Presidente. - L'ordine del giorno reca la relazione (A6-0233/2009), presentata dall'onorevole Bowis a nome della commissione per l'ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare, sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio concernente l'applicazione dei diritti dei pazienti relativi all'assistenza sanitaria transfrontaliera [COM(2008)0414 – C6-0257/2008 – 2008/0142(COD)].
Come in molti già sapete, recentemente l’onorevole Bowis non è stato bene a Bruxelles ed è stato ricoverato. Ha subito un intervento, fortunatamente andato bene, e ora si sta riprendendo: un esempio appunto di sanità transfrontaliera. Per oggi sarà sostituito dal mio amico e collega, l’onorevole Bushill-Matthews.
Philip Bushill-Matthews, relatore. - (EN) Signor Presidente, ho un compito difficile e facile al contempo. Difficile perché questo è un dossier molto complesso e sensibile, sul quale personalmente io ho fatto molto poco. Facile perché la relazione è stata redatta dall'autorevole collega, l’onorevole Bowis, ora convalescente da un grosso intervento di cardiochirurgia effettuato un paio di settimane fa a Bruxelles come abbiamo detto.
A lui va l'enorme merito di aver portato aggi questo dossier a una conclusione tanto positiva, ma anche di aver gettato le basi di tale successo già nell'originaria relazione sulla mobilità dei pazienti, nel giugno 2005. Sono certo di interpretare il suo pensiero ringraziando personalmente il commissario per il suo sostegno, i relatori ombra e la segreteria del nostro gruppo, senza dimenticare l'assistente di ricerca, per l'enorme lavoro che hanno svolto al fine di rendere possibile il consenso su tanti temi controversi. Con il loro aiuto, l’onorevole Bowis ha tentato di far luce in un ambito assai fosco, di fare chiarezza dove prima regnava l'incertezza, in base a due principi indissociabili: innanzi tutto, il paziente viene prima di ogni altra cosa e in secondo luogo, il paziente deve poter scegliere in base alle sue necessità, non ai suoi mezzi.
Da ormai dieci anni, cittadini europei vanno continuamente a battagliare davanti al giudice per far valere il diritto di curarsi in un altro Stato membro. E' evidente che il paziente pretende questo diritto, peraltro sacrosanto. E' inaccettabile dover andare in causa per farlo valere e questa relazione offre l'occasione per porvi rimedio. E' il momento di prenderci le nostre responsabilità di politici, definendo criteri di legge certi che rendano superfluo ricorrere al giudice.
Quasi tutti preferiscono curarsi non lontano da casa, ma vi saranno sempre pazienti decisi a recarsi in un altro Stato membro per farsi curare, per le ragioni più varie. Se la scelta del paziente è questa, dobbiamo garantire che possa farla in base a criteri trasparenti ed equi, che sappia esattamente quanto dovrà pagare, quali standard di qualità e sicurezza attendersi, quali diritti far valere quando qualcosa va storto. La relazione tratta tutti questi problemi.
Sia chiaro: questo diritto del paziente non pregiudica minimamente la capacità degli Stati membri di erogare una sanità adeguata a tutti i cittadini. La relazione non dice agli Stati come organizzare la propria sanità, non detta la qualità da fornire; anzi, tutela gli Stati membri proprio nella salvaguardia dei rispettivi sistemi sanitari nazionali, per esempio con un sistema di autorizzazione preventiva in determinate circostanze.
Ma l'autorizzazione preventiva non va intesa come un pretesto per limitare la scelta del paziente: anzi, una maggior possibilità di curarsi oltrefrontiera dovrebbe stimolare i sistemi nazionali a garantire standard sanitari sempre più elevati.
Attendo ora con interesse le osservazioni dei colleghi nella discussione.
Daniela Filipiová , presidente in carica del Consiglio. – (CS) Onorevoli deputati, sono davvero onorata di essere qui con voi e di poter partecipare a una discussione su temi tanto importanti per la sanità pubblica quali quelli all'ordine del giorno d'oggi. Tra questi, il rispetto dei diritti del paziente nella sanità transfrontaliera, la sicurezza del paziente e le azioni congiunte dell'Unione europea sulle patologie rare.
Inizio dicendo che questi tre temi rientrano fra le priorità della presidenza ceca e che figureranno all'ordine del giorno del Consiglio “Occupazione, politica sociale, salute e consumatori” che si terrà a Lussemburgo il 7 giugno 2009. Accogliamo quindi con grande favore questa discussione.
La presidenza ceca è ben conscia dell'importante ruolo del Parlamento europeo nel processo legislativo in materia di sanità pubblica; comprende l'importanza fondamentale di una stretta cooperazione tra Parlamento e Consiglio. Le vostre relazioni su questi tre temi giungono quindi al momento opportuno.
Vorrei ora dedicare, nell'ottica del Consiglio, due parole alla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sull'applicazione dei diritti dei pazienti nell'assistenza sanitaria transfrontaliera.
Questa presidenza trova del tutto indispensabile garantire la certezza del diritto ai pazienti che si curano in un altro Stato membro e si rifà ai risultati già conseguiti su questo fronte dalla presidenza francese. Il nostro obiettivo è veder approvato questo testo, un testo chiaro e comprensibile agli occhi del cittadino, rispettoso del diritto primario e del principio di sussidiarietà, ma anche dell'obiettivo dichiarato di garantire certezza giuridica ai cittadini europei in merito ai loro diritti al momento di farsi curare all’estero. Tuttavia, occorre soppesare attentamente anche l'eventuale impatto del testo sulla stabilità dei sistemi sanitari nei vari Stati membri.
Data la fondamentale importanza della proposta, in seno alle istanze giuridiche del Consiglio si è dibattuto e si dibatte tuttora intensamente. Ora come ora, quindi, non sono in grado di dirvi se il Consiglio raggiungerà un accordo prima del termine della presidenza ceca, ossia prima del consiglio di giugno. Posso già anticipare però alcune conclusioni generali. La futura direttiva dovrà codificare tutta la giurisprudenza della Corte di giustizia applicabile all'attuazione del principio della libera circolazione di beni e servizi nell'ambio della sanità pubblica, nonché disciplinare il coordinamento dei sistemi di protezione sociale e consentire agli Stati membri di subordinare alla propria autorizzazione la prestazione di cure in un altro Stato membro, o di ricorrere a sistemi di presidio dei cardini del proprio sistema.
Sono principi che si ritrovano nella relazione Bowis sulla proposta di direttiva ora in discussione. Vi sono altri punti in cui Parlamento e Consiglio sono in sintonia: l'importanza di garantire una piena e corretta informazione del paziente in merito alle opzioni di cura transfrontaliere, o l'enfasi sull'elevata qualità delle prestazioni sanitarie erogate.
La presidenza ceca apprezza la cura posta dal Parlamento nella stesura del testo, la cui formulazione è frutto di un intenso, difficile eppure fecondo dibattito in più commissioni competenti. Mi rendo conto che la lettera del testo esprima un compromesso tra più gruppi politici e che raggiungere tale compromesso non sia stato affatto facile. Ringrazio tutti coloro che vi hanno contribuito e il relatore, l’onorevole Bowis, al quale tutti auguriamo naturalmente una pronta guarigione. E' un contributo prezioso al prosieguo del percorso legislativo della proposta di direttiva. Il Consiglio vaglierà in dettaglio il testo della relazione e degli emendamenti, considerando attentamente se recepirli nella posizione comune allo scopo di agevolare un accordo in seconda lettura.
Signor Presidente, onorevoli, come ho ricordato è ancora presto per dire se al consiglio competente, in giugno, emergerà un accordo politico sulla direttiva in causa: il dibattito sulla proposta di compromesso presentata dalla presidenza ceca non si è ancora concluso. Ad ogni buon conto, il Consiglio proseguirà la discussione, tenendo conto della relazione da voi approvata.
Presidente. - Sono certo che il ministro Filipiová non me ne vorrà se informo l'Aula che ella stessa è su una sedia a rotelle.
Androulla Vassiliou, membro della Commissione. - (EN) Signor Presidente, prima di intervenire sui diritti del paziente nella sanità transfrontaliera, rendo un particolare omaggio al relatore Bowis, che purtroppo non può essere qui con noi, ma al quale siamo debitori per il suo lavoro su questo tema. Gli auguro una pronta guarigione, ma anche tanta salute e serenità dopo tutti questi anni di impeccabile impegno al servizio dei cittadini europei.
(Applausi)
Ringrazio anche tutti i relatori ombra per il lavoro costruttivo e, naturalmente, l'onorevole Bushill-Matthews che interviene oggi in sostituzione del relatore.
Ieri, qui a Strasburgo abbiamo celebrato la Giornata europea dei diritti del paziente, in riconoscimento del crescente ruolo del paziente nella sanità e dell'importanza che questi abbia fiducia nelle cure ricevute e ne abbia una buona conoscenza.
Il punto essenziale è: per i pazienti, che cosa può fare l'Unione europea? Abbiamo qui l'occasione di compiere un deciso passo avanti verso la costruzione di un'Europa dei pazienti, per tutti i cittadini che voi, onorevoli, siete chiamati a rappresentare.
Anzitutto, devo dire di apprezzare grandemente il duro lavoro svolto dal Parlamento sull'esame della proposta di direttiva sui diritti dei pazienti nell'assistenza sanitaria transfrontaliera che tra breve voterete. Vi ringrazio e mi congratulo con tutti voi per un dibattito interessante e spesso impegnativo, nonché per i progressi segnati con grande efficienza.
Ricordo ora brevemente la ratio della proposta di direttiva, i suoi principali obiettivi, i principi che la informano. La proposta nasce da un decennio di giurisprudenza della Corte di giustizia, che ha sancito il diritto del paziente al rimborso per le cure ricevute all'estero, anche se quelle stesse cure sono accessibili in patria.
E' un aspetto importante, un diritto che il trattato riconosce direttamente al cittadino. Ma se quelle sentenze erano chiare sul singolo caso individuale, la loro applicazione ad altri casi lo era molto meno. E' così emersa l'esigenza di un quadro legislativo che permetta a tutti i pazienti d'Europa di far valere il proprio diritto al rimborso delle cure transfrontaliere.
Un diritto, questo, che non può limitarsi ai soli pazienti in grado di pagarsi un avvocato e di accedere a informazioni non di pubblico dominio. Dopo un'attenta riflessione e un'ampia consultazione, il 2 luglio del 2008 la Commissione adottava la sua proposta di direttiva.
Anzitutto, lo scopo di fondo è garantire al paziente migliori opportunità di accesso alla sanità in tutta Europa. Al centro stesso di questo disegno di legge è il paziente, sempre nel rispetto della diversità dei sistemi sanitari europei. Voglio essere esplicita: so che vi sono timori, ma questa legislazione non imporrà alcuna modifica nell'organizzazione e nel finanziamento dei sistemi sanitari nazionali.
La direttiva proposta risponde a tre grandi obiettivi: primo, fare chiarezza sulle condizioni per il rimborso, in base al tariffario del proprio paese, delle cure transfrontaliere; secondo, garantire la qualità e la sicurezza della sanità in tutta Europa: terzo, incoraggiare la cooperazione europea fra sistemi sanitari.
Sulla base di questi tre pilastri si può fare molto per il cittadino, specie per chi vuole farsi curare oltrefrontiera, ma anche per tutti i pazienti in generale. Attendo con interesse la vostra discussione.
Iles Braghetto, relatore per parere della commissione per l’occupazione e gli affari sociali. - Signor Presidente, onorevoli colleghi, come possiamo definire questa direttiva? Un’opportunità per i pazienti, per scegliere una cura adeguata e un accesso rapido ai servizi; un’opportunità per i sistemi sanitari regionali, per accrescere la qualità e l’efficacia del proprio servizio sanitario; un’opportunità di maggiore integrazione europea nel settore dei servizi alla persona. Reti di riferimento europeo, standard sulle tecnologie, sviluppo della telemedicina, svilupperanno cooperazioni transfrontaliere già in corso.
Ciò richiede un sistema informativo adeguato, un monitoraggio sulla qualità e sull’efficienza delle strutture sanitarie, una garanzia sulla deontologia professionale degli operatori sanitari, una modalità non burocratica di regolare la mobilità transfrontaliera. La direttiva corrisponde in maniera equilibrata a tali esigenze.
Françoise Grossetête, relatore per parere della commissione per l'industria, la ricerca e l'energia. – (FR) Signor Presidente, Commissario Vassiliou, anche se non è oggi presente in Aula, voglio anzitutto congratularmi con l'onorevole Bowis, rincrescendomi a maggior ragione per la sua assenza poiché conosco il suo coinvolgimento in questa relazione sui diritti dei pazienti. Avrebbe davvero dovuto essere qui con noi.
E' evidente che non stiamo parlando di una nuova direttiva sui servizi, ma di respingere la tesi che a legiferare sia la Corte di giustizia in luogo dei politici: è inaccettabile.
I cittadini europei hanno ogni diritto di farsi curare in un altro Stato membro, ma a certe condizioni. Tengo a rassicurare gli Stati che temono futuri abusi: la direttiva rispetta appieno la sovranità nazionale sui sistemi sanitari. Diversamente da quanto sostengono alcuni detrattori, il testo è pensato per tutti i pazienti e ha l'effetto di ristabilire la giustizia e l'equità in quanto, sinora, solo i più facoltosi hanno avuto la possibilità di farsi curare all'estero.
Con questa direttiva ogni cittadino potrebbe invece farlo, a condizione di farsi rilasciare, nel caso di cure ospedaliere, l'autorizzazione preventiva dello Stato in cui è iscritto alla sanità, ottenendo così il rimborso delle spese secondo il tariffario dello Stato membro di origine.
Se si farà tutto il possibile per prevenire un turismo medico, vi scorgo solo vantaggi. E' questo un enorme passo avanti verso un'Europa della sanità, verso una maggiore equità e una miglior informazione del cittadino sulle cure disponibili, oltre a incentivare la cooperazione sul fronte delle nuove tecnologie sanitarie.
Bernadette Vergnaud, relatore per parere della commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori. – (FR) Signor Presidente, Commissario Vassiliou, onorevoli colleghi, stiamo per esprimerci su un testo per il quale spero e prego ormai da tanto, specie pensando alla mia relazione sull'impatto dell'esclusione dei servizi sanitari dalla direttiva sui servizi.
Ma il recente voto mi ha lasciato l'amaro in bocca. La relazione, come adottata in commissione per l'ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare con il sostegno di quasi tutti i gruppi politici a eccezione dei socialisti, pur con qualche miglioria è solo la mera risposta alle sentenze della corte, non certo alle grandi sfide di politica sanitaria nell'Unione europea, né al problema dell'incertezza giuridica del paziente. Per giunta, si accosta alla sanità con un approccio commerciale.
Sull'incertezza giuridica, mi pare ovvio che l'incoerenza tra le condizioni per l'applicazione di questa direttiva, del regolamento (CEE) 1408/1971 e, ben presto, del regolamento (CE) 883/2004 – adottato ieri – darà adito a nuove sentenze della Corte.
Quanto all'approccio commerciale, lo spirito della relazione è evidente già nella base giuridica, l'articolo 95 che disciplina il mercato interno: la salute come una merce qualsiasi, sottoposta alle stesse leggi della domanda e dell'offerta.
Ciò può solo portare a discriminazioni nell'accesso alla sanità: i più facoltosi e meglio informati potranno scegliere le migliori cure nell'Unione europea, mentre tutti gli altri dovranno arrangiarsi con servizi già indeboliti in tanti Stati membri e che la direttiva non mira minimamente a rafforzare.
Nella stessa logica, l'emendamento n. 67 innesca la concorrenza fra le sanità pubbliche dei vari Stati, dal momento che chiunque, purché paghi, sarà libero di farsi curare, nell’Unione europea, dove gli pare.
E ora giungo alla questione dell'autorizzazione preventiva per le cure ospedaliere, subordinata a una serie di limitazioni per gli Stati membri sebbene tale principio consenta sia di salvaguardare l'equilibrio finanziario dei sistemi sociali, sia di fornire ai pazienti garanzie sulle condizioni di rimborso.
Per tutte queste ragioni, e perché non nutro soverchie illusioni sull'esito del voto d'oggi, vista la strabiliante unanimità...
(Il Presidente interrompe l'oratore)
Diana Wallis, relatore per parere della commissione giuridica. - (EN) Signor Presidente, a nome della commissione giuridica accolgo con favore questa proposta e ribadisco il suo apporto alla certezza del diritto, il che è un bene, ma anche alla scelta del paziente. La nostra commissione ritiene però – lo reputo importante, date le preoccupazioni emerse stamani – che la sussidiarietà sia rispettata e che l'integrità dei sistemi sanitari nazionali non sia dunque inficiata.
Vi è solo un aspetto in cui ci siamo discostati dalla relazione principale: avremmo voluto fare di più per quei pazienti a cui, purtroppo, qualcosa va storto. Le norme sul diritto applicabile e sul foro competente non ci paiono sufficientemente chiare e sarebbe stata necessaria una maggiore attenzione al paziente per rendere possibile, come in altri ambiti, il ricorso al giudice nel paese di residenza e un risarcimento ai sensi del proprio diritto nazionale. E' opportuno rivedere la nostra posizione.
Anna Záborská, relatore per parere della commissione per i diritti della donna e l'uguaglianza di genere. – (SK) Come relatrice della commissione per i diritti della donna e l'uguaglianza di genere, ringrazio l'onorevole Bowis per la stretta cooperazione e le tante discussioni nella preparazione della relazione. Gli auguro naturalmente ogni bene.
La relazione è direttamente legata ai diritti del paziente: il legislatore europeo deve garantire la coerente applicazione della parità tra i due sessi nell'accesso alla sanità. Ogni forma di discriminazione in base al genere da parte di strutture sanitarie, assicuratori o funzionari pubblici è inammissibile. Il rischio insito nel sistema proposto è che la sanità transfrontaliera, che comporta una forma di trattamento preferenziale, venga usufruita soprattutto dai più facoltosi.
Una possibile soluzione consisterebbe in una cooperazione interregionale. Accordi transfrontalieri regionali tra istituti finanziari e strutture sanitarie contribuirebbero all'armonizzazione dei requisiti per il paziente, alla stabilità delle finanze pubbliche e ancor più alla tutela della salute dei cittadini, che per lo Stato rappresenta una priorità.
Avril Doyle, a nome del gruppo PPE-DE. – (EN) Signor Presidente, già nel 1998 la Corte di giustizia europea sanciva il diritto dei cittadini al rimborso delle cure sanitarie ricevute in un altro Stato membro. La relazione, sulla base della proposta del commissario, tenta di chiarire come applicare i principi definiti nella giurisprudenza della Corte di giustizia.
Saluto l'eccellente relazione dell'onorevole Bowis, con le sue intelligenti soluzioni alle legittime preoccupazioni destate dalla proposta originaria. La relazione parte dalle esigenze del paziente, non dai suoi mezzi. La definizione di cure ospedaliere e di autorizzazione preventiva è stata oggetto di dibattito e, mi par di capire, è stata concordata con il Consiglio e la Commissione. Gli standard qualitativi rimarranno di competenza degli Stati membri, mentre gli standard di sicurezza divengono una competenza europea. Per una scelta informata, è essenziale che in ogni Stato membro vi siano centri unici di informazione del paziente; non meno importante, e da aggiungere presto a questa legislazione, è il mutuo riconoscimento delle prescrizioni.
Sebbene inizialmente i servizi sanitari fossero stati inclusi nella bozza della direttiva Bolkenstein sui servizi transfrontalieri, si è colta ben presto la necessità di una direttiva a sé stante su un aspetto tanto importante della sanità, con implicazioni a tutti i livelli nei sistemi dei 27 Stati membri. I pazienti preferiranno sempre farsi curare vicino a casa propria: oggi solo l'uno percento della spesa sanitaria va a coprire cure transfrontaliere. E' un dato da tener presente.
Quando però le circostanze lo impongono, può essere di giovamento ricorrere a cure in un altro paese europeo – specie in regioni di frontiera, in cui magari la struttura più vicina è all'estero dove magari vi è una maggiore esperienza in una malattia rara, o dove una data cura o terapia possono essere somministrate in tempi più brevi. Ma ribadisco senza mezzi termini che la competenza generale in materia di politiche sanitarie e finanziamento della sanità resta, e resterà, una competenza nazionale.
Ho un'osservazione sulla relazione Trakatellis. Sull'emendamento n. 15 regnano preoccupazione e confusione ed io saluto l'occasione del voto per parti separate che consentirà di esprimersi contro la nozione di "eradicazione" delle malattie rare, fonte di tanti timori. Sosterrò però il resto dell'emendamento e l'eccellente lavoro del collega, l’onorevole Trakatellis, sulle malattie rare.
Dagmar Roth-Behrendt, a nome del gruppo PSE. – (DE) Signor Presidente, a nome del mio gruppo auguro anzitutto all'onorevole Bowis una pronta guarigione. So quanto abbia lavorato sodo in commissione sino all'ultimo giorno, quello del voto, e mi auguro che si riprenda presto dall'intervento, e magari di vederlo qui prima della pausa estiva.
Inizierò dicendo che il mio gruppo reputa questa un'ottima relazione. La proposta della Commissione è stata sensibilmente migliorata grazie ai numerosi emendamenti della commissione per l'ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare e alle soluzioni di compromesso raggiunte insieme. Commissario Vassiliou, con la sua squadra ha fatto un ottimo lavoro, ma vi era spazio per migliorarlo e noi ci siamo riusciti.
Siamo riusciti a garantire che tutti i pazienti sappiano ora di avere dei diritti in seno all'Unione europea, esattamente come tutti gli altri. Possono spostarsi, cosa ovvia per ogni lavoratore o studente e per le merci, i servizi o altro ancora. Nel mercato unico, anche i pazienti hanno i loro diritti. E' quanto sancito da questa legislazione, che noi salutiamo senza riserve.
Teniamo, però, a evidenziare gli aspetti della relazione che più apprezziamo, quale ad esempio, il diritto alla libera circolazione dei pazienti per cure non ospedaliere. Ma pensiamo anche che gli Stati membri debbano preservare la competenza sui rispettivi sistemi sanitari, che debbano poter pianificare l'assistenza ospedaliera o specialistica, che non siano tenuti a investimenti insostenibili. Non abbiamo inteso togliere agli Stati tale autorità e tale competenza, né prosciugarne le risorse. E' quindi giusto che per alcuni trattamenti sia richiesta un'autorizzazione preventiva. E' una scelta che il mio gruppo sostiene appieno e vi ritornerò alla fine del mio intervento, un'impostazione corretta, che è poi il segno dell'intera relazione.
Sul piano personale, un elemento che ho molto apprezzato è il fatto che, finalmente, vi saranno reti di riferimento europee. Da quanto tempo andiamo chiedendo che sia chiaro dove, in Europa, si registrino le migliori prassi? Dove un dato trattamento venga eseguito al meglio? Dove siano più bravi? Quale équipe, in quale ospedale e in quale Stato membro abbia una scoperta da comunicare? Ora come ora, tutto ciò è lasciato al caso. Forse ne è a conoscenza una piccola parte della comunità scientifica, ma non certo ogni medico di base. Poter ora migliorare questo stato di cose grazie alle reti europee equivale a un enorme progresso. Simili fonti di informazione consentiranno ogni paziente, in ciascun paese, di informarsi, anche al telefono, chiedendo: "Quali sono i miei diritti?" La comunicazione avverrà ricevuta nella propria lingua e, ai problemi, verranno date risposte. E' un'evoluzione in meglio.
Poiché sto esaurendo il tempo di parola, menziono ancora gli aspetti che la maggioranza del mio gruppo, invece, deplora. Per una vasta maggioranza del gruppo, ciò riguarda due aspetti ritenuti critici anche ai fini del voto di oggi. Primo, vogliamo una base giuridica duplice. Occorre far uso dell'articolo 152 relativo alla sanità per lanciare il messaggio che è questo un problema di politica sanitaria e non solo di libera circolazione. E' una condizione per il nostro assenso.
Secondo, siamo convinti che l'autorizzazione preventiva di cui all'articolo 8, paragrafo 3, non sia definita chiaramente. Se non sarà possibile un miglioramento grazie agli emendamenti che abbiamo presentato, purtroppo il mio gruppo non potrà votare per la relazione, cosa che io personalmente deploro, anche se forse ciò sarà di sprone a far di meglio in seconda lettura se oggi non sarà invece possibile.
Jules Maaten, a nome del gruppo ALDE. – (NL) Questa è una direttiva sui pazienti e questo non sarà mai ribadito abbastanza. In materia di sanità transfrontaliera, si è fatto un gran parlare di tanti altri aspetti, dalla libera circolazione dei servizi sanitari a come trattare il mercato nella sanità. Ebbene, non è questo il tema della relazione.
Il tema è invece quello di un approccio pragmatico: come conformare il sistema a vantaggio del paziente? Se non vi penseremo noi, chi altri mai? Il paziente è già in posizione di debolezza e ora ci manca solo che ora debba ingaggiare bracci di ferro con gelidi burocrati della sanità, che aprono un foglio elettronico e danno un'occhiata alla sua posizione tra dati e statistiche. No, non deve accadere.
Ecco perché questa è anche una direttiva sociale. Le cure transfrontaliere, naturalmente, esistono già da tempo per chi se le può permettere, ma occorre fare qualcosa anche per chi non può. E proprio di questo stiamo parlando oggi, signor Presidente.
E' anche per queste ragioni che il mio gruppo reputa importante l'autorizzazione preventiva, un elemento qui cruciale, Ministro Filipiová. Tra l'altro, apprezzo molto la presenza del Consiglio oggi. Lo scopo dell'autorizzazione preventiva non è impedire le cure transfrontaliere – anzi – ma, semmai, proprio evitare che i sistemi nazionali vengano minati alla base. E' una linea che condividiamo e, su questo fronte, siamo disposti a spingerci più in là del solito. Occorre un compromesso; riteniamo necessarie deroghe in caso di malattie rare o di pazienti in pericolo di vita in lista d'attesa. Vorremmo vedere le cure ospedaliere definite a livello europeo e non separatamente in ogni Stato membro, proprio in ossequio alla certezza del diritto per i pazienti e in seno ai sistemi nazionali.
Inoltre, siamo del parere che i pazienti già malati non si debbano, qualora qualcosa vada storto, imbarcare in lunghi contenziosi legali, ma che vada invece istituito un sistema come un mediatore europeo dei pazienti.
In Commissione per l'ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare vi è stato naturalmente un dissidio al riguardo ed io invito tutti i colleghi della sinistra a metter da parte l'ideologia per questa volta e a permettere l'adozione di una direttiva utile ai pazienti, con un'impostazione pragmatica. Ho ascoltato con grande rispetto le parole dell’onorevole Roth-Beherndt al riguardo.
Infine, un sincero grazie al relatore, l’onorevole Bowis. Ha svolto un lavoro eccellente e spero che si ristabilisca presto.
Salvatore Tatarella, a nome del gruppo UEN. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, oggi noi approviamo una direttiva assai importante, una direttiva che riguarda i pazienti – come è stato già sottolineato – e riguarda tutti i cittadini europei. Proprio alla vigilia delle elezioni europee tutti i cittadini europei possono constatare, ancora una volta, come il Parlamento possa positivamente incidere nella vita di ciascuno di loro.
La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea afferma il diritto alle cure sanitarie, oggi con questa direttiva noi diamo concretezza a questo diritto. E’ un problema che riguarda una moltitudine enorme di cittadini, una recente indagine di Eurobarometro sottolinea che già oggi il 50% dei cittadini europei è disposto a spostarsi per ricevere cure all’estero, nella speranza di trovare un migliore più rapido trattamento della propria malattia, e il 74% dei cittadini ritiene che nel caso in cui si vada all'estero per le cure, queste siano rimborsate dal proprio Stato membro.
Attualmente la materia è disciplinata solo dalle norme nazionali, il cittadino è poco informato sulle possibilità, sui rimborsi e sulle cure possibili all’estero. Infatti, oggi solo il 4% dei cittadini europei si cura all’estero. Una disciplina uniforme, l’Unione europea l’ha soltanto nei casi di trattamento delle cure per emergenze sanitarie occorse all’estero in base al regolamento sulla tessera sanitaria europea.
Oggi il Parlamento risponde positivamente alla domanda di tutela sanitaria da parte di cittadini europei, l’Europa si appresta anche in materia di sanità ad abbattere le frontiere e a dare a tutti i pazienti, la possibilità di scegliere il luogo di cura!
Claude Turmes, a nome del gruppo Verts/ALE. – (FR) Signor Presidente, la direttiva ora in discussione va vista come un complemento alla cooperazione già esistente da trent'anni fra Stati membri e sistemi di protezione sociale.
Nel mio paese, il Lussemburgo, già oggi oltre il 30 per cento delle prestazioni sanitarie sono erogate all'estero e proprio il caso dell'onorevole Bowis, al quale auguro di ristabilirsi pienamente, è l'esempio lampante di un buon uso delle norme esistenti oggi: è stato ricoverato in ospedale a Bruxelles come caso urgente. Ha ricevuto ottime cure e, in quanto cittadino britannico, non avrà difficoltà di rimborso.
Ma allora, che cosa va migliorato con questa direttiva? Anzitutto l'informazione al cittadino: sulle prestazioni, sui centri di eccellenza come magistralmente spiegato dalla onorevole Roth-Behrendt e, soprattutto sula qualità delle cure. Credo che molti Stati membri, fra i quali il mio, debbano fare progressi sui criteri di qualità e sulla qualità dell'informazione sanitaria. Inoltre, ovviamente, se mi trovo all'estero e qualcosa va male, devo avere a chi rivolgermi.
Nel testo attuale tutto ciò è ben disciplinato, ma vi sono tre elementi perfettibili. Primo, riteniamo che il sistema dell'autorizzazione preventiva alle cure ospedaliere abbia un duplice vantaggio: è un grosso passo avanti per il cittadino, che saprà esattamente quando verrà rimborsato e otterrà il prefinanziamento delle cure, ma consente anche la pianificazione nei grandi centri ospedalieri, perché uno buon sistema sanitario non viene creato dalla mano invisibile del mercato: va pianificato.
La seconda esigenza del mio gruppo riguarda la doppia base giuridica, perché non vogliamo che la sanità venga vista alla stregua di un mercato. Deve essere chiarissimo che si tratta di un sistema organizzato, soprattutto dagli Stati membri.
Il terzo elemento riguarda le malattie rare: chiediamo una legislazione specifica. Vista la loro importanza, faremmo un torto ai cittadini di tutta Europa dicendo: "Beh, fatevi un giro in Europa, qualcuno vi curerà". Vogliamo una legislazione in materia. Non una Bolkenstein II, ma un testo che dia certezza giuridica e che serva la maggioranza dei cittadini europei.
Kartika Tamara Liotard, a nome del gruppo GUE/NGL. – (NL) Anch'io desidero ringraziare sinceramente l'onorevole Bowis. Ha svolto un lavoro enorme su questa relazione e spero che si rimetta al più presto.
Devo però dire che la Commissione europea sta tentando, sotto la locuzione fuorviante di "diritti del paziente", di introdurre principi di mercato nella sanità in tutta Europa. Ovviamente il mio gruppo è favorevole ad ampliare i diritti dei pazienti e la loro mobilità nelle regioni frontaliere. Ma noi ci spingiamo ben oltre. Riteniamo che chiunque, ricco o povero, abbia il diritto a un adeguato accesso a una sanità di qualità.
Sono molto in difficoltà per il fatto che la proposta si basi sull'articolo relativo al mercato interno, a dimostrazione di come l'interesse economico prevalga su quello del paziente. Ed è una proposta superflua: il rimborso delle spese è già disciplinato. Va gestito meglio il fatto che alcuni assicuratori e alcuni Stati membri non rispettino gli accordi.
La proposta, inoltre, pregiudica l'uguaglianza in una materia di competenza degli Stati, con il risultato che ad accedere a cure migliori sono solo i più abbienti. Il sistema proposto per il rimborso delle spese in base alle norme del paese d'origine introduce una forma di mobilità che contrasta con il principio della parità di accesso alla sanità. La proposta implica poi il grave rischio che, ben presto, non sarà il paziente ad avere il diritto di farsi curare all'estero, ma saranno invece gli assicuratori, o gli Stati membri, a obbligarlo ricorrere alle cure dove queste costano meno: per il paziente, un obbligo anziché un diritto.
Poiché vi sono 27 Stati membri e 27 sistemi sanitari diversi, la proposta della Commissione, basata unicamente sull'articolo 95 – il celebre articolo sull'armonizzazione – porterà allo smantellamento dei servizi sanitari nazionali e alla fine della competenza nazionale in materia. Per noi, il punto di partenza deve essere la parità di accesso alla sanità tra i pazienti, e non certo dare più spazio al mercato.
Hanne Dahl, a nome del gruppo IND/DEM. – (DA) Signor Presidente, una conseguenza della direttiva sui diritti del paziente nella versione attuale è la difficoltà di tenere sotto controllo la spesa pubblica nella sanità. Chiedo quindi un voto a favore dell'emendamento n. 122 sull'autorizzazione preventiva. Reputo fondamentale che ogni cittadino abbia libertà e parità di accesso alle cure, a tempo debito e in funzione delle sue esigenze. Deve essere quindi il medico a decidere quale trattamento somministrare, e quando.
Purtroppo, questa direttiva esemplifica una tendenza inequivocabile: la trasformazione generalizzata dal cittadino in consumatore. Anziché cittadini in una società basata sul principio del mutuo soccorso, siamo divenuti consumatori in un vasto mercato unico. Ma "cittadini" è sinonimo di "esseri umani" e, proprio come siamo tutti esseri umani, siamo tutti cittadini. Da consumatori, invece, eccoci ridotti a oggetto di azioni di marketing: non più soggetti, ma oggetti. Ma il paziente è un soggetto, non l'oggetto di una campagna di marketing.
Jim Allister (NI). - (EN) Signor Presidente, mi associo ai sinceri auguri espressi al nostro relatore, augurandogli una pronta guarigione e un celere ritorno.
Certamente è interesse di tutti noi ottenere il miglior servizio per i nostri elettori. Per me, però, è essenziale che questa direttiva garantisca un equilibrio tra libera circolazione, sicurezza del paziente e responsabilità. Non ho alcun interesse a promuovere un turismo sanitario e ritengo quindi che l'autonomia nazionale in materia di regolamentazione vada tutelata, evitando un'armonizzazione degli standard verso il basso ma anche un eccessivo carico per le strutture sanitarie a detrimento dei pazienti locali: ciò vale particolarmente per le zone in cui una data specialità risulti presa d'assalto.
Va inoltre trattato adeguatamente il problema delle cure successive a quelle ricevute all'estero: pavento infatti un sovraccarico di servizi quali quelli di fisioterapia, o altri, sotto il peso di una maggior domanda di cure secondarie.
Colm Burke (PPE-DE). - (EN) Signor Presidente, accolgo con grande favore la relazione dell'esimio collega, l’onorevole Bowis, sui diritti dei pazienti nell'assistenza sanitaria transfrontaliera. Mi rincresce che il relatore non possa essere con noi in Aula stamani e gli auguro una pronta guarigione.
Per me è stato un onore poter contribuire a potenziare i diritti nel paziente nelle cure transfrontaliere, delle quali usufruisco io per primo. Ho la fortuna di potermele permettere, ma voglio che anche chi è meno fortunato di me possa usufruire dello stesso diritto di ricevere all'estero le cure del caso senza doversi preoccupare dei costi e con un'adeguata informazione sui propri diritti e sulla qualità delle cure che può attendersi.
La questione dei diritti del paziente nell'assistenza sanitaria transfrontaliera è oggetto di dibattimenti e di pronunce della Corte di giustizia ormai da anni. E' giunto il momento che noi, rappresentanti dei cittadini, sanciamo in modo chiaro e inequivocabile il diritto inalienabile del paziente a una sanità di qualità, a prescindere dalle possibilità economiche o dal luogo di residenza.
Il diritto di accesso a una sanità di qualità va garantito anche vicino a casa; va però riconosciuto che non sempre ciò è possibile, specie in caso di patologie rare per le quali non è detto che nel paese di affiliazione del paziente vi siano cure.
Se si rende necessario recarsi all'estero per farsi curare, ciò non può avvenire con l'angoscia di non poter pagare il conto di terapie spesso costose. Sono lieto che, su tale incertezza, su tale confusione, sia stata fatta chiarezza una volta per tutte. In circostanze normali, ottenuta l'autorizzazione preventiva il paziente si farà carico solo della differenza di costo rispetto alle stesse cure – o a cure analoghe – somministrate in patria.
Per chi deve recarsi all'estero per curarsi, un altro elemento importante è l'informazione sulla qualità e gli standard dell'assistenza in altri Stati membri. Ci siamo prodigati per garantire che il paziente, qualora desideri o debba curarsi all'estero, riceva tale informazione. I punti di contatto nazionali proposti nel testo sono una delle innovazioni chiave e svolgeranno un ruolo essenziale nell'incoraggiare e agevolare la mobilità dei pazienti. Saluto la relazione e confido che venga approvata oggi.
Guido Sacconi (PSE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'on. Roth-Behrendt ha spiegato benissimo qual è la posizione del nostro gruppo, in particolare, ha motivato perfettamente perché noi apprezziamo moltissimo la tanta strada che è stata compiuta per migliorare questo testo. Ma ha anche spiegato bene quanto sia importante quell’ultimo miglio che rimane da percorrere, doppia base legale e una più chiara e forte possibilità di diritto per gli Stati membri di avere autorizzazione preventiva sulle cure ospedaliere.
Allora, non giriamo insomma intorno a quei discorsi, conosciamo benissimo questa direttiva, ne abbiamo discusso da mesi. Io rivolgo due domande eminentemente politiche, perché è il momento delle decisioni. La prima, alla Commissaria Vassiliou: cosa ne pensa esattamente la Commissione sulla doppia base legale. Secondo, mi rivolgo in particolare al gruppo del PPE – mi dispiace che non ci sia il mio amico John Bowis con cui abbiamo risolto tanti e tanti dossier nel corso di questa legislatura, come coordinatore dei principali gruppi della commissione ambiente, e anch’io naturalmente gli auguro un pronto ristabilimento – domando al PPE e anche credo al gruppo liberale: ma ritenete più utile andare alla seconda lettura senza il voto del PSE? Senza una grande maggioranza?
Allora io vi invito a riflettere seriamente per quanto riguarda la doppia base legale sugli emendamenti 116 e 125 e per quanto riguarda l’autorizzazione preventiva sul 156/118. Se vengono approvati questi documenti noi voteremo a favore; altrimenti sarà impossibile. Valutate e scegliete voi qual è lo scenario che preferite.
Karin Riis-Jørgensen (ALDE). - (DA) Signor Presidente, siamo in piena campagna elettorale per le europee e in questa campagna va costruito un rapporto più stretto con il cittadino. Ecco un atto di legge che ha proprio questo effetto: cogliamone l'occasione e poniamo al centro il paziente. Essendo uno dei relatori per il gruppo ALDE, mi sono concentrata su un cittadino-tipo che tutti voi, nelle vostre circoscrizioni, riconoscerete subito. Vengo da un paese in cui, andando al supermercato, incrocio sempre qualche fattorino in sella a un motorino con una cassetta di legno sul portapacchi. Ecco il cittadino-tipo interessato dalla mobilità del paziente: chiunque deve potersi curare all'estero, a prescindere dalla busta paga o dai soldi che ha messo via. I pazienti disposti a simili viaggi sono in realtà pochi: sono quelli senza più speranze.
Comunque, se il nostro fattorino può permettersi di andare all'estero ciò non significa che debba farlo di tasca propria. Per fortuna, in questo Parlamento vi è ampio consenso sul fatto che a pagare non debba essere il singolo paziente, con i propri soldi. E' questo un vero progresso rispetto alla proposta della Commissione. Il principale emendamento del gruppo ALDE riguardava la nomina di un mediatore europeo dei pazienti e vi ringrazio di averlo recepito. Tale mediatore avrà appunto il compito di garantire che i cittadini europei, i pazienti, possano far valere i diritti riconosciuti da questa legislazione. La palla passa ora al Consiglio, nel campo di quegli stessi ministri che non fanno che ripeterci che dobbiamo essere più a contatto con i cittadini. Ma io dico che è l'Unione europea a dover essere più a contatto con i cittadini. Ecco un'occasione servita su un vassoio d'argento: forza, non facciamocela sfuggire!
Ewa Tomaszewska (UEN). – (PL) Signor Presidente, definire i diritti dei pazienti nell'assistenza sanitaria transfrontaliera è un compito urgente. I pazienti hanno il diritto di sapere su che base riceveranno assistenza, a prescindere dal fatto che si ammalino improvvisamente durante un viaggio o che debbano recarsi presso strutture di un altro paese dell'Unione europea perché in difficoltà a ottenere determinate prestazioni sanitarie nel proprio.
Devono essere informati delle spese in cui rischiano di incorrere e delle possibilità di prefinanziamento. E devono vedersi garantito l'accesso a un'informazione attendibile sulla qualità delle prestazioni erogate presso strutture suggerite. E qui penso alle reti di rifermento e ai punti di contatto. In caso di danno da cure inadeguate, il paziente va informato dei propri diritti, così come va informato sul mutuo riconoscimento delle prescrizioni. Per una valutazione in proposito, sarà utile il monitoraggio dell'assistenza sanitaria transfrontaliera. Auguro all'onorevole Bowis una pronta guarigione.
Margrete Auken (Verts/ALE). - (DA) Signor Presidente, desidero ringraziare l'onorevole Bowis per l'eccellente lavoro svolto nel gestire negoziati tanto complessi. Uno dei punti più delicati riguardava l'assistenza a pazienti con patologie rare – tema del quale parleremo nella seconda parte della mattinata. Tutti noi intendiamo garantir loro le migliori opzioni terapeutiche esistenti e, naturalmente, ci rendiamo conto che la cooperazione europea porterà grandi benefici al riguardo. Ma non servirebbe a nulla se ci limitassimo a far viaggiare i pazienti per l'Europa, senza consentire al paese di origine di esercitare un controllo su tali spostamenti, sul piano sia sanitario, sia finanziario. Se adottato nella presente forma, il testo riconoscerà ai pazienti affetti da patologie rare il diritto di recarsi all'estero e di ricevere ogni cura, a spese del paese d'origine. Ma come controllare la spesa? Come garantire che il paziente non riceva cure inadeguate, o in eccesso? Dopotutto, è lasciato nelle mani degli operatori sanitari. E vi è il rischio di contenziosi con il paese d'origine, che magari si rifiuterà di pagare con il pretesto che quella patologia non sia abbastanza rara. E non abbiamo ancora raggiunto un accordo su come identificare quella fascia di popolazione sanitaria. In materia, preferiremmo di gran lunga una legislazione a sé stante, proprio per assicurare a chi soffre di patologie rare un'assistenza ottimale.
Adamos Adamou (GUE/NGL). - (EL) Signor Presidente, desidero augurare anch'io all'amico e collega, l’onorevole Bowis, una pronta guarigione, ogni bene e, al contempo, ringraziarlo per il suo enorme lavoro.
Inizierò dicendo che non abbiamo obiezione alcuna a una sanità transfrontaliera. Anzi, noi riconosciamo la necessità per gli Stati membri di far uso delle competenze riconosciute loro dall'articolo 152 del TUE. Purtroppo, questa direttiva ha come base l'articolo 95 e mi attendo che il commissario ci chiarisca la questione della base giuridica.
Noi non vogliamo veder applicata una politica che favorisca i pazienti economicamente privilegiati a detrimento dei ceti meno abbienti. Ora l'onorevole Maaten non c'è, ma non penso che ricordare il rischio di una sanità a due velocità sia segno di rigidità ideologica.
Il nostro obiettivo deve essere una sanità egalitaria, senza ingerenze dell'Unione europea nei sistemi di protezione sociale e senza mirare a mercantilizzare il settore della sanità.
Urszula Krupa (IND/DEM). – (PL) Signor Presidente, la disciplina delle cure ricevute in altri Stati membri dell'Unione europea, che entrerà in vigore con l'adozione della direttiva sull'applicazione dei diritti dei pazienti nell'assistenza sanitaria transfrontaliera, equivarrà a un'ingerenza comunitaria nei sistemi sanitari, in contrasto con precedenti disposizioni. Per giunta, per i pazienti facoltosi si creeranno opportunità di cure, ma si ostacolerà l'accesso alla sanità soprattutto per i pazienti degli Stati membri più poveri. L'attuale governo liberale in Polonia persegue proprio questa strategia: garantire all'élite particolari privilegi nell'accesso a una sanità di qualità. Ciò sta portando alla privatizzazione di strutture sanitarie pubbliche e sta privando dell'opportunità di curarsi il grosso della società. Con buona pace della Corte di giustizia, la salute umana non è un bene commerciabile, ma un diritto inalienabile che va garantito da servizi sanitari di Stato, secondo il principio del rispetto e della tutela della salute e del diritto alla vita, in base al valore inalienabile di ogni essere umano.
Andreas Mölzer (NI). – (DE) Signor Presidente, diritti pensionistici, sussidi di disoccupazione e assistenza sanitaria: a quasi 25 anni dagli accordi di Schengen, tutto ciò continua a zoppicare. In estate, i turisti vengono spesso spennati in modo scandaloso, costretti a saldare sul posto parcelle esorbitanti che al rientro in patria, in uno Stato membro, vengono rimborsate solo in parte, o per nulla.
Spesso la tessera sanitaria europea non viene accettata, purtroppo, e il saldo dei pagamenti tra Stati membri non funziona davvero. Specie in epoche di ristrettezze di bilancio, però, il paziente va messo maggiormente al centro dell'assistenza sanitaria. A tale scopo vanno naturalmente rafforzati i suoi diritti. Non è affatto certo che, in situazioni di emergenza, il paziente sia in grado di farsi rilasciare l'autorizzazione preventiva per il rimborso delle spese sanitarie. Se non si fa altro che tagliare sul personale medico per contenere i costi, il nostro sistema sanitario prende una brutta piega. Sì, quindi, una miglior cooperazione, a condizione che non degeneri in una corsa a ostacoli contro la burocrazia.
Péter Olajos (PPE-DE). – (HU) "Chi sa usare il martello vede chiodi dappertutto", recita un detto. Ecco come mi pongo davanti alla crisi: vedo segnali di crescita e di ripresa ovunque.
Penso che questa legislazione schiuderà un'ampia gamma di opportunità. Oltre a rivoluzionare l'assistenza sanitaria, può ridare slancio alla creazione di posti di lavoro e allo sviluppo economico. L'introduzione della mobilità del paziente non avrà un impatto solo sulla sanità; può avere molteplici effetti benefici, dall'offerta culturale del paese ospitante alla ristorazione. Anzi, può comportare la creazione di migliaia di posti di lavoro anche nel settore ricettivo, con un aumento del reddito non solo nel settore sanitario, ma anche nei servizi dell'indotto.
Analogamente, anche nei servizi finanziari è lecito attendersi una crescita. Per funzionare, il nuovo sistema abbisognerà di stanze di compensazione, broker sanitari, pubblicità, assicuratori, interpreti e traduttori. Durante una riabilitazione, l'intera catena del turismo sanitario ne trarrà giovamento. Il principale beneficio di questa normativa è che configura una situazione doppiamente vantaggiosa, perché lo Stato membro che non volesse che i propri cittadini usufruiscano di questa opportunità dovrà migliorare la propria assistenza sanitaria e tagliare i tempi d'attesa. Se uno Stato membro attrae pazienti esteri, ciò comporta un afflusso monetario per il paese e per il suo settore sanitario, a tutto vantaggio della qualità delle cure offerte al paziente.
Da deputato ungherese, ritengo che la promozione del turismo sanitario tramite la mobilità dei pazienti in Europa rappresenti un'eccezionale opportunità. Sono già numerosi i pazienti che, dall'estero, vengono a farsi curare in Ungheria, ma soprattutto sul piano della copertura vi è stata una certa confusione. Molto è dipeso dalle più recenti normative dei paesi di origine. Sono certo che questo regolamento migliorerà la qualità di vita di tutti noi. Auguro all'onorevole Bowis una pronta guarigione e, per inciso, ricordo che anche lui, in passato, si è curato a lungo in Ungheria. Mi congratulo per questa legislazione e sarà per me un piacere sostenere una relazione tanto eccellente.
Anne Van Lancker (PSE). – (NL) Onorevoli colleghi, per una buona politica sanitaria ciò che più conta è che tutti possano ottenere cure adeguate e a costi abbordabili, preferibilmente vicino a casa. Ma se solo l'1 per cento dei pazienti si reca all’estero per farsi curare, lo si deve all'incertezza sulla qualità e sul tema dei rimborsi.
Ecco perché questa direttiva è una buona notizia, specie per chi abita in regioni di frontiera, per i pazienti in lunghe liste d'attesa, per chi è affetto da condizioni trattabili meglio all'estero. Ma il diritto del paziente di curarsi all'estero non deve minacciare la capacità degli Stati membri di organizzare e finanziare adeguatamente la propria sanità, dato che ciò e fondamentale per un'adeguata assistenza sanitaria universale. Il Parlamento fa dunque bene a mettere i puntini sulle "i". Citerò tre esempi.
Primo: questa direttiva disciplina, e giustamente, solo la mobilità dei pazienti, non quella degli operatori sanitari. Lo scopo non deve essere la creazione di un mercato dei servizi sanitari e, da questo punto di vista, la relazione va benissimo.
Secondo: gli Stati membri devono poter decidere autonomamente delle prestazioni erogate e dei rimborsi. Aspetto che la direttiva affronta molto bene.
Terzo: il rimborso delle prestazioni ambulatoriali va semplificato, ma nel caso di prestazioni ospedaliere o specialistiche occorre l'autorizzazione preventiva, poiché sono prestazioni costose. Un paese che desideri garantire un'assistenza sanitaria universale deve poter fare questo tipo di pianificazione. Su questo punto, onorevole Bushill-Matthews, la relazione manca l'obiettivo, perché fissa ancora troppe condizioni per l'autorizzazione preventiva, complicando la vita agli Stati membri. Appoggio i colleghi che l'hanno definito un aspetto determinante per il placet del mio gruppo alla direttiva.
Infine, due parole a sostegno della doppia base giuridica, perché l'assistenza sanitaria è davvero una responsabilità pubblica degli Stati nei confronti della popolazione e non può essere lasciata al libero mercato. Con queste puntualizzazioni, spero giungeremo al traguardo.
Elizabeth Lynne (ALDE). - (EN) Signor Presidente, perché mai, per esempio, nel Regno Unito si deve rischiare di perdere la vista in attesa dell’operazione di cataratta, quando questa potrebbe essere eseguita facilmente in un altro Stato membro? Perché mai chi attende con angoscia la protesi all’anca non potrebbe sfruttare il fatto che in altri Stati membri non vi sono liste d’attesa – e magari con costi anche inferiori rispetto al proprio paese? Perché certi cardiopatici dovrebbero aspettare inutilmente mesi per l’angioplastica? Se il medico prescrive un trattamento che in patria non è possibile, occorre allora un quadro normativo che permetta al paziente di rivolgersi altrove.
Come abbiamo visto, troppo spesso sono i meno abbienti a vedersi discriminati e penalizzati nell’accesso alla sanità. Ecco perché sono lieta che il relatore abbia accolto il mio emendamento che ribadisce la responsabilità degli Stati membri rispetto all’autorizzazione e al pagamento delle cure in un altro paese.
La sanità transfrontaliera non può essere ristretta a chi se la può permettere. Né vanno esclusi i disabili: sono lieta che molti miei emendamenti al riguardo siano stati recepiti. I diritti e la sicurezza del paziente vengono prima di ogni cosa. Ecco perché, ancora una volta, mi compiaccio che il relatore abbia accolto i miei emendamenti sulla regolamentazione dei professionisti della sanità. Ricordo ai colleghi che queste proposte hanno l’effetto di tutelare quello che è un diritto già riconosciuto al cittadino dell’Unione europea già da qualche anno in una sentenza della Corte di giustizia.
Infine, auguro all’onorevole Bowis una pronta guarigione. La sua vicenda mostra l’importanza di una cooperazione fra gli Stati membri.
Jean Lambert (Verts/ALE). - (EN) Signor Presidente, è da tempo che sono in difficoltà su questa direttiva, perché il titolo non rispecchia i contenuti. In alcuni interventi abbiamo sentito parlare di nuovi posti di lavoro eccetera, e ciò non fa che rafforzare i miei timori. Molti degli aspetti in gioco riguardano come sappiamo la libertà di scelta e il pagamento: non è solo un problema di sanità, quindi, ma anche di protezione sociale.
Questa settimana abbiamo aggiornato il regolamento facente parte del sistema che già consente la cooperazione e che già evita, in caso di urgenza, il diniego delle cure in un altro Stato membro. Esorto i colleghi a leggere ciò che dice il regolamento ora.
E’ una direttiva sul diritto di scelta e sul finanziamento della scelta del paziente: esorto i colleghi a non fare confusione tra i due diversi sistemi, come avviene in alcuni emendamenti. A mio avviso, proprio perché abbiamo queste due diverse filosofie occorre una doppia base giuridica.
Jens Holm (GUE/NGL) . – (SV) Signor Presidente, la relazione poggia su basi completamente sbagliate: l’articolo 95 del trattato, che tutela il libero mercato e che non c’entra nulla con la sanità pubblica o con i pazienti. Il diritto a un’assistenza adeguata in tutti gli Stati membri va ritenuto una priorità assoluta, ma ecco che la Commissione invece parte dal presupposto di un mercato in cui la sanità viene trattata come qualunque altra merce. La direttiva privilegia i cittadini in grado di pagare a caro prezzo viaggio e alloggio, i più informati e i più introdotti nella burocrazia sanitaria. E’ una direttiva per i ricchi, per gli istruiti, non perché invece ha più bisogno.
Qualcuno potrebbe credere che l’emendamento presentato dalla commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare sull’autorizzazione preventiva delle cure da parte degli Stati membri sia un buon emendamento. Peccato però che sia infarcito di restrizioni e che, per poterlo applicare, sulle spalle dello Stato membro gravi un pesante onere della prova. La pianificazione pubblica sarà più difficile e i sistemi sanitari nazionali rischiano di vedersi prosciugati.
In ultima istanza, a stabilire se le autorizzazioni preventive rilasciate dagli Stati membri siano congrue saranno Corte di giustizia e Commissione. Se la direttiva si baserà sull’articolo 95, relativo al mercato, il criterio ultimo sarà appunto il mercato, non la sanità.
Johannes Blokland (IND/DEM). – (NL) Negli ultimi cinque mesi, su questa relazione sui diritti dei pazienti nell’assistenza sanitaria transfrontaliera si è lavorato molto. Ringrazio il relatore, l’onorevole Bowis, per tutto il lavoro svolto e gli auguro un pronto ristabilimento.
La sanità transfrontaliera è una realtà e, al riguardo, vanno tutelati i diritti del paziente. Senza però esagerare: la sanità deve restare una competenza degli Stati membri. La cooperazione a livello di Unione europea non deve andare a detrimento della qualità delle cure, o delle scelte etiche e di principio dei vari Stati membri. Va salvaguardata la diversità etica e sono lieto che la relazione affronti il problema.
Quello della base giuridica è un punto difficile. Trovo infelice la scelta dell’articolo 95, come suggerito anche dalla commissione giuridica. A mio avviso, però, è una scelta contraria al principio di sussidiarietà in questo campo di intervento, una scelta che rende più difficile per gli Stati membri scegliere in autonomia senza che intervenga la Corte di giustizia.
Lydia Schenardi (NI). – (FR) Signor Presidente, il 2 luglio 2008 la Commissione ha presentato un progetto di direttiva sull’applicazione dei diritti dei pazienti relativi all’assistenza sanitaria transfrontaliera, nel tentativo di superare le barriere esistenti.
Si tratta di una priorità per tutti gli Stati membri. Non tutti, però, hanno le risorse necessarie per garantire ai pazienti un dato livello di qualità e sicurezza, sia nelle cure, sia nell’abilità professionale degli operatori sanitari. Vanno quindi precisate le responsabilità degli Stati membri al riguardo.
Stante l’eterogeneità organizzativa della sanità nell’Unione europea, non si dimentichi che la salute deve rimanere una competenza squisitamente nazionale e che ogni Stato è libero di definire la propria politica sanitaria.
Tenendo però conto della mobilità del lavoro in Europa – pur se interessa solo il 3-4 per cento dei cittadini per un valore di meno di 10 miliardi di euro annui – restano dubbi circa la qualità e la sicurezza dell’assistenza, i diritti del paziente, la protezione dati e le vie di ricorso in caso di lesioni.
Purtroppo si profila un’inevitabile armonizzazione al ribasso: resteremo quindi estremamente vigili nel nostro sostegno alla relazione, per meglio difendere le conquiste sociali dei nostri concittadini.
Pilar Ayuso (PPE-DE) . – (ES) Signor Presidente, anzitutto esprimo il mio apprezzamento verso l’impegno dell’onorevole Bowis nella ricerca del consenso e gli auguro di cuore un pronto ristabilimento.
La bozza di documento che stiamo per votare segnerà un netto passo avanti: gli Stati membri ingaggiano un progetto di sanità condivisa. E’ una problematica complessa: nell’Unione europea, la sanità è una competenza sottoposta al principio di sussidiarietà. Ma con questa bozza abbiamo abbattuto tale barriera, e l’abbiamo fatto proprio pensando al paziente.
E’ una grande conquista: senza entrare nel merito della base giuridica, la direttiva riconosce i diritti irrefutabili del paziente e schiude una nuova gamma di opportunità nell’accesso a cure migliori.
E’ una direttiva sui pazienti e per i pazienti.
E’ una direttiva molto complessa, che in paesi come il mio desta diffidenze, che affronta il tema di una sanità universale per oltre un milione di cittadini comunitari.
Al riguardo, in sistemi sanitari come il nostro va chiaramente riconosciuto che il paziente in visita non deve avere più diritti del cittadino del paese in cui sono prestate le cure.
Abbiamo così introdotto un emendamento alla relazione nel quale chiediamo che i pazienti provenienti da altro Stato membro devono assoggettarsi alle norme e regolamenti dello Stato in cui vengono erogate le prestazioni, specie per quanto riguarda la scelta del medico o dell’ospedale.
In questo modo, diviene chiaro che l’afflusso di pazienti da altri Stati membri non può tradursi in discriminazioni nei confronti dei pazienti del paese in cui sono prestate le cure.
Né si può garantire al paziente un diritto a viaggiare senza limitazioni.
Sosteniamo poi la proposta di escludere dalla direttiva il trapianto d’organi.
In conclusione, lo ritengo un importante passo avanti e, per questa ragione, il gruppo PPE/DE presta il proprio sostegno alla direttiva. Avremmo però voluto che si spingesse oltre, segnatamente sulla posizione dei cittadini europei residenti in un altro Stato membro, specie se affetti da patologie croniche.
Edite Estrela (PSE). – (PT) Signor Presidente, gli onorevoli Roth-Behrendt e Sacconi hanno già illustrato chiaramente la posizione del nostro gruppo: reputiamo essenziale il cambio della base giuridica.
Signor Commissario, la sanità non è una merce e non capiamo quindi perché la Commissione non abbia previsto l’articolo 152 del trattato CE. Inoltre, l’autorizzazione preventiva alle cure ospedaliere o specialistiche è fondamentale per tutelare il paziente: solo con tale obbligo può essere garantita una sanità sicura e di qualità.
Concludo augurando al relatore un pronto ristabilimento. Il suo caso è la riprova che la sanità transfrontaliera funziona già oggi, anche senza questa direttiva.
Siiri Oviir (ALDE) . – (ET) Signor Presidente, onorevoli deputati, tra i legali vi è un detto: dove ci sono due avvocati, ci sono tre pareri. Non voglio gettare il dubbio sulle sentenze della Corte, ma non accetto che, sinora, a decidere in materia di mobilità dei pazienti siano stati i giuristi. Ogni assistenza medica, a prescindere dalle caratteristiche specifiche, rientra nel campo di applicazione del trattato sull’Unione europea.
L’obiettivo del pacchetto sociale che abbiamo approvato l’anno scorso non verrà centrato, se non approveremo una parte tanto importante quale i diritti del paziente nell’assistenza sanitaria transfrontaliera. Come rappresentanti eletti, abbiamo il dovere di garantire la certezza delle politiche e del diritto in questo importante campo. La direttiva in discussione, se approvata, non farà venir meno le disuguaglianze nei sistemi sanitari degli Stati membri, ma segna un importante passo verso l’equità e l’uguaglianza tra i pazienti.
Non è accettabile spendersi per l’equità in teoria, per poi in pratica snobbarla per ragioni di conti pubblici. Le restrizioni di ordine finanziario, per giustificate che siano, non possono legittimare l’inosservanza, o la messa a repentaglio, dei diritti del paziente. In conclusione, desidero ringraziare il relatore Bowis per un lavoro responsabile e altamente competente.
Roberto Musacchio (GUE/NGL). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, innanzitutto auguri di cuore a John Bowis. La cartina tornasole di questa direttiva è la sua base giuridica.
Se si tratta di garantire il diritto di tutti a farsi curare al meglio ovunque, cosa centra la base giuridica del mercato? Dovrebbe essere il diritto della salute a fare da base giuridica. E il diritto alla salute dovrebbe prevedere innanzitutto il diritto a essere curati al meglio nei propri paesi, cui andrebbero dati standard europei di qualità, non nascondendosi dietro la sussidiarietà.
Ma se c’è invece la base giuridica del mercato, si può pensare che si voglia fare la Bolkenstein della salute e guardare agli interessi delle assicurazioni o di chi vuole fare profitti sulla salute.
E’ dunque incredibile che emendamenti parlamentari proprio sul tema cardine della base giuridica rischino di essere considerati non ammissibili e ciò richiede una chiarificazione indispensabile anche da parte del Commissario prima che si eserciti il voto in Aula.
Kathy Sinnott (IND/DEM). - (EN) Signor Presidente, abbiamo lavorato sodo per garantire che chi è malato riceva le cure del caso, chiunque sia e ovunque si trovi.
Purtroppo, è stato fatto molto lavoro anche per garantire che così non sia. Nella direttiva, l’autorizzazione preventiva delle autorità sanitarie anteposta alla diagnosi del medico vanifica i diritti del paziente e ci riporta al punto di partenza. E’ stata proprio l’autorizzazione preventiva a spingere i pazienti davanti al giudice europeo ed è per quelle sentenze che oggi siamo qui con questa direttiva.
Rieccoci al punto di partenza: si continuerà a morire in base alla geografia. Le autorità sanitarie, come quelle del mio paese, l’Irlanda, continueranno a negare l’autorizzazione alle cure all’estero ai sensi della direttiva, proprio come fanno con l’attuale modulo E112 che ci eravamo prefissi di perfezionare.
Ria Oomen-Ruijten (PPE-DE). – (NL) Signor Presidente, anzitutto faccio i migliori auguri all’onorevole Bowis. In questa direttiva, al centro è il paziente, il cittadino più combattivo e determinato a scegliere il trattamento migliore, tanto meglio se vicino, ma anche più lontano se del caso.
Per questa legislazione dobbiamo ringraziare i cittadini dell’Unione europea più coraggiosi, che sono ricorsi alla Corte di giustizia per ottenere trattamenti e cure adeguate in un altro Stato membro quando il loro li ha lasciati soli. La sentenza della Corte ha dato loro piena ragione. Oggi stiamo solo codificando in legge la giurisprudenza della Corte, e stiamo enunciando le specifiche condizioni alle quali il cittadino che si fa valere abbia diritto alla sanità transfrontaliera.
E’ questa una direttiva eccezionale per chi vive in zone di frontiera, una splendida notizia per chi è affetto da patologie rare, o per chi è su lunghe liste d’attesa con l’angoscia che in settembre l’anca ceda. Ora costoro possono scegliere.
Sono migliorate le disposizioni in materia di informazione, abbiamo definito con più esattezza le regole sui rimborsi, abbiamo introdotto le reti di riferimento europee per garantire una sanità di miglior qualità. Abbiamo previsto la risoluzione dei contenziosi davanti a un mediatore, sebbene vi fossero anche altre strade come per esempio il sistema olandese per la ricomposizione delle controversie nella sanità, varato di recente. Vi è la possibilità di sperimentazioni regionali e in Limburgo, la mia regione, saremmo lieti di partecipare. Va evidenziato che i sistemi sanitari dei vari paesi sono stati lasciati invariati: il cittadino ha il diritto di scegliere e, per me, la libertà di scelta è una cosa importante.
María Sornosa Martínez (PSE). - (ES) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli, grazie anzitutto al relatore, l’onorevole Bowis, e ai relatori ombra per il loro lavoro; all’onorevole Bowis, auguri di pronta guarigione.
Credo che questa direttiva abbia segnato il tentativo di definire un quadro normativo più ampio delle attuali disposizioni, che già riconoscono il diritto dei cittadini di ricevere assistenza in altri Stati membri, codificando la giurisprudenza della Corte di giustizia. Ma non centra tale obiettivo, perché genera più incertezza giuridica perché la mobilità transita in due canali che non si escludono a vicenda: le regolamentazioni e la direttiva. E perché manca una chiara definizione dei diritti fondamentali: portafoglio dei servizi, prestazioni a carico della protezione sociale, autorizzazione preventiva necessaria e indispensabile. La sola base giuridica è quella del mercato interno.
Onorevoli deputati, è inammissibile che un principio tanto universale, l’accesso alla sanità, venga sancito solo in base alle norme sul mercato unico. Ciò mette a repentaglio i sistemi sanitari di tanti Stati membri e, soprattutto, in questo modo non si danno risposte al cittadino su un diritto tanto basilare, un diritto di tutti.
Holger Krahmer (ALDE). – (DE) Signor Presidente, onorevoli deputati, sentenziando che il paziente ha diritto al rimborso per le cure ricevute all’estero, la Corte di giustizia ci ha assegnato un compito ben preciso. Al riguardo, Commissario Vassiliou, la proposta della Commissione è eccellente e va appoggiata. Deploro quanto accaduto in questo Parlamento nelle ultime settimane attorno a questa direttiva. Sono stati evocati gli spauracchi del mercato e di assurdi legami con la direttiva sui servizi. Alcuni emendamenti – e lo dico da persona cresciuta nella ex RDT – mi hanno fatto gelare il sangue. In uno, per esempio, si dice che gli Stati membri possono adottare misure adeguate per bloccare i flussi di pazienti. Ma come si fa a ragionare così? Volete tante nuove cortine di ferro? Ed è ancora singolare che simili proposte siano giunte, manco a farlo apposta, dal gruppo Verde/Alleanza libera europea.
Qui stiamo parlando di Europa sociale, tema tanto in voga di questi tempi – tanto caro a tanti membri del Gruppo socialista in questo Parlamento. Bene, a mezzogiorno ci sarà la prova del nove, che chiarirà se, dal nostro punto di vista, siano in gioco i diritti del paziente o se preferiamo seguire le burocrazie sanitarie nazionali nella loro miopia.
Frieda Brepoels (PPE-DE). - (NL) In Europa la salute diviene sempre più importante e penso proprio che i pazienti si attendano una maggior certezza dei propri diritti, ma anche un’informazione adeguata e puntuale. Questa proposta sulla mobilità dei pazienti non giunge certo anzitempo visto che la attendiamo da un pezzo. Mi rincresce che proprio colui che ha dedicato gran parte della sua carriera a questa materia sia ora assente per ragioni, appunto, di salute. Di vero cuore, mi associo agli auguri di pronta guarigione all’onorevole Bowis.
Desidero concentrarmi su una serie di aspetti positivi che tutelano l’interesse del paziente. L’istituzione di un punto di contatto nel paese del paziente, al quale rivolgersi per ogni informazione, o di un mediatore dei pazienti, e i benefici di scala recati da una miglior cooperazione fra Stati membri comportano decisamente un valore aggiunto per i pazienti, specie se affetti da patologie rare.
Quanto poi alla vexata queaestio dell’autorizzazione preventiva alle cure ospedaliere, ritengo sia stato raggiunto un compromesso intelligente, a beneficio sia del paziente, sia dell’assicuratore sanitario. Ma per tenere sotto controllo il fenomeno inverso, quello di un eccessivo afflusso di pazienti – aspetto importante per la mia regione, le Fiandre – la relazione dice a chiare lettere che un ospedale non può mai essere obbligato ad accogliere pazienti dall’estero, se i cittadini del paese finiscono invece in lista d’attesa.
Vivendo al crocevia tra Fiandre, Paesi Bassi, Germania e Vallonia, sono lieta della richiesta alla Commissione di designare alcune regioni frontaliere quali aree di prova per progetti innovativi in materia di sanità transfrontaliera. Credo che i risultati di tale sperimentazione saranno utilissimi ad altre regioni. Spero che l’Euroregione possa fungere da esempio in tal senso.
Dorette Corbey (PSE). - (NL) Inizio con un grazie all’onorevole Bowis per l’energico, indefesso impegno a favore della sanità pubblica e della mobilità del paziente, e gli auguro una pronta guarigione.
L’assistenza sanitaria è una competenza nazionale, ma vi sono punti di contatto con l’Europa. I pazienti conoscono le possibilità terapeutiche in altri paesi e vogliono usufruire dei servizi all’estero. E’ certo il caso di pazienti in regioni frontaliere, o con lunghe liste d’attesa nel proprio paese.
Non vi è nulla di sbagliato nel farsi curare all’estero, ma è una prassi che va regolamentata. Anzitutto, non può portare a un turismo sanitario forzato. Non sarebbe ammissibile che gli assicuratori facciano pressioni al paziente per andare a curarsi altrove, a costi inferiori.
In secondo luogo, deve esservi una qualità minima garantita. Chiunque faccia trattare pazienti all’estero deve fornire informazioni adeguate ed accertarsi del livello di qualità.
In terzo luogo – cosa molto importante – gli Stati membri debbono riservarsi il diritto di imporre l’autorizzazione preventiva. La sanità non è un libero mercato e per preservare i servizi esistenti occorre fare pianificazione, occorre che gli ospedali sappiano che flussi di pazienti attendersi.
A mio avviso, ciò che più conta è che la direttiva contribuirà a garantire che ad attraversare la frontiera saranno soprattutto le metodiche terapeutiche. Vi è oggi grande disparità tra gli Stati membri, e questa non viene certo risolta spedendo i pazienti oltrefrontiera, ma con scambi terapeutici e anche su questo la direttiva può rivelarsi utile.
Zuzana Roithová (PPE-DE). – (CS) Ministro, onorevoli, da anni vado criticando il fatto che sia la Corte di giustizia a determinare il diritto dei pazienti al rimborso delle spese all’estero. La Corte garantisce che i cittadini non debbano attendere il placet della propria assicurazione e che possano rivolgersi direttamente al medico se necessario, e che hanno diritto a un rimborso pari almeno al costo dello stesso trattamento in patria, proprio per evitare una barriera alla libera circolazione delle persone. Ciò figura nei trattati, ma da cinque anni i socialisti si oppongono a questo diritto. Nel frattempo, i governi hanno perso altre cause intentate dai loro cittadini. Abbiamo ascoltato centinaia di volte i lobbisti parlare del rischio che le compagnie assicuratrici falliscano. Temono che i pazienti affluiscano in paesi in cui non occorra aspettare mesi, o anni, per un’operazione, diversamente che in patria. I pazienti dovranno quindi, prima di sottoporsi a costose cure, farsi autorizzare dal proprio assicuratore. Sia ai pazienti, sia ai medici di tutta l’Unione, occorrono norme chiare su quando vada richiesta l’autorizzazione. Non appoggio quindi l’idea di introdurre a tale scopo 27 definizioni della nozione di cure costose e specialistiche. E’ un’ipocrisia: tutto dipende dal livello di costi che le compagnie assicuratrici sono disposte a sostenere per le cure all’estero. Ma allora, perché non fissare direttamente dei valori in euro?
Mi sono fatta latrice di proposte per lo sviluppo di un sistema che migliori qualità e sicurezza dell’assistenza sanitaria, nonché per la pubblicazione di valutazioni di qualità obiettive delle varie strutture sanitarie. Ciò riporta al tema dell’accreditamento nazionale ed estero dei centri ospedalieri. La proposta di compromesso sarà pure più generica, ma fa ugualmente da stimolo ai paesi privi di un sistema del genere. Credo che tutti gli ospedali, ben presto, otterranno un accreditamento nazionale o europeo che comporti controlli sulla qualità. Per gli ospedali della Repubblica ceca è già un obbligo. E credo che la commissione non debba designare, ma solo coordinare le regioni frontaliere come aree pilota in cui testare progetti sanitari transfrontalieri. Mi rincresce che i socialisti, in modo ipocrita e pretestuoso, continuino a remare contro un chiarimento dei diritti del paziente nell’Unione europea.
Genowefa Grabowska (PSE). – (PL) Signor Presidente, non è certo un bene che sia la Corte di giustizia a decidere dei diritti dei cittadini, ma è anche peggio quando le situazioni si ripetono e quando è la Corte a dover subentrare in quello che sarebbe un compito del Parlamento e del Consiglio. Saluto allora la relazione Bowis e auguro al relatore un pronto ristabilimento. Nella relazione scorgo l’occasione per migliorare gli standard sanitari del mio paese, la Polonia.
Tengo però a richiamare l’attenzione su tre elementi importanti nel testo. Primo, trovo che trattare la sanità elusivamente come un servizio sul mercato sia un errore. Il diritto alla salute è riconosciuto sia nelle Costituzioni nazionali, sia nel diritto comunitario. La base giuridica va dunque modificata. In secondo luogo, il ricorso all’assistenza sanitaria transfrontaliera deve basarsi sulla scelta informata del paziente, non sulla coercizione. Terzo, la decisione di concedere cure in un altro Stato membro deve essere presa in funzione della necessità, non dei mezzi del paziente.
Sono convinta che uno spazio europeo aperto ai cittadini in salute debba essere aperto anche per i cittadini malati che abbiano bisogno di cure in un altro Stato membro.
Christofer Fjellner (PPE-DE). - (SV) Signor Presidente, tra le decisioni prese in questo Parlamento, quella di oggi mi riempie particolarmente di orgoglio. Una decisione che aprirà l'Europa e che garantirà la libertà di spostamento ai malati bisognosi di cure, a coloro per i quali poter viaggiare può significare salvarsi la vita; una decisione che dà a ognuno l'occasione di decidere da sé come curarsi, e non soltanto ai più informati o ai più ricchi: permetterà a tutti di farsi curare dove preferiranno.
Voi socialdemocratici volete imporre l'obbligo dell'autorizzazione preventiva. In parole povere, volete costringere un malato a chiedere il permesso per andare dal medico, quantomeno se il medico è in un altro Stato membro. E perché? Ovvio: per poter rispondere di no! Voi volete controllare, regolamentare e pianificare – volete esautorare il paziente. Ma non c'è bisogno della vostra autorizzazione per andar dal medico gratis: se vado dal dottore a Stoccolma, non devo chiedere il permesso e non devo neppure pagare. La realtà è che siete sempre stati contrari a questa proposta sin dall'inizio, che le avete tentate tutte per ostacolarla, limitarla e vanificarla. Come state facendo anche ora.
Nel dibattito sul tema in Svezia, avete cercato di far sì che non ci fosse la libera scelta di dove curarsi in Svezia. Ora non volete che neanche in Europa la gente possa farsi curare dove vuole. Dite di sostenere la proposta, ma nel voto in commissione vi siete astenuti. Che codardia! Non sapete neppure come votare oggi. Non sapete neppure per che cosa voterete.
Oggi siamo davanti a un bivio. Possiamo difendere i diritti dei pazienti, oppure il diritto dei burocrati e dei politici di decidere e di regolamentare. Io so bene come votare: voterò perché al centro venga posto il paziente. Come dovremo fare tutti in quest'Aula, se stanotte vogliamo dormire con la coscienza a posto.
Åsa Westlund (PSE). - (SV) Signor Presidente, tutti i pazienti hanno diritto alla sanità ogni qualvolta sia necessario. Noi socialdemocratici reputiamo essenziale che si possano ricevere cure all'estero, per esempio se le liste d'attesa in patria sono troppo lunghe. Ecco perché in Svezia un governo socialdemocratico ha assunto l'iniziativa di una direttiva in materia. Ma non deve mai essere lo spessore del portafoglio a determinare chi riceva le cure e ogni decisione sanitaria va presa il più vicino al paziente, non dai burocrati del sistema dell'Unione europea.
A tali burocrati, invece, la proposta della Commissione conferisce enormi poteri. Per giunta, non tiene in considerazione il caso di chi non è in grado di pagare ingenti somme. Eppure, i deputati svedesi di centrodestra di questo Parlamento, in modo del tutto acritico, si sono sperticati in elogi a tale proposta. Noi abbiamo invece presentato delle controproposte e ci siamo spesi per rendere più accessibili i viaggi all'estero per ragioni sanitarie anche ai meno abbienti. E ci siamo adoperati per chiarire che la sanità è una competenza degli Stati membri, non una materia in cui a decidere possano essere i burocrati dell'Unione. Non abbiamo ottenuto tutto ciò che avremmo voluto. Esorto quindi tutti i deputati ad appoggiare il nostro emendamento all'articolo 8, paragrafo 3. Ciò permetterà a noi di appoggiare l'intera direttiva e di giungere rapidamente a una soluzione per tutti i pazienti d'Europa.
Emmanouil Angelakas (PPE-DE). - (EL) Signor Presidente, signor Commissario, Ministro Filipiová, mi congratulo anzitutto con il commissario Vassiliou per la sua iniziativa sulla proposta di direttiva e con il relatore Bowis per l'eccellente lavoro, associandomi agli auguri di pronto ristabilimento.
So che non è facile giungere a un risultato che promuova ancor più l'assistenza sanitaria transfrontaliera, tenuto conto delle differenze tra i sistemi di protezione sociale dei vari paesi, del diverso grado di sviluppo economico e dei diversi livelli di prestazioni sanitarie erogate in ciascuno Stato membro. Pertanto, il relatore ha fatto un ottimo lavoro.
La relazione ora in discussione tratta il tema della mobilità del paziente, specie in rapporto alle visite e alle cure presso centri specializzati. Di certo non rafforzerà forme di turismo sanitario, ma darà ai cittadini europei la possibilità di usufruire della miglior sanità possibile, con la cognizione dei propri diritti e senza l'incognita del rimborso delle spese, dal momento che gli Stati membri dovranno istituire un sistema chiaro per l'approvazione preventiva di tali spese.
Non dimentichiamo che proprio questo aspetto è stato oggetto di numerose pronunce della Corte di giustizia europea e la relazione tratta aspetti di grande rilevanza: definire la propria sanità resta una competenza degli Stati, i costi sono rimborsati a concorrenza delle stesse cure prestate in patria, viene affrontato il nodo dell'assistenza ai pazienti affetti da patologie rare, siano queste coperte dallo Stato membro d'origine oppure no, le proposte sul mediatore europeo preposto a esaminare i reclami dei pazienti vanno nella giusta direzione, e, infine, viene posto l'accento sulla necessità di una campagna che informi i pazienti dei loro diritti.
Restano diversi nodi da sciogliere: anzitutto, l'ulteriore mappatura dei meccanismi di calcolo dei costi; in secondo luogo, il prontuario delle affezioni coperte dal sistema; in terzo luogo, il riconoscimento delle prescrizioni mediche, poiché gli stessi farmaci non sono disponibili in tutti i paesi; e, infine, la promozione della sanità elettronica.
Ad ogni buon conto, questo sforzo è, nell'insieme, incamminato nella giusta direzione ed è un peccato che i socialisti oggi facciano retromarcia. Confido che il dibattito sia spedito e penso che il contributo del Parlamento europeo darà risposte a un'esigenza vitale del nostro tempo e dei nostri concittadini.
PRESIDENZA DELL’ON. COCILOVO Vicepresidente
Charles Tannock (PPE-DE). - (EN) Signor Presidente, la maggior parte dei miei elettori di Londra nutre scarso interesse per il lavoro dei parlamentari europei né conosce realmente le finalità dell’Unione europea. Ciononostante, questa settimana verranno presentate in plenaria due relazioni il cui contenuto riguarda veramente da vicino l’opinione pubblica. La prima riguarda il tetto massimo sulle tariffe dei servizi in roaming nell’ambito del pacchetto telecomunicazioni, mentre la seconda concerne i diritti dei pazienti sulla scelta delle cure mediche prestate in altri paesi dell’Unione europea.
Condivido il sostegno manifestato per la relazione del collega londinese, l’onorevole Bowis, che purtroppo oggi non può essere con noi per ragioni di salute. Gli auguro una pronta guarigione e, naturalmente, sono sicuro che il nuovo Parlamento europeo sentirà molto la sua mancanza.
Nel Regno Unito, il servizio sanitario pubblico (NHS) è spesso lento e assai più costoso che in altri paesi dell’Unione europea. Un mercato comunitario più flessibile, con ragionevoli tutele nell’assistenza sanitaria basate su un sistema di autorizzazioni, costituisce una situazione vantaggiosa sia per i cittadini sia per i bilanci nazionali della sanità di tutti gli Stati membri.
Catiuscia Marini (PSE). - Signor Presidente, onorevoli colleghi, affrontiamo oggi una direttiva importante per garantire in maniera sostanziale il diritto alla mobilità dei pazienti in Europa, il diritto alle cure sanitarie nei paesi dell’Unione.
Ma l’assistenza sanitaria non può essere considerata alla pari di un qualunque altro servizio erogato nel mercato interno, i cittadini non possono essere assimilati come pazienti a normali consumatori, il diritto alla salute si sostanzia nel diritto a ricevere cure e assistenze a cominciare dal proprio paese d'origine. Il diritto alla mobilità dei pazienti non può essere la scappatoia per il disimpegno di alcuni Stati’membri a non investire nei servizi sanitari a livello nazionale, obbligando di fatto i cittadini alla migrazione sanitaria e non alla scelta.
La direttiva dovrebbe affrontare meglio le diseguaglianze all’accesso e alla qualità dei servizi anche nei paesi di residenza! La sanità non è una merce, è un diritto sociale! La questione giuridica e dell'autorizzazione preliminare è una forma sostanziale per declinare il diritto alla salute!
