15. Nuove competenze e prerogative del Parlamento nell'applicazione del trattato di Lisbona - Impatto del trattato di Lisbona sull'evoluzione dell'equilibrio istituzionale dell'Unione europea - Relazioni tra il Parlamento europeo e i parlamenti nazionali nel quadro del trattato di Lisbona - Aspetti finanziari del trattato di Lisbona - Attuazione dell'iniziativa dei cittadini (discussione)
Presidente. − Riprendiamo la sessione con un argomento molto importante, la discussione congiunta sul trattato di Lisbona che comprende le relazioni seguenti:
- relazione (A6-0145/2009), presentata dall’onorevole Leinen, a nome della commissione per gli affari costituzionali, sulle nuove competenze e prerogative del Parlamento nell’applicazione del trattato di Lisbona [2008/2063(INI)];
- relazione (A6-0142/2009), presentata dall’onorevole Dehaene, a nome della commissione per gli affari costituzionali, sull’impatto del trattato di Lisbona sullo sviluppo dell’equilibrio istituzionale dell’Unione europea [2008/2073(INI)];
- relazione (A6-0133/2009), presentata dall’onorevole Brok, a nome della commissione per gli affari costituzionali, sullo sviluppo delle relazioni tra il Parlamento europeo e i parlamenti nazionali nel quadro del trattato di Lisbona [2008/2120(INI)],
- relazione (A6-0183/2009), presentata dall’onorevole Guy-Quint, a nome della commissione per i bilanci, sugli aspetti finanziari del trattato di Lisbona [2008/2054(INI)];
- relazione (A6-0043/2009), presentata dall’onorevole Kaufmann, a nome della commissione per gli affari costituzionali, recante richiesta alla Commissione di presentare una proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio per l’attuazione dell’iniziativa dei cittadini [2008/2169(INI)].
Come potete osservare, si tratta di cinque relazioni della massima rilevanza, che riguardano un tema di grande attualità e dovremmo anche tenere presente che, come sapete, il senato della Repubblica ceca ha approvato la ratifica del trattato con la maggioranza richiesta.
Jo Leinen, relatore. − (DE) Signor Presidente, signora Vicepresidente, onorevoli colleghi, l’ultima seduta serale di questa legislatura è dedicata alla discussione sul trattato di Lisbona. Molte altre sedute serali hanno preceduto quella attuale nel tentativo, da parte nostra, di giungere ad un trattato di riforma e alla sua ratifica nei 26 parlamenti degli Stati membri.
Desidero congratularmi ed esprimere la mia gratitudine ai senatori cechi, che oggi hanno espresso il loro sostegno a questo trattato con una netta maggioranza. Desidero altresì ringraziare tutti coloro che hanno contribuito a rimuovere questo ostacolo dal cammino del trattato.
(Applausi)
Sì, applaudiamo pure il senato ceco da Strasburgo fino a Praga: siamo molto soddisfatti di questo risultato.
Sono molto ottimista e confido che riusciremo a completare la procedura di ratifica verso la fine dell’anno. Non dobbiamo certamente vendere la pelle dell’orso prima di averlo ucciso, ma tutto lascia supporre che sarà possibile ottenere 27 ratifiche. L’ottimismo della commissione per gli affari costituzionali era pertanto giustificato. Il Consiglio europeo, la Commissione e il Parlamento europeo devono prepararsi all’entrata in vigore del trattato. Sono lieto che questo Parlamento abbia adottato quattro relazioni estremamente interessanti ed importanti – anzi, cinque, dato che anche l’onorevole Guy-Quint ha presentato un documento sugli aspetti finanziari del trattato di Lisbona, una sorta di atto finale di questa legislatura.
Sul trattato di riforma il Parlamento non ha mai gettato la spugna, nemmeno nei momenti difficili, seppure ciò non valga per tutti. Non riesco a capire perché ci siano state tante esitazioni in questo Parlamento e tanti persino sull’opportunità stessa di continuare a discutere di Lisbona. La discussione è stata addirittura relegata nella sessione serale, mentre avrebbe potuto tranquillamente svolgersi di giorno. E’ indegno che il Parlamento abbia deciso di posticipare alla sessione serale una discussione di questo tenore. Ma sappiamo perché le cose sono andate così: non si voleva che questo Parlamento riaffermasse dinanzi ad un pubblico numeroso la propria convinzione circa la necessità di questo trattato, che ribadisse che lo vogliamo e ci crediamo. Ci sono degli scettici ai massimi livelli di questo Parlamento, ed è una cosa che trovo assolutamente incomprensibile e del tutto inaccettabile.
Io mi sono occupato della relazione sul ruolo del Parlamento nell’applicazione del trattato di Lisbona e posso dire che la nostra istituzione trarrà vantaggio dal trattato di riforma. Stiamo per compiere un passo da gigante a livello di controllo democratico, in termini di normativa, controllo di bilancio e procedure decisionali, o di controllo e addirittura di elezione dell’esecutivo, della Commissione, o di approvazione di accordi internazionali, o di nuovi diritti di iniziativa che ci vengono conferiti, l’esempio più importante dei quali è costituito dal diritto del Parlamento europeo di proporre emendamenti al trattato, un privilegio in precedenza riservato agli Stati membri e ai loro governi. Adottare la codecisione come procedura standard ci pone su un piano di parità con il Consiglio dei ministri. Politica agricola, politica della pesca, politica della ricerca, regolamenti in materia di provvedimenti strutturali: molte di queste tematiche rientreranno d’ora in poi nella responsabilità congiunta e nel potere di codecisione del Parlamento europeo. Deteniamo ora competenze di supervisione, nuovi diritti di informazione e nuovi poteri di iniziativa.
Signora Vicepresidente, la ringrazio per essere stata sempre dalla nostra parte. Quella odierna è una giornata importante e, con queste quattro relazioni, che costituiscono una sorta di atto finale, chiudiamo un periodo contraddistinto dall’impegno nei confronti della riforma dell’Unione europea. Spero che l’atto finale possa essere portato a compimento dal nuovo Parlamento e che sia possibile iniziare la nuova legislatura su basi rinnovate e più solide.
(Applausi)
Jean-Luc Dehaene, relatore. − (NL) Signor Presidente, signora Vicepresidente, onorevoli colleghi, l’approvazione del trattato di Lisbona da parte del senato ceco costituisce un ulteriore importante passo verso la ratifica. È pertanto positivo che il Parlamento europeo questa sera approvi una serie di relazioni che ne definiscono la posizione rispetto all’applicazione del trattato. Dopo tutto, è necessario che il Parlamento sia preparato quanto le altre istituzioni prima di avviare con esse negoziati sull’attuazione e sull’applicazione del trattato.
E’ ancora più importante per il Parlamento, dal momento che, con questo trattato, le sue competenze saranno notevolmente ampliate. Il Parlamento ha pertanto tutto l’interesse a essere adeguatamente preparato per svolgere pienamente i suoi nuovi compiti, come definiti nelle relazioni Leinen e Guy-Quint, nonché ad adottare una posizione chiara in merito ai suoi rapporti con le altre istituzioni, che è poi il tema della mia relazione.
Il trattato di Lisbona - che spero venga adottato - rafforza e chiarisce l’equilibrio istituzionale all’interno dell’Unione e, abolisce formalmente la struttura a pilastri. Con la sua entrata in vigore, l'Unione europea acquisisce personalità giuridica, le istituzioni della Comunità diventano le istituzioni dell’Unione e vengono definiti chiaramente il ruolo e le competenze di ciascuna di esse. Il trattato metterà così fine alla duplice posizione del Consiglio europeo, rendendolo un’istituzione autonoma dell’Unione.
Sebbene sia ancora soggetta a troppe deroghe, l’applicazione della codecisione - che diverrà la procedura legislativa ordinaria e comprenderà anche l’approvazione del bilancio -, conferirà al Parlamento un ruolo molto importante. Del resto, i poteri del Consiglio e del Parlamento sono stati formulati in maniera identica nel trattato, che in questo modo rafforza il metodo comunitario trasformandolo nel metodo dell’Unione e lo estende anche a quello che in passato veniva definito il pilastro giustizia e affari interni.
Nella mia relazione ho sottolineato la necessità di un solido coordinamento dell'attività legislativa e di quella afferente al bilancio affinché le istituzioni funzionino in modo efficiente. La relazione auspica la programmazione dell'attività legislativa, comprese le prospettive finanziarie pluriennali. Il ruolo del Consiglio Affari generali all’interno del Consiglio dei ministri sarà molto importante, in quando deve diventare lo strumento della presidenza del Consiglio per il dialogo con il Parlamento. Il ruolo della Commissione quale organismo di iniziativa rimane naturalmente invariato; è prevista tuttavia una riduzione del numero di commissari, al fine di costituire un collegio di dimensioni più contenute. Se intende operare in maniera collegiale, la Commissione - dovrà pertanto potenziare ulteriormente la sua organizzazione interna.
Altra importante novità è il doppio ruolo del nuovo Alto rappresentate e vicepresidente della Commissione, che sarà cruciale in materia di affari esteri, relazioni esterne e sicurezza. Nella mia relazione, ho sottolineato come una sua stretta collaborazione con la Commissione sarebbe indubbiamente nel suo stesso interesse, al fine di mobilitare tutte le risorse di politica estera dell’Unione.
Concludo dicendo che, dopo le elezioni, vivremo un difficile periodo di transizione e sarà complesso anche il passaggio dal trattato di Nizza - che deve essere applicato per primo - al trattato di Lisbona, che mi auguro venga approvato entro la fine dell’anno. Invito il Parlamento ed il Consiglio a riflettere nuovamente su come organizzare insieme questo periodo e non riesco peraltro a capire perché già non sia stato fatto. Altrimenti, dopo le elezioni, corriamo il rischio di non sapere esattamente che cosa fare. Dal momento che nessuno sarebbe soddisfatto in una situazione simile,, invito tutti a trovare un accordo chiaro in merito.
Elmar Brok, relatore. − (DE) Signor Presidente, signora Vicepresidente, onorevoli rappresentanti della presidenza ceca, onorevoli colleghi, come hanno già affermato gli oratori che mi hanno preceduto, questo è un momento importante, non perché si discute delle nostre relazioni, ma perché ad oggi i parlamenti di 26 paesi hanno già ratificato il trattato di Lisbona, e un solo paese deve ancora tenere un referendum, per il quale c’è già un impegno.
La ratifica del trattato di Lisbona da parte di 26 parlamenti nazionali dimostra che esso è di fatto un trattato parlamentare. Nel corso dell’unificazione dell’Unione europea sono stati compiuti molti progressi, ma non c’è mai stato un trattato come quello di Lisbona, da cui i parlamenti – sia il Parlamento europeo sia i parlamenti nazionali – risultano rafforzati, che rafforza la democrazia, introduce un’iniziativa dei cittadini e in cui il principio di sussidiarietà è stato consolidato dal punto di vista politico e giuridico, grazie al rafforzamento dei parlamenti nazionali.
E’ pertanto stupefacente che coloro che si presentano come i fondatori della democrazia si oppongano a questo trattato. Chi ostacola il trattato di Lisbona vuole negare la legittimità democratica al processo di unificazione europea; ai loro occhi tale processo è intollerabile e temono che questa Unione europea possa riscuotere maggiore popolarità grazie a una maggiore democrazia e trasparenza e grazie anche a una migliore capacità decisionale per affrontare le sfide del futuro. Per questo ci raccontano tutte queste menzogne.
Desidero ringraziare la presidenza ceca e, in particolare, il primo ministro Topolánek che, in una situazione per lui difficile e della quale per altro non era responsabile, l’ultimo giorno del suo mandato, ha lottato per ottenere una maggioranza sufficiente al senato ceco.
E non si è trattato di una maggioranza esigua, ma di 54 a 20, un distacco enorme per i sostenitori del trattato di Lisbona. Spero che, ora che tutte e 26 le assemblee elette hanno espresso parere positivo, i responsabili amministrativi non rallentino il processo democratico negando la loro firma. Credo che manterranno le promesse fatte e che il trattato sarà firmato.
Dai dibattiti che hanno accompagnato questa campagna elettorale emerge un dato: la crisi finanziaria ha dimostrato che qualsiasi paese agisca da solo in questo ordine mondiale è perduto. Proprio per questo motivo è estremamente importante che anche l'Irlanda lo riconosca e – se i sondaggi di opinione possono fornire un'indicazione affidabile – che i cittadini irlandesi rivedano la loro posizione allo scopo di tutelare gli interessi dell’Irlanda stessa. Sono certo che, grazie alla clausola sociale, grazie all’impegno verso un’economia di mercato sociale anziché un capitalismo predatore, in altri termini grazie ad un impegno in senso sociale, questo possa essere anche il trattato dei cittadini. Potremo così difendere insieme i nostri interessi.
Per poter concretamente esercitare un controllo sulla burocrazia amministrativa, sui governi nazionali, sulla Commissione o sul Consiglio e sui loro apparati qui a Bruxelles e a Strasburgo, dobbiamo creare una stretta cooperazione tra il Parlamento europeo e i parlamenti nazionali.
Vi sono molti compiti comuni nella politica estera e di sicurezza, della giustizia e degli affari interni, nel controllo di Europol. Grazie al diritto di veto, i parlamenti nazionali hanno numerose opportunità a disposizione; con i cartellini arancione e giallo e il diritto di azione, hanno varie possibilità nell’ambito del controllo della sussidiarietà e, come membri del Consiglio, possono esercitare un maggiore controllo sui propri governi e in tal modo sono doppiamente legittimati dal punto di vista democratico. E’ per questo che il Parlamento europeo e i parlamenti nazionali non sono avversari in questo processo, bensì alleati, desiderosi di esercitare un controllo democratico congiunto sull’Europa, di spingerla a compiere passi avanti e di non permetterle di degenerare in un’Europa controllata dai burocrati. Il trattato di Lisbona è pertanto buono e giusto e i parlamenti nazionali e il Parlamento europeo non si sottrarranno a questa responsabilità.
Catherine Guy-Quint, relatore. – (FR) Signor Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, è per me un grande piacere presentare questa sera la relazione sugli aspetti finanziari del trattato di Lisbona, pronta già da tempo alla commissione per i bilanci. Sarà l’ultima relazione di bilancio di questo parlamento e la mia ultima relazione parlamentare.
Mi rallegro soprattutto che il Parlamento abbia avuto il coraggio di presentare le relazioni del pacchetto “Lisbona” per tenere fede alla promessa fatta ai cittadini di informarli sulle conseguenze di questo trattato. Un cittadino meglio informato è in grado di votare in piena cognizione di causa. Parlare del trattato di Lisbona in quest’Aula non significa negare la democrazia, anzi. La sua applicazione avrà conseguenze molto significative per i poteri di bilancio delle istituzioni nonché implicazioni finanziarie.
La riforma è in effetti di grande rilievo per il Parlamento. Se si esclude l’introduzione dei quadri finanziari pluriennali, la procedura di bilancio è rimasta pressoché invariata dal 1975. Era pertanto essenziale che la commissione per i bilanci analizzasse queste modifiche e ne verificasse la corrispondenza con le condizioni necessarie perché la nostra istituzione mantenga, o addirittura rinforzi, il proprio ruolo di autorità in materia di bilancio. E’ questa l’essenza della relazione: semplificare e chiarire le sfide del trattato in materia di bilancio.
Il mio principale desiderio era quello di difendere le prerogative dell’istituzione parlamentare. I futuri deputati non devono essere privati dei loro poteri nelle future procedure di bilancio e nei futuri negoziati sui quadri finanziari pluriennali.
Le modifiche sostanziali sono di tre tipi. Primo, modifiche al diritto primario. La nuova procedura di bilancio prevede progressi concreti e nuove sfide per il Parlamento, innanzi tutto con l’eliminazione della distinzione tra spese obbligatorie e non obbligatorie. In secondo luogo, la lettura unica per la procedura di bilancio con l’introduzione di un meccanismo di ricorso qualora il Consiglio respingesse la posizione comune, l’introduzione di un comitato di conciliazione con il compito di preparare la posizione comune e una tempistica rapida per il comitato di conciliazione. Sono stati inoltre introdotte variazioni che riguardano il quadro finanziario pluriennale e rafforzano il ruolo del Parlamento. Tale quadro diventa vincolante e, per essere adottato, richiede l’unanimità al Consiglio e il consenso del Parlamento europeo. Aggiungo che la sua adozione è il risultato di una procedura del tutto nuova e speciale.
Per quanto riguarda i nuovi quadri finanziari, vogliamo che abbiano una durata di cinque anni, al fine di coincidere con la legislatura del Parlamento e il mandato della Commissione europea. I commissari saranno così investiti di maggiore responsabilità nel compiere scelte di bilancio. La codecisione viene estesa all’adozione del regolamento finanziario e ai suoi metodi di applicazione. Purtroppo la decisione sulle risorse spetta sempre al Consiglio; il Parlamento viene semplicemente consultato, tranne per quanto riguarda i metodi di applicazione.
La disciplina di bilancio spetta pertanto in parte al Parlamento, che può respingere i quadri finanziari pluriennali. E’ un progresso concreto. La sfida per il futuro Parlamento è quella di saper che cosa verrà negoziato nell’ambito della procedura del nuovo regolamento finanziario, di cui il Parlamento condivide la responsabilità, e che cosa rientrerà nel campo di applicazione della normativa per il nuovo regolamento sull’accordo interistituzionale, che il Parlamento avrà semplicemente facoltà di respingere o approvare.
