeo dell'aviazione a 37 paesi.

Con l'estensione del mercato unico del trasporto aereo, l'UE è adesso un attore di dimensioni mondiali. L’iniziativa cielo unico europeo (CUE) è stata lanciata nel 2000 e ha fatto confluire l’ATM nella politica comune dei trasporti. La competitività dell’industria europea del trasporto aereo necessita di un approccio di sistema globale caratterizzato da una visione comune, obiettivi e tecnologie, basati su di un quadro normativo solido.

A tale proposito, la Commissione ha presentato un pacchetto di proposte di cui però alcuni elementi possono essere migliorati, quali per esempio garantire l'indipendenza funzionale alle autorità nazionali di vigilanza e anche un maggiore coinvolgimento di tutte le parti. Per fare ciò è essenziale una cooperazione a livello politico, sociale e tecnico se si vuole raggiungere l'obiettivo del CUE.

Come il relatore, sostengo che la Commissione dovrebbe adoperarsi in primo luogo a definire obiettivi comunitari quantificabili e realizzabili incentrati sulla necessità di affrontare tutti i settori sensibili quali la sicurezza, l’ambiente, la capacità e l’efficacia in termini di costi.

 
  
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  Guy Bono (PSE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione sulle prestazioni e la sostenibilità del sistema aeronautico europeo, presentata dal nostro collega rumeno, l’onorevole Marinescu.

Il testo è parte del pacchetto "Cielo unico europeo II" e mira a migliorare le prestazioni del sistema aeronautico europeo.

La relazione ci permette di porre rimedio a problemi di varia natura: ambientali, grazie all’attuazione di misure intese a ridurre le emissioni di anidride carbonica; operativi, con la razionalizzazione del traffico aereo grazie all’aumento delle capacità e a una programmazione efficiente delle rotte; infine, problemi legati alla sicurezza dei cittadini europei, esortando i vari attori coinvolti a cooperare e coordinarsi.

In linea con il pacchetto "Cielo unico europeo II", la relazione ha inoltre il merito di propugnare un approccio dinamico alle sfide attuali, proponendo soluzioni di lungo termine per consentire un’effettiva trasformazione del settore aeronautico.

 
  
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  Nicodim Bulzesc (PPE-DE), per iscritto. – (RO) Ho votato a favore della relazione stilata dal mio collega, onorevole Marinescu, perché il pacchetto legislativo in esame mira a migliorare le prestazioni e la sostenibilità del sistema aeronautico europeo. Una normativa più efficace consentirà inoltre di accorciare i tempi di volo, diminuire i ritardi e ridurre il consumo di carburante.

 
  
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  Jörg Leichtfried (PSE), per iscritto. − (DE) Do il mio voto favorevole al testo sulle prestazioni e la sostenibilità del sistema aeronautico europeo. La gestione del traffico aereo è stata inglobata nella politica comune dei trasporti nel 2004 ai sensi del regolamento sul cielo unico europeo: l’allargamento ha poi ampliato il mercato aeronautico europeo a ben 27 paesi, facendo dell’Europa un attore globale. Si avvertiva dunque l’esigenza di mettere la legislazione comunitaria al passo con i recenti sviluppi.

Uno dei fulcri del cielo unico europeo è la creazione di blocchi funzionali di spazio aereo, basati non sui confini tra Stati, bensì sui flussi di traffico. Dovrebbe essere ora possibile ridurre le sessanta strutture esistenti, tra blocchi e centri di controllo, a un numero compreso tra le quindici e le venti.

Tale riduzione, oltre a rispecchiare l’idea di un’Europa unita, consente anche di risparmiare tempo, denaro e carburante. In passato, la frammentazione dello spazio aereo è stata tale da allungare la rotta di ogni volo di 49 chilometri in media. La Commissione calcola inoltre che si risparmierà tra il 7 e il 12 per cento delle emissioni di anidride carbonica. I blocchi funzionali di spazio aereo svolgono un ruolo fondamentale perché permettono l’accorpamento dei vari sistemi nazionali di controllo del traffico aereo in un’unica struttura europea, e dovrebbe essere istituito un loro coordinatore sul modello dei coordinatori RTE.

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. − (EN) Appoggio il testo in esame, che insiste sulla necessità di migliorare l’efficienza dei voli e minimizzare i ritardi nel traffico aereo. Guardo inoltre con favore all’introduzione di obiettivi prestazionali per la gestione del traffico aereo, che dovrebbero favorire il potenziamento della rete al fine di salvaguardare i progressi in ambito ambientale ed economico.

 
  
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  Nicolae Vlad Popa (PPE-DE), per iscritto. – (RO) Ho votato a favore della relazione stilata dal mio collega, onorevole Marinescu, allo scopo di migliorare le prestazioni e la sostenibilità del sistema aeronautico europeo.

Grazie all’iniziativa per la creazione di un cielo unico europeo, il mercato aeronautico comune ha registrato una crescita e un’evoluzione notevoli negli ultimi anni. Si sono tuttavia compiuti scarsi progressi nell’efficienza complessiva della configurazione e dell’utilizzazione della struttura delle rotte europee e, di conseguenza, chi viaggia in aereo e chi utilizza lo spazio aereo deve sopportare costi inutili.

Accolgo con favore la proposta, avanzata dalla Commissione, di stabilire degli obiettivi prestazionali vincolanti per i fornitori di servizi di navigazione aerea e istituire una funzione europea di gestione della rete intesa a garantire la convergenza tra le reti nazionali e termini chiari entro cui gli Stati membri devono migliorare le prestazioni.

Mi congratulo con l’onorevole Marinescu per il lavoro svolto.

Sottoscrivo inoltre la proposta del relatore di lanciare un’iniziativa finalizzata a un approccio di sistema globale per garantire la sicurezza e la sostenibilità del trasporto aereo.

Appoggio infine l’iniziativa del relatore, che non trascura la completa trasparenza delle tariffe: i prezzi fissati dovrebbero infatti ottemperare ai criteri di convergenza indicati dal sistema per il miglioramento delle prestazioni.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Esprimo il mio voto favorevole alla relazione del collega Marinescu concernente le prestazioni e la sostenibilità del sistema aeronautico europeo.

Condivido le opinioni dell'onorevole collega circa la necessità di una revisione del quadro legislativo dell'iniziativa sul cielo unico europeo (CUE) poiché dal 2000, anno del suo lancio, non sembrano essere stati prodotti i risultati che ci si attendeva, mi riferisco, in particolare, alla maggior efficienza dei voli, alla riduzione dei costi e all'eliminazione della frammentazione e delle generali inefficienze del sistema di trasporto aereo che ancora persistono. Tali inefficienze si traducono purtroppo in costi elevati in termini di spesa, tempi e spreco di carburante per coloro che usufruiscono del cielo unico europeo.

Credo inoltre sia necessario spingere verso la revisione della legislazione seguendo le proposte della Commissione, atte a garantire, tra l'altro, l'indipendenza delle autorità nazionali di vigilanza, l'armonizzazione dei requisiti di sicurezza, una regione unica di informazione in volo europea, senza tralasciare il maggior coinvolgimento delle parti sociali nell'approccio di sistema, poiché ritengo che solo con un ampio consenso alla base possano essere superati gli ostacoli tecnici e politici attuali e possano essere raggiunti gli ambiziosi obiettivi che l'iniziativa si prepone.

 
  
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  Carl Schlyter (Verts/ALE), per iscritto. − (SV) La relazione pone l’accento sul ricorso a un sistema integrato, che garantirà maggiore sicurezza e un’utilizzazione più efficiente dello spazio aereo, riducendo così i tempi di attesa. Sebbene il sistema si basi sull’assunto che il traffico aereo aumenterà costantemente, voto comunque a favore della relazione, in quanto gli elementi positivi superano i negativi. Noi, esponenti del gruppo Verde/Alleanza libera europea, ci impegneremo strenuamente contro il traffico aereo in altri modi, ad esempio proponendo l’imposizione di tasse ambientali e di trasporto.

 
  
  

- Relazione Marinescu (A6-0515/2008)

 
  
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  Jaromír Kohlíček (GUE/NGL), per iscritto. – (CS) Il cielo unico europeo rappresenta un tentativo degli Stati europei di migliorare la capacità di traffico dello spazio aereo per l’aviazione civile. Nel 2000 si tentò per la prima volta di creare dei blocchi funzionali di spazio aereo al di sopra dell’Europa, sottoposti a un controllo congiunto. La Repubblica ceca firmò dunque la convenzione sulla gestione del traffico aereo di media quota sopra l’Europa centrale, di cui mi occupai in qualità di relatore del parlamento ceco. Come l’onorevole Marinescu ricorda in una delle sue relazioni, questi trattati non raggiunsero lo scopo desiderato. Il trattato di cui ero relatore fu annullato con il consenso delle parti perché obsoleto. Nell’ambito del Sesto programma quadro, si è poi inaugurato un ampio piano di sviluppo del controllo aereo per l’intera Europa, che ha preso il nome di SESAR: i risultati del progetto saranno resi operativi gradualmente, a cominciare dal 2014. Le relazioni che vertono sull’iniziativa del cielo unico europeo seguono dunque lo stesso scadenziario. In tale contesto, il gruppo GUE/NGL si oppone non solo alle spinte alla liberalizzazione dei servizi di trasporto aereo, ma anche alla maggiore attenzione delle relazioni per la redditività operativa, a discapito della sicurezza.