Marios Matsakis (ALDE). - (EN) Signor Presidente, questa relazione segna un punto di svolta nella prestazione di servizi sanitari ai cittadini dell’Unione europea. In modo chiaro e deciso, essa pone al primo posto la salute dei pazienti e prepara il terreno affinché i servizi sanitari dei diversi Stati membri competano per migliorarsi in maniera sana. Questa legislazione contribuirà indubbiamente a un sostanziale miglioramento dell’assistenza sanitaria in Europa. Inoltre, essa introdurrà anche pari diritti nelle cure ai pazienti, facendo sì che tutti i cittadini, ricchi o poveri, noti o meno noti, possano avvalersi della possibilità di ricevere cure migliori all’estero, qualora necessario.
Le mie iniziali preoccupazioni circa possibili effetti negativi sui servizi sanitari nazionali degli Stati membri più piccoli e più poveri sono state dissipate dalla disposizione sull’autorizzazione preventiva da includere a titolo di salvaguardia. Posso ora dire con certezza che questa legislazione è vantaggiosa sia per i pazienti sia per i servizi sanitari di tutti gli Stati membri e che merita il nostro totale e unanime sostegno. Mi stupisce la posizione negativa assunta dai miei colleghi socialisti a questo riguardo.
Elisabeth Schroedter (Verts/ALE). – (DE) Signor Presidente, non sono affatto d’accordo con l’onorevole Matsakis, in quanto la proposta della Commissione europea, in effetti, non fornisce alcuna certezza giuridica per i pazienti che ricevano cure mediche al di fuori del proprio paese. Inoltre, essa non chiarisce i dubbi riguardanti i sistemi di sicurezza sociale ai sensi del regolamento (CE) n. 883/2004. Soltanto un sistema chiaro di autorizzazione preventiva per i casi che prevedono cure mediche costose garantirebbe un rimborso ai pazienti.
Inoltre, la direttiva è poco chiara anche in termini di base giuridica – come già sottolineato da altri colleghi – nonché riguardo alla divisione delle competenze tra gli Stati membri e l’Europa. I servizi sanitari degli Stati membri sono basati sulla solidarietà e garantiscono pari accesso a tutti, indipendentemente dalla disponibilità economica o dal luogo di residenza. Le leggi comunitarie non devono mettere a repentaglio questi sistemi di solidarietà. Anche a tale riguardo, la proposta della Commissione è inadeguata e, pertanto, occorre far sì che i nostri emendamenti siano adottati se dobbiamo votare a favore di questa proposta.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL). – (PT) Signor Presidente, è inammissibile che, avvalendosi del pretesto dell’applicazione dei diritti dei pazienti all’assistenza sanitaria, in realtà la Commissione europea e la maggioranza del Parlamento vogliano chiamare in questione il servizio sanitario nazionale e pubblico, come nel caso del Portogallo.
Con l’invito ad adottare questa proposta sulla base dell’articolo 95 del trattato sull’Unione europea, che prevede l’armonizzazione del mercato interno, in realtà si sta tentando di liberalizzare il settore, il che è inammissibile. Questo è un ambito nel quale non può prevalere la logica del mercato e del lucro asservita agli interessi dei gruppi economici e finanziari. La sanità non può essere un’attività commerciale. Per questa ragione intendiamo respingere questa proposta della Commissione .
Regolamenti e accordi volti a fornire assistenza sanitaria transfrontaliera esistono già e possono essere migliorati senza tirare in ballo le competenze e i diritti degli Stati membri relativamente alla proprietà e alla gestione del loro servizio sanitario nazionale che, a nostro avviso, deve essere pubblico, universale e accessibile a tutti.
Christel Schaldemose (PSE). - (DA) Signor Presidente, abbiamo dedicato l’intera mattinata a dire quanto sia importante creare un’assistenza sanitaria di qualità e fornire tutele adeguate ai cittadini attraverso questa proposta. E’ vero che la proposta contiene numerosi aspetti positivi, per esempio, molti requisiti che regolamentano l’accesso dei pazienti all’informazione, eccetera. Ma ora cerchiamo di essere davvero franchi. Potremo assicurare la sicurezza dei pazienti soltanto se garantiremo l’esistenza di un’autorizzazione preventiva prima che i pazienti si rechino all’estero. In tal modo ai pazienti sarà garantito al 100 per cento il diritto a tutte le cure per cui dispongono di copertura, come puro di essere indirizzati nel luogo giusto e ricevere le cure del caso. A mio avviso, questo tipo di garanzia è essenziale. L’autorizzazione preventiva costituirà, inoltre, uno strumento per permettere alle autorità sanitarie di garantire la sicurezza dei pazienti che restano nei propri paesi d’origine.
Olle Schmidt (ALDE). - (SV) Signor Presidente, signor Commissario, finalmente! Il Commissario e l’onorevole Bowis hanno svolto un ottimo lavoro. L’acceso dibattito che ha preceduto questa direttiva è stupefacente. L’Unione europea e noi in quest’Aula abbiamo un’opportunità straordinaria di riavvicinarci alle persone assecondando un nostro desiderio più volte espresso. Ma che cosa accade? Esitiamo, e molti parlamentari – inclusi i socialdemocratici svedesi – vogliono complicare le cose per i pazienti e ostacolare la possibilità di ricevere assistenza sanitaria all’estero. Perché? Posso soltanto immaginare che ciò sia dettato dal desiderio di salvare i servizi sanitari anziché i pazienti bisognosi di cure. Mi compiaccio del fatto che siamo arrivati a questo punto, signor Commissario. Lei si è assunto la sua parte di responsabilità, ora tocca a noi in quest’Aula assumerci la nostra. Mi auguro che anche il Consiglio voglia assumersi la sua!
Proinsias De Rossa (PSE). - (EN) Signor Presidente, è responsabilità di ciascuno Stato membro provvedere all’erogazione e al finanziamento di un’assistenza sanitaria accessibile e di qualità elevata. L’Europa ricopre un ruolo di coordinamento. E’ naturalmente giustificata la richiesta di un migliore coordinamento dei servizi sanitari in tutta l’Unione europea e, in particolare, nelle aree di confine, ma questa direttiva non può aspirare a questo. Essa mira a garantire che sia dato valido contesto al diritto di ogni cittadino all’assistenza sanitaria, affinché la capacità di ciascuno Stato membro di finanziare e organizzare i propri servizi nazionali non sia messa a repentaglio dal “turismo sanitario”.
Devo dire che l’onorevole Sinnott, che oggi in Aula ha agitato lo spauracchio dei decessi, ha torto come sempre. Nessun paziente in Irlanda è deceduto perché gli è stato negato il diritto di recarsi in un altro Stato membro per ricevere assistenza sanitaria; anzi, esiste un fondo apposito.
In ultima analisi, sono le esigenze sanitarie dei pazienti che contano, non le scelte dei consumatori. L’autorizzazione preventiva e una base giuridica adeguata sono essenziali e, a meno che tali punti non siano inclusi nel testo, non potrò votare a favore della direttiva.
Daniela Filipiová, presidente in carica del Consiglio. – (CS) Onorevoli parlamentari, desidero ringraziare tutti per i commenti, i suggerimenti e le osservazioni. Le opinioni del Consiglio e del Parlamento coincidono su numerosi aspetti, per quanto vi siano ancora questioni da approfondire insieme. L’onorevole Bushill-Matthews, che sostituisce il relatore, l’onorevole Bowis, ha ricordato nella sua presentazione che si tratta di una questione difficile e delicata. Come sottolineato dall’onorevole Maaten, occorre raggiungere un compromesso non solo in seno al Parlamento europeo, ma naturalmente anche in seno al Consiglio . Sono lieta che la commissione giuridica abbia accolto con favore la proposta di rafforzare la certezza giuridica. Allo stesso modo, concordo con l’onorevole Braghetto circa il fatto che la proposta rappresenti un’opportunità per i servizi sanitari nazionali e che, come sottolineato dall’onorevole Roth-Behrendt, migliorerà i diritti dei pazienti. Naturalmente, bisogna ricordare che la direttiva deve essere praticabile anche in termini operativi e deve, pertanto, rispecchiare le possibilità finanziarie, legislative e organizzative dei singoli Stati membri. E’ altrettanto chiaro che, alla luce delle numerose proposte di emendamento, il Consiglio avrà bisogno di tempo per prenderli in esame tutti. Il dibattito tra Consiglio e Parlamento europeo continuerà. Occorre trovare il giusto equilibrio tra i diversi punti di vista e proposte, ma ritengo che alla fine ci riusciremo attraverso la reciproca collaborazione.
Androulla Vassiliou, membro della Commissione. − (EN) Signor Presidente, come abbiamo visto di nuovo oggi, le discussioni del Parlamento su questo argomento sono sempre produttive e appassionate. Rappresentano un contributo importante all’iniziativa della Commissione ed anche gli emendamenti su cui quest’ultima sarà chiamata a votare costituiranno un apporto prezioso circa una serie di argomenti chiave.
Riguardo ai diritti dei pazienti a un’assistenza sanitaria sicura e di qualità, molti di voi hanno confermato l’importanza fondamentale di garantire chiarezza e dare rassicurazioni. Concordo nel modo più assoluto e mi auguro davvero che quest’obiettivo ambizioso sia raggiunto.
Circa la questione dell’assunzione dei costi dell’assistenza sanitaria transfrontaliera, sono state espresse chiare preoccupazioni per il fatto che un numero significativo di pazienti non possa permettersi di essere curato all’estero. In effetti, si tratta di un punto importante e pertinente. Le differenze di reddito esistono in tutta l’Europa, chiaramente, con le relative conseguenze in termini di accesso a una serie di servizi fondamentali, tra cui l’assistenza sanitaria. E’ sicuramente un aspetto da tenere in debita considerazione. Ciononostante, ridurre queste differenze è una sfida ardua, resa ancor più difficile dall’attuale crisi economica. Sarà necessario un impegno notevole e coordinato da parte dell’Unione europea e degli Stati membri a tutti i livelli.
Purtroppo, la nostra possibilità di adire nell’ambito della proposta di direttiva è limitata. La proposta della Commissione lascia la porta aperta agli Stati membri che vogliano farsi direttamente carico dei costi per le cure transfrontaliere, per esempio tramite un sistema di conferma scritta dell’importo che sarà versato. Se il Parlamento europeo desidera rendere chiaro questa situazione nel testo proposto, incontrerà di certo il mio favore. La proposta di direttiva non vuole impedirlo, ma è attenta a rispettare le responsabilità degli Stati membri nell’organizzazione dell’assistenza sanitaria e proprio per questo siamo stati cauti nel limitare l’impatto finanziario dell’assistenza sanitaria transfrontaliera sui servizi sanitari nazionali e sui fondi privati di assicurazione malattia. Ciononostante, i due obiettivi non sono incompatibili. E’ compito degli Stati membri conciliarli quanto più possibile a vantaggio dei pazienti, in particolare di chi ha limitate disponibilità economiche.
Per quanto concerne il legame tra questa direttiva e il regolamento sulla sicurezza sociale, credo che tutti concordiamo sulla necessità di una strutturazione chiara; questo significa che, una volta richiesta l’autorizzazione preventiva da parte di un paziente e se tutte le condizioni del regolamento siano soddisfatte – in altre parole, quando si è verificato un ritardo indebito – il regolamento va applicato. Deve quindi risultare estremamente chiaro che saranno applicate le tariffe del regolamento di modo che i pazienti possano beneficiare del sistema più vantaggioso.
Riguardo all’autorizzazione preventiva per le cure ospedaliere, le disposizioni proposte si basano su due ordini di considerazioni. In primo luogo, la giurisprudenza: la Corte ha deciso, come codificato all’articolo 8 paragrafo 3, che questo sistema potrebbe essere giustificato in determinate circostanze. In secondo luogo, non sarebbe appropriato andare oltre tali disposizioni con un sistema meno rigido – o addirittura incondizionato – di autorizzazione preventiva, legalmente o di fatto generalizzato a tutti gli Stati membri. Tutti ormai sappiamo che la mobilità dei pazienti resterà un fenomeno molto limitato, come sarà di conseguenza limitato il suo impatto sul bilancio. Non vi è quindi bisogno di creare ostacoli inutili per i pazienti. L’autorizzazione preventiva per le cure ospedaliere deve restare un meccanismo di salvaguardia, da applicare quando è giustificato farlo.
In questo contesto, i sistemi di notifica preliminare così come proposti dal relatore potrebbero diventare un controllo indiretto – e addirittura inutile – dei pazienti, che ostacolerebbe la procedura anziché agevolarla. Comprendo che questo non è l'obiettivo della proposta, ma verrebbero in effetti limitati i diritti dei pazienti, come rilevato dalla Corte, poiché questi meccanismi amministrativi rischiano di essere ingombranti e arbitrari.
Mi preoccupa la proposta sulla definizione di cure ospedaliere, che rappresenta un punto chiave per i diritti dei pazienti poiché definisce il confine del sistema dell’autorizzazione preventiva. Abbiamo proposto di definire il concetto di cure ospedaliere attraverso una lista comunitaria basata su un’intesa comune tra esperti, che terrebbe conto dello sviluppo delle tecnologie. Questo garantirebbe di dare un’impostazione ragionevole e moderna al concetto di cure ospedaliere.
Alcuni parlamentari, così come la maggior parte degli Stati membri, chiedono che siano stilate liste nazionali indipendenti. Una definizione basata su liste nazionali porterebbe in realtà a discrepanze sul concetto di cure ospedaliere per ciascuno Stato membro, con un rischio considerevole di erosione dei diritti dei pazienti. Per seguire questa strada, dovremmo assicurarci che queste liste si basino su criteri ben definiti e sottoposti a un processo di revisione. In caso contrario, i diritti dei pazienti, così come definiti dai giudici europei, sarebbero in pericolo.
Alcuni di voi hanno detto che, se adottiamo questa proposta di direttiva, pochi pazienti ne trarrebbero vantaggio, ovvero i pochi pazienti informati. Al contrario, ritengo che, in conformità alla direttiva, stiamo offrendo ad ogni singolo paziente la possibilità nonché il diritto, prima di lasciare il proprio paese, di ricevere tutte le informazioni necessarie per operare una scelta informata.
Comprendo le preoccupazioni espresse circa la difficoltà di ottenere informazioni chiare sugli operatori sanitari nel momento in cui ci si rivolge all’estero per le cure sanitarie. Si tratta semplicemente di una questione di sicurezza del paziente. Su questo aspetto, dobbiamo concordare soluzioni pratiche che rispettino una serie di principi fondamentali, come il diritto alla protezione dei dati personali e la presunzione d’innocenza. Sono certo che si possa raggiungere un compromesso sulla base dei vostri suggerimenti preliminari.
Si è fatto cenno all’emendamento n. 67 sull’allentamento della regola sull’affiliazione a regimi assicurativi sanitari, che purtroppo non può essere accettato.
Per quanto riguarda la base giuridica per la proposta di direttiva, molti parlamentari vorrebbero aggiungere l’articolo 152 all’articolo 95. Comprendo l’importanza che la questione riveste per alcuni gruppi politici, ma è difficile avere punti di vista ben definiti in questa fase di esame della direttiva. E’ importante valutare la questione alla luce dell’evoluzione del testo, al fine di decidere quale sia la base giuridica adeguata. Chiaramente, se il contenuto del testo finale lo giustifica, l’aggiunta dell’articolo 152 all’articolo 95 potrebbe essere certamente presa in considerazione. Resto disponibile a questa possibilità in qualsiasi fase futura del processo di codecisione.
(Applausi)
Alcuni parlamentari hanno sollevato di nuovo la questione di un possibile flusso eccessivo di pazienti in arrivo da altri Stati membri e delle eventuali tutele per il servizio sanitario ricevente. La mia risposta è la stessa che darei a chi nutre timori di flussi eccessivi di pazienti in uscita in assenza di un’autorizzazione preventiva alle cure ospedaliere, ovvero che l’intenzione della proposta non consiste nel promuovere la mobilità dei pazienti. Come ho già sottolineato, la mobilità dei pazienti è un fenomeno limitato e non prevediamo cambiamenti. Dare carta bianca agli Stati membri per l’adozione di provvedimenti volti a respingere i pazienti e controllare così i flussi in arrivo sarebbe una misura del tutto sproporzionata. Gli Stati membri devono accertarsi che non si verifichino discriminazioni nei confronti di pazienti provenienti da altri Stati membri. Bisogna valutare eventuali forme di controllo dei pazienti in arrivo, per verificare se questa potrebbe essere una deroga ammissibile al principio della non discriminazione sulla base della nazionalità, come stabilito dal trattato UE.
Per quanto riguarda i pazienti affetti da malattie rare, mi sembra di capire che si stia cercando il metodo migliore affinché essi possano ricevere l’assistenza sanitaria di cui hanno bisogno, ma a volte la perfezione è nemica del bene. Oggi, avrà si voterà la relazione Trakatellis, riguardante la recente strategia sulle malattie rare già definita dalla Commissione europea e che include la proposta di raccomandazione del Consiglio. Com’è noto, una diagnosi rapida e l’accesso alle cure per queste patologie sono complessi e non sempre possibili o disponibili in patria. Pertanto, per permettere ai pazienti affetti da malattie rare di godere dei benefici della cooperazione europea, occorre includerli effettivamente nella direttiva sui diritti dei pazienti relativa all’assistenza transfrontaliera. Credo che siamo tutti ampiamente concordi sulla necessità di una cooperazione europea circa i centri di riferimento per le malattie rare, per esempio. Vi inviterei, pertanto, a mantenere le malattie rare nel contesto della direttiva.
Non posso invece assolutamente condividere la proposta di escludere i trapianti di organi. Il trapianto è una procedura medica ed è difficile giustificare la ragione per cui i pazienti non dovrebbero averne il diritto come assistenza transfrontaliera, come deciso dalla Corte di giustizia. L’’assegnazione degli organi è invece tutt’altra questione. Ho, pertanto, chiesto agli esperti della Commissione di esaminare questo aspetto per esaminare la questione dell’assegnazione degli organi in un diverso contesto.
Oggi, possiamo fare un passo importante verso l’adozione di questa direttiva. A poche settimane di distanza dalle prossime elezioni europee, mi si consenta di rendere omaggio a questo Parlamento e alla sua amministrazione per l’impegno profuso per rendere possibile la votazione di oggi, per la quale sono grata a tutti. Vorrei rinnovare i miei ringraziamenti all’onorevole Bowis e ai relatori ombra per il loro impegno e il serio lavoro svolto. Auguro un pronto recupero all’onorevole Bowis, che speriamo che posso tornare presto al suo lavoro e alla normalità.
(Applausi)
Philip Bushill-Matthews, in sostituzione del relatore. − (EN) Signor Presidente, desidero ringraziare tutti gli onorevoli colleghi per questa discussione, consentitemi il gioco di parole, estremamente sana. Sono particolarmente grato – e mi scuso per non averli menzionati prima – ai relatori delle sei commissioni, che hanno elaborato preziosi pareri, per i commenti e le idee apportate alla discussione di questa mattina. Devo, inoltre, ringraziare tutti i colleghi del Parlamento per le parole di elogio rivolte all’onorevole Bowis, sia dal punto di vista professionale per il lavoro svolto, sia dal punto di vista personale, con gli auguri di una pronta guarigione. Sarò lieto di riportargli le vostre parole.
Come tutte le relazioni, anche questa è basata su compromessi e non sempre è possibile mettere tutti d’accordo su tutte le questioni. Riconosco e rispetto le difficoltà che ancora incontrano alcuni gruppi politici e alcune delegazioni; vi sono ancora alcuni emendamenti da decidere in plenaria nel seguito della mattinata.
Desidero, pertanto, ringraziare in particolare il commissario per i commenti conclusivi, che spero possano essere di aiuto per i colleghi di altri gruppi nel decidere il proprio voto. Spero sinceramente che, in seguito a tali commenti, la relazione nel suo complesso possa ricevere un vasto sostegno da parte di tutti i gruppi politici e in seno ad essi, in quanto trasformare in priorità le necessità dei pazienti deve indubbiamente essere al di sopra della politica dei partiti.
Qualsiasi accordo raggiunto oggi arriverebbe comunque troppo tardi per concludere un accordo formale in prima lettura durante la presidenza ceca. Mi pare comunque di capire che esiste già un accordo politico sostanziale in seno al Consiglio in linea di principio e questo grazie al lavoro già svolto dalla presidenza per il quale sono estremamente grato.
So che l’onorevole Bowis vorrebbe che questo accordo fosse messo in pratica al più presto possibile, rispondendo al desiderio di molti pazienti in tutta l’Unione europea che hanno già atteso a sufficienza. A nome del relatore, invito la Commissione europea, la presidenza del Consiglio entrante ed anche i nuovi parlamentari della prossima legislatura a far sì che una sollecita seconda lettura diventi una priorità nella seconda metà dell’anno, in modo da risolvere rapidamente eventuali difficoltà. Non vogliamo perdere quest’occasione proprio ora. Questa relazione non solo porterà benefici reali ai cittadini europei, ma dimostrerà che, lavorando insieme a livello di Unione europea, ogni singolo cittadino potrà trarne vantaggio, indipendentemente da dove viva e dalla disponibilità economica. La votazione odierna aprirà la strada per il futuro. Seguiamo questo percorso il più rapidamente possibile, perché, dopo tutto, come è stato per il relatore, ad ognuno di noi potrebbe capitare di aver improvvisamente bisogno dell’assistenza sanitaria transfrontaliera.
Presidente. – La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà oggi giovedì 23 aprile 2009 alle 12.00.
Dichiarazioni scritte (articolo 142 del regolamento)
Cristian Silviu Buşoi (ALDE), per iscritto. – (RO) Vorrei ringraziare i relatori delle diverse commissioni per il ragguardevole lavoro svolto. La relazione segna un passo importante in termini di miglioramento della mobilità dei pazienti nell’ambito dell’Unione europea.
In un’Europa in cui la libertà di circolazione rappresenta un valore fondamentale, garantire la mobilità dei pazienti è normale e assolutamente vitale se si vuole offrire assistenza medica dello standard più elevato possibile a chi ne ha bisogno. Nel lungo termine, questo potrebbe comportare un miglioramento dei servizi sanitari nazionali, creando un certo grado di concorrenza tra loro.
Nonostante i significativi miglioramenti, questa proposta non riesce tuttavia a risolvere alcuni problemi. Ritengo che serva maggiore chiarezza sulle condizioni di rimborso e sulle norme alla base del sistema di autorizzazione preliminare, laddove questo sia necessario. Mi rammarico, inoltre, del fatto che la proposta non includa la mobilità del personale medico, strettamente correlata alla mobilità dei pazienti. Al fine di rispondere con efficacia alle esigenze dei pazienti, servono anche regole che consentano anche al personale medico di spostarsi all’interno dell’UE, pur sempre mantenendo un equilibrio nell’ambito del sistema sanitario nazionale di modo che nessuno Stato si trovi di fronte a una carenza di operatori sanitari.
David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) La proposta relativa a un sistema di assistenza sanitaria transfrontaliera deve prevedere innanzi tutto un sistema che rappresenti i diritti dei pazienti, basato sui principi della sanità pubblica e del mercato interno, e che non operi discriminazioni nei confronti dei pazienti in base alle loro capacità di sostenere i costi delle cure mediche. A mio avviso, il servizio sanitario nazionale del Regno Unito (NHS) deve avere il diritto di insistere affinché si conceda un’autorizzazione preventiva per i pazienti che intendono ricevere cure mediche all’estero. I pazienti britannici che non possono permettersi di recarsi all’estero per l’assistenza sanitaria non devono essere discriminati rispetto a coloro che invece possono sostenere i costi delle cure mediche e che vogliono essere rimborsati per tali spese dal servizio sanitario nazionale una volta ritornati in patria. Ritengo che questa soluzione sia ingiusta poiché consente ai pazienti di avere la precedenza per l’assistenza all’estero, pertanto “saltando la coda” nell’ambito del sistema sanitario nazionale.
Iosif Matula (PPE-DE), per iscritto. – (RO) Le nuove opportunità di cui possono godere i pazienti in Europa rappresentano un passo importante nell’armonizzazione dei servizi sanitari europei e nel garantire cure mediche di buona qualità a tutti i cittadini europei. La proposta di direttiva stabilisce i principi comuni a tutti i servizi sanitari: creazione di reti europee modello, apertura di punti informativi per i pazienti in tutti gli Stati membri nonché l’e-health, ovvero la sanità elettronica.
Questa relazione offre vantaggi significativi per tutti gli Stati membri che includono, implicitamente, la Romania. La direttiva soddisfa meglio le esigenze dei pazienti, che possono ora ricevere assistenza medica in un altro Stato membro se questa non può essere fornita da un ospedale del paese di origine oppure se l’assistenza viene fornita in ritardo. I relativi costi saranno sostenuti dal paese di origine.
Un altro aspetto importante si riferisce allo scambio di buone prassi e alla mobilità del personale medico specializzato, nonché al libero accesso dei cittadini alle informazioni sull’assistenza transnazionale. Gli Stati membri devono garantire che i cittadini siano al corrente delle formalità necessarie e dei criteri di ammissibilità, nonché dei costi di viaggio e delle norme sanitarie presso i centri di trattamento all’estero. Proprio per questo sono a favore della creazione di centri informativi, affinché i cittadini possano scegliere sia la metodica sia il luogo dove ricevere le cure.
Mary Lou McDonald (GUE/NGL), per iscritto. – (EN) Gli Stati membri hanno la responsabilità nei confronti dei loro cittadini di programmare e fornire assistenza sanitaria.
La salute non è una merce che può essere acquistata e venduta sul mercato interno.
Questa proposta è scandalosa. Dimostra che la Commissione sta perseguendo ciecamente il suo programma, screditato e obsoleto, di liberalizzazione. Vuole soltanto privatizzare tutto il possibile e accentrare ulteriormente il potere nelle proprie mani. La proposta è discriminatoria nei confronti dei cittadini più poveri che vivono in paesi ricchi e nei confronti di tutti, ad eccezione dei super-ricchi nei paesi ricchi più poveri. E’ una vera e propria carta per la distruzione dei servizi sanitari pubblici degli Stati membri.
La Commissione europea dovrebbe abbassare il capo per la vergogna e ritirare questa proposta immediatamente.
Nicolae Vlad Popa (PPE-DE), per iscritto. – (RO) La proposta di direttiva concernente l’applicazione dei diritti dei pazienti relativi all’assistenza sanitaria transfrontaliera mira a creare un contesto comunitario uniforme per offrire certezze ai pazienti in questo settore dove, ad oggi, gli orientamenti erano stati definiti dalla Corte di giustizia europea. Sebbene i principi della Corte siano pienamente applicabili, la relazione fa luce su alcuni punti che erano ancora poco chiari.
Durante il processo di recepimento nella legislazione comunitaria delle decisioni emesse dalla Corte di giustizia europea circa il diritto dei pazienti di ricevere assistenza sanitaria in un altro Stato membro, la proposta di direttiva mantiene il necessario equilibrio riguardo alle responsabilità degli Stati membri in questo ambito.
Le disposizioni della direttiva mirano altresì ad agevolare l’accesso ai servizi di assistenza sanitaria lanciando un appello circa la necessità di creare un sistema di rimborsi diretti tra l’organismo di finanziamento del paese d’origine e l’ospedale nello Stato ospite.
Un ulteriore punto interessante della relazione riguarda al reciproco riconoscimento delle prescrizioni mediche. Il testo offre soltanto raccomandazioni sulla possibilità che una farmacia del paese di origine accetti una prescrizione medica rilasciata da un medico di un altro paese, lasciando agli Stati membri la libertà di decidere quali farmaci necessiteranno di prescrizione medica.
Richard Seeber (PPE-DE), per iscritto. – (DE) L’accordo raggiunto per migliorare la mobilità dei pazienti è positivo, nel suo complesso. La semplificazione dell’erogazione di servizi di assistenza sanitaria transfrontaliera rappresenta un passo importante verso una circolazione di persone realmente libera. Anche dal punto di vista economico, un migliore uso della capacità delle cliniche specialistiche comporterà vantaggi. Lasciando da un lato i fattori positivi, tuttavia, non bisogna scordare le sfide immense che nasceranno in seguito a un migliore collegamento dei sistemi nazionali. Innanzi tutto, vi deve essere maggiore certezza in termini di pagamento delle spese. Lo Stato membro che eroga le cure mediche non deve trovarsi svantaggiato a causa della poca chiarezza in merito a chi deve farsi carico delle spese, se il paziente o il suo paese d’origine.
Il sistema delle condizioni di pagamento deve essere stabilito con precisione, tenendo conto delle diverse situazioni nazionali.
Va inoltre salvaguardata l’erogazione dell’assistenza sanitaria nazionale per evitare che i servizi sanitari nazionali soffrano a causa della maggiore mobilità dei pazienti. Sono lieto di vedere che questa mia preoccupazione trova conferma nel testo. Per il futuro, la fornitura di servizi di assistenza sanitaria transfrontaliera costituisce una pietra miliare sulla strada verso l’integrazione europea. Quando si tratta di applicazione, tuttavia, occorre prestare la massima attenzione per far sì che la migliore mobilità dei pazienti non abbia come conseguenza un turismo sanitario.
Esko Seppänen (GUE/NGL), per iscritto. – (FI) In uno Stato membro come la Finlandia, dove, per i poveri, la geografia e la lingua sono delle vere e proprie barriere per la ricerca di servizi sanitari oltre confine, una direttiva come questa potrebbe aumentare le disuguaglianze nell’accesso ai servizi. Soltanto i ricchi possono scegliere servizi alternativi in altri paesi, mettendo in questo modo in grave pericolo il sistema sanitario pubblico che rappresenta la rete di sicurezza dei cittadini meno abbienti. Il denaro pubblico sta lentamente gocciolando nei servizi sanitari all’estero accessibili soli ai ricchi. Per questo motivo non posso sostenere l’adozione di questa direttiva. Ritengo insensato che la base legale della direttiva debba essere l’efficienza economica del mercato interno e non i diritti dei pazienti.
Presidente. – L'ordine del giorno reca la relazione di Amalia Sartori, a nome della commissione per l'ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare, sulla proposta di raccomandazione del Consiglio sulla sicurezza dei pazienti, comprese la prevenzione e la lotta contro le infezioni nosocomiali (COM(2008)0837 - C6-0032/2009 - 2009/0003(CNS)) (A6-0239/2009)
La relatrice non può essere presente e sarà sostituita nell'introduzione iniziale dall’on. Grossetête.
Françoise Grossetête, in sostituzione del relatore. – (FR) Signor Presidente, sì, sostituisco l’onorevole Sartori, che in effetti è stata trattenuta in Italia, e vi porto le sue profonde scuse perché avrebbe davvero voluto essere presente oggi.
Parleremo principalmente di procedure mediche perché, a volte, possono avere conseguenze negative sulla salute dei pazienti, o a causa degli effetti indesiderati dei farmaci, o per via di errori medici, o a causa delle infezioni contratte presso i luoghi di cura.
Tra questi rischi, possiamo menzionare più in particolare le infezioni nosocomiali, che colpiscono un paziente ospedalizzato su 20, in altre parole 4 100 000 persone all’anno. Le cifre della Commissione europea a questo riguardo sono decisamente preoccupanti.
Gli eventi sfavorevoli riguardano tra l’8 per cento e il 12 per cento dei pazienti ospedalizzati negli Stati membri dell’Unione europea. Questi dati si traducono in un numero annuo compreso tra 7 e 15 milioni di pazienti ospedalizzati, ai quali possono essere aggiunti i circa 37 milioni di pazienti che ricorrono a cure primarie.
Le infezioni nosocomiali da sole colpiscono in media un paziente ospedalizzato su 20, per un totale di oltre 4 milioni di pazienti all’anno. Ogni anno, le infezioni nosocomiali sono la causa del decesso di circa 37 000 persone in Europa.
Per arrivare all’obiettivo, da qui al 2015, di ridurre queste infezioni di 900 000 casi all’anno, pari a una riduzione del 20 per cento, gli Stati membri e le istituzioni europee sono chiamate a introdurre i provvedimenti necessari.
La relazione raccomanda in particolare di: promuovere l’istruzione e la formazione del personale medico e paramedico, prestando particolare attenzione alle infezioni nosocomiali e alla resistenza agli antivirali dei virus che le causano; migliorare la conoscenza di questo problema tra i pazienti chiedendo alla Commissione di elaborare un documento rivolto ai pazienti sulla base di una guida per la prevenzione delle infezioni nosocomiali stilata dall’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) nel 2003; sostenere la ricerca in questo settore, prestando particolare attenzione alle nuove tecnologie, alle nanotecnologie e ai nanomateriali; rafforzare la presenza di infermieri e infermieri specializzati nel controllo delle infezioni.
Infine, è importante, come sottolinea il testo – e l’onorevole Sartori ha insistito molto su questo punto – migliorare la formazione dei pazienti su questo argomento.
E’ essenziale richiedere alla Commissione di elaborare un documento per la prevenzione delle infezioni nosocomiali e di presentarlo al Parlamento e al Consiglio. La Commissione dovrà, inoltre, prevedere un controllo triennale sui progressi ottenuti in questo ambito dagli Stati membri e dall’Unione europea.
Un sondaggio condotto in Francia, per esempio, mostra che l’83 per cento degli intervistati ha sentito parlare di infezioni nosocomiali e che questi rischi sono la principale fonte di preoccupazione per i francesi al momento del ricovero. In generale, i cittadini non si sentono adeguatamente informati sulle cause e sulle conseguenze delle infezioni nosocomiali.
Nei prossimi anni, l’impegno per prevenire le infezioni nosocomiali deve porre maggiore enfasi sull’informazione degli operatori sanitari, nonché della popolazione nel suo insieme.
Daniela Filipiová , presidente in carica del Consiglio. – (CS) Onorevoli parlamentari, la sicurezza dei pazienti e la qualità nell’assistenza sanitaria rientrano tra le principali priorità della presidenza ceca nel settore della sanità pubblica. Siamo consapevoli dell’importanza di migliorare costantemente la sicurezza dei pazienti nonché la qualità dell’assistenza sanitaria transfrontaliera, in particolare.
L’obiettivo principale del progetto di proposta del Consiglio sulla sicurezza dei pazienti e la qualità dell’assistenza sanitaria, del inclusi la prevenzione e il controllo delle infezioni nosocomiali, è definire un’impostazione integrata che permetta ai pazienti di rivolgersi con sicurezza a centri di assistenza sanitaria di elevata qualità e che tenga conto di tutti i fattori connessi.
Questa iniziativa muove dai dati che testimoniano una crescita allarmante di eventi sfavorevoli in tutta Europa, dove le infezioni nosocomiali sono tra quelli che si verificano più di frequente. E’ una sfida importante che si ricollega alle crescenti aspettative dell’opinione pubblica in questo settore, all’invecchiamento della popolazione europea e ai costanti progressi della medicina e delle scienze mediche in generale. Anche gli organi di informazione e i politici sono sempre più interessati alla problematica delle infezioni nosocomiali.
Queste sono le ragioni alla base della decisione della presidenza ceca di organizzare la conferenza ministeriale, che ha avuto luogo a Praga il 15 e 16 aprile, dal titolo “Microbial Threat to Patient Safety in Europe” (Le minacce batteriche per la sicurezza dei pazienti in Europa). La conferenza era incentrata in particolare sui programmi di terapia antibiotica ospedaliera, sull’influsso dei parametri del sistema sanitario sul verificarsi delle resistenze antibiotiche e delle infezioni nosocomiali, nonché sulla gestione e sulle responsabilità in questo settore.
Ma ritorniamo al progetto di proposta. La presidenza ceca è consapevole del fatto che l’organizzazione dei servizi sanitari ricade interamente nell’ambito di competenza degli Stati membri. Naturalmente, a mio avviso, questa iniziativa offrirà un adeguato impulso verso l’ulteriore sviluppo di politiche nazionali volte a conferire maggiore protezione alla salute e alla vita dei cittadini.
In generale, il Consiglio concorda sulla necessità di maggiore collaborazione e coordinamento in questo settore a tutti i livelli – ovvero a livello locale, regionale, nazionale e di Unione europea – nonché sulla necessità di condividere le informazioni in materia. La creazione di un sistema di segnalazione degli eventi sfavorevoli, pertanto, costituisce una misura significativa. Il sistema garantirà l’immunità, al fine di incoraggiare le segnalazioni.
Inoltre, viene posta l’enfasi sul rafforzamento della formazione degli operatori sanitari nel settore della sicurezza dei pazienti e sull’elaborazione di definizioni e di una terminologia comuni, nonché di indicatori comparabili che consentiranno una più agevole individuazione dei problemi. In questo modo sarà possibile una successiva valutazione dell’efficacia di misure e interventi volti a incrementare la sicurezza dei pazienti e una più semplice comunicazione di esperienza e informazioni tra gli Stati membri.
Attualmente, la presidenza ceca si accinge a concludere i negoziati sul progetto di proposta in seno ai gruppi di lavoro del Consiglio e tenterà di farlo approvare dal Consiglio EPSCO che si terrà il prossimo giugno. Naturalmente, è stato proprio per via dell’importanza dell’argomento che il Consiglio ha deciso di consultare il Parlamento europeo poiché la sua opinione contribuisce in modo significativo al dibattito in corso.
Credo fermamente che il Consiglio e il Parlamento condividano l’obiettivo comune di rafforzare la sicurezza dei pazienti nell’Unione europea. Con questo spirito, anche il Consiglio esaminerà con attenzione le proposte di emendamento contenute nella vostra relazione sul progetto di proposta.
Per concludere, vorrei di nuovo ringraziare tutti coloro che hanno partecipato all’elaborazione della relazione del Parlamento europeo, nonché la relatrice, l’onorevole Sartori.
Androulla Vassiliou, membro della Commissione. − (EN) Signor Presidente, innanzi tutto desidero ringraziare la commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare per il lavoro svolto per questo dossier, e in particolare la relatrice, l’onorevole Sartori, per gli sforzi dedicati a quella che è una priorità sanitaria di altissimo ordine.
La sicurezza dei pazienti significa ridurre gli eventi sfavorevoli che si verificano in tutti i contesti sanitari: ospedali, centri di cure primarie, istituti per lungodegenti o sul territorio.
Si stima che, negli Stati membri dell’Unione europea, tra l’8 per cento e il 12 per cento dei pazienti ricoverati presso ospedali soffrano di eventi sfavorevoli mentre ricevono cure sanitarie. Cifre tanto elevate sono inaccettabili. Dipingono un quadro talmente preoccupante da coinvolgere non solo i pazienti, ma anche i loro amici e familiari. Oltre a ciò, gli eventi sfavorevoli costituiscono un onere enorme per i bilanci della sanità e per l’economia nel suo complesso.
Le infezioni nosocomiali sono un esempio specifico di un evento avverso molto comune. Il numero totale di pazienti ospedalizzati che ogni anno contraggono almeno un’infezione nosocomiale nell’Unione europea è stato stimato a 4,1 milioni, vale a dire uno ogni 20 pazienti ospedalizzati.
Secondo le stime, ogni anno si registrano circa 37 000 decessi causati da queste infezioni. E’ evidente la necessità di un impegno per migliorare la situazione in modo significativo.
Tutti gli Stati membri hanno riconosciuto che la sicurezza dei pazienti costituisce una sfida e hanno adottato provvedimenti per affrontare il problema. Ciononostante, sappiamo che tra i 27 Stati membri vi sono livelli diversi di consapevolezza, risorse ed esperienza a disposizione per contrastare il problema.
E’ probabile che nessun paziente europeo stia attualmente traendo benefici dagli attuali risultati della ricerca e lo scambio sistematico di migliori prassi ed esperienza. Ritengo, pertanto, che la sicurezza dei pazienti rappresenti un altro settore in cui l’Unione europea può offrire un vero valore aggiunto per garantire sicurezza a tutti i pazienti europei, naturalmente nel rispetto della responsabilità degli Stati membri di fornire assistenza sanitaria sul proprio territorio.
In virtù di quanto detto, la Commissione europea ha presentato la propria comunicazione e una proposta per una raccomandazione del Consiglio in materia di sicurezza dei pazienti, inclusi la prevenzione e il controllo delle infezioni nosocomiali. Attendo con interesse le vostre opinioni in merito.
Antonios Trakatellis, a nome del gruppo PPE-DE. – (EL) Signor Presidente, i numeri riportati dall’onorevole Grossetête e dal commissario sono davvero sconvolgenti e indicativi del fatto che molti pazienti negli ospedali sono esposti a rischi preoccupanti, il più frequente dei quali è rappresentato dalle infezioni nosocomiali.
Il numero delle infezioni potrebbe essere ridotto notevolmente; innanzi tutto, serve più disciplina negli ospedali perché, da un lato, vi è sempre il rischio di contagio batterico con le persone che fanno visita ai degenti negli ospedali, e, dall’altro lato, tanto i pazienti quanto il personale devono applicare rigorosamente le norme igieniche. Il personale sanitario deve essere costantemente aggiornato e formato in materia di infezioni nosocomiali.
Ritengo che oggi il cuore del problema sia raccogliere dati precisi, perché esistono differenze tra un ospedale e l’altro, tra una clinica e l’altra, persino nello stesso paese. Per esempio, bisogna sapere se le infezioni nosocomiali sono più frequenti tra i pazienti chirurgici o quelli di internistica clinica; bisogna conoscere il ceppo e la resistenza dei batteri; tutti questi dati sono fondamentali per stabilire le cause e ottenere così un’efficace riduzione delle infezioni nosocomiali.
E’ dunque necessario raccogliere dati dettagliati allo scopo di affrontare il problema delle infezioni nosocomiali.
Linda McAvan, a nome del gruppo PSE. – (EN) Signor Presidente, credo che questa raccomandazione sia un ottimo esempio del valore aggiunto che l’Unione europea può offrire all’assistenza sanitaria, un settore in cui, malgrado le nostre competenze limitate, riunire esperti degli Stati membri può fare davvero la differenza in termini di vite umane. Come ha affermato l’onorevole Trakatellis, le cifre menzionate dal commissario riguardanti le reazioni avverse alle cure sanitarie e le infezioni nosocomiali sono veramente sconvolgenti. Nessuno dovrebbe essere ricoverato in ospedale per poi esserne dimesso più ammalato di prima e molti di noi conoscono persone che si sono trovate in questa situazione. E’ un problema che riguarda tutta l’Unione europea e, per questa ragione, è estremamente importante che la vostra iniziativa sulle infezioni nosocomiali venga portata avanti.
Ritengo che abbiamo tanto da imparare gli uni dagli altri e possiamo certamente risparmiare molti problemi ai nostri cittadini se lavoriamo insieme per affrontare la questione riunendo i migliori cervelli d’Europa.
Il secondo punto che desidero sollevare è quello menzionato molto brevemente nella nostra relazione parlamentare, ovvero le ferite prodotte da aghi per iniezione. So che la Commissione europea ha preso in esame il problema già da tempo e che c’è collaborazione tra datori di lavoro e sindacati su questo argomento. La situazione attuale però vede ancora circa un milione di lavoratori dei servizi sanitari di tutta Europa che, secondo le stime, riportano ferite da ago. Questi incidenti si potrebbero evitare se gli aghi utilizzati fossero sostituiti da un tipo di aghi più sicuro.
Spero, signora Commissario, che dopo essere ritornata alla Commissione europea lei vorrà presentare una proposta sulle ferite da ago alla sessione del nuovo Parlamento. Si tratta di un aspetto di grande rilevanza per molti operatori sanitari ed è un problema facilmente risolvibile nell’ambito del nostro sistema sanitario.
Marios Matsakis, a nome del gruppo ALDE. – (EN) Signor Presidente, circa il 10 per cento dei pazienti ricoverati e circa il 15 per cento dei pazienti che ricevono cure primarie nell’Unione europea subiscono qualche tipo di evento avverso, che può andare da una lieve affezione del tutto guaribile a un evento che mette a rischio la vita o addirittura un evento mortale. In altre parole, circa un paziente su quattro riporta danni provocati dalla cura e non dalla patologia di cui è affetto. Questa statistica è ancor più allarmante se si considera che il numero di decessi ospedalieri imputabili all’assistenza sanitaria in Europa è quasi il doppio delle morti per incidenti stradali.
La relazione dell’onorevole Sartori può far molto per migliorare la situazione, ma come sempre il successo di qualsiasi politica dipende moltissimo dalla sua applicazione e, in questo senso, i governi nazionali hanno la responsabilità di dimostrare attraverso i fatti quanto abbiano a cuore i propri cittadini. I servizi sanitari, specialmente nei 12 Stati membri di nuova adesione, richiedono spesso una revisione profonda, prestando particolare attenzione al miglioramento strutturale degli ospedali, all’ammodernamento delle apparecchiature e all’aggiornamento professionale del personale sanitario. Tali cambiamenti possono verificarsi soltanto con l’aiuto dell’Unione europea, sia in termini di finanziamenti sia di consulenza, e tale aiuto deve essere reso prontamente disponibile a vantaggio della sicurezza dei pazienti.
Siiri Oviir (ALDE) . – (ET) L’assistenza sanitaria aperta è un beneficio e un diritto primario. I 37 000 decessi all’anno attribuibili alle infezioni contratte nell’ambito dei servizi sanitari sono un numero troppo elevato e, in qualità di cittadini dell’Unione europea, non possiamo permetterlo né accettarlo. In base al principio della sussidiarietà, le istituzioni dell’UE e soprattutto la Commissione devono assumere un ruolo importante nella promozione e nella diffusione di informazioni e migliori prassi.
Devo sottolineare l’importanza di offrire soluzioni specifiche e rapide per la riduzione decisiva e permanente delle infezioni nosocomiali in Europa. A questo riguardo, sostengo le raccomandazioni presentate dalla relatrice nella relazione.
Daniela Filipiová, presidente in carica del Consiglio. – (CS) Signor Presidente, onorevoli deputati, desidero ringraziare chi tra voi ha contribuito con commenti, suggerimenti e osservazioni. Devo dire che è una soddisfazione sentire che, in linea di principio, il Parlamento europeo e il Consiglio siano concordi su questi argomenti. Naturalmente, il Consiglio considererà con attenzione tutte le proposte di emendamento del Parlamento europeo, sulla base delle quali valuterà se incorporarle o meno nella versione finale del progetto di proposta.
Androulla Vassiliou, membro della Commissione. − (EN) Signor Presidente, la discussione odierna mostra il grande interesse e le preoccupazioni del Parlamento in materia di sicurezza dei pazienti. La discussione è, inoltre, indicativa del fatto che questo settore ha notevoli potenzialità di valore aggiunto per l’Unione europea.
Per la maggior parte, la Commissione accoglie con favore gli emendamenti proposti; riteniamo ad esempio positiva la proposta secondo cui gli Stati membri possano designare le autorità competenti in materia di sicurezza dei pazienti ai diversi livelli di amministrazione pubblica statale e locale e questo rispecchia il fatto che alcuni Stati membri siano dotati di servizi sanitari decentrati a livello locale. Concordiamo inoltre sul fatto che la portata e i costi della raccolta dei dati non dovrebbero essere sproporzionati rispetto ai vantaggi previsti.
Riguardo agli emendamenti proposti specificamente per le infezioni nosocomiali, favore siamo lieti di constatare che è stata prevista un’adeguata tutela per il personale sanitario. Riteniamo, inoltre, positivo che sia messo in luce il carico di morbilità e mortalità comportato dalle infezioni nosocomiali, nonché la necessità di reclutare più infermieri dedicati al controllo delle infezioni.
Ciononostante, devo esprimere alcune riserve e obiezioni circa la riduzione degli obiettivi. Alcuni parlamentari hanno suggerito che gli Stati membri dovrebbero fornire i mezzi necessari per ottenere una riduzione del 20 per cento del numero di pazienti colpiti da eventi sfavorevoli, con un calo complessivo di 900 000 casi all’anno nell’Unione europea. La Commissione non ritiene adeguato fissare tali obiettivi a livello europeo, in quanto gli Stati membri si trovano in fasi diverse; è quindi difficile definire obiettivi idonei, realistici, raggiungibili e adeguati a tutte le situazioni nazionali.
Ho seguito con grande interesse l’intervento dell’onorevole McAvan circa le ferite prodotte da aghi per iniezione e mi riservo di elaborare una proposta di iniziativa speciale. Il ministro Filipiová ha fatto riferimento alla responsabilità degli Stati membri in questo ambito. La nostra iniziativa sulla sicurezza dei pazienti e le infezioni nosocomiali rispetta appieno la competenza degli Stati membri di finanziare strutture e fornire servizi sanitari come ritengano opportuno. L’obiettivo della nostra proposta è di agevolare gli Stati membri nell’elaborazione di strategie consone e adeguate al fine di ridurre o evitare gli eventi sfavorevoli nell’assistenza sanitaria, ad inclusione delle infezioni nosocomiali, condividendole migliori informazioni e l’esperienza disponibile nell’Unione europea e sostenendo la Commissione nel raggiungimento di economie di scala in questo settore.
Una volta adottata, questa raccomandazione sulla sicurezza dei pazienti rappresenterà un impegno politico senza precedenti da parte dei governi degli Stati membri, che, nelle rispettive politiche sanitarie, dovranno dare priorità alla sicurezza dei pazienti. Un obiettivo che tutti condividiamo, e per il quale questa proposta può svolgere un ruolo essenziale, è la riduzione degli eventi sfavorevoli di ogni tipo, incluse le infezioni nosocomiali in tutti gli ambiti sanitari e in tutti gli Stati membri.
Françoise Grossetête, relatore. – (FR) Signor Presidente, in primo luogo vorrei ringraziare tutti i parlamentari che sono interventi in merito alla relazione Sartori, ai quali sono grata per le proposte avanzate.
Vorrei dire al commissario Vassiliou, che non sembra condividere gli obiettivi specificati e definiti nella relazione Sartori, che teniamo presente la sua osservazione, sebbene rimane comunque importante per noi fare del nostro meglio per garantire un alto livello di protezione, sia per i pazienti sia per il personale sanitario. Inoltre, sebbene non sia auspicabile avere una proposta quantificata, che tenga in considerazione la diversità dell’assistenza fornita nell’Unione europea, ritengo che sia comunque essenziale fare del nostro meglio per garantire i livelli più alti possibili di sicurezza.
Questo è il valore aggiunto dell’Unione europea.
Presidente. – La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà oggi giovedì 23 aprile 2009 alle 12.00.
5. Azione europea nel settore delle malattie rare (discussione)
Presidente . – L'ordine del giorno reca la relazione di Antonios Trakatellis, a nome della commissione per l'ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare, sulla proposta di raccomandazione del Consiglio su un'azione europea nel settore delle malattie rare [COM(2008)0726 - C6-0455/2008 - 2008/0218(CNS)] (A6-0231/2009).
Antonios Trakatellis, relatore. − (EL) Signor Presidente, questa raccomandazione del Consiglio giunge al momento opportuno, in quanto un’azione concertata nel settore delle malattie rare è una necessità assoluta, sia a livello di Unione europea che a livello nazionale.
Sebbene l’incidenza di ciascuna malattia rara sia molto bassa, l’esistenza di diverse migliaia di queste malattie fa sì che le persone colpite nell’Unione europea siano in realtà milioni. Tuttavia, nella sua forma attuale, la proposta ricevuta dal Parlamento europeo era insufficiente e non era possibile ricavarne un programma valido: infatti essa non descrive, neppure in termini generali, né il necessario finanziamento dell’Unione europea, né il cofinanziamento degli Stati membri o di altre organizzazioni.
In tal modo diviene impossibile promuovere alcuni aspetti essenziali relativi alle malattie rare, ossia la creazione di reti di centri di competenza, la catalogazione delle malattie, la raccolta dei dati, le ricerche speciali necessarie e così via. Il testo chiede una proposta di attuazione da parte della Commissione cinque anni dopo l’adozione: si tratta di un lungo periodo durante il quale non si può fare praticamente nulla, in quanto non vi sono fondi stanziati.
In qualità di relatore propongo quindi di chiedere alla Commissione di presentare la proposta di attuazione non oltre la fine del 2012 poiché entro quella data saranno disponibili i dati necessari inviati dagli Stati membri sui centri di competenza per le malattie rare.
Tale proposta di attuazione dovrà menzionare esplicitamente il finanziamento e il cofinanziamento nei seguenti settori:
in primo luogo, la raccolta di dati epidemiologici e la compilazione di un catalogo delle malattie rare, elementi necessari per ricostruire un quadro chiaro del campo di queste malattie nell’Unione europea.
In secondo luogo, l’allestimento delle relative reti.
In terzo luogo, l’istituzione, in aggiunta ai centri di competenza già esistenti, di nuovi centri in quegli Stati membri che ancora non ne possiedono; la creazione di speciali corsi di formazione nei centri esistenti per consentire ai professionisti di acquisire le competenze del caso; la mobilitazione di esperti e professionisti per creare le condizioni necessarie al progresso delle conoscenze; la ricerca sugli strumenti e sui test diagnostici per le malattie rare, con particolare riferimento a quelle genetiche.
Questa raccomandazione del Consiglio va intesa come un’indicazione per creare condizioni favorevoli nel campo delle malattie rare; si tratta ovviamente di un provvedimento di portata generale, ma desidero sottolineare ancora una volta che, per consentire un’attuazione efficiente e positiva, questa proposta dev’essere formulata in maniera più precisa, prevedendo finanziamenti e calendario specifici.
Un aspetto assai importante della lotta contro le malattie rare è rappresentato dalla mobilità dei pazienti. Si tratta di un problema già preso in esame dalla relazione Bowis, e in questo caso mi pare che la mobilità dei pazienti sia pienamente giustificata, in quanto non in tutti gli Stati membri esistono centri speciali o esperti in grado di curare questi pazienti. Di conseguenza è assolutamente essenziale prendere provvedimenti a favore della mobilità dei pazienti e dei professionisti, in modo che alcuni possano acquisire competenze e altri trasmettere l’esperienza acquisita.
Ricordo infine che, per le malattie rare di natura genetica, la ricerca e l’innovazione sono indispensabili per accrescere il numero dei test diagnostici.
La relazione è dedicata in gran parte al trattamento e alla diagnosi, all’acquisizione di competenze e alla creazione di centri e reti. Un punto però riguarda anche la prevenzione; la prevenzione delle malattie genetiche è oggi possibile grazie a una combinazione di fecondazione in vitro e test preimpianto. Trattandosi di una raccomandazione, questo documento non è vincolante per gli Stati membri. La relazione precisa che tale procedura verrà effettuata solo negli Stati membri in cui la legge la consente, per volontà e libera scelta di coloro che decideranno di valersi di tale consulenza genetica; non mi sembra perciò che questo contrasti con il principio di sussidiarietà, per quanto riguarda i dati esistenti.
Daniela Filipiová , presidente in carica del Consiglio. – (CS) Signora Commissario, onorevoli deputati, le malattie rare sono morbi complessi e pericolosi che costituiscono una minaccia per la vita umana oppure possono provocare disabilità cronica. Nonostante la loro bassa incidenza, nell’Unione europea il numero di pazienti che soffre di queste malattie è relativamente elevato, e di conseguenza si rende necessaria un’azione congiunta a livello comunitario. Proprio per questi motivi, tra l’altro, il settore delle malattie rare costituisce per l’Unione una priorità sanitaria strategica.
A parere della presidenza ceca, l’adozione, da parte del Consiglio, della proposta di raccomandazione su un’azione europea nel settore delle malattie rare consentirà di compiere significativi progressi e miglioramenti nella diagnosi delle malattie rare, che attualmente si presenta problematica proprio a causa della natura di tali malattie. Ne risulterà pure agevolata quella condivisione di esperienze e competenze di cui, in questo settore, si avverte sempre più acuta l’esigenza.
Anche per queste ragioni la presidenza ceca ha adottato un approccio attivo nei negoziati sul progetto di raccomandazione, sviluppando il lavoro della presidenza francese nonché le discussioni svoltesi nel dicembre 2008 in seno al Consiglio EPSCO.
Ritengo che su questo tema il Parlamento europeo e il Consiglio nutrano opinioni analoghe. L’iniziativa è necessaria, poiché è suscettibile di migliorare la situazione in cui attualmente versano milioni di pazienti che soffrono di queste malattie, offrendo loro maggiori possibilità di ricevere un’assistenza adeguata e informazioni comprensibili.
Questi obiettivi si possono realizzare, per esempio, elaborando definizioni comuni delle malattie rare, sviluppando ulteriormente le attività dell’Unione europea basate sulla rete Orphanet, coordinando la ricerca europea (compresa la cooperazione con i paesi terzi), fondando e sostenendo centri di competenza e istituendo – infine – reti di riferimento europee per le malattie rare. Il Consiglio riconosce poi il ruolo cruciale svolto dalle organizzazioni indipendenti di pazienti per sviluppare e attuare le politiche nazionali nel settore delle malattie rare.
Attualmente la presidenza ceca sta portando a termine i negoziati sulla proposta di raccomandazione in seno agli organismi di lavoro del Consiglio, e cercherà di farla approvare dal Consiglio EPSCO nel giugno di quest’anno. In ogni caso, data l’importanza dell’argomento, il Consiglio ha deciso di consultare il Parlamento europeo anche in questo caso, e prenderà in attenta considerazione il parere della vostra Assemblea.
Per concludere, ringrazio ancora una volta tutti coloro che hanno contribuito a preparare la relazione del Parlamento europeo, e in particolare il relatore, onorevole Trakatellis, cui si deve la stesura del documento.
Androulla Vassiliou, membro della Commissione. − (EL) Signor Presidente, desidero ringraziare tutti gli onorevoli deputati che hanno preso parte al lavoro del Parlamento sulla proposta di raccomandazione del Consiglio nel settore delle malattie rare.
Rivolgo un ringraziamento particolare al relatore, l’onorevole Trakatellis, per aver coordinato le discussioni e, naturalmente, per aver elaborato la relazione.
Le malattie rare – che singolarmente colpiscono un numero ridottissimo di persone e sono in maggioranza di natura genetica – possono provocare la morte oppure la disabilità cronica. Benché l’incidenza di ciascuna malattia rara sia a volte estremamente bassa, nel loro insieme queste malattie colpiscono all’incirca il 6 per cento della popolazione totale dell’Unione europea, incidendo su qualche aspetto della vita di queste persone.
Ciò significa che, nell’Unione europea, un numero di persone che oscilla fra i 29 e i 36 milioni soffre di una malattia rara, o rischia di contrarla. Tuttavia, proprio perché ciascuna di queste malattie è rara, è impossibile che ogni Stato membro possieda le competenze necessarie per diagnosticare la malattia e curare i pazienti: quindi, abbiamo qui un chiaro esempio di valore aggiunto europeo nel settore sanitario, e proprio per questo motivo la Commissione ha approvato l’azione strategica.
La strategia europea è integrata da una proposta di raccomandazione del Consiglio sull’azione da intraprendere nell’ambito degli Stati membri; questo progetto di raccomandazione si propone di aiutare gli Stati membri a combattere le malattie rare con criteri più efficaci, efficienti e globali. Un aspetto importante dell’azione è rappresentato dalla condivisione delle competenze, consentita dalle reti di riferimento europee. Tali reti possono offrire un valore aggiunto all’azione condotta dagli Stati membri, sia nel campo delle malattie rare che in altri casi; possono inoltre agevolare lo scambio di conoscenze e competenze e, quando sia necessario, suggerire ai pazienti il luogo ove recarsi qualora le competenze non siano immediatamente disponibili.
La proposta della Commissione per una direttiva sui diritti dei pazienti relativi all’assistenza sanitaria transfrontaliera comprende provvedimenti specifici, miranti a favorire la mobilità dei pazienti e a garantire un quadro giuridico alle reti di riferimento europee.
Ci sono vari altri modi in cui l’azione europea può venire in aiuto agli Stati membri nella lotta contro le malattie rare, come per esempio un perfezionamento dell’identificazione e del riconoscimento delle malattie, il sostegno alla ricerca sulle malattie rare e meccanismi come il regolamento sui medicinali orfani.
Ringrazio quindi il Parlamento per il sostegno che ha offerto all’ampio ventaglio di temi affrontati da questa relazione. Attendo con grande interesse il vostro dibattito.
Françoise Grossetête, relatore per parere della commissione per l’industria, la ricerca e l’energia. – (FR) Signor Presidente, i pazienti affetti da malattie rare sono spesso vittime di casi di erranza diagnostica e non beneficiano di alcun trattamento.
La rarità di queste malattie produce una serie di problemi sia dal punto di vista scientifico che da quello economico. Dieci anni fa sono stata la relatrice per il regolamento sui medicinali orfani, e grazie a quell’esperienza so bene che da un lato questi pazienti sono troppo pochi per diventare una questione di interesse locale o regionale, e dall’altro queste malattie sono troppo numerose per venire insegnate ai professionisti della sanità. Le competenze in materia sono quindi rare.
La risposta coinvolge necessariamente l’Europa e la nostra commissione per l’industria, la ricerca e l’energia sostiene l’onorevole Trakatellis nella sua volontà di potenziare la ricerca e la prevenzione. Per esempio, come possiamo negare a una coppia, i cui due figli sono affetti da fibrosi cistica e che desidera avere un terzo bambino, quei progressi della ricerca che salverebbero il nuovo nato dalla stessa malattia? Ecco il motivo per cui i pazienti hanno bisogno di più coordinamento, di più sicurezza e più chiarezza. Si tratta di nodi essenziali, che corrispondono alle aspettative dei cittadini europei nei confronti dell’Europa della salute.
Peter Liese, a nome del gruppo PPE-DE. – (DE) Signor Presidente, signora Commissario, venire in aiuto ai pazienti che soffrono di malattie rare è da molto tempo uno degli obiettivi che più stanno a cuore al Parlamento europeo; come si è detto, questi pazienti hanno bisogno dell’aiuto dell’Europa, poiché in tale campo l’opera svolta a livello nazionale non è sufficiente. Dal momento che queste malattie sono estremamente rare, non esistono in ogni Stato membro centri e specialisti che se ne occupino. La possibilità stessa di svolgere ricerca e poi di sviluppare nuove terapie per una malattia – è un punto molto importante – dipende dall’esistenza di un adeguato numero di pazienti da studiare; lo stesso vale per l’elaborazione di nuovi medicinali. L’onorevole Grossetête ha ricordato il regolamento sui medicinali orfani, che è un aspetto di grande importanza.
L’iniziativa della Commissione è a sua volta importantissima, signora Commissario. Noi deputati del gruppo PPE-DE siamo decisamente al suo fianco su questo tema e sosteniamo altresì i numerosi miglioramenti apportati dall’onorevole Trakatellis a questa relazione. A nome del mio gruppo devo però dichiarare che un emendamento, nella relazione dell’onorevole Trakatellis, contrasta con l’obiettivo fondamentale di venire in aiuto ai pazienti.
L’emendamento n. 15 propone di prevenire ed eradicare le malattie genetiche tramite misure come la consulenza genetica e la selezione degli embrioni. Questa formulazione ha gettato nello sgomento molte persone, non solo esperti di etica e rappresentanti di gruppi di disabili, ma anche scienziati. La Società europea di genetica umana ci invita a respingere l’emendamento n. 15, istituendo un paragone con l’eugenetica della prima metà del secolo scorso.
La politica non deve esercitare pressioni, e allo stesso modo la consulenza genetica non deve sottostare a un obiettivo politico; di conseguenza dobbiamo respingere l’emendamento n. 15. Dobbiamo votare a favore di questa relazione – che è veramente valida – a condizione che l’emendamento n. 15 venga respinto; in caso contrario, la cosa si presenterà assai problematica. Dobbiamo aiutare le persone che soffrono di malattie rare, non dare loro l’impressione di essere superflue.
Dorette Corbey, a nome del gruppo PSE. – (NL) Sono grata all’onorevole Trakatellis per la sua ottima relazione. Se c’è un settore in cui la cooperazione a livello europeo è utile e offre un valore aggiunto, è certamente quello delle malattie rare. Nel caso delle malattie metaboliche, di quelle muscolari e di alcune rare forme di tumore, è pratico e utile lavorare insieme per scambiare informazioni sui trattamenti tecnici e riunire le proprie forze: sono tutti aspetti di grande importanza. L’informazione inoltre va resa accessibile, e la relazione Trakatellis analizza tutti questi argomenti.
Vorrei attirare la vostra attenzione su tre punti. In primo luogo, i pazienti devono avere voce in capitolo in Europa. Negli anni più recenti, abbiamo assistito alla crescita di gruppi di pazienti organizzati in maniera sempre migliore, in grado di muoversi con abilità in Europa e anche a Bruxelles. Si tratta di un fenomeno importante, che costituisce una preziosa fonte d’informazione per la classe politica, poiché molte malattie rare sono ovviamente ben poco conosciute. E’ opportuno quindi capire in che modo queste organizzazioni di pazienti vengano finanziate ed è soprattutto importantissimo garantire che esse siano finanziariamente autonome e non dipendano unicamente dall’industria farmaceutica. Per tale motivo propongo di finanziare le organizzazioni di pazienti.
In secondo luogo, lo sviluppo di medicinali per le malattie rare – i cosiddetti medicinali orfani – è un elemento essenziale. In merito esistono direttive, ma sarebbe opportuno verificare con attenzione se il sistema funzioni a dovere.
In terzo luogo, vi è il controverso tema su cui si è soffermato l’onorevole Liese. Parecchie malattie rare sono di natura ereditaria; la ricerca e la selezione degli embrioni possono scongiurare un gran numero di sofferenze, ma è importante che gli Stati membri mantengano il potere di decidere in merito a eventuali trattamenti, come le procedure preimpianto e la selezione degli embrioni. Siamo favorevoli all’emendamento n. 15, ma vorremmo togliere il riferimento all’eradicazione delle malattie, poiché questo termine – come ha osservato l’onorevole Liese – suscita associazioni assai sgradevoli. Giudichiamo pure importante che i trattamenti siano volontari e si svolgano entro i limiti fissati dai governi nazionali. Se tali condizioni verranno soddisfatte, sosterremo l’emendamento, invitando tutti ad approvarlo; ma il riferimento all’eradicazione delle malattie va eliminato. A tali condizioni, garantiamo il nostro appoggio alla relazione e formuliamo anzi un giudizio entusiastico sul lavoro dell’onorevole Trakatellis. Vi ringrazio per l’attenzione.
Frédérique Ries, a nome del gruppo ALDE. – (FR) Signor Presidente, desidero ringraziare il nostro relatore, onorevole Trakatellis, e scusarmi per essere giunta in ritardo in Aula; porgo inoltre il benvenuto al gruppo di visitatori, che sono la ragione del mio lieve ritardo.
Nel corso di un’audizione sulle malattie rare da me organizzata lo scorso anno in Parlamento con Eurordis –l’associazione europea dei pazienti ho rilevato che tocca a noi, che tocca all’Europa, fissare standard assai elevati per questi pazienti, che ripongono tutte le loro speranze nella ricerca: proprio questo è riuscito a fare il relatore, che ha sensibilmente migliorato il testo della Commissione.
Il piccolo numero di pazienti esistenti in ciascun paese, e la frammentazione delle conoscenze nell’ambito dell’Unione europea, fanno delle malattie rare l’esempio per eccellenza di una assoluta necessità di azione concertata a livello europeo. Il nostro desiderio unanime è quello di conoscere meglio queste malattie, perfezionarne la diagnosi e il trattamento e offrire un’assistenza migliore ai pazienti e alle loro famiglie.
Rimane ovviamente il problema del calendario e dei finanziamenti: si offrono varie opzioni, che stiamo esplorando. Accanto ai finanziamenti erogati dall’Unione europea o dagli Stati membri, è opportuno reperire altre fonti di finanziamento. Una soluzione che sta dando buoni risultati in molti Stati membri è quella del partenariato tra pubblico e privato.
Sarebbe imperdonabile da parte mia non ricordare qui il cospicuo apporto finanziario fornito dalle iniziative dei cittadini: Téléthon in Francia e Télévie nel Belgio francofono. Quest’ultima ha permesso addirittura di raddoppiare il bilancio destinato alla ricerca scientifica – un bilancio assai misero, osservo per inciso: appena 13 euro all’anno per cittadino, a paragone dei 50 euro all’anno della Francia e dei 57 della Germania, per fare due soli esempi.
Concludo, signor Presidente. Milioni di pazienti in tutta Europa ci guardano; la volontà c’è, e ora tocca a noi dimostrare che non ci siamo limitati a compilare un catalogo di buone intenzioni. Un’ultima cosa: il gruppo ALDE sostiene l’emendamento n. 15.
Hiltrud Breyer, a nome del gruppo Verts/ALE. – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, è superfluo dire che anche noi siamo favorevoli ad aiutare le persone che soffrono di malattie rare. Ciò premesso, l’emendamento n. 15 è completamente inaccettabile dal punto di vista etico.
Mai più, in Europa, si dovrà discutere di quali vite siano degne di essere vissute, e quali no. In Europa non si devono esercitare pressioni politiche e sociali sui genitori, per indurli a rifiutare consapevolmente la nascita di un bambino disabile. La selezione degli embrioni demolirebbe le dighe dell’etica; ecco il motivo per cui dobbiamo respingere quest’emendamento. Non basta togliere il termine “eradicazione”, che – duole doverlo notare – fa parte del vocabolario fascista. In tal modo ci troveremmo ancora di fronte alla selezione degli embrioni; e sarebbe intollerabile se quest’emendamento e il principio della selezione degli embrioni, che lo anima, costituissero una tappa sulla via della costruzione di una nuova etica in Europa.
Dobbiamo opporci con intransigenza alla discriminazione genetica. Di conseguenza, l’emendamento n. 15 va respinto nella sua totalità; in caso contrario, il nostro gruppo sarà purtroppo costretto a votare contro questa relazione, benché essa sia, per il resto, assai positiva.
Philip Claeys (NI) . – (NL) La relazione Trakatellis indica una serie di carenze contenute nelle raccomandazioni del Consiglio; tali rilievi, a mio avviso, sono corretti. Anch’io sono convinto della necessità di un approccio coordinato dell’Unione europea nel settore delle malattie rare. Né la raccomandazione né la relazione, però, accennano alle malattie rare che ci giungono dai paesi in via di sviluppo.
Assistiamo, per esempio, al ritorno della tubercolosi, una malattia che fino a poco tempo fa in Europa era stata debellata, completamente o quasi, ma che ora ritorna, portata dall’immigrazione di massa. Anche in questo campo, quindi, è necessario agire con urgenza per precisare le aree di rischio, scambiare informazioni, svolgere controlli a campione ai confini esterni della Comunità, e così via. Naturalmente, è di somma importanza anteporre la politica per la salute pubblica alla correttezza politica.
Christa Klaß (PPE-DE) . – (DE) Signor Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, abbiamo la ferma volontà di collaborare per garantire all’assistenza sanitaria in Europa le migliori condizioni possibili. Soprattutto nelle zone rurali dell’Unione europea, contigue ai confini nazionali – come quella da cui provengo, nella grande regione transfrontaliera tra Germania, Belgio, Lussemburgo e Francia – promuovere la mobilità dei pazienti, che è il tema di cui stavamo discutendo ora, significare compiere un cruciale passo in avanti verso l’obiettivo di un’assistenza sanitaria migliore e più efficiente. In ogni nostra azione, però, dobbiamo rispettare e salvaguardare gli standard etici degli Stati membri. Ciò vale per l’analisi del DNA così come per l’inseminazione artificiale, e vale pure per le malattie rare, che costituiscono l’oggetto della relazione dell’onorevole Trakatellis. Nel settore delle malattie rare occorre un quadro politico più robusto per potenziare la ricerca e migliorare i trattamenti, dal momenti che le aziende farmaceutiche preferiscono investire in mercati più ampi.
Nella nostra battaglia per la salute dei cittadini non dobbiamo ricorrere a mezzi come la selezione degli embrioni, allo scopo di eradicare le malattie rare. Il problema, dopotutto, è quello di curare i malati, e quest’elemento rappresenta un vistoso passo falso in una relazione il cui approccio è per gli altri aspetti validissimo; inoltre, è un passo falso pericolo dal punto di vista etico. Nell’emendamento n. 15 il punto centrale non è la cura dei malati, bensì la selezione. A chi spetta decidere quali vite siano degne di essere vissute? Pensiamo veramente che prevenzione significhi prevenire la vita? Da parte mia, sono convinta del contrario. Nel mio paese, così come in molti altri Stati membri, la diagnosi preimpianto è vietata, e a ragione. Che documenti ufficiali europei possano usare con tanta disinvoltura termini come eradicazione e selezione di embrioni sani, è cosa che mi sconvolge e che contrasta con il nostro dichiarato obiettivo di riconoscere e integrare nella nostra società le persone colpite da disabilità e malattie.
Invito con forza tutti i colleghi a votare contro l’emendamento n. 15, affinché la relazione dell’onorevole Trakatellis – che sotto ogni altro aspetto è assai valida – possa ottenere una salda maggioranza.
Siiri Oviir (ALDE) . – (ET) A mio avviso le azioni coordinate a livello di Unione europea e Stati membri nel settore delle malattie rare sono assolutamente essenziali. Mi associo all’opinione del relatore, che giudica insufficienti questa raccomandazione del Consiglio e il piano d’azione nella sua forma attuale, e stima impossibile istituire su tale base un programma funzionante nell’Unione europea. Non vi sono raccomandazioni specifiche né scadenze precise per l’attuazione.
Non sarà certamente possibile ottenere un salto di qualità in questo campo senza l’apporto e i finanziamenti dell’Unione europea e degli Stati membri. Ritengo che le malattie rare debbano sicuramente ricevere un’attenzione speciale; dobbiamo prendere in considerazione le esigenze specifiche dei cittadini interessati, che sono parecchi milioni, per garantire loro, in futuro, una vita dignitosa. Dissento dalle affermazioni dell’oratore che è intervenuto in precedenza, l’onorevole Claeys, secondo il quale la tubercolosi giungerebbe negli Stati membri da paesi terzi. Non sono affatto d’accordo: la tubercolosi deriva dalla povertà e dalla mancanza di alloggi, e negli Stati membri in cui il tenore di vita è basso questa malattia è oggi comune.
Daniela Filipiová, presidente in carica del Consiglio. – (CS) Onorevoli deputati, vorrei ringraziarvi tutti per i commenti, i suggerimenti e le osservazioni che avete formulato. Ho notato con grande soddisfazione che, in linea di principio, su quest’argomento le opinioni del Parlamento europeo coincidono con quelle del Consiglio. Naturalmente, non posso non essere d’accordo con l’osservazione del relatore, onorevole Trakatellis, il quale ci ricorda che questa proposta riguarda malattie che, per quanto rare, colpiscono migliaia di persone. E’ importante rilevare, mi sembra, che in questo settore un miglioramento del coordinamento e della cooperazione tra gli Stati membri può recare concreti vantaggi ai pazienti, grazie ai centri specializzati in cui i benefici finanziari possono moltiplicarsi a causa delle economie di scala di cui ci ha appena parlato il Commissario, signora Vassiliou. Il Consiglio esaminerà naturalmente con grande attenzione tutte le proposte di emendamento presentate dal Parlamento europeo, e su tale base valuterà l’opportunità di includerle nella versione finale della proposta di raccomandazione.
Androulla Vassiliou, membro della Commissione. − (EL) Signor Presidente, onorevoli deputati, il dibattito odierno ha dimostrato quanto sia intenso l’interesse per questo importante settore della sanità pubblica.
Quello dell’azione europea nel settore delle malattie rare è un problema su cui si è coagulato il generale consenso di tutte le Istituzioni, e sono grata al Parlamento europeo per il sostegno che ci ha offerto in merito a questa iniziativa.
Tutti riconoscono, senza tema di smentite, che le malattie rare rappresentano un settore della sanità pubblica in cui 27 approcci nazionali diversi sarebbero inadeguati e inefficienti. Questa raccomandazione ci consentirà di affrontare i problemi specifici connessi alle malattie rare, nel tentativo di migliorare la qualità della vita delle persone che ne soffrono; oltre ai pazienti stessi, ne trarranno beneficio le loro famiglie e i loro amici.
Per raggiungere quest’obiettivo punteremo in larga misura su raccomandazioni rivolte agli Stati membri, per invitarli a sviluppare piani e strategie sulle malattie rare, nonché sull’istituzione di reti di riferimento europee.
Quanto infine alla proposta del rettore Trakatellis, che ci chiede di preparare e presentare entro la fine del 2012 una relazione sui risultati della raccomandazione, non abbiamo obiezioni e ne terremo conto.
membro della Commissione. − (EN) Consentitemi ora di raccogliere alcune osservazioni formulate dagli onorevoli deputati. Vorrei anzitutto accennare all’emendamento n. 15, per sottolineare che le questioni di natura etica non rientrano nelle competenze dell’Unione europea, soprattutto in questo caso, date le differenze giuridiche che sussistono tra i vari Stati membri riguardo allo screening e alle scelte etiche che si devono poi fondare su tale informazione.
E’ stata inoltre ricordata la necessità di reperire finanziamenti. I finanziamenti per il trattamento delle malattie rare sono un problema di cui devono farsi carico gli Stati membri; la Commissione si augura che queste proposte contribuiscano a valorizzare l’importanza di tali investimenti, e a sfruttare nel modo migliore i fondi messi a disposizione dalla cooperazione europea.
Per quanto riguarda i finanziamenti comunitari supplementari, i limiti dell’attuale programma sanitario dipendono dalle prospettive finanziarie generali stabilite dal Parlamento e dal Consiglio. Se il Parlamento ritiene che per le malattie rare siano necessari fondi comunitari più cospicui, il Parlamento stesso deve affrontare la questione ricorrendo alle procedure di bilancio.
L’onorevole Corbey ha anche ricordato l’aiuto che dobbiamo offrire alle associazioni di pazienti. La Commissione concorda sull’importanza di tali associazioni, con le quali – e in particolare con Eurordis – abbiamo allacciato una stretta collaborazione; proprio di recente ho patrocinato la pubblicazione di un libro contenente le testimonianze di 12 000 pazienti. Tale impegno da parte dei cittadini è un elemento essenziale del lavoro da svolgere in questo campo.
membro della Commissione. − (EL) Signor Presidente, concludo esprimendo la speranza che i pazienti – grazie a un più agevole accesso all’assistenza sanitaria specialistica, al sostegno alla ricerca e allo sviluppo di trattamenti efficaci e alla cooperazione transfrontaliera – riescano a individuare più facilmente gli specialisti di cui hanno bisogno.
Antonios Trakatellis, relatore. − (EL) Signor Presidente, sono estremamente grato ai colleghi per i loro commenti, al Consiglio per le sue osservazioni e al Commissario, signora Vassiliou, per il suo intervento. Ella ha dimostrato grande apertura mentale, e ha manifestato la disponibilità ad adottare almeno l’emendamento in cui invitiamo la Commissione a presentare una proposta entro la fine del 2012, per consentirci di compiere rapidi progressi, in Europa, nel settore delle malattie rare.
Presidente . − La discussione è chiusa. La votazione si svolgerà tra pochi minuti.
Dichiarazioni scritte (articolo 142 del regolamento)
Carlo Casini (PPE-DE) , per iscritto. – La prevenzione e la cura di qualsiasi malattia, anche se rara, esigono il massimo impegno delle pubbliche istituzioni, ma la cura e la prevenzione non possono avvenire con il costo altissimo di sacrificare la vita di alcuni esseri umani, anche se a beneficio di altri. Ciò sarebbe profondamente in contraddizione con l´anima dell´Unione Europea, fondata sul riconoscimento della uguale dignità di un essere appartenente alla famiglia umana. La diagnosi genetica degli embrioni attuata per selezionare i migliori e i sani uccidendo gli altri è una discriminazione sull´uomo inaccettabile. Alcuni Stati lo consentono, ma l´Unione europea non può assolutamente incoraggiare né le leggi, né i comportamenti che lo permettano.
Per questa ragione, nonostante la mia decisa volontà di combattere ogni malattia, sono contrario a un testo le cui parti pregevoli sono in contraddizione con il contenuto gravemente negativo dell´articolo 4 quale risulterebbe emendato dall´emendamento numero 15.
Presidente . – Passiamo ora al turno di votazioni.
(Per i risultati e altri dettagli delle votazioni: vedasi processo verbale)
- Prima della votazione:
Daniel Cohn-Bendit (Verts/ALE) . – (FR) Signor Presidente, prima del voto, prima del loro voto sulla relazione dell’onorevole Casaca, ai sensi dell’allegato I, articolo 1, del regolamento del Parlamento europeo, rivolgo il seguente invito, che leggo dall’allegato I, articolo 1: “il deputato che abbia un interesse finanziario diretto nella questione oggetto della discussione dichiara tale interesse oralmente”.
Nella relazione dell’onorevole Casaca sul discarico, ci accingiamo a votare sui fondi pensione. Nella nostra Assemblea, più di 400 deputati hanno sottoscritto un fondo pensione; invito il Presidente a chiedere a tutti i colleghi che hanno aderito a un fondo pensione di dichiararlo immediatamente, in seduta plenaria, in quanto essi hanno un interesse diretto nell’argomento che ci apprestiamo a discutere.
(Applausi)
Gary Titley (PSE) . – (EN) Signor Presidente, prendo la parola per richiamare l’attenzione sull’articolo 28, paragrafo 2, del nostro regolamento, il quale stabilisce che ogni deputato può presentare interrogazioni al Presidente del Parlamento e che riceverà una risposta entro il termine di 30 giorni dalla presentazione. Ho presentato un’interrogazione al presidente del Parlamento il 19 marzo. Oggi è il 23 aprile: non solo non ho ricevuto risposta, ma il suo ufficio si è rifiutato di rispondere ai miei messaggi di posta elettronica.
La prego di chiedere al Presidente del Parlamento come mai egli dimostri così scarso rispetto per il Regolamento del Parlamento, oltre che per i diritti dei deputati; la prego inoltre di invitarlo a rispondermi entro 24 ore. In caso contrario, prenderò nuovamente la parola domani per ripetere la stessa richiesta.