Infine, le nuove responsabilità dell’Unione genereranno nuove necessità di finanziamento. In primo luogo ci sarà il pacchetto relazioni esterne, in particolare con la creazione del Servizio europeo per l’azione esterna e dell’Alto rappresentante e vicepresidente della Commissione, nonché le nuove politiche: energia, spazio e turismo, ricerca, protezione civile, cooperazione amministrativa e sport.
Onorevoli colleghi, come avrete capito, i cambiamenti introdotti dal trattato di Lisbona sono rilevanti.
Sylvia-Yvonne Kaufmann, relatore. − (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, questo è il mio ultimo intervento in plenaria al Parlamento europeo e, in quanto relatrice per l’iniziativa dei cittadini europei, sono lieta di prendere la parola. Spero che domani, durante l’ultima seduta di questa legislatura, il Parlamento possa mandare un segnale politico condurre l'Europa verso un avvicinamento con i suoi cittadini, portando avanti un progetto che da anni mi sta a cuore.
Vorrei iniziare con una serie di osservazioni. Mi rendo conto con rammarico che né il mio gruppo né il mio partito – e scelgo con molta attenzione le parole – sono stati in grado di sostenere l’iniziativa dei cittadini. Se, da una parte, non si perde occasione per lamentare il deficit democratico nell’Unione europea, dall’altra, c’è un rifiuto generalizzato a compiere seri passi volti a concretizzare il processo democratico. Un simile comportamento non è né credibile né lungimirante, blocca il progresso sul quale i cittadini in Europa hanno insistito così a lungo e non posso né voglio accettarlo.
Prima del termine del mio mandato, vorrei ringraziare tutti i colleghi del gruppo del Partito popolare europeo (Democratici-cristiani) e dei Democratici europei, il gruppo dell’Alleanza dei liberali e dei democratici per l’Europa e il gruppo Verde/Alleanza libera europea che hanno sostenuto me e la mia relazione. Ringrazio l’onorevole Leinen, il presidente della commissione per gli affari costituzionali e, in particolare, tutti i coordinatori e i relatori ombra di questi quattro gruppi per l’ottimo lavoro svolto insieme, che ha permesso di superare i confini tra partiti e paesi e ci ha consentito di far crescere il progetto di integrazione europea.
Signora Vicepresidente, la disposizione contenuta nel trattato di Lisbona relativa all’iniziativa dei cittadini è indubbiamente una pietra miliare del processo di integrazione europea. La verità è che, non sono gli Stati che vogliamo unire, ma i cittadini. Questa tematica sarà affrontata in un’ottica totalmente nuova se, come sancito per la prima volta dall’articolo 11, paragrafo 4 della nuova versione del trattato sull’Unione europea (TUE n.v.), i cittadini sono direttamente coinvolti nel processo legislativo europeo. Un milione di cittadini avrà il diritto di invitare la Commissione a presentare una proposta di regolamento o di direttiva. E’ un diritto riconosciuto al Consiglio dal 1957 e al Parlamento europeo dal 1993.
Nella mia relazione, il Parlamento ha proposto punti chiave ed orientamenti per un futuro regolamento sulle condizioni e le procedure di un’iniziativa dei cittadini. Signora Vicepresidente, nel caso in cui il trattato di Lisbona entri in vigore, mi aspetto che la Commissione non solo presenti una proposta al più presto ma che segua, se possibile, anche gli orientamenti contenuti nella mia relazione. In particolare, la Commissione dovrebbe sostenere la posizione del Parlamento che rispecchia il punto di vista di un numero significativo di Stati membri, come recita l’articolo 11, paragrafo 4 della nuova versione del trattato sull’Unione europea. Nella mia relazione, il numero proposto è di 7. E’ essenziale che tale numero non sia definito in modo arbitrario, in quanto deve innanzi tutto poter giustificare la limitazione del diritto dei cittadini dell’Unione europea a partecipare in condizioni di parità ad un’iniziativa dei cittadini, a prescindere dalla loro nazionalità e, come seconda cosa, deve mirare ad un determinato obiettivo. La definizione di un numero minimo di Stati membri ha proprio lo scopo di garantire che l’origine del processo legislativo europeo non sia un tema che riflette gli interessi specifici di un singolo Stato membro, quanto piuttosto un aspetto coerente con l’interesse generale dell'Europa.
Chiedo inoltre che venga prestata particolare attenzione alla struttura della procedura, soprattutto per quanto riguarda la questione dell’ammissibilità dell’iniziativa dei cittadini. Occorre dare massima priorità ai criteri della correttezza nei confronti dei cittadini e della certezza giuridica. Se i cittadini dell’Unione europea intervengono nel processo legislativo europeo e vogliono introdurre un’iniziativa dei cittadini, per lealtà e correttezza è essenziale che gli organi competenti dell’UE stabiliscano al più presto e in modo vincolante se l’iniziativa prevista è conforme ai requisiti giuridici del trattato. E’ assolutamente indispensabile che ciò avvenga prima che siano raccolte le dichiarazioni di sostegno, in quanto gli Stati membri che forniscono le risorse necessarie hanno bisogno di certezza giuridica.
Infine, vorrei ricordare all’Aula che le disposizioni dell’iniziativa dei cittadini non sono cadute dal cielo: erano già contenute nel trattato costituzionale, in quanto sono state elaborate dalla Convenzione costituente, alla cui firma erano presenti alcuni Stati membri, in stretta cooperazione con le ONG. La loro inclusione nel progetto di Costituzione della Convenzione non era né scontata né frutto del caso. Queste disposizioni sono invece il prodotto di intense consultazioni tra i membri della Convenzione e le ONG impegnate nei confronti della politica democratica. Quest'idea è stata congelata per sei anni; dopo così tanto tempo, è ora giunto il momento di riproporla. E’ venuto il momento di istituire la democrazia diretta in un’Europa unita.
(Applausi)
Margot Wallström, vicepresidente della Commissione. − Signor Presidente, innanzi tutto mi consenta di rivolgere un ringraziamento particolare a tutti i relatori. Ammiro moltissimo il vostro impegno e la vostra perseveranza, forse perché nella vostra insistenza sulla necessità di affrontare questi temi in Parlamento riconosco quella che mio marito definirebbe testardaggine, mi sento perfettamente a mio agio e ho avviato un’ottima cooperazione con tutti voi.
Uno speciale ringraziamento va a chi tra di voi lascerà il Parlamento. Non solo siete stati ottimi collaboratori e partner nel corso di tutto questo lavoro, ma anche buoni amici, soprattutto leali. Molte grazie. Credo, onorevole Kaufmann, che lei possa essere fiera di aver contribuito a costruire e a caricare, come dico io, le nuove "linee elettriche" tra i cittadini e le istituzioni europee. Non è cosa da poco, a mio avviso.
Mi rallegro di poter partecipare stasera a questa discussione, ora che la Repubblica ceca ha completato la ratifica parlamentare del trattato di Lisbona. Il voto di oggi porta a 26 il numero dei parlamenti nazionali che hanno sostenuto il trattato. Questa discussione ci offra un’importante opportunità per ricordare ai cittadini europei il ruolo del trattato di Lisbona nel creare un’Unione europea più democratica e coerente.
Sullo sfondo di questa crisi economica è più importante che mai che l'’Europa funzioni adeguatamente disponga di strutture adeguate per garantire la democrazia. Il trattato attribuirebbe alle istituzioni democratiche dell’Unione europea – e chiaramente anche a questo Parlamento – i poteri e le competenze di cui hanno bisogno. Aiuterebbe l’Unione europea ad agire con maggiore unità e coerenza sulla scena mondiale e consentirebbe all’Europa di rispondere in maniera più efficace alle principali sfide chiave in ambiti quali il cambiamento climatico e la sicurezza energetica.
Le relazioni di cui stiamo discutendo questa sera contribuiranno inoltre a far sì che, una volta entrato in vigore, l'attuazione del trattato sia più rapida e semplice.
La fattiva cooperazione tra le istituzioni sarà fondamentale per trarre i massimi vantaggi dal trattato, e la Commissione si impegna a lavorare di concerto con il Parlamento e le altre istituzioni a tal fine.
Il referendum irlandese ci ha bruscamente ricordato la necessità di ancorare l’impegno a favore dell’Europa al dibattito nazionale. Le preoccupazioni sostanziali alla base del voto meritano di essere prese in seria considerazione, ed è esattamente ciò che ha fatto il Consiglio europeo dello scorso dicembre. Le garanzie giuridiche e la decisione relativa alle dimensioni della Commissione sono la dimostrazione del rispetto dei vertici politici europei per l'esito del referendum in Irlanda, della volontà di capire le ragioni per cui gli irlandesi hanno votato “no” e di rispondere a queste preoccupazioni. Ciò dimostra anche che i vertici politici europei sono tutt'ora convinti che questo trattato sia giusto per l’Europa.
Anche per questo motivo, dopo il voto, altri otto Stati membri hanno portato a termine la procedura parlamentare, con altri otto “sì”.
Le relazioni del Parlamento vanno ad affiancare l'analisi approfondita degli aspetti fondamentali del trattato. L'impostazione di fondo deve essere ambiziosa in termini di ciò che il trattato può apportare all’Unione europea, un approccio in tutto e per tutto condiviso dalla Commissione.
Le relazioni sono particolarmente utili per approfondire la riflessione sull'attuazione pratica del trattato. Seppure diverse tra loro, le cinque relazioni dipingono tutte un Parlamento forte, sicuro di sé che cerca il modo migliore per ottimizzare il potenziale del trattato in termini di miglioramento dell’efficacia, dell’efficienza e della responsabilità dell’azione europea, a vantaggio di elettori e cittadini.
La relazione dell’onorevole Dehaene introduce molti dettagli importanti e la Commissione condivide ampiamente la sua interpretazione del trattato. La grande forza della relazione sta nella chiarezza con cui dimostra che applicare il trattato non significa rafforzare un’istituzione a scapito di un’altra: l’Unione europea può raggiungere gli obiettivi che i cittadini si aspettano soltanto se tutte le istituzioni sono forti e cooperano efficacemente.
La relazione dedica particolare attenzione all’aspetto della transizione, e sarebbe stato un grande vantaggio se il trattato fosse entrato in vigore prima di quest’anno caratterizzato dalla transizione istituzionale. Dal momento che purtroppo non è stato possibile, è necessario adottare un approccio pragmatico e flessibile per individuare una via ragionevole che ci porti avanti e tenga conto della necessità di evitare qualsiasi vuoto istituzionale quest’anno. E' fondamentale garantire che la prossima Commissione goda della piena autorità di un mandato democratico ed è necessario rispettare il ruolo del Parlamento. La relazione Dehaene introduce un modello che ci aiuterà a imboccare questa strada.
La relazione Dehaene chiede di tenere in considerazione l’equilibrio politico e della dimensione di genere, unitamente a quello geografico e demografico, nella procedura di nomina alle principali cariche politiche dell'UE. Nell’Europa di oggi, in cui oltre il 50 per cento della popolazione è costituita da donne, in politica esse sono ancora sottorappresentate. Questa Commissione – come sapete – ha il più elevato numero di commissari donna di sempre, ma non basta. Il miglioramento dell’equilibrio di genere dovrebbe essere un obiettivo nell’ambito della procedura di nomina della prossima Commissione, un obiettivo che potrà essere realizzato se ci sarà un forte sostegno politico da parte del prossimo Parlamento.
Auspico inoltre una maggiore rappresentanza femminile al Parlamento europeo e nelle cariche più importanti dell’Unione. In caso contrario, dovremo tutti rinunciare alle le conoscenze delle donne, alla loro esperienza e alle loro idee.
La relazione Guy-Quint affronta un altro tema importante, ossia l'organizzazione del ciclo di programmazione finanziaria dell’Unione al fine di garantire il migliore impiego possibile del bilancio dell’Unione europea, destinando i fondi alle questioni politiche prioritarie. In un contesto di forte pressione sulle finanze pubbliche, occorre disporre delle procedure più adatte per conseguire un ottimale rapporto prezzo/qualità. L’equilibrio tra stabilità e reattività nella programmazione di bilancio è fondamentale per una programmazione efficace e la Commissione tornerà su questo aspetto nella revisione del bilancio.
La relazione dell’onorevole Leinen illustra quale sarà l’impatto del trattato sull'attività del Parlamento e analizza in dettaglio le implicazioni per il Parlamento dei nuovi ambiti politici, dei nuovi poteri e delle nuove procedure. Sottolinea, per esempio, l'importanza di un adeguato esame dell’azione esterna dell’Unione, e noi siamo sicuramente pronti ad individuare i metodi più idonei a farlo. Questi metodi potranno tuttavia essere definiti solo quando il vicepresidente e Alto rappresentante avrà assunto le sue funzioni.
A questo proposito, così come per molti altri dei temi sollevati – compresa la comitatologia e gli atti delegati – attendiamo con impazienza scambi più dettagliati con il Parlamento sull’attuazione di tutti gli aspetti citati.
Vorrei ora passare alla relazione dell’onorevole Kaufmann che illustra chiaramente la nuova dimensione che l’iniziativa dei cittadini può dare alla democrazia nell’Unione europea. I cittadini potranno chiedere alla Commissione di portare avanti nuove iniziative politiche. E’ uno dei settori in cui la Commissione intende agire rapidamente una volta entrato in vigore il trattato – anche sulla base della consultazione – per comprendere le aspettative delle parti interessate e dei cittadini. Il pensiero della Commissione è in linea con le raccomandazioni dell’onorevole Kaufmann.
Ci sono tuttavia, vari ambiti di cui dovremmo discutere ulteriormente. Vogliamo realizzare un giusto equilibrio tra una procedura che risulti semplice per i cittadini e garantisca legittimità e rilevanza alle iniziative.
Per esempio, per quanto riguarda il numero minimo degli Stati membri, dovremmo anche riflettere con maggiore attenzione sul tipo di procedura prevista nel trattato.
Infine, la relazione dell’onorevole Brok riguarda i rapporti con i parlamenti nazionali, ambito in cui sia il Parlamento sia la Commissione hanno compiuto importanti passi avanti negli ultimi anni. Questo Parlamento è stato il primo ad avvalersi delle conferenze interparlamentari e ha individuato modalità pratiche per costituire una vera rete parlamentare.
La Commissione, come sapete, ha creato un nuovissimo meccanismo di dialogo con i parlamenti nazionali, un settore in cui sono stati compiuti molti progressi. Dal 2006, la Commissione trasmette ai parlamenti non solo i documenti di consultazione, ma anche le proposte legislative, invitandoli a rispondere. Finora abbiamo ricevuto circa 400 pareri ai quali abbiamo risposto e, da quando la Commissione si è insediata, abbiamo anche intensificato considerevolmente il numero di contatti diretti, con oltre 500 riunioni tra commissari e gli organi parlamentari nazionali. Quindi, come sottintende la relazione, le nuove disposizioni del trattato sui parlamenti nazionali saranno in piena sintonia con la tendenza degli ultimi anni, e credo che rafforzeranno ulteriormente la famiglia del Parlamento europeo.
Insieme, queste relazioni illustrano come il trattato di Lisbona accrescerebbe la democrazia europea e garantirebbe risultati ai cittadini europei. E’ un messaggio estremamente importante di cui dovremmo tenere conto nelle elezioni europee, oltre ad essere un eccellente punto di partenza per prepararci all’applicazione del trattato stesso.
Presidente. − Prima di dare la parola agli oratori, mi permetto una licenza che ritengo possa essere perdonata a chi presiede la seduta in questa fase della nostra legislatura e a quest’ora della notte, ed è vero che queste sedute a tarda sera hanno anche qualche vantaggio.
Vorrei dirvi che intendo inoltrare immediatamente al presidente del Parlamento e all’ufficio di presidenza una proposta per chiedere loro di preparare una pubblicazione contenente il trattato di Lisbona, le cinque relazioni e le relative risoluzioni, unitamente ai discorsi introduttivi dei relatori e del commissario.
Ritengo che un documento di questo tipo, tradotto nelle 23 lingue ufficiali dell’Unione europea e distribuito ai cittadini e alle cittadine dei 27 Stati membri, potrebbe essere molto utile per capire l’importanza del trattato di Lisbona, gli sforzi compiuti e le azioni intraprese dal Parlamento. Sarebbe anche un tributo, assolutamente meritato, ai cinque relatori, in particolare alle onorevoli Guy-Quint e Kaufmann, che ci hanno ricordato che stanno per lasciare il Parlamento ma che saranno sempre presenti nei nostri ricordi e nei confronti delle quali proveremo sempre profonda gratitudine.
Michael Gahler, relatore per parere della commissione per gli affari esteri. − (DE) Signor Presidente, per celebrare l’occasione, come vede, ho deliberatamente preso il posto dell’onorevole Zahradil.
A nome della commissione per gli affari esteri, vorrei sottolineare che riteniamo che il futuro vicepresidente della Commissione e Alto rappresentante debba avere l’obbligo di rendere conto al Parlamento, per la semplice ragione che, come tutti gli altri commissari, ha bisogno della fiducia del Parlamento per assumere il suo mandato. L’attuale prassi caratterizzata da un dialogo politico regolare in plenaria e nella commissione per gli affari esteri deve essere mantenuta anche nel doppio ruolo che sarà rivestito da una sola persona.
