Presidente. − L’ordine del giorno reca la discussione su sei proposte di risoluzione concernenti la situazione umanitaria dei rifugiati del campo di Ashraf(1).
Ana Maria Gomes, autore. − (EN) Signor Presidente, alcuni in Aula intendono presentarci i mujaheddin del popolo come eroi o un’alternativa concreta al regime iraniano. Non sono né gli uni né l’altra.
Nei miei viaggi in Iraq ho sentito leader curdi, sunniti, sciiti, cristiani, turkmeni e altri lamentarsi del ruolo dei mujaheddin del popolo come strumento di Saddam Hussein nella campagna di Anfar del 1988, culminata in massacri come Halabja. Questo è ciò che la delegazione irachena presente qui questa settimana ci ha anche confermato, assicurandoci comunque che la costituzione irachena obbliga il governo del paese a rispettare pienamente i diritti umani dei rifugiati del campo di Ashraf, che, con l’aiuto dell’UNHCR e del CICR, desiderano partire per l’Iran o qualunque altra destinazione, oppure intendono restare come profughi politici nel rispetto delle leggi dell’Iraq.
Dobbiamo comprendere la riluttanza del governo iracheno a lasciare che il campo di Ashraf continui a disturbare i suoi rapporti di buon vicinato con l’Iran. Per gli iracheni, l’Iran non può essere cancellato. E’ lì. E’ un vicino potente. E’ vero che i mujaheddin del popolo non sono più sulla lista dei terroristi, ma rimangono sempre un culto oscuro che brutalizza gli aderenti che vorrebbero defezionare. Soprattutto, i rifugiati del campo di Ashraf sono esseri umani i cui diritti umani devono essere rispettati, a prescindere dal destino dell’organizzazione stessa o dal suo passato. Devono dunque essere trattati secondo la convenzione sui rifugiati del 1951 e nessuno, ripeto nessuno, dovrebbe essere costretto a rientrare in Iran.
Chiariamo però un punto. L’odierna risoluzione non riguarda il regime iraniano, che ha represso il suo popolo, gestito scorrettamente il paese e destabilizzato il Medio Oriente per decenni. Chiunque voglia interpretare un voto per gli emendamenti del PSE e dei verdi volti a equilibrare il tono della presente risoluzione come un voto per il regime iraniano argomenta in cattiva fede o ha esaurito le argomentazioni.
Lo spirito degli emendamenti è alquanto semplice. Desideriamo presentare l’intero quadro delle violazioni dei diritti umani e delle minacce al campo di Ashraf e nelle zone circostanti. Per esempio chiediamo che tutti i rifugiati del campo di Ashraf possano essere interrogati dal CICR e dall’UNHCR in una sede neutrale e senza ufficiali dei mujaheddin del popolo presenti al fine di chiarirne le reali aspirazioni. Dobbiamo inoltre esortare la leadership dei mujaheddin a smettere di controllare la vita dei rifugiati del campo di Ashraf, segnatamente non permettendo loro di lasciare il campo. Soprattutto, però, manifestiamo preoccupazione circa le pratiche segnalateci di manipolazione mentale e fisica e gravi violazioni dei diritti umani all’interno del culto. In sintesi, si tratta dei diritti umani dei singoli rifugiati del campo di Ashraf. A questi rifugiati e ai loro diritti umani dobbiamo pensare quando votiamo.
Alejo Vidal-Quadras, autore. − (EN) Signor Presidente, questa mattina voteremo su una proposta di risoluzione comune cofirmata da quattro gruppi politici concernente la situazione del campo profughi di Ashraf in Iraq. Tremilacinquecento uomini e donne iraniani membri dell’opposizione democratica al regime fondamentalista in Iran vivono lì completamente indifesi. Nelle ultime settimane sono stati oggetto di pressioni e vessazioni da parte della fazione del governo iracheno sotto l’influenza del regime iraniano e vi è una forte probabilità che in qualunque momento possa scoppiare una tragedia di portata analoga a quelle a cui abbiamo assistito nei Balcani non molto tempo fa.
