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Resoconto integrale delle discussioni
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Mercoledì 25 marzo 2009 - Strasburgo Edizione GU
1. Apertura della seduta
 2. Risultati del Consiglio europeo (19 e 20 marzo 2009) (discussione)
 3. Turno di votazioni
  3.1. Istruzione consolare comune: elementi biometrici e domande di visto (A6-0143/2009, Sarah Ludford) (votazione)
  3.2. Garanzia della Comunità accordata alla BEI (A6-0109/2009, Esko Seppänen) (votazione)
  3.3. Prestazioni e sostenibilità del sistema aeronautico europeo (A6-0002/2009, Marian-Jean Marinescu) (votazione)
  3.4. Aeroporti, gestione del traffico aereo e servizi di navigazione aerea (A6-0515/2008, Marian-Jean Marinescu) (votazione)
  3.5. Nuovi prodotti alimentari (A6-0512/2008, Kartika Tamara Liotard) (votazione)
  3.6. Sostanze che riducono lo strato di ozono (rifusione) (A6-0045/2009, Johannes Blokland) (votazione)
  3.7. Strumento di gestione per l'assegnazione delle risorse di bilancio (A6-0104/2009, Kyösti Virrankoski) (votazione)
  3.8. Revisione intermedia del quadro finanziario 2007-2013 (A6-0110/2009, Reimer Böge) (votazione)
  3.9. Accordo di partenariato Cariforum-CE (votazione)
  3.10. Accordo di partenariato economico interinale CE-Côte d'Ivoire (votazione)
  3.11. Accordo di partenariato economico interinale CE-Ghana (votazione)
  3.12. Accordo di partenariato economico interinale CE-Stati del Pacifico (votazione)
  3.13. Accordo di partenariato economico interinale CE-Stati della SADC APE (votazione)
  3.14. Accordo di partenariato economico Stati dell'Africa orientale e meridionale-CE (votazione)
  3.15. Accordo di partenariato economico CE-Stati membri della Comunità dell'Africa orientale (votazione)
  3.16. Accordo di partenariato economico interinale CE-Africa centrale (votazione)
  3.17. Accordo di partenariato economico CE/CARIFORUM (A6-0117/2009, David Martin) (votazione)
  3.18. Accordo di partenariato economico interinale CE/Côte d'Ivoire (A6-0144/2009, Erika Mann) (votazione)
  3.19. Relazioni annuali 2007 della BEI e della BERS (A6-0135/2009, Gay Mitchell) (votazione)
  3.20. Avvenire dell'industria automobilistica (votazione)
 4. Dichiarazioni di voto
 5. Correzioni e intenzioni di voto: vedasi processo verbale
 6. Approvazione del processo verbale della seduta precedente: vedasi processo verbale
 7. Stato delle relazioni transatlantiche all'indomani delle elezioni negli Stati Uniti (discussione)
 8. Accordo commerciale ad interim con il Turkmenistan - Accordo commerciale interinale con il Turkmenistan (discussione)
 9. Valutazione semestrale del dialogo UE-Bielorussia (discussione)
 10. Coscienza europea e totalitarismo (discussione)
 11. Rafforzamento della sicurezza e delle libertà fondamentali su Internet (discussione)
 12. Seguito dato alla dichiarazione dei ministri dello Sport dell'Unione europea alla riunione di Biarritz nel novembre 2008 (discussione)
 13. Riciclo delle navi sicuro e compatibile con le norme ambientali (discussione)
 14. Libro bianco in materia di azioni di risarcimento del danno per violazione delle norme antitrust comunitarie (discussione)
 15. Presentazione di documenti: vedasi processo verbale
 16. Ordine del giorno della prossima seduta: vedasi processo verbale
 17. Chiusura della seduta


  

PRESIDENZA DELL’ON. PÖTTERING
Presidente

 
1. Apertura della seduta
Video degli interventi
  

(La seduta inizia alle 9.10)

 

2. Risultati del Consiglio europeo (19 e 20 marzo 2009) (discussione)
Video degli interventi
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  Presidente. Onorevoli parlamentari, prendiamo atto della situazione politica interna della Repubblica ceca. A nome di tutti voi vorrei affermare che quest’ultima non deve influenzare l’opera della presidenza ceca di cui vogliamo garantire la continuazione. Sosteniamo il primo ministro ceco, presidente del Consiglio europeo, nel suo lavoro, affinché la presidenza ceca abbia esiti positivi.

Vorrei incoraggiare il presidente del Consiglio europeo – e confido di potermi esprimere a nome di tutti voi – a continuare il processo di ratifica del trattato di Lisbona nel suo paese e in quegli altri paesi in cui ancora restano delle azioni da compiere. Lavoriamo su questo trattato di riforma dell’Unione europea da dieci anni, a partire dalle decisioni di Nizza e vogliamo riuscire a compiere gli ultimi, difficili passi in modo che il trattato entri in vigore all’inizio del 2010. Abbiamo bisogno del trattato di Lisbona per una maggiore democrazia, affinché l’Unione europea goda di una più ampia libertà d’azione e di maggiore trasparenza.

(Applausi)

L’ordine del giorno reca le dichiarazioni del Consiglio e della Commissione sulle conclusioni del Consiglio europeo del 19 e 20 marzo 2009.

 
  
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  Mirek Topolánek, Presidente in carica del Consiglio. – (CS) Onorevoli parlamentari, desidero porgervi il benvenuto in occasione della relazione periodica del presidente del Consiglio europeo, che segue il vertice di primavera del Consiglio. Innanzi tutto, devo scusarmi per non poter restare, come di consueto, fino alla fine della discussione. Il vice primo ministro Vondra mi sostituirà nella seconda parte, dopo gli interventi dei rappresentanti dei gruppi politici. Il motivo per il quale devo tornare a Praga, come ha già detto l’onorevole Pöttering, è l’inusitata opposizione da parte dei socialisti alla quale abbiamo dovuto far fronte durante la presidenza e nei confronti della quale sono stato esplicito. Se cade il governo, ciò non costituirà una minaccia per la presidenza; il fatto che i socialisti non si siano preoccupati del fatto che la Repubblica ceca ricopra la presidenza del Consiglio europeo e abbiano rifiutato anche la benché minima cooperazione danneggerà principalmente la socialdemocrazia. La presidenza non dovrebbe risentirne perché sono certo di aver affrontato quanto avevo anticipato durante il mio discorso di apertura al Parlamento europeo, circa le modalità scelte per cercare di moderare la discussione e raggiungere un compromesso. Il Consiglio di primavera ce l’ha dimostrato. Nel mio paese siamo abituati a non interrompere chi parla a nome di altri, ma sembra che qui le usanze siano alquanto diverse.

In linea con le conclusioni del Consiglio europeo desidero illustrarvi il motivo della mia presenza in questa sede oggi e le ragioni che ci hanno indotto a prendere talune azioni in seno al Consiglio europeo. In primo luogo vorrei tuttavia commentare il vertice trilaterale con le parti sociali che ha preceduto la riunione del Consiglio e ha registrato una partecipazione abbastanza numerosa. Oltre a me e al presidente della Commissione Barroso, sono intervenuti anche i due prossimi primi ministri, ovvero il primo ministro svedese Reinfeldt e il primo ministro spagnolo Zapatero; dopo l’incontro ero fortemente incoraggiato e molto sorpreso dal consenso tra le parti sociali, non soltanto a proposito degli obiettivi della presidenza, ma anche, in generale, a proposito delle soluzioni per contrastare la crescente disoccupazione che deriva dalla crisi finanziaria globale.

Se qualcuno è interessato, posso parlare in modo più approfondito dell’incontro trilaterale, ma abbiamo concordato tre principi fondamentali, ovvero consentire una maggiore flessibilità al mercato del lavoro e più mobilità dei lavoratori e adoperarsi al contempo per innalzare il livello di istruzione e di competenze della forza lavoro per favorire, fra l’altro, un maggior peso sul mondo del lavoro. Il Consiglio europeo di primavera è stato, in realtà, il secondo incontro dei capi di Stato e di governo che abbiamo organizzato, ma è stato comunque il primo vertice ufficiale. L’argomento che ha maggiormente attirato l’attenzione è stato, ovviamente, come risolvere l’attuale crisi economica. Respingo per intero chi ci accusa di non adottare misure strutturali. Riporto una cifra: 400 miliardi di euro. Questi 400 miliardi ammontano al 3,3 per cento del PIL europeo e rappresentano una misura senza precedenti che, al pari degli stabilizzatori automatici che l’UE possiede e di cui gli Stati Uniti sono sprovvisti, costituiscono, come evidenziato oggi dal presidente Barroso, un esempio molto significativo. Un lavoratore licenziato da Saab in Svezia gode di garanzie sociali completamente diverse da quelle di cui gode un lavoratore licenziato da General Motors a Chicago; i due governi, in questo caso, hanno approcci completamente diversi, poiché gli stabilizzatori automatici moltiplicano i 400 miliardi di euro fino a una cifra sostanzialmente più elevata e ci offrono un indiscutibile vantaggio nei confronti degli Stati Uniti. L’accordo sostanziale dei ventisette Stati membri conferma la validità della strategia di Lisbona, poiché è uno dei quattro pilastri su cui poggia l’intera strategia.

Il primo ministro Brown è stato qui ieri e ha avuto l’opportunità di spiegare chiaramente l’approccio dei ventisette Stati membri, il mandato per la riunione del G20 e gli altri tre pilastri effettivi della strategia. Abbiamo concordato che tutte le misure di breve termine debbano essere temporanee ed è questa la nostra interpretazione. Sono state confermate le priorità di medio e lungo termine e gli obiettivi della strategia di Lisbona; le priorità di breve termine devono seguire la stessa linea. Vi confesso che il Consiglio europeo era a dir poco perplesso per le dichiarazioni del ministro del tesoro statunitense Geithner circa le misure permanenti. L’America sta ripetendo gli errori degli anni Trenta sotto forma di imponenti pacchetti di incentivi, di tendenze protezionistiche e di appelli al protezionismo, di una campagna “Buy American” e così via. Non solo, in quanto queste misure nel loro complesso unitamente all’iniziativa di renderle permanenti sono destinate al fallimento. Forse sarebbe il caso di rinfrescare le nostre conoscenze di storia. L’inequivocabile rifiuto di questo approccio miope rappresenta il maggior successo del Consiglio di primavera. Respingo categoricamente le proteste del presidente del partito socialista europeo, l’onorevole Rasmussen, secondo cui il Consiglio europeo ha fatto poco per combattere la crisi in attesa che Stati Uniti vengano in nostro soccorso. La strada scelta dagli Stati Uniti è stata screditata dalla storia e inoltre, come ho avuto modo di esprimere in precedenza,, i livelli di previdenza sociale e di servizi sociali per i cittadini sono tangibilmente diversi e sicuramente di qualità inferiore negli Stati Uniti. La strada scelta dagli americani è pericolosa perché essi avranno bisogno di liquidità per finanziare i loro pacchetti di sostegno sociale e la otterranno facilmente perché c’è sempre qualcuno disposto a comprare titoli di Stato statunitensi. Tuttavia, ciò mette a rischio la liquidità del mercato sottraendola dal mercato finanziario globale e mettendo a rischio, proprio in virtù di tale mancanza di liquidità, la vendita di altre obbligazioni europee,, polacche, ceche o quant’altro. Tale approccio è motivo di preoccupazione e, a mio avviso, sarà argomento di discussione al vertice del G20 che non sarà l’unica occasione di affrontare questo argomento. La discussione potrà proseguire in seguito all’incontro informale dei ventisette Stati membri con il governo degli Stati Uniti e il presidente Obama a Praga. Sono fermamente convinto che troveremo un approccio comune con gli Stati Uniti, in quanto non vogliamo sicuramente arrivare a uno scontro tra Stati Uniti ed Europa. Nel mondo di oggi – e la crisi ce l’ha ancora una volta dimostrato – nessuna economia può esistere da sola e il livello di interdipendenza è molto elevato; ciò significa che in periodi di crisi condividiamo tutti gli stessi problemi che possono essere risolti soltanto agendo insieme.

Il secondo pilastro dell’accordo, nella ricerca di una soluzione alla crisi attuale, è la preparazione del vertice del G20. I documenti redatti dal primo ministro Brown e dal suo governo sono eccellenti, ieri avete avuto l’opportunità di esaminarli. L’approccio tripartito include una soluzione per il settore finanziario e pacchetti di incentivi fiscali che regolano e addirittura correggono i difetti interni al sistema e rigenerano il commercio globale, premendo per una ripresa dei negoziati di Doha nell’ambito dell’OMC. Tale approccio è perfettamente conforme al carattere specifico della soluzione presentata dal Consiglio europeo che ha ottenuto unanime consenso. Plaudo a questo accordo che ha tradotto in cifre la dotazione a disposizione del Fondo monetario internazionale fissandola in 75 miliardi di euro. I ventisette Stati membri condividono una posizione comune, un’unica voce e un unico obiettivo per la riunione del G20. Questo è il maggior successo che abbiamo conseguito in quanto l’intero, Consiglio europeo è stato un test per l’unità e la solidarietà europea, nonché per i valori e per il mercato unico europei. Se soltanto una di queste voci fosse tagliata, usciremmo indeboliti dalla crisi. Di contro, se rispetteremo questi elementi fondamentali, ne usciremo rafforzati. Non c’è ragione per essere pessimisti riguardo alle discussioni del vertice del G20, come teme l’onorevole Rasmussen. Credo che abbiamo tutti compreso la necessità di agire in modo solidale e di collaborare, come ha ribadito l’onorevole Watson del gruppo dell'Alleanza dei democratici e dei liberali per l'Europa.

La crisi attuale, come ben sapete, è una crisi di fiducia. Il terzo ambito fondamentale per la risoluzione della crisi è pertanto il ripristino della fiducia. Non è molto semplice immettere liquidità nel sistema. Abbiamo cercato di perseguire questo obiettivo, ma le banche continuano a non prestare denaro. Le banche devono iniziare a erogare denaro, ma non lo faranno se non hanno fiducia. La liquidità di cui dispongono non ha risolto i problemi. La fiducia non può essere ristabilita per legge, né acquistata. Nell’ambito del ripristino della fiducia abbiamo intrapreso una nuova azione per rafforzare la fiducia, raddoppiando fino a 50 miliardi di euro, se necessario, il quadro di garanzie per i paesi fuori dalla zona euro. Abbiamo trovato un accordo anche su questo punto. Abbiamo anche concordato sulla necessità di evitare un approccio generalista e di decidere, piuttosto, caso per caso, per ogni banca e per ogni paese, considerando che un approccio unico potesse essere pericoloso in questo momento. I mercati sono nervosi, reagiscono repentinamente, in modo sproporzionato e negativo a ogni singolo segnale. Abbiamo quindi bisogno di una regolamentazione migliore. Per migliorare sarebbe forse sufficiente introdurre una regolamentazione laddove questa non esista. E’ qui che entrate in gioco voi, onorevoli deputati al Parlamento europeo. Vorremmo raggiungere un accordo – e i segnali sembrano incoraggianti – su atti legislativi che, in sostanza, rispondano alla nostra visione e alle nostre idee su una migliore regolamentazione delle agenzie di rating, sulla solvibilità delle compagnie assicurative, sui requisiti patrimoniali delle banche, sui pagamenti transfrontalieri, sul denaro elettronico, eccetera. Sarei molto lieto se approvaste tali regolamenti in questa sessione e se essi entrassero in vigore e fossero applicati con decorrenza immediata. Accolgo con favore, come voi tutti, la relazione de Larosière, che contiene una brillante analisi e un capitolo illuminante sull’attuazione e, in questa direzione, il Consiglio europeo è giunto a conclusioni chiare. Il compito più importante del Consiglio europeo di primavera doveva essere forse la valutazione dei progressi compiuti ad oggi nell’attuazione del piano di ripresa, così come delineato dal Consiglio di dicembre. E’ esattamente qui che si concentrano, a mio avviso ingiustamente, tutte le critiche e il clamore. Il piano è stato definito lacunoso, lento e poco ambizioso. Voglio dire come stanno le cose. Ho già menzionato i 400 miliardi di euro, pari al 3,3 per cento del PIL, senza includere i fondi per la ricapitalizzazione delle banche e le garanzie che ammontano a più del 10 per cento del PIL, che è tutto ciò che l’Europa può permettersi, al momento. Ciò avrà comunque un impatto molto significativo sul Patto di stabilità e di crescita e un impatto altrettanto significativo sul debito pubblico e su come vengono risolti i problemi nel periodo del “day after”, ovvero, in parole povere, quando la crisi sarà passata. Credo che anche i 5 miliardi di euro, che sono stati infine approvati e che costituiscono soltanto una piccola parte dei 400 miliardi di euro, siano il risultato di trattative difficilissime che hanno interessato molti paesi. Il fatto è che una somma di denaro non costituisce una misura anticrisi se non viene impiegata nel 2009-2010. E’ altresì vero che non c’è un sistema trasparente per la valutazione dei progetti, non c’è una lista adeguata di questi progetti e ci sono alcune cose che mancano e altre che invece abbondano. Abbiamo raggiunto un accordo, alla fine, dopo negoziati molto complessi; la presidenza ceca ha avuto un ruolo centrale nel condurre l’accordo per l’approvazione dei 5 miliardi di euro, per poi inviare tali risorse al Parlamento europeo che se ne dovrà occupare.

Il piano di ripresa contiene misure di ordine comunitario, ovviamente, per le quali sono disponibili oggi circa 30 miliardi di euro, ma anche misure di ordine nazionale, per le quali ogni Stato membro metterà in atto i propri incentivi fiscali, nell’ambito del piano di ripresa. A mio avviso il punto fondamentale sul quale il Consiglio europeo ha trovato un accordo è la validità del Patto di stabilità e di crescita. Se vogliamo superare questa crisi mantenendo l’Unione intatta, illesa e rafforzata, dobbiamo rispettare le nostre stesse regole. Sarebbe un grave errore, a mio avviso, creare nuovi pacchetti di misure senza la garanzia che siano state avviate tutte le procedure nazionali e comunitarie, senza sapere quale sarebbe il loro impatto e se ci sia bisogno o meno di altri incentivi fiscali; anche su questo aspetto si è registrato l’accordo del Consiglio europeo. Se sarà assolutamente necessario, il Consiglio europeo adotterà ulteriori provvedimenti, ma a questo punto non sappiamo se dobbiamo farlo, poiché nessuno sa quando la crisi toccherà il fondo o quando finirà. Sarebbe completamente assurdo adottare ulteriori misure senza conoscere gli effetti delle azioni intraprese finora, con 400 miliardi di euro di incentivi fiscali. Il piano è ambizioso, diversificato e completo e risolverà i problemi di crescita e di occupazione in modo diverso, a seconda della situazione di ogni paese, così come i problemi legati alla situazione economica, ovviamente.

Il secondo tema centrale del Consiglio europeo è stato la questione climatica ed energetica. Abbiamo compiuto progressi significativi sia nell’ambito della sicurezza energetica, che in quello della salvaguardia del clima. Al di là di tutto il resto, la sicurezza energetica è una delle priorità principali della nostra presidenza, la cui necessità si è manifestata in gennaio. La crisi del gas non è stata risolta. Una altra crisi potrebbe scatenarsi domani, dopodomani, tra un mese, l’anno prossimo, in qualsiasi momento. La prova di ciò che sto dicendo risiede nel fatto che anche il pacchetto anticrisi di 5 miliardi di euro è rivolto principalmente, se non esclusivamente, alle interconnessioni tra i paesi europei e include un ampio spettro di meccanismi e progetti volti a ridurre la dipendenza da un’unica fonte di approvvigionamento. Abbiamo concordato che entro il prossimo inverno sia messo a punto un meccanismo anticrisi per la gestione dell’interruzione delle forniture, al fine di rispondere a tutti gli eventuali problemi che possano insorgere. E’ più che evidente che abbiamo bisogno di tale meccanismo. E’ emerso chiaramente in gennaio, in particolare in Slovacchia e in Bulgaria, ma anche in molti altri paesi.

Il dibattito sul clima: sono già iniziati i preparativi e le discussioni per la conferenza di Copenaghen. Sia la Danimarca, come paese ospitante, che la Svezia durante la sua presidenza, tratteranno questo argomento e la presidenza ceca sta già lavorando alacremente su questa questione. Stiamo cercando una posizione comune a livello europeo. Stiamo iniziando i negoziati con i principali protagonisti, senza i quali non si può garantire il successo della conferenza di Copenaghen. Si tratta degli Stati Uniti e, ovviamente, del Giappone, della Cina e dell’India, così come di altri grandi paesi e di paesi fortemente inquinanti. Il dibattito più intenso – e lo affronterò soltanto brevemente – ruota intorno all’eventuale necessità di fissare non soltanto i meccanismi, ma anche le quote di ogni singolo paese europeo nel pacchetto di finanziamenti che stiamo stanziando per aiutare i paesi in via di sviluppo – i paesi terzi – nell’adempiere ai loro impegni in materia di lotta per la salvaguardia del clima. La decisione presa è stata quella giusta. In una situazione in cui stiamo negoziando con tutti i principali protagonisti, che per adesso stanno agendo più con le parole che con i fatti, elevare barriere e porre limiti che gli altri non rispetterebbero sarebbe, da parte nostra, una strategia inadeguata e deleteria. La nostra posizione nei negoziati sarà di gran lunga migliore se avremo mano libera e su questo punto sono stati concordi proprio quei paesi che hanno effettivamente presentato l’ultima proposta, come la Svezia, la Danimarca, i Paesi Bassi, il Regno Unito e la Polonia. Per quanto riguarda l’approccio polacco, abbiamo rispettato gli interessi dei paesi che sono piuttosto cauti nei confronti di questo meccanismo, così come gli interessi dei paesi che hanno una posizione di primo piano sulle questioni relative ai cambiamenti climatici. Tutti i paesi, anche quelli che ritengono ciò una priorità assoluta, concordano sul fatto che, prima della conferenza di Copenaghen, dovremo trovare il vero meccanismo, la sua chiave di volta e dovremo anche formularlo in modo adeguato.

La terza area riguarda le relazioni esterne. Il Consiglio europeo ha approvato formalmente l’iniziativa per il Partenariato orientale come un’integrazione della nostra politica estera e della nostra politica di vicinato. Dato che a nord ci sono gli iceberg e a ovest c’è l’oceano Atlantico, è a sud e ad est che vivono i nostri vicini ed è esattamente lì che si trovano i paesi che possono eventualmente minacciare sia la nostra economia, che la nostra situazione sociale e la nostra sicurezza. Il Partenariato orientale era un obiettivo della presidenza ceca e sono lieto che sia stato approvato con un solido impegno di 600 milioni di euro. Vorrei anticipare le domande circa la partecipazione della Bielorussia. La stiamo prendendo in considerazione. La Bielorussia ha compiuto alcuni progressi e si sta estendendo la sospensione del divieto di rilascio di visti ai membri del regime. In questo momento, nei confronti della Bielorussia, stiamo tenendo la porta aperta, ma non è stata presa alcuna decisione. Se gli Stati membri non sono d’accordo su questo punto e non c’è una decisione unanime da parte di tutti i ventisette Stati membri, non inviteremo il presidente Lukashenko, benché sia i paesi confinanti che gli oppositori ci abbiano raccomandato di farlo. So che questa è una domanda alla quale non avrei saputo rispondere, se me l’aveste rivolta in questo momento, ed è per questo che ho anticipato la risposta.

Ho informato il Consiglio europeo circa l’incontro e il vertice informale del 5 aprile con il presidente Obama, congiuntamente alla trattazione di altre priorità, segnatamente le relazioni transatlantiche. I dettagli organizzativi non sono stati ancora definiti ma ne sarete di certo informati. Il vertice verterà su tre ambiti tematici principali: le discussioni sul vertice del G20, la cooperazione in materia di energia e di clima, argomento sul quale l’UE vuole restare protagonista, così come gli Stati Uniti, le relazioni esterne e l’area geostrategica che va dal Mediterraneo al mar Caspio, che include Afghanistan, Pakistan, la situazione in Iran e, ovviamente, il Medio Oriente. Il vertice con gli Stati Uniti è importante, ma dovremmo chiaramente rifuggire da aspettative troppo ambiziose, perché non si tratta dell’arrivo del Messia. Gli Stati Uniti hanno una moltitudine di problemi interni che devono essere risolti ed è questo il motivo per cui è positivo che il presidente Obama parli a Praga della sua visione sostanziale di quest’anno; con il suo discorso vorrà chiaramente mandare un messaggio ai cittadini europei circa le posizioni principali e gli obiettivi essenziali del nuovo governo statunitense.

Ci sono state molte altre questioni al Consiglio europeo sulle quali sono pronto a rispondere. Se ho tralasciato qualcosa, ne parlerò durante la discussione dopo gli interventi dei capigruppo. Probabilmente non ci incontreremo più come oggi perché state per andarvene e dare avvio alla campagna elettorale, ma sarò molto lieto se resisterete alla tentazione di inaugurare la campagna elettorale proprio adesso. Spero che ci sia una competizione leale per i seggi al Parlamento europeo e che vi incontriate di nuovo dopo le elezioni per continuare il vostro lavoro.

 
  
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  Presidente. Grazie, signor Presidente in carica del Consiglio europeo, per la determinazione con cui ha portato avanti il mandato di presidenza, nonostante la difficile situazione nel suo paese.

 
  
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  José Manuel Barroso, Presidente della Commissione. − (FR) Signor Presidente, signor Presidente in carica del Consiglio, onorevoli parlamentari, l’ultimo Consiglio europeo ha portato a risultati concreti.

Vorrei rendere omaggio alla presidenza ceca e, in particolare, al primo ministro ceco Topolánek, che ha mantenuto saldamente il perimetro delle discussioni, facendo sì che si concentrassero su obiettivi concreti. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: una serie di decisioni già di per sé importanti, ma che testimoniano anche la determinazione dell’Europa di oggi. La concretezza delle nostre decisioni dimostra la nostra unità e sfida il pessimismo delle previsioni che, ancora una volta, si sono rivelate errate. Mi concentrerò ora sugli aspetti economici, resto dal momento che il primo ministro Topolánek ha ricordato la maggior parte degli argomenti e non è pertanto necessario tornare sugli stessi punti.

In primo luogo, il Consiglio ha approvato la proposta della Commissione di stanziare 5 miliardi di euro per progetti energetici di rilevanza strategica e per la connessione Internet a banda larga. L’accordo raggiunto in seno al Consiglio europeo ben traduce la determinazione dell’Unione a servirsi di tutti gli strumenti a sua disposizione e a fare tutto il possibile per evitare che la crisi metta a repentaglio i nostri obiettivi di lungo termine, soprattutto in tema di sicurezza energetica e lotta contro i cambiamenti climatici.

La seconda importante decisione è quella di raddoppiare il tetto massimo di aiuti destinati alla bilancia dei pagamenti degli Stati membri: 50 miliardi di euro sono un impegno decisamente cospicuo, a dimostrazione che ,anche in tempi difficili, in Europa la solidarietà non si dimostra soltanto a parole.

In effetti, lo strumento migliore di cui l’Europa dispone per mettere un freno alla crisi e per ristabilire condizioni per la crescita è il coordinamento delle proprie posizioni, l’azione comune e il sostegno reciproco.

La terza grande decisione dimostra che l’Unione contribuisce pienamente allo sforzo per contrastare la crisi a livello mondiale. Se si tiene conto degli stabilizzatori automatici, gli stimoli all’economia europea sono pari al 4 per cento circa del PIL europeo. Ciononostante, durante il Consiglio europeo è stato assunto anche l’impegno a sostenere il FMI con un contributo massimo di 75 miliardi di euro. L’Unione sta facendo la propria parte fino in fondo, sia combattendo con forza la crisi, che attraverso l’attuazione di un ambizioso e lungimirante programma di riforme della normativa.

L’Unione europea ha dato un esempio di unità e leadership che, se seguito, aprirà il cammino verso soluzioni globali di più ampio respiro. La discussione di ieri con il primo ministro britannico Brown lo dimostra. L’Unione europea si presenta al vertice di Londra con un’agenda solida e coerente, basata su quattro pilastri: incentivi economici importanti e coordinati, un ambizioso programma di regolamentazione, un messaggio forte contro ogni forma di protezionismo e un rinnovato impegno a favore degli obiettivi del Millennio, soprattutto nei confronti pianeta dei meno fortunati.

E’ un programma improntato alla leadership, e credo sia altresì importante sottolineare – perché all’inizio non era così scontato – che la posizione degli Stati membri che parteciperanno al vertice di Londra e della Commissione rispecchia di fatto il messaggio di tutta l’Unione a ventisette Stati membri, che intendono mantenere questo ruolo di leadership, al fine da delineare un nuovo approccio a livello internazionale. Non si tratta di un’agenda tecnocratica: punta invece a reintrodurre nel sistema economico, e soprattutto nel sistema finanziario globale, valori etici senza i quali l’economia di mercato non può funzionare. Bisogna rimettere porre nuovamente l’individuo al centro dell’economia globale. Noi siamo per un’economia aperta e competitiva, ma anche per un’economia in cui i mercati siano al servizio dei cittadini. Dopotutto è questo il motivo per cui sostengo l’ambiziosa proposta del cancelliere Merkel di una carta per un’economia sostenibile che ci ricordi il nostro impefno per un’economia di mercato sociale.

Il Consiglio europeo ha anche guardato oltre la crisi. Per quanto riguarda le relazioni esterne, mi rallegro del sostegno offerto dai ventisette Stati membri alle proposte della Commissione sullo sviluppo del Partenariato orientale che avremo occasione di approfondire durante il vertice del 7 maggio. Con l’Unione per il Mediterraneo abbiamo ora un quadro coerente per la nostra politica di vicinato, che è senza dubbio una delle principali priorità delle relazioni esterne dell’Unione.

Presidente della Commissione. − (EN) Signor Presidente, ora abbiamo bisogno di mantenere questo slancio nelle iniziative per la ripresa economica; i 5 miliardi di euro sono una urgenza questione veramente urgente. Si tratta di un investimento critico in questo difficile periodo. Tutti sappiamo che la crisi del credito ha avuto un impatto diretto sui progetti strategici. Occorre far fronte ad alcune sfide, in particolare l’eventualità di un congelamento degli allacciamenti al gas e al petrolio. La crisi ha posto un freno agli investimenti per le energie rinnovabili. Anche le ricerca sulle tecnologie pulite langue.abbiamo Occorre pertanto una chiara risposta da parte dell’Europa.

So che questo Parlamento è impegnato nel portare avanti rapidamente questo capitolo e spero che l’ esame delle proposte vi permetta di avviare una trattativa rapida con il Consiglio, in modo che diventino legge entro maggio.

Lo stesso vale per il pacchetto di misure – sia future, che già esistenti – sul sistema finanziario. Per il Parlamento e il Consiglio sicurezza concludere la prima lettura dell’accordo su queste misure, prima della pausa elettorale, significherebbe inviare un messaggio autorevole e dire che l’Unione europea sa come agire per ripristinare l’ordine nel sistema finanziario.

Si tratta di una pietra angolare per ripristinare la fiducia ed è per questo che la Commissione, come indicato nella comunicazione del 4 marzo 2009, continuerà ad adottare le proposte sui fondi speculativi, sui capitali di rischio, sui compensi ai dirigenti e sulle modalità per dar seguito alle idee indicate nella relazione del gruppo ad alto livello che ho istituito, presieduto dall’onorevole de Larosière. In effetti, questa relazione è stata accolta con favore dal Consiglio europeo ed è stata unanimamente considerata come base per ulteriori azioni. Sono molto lieto di tale risultato.

bisogno Occorre anche approfondire ulteriormente il lavoro di coordinamento, fondamentale come l’attuazione. Le linee guida che abbiamo stilato sui titoli tossici e sul sostegno al settore automobilistico sono già state utilizzate per orientare l’azione degli Stati membri nel modo più efficace.

Ora ci troviamo nella fase di attuazione del piano di ripresa, la Commissione continuerà il suo lavoro per controllare come vengano tradotti in azione gli annunci di incentivi nazionali. Abbiamo alcuni strumenti. Abbiamo anche gli strumenti della strategia di Lisbona che restano in vigore. Valuteremo con attenzione le diverse misure nazionali volte ad affrontare la crisi e ad incentivare la domanda, per capire che cosa possiamo imparare e come possiamo contribuire.

Lo stesso spirito dovrebbe ispirarci nella preparazione del vertice sull’occupazione. L’ho già detto davanti a questo Parlamento: questa crisi sta causando difficoltà concrete, il cui impatto sul mercato del lavoro è più tangibile che altrove.

La disoccupazione sta aumentando e molto probabilmente aumenterà ancora. Questa è la mia prima preoccupazione e credo che debba essere la prima preoccupazione dell’Europa. I lavoratori di tutta Europa devono sapere che la questione sta a cuore ai leader europei. E’ per questo che è così importante il vertice straordinario sulla disoccupazione dei primi di maggio: rilevare l’impatto dei provvedimenti per la ripresa adottati finora, verificare che cosa funziona e funziona cosa no, condividere le buone prassi e concordare i passi successivi necessari.

Dobbiamo essere certi che siano state mobilitate tutte le leve a livello locale, regionale, nazionale ed europeo, al fine di attenuare l’impatto della crisi e preparare i lavoratori alle professioni del futuro. In particolare, dobbiamo mettere in atto quanto in nostro potere per completare l’azione degli Stati membri per mezzo del Fondo sociale europeo e del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione.

Come saprete, il Consiglio europeo ha deciso che il vertice si svolga sotto forma di troika. Ad essere franco – come sono sempre stato – questa decisione mi ha deluso. Avrei preferito che tutti i ventisette Stati membri dedicassero il tempo necessario a discutere insieme delle migliori soluzioni su quella che è la questione chiave per i cittadini europei in questa crisi: l’occupazione.

Sappiamo che la maggior parte degli strumenti si colloca a livello nazionale, ma questa non deve essere una giustificazione perché i leader europei non discutano a livello europeo della modalità di coordinamento delle loro azioni. Sappiamo anche che, quando prendiamo decisioni che riguardano il settore finanziario, o quando adottiamo un piano di ripresa, sono coinvolte anche misure per l’occupazione.

Tuttavia, penso che l’occupazione meriti di per sé l’attenzione e la valutazione nel merito da parte dei leader europei. In ogni caso, la Commissione è interamente mobilitata e pronta a lanciare un messaggio forte il 7 maggio 2009. Personalmente, credo che questo vertice, che si è deciso di tenere sotto forma di troika, dovrebbe essere aperto a tutti, in modo che tutti i primi ministri che vogliano parteciparvi abbiano l’opportunità di intervenire.

Vorrei dirvi, come ha già indicato il primo ministro Topolánek, che immediatamente prima del Consiglio europeo abbiamo tenuto una discussione estremamente importante con le parti sociali, insieme al primo ministro svedese Reinfeldt e quello spagnolo Zapatero. Penso sia emersa la volontà delle parti sociali a impegnarsi con noi. E’ fondamentale far sapere a tutti gli europei, e segnatamente a tutti i lavoratori d’Europa, che abbiamo a cuore il dialogo sociale anche a livello europeo.

Abbiamo invitato le parti sociali alla Commissione. Abbiamo organizzato un incontro presso il collegio dei membri della Commissione e sono convinto nel proseguire il lavoro con le parti sociali, il Parlamento europeo, i governi europei, la presidenza, ovviamente, e anche con il Comitato delle regioni e il Comitato economico e sociale, perché davvero credo che, di fronte al problema dell’occupazione, occorra una mobilitazione europea, non solo da parte dei governi e delle istituzioni europee, ma anche delle parti sociali e di tutta la società.

Sono persuaso che dovremmo valutare tutte le opzioni possibili. E’ per questo che nelle prossime settimane la Commissione profonderà un particolare sforzo per lavorare con tutti i nostri partner e sarei molto lieto della piena partecipazione dei membri del Parlamento europeo e di questo Parlamento come istituzione. Siete molto esperti in materia di azioni sul campo.

In sintesi, questo è stato un Consiglio europeo che ha preso decisioni molto importanti su materie economiche e finanziarie: si tratta di risultati estremamente concreti. Ma non è stato in alcun modo il punto d’arrivo di un processo. Dobbiamo mantenere lo slancio di questo processo eaprirci a tutto ciò che è necessario fare per contrastare una crisi che ha, nello specifico, un maggiore impatto sugli aspetti sociali. E’ importante mantenere questa determinazione e, attraverso il coordinamento e l’attuazione, l’Europa sarà in grado non soltanto di rispondere alle sfide al suo interno, ma anche di dare un contributo importante alla risposta globale a questa crisi di vastissime dimensioni.

(Applausi)

 
  
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  Joseph Daul, a nome del gruppo PPE-DE. – (FR) Signor Presidente, signor Presidente in carica del Consiglio, signor Presidente della Commissione, onorevoli deputati, dopo aver condotto i nostri partner statunitensi e il resto del mondo, fin dall’inizio della crisi, verso una riforma ambiziosa, ma decisamente necessaria, dei mercati finanziari, venerdì scorso abbiamo fissato una tabella di marcia per il vertocfe del G20 del 2 aprile.

Durante la discussione di ieri sul G20, alcuni hanno detto che non è abbastanza, altri che è troppo. La realtà è che, nelle crisi che si sono susseguite, l’Europa finalmente c’è stata, si è coordinata, ha fatto un lavoro di squadra.

Lo ribadisco: nella situazione di crisi che stiamo vivendo, come per tutti argo mentile questioni globali – energia, clima, affari esteri, sicurezza e difesa – le soluzioni nazionali non sono più adeguate. E se anche il primo ministro britannico che abbiamo ascoltato ieri celebra le virtù dell’Unione europea, dichiarandosi – e cito – “fiero di essere britannico e fiero di essere europeo”, mi sento confortato nella mia posizione.

La decisione presa la settimana scorsa dal Consiglio europeo circa lo stanziamento di un finanziamento di 50 miliardi di euro per aiutare gli Stati membri che non appartengono alla zona euro in questo periodo difficile è una misura proficua, perché ciò che colpisce uno di noi, colpisce tutti. E’ il senso della costruzione europea. In aggiunta ai 400 miliardi del piano europeo per la ripresa economica, questi stanziamenti aiuteranno a ritrovare il cammino della crescita, a creare ricchezza e, in ultima analisi, occupazione. Lo stesso vale per il pacchetto da 5 miliardi di euro che abbiamo deciso di investire a sostegno dei progetti nel settore dell’energia, le misure riguardanti Internet e altri aspetti.

Chiedo al Consiglio di adoperarsi al massimo per giungere a un accordo entro la fine di questa legislatura sui tre maggiori capitoli attualmente in discussione: le agenzie di rating creditizio, le direttive sui requisiti patrimoniali e la direttiva solvibilità II. Su quest’ultimo testo, il Consiglio deve procedere più rapidamente per consentire un’adozione in prima lettura, nel mese di aprile.

Onorevoli colleghi, non abbiamo bisogno di ulteriori misure economiche socialiste. Occore invece più occupazione, e questo pacchetto di provvedimenti ci permetterà di conseguire tale risultato. Del resto, noto con interesse che nessun leader europeo di sinistra o di destra ha appoggiato, la settimana scorsa a Bruxelles, provvedimenti di stampo socialista. Ciò rafforza la mia convinzione: non c’è mai grande coerenza tra ciò le affermazioni del presidente del gruppo socialista al Parlamento europeo e ciò che fanno i governi presieduti da socialisti e, onorevole Schulz, lei ha ancora molto lavoro da compiere per convincere il suo collega Steinbrück a più concentrarsi maggiormente sulla dimensione sociale.

Vorrei inooltre ricordare la preparazione della conferenza di Copenaghen di dicembre e chiedere alla presidenza ceca di preparare, per il mese di giugno, delle proposte sui meccanismi di finanziamento internazionale. Sul pacchetto energia e clima, l’Europa ha dato il la e non deve perdere questo vantaggio. I cambiamenti climatici non aspetteranno la fine della crisi. E’ dunque nostra responsabilità convincere i nostri partner affinché ci seguano nella lotta contro i cambiamenti climatici e perseguano l’obiettivo di ridurre del 30 per cento le emissioni di CO2.

Il presidente Obama sembra deciso ad accettare l’aiuto che gli abbiamo offerto, con l’introduzione negli Stati Uniti di un sistema di scambio di quote di emissioni. Per concludere, vorrei esprimere la mia soddisfazione circa la decisione dell’Europa di prendere in seria considerazione i paesi orientali più prossimi, istituendo un partenariato strategico con l’Armenia, l’Azerbaigian, la Bielorussia, la Georgia, la Repubblica moldova e l’Ucraina. Esso affiancherà in modo utile i lavori dell’assemblea Euronest, iniziativa sorta in seno al mio gruppo, che nascerà verrà lanciata con il sostegno di tutti i gruppi parlamentari fin dalla prossima legislatura.

D’altro canto, è giunto il momento che l’Unione per il Mediterraneo, creata lo scorso anno, attivi il proprio segretariato in vista di Barcellona e lavori su progetti concreti. I ventisette Stati membri l’hanno chiesto la settimana scorsa e attendiamo una tabella di marcia per giugno.

 
  
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  Martin Schulz, a nome del gruppo PSE. – (DE) Signor Presidente, presidente Topolánek è notevole che lei sia qui. Le fa onore nelle sue difficili circostanze. Il fatto che lei sia qui stamattina dimostra il suo spirito combattivo, ma deve ancora comprendere il mandato di presidente in carica dell’Unione europea. Se viene qui per occuparsi di politica interna ceca, allora non deve meravigliarsi se discutiamo di politica interna ceca. A mio avviso, tuttavia, lei è qui in veste di presidente in carica del Consiglio europeo, motivo per cui non comprendo i suoi commenti circa l’opposizione da parte dei socialdemocratici.

(Applausi)

In ogni caso, il suo governo è caduto per due voti dei civili democratici e per due voti dei verdi. Che ci dice, quindi, dell’opposizione dei suoi alleati?

Ieri abbiamo ascoltato il discorso di un eminente capo di governo europeo che, come paese ospitante del vertice del G20 della settimana prossima, ha detto il contrario rispetto a quanto affermato qui da lei, in veste di presidente in carica del Consiglio. Ciò che il primo ministro britannico Brown ha detto ieri è il contrario di quanto ha affermato lei qui. Lei ha detto che, storicamente, la strada intrapresa dagli Stati Uniti è sbagliata. L’ha detto qui, qualche minuto fa. Ha detto che la strada scelta dal ministro del Tesoro statunitense Geithner è sbagliata e destinata al fallimento. L’Unione europea non può lavorare con gli Stati Uniti in questi termini. Lei non sta rappresentando il Consiglio dell’Unione europea, lei sta rappresentando se stesso. E’ questo il grande errore che sta commettendo.

(Applausi)

Adesso capisco perché all’inizio ci hanno detto che è difficile avere un dialogo con quest’uomo. No, signor Presidente in carica del Consiglio, così si porta l’Europa in un vicolo cieco.

Il presidente della Commissione ha citato un punto molto importante oggi. Ha detto che sarebbe un errore grave negare il vertice sociale, il vertice sull’occupazione. In un momento in cui milioni di persone in Europa temono per il proprio posto di lavoro, in un momento in cui banche e compagnie di assicurazione in fallimento, anche negli Stati Uniti, vengono salvate da finanziamenti pubblici nell’ordine di miliardi, se non di migliaia di miliardi, una politica che lei descrive come baratro destinata al fallimento, in una situazione in cui i cittadini sanno che, in definitiva, sono loro a pagare con le tasse, che siano euro o corone; in questo genere di situazione, il Consiglio europeo sta dicendo ai cittadini che non è interessato ai problemi dell’occupazione. Che non ha tempo per occuparnese. E’ un segnale pericoloso. E’ un segnale sbagliato.

E’ per questo che affermo, signor Presidente della Commissione, che il suo parere alla presidenza del Consiglio non è sufficiente. Non vogliamo un dibattito a tre, vogliamo una discussione aperta a tutti. La presidenza del Consiglio dovrebbe riconvocare il vertice, in modo che i capi di Stato e di governo si assumano la responsabilità di discutere della situazione occupazionale in Europa, all’inizio di maggio.

(Applausi)

Ministro Topolánek, vorrei illustrare tre raccomandazioni da portare con lei nei prossimi giorni: se lei obbliga i governi dell’Unione europea a mobilitare l’1,5 per cento del loro prodotto interno lordo nel 2009 e l’1 per cento nel 2010 come pacchetto destinato a far fronte alla situazione economica sul breve termine e finora soltanto quattro paesi, se ho ben capito, rispondono a queste richieste, non è abbastanza ed è compito del presidente in carica del Consiglio garantire che gli Stati rispettino gli impegni che si sono prefissati.

In secondo luogo, per favore, riconvochi il vertice sociale. Dimostri agli europei che la politica per l’occupazione e le iniziative a tutela del lavoro sono al centro dell’azione di governo.

In terzo luogo, la prego, garantisca finalmente chiarezza in seno al Consiglio su quanto accadrà alle questioni istituzionali dopo le elezioni. Personalmente, sono molto dispiaciuto per lei. So che ha sostenuto la ratifica del trattato di Lisbona, ma so anche che il suo presidente la controlla e che si sta facendo di tutto per impedirle di ottenere l’approvazione del Senato per la ratifica del trattato. Siamo qui per aiutarla. Dove possiamo, stiamo parlando con i suoi senatori dell’ODS, per cercare di convincerli a schierarsi a favore del processo di ratificazione. Non c’è nessun problema, siamo al suo fianco e faremo tutto quanto in nostro potere.

Tuttavia, c’è ancora un’altra questione a margine: deve dirci, alla fine, su quali basi intenda procedere. Sulla base del trattato di Nizza, che è in vigore, o sulla base del trattato di Lisbona, che non è in vigore? Iniziare con Nizza e poi aggiungere un po’ di Lisbona non è accettabile. E’ per questo che dico anche, per quanto ci riguarda, certamente sì a una consultazione dopo le elezioni europee, ma soltanto dopo che il Parlamento europeo si sarà riunito. Non sono disposto a essere consultato dopo il 7 giugno, finché il Parlamento europeo non sia stato convocato ufficialmente per la prima seduta. Dobbiamo ancora essere capaci di esigere un po’ di rispetto istituzionale. Con questi tre punti, signor Presidente in carica del Consiglio, riacquisterà un po’ di prestigio ai nostri occhi.

(Applausi)

 
  
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  Graham Watson, a nome del gruppo ALDE. – (EN) Signor Presidente, nonostante tutte le sofferenze tutt’altro che immaginarie, esiste una definizione scherzosa di recessione. E’ quando si va al bancomat a ritirare i soldi e si vede una scritta lampeggiante che dice: “Importo disponibile insufficiente” e non si è sicuri se intende i tuoi soldi o quelli della banca!

(Ilarità)

Nonostante tutti gli oscuri presagi di divisioni e contrasti, questo Consiglio europeo ha prodotto un pacchetto positivo e mi congratulo con la presidenza ceca per tale risultato.

Abbiamo la promessa di maggiori finanziamenti del Fondo monetario internazionale, una promessa di maggior sostegno per le economie meno solide d’Europa e un accordo per compiere passi avanti verso la supervisione europea del sistema finanziario. Tutto ciò è positivo. E sono stato soddisfatto soprattutto di vedere che il Consiglio ha salvato il presidente Barroso trasferendo cinque miliardi di euro inutilizzati al piano di recupero. Gli investimenti nei trasporti, nelle infrastrutture e nelle connessioni a banda larga creeranno nuovi posti di lavoro oggi e prepareranno l’Europa per l’avvenire. Nel frattempo, il denaro destinato al gasdotto Nabucco ridurrà la nostra preoccupante dipendenza energetica dalla Russia.

Il presidente in carica deve darci chiare rassicurazioni che i fondi provenienti dai 5 miliardi di euro saranno effettivamente destinati a tale progetto, ma anche che gli investimenti infrastrutturali per le forniture di gas non saranno un surrogato della ricerca sulle energie rinnovabili. La crescita verde resta fondamentale per la sicurezza dei nostri cittadini ora e per il futuro, così come lo sono i principi enunciati nella strategia di Lisbona: “flessicurezza”, economia della conoscenza, normative occupazionali atte allo scopo: queste sono le basi di un’economia concorrenziale e di un mercato unico riuscito. E’ merito del Consiglio se il linguaggio protezionistico del passato non ha gettato ombre sulle sue conclusioni.

Ma nonostante tutto l’apparente accordo, resta una sottilissima differenza nelle priorità degli Stati membri: da un lato, vi sono coloro che si concentrano su una robusta regolamentazione a livello internazionale, e dall’altro coloro che pongono l’accento su un energico pacchetto di stimoli. Si tratta di una falsa scelta. Naturalmente servono strutture di supervisione dotate una concreta forza normativa, ma servono altresì provvedimenti anticiclici che affrontino la realtà della recessione. Il lungo e il breve periodo: occorre provvedere ad entrambi.

I nostri leader dovranno essere chiari su questo punto al vertice del G20. Se non riusciamo a trovare un accordo sulla nostra causa comune, non potremo sperare di far valere il nostro peso collettivo. L’America arriverà al G20 con il proprio ordine del giorno. Noi dobbiamo arrivarvi con il nostro e giungere insieme a un accordo vantaggioso per tutti.

Signor Presidente in carica, la settimana scorsa al Consiglio lei ha fatto appena un accenno alla base giuridica su cui converrà la prossima Commissione, ma non è più solo l’Irlanda che probabilmente non ratificherà il trattato di Lisbona. Perciò la invito a convocare i vertici del Consiglio, della Commissione e del Parlamento prima che questa Assemblea si sciolga a maggio per concordare le modalità di composizione del Parlamento e della Commissione con certezza giuridica.

C’è un passaggio, signor Presidente in carica, nella famosa melodia del Má Vlast di Smetana, in cui il violoncello e il fagotto si inseguono in un crescendo dalle profondità lugubri fino a raggiungere una nota altissima, apparentemente impossibile. Quel momento è già passato per il suo governo. Per l’Europa deve ancora venire. Faccia in modo che le sue difficoltà interne non le facciano rallentare il passo.

(Applausi)

 
  
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  Adam Bielan, a nome del gruppo UEN. – (PL) Signor Presidente, inizierò congratulandomi con il presidente Topolánek per gli eccellenti preparativi del vertice europeo e per quella che finora è stata un’ottima presidenza. Diversi mesi fa molti politici dubitavano del fatto che un piccolo paese dell’Europa centrale e orientale potesse sostenere l’onere di guidare l’Unione europea. Il presidente Topolánek e tutto il suo esecutivo hanno dimostrato che si può fare. Mi congratulo ancora una volta con lei, anche per il difficile momento che sta attraversando a causa di problemi interni; spero che riesca a risolverli e che prepari anche il prossimo vertice da qui a tre mesi.

Tuttavia, poiché siamo tra amici, devo parlare in tutta onestà. Vorrei trattare vari punti relativi al vertice che non mi vedono d’accordo, benché le mie critiche non siano rivolte personalmente al presidente Topolánek.

Inizierò dal sostegno al partenariato orientale. Nell’arco di cinque anni sono stati stanziati 600 milioni di euro, ma sappiamo che di questi, soltanto 350 milioni sono costituiti da nuovi capitali. Nel complesso si tratta di appena 20 milioni di euro all’anno per ogni paese che partecipa al progetto. Sono davvero sufficienti per permettere all’UE di consolidare la propria influenza nella regione? Parlando dei nostri partner orientali, vorrei chiedere cosa è stato deciso in merito alla questione dei visti a loro riservati? Mi pare che non si sia deciso assolutamente nulla. In effetti si è deciso di rifiutare qualsiasi tipo di cooperazione in questo campo. Dobbiamo chiederci se intendiamo scoraggiare o incoraggiare i nostri vicini dell’est a lavorare con noi. Sembra che alcuni Stati membri, per non rendersi invisi agli occhi della Russia, stiano cercando di indebolire l’idea del partenariato orientale.

Per lo stesso motivo notiamo tentativi di ostruzionismo alla costruzione del gasdotto Nabucco. Lo stanziamento di 200 milioni di euro per il progetto, i cui costi di costruzione stimati si aggirano attorno agli 8 miliardi di euro, non fa altro che muovere a un sorriso di compassione i nostri partner. Dobbiamo ricordare che per la nostra sicurezza energetica dovremmo essere noi i più interessati a costruire un canale che trasporti il gas dalla regione del Bacino del Caspio all’Europa, e che tale canale non dovrebbe dipendere dalla volontà del Cremlino.

Al vertice sono stati stanziati anche 5 miliardi di euro per il pacchetto anti-crisi. Una parte di questi fondi sarà destinata a vasti progetti energetici, tra cui 330 milioni di euro per il mio paese, la Polonia. Purtroppo, è stata inserita una condizione estremamente difficile da soddisfare, ovvero che tali fondi siano spesi entro la fine dell’anno prossimo. Essi sono diventati fondi virtuali, perché conoscendo il ritmo di assorbimento dei fondi UE da parte del governo polacco, essi potrebbero non essere spesi e quindi non risultare più disponibili. Pertanto propongo di prorogare il loro periodo di disponibilità.

Parlando del vertice, vorrei inoltre sintetizzare il precedente vertice informale anti-crisi tenutosi a Bruxelles, su iniziativa del presidente Topolánek. I partecipanti a quell’incontro si sono detti unanimemente contrari al protezionismo economico. Nel frattempo, molti giorni fa abbiamo avuto la riprova che le risoluzioni adottate là non significano granché, dato che il gruppo automobilistico francese Renault ha annunciato di riportare in patria la propria produzione dalla Slovenia. Purtroppo, ciò dimostra che in un momento di crisi economica, il fondamentale principio della solidarietà sta cedendo il passo all’egoismo economico. Faccio appello al presidente Topolánek affinché ponga fine a tutto questo.

 
  
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  Claude Turmes, a nome del gruppo Verts/ALE. – (EN) Signor Presidente, penso che solo la storia dirà se il vertice della scorsa settimana è stato un grande vertice. Questa mattina auspicherei invece un campanello d’allarme. Ci troviamo in una crisi di sistema, e questa crisi di sistema può trasformarsi ben presto in una crisi sociale.

Roosevelt negli anni ’30 vinse la battaglia politica contro i fascisti; l’Europa la perse. Ma perché Roosevelt vinse? Vinse perché godeva della fiducia persino di quei cittadini statunitensi che persero gran parte del loro reddito nella crisi economica degli anni ’30. Quali sono i quattro elementi della fiducia che Roosevelt riuscì a conquistare?

Il primo fu la ri-regolamentazione. Roosevelt sferrò un duro attacco agli oligopoli, alle grandi aziende USA, e impose nuove regole all’economia. Questo è esattamente ciò che dobbiamo fare al G20 di Londra. Anche se il primo ministro Brown fosse il campione della deregolamentazione, forse questo sta a dimostrare che è possibile cambiare.

Secondo: rafforzare il tessuto sociale. Il programma di Roosevelt era il seguente: in primo luogo, ridistribuire la ricchezza, tassando i ricchi a vantaggio dei poveri; e, in secondo luogo, un programma di ampio respiro a favore dei giovani statunitensi. Cosa stiamo offrendo a livello europeo ai giovani per evitare che diano il loro voto ai fascisti alle elezioni europee? Terzo, ed è il punto sollevato dall’onorevole Schulz, il più grave errore del vostro vertice è stato la svalutazione del vertice sociale di maggio. La società può restare unita soltanto se i suoi moltiplicatori funzionano, perciò è necessario rivalutare e ampliare l’incontro di maggio. Occorre inoltre invitare al tavolo tutte le ONG per l’ambiente, le ONG per lo sviluppo e le ONG sociali che stanno preparando, con la società e i cittadini, i mutamenti necessari alla società.

Il quarto tema di Roosevelt era costituito dai suoi investimenti economici. Questo fu il punto in cui fondamentalmente perse, perché fu soltanto con la seconda guerra mondiale che il motore dell’economia statunitense ripartì. Noi non vogliamo andare in guerra. La guerra che dobbiamo vincere oggi è la guerra per il pianeta. Essa è rappresentata dagli investimenti verdi: è qui che dobbiamo vincere. Perciò, due sono le tematiche.

La prima è che abbiamo bisogno di eurobbligazioni verdi. Dei 5 miliardi di euro che servono per depositare il massimo di fondi presso la Banca europea degli investimenti in modo da disporre di una leva finanziaria sufficiente per le energie rinnovabili e l’efficienza. La seconda è che dobbiamo rimettere in gioco le città d’Europa. I cittadini europei non vivono nel Mare del Nord, nelle aree di stoccaggio della CO2, non si possono conquistare voti con quelle argomentazioni. Dobbiamo vincere nelle città europee, e tra i loro cittadini, con un intelligente programma per le città. E’ questo che vuol dire vincere la partita economica e conquistare il cuore dei cittadini europei.

 
  
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  Vladimír Remek, a nome del gruppo GUE/NGL. – (EN) Onorevoli colleghi, è generalmente ovvio che occorre trovare un modo per risolvere la crisi che oggi attanaglia l’Europa e altre parti del mondo. Non vi è dubbio che le nostre azioni devono comprendere misure volte a far rinascere la fiducia e a sostenere la stabilità finanziaria, come osservato anche dal Consiglio europeo. Ma il punto è stabilire chi è in grado di ripristinare un clima di fiducia e in che modo. Se lasciamo che a farlo siano coloro che hanno contribuito all’attuale crisi per la loro insaziabile avidità e se non cerchiamo di sostenere coloro che creano valore ma che non possono influenzare né le azioni delle aziende, né quelle di intere economie, allora le prospettive saranno tutt’altro che rosee. I punti della discussione del Consiglio che trattano dell’esigenza di affrontare l’impatto sociale della crisi sono perciò importantissimi, a mio parere. Il forte aumento della disoccupazione è un problema e i provvedimenti di stimolo all’occupazione e di prevenzione della perdita dei posti di lavoro sono importantissimi per i lavoratori dipendenti. Se sosterrà unicamente le grandi aziende e i loro dirigenti, il piano non potrà entusiasmarci. Vedo positivamente il tentativo di concentrarci sul potenziamento della sicurezza energetica e sull’interconnessione delle reti elettriche europee e l’accento posto complessivamente sullo sviluppo delle infrastrutture in questo comparto. A parte tutto il resto, rappresenta un modo per sostenere l’occupazione e il lavoro e di assicurarsi benefici per il futuro. Sicuramente dovremo affrontare altri momenti critici e la crisi attuale ci fornisce un’occasione per prepararci anche a quelli. A mio modo di vedere il rinnovato sostegno per l’insostituibile ruolo dell’energia nucleare è positivo, nonostante i pareri diametralmente opposti in merito a questa forma di energia che si registrano anche nel gruppo politico di cui faccio parte.

Vorrei esprimere un ulteriore commento circa il partenariato orientale. In generale, sono ovviamente a favore della cooperazione internazionale più ampia possibile, ma in questo caso vi è un palese tentativo, peraltro esplicitamente formulato, di avvicinare gli Stati dell’ex Unione Sovietica all’UE e di allontanarli dalla Russia. Stiamo pertanto creando una sfera di influenza: una politica che critichiamo aspramente quando sono gli altri a condurla.

 
  
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  Hanne Dahl, a nome del gruppo IND/DEM. – (DA) Signor Presidente, la scorsa settimana l’EU Observer dichiarava che l’onorevole Delors era pessimista riguardo al futuro della zona euro. Perciò qui abbiamo uno dei paladini dell’euro che esprime la sua preoccupazione per l’UE e l’euro alla vigilia del prossimo vertice. Tra l’altro, ha detto di essere preoccupato per la scarsa buona volontà di ripulire il settore finanziario e di introdurre nuove regole per disciplinarlo. Non ho mai avuto occasione di essere d’accordo con l’onorevole Delors, ma in questo caso devo dire, purtroppo, che ha ragione ad essere preoccupato. Le conclusioni del vertice su questo argomento sono molto vaghe. Durante tutta la crisi ho ripetutamente chiesto alla Commissione chiarimenti riguardo al suo intento di regolamentare e controllare il settore finanziario. Non ne ha alcuna intenzione. Fa continuamente riferimento al diritto del mercato unico di regolare gli eventi contingenti.

L’ex presidente Delors ha inoltre detto qualcos’altro che, in un euroscettico come me provoca quasi un senso di déjà vu, considerate le argomentazioni da me addotte in una precedente occasione. Ha dichiarato che le economie europee sono troppo diverse per l’euro. Tombola, onorevole Delors! E’ proprio quello che sono. La moneta unica è parte del problema, non della soluzione. L’Europa ha bisogno di una regolamentazione comune del settore finanziario, ma anche di un ampio grado di flessibilità nella scelta della politica economica migliore per affrontare la crisi nei singoli paesi.

 
  
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  Jana Bobošíková (NI). – (CS) Onorevoli colleghi, sono lieta del fatto che il Consiglio della settimana scorsa ha rinviato una revisione dell’irrealistica strategia di Lisbona. Vedo anche positivamente il rinvio di una decisione di finanziamento dei provvedimenti in materia di clima. In questo contesto desidero esprimere il mio sostegno per la dichiarazione del presidente della Commissione Barroso, il quale ha dichiarato che l’UE non deve prendere alcun impegno in materia di clima se anche altri paesi, soprattutto USA e Cina, non la seguiranno in questo. Vorrei sottolineare che tali conclusioni assolutamente razionali sono state adottate dai vertici dei 27 Stati membri e della Commissione in una situazione in cui l’UE deve affrontare un drastico aumento della disoccupazione, il peggioramento dell’economia e la mancata approvazione del trattato di Lisbona. Tutto ciò dimostra chiaramente che tale documento è assolutamente inutile per l’adozione del tipo di fondamentali decisioni che hanno un effetto nettamente positivo per i cittadini degli Stati membri. E’ del tutto superfluo e lo dimostrano le misure razionali attualmente adottate dal Consiglio europeo, fondate sull’attuale quadro dei trattati e sotto la leadership ceca.

Ieri il governo del primo ministro ceco e presidente del Consiglio Topolánek ha perso un voto di fiducia. Vorrei sottolineare a tutti coloro tra voi che hanno avuto l’arroganza qui in questa Assemblea di criticare come irresponsabile l’atto del parlamento ceco, che si è trattato di una decisione democratica di un parlamento democraticamente eletto di uno Stato membro sovrano. Non è il governo della Repubblica ceca a presiedere l’UE ma la Repubblica ceca stessa, i cui cittadini ho l’onore di rappresentare qui in quest’Aula. So che il mio paese possiede sistemi amministrativi e democratici sufficientemente solidi per adempiere senza riserve ai suoi doveri in ambito UE.

In seguito alla caduta del governo Topolánek, il presidente Klaus detiene il mandato politico più importante della Repubblica ceca. Come avete potuto notare anche voi in questo Parlamento, egli è uno statista dai forti sentimenti democratici che intende l’integrazione europea non come una strada a senso unico controllata dalle élite politico-burocratiche, ma come un processo complesso che avrà successo soltanto se sarà espressione della volontà dei cittadini. Onorevoli colleghi, qualche settimana fa il presidente Klaus ci ha detto chiaramente che non vedeva alternative all’appartenenza all’UE per la Repubblica ceca. Inoltre, la maggior parte dei suoi concittadini valuta positivamente l’appartenenza del paese all’UE. Tutti i timori per l’irresponsabilità della Repubblica ceca sono perciò del tutto superflui.

In conclusione vorrei precisare al capo della Sudetendeutsche Landsmannschaft, onorevole Posselt, il quale ha pubblicamente deplorato la caduta dei ministri Vondra e Schwarzenberg e ha invitato la Repubblica ceca a costituire un forte governo pro-europeo, che la Repubblica ceca non è il Protettorato di Boemia e Moravia ma uno Stato sovrano i cui ministri sono nominati dal presidente della Repubblica ceca e il cui governo deriva la propria autorità da un parlamento eletto dai cittadini cechi.

 
  
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  Presidente. Onorevole Bobošíková, democrazia vuol dire anche che tutti i democratici possono esprimersi in merito alle procedure in tutti i paesi dell’Unione europea e altrove. Anche questa è democrazia.

 
  
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  Mirek Topolánek, presidente in carica del Consiglio. – (CS) Seriamente, mi sembra che stiamo già soccombendo a una punta di retorica pre-elettorale. Cerchiamo di esaminare con serietà questi problemi e di trovare unità tra i 27 paesi, ognuno dei quali ha la propria storia e in ognuno dei quali la crisi finanziaria in atto si manifesta con sintomi diversi oppure ha effetti diversi sull’economia reale. Se non riusciamo a concordare un approccio congiunto, allora non importerà stabilire quale fosse la posizione di ciascuno all’inizio di questa crisi perché ne pagheremo tutti il prezzo con un effetto domino. Questo è il primo punto.

Non ho criticato l’approccio USA per il piacere di farlo, ma piuttosto perché volevo sottolineare il vantaggio detenuto dall’UE. Tale vantaggio è costituito da un vasto programma sociale, che ci permette di evitare di investire somme così colossali per la stabilità sociale di coloro che si ritrovano in difficoltà. Il sistema, molto semplicemente, funziona. Il nostro principale compito consiste nel garantire che il sistema continui a funzionare e nell’assicurare ai cittadini UE gli stessi livelli sociali che avevano prima della crisi. A mio parere non si tratta assolutamente di un’operazione trascurabile, inoltre essa comporta costi elevati. Abbiamo deciso alcune misure molto concrete e le cifre di 5, 50 o 75 miliardi di euro dimostrano, a mio modo di vedere, il chiaro impegno del Consiglio europeo per reagire in modo tangibile alla situazione contingente, non solo mediante provvedimenti di carattere generale in questo o quell’ambito, ma anche mediante provvedimenti molto reali.

Vi è una grande differenza tra i proclami magniloquenti e la loro concreta attuazione. Ora il nostro obiettivo comune è quello di attuare tutti i provvedimenti di cui abbiamo parlato, di metterli in pratica e di valutare le reazioni ad essi. Nessuno ha un’idea precisa (e posso dichiarare seriamente che neppure i macro-economisti ne hanno una) di quali potrebbero essere gli effetti di questi diversi provvedimenti. Tuttavia, sappiamo di sicuro che qualcuno dovrà pagare per questo salvataggio e per questa sbornia. Sarebbe assolutamente da irresponsabili non considerare i postumi, anche se non sappiamo quanto ancora durerà questa situazione, e non considerare chi pagherà per tutto questo e quali effetti avrà sull’eurozona e sul Patto di stabilità e di crescita, nonché quali possibilità darà ai paesi come il mio di aderire e adottare l’euro. Non reagirò ai commenti del capo partito, onorevole Schulz. L’onorevole Berlusconi lo fece prima delle ultime elezioni e non desidero ripetere il suo errore. Penso non sia necessario reagire a certi attacchi. Tuttavia, è impossibile che gli stampatori di banconote siano gli unici a trarre vantaggio da questa crisi. Non sarebbe una buona cosa.

Il vertice sul lavoro. Noi abbiamo proposto una composizione plenaria al Consiglio europeo, naturalmente. Il presidente Barroso ed io avevamo entrambi quest’idea perché sentiamo la stessa vostra esigenza di discutere con le parti sociali a un livello più alto del trilaterale e di discutere con loro di problemi legati all’occupazione, all’attuazione di diversi pacchetti nazionali, degli effetti sull’occupazione e dei prossimi provvedimenti che adotteremo per tutelare i cittadini UE dall’impatto di questa crisi. Non abbiamo deciso noi di fare di questo vertice una troika. Comprendo i timori espressi da molti capi di Stato o di governo ed io stesso ero del tutto a favore della composizione plenaria. D’altro canto non dobbiamo dimenticare che è stato soltanto un vertice informale, le cui conclusioni non sono vincolanti. Da questo punto di vista la composizione ridotta potrebbe essere un vantaggio, perché in tal modo sarebbe possibile presentare le raccomandazioni del vertice informale al Consiglio regolare di giugno, dove potranno forse essere approvate senza riserve. A mio parere non si tratta di un errore poi così grave e non vi è alcun motivo perché esso diventi un problema politico. L’importante è che abbiamo trovato il coraggio di convocare questo vertice, che abbiamo invitato a parteciparvi le parti sociali, che lo prepareremo con loro nel lungo periodo – prima del vertice sul lavoro sono fissate tre tavole rotonde a Stoccolma, Madrid e Praga – e che stiamo cercando di formulare conclusioni che si riveleranno particolarmente utili per il Consiglio di giugno.

Il trattato di Lisbona. Consentitemi una battuta oggi. Penso che il numero di telefono da chiamare per eventuali domande sul futuro del trattato di Lisbona non sia più quello del governo e del primo ministro Topolánek, ma quello del Parlamento e dell’onorevole Paroubek. Devo dire che sono coloro che hanno creato questa situazione a dover procedere oltre. Sto facendo di tutto, chiaramente, per cercare di mantenere l’impegno preso e non dover cancellare la mia firma dalla pietra posta davanti al monastero di San Geronimo a Lisbona.

La Commissione. Il vertice de Consiglio di dicembre ha preso una decisione chiara e noi sappiamo quanto sia complessa la situazione. Devo dire che la nostra ambizione è trovare un accordo politico al Consiglio europeo di giugno. Naturalmente vi consulteremo: è fondamentale discuterne con il Parlamento europeo. In questo quadro stiamo persino pensando che, se il Parlamento europeo mostrasse un interesse sufficiente, potremmo prorogare il Consiglio di giugno di una settimana per portare i nostri 10 giorni di dibattito a 17. Penso che 17 giorni dovrebbero essere sufficienti per la discussione. Queste consultazioni sono essenziali, tuttavia prima di prendere una decisione formale, sarà naturalmente necessario stabilire se procedere ai sensi dei trattati di Nizza o di Lisbona, perché ciò ci consentirà di prevedere come sarà formulato l’accordo, se il numero di paesi sarà lo stesso, se tutti avranno un commissario, ecc. Dobbiamo tenere conto del risultato delle elezioni europee e tutto quello che posso dire è che andremo avanti seguendo la procedura standard approvata, perché ci troviamo in una specie di vuoto legislativo, in una situazione che va affrontata a livello politico e pratico.

Ulteriori discussioni legate alle questioni della regolamentazione contrapposta alle misure di stimolo. Ho già detto nella mia introduzione che a mio parere l’UE ha adottato un approccio assolutamente corretto non optando per l’una o per l’altra, ma dicendo soltanto che abbiamo salvato il settore bancario e che ora non rimane che ripulirlo. La Commissione ha stilato un piano di valutazione dei singoli crediti inesigibili (valutazioni di impatto) e per affrontare il problema. A mio modo di vedere l’unico modo di migliorare la fiducia nel settore bancario e anche la fiducia del settore bancario consiste nel ripulire queste banche. La Repubblica ceca e la Svezia sanno come farlo e il Segretario al tesoro USA ha presentato il proprio piano relativo agli Stati uniti. Questa, per me, è l’unica opzione possibile per affrontare la situazione. Ho già ricordato i pacchetti di stimoli. Il secondo pilastro di questa struttura è rappresentato dalla regolamentazione, la quale in parte è nelle vostre mani. Essa è citata anche dalla relazione Larosière, un lavoro molto ben fatto. Essa comporterà la regolamentazione degli hedge fund e dei fondi di investimento privati e ovviamente rimetterà in ordine il settore offshore. Certamente i grandi passi avanti compiuti in questo ambito sono evidenti, inoltre ci stiamo preparando per un’eventuale prossima crisi. Non abbiamo fretta di elaborare la nuova normativa di giorno in giorno. Abbiamo urgenza di limitare eventuali problemi in futuro.

Si è anche discusso del ruolo del Fondo monetario internazionale. Abbiamo concordato che il Fondo monetario internazionale debba sostenere tali soluzioni future, ma il problema non è che avremmo un esiguo numero di istituzioni dotate di un potere limitato. Il problema è stabilire se i principali operatori dei mercati finanziari mondiali rispetteranno queste istituzioni, perché così non è stato in passato. Si tratta comunque di un dibattito di fondamentale importanza che costituirà anche uno dei temi del G20: l’accettazione di un ruolo più incisivo per il Fondo monetario internazionale, per la Banca mondiale e per l’OCSE nel sistema delle istituzioni finanziarie mondiali internazionali e il rispetto per queste istituzioni e per l’esito delle loro indagini.

Penso che sarebbe consigliabile dire qualcosa riguardo al partenariato orientale. Ieri ho incontrato nuovamente il presidente Yushchenko: vedo di buon occhio questo accordo e la firma di quello tra la Commissione europea e l’Ucraina. Esso segna un importante passo avanti verso una stabilizzazione della situazione. Di recente mi sono recato in Azerbaigian dove ho parlato con il presidente Aliyev. L’UE deve restare una sorta di faro illuminante per questi paesi. Non si tratta di erigere nuove barriere, si tratta di capire che l’UE ha una missione e questa missione mira ad ampliare gli ambiti della sicurezza, della libertà, del benessere e della solidarietà. Qui non esistono frontiere, e con questo non voglio dire che questi Stati diventeranno membri dell’UE domani, dopodomani o in un altro momento. Se si spegne la luce di questo faro, lo sviluppo di questi paesi sarà fuori dal nostro controllo. Dobbiamo avviare discussioni con loro, fornire loro opportunità di viaggiare senza limiti, cooperare economicamente con loro, creare occasioni di scambio tra le istituzioni nel campo dell’istruzione e le scuole, oltre a fornire una migliore governance. Penso sia nostro dovere e in tal senso il partenariato orientale dimostra chiaramente che ci stiamo muovendo nella direzione giusta. Per rispondere alle parole dell’onorevole Bielan, vorrei dire che è stato un grande successo essere riusciti a far approvare i 600 milioni di euro. Non tutti abbiamo concordato su questo punto, non vi è stato accordo unanime, ma si è trattato piuttosto del migliore compromesso possibile che i 27 Stati membri avrebbero potuto accettare.

In conclusione vorrei dire qualcosa in merito alle ripercussioni sociali. Devo tornare a parlare del trilaterale e mi compiaccio del ruolo di entrambe le parti sociali. Non abbiamo discusso di quanto denaro intendiamo dare ai cittadini. Abbiamo parlato di prepararli a questa situazione o a un’eventuale situazione simile in futuro migliorando le capacità, migliorando l’istruzione e sostenendo le PMI che creano gran parte dei posti di lavoro. Al momento, naturalmente, il costo del lavoro sta scendendo perché intendiamo conservare i posti di lavoro il più a lungo possibile, dal momento che trovare nuovi posti di lavoro costa molte volte di più che conservare quelli esistenti.

Mobilità dei lavoratori. Sono sinceramente impaziente di conoscere le discussioni che si svolgeranno nei diversi Parlamenti nazionali, specialmente nel mio, in merito ai possibili emendamenti al diritto del lavoro volti a creare una forza lavoro più flessibile e mobile. Questo è l’ostacolo che ci preclude una soluzione. E’ necessario garantire la rapida crescita dei posti di lavoro e una rapida soluzione alle difficoltà delle persone che si sono ritrovate in questa situazione senza alcuna colpa.

Vorrei spendere, in conclusione, qualche parola riguardo al vertice UE-USA. Apprezzo molto il fatto che dopo il G20 di Londra e dopo il vertice di Strasburgo-Kehl, l’amministrazione statunitense guidata da Barack Obama si rechi a Praga. La visita ha un enorme valore simbolico per noi, invitiamo anche il presidente del Parlamento europeo perché noto una certa disapprovazione per la mancata visita del presidente statunitense a questa Assemblea. Non ci sarà molto tempo di discutere, ma a mio parere dobbiamo sapere a cosa puntano gli USA, a cosa miriamo noi e raggiungere un accordo. Non vogliamo assolutamente erigere nuove barriere: questo dopo tutto è il principale obiettivo della civiltà euro-atlantica tutta.

Vorrei infine dire qualcosa riguardo alle osservazioni espresse dall’onorevole Bobošíková. L’amministrazione ceca finora sta gestendo ottimamente la situazione. Semplicemente non concordo sul fatto che potremmo commettere qualche svista organizzativa, che potremmo non riuscire a gestire una delle presidenze più complicate degli ultimi anni, perché abbiamo dovuto affrontare un gran numero di problemi che chiunque avrebbe fatto fatica a prevedere. Il nostro livello di flessibilità, il nostro livello di creatività, la nostra capacità di reagire, di agire e di ricercare compromessi sicuramente non meritano di essere criticate così aspramente. L’attuale situazione, che ha visto la Repubblica ceca perdere un voto di fiducia, è stata vissuta anche dalla Danimarca e dall’Italia, mentre in Francia vi è stato un cambiamento di governo, benché in seguito a elezioni. Non ritengo che la situazione sia poi così nera e posso assicurarvi che la presidenza ceca non subirà ripercussioni da questo e che tutti coloro tra noi che hanno il compito di gestire l’agenda dell’UE faranno sicuramente proprio questo.

 
  
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  Presidente. − Grazie, signor Presidente in carica del Consiglio europeo. Le facciamo i nostri migliori auguri auspicando che riesca ad adempiere a tutti i suoi obblighi di presidente in carica del Consiglio europeo e faremo tutto ciò che è in nostro potere per raggiungere un accordo sul Trattato di Lisbona anche nel suo paese. Con questi auguri la ringraziamo della sua presenza in questa Aula questa mattina.

 
  
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  Timothy Kirkhope (PPE-DE). – (EN) Signor Presidente, desidero esprimere il mio entusiasmo per il modo in cui la presidenza ceca ha gestito alcuni delle questioni cruciali che l’Europa si trova di fronte. Dalla crisi economica e finanziaria alla sicurezza energetica e al mutamento climatico, la presidenza è stata risoluta e chiara nei suoi obiettivi e ha offerto all’Europa una convinta leadership in tempi difficili.

In particolare, il presidente Topolánek ha dato prova di una guida ferma e convinta, soprattutto nel mettere in guardia dai pericoli del protezionismo. Mentre altri flirtavano con l’idea di erigere barriere dannose per il commercio, la presidenza ceca ha parlato con chiarezza e coerenza a favore del libero scambio e, soprattutto, dell’assoluta importanza del sostegno al mercato unico. All’inizio di questo mese il presidente Topolánek ha dichiarato che il protezionismo è sempre deleterio e, nel caso dell’UE, è anche illogico. Dobbiamo trarre una lezione dalla crisi e dire “no” all’isolazionismo, “no” al protezionismo e “sì” alla cooperazione.

A ragione ha ricordato a tutti noi il fondamentale principio sotteso all’Unione europea. Questa onestà è in netto contrasto con il discorso falso e interessato tenuto ieri dal primo ministro britannico in quest’Aula. Il suo discorso è stato invece lungo e iperbolico, ma stranamente egli non ha fatto alcun cenno a un punto cruciale: ovvero che il Regno Unito, sotto la sua guida, conoscerà la recessione più lunga e profonda di qualunque nazione industrializzata. Egli ha ignorato il ruolo da lui svolto nell’attuazione e gestione di un quadro normativo finanziario fondamentalmente carente. Ha tralasciato di parlare dell’enorme debito che ha messo sulle spalle dei britannici.

L’Europa non ha bisogno di farsi impartire lezioni dal governo britannico sui provvedimenti da adottare per uscire da questa crisi. L’Europa e la comunità internazionale ora deve procedere rapidamente per ripristinare la fiducia nel nostro sistema finanziario, per garantire un sistema bancario che funzioni correttamente, in cui i singoli, l’onorevole Schulz, e le aziende possano riporre la propria fiducia e far sì che le banche riprendano a prestare denaro per contribuire a ristabilire un clima di fiducia. Occorre tenere fede ai principi del libero scambio e del mercato unico, e confido che la presidenza continuerà a lavorare per raggiungere questi fondamentali obiettivi.

 
  
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  Poul Nyrup Rasmussen (PSE). – (EN) Signor Presidente, appena una settimana prima del Consiglio europeo, noi eurodeputati abbiamo chiesto al Consiglio di definire orientamenti chiari e misure concrete per tutelare l’occupazione e creare nuove opportunità di lavoro. Il Consiglio odierno è un Consiglio di silenzio, un Consiglio di illusioni. Sono desolato, ma non ho visto alcun provvedimento concreto. Sì, 5 miliardi di euro, ma cosa sono? Corrispondono allo 0,04 per cento del prodotto nazionale lordo dell’Unione. Va bene investire nella banda larga, ma non ditemi che questi investimenti riescono concretamente a frenare la caduta libera dei posti di lavoro a cui stiamo assistendo.

Non avete capito che questa crisi è una recessione molto profonda e grave. Le imprese ve lo chiedono, i lavoratori ve lo chiedono, noi ve lo chiediamo: fate di più! Il Fondo monetario internazionale ha proposto di investire il 2 per cento del PIL quest’anno e l’anno prossimo. Presidente Barroso, lei ha detto che stiamo procedendo nella direzione giusta; stiamo investendo il 3,3 per cento. E’ questo ciò che lei ha dichiarato due settimane fa, ma ora quella percentuale è cresciuta al 4 Per cento. Mi domando: come mai? Beh, il calcolo è semplice. La disoccupazione è in aumento: quando la spesa per i sussidi di disoccupazione crescerà, cresceranno anche gli stimoli finanziari. Penso che quando il numero dei disoccupati in Europa raggiungerà quota 25 milioni, lei si alzerà in piedi e dichiarerà che ora il nostro pacchetto di stimoli è pari al 5 per cento del PIL. Ma non possiamo agire così. Non potete agire così. Quello che serve sono investimenti concreti.

Presidente Barroso, Paul Krugman ha detto che l’Europa sta erogando meno della metà degli stimoli reali che stanno stanziando gli americani. Mi appello a lei: ogni volta che la disoccupazione aumenta, non dite alla gente che vi state impegnando maggiormente perché gli Stati membri stanno versando sussidi di disoccupazione più elevati. Ciò che dovete dire alla gente è che vi impegnate in un nuovo piano di ripresa. La ringrazio per ciò che ha detto oggi quando ha auspicato che questo Consiglio per l’occupazione del 7 maggio possa essere un vero consiglio per l’occupazione. Siamo al vostro fianco e vi sosterremo nel raggiungimento di quell’obiettivo.

Dovremmo guardare al presidente francese Sarkozy e ricordare che non vi erano limiti al numero di vertici straordinari tenuti dal presidente francese nel corso della sua presidenza. Ora si propone di ridurre a una troika il vertice del 7 maggio.

Questa crisi occupazionale non si supererà respingendo nuovi incontri. Resterà lì dov’è. E’ per questo che faccio appello a voi: qui abbiamo un piano di ripresa ben documentato. So che il presidente della Commissione ne è al corrente e sono sicuro che quando ci sederemo allo stesso tavolo potremo fare di più di quanto abbiamo fatto sinora. Ne va del destino degli sforzi economici, monetari e sociali dell’Unione europea.

Perciò, ancora una volta: signor Presidente della Commissione, il 7 maggio organizziamo un vertice per l’occupazione che sia serio, di ampio respiro e ben pianificato. Se riuscirete in questo, saremo al vostro fianco.

(Applausi)

 
  
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  Silvana Koch-Mehrin (ALDE). – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, l’Unione europea ha dimostrato di essere un colpo di fortuna nell’attuale crisi finanziaria ed economica e anche la presidenza ceca ha svolto finora un buon lavoro.

Le dimensioni e le cause più profonde della crisi finanziaria ed economica mondiale dimostrano che occorre rivedere la gestione macroeconomica mondiale dei mercati finanziari e il quadro giuridico che la disciplina – a livello nazionale, a livello di Unione europea e a livello mondiale. Occorre modificare la legislazione e migliorare le precauzioni adottate per gestire la crisi. La legislazione che disciplina il settore finanziario deve avere l’effetto di attutire, non quello di esacerbare i cicli economici. Tuttavia, maggiori regole non significano necessariamente regole migliori; ciò che serve sono le regole giuste.

La drammatica crisi dei mercati finanziari internazionali e i mutamenti che ha provocato rappresentano una sfida all’ordine economico liberale. Le decisioni errate dei governi in materia di politica economica e finanziaria e la loro scarsa vigilanza finanziaria, nonché il palese crollo di diverse banche sono motivi sufficienti per chiedere una riforma del sistema finanziario, non un nuovo sistema economico. L’indipendenza della Banca centrale europea e il suo approccio alla stabilità monetaria sono giusti e si sono dimostrati validi.

Abbiamo anche la prova di quanto sia importante il mercato unico per il benessere e la stabilità in Europa. Il mercato interno svolge un ruolo di primaria importanza nell’abbreviare e attenuare la recessione in Europa. Gli Stati membri devono prendere provvedimenti rapidi, mirati e temporanei per sostenere l’economia reale, perché sappiamo che l’UE potrà generare benessere proseguendo nello sviluppo del mercato interno, non distribuendo sussidi.

L’Unione europea deve perciò continuare a lavorare con coerenza per portare a compimento il mercato interno e offrire un quadro di regolamentazione della concorrenza che funzioni. Tuttavia, è anche chiaro che non abbiamo ancora passato la prova. L’Unione europea deve tenere fede ai propri principi. Non dobbiamo ricadere in schemi mentali ormai superati, nel protezionismo, in una politica a compartimenti stagni o in una corsa ai sussidi. La presidenza ceca è a favore di questa posizione e spero che potremo continuare a contare su di essa.

 
  
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  Inese Vaidere (UEN). – (LV) Onorevoli colleghi, desidero ringraziare la presidenza ceca perché sotto la sua guida il Consiglio ha compiuto un importante passo avanti verso la presa di coscienza dei problemi reali e verso la loro soluzione. Vorrei evidenziare una serie di ambiti su cui dobbiamo continuare a lavorare. In primo luogo, la creazione e la tutela dei posti di lavoro, ponendo l’accento non tanto sulle tematiche previdenziali, quanto sugli investimenti nelle infrastrutture e nella ripresa delle attività economiche, al fine di poter creare posti di lavoro. In secondo luogo, le banche hanno ricevuto generosi aiuti finanziari volti a ripristinare la stabilità del sistema finanziario, ma non hanno assolutamente fretta di adottare provvedimenti attinenti alla sfera creditizia. Qui servono sia orientamenti europei, sia misure proattive da parte dei governi nazionali che facciano comprendere alle banche quali sono i loro doveri in questo momento e per garantire che ricomincino a erogare credito tanto alle aziende, quanto ai singoli cittadini. Terzo: i Fondi strutturali sono in effetti la sola fonte di finanziamento alle imprese che possano garantire la ripresa della loro attività, e da un lato dobbiamo aumentare la loro accessibilità e ampliare la sfera delle loro attività, dall’altro ridurre gli ostacoli burocratici, e allungare il tempo a disposizione per acquisire i finanziamenti. Grazie per la vostra attenzione.