Dato che un’ampia maggioranza di noi auspica un approccio più uniforme e pragmatico da parte dell’Unione europea nei confronti della politica estera, il futuro titolare di questa carica avrà un interesse diretto nell’assicurarsi il sostegno del Parlamento europeo. I piani e le posizioni politiche del nostro esecutivo possono essere anche discusse regolarmente in seno alla commissione per gli affari esteri in riunioni in cui il futuro presidente del comitato politico e di sicurezza fornisce informazioni su temi discussi nel comitato stesso. Se necessario, questa pratica deve anche applicarsi ai rappresentanti speciali.
In futuro, le decisioni relative al distacco nel settore della politica di sicurezza e di difesa dovrebbero essere discusse anche dal Parlamento al fine di dare maggiore legittimità democratica alle operazioni in paesi terzi.
Per quanto riguarda il Servizio europeo per l’azione esterna, siamo dell’avviso che il Parlamento europeo debba essere pienamente coinvolto nelle operazioni preparatorie, e che tale servizio, dal punto di vista amministrativo, debba rientrare nelle competenze alla Commissione.
Intendiamo inoltre garantire che, in futuro, il capo di una delegazione dell’Unione europea in un paese terzo compaia dinanzi alla commissione per gli affari esteri prima della definitiva conferma del distacco. Credo che, chi non fa buona impressione sui propri deputati, non debba avere molte possibilità di essere distaccato all’estero.
Chiediamo altresì che tutta la politica estera dell’Unione europea, compresa quella relativa alla sicurezza e difesa comune, sia in futuro finanziata con il bilancio della Comunità. Per il trattato che seguirà quello di Lisbona, mi auguro tuttavia che anche la spesa militare comune comparisse in bilancio.
Andrew Duff, relatore per parere della commissione per gli affari esteri. − (EN) Signor Presidente, come hanno detto gli oratori che mi hanno preceduto, lo sviluppo della politica estera, di sicurezza e di difesa comune è uno dei traguardi più importanti che forse, grazie al trattato, saranno alla nostra portata. I parlamenti nazionali sono pertanto direttamente interessati dai cambiamenti che si preannunciano.
Naturalmente manterranno la loro competenza in materia di sicurezza nazionale ma dovrebbero anche svolgere un ruolo guida in stretta e regolare collaborazione con il Parlamento europeo al fine di valutare e formulare una politica europea comune, esercitando la facoltà di critica, chiedendo risultati ai propri ministri al Consiglio e comunicando alla stampa e al pubblico come le cose siano cambiate, ossia che il modo migliore per fare politica estera è perseguire, individuare e progettare l’interesse comune europeo.
Thijs Berman, relatore per parere della commissione per lo sviluppo. − (NL) Signor Presidente, il senato ceco oggi ha approvato il trattato di Lisbona. Ora, manca solo l’Irlanda, e poi avremo un trattato che darà anche alla mia commissione per lo sviluppo più opportunità per condurre una politica migliore.
Tuttavia ora sarebbe un gravissimo errore esercitare pressioni sull’Irlanda: la nostra è un’unione di Stati indipendenti e gli irlandesi sono liberi di prendere le proprie decisioni. Qualsiasi pressione esterna aumenterà il rischio che l’intera Unione esploda perché, nonostante tutte le belle e compiaciute affermazione pronunciate oggi in quest’Aula, l’Unione europea sta attraversando una grave crisi di fiducia, che può essere risolta soltanto attraverso risultati, politica sociale, investimenti e ripresa economica, approvvigionamento di energia pulita, protezione dei diritti sociali, qui e ovunque nel mondo, ma nel realizzare tutto ciò occorre rispettare il diritto di ogni Stato membro a trovare autonomamente soluzioni efficaci per le proprie esigenze.
La cooperazione è necessaria e sicuramente lo è anche in questa crisi, occorre tuttavia saper anche rimanere fedeli a se stessi. Per questo motivo, qualsiasi pressione sull’Irlanda non sarebbe opportuna, né per gli irlandesi né per il resto d’Europa. Cerchiamo di far sì che l’Unione europea tenga un comportamento moderato per poter trarre vantaggio da ambizioni più alte.
Danutė Budreikaitė, relatore per parere della commissione per lo sviluppo. – (LT) Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei sottolineare che il trattato di Lisbona darà all’Unione europea maggiori opportunità di assumersi l’iniziativa per elaborare una politica di coordinamento dello sviluppo, migliorare il coordinamento tra i donatori, attribuire compiti e fornire aiuti in maniera più efficace. Occorre tuttavia che anche le istituzioni dell’Unione europea, compreso il Parlamento, si assumano maggiori responsabilità.
Per attuare con successo una politica di cooperazione allo sviluppo, è fondamentale disporre di una struttura amministrativa idonea per eliminare le attuali incoerenze nella struttura e nelle competenze delle direzioni generali all’interno della Commissione su aspetti di politica e di bilancio ed attribuire una competenza esclusiva alla Direzione generale della cooperazione allo sviluppo.
Dato che la politica di cooperazione allo sviluppo sarà attuata secondo la consueta procedura, è essenziale definire con estrema precisione il mandato della commissione per lo sviluppo del Parlamento europeo. Il trattato di Lisbona consentirà di realizzare più compiutamente gli obiettivi della politica di cooperazione allo sviluppo al fine di ridurre e, in definitiva, eliminare la povertà nel mondo.
Georgios Papastamkos, relatore per parere della commissione per il commercio internazionale. − (EL) Signor Presidente, in quanto relatore per parere della commissione per il commercio internazionale, vorrei segnalare che le modifiche introdotte dal trattato di Lisbona nel settore della politica commerciale comune contribuiscono ad accrescerne la legittimità democratica, nonché la trasparenza e l’efficacia dell’azione esterna dell’Unione europea. Vorrei segnalare in particolare la ridefinizione dell’equilibrio istituzionale all’interno dell’Unione con la promozione del Parlamento europeo al ruolo di colegislatore ai fini della definizione del quadro applicativo della politica commerciale comune. L’approvazione del Parlamento sarà necessaria anche per tutti gli accordi commerciali conclusi.
Desidero tuttavia segnalare lo squilibrio tra la competenza interna ed esterna del Parlamento, in foro interno e in foro externo, in relazione alla politica commerciale comune, visto che il trattato di Lisbona non attribuisce al Parlamento il diritto di approvare il mandato della Commissione a negoziare un accordo commerciale. Tenendo presente che il Parlamento ha comunque il diritto di stabilire condizioni per l’approvazione degli accordi commerciali dell’Unione, ritengo necessario un accordo quadro rafforzato per le relazioni tra Parlamento e Commissione europea.
Infine, vorrei sottolineare la necessità di un dialogo più intenso tra il Parlamento europeo e i parlamenti nazionali, visto che tutte le materie oggetto della politica commerciale comune rientreranno nella sfera di competenza esclusiva dell’Unione. Tutti gli accordi commerciali saranno accordi con l’Unione e non ci saranno più accordi misti conclusi sia dall’Unione che dagli Stati membri.
Evelyne Gebhardt, relatore per parere della commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori. − (DE) Signor Presidente, anche la commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori comprende gli enormi vantaggi del trattato di Lisbona, ai quali non vorremmo rinunciare, in particolare nell'ambito della protezione dei consumatori. E’ interessante notare che, nel trattato di Lisbona, la protezione dei consumatori è diventata una tematica di competenza trasversale, il che naturalmente conferisce molta più forza a questo ambito particolarmente rilevante per i cittadini dell’Unione europea, in quanto possiamo mostrare loro quotidianamente che cosa fa per loro l’UE, questione che viene regolarmente sollevata.. E’ importante altresì che questo principio sia ora ancorato nell’articolo 12 e non ad altri, poiché significa che la protezione dei consumatori ha acquisito un valore decisamente superiore.
L'approvazione del trattato di Lisbona è un passo importante. Mi rallegro che anche il senato di Praga lo abbia ratificato: questa decisione ha mandato un chiaro messaggio a favore di questa Europa sociale, un’Europa dei cittadini, che vogliamo sia pronta ad affrontare il futuro. Grazie per averci consentito di dimostrarlo ancora una volta. Un ringraziamento speciale va all’onorevole Kaufmann, per aver raggiunto un obiettivo estremamente importante con la Convenzione.
Oldřich Vlasák, relatore per parere della commissione per lo sviluppo regionale. – (CS) Signor Presidente, onorevoli colleghi, a nome della commissione per lo sviluppo regionale vorrei introdurre una dimensione territoriale nelle discussioni sul trattato di Lisbona. E’ un dato di fatto che i singoli enti locali, comuni e regioni devono far fronte in misura crescente all’impatto del diritto europeo e delle politiche europee. A questo riguardo, uno studio dell’università di Utrecht ha rilevato che ogni anno gli organismi comunitari adottano oltre 100 normative che hanno un impatto immediato e diretto sugli enti locali. Il 70 per cento della legislazione e delle misure che emaniamo trova poi applicazione concreta in regioni, città e comunità locali.
Per questo motivo, il controverso trattato di Lisbona può essere percepito positivamente dal punto di vista degli enti locali. Contiene infatti un protocollo sull’applicazione del principio di sussidiarietà, che giustifica l’adozione di una norma a livello comunitario soltanto quando si riveli necessaria e maggiormente efficiente rispetto al livello nazionale. Il trattato menziona inoltre la necessità di consultazioni più efficaci con gli enti locali e regionali e le loro associazioni e mira a introdurre l’obbligo per la Commissione europea di ridurre al minimo l’onere finanziario e amministrativo di ogni nuova normativa. Tali misure mirano a sensibilizzare Bruxelles rispetto ai problemi che i sindaci si trovano ad affrontare, e a porla nelle condizioni migliori per risolverli. Vorrei inoltre farvi notare che questa non è certo l’ultima modifica al diritto primario di cui discuteremo; dovremmo pertanto iniziare a riflettere attentamente sui cambiamenti da apportare per rendere le basi giuridiche dell’Unione europea comprensibili, solide e vantaggiose per tutti i cittadini.
Onorevoli colleghi, non intendo giudicare in questa sede gli aspetti positivi e negativi del trattato di Lisbona. Sapete tutti che la posizione della Repubblica ceca è critica ma realistica, come dimostrato anche dal dibattito odierno al senato ceco, che ha successivamente approvato il trattato.
Johannes Voggenhuber, relatore per parere della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni. − (DE) Signor Presidente, intervengo a nome della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni. Sono un po’ irritato, in quanto vorrei conoscere anche il parere della commissione per lo sviluppo, ma l’onorevole Berman ha utilizzato il suo tempo di parola per ammonirci contro il rischio di esercitare pressioni sulla popolazione irlandese.
Questo tipo di mentalità è una delle ragioni per le quali ci troviamo qui a discutere stasera. Mi domando se questo Parlamento abbia ancora il diritto di parlare con i suoi cittadini, di scambiare ragionamenti e riflessioni, di difendere il frutto dei suoi dieci anni di lavoro sul processo costituzionale, o se questo dialogo non sarà motivo per essere accusati di esercitare pressioni e ricatti. E’ davvero un mondo strano, questo.
Avrei voluto che il Parlamento avesse difeso questo trattato con molta più veemenza, in modo molto più deciso e aperto nei confronti dei cittadini dell’Unione europea e che non avesse delegato tutto ai governi, che troppo spesso hanno un rapporto alquanto ambivalente con i progressi derivanti da questo trattato.
Signor Presidente, molti euroscettici affermano che il progresso democratico rappresentato da questo trattato è esiguo e che, in realtà, dietro vi si nasconde un’Europa più buia e sinistra. Credo che basi un rapido sguardo agli ambiti della sicurezza interna, della giustizia e della polizia, la sua comunitarizzazione, il diritto di codeterminazione del Parlamento, l’applicazione della Carta, per smentire queste asserzioni e rivelarle per quello che sono: menzogne, propaganda e ignoranza.
Trovo che questo ambito sia forse l’espressione più sgradevole del deficit democratico nell’Unione europea. Non sono mai stato tra coloro che considerano la separazione dei poteri un principio filosofico storico, ritengo piuttosto che sia un principio fondamentale della democrazia. I trattato di Lisbona ha fornito una risposa decisiva e molto lungimirante sotto questo aspetto, uno tra i più delicati della costituzione. In realtà, i ministri degli Interni hanno preso decisioni sulle leggi in materia di polizia – a porte chiuse – senza il controllo dei tribunali nazionali né della Corte di giustizia europea e senza l’applicazione di un codice completo di diritti e libertà fondamentali. La situazione sta tuttavia cambiando e si tratta di un importante passo verso la democrazia europea. Inoltre, onorevole Berman, parlarne con i cittadini e difenderlo è un nostro dovere e non un tentativo di esercitare pressione.
(Applausi)
Presidente. − Ho il piacere di dare la parola a un mio compatriota, l'onorevole Carnero González, che non sarà più con noi nel corso della prossima legislatura. Lo ringrazio per gli enormi sforzi e l’encomiabile lavoro che ha svolto nel settore specifico e sul tema che stiamo trattando ora.
Carlos Carnero González, relatore per parere della commissione per le petizioni. − (ES) Grazie, signor Presidente e caro amico, per le belle parole che mi emozionano ora che mi rivolgo all’Aula per l’ultima volta durante questa legislatura per ringraziare tutti coloro con cui ho avuto l’onore di lavorare e chiedere scusa per gli eventuali errori che posso aver commesso. Ho cercato di fare del mio meglio per i cittadini del mio paese e per tutti gli europei. Durante il lavoro da me svolto in questa sede ci sono stati momenti davvero speciali, come la Convenzione.
In realtà oggi stiamo parlando di cittadinanza ed io intervengo a nome della commissione per le petizioni. Quale commissione è più vicina ai cittadini se non quella per le petizioni? Essa salvaguarda uno dei diritti più importanti di cui godono i cittadini europei, ossia il diritto di petizione.
La questione è questa: la notorietà di cui il Parlamento europeo gode in molti paesi, è legata proprio all’esercizio del diritto di petizione. Noi membri della commissione per le petizioni ne siamo coscienti, come lo è il Parlamento stesso. Il trattato di Lisbona, che rende l’Unione europea più democratica ed efficiente, introduce nuovi elementi, come la Carta dei diritti fondamentali, e nuovi strumenti, come l’iniziativa dei cittadini.
E’ però importante evitare qualsiasi confusione, per esempio, tra il diritto di petizione e il diritto di iniziativa dei cittadini. A tale proposito vorrei segnalare che, attraverso una petizione,i cittadini possono chiedere al Parlamento di invitare la Commissione ad avviare un’iniziativa legislativa, e in futuro ci potrà essere un’iniziativa dei cittadini europei che chiedono alla Commissione di istituire una procedura legislativa e una petizione, sulla base del diritto di petizione, indirizzata alla commissione parlamentare competente, per chiedere al Parlamento di interpellare a tale fine la Commissione. Dobbiamo evitare questa contraddizione e cercare una sinergia che potenzi entrambe le vie, che rendono la cittadinanza nell’Unione europea più concreta.
Naturalmente, la commissione per le petizioni vorrebbe essere coinvolta nella gestione di questo diritto di iniziativa dei cittadini. Tutte le commissioni ovviamente vorrebbero essere coinvolte, ma vorrei chiedere che questo diritto sia reso effettivo nel miglior modo possibile. Credo che sarebbe anche un tributo ad una giornata importante come quella odierna: il trattato di Lisbona è stato ratificato dal senato della Repubblica ceca, e resta un ultimo passo da compiere prima che si traduca in realtà e, soprattutto, prima che questo trattato – erede della Costituzione europea, il miglior testo ad oggi prodotto dall’Unione europea – entri in vigore.
Se riusciremo in questi intenti, tutti noi – a cominciare dai membri della Convenzione che sono qui stasera – avremo dato un importante contributo all’utilità e al senso del nostro ruolo di eurodeputati.
Maria da Assunção Esteves, a nome del gruppo PPE-DE. – (EN) Signor Presidente, questo è il mio ultimo intervento in plenaria e quindi è leggermente diverso.
Verrà il giorno in cui i parlamenti federali e cosmopoliti si uniranno per governare il mondo. Il sogno di un’umanità comune senza frontiere nasce proprio in questo luogo di rappresentanza, dove la libertà diventa più forte e la democrazia più grande. L’idea illuminista di un’unione tra popoli muove i primi passi nella magia delle nostre sale e dei nostri dibattiti. In quest’unione Machiavelli si indebolisce, perché siamo in grado di sostituire la sovranità dei poteri con la sovranità degli uomini. Il paradigma del cosmopolitismo si afferma nelle nostre istituzioni e nelle nostre decisioni e partecipa all’azione.
Emerge una nuova visione antropocentrica del diritto e della politica, e l’identità post-nazionale prende forma nelle strade d’Europa. La sublime dignità dell’uomo è ora il principio che unisce la legge nazionale e quella internazionale, la regola suprema del nostro coordinamento originale. L’Unione europea e il suo Parlamento rappresentano una visione morale senza precedenti nella storia dell’umanità, una visione morale collettiva che è entrata a far parte della strategia degli Stati europei ed è alla base della loro integrazione.
L’impegno reciproco dei popoli europei costituisce la premessa della loro umanità comune. L’isolamento e l’egoismo sono svaniti il giorno in cui è nato il trattato di Roma. Ora la giustizia emana dalla virtù della politica, come una sorta di ponte tra Kant e Aristotele, tra libertà e felicità. I popoli europei sanno che l’unica legittimità è quella che viene dai diritti umani, e che l’unica autorità è quella dei poteri che li rispettano. Sanno che l’emancipazione della storia è possibile solo attraverso un progetto di condivisione politica e giustizia globale.