Noi tutti ricordiamo Srebrenica e non ho dubbi quanto al fatto che nessun membro di quest’Aula voglia una seconda Srebrenica in Iraq. La nostra proposta di risoluzione è un’esortazione ad allertare l’opinione pubblica di tutto il mondo prima che succeda un disastro. Purtroppo alcuni colleghi hanno presentato emendamenti che potrebbero aggravare il pericolo per i rifugiati del campo di Ashraf e fornire al regime iraniano e ai suoi procuratori in Iraq argomentazioni per massacrarli.
Mi sono personalmente recato di recente presso il campo e vi assicuro che le accuse mosse negli emendamenti presentati sono del tutto infondate. La gente ad Ashraf è lì volontariamente. Chiunque è libero di andarsene quando desidera e si vive in rapporti estremamente amichevoli con la popolazione irachena della regione. L’intento della nostra proposta è proteggere proprio questa gente. Nessuno capirebbe e se gli emendamenti fossero adottati il risultato della proposta sarebbe esattamente l’opposto.
Non si tratta di una questione politica, colleghi. Si tratta invece di una questione puramente umanitaria e molto urgente. Vi scongiuro di votare contro tutti gli emendamenti presentati rispetto alla proposta comune sostenuta dai quattro gruppi appoggiando invece la proposta così come i gruppi, che hanno posizioni politiche molto diverse, la hanno concordata. Le vite di molte persone innocenti e indifese dipende dal vostro voto. Non tradiamoli.
Angelika Beer, autore. – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, il mio gruppo non ha sottoscritto la risoluzione e voteremo a favore di essa soltanto se gli emendamenti da me presentati insieme all’autrice, onorevole Gomes, a nome del gruppo Socialista al Parlamento europeo e Verde/Alleanza liberale europea saranno adottati.
Essa riguarda la controversia relativa ai mujaheddin o MKO, che non rappresentano un’opposizione democratica. Vorrei infatti formulare qualche commento in merito. I mujaheddin del popolo sono un’organizzazione degenerata che equivale a una setta religiosa e opprime fortemente i suoi stessi aderenti, anche nel campo. Per costringerli infatti a restare nel campo si usano pressioni fisiche e mentali. Coloro che si rifiutano vedono i loro rapporti distrutti, sono costretti a divorziare e vengono privati dei figli, uno dei mezzi più brutali di oppressione.
I mujaheddin del popolo hanno totalmente isolato tutti i membri dell’organizzazione che vivono all’interno del campo e al di fuori di esso. Qualunque accesso alla stampa o ai mezzi di comunicazione internazionali è vietato. Tutti i colloqui condotti dagli Stati Uniti hanno avuto luogo alla presenza di quadri dell’organizzazione, il che significa che gli interrogati non potevano parlare liberamente dei loro reali problemi e delle loro preoccupazioni.
In passato i membri dell’organizzazione provenienti dall’Iraq settentrionale sono stati consegnati ai tirapiedi di Saddam Hussein e vergognosamente torturati e uccisi nel campo di Abu Greib. E sono soltanto alcuni esempi per spiegare gli emendamenti comuni che vi esorto a sostenere. Chiunque li respinga, lo voglio dire molto chiaramente, e chiunque adotti il testo della presente risoluzione immutato con il suo voto autorizza i mujaheddin del popolo a proseguire con la loro politica di oppressione in un campo che controllano. In tal caso, saremo anche parzialmente responsabili di ciò che i mujaheddin del popolo stanno attualmente minacciando di fare, vale a dire che se il campo viene smantellato sotto la supervisione internazionale, l’organizzazione inciterà i suoi membri ivi presenti ad appiccarsi il fuoco, il che è ovviamente l’opposto di quello che vogliamo ottenere, per cui vi esorto a votare a favore degli emendamenti presentati dal gruppo PSE e dal mio.