Ci dissociamo inoltre dalla concentrazione esclusiva sul personale preposto alla gestione della circolazione, poiché i cambiamenti apportati coinvolgeranno tutti i soggetti responsabili del controllo del traffico aereo. Da ultimo è necessario condurre consultazioni esaustive in previsione dell’avvicendamento dei rappresentanti dei lavoratori

 
  
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  Jörg Leichtfried (PSE), per iscritto. − (DE) Voto a favore della relazione sugli aeroporti, la gestione del traffico aereo e i servizi di navigazione aerea.

La gestione del traffico aereo è stata inglobata nella politica comune dei trasporti nel 2004 ai sensi del regolamento sul cielo unico europeo; l’allargamento ha poi ampliato il mercato aeronautico europeo a ben 27 paesi, facendo dell’Europa un attore globale. Si avvertiva dunque l’esigenza di mettere la legislazione comunitaria al passo con i recenti sviluppi.

La seconda relazione del pacchetto estende il campo di applicazione, armonizzando il controllo degli aeroporti e dei loro operatori e sottoponendo anche gli aeroporti austriaci alle nuove norme.

Giudico positivo, soprattutto in tempi di crisi, che il Parlamento abbia proposto una serie di emendamenti che consentiranno i prefinanziamenti per gli investimenti infrastrutturali, anche laddove siano disponibili fonti di investimento alternative, a severe condizioni. Tale provvedimento ci aiuterà a uscire dall’attuale crisi economica.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, mi dichiaro a favore della relazione dell'onorevole Marinescu sugli aeroporti, la gestione del traffico aereo e i servizi di navigazione aerea poiché essa si inserisce nel più ampio quadro dell'iniziativa sul cielo unico europeo, sulla quale ho già espresso il mio parere favorevole.

Concordo con il collega nel ritenere che per far fronte alle future sfide nel campo del mercato dell'aviazione, soprattutto nel campo della sicurezza aerea, sia necessario introdurre un sistema di norme armonizzate su scala europea. Persistono, ad oggi, numerose differenze tra procedure di sicurezza statali che sarebbe opportuno eliminare, tenendo in considerazione le proposte della Commissione, in particolare quelle riguardanti le responsabilità dell'Agenzia europea per la sicurezza aerea, uno strumento certamente importante per l'innalzamento della sicurezza del trasporto aereo in Europa.

Credo tuttavia sia necessario sottolineare, come fatto dal collega, la necessità di garantire la proporzionalità delle misure, salvaguardando l'impiego delle conoscenze e delle competenze locali e garantire altresì la cooperazione tra AESA ed Eurocontrol, per evitare l'appesantimento burocratico e l'inefficiente duplicazione dei compiti e delle responsabilità.

 
  
  

- Relazione Liotard (A6-0512/2008)

 
  
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  Alessandro Battilocchio (PSE), per iscritto. − Sono favorevole alla proposta della Commissione che ha l'obiettivo di modificare il regolamento (CE) n. 258/97 sui nuovi prodotti e ingredienti alimentari al fine di apportare le necessarie semplificazioni e centralizzare le procedure di autorizzazione e l'immissione nel mercato di nuovi alimenti.

L'introduzione del nuovo regolamento tutelerebbe i consumatori introducendo un elevato livello di sicurezza alimentare, di protezione dell'ambiente e della salute degli animali, tenendo sempre in considerazione il principio di precauzione previsto dal regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2002. Tale regolamento stabilisce i principi e i requisiti generali della legislatura alimentare, istituisce l'Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare.

La proposta della Commissione cerca di rafforzare l'efficacia e la trasparenza della procedura di autorizzazione e di migliorarne l'attuazione. Ciò favorirà una migliore applicazione del regolamento e attribuirà ai consumatori maggiori poteri e possibilità di scelta poiché potranno disporre di maggiori informazioni.

 
  
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  Edite Estrela (PSE), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della risoluzione legislativa del Parlamento europeo sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai nuovi prodotti alimentari perché semplifica le procedure di autorizzazione e immissione sul mercato di tali prodotti. Il testo rende inoltre più efficiente e trasparente la procedura di autorizzazione, aiutando così i consumatori a compiere una scelta informata.

Occorre insistere affinché i nuovi prodotti alimentari siano immessi sul mercato solo a patto che siano sicuri e non fuorvianti per i consumatori. Inoltre, laddove i nuovi prodotti alimentari serviranno a rimpiazzarne di altri, bisogna assicurarsi che non abbiano un valore nutritivo inferiore.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Abbiamo votato a favore di questa relazione in quanto adotta un approccio positivo ai nuovi prodotti alimentari e mette da parte le peggiori proposte della destra, che ha cercato di insistere sugli OGM.

Come abbiamo sostenuto in seno alla commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale, gli organismi geneticamente modificati non devono essere contemplati, mentre i nuovi prodotti alimentari non devono mettere in alcun modo a repentaglio la salute dei consumatori, né fuorviarli. Inoltre, laddove il nuovo prodotto alimentare ne sostituisce un altro, non potrà esservi alcun deterioramento della qualità nutrizionale, a tutto vantaggio del consumatore.

La relatrice sostiene che le finalità del nuovo regolamento relativo ai nuovi prodotti alimentari consistono nel conseguimento di un elevato livello di sicurezza alimentare, di tutela dei consumatori, di protezione dell'ambiente e della salute degli animali, tenendo sempre in considerazione il principio di precauzione previsto dal regolamento (CE) n. 178/20021 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2002, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l'Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare. Tutti gli altri obiettivi sono di importanza secondaria.

I nuovi prodotti alimentari non devono mettere in pericolo la vita dei consumatori o trarre in inganno questi ultimi.

Qualora nuovi alimenti debbano sostituirne altri, i nuovi.

Prodotti, da un punto di vista alimentare, non devono essere più svantaggiosi agli occhi dei consumatori.

 
  
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  Jörg Leichtfried (PSE), per iscritto. − (DE) Do il mio voto favorevole alla relazione presentata dall’onorevole Liotard sull’aumento della sicurezza dei nuovi prodotti alimentari.

Ci occorrono norme più rigorose per l’approvazione dei nuovi prodotti alimentari, come quelli contenenti la carne di animali clonati, e delle nanotecnologie.

L’espressione “nuovo prodotto alimentare” è arrivata a comprendere diversi sia gli alimenti realizzati con tecniche innovative, la cui presenza sul mercato europeo è, allo stato attuale, è marginale se non nulla, come pure i prodotti alimentari sconosciuti ai consumatori europei. Rientrano però in questa categoria anche i prodotti derivati dagli animali clonati, le cui conseguenze a lungo teremine ci sono ancora ignote. Dal 1997 fino ad oggi, sono state presentate oltre cento domande di approvazione di nuovi prodotti alimentari, di cui venti hanno ricevuto il via libera.

Sono favorevole all’elaborazione di un regolamento dedicato per i prodotti derivati da animali clonati, nonché alla sospensione delle nuove domande di approvazione fino alla sua entrata in vigore. I prodotti alimentari contenenti nanomateriali dovrebbero essere vietati fin quando non si individuerà un metodo di valutazione sicuro e rispettoso degli animali e, in caso di immissione sul mercato, la loro origine dovrà essere evidenziata in etichetta all’attenzione del consumatore

 
  
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  Andreas Mölzer (NI), per iscritto. − (DE) Sia chiaro per tutti che i documenti presentati per la procedura di approvazione sono spesso abbelliti e che non vi sono dati certi sulle conseguenze a lungo termine. Almeno ora che siamo a conoscenza dei rigorosi e scrupolosi tentativi in atto per creare un monopolio genetico per le sementi geneticamente modificati, dovremmo allarmarci quando si parla di carne clonata.

Ad ogni modo, è impossibile prevedere le conseguenze del consumo di carne clonata, ivi comprese le eventuali interazioni con il mangime o i pesticidi geneticamente modificati, nonché con le radiazioni atomiche. In ogni caso, questi cloni sembrano essere incompatibili con la legislazione comunitaria in materia di benessere degli animali. La clonazione animale a fini alimentari dovrebbe dunque essere respinta nella sua interezza, ma semmai vi si dovesse ricorrere, sarebbe opportuno introdurre un sistema di etichettatura adeguato per lasciare i cittadini liberi scegliere. E’ per questi motivi che ho votato a favore della relazione Liotard.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Voto a favore della proposta presentata dalla collega Liotard sui nuovi prodotti alimentari. Sono d'accordo con la collega quando afferma che è necessario conseguire un elevato livello di sicurezza alimentare, di tutela dei consumatori, di protezione dell'ambiente e della salute degli animali, tenendo sempre in considerazione il principio di precauzione. Inoltre ritengo indispensabile che i nuovi prodotti alimentari non debbano mettere in pericolo la vita dei consumatori o trarre in inganno questi ultimi, poiché la salute e la protezione dei cittadini sarebbero messe pericolosamente in discussione.