 
  
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  Ian Hudghton (Verts/ALE). – (EN) Signor Presidente, il primo ministro britannico Gordon Brown ci vuole far credere che ora, improvvisamente, egli è orgoglioso dell’unità dell’Unione europea e che i suoi paesi sono più forti e sicuri assieme. Ora sostiene che occorre irrigidire la normativa bancaria, affrontare il problema dei paradisi fiscali e riformare il Fondo monetario internazionale.

Il primo ministro Brown ormai non ha più nemmeno un brandello di credibilità. I suoi precedenti nella gestione dell’economia britannica sono contrassegnati da negligenza e da catastrofi. Egli è uno degli architetti dell’attuale crisi economica, non un salvatore del mondo. Egli ha favorito la blanda regolamentazione che è stata una diretta causa dei problemi del settore bancario.

L’effetto della crisi si fa sentire in tutto il mondo, naturalmente. Il governo decentrato della Scozia sta facendo tutto ciò che i suoi poteri limitati gli consentono per disinnescarne gli effetti più deleteri, alleggerendo il carico fiscale sulle imprese con sgravi fiscali, accelerando gli investimenti in progetti infrastrutturali e dando priorità ai programmi di formazione e di sviluppo che aiutano a trovare lavoro.

La Scozia è ricca di risorse energetiche ed è dotata di enormi potenzialità per quanto riguarda lo sviluppo delle fonti rinnovabili, quali l’energia eolica offshore e lo sfruttamento del moto ondoso e delle maree. Il sostegno UE allo sviluppo di una produzione ed erogazione pulita dell’energia aiuterà non soltanto l’economia scozzese, ma porterà benefici anche agli altri paesi europei, contribuendo alla sicurezza energetica e ad attenuare i mutamenti climatici. Spero davvero che non dovremo attendere molto prima che la Scozia possa svolgere un ruolo più attivo e costruttivo nel mondo, come un normale Stato membro indipendente dell’Unione europea.

 
  
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  Gabriele Zimmer (GUE/NGL). – (DE) Signor Presidente, mi sorprende che il presidente in carica del Consiglio, il quale ieri ha perso un voto di fiducia nel suo parlamento, sia così duro verso i fallimenti politici del passato. Egli dice che la strada intrapresa dagli USA è stata screditata dalla storia. Egli intende chiaramente dire che non si dovrebbe fare affidamento sugli stimoli sociali in tempi di crisi e ha dichiarato pubblicamente che non si dovrebbero fare pressioni sui dirigenti AIG affinché restituiscano i propri bonus. Tuttavia ha anche dichiarato pubblicamente che la responsabilità della crisi finanziaria ed economica è da ricercarsi unicamente nelle azioni intraprese dagli USA in passato, che egli non ha bisogno di fare autocritica e di domandarsi se la strategia della commercializzazione e delle pressioni competitive e della globalizzazione sfrenata dell’UE stessa non vi abbiano contribuito.

A mio parere, questo risulta chiaro dai passaggi su questo argomento contenuti nelle conclusioni del vertice, in cui si dichiara che, nella crisi attuale, la rinnovata strategia di Lisbona, ivi compresi gli attuali orientamenti integrati, resta il contesto più efficace per promuovere la crescita e i posti di lavoro. Tuttavia, si nota molto chiaramente nei documenti di riferimento che deve esistere ovviamente un nesso con la strategia rivolta alla sostenibilità delle finanze pubbliche e, a questo proposito, con la prosecuzione delle riforme pensionistiche. Questo è sorprendente per me. E’ risultato che la prosecuzione delle riforme delle pensioni è legata alla prosecuzione della privatizzazione del sistema pensionistico, con un aumento della quota di assistenza agli anziani coperta dal capitale.

A sua volta ciò rafforza due cause decisive dell’attuale crisi finanziaria ed economica, ovvero la dipendenza dai mercati finanziari, benché la crisi sia stata scatenata dalle turbolenze nelle borse, e l’ulteriore inasprimento del divario sociale, in particolare. Tuttavia, è stata proprio l’esplosione del capitale liquido a produrre questo divario sociale, un divario basato sulla distribuzione del reddito. E’ questo che sarebbe necessario correggere. Perciò non riesco a capire perché la Commissione e il Consiglio non hanno adottato le rispettive correzioni nel corso dei loro vertici.

Se si parla della strategia di Lisbona, occorre fare anche riferimento al Libro bianco della Commissione sulla politica dei servizi finanziari (2005-2010), che fa affidamento sull’integrazione del mercato europeo dei servizi finanziari nel rispettivo mercato mondiale e sui relativi articoli dei trattati di Nizza e di Lisbona che, da un lato, vietano ogni forma di restrizione alla libera circolazione dei capitali e, dall’altro, fanno sì che le istituzioni finanziarie non limitino il flusso dei servizi finanziari. Ciò è in palese contrasto con qualunque forma di lotta alle cause delle crisi.

 
  
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  Johannes Blokland (IND/DEM). – (NL) Signor Presidente, con la strategia di Lisbona stiamo garantendo che l’Europa possa continuare a competere economicamente con il resto del mondo. Chiaramente, ciò è possibile se tutti partecipano veramente e se creiamo un buon ambiente in cui vivere, anche nei paesi in via di sviluppo.

L’accordo raggiunto al vertice UE della scorsa settimana non è sufficientemente forte da promuovere una nuova, economia che punti alla sostenibilità. La crisi economica, la crisi climatica e la crisi energetica richiedono una strategia nuova e tale strategia necessita di investimenti adeguati. L’Unione europea deve svolgere un ruolo di primo piano in questo campo. Ci eravamo aspettati un accordo per il finanziamento dei negoziati sul clima di Bali e di Poznań. E’ preoccupante che non si sia raggiunto alcun accordo al vertice UE dopo lunghi negoziati condotti dai ministri dell’Ambiente e delle Finanze. Dove è la leadership dell’Unione europea quando si parla di finanziamenti concreti? Tergiversare sul finanziamento dei piani sul clima per i paesi in via di sviluppo rappresenta una grave minaccia per gli accordi climatici. Non è questa la leadership di cui abbiamo bisogno alla vigilia di Copenhagen.

 
  
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  Andreas Mölzer (NI). – (DE) Signor Presidente, la grande visione europea purtroppo ha reso Bruxelles sorda e cieca a numerosi negativi sviluppi registrati nell’Unione. Con l’evolversi della crisi, i cittadini ora ne stanno pagando il prezzo; il prezzo delle errate svolte neoliberiste degli anni precedenti o dei preparativi non proprio solidi per l’allargamento ad est, per cui ora sembrano vincolati da un’ipoteca. Ma neanche l’adesione della Turchia, che ovviamente è affare fatto, porterà la necessaria sicurezza energetica; al contrario porterà soltanto instabilità politica, Islamismo e un buco di miliardi nelle nostre finanze.

Al prossimo vertice finanziario del G20, l’UE deve emanciparsi dal ruolo di vassallo che ha finora tenuto nei confronti della politica USA e mettere in atto regole severe e controlli rigorosi. E’ stato il continuo rifiuto di Washington di impegnarsi in qualsiasi regolamentazione dei titoli finanziari esplosivi a porre le basi dell’attuale dilemma finanziario.

Occorre operare tagli durante la crisi. Vi è margine sufficiente per realizzare dei risparmi, per esempio nella crescita sfrenata delle agenzie UE. Incrementare il fondo per la crisi non può che essere un primo passo; servono molti più programmi per l’eventualità che un paese vada in bancarotta e nuove idee per gli enormi problemi sociali che sicuramente si presenteranno.

 
  
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  Werner Langen (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, desidero congratularmi con la presidenza ceca. Nonostante i suoi notevoli problemi interni, è riuscita a portare avanti l’agenda europea pur trovandosi nella peggiore crisi economica e finanziaria degli ultimi decenni. Queste congratulazioni sono accompagnate dalla richiesta che la presidenza ceca porti a termine il proprio mandato proseguendo agli stessi livelli e con la stessa determinazione di prima.

Quando ascolto il presidente del gruppo socialista, penso di trovarmi su un altro pianeta. Egli elogia il primo ministro Brown, il quale, prima di diventare premier, era stato cancelliere dello Scacchiere e quindi si occupava della politica finanziaria e delle condizioni quadro dell’Unione europea e del Regno Unito. E’ stato detto qui in diverse occasioni che soltanto un diverso atteggiamento del Regno Unito ci consentirà di introdurre le misure di regolamentazione che occorrono. Come può un politico che ha ostacolato quel processo per un decennio essere considerato il nostro salvatore? Non riesco a capirlo.

Le critiche rivolte dal primo ministro ceco alla politica americana volta ad incrementare la massa monetaria sono giustificate da ogni punto di vista. Non è possibile risolvere i problemi con gli stessi mezzi che hanno provocato la crisi, ovvero uno smisurato incremento della massa monetaria e un’eccessiva dipendenza dal credito. Vivere a credito è il problema.

La principale priorità, perciò, è riportare sotto controllo la crisi delle borse, cambiare gli squilibri mondiali, far fronte insieme alla missione che ci spetta nel campo della protezione del clima e della lotta alla povertà e creare una nuova moralità nel mondo fondata su un’economia sociale di mercato. Se riusciremo a far questo nella crisi odierna, vorrà dire che la presidenza ceca è stata assolutamente all’altezza di tutte le nostre attese, a prescindere da cosa accadrà del Trattato di Lisbona e alla situazione interna alla Repubblica ceca.

 
  
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  Libor Rouček (PSE). – (CS) Onorevoli colleghi, il presidente in carica del Consiglio europeo, Mirek Topolánek, ha aperto il suo discorso oggi al Parlamento europeo attaccando la socialdemocrazia. Vorrei far notare quanto questo sia tipico e caratteristico del suo governo. Invece di ricercare accordi, cooperazione e compromessi in materie riguardanti la gestione dell’Unione europea, il presidente Topolánek ha ricercato e ricerca ancora la controversia e il conflitto. Queste caratteristiche e l’incapacità di collaborare sono le vere cause della caduta del suo governo. Vorrei ricordarvi che non è stata l’opposizione a far cadere il governo: sono stati deputati appartenenti allo stesso partito di governo e a un altro partito della sua coalizione, i verdi.

Ma non mi voglio concentrare sulla politica interna ceca. Vorrei soltanto ricordare alla Repubblica ceca le sue responsabilità verso l’Unione e verso i cittadini dell’Unione, in quanto presidente di turno. Molti sono i compiti che ci aspettano. La crisi economica e finanziaria, ovviamente, è già stata ricordata. A Praga sarà organizzato un vertice Europa-USA. Abbiamo un’occasione storica e ideale per collaborare con i nostri partner statunitensi a tutte le tematiche del moderno mondo globalizzato, dall’economia e l’ambiente fino alla soluzione del conflitto nel Medio Oriente, dell’Afghanistan e cosi via.

In conclusione vorrei fare ancora qualche osservazione in merito al trattato di Lisbona. I socialdemocratici cechi hanno sempre appoggiato la Costituzione europea e io sono sempre stato a favore della ratifica del trattato di Lisbona. Così è stato nel parlamento ceco e così sarà al Senato di quel paese dopo la votazione. Credo fermamente che il partito democratico civico, qualunque sia la sua situazione, sarà sempre costruttivo e pro-europeo come lo è stato sinora e che si esprimerà a favore di questo documento.

 
  
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  Margarita Starkevičiūtė (ALDE). – (LT) Ogni volta che discutiamo di un vertice dei capi di Stato o di governo che risolva i problemi economici, constatiamo quanto sono positivi i risultati raggiunti, ma, purtroppo, siamo costretti a rincorrere gli eventi, inoltre il meccanismo di attuazione di queste decisioni è poco chiaro.

Cosa dobbiamo fare per evitare questi problemi?

Primo: i paesi devono valutare l’effetto dell’integrazione sulla propria politica economica nazionale. Ora, le decisioni spesso si prendono sulla scorta della storia passata, del nostro comportamento nelle situazioni di crisi del passato. Sfortunatamente, viviamo in un’Unione europea integrata e in un mercato comune e molto spesso tutte quelle decisioni non hanno lo stesso effetto che avevano una volta.

Secondo: occorre creare una sorta di quadro istituzionale temporaneo per il meccanismo di attuazione delle decisioni. Attendere la ratifica dell’accordo di Lisbona? La vita della gente non aspetta, le decisioni vanno prese oggi. E’ ovvio che serve un maggiore coordinamento tra i paesi della zona euro e i paesi non appartenenti ad essa. Come ottenerlo? Credo che un meccanismo per una cooperazione più stretta si potrebbe fondare sul cosiddetto meccanismo dei tassi di cambio, ovvero, in inglese, ERM II. Esso porterebbe entrambe le Europe, la nuova Europa e la vecchia Europa, ad avvicinarsi maggiormente e a raggiungere un consenso.

 
  
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  Mirosław Mariusz Piotrowski (UEN). – (PL) Signor Presidente, nel corso dell’ultimo vertice europeo sono stati sollevati diversi temi. Uno di questi era la questione del partenariato orientale e dei tracciati alternativi per l’approvvigionamento di gas. Per il momento si è deciso di stanziare fondi esigui per questi obiettivi, ma è senza dubbio un passo nella direzione giusta. L’Europa sta attraversando una gravissima crisi economica e deve cercare modi efficaci per tirarsene fuori. Tuttavia, non dobbiamo allontanarci dal nostro principio guida: la solidarietà. Dobbiamo essere sensibili soprattutto verso i problemi dei nuovi Stati membri.

Benché al vertice si siano discussi alcuni aspetti del cambiamento climatico, è chiaro in pratica che la crisi che ci ha colpiti sta ponendo ai margini quel costosissimo progetto pseudoscientifico. Le risorse finanziarie stanziate a tale scopo dovrebbero essere destinate invece a una lotta efficace e unitaria contro gli effetti della crisi. La situazione interna della Repubblica ceca non deve in alcun modo interferire con questo processo.

 
  
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  Rebecca Harms (Verts/ALE). – (DE) Signor Presidente, sono stata lieta di vedere che l’onorevole Vondra era qui con noi in seduta plenaria questa mattina inoltre sono lieta che la presidenza abbia fatto intendere che continuerà a lavorare. A mio parere, renderemmo un cattivo servizio all’Europa, proprio in tempi di crisi, se non unissimo le forze e non aiutassimo la presidenza ceca a svolgere nel modo migliore il proprio compito. Da quanto ho sentito dalla Repubblica ceca, il governo rimarrà in carica e alla guida, perché la maggioranza che ha fatto causa comune ieri non basta per sostenere un nuovo governo. Ritengo che, nella crisi, questo tipo di stabilità, cioè la solidarietà con la presidenza ceca, sia indispensabile. Chiedo anche a molti europei dell’ovest, come i francesi, di tenere a freno il loro rancore verso l’est, perché è stato proprio il referendum francese a dare l’avvio alla crisi europea.

Vorrei vedere una leadership più coraggiosa in materia di clima e il suo coinvolgimento nei provvedimenti che ora è necessario adottare. Dobbiamo provare a fare qualcosa di nuovo se vogliamo compiere passi avanti in questa crisi. Il mio amico deputato aveva ragione: stiamo vivendo a credito. Tuttavia, stiamo vivendo a credito anche per quanto concerne l’ambiente e il clima. Abbiamo continuamente sperperato risorse. Non stiamo gestendo l’economia in modo sostenibile. L’ONU, il Segretario generale Ban Ki-Moon, la Banca mondiale, tutti ci dicono che ciò che sta accadendo oggi in Cina, ciò che sta accadendo in Corea del Sud, paesi che hanno destinato oltre la metà del programma economico nazionale a breve termine alla protezione del clima e allo sviluppo sostenibile, va nella direzione giusta e che il futuro è lì. Purtroppo, il Consiglio europeo al momento non riesce a trovare lo stesso coraggio. Purtroppo, non credo che la responsabilità sia soltanto della Repubblica ceca.

 
  
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  Presidente . Grazie, onorevole Harms. Ha assolutamente ragione: siamo tutti peccatori, chi più e chi meno.

 
  
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  Mary Lou McDonald (GUE/NGL) . – (EN) Signor Presidente, all’apice di una crisi economica, peraltro concepita e provocata dalle politiche fallimentari degli Stati membri e dell’Unione europea, la tutela dei posti di lavoro e la creazione di occupazione devono ricevere priorità assoluta. Occorre arrestare quest’emorragia di posti di lavoro, grazie all’intervento fattivo dei governi degli Stati membri.

L’ideologia del libero mercato non deve impedirci di agire nell’interesse dei lavoratori. Non dimentichiamo infatti che la regolamentazione blanda dei mercati finanziari è sempre stata l’anticamera della ladroneria e della corruzione, e che la smania di deregolamentare e privatizzare i servizi pubblici ha conseguenze ugualmente deleterie.

E’ dunque fondato il cliché secondo cui dobbiamo trarre degli insegnamenti da questa crisi economica? Questo è il problema. Se così fosse, l’argomentazione a favore di un cambiamento radicale nelle politiche comunitarie, e persino nei trattati, sarebbe irrefutabile e dovrebbe divenire oggetto di delibera in seno al Consiglio dell’Unione europea. Il trattato di Lisbona è ormai acqua passata, è una rassegna di politiche destinate al fallimento. Ci occorre un nuovo trattato per una nuova epoca.

 
  
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  Paul Marie Coûteaux (IND/DEM). – (FR) Signor Presidente, le conclusioni della presidenza adottate in occasione dell’ultimo Consiglio sono una lettura amena: assomigliano alla dichiarazione di vittoria di un esercito allo sbaraglio. Ne hanno lo stesso tono patetico, che culmina nelle ripetute dichiarazioni secondo cui, una volta conclusa la crisi, l’Unione europea costruirà un’economia più forte per il futuro, nonché nei richiami all’inservibile trattato di Lisbona.

Ne consegue che, a furia di rinserrarsi nelle proprie torri d’avorio, gli eurocrati, gli eurofili e gli ultra-europeisti di ogni genere hanno perso il polso della situazione. Sappiamo tutti che la zona euro è stata la prima a entrare in recessione perché registrava da ben otto anni il tasso di crescita più basso al mondo, e che ha incontrato le maggiori dfficoltà in termini di competitività e occupazione. Soprattutto, è la zona euro quella che, per effetto della tendenza imperante a privare gli Stati delle proprie difese naturali, risulta meno pronta a reagire.

In realtà, il solo pregio di questa crisi sta nel fatto che sveglierà i cittadini, anestetizzati da facili previsioni finanziarie e dalla propaganda anti-nazionale. Solo gli Stati dispongono degli strumenti legittimi e necessari a intraprendere qualunque azione di ampio respiro, ma per riuscirci dovranno liberarsi dalle pastoie dell’Unione europea e dell’euro. Il popolo francese, perlomeno, sta capendo con sempre maggiore chiarezza che non ci sarà sicurezza senza Francia, Francia senza politica francese e politica francese senza sovranità nazionale e popolare.

 
  
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  Roberto Fiore (NI). Signor Presidente, onorevoli colleghi, mi sembra che permanga al centro della discussione il dogma che le banche debbano essere centrali nell'economia e che il processo di globalizzazione debba essere anch'esso parte fondamentale del nostro futuro economico.

Questo è un dogma totalmente errato. Noi dobbiamo riprendere quella che è la visione economica tradizionale alla nostra civiltà e cioè di giustizia sociale e di vera e propria produzione. Visto che noi tutti mangiamo, la sera andiamo a dormire e ci vestiamo, noi dobbiamo centrare la nostra attività e i nostri sforzi sul potenziamento dell'agricoltura, sul potenziamento della costruzione delle case e sul potenziamento del manifatturiero e dell'artigianato.

Senza questa visione nuova noi ricadremo in crisi permanenti dove l'usura bancaria continuerà a dominare i popoli e l'ingiustizia sarà centrale nelle nostre vite.

 
  
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  Jana Hybášková (PPE-DE) . – (CS) Signor Presidente, non so neppure a chi debba rivolgermi, visto che la presidenza ceca non si degna di essere in Aula. I miei complimenti per l’esito del vertice: l’aumento delle risorse dell’FMI, il raddoppiamento dei fondi anti-crisi, il partenariato orientale, il sostegno alle infrastrutture strategiche e al gasdotto Nabucco danno piena attuazione alle tre “E” della presidenza ceca. Ci rammarichiamo però che i preparativi per Copenhagen languano e che la presidenza ceca non abbia sfruttato il nostro lavoro sul pacchetto energia-clima.

Ma non è di questo che discutiamo oggi. La vostra presidenza, al pari del vostro governo, applica la politica dei due pesi e delle due misure: a livello comunitario, vi atteggiate a europeisti comprensivi e fautori convinti dell’integrazione, mentre in patria vi vantate di come sbaraglierete tutti e parlate del trattato di Lisbona come fosse carta straccia. Non siete riusciti a integrare il vostro stesso governo: l’elezione di Václav Klaus a presidente è infatti un’ulteriore dimostrazione di quest’ambiguità. Milioni di cechi e moravi puntano a un consolidamento dei legami con l’Europa occidentale, che ci aiuterà a superare le peggiori crisi. Le loro aspirazioni sono tuttavia vane senza la ratifica del trattato di Lisbona, che è ora in serio pericolo, anche per vostra responsabilità. Se manterrete una qualche posizione di governo, dovrete assumere una posizione chiara circa la ratifica. L’elite politica e sociale della Repubblica ceca auspica la ratifica del trattato ed è pronta a sostenere chiunque la porti a compimento, mentre lo stesso partito democratico europeo, cui io appartengo, farà quanto in suo potere per ottenerla.

La seconda grave omissione riguarda l’euro. Avete la possibilità di partecipare al vertice G20 in rappresentanza dell’Unione. E’ fondamentale che l’Europa difenda le proprie misure di regolamentazione davanti agli Stati Uniti, e non si limiti a proporre una politica basata su pacchetti di incentivi eccessivi, che potrebbero causare l’iperinflazione. Dobbiamo inoltre dotarci di una Commissione della borsa valori europea e preservare intatto il patto di stabilità. Tali considerazioni sono però valide anche a livello nazionale ed è merito del nostro partito se il paese è rimasto al di fuori della zona euro per diversi anni.

Signor Presidente Topolánek, le misure proposte sono eccellenti, ma per il momento restano solo delle proposte e, come ha afferamto il cancelliere Merkel, è la loro attuazione che conta. Mancano l’unità e la volontà politiche necessarie a realizzarle. Signor Presidente, lei parlava di una crisi di fiducia: è proprio quello che sta accadendo. Ultimate il processo di ratifica del trattato di Lisbona, rivedete le vostre posizioni sull’euro e insistete su una rapida riduzione delle risorse strutturali, altrimenti vi sarà difficile rappresentare quel 60 o 70 per cento dei cechi e dei moravi che non vogliono essere da meno dal resto d’Europa, ma desiderano comunque condurvi una vita normale.

 
  
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  Jan Andersson (PSE) . – (SV) Signor Presidente, c’è un problema che preoccupa gran parte dei cittadini europei: l’aumento della disoccupazione e, con esso, l’allargamento del divario. L’esito dell’ultimo vertice deve essere sembrato loro molto deludente, visto che non è stata concordata alcuna strategia per contrastare dell’aumento della disoccupazione. C’è chi dice che è stato fatto tutto il necessario, e che il vertice che avrebbe dovuto aver luogo all’inizio di maggio non assumerà tale configurazione, bensì quella di una troika. Per i cittadini europei, è un chiaro segno del fatto che i leader dell’Unione europea non attribuiscono ai posti di lavoro e alla lotta alla disoccupazione un’importanza prioritaria.

Il Parlamento europeo non è stato affatto interpellato – un mese prima del suo rinnovo. Oggi presidente Barroso ha auspicato l’avvio di un dibattito, eppure le conclusioni del Consiglio non citano neppure il Parlamento europeo.

Desidero formulare alcune brevi considerazioni riguardo agli stabilizzatori automatici. Nel corso della discussione odierna, si è fatto riferimento a General Motors, agli Stati Uniti e alla Svezia. E’ vero che la Svezia è dotata di un sistema di previdenza sociale più efficiente, ma i tassi di rimborso hanno perso parecchi punti percentuali dall’originario 80 per cento. Allo stato attuale, un lavoratore del settore automobilistico che perde il proprio posto di lavoro ha diritto a una liquidazione compresa tra il 50 e il 60 per cento circa dello stipendio percepito. La situazione non è più tanto idilliaca.

Da ultimo, desidero spendere qualche parola sulla mobilità, che ha, all’interno dell’Unione europea, importanza pari a quella della lotta al protezionismo. La Commissione e il Consiglio devono però assumersi le proprie responsabilità e garantire parità di retribuzione per lavoro di pari valore in tutta l’Unione. Solo a quel punto, si potrà promuovere l’aumento della mobilità e contrastare il protezionismo.

 
  
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  Sophia in 't Veld (ALDE). – (NL) Signor Presidente, si è discusso a lungo del volume di risorse che deve effettivamente essere destinato alla lotta alla crisi economica, e potremmo proseguire il dibattito per ore. A mio avviso, è necessario tenere da conto anche le generazioni future, e non lasciare loro il compito di risolvere i problemi. Al di là di questo, la destinazione delle risorse è un problema forse ancora più spinoso. Non posso non allarmarmi quando vedo l’ennesimo spreco di fondi per i settori e le tecnologie tradizionali, nel tentativo di sottrarli a morte certa.

Mi sorprende inoltre che, nelle conclusioni del Consiglio, la crisi economica, da un lato, e l’energia e la sostenibilità, dall’altro, siano trattate come questioni del tutto distinte, mentre i tempi sono maturi per l’adozione di un approccio olistico. Non voglio usare gli stessi toni pessimistici dell’onorevole Turmes, ma è veramente giunto il momento di investire nelle nuove tecnologie e nella conoscenza. E’ inaccettabile che si destinino miliardi all’industria automobilistica quando bisognerà raschiare il fondo del barile per l’istruzione: abbiamo commesso senza un dubbio un errore.

Un altro punto riguarda la strategia per gli Stati dell’Europa centro-orientale e quelli che non hanno adottato la moneta unica. Questi paesi sono, in un certo qual modo, abbandonati a loro stessi, mentre si parla di stanziamenti nell’ordine di 50 miliardi di euro. Mi chiedo se il Consiglio e la Commissione stiano valutando anche l’eventualità di accelerare l’ingresso nella zona euro dei paesi che non ne sono ancora membri, visto che la loro solidità e stabilità giova agli interessi dell’intera Europa.

Da ultimo, mi preoccupano l’uso di un linguaggio nazionalista e la predilezione di tutti i leader nazionali per soluzioni che antepongono gli interessi dei rispettivi paesi a tutto il resto. Dobbiamo occuparci dell’ascesa dell’estrema destra con la serietà che merita e far sì che il problema venga risolto prima delle elezioni.

 
  
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  Seán Ó Neachtain (UEN) . – (GA) Signor Presidente, desidero esprimere tutto il mio appoggio e il mio apprezzamento al gruppo di leader europei che si è riunito la scorsa settimana.

Per quanto riguarda l’Irlanda, è ormai evidente che il paese un intervento di sostegno dell’Unione. Nonostante la solidità iniziale, la nostra economia ha infatti subito una battuta d’arresto come quelle di tutto il mondo; siamo pertanto giunti alla conclusione che il solo modo per superare la crisi è collaborare e che la principale sfida che se pone all’Unione sta proprio nella cooperazione e nel consolidamento dell’entità economica esistente per offrirci reciproco sostegno – e non nell’indebolire l’Unione, come proposto da alcuni. Si avverte inoltre, ora più che mai, il bisogno delle norme sancite dal trattato di Lisbona, perché, come recita un vecchio detto, l’unione fa la forza.

 
  
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  Jean-Luc Dehaene (PPE-DE). – (NL) Signor Presidente, ad ogni vertice europeo lamentiamo immancabilmente la poca incisività delle istituzioni comunitarie in sede decisionale. Fermo restando che anche io avrei auspicato un maggiore apporto europeo alla gestione della crisi, in questo momento occorre soprattutto attuare le decisioni prese, anziché continuare a elaborare piani e trascurare l’attuazione di quelli già disposti. Proprio per questo motivo, ritengo che il Parlamento, di concerto con il Consiglio e la Commissione, debba assegnare priorità all’attuazione delle misure adottate e, a tale proposito, sottoscrivo appieno l’approccio della Commissione.

Occorre inoltre dimostrare il nostro comune impegno a favore di una gestione globale della crisi e auspico che, sia a Copenhagen sia in occasione del G20, l’Europa riesca a parlare ad una voce. A tal fine, dovremo però assicurarci che i risultati raggiunti non siano inficiati dall’interno: il mercato interno dovrà restare tale, evitando il ricorso a misure protezionistiche, e occorrerà potenziare la moneta unica. Avvalendoci dell’esperienza maturata, dovremo altresì aumentare i finanziamenti alla Banca centrale europea e stanziare le risorse necessarie a un intervento autenticamente europeo. Si dovrà inoltre portare a compimento il progetto dell’allargamento, dimostrando peraltro la nostra solidarietà con i nuovi Stati membri in tempi così difficili. E’ questo il compito dell’Unione europea, cui si aggiuge, in un’ottica globale, anche la solidarietà verso i paesi meno sviluppati.

Concludo con una breve considerazione in merito al trattato di Lisbona: il Parlamento deve assumere una posizione netta. Occorre sapere per certo cosa accadrà dopo le elezioni, ma a tal fine è indispensabile che il Parlamento adotti una posizione comune. Non capisco dunque perché l’Ufficio di presidenza sostenga l’inutilità di discutere le relazioni sulle posizioni assunte da quest’Assemblea, e lo esorto a rivedere le proprie posizioni per consentirci di negoziare con il Consiglio sulla base del parere espresso in questa sede.

 
  
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  Riitta Myller (PSE). – (FI) Signor Presidente, la strategia più efficace per potenziare la sicurezza energetica dell’Europa sta nell’aumento dell’efficienza energetica e nell’uso delle energie rinnovabili. E’ necessario che tutti gli Stati membri investano in questi settori a partire da adesso, pena il mancato raggiungimento degli obiettivi fissati nel pacchetto sul clima.

Tali investimenti sono peraltro particolarmente utili nel contesto attuale: puntando sull’efficienza energetica e sulle energie rinnovabili, si creeranno infatti – com’è stato ripetutamente ricordato in questa stessa sede – nuovi e duraturi posti di lavoro, spianando altresì la strada ad un’economia a basso tenore di carbonio.

E’ giunto il momento di agire, anche se purtroppo il vertice non ha persuaso dell’urgenza di un intervento. In linea generale, qualunque rimedio alla crisi economica dovrebbe prefiggersi l’obiettivo di arrestare il riscaldamento globale, prima che raggiunga il punto critico. Lo stesso dicasi per il vertice dei paesi del G20: se l’Europa parlerà ad una voce, gli Stati Uniti d’America abbracceranno questo stesso obiettivo.

 
  
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  Olle Schmidt (ALDE) . – (SV) Signor Presidente, il muro di Berlino è caduto quasi vent’anni fa. In questi difficili tempi di crisi economica, siamo riusciti ancora a ravvisare la costruzione di un nuovo muro, questa volta di natura economica. Dobbiamo impedire che diventi realtà!

Sebbene siano state stanziate risorse aggiuntive a sostegno dei paesi in difficoltà, non tutti i leader dell’Unione europea hanno mostrato lo stesso impegno. La decisione della Renault di spostare la propria produzione dalla Slovenia alla Francia è preoccupante: non possiamo permettere che lo spettro del protezionismo torni ad aggirarsi per l’Europa. Anche in questo caso, lo scotto da pagare per la disgregazione dell’Europa sarebbe troppo alto e la storia punirebbe chi disattende alle proprie responsabilità. E’ stato confortante ascoltare la dichiarazione rilasciata ieri dal primo ministro Brown, che si è impegnato a non tirarsi indietro, e lo stesso dovrebbe accadere con il presidente Sarkozy.

La proposta avanzata dal gruppo Larosière è bene accetta sotto ogni punto di vista: si tratta di una soluzione equilibrata, che consentirà all’Unione europea di evitare l’inflazione normativa pur rafforzando il controllo dei mercati finanziari. Alla Banca centrale europea spetterà un ruolo ancora più significativo, mentre le autorità di vigilanza nazionali avranno maggiori opportunità di coordinarsi tra loro e scambiarsi informazioni. Le politiche proposte devono essere calzanti anche in tempi di crisi: non possiamo dunque reagire alle difficoltà varando norme che nuocciono anziché giovare.

 
  
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  Charles Tannock (PPE-DE). – (EN) Signor Presidente, la dichiarazione del Consiglio sul partenariato orientale è bene accetta. In qualità di relatore sulla dimensione orientale della politica europea di vicinato, sono favorevole a un’intensificazione delle relazioni con i sei paesi situati lungo i nostri confini orientali. Lo stanziamento annunciato di 600 milioni di euro per il partenariato orientale è un’ottima iniziativa e accolgo con uguale favore la proposta di destinare lo strumento europeo di vicinato e partenariato al miglioramento della sicurezza energetica dell’Unione europea, potenziando le strutture per lo stoccaggio del petrolio e del gas e costruendo nuovi oleodotti e gasdotti.

Il Consiglio ha inoltre preso la giusta decisione di appoggiare l’assemblea parlamentare Euronest varata di recente, che contribuirà alla risoluzione di conflitti congelati come quelli del Nagorno-Karabakh e della Transnistria. Il parteneriato orientale non deve tuttavia diventare un pretesto per ostacolare le aspirazioni di quegli Stati che hanno tutte le carte in regola per chiedere l’adesione all’Unione europea, ossia l’Ucraina e la Moldovia.

Il Consiglio ha altresì deciso di raddoppiare il pacchetto di aiuti destinato ai paesi dell’Europa orientale in difficoltà finanziarie e non appartenenti alla zona euro, portandolo da 25 a 50 miliardi. Tale misura contribuirà alla stabilizzazione di paesi come l’Ungheria e la Lettonia. Non bisogna però trascurare l’Ucraina, che sta subendo gravi turbolenze finanziarie: il tracollo del sistema bancario ucraino potrebbe infatti ripercuotersi con un effetto domino sugli altri Stati dell’Europa orientale, nonché sull’Italia e sull’Austria, le cui banche sono le più esposte al mercato ucraino.

Da ultimo, pur riconoscendo appieno il diritto della Turchia e della Russia a sedere come osservatori in seno a Euronest, credo che nessuno dei due paesi dovrebbe sfruttare la propria posizione per perseguire i propri interessi di politica estera. I membri di Euronest sono Stati sovrani, perfettamente in grado di decidere del proprio futuro euro-atlantico. L’ipotesi avanzata dal ministro degli Affari esteri russo, Sergei Lavrov, secondo cui l’Unione europea mira ad espandere la propria sfera di influenza all’estero attraverso il parteneriato orientale è assurda. Un linguaggio del genere appartiene all’epoca della guerra fredda e della Machtpolitik, non alla diplomazia contemporanea. Se c’è qualcuno che anela ad avere una propria sfera di influenza è proprio la Russia, come hanno dimostrato la guerra in Georgia della scorsa estate e i periodici tentativi di destabilizzazione politica perpetrati dal Cremlino in Ucraina e negli Stati baltici.

 
  
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  Proinsias De Rossa (PSE) . – (EN) Signor Presidente, mi congratulo per la sua pronuncia del mio nome, che non è affatto semplice.

I conservatori, sia in quest’Aula che negli Stati membri, si comportano come bambini capricciosi: dopo aver pestato i piedi per anni, esigendo la deregolamentazione delle banche e del sistema bancario ombra, sono disposti ad accettare un deciso intervento normativo, purché si finga che sia stata una loro idea fin dall’inizio. Ciononostante, continuano ad avanzare richieste infantili come la deregolamentazione del mercato del lavoro e la flessibilità, che equivalgono alla rinuncia a qualsiasi forma di tutela e previdenza e ai tagli ai servizi sociali. Amici miei, ecco la ricetta sicura per alimentare un incendio indomabile.

Il presidente in carica Topolánek ha scelto la Svezia come termine di paragone per l’America. Perché non la Repubblica ceca o l’Irlanda? La risposta è molto semplice: il governo irlandese sta affossando il servizio sanitario, l’istruzione, l’assistenza all’infanzia e la formazione, accrescendo il senso di insicurezza nel paese, creando altra disoccupazione – anziché preservare i posti di lavoro esistenti – e non muovendo un dito per assistere le piccole imprese. Credo che sia necessario un cambio di governo in Irlanda, nonché un cambio di atteggiamento in seno al Consiglio europeo. Facciamo in modo che quello del 7 maggio sia un vertice sull’occupazione per tutti gli Stati membri.

 
  
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  Marco Cappato (ALDE). Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'ironia della sorte vuole che questa fase di dibattito la facciamo senza che il Presidente che ci dovrebbe essere ci sia, il Presidente Topolánek non è qui. Ieri invece abbiamo avuto il dibattito sulla strategia e il futuro dell'Europa in vista del G20 con un altro Presidente, che invece ha dovuto chiedere di essere invitato ed è stato invitato, non si capisce bene a quale titolo, se non a quello dell'evidenza del suo ruolo che come Stato nazionale sta giocando.

Perché faccio questa introduzione magari sgradevole? Perché la crisi economica, la crisi finanziaria di questa Europa è anche una crisi istituzionale, ben rappresentata dal fatto che il Presidente in esercizio del Consiglio se ne debba andare via a metà dibattito per i suoi problemi di politica interna, perché parlando di questo parliamo della stessa cosa, della crisi economica, cioè di una risposta che c'è soltanto come Stati nazionali, non c'è una risposta di Europa, una risposta europea, nemmeno in termini di bilancio. È troppo facile citare 400 miliardi di euro sapendo che sono quasi unicamente soldi dei bilanci nazionali. Ritengo, Presidente Barroso, che lei in questi anni non abbia fatto abbastanza per richiamare i governi, gli Stati nazionali su un'esistenza di un'altra Europa che non è solo coordinamento di Stati, è anche una sua soggettività pienamente politica.

E termino con il ricordo - visto che si parla del partenariato orientale, addirittura Presidente Topolánek, della possibilità di allargarlo alla Bielorussia - il nome di Yana Paliakova, suicidata dal regime bielorusso, per comprendere che queste partnership dovrebbero più riguardare il diritto, la democrazia e la libertà e non soltanto gli affari che si fanno con le peggiori dittature.

 
  
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  Marian-Jean Marinescu (PPE-DE) . – (RO) Le conclusioni tratte dal Consiglio sono coerenti con la crisi che gli Stati membri stanno attraversando.

L’accordo sui progetti nel settore dell’energia e sull’Internet a banda larga è da considerarsi un ottimo risultato. L’inserimento del gasdotto Nabucco e delle interconnessioni tra gli Stati membri, ad esempio tra Romania, Ungheria e Bulgaria, nel novero di questi progetti potrebbe contribuire a evitare una crisi simile a quella del gennaio 2009.

Usando le fonti di energia disponibili nella zona del Mar Capio e sfruttando al meglio la posizione strategia del Mar Nero, riusciremo a garantire la sicurezza energetica dell’Unione europea. Le politiche elaborate nell’ambito del partenariato orientale devono dunque contemplare immancabilmente un uso il più efficace possibile di tali zone a tutto vantaggio dell’Unione.

Mi ha sorpreso che le raccomandazioni del Consiglio Ecofin abbiano riservato così poca attenzione alle misure annunciate dal nuovo esecutivo rumeno nell’ambito del proprio programma di governo, la cui attuazione ha già avuto inizio con l’approvazione del bilancio per il 2009.

La decentralizzazione, finalizzata al rafforzamento delle autonomie locali, e la concentrazione delle risorse sugli ambiti prioritari (infrastrutture ed energia, ad esempio), allo scopo di preservare e creare posti di lavoro, sono solo alcuni esempi delle misure adottate dal governo rumeno. A esse si aggiungono la riduzione delle spese grazie alle dotazioni di bilancio e il varo di una riforma del sistema di istruzione in via prioritaria.

L’attuazione delle proposte contenute nel programma di ripresa economica del Consiglio – segnatamente l’anticipo della ripartizione delle risorse stanziate nell’ambito dei programmi europei e l’approvazione degli aiuti di Stato, soprattutto se destinati al settore automobilistico – contribuirebbe in misura significativa a minimizzare l’impatto della crisi, non solo in Romania, ma anche in molti altri Stati membri dell’Unione.

 
  
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  Adrian Severin (PSE) – (EN) Signor Presidente, quella che ci si presenta non è una crisi nel sistema, bensì del sistema: una crisi del sistema economico, ma anche una crisi della democrazia. Non è stato il solo credito finanziario a subire una contrazione, ma anche il credito sociale. Ravvisiamo già, nelle strade delle città europee, i segni della sfiducia e della tensione sociale, che potrebbero condurre a un sovvertimento a livello politico e sociale.

Alla luce di tali eventi, diventa indispensabile un vertice sociale dell’Unione europea che porti all’elaborazione di un patto europeo per l’occupazione e disponga, tra l’altro, che le imprese che licenziano non distribuiscano i dividenti, che le multinazionali non trattino solo con i sindacati nazionali, ma anche con quelli europei, e che alla redditività societaria si accompagni sempre la solidarietà sociale.

La crisi globale in atto è aggravata dalla crisi dell’integrazione europea: alcuni Stati membri fondano la propria economia sulle società controllanti, gli altri sulle controllate; i primi rientrano nella zona euro, i secondo no. La stabilizzazione e l’integrazione del secondo gruppo, con l’ausilio di incentivi ad hoc, sono però fondamentali per la sopravvivenza del primo. L’Unione europea non resisterà a lungo in presenza di nuove linee di demarcazione.

 
  
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  Zbigniew Zaleski (PPE-DE). – (PL) Signor Presidente, è possibile discutere del vertice partendo da due prospettive temporali distinte. La prima, più a lungo termine, prevede l’adozione di misure strategiche che vertano anche sui rapporti con i nostri partner orientali, ivi compresa la Bielorussia. A mio avviso, tale approccio è giustificato e proficuo sia per l’Unione europea che per i nostri vicini orientali, nonché per il futuro dei rapporti con la Russia. In tale contesto, assume un ruolo fondamentale il sostegno finanziario, per opinabile che appaia in tempi di crisi, poiché sono convinto che qualunque investimento rivolto a Est darà i propri frutti. Se la strategia orientale avrà sucesso, l’Unione europea dimostrerà di svolgere un ruolo di primo piano sulla scena politica internazionale. Non mi riferisco tanto all’Unione nella sua configurazione attuale, bensì alle ricadute future di un’azione congiunta, che accelererà il processo di integrazione europea.

La seconda prospettiva si limita invece al presente, ossia alla crisi, che si manifesta anche con la perdita di posti di lavoro e la vulnerabilità economica dei cittadini. Pur non esistendo una sola panacea per questi mali, è certo che, in un’ottica più ampia, la strategia dei governi nazionali e dell’Unione europea dovrebbe concentrarsi sulle esigenze delle piccole e medie imprese. Mentre il lavoratore perde solo il proprio posto di lavoro per effetto della crisi, l’imprenditore rischia infatti di perdere la propria occupazione, i propri dipendenti e l’intera attività. Inoltre, essendo dotati di maggiore flessibilità, i titolari di piccole imprese avranno probabilmente il rendimento migliore nell’attuale situazione di difficoltà ed eserciteranno una notevole influenza sull’intero sistema economico per la loro presenza capillare.

Signor Presidente Barroso, se il collasso finanziario diventerà crollo psicologico saremo nel pieno di una vera e propria crisi. Ma fintanto che i cittadini si sentiranno motivati e desiderosi di prendere una qualche inizaitiva, ci sarà sempre una speranza di miglioramento. A tal fine, le misure adottate dall’Unione europea svolgono un ruolo fondamentale, che noi abbiamo il dovere di salvaguardare. Auguro a noi tutti di avere successo.

 
  
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  Edite Estrela (PSE). – (PT) L’esito del vertice non è stato sufficientemente ambizioso. Dov’è finito l’impegno risoluto di abolire i paradisi fiscali e gli istituti finanziari offshore? Che fine ha fatto la decisione di imporre stipendi morigerati ai dirigenti bancari? Signor Presidente Barroso, è giusto dire che dovrebbero essere i ricchi a pagare lo scotto della crisi, perché sono loro che l’hanno scatenata.

Altro punto: il vertice sull’occupazione non può svolgersi su scala ridotta perché il problema che affronta non si manifesta su scala ridotta e investe anzi i singoli e le famiglie. Non è questo il modo giusto per riconquistare la fiducia dei cittadini.

Da ultimo, ho sentito qualcuno sostenere che non vi sia alcun bisogno delle proposte socialiste. E’ un’affermazione arrogante. Se gli alfieri del neoliberismo avessero prestato ascolto ai moniti dei socialisti, non saremmo invischiati in questa crisi. Impareranno mai la lezione? Nel caso non avessero ancora compreso la gravità e la portata della crisi attuale, né le sue cause scatenanti, non posso che temere il peggio: il trascinamento della crisi per molti anni. Di certo, non è questo che vogliamo.

 
  
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  Tunne Kelam (PPE-DE). – (EN) Signor Presidente, ritengo che il Consiglio abbia ottenuto un risultato promettente: la posizione comune che i 27 Stati membri presenteranno in occasione del G20. Si tratta di un esito eccellente e non posso che congratularmi con il primo ministro Topolánek per il contributo costruttivo apportato in qualità di presidente in carica. Concordo con lui sul fatto che il principale successo ottenuto dal Consiglio è stato proprio il rifiuto dell’Unione europea di scegliere la via apparentemente più semplice, quella dei piani di salvataggio e delle statalizzazioni in grande stile.

L’infelice crisi del governo ceco accresce la responsabilità, in capo alla Commissione e al presidente Barroso, di guidare la Comunità verso il superamento della crisi e garantire coesione e stabilità. Allo stesso tempo, la Commissione deve offrire meccanismi più flessibili per usare in tempi rapidi gli stanziamenti aggiuntivi disposti dal Consiglio, a fronte di procedure di attuazione che rischiano di essere lente e farraginose. Assume particolare importanza l’adattamento delle condizioni quadro a favore delle piccole imprese e dell’innovazione: è davvero giunto il momento di aumentare gli investimenti nella ricerca, nell’istruzione e nella formazione.

La depressione economica non deve però essere causa di sconforto poiché, come spesso accade, essa offre anche opportunità di riforma. La crisi finanziaria nasce infatti da una crisi di valori e, di conseguenza, la ripresa non può che iniziare da un consolidamento dei principi che ci accomunano, primo fra tutti un maggiore impegno a favore della solidarietà. Si ricordi soprattutto che la crisi non è un pretesto per ricorrere al protezionismo. Al contrario, siamo tenuti ad agire in modo congiunto, nella consapevolezza che, se ci sosterremo a vicenda e intraprenderemo un processo di riforma nello spirito della strategia di Lisbona, l’Europa uscirà dalla crisi rafforzata.

 
  
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  Csaba Sándor Tabajdi (PSE). – (HU) Signor Presidente, la Commissione europea e il Consiglio sono riusciti, nonostante le spinte in senso opposto, a preservare l’integrità dell’Unione europea. Il vertice in discussione ha avuto un discreto successo: il mercato unico è stato salvaguardato, ci si è schierati contro il pericolo del protezionismo e, non da ultimo, sono stati offerti altri aiuti agli Stati membri dell’Europa centro-orientali, che si trovano a fronteggiare sempre più difficoltà.

Desidero innanzitutto ringraziare il presidente Barroso per aver contribuito al raddoppiamento degli aiuti finziari destinati a quella zona, che hanno raggiunto i 50 miliardi di euro. Il primo ministro ungherese aveva proposto un anno fa la creazione di un sistema di controllo per i mercati finanziari e gli istituti di credito e in occasione di questo vertice è stata finalmente presa una decisione.

Il vertice ha nuovamente affrontato il tema della responsabilità delle banche controllanti nei confronti delle controllate, su cui è tornato anche l’onorevole collega Severin, ed è stato inoltre compiuto un significativo passo in avanti nel settore della sicurezza energetica.

 
  
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  Laima Liucija Andrikienė (PPE-DE). – (LT) Desidero innanzitutto esprimere i miei rispetti al primo ministro Topolánek. Sappiamo tutti molto bene quali responsabilità comporti la presidenza di turno dell’Unione europea, soprattutto in tempi di crisi finanziaria e recessione economica. Auguro dunque ogni successo alla Repubblica ceca nell’affrontare le nuove sfide e nel guidare l’Unione fino alla metà di quest’anno.

Inizio dal Consiglio europeo di Bruxelles. Oggi molti di noi vanno ripetendo come un mantra le cifre che accompagnano le disposizioni del Consiglio europeo: 5 miliardi di euro per i progetti strategici nel settore dell’energia e dell’Internet a banda larga; 50 miliardi di euro destinati agli Stati membri che non fanno parte della zona euro, per i pagamenti e il riequilibrio della bilancia dei pagamenti; 75 miliardi di euro al Fondo monetario internazionale; 600 milioni di euro per il partenariato orientale. Dei suddetti 5 miliardi di euro, 175 milioni verrebbero destinati al ponte energetico che collegherà la Svezia con i paesi baltici, finora del tutto estromessi dal mercato comunitario dell’energia. E’ una cifra eccessiva o insufficiente? Il bicchiere è mezzo pieno o mezzo vuoto? In circostanze normali, giudicherei appena sufficienti i risultati e gli accordi conseguiti in seno al Consiglio europeo. Certo, speravamo in qualcosa di più, nonché nell’elaborazione di un piano di finanziamenti migliore per favorire la ripresa economica europea. Considerando le dimostrazioni e le ostentazioni di nazionalismo e protezionismo, credo tuttavia che l’accordo raggiunto rappresenti senza dubbio un’ottima espressione di solidarietà e auspico che esso funga da punto di partenza per intraprendere altre iniziative.

 
  
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  Antolín Sánchez Presedo (PSE). – (ES) Signor Presidente, signor Presidente Barroso, solo un’Europa unita, che dia priorità assoluta alla crescita e all’occupazione mondiali, potrà guidare l’impegno internazionale a favore della ripresa economica, rafforzare i meccanismi di prevenzione e gestione della crisi, migliorare la regolamentazione dei sistemi finanziari e sostenere i paesi più vulnerabili nella prima crisi autenticamente globale.

Il G20 rappresenta la maggioranza della popolazione mondiale (due cittadini su tre), nonché il 90 per cento delle attività economiche globali. E’ pertanto suo dovere garantire una risposta concertata, efficace e durevole, che sortisca un triplice effetto: stimolare la domanda e l’economia reale grazie a un aumento degli investimenti; riavviare i prestiti; promuovere l’adozione di norme internazionali solide in ambito finanziario, nonché meccanismi di vigilanza in grado di offrire trasparenza, stabilità e incentivi adeguati, annullando così i rischi interni al sistema ed evitando la vanificazione dei progressi compiuti.

Occorrono un nuovo ordine economico e una governance internazionale adatti al contesto del XXI secolo e in grado di porre rimedio ai problemi e agli squilibri alla base della crisi, al fine di promuovere un’economia aperta e solidale e, di riflesso, uno sviluppo sostenibile.

 
  
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  Péter Olajos (PPE-DE). – (HU) Accolgo con favore la decisione del Consiglio in merito alla posizione da presentare in occasione del G20. Sono inoltre lieto che i nostri leader politici abbiano riconosciuto lo stretto legame sussitente tra la crisi globale e la lotta al cambiamento climatico.

L’essenza del New Deal verde proposto dal primo ministro Brown e dal presidente Obama sta nel vincolare gli incentivi economici agli investimenti nel settore ambientale e all’impegno a favore dell’efficienza energetica e delle tecnologie ecocompatibili.

Non concordo tuttavia con il giudizio di sufficienza espresso dal Consiglio circa l’attuazione del programma di incentivi all’economia europea, approvato lo scorso dicembre. Sebbene serva del tempo prima che si inizino a sentirne gli effetti per l’economia, è indubbio che questa consistente operazione di bilancio, pari al 3,3 per cento del PIL europeo, ossia 400 miliardi di euro, consentirà nuovi investimenti e creerà posti di lavoro.

Il programma ha però apportato un contributo irrisorio alla transizione dell’Unione europea verso un economia a basso tenore di anidride carbonica. Per quanto si faccia un gran parlare del miglioramento dell’efficienza energetica e del risparmio energetico, si dedicano comunque più risorse e più attenzione ai fornitori di energia, alla diversificazione delle rotte di approvvigionamento e alla salvaguardia degli interessi comunitari nel settore dell’energia rispetto ai paesi terzi.

E’ indubbiamente necessario sviluppare le infrastrutture energetiche, ma senza trascurare la riduzione dei consumi. L’Unione europea riveste ancora un ruolo guida nella conclusione di un accordo internazionale sul clima a Copenhagen, ma per portarlo a compimento dovrà raggiungere quanto prima un compromesso sullo sviluppo di un mercato internazionale dell’anidride carbonica, sulla perequazione finanziaria per i paesi in via di sviluppo, sull’assistenza in campo tecnologico e sullo sviluppo di capacità, nonché chiarire i principi per la ripartizione degli oneri fra gli Stati membri.

 
  
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  Dariusz Rosati (PSE). – (EN) Signor Presidente, desidero cominciare ringraziando la presidenza ceca per il buon esito del vertice. Credo infatti che l’incontro abbia condotto a molte decisioni di rilievo, ma ritengo al contempo che sia necessario agire di più e più rapidamente.

Ho l’impressione che ci presenteremo al G20 che avrà luogo a Londra tra una settimana ancora troppo integrati per agire individualmente e troppo divisi per farlo insieme. A mio avviso, dovremmo concentrarci su tre priorità.

La prima riguarda, ovviamente, l’occupazione. Milioni di cittadini europei temono di perdere il proprio posto di lavoro e, in tutta sincerità, non capisco l’opposizione del presidente francese all’incontro, considerando che in questo momento occorre proprio un vertice in piena regola.

In secondo luogo, sono lieto che siamo riusciti ad annullare, almeno in parte, le tendenze protezionistiche. Ciononostante, si tratta di un pericolo ancora reale, cui credo si possa porre rimedio solo con la solidarietà.

In terzo luogo, è indispensabile ripristinare la fiducia nei mercati. Non sono neppure dell’opinione che la liquidità disponibile sul mercato sia insufficiente, al contrario. Il problema sta nel trasformare queste risorse in domanda e, tal fine, occorre riconquistare la fiducia delle famiglie e delle imprese.

 
  
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  Mario Mauro (PPE-DE). Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Presidente Barroso, la questione del mix tra interventi di sostegno e stimolo e misure regolamentari è uno dei temi prioritari dell'agenda internazionale e le tensioni esistenti che riflettono le differenti strategie adottate dalle grandi economie per affrontare la crisi dovrebbero auspicabilmente trovare una forma di composizione al vertice del G20.

Non è un mistero, infatti, che a Washington si insiste sulla necessità di un ulteriore impegno collettivo per l'adozione di provvedimenti nazionali di stimolo della domanda e di rilancio dell'economia, mentre a Bruxelles presso la Commissione prevale la convinzione che si sia già fatto quanto utile e necessario sotto questo profilo e che si tratti ora soprattutto di attendere, di poter registrare i risultati degli interventi disposti dai governi degli Stati membri in funzione anticongiunturale.

Così come non è un mistero che da parte europea si ritenga ora necessario concentrarsi sull'obiettivo di restituire credibilità, stabilità e affidabilità ai mercati finanziari, anche con l'adozione di disposizioni più impegnative in materia regolamentare e di sistemi più efficaci di vigilanza del settore bancario e creditizio, mentre a Washington sembra prevalere una linea di prudenza sull'ipotesi di una riforma incisiva del quadro regolamentare e dei meccanismi di vigilanza.

Onestamente non credo sia utile contrapporre queste soluzioni, ma appunto farne un mix e in questo senso c'è bisogno soprattutto che prevalga la visione europea, nel senso di quel metodo europeo di cui è garante, e vorrei dire profeta, la Commissione. Non ho dubbi, signor Presidente Barroso, che lei è l'uomo giusto per dar corpo alle nostre speranze e portarci fuori dal guado.

 
  
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  Katrin Saks (PSE). – (ET) Il Consiglio ha raggiunto un accordo su varie questioni di fondamentale importanza: i progetti nel settore dell’energia e dell’Internet a banda larga, nonché la decisione di aumentare i finanziamenti a sostegno dei paesi dell’Europa orientale rappresentano infatti un ottimo segno.

Tuttavia, l’indicazione per me più chiara dell’effettivo esito del Consiglio europeo mi è giunta dal primo ministro del mio paese, che, una volta rientrato in Estonia, ha dichiarato che l’Europa sta tornando ai propri valori fondamentali. Si riferiva al fatto che l’Unione inizia a disinteressarsi dell’adozione di altri pacchetti di incentivi, dando segno di voler tornare a una disciplina di bilancio conservatrice. Essendo egli esponente di un partito ultraliberista, la sua posizione non sorprende, ma rispecchia un problema di più ampio respiro: i governi di un certo orientamento non sono pronti a compiere passi coraggiosi e lungimiranti, né ad attuare misure che potrebbero contraddire le loro convinzioni ideologiche.

Alcuni giorni prima del Consiglio europeo, il Premio Nobel Krugman ha fatto presente che il pacchetto di incentivi adottato dall’Unione europea potrebbe non essere sufficiente: solo quest’anno potrebbero infatti rendersi necessari 500 miliardi, anziché 400, per un totale di 3 trilioni. Occorre dunque unire gli sforzi e adottare un approccio fattivo, anziché intervenire con una mano invisibile.

 
  
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  José Manuel García-Margallo y Marfil (PPE-DE). – (ES) Signor Presidente, signor Presidente della Commissione, desidero innanzitutto esprimere la preoccupazione che il vertice sull’occupazione del prossimo maggio diventi una riunione della troika, per aperto che sia. A mio avviso, tale decisione ci porta indietro al 1996, quando le politiche in materia di occupazione venivano considerate di competenza esclusiva degli Stati membri.

Il mio secondo punto riguarda la politica monetaria: io e il mio gruppo ci schieriamo a favore dell’assoluta indipendenza della Banca centrale, ma questo non implica l’immunità da critiche.

A tale proposito, mi sento di dire che avrei auspicato una riduzione dei tassi di interesse più coraggiosa da parte della Banca centrale, considerato la loro incidenza sulle esportazioni europee, nonché scadenze più generose per la restituzione dei prestiti. La Riserva federale concede prestiti spalmati su tre anni, la Banca centrale su sei mesi appena.

Desidero formulare un’altra osservazione in merito alla politica monetaria. Mi auguro che i piani di salvataggio per gli enti finanziari e gli eventuali piani di acquisto di attività tossiche o danneggiate non diano alle banche beneficiarie di aiuti alcun vantaggio competitivo su quelle più prudenti e autonome.

Questa mattina si è svolto un intenso dibattito circa gli incentivi di bilancio. E’ sufficiente o no? Gli Stati Uniti stanno facendo più di noi? Qualunque sia la conclusione, è certo che gli attuali incentivi di bilancio sono i più elevati dal 1929.

Tale dato ci spinge a coordinare le iniziative intraprese sulle due sponde dell’Atlantico, con particolare riferimento a due questioni: il completamento delle tornate negoziali di Doha, per inviare al mondo un messaggio contro il protezionismo; in secondo luogo, una valutazione congiunta degli squilibri esistenti a livello internazionale, causa scatenante della crisi.

In merito al patto di stabilità, ho osservato alcune contraddizioni nella posizione della Comissione. I debiti di oggi sono le tasse di domani e la Commissione dovrebbe garantire coerenza tra le misure nazionali e la strategia di Lisbona, senza compromettere la sostenibilità dei conti. A tal fine, ocorre monitorare con la massima accortezza i piani volti a correggere la posizione di quei paesi, ivi compreso il mio, la Spagna, sconfinati in un deficit eccessivo.

Signor Presidente, desidero ringraziarla per la generosità con il tempo, che non ho mancato di notare.

 
  
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  Presidente. Onorevole, siamo contrari all’inflazione monetaria, ma anche a quella del tempo di parola.

 
  
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  Pierre Pribetich (PSE). – (FR) Signor Presidente, nelle ventidue pagine che compongono le conclusioni del Consiglio europeo c’è solo una brevissima frase dedicata al futuro del settore automobilistico e alla politica industriale europea. E’ forse una risposta efficace alle aspettative dei 12 milioni di lavoratori del settore e alle preoccupazioni del 6 per cento della forza lavoro comunitaria? E’ forse un’offerta degna della posta in gioco? Non vi è alcuna proposta per un piano europeo, alcuna prospettiva per il settore automobilistico e alcuna volontà di coordinare le politiche nazionali.

Il 19 novembre 2008 ho preso la parola in quest’Aula a nome della delegazione socialista francese per porre degli interrogativi a tutti gli attori europei coinvolti. Ho auspicato un nuovo settore automobilistico e una politica industriale ben strutturata, tempestiva ed efficace a breve, medio e lungo termine, che garantisca una risposta coordinata dagli Stati membri e dell’Unione.

A quattro mesi di distanza e dopo una risoluzione congiunta presentata da diversi gruppi, ci troviamo nuovamente a porre l’accento sul futuro dell’industria automobilistica. Cosa vi impedisce di reagire, di intervenire, di affrontare questa sfida prima che sia troppo tardi? Non è retorica, signor Primo Ministro Topolánek, è un’esortazione ad agire.

 
  
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  Harlem Désir (PSE). – (FR) Signor Presidente, è difficile celare la delusione per l’esito di questo vertice.

Se l’autocompiacimento e la finzione fossero strumenti di ripresa economica, potremmo definirlo un successo. So che l’economia dipende in buona parte da fattori psicologici e che bisogna tentare di ripristinare la fiducia; eppure, quando la crisi finisce per aggravarsi al punto che tutti gli Stati membri sprofondano sempre più nella recessione e la disoccupazione aumenta drasticamente, è spiazzante sentire il Consiglio dichiarare la propria fiducia nelle prospettive di medio e lungo termine dell’economia comunitaria e la propria determinazione a fare quanto in suo potere per rivitalizzare l’occupazione e la crescita.

Determinazione a far cosa? L’ordine del giorno di questo Consiglio era già stato epurato da qualunque proposta anche solo vagamente collegata al tema dell’occupazione, che è stato rimandato a maggio. Ma alla fine, nel corso del Consiglio, lo stesso vertice sull’occupazione di maggio è stato trasformato in un mero incontro della troika. Sembra che sia stato il presidente Sarkozy a convincere gli altri Stati membri dell’inutilità di elaborare proposte che indicassero l’occupazione quale priorità dell’intervento comunitario. E’ una scelta che ci rimanda alla dissociazione già invocata da altri governi, per la precisione da un governo conservatore britannico, in riferimento a tutti i capitoli dei trattati europei dedicati all’occupazione.

Oggi il presidente Sarkozy chiede dunque la disociazione dalle politiche in materia occupazionale. Sarebbe davvero preoccupante se tutti gli Stati membri si lasciassero contagiare da questo approccio. Non mi meraviglia il comportamento della sua Commissione, Presidente Barroso, che ha in un certo qual modo manomesso l’agenda sociale durante il proprio mandato, che ha permesso la dissociazione dalle priorità comunitarie in ambito sociale e occupazionale e ceduto all’ordine appena impartito da un membro della sua maggioranza, il gruppo del Partito popolare europeo (Democratici-cristiani) e dei Democratici europei. Credo tuttavia che questa scelta sia del tutto infelice e che, quando si tratterà di coordinare non solo le politiche per la ripresa, ma anche quelle in ambito occupazionale, saranno i lavoratori a pagare lo scotto di questa latitanza dell’Europa.

Un altro artificio è rappresentato da questi 400 miliardi di euro che state cercando di mettere insieme, ma che risultano dal computo non solo dei piani di ripresa nazionali, ma soprattutto di politiche che con la ripresa nazionale non hanno nulla a che vedere; si tratta solo di biechi stabilizzatori economici, che sortiscono l’effetto di aumentare le spese sociali derivanti dall’aumento della disoccupazione. Avete messo sul tavolo altri 5 miliardi di euro, ma a prezzo di enormi fatiche.

Credo pertanto che sia indispensabile varare un vero piano di ripresa, paragonabile ai 780 milioni di dollari messi sul piatto dagli Stati Uniti, nonché coordinare le iniziative a sostegno dei lavoratori coinvolti nella crisi. E’ inoltre necessaria una ripresa della domanda – altro fattore che risulterà molto più efficace dell’autocompiacimento nel rivitalizzare la crescita e ripristinare la fiducia e il dinamismo della nostra economia.

 
  
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  Elmar Brok (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, signor Presidente in carica del Consiglio, signor Presidente della Commissione, capirete presto perché ho fatto bene a sedermi laggiù.

Dissociandomi dall’onorevole Schulz, desidero innanzitutto dire che la presidenza ceca, sotto l’egida del primo ministro Topolánek ha svolto finora un eccellente lavoro.

(Applausi)

Sono fiero che questa sia la prima presidenza detenuta da un ex Stato firmatario del patto di Varsavia e merita tutto il nostro sostegno in quanto simbolo dell’unità dell’Europa.

Il mio secondo punto riguarda la complessa situazione del trattato di Lisbona. Mi unisco infatti all’auspicio che il primo ministro Topolánek e il leader dell’opposizione Paroubek si assumano le proprie responsabilità e siedano insieme al tavolo delle trattative, perché i nodi di politica interna non posso influenzare il destino dell’intera Europa.

La mia considerazione conclusiva è rivolta all’onorevole Schulz: il primo ministro britannico Brown si è opposto alla regolamentazione dei mercati finanziari e, insieme con il ministro del Lavoro tedesco Scholz, un socialdemocratico, osteggia il compromesso sulla direttiva sull’orario di lavoro, conforme peraltro alla risoluzione del Parlamento europeo. L’onorevole Schulz non dovrebbe neppure provare a dirci che è il solo a propugnare un’Europa sociale, perché è vero esattamente il contrario.

 
  
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  Silvia-Adriana Ţicău (PSE). – (RO) Le imprese e i cittadini europei stanno pagando uno scotto molto alto per la crisi economica: le economie degli Stati membri registrano infatti una pesante battuta d’arresto, mentre le piccole e medie imprese vanno in rosso e i lavoratori perdono il posto.

Di comune accordo con altri onorevoli colleghi, ho consegnato al presidente Barroso una lettera sulla situazione dei lavoratori del settore metallurgico rumeno e francese, che sono praticamente disoccupati, pur percependo il 70 per cento della propria retribuzione. Abbiamo chiesto il riesame dei requisiti per l’accesso al Fondo sociale europeo e al Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione, al fine di offrire un’assistenza più efficace ai lavoratori gravemente colpiti dalla crisi economica e dalla diminuzione dei posti di lavoro.

Lo sviluppo economico è fondamentale per l’Unione europea, così come lo è per i suoi cittadini la disponibilità di posti di lavoro e di retribuzioni dignitose. Il piano europeo di ripresa economica varato nel novembre del 2008 non ha dato alcun frutto e purtroppo l’efficienza energetica, che potrebbe creare nuovi posti di lavoro, non figura nella normativa introdotta lo scorso gennaio.

 
  
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  Paul Rübig (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, anche io desidero congratularmi con la presidenza ceca: l’accordo sul roaming siglato ieri è eccellente e non potrà che giovare agli interessi dei cittadini europei.

E’ stata inoltre risolta la questione del pacchetto sull’energia e sul gas naturale e la presidenza ceca ha, a nostro avviso, condotto superbamente i negoziati in merito a varie altre problematiche. Lo stesso dicasi per la motivazione dei popoli europei a premiare chi compie sforzi immani, soprattutto in tempi di crisi. E’ proprio per questo che dovremmo incoraggiare il commissario Kovács ad elaborare ulteriori proposte di ammortamento per quote crescenti: se stimiamo che saranno necessari stanziamenti di oltre mille miliardi di euro da qui fino al 2030 per la costruzione di nuove centrali elettriche, allora occorre iniziare subito, dando così impulso anche alla crescita e all’occupazione.

 
  
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  Alojz Peterle (PPE-DE). – (SL) Desidero innanzitutto porgere le mie più sincere congratulazioni al presidente in carica del Consiglio per i successi conseguiti dalla presidenza ceca, nonostante le delicate circostanze attuali.

Ho sentito commenti molto duri durante il dibattito odierno, ma è mia ferma convinzione che i cittadini europei non siano interassati tanto al nostro orientamento di destra o di sinistra, bensì alla dimensione europea delle nostre iniziative, ossia ai risultati che possiamo raggiungere con un’azione congiunta.

Ci troviamo a fronteggiare due compiti principali: dimostrare la nostra sensibilità sociale e la nostra solidarietà nei confronti delle categorie più colpite e, allo stesso tempo, investire negli strumenti che garantiscano la ripresa più rapida dalla crisi. Quest’ultima dovrebbe fungere da catalizzatore della ristrutturazione economica, e non solo nel settore automobilistico, proprio perché ha dimostrato l’urgenza di un più efficace coordinamento delle politiche economiche e del consolidamento delle istituzioni comunitarie previsto nel trattato di Lisbona.

E’ con questo spirito che appoggio le proposte costruttive avanzate nella relazione Larosière in merito alle istituzioni finanziarie.

 
  
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  Christian Rovsing (PPE-DE). – (DA) Signor Presidente, vorrei esprimermi sulla questione delle sovvenzioni ingenti versate a imprese che rischiano di non sopravvivere. Non ha senso pretendere che i lavoratori rimangano in un’impresa destinata a chiudere i battenti, né è ragionevole pagare i loro stipendi con i fondi pubblici. Tali lavoratori dovrebbero avere la possibilità di approfondire la loro formazione, intraprendere nuovi corsi, oppure farsi assumere da altre aziende che hanno maggiori probabilità di sopravvivere. Per quanto riguarda l’industria automobilistica, ritengo che abbiamo decisamente trascurato l’aspetto dello sviluppo di tipologie di auto completamente nuove, vetture alimentate a idrogeno, a batterie o con celle di combustibile. A mio avviso, una grossa percentuale della forza lavoro potrebbe essere trasferita a tali aree, che offrirebbero la garanzia di un posto di lavoro anche tra 10 anni.

 
  
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  Alexandr Vondra, presidente in carica del Consiglio. − (EN) Signor Presidente, mi consenta di riepilogare brevemente la situazione dal punto di vista del Consiglio e della presidenza ceca.

(CS) Se non erro, siamo giunti più o meno alla metà virtuale del mandato della presidenza ceca, e vorrei ringraziare quelli di voi – e non siete un numero esiguo – che hanno espresso il proprio apprezzamento per il lavoro da noi svolto sino a ora. E’ naturalmente gratificante ricevere dimostrazioni di rispetto per il lavoro incessante – sette giorni alla settimana, 20 ore al giorno – e per i risultati conseguiti la scorsa settimana in sede di Consiglio europeo. Le decisioni prese in quell’occasione sono state fondamentali e importanti. Vorrei fare solo un appunto a quelli di voi che nutrono dubbi e perplessità specifiche. Date a quelle misure e a quelle decisioni il tempo necessario, lasciate che diano prova della loro oculatezza una volta che saranno diventate operative, in quanto sono fermamente convinto che presentino diversi punti di forza, hanno una loro portata e produrranno risultati proficui in un momento in cui abbiamo a che fare con la crisi economica peggiore che si sia mai abbattuta sull’Unione.

Le decisioni effettive concernenti lo stanziamento di 5 miliardi di euro per progetti nel campo dell’energia e per la connessione a Internet a banda larga sono importanti. Lo sono nel contesto della crisi del gas, in quanto così dimostriamo che l’Unione è capace di reagire con tempestività e di rispondere alle esigenze di molti paesi europei. La decisione di destinare 25 miliardi di euro per alzare il tetto massimo e assistere i paesi membri in difficoltà è altrettanto cruciale. Inoltre, la decisione sui 75 miliardi di euro che porteremo al vertice del G20 di Londra trasmette anch’essa un segnale inequivocabile del fatto che l’UE è pronta ad assumersi la sua parte di responsabilità per la riforma delle istituzioni finanziarie globali. Vorrei inoltre fare riferimento a un aspetto citato da alcuni di voi a margine della riunione del Consiglio europeo, vale a dire il lavoro intenso portato avanti nelle ultime settimane per tutta una serie di proposte legislative. Non è stato un caso, bensì è stato frutto del lavoro costante svolto dal Consiglio sotto la guida della presidenza ceca, che in sede di dialogo a tre ci ha permesso di addivenire a un accordo su proposte di riforma piuttosto fondamentali. Il pacchetto energia riguardante il mercato interno dell’energia per il gas e l’elettricità, il pacchetto aviazione sulla revisione del cielo unico europeo, il pacchetto rete viaria che modernizza l’accesso al mercato del trasporto su strada, compresa la questione delicata del cabotaggio, il regolamento sul roaming e infine anche il pacchetto sui pesticidi potrebbero essere i risultati concreti del lavoro svolto negli ultimi due, tre mesi. A questo proposito vorrei anche ringraziare il Parlamento europeo, perché si è trattato di uno sforzo congiunto tra noi, la Commissione e l’Assemblea.

Un altro esempio: era da 10 anni che erano in corso negoziati, del tutto infruttuosi, per la riduzione delle aliquote dell’IVA in alcuni settori ad impiego di lavoro manuale impegnativo o con una percentuale elevata di attività manuale. E’ stato soltanto grazie alla leadership del ministro ceco delle Finanze in sede Ecofin che è stato raggiunto e confermato un accordo durante il Consiglio europeo. Molti onorevoli parlamentari si chiedono come affronteremo il problema della disoccupazione. Mi preme ripetere ancora una volta le parole pronunciate dal nostro primo ministro in questa sede: esiste un accordo tra la presidenza e la Commissione, e il 7 maggio verrà convocato un vertice sull’occupazione secondo un modello concordato in sede di Consiglio europeo. In tale occasione verranno elaborate misure concrete che verranno presentate al Consiglio europeo di giugno. Ci saranno quindi altre discussioni sul tema.

Molti commenti da voi espressi riguardavano la questione dell’apertura dell’UE. Vorrei sottolineare che sotto la nostra presidenza, in occasione del quinto anniversario dell’allargamento più significativo dell’Unione, a Praga è stata organizzata una conferenza dal titolo “Cinque anni dopo” in cooperazione con la Commissione europea. Il convegno ha chiaramente dimostrato, con dati effettivi forniti da esperti economici, che l’allargamento ha probabilmente rappresentato il progetto meglio riuscito nella storia moderna dell’Unione, e che questo quinquennio è la prova inconfutabile del fatto che sono stati prodotti vantaggi sia per i vecchi sia per i nuovi paesi membri.

Il partenariato orientale: abbiamo elaborato una dichiarazione in cui si precisa che il vertice che istituirà tale iniziativa si svolgerà il 7 maggio, e al momento siamo impegnati con i futuri membri, quali l’Ucraina, per trasformarlo in un’operazione di successo autentico per l’Unione. Infine, un ulteriore esempio di progetto andato a buon fine è stata la conferenza di lunedì sull’infrastruttura del gas, che si è svolta grazie alla Commissione europea di Bruxelles, e che è sfociata in una dichiarazione sulla modernizzazione dell’infrastruttura del gas in Ucraina, al fine di prevenire un’ulteriore crisi come quella verificatasi lo scorso gennaio.

Vorrei infine rassicurare quelli di voi che nutrono dubbi su una certa questione. Sì, abbiamo problemi interni e sappiamo bene chi è stato l’iniziatore della mozione di sfiducia. Il suo nome è Jiří Paroubek, leader dei socialdemocratici cechi. Ciononostante, siamo un governo responsabile, stiamo gestendo la situazione e non c’è ragione di preoccuparsi. La presidenza ceca, che si trova a metà strada, può asserire con certezza che la seconda parte del suo mandato sarà altrettanto positiva e responsabile, e al termine del nostro incarico festeggeremo senza alcun dubbio gli stessi successi di cui avete parlato oggi nella valutazione del lavoro da noi svolto in gennaio, febbraio e marzo. Con questo vorrei rassicurarvi sul nostro approccio serio e responsabile, ribadendo che non c’è assolutamente motivo di preoccuparsi.

 
  
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  Presidente. Presidente in carica Vondra, molti onorevoli colleghi hanno ringraziato la presidenza ceca per il contributo offerto. Io l’ho fatto all’inizio, in presenza del primo ministro Topolánek. Vorrei esprimerle i miei ringraziamenti per il suo contributo personale e per l’impegno profuso. Ci preme incoraggiarla a continuare il cammino, come ha appena ricordato anche lei, cosicché nella seconda metà del mandato la presidenza ceca possa raccogliere tanti successi quanti ne ha riscossi nella prima. Buona fortuna per il proseguimento del vostro lavoro.

 
  
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  José Manuel Barroso, presidente della Commissione. − (EN) Signor Presidente, mi consenta di sottolineare ancora una volta la cooperazione eccellente che ha caratterizzato i nostri rapporti con la presidenza ceca, che sta compiendo sforzi ingenti per l’Europa in una situazione molto difficile, per questo merita tutto il nostro appoggio.

Ora concludo. Ogni volta che mi accingo a concludere, vedo folle di persone che affluiscono per ascoltare!

(Si ride)

Vorrei concludere esprimendo il mio plauso per l’ampio sostegno con cui sono stati accolti i risultati del Consiglio europeo. Non è stato un giudizio unanime, ma penso sia una valutazione equa affermare che in generale è stato riconosciuto che sono state raggiunte conclusioni importanti, e mi sento incoraggiato dalla volontà visibile e condivisa da tutte e tre le istituzioni – Parlamento, Consiglio e Commissione – di unire le forze per far uscire l’Europa dalla crisi.

Possiamo essere orgogliosi delle nostre decisioni, ma non ci dovrebbe essere spazio per l’autocompiacimento. Dobbiamo fare di più, e non dovremmo perdere di vista l’obiettivo, ma ce la faremo, i nostri sforzi daranno frutti se mostreremo la nostra fiducia.

La parola chiave deve essere fiducia: fiducia nella nostra capacità di rispettare gli impegni presi; fiducia nell’azione e nell’attuazione e, come dicevo prima, attuazione concreta, non parole vuote. Sinceramente non credo che per ripristinare la fiducia serva annunciare un nuovo piano ogni mese o ogni settimana. La fiducia si rafforza se ci concentriamo sull’attuazione di quanto convenuto a livello di Assemblea e anche sull’effettivo coordinamento di tali sforzi.

Serve fiducia per avere la forza di portare avanti la nostra agenda normativa: senza una forma normativa, non infonderemo fiducia nel fatto che i cambiamenti sortiranno effetti duraturi.

Serve fiducia per la validità e la solidità della zona dell’euro e per la nostra capacità di mobilitare il sostegno necessario per tutti gli Stati membri che ne hanno bisogno, che siano dentro o fuori la zona della moneta unica.

Serve inoltre fiducia nel nostro impegno condiviso di salvaguardare il nostro marchio speciale di economia di mercato sociale, nonché nella nostra agenda a lungo termine per un’economia a basso impiego di carbonio. Sono fermamente convinto che non saranno i discorsi controproducenti né quella specie di complesso di inferiorità nei confronti degli Stati Uniti che ci faranno emergere vincitori.

Anzi, a quanto vedo gli americani si stanno ora avvicinando sempre più a posizioni tradizionalmente europee. Gli americani stanno facendo proprio il nostro punto di vista sulla lotta contro il cambiamento climatico, e accogliamo con favore il fatto che si stiano rendendo conto della necessità di rafforzare lo Stato sociale.

Pertanto, non credo affatto che il dibattito a cui mi capita talvolta di assistere – in base al quale americani ed europei si starebbero interfacciando con la crisi con approcci radicalmente diversi – sia costruttivo. Al contrario, stiamo assistendo a una maggiore convergenza tra l’Europa, gli Stati Uniti e, speriamo, altri paesi – infatti, non siamo coinvolti solo noi e gli americani – per questo confido in un risultato positivo del vertice del G20.

Ritengo che sia importante rendersi conto che è grazie a noi stessi, e non agli altri, che risolveremo la situazione. E’ essenziale mostrare fiducia nei confronti dei cosiddetti strumenti europei, e quest’Europa allargata, con la nostra azione coordinata nel fronteggiare la recessione, sarà in grado di rispondere alle preoccupazioni più importanti dei nostri cittadini, compreso naturalmente il mio timore numero uno, vale a dire la disoccupazione galoppante.

Per concludere, è per questa ragione che credo che dovremmo partire da quello che è già stato deciso e concentrarci adesso sulla fase operativa, con un coordinamento forte e un impegno deciso a ottenere risultati concreti.

(Applausi)

 
  
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  Presidente. La discussione è chiusa.

Dichiarazioni scritte (articolo 142 del regolamento)

 
  
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  Călin Cătălin Chiriţă (PPE-DE), per iscritto. – (RO) Desidero manifestare il mio sostegno alle decisioni adottate in occasione del vertice dell’Unione europea tenutosi recentemente a Bruxelles. Particolarmente opportuna è la decisione necessaria di incrementare il fondo di emergenza portandolo da 25 a 50 miliardi di euro. Si tratta di un fondo istituito specificamente per gli Stati membri dell’Europa centrale con una bilancia dei pagamenti problematica.

Ispirandosi alle misure adottate per proteggere gli Stati dell’area dell’euro dalla crisi globale, la decisione offre una dimostrazione concreta della solidarietà dell’Unione e della sua capacità di aiutare i paesi non appartenenti alla zona dell’euro a superare la crisi economica. Dopo l’Ungheria e la Lettonia, la Romania è stato il terzo paese membro dell’Unione e ricorrere al fondo di emergenza per far fronte allo squilibrio significativo delle partite correnti e all’incapacità di ottenere ulteriori prestiti dai creditori stranieri.

Le istituzioni comunitarie hanno il dovere di soddisfare le aspettative dei cittadini europei profondamente colpiti dalla crisi. Solo la solidarietà europea, la cooperazione transatlantica e le misure efficaci possono essere utili per superare la crisi globale.

 
  
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  Genowefa Grabowska (PSE), per iscritto. – (PL) Il mio paese, la Polonia, è particolarmente interessato a una gestione oculata del nuovo programma europeo per il partenariato orientale. Coinvolge sia paesi a noi vicini e persino limitrofi, quali Bielorussia, Ucraina e Repubblica moldova, sia Stati più lontani, quali Repubblica d’Armenia, Repubblica dell’Azerbaigian e Georgia.

A mio parere, il programma rafforzerà la politica estera dell’Unione, promuoverà un’integrazione economica autentica tra l’UE e i partner orientali, e garantirà una cooperazione basata non soltanto sui principi dell’economia di mercato, ma anche sul rispetto di valori condivisi, quali la democrazia, lo stato di diritto e il rispetto dei diritti umani. Dopo tutto, abbiamo obiettivi comuni specifici: creare zone di libero scambio, promuovere la mobilità dei cittadini dei paesi partner, migliorare le capacità amministrative, cooperare sulla sicurezza energetica e in particolare sulla fornitura a lungo termine e sul transito dell’energia.

All’Unione abbiamo pertanto una visione chiara di cosa significhi partenariato. Attendiamo ora una risposta dai sei paesi che hanno un interesse diretto nel programma. Vorrei esprimervi la mia speranza che il 7 maggio di quest’anno il Consiglio possa ufficialmente inaugurare tale iniziativa, importante tanto per l’UE quanto per i cittadini di tutti i paesi partecipanti.

 
  
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  András Gyürk (PPE-DE) , per iscritto. – (HU) Accolgo con favore il fatto che l’Unione europea abbia stanziato 3,5 miliardi di euro del suo pacchetto di incentivi economici a favore degli investimenti chiave nell’energia. Lo considero un importante passo avanti verso una politica comune dell’energia. L’elenco definitivo dei progetti finanziati indica chiaramente che la Commissione europea e gli Stati membri, dopo la crisi del gas di gennaio, hanno finalmente capito i vantaggi insiti nell’unione delle reti. Rafforzare i collegamenti è importante, soprattutto perché consente agli Stati membri di aiutarsi vicendevolmente e tempestivamente in caso di interruzioni della fornitura.

Al contempo vorrei richiamare l’attenzione sul fatto che sono emerse contraddizioni a proposito dell’elenco finale degli investimenti che riceveranno i finanziamenti. Segnalo in primo luogo che è comparsa una crepa nel principio dell’equilibrio regionale. Infatti, saranno proprio gli Stati membri più colpiti dalla crisi del gas dello scorso gennaio a ricevere meno finanziamenti. In secondo luogo, il rafforzamento delle vie di fornitura alternative riceverà una quota di aiuti relativamente bassa rispetto all’intero pacchetto di incentivi economici. A mio giudizio, i dibattiti sulla questione Nabucco sono fuori luogo: il gasdotto in questione incrementerebbe la sicurezza energetica dell’intera Unione europea, e la sua costruzione è pertanto di interesse comune. Infine, ma non da ultimo, nell’elenco degli investimenti giudicati ammissibili per i finanziamenti non figurano quelli relativi all’efficienza energetica. L’Unione sta pertanto mancando l’obiettivo originario del pacchetto stesso, vale a dire la creazione di posti di lavoro.

Per le ragioni sopra citate, la posizione del Parlamento europeo deve essere tale da conferire un ruolo più importante al principio dell’equilibrio regionale, nonché agli investimenti nelle vie alternative di fornitura e nell’efficienza energetica.

 
  
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  Rareş-Lucian Niculescu (PPE-DE), per iscritto. – (RO) La decisione del Consiglio europeo di erogare finanziamenti a favore di Nabucco e di annoverarlo tra i progetti prioritari nel campo dell’energia sono soluzioni adeguate e tempestive al problema.