(Applausi)
Daniel Cohn-Bendit (Verts/ALE) . – (FR) Signor Presidente, ovviamente per prima cosa i deputati che hanno sottoscritto un fondo pensione devono renderlo noto; allo stesso tempo, essi dovrebbero astenersi dal voto sulla relazione dell’onorevole Casaca, in quanto in tale relazione vi sono punti che potrebbero dar luogo a un conflitto con i loro interessi personali.
La invito quindi ad applicare il regolamento del Parlamento europeo.
Silvana Koch-Mehrin (ALDE) . – (DE) Signor Presidente, intervengo in merito alla dichiarazione scritta 0001/2009, che ha ottenuto la maggioranza richiesta. Ringrazio i colleghi a nome di tutti gli autori della dichiarazione scritta. E’ un punto che non riguarda affatto le votazioni.
Luigi Cocilovo (ALDE) . – Signor Presidente, onorevoli colleghi, solo per segnalare che trovo del tutto infondata l’interpretazione suggerita dall’on. Cohn-Bendit al nostro regolamento, che fa riferimento agli interessi privati e personali evidentemente non riferiti all’applicazione delle normative regolamentari di questo Parlamento.
Secondo quell’interpretazione, quando i parlamentari hanno votato sul nuovo statuto dei deputati europei, che comprendeva riferimenti anche all’indennità parlamentare di tutti i parlamentari, allora nessun parlamentare avrebbe potuto partecipare a quella votazione e quindi chiedo di respingere questa richiesta perché del tutto infondata.
Hans-Peter Martin (NI) . – (DE) Signor Presidente, l’onorevole Cocilovo ha perfettamente ragione a notare che, in materia di fondi pensione, ci stiamo occupando di interessi privati: si tratta per l’appunto di un piano privato. Desidero esprimere il mio convinto sostegno all’intervento dell’onorevole Cohn-Bendit. Dal momento che, a quanto sembra, 478 deputati al Parlamento europeo non hanno il coraggio di ammettere i propri interessi, ricordo che tutti i nomi sono reperibili al sito http://www.openeurope.org" .
L’elenco va dall’onorevole Mölzer, di estrema destra, al conservatore onorevole Rübig, fino all’onorevole Bösch, presidente della commissione per il controllo dei bilanci.
Martin Schulz (PSE) . – (DE) Signor Presidente, naturalmente possiamo continuare la discussione. La mozione dell’onorevole Cohn-Bendit è stata presentata, e sono stati formulati parecchi commenti.
Invito a concentrarci sull’argomento su cui dobbiamo votare, ossia la relazione dell’onorevole Casaca. Indipendentemente dal fatto che il fondo sia definito pubblico o privato, questa relazione riguarda un punto assai specifico: il Parlamento stabilisce, in primo luogo, di non avere giuridicamente diritto al finanziamento del proprio deficit, e in secondo luogo che non vi sarà alcun finanziamento dei deficit. Non c’è denaro per il fondo: questo è il punto cruciale, e su questo punto vorrei che votassimo.
Gerard Batten (IND/DEM) . – (EN) Signor Presidente, posso replicare agli interventi degli onorevoli Cohn-Bendit e Martin? Penso che la soluzione sia semplice. Da parte mia, non ho la minima difficoltà a dichiarare che partecipo effettivamente al piano pensionistico volontario, insieme ad altri 399 deputati, e intendo votare contro i miei interessi e a favore degli interessi dei contribuenti; la semplice soluzione che propongo è che gli altri 399 colleghi facciano altrettanto.
Ewa Tomaszewska (UEN) . – (PL) Signor Presidente, parlo da partecipante al piano pensionistico; mentre dichiaro la mia posizione, non ritengo possibile che più di 400 colleghi si levino ora per informarci della medesima cosa, poiché ciò renderebbe impossibile, oggi, lo svolgimento di qualsiasi votazione. Suggerisco perciò per questa situazione una soluzione dettata dal buon senso. Esiste un elenco degli aderenti al piano: potremmo includerlo, e questo mi sembrerebbe sufficiente.
Presidente . – Molte grazie. Questo è tutto, onorevoli colleghi. Ora continueremo con la seduta.
Onorevole Titley, la sua protesta verrà immediatamente trasmessa all’ufficio di presidenza, insieme alla sua richiesta di ottenere una risposta immediata.
Per quanto riguarda la questione posta dall’onorevole Cohn-Bendit, ai sensi del nostro Regolamento, qualsiasi deputato ha naturalmente il diritto, in qualsiasi momento, di dichiarare un interesse personale in qualsiasi argomento qui in discussione. Non c’è altro da aggiungere: chi desidera dire qualcosa può parlare, e chi non lo desidera può rimanere in silenzio.
La questione mi pare quindi risolta.
6.1. Discarico 2007: Parlamento europeo (A6-0184/2009, Paulo Casaca)
6.2. Discarico 2007: Corte di giustizia (A6-0151/2009, Søren Bo Søndergaard)
6.3. Discarico 2007: Corte dei conti (A6-0152/2009, Søren Bo Søndergaard)
6.4. Discarico 2007: Mediatore europeo (A6-0156/2009, Søren Bo Søndergaard)
6.5. Discarico 2007: Garante europeo della protezione dei dati (A6-0154/2009, Søren Bo Søndergaard)
6.7. Discarico 2007: Agenzia europea per i medicinali (A6-0162/2009, Christofer Fjellner)
6.8. Discarico 2007: Agenzia europea per la sicurezza aerea (A6-0163/2009, Christofer Fjellner)
6.9. Discarico 2007: Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri dell’Unione europea (Frontex) (A6-0166/2009, Christofer Fjellner)
6.10. Discarico 2007: Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (A6-0170/2009, Christofer Fjellner)
6.11. Discarico 2007: Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze (A6-0175/2009, Christofer Fjellner)
6.12. Discarico 2007: Centro europeo per lo sviluppo della formazione professionale (A6-0177/2009, Christofer Fjellner)
6.13. Discarico 2007: Centro di traduzione degli organismi dell’Unione europea (A6-0178/2009, Christofer Fjellner)
6.14. Discarico 2007: Consiglio (A6-0150/2009, Søren Bo Søndergaard)
6.15. Gestione finanziaria e controllo delle agenzie dell’UE (A6-0148/2009, Christofer Fjellner)
Presidente . − Desidero ora porgere il benvenuto alla delegazione dell’Iraq che è in visita presso il nostro Parlamento. Nel quadro delle nostre riunioni interparlamentari, rivolgo ai membri della delegazione un cordiale benvenuto.
(Applausi)
La delegazione è guidata dal signor Khalid Al Atiyah, primo vicepresidente della camera dei rappresentanti della Repubblica dell’Iraq.
Sottolineo con grande piacere gli incoraggianti progressi registrati in Iraq nei settori della sicurezza e dello Stato di diritto, di cui testimoniano le elezioni amministrative tenute nel gennaio scorso; ci auguriamo che sia possibile superare al più presto i molteplici problemi che hanno afflitto il paese nel corso di questi anni travagliati.
I nostri ospiti possono nutrire la certezza che l’Unione europea e questo Parlamento saranno sempre al loro fianco per aiutarli a consolidare la pace, la democrazia e la stabilità cui l’Iraq, al pari di ogni altro paese del mondo, ha pieno diritto.
Spero che le riunioni svoltesi in seno al nostro Parlamento si dimostrino proficue e che il vostro soggiorno presso di noi ci permetta di rafforzare i legami che uniscono i nostri due Parlamenti.
8.1. Accesso al mercato internazionale dei servizi di trasporto effettuati con autobus (rifusione) (A6-0215/2009, Mathieu Grosch)
8.2. Norme comuni sulle condizioni da rispettare per esercitare l’attività di trasportatore su strada (A6-0210/2009, Silvia-Adriana Ţicău)
8.3. Accesso al mercato internazionale del trasporto merci su strada (rifusione) (A6-0211/2009, Mathieu Grosch)
Michael Gahler (PPE-DE) . – (DE) Signor Presidente, considerando le centinaia di votazioni che dobbiamo effettuare oggi, forse lei potrebbe limitarsi ad annunciare “adottato” o “respinto”, anziché leggere tutti i dati numerici.
Presidente . − Sì, onorevole Gahler, mi piacerebbe molto fare come lei suggerisce, e come in effetti ho già fatto in passato. Questa volta però devo fare diversamente perché l’Associazione dei giornalisti europei ci ha chiesto di comunicare l’esito dettagliato dei voti. In caso contrario, non sarebbe possibile registrare debitamente il risultato, e i rappresentanti dell’Associazione fanno giustamente notare che, senza conoscere l’esito del voto, essi non sono in grado di valutare politicamente la posizione del Parlamento.
Silvia-Adriana Ţicău, relatore. − (EN) Signor Presidente, desidero unicamente notare che, nell’elenco delle votazioni per l’articolo 7, emendamento n. 57, solo qualora venga adottata la prima parte gli emendamenti nn. 106 e 117 decadono.
Per quanto riguarda l’articolo 9, emendamento n. 102, se tutti vengono adottati, l’emendamento n. 60 decade. In caso contrario dovremo votare sulla parte corrispondente dell’emendamento n. 60.
Presidente . − La ringrazio, onorevole Ţicău, prendiamo nota della sua osservazione.
- Prima della votazione sugli emendamenti nn. 109 e 124:
Silvia-Adriana Ţicău, relatore. − (EN) Signor Presidente, dobbiamo votare anche sugli emendamenti nn. 109 e 124 –per la parte corrispondente.
8.5. Agenzie di rating del credito (A6-0191/2009, Jean-Paul Gauzès)
- Prima della votazione:
Jean-Paul Gauzès, relatore. – (FR) Signor Presidente, un brevissimo intervento solo per ricordare che questa relazione riveste grande importanza, in quanto introduce un regolamento europeo per le agenzie di rating, e costituisce quindi un elemento di risposta alla crisi.
Desidero segnalarvi che questa mattina il Coreper ha adottato il testo di compromesso che vi è stato presentato per il voto. Affinché il voto del Parlamento risulti conforme, sarebbe opportuno che respingeste gli emendamenti, tranne nel caso delle votazioni sull’emendamento n. 172, parti corrispondenti. Desidero inoltre ringraziare i relatori ombra, gli onorevoli Pittella e Klinz, insieme a tutti coloro che hanno lavorato su quest’importante argomento.
8.6. Diritti dei passeggeri che viaggiano via mare e per vie navigabili interne (A6-0209/2009, Michel Teychenné)
8.7. Diritti dei passeggeri nel trasporto con autobus (A6-0250/2009, Gabriele Albertini)
- Per quanto riguarda gli emendamenti nn. 81 e 12:
Georg Jarzembowski (PPE-DE) . – (DE) Signor Presidente, mi pare che l’emendamento n. 81 abbia riscosso una vasta maggioranza, e che di conseguenza l’emendamento n. 12 debba decadere. Può confermarlo, per favore?
Presidente . − Sì, onorevole Jarzembowski, lei ha ragione: l’emendamento n. 12 decade.
Eva Lichtenberger (Verts/ALE) . – (DE) Signor Presidente, questo secondo emendamento si può perfettamente considerare complementare. Non c’è contraddizione; i due emendamenti non si escludono a vicenda.
(Tumulto in Aula)
Presidente . – Può darci la sua opinione il relatore, l’onorevole Albertini?
Gabriele Albertini, relatore. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, sono favorevole a quanto ha riferito il nostro coordinatore Jarembowski: decade il 12.
8.8. Durata di protezione del diritto d'autore e di alcuni diritti connessi (A6-0070/2009, Brian Crowley)
- Prima della votazione:
Sharon Bowles (ALDE) . – (EN) Signor Presidente, mi duole disturbare i colleghi in questa lunga sessione di voto, ma sull’elenco delle votazioni è stato appena segnalato che l’emendamento n. 80 a un considerando è destinato a decadere, qualora sia approvato l’emendamento n. 37. La prima metà dell’emendamento è esattamente la stessa ma l’aggiunta – la seconda parte – è coerente. Per l’emendamento n. 81, che è il corrispondente emendamento all’articolo, non si segnala la decadenza qualora il corrispondente emendamento all’articolo, il n. 55, venga approvato. Chiedo perciò di votare sull’emendamento n. 80 come aggiunta all’emendamento n. 37, se i colleghi sono d’accordo – è un’altra questione – come, a quanto sembra, faremo con l’emendamento n. 81.
Presidente . – La ringrazio, onorevole Bowles. Sarà opportuno sentire l’opinione del relatore, l’onorevole Crowley.
Brian Crowley, relatore. − (EN) Signor Presidente, non credo che si possa considerare un’aggiunta; è un punto da affrontare separatamente.
8.9. Sistemi di trasporto intelligenti nel settore dei trasporti stradali e interfacce con altri modi di trasporto (A6-0226/2009, Anne E. Jensen)
- Prima della votazione:
Alexander Alvaro (ALDE). - (EN) Signor Presidente, con tutto il rispetto, credo che se lei potesse velocizzare la procedura di votazione la sua popolarità ne trarrebbe un grande vantaggio, e susciterebbe la nostra ammirazione.
(Applausi)
Presidente. − La ringrazio molto del consiglio, onorevole Alvaro. Chiaramente, lei manca di esperienza a riguardo.
8.10. Programma Marco Polo II (A6-0217/2009, Ulrich Stockmann)
8.11. Rete ferroviaria europea per un trasporto merci competitivo (A6-0220/2009, Petr Duchoň)
8.12. Diritti dei pazienti relativi all'assistenza sanitaria transfrontaliera (A6-0233/2009, John Bowis)
- Prima della votazione:
Kartika Tamara Liotard (GUE/NGL). – (NL) Desidero presentare una mozione d’ordine in base all’articolo 168 paragrafo 2. Il nostro gruppo ha presentato un emendamento sulla modifica della base giuridica, e diversi altri gruppi hanno fatto altrettanto. Tale cambiamento significa che attualmente il solo articolo 95 sul mercato interno, e dunque i soli interessi economici sono compresi nella base giuridica. Ne resta escluso l’articolo 152 sulla sanità pubblica, in cui il paziente costituisce il punto di partenza.
In linea di principio, la commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare ha richiesto un parere alla commissione giuridica. Tuttavia, tale parere è stato richiesto solo sulla base della proposta originale della Commissione. Nella relazione dell’onorevole Bowis appare chiaro che un cambiamento è stato introdotto in base al quale i diritti dei pazienti sono anch’essi menzionati nella relazione e, pertanto, la base giuridica è stata modificata. Tuttavia, tali emendamenti sono stati dichiarati inammissibili e, pertanto, il cambiamento fondamentale che il Parlamento desidera introdurre – vale a dire lo spostamento da un orientamento esclusivamente basato sul mercato a uno che prenda atto anche dei diritti dei pazienti – è in pericolo. Desidero chiedere il rinvio della relazione alla commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare.
Presidente. − Onorevole Liotard, ora procederemo alla votazione dell’emendamento n. 158. Si tratta di una proposta di reiezione. Quando sapremo l’esito della votazione risponderò alla sua osservazione.
Desidero avanzare una proposta relativamente agli emendamenti sulla base giuridica: la presidenza deve stabilire l’ammissibilità di tali emendamenti, in particolare degli emendamenti nn. 159, 119, 116 e 125, ma la decisone, naturalmente, dipende dall’impianto definitivo della direttiva, che verrà modificato nel corso della votazione.
Pertanto, propongo che la votazione sull’ammissibilità degli emendamenti in questione abbia luogo al termine della seduta, affinché la presidenza possa disporre degli elementi necessari per decidere sulla loro eventuale ammissibilità. Altrimenti, correrebbe l’obbligo di decidere ora, in assenza di informazioni sufficienti.
Dunque, se gli onorevoli portavoce concordano, la votazione degli emendamenti si svolgerà al termine della seduta.
Philip Bushill-Matthews, relatore. − (EN) Signor Presidente, concordo con la sua proposta, ma per maggiore chiarezza potrebbe citare per esteso gli emendamenti relativi alla base giuridica? Lei ha menzionato il n. 159, il n. 119, eccetera. “Eccetera” dovrebbe comprendere anche il considerando, vale a dire l’emendamento n. 126.
Presidente. – Dunque, metteremo ai voti ottanta emendamenti della commissione competente e siamo al corrente del fatto che l’onorevole Bushill-Matthews desidera presentare un emendamento all’emendamento n. 100.
- Prima della votazione sull’emendamento n. 100:
Philip Bushill-Matthews, relatore. − (EN) Signor Presidente, chiedo scusa agli onorevoli colleghi per l’inserimento tardivo di questo emendamento, motivato dal semplice desiderio di apportare un certo grado di chiarezza.
L’emendamento n. 100 fa riferimento alle responsabilità degli Stati membri in materia di scambio di informazioni inerenti sentenze disciplinari o penali contro operatori sanitari. Si tratta di un provvedimento apparentemente molto opportuno. All’ultimo momento è stato portato alla mia attenzione il fatto che esso si presterebbe all’interpretazione secondo cui, qualora tali operatori sanitari fossero coinvolti in violazioni al codice della strada, gli Stati membri sarebbero tenuti a condividere informazioni a riguardo. Certamente non è questa l’intenzione alla base dell’emendamento in questione e, pertanto, a titolo di chiarimento la formulazione proposta sarebbe: “gli Stati membri fanno sì che vi sia tra loro uno scambio di informazioni immediato e sistematico riguardo ai fornitori di assistenza sanitaria o agli operatori sanitari ogni qual volta una misura di regolamentazione si oppone alla loro registrazione o al loro diritto a prestare servizi agli operatori”. Si tratta, dunque, di un semplice chiarimento.
Presidente. - Finora, nella votazione su questa relazione, abbiamo messo ai voti una serie di emendamenti riguardanti gli articoli 15, 16 e 17. Gli emendamenti adottati in relazione a tali articoli sono i seguenti: nn. 102, 103, 104, 105, 106, 107, 108, 109, 110 e 135.
Nel corso della discussione, il commissario Vassiliou ha dichiarato che sarebbe disposta a rivedere la base giuridica in presenza di motivazioni valide in funzione dell’emendamento della direttiva. Dobbiamo stabilire l’ammissibilità degli emendamenti nn. 159, 119, 116, 125 e 126.1, in modo da garantire che il testo definitivo adottato dal Parlamento corrisponda alla base giuridica.
Tenuto conto di quanto detto dal commissario, e del fatto che la commissione competente ha votato tali emendamenti, ritenuti ammissibili dalla stessa commissione e, in quanto tale, dal suo presidente – poiché questi ha acconsentito che fossero messi al voto – e tenuto conto di quanto votato quest’oggi in relazione agli articoli 15, 16 e 17, devo costatare che la direttiva ha preso un’altra direzione.
In considerazione di tutto ciò, la presidenza ritiene ammissibili gli emendamenti in questione e possiamo ora procedere alla loro votazione.
Philip Bushill-Matthews, relatore. − (EN) Signor Presidente, accetto la sua decisione – è nei suoi diritti – ma solo in quanto l’onorevole Liotard ha dichiarato che abbiamo bisogno di una duplice base giuridica. Altrimenti, se ci limitassimo al solo mercato interno, metteremmo ai voti unicamente le questioni di natura economica, senza tentare di aprire nuovamente la discussione. Tuttavia, desidero precisare che la base giuridica di cui disponiamo ora non è solo di natura economica: essa investe la libertà di scelta nei diritti dei pazienti. Pertanto, il nostro gruppo voterà contro una duplice base giuridica, sia per questi emendamenti originali che per quanto concerne il considerando. Esorto gli altri onorevoli colleghi a porre i pazienti al primo posto.
Edward McMillan-Scott (PPE-DE). - (EN) Signor Presidente, sarò breve, e desidero essere costruttivo. Devo ammettere, infatti, che l’appetito incalza. Si tratta di votazioni importanti e l’agenda è molto fitta. Lei ha tutta la mia solidarietà.
Sono appena disceso in sala stampa e vorrei far notare che otto giornalisti stanno ascoltando le votazioni – altri forse le seguono dai monitor che trasmettono ogni singola votazione. Pertanto, non credo sia necessario dare lettura dei risultati di ciascuna votazione.
(Applausi)
Presidente. − Onorevole McMillan-Scott, finora abbiamo accontentato gli oratori. Da questo momento procederemo più rapidamente, accontentando così tutti gli altri.
- Dopo la votazione:
Philip Bushill-Matthews, relatore. − (EN) Signor Presidente, a causa dell’intervento precedente – delle cui buone intenzioni non dubito affatto – non ha ringraziato il relatore come è sua consuetudine. Credo, invece, che desideri farlo, in particolare poiché egli non è presente tra noi.
Presidente. − Si tratta, effettivamente, di un momento opportuno per ringraziare il relatore, l’onorevole Bowis, per il suo operato, augurandogli una pronta e felice guarigione.
8.13. Sicurezza dei pazienti (A6-0239/2009, Amalia Sartori)
8.14. Azione europea nel settore delle malattie rare (A6-0231/2009, Antonios Trakatellis)
8.15. Discarico 2007: Bilancio generale UE, sezione III - Commissione (A6-0168/2009, Jean-Pierre Audy)
8.16. Discarico 2007: settimo, ottavo e nono Fondo europeo di sviluppo (FES) (A6-0159/2009, Bogusław Liberadzki)
8.17. Discarico 2007: Comitato economico e sociale europeo (A6-0155/2009, Søren Bo Søndergaard)
8.18. Discarico 2007: Comitato delle regioni (A6-0153/2009, Søren Bo Søndergaard)
8.19. Discarico 2007: Fondazione europea per la formazione professionale (A6-0157/2009, Christofer Fjellner)
8.20. Discarico 2007: Agenzia europea per la sicurezza delle reti e dell'informazione (A6-0158/2009, Christofer Fjellner)
8.21. Discarico 2007: Accademia europea di polizia (A6-0160/2009, Christofer Fjellner)
Christofer Fjellner, relatore. – (SV) Signor Presidente, poiché il Parlamento ha deciso di concedere il discarico all’Accademia europea di polizia contrariamente alle raccomandazioni del sottoscritto e della commissione, desidero semplicemente esortare i miei colleghi del Gruppo del Partito popolare europeo (Democratici-cristiani) e dei Democratici europei ad accettare gli emendamenti presentati dal Gruppo socialista al Parlamento europeo. Non vi è alcun motivo di giustificare perché non vorremmo concedere il discarico, oppure per concederlo in ritardo, ora che è stato concesso. Per essere coerenti, propongo che il nostro gruppo sostenga le proposte del Gruppo socialista e voti a favore dei prossimi quattro emendamenti.
8.22. Discarico 2007: Autorità di vigilanza del GNSS europeo (A6-0164/2009, Christofer Fjellner)
Presidente. − Onorevoli colleghi, desidero avanzare una proposta: poiché alcuni tra voi hanno presentato richiesta per diverse dichiarazioni di voto, quando vi concedo la parola vi prego di elencare tutte le vostre dichiarazioni di voto in un unico intervento.
Jim Allister (NI). - (EN) Signor Presidente, ogni giorno a un numero sempre maggiore di miei elettori risulta quasi impossibile arrivare alla fine del mese. Leggendo la relazione scopro che 1,6 miliardi di euro dei contribuenti sono stati destinati all’edificio che ospita il Parlamento europeo, e che 9,3 milioni di euro sono stati elargiti ai partiti politici rappresentati nel Parlamento; infine, trovo nuovamente un impegno a favore della riduzione del 30 per cento nelle emissioni di biossido di carbonio entro il 2020, ma nemmeno una parola a proposito delle più atroci delle emissioni – quelle che derivano dalle 12 inutili trasferte annue verso questa sede. Trovo sconcertanti le indicazioni della condotta di questo Parlamento che emergono da questa relazione.
Richard Corbett (PSE). - (EN) Signor Presidente, mi consenta di collocare le dichiarazioni dell’onorevole Allister all’interno del loro contesto. Il Parlamento europeo ha un costo pro capite di 1,74 sterline inglesi – cito il costo in sterline a beneficio dell’onorevole Allister. In confronto, la Camera dei Comuni ha un costo per cittadino di 5,75 sterline, mentre il costo della Camera dei Lord ammonta a 1,77 sterline pro capite nel Regno Unito. Pertanto, questo Parlamento è gestito in modo molto più economico per i cittadini.
Non dobbiamo, tuttavia, adagiarci sugli allori, bensì continuare a vigilare e ridurre i costi. Naturalmente, l’osservazione dell’onorevole Allister a proposito del costo delle 12 tornate annue è corretta. Ma una decisione in merito non spetta al Parlamento europeo: si tratta di una responsabilità degli Stati membri, i quali sfortunatamente a Edimburgo sotto la presidenza Major, hanno stabilito l’obbligo legale per il Parlamento europeo di riunirsi in questa sede 12 volte l’anno. Chiederei agli Stati membri di riesaminare la loro decisione.
Richard Corbett (PSE). - (EN) Signor Presidente, mi riferisco al discarico del Consiglio, che solleva nuovamente la questione del gentlemen’s agreement, che risale al periodo antecedente le elezioni dirette, il quale stabilisce che il Parlamento e il Consiglio, in qualità di rami dell’autorità legislativa, conservino appieno la responsabilità per il proprio bilancio interno, senza che un ramo analizzi il bilancio dell’altro, avanzando delle critiche.
Ritengo sia giunto il momento di riesaminare tale gentlemen’s agreement, anche in virtù del fatto che il bilancio del Consiglio comprende ora non solo il proprio bilancio amministrativo di istituzione che legifera congiuntamente con il Parlamento, ma anche un bilancio che diventerà potenzialmente più ampio in futuro, per funzioni esecutive nel campo di una politica estera e di sicurezza comune.
Non si è mai inteso applicare il gentlemen’s agreement alle funzioni esecutive, né nasconderle a una verifica parlamentare. Pertanto, credo sia davvero giunta l’ora di discutere con il Consiglio per riconsiderare l’accordo.
Astrid Lulling (PPE-DE). – (FR) Signor Presidente, mi sono astenuta dalla votazione sul discarico del bilancio del Parlamento europeo del 2007, perché alcuni paragrafi di questa relazione prendono spunto dalla disinformazione e dalle non verità pubblicate dai media, specie qui a Strasburgo, a proposito del fondo pensione volontario.
Desidero rassicurare l’onorevole Cohn-Bendit del fatto che, come contribuente, non dovrà garantire i diritti degli aderenti al fondo che sono già in pensione, né delle persone a loro carico o delle vedove, né tantomeno quelli degli onorevoli parlamentari che non lavoreranno più per il Parlamento dopo il 14 luglio.
Se ritiene che i deputati aderenti al fondo non debbano partecipare alla votazione sul discarico, dovrebbe prima fare un po’ di ordine a casa propria. Infatti, si è ben guardato dall’astenersi dalle votazioni nel caso di crediti dal nostro bilancio utilizzati per finanziare indennità di cui ha beneficiato personalmente, ed è ora noto, in base alle norme sulla trasparenza, che in cinque anni ha partecipato solo una volta a una riunione di una commissione di cui fa parte. La sua proverbiale diligenza nei confronti dell’attività legislativa del Parlamento dovrebbe consigliargli maggiore discrezione – le dichiarazioni a ruota libera e le conferenze stampa non sono sufficienti. Ma non ci si può aspettare molto di meglio da un relitto del ’68.
Inoltre, signor Presidente, nessuna dichiarazione, seppur da parte dei presidenti dei gruppi politici, è in grado di modificare in qualsiasi modo le responsabilità di questo Parlamento, che sono scritte nella pietra.
Daniel Hannan (NI). - (EN) Signor Presidente, abbiamo appena approvato il finanziamento di una nutrita gamma di agenzie europee ed enti parastatali – l’Agenzia europea per i medicinali, il Frontex, e così via – e confesso che ritengo che sussistano tre ragioni per fare delle obiezioni. Esiste un argomento contrario vicino alle posizioni degli euroscettici, uno di natura legale e uno di carattere democratico.
Credo che le motivazioni degli euroscettici avranno poco seguito in quest’Aula, poiché si tratta dell’osservazione scontata che tutto ciò non spetti a Bruxelles. Anche le motivazioni di natura legale dubito abbiano presa tra noi, ovvero, che molte di queste agenzie, sebbene avrebbero tratto grande forza giuridica dal trattato di Lisbona o dalla Costituzione europea, attualmente non sono dotate di una vera e propria base giuridica. Sospetto, invece, che le motivazioni di carattere democratico possano avere una qualche parvenza di autenticità anche di fronte ai colleghi federalisti: quando un parlamento come questo affida la gestione quotidiana delle proprie politiche a degli organismi distanti – di tanto in tanto, forse una volta l’anno, riceviamo la visita di qualche comitato – e si aspetta che siano essi ad attuare le politiche europee, mentre noi ci limitiamo a emettere diligentemente degli assegni anno dopo anno, di fatto inficiamo il tenore democratico dell’UE.
Il premio Nobel Hayek ha dichiarato che la delegazione del potere ad agenzie esterne, sebbene sia una pratica diffusa, costituisce il primo passo con cui una democrazia abdica dai propri poteri. Gli onorevoli colleghi qui presenti, compresi i federalisti e gli euroscettici, dovrebbero essere consapevoli di tale pericolo.
Siiri Oviir (ALDE). – (ET) I miei commenti sono davvero numerosi. Non mi è mai accaduto in passato, ma ritengo che sia importante farlo quest’oggi. Innanzi tutto, desidero fare riferimento alla relazione dell’onorevole Grosch, a favore della quale ho votato, sostenendo anche le raccomandazioni della commissione per i Trasporti e il turismo, poiché ritengo che si debba approvare un provvedimento riformulato e aggiornato, in luogo dei due provvedimenti relativi ai servizi di trasporto con autobus. In questo modo si garantirà maggiore chiarezza e si ridurrà la burocrazia.
Siiri Oviir (ALDE). - (ET) Segue la relazione dell’onorevole Ţicău. Ho sostenuto anche questa, perché rende possibile un’attuazione maggiormente omogenea delle nuove norme in materia di trasporto su strada. Credo che, in virtù della natura internazionale di tale settore, dovremmo prevedere la possibilità di consentire ricerche da parte dei registri di tutta Europa, al fine di tutelare meglio i clienti dalla concorrenza sleale.
Siiri Oviir (ALDE). - (ET) Anche io ho sostenuto la relazione dell’onorevole Grosch, in quanto riguarda i trasporti e contribuisce a migliorare l’efficienza e la sicurezza del mercato interno dei trasporti su strada, a ridurre i costi amministrativi e a consentire una concorrenza più equa. Credo che nel quadro dell’integrazione del mercato comune europeo, negli anni a venire dovremo eliminare le restrizioni all’accesso ai mercati interni degli Stati membri.
Siiri Oviir (ALDE). - (ET) La seconda relazione dell’onorevole Ţicău, sull’efficienza energetica degli edifici ha ottenuto il mio sostegno poiché contribuirà a vincere le sfide che l’Europa deve affrontare nei settori dell’offerta e della domanda di energia. Significa che consentirà il risparmio del 20 per cento dei consumi energetici grazie a una maggiore efficienza energetica. Gli investimenti nel settore energetico daranno nuovo vigore all’economia europea, poiché creeranno lo stesso numero di posti di lavoro, se non addirittura un numero maggiore, degli investimenti nelle infrastrutture tradizionali. Una maggiore efficienza energetica è il modo più efficace per l’Unione europea di raggiungere l’obiettivo della riduzione delle emissioni di biossido di carbonio, di creare nuovi posti di lavoro, e di ridurre la crescente dipendenza dell’Unione europea dai fornitori esterni di energia.
Siiri Oviir (ALDE). - (ET) La relazione dell’onorevole Gauzès – non sono certo di saper pronunziare correttamente il suo nome – riguarda le agenzie di rating e l’ho sostenuta poiché i difetti e gli errori dei meccanismi di rating e della sistema di vigilanza delle stesse hanno contribuito all’insorgenza dell’attuale crisi finanziaria. Il fatto che esista solo un numero esiguo di queste agenzie, e che queste operino a livello globale e che spesso abbiano sede al di fuori dell’Unione europea, fa dubitare quanto possa essere efficace la normativa europea in questo settore. Concordo che si debba intensificare la collaborazione tra l’UE e i paesi terzi per risolvere il problema, e che ciò costituisca l’unico mezzo per raggiungere un assetto normativo armonioso.
Siiri Oviir (ALDE). - (ET) Riguardo alla relazione sui diritti dei passeggeri che viaggiano via mare e per le vie navigabili interne, è positivo che si adottino dei provvedimenti in questo settore, perché così facendo si contribuisce a estendere i diritti degli europei che utilizzano tali mezzi di trasporto, garantendo ai nostri consumatori uguali diritti quando si utilizzano mezzi di trasporto differenti.
Siiri Oviir (ALDE). - (ET) La relazione dell’onorevole Albertini relativa ai diritti dei passeggeri nel trasporto effettuato con autobus contribuirà finalmente all’eliminazione delle ineguaglianze esistenti nell’Unione europea, garantendo pari trattamento a tutti i passeggeri, come già avviene nel trasporto aereo e ferroviario. Poiché questo provvedimento fa riferimento sia agli operatori dei trasporti che ai passeggeri, e stabilisce diversi nuovi obblighi per gli operatori, è ragionevole concedere un periodo lievemente più lungo ai fornitori di trasporti, al fine di ottenere risultati migliori.
Siiri Oviir (ALDE). - (ET) La relazione dell’onorevole Jensen è relativa ai sistemi di trasporto intelligenti – la cui attuazione ne ha dimostrato l’efficacia – rendendo i trasporti più efficienti e sicuri, e contribuendo al raggiungimento dell’obiettivo politico di rendere i trasporti più ecologici. Per tali ragioni ho votato a favore della relazione.
Siiri Oviir (ALDE). - (ET) La relazione dell’onorevole Stockmann sul programma Marco Polo II merita il nostro sostegno, poiché rende possibile la riduzione del congestionamento delle reti autostradali, migliora i mezzi di tutela ambientale dei sistemi di trasporto e promuove l’abbinamento di mezzi di trasporto diversi. Tuttavia, mi preoccupa che ogni anno diminuisca il numero di richieste di assistenza finanziaria. Sono, pertanto, in calo i progetti che potrebbero essere finanziati nell’ambito di questo programma.
Siiri Oviir (ALDE). - (ET) Ho sostento la relazione dell’onorevole Duchoň, perché, ancora oggi, i trasporti ferroviari svolgono un ruolo determinante nel quadro dei trasporti europei, nonostante il continuo calo del trasporto ferroviario di merci. L’ho sostenuta, inoltre, perché concordo con il relatore che la legislazione in materia debba essere predisposta in modo tale che, in futuro, la rete ferroviaria diventi più efficiente per tutti gli utenti.
Siiri Oviir (ALDE). - (ET) Questa mattina abbiamo discusso e, da poco anche votato, su alcune relazioni riguardanti il pacchetto per l’assistenza sanitaria. Ho sostenuto la tutela dei diritti dei pazienti nell’assistenza sanitaria transfrontaliera, poiché ritengo che i parlamentari eletti al Parlamento europeo hanno accettato troppo a lungo che fossero gli avvocati a legiferare in questa materia. Le leggi devono essere scritte dai politici, vale a dire, dai parlamentari eletti dai cittadini europei. Si tratta dell’ultima occasione per affrontare e approvare questa direttiva.
Siiri Oviir (ALDE). - (ET) La relazione dell’onorevole Trakatellis sulle malattie rare è complementare alla relazione sui diritti dei pazienti da me sostenuta, sebbene non abbia sostenuto la raccomandazione n. 15 di quella relazione, poiché ritengo che il testo appartenga al secolo scorso, e che la politica non debba interferire con la ricerca in campo genetico.
Siiri Oviir (ALDE). - (ET) La relazione sul traffico urbano e sul piano d’azione sulla mobilità urbana ha avuto il mio voto, poiché i trasporti urbani svolgono un ruolo molto importante nel settore del trasporto merci e passeggeri dell’Unione europea. Conseguentemente, la predisposizione di una strategia ad hoc per il trasporto urbano è del tutto giustificata.
Siiri Oviir (ALDE). - (ET) Infine, desidero citare la relazione dell’onorevole Jensen sul piano d’azione per i sistemi intelligenti di trasporto, poiché quest’azione intende focalizzarsi sulla coerenza geografica.
Daniel Hannan (NI). - Oggi si celebra l’anniversario dell’inglese più illustre, e forse il più grande commediografo e scrittore che l’umanità abbia conosciuto. E’ una caratteristica dell’opera di Shakespeare che. qualunque sia il bagaglio di esperienze con cui ci accostiamo ad essa, la luce che tali opere riversano sulle nostre esperienze è sempre maggiore di quella che le nostre esperienze possono apportare ad esse. Non posso fare a meno di citare il discorso pronunciato in punto di morte da Giovanni di Gaunt, tratto dal "Riccardo II", che non solo descrive magistralmente i nostri problemi di bilancio nel Regno Unito, ma anche la situazione esistente qui in Europa.
Iniziamo con il bilancio:
“questa cara, adorata nostra terra,
[...] ora è ceduta in semplice affittanza
- e mi vien da morire solo a dirlo -,
al pari d'un qualunque fondo rustico
o d'una fattoria da quattro soldi."
Ora ascoltate la sua descrizione del trattato di Lisbona o della Costituzione europea:
“E così l'Inghilterra,
cinta da questo trionfante mare,
la cui costa, con l'alte sue scogliere
respinge l'invido, perenne assedio
dell'equoreo Nettuno,
è ora cinta solo di vergogna,
di scartafacci imbrattati d'inchiostro
e di vari strumenti d'ipoteca
vergati su marcite pergamene.
Questa nostra Inghilterra,
usa da sempre a conquistare gli altri
fa ignominiosa conquista di sé.”
Se esiste una descrizione migliore di questa, ebbene non l’ho ancora trovata.
Presidente. − Non ero al corrente del suo talento rapsodico. Ha declamato molto bene.
Syed Kamall (PPE-DE). - (EN) Signor Presidente, quando nel Parlamento europeo mettiamo ai voti delle questioni dovremmo assicurarci di assumere una leadership morale.
E’ giusto che qui si discuta di efficienza energetica. In tutta onestà non ho obiezioni in tal senso, né a livello europeo, né a quello nazionale o locale. Ritengo che si possa agire meglio a livello locale, ma è positivo condividere le idee e le buone prassi sia a livello europeo che nazionale.
Tuttavia, nell’assumere tale leadership, dobbiamo poter dimostrare di avere le carte in regola per assumere tale leadership morale. Come possiamo parlare di efficienza energetica degli edifici quando continuiamo a svolgere la nostra attività in due aule parlamentari, una qui a Strasburgo e una a Bruxelles? Che dire delle emissioni di biossido di carbonio del Parlamento a Strasburgo che ammontano a decine di migliaia di tonnellate ogni anno? E’ giunta ora di porre fine a questa ipocrisia, di dimostrare la nostra leadership e chiudere il Parlamento a Strasburgo.
Syed Kamall (PPE-DE). - (EN) Signor Presidente, mi consenta di esordire rendendo omaggio al collega Bowis, cui tutti noi auguriamo una pronta guarigione. Ringrazio il cielo che abbia potuto usufruire del sistema sanitario di un altro paese. Infatti, come cittadino del Regno Unito ha potuto usufruire dell’eccellente sistema sanitario del Belgio.
Questa relazione indica alcuni passi nella giusta direzione per consentire ai cittadini di tutta l’Unione europea di decidere dove recarsi per ricevere prestazioni di assistenza sanitaria. Se forniamo ai pazienti i dati sui tassi di recupero per le diverse malattie in un certo numero di paesi e li lasciamo liberi di decidere, saranno in grado di individuare il paese in cui possono ottenere la migliore guarigione. Poter beneficiare di tali prestazioni sanitarie costituisce un passo nella giusta direzione.
Ho spesso criticato alcune iniziative discusse in questa sede, ma ritengo che questa volta si tratti di un’iniziativa positiva. Siamo ansiosi di offrire una possibilità di scelta e servizi migliori ai pazienti di tutta l’Unione europea.
Zuzana Roithová (PPE-DE). – (CS) Desidero spiegare il mio voto contrario alla relazione Crowley sulla durata della protezione del diritto d’autore, che non è stata considerata adeguatamente ma che dovrebbe influire sul prezzo pagato dai consumatori per la musica nei prossimi 45 anni. E’ mio desiderio sostenere gli artisti comuni, e a tal fine abbiamo bisogno di norme che disciplinino i termini contrattuali e la gestione collettiva, e che stabiliscano un sistema di previdenza sociale e pensionistico, o che apportino dei cambiamenti tariffari delle licenze. Gli studi d’impatto dimostrano che solo il 2 per cento delle entrate sono condivise con gli artisti comuni, mentre il resto va alle case discografiche e agli artisti più noti. La distribuzione successiva nuocerà ai piccoli artisti emergenti, facendo anche pagare centinaia di milioni di euro in più a consumatori e contribuenti. La proposta complica la situazione di biblioteche, archivi, scuole d’arte e case cinematografiche indipendenti. Non vi è un impatto preciso sugli artisti del settore audiovisivo. Tutte le autorità legali hanno lanciato dei moniti contro questa proposta e, pertanto, ho espresso voto contrario.
Brigitte Fouré (PPE-DE). – (FR) Signor Presidente, ho votato a favore della relazione dell’onorevole Jensen, ovvero la relazione sulla proposta di direttiva per la diffusione di sistemi di trasporto intelligenti. L’obiettivo della direttiva è garantire l’interoperabilità delle tecnologie di informazione e comunicazione utilizzate nei sistemi di trasporti.
Si deve promuovere l’innovazione nel settore dei trasporti, in particolare laddove può migliorare la sicurezza dei veicoli. La verità è che l’innovazione perderà la sua utilità se non garantiamo che possa essere applicata in tutto lo spazio europeo.
Questa direttiva deve consentirci di contribuire a ridurre il numero di decessi sulle strade d’Europa, riducendo sia il rischio di collisioni che la gravità degli incidenti. Desidero ricordare che l’Unione europea si è data l’obiettivo di dimezzare i morti sulle strade entro il 2010, rispetto ai dati del 2000.
In tal senso, mi rammarico che la direttiva sulla cooperazione transfrontaliera in materia di sicurezza stradale, da noi adottata diversi mesi fa, non sia ancora stata adottata dai ministri dei trasporti europei, poiché anch’essa consentirebbe di risparmiare delle vite, agevolando l’applicazione di sanzioni contro i conducenti che infrangono la legge in uno Stato membro diverso da quello di immatricolazione del veicolo.
Brigitte Fouré (PPE-DE). – (FR) Per quanto concerne la relazione dell’onorevole Duchoň sui corridoi per il trasporto merci ferroviario, desidero dichiarare che il Parlamento europeo ha appena adottato questa relazione relativa alla rete ferroviaria europea per un trasporto merci competitivo. Ho votato a favore della relazione che dovrebbe consentire un potenziamento e un miglioramento del trasporto ferroviario.
Un’azione europea in questa direzione era necessaria. Il modo in cui il trasporto merci funziona attualmente è, infatti, insoddisfacente: offre troppo poche garanzie in termini di affidabilità degli orari alle imprese che desiderano utilizzare il mezzo ferroviario per il trasporto delle merci.
Dobbiamo dunque rendere il trasporto merci per ferrovia più attraente per le imprese, poiché se una parte delle merci trasportate su strada si spostano sui trasporti ferroviari, vi sarà un tenore inferiore di emissioni di gas serra e avremo meno autocarri bloccati nel traffico per strada e sulle autostrade.
Auspico, pertanto, che i ministri dei trasporti degli Stati membri seguiranno il cammino aperto dal Parlamento europeo verso una migliore rete di trasporto merci ferroviario.
Bernd Posselt (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, ho votato contro la relazione dell’onorevole Trakatellis a causa dello scandaloso emendamento n. 15, che confonde la terapia per le malattie con l’uccisione di esseri umani prima della nascita e sconfina nell’eugenetica. Dobbiamo essere assolutamente chiari in merito: gli esseri umani hanno diritto alla vita dal momento in cui l’ovulo e lo spermatozoo si fondono, sino alla morte naturale, e questo emendamento mette essenzialmente in dubbio tale diritto alla vita. Su tale base, un essere umano non ancora nato non avrebbe diritto alla vita per il solo fatto di aver contratto una malattia. Tutto ciò va contro la medicina: si tratta di omicidio.
Per tale ragione la relazione dell’onorevole Trakatellis è inaccettabile e questo emendamento è scandaloso e getta discredito su questo Parlamento, il quale ha invece ripetutamente tutelato la bioetica e la vita umana prima della nascita.
Ingeborg Gräßle (PPE-DE). - (DE) Signor Presidente, per la prima volta da quando sono diventata parlamentare in questa Assemblea ho votato contro nella votazione sul discarico della Commissione e desidero illustrare le mie ragioni. Il mio principale timore è il modo in cui la Commissione europea ha gestito l’adesione di due nuovi paesi: Romania e Bulgaria.
Numerosi problemi sono i problemi da combattere in Romania e Bulgaria, come la corruzione diffusa, che ha fatto sparire forti somme di denaro, denaro europeo. La Commissione ha iniziato a congelare tali finanziamenti solo a partire dal 2008. Abbiamo perso molto denaro nel 2007 e ora ci confrontiamo con sistemi di controllo che funzionano a mala pena, oppure funzionano solo in modo intermittente. In Romania esiste una corruzione dilagante e vi sono problemi da risolvere in ambito giudiziario. Tutto ciò deve essere imputato al processo di preadesione.
Desidero inviare un segnale, e dire alla Commissione europea che, in futuro, deve gestire diversamente le adesioni di nuovi paesi, e che, se solo avesse voluto farlo prima con altri paesi, ora ci troveremmo in una situazione molto più felice.
Desidero chiedere alla Commissione sia di assistere entrambi questi paesi nell’attuazione di sistemi di controllo finanziari degni di tale nome, che di contribuire a risolvere le debolezze sistemiche di questi due paesi. Altrimenti, ci troveremo di fronte a un problema permanente, una perdurante spina nel fianco di tutta l’Europa.
Alexander Alvaro (ALDE), per iscritto. − (DE) Oggi il Parlamento europeo ha votato la relazione dell’onorevole Casaca sul discarico relativo all’esecuzione del bilancio del Parlamento europeo per l’esercizio 2007. La relazione ha anche affrontato la questione del fondo pensione del Parlamento europeo.
Il fondo pensione del Parlamento europeo è un fondo volontario, e si trova ora in una situazione finanziaria di sofferenza, avendo accumulato un deficit.
Il Gruppo dell’Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa si oppone all’utilizzo di entrate tributarie per coprire tale deficit. E’ irresponsabile aspettarsi che siano i contribuenti europei a pagare per tali perdite. Qualsiasi progetto che vada in tale direzione deve essere arrestato. Il Gruppo dell’Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa al Parlamento europeo ha votato contro il discarico relativo all’esecuzione del bilancio del Parlamento europeo. La possibilità di utilizzare entrate fiscali per ripianare il deficit non è stata del tutto esclusa.
Richard James Ashworth (PPE-DE), per iscritto. − (EN) I conservatori britannici non hanno potuto approvare il discarico del bilancio europeo 2007, sezione I, Parlamento europeo. Insistiamo che il bilancio parlamentare deve valere quanto costa al contribuente europeo e, pertanto, sosteniamo la maggior parte dei contenuti della relazione del relatore. In particolare, costatiamo con favore i progressi compiuti nell’esecuzione del bilancio, come riconosciuto nella relazione della Corte dei conti del 2007. Sosteniamo, inoltre, i commenti del relatore a proposito del fondo pensione volontario dei parlamentari. Tuttavia, in linea con la nostra impostazione tradizionale, continueremo a votare contro la concessione del discarico fintanto che non costateremo dei progressi effettivi verso il raggiungimento di una dichiarazione di affidabilità positiva da parte della Corte dei conti europea.
Monica Frassoni (Verts/ALE), per iscritto. − (EN) Oggi, il Gruppo Verde ha votato a favore della relazione dell’onorevole Casaca sul discarico del Parlamento europeo nel 2007.
Vogliamo porre in rilievo che, con l’adozione della relazione in seduta plenaria, i vertici del Parlamento devono assumersi le proprie responsabilità e agire immediatamente sul testo adottato in materia del fondo pensione volontario. Dovrebbero, inoltre, prendere delle decisioni più nette, affinché in nessun caso si proceda al salvataggio del fondo pensione volontario con finanziamenti straordinari del bilancio europeo, sia diretti che indiretti, e affinché l’elenco dei partecipanti al fondo diventi pubblico senza ulteriori indugi.
Deve diventare chiaro che, per quanto il Parlamento debba garantire i diritti pensionistici dei propri deputati, deve anche avere il pieno controllo del fondo e delle relative politiche di investimenti. Ci aspettiamo che tali decisioni vengano prese prima della fine di aprile 2009.
Marian Harkin (ALDE), per iscritto. − (EN) Mi sono astenuta, in quanto sono un’aderente del fondo pensioni.
Jens Holm e Eva-Britt Svensson (GUE/NGL), per iscritto. − (EN)Abbiamo votato contro la relazione dell’onorevole Casaca sul discarico 2007 del Parlamento europeo per tre ragioni. Innanzi tutto, siamo contrari al finanziamento del fondo pensioni volontario dei parlamentari con denaro dei contribuenti. Secondo, ci opponiamo all’utilizzo dei soldi dei contribuenti per un fondo pensione i cui partecipanti e beneficiari sono coperti da segreto e non vengono pubblicati.
Terzo, siamo fermamente contrari all’utilizzo di ulteriori fondi dei contribuenti per ripianare l’attuale deficit del fondo, causato da investimenti di natura speculativa. Sosteniamo i paragrafi 105 e 109 della relazione, che pongono rimedio ad alcune obiezioni da noi sollevate rispetto al fondo pensioni volontario degli europarlamentari. Tuttavia, poiché la relazione dell’onorevole Casaca non modifica l’attuale situazione, abbiamo votato contro la concessione del discarico relativamente all’esecuzione del bilancio del Parlamento europeo per l’esercizio finanziario 2007.
Kartika Tamara Liotard e Erik Meijer (GUE/NGL), per iscritto. − (EN)Abbiamo votato contro la relazione dell’onorevole Casaca sul discarico 2007 del Parlamento europeo per tre ragioni. Innanzi tutto, siamo contrari al finanziamento del fondo pensioni volontario dei parlamentari con denaro dei contribuenti. Secondo, ci opponiamo all’utilizzo dei soldi dei contribuenti per un fondo pensione i cui partecipanti e beneficiari sono coperti da segreto e non vengono pubblicati.
Terzo, siamo fermamente contrari all’utilizzo di ulteriori fondi dei contribuenti per ripianare l’attuale deficit del fondo, causato da investimenti di natura speculativa. Sosteniamo i paragrafi 105 e 109 della relazione, che pongono rimedio ad alcune obiezioni che abbiamo sollevato rispetto al fondo pensioni volontario degli europarlamentari. Tuttavia, poiché la relazione dell’onorevole Casaca non modifica l’attuale situazione, abbiamo votato contro la concessione del discarico relativamente all’esecuzione del bilancio del Parlamento europeo per l’esercizio finanziario 2007.
Toine Manders (ALDE) , per iscritto. – (NL) Sfortunatamente, non ho potuto essere presente nella parte iniziale della votazione, tuttavia, condivido appieno i contenuti delle relazioni sul discarico, in particolare quella dell’onorevole Casaca. Sarebbe irresponsabile se noi, in questo difficile momento, dovessimo colmare il deficit del fondo pensione con il denaro del contribuente. L’esistenza di un deficit è una questione che riguarda il fondo e i suoi aderenti, non il contribuenti.
I deputati sono citati ad esempio e debbono essere prudenti nell’utilizzare fondi comunitari, sia che si tratti retribuzioni, che di pensioni che di rimborsi spese. Pertanto, sono lieto del fatto che il Parlamento europeo abbia dato il suo assenso alla relazione.
Carl Schlyter (Verts/ALE), per iscritto. − (SV) Mi rifiuto di concedere il discarico a un’istituzione che sperpera più di un miliardo di euro per un fondo pensioni volontario, due terzi del quale sono finanziati da fondi pubblici. I parlamentari europei coinvolti nell’operazione debbono accettare una riduzione delle loro pensioni di lusso, proprio come i lavoratori a basso reddito sono stati costretti ad accettare una riduzione delle loro. Il discarico è relativo al 2007, ma non possiamo attendere un anno per esprimere delle critiche nei confronti di una decisione presa nel 2008 relativamente a dei pagamenti straordinari al fondo pensione.
Olle Schmidt (ALDE), per iscritto. − (SV) Mi sono astenuto dalla votazione in quanto sono uscita dal fondo pensione il 21 aprile 2009 e, pertanto, non volevo influenzarne l’esito.
Kathy Sinnott (IND/DEM), per iscritto. − (EN) Noi eurodeputati siamo tenuti a rappresentare e servire i popoli d’Europa. Tutti i nostri elettori soffrono a causa delle conseguenze della crisi economica, in particolare per la perdita e la riduzione delle pensioni. Nella mia circoscrizione elettorale di Munster, in Irlanda, diversi lavoratori devono affrontare una vecchiaia molto incerta poiché i fondi a cui hanno contribuito hanno perso notevole valore, oppure in alcuni casi hanno del tutto perso la pensione a causa del fallimento delle società coinvolte.
Nella votazione su questa relazione, sono lieto di dichiarare di essere parte in causa, come richiede il regolamento parlamentare. In quanto aderente, verso dei contributi al fondo pensione. Tuttavia, non ritengo che sussistano i presupposti per un conflitto di interessi.
Non mi sembra ragionevole che gli eurodeputati si aspettino l’immunità. Dobbiamo sostenere anche noi l’onere della crisi economica. In quanto membro del Parlamento europeo, pongo al primo posto i diritti dei cittadini e non i miei.
Søren Bo Søndergaard (GUE/NGL), per iscritto. − (EN) Ho votato contro la relazione dell’onorevole Casaca sul discarico 2007 del Parlamento europeo per tre ragioni. Innanzi tutto, siamo contrari al finanziamento del fondo pensioni volontario dei parlamentari con denaro dei contribuenti. Secondo, ci opponiamo all’utilizzo dei soldi dei contribuenti per un fondo pensione i cui partecipanti e beneficiari sono coperti da segreto e non vengono pubblicati.
Terzo, siamo fermamente contrari all’utilizzo di ulteriori fondi dei contribuenti per ripianare l’attuale deficit del fondo, causato da investimenti di natura speculativa. Sosteniamo i paragrafi 105 e 109 della relazione, che pongono rimedio ad alcune obiezioni che abbiamo sollevato rispetto al fondo pensioni volontario degli europarlamentari. Tuttavia, poiché la relazione dell’onorevole Casaca non modifica l’attuale situazione, abbiamo votato contro la concessione del discarico relativamente all’esecuzione del bilancio del Parlamento europeo per l’esercizio finanziario 2007.
- Raccomandazione per la seconda lettura: Silvia-Adriana Ticău (A6-0210/2009)
Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Questa proposta chiarisce le regole per intraprendere il mestiere di operatore dei trasporti su strada.
Si propongono nuove regole allo scopo di aumentare la sicurezza e i livelli di eccellenza di questo mestiere, garantendo anche criteri comuni di gestione finanziaria per le imprese del settore.
L’obbligo di disporre di un dirigente qualificato responsabile per la gestione dell’attività di trasporto nelle aziende e di dimostrare la solidità finanziaria dell’azienda sono segnali di un approccio nuovo a tale attività.
Altri importanti elementi di questo testo sono gli emendamenti riguardanti la protezione dei dati personali, la creazione di un registro in cui sono presenti sezioni riservate e sezioni pubbliche, nonché la fine delle cosiddette società fantasma.
I requisiti per l’accesso a tale mestiere, ovvero una buona reputazione, la solidità finanziaria e le competenze professionali, contribuiscono a chiarire questa attività. E’ nostro auspicio che possa dunque prosperare secondo modalità più trasparenti e offrendo ai clienti migliore protezione e sicurezza.
- Raccomandazione per la seconda lettura: Mathieu Grosch (A6-0211/2009)
Dirk Sterckx (ALDE), per iscritto. − (EN) Sono contrario al compromesso raggiunto tra il relatore e il Consiglio sul regolamento che fissa norme comuni per l’accesso al mercato per il trasporto internazionale di merci su strada. Riteniamo che la creazione di nuovi confini e di nuove restrizioni al cabotaggio nel settore dei trasporti non costituisca la soluzione ai problemi causati dalla crisi economica nel settore dei trasporti su strada. Inoltre, da un punto di vista ambientale, non possiamo accettare restrizioni quali il requisito che prevede che le merci trasferite nel corso di un trasporto internazionale in entrata debbono essere completamente consegnate prima di poter svolgere un’operazione di cabotaggio. Ciò è in conflitto con la realtà del trasporto su strada e costituisce un ostacolo per l’efficiente organizzazione del trasporto merci. Il risultato sarà un numero maggiore di autocarri vuoti.
Tuttavia, sostengo con vigore un approccio estremamente selettivo in materia di accesso al mestiere di operatore dei trasporti su strada. In presenza di norme rigide per l’accesso a tale professione non dobbiamo temere per il mercato europeo dei trasporti.
Martin Callanan (PPE-DE), per iscritto. − (EN) Accetto la necessità di migliorare l’efficienza energetica degli edifici e sono convinto che l’Unione europea possa svolgere un ruolo positivo in tal senso. Difatti, credo che questa relazione non attribuisca sufficiente importanza alla questione dell’efficienza energetica degli edifici nel contesto più ampio delle sfide ambientali da affrontare, quali i cambiamenti climatici.
Rendere gli edifici più efficienti dal punto di vista energetico è relativamente semplice, relativamente economico e relativamente vantaggioso. Rendere gli edifici più efficienti in ambito energetico avrebbe anche un impatto forte e positivo sulle emissioni di biossido di carbonio dell’Unione europea. Tuttavia, la Commissione europea ha ripetutamente posto in secondo piano la politica per l’efficienza energetica per accanirsi contro l’industria automobilistica. Sono convinto che fare dei produttori di automobili i capri espiatori dei cambiamenti climatici costituisca una politica profondamente sbagliata e controproducente.
Mi duole dire che nella mia circoscrizione del nordest dell’Inghilterra, Nissan ha recentemente annunciato perdite di posti di lavoro e riduzioni della produzione. Sarebbe da ingenui ignorare il ruolo delle normative europee nella crisi che attualmente investe l’industria automobilistica. In buona parte, tale crisi si poteva evitare con una politica ambientale europea che assegnava la dovuta importanza all’efficienza energetica degli edifici.
Călin Cătălin Chiriţă (PPE-DE), per iscritto. – (RO) Ho votato a favore della relazione dell’onorevole Ţicău in quanto credo che il miglioramento del rendimento energetico degli edifici sia cruciale per la protezione dell’ambiente, nonché per la riduzione delle perdite energetiche sostenute dai consumatori.
Contemporaneamente, i cittadini europei non devono sostenere da soli tutti i costi del miglioramento dell’efficienza energetica degli edifici. Gli Stati membri dell’Unione europea debbono destinare le risorse necessarie a tale scopo. Entro il 2014 devono creare un Fondo per l’efficienza energetica, finanziato con il bilancio comunitario, dalla Banca europea per gli investimenti e dagli Stati membri, in vista della promozione di investimenti pubblici e privati in progetti volti al miglioramento dell’efficienza degli edifici, applicando sgravi dell’imposta sul valore aggiunto per beni e servizi connessi all’efficienza energetica e alle energie rinnovabili, ed estendendo i criteri di ammissibilità per destinare i finanziamenti del Fondo europeo di sviluppo regionale al miglioramento del rendimento energetico degli edifici, anche non residenziali. Altri strumenti comprendono progetti diretti di spesa pubblica, garanzie su crediti e sussidi e indennità sociali.
Edite Estrela (PSE), per iscritto. – (PT) Il prezzo e l’affidabilità delle forniture energetiche sono fattori critici per la competitività dell’Unione europea. Una maggiore efficienza energetica è uno dei mezzi con il miglior rapporto costi benefici affinché l’UE consegua i propri obiettivi in materia di emissioni di biossido di carbonio, crei nuovi posti di lavoro, riduca i costi delle imprese, affronti l’impatto sociale degli aumenti dei prezzi energetici e riduca la crescente dipendenza dell’Unione europea dai fornitori stranieri di energia.
Il rendimento energetico degli edifici attualmente si attesta intorno al 40 per cento dei consumi energetici e, con la rifusione di questa direttiva sarà possibile migliorare l’attuale situazione. E’ necessario far diventare consapevoli tutti gli attori coinvolti dei benefici di migliorare il rendimento energetico, e questi debbono avere accesso alle informazioni opportune su come procedere. E’ pertanto cruciale che gli strumenti finanziari per sostenere il miglioramento dell’efficienza energetica degli edifici siano accessibili alle autorità locale e regionali.
Peter Skinner (PSE), per iscritto. − (EN) Mi rallegro dell’iniziativa volta a garantire l’efficacia del rendimento energetico degli edifici. E’ evidente che si deve raggiungere un punto d’equilibrio tra la necessità di agire per vietare le emissioni di biossido di carbonio, laddove possibile, e i costi economici di tale operazione. L’idea di una certificazione energetica degli edifici è una questione cruciale che può contribuire ad accelerare i consumi in modo informato.
Jens Holm, Kartika Tamara Liotard, Erik Meijer ed Eva-Britt Svensson (GUE/NGL), per iscritto. − (EN) Siamo del tutto favorevoli a un regolamento più rigoroso per le attività finanziarie e le agenzie di rating del credito. Tuttavia, quest’oggi abbiamo deciso di votare contro la relazione dell’onorevole Gauzès, poiché la relazione è insufficiente e non pone l’enfasi necessaria sulle tematiche rilevanti. Vi è una forte necessità di agenzie pubbliche di rating del credito non a scopo di lucro, poiché questo è l’unico modo di evitare i conflitti di interesse nelle procedure di rating. Tale questione non viene sollevata in modo soddisfacente nella relazione.
Astrid Lulling (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Sostengo la relazione dell’onorevole Gauzès senza alcuna esitazione. Egli ha dato nuovamente prova della propria abilità di negoziatore. E’ positivo che si sia raggiunto un compromesso in tempi così rapidi su questo testo.
Dotandosi di un quadro normativo per le agenzie di rating, l’Europa si pone all’avanguardia e indica la strada al resto del mondo, mentre gli Stati Uniti non hanno ancora reagito in modo concreto in questa direzione. La credibilità dei mercati di capitali e la loro affidabilità dipende in parte dai rating formulati e pubblicati da tali agenzie.
Il quadro normativo che stabiliremo oggi in questa sede dovrebbe poter migliorare le condizioni in cui tali rating vengono elaborati, a patto che vengano utilizzati in un’ottica di supervisione delle attività oggetto della normativa.
Tuttavia, è importante che il compromesso non si traduca in soluzioni che puntino al semplice divieto di fare qualunque riferimento ai rating, laddove questi non appartengano all’ambito del regolamento in questione. Oltre a essere alquanto lesiva delle libertà fondamentali, quali la libertà d’espressione e di commercio, una tale impostazione favorirebbe i mercati extraeuropei, a scapito di quelli insediati in Europa. Probabilmente favorirebbe anche transazioni finanziarie private e di natura riservata, a scapito di transazioni pubbliche soggette alle regole della trasparenza. La soluzione prescelta, pertanto, gode della mia totale approvazione.
Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. − (SV) La situazione dell’economia mondiale è ancora tumultuosa ed è di ieri la dichiarazione del Fondo monetario internazionale secondo cui la crisi finanziaria potrebbe peggiorare ulteriormente. Pertanto, non c’è da meravigliarsi del fatto che questo sia un momento particolarmente propizio per i fautori di regolamenti e meccanismi di controllo.
Tuttavia, è un grave errore iniziare a delineare ampi sistemi di controllo per il funzionamento del mercato finanziario ancor prima che siano stati svolti degli studi e completate delle analisi. Diversi attori importanti, tra cui la Banca di Svezia, ritengono che la Commissione abbia dimostrato in modo scarsamente credibile il mancato funzionamento del mercato a giustificazione di un ulteriore intervento regolatore nei confronti delle agenzie di rating del credito.
Tutto ciò non sembra turbare l’Unione europea. I legislatori di Bruxelles sembrano, infatti, pronti a cogliere nella turbolenza dei mercati mondiali l’opportunità per rafforzare le proprie prese di posizione. Se oggi e esiste al mondo un sistema globale nel vero senso della parola, questo è il sistema dei mercati finanziari. Pertanto, qualora lo si ritenesse necessario, un ulteriore controllo delle agenzie di rating del credito dovrebbe essere intrapreso e programmato a livello globale. Poiché quest’Assemblea è in procinto di cercare soluzioni nel contesto della cooperazione europea, ho scelto di votare contro la relazione.
Mary Lou McDonald (GUE/NGL), per iscritto. − (EN) Sono pienamente favorevole a regole più rigorose in materia di attività finanziarie e agenzie di rating del credito.
Tuttavia, quest’oggi ho scelto di votare contro la relazione dell’onorevole Gauzès. Trovo che la relazione sia carente e non ponga l’accento sulle questioni importanti. Esiste un grande bisogno di agenzie di rating del credito che operino a scopo non di lucro, poiché questo è l’unico modo di evitare conflitti di interesse nella procedura di valutazione del rating. La questione non è stata affrontata in modo soddisfacente, e con ciò cito solo uno dei difetti della relazione in questione.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. − (DE) Con un discreto ritardo, stiamo attualmente procedendo all’eliminazione delle zone grigie dei mercati finanziari e all’imposizione di requisiti più rigidi. Tuttavia, ciò costituisce una terapia per i sintomi e non già per le cause del male che ci affligge. In anni recenti la deregolamentazione ha consentito l’offerta di nuovi e – in virtù della loro complessità – oscuri prodotti finanziari. Per tale ragione ho votato a favore di una supervisione finanziaria più rigorosa, sebbene ritenga che da sola non sarà affatto sufficiente.
Se vogliamo prevenire in futuro la costruzione di castelli di sabbia, dobbiamo semplicemente vietare gli strumenti finanziari ad alto rischio. Tuttavia, l’esistenza di un’autorità di supervisione europea contribuirebbe con certezza ad alimentare ulteriormente la burocrazia, senza peraltro razionalizzare il mondo finanziario, né porre fine alle logiche da gioco d’azzardo.
John Purvis (PPE-DE), per iscritto. − (EN) Sebbene le agenzie di rating del credito debbano accettare un certo grado di responsabilità per il fallimento delle cartolarizzazioni dei mutui sub-prime, è con un certo rammarico che la delegazione dei Conservatori britannici ha votato a favore dei provvedimenti normativi previsti dalla relazione Gauzès per le agenzie di rating del credito. Tali agenzie non debbono essere prese per capri espiatori, dato che altrettanta responsabilità è da attribuirsi alla cultura bancaria e normativa che ha confinato le strategie di rischio nelle stanze segrete.
E’ nostro auspicio che l’Unione europea, gli Stati Uniti e le agenzie di rating del credito collaborino, al fine di creare un sistema che funzioni in modo adeguato. In tal senso, un’impostazione pesantemente improntata alla regolamentazione deve cedere il posto a una cultura che accetti l’elemento del rischio in tutti gli investimenti, e che consenta un certo grado di accettazione dei rating effettuati al di là degli ambiti da noi oggi discussi. Soprattutto, deve essere sufficientemente flessibile da adattarsi a circostanze mutate e da consentire al mercato di prendere fiato.
Olle Schmidt (ALDE), per iscritto. − (SV) Non ho preso parte alla votazione a causa dei miei legami particolari con il settore delle agenzie di rating.
Peter Skinner (PSE), per iscritto. − (EN) Le raccomandazioni del G20 al gruppo “Servizi finanziari” richedono con chiarezza una maggiore trasparenza e la regolamentazione delle agenzie di rating del credito. Questa relazione, che rappresenta una risposta del Parlamento europeo al G20, è opportunamente equilibrata. Tuttavia, permangono dei dubbi in merito al livello di competenza di cui il Comitato delle autorità europee di regolamentazione dei valori mobiliari dovrà dare prova, se dovrà svolgere un ruolo centrale nell’ambito di tale regolamentazione.
Alessandro Battilocchio (PSE), per iscritto. − Grazie Presidente. Il mio voto è favorevole.
I regolamenti11/12 CE del 1998 hanno portato alla creazione del mercato unico del trasporto internazionale con autobus. Tale liberalizzazione ha contribuito ad incrementare il costante aumento dei volumi di traffico relativi al settore che, dalla metà degli anni novanta ad oggi, ha avuto un'espansione in continua crescita.
Tuttavia però questa tendenza positiva non è andata di pari passo con la tutela ed il rispetto dei diritti dei viaggiatori: numerosi sono gli inconvenienti segnalati dai viaggiatori come cancellazioni, prenotazioni in eccesso, bagagli smarriti e ritardi.
Al contrario di viaggiatori che scelgono altri mezzi di trasporto gli utenti che usufruiscono dell'autobus, non sono ancora tutelati a causa di un vuoto legislativo comunitario.
Guardo quindi con favore alla proposta della commissione per i trasporti e il turismo che, tramite il documento che ci apprestiamo a votare, cerca di definirne i diritti. In particolare la proposta risulta particolarmente interessante perché introduce la responsabilità del vettore in caso di decesso o lesioni, risarcimenti e assistenza in caso di cancellazioni e ritardi, il riconoscimento dei diritti delle persone a mobilità ridotta o diversamente abili e l'istituzione di organi responsabili atti al controllo di tale regolamento e al recepimento di reclami.
Un passo importante verso la parità dei diritti di tutti i viaggiatori.
Brian Crowley (UEN), per iscritto. − (EN) L’Unione europea ha creato un efficace mercato interno che ha raggiunto livelli senza precedenti di movimenti di capitale, servizi e persone. Tuttavia, la creazione di tali movimenti non è in sé sufficiente. Dobbiamo proteggere i cittadini dei Paesi membri quando si spostano in giro per l’Europa, e dobbiamo garantire uguaglianza di accesso ai nostri servizi di trasporti.
Abbiamo assistito al successo delle politiche dell’Unione europea per l’accesso dei passeggeri e per i diritti di compensazione nel settore dei trasporti aerei, e mi rallegro del fatto che l’UE abbia avanzato proposte simili in altri settori dei trasporti. Tuttavia, è importante rispettare in tutti i casi la natura specifica di ogni tipo di trasporto diverso. Sebbene i medesimi principi su diritti e uguale accesso e altri diritti equivalenti, dovrebbero valere per tutte le tipologie di trasporto, dobbiamo tenere conto delle specificità di ciascuno. Altrimenti, falliremo sia nei confronti dei passeggeri che degli operatori.
Sono lieto del fatto che in questo pacchetto per i diritti dei passeggeri, che include i trasporti via mare, per le vie navigabili interne e via autobus, il Parlamento europeo abbia elaborato delle norme eque ed equilibrate che risulteranno estremamente efficaci nel tutelare e promuovere i diritti dei passeggeri nell’Unione europea.
Timothy Kirkhope (PPE-DE), per iscritto. − (EN) I Conservatori sono lieti dell’obiettivo generale di migliorare i diritti dei passeggeri, l’accesso per i disabili e la creazione di condizioni paritarie per gli utenti dei trasporti internazionali con autobus, e per tale ragione hanno votato a favore della relazione. Tuttavia, avremmo gradito un’esenzione per i servizi regionali, poiché i mercati del Regno Unito sono stati liberalizzati e pertanto sono passati dagli appalti pubblici di servizi alla libera concorrenza. Inoltre, la proposta non sembra prendere atto della natura locale dei servizi autobus che operano nelle zone transfrontaliere. Inoltre, i Conservatori temono la proporzionalità di alcuni aspetti della normativa proposta, in particolare i provvedimenti in materia di responsabilità. Diversamente dal trasporto ferroviario e aereo, il settore dei trasporti via autobus consta un numero significativo di piccole e medie imprese, le cui risorse sono limitate.
Fernand Le Rachinel (NI), per iscritto. – (FR) I passeggeri del trasporto via autobus dovrebbero godere dei medesimi diritti di quelli dei trasporti ferroviari o aereo. Tale è la filosofia soggiacente a questa relazione.
Infatti, e in linea di principio, tutti i passeggeri devono essere uguali davanti la legge. Tuttavia, si possono esprimere numerose riserve.
Queste sono connessa alla natura stessa del settore, dominato da micro-imprese e piccole e medie imprese. Non possiamo essere soddisfatti di misure quali quelle proposte in plenaria che, con il pretesto della maggiore protezione dei pazienti introducono unicamente restrizioni ingestibili per i conducenti di autobus, con gli aumenti di tariffe inevitabili per gli stessi passeggeri.
Perché dovremmo pensare che un conducente, il cui lavoro consiste nel guidare in modo sicuro, voglia seguire corsi specifici che gli consentano di fornire assistenza a persone a mobilità ridotta o disabili?
Perché non esentare in modo chiaro dall’ambito di questo regolamento europeo i servizi di trasporti regolari urbani, suburbani e regionali, i quali sono, a loro volta, coperti da appalti pubblici di servizi?
Perché voler creare diritti di compensazione pari al 200 per cento del valore nominale del biglietto in caso il passeggero si veda negare l’accesso a bordo a causa di un problema di prenotazioni eccedenti?
In Francia, la Fédération nationale des transporteurs de voyageurs ha proposto delle soluzioni pragmatiche a tutti questi problemi. Alcune sono state ascoltate, ma non tutte. E’ un vero peccato.
Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) La relazione dell’onorevole Albertini mira a creare i presupposti per un quadro più chiaro per l’utilizzo e il funzionamento dei trasporti per mezzo di autobus. Con la soluzione delle problematiche connesse ai diritti di persone con ridotta mobilità e con l’individuazione di regole più chiare in caso di decesso o ferimento dei passeggeri, nonché di perdita o danneggiamento del bagaglio, la relazione tende a incrementare la sicurezza di passeggeri e imprese. Sono altresì indicate soluzioni per i casi di compensazione e di assistenza nell’eventualità di cancellazione, ritardo o interruzione dei viaggi.
Vengono così create le condizioni per la fornitura di informazioni migliori ai passeggeri, prima, durante e a conclusione di un viaggio. I loro diritti sono anch’essi chiariti, come anche le responsabilità degli operatori, in modo da renderli più competitivi e sicuri.
Edite Estrela (PSE), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della relazione dell’onorevole Crowley sulla durata di protezione del diritto d’autore e di alcuni diritti connessi, poiché essa sostiene gli artisti interpreti ed esecutori e la musica Europea.
La proposta del Parlamento europeo introduce maggiori benefici per gli artisti, che godranno di protezione nell’arco di tutta la loro vita, alla stessa stregua della situazione negli Stati Uniti, e in linea con i principi europei per la valorizzazione della creatività e della cultura.
Ritengo che l’estensione della durata della protezione da 50 a 70 anni incoraggi gli investimenti nell’innovazione e condurrà a una maggiore scelta a disposizione dei consumatori, consentendo all’Europa di restare competitiva rispetto ai principali mercati musicali a livello mondiale.
Vasco Graça Moura (PPE-DE), per iscritto. – (PT) I dirigenti portoghesi del settore ritengono che la questione sia estremamente importante per l’industria musicale portoghese ed europea. Essi confermano che la proposta della Commissione di estendere la durata della protezione di artisti interpreti ed esecutori e di produttori sicografici per le incisioni andrà incontro a un’esigenza effettiva che consentirà all’Europa di restare competitiva rispetto ai principali mercati musicali mondiali.
E’ evidente il sostegno ad artisti e produttori, poiché quasi 40 000 artisti interpreti e musicisti hanno firmato una petizione che chiede all’Unione europea di ridurre la disparità rispetto ad altri paesi, in cui già esiste una durata maggiore della protezione.
Si auspica che estendendo la durata della protezione si incoraggeranno i reinvestimenti in un’ampia gamma di nuovi generi musicali, offrendo così una maggiore possibilità di scelta ai consumatori. E’ da notare che l’industria discografica contribuisce fortemente in termini di posti di lavoro e di gettito fiscale e rappresenta un importante esportatore di proprietà intellettuale.
Per tali ragioni, come indicato dai dirigenti sopraccitati, ho votato a favore del testo di compromesso messo ai voti oggi. L’approvazione di tale documento consentirà il raggiungimento del consenso tra Consiglio e Parlamento, e agevolerà l’adozione della direttiva da parte del Consiglio.
Tunne Kelam (PPE-DE), per iscritto. − (EN) Ho votato a favore dell’emendamento 79 per il rinvio in commissione della proposta di estensione oltre i 50 anni della durata dei diritti d’autore in ambito musicale.
A mio parere, la bozza predisposta dalla Commissione deve essere migliorata e il Parlamento dovrebbe, pertanto, disporre di maggiore tempo per prendere una decisione. Nella sua attuale versione, la bozza della Commissione sembra, a tutti gli effetti, lasciare spazio per l’instaurazione di monopoli artificiali nell’ambito di opere culturali.
Concordo pienamente che sono molti gli artisti che beneficiano in modo insufficiente dal loro operato. Tuttavia, la soluzione non passa attraverso il rafforzamento delle posizioni delle case discografiche, bensì dal far confluire tali benefici direttamente verso artisti e interpreti.
Arlene McCarthy (PSE), per iscritto. − (EN) Non è giusto che chi compone canzoni e i grafici che realizzano le copertine dei CD musicali godano della protezione dei propri diritti a vita più i successivi 70 anni, mentre attualmente interpreti ed esecutori sono tutelati solo per i primi 50 anni successivi alla pubblicazione. La durata della protezione non ha tenuto il passo dell’aspettativa di vita, e ciò significa che ai musicisti viene meno la protezione dei loro diritti proprio nel momento in cui si ritirano dall’attività e maggiormente necessitano di entrate. I musicisti di talento vengono truffati dall’attuale sistema. 38 000 interpreti ed esecutori hanno richiesto il nostro aiuto per porre rimedio a tale discriminazione. Si tratta di parificare i diritti di musicisti comuni nell’esercizio della loro attività.
Mi rammarico del fatto che si siano dette molte falsità in relazione a questi provvedimenti. In un momento di crisi economica dobbiamo sostenere le nostre industrie creative e i nostri artisti, che contribuiscono al PIL, al numero di posti di lavoro, alla crescita e alle esportazioni globali.
Questo provvedimento contribuirà in grande misura ad aiutare i musicisti comuni, che meritano un trattamento paritario. Auspico che il Consiglio e la Commissione possano accettare il voto parlamentare per l’introduzione della legge prima della conclusione di questa legislatura
Ieke van den Burg (PSE), per iscritto. – (NL) Il Partito laburista olandese (gruppo socialista al Parlamento europeo) sostiene la proposta modificata poiché contiene un numero rilevante di elementi positivi per gli artisti, quali la protezione dell’integrità dell’artista e il fondo per i musicisti “turnisti”. Abbiamo votato a favore di emendamenti che dovrebbero destinare agli artisti il 100 per cento delle entrate derivanti dall’estensione della durata. Il compromesso raggiunto costituisce un passo nella direzione giusta, ma non è ancora ottimale.
Il Partito laburista olandese, tuttavia, nutre serie timori relativamente alla situazione di artisti minori i quali, in cambio dell’incisione di un disco, devono rinunciare a qualunque introito per la registrazione che ecceda l’anticipo ricevuto. Pertanto, auspichiamo che la Commissione avanzi presto delle proposte per migliorare la situazione degli artisti rispetto alle case discografiche, anche in merito a contratti relativi ai primi cinquant’anni di diritti associati.
Thomas Wise (NI), per iscritto. − (EN) Sebbene sostenga con vigore l’idea dell’estensione dei diritti d’autore, tale proposta è diventata inadatta allo scopo. L’Unione europea si è dimostrata incapace di risolvere tale problematica in maniera razionale ed efficiente e, pertanto, ho votato per respingerla.
Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) L’istituzione del programma Marco Polo II costituisce un passo importante per garantire la necessaria assistenza finanziaria per le misure volte ad aumentare e migliorare le prestazioni ambientali del sistema di trasporto merci.
Tale proposta segue la valutazione dell’efficacia del programma Marco Polo I, le cui conclusioni erano state che, sino a quel momento, si era raggiunto solo il 64 per cento dell’obiettivo di trasferimento modale, ben al di sotto degli obiettivi stimati.
Si auspica che il nuovo programma Marco Polo trarrà beneficio da condizioni finanziarie migliori, in modo da perseguire gli obiettivi prefissati, i quali ora includono anche progetti che coinvolgono le autostrade del mare, nonché progetti che prevedono misure per la riduzione della congestione del traffico.
Ritengo che questo programma, volto a incoraggiare e sostenere progetti per il trasferimento del trasporto merci su strada verso trasporti marittimi, ferroviari e lungo le vie navigabili interne, deve essere pienamente in grado di contribuire a ridurre la congestione e l’inquinamento, e di garantire dei trasporti più efficienti ed ecosostenibili.
Elisabeth Jeggle (PPE-DE), per iscritto. − (DE) La relazione della commissione per i trasporti e il turismo non tiene sufficientemente conto del reale interesse del trasporto ferroviario nel suo complesso per un migliore utilizzo della capacità disponibile.
Gli operatori di infrastrutture verranno obbligati a mantenere riserve di capacità per traffico occasionale nel loro orario annuale di rete. Tale requisito preliminare non consente a tali operatori alcuna flessibilità nel prendere decisioni in tempo reale su tali provvedimenti. La proposta originaria della Commissione è stata ulteriormente rafforzata, poiché le riserve di capacità dovranno garantire un livello di qualità adeguato a linee di traffico merci internazionale rapido.
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La misura in cui le linee richieste da parte delle società ferroviarie sono effettivamente utilizzate non può essere stimata a scopo di programmazione. Tali capacità sono eliminate in anticipo dalla procedura di stabilimento degli orari, con il risultato che altre, successive richieste di linee non possono essere soddisfatte. Se tali marginali capacità di rete non verranno utilizzate dalle imprese che trasportano merci, finiranno con l’essere rimosse, a danno di tutta l’utenza.
Tale provvedimento raggiungerebbe l’obiettivo opposto a quello di un migliore utilizzo delle capacità disponibili.
