Presidente. - L’ordine del giorno reca, in discussione congiunta:
- l’interrogazione orale (O-0067/2009) presentata alla Commissione dagli onorevoli Lulling, Audy, Daul, Grossetête, Mathieu, Morin, Sudre, Vlasák, Vlasto, Louis, Beaupuy, Laperrouze, Griesbeck, De Sarnez, Berlato, Muscardini, Angelilli, Basile, Foglietta, Mussa, Musumeci, Robusti, Pirilli e Tatarella, a nome dei gruppi PPE-DE, IND/DEM, ALDE e UEN sui vini rosé e le prassi enologiche autorizzate– (B6-0228/2009),
- l’interrogazione orale (O-0068/2009) presentata alla Commissione dagli onorevoli Capoulas Santos, Batzeli, Peillon, Lavarra, Le Foll e Battilocchio, a nome del gruppo PSE sui vini rosé e le prassi enologiche autorizzate, –(B6-0229/2009).
Astrid Lulling, autore. – (FR) Signora Presidente, signora Commissario, i produttori di vini di qualità e i consumatori accorti, i veri conoscitori dei prodotti delle nostre terre, non vogliono sentir parlare di vini miscelati.
E’ comprensibile che i viticoltori di diverse regioni europee temano le conseguenze economiche, sociali e ambientali connesse all’abolizione del divieto di coupage tra vini bianchi e rossi per la produzione del rosé.
La concorrenza forzatamente sleale che ne conseguirà rischia di penalizzare intere regioni che si sono specializzate nella produzione di un rosé di qualità e adeguato a una domanda in crescita. La Commissione ha già dato seguito alla prima domanda della nostra interrogazione orale, posticipando la decisione inizialmente prevista per la fine di aprile, e di questo la ringrazio sentitamente.
Ma intende la Commissione utilizzare questo tempo supplementare per dare seguito anche alla nostra seconda richiesta, ossia procedere a un’ampia concertazione con i professionisti del ramo, in base a uno studio approfondito riguardante le conseguenze economiche, sociali e ambientali derivanti dalla soppressione del divieto di coupage?
Quali sarebbero altrimenti le soluzioni che la Commissione prevede di adottare nel caso in cui non intendesse ritirare la proposta di soppressione del divieto di coupage, al fine di evitare che questo fragile mercato del rosé, un vino con una periodo di conservazione limitato, si sfaldi e indebolisca il tessuto economico di un’intera regione che ha sviluppato tutta una serie di attività culturali e turistiche incentrate sulla filiera vitivinicola?
La Commissione si rende conto che le soluzioni di etichettatura prospettate sono state già respinte dalle regioni di produzione originali perché il termine “rosé” non sarà più esclusivamente riservato ai vini preparati tramite la vinificazione di uve rosse?
Patrick Louis, autore. – (FR) Signora Commissario, signora Presidente, la riforma dell’organizzazione comune dei mercati (OCM) imposta dall’accoppiata lobbisti-eurocrati arrecherà danno su tre fronti. Essa intende sopprimere i meccanismi di regolazione del mercato, liberalizzare i diritti di impianto a partire dal 2015, e permettere la coesistenza, sotto etichette pressoché identiche, di vini appartenenti a categorie estremamente diverse. Queste tre eresie sferreranno un colpo fatale alla viticoltura europea e francese in particolare. I consumatori saranno indotti in errore, i viticoltori vedranno crollare i profitti, l’industrializzazione del settore sentenzierà la fine di un patrimonio di conoscenze.
Questo smantellamento sistematico dei principi fondamentali che contraddistinguono la viticoltura europea ha una sua logica. Stretta tra la richiesta di adesione all’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) e l’influenza dell’onnipotente lobby del grande commercio europeo, la CEEV, dal 2004 la Commissione sta lavora sistematicamente per aprire le porte del pollaio europeo a tutte le volpi in circolazione. Sempre più spesso la Commissione sembra prostrarsi davanti all’altare della globalizzazione. L’incoerenza di questa logica diventa evidente a fronte di alcuni dati.
In Europa sono stati sradicati 170 000 ettari di vite mentre in Nuova Zelanda la superficie a vite è stata incrementata del 240 per cento, in Australia del 169 per cento e in Cina del 164 per cento. In Europa, la riduzione dell’offerta per mantenere i prezzi a un livello decente non può resistere ai grandi produttori vitivinicoli che riversano le loro eccedenze produttive a basso costo, invadendo il mercato ancora disponibile. Con questo ho sintetizzato il racket del mercato del rosé. Tale mercato rivela le contraddizioni che esistono tra i principi dell’OMC e i quelli necessari all’organizzazione di una filiera in grado di promuovere gli investimenti, la qualità, il know-how. Ieri ci siamo potuti rendere conto che in futuro la qualità sarà equiparata alla quantità. Le riforme proposte dal commissario dimostrano come le decisioni di oggi sentenzieranno un domani la morte della professionalità.
Signora Commissario, è assolutamente indispensabile proibire i vini miscelati prima del 7 giugno. Dopo tale data, ai viticoltori non resterà che l’arma del voto per fare sentire la propria volontà.
Anne Laperrouze, autore. – (FR) Signora Presidente, ma che boccone vogliono farci ingoiare? Farci passare una miscela di vini bianchi e rossi per un vino rosé! I nostri cittadini hanno reagito in maniera estremamente negativa a questa iniziativa della Commissione europea che ha riscosso il consenso degli Stati membri, Francia inclusa.