Verrà il giorno in cui i popoli dell’Asia, delle Americhe e dell’Africa si uniranno. La dignità degli uomini attraverserà tutte le culture, da Goethe a Pessoa, da Bach a Tchaikovsky, da Maometto a Buddha. I diritti umani come legge universale, come regola comune aldilà di tutte le differenze, e l’Europa, per costituire un esempio, ha bisogno di più costituzione, più decentramento, più politica, più espansione.
Nel momento del commiato,voglio dirvi quanto sia fiera di aver condiviso questa avventura con voi.
(Applausi)
Presidente. − Onorevole Esteves, la ringrazio per il suo intervento e per il lavoro svolto negli ultimi anni. I miei migliori auguri di felicità per il futuro.
Jo Leinen, a nome del gruppo PSE. – (DE) Signor Presidente, ha detto che intende proporre alla conferenza dei presidenti e all’ufficio di presidenza di sintetizzare le cinque relazioni e le informazioni essenziali in un opuscolo. E’ un’ottima idea che non posso che accogliere favorevolmente. Raccomanderei di includervi anche la relazione Corbett/Méndez de Vigo, che ha costituito la base del nostro lavoro sul trattato di Lisbona. Allora, avevamo ottenuto 500 voti a favore, un risultato record che fa parte del processo. Era stato il punto di partenza di questo tentativo, dopo il trattato costituzionale, di far entrare in vigore il trattato di riforma. Questa ottima idea ha il nostro completo appoggio.
Lei ha già ringraziato alcuni colleghi che purtroppo non sono più qui con noi. Posso senz'altro dire che tutti i membri della commissione per gli affari costituzionali hanno lavorato bene insieme. La nostra commissione è sempre stata caratterizzata da un’elevata partecipazione. A questo punto, desidero ringraziare nuovamente tutti i presenti in Aula. In primo luogo, ringrazio l’onorevole Voggenhuber, vera e propria colonna del nostro lavoro per la democrazia e i diritti civili. L’onorevole Kaufmann, già citata varie volte, è stata particolarmente efficace nell’esprimere il proprio punto di vista davanti a una forte resistenza nel suo ambiente politico. L’onorevole Carnero González è sempre stato con noi, ha lottato per la Costituzione e anche per il referendum in Spagna. L’onorevole Esteves è sempre stata molto attiva. L’onorevole Lamassoure ha fatto moltissimo, anche per la Costituzione. E anche se non fa parte della commissione non possiamo dobbiamo certo dimenticare l’onorevole Guy-Quint, che ha svolto un lavoro di fondamentale importanza in seno alla commissione per i bilanci e ha sempre sostenuto l’idea di dare al Parlamento più responsabilità e più diritti. Vi ringrazio tutti. Ho citato i colleghi che sono presenti oggi e che non ci saranno la prossima volta. Promettiamo di portare avanti il loro lavoro.
In quanto portavoce del gruppo socialista al Parlamento europeo, desidero esprimere altri due commenti sulle relazioni. Per quanto concerne la relazione Kaufmann, abbiamo sempre sostenuto che l’iniziativa dei cittadini non è né un placebo né un alibi, ma un serio strumento costituzionale, grazie al quale i cittadini possono inserire dei punti sull’agenda di Bruxelles. Faremo in modo che la situazione rimanga invariata quando l’iniziativa dei cittadini sarà attuata. La Commissione dovrebbe esercitare il proprio diritto di iniziativa e preparare una legge subito dopo la riorganizzazione.
Per quanto riguarda la relazione Dehaene, vorrei ancora una volta ricordare il periodo di transizione. Vogliamo che lo spirito di Lisbona sia presente durante le consultazioni per la proposta del Consiglio per il nuovo presidente della Commissione. Ma sappiamo che il collegio dei membri della Commissione nel suo insieme non sarà confermato fino a quando non sarà entrato in vigore il trattato. Voteremo in effetti due volte sul presidente della Commissione. E’ importante ricordarlo. E’ semplicemente conseguenza del periodo di transizione. Credo che il programma elaborato dall’onorevole Dehaene per la legislatura sia molto valido: il punto di partenza è costituito dalle elezioni europee, seguito da tutte le decisioni sul personale, sui programmi politici e sul finanziamento dell’Unione europea. La posizione di partenza è il voto degli Stati sovrani, dei cittadini nell’Unione europea. La trovo davvero ottima. Grazie, onorevole Dehaene.
Andrew Duff, a nome del gruppo ALDE. – Signor Presidente, Churchill disse: “Mai sprecare una crisi”.
Oggi ci troviamo di fronte a una crisi dell’economia, del clima, della stabilità internazionale, ed è chiaro, almeno per il nostro gruppo, che queste crisi vanno chiaramente a sostanziare l’argomentazione a favore dell’attribuzione all’Unione europea di una maggiore capacità di azione a livello mondiale.
Il trattato costituisce una logica risposta a queste sfide ed è il miglior testo che si possa concordare in questo periodo. E’ un trattato valido e dal punto di vista storico, sicuramente allo stesso livello di quello di Maastricht. Rafforza la democrazia e rende l'’Unione europea più rappresentativa, efficiente ed efficace.
E’ un trattato improntato alle riforme e pone rimedio alla maggior parte dei problemi che affliggono l’attuale trattato di Nizza. Non è necessario essere un federalista militante – come lo sono io – per riconoscerlo, ma occorre essere un buon democratico per capire come stanno le cose: in primo luogo, abbiamo bisogno di un’Europa integrata per definire la nostra risposta alla globalizzazione e, secondo, una democrazia post-nazionale non sostituisce ma integra le democrazie nazionali storiche.
I conservatori e nazionalisti detrattori del trattato ci dovrebbero spiegare perché mai preferiscono rimanere attaccati all'inefficiente Unione attuale e perché cercano di mantenere assurde pretese di sovranità nazionale per i singoli Stati, mentre la cosa davvero importante è assicurare interdipendenza tra Stati e cittadini, un’interdipendenza che è chiarita e consacrata da questo trattato.
Per l’Europa questo trattato rappresenta un importante passo avanti in senso costituzionale e sono fiero di avere partecipato alla sua redazione. Lotterò fino all’ultimo per fare in modo che entri in vigore e per farlo funzionare bene e rapidamente.
Johannes Voggenhuber, a nome del gruppo Verts/ALE. – (DE) Signor Presidente, signora Vicepresidente, guardandomi intorno, ho quasi l’impressione che gli abitanti della torre d’avorio costituzionale siano stati invitati a proseguire le loro discussioni nella plenaria di questo Parlamento. Non era questo l’accordo, bensì un’approfondita discussione in Parlamento sulle conseguenze del trattato di Lisbona.
Non sarebbe stato apprezzabile se questo Parlamento avesse discusso del trattato questa mattina, proprio mentre lo faceva il senato ceco, e avesse spiegato ai cittadini dell’Unione europea che il trattato è frutto del lavoro del Parlamento europeo, a cominciare dalla Convenzione fino ad oggi, che questa riforma non era stata imposta da un’Unione delle élite, ma che è un lavoro importante, frutto di uno sforzo collettivo?
I miei 15 anni di esperienza mi insegnano che, quando qualcosa non funziona, l’errore in genere è da imputare ai governi e non ai parlamenti. Ora portiamo tutti cicatrici e decorazioni al merito. Questo è il mio ultimo discorso dopo 15 anni. Abbiamo fatto moltissima strada ed è stato un grande onore. Anch’io – insieme all’onorevole Duff – sono stato invitato ad essere relatore per questo Parlamento, sia sulla Carta dei diritti fondamentali, sia sulla Costituzione.
Devo dire – e credo di poter parlare anche a nome degli altri membri della Convenzione – che ci siamo sempre sentiti sostenuti dall’approvazione del Parlamento europeo. Abbiamo osato avventurarci su strade sconosciute, abbiamo avuto il coraggio di sostenere idee che hanno suscitato ampio dissenso, resistenza da parte dei governi, più di un veto, quasi il crollo della Convenzione. Ma nessuno può in realtà negare che la forza trainante, la forza idealista in questo processo è stata rappresentata dai parlamenti. Ed è stata così anche la prima vittoria per i cittadini dell’Unione europea.
Consentitemi di volgere per un attimo lo sguardo al futuro. Sappiamo qual è l’opinione di tutti sui progressi compiuti da questo trattato. Quando la conferenza intergovernativa si è scagliata contro i risultati della Convenzione, ha abolito il Consiglio legislativo, ha reintrodotto leggi elaborate dal Consiglio e aggiunto la terza parte – e varie altre cose che oggi sono per noi motivo di imbarazzo – ho avuto l’idea di un primo emendamento alla Costituzione in un lontano futuro.
Uno dei punti cardine di questo trattato è il diritto di iniziativa del Parlamento europeo, la facoltà di richiedere che venga costituita una Convenzione per emendare la Costituzione. E non siamo ancora arrivati alla fine del cammino. Quando abbiamo lottato per le nostre idee, alla Convenzione spesso ci è stato detto: “Ah, voi e il vostro confronto con la convenzione di Filadelfia; l’Europa ha bisogno di una crisi di grandi dimensioni. Senza una grave crisi, non riuscirete mai a creare una vera democrazia europea, un'autentica comunità politica. C’è davvero bisogno di una crisi grave”. Pensavano chiaramente ai prossimi duecento anni. Ma ora ce l’abbiamo, la crisi. Ed ora, improvvisamente, i cittadini chiedono perché non abbiamo una forma di governo in materia economica,. un diritto economico europeo comune almeno di livello minimo, se non altro per quanto riguarda gli aspetti chiave della politica fiscale, delle imposte sulle società e sulle transazioni. La gente chiede anche un’Europa sociale. Non siamo scesi dalle barricate, i governi hanno semplicemente detto "no". Oggi, tutta l’Europa chiede di quali poteri dispone l’Unione europea per difendere l’economia di mercato sociale, una distribuzione equa delle ricchezze? Parallelamente, miliardi di euro saranno spesi da qui alla prossima generazione. E non abbiamo alcun potere democratico, nessuna base giuridica per sviluppare un’Europa sociale.
Ogni giorno mi si chiedono delucidazione sulle azioni militari in nome dell’Europa. Un paio di Stati stanno avviando azioni militari nel contesto della politica governativa così come praticata nel XIX secolo. Non dovremmo forse riflettere sul fatto che questo Parlamento deve accordarsi prima che possa essere condotta un’azione in nome dell’Europa? E le iniziative dei cittadini? Anche qui i cambiamenti costituzionali sono stati esclusi. Perché? Perché non ci può essere un’iniziativa dei cittadini che chiede che il trattato sia emendato e che la Costituzione europea sia ulteriormente sviluppata?
Credo che ci sia ancora molta strada da fare. La timidezza e la ritrosia di questo Parlamento di fronte al Consiglio costituiscono un grosso ostacolo.
(Interruzioni)
Credo dovremmo essere più aggressivi. Spero che questo Parlamento rivendichi davvero i diritti che gli sono riconosciuti dal trattato di Lisbona con grande fiducia in se stesso e grande lealtà verso i cittadini dell’Unione europea, spero che riesca ad imporli e a riflettere su come potersi orientare verso una democrazia europea e un ordine sociale. Signor Presidente, non rinuncio al mio sogno.
(Brusio)
Non rinuncio al mio sogno per consentire ai miei figli e ai figli dei miei figli di dire almeno: “Vive la République d'Europe!”
(Applausi)
Tobias Pflüger, a nome del gruppo GUE/NGL. – (DE) Signor Presidente, gli interventi dimostrano che l’atteggiamento nei confronti del trattato di Lisbona è più emotivo che razionale. Perché non lasciamo che sia il prossimo Parlamento a discuterne e aspettiamo di vedere se il trattato di Lisbona si concretizza davvero? No, ci sono qui delle persone fortemente motivate rispetto a questo trattato, che vogliono illustrarne all’infinito i presunti vantaggi.
Burkhard Hirsch, moralista esasperato, ha formulato benissimo il concetto quando ha detto che gli irlandesi non dovrebbero essere considerati come pastori fradici di pioggia e come gli unici europei incapaci di comprendere i benefici del trattato di Lisbona. I referendum avrebbero avuto esito negativo anche altrove perché non ci possiamo aspettare, e non ci dobbiamo aspettare, che gli elettori appoggino un trattato che nemmeno chi lo leggesse con le migliori intenzioni riuscirebbe mai a capire.
Il trattato di Lisbona non si limita a disciplinare i rapporti tra le istituzioni dell’Unione europea, ma stabilisce delle politiche. Ed è importante: l’articolo 43, paragrafo 1, del trattato di Lisbona definisce, per esempio, i compiti delle unità di combattimento dell’Unione europea. La clausola di solidarietà di cui all’articolo 222, paragrafo 1, lettera a, stabilisce che devono essere mobilitate tutte le risorse disponibili per prevenire la minaccia terroristica nel territorio degli Stati membri. L’Unione europea diventerà pertanto un’alleanza militare e c’è anche la possibilità che siano condotte operazioni militari al suo interno. L’articolo 43, paragrafo 1, parla di assistenza ai paesi terzi per combattere il terrorismo nel loro territorio.
In questo settore ci sono numerose normative. C’è per esempio la “cooperazione strutturata permanente” che ammette un’Europa “nucleo militare”. In questo trattato c’è un ruolo per la NATO e “gli Stati membri s’impegnano a migliorare progressivamente le loro capacità militari”. In futuro, qualora questo trattato dovesse essere ratificato – e spero che non lo sia – ci sarà un fondo iniziale (articolo 41): il bilancio dell’Unione europea potrebbe anche essere utilizzato per fini militari nel settore della politica estera e militare.
In termini di politica economica, la logica economica del trattato di Lisbona è proprio quella che ha provocato la crisi economica: “un’economia di mercato aperta contraddistinta da libera concorrenza”. Nessuno oggi si esprimerebbe più così.
Ho l’impressione che chi vuole questo trattato –, soprattutto gli esponenti dell’élite dell’Unione europea – viva in realtà nel passato. Le condizioni sono profondamente cambiate: abbiamo bisogno di un nuovo trattato per una nuova era. L’Irlanda ha deciso: l'esito del referendum è stato chiara. Il trattato è stato respinto e quindi è accantonato, ma tutto d’un tratto si decide che ci sarà un secondo voto. Chi in Francia si permetterebbe di dire, una volta eletto il presidente Sarkozy, che si deve votare di nuovo perché a qualcuno Sarkozy non piace? Voglio che una cosa sia assolutamente chiara: ci sono ragioni valide e puramente razionali per le quali non dovremmo ratificare questo trattato. La decisione dell’Irlanda non dovrebbe cambiare; in altre parole “no” significa “no”. Ciò vuole dire che il trattato di Lisbona è morto, e non capisco perché oggi ne stiamo discutendo in questo contesto.
Il trattato di Lisbona comporta un trasferimento di potere verso gli Stati membri. Lo dirò a chiare lettere: come internazionalisti difendiamo l’idea europea contro chi vuole fare dell’Unione europea una potenza militare e un’alleanza puramente economica. Abbiamo bisogno di un trattato alternativo al trattato di Lisbona, orientato verso la pace, e non un trattato che è nella sostanza un trattato militare. Grazie.
Nils Lundgren, a nome del gruppo IND/DEM. – (EN) Signor Presidente, do per scontato che abbiamo tutti il diritto di parlare per tutto il tempo che vogliamo. E’ probabile che abbia bisogno di uno o due minuti in più, e mi farebbe piacere prendermeli.
(SV) Passo ora alla mia lingua madre. La discussione del trattato di Lisbona da parte dell’establishment politico europeo sarà ricordato dai posteri come una vergogna per due motivi: primo, il processo politico messo in atto per farlo accettare e, secondo, per il fine stesso del trattato. Se torniamo a Laeken 2000, era stato detto che avremmo dovuto elaborare una proposta di soluzione costituzionale per ottenere un’Europa più compatta e unita e l’impegno dei cittadini; eravamo infatti preoccupati che di fatto i cittadini avessero una scarsa opinione dell’Unione europea. La Convenzione, sotto la guida di Valéry Giscard d’Estaing, ha però prodotto un risultato ben diverso, che il popolo europeo si è accorto di non volere. Francesi e olandesi hanno detto “no”. Tutti sanno che i cittadini di Regno Unito, Danimarca e molti altri paesi avrebbero votato “no” se solo avessero avuto la possibilità di esprimersi. Si è cercato di eludere l’ostacolo, è comparso un nuovo trattato uguale al precedente, anche se, quando fa comodo, si dice che non è così, un’asserzione che continua ad essere ripetuta. Ora ci troviamo in una situazione in cui, dal momento che gli irlandesi hanno detto “no” a quello che ora chiamiamo trattato di Lisbona, abbiamo l’impudenza di svolgere un’indagine sulla ragione per la quale gli irlandesi hanno votato in modo sbagliato. E’ incredibile, e non c’è stato assolutamente alcun dibattito in merito. Vi date a vicenda pacche sulle spalle dicendo quanto sia bello, pur sapendo che è una vergogna.
La mia seconda obiezione è la seguente: la funzione di un trattato costituzionale, di una costituzione, non è quella di accelerare l’assunzione di decisioni. Piuttosto il contrario: la sua funzione è quella di rendere più difficile l’assunzione di decisioni politiche. Le costituzioni hanno il compito di assicurare che i candidati, una volta eletti, non possa essere subito liberi di prendere le decisioni che desiderano, con tanta facilità. E' così che funziona la costituzione americana. Fa parte invece della tradizione burocratica francese garantire all’autorità la possibilità di prendere rapidamente decisioni su qualsiasi argomento senza doversi preoccupare dell’influenza dell’opinione pubblica. E’ terrificante e rappresenta una vergogna per l’Unione europea.