Al fine di contenere l’impatto negativo di breve periodo sul traffico passeggeri e merci richiesto, è necessario un norma che consenta agli operatori delle infrastrutture di decidere se un simile provvedimento è adeguato, tenendo conto delle richieste di traffico ferroviario passeggeri oppure dell’esigenza di soddisfare meglio le esigenze del traffico ferroviario merci.
Erik Meijer (GUE/NGL), per iscritto. – (NL) Sempre più, il traffico merci internazionale su lunga distanza viene spostato dal trasporto ferroviario a quello su strada. Le principali motivazioni sono il potenziamento della rete autostradale, l’abbandono delle connessioni ferroviarie dirette con le imprese, e la sempre maggiore economicità del trasporto su strada in termini relativi. Di solito tali fattori vengono dimenticati e la nostra attenzione è captata da due altre ragioni. La prima è che il coordinamento tra le diverse società ferroviarie nei vari Stati membri è insufficiente, e il risultato è che i vagoni merci restano in attesa per periodi molto lunghi, senza un’effettiva necessità, dell’allacciamento alla locomotiva che li porterà altrove. E’ stata individuata una soluzione a tale problema sotto forma di treni navetta con un orario regolare.
Un altro punto critico è che tale forma di trasporto è lenta, perché deve attendere i treni passeggeri, i quali hanno la priorità. La relazione dell’onorevole Duchoň intendeva rimuovere la priorità per il trasporto passeggeri. Lungo tratte ad elevata intensità di traffico, ciò può comportare l’imposizione di un obbligo da parte dell’Unione europea di annullare gli orari in vigore, abolendo un certo numero di treni. Gli elettori comprenderanno ben presto che tale deterioramento del servizio è dovuto all’Europa. Invece di limitare il trasporto passeggeri, è necessaria una soluzione che risolva le strozzature e le insufficienze della capacità ferroviaria. In tal senso, è positivo che il testo sia stato modificato e sia ora meno rigido.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. − (DE) Il traffico merci è attualmente principalmente concentrato sulle strade, e la quota trasportata per via ferroviaria, marittima, fluviale o aerea sta diminuendo. In tempi di margini sempre minori e di accesa competizione, le manovre di superamento da parte dei camionisti, assieme al sovraccarico e sovraffaticamento degli stessi costituisce una miscela di rischi letale. In aggiunta al rischio di incidenti, il traffico merci – caratterizzato dalla tendenza ad andare incontro ad avarie – è insostenibile dal punto di vista del congestionamento e dell’inquinamento acustico e ambientale.
E’ assolutamente ora di trasferire il traffico merci su rotaia, ma a tal fine necessitiamo di migliori soluzioni tecniche e modelli logistici per il coordinamento e l’organizzazione in rete. Questa relazione costituisce un passo avanti nella giusta direzione, ed è per questo che ho votato a favore.
Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) La creazione di un autentico mercato ferroviario interno è estremamente importante per gli obiettivi della politica europea in materia di trasporti sostenibili, ovvero per il futuro dell’Europa e dei suoi trasporti. E’ anche importante nel senso di consentire a tale settore di diventare parte integrante delle misure che contribuiranno a garantire il successo della strategia di Lisbona.
Il trasporto merci ferroviario è anche un fattore molto importante in diversi settori operativi dei trasporti.
La creazione di una rete ferroviaria europea per il traffico merci, dotata di collegamenti ferroviari efficienti e agevoli tra le diverse reti nazionali, dovrebbe consentire di apportare miglioramenti nell’utilizzo delle infrastrutture e di rendere il traffico merci più competitivo.
Ritengo sia essenziale sostenere misure volte al miglioramento della situazione nel settore del trasporto ferroviario merci, nella prospettiva di rendere tale settore pienamente integrato e parte integrante dell’intero futuro della rete europea dei trasporti.
Brian Simpson (PSE), per iscritto. − (EN) Mi congratulo con il relatore e con la Commissione europea per il loro coraggio nel tentare di dare priorità al traffico merci ferroviario in tutta l’Unione europea.
Personalmente avrei preferito una proposta più radicale, per l’attuazione di una strategia che preveda percorsi prioritari per certe linee, e il riconoscimento da parte del resto del comparto ferroviario del fatto che il trasporto ferroviario merci è importante, e deve essere sviluppato e sostenuto.
Due fattori tolgono ossigeno al trasporto ferroviario merci in Europa. Innanzi tutto, l’effettiva mancanza di interoperabilità, specie con riferimento ai segnali, e in subordine, l’industria ferroviaria stessa, in particolare gli operatori dei trasporti passeggeri e i fornitori di infrastrutture, i quali colludono tra di loro al fine di porre il traffico ferroviario merci all’ultimo posto quando si tratta di stabilire linee e orari.
Questa relazione, quanto meno, è un primo passo per porre fine a tale matrimonio di convenienza, dando così agli operatori del trasporto ferroviario merci almeno una possibilità di sviluppare la propria attività.
Se non contrasteremo lo status quo, nell’arco di vent’anni il traffico ferroviario merci non esisterà più. Dobbiamo agire ora per rendere il traffico ferroviario merci praticabile, attraente e competitivo, altrimenti non riusciremo mai a rimuovere il traffico merci dalle strade.
Martin Callanan (PPE-DE), per iscritto. − (EN) Accolgo con plauso l’operato del mio collega, l’onorevole Bowis su tale questione, che rappresenta una pietra miliare per i diritti dei pazienti. I Conservatori sostengono la mobilità dei pazienti all’interno dell’Unione europea, ritenendola un modo di rafforzare l’offerta di sanità pubblica.
E’ forse significativo che tale questione sia emersa in relazione a un caso che si è verificato nel servizio sanitario nazionale del Regno Unito. Una paziente, che aveva scelto di recarsi in Francia per un intervento sostitutivo dell’anca, in quanto le sue autorità sanitarie locali la tenevano in attesa da troppo tempo, si è vista negare il rimborso una volta rientrata nel suo paese. Questa paziente ha portato il suo caso di fronte alla Corte di giustizia europea, la quale ha stabilito un principio importante – i pazienti hanno diritto di recarsi in un altro Stato membro dell’Unione europea per seguire terapie e interventi, ricevendo in seguito un rimborso da parte dell’ente preposto alla sanità pubblica nel loro paese.
Non sono un sostenitore della Corte di giustizia europea, la quale svolge un ruolo di prim’ordine nel costante accrescimento dei poteri dell’Unione europea. Tuttavia, questa decisione è fortemente significativa. Auspico che molti miei elettori delusi dalla pessima gestione del servizio sanitario nazionale da parte del governo laburista potranno trarre beneficio dalle idee di questa relazione.
Anne Ferreira (PSE), per iscritto. – (FR) Ho votato contro la relazione sull’assistenza sanitaria transfrontaliera in quanto non rispetta l’obiettivo UE per un elevato livello di prestazioni sanitarie, in ottemperanza dell’articolo 152 del Trattato, né va incontro alla richiesta dei cittadini europei di poter beneficiare di un’assistenza sanitaria sicura e di qualità vicino a casa.
La relazione non sancisce la regola dell’autorizzazione preventiva per l’ottenimento di prestazioni sanitarie in un altro Stato membro dell’Unione europea. L’autorizzazione preventiva consente di raggiungere l’equilibrio finanziario dei sistemi sociali coinvolti, informando i pazienti delle condizioni in cui il rimborso è garantito, e fornendo informazioni necessarie prima di ricevere qualsiasi prestazione ospedaliera all’estero.
Inoltre, non è accettabile che si voglia ottenere il miglioramento della qualità della sanità ponendo i fornitori di prestazioni sanitarie in concorrenza tra loro, né che si metta in discussione il principio della libertà di movimento dei pazienti che, infatti, dipende soprattutto dal loro stato di salute.
Gli emendamenti adottati sono troppo vaghi e aprono la strada a problematiche che la Corte di giustizia europea sarà chiamata a dirimere.
Questa direttiva riesce sola ad accrescere le ineguaglianze tra i cittadini europei a livello sanitario, poiché solo chi può sostenere in anticipo i costi delle prestazioni sanitarie sarà libero di scegliere servizi di qualità.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) La questione di fondo è che questa relazione è stata adottata in assenza di modifiche alla base giuridica dell’articolo 95, ovvero, considerando la salute nel mercato interno come un bene – il che è inammissibile. Sarebbe, pertanto, stato preferibile rifiutare la proposta della Commissione, come da noi sostenuto. Tuttavia, sfortunatamente, la maggioranza non ha accolto la nostra posizione.
Di conseguenza, i diritti dei pazienti in materia di assistenza sanitaria transfrontaliera non salvaguardano la competenza esclusiva degli Stati membri in merito alle decisioni di gestione e finanziamento dei propri sistemi sanitari, compresa la loro competenza nell’istituzione di sistemi di autorizzazione preventiva delle prestazioni ospedaliere all’estero.
Il diritto dei cittadini alla salute e i diritti degli operatori sanitari, non sono garantiti. Ciò che dovevamo fare era potenziare la solidarietà e il coordinamento tra i sistemi di previdenza sociale dei vari Stati membri dell’Unione europea, in particolare applicando, rafforzando e rispondendo in modo più adeguato a diritti ed esigenze degli utenti del servizio sanitario.
Per queste ragioni abbiamo votato contro la relazione.
Christa Klaß (PPE-DE), per iscritto. − (DE) Ho votato a favore della direttiva sui diritti dei pazienti nelle prestazioni sanitarie transfrontaliere, perché porterà ai pazienti maggiore sicurezza. Nelle zone confinanti dell’Unione europea, come la mia città natale in un’ampia regione che si estende tra Germania, Belgio, Lussemburgo e Francia, oppure in zone rurali in cui mancano servizi sanitari, la promozione della mobilità dei pazienti è una componente particolarmente importante nel migliorare e potenziare l’efficienza dei servizi sanitari.
Il settore dei servizi sanitari tedesco trarrà vantaggio dalla mobilità transfrontaliera dei pazienti, se i pazienti provenienti da altri Stati membri si rivolgeranno ai nostri servizi sanitari di altissimo livello, ad esempio, nel settore della riabilitazione. Tuttavia, si deve tutelare la sovranità degli Stati membri. Sono essi, infatti, i responsabili della fornitura di assistenza sanitaria e dell’organizzazione dei rispettivi sistemi sanitari. In accordo con il principio di sussidiarietà, la direttiva dovrebbe solo disciplinare i settori toccati dal fenomeno della mobilità transfrontaliera dei pazienti. L’elevata qualità dei nostri servizi e i livelli di sicurezza esistenti in Germania non devono essere compromessi. Gli standard etici, osservati a giusto titolo dagli altri Stati membri, come, ad esempio, nell’inseminazione artificiale, nell’analisi del DNA, e nell’eutanasia, non devono essere messi in discussione.
Astrid Lulling (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Accolgo con favore gli obiettivi di questa relazione, che mira ad agevolare le prestazioni sanitarie ai pazienti di un altro Stato membro e a chiarire le procedure di rimborso a prestazioni avvenute, attualmente assenti dalla normative europea. Prestazioni sanitarie sicure, efficaci e di qualità dovrebbero pertanto diventare accessibili a tutti i cittadini europei tramite meccanismi di cooperazione tra Stati membri.
Tuttavia, desidero insistere sul fatto che spettano ai soli Stati membri le competenze in materia di organizzazione e finanziamento dei sistemi sanitari. L’autorizzazione preventive per le prestazioni ospedaliere è lo strumento cruciale per l’esercizio di tali prerogative. Naturalmente, il suo esercizio deve avvenire nel rispetto dei principi di proporzionalità, di necessità e assenza di discriminazione.
Quanto alla base giuridica, sarei a favore di una duplice base giuridica, in modo da garantire il rispetto delle competenze nazionali. Difatti, la proposta della Commissione presentava diversi tentativi di sottrarre tali competenze agli Stati membri in modo surrettizio.
Il testo finale deve trovare un punto d’equilibrio tra i diritti dei pazienti e le competenze degli Stati membri nel settore sanitario.
Linda McAvan (PSE), per iscritto. − (EN) A nome della delegazione dei Laburisti britannici al Parlamento europeo, accolgo con favore molti degli aspetti positivi della relazione del Parlamento per una direttiva sull’assistenza sanitaria transfrontaliera. In particolare, sosteniamo gli emendamenti che chiariscono come i governi nazionali continueranno ad essere pienamente responsabili dell’organizzazione dei propri sistemi sanitari e delle regole per l’accesso alle terapie.
Tuttavia, il nostro timore è che le regole delineate non siano ancora sufficientemente chiare. I pazienti diretti in un altro paese UE per sottoporsi a prestazioni sanitarie devono sapere se verranno rimborsati e devono poter disporre di tutte le informazioni relative alla tipologia e qualità dell’assistenza sanitaria del paese in questione. La delegazione laburista chiede, pertanto, che la direttiva chiarisca che gli Stati membri possono istituire un sistema di autorizzazione preventiva. Sosteniamo, inoltre, una duplice base giuridica degli articoli 152 e 95, affinché risultino prioritarie le questioni relative alla salute, e non già quelle connesse con il mercato interno. La delegazione laburista si è astenuta dalla votazione finale per indicare che queste due preoccupazioni devono essere affrontate in sede di seconda lettura.
Arlene McCarthy (PSE), per iscritto. − (EN) Mi sono astenuta dalla votazione su questa relazione poiché non fornisce garanzie adeguate per la protezione dell’integrità e della solidità finanziaria del servizio sanitario del Regno Unito, né offre alcuna certezza o chiarezza alla minoranza di pazienti che possono permettersi di viaggiare per ricevere prestazioni sanitarie in un altro Stato membro dell’Unione europea.
Gli eurodeputati conservatori al Parlamento europeo sono guidati da un preciso obiettivo nel proporre la reintroduzione, attraverso la porta di servizio dell’Europa, del loro screditato sistema di buoni sanitari. In tal modo, infatti, una minoranza di pazienti benestanti disporrà di buoni sanitari per ottenere prestazioni sanitarie private nel resto d’Europa, attingendo così a risorse della sanità pubblica britannica. I contribuenti si aspettano di vedere realizzati investimenti nella sanità pubblica del loro paese, e non di vedere il loro denaro dirottato verso i sistemi sanitari di altri paesi dell’UE. Non ci sorprende il fatto che, in tempi recenti, l’onorevole Hannan dei conservatori britannici, abbia invocato un’impostazione di tipo privatistico alla sanità.
In un recente dibattito sui pagamenti transfrontalieri in ambito sanitario tra Regno Unito e Irlanda, Andrew Lansley, ministro ombra della sanità, ha dichiarato che le risorse del servizio sanitario nazionale sono sempre preziose ed ha criticato aspramente il pagamento all’Irlanda di 180 milioni di sterline del sistema sanitario pubblico. Tuttavia, i conservatori non hanno sostenuto la nostra proposta per l’introduzione di un preciso sistema di autorizzazione preventiva, che risulta cruciale per tutelare le risorse e le prestazioni del servizio sanitario pubblico del Regno Unito.
Dimitrios Papadimoulis (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) Ho votato contro la relazione dell’onorevole Bowis e la proposta della Commissione, perché la loro stessa base giuridica dimostra come gli interessi finanziari e un mercato privo di controlli abbiano la precedenza sui diritti dei pazienti a prestazioni sanitarie sempre più qualificate e complete. Tale proposta rinnega le previsioni di un’Europa sociale e solidale, e condurrà a una situazione in cui solo i pazienti benestanti avranno accesso a prestazioni sanitarie transfrontaliere altamente pubblicizzate.
I sistemi sanitari nazionali verranno così smantellati e i pazienti si dovranno rivolgere all’estero per procurarsi le necessarie prestazioni sanitarie. La sanità è, e deve rimanere, appannaggio degli Stati membri. E’ inaccettabile che si trattino le prestazioni sanitarie alla stessa stregua di un bene di consumo e non quale servizio pubblico. Inoltre, la bozza di direttiva propone un sistema di compensazione dei costi delle prestazioni sanitarie transfrontaliere che è superfluo, posto che la compensazione per i costi sanitari è stata introdotto nel 1971 nell’ambito della regolamentazione sulla cooperazione tra sistemi previdenziali.
Kathy Sinnott (IND/DEM), per iscritto. − (EN) Mi sono astenuta dalla votazione su questa relazione poiché desidero ardentemente che le persone possano ricevere le prestazioni sanitarie di cui hanno urgente bisogno. Tuttavia, la questione dell’autorizzazione preventiva mi preoccupa. In questa direttiva, l’autorizzazione preventiva rinnega i diritti dei pazienti. E’ proprio questo il motivo per cui i pazienti si sono rivolti ai tribunali, e le decisioni della corte stanno alla base della votazione odierna sull’assistenza sanitaria transfrontaliera. L’inclusione dell’autorizzazione preventiva nella direttiva ci porta indietro al punto di partenza. I decessi determinati dal luogo geografico in cui i pazienti si trovano continueranno a essere la regola, e i pazienti si scontreranno con i medesimi ostacoli che incontrano ora nel richiedere l’autorizzazione a viaggiare per ottenere prestazioni sanitarie.
Inoltre, mi rammarico del fatto che questa relazione non propone una base giuridica che ponga al primo posto la salute dei pazienti. E’ stata sprecata un’opportunità, e si è trattata la salute dei pazienti come un bene su cui lucrare.
Catherine Stihler (PSE), per iscritto. − (EN) I principali emendamenti sull’autorizzazione preventiva sono stati respinti, ed erano essenziali per tutelare il servizio sanitario nazionale in Scozia e in tutto il Regno Unito. Abbiamo perso il voto sulla duplice base giuridica, che avrebbe consentito di includere la sanità pubblica, invece di impostare la base giuridica esclusivamente sul mercato interno. A causa della perdita di questi due elementi fondamentali e del fatto che siamo alla prima lettura non ho avuto altra scelta se non quella di astenermi.
Marianne Thyssen (PPE-DE), per iscritto. – (NL) La mobilità dei pazienti è un dato di fatto, ma non esistono ancora certezze giuridiche per pazienti e operatori sanitari. Per tale ragione la proposta di direttiva della Commissione è un fatto positivo. Apprezzo anche l’impegno dell’onorevole Bowis nel tentativo di raggiungere un compromesso su una questione diabolicamente difficoltosa. Grazie ai suoi sforzi sono state apportate migliorie significative alla proposta della Commissione. Tuttavia, non ho potuto sostenere la relazione finale a causa dell’omissione di due punti relativi alle competenze degli Stati membri nell’organizzare e finanziare i rispettivi sistemi sanitari.
Abbiamo invocato l’inclusione di una base giuridica che consenta agli Stati membri di addebitare ai pazienti stranieri il costo effettivo delle prestazioni, a fronte della loro compartecipazione alle prestazioni che ricevono nel nostro paese. Inoltre, abbiamo sempre sostenuto che gli Stati membri debbono poter respingere dei pazienti in determinate circostanze, ad esempio in presenza di lunghe liste d’attesa. Questo è particolarmente importante in Belgio, un piccolo paese con un afflusso relativamente importante di pazienti stranieri.
Il testo adottato oggi in questa seduta plenaria non offre garanzie sufficienti in tale direzione. Per queste ragioni mi sono astenuta dalla votazione finale.
Georgios Toussas (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) La politica anti-popolare dell’Unione europea e dei governi borghesi sta abbassando il livello del servizio sanitario pubblico, causando disagio ai pazienti sotto il profilo psicologico, liste d’attesa, la mancanza di vari servizi, tasse elevate, e lasciando scoperti i pazienti privi di polizze assicurative, gli immigrati, e così via.
La drastica riduzione di benefici sociali, la commercializzazione e l’ulteriore privatizzazione dei sistemi sanitari, nonché l’attacco ai diritti assicurativi agevolano le multinazionali nel raccogliere profitti enormi nel redditizio settore sanitario.
La direttiva sulla “mobilità dei pazienti” promuove il mercato unico sanitario, l’applicazione delle libertà del trattato di Maastricht e la mobilità di pazienti e operatori sanitari per tutelare la mercificazione della salute.
Il rimborso parziale dei costi per le prestazioni sanitarie all’estero è una trappola per ottenere il consenso popolare alla commercializzazione delle prestazioni sanitarie, a un sistema sanitario a più corsie, e alla discriminazione sociale nel diritto alla vita.
I diritti dei pazienti possono solo essere tutelati nel quadro di un sistema sanitario pubblico gratuito che copra tutte le esigenze in materia di sanità (prestazioni specialistiche e non) di tutta la popolazione, indipendentemente dalle loro possibilità finanziarie e dalla copertura assicurativa. Solo un sistema del genere, che può instaurarsi in un contesto economico a base popolare a partire da un potere raggiunto con mezzi democratici, può garantire l’adeguatezza quantitativa e i miglioramenti qualitativi dei servizi e un’effettiva protezione per la tutela della salute e della vita dei lavoratori.
Alessandro Battilocchio (PSE), per iscritto. − Il mio voto è favorevole.
Studi di settore hanno dimostrato ampliamente come in Europa ogni anno si ammalino per infezioni contratte all'interno degli ospedali, il 10-12 per cento degli utenti che si rivolgono alle aziende ospedaliere al fine di poter metter fine alla loro condizione fisica disagiata. Queste percentuali, se tradotte in cifre, fanno ancora più paura: si calcola che all'interno del territorio dell'Unione europea il numero dei pazienti che ha contratto infezione di carattere nosocomiale sia all'incirca di 5 milioni di persone.
Ricollegandomi all'intervento della mia esimia collega, on. Amalia Sartori, è possibile migliorare la sicurezza e l'efficienza sanitaria delineando un programma che tenga soprattutto conto di questi punti fondamentali: 1) rafforzamento della presenza di infermieri altamente specializzati nel controllo delle infezioni; 2) attuazione di programmi di formazione del personale di tipo sanitario e anche paramedico, ponendo l'attenzione soprattutto in merito alle infezioni nosocomiali e alla resistenza agli antibiotici dei virus che le hanno causate; 3) dare adito alle nuove scoperte che provengono dal campo della ricerca inerenti a tali patologie.
Edite Estrela (PSE), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della proposta sulla sicurezza dei pazienti. Sebbene infatti la qualità delle cure sanitarie in Europa sia notevolmente migliorata grazie ai progressi compiuti dalla scienza medica, gli atti medici possono talvolta nuocere alla salute dei pazienti. Errori medici evitabili o infezioni contratte durante i trattamenti possono provocare effetti indesiderati.
L’odierna relazione contiene le seguenti proposte a mio parere importanti: miglioramento della raccolta di informazioni a livello locale e regionale; miglioramento dell’informazione dei pazienti; aumento del personale infermieristico specializzato nel controllo delle infezioni; promozione dell’istruzione e della formazione degli operatori sanitari; maggiore attenzione alle infezioni di origine ospedaliera. Sono pertanto totalmente a favore delle misure suggerite.
Liam Aylward (UEN), per iscritto. − (EN) Sono favorevole all’iniziativa proposta per migliorare le cure sanitarie offerte ai pazienti affetti da malattie rare. Vista la particolare natura di talune patologie come i tumori rari, le malattie autoimmuni o le patologie tossiche e infettive, le risorse e le competenze messe a loro disposizione non sono sufficienti. Eppure esse colpiscono 36 milioni di cittadini europei.
Rafforzare la cooperazione tra specialisti e centri di ricerca in tutta Europa e gli scambi di servizi e informazioni è un modo naturale per l’Unione europea di assistere i suoi cittadini, un modo diretto di fornire loro benefici. Tale proposta esorta gli Stati membri a creare nuovi centri e corsi di formazione per ottimizzare il potenziale delle risorse scientifiche sulle malattie rare e riunire le reti di informazione e i centri di ricerca esistenti in tale ambito. Sostengo dunque tali misure e invito a una maggiore collaborazione tra Stati membri, che consentirebbe una maggiore mobilità di pazienti ed esperti al servizio dei cittadini.
Edite Estrela (PSE), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della relazione sulle malattie rare perché ritengo che un’azione concertata in tale ambito a livello comunitario e nazionale sia una necessità assoluta. Sebbene l’incidenza di ogni singola malattia rara sia molto bassa, milioni di europei ne soffrono perché le malattie rare sono tante.
Penso che sia di vitale importanza sostenere le organizzazioni indipendenti, fornire accesso alle informazioni sulle malattie rare, creare centri specializzati nei vari Stati membri, creare corsi di formazione presso i centri esistenti e mobilitare esperti e professionisti. Per garantire un intervento immediato nel campo delle malattie rare occorrono risorse adeguate.
Glyn Ford (PSE), per iscritto. − (EN) E’ mia intenzione votare a favore della relazione Trakatellis. Riconosco che esistono molte malattie rare escluse dalla ricerca in quanto gli istituti medici operano una sorta di categorizzazione ignorando la difficile situazione in cui versano i pazienti affetti da patologie inconsuete, che offrono scarsi profitti rispetto a quelli potenzialmente garantiti dalle malattie comuni.
Ciò vale in particolare per le malattie genetiche rare, che sono ereditarie. Penso che dovremmo incoraggiare la ricerca in tali ambiti facendoci carico di una parte dei costi della ricerca. In tal senso dichiaro un interesse perché una di queste malattie ha purtroppo colpito la mia famiglia.
Elisabeth Jeggle (PPE-DE), per iscritto. − (DE) L’esortazione esplicita contenuta nell’emendamento n. 15 affinché le malattie rare siano eliminate attraverso la consulenza ai genitori portatori sugli aspetti genetici e la selezione degli embrioni sani attraverso una diagnosi prima dell’impianto (PID) non è soltanto contraria alle leggi attualmente in vigore in Germania. Soprattutto alla luce della storia tedesca, è infatti inaccettabile e intollerabile chiedere o raccomandare in linea di principio l’eliminazione e la selezione dei disabili, anche se non sono ancora nati.
Preoccupante è il fatto che tali proposte e formulazioni rivelano una totale mancanza di rispetto per il valore della vita umana, indipendentemente dal fatto che si parli di persone malate o sane. L’addendum presentato sostituisce la richiesta di trattamento terapeutico delle malattie rare con l’obiettivo di prevenire la nascita di malati.
Ciò non è compatibile né con lo spirito né con la lettera delle dichiarazioni dei diritti dell’uomo adottate a livello europeo e internazionale. L’obiettivo reale di una politica europea convincente dovrebbe essere aiutare le persone malate o a rischio di malattia, non selezionarle precocemente sulla base di criteri qualitativi.
La relazione e i singoli emendamenti, specialmente il numero 15, contraddicono i miei valori cristiani. Per questo ho votato contro la relazione.
Mairead McGuinness (PPE-DE), per iscritto. − (EN) Vi sono molti elementi nell’odierna risoluzione che incontrano il mio favore. Non posso tuttavia appoggiare la relazione nel suo complesso perché contiene argomenti che, a mio giudizio e di fatto, impongono il rispetto del principio di sussidiarietà, vale a dire il rispetto della competenza di ciascuno Stato membro, e pertanto non sono argomenti in merito ai quali il Parlamento europeo debba adottare una posizione. La questione delle pratiche eugenetiche è soltanto un esempio di ciò che, attraverso l’adozione dell’emendamento n. 15, si è incluso nella risoluzione. Non ho appoggiato l’emendamento n. 15. E’ una questione che, come ribadivo poc’anzi, chiama in causa il principio della sussidiarietà, per cui non va affrontata a livello di Unione europea, che deve astenersi dal legiferare sulle pratiche eugenetiche. Pertanto non ho potuto appoggiare l’intera relazione.
Richard James Ashworth (PPE-DE), per iscritto. − (EN) I conservatori britannici non hanno potuto approvare il discarico del bilancio europeo del 2007, sezione III, Commissione europea. Ribadiamo il fatto che il bilancio parlamentare deve garantire valore a fronte del denaro investito dal contribuente europeo e, pertanto, sosteniamo la relazione presentata dal collega Audy. Concordiamo in particolare con le critiche mosse alla Commissione per non aver garantito che Bulgaria e Romania raggiungessero standard adeguati di controllo finanziario. Ci corre tuttavia l’obbligo di sottolineare che per quattordici anni consecutivi la Corte dei conti europea non è stata capace di emettere una dichiarazione di affidabilità positiva per i conti generali dell’Unione. La Commissione europea è in ultima analisi la responsabile di tali conti e, pertanto, in linea con il nostro tradizionale approccio, continueremo a votare contro la concessione del discarico finché non vedremo progressi reali nell’ottenimento di una dichiarazione di affidabilità positiva dalla Corte dei conti.
Călin Cătălin Chiriţă (PPE-DE), per iscritto. – (RO) Come gli altri rappresentanti rumeni del gruppo PPE-DE, ho votato contro la relazione dell’onorevole Audy sul discarico dell’esecuzione del bilancio generale dell’Unione europea per l’esercizio 2007 perché l’emendamento n. 13 non è stato accolto. La relazione della Corte dei conti europea per l’esercizio 2007 fa ancora riferimento esclusivamente ai progetti relativi al periodo 2000-2006 perché l’esercizio 2007 ha rappresentato, nella maggior parte dei casi, una fase preparatoria all’attuazione dei programmi del periodo 2007-2013. Pertanto, l’impatto dei nuovi regolamenti previsti per il periodo di programmazione 2007-2013, più semplici di quelli applicati fino al 2006, non è ancora valutabile.
Vorrei sottolineare la necessità di semplificare le procedure di attuazione dei fondi strutturali, specialmente i sistemi di gestione e controllo. La complessità dei sistemi è infatti una delle cause delle irregolarità degli Stati membri. Vorrei inoltre ribadire l’esigenza di introdurre le misure di semplificazione proposte dalla Commissione durante la revisione dei regolamenti applicabili ai fondi strutturali per il periodo 2007-2013 in risposta all’attuale crisi finanziaria. Tali procedure di semplificazione sono fondamentali per ridurre l’onere amministrativo a livello nazionale, regionale e locale. E’ importante accertarsi che in futuro esse contribuiscano a ridurre la percentuale di errore.
Jeanine Hennis-Plasschaert, Jules Maaten, Toine Manders e Jan Mulder (ALDE), per iscritto. – (NL) Il partito popolare per la libertà e la democrazia (VVD) olandese ha votato contro la concessione del discarico alla Commissione. Esso è infatti del parere che la Commissione abbia compiuto progressi troppo scarsi nel promuovere l’introduzione della dichiarazione nazionale negli Stati membri. A oggi, soltanto quattro paesi lo hanno fatto, tra cui i Paesi Bassi. Inoltre, il VVD è dell’avviso che gli Stati membri dell’Unione europea ancora commettano troppi errori nello stanziamento del denaro europeo, come è emerso chiaramente dalle verifiche contabili svolte dalla Corte dei conti europea. La Corte ha emesso un parere negativo a seguito delle verifiche, tra l’altro per quanto concerne la politica rurale, la politica di coesione e la politica strutturale. Il VVD ritiene che i sistemi di verifica in tali ambiti vadano migliorati. I progressi registrati nell’ultimo quinquennio sono stati troppo marginali.
Rumiana Jeleva (PPE-DE), per iscritto. – (BG) Ho votato a favore del discarico della Commissione per quanto concerne l’esecuzione del bilancio dell’Unione per l’esercizio 2007.
Devo dire però che ho votato contro i passaggi contenuti nella relazione riguardanti l’introduzione della compilazione di relazioni trimestrali sulla gestione delle risorse dei fondi strutturali e del fondo di coesione, specialmente nel caso della Bulgaria e della Romania. Ho votato contro perché credo fermamente che nei casi in cui è necessario un maggiore controllo, è bene attuarlo contemporaneamente e con la stessa intensità in tutti gli Stati membri, non soltanto in due di essi. Condivido inoltre la preoccupazione del Parlamento e del relatore, il quale segnala che le risorse per la Bulgaria congelate o revocate dalla Commissione europea ammontano a quasi 1 miliardo di euro.
Come afferma la relazione, tali revoche e congelamenti sono stati essenzialmente imposti a seguito di irregolarità riguardanti, tra l’altro, gare di appalto e spese ammissibili, mancato utilizzo di fondi di investimento per gli scopi previsti e capacità amministrativa carente. Vorrei concludere rendendovi partecipi della mia preoccupazione circa il fatto che i cittadini bulgari saranno privati di strumenti di promozione della solidarietà europea e pagheranno immeritatamente per errori commessi dal loro governo.
Mairead McGuinness (PPE-DE), per iscritto. − (EN) Ho votato a favore del discarico per la Commissione europea in relazione all’esercizio 2007, seppure con alcune riserve.
Cinque anni fa, il presidente Barroso aveva promesso la libera pratica prima della fine del suo mandato a livello di controllo di bilancio e dichiarazioni di affidabilità formali. Nonostante alcuni progressi, vi sono ancora lacune in tale ambito.
A oggi 22 paesi hanno presentato una sintesi annuale che risponde ai requisiti minimi di base del regolamento finanziario, ma non tutti risultano soddisfacenti. Soltanto 8 paesi si sono pienamente conformati fornendo un’analisi formale o una dichiarazione di affidabilità e purtroppo l’Irlanda non è tra questi. Dobbiamo accertarci che, all’atto del discarico del bilancio per l’esercizio 2008, si siano compiuti progressi decisamente più significativi.
Alexandru Nazare (PPE-DE), per iscritto. – (RO) La delegazione del partito liberaldemocratico rumeno (PD-L) all’interno del gruppo PPE-DE ha votato contro la relazione sul discarico per l’esecuzione del bilancio generale dell’Unione europea per l’esercizio 2007, che fa riferimento alla gestione dei fondi europei da parte della Romania e della Bulgaria.
La relazione sul discarico, nella quale si citano irregolarità in merito all’accesso ai fondi PHARE prima del 2007, prevede sempre l’elaborazione di una relazione speciale sulla gestione dei fondi comunitari in Romania e i provvedimenti adottati nella lotta alla corruzione. Il gruppo PD-L al Parlamento europeo ha pertanto votato contro.
Una relazione speciale non è infatti giustificata nella misura in cui è già disponibile un meccanismo di cooperazione e verifica approvato dal Consiglio europeo nel dicembre 2006. Elaborare un’ulteriore relazione indebolisce la credibilità del meccanismo di cooperazione e verifica già in essere. La stessa reazione della Commissione europea, per il tramite del suo portavoce Gray, conferma la futilità di tale misura poiché già esistono meccanismi collaudati per rilevare irregolarità nella gestione dei fondi comunitari.
Philip Claeys (NI) , per iscritto. – (NL) Ho votato contro la concessione del discarico perché nessuno può considerare seriamente il Comitato delle regioni nella sua forma attuale. Tale comitato, anche a causa della definizione poco trasparente del termine “regione”, è un’entità estremamente eterogenea nella quale, oltre alle nazioni europee, sono rappresentati per esempio agglomerati urbani. E’ anche molto strano che negli ultimi tempi le regioni si siano organizzate in gruppi politici senza aver ricevuto alcun mandato democratico in tal senso dagli elettori.
Martin Callanan (PPE-DE), per iscritto. − (EN) I conservatori britannici sono contrari alla carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Personalmente contesto la nozione che l’Unione possa conferire e disciplinare diritti fondamentali, così come sono contrario in particolare alla carta dei diritti fondamentali perché è stata adottata dall’Unione nonostante il fatto che nessuno dei veicoli previsti per la sua esecuzione, vale a dire la costituzione dell’Unione europea e il trattato di Lisbona, sia stato ratificato.
Costituire un’agenzia affinché sovrintenda alla carta dei diritti fondamentali è stato uno spreco colossale del denaro dei contribuenti e un esercizio di mera vanità. In realtà, lo stesso potrebbe dirsi per molte agenzie comunitarie che duplicano il lavoro svolto a livello nazionale e sfacciatamente promuovono l’agenda federalista dell’Unione. Molti nella mia circoscrizione considerano le ingenti somme sprecate per questa e altre agenzie un vero e proprio affronto, specialmente in un momento di crisi economica in cui si vedono privati di importi sempre maggiori devoluti in tasse per finanziare la dissipatezza dell’Unione.
Philip Claeys (NI) , per iscritto. – (NL) Ho votato contro la concessione del discarico perché l’agenzia europea per i diritti fondamentali è un’istituzione superflua, tra l’altro ostile alla libertà di espressione.
Edite Estrela (PSE) , per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della proposta di risoluzione sui problemi di deforestazione e degrado forestale perché credo che la deforestazione causi danni ambientali gravissimi e difficilmente reversibili come, per esempio, lo squilibrio delle risorse idriche, la desertificazione, l’impatto sul clima e la perdita di biodiversità.
Occorre una maggiore coerenza tra le politiche di conservazione delle foreste, quelle per una gestione sostenibile e altre politiche interne ed esterne dell’Unione europea. Per questo abbiamo bisogno di una valutazione dell’impatto sulle foreste delle politiche comunitarie in materia di energia (soprattutto biocombustibili), agricoltura e commercio.
Ritengo inoltre che per fermare la deforestazione tropicale sia assolutamente necessario sostenere finanziariamente i paesi in via di sviluppo. Il contenimento della deforestazione svolgerà un ruolo importantissimo per attenuare il cambiamento climatico e adattarvisi.
Alessandro Battilocchio (PSE), per iscritto. − Il mio voto è favorevole.
Gestire i trasporti in base alle domande e alle esigenze dei cittadini è uno dei punti fondamentali di discussione della politica dell'Unione Europea. Già attraverso il programma Civitas (promulgato nel 2002), atto a promuovere la diffusione su grande scala del trasporto urbano, e il Libro bianco: "La politica europea dei trasporti fino al 2010: il momento delle scelte." (promulgato nel 2001), il quale proponeva la creazione di un sistema di mobilità urbana più ottimale, la Commissione ha suggerito un vero e proprio piano d'azione per migliorare in maniera del tutto ottimale la qualità dei trasporti europei, elaborando un circuito di divincolazione progressiva dell'aumento della domanda di mobilità dalla crescita economica, così da controllare in maniera pressoché efficace l'inquinamento ambientale, pur avendo a cuore la salvaguardia del sistema produttivo dell'Europa. La Commissione, perciò, preso atto della situazione, si impegna a garantire a tutti i cittadini comunitari una rete di trasporti che sia al contempo efficiente ed estremamente sicura.
Cinque sono i punti sui quali bisognerà concentrare la nostra attenzione: 1) tutela dei diritti e dei doveri dei passeggeri; 2) rafforzamento della sicurezza stradale; 3) incentivazione della sicurezza; 4) limitazione dei trasporti stradali al fine di porre freno alla congestione dei trasporti via terra.
Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) L’attuale rapida crescita delle città, abbinata alla concentrazione degli europei nei centri urbani, sono dati di fatto che l’odierna relazione del Parlamento europeo tenta di analizzare per contribuire all’enorme lavoro che è necessario svolgere in tale ambito.
Tenendo presente il rispetto dei principi della sussidiarietà e della proporzionalità, tale relazione presenta proposte che reputo importanti.
L’elemento più significativo della posizione adottata dal Parlamento è l’attenzione che esso richiama sulla frammentarietà delle misure, alle quali può pertanto mancare una certa coesione, non soltanto in quanto corpus legislativo, ma soprattutto in termini di attuazione.
Concordo pertanto con l’idea di un approccio coerente, che significa anche incoraggiare l’ottimizzazione di varie modalità di trasporto nei centri urbani migliorandone la programmazione. Sostengo inoltre la continua ricerca e innovazione in tale ambito, nonché la collaborazione tra Commissione e Stati membri, contribuendo ove necessario allo scambio di informazioni sulle buone prassi da applicare nei vari paesi. Vorrei infine sottolineare l’importanza dell’industria europea per lo sviluppo di tecnologie che potrebbero migliorare la gestione, la sicurezza e l’efficienza energetica del trasporto urbano nelle città europee.
Alessandro Battilocchio (PSE), per iscritto. − Grazie Presidente voto a favore della relazione Jensen che fornisce un quadro politico completo e definisce le azioni necessarie per una diffusione coordinata dei sistemi di trasporto intelligenti (STI) a livello comunitario.
La congestione stradale, l'aumento delle emissioni di CO2 e i decessi causati dagli incidenti stradali sono solo alcune delle sfide principali che il trasporto comunitario deve affrontare e ritengo che gli STI siano uno strumento fondamentale per rendere i trasporti più efficienti, sicuri, puliti ed ecocompatibili, contribuendo allo sviluppo di una mobilità sostenibile per i cittadini e l'economia.
Sono d'accordo nel ritenere che gli STI possano migliorare le condizioni di vita dei cittadini europei e che contribuiscano al miglioramento della sicurezza stradale, nonché alla riduzione delle emissioni di sostanze climalteranti e nocive per la salute dell'uomo. Sostengo fermamente che i sistemi di trasporto intelligenti aumentino l'efficienza del traffico con la conseguente riduzione dello stesso.
Nonostante siano state sviluppate o introdotte diverse applicazioni per differenti modi di trasporto (su rotaia, marittimo e aereo) non è presente alcun quadro normativo coerente a livello comunitario per il trasporto stradale.
10. Correzioni e intenzioni di voto: vedasi processo verbale
(La seduta, sospesa alle 14.55, riprende alle 15.00)
PRESIDENZA DELL’ON. PÖTTERING Presidente
11. Pacchetto clima-energia e pacchetto sui trasporti marittimi (firma di atti)
Presidente. − Signor Vice Primo Ministro e rappresentante della presidenza dell’Unione europea Nečas, signor Commissario Rehn, onorevoli presidenti di commissioni e relatori, onorevoli parlamentari.
Oggi abbiamo il piacere di procedere alla firma congiunta di due importanti pacchetti, il pacchetto clima-energia e il pacchetto concernente una politica marittima integrata per l’Unione europea. Questo è il culmine dell’intenso lavoro svolto in collaborazione con il Consiglio e la Commissione. Adottando i due progetti legislativi, l’Unione europea dimostra di essere capace di agire con risolutezza per superare insieme le sfide che si pongono dei settori fondamentali dello sviluppo sostenibile, della salvaguardia ambientale e della sicurezza in mare. La firma pubblica contribuirà a sottolineare l’importanza della legislazione europea per i nostri concittadini.
Nel pacchetto clima-energia, il Parlamento e il Consiglio hanno gettato le basi affinché l’Unione europea possa conseguire i suoi obiettivi climatici entro il 2020 e continuare a svolgere un ruolo di guida nella lotta al cambiamento climatico. Il pacchetto clima contiene importanti quadri giuridici che contribuiranno, per esempio, a migliorare il sistema di scambio di emissioni o gli sforzi profusi dagli Stati membri per ridurre le emissioni di gas a effetto serra e promuovere le energie rinnovabili o le tecniche di stoccaggio del carbonio. Le relatrici Doyle e Hassi sono qui con noi, presumo; vedo perlomeno l’onorevole Hassi.
Il pacchetto garantirà all’Unione europea la necessaria credibilità in vista della conferenza internazionale prevista a Copenaghen in dicembre e durante i negoziati su un accordo completo e vincolante.
Per quanto concerne i trasporti marittimi, Parlamento e Consiglio sono pervenuti a un accordo su otto capitoli durante la conciliazione, frutto di un intenso lavoro svolto nell’arco di più di tre anni.
Tale esito è anche prova delle forti pressioni esercitate dal Parlamento europeo per garantire che le catastrofi in mare, come gli incidenti che hanno coinvolto l’Erika nel 1999 e la Prestige nel 2002, in futuro siano evitati migliorando la sicurezza in mare.
Oggi vediamo che molte proposte della commissione temporanea sul miglioramento della sicurezza in mare istituita dal Parlamento europeo sono diventate legge. Grazie a tali specifiche sono migliorate le attività di ispezione e perizia delle navi, la supervisione del trasporto marittimo e l’assicurazione degli armatori, si è introdotta l’assicurazione obbligatoria e si sono rafforzati i criteri di indagine e la responsabilità in caso di incidente.
Sono lieto che la relatrice Doyle ci abbia raggiunti.
Per concludere, permettetemi di esprimere i miei personali ringraziamenti alla presidenza ceca, alla Commissione, ai membri della commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare, della commissione per l’industria, la ricerca e l’energia, della commissione per i trasporti e il turismo e, soprattutto, ai loro presidenti e relatori, che si sono tutti dedicati con grande impegno a questi importanti atti legislativi. Estendo inoltre i miei ringraziamenti soprattutto a voi, onorevoli colleghi, per la vostra partecipazione all’odierna firma di questi importanti progetti legislativi. Sono particolarmente lieto che due presidenti di gruppo ci abbiano onorati della loro presenza qui, oggi, a mezzogiorno. Vi ringrazio per tale gesto.
Passo ora la parola al presidente in carica del Consiglio.
Petr Nečas, presidente in carica del Consiglio. – (CS) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli parlamentari, vorrei ringraziarvi per avermi invitato a questa seduta del Parlamento europeo in occasione del cerimoniale della firma del pacchetto clima-energia e del pacchetto sui trasporti marittimi, due misure fondamentali che gli Stati membri dell’Unione europea hanno concordato con l’aiuto della Commissione, di questo Parlamento e altri partner. Esordirei dicendo qualche parola sul pacchetto clima-energia per conto del Consiglio europeo.
Il pacchetto conferma il ruolo di guida dell’Unione europea nella lotta globale al cambiamento climatico pur rispettando le possibilità effettive e le condizioni economiche di ciascuno Stato membro. Il pacchetto clima-energia riveste un valore simbolico notevole poiché è segno del fatto che i rappresentanti di mezzo miliardo di cittadini, 500 milioni di persone, sono riusciti a concordare alcune azioni, strategie e finalità molto ben definite in tale ambito importante e delicato, nonostante le difficoltà dell’attuale situazione economica, un esempio positivo anche per i nostri partner nel mondo. Vorrei cogliere l’occasione per ringraziare tutti i quattro relatori, soprattutto per aver preparato, negoziato ed elaborato questa raccolta di misure ben circostanziate, nonché l’intero Parlamento per il suo contributo attivo e positivo, la Commissione per il suo sostegno e la sua preparazione in tutto il processo di approvazione e la presidenza francese per il suo straordinario impegno. Il pacchetto apre la via per noi europei alla negoziazione degli accordi globali sulla strategia per il cambiamento climatico che dovrebbero essere stipulati nel dicembre di quest’anno alla conferenza di Copenaghen. L’Unione è un leader nel campo della salvaguardia ambientale e questa preminenza a lungo termine non dovrebbe essere sprecata, bensì trasformata in un’altra qualità.
Onorevoli parlamentari, vorrei ora soffermarmi brevemente sul significato del terzo pacchetto concernente la sicurezza marittima, che costituisce un risultato ulteriore e parimenti importante della cooperazione tra Consiglio e Parlamento europeo. Il pubblico europeo si è molto allarmato quando la petroliera Erika si è spezzata in due lungo la costa della Bretagna nel 1999 con 20 000 tonnellate di petrolio a bordo, causando un danno ambientale incommensurabile, e quando tre anni dopo la petroliera Prestige ha perso 120 tonnellate di petrolio lungo la costa della Galizia in Spagna. Noi tutti ricordiamo le tragiche immagini trasmesse dai mezzi di comunicazione delle zone costiere interessate e lo sguardo impotente delle migliaia di volontari chiamati a intervenire di fronte a uccelli, altri animali e piante travolti e soffocati dalla marea nera. Ovviamente dovevamo adoperarci al meglio per prevenire il ripetersi di catastrofi naturali di siffatta portata. Ovviamente dovevamo agire insieme. Ovviamente l’Unione doveva inviare un segnale per richiamare l’attenzione sul fatto che navi in pessime condizioni, non assicurate e non conformi alle norme di sicurezza di base non sono benaccette lungo le coste europee. Nel novembre 2005 la Commissione europea ha risposto presentando una serie di otto ambiziose proposte legislative, il cosiddetto terzo pacchetto per la sicurezza marittima, che consentirà di ottenere risultati tangibili in Europa sotto forma di migliore prevenzione degli incidenti marittimi, ispezioni più frequenti e chiara ripartizione delle responsabili, soprattutto in riferimento agli operatori delle navi. Oltre al notevole effetto sull’ambiente, patrimonio di noi tutti, i risultati di questa legislazione europea saranno apprezzabili non soltanto da cittadini e imprese degli Stati costieri, come si potrebbe immaginare, ma anche da quelli degli Stati interni orientati all’esportazione come il paese da cui provengo, la cui produzione viene trasportata al di fuori dell’Europa in gran parte via mare. Gli Stati interni condividono un interesse fondamentale nel garantire che petroliere come l’Erika o la Prestige non navighino più lungo le coste europee e il trasporto marittimo sia effettuato in maniera efficiente, sicura e rispettosa dell’ambiente.
Signor Presidente, onorevoli parlamentari, concludo ringraziando i relatori del Parlamento europeo, la presidenza francese e la Commissione per l’intenso lavoro svolto in merito al pacchetto marittimo. Senza il loro impegno e i loro sforzi, questo felice esito, con i suoi evidenti vantaggi per il pubblico europeo, le imprese comunitarie e l’ambiente in generale, non sarebbe stato possibile.
Presidente. − La ringrazio, signor Ministro. Chiederei ora al ministro Nečas, al commissario Rehn e alle relatrici di avvicinarsi al tavolo della presidenza dove il ministro e io firmeremo gli atti alla vostra presenza.
(Firma degli atti)
12. Approvazione del processo verbale della seduta precedente: vedasi processo verbale
Presidente. − L’ordine del giorno reca le dichiarazioni del Consiglio e della Commissione sulle conclusioni del vertice del G20.
Petr Nečas, presidente in carica del Consiglio. – (CS) Signor Presidente, onorevoli parlamentari, il 2 aprile 2009 si è tenuta a Londra la riunione dei capi dei Stato e di governo del G20 per discutere gli ulteriori passi da intraprendere per la ripresa dell’economia mondiale e la prevenzione di future crisi di siffatta gravità. In occasione della riunione, i capi di Stato e di governo hanno promesso di fare quanto in loro potere per ricreare fiducia, crescita economia e occupazione, modificare il sistema finanziario per rinnovare i flussi di credito, rafforzare la regolamentazione finanziaria, recuperare la fiducia nel mercato, nonché finanziare e riformare i nostri istituti finanziari internazionali allo scopo di consentire loro di contribuire effettivamente al superamento dell’attuale situazione e alla prevenzione di future crisi. Nel contempo, i capi di Stato e di governo si sono impegnati, per incoraggiare la prosperità, a promuovere investimenti e scambi mondiali rifiutando il protezionismo e preparando l’economia a una crescita e una ripresa partecipative, rispettose dell’ambiente e sostenibili.
L’Unione europea ha svolto un ruolo molto significativo con le sue proposte e i suoi atteggiamenti. In molti ambiti, per non dire nella maggior parte, l’Unione e i membri europei del G20 sono stati realmente i promotori o tra i promotori del lavoro dei gruppi preparatori e hanno influito notevolmente sull’ampiezza del consenso raggiunto e la forma finale delle proposte concordate. Ciò vale per la supervisione e la regolamentazione dei mercati finanziari, la totale trasparenza del sistema finanziario, il rifiuto del protezionismo, le pressioni esercitate per concludere l’agenda sviluppo di Doha e l’approccio alla ripresa economica, ivi compreso l’accento posto sulla necessità di riordinare il settore finanziario eliminando le attività inutili e creando una base per una futura economia mondiale sostenibile. Da ultimo, ma non meno importante, va ricordato l’impegno assunto dai paesi dell’Unione di conferire risorse nel Fondo monetario internazionale, che non solo ha influito sulla disponibilità di altri paesi a contrarre impegni analoghi, ma soprattutto ha svolto un ruolo importante, per non dire fondamentale, nella decisione di stabilizzare le economie che non sembrano in grado di farlo da sole. Ciò va fatto non attraverso soluzioni puntuali e assistenza bilaterale, bensì attraverso l’uso sistematico di istituzioni internazionali che esistono proprio a tale scopo. In questo modo rafforzeremo finanziariamente tali istituzioni e ne ristabiliremo rispetto e autorità.
Vorrei dunque brevemente riassumere in prospettiva ciò che potrebbe significare il vertice di Londra del G20 per l’economia mondiale e, in particolare, per l’Unione europea.
Inizierò con un flashback che vi riporterà nel 1933. Nel giugno 1933 i rappresentanti di 66 paesi si riunivano a Londra allo scopo di elaborare un piano comune per risanare l’economia mondiale nel mezzo di una grave crisi economica. La conferenza economica e monetaria di Londra, il cui obiettivo era rilanciare il commercio mondiale stabilizzando i prezzi e ripristinando il gold standard come base del sistema monetario, era stata organizzata dalla Lega delle nazioni in una situazione economica mondiale molto simile a quella che oggi stiamo vivendo. Dopo un mese, però, la conferenza si concludeva con un insuccesso sfociando in una conseguente perdita di fiducia, un ulteriore crollo economico e una serie di svalutazioni monetarie operate da diversi paesi nel tentativo di rafforzare la propria economia a discapito degli altri. Gli Stati europei si ripiegavano su se stessi e l’economia statunitense si chiudeva in un isolazionismo che sarebbe durato per anni. La recessione si trasformava in grave depressione con conseguente aumento della disoccupazione e delle tensioni sociali. Le conseguenze politiche di tali tensioni sfociavano nella Seconda guerra mondiale. Orbene, come ben capirete, nelle settimane antecedenti il vertice di Londra del 2009 è stato difficile non stabilire analogie con il vertice di Londra del 1933. Fortunatamente pare che il mondo abbia imparato la lezione, quantomeno per il momento.
Dopo molti mesi di aspettative e speranze frustrate, scarsa fiducia nei mercati e aggravamento della recessione, era pressoché indispensabile da un punto di vista politico che il vertice del G20 si concludesse con un successo, compito di una difficoltà estrema viste le aspettative diversissime dei vari gruppi e paesi e considerato il fatto che alcune di queste aspettative non erano del tutto realistiche. Onorevoli parlamentari, è troppo presto per dire se il vertice del G20 sia stato effettivamente un successo. Nondimeno, le settimane trascorse dal vertice lasciano intendere, con un cauto ottimismo, che si è trattato di fatto di una svolta in questa recessione globale, che potrebbe anche trasformarsi in un evento epocale nella cooperazione economica mondiale, un evento che, superata la prova del tempo, potrebbe assumere un’importanza storica simile a quella della conferenza di Bretton Woods del 1944, che ha forgiato la cooperazione economica mondiale per un quarto di secolo e continua a influire su di essa anche a distanza di 60 anni.
Tuttavia, l’importanza storica delle idee avanzate al vertice del G20 diventerà chiara soltanto nel momento in cui tutti gli impegni assunti in tale occasione saranno stati assolti, ammesso che lo siano. Nonostante questa circospezione d’obbligo, sussistono quattro motivi per i quali il vertice del G20 di Londra può considerarsi un inizio riuscito della ripresa economica e una forma nuova e più sostenibile di economia mondiale e processo decisionale economico globale.
In primo luogo, il G20 ha realmente promosso la fiducia nell’economia e nei mercati. Sinora il consolidamento della fiducia non è stato così evidente, ma un completo ristabilimento ovviamente richiederà tempo. L’aspetto più importante dal punto di vista della promozione della fiducia è stato il modo in cui si sono comportati i partecipanti al G20. Di fronte a un grave crollo mondiale, hanno mantenuto l’unità e sono pervenuti a un ampio consenso.
Nell’attuale periodo di incertezza, era inoltre di vitale importanza che i partecipanti al G20 confermassero alcuni paradigmi economici fondamentali: fulcro e centro del piano di ripresa mondiale devono essere i posti di lavoro, gli interessi e le necessità di chi non ha paura di lavorare, e ciò vale per il mondo intero, non soltanto per i paesi ricchi, ma anche per quelli poveri. Obiettivo centrale del nostro piano di ripresa mondiale devono essere gli interessi e le necessità non soltanto delle odierne generazioni, ma anche di quelle future. La ripresa non deve andare a discapito dei nostri figli e nipoti. L’unico fondamento affidabile per una globalizzazione sostenibile e una crescente prosperità è un’economia mondiale aperta, costruita su principi di mercato, una regolamentazione efficace e istituzioni globali forti.
In secondo luogo, il vertice del G20 ha trasmesso un segnale chiaro, manifestamente il più chiaro degli ultimi 60 anni, che il mondo sta tornando all’approccio multilaterale nel processo decisionale economico su aspetti che hanno ripercussioni globali. Nelle conclusioni del vertice, i capi di Stato e di governo hanno ribadito il loro convincimento che la prosperità è indivisibile: se vogliamo sostenere la crescita economica, tutti i paesi devono partecipare a tale crescita. La lezione che possiamo trarre dall’attuale crisi mondiale è che tutti condividiamo lo stesso destino in termini economici. Siamo tutti sulla stessa barca, paesi grandi e piccoli, aperti e chiusi. L’interdipendenza delle nostre economie ha creato vantaggi enormi, soprattutto negli ultimi 10-15 anni, sotto forma di un lungo periodo senza gravi conflitti e con una prosperità economica senza precedenti alla quale si è accompagnata la più rapida crescita economica globale della storia dell’umanità, oltre che opportunità per centinaia di milioni di persone di sottrarsi all’estrema povertà, il che ha permesso l’espansione dei mercati per i nostri produttori, il contenimento dell’inflazione e la riduzione dei tassi di disoccupazione. Sono vantaggi ai quali non dobbiamo assolutamente rinunciare. E’ dunque indispensabile coordinare le nostre politiche, nella buona e nella cattiva sorte, e il vertice del G20 lo ha confermato.
In terzo luogo, i capi di Stato e di governo sono giunti a un consenso su aspetti in merito a quali soltanto un anno fa, o persino nove mesi fa, un consenso pareva inconcepibile. Gli impegni assunti a Londra hanno coronato tre mesi di intense discussioni a livello di lavoro contrassegnando una vera e propria svolta. Se dovessero essere assolti nel concreto, costituirebbero senza ombra di dubbio una valida base a livello di prevenzione, che ci consentirebbe di evitare che nei decenni a venire possano ripetersi crisi così devastanti.
In quarto luogo, il vertice ha modificato la geometria della cooperazione economica globale, portando a una nuova divisione dei poteri. Le più grandi economie emergenti hanno ottenuto il pieno riconoscimento del loro ruolo nell’economia mondiale. I paesi sviluppati e le economie in rapido sviluppo hanno inoltre riconosciuto insieme che la stabilità e la prosperità dei paesi poveri e dei gruppi sociali più vulnerabili ovunque nel mondo sono nell’interesse di tutti, il che rappresenta un cambiamento strategicamente importante perché significa che l’Europa dovrà lottare con una nuova visione in mente e politiche sofisticate per preservare la sua posizione nel processo decisionale economico globale. In futuro le dimensioni dell’economia comunitaria e l’eredità del passato non basteranno da sole per conservare il ruolo strategico importante dell’Europa nel processo decisionale economico mondiale.
Nondimeno, da una prospettiva europea i risultati del vertice di Londra sono stati indiscutibilmente un successo. Il vertice ha convalidato tutte le scelte fondamentali concordate dai leader degli Stati membri dell’Unione europea nelle conclusioni del Consiglio europeo del 19-20 marzo 2009. Il vertice del G20 di Londra ha infatti respinto il protezionismo, si è impegnato per una politica economica responsabile e sostenibile, ha appoggiato l’approccio multilaterale e ha confermato tutte le priorità per quel che riguarda la regolamentazione del settore finanziario che gli Stati membri dell’Unione hanno collegialmente definito fondamentali. Come si è detto, i membri dell’Unione sono stati i promotori o tra i promotori dei negoziati del G20 su tutta una serie di aspetti. Tuttavia, dopo il vertice, alcune questioni sono rimaste in sospeso.
In primo luogo, nel campo della supervisione e della regolamentazione finanziaria, nonostante gli enormi progressi compiuti negli ultimi mesi, vi sono ancora aspetti irrisolti sui quali si sta lavorando. A livello europeo esistono ovviamente un itinerario e un calendario chiari per i prossimi due mesi e i ruoli sono nettamente suddivisi tra Commissione europea, Banca centrale europea, Commissione finanziaria europea, Ecofin e Consiglio europeo di giugno. Il programma prevede, tra l’altro, l’adozione immediata di provvedimenti incisivi nell’ambito degli standard contabili, che consentirebbero alle banche europee di operare in condizioni concorrenziali paragonabili a quelle in cui operano le omologhe americane.
In secondo luogo, nel campo del commercio globale, i leader del G20 hanno confermato a Londra l’impegno precedentemente assunto in occasione della riunione di Washington di non creare nuove barriere commerciali. Il vertice ha altresì confermato l’impegno di concludere l’agenda sviluppo di Doha “con esiti ambiziosi ed equilibrati”. Tale impegno, però, era già stato assunto al vertice del G20 nel novembre dello scorso anno, occasione nella quale i capi di Stato e di governo avevano addirittura promesso un accordo in merito all’agenda sviluppo di Doha entro la fine del 2008. Resta dunque da vedere con quanta serietà si agirà questa volta. Nondimeno, i leader del G20 a Londra hanno espressamente dichiarato che da quel momento in poi si sarebbero personalmente dedicati all’agenda sviluppo di Doha e hanno garantito che su Doha si sarebbe concentrata l’attenzione politica in tutte le successive riunioni internazionali rilevanti in tale ottica. Una delle massime priorità dell’Unione deve consistere nell’esercitare pressioni per la conclusione di tali accordi.
In terzo luogo, i partecipanti al vertice del G20 si sono impegnati a mettere a disposizione USD 1,1 miliardi di dollari americani attraverso il Fondo monetario internazionale e le banche multilaterali di sviluppo per contribuire al ripristino dei flussi di credito, della crescita economica e dell’occupazione nell’economia mondiale. Restano soltanto da chiarire e concordare i dettagli di tale impegno. L’impegno copre fasi a breve, medio e lungo termine e la fase a breve termine comprende i 75 miliardi di euro promessi al Fondo monetario internazionale dai paesi dell’Unione per riportare alla stabilità la bilancia dei pagamenti per i paesi che hanno estremo bisogno di tale assistenza. Anche i dettagli di tale impegno vanno ulteriormente elaborati e i ministri delle finanze dei nostri paesi dovranno studiarne forma e meccanismi.
Per quel che riguarda gli impegni a medio e lungo termine per il rafforzamento delle istituzioni multilaterali, ci si è impegnati a mettere a disposizione del Fondo monetario internazionale un finanziamento multilaterale senza precedenti di 500 miliardi di dollari americani. Inoltre, al vertice di Londra i paesi del G20 si sono impegnati a sostenere una nuova emissione di SDR (diritti speciali di prelievo), ossia un’emissione nella valuta propria del Fondo monetario internazionale, che potrà essere utilizzata dai suoi Stati membri per i pagamenti reciproci. L’impegno si aggira sui 250 miliardi di SDR. Come nel caso del credito multilaterale, un’emissione di SDR comporta iter tecnici relativamente complessi, tra cui approvazioni dagli organi ufficiali del Fondo monetario internazionale, negoziati con i paesi partecipanti e ratifica di accordi da parte dei parlamenti nazionali dei paesi membri. Tutto ciò potrebbe richiedere diversi anni ed è pertanto necessario essere sempre risoluti, ma realisti nelle nostre aspettative.
Gli impegni appena descritti hanno anche comportato un accordo secondo cui i paesi del G20 si adopereranno al meglio per garantire una rapida attuazione delle riforme delle strutture decisionali del Fondo decise nell’aprile 2008, attualmente in ritardo a causa della ratifica lenta da parte dei parlamenti nazionali. Il paesi del G20 hanno inoltre chiesto al Fondo di accelerare il prossimo ciclo di riforma dei diritti di voto e delle quote dei membri in modo che sia pronto per il gennaio 2011. I paesi dell’Unione devono prestare sufficiente attenzione all’imminente riforma perché potrebbe comportare per molti Stati membri, grandi e piccoli, la perdita della possibilità di contare su rappresentanti nazionali che partecipino direttamente o indirettamente al processo decisionale del Fondo, perdendo dunque l’accesso diretto alle informazioni. Sarà inoltre attuata una riforma volta a rafforzare il ruolo del Fondo nel processo decisionale economico mondiale. Per molti Stati membri dell’Unione la questione ha rivestito sinora scarso interesse, ma è necessario che nei prossimi mesi si concentrino specificamente su di essa.
In quarto luogo, vi è un ultimo ambito che richiede una discussione seria e approfondita per giungere a una soluzione. Si tratta della disuguaglianza globale e del futuro dell’intero sistema monetario mondiale, temi volutamente esclusi dall’ordine del giorno del vertice di Londra, che pertanto restano tra gli ambiti da affrontare in futuro. Vale la pena di ricordare in tale contesto che è stata proprio l’incapacità di concordare un ordine monetario globale a provocare il naufragio del vertice del 1933. La questione non è meno complessa oggi di quanto fosse allora. E’ necessario che l’Unione vi dedichi la necessaria attenzione perché una soluzione al problema resta un ingrediente importante di una ripresa economica sostenibile e una delle chiavi per prevenire crisi globali devastanti.
Onorevoli parlamentari, per concludere vorrei ringraziare il Regno Unito, paese che ha ospitato la presidenza del G20, per aver organizzato il vertice e, soprattutto, per aver concertato l’intero processo di discussione e negoziazione a livello di lavoro nelle settimane e nei mesi che lo hanno preceduto. Gli organizzatori hanno svolto un lavoro straordinario e meritano il nostro plauso in quanto hanno offerto un contributo significativo ai progressi ottenuti e all’ampiezza del consenso finale.
Speriamo che il vertice del G20 di Londra sfoci in una nuova era felice per la cooperazione economica globale. Io sono fermamente convinto che abbiamo buone possibilità di riuscita. Le conclusioni del vertice del G20 rappresentano un punto di partenza eccellente per superare il prima possibile la crisi economica mondiale e ci viene anche offerta l’opportunità di modificare il volto della futura economia globale interconnessa per prepararci meglio a una produzione sostenibile a lungo termine e un processo decisionale economico coordinato. Molti aspetti vanno ancora affrontati e tanti impegni devono essere ancora assolti. I prossimi mesi e i prossimi anni ci dimostreranno in che misura il vertice di Londra merita un posto nei libri di storia. In ogni caso, il vertice ha rappresentato un cambiamento di posizioni strategiche nell’economia mondiale. E’ importante che l’Unione entri in questa nuova era con una visione chiara e realistica e politiche che le garantiscano di preservare in futuro lo stesso ruolo strategico che ha svolto in passato e che i suoi 500 milioni di cittadini meritano.
PRESIDENZA DELL’ON. ONESTA Vicepresidente
Pervenche Berès (PSE). – (FR) Signor Presidente, mi rendo perfettamente conto che non si può fare nulla contro il Consiglio, ma in ogni caso il nostro lavoro ha subito ingenti ritardi.
Il nostro ordine del giorno trabocca di discussioni importanti. Per il Consiglio erano stati previsti cinque minuti e ne ha usati 20. Lo trovo particolarmente irrispettoso nei confronti dei rappresentanti del Parlamento.
Presidente. – Lei conosce il nostro regolamento tanto quanto me, onorevole Berès. Il martelletto lo posso adoperare per gli onorevoli colleghi, mentre posso soltanto invitare la Commissione e il Consiglio ad essere concisi, e lei è stata esemplare in tal senso.
Signor Commissario, la prego. Non ha limiti di tempo, ma le ricordo che qui di fronte a me ho un foglio che indica cinque minuti come tempo di parola accettabile.
Olli Rehn, membro della Commissione. − (EN) Signor Presidente, i risultati del G20 di Londra sono concreti e trasmettono un messaggio chiaro di unità globale per collaborare e far uscire l’economia mondiale dall’attuale recessione riportandola sulla via della crescita economica e della creazione di posti di lavoro.
Il G20 si è incentrato su tre grandi linee d’azione, e oggi sono qui in sostituzione del mio collega Joaquín Almunia, che sta perseguendo ulteriormente queste linee di intervento in occasione di un’importante riunione del FMI oggi a Washington, per questo è impossibilitato a partecipare a questa tornata.
Consentitemi ora di riferirvi la valutazione concisa che la Commissione ha espresso sui risultati, e le iniziative successive che scaturiranno da queste tre grandi linee d’azione.
Innanzi tutto, è emerso con chiarezza il consenso dei leader sulla necessità di fare il possibile per rilanciare la crescita, e per il momento la priorità essenziale è ripristinare i canali dei flussi di credito. In tal senso è indispensabile gestire gli strumenti finanziari deteriorati e inesigibili, avallando pertanto i principi adottati lo scorso marzo dai ministri delle Finanze del G20, che sono pienamente in linea con l’approccio adottato dall’Unione europea.
Si è inoltre convenuto di attuare senza ulteriore indugio le misure preannunciate per stimolare l’economia, e l’incentivo fiscale coordinato dell’Unione di oltre il 3 per cento – probabilmente più vicino al 4 per cento – del PIL è essenziale per l’Europa stessa e offre un contributo chiave alla risposta macroeconomica a breve termine del G20 alla crisi.
L’esito del G20 dovrebbe dare luogo a un equilibrio adeguato tra l’espansione fiscale a breve termine, naturalmente necessaria, e la sostenibilità fiscale a lungo termine, che impone una riduzione progressiva degli incentivi non appena giungerà il momento opportuno. Anche in questo caso il consenso europeo sull’esigenza di tutelare la sostenibilità fiscale del medio periodo ha contribuito all’adozione di una posizione equilibrata al vertice di Londra.
Il protezionismo commerciale rappresenta una minaccia potenziale in qualsiasi recessione a livello globale. E’ stato quindi importante che il G20 ribadisse l’impegno a mantenere l’apertura degli scambi e degli investimenti e ad evitare qualsiasi forma di protezionismo.
La seconda linea d’azione consiste in un piano ambizioso per riformulare le norme finanziarie internazionali, e si è convenuto che, per il futuro, tali norme dovranno essere applicate a qualsiasi banca, ovunque, in qualsiasi momento. Il G20 ha compiuto un passo importante verso la convergenza normativa globale a cui l’Europa ambisce da tempo.
Siamo riusciti a conseguire i seguenti obiettivi: miglioramento dei requisiti in termini di capitale bancario e disponibilità di linee creditizie, nonché misure tese a limitare l’accumulo di posizioni di indebitamento; regolamentazione dei fondi hedge e dei consorzi privati di capitali; accordo su una migliore regolamentazione e vigilanza dei mercati dei derivati del credito; norme più ambiziose per le agenzie di credit rating; l’istituzione di collegi dei sindaci globali per tutte le grandi banche che operano a livello transfrontaliero, e infine l’adesione ai nuovi principi del Consiglio per la stabilità finanziaria (Financial Stability Board) sullo stipendio dei dirigenti e sugli incentivi nelle istituzioni finanziarie. Sono stati inoltre concordati interventi decisivi sul fronte dei paradisi fiscali offshore non cooperativi. Di conseguenza, in futuro non ci dovrebbe più essere alcun rifugio al mondo per i free rider fiscali. Accogliamo con particolare favore il riferimento all’abolizione del segreto bancario.
Siamo inoltre soddisfatti dell’annuncio recente di diversi paesi che hanno manifestato la volontà di avvicinarsi agli standard dell’OCSE sullo scambio di informazioni per fini fiscali. In generale, per quanto riguarda la regolamentazione finanziaria, sono stati compiuti più progressi in quest’occasione che in tutto l’ultimo decennio.
In terzo luogo, si è stabilito di riformare le istituzioni finanziarie internazionali per dare vita a organi solidi in grado di far fronte all’economia globale e per garantire una rappresentanza adeguata dei paesi emergenti e in via di sviluppo. Si è convenuto di rivedere notevolmente al rialzo le risorse del FMI, e l’UE e i suoi paesi membri hanno fatto da guida del processo e da esempio in questo frangente. Alcuni paesi hanno seguito la via indicata dall’Unione e dal Giappone del vincolare le risorse a favore del FMI, ma sono necessari più impegni in tal senso, in particolare dagli Stati Uniti e dalla Cina.
E’ inoltre essenziale tradurre rapidamente in realtà le decisioni prese dal G20. Dovremmo inoltre impegnarci a costruire un’economia mondiale più equilibrata e ad evitare gli errori passati. Potrebbe essere auspicabile una revisione radicale del modello di crescita globale – mi riferisco all’enorme disavanzo di bilancio degli Stati Uniti e all’ingente eccedenza commerciale della Cina – per consentire all’economia globale di imboccare nuovamente la via della crescita sostenibile.
I leader hanno convenuto di riunirsi di nuovo prima della fine dell’anno, probabilmente a settembre. Sarà necessario un coordinamento efficace per consentire all’Europa di continuare a guidare il processo del G20, che dovrebbe essere il nostro obiettivo costante.
In conclusione, per affrontare la crisi attuale sono necessari sia incentivi fiscali efficaci e coordinati, sia riforme della normativa finanziaria e delle istituzioni internazionali.
Non dimentichiamo che la recessione in corso è stata causata dagli eccessi e dall’avidità dei mercati finanziari, segnatamente di Wall Street. Per l’Europa, si tratta di ritornare ai valori di base del modello europeo, che prevede un connubio tra iniziative imprenditoriali, rispetto per il lavoro produttivo e promozione della solidarietà. In altre parole, la sfida che ora condividiamo consiste nel salvare l’economia di mercato sociale europea dagli errori sistemici del capitalismo finanziario.
Joseph Daul, a nome del gruppo PPE-DE. – (FR) Signor Presidente, Presidente Nečas, signor Commissario Rehn, onorevoli colleghi, siamo nel bel mezzo della prima recessione globale, che richiede una risposta coordinata a livello globale: è l’unico modo che abbiamo per uscirne.
L’accordo raggiunto al vertice del G20 ci aiuterà a individuare la strada giusta per la crescita e l’occupazione. A Londra i leader mondiali hanno triplicato i fondi stanziati per il FMI, hanno concesso crediti supplementari alle banche di sviluppo e hanno riaffermato il loro sostegno al commercio internazionale aperto. Tale programma, teso a garantire una ripresa del credito, della crescita e dell’occupazione, dovrebbe concederci il tempo necessario a stabilizzare i mercati e, soprattutto, a ripristinare la fiducia nell’economia globale.
Dobbiamo tuttavia essere vigili e non cedere alla tentazione delle soluzioni semplici. Dobbiamo assolutamente scacciare lo spettro del protezionismo. Se chiuderemo le frontiere al commercio e agli scambi, ci limiteremo a ripetere gli errori commessi dai nostri predecessori nella crisi del 1929.
Oggi più che mai ci occorrono più scambi, non meno. Se quindi potessimo riuscire a creare una vera economia transatlantica senza barriere con il nostro partner commerciale principale, gli Stati Uniti, potremmo già contare su un 3,5 per cento supplementare di crescita. E’ su questo fronte che dobbiamo impegnarci.
Dobbiamo stimolare la crescita non solo per tutelare gli impieghi esistenti, ma anche e soprattutto per crearne di nuovi. I miei onorevoli colleghi di sinistra chiedono una spesa sociale più elevata e una sicurezza sociale maggiore. A quanto pare, vogliono proteggere l’occupazione isolando le nostre economie. Un’economia trasparente che consente a ciascuno di esprimere il proprio talento è un’economia innovativa e sostenibile. E’ un’economia di mercato sociale che ci serve.
Dobbiamo imparare dagli errori degli ultimi mesi, e uno dei problemi principali del settore finanziario è stata la mancata regolamentazione e vigilanza. Non riusciremo a ripristinare la fiducia dei nostri cittadini nell’economia fintantoché non avremo ristabilito la fiducia nel nostro sistema finanziario.
A tal fine, dobbiamo estendere l’applicazione delle normative e della vigilanza a tutte le istituzioni finanziarie e a tutti gli strumenti, compresi i fondi hedge. Dobbiamo combattere i paradisi fiscali, abolire il segreto bancario e inasprire i controlli sulle agenzie di credit rating.
In un’economia globalizzata, in cui i mercati non si fermano mai, la nostra unica difesa è la trasparenza. Gli investitori devono sapere che in tutto il mondo si applicano i medesimi standard.
Infine, abbiamo una responsabilità anche nei confronti dei paesi in via di sviluppo. La crisi non deve infatti rovinare tutto il lavoro che abbiamo svolto su questo fronte nell’arco degli anni. Per questo dobbiamo continuare a fare pressione affinché l’OMC si adatti celermente al XXI secolo e alle nuove regole.
E’ necessario aiutare i paesi più poveri del mondo a diventare veri attori sul palcoscenico dell’economia globale. In tal modo, l’economia mondiale potrà crescere di 150 milioni di dollari americani l’anno. Sono i paesi in via di sviluppo che beneficeranno di gran parte di questi fondi.
Per tale ragione appoggiamo l’impegno assunto dal G20 di stanziare 850 miliardi di risorse aggiuntive per sostenere la crescita nei mercati emergenti e nei paesi in via di sviluppo.
Onorevoli colleghi, usciremo dal tunnel della crisi finanziaria ed economica solo con il cambiamento, vale a dire cambiando la governance internazionale e il nostro atteggiamento accondiscendente nei confronti di coloro che non si attengono alle regole.
Poul Nyrup Rasmussen, a nome del gruppo PSE. – (EN) Signor Presidente, la questione più urgente riguarda ovviamente le misure da adottare nell’immediato. Quale dovrà essere il contributo dell’Europa quando verranno ripresi i lavori del G20 il prossimo settembre?
Ho qui con me la prognosi più aggiornata del FMI. E’ con rammarico che informo il commissario Rehn che vi si legge che, se anche si considerano gli sforzi compiuti sinora, lo sviluppo economico nella zona dell’euro quest’anno registrerà una flessione del -4,2 per cento in termini di crescita e, in Germania soltanto, tale indice sarà pari a -5,6 per cento. Abbiamo trasposto tali dati nei nostri calcoli macroeconomici e vi posso assicurare, onorevoli colleghi, che ciò significa che nella primavera del 2010 ci saranno 27 milioni di disoccupati nell’Unione europea. In pratica, tra due anni la disoccupazione avrà mietuto altri 10 milioni di posti di lavoro nel territorio dell’Unione.
Adesso dobbiamo agire rapidamente, in maniera coordinata ed efficace, proprio come ci ha ricordato Olli Rehn. La conclusione che è emersa dal G20 di Londra è che se serve fare di più, accetteremo di fare di più. Non posso che ripetere la cifra di 27 milioni di senza lavoro. Servono forse ulteriori argomentazioni per spronarci a fare di più?
Proporrei quattro iniziative in vista del G20 di settembre: innanzi tutto, approntare un nuovo sforzo coordinato per contenere la minaccia della disoccupazione di massa; in secondo luogo, seguire le due proposte del gruppo de Larosière – stabilire un consiglio di vigilanza e affidare maggiori competenze alle cosiddette organizzazioni per la responsabilità sociale delle imprese; in terzo luogo, introdurre norme finanziarie efficaci che coprano i fondi hedge e il capitale privato; infine, preparare l’Europa ad avere voce in capitolo nella promozione di un nuovo accordo globale, che deve riguardare anche i paesi in via di sviluppo colpiti più duramente dalla crisi economica.
La prego, signor Commissario, non mi ripeta un’altra volta che avete creato un incentivo finanziario del 4 per cento compresi gli stabilizzatori automatici. La prossima volta sarà del 5 per cento, quando la disoccupazione toccherà la soglia dei 27 milioni di senza lavoro. Cerchiamo di essere leali e di creare posti di lavoro. Insieme possiamo farlo.
Margarita Starkevičiūtė, a nome del gruppo ALDE. – (LT) Anch’io vorrei esprimere il mio plauso all’accordo sottoscritto a Londra, ma vorrei al contempo sottolineare che l’economia globale ha bisogno di una governance globale. L’Unione europea può assumere il ruolo di leader in tal senso per due ragioni, perché sia dopo la guerra sia dopo lo sgretolamento del blocco sovietico è riuscita a ristrutturare le proprie economie in un periodo di tempo relativamente ridotto. Abbiamo molta esperienza nella gestione di processi così complicati.
Tali processi devono basarsi sulle riforme strutturali. Dobbiamo fare spazio alle nuove iniziative. Se ora concentriamo la nostra attenzione sui dettagli tecnici, sul miglioramento del quadro normativo, che è evidentemente essenziale, perderemo tuttavia iniziative e spazio di manovra. Il movimento e i nuovi posti di lavoro scaturiscono soltanto dai cambiamenti strutturali. Quali cambiamenti strutturali può offrire al mondo l’Unione europea?
Dobbiamo innanzi tutto modernizzare la governance, i mercati finanziari dell’Unione europea, affidarci alla forza del nostro mercato europeo comune e non rinchiuderci nei nostri angoli nazionali angusti. Se riusciremo a collaborare nel mercato comune europeo, daremo un ottimo esempio al mondo, vale a dire che non ci serve imboccare la via del protezionismo, ma che sono proprio l’apertura, la cooperazione, la circolazione dei capitali e gli equilibri macroeconomici sanciti da accordi comuni che ci aiuteranno a mantenere la stabilità e a infondere nuova vita all’economia. L’esperienza europea in questo campo è inestimabile.
Fatico sempre a capire perché non lo stiamo facendo. Forse prestiamo troppa attenzione a quei fondi hedge e troppo poca alle vite dei cittadini.
Roberts Zīle, a nome del gruppo UEN. – (LV) Grazie, signor Presidente. Il nostro progetto di risoluzione sul vertice del G20 precisa innanzi tutto che svariati paesi dell’Unione europea hanno ricevuto aiuti dal Fondo monetario internazionale per risolvere i problemi della bilancia dei pagamenti e, in secondo luogo, che diversi paesi della zona dell’euro sono riusciti a non soggiacere alla pressione dei tassi di cambio proprio grazie alla moneta unica. Purtroppo, i paesi membri di recente adesione non sono in grado di ridurre la pressione del rischio valutario, in quanto non possono entrare nella zona dell’euro. Al contempo, l’economia si è surriscaldata in diversi nuovi Stati dell’UE come conseguenza diretta dell’iniezione di somme ingenti di denaro da parte di molte banche europee, in lizza per ritagliarsi un mercato in tali paesi. Sono i beneficiari del credito che adesso si trovano a dover sopportare tutto il rischio valutario. Vi chiederei pertanto di considerare, soprattutto nei nuovi paesi membri dell’UE che hanno aderito allo strumento del meccanismo dei tassi di cambio e che mantengono un tasso di cambio fisso che consente il rimborso di gran parte di questi prestiti alle banche europee, se non sia forse il caso di aiutare questi paesi autorizzando un’introduzione più rapida della valuta comune. Si tratta di un aspetto cruciale, in quanto la solidarietà è vitale nei momenti difficili. In realtà siamo tutti nella stessa barca – soprattutto adesso che persino i paesi che hanno adottato la moneta unica non sono in grado di soddisfare i criteri di Maastricht, con disavanzi di bilancio pari a oltre il 10 per cento. Visto che siamo tutti nella stessa situazione, cerchiamo di pensarla anche allo stesso modo! Grazie.