Prima della riunione del Consiglio abbiamo presentato una proposta di risoluzione tesa a richiamare l’attenzione sul pericolo rappresentato dal ridimensionamento dei finanziamenti destinati a Nabucco. Non dobbiamo dimenticare che il progetto del gasdotto è di importanza strategica per la sicurezza della fornitura di gas all’Europa, in quanto è l’unico progetto che assicura la diversificazione sia dei fornitori sia delle rotte di distribuzione.

 
  
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  Esko Seppänen (GUE/NGL), per iscritto. – (FI) Una delle decisioni prese al vertice dell’Unione è stata quella di modificare la natura del vertice straordinario sul dialogo sociale di questa primavera; in base a tale decisione, i leader comunitari verranno rappresentati solo dalla troika della presidenza, invece che dai capi di tutti gli Stati membri. A mio parere, la decisione è sintomo dell’apatia che serpeggia nei confronti del futuro dell’Europa sociale, cosa che non può essere accettata dalle organizzazioni del mercato del lavoro che si sono preparate all’incontro. La speranza è che al vertice presenzino più capi di Stato o di governo possibile.

 
  
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  Georgios Toussas (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) Il dibattito in seno al Parlamento europeo conferma che le forze politiche del capitale e la strada a senso unico europea appoggiano ristrutturazioni capitalistiche più rapide e contratti di assunzione più flessibili nel quadro della strategia di Lisbona e del completamento del mercato interno. Promuovono la scelta strategica del capitale e dell’Unione di far gravare l’onere della crisi sulle spalle dei lavoratori.

Il trattato di Maastricht e il patto di stabilità sono il trampolino di lancio per un attacco senza mezzi termini ai diritti dei lavoratori e ai redditi delle famiglie operaie, con la scusa di contenere il disavanzo. Le decisioni recenti della Commissione sui tagli permanenti alle spese avranno conseguenze dolorose in termini di sanità pubblica, di diritti assicurativi dei lavoratori e di pensioni che, unite alla richiesta di aumentare il carico fiscale, indeboliranno drasticamente il tenore di vita delle classi più povere.

Lo scopo della proposta di via d’uscita dalla crisi verso un’economia verde, cioè energia, reti a banda larga e innovazione, è quello di far conquistare alle grandi aziende nuovi settori redditizi, e non di proteggere l’ambiente e soddisfare le esigenze della base.

I lavoratori non dovrebbero accettare sacrifici in nome dei profitti della plutocrazia e dovrebbero contrattaccare e organizzare la lotta, condannare gli schieramenti che sostengono Maastricht e la strada a senso unico europea, e trasmettere un messaggio di disobbedienza all’UE appoggiando il partito comunista greco in occasione delle elezioni europee di giugno.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. WALLIS
Vicepresidente

 
  
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  Jean-Marie Le Pen (NI). – (FR) Signora Presidente, onorevoli parlamentari, il nostro collega onorevole Schulz, presidente del partito socialista al Parlamento europeo, vuole modificare il regolamento di quest’Assemblea con la scusa che io potrei essere il deputato più anziano della prossima legislatura. Tuttavia, appoggiare....

(Il Presidente interrompe l’oratore)

 
  
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  Presidente. Non è un richiamo al regolamento.

 
  
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  Jean-Marie Le Pen (NI). – (FR) Signora Presidente, onorevoli colleghi, in quell’occasione l’onorevole Schulz ha reso dichiarazioni diffamatorie e mi ha accusato del reato di blasfemia. Voglio puntualizzare che tale argomentazione è infondata e che mi sono limitato a dire che le camere a gas sono state un dettaglio della storia della guerra mondiale, che è la verità.

(Reazioni diverse)

Vorrei ricordare, signora Presidente, che in quell’occasione mi è stata comminata una multa di 200 000 euro per danni, il che non fa che dimostrare in che stato si trovano la libertà di opinione e di espressione in Europa e in Francia. Le vostre grida non maschereranno la vostra responsabilità per la crisi, la crisi dell’euro-internazionalismo di cui siete sostenitori. Vi prego pertanto di lasciarmi parlare.

Signora Presidente, vorrei chiedere al presidente del gruppo socialista al Parlamento europeo di porgermi le sue scuse per l’accusa infondata.

 
  
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  Martin Schulz (PSE). – (DE) Signora Presidente, la questione è semplice. Chiunque non voglia che quest’uomo presieda la seduta ufficiale di apertura del Parlamento europeo dovrebbe appoggiare la mia proposta di modifica del regolamento.

(Applausi)

 

3. Turno di votazioni
Video degli interventi
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  Presidente. L’ordine del giorno reca la votazione.

(Per i risultati e altri dettagli sulla votazione: vedasi processo verbale)

 

3.1. Istruzione consolare comune: elementi biometrici e domande di visto (A6-0143/2009, Sarah Ludford) (votazione)

3.2. Garanzia della Comunità accordata alla BEI (A6-0109/2009, Esko Seppänen) (votazione)

3.3. Prestazioni e sostenibilità del sistema aeronautico europeo (A6-0002/2009, Marian-Jean Marinescu) (votazione)
  

- Prima della votazione:

 
  
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  Marian-Jean Marinescu, relatore. – (RO) Il Parlamento ha raggiunto un accordo con il Consiglio e tale accordo è sostenuto da cinque gruppi politici. Mi riferisco alle due relazioni che seguono.

Grazie agli emendamenti presentati da due dei nostri onorevoli colleghi – per inciso, il contenuto di tali emendamenti è già stato incluso nel compromesso sottoscritto con il Consiglio –, oggi dobbiamo votare su numerosi articoli.

In base a norme da me reputate scorrette, l’ordine della votazione inserisce in alcuni articoli prima il testo della commissione per il trasporto e il turismo e poi il testo di compromesso. Vorrei chiedere di votare oggi sul testo di compromesso, in quanto gode dell’appoggio di cinque gruppi politici; in tal modo, i due regolamenti entrerebbero in vigore entro la fine della legislatura in corso.

 
  
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  Presidente. Grazie delle osservazioni. Raggiungeremo l’obiettivo da lei indicato seguendo la lista di voto e votando sugli emendamenti.

 

3.4. Aeroporti, gestione del traffico aereo e servizi di navigazione aerea (A6-0515/2008, Marian-Jean Marinescu) (votazione)

3.5. Nuovi prodotti alimentari (A6-0512/2008, Kartika Tamara Liotard) (votazione)

3.6. Sostanze che riducono lo strato di ozono (rifusione) (A6-0045/2009, Johannes Blokland) (votazione)

3.7. Strumento di gestione per l'assegnazione delle risorse di bilancio (A6-0104/2009, Kyösti Virrankoski) (votazione)

3.8. Revisione intermedia del quadro finanziario 2007-2013 (A6-0110/2009, Reimer Böge) (votazione)

3.9. Accordo di partenariato Cariforum-CE (votazione)
 

- Prima della votazione sull’emendamento n. 13:

 
  
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  Ignasi Guardans Cambó (ALDE). – (EN) Signora Presidente, per quanto riguarda l’emendamento n. 13 da aggiungere dopo il paragrafo 22, vorrei che fosse considerato un’aggiunta invece che una sostituzione del testo originario. Se così fosse, potremmo appoggiarlo.

Anzi, mi consenta di dire che questo stesso emendamento e la medesima proposta del mio gruppo si applicherebbero a un emendamento di quasi tutte le relazioni su cui dobbiamo votare. Non so se posso leggere un elenco di tali emendamenti o se preferisce che mi alzi volta per volta per presentare la medesima richiesta. Decida lei.

 
  
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  Presidente. − Onorevole Guardans Cambó, facciamo subito la prova. Devo chiedere a coloro che hanno proposto l’emendamento se sono d’accordo con la sua aggiunta.

 
  
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  Caroline Lucas (Verts/ALE). – (EN) Signora Presidente, la risposta è “sì”.

 
  
  

(L’emendamento orale è approvato.)

- Prima della votazione sull’emendamento n. 2:

 
  
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  Ignasi Guardans Cambó (ALDE). – (EN) Signora Presidente, avrei un emendamento orale da proporre all’emendamento n. 2, cioè di stralciare l’ultima frase per ragioni di accuratezza, in quanto non corrisponde più al vero. La frase che elimineremmo è la seguente “ritiene che tale monitoraggio dovrebbe iniziare dopo l’adozione di ogni APE interinale”. In questo caso non è corretta, in quanto si tratta di un APE completo e non interinale, di conseguenza per rispecchiare l’effettiva realtà dei fatti vorremmo stralciare questa frase.

 
  
 

(L’emendamento orale è approvato.)

 

3.10. Accordo di partenariato economico interinale CE-Côte d'Ivoire (votazione)

3.11. Accordo di partenariato economico interinale CE-Ghana (votazione)

3.12. Accordo di partenariato economico interinale CE-Stati del Pacifico (votazione)
  

- Prima della votazione sull’emendamento n. 8:

 
  
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  Glyn Ford (PSE). – (EN) Signora Presidente, per accorciare i tempi i socialisti sono disposti ad accettare gli emendamenti nn. 8 e 10 come aggiunte, ma se il gruppo PPE-DE non le accetterà come tali, voteremo contro.

 
  
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  Jean-Pierre Audy (PPE-DE). – (FR) Convengo con la procedura.

 
  
 

(La proposta è approvata.)

 
  
 

– Prima della votazione sull’emendamento n. 19:

 
  
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  Jean-Pierre Audy (PPE-DE). – (FR) Signora Presidente, per quanto riguarda il paragrafo 39, il nostro gruppo potrebbe accettare l’emendamento di compromesso n. 19 qualora, quando si citano gli attori non statali, si potesse aggiungere “la partecipazione”. L’emendamento sarebbe pertanto il seguente: “39a. Sottolinea, in particolare, il ruolo fondamentale dei parlamenti ACP e la partecipazione degli attori non statali nel monitoraggio e nella gestione degli APE”; il resto rimarrebbe invariato.

Presumo che il relatore, l’onorevole Ford, sia d’accordo.

 
  
 

(L’emendamento orale è approvato.)

 

3.13. Accordo di partenariato economico interinale CE-Stati della SADC APE (votazione)
  

– Prima della votazione sull’emendamento n. 13:

 
  
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  Kader Arif (PSE). – (FR) Signora Presidente, se l’emendamento n. 4 fosse un’aggiunta, i nn. 14 e 8 non dovrebbero decadere, e pertanto avremmo votato sui nn. 14 e 8.

 
  
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  Presidente. L’idea è che l’emendamento, completo di aggiunta, copra l’intero testo. Se volete votare sul testo originario possiamo tornare indietro, ma mi pare che la maggioranza preferisca andare avanti.

 
  
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  Robert Sturdy (PPE-DE). – (EN) Signora Presidente, mi va bene procedere, credo che copra l’intero testo.

 
  
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  Presidente. A questo punto procediamo.

 

3.14. Accordo di partenariato economico Stati dell'Africa orientale e meridionale-CE (votazione)

3.15. Accordo di partenariato economico CE-Stati membri della Comunità dell'Africa orientale (votazione)

3.16. Accordo di partenariato economico interinale CE-Africa centrale (votazione)

3.17. Accordo di partenariato economico CE/CARIFORUM (A6-0117/2009, David Martin) (votazione)
 

– Prima della votazione:

 
  
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  David Martin, relatore. − (EN) Signora Presidente, so quanto gli onorevoli colleghi ci tengano al pranzo – o forse è il contrario, non lo so – ma ruberò solo due minuti del loro tempo.

Lunedì sera si è svolto un dibattito importante sulla concessione o meno del parere conforme a CARIFORUM. La Commissione e il Consiglio – ed è importante che entrambe le istituzioni si siano assunte tali impegni – ci hanno promesso che, in termini di concessione di aiuti, avrebbero rispettato la qualità degli stessi e li avrebbero erogati tempestivamente. Ci hanno assicurato che gli accordi APE non intaccheranno in alcun modo l’accesso ai farmaci dei paesi caraibici. Ci hanno garantito che l’applicazione del principio della nazione più favorita non eserciterà alcun impatto sul commercio sud-sud e che la revisione quinquennale al termine della prima fase di tale APE rappresenterà un riesame vero e proprio che terrà conto degli obiettivi di sviluppo.

Sulla base di tali promesse – e naturalmente a condizione che le stesse vengano messe a verbale dal Parlamento e che il Consiglio e la Commissione promettano entrambi di onorare tali impegni e di ottemperare agli stessi – ritengo che quest’Assemblea, con una maggioranza oggi schiacciante, possa concedere il parere conforme all’APE dei Caraibi.

Vorrei ringraziare la commissario Ashton per l’ampia collaborazione, la flessibilità e l’impegno di cui ha dato prova. Il fatto che sia presente alla votazione la dice lunga su di lei. La votazione era in programma per martedì, e so che ha rinunciato a scadenze importanti per essere qui oggi, e ha assunto impegni vitali nei confronti del nostro Parlamento. Vorrei ringraziare la Commissione per la cooperazione e invito gli onorevoli colleghi a votare per il parere conforme.

 
  
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  Helmuth Markov (GUE/NGL). – (DE) Signora Presidente, onorevoli colleghi, vorrei fare un richiamo al regolamento, citando la lettera che il presidente Pöttering ha inviato a me in qualità di presidente della commissione per il commercio internazionale. Non temete, non leggerò l’intero testo della lettera.

(EN) “L’interpretazione dell’articolo 47 da parte dell’AFCO a cui lei fa riferimento è stata resa nota in occasione della seduta del Parlamento del 18 febbraio 2009 e, in assenza di obiezioni, è stata debitamente approvata. […] Le proposte concernenti i due APE [cioè le relazioni Martin e Mann] sono state formalmente annunciate e trasmesse alla sua commissione [vale a dire, la commissione per il commercio internazionale] solamente nella seduta del 19 febbraio 2009. Alla luce della suddetta interpretazione, non sarà più possibile applicare l’articolo 47 a quelle due procedure, né a procedure successive”.

(DE) Devono essere pertanto stralciati tutti i riferimenti all’articolo 47 presenti nei documenti ufficiali. Mi riferisco alla copertina del documento, all’indice, alla pagina del parere e a quella della procedura, l’ultima pagina della commissione per il commercio internazionale. Vorrei che fosse messo a verbale.

 
  
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  Presidente. − (EN) Grazie, onorevole Markov. A dire il vero stavo per informare l’Assemblea che va apportata una correzione alle versioni in tutte le lingue di questa relazione, stralciando i riferimenti all’articolo 47. La sua richiesta sarà pertanto esaudita. Visto il consenso generale, possiamo procedere.

 

3.18. Accordo di partenariato economico interinale CE/Côte d'Ivoire (A6-0144/2009, Erika Mann) (votazione)
  

– Prima della votazione:

 
  
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  Erika Mann, relatore. − (EN) Signora Presidente, sarò molto breve. Vorrei soltanto ringraziare i miei colleghi e raccomandare loro di esprimersi favorevolmente sulla procedura del parere conforme. Gradirei tuttavia ricevere un’ulteriore conferma dalla signora commissario Ashton sui punti da noi sollevati nel dibattito di lunedì – in particolare, signora Commissario, quando si è impegnata a dare alla Repubblica della Costa d’Avorio le medesime preferenze che aveva già accettato per gli Stati della SADC. Vedo che annuisce – perfetto! Grazie mille.

 
  
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  Presidente. Constato che c’è consenso, per cui procediamo con la votazione.

 

3.19. Relazioni annuali 2007 della BEI e della BERS (A6-0135/2009, Gay Mitchell) (votazione)

3.20. Avvenire dell'industria automobilistica (votazione)
  

– Prima della votazione finale:

 
  
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  Martin Schulz (PSE). – (DE) Signora Presidente, vorrei fare riferimento all’articolo 146 del nostro regolamento e ringraziarla per avermi dato la parola. In particolare, chiedo venia ai miei onorevoli colleghi della Repubblica federale di Germania per aver chiesto di intervenire.

All’inizio della votazione, ha preso la parola l’onorevoleLe Pen. Durante il proprio intervento l’onorevole Le Pen ha ripetuto che l’esistenza delle camere a gas ad Auschwitz è stato un dettaglio della storia del mondo. Ai sensi dell’articolo 146 del nostro regolamento, che descrive il comportamento che devono tenere in Aula i deputati di quest’Assemblea, chiedo all’Ufficio di presidenza di verificare se un’affermazione del genere sia ammessa in una camera dei deputati che ha l’obbligo di ispirarsi a uno spirito di riconciliazione, comprensione e rispetto per le vittime, in particolare quelle del fascismo di Hitler. Sarei grato all’Ufficio di presidenza del Parlamento se potesse illuminarci sulle misure da adottare.

(Applausi)

 
  
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  Joseph Daul (PPE-DE). – (FR) Vi prego, un po’ di rispetto per le vittime decedute ad Auschwitz e altrove. Abbiamo ancora due minuti. Un po’ di rispetto.

Voglio soltanto precisare che mi associo pienamente a quanto affermato dall’onorevole Schulz e che quello che abbiamo sentito oggi, in quest’Aula, è del tutto fuori luogo.

(Applausi)

 
  
 

– Dopo la votazione finale:

 
  
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  Bruno Gollnisch (NI). – (FR)  Presidente Wallis, deploro il fatto che abbia concesso la parola agli onorevoli Daul e Schulz, ma non a me. E’ vero che lei ha testimoniato in una relazione di essere un’esperta nell’interpretazione del regolamento a geometria variabile.

Pertanto, seguendo il ragionamento dell’onorevole Schulz, proporrei di cambiare nome all’edificio Winston Churchill, visto che nei suoi 12 volumi di memorie dedicate alla storia della Seconda guerra mondiale Churchill non ha scritto nemmeno una riga sulla storia delle camere a gas.

 

4. Dichiarazioni di voto
Video degli interventi
  

Dichiarazioni di voto orali

 
  
  

- Relazione Ludford (A6-0143/2009)

 
  
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  Daniel Hannan (NI). – (EN) Signora Presidente, le frontiere esterne definite rappresentano un attributo imprescindibile della condizione di nazione. Tutte le altre funzioni possono essere devolute ai governi locali o delegate alle associazioni internazionali, ma uno Stato che non decide più chi è autorizzato a varcare i suoi confini e insediarsi nel suo territorio cessa di essere uno Stato.

Gli eurofederalisti – compresa l’autrice di questa relazione, la cara baronessa Ludford – hanno ben chiaro questo punto, ragion per cui negli ultimi cinque anni hanno devoluto tutti i loro sforzi all’armonizzazione della giustizia e degli affari interni. Con il meraviglioso titolo di ispirazione orwelliana in stile ministero della Verità, “lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia”, hanno armonizzato l’immigrazione e l’asilo, hanno creato un pubblico ministero europeo, una magistratura paneuropea, un sistema unico di giustizia penale e addirittura, con Europol, una forza di polizia comune. Ovviamente, dal loro punto di vista – e di quelli che ambiscono a un unico Stato europeo – il tutto segue una sua logica, ma vorrei che avessero il coraggio e la gentilezza di chiedere prima agli altri e di mettere ai voti il trattato di Lisbona. Pactio Olisipiensis censenda est!

 
  
 

 
  
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  Alexander Alvaro (ALDE). – (EN) Signora Presidente, a discapito delle parole dell’onorevole Schulz, vorrei chiedere al presidente del Parlamento di considerare che dovremmo seguire gli insegnamenti di Voltaire, soprattutto vista la mia provenienza da un partito liberale: anche se non condivido una sola virgola di quanto affermato dal collega, ritengo che abbia il diritto di esprimere la propria opinione – come gli altri due. Credo nella parità di trattamento, e possiamo sicuramente accettare un parere. Non dovremmo rinunciare al diritto di libertà di parola sulla questione, anche se sono completamente in disaccordo con le sue affermazioni.

 
  
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  Presidente. Grazie, onorevole Alvaro. Avevo detto chiaramente di avere tutte le intenzioni di dare la parola all’onorevole Gollnisch, ma prima volevo concludere la votazione.

 
  
  

- Relazione Seppänen (A6-0109/2009)

 
  
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  Daniel Hannan (NI). – (EN) Signora Presidente, abbiamo appena votato per raddoppiare il capitale della Banca europea per gli investimenti. Ritengo sia opportuno fare un passo indietro e chiedersi “A cosa serve la Banca europea per gli investimenti?” In teoria serve a mettere a disposizione prestiti agevolati alle aziende in difficoltà, ma chi sono i veri beneficiari?

Negli anni novanta, l’unico grande beneficiario della generosità della BEI nel Regno Unito è stata la British Airways, che fatico a definire una piccola azienda che opera con margini di profitto ridotti all’osso. Non posso fare a meno di notare a margine che, per tutto il periodo in questione, la British Airways è stata anche uno degli sponsor principali della campagna per far aderire il Regno Unito all’euro.

Faccio un altro passo indietro e mi chiedo: qual è lo scopo della Banca europea per gli investimenti? Credo che la risposta a questa domanda sia che l’obiettivo della BEI è dare lavoro ai propri dipendenti. Si è lasciata invischiare nell’organizzazione criminosa di Bruxelles, questo meccanismo gigantesco che sottrae soldi ai contribuenti e li distribuisce a coloro che hanno la fortuna di essere impiegati nel sistema. L’Unione sarà anche stata un progetto idealista un tempo – o per lo meno ideologico – ma da tempo ormai è diventata un modo comodo per guadagnarsi da vivere, che è quello che la rende così spaventosamente difficile da smantellare.

 
  
  

- Relazione Marinescu (A6-0002/2009)

 
  
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  Michl Ebner (PPE-DE). – (DE) Signora Presidente, vorrei ribattere all’onorevole Hannan che la Banca centrale europea è vantaggiosa anche perché noi non abbiamo subito una svalutazione della moneta paragonabile a quella che negli ultimi mesi ha sfortunatamente colpito la sterlina inglese. Forse a questo punto dovrebbe riconsiderare la sua posizione.

Per quanto riguarda la relazione Marinescu, ho votato consapevolmente a favore. Ritengo che i blocchi funzionali di spazio aereo rappresentino la risposta giusta alle sfide odierne. Sono un po’ in ritardo, ma meglio tardi che mai. Offrono un vantaggio importante sotto forma di riduzione degli ingorghi di traffico e dei corridoi congestionati, e in aggiunta a ciò andranno a vantaggio dell’ambiente e manterranno bassi i costi dei biglietti aerei. Per tale ragione ritengo che i servizi di navigazione aerea svolgeranno un ottimo lavoro in questo senso.

 
  
  

- Relazione Marinescu (A6-0515/2009)

 
  
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  Michl Ebner (PPE-DE). – (DE) Signora Presidente, vorrei cogliere l’occasione non solo per spiegare perché ho votato a favore, ma anche per sollevare una questione che mi sta molto a cuore, segnatamente il problema della tassazione del carburante per l’aviazione. Tale questione è ancora disciplinata dalla convenzione di Chicago del 1944. Non riesco a capire perché dobbiamo ancora conformarci a tale norma e perché gli Stati Uniti ci costringano a subire un’imposizione o non ci permettano di cambiare una norma che si sarebbe dovuta modificare molto tempo fa; non è giusto che la benzina per le auto, le reti di trasporto e così via sia soggetta a tassazione, mentre il carburante per gli aerei non lo sia. Si tratta di distorsione della concorrenza, e noi potremmo introdurre un’imposta sul carburante per l’aviazione e migliorare la concorrenza nell’Unione a 27, per lo meno in una fase provvisoria.

 
  
  

- Relazione Liotard (A6-0512/2009)

 
  
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  Anja Weisgerber (PPE-DE). – (DE) Signora Presidente, il regolamento sui nuovi prodotti alimentari garantisce all’Unione europea l’armonizzazione dell’autorizzazione e dell’impiego di tali alimenti e ingredienti nuovi. Si tratta di un passo importante per una garanzia completa in materia di sicurezza alimentare. Senza questo regolamento, non avremmo avuto alcun controllo sulle autorizzazioni né alcuna restrizione. Grazie a tale regolamento, vigeranno criteri rigorosi che andranno a vantaggio della protezione del consumatore. Al momento di concedere le proprie autorizzazioni, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare deciderà in ultima analisi sulla sicurezza dei nuovi prodotti alimentari, garantendo l’armonizzazione in tutta Europa.

Oltre alla sicurezza, anche le questioni etiche correlate ai nuovi prodotti alimentari sono altrettanto importanti. Tra queste si annoverano la questione della rinuncia alle sperimentazioni sugli animali o della prevenzione dell’uso di alimenti clonati. Mi rallegro che si terrà conto di tali aspetti etici durante il processo di autorizzazione. In caso di riserve di natura etica, gradiremmo che si considerasse il parere del Gruppo europeo per l’etica delle scienze e delle nuove tecnologie.

Sono grata che sia stato incluso anche questo aspetto, che mi ha permesso di votare a favore della relazione nel suo complesso.

 
  
  

- Relazione Böge (A6-0110/2009)

 
  
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  Antonio Masip Hidalgo (PSE). – (ES) Signora Presidente, per rimanere sul tema del bilancio, ritengo che ci dovremmo preparare a negoziare un proseguimento del sostegno a favore del carbone per il prossimo anno; è una fonte interna di energia imprescindibile.

Lo dico con dovuto anticipo perché un alto funzionario si è impropriamente permesso di esprimere il proprio parere contrario rivelandolo a una pubblicazione economica e confondendo così l’opinione pubblica.

Non è affatto così. Dopo il 2012 dovremo continuare a sostenere il carbone proveniente dal mio paese, e vorrei che il processo verbale della seduta ne facesse menzione. Funzionari, limitatevi ad attuare il piano in vigore e poi, a partire dal 2012, lo strumento che inizieremo a negoziare con il settore l’anno prossimo.

 
  
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  Mario Borghezio (UEN). Signor Presidente, onorevoli colleghi, il Parlamento europeo, in veste di autorità di bilancio, deve contribuire con le sue valutazioni alla revisione del quadro finanziario 2007-2013.

Mi permetto di sollecitare l'attenzione del relatore, ma anche della Presidenza, soprattutto della Presidenza, perché si faccia luce, al fine appunto di queste valutazioni, su una questione che sta emergendo ed è quella del default non so se totale o parziale del fondo pensione integrativo volontario dei parlamentari europei.

Mi permetto di sollecitare l'attenzione del relatore, ma anche della Presidenza, soprattutto della Presidenza, perché si faccia luce, al fine appunto di queste valutazioni, su una questione che sta emergendo ed è quella del default non so se totale o parziale del fondo pensione integrativo volontario dei parlamentari europei.

Io non vorrei, ma la mia preoccupazione non è la mia pensione o quella degli altri parlamentari, la mia preoccupazione è che il contribuente europeo sia costretto domani, tramite il Parlamento europeo, a richiedere dei fondi aggiuntivi all'Unione europea per sanare un buco la cui responsabilità deve essere attribuita e pagata da chi l'ha fatto. Siamo un organo di controllo, controlliamo prima noi stessi e le nostre attività e i fondi pagati dal Parlamento europeo e dai parlamentari europei.

 
  
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  Christopher Heaton-Harris (PPE-DE). – (EN) Signora Presidente, fa sempre piacere presenziare con lei alle dichiarazioni di voto. Presto inizieranno a circolare delle voci.

La crisi finanziaria attuale ha messo in luce i problemi correlati ad un quadro finanziario in vigore per un periodo così lungo. Un paio d’anni fa, chi avrebbe potuto prevedere l’entità dei danni causati dalla stretta sul credito e dalle sue conseguenze? La revisione in questione dà alla nostra Assemblea una grande opportunità e mette a nudo un problema. Il problema cui mi riferisco è stato in effetti causato da noi.

A Bruxelles è stata creata una nuova industria. Non si tratta di un’industria manifatturiera, anche se crea un certo numero di posti di lavoro. E’ un’industria guidata dai gruppi di interesse e in particolare dalle ONG. E’ un’attività piuttosto losca. Si autoalimenta. La Commissione consulta le ONG su una questione, le ONG chiedono un intervento, fanno pressione sugli europarlamentari per ottenere sostegno politico in tal senso, la Commissione alla fine crea un programma nel settore designato e – sì, avete indovinato! – le ONG che avevano allertato la Commissione sulla necessità di tale programma si offrono esse stesse di gestirlo. Abbiamo sprecato un’occasione, avremmo potuto dire che in futuro non avremmo più agito così.

 
  
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  Philip Claeys (NI). – (NL) Signora Presidente, la relazione Böge rivolge un accorato appello per aumentare i finanziamenti dell’Unione europea, il che rappresenta ovviamente tutt’altro che una sorpresa. L’aspetto che tuttavia mi disturba è che abbiamo davanti agli occhi l’ennesima relazione che fa riferimento specifico al trattato di Lisbona, un accordo reso nullo dal referendum tenutosi in Irlanda. E così, visto che evidentemente gli irlandesi si sono sbagliati la prima volta, il prossimo autunno dovranno votare nuovamente per un nuovo referendum. Ci si aspetterebbe per lo meno che il Parlamento europeo avesse l’accortezza di attendere il verdetto degli elettori prima di approvare testi che fanno riferimento al trattato di Lisbona. Ieri abbiamo approvato un’altra relazione sul dialogo con i cittadini in Europa. Ebbene, se vogliamo veramente che tale dialogo funzioni, dobbiamo per lo meno mostrare rispetto per la decisione degli elettori.

 
  
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  Jim Allister (NI). – (EN) Signora Presidente, ho votato contro la relazione in oggetto per due motivi. In primo luogo, per le sue richieste imprudenti e sfrontate di aumentare nuovamente i fondi per alimentare le spese dissennate dell’Unione – che per il Regno Unito si traducono in richieste di un contributo netto annuo ancora più elevato, che aggraverebbe il nostro disavanzo.

La seconda ragione per cui ho votato contro è la presunzione che viene espressa di un’attuazione del trattato di Lisbona, senza tener alcun conto del fatto che tale trattato non ha superato l’esame delle ratifiche a cui è stato sottoposto. Inoltre, Lisbona stessa provocherebbe un aumento della spesa a causa delle nuove competenze e iniziative, come ad esempio lo spreco smisurato delle politiche per lo spazio, che rientrerebbero nelle sue competenze, nonché di ulteriori politiche correlate al cambiamento climatico. Sono queste le ragioni che mi hanno indotto a votare contro la relazione.

 
  
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  Neena Gill (PSE). – (EN) Signora Presidente, accolgo con favore la revisione del quadro finanziario, anche se sono dispiaciuta che l’emendamento che chiedeva una riforma radicale della politica agricola comune sia stato sconfitto nella votazione odierna. Ritengo vi sia la necessità impellente di riformare il sistema dei finanziamenti comunitari, ed è deplorevole che molti flussi di finanziamenti rappresentino impegni storici e obsoleti con ben poco valore aggiunto.

Non abbiamo conferito priorità alle nuove questioni che non dispongono di risorse sufficienti. Bisogna finanziare con urgenza i programmi sul tema dell’energia e del cambiamento climatico, e investire cifre cospicue nelle tecnologie verdi. La mia perplessità maggiore riguarda però la rubrica 4, che da molti anni è oggetto di sottofinanziamenti cronici. Se da una parte l’Unione europea aspira a diventare un attore principale sul palcoscenico mondiale, dall’altra soffre della mancanza di risorse necessarie a conseguire tali obiettivi. Un altro tema che mi preoccupa è la tendenza a terzializzare tutti i programmi di finanziamenti esterni, con un impatto deleterio sul ruolo di attore globale ricoperto dall’Unione nei paesi in via di sviluppo. Ho comunque espresso il mio sostegno alla revisione.

 
  
  

- Proposta di risoluzione: B6-0141/2009 (APE – Stati del Cariforum)

 
  
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  Marian Harkin (ALDE). – (EN) Signora Presidente, vorrei fare un’osservazione sull’emendamento 9 alla risoluzione sugli Stati del Cariforum, i cui contenuti si ripetono identici nell’emendamento 4 alla risoluzione sulla Costa d’Avorio e nelle sei risoluzioni successive.

L’emendamento chiede l’eliminazione immediata delle sovvenzioni all’esportazione, cui non posso acconsentire perché la politica dell’Unione europea prevede una riduzione progressiva entro il 2013. Del resto, la Commissione ha appena aumentato le restituzioni all’esportazione nel settore lattiero-caseario per via del crollo del prezzo mondiale del latte al di sotto del costo di produzione.

L’emendamento afferma inoltre che le sovvenzioni all’esportazione dell’Unione europea rappresentano un grave ostacolo per gli agricoltori, gli allevatori e gli operatori del settore lattiero-caseario dei paesi ACP.

Sappiamo tutti che si tratta di un’esagerazione grossolana e che, se eliminassimo immediatamente ogni genere di sovvenzione all’esportazione, comprometteremmo l’intero settore e la sicurezza alimentare dei prodotti lattiero-casearii. Mi chiedo se siano veramente queste le intenzioni del Parlamento.

 
  
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  Syed Kamall (PPE-DE). – (EN) Signora Presidente, prima di iniziare desidero rendere omaggio all’oratore che mi ha preceduto, l’onorevole Allister. Non sempre condivido la veemenza con cui espone le proprie opinioni, ma devo ammettere che, se fossi un elettore dell’Irlanda del Nord, penserei che in quest’Aula non siede persona più fedele alla mia nazione dell’onorevole Allister.

Riguardo al voto odierno e all’accordo tra l’Unione europea e gli Stati del Cariforum, occorre riconoscere che, sebbene l’accordo susciti numerose perplessità per l’aggressività con cui l’Unione perseguirebbe l’apertura dei propri mercati, al contempo esso non fissa alcun termine per la liberalizzazione ed esorta molti paesi caraibici alla diversificazione. E’ infatti da troppo tempo che questi paesi fanno leva sulle colpe del Regno Unito e delle altre ex potenze coloniali per ricevere un trattamento preferenziale nel commercio di banane e zucchero.

Non si può continuare con la cosiddetta economia del postre se si vuole competere in un mondo digitalizzato e globalizzato: è questo il messaggio che approvo nell’accordo di partenariato economico.

 
  
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  Neena Gill (PSE). – (EN) Signora Presidente, ho votato a favore della risoluzione sugli accordi di partenariato economico, perché solo avviando una cooperazione paritaria con gli altri paesi li aiuteremo a godere dei vantaggi del progresso economico. Accolgo con favore le garanzie offerte dal nostro nuovo commissario, signora Ashton, per dissipare le tante perplessità sugli accordi: il commissario merita dunque tutto il nostro apprezzamento per aver trovato un consenso al riguardo.

La risoluzione in esame offre numerosi spunti per ovviare alle pecche del testo originale: le clausole relative ai diritti di proprietà intellettuale renderanno l’accesso ai farmaci generici più agevole e sicuro, mentre la proposta che ciascun paese scelga il proprio ritmo di sviluppo eviterà liberalizzazioni improvvise e deleterie.

L’Europa deve inoltre siglare un partenariato con i paesi ACP, purché questi non ne escano impoveriti sotto il profilo sia sociale che economico. Una recente missione ACP in Guyana ha dimostrato che le restrizioni virtuose agli scambi commerciali possono sortire un effetto straordinario, a patto gli accordi commerciali siano trasparenti e basati su un dialogo aperto e sul rispetto reciproco.

 
  
  

- Proposta di risoluzione: B6-0148/2009 (APE- Costa d’Avorio)

 
  
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  Syed Kamall (PPE-DE). – (EN) Signora Presidente, come per la stragrande maggioranza degli accordi di partenariato economico, sono state espresse molte preoccupazioni circa l’apertura asimmetrica dei mercati scelta dall’Unione. Soprattutto nel caso della Costa d’Avorio, suscitavano parecchie perplessità l’assenza di un governo stabile nel paese e l’opportunità di concludere un accordo con uno Stato in quelle circostanze.

Ancora una volta, bisogna però ammettere che l’accordo di partenariato economico offre un vantaggio: la possibilità, per la prima volta, di sentire la voce dei consumatori e degli imprenditori dei paesi coinvolti, anziché dei governi. E gli imprenditori di molti di questi Stati chiedono proprio di avere accesso ai beni e ai servizi di cui usufruiamo noi, abitanti dei paesi settentrionali e occidentali, affinché possano anch’essi creare ricchezza e lavoro e, a lungo termine, svincolarsi dagli aiuti.

Solo aiutando gli imprenditori, i potenziali fautori della ricchezza di un paese, potremo liberare questi Stati dal giogo della povertà di lunga durata.

 
  
  

- Proposta di risoluzione: B6-0143/2009 (APE- Stati del Pacifico)

 
  
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  Martin Callanan (PPE-DE). – (EN) Signora Presidente, mi scuso se stiamo ritardando il suo pranzo con le nostre dichiarazioni di voto.

In qualità di presidente della commissione per gli affari politici dell’Assemblea paritetica ACP-UE, mi sono spesso confrontato con molti di questi remotissimi Staterelli del Pacifico meridionale: essendo pressoché privi di risorse naturali e risultando inevitabilmente remoti e inaccessibili, è fondamentale favorire l’accesso dei loro prodotti ai nostri mercati e far sì che i nostri prodotti contribuiscano invece allo sviluppo dei mercati locali. Dovremmo prendere in considerazione la loro particolare collocazione geografica ed elaborare misure atte a mitigare i problemi che ne derivano, assistendoli lungo la strada dello sviluppo economico e del raggiungimento di quella ricchezza per noi così ovvia.

Gli accordi di partenariato economico in discussione contengono dunque vari elementi positivi, che mi hanno persuaso a votare a favore della relazione.

 
  
  

- Proposta di risoluzione: B6-0142/2009 (APE - Ghana)

 
  
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  Syed Kamall (PPE-DE). – (EN) Signora Presidente, credo che l’accordo con il Ghana sollevi un punto di grande rilievo: si afferma spesso, soprattutto tra le file del gruppo socialista di questo Parlamento, che non dovremmo appoggiare la diminuzione delle tariffe d’importazione in molti di questi paesi.

Prendiamo l’esempio del Ghana: nel paese si produce appena il 30-35 per cento del riso consumato dalla popolazione. Se continueremo a sostenere l’imposizione di tariffe d’importazione sul riso, otterremo il solo risultato che i cittadini del paese pagheranno prezzi più elevati per i prodotti alimentari e per i farmaci.

E’ vergognoso che i socialisti di questo Parlamento continuino a propugnare tariffe d’importazione che rendono i poveri ancora più poveri; dovrebbero piuttosto sostenere l’apertura dei mercati e permettere così che si offra assistenza sia alle imprese, sia ai cittadini indigenti.

 
  
  

- Relazione Mitchell (A6-0135/2009)

 
  
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  Marian Harkin (ALDE). – (EN) Signora Presidente, sostengo la relazione Mitchell, e soprattutto sottoscrivo il punto in cui il relatore afferma la necessità di una più intensa cooperazione tra le due banche, affinché non vi sia alcuna sovrapposizione nello svolgimento delle loro attività. Accolgo inoltre con particolare favore l’aumento del 50 per cento dei crediti per le piccole e medie imprese: i 5 miliardi di euro previsti inizialmente salgono così a 7,5 all’anno per i prossimi quattro anni e la Banca europea per gli investimenti ha segnalato la disponibilità di risorse aggiuntive.

E’ un’ottima notizia per le piccole e medie imprese irlandesi, che possono ora attendersi investimenti nell’ordine di 300 milioni di euro nelle prossime settimane. E’ fondamentale che le risorse stanziate arrivino alle piccole e medie imprese direttamente – come ricordato da un altro oratore – e tempestivamente, poiché molte si trovano in grave difficoltà e non possono attendere oltre.

 
  
  

- Proposta di risoluzione: RC-B6-0152/2009 (Futuro dell’industria automobilistica)

 
  
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  Martin Callanan (PPE-DE). – (EN) Signora Presidente, mi sono occupato a fondo dell’industria automobilistica quando ho avuto l’onore di essere il relatore ombra della relazione Sacconi sulle emissioni di CO2 dei veicoli leggeri. Quell’esperienza mi ha persuaso dell’immane valore strategico e commerciale che il settore riveste per l’Europa, e lo dico a maggior ragione in qualità di rappresentante dell’Inghilterra nord-orientale, che ospita l’enorme stabilimento di Washington, nella regione del Tyne and Wear, il più produttivo ed efficiente d’Europa.

Negli ultimi dieci anni l’industria automobilistica è stata però subissata di regole, norme e oneri imposti dalle istituzioni comunitarie e – ironia della sorte – è proprio la Commissione a lamentare adesso le pessime condizioni finanziarie in cui versa il settore. Non posso tuttavia credere che la risposta giusta stia nel protezionismo, anche perché in quel caso sarebbero tanti i settori costretti a bussare alla porta del contribuente.

Mi riferisco soprattutto alle infelici iniziative del presidente francese Sarkozy, il quale ha concesso aiuti di Stato ai produttori nazionali all’esplicita condizione che ritirassero le proprie attività dagli altri Stati membri. Questa strada condurrà irrimediabilmente al protezionismo e finirà per non giovare a nessuno in Europa.

 
  
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  Christopher Heaton-Harris (PPE-DE). – (EN) Signora Presidente, come può vedere i colleghi sono gelosi del nostro rapporto, ecco perché ci hanno fatto da chaperon questo pomeriggio. Spero di trovarla d’accordo con me.

Sappiamo tutti che il settore automobilistico versa in gravi condizioni finanziarie, documentate giorno dopo giorno dalle testate di tutti i peasi. La regione che rappresento ospita un grande stabilimento della Toyota a Burnaston, nei pressi di Derby, dove sono state già attuate diverse misure per abbattere i costi e adattarsi alla nuova situazione finanziaria. Nella nuova circoscrizione parlamentare di Daventry ha sede lo stabilimento in cui si produce il motore di precisione adoperato dalla McClaren in Formula 1, che conta 600 dipendenti.

Tutti i presenti dunque conoscono o rappresentano una qualche parte del settore automobilistico, nonché i problemi finanziari che si trova a fronteggiare. Eppure, quest’Assemblea è persino riuscita ad aggravarli, approvando norme su norme in tempi di prosperità e non curandosi del rischio che giungessero tempi di magra. L’industria automobilistica non può sopportare il peso di tutte le norme attuate.

Grazie per avermi permesso di concludere. So che la battuta iniziale mi è forse costata qualche secondo.

 
  
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  Presidente. Ed è comunque riuscito a menzionare Daventry. Oserei dire che lei e i suoi due colleghi dovreste forse ricambiare con un pranzo.

 
  
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  Syed Kamall (PPE-DE). – (EN) Signora Presidente, io e i miei due colleghi saremo felici di offrire un pranzo a lei e agli onorevoli ai suoi due lati, anche se non credo che troverà la nostra compagnia più piacevole dei nostri discorsi.

Conosciamo tutti le difficoltà che gli operatori di svariati settori incontrano nel richiedere l’accesso al credito. Sono infatti molte le imprese valide che, prima della crisi dei crediti, avrebbero incassato lauti proventi, mentre ora sono penalizzate non dall’adozione di un modello imprenditoriale sbagliato, bensì dall’inaccessibilità del credito. D’altro canto, esiste un numero altrettanto nutrito d’imprese che sono da anni in perdita o sull’orlo della bancarotta, ma restato a galla grazie agli aiuti di Stato.

Impariamo dall’esempio dell’America, dove gli aiuti sono stati concessi ad alcuni dei produttori meno efficienti e meno in grado di adattarsi alle contingenze. Assicuriamoci di non ripetere gli stessi errori, erogando aiuti di Stato o di altra natura a imprese destinate a soccombere nel lungo termine. Certo, occorre garantire posti di lavoro solidi e di lunga durata, ma assicuriamoci di non tenere in vita imprese destinate al fallimento.

 
  
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  Neena Gill (PSE). - (EN) Signora Presidente, non vi soprenderà che ho appoggiato la relazione sul futuro dell’industria automobilistica, un settore che, pur essendo spesso bersaglio di maldicenze, reputo fondamentale per il comparto manifatturiero di regioni come la mia, le West Midlands.

In Europa esso rappresenta il 20 per cento delle attività produttive e, a mio avviso, esemplifica le trasformazioni di cui un settore è capace, come ho potuto constatare io stessa durante una recente visita allo stabilimento della Jaguar Land Rover a Castle Bromwich. In quell’occasione, sono stata infatti profondamente colpita dalla lungimiranza dei sindacati e dal loro sodalizio con la dirigenza al fine di garantire le attività di ricerca e sviluppo per i veicoli verdi.

Ho inoltre esortato la Commissione ad approvare il sostegno offerto dal governo britannico all’industria automobilistica e sono lieta che il mio invito sia stato accolto. Occorre tuttavia migliorare la normativa e i principi adottati, a tutto vantaggio della futura legislazione comunitaria in materia di autoveicoli.

In questi tempi di rallentamento economico, il nostro atteggiamento verso del settore deve essere olistico: la componentistica per autoveicoli riveste infatti la medesima importanza dell’industria stessa. Occorre dunque mettere al sicuro il futuro della filiera. La scorsa settimana ho visitato lo stabilimento di pneumatici che la Michelin ha a Stoke e, anche in quel caso, sono rimasta colpita dalle risorse stanziate e dall’impegno profuso nella ricerca e nello sviluppo di pneumatici più efficienti, con un occhio anche alla sostenibilità sociale e ambientale. Non ha senso tutelare le imprese più grandi senza garantire un sostegno adeguato ai piccoli produttori a monte della filiera.

 
  
  

Dichiarazioni di voto scritte

 
  
  

- Relazione Ludford (A6-0143/2009)

 
  
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  Guy Bono (PSE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della raccomandazione in esame, presentata da un’esponente britannica del gruppo dell’Alleanza dei Liberali e dei Democratici per l’Europa, l’onorevole Ludford, sul tema "Istruzione consolare comune: gli identificatori biometrici e le domande di visto".

L’accordo in seconda lettura ci consente di ribadire la nostra disponibilità a introdurre i dati biometrici nel sistema d’informazione visti europeo. Grazie all’Istruzione consolare comune, riusciamo finalmente a garantire che tutti gli Stati membri emettano visti per i cittadini di quasi cento paesi, sulla base di criteri e caratteristiche simili.

Il testo ha dunque il pregio di introdurre misure fondamentali per la tutela dei cittadini comunitari, contemplando al contempo disposizioni mirare per garantire il rispetto della privacy e dei dati personali dei cittadini provenienti da paesi terzi.

 
  
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  Andreas Mölzer (NI), per iscritto. − (DE) L’inserimento di dati biometrici può ostacolare la falsificazione dei passaporti e degli altri documenti di viaggio, contribuendo così alla lotta alla criminalità organizzata e all’immigrazione clandestina. Tale obiettivo dipende però dal corretto rilevamento dei dati in questione e, a tale proposito, sussistono ancora dei problemi. Alcuni hacker si vantano on line della facilità con cui falsificano le impronte digitali nei moduli di registrazione tedeschi e sostengono che, riducendo il documento d’identità al formato di una carta di credito, diventa possibile manipolarlo digitalmente e compromettere l’affidabilità degli indicatori biometrici in esso riportati: basta questo per sollevare qualche dubbio su queste tecnologie. In ogni caso, occorre garantire la protezione dei dati del singolo cittadino durante tutto il trattamento degli indicatori biometrici raccolti e proprio per questo sono favorevole alla relazione.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Dopo aver attentamente valutato la raccomandazione per la seconda lettura riguardante gli elementi biometrici e le domande di visto per un'istruzione consolare comune, voto favorevolmente. Infatti, ritengo che la relazione presentata dalla onorevole Ludford abbia degli scopi assolutamente condivisibili, che sono finalizzati a facilitare l'organizzazione, il ricevimento e il trattamento delle domande di visto..

 
  
  

- Relazione Seppänen (A6-0109/2009)

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), iscritto. − Non mi sento di condividere in pieno la relazione dell'onorevole Seppänen sulla garanzia della Comunità accordata alla Banca europea per gli investimenti in caso di perdite dovute a prestiti e garanzie sui prestiti a favore di progetti realizzati al di fuori della Comunità, ma non intendo neanche esprimere il mio voto totalmente contrario. Per questo dichiaro la mia astensione in proposito.

 
  
  

- Relazione Marinescu (A6-0002/2009)

 
  
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  John Attard-Montalto (PSE), per iscritto. − (EN) Pur essendo parte dello Stato membro più piccolo dell’Unione europea, Malta e Gozo controllano un vasto spazio aereo. Giudico dunque fondamentale occuparsi delle prestazioni e della sostenibilità del sistema aeronautico. Come rilevato dalla commissione per i trasporti e il turismo, si deve partire dal presupposto che il modo più efficiente ed efficace per creare un cielo unico europeo consiste in una gestione dall’alto; ma non essendo mai stato possibile trovare un accordo politico in tal senso, ci si pone ora l’obiettivo di accelerare il processo avviato sulla base di una gestione dal basso.

Dobbiamo garantire che la riforma prevista dell’Organizzazione europea per la sicurezza della navigazione aerea (Eurocontrol) abbia luogo prima dell’entrata in vigore di questo regolamento. Il nostro impegno deve inoltre concentrarsi sulla creazione del cielo unico, parallelamente alla fase di sviluppo del Sistema europeo di nuova generazione per la gestione del traffico aereo (SESAR).

 
  
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  Alessandro Battilocchio (PSE), per iscritto. – per iscritto. − Sono a favore della relazione Marinescu in quanto la politica di allargamento dell'UE, accompagnata da un'attiva politica di vicinato, ha allargato il mercato europeo dell'aviazione a 37 paesi.

Con l'estensione del mercato unico del trasporto aereo, l'UE è adesso un attore di dimensioni mondiali. L’iniziativa cielo unico europeo (CUE) è stata lanciata nel 2000 e ha fatto confluire l’ATM nella politica comune dei trasporti. La competitività dell’industria europea del trasporto aereo necessita di un approccio di sistema globale caratterizzato da una visione comune, obiettivi e tecnologie, basati su di un quadro normativo solido.

A tale proposito, la Commissione ha presentato un pacchetto di proposte di cui però alcuni elementi possono essere migliorati, quali per esempio garantire l'indipendenza funzionale alle autorità nazionali di vigilanza e anche un maggiore coinvolgimento di tutte le parti. Per fare ciò è essenziale una cooperazione a livello politico, sociale e tecnico se si vuole raggiungere l'obiettivo del CUE.

Come il relatore, sostengo che la Commissione dovrebbe adoperarsi in primo luogo a definire obiettivi comunitari quantificabili e realizzabili incentrati sulla necessità di affrontare tutti i settori sensibili quali la sicurezza, l’ambiente, la capacità e l’efficacia in termini di costi.

 
  
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  Guy Bono (PSE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione sulle prestazioni e la sostenibilità del sistema aeronautico europeo, presentata dal nostro collega rumeno, l’onorevole Marinescu.

Il testo è parte del pacchetto "Cielo unico europeo II" e mira a migliorare le prestazioni del sistema aeronautico europeo.

La relazione ci permette di porre rimedio a problemi di varia natura: ambientali, grazie all’attuazione di misure intese a ridurre le emissioni di anidride carbonica; operativi, con la razionalizzazione del traffico aereo grazie all’aumento delle capacità e a una programmazione efficiente delle rotte; infine, problemi legati alla sicurezza dei cittadini europei, esortando i vari attori coinvolti a cooperare e coordinarsi.

In linea con il pacchetto "Cielo unico europeo II", la relazione ha inoltre il merito di propugnare un approccio dinamico alle sfide attuali, proponendo soluzioni di lungo termine per consentire un’effettiva trasformazione del settore aeronautico.

 
  
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  Nicodim Bulzesc (PPE-DE), per iscritto. – (RO) Ho votato a favore della relazione stilata dal mio collega, onorevole Marinescu, perché il pacchetto legislativo in esame mira a migliorare le prestazioni e la sostenibilità del sistema aeronautico europeo. Una normativa più efficace consentirà inoltre di accorciare i tempi di volo, diminuire i ritardi e ridurre il consumo di carburante.

 
  
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  Jörg Leichtfried (PSE), per iscritto. − (DE) Do il mio voto favorevole al testo sulle prestazioni e la sostenibilità del sistema aeronautico europeo. La gestione del traffico aereo è stata inglobata nella politica comune dei trasporti nel 2004 ai sensi del regolamento sul cielo unico europeo: l’allargamento ha poi ampliato il mercato aeronautico europeo a ben 27 paesi, facendo dell’Europa un attore globale. Si avvertiva dunque l’esigenza di mettere la legislazione comunitaria al passo con i recenti sviluppi.

Uno dei fulcri del cielo unico europeo è la creazione di blocchi funzionali di spazio aereo, basati non sui confini tra Stati, bensì sui flussi di traffico. Dovrebbe essere ora possibile ridurre le sessanta strutture esistenti, tra blocchi e centri di controllo, a un numero compreso tra le quindici e le venti.

Tale riduzione, oltre a rispecchiare l’idea di un’Europa unita, consente anche di risparmiare tempo, denaro e carburante. In passato, la frammentazione dello spazio aereo è stata tale da allungare la rotta di ogni volo di 49 chilometri in media. La Commissione calcola inoltre che si risparmierà tra il 7 e il 12 per cento delle emissioni di anidride carbonica. I blocchi funzionali di spazio aereo svolgono un ruolo fondamentale perché permettono l’accorpamento dei vari sistemi nazionali di controllo del traffico aereo in un’unica struttura europea, e dovrebbe essere istituito un loro coordinatore sul modello dei coordinatori RTE.

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. − (EN) Appoggio il testo in esame, che insiste sulla necessità di migliorare l’efficienza dei voli e minimizzare i ritardi nel traffico aereo. Guardo inoltre con favore all’introduzione di obiettivi prestazionali per la gestione del traffico aereo, che dovrebbero favorire il potenziamento della rete al fine di salvaguardare i progressi in ambito ambientale ed economico.

 
  
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  Nicolae Vlad Popa (PPE-DE), per iscritto. – (RO) Ho votato a favore della relazione stilata dal mio collega, onorevole Marinescu, allo scopo di migliorare le prestazioni e la sostenibilità del sistema aeronautico europeo.

Grazie all’iniziativa per la creazione di un cielo unico europeo, il mercato aeronautico comune ha registrato una crescita e un’evoluzione notevoli negli ultimi anni. Si sono tuttavia compiuti scarsi progressi nell’efficienza complessiva della configurazione e dell’utilizzazione della struttura delle rotte europee e, di conseguenza, chi viaggia in aereo e chi utilizza lo spazio aereo deve sopportare costi inutili.

Accolgo con favore la proposta, avanzata dalla Commissione, di stabilire degli obiettivi prestazionali vincolanti per i fornitori di servizi di navigazione aerea e istituire una funzione europea di gestione della rete intesa a garantire la convergenza tra le reti nazionali e termini chiari entro cui gli Stati membri devono migliorare le prestazioni.

Mi congratulo con l’onorevole Marinescu per il lavoro svolto.

Sottoscrivo inoltre la proposta del relatore di lanciare un’iniziativa finalizzata a un approccio di sistema globale per garantire la sicurezza e la sostenibilità del trasporto aereo.

Appoggio infine l’iniziativa del relatore, che non trascura la completa trasparenza delle tariffe: i prezzi fissati dovrebbero infatti ottemperare ai criteri di convergenza indicati dal sistema per il miglioramento delle prestazioni.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Esprimo il mio voto favorevole alla relazione del collega Marinescu concernente le prestazioni e la sostenibilità del sistema aeronautico europeo.

Condivido le opinioni dell'onorevole collega circa la necessità di una revisione del quadro legislativo dell'iniziativa sul cielo unico europeo (CUE) poiché dal 2000, anno del suo lancio, non sembrano essere stati prodotti i risultati che ci si attendeva, mi riferisco, in particolare, alla maggior efficienza dei voli, alla riduzione dei costi e all'eliminazione della frammentazione e delle generali inefficienze del sistema di trasporto aereo che ancora persistono. Tali inefficienze si traducono purtroppo in costi elevati in termini di spesa, tempi e spreco di carburante per coloro che usufruiscono del cielo unico europeo.

Credo inoltre sia necessario spingere verso la revisione della legislazione seguendo le proposte della Commissione, atte a garantire, tra l'altro, l'indipendenza delle autorità nazionali di vigilanza, l'armonizzazione dei requisiti di sicurezza, una regione unica di informazione in volo europea, senza tralasciare il maggior coinvolgimento delle parti sociali nell'approccio di sistema, poiché ritengo che solo con un ampio consenso alla base possano essere superati gli ostacoli tecnici e politici attuali e possano essere raggiunti gli ambiziosi obiettivi che l'iniziativa si prepone.

 
  
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  Carl Schlyter (Verts/ALE), per iscritto. − (SV) La relazione pone l’accento sul ricorso a un sistema integrato, che garantirà maggiore sicurezza e un’utilizzazione più efficiente dello spazio aereo, riducendo così i tempi di attesa. Sebbene il sistema si basi sull’assunto che il traffico aereo aumenterà costantemente, voto comunque a favore della relazione, in quanto gli elementi positivi superano i negativi. Noi, esponenti del gruppo Verde/Alleanza libera europea, ci impegneremo strenuamente contro il traffico aereo in altri modi, ad esempio proponendo l’imposizione di tasse ambientali e di trasporto.

 
  
  

- Relazione Marinescu (A6-0515/2008)

 
  
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  Jaromír Kohlíček (GUE/NGL), per iscritto. – (CS) Il cielo unico europeo rappresenta un tentativo degli Stati europei di migliorare la capacità di traffico dello spazio aereo per l’aviazione civile. Nel 2000 si tentò per la prima volta di creare dei blocchi funzionali di spazio aereo al di sopra dell’Europa, sottoposti a un controllo congiunto. La Repubblica ceca firmò dunque la convenzione sulla gestione del traffico aereo di media quota sopra l’Europa centrale, di cui mi occupai in qualità di relatore del parlamento ceco. Come l’onorevole Marinescu ricorda in una delle sue relazioni, questi trattati non raggiunsero lo scopo desiderato. Il trattato di cui ero relatore fu annullato con il consenso delle parti perché obsoleto. Nell’ambito del Sesto programma quadro, si è poi inaugurato un ampio piano di sviluppo del controllo aereo per l’intera Europa, che ha preso il nome di SESAR: i risultati del progetto saranno resi operativi gradualmente, a cominciare dal 2014. Le relazioni che vertono sull’iniziativa del cielo unico europeo seguono dunque lo stesso scadenziario. In tale contesto, il gruppo GUE/NGL si oppone non solo alle spinte alla liberalizzazione dei servizi di trasporto aereo, ma anche alla maggiore attenzione delle relazioni per la redditività operativa, a discapito della sicurezza.

Ci dissociamo inoltre dalla concentrazione esclusiva sul personale preposto alla gestione della circolazione, poiché i cambiamenti apportati coinvolgeranno tutti i soggetti responsabili del controllo del traffico aereo. Da ultimo è necessario condurre consultazioni esaustive in previsione dell’avvicendamento dei rappresentanti dei lavoratori

 
  
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  Jörg Leichtfried (PSE), per iscritto. − (DE) Voto a favore della relazione sugli aeroporti, la gestione del traffico aereo e i servizi di navigazione aerea.

La gestione del traffico aereo è stata inglobata nella politica comune dei trasporti nel 2004 ai sensi del regolamento sul cielo unico europeo; l’allargamento ha poi ampliato il mercato aeronautico europeo a ben 27 paesi, facendo dell’Europa un attore globale. Si avvertiva dunque l’esigenza di mettere la legislazione comunitaria al passo con i recenti sviluppi.

La seconda relazione del pacchetto estende il campo di applicazione, armonizzando il controllo degli aeroporti e dei loro operatori e sottoponendo anche gli aeroporti austriaci alle nuove norme.

Giudico positivo, soprattutto in tempi di crisi, che il Parlamento abbia proposto una serie di emendamenti che consentiranno i prefinanziamenti per gli investimenti infrastrutturali, anche laddove siano disponibili fonti di investimento alternative, a severe condizioni. Tale provvedimento ci aiuterà a uscire dall’attuale crisi economica.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, mi dichiaro a favore della relazione dell'onorevole Marinescu sugli aeroporti, la gestione del traffico aereo e i servizi di navigazione aerea poiché essa si inserisce nel più ampio quadro dell'iniziativa sul cielo unico europeo, sulla quale ho già espresso il mio parere favorevole.

Concordo con il collega nel ritenere che per far fronte alle future sfide nel campo del mercato dell'aviazione, soprattutto nel campo della sicurezza aerea, sia necessario introdurre un sistema di norme armonizzate su scala europea. Persistono, ad oggi, numerose differenze tra procedure di sicurezza statali che sarebbe opportuno eliminare, tenendo in considerazione le proposte della Commissione, in particolare quelle riguardanti le responsabilità dell'Agenzia europea per la sicurezza aerea, uno strumento certamente importante per l'innalzamento della sicurezza del trasporto aereo in Europa.

Credo tuttavia sia necessario sottolineare, come fatto dal collega, la necessità di garantire la proporzionalità delle misure, salvaguardando l'impiego delle conoscenze e delle competenze locali e garantire altresì la cooperazione tra AESA ed Eurocontrol, per evitare l'appesantimento burocratico e l'inefficiente duplicazione dei compiti e delle responsabilità.

 
  
  

- Relazione Liotard (A6-0512/2008)

 
  
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  Alessandro Battilocchio (PSE), per iscritto. − Sono favorevole alla proposta della Commissione che ha l'obiettivo di modificare il regolamento (CE) n. 258/97 sui nuovi prodotti e ingredienti alimentari al fine di apportare le necessarie semplificazioni e centralizzare le procedure di autorizzazione e l'immissione nel mercato di nuovi alimenti.

L'introduzione del nuovo regolamento tutelerebbe i consumatori introducendo un elevato livello di sicurezza alimentare, di protezione dell'ambiente e della salute degli animali, tenendo sempre in considerazione il principio di precauzione previsto dal regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2002. Tale regolamento stabilisce i principi e i requisiti generali della legislatura alimentare, istituisce l'Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare.

La proposta della Commissione cerca di rafforzare l'efficacia e la trasparenza della procedura di autorizzazione e di migliorarne l'attuazione. Ciò favorirà una migliore applicazione del regolamento e attribuirà ai consumatori maggiori poteri e possibilità di scelta poiché potranno disporre di maggiori informazioni.

 
  
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  Edite Estrela (PSE), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della risoluzione legislativa del Parlamento europeo sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai nuovi prodotti alimentari perché semplifica le procedure di autorizzazione e immissione sul mercato di tali prodotti. Il testo rende inoltre più efficiente e trasparente la procedura di autorizzazione, aiutando così i consumatori a compiere una scelta informata.

Occorre insistere affinché i nuovi prodotti alimentari siano immessi sul mercato solo a patto che siano sicuri e non fuorvianti per i consumatori. Inoltre, laddove i nuovi prodotti alimentari serviranno a rimpiazzarne di altri, bisogna assicurarsi che non abbiano un valore nutritivo inferiore.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Abbiamo votato a favore di questa relazione in quanto adotta un approccio positivo ai nuovi prodotti alimentari e mette da parte le peggiori proposte della destra, che ha cercato di insistere sugli OGM.

Come abbiamo sostenuto in seno alla commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale, gli organismi geneticamente modificati non devono essere contemplati, mentre i nuovi prodotti alimentari non devono mettere in alcun modo a repentaglio la salute dei consumatori, né fuorviarli. Inoltre, laddove il nuovo prodotto alimentare ne sostituisce un altro, non potrà esservi alcun deterioramento della qualità nutrizionale, a tutto vantaggio del consumatore.

La relatrice sostiene che le finalità del nuovo regolamento relativo ai nuovi prodotti alimentari consistono nel conseguimento di un elevato livello di sicurezza alimentare, di tutela dei consumatori, di protezione dell'ambiente e della salute degli animali, tenendo sempre in considerazione il principio di precauzione previsto dal regolamento (CE) n. 178/20021 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2002, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l'Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare. Tutti gli altri obiettivi sono di importanza secondaria.

I nuovi prodotti alimentari non devono mettere in pericolo la vita dei consumatori o trarre in inganno questi ultimi.

Qualora nuovi alimenti debbano sostituirne altri, i nuovi.

Prodotti, da un punto di vista alimentare, non devono essere più svantaggiosi agli occhi dei consumatori.

 
  
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  Jörg Leichtfried (PSE), per iscritto. − (DE) Do il mio voto favorevole alla relazione presentata dall’onorevole Liotard sull’aumento della sicurezza dei nuovi prodotti alimentari.

Ci occorrono norme più rigorose per l’approvazione dei nuovi prodotti alimentari, come quelli contenenti la carne di animali clonati, e delle nanotecnologie.

L’espressione “nuovo prodotto alimentare” è arrivata a comprendere diversi sia gli alimenti realizzati con tecniche innovative, la cui presenza sul mercato europeo è, allo stato attuale, è marginale se non nulla, come pure i prodotti alimentari sconosciuti ai consumatori europei. Rientrano però in questa categoria anche i prodotti derivati dagli animali clonati, le cui conseguenze a lungo teremine ci sono ancora ignote. Dal 1997 fino ad oggi, sono state presentate oltre cento domande di approvazione di nuovi prodotti alimentari, di cui venti hanno ricevuto il via libera.

Sono favorevole all’elaborazione di un regolamento dedicato per i prodotti derivati da animali clonati, nonché alla sospensione delle nuove domande di approvazione fino alla sua entrata in vigore. I prodotti alimentari contenenti nanomateriali dovrebbero essere vietati fin quando non si individuerà un metodo di valutazione sicuro e rispettoso degli animali e, in caso di immissione sul mercato, la loro origine dovrà essere evidenziata in etichetta all’attenzione del consumatore

 
  
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  Andreas Mölzer (NI), per iscritto. − (DE) Sia chiaro per tutti che i documenti presentati per la procedura di approvazione sono spesso abbelliti e che non vi sono dati certi sulle conseguenze a lungo termine. Almeno ora che siamo a conoscenza dei rigorosi e scrupolosi tentativi in atto per creare un monopolio genetico per le sementi geneticamente modificati, dovremmo allarmarci quando si parla di carne clonata.

Ad ogni modo, è impossibile prevedere le conseguenze del consumo di carne clonata, ivi comprese le eventuali interazioni con il mangime o i pesticidi geneticamente modificati, nonché con le radiazioni atomiche. In ogni caso, questi cloni sembrano essere incompatibili con la legislazione comunitaria in materia di benessere degli animali. La clonazione animale a fini alimentari dovrebbe dunque essere respinta nella sua interezza, ma semmai vi si dovesse ricorrere, sarebbe opportuno introdurre un sistema di etichettatura adeguato per lasciare i cittadini liberi scegliere. E’ per questi motivi che ho votato a favore della relazione Liotard.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Voto a favore della proposta presentata dalla collega Liotard sui nuovi prodotti alimentari. Sono d'accordo con la collega quando afferma che è necessario conseguire un elevato livello di sicurezza alimentare, di tutela dei consumatori, di protezione dell'ambiente e della salute degli animali, tenendo sempre in considerazione il principio di precauzione. Inoltre ritengo indispensabile che i nuovi prodotti alimentari non debbano mettere in pericolo la vita dei consumatori o trarre in inganno questi ultimi, poiché la salute e la protezione dei cittadini sarebbero messe pericolosamente in discussione.

 
  
  

- Relazione Blokland (A6-0045/2009)

 
  
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  Alessandro Battilocchio (PSE), per iscritto. − Se il protocollo di Montreal, entrato in vigore 20 anni fa e sottoscritto da 193 nazioni, non avesse bandito i prodotti che contribuivano alla riduzione del buco dell'ozono, per il pianeta terra si sarebbe prospettato uno scenario catastrofico.

I principali imputati per la perdita dell'ozono atmosferico sono gli idrocarburi alogenati, sostanze chimiche inventate nel 1928 come refrigeranti. Negli anni Ottanta, quando fu rilevato il buco dell'ozono, i ricercatori scoprirono che questi composti chimici, praticamente inattivi a livello della superficie terrestre, erano in grado di interagire con le molecole di ozono dell'atmosfera distruggendo quello strato che costituisce uno schermo protettivo contro i pericolosi raggi UV. Per riparare a questa situazione, nel 1987 fu firmato il protocollo di Montreal che entrerà in vigore due anni dopo.

Una cosa è certa, ce l'abbiamo messa tutta per rendere irrespirabile la nostra aria. Il progresso ha giocato un ruolo importante in questa fase, ci ha fornito una serie di servizi e di beni che nel corso degli ultimi decenni hanno contribuito ad un progressivo peggioramento delle condizioni del nostro sistema climatico. Effetto serra, buco dell’ozono, sconvolgimenti climatici, sono solo alcuni dei fenomeni che dovranno diventare quanto prima al centro della nostra attenzione in quanto rappresentanti in Europa dei nostri concittadini e futuri figli. Per questo sono favorevole.

 
  
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  Šarūnas Birutis (ALDE), per iscritto. – (LT) Ho votato a favore dell’atto legislativo in esame per le finalità che si prefigge: semplificare e dare nuova forma al regolamento, riducendo al contempo gli oneri amministrativi inutili e contribuendo al miglioramento della normativa perseguito dalla Commissione; garantire l’ottemperanza al protocollo di Montreal, modificato nel 2007; far sì che le eventuali problematiche future siano affrontate senza trascurare il graduale ripristino dello strato di ozono; infine, evitare ricadute negative sulla salute umana e sugli ecosistemi.

 
  
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  Edite Estrela (PSE), per iscritto. – (PT) Ho espresso parere favorevole alla risoluzione legislativa del Parlamento europeo sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sulle sostanze che riducono lo strato di ozono. Questo regolamento rifuso è il principale strumento comunitario per garantire il rispetto del protocollo di Montreal sulle sostanze che riducono lo strato di ozono: il testo mira infatti non solo a una più efficace protezione dagli effetti deleteri delle radiazioni UV, ma anche alla riduzione dell’effetto serra. L’Unione europea dovrebbe mantenere un ruolo guida sulla scena internazionale, come ha fatto in passato proprio in quest’ambito.

 
  
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  Jörg Leichtfried (PSE), per iscritto. − (DE) Voto a favore della relazione sulle sostanze che riducono lo strato di ozono.

La proposta in esame è una rifusione del regolamento sulle sostanze che riducono lo strato di ozono, che rappresenta il principale strumento comunitario per recepire nell’acquis il protocollo di Montreal, che dispone l’eliminazione graduale di tali sostanze. Il suo obiettivo consiste dunque nell’ottemperare alle disposizioni del protocollo del 2007, consentendo così il ripristino della stratosfera e la prevenzione degli effetti nocivi per la salute umana e gli ecosistemi.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Esprimo il mio voto favorevole in merito alla relazione presentata dal collega Blokland, inerente alle sostanze che riducono lo strato di ozono. Condivido le finalità del progetto, atte a proteggere la fascia di ozono stratosferico e a prevenire i cambiamenti climatici, avendo le sostanze vietate non solo un importante potenziale di riduzione dell’ozono (ODP), ma anche un potenziale di riscaldamento globale (GWP).

Inoltre, mi trovo d'accordo altresì con gli emendamenti presentati, che mirano a migliorare ulteriormente il regolamento in considerazione delle problematiche, affinché l’UE possa fissare obiettivi più ambiziosi per se stessa e assumere un ruolo guida nel mondo.

 
  
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  Flaviu Călin Rus (PPE-DE), per iscritto. − (RO) Esprimo voto favorevole in merito alla bozza di risoluzione legislativa del Parlamento europeo sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sulle sostanze che riducono lo strato di ozono (rifusione) (COM(2008)0505 – C6-0297/2008 – 2008/0165(COD)), perché ritengo che le emissioni di tale sostanze vadano arginate, se non arrestate del tutto, per consentire agli esseri viventi del pianeta di evolversi in condizioni normali. E’ grazie a iniziative simili che assolviamo il nostro dovere nei confronti dell’attuale e della futura generazione.

 
  
  

- Relazione Virrankoski (A6-0104/2009)

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Pur non mettendo in discussione la necessità di usare in modo appropriato e tempestivo gli stanziamenti comunitari (condizione che non si verifica affatto), la relazione contiene alcune considerazioni erronee e fin troppo ambigue.

Si dovrebbe, ad esempio, precisare che il volume delle “scarse” risorse è stabilito proprio dall’Unione, ovvero – a voler essere precisi – imposto dai paesi della “lettera dei sei”, che hanno fissato il bilancio comunitario a circa l’1 per cento del PIL.

Occorre essere ugualmente chiari sul significato delle espressioni “priorità negative” e “priorità positive”: senza una definizione precisa, è infatti impossibile accettare il principio per cui queste “occorre ridimensionare” queste “priorità negative” “per dar spazio alle priorità fondamentali”.

Se per “priorità negative” si intendono, ad esempio, le cosiddette nuove priorità, come l’attuazione delle politiche neoliberiste previste dalla strategia di Lisbona, delle politiche di sicurezza della cosiddetta Europa fortezza o della militarizzazione dell’Unione, non potremmo trovarci più d’accordo. Ma se queste costituiscono invece le presunte “priorità positive” e “gli obiettivi pluriennali e strategici globali” (com’è in realtà), allora non possiamo che opporci strenuamente.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Dichiaro la mia astensione in merito alla relazione del collega Virrankoski sul metodo ABB-ABM quale strumento di gestione per l'assegnazione delle risorse di bilancio.

Concordo pienamente con il collega a proposito dell'assoluta necessità di chiarezza dei risultati ottenuti e delle risorse necessarie per ottenerli e della necessità che i cittadini siano informati in maniera completa sul costo delle politiche dell'Unione europea. Non sono tuttavia certo che il sistema in questione possa risolvere la questione, per questo mi astengo dal votare in maniera favorevole o contraria.

 
  
  

- Relazione Böge (A6-0110/2009)

 
  
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  Richard James Ashworth (PPE-DE), per iscritto. − (EN) I conservatori britannici sostengono la relazione Böge e, in particolar modo, accolgono favorevolmente le proposte del relatore volte a rendere il bilancio più flessibile e più idoneo a reagire al continuo mutamento delle circostanze. Riteniamo inoltre che la proposta di introdurre una prospettiva finanziaria di cinque anni rappresenti uno sviluppo positivo e siamo lieti che il relatore riconosca i limiti del contributo fissato all’1 per cento dell’RNL – un formula per cui ogni eventuale diminuzione dell’RNL degli Stati membri si riflette automaticamente sul bilancio comunitario.

Ribadiamo tuttavia le nostre riserve in merito al trattato di Lisbona, cui ci opponiamo, nonché alla proposta di aumentare gli stanziamenti per la politica estera e di sicurezza comune (PESC). Ci rammarichiamo inoltre che il relatore non abbia colto l’opportunità per ricordare al Consiglio e alla Commissione l’obbligo, stabilito dall’accordo interistituzionale del 2006, di fornire attestazioni tempestive ed esaurienti delle risorse comunitarie stanziate nell’ambito degli accordi di gestione congiunta.

 
  
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  John Attard-Montalto (PSE), per iscritto. − (EN) La revisione intermedia del quadro finanziario 2007-2013 non risulta né pragmatica né realistica per le troppe incertezze legate al processo di ratifica del trattato di Lisbona, alla fine dell’attuale mandato parlamentare, ai risultati delle elezioni europee e alla composizione della nuova Commissione – il tutto nel bel mezzo di una crisi economica.

Sono profondamente convinto che il nuovo Parlamento e la nuova Commissione debbano assegnare priorità assoluta a una valutazione incisiva del bilancio.

 
  
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  Alessandro Battilocchio (PSE), per iscritto. − Voto favorevolmente

Il futuro istituzionale dell'Unione europea è stato rilanciato dal Consiglio europeo del giugno 2007. I 27 Stati membri hanno infatti deciso di convocare la Conferenza intergovernativa che dovrà preparare il nuovo trattato sulla base del progetto di Costituzione. Se le procedure di ratifica andranno avanti secondo le previsioni, il nuovo trattato potrebbe entrare in vigore nella metà del 2009, più o meno in coincidenza con le elezioni europee. Se il processo di ratifica dovesse subire delle battute d'arresto, ciò avrà imprevedibili conseguenze per il progetto europeo. Per questo il processo di revisione deve tener conto di questo nuovo contesto.

Se il calendario previsto dalle conclusioni del Consiglio europeo verrà rispettato, l'entrata in vigore del nuovo trattato, l'elezione del nuovo Parlamento (giugno 2009) e la nomina della nuova Commissione dovrebbero aver luogo nella seconda parte del 2009. In tale situazione, il dibattito interistituzionale sulla revisione potrebbe essere posticipato per evitare rischi di confusione.

Ritengo che questo Parlamento abbia fatto un notevole investimento con i lavori della sua commissione temporanea sulle sfide politiche e le risorse di bilancio oltre che con i bilanci annuali e con il lavoro legislativo che ne è seguito. Pertanto la relazione INI, eredità del Parlamento uscente, dovrebbe riflettere i successi finora conseguiti, ma anche sottolineare le carenze ancora esistenti.

 
  
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  Katerina Batzeli (PSE), per iscritto. – (EL) La revisione intermedia del quadro finanziario 2007-2013 è stata definita un compromesso con la decisione del 2005, da considerarsi necessario a causa dell’attuale crisi economica. Essa non può però, per nessun motivo, diventare un alibi per la ridistribuire le risorse disponibili tra gli Stati membri e le politiche, come la gestione dei Fondi strutturali o la PAC, che hanno anche il compito di salvaguardare la coesione, l’occupazione, la convergenza territoriale e l’attivazione degli investimenti pubblici e privati.

Il nostro impegno deve concentrarsi sull’approfondimento e il miglioramento della gestione delle politiche esistenti – ad esempio in materia di Fondi strutturali –, che hanno subito ritardi anche per la mancanza di risorse. Uguale priorità deve essere assegnata alla promozione degli investimenti nella crescita verde, che aprirà nuove opportunità di sviluppo alle politiche comunitarie già in atto.

E’ tuttavia sconsigliabile e inammissibile introdurre nuove politiche – siano esse climatiche, di tutela ambientale o a contrasto della crisi economica – senza aumentare il bilancio comunitario, che è rimasto inalterato persino dopo l’ultimo allargamento. L’Europa deve osare, aumentando gli stanziamenti negli ambiti di competenza esclusiva della Comunità, e non limitandosi a ripartire le risorse tra vecchie e nuove politiche.

 
  
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  Charlotte Cederschiöld, Christofer Fjellner, Gunnar Hökmark e Anna Ibrisagic (PPE-DE), per iscritto. − (SV) Abbiamo votato a favore della revisione intermedia del quadro finanziario 2007-2013, che esorta alla trasparenza e a una maggiore coerenza con le priorità stabilite inizialmente.

A differenza del relatore, crediamo che l’approccio basato sull’1 per cento sia del tutto valido, poiché attribuiamo la massima importanza a una rigorosa disciplina di bilancio.

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) La relazione di iniziativa oggi in discussione assume un’importanza fondamentale, in quanto mira ad inaugurare il dibattito non solo sull’attuale quadro finanziario pluriennale, ma anche sul prossimo. Il testo solleva infatti una lunga serie di interrogativi, che non è possibile approfondire in questa dichiarazione di voto.

Com’è stato già osservato, seppure in toni moderati, la relazione formula delle osservazioni pertinenti e coerenti con quanto sosteniamo da tempo: l’attuale bilancio comunitario è inferiore alle esigenze e ogni anno restano scoperti ingenti stanziamenti, per un totale di 29 miliardi di euro mancanti tra il 2007 e il 2009. Eppure, i veri responsabili cercano ora di far passare tutto sotto silenzio, e mi riferisco alla Commissione europea, al Parlamento e al Consiglio, in quanto autorità di bilancio. E’ proprio per questo che il Parlamento non può più negare le proprie responsabilità.

Inoltre, il Parlamento “sottolinea che politiche supplementari non dovrebbero alterare l'equilibrio fra le principali categorie dell'attuale QFP, ne compromettere le priorità esistenti”, pur avendo eliminato – proprio per il nostro voto contrario – il riferimento alle “due principali politiche delle rubriche 1b e 2, ossia rispettivamente la convergenza e l’agricoltura e la pesca. D’altro canto, il testo pone l’accento sulle “nuove priorità”: in altre parole, gli obiettivi neoliberisti della strategia di Lisbona (ivi compresi i cosiddetti partenariati pubblico-privato), il cambiamento climatico e la militarizzazione dell’Unione.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Esprimo il mio voto contrario in merito alla relazione presentata dal collega Böge circa la revisione intermedia del quadro finanziario 2007-2013 dell'Unione europea.

Non ritengo, infatti, soddisfacente il fatto che non tutti i programmi di nuova generazione connessi al QFP 2007-2013 siano stati adottati, in particolare per quel che riguarda l'importante programma Galileo, al quale non sono stati assegnati fondi sufficienti e il programma quadro relativo a diritti fondamentali e giustizia. Sarebbe stato infatti necessario un maggiore impegno per poter giungere alla loro approvazione nei tempi stabiliti.

Ritengo inoltre che il Parlamento debba esercitare un controllo più severo del bilancio dell'Unione europea tramite verifiche più assidue e severe al fine di garantire la corretta gestione del denaro pubblico.

 
  
  

- Proposta di risoluzione: B6-0141/2009 (APE- Stati del Cariforum)

 
  
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  Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. – (FR) Signor Presidente, onorevoli colleghi, non abbiamo votato per nessuno dei testi relativi ai nuovi accordi di partenariato con gli Stati dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico, i più poveri al mondo.

Il nostro voto non è però rivolto contro questi paesi, che meritano un’adeguata politica di cooperazione e sviluppo, in grado di aiutarli a sconfiggere la povertà, a promuovere il progresso sul loro territorio e a superare le difficoltà economiche. I paesi in questione meritano anche rapporti commerciali modellati sulla situazione di ciascuno, ma anche sui nostri interessi e, soprattutto, sulle esigenze delle nostre regioni periferiche, del tutto trascurate dalle politiche comunitarie.

Gli accordi che proponete loro si conformano in tutto e per tutto alle regole sacrosante dell’Organizzazione mondiale del commercio, il cui unico scopo è coinvolgerli nella globalizzazione ultraliberista. In questo modo, li condannate a esportare i prodotti agricoli, costringendoli alla fame, e a subire lo sfruttamento delle loro ricchezze da parte delle multinazionali, che non sono più da tempo al servizio di un paese, ma agiscono individualmente e anonimamente, mosse solo dall’interesse economico.

Questi paesi hanno il diritto di determinare il ritmo a cui procedono l’apertura dei loro confini e la liberalizzazione delle loro economie. Mi chiedo perché non si possa scegliere un’altra via: quella di un protezionismo ragionevole e di rapporti reciproci e, dunque, proficui per ambo le parti. E’ questa la strada che auspichiamo per la Francia e per la stessa Europa.

 
  
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  Filip Kaczmarek (PPE-DE), per iscritto. – (PL) Ho espresso voto favorevole alla risoluzione sull’accordo di partenariato economico tra la Comunità europea e il Cariforum. Le illazioni secondo cui gli Stati caraibici sarebbero stati costretti a firmare l’accordo sono false, e l’ho potuto constatare di persona in occasione del primo incontro regionale dell’Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE con i paesi dei Caraibi.

In quella sede, i rappresentati dei negoziatori e delle autorità dei paesi caraibici hanno precisato di firmare l’accordo spontaneamente, nella convinzione che andasse a vantaggio di tutte le parti. Sapevano di essere sottoposti a una certa pressione, che era però legata al tempo e riguardava tutti i firmatari dell’accordo. L’esigenza di sottoscrivere dei nuovi accordi di partenariato economico nasceva peraltro da decisioni prese indipendentemente dall’Unione europea, come del resto è noto da anni.

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. − (EN) Accolgo con favore il segnale di flessibilità inviato dalla Commissione con il passaggio degli accordi di partenariato economico da interinali a completi e con la promessa che i negoziati daranno la priorità allo sviluppo.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Esprimo il mio voto contrario riguardo alla proposta di risoluzione sull'accordo di partenariato economico tra i Paesi del CARIFORUM e la CE.

Ritengo che gli accordi APE debbano supportare lo sviluppo sostenibile dei Paesi dell'Africa, Caraibi e Pacifico, promuovere la loro partecipazione al commercio internazionale e la loro diversificazione economica. Credo tuttavia che l'accordo in questione non vada nella direzione desiderata, poiché non contribuisce a creare nei Paesi interessati un'economia autosufficiente che sia in grado di sostenersi senza dipendere da aiuti esterni.

Ritengo inoltre che gli strumenti previsti dall'accordo non facilitino la partecipazione né delle autorità né del settore privato locale, che quindi non sarebbero adeguatamente coinvolti nel processo di sviluppo delle loro regioni.

 
  
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  Kathy Sinnott (IND/DEM), per iscritto. − (EN) E’ fondamentale prendere in considerazione le esigenze di ciascun paese ACP nell’elaborazione degli accordi di partenariato economico (APE): è per questo che ho votato contro l’accordo. Il Parlamento europeo ha infatti discusso l’APE con il Cariforum, ma non può dirsi lo stesso dei parlamenti nazionali delle controparti. In segno di rispetto per i rappresentanti eletti di quei popoli, credo che dovremmo sospendere l’adozione della risoluzione.

E’ inoltre opportuno sottolineare che molti governi ACP sono stati sottoposti alle pressioni della Commissione affinché firmassero l’accordo prima della scadenza della deroga.

E’ indispensabile che tali questioni siano sottoposte a un’accurata analisi e discusse da ogni Stato ACP prima ancora di ricevere il beneplacito dell’Unione.

 
  
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  Margie Sudre (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ai sensi degli accordi di partenariato economico, lo zucchero e le banane provenienti dai paesi ACP non potranno essere immessi sui mercati delle regioni ultraperiferiche francesi per dieci anni, con possibilità di rinnovo, preservando così la produzione di questi due pilastri dell’agricoltura d’oltremare.

La clausola di salvaguardia corrispondente, che consente l’interruzione delle importazioni qualora queste danneggino o destabilizzino il mercato delle regioni ultraperiferiche, dovrebbe essere oggetto di ulteriori chiarimenti, al fine di ridurne il periodo di attuazione.