 
  
  

- Relazione Blokland (A6-0045/2009)

 
  
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  Alessandro Battilocchio (PSE), per iscritto. − Se il protocollo di Montreal, entrato in vigore 20 anni fa e sottoscritto da 193 nazioni, non avesse bandito i prodotti che contribuivano alla riduzione del buco dell'ozono, per il pianeta terra si sarebbe prospettato uno scenario catastrofico.

I principali imputati per la perdita dell'ozono atmosferico sono gli idrocarburi alogenati, sostanze chimiche inventate nel 1928 come refrigeranti. Negli anni Ottanta, quando fu rilevato il buco dell'ozono, i ricercatori scoprirono che questi composti chimici, praticamente inattivi a livello della superficie terrestre, erano in grado di interagire con le molecole di ozono dell'atmosfera distruggendo quello strato che costituisce uno schermo protettivo contro i pericolosi raggi UV. Per riparare a questa situazione, nel 1987 fu firmato il protocollo di Montreal che entrerà in vigore due anni dopo.

Una cosa è certa, ce l'abbiamo messa tutta per rendere irrespirabile la nostra aria. Il progresso ha giocato un ruolo importante in questa fase, ci ha fornito una serie di servizi e di beni che nel corso degli ultimi decenni hanno contribuito ad un progressivo peggioramento delle condizioni del nostro sistema climatico. Effetto serra, buco dell’ozono, sconvolgimenti climatici, sono solo alcuni dei fenomeni che dovranno diventare quanto prima al centro della nostra attenzione in quanto rappresentanti in Europa dei nostri concittadini e futuri figli. Per questo sono favorevole.

 
  
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  Šarūnas Birutis (ALDE), per iscritto. – (LT) Ho votato a favore dell’atto legislativo in esame per le finalità che si prefigge: semplificare e dare nuova forma al regolamento, riducendo al contempo gli oneri amministrativi inutili e contribuendo al miglioramento della normativa perseguito dalla Commissione; garantire l’ottemperanza al protocollo di Montreal, modificato nel 2007; far sì che le eventuali problematiche future siano affrontate senza trascurare il graduale ripristino dello strato di ozono; infine, evitare ricadute negative sulla salute umana e sugli ecosistemi.

 
  
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  Edite Estrela (PSE), per iscritto. – (PT) Ho espresso parere favorevole alla risoluzione legislativa del Parlamento europeo sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sulle sostanze che riducono lo strato di ozono. Questo regolamento rifuso è il principale strumento comunitario per garantire il rispetto del protocollo di Montreal sulle sostanze che riducono lo strato di ozono: il testo mira infatti non solo a una più efficace protezione dagli effetti deleteri delle radiazioni UV, ma anche alla riduzione dell’effetto serra. L’Unione europea dovrebbe mantenere un ruolo guida sulla scena internazionale, come ha fatto in passato proprio in quest’ambito.

 
  
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  Jörg Leichtfried (PSE), per iscritto. − (DE) Voto a favore della relazione sulle sostanze che riducono lo strato di ozono.

La proposta in esame è una rifusione del regolamento sulle sostanze che riducono lo strato di ozono, che rappresenta il principale strumento comunitario per recepire nell’acquis il protocollo di Montreal, che dispone l’eliminazione graduale di tali sostanze. Il suo obiettivo consiste dunque nell’ottemperare alle disposizioni del protocollo del 2007, consentendo così il ripristino della stratosfera e la prevenzione degli effetti nocivi per la salute umana e gli ecosistemi.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Esprimo il mio voto favorevole in merito alla relazione presentata dal collega Blokland, inerente alle sostanze che riducono lo strato di ozono. Condivido le finalità del progetto, atte a proteggere la fascia di ozono stratosferico e a prevenire i cambiamenti climatici, avendo le sostanze vietate non solo un importante potenziale di riduzione dell’ozono (ODP), ma anche un potenziale di riscaldamento globale (GWP).

Inoltre, mi trovo d'accordo altresì con gli emendamenti presentati, che mirano a migliorare ulteriormente il regolamento in considerazione delle problematiche, affinché l’UE possa fissare obiettivi più ambiziosi per se stessa e assumere un ruolo guida nel mondo.

 
  
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  Flaviu Călin Rus (PPE-DE), per iscritto. − (RO) Esprimo voto favorevole in merito alla bozza di risoluzione legislativa del Parlamento europeo sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sulle sostanze che riducono lo strato di ozono (rifusione) (COM(2008)0505 – C6-0297/2008 – 2008/0165(COD)), perché ritengo che le emissioni di tale sostanze vadano arginate, se non arrestate del tutto, per consentire agli esseri viventi del pianeta di evolversi in condizioni normali. E’ grazie a iniziative simili che assolviamo il nostro dovere nei confronti dell’attuale e della futura generazione.

 
  
  

- Relazione Virrankoski (A6-0104/2009)

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Pur non mettendo in discussione la necessità di usare in modo appropriato e tempestivo gli stanziamenti comunitari (condizione che non si verifica affatto), la relazione contiene alcune considerazioni erronee e fin troppo ambigue.

Si dovrebbe, ad esempio, precisare che il volume delle “scarse” risorse è stabilito proprio dall’Unione, ovvero – a voler essere precisi – imposto dai paesi della “lettera dei sei”, che hanno fissato il bilancio comunitario a circa l’1 per cento del PIL.

Occorre essere ugualmente chiari sul significato delle espressioni “priorità negative” e “priorità positive”: senza una definizione precisa, è infatti impossibile accettare il principio per cui queste “occorre ridimensionare” queste “priorità negative” “per dar spazio alle priorità fondamentali”.

Se per “priorità negative” si intendono, ad esempio, le cosiddette nuove priorità, come l’attuazione delle politiche neoliberiste previste dalla strategia di Lisbona, delle politiche di sicurezza della cosiddetta Europa fortezza o della militarizzazione dell’Unione, non potremmo trovarci più d’accordo. Ma se queste costituiscono invece le presunte “priorità positive” e “gli obiettivi pluriennali e strategici globali” (com’è in realtà), allora non possiamo che opporci strenuamente.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Dichiaro la mia astensione in merito alla relazione del collega Virrankoski sul metodo ABB-ABM quale strumento di gestione per l'assegnazione delle risorse di bilancio.

Concordo pienamente con il collega a proposito dell'assoluta necessità di chiarezza dei risultati ottenuti e delle risorse necessarie per ottenerli e della necessità che i cittadini siano informati in maniera completa sul costo delle politiche dell'Unione europea. Non sono tuttavia certo che il sistema in questione possa risolvere la questione, per questo mi astengo dal votare in maniera favorevole o contraria.

 
  
  

- Relazione Böge (A6-0110/2009)

 
  
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  Richard James Ashworth (PPE-DE), per iscritto. − (EN) I conservatori britannici sostengono la relazione Böge e, in particolar modo, accolgono favorevolmente le proposte del relatore volte a rendere il bilancio più flessibile e più idoneo a reagire al continuo mutamento delle circostanze. Riteniamo inoltre che la proposta di introdurre una prospettiva finanziaria di cinque anni rappresenti uno sviluppo positivo e siamo lieti che il relatore riconosca i limiti del contributo fissato all’1 per cento dell’RNL – un formula per cui ogni eventuale diminuzione dell’RNL degli Stati membri si riflette automaticamente sul bilancio comunitario.

Ribadiamo tuttavia le nostre riserve in merito al trattato di Lisbona, cui ci opponiamo, nonché alla proposta di aumentare gli stanziamenti per la politica estera e di sicurezza comune (PESC). Ci rammarichiamo inoltre che il relatore non abbia colto l’opportunità per ricordare al Consiglio e alla Commissione l’obbligo, stabilito dall’accordo interistituzionale del 2006, di fornire attestazioni tempestive ed esaurienti delle risorse comunitarie stanziate nell’ambito degli accordi di gestione congiunta.

 
  
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  John Attard-Montalto (PSE), per iscritto. − (EN) La revisione intermedia del quadro finanziario 2007-2013 non risulta né pragmatica né realistica per le troppe incertezze legate al processo di ratifica del trattato di Lisbona, alla fine dell’attuale mandato parlamentare, ai risultati delle elezioni europee e alla composizione della nuova Commissione – il tutto nel bel mezzo di una crisi economica.

Sono profondamente convinto che il nuovo Parlamento e la nuova Commissione debbano assegnare priorità assoluta a una valutazione incisiva del bilancio.