Ho osservato due tipi di reazione. Da una parte, i cittadini si domandano perché l’Unione europea s’immischi nel vino rosé quando ha tanti altri motivi di preoccupazione, primo tra tutti la grave crisi economica. Dall’altra parte, i produttori di vini rosé tradizionali, vinificati tramite una macerazione breve e una torchiatura delicata, vedono in questa proposta una grave minaccia alla denominazione “rosé” e all’immagine di qualità conquistata negli anni da vini come i rosati della Provenza, in cui persiste l’aroma di questa terra e che hanno reso rinomati anche tutti gli altri vini rosati.
In occasione dell’ultima riunione dell’intergruppo “vini” abbiamo compreso appieno le motivazioni della Commissione europea e degli Stati membri. Nel mondo si è incrementato il consumo di vino rosé da tavola, che rappresenta quasi il 30 per cento dei consumi complessivi, e i paesi terzi vendono vini miscelati. Il mercato dell’Unione europea comincia a essere preso di mira da questi vini miscelati provenienti da paesi terzi.
In particolare il mercato inglese è dominato da vini di provenienza statunitense. E, si sa, il rosé tradizionale è un vino con una vita breve; risulta molto più facile produrre, su richiesta, un vino rosé utilizzando le eccedenze di vino bianco e rosso. Per gli Stati membri si tratta semplicemente di adeguare la produzione dei vini da tavola rosé al mercato internazionale.
A meno che non si scoprano nuove pratiche enologiche per la produzione del rosé, potremmo trarre ispirazione per esempio all’umorista Pierre Dac, che affermava: "Per produrre un vino rosé naturale, basta innestare una pianta di rosa sulla vite!”. No, come molti altri colleghi, credo che la Commissione europea e gli Stati membri debbano rivedere la loro posizione, lavorare sulla denominazione “vino rosé” e fare in modo che la menzione “rosé” sia riservata esclusivamente a vini preparati secondo metodi tradizionali, sia prodotti nell’Unione europea che provenienti da paesi terzi.
In attesa di questo, signora Commissario, la invito a scoprire uno dei rari rosé di Gaillac, con le mille sfumature del Tarn, ovviamente da degustare a piccole dosi.
Cristiana Muscardini, autore. − Signora Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, il vino per noi non è semplicemente un prodotto agricolo, ma rappresenta anche cultura e tradizione.
Molte volte in quest'Aula abbiamo sentito dire che occorre garantire un futuro certo al mercato vitivinicolo europeo. Questo può essere assicurato soltanto puntando sulla qualità e non vi può essere qualità se non si rispettano i metodi tradizionali di produzione. Pertanto, non possiamo che essere contrari, signora Commissario, all'introduzione di nuove pratiche enologiche fantasiose e che non derivano dalla scienza enologica, perché riteniamo che ciò possa produrre il deterioramento dell'immagine del vino e compromettere il rapporto di fiducia tra consumatore e prodotto, con conseguenze gravi per la qualità e forse per la salute.
Le produzioni di qualità europea sono tali perché basate sul rispetto degli ingredienti, sulla lavorazione artigianale, sulla tradizione, su sapori tipici ottenuti da prodotti e metodi di produzioni specifiche. Ho timore che di concessione in concessione, stravolgendo le nostre pratiche enologiche tradizionali, l'Unione concederà la possibilità di inserire pezzi di legno delle botti per accelerare l'aromatizzazione del gusto e poi diventerà aromatizzazione artificiale, fino ad arrivare all'aggiunta di acqua e alla possibilità di fare il vino senza l'uva.
Non è questa, signora Commissario, la giusta direzione per il rilancio e lo sviluppo nel settore del mercato interno e internazionale. La domanda globale di vino rosé non è in ribasso, ma in crescita e allora l'ottica giusta non è produrre di più con pratiche enologiche da piccolo alchimista, ma investire sulla qualità, sulla specialità e sulla caratterizzazione dei vini europei, sulla commercializzazione e in generale sulla promozione del vino vero, per allargare il mercato e dare finalmente più accesso ai giovani alla imprenditoria della vinificazione.
Gilles Savary, autore. – (FR) Signora Presidente, signora Commissario, si dà il caso che io non sia in campagna elettorale perché non sarò presente nella prossima Assemblea pertanto, signora Commissario, mi potrà fare la cortesia di non calcare la mano. In ogni caso, sono originario della regione di Bordeaux. Lei ha visitato la mia regione che produce solo marginalmente vini rosé, ma che tiene comunque molto al rosé di produzione locale.
Sono rimasto sconcertato quando sono venuto a sapere che la Commissione europea intendeva legalizzare la produzione del rosé ottenuto tramite mescolanza di vino rosso e bianco. Per me si tratta di sofisticazione alimentare, qualcosa che siamo invitati a contrastare in ambito industriale, ed equivarrebbe ad autorizzare o inventare un prodotto vitivinicolo mentre, in ambito finanziario, lottiamo contro i prodotti derivati.