Grazie all’intervento del nostro Parlamento, si è dunque prestato ascolto alle istanze delle regioni ultraperiferiche durante i negoziati.

Gli attori socio-professionali delle regioni ultraperiferiche si sentono però penalizzati dalle restrizioni alla produzione imposte, che seguono la normativa comunitaria e li rendono dunque meno competitivi dei loro concorrenti diretti. Pur capendo la loro posizione, desidero comunque esortarli a prendere parte al processo di cooperazione con i loro vicini ACP, in modo tale da creare rapporti di sostegno e complementarità per il perseguimento di finalità comuni.

Anziché irrigidirsi in una posizione di difesa, le regioni ultraperifiche possono ricavare solo vantaggi dal porsi sullo stesso piano dei loro concorrenti – sempre a patto che l’Unione europea garantisca meccanismi di monitoraggio e arbitraggio idonei a prevenire qualsiasi forma di concorrenza sleale.

 
  
  

- Proposta di risoluzione: B6-0148/2009 (APE – Costa d’Avorio)

 
  
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  Philip Claeys (NI) , per iscritto. – (NL) Questo Parlamento desidera sollevare la questione della concessione di visti di lavoro ai cittadini della Costa d’Avorio per un periodo di almeno 24 mesi durante i negoziati sull’accordo di partenariato economico, il quale rappresenta un significativo passo in avanti. I cittadini coinvolti sarebbero così in grado di lavorare in qualità di assistenti e di svolgere professioni analoghe. Da qualunque prospettiva la si guardi, questa disposizione apre l’ennesimo canale di immigrazione e, a mio avviso, costituisce dunque un motivo più che sufficiente per votare contro la risoluzione. L’Europa ospita già milioni di disoccupati e l’importazione di altra forza lavoro da paesi non comunitari non farà che aggravare i problemi esistenti. La professione in questione può essere tranquillamente svolta dai nostri lavoratori.

 
  
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  Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. − (SV) A nostro parere, il maggiore contributo che potremmo apportare alla promozione di uno sviluppo duraturo nei paesi più poveri del mondo è proprio l’apertura dei mercati comunitari alle loro importazioni. E’ ugualmente necessario lo stanziamento di aiuti, ove compatibili con l’obiettivo di potenziare il libero scambio, ma per decisione degli Stati membri, e non dell’Unione. Laddove l’Unione europea insista comunque a voler ripartire e controllare gli aiuti, questi ultimi non devono, per nessun motivo, dipendere dagli scambi commerciali con i paesi beneficiari; le sole disposizioni ammissibili sono quelle volte a tutelare, in via transitoria, i settori sensibili dei paesi in via di sviluppo. In linea di principio, dovremmo però evitare qualunque provvedimento protezionistico che rischi di minare il libero accesso ai mercati.

Sono questi i principi che hanno determinato la nostra posizione sulle proposte di risoluzione in esame, relative agli accordi commerciali che la Commissione sta elaborando.

Ci opponiamo a quelle formulazioni infelici che hanno il solo scopo di accrescere l’influenza del Parlamento europeo sulla politica commerciale. Ciononostante, abbiamo deciso di votare a favore delle risoluzioni, perché sostengono l’importanza di non abbandonare il libero scambio in un momento di recrudescenze protezionistiche.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Esprimo il mio voto favorevole riguardo alla proposta di risoluzione sull'accordo di partenariato economico interinale tra la CE e la Costa d'Avorio.

Sono d'accordo con il fatto che un'unione doganale tra i paesi dell'Africa occidentale possa costituire un grosso beneficio per la Costa d'Avorio, che è il leader commerciale ed economico di quell'area: inoltre, alla luce del fatto che il commercio intraregionale rappresenta soltanto una piccola parte di quello totale della Costa d'Avorio, sarebbe opportuno incrementare i legami commerciali regionali al fine di sviluppare una crescita sostenuta e sostenibile nel lungo periodo.

È poi auspicabile che l'Unione europea fornisca una maggiore e migliore assistenza tecnica e amministrativa alla Costa d'Avorio, per far sì che la sua economia sia adatta a recepire pienamente i benefici derivanti dall'accordo di partenariato economico interinale.

 
  
  

- Proposta di risoluzione: B6-0142/2009 (APE - Ghana)

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Esprimo il mio voto contrario in merito alla relazione presentata dal collega Fjellner, relativa all'accordo di partenariato economico interinale tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da una parte, e il Ghana, dall'altra.

Infatti, ritengo che tale accordo con il Ghana possa mettere in pericolo la coesione ed indebolire l'integrazione regionale dell'ECOWAS, il quale sarebbe invece da sostenere, poiché più atto a produrre effetti positivi per l'economia locale nel medio-lungo periodo, tramite le maggiori potenzialità di partecipazione delle realtà locali.

 
  
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  Kathy Sinnott (IND/DEM), per iscritto. − (EN) E’ fondamentale prendere in considerazione le esigenze di ciascun paese ACP nell’elaborazione degli accordi di partenariato economico (APE): è per questo che ho votato contro l’accordo. Ciascun paese ACP ha esigenze diverse e molti preferirebbero non negoziare affatto sui diritti di proprietà intellettuale e sulla questione di Singapore. Molti di questi Stati auspicano inoltre un consolidamento delle disposizioni relative alla sicurezza alimentare e all’industria nascente. Da ultimo, agli accordi in questione manca una clausola di revisione che preveda la valutazione dell’impatto sullo sviluppo sostenibile e la possibilità di modificare l’accordo sulla base dei risultati ottenuti. Dobbiamo far sì che questi accordi producano veramente gli effetti migliori per ciascuno degli Stati coinvolti, anziché costringerli ad avallare intese contrarie ai loro interessi.

 
  
  

- Proposta di risoluzione: B6-0144/2009 (APE - SADC)

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Esprimo il mio voto contrario riguardo alla proposta di risoluzione sull'accordo di partenariato economico interinale tra la CE e i paesi della SADC aderenti all'APE

Non ritengo che l'accordo di partenariato economico abbia portato grandi vantaggi per gli esportatori dei paesi ACP verso l'Unione europea, dopo che gli accordi commerciali di Cotonou hanno esaurito la loro validità ad inizio 2008, anche se i prodotti dei paesi ACP possono entrare nel mercato dell'Unione europea senza essere sottoposti a dazi doganali o quote.

In particolare, l'accordo non contribuisce a favorire lo sviluppo autonomo degli Stati, a creare quelle capacità che in futuro permettano ai paesi interessati di continuare lo sviluppo anche in assenza di interventi esterni. Inoltre, non ritengo spesso verificate le condizioni di buona governance, trasparenza delle cariche politiche e rispetto dei diritti umani, senza le quali è maggiore il rischio di danneggiare la popolazione di quegli Stati rispetto all'aiuto che viene.

 
  
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  Georgios Toussas (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) In questa fase di crisi del capitalismo ed esacerbazione delle schermaglie imperialiste, l’Unione sta cercando di rafforzare i monopoli europei e acquisire nuove posizioni sul mercato globale, usando una combinazione di chiari interventi imperialisti a livello internazionale, con mezzi militari e non, e manovre economiche da parte dei monopoli negli scambi e nelle transazioni internazionali.

Gli accordi di partenariato economico interinali sono le intese più devastanti che l’Unione europea abbia finora imposto ai paesi in via di sviluppo. Il loro scopo consiste nell’affermazione del potere del capitale e nello sfruttamento eccessivo della loro forza lavoro e delle loro risorse più redditizie. Le opprimenti condizioni imposte esigono la liberalizzazione dei mercati e la privatizzazione di tutti i servizi, in particolare l’energia, la rete di distribuzione idrica, la sanità, l’istruzione e la cultura.

I casi della Comunità per lo sviluppo dell’Africa australe (SADC) e del Mercato comune dell’Africa orientale e australe (Comesa) sono esemplificativi: divide et impera. L’Unione europea ha ottenuto con la pressione e la coercizione che venissero accettati i contenuti e le scadenze degli accordi, stabilendo intese e condizioni diverse per ciascun paese.

Votiamo contro gli accordi di partenariato economico interinali perché sono stati firmati nel solo interesse del capitale e a discapito del popolo; essi sono l’ennesima dimostrazione che il commercio globale, condotto sotto l’egida dell’imperialismo e dei monopoli, non può servire gli interessi comuni.

 
  
  

- Proposta di risoluzione: B6-0145/2009 (APE – Stati dell’Africa orientale e meridionale)

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Esprimo il mio voto contrario riguardo alla proposta di risoluzione sull'accordo di partenariato economico tra gli Stati dell'Africa orientale e meridionale e la Comunità europea.

Sono convinto, infatti, che tale accordo di partenariato economico non sia adeguato al raggiungimento della finalità di promuovere lo sviluppo dei Paesi coinvolti: questo perché non sono ancora state affrontate e risolte le questioni controverse, quali ad esempio la clausola della nazione più favorita e le tasse sulle esportazioni, che non favoriscono la creazione di un vero mercato che possa apportare benefici a tutte le popolazioni interessate.

 
  
  

- Proposta di risoluzione: B6-0146/2009 (APE – Stati partner della Comunità dell’Africa orientale)

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Esprimo il mio voto contrario riguardo alla proposta di risoluzione sull'accordo di partenariato economico tra la Comunità europea e gli Stati dell'Africa orientale.

Ritengo che sarebbe importante che si sviluppi un vero mercato regionale e intraregionale in tali paesi per far sì che si creino le condizioni per una crescita sostenibile che non dipenda solo da aiuti esterni: tuttavia, il presente accordo non crea i presupposti necessari affinché ciò avvenga, dato che in molti casi gli interventi previsti vedono uno scarso coinvolgimento delle autorità e del settore privato locale.

Inoltre, nonostante l'esistenza di meccanismi di controllo, non ritengo spesso verificate le condizioni di buona governance, trasparenza delle cariche politiche e rispetto dei diritti umani, senza le quali si corre più il rischio di arrecare un danno alla maggior parte della popolazione di quegli Stati che di fornire un vero aiuto.

 
  
  

- Proposta di risoluzione: B6-0147/2009 (APE – Africa centrale)

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Esprimo il mio voto favorevole riguardo alla proposta di risoluzione sull'accordo di partenariato economico tra la Comunità europea e gli Stati dell'Africa centrale.

Sono convinto che l'accordo di partenariato economico interinale abbia assegnato agli esportatori dei paesi dell'Africa centrale grandi vantaggi, soprattutto in seguito alla scadenza degli accordi di Cotonou nel gennaio 2008, aumentando le loro possibilità di esportare verso l'Unione europea. In ogni caso gli APE globali dovrebbero essere considerati come complementari e non alternativi agli accordi basati sull'Agenda di Doha per lo sviluppo, di cui si chiede che vengano riattivati al più presto i negoziati.

Sono anche d'accordo con l'istituzione di periodi transitori per le piccole e medie imprese, per dare loro il tempo di adattarsi ai cambiamenti derivanti dall'accordo e più in generale con il sostegno che gli Stati interessati debbano dare alle PMI.

 
  
  

- Relazione Martin (A6-0117/2009)

 
  
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  Marie-Arlette Carlotti (PSE), per iscritto. – (FR) Congiuntamente ai nostri colleghi africani, da diversi anni noi socialisti abbiamo unito le forze per rendere gli Accordi di partenariato economico degli effettivi strumenti di sviluppo.

Abbiamo affrontato con forza e determinazione i negoziati con la Commissione, per giungere a degli accordi equi che promuovano gli obiettivi di sviluppo del Millennio.

A tal fine abbiamo optato a favore di una regionalizzazione selettiva, ad opera degli stessi Stati dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico.

Sempre puntando a questo obiettivo, abbiamo adempiuto agli impegni da noi sottoscritti in materia di assistenza al commercio, promessa nel 2005, invece di “saccheggiare” il Fondo europeo di sviluppo.

La nostra lotta ha dato ora dei frutti, poiché il commissario per il Commercio ha impegnato la Commissione europea rispetto a:

– l’obietto cruciale di sviluppare tali accordi,

– la rinegoziazione dei punti controversi degli accordi in base a un approccio aperto e flessibile,

– la sicurezza alimentare e la protezione delle fragili industrie degli Stati dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico.

Naturalmente avremmo apprezzato maggiori garanzie rispetto al modo in cui i parlamenti nazionali e l’Assemblea paritetica ACP-EU saranno coinvolti nel monitoraggio e nell’attuazione degli accordi stessi.

Tuttavia, i progressi registrati in appena poche settimane sono davvero notevoli.

Desidero prenderne atto in questa sede.

Ad ogni modo, ho intenzione di seguire molto da vicino la loro attuazione.

Pertanto, non si daranno assegni in bianco. Nella votazione ho scelto di astenermi.

 
  
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  Richard Corbett (PSE), per iscritto. − (EN) Oggi ho potuto votare a favore dell’assenso da parte del Parlamento agli Accordi di partenariato economico e agli Accordi di partenariato economico ad interim unicamente grazie alle assicurazioni e all’impegno del nuovo commissario Ashton, e perché i governi dei paesi coinvolti lo ritengono un passo in avanti, benché ancora insufficente.

Gli APE dovrebbero diventare degli strumenti per la riduzione e lo sradicamento della povertà, inglobando contemporaneamente gli obiettivi di sviluppo sostenibile e di integrazione progressiva degli Stati dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico nell’economia mondiale.

Dobbiamo garantire che gli accordi commerciali che intraprendiamo con gli Stati dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico siano orientati verso gli interessi di tali paesi e, fatto di cruciale importanza, che vengano utilizzati quali strumenti di sviluppo.

 
  
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  Mikel Irujo Amezaga (Verts/ALE), per iscritto. − (ES) Ho votato contro alcune relazioni, ad esempio quelle sugli Accordi di partenariato economico con le isole dei Caraibi, e anche contro l’accordo ad interim con la Costa d’Avorio. Il Parlamento, invece, ha votato a favore di un accordo ad interim con la Costa d’Avorio, un paese funestato da conflitti interni e privo di un governo legittimo.

In tali circostanze, mi sembra che quello attuale non sia il momento più opportuno per stringere un accordo internazionale dalle conseguenze durature. Su pressione dell’Organizzazione mondiale del commercio, l’Unione europea si è ritirata dagli accordi di cooperazione con gli Stati dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico e li ha sostituiti con accordi di partenariato economico con alcuni di questi paesi, in molti casi a danno del potere di tali aree.

I primi accordi, imposti dall’Europa, sono stati aspramente criticati dalle organizzazioni non governative e dagli inquirenti in quei paesi, e ora il Parlamento li ha rivisti.

 
  
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  Glenys Kinnock (PSE), per iscritto. − (EN) Ho dato il mio assenso agli Accordi di partenariato economico Cariforum e all’Accordo di partenariato economico con la Costa d’Avorio in risposta alle garanzie fornite questa settimana dal commissario Ashton.

Abbiamo notato un cambiamento nello stile e nei toni da quando il commissario Ashton ha sostituito il commissario Mandelson, e ora riceviamo chiari segnali di un effettivo cambiamento anche di natura sostanziale.

Nel caso degli Accordi di partenariato economico Cariforum il commissario ha fornito garanzie chiare al relatore onorevole Martin relativamente ai suoi timori sull’accesso ai medicinali generici, sulla questione della clausola di revisione, e in merito alla flessibilità del funzionamento della clausola per la nazione più favorita

Prima di accettare l’accordo con la Costa d’Avorio abbiamo avuto una conferma chiare e inequivocabile del fatto che la Costa d’Avorio avrebbe potuto scegliere liberamente da qualunque altro accordo di partenariato economico. E’ significativo che, nel caso degli Accordi di partenariato economico con la Comunità per lo sviluppo dell’Africa australe, sia stata concordata la revisione di un numero di clausole controverse. Ciò comprende la protezione delle industrie nascenti, la possibilità di introdurre nuove tasse sulle esportazioni per sostenere lo sviluppo industriale e i contingenti di esportazione.

Le mie decisioni non sono state prese a cuor leggero, ma sono state il frutto di un’attenta valutazione dell’impegno per garantire che gli Accordi di partenariato economico possano essere uno strumento per lo sviluppo, e riflettono lo spirito del nostro partenariato e il rispetto reciproco nei confronti degli Stati dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico.

 
  
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  Bernard Lehideux (ALDE), per iscritto. – (FR) La nostra posizione in merito agli Accordi di partenariato economico è ancora critica. Riteniamo che i negoziati siano stati avviati in modo negativo, senza dimostrare il minimo rispetto per le circostanze specifiche dei nostri partner. Inoltre, siamo ancora convinti che non dovremmo forzare una conclusione rapida dei negoziati e, soprattutto, che non dovremmo imporre ai nostri partner riforme che potrebbero rivelarsi disastrose per la loro coesione sociale e per la loro economia.

Tuttavia, il nostro voto prende atto delle posizioni molto incoraggianti del commissario Ashton emerse nella seduta plenaria di lunedì 23 Marzo. E’ per tale motivo che ci siamo astenuti invece di votare contro, come avremmo sicuramente fatto solo alcune settimane addietro.

Tuttavia, la nostra astensione vuole essere un monito: è nostra intenzione giudicare l’operato della Commissione sulla base di dati oggettivi, e non intendiamo emettere assegni in bianco in futuro.

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. − (EN) Le garanzie che mi sono state fornite riguardo i medicinali generici, la clausola di revisione e la flessibilità del funzionamento della clausola della Nazione più favorita, hanno fatto sì che abbia potuto sostenere questa relazione, per la quale sono stato relatore. La relazione dovrebbe raggiungere un punto d’equilibrio tra il conseguimento di un accordo equo per l’Unione europea e la garanzia che lo sviluppo costituisca una parte integrante dell’accordo stesso, affinché i paesi Cariforum possano prosperare e raccogliere i frutti del libero commercio con l’Unione europea.

 
  
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  Rovana Plumb (PSE), per iscritto. – (RO) Ho votato a favore della relazione ritenendo che, in base all’assenso del Parlamento europeo agli Accordi di partenariato economico tra i paesi Cariforum da una parte e l’Unione europea e is suoi Stati membri dall’altra, si potrà così garantire che:

– l’attuazione degli impegni in settori non ancora regolamentati dal Mercato e dell’economia unici del Caricom, o non ancora pienamente attuati, compresi i servizi finanziari, altri servizi, gli investimenti, la concorrenza, gli appalti pubblici, il commercio elettronico, la proprietà intellettuale, la libera circolazione delle merci e l’ambiente saranno rinviati sino al completamento del Mercato e dell’economia unici in tali settori;

– un meccanismo di monitoraggio indipendente venga stabilito all’interno degli Stati del Cariforum, dotato delle dovute risorse per intraprendere l’analisi necessaria per comprendere fino a che punto gli Accordi di partenariato economico stanno raggiungendo i loro obiettivi;

– vi sia sin dalle prime fasi l’individuazione e l’accantonamento di una quota equa delle risorse degli aiuti per il commercio. Tali fondi rappresentano delle risorse aggiuntive e non costituiscono un semplice riallocamento dei Fondi europei per lo sviluppo;

– che siano conformi alle priorità Cariforum e che la loro erogazione sia tempestiva, prevedibile e in linea con le scadenze di esecuzione dei piani strategici di sviluppo nazionali e regionali. Tali fondi dovrebbero essere utilizzati in modo efficiente per compensare la perdita di entrate doganali.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Voto a favore della raccomandazione presentata dal collega Martin sull'accordo di partenariato economico CE/CARIFORUM. È infatti doveroso, da parte del Parlamento europeo, concludere tale accordo, qualora la Commissione e il Consiglio accettino di rivedere tali accordi ogni cinque anni, qualora venga soppresso il trattamento della nazione più favorita per l'Unione Europea e, soprattutto, qualora vengano definite e assegnate tempestivamente diverse quote delle risorse in materia di aiuti al commercio.

 
  
  

- Relazione Mann (A6-0144/2009)

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Decido di astenermi dal voto sulla proposta di raccomandazione presentata dalla collega Mann e relativa all'accordo di partenariato economico interinale CE/Côte d’Ivoire. Difatti, ci sono diversi punti della proposta con i quali non mi trovo d'accordo. D'altro canto, le finalità e gli obiettivi da perseguire sono lodevoli, per cui non mi sento di votare contro questa raccomandazione.

 
  
  

- Relazione Mitchell (A6-0135/2009)

 
  
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  Alessandro Battilocchio (PSE), per iscritto. − Il mio voto è favorevole.

È la prima volta che il Parlamento elabora un'unica relazione sulle attività della BEI e della BERS. Le due banche stanno aumentando le attività di finanziamento nelle stesse regioni geografiche esterne all'UE, come ad esempio l'Europa dell'Est, il Caucaso meridionale, la Russia, i Balcani occidentali e la Turchia.

La cooperazione fra le due banche si è sviluppata su base regionale e pertanto le modalità di tale cooperazione si differenziano a seconda del territorio. Nei paesi interessati dall'intervento congiunto, vi sono tre diversi metodi di cooperazione fra BEI e BERS: il protocollo d'intesa sull'Europa orientale, il metodo applicato nei Balcani occidentali e modalità di cooperazione flessibile.

Tale evoluzione al momento non risulta convincente. Al suo posto sarebbe più utile organizzare una revisione generale, in cui si considerassero le modalità per migliorare la cooperazione fra le due banche e gli altri soggetti interessati, tenendo conto degli interessi dell'UE e dei paesi beneficiari. Inoltre, la divisione delle attività e la cooperazione fra le due istituzioni non può essere semplicemente gestita su base regionale o tracciando una linea di confine fra l'attività creditizia verso il settore pubblico e verso il privato.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Esprimo il mio voto contrario alla relazione dell'onorevole Mitchell sulle relazioni annuali della Banca europea per gli investimenti e della Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo per l'anno 2007. Mi sento di ritenere che, piuttosto che parlare di cooperazione tra le banche e gli altri soggetti interessati sia prima opportuno provvedere alla verifica ex-ante, in itinere ed ex-post dei finanziamenti erogati, i quali hanno raggiunto cifre molto importanti nel 2007 per entrambe le banche. Il sostegno finanziario senza il coinvolgimento della società civile dei paesi interessati non può far altro che apportare peggioramenti della situazione in cui tali paesi si trovano, piuttosto che miglioramenti.

Credo che, in questo senso, la proposta fatta dall'onorevole collega a proposito della presentazione di una relazione annuale da parte della Commissione al Parlamento e al Consiglio sulla valutazione d'impatto delle operazioni di finanziamento sia da accogliere con favore. Tuttavia, questo elemento non è sufficiente ad indurmi a votare in favore della relazione.

 
  
  

- Proposta di risoluzione: RC-B6-0152/2009 (Futuro dell’industria automobilistica)

 
  
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  Guy Bono (PSE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore di questa risoluzione comune sul futuro dell’industria automobilistica.

Il testo evidenzia la necessità di definire a livello europeo una politica chiara e coerente per affrontare una crisi che colpisce tutti gli Stati membri dell’Unione europea. Infatti, si stima che 12 milioni di posti di lavoro siano direttamente o indirettamente coinvolti nell’industria automobilistica. Le vendite sono in calo, le scorte si stanno moltiplicando, come anche gli annunci di licenziamento. Non esistono cure miracolistiche per il disastro sociale che sta emergendo e solo misure coordinate potranno salvare tale comparto.

E’ per questo motivo che ho votato a favore di questa risoluzione comune, che chiede alle autorità europee di operare congiuntamente con gli Stati membri per introdurre misure che rendano possibile garantire la competitività futura dell’industria automobilistica europea e favoriscano l’occupazione nel lungo periodo in questo settore.

Tuttavia, la risoluzione giunge tardivamente e non soddisfa tutte le aspettative. Pertanto la discussione non è chiusa e si preannuncia vivace, in particolare se si considerano le questioni sociali attualmente in gioco e la necessità nuovamente affermata di un’Europa sociale che tuteli i suoi cittadini.

 
  
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  Nicodim Bulzesc (PPE-DE), per iscritto. – (RO) Ho votato per questa risoluzione sul futuro dell’industria automobilistica, poiché invoca iniziative coerenti e armonizzate da parte degli Stati membri a favore dell’industria automobilistica europea, nonché la creazione di un quadro europeo adeguato per le iniziative che saranno intraprese.

 
  
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  Edite Estrela (PSE), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della proposta di risoluzione comune sul futuro dell’industria automobilistica. Essendo l’Europa il maggiore produttore mondiale di automobili, ed essendo l’industria automobilistica uno dei maggiori datori di lavoro nel settore privato, il sostegno di questo settore è cruciale per rispondere all’attuale crisi finanziaria ed economica.

Pertanto sono favorevole a un’azione politica coordinata a livello europeo per incoraggiare l’adozione di misure a sostegno di tale industria quali: garantire l’accesso ai finanziamenti per i produttori di automobili e i loro fornitori, stimolare la domanda di nuovi veicoli, compresi gli incentivi per la rottamazione di automobili vecchie per l’acquisto di automobili ecologiche, il sostegno finanziario ai lavoratori specializzati utilizzando appieno il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione, e incoraggiando la ricerca e gli investimenti.

 
  
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  Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. – (FR) Abbiamo votato a favore della risoluzione per l’industria automobilistica, ma non dimentichiamo che coloro che ora fingono di volerla salvare sono, in realtà, i responsabili di questa situazione disastrosa.

Sono responsabili dell’espansione di un’economia globale spinta da forze finanziarie e scollegata dalla realtà, in cui la garanzia di elevati profitti per gli azionisti si sostituisce ad una strategia industriale, e in cui le azioni aumentano di valore in seguito all’annuncio di piani di ristrutturazione, mentre i dirigenti, non sempre capaci, elargiscono a se stessi bonus e paracaduti d’oro. Sono loro ad aver creato questo sistema, in cui il numero di posti di lavoro e i livelli salariali sono diventate le uniche variabili su cui intervenire per il raggiungimento del pareggio. Essi sono responsabili dell’impoverimento delle famiglie che colpisce duramente la domanda e alimenta il circolo vizioso della crisi.

Anche ora, quando centinai di migliaia di posti di lavoro sono a rischio, la Commissione declama il dogma della concorrenza, ostacolando misure prese a livello nazionale per prevenire la perdita di posti di lavoro, e pretendendo delle spiegazioni dalla Renault per appurare che l’aumento della produzione di uno stabilimento industriale non sia dovuto a interventi di trasferimento degli impianti.

Se solo aveste dato prova di tanta indignazione quando le imprese europee si trasferivano in altre parti del mondo, alla ricerca di costi più bassi e di legislazioni sociali con minori garanzie.

E’ giunta l’ora di operare un cambiamento nelle politiche – per il bene dell’Europa e, soprattutto, degli europei.

 
  
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  Małgorzata Handzlik (PPE-DE), per iscritto. – (PL) L’industria automobilistica si trova in una situazione particolarmente difficile a causa dell’attuale crisi economica. Anche per l’anno in corso, le previsioni non sono affatto ottimistiche e indicano un ulteriore calo nelle vendite di automobili nuove.

La Commissione europea e il Parlamento europeo ritengono che l’industria debba gestire l’attuale crisi con le proprie forze. In particolare, è l’industria a dover trovare una risposta ai problemi strutturali legati all’efficienza della produzione e alla gestione delle capacità produttive, in modo da migliorare la competitività e la stabilità nel lungo periodo.

Le azioni intraprese dall’Unione europea e dagli Stati membri possono solo essere di sostegno a iniziative attuate dai produttori stessi. Ciò è particolarmente vero per le misure tese a migliorare l’accesso a finanziamenti a condizioni ragionevoli per stimolare la domanda di nuove automobili, per il mantenimento degli standard delle qualifiche professionali, per la tutela dei posti di lavoro e per minimizzare i costi sociali.

Alcuni paesi hanno adottato dei piani a sostegno del comparto automobilistico ma, come osservato dalla Commissione, è necessario rispettare le normative comunitarie e i principi di concorrenza predominanti, e in particolare i criteri per l’erogazione di aiuti statali, al fine di non turbare il funzionamento del mercato interno europeo. Tutti i provvedimenti concernenti il finanziamento, la tassazione o la rottamazione devono, inoltre, sostenere e accelerare le trasformazioni tecnologiche fondamentali per il settore, con particolare riferimento al settore dell’efficienza dei consumi dei motori e alla riduzione delle emissioni.

 
  
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  Marine Le Pen (NI), per iscritto. – (FR) Il Parlamento europeo approverà i diktat della Commissione, che si oppone tenacemente a qualunque tentativo da parte degli Stati membri di proteggere le industrie automobilistiche nazionali.

I cittadini devono comprendere che le politiche ultra liberiste della Commissione e del Parlamento sono un mezzo straordinario per accelerare il trasferimento delle aziende francesi negli Stati che offrono condizioni economiche maggiormente redditizie.

In un momento i cui migliaia di posti di lavoro nell’industria automobilistica e nel suo indotto sono direttamente minacciati, tale scelta anti nazionalistica è moralmente indecente ed economicamente suicida.

Gli onorevoli colleghi che sostengono tale devastazione sociale e industriale saranno chiamati a risponderne di fronte ai lavoratori e alle loro famiglie – le vittime dirette della loro cecità ideologica.

 
  
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  Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Data l’importanza dell’industria automobilistica per l’economia europea, sono comprensibili gli sforzi dei governi europei e dell’Unione europea per fornire una risposta alla situazione attuale. L’intento è prevenire le conseguenze di questa crisi, auspicando e battendosi affinché sia temporanea, al fine di scongiurare il declino irreversibile di tale industria. Tale preoccupazione merita il nostro sostegno. Tuttavia, sono necessarie delle misure cautelative. Se da un canto l’obiettivo principale è la tutela dei posti di lavoro, dall’altro bisogna rispettare il fine ultimo di garantire la sopravvivenza delle industrie economicamente redditizie. Ciò significa che gli straordinari investimenti in questo settore debbono essere impiegati per l’aggiornamento, la modernizzazione e per adeguare il settore in vista di una maggiore concorrenza. L’idea che sia possibile, o persino desiderabile, isolare e proteggere un settore economico dalla concorrenza, nel caso di una concorrenza leale e salutare, costituisce un errore economico e un inganno politico.

Nonostante i difetti di questo comparto, il superamento della crisi nel settore dell’automobile e della crisi in generale, e i preparativi per la fase successiva sono al centro della strategia di Lisbona: maggiore competitività, maggiore innovazione, più posti di lavoro. Dovremmo aiutare l’industria automobilistica a superare la crisi, ma non è necessario inventare nuovamente la ruota.

 
  
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  Peter Skinner (PSE), per iscritto. − (EN) L’industria automobilistica all’interno dell’Unione europea dipende dal raggiungimento di standard che possano agevolare provvedimenti più forti in materia ambientale. Non si tratta di una contraddizione con l’idea di un’industria competitiva, ma piuttosto di un contributo alla sua sopravvivenza. Vi sono diversi strumenti europei che possono essere utilizzati a sostegno dell’industria automobilistica e, in particolare, dei suoi lavoratori. Tra questi esistono fondi a sostegno della formazione mediante l’apprendimento permanente.

Disporre di una forza lavoro adeguata, in grado di credere in un futuro sostenibile è essenziale. I produttori di automobili nell’Inghilterra sudorientale ora dispongono della possibilità di sfruttare strumenti finanziari in grado di promuovere l’industria automobile del futuro. Bisogna raggiungere un equilibrio tra questo e le condizioni ambientali e sociali.

 
  
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  Bart Staes (Verts/ALE), per iscritto. – (NL) I politici ambientalisti sono convinti che non si possa guardare alla crisi economica indipendentemente da quella ambientale. Aiutare l’economia a rimettersi in moto richiede un New Deal “verde”. Nel settore automobilistico esiste un potenziale enorme per una svolta ambientalista. Tuttavia, per coglierlo i governi devono costringere le case produttrici a investire nell’innovazione e sostenerle in tale sforzo. In quest’Aula la maggioranza ha deciso che l’Unione europea deve pompare una somma ingente di denaro nell’industria automobilistica. Eppure, sappiamo che emettere assegni in bianco non è una soluzione. Non bisogna sovvenzionare vecchie tecnologie che stanno scomparendo. Dobbiamo, invece, intraprendere azioni dirette per indurre le case produttrici di automobili a investire nell’innovazione. Così facendo, si garantisce la sopravvivenza futura del settore e si opera molto positivamente nei confronti dei lavoratori di tale comparto industriale.

Il gruppo Verde/Alleanza libera Europa ha proposto di concedere finanziamenti solo a patto che l’industria automobilistica migliori in modo sostanziale il livello delle proprie performance ecologiche. Il settore dei trasporti rappresenta circa un terzo di tutte le emissioni di anidride carbonica dell’Unione europea. Ho votato contro la risoluzione della maggioranza perché non è riuscita a stabilire il miglioramento delle performance in materia ambientale quale requisito indispensabile per l’ottenimento di finanziamenti pubblici.

 

5. Correzioni e intenzioni di voto: vedasi processo verbale
 

(La seduta, sospesa alle 14.15, riprende alle 15.05)

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. MAURO
Vicepresidente

 

6. Approvazione del processo verbale della seduta precedente: vedasi processo verbale
Video degli interventi

7. Stato delle relazioni transatlantiche all'indomani delle elezioni negli Stati Uniti (discussione)
Video degli interventi
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  Presidente. L'ordine del giorno reca la relazione di Francisco José Millán Mon, a nome della commissione per gli affari esteri, sullo stato delle relazioni transatlantiche all'indomani delle elezioni negli Stati Uniti [2008/2199(INI)] (A6-0114/2009).

 
  
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  Francisco José Millán Mon, relatore. − (ES) Signor presidente, innanzi tutto desidero ringraziare i relatori ombra, in particolare gli onorevoli Severin, Lambsdorff en Lagendijk, nonché la commissione per gli Affari esteri e il relatore e la relatrice per parere, l’onorevole García-Margallo e l’onorevole Quisthoudt-Rowohl. Li ringrazio tutti per la loro collaborazione nella stesura di questa relazione sui rapporti tra Unione europea e Stati Uniti.

Grazie a tale collaborazione, siamo riusciti a redigere una relazione che gode di un ampio consenso in un ambito estremamente rilevante. Pertanto, la relazione che metteremo ai voti domani lancia un messaggio forte e convincente del Parlamento europeo in un momento estremamente opportuno. Ritengo che si tratti di un argomento importante perché è evidente che l’Unione europea e gli Stati Uniti sono due attori molto rilevanti sulla scena mondiale e debbono operare in stretta collaborazione, come si confà quando due paesi condividono principi e valori e, in diversi casi, gli stessi interessi.

Il messaggio principale lanciato dalla relazione è che ci troviamo in un momento molto opportuno per il rafforzamento delle relazioni transatlantiche. Esistono tre ragioni fondamentali che lo indicano. La prima è costituita dalla nuova amministrazione statunitense, che è molto pragmatica e consapevole che nessun paese può affrontare da solo le sfide globali, e che ha suscitato grandi aspettative nel grande pubblico in Europa e nel resto del mondo. La seconda è la maggiore forza dell’Unione europea, ora più in grado di agire al proprio esterno dell’Unione europea del 1995, quando è stata stabilita la nuova agenda transatlantica; inoltre, ben presto l’Unione europea sarà ulteriormente rafforzata dagli strumenti forniti dal trattato di Lisbona per la politica estera e la difesa. Il terzo motivo è dato dal nuovo contesto, connotato da sfide globali quali la crisi economica e i cambiamenti climatici, e non più unicamente dalle sfide militari, come in passato.

Nell’affrontare le nuove sfide, sarà molto utile per gli Stati Uniti disporre della collaborazione dell’Unione europea. Le relazioni transatlantiche dovrebbero essere rafforzate da due punti di vista: loro dimensione istituzionale e quella concreta, grazie a una collaborazione nei fatti. Dovremmo sfruttare il trattato di Lisbona per rafforzare la dimensione istituzionale con due incontri al vertice all’anno, invece di un unico incontro, cui parteciperebbe il nuovo presidente permanente del Consiglio europeo; la creazione di un consiglio politico transatlantico, che riunisca ogni trimestre l’Alto rappresentante – nonché il vicepresidente della Commissione – con il segretario di Stato; il miglioramento del dialogo dei legislatori con la creazione di un’assemblea transatlantica e anche del Consiglio economico transatlantico. Tali cambiamenti positivi renderanno il coordinamento più intenso ed efficace e dovrebbero essere inquadrati in un nuovo accordo di associazione transatlantico, con l’avvio dei negoziati nel momento in cui il trattato di Lisbona entrerà in vigore.

Il secondo obiettivo della relazione consiste nel rafforzamento della collaborazione su questioni concrete, il che richiede l’istituzione di un’agenda che affronti congiuntamente svariate sfide e conflitti, nonché le questioni bilaterali. Per giungere a tale agenda comune, nei mesi a venire il Consiglio e la Commissione dovrebbero intensificare i contatti con il nuovo governo a Washington. Pertanto, come riferito nell’emendamento presentato dal mio gruppo, sono lieto del vertice di Praga del 5 aprile con il presidente Obama.

La relazione elenca diverse sfide globali per le quali Stati Uniti e Unione europea dovrebbero adottare un approccio comune; ad esempio la crisi economica, un multilateralismo effettivo che comprenda anche le potenze emergenti, gli obiettivi di sviluppo del Millennio, i cambiamenti climatici, la tutela dei diritti umani, ecc. Inoltre, fa riferimento a diverse questioni regionali in merito alle quali dovremmo agire in maniera coordinata: si tratta di conflitti come quello in Medio Oriente, dei programmi nucleari di Iran e Afghanistan e delle relazioni con la Russia. I paesi dell’America Latina sono anch’essi citati. Il disarmo e la sicurezza sono ulteriori settori in cui un migliore coordinamento è necessario, compresa la lotta contro la grave minaccia del terrorismo, che dovrebbe essere condotta in conformità con il diritto internazionale e nel rispetto dei diritti umani.

Onorevoli colleghi, la relazione fa anche riferimento ad alcune questioni bilaterali relative alla giustizia e agli affari interni, compreso il problema dei visti. Inoltre, pone in evidenza la necessità che il partenariato tra Unione europea e Stati Uniti goda di ampio appoggio da parte della società civile, in particolare i giovani. Le relazioni economiche e commerciali sono anch’esse toccate nella relazione, che mette in luce che dobbiamo compiere progressi nell’integrazione del mercato transatlantico. Naturalmente, nel trattare tali argomenti ho riportato diversi suggerimenti ricevuti dalla commissione per i Problemi economici e monetari e dalla commissione per gli Affari esteri.

Concludendo, onorevoli colleghi, ritengo che se domani adotteremo questa relazione il Parlamento invierà un segnale molto chiaro. Stiamo invocando delle relazioni UE-USA più forti, anche a livello istituzionale. Credo che tale rafforzamento andrà a beneficio di entrambe le parti, nonché di tutta la comunità internazionale.

 
  
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  Alexandr Vondra, presidente in carica del Consiglio. − (EN) Signor Presidente, chiedo scusa per il lieve ritardo dovuto a una riunione della Conferenza dei presidenti di commissione, che si è tenuta qui al Parlamento. Infatti sono arrivato stamane da Washington. Desidero ringraziarvi dell’invito a partecipare a questa discussione importante e opportuna sulle relazioni transatlantiche, e ringrazio in particolare il relatore, l’onorevole Millán Mon, per la relazione preziosa e di ampio respiro che ho letto con grande interesse durante il viaggio. La presidenza e il Consiglio condividono molti dei suoi contenuti.

Qualunque sia il nostro orientamento politico, tutti sappiamo che le relazioni transatlantiche sono di vitale importanza per il nostro futuro e per il futuro dell’Europa. Per sei decenni il solido partenariato Europa-USA è stato la principale forza a favore della pace, della stabilità e della prosperità per l’Europa e il Nord America, nonché per il mondo intero. A mio parere tutto ciò non riguarda unicamente il passato. Si tratta della migliore agenda possibile anche per il XXI secolo. Le relazioni transatlantiche consentono di raggiungere insieme risultati che nessuno dei due può conseguire da solo. A tale proposito desidero citare il vicepresidente Biden, che nel corso della sua prima visita a Monaco ha dichiarato con chiarezza che l’America ha bisogno dell’Europa e l’Europa ha bisogno dell’America. Credo che si possa comprendere appieno il significato di tale dichiarazione. Quando siamo d’accordo, possiamo stabilire i punti dell’agenda globale. Quando siamo in disaccordo è difficile portare avanti qualunque programma, e pertanto le relazioni transatlantiche ci consentono di conseguire congiuntamente risultati che non possiamo ottenere individualmente.

Le elezioni presidenziali americane dello scorso novembre hanno suscitato un entusiasmo senza precedenti, aspettative e grande interesse qui in Europa. Il motivo è che la scelta del presidente statunitense è importante per gli europei. Il presidente Obama ha indicato un nuovo modo di affrontare le sfide con cui dobbiamo confrontarci. Molti in Europa sono stati attratti da questo cambiamento e dallo spirito del cambiamento stesso. Grandi aspettative sono sorte su entrambe le sponde dell’Atlantico, e rappresentano un’opportunità per la collaborazione reciproca nei momenti in cui ve n’è maggiormente bisogno. Tuttavia, bisogna gestirle con cura, poiché nulla potrebbe essere più nefasto per le nostre relazioni di una delusione rispetto alle speranze iniziali – e tanto più alte le speranze, tanto più risulta difficile realizzarle.

La nuova amministrazione statunitense ha esordito con grande dinamismo. Come previsto, gran parte dell’agenda del presidente è stata dedicata alla crisi economica e finanziaria. E’ stato incoraggiante vedere giungere molto presto delle decisioni su Guantánamo – ne abbiamo parlato in quest’Aula poche settimane addietro – e costatare il rinnovato impegno degli USA di attivarsi in Medio Oriente, come anche venire a conoscenza della convocazione di una conferenza sull’Afghanistan, prevista per il 31 maggio all’Aia – tutte iniziative invocate da molti in Europa.

Il dialogo con gli Stati Uniti è stato rinvigorito. Nei miei contatti con la nuova amministrazione, compresi gli incontri con il vicepresidente Biden e il segretario di Stato Clinton, qui a Bruxelles, mi è sembrato evidente che gli Stati Uniti desiderano cambiare registro nei rapporti con l’Unione europea e con i nostri partner. Sono molto lieto dell’approccio pragmatico che ha caratterizzato tali primi contatti.

Sebbene un cambiamento di registro sia importante, evidentemente da solo non può condurre a risultati concreti. Se dobbiamo operare insieme in modo costruttivo dobbiamo rivedere le priorità delle nostre politiche e rivalutare il funzionamento del partenariato transatlantico. In tal senso, la vostra relazione rappresenta un contributo prezioso. Naturalmente, si tratta di un processo avviato l’anno scorso da parte dell’Unione europea, quando i ministri degli esteri hanno discusso le relazioni transatlantiche in due incontri informali ad Avignone e Marsiglia. Ritengo doveroso ringraziare sia la presidenza francese, per aver dato il via a tale processo, che il Portogallo, che ha svolto anch’esso un ruolo. Si tratta di un processo che continuerà a svilupparsi nei mesi a venire. Un’opportunità eccellente si presenterà la prossima settimana con la riunione informale a Praga dei capi di Stato e di governo con il presidente americano. Le relazioni transatlantiche sono ricche e variegate, e investono diversi ambiti politici. Non posso citarli tutti, ma desidero porre in rilievo quelli che vorremmo affrontare con particolare attenzione nel corso dell’imminente riunione di Praga.

Innanzi tutto, la sicurezza energetica e i cambiamenti climatici, due argomenti interconnessi che stanno a cuore a molti europei. La sicurezza energetica è una priorità cruciale, che deve essere perseguita per mezzo di una strategia complessiva che comprenda l’efficienza energetica e la promozione delle fonti rinnovabili, nonché la diversificazione degli approvvigionamenti energetici, delle fonti di energia e delle rotte di approvvigionamento. Ovunque possibile e necessario, Unione europea e Stati Uniti dovrebbero collaborare in tali ambiti e promuovere un’agenda comune. Riguardo al clima, l’anno in corso sarà cruciale. La conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici di Copenhagen, che si terrà a fine dicembre, costituisce un’opportunità storica per rivedere e ampliare l’applicazione di obiettivi internazionali vincolanti per affrontare i cambiamenti climatici.

L’Unione europea ha stabilito degli impegni ambiziosi in materia di ambiente e cambiamenti climatici, con anticipo rispetto alla data della conferenza. Le dichiarazioni e le nomine del presidente Obama concernenti il tema dei cambiamenti climatici sembrano indicare un mutamento significativo a livello politico, ma sarà necessario ancora molto lavoro in questa direzione. Naturalmente, il sostegno degli Stati Uniti su tale questione è di vitale importanza, ma non è sufficiente. Dobbiamo anche ottenere il sostegno dei paesi in via di sviluppo più avanzati, come la Cina.

In secondo luogo, la crisi economica e finanziaria. L’attuale crisi è grave e di carattere globale, e richiede una forte risposta politica a ogni livello in tutto il mondo. Unione europea e Stati Uniti hanno una responsabilità particolare in tale contesto, sia nei loro provvedimenti interni sia in merito al coordinamento internazionale. Dobbiamo collaborare con gli Stati Uniti per garantire il raggiungimento di una risposta coordinata all’attuale crisi globale e ai problemi finanziari. Dobbiamo lavorare assieme per affrontare la questione della supervisione del sistema finanziario e della riforma delle istituzioni finanziarie internazionali. Dobbiamo anche coordinare le nostre politiche per raggiungere una crescita e dei livelli di occupazione maggiori. Dobbiamo assicurarci che gli approcci adottati siano compatibili e non conducano a turbative della competitività nel mercato transatlantico. Ciò avverrà in buona parte in occasioni quali il G8 e il G20, in particolare con il G20 di Londra, che darà inizio alla visita in Europa del presidente Obama. Ad ogni modo, appare chiaro che le relazioni transatlantiche saranno cruciali nel decidere la più ampia agenda mondiale.

Terzo, l’Afghanistan è una questione chiave sia per l’Europa sia per gli Stati Uniti. Si tratta di un problema che riguarda entrambi, poiché gli attacchi terroristici sia negli Stati Uniti sia in Europa traggono origine da quella regione. Si tratta di una sfida importante e non è facile per i leader politici europei spiegare ai cittadini che la loro sicurezza deve essere difesa a Kabul. Inoltre, l’Afghanistan è stato l’argomento principale della riunione informale della troika europea con il vicepresidente, tenutasi a Bruxelles il 10 marzo. Il vicepresidente ha espresso l’auspicio che l’Afghanistan rimanga in cima all’agenda dell’Unione europea. Ha indicato chiaramente che gli Stati Uniti non cercano solo il nostro sostegno per la loro strategia complessiva in Afghanistan, ma contano anche sul nostro impegno per dotare tale sostegno di risorse concrete. Consapevoli del fatto che la sicurezza dei cittadini afgani è di importanza cruciale, abbiamo deciso di aumentare le dimensioni delle nostre missioni di polizia in tale paese. In aggiunta alla missione civile dell’EUPOL, è necessario l’intervento della polizia militare, la cosiddetta gendarmeria di cui abbiamo già discusso. In tal senso, L’invio sul campo di formatori della gendarmeria quale contributo dell’Unione europea alla missione NATO è un’opzione che la presidenza sta discutendo con l’inviato speciale per il Pakistan e l’Afghanistan recentemente nominato e con gli Stati membri. Ho incontrato il deputato francese onorevole Lellouche, ad esempio, e la stessa discussione è in corso anche con l’inviato speciale Holbrooke. Dobbiamo anche garantire le condizioni per lo svolgimento positivo delle elezioni presidenziali in Afghanistan e tenere presente la dimensione regionale, in particolare fornendo ulteriore assistenza per l’istituzione di un governo laico sostenibile in Pakistan. Pertanto, la dimensione regionale è importante e la stiamo considerando in aggiunta alle dimensioni nazionali e globali.

Quarto, una risposta multilaterale sarà cruciale per affrontare il rischio di proliferazione delle armi di distruzione di massa. Unione europea e Stati Uniti hanno espresso timori crescenti rispetto alle attività nucleari dell’Iran in particolare e ai suoi inadempimenti degli obblighi internazionali nel settore nucleare. Insieme, Unione europea e Stati Uniti devono ottenere che lo sviluppo della tecnologia nucleare si limiti a finalità civili. Il modo migliore per conseguire tale obiettivo consiste nello stabilire forti regole internazionali vincolanti, sostenute da meccanismi di monitoraggio credibili. Nel contempo, Unione europea e Stati Uniti sono disposti a impegnarsi con l’Iran per trovare degli approcci costruttivi a questo e altri problemi nella regione.

Un’ulteriore sfida che dobbiamo affrontare è data dal modo di operare assieme per consolidare le applicazioni concrete del multilateralismo fondato su regole e valori comuni. Esistono numerose possibilità di collaborare in tale settore. Concordo con il parere del presidente Obama, sottolineato sia dal Segretario di Stato Clinton che dal vicepresidente Biden, che qualsiasi scelta che contrappone la sicurezza agli ideali è falsa. In tal senso rispetto e accolgo con favore l’intenzione del presidente Obama di procedere alla chiusura della base di Guantánamo.

Accogliamo favorevolmente anche l’impegno tempestivo del presidente Obama di affrontare il conflitto arabo-israeliano, anche con la nomina di George Mitchell a inviato speciale nella regione. Una pace duratura che accolga le aspirazioni di israeliani e palestinesi è di importanza vitale per i popoli di quelle regioni e rimane un obiettivo cruciale sia per l’Unione europea che per gli Stati Uniti. Un accordo di pace potrebbe consentire benefici ancora più ampi, non da ultimo un’accresciuta comprensione tra l’occidente e il mondo arabo allargato.

Ho letto con grande interesse le numerose raccomandazioni nella vostra relazione per la struttura istituzionale delle relazioni transatlantiche. Concordo appieno che i legami istituzionali tra Unione europea e Stati Uniti dovrebbero riflettere l’importanza delle relazioni reciproche. Le iniziative della presidenza ceca servono a sottolineare tale punto. Ci siamo impegnati sin dal principio e a ogni livello con gli Stati Uniti e con la nuova amministrazione di quel paese. Tra dieci giorni la presidenza darà il benvenuto al presidente Obama a Praga per un vertice informale con i capi di Stato e di governo dell’Unione europea. Come ho già affermato, si tratta di un’opportunità per valutare un certo numero di ambiti delle relazioni transatlantiche e per confermare la nostra disponibilità a operare congiuntamente. Tali discussioni proseguiranno, ad esempio, per mezzo di incontri informali regolari tra i ministri degli esteri di Unione europea e Stati Uniti. Credo, inoltre, che sia opportuno avere contatti più ravvicinati e regolari tra Parlamento europeo e Congresso degli Stati Uniti.

Sono grato a questo Parlamento per il sostegno continuativo allo sviluppo delle relazioni transatlantiche, e, in particolare, per questa relazione. Quest’anno avremo una nuova opportunità per sviluppare ulteriormente tale rapporto. Per questa presidenza e per il Consiglio, il partenariato transatlantico è da sempre strategico per l’Europa nel suo insieme.

Vi garantisco che la presidenza ceca è impegnata a garantire che rimanga al centro della nostra strategia esterna, e che svolga un ruolo determinante nell’affrontare le molte sfide e i numerosi problemi che ci confrontano oggi a livello mondiale.

 
  
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  Benita Ferrero-Waldner, membro della Commissione. − (EN) Signor Presidente, le relazioni tra Unione europea e Stati Uniti sono state avviate in modo nuovo e positivo con la nuova amministrazione del presidente Obama. La Commissione sta lavorando intensamente per dare un proprio contributo significativo al rinvigorimento della nostra agenda comune. Anche per tale motivo apprezzo questo dibattito, che giunge in un momento così opportuno. Sono lieto di costatare che Parlamento e Commissione condividono numerose priorità in questo caso.

Attendiamo fiduciosi una fitta agenda UE-USA. Le mie dichiarazioni svilupperanno inizialmente la nostra lista immediata delle cose da fare, ma desidero anche sottolineare sin dal principio due punti specifici in merito alle strutture istituzionali tra Unione europea e Stati Uniti. Innanzi tutto, ritengo che dei legami più forti tra i legislatori dell’Unione europea e degli Stati Uniti siano cruciali per delle relazioni transatlantiche proficue. In secondo luogo, è mia intenzione dare seguito alle raccomandazioni della relazione in merito alla revisione della nuova agenda transatlantica del 1995.

Come altri, io stesso ho già incontrato il segretario di stato Clinton in diverse occasioni, e ho anche parlato con il vicepresidente Biden nel corso della sua recente visita a Bruxelles. Un fatto è chiaro: questa amministrazione americana cercherà dei partner affidabili per affrontare le diverse sfide globali e regionali, e ritiene l’Europa un partner privilegiato in materia di affidabilità. Dobbiamo cogliere tale opportunità.

Tuttavia, essa si attende anche che l’Unione europea proponga dei risultati specifici – non ultimo in merito a questioni non facili quali l’Afghanistan e la chiusura della base di Guantànamo. Pertanto, dobbiamo giungere a posizioni molto nette su questioni di interesse comune e parlare con una sola voce. Voglio essere chiaro: questa cruciale amicizia transatlantica non è una strada a senso unico. L’Europa e l’Unione europea devono raggiungere dei risultati.

Un’Unione europea forte è un partner importante per gli Stati Uniti nell’affrontare le sfide mondiali, e credo che in principio dovremmo focalizzarci su di un numero limitato di priorità.

Naturalmente, la difficile situazione in cui versa l’economia mondiale costituirà lo sfondo delle nostre azioni. Il primo obiettivo è l maggiore collaborazione tra Unione europea, Stati Uniti e gli altri attori principali in materia di politica macroeconomica e di riforma della regolamentazione del settore finanziario. Dobbiamo migliorare il coordinamento per promuovere la ripresa della domanda e dell’occupazione, e dobbiamo garantire che le nostre politiche vadano nella direzione di un sostegno reciproco e non abbiano effetti distorsivi sul commercio. Dobbiamo opporre resistenza ai fautori del protezionismo su entrambe le sponde dell’Atlantico. Unione europea e Stati Uniti dovrebbero lavorare fianco a fianco per l’attuazione delle conclusioni del vertice G20 della prossima settimana, sviluppando anche degli approcci compatibili nei confronti della riforma del settore finanziario. L’ultimo Consiglio europeo di Bruxelles ha compiuto un passo importante in tale direzione.

Inoltre, dobbiamo avere cura dell’economia transatlantica, poiché rappresenta la metà della produzione e del commercio mondiali. La vostra relazione molto correttamente pone in evidenza questo fatto. Dovremmo sostenere il Consiglio economico transatlantico per renderlo più efficace nella rimozione di barriere normative e nella promozione della crescita, conferendogli contestualmente una prospettiva maggiormente strategica. Il Consiglio economico transatlantico dovrebbe poter discutere, ad esempio, di come evitare una politica che vada a scapito di altri paesi, la cosiddetta politica beggar-thy-neighbour, nell’attuazione di piani nazionali di ripresa economica.

Quanto ai cambiamenti climatici, per la prima volta in questo decennio le politiche dell’Unione europea e degli Stati Uniti iniziano a convergere. Dovremmo concentrarci sull’obiettivo di raggiungere un accordo a Copenhagen in dicembre. Dobbiamo indicare la strada dando l’esempio per primi, ad esempio includendo Cina e India in un accordo multilaterale e lanciando un mercato integrato del carbone quale componente di un futuro mercato mondiale. Dobbiamo entrambi diffondere il messaggio che le tecnologie pulite ed efficienti e i posti di lavoro “verdi” possono svolgere un ruolo nella ripresa economica. Il presidente Obama ha già posto correttamente l’accento su tale punto. Ciò significa anche raggiungere una maggiore cooperazione nei rispettivi programmi energetici e il consolidamento del dialogo in materia di sicurezza energetica – com’è stato detto anche dal nostro presidente.

Rispetto all’assistenza estera e alla politica di sviluppo, sia il presidente Obama sia il segretario di Stato Clinton ne hanno esaltato la rilevanza nel quadro di una politica estera a 360 gradi. Ciò rafforza la posizione dell’Unione europea quale maggiore donatore di aiuti del mondo. Dovremmo puntare a un rinnovato impegno degli Stati Uniti in merito agli obiettivi di sviluppo del Millennio, e rilanciare il dialogo USA-EU in materia di cooperazione allo sviluppo, con particolare riferimento a tematiche quali l’efficacia degli aiuti e la coerenza delle politiche.

L’economia è in cima all’agenda del presidente Obama, ma anche gli Sati Uniti sono stati rapidi nella revisione delle principali questioni di politica estera.

Quanto ad Afghanistan e Pakistan, la nuova amministrazione concorda sull’importanza di una politica complessiva favorevole all’integrazione dell’intervento militare con un intervento civile. Il nuovo accento posto dall’amministrazione statunitense sugli sforzi di capacity-building civile e l’approccio regionale incentrato sul Pakistan convergono con politiche di lunga data dell’Unione europea. L’impegno della Commissione in Afghanistan prevede anche il sostegno alla formazione delle forze di polizia, la riforma giudiziaria e la promozione di mezzi di sussistenza alternativi nelle zone rurali, ad esempio per contrastare le coltivazioni di sostanze stupefacenti. Inoltre, ho ricevuto chiari segnali di appoggio dagli Stati Uniti – da parte dello stesso vicepresidente Biden – nei confronti di nostre azioni per predisporre una possibile missione di osservatori in occasione delle elezioni afgane, a patto che i requisiti di sicurezza vengano rispettati. Personalmente sono impegnato attivamente alla ricerca di possibili finanziamenti aggiuntivi in tutti questi settori. Qualche giorno fa ne ho anche discusso con l’inviato speciale per l’Afghanistan e il Pakistan, Richard Holbrooke. Siamo lieti di partecipare alla conferenza regionale dell’Aia e a quella sul Pakistan che avrà luogo a Tokyo.

Allo stesso modo, in Medio Oriente abbiamo chiesto sin dall’esordio un impegno più forte degli Stati Uniti. Siamo stati incoraggiati dalla presenza del segretario di Stato Clinton alla conferenza di Sharm el-Sheik, nonché dal suo coinvolgimento attivo con la sua presenza nel primo Quartetto. Dovremmo discutere come riuscire a coinvolgere il nuovo governo israeliano – e auspicabilmente anche un governo palestinese di unità nazionale – in modo da pervenire a una soluzione che preveda l’esistenza di due Stati. Ci incoraggia sapere che l’amministrazione Obama desidera confrontarsi con il resto della regione, compresa la Siria. Dovremmo anche collaborare con gli Stati Uniti per un confronto con l’Iran – com’è stato detto in precedenza – al fine di una prevenzione della proliferazione nucleare nell’area, con particolare riferimento a un’azione decisa in materia di incentivi e sanzioni.

L’Unione europea svolge un ruolo da protagonista nei rapporti con l’est. Continueremo ad avere contatti frequenti con gli Stati Uniti nell’operare per riforme democratiche e orientate al mercato in quest’area, anche per mezzo del nuovo partenariato orientale, rivolto a obiettivi di associazione politica e integrazione economica dei nostri sei vicini ad est.

Dialogheremo con gli Stati Uniti più che in passato su come confrontarci con partner strategici quali Russia, Cina e America Latina. In una prospettiva di breve termine, desidero operare affinché l’incontro dell’Unione europea con il presidente Obama, che avrà luogo a Praga il 5 aprile, compia passi avanti concreti nelle relazioni transatlantiche, con il raggiungimento sin dall’ora di risultati concreti. Così facendo si preparerà il terreno per un proficuo vertice USA-UE a Washington, probabilmente a giugno.

A giugno avremo anche l’occasione di elaborare un’agenda transatlantica rinnovata e un programma sostenibile di cooperazione concreta tra Unione europea e Stati Uniti.

 
  
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  Albert Deß, relatore per parere della commissione per il commercio internazionale. − (DE) Signor Presidente, signor Presidente in carica del Consiglio, signora Commissario, onorevoli colleghi, innanzitutto desidero ringraziare il relatore, onorevole Millán Mon, per aver presentato questa eccellente relazione in cui sono stati affrontati tutti gli aspetti atti a garantire equità nelle relazioni transatlantiche. La presente proposta di risoluzione sullo stato delle relazioni transatlantiche all’indomani delle elezioni negli Stati Uniti dimostra quanto siano importanti queste relazioni.

Stando ai dati della Commissione, sono quasi 14 milioni i posti di lavoro nell’Unione europea e negli Stati Uniti che dipendono dalle relazioni transatlantiche in campo economico e nel settore degli investimenti. Spero che il nuovo presidente degli Stati Uniti, come aveva affermato in un discorso pronunciato a Berlino nel luglio 2008, prima della sua elezione, vi assegni un grande valore. Come egli disse all’epoca, l’America non ha un partner migliore dell’Europa.

Nella proposta di risoluzione rileviamo che anche per l’Europa questo partenariato è il più importante sul piano strategico. Esso rappresenta infatti il presupposto per affrontare le sfide globali, soprattutto sullo sfondo dell’attuale crisi economica e finanziaria mondiale. Tuttavia, affinché l’accordo possa essere produttivo, anche gli americani devono riconoscere le fondate preoccupazioni che l’Europa nutre nella sfera del commercio internazionale.

Nell’Unione europea vigono standard particolarmente elevati, ad esempio in tema di protezione dei consumatori, benessere animale e tutela ambientale. Vogliamo quindi che anche i prodotti venduti dagli USA all’Europa vi ottemperino. Spero che il nuovo presidente e la sua amministrazione si adopereranno per introdurre norme analoghe negli Stati Uniti. Allora non avremo più alcun problema.

Sono convinto che questa proposta di risoluzione sarà adottata domani, poiché credo che il testo contempli tutti gli aspetti necessari per assicurare delle buone relazioni.

 
  
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  José Manuel García-Margallo y Marfil, relatore per parere della commissione per i problemi economici e monetari. − (ES) Signor Presidente, prima di tutto desidero ringraziare il relatore per il lavoro che ha svolto per poter presentare oggi in Aula una relazione completa e rigorosa che giunge al momento giusto.

La presidenza e il commissario hanno fatto riferimento ai prossimi appuntamenti che ci attendono a partire dall’incontro di Londra, cui seguirà quello in calendario a Praga, quando l’Unione europea e gli Stati Uniti daranno avvio a nuove relazioni dopo l’elezione del presidente Obama.

Desidero concentrarmi sulla relazione dalla commissione per i problemi economici e monetari. Il testo è valido, è stato adottato all’unanimità e si prefigge i seguenti obiettivi.

Il primo obiettivo consiste nel trovare una via d’uscita dalla crisi. O la ripresa sarà comune o non vi sarà alcuna ripresa. Al momento stiamo assistendo al varo dei pacchetti fiscali più generosi che la nostra generazione abbia mai visto dalla crisi del 1929. Tali misure sono destinate ad avere un impatto maggiore ad un costo minore per i contribuenti, se riusciremo a coordinare i nostri sforzi.

Il secondo obiettivo è la riforma dell’architettura finanziaria istituzionale – che si è rivelata fallimentare nell’attuale crisi – riaffermando al contempo la trasparenza in tema di prodotti, organizzazioni e mercati. O lo facciamo insieme o non riusciremo a farlo. Come ci ha ricordato la signora commissario, rappresentiamo il più grande blocco economico del mondo e, come ha detto il relatore, abbiamo valori comuni che ci consentiranno di conseguire un ravvicinamento.

Il terzo obiettivo è l’integrazione dei mercati finanziari che ci consentirà di affrontare la concorrenza dei mercati emergenti. A tal fine è necessario ravvicinare i mercati regolati in modo da poter applicare in pratica il principio di riconoscimento reciproco e garantire una migliore vigilanza dal parte delle autorità preposte su entrambe le sponde dell’Atlantico.

La Commissione ha fatto riferimento al quarto obiettivo e lo ha esposto meglio di quanto possa fare io: dobbiamo resistere insieme alla tentazione del protezionismo e sarebbe quindi una buona idea adottare una posizione comune nella tornata negoziale di Doha.

Per quanto concerne l’ultimo tema, signora Commissario, ma non per questo il meno importante, dobbiamo risolvere insieme gli squilibri globali che per larga parte sono stati alla radice dell’attuale crisi.

Dobbiamo creare un nuovo sistema monetario internazionale e sarebbe assurdo se, a causa dell’incapacità di trovare un’intesa con il nostro principale alleato, la nostra voce si disperdesse nel dibattito globale.

 
  
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  José Ignacio Salafranca Sánchez-Neyra, a nome del gruppo PPE-DE. – (ES) Signor Presidente, il partenariato tra gli Stati Uniti e l’Unione europea si basa essenzialmente su dei valori e su un enorme potenziale economico.

Il PIL combinato delle due regioni ammonta a 23 miliardi di euro, ossia il 60 per cento del PIL mondiale. Le due regioni rappresentano il 60 per cento del commercio mondiale ed il 75 per cento degli investimenti netti mondiali.

La rigorosa e calibrata relazione presentata dall’onorevole Millán Mon in veste di relatore non avrebbe potuto giungere in un momento migliore – come egli stesso ha detto poc’anzi – poiché coincide con la prima visita del neoeletto presidente degli Stati Uniti che si recherà in Europa per prendere parte al G20, alle celebrazioni per il 60° anniversario della NATO e al vertice straordinario UE-Stati Uniti.

L’Unione europea e gli Stati Uniti devono riuscire a consolidare la loro leadership su tre aspetti su cui, a mio giudizio, è necessario effettuare una valutazione.

In primo luogo dobbiamo salvaguardare i principi e i valori che rinsaldano l’alleanza transatlantica.

In secondo luogo serve una maggiore ambizione nel dialogo transatlantico in merito ai temi cui hanno fatto accenno sia il relatore che il commissario: l’Iran, l’Iraq, il Medio Oriente, l’Afghanistan, ecc.

In terzo luogo dobbiamo cercare di avviare un nuovo dialogo su aspetti strategici connessi a tematiche mondiali, quali la lotta contro la povertà, la sicurezza alimentare ed energetica, la lotta al cambiamento climatico, eccetera.

Signor Presidente, l’Europa che vogliamo istituire come “potenza” ovviamente non può essere in grado di contrapporsi agli Stati Uniti; però, può agire insieme agli Stati Uniti, come due partner che condividono una determinata visione del mondo e dei valori e nutrono un rispetto reciproco.

Ciò non significa, signor Presidente, che l’Unione europea deve firmare un assegno in bianco. Essa deve invece difendere le proprie posizioni, laddove necessario, su questioni come la pena capitale, il Tribunale penale internazionale, il Protocollo di Kyoto, Guantánamo e le leggi effetti extraterritoriali, mentre gli Stati Uniti dovranno rispettare l’Unione europea quale fattore di stabilità e di equilibrio nel mondo.

Signor Presidente, il nuovo segretario di Stato Clinton lo ha sintetizzato molto bene – e con questo termino il mio intervento – quanto ha affermato dinanzi alla commissione per le relazioni estere del Senato: “L’America non può risolvere i problemi più impellenti da sola e il mondo non può risolverli senza l’America’.

 
  
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  Adrian Severin, a nome del gruppo PSE. – (EN) Signor Presidente, gli Stati Uniti d’America hanno bisogno di Stati Uniti d’Europa forti, mentre l’Unione europea ha bisogno di una forte Unione americana. Insieme gli Stati Uniti e l’Unione europea possono garantire la sicurezza e la stabilità del pianeta, offrendo un modello di ordine mondiale.

La relazione non verte solo sul rafforzamento delle relazioni transatlantiche, ma anche sul loro riequilibrio. Vi sono infatti asimmetrie tra le due sponde dell’Atlantico che influiscono negativamente sulla cooperazione. Pertanto è essenziale rinsaldare l’Unione europea sul piano politico in vista della futura cooperazione con gli Stati Uniti. In questo modo, sarà più semplice condividere l’onore derivante dalle responsabilità internazionali delle due parti.

Tra questi due partner oggettivamene strategici ci vogliono relazioni più intense e meglio strutturate, oltre che un’istituzionalizzazione. Il documento di cui discutiamo oggi raccomanda un partenariato strategico rafforzato e il processo atto a conseguirlo. In siffatto contesto dobbiamo pensare ad allestire un autentico organismo transatlantico confederativo tra noi e gli Stati Uniti d’America.

Al contempo il consolidamento del partenariato strategico transatlantico dovrebbe offrire una nuova possibilità di sviluppare la cooperazione con il terzo principale protagonista dell’emisfero settentrionale, vale a dire la Russia. Le relazioni tra Stati Uniti ed Unione europea non devono essere viste come un’alleanza transatlantica contro la Russia, bensì come un punto di partenza verso l’istituzione di una formula di cooperazione trilaterale al fine di garantire la sicurezza e la stabilità mondiale.

Per concludere, non dobbiamo esprimere delle aspettative solo per illuderci; vogliamo invece partire da presupposti realistici rispetto agli obiettivi che l’Unione europea e gli Stati Uniti possono centrare, aumentando la nostra capacità di conseguire risultati. In tale spirito sosteniamo la raccomandazione della relazione. Consentitemi di ringraziare a titolo personale l’onorevole Millán Mon per la grande cooperazione che ha gentilmente prestato al fine di giungere alla definizione di queste raccomandazioni.

 
  
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  Sarah Ludford, a nome del gruppo ALDE. – (EN) Signor Presidente, vorrei parlare dei temi della giustizia e della sicurezza che sono stati affrontati nella relazione, non perché non sia interessata agli aspetti economici, ma perché ho solo tre minuti a mia disposizione.

La cooperazione transatlantica è assolutamente necessaria per contrastare il terrorismo e la grande criminalità, ma deve svolgersi nel pieno rispetto dello stato di diritto – sia nazionale che internazionale – e dei diritti fondamentali. Per quanto concerne più particolarmente la condivisione dei dati, deve essere approntato un quadro giuridico robusto e vincolante per garantire protezione.

La dimostrazione lampante del cambiamento di approccio del presidente Obama è l’intenzione di chiudere Guantánamo. E’ un’azione cui va il nostro sentito plauso. Il Parlamento ha inviato gli Stati membri a rispondere positivamente alla richiesta formale degli Stati Uniti di accogliere circa 60 detenuti a basso rischio o a rischio nullo per i quali non si prevede l’istruzione di un procedimento. La richiesta è stata ufficialmente avanzata la settimana scorsa in occasione della visita del vicepresidente Barrot e del ministro Langer e spero che presto si veda il risultato. Ovviamente aiuta il fatto che ora gli americani sono disposti ad accoglierne una parte, come i 17 uighur.

Sarebbe inoltre positivo se il presidente Obama potesse andare oltre gli ordini esecutivi emessi a gennaio, annunciando la chiusura di tutti i centri detentivi della CIA e la fine definitiva delle misure straordinarie di questo tipo. E’ del tutto necessario che venga alla luce quanto è accaduto negli ultimi sette anni e mezzo, compreso l’uso vergognoso della tortura perpetrata da terzi, in modo da garantire che una situazione del genere non debba più ripetersi, e che non si ripeta soprattutto la collusione dell’Europa.

Questa relazione, con l’adozione dell’emendamento che ho presentato, esorta l’amministrazione statunitense a ratificare e a rispettare lo statuto del Tribunale penale internazionale. In questo modo, tale tribunale sarà rafforzato. Analogamente, se gli USA dovessero abolire la pena capitale, tale atto sarebbe un segno di una leadership mondiale.

La rapida entrata in vigore degli accordi UE-USA in materia di estradizione e assistenza legale intensificherebbe la cooperazione in materia penale ed eliminerebbe altresì l’area grigia che ha reso possibile i voli con cui sono stati trasportati i detenuti. Ma questa cooperazione può essere sostenuta solo se garantisce un trattamento equo. Un cittadino che fa parte del mio collegio elettorale rischia di essere estradato con la prospettiva di finire in un carcere speciale per decenni solo perché è entrato illegalmente nel sistema informatico del Pentagono. E’ allarmante il fatto che vi sia riuscito, ma è un maniaco informatico, non un terrorista; in realtà, è affetto dalla sindrome di Asperger. Gli Stati Uniti dovrebbero archiviare la richiesta di estradizione e lasciare che sia eventualmente perseguito nel Regno Unito.

Infine desidero parlare della questione degli emendamenti del gruppo ALDE che riguardano il gioco d’azzardo online. E’ importante trovare una soluzione rapida a questa controversia, in quanto gli Stati Uniti impongono divieti e avviano procedimenti legali solo contro operatori europei del settore mediante procedure illegalmente selettive. Gli Stati Uniti in sede OMS sostengono che nel loro territorio vige il divieto totale sul gioco d’azzardo in Internet, ma non è vero. Vengono tollerate le scommesse online gestite da società statunitensi sulle corse di cavalli e persino lotterie statali, ma solo i fornitori stranieri vengono denunciati.

Non ho alcun interesse particolare per il gioco d’azzardo online – anzi mi preoccupa – ma il trattamento discriminatorio in spudorato contrasto con le decisioni dell’OMC non ha senso nel contesto di relazioni transatlantiche sane. A proposito, lo stesso vale anche per i visti, quindi spero che molto presto sarà abolito l’obbligo di richiedere il visto per tutti i cittadini comunitari.

 
  
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  Konrad Szymański, a nome del gruppo UEN. – (PL) Signor Presidente, probabilmente non riusciremmo risolvere da soli nemmeno uno dei principali problemi internazionali. Non mi riferisco solo all’Iran, all’Iraq o all’Afghanistan. I principi stessi che soggiacciono all’ordine internazionale vacillano dinanzi del terrorismo internazionale. Le convenzioni di Ginevra devono essere riformate al fine di poter dare una risposta migliore alle minacce non riconducibili a singoli Stati.

Nonostante le dichiarazioni ottimistiche, oggi viene addirittura messo in discussione il futuro della NATO. Se l’alleanza deve continuare a garantire la nostra sicurezza, i paesi europei devono rinnovare il proprio impegno politico e militare. La cooperazione, tuttavia, deve essere improntata al pragmatismo – dovremmo infatti ammettere che l’America rappresenta un modello di democrazia diverso ma parimenti valido – e dobbiamo mantenere un atteggiamento moderato nel dispensare raccomandazioni sul diritto internazionale, sul Tribunale penale internazionale o sulla pena di morte.

 
  
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  Joost Lagendijk, a nome del gruppo Verts/ALE. – (NL) Signor Presidente, stiamo assistendo all’inizio di una nuova era nelle relazioni tra l’Unione europea e gli Stati Uniti. Sappiamo tutti quanti danni vi sono stati arrecati negli otto anni della presidenza di George W. Bush alla Casa Bianca. Proprio per tale ragione molti europei hanno gioito per l’elezione di Barack Obama e hanno accolto con favore la sua promessa di affrontare tutta una serie di tematiche in maniera fondamentalmente diversa. La relazione dell’onorevole Millán Mon affronta tutte queste importanti questioni, come la necessità di adottare un approccio congiunto sul cambiamento climatico e sulla crisi economica e finanziaria. Ma si possono citare anche altri esempi, come la necessità di seguire una nuova strategia in Afghanistan e in Pakistan e la chiusura del campo di detenzione di Guantánamo. Quest’ultimo problema si è configurato come una delle azioni sbagliate che hanno pesantemente indebolito l’autorità morale degli Stati Uniti nel mondo. Lo stesso vale per temi quali la tortura e gli arresti extraterritoriali. Il presidente Obama intende mettere fine a tali prassi e anche il mio gruppo ne è assolutamente lieto.

Vi è un’altra decisione, che forse è meno ovvia, ma che, a mio parere è vergognosa e va sovvertita quanto prima possibile. Mi sto riferendo al rifiuto degli Stati Uniti di cooperare con il Tribunale penale internazionale (ICC) dell’Aia. Oltretutto il Congresso statunitense ha messo in atto una ritorsione, varando l’American Service-Members’ Protection Act ad un solo mese di distanza dall’istituzione dell’ICC nel luglio 2002.

Che cosa prevede esattamente questa legge? Essa proibisce ad istituzioni e a cittadini statunitensi di collaborare o di passare informazioni all’ICC. Obbliga gli americani a dotarsi di una garanzia internazionale di immunità prima di partecipare ad operazioni delle Nazioni Unite. In altre parole, è impossibile perseguire i cittadini americani sul piano giudiziale. I paesi che hanno aderito all’ICC sono passibili di essere sanzionati ed in effetti gli Stati Uniti li puniscono. Infine c’è un argomento che ha sollevato molte polemiche nel mio paese, l’Olanda. La legge conferisce al presidente americano tutti i mezzi necessari – ossia gli attribuisce la possibilità di usare tutti i mezzi opportuni – per ottenere la liberazione di personale americano trattenuto dal Tribunale penale internazionale. Per tale ragione nei Paesi Bassi la legge è stata soprannominata “legge sull’invasione dell’Aia”.

Potremmo fare diverse battute su questo argomento e in effetti così è stato, e giustamente. Tuttavia, un simile atteggiamento potrebbe indurci a sottovalutare il significato di tutto ciò. Questa legge è una reazione estremamente antagonistica e molto emblematica da parte del presidente Bush all’avvento dell’ICC. Ora occorre una reazione parimenti emblematica ma, spero, molto amichevole da parte del presidente Obama. Lo esorto a revocare questa legge e a cooperare con l’ICC, ma chiedo anche alla Commissione e al Consiglio di portare la questione all’attenzione del presidente americano nel corso dell’incontro previsto la settimana prossima.

 
  
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  Jiří Maštálka, a nome del gruppo GUE/NGL. – (CS) Signor Presidente, onorevoli colleghi, ho letto la relazione con grande interesse e sinceramente posso dire che mi ha assai confuso. Il documento consta di 61 punti ed è esaustivo, ma, a mio giudizio, è molto opaco. Tralascia completamente o addirittura omette questioni che riguardano da vicino i cittadini della Repubblica ceca e dell’Europa. Non ho trovato alcuna opinione definita sull’attuale crisi economica mondiale e sull’approccio dell’UE e degli Stati Uniti. Non vi ho trovato alcuna posizione sulla guerra condotta in maniera fallimentare da alcuni paesi membri dell’UE e dagli Stati Uniti in Afghanistan. La posizione assunta nel documento è inspiegabilmente circospetta. Che cosa significa l’invito ad “elaborare una nuova visione strategica”? L’affermazione secondo cui si “apprezza la nomina di Richard Holbrooke ad inviato speciale nella regione afgano-pakistana” è del tutto inappropriata in una relazione di questo genere ed è solo la manifestazione di uno scambio di favori tra un gruppetto di politici che dieci anni fa hanno deciso di bombardare la Iugoslavia. Manca del tutto una posizione chiara sul piano per la costruzione di parte del sistema statunitense di difesa anti-missilistica in Europa centrale, che oltretutto ha innescato polemiche a livello internazionale e sta dando avvio ad un programma di militarizzazione nello spazio.

Benché la relazione segni uno scostamento significativo rispetto alla politica di due pesi e due misure applicata nei confronti dell’Europa orientale e assegni maggiore enfasi al diritto internazionale, nel complesso il documento si configura come una difesa per l’Alto rappresentante Solana. In questo senso è stato fatto un bel lavoro e non sono necessari grossi cambiamenti. Il testo invita ad istituire due nuovi organismi combinati UE-USA e contiene la relativa proposta. A mio parere, creazioni letterarie di questo genere non dovrebbero essere presentate al Parlamento europeo. Occorre invece una soluzione sul modo in cui procedere su questioni fondamentali che oggi investono il mondo.

 
  
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  Bastiaan Belder, a nome del gruppo IND/DEM. – (NL) Signor Presidente, condivido molto lo spirito che pervade la relazione dell’onorevole Millán Mon, poiché l’Europa deve assolutamente mantenere delle buone relazioni transatlantiche. Egli ha giustamente fatto riferimento ai valori politici e sociali autenticamente condivisi.

Oltre alle lodi, devo però formulare anche dei commenti più critici. Credo sia una vergogna che il relatore raccomandi solo in maniera defilata, al paragrafo 35, un approccio transatlantico comune verso la Cina. Non vi sono proposte specifiche, il che è del tutto inopportuno in questo momento di crisi globale e alla vigilia del G20 di Londra, quando tutti gli occhi saranno puntati sulle riserve finanziarie e sul potere di Pechino. A dire il vero, al paragrafo 47, il relatore in effetti sottolinea gli interessi commerciali transatlantici comuni, come il rafforzamento dei diritti di proprietà intellettuale. Ma cosa può dirci allora, onorevole Millán Mon, del paese che in questo contesto desta preoccupazione per entrambe le parti, ossia la Cina?

La mia seconda osservazione riguarda la prospettiva in cui viene collocato il multilateralismo, un’idea che è stata così spesso professata in quest’Aula. Gli Stati Uniti, sulla base della loro volontà politica e capacità militare, sono disposti e sono in grado di garantire stabilità e sicurezza sul piano mondiale. A questo punto tracciamo un breve paragone con l’Europa. Il compito dell’Europa consiste semplicemente nel sostenere Washington in maniera responsabile e fidata. A mio avviso, è questa la vera cooperazione transatlantica, poiché, se gli Stati Uniti hanno bisogno dell’Europa, noi dobbiamo essere consapevoli che l’Europa ha bisogno degli americani molto di più di quanto loro abbiano bisogno di noi. Teniamolo presente.

 
  
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  Jana Bobošíková (NI). – (CS) Onorevoli colleghi, mi congratulo con l’onorevole Millán Mon per la relazione utile e ricca di spunti sullo stato delle relazioni transatlantiche. Non avendo il tempo di tracciare un’analisi dettagliata, mi limiterò a formulare solo alcuni commenti. In primo luogo, il testo della risoluzione al punto B non dovrebbe affermare con così tanta certezza che il trattato di Lisbona entrerà in vigore. Non lo sappiamo ancora. In secondo luogo, nei paragrafi in cui viene giustamente indicata la necessità di riformare il sistema finanziario internazionale, la Banca mondiale e l’FMI, non viene menzionato l’obbligo di riformare e conferire una disciplina severa alle agenzie di rating. Tali agenzie hanno assegnato alle banche e alle compagnie di assicurazione la valutazione positiva AAA anche quando queste istituzioni erano zeppe di titoli tossici, quando in pratica erano già fallite e versavano miliardi di dollari nelle tasche dei propri dirigenti. In terzo luogo, al punto 24 c’è un riferimento alla relazione di un panel americano di 16 agenzie di stampa sulle tendenze globali fino al 2015. Devo precisare che analisi analoghe sono state effettuate anche in Russia e in Cina e non sono state tenute in considerazione nella relazione. La Cina in ogni caso dovrebbe ricevere una maggiore attenzione. Mi preme infatti sottolineare che, stando al Financial Times della settimana scorsa, le tre banche più grandi del mondo, classificate in base alla capitalizzazione di mercato, sono cinesi. Il PIL cinese si sta avvicinando a quello degli Stati Uniti. L’UE deve quindi comportarsi di conseguenza. Si parla della necessità di una cooperazione costruttiva e già al punto 33 l’UE e gli Stati Uniti sono chiamati a sviluppare una strategia congiunta nei confronti dei sei paesi dell’ex Unione sovietica in cui si parla diffusamente il russo e in cui parte della popolazione è russa. Onorevoli colleghi, secondo la relazione, questa strategia deve essere attuata senza la Federazione russa. In questo caso temo quindi che la cooperazione purtroppo non sia costruttiva, ma che si stiano invece gettando i semi di una serie di conflitti. Mi auguro non sia questo quello che vogliamo.

 
  
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  Elmar Brok (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, signora Commissario, signor Presidente in carica del Consiglio, onorevoli colleghi, l’Unione europea, i suoi Stati membri e gli Stati Uniti d’America sono forze per la libertà e per la democrazia. Tengono in conto i valori come nessun altro nella comunità di Stati di questa terra.

Nel corso delle ultime elezioni gli Stati Uniti hanno dimostrato per l’ennesima volta di avere la capacità di rinnovarsi e di rinvigorirsi in questo processo fondato sui valori e sulla democrazia. Nell’attuale ordine globale, con il ritorno alla stretta creditizia, gli europei devono assolutamente lavorare a più stretto contatto con gli americani sulla base di interessi condivisi, poiché solo in questo modo saremo in grado di definire delle norme e approfondire le relazioni tra le nostre due entità.

Per tale motivo reputo che la relazione dell’onorevole Millán Mon sia estremamente importante in questo particolare momento. Dobbiamo adoperarci per progredire sul fronte del Consiglio economico transatlantico e attuare una politica volta a rimuovere le barriere non tariffarie al commercio in modo da poter così garantire che gli interessi siano correlati, che si crei un mercato transatlantico e che si intensifichino quindi le relazioni politiche in maniera permanente.

A questo punto dobbiamo riconoscere che saremo in grado di centrare l’obiettivo solo se saranno coinvolti i parlamenti, perché è solo per mezzo del parlamento che possono essere adeguatamente adattate la gran parte delle normative. Questo processo e le proposte connesse al Dialogo legislativo transatlantico e all’Assemblea transatlantica rivestono un’importanza capitale.

Inoltre, è assolutamente decisivo sviluppare strategie a lungo termine ed essere in una posizione di redigere piani congiunti, entrambe le parti devono sapere quali saranno gli interessi comuni tra 10 o 20 anni in modo da potervi basare una politica pragmatica. Credo inoltre che la presidenza ceca prenderà questi elementi come spunto per intavolare una discussione in occasione dell’incontro con gli americani previsto per il 5 aprile al fine di rinsaldare i legami in nome degli interessi comuni.

Un’ultima osservazione: il sistema funzionerà solo se l’Unione europea sarà un partner più forte e più credibile, se disporrà di uno strumento come il Trattato di Lisbona e se acquisirà libertà di azione in politica estera. Chiedo pertanto che siano protetti anche i nostri interessi in questo momento e vi ricordo che dobbiamo compiere passi in avanti in modo da poter creare un partenariato autentico con gli Stati Uniti.

 
  
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  Erika Mann (PSE). – (EN) Signor Presidente, desidero esprimere alcune osservazioni sulle nostre relazioni economiche e ringrazio il collega, l’onorevole Millán Mon, per l’eccellente relazione.