Presidente. − Onorevole Lundgren, avrà certamente notato che i suoi colleghi l'hanno ascoltata con rispetto, in silenzio e senza parlare come invece ha fatto lei durante gli interventi degli altri oratori, ma è esempio di come le persone abbiano una percezione diversa della democrazia.
Roger Helmer (NI). – (EN) Signor Presidente,speravo che fosse l’onorevole Pöttering a presiedere la seduta questa sera, per ringraziarlo pubblicamente per avermi dato l’opportunità di lasciare il gruppo PPE alcuni anni fa. Mi fa piacere che i miei colleghi conservatori tra breve lasceranno tutti il gruppo PPE, un obiettivo al quale lavoro da dieci anni.
Visto che stiamo discutendo del trattato di Lisbona, avrei ricordato all’onorevole Pöttering che il suo paese, la Germania, non lo ha ancora ratificato. Sosteniamo che l'UE è un’unione di valori, basata sulla democrazia e sullo stato di diritto, eppure ignoriamo la democrazia. Ce ne infischiamo dei desideri degli elettori: abbiamo respinto i risultati dei referendum in Danimarca su Maastricht, in Irlanda su Nizza, in Francia e nei Paesi Bassi sulla Costituzione e ora su Lisbona di nuovo in Irlanda. Guardiamo con totale disprezzo le aspirazioni dei nostri elettori. E abbiamo il coraggio di parlare di democrazia!
Le cose non vanno certo meglio per quanto riguarda lo stato di diritto. Stiamo attuando piani e programmando spese sulla base del trattato di Lisbona prima ancora che sia ratificato. E’ poco meno di un colpo di stato senza spargimenti di sangue. L’onorevole Pöttering dice che un milione di elettori irlandesi non possono ostacolare la strada a 450 milioni di europei. Ha ragione: facciamo allora votare questi 450 milioni di europei sul trattato. Il Regno Unito voterà “no”. Con ogni probabilità, Francia e Germania voteranno “no”, ma non avete il coraggio di far votare i cittadini sul trattato perché conoscete già la loro risposta. Nel Regno Unito, salvo un’unica eccezione, i 646 parlamentari sono stati tutti eletti sulla base dell’impegno a organizzare un referendum, ma il nostro screditato governo laburista ha scandalosamente infranto la promessa.
Vorrei dare un congruo preavviso ai colleghi. Noi del partito conservatore britannico faremo del referendum su Lisbona un asse fondamentale della nostra piattaforma elettorale europea. Ci sarà un referendum e accantoneremo definitivamente questo miserabile e vergognoso trattato.
Alain Lamassoure (PPE-DE). – (FR) Signor Presidente, onorevoli colleghi, l’integrazione europea di tanto in tanto propone ad attori anonimi quali siamo noi dei simboli commoventi. L’ultimo votazione della legislatura verterà quindi sull’ultimo emendamento che era stato proposto congiuntamente da parlamentari europei e nazionali dinanzi alla Convenzione europea: la creazione di un’iniziativa dei cittadini a livello di Unione europea.
Non sottovalutiamo il suo significato. Il trattato di Lisbona dà ai cittadini stessi, ai cittadini comuni, lo stesso potere di iniziativa politica di cui gode il nostro Parlamento. Le nostre relazioni di iniziativa ci consentono di invitare la Commissione ad agire, a proporci una base giuridica per avviare una nuova politica o per adattarne una esistente. Bene, i cittadini ora potranno fare lo stesso, se saranno in numero sufficiente e se proverranno da un numero significativo di Stati membri.
Mi congratulo con l’onorevole Kaufmann per il modo in cui ha lavorato in vista di un consenso evidentemente necessario su un tema come questo. I chiarimenti che ha fornito sul trattato e sulle garanzie procedurali sono ragionevoli. Il fatto di fissare il numero significativo ad un quarto degli Stati membri è coerente con la soluzione adottata per i governi stessi nell’ambito dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia.
Questo nuovo diritto ora conferito ai cittadini europei non esiste sotto questa forma in nessuno dei nostri Stati. L’Unione farà sì che in questo modo si compiano importanti passi verso la democrazia. Nemmeno in Francia, per esempio, osiamo spingerci così in là: abbiamo riformato la nostra costituzione nazionale lo scorso anno ma abbiamo limitato unicamente al livello locale questo stesso diritto di petizione collettiva.
Speriamo ora che i nostri partiti politici rivaleggino in creatività per utilizzare al meglio questo nuovo diritto e, soprattutto, trasversalmente ai partiti, speriamo che la società civile se ne appropri: sindacati, organizzazioni non governative, studenti – soprattutto i beneficiari di borse di studio Erasmus – lavoratori transfrontalieri, tutti i cittadini europei che vivono in un paese diverso dal proprio e che ritengono che le leggi che adottiamo qui siano, purtroppo, mal applicate sul territorio.
In questa Unione caratterizzata dalla libera circolazione, le uniche barriere che rimangono sono quelle dei nostri dibattiti politici. Ancora una volta, purtroppo, non assistiamo all’avvio di una campagna elettorale europea, ma di 27 campagne nazionali con un pretesto europeo.
Lo spazio economico esiste, la moneta unica esiste, il cielo unico europeo esiste, ma lo spazio unico politico deve ancora essere creato. E’ questa la vera sfida del trattato di Lisbona e questa è sicuramente una delle disposizioni che daranno il maggiore contributo per affrontarla.
Adrian Severin (PSE). – (EN) Signor Presidente, questa sera la speranza suscitata dalla ratifica del trattato di Lisbona da parte della Repubblica ceca viene messa in secondo piano dall’atmosfera quasi cospiratoria di questa riunione.
Alcuni temevano che preparando la corretta applicazione di un trattato assolutamente necessario avremmo potuto offendere certi cittadini dell’Unione. Credo, al contrario, che stiamo offendendo i cittadini nascondendo la verità su quello che è e che potrebbe essere realmente l’Unione e rifiutando un dialogo franco e razionale con loro.
Analogamente, mostrare rispetto per un’opinione di minoranza, ignorando la decisione della maggioranza è offensivo per la maggioranza e i principi generali della democrazia ai quali tutti diciamo di tenere.
Il testo scritto di un trattato non è sufficiente; è necessario corredarlo di un’interpretazione chiarificatrice che ne metta in luce lo spirito, consentendo così la sua migliore attuazione. Ed è proprio questa la funzione che svolgono le relazioni presentate oggi, affrontando i seguenti temi: uno, la parlamentarizzazione dell’Unione; due, la comunitarizzazione delle istituzioni europee; tre, la creazione di un equilibrio istituzionale come garanzia di un sistema internazionale di controlli e contrappesi; quattro, la garanzia della coerenza e della coesione legislativa a livello europeo attraverso l’europeizzazione dei parlamenti nazionali e non attraverso la nazionalizzazione del Parlamento europeo; cinque, la concentrazione di strumenti e politiche per il bene dell’efficienza istituzionale; e, sei, il miglioramento della rappresentanza, della trasparenza e della partecipazione a livello dell’Unione europea.
In quest’ottica, potremo assistere all’emergere di un demos che darà un contenuto e una sostanza all’attuale guscio delle procedure europee, rendendole significative per i cittadini.
L’unica cosa che resta da fare è trovare una soluzione per collegare le elezioni del nuovo Parlamento all’entrata in vigore del trattato di Lisbona. Spero che il senso di responsabilità e di solidarietà dei nostri colleghi irlandesi ci consenta di realizzare questo obiettivo e rispettare il nostro calendario storico.
PRESIDENZA DELL’ON. ONESTA Vicepresidente
Andrzej Wielowieyski (ALDE). – (FR) Signor Presidente, signora Commissario, ritengo che la relazione dell’onorevole Dehaene, di grande valore e pregio, dovrebbe essere completata per quanto concerne il funzionamento e, soprattutto, le responsabilità del Consiglio europeo. Questo importante organo sarà elevato al rango di istituzione e, in ambito politico, rappresenta una forza motrice.
E’ quindi necessario prestargli particolare attenzione. Le azioni del Consiglio europeo saranno soggette alla giurisdizione della Corte di giustizia europea, come già accade per la Banca centrale europea. A nome del mio gruppo, propongo inoltre un emendamento teso a riflettere questa ulteriore responsabilità. Dato che le sue funzioni legislative sono limitate, questa responsabilità rientra essenzialmente nell’ambito dell’articolo 265 relativo alla mancanza d’azione. Dal momento che il trattato non contiene dettagli in merito, probabilmente gli obblighi del Consiglio europeo dovranno essere precisati tramite un accordo interistituzionale.
La relazione Kaufmann, quindi, è molto importante, dal momento che rappresenta una vera e propria apertura nei confronti dei cittadini. La più grande debolezza che potremmo mostrare, di fronte a una sfida per il futuro dell’Unione, sarebbe creare il vuoto, una distanza tra Unione e i cittadini. Agli occhi dei cittadini l’Unione è una realtà lontana e ignota, anche se sentono di averne bisogno. Secondo il parere del mio gruppo, il gruppo dell’Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa, questo vuoto può essere colmato solo ricorrendo regolarmente ad ampie consultazioni con i cittadini.
Non abbiamo avuto tempo di concludere il nostro lavoro, né di portare a termine la discussione su questo tema. Ciononostante, come già constatato dall’onorevole Lamassoure, secondo il trattato l’iniziativa dei cittadini può rappresentare uno strumento di primo piano per la creazione di uno spazio pubblico europeo, di cui avvertiamo così tanto il bisogno. Questo spazio, infatti, incoraggerà i dibattiti pubblici tra i cittadini e l’Unione, che andranno a loro volta a risvegliare la coscienza pubblica, di cui non possiamo fare a meno.
La gestione del Consiglio europeo, in ogni caso, rappresenta una sfida di considerevole portata per le istituzioni europee, in particolare per la Commissione, essendo chiamata in causa la credibilità stessa di questo nuovo strumento. Ma è una sfida che interessa anche gli Stati membri – che devono accettare questa nuova pratica e mettere a disposizione le infrastrutture – e i cittadini stessi, ovviamente, che devono saper cogliere l’occasione rappresentata da questo strumento nato per il bene della democrazia diretta.
Milan Horáček (Verts/ALE). - (DE) Signor Presidente, signor Vicepresidente, il presidente Klaus ha reagito alla decisione adottata oggi dal senato ceco – che accogliamo con sincero favore e per cui mi congratulo – affermando, tra le altre cose, che il trattato di Lisbona è morto, essendo stato rifiutato nel referendum irlandese.
Il presidente Klaus è un zombie politico, che sferra un attacco contro le decisioni della maggioranza del proprio parlamento e senato, confermando il suo atteggiamento esecrabile e settario anche in altri ambiti politici. Fortunatamente, dato l’esito positivo della votazione, si è semplicemente reso ridicolo. Noi verdi abbiamo un atteggiamento positivo e costruttivo nei confronti del processo di integrazione europea, pur formulando commenti critici laddove necessari.
Ancora una volta vorrei esprimere i miei più sentiti ringraziamenti al senato, al parlamento e al governo della Repubblica ceca.
Bastiaan Belder (IND/DEM). - (NL) Signor Presidente, la relazione dell’onorevole Dehaene fa mi suscita reazioni contrastanti. Da un lato, accolgo con favore il fatto che senta occasionalmente l’esigenza di analizzare la situazione in modo onesto: mi riferisco ai paragrafi 14 e 26, in cui accenna alla posizione dominante del Consiglio europeo e ai problemi correlati al nuovo sistema di presidenza.
Dall’altro sono deluso da questa relazione, dato che l’analisi del relatore non è sufficientemente mirata in tutto il suo svolgimento. In particolare, negli ultimi 12 paragrafi, in cui discute di politica esterna, tutte le incertezze istituzionali sono state cancellate, sebbene le conseguenze istituzionali di questo doppio ruolo non siano ancora del tutto chiare. Non riesco quindi a capire in che modo il relatore sia giunto a formulare la sua valutazione generale, secondo cui il nuovo sistema si tradurrà in un equilibrio istituzionale più forte all’interno dell’Unione.
Mi rendo conto che il trattato di Lisbona rappresenta un miglioramento in alcuni ambiti, ma questo non deve distogliere la nostra attenzione dal fatto che sono proprio le incerte conseguenze di questo trattato che costituiranno il tallone di Achille per l’equilibrio istituzionale: un aspetto che il relatore non ha colto.
Jana Bobošíková (NI). – (CS) Onorevoli colleghi, per usare le parole della saggezza popolare, potremmo dire che in questa sessione stiamo facendo i conti senza l’oste. Siamo chiamati a esprimere il nostro voto in merito ai rapporti tra le istituzioni dell’Unione europea, i suoi Stati membri e i loro parlamenti come se il trattato di Lisbona fosse in vigore. Vorrei ricordare che il trattato di Lisbona è ancora lungi dall’essere ratificato. I membri di questo Parlamento dovrebbero ricordarsene senza nasconderlo ai cittadini. Chiunque abbia a cuore la democrazia deve rendersi conto che neppure gli attacchi più aggressivi contro i politici che non hanno firmato il trattato di Lisbona cambieranno qualcosa.
In conclusione, vorrei dire all’onorevole Cohn-Bendit che le sue obiettabili dichiarazioni, secondo cui il presidente della Repubblica ceca Klaus intenda corrompere i senatori del parlamento del mio paese, rappresenta un affronto non solo nei confronti del presidente Klaus, ma anche dei cittadini della Repubblica ceca. Accuse di questo tipo sono un affronto nei confronti dei principi dei rapporti internazionali amichevoli, nonché del più semplice decoro umano. Ecco perché chiedo all’onorevole Cohn-Bendit di provare le sue accuse di corruzione o di scusarsi pubblicamente con il presidente Klaus.
Richard Corbett (PSE). - (EN) Signor Presidente, questo pacchetto di relazioni dimostra che, se il trattato di Lisbona entrerà in vigore – su riserva, naturalmente, della decisione del popolo irlandese – avremo un’Unione in grado di offrire maggiori opportunità di partecipazione alla vita pubblica, responsabilizzazione, democrazia, controlli ed equilibrio. E’ questo il messaggio fondamentale che possiamo trasmettere oggi, sia attraverso la relazione Leinen, che mette in luce il potenziamento delle competenze attribuite a questo Parlamento eletto all’interno del sistema istituzionale; sia attraverso la relazione Brok, che evidenzia le nuove opportunità di partecipazione per i parlamenti nazionali; sia attraverso la relazione Dehaene, che si sofferma sulla più ampia responsabilizzazione di cui devono farsi carico i rami esecutivi delle istituzioni e sulle modalità di gestione di un possibile periodo di transizione; sia attraverso la relazione Guy-Quint, da cui si evince che non ci saranno più parti del bilancio comunitario non soggette al controllo parlamentare; o infine attraverso la relazione Kaufmann, dedicata all’iniziativa dei cittadini.
Il mio gruppo politico sosterrà tutte queste risoluzioni e siamo fieri di agire in tal senso pur – devo ammetterlo – con una particolare riserva, relativa alla relazione Kaufmann, che vediamo come un primo passo: proporre una prima riflessione sulle modalità di funzionamento per il futuro. Ma dobbiamo prestare attenzione – e concordo con quanto affermato prima dal commissario – a non creare un sistema che risulti troppo oneroso per i cittadini o che presenti troppi ostacoli burocratici per l’esercizio di questo diritto. Ma abbiamo ancora moltissimo tempo per ritornare su questi aspetti nel caso in cui il trattato entri effettivamente in vigore.
Oggi giunge la ventiseiesima ratifica parlamentare. So che i conservatori britannici lassù non sono particolarmente interessati. Stanno sicuramente parlando di qualche altra cosa, ma si tratta di un passo importante.
Ventisei ratifiche tramite procedure parlamentari, 26 “sì” al trattato e un “no”. Potrei pensare che, in una situazione con 26 “sì” e un “no”, non sia, come sostiene qualcuno, antidemocratico guardare al risultato e chiedere all’unico paese che ha detto “no” se non sia disposto a rivedere la propria decisione alla luce de fatto che tutti gli altri paesi hanno ratificato. Procedere o meno in tal senso dipende da loro. Ma penso che sia ragionevole che gli irlandesi stessi siano giunti alla conclusione che forse sarebbe il caso di rivedere questa decisione se vengano accettate alcune condizioni. E spetta a noi attivarci per rispondere alle preoccupazioni espresse con il “no” irlandese. Questa azione deve essere parte integrante della nostra reazione ed è quanto l’Unione ha accettato di fare.
Tutti gli altri Stati membri – perché sono coinvolti anche gli Stati membri e non solo le istituzioni europee – hanno convenuto di tentare di rispondere a queste preoccupazioni, in modo tale da poter giungere alla ventisettesima ratifica.
L’insegnamento che possiamo trarre da questa situazione è di ampio respiro. Le regole di funzionamento di base dell’Unione europea – i trattati firmati e ratificati dagli Stati membri – possono essere modificati solo previo accordo unanime di singolo tutti gli Stati membri. Si tratta di un obiettivo arduo da centrare. Dimostra che chi sostiene che stiamo calpestando la democrazia e ignorando l’opinione del popolo non ha capito assolutamente nulla. Bloccare ogni minimo progresso, ogni riforma delle regole europee è un gioco da ragazzi. Gli euroscettici devono vincere solo una partita su 27. Sono loro che hanno il coltello dalla parte del manico e non chi, come l’onorevole Duff, spera in un’integrazione molto più rapida. E’ così che stanno le cose.