Caroline Lucas, a nome del gruppo Verts/ALE. – (EN) Signor Presidente, il G20 ha rappresentato una proverbiale occasione mancata per affrontare simultaneamente sia la crisi ambientale sia la recessione economica – in altre parole, per introdurre quello che noi chiamiamo un “New Deal Verde”. Quel vertice sarebbe dovuto coincidere con investimenti massicci nelle energie rinnovabili e nell’efficienza energetica, ad esempio, e non solo perché dobbiamo affrontare con urgenza la sfida del cambiamento climatico, bensì perché gli investimenti nelle tecnologie verdi sono uno dei modi migliori per far lievitare l’occupazione.
A titolo di esempio, l’energia verde è in grado di offrire molti più posti di lavoro degli investimenti nelle attività correnti, eppure il pacchetto concordato dal G20 vincolerà il mondo a un’economia ad alto tenore di carbonio proprio nel momento in cui dovremmo optare per un’economia molto diversa, sostenibile e a basso impiego di carbonio. Sono stati reperiti miliardi di euro per il FMI e la Banca mondiale, mentre per quella transizione essenziale verso un’economia verde sul tavolo non è stato messo denaro sonante, bensì soltanto aspirazioni vaghe – parole su parole.
La parte del comunicato dedicata al cambiamento climatico e all’economia a basso impiego di carbonio si è ridotta a due soli paragrafi alla fine del documento, senza impegni specifici. E’ tragico constatare come, proprio nel momento in cui il sistema economico e l’ambiente globale sono in rotta di collisione, abbiamo mancato quest’occasione cruciale per cambiare rotta e far sì che venissero affrontate entrambe le crisi e venissero creati posti di lavoro.
Francis Wurtz, a nome del gruppo GUE/NGL. – (FR) Signor Presidente, la valutazione dei risultati del G20 che ci è appena stata illustrata – storia esemplare, svolta nella crisi, un successo enorme per l’Unione europea e così via – a mio parere solleva due interrogativi.
Il primo ha a che vedere con l’analisi della situazione attuale del sistema finanziario globale a cui l’Europa, come si è visto, è legata a doppio filo. Diciamocelo sinceramente, il desiderio dei leader del G20 di trasmettere ad ogni costo un messaggio rassicurante al mercato e di fatto al pubblico li ha indotti a minimizzare notevolmente la situazione attuale.
In realtà, le previsioni delle perdite bancarie stimate, ma tuttora ancora ampiamente da definire, raggiungono da un mese all’altro vette vertiginose. Il peggio non è ancora passato, deve ancora venire. Si è parlato di perdite pari a 2 000 miliardi di dollari americani tre mesi fa, una cifra di per sé già astronomica. Ora, il FMI indica una dato pari a 4 000 miliardi di dollari americani.
Da parte sua, la Commissione ha appena citato una cifra di 3 000 miliardi di euro per i fondi mobilitati sotto diverse forme dagli Stati membri per salvare le banche, in altre parole un quarto del loro PIL. E’ questo il prezzo della corsa folle al denaro per il profitto e al profitto per il denaro.
Tale realtà cupa mette in rilievo l’importanza della mia seconda domanda. Qual è la sostanza effettiva dei progressi realizzati al G20 di Londra in materia di regolamentazione?
Quando a Joseph Stiglitz che, come sapete, è stato scelto dalle Nazioni Unite per presiedere a un comitato indipendente di esperti sulla crisi economica, è stato chiesto: “E’ d’accordo con l’economista Simon Johnson che afferma che l’aspetto regolamentare del G20 è praticamente inesistente?”, ha risposto “Sì”.
L’inchiostro della dichiarazione di Londra non si era ancora asciugato quando lo Stato membro principale del G20, gli Stati Uniti, ha fatto appello ai fondi speculativi comodamente istituiti nei paradisi fiscali affinché acquistassero a un prezzo ribassato gli strumenti finanziari inesigibili che stanno bloccando i bilanci delle banche statunitensi. Stiamo veramente innalzando gli standard morali del capitalismo.
Di fatto, il G20 non ha fatto nulla per arrestare la globalizzazione liberale. Ha ignorato la questione chiave della riorganizzazione del sistema monetario internazionale. Ha promosso il FMI senza tener conto della sua trasformazione. Ha chiuso un occhio sulla sfida sociale immensa creata da tale crisi. Ha prescritto rimedi omeopatici laddove sarebbe auspicabile un intervento chirurgico radicale.
A mio avviso, l’Europa deve andare molto oltre il G20. La casa è in fiamme. Le sentite le urla di rabbia che si levano dalle nostre società? Non ci stanno chiedendo parole di conforto, bensì azioni forti e concrete, e subito!
Jana Bobošíková (NI). – (CS) Onorevoli colleghi, la decisione del vertice del G20 di versare miliardi di dollari americani nelle casse del FMI per combattere la crisi è, a mio avviso, controproducente e dannosa. Posso addurre tre ragioni immediate. In primo luogo, tale impegno obbliga i paesi creditori ad attingere alle loro riserve in valuta estera, o a indebitarsi.
Secondariamente, l’impegno obbliga anche quei paesi che hanno subito danni permanenti a causa delle analisi incompetenti del FMI a contribuire al fondo stesso. La Repubblica ceca, la cui cittadinanza io rappresento, ne è un esempio. Benché le previsioni del FMI per il mio paese siano completamente avulse dalla realtà, i cittadini cechi contribuiscono al fondo con 1,4 miliardi di dollari americani.
In terzo luogo, il FMI presterà fondi ai paesi in base a norme molto meno severe di quelle adoperate finora, e non spingerà affinché i prestiti siano condizionati alla redazione di misure realistiche per risolvere i problemi economici del mutuatario.
Onorevoli colleghi, sono fermamente convinta che arriveremo a una distorsione del mercato internazionale del credito e che ne faranno le spese i contribuenti.
Othmar Karas (PPE-DE). - (DE) Signor Presidente, signor Presidente in carica, onorevoli colleghi, il vertice ha segnato un successo politico ed ha trasmesso un messaggio importante, cioè che il mondo sta unendo le forze e che c’è la volontà politica di individuare e applicare congiuntamente soluzioni globali alle crisi e alle sfide. Vorrei comunque precisare che non dovremmo ingigantire l’importanza degli scenari dei vertici. I vertici si limitano a rilasciare dichiarazioni di intenti; i vertici non prendono decisioni, i vertici non legiferano, i vertici non hanno alcuna base giuridica.
All’Unione europea vengono rivolti numerosi appelli. Dobbiamo avere l’ambizione di assumere un ruolo d’avanguardia nella costruzione di un assetto finanziario ed economico globale. Tuttavia, possiamo ricoprire tale ruolo soltanto se abbiamo a disposizione norme europee e se possiamo offrire dei modelli. Siamo sulla strada giusta con il nostro modello di economia di mercato sociale, con le garanzie sui depositi e con le norme sulle agenzie di credit rating promulgate oggi. Tuttavia, a mio avviso, i risultati del vertice denotano l’assenza di un accordo chiaro sull’eliminazione degli effetti prociclici delle norme esistenti a livello europeo e mondiale, la cui parola d’ordine è Basilea II.
Dobbiamo ancora fare molto: fondi hedge, stipendi dei dirigenti, la direttiva in materia bancaria e la vigilanza europea, sono per citare alcuni compiti. Tramite la Commissione siamo i portavoce del nostro continente. Ma anche gli Stati nazionali sono rappresentati. Gli interessi comunitari vanno di pari passo con quelli nazionali sul palcoscenico mondiale. Potrebbe essere un’opportunità, ma anche una debolezza. Per questo il coordinamento riveste un ruolo particolare. Se i nostri rappresentanti non si muoveranno tutti nella stessa direzione, il nostro ruolo globale risulterà indebolito.
Ultimo punto: l’attuazione legale delle dichiarazioni politiche di intenti, la loro esecuzione e il coordinamento dell’attuazione globale in termini di tempi e di contenuti sarà il banco di prova per il nostro successo. Il vertice si limita a indicare la strada. Il risultato dev’essere ancora conseguito.
Elisa Ferreira (PSE). – (PT) Signor Presidente, il vertice del G20 è stato importante soprattutto perché ha creato un foro per il dialogo multilaterale e ci ha permesso di capire che, in assenza di questo multilateralismo, la crisi non può essere risolta. Ha tuttavia rappresentato un punto di partenza, non di arrivo. Il ruolo dell’Unione europea in tal senso dev’essere rafforzato e chiarito, e l’UE deve fungere da motore trainante. Ad oggi non vi sono indicazioni che ciò sta per accadere.
Disponiamo di una guida estremamente importante, vale a dire la relazione de Larosière, ma la Commissione è stata lenta ad attuarla e a reagire. Basti pensare alla risposta alla questione dei fondi hedge, ad esempio. Nel frattempo, l’economia reale europea non mostra ancora segnali di ripresa, e la politica dell’attesa vigile che è stata seguita si traduce in un’attesa di cifre sempre peggiori e di una situazione sempre più grave. Lo confermano le stime più recenti del Fondo monetario internazionale e dell’OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) che parlano di 27 milioni di disoccupati, un problema enorme.
La Commissione deve inoltre spiegare al Parlamento che cosa intende fare, che cosa comporta effettivamente la sua iniziativa e qual è lo stato concreto della politica per il coordinamento delle iniziative dei paesi membri. Non dovremmo aspettare ancora. La volontà politica di agire esiste già.
Rebecca Harms (Verts/ALE). - (DE) Signor Presidente, onorevoli deputati, il G20 rappresenta effettivamente la strada giusta per il futuro; nel tempo il G8 dovrà essere sostituito dal G20. Avremo così un vertice in meno. Gli europei hanno fallito. L’Unione europea che conta 27 paesi membri rappresenta obiettivamente il foro adatto in cui organizzare un nuovo ordine dei mercati finanziari.
Fino ad oggi ne abbiamo parlato molto, ma non sono ancora state prese decisioni chiare. Molte sono state le discussioni sull’abolizione dei paradisi fiscali, sul controllo dei fondi hedge e la fine dei prodotti fraudolenti dei mercati finanziari. Se gli europei fossero andati a Londra con una posizione politica, chi avrebbe potuto opporre loro resistenza? Come ha ricordato la mia onorevole collega Lucas, trovo scandaloso che il vertice di Londra si sia semplicemente limitato a rinviare la questione della crisi del clima e della sicurezza dell’approvvigionamento energetico, il che non solo ha inflitto enormi danni al clima e alla sicurezza della fornitura energetica, ma ha anche sprecato un’occasione per creare migliaia di nuovi posti di lavoro.
Hans-Peter Martin (NI). - (DE) Signor Presidente, mi associo pienamente a quanto affermato dall’oratrice precedente. E’ tragico che questo continente non sia in grado di raggiungere una maggioranza sulla questione a cui ha fatto riferimento la collega Lucas. Se ciò avvenisse, la nostra situazione migliorerebbe e potremmo guardare negli occhi le generazioni future. Per come stanno le cose, non ce lo possiamo permettere.
Una critica che mi preme muovere è che gran parte del dibattito sul disastro finanziario e sul modo in cui viene messa in disparte la catastrofe climatica emergente o reale mi ricorda molto il Bundestag tedesco dopo la Seconda guerra mondiale. Molti deputati e politici del Bundestag non nutrivano più alcun interesse per quello che era successo fino al 1945. Il processo di riconoscimento è stato molto lento. E questo è il punto di partenza: non c’è futuro senza la conquista del passato, l’analisi dei propri errori e lo sguardo rivolto all’avvenire. L’UE e soprattutto gli attori politici hanno fallito miseramente durante la crisi finanziaria. Devono trarne le debite conclusioni e imparare prima dagli errori passati.
Jean-Paul Gauzès (PPE-DE). – (FR) Signor Presidente, onorevoli colleghi, nella risoluzione che adotterà domani il Parlamento accoglierà favorevolmente le posizioni assunte nei confronti delle agenzie di credit rating, che mirano ad aumentare la trasparenza e a rafforzare la cooperazione tra le autorità di vigilanza nazionali.
In tal senso, proprio oggi l’Europa ha mostrato il cammino. Questa mattina il Coreper ha adottato il compromesso raggiunto dagli Stati membri, dalla Commissione e dal Parlamento. A mezzogiorno il Parlamento, a propria volta, ha adottato il compromesso con una maggioranza schiacciante di 569 voti contro 47. Pertanto, il regolamento proposto dalla Commissione ed emendato dal Parlamento entrerà in vigore a breve.
Mi preme sottolineare che il regolamento getta le basi della vigilanza europea nello spirito delle proposte contenute nella relazione de Larosière. Il CESR costituirà l’unico punto di accesso per la registrazione delle agenzie e in un primo tempo ricoprirà un ruolo di coordinamento.
La Commissione si è impegnata a proporre nei prossimi mesi un’iniziativa legislativa che consentirà di apportare gli ultimi ritocchi a un sistema di supervisione veramente europeo.
Prima di concludere vorrei sottolineare che il ritorno della fiducia, il vero obiettivo di tutte le misure adottate, passa evidentemente per un miglioramento del quadro normativo, soprattutto quello del sistema finanziario.
Dobbiamo tuttavia anche tener conto dei timori dei nostri cittadini e rispondere positivamente. Dovremmo trasmettere messaggi realistici di speranza. Se non miglioreremo il morale dei nostri cittadini, non ripristineremo la fiducia dei consumatori, senza la quale non sarà possibile la ripresa economica. Le informazioni fornite ai cittadini devono essere equilibrate e oneste, e non incoraggiare il disfattismo nascondendo i progressi, i successi e le conseguenze dei piani di ripresa, pur tenendo conto dei tempi necessari alla produzione degli effetti.
Pervenche Berès (PSE). – (FR) Signor Presidente, volevo dire all’onorevole Daul, che però ha lasciato l’Aula, che oggi mi sconvolge sentire i conservatori che accusano noi socialisti di voler aumentare la spesa sociale, quando la loro argomentazione principale per respingere i piani di ripresa è che l’Europa dispone dei famosi stabilizzatori automatici. E questi cosa sono se non sussidi di disoccupazione, che noi abbiamo difeso con l’anima e il corpo?
Per quanto riguarda il G20, vorrei esprimere una critica principale: hanno adottato il metodo Barroso, che consiste nel mettere insieme i piani esistenti e pensare di ottenere così un piano di ripresa, quando invece non lo è affatto. Inoltre, se si esaminano i dati dell’OCSE di ieri, quelli del FMI di oggi e quelli della Commissione di domani, come possiamo pensare che l’Europa sia soddisfatta?
Occorre una ripresa europea vera, e l’unico sistema che avete per conseguirla, signor Commissario, sono i finanziamenti con i prestiti europei. E’ tempo che vi mettiate all’opera, anche se non ci sarà più questo Parlamento a sostenervi nel vostro compito.
Prendo infine atto del fatto che il G20 aveva un compito da svolgere, in base al messaggio trasmessogli da Dominique Strauss-Kahn alla vigilia del suo lavoro: “Il sistema non si riprenderà fintantoché resterà irrisolta la questione dei prodotti tossici”. In tal senso il G20 ha dato chiaramente prova di incompetenza. E’ ancora tutto da fare.
Due punti: le conclusioni del G20 quantificano i vantaggi dei negoziati di Doha attorno ai 150 miliardi di dollari americani. Da dove salta fuori questa cifra? Come la si giustifica? Le chiediamo una spiegazione, signor Commissario.
Infine, in materia di vigilanza, se l’Europa vuole imboccare la strada giusta deve attuare urgentemente le proposte del gruppo de Larosière.
Antolín Sánchez Presedo (PSE). - (ES) Signor Presidente, il G20 ha inviato un messaggio prezioso: la ricchezza è indivisibile, e solo una ripresa condivisa e inclusiva è sostenibile.
Si tratta ora di tradurre il tutto in realtà. Dobbiamo proseguire su questa strada. Il G20 ha riaffermato priorità comuni, ha siglato accordi per la concessione di risorse al Fondo monetario internazionale, alle banche dello sviluppo e per la promozione del commercio. Ha realizzato riforme nella governance finanziaria globale, ha attuato piani ambiziosi nel campo della regolamentazione e della vigilanza, e ha messo a segno progressi nella lotta contro i paradisi fiscali.
Senza il G20, la situazione sarebbe disperata e la malattia dell’economia mondiale potrebbe diventare cronica.
Tuttavia, la cosa più importante di cui rendersi conto è che l’iniziativa del G20 non è un evento, bensì un processo. L’Unione europea è lo spazio economico più importante, integrato ed equilibrato del mondo, e deve pertanto fare da guida, in quanto ha un enorme potenziale ed è in grado di arricchire l’agenda globale con la considerazione che non ci troviamo solamente di fronte a una crisi congiunturale, bensì nel bel mezzo di una recessione con radici più profonde, che richiede l’iniziativa politica dell’Unione europea.
Danutė Budreikaitė (ALDE). – (LT) Una delle misure indicate nella dichiarazione rilasciata dal Fondo monetario internazionale sulle opportunità per i paesi dell’Europa centrale e orientale dell’Unione di uscire dalla crisi più rapidamente è rappresentata dall’introduzione dell’euro, una proposta che riguarda i paesi che dispongono di consigli valutari. In Lituania il litas è vincolato all’euro a un tasso invariato da quattro anni, un tempo doppio rispetto a quello richiesto dal meccanismo del consiglio valutario. Dovremmo inoltre ridurre il periodo del meccanismo dei tassi di cambio a un anno per altri paesi non appartenenti alla zona dell’euro. La recessione economica comunitaria e mondiale impone decisioni e compromessi innovativi, rapidi e creativi, tanto più che nei dieci anni dal varo della moneta unica non c’è stato un solo paese che abbia soddisfatto tutti i criteri e requisiti valevoli per l’area dell’euro, i criteri di Maastricht.
Bart Staes (Verts/ALE). – (NL) Desidero cogliere l’occasione per denunciare un certo grado di ipocrisia per quanto riguarda il vertice del G20. E’ stato annunciato come un accordo storico, un evento incredibile, un passo avanti per esempio nella lotta contro le frodi e i paradisi fiscali. Sono anche state redatte una lista nera, grigia e bianca.
Tuttavia, l’ipocrisia dell’Unione europea si ravvisa nel fatto che – solo per citare un esempio – neanche una settimana e mezza prima del vertice del G20 abbiamo siglato un accordo di partenariato economico con i paesi caraibici. Otto di questi quattordici paesi sono paradisi fiscali, eppure abbiamo sottoscritto un accordo di libero commercio con gli stessi, il cui risultato sarà l’istituzione del libero commercio e la liberalizzazione dei servizi finanziari; di conseguenza, i crediti tossici e i fondi illeciti potranno circolare liberamente da quei paradisi fiscali ed entrare nell’Unione europea.
Vorrei pertanto cogliere quest’occasione per deplorare l’ipocrisia dell’organizzare uno spettacolo avvincente per i media, il vertice del G20, che sostiene di voler abolire i paradisi fiscali, e del praticare invece una politica diametralmente opposta alle dichiarazioni appena rilasciate. Volevo dire soltanto questo.
Petr Nečas, presidente in carica del Consiglio. – (CS) Onorevoli deputati, vi ringrazio sentitamente per la discussione. Vorrei dichiarare fin da subito che concordo con l’onorevole Daul, che ha considerato un fattore chiave il non cedere al protezionismo. Il protezionismo è come un cancro, e potrebbe contagiare e distruggere completamente la nostra economia, a discapito dei cittadini dell’Unione, e portare a un deterioramento della crisi economica e a un ulteriore peggioramento del tenore di vita. Condivido inoltre pienamente l’appello dell’onorevole Daul a favore di un’economia trasparente con livelli efficaci e sensati di regolamentazione e, ovviamente, con istituzioni finanziarie globali più solide.
Gli onorevoli Rasmussen e Starkevičiūtė hanno parlato di versamenti di fondi nell’economia. Mi preme sottolineare che tali versamenti non si propongono di soccorrere le istituzioni finanziarie. Lo stiamo facendo per conferire slancio all’occupazione e aiutare i cittadini a mantenere il posto di lavoro, in quanto siamo tutti d’accordo che il modo più dignitoso per assicurare il sostentamento ai cittadini comunitari è attraverso il loro lavoro. Al contempo, tuttavia, nell’attuare queste misure di incentivazione finanziaria per l’economia non dobbiamo pensare soltanto a noi stessi, bensì anche ai nostri figli e nipoti. In altre parole, queste misure non devono compromettere a lungo termine la stabilità delle finanze pubbliche. I nostri sforzi devono incentrarsi sulla tutela dell’occupazione e pertanto la Commissione europea, in collaborazione con la presidenza, organizzerà un vertice sull’occupazione la cui priorità saranno le misure in campo occupazionale.
Vorrei ora esprimere il mio dissenso rispetto a quanto affermato dall’onorevole Lucas. Non sono affatto d’accordo che il vertice del G20 abbia rappresentato un’occasione mancata, tuttavia sfido tutti noi a mostrare un pizzico di realismo politico. L’economia attuale è malata. Le serve una cura, ha bisogno di un primo intervento, di terapie a lungo termine e infine di un periodo di convalescenza. Non dobbiamo pensare che i risultati positivi compariranno da un giorno all’altro nell’arco dei prossimi tre o quattro mesi. I problemi che affliggono l’economia globale – e di conseguenza anche l’economia europea – sono ben radicati e di lungo periodo. La terapia dev’essere pertanto un trattamento a lungo termine e richiederà molta pazienza. Da questa prospettiva ritengo che il vertice del G20 abbia compiuto un passo positivo.
L’onorevole Wurtz ha criticato la superficialità degli accordi sui mercati finanziari. Concordo sul fatto che sotto molti punti di vista l’Unione deve andare più a fondo, e anch’io ritengo che stia già accadendo. Non dobbiamo limitarci a considerare i provvedimenti adottati dai capi di Stato e di governo, dobbiamo anche tener conto di quelli dei ministri delle Finanze, che molto spesso sono in allegato ai vari documenti. Vorrei inoltre sottolineare che questa settimana la Commissione europea ha già discusso ulteriori misure specifiche. Vi inviterei tuttavia ancora una volta ad essere realisti. Non ci possiamo attendere cure miracolose nei prossimi tre-quattro mesi. L’economia mondiale è in difficoltà e la cura sarà decisamente a lungo termine. E’ importante sottolineare che dobbiamo procedere in maniera coordinata anche nel quadro dell’Unione. Nessuno di noi è isolato. Solo con un’azione coordinata riusciremo a superare brillantemente gli effetti della crisi economica mondiale.
Olli Rehn, membro della Commissione. − (EN) Signor Presidente, vorrei ringraziarla per il dibattito serio e costruttivo. Riferirò il tutto alla Commissione, al presidente Barroso e al collega Almunia.
Ho un paio di osservazioni da fare, innanzi tutto sul piano europeo di ripresa economica. Analogamente a Poul Nyrup Rasmussen, anch’io ho preso debitamente atto delle ultime prospettive economiche pubblicate dal FMI, un documento effettivamente molto deprimente. Al contempo, è essenziale constatare che abbiamo già preso decisioni politiche molto sostanziali e significative per stimolare l’economia europea e mondiale. Tali decisioni, nel loro complesso, hanno già contribuito ad arrestare il tracollo finanziario. Tuttavia, va affermato in tutta onestà che per qualche tempo continueranno ad arrivare altre brutte notizie dall’economia reale, soprattutto in tema di disoccupazione crescente. Dobbiamo pertanto tenere alta la guardia ed essere vigili. Occorre valutare continuamente il funzionamento e i risultati prodotti dal pacchetto di ripresa economica, dagli incentivi fiscali e dalle riforme finanziarie. Se del caso, dovremo fare di più – e meglio – nel corso dei prossimi mesi.
In risposta a diversi onorevoli deputati, stiamo facendo il nostro dovere sulla riforma dei mercati finanziari. Nell’ordine del giorno della Commissione per la prossima settimana, ad esempio, compare un importante pacchetto legislativo in materia di mercati finanziari, in particolare sulla retribuzione dei dirigenti, e una raccomandazione sulle politiche retributive del settore dei servizi finanziari. Si tratta di una parte fondamentale delle riforme dei mercati finanziari.
Infine, se da una parte la riforma del quadro normativo finanziario europeo e mondiale è effettivamente necessaria per correggere gli errori di sistema del capitalismo finanziario, dall’altra è importante non buttare via il bambino con l’acqua calda per quanto riguarda l’economia di mercato. In altre parole, dobbiamo preservare il mercato unico – che è stato il motore del benessere europeo – e impegnarci per un nuovo accordo commerciale globale nel contesto dell’Organizzazione mondiale del commercio. Come ha ricordato l’onorevole Daul, occorre più commercio, non meno, un assunto particolarmente importante per i paesi in via di sviluppo, che sono stati gravemente colpiti dalla recessione attuale e dal rallentamento degli scambi globali.
Il mese prossimo, in sostituzione di Louis Michel, sarò coinvolto anche su questo fronte per via delle mie responsabilità di portafoglio. I paesi in via di sviluppo sono effettivamente quelli maggiormente colpiti dall’attuale recessione economica. Non dobbiamo pertanto perdere lo slancio per quanto riguarda il rapido raggiungimento di una conclusione ambiziosa dei negoziati di Doha. Nel clima economico attuale il valore connesso alla conclusione di tali negoziati è aumentato esponenzialmente. Doha conferirebbe slancio all’economia mondiale e porrebbe un freno al protezionismo. Pertanto tutti i paesi del G20 dovrebbero rivolgere lo sguardo oltre i loro interessi politici nazionali e dare prova di un impegno concreto a voler proseguire senza indugio i negoziati di Doha. Ritengo che sia altrettanto importante constatare che, sul fronte dello sviluppo, i leader del G20 hanno anche raggiunto un accordo su un pacchetto di finanziamento degli scambi del valore di 250 miliardi di dollari americani in due anni per sostenere i flussi commerciali globali, per cui l’Europa erogherà un contributo sostanziale.
Presidente. – Mi preme segnalare che, in conclusione di questo dibattito e ai sensi dell’articolo 103, paragrafo 2 del regolamento, ho ricevuto sei proposte di risoluzione(1) depositate dai sei gruppi principali di quest’Assemblea.
Presidente. – L’ordine del giorno reca la dichiarazione del Consiglio e della Commissione sulla situazione nella Repubblica moldova ma, prima di iniziare, ritengo che l’onorevole Watson desideri richiamare l’attenzione dell’Assemblea sulla presenza in Aula di illustri personalità pubbliche moldove.
Graham Watson (ALDE). - (EN) Signor Presidente, desidero richiamare l’attenzione degli onorevoli colleghi sulla presenza oggi in tribuna dei segretari dei tre partiti d’opposizione rappresentati nel parlamento moldovo, che sono intervenuti per la discussione: Dorin Chirtoacă, sindaco di Chisinau e vicepresidente del partito liberale della Repubblica moldova; Vladimir Filat, presidente del partito democratico liberale, e Serafim Urechean, presidente dell’alleanza “Nostra Repubblica moldova”.
(Applausi)
Petr Nečas, presidente in carica del Consiglio. – (CS) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli parlamentari, il Consiglio e il Parlamento seguono con grande disagio l’evolversi della situazione nella Repubblica moldova in correlazione alle elezioni parlamentari del 5 aprile. Si è scatenata una crisi politica ingente nelle nostre immediate vicinanze, e rappresenta una sfida importante per la politica comunitaria nella Repubblica moldova e nella regione nel suo complesso. Tale fatto è particolarmente preoccupante in quanto l’Unione si sta attualmente preparando ad avviare il partenariato orientale. E’ nel nostro interesse garantire che la situazione nella Repubblica moldova non comprometta l’attuazione del partenariato. Dobbiamo operare una distinzione chiara tra le dichiarazioni del presidente Voronin e le azioni dei rappresentanti politici da una parte, e gli interessi dei cittadini moldovi dall’altra.
Subito dopo lo scoppio delle proteste violente a Kishinev il 7 aprile, l’Unione ha inviato nella Repubblica moldova il proprio rappresentante speciale, Kalman Mizsei. Da allora l'inviato speciale Mizsei ha cercato con ogni mezzo di avviare un dialogo politico tra i vari partiti moldovi. I partiti che hanno conquistato seggi nel nuovo parlamento devono concordare una soluzione realistica che rispetti i principi democratici. Per tutta la durata della crisi il rappresentante speciale ha mantenuto stretti contatti con la presidenza e l’Alto rappresentante Javier Solana.
Forse saprete che anche il primo ministro ceco Mirek Topolánek si è recato in visita a Kishinev ieri. Ha rivolto un accorato appello alle autorità moldove e all’opposizione affinché si aggiungano al dialogo politico. Ha incontrato il presidente Voronin, il primo ministro Greceanu e i rappresentanti dell’opposizione. Il messaggio primario lanciato dalla presidenza era pienamente in linea con le azioni a lungo termine dell'inviato speciale Mizsei. Occorre rafforzare i diritti civili nella società moldova, il governo deve permettere alla società civile di espletare le sue funzioni e deve garantire libertà di espressione e altri diritti umani fondamentali. Inoltre. è essenziale che l’opposizione moldova abbia accesso ai principali mezzi di comunicazione per far sentire la propria voce e impegnarsi nell’arena politica a parità di condizioni. D’altro canto, i rappresentanti dell’opposizione devono collaborare in maniera costruttiva con il partito al governo e rispettare i risultati elettorali. Il primo ministro Topolánek, in veste di presidente del Consiglio europeo, ha enfatizzato a tutti i rappresentanti l’importanza di non perdere mai di vista la prospettiva europea. La Repubblica moldova non deve discostarsi dalla rotta democratica. L’adesione al progetto del partenariato orientale dovrebbe mantenere la Repubblica moldova su questa rotta.
Mi preme ricordarvi che i risultati elettorali ufficiali resi noti l’8 aprile hanno segnato la vittoria del partito comunista moldovo, che ha conquistato quasi il 50 per cento delle preferenze. I voti rimanenti sono stati distribuiti tra i tre principali partiti d’opposizione. In base a tali conteggi, i comunisti si aggiudicherebbero 60 dei 101 seggi del nuovo parlamento. La valutazione preliminare della missione internazionale di monitoraggio elettorale ha confermato la validità delle elezioni, anche se si è fatto riferimento a svariate difficoltà emerse durante la campagna.
Tuttavia, l’opposizione e alcune organizzazioni non governative hanno dichiarato che le elezioni sono state caratterizzate da frodi. La scorsa settimana la commissione elettorale centrale ha riconteggiato i voti e ha concluso che il partito comunista ha effettivamente conquistato 60 dei 101 seggi parlamentari, confermando pertanto i risultati del primo conteggio. Stando all’opposizione, il problema principale non è tanto la conta dei voti quanto le liste elettorali, che comprendono presumibilmente diverse centinaia di migliaia di defunti o di persone inesistenti. L’opposizione sta controllando le liste elettorali per produrre le prove della propria accusa. Secondo un portavoce della Commissione, non sono emerse indicazioni di frode durante il riconteggio. L’opposizione ha inoltre chiamato in causa il ricorso massiccio alle risorse amministrative da parte del partito al governo durante la campagna elettorale. Gli osservatori elettorali internazionali hanno criticato le autorità moldove in tal senso. L’Unione aveva fatto presente diverse volte il problema alle autorità moldove prima delle elezioni. E’ stato fatto un riferimento specifico all’assenza di libertà di stampa e alla persecuzione dell’opposizione da parte delle autorità repressive.
In seguito alle proteste, la pressione sui media indipendenti è andata intensificandosi. I giornalisti sono stati arrestati e molestati. Alcuni giornalisti stranieri sono stati espulsi o è stato loro vietato l’ingresso nel paese. Sussiste un altro, grave motivo di preoccupazione. Durante la crisi le autorità moldove hanno commesso svariate violazioni dei diritti umani. In base alle segnalazioni, sono state arrestate quasi 250 persone in seguito alle dimostrazioni violente del 7 aprile. Molte di loro, soprattutto giovani, sono state picchiate dalla polizia, soggette a trattamenti disumani e tortura, è stato loro rifiutato il ricorso all’assistenza legale e non è stato loro permesso di informare le famiglie. Tre giovani dimostranti hanno perso la vita.
Abbiamo ribadito chiaramente alle autorità moldove che tali violazioni dei diritti umani e delle libertà dei mezzi di comunicazione sono inaccettabili per l’Unione. Gli episodi violenti di Kishinev non giustificano le misure crudeli imposte dalle autorità statali. La Repubblica moldova ha adottato le norme e i valori europei mediante misure quali il piano d’azione UE-Repubblica moldova. L’Unione europea ha rivolto un appello urgente alle autorità moldove affinché rispettino i principi dei diritti umani e delle libertà fondamentali.
Il 15 aprile il presidente della Repubblica moldova Vladimir Voronin ha mosso un passo nella direzione giusta quando ha dichiarato un’amnistia a favore di tutte le persone arrestate durante le proteste, ad eccezione dei cittadini con precedenti penali. Ha inoltre richiesto indagini trasparenti e adeguate sull’accaduto. L’inchiesta deve essere condotta in collaborazione con le istituzioni europee e internazionali competenti. La situazione dei diritti umani è oggetto di un monitoraggio severo sul campo da parte dell’Unione e anche del Consiglio d’Europa, dell’OSCE e dell’ONU. E’ importante che tali operazioni siano coordinate. L’inchiesta nella Repubblica moldova deve prevedere la partecipazione internazionale per essere considerata affidabile ed equa. Gli aspri conflitti e la sfiducia che hanno preso il sopravvento nella società moldova nelle ultime settimane possono essere superati mediante un processo trasparente.
E’ essenziale individuare una soluzione politica alla crisi. La Repubblica moldova è afflitta da problemi economici molto gravi scaturiti dalla crisi finanziaria globale. Il persistere dei disordini politici impedirebbe al paese di affrontare le difficoltà economiche. Occorre urgentemente un governo che funzioni. Sarà anche necessaria assistenza esterna, compreso un coinvolgimento massiccio del FMI. In questa fase è molto importante guardare a un futuro che vada al di là delle conseguenze immediate della crisi attuale e considerare che tipo di politica adottare nei confronti della Repubblica moldova. La crisi ha messo prepotentemente in evidenza l’esigenza di misure coerenti e ambiziose volte a rafforzare gli standard e le istituzioni democratiche nella Repubblica moldova. Saranno necessari maggiori aiuti da parte dell’UE, soprattutto per la creazione di istituzioni mediante la riforma della polizia e del potere giudiziario, e con la garanzia della libertà dei media e del pluralismo. L’accordo tra i partiti politici moldovi sul superamento della crisi attuale dovrebbe comprendere un impegno a favore di riforme radicali nelle aree citate.
Onorevoli deputati, vorrei concludere sottolineando che per molti anni la Repubblica moldova è stata uno dei paesi più avanzati dell’Europa orientale in termini di volontà di mantenere gli standard democratici e di disponibilità di avvicinamento all’Unione europea. E’ nel nostro interesse aiutare la Repubblica moldova a superare la crisi attuale e a procedere lungo questa strada. Il partenariato orientale fornirà un quadro nuovo e ambizioso per potenziare gli aiuti comunitari mirati alle riforme politiche ed economiche nella Repubblica moldova e in altri paesi della regione. E’ nel nostro interesse garantire il rafforzamento della democrazia nella Repubblica moldova e far sì che questo paese continui il processo di avvicinamento all’Unione europea.
PRESIDENZA DELL’ON. ROTHE Vicepresidente
Olli Rehn, membro della Commissione. − (EN) Signora Presidente, in riferimento all’annuncio dell’onorevole Watson, vorrei esordire porgendo un caloroso benvenuto ai nostri ospiti della Repubblica moldova.
La situazione nella Repubblica moldova è effettivamente fonte di grande preoccupazione. Seguiamo da vicino l’evolversi della situazione e stiamo cercando il modo di promuovere il dialogo e la riconciliazione tra le forze politiche del paese.
Per quanto riguarda lo svolgimento delle ultime elezioni, la collega commissario Ferrero-Waldner ha accolto con favore la prima valutazione della missione internazionale di monitoraggio elettorale guidata dall’OSCE. La missione ha concluso che le elezioni si sono svolte in un ambiente pluralistico, che gli elettori avevano una scelta politica ben precisa e che erano stati rispettati numerosi standard internazionali in materia di elezioni democratiche.
Sono state tuttavia individuate lacune significative che sono decisamente preoccupanti e che erano già state espresse dalla Commissione ben prima delle elezioni. Si tratta di interferenze amministrative illegittime, rispetto insufficiente della libertà di espressione e dell’accesso di tutti i partiti ai mezzi di comunicazione, nonché di una mancanza generalizzata di fiducia pubblica nel processo democratico ed elettorale. Tali lacune devono essere colmate con urgenza, tanto più dopo gli eventi del 7 aprile.
Molto più preoccupanti sono le segnalazioni di violazioni ripetute dei diritti umani sulla scia delle dimostrazioni seguite alla giornata delle elezioni. Dopo i disordini seguiti alle proteste del 7 aprile, la Commissione ha condannato fortemente il ricorso eccessivo alla violenza e ha invitato tutti i soggetti coinvolti a porre fine alla retorica istigatrice e alla violenza.
Continuiamo a seguire con estrema attenzione la vicenda. Il rispetto per i diritti umani si riconferma una condizione chiave per sviluppare ulteriormente il nostro rapporto con la Repubblica moldova. E’ essenziale sottoporre a indagini celeri e approfondite i casi presunti di violazioni gravi dei diritti umani da parte delle forze dell’ordine. Laddove le accuse dovessero risultare fondate, le autorità devono intervenire per assicurare che i responsabili degli abusi vengano effettivamente giudicati.
Accogliamo con favore il fatto che il presidente Voronin abbia accettato di recarsi in visita dal commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa Thomas Hammarberg, nonché di collaborare con il rappresentante speciale dell’Unione europea su tali questioni. Analogamente positivo è l’interesse dimostrato dalla Repubblica moldova per l’eventuale invio di una missione comunitaria incaricata di indagare sui fatti.
Benché tali missioni non possano sostituire la responsabilità dello Stato di indagare sulle violazioni dei diritti umani e di perseguirle, dovrebbero aiutare a fare luce sulle ultime elezioni e sul periodo immediatamente successivo alle medesime. Dovrebbero inoltre agevolare il dialogo politico per ripristinare la fiducia pubblica.
La situazione odierna nella Repubblica moldova è molto fragile. Il paese ha espresso ripetutamente il desiderio di approfondire il rapporto con l’Unione europea. La crisi attuale è un banco di prova per verificare la determinazione della Repubblica moldova in tal senso.
Accogliamo con favore il fatto che la Romania si sia astenuta dall’introdurre provvedimenti di ritorsione in seguito alla reintroduzione dei requisiti di presentazione del visto per i cittadini rumeni e alla designazione a persona non grata del proprio ambasciatore. Incoraggiamo tutti i partner a procedere con la massima cautela e ad avere sempre presente il fine ultimo della stabilizzazione del paese.
La situazione attuale è molto preoccupante, ma non dovremmo perdere la nostra capacità di vedere le cose da una prospettiva più ampia. La chiave per la stabilità e prosperità future della Repubblica moldova sta nell’approfondimento del suo rapporto con l’Unione europea. Alla vigilia dell’avvio del partenariato orientale dobbiamo dimostrare che siamo effettivamente pronti ad aiutare la Repubblica moldova a superare le difficoltà attuali, in particolare allentando le tensioni, promuovendo il dialogo e rafforzando i legami con noi.
La Repubblica moldova è un nostro vicino. Da 15 anni lavoriamo a stretto contatto con i cittadini moldovi, ai quali siamo legati da un rapporto di fiducia. Conosciamo benissimo le aspirazioni europee della Repubblica moldova. Oggi è essenziale ribadire i nostri impegni con i cittadini moldovi collaborando non solo per superare le sfide emerse durante il periodo elettorale, ma anche quelle derivanti dalla recessione finanziaria ed economica globale. In altre parole, abbiamo a cuore la Repubblica moldova e i suoi cittadini.
Marian-Jean Marinescu, a nome del gruppo PPE-DE. – (RO) La Repubblica moldova è vincolata da obblighi e impegni internazionali, vale a dire che si è assunta la responsabilità di rispettare la democrazia, lo stato di diritto e i diritti umani. Tuttavia, gli eventi recenti hanno reso evidente una grave deviazione da tutti questi impegni. Arresti indiscriminati, rapimenti, persone scomparse, violazioni palesi dei diritti dei cittadini arrestati, trattamento disumano e degradante, terrorismo nei confronti dei cittadini e minacce armate sono azioni deplorevoli che mettono a repentaglio il futuro europeo del paese.
La campagna lanciata contro i rappresentanti dei mass media e i partiti d’opposizione, oltre all’arresto e all’espulsione dei giornalisti, sono atti gravi e disdicevoli. Condanno questa campagna di molestie, le violazioni gravi dei diritti umani e le azioni illegali condotte dal governo della Repubblica moldova.
Gli aiuti comunitari previsti per il periodo 2007-2010 e mirati a sostenere lo sviluppo della democrazia e del buon governo nella Repubblica moldova ammontano a oltre 50 milioni di euro. Mi auguro che tali fondi non siano stati utilizzati per addestrare gli agenti di polizia su come adoperare la violenza contro i cittadini. Vorrei chiedere alla Commissione di presentare al Parlamento europeo una relazione sull’impiego di tutti i fondi comunitari nella Repubblica moldova.
La Romania sta perseguendo e continuerà a promuovere una politica proattiva volta a sostenere l’integrazione della Repubblica moldova nelle strutture europee. La ragione è da ritrovarsi non soltanto nei legami storici che ci uniscono ai cittadini di questo paese, ma soprattutto nella ferma convinzione che il destino della Repubblica moldova si situi in Europa, come Stato moderno e democratico basato sul rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Le accuse mosse allo Stato rumeno dalle autorità moldove sono insensate. L’introduzione del visto per i cittadini rumeni è un’azione altrettanto ingiustificata e inaccettabile. I capi di Stato cambiano, ma i cittadini restano.
Ritengo che sia nell’interesse dell’Unione europea che la Repubblica moldova segua un cammino europeo che dia ascolto alle aspirazioni dei suoi cittadini a vivere in uno Stato stabile, sicuro e democratico. In tal senso, il partenariato orientale rappresenta uno strumento efficace e una via per realizzare le aspirazioni europee dei cittadini della Repubblica moldova.
Marianne Mikko, a nome del gruppo PSE. – (ET) Onorevoli colleghi, sono sempre stata un’accesa sostenitrice della Repubblica moldova, tuttavia la crisi attuale mi preoccupa non poco. Benché la Repubblica moldova sia un paese piccolo che dipende dagli aiuti esteri, non possiamo chiudere un occhio quando vengono calpestati i principi dello stato di diritto.
I rapporti tra l’Unione europea e la Repubblica moldova continuano a essere molto importanti per noi, ma non dovremmo auspicare che l’Unione europea fosse composta da cittadini ingenui dagli occhi azzurri che credono ciecamente a tutto quello che viene loro detto dalle autorità moldove. L’imminente missione ad hoc del Parlamento europeo nella Repubblica moldova è molto importante. Non ci saranno argomenti tabù. Vorremmo sapere come si è comportata la polizia con i dimostranti nel periodo postelettorale. L’osservanza dei diritti umani non solo a parole ma anche nei fatti è d’importanza fondamentale per l’Unione europea e anche per i rappresentanti eletti direttamente dal popolo. Purtroppo, in occasione della riunione tenutasi ieri tra la commissione per gli affari esteri e la delegazione moldova, quest’ultima ha dichiarato che l’Europa dovrà prepararsi ai monologhi a Chisinau. Non possiamo accettarlo, perché l’integrazione europea è sinonimo di dialogo aperto. I partner parlano di tutto. Confido nel partenariato orientale e anche nella possibilità della democrazia nella Repubblica moldova. Aiutiamo questo paese.
Graham Watson, a nome del gruppo ALDE. – (EN) Signora Presidente, le condizioni in cui versa la Repubblica moldova mi riportano alla mente ricordi spiacevoli del triste passato europeo: un governo comunista che dichiara la vittoria in base alle proprie condizioni, dimostranti picchiati e uccisi, vicini accusati di trame insidiose. Se esistono prove concrete dell’istigazione alla violenza da parte dei servizi di sicurezza rumeni, ciò dovrebbe essere soggetto all’esame della comunità internazionale.
La missione di questo Parlamento della prossima settimana deve consistere nella ricerca di prove che avallino le segnalazioni concernenti la stampa di 200 000 schede aggiuntive, le accuse secondo cui 400 000 elettori sarebbero stati registrati il giorno delle elezioni con un documento d’identità non valido, e le dichiarazioni secondo cui gli elettori della Transnistria sarebbero stati privati in massa del diritto di voto. Fino alla conclusione delle indagini, fino alle relazioni dell’OSCE, molti si rifiuteranno semplicemente di credere ai risultati, indipendentemente dalle conclusioni dei tribunali moldovi. Forse l’ottimismo istintivo del commissario Ferrero-Waldner si rivelerà fuori luogo.
Il presidente Voronin dovrebbe inoltre denunciare l’arresto, le percosse e l’omicidio stragiudiziale dei giovani prelevati a caso dopo le proteste. Non ci devono più essere ostacoli per gli avvocati o le ONG, i nomi e il numero degli arrestati non possono più essere tenuti nascosti. Vorrei che la Commissione ci confermasse se l’espulsione da parte della Repubblica moldova dell’ambasciatore rumeno e la richiesta del visto ai viaggiatori violino gli accordi in vigore tra la nostra Unione e quel paese. In tal caso, che azione intraprenderebbe la Commissione?
L’annuncio del presidente Băsescu sulla questione dei passaporti ha anch’esso acuito la tensione. Dobbiamo mostrarci sensibili ai rapporti bilaterali, ma insistere nondimeno sull’ottemperanza degli accordi.
I nostri visitatori dalla Repubblica moldova oggi ci descrivono un paese in cui la libertà e la democrazia vengono negate sotto diversi aspetti, in cui Internet stranamente funziona male, dove i canali televisivi spariscono dalle frequenze, dove la televisione di Stato trasmette la danza del ventre invece che informare sulla violenza per le strade.
La nostra Unione, pur non dimenticando la geopolitica, deve capire la politica della Repubblica moldova, di un popolo desideroso di esercitare la democrazia e la libertà di scelta, di un paese che commercia prevalentemente con i paesi situati a ovest, di uno Stato legato ai paesi membri dell’Unione dalla geografia, dalla storia e dalla cultura. Il mese prossimo, quando i nostri leader si riuniranno per il vertice del partenariato orientale, dovrebbero avere la certezza di costruirlo sulla base della democrazia e dei diritti umani. Il presidente Voronin e i suoi uomini devono votarsi a tale causa. La nostra Unione deve esigerlo.
Bastiaan Belder (IND/DEM). – (NL) I resoconti internazionali sui disordini nella Repubblica moldova all’inizio di aprile e sulle loro conseguenze sollevano numerosissimi interrogativi, domande che le istituzioni europee devono porre alle autorità moldove e rumene.
Cominciamo da Chisinau. D’ora in poi il governo moldovo ha veramente intenzione di aprire il fuoco sui dimostranti in caso di emergenza? Richiamo l’attenzione dei miei colleghi sull’annuncio rilasciato dal primo ministro sulla televisione di Stato. Come spiega il governo moldovo il voltafaccia radicale nell’approccio adottato dagli organi deputati alla sicurezza nazionale nei confronti dei dimostranti e di altri avversari? Si è trattato di una svolta da una passività incomprensibile al vandalismo, agli incendi dolosi, al saccheggio degli edifici del governo fino alla violenza fisica brutale nei confronti di cittadini inermi, che ha dato luogo a tre morti sospette.
E soprattutto, come si assolve la Repubblica moldova dalla propria responsabilità per tali violazioni dei diritti fondamentali? Per rispondere a quest’ultima, cruciale domanda, signora Presidente, bisogna considerare la lettera aperta contenente nove raccomandazioni presentata ieri alla presidenza ceca da quattordici difensori moldovi della società civile. Auspico che le istituzioni europee, il commissario Rehn e la presidenza ceca tengano conto della lettera. Personalità illustri della società moldova chiedono una spiegazione. Dobbiamo interpellare le autorità moldove.
Inoltre, Bruxelles deve per lo meno chiedere a Bucarest una spiegazione sulla proposta di concedere la cittadinanza rumena su ampia scala ai cittadini moldovi con nonni rumeni. Una consultazione europea sulle conseguenze di ampio respiro di una decisione così radicale mi sembra assolutamente ragionevole.
Adrian Severin (PSE). - (EN) Signora Presidente, la violenza nella Repubblica moldova non è stata una rivoluzione bensì un ammutinamento che ha avuto luogo in un’atmosfera rivoluzionaria e in una società divisa. Sotto un altro punto di vista, tale violenza potrebbe essere stata provocata e manipolata come parte di una strategia volta a ridisegnare i confini tra l’Unione europea e l’Eurasia.
Pertanto, il problema che dobbiamo affrontare è di natura europea. Non si tratta di un semplice problema interno o che affligge un unico paese membro. La soluzione a tale problema non deve tuttavia essere la vendetta, bensì la moltiplicazione degli sforzi tesi a coinvolgere la Repubblica moldova in una prospettiva europea. La soluzione non deve nemmeno consistere nell’incoraggiare le elite moldove a lasciare il paese con i loro passaporti stranieri.
A tal fine dobbiamo rafforzare la missione dell’inviato dell’Unione europea nella Repubblica moldova, in termini sia di portata sia di risorse; occorre inoltre accelerare i negoziati con la Repubblica moldova sulle agevolazioni per i visti e approfondire la cooperazione nel campo del potenziamento dell’ordine pubblico e del rispetto dei diritti umani. Dobbiamo collaborare con le autorità. l’opposizione e la società civile, ma anche con la Russia, che vanta una presenza importante nella regione. Dovremmo evitare che questi eventi vengano usati come pretesto per una soluzione unilaterale alla questione della Transnistria.
Anna Ibrisagic (PPE-DE). - (SV) Signora Presidente, alcuni ritengono che dovremmo elaborare una risoluzione sulla Repubblica moldova, altri invece non lo reputano necessario. Coloro che non vogliono la risoluzione citano spesso il fatto che l’OSCE ha effettivamente approvato le elezioni. Mi preme comunque ricordare che la relazione dell’OSCE non è stata completamente scevra di critiche. Anzi, conteneva moltissime rimostranze. Tuttavia, la risoluzione non riguarda solamente le elezioni, ma anche quello che è accaduto successivamente e gli eventi che da un po’ di tempo a questa parte hanno luogo nella Repubblica moldova.
I diritti umani vanno rispettati. I maltrattamenti di dimostranti pacifici non possono essere accettati in nessuna circostanza. L’approvazione della risoluzione in oggetto significherebbe inviare un segnale forte ai cittadini della Repubblica moldova, informarli che non sono soli, che noi vediamo quanto accade nel loro paese e che non lo accettiamo. Vi esorto pertanto tutti ad appoggiare la risoluzione.
Victor Boştinaru (PSE). – (RO) Gli eventi che si sono verificati nella Repubblica moldova erano prevedibili da molto tempo. Lo dico riferendomi al fatto che nel 2008 il dialogo tra l’UE e la Repubblica moldova era incentrato per lo meno su tre questioni chiave: a) libertà di accesso dell’opposizione ai mass media pubblici, accesso che è stato sistematicamente negato e istituzionalizzato dal regime di Voronin; b) mancato soddisfacimento della richiesta della commissione di Venezia di astenersi dal modificare la legge sulle elezioni parlamentari, palesemente respinta dal regime di Chişinău e dai suoi collaboratori; c) coinvolgimento dell’opposizione nelle decisioni più importanti in materia di politica nazionale, soprattutto per quanto riguarda la politica di integrazione europea, un’altra richiesta palesemente negata.
Il fatto che queste tre richieste chiave siano state ignorate o sistematicamente respinte dai nostri partner di Chişinău significa che la Repubblica moldova ha palesemente voltato le spalle all’Unione europea quando si è trattato di questioni di importanza fondamentale per il futuro del paese. Gli eventi che hanno avuto luogo il giorno delle elezioni sono stati soltanto la conclusione prevedibile di una storia per cui forse l’Unione europea e il Parlamento europeo condividono una certa dose di colpa.
Maria Petre (PPE-DE). – (RO) Signora Presidente, onorevoli colleghi, abbiamo tre tipi di problemi in relazione alla Repubblica moldova, tutti e tre gravi, sulla base dei quali possiamo individuare tre linee d’azione. La prima tipologia di problemi ha a che vedere con i diritti umani. Centinaia di giovani sono stati arrestati, a volte persino torturati. C’è poi la questione della libertà di stampa. Ci sono giornalisti che sono stati oggetto di intimidazioni, prelevati per strada alla luce del giorno. L’ultimo genere di problemi riguarda la modalità di svolgimento delle elezioni. Disponiamo di una quantità ingente di dati specifici sul tema, che confermano la manipolazione delle elezioni. Dovremo essere altrettanto determinati a prendere posizione su quest’ultimo aspetto. I partiti all’opposizione sostengono che le manipolazioni hanno alterato i risultati del 10-15 per cento. I cittadini della Repubblica moldova guardano ancora con speranza alle nostre decisioni, alle nostre risposte. E’ l’unica via di uscita che hanno da questa situazione tragica, quasi senza precedenti in Europa, con cui hanno dovuto convivere.
Alexandru Nazare (PPE-DE) . – (RO) Oggigiorno a Chisinau , signora Presidente, si ha il diritto di restare in silenzio, si ha il diritto di fare ciò che viene ordinato e si ha il diritto di pagare le imposte a un’elite che non è responsabile di fronte a nessuno, si ha inoltre il diritto di emigrare, di conformarsi e, se necessario, di odiare a comando. Non si ha il diritto alla libertà di espressione, all’associazione, al dibattito pubblico e nemmeno il diritto di decidere da soli della propria identità. Signor Commissario, sono queste le condizioni per stabilizzare la Repubblica moldova, ma non offrono nessuno spiraglio di ottimismo.
Avendo imboccato questa strada, l’unico destino che può attendere la Repubblica moldova, nel migliore dei casi, è quello toccato alla Bielorussia. Molto prima delle elezioni, il partito comunista era riuscito a ottenere e consolidare il proprio controllo assoluto di tutti i canali di comunicazione di massa. Tali misure hanno privato di contenuto il processo democratico e hanno costretto un quarto della popolazione ad emigrare. In questo scenario, le elezioni non si sarebbero mai potute svolgere senza il seme del dubbio. La repressione perpetrata da Chisinau è ora divenuta un modo con cui le autorità comunicano con la popolazione.
Pertanto, d’ora in poi l’Unione non può permettersi di adottare un atteggiamento indulgente e ambivalente nei confronti del regime di Chisinau . Da oggi in avanti, il nostro silenzio o queste dichiarazioni ambivalenti saranno sinonimo di approvazione e connivenza nel mostrare disprezzo per le libertà fondamentali e il sistema legale democratico, nonché nell’avallare atti di violenza e di repressione. Infine ma non da ultimo, la crisi di Chisinau dimostra che dobbiamo migliorare i metodi da noi impiegati per osservare e monitorare le elezioni e rivedere il ruolo del nostro rappresentante permanente in loco.
Charles Tannock (PPE-DE). - (EN) Signora Presidente, la Repubblica moldova si riconferma uno dei paesi più poveri d’Europa, con una democrazia fragile guidata dal presidente Voronin, un "homo sovieticus" irriducibile, che si autodefinisce ancora con orgoglio un comunista e che, purtroppo, nutre sentimenti ambivalenti nei confronti dell’Unione persino per quanto riguarda il partenariato orientale.
Mantiene comunque la sua popolarità, in particolare nelle zone rurali e tra la vecchia generazione che ha nostalgia della sicurezza dell’URSS, data l’incertezza della situazione economica attuale.
La troika dell’OSCE, che comprendeva la nostra delegazione parlamentare, ha essenzialmente confermato la sua vittoria, quindi dobbiamo semplicemente accettarlo, pur avendo il dovere di manifestare il nostro dissenso nei confronti del giro di vite repressivo contro i dimostranti dell’opposizione che hanno accusato il governo di monopolizzare i media durante la campagna, utilizzando liste elettorali datate e inaffidabili – che comprendevano molti elettori presumibilmente defunti –e privando del diritto di voto l’ampia diaspora di cittadini che vivono all’estero, che non hanno potuto votare.
In questo momento dobbiamo concentrarci sulle violazioni dei diritti umani, che devono essere oggetto di un’inchiesta approfondita da parte di una missione dell’Unione europea, se la Repubblica moldova desidera continuare a ricevere il nostro sostegno per le sue aspirazioni comunitarie e atlantiche.
Paul Rübig (PPE-DE). - (DE) Signora Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, sono estremamente grato della discussione odierna, perché dimostra che un’Europa che conta 27 paesi membri e 500 milioni di cittadini esercita una notevole influenza al di fuori dei propri confini. Molti cittadini della Repubblica moldova hanno riconosciuto l’importanza della divisione dei poteri, dello sviluppo di una comprensione democratica di base e della sua tutela.
Non è scontato che i cittadini oggi difendano la democrazia e possano proclamare le loro convinzioni in pubblico senza venir rinchiusi o essere soggetti a repressione per questa loro libertà. Per questo ritengo – e mi associo pienamente a quanto dichiarato dal commissario – che noi in Europa dovremmo usare tutti i mezzi attualmente a nostra disposizione per lottare per la libertà dei singoli cittadini, per la libertà di stampa e per una democrazia che poggi su basi solide.
Petr Nečas, presidente in carica del Consiglio. – (CS) Signora Presidente, signor Commissario, onorevoli parlamentari, la situazione nella Repubblica moldova è ancora fragile e l’UE deve persistere nei propri sforzi tesi a riunire le parti attorno al tavolo dei negoziati. Deve inoltre collaborare con loro per individuare una soluzione comune che sia completa, equilibrata e realistica, e che contribuisca a rafforzare il processo e le istituzioni democratiche nella Repubblica moldova. Convengo con l’onorevole Watson che il presidente Voronin debba sottoscrivere i principi democratici e condannare la tortura e le violenze perpetrate ai danni dei dimostranti. Inoltre, a mio parere tutti dovrebbero condannare l’arresto dei giornalisti e le violazioni palesi della libertà di espressione. In tal senso è anche importante per noi appoggiare su tutta la linea il lavoro svolto dal rappresentante speciale dell’Unione nella Repubblica moldova.
Non dovrebbe esserci ombra di dubbio sul fatto che l’Unione europea e il Consiglio sono alquanto allarmati dinanzi alle violazioni dei diritti umani perpetrate nella Repubblica moldova durante la crisi. Esortiamo in maniera impellente le autorità moldove a impegnarsi in un processo trasparente con la piena collaborazione delle istituzioni europee e internazionali competenti, a indagare sulle violazioni dei diritti umani e a condannarle. La crisi ha messo a nudo l’esigenza di rafforzare l’assistenza comunitaria mirata alla realizzazione di ulteriori riforme politiche ed economiche nella Repubblica moldova, per rafforzare l’impegno del paese nei confronti degli standard e dei valori democratici e in linea con il sostegno comunitario sulla questione della sovranità e dell’integrità territoriale moldova. L’UE è pronta a collaborare e a promuovere un avvicinamento alla Comunità della Repubblica moldova. La condizione imprescindibile in tal senso è una Repubblica moldova democratica, in cui vengono rispettati i diritti umani, dove vige la libertà di espressione e in cui vi sono istituzioni democratiche di base che funzionano.
Olli Rehn, membro della Commissione. − (EN) Signora Presidente, vorrei utilizzare il mio tempo di parola per rispondere ad alcune delle vostre domande e commentare quello che secondo me è stato uno scambio di opinioni molto responsabile.
Inizierò dalle osservazioni dell’onorevole Watson concernenti i visti e i diritti umani, ma prima mi preme commentare le sue affermazioni sul commissario Ferrero-Waldner, responsabile dei nostri rapporti con la Repubblica moldova. Lei ha detto che il commissario Ferrero-Waldner è un’ottimista istintiva. Voglio difendere lei e la posizione della Commissione precisando innanzi tutto che quest’ultima è molto realistica ed equilibrata. In secondo luogo, occorre essere un ottimista professionista per essere un commissario europeo, per lo meno se si è competenti per l’allargamento dell’Unione e i rapporti con l’Europa sudorientale.
Per quanto riguarda la questione dei visti, siamo effettivamente rimasti sconcertati dalla decisione della Repubblica moldova di imporre il requisito di un visto ai cittadini rumeni. Non è accettabile. Stiamo studiando la legittimità di tale operazione. Ci occuperemo della questione con le autorità moldove il 30 aprile, alla vigilia della festa dei lavoratori, il 1° maggio, nel contesto della commissione congiunta di gestione Commissione-Repubblica moldova che è stata istituita ai sensi dell’accordo per l’agevolazione dei visti.
In generale, per quanto riguarda le elezioni, i giorni ad esse successivi e le violazioni dei diritti umani, la Commissione ha condannato con decisione la violenza scoppiata nelle vie di Chisinau il 7 aprile e il ricorso massiccio ed eccessivo alla forza da parte delle forze dell’ordine e, a quanto pare, di milizie private nei giorni dopo le elezioni. Le segnalazioni di violazioni diffuse dei diritti umani ai danni degli arrestati, oltre che di rapimenti, sono fonte di profonda preoccupazione.
Realisticamente, è di primaria importanza che la Repubblica moldova sia all’altezza delle proprie aspirazioni europee, che si proceda a un’inchiesta approfondita e imparziale delle accuse di violazioni dei diritti umani con la partecipazione di tutte le forze politiche e, se necessario, con la presenza di osservatori internazionali. Occorre indagare su coloro che sono sospettati di aver commesso atti criminali, comprese le violazioni dei diritti umani e, se risulteranno colpevoli, dovranno avere diritto a un equo processo.
Infine, sulla questione del probabile impatto del dopo-elezioni sui rapporti UE-Repubblica moldova, gli eventi hanno messo a nudo l’incompletezza delle riforme interne della Repubblica moldova, in particolare per quanto riguarda lo stato di diritto e il rispetto delle libertà fondamentali. Ci attendiamo che tutte le parti coinvolte nella Repubblica moldova, le autorità ufficiali, l’opposizione politica e la società civile, concordino e portino avanti una soluzione alla crisi attuale che possa tradursi in più democrazia e libertà per la popolazione moldova, e non in una riduzione delle stesse.
La storia di quanto è accaduto nell’Unione europea è la dimostrazione concreta che il dialogo, la cooperazione e lo stato di diritto possono generare un connubio coerente e sostenibile di rispetto per le libertà fondamentali, stabilità politica e prosperità economica.
Presidente. − La discussione è chiusa.
La votazione su eventuali proposte di risoluzione si svolgerà nel corso della prossima sessione.
Dichiarazioni scritte (articolo 142 del regolamento)
Corina Creţu (PSE), per iscritto. – (RO) Mentre le autorità comuniste di Chisinau continuano ad aggrapparsi al potere usando l’inganno e la tortura, il primo ministro del paese che detiene la presidenza dell’Unione europea si limita a descrivere la crisi ai confini dell’Unione come “preoccupante”. Nemmeno il terrorismo e l’aggressione di uno Stato membro dell’Unione europea hanno scatenato una reazione simile a quella provocata dal travisamento della legittima decisione da parte della Romania di accelerare il procedimento che consente di riacquistare la nazionalità rumena a coloro che l’hanno persa forzatamente in circostanze storiche drammatiche, circostanze in cui l’Occidente ha la sua parte di responsabilità.
Non posso fare a meno di sottolineare l’ipocrisia di alcuni politici che ora creano allarmismo dicendo che un milione di moldavi sono pronti a riversarsi nei paesi occidentali così come fino al 2007 spargevano la voce di un attacco da parte dei rumeni.
Quanto al disprezzo della democrazia e delle libertà fondamentali, avremo l’opportunità di incontrare i presidenti Lukashenko e Voronin per uno scambio di opinioni dopo l’avvio del Partenariato orientale. Questo meccanismo di cooperazione sarà del tutto inutile se non sosterrà le riforme democratiche negli Stati dell’ex Unione sovietica che sono stati invitati.
Non posso che concludere, con amarezza, che per alcuni europei il Tibet è più vicino della Repubblica moldova e questo accade probabilmente perché la strada per Chişinău passa anche per Mosca.
Silvia-Adriana Ţicău (PSE), per iscritto. – (RO) Alle elezioni della Repubblica moldova che si sono tenute il 6 aprile 2009 sono seguite alcune manifestazioni e purtroppo la stampa ha avuto problemi nel riportare lo svolgimento dei fatti. Credo che le libertà di stampa e di espressione e il rispetto per la libertà e lo stato di diritto siano principi che noi tutti osserviamo, promuoviamo e difendiamo.
A mio parere la situazione in cui versa la Repubblica moldova è estremamente grave e ritengo che l’Unione europea debba affrontare la situazione con serietà e diplomazia. Mi sembra che le accuse mosse alla Romania siano indirizzate anche all’Unione europea. Ad ogni modo, è inaccettabile che l’ambasciatore rumeno a Chişinau sia stato dichiarato persona non gradita e altrettanto ingiustificabile è l’improvvisa e unilaterale introduzione di visti per i cittadini rumeni da parte della Repubblica moldova.
La Moldova è un paese europeo da un punto di vista storico e geografico ed è uno dei paesi confinanti con l’Unione europea e si devono quindi mantenere delle relazioni di buon vicinato. La mia regione di origine confina proprio con la Repubblica moldova e con l’Ucraina e vi sono molti programmi congiunti di sviluppo con quei paesi. A mio avviso, la Romania e l’Unione europea devono continuare a sostenere lo sviluppo economico e sociale della Moldova tramite un partenariato basato non solo su una buona cooperazione ma anche, e in particolare, sul rispetto reciproco.
16. Consolidare la stabilità e la prosperità nei Balcani occidentali – Situazione in Bosnia-Erzegovina (discussione)
Presidente. − L'ordine del giorno reca la discussione congiunta sui Balcani occidentali e in particolare della relazione (A6-0212/2009), presentata dall’onorevole Ibrisagic, a nome della commissione per gli affari esteri, sul consolidamento della stabilità e della prosperità nei Balcani occidentali e delle dichiarazioni del Consiglio e della Commissione sulla situazione in Bosnia-Erzegovina [2008/2200(INI)].
Anna Ibrisagic, relatore. – (SV) Signora Presidente, sono passati quasi quindici anni dalla fine della guerra in Bosnia ed esattamente dieci dal bombardamento della NATO che ha obbligato le forze serbe ad abbandonare il Kosovo. In dicembre saranno diciassette anni da quando io stessa sono arrivata in Svezia come rifugiata, in fuga da una guerra che ha infiammato la mia terra natale e inimicato bosniaci, croati e serbi, prima legato da rapporti di buon vicinato. Il fatto che da allora né in Bosnia né in Kosovo né in nessun altro paese dei Balcani occidentali sia scoppiata una nuova guerra è merito dell’Unione europea e della NATO. Tuttavia, anche se il rumore delle armi si è trasformato in silenzio, il retaggio della guerra continua a vivere nella politica e nella società della regione. L’unica possibilità che i cittadini di queste zone hanno di superare il passato è proseguire il proprio cammino verso l’adesione all’Unione europea. Quella della carota e del bastone è la dinamica chiave del processo di adesione che può permettere ai governi di questi paesi di concentrarsi sul lavoro e sulle riforme che, una volta per tutte, potranno consolidare la stabilità e la prosperità nei Balcani occidentali.
La relazione che ho stilato su questo tema e che verrà votata dal Parlamento europeo domani tratta delle iniziative e dei progetti cui partecipano, in un modo o nell’altro, l’Unione europea e i suoi Stati membri, progetti volti a sviluppare società disposte ad osservare i rigorosi requisiti per l’adesione all’Unione. Non intendo soffermarmi in dettaglio sulla relazione, desidero sottolineare due aspetti in particolare.
In primo luogo la sostanziale differenza tra i paesi attualmente coinvolti nel processo di allargamento e gli Stati che sono entrati nell’Unione nel 2004 e nel 2007. Poco più di dieci anni fa, i paesi dei Balcani occidentali sono stati devastati da una guerra su vasta scala e dalla pulizia etnica, ma fortunatamente questo non è accaduto in Ungheria, in Estonia e in Romania. Alla luce di questo, l’Unione europea non può limitarsi a riproporre agli Stati dei Balcani occidentali le medesime procedure di allargamento. Mi riferisco per esempio, come riportato nella mia relazione, al divieto di estradizione di cittadini sospetti sotto imputazione in altri Stati della regione; questo divieto è attualmente in vigore in tutti i paesi dei Balcani, ma l’Unione europea non ne ha richiesto l’abolizione, giustificandosi di non aver avanzato richieste analoghe nemmeno a Slovacchia e Polonia. Questo paragone non regge per evidenti motivi: si può ragionevolmente supporre che non siano molti gli imputati di crimini di guerra a nascondersi dalla giustizia in Slovacchia, mentre ce ne sono sicuramente di più in Serbia e in Bosnia. La giustizia rappresenta la base su cui poter costruire la riconciliazione. E’ totalmente inaccettabile che i criminali di guerra abbiano l’impunità e desidero quindi chiedere alla Commissione e agli Stati membri di discutere ancora una volta della possibilità di consentire ai paesi della regione di avviare iniziative volte all’abolizione coordinata di tali divieti.
La seconda questione che desidero sottolineare riguarda l’adesione che è, come ho già detto, un processo giustamente molto rigoroso e impegnativo. Se non insistiamo sulla rigorosità delle richieste e sul loro pieno rispetto, non otterremo mai risultati concreti. In presenza di requisiti inflessibili e difficili da osservare l’ultima cosa da fare è mettere i bastoni tra le ruote ai paesi che vogliono divenire Stati membri, poiché ulteriori ostacoli non avrebbero nulla a che fare con la capacità di quei paesi di soddisfare i criteri di adesione all’Unione europea.
Penso anche a chi ritiene che l’Unione europea sia già troppo “affollata” e non si possano più consentire altre adesioni nell’immediato futuro. Anche se, come ho precisato nella mia relazione, da un punto di vista tecnico sarebbe sicuramente possibile accogliere nuovi Stati membri anche nell’eventualità che il trattato di Lisbona non entri in vigore, farlo richiederà una volontà politica che spetta a me e agli onorevoli deputati formare.
Petr Nečas, presidente in carica del Consiglio. – (CS) Signora Presidente, onorevoli deputati, sono grato al Parlamento europeo per aver indetto l’importante discussione di questo pomeriggio. Ho letto con grande interesse la relazione dell’onorevole Ibrisagic sulla stabilità e la prosperità futura nei Balcani e il progetto di risoluzione sulla Bosnia-Erzegovina redatto dall’onorevole Pack. Il Consiglio concorda con gran parte dei punti presenti nella relazione e condivide molte delle opinioni e dei timori sulla situazione in Bosnia-Erzegovina emerse nel corso del dibattito.
Desidero affrontare il tema della Bosnia-Erzegovina poiché ritengo che la stabilità di quel paese sia vitale per il futuro dei Balcani occidentali nel loro complesso. La situazione attuale continua in effetti a suscitare timori. Il Consiglio ha formulato e attuato una strategia a sostegno della sicurezza e dell’integrità della Bosnia-Erzegovina, appoggiando altresì le riforme necessarie ad assicurare un futuro di pace e prosperità al paese. Non posso quindi accettare che si dica che il Consiglio non sta dedicando abbastanza attenzione alla Bosnia-Erzegovina.
Sappiamo tutti che la regione risente ancora dei tragici eventi verificatisi negli anni ’90 cui ha fatto riferimento anche l’onorevole Ibrisagic. La Bosnia-Erzegovina, che per decenni è stata un simbolo della coesistenza pacifica di nazioni, culture e religioni, è divenuta lo scenario di un conflitto devastante. Da allora l’Unione europea ha lavorato al raggiungimento della stabilità e della riconciliazione, basando la propria politica sulla promessa di un futuro europeo per l’intera regione dei Balcani. Spesso però ci dobbiamo ancora confrontare con una retorica fortemente nazionalistica volta a rafforzare le differenze nazionali in Bosnia-Erzegovina e ad impedire una riconciliazione a livello nazionale. Il passare del tempo non ha risolto questi conflitti né ha guarito le ferite tra le tre nazioni che compongono la Bosnia-Erzegovina.
Ciononostante, è sorprendente che la retorica e le opinioni nazionalistiche si accompagnino al comune interesse di tutte le comunità balcaniche e dei loro rappresentanti politici di assicurare un futuro europeo alla Bosnia-Erzegovina. Gli abitanti del paese stanno lottando per ottenere prosperità e una vita più sicura; vogliono andare avanti e contano sul fatto che il loro paese si integri con le strutture europee e con altre organizzazioni per garantire una stabilità futura. Anche se i leader politici locali parlano molto del futuro della Bosnia-Erzegovina nell’Unione europea, difficilmente dalle loro azioni traspare un reale impegno verso questo proposito. Il conflitto tra l’interesse per un orientamento maggiormente europeo e il nazionalismo rischia di far rimanere indietro la Bosnia-Erzegovina rispetto agli altri Stati dei Balcani occidentali a causa dei conflitti interni del paese.
I nostri timori sui possibili sviluppi futuri in Bosnia-Erzegovina ci portano a mantenere la situazione in questo paese in cima alla nostra agenda di iniziative e al centro della nostra costante attenzione. La Bosnia-Erzegovina è stata e continua ad essere soggetta ad intensi negoziati a tutti i livelli del Consiglio. La Commissione ed la segreteria del Consiglio stanno aprendo i contatti con i partner del paese nel tentativo di portare avanti il processo politico e di aiutare la Bosnia-Erzegovina ad allinearsi con il resto della regione. L’agenda europea viene costantemente integrata tramite iniziative a livello bilaterale dagli Stati membri e apprezziamo moltissimo l’attenzione rivolta alla Bosnia-Erzegovina dal Parlamento europeo. Vorrei esprimere la mia gratitudine ai molti eurodeputati presenti oggi in Aula che hanno sostenuto tutte le azioni volte a promuovere la stabilità e la maturità politica in questo paese.
L’Unione continua a sostenere l’idea di un futuro europeo per l’intera regione, inclusa la Bosnia-Erzegovina, ma soddisfare i criteri di adesione richiederà sforzi notevoli, lo sviluppo di un consenso comune e la disponibilità ad intraprendere cambiamenti di vasta portata. Si tratta di un obiettivo che non può essere raggiunto da un giorno all’altro e che comporterà una trasformazione completa a livello politico, economico e sociale.
La Bosnia-Erzegovina deve modificare radicalmente le proprie strutture interne e i propri processi decisionali e ci dispiace che il consiglio dei ministri e il parlamento bosniaci non abbiano fatto progressi, rimanendo molto più indietro del necessario. Occorre urgentemente rafforzare e migliorare l’operatività degli enti statali se si vuole cominciare ad ottenere risultati concreti e progressi tangibili, anche nei programmi relativi all’Unione. Questo aspetto è essenziale perché l’Unione europea deve poter trattare con un’unica Bosnia-Erzegovina e non con le singole parti che la compongono. Anche le priorità del partenariato europeo sono chiare: l’Unione è sempre disponibile a fornire aiuto, ma non si assumerà né può assumersi compiti che competono ai politici bosniaci .
A dispetto del nazionalismo, che continua ad essere presente nelle agende politiche, crediamo che in Bosnia-Erzegovina sia possibile trovare un compromesso ed un accordo. Lo abbiamo già visto con l’approvazione di due leggi sulla polizia – che hanno preparato il terreno alla firma dell’accordo di stabilizzazione e di associazione – e con la soluzione del problema di Brcko, che ha rappresentato il raggiungimento di uno degli obiettivi chiave fissati dal Consiglio per l’attuazione della pace. Anche in questi casi, tuttavia, si sono visti dei risultati e gli accordi sono stati siglati solo all’ultimo minuto e sotto la forte pressione della comunità internazionale.
E’ necessario adottare un approccio molto più maturo ed è della massima importanza che i leader politici locali si comportino in modo responsabile, dimostrino un po’ d’iniziativa e sappiano a chi appartiene realmente la Bosnia-Erzegovina e chi è responsabile del suo futuro. Il voto dei cittadini bosniaci merita di più e questo è un aspetto che voi, come politici, potete sostenere più di chiunque altro, apportando un notevole progresso in termini di presenza della comunità internazionale in Bosnia-Erzegovina. Il cambiamento è un aspetto essenziale. Sono passati molti anni dalla firma dell’accordo di pace e il paese deve reggersi in piedi da sola, abbandonare la mentalità da “protettorato” e divenire uno Stato credibile a tutti gli effetti. A questo scopo il Consiglio per l'attuazione della pace, agendo per conto della comunità internazionale, ha stilato un elenco di cinque obiettivi e di due condizioni che la Bosnia-Erzegovina dovrà rispettare se vorrà ottenere un cambiamento. Si tratterà di un vero test per la maturità del paese che ha il pieno sostegno dell’Unione europea.
Gli obiettivi e le condizioni stabiliti non costituiscono solo una lista di termini supplementari, ma sono l’esatto elenco dei requisiti fondamentali che consentiranno di trasformare la Bosnia-Erzegovina in uno Stato moderno a tutti gli effetti e di terminare il periodo di presenza dell’Ufficio dell’Alto rappresentante. Tutti gli Stati moderni hanno bisogno di un sistema giuridico funzionante, di vere autorità fiscali, della soluzione di tutti i problemi legati ai beni governativi e di parità di accesso alla corte costituzionale per tutti i cittadini.
Abbiamo già espresso molte volte la nostra soddisfazione per la dichiarazione di Prud dello scorso novembre da parte di tre leader politici che si sono impegnati a collaborare per sostenere lo sviluppo della Bosnia-Erzegovina. Siamo favorevoli agli accordi proposti e chiediamo con forza ai rappresentati politici di operare portare avanti il loro impegno in vista del prossimo incontro della commissione per la gestione del Consiglio per l'attuazione della pace che si terrà alla fine di giugno. Credo fermamente che le questioni in sospeso relative ai beni pubblici possano essere risolte, senza che vadano ad ostacolare il raggiungimento di una soluzione. Le iniziative a livello politico hanno bisogno di maggior sostegno e per questo chiedo all’intera società bosniaca di impegnarsi nella riforma e ai media di ricoprire un ruolo più costruttivo.
La missione dell’Unione europea è chiara: la leadership politica della Bosnia-Erzegovina deve collaborare più strettamente per superare il divario storico e condurre il paese verso una maggior integrazione con l’Europa. L’Unione europea sarà sempre disposta a sostenere questo impegno, fondamentale non solo per la Bosnia-Erzegovina stessa ma anche per l’acquisizione di una maggior stabilità e sicurezza della regione. So che in questo processo possiamo contare sul sostegno dei parlamentari europei e di questo, onorevoli deputati, desidero ringraziarvi.
Olli Rehn, membro della Commissione. − (EN) Signora Presidente, sono lieto che i Balcani occidentali siano nuovamente nell’agenda del Parlamento europeo questa settimana. In questi ultimi anni l’area balcanica ha assistito a una progressiva stabilizzazione – grazie anche alla prospettiva europea della regione – e si pone ora l’obiettivo dell’adesione all’UE una volta che tutti i paesi avranno soddisfatto le condizioni necessarie: i negoziati della Croazia sono ad uno stadio piuttosto avanzato; l’ex Repubblica iugoslava di Macedonia – Stato candidato – è impaziente di avviare i negoziati e vi sono una serie di accordi di stabilizzazione e di associazione in atto; il Kosovo ha raggiunto la stabilità grazie agli importanti sviluppi dell’anno scorso.
Non dobbiamo vanificare questi importanti risultati accontentandoci o spostando la nostra attenzione verso altre questioni, a volte forse più urgenti. Gli interrogativi sull’allargamento dell’Unione nel bel mezzo della crisi economica saranno molti ed è probabile che, con l’avvicinarsi delle prossime elezioni del Parlamento europeo, le discussioni in materia si intensifichino.
E’ comprensibile e personalmente sono consapevole dei timori dei nostri cittadini su futuro, occupazione e benessere; al contempo però ritengo che l’allargamento dell’Europa non debba diventare il capro espiatorio di qualcosa di cui non siamo responsabili, quali, ad esempio, i nostri problemi interni di ordine economico e sociale. E’ fondamentale avviare un dibattito pubblico e ben informato per garantire il nostro impegno in questa regione cruciale.
E’ stato chiesto da più parti un rafforzamento dell’Unione europea ed è proprio quello che è stato fatto in questi ultimi anni, dal rinnovo del consenso sull’allargamento adottato dal Consiglio europeo e approvato dal Parlamento nel dicembre del 2006. Il punto fondamentale del consenso consiste nel non assumersi nuovi impegni e nell’attenersi a rispettare quelli esistenti; in altre parole, se i paesi dei Balcani occidentali soddisferanno i requisiti fissati potranno avvicinarsi all’adesione all’Unione europea.
In questo contesto, mi congratulo con l'onorevole Ibrisagic per la sua relazione che giustamente sottolinea quanto sia fondamentale offrire ai Balcani occidentali un futuro europeo. Si tratta del principale motore per la tanto necessaria riforma e per un incremento della stabilità dei Balcani occidentali. A dieci anni di distanza dai terribili avvenimenti che hanno avuto luogo in Kosovo, dobbiamo ricordarci del potere della prospettiva europea che ancor oggi contribuisce a rafforzare la stabilità e la pace in una regione che rappresenta, effettivamente, un nostro punto di forza e non una debolezza.