Dobbiamo tenere ben presenti gli obiettivi che vogliamo conseguire. Il Parlamento europeo – cui si è aggiunto molto più tardi il sostegno del Consiglio e della Commissione – ha avanzato l’idea di rafforzare le relazioni economiche e di creare un mercato transatlantico. Dopo l’idea del mercato transatlantico è arrivata quella del Consiglio economico transatlantico (TEC). Ciascuna iniziativa può sopravvivere solo se c’è un sostegno forte da entrambe le parti. Il fatto che vi sia una nuova amministrazione negli Stati Uniti non significa automaticamente che sarà accordato un sostegno più forte per il Consiglio economico, viste le preoccupazioni per l’enorme crisi economica e finanziaria.

Pertanto esorto sia la Commissione che il Consiglio a garantire l’appoggio necessario alla proposta sul Consiglio economico transatlantico, in quanto siffatto appoggio non può essere dato per scontato.

Mi preme solamente ricordare tre questioni di attualità che rivestono una grande importanza e che in qualche modo dobbiamo risolvere. Una è l’agenda per la risoluzione delle controversie commerciali. Si tratta di un programma molto ampio, quindi vorrei concentrarmi su un unico tema importante, ossia il caso Airbus-Boeing che è stato deferito all’OMC e che viene continuamente rinviato. Vi esorto a trovare una soluzione. Non è nel programma del TEC, ma dobbiamo giungere presto ad una soluzione, altrimenti si verranno a creare dei problemi in un settore di primaria importanza.

Passando al mio secondo appello, vi chiedo di adoperarvi per giungere all’elaborazione di un piano e per garantire trasparenza sui temi dibattuti in ambito TEC. Lo abbiamo chiesto molte volte. So che il Consiglio vi sta lavorando, ma non abbiamo ancora compiuto dei validi progressi. Vorremo fosse indetta presto un’audizione sulla sicurezza dei container coinvolgendo entrambe le parti. Nell’ultimo incontro il TEC aveva raggiunto un accordo, ma è necessario dare un seguito a questo tema.

Per concludere, vi esorto a portare all’attenzione del TEC l’idea di identificare insieme un benchmark per le industrie ad alta intensità di energia. E’ l’unico modo per risolvere i problemi in questo comparto.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. DOS SANTOS
Vicepresidente

 
  
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  Anneli Jäätteenmäki (ALDE). – (EN) Signor Presidente, la prossima settimana il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, sarà in Europa per la sua prima tornata di visite per riaffermare il suo impegno verso l’alleanza e il dialogo transatlantici.

Con la sua elezione, egli ha portato speranza e cambiamento, non solo negli Stati Uniti, ma in tutto il mondo, compresa l’Europa. E’ imperativo che l’Unione europea crei delle reti di comunicazione per mantenere forte il dialogo con gli Stati Uniti su molti temi chiave, come il conflitto in Medio Oriente, la crisi economica ed il cambiamento climatico. Queste questioni sono problemi globali e quindi devono essere discussi, nell’ambito della cooperazione internazionale, con gli Stati Uniti, l’Unione europea, i paesi europei, la Cina, l’India e tutti gli Stati del mondo.

 
  
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  Bogusław Rogalski (UEN). – (PL) Signor Presidente, le elezioni americane negli Stati Uniti hanno segnato l’avvio di una nuova era nella storia delle relazioni con questo paese ed hanno altresì segnato una nuova era all’interno del paese stesso. Spero per gli Stati Uniti che il mutamento sia improntato all’evoluzione, non alla rivoluzione.

Provo tuttavia una certa ansia per lo strano rafforzamento delle relazioni tra Stati Uniti e Russia che è avvenuto a discapito di accordi internazionali stretti con paesi europei, come la Polonia o la Repubblica ceca, ad esempio, sulla costruzione dello scudo antimissilistico. Gli Stati Uniti infatti si sono rimangiati degli impegni già presi nei confronti di tali paesi. Ricordiamo inoltre la questione dei visti, che gli Stati Uniti richiedono ancora per certi paesi membri. Sono cose che non dovrebbero accadere nelle relazioni transatlantiche tra Unione europea e Stati Uniti.

Il rafforzamento della cooperazione transatlantica deve essere una questione di speciale importanza nella lotta contro il terrorismo, una lotta che si deve fondare soprattutto sul rispetto del diritto internazionale. Come ha affermato il presidente Obama: “Nessun paese per quanto grande o potente può vincere queste sfide da solo”. Dobbiamo ricordarcelo in quest’Aula, poiché spesso ho l’impressione che il Parlamento pensi che l’Unione europea possa affrontare questa sfida globale da sola.

 
  
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  Zbigniew Zaleski (PPE-DE). – (PL) Signor Presidente, nella sua relazione l’onorevole Millán Mon, ma anche il commissario e il ministro, hanno presentato possibili soluzioni, strategie e obiettivi che dovrebbero fungere da guida nella cooperazione con l’America. Nel mio intervento desidero ritornare su un altro ragionamento e condividerlo con voi.

Credo che lo slogan elettorale di Barack Obama – “The change we need” – riguardi anche noi europei. Dobbiamo infatti cambiare il nostro atteggiamento verso gli Stati Uniti. Da un lato, ammiriamo la ricchezza, l’economia, la scienza, il cinema, la musica e la libertà di una società che storicamente è giovane. Dall’altro, rileviamo una certa avversione e persino ostilità, soprattutto da parte di molti esponenti della sinistra, per la politica, la religiosità e il capitalismo americani. Paradossalmente, la Russia invece viene sempre considerata un amico a prescindere dal suo comportamento e dalle azioni esecrabili che mette in atto, come l’assassinio di giornalisti, mentre l’America è vista come un partner che veste i panni del nemico, e preciso che si tratta di un nemico che ci ha aiutato a liberare l’Europa dal nazismo, che non era obbligato a compiere sacrifici, ma che lo ha fatto di sua spontanea volontà. L’America viene percepita come un nemico che ha aiutato a ricostruire l’Europa. Nonostante tutto non si è guadagnata il titolo di partner permanente di coalizione.

Parlo sulla base di riferimenti oggettivi e giudizi appropriati fondati sul buon senso, non sull’unica ideologia ritenuta corretta e giusta che risuona da Mosca come un’eco. Le azioni ingiuste o sbagliate degli Stati Uniti devono essere valutate come tali, ma le azioni positive, atte a consentirci di centrare gli obiettivi dell’UE devono essere apprezzate. La cooperazione deve basarsi su fatti reali e, al contempo, su una volontà costante di risolvere i problemi insieme. Le molte dichiarazioni, gli applausi, gli emendamenti e intere risoluzioni proposte dalla sinistra cui ho assistito negli ultimi quattro anni spesso si fondavano su un atteggiamento negativo generalizzato, non necessariamente supportato dai fatti. Consentitemi di pronunciare un’ultima frase, signor Presidente, Barack Obama è diventato presidente per volere della nazione, una nazione con cui vale la pena di collaborare, una nazione che protegge valori che sono importanti anche per noi.

 
  
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  Libor Rouček (PSE). – (CS) Onorevoli colleghi, l’Europa e gli Stati Uniti si trovano ad affrontare tutta una serie di problemi e di sfide globali. La crisi economica e finanziaria, i problemi connessi al surriscaldamento globale, il terrorismo, la proliferazione degli armamenti nucleari, problemi irrisolti e conflitti nel Medio Oriente, in Iraq e in Afghanistan e molti altri problemi. Né l’UE né gli Stati Uniti possono superarli senza una necessaria cooperazione, come la cooperazione strategica ed un partenariato strategico di cui si è già parlato in questa sede. Il partenariato si basa sui valori condivisi di libertà, diritti umani e civili e democrazia, valori che negli ultimi 60 anni hanno dato prova di essere ancora validi e vitali.

Con l’insediamento della nuova amministrazione negli Stati Uniti la volontà di cooperare è enorme. Alcune settimane fa alcuni di noi hanno avuto l’opportunità di visitare Washington e di parlare, oltre che con alcuni sottosegretari del Dipartimento di Stato, anche con i nostri omologhi del Congresso e del Senato e con esponenti di diverse istituzioni scientifiche. C’è la volontà di cooperare, di fare le cose insieme e di risolvere i problemi in maniera congiunta. Pertanto anch’io mi unisco all’invito rivolto ai deputati di quest’Assemblea di instaurare una cooperazione più stretta e più intensa con le controparti statunitensi.

Ad ogni modo la cooperazione strategica tra Europa e Stati Uniti non deve rivolgersi contro paesi terzi, contro partner come la Russia o la Cina. Infatti i problemi del disarmo o del controllo sulle armi nucleari non possono essere risolti senza la cooperazione della Russia. Pertanto accolgo con favore, ad esempio, il rilancio dei colloqui sul trattato START e accolgo con favore anche le discussioni con i partner russi sul tema delle difese antimissilistiche statunitensi in Europa. Sono tutte questioni importanti. Per concludere, desidero esprimere i miei migliori auguri alla presidenza ceca per l’imminente vertice di Praga e ringrazio l’onorevole Millán Mon per la relazione.

 
  
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  Ignasi Guardans Cambó (ALDE). – (ES) Signor Presidente, nel discorso pronunciato negli Stati Uniti, a Washington, il primo ministro Brown ha affermato – in qualità di primo leader politico a prendere la parola nella capitale dopo le elezioni – che politicamente non c’è mai stato nella storia un periodo in cui l’Europa è stata così ben disposta verso gli Stati Uniti. Ed è assolutamente vero. Non c’è mai stato così tanto proamericanismo, così tanto americanismo, potremmo dire, all’interno delle nostre società in genere e, ovviamente, anche nella sfera politica, culturale e sociale.

Dobbiamo trarre vantaggio da questo fatto. Si tratta di un sentire comune che va al di là della simpatia personale per il nuovo governo e che si coniuga con un’agenda comune nuova ed ampia che traccia il lavoro futuro, un’agenda che è stata affrontata ed illustrata molto bene nella relazione su cui saremo chiamati a votare domani.

E’ altresì molto importante, tuttavia, tenere ben presente il fatto che, pur condividendo molte cose, i nostri interessi non sempre coincidono e quindi in alcuni ambiti – come accade tra amici che si parlano faccia a faccia, guardandosi negli occhi, e poi continuano a lavorare insieme – vi sono certe aree in cui avremo sempre delle differenze. In effetti, abbiamo società diverse cui provvedere e mi riferiscono in special modo agli ambiti economici e commerciali; in questo comparto vi sono questioni aperte che dovranno essere risolte con la migliore cooperazione possibile, ma senza dimenticare la posizione di ciascuna parte.

In siffatto contesto l’Unione europea deve farsi un’autocritica, pensando a cosa dovrebbe fare e a cosa dovrebbe migliorare per essere credibile. Sappiamo che, quando sarà adottato il Trattato di Lisbona, avremo strumenti più chiari e allora potremo avvalercene. A partire da adesso dobbiamo però capire che, se vogliamo guadagnarci rispetto ed essere un interlocutore per gli Stati Uniti, dobbiamo riformare anche il nostro modo di operare.

 
  
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  James Elles (PPE-DE). – (EN) Signor Presidente, la relazione di cui stiamo discutendo riveste una grande importanza, come testimonia il fatto che il relatore, l’onorevole Millán Mon, è riuscito a farla approvare quasi all’unanimità dalla commissione per gli affari esteri. Non credo sia mai accaduto in passato: tutti i gruppi si sono uniti per dimostrare che sono a favore di un partenariato transatlantico più forte. Ho notato infatti che in questa relazione per la prima volta lo definiamo il partenariato più strategico che abbiamo. Ne abbiamo molti altri, ma questo per l’Unione europea è fondamentale.

Come è stato detto prima, c’è un tono nuovo, ma anch’io ho la sensazione che provenga più dal fatto che gli americani guardano a cosa può fare l’Europa per essere un partner nel sistema mondiale e quindi dobbiamo pensare a cosa possiamo fare per dare un contributo in questo processo.

Il punto focale del dibattito lo ha segnato lei, signora Commissario, quanto ha affermato che vogliamo più di un dialogo strategico, vogliamo la capacità di vedere le tendenze a lungo termine, come avviene con la relazione NIC sul 2025, per essere in grado di guardare lontano e compiere un’analisi comune per poi riuscire a realizzare un’azione comune insieme. Immagino ci voglia una qualche iniziativa da parte dell’Unione europea, forse dovremmo prevedere un sostegno nel bilancio del 2010 per poter formulare un ragionamento a lungo termine – in quanto sono poche le prospettive a lungo termine sia nell’ambito della Commissione che anche in quest’Aula in relazione alle tendenze a lungo termine, come invece avviene con la relazione NIC.

In questo modo, disporremo di un sistema per istituire una serie di norme più giuste per coinvolgere europei e americani nella discussione. Negli ultimi cinque anni abbiamo assistito a un enorme viavai di consulenti statunitensi che sono venuti a Bruxelles a dirci cosa dovevamo fare su aspetti specifici di politica, ma sono pochi gli europei a Washington che riescono a far presente agli americani le nostre idee sulla definizione della politica europea. Dobbiamo concentrarci su questo aspetto, fornendo il giusto contributo di bilancio, in modo da creare l’impatto che vogliamo per avere un contributo equo e poter prendere parte a pieno titolo alle discussioni transatlantiche.

 
  
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  Ana Maria Gomes (PSE). – (EN) Signor Presidente, salvato dalle ceneri lasciate dall’amministrazione Bush grazie all’elezione di Obama, il partenariato transatlantico non è più sufficiente per superare le principali sfide cui si deve confrontare l’umanità, ma è ancora necessario.

L’Europa deve cogliere questa opportunità e strutturare con gli Stati Uniti la strategia per uscire dall’attuale crisi globale, garantire la sicurezza dei cittadini – il che non significa solamente riformare il sistema finanziario internazionale, ma disciplinare l’intero processo di globalizzazione e investire in un’economia sostenibile su scala mondiale.

Occorre più Europa ed un’Europa più forte per aiutare il presidente Obama a chiudere Guantánamo, porre fine ai centri di detenzione segreti, definire una strategia alternativa per le sfide alla sicurezza in Afghanistan, Pakistan, Iran e Sudan, e portare giustizia e pace agli israeliani e agli arabi.

Abbiamo bisogno di un’Europa più forte e di un partenariato autentico con gli Stati Uniti per centrare gli obiettivi di sviluppo del millennio. Solo con un’Unione europea in grado di condividere gli oneri ed assumersi le proprie responsabilità globali, un’Unione che non sia solamente la somma delle sue parti, saremo presi sul serio da Washington, riusciremo ad influenzare le politiche dell’amministrazione Obama e saremo in una posizione di dar vita ad un partenariato transatlantico autentico di cui il mondo ha ancora bisogno.

 
  
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  István Szent-Iványi (ALDE). – (HU) Nel discorso pronunciato a Berlino l’anno scorso Barack Obama ha affermato che l’America non ha partner migliore dell’Europa. E’ abbondantemente giunto il momento di affermare anche dal canto nostro che gli Stati Uniti d’America sono il nostro più importante partner nel mondo. Dobbiamo cercare alleati tra coloro con cui condividiamo valori comuni ed interessi comuni, non tra coloro che sono molto distanti da noi.

L’Europa non ha alternative alle relazioni transatlantiche. L’intero mondo occidentale si trova dinanzi a gravi sfide: il terrorismo internazionale, la proliferazione nucleare, il cambiamento climatico e la crisi economica. In questo scenario possiamo riuscire a conseguire risultati solo se rimaniamo uniti.

Per quanto concerne la crisi economica, la tentazione del protezionismo si avverte in ogni paese. Negli Stati Uniti, per quanto ci è dato di sapere, è stato infatti annunciato il programma “Buy American”. Dobbiamo agire insieme contro il protezionismo, poiché in fin dei conti il protezionismo non ci protegge, anzi è dannoso per tutti.

La prima tornata di visite del presidente Obama in Europa è contornata da grandi aspettative. Ci auguriamo che il G20 getti le fondamenta di una risposta istituzionale comune e fissi norme comuni per consentirci di superare la crisi economica mondiale.

L’Europa ambisce a divenire un attore internazionale di spicco. Il trattato di Lisbona crea i presupposti istituzionali affinché ciò accada, ma nulla può prendere il posto della volontà politica. Dobbiamo assumere un ruolo più ampio sulla scena internazionale, poiché solo in questo modo possiamo realizzare le nostre ambizioni.

 
  
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  Călin Cătălin Chiriţă (PPE-DE) . – (RO) Ringrazio l’onorevole Millán Mon per l’eccellente relazione sulle relazioni transatlantiche.

In qualità di deputati al Parlamento europeo, dobbiamo insistere affinché l’Unione europea e gli Stati Uniti d’America sviluppino una strategia comune nei confronti dei sei paesi dell’Europa orientale, ossia Moldavia, Ucraina, Georgia, Armenia, Azerbaigian e Bielorussia, che sono il perno della politica europea di vicinato, in modo da conseguire risultati specifici a lungo termine nell’attuazione del partenariato orientale e in relazione alla sinergia per il Mar Nero. Sono lieto che il mio emendamento sull’argomento sia stato incorporato nel testo e ringrazio i colleghi per aver sostenuto questa idea.

Un altro tema di particolare interesse è la proposta del relatore sull’abolizione dell’obbligo di richiedere il visto per i cittadini europei che intendono recarsi negli Stati Uniti. Tutti i cittadini europei devono essere trattati allo stesso modo. E’ inammissibile che parte dei cittadini dell’Unione europea siano trattati come cittadini di seconda classe.

Mi preme sottolineare gli importanti progressi specifici che sono stati compiuti al fine di ottenere l’abolizione dell’obbligo del visto. Ad esempio, in Romania dal gennaio 2009 sono stati introdotti i nuovi passaporti biometrici, dotati di microchip con i dati personali del titolare, che hanno 50 elementi di sicurezza, 18 in più dei passaporti attualmente in uso. Tuttavia, non credo che i passaporti biometrici debbano rappresentare una condizione per non essere inclusi nel programma di esenzione dal visto.

L’inclusione di tutti gli Stati membri deve essere una priorità nel dialogo tra la Commissione europea e gli Stati Uniti.

 
  
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  Józef Pinior (PSE). – (PL) (inizialmente il microfono era spento) [...] mentre il presidente Obama lancia il suo messaggio al G20 di Londra. La crisi economica è diventata una sfida per tutto il mondo, ma è anche un’opportunità per approfondire e riformulare le relazioni transatlantiche. La relazione dell’onorevole Millán Mon conferma gli aspetti strategici del partenariato tra Unione europea e Stati Uniti e testimonia chiaramente l’importanza che il Parlamento europeo attribuisce alle relazioni transatlantiche.

Questo nuovo capitolo nelle relazioni tra UE e Stati Uniti dovrebbe altresì essere usato per intensificare l’attività delle istituzioni comunitarie negli Stati Uniti. Mi riferisco alle istituzioni europee, alle università europee e alle fondazioni europee. Adesso è il momento di riformulare il nostro partenariato affinché l’Europa mostri a Washington e agli Stati Uniti il potenziale dell’Unione europea di oggi, il potenziale della scienza, della cultura e della civiltà europee. Dobbiamo sfruttare il fatto che gli Stati Uniti hanno un nuovo presidente – un presidente che presenta l’America come l’Europa l’ha sempre vista: un simbolo di democrazia e di libertà.

 
  
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  Toomas Savi (ALDE). – (EN) Signor Presidente, il presidente Obama ha affermato: “L’America non ha partner migliore dell’Europa”. La cosa è reciproca e molti di noi ne convengono. L’elezione del presidente Obama ha aperto un nuovo capitolo nelle relazioni transatlantiche dopo le gravi battute d’arresto che gli erano state inferte. In qualità di vicepresidente della delegazione per le relazioni con il Canada mi sono persino trovato in una situazione in cui il Canada fungeva da mediatore tra l’Unione europea e gli Stati Uniti.

In secondo luogo, accolgo con favore l’impegno del presidente Obama verso la diplomazia nei confronti della Repubblica islamica dell’Iran. Tuttavia, essendo sostenitore del gruppo “Friends of a Free Iran”, spero che sarà coinvolta anche l’opposizione democratica in Iran. I negoziati con questo paese devono essere trasparenti su tutti i fronti. Mi auguro che questa nuova era nelle relazioni tra l’UE e gli USA si estenda anche alle relazioni che gli Stati Uniti intrattengono con paesi terzi. Ora alle grandi aspettative che nutre l’Europa dopo l’elezione del presidente Obama devono seguire azioni concrete.

 
  
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  Alojz Peterle (PPE-DE). – (SL) La nuova agenda transatlantica era nuova nel 1995. Da allora sono cambiate molte cose e per tale ragione occorre un nuovo accordo di partenariato.

Sono passati vent’anni dal crollo del muro di Berlino e a quell’evento ha fatto seguito lo storico allargamento dell’Unione europea. Da allora abbiamo assistito al tragico ritorno del terrorismo e a nuove minacce alla pace nella regione. Inoltre abbiamo dovuto prendere atto del cambiamento climatico e abbiamo affrontato crisi finanziarie, economiche ed energetiche. Sarebbe stato opportuno se ne avessimo tenuto conto all’indomani del crollo del comunismo e se avessimo guardato alla condizione del mondo con maggiore sensibilità per l’interdipendenza degli attori globali. Il nostro partenariato più stretto con gli Stati Uniti deve quindi essere sviluppato nel contesto di nuove sfide e di nuove intuizioni.

Non dobbiamo affrontare solo una crisi finanziaria o economica. Ci troviamo dinanzi anche ad una crisi di leadership mondiale. Dobbiamo compiere dei progressi su una serie di fronti simultaneamente. Non riusciremo a riformare il sistema finanziario internazionale se non saranno compiuti dei progressi nel processo di Doha e se non saranno conseguiti risultati più positivi sul fronte della pace e della lotta contro la povertà.

Parlando di multilateralismo efficiente, esso deve essere sviluppato in modo da assicurare che tutti ci guadagnino. “Yes, we can”.

In questo spirito reputo opportuno istituire consultazioni politiche sistematiche tra le due parti e, in particolare, ritengo necessario il rafforzamento della dimensione parlamentare della cooperazione mediante l’istituzione dell’Assemblea transatlantica. Per quanto concerne la relazione, sono particolarmente lieto per l’enfasi posta sull’eliminazione delle restrizioni agli investimenti e ai servizi finanziari transatlantici.

In conclusione, accolgo inoltre con favore la volontà espressa nella relazione di intensificare la cooperazione sui programmi spaziali, segnatamente tra l’Agenzia spaziale europea e la NASA. Con questo non voglio dire che desidero diventare un astronauta, ma sicuramente ho a cuore le nuove tecnologie.

 
  
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  Helmut Kuhne (PSE). – (DE) Signor Presidente, la stragrande maggioranza dei cittadini nell’Unione europea, probabilmente la maggior parte dei governi e quasi certamente la maggioranza di questo Consesso in novembre speravano che Barack Omaba fosse eletto. E’ stato un fatto positivo, nonostante lo scetticismo che è trapelato oggi in alcuni interventi pronunciati nel dibattito sul fatto che in effetti si sia trattato di un fatto positivo.

Ovviamente l’Europa deve rappresentare consapevolmente le proprie posizioni in futuro, ma il tempo dei commenti malevoli sugli Stati Uniti è passato, poiché adesso non abbiamo più scuse e non possiamo più addossare la colpa di tutto a George Bush. Pertanto si delinea per noi un compito. La politica sulle relazioni transatlantiche da parte dell’Unione europea e da parte del Parlamento non può più consistere semplicemente nel girare le istanze nella direzione degli Stati Uniti; adesso dobbiamo rispondere dando il nostro contributo al fine di rendere efficiente questo partenariato.

Si prenda, ad esempio, l’Afghanistan, un tema cui hanno fatto accenno diversi colleghi. Che cosa vogliamo che faccia l’Unione europea per intensificare e rafforzare le missioni di polizia, per far progredire il sostegno civile e la ricostruzione civile in questo paese? Sarebbe questo un nostro compito come UE, mentre la NATO si può occupare dell’aspetto militare. E’ un argomento di cui dobbiamo discutere molto approfonditamente. Noi cosa abbiamo da offrire?

 
  
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  Janusz Onyszkiewicz (ALDE). – (PL) Signor Presidente, per 50 anni dalla fine della guerra il fondamento che soggiaceva alla visione della sicurezza in Europa occidentale era rappresentato dalla stretta alleanza con gli Stati Uniti e dal principio secondo cui la sicurezza era indivisibile; la sicurezza degli Stati Uniti era direttamente connessa alla sicurezza dell’Europa. Sembra, però, che con la fine della guerra fredda e con il rinvio a tempo indeterminato, si spera, di un potenziale conflitto su vasta scala in Europa, questo principio non debba essere sconfessato. Anzi, deve essere riaffermato e deve essere il fondamento della nostra visione di sicurezza comune.

In secondo luogo, desidero commentare le affermazioni che l’onorevole Kuhne ha pronunciato poc’anzi. Gli Stati Uniti hanno posto fine all’era dell’azione politica unilaterale e sono pronti a dialogare con l’Europa; stanno già prendendo decisioni congiunte in partenariato con l’Europa. Dobbiamo, però, chiederci se noi siamo pronti e se possiamo garantire affidabilità nell’attuazione delle decisioni assunte congiuntamente.

 
  
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  Tunne Kelam (PPE-DE). – (EN) Signor Presidente, l’onorevole Millán Mon ha presentato un’importante ed eccellente relazione. Ora dobbiamo pensare a come metterla in atto senza perdere tempo.

La crisi economica mondiale costituisce un incentivo pratico per le due più grandi democrazie del mondo affinché uniscano le proprie forze sulla base di valori condivisi e sistemi economici simili, poiché USA e UE insieme rappresentano oltre la metà del PIL mondiale. L’onorevole Severin ha osservato molto bene la reciprocità strategica, indicando che l’Europa ha bisogno di Stati Uniti forti e gli Stati Uniti hanno bisogno di un’Europa forte. Se questi due partner riescono a coordinare le proprie attività in maniera migliore e più efficiente, si produrrà un profondo effetto positivo sulla stabilità mondiale e su molte delle tematiche regionali specifiche.

Ebbene sì, un maggiore interesse verso l’Europa, una maggiore flessibilità e una maggiore apertura da parte dell’amministrazione statunitense rappresentano un’opportunità positiva che va colta. Bisogna ad ogni modo ricordare sempre che le relazioni con gli Stati Uniti continuano ad essere il partenariato strategico più importante dell’Unione europea. Non è però il momento delle dichiarazioni, bisogna passare all’attuazione e sono tre le priorità che la relazione mette in luce. Chiediamo che l’accordo ormai in atto da 14 anni sia sostituito con un nuovo accordo di partenariato transatlantico in cui deve essere incluso anche il Consiglio economico. Chiediamo altresì che sia istituito un Consiglio politico transatlantico e che siano riviste le relazioni parlamentari mediante l’Assemblea transatlantica.

 
  
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  Martí Grau i Segú (PSE). – (ES) Signor Presidente, l’elezione del presidente Obama ha segnato una svolta storica per gli Stati Uniti, e la speciale importanza che questo evento riveste è sentita e condivisa diffusamente anche in Europa.

Il presidente Obama oggi è sulla stessa identica linea d’onda dell’Europa riguardo all’azione politica, che si basa sulle parole chiave “ricostruzione” e “ripresa”.

Il discorso pronunciato ieri dal primo ministro Brown in quest’Aula dimostra chiaramente che esiste un’intesa reciproca. Senza dubbio parole come “ricostruzione” e “ripresa” meritano tutta la leadership proattiva possibile, vista la crisi attuale. In tale contesto è opportuno pianificare uno sviluppo verso l’economia verde in cui la crescita e la protezione ambientale non siano contrapposte, ma siano il perfetto complemento l’una dell’altra.

D’altro canto, intravediamo anche una ricostruzione e una ripresa in relazione ai ponti che collegano l’Europa e gli Stati Uniti e che negli ultimi dieci anni hanno subito dei danni.

Il ritorno degli Stati Uniti al multilateralismo è un ottimo segno per l’Europa e rende più fattibili i nostri obiettivi di pace, giustizia e prosperità sul piano mondiale. Negli ultimi anni, però, si è verificata anche una frattura tra le società civili delle due sponde dell’Atlantico.

Noi, in quanto Istituzioni europee, dobbiamo favorire l’interazione a tutti i livelli tra organizzazioni, mondo accademico, mezzi di comunicazione ed entità della sfera sociale per garantire che questa frattura possa essere sanata.

 
  
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  Luís Queiró (PPE-DE). – (PT) Pur non condividendo totalmente la tesi dell’onorevole Gomes, che è intervenuta pochi istanti fa, dicendo che le relazioni transatlantiche sono rinate con l’elezione del presidente Obama, credo sia chiaramente esagerato affermare che tali relazioni sono finite. Il documento di cui discutiamo oggi ne è l’ennesima riprova e quindi mi congratulo con il relatore.

L’Europa e gli Stati Uniti da lungo tempo costituiscono un’alleanza imprescindibile per la prosperità, lo sviluppo e la globalizzazione. L’Europa e gli Stati Uniti da lungo tempo condividono sfide comuni e persino nemici comuni, fatto che alcuni, soprattutto su questa sponda dell’Atlantico, stentano a riconoscere. Da lungo tempo sia gli europei che gli americani sanno cosa bisogna fare per soddisfare le esigenze di un mondo che continua ad essere ingiusto, ineguale e pericoloso e che ora versa in una crisi globale.

Tuttavia, la crisi non deve farci fare marcia indietro, e nemmeno allentare la nostra determinazione diplomatica o l’impegno politico e militare, che deve invece essere in linea con i nostri obblighi di alleati; non bisogna nemmeno voltare le spalle all’economia globale o permettere il ritorno del protezionismo, in quanto sarebbe fatale per il rilancio delle nostre economie.

Alla mercé di un’economia che è stata aperta su scala mondiale, l’Europa e gli Stati Uniti ora hanno trovato alleati affidabili come il Giappone, l’India, il Brasile e diversi paesi asiatici.

Nonostante la crisi attuale vi sono molte nazioni al mondo che guardano ancora ai nostri paesi e che sperano un giorno di vivere come noi. Per tutte queste nazioni l’Europa e gli Stati Uniti devono diventare l’alleanza che guida, condivide e globalizza l’economia della prosperità.

Anche per questo motivo il prossimo vertice G20 è così importante, non perché è un’opportunità per capire chi è più vicino a Barack Obama, ma perché rappresenta un’occasione per dimostrare che siamo in grado di dare risposte e ad assicurare una guida: coopereremo con la nuova amministrazione sulle necessarie riforme, ma dobbiamo tenere presente che solo il modello economico basato sulla forza creativa dell’umanità porterà alla ricchezza – e intendo ricchezza, non ingordigia – alla creazione di occupazione e allo sviluppo oltre che al superamento della crisi.

Signor Presidente, non vi sono alternative, se vogliamo una soluzione a lungo termine per generare nuovi posti di lavoro o per dar prova di solidarietà verso coloro che ne hanno più bisogno in questo difficile periodo.

 
  
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  Dushana Zdravkova (PPE-DE) . – (BG) Signora Commissario, desidero ringraziare il relatore, l’onorevole Millán Mon, per l’esaustiva relazione e per la posizione definitiva espressa sull’abolizione dei visti.

A quattro anni dall’avvio dei negoziati sull’abolizione dell’obbligo del visto tra Stati Uniti ed Unione europea 80 milioni di cittadini degli Stati membri devono ancora fare la fila e richiedere il visto sul passaporto. Nonostante i risultati significativi conseguiti sinora, l’amministrazione USA si rifiuta di compiere l’ultimo passo ed applicare il principio di reciprocità ai rimanenti cinque Stati membri, includendoli nel programma di esenzione dal visto.

Nella nostra risoluzione del 22 maggio 2008 avevamo chiesto l’avvio di negoziati sull’inclusione di tutti gli Stati membri in tale programma in modo da giungere ad una conclusione prima delle elezioni europee indette per giugno. La mancanza di progressi su questo fronte sta diventando preoccupante come pure le numerose indicazioni che compaiono sulla stampa secondo cui non vi sarà alcun cambiamento reale nella politica americana.

Desidero inoltre sottolineare la visita a Washington del commissario Barrot della settimana scorsa, nel corso della quale sono continuati i negoziati per l’abolizione dei visti. Non è ancora chiaro quali saranno i risultati specifici di tale visita. Temo però che, a prescindere dagli sforzi profusi dalla Commissione, gli obiettivi che ci prefissiamo non saranno conseguiti entro la fine del mandato del Parlamento.

Tuttavia, tengo altresì a far presente che purtroppo alcune delle azioni messe in atto da singoli Stati membri stanno convincendo i nostri partner americani a non vedere l’Unione europea come un’entità unita. Per tale ragione colgo questa occasione per chiedere a tutti i governi europei di cambiare la loro politica e di prendere provvedimenti specifici in modo da accordare un sostegno reale ai rappresentati della Commissione europea.

Inoltre esorto tutti i colleghi a sostenere la dichiarazione che è stata promossa da alcuni deputati, tra cui anche la sottoscritta, a favore dell’abolizione dei visti da parte degli Stati Uniti nei confronti dei cittadini di tutti gli Stati membri dell’Unione europea.

 
  
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  Urszula Gacek (PPE-DE). – (EN) Signor Presidente, l’elezione del presidente Obama è stata salutata con entusiasmo sia negli Stati Uniti che in Europa, ma ci si aspetta molto dal 44° presidente degli Stati Uniti. Egli deve confrontarsi con una serie di sfide che nessun capo di Stato in tempo di pace è mai stato chiamato ad affrontare. Sul fronte interno è alle prese con una crisi finanziaria ed economica che rischia di provocare il crollo dei mercati finanziari, che ha investito l’economia mondiale e che è ancora lungi dall’essere superata. Si è impegnato a trovare una soluzione per l’Afghanistan devastato dalla guerra e a contrastare le conseguenze che si stanno manifestando in Pakistan. Deve arginare il pericolo dell’Iran che si appresta ora più che mai a divenire una potenza nucleare.

Io credo in relazioni transatlantiche forti basate sui nostri valori comuni di democrazia e di economia di libero mercato. Rispettiamo le priorità che sono state fissate dal presidente Obama e dalla nuova amministrazione. Non ci offendiamo se gli Stati Uniti ritengono che alcuni di questi obiettivi possano essere raggiunti solo mediante una cooperazione tra USA e Russia. L’Europa sta porgendo la mano agli Stati Uniti. Solo alcune settimane fa in quest’aula avevamo dichiarato la nostra disponibilità a lavorare insieme per chiudere Guantánamo e per ricollocare i prigionieri.

I paesi membri dell’ex blocco orientale hanno un particolare debito di riconoscenza verso gli Stati Uniti. Siamo stati accolti nella comunità transatlantica diversi anni prima di aderire all’UE. La Polonia, dal canto suo, ha dato prova della sua gratitudine, esprimendo la disponibilità a sostenere gli Stati Uniti in caso di necessità, anche mediante un impegno militare in Iraq e in Afghanistan. Mi appello alla nuova amministrazione affinché non dia del tutto per scontato questo sostegno. La generazione dei giovani polacchi cresciuti nella democrazia ha velocemente dimenticato questo debito di riconoscenza. Nel realizzare i suoi obiettivi più ampi, gli Stati Uniti non devono dimenticare che questi fidi alleati hanno delle sensibilità, specialmente quanto si pigia il pulsante di riavvio delle relazioni USA-Russia.

 
  
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  Geoffrey Van Orden (PPE-DE). – (EN) Signor Presidente, desidero esprimere alcune osservazioni improntate alla cautela e rivolte in particolare all’amministrazione Obama. Negli ultimi sessant’anni gli Stati Uniti hanno avuto tutta una serie di atteggiamenti verso l’integrazione europea. Naturalmente la prospettiva è quella di un esterno e quindi gli USA potrebbe persino immaginare – erroneamente, credo – che tale integrazione sia simile all’esperienza storica dell’America. E’ questa, però, la visione fomentata dalla tendenza federalista dominante all’interno delle Istituzioni comunitarie. Il pericolo è che gli interlocutori statunitensi accettino la versione raccontata dall’UE come un fatto, invece che come una storia presentata come oggettiva, ma con molti contenuti fuorvianti e del tutto immaginari.

Gli Stati Uniti devono comprendere che siamo in molti a ritenere che l’UE stia imboccando la direzione sbagliata e che l’aspirazione di creare uno Stato chiamato Europa non rispecchi i desideri dei cittadini, i quali sono giustamente attaccati alla sovranità delle nazioni e alla facoltà di cui sono depositari di eleggere o di far cadere i governi.

Non è nemmeno nell’interesse degli Stati Uniti che l’impegno liberamente assunto da molti paesi europei verso la coalizione sia usurpato da un’Unione europea che ha una mentalità diversa.

Devo dire che ho molto rispetto per l’onorevole Millán Mon e posso approvare molti dei sentimenti espressi nella relazione, ma non l’essenza del testo, che punta ad elevare il ruolo dell’UE ad unico portavoce nei rapporti con gli Stati Uniti.

 
  
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  Ioan Mircea Paşcu (PSE). – (EN) Signor Presidente, pur riconoscendo che l’unità dell’Occidente ci ha aiutato a conquistare l’indipendenza e a porre fine alla guerra fredda, nel periodo in cui i nostri paesi hanno aderito alla NATO e all’UE le relazioni transatlantiche non erano nella loro forma migliore.

La crisi attuale e le sfide comuni che essa pone – il deterioramento delle condizioni di sicurezza, problemi globali come l’energia, il cambiamento climatico, la proliferazione nucleare e i nuovi centri di potere insieme ai problemi regionali come il Medio Oriente, l’Afghanistan, il Pakistan, l’Iran e l’Africa – richiedono che la cooperazione transatlantica sia intensificata al massimo.

In tale contesto la relazione rende un contributo positivo, proponendo primariamente dei modi per istituzionalizzare queste relazioni, per adottare un approccio comune verso la Russia e verso i sei paesi dell’Europa orientale, per conseguire un mercato transatlantico unificato, per integrare gradatamente i nostri mercati finanziari e per estendere il programma di esenzione dal visto a tutti i paesi membri dell’UE.

Non possiamo permetterci di fallire. Il prezzo che l’Occidente dovrebbe pagare sarebbe la perdita dell’iniziativa negli affari mondiali, e forse per lungo tempo.

 
  
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  Alexandru Nazare (PPE-DE) . – (RO) A fronte degli sviluppi che si sono verificati negli ultimi anni nell’Unione europea rispetto all’amministrazione USA e sul piano mondiale in genere, credo sia tempo di rivedere il partenariato transatlantico per adattarlo alle nuove realtà.

In tale contesto accolgo con favore la relazione del collega, onorevole Millán Mon, e colgo l’occasione per ringraziarlo. La relazione condensa in un documento molto utile le principali priorità dell’Europa nelle relazioni con gli Stati Uniti. Sono lieto inoltre che gli emendamenti che ho presentato siano stati incorporati nel testo.

Vorrei ora formulare alcune osservazioni.

Prima di tutto la cooperazione nel settore della sicurezza deve continuare. E’ giunto il momento che l’Europa renda un contributo più sostanzioso in Afghanistan, che è teatro di una guerra cruciale per il futuro della regione. Desidero inoltre far presente che il mio paese, la Romania, ha fornito sostegno alle attività dispiegate dagli Stati Uniti sia in Iraq che in Afghanistan.

In secondo luogo, in tema di energia ritengo che serva un’azione congiunta per coordinare gli sforzi nel campo della ricerca e identificare nuove fonti di energia pulita.

Per quanto concerne le relazioni con la Russia, ho la sensazione che il momento sia propizio per adottare un approccio coerente nelle relazioni tra Stati Uniti ed Europa, da un lato, e Russia, dall’altro.

Infine, desidero esprimere un apprezzamento per le proposte particolarmente costruttive sull’istituzione di organismi consultivi transatlantici con competenza anche in materia di politica estera e di sicurezza.

 
  
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  Luis Yañez-Barnuevo García (PSE). – (ES) Signor Presidente, dovremmo urlare ai quattro venti: “Buone notizie! Buone notizie!”. Il presidente Obama ha compiuto un altro miracolo. Dopo molti anni è riuscito ad unire il Parlamento e l’Unione europea su un obiettivo comune, ossia il rafforzamento delle relazioni transatlantiche.

Vi è stato un momento simile in passato, quando il presidente Clinton e il primo ministro González siglarono l’agenda transatlantica nel 1995; all’epoca vi era un grande ottimismo per il futuro. Poi ci sono stati gli otto anni bui della presidenza Bush. Questo presidente fondamentalmente ha diviso i governi europei, ma non è riuscito a dividere così tanto l’opinione pubblica. La sua amministrazione ha sistematicamente abbandonato principi fondamentali per l’Unione europea, come il multilateralismo, il sostegno alle Nazioni Unite e la legalità internazionale.

Tutto questo adesso è in via di ricostruzione e abbiamo speranze ben fondate per il futuro delle relazioni tra Unione europea e Stati Uniti. Pertanto mi congratulo con l’onorevole Millán Mon per la magnifica relazione che giunge in un momento così opportuno per il rafforzamento delle relazioni tra i due continenti.

 
  
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  Íñigo Méndez de Vigo (PPE-DE). – (ES) Signor Presidente, anch’io vorrei unirmi alle urla festanti che inneggiano alla buona notizia cui ha dato voce l’onorevole Yañez-Barnuevo García, poiché credo che questa relazione segni una svolta nelle relazioni con gli Stati Uniti.

Recentemente una mia cara amica mi ha raccontato della sua visita negli Stati Uniti, dicendomi quanto era rimasta sorpresa per la mancanza di conoscenza delle nuove istituzioni e delle nuove procedure introdotte dal Trattato di Lisbona.

Se devo esprimere delle lodi per un aspetto particolarmente positivo dell’eccellente relazione redatta dall’onorevole Millán Mon è precisamente per questo motivo: essa colloca le relazioni transatlantiche nell’orbita del trattato di Lisbona e definisce tutti i principali meccanismi previsti dal trattato di Lisbona affinché l’Unione europea possa mantenere relazioni amicali con gli Stati Uniti.

In quanto europei, ci vengono forniti gli strumenti di cui abbiamo bisogno per articolare questa aspirazione europea, che era così necessaria in passato, che continua ad essere tale oggi e che indubbiamente rimarrà intatta in futuro.

Mi pregio di porgere le mie congratulazioni all’onorevole Millán Mon per l’eccellente relazione che ha presentato.

 
  
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  Alexandr Vondra, presidente in carica del Consiglio. − (EN) Signor Presidente, ringrazio per tutti i contributi e per commenti espressi in questo dibattito. Sono molto lieto che il Parlamento europeo, la Commissione e la presidenza condividano la medesima visione sui principali temi del dialogo strategico tra UE e Stati Uniti. Mi compiaccio per il grande sostegno espresso sugli argomenti che abbiamo scelto per il primo incontro informale con il presidente Obama e che sono: in primo luogo energia, sicurezza e cambiamento climatico, in secondo luogo cooperazione economica e in terzo luogo cooperazione sulla sicurezza e relazioni esterne.

Ho ascoltato attentamente le altre osservazioni che sono state formulate, come la necessità di costruire una nuova agenda transatlantica, intensificare la cooperazione nell’assistenza estera e nella politica di sviluppo, perseguire una cooperazione nel campo della giustizia e degli affari interni, mantenere l’impeto sul Consiglio economico transatlantico, esplorare la possibilità di istituire un Consiglio politico transatlantico, eccetera. Ne terremo conto nella preparazione del vertice UE-USA che è previsto per giugno.

I deputati che hanno sollevato altre questioni, come l’abolizione dei visti – visto che non tutti gli Stati membri dell’UE rientrano in questo programma – ricorderanno che un anno fa il mio paese ha preso l’iniziativa. Il tema è stato al centro di un dibattito in Parlamento, quindi posso garantirvi che continueremo a parlarne anche con l’amministrazione americana.

Per concludere, vorrei aggiungere alcune riflessioni che ora andrò a esporre. Pare chiaro che la nuova amministrazione USA abbia accolto molti dei messaggi che avevamo trasmesso negli ultimi mesi e anni in merito alle relazioni transatlantiche. Ora stanno rispondendo. Ad esempio, ci è stato chiesto di fornire un contributo strategico più sostanzioso sull’Afghanistan. E’ altresì chiaro che siffatto contributo strategico dovrà tramutarsi in un impegno molto pratico, quindi credo che lo terrete presente quanto discuteremo del contributo concreto al futuro della missione per l’Afghanistan. Non dovrebbe essere una sorpresa per noi una volta avviato un dibattito serio e approfondito. Quando il presidente Obama l’anno scorso a Berlino ha affermato che l’America non ha un partner migliore dell’Europa, non ha fatto semplicemente una dichiarazione di principio, ma ha altresì invitato l’Europa a dimostrarlo.

In secondo luogo è chiaro a tutti che le sfide all’orizzonte si stanno facendo più numerose e più complesse. Ritornando su uno dei punti esposti in apertura, quando l’UE e gli Stati Uniti trovano un accordo, possiamo contribuire a fissare l’agenda globale. In altri termini, dobbiamo anche assumerci la nostra parte di leadership e indurre gli altri a prestare il proprio sostegno e a fornire i mezzi atti a conseguire gli obiettivi prefissati. Tuttavia, per poterlo fare e per essere un partner credibile per gli USA, l’UE deve parlare con una sola voce nella massima misura possibile.

La presidenza ceca continuerà a garantire che il partenariato transatlantico rimanga una delle colonne portanti della politica estera dell’Unione europea. Sono ansioso di sviluppare ulteriormente queste relazioni per affrontare nuove sfide insieme e sono ansioso di continuare la cooperazione con il Parlamento in questo ambito.

 
  
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  Benita Ferrero-Waldner, membro della Commissione. − (EN) Signor Presidente, come molti hanno affermato, questo dibattito ha dimostrato che bisogna decidere come affrontare i principali problemi internazionali con un partner strategico cruciale come gli Stati Uniti d’America.

Avendo già formulato una serie di osservazioni pratiche e molto chiare all’inizio, ora mi limiterò ad esprimere alcuni commenti concreti.

In primo luogo, il ruolo dei legislatori e l’assetto istituzionale delle relazioni tra Unione europea e Stati Uniti rivestono una grande importanza. In linea di principio sosteniamo senza riserve il rafforzamento dei legami tra i legislatori dell’UE e degli Stati Uniti. L’iniziativa ovviamente deve venire dai legislatori stessi. So che il Parlamento europeo è pronto e questa disponibilità ora deve essere espressa anche dal Congresso. D’altro canto, ritengo che i legislatori europei potrebbero altresì coltivare contatti più intensi con il Senato, che ha un ciclo elettorale più lungo, mentre con i membri del Congresso, grazie alla loro competenza settoriale, potrebbero essere compiuti dei progressi nell’agenda del Consiglio economico transatlantico.

Il trattato di Lisbona, quando entrerà in vigore, conferirà al Parlamento europeo un ruolo rafforzato nella definizione del dialogo UE-USA, specialmente sui temi di carattere normativo; come è stato indicato, i consulenti saranno molto importanti non solo per la parte comunitaria, ma anche per la parte statunitense.

Per quanto concerne le istituzioni UE-USA, invito alla cautela, in primo luogo perché l’agenda transatlantica deve essere vertere più sulla sostanza più che sul processo. Nei nostri primi incontri con il presidente Obama pertanto, come ho detto prima, sarà importante dimostrare la capacità di concentrarci sui risultati.

Ad ogni modo, ho preso attentamente nota del vostro invito ad attuare una revisione degli accordi vigenti ai sensi della nuova agenda transatlantica. Intendo cominciare a rivedere le strutture per innalzarne l’efficacia. La Commissione infatti presenterà due proposte.

Desidero altresì esprimere alcuni brevi commenti sul Consiglio economico transatlantico (TEC). Il commissario Verheugen ha già avuto un incontro con il suo omologo statunitense, Michael Froman, il 23 marzo 2009. I temi principali del TEC per la nuova amministrazione sono i seguenti. In primo luogo, bisogna innalzare il profilo di questioni politiche strategiche, smorzando l’entità delle tematiche più tecniche nei programmi dei vertici. In secondo luogo c’è l’orizzonte temporale del futuro programma di lavoro – in questo ambito il Commissario Verheugen vuole fissare una prospettiva molto a lungo termine, ma tale aspetto va valutato rispetto al mandato della Commissione e abbiamo bisogno di risultati a breve termine. Infine, bisogna vedere come far fronte alle pressioni degli Stati membri – cui abbiamo promesso un programma a medio termine che non abbiamo ancora stilato – affinché si intensifichi il coinvolgimento nei lavori del TEC.

In secondo luogo tengo a precisare che, come comunità, condividiamo dei valori con gli Stati Uniti, ma rimane ancora del lavoro da fare. Pertanto continueremo ad incoraggiare gli Stati Uniti a firmare le principali convenzioni ONU sui diritti umani, compresa quella in tema di discriminazioni contro le donne e sui diritti del fanciullo – per citarne solo alcune. In questo ambito si colloca la nostra posizione sull’ICC, come è stato sottolineato in diverse occasioni all’amministrazione Bush, ma l’argomento sarà ripreso.

In terzo luogo, per quanto concerne l’abolizione dei visti e la reciprocità in questo settore, di cui molti di voi hanno parlato, sappiamo che, a seguito di sforzi sostanziali profusi dagli Stati membri e dall’UE, sette Stati membri sono stati ammessi al programma di esenzione dal visto nel novembre-dicembre 2008. Tuttavia, rimangono cinque paesi membri che non godono di questi benefici. Pertanto continueremo a dibattere la questione.

Posso assicurarvi che il vicepresidente Barrot e il ministro ceco Langer ne hanno parlato nuovamente la settimana scorsa a Washingtom. La controparte statunitense ha mostrato comprensione per la nostra posizione, ribadendo al contempo che l’azione del governo federale si basa su obblighi previsti dalla legge in cui è fissato chiaramente il quadro dei futuri ampliamenti del programma, aggiungendo che il Congresso esercita un attento monitoraggio. Inoltre il segretario Napolitano ci ha informato che un altro Stato membro è prossimo ad accedere al programma di esenzione dal visto.

Infine, per quanto riguarda, l’Afghanistan, oltre ad aver già conseguito molti risultati in passato, come ho detto prima, siamo pronti a rendere un contributo alla ricerca civile, e vi saranno dei fondi supplementari che saranno stanziati dal bilancio per le elezioni in Asia, per le operazioni di polizia e probabilmente per l’agricoltura, poiché è importante assicurare mezzi di sostentamento alternativi.

Sono sempre aperta alle nuove idee e, citando un esempio preso dalla relazione, una riguarda gli incontri dei ministri degli Esteri che potrebbero confluire nel Consiglio politico transatlantico che si occuperà di più di temi strategici. Come ho detto poc’anzi, intendiamo ravvivare l’agenda transatlantica esistente in siffatta prospettiva sullo sfondo del 15° anniversario della nuova agenda transatlantica che cade nel 2010.

 
  
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  Francisco José Millán Mon, relatore. − (ES) Signor Presidente, prima di tutto esprimo un ringraziamento per gli interventi e per le congratulazioni che ho ricevuto. Da questo dibattito, a mio giudizio, è emerso principalmente che esiste un ampio consenso sull’importanza delle relazioni tra l’Unione europea e gli Stati Uniti e sulla necessità di rinsaldarle, non solo attraverso un’agenda congiunta atta ad affrontare le grandi sfide e i gravi conflitti, ma anche attraverso nuovi meccanismi istituzionali.

Salvo un’eccezione, non ho riscontrato grosse obiezioni in merito ai due vertici annuali né sull’istituzione del Consiglio politico transatlantico e nemmeno ovviamente sulla necessità di migliorare e di rivedere il livello di dialogo tra legislatori su un piano più strutturato, mediante una sorta di assemblea transatlantica, come raccomandato nella relazione.

Su questo punto sono lieto che la signora commissario molto reputi utile il rafforzamento del dialogo tra legislatori e che né lei né il rappresentante del Consiglio si oppongono a questo genere di rafforzamento di altre istituzioni che credo sia reso, in gran parte, necessario dal trattato di Lisbona. Questa iniziativa è del tutto opportuna e apporterà molti benefici ad entrambe le parti.

Avendo un minuto a mia disposizione, non posso rispondere a tutti i commenti che ho sentito, ma desidero affermare che, rispetto alla Russia, come l’onorevole Severin sa, la relazione raccomanda una cooperazione costruttiva, ma naturalmente senza pregiudizio per i diritti umani e per il diritto internazionale. In quanto alla Cina vi sono riferimenti espliciti ed impliciti quando si parla del coinvolgimento di nuove potenze emergenti nella governance globale. Naturalmente – e questo commento vale anche e in larga misura per gli emendamenti che ho ricevuto, che fortunatamente sono pochi – la relazione non può vertere su tutto.

La relazione deve essere strutturata secondo una serie di priorità ed è già troppo lunga. Fissare delle priorità significa selezionare e a volte scartare dei temi. Non si possono mescolare argomenti molto importanti con altri che, seppur importanti, sono meno rilevanti. La relazione deve inoltre essere leggibile. Pertanto, come diciamo in spagnolo, non deve “scapparci di mano” mentre si legge solo perché è eccessivamente densa.

Onorevoli colleghi, la cooperazione con gli Stati Uniti riveste un’importanza fondamentale. Il primo ministro Brown ce lo ha ricordato ieri. Penso che, adottando questa relazione domani, il Parlamento compirà il proprio dovere, ossia invierà un segnale, affermando che desideriamo e chiediamo relazioni strategiche ancora più forti con gli Stati Uniti. Il documento in discussione ci rammenta – come ha detto poc’anzi l’onorevole Elles – che le relazioni strategiche più importanti dell’Europa sono le relazioni con gli Stati Uniti.

Sono certo, spero e confido che la Commissione e il Consiglio faranno tutto quanto è in loro potere nei mesi e nelle settimane a venire, che sono così importanti, per rafforzarle, anche attraverso la dimensione istituzionale.

 
  
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  Presidente. La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà domani.

Dichiarazioni scritte (articolo 142 del regolamento)

 
  
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  Corina Creţu (PSE), per iscritto. – (RO) L’elezione del presidente Obama potrebbe segnare l’avvio di una nuova era nelle relazioni tra Stati Uniti ed Unione europea, purché entrambe le parti passino dalle buone intenzioni e dalle dichiarazioni amichevoli ad azioni più concrete per rinsaldare i legami ed instaurare una cooperazione più efficace.

Dinanzi alla crisi economica e nell’attuale clima geostrategico diventa più pressante la necessità di migliorare la cooperazione transatlantica, visto che dobbiamo ad affrontare gravi sfide comuni. Gli Stati Uniti e l’Unione europea sono legati da un partenariato, che è assolutamente importante per entrambe le parti e che riguarda ogni sfera di attività, dal commercio all’alleanza militare.

In siffatte circostanze credo sia fondamentale eliminare le ultime vestigia di discriminazione che ancora permangono nelle relazioni UE-USA. Il fatto che per i cittadini di sei paesi membri sussista ancora l’obbligo di richiedere il visto deve essere un tema prioritario nel dialogo che la Commissione ed il Parlamento europeo intrattengono con le autorità statunitensi al fine di conseguire la parità di trattamento tra tutti i cittadini degli Stati membri sulla base di una reciprocità totale. In proposito apprezzo che nella relazione sia stata inclusa la richiesta avanzata agli Stati Uniti di abolire l’obbligo del visto per i sei paesi che non rientrano ancora nel programma di esenzione dal visto.

 
  
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  Daniel Petru Funeriu (PPE-DE), per iscritto. – (EN) “L’America non ha partner migliore dell’Europa”, ha dichiarato il presidente Obama a Berlino nel luglio 2008. L’Europa, dal canto suo, non ha partner migliore dell’America. Questa è la conclusione principale e il motto che si possono trarre da questa eccellente relazione.

Nel mondo globalizzato del XXI secolo l’Europa e l’America si trovano dinanzi a sfide comuni, ma condividono anche gli stessi valori e combattono per i medesimi ideali. Pertanto tutte le raccomandazioni della relazione volte ad intensificare le relazioni tra l’UE e gli Stati Uniti, oltre ad essere positive, sono altresì del tutto necessarie.

Parlando di tali raccomandazioni, reputo che i contatti diretti tra persone siano la vera chiave per una relazione e una cooperazione durature. Di conseguenza, insisto per l’ennesima volta su questo argomento e sottoscrivo l’invito rivolto all’amministrazione americana di abolire completamente il regime dei visti per i cittadini comunitari quanto prima possibile. E’ inaccettabile che i cittadini di cinque Stati membri si trovino ancora dinanzi a degli ostacoli e abbiano bisogno del visto per recarsi in America. L’Europa è un’entità unita e uniforme deve essere l’approccio verso tutti i suoi cittadini, verso i loro diritti e verso le libertà di cui sono depositari.

Bisogna consentire alle persone di interagire, ai ricercatori di cooperare e alle imprese di trovare soluzioni congiunte alla crisi economica attuale. La libertà di circolazione tra i due continenti quindi è divenuta una necessità urgente e deve costituire un argomento prioritario già al vertice di Praga del 5 aprile 2009.

 
  
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  Csaba Sógor (PPE-DE), per iscritto. – (EN) Negli ultimi 18 anni gli Stati Uniti sono stati oggetto di un considerevole vituperio – e forse nel caso dell’amministrazione precedente, quella del presidente Bush, molte volte a buon titolo.

Mi preme di ricordarvi che senza il sostegno e il coinvolgimento degli americani alcuni problemi del continente europeo sarebbero tuttora irrisolti. Molto spesso in tale periodo accadeva che l’Unione europea restava impotente e incapace di risolvere i conflitti che emergevano a casa nostra, nel nostro continente.

Senza il coinvolgimento americano e senza l’accordo di Dayton forse sarebbe ancora in atto la guerra in Bosnia. E credo non serva ribadire tanto che lo status del Kosovo sarebbe ancora in sospeso e che la situazione sarebbe assolutamente frustrante non solo per la popolazione, ma anche per le potenze europee.

Nonostante i molti difetti della democrazia americana, gli Stati Unti hanno conseguito un risultato che allo stato attuale noi possiamo solo sognare: hanno un presidente nero. Ripongo grandi speranze nelle relazioni transatlantiche e mi auguro sinceramente che la situazione migliori per il bene sia dell’Unione europea che degli Stati Uniti.

 

8. Accordo commerciale ad interim con il Turkmenistan - Accordo commerciale interinale con il Turkmenistan (discussione)
Video degli interventi
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  Presidente. L’ordine del giorno reca, in discussione congiunta:

- l’interrogazione orale (O-0024/2009 - B6-0019/2009) presentata dagli onorevoli Wiersma, Erika Mann, Caspary, Sturdy, Muscardini e Maldeikis, a nome del gruppi PSE, PPE-DE e UEN, sull’accordo ad interim con il Turkmenistan (O-0024/2009 - B6-0019/2009);

- l’interrogazione orale (O-0025/2009 - B6-0020/2009) presentata dagli onorevoli Wiersma, Erika Mann, Caspary, Sturdy, Muscardini e Maldeikis, a nome del gruppi PSE, PPE-DE e UEN, sull’accordo commerciale ad interim con il Turkmenistan ; e

- la relazione (A6-0085/2006), presentata dall’onorevole Caspary a nome della commissione per il commercio internazionale, sulla proposta di decisione del Consiglio e della Commissione relativa alla conclusione dell’accordo interinale sul commercio e questioni connesse fra la Comunità europea e la Comunità europea dell’energia atomica, da una parte, e il Turkmenistan, dall’altra [5144/1999 – C5-0338/1999 – 1998/0304(CNS)].

 
  
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  Jan Marinus Wiersma, autore. – (NL) Signor Presidente, sono lieto che oggi si discuta la posizione del Parlamento europeo sull’accordo commerciale interinale con il Turkmenistan, è da tempo che il Parlamento e l’Unione dovevano tenere questo dibattito. Il Consiglio e la Commissione si attendono dei progressi e vogliono che l’Assemblea dia la propria benedizione o pronunci un verdetto positivo sull’accordo interinale, in quanto potrebbe contribuire a migliorare le relazioni con il Turkmenistan.

La discussione era rimasta in sospeso per lungo tempo e ovviamente c’era un motivo. Il Parlamento sinora ha avuto parecchie esitazioni a votare su questo accordo, perché siamo assai insoddisfatti della situazione dei diritti umani in Turkmenistan, soprattutto in relazione al regime del precedente presidente/dittatore Turkmenbashi, che ha isolato il paese dal resto del mondo, riservando al proprio popolo un trattamento del tutto disumano. Ovviamente ci si deve chiedere se il nuovo regime che si è insediato dopo la morte di Turkmenbashi abbia segnato un cambiamento in questa situazione – vorrei sentire dal Consiglio e dalla Commissione quali sono stati i cambiamenti e i miglioramenti che sono stati osservati negli ultimi anni – e se sussiste una ragione sufficiente per stipulare e sottoscrivere l’accordo commerciale.

La Commissione e il Consiglio ovviamente hanno due solide argomentazioni che depongono a favore della revisione. Il contesto strategico è cambiato. Adesso guardiamo all’Asia centrale in modo diverso rispetto a qualche anno fa. La stessa signora commissario si è adoperata per questa regione, mentre la presidenza è dell’opinione che l’Unione europea non debba lasciarla ai cinesi o ai russi. Anche noi abbiamo degli interessi in quest’area e la stessa regione li riconosce. Non molto tempo fa sono stato in Kazakhstan e ho notato che sussiste un grande interesse a migliorare le relazioni con l’Unione europea.

La seconda importante argomentazione avanzata dalla Commissione è che al momento non abbiamo alcuna base giuridica definita su cui basare le relazioni con il Turkmenistan. Stiamo ancora usando un trattato che risale all’epoca sovietica, e non è ammissibile. Senza un trattato migliore, stando a questa argomentazione, non possiamo nemmeno istituire un dialogo come si deve sui diritti umani.

La domanda rimane senza risposta: la situazione dei diritti umani è migliorata al punto tale da poter compiere questo importante passo e consigliare al Parlamento di approvare l’accordo commerciale? Per me, la questione rimane perlopiù aperta e attendo altresì le reazioni della Commissione e del Consiglio su questo punto. Mi terrò i miei dubbi. Ne ho discusso estesamente con l’onorevole Caspary del gruppo PPE-DE, che è relatore in materia. Su una serie di aspetti di cui parlerà anche lui stiamo ancora attendendo un chiarimento dal Consiglio e mi riferisco alla situazione dei mezzi di comunicazione nel paese, all’istruzione, all’accesso alle carceri da parte della Croce Rossa e via dicendo. A nostro parere, deve esserci un reale miglioramento in questi settori; un accordo commerciale di questo genere e il dialogo sui diritti umani con il Turkmenistan potrebbero contribuire a centrare l’obiettivo.

Ho un ultimo commento, che è già stato illustrato chiaramente nella risoluzione che abbiamo redatto insieme al gruppo ALDE e al gruppo PPE-DE. Vogliamo anche la garanzia inequivocabile che, se accettiamo di emettere un parere positivo su questo accordo commerciale, vi sarà la possibilità di apportare correzioni in un secondo momento. Vogliamo assicurarci una posizione in cui, se alla fine giungiamo alla conclusione che i metodi proposti dalla Commissione e dal Consiglio non funzionano e la situazione dei diritti umani in Turkmenistan non migliora veramente, il Parlamento potrà chiedere alla Commissione e al Consiglio di sospendere l’accordo. Se non otteniamo un impegno in questo senso, nella riunione di stasera difficilmente riuscirò a convincere il mio gruppo a votare a favore di questo accordo commerciale. Con tutta probabilità a quel punto opteremo per il rinvio del voto. Per noi è davvero importante ottenere questo impegno in modo che, se la situazione nel paese peggiora o non registra miglioramenti significativi, potremo indire un altro dibattito per decidere dell’eventuale sospensione dell’accordo. Il Parlamento deve avere il diritto di presentare un’istanza di questo genere al Consiglio e alla Commissione.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. MARTÍNEZ MARTÍNEZ
Vicepresidente

 
  
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  Bogusław Rogalski, autore. – (PL) Signor Presidente, la questione della ratifica dell'accordo con il Turkmenistan è controversa a causa delle violazioni dei principi democratici e dei diritti umani fondamentali in quel paese. Ciononostante, ritengo si dovrebbero avviare negoziati con tale paese e si dovrebbe firmare l'accordo. Nelle relazioni con il Turkmenistan, si dovrebbe prestare particolare attenzione al fatto che, in assenza di una cooperazione economica con l'UE, il tenore di vita in quel paese crollerà, mentre la ratifica dell'accordo può senz'altro contribuire a migliorare le condizioni di vita della popolazione.

Non dimentichiamo alcuni segnali sociali positivi da parte del Turkmenistan, come la recente adozione di una legislazione che divieto vieta il lavoro minorile. Certamente il Turkmenistan deve ancora ratificare e dare attuazione a numerose convenzioni dell'Organizzazione mondiale del lavoro. Nondimeno, la lentezza dei cambiamenti in atto in Turkmenistan è insoddisfacente:. sono state privatizzate soltanto poche aziende, il governo detiene il rigido controllo su molti comparti dell'economia e gli investimenti diretti esteri sono ancora a livelli decisamente bassi. Nonostante il Turkmenistan possegga una delle maggiori riserve di gas e sia uno dei principali esportatori di cotone, circa la metà della popolazione – ribadiamolo – vive nell'indigenza. Il sistema politico è anch'esso lungi dall'essere soddisfacente, segnatamente per la costante repressione dei partiti politici diversi da quello di governo e di vari gruppi religiosi.

Ritengo in ogni caso che l'accordo con il Turkmenistan debba essere concluso e ratificato, perché soltanto avviando negoziati e dando un certo esempio alle autorità di quel paese possiamo una tendere loro la mano affinché in futuro il Turkmenistan possa entrare a far parte della famiglia dei paesi democratici.

 
  
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  Robert Sturdy, autore. - (EN) Signor Presidente, chiedo scusa, non avevo capito di avere tempo di parola su questo specifico tema. Vorrei solo fare alcune osservazioni su quanto detto dal precedente relatore. Ritengo sia importante sostenere la legislazione che viene varata per avvicinare a noi il Turkmenistan. Come per tutti quei paesi, occorre fare in modo che si stabilizzino in un contesto che risulta molto difficile.

Desidero inoltre ringraziare Daniel Caspary, che ha lavorato incessantemente per l’approvazione di questa normativa. So che prenderà la parola fra qualche minuto, ma ha lavorato nella commissione sul commercio internazionale su questa specifica legislazione.

In un momento in cui il mondo attraversa gravi difficoltà in termini di restrizioni dei servizi finanziari e altri problemi, dobbiamo garantire la sicurezza di questi paesi e sincerarci che aderiscano alla legislazione proposta dall’onorevole Caspary. Non ho altro da aggiungere e mi scuso per il ritardo.

 
  
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  Daniel Caspary, relatore. - (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, sono quasi tre anni che quest’Aula si occupa dell'accordo interinale con il Turkmenistan. Quasi tre anni fa la commissione sul commercio internazionale aveva approvato una relazione che però è stata respinta in sede di plenaria, fra l'altro perché il Consiglio e la Commissione avevano smesso di occuparsi della questione e secondo il Parlamento, se la Commissione e il Consiglio non intendevano procedere su questo tema, non vi era alcun motivo perché lo facessimo noi.

Sono particolarmente lieto che oggi la situazione sia mutata, anche se la situazione del Turkmenistan è ancora molto lontana dai nostri standard. I diritti umani vengono ancora violati in molti settori e la mancanza di strutture democratiche giustifica le numerose critiche mosse al paese. Le libertà individuali sono altresì estremamente limitate e la libertà d'informazione lascia molto a desiderare. Secondo le informazioni che ci giungono da organizzazioni non governative, è in atto una campagna per la rimozione delle parabole satellitari e quindi ostacolare ulteriormente l'accesso a liberi mezzi d’informazione e comunicazione.

Il sistema settore dell’istruzione fatica ad adeguarsi allo standard da noi auspicato per poter istruire la popolazione in maniera illuminata e, cosa ancora più importante, informata in termini di democrazia e diritti umani. Inoltre la situazione carceri dei penitenziari, dei prigionieri politici e dell'accesso della Croce Rossa alle carceri rimane tuttora totalmente insoddisfacente e non chiarita.

D'altro canto, circolano anche molte voci ingiustificate. Negli ultimi anni sono circolati numerosi falsi rapporti da parte di sedicenti organizzazioni non governative e molte ONG mi hanno dato l'impressione di lavorare per aziende di altri paesi che hanno interesse nell’impedire lo svolgimento di negoziati fra l'Unione europea e il Turkmenistan.

Ho l'impressione che dietro molte delle dichiarazioni e delle false informazioni fatte circolare nell'Unione europea ci sia il palese interesse a ostacolare i negoziati fra l'Unione europea e il Turkmenistan. Penso alle notizie relative alla chiusura di tutti gli ospedali del paese ad eccezione di due strutture della capitale, alla chiusura di tutte le biblioteche tranne due, alla notizia di un contagio di peste scatenato dalle disastrose condizioni medico-sanitarie. Tutte queste notizie si sono rivelate infondate.

Allora, qual è il vero problema? E' assolutamente impossibile avere un quadro realistico di questo paese, essenzialmente perché il suo governo non ci consente di osservarlo debitamente e perché l’Unione europea non dispone purtroppo di un ministero degli Esteri che possa intraprendere opportune iniziative sul campo.

Il nuovo presidente ha tuttavia messo mano a numerose riforme. La strategia comunitaria per l’Asia centrale adottata tempo fa dal Parlamento si concentra sui paesi dell'Asia centrale. Quest’accordo interinale potrebbe costituire un primo piccolo passo per dimostrare al popolo turkmeno che stiamo rilanciando il dialogo e che vogliamo aiutarli a seguire il lento ma – speriamo – costante cammino verso i diritti umani e la democrazia.

La nostra risoluzione, presentata in Parlamento come risoluzione da numerosi gruppi, affronta con chiarezza molti dei motivi alla base delle critiche. Affronta altresì alcuni sviluppi positivi ai quali assistiamo, ma il punto è che non vogliamo concedere scorciatoie, non vogliamo fare sconti al Turkmenistan su valori che riteniamo essenziali; vogliamo difendere e mantenere i nostri valori. La conclusione dell’accordo di cooperazione non dovrebbe pertanto essere dato per scontato ma, come ha detto il precedente relatore, la Commissione e il Consiglio devono essere chiari circa l’eventuale sospensione dell'accordo interinale qualora il Parlamento la richiedesse .

Il Parlamento ha posto numerose interrogazioni scritte alla Commissione e al Consiglio. Sarei lieto se poteste esaminarle e fornirci delle risposte molto chiare, in modo che domani sia possibile concludere insieme quest’accordo interinale.

 
  
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  Alexandr Vondra, presidente in carica del Consiglio. - (EN) Signor Presidente, mi rallegro dell'interesse dimostrato dagli onorevoli parlamentari verso il tema delle relazioni tra Unione europea e Turkmenistan e sono lieto di avere l'opportunità di rispondere a nome del Consiglio alle varie domande e questioni sollevate in quest'Aula.

Per molti aspetti, il Turkmenistan acquisisce sempre maggiore importanza. E’ stato a lungo un paese molto chiuso, mentre durante gli ultimi due anni ha compiuto passi significativi per aprirsi al mondo esterno. Il governo è sempre più aperto alla cooperazione, atteggiamento che si traduce in maggiore disponibilità a lavorare in modo più costruttivo nel quadro della strategia comunitaria sull’Asia centrale.

Nonostante questi cambiamenti, le nostre relazioni contrattuali con il Turkmenistan sono rimaste invariate da vent’anni a questa parte. Come ha affermato l’onorevole Wiersma, sono ancora disciplinate dal vecchio accordo sugli scambi e la cooperazione economica e commerciale con l'Unione sovietica.

Alla luce dei positivi sviluppi verificatisi in Turkmenistan, abbiamo ora un'opportunità di rinsaldare le nostre relazioni bilaterali. L'accordo interinale firmato nel 1999 applica in via provvisoria le questioni commerciali dell’accordo di partenariato e cooperazione, firmato anch’esso nel 1999, che rimane da ratificare soltanto da parte di tre Stati membri.

Le relazioni dell'Unione con il Turkmenistan si articolano su numerosi aspetti. La promozione dei diritti umani e della democrazia è, naturalmente, alla base delle relazioni bilaterali, in quanto fondamentale per la strategia comunitaria per l'Asia centrale nel suo complesso. Il fatto che il Turkmenistan confini con l’Afghanistan lo rende un paese d’importanza strategica. Il Turkmenistan partecipa inoltre alla ricostruzione dell'Afghanistan e fornisce supporto logistico alle operazioni e attività di molti Stati membri dell'UE nel quadro delle attività ISAF (sorvoli) nonché su base bilaterale. Il Turkmenistan è cruciale ai fini della sicurezza regionale e della lotta al narcotraffico; il rapido sviluppo dell’economia del paese offre opportunità alle aziende dell'Unione europea. Inoltre il Turkmenistan è un partner fondamentale per la diversificazione delle relazioni energetiche e per la sicurezza energetica dell'UE, tutti ambiti importanti che occorre sviluppare nel nostro stesso interesse.

Inoltre, dopo le elezioni presidenziali del febbraio 2007, il Turkmenistan ha avviato un certo numero di riforme importanti, tra cui alcuni emendamenti alla costituzione. Molte delle nuove disposizioni costituzionali, come pure altre riforme annunciate, indicano che il paese ha imboccato la strada giusta, anche se si tratta di un processo a lungo termine e molto resta ancora da fare.

Sulla questione dei diritti umani, il Turkmenistan si è impegnato costruttivamente in un dialogo in tal senso con l’Unione su una vasta gamma di tematiche, accompagnato da alcuni importanti sviluppi all'interno del paese. Nella fattispecie, alcuni detenuti politici sono stati rilasciati ed è stata avviata una più ampia cooperazione con le Nazioni Unite. Il Turkmenistan ha fra l’altro autorizzato l’ingresso nel paese di un relatore ONU sulle libertà di religione, ha partecipato fattivamente alla rassegna periodica delle Nazioni Unite e ad Ashkhabat è stato istituito un Centro ONU per la diplomazia preventiva. Inoltre, le restrizioni agli spostamenti interni sono state allentate, è stato avviato un dialogo con il Comitato internazionale della Croce Rossa e la riforma della scuola ha ripristinato i dieci anni di istruzione primaria e i cinque anni di quella universitaria. Il Turkmenistan ha aderito ad alcune convenzioni internazionali quali il secondo protocollo facoltativo alla Convenzione internazionale sui diritti civili e politici e la Convenzione sui diritti politici delle donne.

Tutto ciò testimonia che il Turkmenistan fa progressi. Indubbiamente resta ancora molto da fare nel campo dei diritti umani e del rispetto dello stato di diritto e della democrazia. Continueremo a insistere in particolare sul rilascio dei prigionieri politici, il libero accesso per il Comitato internazionale della Croce Rossa alle carceri, la revoca delle restrizioni ai viaggi all'estero e la libertà dei media e della società civile.

La presidenza è convinta che il modo migliore per assicurare che il Turkmenistan faccia progressi in questi settori sia l'impegno costante. Dobbiamo essere in grado di instaurare un dialogo aperto e, laddove necessario, di inviare messaggi chiari, se davvero il Turkmenistan è determinato a soddisfare le norme internazionali.

E' esattamente questo il motivo per cui dobbiamo compiere un passo avanti nelle nostre relazioni e perfezionare gli strumenti di cui disponiamo. L'attuale accordo contrattuale con il Turkmenistan non prevede che un rudimentale dialogo bilaterale. L'unico dialogo basato sul trattato consiste nel convocare una volta l’anno un comitato congiunto a livello di funzionari.

L'accordo interinale porrebbe al centro delle relazioni, quale elemento essenziale, i diritti umani e rafforzerebbe quindi la nostra capacità di influire sui futuri sviluppi in tal senso in Turkmenistan. L'APC, una volta entrato in vigore, farebbe di più fornendo un dialogo politico pieno e completo.

La strategia comunitaria per l'Asia centrale, adottata nel giugno 2007, sancisce che “onde intensificare la cooperazione con gli stati dell'Asia centrale, l'UE farà pieno uso del potenziale offerto dall'accordo di partenariato e cooperazione”. Tali accordi già vigono per Kazakstan, Kirghizistan e Uzbekistan. Nel caso del Tagikistan, vige un accordo interinale in attesa della ratifica ed entrata in vigore dell’APC.

Per una riuscita attuazione della strategia comunitaria per l'Asia centrale è importante che siano coinvolti tutti i Paesi dell'Asia centrale, ed è pertanto essenziale creare le condizioni partecipazione per coinvolgere anche il Turkmenistan, altrimenti il conseguimento dei nostri obiettivi e interessi in Asia centrale risulterebbe molto difficile.

La Presidenza ritiene che occorra ora istituire un appropriato quadro giuridico per le nostre relazioni con il Turkmenistan, a partire dall'accordo interinale. Ciò ci consentirà di trarre beneficio dagli sviluppi in atto nel paese e di consolidare il nostro più ampio impegno verso l'Asia centrale.

L'Accordo interinale è il modo più efficace per garantire che il Turkmenistan compia passi avanti nei vari settori testé delineati, come pure nel rispetto dei diritti dell'uomo, della democrazia e dello Stato di diritto. So che condividete con me questi obiettivi e spero di poter contare sul vostro sostegno per conseguirli.

 
  
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  Benita Ferrero-Waldner, membro della Commissione. - (FR) Signor Presidente, onorevoli deputati, dall'elezione del presidente Berdymukhamedov, il Turkmenistan è effettivamente entrato in una nuova fase di sviluppo e sono emersi molti segnali positivi di cambiamento.

Invero i nuovi dirigenti dimostrano un atteggiamento più aperto. Hanno revocato, ad esempio, talune restrizioni alla libera circolazione all'interno del paese, hanno emendato la costituzione al fine di rafforzare il ruolo del parlamento, hanno creato un istituto per la democrazia e i diritti dell'uomo, hanno ospitato il Centro per la Diplomazia preventiva dell'ONU ad Ashkhabat e, per la prima volta, hanno autorizzato l’ingresso di osservatori internazionali in occasione delle elezioni legislative che si sono svolte nel dicembre scorso. Inoltre, come sapete, le riforme dell’istruzione e della sanità sono ora temi prioritari per il governo.

Nel 2006, il Parlamento europeo ha proposto alle autorità turkmene l'adozione di una serie di provvedimenti che facilitassero per il Parlamento l’approvazione dell'accordo commerciale ad interim. Inoltre, negli ultimi due anni, con l’elezione del nuovo presidente, sono state adottate molte delle misure proposte ed eviterò di ripetere quelle richiamate dal presidente in carica del Consiglio, in particolare merito quelle relative al Comitato internazionale della Croce Rossa. Sono inoltre state avviate riforme nel campo dell'istruzione, con la modernizzazione dei metodi di insegnamento, la formazione all'estero degli insegnanti, il prolungamento della scolarità e l'introduzione di Internet nelle scuole.

Sono stati liberati alcuni prigionieri, tra i quali, onorevoli deputati, Valery Pal, per il quale avevamo preteso il rilascio. Inoltre, nel settembre 2008, per la prima volta, è stato concesso un permesso di visita al relatore speciale delle Nazioni Unite per la libertà di religione e di credo il quale ha concluso che, e cito ”benché alcuni individui e comunità debbano ancora fronteggiare numerose difficoltà, la situazione è sensibilmente migliorata dal 2007’.

L’avvio di nuovi dialoghi strutturati come quello sui diritti umani è un altro punto positivo. Naturalmente potete stare certi che, nel corso di tali incontri, tratteremo i temi che ci preoccupano, segnatamente la situazione dei prigionieri politici, il diritto di associazione, la libertà dei media, di culto e dei diritti delle minoranze e a ogni occasione ribadiremo il nostro impegno per il rispetto dei diritti umani e la loro importanza per uno sviluppo economico e sociale a lungo termine.

Stanti questi timori, del resto legittimi, circa la situazione in Turkmenistan, il Parlamento ha rinviato la propria decisione sull'accordo interinale. In linea di massima, condivido alcuni di questi timori e riconosco che il Turkmenistan deve lavorare ancora molto prima di essere pienamente ottemperante alle norme internazionali di democrazia e di rispetto dei diritti dell'uomo.

Si tratta tuttavia di uno sviluppo positivo, benché limitato, che testimonia il desiderio di compiere dei progressi e di aprirsi al cambiamento: la consideriamo un'opportunità da cogliere per avviare un dialogo fattivo con le autorità turkmene. Sono fermamente convinta che l'Unione europea debba impegnarsi di più per gettare le basi di futuri sviluppi positivi.

L’attuazione dell'accordo interinale sugli scambi commerciali, ovvero le disposizioni relative al commercio dell'accordo di partenariato e cooperazione, ci consentirebbe di intensificare il nostro impegno nei confronti del Turkmenistan e a favore della cooperazione, delle riforme e della modernizzazione più in generale. Inoltre, l'accordo interinale contiene una clausola cruciale sui diritti dell'uomo e sono ben conscia delle vostre preoccupazioni circa la possibilità di sospendere l'accordo.

A tale proposito, vorrei sottolineare che l'articolo 1 dell'accordo interinale sul commercio e l'articolo 2 dell'accordo di partenariato e cooperazione contengono clausole che si riferiscono al rispetto della democrazia e dei diritti fondamentali quali elementi essenziali per i due accordi; ma soprattutto i due accordi contengono clausole che consentono alle parti di adottare opportuni provvedimenti in caso di gravi violazioni delle condizioni previste, anche senza previa consultazione dei comitati congiunti in caso di particolare urgenza.

La sospensione degli accordi in caso di violazione accertata, grave e continua della clausola sui diritti umani è perciò possibile. Tuttavia, l'accordo interinale sul commercio non è la panacea di tutti i mali. Certamente non risolverà tutti i problemi relativi ai diritti dell'uomo in Turkmenistan, ma aiuterà a fare in modo che le norme internazionali vengano maggiormente osservate, in particolare nei settori dello stato di diritto e dei diritti umani.

Ci sono altri due motivi, ancor più rilevanti, per i quali il consolidamento dei nostri rapporti con il Turkmenistan giova ai nostri interessi: la sicurezza e l'energia. In effetti, il Turkmenistan è ubicato al crocevia fra l'Europa e l'Asia e confina fra l’altro con l'Iran e l'Afghanistan. La sua neutralità attiva è importante in una regione così esposta ai conflitti e alle destabilizzazioni.

A tal fine, stiamo collaborando attivamente con il Turkmenistan nell'ambito della gestione delle frontiere e della lotta al terrorismo, all'estremismo islamico, al narcotraffico e alla tratta di esseri umani. Tale collaborazione è tanto più importante data la recente conferma dell’impegno della comunità internazionale in Afghanistan e in Pakistan, e in vista delle imminenti conferenze regionali dell’Aia e Tokio.

Come ben sappiamo, l'Asia centrale potrebbe svolgere una ruolo chiave nel campo della sicurezza energetica. Dopo il cambiamento di regime in Turkmenistan, abbiamo potenziato la nostra cooperazione in questo settore. L'Unione europea si adopera attivamente per la costruzione del corridoio meridionale per il gas quale parte di una più ampia politica di diversificazione delle nostre fonti energetiche e vie di transito. Ovviamente il Turkmenistan si rivela cruciale per il successo di questo progetto.

Per concludere, le nostre relazioni con il Turkmenistan devono essere improntate ai nostri valori e ai nostri interessi. Ecco perché sono persuasa che, impegnandoci con il Turkmenistan, saremo più in grado di far valere le nostre argomentazioni a favore di una società più aperta nel paese.

Continueremo a incoraggiare le autorità a compiere progressi in altri ambiti, quali la riforma del codice civile e penale, la legislazione in materia di religione, la libertà dei media, il rilascio dei prigionieri politici, l'autorizzazione degli osservatori internazionali a recarsi nelle prigioni e il potenziamento della presenza delle ONG nel paese.

Per tutte queste ragioni vi chiedo di approvare l'accordo interinale con il Turkmenistan.

 
  
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  Presidente. - Signora Commissario, onorevoli deputati, prima di dare la parola ai vari oratori previsti per la discussione, mi sia consentito, in veste di responsabile del multilinguismo dell'Ufficio di presidenza del Parlamento, leggere una parte dell'opuscolo sullo stile di esposizione preparato per i nuovi deputati del Parlamento europeo, onde consentire una corretta interpretazione e far sì che il miracolo, senza precedenti in altre istituzioni, possa continuare a compiersi quotidianamente.

Non sono le tavole della legge che Mosé ha recato dal monte Sinai, ma è comunque doveroso conoscere questi pochi punti: “Parlate a una velocità normale, non eccessiva. Parlate nella vostra lingua madre se possibile: Evitate di cambiare lingua durante il discorso. Parlare è meglio di leggere, ma se non ci fossero alternative alla lettura, sinceratevi che sia stata fornita una copia del testo agli interpreti. Fornite chiari riferimenti ai documenti. Articolate con chiarezza le cifre citate. Esplicitate le abbreviazioni che usate nel vostro discorso. Ricordate che le barzellette sono difficili da tradurre e parlate con gli interpreti. Inoltre, quando presiedete una riunione, aspettate un attimo prima di dare la parola all'oratore seguente in modo che gli interpreti possano concludere il discorso e sintonizzarsi sul canale appropriato”.

Colgo quest’occasione per ringraziare e congraturlarmi con gli interpreti che rendono possibile il nostro lavoro attraverso il loro interpretariato, così complicato ed efficace.

 
  
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  Alexandru Nazare, a nome del gruppo PPE-DE. – (RO) Prima di tutto – e non è un caso che io lo faccia proprio durante questa discussione – vorrei salutare il compromesso raggiunto in occasione dell'ultima riunione del Consiglio europeo sul finanziamento del gasdotto Nabucco.

Sono lieto che il progetto Nabucco sia stato dichiarato un progetto prioritario nel settore dell’energia e che gli sforzi di questo Parlamento a sostegno del progetto stesso siano stati coronati dal successo.