Erik Meijer, autore. − (EN) Signor Presidente, da 30 anni l’Iran è governato da una dittatura teocratica, una dittatura che non soltanto costringe gli abitanti a vivere secondo i suoi standard religiosi, ma tenta anche di uccidere chiunque non si conformi al suo sistema con la conseguenza che molti iraniani devono vivere in esilio, non soltanto in Europa, ma anche nei paesi confinanti.
Dopo l’invasione militare anglo-americana in Iraq, gli iraniani che vivono lì in esilio hanno ottenuto una garanzia di protezione dall’Iran. Ora le truppe straniere si stanno preparando al ritiro dall’Iraq. Appoggio tale ritiro, ma una conseguenza imprevista potrebbe essere che il regime teocratico in Iran avrebbe l’opportunità di attaccare l’opposizione al di fuori dei suoi confini chiedendone la deportazione in Iran per eliminarla. In Iraq vi è molta solidarietà con gli iraniani in esilio. Tuttavia, il potere dell’Iran in Iraq è cresciuto perché anche la maggioranza degli abitanti in Iraq è costituita da musulmani sciiti.
Attraverso interrogazioni scritte al Consiglio ho richiamato la sua attenzione sulla condizione dei 3 400 rifugiati del campo di Ashraf. L’unica risposta è stata che il Consiglio non aveva discusso la questione. Oggi stiamo dibattendo un’importantissima risoluzione urgente sul campo di Ashraf. In due precedenti risoluzioni, nel 2007 e nel 2008, il nostro Parlamento ha confermato lo stato degli abitanti di Ashraf secondo la quarta convenzione di Ginevra. Oggi il Parlamento sta prestando particolare attenzione all’attuale situazione adottando una risoluzione soltanto su Ashraf. La risoluzione, indubbiamente equilibrata, è un testo comune adottato dalla maggior parte dei gruppi politici che intende trasmettere un messaggio forte al governo iracheno rammentandogli che i diritti dei 3 400 rifugiati di Ashraf, di cui 1 000 donne, non possono essere violati in ragione delle pressioni esercitate dai mullah iraniani.
Dobbiamo pertanto trasmettere un messaggio univoco, senza emendamenti che comprometterebbero e indebolirebbero la risoluzione, la quale riguarda unicamente questioni umanitarie dei rifugiati di Ashraf, astenendoci dall’apportare qualunque modifica al testo finale della risoluzione che complicherebbe la situazione o metterebbe a repentaglio le vite di questa gente indifesa.
I rifugiati di Ashraf sono stati bombardati dalle forze americane all’inizio dell’invasione del 2003. Successivamente sono stati passati al vaglio sempre dagli Stati Uniti. Anche il governo iracheno ha passato in rassegna ogni suo singolo abitante, cosa avvenuta nell’aprile di quest’anno. Ognuno di loro è stato singolarmente interrogato al di fuori del campo Ashraf. Tutti sono stati esortati e incoraggiati a lasciarlo o andare in Iran. Soltanto sei hanno accolto l’invito, 6 su 3 400! Dobbiamo rispettare la loro decisione.
Mogens Camre, autore. − (EN) Signor Presidente, la situazione del campo di Ashraf, che ospita 3 500 membri della principale opposizione democratica dell’Iran, il PMOI, è motivo di grande preoccupazione da diverso tempo e oggetto di diverse risoluzioni adottate da quest’Aula negli ultimi anni. Insieme a una delegazione di quattro membri del Parlamento, mi sono recato presso il campo di Ashraf nell’ottobre dello scorso anno, dove ho incontrato ufficiali americani, iracheni e dell’ONU. Tutti hanno rafforzato la nostra preoccupazione circa lo stato giuridico dei rifugiati di Ashraf perché all’inizio di quest’anno la sua sicurezza è stata trasferita dalle truppe americane alle forze irachene.
Da allora la situazione è molto peggiorata. Il leader supremo iraniano, in un annuncio ufficiale alla fine di febbraio, ha chiesto al presidente iracheno in visita di attuare il reciproco accordo chiudendo il campo di Ashraf ed espellendone tutti i rifugiati dall’Iraq.