Gli euroscettici citano sempre i referendum che si sono conclusi con un “no” e vorrei farlo notare. Non nominano mai il referendum spagnolo o quello in Lussemburgo. Ripercorrendo la storia dell’integrazione europea, contiamo circa 32 referendum (se mi ricordo bene) nei vari Stati membri nel corso degli anni: 26 o 27 conclusisi con un “sì” e solo una manciata di “no”. Ma ogni volta che l’esito è stato negativo, non siamo mai riusciti a passare oltre senza discuterne ancora per rispondere alle preoccupazioni espresse, chiedendo al paese in questione se non fosse disposto a rivedere la propria decisione e a cambiare idea.
Non ci trovo nulla di male in questo in termini democratici: costruire gradualmente, passo dopo passo, lentamente, attraverso il consenso di tutti gli Stati membri, questa Unione su cui lavoriamo da più di 50 anni, questa Unione di cui dovremmo essere fieri, per il fatto di avere 27 paesi che collaborano su un continente che la storia ha voluto troppo spesso frammentato sotto la spinta di nazionalismi che alcuni vorrebbero resuscitare ancora oggi.
Anne E. Jensen (ALDE) . – (DA) Signor Presidente, partecipare a questa discussione stasera rappresenta un’occasione speciale per me. Da cinque anni a questa parte collaboro da vicino con l’onorevole Guy-Quint: entrambe, infatti, siamo state coordinatrici per il bilancio per i rispettivi gruppi politici. Abbiamo avuto i nostri scontri, ma nella maggior parte dei casi abbiamo combattuto insieme nello spirito di cooperazione che pervade le attività della commissione bilanci.
Sei al termine del tuo mandato, Catherine, e vorrei cogliere quest’occasione per ringraziarti in maniera più ufficiale per il tempo che abbiamo trascorso insieme. Ho imparato molto da te! Il mio francese è migliorato e ho imparato molto anche dal tuo stile, che rispetto. Sei più pratica e diretta di me e a volte è necessario.
Stasera il Parlamento uscente passa il testimone al nuovo Parlamento, che verrà eletto tra il 4 e il 7 giugno. Se gli elettori irlandesi si esprimeranno favorevolmente in ottobre e il trattato di Lisbona entrerà in vigore alla fine dell’anno, dovremo agire con rapidità, dato che le conseguenze per le attività parlamentari saranno notevoli, in particolare nell’ambito dei bilanci. Si tratta di un aspetto descritto in modo chiaro ed efficace nella relazione dell’onorevole Guy-Quint, che ha preparato un documento di grande valore da trasmettere ai nuovi membri di questo Parlamento.
Il Parlamento sarà formalmente coinvolto nella definizione dei quadri finanziari pluriennali, ma non siamo stati ancora in grado di portare il periodo di applicazione dei quadri finanziari da sette a cinque anni, in modo da allinearlo con il mandato della Commissione e del Parlamento. Se così fosse, potremmo offrire il nostro contributo alla definizione dei quadri finanziari e il Parlamento influirebbe sul bilancio nella sua globalità, compreso il bilancio agricolo. Ritengo che sarebbe un vantaggio per gli agricoltori e i cittadini dell’Unione europea se i dibattiti relativi alla politica agricola fossero completamente aperti e se le contrattazioni a porte chiuse cedessero il passo a un dibattito democratico trasparente. Nessuno può prevedere gli effetti sulle spese agricole, ma sicuramente non verrebbero più mantenuti e sviluppati schemi che non possono essere spiegati in maniera chiara e logica ai nostri cittadini.
La procedura di bilancio annuale è in corso di modifica e l’anno scorso abbiamo testato i nuovi criteri fissati sul lavoro della commissione bilanci del Parlamento. Il fatto di avere una sola lettura seguita dai negoziati per giungere a un accordo ci costringe a prepararci in anticipo e con molta più attenzione. Di per sé non è un’idea sbagliata. A mio avviso il test generale di cui è stata sottoposta la nuova disciplina l’anno scorso ha sortito buoni risultati.
Il trattato di Lisbona attribuisce al Parlamento nuovi poteri in materia di bilancio e nuove modalità operative. L’onorevole Guy-Quint, con la sua relazione, offre al nuovo Parlamento un’ottima base di partenza per il suo lavoro. Spero e credo che giungeremo all’adozione del trattato di Lisbona, garantendo quindi una maggiore apertura ed efficienza del funzionamento dell’Unione europea.
Michael Henry Nattrass (IND/DEM). - (EN) Signor Presidente, sin dagli anni Settanta i politici britannici giurano che l’Unione europea non è una questione di dominazione politica o di perdita di sovranità, eppure i presidenti dell’Unione europea affermano che abbiamo messo in comune la nostra sovranità e che abbiamo un impero europeo, che emette il 75 per cento della nostra legislazione.
Questo trattato ci priva della possibilità di governarci, sebbene da un sondaggio della BBC emerge che l’84 per cento della popolazione britannica non intende rinunciare ad alcun potere. Gli inglesi vengono tenuti all’oscuro di quanto accade e i conservatori, attraverso il gruppo del Partito popolare europeo, hanno contribuito alla compagna per il “sì” in Irlanda, per poi promettere ambiguamente di acconsentire ad un referendum, ma solo se gli irlandesi votano ancora “no”. Agendo alle spalle del popolo britannico e senza alcun mandato, i partiti di Westminster hanno svenduto il proprio paese, mentre dai sondaggi emerge che il 55 per cento della popolazione inglese vuole lasciare l’Unione europea. Non è mai accaduto nella storia della politica che presi tanta gente sia stata presa in giro da così poche persone.
Roberto Fiore (NI). –Signor Presidente, onorevoli colleghi, sono milioni gli europei, i britannici, gli italiani, i francesi che non vogliono un'Europa basata sul politically correct, basata su una visione liberista e antisociale, come abbiamo visto nel progetto di Bolkestein, o basata su un centralismo totalitario e giacobino, o su una visione laicistica, massonica e marxisteggiante.
Io penso che gli europei siano molto interessati alle vere libertà sociali, a quelle che danno le possibilità alle famiglie, alle comunità, ai corpi sociali di veramente progredire e a un'Europa che è basata sulla sussidiarietà e, appunto, sui corpi sociali e su una profonda visione cristiana e romana della storia. Questa è l'Europa che si contrappone direttamente a quella del trattato di Lisbona, voluto dai poteri forti, voluto dalle lobby che vogliono effettivamente centralizzare in modo drammatico la situazione.
Noi pensiamo che gli europei debbano finalmente votare e rigettare al mare questo trattato
Paul Rübig (PPE-DE). - (DE) Signor Presidente, Commissario Wallström, onorevoli colleghi, a mio parere questa discussione è molto importante, dato che abbiamo in numerosi interventi è stato ribadito che l’Europa si vedrà attribuire nuovi poteri. Dal punto di vista degli Stati-nazione si tratta di un’affermazione veritiera, ma non dovremmo trascurare il fatto che gli Stati-nazione saranno chiamati a garantire che le stessi leggi e normative vengano applicate nei restanti 26 Stati membri. Questo progetto di razionalizzazione europea, intrapreso per garantire di non dover fare i conti con sistemi giuridici completamente diversi nei 27 Stati membri e di poter creare un unico quadro normativo, rappresenta un notevole passo avanti, offrendo non solo ai nostri ministri ma anche ai nostri parlamentari molti più diritti e opportunità per promuovere gli interessi dei cittadini dell’Unione europea.
Nonostante esprima spesso insoddisfazione dalle fila di questo Parlamento – anche se vedo che i seggi degli oppositori sono vuoti e che la maggior parte dell’opposizione non partecipa a questo dibattito – vorrei sottolineare con chiarezza che, ovviamente, siamo anche critici nei confronti delle istituzioni e vogliamo dei miglioramenti. Sono proprio questi progressi ad essere stati al centro di un intenso dibattito nel corso degli ultimi otto anni. Vogliamo semplicemente garantire che i rapporti tra le istituzioni e i cittadini migliorino. Oggi non possiamo limitarci ad alzarci in piedi e dire che il processo di riforme avviato otto anni fa deve essere interrotto senza offrire alcuna alternativa. E’ questo il vero scandalo dell’intera questione.
Dobbiamo assolutamente concentrarci sull’essenza del trattato, che ci offre nuovi obiettivi. Finalmente, con l’iniziativa dei cittadini, abbiamo una democrazia rappresentativa e partecipativa e abbiamo nuovi poteri in materia di tutela ambientale e cambiamento climatico. Come se uno Stato-nazione potesse risolvere questi problemi da solo! Per quanto riguarda l’inquinamento atmosferico e delle acque, per esempio – ma anche in altri ambiti – non è certo possibile. Insieme dovremo occuparci inoltre di libertà, sicurezza e piena occupazione. Alla luce della crisi, è particolarmente importante che l’Unione europea sia dotata di questi poteri.
Sono importanti anche nuovi fondamenti giuridici. Considerando la criticità della situazione energetica, abbiamo bisogno di un nuovo fondamento giuridico per la politica energetica. Nell’ambito della politica commerciale, invece, quando ci soffermiamo sulle questioni legate al commercio internazionale, ci rendiamo conto di quanto sia urgente trovare una soluzione efficace per i cittadini europei, al di là dei viaggi nello spazio e della proprietà intellettuale. Inoltre, per i nostri oppositori, la clausola di uscita può essere importante. A mio parere i nuovi poteri di supervisione e le nuove procedure rafforzeranno questo Parlamento. Sono a favore di una discussione ancora più approfondita, dato che molti di noi non si sono ancora resi conto delle opportunità offerte da questa nuova Europa.
Libor Rouček (PSE). – (CS) Onorevoli colleghi, in quanto parlamentare eletto nella Repubblica ceca sono lieto che oggi, mentre discutiamo dell’impatto del trattato di Lisbona, il senato ceco lo abbia approvato con un’ampia maggioranza di 54 voti favorevoli contro 20 contrari. Questo voto rappresenta la volontà del popolo ceco di veder entrare in vigore il trattato di Lisbona, volontà già espressa dalla camera dei deputati del parlamento ceco. Allo stesso tempo, però, il presidente della Repubblica ceca sta mettendo in discussione la volontà del popolo, il parere espresso chiaramente dalla camera dei deputati e dal senato.
Il presidente Klaus ha affermato: “Devo esprimere la mia delusione osservando come alcuni senatori, a seguito di una pressione senza precedenti dal mondo della politica e dei media, sia a livello nazionale che internazionale, abbiano messo da parte le posizioni pubbliche precedentemente assunte – rinunciando quindi alla propria integrità politica e civica – e si sono espressi a favore del trattato di Lisbona. Hanno voltato le spalle agli interessi a lungo termine della Repubblica ceca, che hanno messo in secondo piano rispetto ai loro propri interessi e agli interessi a breve termine dei politici in carica. Si tratta dell’avvilente prova dell’ennesimo fallimento da parte di un’ampia fetta della nostra élite politica. Rimango in attesa di vedere se un gruppo di senatori – alcuni dei quali hanno già annunciato il proprio intento di procedere in tal senso – chiederà alla corte costituzionale di riesaminare il trattato di Lisbona rispetto alla nostra costituzione. Qualora ciò accada, mi asterrò dal pronunciarmi in merito alla ratifica del trattato di Lisbona fintantoché la corte costituzionale non si sarà espressa”.
Oggi siamo chiamati a discutere dell’impatto del trattato di Lisbona sullo sviluppo dell’equilibrio istituzionale dell’Unione europea. Ritengo tuttavia che dovremo discutere – ed è quanto dovrebbero fare anche i deputati e i senatori cechi – dell’equilibrio istituzionale nella Repubblica ceca. La Repubblica ceca è una democrazia parlamentare, ma ha comunque un presidente che non rispetta la volontà della camera dei deputati e del senato e che agisce come un monarca assoluto o un dittatore di un paese che critica molto e che ricorda spesso, l’ex Unione sovietica. Vi è molto da dire ai nostri euroscettici sullo stato della democrazia in Europa, sullo stato della democrazia nel nostro paese e sul comportamento del presidente che ammirate così tanto.
Kyösti Virrankoski (ALDE). - (FI) Signor Presidente, il trattato di Lisbona riformerà radicalmente la procedura di bilancio dell’Unione europea. Il quadro finanziario pluriennale diventerà obbligatorio, la classificazione delle spese in spese obbligatorie e non obbligatorie verrà meno e i lavori per la definizione dei bilanci saranno più brevi.
Sono a favore di un quadro finanziario quinquennale in linea con il mandato del Parlamento europeo e della Commissione. Si tradurrà in una maggiore efficacia operativa e consentirà alle istituzioni di definire le proprie strategie di politica.
La redazione del bilancio sta diventando un processo strano. Ci si chiede chi può aver creato un sistema così complicato. Finora è chiaro qual è l’istituzione che ha l’ultima parola sui dati di bilancio. Ora vi deve essere consenso su ogni dettaglio, il che può portare a negoziati molto accesi all’interno del comitato di conciliazione.
Per quanto riguarda il Parlamento, la nuova procedura comporterà la necessità di potenziare le risorse umane disponibili, altrimenti questo Parlamento non sarà in grado di esercitare appieno i propri poteri nella redazione del bilancio, in generale, o nell’amministrazione dell’Unione europea, in particolare.
Infine, vorrei ringraziare i relatori e, in particolare, l’onorevole Guy-Quint, per le ottime relazioni e in generale per l’ottimo livello di cooperazione dimostrato negli anni.
Elmar Brok, relatore. − (DE) Signor Presidente, la ringrazio per avermi dato la possibilità di formulare qualche commento prima del previsto.
Questa discussione ha messo in luce un elevato livello di convinzione, indipendentemente dall’appartenenza politica o nazionale. Ha inoltre dimostrato la solidità del nostro impegno nei confronti del progresso dell’Europa. Quando ascolto i discorsi molto critici di alcuni degli oratori provenienti dai paesi anglosassoni, non posso fare a meno di pensare che, nel corso degli ultimi mesi, è stato proprio da questi paesi che sono giunte numerose richieste di aiuto per affrontare insieme la crisi finanziaria. Sono sicuro che questi signori si renderanno anche conto di rappresentare posizioni basate su un’eredità di 60 anni lasciata da Winston Churchill.
Stiamo entrando ora in una fase decisiva. A seguito delle nostre decisioni, raggiunte con ampio consenso all’interno del Parlamento europeo e per tutti molto così convincenti a Praga, non dobbiamo lasciarci andare al trionfalismo. Sarà un importante compito per noi offrire al popolo irlandese, con grande modestia, l’opportunità di prendere una decisione nel rispetto dei principi della sovranità e della libertà – una decisione che l’Irlanda deve prendere con libertà sovrana senza dimenticare la responsabilità nei confronti di un intero continente. A mio avviso dovremmo contribuire a creare le giuste condizioni affinché ciò sia possibile. Spero che, alla fine di giugno, il Consiglio europeo saprà gettare le basi per il completamento di questa fase finale e che gli irlandesi dispongano delle condizioni adatte per affrontare la questione.
Proinsias De Rossa (PSE) . – (EN) Signor Presidente, accolgo con favore questa discussione. Per un po’ di tempo è sembrato che non si sarebbe tenuta. Sono lieto che invece abbia luogo, grazie alla persistenza dei miei colleghi. Rientra alla perfezione nello spirito di questo Parlamento affrontare in modo responsabile e sensibile la transizione verso la possibile – finalmente! – ratifica del trattato di Lisbona. Sarebbe insensato per noi non farlo. Mi impegnerò a fondo nell’ultima parte di quest’anno per garantire che il voto abbia esito positivo – che io venga rieletto nella fila di questo Parlamento o meno – e mi dispiace che alcuni dei miei amici non saranno qui con me. Mi mancheranno.
Questa sera vorrei, in particolare, complimentarmi con la Repubblica ceca per il suo “sì”, dato che oggi i cittadini cechi hanno votato per il futuro. Penso sia estremamente importante trasmettere questo messaggio: l’unificazione dell’Europa e la costruzione di un’Europa unita riguardano il futuro del popolo europeo.
In nessun altro luogo al mondo al di fuori dell’Europa esistono 27 Stati membri sovrani che condividono un processo decisionale su base transfrontaliera, nel perseguimento degli interessi comuni dei propri cittadini. In nessun altro luogo al mondo paesi indipendenti sottopongono le proprie decisioni collettive all’approvazione e agli emendamenti di un parlamento multinazionale a elezione diretta. Questa nostra Unione è unica. E’ un esperimento democratico unico. Certo, non è scevra da difetti: ha bisogno di riforme e, per l’appunto, le riforme del trattato di Lisbona sono quelle che siamo in grado di concordare in questo momento. Sicuramente i Parlamenti futuri – e anche i Consigli futuri – definiranno e concorderanno ulteriori riforme.
Ma l’Europa ha bisogno anche di una nuova direzione. Deve riaffermare il proprio impegno nei confronti del benessere sociale dei nostri popoli e deve riequilibrare l’ossessione, quasi esclusiva, per la liberalizzazione degli scambi che ha caratterizzato l’ultimo decennio. Dobbiamo ricordare che l’orientamento politico e socio-economico di questa Unione è mosso dalle scelte operate dagli elettori: nelle elezioni generali, nelle elezioni europee e dalle commissioni che selezioniamo e istituiamo collettivamente. L’Unione europea è il luogo in cui ora risolviamo le controversie, quando in passato le controversie venivano risolte da giovani soldati che si uccidevano nelle trincee. E’ un grande onore per me partecipare ai lavori di questo Parlamento, in cui la forza delle armi ha ceduto il passo alla forza della discussione.