Tuttavia, tornando alla discussione odierna, credo che fra le nostre preoccupazioni relative al Turkmenistan ce ne siano due di uguale importanza: la cooperazione economica, specificatamente nell'ambito del petrolio e del gas, e il progresso sociale e dei diritti umani nel paese, come menzionato dalla signora commissario.

Mi congratulo con l'onorevole Caspary per la sua relazione.

Ritengo inoltre che l'accordo in oggetto istituisca un quadro d'interazione con il Turkmenistan migliore dell'attuale. In ogni caso, vorrei sottolineare che non è prematuro che si discutano percorsi specifici di cooperazione con il Turkmenistan e la sua partecipazione ai progetti energetici dell'Unione europea. L'accordo in oggetto è più che benvenuto, quale mezzo per accelerare la cooperazione economica fra l'UE e il paese.

Comprendiamo dalla relazione che le autorità di Ashkhabat sono pronte a negoziare sul tema dei diritti umani e delle libertà civili. Sulla base dell'esperienza acquisita dall'Unione, dovrebbe risultare chiaro che si raggiungono più rapidamente progressi in materia qualora essi rientrino in una discussione ampliata ad altri ambiti, compresa la prospettata cooperazione economica a lungo termine.

La politica energetica e la politica estera del Turkmenistan sono strettamente connesse: possiamo trattarle insieme, rafforzando la cooperazione economica nonché esprimendo costante interesse nei confronti dei diritti umani.

Valuto positivamente i criteri di valutazione sui progressi compiuti dal Turkmenistan, come pure quelli relativi alle norme comunitarie in materia di proprietà intellettuale. Mi chiedo se non sarebbe utile disporre di criteri simili per il livello di integrazione economica, che siano però realistici e a lungo termine, o anche criteri che diano conto dei progressi in materia di libertà civili.

 
  
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  Erika Mann, a nome del gruppo PSE. – (EN) Signor Presidente, ringrazio la signora commissario e il presidente in carica del Consiglio Vondra per la loro spiegazione, ma sono certa che hanno colto una certa esitazione da parte nostra nel dare il nostro pieno appoggio. Ritengo sia facile da capire, in quanto abbiamo dinanzi a noi un caso molto semplice. La difficoltà deriva dal fatto che il Parlamento dovrà dare il proprio assenso per l'accordo di partenariato e cooperazione (APC), ma lo stesso non vale per l'accordo interinale sul commercio, dati i nostri obblighi giuridici.

Per questo motivo, nel caso dell'accordo commerciale interinale, la nostra risoluzione può solo precisare i nostri punti di vista, esprimere le nostre riserve e apportare un contributo a certe tematiche; ma è anche il motivo per il quale il Parlamento, e in particolare in mio gruppo politico, esita a dare il suo pieno appoggio all'accordo commerciale interinale.

Spero comprendiate le nostre ragioni e auspico che possiate risolvere il problema. So che, stante la procedura di legge e avendo già firmato la base giuridica, vi è molto difficile, se non impossibile, rinegoziare. Siamo consapevoli della situazione, ma sono certa che potete trovare una qualche forma di impegno, aspettare gli sviluppi futuri ed esplorare le basi giuridiche che ci consentano di stare dalla vostra parte, in quanto tutti noi riconosciamo la rilevanza del Turkmenistan e abbiamo già dato il nostro sostegno agli altri accordi. Comprendiamo quindi perfettamente quanto è avvenuto, e certamente comprendiamo l'importanza del Turkmenistan, ma è un caso molto problematico.

Vi chiedo di riesaminare la situazione e, in particolare, di farmi un favore: controllate il nostro paragrafo 11, in cui solleviamo la questione dell'obbligo giuridico e delle differenze fra l'accordo commerciale interinale e l'accordo di partenariato e cooperazione.

Valutate anche il paragrafo 9 della nostra risoluzione, che parla dell'inserimento della clausola dei diritti dell'uomo nell'accordo APC. Signora Commissario, comprendo e prendo atto delle sue osservazioni, ma sono persuasa che possiate occuparvi più nel dettaglio del modo giusto per intervenire su questo punto specifico.

Lo stesso dicasi per il paragrafo 10, che è importante anche per il Consiglio. Vorremmo fosse introdotta una clausola di revisione. So che non è contemplata, ma vi chiediamo di cercare di riflettere su questo punto durante i prossimi negoziati.

Ci sarebbe di grande aiuto anche un intervento sul paragrafo 8, che si riferisce al controllo che amiamo sempre esercitare e che chiediamo costantemente. Controllo non significa che vogliamo sedere al tavolo dei negoziati. Lo abbiamo fatto in altre circostanze e vi chiediamo dunque di fare quanto in nostro potere per definire tale controllo, ma fateci il favore di valutate bene la questione.

Permettetemi, fra l’altro, di dire che avete fatto un ottimo lavoro. Nel nuovo accordo di partenariato UE-Asia centrale per il XXI secolo sono stati affrontati tutti i punti. Avete anche toccato il punto della raccomandazione dell’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL). Avete affrontato il tema dei diritti umani e quindi sono sicura che potrete trovare un compromesso ma serve ancora un piccolo sforzo.

 
  
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  Hélène Flautre, a nome del gruppo Verts/ALE. – (FR) Signor Presidente, non dobbiamo prenderci in giro ma renderci conto che, anche se Valery Pal è stato liberato, il governo turkmeno continuerà a rapire, imprigionare e torturare altre persone per reati d’opinione.

Benché il relatore speciale per la libertà di religione delle Nazioni Unite sia riuscito a entrare in Turkmenistan, nove altri relatori speciali stanno ancora aspettando l’autorizzazione, pur occupandosi di tematiche importanti quali la tortura, la tutela dei diritti umani, l'indipendenza della magistratura, l’istruzione, la salute, la libertà di espressione e così via.

Molti interventi sembrano in verità esercizi di auto-persuasione. Continuiamo ad avere a che fare con uno dei regimi più repressivi e più chiusi del mondo, anche se ci sono stati timidi progressi e anche se è opportuno trovare la giusta strategia per incoraggiarli. E' importante però non essere ingenui, pretendendo che il Turkmenistan divenga un modello di democrazia e di diritti umani prima che si giunga a una qualche forma di accordo reciproco.

Quindi, fra i due estremi, che fare? Propongo molto semplicemente di avere una vera politica estera e che si soddisfino criteri estremamente precisi, misurabili, realistici e che stabiliti dal Parlamento europeo. Penso ad autorizzazioni d’accesso per le ONG indipendenti, per i relatori speciali della Nazioni Unire e per la Croce Rossa Internazionale. Sappiamo che i negoziati sono in corso, ma non si sono conclusi. Penso al riallineamento dell’istruzione agli standard internazionali, che è in fieri ma ancora lungi dall'essere soddisfacente, alla liberazione di tutti i prigionieri politici e alla loro libertà di circolazione, insomma l'abbiccì dei diritti umani. La proposta del mio gruppo è al contempo ambiziosa e realistica. Si può riassumere in una semplice formula.

(Il Presidente interrompe l'oratore pregandolo di parlare più lentamente, su richiesta degli interpreti.)

Non possiamo sabotare la nostra stessa politica, rinunciando ai nostri valori. Non si tratta di costringere il Turkmenistan all'isolamento, ma di compiere uno sforzo congiunto. In che modo? Propongo di prendere due matite, una per mano. Con la prima matita, tracciamo una road map che fissi le tappe necessarie per soddisfare i criteri sanciti dal Parlamento. Queste fasi saranno legate a scadenze precise, discusse nel corso delle riunioni dei sottocomitati per i diritti umani insieme alle autorità turkmene.

Dopo aver tracciato la road map, con l'altra mano e l'altra matita potremo firmare l'accordo interinale oggi sottopostoci. Credo che, quando la Commissione e il Consiglio dovranno discutere il futuro delle clausole sui diritti dell'uomo, dette clausole dovranno essere sistematicamente corredate di un meccanismo di consultazione che potrebbe dar luogo, laddove necessario, alla sospensione dell'accordo.

 
  
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  Presidente. - Onorevole Flautre, il presidente non misura la velocità di eloquio dell'oratore. Il presidente ha una lucetta davanti a sé che si accende quando gli interpreti gli inviano un SOS per annunciare che interrompono l'interpretazione perché non riescono a star dietro all'oratore. Non misuro la velocità di nessuno: mi limito a registrare il segnale di emergenza e lo trasmetto ai deputati, in modo che tutti possano seguire la discussione.

Grazie come sempre per la vostra comprensione.

 
  
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  Helmuth Markov, a nome del gruppo GUE/NGL Group. – (DE) Signor Presidente, signor Presidente in carica del Consiglio, signora Commissario, è già trascorso un anno da quando questo Parlamento ha affermato con estrema chiarezza che tipo di progresso riteneva necessario per poter approvare l'accordo commerciale fra UE e Turkmenistan. Sono state avanzate richieste relativamente facili da soddisfare: accesso libero e incondizionato per la Croce Rossa Internazionale, rilascio dei prigionieri politici e degli obiettori di coscienza, abolizione di tutte le restrizioni ai viaggi di Stato, accesso più facile e migliori condizioni di lavoro per le ONG e per le agenzie delle Nazioni Unite e una riforma completa dell’istruzione. Devo ammettere che il governo del presidente Berdymukhamedov ha compiuto enormi progressi: è incontestabile, però, secondo me, non basta ancora per farci approvare quest’accordo. Sia lei, signor Presidente in carica, sia lei, signora Commissario, avete perso una grande opportunità.

Pur non condividendo necessariamente le loro opinioni, riprendo le parole dei deputati socialdemocratici: il Parlamento pretende da voi la garanzia che, qualora chiedesse la risoluzione di quest’accordo interinale, darete corso a tale richiesta. Il presidente Vondra non ha aggiunto assolutamente niente su questo punto e lei, Commissario, ci ha spiegato che tale eventualità è contemplata nel contratto. Ma non sono le sue parole a interessarci; ci interessa che voi siate pronti, se il Parlamento lo chiede, a dar corso a tale richiesta. Questo è il punto.

Chiedo ai miei onorevoli colleghi, se vogliamo prenderci sul serio, di non decidere domani, a meno che la Commissione precisi per iscritto e affermi in questa sede che tale richiesta sarebbe accolta. Questo era l’accordo globale richiesto, ma non avete detto nulla al riguardo. Devo dire che ho l'impressione che non ci stiate prendendo sul serio. Il minimo sarebbe stato una posizione comune in merito.

Vista la situazione, devo dirvi che non è possibile alcun consenso su quest’accordo interinale. Spero sarà possibile confermarlo domani all'unanimità.

 
  
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  David Martin (PSE). – (EN) Signor Presidente, come i due precedenti oratori, temo che la Commissione e il Consiglio abbiano tracciato un quadro piuttosto roseo dell'attuale situazione in Turkmenistan.

L'attuale presidente potrà anche essere leggermente migliore del presidente che ha sostituito nel febbraio 2007, ma lo è al punto da concedergli un accordo commerciale interinale in prospettiva di un accordo di partenariato e cooperazione? Come hanno detto gli onorevoli Markov e Flautre, in sede di commissione per il commercio internazionale abbiamo fissato cinque compiti chiari per il Turkmenistan, che vorremmo vedere compiuti prima di dare il nostro consenso.

In primo luogo, abbiamo detto che la Croce Rossa Internazionale deve avere libero accesso al Turkmenistan. A meno che la Commissione e il Consiglio non mi smentiscano, mi pare di capire che per il momento la Croce Rossa Internazionale non ha potuto recarsi nemmeno in una prigione o visitare un solo detenuto in Turkmenistan.

In secondo luogo, abbiamo detto che l’istruzione andava riallineata agli standard internazionali. Il Consiglio ha ragione nel dire che vi è stato un allungamento di un anno del sistema d’istruzione secondaria, ma ritengo che, nonostante i piccoli ritocchi al sistema educativo, ciò non riguardi una larga fetta della popolazione turkmena, ma un'élite da preparare per essere poi occupata nel settore petrolifero e del gas.

In terzo luogo, abbiamo chiesto il rilascio di tutti i prigionieri politici, ma ne sono sati liberati solo alcuni. Mentre ci sono letteralmente centinaia, se non migliaia di prigionieri politici che languono nelle prigioni turkmene in attesa di un equo processo.

In quarto luogo, abbiamo detto che volevamo l'abolizione di tutte le restrizioni ai viaggi esterni. E' interessante che sia il Consiglio sia la Commissione si siano concentrati sugli spostamenti interni. Abbiamo detto che ci doveva essere libertà di compiere anche viaggi all’estero. Il messaggio non è stato recepito.

Per finire, abbiamo detto che non vi era libero accesso per le ONG indipendenti e per gli organismi delle Nazioni Unite che si occupano di diritti dell'uomo e di libertà di stampa. Bene, non c'è libertà di stampa, non c'è libertà di accesso per le ONG e, benché sia stato ammesso un ispettore ONU per la tolleranza religiosa, il Turkmenistan è il paese del mondo con la più lunga lista di richieste di visita da parte delle Nazioni Unite.

E' davvero questo il paese con il quale vogliamo fare affari? Temo che la risposta della maggioranza di quest'Aula e di altre istituzioni sia un chiaro 'sì'. Perché sono cambiate le cose dopo che la commissione per il commercio ha varato la sua risoluzione nel 2007? I cinici potrebbero dire che è a causa della scoperta di petrolio e gas in Turkmenistan, perché vogliamo costruire un nuovo gasdotto, perché abbiamo improvvisamente scoperto l’interesse strategico di tale paese. Se è così, non fingiamo che abbia a che fare con i miglioramenti della situazione dei diritti dell'uomo. Serve solo gli interessi dell'Unione europea.

(Il Presidente interrompe l'oratore)

 
  
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  Søren Bo Søndergaard (GUE/NGL). – (DA) Signor Presidente, sono in totale disaccordo con la proposta che il Parlamento europeo debba approvare incondizionatamente l'accordo commerciale con il Turkmenistan, il che è, dopo tutto, il fulcro della nostra discussione. Possiamo scrivere quello che vogliamo nelle nostre motivazioni, ma una volta dato il via libera la questione sfuggirà al nostro controllo, se non riusciamo a ottenere dalla Commissione la garanzia che potremo annullare l'accordo.

Perché mai dovremmo approvare l'accordo con il Turkmenistan? Abbiamo sentito parlare di miglioramenti ed è vero che la dittatura ha, in effetti, compiuto qualche passo avanti e ha fatto un certo numero di promesse. Nondimeno, come ci ha confermato Amnesty International, questi miglioramenti sono stati attuati solo molto parzialmente. Qual è stata la giustificazione addotta? Si è affermato che nemmeno la mancanza di un accordo ha prodotto risultati. Mi pare una giustificazione assurda, che indirettamente invita tutti i dittatori a non cedere, tanto prima o poi dovremo noi piegarci. Penso si debba dire forte e chiaro che si rischia di pagare un prezzo troppo alto per il gas e che, se il prezzo del gas sono gli accordi con la dittatura turkmena, è veramente troppo elevato.

 
  
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  Justas Vincas Paleckis (PSE). – (LT) E' deplorevole che le azioni intraprese dall'Unione europea e da altre organizzazioni internazionali per la difesa dei diritti dell'uomo in Turkmenistan non abbiano ancora prodotto risultati positivi. I giornalisti e gli attivisti per i diritti umani in loco sono stati imbavagliati. Le donne e i bambini continuano ed essere violentati e rapiti.

Sono tuttavia convinto che politiche di interruzione delle relazioni e di isolamento del Turkmenistan servano a poco, non perché il paese sia ricco di gas, ma semplicemente perché solo la promozione di legami con il mondo esterno può consentire il cambiamento democratico.

Sostengo dunque la posizione della Commissione europea e l'accordo interinale, che può essere sospeso se il verificarsi di particolari avvenimenti lo rende necessario. In ogni caso, nelle relazioni con il Turkmenistan la posizione dell'Unione europea nel settore dell’energia non dovrebbe prescindere dai necessari cambiamenti nell'ambito dei diritti umani.

 
  
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  Charles Tannock (PPE-DE). – (EN) Signor Presidente, il misterioso Turkmenistan è ben più che petrolio e gas. Con questo non voglio dire che i giacimenti di idrocarburi del paese non siano importanti. Essi assumono anzi un valore strategico per l’Unione, stante la sua volontà e l'evidente desiderio del Turkmenistan di sottrarsi all'influenza della Russia sulle forniture di energia.

Le immense e accessibili risorse di gas del Turkmenistan sono in sé sufficienti per chiedere un’intensificazione dei rapporti con l'Unione. Ciononostante, vi sono altre ragioni per le quali credo si debba cercare di raggiungere un accordo commerciale interinale con il Turkmenistan. Il paese è un raro esempio di paese musulmano pacifico e stabile, con un governo laico impegnato nella lotta contro il terrorismo islamico in Afghanistan, dove infuria una guerra.

Ovviamente, vi sono ancora gravi preoccupazioni relative ai diritti dell'uomo, alla democrazia e alle libertà politiche, ma tali inquietudini riguardano anche la Russia e la Cina, e non ricordo che i socialisti ne abbiano parlato durante la recente discussione sul Tibet. Eppure intratteniamo relazioni strategiche con questi due grandi paesi.

Dovremo adoperarci affinché il Turkmenistan promuova il cambiamento attraverso il dialogo e il partenariato, anziché isolare il paese. Per questo motivo sostengo il miglioramento dei rapporti fra la Unione e i paesi dell’Asia centrale.

(Il Presidente interrompe l'oratore)

 
  
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  Alessandro Battilocchio (PSE). Signor Presidente, onorevoli colleghi, mi auguro che questo dibattito relativo all'accordo interinale possa essere l'occasione per iniziare una riflessione complessiva sulla situazione in Turkmenistan e per chiedere maggiori impegni concreti per migliorare un quadro al momento molto negativo.

Il governo di Ashkhabat anche recentemente ha respinto una serie di raccomandazioni tra cui quella di rilasciare i prigionieri politici, di rivedere i casi passati di incarcerazione politica e cancellare i divieti di viaggio arbitrariamente imposti sugli attivisti per i diritti umani. A oggi, senza ipocrisia, è uno Stato chiuso al monitoraggio delle organizzazioni internazionali che da dieci anni non riescono a entrare nel paese, giornalisti e attivisti non hanno la possibilità di lavorare liberamente e tutti gli oppositori sono quotidianamente minacciati.

È ora che l'Unione europea e la comunità internazionale pretendano una svolta nel campo del rispetto dei diritti umani, in caso contrario è davvero difficile digerire unicamente accordi di mera natura economica.

 
  
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  Marie Anne Isler Béguin (Verts/ALE). – (FR) Signor Presidente, signor Ministro, signora Commissario, credo occorra davvero smettere di essere ipocriti su questo tema.

Nel 2006 ho fatto parte della delegazione del Parlamento europeo che si è recata in Turkmenistan, e abbiamo già avanzato all'epoca una serie di proposte che lei ha approvato, signora Commissario.

Certo, capisco le sue argomentazioni e quelle del Consiglio, ma se confronto quanto proposto con la relazione sull'Asia centrale, che quest'Assemblea ha approvato qualche mese fa, il 20 febbraio 2008, e nella quale abbiamo reiterato le nostre richieste in merito al rilascio dei prigionieri, alla Croce Rossa eccetera, mi chiedo: ci sono stati veri progressi? No.

Personalmente, quando la relazione sul Turkmenistan si ricollega principalmente alla questione del gasdotto Nabucco, perché, in fin dei conti, quel che ci interessa è l'energia, è il gas di questo paese, il terzo maggiore produttore mondiale di gas. Inoltre so, perché ci è stato spiegato molto bene durante il viaggio in Turkmenistan, che se l’Unione europea non fosse interessata al gas turkmeno pronti verrebbe presto rimpiazzata da altri clienti, segnatamente la Cina. Quindi, smettiamo di essere ipocriti, diciamolo con chiarezza...

(Il Presidente interrompe l'oratore)

 
  
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  Christopher Beazley (PPE-DE). – (EN) Signor Presidente, sono estremamente d'accordo con il mio collega, onorevole Tannock. Le sue conclusioni finali, se non fosse stato interrotto, volevano incoraggiare l'Unione europea a costruire – nonché la Commissione e il Consiglio a finanziare – gasdotti transcaspici verso l'Asia centrale per ridurre il pericolo di dovere dipendere da un’unica fonte ed evitare il rischio di essere preda degli obiettivi di politica estera di uno dei nostri vicini.

 
  
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  Presidente. - Grazie, onorevole Beazley. E' sempre importante ascoltare per intero l'opinione dell'onorevole Tannock, i cui contributi sono sempre costruttivi e illuminanti per il Parlamento.

Ora l'ultimo oratore. L'onorevole Martin ha facoltà di parola.

Esamineremo in seno all'Ufficio di presidenza se, a questo punto della discussione, la parola possa essere data agli oratori già intervenuti, perché quel che fanno di solito è riaprire la discussione. Comunque, in questo caso, visto che siamo arrivati al quinto oratore e cinque oratori hanno diritto di intervenire, concedo la parola all'onorevole Martin.

 
  
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  David Martin (PSE). – (EN) Signor Presidente, grazie per avermi dato la parola. Desideravo tornare sull'argomento perché vorrei porre una domanda molto specifica alla Commissione prima della replica. Voglio sapere con precisione in che modo un’eventuale clausola sui diritti dell'uomo da noi concordata possa essere invocata e attuata. Sarebbe la Commissione a decidere se ci sia stata o meno violazione dei diritti dell'uomo e, in tal caso, la decisione di sospendere l’accordo in sede di Consiglio sarebbe presa all'unanimità o a maggioranza qualificata? Una tale clausola sui diritti dell'uomo risulterebbe davvero efficace? Abbiamo clausole di questo tipo in molti accordi internazionali e, a oggi, con l'eccezione della Bielorussia, di cui parleremo fra poco, non ce ne siamo praticamente mai avvalsi.

 
  
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  Alexandr Vondra, presidente in carica del Consiglio. - (EN) Signor Presidente, la discussione è stata molto utile. Il dibattito si è essenzialmente incentrato sul tema dei diritti dell'uomo e ciò non ci sorprende. Desidero ribadire che la clausola sui diritti dell'uomo presente nell'accordo consente la sospensione in caso di violazione; per quanto riguarda la sospensione stessa, credo che se la situazione in Turkmenistan dovesse deteriorarsi, dovremo prendere molto sul serio qualsiasi proposta del Parlamento.

Naturalmente la decisione finale sarà presa dal Consiglio valutando la possibilità di applicare misure restrittive, compresa quella della sospensione, e vi sono dei precedenti in tal senso per alcuni paesi dell'Asia centrale.

E' stato anche toccato il tema della cooperazione con la Croce Rossa. Per noi non è facile giudicare la cooperazione fra la Croce Rossa e il Turkmenistan semplicemente perché la Croce Rossa applica un fondamentale principio di discrezione. Pertanto, sulla base delle informazioni disponibili, dobbiamo ammettere che c'è ancora molto da fare ma al contempo osserviamo segnali e sviluppi positivi.

In generale e in conclusione, la situazione dei diritti umani in Turkmenistan lascia ancora molto a desiderare, ma l'isolamento protratto del paese non è una soluzione. L’imposizione di condizioni alla conclusione dell'accordo interinale negoziato undici anni fa non è un mezzo efficace per assicurare il progresso nel campo dei diritti umani e della democrazia.

Occorre naturalmente avviare un dialogo sui diritti umani con il Turkmenistan, ed è quello che stiamo cercando di fare. Il primo ministro ceco si è recato in recentemente nel paese. Gli incontri con il presidente ad Ashkhabat vertevano proprio su queste tematiche.

La presidenza è convinta che vi sia l'opportunità di avviare tale dialogo con il Turkmenistan, e quest’approccio costituisce l'unico mezzo efficace di stabilire un dialogo franco su temi quali i diritti dell'uomo.

Nessuno dei partner chiave del Turkmenistan – la Russia o la Cina, che stanno attualmente accrescendo la loro influenza nella regione – affronteranno queste tematiche in via prioritaria.

Pertanto l'avvio di relazioni contrattuali appropriate, a cominciare, con l'accordo interinale costituisce un passo fondamentale in tale politica di impegno. Un parere negativo del Parlamento europeo inficerebbe il nascente dialogo con il Turkmenistan e ci impedirebbe di realizzare progressi in settori importanti quali la promozione del rispetto dei diritti dell'uomo.

Invito pertanto il Parlamento, come suggerito dal relatore, onorevole Caspary, a dare il suo pieno appoggio alla conclusione dell'accordo interinale.

 
  
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  Benita Ferrero-Waldner, membro della Commissione. - (EN) Signor Presidente, Eleanor Roosevelt disse un giorno che anziché maledire l'oscurità bisognerebbe accendere una candela. Vale anche per il Turkmenistan. La promozione dei diritti umani e il sostegno alla democrazia nel paese devono senz'altro continuare a essere la nostra priorità. Molti di voi hanno giustamente detto – ad esempio l'onorevole Flautre, che non è più in Aula – che i cambiamenti sono lenti. Sì, sono lenti ma sono cambiamenti e occorre riconoscerli e incoraggiarli.

Dobbiamo perciò aiutare il Turkmenistan a diventare autonomo. Dobbiamo impegnarci con quel paese in modo costruttivo, continuo e strategico. Occorre creare una quadro appropriato per le nostre relazioni contrattuali e l'accordo sugli scambi e la cooperazione attualmente in vigore non lo consente.

Consentitemi inoltre di parlare della sospensione, o della possibile sospensione. Come sapete e come ha testé ricordato il presidente in carica, sta al Consiglio – fra l'altro all'unanimità – decidere su tali questioni. La Commissione può avanzare proposte in merito.

Mi permetto di ricordarvi che, dopo il massacro di Andjian, ad esempio, il Consiglio decise di imporre misure restrittive all'Uzbekistan, incluso un embargo sulle armi e restrizioni ai viaggi dei funzionari uzbeki coinvolti nella vicenda. Inoltre, sono state sospese le riunioni tecniche nel quadro dell'accordo di partenariato e cooperazione (APC), del comitato di cooperazione e dei sottocomitati. Tali misure sono state soggette a costante revisione e rinnovate o modificate su base annuale.

In tal senso, se dovesse verificarsi un incidente o una grave violazione, il Consiglio potrebbe adottare misure simili o anche prendere in considerazione la sospensione, e la Commissione valuterebbe tutte le opzioni possibili, inclusa la sospensione.

L'inserimento di una clausola di sospensione specifica legata ai diritti dell'uomo richiederebbe un modifica dell'APC. Questo ci sembra piuttosto difficile da attuare perché si dovrebbero riaprire negoziati con il Turkmenistan – che ha già firmato e ratificato l'accordo di partenariato e cooperazione nel 2004 – nonché con gli Stati membri dell'UE, 12 dei quali hanno già ratificato l'accordo.

Volete sapere se una violazione dei diritti umani possa determinare una sospensione dell'accordo di partenariato e cooperazione. Vi ricordo che sia l'APC sia l'accordo interinale prevedono una clausola che dichiara essenziale il rispetto dei diritti umani, come ho già ricordato prima con estrema chiarezza. Nell'APC e nell'accordo interinale vi è una clausola che prevede che, qualora una delle parti ritenga che l'altra parte sia inadempiente ai termini dell'accordo, possa adottare le misure che ritiene appropriate, e in caso di particolare urgenza particolare lo può fare anche senza previa consultazione del comitato congiunto.

L'accordo interinale e l'accordo di partenariato e cooperazione contengono inoltre una dichiarazione congiunta che chiarisce che i casi di particolare urgenza sono da intendere i casi di violazione materiale dell'accordo da parte di una delle parti, e chiarisce che la violazione materiale consiste nella violazione di un elemento essenziale.

Di conseguenza una violazione materiale in casi urgenti dà alle parti il diritto di assumere appropriati provvedimenti. Secondo noi, questi provvedimenti potrebbero anche consistere nella sospensione dell'accordo. Quindi, onorevoli deputati, vi chiedo ancora una volta di voler dare il vostro assenso alla conclusione dell'accordo commerciale interinale con il Turkmenistan.

Sarei assolutamente favorevole ad un impegno politico da parte mia e della Commissione per assicurare un controllo del dialogo sui diritti umani e per riferire al Parlamento su base regolare. Ciò costituirebbe, nell’accordo commerciale, un primo passo verso un'accresciuta cooperazione e permetterebbe di avanzare nell’istituzione di un quadro di dialogo con il Turkmenistan al pari di quello già istituito con altri paesi della regione. Non dimentichiamolo.

Solo profondendo un maggior impegno saremo in grado di determinare sviluppi positivi e miglioramenti nella situazione dei diritti umani.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. DOS SANTOS
Vicepresidente

 
  
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  Daniel Caspary, relatore. − (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, vi ringrazio per la discussione odierna che ci ha permesso compiere notevoli passi avanti. Vorrei ringraziare tutti i colleghi che hanno lavorato con me su questo tema negli ultimi mesi.

Presidente in carica del Consiglio Vondra, sono rimasto particolarmente colpito da una delle dichiarazioni chiave del Consiglio: il popolo turkmeno certamente non imparerà il significato di democrazia e diritti umani dalla Cina, dalla Russia o dall’Iran. In questi ultimi anni il Parlamento ha stabilito condizioni molto chiare grazie alle quali possiamo accettare questo accordo interinale, le più recenti erano contenute nella relazione sulla strategia per l’Asia centrale presentata dall’onorevole Özdemir.

Sarebbe una grande concessione da parte del Parlamento europeo se ora noi fondamentalmente ignorassimo le norme che stabilite tre o sei mesi fa e dicessimo, nonostante tutto, che approviamo la mia relazione sull’accordo interinale. D’altro canto, mi è chiaro che stiamo parlando proprio di tale accordo oggi e non sarebbe stata una buona idea posticipare la votazione. E’ evidente che non dovremmo usare il Turkmenistan e l’accordo interinale coem pretesto per spostare l’equilibrio di potere tra le istituzioni europee.

Sono anche consapevole del fatto che, se la Commissione e il Consiglio accettassero le richieste avanzate da molti di noi oggi, si verrebbe a costituire un precedente, benché, e lo sottolineo espressamente, a mio avviso tali richieste sono pienamente giustificate. Aspetto, dunque – preferibilmente in serata – una presa di impegno da parte della Commissione: qualora dal controllo dovesse emergere che la situazione in Turkmenistan si è deteriorata e qualora il Parlamento approvasse una risoluzione in cui richiede alla Commissione di proporre al Consiglio la sospensione dell’accordo interinale, essa presenterà una proposta al Consiglio a tal riguardo. Ritengo che questo sia possibile nell’ambito degli attuali accordi.

Sarebbe per me un piacere se, in ogni caso, ricevessimo la promessa, da parte del Consiglio, di includere e discutere questo tema in una delle prossime riunioni su proposta della Commissione. Entrambe le istituzioni possono certamente prendersi questi impegni senza rivolgersi all’ordinamento generale della cooperazione istituzionale all’interno dell’Unione. Vi sarei grato se poteste annunciarlo oggi stesso o, al più tardi, prima della votazione di domani. Non ho alcun interesse nel consigliare ai miei onorevoli colleghi, prima del voto di domani, di posticipare la votazione sulla mia relazione.

 
  
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  Presidente. Ho ricevuto due proposte di risoluzione, ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 5, del regolamento interno.

La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà domani.

 

9. Valutazione semestrale del dialogo UE-Bielorussia (discussione)
Video degli interventi
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  Presidente. L’ordine del giorno reca le dichiarazioni del Consiglio e della Commissione sulla valutazione semestrale del dialogo UE-Bielorussia.

 
  
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  Alexandr Vondra, presidente in carica del Consiglio. − (EN) Signor Presidente, vorrei ringraziare gli onorevoli membri del Parlamento per avermi offerto la possibilità di aggiornarvi sugli sviluppi in Bielorussia, ed in particolare di riportare i risultati del dibattito in seno al Consiglio dello scorso lunedì su tale questione.

Come molti di voi sapranno, in seguito alla decisione del Consiglio dello scorso ottobre, di sospendere temporaneamente e parzialmente l’elenco di divieto di concessione del visto, abbiamo assistito a una serie di sviluppi positivi in Bielorussia. Vorrei sottolineare, in particolare, la registrazione del movimento For Freedom (“per la libertà”) e del Centro delle iniziative per Chernobyl, la stampa e la distribuzione di giornali indipendenti come Narodnaya Volya e Nasha Niva, la tavola rotonda sulla regolamentazione di Internet con il rappresentante OSCE per la libertà dei media, le consultazioni con l’OSCE/ODIHR per il miglioramento del sistema elettorale e la creazione dei consigli consultivi, incluso uno sul tema dei diritti umani, che riuniscono rappresentanti della società civile e perfino l’opposizione.

Questi progressi, che ad alcuni potranno sembrare minimi, sono molto importanti nel contesto bielorusso, come è stato riconosciuto anche da rappresentanti della società civile in Bielorussia.

Tuttavia, si sono verificati alcuni episodi che hanno destato preoccupazione. Viasna, l’importante ONG che si occupa di diritti umani, si è vista negare la registrazione, vi sono problemi con l’accreditamento di alcuni media indipendenti e, sebbene la persecuzione della società civile e degli attivisti dell’opposizione sia diminuita rispetto a prima, le detenzioni a breve termine continuano. Ci stiamo occupando attentamente anche delle denunce dell’opposizione di “arruolamento forzato” nell’esercito.

Non possiamo negare che il quadro sia confuso. Ciononostante, siamo convinti della necessità di continuare ad applicare una politica di partecipazione e di sostenere gli sviluppi positivi. Questa dovrebbe essere la strada futura delle nostre relazioni con la Bielorussia. Al momento di decidere che direzione dare alla nostra politica futura, dovremo tenere a mente i nostri interessi strategici più ampi nella regione e l’impatto della crisi finanziaria.

Queste sono le considerazioni alla base della nostra decisione del 16 marzo, la quale, pur estendendo di un anno le misure restrittive, mantiene la sospensione delle restrizioni sui viaggi imposte ad alcuni funzionari bielorussi per nove mesi.

L’esame approfondito previsto al termine dei nove mesi si concentrerà sulle cinque aree definite nelle conclusioni del Consiglio dell’ottobre 2008, ovvero: riforma elettorale e altre azioni concrete per il rispetto dei valori democratici, lo stato di diritto, diritti umani e libertà fondamentali, incluse libertà di espressione e dei media, libertà di riunione e associazione politica.

Siamo fermamente convinti che mantenere la sospensione concordata la scorsa settimana ci consentirà di perseguire gli obiettivi della nostra politica. Ci darà la possibilità di continuare a migliorare, con i nostri partner bielorussi, in aree importanti nell’ambito dei diritti umani. Il prossimo mese, l’apertura di un dialogo sui diritti umani sarà particolarmente importante.

In seguito alla sospensione del divieto di contatti politici bilaterali, hanno avuto luogo varie visite di alto livello, tra cui una troika ministeriale a fine gennaio. L’obiettivo di questi contatti era sostenere la Bielorussia e comprendere le differenze nelle aspettative. Ci auguriamo che il dialogo continui nei mesi futuri.

Siamo convinti che sia necessario essere costruttivi con Minsk, ma rimaniamo comunque con i piedi per terra e non ci aspettiamo cambiamenti eccezionali. Le trasformazioni hanno bisogno di tempo ed è nel nostro interesse approfittare di ogni opportunità per sostenere ulteriori sviluppi positivi.

E’ importante l’aperto sostegno alla nostra politica di partecipazione da parte dei rappresentanti della società civile in Bielorussia, che recentemente hanno partecipato a una discussione molto costruttiva con i membri del Parlamento. Manteniamo contatti regolari con i rappresentanti della società civile bielorussa e abbiamo intenzione di continuare sia con il dialogo, sia con il sostegno alla società civile e ai media indipendenti in Bielorussia.

Vorrei concludere parlando brevemente del partenariato orientale, approvato la scorsa settimana dal Consiglio europeo, che sarà varato durante un incontro di vertice a maggio. La Bielorussia è uno dei sei paesi del partenariato orientale e siamo fermamente convinti che debba essere coinvolta in tale iniziativa fin dall’inizio. Il suo grado di partecipazione ai rapporti bilaterali dipenderà da una serie di fattori, in particolare dai progressi negli ambiti cui ho fatto riferimento in precedenza.

Sono grato al Parlamento per il sostegno pubblico ai risultati del Consiglio lo scorso lunedì. Ovviamente, l’esame approfondito che sarà condotto nei prossimi nove mesi sarà fondamentale per qualsiasi decisione futura e guiderà le nostre relazioni con la Bielorussia. Il Consiglio si impegna a mantenere aggiornato il Parlamento sugli sviluppi ed è lieto della possibilità per quest’ultimo di continuare a contribuire a tale dibattito.

 
  
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  Benita Ferrero-Waldner, membro della Commissione. − (FR) Signor Presidente, la Bielorussia si trova davanti a un bivio.

Noi ci troviamo a metà fra, da un lato, la scia di una decisione del Consiglio che conferma la sospensione temporanea del divieto di concessione del visto fino alla fine dell’anno, e dall’altro, la vigilia dell’adozione di una risoluzione del Parlamento europeo. E’ il momento di effettuare una prima analisi della nostra politica in Bielorussia dopo sei mesi di sospensione delle sanzioni – dall’ottobre 2008 – e di riflettere su cosa ci aspetta nei prossimi nove mesi.

Personalmente, sono convinta che la decisione dell’Unione dello scorso ottobre di sospendere le sanzioni sia stata corretta ed ha in effettidato inizio a un processo positivo.

La Bielorussia ha adottato misure che si muovono indiscutibilmente verso una maggiore democrazia. Mi riferisco, in particolare, al ritorno nelle edicole di due quotidiani indipendenti, al fatto che perfino l’organizzazione del signor Milinkevich sia stata, finalmente, legalizzata, alla cooperazione con l’OSCE/ODIHR sulla legge elettorale, e a vari partiti dell’opposizione o ONG – come l’Unione dei Polacchi in Bielorussia – che si sono finalmente potuti riunire. Sicuramente questo processo è limitato e insufficiente, ma è pur vero che non ha precedenti e, in generale, possiamo sempre concludere che vi sono stati dei progressi.

E’ per questi motivi che la relazione mista ha ricevuto una risposta mista dall’Unione europea, con la decisione equilibrata dell’ultimo Consiglio “Affari generali e relazioni estere”. Sospendere le sanzioni più a lungo ci consente di mantenere un dialogo, esattamente come ci era stato richiesto dalla società civile unitamente ad un forum tenutosi al Parlamento europeo il 4 marzo.

Allo stesso tempo, manteniamo gli strumenti a nostra disposizione, poiché le sanzioni potrebbero essere reintrodotte alla fine dell’anno se riterremo che i progressi raggiunti siano insufficienti; continueremo la nostra analisi controllando attentamente la situazione in situ, per verificare i progressi effettivi nelle cinque aree fondamentali individuate dalle conclusioni del CAGRE dello scorso ottobre. Inoltre, grazie alla nostra delegazione a Minsk, la Commissione svolge un ruolo attivo nell’analisi della situazione in situ.

Onorevoli colleghi, accolgo con favore l’iniziativa del Parlamento europeo di inviare una delegazione di membri della commissione per gli affari esteri e la delegazione del Parlamento europeo per le relazioni con la Bielorussia, a Minsk fra dieci giorni per incontrare le autorità e i vari partiti e per comprendere la situazione in loco.

Manderò anche il mio direttore responsabile per la regione, che lavorerà fianco a fianco con la delegazione del Parlamento europeo. La creazione di un nuovo dialogo sui diritti umani con la Bielorussia è un altro encomiabile passo avanti che ci consentirà di organizzare al meglio le nostre richieste e di approfondire maggiormente le nostre discussioni.

La prima sessione di tale dialogo dovrebbe avere luogo nei prossimi giorni a Minsk e l’Unione europea presenterà tutti i temi da trattare. In questa occasione incontreremo i rappresentanti della società civile prima e dopo il dialogo, per approfittare della loro esperienza.

Onorevoli colleghi, lo sviluppo di relazioni con questo vicino nel cuore dell’Europa richiede una riflessione da parte nostra sul seguito da dare, anche nel lungo termine, ai progressi della Bielorussia, una risposta che ci consenta di avvicinare la Bielorussia alla famiglia europea e ai suoi valori. Per farlo, come precisato dal presidente in carica, il Consiglio europeo ha deciso, lo scorso venerdì, di ammettere la Bielorussia al partenariato orientale e, più specificamente, alla sua componente multilaterale, ovvero le piattaforme. Il partenariato costituirà, per la Bielorussia, un’opportunità per sviluppare nuove reti di scambio e di sostegno con tutti i suoi vicini, anche a nome della società civile bielorussa, che vuole porre fine al proprio isolamento e partecipare al forum della società civile.

Per quanto concerne la partecipazione della Bielorussia alla componente bilaterale del partenariato orientale, il testo della proposta della Commissione è inequivocabile: lo sviluppo di relazioni bilaterali fra Unione europea e Bielorussia dipende, e continuerà a dipendere, dagli sviluppi della situazione politica nel paese.

Infine, alla luce della crisi economica e finanziaria che sta colpendo duramente anche tutti i nostri vicini orientali, sono a favore di misure economiche di sostegno per la Bielorussia. Un primo passo è stato fatto dall’FMI, con il sostegno attivo dei suoi membri europei con la concessione di un prestito di 2 miliardi di dollari per affrontare gli effetti immediati della crisi, ovvero equilibrare la bilancia dei pagamenti. Il secondo passo dovrebbe consentire alla Bielorussia di accedere ai prestiti della Banca europea per gli investimenti (BEI) e ai più cospicui finanziamenti della Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (BERS) per finanziare progetti collegati alle reti transeuropee e per diversificare i legami economici del paese.

Al contempo, la Commissione sta rafforzando i propri dialoghi tecnici con la Bielorussia in settori di interesse comune quali energia, trasporti, dogane, normative, e, nel lungo termine, economia.

Onorevoli colleghi, per rafforzare questi dialoghi, , la prossima settimana il Parlamento adotterà una risoluzione sulla Bielorussia e la Commissione ascolterà attentamente i vostri suggerimenti. Da parte mia, mi auguro di continuare a lavorare fianco a fianco nei prossimi mesi sulla nostra valutazione della situazione e sul dialogo con la Bielorussia, le sue autorità e la società civile. Mi auguro che questo primo passo ci porti a un impegno reciproco approfondito basato su progressi concreti.

 
  
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  Charles Tannock, a nome del gruppo PPE-DE. – (EN) Signor Presidente, le relazioni fra Unione europea e Bielorussia, sono ora guidate da considerazioni pragmatiche da entrambi i lati. Anni di politiche isolazioniste non hanno condotto da nessuna parte, come riconosciuto anche dal Consiglio, benché in ritardo; certamente non sono serviti a diminuire l’attaccamento al potere dell’ultimo dittatore europeo isolazionista, il presidente Lukashenko.

Due settimane fa, proprio qui a Strasburgo, ho avuto il privilegio di incontrare due dissidenti bielorussi di rilievo, per discutere gli sviluppi politici nel loro paese. Uno di essi, Alexander Kazulin, era stato da poco liberato dalla condizione di prigioniero politico, e questa liberazione costituisce una delle ragioni che hanno portato l’Unione europea a guardare Lukashenko con un occhio più favorevole.

Tuttavia, la repressione politica continua ad essere un problema grave in Bielorussia. Bisogna quindi valutare se questo apparente disgelo nelle relazioni UE-Bielorussia porterà a dei risultati, poiché Lukashenko potrebbe avvicinarsi all’Unione europea per provocare la Russia. Sicuramente, però, è un atteggiamento migliore della nostra politica di boicottaggio, fallita, dell’ultimo decennio.

E’ fondamentale che il Consiglio mantenga la strategia del bastone e della carota con la Bielorussia: se a Lukashenko sono offerti evidenti incentivi per una riforma politica interna, potrebbe rispondere in modo positivo. Ma, allo stesso tempo, deve sapere che non può continuare a comportarsi come in passato, e che qualsiasi segno di aumento dell’autoritarismo e della repressione porteranno l’Unione a considerare la riduzione e la fine del sostegno europeo alle ambizioni bielorusse di entrare nell’OMC. A questo punto, invitare Lukashenko a Praga al vertice di maggio per avviare il partenariato orientale, di cui la Bielorussia fa parte, sarebbe, a mio avviso, eccessivo. Dobbiamo unire relazioni più strette a impegni concreti da parte del regime a favore del cambiamento.

La Bielorussia deve rendersi conto che riconoscere le regioni georgiane dell’Abkhazia e dell’Ossezia del sud quali Stati indipendenti – come finora ha fatto solo la Russia – è inaccettabile. Ritengo che la Bielorussia stia cercando di prendere le distanze dal controllo russo e dobbiamo cogliere quest’opportunità. Certamente, promuovere un cambiamento vero in Bielorussia richiede pazienza e impegno da parte dell’Unione, ma la ricompensa – il ritorno della Bielorussia nella famiglia europea – vale decisamente la pena.

 
  
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  Jan Marinus Wiersma, a nome del gruppo PSE. – (NL) Signor Presidente, siamo lieti di sostenere la continuazione della politica europea che mira a raggiungere un dialogo e una cooperazione più stretta con il regime bielorusso. Stiamo lavorando al riguardo già da sei o sette mesi e vogliamo vedere gli obiettivi dell’Unione europea porteranno dei frutti nel prossimo futuro. Questo però non ci impedisce di nutrire dei dubbi sulle intenzioni di un governo noto per non essere democratico. Io stesso ho avuto l’onore di entrare in contatto con il regime bielorusso in diverse occasioni e, credetemi, il presidente Lukashenko non è diventato democratico da un giorno all’altro.

La sua aspirazione ad un maggior coinvolgimento con l’Unione è giustificata da altri fattori, ma possiamo sfruttare questa sua priorità per fargli pressione affinché continui sulla strada che ha intrapreso con una serie di misure nell’ambito dei diritti umani. Concordo con l’onorevole Tannock quando afferma che sia ancora troppo presto per decidere se il presidente Lukashenko debba essere ricompensato con il partenariato orientale. Manca ancora un dialogo autentico sui diritti umani, che vengono ancora troppo spesso violati.

Parlando di dialogo sui diritti umani, riteniamo che l’opposizione debba poter svolgere appieno il suo ruolo. In questi ultimi anni abbiamo sostenuto l’opposizione in ogni modo, anche conferendole due Premi Sakharov. Minsk ritiene questo nostro sostegno non sia accettabile, ma vi sono comunque dei precedenti: per sei o sette anni sono stato coinvolto personalmente, assieme all’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE) e al Consiglio d’Europa, in un tentativo per raggiungere un dialogo fra il governo bielorusso e l’opposizione di allora. Il tentativo fallì, ma sicuramente costituisce un precedente per questo tipo di incontri.

Desideriamo una politica europea che contribuisca chiaramente a una maggiore libertà e apertura. La risoluzione attualmente al vaglio contiene i punti che riteniamo più importanti. Se vi saranno dei progressi in questi settori nei prossimi mesi, riteniamo che potranno essere sospese ulteriori restrizioni europee.

Vi sono altri punti che vorrei aggiungere. In primo luogo, riteniamo che la Commissione debba tenere conto del fatto che l’Unione Europea è poco conosciuta in Bielorussia e che un semplice canale televisivo satellitare non cambierà la situazione; è necessaria un’azione concreta da parte del paese e al suo interno. In secondo luogo, vi esorto a chiedere alle autorità di Minsk se non sia finalmente giunto il momento di revocare le restrizioni sui viaggi dei bambini di Chernobyl.

La mia ultima osservazione è di carattere più personale. Questa nuova situazione ha, quanto meno, portato a un risultato positivo: per la prima volta in sei o sette anni, mi è stato concesso un visto, consentendo a me e a una delegazione del Parlamento di viaggiare in Bielorussia per alcune settimane, un’opportunità che sarò lieto di cogliere.

 
  
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  Janusz Onyszkiewicz, a nome del gruppo ALDE. – (PL) Quando sono state revocate le sanzioni contro la Bielorussia, speravamo nel proseguimento del processo di ammorbidimento del sistema, condizione che però non si è verificata. Gli onorevoli che sono intervenuti prima di me vi hanno già fatto riferimento, ma vorrei ci ricordassimo che non è stato registrato nessun altro partito politico, la minaccia di eliminare la registrazione dei partiti già esistenti non è stata revocata, i giornali che avrebbero dovuto ricevere il diritto alla distribuzione non l’hanno ricevuto, si sono ripetuti attacchi dal web contro siti Internet, come quello di Radio Free Europe. Inoltre, il presidente Lukashenko ha deciso di lasciare Minsk, e quindi la visita della commissario Ferrero-Waldner non ha potuto avere luogo. Ritengo che sia stato un comportamento poco amichevole, che non dimostra rispetto e comprensione dell’importanza dei contatti con l’Unione europea.

E’ vero che il presidente Lukashenko non ha riconosciuto l’indipendenza dell’Ossezia e dell’Abkhazia, ma ha tuttavia visitato quest’ultima regione e pare vi sia in progetto una stretta cooperazione economica fra i due partner – e non dico Stati perché, chiaramente, l’Abkhazia non è uno Stato. Per quanto riguarda l’opposizione, il presidente Lukashenko la definisce la “quinta colonna” e non si legge alcuna intenzione di riconoscerle il ruolo di importante elemento di opposizione politica, come avviene in tutti gli altri paesi.

Ritengo, tuttavia, che in questa relazione dovremmo cercare di mantenere un dialogo. Concordo con l’onorevole Tannock quando afferma che il presidente Lukashenko non dovrebbe essere presente al vertice di Praga: sarebbe un passo eccessivo. Dovremmo invece utilizzare più efficacemente le misure a nostra disposizione, quali uno strumento finanziario per sovvenzionare lo sviluppo economico e democratico. A questo proposito vorrei chiedere non l’ammontare dei fondi stanziati, bensì quanti fondi sono stati spesi lo scorso anno e nel 2007 per supportare la democrazia in Bielorussia, senza includere il sostegno alle radio.

 
  
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  Konrad Szymański, a nome del gruppo UEN. – (PL) Signora Commissario, l’esperimento della sospensione delle sanzioni contro la Bielorussia deve continuare, perché in questo modo potremo tentare tutte le possibili strade per un dialogo. Le autorità bielorusse devono però essere consapevoli del fatto che il tempo concesso a questo esperimento è limitato e che le nostre proposte non aspetteranno all’infinito.

Dobbiamo fare molta attenzione. Nei primi mesi abbiamo dedotto solamente un vago quadro delle intenzioni delle autorità di Minsk. Nel frattempo, continua la repressione contro l’associazione dei cittadini polacchi residenti in Bielorussia, i preti cattolici vengono espulsi e la televisione Belsat, l’unico canale televisivo indipendente che trasmetta nel paese, si è vista negare la registrazione di una sede a Minsk. Questi atteggiamenti costituiscono una ragione sufficiente per non invitare il presidente Lukashenko al vertice dell’Unione europea, accogliendo gli appelli dell’opposizione bielorussa.

 
  
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  Jacek Protasiewicz (PPE-DE). – (PL) Signor Presidente, signor Primo Ministro, signora Commissario, concordo con la Commissario quando afferma che la decisione del Consiglio di estendere le sanzioni contro la Bielorussia di un anno e contemporaneamente sospenderle per nove mesi sia una soluzione appropriata. Invitiamo la Bielorussia a collaborare con noi, senza però dimenticare che si tratta dell’ultimo Stato non democratico in Europa.

Nonostante i cambiamenti positivi che hanno avuto luogo recentemente in Bielorussia, di cui ci ha parlato il presidente in carica del Consiglio Vondra, non possiamo sostenere che in questo paese vengano rispettati i diritti umani fondamentali, diritti quali la libertà di parola, di esprimere opinioni politiche o il rispetto di minoranze nazionali e religiose. Ciononostante, stiamo offrendo alla Bielorussia la partecipazione al partenariato orientale poiché riteniamo che possa portare dei benefici, in particolare alla popolazione bielorussa.

Il partenariato orientale rappresenta la possibilità di avere visti più economici, una migliore cooperazione economica e sostegno finanziario per la società civile. Questi sono solo alcuni dei benefici che questa nuova politica potrà portare alla Bielorussia dopo anni di isolamento. Per quanto riguarda i costi, vi è senza dubbio un abuso cinico della nostra buona volontà al fine di dare credibilità a un governo non democratico. Il governo bielorusso, che controlla i principali mass media e li utilizza non come mezzo di informazione bensì come strumento di propaganda, sta già annunciando trionfalmente che l’Unione europea accetta il “modello bielorusso”, in cui democrazia e libertà possono essere limitate. In quest’Aula abbiamo il dovere di rimarcare inequivocabilmente che i cittadini bielorussi hanno gli stessi diritti dei cittadini di qualsiasi altro paese europeo libero, compreso il diritto di manifestare liberamente oggi a Minsk, in occasione del 91° anniversario dell’indipendenza bielorussa. La partecipazione al partenariato orientale ha l’obiettivo di aiutarli a godere di questi diritti e se le autorità bielorusse si intrometteranno in questo processo non potranno più contare su partenariati e buone relazioni con l’Occidente, soprattutto non all’alto livello citato dal presidente in carica Vondra, e soprattutto non mentre progettiamo il vertice di Praga di maggio, che riguarderà proprio il partenariato orientale.

Fino a quando gli attivisti politici continueranno ad essere detenuti in Bielorussia, finché i giovani attivisti dell’opposizione democratica saranno arruolati con la forza, finché le manifestazioni saranno disperse con la forza dalle milizie e i giornalisti indipendenti saranno multati per le loro parole e pubblicazioni, i leader bielorussi non aspettarsi potranno aspettarsi né un partenariato né un atteggiamento conciliante da parte dei leader europei, del Consiglio, della Commissione e del nostro Parlamento.

 
  
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  Justas Vincas Paleckis (PSE) . – (LT) La Bielorussia si trova al centro dell’Europa e ritengo dovrebbe essere interessata a mantenere buone relazioni sia con l’Unione europea, sia con la Russia e la partecipazione al programma di partenariato europeo gliene offre la possibilità.

Una Bielorussia indipendente e stabile, che fa passi avanti nella strada verso la democrazia, i diritti umani e l’economia sociale di mercato, è nell’interesse dell’Unione europea e in particolare dei suoi vicini più prossimi Lituania, Lettonia e Polonia. Sono convinto che il popolo bielorusso sia sempre più a favore di questo progetto.

La politica di isolamento nei confronti della Bielorussia era ingiustificata, e questo va sottolineato. D’altro canto, finché la libertà di parola e di opinione e le attività dei partiti e dell’opposizione verranno limitate, non vi potrà essere un dialogo autentico tra Bruxelles e Minsk.

Non credo sia ancora il momento di stendere il tappeto rosso a Bruxelles per i leader bielorussi.

La Bielorussia è l’unico Stato in Europa che prevede ancora la pena capitale, anche se il numero di esecuzioni, secondo i dati delle organizzazioni in difesa dei diritti umani, è calato drasticamente. Credo che tutti i membri del Parlamento europeo, indipendentemente dal gruppo politico di appartenenza, siano insoddisfatti di questa situazione e richiederebbero a Minsk l’abolizione della pena di morte quanto prima.

La Bielorussia ha in progetto di costruire, nell’arco di sette anni, una centrale nucleare lungo il confine lituano. Vorrei ricordarvi che la Commissione europea si è impegnata a monitorare attentamente che il governo bielorusso rispetti le norme dell’AIEA e altre organizzazioni internazionali, nonché a garantire che la centrale nucleare ottemperi a tutti gli ultimi requisiti in materia di sicurezza.

 
  
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  Presidente. Segue ora il dibattito secondo la procedura catch the eye.

Ho ricevuto troppe richieste di intervento, molte delle quali dal gruppo del Partito popolare europeo (Democratici-cristiani) e dei Democratici europei. Concederò la parola solo a tre parlamentari.

 
  
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  Christopher Beazley (PPE-DE). – (EN) Signor Presidente, la procedura catch the eye concordata da questa Camera non prevede che il Presidente possa selezionare gli oratori a seconda del gruppo di appartenenza. La procedura, per come la interpreto io, prevede invece che ogni membro di quest’Assemblea riesca ad attirare la sua attenzione (da cui il nome inglese). Mi rammarico della sua decisione di concedere la parola solo a tre parlamentari del gruppo PPE-DE. Non credo sia conforme al nostro regolamento interno.

 
  
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  Presidente. Onorevole Beazley, la procedura è sempre stata così e continuerà ad esserlo finché io presiederò quest’assemblea.

Poiché vi sono richieste simultanee, dato che praticamente tutti gli onorevoli parlamentari richiedono la parola – e posso accogliere solo cinque richieste – non posso fare altrimenti senza invadere lo spazio destinato ad altre discussioni. Inoltre, questa è la procedura che si è sempre seguita e cambiarla ora significherebbe creare differenze rispetto alle precedenti sedute.

Onorevole Beazley, la questione è stata chiarita. Non vi è motivo di insistere, poiché non le darò la parola. Non le darò la parola. La questione è stata chiarita.

 
  
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  Laima Liucija Andrikienė (PPE-DE) . – (LT) Oggi il popolo bielorusso festeggia l’anniversario della propria indipendenza. Vi rammento che la Bielorussia si è dichiarata repubblica il 25 marzo 1918. In questo momento, mentre parliamo, a Minsk, nella piazza di fronte all’Accademia delle scienze, si sta tenendo una manifestazione organizzata dall’opposizione democratica. Cinquemila persone sono scese in piazza e mi auguro che non vengano utilizzate misure repressive contro di loro. Per questo, come ho già fatto in passato, e particolarmente oggi, vorrei esprimere la mia solidarietà a tutti i bielorussi nel mondo, soprattutto a coloro che si sono riuniti nelle piazze di Minsk per dimostrare che hanno a cuore lo spirito di indipendenza e di libertà.

Per quanto riguarda il dialogo con la Bielorussia, ritengo sia necessario, ma non ad ogni costo. L’Unione europea può, senza fare concessioni al regime, ma promuovendo il dialogo con la società civile, solamente risolvere quanto prima la questione del prezzo dei visti Schengen, che attualmente costano 60 euro, una cifra troppo elevata per molti bielorussi. Vorrei ricordarvi che il questo stesso Schengen per i cittadini russi costa la metà.

 
  
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  Czesław Adam Siekierski (PPE-DE). – (PL) E’ importante continuare a lavorare per costruire nuove relazioni fra Unione europea e Bielorussia. E’ senza dubbio essenziale creare una situazione in cui i diritti fondamentali dei cittadini bielorussi siano rispettati, e non è accettabile che, al giorno d’oggi, diritti come la libertà di espressione, la libertà di opinione, il diritto a elezioni o a una magistratura indipendente non siano rispettati.

Per questo concordo con l’idea di esortare la Bielorussia ad un maggiore impegno per intraprendere la strada della democrazia e mi rallegro della decisione di includere questo Stato nel nuovo programma per rafforzare la politica dell’Unione attraverso il partenariato orientale. Credo che in questo modo si aiuterà la Bielorussia a raggiungere stabilità e sicurezza, nonché a migliorare il tenore di vita dei suoi cittadini. La Comunità dovrebbe continuare a fornire un aiuto finanziario ai meno abbienti nella regione e a intervenire quando i diritti dei cittadini vengono negati. Lo ripeto: intervenire quando i diritti dei cittadini vengono negati.

 
  
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  Árpád Duka-Zólyomi (PPE-DE) . – (HU) La politica europea sulla questione bielorussa era inequivocabile: i diritti umani e la democratizzazione erano i punti più importanti. Non abbiamo rifiutato un riavvicinamento, ma le nostre condizioni erano altrettanto inequivocabili. Oggi, tuttavia, la situazione è cambiata notevolmente.

Gli attivisti politici e gli esperti indipendenti bielorussi hanno ragione: il regime non è cambiato radicalmente, ha solo apportato dei cambiamenti estetici. Anche se alcuni prigionieri politici sono stati rilasciati, gli attivisti più giovani vengono arruolati nell’esercito anziché essere mandati in prigione. Altre cose possono essere cambiate, ma non il regime.

All’interno dell’Unione europea, molti ritengono che il successo del partenariato orientale dipenderà anche dalla Bielorussia. Bruxelles deve colmare il vuoto lasciato dall’incertezza dell’Ucraina e a questo scopo persino il presidente Lukashenko potrebbe risultare accettabile. Le istituzioni europee sono riuscite ad annullare le condizioni che esse stesse avevano posto. Anni di lavoro della Commissione sono stati compromessi da una sola visita dell’Alto rappresentante Solana. Il presidente Lukashenko ha pensato di avere sufficiente potere da cancellare la visita della commissario Ferrero-Waldner. Invece di accettare le condizioni, Minsk ha trovato un partner nell’Alto rappresentante Solana, amante del compromesso.

 
  
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  Elisabeth Schroedter (Verts/ALE). – (DE) Signor Presidente, signori onorevoli colleghi, signora Commissario, Presidente in carica del Consiglio, ho ascoltato ogni intervento molto attentamente. I verdi sono a favore del dialogo, ma solo di quello critico, ovvero un dialogo che non assecondi un dittatore.

Il dialogo deve essere utilizzato per fare progressi nella politica sui diritti umani in questo paese, affinché, ad esempio, l’università europea di studi umanistici possa tornare legalmente in Bielorussia, o affinché la libertà di espressione non sia più negata e le manifestazioni come quella odierna possano svolgersi senza impedimenti. Il dialogo, per avere un senso, deve consolidare le forze democratiche e non accoltellarle alle spalle. Le questioni riguardanti i diritti umani devono essere una priorità e la Bielorussia deve consentire l’applicazione dei relativi strumenti europei.

Anch’io ritengo che un partenariato sia prematuro; ciononostante, il costo dei visti dovrebbe essere ridotto.

 
  
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  Erna Hennicot-Schoepges (PPE-DE). – (FR) Signor Presidente, tutte le misure elencate dal Consiglio e dalla commissario sono state approvate perché migliorano la vita della popolazione.

Tuttavia, è giusto far entrare un dittatore dalla porta principale? Non è forse un affronto a chi è stato nuovamente imprigionato o è ancora prigioniero? Signora Commissario, signor Ministro, vi porrò una domanda molto schietta: potrebbero esserci state delle pressioni sulle autorità europee da parte della Bielorussia per assicurarsi l’invito al vertice di Praga, invito che io considero sproporzionato e fuori luogo?

 
  
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  Presidente. Onorevoli colleghi, poiché è avanzato del tempo, posso dare la parola ad altri oratori presenti sulla lista. Questa decisione non ha niente a che fare con quanto detto prima. E’ semplicemente un esempio di gestione equilibrata del tempo che applico sempre durante la procedura catch the eye.

 
  
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  Alessandro Battilocchio (PSE). Signor Presidente, onorevoli colleghi, (...) con soddisfazione della nuova volontà della Bielorussia di collaborare con l'Unione europea e con la comunità internazionale. Siamo molto cauti con Lukashenko, ma ben venga in questo ambito un nuovo corso. Non ci stancheremo di sottolineare la necessità di un complessivo e sostanziale cambio di marcia nel contesto del rispetto dei diritti umani.

Su un punto ritengo che la Commissione potrebbe pretendere un comportamento più chiaro e lineare da Minsk, mi riferisco alla situazione dei bambini, decine di migliaia ospiti per alcuni mesi in famiglie europee. Per diversi anni il governo bielorusso ha avuto atteggiamenti assurdi, a volte incomprensibili, spesso annullando all'ultimo minuto i soggiorni dei minori, mortificando le famiglie ospitanti e dando un nuovo sonoro schiaffo ai bambini che, spesso orfani provenienti da situazioni familiari assai complicate, hanno risentito del tutto. Sulla vicenda cerchiamo di arrivare al più presto a un cambio di rotta.

 
  
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  Zita Pleštinská (PPE-DE). – (SK) Oggi la Slovacchia commemora il ventunesimo anniversario della manifestazione delle candele di Bratislava. Il 25 marzo 1988, la polizia e l’esercito attaccarono violentemente un gruppo di cristiani che manifestavano pacificamente per la libertà di stampa e di culto. La manifestazione delle candele segnò l’inizio storico della tanto agognata libertà della Slovacchia e dunque comprendo bene i timori espressi dai miei colleghi riguardo al cambiamento di atteggiamento nei confronti del presidente Lukashenko.

Sono convinto che il presidente Lukashenko non dovrebbe presentarsi al vertice di Praga. Sulla base della mia personale esperienza con il regime totalitario in Slovacchia, non credo che un leader totalitario possa trasformarsi in un democratico convinto. Questo può succedere solo se vi sono ragioni pragmatiche che lo spingano a farlo. Onorevoli colleghi, dovremmo ascoltare di più l’opposizione bielorussa e Alexandr Milinkevich, e solo quando saremo sicuri che la Bielorussia sia diventata davvero uno Stato democratico potremo eliminare tutte le sanzioni contro di essa.

 
  
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  Presidente. Anche l’onorevole Beazley è sulla lista, ma a quanto pare ha lasciato l’Aula, in collera con me. E’ per me dunque impossibile dargli la parola.

 
  
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  Alexandr Vondra, presidente in carica del Consiglio. − (EN) Signor Presidente, vorrei ringraziare tutti per il proprio contributo. Come ho affermato nel mio discorso introduttivo, negli ultimi mesi abbiamo assistito a dei progressi da parte delle autorità bielorusse verso le aspettative contenute nelle conclusioni del Consiglio dell’ottobre 2008. Si tratta di progressi notevoli all’interno del contesto bielorusso. Allo stesso tempo, però, il quadro è confuso, come ha confermato la discussione odierna. Vorremmo assistere ad ulteriori passi in avanti, come, ad esempio, cambiamenti nei tribunali penali e la registrazione di altre sedi di media e ONG in Bielorussia.

Nel corso del prossimo riesame delle misure restrittive, saranno presi in considerazione i progressi fatti dal governo e la situazione in Bielorussia. Saranno valutati i progressi nei settori elencati nelle conclusioni del Consiglio dell’ottobre 2008 − come già accade in forma permanente − come la discussione di tali progressi con i membri dell’opposizione – ad esempio, ho incontrato Alexandr Kazulin a Praga appena una settimana fa.

Tenendo conto dei progressi in ambito di democrazia, diritti umani e Stato di diritto, siamo ancora disposti ad approfondire le nostre relazioni con la Bielorussia. Ritengo che possiamo offrire a questo paese incentivi concreti all’interno del partenariato orientale, ma non solo.

Vorrei ora passare all’acceso dibattito sul vertice di lancio del partenariato orientale e in particolare sul grado di partecipazione della Bielorussia. Ascoltate attentamente: non è stata presa ancora alcuna decisione su tale questione, poiché essa richiede consenso all’interno dell’Unione. Sarà affrontata all’approssimarsi del vertice e non voglio fare ipotesi in questa fase. La pressione deriva unicamente dal fatto che l’invito non è ancora stato fatto.

Vorrei ringraziarvi nuovamente per la discussione interessante e per il vostro importante contributo. L’interesse e il coinvolgimento attivo del Parlamento europeo nei confronti della Bielorussia sono molto apprezzati. Siamo anche molto motivati dal vostro sostegno alla politica europea di partecipazione. Per l’Unione europea, la Bielorussia è un vicino importante , pertanto gli sviluppi in Bielorussia ci coinvolgono tutti. E’ importante mandare un messaggio chiaro e coerente a Minsk e mi rallegro che il Parlamento ci abbia sostenuto a riguardo.

La partecipazione è fondamentale poiché è il modo migliore di garantire il genere di cambiamenti che ci auguriamo per la Bielorussia e che sono importanti per l’interesse generale dell’Unione. Come ho affermato in apertura, sono sempre pronto a informare il Parlamento sugli sviluppi e sono certo che ciò vale anche per le future presidenze, ancor più per quanto riguarda il riesame approfondito che il Consiglio ha approvato la scorsa settimana.

 
  
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  Benita Ferrero-Waldner, membro della Commissione. − (FR) Signor Presidente, onorevoli deputati, nuovamente, sarò breve.

Come sappiamo, la Bielorussia ha fatto dei progressi, ma è chiaro che il percorso è ancora lungo. E’ chiaro anche che la politica di isolamento verso il paese ha ormai fatto il suo corso e che il dialogo è l’unico mezzo efficace attraverso il quale possiamo influenzare il futuro democratico di questo paese.

Certamente, onorevole Schroedter, si tratta di un dialogo critico, ciò è assolutamente chiaro. L’Unione europea si è impegnata a controllare attentamente gli sviluppi relativi a cinque aree principali: prigionieri politici, legge elettorale, libertà dei media, libertà delle ONG e libertà di riunione. Stiamo preparando delle bozze di relazioni periodiche che saranno istituite dai responsabili della nostra missione a Minsk, e il dialogo sui diritti umani completerà tale processo.

Ovviamente, rimangono da risolvere altre questioni, non ultima quella dell’università. Abbiamo richiesto una valutazione dei progressi sui cinque punti summenzionati, che ritengo necessaria. E’ importante inoltre rispettare la parola data, ossia, se assistiamo a dei veri progressi, allora dovremo anche noi fare dei passi avanti.

Dal nostro punto di vista, infatti, si tratta di un processo necessario che è ancora agli inizi e richiede costante attenzione da parte nostra. A tale scopo, la nostra supervisione è essenziale.

Ora, vorrei aggiungere – e mi auguro che tutti ci siamo resi conto di quanto ciò sia giusto – che nel frattempo sono stati conclusi degli accordi bilaterali tra Bielorussia e altri paesi, segnatamente l’Italia, su questioni legate all’infanzia. Ritengo che ciò sia significativo e possiamo notare dei progressi.

Sulla questione dei visti, la situazione è altrettanto chiara: i singoli Stati membri possono ridurre il costo dei visti per determinate categorie, tra cui i cittadini. Tuttavia, non si può ancora creare un accordo generale per le agevolazioni in materia di visti in quanto ciò richiederebbe l’attuazione dell’intero partenariato orientale o della politica di vicinato.

Infine, per quanto riguarda la questione dell’energia nucleare, posso dirvi che lo scorso novembre una delegazione della Commissione si è recata in Bielorussia. Abbiamo dialogato sull’energia e ci siamo confrontati sulla questione della sicurezza internazionale ad alto livello. Naturalmente, manterremo tali posizioni.

 
  
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  Presidente. La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà durante la prossima tornata.

 

10. Coscienza europea e totalitarismo (discussione)
Video degli interventi
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  Presidente. L’ordine del giorno reca le dichiarazioni del Consiglio e della Commissione su coscienza europea e totalitarismo.

 
  
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  Alexandr Vondra, presidente in carica del Consiglio. − (EN) Signor Presidente, la ringrazio per avermi offerto l’oportunità di affrontare un tema che ha un significato particolare sia per la Presidenza che per tutti noi. Si tratta peraltro di un tema che coglie pienamente il significato dell'appartenenza all’Unione europea.

Vent’anni fa, gran parte dell’Europa centrale e orientale, incluso il mio paese, è riuscita a liberarsi dal giogo del regime comunista. Ha segnato una svolta per noi e per l’Europa e ha aperto la strada alla riscoperta delle libertà individuali: libertà di parola e libertà di azione, ma anche libertà di migliorare la qualità delle nostre vite.

La presidenza ceca ha ritenuto che il ventesimo anniversario di questo evento dovesse essere celebrato come una tappa fondamentale della storia europea. Tale occasione ci consente non solo di ricordare la caduta della cortina di ferro, ma anche di trarre insegnamenti dal passato totalitario dell’Europa intera.

Si è pertanto deciso di dichiarare il 2009 come ventesimo anniversario del cambiamento democratico in Europa centrale e orientale. La presidenza ceca è particolarmente lieta che ciò sia stato incluso tra le priorità concordate fra le istituzioni per il 2009, poiché era stata una nostra proposta. Gli Stati membri sono stati invitati, ed essi hanno concordato, ad includere tale tema tra le attività di comunicazione dell’anno.

Sono grato al Parlamento per il sostegno dato alla presidenza ceca e per la volontà e disponibilità a partecipare a numerosi eventi collegati a questo tema. In particolare vorrei ringraziare molti deputati per il loro sostegno nell’organizzazione dell’audizione pubblica sul tema “Coscienza europea e i crimini del comunismo totalitario” svoltasi la scorsa settimana a Bruxelles, in presenza del commissario Figeľ.

Il Parlamento ha proposto l’istituzione di una giornata dedicata alla commemorazione delle vittime del nazismo e del comunismo totalitario. Spetta agli Stati membri decidere se e come intendono associarsi a tale evento. A nome della presidenza ceca, posso assicurare al Parlamento la nostra disponibilità a sostenere tale iniziativa.

La presidenza ha inoltre lanciato un’iniziativa che mira a creare la Piattaforma della memoria e della coscienza europea, volta a sensibilizzare l’opinione pubblica verso la storia europea e i crimini compiuti dai regimi totalitari. Sono lieto che questa iniziativa abbia suscitato molto interesse fra gli Stati membri, molti dei quali hanno sottolineato l’importanza di concentrarsi sui valori democratici e sul rispetto dei diritti fondamentali come principi essenzialiondamentali alla base dell’Unione europea.

Vi sono varie ragioni per commemorare un evento di questo tipo e per stabilire una comunicazione permanente e un progetto di ricerca quale la piattaforma proposta dalla presidenza ceca.

Innanzi tutto, lo dobbiamo a coloro che hanno sofferto a causa dei crimini dei totalitarismi, non solo per ricordare la loro esperienza sotto regimi dispotici e irresponsabili, ma anche per confrontarci collettivamente con il nostro passato. Solo riconciliandoci con la storia potremo davvero liberarci dai legami imposti dai regimi del passato.

In secondo luogo, soltanto comprendendo appieno la sofferenza causata da tali regimi potremo veramente capire il presente. L’Unione europea batte sostiene ideali che si collocano all’esatto opposto del totalitarismo. Per coloro tra noi che si sono liberati dalla morsa del comunismo, l’adesione all’Unione europea è una delle principali garanzie che non ricadremo nella spirale del totalitarismo. E’ una certezza che condividiamo tutti, qualcosa da tenere in grande considerazione e da non prendere alla leggera. La coscienza e la memoria collettive del passato sono il mezzo per rafforzare il valore del presente.

In terzo luogo, lo dobbiamo ai nostri figli. L’esperienza del totalitarismo nel nostro passato ha molto da insegnarci. Forse la lezione più importante è necessità quanto sia necessario rispettare i diritti umani e i valori fondamentali. I diritti umani e la libertà non possono essere instillati in un vuoto storico: il seme della violazione dei diritti umani è presente nella storia stessa, a volte in quella più antica. Conoscere la storia e comprendere i rischi del totalitarismo sono elementi imprescindibili se vogliamo evitare di rivivere alcuni dei peggiori momenti del passato. Non dobbiamo evitare solo il cinismo e la manipolazione: dobbiamo superare anche apatia e mancanza di sensibilità.

Fra pochi mesi si svolgeranno le elezioni europee e mi auguro che siano accompagnate da una discussione vivace e vigoroso, poiché è questo il marchio della democrazia. E’ un elemento che va apprezzato. Sono fermamente convinto che il tema odierno della discussione odierna vada al di là politici della politica dei partiti. Riguarda valori più importanti delle differenze tra partiti. Riguarda il modo in cui organizziamo le nostre società, affinché garantiscano che tutti abbiano una voce e un’opportunità di esprimere la propria opinione.

Vista la storia recente del mio paese, mi sono concentrato soprattutto sulla tragedia dei regimi comunisti totalitari, ma sono ben pochi i paesi oggi rappresentati in quest’Aula che non siano stati colpiti da qualche forma di totalitarismo nell’arco dello scorso secolo. Qualsiasi sistema ponga lo stato al di sopra delle critiche e delle sfide, qualsiasi sistema ponga la creatività delle persone alla mercé del regime, qualsiasi sistema sminuisca l’individuo non spazio trova collocazione nel tipo di società che cerchiamo di costruire all’interno dell’Unione europea.

Offro pertanto il mio sostegno, e quello della presidenza ceca, alle iniziative presentate dal Parlamento, e attendo con interesse il momento in cui lavoreremo insieme per sostenerle attraverso una maggiore sensibilizzazione e riconoscimento da parte dell’opinione pubblica.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. KRATSA-TSAGAROPOULOU
Vicepresidente

 
  
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  Ján Figeľ, membro della Commissione. − (EN) Signora Presidente, un anno fa, nell’aprile del 2008, per la prima volta si svolse nell’Unione europea un’udienza relativa ai crimini commessi dai regimi totalitari. L’udienza, organizzata congiuntamente dalla Commissione e dalla presidenza slovena, segnò l’avvio di un processo che la Commissione è determinata a proseguire passo dopo passo.

Si tratta di un processo difficile ma necessario, perché si tratta non soltanto di un’importante tematica che ci aiuterà a comprendere meglio la storia comune dell’Unione europea, il passato, ma riguarda anche il futuro dell’integrazione europea: un processo che non è soltanto economico, ma ovviamente ha anche ramificazioni culturali e storiche.

Saranno naturalmente gli Stati membri a dover trovare la propria strada per continuare a prendere decisioni che vadano incontro alle aspettative delle vittime e promuovano la riconciliazione. Il ruolo dell’Unione europea non può che essere quello di agevolare tale processo, incoraggiando il dibattito e la condivisione di esperienze e buone prassi.

La Commissione considera la dichiarazione scritta del Parlamento in occasione della proclamazione del 23 agosto quale Giornata europea di commemorazione delle vittime dello stalinismo e del nazismo un’importante iniziativa, che essa sostiene al fine di conservare il ricordo dei crimini del totalitarismo e sensibilizzare l’opinione pubblica, soprattutto le giovani generazioni.

L’udienza dell’8 aprile 2008 ha dimostrato che gli Stati membri dell’Europa occidentale devono conoscere meglio la tragica storia degli Stati membri dell’est, la quale fa parte della nostra comune storia europea. Dobbiamo reagire a questa mancanza di sensibilità se vogliamo evitare che l’Unione si divida su un tema di grande serietà che dovrebbe al contrario unirci.

La Commissione auspica che i parlamenti degli Stati membri, a cui si rivolge questa dichiarazione, la attuino nel modo migliore alla luce della propria storia e della propria sensibilità.

La Commissione ora sta concentrando la propria attenzione sulla relazione che presenterà nel 2010, ovvero l’anno prossimo, come richiesto dal Consiglio. Questa relazione rappresenterà un’ulteriore occasione di dibattito politico in merito all’esigenza di nuove iniziative europee.

Per preparare il terreno per questa relazione, è stato avviato uno studio volto a fornire una reale panoramica dei vari strumenti, metodi e prassi giuridiche in uso negli Stati membri per salvaguardare la memoria dei crimini totalitari, studio che sarà completato entro la fine dell’anno.

Stiamo anche attingendo ai contributi emersi nel corso dell’udienza e pubblicati dalla presidenza slovena.

La dichiarazione di Praga del 3 giugno 2008 sulla Coscienza europea e il comunismo contiene una serie di idee e di affermazioni di cui si dovrà tenere conto durante la preparazione di questa relazione. La Commissione è disposta a esaminare lo spazio di manovra a sua disposizione per contribuire a progetti quali la Piattaforma europea della memoria e della coscienza, appena ricordata dal vice Primo Ministro Vondra, volta a promuovere lo scambio di informazioni e le relazioni tra le organizzazioni nazionali attive in questo campo.

Più in generale, la Commissione esaminerà le modalità in cui i programmi comunitari, per esempio, quello che io dirigo (Europa per i cittadini), possono contribuire a sensibilizzare maggiormente l’opinione pubblica europea rispetto a queste tematiche.

Attendo con interesse tale discussione.

 
  
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  Jana Hybášková, a nome del gruppo PPE-DE. – (CS) Signora Presidente, signor Presidente in carica, signor Commissario, è un grande onore per me avere la possibilità di prendere la parola oggi. Nel 2005 adottammo una risoluzione in occasione del 60° anniversario della fine della Seconda guerra mondiale. Ci rendemmo conto in tale occasione che il Parlamento europeo e l’UE non avevano la volontà politica di dedicarsi a un’analisi e a una valutazione comuni della storia europea. Mentre le vittime del fascismo e del nazismo hanno ricevuto compensazioni dignitose, le milioni di vittime del comunismo sono finite nel dimenticatoio. Pertanto sono lieta di annunciare che la risoluzione su Coscienza europea e totalitarismo, a cui la maggioranza dei gruppi politici di questa Assemblea hanno lavorato questo pomeriggio, è quasi pronta. L’Europa non sarà mai unita finché l’ovest e l’est non acconsentiranno a condurre studi congiunti, di riconoscere, discutere e capire la storia condivisa del fascismo, del comunismo e del nazismo. Pertanto, affinché noi europei possiamo disporre per il futuro di un’interpretazione comune, abbiamo preparato un’interrogazione rivolta al Consiglio e alla Commissione. Essa si fonda sulla risoluzione del Consiglio d’Europa e sulla decisione quadro del Consiglio contro il razzismo e la xenofobia, nonché sul processo che ha portato alla Dichiarazione di Praga.

Desidero pertanto domandare al Consiglio e alla Commissione: “Quali iniziative concrete adotterete per creare piattaforme composte da istituti scientifici, ad est e ad ovest, che studino i crimini del comunismo, del nazismo e del fascismo? La Commissione sta stanziando fondi provenienti dallo strumento “Europa per i cittadini”? In che modo state contribuendo alla proclamazione del 23 agosto quale Giornata delle vittime del totalitarismo? Che posizione stanno assumendo il Consiglio e la Commissione di fronte alla questione del pari riconoscimento simbolico delle vittime innocenti del comunismo totalitario? Quali iniziative stanno il Consiglio e la Commissione prendendo per riconciliarci con l’eredità del comunismo totalitario, considerato come crimine contro l’umanità paragonabile per conseguenze al nazismo e al fascismo? Infine, rimetterà la presidenza ceca il suo speciale mandato alla presidenza svedese?”

 
  
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  Jan Marinus Wiersma, a nome del gruppo PSE. – (NL) Signora Presidente, il mio gruppo non si oppone alla discussione odierna in quanto tale, ma ci risulta molto difficile sintetizzarne il risultato in una risoluzione. Essa dà l’illusione di poter decretare in una risoluzione come porsi dinanzi alla storia europea, in particolare al suo passato totalitario. Come è apparso evidente dai negoziati appena svoltisi, essi si sono impantanati fin troppo presto in distinzioni in merito a quali formule potevamo o non potevamo utilizzare in tale risoluzione.

Lasciamo stabilire agli storici, ve ne prego, l’esatta interpretazione da dare alla nostra storia, sapendo che è impossibile essere obiettivi. Ovviamente, i politici possono contribuire a far sì che si dedichi sufficiente attenzione al passato, e ciò è certamente vero anche per i crimini commessi da Hitler e Stalin. Tali crimini non vanno mai dimenticati, ed è nostro dovere onorare le vittime. Dobbiamo tutti essere consci del fatto che i nostri concittadini dell’Europa centrale e orientale hanno vissuto due sistemi totalitari e che tale esperienza non appartiene alle persone come me, nate nei Paesi Bassi. L’onorevole Geremek, ex deputato di questa Assemblea, una volta osservò a ragione che non siamo ancora giunti alla riunificazione dei nostri ricordi.

Come politici abbiamo il compito di organizzare ciò che intendiamo commemorare in special modo, ma dobbiamo farlo di concerto con gli storici. Dedicare una giornata alla commemorazione di tutte le vittime dei sistemi totalitari nell’Europa del XX secolo è di per sé una buona proposta, ma invito a collaborare con gli storici per determinare la forma più idonea e la data giusta per tale giornata, in modo che tutti possano appoggiarla. Io stesso sono uno storico. Penso che se legassimo la giornata unicamente al Patto Molotov-Ribbentrop, non renderemmo giustizia a tutto ciò che avvenne nel XX secolo.

E’ importante discuterne. Quali sono i confini tra i politici e gli storici? Cosa intendiamo commemorare e in che modo? La discussione senza dubbio proseguirà e noi, come gruppo, sicuramente vi parteciperemo. Per dimostrarlo, desidero mostrarvi questo libro, in uscita tra due settimane con il titolo The politics of the past, the use and abuse of history (La politica del passato, uso e abuso della storia), in cui abbiamo lasciato la parola soprattutto agli storici. Speriamo che ciò contribuisca davvero a innalzare la qualità del dibattito in questo Parlamento e, ovviamente, altrove.

 
  
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  István Szent-Iványi, a nome del gruppo ALDE. – (HU) L’Unione europea è nata all’ombra di due regimi totalitari. E’ stata una risposta agli orrori della Seconda guerra mondiale e alle atrocità dell’Olocausto, ma egualmente importante era un’altra sua missione: quella di contenere l’espansione territoriale dello stalinismo e del comunismo e di tenere viva la speranza che l’Europa potesse un giorno riunirsi nella pace e nella democrazia.

L’Unione europea, una delle imprese di maggior successo della storia umana, è riuscita a portare a compimento entrambi i compiti. Ne seguì un lungo periodo di pace e benessere quale essa non aveva mai conosciuto prima. Non è una coincidenza se Grecia, Spagna e Portogallo, dopo la conclusione dei rispettivi regimi autoritari, scelsero di aderirvi, né è una coincidenza che dopo il crollo del comunismo ogni paese dell’Europa centrale e orientale scelse l’Unione europea e non una terza via.

Un’altra dimostrazione del suo successo è il fatto che anche gli Stati dei Balcani oggi guardano all’UE per il loro futuro, e lo stesso vale per alcuni paesi dell’Europa orientale o del Caucaso meridionale che in molti casi vivono ancora sotto il giogo di regimi oppressivi.

Quando parliamo di totalitarismo, non lo facciamo perché desideriamo vivere nel passato. No, vogliamo guardare avanti, ma l’unica possibilità di sfuggire agli errori e ai peccati del passato è conoscere meglio ed elaborare quel passato. La riappacificazione non è possibile senza una rielaborazione del passato e una presa d’atto della verità. Questa è una delle più importanti lezioni da trarre dalla storia degli ultimi decenni, e per questo è importante ricordare gli orrori del totalitarismo.

