2. Discussioni su casi di violazione dei diritti umani, della democrazia e dello Stato di diritto (comunicazione delle proposte di risoluzione presentate): vedasi processo verbale
3. Illustrazione del progetto di bilancio generale da parte del Consiglio - Esercizio 2010 (discussione)
Presidente. – L’ordine del giorno reca l’illustrazione del progetto di bilancio generale per l’esercizio 2010 da parte del Consiglio.
Hans Lindblad, presidente in carica del Consiglio. – (SV) Signor Presidente, è per me un grandissimo privilegio essere qui oggi. Mi sento veramente in soggezione, ma sono anche molto lieto di potervi illustrare il progetto di bilancio generale del Consiglio.
L’Europa sta affrontando sfide notevoli. Sei mesi fa la situazione economica appariva molto più preoccupante; ora sembra essersi stabilizzata. Adesso lo scenario di rischio è più equilibrato e il pericolo di continuare a precipitare in una spirale senza fondo si è ridotto.
Dobbiamo, tuttavia, affrontare problemi considerevoli dati dalla crescita della disoccupazione, dei disavanzi di bilancio e dell’indebitamento. Alla luce di tale realtà, è assolutamente necessario garantire la sostenibilità a lungo termine delle finanze pubbliche. Molti paesi dovranno impegnarsi a fondo per portare in pareggio le loro finanze pubbliche.
Lo sviluppo demografico comporterà pesanti ripercussioni sulle finanze pubbliche. Per affrontare le sfide che ci stanno davanti nel campo del cambiamento climatico dovremo disporre di risorse nuove e ridistribuire quelle esistenti. Complessivamente, ciò significa, a nostro parere, che il bilancio che stiamo per approvare deve essere all’insegna della moderazione per poter tenere conto di esigenze future. In tale contesto, l’accento va posto sul valore aggiunto rappresentato dall’Europa e sugli investimenti, che, nel breve periodo, possono aiutarci a superare la crisi economica e, nel lungo periodo, possono anche rafforzare la nostra capacità concorrenziale.
Il progetto di bilancio del Consiglio, adottato all’unanimità, si occupa di queste sfide e contribuisce ad affrontarle. E’ un bilancio disciplinato e solido dal punto di vista delle finanze statali. Sosterrà la ricerca, l’istruzione, la competitività, l’innovazione e la costruzione di infrastrutture, oltre a promuovere la coesione. Il progetto di bilancio del Consiglio prevede altresì margini di manovra per affrontare eventuali imprevisti.
La logica che sta alla base del nostro progetto di bilancio generale è molto semplice. I manuali di economia ci dicono che, per stimolare la crescita, l’occupazione e la prosperità è necessario perseguire una politica sostenibile, credibile e prudente, ma anche investire nell’istruzione, nella ricerca e nelle infrastrutture, oltre che eliminare le differenze salariali a livello di Unione europea. E questo è esattamente ciò che abbiamo cercato di fare.
Il progetto del Consiglio è equilibrato, pur non rinunciando a essere ambizioso. Rispetto al bilancio 2009, i nostri impegni sono aumentati dell’1,1 per cento e gli stanziamenti di pagamento di quasi il 4 per cento. Il nostro progetto e l’accordo che vogliamo raggiungere devono soddisfare i seguenti requisiti fondamentali, che il Consiglio ha applicato anche in sede di prima lettura: il bilancio deve assicurare un adeguato finanziamento delle diverse priorità politiche dell’Unione per il 2010; come Unione europea dobbiamo essere in grado di reagire rapidamente alle sfide che ci attendono; va posto l’accento sull’esigenza di creare valore aggiunto europeo; sono necessarie disciplina di bilancio e una sana gestione economica. In caso contrario, non riusciremo ad andare gradualmente in direzione del riequilibrio dei conti pubblici.