In realtà tutto ciò risponde esattamente al medesimo scopo, ossia alla ricerca di prodotti nuovi che garantiscano profitti maggiori. Fintanto che ciò va a vantaggio del profitto e della competitività dell’Unione europea, nessuno ha nulla da eccepire. Allora mi sono permesso un piccolo scherzo. Come vedete, ho qui del vino rosé che ho appena prodotto io stesso, qui nel Parlamento europeo, prendendo del vino bianco e aggiungendovi del succo di barbabietola. Posso assicurarvi che ha esattamente il medesimo colore del rosé e inoltre può essere prodotto in tutta la gamma cromatica che si desidera nonché, probabilmente, con una certa varietà d’aroma. Questa soluzione avrebbe l’ulteriore vantaggio di risolvere i problemi dell’industria zuccheriera e garantirebbe lo zuccheraggio con un prodotto alimentare naturale. Tutto questo per dire semplicemente che, andando avanti così, non si arriverà mai a una fine. Come hanno già detto altri colleghi, di sofisticazione in sofisticazione, arriveremo alla sofisticazione alimentare perpetua. Allora vi invitiamo a guardare a quanto sta già accadendo in alcuni paesi.
Oggi un quinto della produzione di rosé avviene tramite coupage. Ritengo che la Commissione non debba procedere all’estinzione progressiva degli altri quattro quinti. Ci sono persone che hanno lavorato per garantire l’esistenza del rosé e farlo riconoscere come vino a tutti gli effetti, prodotto secondo adeguate metodologie enologiche. Oggi togliamo loro la terra da sotto i piedi con il pretesto che potrebbe essere più lucrativo lanciarsi sul mercato del rosé utilizzando vino rosso e bianco. Mi sembra una proposta profondamente immorale. E personalmente credo che un’etichetta non sarà sufficiente o comunque, se di un’etichetta si tratterà, questo vino tagliato non potrà chiamarsi “rosé”. Chiamatelo piuttosto “acqua sporca” se preferite, signora Commissario, sarebbe una designazione che rispecchia molto più fedelmente la qualità del prodotto.
Mariann Fischer Boel, membro della Commissione. − (EN) Signora Presidente, il mondo del vino rosé vanta una lunghissima tradizione, sebbene non esista alcuna definizione del rosé nella legislazione UE o nell’ambito dell’Organizzazione internazionale della vigna e del vino (OIV). Tutti tacciono in materia di vino rosé.
In alcune regioni, i viticoltori hanno compiuto sforzi notevoli per sviluppare un vino rosé di alta qualità e contraddistinto da caratteristiche specifiche, attenendosi alle pratiche enologiche per il rosé basate su metodi tradizionali. Tuttavia altre denominazioni d’origine protetta (DOP) non impongono limitazioni alla produzione del rosé. Le prescrizioni per lo Champagne consentono la miscela di rosso e bianco per la produzione di Champagne rosé. A livello comunitario, il divieto di miscela tra vino rosso e bianco si applica oggi esclusivamente alla produzione di vino da tavola.
La discussione sulle pratiche enologiche, tra cui si annovera il coupage, risale al 2006 nell’ambito delle trattative sulla riforma vitivinicola. Con tale riforma, la Commissione ha acquisito la facoltà di autorizzare nuove pratiche enologiche sulla base delle raccomandazioni OIV.
A seguito di un approfondito dialogo tenuto lo scorso autunno con i portatori d’interesse e tutti gli Stati membri, la Commissione ha proposto di abolire il divieto di coupage dei vini bianchi e rossi. Tale proposta è stata sottoposta in gennaio a una votazione indicativa in seno alla commissione per la regolamentazione del comparto vitivinicolo, dove la maggioranza degli Stati membri, inclusa la Francia, si è espressa favorevolmente.
Il progetto di regolamento è stato notificato all’Organizzazione mondiale del commercio ai sensi dell’accordo sugli ostacoli tecnici agli scambi e di recente abbiamo acconsentito a una proroga affinché i paesi terzi possano esaminare la nostra proposta. Pertanto il regolamento sarà sottoposto formalmente al voto del comitato di regolamentazione del vino in giugno, probabilmente il 19, perché qualsiasi ulteriore ritardo non ci consentirebbe di rendere esecutive le nuove pratiche enologiche dal 1° agosto di quest’anno, come previsto dal regolamento del Consiglio.
Il Parlamento ha richiesto una valutazione d’impatto specifica prima che sia abolito il divieto di coupage. I servizi della Commissione hanno svolto studi approfonditi sull’impatto della proposta durante la preparazione della riforma vitivinicola e non intendiamo pertanto né riprendere il lavoro già svolto nel 2006 e 2007 in preparazione della riforma, né condurre una valutazione d’impatto approfondita per tutte le diverse pratiche enologiche, poiché ci basiamo sul lavoro che sta svolgendo l’OIV.
Ad oggi, gli economisti del comparto vitivinicolo ritengono che questa riforma non andrà a detrimento dei rosé tradizionali, poiché i rosé con denominazione non si pongono in competizione con i vini da tavola. E’ ovvio che il rosé tradizionale rimane un prodotto di qualità molto gradito ai consumatori e associato ad un determinato luogo di produzione.
Autorizzando le miscele per i vini da tavola garantiremo pari condizioni di concorrenza tra i paesi europei e i paesi terzi, considerato che i paesi terzi, come già menzionato oggi in quest’Aula, sono autorizzati a produrre questi vini miscelati. La vedo esattamente come l’onorevole Laperrouze. Perché dovremmo condannare i nostri viticoltori a una posizione di svantaggio competitivo rispetto ad altri che possono vendere il loro vino all’interno dell’Unione europea?