 
  
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  Alessandro Battilocchio (PSE), per iscritto. − Voto favorevolmente

Il futuro istituzionale dell'Unione europea è stato rilanciato dal Consiglio europeo del giugno 2007. I 27 Stati membri hanno infatti deciso di convocare la Conferenza intergovernativa che dovrà preparare il nuovo trattato sulla base del progetto di Costituzione. Se le procedure di ratifica andranno avanti secondo le previsioni, il nuovo trattato potrebbe entrare in vigore nella metà del 2009, più o meno in coincidenza con le elezioni europee. Se il processo di ratifica dovesse subire delle battute d'arresto, ciò avrà imprevedibili conseguenze per il progetto europeo. Per questo il processo di revisione deve tener conto di questo nuovo contesto.

Se il calendario previsto dalle conclusioni del Consiglio europeo verrà rispettato, l'entrata in vigore del nuovo trattato, l'elezione del nuovo Parlamento (giugno 2009) e la nomina della nuova Commissione dovrebbero aver luogo nella seconda parte del 2009. In tale situazione, il dibattito interistituzionale sulla revisione potrebbe essere posticipato per evitare rischi di confusione.

Ritengo che questo Parlamento abbia fatto un notevole investimento con i lavori della sua commissione temporanea sulle sfide politiche e le risorse di bilancio oltre che con i bilanci annuali e con il lavoro legislativo che ne è seguito. Pertanto la relazione INI, eredità del Parlamento uscente, dovrebbe riflettere i successi finora conseguiti, ma anche sottolineare le carenze ancora esistenti.

 
  
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  Katerina Batzeli (PSE), per iscritto. – (EL) La revisione intermedia del quadro finanziario 2007-2013 è stata definita un compromesso con la decisione del 2005, da considerarsi necessario a causa dell’attuale crisi economica. Essa non può però, per nessun motivo, diventare un alibi per la ridistribuire le risorse disponibili tra gli Stati membri e le politiche, come la gestione dei Fondi strutturali o la PAC, che hanno anche il compito di salvaguardare la coesione, l’occupazione, la convergenza territoriale e l’attivazione degli investimenti pubblici e privati.

Il nostro impegno deve concentrarsi sull’approfondimento e il miglioramento della gestione delle politiche esistenti – ad esempio in materia di Fondi strutturali –, che hanno subito ritardi anche per la mancanza di risorse. Uguale priorità deve essere assegnata alla promozione degli investimenti nella crescita verde, che aprirà nuove opportunità di sviluppo alle politiche comunitarie già in atto.

E’ tuttavia sconsigliabile e inammissibile introdurre nuove politiche – siano esse climatiche, di tutela ambientale o a contrasto della crisi economica – senza aumentare il bilancio comunitario, che è rimasto inalterato persino dopo l’ultimo allargamento. L’Europa deve osare, aumentando gli stanziamenti negli ambiti di competenza esclusiva della Comunità, e non limitandosi a ripartire le risorse tra vecchie e nuove politiche.

 
  
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  Charlotte Cederschiöld, Christofer Fjellner, Gunnar Hökmark e Anna Ibrisagic (PPE-DE), per iscritto. − (SV) Abbiamo votato a favore della revisione intermedia del quadro finanziario 2007-2013, che esorta alla trasparenza e a una maggiore coerenza con le priorità stabilite inizialmente.

A differenza del relatore, crediamo che l’approccio basato sull’1 per cento sia del tutto valido, poiché attribuiamo la massima importanza a una rigorosa disciplina di bilancio.

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) La relazione di iniziativa oggi in discussione assume un’importanza fondamentale, in quanto mira ad inaugurare il dibattito non solo sull’attuale quadro finanziario pluriennale, ma anche sul prossimo. Il testo solleva infatti una lunga serie di interrogativi, che non è possibile approfondire in questa dichiarazione di voto.

Com’è stato già osservato, seppure in toni moderati, la relazione formula delle osservazioni pertinenti e coerenti con quanto sosteniamo da tempo: l’attuale bilancio comunitario è inferiore alle esigenze e ogni anno restano scoperti ingenti stanziamenti, per un totale di 29 miliardi di euro mancanti tra il 2007 e il 2009. Eppure, i veri responsabili cercano ora di far passare tutto sotto silenzio, e mi riferisco alla Commissione europea, al Parlamento e al Consiglio, in quanto autorità di bilancio. E’ proprio per questo che il Parlamento non può più negare le proprie responsabilità.

Inoltre, il Parlamento “sottolinea che politiche supplementari non dovrebbero alterare l'equilibrio fra le principali categorie dell'attuale QFP, ne compromettere le priorità esistenti”, pur avendo eliminato – proprio per il nostro voto contrario – il riferimento alle “due principali politiche delle rubriche 1b e 2, ossia rispettivamente la convergenza e l’agricoltura e la pesca. D’altro canto, il testo pone l’accento sulle “nuove priorità”: in altre parole, gli obiettivi neoliberisti della strategia di Lisbona (ivi compresi i cosiddetti partenariati pubblico-privato), il cambiamento climatico e la militarizzazione dell’Unione.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Esprimo il mio voto contrario in merito alla relazione presentata dal collega Böge circa la revisione intermedia del quadro finanziario 2007-2013 dell'Unione europea.

Non ritengo, infatti, soddisfacente il fatto che non tutti i programmi di nuova generazione connessi al QFP 2007-2013 siano stati adottati, in particolare per quel che riguarda l'importante programma Galileo, al quale non sono stati assegnati fondi sufficienti e il programma quadro relativo a diritti fondamentali e giustizia. Sarebbe stato infatti necessario un maggiore impegno per poter giungere alla loro approvazione nei tempi stabiliti.

Ritengo inoltre che il Parlamento debba esercitare un controllo più severo del bilancio dell'Unione europea tramite verifiche più assidue e severe al fine di garantire la corretta gestione del denaro pubblico.

 
  
  

- Proposta di risoluzione: B6-0141/2009 (APE- Stati del Cariforum)

 
  
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  Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. – (FR) Signor Presidente, onorevoli colleghi, non abbiamo votato per nessuno dei testi relativi ai nuovi accordi di partenariato con gli Stati dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico, i più poveri al mondo.

Il nostro voto non è però rivolto contro questi paesi, che meritano un’adeguata politica di cooperazione e sviluppo, in grado di aiutarli a sconfiggere la povertà, a promuovere il progresso sul loro territorio e a superare le difficoltà economiche. I paesi in questione meritano anche rapporti commerciali modellati sulla situazione di ciascuno, ma anche sui nostri interessi e, soprattutto, sulle esigenze delle nostre regioni periferiche, del tutto trascurate dalle politiche comunitarie.

Gli accordi che proponete loro si conformano in tutto e per tutto alle regole sacrosante dell’Organizzazione mondiale del commercio, il cui unico scopo è coinvolgerli nella globalizzazione ultraliberista. In questo modo, li condannate a esportare i prodotti agricoli, costringendoli alla fame, e a subire lo sfruttamento delle loro ricchezze da parte delle multinazionali, che non sono più da tempo al servizio di un paese, ma agiscono individualmente e anonimamente, mosse solo dall’interesse economico.

Questi paesi hanno il diritto di determinare il ritmo a cui procedono l’apertura dei loro confini e la liberalizzazione delle loro economie. Mi chiedo perché non si possa scegliere un’altra via: quella di un protezionismo ragionevole e di rapporti reciproci e, dunque, proficui per ambo le parti. E’ questa la strada che auspichiamo per la Francia e per la stessa Europa.

 
  
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  Filip Kaczmarek (PPE-DE), per iscritto. – (PL) Ho espresso voto favorevole alla risoluzione sull’accordo di partenariato economico tra la Comunità europea e il Cariforum. Le illazioni secondo cui gli Stati caraibici sarebbero stati costretti a firmare l’accordo sono false, e l’ho potuto constatare di persona in occasione del primo incontro regionale dell’Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE con i paesi dei Caraibi.

In quella sede, i rappresentati dei negoziatori e delle autorità dei paesi caraibici hanno precisato di firmare l’accordo spontaneamente, nella convinzione che andasse a vantaggio di tutte le parti. Sapevano di essere sottoposti a una certa pressione, che era però legata al tempo e riguardava tutti i firmatari dell’accordo. L’esigenza di sottoscrivere dei nuovi accordi di partenariato economico nasceva peraltro da decisioni prese indipendentemente dall’Unione europea, come del resto è noto da anni.

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. − (EN) Accolgo con favore il segnale di flessibilità inviato dalla Commissione con il passaggio degli accordi di partenariato economico da interinali a completi e con la promessa che i negoziati daranno la priorità allo sviluppo.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Esprimo il mio voto contrario riguardo alla proposta di risoluzione sull'accordo di partenariato economico tra i Paesi del CARIFORUM e la CE.