E’ importante rispettare i limiti massimi. L’Unione deve essere abbastanza flessibile da poter reagire in caso di esigenze future e imprevisti. E’ essenziale che il bilancio comunitario disponga di margini adeguati. Il progetto generale di bilancio che vi abbiamo sottoposto prevede 138 miliardi di euro in forma di stanziamenti di impegno e 121 miliardi in forma di stanziamenti di pagamento. I tagli apportati dal Consiglio al progetto preliminare di bilancio presentato dalla Commissione si fondano su un’attenta analisi dell’esecuzione del bilancio, sugli allarmi nell’ambito delle previsioni di bilancio e sulle dichiarazioni di attività; inoltre, stiamo valutando le capacità disponibili per l’attuazione di programmi e misure. Fattori chiave della nostra analisi sono stati il livello di esecuzione e la capacità di assorbimento.
Passo ora a esaminare brevemente le singole voci del bilancio. La sottorubrica 1A, ricerca e innovazione, è la più importante, e pertanto il nostro progetto di bilancio stanzia per essa fondi adeguati e sicuri. Un altro settore al quale saranno destinate maggiori risorse è quello dei progetti nei campi dell’energia e delle infrastrutture. Se teniamo conto degli effetti contabili del piano di ripresa economica, l’aumento in quest’area è all’incirca dell’8 per cento. L’otto per cento, tantissimo! Come sapete tutti, il finanziamento del piano europeo di ripresa economica sarà uno dei temi di cui dovremo discutere nel corso dell’autunno.
Riguardo alla sottorubrica 1B, il Consiglio ha accolto le proposte per gli stanziamenti di impegno avanzate dalla Commissione. Quanto ai pagamenti, il Consiglio ritiene che si possano operare alcune riduzioni rispetto al progetto preliminare di bilancio; in proposito, però, vorrei sottolineare che il nostro progetto prevede in ogni caso un aumento degli stanziamenti di pagamento del 3,2 per cento rispetto al 2009.
Per la rubrica 2 il Consiglio propone aumenti sostanziali sia degli stanziamenti di impegno che degli stanziamenti di pagamento rispetto al 2009, in misura pari, rispettivamente, al 4,5 e al 9,5 per cento, tenendo conto degli effetti contabili del piano di ripresa economica.
Alla rubrica 3 il Consiglio ha apportato soltanto qualche correzione di poco conto rispetto al progetto preliminare di bilancio della Commissione. Risorse sufficienti saranno disponibili per la politica di migrazione, compresa Frontex.
Per quanto attiene alla rubrica 4, va detto che, per poter affrontare al meglio eventuali esigenze impreviste, è estremamente importante lasciare un margine notevole rispetto al limite massimo previsto per questa rubrica. Pertanto, in prima lettura il Consiglio aveva inserito un margine di circa 310 milioni di euro, che appare giustificato specialmente alla luce della lettera rettificativa, che comporta esigenze aggiuntive in quest’area. In riferimento alla riserva per gli aiuti di emergenza, il Consiglio ha accolto la proposta della Commissione sugli stanziamenti di impegno. La politica estera e di sicurezza comune sta acquisendo sempre maggiore importanza e il Consiglio vuole quindi garantirle la disponibilità di fondi adeguati.
Per quanto riguarda l’amministrazione, il Consiglio ha apportato alcuni tagli mirati tenendo conto della situazione economica e delle specificità di ciascuna istituzione, allo scopo di garantire che le spese per l’amministrazione non crescano più velocemente dell’inflazione. Le richieste delle istituzioni di aggiungere ulteriori voci di spesa per attività nuove non hanno trovato accoglienza, ad eccezione delle nuove agenzie in programma per il 2010 e di Frontex.
Nella riunione di conciliazione dello scorso luglio è stata ribadita l’importanza di procedere ad assunzioni di personale connesse con gli allargamenti del 2004 e del 2007, e in merito abbiamo concordato una dichiarazione comune. Nella stessa circostanza, i vostri rappresentanti hanno manifestato la volontà di definire un approccio comune alla politica immobiliare delle istituzioni e degli organismi dell’Unione europea. Sono certo che nei prossimi mesi arriverà, per fortuna, una dichiarazione in tal senso.
Prima di concludere il mio intervento desidero citare, anzi, sottolineare il clima positivo che ha caratterizzato i nostri incontri con il Parlamento europeo. Credo che quella della cooperazione costruttiva sia l’unica via per approvare un bilancio sostenibile.