Non possiamo prenderci un anno sabbatico nel lavoro di costruzione della pace e della stabilità per il continente. Mentre l’Unione europea persegue la propria riforma istituzionale, dobbiamo comunque portare avanti l’impegno per un processo di adesione graduale e ben gestito degli Stati dei Balcani occidentali, che rafforzi sia le istituzioni sia la società civile della regione.
I negoziati di adesione della Croazia stanno proseguendo bene e per questo la Commissione ha proposto, nel novembre del 2008, un programma indicativo che prevede la conclusione dei negoziati di adesione entro la fine del 2009, a patto che la Croazia rispetti le condizioni stabilite. Il lavoro richiesto è piuttosto impegnativo e la Croazia dovrà accelerare molte riforme. Purtroppo i negoziati sono attualmente fermi a causa del contenzioso sui confini tra Slovenia e Croazia, una questione bilaterale che è di fatto divenuta un problema europeo.
Da gennaio, lavorando fianco a fianco con la presidenza ceca e i governi del trio – ceco, francese e svedese – ho avviato un’iniziativa allo scopo di trovare una soluzione alla questione del confine e di consentire il proseguimento dei negoziati di adesione della Croazia. Il procedimento è tuttora in corso e va sostenuto e condotto con molta pazienza e determinazione. Ieri si è tenuta un’intera giornata di colloqui con i ministri degli Esteri di Slovenia e Croazia e dei paesi del trio. Voglio credere che si riesca a trovare un modo per superare gli ostacoli e consentire la ripresa in tempi brevi dei negoziati di adesione della Croazia.
Quanto all’ex Repubblica iugoslava di Macedonia sono lieto che le elezioni presidenziali e comunali siano state condotte, nel complesso, in modo soddisfacente. In questi ultimi mesi abbiamo insistito molto sull’importanza delle elezioni per il futuro europeo del paese, che ha risposto positivamente al nostro messaggio confermando la sua volontà di portare avanti il processo di adesione senza dimenticare le priorità chiave della riforma. E’ finalmente giunto il momento di intensificare gli sforzi per raggiungere i parametri di riferimento fissati per l’apertura dei negoziati di adesione.
Desidero ringraziare l’onorevole Pack per la sua mozione e sono lieto di avere l’opportunità di discutere della Bosnia-Erzegovina con voi oggi, in questo momento cruciale. L’anno scorso questo paese ha compiuto notevoli passi avanti verso l’integrazione europea, specialmente grazie alla firma dell’accordo di stabilizzazione e di associazione e all’entrata in vigore dell’accordo interinale. Negli ultimi mesi si sono registrati degli sviluppi positivi, tra cui la dichiarazione di Prud, i progressi sul problema Brcko, le misure in vista del censimento del 2011; infine, anche l’applicazione dell’accordo interinale di stabilizzazione e associazione procede come da programma.
Dobbiamo essere intransigenti sul rispetto delle condizioni “5+2” per la chiusura dell’Ufficio dell'Alto rappresentante, ma al momento riteniamo che nei prossimi mesi il paese possa portare a compimento il pieno rispetto delle condizioni fissate. Anche i recenti progressi verso l’istituzione di un inventario delle proprietà statali vanno valutati positivamente.
Tuttavia, tanto in Bosnia-Erzegovina quanto nel resto della regione, non c’è spazio per l’autocompiacimento. Le riforme sono state nel complesso lente, comprese quelle sulle priorità chiave dell’Unione europea e vi sono ancora molte sfide da affrontare. La retorica nazionalistica è sempre molto presente e crea inutili tensioni politiche. Questa situazione dovrà decisamente cambiare se la Bosnia-Erzegovina desidera continuare il proprio percorso verso l’Unione europea ed evitare di rimanere indietro rispetto ai suoi vicini.
Il governo serbo ha ribadito il proprio impegno a portare avanti l’agenda europea e di recente si sono registrati alcuni sviluppi positivi. E’ però fondamentale non trascurare le riforme poiché il paese risente sempre di più degli effetti negativi della crisi finanziaria globale. Il processo di modifica strutturale deve continuare e il paese deve soddisfare i propri impegni, specialmente in materia di ordinamento giuridico e di stato di diritto.
Attualmente sto cercando il modo di alleggerire l’impatto della crisi finanziaria lavorando fianco a fianco con il mio collega, il commissario Almunia. Stiamo ad esempio preparando una valutazione del nostro programma IPA e abbiamo considerato la possibilità di convertire parte del bilancio nazionale per il 2009 in sostegno diretto al bilancio, prevedendo anche il sostegno delle istituzioni finanziarie internazionali.
Ringraziamo il Parlamento per il suo costante sostegno all’attività dell’Unione europea in Kosovo, un paese che rimane tra le priorità europee ed è centrale per la stabilità della regione. Il Consiglio europeo ha ripetutamente confermato che il Kosovo condivide la prospettiva europea con il resto dei Balcani occidentali. Il Consiglio ha inoltre chiesto alla Commissione di poter utilizzare gli strumenti comunitari per proporre misure e promuovere lo sviluppo economico e politico.
Quest’autunno la Commissione presenterà uno studio, nel quale verranno esaminate le possibilità del Kosovo di compiere progressi, assieme agli altri Stati della regione, verso l’integrazione nell’Unione europea nel contesto del processo di stabilizzazione e di associazione.
Infine, considerando l’intero 2009 e la regione dei Balcani occidentali, si nota chiaramente che vi sono stati progressi molto positivi nel settore della liberalizzazione dei visti, e questo dimostra a mio avviso che, in presenza dei giusti incentivi, i paesi rispondono con riforme effettive. Questo è con grande probabilità il settore della politica comunitaria che preme di più alla gente comune, ai cittadini dei Balcani occidentali. Ci auguriamo di poter presentare una proposta che consenta ai cittadini dei paesi più avanzati, che hanno rispettato le condizioni stabilite, di viaggiare senza visti entro la fine della presidenza ceca. Una simile proposta consentirebbe al Consiglio di adottare decisioni volte a permettere ai cittadini dei paesi più avanzati di viaggiare senza visto entro la fine del 2009.
Onorevoli deputati, conto sul vostro sostegno alla fondamentale questione dei visti e, più in generale, alla prospettiva europea per i Balcani occidentali.
Bastiaan Belder, relatore per parere della commissione per il commercio internazionale. – (NL) La commissione per il commercio internazionale, nel lodare l’eccellente relazione dell’onorevole Ibrisagic, sottolinea l’importanza di una prospettiva tangibile di adesione all’Unione europea per lo sviluppo politico ed economico degli Stati balcanici occidentali.
Il potere di mercato monopolistico riscontrabile nei settori economici della regione costituisce un duplice ostacolo, specialmente quando è accompagnato da legami politici tra partiti. Lo sviluppo interno ristagna e le imprese europee si tengono alla larga. Il principale esempio di monopolio è la crescita incontrollata in Serbia della Delta Holding sotto la guida del suo influente e potente amministratore Miroslav Mišković, che il commissario ha incontrato in ottobre.
Chiedo alla Commissione quali contromisure sono state adottate nei confronti di Belgrado. Nel maggio del 2007 una relazione trapelata dall’ambasciata statunitense in Serbia chiedeva di mettere fine urgentemente al monopolio della Delta Holding sia nell’interesse della Serbia sia ai fini dell’integrazione europea del paese. Il commissario ha parlato di un motore di sviluppo, ma devo dire che mi sembra che il motore serbo sia sul punto del collasso.
Doris Pack, a nome del gruppo PPE-DE. – (DE) Signora Presidente, onorevoli deputati, nell’autunno scorso abbiamo perso ogni speranza di cambiamento politico con la dichiarazione di Prud tra i rappresentanti dei tre maggiori partiti in Bosnia-Erzegovina sulle iniziative politiche congiunte da adottare in diversi settori politici. A che punto siamo oggi? Ci sono state fatte promesse generalmente vuote che, ad un esame più accurato, si sono volatilizzate. Le divisioni etniche in Bosnia-Erzegovina si sono accentuate, così come la mancanza di fiducia. I cittadini vengono manipolati tramite politiche irresponsabili basate unicamente su criteri etnici, mentre i problemi concreti non vengono affrontati. Anche in Bosnia-Erzegovina tutti devono avere la possibilità di ricevere una buona istruzione, tutti hanno diritto ad un ordinamento giuridico valido e molti hanno bisogno di un lavoro: c’è la necessità di sperare in un futuro migliore.
Per anni l’Unione europea ha aiutato il paese fornendo aiuti finanziari e personale, ma ora c’è bisogno di strutture amministrative statali che possano riceverli ed impiegarli. Desidero sottolineare tre concetti importanti: innanzi tutto, la questione della proprietà statale deve essere risolta; in secondo luogo occorre avviare una riforma costituzionale sulla base di un ampio consenso politico e sociale, ed infine la Bosnia-Erzegovina può accedere all’Unione europea solo come Stato unitario.
Occorre inoltre completare il programma di liberalizzazione per i visti; i cittadini, come i politici, vogliono esseri liberi di viaggiare e quindi i leader politici devono assicurarsi che la relativa procedura ottenga il via libera entro la fine dell’anno. Tutti i cittadini hanno bisogno di un ordinamento giuridico funzionante e non di un sistema che amministri una giustizia diversa a seconda dei casi. Ovunque è riscontrabile un senso di frustrazione. La società civile deve rivestire un ruolo di maggior peso nelle decisioni in tutti i campi per ricordare ai politici di fare il loro dovere.
E’ difficile uscire allo scoperto dato che la rete politica dei partiti avvolge tutto il paese; i pochi posti di lavoro disponibili dipendono dalla volontà dei partiti. Auguriamo all’Alto rappresentate di riuscire a sciogliere il nodo gordiano della passività dei politici e di una politica lassista e negligente affinché possano finalmente ritornare la pace e la stabilità e i cittadini possano vedere davanti a loro un futuro più roseo di quanto non sia attualmente.
PRESIDENZA DELL’ ON. SANTOS Vicepresidente
Hannes Swoboda, a nome del gruppo PSE. – (DE) Signor Presidente, onorevoli deputati, desidero innanzi tutto ringraziare entrambe le relatrici a nome dei gruppo socialista al Parlamento europeo. Ancora una volta in Aula sono state presentate buone relazioni che otterranno un ampio sostegno.
Desidero ricollegarmi con quanto ha detto il commissario Rehn che mi sembra essere il messaggio più importante della discussione odierna: il processo di integrazione, il riavvicinamento dei paesi dell’Europa sudorientale non deve essere interrotto, nell’interesse sia di quei paesi che nel nostro. Il commissario ha suggerito alla Commissione di essere realistica. Forse in Parlamento possiamo essere un po’ più idealisti, ma in ultima analisi anche noi dobbiamo essere concreti. Il cammino sarà lungo e difficile e non possiamo raggiungere questo obiettivo da un giorno all’altro. Proprio per questo non mi trovo d’accordo con chi è intervenuto prima di me sostenendo che permettere alla Croazia di accedere all’Unione europea per fermare momentaneamente le discussioni sull’adesione. Non raggiungeremo mai i risultati prospettati dall’onorevole Pack se i cittadini avranno la sensazione che, in ogni caso, non sono i benvenuti nell’Unione europea e che il processo di adesione verrà comunque tirato per le lunghe.
In secondo luogo ritengo si debba affermare con chiarezza che i problemi bilaterali che attualmente ci preoccupano – o almeno il processo di adesione, – devono essere risolti come tali; in futuro le questioni bilaterali dovranno essere affrontate prima dell’avvio dei negoziati, in modo da non ostacolare l’intero processo di negoziazione.
In terzo luogo ritengo che il ministro abbia sollevato una questione molto importante. Non possiamo sostituirci ai politici né alla popolazione nel loro lavoro: anche i cittadini devono fare il loro dovere. Come ha osservato l’onorevole Pack, le forze politiche devono risolvere da sole i loro problemi, dando inizio così al cammino verso l’Unione europea, un cammino che dipende dal comportamento di questi paesi e non dalla nostra volontà, che deve comunque sempre essere piena.
Johannes Lebech, a nome del gruppo ALDE. – (DA) Signor Presidente, i punti centrali della risoluzione sui Balcani occidentali presentata dall’onorevole Ibrisagic sono chiarissimi: la correlazione tra le riforme nella regione e la probabilità di accesso di questi paesi all’Unione europea. E’ una dinamica che abbiamo applicato con grande successo durante gli ultimi allargamenti dell’Unione. La risoluzione individua una serie di settori nei quali i paesi possono migliorare, ma rileva anche molti dei problemi che sappiamo affliggere la regione. A mio parere è altrettanto importante ricordare oggi a questi paesi, ai politici e ai cittadini, che devono rispettare gli accordi. Anche loro devono svolgere un ruolo attivo nel processo perché non spetta unicamente all’Unione europea mantenere i propri impegni. Il processo di integrazione deve essere sostenuto dall’interno e questo significa, per questi stessi Stati, che devono lottare contro la corruzione e la criminalità, creare una società civile forte ed economie e società basate sulla conoscenza. Siamo pienamente a favore di questo processo che apre una speranza che tutti i paesi dei Balcani occidentali possano un giorno divenire membri a tutti gli effetti dell’Unione europea e che pace, sicurezza e cooperazione siano garantiti anche in questa parte dell’Europa.
Paul Marie Coûteaux, a nome del gruppo IND/DEM. – (FR) Signor Presidente, indubbiamente non possiamo approvare una relazione di questo tipo. In primo luogo per noi è inaccettabile che nella relazione si faccia costantemente riferimento al trattato di Lisbona, un trattato che non è stato ancora ratificato e sicuramente non lo sarà mai. Bisogna rendersi conto che l’iniziativa di introdurre una pura e semplice sovranazionalità lanciata otto anni fa dalla grande convenzione Giscard è stata totalmente respinta.
Principalmente, però, non possiamo accettare il tono ironico della relazione il cui stesso titolo, “sul consolidamento della stabilità e della prosperità nei Balcani occidentali”, è sorprendentemente ipocrita. Si tratta di una relazione sconcertante che, con il chiaro intento di preparare all’adesione di nuovi paesi, vale a dire la Bosnia, la cosiddetta Macedonia, l’Albania e – perché no? – anche il Kosovo, si esprime come se l’attuale situazione dei Balcani fosse stabile, ignorando completamente il terribile gioco in corso tra le due maggiori potenze – Stati Uniti e Germania – che hanno avuto parte attiva nel processo di disgregazione politica dell’intera regione.
Desidero ricordarvi che, al fine di portare a termine questo processo di disgregazione, le forze NATO sono arrivare al punto di bombardare Belgrado, la capitale di uno Stato europeo. Il decimo anniversario di questo infausto episodio verrà, ovviamente, passato sotto silenzio, ma io sono determinato a ricordarlo all’Aula.
Il Kosovo è il simbolo di questa iniziativa di disgregazione politica. E’ facile comprendere i vantaggi che queste due potenze potrebbero trarre da una situazione di assenza di legalità e di apertura a tutti i tipi di traffico illecito di un paese che, essendo al cuore del nostro continente, è il luogo naturalmente perfetto per stabilire delle basi militari.
Il Kosovo tuttavia rivela il vero volto di una politica mirata alla balcanizzazione dell’Europa. Quest’Europa con cento bandiere è un’Europa alla tedesca, un’Europa di regioni o gruppi etnici, un’Europa che, eliminando gli Stati, cancellerà gradualmente la volontà popolare al fine di disarmare i popoli e relegarli ad oligarchie di ogni tendenza politica.
La relazione passa tutto ciò sotto silenzio ed è in silenzio, e sotto la consueta maschera delle buone intenzioni, che l’Europa viene balcanizzata e neutralizzata fino a scomparire dalla storia. Ma toccherà alla storia giudicare tutto questo e nel frattempo, onorevoli deputati, vi lascio al vostro lavoro.
Charles Tannock (PPE-DE) . – (EN) Signor Presidente, la relazione Ibrisagic sottolinea che la nostra principale priorità è la stabilità dei Balcani occidentali. A mio parere l’adesione all’Unione europea è il vero collante che determina una situazione di pace e stabilità nella regione. Crediamo ancora che la Croazia possa essere il prossimo paese ad entrare nell’Unione europea, qualora si risolva il contenzioso sui confini con la Slovenia e sempre che, naturalmente, alla piccola Islanda non venga data una corsia preferenziale.
La situazione si complica quando si parla della Bosnia-Erzegovina del dopo Dayton che ha ancora molta strada da fare prima di diventare una vera nazione e con la Grecia che ostacola la procedura di accettazione del nome della Macedonia. A questo vanno aggiunte la stretta creditizia e le obiezioni di Germania e Francia all’ulteriore allargamento in assenza della ratifica del trattato di Lisbona, anche se a mio parere il trattato è solo un pretesto per fermare tutte le adesioni.
La decisione di molti paesi comunitari e degli Stati Uniti di riconoscere l’indipendenza del Kosovo ha creato ulteriori divisioni in una regione che già in passato ha sofferto terribilmente a causa delle proprie spaccature. Sappiamo tutti che il Kosovo non potrà entrare a far parte dell’Unione europea – e per lo stesso motivo nemmeno dell’ONU – poiché vi sono alcuni Stati membri che non lo riconosceranno. I paesi vicini invece – Serbia, Montenegro e Macedonia – si stanno lentamente avvicinando alla futura adesione all’Unione europea. Il Kosovo potrebbe diventare un’enclave separata, priva dello status di Stato membro e finanziata per i prossimi decenni dai contribuenti europei.
Il tentativo di risolvere la questione tramite un’autorizzazione unilaterale da parte della comunità internazionale ha causato più problemi di quelli che ha risolto, specialmente nella regione stessa. Ritengo invece che un approccio più equilibrato e misurato avrebbe alla fine consentito alla popolazione kosovara di godere dei benefici derivanti dall’appartenenza all’Unione europea. La pazienza è sempre una virtù, anche nelle questioni di politica estera.
Libor Rouček (PSE). – (CS) Onorevoli deputati, anche in un periodo di crisi economica l’Unione europea non deve dimenticare l’impegno che si è assunta con i paesi dei Balcani occidentali in termini di adesione all’Unione europea. Sono quindi lieto che oggi abbia luogo questa discussione e che il nostro impegno sia stato esplicitamente riconfermato. L’integrazione europea è d’interesse vitale per tutti i cittadini della Bosnia-Erzegovina, il paese al centro della discussione odierna. A questo proposito ritengo necessario ribadire che la promessa di adesione all’Unione europea è stata rivolta alla Bosnia-Erzegovina come paese unitario e non alle singole parti che la costituiscono. Per questo motivo – ed è stato ripetuto in Aula già molte volte – per poter essere accolto nell’Unione europea il paese dovrà attuare le riforme necessarie. La riforma costituzionale della Bosnia-Erzegovina deve portare all’istituzione di uno stato centralizzato funzionante corredato da adeguate strutture legislative, esecutive, giudiziarie e di bilancio che consentano il funzionamento del mercato unico, il raggiungimento della coesione politica, sociale ed economica, la tutela degli interessi del paese all’estero e, in un futuro, degli interessi del paese come Stato membro dell’Unione europea. Desidero infine fare appello ai paesi dei Balcani occidentali, al Consiglio e alla Commissione affinché raddoppino gli sforzi per l’abolizione dei visti. Questa misura e la libera circolazione delle persone sarebbero di grande aiuto nel cammino dei paesi dei Balcani occidentali verso l’adesione all’Unione europea.
Jules Maaten (ALDE). – (NL) Intervengo sul tema della Bosnia-Erzegovina e della risoluzione dell’onorevole Pack cui domani saremo lieti di dare il nostro sostegno.
Parlare della Bosnia-Erzegovina è sempre frustrante e mi fa piacere che il commissario ci abbia segnalato alcuni aspetti positivi in merito agli sviluppi avvenuti nel paese. A volte ci si chiede se il bicchiere è mezzo pieno o mezzo vuoto, e, parlando di Bosnia-Erzegovina, io mi chiedo persino se questo bicchiere esista.
L’onorevole Swoboda ha appena detto che, considerando gli sviluppi, si ha la sensazione che, indipendentemente dai cambiamenti, il paese non riuscirà comunque ad entrare nell’Unione. Parlando con i cittadini bosniaci ho però l’impressione opposta e mi sembra che siano molto convinti del successo dell’adesione, anche in assenza di cambiamenti, perché credono che l’Unione voglia a tutti i costi che il paese venga ammesso. Entrambe queste opinioni sono errate e dobbiamo liberarcene.
Se le riforme verranno attuate e se il paese lavorerà all’istituzione di un sistema giudiziario rispettabile, lottando contro la burocrazia, allora il futuro europeo è una prospettiva realistica; in caso contrario non lo sarà. Il messaggio deve arrivare forte e chiaro e mi sembra che la risoluzione dell’onorevole Pack riesca perfettamente a trasmetterlo.
Pierre Pribetich (PSE). – (FR) Signor Presidente, la stabilità e la prosperità dei Balcani sono un obiettivo, anzi l’obiettivo da raggiungere in quanto, dietro alla questione dell’adesione, c’è il problema della pace nella nostra area.
Sicuramente il processo di adesione è uno strumento valido, che però non deve lentamente trasformarsi nella tela di Penelope, distruggendo di notte il lavoro che abbiamo fatto durante il giorno.
La vocazione naturale dei Balcani è quella di unirsi all’Unione europea; si tratta di una chiara volontà politica e rappresenta una luce che dà un segnale positivo in particolare alla popolazione.
Non sto parlando di allargamento: è necessario soprattutto promuovere l’integrazione dei paesi e delle regioni dei Balcani. Certo, dobbiamo essere esigenti, dobbiamo pretendere democrazia e giustizia, ma utilizzare queste richieste per respingere l’integrazione è, a mio parere, un errore politico. Mi riferisco in particolare alle controversie bilaterali. Dobbiamo accordarci, come precisato anche dalla relatrice, su un procedimento per risolvere le questioni bilaterali; questo è il solo modo di fare e disfare la nostra Unione europea, allargandola in modo da includere i paesi dei Balcani.
Angelika Beer (Verts/ALE). - (DE) Signor Presidente, desidero ringraziare il commissario Rehn per la sua panoramica sulla situazione dei Balcani occidentali.
Sono appena rientrata da un viaggio in Macedonia e in Kosovo e vorrei discutere tre punti. Innanzi tutto, la mancanza di unità dell’Unione europea: se si continuerà ad applicare la politica estera e di sicurezza comune, nei Balcani non avremo stabilità e non supereremo le barriere etniche.
In secondo luogo, la strategia dei conservatori tedeschi della CDU è caduta sui Balcani come una bomba; screditando la prospettiva europea e facendo campagna elettorale come è avvenuto per le elezioni europee non si eviteranno nuovi conflitti nei Balcani.
In terzo luogo – e questo è il motivo per cui dobbiamo agire adesso, non solo per salvaguardare questa prospettiva, ma anche per renderla possibile – la Grecia deve rimuovere il suo veto all’adesione della Macedonia alla NATO e noi dobbiamo essere uniti nel riconoscere l’indipendenza del Kosovo o, in caso contrario, sarà la missione EULEX a farne le spese.
Erik Meijer (GUE/NGL). - (NL) La Bosnia-Erzegovina è in realtà una Iugoslavia in piccolo; è una federazione in cui popoli diversi devono scegliere tra una convivenza pacifica e una situazione di conflitti interni su tutto il territorio.
Dalla disgregazione della Iugoslavia nel 1992 sono stati fatti diversi tentativi per trasformare la Bosnia-Erzegovina in uno Stato unitario, ma senza successo, e credo che non sarà possibile raggiungere questo risultato né a breve né a lungo termine. Un accordo sull’amministrazione del paese tra i tre popoli e i loro leader politici sarà possibile solo quando nessuno si sentirà più minacciato dagli altri e dal mondo esterno; solo quando l’Alto rappresentante dell’Unione europea e i soldati stranieri si saranno ritirati dal paese sarà possibile trovare un compromesso. Fino ad allora la situazione rimarrà stagnante.
Per questo motivo non voterò a favore della risoluzione, poiché ritengo che possa solo portare ad un prolungamento del protettorato e quindi della situazione di stallo. Dobbiamo tenere presente che gli abitanti della Bosnia-Erzegovina appartengono principalmente a tre popoli, nessuno dei quali costituisce la maggioranza del paese: qualcuno si sente parte della Serbia o della Croazia, mentre altri vogliono rivendicare un’identità specificatamente bosniaca. Dobbiamo tenere conto di questo aspetto.
Marusya Ivanova Lyubcheva (PSE). – (BG) Signor Presidente, è un piacere per me partecipare alla discussione su questo documento che sottolinea che il futuro di tutti i paesi della regione sarà migliore se essi si integreranno come Stati membri dell’Unione europea.
I Balcani sono e sono sempre stati una regione europea e la promozione di una cooperazione a livello regionale deve essere una delle politiche comunitarie fondamentali. Desidero soffermarmi in particolare sulla necessità di sostenere il dialogo interparlamentare a livello regionale nel processo di integrazione.
Gli Stati membri dell’Unione europea presenti nella regione possono svolgere un ruolo di rilievo in questo processo. E’ particolarmente importante sostenere le attività del Centro regionale per la cooperazione che continua a difendere con successo le politiche e i principi del Patto di stabilità volti a trasformare la regione dei Balcani occidentali in un’area sicura e stabile.
Sono favorevole all’abolizione dei visti che rappresenta un importante passo avanti verso l’integrazione dei Balcani occidentali.
Petr Nečas, presidente in carica del Consiglio. – (CS) Signor Presidente, onorevoli deputati, desidero ringraziarvi per questa utilissima discussione e sono anche lieto che gli Stati membri dell’Unione europea abbiano generalmente appoggiato l’idea della liberalizzazione dei visti nei paesi dei Balcani occidentali. Sono pienamente d’accordo con le parole dell’onorevole Rouček e con il suo accorato appello in quanto ritengo che il rafforzamento dei contatti tra i cittadini dei Balcani occidentali e quelli dell’Unione europea sia sicuramente un passo positivo che contribuirà al superamento del senso di isolamento che alcuni di questi Stati possono provare e alla creazione di un’Europa senza barriere. Inoltre credo fermamente che, come hanno detto altri oratori tra cui l’onorevole Rouček, la crisi economica che fronteggiamo oggi non deve diventare un pretesto per rallentare il processo di allargamento. Al contrario, è importante per la stabilità della regione che il processo non perda slancio.
Sono lieto che siano stati fatti progressi nei negoziati sulla richiesta di adesione all’Unione europea del Montenegro, richiesta che il Consiglio ha appena passato alla Commissione. La presidenza considera questo passo un segnale importante per tutta la regione. Consideriamo essenziale anche riprendere i negoziati di adesione con la Croazia, mentre riteniamo invece inutile caricare l’agenda dell’allargamento con questioni bilaterali. Fare progressi sul tema dell’integrazione europea della Serbia continua ad essere una sfida poiché i progressi sono condizionati dall’avvio di una cooperazione con il tribunale internazionale competente anche in materia di arresto ed estradizione degli imputati. La presidenza sta lavorando sodo per stilare l’accordo provvisorio sulle questioni commerciali che anche l’Unione europea dovrà applicare al fine di ratificare l’accordo di stabilizzazione e di associazione firmato l’anno scorso. Il processo di stabilizzazione e di associazione è indubbiamente importante per avviare le riforme e sostenere il governo pro-europeo in Serbia. Le elezioni presidenziali e locali tenutesi nell’ex Repubblica iugoslava di Macedonia hanno rispettato gran parte degli standard internazionali e delle condizioni generalmente riconosciute sulla conduzione di elezioni libere e democratiche. E’ tuttavia chiaro che, senza una soluzione alla controversia bilaterale sul nome del paese, le possibilità di fare passi avanti in materia di candidatura restano minime.
Quanto alla Bosnia-Erzegovina, il paese deve progredire; la dipendenza dalla comunità internazionale non agevola, anzi intacca il principio di responsabilità in quanto, come ha giustamente sottolineato l’onorevole Swoboda, priva di responsabilità i politici locali. Desidero cogliere questa opportunità per esortare i leader politici della Bosnia-Erzegovina ad unire veramente le forze al fine di condurre il loro paese verso un futuro migliore. E’ controproducente adottare nuovamente politiche basate su principi etnici, come ha giustamente detto l’onorevole Pack. Il previsto passaggio dall’Ufficio dell'Alto rappresentante all’ufficio del rappresentante speciale dell’Unione europea non significa che la comunità internazionale o l’Unione stiano abbandonando la Bosnia-Erzegovina: al contrario l’Unione europea è lì per fornire aiuto ed è pienamente consapevole del fatto che non si tratta semplicemente di un altro paese candidato, ma è un caso molto specifico che presenta aspetti e problemi molto delicati. L’Unione europea, nel quadro della propria strategia, prevede di creare un ufficio ed una politica di pace ed è disposta ad assumersi il compito di coordinare tutte le attività della comunità internazionale in Bosnia-Erzegovina, ma lo farà solo quando quest’ultima avrà dimostrato di essere pronta a questo grande cambiamento qualitativo. Il primo importante passo verso l’Europa è stato la firma dell’accordo di stabilizzazione e di associazione, ma si è trattato solo dell’inizio. Siamo pronti a continuare a fornire assistenza in questo processo che sarà inevitabilmente lungo.
Il 2009 è un anno importante e potrebbe essere decisivo per la Bosnia-Erzegovina. In primo luogo, il passaggio dall’Ufficio dell'Alto rappresentante ad un ufficio del rappresentante speciale dell’Unione europea è vicino e rappresenta per la Bosnia-Erzegovina un notevole allontanamento da una situazione di dipendenza. In secondo luogo, il periodo successivo alle elezioni politiche del 2010 dovrebbe essere sfruttato appieno per promuovere l’agenda di riforme, tra cui quella costituzionale, come giustamente ricordato dall’onorevole Pack. In terzo luogo, l’intera regione sta progredendo e non bisogna assolutamente consentire che la Bosnia-Erzegovina resti indietro. Signor Presidente, onorevoli deputati, desidero concludere ricordando il desiderio comune che la Bosnia-Erzegovina faccia progressi e ringrazio i deputati del Parlamento europeo per il loro sostegno al raggiungimento di questo obiettivo.
Olli Rehn, membro della Commissione. − (FI) Signor Presidente, onorevoli deputati, desidero ringraziare tutti per questa importante discussione e per il sostegno fornito alla prospettiva europea nei Balcani occidentali. Condivido i timori espressi nel corso della discussione da alcuni deputati, come gli onorevoli Pack, Swoboda e Maaten, sullo sviluppo politico della Bosnia-Erzegovina.
A volte sembra che questo paese abbia l’inesauribile capacità di creare e di rinnovare tensioni politiche, mentre il buon senso suggerirebbe che uno sviluppo nella direzione opposta e che nel suo futuro politico dovrebbe trovare posto la riconciliazione politica.
Concordo con l’onorevole Maaten sul fatto che tutti i paesi dei Balcani occidentali potranno un giorno entrare a far parte dell’Unione europea se rispetteranno le condizioni per l’adesione attualmente basate sui criteri di Copenaghen. Lo stesso vale anche per la Bosnia-Erzegovina: non è possibile chiedere uno sconto né trattare sulle condizioni e chi crede il contrario si sbaglia. E’ molto importante che questo modo di pensare prenda piede nel dibattito politico bosniaco in modo che i cittadini possano trarre le loro conclusioni sul tipo di politica che devono aspettarsi dai rappresentanti democraticamente eletti.
Credo che il futuro della Bosnia-Erzegovina si basi sulla collaborazione con l’Alto rappresentante Solana con il quale ho lavorato a diverse comunicazioni sul futuro del paese e sul ruolo dell’Unione europea. Il nostro primo obiettivo è superare l’era di Dayton ed entrare in quella di Bruxelles; vogliamo quindi passare dall’era dell’Alto rappresentante della comunità internazionale ad un rafforzamento della presenza dell’Unione europea in Bosnia-Erzegovina. Questo passaggio implica molto probabilmente l’adozione di un sistema di doppia rappresentanza, nel caso del rappresentante speciale dell’Unione e capo della rappresentanza della Commissione europea, un sistema che consenta di sfruttare le risorse politiche ed economiche dell’UE nel miglior modo possibile.
Evidentemente un protettorato non può fare domanda di adesione all’Unione europea e questo è il motivo per cui il processo di transizione è un ingrediente indispensabile, un elemento vitale per intensificare le relazioni tra Bosnia-Erzegovina ed Unione europea; è sempre per questo motivo che devono essere rispettati i termini e le condizioni del processo di cambiamento, nell’interesse dei cittadini bosniaci, ma anche dei politici.
La questione ha indubbiamente una valenza politica, poiché è troppo facile incolpare la comunità internazionale dei problemi della Bosnia-Erzegovina senza farsi un esame di coscienza; è troppo comodo puntare il dito contro l’Alto rappresentante quando invece bisognerebbe negoziare e cercare di raggiungere un accordo interno. Mi auguro che la cultura politica della Bosnia-Erzegovina migliori e divenga più matura e che i mezzi di comunicazione del paese si assumano le proprie responsabilità per far sì che – contrariamente a quanto accade ora – i messaggi negativi e nazionalistici non abbiamo più spazio.
In secondo luogo, il paese ha bisogno di una riforma costituzionale per costruire un sistema di governo efficace. Attualmente il sistema di governo bosniaco è troppo costoso, inefficace ed è incompatibile con l’accesso all’Unione europea. Anche la costituzione dovrebbe essere riformata tramite un’evoluzione e non una rivoluzione e sono lieto di constatare che i principali leader politici ne stiano già discutendo.
L’abolizione dei visti rappresenta infine una parte essenziale del futuro della Bosnia-Erzegovina in Europa e sono certo che il paese, se risolverà i suoi problemi, potrà entrare in Europa nel suo stesso interesse, nell’interesse dei suoi cittadini e dell’Unione europea.
Anna Ibrisagic, relatore. – (SV) Signor Presidente, desidero ringraziare il presidente Nečas per il suo contributo alla discussione di questa sera. Vorrei ringraziare anche il commissario Rehn per aver parlato delle controversie bilaterali che sono divenute di fatto problemi europei e per aver sottolineato l’importanza di non rinunciare all’allargamento a causa della crisi finanziaria.
Le controversie bilaterali stanno attualmente impedendo a Croazia e Macedonia di proseguire il loro cammino verso l’adesione all’Unione, nonostante portino a termine le riforme necessarie. Con la mia relazione il Parlamento europeo abbraccerà la visione di chi sostiene che le controversie bilaterali devono rimanere tali – bilaterali appunto – e non devono essere confuse con il processo di adesione.
Credo inoltre che l’allargamento ai Balcani occidentali sia troppo importante per la pace, la libertà e la prosperità sul nostro continente da poter essere messo a repentaglio.
Questo è il messaggio che desidero trasmettere tramite la mia relazione ai 500 milioni di cittadini europei che a breve voteranno un nuovo Parlamento, ai governi degli Stati membri, alla Commissione e ai cittadini e ai politici dei Balcani occidentali. Si tratta di un messaggio particolarmente importante in un momento in cui la crisi economica rischia di far aumentare il numero di chi, in Europa, vuole chiudersi la porta alle spalle e non permettere ad altri popoli di vivere, lavorare e commerciare liberamente in seno al nostro continente. Spero che anche i miei onorevoli colleghi trasmettano questo stesso messaggio nel corso della prossima campagna elettorale. Se l’Europa è diventata più fredda e chiusa allora il compito prioritario di quest’Aula è quello di renderla nuovamente aperta e accogliente.
Presidente. – Comunico di aver ricevuto una proposta di risoluzione(1) ai sensi dell'articolo 103, paragrafo 2, del regolamento.
La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà venerdì 24 aprile 2009.
Dichiarazioni scritte (articolo 142 del regolamento)
Alexandru Nazare (PPE-DE), per iscritto. – (RO) La regione dei Balcani occidentali è un’area particolare tra i paesi confinanti dell’Unione europea; è una regione con numerosi problemi che deve ancora superare diverse fasi prima di poter completare il processo di integrazione, ma è anche una regione le cui prospettive di adesione all’Unione europea sono chiare ed inequivocabili.
Tutti noi in quest’Aula vogliamo essere sicuri che la risoluzione confermi, in linea di principio e nello specifico, l’interazione tra Unione europea e paesi della regione. Come ho sottolineato negli emendamenti presentati, siamo preoccupati in merito a diverse questioni, quali i visti, l’informazione della popolazione sull’Unione europea, la cooperazione economica con gli Stati dei Balcani occidentali, i diritti delle minoranze, i programmi di studio nell’Unione europea per i giovani provenienti dalla regione e il rafforzamento del dialogo interparlamentare anche prima dell’adesione all’Unione.
Crediamo che il processo di unificazione europeo possa continuare tra i cittadini anche se è rallentato a livello istituzionale e riteniamo anche che, guardando i fatti da questa prospettiva, possiamo lasciare che i nostri timori in merito alla stabilità della regione continuino ad essere espressi senza retorica, in modo concreto oppure da un punto di vista storico.
Csaba Sándor Tabajdi (PSE), per iscritto. – (HU) La politica di allargamento dell’Unione europea è il migliore strumento che abbiamo a disposizione per tutelare la stabilità e la pace nella regione dei Balcani occidentali. Ci auguriamo di riuscire ad accogliere la Croazia entro il 2011 nel corso del turno di presidenza ungherese, ma questo dipenderà anche dall’accordo tra Croazia e Slovenia sull’avvio di un dialogo bilaterale con una mediazione internazionale in relazione alla divisione della baia di Pirano. L’obiettivo dei negoziati sulla baia di Pirano è trovare una soluzione al contenzioso sui confini tra i due paesi senza la quale la Croazia sicuramente non riuscirà a divenire uno Stato membro. Un’ulteriore condizione è che la Croazia sia disposta a collaborare a fondo con il Tribunale penale internazionale dell'Aia sulla ricerca e l’estradizione dei criminali di guerra.
Presidente. – L’ordine del giorno reca la relazione (A6-0234/2009), presentata dall’onorevole Beer, a nome della commissione affari esteri recante una proposta di raccomandazione del Parlamento europeo destinata al Consiglio sulla non proliferazione e sul futuro del trattato di non proliferazione delle armi nucleari (TNP) [2008/2324(INI)].
Angelika Beer, relatore. − (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, l’esistenza di migliaia di armi nucleari è l’eredità più pericolosa della guerra fredda. Non sono io che lo affermo, sono le parole che di recente ha pronunciato il presidente Obama a Praga, riferendosi alla nostra più grande sfida: la sicurezza. Non ve ne sono altre di pari importanza nel XXI secolo.
Parole simili sono state pronunciate negli ultimi anni anche da altri, ad esempio gli strateghi statunitensi Kissinger e Sam Nunn, che hanno concepito un piano speciale per giungere a un mondo senza armi nucleari. Politici europei di primo piano hanno sottoscritto l’iniziativa e persino il Segretario generale delle Nazioni Unite ha previsto un piano di disarmo in 5 punti. Non c’è mai stato momento migliore di quello attuale per riprendere il dibattito sul disarmo nucleare.
In anni recenti, non dimentichiamolo, abbiamo registrato solamente passi indietro in materia. I negoziati della conferenza di revisione del TNP del 2005 sono falliti rovinosamente. Quest’anno non si deve ripetere una cosa del genere. Noi europei dobbiamo dimostrare la serietà dei nostri propositi circa il disarmo. Se l’Unione europea compie dei progressi, potrà diventare un punto di riferimento, ed è per questo motivo che non riesco a capire perché la maggioranza in quest’Aula non vuole, evidentemente, appoggiare questo ambizioso obiettivo volto a ridurre le armi di distruzione di massa.
La pletora di emendamenti proposti dal gruppo conservatore nella commissione affari esteri ha sovvertito completamente la mia relazione volta ad affrontare il tema del disarmo e a sottoporre una raccomandazione al Consiglio trasformandola in un testo inconsistente. Il Parlamento ha la responsabilità di prendere posizione adesso, non possiamo rimandare a data successiva o delegare il compito ad altri parlamenti.
Stiamo facendo lobbying a sostegno della convenzione sulle armi nucleari e sul protocollo Hiroshima-Nagasaki perché il disarmo è possibile. Non è solo una sciocca, e remota, illusione. Se ci impegniamo con determinazione possiamo farcela. I documenti a cui miriamo non confliggono con il TNP; al contrario, colmano una sua lacuna e quindi lo rafforzano. Abbiamo bisogno di una dichiarazione politica chiara e questo è il mio appello a tutti i gruppi per le votazioni di domani: riflettiamo oggi su quello che è il migliore cammino da intraprendere.
So che il trattato di non proliferazione comprende anche aspetti civili, ma oggi non stiamo discutendo della rinascita di energia nucleare a scopi civili, stiamo parlando di disarmo nucleare. Come presidente della delegazione per i rapporti con l’Iran e portavoce per la politica estera, vorrei fare presente quanto segue: se nella crisi dell’Iran, che negli ultimi anni ci ha spesso esposto al pericolo di un’escalation militare, non si è compreso che l’uso civile dell’energia nucleare non può essere separato dall’abuso militare e dalla proliferazione, allora non si sono capiti l’intera politica estera degli ultimi anni, i pericoli e la sfida del disarmo nucleare.
Tutti sappiamo che il nostro obiettivo non può essere conseguito dall’oggi al domani, ma dobbiamo iniziare. Non possiamo passare decenni a chiedere il disarmo nucleare agli americani – all’unanimità – e ora, quando il presidente Obama afferma di essere pronto a farlo, quando il presidente Medvedev manifesta la stessa intenzione, una maggioranza conservatrice in questo emiciclo rifiuta di seguire la strada tracciata. Ecco perché mi corre l’obbligo di esortarvi ancora una volta in tutta fretta, come indicato dalla commissione affari esteri, di non confondere la questione dell’uso civile dell’energia nucleare con un revival del potenziale per il disarmo nucleare. Chiunque chiuda questa finestra d’opportunità per il disarmo nucleare non sarà in grado di dire quando se ne aprirà un’altra. Invito tutti coloro che domani voteranno contro il gruppo socialista al Parlamento europeo e contro i nostri emendamenti, a spiegare ai propri elettori in campagna elettorale perché le armi nucleari in Europa siano una cosa positiva.
Petr Nečas, presidente in carica del Consiglio. – (CS) Signor Presidente, onorevoli colleghi, sono felicissimo di poter partecipare alla discussione di oggi. In particolare, vorrei ringraziare il Parlamento europeo per l’interesse dimostrato su questa problematica e Angelika Beer per il lavoro svolto nel redigere questa relazione. Sicuramente il Consiglio studierà con grande attenzione le raccomandazioni in esso contenute.
Come chiaramente indica la relazione, è importante compiere nuovi progressi nella non proliferazione. Una delle nostre priorità è quella di garantire un esito positivo e concreto della conferenza di revisione del trattato di non proliferazione che avrà luogo l'anno prossimo. La riunione del comitato preparatorio di tale conferenza che si svolgerà nel maggio prossimo costituisce una tappa importante. L’Unione europea continuerà a dare il suo positivo contributo al processo di revisione in conformità con la sua strategia di non proliferazione per le armi di distruzione di massa e con la recente dichiarazione sul potenziamento della sicurezza adottata dal Consiglio nel dicembre 2008.
È nostro interesse operare una revisione bilanciata mirante a preservare l’equilibrio generale che sottende il regime di non proliferazione nucleare, e che conferisce uguale importanza a tutti e tre i pilastri del trattato di non proliferazione, ossia non proliferazione, disarmo e uso pacifico del nucleare. Crediamo che la conferenza di revisione può avere successo soltanto adottando una strategia bilanciata.
L’UE è consapevole delle nuove opportunità che esistono per il trattato di non proliferazione, specialmente in relazione con il rinnovo del dialogo tra Russia e Stati Uniti e il rinnovato impegno ad applicare il trattato sulla messa al bando totale degli esperimenti nucleari e a iniziare un dialogo a livello internazionale per un trattato credibile volto a ridurre la produzione di materiale fissile per le armi nucleari. L’Unione europea segue inoltre con interesse la ripresa del dibattito pubblico su come raggiungere gli obiettivi delineati nel trattato di non proliferazione.
Uno dei motivi per i quali il processo di revisione è importante è che il regime del TNP sta fronteggiando gravi problemi, provenienti soprattutto da Corea del Nord, Iran e Siria. Dobbiamo affrontarli e risolverli rafforzando il meccanismo di rispetto del monitoraggio. Come tutti sappiamo, l’UE è attiva in questo campo e congiuntamente con i suoi partner continua a svolgere un ruolo trainante, specialmente nello sforzo di giungere a una soluzione diplomatica sulla questione nucleare in Iran.
Come afferma la relazione, oltre alla questione della non proliferazione dobbiamo concentrarci anche sul disarmo nucleare, altro settore importante in cui vogliamo giocare un ruolo. L'UE è totalmente impegnata a promuovere il disarmo nucleare e raggiungere, così, gli obiettivi stabiliti dall'articolo 6 del TNP. Questo argomento riveste particolare importanza per l’UE, due Stati membri della quale possiedono armi nucleari. Invitiamo la comunità internazionale a unirsi a noi e promuovere iniziative di disarmo realistiche e concrete, che l’Unione europea ha presentato all’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 2008.
Allo stesso tempo dobbiamo anche affrontare la questione dell'energia nucleare. È importante che lo sviluppo dell'energia nucleare per scopi pacifici continui in condizioni di massima sicurezza e non proliferazione. L’UE è pronta a rafforzare la cooperazione internazionale in questo settore sia nell’ambito della prossima conferenza di revisione del trattato di non proliferazione, sia in seno altri forum. Un approccio multilaterale alle forniture di combustibile nucleare in particolare, può offrire un’alternativa affidabile allo sviluppo di programmi nazionali individuali nel campo della tecnologia nucleare sensibile. Dobbiamo rendere i meccanismi multilaterali per la fornitura di combustibile nucleare più accattivanti, specialmente per i paesi in via di sviluppo, poiché un numero crescente di questi paesi sta considerando la possibilità di avviare programmi di energia nucleare.
La relazione pone l’accento correttamente sull’importanza della ratifica del trattato sulla messa al bando totale degli esperimenti nucleari. L’UE attribuisce particolare importanza al progresso nella ratifica e continuerà a perseguire ulteriori passi avanti per raggiungere tale obiettivo. La presidenza ha svolto visite ad alto livello nei nove paesi la cui ratifica resta elemento chiave per l’entrata in vigore del trattato. Stiamo lavorando per una conferenza di successo che avrà luogo ai sensi dell’articolo 14 del trattato a New York nel settembre 2009 per sostenere l’entrata in vigore del trattato. L’UE contribuisce fortemente all’elaborazione di un sistema di monitoraggio del trattato e, pertanto, sta rinforzando la credibilità del futuro sistema di verifica del trattato. A nostro avviso sarebbe molto utile cercare di avviare i colloqui per un trattato credibile sul bando di produzione di materiale fissile.
L’approccio positivo recentemente adottato dagli USA verso il trattato sulla messa al bando totale degli esperimenti nucleari e il trattato sul bando di produzione di materiale fissile e nel campo del disarmo nucleare è molto incoraggiante. Siamo genuinamente convinti che quest’approccio condurrà, nel prossimo futuro, a talune concrete misure. In termini generali, questa nuova opportunità potrebbe avere una parte molto significativa nell’indirizzare il processo di revisione del TNP nella giusta direzione.
Olli Rehn, membro della Commissione. − (EN) Signor Presidente, di recente la proliferazione delle armi di distruzione di massa è diventata una sfida seria , e la comunità internazionale deve essere disposta a farvi fronte con determinazione.
A nostro avviso, ci sono stati dei progressi con la nuova amministrazione americana nel contesto dei negoziati sul trattato di non proliferazione (TNP); un’evoluzione positiva sul controllo delle armi tra la Russia e gli Stati Uniti dovrebbe spianare la strada per nuovi impulsi alla questione nucleare.
Per l’Unione europea, Il TNP si basa su tre pilastri che si sostengono reciprocamente: non proliferazione, disarmo e uso pacifico dell’energia nucleare. La relazione dell’onorevole Beer sulla non proliferazione nucleare mi offre lo spunto per descrivere le responsabilità e le attività della Comunità nei tre pilastri.
In virtù delle disposizioni del trattato Euratom, la Commissione ha la responsabilità di verificare che i materiali fissili nucleari, quali il plutonio, l’uranio e il torio non siano utilizzati per scopi diversi da quelli previsti, come dichiarato dagli utenti della Comunità, sia nell’industria nucleare che in altri ambiti, quali i centri di ricerca e gli istituti medici.
La Commissione sta sviluppando un piano di azione su come affrontare le minacce del terrorismo chimico, biologico, radiologico e nucleare. Questa politica sarà presentata a metà di quest’anno unitamente ad alcune raccomandazioni volte a rinforzare ulteriormente una cultura di sicurezza tra i 27 Stati membri. Inoltre, il sistema di controllo delle esportazioni dell’Unione europea rappresenta un altro elemento chiave della nostra politica per la prevenzione delle armi di distruzione di massa.
L’azione della Commissione sulla non proliferazione e il disarmo non si ferma alle frontiere dell’Unione. Con il nuovo strumento per la stabilità e lo strumento di sicurezza nucleare – che congiuntamente assorbono quasi 1 miliardo di euro delle prospettive finanziarie –la Commissione ha l’opportunità di migliorare il suo contributo alla non proliferazione a livello mondiale promuovendo la sicurezza in tutto il mondo nei prossimi anni.
Gli strumenti della Comunità sono tesi a sviluppare programmi completi per la riduzione della minaccia che offrano ai paesi terzi una gamma di possibilità di cooperazione in tema di controllo alle esportazioni, programma di monitoraggio delle frontiere, sorveglianza marittima, riorientamento di scienziati, bioscienze e sicurezza nucleare. La logica di programmi coerenti è largamente in linea con gli obiettivi del Partenariato G8 globale definiti nel 2002, dove la Commissione stanziò 1 miliardo di euro per il decennio 2002 - 2013.
Infine, bisognerebbe anche incoraggiare le iniziative volte alla costruzione di un nuovo modello di cooperazione nucleare civile così che i paesi possano accedere alle fonti di energia nucleare senza aumentare i rischi di proliferazione. La banca internazionale del combustibile dell’AIEA, cui la Commissione intende contribuire con 20 milioni di euro è un passo nella giusta direzione, a condizione che possiamo spiegare la logica che sottende tale programma.
In conclusione, la Commissione sta lavorando intensamente per sostenere i tre pilastri del trattato di non proliferazione e, infatti, sia i tempi sia il clima internazionale sono maturi per cambiare il modo in cui gestiamo le questioni nucleari. La Commissione è pronta a lavorare con gli altri e afferrare le grandi opportunità che abbiamo davanti, per tendere alla creazione di un mondo più sicuro anche in questo senso.
Josef Zieleniec, a nome del gruppo PPE-DE. – (CS) Il nome del presidente USA Obama sarà sulla bocca di tutti oggi, specialmente in relazione con il suo discorso di Praga del 5 aprile. Tuttavia, il nostro obiettivo non è valutare l’approccio della nuova amministrazione statunitense, ma presentare raccomandazioni al Consiglio, che sta tracciando la posizione dell'UE sul futuro del regime di non proliferazione nucleare. Il nostro Parlamento sarà considerato seriamente in questo dibattito soltanto se saprà promuovere una soluzione chiara e realistica da ogni punto di vista. La ricetta del nostro gruppo politico, dunque, è utilizzare tutti gli strumenti internazionali a disposizione, piuttosto che crearne di nuovi. Ciò implica potenziare i tre pilastri tra loro strettamente interconnessi del trattato di non proliferazione, in altre parole, la non proliferazione delle armi nucleari e la cooperazione pacifica nel campo della tecnologia nucleare. È pertanto importante appoggiare iniziative di disarmo realistiche, che includono procedure chiare per il monitoraggio e la verifica, in termini di distruzione delle armi esistenti, come pure i loro impianti di produzione. Riguardo al rafforzamento del pilastro della cooperazione nell’uso pacifico della tecnologia nucleare, dobbiamo anche appoggiare incondizionatamente l’internazionalizzazione del ciclo di arricchimento dell’uranio, specialmente attraverso la creazione di una banca internazionale del combustibile.
Sono lieto che il risultato della votazione in seno alla commissione rifletta chiaramente la nostra posizione. Sono sicuro che il discorso del presidente Obama non modificherà in nulla i risultati della commissione. Il presidente USA ha confermato che la strada davanti a noi sarà lunga, richiederà più realismo che ingenuità e che nulla è più importante di passi concreti e fattibili. Tuttavia, nei colloqui con la nuova amministrazione USA stiamo affrontando un compito importante e al contempo difficile. Dobbiamo insistere sul fatto che queste questioni non devono essere decise solo dalle maggiori potenze nucleari, al di sopra delle teste dell’UE. Questa è una grande sfida per la diplomazia europea.
Ana Maria Gomes, a nome del gruppo PSE. – (EN) Signor Presidente, vorrei congratularmi con l’onorevole Beer per la sua eccellente e tempestiva relazione. Questo è l’anno dei dibattiti nucleari. Gli Stati Uniti stanno ripensando la loro posizione sul nucleare, la NATO sta rivedendo il suo concetto strategico e il mondo si sta preparando alla conferenza di revisione del trattato di non proliferazione che si terrà nel 2010.
Tutto ciò si verifica in un contesto speciale. Gli Stati Uniti sono nuovamente guidati da un presidente, Barack Obama, che abbraccia la visione di un mondo senza armi nucleari. Non è tempo di timidezza o esitazione. I nostri elettori non comprendono perché questo Parlamento abbia preparato una relazione sul TNP meno ambiziosa di quella dell’attuale amministrazione americana.
Naturalmente, guida degli Stati Uniti è la benvenuta in questa questione. Dopo tutto, gli Stati Uniti e la Russia sono gli indiscussi egemoni nucleari a livello globale. L’Europa, però, non può rimanere passiva mentre Mosca e Washington decidono il suo futuro strategico. Dobbiamo presentare la nostra filosofia del TNP, fondata su un rigido equilibrio tra l’agenda della non proliferazione e quella del disarmo. Questo è il succo della relazione ed è anche lo spirito degli emendamenti socialisti in plenaria.
Perché non appoggiare il modello di convenzione sulle armi nucleari e il protocollo Hiroshima-Nagasaki, che sono entrambi promossi a livello globale da organizzazioni civili e leader politici? È nostro compito, in qualità di deputati, non ostacolati dal peso e dalle limitazioni del potere esecutivo, mostrare ai nostri governi e, quindi, al Consiglio, la strada da percorrere in questo campo. Spero che l’Aula possa appoggiare gli emendamenti del partito socialista europeo.
Janusz Onyszkiewicz, a nome del gruppo ALDE. – (PL) Signor Presidente, in un certo senso è paradossale che le armi abbiano contribuito così significativamente a impedire che la guerra fredda terminasse in una terza guerra mondiale. E ciò è avvenuto perché le due parti erano convinte che l’uso delle armi nucleari avrebbe causato la distruzione totale di entrambe.
Oggi la situazione è diversa. Naturalmente, le armi nucleari non dovrebbero essere considerate in questo modo, ma dovremmo comunque renderci conto che molti paesi le trattano come qualcosa di estremamente importante. Per molti Stati le armi nucleari sono simbolo di potere, per altri , come Israele, sono il deterrente supremo e per altri ancora esse compensano la debolezza delle armi convenzionali, com'è il caso della Russia.
A questo proposito, il disarmo nucleare al quale dovremmo naturalmente aspirare, non può essere un processo rapido e il presidente Obama lo capisce molto bene. La cosa più importante al momento è la non proliferazione di armi nucleari, senza dimenticare il pericolo rappresentato da alcuni gruppi. Bin Laden l’ha dimostrato molto chiaramente quando ha affermato che ottenere un’arma di distruzione di massa è un obbligo religioso. La non proliferazione è assolutamente fondamentale.
Rebecca Harms, a nome del gruppo Verts/ALE. – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, il programma che ha consentito all’Iraq e alla Corea del Nord di acquisire tecnologia nucleare si chiamava “tomi per la pace”. Al programma parteciparono sia l’Est che l’Ovest. Abbiamo visto a cosa ha portato in Iraq, dove è scoppiata una guerra terribile a causa di un armamento atomico basato su tecnologia originariamente civile. Come finirà in Iran, oggi non sono in grado di dirlo. La Corea ha lasciato la comunità di non proliferazione.
La stessa settimana in cui la Corea del Nord ha annunciato aggressivamente i suoi nuovi piani, e ha poi espulso l’AIEA dal paese, l’AIEA a sua volta ha annunciato l’avvio di nuovi negoziati su armamenti civili con un numero di paesi in via di sviluppo che oscilla dai 30 ai 50; lo definiscono equipaggiamento, ma io lo chiamo armamento. Questo è un ciclo mortale. Fino a che non fermeremo l’armamento civile non riusciremo a prendere in pugno la proliferazione di tecnologia nucleare, compresa quella militare.
Tobias Pflüger, a nome del gruppo GUE/NGL. – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, questo è il momento giusto per mettere la parola fine alle armi nucleari su questo pianeta e rispettare l'obbligo di disarmo disposto dal trattato di non proliferazione, specialmente dal suo articolo 6. Il nuovo presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha dichiarato che vuole il disarmo nucleare. Ora i governi dell’Unione europea sono chiamati ad agire e impegnarsi per un disarmo nucleare specifico.
E questo in termini concreti significa disarmo e non ammodernamento delle armi atomiche francesi e britanniche. Significa anche arrestare la partecipazione nucleare della Germania, il che significa il ritiro delle armi nucleari USA dall'Europa, ad esempio da Büchel e dalla Renania-Palatinato. La maggioranza al Parlamento europeo e la maggioranza finora raggiunta nella commissione affari esteri non dovrebbero perdere tempo a votare su relazioni insignificanti, bensì mantenere gli specifici appelli al disarmo che erano stati originariamente inclusi nella relazione. Ho l’impressione che il gruppo del Partito popolare europeo (Democratici-cristiani) e dei Democratici europei viva ancora nel passato. Abbiamo bisogno di forti elementi di disarmo nel TNP ed è questo su cui dovremmo votare domani.
Philip Claeys (NI). – (NL) La relazione Beer parla in termini molto generali, cosa comprensibile perché il trattato di non proliferazione non ha alcun valore se non è rispettato e applicato da tutti gli Stati. D’altro canto, però, penso che la relazione avrebbe potuto fare riferimento più chiaramente ai due casi specifici della Corea del Nord e dell’Iran, poiché ormai palesemente rappresentano la più grande minaccia.
L’Unione europea, insieme alle altre istituzioni internazionali quali la NATO e, se possibile, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, deve dire chiaramente alla Corea del Nord e all’Iran che ulteriori sviluppi di armi nucleari non possono essere tollerati. È della massima importanza, in questo senso, che paesi come Russia e Cina siano attivamente incoraggiati, se necessario con misure negative, a porre un’inequivocabile fine alla cooperazione con questi paesi nello sviluppo delle armi nucleari. Se la Corea del Nord e l’Iran non possono essere indotti a cambiare da soli le loro posizioni, allora devono essere isolati da tutti i possibili canali che favoriscano lo sviluppo di armi nucleari.
Karl von Wogau (PPE-DE). - (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, quando l’Unione Sovietica crollò, molti pensarono che questo segnasse anche la fine della paura nucleare. Invece, quella che era una paura nucleare a livello globale, è riemersa a livello regionale, basti citare l’Iran, la Corea del Nord, l’India e il Pakistan. Purtroppo, neppure il TNP è stato in grado di evitarlo. Il vero pericolo è che terroristi o criminali o regimi irresponsabili possano entrare in possesso di armi nucleari.
L’iniziativa di Kissinger e Shultz e il discorso di Obama a Praga hanno dato nuovo impulso alla questione. E ciò è importantissimo. Diventa sempre più chiaro che persino le potenze nucleari sono disposte, in questo momento, a ridurre i loro arsenali, e questa è stata la novità della dichiarazione di Obama. E’ cruciale che adesso l’Europa parli con una sola voce, lo è per l’Europa, per le sue potenze nucleari e per gli altri.
Un primo passo lungo questa strada è che l’Alto rappresentante Solana negozi con l’Iran a nome di tutti i paesi europei, e anche di paesi di là dai confini europei. A mio avviso dobbiamo insistere su questo punto. Non dobbiamo aspettarci miracoli improvvisi lungo la strada, come sta facendo l’onorevole Beer, ma se abbiamo un’opportunità, oggi, di ridurre davvero tale minaccia, passo dopo passo, allora dobbiamo coglierla al volo.
Petr Nečas, presidente in carica del Consiglio. – (CS) Signor Presidente, onorevoli deputati, vorrei ringraziarvi per questo eccellente dibattito. Come ho detto all’inizio della discussione, siamo giunti a un punto di svolta nella storia del trattato di non proliferazione e nel processo di controllo delle armi. Vorrei ringraziare tutti coloro che hanno preso la parola ed espresso i loro commenti. Vorrei esprimere il mio più totale accordo con l’idea di appoggiare ogni passo credibile, concreto e realistico in questo campo, come affermato dall’onorevole Zieleniec, e vorrei anche sostenere la dichiarazione dell’onorevole Onyszkiewicz, secondo cui tale disarmo è un processo lento e per questo è ancora più importante appoggiare tutti questi passi realistici. Allo stesso tempo, convengo che è di vitale importanza attirare l’attenzione su qualsiasi abuso del programma di produzione di materiali fissili per scopi pacifici, come sottolineato dall’onorevole Harms. Concordo anche con l’onorevole Claeys sulla necessità di adottare azioni molto decise contro quei paesi che abusano del programma, potenzialmente per il proprio armamento. Vorrei anche porre l’accento sul fatto che l’UE continuerà a partecipare alle revisioni del TNP e a contribuire attivamente al successo dell’intero processo.
Alla riunione di preparazione di maggio a New York l’UE metterà sul tavolo proposte concrete riguardanti un futuro piano d’azione per la conferenza di revisione prevista per il 2010 nel quadro dei tre pilastri del trattato. Presenteremo le nostre proposte in forma di dichiarazioni congiunte sui singoli pilastri e di documenti di lavoro. Nell’ambito della preparazione della conferenza di revisione che si svolgerà nel 2010, il Consiglio intende predisporre una posizione comune rivista e aggiornata. L’UE si adopererà per raggiungere un risultato positivo e prima della riunione del comitato preparatorio lavorerà con i partner principali per garantire un ampio sostegno ai nostri obiettivi.
Allo stesso tempo dobbiamo sfruttare le nuove opportunità nel settore del disarmo nucleare e l’UE è determinata a non restare a guardare passivamente. L’Unione europea include Stati membri che possiedono armi nucleari, Stati membri che non possiedono tali armi, Stati membri che usano energia nucleare e Stati membri che si oppongono all’uso di energia nucleare. L’UE nel suo complesso può giocare un ruolo significativo ed è decisa a farlo. Il Consiglio ha deciso di informare il Parlamento europeo regolarmente circa i futuri sviluppi in merito ai risultati delle discussioni del comitato preparatorio e più in generale, nell’ambito dei preparativi per la conferenza dell'anno prossimo.
Olli Rehn, membro della Commissione. − (EN) Signor Presidente, vorrei ringraziare tutti coloro che hanno partecipato al costruttivo dibattito di oggi. Il tema in oggetto è indubbiamente di grande rilevanza. Da parte nostra, la Commissione continuerà a lavorare a favore del TNP verificando l’impiego appropriato dei materiali nucleari fissili ai sensi del trattato Euratom.
La Commissione si adopera per ostacolare i tentativi dei terroristi di accedere a materiali chimici, radiologici e nucleari, attraverso un regime comunitario di controlli alle esportazioni di prodotti e tecnologie a duplice uso, il sostegno agli sforzi dell’AIEA miranti a mettere in sicurezza i materiali nucleari vulnerabili e fare fronte, cosa molto importante, al contrabbando nucleare e attraverso la promozione della sicurezza nucleare mondiale e di una cultura di sicurezza utilizzando le sostanziali risorse disponibili e gli strumenti di sicurezza nucleare.
Sono ansioso di continuare a cooperare con il Parlamento per portare avanti questi obiettivi e farò sempre affidamento sulla nostra cooperazione anche in futuro.
Angelika Beer, relatore. − (DE) Signor Presidente, Commissario, onorevoli colleghi, il nostro dibattito di oggi non è un dibattito ideologico. Dopo gli interventi militari guidati dagli americani contro l’Iraq, l’Afghanistan e altre regioni, ci siamo trovati in un periodo di crisi sempre più numerose in cui sembrava un sogno o una pia illusione anche il solo parlare di disarmo nucleare. Ora abbiamo un’opportunità unica. Io non so quanto tempo questa finestra di opportunità rimarrà aperta, ma è nostro dovere offrire alle generazioni future un mondo pacifico in cui vivere.
Tra i prerequisiti per avere successo nei settori cui ha fatto riferimento il commissario Rehn c’è anche quello di non accettare due pesi e due misure all’interno dell’UE. Ciò significa che, come europei, anche noi abbiamo il dovere di riavviare il disarmo nucleare. Permettetemi di ricordarvi la nostra discussione dello scorso dicembre, alla presenza di Javier Solana allorché discutemmo della revisione della strategia di sicurezza. Il nostro ospite citò come uno dei maggiori pericoli – opinione condivisa ampiamente dal nostro Emiciclo – il pericolo della proliferazione delle armi di distruzione di massa.
Così, faccio ancora una volta appello a voi. Vi invito a riesaminare ancora i tre emendamenti proposti dal gruppo socialista al Parlamento europeo e dal gruppo Verde/Alleanza libera europea per mettere in moto un processo di disarmo e controllo delle armi e per integrare il TNP rendendo disponibili strumenti come la convenzione sulle armi nucleari. Riconsiderate davvero se non potete votarli, perché se si adotta l’emendamento del PPE, il mio gruppo non sarà in condizione di votare a favore della relazione in oggetto.
Voglio concludere ringraziando le organizzazioni internazionali come Sindaci per la pace, Internazionale medici per la prevenzione della guerra nucleare (IPPNW) e ICAN. Quest’ultima esisteva molto prima di Obama come campagna internazionale per l’abolizione delle armi nucleari.
Presidente. – La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà venerdì 24 aprile 2009.
Dichiarazioni scritte (articolo 142 del regolamento)
Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Benché contenga alcuni aspetti positivi, questa proposta di raccomandazione del Parlamento europeo non soddisfa le richieste fondamentali per il disarmo nucleare, soprattutto perché si concentra esclusivamente sulla non proliferazione.
È necessario e urgente un programma completo che proibisca l’uso e la produzione di armi nucleari, incoraggi il loro totale e completo smantellamento, favorisca la creazione di aree prive di tali armi, la ripresa dei negoziati sul disarmo nucleare e la rigorosa applicazione del trattato di non proliferazione nucleare da parte di tutti, ivi comprese le attuali potenze atomiche.
Abbiamo bisogno di un programma di disarmo nucleare, affiancato dalla demilitarizzazione delle relazioni internazionali, dal rispetto per la Carta delle Nazioni Unite, dalla fine del colonialismo, dai principi di non ingerenza e dalla risoluzione pacifica dei conflitti internazionali.
Abbiamo bisogno di un programma che esiga: la non militarizzazione dello spazio, la riduzione delle armi convenzionali e della spesa militare (non già il loro aumento come ha sostenuto l’amministrazione USA a un recente vertice NATO), la fine delle basi militari, il rifiuto di militarizzazione dell’Unione europea e la sua trasformazione in un blocco politico e militare, la subordinazione della NATO all’ONU nelle questioni di sicurezza e la dissoluzione dei blocchi politici e militari.
18. Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità - Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità - Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità (protocollo opzionale) (discussione)
Presidente. – L’ordine del giorno reca, in discussione congiunta:
- la dichiarazione del Consiglio sulla convenzione delle Nazioni unite sui diritti delle persone con disabilità;
- la relazione (A6-0229/2009), presentata dall’on Jeleva, a nome della commissione per l’occupazione e gli affari sociali sulla proposta di decisione del Consiglio relativa alla conclusione, da parte della Comunità europea, della convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità [COM(2008)0530 - C6-0116/2009 - 2008/0170(CNS)];
- la relazione (A6-0230/2009), presentata dall’on Jeleva, a nome della commissione per l’occupazione e gli affari sociali, sulla proposta di decisione del Consiglio relativa alla conclusione, da parte della Comunità europea, del protocollo opzionale alla convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità [COM(2008)0530 - C6-0117/2009 - 2008/0171(CNS)].
Petr Nečas, presidente in carica del Consiglio. – (CS) Signor Presidente, onorevoli deputati, in apertura di discorso vorrei ringraziare il relatore, l’onorevole Jeleva per le due eccellenti relazioni che ha prodotto. I miei commenti sulle relazioni e le loro conclusioni saranno relativamente brevi.
L’11 giugno 2007, al primo incontro informale dei ministri dedicato alle questioni della disabilità, il Consiglio ha adottato una posizione chiara che appoggia la convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità. In occasione di tale riunione il Consiglio approvò la convenzione ONU come passo fondamentale verso il sostegno, la protezione e l’attuazione adeguata dei diritti umani e delle libertà fondamentali per tutte le persone con disabilità. Allo stesso tempo i ministri si sono impegnati a sviluppare ulteriormente le relative politiche al fine di assicurare la piena applicazione della convenzione. Hanno invitato la Commissione ad assicurarsi che le nuove priorità del piano di azione europeo nel settore della disabilità contribuisca all’applicazione reale della convenzione ONU.
Nella sua risoluzione riguardante le attività collegate con l’anno europeo delle pari opportunità nel 2007, adottata nel dicembre 2007, il Consiglio fece appello alla Commissione e agli Stati membri affinché continuassero il processo di stipula, conclusione e ratifica della convenzione ONU conformemente con i loro rispettivi poteri. Il 10 marzo 2008 il Consiglio adottò una risoluzione sulla posizione delle persone disabili nell’Unione europea. Nella risoluzione il Consiglio invitava gli Stati membri e la Commissione ad assicurare, conformemente con i loro rispettivi poteri, che le persone con disabilità potessero godere di tutti i diritti umani. Ciò implica la ratifica, la conclusione e l’applicazione della convenzione ONU, incluse le soluzioni comuni europee nell’ambito di un approccio gestito e coordinato all’attuazione di questa convenzione. Il Consiglio ha poi ricevuto dalla Commissione un progetto di decisione del Consiglio sulla stipula da parte della Comunità europea della convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità fisica. Il riesame di questa proposta iniziò alla fine dello scorso anno e il Consiglio lo sta ancora dibattendo.
Onorevoli deputati, come si evince dalla vostra relaziona, emergono molti interrogativi in merito all’autorità, che richiedono approfondite discussioni in seno al Consiglio. Tuttavia, la presidenza si è già impegnata a cercare di concludere i negoziati il più presto possibile, così che la Comunità possa stipulare la convenzione quanto prima. Vorrei ringraziare il Parlamento per l’interesse mostrato su quest’argomento. La presidenza vi terrà informati sull’evoluzione dei colloqui in corso al Consiglio.
Olli Rehn, membro della Commissione. − (EN) Signor Presidente, la convenzione sulla disabilità è la prima convenzione sui diritti umani che la Comunità europea ha firmato insieme ai suoi Stati membri. Era un passo necessario per permettere la piena attuazione della convenzione nell’Unione europea, compresi i settori di responsabilità della Comunità stessa.
Poiché sia la convenzione che il suo protocollo opzionale sono entrati in vigore un anno fa, il 3 maggio 2008, si impone ora una rapida conclusione da parte degli Stati membri e della Comunità. Sette Stati membri, del resto, vi hanno già provveduto.
Vorrei esprimere la mia gratitudine al Parlamento e in particolare al relatore, l’onorevole Jeleva, per l’appoggio espresso all’adesione della Comunità europea a questa convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità e il suo protocollo opzionale. Solo lieto di vedere che il Parlamento può approvare entrambe le proposte.
La convenzione rientra nella sfera delle competenze condivise della Comunità e degli Stati membri ed è anche vincolante per le istituzioni UE; sono perciò lieto di vedere che vi è disponibilità a lavorare insieme affinché questa convenzione sia opportunamente applicata.
Gli obiettivi della convenzione sono generalmente molto importanti per facilitare un impatto positivo sulla vita dei cittadini con disabilità, per migliorare la coerenza dell’interpretazione giuridica di talune disposizioni rientranti nelle competenze della Comunità e garantire una protezione minima uniforme dei diritti delle persone con disabilità in tutta l’Unione europea riguardo agli obblighi derivanti dalla convenzione.
Dobbiamo lavorare insieme per tutelare i diritti delle persone con disabilità; un'efficace applicazione della convenzione ONU servirà proprio a tale scopo e permetterà quindi di conseguire l'obiettivo prefissato. Conto sul nostro lavoro congiunto per raggiungere questo obiettivo comune.
Rumiana Jeleva, relatore. – (BG) Signor Ministro, signor Commissario, onorevoli colleghi, oggi stiamo discutendo delle relazioni del Parlamento europeo sulla convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, il suo protocollo opzionale e la dichiarazione sui due documenti redatta dalla commissione per l’occupazione e gli affari sociali. Vorrei ricordarvi che i disabili rappresentano più del 10 per cento della popolazione dell'Unione europea e del mondo. Secondo i dati dall’Organizzazione mondiale della sanità, questa percentuale continua a crescere a causa dell’aumento della popolazione sul pianeta, ai progressi compiuti in campo medico e alla globale tendenza all’invecchiamento della popolazione.
La convenzione ONU oggi in esame è la prima nel campo dei diritti umani aperta all’adesione e approvazione formale della Comunità europea. Questo segna anche un primo passo unico nelle attività del Parlamento europeo. La convenzione mira a promuovere, proteggere e garantire a tutti gli esseri umani di poter godere pienamente e ugualmente di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali, nel rispetto della loro dignità umana.
In sede di commissione per l’occupazione e gli affari sociali abbiamo lavorato insieme in uno spirito di buona volontà e cooperazione. Me ne rallegro e ritengo importante che i colleghi ed io, in commissione, abbiamo deciso di dire qualcosa di più di un laconico ‘sì’ a sostegno delle relazioni sulla convenzione e sul protocollo e abbiamo preparato una proposta di risoluzione.
onorevoli colleghi, il Parlamento europeo ha sempre coerentemente appoggiato ogni sforzo compiuto dalla Commissione nella stesura, attuazione e applicazione della normativa riguardante le pari opportunità e la non discriminazione di persone con disabilità. Quando la questione delle persone disabili è stata sollevata, le nostre differenze politiche sono scomparse nel perseguimento dello scopo ultimo, in altre parole, garantire una migliore qualità di vita e lavoro. Ovviamente, le opinioni su come raggiungere questi obiettivi sono diverse, ma con la sua quasi unanime decisione – solo un voto non era ‘sì’ – la commissione per l’occupazione e gli affari sociali ha dimostrato che si devono superare le differenze su come giungere a soluzioni sensate, sostenibili e di lungo corso.
Onorevoli colleghi, credo che le decisioni del Parlamento europeo abbiano un significato enorme per le persone con disabilità dell’Unione europea. A questo punto, vorrei attirare la vostra attenzione sul fatto che le competenze derivanti dall’applicazione della convenzione ONU e del protocollo opzionale sono suddivise tra la Comunità e i suoi Stati membri. L’attuazione del protocollo opzionale è importante dal punto di vista dell’opportunità offerta ai singoli o a gruppi di persone di informare la Commissione ONU per le persone con disabilità riguardo a ogni violazione dei loro diritti come sancito dalla convenzione. È importante rilevare che questa possibilità sarà disponibile dopo che gli strumenti di tutela giuridica nazionale sono stati esauriti.
Come espresso nella relazione sul protocollo opzionale, chiederemo alla Commissione europea e agli Stati membri di informarci a cadenza triennale in merito alla sua applicazione in base alle rispettive aree di competenza. Considerando che è l’unica istituzione europea i cui membri sono eletti direttamente dai cittadini dell’Unione, il Parlamento europeo ha il diritto e la suprema responsabilità di rispettare i diritti di tutti i cittadini.
Vorrei porre l’accento sul fatto che, quando abbiamo iniziato a lavorare sui documenti alla fine del 2008, solo quattro Stati membri – Austria, Spagna, Slovenia e Ungheria – avevano ratificato la convenzione e il protocollo opzionale e sono stati seguiti da allora da Svezia, Germania e Italia.
Con il dibattito odierno e, spero, con il voto favorevole di domani, potremo cogliere due piccioni con una fava: approvare le proposte di decisione della Commissione al Consiglio e inviare agli Stati membri un segnale positivo e incoraggiante per continuare il processo di ratifica e/o adesione.
Vorrei terminare ringraziando ancora una volta tutti i colleghi che hanno contribuito alla stesura delle relazioni e della proposta di risoluzione. Vorrei anche ringraziare i colleghi della Commissione europea per la loro costruttiva collaborazione, e i rappresentanti delle organizzazioni di persone con disabilità per i suggerimenti offerti.
Hiltrud Breyer, relatore per parere della commissione per i diritti della donna e uguaglianza di genere. − (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, le donne e le ragazze con disabilità vivono molteplici discriminazioni e la disabilità presenta chiare dimensioni di genere. Dobbiamo rendere le donne e le ragazze disabili più visibili e, soprattutto, dobbiamo garantire una loro maggiore considerazione a livello UE.
Il Parlamento europeo mi ha chiarito punti molto importanti nella risoluzione sulla situazione delle donne e delle ragazze con disabilità adottata nel 2007. La situazione specifica delle donne e delle ragazze deve essere tenuta in massima considerazione anche quando si applica la convenzione ONU. Purtroppo, finora soltanto quattro Stati membri hanno ratificato la convenzione e il protocollo. Abbiamo bisogno d’integrazione di genere nelle politiche dell’Unione europea riguardanti persone con disabilità, in particolare per quanto riguarda l’accesso al lavoro e all’integrazione sul posto di lavoro. È doveroso garantire istruzione, non discriminazione e diritto al lavoro.
Il problema principale è la violenza e dobbiamo mostrargli chiaramente il cartellino rosso. Le donne e le ragazze con disabilità corrono un grave rischio di violenza, compresa la violenza sessuale, sia dentro che fuori casa. Spesso il loro diritto alla sessualità e alla maternità è limitato o sono costrette ad aborti e sterilizzazioni. Gli Stati membri dovrebbero, perciò, adottare norme che le proteggano dalla violenza e offrano un migliore sostegno alle vittime.
(Il Presidente interrompe l’oratore)
Rovana Plumb, a nome del gruppo PSE. – (RO) Signor Presidente, signor Commissario, signor Ministro, innanzitutto vorrei ringraziare la collega, l’onorevole Jeleva, per la sua efficiente collaborazione, ma anche gli altri deputati e le associazioni delle persone con disabilità.
Faccio presente che dobbiamo offrire una solida protezione ai gruppi svantaggiati, e ancora di più ora, nel momento in cui si svolge questo dibattito, quando l'impatto della crisi economica si sta facendo sentire.
Mi preme rilevare che l’Unione europea promuove l’inclusione attiva di persone con disabilità e la loro piena partecipazione alla società. Questo è l’approccio della convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità. Ecco perché invitiamo alla ratifica urgente di questi importanti documenti internazionali da parte degli Stati membri dell’Unione europea, come pure un coinvolgimento attivo delle persone disabili nel processo di monitoraggio e attuazione degli stessi documenti. Inoltre, esortiamo gli Stati membri e l’esecutivo a garantire un libero accesso e la distribuzione…
(Il Presidente interrompe l’oratore)
Elizabeth Lynne, a nome del gruppo ALDE. – (EN) Signor Presidente, come prima cosa vorrei ringraziare la relatrice per la sua cooperazione nel passaggio della presente relazione in sede di commissione per l'occupazione e gli affari sociali. Come ben sapete, sono stata relatrice della convenzione ONU a nome del Parlamento europeo nel 2003, quando la convenzione ONU era in corso di ratifica.
Da quel momento a oggi abbiamo conseguito una convenzione giuridicamente vincolante, che potrei definire di portata storica. Questa è già una pietra miliare di per sé, ma ripeterò quello che affermai nel 2003. Se l’UE vuole avere una qualche credibilità in questo dibattito, deve dare l’esempio. I trattati internazionali sui diritti umani non servono a nulla se i paesi non li firmano, ratificano e attuano. Sì, tutti gli Stati membri hanno firmato, ma non tutti hanno sottoscritto anche il protocollo. Molti non hanno ancora proceduto alla ratifica e certamente non l'hanno ancora applicata, diversamente da quanto abbiamo sollecitato ripetutamente in molte relazioni parlamentari.
Il governo del Regno Unito – il mio governo – ad esempio, ancora una volta ha sforato il termine ultimo dell’anno scorso per la ratifica della convenzione, un disonore e, a mio avviso, una vera e propria vergogna. Vorrei che la Commissione e il Parlamento continuassero a esercitare pressioni sugli Stati membri per indurli a ratificare e attuare questa convenzione, che potenzialmente può dare potere a milioni di persone disabili nell’UE. È il momento di fare quanto è in nostro potere per trasformarla in realtà.
Elisabeth Schroedter, a nome del gruppo Verts/ALE. – (DE) Signor Presidente, signor Commissario, Presidente in carica del Consiglio, onorevoli colleghi, la convenzione ha garantito alle persone disabili a livello internazionale il diritto alla protezione e riconoscimento della dignità umana e alla piena partecipazione nella società. Ora è quanto mai importante che il Consiglio presenti l’atto di ratifica all’ONU entro la Giornata internazionale dei disabili di quest’anno.