Alcune settimane fa ho incontrato qui a Strasburgo i viticoltori francesi della Provenza, con i quali ho avuto una discussione molto onesta e aperta sulla situazione attuale. Ovviamente posso comprendere il loro sforzo per tutelare il rosé tradizionale e la Commissione ha infatti cercato diverse alternative per la questione dell’etichettatura. Alla fine abbiamo proposto due diverse diciture: “rosé tradizionale” e “rosé da taglio”. Gli Stati membri possono decidere se rendere obbligatoria una o entrambe queste menzioni sull’etichetta del vino rosé prodotto sul loro territorio. Con questa opzione diamo ai consumatori la possibilità di comprendere meglio il prodotto in vendita.
Ho sentito alcuni produttori vitivinicoli lamentarsi perché la dicitura “rosé tradizionale” suona secondo loro antiquata, mentre ritengono che il vino rosato sia prodotto secondo pratiche moderne. Da parte mia, ho dato la mia disponibilità ad accogliere altri suggerimenti, pur precisando che nessuno mi aveva ancora proposto alternative al rosé. In qualità di commissario per l’agricoltura, ci tengo a trovare le soluzioni giuste al fine di garantire pari opportunità di concorrenza ai nostri produttori vitivinicoli.
Agnes Schierhuber, a nome del gruppo PPE-DE. – (DE) Signora Presidente, signora Commissario, sono lieta di rivederla. In tutti questi anni di attività politica, prima in Austria e poi presso il Parlamento europeo per quasi tre lustri, ho riscontrato che le discussioni sul vino hanno sempre forti connotazioni emotive. La discussione di oggi non fa eccezione.
Secondo me il vino è uno dei prodotti agricoli più eleganti in assoluto. E’ pertanto importante per la produzione di qualità dei produttori vitivinicoli europei e in particolare austriaci che l’Unione europea affermi come prioritaria la qualità e la specificità dei vini provenienti dalle diverse regioni.
A nostro giudizio, il coupage di vini non è una prassi enologica: i vini rosati sono prodotti tramite un procedimento enologico speciale e assolutamente tradizionale. Pertanto, signora Commissario, signora Presidente, mi unisco a tutti gli altri colleghi che condannano la miscelazione e il taglio di vini bianchi e rossi. E’ tempo di formulare una definizione chiara per la produzione dei vini rosé tradizionali.
Signora Commissario, come lei stessa ha affermato, gli Stati membri devono poter acquisire le conoscenze necessarie per rivedere o reinterpretare alcune decisioni. Questo è il mio auspicio, poiché è in gioco la qualità della produzione vitivinicola europea.
Alessandro Battilocchio, a nome del gruppo PSE. – Signora Presidente, onorevoli colleghi, ancora una volta ci troviamo in quest'Aula per difendere un patrimonio alimentare, culturale e rurale procedente da una tradizione vecchia di secoli, un patrimonio inestimabile che il mondo ci invidia, che rappresenta un'enorme ricchezza per l'economia e anche per l'identità della nostra Unione.
Un patrimonio che oggi rischia di trovarsi in seria difficoltà per la volontà della Commissione e del Consiglio di sopprimere il divieto di coupage per la produzione di vini rosé, volontà nata sotto forti pressioni e che troverà la sua ratifica senza la possibilità di intervento del Parlamento, l'organo che ufficialmente rappresenta i milioni di cittadini, tra produttori e consumatori, che verranno toccati da tale iniziativa.
La Commissione propone di permettere di realizzare vini rosé semplicemente miscelando vini rossi e bianchi, come fanno i paesi che non possiedono le nostre competenze e professionalità, con il semplice pretesto di rispondere alla concorrenza internazionale.
In qualità di cofirmatario dell'interrogazione, sottolineo che abbassare la qualità delle nostre produzioni, frutto di secoli di tradizioni e ricerche, di importantissimi investimenti, di passione e di cura del dettaglio, non è la risposta di cui abbiamo bisogno, soprattutto in un momento di crisi economica come questo, in cui il consumatore medio fa sicuramente più attenzione al prezzo che ad una scritta sull'etichetta.
Per controbilanciare questa decisione basterebbe trovare un nome per il nuovo prodotto e informare i consumatori dell'esistenza di due diversi tipi di rosé, della diversa qualità dei prodotti, dell'importanza di riconoscere il lavoro e gli sforzi dei professionisti del settore. Chi pagherà tutto questo? La Commissione prevede qualche programma di sostegno in questo senso o a pagare saranno ancora i produttori, dopo aver chiesto loro di combattere ad armi impari la concorrenza low-cost in tempi già durissimi?
Spero che la Commissione ed il Consiglio sappiano fare la scelta giusta e, se necessario, rivedere del tutto questa procedura.
Jean-Claude Martinez (NI). – (FR) Signora Presidente, signora Commissario, abbiamo accettato la cioccolata senza cacao, l’interdizione del formaggio di latte crudo, che i nostri roquefort fossero assoggettati a dazi doganali del 300 per cento. Abbiamo rischiato di avere il pollo sbiancato in candeggina e perfino la somatotropina, un ormone in grado di aumentare la produzione di latte.
Adesso siamo arrivati ovviamente alla colorazione del vino bianco con vino rosso per ottenere il rosé. Se posso dirla tutta, questa è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso, a ricordarci proprio quell'acqua che peraltro era già stata autorizzata per il taglio di vini, come sono stati pure autorizzati i vini prodotti con trucioli di legno anziché invecchiati in barrique e quelli realizzati con mosti d’importazione. A questo punto si potrebbe produrre vino pure in Tailandia.