Algirdas Šemeta, membro della Commissione. − (EN) Signor Presidente, è per me un piacere potermi rivolgere all’Aula questa mattina. So bene che le prime fasi della procedura di bilancio, in particolare la conciliazione di luglio, si sono svolte in un clima di positività e posso solo sperare che questa collaborazione prosegua nelle prossime settimane. Le procedure di bilancio per il 2010 non si sono ancora concluse e occorre raggiungere un accordo su altre questioni di rilievo, come la seconda fase del piano europeo di ripresa economica: è dunque fondamentale che le tre istituzioni lavorino in stretto coordinamento.
Passando alla situazione dopo la seconda lettura del Consiglio e l’elaborazione del progetto di bilancio per il 2010, la Commissione prende atto che i tagli proposti dal Consiglio sono meno ingenti rispetto agli anni precedenti. Nutriamo tuttavia delle riserve su alcuni punti specifici, che vorrei portare alla vostra attenzione: la Commissione si rammarica per la proposta del Consiglio di sottrarre 1,8 miliardi di euro agli stanziamenti di pagamento; i tagli ipotizzati gravano, in proporzione, soprattutto sulle rubriche 1A e 4 e inviano un segnale negativo proprio negli ambiti prioritari della crescita, dell’occupazione e del ruolo internazionale dell’Unione europea, non da ultimo in riferimento all’assistenza pre-adesione.
I tagli proposti alle dotazioni per le spese di sostegno amministrativo, alle dotazioni amministrative per la ricerca e le agenzie sono particolarmente massicci. Anziché prendere in considerazione la situazione specifica di ciascuna agenzia, i tagli sono stati, con poche eccezioni, generici e irriguardosi dello stadio di sviluppo o dei compiti dell’agenzia coinvolta. La riduzione delle spese di sostegno amministrativo ostacolerà inoltre l’attuazione dei programmi, soprattutto nell’ambito della ricerca e dell’azione esterna. Mi auguro che, nella fase preliminare alla prima lettura, il Parlamento cercherà di porre rimedio a questa situazione.
Pur giudicando inappropriati i tagli alle rubriche 1B e 2, sono in parte rassicurato dalla dichiarazione sui pagamenti proposta dal Consiglio, nonché dalla seconda opportunità di esaminare le esigenze del settore agricolo nella prossima lettera rettificativa che la Commissione presenterà alla fine di ottobre.
Come già annunciato, la Commissione ha presentato all’autorità di bilancio una lettera rettificativa per aggiornare gli stanziamenti necessari nell’ambito della rubrica 4. Al centro delle nostre preoccupazioni vi sono i seguenti punti: la mobilitazione di altri 95 milioni di euro in impegni e 60 milioni in stanziamenti di pagamento a sostegno dell’Autorità palestinese e delle iniziative per la ricostruzione di Gaza; la necessità di valutare l’elaborazione di misure d’accompagnamento per il commercio di banane in vista di un eventuale accordo che inciderà sul regime preferenziale dei paesi ACP produttori di banane. Vi si aggiungono 50 milioni di euro in stanziamenti d’impegno e 20 milioni di euro in stanziamenti di pagamento per assistere i paesi in via di sviluppo nella lotta al cambiamento climatico, che dovrebbero contribuire a portare felicemente a conclusione la conferenza sul clima di dicembre a Copenhagen.
Nel caso della rubrica 5 (Amministrazione), la Commissione ha presentato un progetto preliminare di bilancio particolarmente modesto, proponendo un aumento delle proprie spese amministrative appena dello 0,9 per cento rispetto al 2009. Sebbene la presidenza ne abbia tenuto conto, troviamo deludente che il Consiglio abbia ridotto ulteriormente il bilancio amministrativo della Commissione.
Da ultimo, confido che il Parlamento europeo ripristinerà le dotazioni tagliate dal Consiglio e che i continui negoziati fra le tre istituzioni saranno costruttivi e condurranno la presente procedura di bilancio a un esito soddisfacente.
Presidente. – Grazie, Commissario Šemeta, per averci illustrato la posizione della Commissione e anche per aver rispettato i tempi di parola previsti – cosa sicuramente importante. Vorrei dire che questa è una discussione preliminare e che ci apprestiamo ad affrontare l’argomento nella commissione per i bilanci e in altre commissioni. La discussione principale si terrà tra qualche settimana.