Da quel momento, le forze irachene hanno iniziato un assedio attorno al campo. Le truppe irachene hanno impedito l’accesso al campo a famiglie dei rifugiati di Ashraf, delegazioni parlamentari, organizzazioni per i diritti umani, avvocati, giornalisti e persino medici, nel quale non possono neanche entrare molti materiali logistici.
Il Parlamento trova dunque assolutamente necessario a questo punto affrontare la questione con urgenza. Abbiamo dunque collaborato con tutti i gruppi per produrre un testo comune, che è equilibrato e tiene conto di tutte le nostre preoccupazioni al riguardo esortando gli organismi internazionali a trovare uno stato giuridico a lungo termine per i rifugiati di Ashraf.
Purtroppo alcuni portavoce per Teheran, quelli che credono nelle bugie iraniane, hanno presentato alcuni emendamenti. Ritengo che tutti avranno compreso chiaramente come questi emendamenti siano contrari alla sicurezza dei rifugiati di Ashraf, per cui dobbiamo respingerli. Esortiamo dunque tutti i colleghi ad aderire al testo comune e rifiutare qualunque emendamento.
Marco Cappato, autore. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, qui stiamo parlando di un cosiddetto campo, una vera e propria piccola città di persone che in base a una decisione politica difficile hanno consegnato le armi, persone che hanno affidato la propria difesa di fatto alla comunità internazionale. Oggi la ragione per la quale discutiamo questo punto come tema d'urgenza è il rischio che in massa queste persone siano deportate e venga violato definitivamente ogni loro diritto rispetto al regime iraniano.
Allora, certamente può essere questionato il grado, il tasso di democraticità dei Mujahidin del popolo, della loro organizzazione, ma non è questo temo il dibattito che dobbiamo fare, non è questa la ragione dell’urgenza che noi abbiamo chiesto! La ragione dell’urgenza che noi abbiamo chiesto è quella di impedire che in massa questa piccola città si trovi ad essere violata, eradicata del proprio diritto fondamentale, e venga consegnata nelle mani della dittatura iraniana.
Ecco perché, gli emendamenti che sono stati proposti rischiano semplicemente di confondere la brutale urgenza e necessità di questo messaggio ed è per questo motivo che mi auguro non siano approvati.
Tunne Kelam, a nome del gruppo PPE-DE. – (EN) Signor Presidente, oggi siamo qui per evitare che si verifichi una potenziale tragedia umana su vasta scala.
Quasi 4 000 persone, membri dell’opposizione iraniana, corrono l’imminente pericolo di essere deportate dalle autorità irachene nuovamente in Iran, il cui regime ha già proceduto all’esecuzione di oltre 22 000 loro amici. Per inciso sono le stesse persone che hanno rivelato il programma nucleare segreto di Teheran e si oppongono al regime esportatore di terrorismo con mezzi pacifici.
E’ nell’interesse della credibilità democratica del governo iracheno e dell’amministrazione statunitense, che ha concesso loro lo stato di persone protette, salvaguardarne la vita, rispettarne la libera volontà e la dignità e garantirne un futuro sicuro secondo il diritto internazionale. Ma, prima di tutto, esortiamo il governo iracheno a liberare dall’assedio il campo di Ashraf.
Nicholson of Winterbourne, a nome del gruppo ALDE. – (EN) Signor Presidente, ritengo che il collega Vidal-Quadras, mio ottimo amico, e altri intervenuti abbiamo profondamente torto; dovremmo invece sostenere gli emendamenti perché il governo iracheno ha annunciato recentemente in più occasioni di non avere alcuna intenzione di costringere gli abitanti del campo di Ashraf a rientrare in Iran né andare in qualunque altro paese.
Il governo iracheno ha ripetutamente chiesto a diversi paesi, tra cui molti Stati membri dell’Unione, di accoglierli e noi ci siamo dichiarati contrari.
Delle 3 400 persone che vivono nel campo, 1 015 hanno permessi di residenza di diversi paesi, nei quali godono dello stato di residente, molti dei quali membri della Comunità, ma non li accogliamo. Come mai?