Molto resta ancora da fare. In alcuni Stati membri –purtroppo il mio paese, l’Ungheria, è tra questi – non è ancora possibile avere completo accesso agli archivi dei servizi segreti degli oppressivi regimi comunisti. E’ semplicemente vergognoso che la gente non possa conoscere il proprio passato. L’Unione europea ha un importante compito: invitare questi paesi a porre rimedio a questa inaccettabile situazione.

In secondo luogo, sfortunatamente in parecchi Stati membri, tra cui il mio paese, i fautori di posizioni estremiste stanno prendendo sempre più piede. Oggi si tratta soprattutto dell’estrema destra, almeno nel nostro paese, ma vi sono Stati in cui è l’estrema sinistra ad avanzare. E’ importante far conoscere anche a loro gli orrori di entrambi i regimi.

Anche tra i nostri più immediati vicini si contano regimi oppressivi – uno di loro, la Bielorussia, è appena stata discussa oggetto di discussione – pertanto quando si parla di oppressione non ci si limita assolutamente alla storia passata.

La coscienza europea non può essere limpida senza un’analisi approfondita e senza ricordare il passato. Quando ricordiamo le vittime, stiamo davvero adempiendo ai nostri obblighi, perché è nostro obbligo e dovere comune far sì che il XXI secolo sia diverso dal XX, affinché i terrori del totalitarismo non perseguitino più l’Europa.

 
  
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  Hanna Foltyn-Kubicka, a nome del gruppo UEN. – (PL) Signora Presidente, nella discussione sui crimini dei regimi totalitari si dedica gran parte dell’attenzione alle vittime, mentre si spendono stranamente poche parole su coloro che sacrificarono la propria vita nella lotta contro il nazismo e il comunismo.

Vorrei ancora una volta ricordare un uomo che dovrebbe divenire simbolo di incrollabile fermezza e resistenza ai totalitarismi: il capitano di cavalleria Witold Pilecki. Egli entrò volontariamente nel campo di sterminio di Auschwitz per organizzare la resistenza e raccogliere informazioni sullo sterminio. Riuscì a scappare, ma fu assassinato diversi anni dopo con un colpo alla nuca dai macellai sovietici. Pertanto faccio appello ancora una volta a voi affinché il 25 maggio, data della sua esecuzione, si celebri la Giornata internazionale degli eroi della lotta al totalitarismo, perché molte persone a noi sconosciute, che proprio come Pilecki persero la vita nella lotta per i diritti e le libertà fondamentali, meritano di essere ricordate.

Desidero aggiungere un altro commento: ieri al Parlamento abbiamo celebrato la Giornata europea del gelato artigianale. Lo ripeto: abbiamo celebrato la Giornata europea del gelato artigianale. Non capisco, pertanto, perché il 25 maggio non possa essere la giornata ricordiamo dedicata alla memoria degli eroi della lotta al totalitarismo.

 
  
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  László Tőkés, a nome del gruppo Verts/ALE. – (HU) Vent’anni fa scoppiò la rivolta di Temesvár (Timişoara) che avrebbe portato al crollo dell’ignominiosa dittatura di Ceauşescu. Non riusciamo a ripensarvi senza emozione né senza farci sorprendere dall’entusiasmo con cui i romeni, i magiari, i tedeschi di Temesvár, appartenenti a etnie, religioni e comunità diverse, si unirono coraggiosamente per opporsi alla tirannia.

Per noi non è una posizione politica arbitraria di partito, ma soprattutto una questione morale condannare senza ambiguità la dittatura comunista, fondata sull’oppressione e sulla negazione dei diritti civili. E’ intollerabile e insopportabile che ciò non sia accaduto per vent’anni.

La settimana scorsa, oratori romeni, ungheresi e bulgari hanno partecipato all’udienza pubblica che, con riferimento alla dichiarazione di Praga, ha messo all’ordine del giorno i crimini del comunismo. La risoluzione successivamente adottata dichiara quanto segue: La Comunità europea deve abbandonare la disparità di criteri che risulta evidente nei diversi giudizi dati del nazismo e del comunismo. Entrambe queste disumane dittature meritano eguale condanna.

Chiedo che il Parlamento europeo si dimostri solidale con le vittime del comunismo fascista e contribuisca a sconfiggere la duratura eredità del comunismo conformemente alle suddette esigenze morali, storiche e politiche. Soltanto così un’Europa divisa potrà essere veramente riunificata e diventare ciò che il Primo Ministro Brown ieri descriveva con queste parole, in occasione del ventesimo anniversario: “Amici miei, non esiste una Vecchia Europa, né una Nuova Europa, né una Europa orientale od occidentale, esiste una sola Europa: la nostra casa europea”. E così sia!

 
  
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  Vladimír Remek, a nome del gruppo GUE/NGL. – (CS) Signora Presidente, onorevoli colleghi, gli sforzi fatti per metter sullo stesso piano il comunismo e il nazismo o il fascismo e per creare nuovi cosiddetti istituti o piattaforme di ricerca sanno di opportunismo politico. La destra radicale ne ha bisogno, anche in vista delle prossime elezioni. Ciò non ha nulla a che vedere con valutazioni obiettive, veramente indipendenti. Esistono già istituti e centri storici a sufficienza che se ne occupano. Non sono cieco, ovviamente, ed è vero che sotto il cosiddetto comunismo vi furono repressioni, ingiustizia e coercizione. Sì, è necessario indagare e condannarne giustamente i crimini. Tuttavia persino l’onorevole Zahradil, del Partito civico democratico (ODS), ha commentato alle udienze: “L’equiparazione del comunismo con il nazismo tedesco è corretta e allo stesso tempo non lo è. Occorre procedere tenendo conto delle relazioni e analizzarle”. Se non si vuole vedere la differenza tra il comunismo e il nazismo, tra i comunisti del passato e i comunisti di oggi, che come me rappresentano una gran numero di elettori comunisti qui al Parlamento, a seguito di elezioni democratiche, allora si sta semplicemente cercando di equipararmi ai nazisti.

 
  
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  Philip Claeys (NI). – (NL) Signora Presidente, è un bene che siano state adottate una serie di iniziative per commemorare adeguatamente le vittime dei sistemi totalitari. Tuttavia, non ha senso ricordare le vittime di regimi defunti come quelle del comunismo e del nazionalsocialismo, naturalmente, tralasciando le vittime delle minacce totalitarie odierne, come l’islamismo.

Condannare l’Islam totalitario non equivale in alcun modo a condannare i singoli musulmani d’Europa che osservano le regole, i valori e i principi di uno Stato democratico che garantisce i principi dello Stato di diritto, e per i quali la fede è una questione privata. Tuttavia dobbiamo avere il coraggio di riconoscere che l’Islam politico, l’Islam totalitario – non solo gli Stati islamici, o alcuni Stati di tal genere, ma anche organizzazioni terroristiche come Al-Qaeda e i movimenti ad essa collegati – continua a mietere un gran numero di vittime in tutto il mondo.

La linea di condotta più appropriata per l’Unione europea, quindi, è adottare una serie di forti iniziative per commemorare anche quelle vittime e per far sì che il numero delle vittime di tali organizzazioni e paesi islamici totalitari si riduca il più possibile, finché non ve ne saranno più. Dopo tutto, dobbiamo avere il coraggio di ammettere – e anche questo è un problema nell’Unione europea – che le critiche all’Islam totalitario non sempre sono bene accette a causa dello spirito di correttezza politica qui predominante. Inoltre, nelle odierne dichiarazioni della Commissione e del Consiglio non si è neanche fatto cenno all’Islam totalitario, mentre in realtà ciò che dovremmo fare è avere il coraggio di prendere in considerazione anche quel problema e adottare le misure necessarie.

 
  
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  Tunne Kelam (PPE-DE). – (EN) Signora Presidente, nel 1948 il presidente Truman scrisse, “Adesso ci troviamo ad affrontare esattamente la stessa situazione in cui erano la Gran Bretagna e la Francia nel 1939, quando si trovavano di fronte Hitler. Uno Stato totalitario non cambia, che lo si chiami nazista, fascista, comunista o franchista. L’oligarchia in Russia è una dittatura mostruosa, simile a Frankenstein, peggiore di qualunque altra, compresa quella hitleriana”.

Perciò la domanda da porsi è questa: perché, 61 anni dopo, siamo ancora a discutere degli stessi problemi? Penso che oggi ciò di cui abbiamo bisogno non è solo l’allargamento economico e politico dell’Europa, ma anche l’allargamento della consapevolezza europea dei crimini contro l’umanità commessi su vasta scala in tutta Europa nel XX secolo. Abbiamo bisogno di un’integrazione della percezione storica europea (un’integrazione dei pregiudizi e delle diverse visioni della storia) perché solo così potremo continuare a migliorare l’Europa del futuro.

No, non dobbiamo azzuffarci sulla questione delle dittature, ma analizzarla. Dobbiamo partire dalle vittime – dalla loro uguaglianza – perché ogni vittima, di qualunque regime totalitario, deve essere considerata di pari dignità umana e merita giustizia e di essere commemorata, riconosciuta in tutta Europa, facendo sì che tutto ciò non si ripeta.

Perciò vorrei dire che è ipocrita evitare o rinviare la discussione su queste questioni e la formulazione di conclusioni. Non si tratta di materia puramente accademica. Abbiamo testimonianze di genocidi a sufficienza. Per proseguire abbiamo bisogno di volontà politica e morale. Sono molto grato, sia alla presidenza ceca, sia al commissario Figeľ, per le loro dichiarazioni, che fanno ben sperare di poter giungere a un accordo paneuropeo.

 
  
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  Józef Pinior (PSE). – (PL) Signora Presidente, signor Commissario, vorrei iniziare il mio discorso citando una poesia scritta da Osip Mandelstam, uno dei maggiori poeti russi del XX secolo. Citerò le parole nella lingua in cui furono scritte, ovvero in russo:

(Il deputato parla in russo)

Queste sono parole terribili. Per quella poesia Osip Mandelstam fu mandato in esilio. Morì nei pressi di Vladivostok, prima di giungere a destinazione. Nel dicembre del 1938 il suo corpo fu gettato in una fossa comune. Osip Mandelstam simbolizza i milioni di vittime dei regimi totalitari del XX secolo in Europa.

L’odierna Europa deve ricordare le vittime dei regimi totalitari del XX secolo in tutto il mondo. Quelle vittime oggi costituiscono il fondamento della nostra memoria, la base spirituale duratura della democrazia europea. Allo stesso tempo, abbiamo davanti l’intera storia del XX secolo. Commemoriamo le vittime dei sistemi autoritari, le vittime dei paesi europei, di regimi nazionalisti e militaristi, in Spagna, in Portogallo e in Grecia.

Desidero inoltre richiamare l’attenzione su un seminario tenutosi nell’ambito del nostro gruppo, il gruppo socialista al Parlamento europeo, e su un libro dedicato ai problemi storici e politici che pubblicheremo. Intendiamo affrontare il problema con serietà. Ci opponiamo alla manipolazione di quella memoria e all’insulto verso quella memoria, che oggi viene impiegata per una battaglia ideologica, una lotta partitica nel sistema politico europeo. Noi commemoriamo le vittime. Le vittime dei regimi totalitari del XX secolo devono rappresentare le fondamenta della moderna democrazia europea.

 
  
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  Ģirts Valdis Kristovskis (UEN) . – (LV) Onorevoli colleghi, purtroppo i valori comuni europei ancora non contemplano l’obbligo di procedere a un’esauriente e veritiera disamina dei crimini dei vari regimi totalitari susseguitisi in Europa e delle loro conseguenze. Mezze verità, interpretazioni di parte e la negazione della verità storica indeboliscono gli europei. La decisione quadro su razzismo e xenofobia prevede responsabilità penali unicamente per la banalizzazione dei crimini nazisti, ma tace dei crimini commessi in Europa dal comunismo totalitario. E’ giunto il momento di applicare un metodo obiettivo alla valutazione dei crimini totalitari. Possiamo attingere all’esperienza della Corte europea dei diritti dell’uomo: essa si fonda su violazioni universalmente riconosciute dei diritti e dei principi internazionali, ben noti a tutti e in vigore almeno fin dai processi di Norimberga. Dobbiamo, infine, riflettere onestamente sulla recente storia totalitaria dell’Europa in nome dell’avvenire e dei valori comuni europei!

 
  
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  Gisela Kallenbach (Verts/ALE). – (DE) Signora Presidente, onorevoli colleghi, a quasi 20 anni dalla caduta della cortina di ferro, questa è la prima discussione che si svolge in questa Aula su un argomento che potrebbe creare dissapori tra i cittadini dell’est e dell’ovest, anche nella nostra comunità europea. Perché? Un regime totalitario viene visto molto diversamente dall’esterno e dall’interno. Il modo in cui la storia europea del XX secolo è stata analizzata e raccontata era notevolmente diverso, specialmente nei singoli Stati membri. Inoltre, in alcuni Stati membri dell’Europa centrale e orientale, coloro che ignoravano i diritti dell’uomo o mandavano la gente nei campi o alla morte senza processo sono ancora in carica e godono ancora di stima. Se non riusciremo a riconoscere questo aspetto nel modo più appropriato, non faremo che avvelenare il nostro futuro insieme. L’Europa perciò non deve restare con le mani in mano.

Sono soddisfatta di aver dato a questa tematica una piattaforma europea assieme a voi. Confido che tutto questo non terminerà con la discussione odierna e che noi e la Commissione avvieremo insieme un processo attuativo dei progetti che avete ricordato. Spero che riusciremo, grazie a questo processo, ad assicurare i responsabili ancora in vita alla giustizia e a commemorare le vittime, al fine di migliorare la nostra comprensione reciproca negli interessi di un avvenire comune.

 
  
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  Athanasios Pafilis (GUE/NGL). – (EL) Signora Presidente, l’escalation della meschina strategia anticomunista dell’Unione europea rappresenta uno sfacciato insulto nei confronti della gente: con falsificazioni storiche, calunnie e menzogne, il fascismo viene equiparato al comunismo. Il regime più reazionario e barbaro partorito dal capitalismo – il fascismo – viene equiparato all’idea più progressista concepita dall’uomo: il comunismo e l’abolizione dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo.

E’ un insulto alla memoria di venti milioni di sovietici che sacrificarono la vita per sconfiggere il fascismo. Questo volgare anticomunismo è rivolto non tanto al passato, quanto soprattutto al presente e al futuro. Il suo obiettivo oggi è quello di ridurre la resistenza della base e di trasferire l’onere della crisi capitalistica sui lavoratori, mentre il suo obiettivo di domani è quello di prevenire l’inevitabile sfida generale al sistema capitalistico e il suo rovesciamento. E’ per questo che esso sta menando colpi alla cieca contro i comunisti e sta rovinando le prospettive socialiste/comuniste. Esso mira anche a costringere i partiti comunisti, che tengono fede ai propri principi, ad abbandonarli e ad integrarsi.

Vi illudete. I comunisti non hanno alcuna intenzione di chinare il capo. Hanno difeso la loro ideologia persino con la vita. Noi non firmeremo nessuna dichiarazione di pentimento per gli imperialisti. Il loro rovesciamento è un servizio nei confronti della società a cui noi adempiremo con fermezza e coerenza. Non abbiamo timore di voi. Il progresso sociale proseguirà; è questo ciò che vi terrorizza ed è per questo che state conducendo questa campagna.

 
  
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  Roberto Fiore (NI). Signora Presidente, onorevoli colleghi, io penso che oggi possiamo effettivamente vedere chi esercita totalitarismo. Bene, il primo paese che mi viene in mente è la Cina, la Cina in questo momento è un paese dove vengono effettuati aborti forzati, dove vi è il Laogai, che è un vero e proprio campo di concentramento e dove poi si lavora per le grandi multinazionali o per lo Stato cinese e dove sacerdoti e oppositori politici stanno in carcere. Quindi questo è il primo che mi viene in mente.

Il secondo direi è il totalitarismo islamico, soprattutto collegato alla Sharia. Dove effettivamente l'Islam diviene legge totalitaria, ecco che i diritti delle altre religioni o delle donne o di tutti vengono effettivamente repressi. Poi c'è una rentrée di un certo tipo di totalitarismo anche in Europa e voglio dedicare qualche secondo su questo.

Prima si parlava dell'Ungheria, io ho assistito personalmente in Ungheria a delle manifestazioni in occasione del ricordo dei moti nazionali del 1956 e ho visto la polizia agire con atti repressivi nei confronti di manifestanti e il sottoscritto è stato perquisito e gli sono stati chiesti i documenti quando sapevano benissimo chi ero.

Quindi un tipo di totalitarismo emergente lì, ma anche un altro totalitarismo emergente, e questo dalle dichiarazioni dei vari Zapatero, ma anche Merkel e Sarkozy, a proposito delle dichiarazioni del Santo Padre in Africa o di altri eventi legati alla Chiesa cattolica. Ebbene, questi capi di Stato non sono mai intervenuti nei confronti di altre religioni, ma sono assolutamente, diciamo, radicali nel momento in cui devono intervenire e attaccare la Chiesa cattolica e questo provoca un sentimento di intolleranza in certi paesi, come si è visto l'altro giorno ad esempio a Notre Dame, quando alcuni fedeli sono stati attaccati da attivisti anticattolici.

 
  
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  József Szájer (PPE-DE). – (HU) Il cristianesimo e la dottrina dei diritti universali dell’uomo ci fornisce un’unica misura: quella della dignità umana e del rispetto incondizionato per la vita umana. Per questo motivo dobbiamo condannare ogni tentativo, oggi così di moda, di calcolare quale delle disumane dittature uccise o umiliò più persone.

Un democratico, un europeo non può accettare che persino oggi, persino in questo Parlamento, vi siano persone per le quali i crimini della dittatura comunista sono scusabili e perdonabili. E’ inaccettabile che si utilizzino due pesi e due misure, distinguendo tra vittima e vittima, crimine e crimine, sofferenza e sofferenza, morte e morte.

Coloro che tentano di giustificare i crimini della dittatura comunista sostengono che tutti quegli orrori furono commessi da quei regimi in nome di nobili ideali, in nome dell’uguaglianza e della fratellanza. Onorevoli colleghi, signora Presidente, si tratta di un’enorme menzogna. Tutto ciò che fecero non va a loro favore, ma a loro discapito, perché con la promessa di nobili ideali ingannarono la gente, come disse lo scrittore István Örkény alla Radio magiara ai tempi della rivoluzione del 1956: “Abbiamo mentito di notte e abbiamo mentito di giorno, abbiamo mentito su ogni lunghezza d’onda”.

Per questo motivo, in nome della libertà, della democrazia e di un principio europeo comune chiediamo, esigiamo che sia istituita una giornata europea comune della memoria e che si eriga un monumento alle vittime del comunismo, che si creino un museo, un archivio e un istituto di ricerca europeo per documentare i crimini del comunismo. Escludiamo dalle file dei democratici coloro che continuano anche oggi a giustificare le azioni del comunismo e facciamo sì che l’Europa condanni senza mezze misure ogni barbarie. Auspico che la Dichiarazione di Praga sia appoggiata dal maggior numero di eurodeputati possibile.

 
  
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  Katrin Saks (PSE). – (ET) Sono certa che nessuno in questa aula, nemmeno coloro al momento che al momento hanno di meglio da fare, giustificherebbero ciò che avvenne 60 anni fa negli Stati baltici, quando circa 100 000 persone, soprattutto donne e bambini, furono deportate in Siberia. Ciò è ancora più esecrabile per il fatto che nel contesto della lotta elettorale già in corso, alcuni puntano il dito contro i socialdemocratici, sostenendo che noi non comprendiamo la criminosità di quei fatti.

Le parole “socialismo” e “comunismo” possono infatti indicare cose diverse a membri diversi del nostro partito, ma nessuno potrebbe scusare i crimini che furono commessi.

Perché occorre che noi ne parliamo – non soltanto gli storici, ma i politici? Perché senza dare un giudizio equilibrato del passato, non possiamo essere certi di aver fatto tutto il possibile per evitare che ciò si ripeta. Questo è importante, perché le ombre del passato non sono scomparse. Mentre è difficile oggi immaginare che Hitler venga issato su un piedistallo, il monumento di Stalin si erge orgogliosamente nella piazza più grande della sua città natale, Gori. Lo scorso anno, in Russia, Stalin è stato votato una delle 12 più grandi personalità della storia.

 
  
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  Wojciech Roszkowski (UEN). – (PL) Signora Presidente, si dice talvolta che il totalitarismo nazista trovi origine nella destra e che il totalitarismo comunista nella sinistra. Le cose non stanno proprio così. L’odio razziale e l’odio di classe non sono altro che due varietà della stessa cosa: l’odio, che devasta la coscienza umana e le relazioni sociali. Abbiamo udito una dichiarazione di questo genere proprio qui poco fa: la dichiarazione dell’onorevole Pafilis.

L’odio produce oppressione, e l’oppressione è la negazione di una repubblica, di una democrazia e di uno Stato di diritto. La sinistra e la destra fanno entrambe parte di un sistema democratico. Il totalitarismo nazista e comunista distrussero la democrazia. Perciò non è vero che il nazismo era a destra, e il comunismo a sinistra. Il nazismo e il comunismo erano dappertutto.

Chiunque oggi relativizzi il carattere criminale del totalitarismo, sia nazista, sia comunista, contraddice le tradizioni di un paese governato dal diritto e dalla democrazia. E’ sintomatico, tra l’altro, che mentre la destra europea oggi non relativizza i crimini nazisti, la sinistra europea lo faccia con i crimini comunisti. Ciò risulta molto chiaro dall’atteggiamento dei socialisti e dei comunisti verso la proposta di risoluzione di cui abbiamo discusso oggi. In questa Aula stiamo votando in merito alla verità storica, stiamo votando in merito alla verità su noi stessi e sui nostri giudizi morali.

(Applausi)

 
  
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  Christopher Beazley (PPE-DE). – (EN) Signora Presidente, perché i democratici sono così moderati nel dire il nome dei dittatori e di coloro che dedicarono la loro carriera a lottare contro la democrazia, a sottomettere paesi, a perseguitare coloro che osavano levare la voce contro di loro e che si macchiarono di crimini?

Questa sera, non stiamo parlando di totalitarismo, non stiamo usando eufemismi: stiamo parlando della dittatura fascista e criminale di Hitler e della dittatura comunista e criminale di Josif Stalin. Quando avevo 16 anni vivevo a Francoforte sul Meno, una città che i carri armati potevano raggiungere in sole due ore da Praga.

Signor Ministro, Alexander Dubček, a cui ho reso omaggio in questa Assemblea, cercò in tutti i modi di liberalizzare il sistema. Egli parlò del volto umano del comunismo; il volto disumano del comunismo era rappresentato da Leonid Brežnev e dai suoi predecessori e successori.

Ritengo, signor Commissario, che se vogliamo tener fede alle nostre convinzioni, dobbiamo rendere omaggio alle vittime del comunismo e del fascismo. Non dovremmo fare alcuna distinzione tra questi due criminali: furono proprio questo. L’unica differenza è che Hitler perse la guerra e Stalin la vinse.

Oggi il presidente di questo Parlamento ha reso omaggio alla memoria dei deportati di tre Stati baltici: Estonia, Lettonia e Lituania. Ma, signor Ministro, fu anche il suo paese a soffrire: Jan Palach perse la vita. Egli fece vedere disperatamente ciò di cui sarebbe stato capace per provare che il regime sotto cui viveva era inaccettabile. Mi ricordo quando, a 16 anni, ascoltavo Radio Praga mentre i carri armati occupavano la sua capitale, in piazza San Venceslao. “Non dimenticateci” è quello che i suoi coraggiosi connazionali dissero allora. Questa sera, signor Commissario, non ci stiamo dimenticando di coloro che soffrirono. Dovremmo avere il coraggio di fare il nome dei responsabili, ma dobbiamo guardare al futuro per assicurarci che questo continente non conosca mai più gli orrori del nazismo di Hitler o dello stalinismo.

(Applausi)

 
  
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  Luis Yañez-Barnuevo García (PSE). – (ES) Signora Presidente, non dobbiamo dimenticare – concordo su questo – e non perdiamoci in troppe sottigliezze: dal punto di vista politico, tutte le forme di totalitarismo sono da condannare e il comunismo e il fascismo provocarono danni irreparabili a questo continente.

Oggi siamo un continente unito composto da 27 nazioni e 500 milioni di persone che condividono valori di libertà, democrazia e diritti umani: dobbiamo condannare con la stessa determinazione il comunismo totalitario che distrusse l’Europa centrale ed orientale, e il nazifascismo che anni prima aveva distrutto molti paesi europei, compreso il mio.

Ho vissuto 32 anni sotto la dittatura di Franco e io non lo dimenticherò, così come alcuni degli oratori, greci e portoghesi, per esempio, non hanno dimenticato il proprio passato.

Non ho mai dimenticato, neppure quando ero giovane, le sofferenze che la gente pativa sotto la dittatura comunista. Non sono mai stato un comunista e ho sempre condannato il comunismo. Questo non mi ha impedito di essere un militante antifranchista e di condannare il regime di Franco.

La lotta è la stessa. Dobbiamo lottare per gli stessi principi, gli stessi valori e conservare sempre il ricordo delle vittime di tutte queste forme di totalitarismo.

 
  
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  Inese Vaidere (UEN). – (LV) Onorevoli colleghi, 60 anni fa 43 000 innocenti, tra cui vecchi e bambini, furono deportati dalla Lettonia senza processo. Se ora questo accadesse in Francia, si parlerebbe di 1 milione e 300 000 persone. Pertanto è importante essere in grado oggi di parlare dei crimini del comunismo totalitario. Non sarebbe giusto lasciare la discussione di questi crimini ai soli storici, come è stato suggerito qui, finché i testimoni e le vittime di quegli atti sono ancora in vita. Non dobbiamo sminuire l’importanza di quei misfatti, né negarli. Il Parlamento europeo nella sua dichiarazione scritta ha affermato chiaramente che il 23 agosto deve essere dichiarato giornata della memoria delle vittime dello stalinismo e del nazismo, e nessuno qui dovrebbe negare neanche questo. Il Consiglio deve attuare questa decisione del Parlamento europeo senza indugi, affinché crimini di questo genere non si ripetano in futuro.

 
  
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  Rihards Pīks (PPE-DE). – (LV) Signora Presidente, onorevole Vondra, signor Commissario, onorevoli colleghi, coloro che hanno studiato storia in Europa, la maggioranza penso, sanno che la seconda guerra mondiale iniziò il 1° settembre 1939, quando Hitler invase la Polonia. Molti meno sanno che Hitler poté farlo perché il 23 agosto 1939 aveva firmato con Stalin un accordo: un patto di non aggressione. Ancora meno persone sanno che per due anni il regime di Stalin rifornì Hitler e il suo esercito di carburante e di materiali industriali che lo aiutarono a conquistare l’Europa occidentale. Ancora meno sanno che per tutti gli anni ’30 Stalin aveva preparato armi offensive, carri armati e paracadutisti. Mentre Hitler disponeva di 400 paracadutisti, Stalin ne aveva un milione all’erta, pronti alla conquista. Inoltre, questa politica estera era stata avallata dalle decisioni prese dal partito comunista bolscevico dell’Unione Sovietica. In una serie di sedute a porte chiuse del partito comunista, furono approvate risoluzioni volte a mettere i paesi dell’Europa occidentale ai ferri corti, in modo che l’Unione sovietica potesse poi liberarli. Ma c’è dell’altro: per quanto riguarda la politica interna, il 5 dicembre 1937 i lettoni che erano rimasti a vivere nella Russia sovietica iniziarono ad essere arrestati per essere poi interamente sterminati. Nell’arco di due anni, 70 000 lettoni che vivevano nell’Unione Sovietica furono uccisi soltanto perché erano lettoni. Perciò, come dovremmo definire tale regime, aggressivo in politica estera, e intento allo sterminio dei propri cittadini in politica interna? Fu un regime totalitario e criminale, proprio come il nazismo. Vi ringrazio.

 
  
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  Csaba Sándor Tabajdi (PSE). – (HU) E’ difficile scrivere una storia europea comune, perché dopo la seconda guerra mondiale, la parte occidentale e quella orientale dell’Europa vissero storie diverse. L’Europa centrale e orientale e gli Stati Baltici furono vittime di entrambe le dittature, di quella nazista e di quella sovietica, tuttavia non possiamo porre sullo stesso piano il nazismo e lo stalinismo.

Nessuno può mettere in dubbio che furono milioni le vittime della dittatura stalinista, intere popolazioni furono deportate, e nessuno può giustificare o relativizzare questo dato di fatto. La Shoah, l’industria dello sterminio del popolo ebraico organizzata dalla Germania nazista unicamente su basi etniche, fu un’atrocità senza precedenti nella storia umana.

Nell’Europa occidentale spesso non si comprende che per noi, la liberazione dal nazismo segnò contemporaneamente l’avvento di una nuova occupazione, l’inizio dell’oppressione sovietica. Per questo motivo, il 9 maggio viene percepito diversamente dai vecchi e dai nuovi Stati membri, soprattutto dagli Stati baltici, che persero la loro indipendenza e la cui intelligentsia fu spazzata via.

Sarebbe bene prendere atto del passato senza politica, senza i pregiudizi politici odierni, e formulare una narrazione storica comune. Nelle parole del poeta ungherese Attila József, “accettare il passato è una lotta già abbastanza dura”.

 
  
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  Roberts Zīle (UEN). – (LV) Signora Presidente, molti dei miei colleghi deputati hanno già ricordato che oggi stiamo commemorando le deportazioni in Siberia che il regime sovietico organizzò 60 anni or sono. Sappiamo anche, tuttavia, quanto sia difficile esprimere una condanna del regime comunista pari a quella rivolta ad altri regimi totalitari. Questo perché non stiamo parlando solo del passato, ma anche del futuro. Questa settimana si è saputo che in Lettonia il capolista dei candidati alle elezioni europee del movimento Centro dell’Armonia, i cui rappresentanti neoeletti entreranno nel gruppo socialista qui al Parlamento europeo, sarà Alfrēds Rubiks, l’ex leader della sezione lettone del Partito comunista dell’Unione Sovietica, il quale fu processato in Lettonia per i crimini del regime. Si tratta di una persona che sostiene l’ideologia comunista e che si oppose fino alla fine al ripristino dell’indipendenza lettone; ora è candidato per un paese che egli stesso ripudiò. Questa è la riprova del fatto che in futuro continuerà ad essere difficile per il Parlamento europeo condannare allo stesso modo i crimini, e che esisteranno sempre regimi totalitari buoni e regimi totalitari cattivi. Grazie.

 
  
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  Marian-Jean Marinescu (PPE-DE). – (RO) Il comunismo è una filosofia ingannevole. In teoria, parla di benessere, eguaglianza e rispetto per i diritti dell’uomo, in pratica è stato sinonimo di menzogne, discriminazione, odio e persino di crimini.

Esso va condannato con tutti i mezzi a nostra disposizione. Questo fu fatto in Romania nel 2006 tramite le parole del presidente rumeno, in seguito a una relazione redatta da una commissione presidenziale creata appositamente.

Il comunismo vanifica tutto ciò che significa libertà e fa sì che la gente dipenda da un sistema. Chiunque non abbia mai conosciuto nella pratica il comunismo non può capire quanto un sistema totalitario influenzi la vita e il modo di pensare di una persona.

Se potessi riportare indietro le lancette dell’orologio, farei vivere coloro che hanno trascorso tutta la vita sotto il capitalismo, ma che anelano al comunismo, nella Romania degli anni ’80.

In Romania il regime comunista fu imposto con l’aiuto delle truppe russe, a prezzo di centinaia di migliaia di vite umane distrutte nei campi di lavoro e nelle prigioni. Avendo commesso l’unico crimine di non sottomettersi a un sistema totalitario, politici, intellettuali, contadini, rappresentanti di diverse confessioni religiose e, in generale, cittadini e membri modello della comunità, scomparvero.

Mentre i più gravi problemi provocati da un sistema economico in bancarotta si possono risolvere adottando provvedimenti adeguati, gli esseri umani hanno bisogno di tempo per dimenticare, perdonare e adattarsi a un nuovo modo di vivere, anche se incomparabilmente migliore.

La democrazia ha dato libertà di pensiero, espressione e movimento. Deve inoltre garantire la sicurezza per il domani. Non vi è alcuna differenza tra la povertà provocata dalla penuria di beni materiali e la povertà provocata dalla mancanza di risorse per l’acquisto dei beni. Il giorno in cui riusciremo a sbarazzarci della povertà, lo spettro del comunismo scomparirà per davvero.

Colleghi deputati, la Romania e gli altri paesi dell’Europa orientale finirono sotto quel regime in seguito a decisioni prese dai leader mondiali, uno solo dei quali era comunista. Il resto di loro erano rappresentanti di sistemi democratici.

Non dimenticate questa verità storica al momento di valutare, giudicare o decidere della situazione attuale o del futuro degli ex Stati comunisti, che facciano o no parte dell’Unione europea.

 
  
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  Ljudmila Novak (PPE-DE). – (SL) Noto con rammarico che nessuno degli ex paesi comunisti ha ancora indagato appieno e riconosciuto i crimini del comunismo nel periodo seguente alla fine della seconda guerra mondiale.

Essendo restati al potere per decenni dopo la guerra, questi regimi riuscirono a distruggere la maggior parte delle prove. E’ per questo che i criminali, o i responsabili, non sono stati nemmeno individuati, e tanto meno condannati. La storia fu scritta dai vincitori.

L’Unione europea deve invitare tutti i paesi governati in passato da regimi comunisti a consentire ai propri storici di svolgere ricerche e includere tutta la verità sul periodo post-bellico nei testi di scuola. Essi dovrebbero inoltre descrivere le colpe delle forze alleate occidentali che rispedirono o estradarono gli esiliati nelle mani dei comunisti.

L’Unione europea deve altresì invitare tutti gli Stati membri a ribattezzare eventuali vie e piazze che portano il nome di controversi eroi, come Tito in Iugoslavia, che si macchiarono di molti assassinii nel dopoguerra, in virtù del loro ruolo all’epoca.

 
  
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  Ewa Tomaszewska (UEN). – (PL) Signora Presidente, quando sento in questa Aula che i comunisti non sono disposti a chinare il capo, nonostante le decine di milioni di vittime della costruzione del Canale tra Mar Bianco e Mar Baltico, i milioni di deportati in Siberia di diverse nazionalità (tra cui anche russi, ma solo i polacchi furono milioni), e la condanna a morte di intere nazioni, per esempio i tartari della Crimea, resto sbalordita e indignata.

Il capitano di cavalleria Pilecki, che si fece volontariamente arrestare e deportare ad Auschwitz, e successivamente fu imprigionato anche dai comunisti, disse a sua moglie: “Auschwitz era uno scherzo”. Il mio paese conobbe entrambi i sistemi totalitari, e le ferite si stanno rimarginando ancora oggi. Nessun sistema di questo genere ha il diritto di esistere. Dobbiamo onorare coloro che lottarono contro il totalitarismo, e rendere omaggio alla memoria delle vittime.

 
  
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  Bogusław Sonik (PPE-DE). – (PL) Signora Presidente, la Comunità europea deve fare ogni sforzo per tenere vivo il ricordo degli eroi e non consentire la banalizzazione dei crimini del totalitarismo. Il destino di coloro che resistettero, di coloro che, come il capitano di cavalleria Pilecki, furono assassinati deve sempre essere presente nel nostro ricordo, soprattutto perché l’idea dell’integrazione europea nacque tra coloro che si opposero al nazismo e al comunismo. Inoltre, fu questa idea che impedì futuri conflitti e la nascita di regimi totalitari nel dopoguerra.

L’istituzione di una Giornata internazionale degli eroi della lotta al totalitarismo sarebbe un passo avanti nella direzione di una comprensione comune della storia europea del XX secolo e farebbe parte della lotta comune al pregiudizio reciproco e all’ignoranza sui fatti storici. Mantenendo vivo negli europei il ricordo dei crimini dei regimi totalitari, nazista e comunista, possiamo sperare che il nostro continente non divenga più la scena di avvenimenti così tragici.

 
  
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  György Schöpflin (PPE-DE). – (EN) Signora Presidente, questa discussione comprende anche un’altra dimensione. Non è soltanto un’Europa unita che deve analizzare con urgenza tutto il proprio passato: lo stesso si può dire soprattutto della sinistra europea.

Senza un’attenta disamina del suo passato, la sinistra in alcuni degli ex Stati comunisti è obbligata (ovvero si obbliga) a vivere con un passato falso, un passato da cui è esclusa ogni sorta di evento doloroso. Ciò la costringe inoltre sinistra a difendere questo falso passato, il che non fa che erodere la sua credibilità democratica. Vedendo che la sinistra occidentale accetta senza remore questa arretrata sinistra post-comunista quale partner legittimo, anche quella dell’Europa orientale si trova obbligata a difendere un passato indifendibile. Di conseguenza, anche il suo impegno verso la democrazia si indebolisce in egual misura.

 
  
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  Csaba Sógor (PPE-DE). – (EN) Signora Presidente, l’Europa ha una storia turbolenta di totalitarismo e di limitazione delle libertà fondamentali. In alcune parti d’Europa il XX secolo è stato caratterizzato da tali regimi totalitari.

E’ nostro obbligo morale oggi far sì che ogni cittadino dell’Unione europea goda degli stessi diritti. E’ importantissimo che l’UE tuteli anche i diritti delle minoranze, soprattutto dal momento che molti paesi in tutto il mondo non rispettano i diritti più basilari.

Allo stesso tempo desidero sottolineare che, mentre l’UE leva la voce contro le discriminazioni e la violazione dei diritti umani in casi come il Tibet, è chiaro a tutti noi che persino l’Unione europea stessa ospita minoranze etniche e linguistiche che sono molto spesso oggetto di assimilazione culturale e linguistica. Questa prassi che si riscontra in alcuni Stati nazione dell’UE è un aspetto che andrebbe preso seriamente in considerazione e riesaminato.

Gli ungheresi in Romania, le persone che io rappresento, rappresentano uno di questi casi.

 
  
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  Zbigniew Zaleski (PPE-DE). – (PL) Signora Presidente, la proposta dell’onorevole Szájer di istituire una giornata che commemori la storia delle vittime del totalitarismo è giusta. Penso che sia giusta perché mentre l’orrore nazista è abbastanza noto, e anche alcuni tedeschi hanno tentato di comprenderlo, paradossalmente poco si conosce dello stalinismo. Il paradosso è dovuto al fatto che persino i siberiani, compatrioti di Stalin, pensavano che egli fosse un buon uomo e che le cause delle sventure della Russia fossero da ricercare altrove.

Non possiamo ascoltare il racconto dei milioni di persone che persero la vita in Siberia, perciò non sapremo mai quanto soffrirono, ma io so di una vittima che è ancora viva. Quella persona sente ancora, anche quando esce per una passeggiata, di non essere più viva. E’ un sintomo della sua deportazione in Siberia. Coloro che sono sopravvissuti conoscono bene quelle sofferenze. C’è un detto russo che dice (il deputato pronuncia alcune parole in russo), il che significa “se non ci sei stato, ci andrai, e se ci sei stato, non dimenticherai”. Penso che dovremmo parlare apertamente di entrambe queste forme di totalitarismo.

 
  
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  Vytautas Landsbergis (PPE-DE). – (EN) Signora Presidente, dovremmo fare tutto il possibile per fermare il declino morale dell’Europa. L’opportunismo è più lampante quando si trascurano gli enormi crimini contro l’umanità commessi nell’ultimo secolo. Purtroppo, tale trascuratezza nei confronti dei crimini del totalitarismo comunista appaga tutti i neonazisti in Germania, in Russia o altrove. Chiunque di loro potrebbe domandare: se i sovietici vengono perdonati, perché anche i nostri predecessori non dovrebbero essere perdonati?

Le radici di un tale negativo fenomeno risalgono a Norimberga, dove i nazisti furono semplicemente assolti dall’accusa di aver ordito una cospirazione con Stalin nella seconda guerra mondiale. Il crimine peggiore fu ignorato per il giusto procedimento. Perché? Perché sul tribunale aleggiò l’ombra di Stalin (l’omologo di Hitler) per due anni decisivi. Persino all’epoca, l’Occidente capitolò moralmente dinanzi ai sovietici. Ma non vi è alcun motivo per restare di mentalità ristretta e timorosi per sempre.

 
  
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  Alexandr Vondra, presidente in carica del Consiglio. – (CS) Onorevoli colleghi, oggi concluderò in ceco il mio intervento in quest’Aula. Tenterò di riassumere e allo stesso tempo di rispondere ad alcuni degli interrogativi che sono stati sollevati qui. Penso che esistano tre tematiche: in primo luogo, vorrei ringraziare tutti coloro che hanno partecipato all’udienza della settimana scorsa e a questa discussione in plenaria. Se si tratta della prima discussione del genere da tempo, ciò non può che essere positivo e penso che la prima conclusione che si possa trarre è che dobbiamo condurre il dibattito e proseguirlo. Questo è l’obiettivo della piattaforma della memoria e della coscienza. Perché è importante istituire una tale piattaforma a livello europeo? E’ importante come strumento contro l’oblio. Se dimentichiamo il passato, ovviamente, gli consentiamo di rientrare dalla finestra in futuro. Questa è altresì un’occasione per lottare contro la relativizzazione dei crimini passati. Hitler e Stalin sono due personaggi simili. Naturalmente vi furono paesi in cui il nazismo consentì o favorì la successiva instaurazione del comunismo e dei rispettivi crimini. Qualunque tipo di relativismo, tuttavia – e qui non intendo entrare in questioni politiche – qualunque tipo di relativismo è pericolosissimo.

In secondo luogo, dobbiamo conservare la coscienza storica in quanto parte dell’istruzione europea. E qui ritengo che dobbiamo potenziare gli strumenti finanziari per garantire che alla coscienza del passato totalitario europeo si riservi un posto nel sistema educativo. Questo è stato uno dei risultati dell’udienza tenutasi la settimana scorsa. Ciò richiede lo stanziamento di risorse finanziarie e desidero ringraziare la Commissione e il commissario Figeľ, in particolare, perché la Commissione è disposta a cooperare su questa materia.

Non ultima è la questione dell’obiettivo finale di questo dibattito. La presidenza dura poco, appena sei mesi. Siamo a metà strada e naturalmente non pretendo che quando, a breve, questo Parlamento si scioglierà riusciremo ad ottenere l’impossibile, ma penso che l’idea di creare istituzioni di dimensione europea (musei, istituti di ricerca o fondazioni) sia giusta e necessaria. L’udienza della scorsa settimana è stata presentata congiuntamente dai rappresentanti di diverse istituzioni simili esistenti a livello nazionale e, a mio parere, vi è urgente necessità di creare istituzioni di questo genere a livello paneuropeo. Ma quel compito si addice più ad organismi le cui mansioni sono continuative e non alla presidenza, a rotazione semestrale. Se il nostro compito era quello di contribuire ad avviare alcuni dibattiti, vi vorrei ringraziare ancora una volta per essere intervenuti a questa discussione e sfido coloro tra voi che avranno responsabilità continuative in futuro a proseguire il dibattito in modo che forse, un giorno, tali istituzioni siano create per davvero.

 
  
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  Ján Figeľ, membro della Commissione. – (SK) Ho già spiegato l’essenza della missione della Commissione nella mia introduzione e non posso che confermare ancora una volta che siamo entrambi pronti e propensi a questo, il che è anch’esso un fattore di cui tenere conto. Se la Commissione europea è disposta a collaborare a questo processo, allora ho già ricordato le fase successive, che comporterebbero il completamento di studi dei vari metodi e meccanismi degli Stati membri in questo ambito e la presentazione della relazione attesa per l’anno prossimo. Tuttavia, ho anche qualcosa da aggiungere che si situa piuttosto ai margini del dibattito. Alcuni oratori hanno sottolineato che si celebra il ventesimo anniversario del crollo del comunismo, la caduta del Muro di Berlino e della Cortina di ferro in Europa, e che quindi molto tempo è passato da allora. A mio parere non è mai troppo tardi e questo Parlamento, recentemente ampliato, sarebbe negligente se non rilasciasse una dichiarazione sui crimini del comunismo totalitario e non avviasse una discussione, perché si tratta di un’esperienza che molti hanno portato qui in quest’Aula: la maggior parte di coloro che hanno partecipato al dibattito provenivano infatti dai nuovi Stati membri.

Anch’io ho vissuto la maggior parte della mia vita sotto il regime totalitario della Cecoslovacchia ed è a partire dall’esperienza personale e generale di tutti gli interessati che dobbiamo creare una memoria europea, una comunione di interessi europea, e allo stesso tempo sostenere i processi che impediscono il ritorno del totalitarismo e la banalizzazione e la negazione dei suoi crimini, o la negazione della verità. Il diniego di tali crimini equivale in realtà a una relativizzazione non solo della verità, ma anche dell’etica e della moralità, il che è causa di sempre nuovi problemi e fa sorgere l’idea che eliminare le persone equivalga ad eliminare i problemi. L’idea che sia possibile eliminare i problemi eliminando le persone è uno dei principi dello stalinismo.

Io considero l’espansione dell’UE in un senso più ampio e precisamente per questo motivo posso identificare le diverse forme di totalitarismo che sono state menzionate, le diverse forme nei diversi paesi. Abbiamo il compito di identificarle, di ricordare e adottare misure adeguate riguardanti la restituzione, la riabilitazione, l’instaurazione della giustizia, la difesa della supremazia della verità, del rispetto per la dignità umana e tutto ciò che sta a indicare libertà e democrazia.

Vorrei anche dire che spesso mi sembra che le minacce provengano da lontano e da fuori, e che le linee divisorie del mondo moderno non abbiano nulla a che vedere con la religione o la civiltà o la cultura, ma piuttosto con il rispetto per la vita e gli esseri umani da un lato (definito dai diritti dell’uomo) e con il fanatismo di ogni sorta dall’altro. Esistono svariati tipi di fanatismo. Li conosciamo bene anche nel mondo di oggi ed è proprio per questo che il tema dell’istruzione ricordata dall’onorevole Vondra è così importante, affinché sia i giovani, sia i meno giovani possano distinguere il rispetto per l’uomo dall’estremismo, dal populismo, dal nazionalismo o dal fanatismo in una qualsiasi delle sue svariate forme.

Vorrei terminare sottolineando che la Commissione europea appoggia sinceramente questo processo e che essa cercherà altri modi per contribuirvi. Questo dibattito non è che un passo avanti in questa direzione, ma altre tematiche seguiranno. Occorre fare molto di più a livello di Stati membri. Vorrei terminare osservando che l’odierna espansione dell’UE è possibile grazie al sacrificio di molti e non è il frutto di un qualche tipo di processo automatico. Né un’Europa unita, né la democrazia, né la libertà, né lo Stato di diritto nacquero automaticamente, ma in seguito a enormi sforzi e con frequenti spargimenti di sangue. Occorre ricordare questo.

Vorrei concludere, infine, con ciò che ha dichiarato l’onorevole Kelam, credo, riguardo all’espansione dell’Unione, la quale coinvolge non solo la geografia, i mercati e diversi paesi, ma è anche espansione della consapevolezza, della memoria, del rispetto e della responsabilità. Se possiamo incorporare questo nel processo che ora stiamo celebrando, i cinque anni trascorsi dall’espansione, saremo pronti per ulteriori processi e per l’avvenire. Se non vi riusciremo, allora il cammino sarà molto più accidentato. Vi ringrazio molto e vi auguro un’espansione non solo del ricordo, ma anche della responsabilità.

 
  
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  Presidente. La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà nel corso della prossima tornata.

Dichiarazioni scritte (articolo 142 del regolamento)

 
  
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  Slavi Binev (NI), per iscritto. – (BG) La giustizia è uno dei valori fondamentali dell’Europa.

Appoggio i miei colleghi deputati del gruppo UEN e la risoluzione RC-B6-0165/2009 che hanno presentato, sottolineando che l’UE si fonda sullo Stato di diritto, il quale è una delle caratteristiche fondamentali della democrazia. Questo è esattamente il principio in base al quale devono svolgersi le elezioni parlamentari. Tuttavia, il problema della compravendita dei voti in Bulgaria indica l’esatto contrario.

Dopo che le precedenti elezioni comunali sono state ripetutamente compromesse dal palese scambio di voti del GERB (Cittadini per lo sviluppo europeo della Bulgaria), del DPS (Movimento per i diritti e le libertà) e del BSP (Partito socialista bulgaro), i cittadini sono rimasti con la sensazione di non avere alcun diritto di scelta. Pertanto, questo li rende molto meno disposti a votare di nuovo.

Nonostante il codice penale vigente e i numerosi segni di violazioni della legge, nessuno di coloro che sono menzionati nella relazione della Commissione è ancora stato condannato per tali crimini perché le autorità preposte all’applicazione della legge non sono disposte a porre fine alla compravendita di voti. In Bulgaria il sistema giudiziario mostra ancora una scarsa determinazione e i colpevoli, che sono ben noti, stanno nuovamente preparando campagne pre-elettorali, mentre coloro che hanno venduto il proprio voto sono ora alla ricerca di nuovi acquirenti e del migliore offerente.

Desidero sottolineare che finché si consente di violare la legge in Bulgaria e finché lo Stato continua a non prendere alcun provvedimento in merito, gli elettori onesti saranno privati del loro principale diritto umano: il diritto di scegliere! Invito il Parlamento a non stare a guardare e a fare qualcosa.

 
  
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  Filip Kaczmarek (PPE-DE), per iscritto. – (PL) Onorevoli colleghi, il problema del totalitarismo in Europa risiede nel fatto che le esperienze dei singoli Stati membri in questo campo sono molto diverse. Molti europei semplicemente non sanno come si viveva sotto i regimi totalitari, e chi non comprende il totalitarismo ha la naturale tendenza a non dare importanza ai crimini commessi sotto siffatti sistemi, considerandoli meri avvenimenti storici. Ma il comunismo e il fascismo non soltanto lottarono attivamente contro la maggior parte dei valori dell’Europa, ma furono anche disposti a violare tutti i principi etici in nome di idee malate e degenerate, e quei sistemi violarono veramente quei principi, provocando dolore, sofferenze e la morte di milioni di persone.

Più gli europei conosceranno il vero volto del totalitarismo, meglio sarà per il futuro dell’Unione europea. Qui non si tratta di celebrare le sofferenze di milioni di persone. Si tratta di capire le drammatiche conseguenze che derivarono e ancora derivano da pratiche totalitarie in molti paesi europei. La solidarietà, la libertà, l’empatia, la tolleranza, il dialogo: tutti questi valori sembrano leggermente diversi se li si guarda dal punto di vista delle esperienze totalitaristiche. Non dimentichiamocene. Istituire una Giornata degli eroi della lotta al totalitarismo contribuirebbe senza dubbio ad innalzare il livello di conoscenza di un passato doloroso. Ciò, a sua volta, contribuirebbe a ridurre i pregiudizi, a limitare gli stereotipi e a far crescere la speranza che l’Europa non conosca mai più il totalitarismo.

 
  
  

(La seduta, sospesa alle 20.15, è ripresa alle 21)

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. McMILLAN-SCOTT
Vicepresidente

 

11. Rafforzamento della sicurezza e delle libertà fondamentali su Internet (discussione)
Video degli interventi
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  Presidente. L'ordine del giorno reca la relazione presentata dall’onorevole Lambrinidis a nome della commissione libertà civili, giustizia e affari interni su un proposta di raccomandazione del Parlamento europeo al Consiglio sul rafforzamento della sicurezza e delle libertà fondamentali su Internet [2008/2160(INI)] (A6-0103/2009).

 
  
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  Stavros Lambrinidis, relatore. − (EL) Signor Presidente, viviamo in un’epoca in cui tutti – governi, società private e persino criminali – tentano di accedere, nella maniera più ampia possibile, ai nostri dati elettronici, alla nostra vita privata.

Internet, in particolare, fornisce dettagli in merito alle nostre vite private, una realtà inimmaginabile qualche anno fa. Allo stesso tempo è evidente come questo strumento ci consenta di esercitare con maggiore facilità i nostri diritti fondamentali, quali la libertà di parola, la libertà di azione politica, la libertà di conoscenza e di educazione, nonché il diritto alla libera associazione.

Ad essere meno evidente è il pericolo di violazione cui sono soggette queste libertà nell’utilizzo di Internet, con particolare riferimento ai controlli segreti da parte dei governi, delle società e persino dei criminali sulle attività che svolgiamo in rete o sui siti che visitiamo. Risulta pertanto essere ancora meno evidente come poter raggiungere una situazione di equilibrio in questo ambito, come disciplinare l’uso di Internet in modo tale da consentirci di trarvi il massimo vantaggio limitandone al contempo i suoi ovvi pericoli.

La mia relazione intende tentare di fornire una risposta a questi interrogativi. Tra le altre cose:

- richiede, in primo luogo, l’adozione di un’iniziativa europea volta a creare una carta dei diritti su Internet;

- in secondo luogo, segnala la necessità di una lotta efficace ma proporzionata contro forme vecchie e nuove di cybercriminalitภquali il furto di identità e la tutela dei diritti di proprietà intellettuale, sottolineando tuttavia che la legislazione non si debba tradurre in una sorveglianza sistematica, sia essa giustificata o meno, di tutti i cittadini, sospetti o meno, dato che comporterebbe, ovviamente, un’evidente invasione della loro privacy;

- in terzo luogo, per quanto concerne il diritto dei cittadini di accedere ad Internet, si appella ai governi affinché garantiscano tale accesso anche ai cittadini meno abbienti nelle regioni più remote;

- in quarto luogo, sottolinea come l’analfabetismo informatico corrisponda al nuovo analfabetismo del XXI secolo, proprio come non saper leggere o scrivere era l’analfabetismo del XX secolo e come l’accesso ad Internet rappresenti pertanto un diritto fondamentale, equivalente al diritto di accesso alla scolarizzazione;

- in quinto luogo, richiede l’adozione di misure tese a limitare il consenso degli utenti, una questione di particolare rilevanza su cui mi soffermerò ora.

La questione del consenso è estremamente complicata e, se non viene risolta adesso, tornerà ad assillarci. Vorrei portarvi un esempio: qualche decennio fa, nessuno sapeva quale quotidiano leggessi: solo la mia famiglia e forse qualcuno dei miei amici. Era un’informazione preziosa, in particolare in tempi di dittatura, che i servizi segreti tentavano di acquisire per potermi inserire nei loro archivi. Venendo a conoscenza del quotidiano che ero solito leggere, potevano affermare che fossi comunista o filoamericano. Oggi, ogni volta che leggo un quotidiano, lascio una traccia. Ciò significa che le società private possono compilare “archivi” simili, creare un mio profilo, specificando le politiche in cui credo, le mie abitudini alimentari e anche le mie condizioni di salute. Il fatto di visitare determinati siti web equivale ad acconsentire a un ritorno della società a 40 anni fa?

Dobbiamo adottare con urgenza leggi adeguate in grado di garantire un equilibrio tra la lotta alla criminalità e la tutela dei diritti nell’era elettronica. Questo equilibrio sembra essere difficile da conseguire, ma in realtà non lo è. E’ realizzabile. Dobbiamo smettere di considere il cyberspazio come una realtà al di fuori della nostra vita quotidiana, distina da essa. E’ la nostra vita. Ciò significa che qualunque diritto o barriera che si applichi alla polizia e alle società private in Internet deve applicarsi anche all’esterno; altrimenti corriamo il rischio di abolire le libertà a favore della sicurezza e, in ultima analisi, di non avere né libertà né vera sicurezza.

Per concludere, i miei più sentiti ringraziamenti ai relatori ombra di tutti i gruppi politici che vedo in questo Emiciclo per il loro encomiabile sostegno. Vorrei ringraziare in particolare tutti i parlamentari membri della commissione libertà civili, giustizia e affari interni per il supporto unanime mostrato nei confronti di questa relazione. Spero che venga approvata in plenaria.

 
  
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  Ján Figeľ, membro della Commissione. − (EN) Signor Presidente, vorrei ringraziare non solo il Parlamento in generale ma l’onorevole Lambrinidis in particolare per la sua importante relazione, che fornisce spunti sulla promozione delle libertà fondamentali e della sicurezza in Internet al momento opportuno.

Mentre Internet ha assunto un peso sempre maggiore nelle società e nelle economie moderne, con un impatto in svariati ambiti della nostra vita, il ritmo smisurato che caratterizza gli sviluppi tecnologici porta con sé sfide significative che devono essere debitamente affrontate se vogliamo sfruttare appieno le opportunità offerte da Internet e dalla società dell’informazione.

Convidiamo, in particolare, le preoccupazioni dell’onorevole Lambrinidis relative alla tutela dei dati personali, una questione della massima importanza per gli utenti della rete. Vorrei rassicuravi sul fatto che la Commissione non lesina sforzi per rafforzare i diritti fondamentali e le libertà fondamentali dei cittadini e, in particolare, per garantire un elevato grado di tutela della privacy e dei dati personali, sia in Internt che in altri contesti.

Credo fermamente che perseguire un’adeguata tutela della privacy non si opponga, di per sé, alla necessità di garantire una maggiore sicurezza. Al contrario, questi due obiettivi dovrebbero essere perseguiti in un’ottica sinergica.

La stabilità e la sicurezza di Internet sono state una priorità per noi in occasione del Vertice mondiale sulla società dell’informazione del 2005 e continuano ad esserlo. Queste questioni verranno presentate a breve tramite una nuova strategia per la tutela delle infrastrutture critiche dell’informazione, nonché per preparare meglio l’Europa contro attacchi informatici su ampia scala e interruzioni della connettività. Questa strategia comprende un piano d’azione volto a definire una tabella di marcia per la promozione dei principi e delle linee guida per la stabilità e la solidità di Internet.

Nell’ambito di questa strategia verrà sviluppata una cooperazione strategica con paesi terzi, in particolare nei colloqui sulla società dell’informazione, intesa come un veicolo per costruire un consenso globale in materia. Al contempo la Commissione è convinta che sia necessario garantire il rispetto delle libertà fondamentali come la libertà di espressione su Internet.

Ripeto: questi due obiettivi non si escludono a vicenda. La relazione si sofferma sulla possibilità di lavorare su standard globali, sulla tutela dei dati e sulla libertà di parola. La Commissione partecipa alle conferenze internazionali annuali delle Autorità nazionali per la protezione dei dati personali e segue i lavori in corso sull’eventuale adozione, in futuro, di standard internazionali in materia di privacy e di tutela dei dati personali. Il nostro impegno nei confronti della promozione degli elevati standard di protezione di cui godono oggi i cittadini europei è solido.

Per quanto concerne la libertà di parola, la Commissione continuerà a promuovere questo diritto fondamentale nei forum internazionali. Per ora non si dovrebbe considerare l’adozione di nuove leggi nel tentativo di compiere dai passi avanti in questo ambito. Esistono già svariati strumenti internazionali vincolanti in materia. In questo momento, ritengo che sarebbe utile, invece, avviare un’efficace riflessione sulle modalità più opportune per applicare la legislazione esistente. E’ quindi una questione di implementazione. Questa riflessione dovrebbe inoltre coinvolgere e aiutare gli attori commerciali internazionali a definire meglio i propri ruoli e responsabilità nella promozione e nel rafforzamento della libertà fondamentale di espressione nell’ambiente on line di Internet su scala globale.

Vorrei concludere con un commento di natura generale. Penso che dovremmo affrontare le sfide serie che questa relazione mette in luce e garantire che l’esercizio concreto delle libertà e dei diritti non venga indebitamente limitato su Internet.

Per esempio, un elemento essenziale della strategia della Commissione per una società dell’informazione sicura, dal 2006, è rappresentato da un approccio di carattere olistico, in grado di garantire un’azione di coordinamento tra i vari soggetti interessati, nonché di garantire che ognuno di essi abbia un ruolo e una responsabilità specifici. Abbiamo tutti una responsabilità nel garantire che le nostre azioni su Internet non limitino indebitamente, ma invece, ove possibile, promuovano, la sicurezza degli altri in rete.

E’ pertanto in uno spirito di cooperazione che la Commissione accoglie con favore e sostiene questa relazione.

 
  
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  Manolis Mavrommatis, relatore per parere della commissione per la cultura e l’istruzione. − (EL) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, innanzi tutto vorrei ringraziare il relatore, l’onorevole Lambrinidis, per questa importante relazione e per l’obiettivo promosso di tutela dei dati personali, un principio rispettato dalla maggior parte di noi, tra cui dal sottoscritto a titolo personale.

In veste di relatore per parere della commissione per la cultura e l’istruzione, posso affermare che ritengo Internet una piattaforma straordinaria per la diffusione della cultura e della conoscenza. Sottolineo questo aspetto per complimentarmi con e ringraziare tutti gli onorevoli colleghi e amici della commissione cultura che hanno votato a favore del mio parere.

Documenti quali gli archivi digitali dei musei, i libri elettronici, il materiale musicale e audiovisivo sono liberamente accessibili a tutti in tutto il mondo. Sfortunatamente, però, nel vasto mondo del cyberspazio, il materiale culturale non è adeguatamente tutelato. La pirateria tende ormai ad essere la regola piuttosto che l’eccezione e sono gli autori a perderci a fronte della distribuzione illegale della loro proprietà intellettuale. In altre parole, poeti, cantautori, compositori, produttori e tutto coloro che svolgono attività creative in generale.

Sono tre gli elementi che contribuiscono alla diffusione della pirateria: i dispositivi tecnologici e il costo più che sostenibile delle copie, le condizioni economiche avverse e la penetrazione di Internet.

L’emendamento n. 4 riprende la raccomandazione della commissione cultura a favore di un giusto equilibrio tra i diritti e le libertà di tutte le parti interessate e a favore della salvaguardia e della protezione dei diritti fondamentali delle persone in base alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, a fronte dell’ampio uso di Internet.

Ecco perché appoggiamo questo emendamento, che conferma che i diritti fondamentali sono tutti di pari valore e devono essere tutelati nello stesso modo.

 
  
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  Nicolae Vlad Popa, a nome del gruppo PPE-DE . – (RO) Questa relazione è il frutto della collaborazione tra i membri di quest’Aula. Ecco perché vorrei ringraziare i miei colleghi parlamentari, in particolare l’onorevole Lambrinidis, ma anche gli onorevoli Gacek, Alvaro, Segelström e Mavrommatis, con cui ho avuto il piacere di collaborare, anche in veste di relatore ombra.

Penso che la relazione copra i principali temi di interesse relativamente al rafforzamento della sicurezza e dei diritti umani fondamentali su Internet, in particolare per quanto concerne la tutela dei diritti disciplinata dalle specifiche normative vigenti, tra cui gli aspetti digitali, e il riconoscimento e lo sviluppo di nuovi principi per il controllo di Internet.

Il testo mantiene un buon equilibrio tra la tutela della libertà di espressione e della privacy e la necessità di continuare a lottare contro la cybercriminalità, mettendo in evidenza inoltre un problema di considerevole portata, vale a dire un eccessivo monitoraggio delle attività su Internet, che potrebbe degenerare in una nuova forma di censura.

La relazione tratta anche le questioni relative all’aspetto educativo di Internet, l’e-learning, la definizione dell’identità digitale e il riconoscimento dei diritti degli utenti sui contenuti che hanno postato su Internet, nonché la tutela dei dati di carattere personale, offrendo l’opportunità agli utenti di poter cancellare a titolo definitivo i contenuti postati in rete.

Si tratta di argomenti delicati nell’attuale clima in cui i social network sono sempre più diffusi tra i giovani, ma non solo. Ecco perché mi appello a questo Parlamento affinché appoggi pienamente questa relazione.

 
  
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  Inger Segelström, a nome del gruppo PSE. – (SV) Signor Presidente, vorrei innanzi tutto ringraziare l’onorevole Lambrinidis e tutti gli altri membri della commissione libertà civili, giustizia e affari interni che hanno stilato questa relazione costruttiva e ben ponderata. Vorrei inoltre ringraziare per il sostegno ricevuto per i miei emendamenti, che va a favore proprio del rafforzamento dei diritti degli utenti e dei consumatori.

La sezione dedicata alle applicazioni della tecnologia – il monitoraggio del traffico Internet, per esempio – è molto importante. E’ positivo il fatto che il Parlamento europeo stia affermando con vigore che la privacy e i diritti umani dei cittadini hanno la precedenza.

La relazione afferma con chiarezza che il traffico Internet può essere monitorato solo laddove esista il sospetto di un reato e nell’ambito del processo legale che segue la sentenza di un tribunale. Questo aspetto rappresenta una base importante per il monitoraggio dei diritti civili. La relazione propone le misure necessarie al momento giusto.

Rimango sorpresa di fronte agli emendamenti presentati dal gruppo del Partito popolare europeo (Democratici-cristiani) e dei Democratici europei e dal gruppo dell’Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa. Le loro proposte indeboliscono i diritti civili e la privacy dei cittadini. Non hanno valutato con occhio critico quali conseguenze potrebbe avere il progresso tecnico se non prestiamo la dovuta attenzione.

Naturalmente i crimini commessi su Internet e i reati di sfruttamento dei bambini e dei minori devono essere combattutti. Tuttavia, le questioni principali in questo ambito sono, per esempio, il fatto che il governo conservatore svedese abbia adottato la cosiddetta legge FRA, relativa ai controlli sui cittadini che non sono annoverati tra i criminali e che non hanno commesso alcun crimine, quando invece dovrebbero essere i cittadini a controllare noi. La relazione rappresenta un’aspra critica nei confronti del governo conservatore svedese, che ha sfidato ogni critica adottando la legge FRA. Le autorità svedesi hanno ora il diritto di monitorare il traffico Internet senza che vi sia sospetto di reato o rischio per la sicurezza dei singoli o della società.

Dopo la decisione di domani, suppongo che il governo svedese rivedrà e modificherà questa legge. Altrimenti si troverà in una posizione che lo oppone al Parlamento europeo e ai rappresentanti eletti dei 27 paesi dell’Unione europea.

 
  
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  Alexander Alvaro, a nome del gruppo ALDE. – (DE) Signor Presidente, vorrei iniziare complimentadomi con l’onorevole Lambrinidis per l’ottimo lavoro svolto. Ha coinvolto appieno tutti i relatori ombra nel corso della stesura della relazione, facendo del proprio meglio per agevolare il raggiungimento di compromessi.

Questa relazione, che si sofferma su problematiche importanti relative alla società dell’informazione, rappresenta un importante passo avanti verso la creazione di una rete in grado di garantire la sicurezza per i nostri cittadini e le loro libertà fondamentali. I confini tra libertà e sicurezza non si fermano ai confini del mondo virtuale. L’onorevole Lambrinidis ha saputo tener conto, nella propria relazione, della lotta contro i crimini informatici, la pedopornografia, il furto di identità e la frode, nonché le violazioni dei diritti d’autore. Ha tentato di coinvolgere l’Europol e ha affermato in modo chiaro che le attuali leggi del mondo “fisico” dovrebbero applicarsi altresì al mondo virtuale.

Al contempo ha tentato di trovare un equilibrio tra la tutela dei diritti civili, la libertà di espressione, la tutela dei dati e il diritto di completa cancellazione dei dati su Internet. Fino ad oggi, Internet non dimentica. Alcuni possono anche rallegrarsi del fatto che Internet non esistesse quando avevamo ancora 13, 14, 15 o 16 anni, quando abbiamo commesso i nostri peccati di gioventù, che non vogliamo certo ritrovare su Facebook o Youtube.

Il relatore ha sottolineato la necessità dell’accesso alle informazioni e, ancora più importante, dell’accesso ad Internet e il rispetto della proprietà intellettuale. Sono cosciente che per molti parlamentari la relazione non risulta essere sufficientemente ambiziosa ai fini della tutela della proprietà intellettuale e dei diritti d’autore. Affrontiamo quindi la questione con la direttiva sulla proprietà intellettuale mettendo in evidenza questi punti al suo interno.

Questa relazione afferma con grande chiarezza che la censura su Internet o il blocco dell’accesso alla rete – misure già previste o adottate in alcuni degli Stati membri – non sono atti degni della nostra società illuminata. La relazione afferma inoltre con grande chiarezza che l’Unione europea non segue l’esempio degli stati totalitaristi tagliando fuori i propri cittadini dal mondo dell’informazione o fornendo loro solo le informazioni che ritiene accessibili

Sono lieto di trovarmi di fronte una relazione equilibrata, che tiene conto delle esigenze della società dell’informazione e sarei felice, domani, se il mio e gli altri gruppi politici offrissero a questa relazione l’appoggio più ampio possibile, in modo tale da offrirci l’opportunità di sviluppare una rete negli interessi della società.

 
  
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  Roberta Angelilli, a nome del gruppo UEN. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'hanno già detto altri colleghi prima di me, ma lo voglio ribadire, la rete non va criminalizzata né censurata perché è una fonte di opportunità di comunicazione, di socializzazione, d'informazione e di conoscenza, ma occorre comunque sviluppare una strategia globale di lotta contro la cybercriminalità.

In particolare, bisogna proteggere i bambini ed educare e informare i genitori e gli insegnanti sui nuovi pericoli che si possono sviluppare su Internet. Sono obiettivi sui quali l'Europa deve poter agire efficacemente e mi voglio per questo complimentare con il relatore per l'ottimo lavoro svolto.

Però, nonostante gli ordinamenti degli Stati membri assicurino sanzioni e un livello di protezione abbastanza elevato contro gli abusi e lo sfruttamento sessuale dei bambini e la pedopornografia on line, occorre aumentare la soglia di protezione dei minori, visto anche il continuo sviluppo delle nuove tecnologie e in particolare di Internet e l'uso anche di nuove forme di adescamento dei minori on line a scopo sessuale da parte dei pedofili.

Proprio per questo ho ritenuto opportuno presentare un emendamento alla relazione, in cui si esortano esplicitamente gli Stati membri ad aggiornare la legislazione a tutela dei minori che utilizzano Internet, in particolare introducendo il reato di grooming, così come definito nella Convenzione del Consiglio d'Europa sulla protezione dei bambini contro lo sfruttamento e gli abusi sessuali dell'ottobre 2007.

 
  
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  Eva-Britt Svensson, a nome del gruppo GUE/NGL . – (SV) Signor Presidente, vorrei porgere i miei più sentiti ringraziamenti all’onorevole Lambrinidis per essere riuscito, nella sua relazione, a rispettare la sicurezza su Internet tutelando e rispettando, al contempo, gli inestimabili diritti fondamentali dell’uomo. Suppongo che la tutela dei nostri diritti fondamentali, così come viene articolata in questa relazione, potrà essere tenuta in debita considerazione anche quando delibereremo in merito al pacchetto telecomunicazioni. Si osserva infatti una chiara correlazione tra questa relazione e il pacchetto telecomunicazioni. Spero che saremo d’accordo, anche in quell’occasione, sull’importanza di proteggere le libertà civili.

Come già sottolineato da svariati membri di questo Parlamento, Internet ci offre nuove opportunità di esercitare la nostra libertà di espressione. I cittadini che, di norma, non hanno accesso ai forum di discussione dei media operanti su ampia scala possono servirsi della rete per esprimere pareri e affrontare tematiche a loro care. Internet è una nuova arena per lo scambio di opinioni, fondamentale per la mobilitazione politica. Offre maggiori opportunità ai cittadini di tenere sotto controllo i decisori. E’ importante garantire ai cittadini la possibilità di esaminare l’operato dei legislatori e di chi detiene il potere politico. Internet è un mezzo in grado di arricchire il bagaglio di conoscenze delle persone. E, soprattutto, è uno strumento che ci offre la possibilità di scambiare idee e rimanere in contatto con persone di culture diverse provenienti da diverse parti del mondo.

Nel discutere questo tema è altresì importante assicurarci di disporre di una libertà di espressione reale e di garanzie reali contro la censura e la limitazione, per esempio, della libertà di parola, di informazione e di opinione. I diritti fondamentali dell’uomo, la libertà di espressione e la privacy sono tutti elementi importanti della democrazia e devono essere protetti e rispettati in ogni momento. Internet rappresenta, pertanto, un fattore importante nella nostra società democratica di oggi e tale dovrebbe rimanere.

Vi chiedo pertanto di votare contro l’emendamento n. 5, che vorrebbe eliminare la seguente porzione di testo: “garantire che l'espressione di convinzioni politiche controverse su Internet non sia perseguita penalmente.” Se questo emendamento dovesse passare, rappresenterebbe un duro colpo per la democrazia. Chi decide cosa si intende per convinzioni politiche controverse? E’ un diritto democratico poter esprimere diverse opinioni politiche.

E’ altresì importante il diritto degli utenti della rete di poter cancellare a titolo permanente i dati personali reperibili sui vari siti web. Ovviamente dobbiamo combattere la criminalità su Internet, come ogni attività criminale, ma si deve procedere in tal senso entro i limiti della legalità, nel rispetto del diritto penale, come per ogni altro reato.

I crimini commessi in rete contro i bambini sono particolarmente gravi. Da questo punto di vista ci atteniamo alla convenzione del Consiglio d’Europa sulla protezione dei bambini contro lo sfruttamento sessuale e l'abuso sessuale. Ma sono coinvolti anche altri gruppi. Mi riferisco, in particolare, alle donne vittime della tratta delle schiave del sesso. Oggi l’industria del sesso sfrutta Internet e le violenze sessuali subite da molte donne e bambini. Da questo punto di vista vorrei ricordare agli onorevoli parlamentari di quest’Aula che possono appoggiare una dichiarazione scritta che sta tentando di mettere fine a questa violenza. Si tratta della dichiarazione scritta numero 94.

Infine, vorrei attirare la vostra attenzione sul pericolo emergente con la cosiddetta guerra al terrorismo, che si è tradotta, in alcuni casi, in irragionevoli restrizioni da parte dei governi della libertà di espressione e della privacy dei singoli. Tali restrizioni hanno comportato un rischio per i cittadini. I servizi di sicurezza di diversi paesi, infatti, si sono scambiati dati personali su privati cittadini ottenuti monitorando Internet. Tale azione ha messo a rischio le vite di molte persone, in particolar modo nel caso in cui qualcuno sia costretto a fuggire dal proprio paese d’origine a causa di un’oppressione politica. Vi chiedo, domani, di appoggiare questa relazione.

 
  
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  Hélène Goudin, a nome del gruppo IND/DEM. – (SV) Signor Presidente, rimango affascinata tutti i giorni pensando a quanto Internet sia uno strumento a dir poco fantastico, ma, per quanto l’Unione europea possa non essere d’accordo, una rete globale di computer non è una rete europea. Pensare che un decreto proveniente da Bruxelles o Strasburgo possa cambiare questa situazione è improponibile e lontano dalla realtà. Si potrebbe ragionevolmente sostenere che l’Unione europea non rappresenti il forum più adatto per risolvere il tipo di problemi evidenziati da questa relazione. Vorrei illustrare un paio di esempi. La relazione confronta il diritto ad accedere ad Internet con il diritto di scolarizzazione. E’ un’ipotesi di lavoro un po’ azzardata quando sappiamo che il diritto o l’opportunità di ricevere un’istruzione non è così evidente in molti paesi dell’Unione.

La tutela e la promozione dei diritti dei singoli su Internet e l’equilibrio che si dovrebbe ottenere tra privacy e sicurezza è estremamente importante, ma non si tratta, anche in questo caso, di questioni da risolvere a livello europeo. Siamo di fronte a un problema internazionale, che deve essere gestito a livello internazionale.

Un altro tema cui tengo particolarmente è il file sharing. In questo ambito dobbiamo applicare con urgenza le ordinarie misure penali per tutelare i diritti di proprietà intellettuale. Sono fermamente convinta che spetti agli Stati membri decidere cosa costituisca un crimine e quali eventuali conseguenze possa avere. Per l’Unione europea è assolutamente inaccettabile seguire la linea adottata dal settore musicale e cinematografico, in particolare considerando che stiamo tentando di criminalizzare un’intera generazione.

Infine, vorrei sottolineare come ogni tentativo di legiferare in questi ambiti non sarà certo impresa facile, dato che la tecnologia cambia a una velocità ben più sostenuta della politica.

 
  
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  Urszula Gacek (PPE-DE). – (EN) Signor Presidente, vorrei ringraziare il relatore per aver accolto il mio suggerimento, incoraggiando i produttori di software ad adottare ulteriori provvedimenti per bloccare l’accesso a siti pornografici e violenti.

Si tratta di una questione particolarmente preoccupante per i genitori. E’ evidente ormai che i nostri figli spesso sanno usare il computer meglio di noi. I genitori possono essere vagamente al corrente della possibilità di attivare filtri nei browser per navigare in Internet, ma per attivare questi dispositivi è necessario avere un minimo di conoscenza del software del browser e prendere una decisione cosciente di procedere in tal senso.

Se un filtro fosse preinstallato in posizione attivata, è probabile che molti più bambini, tra cui i più piccoli che navigano sempre più in rete senza la supervisione di un adulto, sarebbero maggiormente protetti contro la possibilità di finire, senza volere, su siti che possono avere un’influenza dannosa su di loro. Mi appello ai produttori affinché accolgano il nostro suggerimento. Non dovrebbero vederlo come un’imposizione o una restrizione, bensì come un’opportunità commerciale. Se avessi la possibilità di scegliere tra due computer simili e uno dei due riportasse l’etichetta a tutela di un uso improprio da parte dei bambini, a conferma della presenza del filtro preinstallato, in quanto genitore opterei per questo secondo prodotto. Con il tempo, se sempre più genitori faranno questa scelta, questa opzione diventerà uno standard del settore. Spero davvero che potremo ottenerlo con la cooperazione dei produttori.

 
  
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  Alin Lucian Antochi (PSE) . – (RO) Internet è entrato in una nuova fase e non viene più considerato solo come uno strumento vitale per le aziende, ma anche come un forum globale per l’espressione di opinioni diverse.

Tuttavia, questo sviluppo ha dato adito ad atteggiamenti ambivalenti. Da una parte, Internet continua ad offrire fantastiche opportunità fungendo da catalizzatore per lo sviluppo culturale, economico, sociale ed educativo. Dall’altra, però, viene percepito come una piattaforma che può essere utilizzata per promuovere comportamenti violenti che hanno un impatto sulla libertà e la sicurezza delle persone.

Inoltre, data la sua natura globale, Internet è diventato un pericolo per la privacy, dal momento che le attività svolte dai cittadini in rete vengono spesso monitorate dai governi, dai corpi di polizia, dalle società e persino dai criminali e dai terroristi, talvolta sfociando in furti di identità.

In questa situazione, è necessario individuare una linea legale in grado di operare una distinzione tra la tutela della sicurezza e delle libertà fondamentali dei cittadini su Internet e il monitoraggio illimitato delle loro attività da parte delle autorità, in modo tale per cui la legislazione risulti efficace senza essere eccessiva nelle misure adottate per contrastare la criminalità. Per tale motivo è necessario definire standard globali per la tutela dei dati, la sicurezza e la libertà di espressione grazie a una cooperazione costante tra gli operatori e gli utenti della rete.

E’ inoltre importante, e da questo punto di vista appoggio pienamente il relatore, esaminare e stabilire i limiti del consenso richiesto agli utenti dai governi o dalle società private, da intendersi come una parziale rinuncia alla loro privacy in cambio di determinati servizi o privilegi su Internet.

E infine, ma non per questo meno importante, signor Presidente, ritengo che gli Stati membri debbano adoperarsi al fine di allineare le proprie legislazioni in materia di tutela dei diritti fondamentali su Internet, dato che potrebbe contribuire a definire una strategia comune di lotta alla cybercriminalità o al terrorismo.

Vorrei estendere i miei complimenti all’onorevole Lambrinidis e a tutta l’équipe che ha contributo alla stesura di questa relazione.

 
  
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  Sophia in 't Veld (ALDE). – (NL) Signor Presidente, vorrei anch’io complimentarmi con il relatore per la sua ottima relazione. Vorrei soffermarmi brevemente su un paio di punti.

In primo luogo, di recente abbiamo visto aumentare in misura significativa lo stoccaggio di dati personali da parte di aziende e governi. I governi utilizzano le banche dati delle società, ma esistono ancora diversi livelli di protezione applicabili al primo e al terzo pilastro, che trovo estremamente preoccupanti.

Il secondo punto – e sono lieta che il mio emendamento a proposito sia stato approvato – riguarda il fatto che anche i criminali, ovviamente, utilizzano Internet a proprio vantaggio nei modi più svariati. Il furto di identità è un fenomeno in preoccupante crescita. Chiediamo quindi alla Commissione europea di creare un punti di contatto per questo tipo di furti, non solo ai fini di uno scambio di informazioni ma anche per venire in aiuto alle vittime.

In terzo luogo, sono necessari standard globali. Ci si sta già attivando in questo senso, ma tali standard devono essere redatti nell’ambito di un processo democratico aperto e non da funzionari della Commissione europea intenti a negoziare con funzionari degli Stati Uniti.

Infine, mentre la Commissione europea si esprime sempre a favore della libertà e dei diritti civili, ho notato che, sotto l’egida del commissario Frattini e anche con l’aiuto del Consiglio, di recente sono state adottate innumerevoli misure volte a consentire di spiare i cittadini 24 ore su 24 e di limitare le loro libertà. E’ giunto il momento di valutare la situazione e il tipo di conseguenze prodotte. Pertanto, vorrei concludere con un suggerimento alla Commissione: chiederei con urgenza di introdurre, nel corso del prossimo mandato, una figura distinta all’interno dell’esecutivo europeo che sia responsabile per i diritti civili e le libertà.

 
  
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  Presidente. Ho dato all’onorevole in’t Veld un po’ di tempo in più perché ha 400 contatti su Twitter. Io ne ho solo nove. 450 adesso.

 
  
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  Jean-Paul Gauzès (PPE-DE). – (FR) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, parlo a nome del nostro collega, l’onorevole Toubon.

Vorrei innanzi tutto ringraziare l’onorevole Popa per l’ottimo lavoro svolto nel tentativo di raggiungere un compromesso accettabile per tutti noi, nonostante le posizioni estreme adottate sulla questione da alcuni membri del gruppo Socialista al Parlamento europeo e del gruppo Verde/Alleanza libera europea.

La relazione mette in luce una questione importante: trovare un equilibrio tra la sicurezza e le libertà fondamentali su Internet. Infatti, mentre per molti di noi questa nuova tecnologia è sinonimo di progresso e opportunità, non dobbiamo dimenticare che non è priva di rischi. Per esempio, è essenziale garantire la libertà di espressione e di informazione su questo nuovo mezzo di comunicazione, garantendo al contempo il rispetto per le altre libertà fondamentali, come la tutela della privacy e dei dati personali, nonché della proprietà intellettuale.

Il relatore, l’onorevole Lambrinidis, che ha svolto un ottimo lavoro, ha preso quindi in considerazione i nuovi tipi di crimini informatici e i pericoli che pongono, in particolare per i bambini. Sfortunatamente la relazione rimane più ambigua se non addirittura pericolosa su altri punti.

Gli emendamenti presentati dagli onorevoli Hieronymi, Mavrommatis e Toubon sono volti a chiarire che non dovrebbero essere appoggiati attacchi alle libertà fondamentali in nome della libertà di espressione e di informazione.

Gli Stati membri e gli operatori di Internet dovrebbero tenere uno spazio di manovra in modo tale da identificare le migliori soluzioni tese a garantire che i diritti di alcuni non impediscano l’esercizio dei diritti di altri. Le leggi si devono applicare ad Internet come si applicano in ogni altro ambito. Internet non può essere uno spazio virtuale in cui un atto che costituisce un reato nel mondo reale sia ammissibile e addirittura venga tutelato semplicemente per effetto della tecnologia e del modo in cui viene utilizzata Ad essere in gioco è il diritto vigente nelle nostre società democratiche.

 
  
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  Manuel Medina Ortega (PSE). – (ES) Signor Presidente, vorrei complimentarmi con il mio collega e amico, l’onorevole Lambrinidis, per la relazione stilata, nonché per l’equilibrata illustrazione orale che ha fornito in merito al suo intento.

Ho qui con me un libro, dal titolo Trattato che adotta una costituzione per l’Europa. Questo libro è stato approvato dal 90 per cento degli elettori spagnoli e dalla maggioranza dei parlamenti nazionali dei paesi da cui provengono i parlamenti europei.

Non è entrato in vigore a causa di alcune difficoltà di natura politica, ma questo testo è cruciale, dato che incorpora – e personalmente lo considero un mandato da parte dei miei elettori – la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Penso che nella carta si ritrovino i principi illustrati dall’onorevole Lambrinidis nella sua relazione.

In primo luogo Internet è uno spazio di libertà, modernità e pari opportunità, in cui le persone comunicano tra di loro, si forniscono informazioni a vicenda, scambiano idee e condividono conoscenze. Questo diritto è riconosciuto nell’articolo II-71 del Trattato che adotta una costituzione per l’Europa.

In secondo luogo, Internet dovrebbe tutelare la libertà e lo sviluppo della società dell’informazione in un modo che sia compatibile con il rispetto della proprietà intellettuale e della tutela della privacy degli utenti. In particolare il diritto alla proprietà intellettuale e i diritti degli utenti alla privacy vengono riconosciuti nell’articolo II-77 della bozza della costituzione europea.

In terzo luogo, dobbiamo cercare un opportuno equilibrio tra la tutela dei diritti, la promozione dei contenuti offerti in rete e il mercato legale per i contenuti digitali su Internet e uno sviluppo aperto ai nuovi modelli societari che fanno la loro comparsa su Internet. Dobbiamo anche occuparci della protezione dei dati personali, riconosciuta dall’articolo II-68 della bozza di costituzione.

Ritengo che la relazione Lambrinidis copra tutti questi aspetti. Chiaramente non si sofferma a lungo sui dettagli delle condizioni, dei requisiti, delle conseguenze e delle sanzioni derivanti da un uso improprio di Internet, ma penso che tale dovizia di dettagli si presterebbe più che altro a un documento legislativo e, al momento, non è quanto stiamo discutendo.

 
  
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  Claire Gibault (ALDE). – (FR) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, in quanto artista sono addolorata e scioccata dalla mancanza di interesse mostrata nei confronti del settore culturale nella relazione dell’onorevole Lambrinidis.