László Surján, relatore. – (HU) Parlerò nella mia lingua madre perché auspico un’Europa in cui un fatto del genere sia un diritto naturale in ciascun parlamento, oltre che negli altri ambiti della vita pubblica. In quest’Europa che auspico, non esistono leggi che impediscano a un cittadino di parlare la propria lingua madre, nemmeno in Slovacchia. Inoltre, mi ero aspettato che l’attuale crisi finanziaria avrebbe non soltanto causato un calo della produzione e un aumento della disoccupazione, ma ci avrebbe anche dato l’occasione di migliorare il bilancio comunitario per mezzo di misure riformatrici.
Il Parlamento ha già espresso il suo punto di vista lo scorso febbraio, ed è stato confortante che la Commissione e il Consiglio europeo si siano dichiarati d’accordo. Sulla base di quello che so del progetto di bilancio, mi spiace dover osservare che il tentativo di tradurre le belle parole nel linguaggio dei numeri non è riuscito del tutto. E’ ora di prendere atto di una cosa: nessuno è contento del bilancio dell’Unione europea. Le entrate del bilancio comunitario rappresentano un pesante onere per gli Stati membri, ma l’importo disponibile non basta per permettere loro di raggiungere i loro obiettivi. Siamo ben lontani dalla realizzazione sia della piena occupazione sia di una società fondata sulla conoscenza. Spendiamo molti soldi per l’agricoltura, però gli allevatori di mucche da latte, tanto per citare un esempio, sono colpiti da una crisi ingestibile. La voce di spesa più pesante è quella della politica di coesione, però i divari tra le regioni stanno crescendo, invece di diminuire.
Ricercatori nati e istruiti in Europa lavorano fuori dai confini dell’Unione europea, e dunque ci ritroviamo negli ultimi posti della classifica anche nel campo dell’innovazione. Avevamo sperato che la crisi, tra le altre cose, ci avrebbe dato una scossa e reso il bilancio comunitario più produttivo e tangibile per i cittadini dell’Unione. Avevamo sperato altresì che avremmo potuto dare esecuzione al bilancio non soltanto nel rispetto delle norme e al riparo da qualsiasi forma di corruzione, ma anche tenendo le spese sotto controllo e valutando in quali programmi i fondi dell’Unione europea sono impiegati con successo e creano un valore aggiunto.
Cosa possiamo fare adesso? Il Parlamento cercherà di compilare il bilancio in maniera tale che il suo messaggio diventi ancora più chiaro e comprensibile per i cittadini europei. Vogliamo incrementare le voci del bilancio che contribuiscono a superare la crisi. E’ pensando a questo obiettivo che illustriamo le nostre idee sull’attuazione del piano di ripresa economica. Vogliamo affrontare a fronte alta anche le sfide poste dal cambiamento climatico. E’ nostro desiderio che la crisi economica sia affrontata in modo efficace, utilizzando non solo quel paio di miliardi di euro che sono stati stanziati nell’ambito dell’apposito piano ma anche sfruttando ogni singola voce di bilancio, affinché gli europei si rendano conto del fatto che l’Unione europea non è una spesa voluttuaria bensì uno strumento efficace per risolvere i loro problemi. Invito i colleghi, il Consiglio e la Commissione a sostenere questa impostazione.
Vladimír Maňka, relatore. – (SK) Signor Presidente, signor Sottosegretario, signor Commissario, possiamo sicuramente concordare sulla necessità di concentrarci, in sede di redazione del bilancio del Parlamento europeo, su quella che è la nostra missione primaria, ossia l’attività legislativa. Le questioni che non sono correlate a tale missione devono restare quanto più possibile al di fuori del bilancio.
Oggi discuteremo della versione definitiva del bilancio secondo la procedura di conciliazione, insieme con la presidenza del Parlamento europeo e la commissione per i bilanci. A questo punto, desidero ringraziare i rappresentanti dei gruppi, che, nella riunione di ieri della commissione per i bilanci, hanno appoggiato le proposte di riduzione del bilancio e le misure volte a migliorare l’utilizzo delle risorse finanziarie.