La maggior parte degli abitanti del campo ha ricevuto una formazione militare professionale durante il precedente regime di Saddam Hussein e ha partecipato con le sue guardie presidenziali e altre forze di sicurezza alla repressione violenta del sollevamento popolare iracheno dopo la liberazione del Kuwait nel 1991.
Vi sono molte prove del fatto che queste persone hanno aggredito il popolo iracheno quando l’esercito iracheno si è rifiutato di procedere alle uccisioni che Saddam Hussein imponeva. Le famiglie delle vittime in Iraq non possono dimenticarlo e la costituzione irachena non consente la presenta di gruppi come il NKO o il PKK sul suolo iracheno.
Duemila di queste persone si sono registrate presso l’Alto commissariato per i rifugiati sperando di essere trasferite in altri paesi pronti ad accoglierle e da diversi anni il governo iracheno collabora strettamente con l’UNHCR chiedendo ad altri paesi di accettarle.
Onorevoli colleghi, questa è la situazione dell’Iraq. La sovranità del paese è in gioco e dovremmo riporre la nostra fiducia nel suo governo eletto democraticamente. Questo è il loro diritto e il loro dovere che assolvono, ve lo posso assicurare, in maniera corretta.
Charles Tannock (PPE-DE). – (EN) Signor Presidente, non sono mai stato un grande sostenitore dei mujaheddin del popolo iraniani, le cui origini filosofiche sono islamico-marxiste, il che è una contraddizione in termini, e per molti anni sono stati ovviamente sotto la protezione di Saddam Hussein, il macellaio di Baghdad, che appoggiavano militarmente.
Nondimeno, negli ultimi anni, si sono riformati e hanno fornito preziose informazioni all’Occidente in merito a violazioni dei diritti dell’uomo in Iran, nonché all’ubicazione geografica degli impianti secreti di arricchimento dell’uranio del paese. Era dunque opinabile il fatto che restassero nella lista dei terroristi banditi dall’Unione europea. Ciò che è indiscusso, a mio parere, è il fatto che i rifugiati del campo di Ashraf meritano protezione giuridica in Iraq dal suo governo e dalle forze alleate e non meritano la deportazione in Iran, dove quasi sicuramente subirebbero torture e forse esecuzioni.
Richard Howitt (PSE). – (EN) Signor Presidente, l’odierna discussione dimostra ancora una volta i limiti delle urgenze con un gran numero di dichiarazioni perché non vi è stato tempo sufficiente per una corretta negoziazione e consultazione.
Desidero che si verbalizzi che il testo socialista originario si oppone chiaramente a qualunque forma di deportazione forzata e chiede il pieno rispetto della convenzione di Ginevra e il libero accesso da parte delle organizzazioni internazionali per i diritti umani. All’onorevole Vidal-Quadras e altri, avendo io stesso ricercato un compromesso e ottenuto un sostegno interpartita soltanto per gli emendamenti nn. 2, 3 e 6 e il sostegno socialista per la risoluzione comune, ribatto che è totalmente fuorviante affermare che gli emendamenti potrebbero essere usati come pretesto per massacrare i rifugiati. Che si appoggi o si critichi il PMOI, in una discussione sui diritti dell’uomo nessuno in questa Camera dovrebbe dichiararsi contrario a emendamenti che tentano di imporre il rispetto degli obblighi riguardanti i diritti umani da parte di chicchessia ovunque nel mondo.
Jan Zahradil (PPE-DE). – (CS) Signor Presidente, mi bastano 30 secondi. Vorrei semplicemente dire che mi rallegro per il fatto che il PMOI sia stato cancellato dalla lista delle organizzazioni proscritte dell’Unione europea durante la presidenza ceca e sono anche lieto che continuiamo a proteggere l’opposizione iraniana dal regime attraverso l’odierna risoluzione sul campo di Ashraf. Vorrei ringraziare tutti i partecipanti di tutti i gruppi politici, indipendentemente dai colori o dalle convinzioni, e spero che la risoluzione passi nella forma proposta senza gli emendamenti suggeriti che in qualche modo la deformerebbero.