Il problema è la reazione psicanalitica che la questione suscita, dovuta al fatto che si tratta di un’aggressione alla nostra cultura. Qual è la definizione di vino? Se lo consideriamo un prodotto industriale, possiamo tagliarlo, come se fosse una Coca-Cola viticola. Ma se si tratta di un prodotto agroalimentare, allora qualsiasi intervento su di esso crea uno choc culturale. "Questo è il mio sangue, bevetene in memoria di me”. E chi taglia il sangue, produce sangue contaminato.
Capite il motivo di questa reazione spropositata? Con la questione del rosé avete messo in discussione una tradizione di 2 500 anni che risale all’Impero romano e,aveva affrontato persino la barbarie. Ecco, signora Presidente, cosa intendevo: si tratta di una questione freudiana, piuttosto che viticola.
Françoise Grossetête (PPE-DE). – (FR) Signora Presidente, signora Commissario, quando sono arrivata qui, ero terribilmente scontenta. Dopo avere ascoltato le vostre parole, sono invece in preda all’ira. E’ inammissibile che permettiate, oltretutto in questo periodo di elezioni, la miscelazione di vino bianco e rosso.
Di recente mi sono recata in Provenza e in Corsica per ascoltare i viticoltori della mia circoscrizione che hanno fatto una scelta di qualità e oggi si sentono messi da parte. Mi ricordo di un discorso che il presidente Barroso aveva pronunciato due anni fa, in cui affermava l’importanza della viticoltura quale elemento dell’economia e sottolineava la necessità di incrementare le esportazioni puntando sulla qualità. Mi ricordo perfettamente di quel discorso.
La Commissione europea ha imposto l’estirpazione per incrementare la qualità e ridurre la quantità. I viticoltori del Sud della Francia sono stati al gioco e guardate in che situazione versano oggi. Hanno estirpato talmente tante viti, che a breve saranno costretti a importare vino per soddisfare la domanda locale.
Con la vostra politica avete firmato la condanna a morte dei nostri viticoltori. Come se non bastasse, ora autorizzate la miscelazione di vino bianco e rosso con la denominazione di vino rosé. E’ un insulto nei confronti dei nostri viticoltori. Ora chiederete loro di aggiungere anche la menzione supplementare “vino tradizionale” per i vini prodotti secondo metodi classici, perché i nostri amici spagnoli hanno bisogno di vendere le loro eccedenze di vino bianco, visto che non hanno proceduto alle estirpazioni. I nostri viticoltori che hanno scelto la qualità non devono in alcun modo giustificare il valore del loro vino. Sarebbe davvero il colmo.
Il vino tagliato non è vino rosé, è un vino bianco miscelato. Chiamiamo le cose per il loro nome. Non permettiamo più che i consumatori siano abbindolati da commercianti di vino che perseguono il profitto a detrimento della qualità. Perché è questo che state proponendo, signora Commissario. Mi appello a tutti i colleghi e a quelli che saranno di nuovo in Parlamento dopo le elezioni. Dobbiamo raddoppiare gli sforzi affinché questa proposta della Commissione europea sia bocciata in via definitiva e non solo provvisoria. Attenzione al 19 giugno.
Ioannis Gklavakis (PPE-DE). - (EL) Signora Presidente, signora Commissario, onorevoli deputati, in Grecia produciamo vino da tremila anni. Manifesto la mia opposizione, il mio rammarico e la mia inquietudine per quanto sta accadendo. Il vino rosé è un prodotto artificiale. Il vino si ottiene tramite fermentazione, non con la miscelazione, pena la concorrenza sleale a danno dei nostri produttori che sono in grado di creare questi vini meravigliosi.
Un altro aspetto altrettanto importante riguarda la reputazione del vino europeo, che subirà l’ennesimo colpo. In effetti posso constatare che, una volta discesa la china, si cade sempre più in basso. Non è molto che abbiamo discusso e approvato l’aggiunta di trucioli di legno nel vino. Abbiamo motivato questa scelta con l’invecchiamento e i costi economici. Dopodiché abbiamo approvato l’aggiunta di zucchero al vino. Per motivi economici, abbiamo detto, e non abbiamo avuto il coraggio di esigere che queste pratiche fossero specificate sull’etichetta. E il coraggio ci abbandonerà anche questa volta.
L’Europa può affermarsi solo con i vini di eccellente qualità che produce. Il Cielo ci aiuti se pensiamo di poter competere con i vini australiani o americani di poco prezzo – dobbiamo insistere su questo punto. Le medesime parole le avevo pronunciate quando abbiamo approvato l’addizione dello zucchero al vino. Noi che abbiamo preso queste decisioni passeremo alla storia dell’enologia europea come coloro che hanno scosso le fondamenta dell’eccellenza vitivinicola europea. Vi imploro pertanto di non prendere decisioni che ci conducano verso la china.
Elisabetta Gardini (PPE-DE). - Signora Presidente, onorevoli colleghi, signora Commissario, io devo dire che mi unisco a quanto ha detto l'onorevole Grossetête perché ero venuta qui animata dall'intenzione di portare il dolore, il rammarico, la scontentezza del mondo produttore di vino in Italia e mi sono trovata di fronte ad un muro, di fronte ad una indifferenza, mi auguro magari dovuta alla freddezza della traduzione, ma da quello che ho ascoltato mi è sembrato di capire che non ci sono aperture, che non ci sono speranze, che non c'è un varco.