Abbiamo di continuo a che fare con numerose carenze che ci impediscono di impiegare le nostre risorse in modo pienamente efficiente. Ne è un esempio la sicurezza degli edifici nei quali si svolgono le nostre discussioni odierne. Come sapete, trascorriamo a Strasburgo solo quattro giorni al mese, eppure ancora fino a poco tempo fa gli addetti alla sicurezza stazionavano davanti a entrambi gli ingressi per 365 giorni l’anno. Il nuovo segretario generale del Parlamento europeo e i suoi colleghi, venuti a conoscenza di questo stato di cose, hanno adottato misure che consentiranno di risparmiare annualmente oltre 2 milioni di euro.
Un altro esempio sono le relazioni della Corte dei conti sulle traduzioni. Una pianificazione e comunicazione insufficienti o l’assenza totale di comunicazione sulla disponibilità di risorse per la traduzione impediscono un utilizzo efficace delle stesse. Spesso l’organizzazione preposta alle traduzioni ricorre direttamente a traduttori esterni, senza prima verificare la disponibilità di traduttori interni.
E’ per tale motivo che proponiamo di congelare il 5 per cento dei fondi stanziati per le traduzioni nei bilanci delle varie istituzioni. Questa riserva sarà sbloccata quando le istituzioni dimostreranno di aver cercato di utilizzare appieno le risorse interne. Nel solo settore della traduzione, possiamo risparmiare ogni anno circa 22 milioni di euro.
Ma ci sono molti altri esempi del genere, la maggior parte dei quali hanno un denominatore comune: sfruttiamo poco gli studi indipendenti sull’uso delle risorse e l’organizzazione del lavoro. Credo che la volontà politica dimostrata ieri dai rappresentanti dei diversi gruppi durante la discussione nella commissione per i bilanci darà i suoi frutti.
Le spese per l’acquisto, la manutenzione e la locazione degli immobili sono tra le spese amministrative più rilevanti delle istituzioni comunitarie. In passato è accaduto più volte che le istituzioni abbiano acquistato o locato proprietà immobiliari con metodi non del tutto efficienti. Secondo la Corte dei conti, le istituzioni non collaborano in questo ambito o, addirittura, non sottopongono a valutazione le loro stesse politiche.
Abbiamo perciò chiesto all’amministrazione del Parlamento europeo di redigere un documento strategico a medio termine concernente gli immobili. In questa materia abbiamo voluto adottare una decisione ragionevole in prima lettura. E’ necessario elaborare una politica immobiliare comune che riguardi non solo il Parlamento europeo ma coinvolga tutte le istituzioni, e occorre anche migliorare la collaborazione al riguardo. Signor Sottosegretario, sono molto lieto che il Consiglio, al pari di noi, si sia posto questo obiettivo reputandolo prioritario, e gliene sono grato.
Alain Lamassoure, presidente della commissione per i bilanci. − (FR) Signor Presidente, desidero innanzi tutto congratularmi con il commissario Šemeta, che ieri è stato confermato nella carica di commissario responsabile del bilancio.
Siamo certi che anche con lui avremo gli stessi ottimi rapporti che abbiamo avviato con il suo predecessore, e gli auguriamo una carriera politica altrettanto brillante di quella della presidente Grybauskaitė.
Signor Presidente, stiamo attraversando un periodo di crisi mondiale, di preparazione di importanti eventi diplomatici e di incertezza istituzionale all’interno della stessa Unione europea. In un momento del genere, la commissione per i bilanci cercherà di assumere un atteggiamento collaborativo. Come ha detto il nostro relatore, deploriamo i tagli apportati dal Consiglio alla proposta della Commissione, ma nel contempo comprendiamo che lo stato attuale delle finanze pubbliche dei paesi membri non permetta loro di fare molto di più quest’anno.
Riguardo al bilancio per l’esercizio 2010, abbiamo il dovere di ottenere risultati, come è già stato osservato; in particolare, dobbiamo conseguire il pareggio della sezione 2010 del piano di ripresa economica. Sappiamo che sarà necessario procedere a ridistribuzioni, le quali però non dovranno concentrarsi su altre priorità politiche già stabilite di comune intesa tra il Parlamento e il Consiglio.
Per quanto riguarda il periodo dopo il 2010, il Parlamento si augura di poter collaborare con la Commissione, il Consiglio, la presidenza svedese e la futura presidenza spagnola su tre questioni importanti per il nostro futuro.