Paulo Casaca (PSE). – (PT) Signor Presidente, anch’io vorrei chiedere che la presente proposta di risoluzione comune sia votata nella forma originaria. Gli emendamenti presentanti in Aula sono profondamente sbagliati.
E’ del tutto scorretto affermare che anche un solo rifugiato sia stato trasferito dal campo di Ashraf o dal campo alternativo in Europa o addirittura all’interno dell’Iraq con il sostegno dell’Alto commissario. Sfido chiunque a chiedere all’Alto commissario se siano mai stati trasferiti rifugiati.
Tutto questo è assolutamente falso e unicamente inteso a provocare un massacro. Di ciò si tratta, nulla di più, per cui chiedo agli autori di tali emendamenti assolutamente vergognosi di ritirarli poiché sono un insulto nei confronti del Parlamento.
Antonio Tajani, vicepresidente della Commissione. − Signor Presidente, le chiedo di poter parlare, però in condizioni possibili, perché con tutti i parlamentari in piedi è sinceramente molto difficile; io sono molto rispettoso del Parlamento, ma mi pare veramente impossibile poter parlare in questa situazione.
Presidente. − Ha ragione.
Onorevoli colleghi, non chiuderemo la discussione finché tutti non saranno seduti in silenzio.
I membri che stanno parlando nei corridoi sono pregati di prendere atto del fatto che non chiuderemo la discussione finché non smetteranno di parlare e potremo ascoltare con il dovuto rispetto il vicepresidente della Commissione.
Antonio Tajani, vicepresidente della Commissione.− Signor Presidente, la ringrazio perché credo sia giusto partecipare a dibattiti ascoltando quello che si dice e intervenendo in maniera appropriata.
(FR) Parlerò ora in francese. Signor Presidente, onorevoli parlamentari, la Commissione verifica sistematicamente lo sviluppo della situazione in Iraq, specialmente per quel che riguarda il campo di Ashraf.
Come tutti sappiamo, nel gennaio 2009 il governo iracheno ha riassunto il controllo dell’area. In merito alla situazione umanitaria nel campo, la Commissione è stata informata dal Comitato internazionale della Croce rossa e altre organizzazioni internazionali che hanno seguito lo sviluppo della situazione secondo cui non si sono verificati deterioramenti significativi delle condizioni di vita né sono state segnalate violazioni delle convenzioni internazionali.
La Commissione concorda pienamente con l’idea che la chiusura del campo debba avvenire entro un quadro giuridico e le vite o il benessere fisico o morale dei suoi rifugiati non debbano essere messi a repentaglio. Vanno applicati gli standard umanitari internazionali, non da ultimo il principio del non rimpatrio.
In diverse occasioni il governo iracheno ha affermato di essere pronto a trattare i rifugiati del campo in maniera dignitosa aggiungendo che non aveva alcuna intenzione di deportare illegalmente i membri dell’organizzazione o costringerli a lasciare l’Iraq.
Ciò considerato, la Commissione sottolinea nondimeno la necessità, come sempre, di rispettare lo Stato di diritto e confida nel fatto che il governo iracheno agisca di conseguenza.
Quando hanno incontrato la Commissione nel marzo 2009, le autorità irachene hanno ribadito l’impegno a rispettare gli standard umanitari internazionali e non usare la forza, soprattutto non procedere a rimpatri forzati in Iraq.
Il ministro dei diritti umani iracheno sta attualmente organizzando colloqui individuali con i residenti al fine di stabilirne i diritti e appurare se desiderino rientrare in Iraq o partire per un paese terzo.
Nelle ultime settimane, alcuni membri hanno scelto di lasciare il campo e hanno potuto farlo senza alcuna difficoltà. La Commissione sostiene tali sforzi. Se i rifugiati del campo intendono lasciarlo, il governo iracheno deve autorizzarli a stabilirsi in un altro paese e agevolare il processo.
La Commissione, in collaborazione con i rappresentanti degli Stati membri in loco, continuerà a seguire da vicino gli sviluppi della situazione.