Non possiamo permettere che gli euroscettici facciano tornare indietro il tempo. Il fatto che la decisione di un singolo Stato membro, che rappresenta meno dell’1 per cento della popolazione europea, possa fermarla nel suo percorso è un segno della fragilità della nostra costruzione. Ma è anche un segno della forza dell’Unione, dimostrando che siamo in grado di sopravvivere e che possiamo consentire ai popoli europei di prendere queste decisioni in modo indipendente. A mio avviso dobbiamo tentare di risvegliare il sogno europeo nei nostri cittadini. Dobbiamo evitare di lasciarci trascinare verso il fondo dai quei vecchi arrabbiati che si alzano in piedi dalle ultime fila in fondo a destra e che ci urlano dietro, tacciandoci di essere antidemocratici, quando in realtà questo è un Parlamento eletto dal popolo europeo affinché prenda decisioni per il popolo europeo.
Costas Botopoulos (PSE). – (FR) Signor Presidente, oggi effettivamente è un giorno solenne: il pacchetto di Lisbona –come viene chiamato – giunge finalmente in Parlamento. Il senato ceco ha trasmesso un segno di speranza. Molti prendono la parola per l’ultima volta. L’emozione è palpabile. Siamo vicini al termine di questa legislatura e molti di noi sono emozionati. Si respira davvero un’atmosfera storica in questa sessione serale del Parlamento.
In quanto deputato dalla doppia funzione – per metà costituzionalista, per metà esperto di questioni di bilancio – oggi vorrei soffermarmi più specificamente sulla relazione dell’onorevole Guy-Quint, dedicata al nuovo sistema di redazione del bilancio, e sull’impatto che il trattato di Lisbona avrà sul nuovo sistema. Come è stato sottolineato, si tratta soprattutto di un sistema più democratico. Pertanto, tutte le spese – l’intero bilancio – verranno concordate nell’ambito della procedura di codecisione tra Consiglio e Parlamento.
Si tratta inoltre – aspetto ancor più importante – di un bilancio più politico, dato che abbiamo, come ricorda l’onorevole Guy-Quint, una programmazione strategica interistituzionale: in altre parole tutti gli organismi dell’Unione europea si mettono d’accordo per la redazione del bilancio. Tuttavia il sistema non è scevro da incertezze.
Il Parlamento, per esempio, svolgerà effettivamente il ruolo rafforzato che gli è stato attribuito in linea teorica? Saprà godere di questo nuovo potere, dato che non mancheranno i problemi? Inoltre abbiamo meno tempo, essendo prevista una sola lettura. Spetta pertanto al Parlamento cogliere – il che è già una sfida in sé – questa occasione di svolgere il proprio ruolo. Il quadro finanziario quinquennale coinciderà o verrà solo messo in evidenza dal mandato quinquennale del Parlamento? Non è certo. Anche per quanto riguarda questo aspetto non possiamo lesinare gli sforzi.
Non mancano le occasioni perse. Abbiamo perso l’occasione di dotarci di maggiori risorse e – consentitemi altri 10 secondi, dato che siamo in una seduta serale formale – di adottare una nuova filosofia di bilancio.
Per concludere, vorrei ricordare le sfide che ci attendono: la transizione – non è semplice passare a un nuovo sistema – e la flessibilità, della quale abbiamo bisogno per far fronte alle crisi.
Concluderò esprimendo il desiderio che tutto ciò possa essere portato avanti con l’attuazione del trattato di Lisbona.
Presidente. – Avendo anch’io doppia funzione nella stessa commissione, onorevole Botopoulos, non avevo altra scelta se non concederle i 40 secondi supplementari.
Justas Vincas Paleckis (PSE). – (LT) Penso che chi partecipa a questa seduta serale se ne ricorderà per molto tempo e avrà qualcosa da raccontare ai propri figli e nipoti. Anche stasera sentiamo la nave europea che subisce i colpi avversi delle tempeste della crisi finanziaria. E’ chiaro che il motore della nave, il meccanismo del trattato, è troppo debole e deve essere sostituito immediatamente.
Il trattato di Lisbona è il motore più potente di cui abbiamo bisogno per fronteggiare la crisi. Condivido quindi il contenuto delle relazioni oggetto di discussione e sono d’accordo con i miei colleghi parlamentari che sottolineano come non sia molto democratico che lo scoglio di un solo referendum possa far colare a picco la nave europea, se il leader di un solo Stato può pensare di essere l’unico a procedere nella giusta direzione e che l’opinione degli altri 26 Stati non ha importanza alcuna. Penso che il popolo irlandese trarrà le proprie conclusioni su quanto sta accadendo in Europa e in tutto il mondo.
Avril Doyle (PPE-DE). - (EN) Signor Presidente, sono l’ultima dell’elenco degli oratori per il gruppo del Partito popolare europeo e dei Democratici europei a prendere la parola stasera e in quando deputata eletta in Irlanda suppongo che abbia senso.
Vorrei ringraziare, innanzi tutto, i cinque relatori. Sono lieta di poterle discutere con voi stasera e, come altri colleghi irlandesi, chiedevo da tempo, attraverso il mio gruppo politico, di giungere a una situazione come quella di stasera, in cui possiamo discutere insieme cinque relazioni particolarmente importanti.
Prima di tutto, vorrei dire molto chiaramente che il mio contributo alla discussione di stasera sarà in linea con quanto affermato nella prossima frase. Non sarebbe opportuno né intendo anticipare in alcun modo o dare per scontata la decisione del popolo irlandese in occasione dell’imminente secondo referendum sul trattato di Lisbona, annunciato all’inizio di questa settimana dal nostro primo ministro Cowan.
Le conclusioni del Consiglio europeo del mese di dicembre contengono un pacchetto di misure nate sulla scorta della ricerca svolta dopo il nostro referendum dello scorso giugno: misure tese a fugare le preoccupazioni di chi ha votato “no” in Irlanda, così come spiegato dal nostro primo ministro al Consiglio nel mese di dicembre, cui si aggiunge una tabella di marcia volta a consentire al trattato di entrare in vigore entro la fine del 2009.
Tale pacchetto comprende il mantenimento del principio di un commissario per Stato membro, la conferma dell’importanza attribuita dall’Unione ai diritti dei lavoratori e ad altri temi sociali e una serie di garanzie legali sulla neutralità fiscale e le disposizioni della costituzione irlandese inerenti al diritto alla vita, all’istruzione e alla famiglia.
Al Consiglio europeo di primavera il nostro primo ministro ha informato i partner che, nel rispetto della tempistica concordata a dicembre, è in corso una serie di azioni dettagliate atte a tradurre in realtà gli impegni sottoscritti, che dovrebbero terminare per la metà del 2009.
Se il nostro governo sarà pienamente soddisfatto del risultato, il primo ministro si è dichiarato d’accordo a tentare di ottenere la ratifica del trattato entro il termine del mandato dell’attuale Commissione, che dovrebbe giungere a scadenza, se ho ben capito, alla fine del mese di ottobre. Spero sinceramente che la promessa di un referendum all’inizio dell’autunno significhi che il referendum si tenga al più tardi all’inizio di ottobre.
E, dato l’aumento dei poteri del Parlamento europeo previsto dal trattato di Lisbona, è comprensibile che i suoi deputati debbano valutarne le implicazioni istituzionali e procedurali, da cui scaturisce la discussione odierna delle cinque relazioni.
La valutazione di queste tematiche da parte del Parlamento europeo, stasera, si tiene nel momento in cui, secondo il testo originario del mio discorso, non è ancora stato portato a compimento il processo di ratifica in atto presso quattro Stati membri (Irlanda, Repubblica ceca, Germania e Polonia). Tecnicamente questa affermazione è veritiera, ma vorrei complimentarmi con la Repubblica ceca – e in particolare con il senato ceco – per la piena approvazione da parte suo parlamento che, spero, consentirà al presidente Klaus di ratificare il trattato a nome del popolo ceco. Sono fiduciosa che accetterà la volontà del suo parlamento. Sono al corrente che la questione è stata sottoposta a un esame giuridico, ma spero sia solo un ritardo di natura tecnica.
Affinché il trattato entri in vigore, naturalmente, tutti i paesi devono ratificarlo e, sì, è corretto affermare che 26 parlamenti europei – i parlamenti di 26 Stati membri – si sono pronunciati a favore e finora gli irlandesi sono gli unici contrari.
Accetto appieno il fatto che il Parlamento desideri esaminare le questioni sollevate in questi documenti e in queste relazioni nel modo più approfondito possibile, senza alcuna interferenza o anticipazione della procedura di ratifica in corso.
Mi oppongo alle lamentele opportunistiche di una manciata di fossili euroscettici che occupano le ultime fila e le loro parole dovrebbero essere prese per quello che realmente sono. Il mio messaggio per loro è chiaro: state fuori da quella che è una decisione sovrana del popolo irlandese, perché nessuno può dire agli elettori irlandesi cosa fare.
Vorrei ringraziarvi, essendo questo il mio ultimo intervento in Parlamento, e ringraziare tutta la presidenza del Parlamento, la Commissione, la presidenza ceca e tutti i colleghi per quelli che sono stati 10 anni estremamente appaganti per me in veste di deputata del Parlamento europeo. Attendo con trepidazione il “sì” del popolo irlandese nel nostro secondo referendum di ottobre.
Mairead McGuinness (PPE-DE). - (EN) Signor Presidente, è bello essere i primi in qualunque elenco oggi. Dato che l’onorevole Doyle ha appena concluso il suo intervento, vorrei farle i miei migliori auguri mentre si appresta a lasciare il Parlamento europeo. Per essere onesti, dobbiamo dire che ha dato un bello scossone ai fossili dopo il voto sul trattato di Lisbona in Irlanda e verrà sicuramente ricordata per una sagace espressione. Ti auguro il meglio, Avril, pubblicamente e spero che parteciperai alla campagna per il “sì” al trattato di Lisbona anche se non siederai più in quest’Aula.
E’ stata una discussione molto interessante. Fisicamente e mentalmente sarei voluta correre a casa per riposarmi, ma non avrei potuto perdermela per nulla al mondo ed, essendo irlandese, era importante non mancare. Lasciatemi dire una cosa. Mi rivolgo agli elettori: siete seduti voi al posto di guida. Siete voi a dover prendere una decisione: se votare per sostenere il punto di vista di uno spaurito gruppetto di vecchi arrabbiati – siano essi uomini o donne, ma sono soprattutto uomini – che siedono alle estremità di questo Parlamento e agli estremi dell’Unione europea, a destra a sinistra – se lo farete, se ne parlerà tantissimo, cominceranno a piovere fotografie a colori e titoli di giornali, ma in quest’Aula non si concluderà nulla – oppure, sia alle elezioni europee che per il trattato di Lisbona, potete votare per persone positive che lavorano sodo e che vengono trascurate dai titoli di giornali, ma che sono qui per un valido motivo.
Penso che il popolo irlandese sappia che la situazione è diversa adesso. In occasione dell’ultimo dibattito sono stati ingannati. Dai tempi del “no” abbiamo dato vita a un dibattito più approfondito e per questo chiedo loro con vigore di votare “sì” per il proprio futuro, per il futuro dei miei figli e per il futuro dell’Unione europea.
Siiri Oviir (ALDE). - (ET) Siamo rimasti qui stasera – anzi ormai si è fatta notte – per discutere dell’attuazione del trattato di Lisbona. I preparativi per l’entrata in vigore del trattato e il fatto che vengano gestiti a tempo debito sono un segno di responsabilità. Preparandosi bene per l’attuazione di un trattato tanto importante si infonde fiducia nella capacità di funzionamento dell’Unione europea, che sarà quindi in grado di espletare in maniera più efficace le funzioni che i cittadini si aspettano dai loro rappresentanti eletti.
Forse le misure intraprese non sono sufficientemente ambiziose. Alcuni cittadini ritengono che la Carta dei diritti fondamentali sia troppo retorica, ma il trattato di Lisbona rappresenta comunque un considerevole passo avanti. E’ una risposta alle mutate esigenze dell’Unione europea. Appoggiando il trattato, i parlamenti eletti dai popoli dei 26 Stati membri si sono mossi in questa direzione.
Le relazioni di oggi dimostrano che l’Unione europea è creativamente fiduciosa, avendo intrapreso in maniera pragmatica la pianificazione della fase di transizione. Non si può creare qualcosa con il pessimismo e una tattica dilatoria. Ringrazio i relatori per il loro coraggio e per essere stati in grado di dare vita ai documenti necessari.
Zita Pleštinská (PPE-DE). – (SK) Onorevoli colleghi, non possiamo dire che il trattato di Lisbona sia il meglio che i singoli Stati membri dell’Europa a 27 possano sperare, ma è il meglio che l’Europa a 27 è stata in grado di concordare. Finora tutti i trattati sono stati a 15. Vorrei quindi sottolineare il messaggio politico del trattato di Lisbona, che posiziona l’UE a 27 ai blocchi di partenza in modo tale da garantire che in futuro non si divida più l’Europa in vecchi e nuovi Stati membri.
Il Parlamento europeo ha dimostrato di essere in grado di adottare decisioni operative e, pertanto, è giusto che il trattato di Lisbona affidi maggiori poteri al Parlamento, vale a dire ai rappresentanti eletti dei cittadini europei. Se il trattato di Lisbona entra in vigore in tutti gli Stati membri dell’Unione europea, comporterà una serie di cambiamenti che porranno fine, tra le altre cose, all’attuale sistema di presidenza del Consiglio a rotazione. E, aspetto ben più importante, l’Unione europea avrà una politica energetica comune, che si è dimostrata una necessità in particolare durante la crisi del gas.
Accolgo con favore la decisione adottata oggi dal senato ceco di approvare il trattato di Lisbona. Si tratta di un segnale molto importante dal parlamento ceco all’Unione europea, proprio durante la presidenza ceca.
Daniel Hannan (NI). - (EN) Signor Presidente, questi ultimi 16 mesi sono intervenuto 77 volte in quest’Aula e ho concluso ogni mio intervento con un appello per il trattato di Lisbona da trasmettere alla gente: Pactio Olisipio censenda est.
In questo modo intendevo rendere omaggio a Catone il Vecchio, che, com’è noto, concludeva ogni discorso con un appello affinché Cartagine venisse distrutta. Talvolta è stato un po’ complesso concludere con questa frase partendo dai più svariati argomenti, ma non questa sera.
E’ stato straordinario ascoltare alcuni interventi. Non tutti. In questo Parlamento sono intervenuti alcuni onorevoli sostenitori democratici del processo europeo, ma altri interventi erano intrisi di un tale sdegno, di una tale arroganza e di un tale disprezzo per l’opinione pubblica che, ora che l’Unione europea e gli Stati membri si stanno rendendo conto del valore politico di YouTube, non si potrebbe far nulla di meglio che caricare l’integralità di questa discussione online come propaganda elettorale per le varie campagne per il “no”.
Mi sono venute in mente le parole, al contempo misteriose e spaventose, di Bertolt Brecht: “Non sarebbe più semplice se il governo sciogliesse il popolo e ne eleggesse un altro?”. E tutti gli oratori continuano a dire che i parlamenti hanno ratificato. Stanno solo mettendo in evidenza il dissenso esistente tra la classe politica e il popolo in ogni Stato membro.
Catone il Vecchio veniva deriso e zittito e gli altri senatori imitavano il suo modo di parlare. E sapete? Alla fine hanno fatto quello che diceva lui.
Paul Rübig (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, l’oratore che mi ha preceduto ha appena dimostrato quanto sia difficile far avanzare la democrazia in Europa quando si pensa che, in Irlanda, la metà della popolazione non ha votato per la complessità dei temi e per il fatto che non tutti vogliono essere costituzionalisti. Per quanto riguarda chi ha votato, poi, la metà si è espressa contro il trattato perché non lo aveva letto. Come possiamo riformare l’Europa se non siamo neppure in grado di persuadere i soggetti responsabili ad assumersi le proprie responsabilità?
Sul commissario Wallström e sul suo team grava una responsabilità molto particolare: informare i cittadini europei, coloro che sono interessati, e mettere a loro disposizione tutte le informazioni necessarie perché possano discutere le tematiche in oggetto con cognizione di causa. Dobbiamo andare alla ricerca di un dialogo più approfondito con i cittadini europei, dobbiamo informarli e far capire loro l’importanza della riforma per lo sviluppo dell’Europa. Con questo approccio, i risultati non mancheranno.
Richard Corbett (PSE). - (EN) Signor Presidente, trovo curioso sentire questa argomentazione secondo cui la ratifica da parte di un parlamento nazionale non sarebbe legittima. Se così fosse, infatti, vorrei prendere l’esempio del mio paese, che non ha mai, e ripeto mai in tutta la sua storia, ratificato un trattato internazionale tramite referendum.
Quindi, se è illegittimo che un parlamento nazionale ratifichi un trattato, il trattato della NATO, delle Nazioni Unite, dell’Organizzazione mondale del commercio, ogni impegno sottoscritto dal Regno Unito mediante un trattato internazionale sarebbe altrettanto illegittimo. Non capisco questa argomentazione secondo cui il processo di ratifica da parte di un parlamento nazionale sarebbe in qualche modo antidemocratico.