Ritengo che gli accordi APE debbano supportare lo sviluppo sostenibile dei Paesi dell'Africa, Caraibi e Pacifico, promuovere la loro partecipazione al commercio internazionale e la loro diversificazione economica. Credo tuttavia che l'accordo in questione non vada nella direzione desiderata, poiché non contribuisce a creare nei Paesi interessati un'economia autosufficiente che sia in grado di sostenersi senza dipendere da aiuti esterni.

Ritengo inoltre che gli strumenti previsti dall'accordo non facilitino la partecipazione né delle autorità né del settore privato locale, che quindi non sarebbero adeguatamente coinvolti nel processo di sviluppo delle loro regioni.

 
  
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  Kathy Sinnott (IND/DEM), per iscritto. − (EN) E’ fondamentale prendere in considerazione le esigenze di ciascun paese ACP nell’elaborazione degli accordi di partenariato economico (APE): è per questo che ho votato contro l’accordo. Il Parlamento europeo ha infatti discusso l’APE con il Cariforum, ma non può dirsi lo stesso dei parlamenti nazionali delle controparti. In segno di rispetto per i rappresentanti eletti di quei popoli, credo che dovremmo sospendere l’adozione della risoluzione.

E’ inoltre opportuno sottolineare che molti governi ACP sono stati sottoposti alle pressioni della Commissione affinché firmassero l’accordo prima della scadenza della deroga.

E’ indispensabile che tali questioni siano sottoposte a un’accurata analisi e discusse da ogni Stato ACP prima ancora di ricevere il beneplacito dell’Unione.

 
  
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  Margie Sudre (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ai sensi degli accordi di partenariato economico, lo zucchero e le banane provenienti dai paesi ACP non potranno essere immessi sui mercati delle regioni ultraperiferiche francesi per dieci anni, con possibilità di rinnovo, preservando così la produzione di questi due pilastri dell’agricoltura d’oltremare.

La clausola di salvaguardia corrispondente, che consente l’interruzione delle importazioni qualora queste danneggino o destabilizzino il mercato delle regioni ultraperiferiche, dovrebbe essere oggetto di ulteriori chiarimenti, al fine di ridurne il periodo di attuazione.

Grazie all’intervento del nostro Parlamento, si è dunque prestato ascolto alle istanze delle regioni ultraperiferiche durante i negoziati.

Gli attori socio-professionali delle regioni ultraperiferiche si sentono però penalizzati dalle restrizioni alla produzione imposte, che seguono la normativa comunitaria e li rendono dunque meno competitivi dei loro concorrenti diretti. Pur capendo la loro posizione, desidero comunque esortarli a prendere parte al processo di cooperazione con i loro vicini ACP, in modo tale da creare rapporti di sostegno e complementarità per il perseguimento di finalità comuni.

Anziché irrigidirsi in una posizione di difesa, le regioni ultraperifiche possono ricavare solo vantaggi dal porsi sullo stesso piano dei loro concorrenti – sempre a patto che l’Unione europea garantisca meccanismi di monitoraggio e arbitraggio idonei a prevenire qualsiasi forma di concorrenza sleale.

 
  
  

- Proposta di risoluzione: B6-0148/2009 (APE – Costa d’Avorio)

 
  
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  Philip Claeys (NI) , per iscritto. – (NL) Questo Parlamento desidera sollevare la questione della concessione di visti di lavoro ai cittadini della Costa d’Avorio per un periodo di almeno 24 mesi durante i negoziati sull’accordo di partenariato economico, il quale rappresenta un significativo passo in avanti. I cittadini coinvolti sarebbero così in grado di lavorare in qualità di assistenti e di svolgere professioni analoghe. Da qualunque prospettiva la si guardi, questa disposizione apre l’ennesimo canale di immigrazione e, a mio avviso, costituisce dunque un motivo più che sufficiente per votare contro la risoluzione. L’Europa ospita già milioni di disoccupati e l’importazione di altra forza lavoro da paesi non comunitari non farà che aggravare i problemi esistenti. La professione in questione può essere tranquillamente svolta dai nostri lavoratori.

 
  
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  Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. − (SV) A nostro parere, il maggiore contributo che potremmo apportare alla promozione di uno sviluppo duraturo nei paesi più poveri del mondo è proprio l’apertura dei mercati comunitari alle loro importazioni. E’ ugualmente necessario lo stanziamento di aiuti, ove compatibili con l’obiettivo di potenziare il libero scambio, ma per decisione degli Stati membri, e non dell’Unione. Laddove l’Unione europea insista comunque a voler ripartire e controllare gli aiuti, questi ultimi non devono, per nessun motivo, dipendere dagli scambi commerciali con i paesi beneficiari; le sole disposizioni ammissibili sono quelle volte a tutelare, in via transitoria, i settori sensibili dei paesi in via di sviluppo. In linea di principio, dovremmo però evitare qualunque provvedimento protezionistico che rischi di minare il libero accesso ai mercati.

Sono questi i principi che hanno determinato la nostra posizione sulle proposte di risoluzione in esame, relative agli accordi commerciali che la Commissione sta elaborando.

Ci opponiamo a quelle formulazioni infelici che hanno il solo scopo di accrescere l’influenza del Parlamento europeo sulla politica commerciale. Ciononostante, abbiamo deciso di votare a favore delle risoluzioni, perché sostengono l’importanza di non abbandonare il libero scambio in un momento di recrudescenze protezionistiche.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Esprimo il mio voto favorevole riguardo alla proposta di risoluzione sull'accordo di partenariato economico interinale tra la CE e la Costa d'Avorio.

Sono d'accordo con il fatto che un'unione doganale tra i paesi dell'Africa occidentale possa costituire un grosso beneficio per la Costa d'Avorio, che è il leader commerciale ed economico di quell'area: inoltre, alla luce del fatto che il commercio intraregionale rappresenta soltanto una piccola parte di quello totale della Costa d'Avorio, sarebbe opportuno incrementare i legami commerciali regionali al fine di sviluppare una crescita sostenuta e sostenibile nel lungo periodo.

È poi auspicabile che l'Unione europea fornisca una maggiore e migliore assistenza tecnica e amministrativa alla Costa d'Avorio, per far sì che la sua economia sia adatta a recepire pienamente i benefici derivanti dall'accordo di partenariato economico interinale.

 
  
  

- Proposta di risoluzione: B6-0142/2009 (APE - Ghana)

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Esprimo il mio voto contrario in merito alla relazione presentata dal collega Fjellner, relativa all'accordo di partenariato economico interinale tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da una parte, e il Ghana, dall'altra.

Infatti, ritengo che tale accordo con il Ghana possa mettere in pericolo la coesione ed indebolire l'integrazione regionale dell'ECOWAS, il quale sarebbe invece da sostenere, poiché più atto a produrre effetti positivi per l'economia locale nel medio-lungo periodo, tramite le maggiori potenzialità di partecipazione delle realtà locali.

 
  
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  Kathy Sinnott (IND/DEM), per iscritto. − (EN) E’ fondamentale prendere in considerazione le esigenze di ciascun paese ACP nell’elaborazione degli accordi di partenariato economico (APE): è per questo che ho votato contro l’accordo. Ciascun paese ACP ha esigenze diverse e molti preferirebbero non negoziare affatto sui diritti di proprietà intellettuale e sulla questione di Singapore. Molti di questi Stati auspicano inoltre un consolidamento delle disposizioni relative alla sicurezza alimentare e all’industria nascente. Da ultimo, agli accordi in questione manca una clausola di revisione che preveda la valutazione dell’impatto sullo sviluppo sostenibile e la possibilità di modificare l’accordo sulla base dei risultati ottenuti. Dobbiamo far sì che questi accordi producano veramente gli effetti migliori per ciascuno degli Stati coinvolti, anziché costringerli ad avallare intese contrarie ai loro interessi.

 
  
  

- Proposta di risoluzione: B6-0144/2009 (APE - SADC)

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Esprimo il mio voto contrario riguardo alla proposta di risoluzione sull'accordo di partenariato economico interinale tra la CE e i paesi della SADC aderenti all'APE

Non ritengo che l'accordo di partenariato economico abbia portato grandi vantaggi per gli esportatori dei paesi ACP verso l'Unione europea, dopo che gli accordi commerciali di Cotonou hanno esaurito la loro validità ad inizio 2008, anche se i prodotti dei paesi ACP possono entrare nel mercato dell'Unione europea senza essere sottoposti a dazi doganali o quote.

In particolare, l'accordo non contribuisce a favorire lo sviluppo autonomo degli Stati, a creare quelle capacità che in futuro permettano ai paesi interessati di continuare lo sviluppo anche in assenza di interventi esterni. Inoltre, non ritengo spesso verificate le condizioni di buona governance, trasparenza delle cariche politiche e rispetto dei diritti umani, senza le quali è maggiore il rischio di danneggiare la popolazione di quegli Stati rispetto all'aiuto che viene.