Poco tempo fa, molto recentemente, nella mia regione – io vengo dal Veneto – si è tenuta una manifestazione, il Vinitaly, che è una delle manifestazioni più importanti per quanto riguarda proprio il mondo del vino e ha riscosso un enorme successo una petizione in difesa proprio dei vini rosati. Hanno aderito grandi cantine, grandi produttori di vino italiani, ma sono arrivate firme anche da altre parti d'Europa, sono arrivate firme da cittadini dell'Olanda, della Francia, della Spagna, del Belgio, del Lussemburgo, della Slovenia, della Polonia, della Lituania, dell'Ucraina. La passione per il rosé, come vede, è autentica e non ha veramente confini se non, sembra, nella Commissione europea, eppure parliamo di cultura, parliamo di territorialità, parliamo di tradizione.
Io vorrei anche consegnarle, come donna, una riflessione: ma quando noi combattiamo per l'uso sbagliato che si fa dell'alcol, lei pensa che mettendo in mano una bevanda di scarsa qualità, non lo chiamo vino, una bevanda alcolica a poco prezzo, completamente sradicato dal territorio, dalla cultura, dalla qualità, faremo un buon servizio verso le nuove generazioni? Riusciremo a educarli ad un uso del vino e dell'alcol legati all'interno di buone abitudini e di buone prassi?
Ecco, io le consegno anche questa riflessione perché vi state assumendo delle grandi responsabilità in tanti sensi.
Christa Klaß (PPE-DE). – (DE) Signora Presidente, signora Commissario, negli ultimi anni abbiamo avuto modo di comprendere quanto il vino sia un prodotto sensibile. Oggi in questa sede caldeggiamo la liberalizzazione della normativa che disciplina il mercato vitivinicolo e auspichiamo un’apertura verso il mercato mondiale. Talvolta mi domando chi è che regge il timone qui.
La produzione vitivinicola si è sviluppata tradizionalmente in Europa. Le nostre tradizioni e specificità regionali confluiscono nei vini europei e di questo dovremmo tenere conto anche nelle nostre riflessioni in merito alle regole del mercato vitivinicolo. Sono rimasta profondamente turbata nell’osservare che un comitato ha inserito nella normativa per il mercato vitivinicolo delle disposizioni che non sono mai state neppure discusse in Parlamento.
Signora Commissario, mi domando quali siano le possibilità normative che ancora abbiamo a livello nazionale e regionale? Quali obblighi e divieti possono imporre gli Stati membri per le loro aree di coltivazione che producono vini di bassa qualità – non mi riferisco qui ai vini con denominazione d’origine o di provenienza, bensì ai vini di gamma inferiore? Per esempio, l’interdizione di coupage per vini rossi e bianchi sarebbe un divieto regionale o nazionale? Tale divieto potrebbe riguardare in futuro anche i vini di bassa gamma?
Oppure l’interdizione di indicare il vitigno e l’annata: anche questo ci mette in difficoltà, perché anche noi vogliamo distinguere i nostri vini, di qualità inferiore, da quelli con denominazione d’origine o provenienza. Diciture come “Rosé francese” o “Riesling tedesco” devono essere disciplinate da una normativa chiara. Tali menzioni sono collegate alla nostra produzione tradizionale cui attribuiamo enorme importanza anche per il futuro, signora Commissario, e per la quale chiediamo il suo sostegno.
Astrid Lulling, autore. − (FR) Signora Presidente, signora Commissario, lei ha risposto negativamente alla nostra seconda domanda asserendo che, in occasione della riforma del settore vitivinicolo in seno all’OCM, avevate già condotto lo studio che vi abbiamo richiesto. Sono sorpresa, poiché nell’ambito di tale riforma non era mai stata discussa la possibilità di autorizzare una pratica enologica che consiste nel tagliare il vino bianco con il rosso per la produzione di vino rosé.
Perché non fa seguito alla nostra richiesta, peraltro assai ragionevole, di una concertazione con professionisti del ramo? Volete decidere entro il 19 giugno, ma non c’è alcuna fretta, tanto più che nessuno vi ha mai richiesto di autorizzare questa pratica enologica. Non so per quale ghiribizzo abbiate voluto avanzare questa proposta, quando nessuno in Europa ne ha mai fatto richiesta.
E aggiungerei, per quanto concerne l’etichettatura, che i produttori di vini rosati tradizionali non accetteranno mai che queste bevande – ivi compresa quella preparata dal collega Savary – portino il nome “rosé”. A questo punto, tocca a lei compiere uno sforzo. Signora Commissario, la prego caldamente di dare una risposta alle nostre due domande.
Françoise Grossetête, autore. − (FR) Signora Commissario, lei ci ha detto poc’anzi di non avere ricevuto alcun suggerimento, di essere in attesa di proposte e così via.
I suggerimenti le sono stati fatti: lei ha incontrato i nostri viticoltori che le hanno spiegato di non volerne sapere di quest’idea. Le hanno detto di non voler essere costretti ad aggiungere la menzione “vino rosé tradizionale” per distinguersi dall’altro vino rosé sul quale ci si guarderà bene dal precisare “da taglio”, ovviamente. Non può pertanto asserire di non avere ricevuto alcuna proposta.
E, soprattutto nel caso dello Champagne rosé, sappiamo benissimo che questo prodotto enologico non ha nulla a che vedere con la miscelazione di vino bianco e rosso qui proposta. Signora Commissario, abbiate il coraggio di non chiamare il vino tagliato, bianco e rosso, vino rosé. Ecco la nostra richiesta. Questo è il nostro suggerimento. Non penalizzate i veri viticoltori.