Vorrei sottolineare che dovremmo tutelare e proteggere sempre i diritti degli individui nel loro insieme, nel rispetto della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, e dovremmo garantire i diritti e le libertà di tutte le parti interessate. La società dell’informazione rappresenta un settore economico sempre più importante, ma anche una fondamentale fonte di innovazione e creatività soggiacente all’economia dell’era moderna.

Ciò significa,tra le altre cose, che l’accesso per tutti a una cultura diversa e all’istruzione deve essere garantito nell’ambito del rispetto del diritto comunitario e che il valore del lavoro creativo di autori ed interpreti, anche nell’economia digitale, deve essere debitamente riconosciuto. Tuttavia, tale riconoscimento passa attraverso la remunerazione di questi soggetti per tutti i modi in cui viene utilizzato il loro contributo creativo, in modo tale che possano guadagnarsi da vivere con la loro professione e possano essere completamente liberi di dedicarsi al loro lavoro.

In questo contesto, i diritti di proprietà intellettuale non devono essere visti come un ostacolo, bensì come un motore delle attività creative, in particolare nell’ambito dello sviluppo di nuovi servizi on line.

D’altro canto, ritengo che, anche su Internet, discorsi razzisti, alimentati dall’odio o revisionisti debbano essere perseguiti penalmente. La libertà di espressione deve essere esercitata con responsabilità. Si deve trovare il giusto equilibrio tra privacy e tutela della proprietà intellettuale. Mi appello pertanto a voi, onorevoli colleghi, affinché appoggiate i miei emendamenti da 2 a 6.

 
  
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  Marie Panayotopoulos-Cassiotou (PPE-DE). – (EL) Signor Presidente, è quasi diventata un’abitudine per noi esaminare una relazione dedicata a Internet ad ogni plenaria. Si tratta di per sé di un fatto positivo, dato che offre agli Stati membri e all’Unione europea l’opportunità, finalmente, di affrontare in maniera efficace questioni di fondamentale importanza relative all’uso della rete. Mi complimento con il mio amico, l’onorevole Lambrinidis, per aver accettato di inserire gli emendamenti dei parlamentari nella sua approfondita relazione, aggiungendo quindi svariati aspetti nuovi aspetti al tema della discussione.

L’ultima volta il Parlamento si è soffermato sul tema dei videogiochi in Internet e dei pericoli per i minori, nonché sul meccanismo di finanziamento dell’Unione europea per una rete sicuro per i minori. La discussione di oggi mi sta convincendo sempre di più che, in ultima analisi, tutto si riduce a una questione di approccio legale.

Per tale motivo ritengo che dovremmo limitarci a richiedere uno studio dei molteplici problemi derivanti dall’uso di Internet sul piano legale. La relazione potrà pertanto fungere da catalogo da sottoporre a un approfondito esame da parte degli esperti legali, che poi implementeranno il lavoro di ricerca in modo tale da fornire a tutti i soggetti interessati citati nella relazione gli strumenti adatti per redigere un testo di legge volto a tutelare i principi del diritto in materia di un uso democratico di Internet. Naturalmente non possiamo parlare di democrazia quando non tutti i cittadini, indipendentemente dalla loro posizione finanziaria, non hanno possibilità di utilizzare Internet. La situazione non è questa oggi, ma speriamo che lo sia un giorno.

 
  
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  Katrin Saks (PSE). – (ET) Onorevoli colleghi, riuscireste ad immaginarvi un mondo senza Internet? Per me, personalmente, è ormai impossibile. Vengo dall’Estonia, un paese leader mondiale per la disponibilità della rete. Ecco perché, probabilmente, abbiamo una maggiore esperienza dei pericoli che comporta: dalla guerra informatica di cui è stato vittima il mio paese due anni fa al fatto che, secondo la ricerca internazionale, i nostri bambini sono stati preda della cybercriminalità più dei bambini di molti altri paesi.

Nelle svariate relazioni che ha adottato negli ultimi anni, il Parlamento europeo ha effettivamente tentato di rispondere alla domanda: “che cos’è Internet?”. Oggi, in maniera più pertinente, ci si dovrebbe chiedere invece se Internet sia uno spazio separato, un mondo virtuale distinto dalla vita reale oppure se non sia parte integrante della sfera pubblica. E’ un aspetto trattato anche dall’onorevole Lambrinidis nella sua relazione, in cui sostiene che il nostro principale compito consiste nel trovare un equilibrio adeguato tra privacy e sicurezza.

La libertà di espressione è un concetto che fa immediatamente capolino ogni qual volta si citi la possibilità di porre dei vincoli alla libertà su Internet. La libertà di espressione è il diritto di diffondere idee, opinioni, convinzioni e altre informazioni, ma porta anche con sé una responsabilità. Vorrei ringraziare il relatore e spero che avremo tutti la forza di trovare la risposta a queste domande: cos’è Internet, può essere regolamentato e, in caso di risposta affermativa, come? Dato che Internet rappresenta uno dei segni più chiari della globalizzazione, anche il nostro approccio alla questione deve essere di natura internazionale.

 
  
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  Filiz Hakaeva Hyusmenova (ALDE). – (BG) Onorevoli colleghi, il contenuto di questa relazione è assolutamente in linea con il suo titolo. Riguarda i diritti della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e della Convenzione delle Nazioni unite sui diritti dell’infanzia. Complimenti al relatore.

Internet è un mondo in cui alcuni eventi non vengono definiti esplicitamente come violazioni dei diritti e delle libertà o come reati contro di essi. Le opportunità di espressione, il reperimento di informazioni e i contatti sociali sono spesso sostituiti dal loro esatto contrario. Internet offre terreno fertile raggirando i regolamenti ed essendo privo di vincoli alla libertà di espressione.

In condizioni che offrono l’anonimato e senza alcun controllo, non ci si assume alcuna responsabilità al momento di scegliere e utilizzare determinate parole o espressioni linguistiche. Queste parole sono spesso intrise di slang, cinismo e persino volgarità e possono deviare verso un linguaggio improntato alla diffidenza e all’odio, entrando nell’uso comune, diventando un modello da imitare e definendo un determinato atteggiamento.

Questo linguaggio non contribuisce al benessere sociale, spirituale e morale dei bambini e non è foriero di cultura e valori. Per tale motivo vorrei sottolineare la necessità di effettuare un’analisi specifica sul linguaggio utilizzato in Internet e sulla sua influenza sullo sviluppo personale del bambino.

 
  
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  Csaba Sógor (PPE-DE). – (EN) Signor Presidente, sono una di quelle persone che vorrebbero garantire la sopravvivenza della libertà in Internet. I creatori della rete avevano una grande fiducia nei confronti della bontà innata degli essere umani e io tendo a condividere questa fiducia. Sfortunatamente, molto spesso con Internet, come in qualunque società umana, dobbiamo fare i conti con una triste realtà: sono necessarie delle regole per garantire che chi non si può proteggere da solo sia comunque protetto. La sicurezza di un individuo è un diritto fondamentale, proprio come il diritto di parola e di espressione.

Dobbiamo mettere fine ad abominazioni come la pedopornografia e la pedofilia, ma anche alle frodi su Internet. Non possiamo tollerare i predatori della rete di alcun tipo e mentre discutiamo di questo tema di grande interesse, vorrei attirare la vostra attenzione su un fatto molto meno discusso: la rete è anche ricolma di siti che incitano all’odio, alla violenza e all’intolleranza nei confronti di ogni tipo di minoranza, tra cui le minoranze etniche. E’ un aspetto di Internet che richiede la nostra attenzione. Dobbiamo garantire che anche le minoranze si sentano protette. E’ inaccettabile che molti gruppi estremisti utilizzino Internet per istigare alla violenza e alla xenofobia.

 
  
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  Ewa Tomaszewska (UEN). – (PL) Signor Presidente, vorrei attirare la vostra attenzione su diversi problemi correlati ad Internet.

In primo luogo, vorrei soffermarmi sulla tutela dei dati personali e della riservatezza in relazione alle votazioni elettroniche, che consentono a persone affette da disabilità di esercitare i propri diritti di cittadini. In secondo luogo, vorrei citare la tutela della proprietà intellettuale in relazione ai materiali artistici che possono essere trasmessi con tanta facilità su Internet. Un’altra questione riguarda la protezione dei bambini da contenuti dannosi, come scene di brutalità e pornografia, attraverso adeguati filtri e l’educazione dei genitori. Il quarto punto è il problema della protezione dei bambini da pedofili e rapitori, nonché la possibilità di risalire ai criminali utilizzando le tracce da loro lasciate in rete, come l’indirizzo di un pedofilo, o le registrazioni di crimini con telefoni cellulari poi caricate su Internet. Se le dichiarazioni rilasciate su Internet da un giovane tedesco non fossero state trascurate, le sue vittime sarebbero ancora vive, in particolare gli studenti e gli insegnamenti a cui ha sparato. La questione successiva, la più importante in realtà, riguarda il rispetto della libertà di parola; in questo caso, la legge dovrebbe essere rispettata come in ogni altro ambito. Alcuni di questi problemi necessitano nuove soluzioni tecniche. Mi complimento con il relatore.

 
  
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  Ján Figeľ, membro della Commissione. − (EN) Signor Presidente, vorrei ringraziare tutti gli oratori per i contributi forniti, segno di grande interesse e impegno. Vorrei aggiungere solamente due punti a quanto affermato all’inizio della discussione. Condividiamo, per esempio, le preoccupazioni inerenti ai diritti di proprietà intellettuale e la necessità di adottare un approccio equilibrato in questo ambito. E’ importante per l’evoluzione, o lo sviluppo, generale della società dell’informazione. L’applicazione di questi diritti di proprietà deve essere opportunamente bilanciata con i diritti o le libertà fondamentali citati nella relazione, tra cui il diritto alla privacy, la tutela dei dati personali e il diritto di partecipare alla società dell’informazione.

Molti di voi hanno citato la protezione di bambini e minori, coloro che si trovano nella situazione più difficile, passando ore davanti al computer ogni giorno. In questa sede non mi limiterei solamente a formulare una raccomandazione, ma inviterei caldamente i partner, gli Stati membri e le istituzioni a cooperare con il Programma Internet sicuro 2009-2013. Il budget previsto è significativo. Sono già state approntate alcune azioni in merito a contenuti indebiti o illegali, ma anche contro comportamenti o condotte dannose quali il bullismo e l’adescamento di minorenni, che sono stati citati.

Sono molti i temi coinvolti, ma vorrei esprimermi, in particolare, a favore dell’adozione di politiche serie sugli impegni sia a livello nazionale che internazionale. Abbiamo una direttiva sulla privacy e sulla comunicazione elettronica, molte azioni o piani d’azione concreti, un programma europeo sulla protezione delle infrastrutture critiche. Ecco perché ho affermato che non abbiamo bisogno di più leggi. Dovremmo invece applicarle in maniera appropriata e debita, senza prescindere, naturalmente, da un’ulteriore evoluzione e altri miglioramenti. Qualcuno ha citato, giustamente, il pacchetto telecomunicazioni. Il dialogo a tre di ieri ha infuso molta speranza per un accordo finale.

Vorrei concludere sottolineando che quest’anno è stato proclamato Anno europeo per la creatività e l’innovazione e il motto è: immaginare, creare, innovare. Quindi, se forse non siamo in grado di immaginare un mondo senza Internet, è importante immaginare, creare e innovare per renderlo più sicuro e più vicino all’uomo e alla responsabilità umana.

 
  
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  Stavros Lambrinidis, relatore − (EN) Signor Presidente, vorrei ringraziare la Commissione. Per semplificare la vita degli interpreti, dato che sto parlando a braccio, mi esprimerò, a titolo eccezionale, in inglese.

Rispetto le sensibilità di tutti coloro che sono preoccupati per la tutela della proprietà intellettuale. Ma ho l’impressione che stiano combattendo una battaglia sulla relazione sbagliata. La mia relazione non riguarda un solo tema, ma parla, in generale, della protezione dei diritti fondamentali e della sicurezza su Internet e, tra l’altro, è proprio per questo che ha potuto contare su un appoggio unanime.

Tuttavia, nella misura in cui non tratta i diritti di proprietà intellettuale, si penserebbe, ascoltando alcuni degli interventi odierni, che li ignora. Vorrei leggere, in particolare, un passaggio che dimostra l’approccio equilibrato che abbiamo tentato di adottare in questa relazione. Nel paragrafo 1, lettera (k) chiediamo al Consiglio di “procedere all'adozione della direttiva sulle misure penali finalizzate al rispetto dei diritti di proprietà intellettuale, dopo aver valutato, alla luce delle attuali ricerche sull'innovazione, fino a che punto sia necessario e proporzionato”. Questo è quanto afferma la relazione.

Gli emendamenti, tuttavia, sono tutto meno che equilibrati. Emendamenti che eliminano quanto richiesto dalla relazione – vale a dire il divieto di una sorveglianza sistematica di tutti gli utenti, siano essi sospetti o meno, colpevoli o meno, per proteggere ogni diritto alla sicurezza – sono tutto meno che equilibrati. Ci chiedono di abbandonare del tutto i diritti fondamentali per tutelare qualcos’altro.

In secondo luogo, gli emendamenti che cancellano o annacquano un riferimento molto preciso e specifico della relazione – il fatto che discorsi politici controversi non dovrebbero essere criminalizzati – sono emendamenti a cui mi oppongo e sono lieto di apprendere che molti altra in quest’Aula sono d’accordo con me.

I discorsi politici devono essere tutelati, soprattutto quando sono controversi. Se tutti in questo Emiciclo fossero d’accordo tra di loro, non avremmo la legislazione sulla libertà di parola. E’ quando non siamo d’accordo – e, in particolare, proprio per tutelare discorsi che possono essere fastidiosi per me o per altri – che abbiamo queste leggi. Il riferimento nella relazione non parla di discorsi “criminali”. Parla di discorsi “politici controversi”. Pertanto chiedo a tutti di appoggiare questo specifico paragrafo e di appoggiare la relazione nel suo complesso.

Sono profondamente grato a tutti coloro che sono qui questa sera, anche a chi non è d’accordo con me. So che non è facile. Grazie per il vostro sostegno durante tutti questi mesi che hanno preceduto la presentazione di questa relazione. Attendo con impazienza di poter lavorare con voi su altre relazioni in futuro e di mostrarvi simile comprensione e appoggio.

 
  
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  Presidente. Grazie, onorevoli colleghi, e grazie all’onorevole Mavrommatis, per il suo parere. Un particolare ringraziamento va al relatore, l’onorevole Lambrinidis, per il suo successo e per una relazione importante ed interessante.

La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà giovedì 26 marzo 2009.

Dichiarazioni scritte (articolo 142 del regolamento)

 
  
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  Neena Gill (PSE), per iscritto. – (EN) Mi complimento con il relatore per la sua relazione. Ritengo che Internet abbia migliorato la vita degli europei in innumerevoli modi. Ci garantisce un accesso più ampio alla conoscenza, ci aiuta a capire meglio il mondo che ci circonda e rafforza i rapporti sociali con gli altri.

Ma gli elettori mi dicono di essere preoccupati dai pericoli di Internet. Abbiamo a disposizione una tecnologia straordinaria, ma la libertà che ci offre ha anche regalato ai criminali la possibilità di abusarne. Questa relazione, concentrandosi sui diritti fondamentali, è particolarmente ambiziosa nel tentativo di garantire una maggiore sicurezza su Internet. Durante l’ultima sessione abbiamo discusso della necessità di affrontare il problema della pedopornografia. Grazie a un giusto equilibrio tra libertà e sicurezza, le proposte che abbiamo votato oggi rappresenteranno uno strumento vitale nella lotta contro questa minaccia.

La relazione non manca di sottolineare qualche preoccupazione rispetto all’alfabetizzazione informatica. Non possiamo progredire come società insieme se, promuovendo nuove libertà per alcuni, poniamo dei vincoli ai diritti di coloro che conoscono meno Internet. Abbiamo accolto con favore i profondi cambiamenti che Internet ha portato con sé. Per progredire ancora di più, ora dovremmo concentrarci sugli aspetti negativi di questa rivoluzione con altrettanto vigore.

 
  
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  Daciana Octavia Sârbu (PSE), per iscritto. – (RO) Sappiamo tutti che Internet è sempre più difficile da controllare, ma la tutela del diritto fondamentale alla privacy in rete e la garanzia di una maggiore sicurezza on line devono rientrare tra le priorità degli Stati membri.

L’utilizzo di Internet offre innumerevoli vantaggi, ma non dobbiamo dimenticare il pericolo di abuso cui sono esposti alcuni utenti della rete.

Per tale motivo, al fine di limitare tali abusi, è un nostro dovere definire opportuni standard per la protezione dei dati, la sicurezza e a libertà di espressione, sia a livello europeo che nazionale.

D’altro canto, devono essere adottate misure urgenti volte a combattere la criminalità informatica e, sotto questo profilo, vorrei sottolineare l’importanza di definire una strategia globale.

Insisto sul fatto che, nella lotta contro la cybercriminalità, si debba garantire una cooperazione attiva tra le forze di polizia, gli Internet provider, gli utenti e gli altri operatori coinvolti.

Vorrei concludere mettendo in evidenza la necessità di garantire il diritto all’educazione e all’accesso ad Internet, nonché la sicurezza e la tutela dei diritti degli utenti della rete.

 

12. Seguito dato alla dichiarazione dei ministri dello Sport dell'Unione europea alla riunione di Biarritz nel novembre 2008 (discussione)
Video degli interventi
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  Presidente. L'ordine del giorno reca la discussione sull'interrogazione orale presentata dall’onorevole Batzeli e dall’onorevole Pack alla Commissione a nome della commissione cultura e istruzione sul seguito dato alla dichiarazione dei ministri dello Sport dell'Unione europea alla riunione di Biarritz nel novembre 2008 (O-0049/2009 – B6-0223/2009).

 
  
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  Katerina Batzeli, autore. − (EL) Signor Presidente, signor Commissario, il consiglio informale dei ministri dello Sport del novembre 2008 è stato il primo forum europeo vero e proprio dedicato al mondo dello sport a livello di cooperazione transnazionale.

E’ un primo passo importante e significativo. Principi quali la sussidiarietà, l’autonomia e l’autoregolamentazione nello sport trovano ampia applicazione a livello nazionale e regionale. Tuttavia, non consentono di rispondere a una domanda chiave, vale a dire se lo sport, in ultima analisi, abbia un ruolo sociale o una dimensione meramente commerciale, che trasforma inevitabilmente un’attività sportiva in un prodotto del mercato interno.

Oggi, l’intensa commercializzazione dello sport e la sua apertura a settori puramente commerciali, come la pubblicità attraverso i mass media, gli hanno assegnato degli attributi meramente economici. La Corte di giustizia delle Comunità europee è già stata adita più volte affinché si pronunciasse, in alcuni casi specifici, sull’opportunità di considerare o meno un’attività sportiva come un servizio a puro vantaggio sociale oppure come integrante una serie di aspetti economici che ne tradiscono l’interesse economico generale.

Sebbene il suo specifico ruolo sociale non ne garantisca un’esenzione generale dalle norme del diritto comunitario, lo sport continua a vedersi attribuire e ad ammettere delle limitazioni, purché le relative esenzioni siano garantite dal ruolo sociale che riveste.

Signor Commissario, sono svariate le domande poste nell’ambito dell’interrogazione orale da parte della nostra commissione:

- in primo luogo, la preoccupazione relativa all’autonomia delle organizzazioni; l’autonomia dei club sportivi e delle federazioni deve essere tutelata. Tuttavia, esistono casi chiari in cui l’autoregolamentazione non è in grado di garantire pari opportunità di trattamento a tutti i soggetti interessati;

- in secondo luogo, la Commissione ci deve fornire le necessarie linee guida in merito alla definizione del concetto di servizio di interesse economico generale nello sport, nonché i criteri in base ai quali vengono definite le libertà del mercato interno e le norme della concorrenza; e

- in terzo luogo, un tema che forse non ritorna nell’interrogazione orale ma che è di fondamentale importanza è stato sollevato a livello nazionale. Si tratta delle modalità da approntare per gestire i diritti delle stazioni radiotelevisive statali o private per la copertura degli eventi sportivi. L’emergenza sul mercato di molti nuovi operatori privati che utilizzano le nuove tecnologie della telecomunicazione ha, in pratica, spinto molte federazioni sportive a vendere ad essi tali diritti.

Tuttavia non dovremmo dimenticare a questo punto che è proprio per il ruolo sociale dello sport che sarebbe un errore promuovere un sistema privo della solidarietà tra club e improntato a una più accentuata concorrenza economica. La contrattazione collettiva, una questione affrontata dall’onorevole Mavrommatis nella sua relazione, dovrebbe essere promossa come soluzione più adatta ed opportuna per il settore dello sport.

Qualunque soluzione venga scelta, signor Commissario, dovrà rispettare non solo la procedura legale del mercato, ma anche il ruolo pubblico dello sport e il fatto che lo sport rappresenta un bene sociale, che deve essere accessibile ad ogni sezione della società. Il ruolo dei club sportivi e le modalità secondo cui sono organizzati rappresentano fattori importanti nei negoziati con la Commissione europea e la commissione cultura e istruzione del Parlamento europeo.

 
  
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  Ján Figeľ, membro della Commissione. − (EN) Signor Presidente, accolgo con favore la dichiarazione dei ministri europei dello Sport rilasciata alla riunione di Biarritz dello scorso novembre. Sono importanti per portare avanti il dibattito politico sullo sport con un approccio graduale, nonché per rafforzare le strutture di dialogo sullo sport, come raccomandato dal nostro Libro bianco del 2007, la cui implementazione sta procedendo bene.

Anche la recente dichiarazione del Consiglio europeo sullo sport, risalente al mese dicembre, rappresenta un importantissimo passo avanti e definisce prioritario un dialogo rafforzato con il Comitato olimpico internazionale e la comunità sportiva.

La Commissione ha prestato ascolto ad entrambe le dichiarazioni provenienti dal mondo politico. Tuttavia, il dialogo nello sport rimane un compito difficile, data la diversità degli sport e la complessità delle strutture sportive.

Nel mese di gennaio, a Losanna, ho avuto modo di incontrare il presidente del Comitato olimpico internazionale, Jacques Rogge, e i rappresentanti delle federazioni sportive. La riunione è stata la conferma che le organizzazioni sportive stanno davvero cambiando direzione: non insistono più su esenzioni di carattere generale (le “esenzioni per categoria”) e per l’acquis communautaire per lo sport e sono disposte ad affrontare le questioni correlate al mondo dello sport con implicazioni legali sulla base di un approccio per temi. Penso sia il modo giusto per ottenere maggiore chiarezza nell’applicazione del diritto comunitario allo sport, oltre alle linee guida fornite nel Libro bianco.

Stiamo inoltre avendo una serie di colloqui con i rappresentanti degli sport di squadra. La settimana scorsa i miei servizi hanno incontrato le federazioni sportive delle squadre europee per discutere della libera circolazione degli atleti e di aspetti legati alla non discriminazione nel mondo dello sport. Intendo seguire da vicino questi colloqui convocando un’ulteriore riunione ad alto livello a giugno.

Infine abbiamo compiuto passi avanti significativi nella creazione di strutture europee di dialogo sociale nello sport. Abbiamo iniziato con il calcio e continueremo con altre discipline.

Per quanto concerne la definizione del quadro del dialogo, non può esistere un solo dialogo formale per la consultazione della comunità sportiva. Data la specifica organizzazione del settore, il dialogo deve tener conto dei diversi livelli di sport.

Sono a favore di una partnership costruttiva con tutti gli attori del settore sportivo nel rispetto dell’autonomia dello sport, dei principi di sussidiarietà e dei quadri normativi nazionali ed europeo. Ritengo che sia fondamentale per creare il futuro quadro politico europeo per lo sport che, fermi restando i futuri sviluppi in merito al Trattato di Lisbona, potremmo dover attuare già quest’anno.

Colgo l’occasione per ringraziare il Parlamento europeo e, in particolar modo, la commissione cultura e istruzione, per il loro sostegno. In particolare avete approvato la linea specifica, il budget, per l’azione preparatoria, la cui attuazione inizierà presto. Si tratta di un’opportunità importante che ci aiuterà a definire le nostre idee per il futuro prossimo.

 
  
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  Manolis Mavrommatis, a nome del gruppo PPE-DE. – (EL) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli deputati, in qualità di relatore per il Libro bianco sullo sport ho avuto modo di illustrare la posizione del Parlamento europeo alla riunione dei ministri dello Sport degli Stati membri a Biarritz.

Il Libro bianco sottolinea la necessità di rispettare l’autonomia e la specificità dello sport. Quando si discute di sport in Europa, si attribuisce in genere molta importanza al cosiddetto “modello europeo per lo sport”. Discutendo il Libro bianco sullo sport con i portatori d’interesse del mondo sportivo, la Commissione e il Parlamento hanno convenuto che la specificità dello sport deve essere salvaguardata a ogni costo. Lo sport europeo deve mantenere la propria specificità in due ambiti:

- la specificità delle attività e regole sportive e

- la specificità della propria struttura.

Per quanto attiene al secondo aspetto, ovvero alla specificità della struttura sportiva, l’Unione europea riconosce l’autonomia delle organizzazioni sportive e delle strutture rappresentative come gli enti responsabili per l’organizzazione dei campionati professionistici.

Tuttavia deve esistere una normativa minima a livello europeo, al fine di garantire un coordinamento migliore e più efficace. Consapevoli di questo, sia la Commissione che i portatori d’interesse dello sport europeo ritengono che la maggioranza delle criticità possano essere risolte tramite un’autoregolamentazione in cui si tenga conto dei principi di una sana gestione e dell’ottemperanza al diritto comunitario.

In generale, l’Unione europea è particolarmente cauta nel proprio approccio verso lo sport e nella regolamentazione del mondo dello sport; l’unico requisito è che questo rispetti il diritto comunitario.

 
  
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  Emine Bozkurt, a nome del gruppo PSE. – (NL) Signor Presidente, il Parlamento si è confrontato seriamente con il Libro bianco sullo sport e sostiene appieno la richiesta della Commissione europea acciocché siano definiti degli orientamenti chiari sull’applicazione del diritto comunitario allo sport. Questa necessità di chiarezza è sentita tanto dal Parlamento quanto dalle organizzazioni sportive di tutto il continente. E’ sconsiderato tenerle all’oscuro e lasciare, come accade adesso, che siano i tribunali a pronunciarsi di volta in volta sull’applicazione del diritto europeo. I ministri europei dello Sport hanno ribadito la loro richiesta alla Commissione in occasione della riunione di Biarritz.

Sarebbe ora di sapere dalla Commissione se ella ha già cominciato a elaborare tali orientamenti. Ci può forse dire quando saranno disponibili? Intende organizzare una conferenza con le parti, che coinvolga, tra gli altri, anche i rappresentanti del mondo sportivo e del Parlamento europeo, al fine di avviare o di accelerare questo processo e offrire così quanto prima maggiore certezza alle organizzazioni sportive europee?

Questo mi porta a fare un’altra considerazione su di un aspetto strettamente correlato. L’esperienza insegna che al momento praticamente non esistono meccanismi validi di dialogo nello sport. Un esempio lampante è dato dalla discussione sulla modifica del codice antidoping dell’Agenzia mondiale antidoping (AMA). L’Agenzia si ostina a mantenere delle regole assolutamente impraticabili e non esiste alcun margine per un dialogo effettivo, con le istituzioni europee o con gli sportivi, al fine di cercare delle soluzioni che portino a una politica antidoping efficace e nel contempo rispettosa dei diritti civili e della privacy degli sportivi. Ho intrattenuto svariati colloqui con sportivi e organizzazioni sportive che lamentano la mancanza di un confronto e criticano l’atteggiamento dell’AMA e del Comitato olimpico internazionale per la loro totale mancanza di apertura nei confronti di suggerimenti dall’esterno quando si tratta di stabilire le regole. La reazione dell’AMA alla proposta presentata ieri da UEFA e FIFA è alquanto eloquente e dimostra che un’apertura non viene neppure presa in considerazione.

Per quanto concerne la politica antidoping, vorrei sapere se la Commissione europea è disposta a impegnarsi in una consultazione sulla protezione dei diritti civili degli sportivi europei e, anche in senso più ampio, quale forma ritiene che dovrebbe assumere la consultazione sulle questioni attinenti allo sport. La Commissione condivide l’opinione che tale consultazione dovrebbe essere improntata per definizione alla reciprocità?

 
  
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  Zdzisław Zbigniew Podkański, a nome del gruppo UEN. – (PL) Signor Presidente, l’interrogazione orale in merito al seguito da dare alla dichiarazione dei ministri dello Sport dell’Unione europea rilasciata nel novembre 2008 a Biarritz appare del tutto giustificata. I cambiamenti dinamici nella società si rispecchiano nel modo in cui anche lo sport cambia. Numerosi problemi dello sport contemporaneo rimangono senza risposta e manca una reazione di tipo legislativo. Lo sport sta attraversando una crisi particolare e si registra, tra l’altro, una diffusione del doping e del commercio dei giovani sportivi.

Trattare gli sportivi e in particolare i giovani come se fossero una merce di scambio nega loro l’opportunità di intraprendere, da adulti, una carriera al di fuori del mondo sportivo. I ministri si sono giustamente appellati affinché i giovani atleti possano seguire un percorso parallelo che comprenda sia lo sport che l’istruzione e acciocché siano poste in essere le strutture necessarie allo scopo. Le proposte volte a migliorare l’agonismo tra i giovani sono buone, ma non devono essere motivo di esclusione per gli altri sportivi con prestazioni migliori.

Persistono dunque numerose insidie e perplessità. Le insidie sono di natura globale ed è pertanto auspicabile che si istituisca un coordinamento minimo a livello comunitario tramite delle forme di consultazione, a condizione però che non siano obbligatorie. Comunque, il diavolo si nasconde nel dettaglio e con riferimento alla seconda parte dell’interrogazione orale constato che qualsiasi coordinamento istituzionale imposto dall’alto rischia di sostituirsi ai governi nazionali. Dobbiamo guardarci dal cedere a questa tentazione.

 
  
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  Ivo Belet (PPE-DE). – (NL) Signor Presidente, il presidente della UEFA, Michel Platini, ha presentato di recente alcune proposte eccellenti al Parlamento europeo per stroncare la mefitica pratica del commercio di giovani calciatori. Tale proposta si pone in diretta relazione con l’interrogazione presentata dall’onorevole Batzeli. La proposta della UEFA mira chiaramente a bandire i trasferimenti presso squadre estere dei giovani calciatori minorenni. Certo, la questione è delicata poiché molti possono vedervi una violazione della libertà di circolazione in Europa.

Ma dobbiamo interrogarci su quali siano gli interessi e i principi che questa proposta intende salvaguardare. Siamo tutti d’accordo che l’intento è quello di garantire ai giovani e ai bambini una formazione adeguata sia a scuola che nelle associazioni sportive. Il traffico di ragazzi, talvolta da un capo all’altro dell’Europa, con o senza la famiglia a seguito, non può garantire un’educazione equilibrata. Vorrei pertanto sapere dal commissario se la Commissione intende fare propria la proposta UEFA, ovvero se prevede, nell’immediato futuro, di avviare una discussione su questo tema con le parti interessate – giocatori, squadre, società e federazioni.

La mia seconda domanda riguarda invece la regola del “sei più cinque”, volta anch’essa a tutelare i giovani giocatori e a incoraggiare le società sportive a investire di più nella formazione delle loro giovani leve. Recentemente un istituto di ricerca tedesco per le questioni europee (INEA), incaricato dalla FIFA di redigere uno studio su questo problema, è giunto alla conclusione che il sei più cinque è una soluzione accettabile e conforme al diritto comunitario. Commissario Figel’, qual è la sua opinione in merito? Vorremmo che lei, che l’Unione europea si aprisse a un confronto su questo tema con i comitati sportivi direttivi, tenuto conto della natura specifica del calcio, su cui tutti concordiamo, e ovviamente anche con un occhio al trattato di Lisbona.

 
  
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  Christopher Heaton-Harris (PPE-DE). – (EN) Signor Presidente, ringrazio sentitamente il commissario per il suo intervento introduttivo. Da tutte le parti viene invocata una certezza giuridica.

Ho un paio di domande su tale aspetto e anche sul trattato di Lisbona, nel caso in cui fosse ratificato, anche se – da buon conservatore euro-scettico – ammetto di sperare che non lo sarà mai.

Ma nell’ipotesi che il trattato di Lisbona venisse ratificato, quali sarebbero le conseguenze per le organizzazioni sportive e gli organismi direttivi? Molti di essi ritengono che il trattato riconoscerà concretamente la loro specificità, la specificità dello sport. Signor Commissario, può illustrarci il modo in cui il nuovo trattato favorirà il mondo dello sport? Saranno davvero previste delle deroghe per lo sport rispetto ad esempio alla normativa sull’occupazione o ad altre norme che si vogliono vedere rispettate?

Per quanto attiene alla certezza giuridica, sono moltissimi gli aspetti che la Commissione dovrebbe trattare per venire in aiuto delle organizzazioni sportive. E’ giusto consentire a società extraeuropee di investire ingenti quantità di denaro nei club sportivi europei? Io non ho nulla in contrario, anzi lo considero un investimento diretto dall’estero e pertanto un fatto molto positivo. Le organizzazioni sportive e numerosi comitati direttivi ritengono invece che si tratti di un fenomeno infausto. Come giudica lei un’organizzazione sportiva che rifiuta questo tipo di prassi?

Come ha menzionato il collega Belet, la UEFA propone di vietare il trasferimento dei giocatori minorenni da uno Stato all’altro. Il diritto europeo stabilisce di norma che un giovane per lavorare deve avere un’età minima di 16 anni. Cosa accadrebbe dunque se, nella situazione attuale, un giocatore di diciassette anni dovesse presentare ricorso perché impossibilitato a trasferirsi presso una grande squadra di un altro paese?

Giocatori dal proprio vivaio, “sei più cinque” per la FIFA: come vengono motivati questi due criteri? Peraltro, lo sport del calcio è sempre assai attento a questi argomenti e sembra dominare la scena, ma le medesime problematiche riguardano anche il polo, il rugby, i giocatori di tennistavolo, in sostanza tutti gli sport.

Abbiamo davvero preso in considerazione uno spettro più ampio di discipline sportive? La Commissione intende aprire uno spazio di confronto dove il mondo dello sport può discutere apertamente con la Commissione su alcuni problemi e ottenere periodicamente delle risposte ad alcuni dei propri interrogativi, a prescindere dalla ratifica o meno del trattato di Lisbona?

 
  
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  Presidente. Signor Commissario, le cedo la parola. Le faccio presente che sebbene siano state formulate parecchie domande, quelle riportate nell’interrogazione orale sono soltanto due.

 
  
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  Ján Figeľ, membro della Commissione. − (EN) Signor Presidente, è vero che in genere è più facile porre domande che fornire risposte e che di solito le domande sono più numerose delle risposte, ma credo che insieme possiamo trovare più risposte e anche risposte migliori.

Tutto sta nella cooperazione, non solo tra Parlamento e Commissione, ma anche e specialmente con il mondo delle associazioni e delle federazioni sportive, con gli Stati membri e tutti i portatori di interessi. Con un’azione responsabile e sollecita, questi interlocutori possono cercare insieme soluzioni accettabili e compatibili con la legge. In caso contrario occorrerà adeguare e modificare la legge, a livello nazionale o europeo. Questo è il modo in cui dovremmo procedere e l’approccio cui vorrei attenermi.

Credo che la situazione sia profondamente mutata rispetto al 2007. Non voglio ripetermi o raccomandarvi per l’ennesima volta di leggere il Libro bianco – per inciso ne esiste anche una versione più breve, oltre alla versione con gli allegati. All’inizio abbiamo fatto una sintesi di tutti i procedimenti e le decisioni in materia di sport al fine di avere un quadro di come lo sport interagisce con il diritto comunitario o le politiche UE. Ovviamente proponiamo anche degli ulteriori orientamenti. Abbiamo proposto degli orientamenti in merito all’attività fisica – che ho presentato personalmente a Biarritz – volti a incrementare la quantità, l’intensità e la qualità dell’educazione fisica nelle nostre società e in particolare nelle scuole. Tali orientamenti dovrebbero essere approvati dal Consiglio dei ministri della Sanità. A parte il fatto che non abbiamo un Consiglio dei ministri dello Sport, l’approvazione è demandata ai ministri della Sanità principalmente perché si tratta di un aspetto attinente alla salute pubblica.

Non possiamo avere orientamenti molto dettagliati su tutto. Come ho precisato, possiamo affrontare questioni specifiche concrete per argomento piuttosto che caso per caso. Il passo successivo spero sarà quello di occuparci delle licenze, di come istituire un sistema più trasparente e sostenibile definendo dei criteri per il loro rilascio. Certo, la responsabilità concreta per le licenze ricade sulla UEFA o sui suoi partner, ma noi possiamo dare una mano. E’ nel nostro interesse promuovere principi come l’autoregolamentazione, la trasparenza e la sostenibilità; inoltre possiamo offrire numerosi altri aiuti sostanziali per migliorare il sistema delle licenze.

Noi sosterremo la conferenza antidoping che rappresenta un’ottima opportunità per discutere ancora di questi aspetti, sebbene io sia contrario all’istituzione di un’ulteriore agenzia o di un’AMA europea. Ho altresì evocato pubblicamente l’esistenza della NADAS, la rete europea di cooperazione tra le agenzie antidoping nazionali pubbliche e private. L’Europa deve essere più attiva e più unita. Dobbiamo fare tesoro dell’esperienza dell’AMA quanto più rapidamente possibile. Rimangono contenziosi irrisolti e ho parlato all’onorevole Bozkurt del codice deontologico. Oggi ho sentito in televisione Sepp Blatter e John Fahey, il presidente dell’AMA, discutere di come l’antidoping potrebbe conciliarsi con le partite di calcio una volta approvato il codice deontologico, ma la situazione è difficile.

Pertanto ritengo che sul fronte dell’antidoping dobbiamo perfezionare la cooperazione al nostro interno al fine di rendere l’Europa più credibile. Peraltro anche il Consiglio d’Europa ha stipulato una convenzione su questo tema. Abbiamo tanti motivi per essere più coerenti nel nostro comportamento verso l’antidoping o per lottare con più efficacia contro il doping. Avete affermato che il dialogo non è facile in questo settore, non solo per quanto attiene al doping ma per tutte le questioni relative allo sport. E’ vero che esistono alcune difficoltà, anche a livello internazionale ed europeo oppure tra discipline o segmenti diversi, ma vi posso assicurare che comincia a diffondersi una cultura del dialogo, dell’apertura e della disponibilità al confronto.

Ho partecipato all’inaugurazione dell’ufficio dei Comitati olimpici europei che si trova nelle immediate vicinanze di Rond Point Schuman e dunque della Commissione, del Consiglio e del Parlamento. D’ora in poi i Comitati olimpici europei e il Comitato olimpico internazionale saranno in costante contatto con le istituzioni europee in uno spirito di dialogo e cooperazione. Ciò illustra l’importanza di questo aspetto e la disponibilità reciproca a un dialogo per trovare soluzioni.

Con riferimento al trasferimento internazionale dei giocatori, anch’io sono favorevole a proteggere i giovani e a promuovere l’istruzione. Nel 2001 abbiamo approvato alcune decisioni o convenzioni sui trasferimenti internazionali. In media l’età degli interessati è di circa 18 anni, ma in Europa esiste un accordo specifico per il periodo compreso tra i 16 e i 18 anni d’età. Se non emergono problematiche gravi, non è necessario modificare tale accordo ma dovremo piuttosto promuovere un’istruzione migliore e più completa e coltivare il talento in Europa.

Per esempio, abbiamo favorito l’idea di giocatori home-grown, perché ciò permette di conseguire questi obiettivi. Ovviamente non si tratta di una regola assoluta ma riguarda accordi specifici. Accordiamo la preferenza alla specificità o la incoraggiamo nel rispetto di alcune regole. Abbiamo detto che ritorneremo su questa decisione tra cinque anni per valutare quale sia stato l’impatto reale anziché teorico di questa nuova norma. “Sei più cinque” nella forma attuale non è compatibile con il diritto comunitario, come dimostrato da uno studio. Ne abbiamo discusso e abbiamo letto i giornali ma su questo fronte non ci sono novità. In pratica non posso affermare che siamo concordi con lo studio.

Ma devo riconoscere che il dialogo tra la Commissione europea e i suoi interlocutori, FIFA compresa, è reale e molto concreto, specialmente dopo i recenti eventi di Biarritz e Losanna. Sulla questione specifica dei “sei più cinque” continueremo a lavorare. Anche se la FIFA afferma che non ci sono motivi per procedere in maniera affrettata e che sarebbe piuttosto opportuno fornire risposte molto concrete e credibili. La FIFA non vuole entrare in contenzioso. Abbiamo convenuto di dare spazio a ulteriori esperienze e scambi e credo che sia molto positivo.

Per quanto concerne il trattato di Lisbona e il riconoscimento della specificità, l’articolo 149 del trattato sull’Unione europea contiene due clausole specifiche relative all’istruzione, alla gioventù e allo sport, oltre a fare riferimento al livello di competenza. L’Unione può infatti promuovere soltanto delle iniziative di supporto senza alcun potere decisionale, può aiutare gli Stati membri a promuovere l’integrità degli atleti. Potrebbe essere utile organizzare un Consiglio “sport”, così come abbiamo un Consiglio che si occupa dell’istruzione e della gioventù, al quale potrebbe essere forse incluso in un formato allargato. Ciò favorirebbe la definizione della prima politica europea per lo sport e di un programma sportivo, anche se non comporterà alcun cambio strutturale o una deroga generale. La specificità per argomento, che è effettiva e non solo formale, deve essere credibile agli occhi del sistema o della Corte di giustizia europea.

Questa mia posizione si limita a rispecchiare il parere della Commissione. Certo, il nostro parere non è definitivo quando si tratta di interpretare il diritto dell’Unione europea. Specialmente in questo ambito, sono diverse le questioni tra loro collegate. Vorremmo favorire una maggiore certezza giuridica e anzi questo è il motivo che ci ha indotti ad avviare l’intero processo. Adesso disponiamo del Libro bianco e il piano d’azione Pierre de Coubertin lo ha reso più comprensibile e concreto, ma si tratta di un processo in divenire. Con il trattato avremo uno strumento in più e senza di esso saremo costretti ad attestarci su quanto conseguito sinora.

Ho menzionato i trasferimenti dei giocatori minorenni. A tale proposito la FIFA ha preso un’ottima decisione che più in generale riguarda, oltre ai trasferimenti, anche la promozione e la protezione dei minorenni nello sport del calcio e ritengo che questo sia l’approccio giusto. In alcuni ambiti è la UEFA a dare il buon esempio, come nel caso dei giovani giocatori formati in casa, mentre in altri è la FIFA, per esempio nella tutela dei giocatori minorenni. Penso che possiamo essere di aiuto a entrambe ed è importante che il nostro aiuto sia compatibile con le regole del mondo del calcio.

Last but not least – mi devo scusare per la prolissità della mia risposta – per quanto concerne il forum sullo sport cui accennava l’onorevole Heaton-Harris, posso dire che esso già esiste nella pratica. A Biarritz abbiamo avuto una conferenza ministeriale con i principali interlocutori e prima ancora c’era stato un forum con oltre 200 parti rappresentanti diversi ambiti sportivi. Il forum è stato estremamente proficuo, comunicativo e aperto, intendiamo pertanto continuare su questa linea. Credo che durante la Presidenza svedese, o più probabilmente quella spagnola, potremo organizzarne un altro per riflettere sui progressi compiuti e impegnarci a compierne altri.

Ritorno così a quanto stavo dicendo prima di rispondere alle domande: lavorare insieme con regolarità e in maniera trasparente e credibile. Se vi riusciremo, l’Europa si porrà all’avanguardia nella protezione e promozione dello sport, oltre che nella lotta dei fenomeni negativi collegati allo sport come il doping, la corruzione, la violenza e il razzismo. Vi invito a condividere questa impostazione perché non disponiamo di una migliore. Non vogliamo imporre alcunché quanto piuttosto proporre, proteggere e sostenere. Questa è la mia risposta.

 
  
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  Presidente. La discussione è chiusa.

 

13. Riciclo delle navi sicuro e compatibile con le norme ambientali (discussione)
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  Presidente. L’ordine del giorno reca la discussione sull’interrogazione orale presentata da Johannes Blokland, a nome della commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare, alla Commissione in relazione ai negoziati che avranno luogo nel maggio 2009, con il patrocinio dell’IMO (Organizzazione marittima internazionale), sulle condizioni di entrata in vigore della convenzione relativa a un riciclo delle navi sicuro e compatibile con le norme ambientali (O-0028/2009 – B6-0224/2009).

 
  
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  Johannes Blokland, autore. − (NL) Signor Presidente, in occasione della plenaria del maggio 2008, il Parlamento europeo ha preso chiaramente posizione contro le pratiche umanamente degradanti e ambientalmente distruttive con cui si procede alla demolizione delle navi. Ciononostante, numerose spiagge dell’Asia del Sud sono costellate di enormi navi destinate alla rottamazione che vengono demolite in condizioni dannose per l’ambiente e contrarie alla dignità umana. Per esempio, neppure uno dei 36 siti di smantellamento delle navi presenti in Bangladesh risulta conforme ai requisiti minimi ambientali e di sicurezza.

Una buona notizia è che, proprio in ragione di questa situazione, la scorsa settimana la Corte suprema del Bangladesh ha ingiunto al governo di chiudere questi “cantieri di demolizione” entro due settimane. Con la medesima ordinanza, la Corte suprema ha interdetto l’accesso alle acque bengalesi a tutte le navi che trasportano sostanze pericolose. Inoltre il ministro bengalese per l’Ambiente avrà a disposizione tre mesi di tempo entro cui stabilire delle norme per il riciclaggio delle navi da rottamare in ottemperanza alla convenzione di Basilea.

Questi sono i medesimi, importanti provvedimenti caldeggiati dal Parlamento europeo nella risoluzione dello scorso anno. Si potrebbe quasi azzardare l’ipotesi che la Corte suprema del Bangladesh abbia letto la nostra risoluzione. Con questa sentenza ritengo sia stata ottenuta una vittoria importante nella lotta contro le pratiche intollerabili menzionate prima. E’ fondamentale che il governo del Bangladesh prenda provvedimenti a seguito di questi pronunciamenti giudiziali e lo stesso dovrebbe accadere anche in altri paesi asiatici.

Ho già sottolineato che le iniziative di singoli Stati non sono sufficienti e urge trovare una soluzione globale al problema della demolizione delle navi. Nel maggio di quest’anno, l’IMO (Organizzazione marittima internazionale) terrà una conferenza internazionale a Hong Kong, volta alla conclusione di un accordo internazionale sul riciclaggio delle navi tramite rottamazione. Con la risoluzione della commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare si vuole inviare un messaggio chiaro al Consiglio e alla Commissione in vista dei negoziati, allo scopo di ottenere il migliore risultato possibile.

Con riferimento alla risoluzione dell’anno scorso, è importante aggiungere le seguenti cinque precisazioni. Innanzi tutto, occorre puntualizzare che le navi destinate alla rottamazione contenenti sostanze tossiche dovrebbero essere considerate rifiuti pericolosi e come tali rientrare nell’ambito di applicazione della convenzione di Basilea. Prolungare la discussione sulla formulazione delle definizioni non è certo nell’interesse della salvaguardia ambientale. L’emendamento n.1 proposto dal gruppo del Partito popolare europeo (Democratici-cristiani) e dei Democratici europei tende a indebolire questo caposaldo e pertanto non lo posso appoggiare. In secondo luogo occorre fare presente che è inaccettabile tirare a secco le navi per la demolizione in situ. Terzo punto: occorrono provvedimenti, in particolare per la dismissione delle petroliere monoscafo, prima che il lungo periodo per la ratifica giunga al termine. Come quarto punto si sostiene l’idea di una certificazione dei cantieri di demolizione. Come ultimo punto ribadisco che i provvedimenti dovrebbero continuare a prevedere un fondo obbligatorio, in linea col principio della responsabilità del produttore, come richiesto lo scorso anno dal Parlamento europeo. Tuttavia la Commissione europea intende forse rivedere questo requisito. Vorrei pertanto ricevere conferma dal commissario Figel’ che la Commissione è ancora intenzionata a istituire un fondo per la rottamazione.

Con questa risoluzione e quella dell’anno scorso, il Parlamento europeo ha segnato una rotta chiara verso la soluzione dei problemi descritti. Rilevo con soddisfazione l’alto grado di consenso conseguito su questo tema in seno alla commissione per l’ambiente e alla commissione per i trasporti e il turismo. Spero che il Consiglio e la Commissione riusciranno a coordinarsi parimenti in uno sforzo concertato per la stipula tra due mesi a Hong Kong di una convenzione valida e in grado di proteggere gli interessi della sicurezza, della sanità pubblica e dell’ambiente. Vorrei sapere dal commissario Figel’ se la Commissione europea intende avvalersi di queste indicazioni precise come elemento chiave nei negoziati della conferenza IMO e quali misure intende intraprendere al fine di garantire una pronta attuazione della convenzione di prossima stipula.

 
  
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  Ján Figel’, membro della Commissione. − (EN) Signor Presidente, vorrei ringraziare innanzi tutto il Parlamento per avere dimostrato cotanto interesse ed essersi attivato con continuità sul tema della demolizione delle navi. Desidero porgere un ringraziamento in particolare all’onorevole Blokland.

Il vostro è un ottimo punto di partenza per ulteriori iniziative a livello comunitario, volte a garantire che l’Unione europea faccia la sua parte nella risoluzione di questo problema internazionale. Queste domande giungono peraltro al momento opportuno, alla luce della recente decisione della Corte suprema del Bangladesh che lei ha appena menzionato e della situazione di quel paese. In virtù di tale sentenza, tutti i cantieri di riciclaggio delle navi saranno chiusi entro due settimane in quanto non sono mai stati autorizzati dal ministero per l’Ambiente. L’importazione delle navi pericolose che figurano su di un elenco sarà interdetta e tutte le navi importate dovranno essere sottoposte a una pulizia preliminare. Inoltre il Bangladesh comincerà a redigere una normativa nazionale sullo smantellamento delle navi in sintonia con la convenzione di Basilea.

Ma adesso torniamo all’Europa e alle sue domande, onorevole Blokland.

La prima domanda riguarda la dismissione della pratica di demolire le navi alla fine del loro ciclo di vita direttamente sulla spiaggia.

Condivido le sue preoccupazioni in merito ai gravi rischi che questa pratica pone alla salute umana e all’ambiente. Nella valutazione d’impatto della nostra strategia abbiamo preso in esame l’ipotesi di interdire questa pratica a livello di Unione europea. Sussistono alcune perplessità in merito all’efficacia di una simile interdizione, poiché essa sarebbe valida solo per le navi che battono bandiere europee e potrebbe essere aggirata facilmente e legalmente cambiando semplicemente bandiera.

Riteniamo più efficace concentrare i nostri sforzi affinché gli orientamenti tecnici che stiamo definendo per la futura convenzione dell’IMO consentano davvero di mettere in pratica un sistema di riciclaggio delle navi sicuro e compatibile con l’ambiente. I progressi ottenuti sinora nella definizione di questi orientamenti sono assai incoraggianti e, in ogni caso, è altamente improbabile che il metodo tradizionale di messa a secco in spiaggia possa risultare conforme a essi.

Con riferimento alla sua seconda domanda, sono lieto di confermarle che la Commissione è assolutamente impegnata a garantire una trasposizione effettiva e celere nella legislazione UE della convenzione sul riciclaggio delle navi. La direzione generale Ambiente ha già avviato diversi studi e sta valutando le ripercussioni che i punti salienti della convenzione potranno avere. Ritengo essenziale che l’Unione europea dimostri in tale sede la propria leadership e l’estrema importanza che attribuiamo a questo problema. Ciò agevolerà la ratifica da parte di paesi terzi e di conseguenza accelererà l’entrata in vigore della convenzione stessa.

Comunque condivido la preoccupazione palesata nella sua terza domanda, in cui sottolinea l’importanza di non mettere a repentaglio l’attuale acquis comunitario. Dobbiamo mantenere le prescrizioni vigenti a tutela dei diritti dei lavoratori e dell’ambiente nel momento in cui trasporremo la convenzione IMO. Il nostro studio conterrà anche un raffronto analitico tra i requisiti della convenzione IMO e la normativa comunitaria. Desidero sottolineare che vigileremo in particolare affinché sia preservato il regolamento del 2006 relativo alla spedizione dei rifiuti.

 
  
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  Pilar Ayuso, a nome del gruppo PPE-DE. – (ES) Signor Presidente, signor Commissario, l’interrogazione svolta dall’onorevole Blokland giunge al momento opportuno, considerato che la conferenza diplomatica per la convenzione relativa al riciclo delle navi si terrà in maggio. Desidero complimentarmi con il collega Blokland sia per l’interrogazione, sia per la risoluzione che egli stesso ha preparato.

Il Partido Popular è favorevole a contrastare le cattive pratiche messe in atto in relazione alla demolizione delle navi e sosteniamo pertanto il progetto di risoluzione dell’onorevole Blokland, seppure alcuni punti della risoluzione destino in noi preoccupazione.

Il primo punto critico è il paragrafo 3 cui il collega Blokland ha appena fatto riferimento, in cui si afferma che le navi da rottamare vanno considerate rifiuti pericolosi e devono pertanto rientrare nel campo di applicazione della convenzione di Basilea. Il nostro gruppo ha presentato un emendamento a questo paragrafo perché esistono interpretazioni divergenti, sia all’interno dell’Unione europea che al suo esterno, mentre noi riteniamo che la convenzione di Basilea dovrebbe trovare applicazione e che non bisognerebbe entrare in conflitto con i suoi contenuti. Comunque, i dettagli relativi alle modalità di esecuzione della convenzione dovrebbero essere precisati dal prossimo accordo internazionale sulla rottamazione delle navi.

Il paragrafo 14 del progetto di risoluzione chiede l’introduzione di un meccanismo di finanziamento basato su contributi obbligatori da parte del settore dei trasporti marittimi. Francamente ci sembra alquanto prematuro parlare di contributi obbligatori quando non è ancora stata presa alcuna decisione in seno all’Organizzazione marittima internazionale per quanto concerne il sistema entro cui collocare questo meccanismo di finanziamento; peraltro, neppure la Commissione europea sembra avere una risposta definitiva su questo aspetto.

Al successivo paragrafo 15 si esorta la Commissione a stabilire chiaramente che lo Stato responsabile è quello sotto la cui giurisdizione sono posti i proprietari dei rifiuti. A nostro giudizio questo non è un aspetto su cui può decidere la Commissione, poiché la decisione dovrebbe essere assunta nell’ambito di una convenzione internazionale.

L’importante è mantenere la coerenza tra la prossima convenzione sul riciclo delle navi e la convenzione di Basilea sul controllo dei movimenti transfrontalieri di rifiuti pericolosi e del loro smaltimento, tenendo conto peraltro non solo della convenzione di Basilea ma anche di tutta la legislazione in vigore.

 
  
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  Ján Figeľ, membro della Commissione. − (EN) Signor Presidente, ringrazio per i commenti l’onorevole Ayuso e in particolare l’onorevole Blokland per il suo lavoro approfondito. Come ho detto in precedenza, dobbiamo assicurarci che l’attuazione della convenzione, in particolare nel caso di rifiuti o di rifiuti pericolosi, sia perfettamente conforme al regolamento (CE) n. 1013/2006 relativo alle spedizioni di rifiuti, adottato relativamente di recente.

Per quanto concerne il finanziamento, al momento non è previsto alcun fondo o altro meccanismo. Abbiamo avviato uno studio al fine di predisporre diverse alternative o una soluzione e avvieremo a breve delle consultazioni pubbliche su questo punto. I vostri commenti saranno sempre bene accetti, in particolare per quanto attiene alla costituzione di un fondo per la demolizione.

 
  
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  Presidente. La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà giovedì 26 marzo 2009.

 

14. Libro bianco in materia di azioni di risarcimento del danno per violazione delle norme antitrust comunitarie (discussione)
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  Presidente. L’ordine del giorno reca la relazione (A6-0123/2009) presentata dall’onorevole Lehne a nome della commissione per i problemi economici e monetari, sul Libro bianco in materia di azioni di risarcimento del danno per violazione delle norme antitrust comunitarie (2008/2154(INI)).

 
  
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  Klaus-Heiner Lehne, relatore. − (DE) Signor Presidente, onorevoli deputati, desidero porgere innanzi tutto un ringraziamento ai relatori ombra, in particolare al collega Sánchez Presedo dei socialisti e alla collega Bowles dei liberali, per avere lavorato con ottimi risultati a questo testo di compromesso presentato oggi come relazione sul Libro bianco della Commissione. Questa volta siamo riusciti a ottenere una maggioranza molto ampia e multipartisan per un compromesso davvero sostenibile che rappresenta un orientamento per i prossimi passi della Commissione europea e successivamente, durante il processo legislativo, anche del Parlamento e del Consiglio.

Nella relazione abbiamo giustamente precisato che nel caso di violazioni delle norme sulla concorrenza, il Parlamento intende orientarsi in base alla consuetudine europea, ossia ritiene che il compito di intervenire contro tali violazioni spetti essenzialmente alle autorità, che siano queste le autorità per la concorrenza nazionali o quelle europee. Nella lotta contro i cartelli non s’intende pertanto istituire una sorta di organismo che operi parallelamente alle autorità competenti. In Europa abbiamo deciso consapevolmente di optare per una soluzione diversa da quella degli USA, con cui ci troviamo spesso posti a confronto.

In quest’Aula è condivisa l’idea che si debba trovare una soluzione ai cosiddetti danni di massa. Quando il comportamento illecito di pochi arreca un danno a una cerchia estesa di persone, pur trattandosi di un danno relativamente contenuto per ciascuna di queste, occorre prevedere uno strumento ad hoc, poiché in questi casi i procedimenti giudiziali non sono sufficientemente efficaci. Tale strumento è necessario anche al fine di agevolare l’accesso alla giustizia e l’ulteriore sviluppo del mercato interno e su questo esiste un vasto consenso.

Altrettanto condivisa è l’opinione che in Europa non vogliamo incoraggiare una cultura dei contenziosi come esiste invece negli Stati Uniti, con un giro d’affari di 240 miliardi di dollari, di cui alla fine non traggono vantaggio tanto i consumatori – come ci informano alcuni libri sul tema – quanto piuttosto gli studi legali americani. Questo fenomeno non è particolarmente attinente con lo Stato di diritto, o perlomeno non lo sarebbe nelle nostre intenzioni. Siamo infatti tutti concordi sul fatto che gli strumenti di tortura del sistema giudiziario americano non debbano attecchire in Europa, in particolare per quanto concerne la procedura probatoria e l’assunzione dei costi. E’ un aspetto cruciale.

Abbiamo altresì convenuto che in linea di principio una normativa a livello europeo può essere solo una soluzione opt-in e che un opt-out può essere ammesso soltanto nei casi in cui qualcosa di analogo già esista nello Stato membro e sia costituzionalmente accettabile. Infatti non tutte le costituzioni ammettono l’opt-in, che peraltro contraddice il principio del consumatore avveduto.

Nel Libro bianco della Commissione europea lamentiamo la totale assenza di qualsiasi menzione della composizione extragiudiziale dei contenziosi. La direzione generale Concorrenza e la Commissione puntano a capo basso verso il procedimento giudiziario, seppure in quest’Aula sappiamo da molti anni, grazie alle discussioni sulla tutela dei diritti, che questa non è sempre la strada più idonea e che in genere i meccanismi di composizione stragiudiziali si dimostrano molto più efficaci nella risoluzione dei problemi. Inoltre il lavoro svolto in parallelo dalla direzione generale Tutela dei consumatori su questo stesso argomento è molto più approfondito. Nel suo Libro verde, dunque a un livello consultivo precedente, questa direzione generale ha sfruttato appieno le possibilità offerte da tali strumenti alternativi di risoluzione dei contenziosi. Siamo convinti che la Commissione europea debba assolutamente rivedere questo aspetto.

Vorrei fare un’ultima considerazione che riveste anch’essa un’importanza fondamentale. Non vogliamo una frammentazione del diritto. Adesso parliamo della creazione di questo strumento per la concorrenza e il medesimo concetto sta prendendo corpo anche per la tutela del consumatore. Sappiamo che prima o dopo si parlerà di uno strumento analogo anche per la normativa relativa al mercato dei capitali, alla tutela dell’ambiente o al diritto sociale. Riteniamo che sia assolutamente necessario adottare un approccio orizzontale, utilizzando almeno gli strumenti procedurali che sono più o meno comuni a tutti gli ambiti del diritto, in congiunzione con uno strumento orizzontale. Anche questo aspetto è cruciale.

 
  
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  Ján Figel’, membro della Commissione. − (EN) Signor Presidente, a nome della Commissione avallo la relazione dell’onorevole Lehne, approvata dalla commissione per i problemi economici e monetari con un consenso solido tra i diversi schieramenti politici. A nostra volta siamo compiaciuti che la relazione sostenga con convinzione il Libro bianco.

La Commissione constata che la relazione è in sintonia con i risultati del Libro bianco, nella misura in cui riconosce che le vittime delle infrazioni alle norme comunitarie sulla concorrenza riescono solo con notevole difficoltà a ottenere un risarcimento per i danni subiti. Concordiamo sulla necessità di adottare provvedimenti volti a garantire un adeguato risarcimento delle parti lese.

Concordiamo con l’idea che il risarcimento collettivo sia essenziale per i consumatori e le piccole imprese poiché è uno strumento realistico ed efficace per ottenere un risarcimento nel caso di danni diffusi. L’opinione della Commissione collima peraltro perfettamente con quella espressa nella relazione, secondo cui bisogna evitare un ricorso eccessivo o ingiustificato al contenzioso. Allo scopo, i meccanismi di risarcimento collettivo devono contenere delle salvaguardie adeguate.

Infine concordiamo che l’impostazione adottata per il risarcimento collettivo debba essere coerente, ovvero debba essere garantita la compatibilità tra i provvedimenti adottati in relazione ad ambiti diversi, come per esempio le leggi antitrust e le leggi a tutela dei consumatori. Nel contempo, la Commissione riconosce che un’impostazione coerente nelle azioni risarcitorie collettive non significa necessariamente che si possa utilizzare un unico strumento orizzontale per tutti gli ambiti del diritto. Questo bisogno di coerenza non deve essere motivo di ritardi ingiustificati nella definizione dei provvedimenti necessari a garantire la piena esecuzione del diritto comunitario in materia di concorrenza.

 
  
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  Gabriela Creţu, relatore per parere della commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori. – (RO) La commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori ha formulato il proprio parere partendo da una constatazione reale: le violazioni delle norme antitrust hanno ricadute economiche negative che molto spesso si ripercuotono fino all’ultimo anello della filiera commerciale, colpendo i consumatori finali e le piccole imprese.

In questi casi i danni subiti possono essere di entità anche consistente, ma nel contempo è difficile ottenere un risarcimento, poiché il danno è distribuito su numerosi soggetti e gli importi per ciascuno sono modesti. Alla luce di queste considerazioni abbiamo richiesto un pacchetto di misure legislative e non legislative, affinché tutti i cittadini europei lesi possano disporre di uno strumento per fare valere il loro diritto a un risarcimento adeguato e completo.

Siamo favorevoli a qualsiasi provvedimento volto ad appianare la strada verso il conseguimento di questo obiettivo, ossia alle misure che agevolano l’accesso ai documenti, il contenimento dei costi per le azioni legali e l’inversione dell’onere della prova.

Accogliamo con favore la proposta della Commissione di combinare le azioni rappresentative intentate da soggetti qualificati ad azioni collettive con modalità opt-in. Parimenti riteniamo però che occorra discutere ancora sulle azioni collettive con modalità opt-out, il cui merito è di produrre una soluzione “definitiva”, riducendo così le incertezze.

 
  
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  Ioan Lucian Hămbăşan, a nome del gruppo PPE-DE. – (RO) Sebbene il trattato UE vieti i cartelli e altre violazioni alla normativa antitrust, i consumatori lesi della Comunità europea incontrano ancora difficoltà nel fare valere i loro diritti a un risarcimento.

In Romania, per esempio, un cartello costituito dall’industria del cemento è stato recentemente multato con un’ammenda per diversi milioni di euro. Tuttavia la legislazione in vigore non obbliga le autorità di vigilanza sulla concorrenza a occuparsi anche del risarcimento delle vittime.

Vorrei sottolineare che tali autorità dovrebbero tenere conto dei risarcimenti versati o dovuti nel momento in cui calcolano le ammende da comminare alle aziende colpevoli di abusi, affinché le misure punitive non siano sproporzionate rispetto al danno arrecato e in particolare per garantire il risarcimento delle parti che hanno subito un danno.

Plaudo all’intenzione della Commissione di migliorare i meccanismi di tutela dei diritti dei consumatori danneggiati dalle violazioni della legge in tutta Europa.

Il Parlamento ha dichiarato a chiare lettere che in Europa non deve essere istituito un sistema con modalità opt-out. Le vittime devono essere identificate con la massima celerità nel momento in cui viene intentata un’azione risarcitoria.

Il sistema opt-in assicura efficacemente il risarcimento alle parti lese dalla violazione alle norme antitrust. Il Parlamento non vuole che altri traggano vantaggio da azioni individuali, siano questi avvocati, associazioni commerciali o il garante dei consumatori.

Credo anche che il Parlamento abbia aggiunto un elemento importante che mancava nella proposta della Commissione. I meccanismi alternativi di composizione dei contenziosi si dimostrano spesso assai più efficaci, rispetto ai procedimenti giudiziali, per le parti lese che hanno diritto a un risarcimento. Intendo dire che l’azione risarcitoria deve cominciare innanzi tutto al di fuori delle aule dei tribunali. Questo genere di azioni sono molto meno costose delle azioni individuali e i consumatori possono ottenere molto più rapidamente un risarcimento per il danno sofferto.

 
  
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  Antolín Sánchez Presedo, a nome del gruppo PSE. – (ES) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli deputati, questa relazione è stata approvata all’unanimità dalla commissione per i problemi economici e monetari. Questo risultato è certo significativo ed eccezionale se si considera la natura difficile, complessa e controversa degli argomenti in gioco; esso dovrebbe promuovere e cementare il nuovo pilastro delle azioni da parte di privati che è essenziale per rendere effettiva la politica della competenza comunitaria. Questo è un altro passo verso una politica della responsabilità più avanzata ed efficace, che sarà più rispettosa dei diritti delle parti lese e più efficace nell’imporre una responsabilità civile sul soggetto che commette l’infrazione.

Desidero pertanto complimentarmi con il relatore, l’onorevole Lehne, che è il principale responsabile della lieta conclusione di questo lavoro. La qualità delle sue idee, la sua apertura mentale e la disponibilità a mettersi in gioco, nonché l’intelligenza con cui ha cercato di estrapolare i compromessi migliori sono stati essenziali per ottenere questo risultato. Vorrei estendere questo riconoscimento anche ai relatori per parere, ai relatori ombra e ai deputati che hanno presentato gli emendamenti, offrendo così un apporto prezioso che ha arricchito la relazione.

Il Libro bianco della Commissione in materia di azioni di risarcimento del danno per violazione delle norme antitrust comunitarie è la risposta a una richiesta avanzata dal Parlamento europeo in occasione della propria risoluzione sul Libro verde, i cui contenuti sono in larga misura condivisi. Concordiamo in particolare, tra gli altri aspetti, sul riconoscimento della natura complementare delle azioni legali pubbliche e private – pur evitando gli eccessi delle azioni collettive americane e con l’intento di agevolare il risarcimento dei danni – sull’accesso alle informazioni sotto controllo giudiziario, fermo restando che non si deve trasformare in una ricerca indiscriminata di prove o informazioni, e sulla richiesta di azioni indipendenti o di prosieguo e di un sistema di risarcimento volontario.

Nella relazione si chiede il coinvolgimento del Parlamento europeo, nell’ambito della procedura di codecisione, in relazione a qualsiasi progetto legislativo concernente le azioni risarcitorie a seguito di violazioni delle norme antitrust UE. Con questa richiesta non s’intende negare la competenza comunitaria che funge da base legale per la legislazione, quanto piuttosto elevare in questo ambito i requisiti dalla procedura ordinaria a quella di codecisione al fine di realizzare i valori superiori sanciti nel trattato.

Nel caso di norme che hanno ripercussioni significative su di un diritto fondamentale, sancito sia nell’ordinamento europeo che negli ordinamenti degli Stati membri, quale può essere il diritto dei cittadini a una protezione giuridica efficace, il principio democratico e il rispetto per le culture giuridiche nazionali – questioni che possono essere disciplinate soltanto mediante atti legislativi o, in altre parole, mediante un intervento da parte di chi rappresenta direttamente i cittadini – è richiesto il coinvolgimento legislativo del Parlamento europeo.

Esso definisce peraltro un approccio integrato orizzontale per affrontare i problemi comuni che le procedure di ricorso private relative a violazioni della legge in materia di concorrenza possono creare anche in altri ambiti, al fine di evitare un approccio frammentario e incoerente.

I ricorsi privati possono essere avanzati, oltre che da singoli individui, anche da organi pubblici o da gruppi di persone. Questo secondo tipo di soluzione può essere attuato direttamente dalle parti lese oppure indirettamente da enti qualificati, designati in precedenza o abilitati ad hoc, come le associazioni dei consumatori o delle imprese. Nel caso di azioni intentate da enti qualificati, la cerchia di persone che si dichiara parte lesa deve essere definita al momento in cui viene presentato il ricorso, anche se la loro identificazione può essere effettuata in un secondo tempo, ma sempre entro tempi contenuti, senza ritardi inutili e nel rispetto della normativa vigente. Questa alternativa è molto importante per i casi relativi a danni di minore entità o con un numero elevato di soggetti coinvolti.

La relazione affronta con equilibrio la questione dell’accesso alle informazioni necessarie per l’esercizio di azioni di risarcimento. Certo occorre tutelare la riservatezza dei segreti industriali e l’efficacia dei programmi di clemenza, per i quali sono richiesti degli orientamenti.

Si creano le condizioni affinché le decisioni adottate dalle autorità che aderiscono alla Rete europea della concorrenza possano essere vincolanti presso un altro Stato membro; in questo modo, pur nel rispetto del principio della responsabilità, è possibile invertire l’onere della prova e presumere la colpa o il dolo con l’accertamento dell’esistenza di un’infrazione.

E’ importante sottolineare anche che è stato accettato il principio della difesa “per delega” nel caso di parti lese indirettamente e un sistema per la semplificazione e la riduzione dei costi dei procedimenti. Vorrei sottolineare anche l’interazione positiva tra azioni pubbliche e private che incentiva il risarcimento delle parti lese e definisce un termine di prescrizione di cinque anni.

Concludo esprimendo un riconoscimento per il dialogo che è stato possibile intrattenere con la Commissione durante l’intera procedura e chiedo al commissario che vengano presentati al più presto gli strumenti per il suo successivo sviluppo.

 
  
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  Diana Wallis, a nome del gruppo ALDE. – (EN) Signor Presidente, desidero innanzi tutto ringraziare il collega Lehne per la sua relazione e confermare che il mio gruppo esprimerà un voto positivo.

Devo anche dire che mi sembra alquanto strano tenere questa discussione a notte fonda quando è stata programmata un’interrogazione sul medesimo argomento domani mattina. Avrebbe avuto molto più senso trattare entrambi i punti allo stesso momento.

Comunque, per quanto concerne la relazione, il mio gruppo parte dall’intenzione di “fare giustizia”, ossia fare giustizia per le PMI e i consumatori dell’Unione europea che subiscono comportamenti scorretti e contrari alla concorrenza. Alcune settimane fa il mio gruppo ha organizzato un seminario presso la sede del Parlamento a Bruxelles e sono rimasta profondamente colpita da alcuni nostri ospiti che risentono in prima persona di azioni contrarie alla concorrenza e che, ironicamente, provengono dall’industria del cemento. E cosa dicevano? “Per favore, continuate così: occorre uno strumento che ci consenta di perseguire questi operatori scorretti sul mercato europeo.”

Abbiamo bisogno di una soluzione europea e ne abbiamo bisogno oggi piuttosto che domani, perché altrimenti prevedo e vi avverto che alcuni Stati membri appronteranno dei sistemi propri e in virtù del riconoscimento reciproco delle sentenze si assisterà al fenomeno del forum shopping. Vi prego pertanto di istituire un ordinamento europeo il prima possibile.

 
  
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  Presidente. Mi assicurerò che la sua osservazione in merito all’ordine dei lavori sia comunicata alla Conferenza dei presidenti che organizza gli ordini del giorno e, talvolta, commette qualche errore.

 
  
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  Nils Lundgren, a nome del gruppo IND/DEM. – (SV) Signor Presidente, il mercato interno è il più importante contributo che l’UE abbia dato alla libertà e al benessere del continente europeo. Tale mercato necessita, tra l’altro, di un’efficace normativa antitrust. Oggi stiamo prendendo in esame la questione delle azioni a fini risarcitori a seguito di violazioni delle norme antitrust.

Esistono ottime ragioni per consentire ai cittadini e alle imprese di esigere un risarcimento. La relazione Lehne evidenzia, talvolta oltre le sue medesime intenzioni, quali siano le problematiche e i rischi in gioco. Il Libro bianco parla di una cultura giuridica europea, un concetto che non esiste. Non dobbiamo creare regolamenti basati su concetti illusori. Il relatore vuole sfuggire a una cultura del risarcimento “americanizzata”. Anche questa è una pia illusione, perché le probabilità che questo tipo di cultura attecchisca sono alquanto elevate.

La suddivisione delle responsabilità tra le istituzioni UE e gli Stati membri è stata ignorata. Non è stata compiuta un’analisi obiettiva di quanto occorrerebbe fare in conformità al principio di sussidiarietà. Anzi, la sussidiarietà non è stata affatto presa in considerazione.

Esistono molti altri punti poco chiari e alcuni contenuti della relazione rischiano di dimostrarsi completamente arbitrari. Il paragrafo 7 e il paragrafo 11 instillano insieme qualche dubbio. Ovviamente bisogna partire da azioni risarcitorie motivate da infrazioni delle norme antitrust. Deve sussistere pertanto un reato riconosciuto dal tribunale, dopo il quale si dovrà applicare presumibilmente la res judicata, anche nel caso di azioni individuali, onde garantire che le sentenze relative a un unico caso non possano essere rivedute.

I paragrafi 15 e 18 consentono al ricorrente di scegliere l’ordinamento giuridico più conveniente. Si viene così a creare un clima d’incertezza giuridica e si rende più tangibile il rischio della caccia al tribunale più favorevole, il “forum shopping”.

S’intende ridurre l’asimmetria nelle informazioni obbligando le imprese a fornire informazioni al ricorrente, ma ciò significa che importanti dati aziendali sono esposti a un trattamento soggettivo e a potenziali abusi.

In questa fase sono troppi i rischi e i punti oscuri. L’Aula dovrebbe pertanto respingere la relazione e richiedere un’analisi più dettagliata della questione prima di prendere una decisione.

 
  
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  Andreas Schwab (PPE-DE). (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, desidero innanzi tutto porgere un ringraziamento cordiale al relatore Lehne per avere svolto un lavoro eccellente ed essere riuscito a trovare soluzioni idonee nonostante la difficoltà estrema della materia, in stretta collaborazione con i colleghi degli altri gruppi politici.

Come ho evinto dalla discussione, siamo tutti d’accordo sulla necessità di un approccio orizzontale per le azioni collettive e chiederei pertanto alla Commissione di non formulare proposte separate per i singoli ambiti facenti capo a direzioni generali diverse, bensì di elaborare un meccanismo valido per tutti gli ambiti del mercato unico europeo, per i cittadini e ovviamente, come ricordato dall’onorevole Wallis, per le PMI. Il pensiero che ci accomuna è che gli interessi delle parti lese dai cartelli debbano essere fatti valere con efficacia e che l’economia europea deve essere sottoposta a un controllo antitrust secondo il principio di un’economia sociale di mercato. Parimenti nessuno auspica un’applicazione impropria delle diverse normative nazionali che dia origine al forum shopping.

Ma in merito a come potremo riuscirvi nella maniera più efficace, la discussione di questa sera non è stata particolarmente ricca di spunti, perché credo che le potenzialità delle azioni collettive siano spesso sopravvalutate. E’ importante fissare di nuovo dei parametri di riferimento rispetto ai quali valutare tutti i procedimenti di ricorso collettivi. Dobbiamo interrogarci sull’effettiva necessità di un’ulteriore tutela dei diritti dei consumatori o delle parti lese nell’ambito di procedimenti di massa, di contenziosi transfrontalieri o che interessano più di uno Stato membro. Il procedimento europeo deve tenere conto delle limitazioni costituzionali degli Stati membri in materia di opt-out, opt-in e in svariati altri aspetti. Se ciò non fosse possibile, come la Commissione stessa ha già parzialmente ammesso, sarà necessario abbracciare tutti i rimedi giuridici degli Stati membri e ricercare insieme ai parlamenti nazionali un percorso comune al servizio del consumatore europeo.

Di certo in Europa vogliamo evitare azioni collettive che ripropongono il modello statunitense. Vogliamo garantire un risarcimento, ma soltanto alle parti che sono state effettivamente lese. Vogliamo scongiurare per quanto possibile i ricorsi immotivati e favorire le procedure alternative di composizione dei contenziosi.

 
  
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  Olle Schmidt (ALDE). – (SV) Signor Presidente, anch’io vorrei ringraziare l’onorevole Lehne per questa relazione costruttiva e completa che affronta problematiche importanti della normativa in materia di concorrenza e migliora la tutela dei consumatori.

La Corte di giustizia europea riconosce alle persone fisiche e alle imprese il diritto al risarcimento per i danni conseguenti a infrazioni della normativa antitrust, ma ciononostante le parti lese vengono risarcite solo raramente. Dobbiamo dunque istituire meccanismi in grado di aumentare la fiducia e aiutare i cittadini a fare valere i propri diritti anche in altri paesi.

Sappiamo che i consumatori e le piccole imprese sono riluttanti a intentare azioni legali perché temono di doversi sobbarcare procedimenti molto lunghi e, specialmente, costosi. Il commercio transfrontaliero sarebbe senz’altro incentivato se riuscissimo a risolvere questo problema.

Per creare un mercato interno funzionante in tutta l’UE, dove le persone possono essere sicure che il loro ricorso sarà esaminato in un clima di certezza giuridica e che saranno risarcite appieno per i danni ovvero per la perdita subita, dobbiamo escogitare anche nuovi meccanismi che agevolino le azioni collettive.

Quando si discute di azioni collettive, viene sempre menzionato il modello americano e i suoi estremi. Certo, dobbiamo fare tesoro dell’esperienza statunitense, ma senza lasciarci intimidire da essa. L’Europa deve adottare un sistema europeo, non quello americano. Ma se non interveniamo, la situazione non farà che peggiorare.

 
  
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  Ján Figel’, membro della Commissione. − (EN) Signor Presidente, ringrazio tutti gli intervenuti per il loro contributo interessante e in particolare per la presentazione introduttiva dell’onorevole Lehne. E’ stato molto interessante e adesso capisco perché siete riusciti a essere così uniti e a lavorare insieme su questi temi, non soltanto in seno alla commissione ma anche in plenaria.

Non posso aggiungere granché, eccetto forse qualcosa in merito alla base giuridica. Ovviamente questa dipenderà dagli obiettivi e dal contenuto dell’azione proposta e vi assicuro, in qualità di commissario – seppure con un mandato diverso, ma qui parlo a nome della Commissione – che, in linea di massima, aspiriamo a una cooperazione molto stretta con il Parlamento. Rimane da vedere come concretizzare tale cooperazione nelle singole fattispecie concrete, ma cercheremo una collaborazione stretta con il Parlamento, o almeno la più stretta possibile per quanto ci sarà concesso dalla base giuridica pertinente.

In relazione a quanto è stato detto sulla frammentazione e su di un approccio orizzontale, credo che la risposta della Commissione, chiaramente esposta nel Libro bianco, è quella di un approccio coerente e ritengo che la tradizione giuridica europea e le radici della nostra cultura giuridica differiscono da quelle, spesso menzionate, degli Stati Uniti. Ma credo anche che possiamo imparare dagli altri e affinare ulteriormente il nostro sistema.

In materia di giustizia e di applicazione della legge, credo sia molto importante non scivolare verso una minore forza di applicazione della legge e gli articoli 81 e 82 rimangono senz’altro due pilastri essenziali del mercato unico UE e delle sue politiche. Essi hanno per oggetto la giustizia e le azioni di risarcimento sono complementari all’attuazione di tali norme.

Last but not least, quanto è stato detto in merito alle composizioni extragiudiziali. La Commissione è favorevole, ma la premessa o la base per tale approccio, che sarebbe senz’altro caldeggiato, è che esista un sistema di composizione delle liti relative ai risarcimenti funzionante ed efficiente a livello di singoli Stati membri. A mio giudizio dobbiamo, oltre a incoraggiare i nostri Stati membri, anche aiutarli affinché queste problematiche e questi sistemi siano gestiti adeguatamente nell’UE dei 27. A quel punto potremo considerare anche questi aspetti.

Comunque, vi ringrazio moltissimo per quella che anche per me è stata una discussione molto interessante e vi auguro ogni bene.

 
  
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  Klaus-Heiner Lehne, relatore. − (DE) Signor Presidente, signor Commissario, desidero innanzi tutto ringraziare i colleghi per i loro contributi molto positivi. Credo che abbiamo spinto tutti nella stessa direzione e che siamo riusciti a produrre qualcosa di buono.

Vorrei chiarire però con la Commissione quanto segue, al fine di evitare qualsiasi equivoco: il Parlamento non può accettare che una proposta normativa, probabilmente già pronta in qualche cassetto, venga semplicemente messa sul tappeto. Così non può essere. Ci aspettiamo che quanto è stato convenuto oggi sia tenuto in debita considerazione dalla Commissione e che sia incorporato nel progetto di normativa.

L’approccio orizzontale non è importante solo per gli argomenti che ho precedentemente enunciato ma anche per la base giuridica che lei stesso, signor Commissario, ha menzionato. In un procedimento tanto importante occorre adottare un approccio che garantisca al Parlamento di essere attivo come potere legislatore a pieno titolo. Ai sensi del trattato di Nizza, ora in vigore, ciò non sarebbe possibile se venisse scelto un approccio basato esclusivamente sulla normativa in materia di concorrenza. Questa è pertanto una forte argomentazione politica che spiega perché, dal nostro punto di vista, sia importante un approccio orizzontale. Ritengo che la Commissione dovrebbe rifletterci molto seriamente.

Un altro punto decisivo a mio giudizio è che ancora non disponiamo di uno strumento per la composizione extragiudiziale delle liti. Lei ha parlato prima di una convergenza con l’operato della direzione generale Concorrenza. Tuttavia un confronto tra il Libro verde sulla tutela dei consumatori e il Libro bianco sulla concorrenza non lascia affatto presagire che tale convergenza sia effettivamente esistita. L’esempio più lampante è dato dalla diversa trattazione nel Libro bianco dei meccanismi extragiudiziali di composizione delle liti, o per l’esattezza della mancanza di qualsiasi riferimento a essi.

Esiste tutta una serie di altri problemi di cui attendiamo la risoluzione. Voglio menzionare brevemente la questione dell’accesso agli atti della Commissione europea. In qualsiasi procedimento penale esiste la possibilità, qualora sia richiesto un risarcimento, di consultare gli atti del procedimento del pubblico ministero. Perché la Commissione europea fa eccezione? Proprio non riesco a capirlo.

Lo stesso discorso vale per l’ammontare della sanzione che deve tenere conto di eventuali richieste di risarcimento che potrebbero insorgere successivamente. Anche su questo fronte la Commissione deve recuperare il tempo perso e presentare contenuti e proposte più concreti di quelli riportati nel Libro bianco. A scanso di equivoci, voglio ribadire con chiarezza a nome del Parlamento che ci aspettiamo di più di quanto è contenuto nel Libro bianco e ci aspettiamo anche che la direzione generale Concorrenza e la Commissione nel suo insieme diano seguito alle nostre proposte, altrimenti si scontreranno con l’opposizione di questo Emiciclo.

 
  
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  Presidente. Desidero ringraziarvi per i vostri interventi su questo argomento importante e ringraziare anche il commissario, il personale e gli interpreti.

La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà giovedì 26 marzo 2009.

Dichiarazioni scritte (articolo 142 del regolamento)

 
  
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  Katrin Saks (PSE), per iscritto. – (ET) La relazione del Parlamento sottolinea come i programmi di clemenza favoriscono l’emersione degli accordi di cartello e posso dire con piacere che il parlamento estone sta attualmente discutendo l’approvazione di un programma di clemenza. Tali programmi dovrebbero diventare un elemento importante nella lotta contro i cartelli che è fondamentale per un migliore funzionamento del mercato unico e per tutelare i diritti dei consumatori, poiché i prezzi al consumo possono aumentare fino al 25 per cento a causa degli accordi di cartello.

Ritengo tuttavia che anche le azioni rappresentative possano rivestire un ruolo chiave per l’attuazione efficace delle norme in materia di concorrenza e per una migliore protezione del consumatore. Dobbiamo concentrarci dunque anche su questo aspetto, sia a livello comunitario che del governo estone. Alcuni studi hanno dimostrato che le azioni rappresentative rafforzerebbero sensibilmente la volontà dei consumatori di intervenire a difesa dei propri diritti e, nei paesi dove i consumatori sono poco attivi perché intimoriti dalla complessità e dal costo di tali azioni, la soluzione offerta dalle azioni rappresentative è fondamentale.

 

15. Presentazione di documenti: vedasi processo verbale

16. Ordine del giorno della prossima seduta: vedasi processo verbale

17. Chiusura della seduta
Video degli interventi
  

(La seduta è chiusa alle 23.15)

 
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