 
  
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  Georgios Toussas (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) In questa fase di crisi del capitalismo ed esacerbazione delle schermaglie imperialiste, l’Unione sta cercando di rafforzare i monopoli europei e acquisire nuove posizioni sul mercato globale, usando una combinazione di chiari interventi imperialisti a livello internazionale, con mezzi militari e non, e manovre economiche da parte dei monopoli negli scambi e nelle transazioni internazionali.

Gli accordi di partenariato economico interinali sono le intese più devastanti che l’Unione europea abbia finora imposto ai paesi in via di sviluppo. Il loro scopo consiste nell’affermazione del potere del capitale e nello sfruttamento eccessivo della loro forza lavoro e delle loro risorse più redditizie. Le opprimenti condizioni imposte esigono la liberalizzazione dei mercati e la privatizzazione di tutti i servizi, in particolare l’energia, la rete di distribuzione idrica, la sanità, l’istruzione e la cultura.

I casi della Comunità per lo sviluppo dell’Africa australe (SADC) e del Mercato comune dell’Africa orientale e australe (Comesa) sono esemplificativi: divide et impera. L’Unione europea ha ottenuto con la pressione e la coercizione che venissero accettati i contenuti e le scadenze degli accordi, stabilendo intese e condizioni diverse per ciascun paese.

Votiamo contro gli accordi di partenariato economico interinali perché sono stati firmati nel solo interesse del capitale e a discapito del popolo; essi sono l’ennesima dimostrazione che il commercio globale, condotto sotto l’egida dell’imperialismo e dei monopoli, non può servire gli interessi comuni.

 
  
  

- Proposta di risoluzione: B6-0145/2009 (APE – Stati dell’Africa orientale e meridionale)

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Esprimo il mio voto contrario riguardo alla proposta di risoluzione sull'accordo di partenariato economico tra gli Stati dell'Africa orientale e meridionale e la Comunità europea.

Sono convinto, infatti, che tale accordo di partenariato economico non sia adeguato al raggiungimento della finalità di promuovere lo sviluppo dei Paesi coinvolti: questo perché non sono ancora state affrontate e risolte le questioni controverse, quali ad esempio la clausola della nazione più favorita e le tasse sulle esportazioni, che non favoriscono la creazione di un vero mercato che possa apportare benefici a tutte le popolazioni interessate.

 
  
  

- Proposta di risoluzione: B6-0146/2009 (APE – Stati partner della Comunità dell’Africa orientale)

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Esprimo il mio voto contrario riguardo alla proposta di risoluzione sull'accordo di partenariato economico tra la Comunità europea e gli Stati dell'Africa orientale.

Ritengo che sarebbe importante che si sviluppi un vero mercato regionale e intraregionale in tali paesi per far sì che si creino le condizioni per una crescita sostenibile che non dipenda solo da aiuti esterni: tuttavia, il presente accordo non crea i presupposti necessari affinché ciò avvenga, dato che in molti casi gli interventi previsti vedono uno scarso coinvolgimento delle autorità e del settore privato locale.

Inoltre, nonostante l'esistenza di meccanismi di controllo, non ritengo spesso verificate le condizioni di buona governance, trasparenza delle cariche politiche e rispetto dei diritti umani, senza le quali si corre più il rischio di arrecare un danno alla maggior parte della popolazione di quegli Stati che di fornire un vero aiuto.

 
  
  

- Proposta di risoluzione: B6-0147/2009 (APE – Africa centrale)

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Esprimo il mio voto favorevole riguardo alla proposta di risoluzione sull'accordo di partenariato economico tra la Comunità europea e gli Stati dell'Africa centrale.

Sono convinto che l'accordo di partenariato economico interinale abbia assegnato agli esportatori dei paesi dell'Africa centrale grandi vantaggi, soprattutto in seguito alla scadenza degli accordi di Cotonou nel gennaio 2008, aumentando le loro possibilità di esportare verso l'Unione europea. In ogni caso gli APE globali dovrebbero essere considerati come complementari e non alternativi agli accordi basati sull'Agenda di Doha per lo sviluppo, di cui si chiede che vengano riattivati al più presto i negoziati.

Sono anche d'accordo con l'istituzione di periodi transitori per le piccole e medie imprese, per dare loro il tempo di adattarsi ai cambiamenti derivanti dall'accordo e più in generale con il sostegno che gli Stati interessati debbano dare alle PMI.

 
  
  

- Relazione Martin (A6-0117/2009)

 
  
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  Marie-Arlette Carlotti (PSE), per iscritto. – (FR) Congiuntamente ai nostri colleghi africani, da diversi anni noi socialisti abbiamo unito le forze per rendere gli Accordi di partenariato economico degli effettivi strumenti di sviluppo.

Abbiamo affrontato con forza e determinazione i negoziati con la Commissione, per giungere a degli accordi equi che promuovano gli obiettivi di sviluppo del Millennio.

A tal fine abbiamo optato a favore di una regionalizzazione selettiva, ad opera degli stessi Stati dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico.

Sempre puntando a questo obiettivo, abbiamo adempiuto agli impegni da noi sottoscritti in materia di assistenza al commercio, promessa nel 2005, invece di “saccheggiare” il Fondo europeo di sviluppo.

La nostra lotta ha dato ora dei frutti, poiché il commissario per il Commercio ha impegnato la Commissione europea rispetto a:

– l’obietto cruciale di sviluppare tali accordi,

– la rinegoziazione dei punti controversi degli accordi in base a un approccio aperto e flessibile,

– la sicurezza alimentare e la protezione delle fragili industrie degli Stati dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico.

Naturalmente avremmo apprezzato maggiori garanzie rispetto al modo in cui i parlamenti nazionali e l’Assemblea paritetica ACP-EU saranno coinvolti nel monitoraggio e nell’attuazione degli accordi stessi.

Tuttavia, i progressi registrati in appena poche settimane sono davvero notevoli.

Desidero prenderne atto in questa sede.

Ad ogni modo, ho intenzione di seguire molto da vicino la loro attuazione.

Pertanto, non si daranno assegni in bianco. Nella votazione ho scelto di astenermi.

 
  
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  Richard Corbett (PSE), per iscritto. − (EN) Oggi ho potuto votare a favore dell’assenso da parte del Parlamento agli Accordi di partenariato economico e agli Accordi di partenariato economico ad interim unicamente grazie alle assicurazioni e all’impegno del nuovo commissario Ashton, e perché i governi dei paesi coinvolti lo ritengono un passo in avanti, benché ancora insufficente.

Gli APE dovrebbero diventare degli strumenti per la riduzione e lo sradicamento della povertà, inglobando contemporaneamente gli obiettivi di sviluppo sostenibile e di integrazione progressiva degli Stati dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico nell’economia mondiale.

Dobbiamo garantire che gli accordi commerciali che intraprendiamo con gli Stati dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico siano orientati verso gli interessi di tali paesi e, fatto di cruciale importanza, che vengano utilizzati quali strumenti di sviluppo.

 
  
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  Mikel Irujo Amezaga (Verts/ALE), per iscritto. − (ES) Ho votato contro alcune relazioni, ad esempio quelle sugli Accordi di partenariato economico con le isole dei Caraibi, e anche contro l’accordo ad interim con la Costa d’Avorio. Il Parlamento, invece, ha votato a favore di un accordo ad interim con la Costa d’Avorio, un paese funestato da conflitti interni e privo di un governo legittimo.

In tali circostanze, mi sembra che quello attuale non sia il momento più opportuno per stringere un accordo internazionale dalle conseguenze durature. Su pressione dell’Organizzazione mondiale del commercio, l’Unione europea si è ritirata dagli accordi di cooperazione con gli Stati dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico e li ha sostituiti con accordi di partenariato economico con alcuni di questi paesi, in molti casi a danno del potere di tali aree.

I primi accordi, imposti dall’Europa, sono stati aspramente criticati dalle organizzazioni non governative e dagli inquirenti in quei paesi, e ora il Parlamento li ha rivisti.

 
  
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  Glenys Kinnock (PSE), per iscritto. − (EN) Ho dato il mio assenso agli Accordi di partenariato economico Cariforum e all’Accordo di partenariato economico con la Costa d’Avorio in risposta alle garanzie fornite questa settimana dal commissario Ashton.

Abbiamo notato un cambiamento nello stile e nei toni da quando il commissario Ashton ha sostituito il commissario Mandelson, e ora riceviamo chiari segnali di un effettivo cambiamento anche di natura sostanziale.

Nel caso degli Accordi di partenariato economico Cariforum il commissario ha fornito garanzie chiare al relatore onorevole Martin relativamente ai suoi timori sull’accesso ai medicinali generici, sulla questione della clausola di revisione, e in merito alla flessibilità del funzionamento della clausola per la nazione più favorita

Prima di accettare l’accordo con la Costa d’Avorio abbiamo avuto una conferma chiare e inequivocabile del fatto che la Costa d’Avorio avrebbe potuto scegliere liberamente da qualunque altro accordo di partenariato economico. E’ significativo che, nel caso degli Accordi di partenariato economico con la Comunità per lo sviluppo dell’Africa australe, sia stata concordata la revisione di un numero di clausole controverse. Ciò comprende la protezione delle industrie nascenti, la possibilità di introdurre nuove tasse sulle esportazioni per sostenere lo sviluppo industriale e i contingenti di esportazione.