Come può pensare che i cittadini comprendano questa presa di posizione della Commissione europea? Lei rimane sorda a qualsiasi argomentazione, è assolutamente incomprensibile.
Gilles Savary, autore. − (FR) Signora Commissario, mi permetto di riprendere la parola per spiegarle che ho ascoltato attentamente le sue argomentazioni e sono sicuro che quest’idea non sia scaturita da lei. Probabilmente è stata formulata da alcuni gruppi d’interesse.
Ma vede, non credo che l’Europa abbia interesse a puntare costantemente verso il basso, specialmente in ambito alimentare. I paesi che non si sono abbassati a una qualità inferiore sul piano industriale sono quelli che figurano oggi in cima alle classifiche mondiali degli scambi commerciali. I tedeschi, in particolare, si sono sempre opposti alla tentazione di un livellamento verso il basso. Orbene, credo che l’Europa debba resistere, sul piano alimentare, a questa tentazione continua di livellamento verso il basso, perché questa è la strategia vincente.
Proponiamo dunque di evitare a qualsiasi costo che si vadano a creare due tipi di denominazione “rosé”, tradizionale o da taglio. Esiste il vino rosé tout court e tutto il resto è qualcosa d’altro. Organizzate un concorso europeo per attribuire un nome a questa “altra cosa” se ritenete necessario riconoscerla legalmente. Personalmente, penso che l’Europa farebbe bene a resistere all’Organizzazione mondiale del commercio per quanto concerne questo prodotto. In fondo, affermate sempre che “capitoliamo” di fronte a qualsiasi cosa arrivi dall’esterno.
Patrick Louis, autore. − (FR) Signora Commissario, la menzione “vino rosé” sulla bottiglia non serve a nulla, poiché i rosé migliori, tra cui il Bandol che le ho portato, non recano neppure la menzione “rosé”.
D’altra parte, indicare sull’etichetta “rosé tradizionale” sarebbe sciocco. Il rosé è un vino che attira i giovani, un vino moderno, anche se prodotto avvalendosi di tecniche tradizionali. Il termine risulterebbe pertanto troppo ambiguo. Non esistono 36 diverse soluzioni, ne esiste una sola perché, come altri hanno appena detto con grande pregnanza, il rosé è un vino culturale, prodotto dalle mani di esperti. Non occorre immischiarci in chissà quali affari; dobbiamo semplicemente vietare qualsiasi forma di coupage e di miscelazione sul territorio europeo e su quello francese in particolare.
Mariann Fischer Boel, membro della Commissione. − (EN) Signora Presidente, mi ha fatto bene ascoltarvi questa sera e notare che avete serbato la medesima passione, energia ed emozione per il comparto vitivinicolo che avevo già sentito in occasione delle discussioni sulla riforma vitivinicola. Il patrimonio culturale e le tradizioni collegate al vino sono ancora vive in questo Parlamento.
Tuttavia, alcune delle questioni sollevate questa sera rimettono completamente in discussione il compromesso politico raggiunto sulla riforma vitivinicola; io non intendo soffermarmi su tali aspetti e mi concentrerò esclusivamente sul problema centrale discusso oggi.
Concordo appieno con i deputati che considerano la qualità l’asso vincente per il futuro della produzione agricola europea. E’ proprio per questo motivo che in occasione della riforma vitivinicola – sono certa che ancora ve ne ricordate – abbiamo stanziato un importo ingente per promuovere il vino europeo sul mercato del Terzo mondo: in occasione di quelle discussioni abbiamo parlato di 125 milioni di euro l’anno. La scelta era motivata dal fatto che siamo consapevoli di offrire un prodotto di alta gamma per il quale crescerà la domanda nei nuovi paesi emergenti. Su questo punto ci troviamo sulla medesima lunghezza d’onda.
Nondimeno, vorrei essere solidale anche con i produttori vitivinicoli europei che si trovano a competere con il vino prodotto tramite altre prassi enologiche ammesse nei paesi del Terzo mondo. Tra queste figura per esempio la miscelatura di vino bianco e rosso per la produzione di vino rosato. E’ una pratica ammessa, figura tra le pratiche enologiche dell’OIV e pertanto oggi l’Unione europea importa vino rosé prodotto esattamente con questo sistema. Perché dovremmo impedire ai nostri produttori vitivinicoli di essere competitivi rispetto al vino importato nell’Unione europea? Ritengo pertanto che abbiamo adottato un atteggiamento equilibrato.
E’ importante avere definito il sistema di etichettatura dei vini al fine di garantire che i consumatori sappiano cosa stanno acquistando. Inoltre con i DOP è possibile specificare sull’etichetta, a titolo informativo per il consumatore, che il vino è stato prodotto secondo metodi tradizionali. Nel mio primo intervento vi ho detto di avere incontrato alcuni produttori di vino della Provenza. A loro non piaceva la denominazione “rosé tradizionale” esattamente per il motivo da voi indicato, ossia perché suona un poco antiquata. A quel punto ho chiesto suggerimenti per un’etichettatura alternativa in cui fosse menzionato l’utilizzo di metodi tradizionali, ma nessuno ha avanzato nuove idee. La nostra proposta è di lasciare agli Stati membri la facoltà di decidere se rendere obbligatoria sul proprio territorio l’etichettatura del vino rosato con la menzione “da taglio” o “tradizionale”.