Allo stesso tempo, invitiamo gli Stati membri a ratificare il protocollo opzionale, così che la convenzione possa dotarsi di una commissione internazionale per le denunce. Posso solo dirvi quanto sia importante questo per il mio paese. Finora, alle persone disabili è stata negata la parità di accesso all’istruzione. Solo il 15 per cento dei bambini disabili è integrato nel sistema scolastico. Nel mio paese, per aggirare le richieste di accesso si ricorre a trucchi di traduzione. Dobbiamo, perciò, impedire che tali eventi continuino e salvaguardare la piena partecipazione sociale delle persone disabili in tutti gli Stati membri dell'Unione europea in futuro.
Richard Howitt (PSE). - (EN) Signor Presidente, sono molto orgoglioso di aver assistito al lancio della campagna per la convenzione nel 2001 al Sadler’s Wells. Sono molto orgoglioso del fatto che i membri di questo Parlamento abbiamo giocato un ruolo di primo piano nel sostenere la creazione della convenzione. Sono molto orgoglioso di aver partecipato alla sottocommissione per i diritti umani a Ginevra all’interno della commissione per i diritti umani e al Consiglio e di aver fatto azione di lobbying per ottenerne l’approvazione. Sono molto orgoglioso che la Commissione europea e le Comunità europee abbiano aderito per la prima volta a uno strumento per i diritti umani. Sono molto orgoglioso che questa sia la convenzione approvata più rapidamente della storia delle Nazioni Unite, ma soprattutto, sono molto orgoglioso che le persone disabili e le organizzazioni delle persone disabili abbiano svolto un ruolo fondamentale nell’esame e nell’approvazione della convenzione stessa.
Il nostro supporto alla ratifica questa settimana dovrebbe chiarire tre punti principali. Innanzitutto, essendo l’ottavo firmatario a ratificare la convenzione, l'Unione europea sta esortando gli Stati membri a ratificarla e attuarla, compreso il suo protocollo opzionale.
In secondo luogo, signor Commissario, noi e la Commissione europea, per mezzo di tutte le sue competenze, dovremmo passare al vaglio tutte le politiche e le procedure esistenti per assicurarci di ottemperare alla convenzione e agire di conseguenza.
(Il Presidente interrompe l’oratore)
Ilda Figueiredo (GUE/NGL). – (PT) Anch’io plaudo a questo dibattito e all’approvazione della convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità e sono lieta altresì dell’invito rivolto agli Stati membri a tenere doveroso conto anche del protocollo opzionale.
Si tratta di un significativo passo avanti verso la difesa e la promozione dei diritti delle persone disabili, con il fine di rispettarne la dignità. Tuttavia, non è sufficiente che i paesi abbiano firmato questa convenzione e neppure che siano disposti a prendere in considerazione il suo protocollo opzionale. Tali paesi devono ora ratificare la convenzione ed essere pronti ad applicarla il più rapidamente possibile, congiuntamente con il protocollo.
Petr Nečas, presidente in carica del Consiglio. – (CS) Signor Presidente, onorevoli deputati, conveniamo tutti che, nonostante negli ultimi anni e decenni l'UE abbia compiuto enormi progressi nella lotta contro la discriminazione delle persone con disabilità, la situazione è lungi dall'essere soddisfacente. Oggi e ogni giorno, questo mese, questa settimana, in questa stessa giornata, migliaia, decine di migliaia, centinaia di migliaia di cittadini UE con disabilità sono discriminati. Sono discriminati sul mercato del lavoro, nel settore terziario, nei trasporti. Sono discriminati con uno scarso accesso ai servizi pubblici e sono spesso discriminati anche per l’accesso ai servizi pubblici di base, quali l’istruzione a ogni livello. Tutti conveniamo, ne sono certo, nel dire che il problema principale che stiamo fronteggiando in questo settore sia l'esclusione sociale dei nostri concittadini disabili. Per farvi fronte abbiamo bisogno di tutta una serie di atti normativi con cui prevenire la discriminazione, ma anche, contestualmente, abbiamo bisogno di un sistema di servizi sociali funzionante come strumento chiave non solo nella limitazione dell’esclusione sociale ma anche nel favorire l’inclusione. Il problema più grave che confronta i disabili è, naturalmente, il loro tasso di disoccupazione molto più elevato.
Nell’attuale situazione di difficoltà economiche che colpiscono l’UE tutti sappiamo che sono i nostri concittadini con disabilità che pagano il prezzo più alto per la situazione del mercato del lavoro in continuo peggioramento. Le opportunità occupazionali sono molto inferiori per loro rispetto ai tempi di prosperità. Spesso pagano il prezzo di qualifiche e di un’istruzione inferiori a quelle del resto della popolazione con conseguenze naturalmente molto negative per la loro possibilità di integrazione nel mercato del lavoro. Spesso le loro opportunità di accesso all’istruzione, a scuole e istituti pedagogici normali sono molto inferiori, come ha correttamente sottolineato l’onorevole Schroedter. Siamo inoltre pienamente consapevoli delle molteplici discriminazioni che affliggono molti cittadini con disabilità, come rilevato dall’onorevole Breyer. Mi sia consentito ricordare anche che la convenzione di cui discutiamo comprende un articolo specifico per le donne, e non trascura quindi la discriminazione multipla. Dobbiamo ovviamente applaudire i sette Stati che hanno già ratificato la convenzione. Hanno dato l’esempio per gli altri Stati che devono ancora completare le procedure di ratifica. Il chiaro appello dell’onorevole Lynne ad accelerare il processo di ratifica è importante, ma d'altra parte dobbiamo anche rispettare le norme di ratifica, che spesso differiscono da uno Stato membro all'altro. Si devono, perciò, rispettare tutte indistintamente.
Vorrei rivolgere un plauso anche alle dichiarazioni che abbiamo ascoltato oggi, ad esempio dall’onorevole Plumb, che ha sottolineato il ruolo fondamentale del volontariato nello sviluppare e attuare politiche riguardanti i nostri concittadini con disabilità nel tentativo di limitare la discriminazione nei loro confronti e integrarli socialmente. Vorrei soltanto dire che il Consiglio ha dedicato grande attenzione a questa tematica e che la presidenza sta ponendo un forte accento sulla partecipazione dei partner del settore del volontariato. Nello spirito del nostro motto, ‘Europa senza barriere’, abbiamo invitato anche i rappresentanti delle persone disabili a eventi correlati a questa problematica. Con il patrocinio della presidenza, hanno avuto luogo tutta una serie di eventi organizzati dalle organizzazioni di disabilità.
Voglio citare ancora la riunione del consiglio del Forum europeo dei portatori di handicap che si è svolto a Praga dal 28 febbraio al 1° marzo 2009. Anche questa settimana, si è celebrata una conferenza internazionale intitolata ‘Europa senza barriere’. La conferenza è stata organizzata dal consiglio nazionale ceco per le persone disabili. La conferenza è stata uno degli eventi di questa presidenza e si è svolta sotto i suoi diretti auspici. Come partecipante, posso confermare che la convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità è stata uno dei punti nell’ordine del giorno della conferenza. La presidenza è determinata a sviluppare attività significative in questo campo, compresi contatti regolari con i rappresentanti del settore del volontariato a livello paneuropeo.
Concludo sottolineando la convergenza del piano di azione europea sulla disabilità e della convenzione dell’ONU, come pure i risultati ottenuti nell’attuazione del piano di azione, che pone un’enfasi speciale sulla dignità, i diritti fondamentali, la protezione contro la discriminazione, la giustizia e la coesione sociale. È ormai generalmente riconosciuto che prendere atto della disabilità è già un modo per iniziare a risolverla. A questo fine, il piano di azione sulla disabilità ha invocato e sostenuto l’accesso ai servizi sociali ed ha aumentato l’accesso ai beni e ai servizi. Credo fermamente che l’UE continuerà a compiere passi positivi per conseguire la piena inclusione sociale e la totale integrazione dei nostri concittadini con disabilità.
Olli Rehn, membro della Commissione. − (EN) Signor Presidente, ancora una volta ringrazio tutti coloro che hanno partecipato a quest’interessante discussione, in particolare l’onorevole Jeleva, e ringrazio soprattutto per l’importante risoluzione che sarà adottata nella plenaria di domani. Vorrei anche ringraziare il Consiglio per averci rassicurato che la presidenza ceca s’impegnerà per raggiungere una spedita conclusione della ratifica e dell’intero processo.
Inoltre, vorrei ringraziare il Parlamento per il recente appoggio alla proposta della Commissione per una direttiva orizzontale sulla non discriminazione. La direttiva, se adottata dal Consiglio – dove si richiede l’unanimità – consoliderà ulteriormente i diritti delle persone con disabilità a livello europeo, che confido sia l’obiettivo comune del Consiglio e del Parlamento, lo è certamente per la Commissione.
Rumiana Jeleva, relatore. – (BG) onorevoli colleghi, vorrei ringraziare tutti per la partecipazione e le opinioni espresse. Mi piacerebbe pensare che possiamo collocare il dibattito di oggi in un contesto più ampio, riallacciandoci al fatto che il consiglio economico e sociale delle Nazioni Unite ha adottato una decisione lo scorso anno, secondo la quale il tema prioritario della revisione e delle politiche per il periodo 2009-2010 sarà l'integrazione sociale.
Un posto speciale nelle politiche per l'integrazione sociale spetta al programma di azione mondiale a favore delle persone disabili. Credo anche che la discussione odierna stimolerà gli Stati membri che non hanno ancora ratificato la convenzione e/o il protocollo opzionale a farlo nel prossimo futuro. Sono sicura, e su questo punto concordo con il Consiglio, che il voto sulle relazioni ci aiuterà ad adottare un passo positivo nella giusta direzione.
Il Parlamento europeo deve assumersi la sua responsabilità per migliorare le condizioni delle persone con disabilità. Com'è stato rilevato durante la discussione, dobbiamo lavorare infaticabilmente ed esercitare ogni possibile controllo affinché la normativa che produciamo sia applicata correttamente per non dover dire che abbiamo una solida base giuridica ma siamo deboli nella sua applicazione.
Ringrazio nuovamente gli onorevoli colleghi di tutti i vari gruppi politici per il loro appoggio, e anche i colleghi della Commissione europea e le ONG con cui abbiamo lavorato durante tutto il processo.
Presidente. – Ho ricevuto una proposta di risoluzione presentata in conformità con l’articolo 103, paragrafo 2 del regolamento.
La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà venerdì 24 aprile 2009.
PRESIDENZA DELL’ON. WALLIS Vicepresidente
Dichiarazioni scritte (articolo 142 del regolamento)
Filip Kaczmarek (PPE-DE), per iscritto. – (PL) I diritti delle persone disabili sono regolarmente violati. Di recente nella mia città, a Poznań, si è verificato un incidente che è rappresentativo della situazione. Un membro del parlamento nazionale polacco ha parcheggiato la sua automobile in un parcheggio riservato ai disabili. Paradossalmente, questo deputato ha un amico disabile. Perché ne parlo? Perché nessuna legge, convenzione o documento migliorerà la situazione delle persone disabili se i funzionari pubblici violano apertamente e impunemente le norme create, specialmente per aiutare i disabili a vivere e operare. Le convenzioni sono, ovviamente, molto importanti, ma ugualmente importante è una genuina, attendibile e piena attuazione. I disabili non sono soddisfatti dei propri diritti di cui godono solo sulla carta. Le persone con disabilità contano su cambiamenti reali che garantiscano loro parti opportunità. Vi ringrazio.
19. Tempo delle interrogazioni (interrogazioni al Consiglio)
Presidente. − L’ordine del giorno reca il Tempo delle interrogazioni (B6-0227/09).
Saranno prese in esame le rivolte al Consiglio.
Presidente. − Annuncio l'interrogazione n. 2 dell’onorevole Mitchell (H-0130/09):
Oggetto: Atteggiamento contrario al trattato di Lisbona
La crisi finanziaria mondiale ha dimostrato quanto sia imprescindibile un'Unione europea forte. In Irlanda ci si è resi rapidamente conto che false credenze e disinformazione sul trattato di Lisbona saranno di ben poca consolazione con un'economia in recessione e con la disoccupazione in aumento. In un momento in cui la presidenza dell'Unione europea è affidata alla Repubblica ceca, il cui presidente abbraccia una posizione antitetica al trattato di Lisbona, può il Consiglio far sapere come intende conciliare questi messaggi con l'evidente necessità di una maggiore, e non minore, cooperazione europea?
Petr Nečas, presidente in carica del Consiglio. – (CS) Signora Presidente, onorevoli colleghi, il Consiglio ha sempre dimostrato apertamente la propria intenzione di rafforzare la cooperazione all’interno dell’Unione, soprattutto nei periodi di crisi. La presidenza ceca – nel portare avanti le attività dei propri predecessori - profonde il massimo impegno per risolvere i problemi legati alla crisi economica e finanziaria e ha adottato misure a vari livelli. E' stato creato un quadro comune per gli Stati membri, come si può notare, ad esempio, dal piano di salvataggio delle banche, dal piano europeo di ripresa economica, dalla regolamentazione e supervisione dei mercati finanziari. Anche il Parlamento europeo ha contribuito a tali misure attraverso il sostegno gli investimenti nelle infrastrutture e, non meno importante, attraverso i propri sforzi sulla scena internazionale. Durante l'incontro del 19 e 20 marzo, il Consiglio si è concentrato sulla necessità di superare la crisi finanziaria e sui problemi dell’economia reale, e ha dichiarato chiaramente che l’Europa potrà affrontare tali problemi e fermare l'attuale crisi soltanto se intraprenderà un’azione unita e coordinata che si iscrive nel quadro del mercato unico e dell’unione economica e monetaria. All’incontro del 19 marzo, il Consiglio ha deciso che una risposta europea strettamente coordinata all’interno del piano europeo di ripresa economica dovrebbe avvalersi di tutti gli strumenti disponibili, incluse le risorse comunitarie, nonché integrare pienamente le strategie di crescita, occupazione, integrazione e sicurezza sociale.
Per quel che concerne il trattato di Lisbona, lo scorso dicembre il Consiglio ha raggiunto un accordo sui progressi da compiere. Su richiesta dell’Irlanda, gli Stati membri hanno concordato di fornire garanzie giuridiche specifiche riguardo alle questioni che hanno destato preoccupazioni al momento del referendum dello scorso anno in Irlanda. Il Consiglio ha inoltre concordato che, qualora il trattato di Lisbona entrasse in vigore, in conformità alle procedure giuridiche essenziali, sarà adottata una decisione rispetto alla prosecuzione della rappresentazione nazionale di ciascuno Stato membro alla Commissione. Ad eccezione degli impegni sul completamento di attività dettagliate su tale tema entro la metà del 2009 e sull’ipotesi di un’attuazione soddisfacente, il governo irlandese si è impegnato a lavorare per la ratifica del trattato di Lisbona entro la fine dell’attuale mandato della Commissione. Durante l'incontro del 19 e 20 marzo, il Consiglio è stato informato sulla situazione attuale a tal proposito e ha deciso di rimandare la discussione a giugno 2009.
Gay Mitchell (PPE-DE). - (EN) Signora presidente, ringrazio il ministro per la sua risposta.
Ritengo che quest'Aula – e le istituzioni in generale – assumano una posizione eccessivamente difensiva quando si parla di Lisbona e dell’Unione europea in generale. E’ arrivato il momento invece che chi attacca l’Europa stia sulla difensiva. Dove saremmo senza la Banca centrale europea? Dove saremmo – per quelli di noi che vi appartengono – senza l’eurozona?
Ciò che ci manca è un leader del Consiglio europeo chiaramente identificabile, che possa esprimersi su questioni di ripresa economica e ritengo essenziali le disposizioni del trattato di Lisbona che prevedono tale figura . Se tale figura esistesse già, non assisteremmo allo "zigzag" delle presidenze semestrali.
Forse il ministro, nella sua risposta, potrebbe esporre quali sono, a suo avviso, le prospettive di ratifica del trattato nella Repubblica ceca.
Petr Nečas, presidente in carica del Consiglio. – (CS) Risponderò a tutte le interrogazioni in seguito, in un’unica volta.
Presidente. − La procedura prevede che prima venga fornita una risposta all’interrogante e alla domanda complementare e di norma in seguito, io stessa – a mia discrezione – riunirò le seguenti domande complementari e le presenterò a lei.
Le sarei grata se potesse rispondere ora.
Petr Nečas, presidente in carica del Consiglio. – (CS) La ringrazio, signora Presidente. Onorevoli colleghi, risponderò alla domanda. Per quanto concerne la ratifica del trattato di Lisbona, vorrei sottolineare che , il parlamento bicamerale della Repubblica ceca (costituito da Senato e Camera dei Deputati) sta lavorando attivamente sul trattato e il 18 febbraio scorso esso è stato approvato dalla Camera dei Deputati Devo sottolineare che, ai sensi delle norme costituzionali ceche, è essenziale ottenere la maggioranza costituzionale per approvare tale trattato. Il senato ceco probabilmente voterà il trattato il 6 maggio; tuttavia ha subordinato la propria approvazione alla promulgazione di una legge che preveda il consenso bicamerale per autorizzare il trasferimento di poteri dal livello di maggioranza qualificata, Situazione che equivale a un “mandato condizionale”. Tale legislazione è già stata elaborata e approvata, pertanto si prevede che il 6 maggio il senato la voti e, una volta approvata, il trattato di Lisbona sarà ratificato dal parlamento.
Richard Corbett (PSE). - (EN) La presidenza ceca non concorda che, nel caso del trattato di Lisbona, il problema non sia tanto una mancanza di informazioni – che sono invece disponibili – quanto piuttosto la notevole disinformazione volutamente fatta circolare da coloro che si oppongono al trattato?
Poiché il trattato non viene sottoscritto dalle istituzioni europee, bensì è stato negoziato dagli Stati membri, non concorda la presidenza che i governi nazionali dovrebbero profondere ben altro impegno per contrastare la disinformazione e sfatare i miti a cui ha fatto riferimento l’onorevole Mitchell e agire di concerto in questa fondamentale discussione per il futuro dell’Europa?
Christopher Heaton-Harris (PPE-DE). - (EN) Signor ministro, sono certo che nel suo paese, come in Irlanda, gli elettori avvertono e temono l’attuale piega orwelliana dell’UE. Non sono degli sciocchi e sanno che la Commissione ha modificato la propria agenda legislativa per evitare i media irlandesi diffondessero brutte notizie.
E’ una vergogna che l’onorevole Mitchell, l’onorevole Corbett e altri siano talmente accecati dall'allettante prospettiva di dimostrarsi eurocrati di successo, da dimenticare la questione centrale: i cittadini irlandesi hanno preso la loro decisione. Forse, signor Ministro, potrebbe dire alla Commissione di arrestare la proliferazione dei servizi di comunicazione e informazione – noti anche come propaganda – facendo così valere il voto dei cittadini irlandesi, e dimostrando così che la democrazia è viva all’interno dell’Unione europea.
Petr Nečas, presidente in carica del Consiglio. – (CS) Vorrei sottolineare che dovremmo tutti avere il coraggio di ammettere che i cittadini europei sanno poco sul funzionamento dell’Unione europea, che spesso li riguarda in modo astratto e le cui istituzioni sono molto complesse. Più bassa è tale consapevolezza, più è facile che vengano a crearsi condizioni che portano, per esempio, alla disinformazione, che ha facile gioco sui cittadini proprio perché non sono sufficientemente informati su come funziona l’Unione europea. A mio avviso, affrontare il deficit democratico e il fatto che i cittadini non sempre si riconoscono nell’Unione e nelle sue istituzioni eviterebbe che disinformazione e menzogne possano attecchire. Sono convinto che i governi di ciascuno Stato membro abbiano il dovere di pronunciarsi apertamente contro la falsità e la disinformazione. I governi dovrebbero al contempo informare con regolarità i propri cittadini sulle questioni riguardanti l’integrazione europea. Sono profondamente convinto che solo in tal modo potremo raggiungere un vero progresso democratico.
Presidente. − Annuncio l'interrogazione n. 3 dell’onorevole Medina Ortega (H-0132/09):
Oggetto: Doppia tassazione
Alla luce della giurisprudenza recente della Corte di giustizia in materia di doppia tassazione, quali misure intende proporre il Consiglio per armonizzare il diritto fiscale europeo, così che i cittadini europei non debbano sostenere due volte la stessa imposizione fiscale?
Petr Nečas, presidente in carica del Consiglio. – (CS) Signora Presidente, onorevoli colleghi, allo stato attuale, non sono ancora state adottate misure a livello comunitario per eliminare la doppia tassazione nell'ambito della tassazione diretta, se si escludono la direttiva del Consiglio 23 luglio 1990, 90/435/CEE del concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi, la convenzione del 23 luglio 1990 relativa all’eliminazione della doppia tassazione in caso di rettifica degli utili di imprese associate e la direttiva 2003/48/CE del Consiglio del 3 giugno 2003 in materia di tassazione dei redditi da risparmio sotto forma di pagamenti di interessi. Ciò è dovuto al fatto che l’ambito in questione rientra nella competenza degli Stati membri, posto che rispettino la normativa comunitaria. Gli accordi sull’eliminazione della doppia tassazione conclusi bilateralmente fra Stati membri, in conformità con i sopracitati poteri autonomi e con il modello di accordo OCSE, non sembrano sufficienti a eliminare ogni doppia tassazione legale all’interno dell’Unione europea.
La Commissione, che ha diritto esclusivo di iniziativa nella Comunità in relazione all’imposizione diretta, al momento preferisce chiaramente un approccio pragmatico, nell’ottica del principio di sussidiarietà, che si applica alla normativa comunitaria in materia di imposizione diretta e alla luce del requisito di unanimità. Tale approccio dovrebbe incentivare gli Stati membri a cooperare per garantire che i sistemi fiscali nazionali, inclusi gli accordi bilaterali sulla tassazione, funzionino correttamente. Tale tema è contenuto nella comunicazione della Commissione sul coordinamento dei regimi di imposizione diretta nel mercato interno, in particolare nella versione definitiva del documento COM 2006/823. Nelle sue conclusioni del 27 marzo 2007, il Consiglio ha confermato l'approccio della Commissione basato sul coordinamento , sottolineando come il funzionamento del mercato interno possa essere migliorato attraverso la cooperazione in materia di imposizione fiscale a livello di Stati membri e, ove appropriato, a livello europeo, pur nel rispetto dei poteri di ciascuno Stato membro. Il Consiglio ha dichiarato che le soluzioni adeguate possono essere di vari tipi, in conformità con il principio di sussidiarietà.
Manuel Medina Ortega (PSE). - (ES) Signor Presidente, le informazioni che ci ha fornito sono corrette, ma la nostra impressione, come quella dei cittadini europei, è che vi sia una lacuna alquanto rischiosa nella normativa comunitaria.
Attualmente, con l’intensificarsi della pressione fiscale in ciascuno Stato membro, la mobilità è quasi impossibile.
Quando chiediamo alla Commissione di spiegare tale approccio pragmatico, sembra che essa non trovi alcun sostegno nel Consiglio. Ci troviamo in una sorta di circolo vizioso, in cui la Commissione ci rimanda al Consiglio e il Consiglio, a sua volta, ci rimanda alla Commissione; in realtà i cittadini di questa Europa che vogliamo costruire non possono vivere in paesi differenti, né stabilire relazioni a causa dei gravosi oneri fiscali generati dalla mancanza di armonizzazione del sistema fiscale.
Può il Consiglio porre fine a tale circolo vizioso?
Petr Nečas, presidente in carica del Consiglio. – (CS) Vorrei innanzi tutto sottolineare che l’obiettivo a lungo termine è risolvere la questione tramite una direttiva o un trattato multilaterale. Solo in tal modo potremo sviluppare efficacemente questo sistema a partire dai principi legali. La Commissione ha proposto di risolvere le questioni più urgenti legate al mercato interno per mezzo di un migliore coordinamento della normativa fiscale degli Stati membri e di processi decisionali più efficienti. Nella comunicazione 823 sul coordinamento, la Commissione aveva proposto la creazione di un meccanismo per dirimere efficacemente le controversie legate a questioni di doppia tassazione in Europa, ma a causa del sostegno insufficiente da parte degli Stati membri - come ricordato dal collega – ha abbandonato la richiesta a favore di altre iniziative. La Commissione ben comprende l’impatto sul mercato interno degli accordi in materia di doppia tassazione e nel 2009 inizierà a predisporre consultazioni pubbliche, in base alle quali elaborerà una comunicazione sui risultati e una proposta di soluzione adeguata agli attuali problemi .
Il Consiglio ha più volte affrontato tale problema nel quadro di numerose iniziative. La prima riguarda l’allargamento dell'ambito di applicazione della direttiva 90/435/CE concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie attraverso la direttiva 2003/123/CE del Consiglio, che elimina la doppia tassazione economica e legale dei flussi di dividendi transfrontalieri all’interno della Comunità. Nel 1990 è stato adottato un trattato di arbitrato volto a eliminare la doppia tassazione derivante dalla regolazione dei prezzi di trasferimento fra società madri e figlie. Ciononostante, la direttiva non si è dimostrata molto efficace, in parte perché ha le caratteristiche di un trattato internazionale concluso fra Stati membri anziché di uno strumento legale comunitario. Nel 2003 è stata approvata la direttiva 2003/49/CE, che elimina la doppia tassazione sul pagamento di interessi e royalties tra imprese associate di Stati membri differenti, che consente solo allo Stato del beneficiario effettivo del pagamento di tassare tale pagamento. La questione dell’ampliamento dell'ambito di applicazione della direttiva dovrebbe costituire il tema di future negoziazioni al Consiglio. Relativamente alle due comunicazioni della Commissione sul coordinamento dei regimi fiscali degli Stati membri nel mercato interno e sulle ritenute previdenziali, l’Ecofin ha adottato la risoluzione del Consiglio del dicembre 2008 su tale materia . Tale risoluzione mira all’eliminazione della doppia tassazione e coordina le procedure statali in ambito di imposte previdenziali affinché, con il trasferimento di attività economiche da uno Stato a un altro, quando si trasferiscono attività di persone fisiche o giuridiche dallo Stato che applica la tassazione in uscita, lo Stato di accoglienza possa applicare il valore di mercato delle attività calcolato al momento del trasferimento dallo Stato di uscita come spese al momento della vendita delle attività.
Syed Kamall (PPE-DE). - (EN) E’ chiaro che queste problematiche di imposizione fiscale possono essere molto tecniche, ma, in generale, il ministro concorda sul fatto non è necessaria un’armonizzazione fiscale per evitare la doppia tassazione? So che si tratta di una questione piuttosto tecnica, ma occorre la volontà di migliorare cooperazione fra Stati membri. Considerando l'elevata pressione fiscale che i governi impongono ai contribuenti , è certamente venuto il momento di promuovere una maggiore concorrenza fiscale per ridurre il fardello che grava sulle famiglie di lavoratori di tutta l’Unione europea.
Paul Rübig (PPE-DE). - (DE) Signor Presidente in carica del Consiglio, ritengo che l'approccio assunto della presidenza ceca su questa questione sia molto positivo . Vorrei porgerle le mie congratulazioni, perché è importante proteggere i cittadini e le piccole e medie imprese affinché, nel momento in cui forniscono servizi, essi possano trarne il giusto profitto. La doppia tassazione non trova alcuna giustificazione sociale. Le chiedo domanda: ritiene che la Corte di giustizia europea possa stabilire delle norme in questo ambito?
Petr Nečas, presidente in carica del Consiglio. – (CS) Signora Presidente, onorevoli colleghi, la Corte di giustizia europea ha stabilito che l’applicazione diretta della normativa comunitaria, della libertà di movimento e dei principi di non discriminazione non obbligano gli Stati membri a eliminare la doppia tassazione legale derivante dall’interazione di diversi regimi fiscali in situazioni transfrontaliere all’interno della Comunità. Tale posizione deriva dalla decisione della Corte di giustizia europea nella causa C-513/04 Kerckhaert e Morres; la Corte ha già emesso una sentenza al riguardo e ritengo che resti ben poco margine d’azione. Secondo la giurisprudenza della Corte di giustizia, i trattati che eliminano la doppia tassazione devono ottemperare ai requisiti del mercato interno e, in particolare, non devono introdurre discriminazione o discrepanze rispetto alle libertà fondamentali sancite nel trattato CE. D'altro canto, credo fermamente che la doppia tassazione complichi notevolmente i regimi fiscali e, soprattutto, complica la situazione per le piccole e medie imprese, per le quali a volte è molto difficile districarsi tra le normative nazionali. Sono proprio le PMI le più esposte a tale rischio, poiché affrontano costi più elevati non potendosi permettere costose società di consulenza o studi legali a differenza delle le aziende più grandi, in particolare le multinazionali. Le PMI sono pertanto maggiormente oberate dalle complicazioni dei sistemi fiscali. Personalmente, sono convito che la situazione più equa per tutti gli Stati membri sia di applicare un regime fiscale di tassazione diretta più semplice e trasparente possibile e, a mio avviso, con un carico fiscale il più basso possibile.
Presidente. − Annuncio l'interrogazione n. 5 dell’onorevole Harkin (H-0136/09):
Oggetto: Carne di pollame
Vista la proposta di regolamento del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 1234/2007, recante istituzione dell’organizzazione comune dei mercati agricoli per quanto riguarda le norme di commercializzazione per le carni di pollame, presentata dalla Commissione COM(2008)0336, concorda la presidenza ceca sul fatto che debba essere garantita al consumatore l’effettiva freschezza di tutta la carne di pollame commercializzata come “fresca”, nell’interesse della salute dei consumatori e della sicurezza degli alimenti, nonché della qualità e tracciabilità dei prodotti? E’ altresì d’accordo la Presidenza sul fatto che la carne di pollame macellata e congelata in un paese terzo, trasportata, scongelata e in alcuni casi lavorata in un paese comunitario e in seguito commercializzata e venduta come “fresca” rappresenti un grave problema? Conviene nel considerare tale prassi inaccettabile e fuorviante per il consumatore, oltre che scorretta verso i produttori dell’UE che aderiscono ai rigorosi orientamenti comunitari? Quali iniziative sta adottando la Presidenza ceca per assicurare l’adozione senza intoppi del regolamento in questione?
Petr Nečas, presidente in carica del Consiglio. – (CS) Signora Presidente, onorevoli colleghi, la presidenza garantisce all’onorevole di attribuire grande importanza all'osservanza di un livello elevato di sicurezza alimentare e tutela del consumatore all’interno della Comunità, indipendentemente dal fatto che i prodotti alimentari siano prodotto localmente o importati da paesi terzi. A tale proposito, la presidenza vuole riferire le conclusioni della riunione del Consiglio del 18 e 19 dicembre 2008 sulla sicurezza dei prodotti agricoli e dei prodotti alimentari importati. Nel rispetto delle norme comunitarie, il Consiglio invitava la Commissione a sottoporre una relazione al Consiglio e al Parlamento europeo entro la fine del 2010 relativa all'efficacia e all'applicazione dei controlli igienici e fitosanitari sugli alimenti importati. Per effetto dell’obbligo di garantire elevati livelli di tutela della salute umana nell’applicazione delle politiche comunitarie, nel dicembre 2008 il Consiglio ha rifiutato la proposta di regolamento del Consiglio presentata dalla Commissione relativa all'applicazione del regolamento (CE) 853/2004 del Consiglio concernente l’utilizzo di sostanze antimicrobiche per la decontaminazione superficiale delle carcasse di pollame. Il Consiglio ha concluso che l’uso di tali sostanze potrebbe nascondere pratiche igieniche carenti. Il Parlamento europeo ha espresso la propria opposizione alla proposta nella risoluzione del 19 giugno 2008, chiedendo al Consiglio di rigettare la proposta. Per quel che concerne la proposta della Commissione concernente le norme di commercializzazione per la carne di pollame, la presidenza conferma che al momento la proposta è in corso di negoziazione al Consiglio, al fine di garantire un alto livello di tutela dei consumatori e di evitare che la carne di pollame sia commercializzata come “fresca” quando invece è stata precedentemente congelata. La presidenza garantisce che sta adottando tutte le misure necessarie al fine di consentire una rapida adozione del regolamento, non appena il Parlamento emetterà il proprio parere.
Marian Harkin (ALDE). - (EN) Ringrazio la presidenza per questa risposta, poiché supponevo che la presidenza ceca avesse intrapreso iniziative in quest'ambito. Mi rallegra sapere che il Consiglio stia valutando le iniziative da intraprendere al dine di evitare che le carni congelate vengano commercializzate come “fresche”, poiché, chiaramente, ciò dimostra che molti produttori europei – di fatto tutti i produttori europei – non sono nelle condizioni di competere ad armi pari.
Chiedo quindi alla presidenza: quando pensa il Consiglio di poter fornire una risposta a tal riguardo e può esso fornirci indicazioni in merito a quali azioni specifiche intende intraprendere?
Petr Nečas, presidente in carica del Consiglio. – (CS) Signora Presidente, onorevoli colleghi, questo problema è stato risolto dagli enti operativi del Consiglio nel quadro delle negoziazioni sulla proposta di regolamento del Consiglio che rettifica il regolamento (CE) 1234/2007 del Consiglio, recante organizzazione comune dei mercati agricoli e disposizioni per la commercializzazione della carne di pollame. La presidenza ceca ha proposto un testo di compromesso ampiamente sostenuto dal comitato per l’agricoltura del . Il testo sarà sottoposto alla valutazione dell’OMC nel quadro delle consultazioni fra partner commerciali. Se l'esito sarà positivo e, allo stesso tempo, il Parlamento europeo approverà la relazione in sessione plenaria – come si prevede avverrà – la presidenza ceca sottoporrà il testo di compromesso al Consiglio. Il Consiglio ha l’obbligo formale di attendere il parere del Parlamento europeo, seppure non quello di attenervisi nella propria decisione. Il testo di compromesso dichiara che, relativamente ai prodotti ottenuti da pollame fresco in conformità a detto regolamento, gli Stati membri possono apportare lievi variazioni ai requisiti di temperatura per un tempo minimo e unicamente quando resi necessari da per operazioni di lavorazione e sezionamento negli impianti di trasformazione durante la produzione di prodotti di carne di pollame fresca. Il Consiglio dovrebbe esprimersi sulla proposta a maggio e in base allo svolgimento del dibattito finora, ci aspettiamo risultati positivi.
Avril Doyle (PPE-DE). - (EN) In seguito alla crisi di qualche anno fa nel settore della carne bovina, legata alla BSE , in Europa è stato introdotto il requisito di identificazione e tracciabilità dei prodotti bovini . Il Consiglio non concorda sulla necessità di agire tempestivamente, non solo per quanto riguarda il pollame, ma anche per la carne ovina e suina, al fine di fornire ai consumatori le stesse informazioni e la stessa tracciabilità in caso insorgano problemi?
Al momento, la relazione Sommer sulle informazioni ai consumatori è all'esame del Parlamento e, forse, il Consiglio può convenire che ulteriori etichettature – che migliorerebbero ulteriormente la tracciabilità – potrebbero rappresentare una soluzione.
Petr Nečas, presidente in carica del Consiglio. – (CS) Signora Presidente, onorevoli colleghi, l’indicazione d’origine della carne di pollame non rientra nell’allegato 14 del Regolamento (CE) n. 1234/2007 del Consiglio e non fa dunque parte della proposta oggetto della discussione. L’indicazione d’origine è trattata dal regolamento (CE) n. 543/2008 della Commissione, ricade dunque nelle competenze di quest’ultima ed è discussa in comitato. Vorrei aggiungere che comprendo molto bene la motivazione del quesito perché alla luce del pericolo rappresentato dal cosiddetto morbo della mucca pazza nella carne bovina contaminata, se si considera l’impatto reale sulla salute della popolazione europea, le malattie diffuse dalla carne di pollame, come ad esempio la salmonella, possono causare un numero molto più vasto di problemi sanitari o addirittura decessi rispetto alla mucca pazza. D'altro canto, vorrei nuovamente sottolineare che l’indicazione d’origine è competenza della Commissione e non va dimenticato che verificare il luogo d’origine è molto più complicato nel caso del pollame rispetto ai bovini. Dovremmo altresì evitare una situazione in cui gli sforzi per tutelare i consumatori ed eliminare ogni possibile rischio e dubbio portino a un sistema talmente complesso dal punto di vista amministrativo da tradursi in un rincaro notevole dei prodotti alimentari . Ribadisco la responsabilità fondamentale in materia di indicazioni obbligatorie dell’origine della carne di pollame spetta alla Commissione e non al Consiglio.
Presidente. − Annuncio l'interrogazione n. 9 dell’onorevole Panayotopoulos-Cassiotou (H-0144/09):
Oggetto: Lotta contro la crisi e piccole e medie imprese
Il Piano europeo di lotta contro la crisi include il sostegno alle piccole imprese nel quadro dello “Small Business Act”. In tale quadro, può il Consiglio dire quali azioni sono state intraprese finora e quali azioni sono programmate per il futuro?
Petr Nečas, presidente in carica del Consiglio. – (CS) Signora Presidente, onorevoli colleghi, nel dicembre dello scorso anno il Consiglio europeo ha concordato un piano europeo di ripresa economica che include misure concrete di sostegno alle piccole e medie imprese, la più importante delle quali destinata a migliorare l’accesso ai finanziamenti e a ridurre gli oneri amministrativi. Al contempo, il Consiglio europeo ha espresso il proprio sostegno a un maggiore intervento della Banca europea per gli investimenti nel periodo 2008-2011, in particolare attraverso la concessione di prestiti a piccole e medie imprese, che rappresenta un aumento di 10 miliardi di euro rispetto ai valori attuali. Il Consiglio europeo ha dato inoltre il proprio appoggio a temporanei superamenti dei valori di soglia per almeno due anni relativamente agli aiuti di stato per importi fino a 500 000 euro e modifiche al quadro di tali aiuti , fondamentali per aumentare il sostegno alle imprese, in particolare alle PMI. Il Consiglio europeo ha altresì invocato l’uso di procedure accelerate consentite dalla legislazione comunitaria per l’attribuzione di contratti pubblici e per la riduzione degli oneri amministrativi che gravano sulle imprese. Il Consiglio europeo sostiene, inoltre, la piena applicazione del piano d’azione della Commissione sull’iniziativa “Small Business Act”, adottata dal Consiglio il ° dicembre 2008. Tale piano mira ad aiutare le piccole e medie imprese nei periodi di difficoltà economica migliorando l’accesso ai finanziamenti, riducendo gli oneri amministrativi, aiutando le PMI a sfruttare i benefici del mercato interno e aumentando la loro competitività sui mercati stranieri. Il 5 marzo il Consiglio ha concluso che il piano d’azione deve essere pienamente attuato quanto più rapidamente possibile a livello comunitario e di Stati membri, ottemperando al contempo al principio di sussidiarietà.
Il Consiglio ha altresì ribadito l’importanza di un ulteriore miglioramento nell’accesso ai finanziamenti – penso a prestiti, garanzie, finanziamenti intermedi, eccetera – nonché ai capitali di rischio per imprese innovative create recentemente e per le piccole e medie imprese per le quali è necessario prendere in considerazione gli effetti dell’attuale crisi finanziaria. Occorre consolidare l’accesso ai mercati per le PMI, soprattutto attraverso un monitoraggio del mercato e dei settori individuali, per identificare e superare le barriere del mercato interno. I requisiti relativi alla contabilità e alle procedure per la creazione di nuove imprese dovrebbero essere semplificati e velocizzati. Durante l’incontro del 19 e 20 marzo, il Consiglio europeo ha concordato le seguenti misure: eliminare le attuali barriere e prevenirne di nuove, raggiungere il pieno funzionamento del mercato interno , ridurre ulteriormente gli oneri amministrativi, migliorare le condizioni quadro per l’industria al fine di mantenere una base solida per le imprese con particolare enfasi sulle PMI e l’innovazione, sostenere partenariati fra vari settori di attività, della ricerca, dell’istruzione e della formazione e accrescere la qualità degli investimenti nella ricerca, nella conoscenza e nell’istruzione.
Onorevoli colleghi, il 10 marzo 2009 il Consiglio ha raggiunto un accordo politico in base al quale – a seguito di una modifica della direttiva 2006/112/CE, tutti gli Stati membri avranno la possibilità di applicare tassi IVA permanentemente ridotti a una serie di servizi ad alta intensità di lavoro, che solitamente vengono forniti da piccole imprese. Tra le altre proposte legislative avanzate nel quadro delle iniziative dello Small Business Act, il Consiglio dovrebbe adottare un regolamento sullo statuto delle società private europee, che faciliterebbe gli scambi commerciali transfrontalieri per le piccole e medie imprese . Il Consiglio si occuperà anche della revisione della direttiva sul ritardo nei pagamenti, con l’obiettivo di garantire che le PMI possano riscuotere nei giusti tempi i pagamenti per tutte le transazioni commerciali. Per quel che concerne l’agenda volta a una migliore regolamentazione, lo scorso anno la Commissione ha presentato undici nuovi procedure accelerate per ridurre gli oneri amministrativi sulle imprese, con l’obiettivo di raggiungere, entro il 2012, una riduzione del 25 per cento degli attuali oneri derivati dai regolamenti UE. Si stima che ciò consentirebbe un risparmio di circa 30 miliardi di euro, e sarebbero le PMI a ricavarne i maggiori benefici . Il 10 marzo di quest’anno, il Consiglio ha invitato la Commissione a proporre nuove misure specifiche mirate a ridurre gli oneri in ciascuna delle tredici aree prioritarie contenute nel piano d'azione. I provvedimenti effettivi riguardano l’adozione in prima lettura al Parlamento europeo di proposte per la semplificazione della terza e sesta direttiva, relative a fusioni e scioglimenti di imprese commerciali, , nonché l’approvazione di una revisione per la quarta e la settima direttiva. Ad ogni modo, occorre proseguire questo importante lavoro per raggiungere l’obiettivo della riduzione del 25 per cento degli oneri amministrativi. La Commissione dovrebbe completare quanto prima la revisione di tutti i regolamenti e disposizioni giuridiche .
Marie Panayotopoulos-Cassiotou (PPE-DE). - (EL) Signora Presidente, ringrazio il ministro per aver elencato tutte le misure previste. Chiaramente, l’applicazione di tali misure deve ora portare risultati concreti a tutti coloro che, all’interno dell’Unione europea, gestiscono piccole e medie imprese che soffrono per le conseguenze negative della crisi e a tutti coloro che vogliono creare nuove PMI. E Proprio a questo proposito, vorrei chiedere al ministro se sono disponibili dati sull’avviamento di nuove attività, e su quello che invece stanno cessando. Mi interesserebbe confrontare tali cifre , se non oggi, in una risposta futura.
Petr Nečas, presidente in carica del Consiglio. – (CS) Vorrei innanzi tutto sottolineare che i dati relativi alle aziende in via di cessazione e all’avviamento di nuove imprese, nonché alle condizioni specifiche per avviare nuove attività variano notevolmente da Stato a Stato . Se in alcuni paesi bastano un paio di giorni per creare una nuova società, purtroppo in altri possono essere necessari vari mesi. E' certamente possibile redigere un documento di sintesi con le informazioni da lei richieste, onorevole Panayotopoulos-Cassiotou, e lo presenteremo per iscritto.
Presidente. − Annuncio l'interrogazione n. 10 dell’on. Doyle (H-0145/09):
Oggetto: Conclusioni del Consiglio di primavera sul finanziamento di un accordo organico sui cambiamenti climatici
Alla luce del Vertice di primavera della scorsa settimana, la Presidenza è soddisfatta dell’esito dei negoziati riguardo alla concessione di assistenza finanziaria ai paesi in via di sviluppo, al fine di contribuire a un accordo organico sui cambiamenti climatici durante la prossima conferenza COP-15 di dicembre che si terrà a Copenhagen?
Petr Nečas, presidente in carica del Consiglio. – (CS) Signora Presidente, onorevoli colleghi, nelle conclusioni dell' incontro svoltosi il 19 e 20 marzo 2009, il Consiglio ha affermato che le misure attenuative e di adattamento avrebbero richiesto notevoli risorse finanziarie e nazionali, sia pubbliche che private, in particolare nei paesi in via di sviluppo più a rischio, e che l’Unione avrebbe fornito buona parte dei fondi per tali misure nei paesi in via di sviluppo. Secondo una stima della Commissione, basata su studi recenti, entro il 2020 gli investimenti aggiuntivi pubblici e privati dovranno aumentare fino a quasi 175 miliardi di euro al fine di ridurre le emissioni a un livello compatibile con gli obiettivi comunitari.
Studi recenti dimostrano che oltre la metà di tali investimenti dovranno essere destinati ai paesi in via di sviluppo. Secondo le stime del segretariato della convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, nel 2030 i costi dell’adattamento nei paesi in via di sviluppo oscilleranno tra i 23 e i 54 miliardi di euro l’anno. Per quel che concerne gli stanziamenti per le misure di attenuazione nei paesi in via di sviluppo, il Consiglio ha adottato una posizione molto chiara: . con l’aiuto dei paesi sviluppati, i paesi in via di sviluppo dovrebbero elaborare strategie e progetti per realizzare economie a bassa emissione di CO2. Tali strategie e progetti dovrebbero distinguere fra misure che possono essere adottate in modo indipendente, poiché implicano una spesa nulla o estremamente contenuta, se non addirittura un beneficio netto nel lungo termine, e misure che implicano positivi costi aggiuntivi che Stati individuali non possono coprire facilmente.
Per attuare l’accordo di Copenhagen, è fondamentale disporre di un sostegno finanziario congruo, prevedibile e tempestivo, fornito da una struttura finanziaria internazionale che dev'essere basata su principi di efficienza, adeguatezza, equità, trasparenza, responsabilità, coesione, prevedibilità e corretta gestione finanziaria . Per quanto riguarda le fonti dei finanziamenti, il Consiglio ha confermato le opzioni che potranno essere ulteriormente esaminate in fase di negoziati internazionali e che includono un approccio basato su contributi che partono da un importo concordato, un approccio di mercato fondato su appalti oppure su una combinazione tra queste e altre opzioni. Inoltre, nel corso della transizione verso un mercato globale di scambio della Co2 carbonio, i meccanismi flessibili, il meccanismo di sviluppo pulito e l’attuazione congiunta continueranno ad avere un ruolo fondamentale nel finanziamento della riduzione delle emissioni nelle economie in via di sviluppo e trasformazione. A tal proposito, sarà basilare rafforzare l’integrità dal punto di vista dell’ambiente, il contributo allo sviluppo sostenibile e un'equa distribuzione geografica. E’ inoltre necessario ampliare il mercato di scambio della CO2 al fine di inviare un chiaro segnale sui costi ad essa legati. Ciò comprende uno dei metodi più efficienti in termini di costi per ridurre le emissioni e al tempo stesso incentivare il passaggio a un’economia a bassa emissione di Co2 . In relazione all’accordo europeo sul pacchetto clima-energia, il Consiglio ha sottolineato il contributo di tali misure agli sforzi europei volti a garantire gli stanziamenti per misure destinate all'attenuazione e all'adattamento ai cambiamenti climatici. E’ chiaro che c’è ancora molto da fare nell'ambito dei finanziamenti. Il Consiglio ha deciso di tornare sulla questione durante l'incontro di giugno, per definire ulteriormente la propria posizione rispetto ai negoziati internazionali attualmente in corso.
Avril Doyle (PPE-DE). - (EN) Vorrei ringraziare la presidenza ceca per la sua risposta . In realtà, l’avevo già ricevuta per iscritto quest’oggi perché non si prevedeva che saremmo arrivati all’interrogazione n. 10.
Si può ritenere che questo sia davvero il punto di vista del governo ceco, come è stato messo agli atti, poiché ciò mi incoraggerebbe molto? La ringrazio: significa che dall’inizio della sua presidenza il governo ceco ha fatto enormi passi avanti sulle questioni riguardanti i cambiamenti climatici .
Oltre all’incontro del Consiglio a giugno, potrebbe esporre il resto del programma volto a raggiungere un accordo sulla cosiddetta “buona parte ” coperta dall’UE nel finanziamento per l’attenuazione e l’adattamento nei paesi terzi? In ogni caso, concordo pienamente con quanto da lei affermato relativamente al mercato della CO2 e al suo contributo.
Presidente. − La ringrazio, onorevole Doyle. E’ interessante sapere che lei era già in possesso della risposta: si tratta di una pratica che ho voluto incoraggiare sia da parte del Consiglio che della Commissione da molto tempo, quindi complimenti a entrambi.
(Esclamazione dall’onorevole Doyle: “Perché non pensavano che saremmo arrivati all’interrogazione n. 10!”)
Petr Nečas, presidente in carica del Consiglio. – (CS) Onorevoli parlamentari, meno tempo manca al termine della presidenza ceca, più esso sembra passare rapidamente e forse è per questo che cerchiamo di darci da fare e risolvere tutte le questioni amministrative per tempo. In risposta all’interrogazione , vorrei dire che il Consiglio discuterà nuovamente di tale argomento a giugno, poiché attribuisce grande importanza a una maggiore concentrazione sui meccanismi finanziari nella lotta ai cambiamenti climatici. Prima del vertice di Copenhagen il Consiglio pubblicherà la posizione europea ai vari metodi di finanziamento delle misure di attenuazione e adattamento, volte a sostenere le nuove tecnologie e creare il giusto contesto in cui attuare questi progetti. Il Consiglio esporrà inoltre le modalità secondo le quali l’Unione intende dare un contributo concreto a tali progetti e illustrerà la ripartizione dei costi tra gli Stati membri, nonché gli sforzi tesi all’attuazione degli obiettivi. Tutto ciò sarà basato sulle proposte della Commissione.
Per quanto riguarda altre questioni relative al finanziamento dell’accordo globale sulla lotta ai cambiamenti climatici, l’Unione europea ha dichiarato l'intenzione di assumersi una parte proporzionata di responsabilità. Sono stati inoltre stabiliti principi di base sui finanziamenti e l'UE ha annunciato di voler discutere tali opzioni con i propri partner mondiali. Ovviamente sarebbe prematuro scoprire le carte pubblicando dei dati: non sarebbe accorto, né prudente, né tattico. Abbiamo un’idea della quantità di fondi necessaria per attuare il piano globale, ma prima dobbiamo sapere, approssimativamente, che tipo di misure di attenuazione intendono applicare i paesi terzi. A tale proposito, vorrei ricordare che nel 2007 l’UE aveva espresso l'impegno volontario a ridurre le emissioni del 20 per cento e del 30 per cento in caso venisse raggiunto un accordo mondiale: ciò succedeva ben prima che qualsiasi paese al mondo pubblicasse indicazioni di qualunque tipo sulle misure di attenuazione.
Presidente. − Finché ne ho l’opportunità, voglio ribadire che, se si possono fornire in anticipo le risposte a interrogazioni che si ritiene non saranno affrontate, a maggior ragione anticipate quelle relative alle interrogazioni che sicuramente saranno affrontate , in modo da poter assistere – come abbiamo appena fatto – a uno scambio migliore e più utile. Ringrazio entrambi gli onorevoli per questa dimostrazione, che da tempo molti di noi cercavano.
Le interrogazioni che, per mancanza di tempo, non sono state trattate, riceveranno risposta per iscritto (vedasi allegato).
Con questo si conclude il Tempo delle interrogazioni.
(La seduta, sospesa alle 20.10, riprende alle 21.00.)
Presidente. – L’ordine del giorno reca la relazione (A6-0096/2009), presentata dall’onorevole Csibi a nome della commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare, sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa all’istituzione di un quadro per l’elaborazione di specifiche per la progettazione ecocompatibile dei prodotti connessi all’energia (rifusione) [COM(2008)0399 – C6-0277/2008 – 2008/0151(COD)].
Magor Imre Csibi, relatore. − (EN) Signor Presidente, vorrei ringraziare i relatori ombra per la collaborazione prestata nel raggiungimento di un accordo di compromesso con il Consiglio sulla rifusione della direttiva sulla progettazione ecocompatibile.
E’ stato un processo difficile, principalmente per la natura nettamente restrittiva della rifusione. Una proposta legislativa in cui il Parlamento non può cambiare quasi nulla non costituisce il quadro appropriato per la procedura di codecisione. Non siamo più un’istituzione che si limita a dare il proprio assenso e non è questo il modo in cui il Parlamento intende lavorare sulla rifusione in futuro.
Tuttavia, mi rallegro del fatto che, nonostante tali sfide, siamo riusciti a raggiungere un compromesso che conferma i principi di base della proposta della Commissione, come, ad esempio, l'ampliamento dell'ambito di azione ai prodotti connessi all’energia, ma che fornisce anche ulteriori chiarimenti e pone maggiore enfasi su tutti i parametri ambientali pertinenti.
Il compromesso migliora la definizione di “prodotti connessi all’energia” chiarendo quali prodotti possono essere coperti dalle misure di esecuzione, ad esempio i materiali isolanti per finestre o prodotti che utilizzano acqua, come rubinetti e soffioni delle docce. Sottolineo che fornire questi esempi non comporta l’inclusione automatica di tali prodotti .
In primo luogo, essi saranno soggetti a una valutazione d’impatto specifica e saranno elaborate misure di esecuzione unicamente per quei prodotti che hanno un impatto ambientale notevole, un significativo potenziale di miglioramento e non sono coperti da altra legislazione che possa raggiungere gli stessi obiettivi più rapidamente e con minor dispendio di risorse.
Il compromesso prevede, inoltre, la valutazione della metodologia utilizzata per elaborare le misure di esecuzione al fine di includere l’efficienza delle risorse e l’approccio del ciclo di vita. In un periodo in cui si assiste alla progressiva riduzione delle risorse naturali, occorre mirare non solo all’efficienza energetica, ma anche a ottimizzare l’impiego delle risorse in generale. Dobbiamo inoltre tentare di ridurre l’impatto ambientale dei prodotti non solo durante la fase d’uso, ma anche durante l'intero ciclo di vita, dalla selezione delle materie prime alla produzione, al confezionamento, all'utilizzo e fino a fine vita.
Sebbene per il momento la direttiva copra soltanto i prodotti connessi all’energia, dovremmo prepararci a un’ulteriore estensione in futuro. Sia la commissione “Ambiente”, sia quella per l'industria, la ricerca e l'energia hanno richiesto un deciso impegno ad ampliare l'ambito di applicazione della direttiva oltre ai prodotti connessi all’energia in seguito alla revisione prevista per il 2012.
Da parte sua, la Commissione si è impegnata ad adottare l'attuale metodologia, se necessario, con l’obiettivo di ampliare ulteriormente l'ambito di applicazione a tutti i prodotti, ma non è stato possibile ottenere un impegno concreto in tal senso. Avrei apprezzato da parte della Commissione un approccio più deciso e lungimirante, specialmente perché abbiamo a disposizione già oggi tutti gli strumenti necessari e questa era la migliore opzione individuata dallo studio d’impatto. In questo senso, ritengo che abbiamo perso un’opportunità per fare di più per l’ambiente, con meno burocrazia.
Quanto alla questione della revisione nel 2012, certamente non contestiamo la necessità di cambiare abitudini di consumo e di produrre passando a prodotti più “puliti”. Cambiare è necessario, ma è possibile farlo anche senza oberare aziende e famiglie.
La creazione di un’economia a bassa emissione di CO2ma ad alta efficienza energetica consente di dare nuovi stimoli alla concorrenza. La direttiva Ecodesign costituisce una grande opportunità per il settore industriale, per avere aziende più competitive e creare condizioni di effettiva parità in tutta Europa, riducendo la burocrazia e i costi di produzione; garantisce inoltre flessibilità alle imprese poiché le misure di autoregolamentazione possono essere riconosciute quali alternative alle norme di esecuzione .
Infine, ma non per questo meno importante, i soggetti interessati vengono consultati nella definizione e revisione delle misure di esecuzione e nella valutazione delle misure di autoregolamentazione. Dalle consultazioni che ho avuto con le parti interessate, ho compreso che aziende lungimiranti non attendono che le norme entrino in vigore, ma adottano misure proattive. Alcuni lo fanno per altruismo, ma la maggioranza lo fa perché la sensibilità verso le tematiche ecologiche si rivela utile per l’azienda.
Occorre tuttavia inviare alle aziende i segnali giusti. Sebbene la mia proposta di estendere i requisiti di progettazione ecocompatibile non incontri il consenso di tutti i miei colleghi, sono fermamente convinto che solo passando all’utilizzo di prodotti più “puliti” potremo porre fine al degrado ambientale.
Oltre l’80 per cento dell’impatto ambientale di un prodotto viene determinato durante la fase di progettazione: un miglioramento in tale fase eviterebbe sprechi e fornirebbe ai consumatori prodotti più efficienti, più affidabili e più duraturi.
Estendere i requisiti di progettazione ecocompatibile a prodotti connessi all’energia, come rubinetti e soffioni per doccia, costituisce il primo passo verso un approccio più ambizioso e una politica che mira a prodotti sostenibili a livello comunitario.
Talvolta, anche piccoli passi possono portare a grandi risultati. Mi auguro che l'Assemblea approvi questo accordo di compromesso considerandolo come un passo avanti e che non si cessi di esercitare pressione per ottimizzare l’intero potenziale di miglioramento ambientale e incentivare la progettazione di prodotti sempre più ecosostenibili.
Günter Verheugen, vicepresidente della Commissione. – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei innanzi tutto ringraziare il relatore, l’onorevole Csibi, per il notevole lavoro svolto sulla proposta ed esprimere la mia soddisfazione per l'accordo raggiunto in prima lettura.
Da un punto di vista squisitamente legale, il contenuto della proposta – è limitato: consiste essenzialmente nell'ampliare l’ambito di applicazione della direttiva sulla progettazione ecocompatibile al di là dei prodotti che consumano energia, ai quali essa si riferisce ora, al fine di coprire tutti i prodotti connessi all’energia. Da un punto di vista politico, tuttavia, la proposta assume un'importanza enorme, in quanto rappresenta un passo importante sulla strada verso la terza rivoluzione industriale europea, verso la trasformazione delle nostre economie nazionali sistemi a bassa emissione di CO2.
Immagino il prodotto europeo del futuro: avrà un’etichetta “Made in Europe”, sarà il più innovativo, il più sicuro e, soprattutto, il prodotto a maggior risparmio energetico e di risorse sul mercato. Sono convinto che assumere una posizione di leadership nel campo dell’efficienza energetica e nell’uso oculato delle risorse non solo andrà a vantaggio dell’ambiente, ma anche dell'occupazione. Prodotti e processi ecologici stanno infatti riscuotendo un successo economico crescente, anche in questo periodo di crisi, e si prevede che tale tendenza continuerà anche in futuro.
A mio avviso, questa direttiva è un ottimo esempio di politica integrata sui prodotti. Ha già dimostrato il proprio valore e abbiamo registrato risultati positivi per quanto riguarda i prodotti che consumano energia. La direttiva fornisce un quadro per stabilire requisiti di progettazione ecocompatibile che tengano conto dell’effettivo impatto ambientale di un prodotto durante tutto il suo ciclo vitale. Come ha già affermato l’onorevole Csibi, la direttiva spiana la strada alle iniziative volontarie da parte delle imprese; riduce i requisiti specificati ufficialmente per quei prodotti che offrono la possibilità di realizzare un notevole potenziale di risparmio energetico in modo economicamente conveniente.
La direttiva attualmente in vigore sta già fornendo un prezioso contributo al raggiungimento degli obiettivi europei di riduzione, attraverso l’abolizione delle lampadine a incandescenza, delle caldaie e di tutti quei prodotti di consumo inefficienti sotto il profilo energetico. Ampliare il campo di applicazione della direttiva al fine di comprendere tutti i prodotti connessi all’energia comporta un enorme potenziale per ridurre ulteriormente il consumo di energia e dunque le emissioni di CO2.
Ricapitolando, ogni prodotto che implica il consumo di energia ora rientra nel campo di applicazione della direttiva: esso include pertanto anche quei prodotti che non consumano energia al momento dell'utilizzo, ma che influenzano il consumo energetico in modo indiretto. Ad esempio, è possibile stabilire requisiti per i prodotti che utilizzano acqua e per le finestre. Tanto per citare un esempio: semplicemente aumentando la proporzione di finestre a doppi vetri, sarebbe possibile incrementare del 30 per cento il risparmio energetico fino al 2020; ciò corrisponde a un risparmio di 55 000 gigawattora, ossia un risparmio di 27 megatonnellate di CO2, pari alla quantità emessa da due o tre centrali nucleari. Ciò dimostra l’enorme impatto che fattori di cambiamento all’apparenza insignificanti possono avere .
La Commissione intende proseguire il lavoro attualmente in corso sulle 25 misure di attuazione della direttiva sulla progettazione ecocompatibile, stabilite nel piano di gestione 2009-2011. Inoltre, dopo aver consultato il forum consultivo sulla progettazione ecocompatibile dei prodotti ai sensi dell’articolo 16 della direttiva, stabilirà quali prodotti debbano essere inclusi nel secondo piano di gestione entro il 21 ottobre 2011.
Entro il 2012, la Commissione deciderà, ai sensi dell’articolo 21, l'eventualità di estendere il campo d’azione della direttiva ai prodotti non pertinenti al consumo di energia, pur essendo rilevanti per la conservazione delle risorse.
Come concordato durante i negoziati che hanno portato all’accordo in prima lettura, la Commissione sta preparando una dichiarazione, di cui il Parlamento è al corrente. La trasmetterò all’ufficio di presidenza al termine della seduta.
Grazie alla rapida approvazione della proposta in prima lettura, la Commissione può ora attuare la propria politica industriale sostenibile e iniziare subito a lavorare per presentare altre azioni specifiche per risparmiare energia e ridurre le emissioni di CO2.
Vorrei concludere con un’osservazione: la stretta cooperazione fra Parlamento, Consiglio e Commissione ha notevolmente velocizzato le negoziazioni. Sono lieto di poter affermare che la Commissione sosterrà tutti gli emendamenti presentati dal relatore, l’onorevole Csibi. Vi ringrazio.
Anders Wijkman, a nome del gruppo PPE-DE. – (EN) Signor Presidente, vorrei ringraziare il relatore, l’onorevole Csibi.
A mio avviso, il risultato dei nostri sforzi comuni nella revisione della direttiva sulla progettazione ecocompatibile rappresentano, in gran parte, in un’opportunità sprecata. Ovviamente, estendere il campo di applicazione anche ai prodotti connessi all’energia è positivo. Ma perché fermarsi qui? I problemi che dobbiamo affrontare in termini di risorse vanno al di là dell’energia e il Commissario dovrebbe saperlo.
Il problema consiste nella pressione globale a cui sono sottoposti gli ecosistemi e le risorse naturali. Molte relazioni scientifiche lo testimoniano, non ultima la nostra strategia tematica sulle risorse naturali. Si stima che due terzi dei principali ecosistemi al mondo siano eccessivamente sfruttati e che ciò comporti un impoverimento del nostro capitale naturale. Tale problema è esacerbato dall'espansione economica e demografica. Il problema è che l'attuale modello e il concetto di crescita non sono sostenibili. Chi, se non l’Unione europea, potrebbe rendere tale concetto più sostenibile?
Ritengo che la direttiva sulla progettazione ecocompatibile offra una via d’uscita. Come è stato fatto per l’efficienza energetica, si potrebbero stabilire regole e normative su come reperire i materiali, progettare i prodotti per favorire il riciclaggio e il riutilizzo e incrementare l’efficacia delle risorse, un problema che dovremmo affrontare quanto prima. Avendo in precedenza visto le bozze di proposte della Commissione che includevano l’efficacia delle risorse, rimane per me un mistero il motivo per cui tali proposte non abbiano avuto seguito.
In quale altro ambito della legislazione europea esistono misure che promuovono l’efficacia delle risorse? Occorrono quadri orientativi che incentivino l’efficacia delle risorse a tutti i livelli, che incoraggino le aziende a sperimentare nuovi modelli imprenditoriali – come il pensiero funzionale – attraverso l'offerta di servizi, anziché di prodotti, e in cui i ricavi si ottengono grazie alla qualità del servizio e non solo attraverso un aumento del volume delle vendite.
Come ho detto, la direttiva avrebbe potuto incorporare tutti questi punti. Fra qualche anno, ci pentiremo di non essere stati più lungimiranti oggi. Come ho detto, abbiamo perduto un’opportunità .
Dorette Corbey, a nome del gruppo PSE. – (NL) Signor Presidente, ringrazio il relatore. Ammiro e stimo la dedizione l' impegno da lui profusi e apprezzo molto la sua rapidità. Per quanto mi riguarda, tutto si sarebbe potuto svolgere più rapidamente ed è un peccato che sia stato notevolmente rallentato.
L’Europa oggi si sta confrontando con la crisi economica, ma da anni va avanti una lotta contro la mancanza di innovazione. Altri paesi sono decisamente più innovativi dell’Unione europea: gli Stati Uniti investono molte più risorse – sia pubbliche che private – nella ricerca e nello sviluppo; il Giappone è estremamente avanzato in questo senso, soprattutto per una visione di soggetto di eccellenza. La direttiva sulla progettazione ecocompatibile mira all’innovazione e ciò rappresenta uno sviluppo positivo sia per l’ambiente, sia per l’economia. Il marchio "Made in Europe" dovrebbe contraddistinguere i prodotti più ecologici sul mercato.
L’innovazione deve puntare a molteplici obiettivi: minor consumo energetico, minore inquinamento dalla produzione fino al consumo, migliore gestione delle risorse naturali e attenzione al riutilizzo o al riciclaggio dei prodotti alla fine della loro vita utile. Non si tratta soltanto dei prodotti che utilizzano energia, ma anche di quelli ad essa connessi e concordo pienamente con il relatore sul fatto che dovrebbero essere inclusi tutti i prodotti.
In altre parole, le risorse sono importanti. Se fra vent’anni la Terra conterà quasi nove miliardi di abitanti, e se tutti vorranno godere di un ragionevole livello di benessere è essenziale gestire in modo giusto e oculato le risorse. Vi sono concetti estremamente stimolanti, come il modello "dalla culla alla culla" proposto da Michael Braungart, idee radicali per un completo riutilizzo dei materiali.
Oggi, occorre chiedersi essenzialmente se la direttiva sulla progettazione ecocompatibile sia realmente efficace. L'esempio più noto tratto da tale direttiva è l’eliminazione delle lampadine a incandescenza, una decisione impopolare ma nettamente positiva. Purtroppo, regna ancora una certa confusione riguardo all’efficienza energetica delle lampadine a LED, poiché sembra siano meno vantaggiose di come molti produttori le avevano dipinte.
Un altro esempio tratto dalla direttiva è l’etichettatura energetica. Come sapete, esistono le categorie AA, A+, A20, A40 e a breve tutti i prodotti saranno muniti di classificazione A. Al contempo, il significato di tali sigle è totalmente oscuro, il che difficilmente costituisce un buon esempio di progettazione ecocompatibile.
Onorevoli colleghi, questa revisione purtroppo non può risolvere tutti i problemi. Siamo bloccati dalle nostre stesse procedure e accordi e stiamo certamente perdendo un’occasione. Mi auguro che questa valutazione costituisca un’opportunità di miglioramento. E’ importante che la direttiva sulla progettazione ecocompatibile venga valutata dettagliatamente quanto prima. Ci consente davvero di raggiungere l’innovazione che stiamo perseguendo? Pone l’Unione europea e i suoi produttori al vertice del mercato? Consente di risparmiare energia? Riduce i rifiuti e lo spreco di risorse naturali? E soprattutto: i suoi effetti possono essere estesi ai prodotti non connessi all’energia e a tutti i prodotti in generale?
Holger Krahmer, a nome del gruppo ALDE. - (DE) Signor Presidente, Commissario Verheugen, onorevoli colleghi, vorrei rivolgervi un monito riguardo a questo compromesso, che è stato raggiunto in modo rapido, incredibilmente rapido, a dire il vero.
Abbiamo proceduto così rapidamente che avremmo potuto adottare questa direttiva stasera, praticamente saltando la discussione. Dev’essere una delle ragioni per le quali vi sono così pochi interventi. Voglio ricordarvi che stiamo estendendo il campo di applicazione di questa pur sapendo ancora ben poco sui risultati del recepimento della direttiva attuale . Vorrei ricordare a tutti che abbiamo discusso sul campo di applicazione della direttiva e quest'Aula voleva estenderlo a tutti i prodotti. Ritengo che sia la strada sbagliata: non è accettabile, né ragionevole, sottoporre ogni prodotto fabbricato nell’Unione europea a una valutazione di conformità ambientale ed è deplorevole, per quanto mi riguarda, che tale punto sia stato incluso nel testo quale opzione per il 2012.
La Commissione europea non deve trasformarsi in un’autorità preposta alla pianificazione dei prodotti. Anche alla luce della crisi finanziaria ed economica, politici e funzionari , non hanno più esperienza dei progettisti riguardo alla corretta produzione dei beni e alle possibili migliorie. In conclusione, vorrei ricordare a tutti che la crescente complessità di questa legislazione rischia di sopraffare le piccole e medie imprese, che spesso faticano a rispettare molti di questi requisiti così come sono oggi. Ciò di cui stiamo discutendo ora le caricherà di ulteriori fardelli, alle cui conseguenze ritengo non abbiamo prestato la dovuta attenzione.
Satu Hassi, a nome del gruppo Verts/ALE Group. – (FI) Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei ringraziare sentitamente il relatore, l’onorevole Csibi, per il magnifico lavoro.
La direttiva sulla progettazione ecosostenibile non è uno di quegli argomenti che appassionano i media o l’opinione pubblica, ma riguarda un argomento molto importante, anche se concordo con l’onorevole Wijkman nel ritenere che il campo di applicazione dovrebbe essere esteso all’efficienza energetica in generale.
Tutti le ricerche che hanno analizzato i costi della protezione del clima dimostrano che è proprio il risparmio energetico che consente di ridurre le emissioni più rapidamente e a minori costi . Imporre requisiti di efficienza energetica su tutti i prodotti e le apparecchiature significa risparmiare una notevole quantità di energia, senza che i cittadini debbano accollarsi altri problemi.
Si stima che gli edifici siano responsabili del 36 per cento delle emissioni di gas serra dell’Unione europea. Secondo le relazioni che abbiamo visto tutti, il miglioramento dell’efficienza energetica degli edifici è uno dei sistemi più economici per proteggere il clima. Ora dobbiamo ampliare il campo di esecuzione della direttiva sulla progettazione ecocompatibile, stabilendo requisiti energetici, ad esempio, per finestre, pareti ed elementi di isolamento negli edifici. Ritengo che ciò sia assolutamente corretto e mi rallegro che non abbiamo consentito ai lobbisti del settore chimico di bloccare questa necessaria decisione . Questa direttiva darà un contributo significativo per raggiungere l’obiettivo di tagliare i consumi energetici del 20 per cento.
Un altro importante strumento a nostra disposizione è l’etichettatura del consumo energetico delle apparecchiature. Sarebbe davvero stupido se la Commissione eliminasse le classi di consumo energetico (dalla A alla G), che hanno funzionato così bene, alle quali i consumatori si sono abituati e che hanno costituito un modello per molti altri paesi al mondo. Mi rallegro che la commissione per l’industria, la ricerca e l’energia questa settimana abbia adottato una posizione decisa a favore del mantenimento delle classi A-G e dell’aggiornamento di tali criteri per tenere conto dello sviluppo tecnologico. Mi auguro che la Commissione dia ascolto all’opinione chiara e forte espressa dal Parlamento.
Günter Verheugen, vicepresidente della Commissione. – (DE) Onorevoli parlamentari, le polemiche sorte durante il dibattito non riguardano l’efficienza energetica. Ritengo che ognuno di voi concordi sul fatto che la proposta della Commissione permetterà di compiere notevoli passi avanti verso una maggiore efficienza energetica, verso l'aumento del risparmio energetico e verso la riduzione delle emissioni di gas serra. La proposta riguarda proprio tali ambiti, il clima e la politica energetica. Devo ammettere che sono piuttosto stupito dalle critiche ascoltate oggi: credo di aver spiegato chiaramente che la politica integrata relativa ai prodotti condotta dalla Commissione individua una stratta correlazione tra ’efficienza energetica e conservazione delle risorse . A tal proposito, la preservazione delle risorse riveste indubbiamente un ruolo essenziale all’interno della proposta presentata. Sembra che quest’aspetto sia stato sorvolato.
Vorrei anche sottolineare che, in termini di misure di esecuzione, l’Allegato 1 alla direttiva riguarda già tutte le fasi ecologicamente pertinenti dell’intero ciclo vitale di un prodotto – inclusa quindi l’efficienza delle risorse piuttosto che la semplice efficienza energetica – e il fatto che la Commissione prende in considerazione tali fattori quando, coadiuvata da una metodologia appositamente sviluppata, stabilisce quali parametri di progettazione ecocompatibile debbano essere regolamentati dalle misure di esecuzione di progettazione ecologica dei prodotti che utilizzano energia. Per quanto riguarda specifiche misure di esecuzione, la questione dell’efficienza delle risorse è fondamentale.
Vorrei ora fare delle considerazioni più generali sulla politica. Ritengo che questa nuova politica di prodotto, che avrà un impatto enorme sul comportamento dei consumatori, sulla produzione industriale in generale e sull’intera cultura economica europea, non possa essere completata di punto in bianco, ma deve essere raggiunta gradualmente. Inoltre, è più saggio stabilire regole una volta che si è acquisito un minimo di esperienza e al momento non disponiamo di esperienza sufficiente per quanto riguarda l’efficienza delle risorse di prodotti di consumo standard . Tuttavia, abbiamo stabilito chiaramente la direzione da seguire e sono convinto che, la prossima volta in cui ci occuperemo di questa direttiva, l’attenzione sarà focalizzata sulla preservazione delle risorse piuttosto che sull’efficienza energetica.
Vi sarei grato se, nella situazione attuale, potessimo fare ciò che è ragionevolmente raggiungibile e dessimo un importante e duraturo contributo alla riduzione dei consumi energetici e, dunque, all'obiettivo di fare dell'l’Europa un leader mondiale nell’efficienza energetica e nella riduzione delle emissioni di CO2.
La Commissione dichiara che l’adozione della proposta di estensione della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa all’istituzione di un quadro per l’elaborazione di specifiche per la progettazione ecocompatibile dei prodotti connessi all’energia non influenzerà l’attuazione del programma di lavoro attualmente in vigore.
Inoltre, la Commissione terrà debitamente conto dell’esperienza acquisita attraverso la direttiva al momento di elaborare il programma di lavoro e proporre nuove misure di esecuzione tramite la direttiva rifusa. Ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 2 lettera C, della direttiva e dei principi di miglior regolamentazione, la commissione si adopererà, in particolare, per garantire il mantenimento di una generale coerenza della legislazione europea sui prodotti.
Inoltre, la Commissione, al momento di valutare l’opportunità di estendere il campo di esecuzione della direttiva ai prodotti non connessi all’energia ai sensi dell'articolo 21, prenderà in considerazione l’eventuale necessità di adeguare la metodologia di individuazione e gestione di importanti parametri ecologici per tali prodotti.
Magor Imre Csibi, relatore. − (EN) Signor Presidente, il compromesso non è mai semplice e la discussione odierna ci ha dimostrato che abbiamo opinioni differenti; ma non è semplice nemmeno trovare un’equa via di mezzo fra il progressivismo del Parlamento europeo e il realismo delle direzioni generali e del Consiglio.
Ad ogni modo, ringrazio sinceramente i colleghi delle direzioni generali per la loro flessibilità. Vorrei anche ringraziare il commissario Verheugen per il suo sostegno, nonché i relatori ombra che mi hanno aiutato in questo processo legislativo.
Ritengo che questa proposta rappresenti un’equa via di mezzo , nonché una modalità di gestione del pacchetto che non sovraccaricherà le aziende europee e renderà l’industria europea più efficiente dal punto di vista energetico e delle risorse.
Vorrei peraltro riprendere quanto affermato dall’onorevole Krahmer, augurandomi che l’attuazione di questa proposta sia rapida quanto il nostro lavoro legislativo.
Mi auguro che l'attuazione sia rapida come anche i risultati diretti, che devono tutelare innanzi tutto, gli interessi dei cittadini, e in seconda battuta anche quelli dell’industria europea.
Presidente. − La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà domani alle 12.00.
Dichiarazioni scritte (articolo 142 del regolamento)
Rovana Plumb (PSE), per iscritto. – (RO) L’attuale crisi finanziaria consolida ulteriormente la responsabilità dell'UE di fare onore ai propri impegni in ambito di energia e ambiente. Occorre adottare misure (come, ad esempio, la progettazione ecocompatibile dei prodotti) affinché il consumo e la produzione di prodotti in Europa diventi più sostenibile, senza costi aggiuntivi che gravino sui cittadini e sulle aziende.
La progettazione ecocompatibile si riferisce alla prima fase del nel ciclo vitale di un prodotto. Tale concetto mira ad eliminare l’impatto ambientale dei prodotti e del processo di produzione. Circa l’80 per cento dell’impatto ambientale di un prodotto e i costi legati al suo ciclo vitale possono essere calcolati in fase di progettazione. La raccolta e la diffusione di un corpus di conoscenze costituito dall'azione dei produttori in materia di progettazione ecocompatibile costituisce uno dei principali vantaggi della riforma della direttiva sulla progettazione ecocompatibile.
Fornire ai consumatori informazioni sull’efficienza energetica e delle risorse dovrebbe rappresentare un elemento essenziale nelle decisioni dei produttori. Il miglioramento dell’efficienza energetica rappresenta il modo più rapido ed economico di ridurre le emissioni di gas a effetto serra. Al fine di assicurare maggiore trasparenza ai consumatori, alle aziende e alle autorità competenti e favorire la rapida raccolta dei dati per i consumatori e le PMI, è necessario poter disporre di una banca dati accessibile.
Sono favorevole alla richiesta presentata alla Commissione relativa alla creazione di una banca dati online pubblica sulla progettazione ecocompatibile.
21. Condizioni armonizzate per la commercializzazione dei prodotti da costruzione (discussione)
Presidente. – L’ordine del giorno reca la relazione (A6-0068/2009) presentata dall’onorevole Neris, a nome della commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori, sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, che fissa condizioni armonizzate per la commercializzazione dei prodotti da costruzione [COM(2008)0311 – C6-0203/2008 – 2008/0098(COD)].
Catherine Neris, relatore. – (FR) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, questa sera concludiamo la prima fase dell’esame della proposta presentata dalla Commissione sulle condizioni per la commercializzazione dei prodotti da costruzione.
Ringrazio la Commissione per il sostegno tecnico, nonché tutti i relatori ombra per la ricettività e disponibilità a intraprendere il dialogo, il che ci ha consentito di giungere gradualmente a una posizione condivisa e di raggiungere un accordo sui principali punti della questione.
Seppure sosteniamo pienamente gli obiettivi della riforma – volta a migliorare il funzionamento del mercato, a garantire maggiore credibilità al marchio CE e a semplificare il sistema – e condividiamo l’indiscusso interesse a dotarci di un linguaggio tecnico comune, la vasta maggioranza dei membri della commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori era impaziente di esprimere i propri dubbi.
Tali dubbi possono essere spiegati, in primo luogo, dal desiderio unanime di evitare un'eccessiva semplificazione, che avrebbe ridotto il controllo sui prodotti e le relative dichiarazioni.
Derivano peraltro anche dalla posizione assunta dalla Commissione, la quale, a nostro avviso, tende ad accontentarsi di una situazione in cui i criteri di valutazione dei prodotti sono in parte affidati agli Stati membri, di modo che il vero significato del marchio CE dipende dallo Stato in cui i prodotti sono commercializzati, dando così luogo a problemi di credibilità.
Le nostre riserve sorgono infine dal fatto che, mentre vogliamo che l’Europa imbocchi la strada dell’economia ecosostenibile, il testo proposto non si occupa né di prestazioni energetiche dei prodotti, né della loro parziale nocività per i consumatori.
Per fugare tali dubbi, la commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori ha introdotto una serie di modifiche. Ne citerò cinque .
In primo luogo, proponiamo di mantenere l’obbligo del marchio CE per i prodotti da costruzione immessi sul mercato, allo scopo di garantire che tutto ciò che viene venduto in Europa ha superato adeguate procedure di controllo.
Tale scelta non deve creare ulteriori difficoltà alle imprese più deboli, ostacolando così la loro attività. Per questo motivo abbiamo difeso il mantenimento di procedure semplificate per le microimprese e abbiamo introdotto l'esenzione dalla marchiatura CE per gli artigiani che operano su piccola scala.
Il secondo punto riguarda le procedure semplificate per rendere più agevole l’accesso al marchio CE . E' stato tuttavia deciso di riservare l’accesso a tali procedure ai produttori e non agli importatori di prodotti da costruzione. Tale approccio, volto a migliorare al supervisione del mercato, consentirà di evitare che prodotti di scarsa qualità siano importati da ditte poco affidabili.
La terza variazione riguarda l’introduzione di un livello minimo di armonizzazione dei criteri di valutazione dei prodotti da costruzione in Europa, che mira a garantire che il marchio CE venga interpretato in maniera univoca in qualsiasi paese il prodotto sia commercializzato.
Ove possibile, vorremmo che i requisiti applicati alla valutazione dei prodotti fossero gli stessi in ogni Stato membro. A tal fine, abbiamo introdotto la possibilità di creare nuovi criteri di valutazione che non siano esclusivamente tecnici, bensì che possano essere usati per valutare il comportamento in ambiti di interesse generale, quali ambiente, sicurezza e rischi per la salute.
Allo stesso fine - e questo è il quarto punto - abbiamo lavorato per aumentare notevolmente le informazioni fornite al consumatore dai produttori nella dichiarazione di prestazione. In particolare, d’ora in avanti i produttori saranno tenuti a dichiarare eventuali sostanze nocive presenti sulla lista in allegato, che comprende anche le sostanze citate nella direttiva REACH.
Infine - e concludo - i membri della commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori hanno voluto introdurre maggiore trasparenza sulle condizioni di certificazione per i prodotti da costruzione, sul ruolo delle aziende nel processo di certificazione, nonché sulle condizioni di accesso al marchio CE, distinguendo chiaramente i canali di accesso per i prodotti coperti da norme armonizzate dai canali riservati invece a quei prodotti che non rientrano nell'ambito dalla normativa standard, spesso definiti "innovativi".