Le mie decisioni non sono state prese a cuor leggero, ma sono state il frutto di un’attenta valutazione dell’impegno per garantire che gli Accordi di partenariato economico possano essere uno strumento per lo sviluppo, e riflettono lo spirito del nostro partenariato e il rispetto reciproco nei confronti degli Stati dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico.

 
  
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  Bernard Lehideux (ALDE), per iscritto. – (FR) La nostra posizione in merito agli Accordi di partenariato economico è ancora critica. Riteniamo che i negoziati siano stati avviati in modo negativo, senza dimostrare il minimo rispetto per le circostanze specifiche dei nostri partner. Inoltre, siamo ancora convinti che non dovremmo forzare una conclusione rapida dei negoziati e, soprattutto, che non dovremmo imporre ai nostri partner riforme che potrebbero rivelarsi disastrose per la loro coesione sociale e per la loro economia.

Tuttavia, il nostro voto prende atto delle posizioni molto incoraggianti del commissario Ashton emerse nella seduta plenaria di lunedì 23 Marzo. E’ per tale motivo che ci siamo astenuti invece di votare contro, come avremmo sicuramente fatto solo alcune settimane addietro.

Tuttavia, la nostra astensione vuole essere un monito: è nostra intenzione giudicare l’operato della Commissione sulla base di dati oggettivi, e non intendiamo emettere assegni in bianco in futuro.

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. − (EN) Le garanzie che mi sono state fornite riguardo i medicinali generici, la clausola di revisione e la flessibilità del funzionamento della clausola della Nazione più favorita, hanno fatto sì che abbia potuto sostenere questa relazione, per la quale sono stato relatore. La relazione dovrebbe raggiungere un punto d’equilibrio tra il conseguimento di un accordo equo per l’Unione europea e la garanzia che lo sviluppo costituisca una parte integrante dell’accordo stesso, affinché i paesi Cariforum possano prosperare e raccogliere i frutti del libero commercio con l’Unione europea.

 
  
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  Rovana Plumb (PSE), per iscritto. – (RO) Ho votato a favore della relazione ritenendo che, in base all’assenso del Parlamento europeo agli Accordi di partenariato economico tra i paesi Cariforum da una parte e l’Unione europea e is suoi Stati membri dall’altra, si potrà così garantire che:

– l’attuazione degli impegni in settori non ancora regolamentati dal Mercato e dell’economia unici del Caricom, o non ancora pienamente attuati, compresi i servizi finanziari, altri servizi, gli investimenti, la concorrenza, gli appalti pubblici, il commercio elettronico, la proprietà intellettuale, la libera circolazione delle merci e l’ambiente saranno rinviati sino al completamento del Mercato e dell’economia unici in tali settori;

– un meccanismo di monitoraggio indipendente venga stabilito all’interno degli Stati del Cariforum, dotato delle dovute risorse per intraprendere l’analisi necessaria per comprendere fino a che punto gli Accordi di partenariato economico stanno raggiungendo i loro obiettivi;

– vi sia sin dalle prime fasi l’individuazione e l’accantonamento di una quota equa delle risorse degli aiuti per il commercio. Tali fondi rappresentano delle risorse aggiuntive e non costituiscono un semplice riallocamento dei Fondi europei per lo sviluppo;

– che siano conformi alle priorità Cariforum e che la loro erogazione sia tempestiva, prevedibile e in linea con le scadenze di esecuzione dei piani strategici di sviluppo nazionali e regionali. Tali fondi dovrebbero essere utilizzati in modo efficiente per compensare la perdita di entrate doganali.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Voto a favore della raccomandazione presentata dal collega Martin sull'accordo di partenariato economico CE/CARIFORUM. È infatti doveroso, da parte del Parlamento europeo, concludere tale accordo, qualora la Commissione e il Consiglio accettino di rivedere tali accordi ogni cinque anni, qualora venga soppresso il trattamento della nazione più favorita per l'Unione Europea e, soprattutto, qualora vengano definite e assegnate tempestivamente diverse quote delle risorse in materia di aiuti al commercio.

 
  
  

- Relazione Mann (A6-0144/2009)

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Decido di astenermi dal voto sulla proposta di raccomandazione presentata dalla collega Mann e relativa all'accordo di partenariato economico interinale CE/Côte d’Ivoire. Difatti, ci sono diversi punti della proposta con i quali non mi trovo d'accordo. D'altro canto, le finalità e gli obiettivi da perseguire sono lodevoli, per cui non mi sento di votare contro questa raccomandazione.

 
  
  

- Relazione Mitchell (A6-0135/2009)

 
  
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  Alessandro Battilocchio (PSE), per iscritto. − Il mio voto è favorevole.

È la prima volta che il Parlamento elabora un'unica relazione sulle attività della BEI e della BERS. Le due banche stanno aumentando le attività di finanziamento nelle stesse regioni geografiche esterne all'UE, come ad esempio l'Europa dell'Est, il Caucaso meridionale, la Russia, i Balcani occidentali e la Turchia.

La cooperazione fra le due banche si è sviluppata su base regionale e pertanto le modalità di tale cooperazione si differenziano a seconda del territorio. Nei paesi interessati dall'intervento congiunto, vi sono tre diversi metodi di cooperazione fra BEI e BERS: il protocollo d'intesa sull'Europa orientale, il metodo applicato nei Balcani occidentali e modalità di cooperazione flessibile.

Tale evoluzione al momento non risulta convincente. Al suo posto sarebbe più utile organizzare una revisione generale, in cui si considerassero le modalità per migliorare la cooperazione fra le due banche e gli altri soggetti interessati, tenendo conto degli interessi dell'UE e dei paesi beneficiari. Inoltre, la divisione delle attività e la cooperazione fra le due istituzioni non può essere semplicemente gestita su base regionale o tracciando una linea di confine fra l'attività creditizia verso il settore pubblico e verso il privato.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Esprimo il mio voto contrario alla relazione dell'onorevole Mitchell sulle relazioni annuali della Banca europea per gli investimenti e della Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo per l'anno 2007. Mi sento di ritenere che, piuttosto che parlare di cooperazione tra le banche e gli altri soggetti interessati sia prima opportuno provvedere alla verifica ex-ante, in itinere ed ex-post dei finanziamenti erogati, i quali hanno raggiunto cifre molto importanti nel 2007 per entrambe le banche. Il sostegno finanziario senza il coinvolgimento della società civile dei paesi interessati non può far altro che apportare peggioramenti della situazione in cui tali paesi si trovano, piuttosto che miglioramenti.

Credo che, in questo senso, la proposta fatta dall'onorevole collega a proposito della presentazione di una relazione annuale da parte della Commissione al Parlamento e al Consiglio sulla valutazione d'impatto delle operazioni di finanziamento sia da accogliere con favore. Tuttavia, questo elemento non è sufficiente ad indurmi a votare in favore della relazione.

 
  
  

- Proposta di risoluzione: RC-B6-0152/2009 (Futuro dell’industria automobilistica)

 
  
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  Guy Bono (PSE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore di questa risoluzione comune sul futuro dell’industria automobilistica.

Il testo evidenzia la necessità di definire a livello europeo una politica chiara e coerente per affrontare una crisi che colpisce tutti gli Stati membri dell’Unione europea. Infatti, si stima che 12 milioni di posti di lavoro siano direttamente o indirettamente coinvolti nell’industria automobilistica. Le vendite sono in calo, le scorte si stanno moltiplicando, come anche gli annunci di licenziamento. Non esistono cure miracolistiche per il disastro sociale che sta emergendo e solo misure coordinate potranno salvare tale comparto.

E’ per questo motivo che ho votato a favore di questa risoluzione comune, che chiede alle autorità europee di operare congiuntamente con gli Stati membri per introdurre misure che rendano possibile garantire la competitività futura dell’industria automobilistica europea e favoriscano l’occupazione nel lungo periodo in questo settore.

Tuttavia, la risoluzione giunge tardivamente e non soddisfa tutte le aspettative. Pertanto la discussione non è chiusa e si preannuncia vivace, in particolare se si considerano le questioni sociali attualmente in gioco e la necessità nuovamente affermata di un’Europa sociale che tuteli i suoi cittadini.

 
  
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  Nicodim Bulzesc (PPE-DE), per iscritto. – (RO) Ho votato per questa risoluzione sul futuro dell’industria automobilistica, poiché invoca iniziative coerenti e armonizzate da parte degli Stati membri a favore dell’industria automobilistica europea, nonché la creazione di un quadro europeo adeguato per le iniziative che saranno intraprese.