Riprenderemo questa discussione in seno al Comitato di regolamentazione. Come ho detto, la votazione è prevista per il 19 giugno 2009 e a quel punto prenderemo atto della volontà espressa dagli Stati membri e dai loro rispettivi governi. Sarà un risultato senz’altro interessante e in ogni caso sono persuasa che la nostra proposta, conforme alle pratiche enologiche OIV, rappresenti la chiave per consentire ai nostri produttori vitivinicoli di rimanere competitivi sul mercato mondiale anche in futuro.
Presidente. – La discussione è chiusa.
Dichiarazioni scritte (articolo 142 del regolamento)
Stéphane Le Foll (PSE), per iscritto. – (FR) I produttori europei di vini rosé sono preoccupati per il progetto della Commissione, volto all’abolizione del divieto di coupage di vini bianchi e rossi da tavola per la preparazione di vini rosé.
Questa nuova pratica nuoce a una produzione di qualità e ignora gli sforzi intrapresi dai produttori da svariati anni per elaborare un prodotto rosé che a lungo è rimasto marginale, ma che oggi ha conquistato un posto a pieno titolo sul mercato e sulla tavola di innumerevoli consumatori. Tale pratica rischierebbe infatti di trarre in inganno il consumatore.
Se nelle prossime settimane questa proposta della Commissione fosse avallata dagli Stati membri, il sottoscritto insieme al collega Savary auspicano che sia imposto l’obbligo di etichettatura, tramite il quale sarà possibile distinguere un vino rosé autentico da un prodotto nuovo, ottenuto tramite la miscelazione di vini, che pertanto non può essere denominato rosé.
Véronique Mathieu (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Di fronte alla collera dei viticoltori europei, la Commissione ha deciso di rimandare al 19 giugno la decisione affrettata in merito all’autorizzazione della produzione di vino rosé mediante taglio di vino rosso e bianco.
Di per sé, questo slittamento non può essere considerato sufficiente. Non risulta soddisfacente neppure la decisione di proporre una distinzione tra “rosé tradizionale” e “rosé da taglio” sull’etichetta dei prodotti in vendita, poiché non basterebbe a contrastare la concorrenza sleale che i produttori subirebbero se questa decisione dovesse essere adottata.
I viticoltori dell’Unione europea, nel corso di svariati anni, hanno fatto sforzi ed investimenti notevoli per elaborare un vino rosé di grande qualità e questa decisione della Commissione europea minaccia di azzerare questi sforzi che pur hanno avuto ricadute estremamente positive sull’economia e lo sviluppo delle nostre regioni.
Con l’interrogazione posta alla Commissione dalla sottoscritta e da altri colleghi chiediamo che la Commissione chiarisca le sue intenzioni e ci garantisca che la decisione adottata sarà presa in completa concertazione con i produttori europei di vini rosati.
Vincent Peillon (PSE), per iscritto. – (FR) Signora Commissario,
non le nascondo la mia profonda insoddisfazione di fronte ai suoi tentativi di spiegazione in relazione alla questione del vino rosé da taglio.
Le sue risposte non soddisfano affatto i viticoltori, con cui ho potuto avere uno scambio approfondito in Provenza, che hanno puntato tutto sulla qualità. Tali viticoltori temono oggi di vedere vanificati trent’anni di sforzi, coronati da un successo commerciale tangibile, in cui hanno lavorato per conferire al rosé il rango che merita.
Non date alcuna risposta a chi considera l’autorizzazione del coupage in profonda contraddizione con le politiche dolorose di estirpazione attuate su ampia scala. Non è abbassando a qualsiasi prezzo i nostri costi di produzione che usciremo vincitori dalla competizione internazionale, bensì elevando giorno dopo giorno la reputazione dei nostri vini.
Non date alcuna risposta neppure a chi afferma che l’etichettatura non sarà sufficiente, perché non riguarderà le bottiglie di “rosé da taglio”.
Inoltre, rimandando la decisione in merito all’abolizione del divieto dopo il voto del 7 giugno, lei fa il gioco degli euroscettici.
Per questi motivi le chiedo solennemente di ritirare questo progetto nefasto che minaccia un’economia e una cultura.
Dominique Vlasto (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Con il pretesto di rivedere le pratiche enologiche ammissibili, la Commissione europea si appresta ad autorizzare la miscelazione di vino bianco e rosso sotto la denominazione di “vino rosé”..
Personalmente contesto la possibilità di chiamare “vino rosé” una miscela di vini diversi. Non è soltanto il colore di un vino a determinarne il nome, quanto lo sono piuttosto le viti, il territorio e l’esperienza dei viticoltori. E’ questo, e non il colore finale, a distinguere il vino da un liquido qualunque.
Per ottenere un vino rosato tramite coupage, occorre necessariamente partire da un vino bianco, per oltre il 95 per cento, che viene poi colorato con vino rosso. In realtà, il vino rosé è ottenuto tramite la fermentazione di uve o mosti in prevalenza rossi. Autorizzando la miscelazione di vini, la Commissione europea rende lecita una vera e propria contraffazione del vino rosé e ciò equivale a una truffa organizzata a danno dei consumatori.
Oltre all’insulto ai viticoltori che lavorano per una politica della qualità, specialmente in Provenza, sarebbe inaccettabile legittimare un sottoprodotto ottenuto dal mescolamento di altri prodotti finiti e di autorizzarne il riferimento ingannevole al colore del rosé.
In mancanza di altre alternative, occorre almeno imporre per queste bevande un’etichetta che ne illustri fedelmente il contenuto: “vino da taglio” o “miscela di vini”.