Tale attività è in fase di ultimazione, ma non ha raggiunto lo stadio che ci auspicavamo. Le difficoltà incontrate dal Consiglio riguardo all'elaborazione di una posizione testimoniano l'impossibilità di raggiungerne una comune, nonostante la fattiva collaborazione della presidenza francese e di quella ceca.
Me ne dispiaccio, anche se so che il tempo aggiuntivo concessoci può consentire, in seconda lettura, di raggiungere un consenso molto più ampi e, soprattutto, la possibilità di tenere discussioni maggiormente significative, in cui avranno voce queste posizioni del settore.
Günter Verheugen, vicepresidente della Commissione. – (DE) Signor Presidente, onorevoli parlamentari, vorrei ringraziare la relatrice, l’onorevole Neris, per gli sforzi profusi su una proposta cosi ampia e tecnicamente complessa. Questo processo legislativo si è dimostrato molto impegnativo per tutti noi, ma dobbiamo tenere a mente che stiamo parlando del futuro di un settore importantissimo.
I prodotti da costruzione costituiscono da soli il 3 per cento della produzione interna europea e, se vi aggiungiamo il settore dell’edilizia, si raggiunge il 10 per cento della produzione economica dell’UE. E’ dunque palese che gli sforzi per migliorare la competitività di questo settore, specie in questo periodo di crisi, sono di enorme importanza.
Con questa proposta, intendiamo creare una base affidabile per il consolidamento del mercato interno dei prodotti da costruzione. Solo così potremo garantire la crescita e l’occupazione necessarie oltre la fase di ripresa. Per raggiungere quest’obiettivo, la direttiva sui prodotti da costruzione dev'essere adeguata al miglioramento della regolamentazione.
Illustrerò ora quali erano i nostri obiettivi: volevamo chiarire i concetti di base e l’utilizzo del marchio CE, semplificare le procedure per ridurre i costi per le aziende, in particolarmente per le PMI, e accrescere la credibilità dell’intero sistema.
Per quanto mi riguarda, si trattava di evitare inutili oneri aggiuntivi per le aziende, soprattutto per le più piccole. Ritengo dunque importante evitare di introdurre nuove procedure amministrative o di valutazione, elemento tanto più importante per le piccole imprese locali.
In conformità ai principi dello “Small Business Act” – che, vorrei ricordare, era stato accolto calorosamente da quest'Aula non molto tempo fa – la proposta della Commissione propone procedure semplificate per le microimprese in relazione a prodotti che non destavo gravi preoccupazioni in materia di sicurezza. Spero che tale approccio non subisca modifiche, dal momento che rappresenta uno dei principali punti della proposta: nella pratica, nel caso di numerose famiglie di prodotti da costruzione, come finestre, porte interne e pavimenti, l’esistenza di piccoli produttori si rivela essenziale per il funzionamento del mercato ed è dunque nell’interesse dei consumatori. Il potenziale di questi piccoli produttori va adeguatamente sfruttato a beneficio di tutto il settore dell’edilizia europea.
Non condivido l’opinione secondo cui è necessario imporre la dichiarazione per le sostanze pericolose andando oltre alle disposizioni della normativa REACH. Vi assicuro, in tutta franchezza, che in tale normativa risponde a tutte le preoccupazioni e i dubbi che ho ascoltato, non vi è bisogno di nient'altro per quanto riguarda il settore dell’edilizia. Mi chiedo a cosa servirebbe disporre di una normativa sulle sostanze chimiche ampia e integrata se poi dovessimo introdurre nuovi regolamenti per i singoli prodotti. La Commissione non potrebbe in alcun caso sostenere tale idea.
Infine, la questione del marchio CE e l’abolizione dei marchi nazionali. Voglio essere chiaro: ove previsti, i marchi nazionali aggiungono ulteriori requisiti di collaudo per i materiali da costruzione, oltre a quelli previsti dalle norme europee armonizzate , senza però alcun valore aggiunto in termini di contenuto. Aggiungono solo burocrazia e lavoro per le aziende interessate e ciò è diametralmente opposto all’obiettivo principale della proposta.
La situazione del settore dell’edilizia è differente da quella delle aree tradizionali nell'ambito di quella che è stata definita regolamentazione del “nuovo approccio”, che è stata recentemente oggetto del pacchetto sul mercato interno. Non si possono semplicemente copiare le soluzioni attuate in altri settori e applicarle all’edilizia, poiché esso ha una struttura totalmente diversa e opera con materiali completamente differenti.
Per ovvie ragioni non commenterò gli emendamenti individualmente. Informeremo per iscritto lo staff del Parlamento rispetto alla posizione della Commissione sugli altri emendamenti del Parlamento.
Ritengo che la proposta per la regolamentazione dei prodotti da costruzione sia molto importante. La discussione di oggi è stata molto significativa e concordo con la relatrice che, con più tempo, abbiamo buone possibilità di raggiungere un risultato insieme attraverso un solido compromesso.
Den Dover, relatore per parere della commissione per l’industria, la ricerca e l’energia. − (EN) Signor Presidente, il Commissario ha dimostrato buona conoscenza del settore edile. La mia unica obiezione è che esso rappresenta una percentuale più alta del PIL totale, circa il 12 o il 13 per cento, e i materiali circa il 4 o il 5 per cento, quindi, sì, è un settore molto importante.
Ho una formazione da ingegnere civile ed è stato per me un privilegio poter redigere il parere della commissione per l’industria, la ricerca e l’energia. E’ stato un piacere riscontrare un appoggio unanime al parere che abbiamo redatto. L’attenzione è stata posta sugli aspetti tecnici più che su quelli di commercializzazione perché, in definitiva, stasera stiamo discutendo un approccio al mercato interno.
Il settore dell’edilizia ha profondo bisogno di regolamentazione considerando che la direttiva è in vigore da vent’anni. Vorrei sottolineare la necessità di un maggiore utilizzo del marchio CE, è assolutamente fondamentale. Non abbiamo bisogno di altre norme nazionali e auguro al processo ogni successo. E’ una misura molto importante per un settore altrettanto importante.
Zita Pleštinská, a nome del gruppo PPE-DE. – (SK) Al momento sussistono numerose differenze nelle specifiche infrastatali sui prodotti da costruzione e sulla loro installazione negli edifici.
Poiché quello dell’edilizia è un settore in cui il principio del riconoscimento reciproco è spesso violato, accolgo con favore la proposta di regolamento sulla commercializzazione dei prodotti da costruzione. Tale normativa mira ad aggiornare una direttiva di vent’anni fa sui prodotti da costruzione e vari regolamenti. Questo regolamento apporta dei cambiamenti alla dichiarazione sui requisiti di conformità, armonizzando la terminologia legale e definendo le eccezioni per le piccole e medie imprese. Secondo le informazioni in mio possesso, i produttori di materiali da costruzione sono molto interessati al marchio CE. Al di là di questo, esso dovrebbe semplificare notevolmente gli obblighi amministrativi per importatori ed esportatori e avrà grande valore anche dal punto di vista della commercializzazione.
I produttori di calce, cemento e mattoni, per esempio, stanno già usufruendo dei benefici del marchio CE. Nel settore dell’edilizia, esso non è indicatore di sicurezza e i marchi nazionali non hanno valore supplementare per gli utenti. Al contrario, essi costituiscono una barriera per il mercato interno, non riportano l’analisi delle proprietà accessorie di un prodotto, né illustrano la qualità di un determinato prodotto da costruzione. Ciononostante, i produttori spesso devono pagare per le analisi e il diritto ad apporre marchi nazionali sui propri prodotti.
Non mi oppongo alla marchiatura volontaria finalizzata a testare le qualità dei prodotti, come, ad esempio, l’ECO Design. Credo fermamente che il nostro obiettivo debba essere quello di rafforzare il marchio CE e l’obbligo di utilizzarlo. Commissario Verheugen, apprezzo la sua opinione sull’utilizzo dei marchi nazionali per i prodotti da costruzione, ma in qualità di relatore ombra, sostengo la proposta originale della Commissione.
Le norme armonizzate costituiscono uno strumento più efficace e appropriato per i produttori sul mercato dei prodotti da costruzione e sono dunque fiera di aver redatto, qui al Parlamento europeo, il quadro di finanziamento delle norme europee. Vorrei ringraziare le relatrici, le onorevoli Neris, Fourtou e Rühle, e i loro gruppi per la preziosa collaborazione, nonché gli onorevoli Dover, Harbour, Schwab e Pinto de Rezende per l'eccezionale lavoro svolto. Ringrazio inoltre la Commissione e la presidenza ceca per l'atteggiamento costruttivo e la disponibilità. Auguro ogni successo a questa normativa.
Jan Cremers, a nome del gruppo PSE. – (NL) Stabilire delle norme di prodotto non è una questione solamente tecnica. Vent’anni fa ho partecipato alla redazione della prima serie di norme, in un’area di responsabilità totalmente differente, ossia l’edilizia. Devo dire che sono soddisfatto dei risultati raggiunti dall’onorevole Neris.
Le prestazioni di un prodotto da costruzione dovrebbero essere valutate non solo in termini di capacità tecniche e caratteristiche essenziali, ma anche in termini di salute e sicurezza d'uso durante l'intero ciclo vitale. Il nostro gruppo ha lavorato intensamente per includere disposizioni che tutelino la sicurezza dei lavoratori e degli utenti, nonché l’ambiente. Ringrazio la relatrice per il sostegno dimostrato a tale riguardo.
Il nostro gruppo è del parere che tutte le informazioni note ai produttori debbano essere incluse nella dichiarazione di prestazioni del prodotto, incluse le informazioni sulle sostanze pericolose. Gli Stati membri dovrebbero garantire la corretta applicazione della legislazione e prevedere ammende per le violazioni, incluse sanzioni penali per i casi più gravi.
Signor Presidente, quando si parla di armonizzazione dei prodotti, troppo spesso si ricorre all’argomentazione delle questioni tecniche che non possono essere contaminate da misure sociali. Mi rallegro nel vedere che quest’argomentazione sia stata accantonata e mi auguro che potremo concludere l’argomento domani.
Janelly Fourtou, a nome del gruppo ALDE. – (FR) Signor Presidente, Commissario, onorevoli colleghi, mi congratulo con l’onorevole Neris per il lavoro svolto su una questione tecnica particolarmente difficile per i non esperti, come noi.
L’obiettivo del regolamento proposto dalla Commissione è quello di raggiungere un quadro normativo armonizzato, mantenendo la flessibilità e riducendo i costi e le spese amministrative. Non so se abbiamo sempre rispettato queste norme, ma quanto meno abbiamo cercato, con la relatrice e gli altri relatori ombra, di facilitare i lavori per la seconda lettura, poiché il Consiglio non è stato in grado di giungere a una posizione comune.
Non entrerò nei dettagli, ma approfitto del tempo che mi rimane per esporre la posizione del gruppo dell’Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa sul marchio CE, uno dei punti principali di questa relazione. A tale riguardo, il gruppo ALDE concorda pienamente con la Commissione e si è sempre opposto alla proliferazione di marchi nazionali.
Voteremo dunque per rendere esclusivo il marchio CE, semplificare le procedure per l'ottenimento e per le agevolazioni destinate alle microimprese.
Andreas Schwab (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, anch’io vorrei ringraziare la relatrice, il relatore ombra e, soprattutto, l’onorevole Pleštinská e vorrei riprendere da dove ha concluso l’onorevole Fourtou.
Lo scorso anno abbiamo approvato il pacchetto merci e già allora avevamo dovuto risolvere la difficile questione del marchio CE. Commissario Verheugen, la decisione del Gruppo socialista al Parlamento europeo di inserire in questa direttiva il compromesso che avevamo concordato allora è stata dovuta al fatto che la ricerca da lei commissionata probabilmente non era stata rappresentata in modo efficace in ogni parte di quest'Aula. Commissario, lei ha ora l’opportunità di esercitare pressione sul gruppo socialista affinché non ignori i risultati di tale studio. Forse ciò riceverà ulteriore riconoscimento nel voto di domani, specie perché il marchio CE, in questa direttiva – a differenza del pacchetto merci – non si riferisce alle informazioni importanti per il consumatore, bensì unicamente a caratteristiche del prodotto riferite ad altri scopi.
In secondo luogo, il regolamento sui prodotti da costruzione è stato molto utile per dare nuovo slancio al completamento del mercato interno dato che, per- esempio, siamo riusciti a raggiungere una semplificazione dei regolamenti per le piccole e medie imprese in molti settori e abbiamo disposto le agevolazioni per le microimprese previste nello “Small Business Act” che ci erano stati richiesti esplicitamente e in varie occasioni.
Concordo pienamente con le affermazioni che sono state fatte relativamente agli istituti nazionali per gli standard. Occorre un mercato interno europeo molto più solido a riguardo. I produttori spagnoli devono poter ottenere l’autorizzazione per un prodotto da commercializzare in Germania e in Svezia da un istituto di standardizzazione in Spagna, anziché affidarsi esclusivamente a un processo difficile quale l’ottenimento dell’approvazione di ogni singolo istituto nazionale.
Inoltre, Commissario, sono lieto di sentire la sua opinione riguardo alla regolamentazione delle sostanze chimiche. Abbiamo lavorato intensamente per creare il regolamento REACH e non dovremmo aggiungere ulteriori regolamenti per ogni nuova proposta legislativa legata a sostanze chimiche o simili.
Vi sono alcuni punti che dovremo affrontare nuovamente al momento della seconda lettura. Il primo riguarda la questione della regolamentazione sulle rivendicazioni per i prodotti. Occorre fornire informazioni aggiuntive in tale ambito affinché gli utenti possano disporre di un’analisi approfondita. Dobbiamo anche evitare di duplicare i regolamenti. A mio avviso, l’Allegato 6 si spinge troppo oltre: la direttiva Basso voltaggio e quella Macchine si occupano già di molte questioni in esso contenute. E’ necessaria un’attenta riconsiderazione della necessità di lex specialis in questo caso. Per il resto, l’onorevole Neris ha realizzato una solida base per il voto in prima lettura.
Günter Verheugen, vicepresidente della Commissione. – (DE) Signor Presidente, la ringrazio per avermi concesso di nuovo la parola, ma non ne ho bisogno. Posso solo ringraziare tutti per questa discussione utile e costruttiva.
Catherine Neris, relatore. – (FR) Signor Presidente, grazie Commissario, grazie onorevoli colleghi per aver contribuito a questo lavoro.
Farò un’unica osservazione: ho preso nota di tutto ciò che è stato detto perché ritengo che questo lavoro debba continuare. Riteniamo importante che questo settore sia maggiormente strutturato all’interno della Comunità, ma, soprattutto, le norme, che vorremmo più esaurienti riguardo al marchio CE, dovrebbero essere più coerenti. A tal riguardo, ci auguriamo, più di ogni altra cosa, maggiore integrazione per un’Europa migliore e, certamente, maggiore integrazione in questi settori, poiché sappiamo che sono alla base delle nostre economie e che sono strumenti di ripresa economica. E’ necessario trattare tutti i punti oggi menzionati.
L’ultimo commento riguarda le affermazioni del l’onorevole Schwab ha affermato sugli studi. Terremo in considerazione il fatto che gli studi sono stati completati, non solo per confermare ciò che abbiamo fatto, ma anche per effettuare qualsiasi rivalutazione si renda necessaria. Ritengo che in questo settore sia essenziale la consultazione ed è proprio ciò a cui intendiamo procedere.
La ringrazio, Commissario, per questi scambi fruttuosi e mi auguro che, in seconda lettura, questo testo sarà coerente e rispondente alle esigenze delle nostre aziende.
Presidente. − La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà domani alle 12.00.
22. Tassazione dei redditi da risparmio sotto forma di pagamenti di interessi - Sistema comune IVA per quanto concerne la frode fiscale connessa alle importazioni e ad altre operazioni transfrontaliere (discussione)
Presidente. – L’ordine del giorno reca, in discussione congiunta:
- la relazione (A6-0244/2009), presentata dall’onorevole Hamon a nome della commissione per i problemi economici e monetari, sulla proposta di direttiva del Consiglio che modifica la direttiva 2003/48/CE in materia di tassazione dei redditi da risparmio sotto forma di pagamenti di interessi [COM(2008)0727 – C6-0464/2008 – 2008/0215(CNS)]
- la relazione (A6-0189/2009), presentata dall’onorevole Visser a nome della commissione per i problemi economici e monetari, sulla proposta di direttiva del Consiglio che modifica la direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune d'imposta sul valore aggiunto in relazione all'evasione fiscale connessa all'importazione e ad altre operazioni transfrontaliere [COM(2008)0805 – C6-0039/2009 – 2008/0228(CNS)].
Benoît Hamon, relatore. – (FR) Signor Presidente, desidero iniziare ringraziando i relatori ombra che hanno contribuito all’adozione della presente relazione all’interno della commissione per i problemi economici e monetari, in particolare le onorevoli Pietikäinen e Raeva, e congratularmi con i coordinatori del gruppo del Partito popolare europeo (Democratici - cristiani) e dei Democratici europei e del gruppo dell’Alleanza dei democratici e dei liberali per l’Europa, gli onorevoli Gauzès e Klinz, che hanno svolto un importante ruolo nel garantire che la relazione, la cui votazione è prevista domani in plenaria, fosse adottata dalla commissione per i problemi economici e monetari.
Come sapete, a conclusione del G20, alcuni dei principali capi di Stato dell’UE hanno cantato vittoria affermando che l’era del segreto bancario si era conclusa.
Tralasciando tali affermazioni altisonanti, sono lieto di constatare che il Parlamento europeo si è messo concretamente all’opera interessandosi non tanto alla comunicazione quanto agli sforzi da compiere per combattere efficacemente l’evasione fiscale stimata a 200 miliardi di euro l’anno. Tale cifra dovrebbe essere paragonata ai piani di ripresa economica volti ad aiutare i paesi europei ad affrontare la crisi, al bilancio europeo e al livello di deficit dei paesi europei. Pertanto, alla luce della situazione attuale, i contribuenti europei hanno tutti il diritto di chiedere al settore bancario europeo, e quindi alle banche europee, di compiere gli sforzi necessari per permettere alle autorità fiscali degli Stati membri di recuperare parte delle imposte sul reddito che perdono a causa dell’evasione e della frode fiscale.
Abbiamo svolto un lavoro costruttivo e credo che siamo riusciti a non ricorrere a imposizioni o a reciproche recriminazioni. Abbiamo compiuto progressi su tre fronti e desidero esprimere il mio apprezzamento per quello che era il progetto di testo della Commissione europea e per il lavoro compiuto intorno al commissario Kovács, che si è senza dubbio mosso nella direzione giusta. Abbiamo cercato di prendere le opinioni dei contribuenti europei come parametro per migliorare il testo della Commissione in tre direzioni.
Abbiamo deciso che, per quanto concerne l’ambito di applicazione della direttiva, il testo era forse troppo timido sia per quanto riguarda le strutture giuridiche che la definizione dei prodotti di risparmio. Sappiamo che l’ingegneria finanziaria ha una notevole fantasia quando si tratta di inventare nuovi prodotti finanziari che permettano a taluni di eludere le imposte. E’ per tale ragione che il Parlamento e la Commissione hanno proposto l’introduzione di una procedura di comitologia che adattasse la definizione di prodotti di risparmio alla realtà attuale dell’ingegneria finanziaria.
Tuttavia, molti prodotti sono ancora esclusi dall’ambito di applicazione mentre dovrebbero invece rientrarvi quanto prima. Ciò vale nella fattispecie per determinati sistemi pensionistici che operano attraverso la capitalizzazione e, più in generale, riteniamo che la proposta di includere i prodotti che garantiscono la soglia del 95 per cento del capitale non offra garanzie sufficienti.
Ecco perché riteniamo che la soglia del 90 per cento sia più ragionevole; presenteremo gli emendamenti in tal senso domani all’assemblea plenaria e vedremo cosa succederà. Mi rammarico che non sia stato raggiunto un compromesso in tal senso in seno alla commissione e auspico che la plenaria fornisca un segnale forte, definendo prodotti di risparmio anche i prodotti che garantiscono il 90 per cento del capitale e non solo prodotti al 95 per cento come propone la Commissione.
Abbiamo tuttavia raggiunto un ampio consenso sull’ampliamento dell’ambito di applicazione della direttiva, soprattutto in merito al contenuto degli allegati I e III. Inoltre, la relazione va a rafforzare considerevolmente l’allegato I, poiché stiamo compilando una lista molto ampia di paradisi fiscali che non fa sconti a nessuno e che, al contrario della lista redatta dal G20, include specificamente anche il Delaware e il Nevada. Noi chiediamo a tali giurisdizioni di dimostrare che determinati costrutti giuridici - da noi definiti in modo più ampio rispetto alla Commissione - non esistono sul loro territorio, oppure sono fiscalmente trasparenti. Ritengo che questa inversione dell’onere della prova sia una maniera più efficace di combattere l’evasione fiscale.
Tuttavia, le principali debolezze di questo testo - e mi avvio alla conclusione - riguardano il periodo di transizione concesso a tre Stati membri: Belgio, Austria e Lussemburgo. Benché il Belgio abbia annunciato di essere in procinto di abbandonare il sistema delle ritenute alla fonte, spero che il sistema di scambio automatico delle informazioni si estenderà e, a tal fine, vorrei fosse fissata una data di scadenza del periodo di transizione. Ecco perché, sebbene ci siamo affidati a uno studio per la valutazione dei rispettivi vantaggi dei sistemi di ritenute alla fonte e di scambio delle informazioni per il 2011, spero che il riesame della direttiva fisserà la scadenza del periodo di transizione al 2014. Sottolineo che abbiamo tentato di lavorare in uno spirito di trasparenza teso al miglioramento della stessa, in un momento in cui si richiede ai contribuenti europei di contribuire, specialmente per venire in aiuto del sistema bancario europeo.
Cornelis Visser, relatore. – (NL) Desidero iniziare ringraziando i relatori ombra per la fattiva collaborazione.
Guardando le cose in prospettiva, la lotta alla frode, benché sia in buona parte responsabilità degli Stati membri, non può essere condotta esclusivamente a livello nazionale, ma deve essere una priorità dell’Unione europea e, a tal fine, dobbiamo garantire una stretta cooperazione tra gli Stati membri e la Commissione europea. Visto che la questione della riforma dell’IVA è stata per il momento accantonata, la Commissione si è concentrata sulla cosiddetta misura classica, vale a dire su modifiche alla normativa sull’IVA che introducono miglioramenti tecnici ma non modificano in maniera sostanziale il sistema esistente.
Sostengo l’iniziativa del Commissario Kovács perché ritengo vada nella giusta direzione. La frode fiscale è in primo luogo responsabile di violazioni del principio di tassazione equa e trasparente e può portare a una concorrenza distorta se un’azienda applica l’IVA mentre un’altra non lo fa, senza considerare i costi per il governo. Ciò si ripercuote sulle operazioni del mercato interno, giacché le aziende oneste sono penalizzate dalla frode fiscale in termini di concorrenza. Accolgo quindi molto favorevolmente gli sforzi della Commissione volti a contrastare gli abusi volontari del regime IVA da parte di bande criminali che cercano di approfittare delle carenze del sistema.
L’IVA è un’importante fonte di reddito non soltanto per gli Stati membri ma anche per l’UE. I proventi del pagamento dell’IVA per l’Unione europea ammontano a circa 20 miliardi di euro e si stima che le frodi IVA in Europa arrivino fino a 100 miliardi di euro l’anno, se si calcolano le somme non corrisposte dagli importatori alle frontiere. Pertanto è necessario procedere nei confronti degli importatori ed esportatori fraudolenti.
La Commissione europea sta attualmente introducendo un sostanziale cambiamento che considera i fornitori che operano in buona fede co-responsabili degli importatori che commettono frode. Ho pertanto cercato di incrementare la tutela giuridica per gli esportatori che operano in buona fede. In altri termini, le aziende non dovrebbero pagare le conseguenze delle carenze amministrative nella cooperazione tra gli Stati membri. Se a questi ultimi venisse semplicemente concessa la competenza aggiuntiva di perseguire gli esportatori su base transfrontaliera, essi non avrebbero stimolo a migliorare la cooperazione amministrativa.
Con i nostri emendamenti stiamo tentando di evitare che gli esportatori onesti siano penalizzati ingiustamente. Per tale ragione, l’esportatore onesto dovrebbe ricevere un avviso due mesi prima dell’effettiva sanzione per avere l’opportunità di dimostrare di aver agito in buona fede. I contatti in tal senso dovrebbero avvenire attraverso l’ufficio imposte dell’esportatore e non quello dello Stato membro di importazione.
Il gruppo socialista al Parlamento europeo sostiene un periodo per il recupero dell’imposta di massimo cinque anni, ma io non sono d’accordo. Il termine di rivalsa per l’IVA a livello nazionale non è stato armonizzato. In Belgio, ad esempio, è di tre anni, a meno che non si tratti di frode dimostrabile. Un periodo più lungo di responsabilità solidale con facoltà di rivalsa per l’IVA sulle transazioni transfrontaliere non è auspicabile, giacché ciò determinerebbe per le aziende un onere amministrativo molto più consistente e di conseguenza costi molto più elevati, altamente sconsigliabili alla luce della crisi attuale.
Inoltre, dal 2010 le aziende dovranno presentare dichiarazioni mensili riepilogative delle transazioni transfrontaliere nell’UE e di conseguenza le autorità fiscali riceveranno automaticamente le informazioni necessarie per i controlli incrociati delle transazioni intracomunitarie. Tali informazioni dovranno essere utilizzate dalle autorità fiscali in maniera appropriata e mirata.
Perché dovrebbero servire altri cinque anni per effettuare i controlli incrociati quando i dati mensili saranno già disponibili? Temo che un periodo di rivalsa di cinque anni ritarderebbe l’azione delle autorità fiscali e permetterebbe ai colpevoli di dileguarsi e pertanto le richieste di rivalsa andrebbero a scapito di aziende che potrebbero aver agito in buona fede.
Signor Presidente, in conclusione, è necessario affrontare rapidamente gli importatori fraudolenti. L’importatore onesto deve trattare con la propria amministrazione fiscale con un preavviso di due mesi ed entro un termine massimo di due anni, giacché un periodo di tale durata limita, per quanto possibile, gli oneri amministrativi sulle imprese oneste.
László Kovács, membro della Commissione. − (EN) Signora Presidente, in un mondo globalizzato, dove gli evasori fiscali e coloro che commettono frodi approfittano della limitata autorità delle amministrazioni fiscali nazionali, una cooperazione efficiente e una reciproca assistenza sono essenziali per combattere meglio l’evasione fiscale e la frode. Inoltre, disporre di regole migliori e di una maggiore trasparenza è di cruciale importanza.
Il vertice del G20 di Londra ha recentemente sottolineato tale fatto, che diviene ancora più evidente sul mercato interno nel bel mezzo di una crisi finanziaria e alla luce della necessità di rendere più rigide le politiche fiscali dell’Unione europea. Sono dunque lieto di discutere con voi questa sera due proposte volte a combattere l’evasione e la frode fiscali in due diversi settori della fiscalità.
La proposta di riesame della direttiva sulla tassazione del risparmio mira a colmare le lacune e a meglio prevenire l’evasione fiscale. Accolgo pertanto favorevolmente l’atteggiamento costruttivo e solidale che traspare dalla relazione dell’onorevole Hamon e dall’opinione dell’onorevole Siitonen.
Sono conscio del fatto che il punto più controverso della discussione tra le commissioni è stato l’emendamento n. 20 che stabilisce una data di scadenza per il periodo di transizione durante il quale a tre Stati membri è permesso di riscuotere una ritenuta alla fonte invece di scambiare automaticamente informazioni. Prendo nota anche dell’iniziativa di segno opposto della onorevole Lulling e dell’onorevole Karas che sostengono, tramite l’emendamento n. 28, l’opzione che questi tre Stati esigano il versamento della ritenuta alla fonte su base permanente e si astengano quindi dallo scambio automatico di informazioni.
Desidero ricordarvi che l’obiettivo principale della direttiva sulla tassazione del risparmio è lo scambio automatico di informazioni su una base quanto più ampia possibile e questo è l’unico strumento ragionevole per permettere al paese di residenza dei contribuenti di applicare le proprie norme fiscali ai redditi da risparmio transfrontalieri. Ciò è perfettamente in linea con i recenti sviluppi a livello internazionale - quali le conclusioni del G20 - con la facilitazione della trasparenza e il rafforzamento della cooperazione tra le amministrazioni fiscali sulla base dello scambio di informazioni. Vi posso pertanto assicurare che la Commissione, benché contraria all’emendamento n. 28, giacché esso contraddice l’obiettivo della direttiva, non considera negativamente l’emendamento n. 20.
Tuttavia riteniamo che, allo stato delle cose, sia prematuro fissare una data di scadenza per il periodo transitorio giacché ciò potrebbe essere d’ostacolo alla necessità di adottare rapidamente la proposta di modifica del Consiglio. Vi è evidentemente la necessità di valutare come e quando sarà possibile attuare gli impegni politici per una migliore cooperazione intrapresi da varie giurisdizioni. Tuttavia, la Commissione non si opporrà a qualsivoglia rafforzamento delle relative disposizioni contenute nella direttiva se approvato all’unanimità dal Consiglio.
Nell’emendamento n. 22 si chiede alla Commissione di presentare, entro la fine del 2010 uno studio comparativo che analizzi i vantaggi e i punti deboli del sistema di scambio di informazioni e rispettivamente di quello della ritenuta alla fonte. Tuttavia, il termine per la presentazione di tale studio non sembra essere realistico: tutti gli Stati membri dovranno, pertanto, a partire da quest’anno, rendere disponibili alla Commissione gli elementi statistici la cui trasmissione è opzionale ai sensi delle conclusioni del Consiglio del maggio 2008 e dell’allegato V alla proposta di modifica.
Per quanto concerne gli emendamenti di natura più tecnica, mirati all’ampliamento dell’ambito di applicazione di una particolare disposizione - come nel caso dell’emendamento n. 17 sull’assicurazione - o alla riduzione dell’onere amministrativo per gli operatori economici, la Commissione ritiene che si tratti già del risultato di un delicato equilibrio tra il miglioramento dell’efficacia della direttiva e la riduzione dell’onere amministrativo aggiuntivo.
Tuttavia, gli emendamenti proposti potrebbero ripercuotersi negativamente su questo delicato equilibrio, determinando un aumento sproporzionato dell’onere amministrativo - nel caso degli emendamenti volti ad estendere l’ambito di applicazione - o incidere sfavorevolmente sull’efficacia delle disposizioni.
Benché apprezzi l’approccio costruttivo del Parlamento, la Commissione non può pertanto accettare alcuni degli emendamenti nella loro forma attuale. Tuttavia, la Commissione difenderà lo spirito di vari emendamenti nelle deliberazioni del Consiglio senza apportare modifiche formali alla propria proposta.
Passo ora alla delicata questione della frode IVA e desidero ricordare che alla riunione dell’Ecofin del 4 dicembre 2007, il Consiglio ha invitato la Commissione ad accelerare i propri lavori sulle misure convenzionali per la lotta alla frode IVA. L’Ecofin ha inoltre invitato la Commissione a presentare proposte legislative per colmare le carenze dell’attuale normativa.
A quel punto, nel dicembre 2008, la Commissione presentò una comunicazione su una strategia coordinata per migliorare la lotta alle frodi IVA nell’Unione europea. La comunicazione stabilisce una serie di misure per le quali la Commissione intende presentare proposte legislative a breve termine. Quella attuale fa parte della prima serie di proposte annunciate nella comunicazione.
La proposta permetterà agli Stati membri di combattere più efficacemente le frodi IVA in due modi. Da un lato essa fornirà migliori chiarimenti sulle condizioni di esenzione per determinate importazioni di beni, mentre dall’altro creerà la base giuridica che preveda la responsabilità solidale con facoltà di rivalsa transfrontaliera per gli operatori commerciali che non adempiano alle proprie responsabilità in termini di dichiarazione.
Desidero ringraziare il Paramento, e in particolare il relatore, l’onorevole Visser, per essersi occupati della proposta in tempi così brevi e per la costruttiva relazione presentata. Vorrei tuttavia esprimere alcune considerazioni.
Gli emendamenti nn. 2 e 4 della relazione prevedono che la Commissione valuti il funzionamento di questa nuova disposizione sulla responsabilità solidale con facoltà di rivalsa transfrontaliera. Purtroppo la Commissione non dispone di questo tipo di informazioni, giacché la valutazione delle imposte e la rivalsa fiscale sono competenze puramente nazionali. Inoltre, se riceverà reclami da parte degli operatori economici riguardanti un uso scorretto della disposizione da parte delle amministrazioni fiscali nazionali o il fatto che essa stia portando a risultati inammissibili, la Commissione assumerà la propria responsabilità di custode della normativa comunitaria adottando misure appropriate inclusa, se necessario, la presentazione di una proposta di modifica della disposizione.
Gli emendamenti nn. 3 e 5 sono contrari alla suddivisione delle competenze tra gli Stati membri nel funzionamento generale del sistema dell’IVA comunitaria. Tale sistema si basa su un evento tassabile che determina un debito IVA e la responsabilità di corrispondere l’IVA in quello Stato membro. Spetta allo Stato membro responsabile del versamento IVA determinare la procedura di riscossione, anche per i soggetti passivi non stabiliti.
Pertanto, un operatore economico che non abbia rispettato i propri obblighi di dichiarazione nello Stato membro di partenza dovrà renderne conto all’amministrazione fiscale dello Stato destinatario del versamento IVA e non a quella del proprio Stato membro di appartenenza. Quest’ultimo potrà intervenire soltanto su richiesta del primo per ottenere informazioni aggiuntive o nel processo di riscossione delle imposte dovute.
Eva-Riitta Siitonen, relatrice per parere della commissione giuridica. − (FI) Signora Presidente, onorevoli deputati, sostengo il compromesso raggiunto dalla commissione per i problemi economici e monetari. La relazione dell’onorevole Hamon sulla direttiva in materia di tassazione del risparmio è eccellente ed equilibrata e affronta la prevenzione dell’evasione fiscale e la questione della maggiore trasparenza.
Il Parlamento deve essere rigoroso in quest’area. Dovremmo ad esempio armonizzare i sistemi di tassazione dei redditi da risparmio sotto forma di pagamenti di interessi e dovremmo includere anche gli ultimi Stati membri nel sistema di scambio delle informazioni. Il segreto bancario, di gran lunga troppo rigido, deve essere aperto per permetterci di combattere i paradisi fiscali. Anche la conferenza del G20 ha identificato lo smantellamento dei paradisi fiscali come un obiettivo prioritario.
Il Parlamento deve dare l’esempio affinché possiamo riprenderci dalla crisi finanziaria e riconquistare la fiducia dell’opinione pubblica. E’ necessario garantire la trasparenza nel sistema bancario e ciò sarà garantito soltanto dallo scambio di informazioni.
Astrid Lulling, a nome del gruppo PPE-DE. – (FR) Signora Presidente, i dibattiti e le discussioni sulla tassazione dei redditi da risparmio sono divenuti talmente accesi da risultare fastidiosi. Non esito a sostenere quella che pare essere una posizione di minoranza e vedremo cosa accadrà domani benché il nostro relatore e il Commissario stiano ancora facendo una gran confusione.
Torniamo alla radice del problema. La direttiva sulla tassazione del risparmio entrò in vigore nel 2005 con lo scopo di tassare i redditi di capitale dei non residenti. Due sono i sistemi coinvolti, lo scambio di informazioni tra le autorità fiscali e le ritenute alla fonte.
Cosa scopriamo dopo diversi anni di funzionamento? Studi ufficiali e non ufficiali dimostrano che lo scambio di informazioni sta fallendo miseramente perché è complicato, oneroso e costoso mentre il sistema delle ritenute alla fonte si dimostra virtuoso sotto molti aspetti.
Cosa pensate che dovremmo dedurre da tutto ciò, mi rivolgo in particolare al relatore e al Commissario? Che il sistema non funziona e che non garantisce che il pagamento delle imposte dovute sia reso obbligatorio. Rendetevene conto!
La questione non è priva di aspetti controversi, in quanto il sistema delle ritenute alla fonte, come si può facilmente constatare, continua a guadagnare terreno in vari Stati membri: 19 paesi su 27 lo applicano con soddisfazione generale. Tuttavia, ciò che è considerato normale a casa propria diviene inaccettabile una volta varcati i confini.
Questa logica non porterà che allo smembramento di ciò che per decenni ci siamo sforzati di costruire, vale a dire il mercato unico dei servizi finanziari. Anche l’acquis della libera circolazione dei capitali viene messo in discussione se i cosiddetti paesi maggiori chiedono che il capitale dei propri residenti venga rimpatriato.
In questo momento di lotta contro quel mostro che è ormai diventato il segreto bancario, è consentito tutto, senza esclusione di colpi. Ai colleghi impegnati nella lotta contro tale mostro, considerato la causa di tutti mali, voglio dire che hanno scelto il bersaglio sbagliato e confondono gli aspetti regolamentati dalla direttiva ma, soprattutto, che ti stanno creando false illusioni..
Per concludere, signora Presidente, è mia speranza che molti degli onorevoli colleghi ascolteranno la voce della ragione e voteranno a favore dell’emendamento n. 28 proposto dal mio gruppo che darà agli Stati membri una possibilità non da poco, quella di scegliere liberamente tra il sistema delle ritenute alla fonte e quello dello scambio di informazioni.
Kristian Vigenin, a nome del gruppo PSE. – (BG) Signora Presidente, signor Commissario, mi spiace che l’onorevole Visser non sia rimasto a sentire le conclusioni della discussione su questo argomento e desidero iniziare affermando che sosteniamo la proposta della Commissione in questa direzione. Una riforma completa dell’IVA costituirebbe senz’altro un’azione migliore, tuttavia, giacché questo non è fattibile al momento, la vostro proposta risolverà alcuni dei problemi incontrati dagli Stati membri nel tentativo di contenere le frodi IVA.
Riteniamo che sia di fondamentale importanza, specialmente in un momento di crisi, garantire la riscossione dei proventi dell’IVA in quanto gli Stati membri stanno attualmente cercando di investire miliardi a sostegno dell’economia. In questo senso il Parlamento deve sostenere qualsiasi opportunità di limitare la possibilità di frodi.
Desidero inoltre esprimere il nostro completo sostegno alle proposte formulate dall’onorevole Visser alla commissione per i problemi economici e monetari. Esse potranno instillare nelle imprese una qualche fiducia in più i rispetto alle proposte iniziali della Commissione. Riteniamo però che i suggerimenti di cui all’articolo 1 lettera c) in virtù dei quali il periodo di due anni tra la consegna dei beni e il ricevimento della notifica a cui si fa riferimento nel secondo comma sia piuttosto breve e crei, a nostro avviso, ulteriori possibilità di restringere l’ambito di applicazione e i risultati della proposta della Commissione.
Per tale ragione il gruppo PSE propone che il periodo in questione sia di cinque anni, che consideriamo ragionevolmente breve per le imprese ma sufficientemente lungo per permettere al fisco di compiere il proprio lavoro. Inoltre, l’introduzione della lettera c) non è legata alle proposte che riguardano le modalità e la data di entrata in vigore, giacché crediamo che ciò andrebbe a creare ulteriori problemi per gli Stati membri.
Ci auguriamo che la proposta sarà appoggiata e che darà i risultati sperati.
Bilyana Ilieva Raevа, a nome del gruppo ALDE. – (BG) Signor Commissario, signora Presidente, onorevoli deputati, sullo sfondo di una crisi economica e finanziaria, dobbiamo sostenere l’Unione europea nei suoi sforzi per realizzare un sistema fiscale più efficace e gestito in maniera efficiente.
La proposta della Commissione volta a modificare la direttiva sulla tassazione dei redditi da risparmio negli altri Stati membri offre un’opportunità di migliorare l’attuale sistema. Noi della commissione per i problemi economici e monetari del Parlamento europeo sosteniamo l’estensione della sua applicazione ai nuovi strumenti finanziari e alle nuove aree geografiche. I Democratici e liberali per l’Europa hanno proposto di includere territori con sistemi fiscali regolamentati in maniera particolarmente blanda come gli stati del Delaware e del Nevada negli Stati Uniti e di garantire pari trattamento tra gli Stati membri e una riduzione dell’onere amministrativo imposto dall’applicazione della direttiva.
Tuttavia, signor Commissario, qui si tratta di vedere se abolire o meno il sistema dl calcolo delle imposte alla fonte a favore dello scambio automatico di informazioni. I liberali si chiedono come si possa riuscire a incrementare la riscossione delle imposte e come lo scambio di informazioni da solo - come confermato da studi in materia - potrà prevenire gii abusi fiscali o aumentare il gettito. A nostro avviso si finirà con l’impoverire alcuni Stati membri del loro vantaggio concorrenziale di. La tassazione alla fonte non è soltanto più efficiente, ma offre anche una maggiore trasparenza nella riscossione.
Credo fermamente che gli Stati membri debbano mantenere la propria autonomia nella scelta del sistema fiscale. Il gruppo ALDE ha suggerito un’analisi comparativa dei due sistemi e ci auguriamo di ricevere i risultati da parte della Commissione al più tardi entro dicembre 2010. Speriamo inoltre che tali risultati forniscano la base per le future proposte della Commissione sulle modifiche del sistema di tassazione del risparmio nell’Unione europea.
Domani voteremo un altro testo importante, che riguarda la frode IVA connessa alle importazioni. L’obiettivo di tale direttiva è assicurare lo scambio rapido di informazioni adeguate e di buona qualità. In questo caso, cinque anni sono un periodo piuttosto lungo per le imprese. Si vuole inoltre introdurre un sistema di responsabilità solidale. Se da un lato dobbiamo tutelare la riscossione delle imposte di ciascuno Stato membro, dall’altro dobbiamo garantire che la responsabilità solidale entri in gioco solo quando le informazioni fornite contengono gravi irregolarità o quando vi è un ritardo ingiustificato nel fornirle; altrimenti rischiamo di imporre oneri ulteriori e dannosi alle imprese.
Spero che domani voterete a favore di queste relazioni.
Nils Lundgren, a nome del gruppo IND/DEM. – (SV) Signora Presidente, l’evasione fiscale non è il nostro problema principale quando l’economia mondiale è scossa nel suo profondo. E’ vero che conviviamo con le frodi fiscali in tutta Europa, negli Stati Uniti e in effetti in tutto il mondo. E’ vero che nel mondo vi sono paradisi fiscali dove le persone abbienti e le imprese possono depositare il proprio denaro. Tuttavia, oggi questo non è il nostro problema principale: concentrarci su di esso è un modo per sfuggire alle nostre responsabilità.
Ciò che dobbiamo fare ora, se vogliamo che in futuro ci rimanga una qualsiasi base fiscale, è gestire la crisi finanziaria. Perché ci troviamo in questa situazione? A causa soprattutto del fatto che ora abbiamo un capitalismo senza proprietario. In pratica le imprese finanziarie, le grandi banche e la maggioranza delle grandi società sono dirette da funzionari che possono introdurre bonus, indennità e pensioni che dipendono tutti dai profitti delle società che queste persone gestiscono. Non c’è nulla di più semplice quindi che aumentare il rischio per incrementare la redditività a breve termine e quindi i profitti delle società. Secondo gli studi statistici sulla distribuzione di Taleb, con un considerevole aumento del rischio è possibile determinare un sostanziale aumento dei profitti con la conseguenza che tutti possono ricevere bonus o altri vantaggi ”in natura”. Poi, naturalmente, il rischio comincia a divenire reale ma a quel punto coloro che gestivano la società se ne sono già andati o se ne andranno per acquistare castelli in Francia o giocare a golf in Spagna. Non ci dispiace per loro ma il sistema che si crea è insostenibile.
Inoltre, nessuna delle parti coinvolte ha il benché minimo stimolo a prevenire tali sviluppi. L’esistenza delle agenzie per la valutazione dei crediti dipende dai clienti ma esse non troverebbero clienti se ne mettessero in dubbio la solvibilità. I depositanti sanno che esistono garanzie che tutelano i loro depositi e che non devono pertanto della banca in cui depositano il proprio denaro. Altre parti coinvolte sanno che possono raggiungere un accordo con la controparte contando sul fatto di essere troppo grandi per poter fallire e alla fine sono sempre i contribuenti a pagare. Ciò significa che gli Stati dovrebbero dire fin dall’inizio che non si accolleranno tutti i rischi. E’ una cosa difficilissima da fare, ma va fatta. Purtroppo non credo che il Parlamento europeo collaborerà su questo fronte ma rivolgo ciononostante una appello in questo senso a tutti i presenti.
Ieke van den Burg (PSE). - (NL) Contrariamente a quanto faccio di solito inizierò con un’affermazione di tipo politico, giacché trovo l’evasione e l’inadempimento fiscale un autentico scandalo in questi tempi di crescente disoccupazione e iniquità salariale. Alle elezioni sarà chiaro quali partiti intendono davvero affrontare questa questione.
La relazione dell’onorevole Hamon sulla tassazione dei redditi da risparmio ne è un esempio. Mi rendo conto che per il Commissario sia difficile raggiungere un vero accordo sulla questione secondo la regola dell’unanimità. Il gruppo socialista al Parlamento europeo ha ambizioni maggiori rispetto a quelle che si possono trovare nella proposta della Commissione e ciò si è concretizzato in una serie di emendamenti che abbiamo presentato.
Un ultimo commento sull’onorevole Lulling, che si schiera contro i due sistemi, quello dello scambio di informazioni e della tassazione alla fonte. Credo che non sia questo il punto, qui si parla delle lacune esistenti nella normativa riguardante entrambi i sistemi e che questi siano i punti sui quali ci dovremmo concentrare. Abbiamo compiuto alcuni passi ma ne servono altri oltre a quelli proposti dalla relazione.
László Kovács, membro della Commissione. − (EN) Signora Presidente, desidero ringraziarla per i commenti e le opinioni espresse durante la discussione. Sono lieto di constatare che il Parlamento europeo e la Commissione sono della stessa opinione in merito alle azioni da intraprendere per una lotta più efficace contro le frodi e l’evasione fiscale nell’Unione europea e le due proposte godono di un sostegno generale.
Desidero esprimere nuovamente il mio ringraziamento per la priorità attribuita alla questione della tassazione dei redditi da risparmio e per il sostegno agli sforzi della Commissione volto a promuovere il buon governo nell’area fiscale. Raggiungere progressi rapidi nella discussione sulle proposte di modifica è una delle priorità della presidenza ceca. A causa del clima interno - la crisi economica e finanziaria - si tratta di una priorità anche per la maggior parte degli Stati membri.
Sono convinto che, una volta che gli Stati membri avranno concordato come colmare le lacune della direttiva sulla tassazione dei redditi da risparmio, il Consiglio probabilmente chiederà alla Commissione di aggiornare in maniera analoga gli accordi con i cinque paesi extra UE e le altre 10 giurisdizioni che partecipano al sistema di tassazione dei redditi da risparmio. E’ prematuro speculare oggi su come essi reagiranno al nostro approccio. L’UE deve per prima cosa raggiungere un accordo unanime al proprio interno. Tuttavia, tenendo a mente i progressi compiuti durante i colloqui del G20 sul raggiungimento degli standard OCSE sullo scambio di informazioni sento di poter essere ottimista.
Per quanto concerne la relazione dell’onorevole Visser, ho già detto che la Commissione non può accettare gli emendamenti del Parlamento ma che abbiamo preso nota delle raccomandazioni contenute nella relazione, in particolare della necessità di un migliore coordinamento tra i diversi Stati membri, del necessario miglioramento della qualità delle informazioni scambiate, della necessità di permettere ad altri Stati membri l’accesso automatico a certi dati contenuti nelle banche dati degli Stati membri e la richiesta di armonizzare le procedure di registrazione e cancellazione: sono tutte idee che la Commissione sostiene fortemente. Anche per questa ragione la Commissione avanzerà, entro la fine di maggio, una proposta più consistente per una revisione del regolamento sulla cooperazione amministrativa in cui saranno incluse queste proposte.
In conclusione, come già ho detto in altre occasioni, è chiaro che non esiste una soluzione unica e globale per eliminare le frodi e l’evasione fiscale, ma le proposte che abbiamo discusso oggi rappresentano due grandi passi in avanti nel quadro della strategia globale UE in tal senso.
Benoît Hamon, relatore. – (FR) Signora Presidente, sarò molto breve visto che prima ho già utilizzato tutto il tempo a mia disposizione.
Innanzi tutto desidero ringraziare le onorevoli Raeva e Siitonen, e tutti gli onorevoli deputati per i loro interventi e il contributo apportato al testo e dire al Commissario Kovács che credo di aver capito ciò che intende.
Ritengo tuttavia che domani un segnale forte da parte del Parlamento sulla questione dell’ambito di applicazione, del segreto bancario e sulla lista dei paradisi fiscali costituirebbe un valido aiuto per il Consiglio specialmente se, in futuro, ci troveremo a dover negoziare nuovi accordi con paesi terzi.
Desidero concludere con le critiche - seppur garbate - mosse al Commissario Kovács e a me dall’onorevole Lulling. Ci ha velatamente accusati di “far confusione” e desidero quindi dirle che domani questo Parlamento, benché a volte faccia confusione, sarà capace di distinguere tra l’interesse pubblico e quello privato e spero che in tal modo contribuiremo ad accelerare la lotta all’evasione fiscale.
Astrid Lulling (PPE-DE). – (FR) Signora Presidente, ho chiesto la parola per fatto personale. L’onorevole Hamon mi ha appena criticata ma mi trovo costretta a ribadire a lui e al Commissario che continuano a fare confusione. L’unico sistema che garantisce che ogni contribuente paghi le proprie tasse - cosa tutti noi che vogliamo - è quello delle ritenute alla fonte perché il sistema dello scambio delle informazioni è un fallimento. Non ha funzionato e non sappiamo chi ha effettivamente pagato giacché le autorità non sanno come gestire il sistema.
Desideravo fare questa precisazione.
Presidente. - La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà domani, venerdì 24 aprile 2009 alle 12.00.
Dichiarazioni scritte (articolo 142 del regolamento)
Zbigniew Krzysztof Kuźmiuk (UEN), per iscritto. – (PL) Nella discussione sull’evasione fiscale nell’area della tassazione dei redditi da risparmio e dell’IVA, vorrei richiamare l’attenzione su una serie di questioni.
1. Il totale dell’evasione fiscale in tutte le giurisdizioni fiscali dell’Unione europea ammonta a circa 200 miliardi di euro l’anno, vale a dire più del 2 per cento del PNL degli Stati membri, e ciò significa che la spesa pubblica negli Stati membri si riduce di molto.
2. E’ pertanto positivo che la nuova direttiva colmi le lacune evidenziate nella normativa fiscale e che, per quanto concerne la fantasia degli evasori, tenti di prevenire lo sviluppo di nuove strategie per evadere la normativa fiscale.
3. E’ stata sollevata la questione dei paradisi fiscali all’interno dell’Unione europea e nei territori dipendenti dagli Stati membri dell’UE. L’attuale crisi finanziaria ci ha dimostrato che tollerare una normativa fiscale poco chiara, transazioni anonime e mancanza di cooperazione nell’area della tassazione può, nel breve periodo, assicurare redditi aggiuntivi a particolari paesi e ai relativi territori, ma nel breve periodo destabilizza il sistema fiscale e può divenire la causa di gravi crisi finanziarie.
Siiri Oviir (ALDE), per iscritto. – (ET) Nell’UE, la perdita di ricavi dovuta alla frode fiscale in tutte le aree della tassazione ammonta a oltre 200 miliardi di euro l’anno, vale a dire quasi il 2 per cento del PIL.
Tali perdite miliardarie annuali, dovute alla frode fiscale, determinano la riduzione di ulteriori investimenti negli Stati membri dell’UE e della spesa pubblica nell’interesse generale cosa che, nel contesto dell’attuale crisi finanziaria, riduce sensibilmente la capacità degli Stati membri di risolvere i problemi nelle aree degli affari sociali, dell’assistenza sanitaria e dell’istruzione.
La lotta alla frode fiscale è un argomento estremamente importante per l’UE e dobbiamo mantenere il nostro ruolo di spicco in questo settore. Solo così sarà possibile che i centri finanziari più importanti esterni all’Unione europea adottino misure simili a quelle degli Stati membri.
Sostengo l’idea della Commissione europea secondo la quale, tenendo in debita considerazione il principio della libera circolazione dei capitali sancita dal trattato che istituisce la Comunità europea, dovremmo considerare clausole aggiuntive per contrastare i tentativi delle persone fisiche residenti nell’UE di eludere l’applicazione della direttiva sui redditi da risparmio incanalando gli interessi maturati nell’UE attraverso imprese di copertura esenti da tasse o entità ubicate al di fuori del territorio dell’UE o di quei territori che applicano misure simili o analoghe a quelle concordate a livello europeo.
Ai paradisi fiscali bisogna applicare una politica di tolleranza zero. La situazione economica attuale non giustifica alcun ritardo nell’elaborazione di soluzioni volte a garantire un’applicazione più equa e coerente delle misure in questo settore.
Sirpa Pietikäinen (PPE-DE), per iscritto. – (FI) La revisione della direttiva sulla tassazione dei redditi da risparmio è una parte importante della ristrutturazione dell’architettura finanziaria e delle regole dei mercati finanziari. La direttiva attuale è decisamente superata e relativamente facile da eludere, ad esempio utilizzando come intermediari società di investimento che la direttiva non identifica come agenti pagatori e che pertanto non hanno alcun obbligo di prendere parte al sistema di scambio delle informazioni. Analogamente, è stato possibile organizzare i portafogli di investimento in modo che il reddito, vale a dire i derivati da interessi, rimanesse escluso dalla definizione in quanto risultava derivare da un prodotto diverso da quello originario.
La riforma è un tentativo di affrontare tali problemi. Per risolvere la questione degli intermediari la Commissione sta ampliando la definizione per includere fondazioni e fondi. E’ previsto anche l’ampliamento della definizione di agenti pagatori, per includere nella direttiva prodotti nuovi e innovativi e alcuni tipi di polizze sulla vita.
L’inclusione di altri nuovi prodotti è molto più difficile. Purtroppo è molto complicato coniare definizioni che permettano di includere nella categoria del pagamento degli interessi tutti i redditi equiparabili al reddito da interessi, in special modo quando è relativamente semplice creare nuovi prodotti. A tale proposito, dobbiamo esaminare diffusamente come tali prodotti possano essere regolamentati nel modo migliore prima di includerli nella direttiva. La Commissione ha inoltre intenzione di avanzare la proposta di modifica della direttiva sulla reciproca assistenza che includerà riforme inerenti lo scambio automatico di informazioni.
Al fine di evitare l’evasione fiscale è fondamentale che i tre paesi attualmente esclusi dal sistema di scambio di informazioni - Belgio, Lussemburgo e Austria - entrino a far parte del sistema utilizzato dagli altri paesi. Dovremmo sostenere totalmente la data proposta dal relatore, vale a dire il 2014.
23. Profilo, in particolare sulla base dell'origine etnica o della razza, nelle operazioni antiterrorismo, di applicazione della legge, di controllo dell'immigrazione, dei servizi doganali e dei controlli alle frontiere (discussione)
Presidente. - L’ordine del giorno reca la relazione (A6-0222/2009), presentata dall’onorevole Ludford a nome della commissione per le libertà pubbliche e gli affari interni sul profilo, in particolare sulla base dell'origine etnica o della razza, nelle operazioni antiterrorismo, di applicazione della legge, di controllo dell'immigrazione, dei servizi doganali e dei controlli alle frontiere [2008/2020(INI)].
Sarah Ludford, relatore. − (EN) Signora Presidente, nell’ultimo decennio sono state introdotte leggi e pratiche che permettono la conservazione e lo scambio di enormi volumi di dati personali. Al momento la stessa UE sta proponendo una serie di misure che favoriscono il profilo, una tecnica che mette insieme dati provenienti da varie fonti per creare una sorta di modello predefinito sulla base del quale sia possibile identificare gli individui le cui caratteristiche, comportamenti o associazioni appaiono sospetti e che richiedono ulteriori indagini in quanto ritenuti possibili perpetratori di atti criminali o terroristici.
Anche la polizia si sta orientando verso un approccio preventivo e di previsione che, benché non privo di valore in determinate circostanze, può determinare misure repressive contro individui innocenti a causa di stereotipi spesso basati sulla razza o sulla religione.
La ragione per cui il profilo e l’estrapolazione dei dati mi preoccupa è il fatto che entrambi partono dalla regola generale che le decisioni di applicare la legge devono essere basate sulla condotta personale di un individuo. Vi è il rischio che una persona innocente incorra in fermi arbitrari, interrogatori o interruzione dei propri spostamenti. In seguito, se la loro identificazione come soggetti di interesse non viene prontamente revocata, possono esservi restrizioni a lungo termine, come il rifiuto di visti e permessi tra cui i permessi di lavoro o persino arresto e detenzione.
In un mondo in cui lo scambio di dati è sempre più presente, l’identificazione di un individuo quale persona di interesse per la sicurezza o per le forze dell’ordine, se non corretta, può avere conseguenze non soltanto sconvenienti e costose, ma persino terribili: basti pensare al canadese Maher Arrar, imbarcato sul volo delle torture e sulla cui orrenda storia si basa il film Redention, che fu catturato sulla base di un profilo basato sulle conoscenze di suo fratello e, benché non avesse commesso nulla di sospetto, trascorse comunque sette mesi in un centro di tortura in Siria.
La relazione che vi presento ha beneficiato fortemente dell’apporto dei relatori ombra che desidero ringraziare. Vi si delineano standard in materia di diritti umani, protezione dei dati e non discriminazione, nel tentativo di sostenere due principi fondamentali che devono essere rispettati da qualsiasi attività di profilo vale a dire che le conseguenze repressive devono basarsi sul comportamento personale e che il principio di uguaglianza ai sensi della legge deve essere mantenuto.
Non tutte le attività di profilo sollevano obiezioni giuridiche. Tutti noi conosciamo i polizieschi nei quali viene chiamato uno psicologo per tracciare il profilo criminale di un presunto omicida e, se un testimone fornisce una chiara descrizione, un profilo - diciamo di un rapinatore di banca: bianco, maschio, trent’anni - non avrebbe senso arrestare una donna cinquantenne asiatica.
Il rischio più evidente della compilazione del profilo sta nell’origine etnica e nella razza. Se tali elementi sono utilizzati dagli ufficiali di polizia come unica base per decidere chi fermare, perquisire o arrestare, allora si tratta di stereotipi fuorvianti e pigri che costituiscono una discriminazione illegale contro le minoranze.
In tal senso vi è una grande preoccupazione sulla vittimizzazione dei rom. A Londra, la mia città, l’impatto sui giovani neri ha portato a linee guida e tutele più rigorose - nessuna delle quali, va sottolineato, deve impedire l’investigazione del crimine basata sull’intelligence
Oltre ai timori riguardanti la legittimità, metto fortemente in dubbio l’efficacia stessa del profilo. Continuare a cercare persone sospette sulla base dell’aspetto o del comportamento può distrarre dalla ricerca degli individui realmente pericolosi. Vi è anche il rischio che i veri criminali si adattino al profilo e usino persone dall’aspetto innocente come corrieri della droga o attentatori suicidi o ricorrano a rotte di viaggio alternative a quelle monitorate.
Gli sforzi dell’anti-terrorismo si concentrano sugli asiatici, in particolare quelli di origine pachistana. Il 32 per cento dei musulmani britannici dichiara di essere stato oggetto di discriminazione negli aeroporti. Vi è il rischio di allontanare queste persone che potrebbero finire col non cooperare con la polizia e ostacolare addirittura la sicurezza.
La relazione chiede pertanto la presentazione di una normativa europea o nazionale sul profilo, nel rispetto della normativa europea e dei trattati internazionali esistenti. Se possibile, tutte le tutele per il profilo dovrebbero essere racchiuse in un singolo strumento giuridico.
Accanto alla valutazione giuridica dovrebbero essere condotti ulteriori studi sulla proporzionalità ed efficacia del profilo. L’Agenzia europea per i diritti fondamentali e il Garante europeo della protezione dei dati dovrebbero, nei loro rispettivi ruoli, svolgere un’azione chiave in tali studi.
Infine, affinché il profilo sia utilizzato in maniera legale ed equa come mezzo per contribuire al mantenimento della sicurezza è necessario stabilire un quadro giuridico coerente e giusto.
László Kovács, membro della Commissione. − (EN) Signora Presidente, a nome della Commissione desidero esprimere il parere favorevole all’iniziativa del Parlamento volta a portare all’attenzione, a livello europeo, la questione del profilo, in particolare sulla base dell'origine etnica o della razza, nelle operazioni antiterrorismo, di applicazione della legge, di controllo dell'immigrazione, dei servizi doganali e dei controlli alle frontiere.
La relazione Ludford costituisce un’ottima piattaforma che contribuisce ulteriormente alla questione originando un’ampia discussione e proponendo suggerimenti su come affrontare il problema. Voglio sottolineare che la normativa esistente in materia di protezione dei dati assicura un alto livello di tutela dei dati personali - compresi i dati sensibili quali l’origine etnica e la razza - e che essa si applica indipendentemente dalla tecnologia utilizzata. E’ pertanto ovvio che i principi generali di protezione dei dati si applicano anche al profilo come strumento di elaborazione dei dati
La commissione crede fermamente che una definizione ingiustificata o non necessaria del profilo in base all’etnia sia una pratica ingiusta e illegittima - anche se condotta ai fini di legge o in relazione all'immigrazione, ai servizi doganali e ai controlli alle frontiere - e contraria ai valori fondamentali dell’Unione europea.
Ai sensi degli importanti strumenti proposti dalla Commissione - come il codice frontiere Schengen, l’Eurodac, il SIS e il VIS - l’utilizzo di tecniche di profilazione ingiustificata in base all’etnia non è permesso. Ad esempio, per quanto concerne i controlli alle frontiere, le disposizioni dell’articolo 6 del codice frontiere Schengen prevedono che le guardie di frontiera eseguano sui viaggiatori controlli scevri da qualsivoglia discriminazione nei loro confronti basata sull’origine etnica o razziale, sulla religione o sulla convinzione.
Desidero inoltre menzionare le attività dell’Agenzia europea per i diritti fondamentali in questo senso. L’agenzia sta per presentare un manuale delle migliori prassi per combattere e prevenire la definizione del profilo in base all’etnia. La Commissione sostiene l’inclusione della formazione congiunta con Frontex - nel cui ambito sarà possibile usare il manuale - nell’ambito del programma di lavoro dell’agenzia per il 2010. In tale contesto la Commissione sostiene anche l’inserimento di un progetto per l’attuazione dell’articolo 6 del codice frontiere Schengen alla concernente la raccolta di dati.
Infine, la Commissione accoglie favorevolmente il rapporto sulle minoranze e la discriminazione presentato ieri. Le sezioni sull’applicazione della legge e sui controlli alle frontiere ci forniscono ulteriori dati recenti sull’esperienza del profilo in base all’etnia. Naturalmente la Commissione studierà attentamente i risultati del rapporto sulle minoranze e la discriminazione che sarà pubblicato, capitolo per capitolo, nel corso dell’anno. Già da ora possiamo però concludere che il razzismo e la xenofobia sono fenomeni ancora presenti nell’Unione europea che condizionano l’esistenza degli appartenenti alle minoranze etniche.
La Commissione concorda con il progetto di relazione sul fatto che l’elaborazione dei dati per fini statistici, inclusi quelli relativi a etnia, razza e religione può essere utilizzata per identificare discriminazione indiretta o azioni di contrasto ingiustificate. Tuttavia, tale prospettiva richiede un’accurata valutazione. La Commissione sta pertanto valutando la possibilità di chiedere al gruppo di lavoro per la tutela dei dati ex articolo 29 di stilare un parere sull’elaborazione dei dati personali per fini statistici inclusi quelli relativi all’etnia, la razza e l’origine.
La Commissione sta inoltre seguendo da vicino le attività del Consiglio d’Europa sul progetto di raccomandazione sul profilo. La Commissione sta per richiedere al Consiglio un mandato per la negoziazione del progetto di raccomandazione.
Per quanto concerne la necessità di un quadro giuridico per la definizione del profilo, la Commissione ritiene che la normativa UE in materia di gestione delle frontiere e protezione dei dati sia sufficiente a proteggere i diritti fondamentali. Essa prevede infatti che qualsivoglia attività di elaborazione abbia una base giuridica specifica e riconosciuta e rispetti in particolare i principi di necessità, proporzionalità, limitazione delle finalità e accuratezza ed è soggetta alla supervisione da parte di autorità pubbliche indipendenti. Al momento il quadro giuridico include regole severe sull’elaborazione dei dati personali sensibili e sulle decisioni automatizzate. Tali principi si applicano anche al profilo come metodo di elaborazione dei dati personali.
La Commissione - e con essa il sottoscritto - si impegna a combattere il razzismo e la xenofobia nel pieno esercizio dei poteri conferitegli dai trattati, inclusi i casi di atteggiamento razzista da parte delle autorità pubbliche. La Commissione intende rafforzare la propria politica contro il razzismo e la xenofobia nel contesto di Stoccolma includendovi la questione del profilo in base all’etnia.
Desidero ribadire che, a nome della Commissione, accolgo favorevolmente il progetto di relazione e ne attendo l’adozione alla plenaria di domani.
Claude Moraes, a nome del gruppo PSE. – (EN) Signora Presidente, in quanto socialisti sosteniamo pienamente la relazione e vi abbiamo contribuito perché riteniamo che per la prima volta in Parlamento sia stata sollevata in maniera adeguata la discussione politica, giuridica e morale sul profilo in base all’etnia e i suoi effetti sulla popolazione
Riteniamo che il profilo di previsione e l’estrapolazione dei dati siano temi che non affrontiamo da tempo e accolgo favorevolmente l’approccio positivo della Commissione che li riconosce e comprende la possibilità che il profilo in base all’etnia possa causare una discriminazione indiretta.
I socialisti sperano che, se la relazione sarà adottata domani e sulla scia della prossima raccomandazione sul profilo del Consiglio d’Europa, ci troveremo in presenza di una volontà politica sufficiente per affrontare tali questioni ai massimi livelli. Perché? Perché la mia circoscrizione a Londra e io personalmente sappiamo quali siano le implicazioni del profilo in base all’etnia. Significa essere regolarmente fermati e perquisiti a causa del proprio aspetto e non in base ad accurate indagini, a un corretto operato della polizia e all’applicazione delle dovute procedure.
Questo tipo di profilo è uno spreco di risorse, non serve a catturare né i terroristi né i criminali ma prende di mira direttamente o indirettamente i soggetti più vulnerabili che hanno l’unica colpa di appartenere all’etnia sbagliata.
Ciò può portare - e credo che lo si dovrebbe comprendere - a perquisizioni complete e altri abusi che abbiamo avuto modo di vedere. La relazione costituisce un importante passo avanti nella protezione dei cittadini da qualcosa che fino ad ora non era stato esaminato e sono lieto che l’onorevole Ludford abbia sollevato la questione in Parlamento; per questi motivi, la relazione domani riceverà il nostro completo appoggio.
Carl Schlyter, a nome del gruppo Verts/ALE. – (EN) Signora Presidente, desidero ringraziare l’onorevole Ludford per la relazione. L’onorevole Buitenweg non ha potuto essere presente e quindi parlerò a suo nome.
Comincerò con una domanda: cos’è un terrorista? Quali sentimenti suscitano i terroristi? Creano insicurezza e rendono tutti più vulnerabili, impedendoci di vivere come vorremmo.
Se poi però guardiamo alla normativa antiterrorismo sul profilo constatiamo che crea essa stessa insicurezza e problemi per tutti coloro che conducono la propria vita quotidiana. Il terrorismo non si combatte con leggi antiterrorismo che generano lo stesso senso di insicurezza.
La Corte di giustizia è stata molto chiara in tal senso dicendo che dovrebbe essere vietata. E’ chiaro che non è né efficace né legale. Il Carter Center negli Stati Uniti ha dimostrato che non funziona e lo stesso ha fatto il sistema tedesco di sorveglianza dei musulmani maschi tra i 18 e i 40 anni. Non funziona e mi auguro che potremo rimuovere le ultime esenzioni che permettono a aeroporti, porti, eccetera di utilizzare tali metodi inefficienti, considerati negativamente dal pubblico.
E come potete dire che ci sarà un livello di protezione elevato quando ci sono persone che lasciano CD contenenti i dati di 20 milioni di persone nei bar e quando tutti noi sappiamo quanto sia semplice introdursi illegalmente in un computer? Io stesso l’ho fatto da ragazzino.
Questa relazione a mio avviso non è importante. Il Consiglio deve adattare la propria logica e impiegare le risorse in maniera efficiente, rivolgendosi a soggetti specifici e concentrandosi su di essi invece che sulla schedatura in base all’etnia che costituisce una totale violazione degli standard dei diritti umani.
Emine Bozkurt (PSE). – (NL) Innanzi tutto desidero ringraziare la baronessa Ludford per l’eccellente relazione che avrebbe potuto essere ancora più incisiva, ma che rappresenta comunque un progresso nella discussione su questa problematica.
A volte il profilo si rende necessario, tuttavia questi casi devono essere chiaramente delineati e protetti dall’abuso. Negli ultimi anni, le possibilità di immagazzinamento, scambio e interpretazione delle informazioni sono aumentate al di là dei limiti necessari autodefiniti dalle democrazie in tale ambito. L’estrapolazione dei dati ha comportato per i servizi di sicurezza statunitensi un carico di lavoro più pesante invece di garantire loro informazioni migliori. Un agente di sicurezza lo ha definito particolarmente inefficace, come se si volesse riempire un bicchiere con un idrante.
Ovviamente i profili basati sull’origine etnica si usano da anni, anche se di solito li chiamiamo con un altro nome. Persino io, col mio metro e sessanta di altezza, che non fa di me il più pericoloso degli individui, sono stato regolarmente fermato alla dogana. Un piccolo fastidio personale, ma molte persone che osservano scrupolosamente la legge affrontano un disagio di questo genere non regolarmente ma sistematicamente. Il messaggio che la nostra società dà a queste persone è che sono costantemente considerate sospette, inferiori e indesiderate. Con questo metodo non riusciremo a catturare i criminali che, come ben si sa, hanno le più diverse provenienze.
László Kovács, membro della Commissione. − Signora Presidente, gli interventi dei deputati dimostrano l’importanza della questione del profilo e del rispetto dei diritti fondamentali e l’attenzione riservatavi dal Parlamento
La relazione fornisce un quadro eccellente dei problemi sollevati dall’utilizzo delle tecniche di compilazione dei profili, in particolare sulla base dell'origine etnica, della razza, della nazionalità o della religione nelle operazioni di applicazione della legge, di controllo dell'immigrazione, dei servizi doganali e dei controlli alle frontiere.
La commissione segue da vicino - e così farà in futuro - i problemi causati dall’uso del profilo in generale e in particolare in quei settori oggetto della relazione.
La Commissione al momento sta avviando una consultazione sulle sfide rappresentate dalle nuove tecnologie per la protezione dei dati i cui risultati forniranno alla Commissione gli elementi di riflessione e gli orientamenti per affrontare i problemi che la questione del profilo può comportare nei settori della giustizia, libertà e sicurezza.
I recenti risultati pubblicati dall’Agenzia per i diritti fondamentali sulle minoranze e la discriminazione nell’UE, che la Commissione ha accolto ieri, dimostrano che il razzismo e la xenofobia sono fenomeni che persistono nell’Unione europea e che si ripercuotono sulla vita delle nostre minoranze.
La Commissione dovrà studiare attentamente tali risultati per decidere la strada da seguire in futuro. Desidero ribadire che accolgo molto favorevolmente il progetto di relazione e che ne attendo l’adozione domani in plenaria.
Sarah Ludford, relatore. − Signora Presidente sono molto lieta della risposta positiva del Commissario. Ritengo che alcune delle cose di cui ha parlato saranno molto utili come ad esempio gli orientamenti dell’Agenzia per i diritti fondamentali sul profilo in base all’etnia, la collaborazione della Commissione con il Consiglio d’Europa sulla raccomandazione e la proposta di richiedere la guida del gruppo di lavoro per la tutela dei dati ex articolo 29.
Desidero chiedere qualcosa in più alla Commissione, cioè di concentrarsi maggiormente sugli specifici problemi del profilo. Dopotutto abbiamo davanti a noi una raccomandazione per il profilo nel contesto dei dati PNR che ci fa comprendere come esistano problemi specifici.
Desidero ringraziare sentitamente lo sparuto ma selezionato gruppo di colleghi che ha preso parte alla discussione. Credo che due siano le cose che sono emerse: il fatto che le cosiddette misure di sicurezza possono creare insicurezza e che possono determinare uno spreco delle risorse piuttosto che il loro indirizzamento. Stiamo parlando dunque non sia efficacia che di liberà civili.
Presidente. - La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà domani, venerdì 24 aprile 2009 alle 12.00.
24. Statistiche sui prodotti fitosanitari (discussione)
Presidente. - L’ordine del giorno reca la relazione (Α6-0256/2009), presentata dall’onorevole Staes a nome della commissione per l'ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare sulle statistiche sui prodotti fitosanitari [11120/2/2008 - C6-0004/2009 - 2006/0258(COD)].
Bart Staes, relatore. – (NL) Quello che abbiamo davanti è l’accordo finale che abbiamo negoziato con il Consiglio e la Commissione a seguito di una prima lettura in occasione della quale il Parlamento aveva adottato una posizione molto ferma e introdotto una serie di elementi che, a fronte di una larga maggioranza, ci hanno consentito di partire da una posizione di forza nei confronti del Consiglio. Devo ammettere che la posizione comune del Consiglio, alcuni mesi dopo la nostra prima lettura, era stata piuttosto deludente. Infatti non vi era molta volontà di dar seguito al nostro approccio e pertanto i negoziati con il Consiglio sono stati tutt’altro che semplici.
Abbiamo fatto però un passo avanti in un’atmosfera molto costruttiva e anche la delegazione parlamentare si è dimostrata un gruppo molto forte. C’è stata unità nella diversità e credo che possiamo sottoporre il risultato alla votazione di domani con una buona dose di orgoglio. Stiamo in ogni caso contribuendo a garantire che esista un fondamento in aggiunta alle due normative già adottate sui pesticidi, vale a dire la direttiva sull’utilizzo sostenibile e il regolamento sulla commercializzazione dei prodotti fitosanitari sul mercato. Si tratta di una serie di strumenti da utilizzare nella seria regolamentazione della fornitura di dati a mezzo statistiche. Con ciò ritengo di avervi esposto l’essenza dell’attività legislativa parlamentare che abbiamo condotto.
Uno dei successi principali è quello di essere riusciti a imporre al Consiglio, anche contro la sua volontà, il fatto che il Parlamento abbia adottato come definizione di base per i pesticidi quella che il Parlamento stesso, in accordo politico con il Consiglio, aveva precedentemente incluso nella direttiva sull’utilizzo sostenibile. Ciò determina una certa coerenza e sarà importante anche per gli utilizzi futuri.
Siamo inoltre riusciti a includere un riferimento molto chiaro al quadro normativo generale sulle statistiche, alle loro modalità d’uso e, soprattutto, al futuro trattamento dei dati dal punto di vista, tra gli altri, della riservatezza. Abbiamo conseguito il nostro obiettivo, quello di far sì che gli Stati membri debbano fornire numerose informazioni sui pesticidi in maniera reciprocamente confrontabile. Personalmente avrei voluto fare di più ma si tratta già di un primo passo.
Un altro risultato deriva senza dubbio al fatto che, avendo utilizzato come definizione principale la parola “pesticidi” e la relativa definizione utilizzata nella direttiva sull’utilizzo sostenibile, abbiamo potuto introdurre in seconda istanza anche il concetto di “biocidi”: una richiesta importante da parte del gruppo socialista al parlamento europeo e un risultato notevole. La definizione appare nel regolamento e nell’accordo politico attuale, benché quest’ultimo evidenzi che intendiamo ampliare il regolamento sulle statistiche e i pesticidi nella sua forma attuale estendendolo al concetto di “biocidi” quando disporremo di una normativa e dopo uno studio di impatto su questo tema come richiesto urgentemente dal Consiglio.
Abbiamo ottenuto maggiore trasparenza e abbiamo chiesto che i dati siano pubblicati su Internet. Ci sono anche cose che non siamo riusciti a fare - è sempre questione di negoziato, questa è la democrazia - ne ho già parlato, incluso il fatto che la formulazione riguardante l’uso non agricolo dei pesticidi è più debole: su quel punto il progetto di regolamento non è pienamente in linea con ciò che era stato raggiunto in prima lettura. E’ sempre questione di dare e avere.
Desidero esprimere la mia gratitudine ai relatori ombra per la piacevole collaborazione. Questa è la mia ultima relazione nella legislatura in corso ma spero di poter dare ancora il mio contributo nella prossima.
László Kovács, membro della Commissione. − (EN) Signora Presidente, la strategia tematica per l’uso sostenibile dei pesticidi approvata dal Parlamento europeo e dal Consiglio nel gennaio 2009 mira a completare il quadro normativo attuale indirizzandosi alla fase di utilizzo dei pesticidi con l’obiettivo di ridurre l’impatto dei pesticidi sulla salute umana e sull’ambiente.
Tale proposta costituisce il terzo pilastro giuridico della strategia assieme alla direttiva quadro e al regolamento sulla commercializzazione dei prodotti fitosanitari e mira a fornire dati affidabili per la valutazione dei progressi della strategia.
L’obiettivo principale della proposta è quindi quello di garantire la raccolta di dati confrontabili e affidabili in tutti gli Stati membri, da trasmettere poi alla Commissione, rendendo così possibile il calcolo di indicatori di rischio armonizzati e la valutazione dei progressi della strategia tematica.
In prima lettura non fu possibile raggiungere un accordo tra Consiglio e Parlamento sulla proposta per ragioni legate principalmente al campo di applicazione del regolamento e alla pubblicazione dei risultati.
Grazie all’intenso e proficuo trilogo in seconda lettura e in particolare grazie alla volontà di compromesso del relatore e dei relatori ombra è stato possibile dare soluzione a tali questioni.
La Commissione ritiene che il compromesso raggiunto sia ragionevole e soddisfi gli interessi del Parlamento senza determinare oneri eccessivi per le amministrazioni e le imprese nazionali ed è pertanto in grado di sostenerlo.
La Commissione desidera cogliere l’occasione per ringraziare il relatore, l’onorevole Staes per l’eccellente lavoro svolto su una proposta così complicata, per la pazienza dimostrata e per il fattivo scambio avuto con la Commissione. Sulla base del compromesso attuale, la Commissione ritiene che sarà possibile raggiungere un accordo in seconda lettura tra il Parlamento europeo e il Consiglio su questa importante proposta per garantire il successo della strategia tematica sull’uso sostenibile dei pesticidi.
Anne Laperrouze, a nome del gruppo ALDE. – (FR) Signora Presidente, signor Commissario, onorevoli deputati, nella plenaria del gennaio 2009 abbiamo adottato due testi legislativi sull’uso sostenibile dei pesticidi e sulle procedure di commercializzazione dei prodotti fitosanitari. I negoziati su tali testi sono stati molto accesi e hanno condotto a progressi reali nella protezione della salute umana e dell’ambiente.
Tuttavia, quei due testi non sarebbero nulla senza quello di cui ci occupiamo oggi, giacché questo regolamento è ciò che ne permette l’attuazione. Signor Commissario, lei ricorderà che le statistiche sono necessarie per scoprire quali nuovi prodotti vengono introdotti sul mercato e come aumenta il loro utilizzo e, soprattutto, per calcolare gli indicatori di rischio definiti dalla relazione sull’uso sostenibile dei pesticidi.
Desidero pertanto sottolineare che, a mio parere siamo riusciti a trovare non soltanto un equilibrio tra la necessaria trasmissione dei dati e la loro riservatezza, ma anche a stabilire standard amministrativi proporzionati, giacché ciò costituisce una preoccupazione per gli utenti.
Per quanto concerne i biocidi, è importante sottolineare che il testo dovrà, a tempo debito, includerli, sulla base delle risultanze di uno studio di impatto.
Abbiamo analizzato gli usi commerciali non agricoli dei pesticidi, ma al momento ogni valutazione del loro volume non può essere che intuitiva. Per tale ragione, gli studi pilota che la Commissione intende condurre saranno molto utili a chiarire la situazione.
Per concludere desidero ringraziare il nostro relatore che ci ha sostenuti durante i negoziati e ha contribuito in maniera sostanziale al raggiungimento di un accordo.
Bart Staes, relatore. – (NL) Ritengo che non ci sia altro da aggiungere. Si tratta di un accordo positivo che spero sarà adottato domani mattina.
Presidente. - La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà domani, venerdì 24 aprile 2009 alle 12.00.
Dichiarazioni scritte (articolo 142 del regolamento)
Daciana Octavia Sârbu (PSE), per iscritto. – (RO) Come indicato dal sesto programma comunitario di azione in materia di ambiente, l’Unione europea ha riconosciuto la necessità di una maggiore riduzione dell’impatto dei pesticidi sull’ambiente e la salute umana. Il regolamento concernente le statistiche sui prodotti fitosanitari andrà a colmare le lacune esistenti in materia di utilizzo dei pesticidi negli Stati membri.
Dai dati forniti dalla Commissione sull’uso e la vendita dei pesticidi è emerso che, a livello comunitario, abbiamo bisogno di un metodo armonizzato di raccolta delle statistiche relative alla commercializzazione dei prodotti e ai produttori.
Siamo tutti consapevoli della necessità di stabilire un quadro normativo più coerente nell’Unione europea per la regolamentazione dell’uso dei pesticidi. Per tale ragione desidero ribadire che vedo con favore la creazione di un quadro comune per la creazione sistematica di statistiche comunitarie relative alla commercializzazione dei pesticidi sul mercato e al loro utilizzo nel rispetto del principio di sussidiarietà.
25. Decisioni concernenti taluni documenti: vedasi processo verbale
26. Ordine del giorno della prossima seduta: vedasi processo verbale