 
  
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  Edite Estrela (PSE), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della proposta di risoluzione comune sul futuro dell’industria automobilistica. Essendo l’Europa il maggiore produttore mondiale di automobili, ed essendo l’industria automobilistica uno dei maggiori datori di lavoro nel settore privato, il sostegno di questo settore è cruciale per rispondere all’attuale crisi finanziaria ed economica.

Pertanto sono favorevole a un’azione politica coordinata a livello europeo per incoraggiare l’adozione di misure a sostegno di tale industria quali: garantire l’accesso ai finanziamenti per i produttori di automobili e i loro fornitori, stimolare la domanda di nuovi veicoli, compresi gli incentivi per la rottamazione di automobili vecchie per l’acquisto di automobili ecologiche, il sostegno finanziario ai lavoratori specializzati utilizzando appieno il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione, e incoraggiando la ricerca e gli investimenti.

 
  
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  Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. – (FR) Abbiamo votato a favore della risoluzione per l’industria automobilistica, ma non dimentichiamo che coloro che ora fingono di volerla salvare sono, in realtà, i responsabili di questa situazione disastrosa.

Sono responsabili dell’espansione di un’economia globale spinta da forze finanziarie e scollegata dalla realtà, in cui la garanzia di elevati profitti per gli azionisti si sostituisce ad una strategia industriale, e in cui le azioni aumentano di valore in seguito all’annuncio di piani di ristrutturazione, mentre i dirigenti, non sempre capaci, elargiscono a se stessi bonus e paracaduti d’oro. Sono loro ad aver creato questo sistema, in cui il numero di posti di lavoro e i livelli salariali sono diventate le uniche variabili su cui intervenire per il raggiungimento del pareggio. Essi sono responsabili dell’impoverimento delle famiglie che colpisce duramente la domanda e alimenta il circolo vizioso della crisi.

Anche ora, quando centinai di migliaia di posti di lavoro sono a rischio, la Commissione declama il dogma della concorrenza, ostacolando misure prese a livello nazionale per prevenire la perdita di posti di lavoro, e pretendendo delle spiegazioni dalla Renault per appurare che l’aumento della produzione di uno stabilimento industriale non sia dovuto a interventi di trasferimento degli impianti.

Se solo aveste dato prova di tanta indignazione quando le imprese europee si trasferivano in altre parti del mondo, alla ricerca di costi più bassi e di legislazioni sociali con minori garanzie.

E’ giunta l’ora di operare un cambiamento nelle politiche – per il bene dell’Europa e, soprattutto, degli europei.

 
  
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  Małgorzata Handzlik (PPE-DE), per iscritto. – (PL) L’industria automobilistica si trova in una situazione particolarmente difficile a causa dell’attuale crisi economica. Anche per l’anno in corso, le previsioni non sono affatto ottimistiche e indicano un ulteriore calo nelle vendite di automobili nuove.

La Commissione europea e il Parlamento europeo ritengono che l’industria debba gestire l’attuale crisi con le proprie forze. In particolare, è l’industria a dover trovare una risposta ai problemi strutturali legati all’efficienza della produzione e alla gestione delle capacità produttive, in modo da migliorare la competitività e la stabilità nel lungo periodo.

Le azioni intraprese dall’Unione europea e dagli Stati membri possono solo essere di sostegno a iniziative attuate dai produttori stessi. Ciò è particolarmente vero per le misure tese a migliorare l’accesso a finanziamenti a condizioni ragionevoli per stimolare la domanda di nuove automobili, per il mantenimento degli standard delle qualifiche professionali, per la tutela dei posti di lavoro e per minimizzare i costi sociali.

Alcuni paesi hanno adottato dei piani a sostegno del comparto automobilistico ma, come osservato dalla Commissione, è necessario rispettare le normative comunitarie e i principi di concorrenza predominanti, e in particolare i criteri per l’erogazione di aiuti statali, al fine di non turbare il funzionamento del mercato interno europeo. Tutti i provvedimenti concernenti il finanziamento, la tassazione o la rottamazione devono, inoltre, sostenere e accelerare le trasformazioni tecnologiche fondamentali per il settore, con particolare riferimento al settore dell’efficienza dei consumi dei motori e alla riduzione delle emissioni.

 
  
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  Marine Le Pen (NI), per iscritto. – (FR) Il Parlamento europeo approverà i diktat della Commissione, che si oppone tenacemente a qualunque tentativo da parte degli Stati membri di proteggere le industrie automobilistiche nazionali.

I cittadini devono comprendere che le politiche ultra liberiste della Commissione e del Parlamento sono un mezzo straordinario per accelerare il trasferimento delle aziende francesi negli Stati che offrono condizioni economiche maggiormente redditizie.

In un momento i cui migliaia di posti di lavoro nell’industria automobilistica e nel suo indotto sono direttamente minacciati, tale scelta anti nazionalistica è moralmente indecente ed economicamente suicida.

Gli onorevoli colleghi che sostengono tale devastazione sociale e industriale saranno chiamati a risponderne di fronte ai lavoratori e alle loro famiglie – le vittime dirette della loro cecità ideologica.

 
  
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  Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Data l’importanza dell’industria automobilistica per l’economia europea, sono comprensibili gli sforzi dei governi europei e dell’Unione europea per fornire una risposta alla situazione attuale. L’intento è prevenire le conseguenze di questa crisi, auspicando e battendosi affinché sia temporanea, al fine di scongiurare il declino irreversibile di tale industria. Tale preoccupazione merita il nostro sostegno. Tuttavia, sono necessarie delle misure cautelative. Se da un canto l’obiettivo principale è la tutela dei posti di lavoro, dall’altro bisogna rispettare il fine ultimo di garantire la sopravvivenza delle industrie economicamente redditizie. Ciò significa che gli straordinari investimenti in questo settore debbono essere impiegati per l’aggiornamento, la modernizzazione e per adeguare il settore in vista di una maggiore concorrenza. L’idea che sia possibile, o persino desiderabile, isolare e proteggere un settore economico dalla concorrenza, nel caso di una concorrenza leale e salutare, costituisce un errore economico e un inganno politico.

Nonostante i difetti di questo comparto, il superamento della crisi nel settore dell’automobile e della crisi in generale, e i preparativi per la fase successiva sono al centro della strategia di Lisbona: maggiore competitività, maggiore innovazione, più posti di lavoro. Dovremmo aiutare l’industria automobilistica a superare la crisi, ma non è necessario inventare nuovamente la ruota.

 
  
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  Peter Skinner (PSE), per iscritto. − (EN) L’industria automobilistica all’interno dell’Unione europea dipende dal raggiungimento di standard che possano agevolare provvedimenti più forti in materia ambientale. Non si tratta di una contraddizione con l’idea di un’industria competitiva, ma piuttosto di un contributo alla sua sopravvivenza. Vi sono diversi strumenti europei che possono essere utilizzati a sostegno dell’industria automobilistica e, in particolare, dei suoi lavoratori. Tra questi esistono fondi a sostegno della formazione mediante l’apprendimento permanente.

Disporre di una forza lavoro adeguata, in grado di credere in un futuro sostenibile è essenziale. I produttori di automobili nell’Inghilterra sudorientale ora dispongono della possibilità di sfruttare strumenti finanziari in grado di promuovere l’industria automobile del futuro. Bisogna raggiungere un equilibrio tra questo e le condizioni ambientali e sociali.

 
  
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  Bart Staes (Verts/ALE), per iscritto. – (NL) I politici ambientalisti sono convinti che non si possa guardare alla crisi economica indipendentemente da quella ambientale. Aiutare l’economia a rimettersi in moto richiede un New Deal “verde”. Nel settore automobilistico esiste un potenziale enorme per una svolta ambientalista. Tuttavia, per coglierlo i governi devono costringere le case produttrici a investire nell’innovazione e sostenerle in tale sforzo. In quest’Aula la maggioranza ha deciso che l’Unione europea deve pompare una somma ingente di denaro nell’industria automobilistica. Eppure, sappiamo che emettere assegni in bianco non è una soluzione. Non bisogna sovvenzionare vecchie tecnologie che stanno scomparendo. Dobbiamo, invece, intraprendere azioni dirette per indurre le case produttrici di automobili a investire nell’innovazione. Così facendo, si garantisce la sopravvivenza futura del settore e si opera molto positivamente nei confronti dei lavoratori di tale comparto industriale.

Il gruppo Verde/Alleanza libera Europa ha proposto di concedere finanziamenti solo a patto che l’industria automobilistica migliori in modo sostanziale il livello delle proprie performance ecologiche. Il settore dei trasporti rappresenta circa un terzo di tutte le emissioni di anidride carbonica dell’Unione europea. Ho votato contro la risoluzione della maggioranza perché non è riuscita a stabilire il miglioramento delle performance in materia ambientale quale requisito indispensabile per l’ottenimento di finanziamenti pubblici.

 
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