Bernard Wojciechowski (IND/DEM). – (PL) Signor Presidente, signora Commissario, in Polonia probabilmente solo il 13 per cento dell’elettorato voterà alle elezioni europee. Si tratterà probabilmente dell’affluenza più bassa di tutta l’Unione europea. Per quale motivo? Basta guardarsi intorno in quest’Aula. Non vedo nessun rappresentante dei due principali partiti politici polacchi, nonostante l’importanza di questa discussione. Ed è proprio questo l’atteggiamento di quei partiti nei confronti delle elezioni e delle questioni europee: una totale mancanza di coinvolgimento.
In Polonia non esiste un dibattito serio sull’Europa. Come può esistere se – e lo sottolineo ancora – a questa discussione non partecipa nessun rappresentante né del partito della maggioranza né dell’opposizione? Si potrebbe pensare che la fetta più influente della classe politica polacca non sia interessata alle questioni europee. E’ quanto pensano gli elettori ed è quanto pensano molti giovani in Polonia, persone con cui ho avuto modo di parlare e che sono interessate, per esempio, al trattato di Lisbona. Ma non c’è risposta dalla classe politica.
Ewa Tomaszewska (UEN). – (PL) Scusate! Devo protestare! Sono un membro del partito Prawo i Sprawiedliwość (legge e giustizia), il principale partito all’opposizione polacca. L’affermazione secondo cui non sia presente nessun rappresentante di questo partito è falsa.
Syed Kamall (PPE-DE). - (EN) Signor Presidente, la ringrazio per avermi dato l’opportunità di esprimermi. Penso si tratti di una discussione interessante, indipendentemente dall’opinione che si possa nutrire nei confronti del progetto europeo e del trattato di Lisbona.
Si è parlato molto di vecchi e di fossili, ma vorrei parlarne dal mio punto di vista. Davanti a me vedo una generazione più vecchia di politici bloccati in una mentalità che risale agli anni Cinquanta, bloccati in un approccio ai problemi e alle sfide cui il mondo è confrontato tipica degli anni Cinquanta. Se ci si guarda intorno in quest’Aula, si vedono persone ancora più anziane che si esprimono a favore del trattato di Lisbona e condannano gli irlandesi e i popoli degli altri paesi che hanno votato “no” alla costituzione originale e al trattato di Lisbona. Vediamo anche vecchi militari che ora dicono di deporre le armi e parlano di pace.
Sì, negli anni Cinquanta quella era una soluzione post-bellica a quanto era accaduto in precedenza, ma dobbiamo continuare a crescere al passo con il mondo. Quando si parla di responsabilizzazione democratica, non dobbiamo dimenticare un aspetto. Quando abbiamo iniziato a lavorare sulla costituzione, secondo le regole doveva essere ratificata da tutti i paesi pena il decadimento e questa stessa regola era valida anche quando abbiamo iniziato a lavorare sul trattato di Lisbona. Evitiamo quindi di procedere con il trattato di Lisbona finché tutti i paesi non lo avranno ratificato. Se vogliamo davvero un dibattito democratico, lasciamo al popolo britannico la possibilità di scegliere. Vogliono la visione proposta dall’onorevole Corbett, con gli Stati uniti federali d’Europa, oppure la visione meno vincolante, più orientata al libero scambio, portata avanti dal mio partito?
Margot Wallström, vicepresidente della Commissione. − (EN) Signor Presidente, vorrei ringraziare gli onorevoli parlamentari per questa interessante discussione, che è stata in parte consensuale su una serie di temi, in parte si è presentata come una ripetizione di argomenti ben noti a favore e contro il trattato di Lisbona, e in parte si è rivelata uno stimolante dibattito sull’essenza della democrazia. E’ la prima volta che sento parlare di sistemi totalitaristici che consentono una serie di referendum in diversi Stati membri e del motivo per cui i risultati di alcuni referendum vengono dimenticati o non contano – principalmente quelli conclusisi con un “sì”.
E’ stata anche una discussione sul concetto di legittimità. Continuo a trovare strano – e l’ho già sottolineato in precedenza – che un Parlamento come questo debba dire che la decisione di un parlamento nazionale è antidemocratica, non conta o non è legittima. Per quanto concerne la Commissione, abbiamo sempre sostenuto che qualunque sistema venga scelto – referendum o delibera parlamentare – è democraticamente legittimo. Non vedo come potrebbe essere possibile un’altra posizione.
Qualunque cittadino europeo che segua questa discussione vorrebbe tornare ad esaminare le relazioni, che riflettono davvero alcune gravi preoccupazioni nei confronti del nostro processo decisionale, delle regole adottate, delle modalità da approntare per rafforzare il funzionamento democratico dell’Unione europea e per utilizzare il bilancio in modo corretto, al fine di dedicare maggiori risorse alle nostre priorità politiche. Tutti questi elementi vengono ripresi da queste importanti relazioni.
La discussione odierna riguarda anche le modalità da attuare per rendere più efficace e, si spera, più rapido, il processo decisionale. L’intervento dell’onorevole Lundgren mi ha lasciata senza parole. Pensiamo davvero che l’idea generale consista nel rallentare il tutto, nel rallentare il processo decisionale proprio quando ci troviamo ad affrontare una crisi economica come quella attuale? La gente si aspetta che prendiamo decisioni per garantire posti di lavoro e crescita, per affrontare i temi del cambiamento climatico e della crisi energetica e per gestire i problemi correlati all’immigrazione e alla sicurezza, per tutti questi aspetti. E’ questa, peraltro, la base delle relazioni. E’ questo il motivo per cui siamo qui ed è così che acquisiamo legittimità democratica, dimostrando di saper agire e di saper agire in maniera agile. Non penso neppure siano d’aiuto interventi arroganti e snob che pretendono di insegnarci cosa fare e non fare. Dobbiamo affrontare tutti questi problemi, che oggi non sono nazionali, sono europei e internazionali e abbiamo bisogno di regole moderne.
Abbiamo bisogno di un’Unione più democratica, che consenta ai cittadini di prendere l’iniziativa. Non sentiamo mai affrontare questo argomento da parte di chi si oppone. Non li sentiamo mai parlare della forza democratica del contenuto del trattato di Lisbona; non lo fanno mai. Queste relazioni ci offrono una solida base e una piattaforma efficace per migliorare le nostre procedure operative. Per quanto riguarda la Commissione, naturalmente siamo disposti a monitorare la situazione e a lavorare sui dettagli per garantire un’attuazione efficace.
Un ultimo commento sull’Irlanda: dopo il “sì” del senato ceco, tutti gli occhi, naturalmente, saranno puntati di nuovo sull’Irlanda e su una possibile ratifica entro la fine dell’anno. La questione delle garanzie legali, ovviamente, è fondamentale e sia il contenuto sia la tempistica sono elementi decisivi. Noi della Commissione abbiamo fiducia nella capacità del Consiglio europeo di trovare una soluzione per questa problematica e so che in questo momento sono in corso attenti preparativi che potranno contare, se ce ne verrà data la possibilità, anche sul contributo della Commissione.
Grazie mille. Vi ringrazio, in particolare, per il fatto che questa discussione è stata in parte anche un evento sociale, in cui le persone si congratulano a vicenda per l’ottima cooperazione facendo gli auguri a chi non ritornerà tra le fila di questo Parlamento. Penso che ci rivedremo comunque tutti nella campagna elettorale, in un modo o nell’altro.
(Applausi)
Presidente. – Signora Commissario, a nome del Parlamento, essendo l’ultima seduta serale, mi creda se le dico che siamo stati ben consapevoli dell’ottima qualità delle relazioni presentate nel corso dell’intera legislatura. Grazie ancora.
Jo Leinen, relatore. − (DE) Signor Presidente, signora Vicepresidente, ringrazio l’onorevole Doyle per il contributo fornito dal punto di vista irlandese, che appoggio pienamente. Gli irlandesi devono decidere, in maniera indipendente e senza pressioni esterne, con molta probabilità in ottobre, se le garanzie che dovranno essere negoziate al vertice di giugno saranno in grado di dissipare i loro dubbi e le loro principali preoccupazioni sul trattato e se, in queste circostanze, potranno seguire gli altri 26 paesi e compiere un passo avanti verso la riforma dell’Unione europea insieme a loro.
Gli irlandesi devono essere messi nelle condizioni di formarsi liberamente un’opinione. Spero che questa indipendenza venga rispettata anche dai loro vicini del Regno Unito. In occasione del primo referendum, infatti, molti sostenitori britannici del “no” hanno fatto il giro dell’Irlanda e, soprattutto, la stampa britannica eurofobica ha contribuito a turbare il popolo irlandese. Una condizione non può venire meno: il popolo irlandese deve poter godere della massima indipendenza nel farsi un’opinione sul trattato in occasione del secondo referendum.
E’ stato un dibattito di ampia portata, un dibattito sicuramente importante. Oggi i parlamenti di 26 paesi hanno detto “sì”. Più di 7 800 rappresentanti del popolo hanno ritenuto il trattato efficace e in grado di rappresentare il progresso; 350 rappresentanti in 26 paesi hanno detto “no”. Non possono essere tutti stupidi o avventati. Ciò che intendo dire è che il trattato non può essere così terribile come viene spesso presentato. Viene associato a stereotipi, talvolta anche in quest’Aula. Chiunque dica che sarà un’unione militare perde di vista l’obiettivo principale dell’Unione europea: essere al servizio della pace, sul nostro continente e in tutto il mondo. Inoltre, chiunque dica che si dà vita a una costituzione economica neo-liberale non ha letto il trattato. E’ il trattato europeo più sociale che sia mai nato.
Signora Vicepresidente, onorevoli colleghi, vi ringrazio. Spero che il nuovo Parlamento agirà come indicato nelle relazioni, applicando e attuando il trattato. Grazie mille
Jean-Luc Dehaene, relatore − (NL) Signor Presidente, onorevoli colleghi, penso che la discussione di stasera sia stata ottima. E’ la dimostrazione che il Parlamento europeo è pronto per l’attuazione del trattato di Lisbona e che non stiamo cercando di anticipare la decisione del popolo irlandese. Tuttavia, penso che sia emerso un altro elemento importante: alla vigilia delle elezioni, il Parlamento ha adottato una posizione chiara, che ne garantisce una maggiore forza per i futuri negoziati sul trattato.
Vorrei ringraziare tutti i miei colleghi per il loro appoggio e sottolineare la natura complementare delle cinque relazioni e osservare che costituiscono effettivamente un insieme unitario che illustra la posizione del nostro Parlamento. Consentitemi di concludere ripetendo l’osservazione iniziale: sono preoccupato della situazione che seguirà le elezioni e della transizione dal trattato di Nizza al trattato di Lisbona.
Sostengo la necessità di giungere ad un accordo tra Parlamento e Consiglio prima delle elezioni, altrimenti temo che ci ritroveremo in una situazione alquanto strana e che non sarebbe negli interessi di nessuno. Un accordo di questo tipo deve essere sufficientemente chiaro affinché il Parlamento e il Consiglio sappiano esattamente qual è la loro posizione nel difficile periodo di transizione che ci attende.
Catherine Guy-Quint, relatore. – (FR) Signor Presidente, questa discussione è stata davvero interessante e appassionata. Mi consenta, tuttavia, di concludere con una nota di umorismo in merito a quanto appena detto dall’onorevole Kamall: chiamarci vecchi – e quindi fossili – mentre lasciamo spazio ai giovani è assolutamente delizioso.
Tuttavia, quello che volevo dire a chi ha denigrato il progetto di trattato è questo: non confondete la democrazia con la demagogia! Vedete, da otto anni a questa parte, all’interno di questo Parlamento e in tutta Europa, viviamo non uno psicodramma, ma una tragedia politica in cui l’Europa si dimena a fatica ed è chiaro che non stiamo affrontando i problemi cui siamo confrontati.
Questa discussione rafforza la mia convinzione secondo cui questo trattato deve essere attuato, nonostante tutte le difficoltà, poiché il suo contenuto porterà maggiore trasparenza e democrazia. Abbiamo bisogno tutti di questo shock democratico per reindirizzare i progetti europei sulla politica, la politica del XXI secolo applicata al mondo di oggi.
Il bilancio, da questo punto di vista, è solo uno strumento, ma ci consentirà di riequilibrare le istituzioni e, grazie a questa trasparenza, potremo conoscere l’atteggiamento del Parlamento, della Commissione e, soprattutto, del Consiglio. Questa volontà politica è indispensabile. Questa trasparenza è indispensabile nella lotta contro il cancro dell’egoismo nazionale, che sta fagocitando il progetto europeo da anni.
Questa trasparenza, spero, restituirà convinzione a tutti i cittadini europei e ci consentirà di sviluppare meglio le informazioni, perché è difficile farlo. Signora Commissario, lei lavora su questo aspetto da anni ed inizia adesso a fare la differenza; deve perseverare.
Ma tutto ciò richiede convinzione, tempo e, soprattutto, coraggio politico, che ci manca. Dobbiamo ritrovare quel coraggio politico e quel pensiero utopistico dei padri fondatori dell’Unione europea, di chi ha creduto che dalla guerra potesse nascere la pace. A modo nostro, oggi, nel XXI secolo, dobbiamo cogliere questa sfida e uno degli strumenti che ci aiuteranno è proprio il trattato di Lisbona. Riprendiamoci l’utopia e l’utopia per la pace!
Presidente. – La discussione congiunta è chiusa.
La votazione si svolgerà domani alle 12.00
Dichiarazioni scritte (articolo 142 del regolamento)
Sebastian Valentin Bodu (PPE-DE), per iscritto. – (RO) Vi è ancora solo un piccolo passo da compiere per giungere all’adozione del trattato di Lisbona che, una volta entrato in vigore, avvicinerà ancor di più l’Unione europea ai suoi 500 milioni di cittadini. La Romania, che io qui rappresento, è stato uno dei primi paesi a ratificare il trattato, perché tutti i suoi responsabili politici credono nell’integrazione europea.
Il Parlamento europeo non verrà eletto in base al trattato di Lisbona, eppure anche questo sottolinea quanto sia democratica e fondata sulla rappresentanza l’istituzione della Comunità europea e quanto sia importante ciascuno degli Stati membri.
Le istituzioni europee, compreso il Parlamento, sono attualmente fin troppo astratte per i cittadini della Comunità. Con ogni trattato europeo, l’importanza del Parlamento nel processo decisionale europeo è aumentata. Il trattato di Lisbona, creando un parlamento che sarà coinvolto maggiormente e in modo tangibile nel processo legislativo, non fa eccezione.
Il trattato avvicinerà l’UE ai cittadini. Sappiamo tutti quanto sia difficile portare i problemi della Comunità all’attenzione dei cittadini nei paesi dai quali proveniamo. Il fatto che i parlamentari europei direttamente eletti in ogni Stato membro ottengano maggiori poteri è al momento la soluzione ideale per portare un’istituzione unica al mondo più vicina alla gente.
Cristian Silviu Buşoi (ALDE), per iscritto. – (RO) Desidero innanzi tutto esprimere la mia soddisfazione per il voto espresso dal senato della Repubblica ceca a favore del trattato di Lisbona, che implica un passo avanti nel generale processo di ratificazione. Ritengo sia auspicabile dare quanto prima attuazione al trattato in quanto questo garantirà un funzionamento più efficace, più trasparente e soprattutto più democratico dell’Unione europea.
Condivido le conclusioni del relatore in merito alla riorganizzazione del Parlamento europeo e spero che le conclusioni del gruppo di lavoro sulla riforma parlamentare rifletteranno il ruolo ampliato del Parlamento, come previsto dal trattato.
Desidero fare qualche osservazione sulla procedura di nomina della Commissione europea. In linea di massima approvo la tempistica proposta per la nomina della Commissione, ma ritengo che alcune fasi potrebbero forse venire abbreviate in modo da evitare la paralisi delle istituzioni europee per mesi ogni volta che vi sono le elezioni europee. Poiché il trattato di Lisbona non è stato ratificato in tempo, è opportuno che dopo le elezioni del 2009 le nomine vengano effettuate utilizzando una procedura che si avvicini di più a quella prevista dal trattato. La questione è complessa perché fino a quando non conosceremo il risultato della votazione irlandese dobbiamo ricordare che dovremo ottemperare al trattato di Nizza, attualmente in vigore.
Dushana Zdravkova (PPE-DE), per iscritto. – (BG) L’onorevole Brok ritiene che la relazione sui rapporti con i parlamenti nazionali offra un ottimo quadro delle funzioni che spetteranno al Parlamento europeo dopo la ratifica definitiva del trattato di Lisbona da parte di tutti gli Stati membri. Il rafforzamento del ruolo dei parlamenti nazionali nel processo legislativo dell’Unione europea non solo accelererà il processo di trasposizione della legislazione europea in quella nazionale, ma fornirà anche ai cittadini europei un ulteriore strumento di partecipazione al governo.
I risultati positivi ottenuti finora, fondati sulla cooperazione in seno alla COSAC, devono fungere da base per una maggiore partecipazione dei parlamentari di tutti gli Stati membri. Credo sia particolarmente importante coinvolgere in questo anche i rappresentanti dei parlamenti dei paesi candidati all’adesione all’Unione europea. Questo faciliterà la loro adesione, rendendo il processo più semplice e fluido. Questa questione non viene esaminata né dalla relazione né dal trattato di Lisbona, ma credo che il Parlamento troverà gli strumenti necessari a raggiungere tale scopo.
Infine desidero sottolineare il fatto che i parlamenti nazionali dovranno rafforzare le loro capacità amministrative e garantire finanziamenti adeguati in modo da poter pienamente esercitare i loro nuovi poteri.