Se, ovviamente, in Irlanda le cose andranno com’è nei nostri auspici, la prima questione da affrontare sarà l’applicazione della procedura, del piano di lavoro e dei metodi operativi necessari per dare esecuzione al trattato di Lisbona.
La seconda questione sarà la revisione di medio termine delle prospettive finanziarie. Tra la decisione congiunta sul quadro finanziario pluriennale adottata nel maggio 2006 e adesso sono intervenuti la crisi finanziaria, le fortissime pressioni sui prezzi dell’energia, delle materie prime e persino dei generi alimentari, nonché i negoziati sul cambiamento climatico. E – mi spiace doverlo ricordare – c’è stato anche il fallimento della strategia di Lisbona, come possiamo constatare oggi in tutta evidenza. Ciò di cui abbiamo bisogno è, dunque, un’approfondita revisione delle nostre linee guida pluriennali. Questo sarà il primo compito della nuova Commissione.
Infine, la terza e ultima questione sarà la riforma delle risorse che formano il bilancio comunitario. Prima della crisi sapevamo che nessuno degli Stati membri era più disposto a pagare i conti dell’Europa. Da quando c’è la crisi, nessuno degli Stati membri è più in grado di pagare i conti dell’Europa. Il nostro contributo finanziario alla ripresa economica arriverà a stento allo 0,03 per cento del prodotto interno lordo dell’Unione.
Siamo pienamente consapevoli dell’estrema difficoltà della questione, ma il Parlamento europeo ha cominciato a occuparsene quattro anni fa insieme con i parlamenti nazionali ed è ora intenzionato a darsi da fare per proporre alcune aree di azione, al fine di avviare la discussione il prossimo anno.
Hans Lindblad, presidente in carica del Consiglio. – (SV) Signor Presidente, sia la Commissione che il Parlamento europeo ci hanno detto che nel prossimo autunno dovremo occuparci di numerose questioni difficili. Spero che ce ne saranno anche altre più facili. Una delle questioni più complesse sarà il piano di ripresa economica e le sue modalità di finanziamento. Nondimeno, sono alquanto fiducioso sulle nostre possibilità di riuscire in questa impresa. So che ce la faremo. Non abbiamo alternative.
Un’altra questione che ci troveremo ad affrontare, sia a breve che a lungo termine, è ovviamente il cambiamento climatico e il finanziamento della politica per il clima.
Concludo cogliendo l’occasione di ringraziarvi per avermi dato l’opportunità di parlare oggi in questa sede.
Presidente. – La discussione è chiusa.
Mi congratulo con il commissario per la sua nomina. Signor Commissario, i commissari lituani sono destinati a grandi carriere. Le auguriamo di avere successo sia durante il suo mandato nella Commissione sia in futuro. Il suo predecessore nella Commissione è oggi presidente della Lituania.
4. Immigrazione, ruolo di Frontex e cooperazione tra gli Stati (discussione)
Presidente. − L’ordine del giorno reca le dichiarazioni del Consiglio e della Commissione sull’immigrazione, il ruolo di Frontex e la cooperazione tra gli Stati membri.
Tobias Billström, presidente in carica del Consiglio. – (SV) Signor Presidente, i temi attinenti all’immigrazione sono sempre all’ordine del giorno dei lavori dell’Unione europea. Un fattore importante nella gestione dei flussi migratori sono i controlli delle frontiere. La libera circolazione delle persone all’interno dell’Unione e l’assenza di controlli ai confini interni comporta una responsabilità condivisa e rende ancora più necessaria una gestione adeguata ed efficace delle nostre frontiere esterne.
L’Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri dell’Unione europea, ossia Frontex, è responsabile del coordinamento e del sostegno degli sforzi degli Stati membri volti a monitorare e controllare i confini esterni dell’Unione. Frontex è un elemento importante della strategia dell’Unione europea per la gestione integrata delle frontiere. Dalla sua istituzione, nel 2005, le capacità di Frontex sono state progressivamente ampliate. Coerentemente con l’avvenuto aumento del bilancio, Frontex svolge ora un ruolo ancora maggiore nella gestione della cooperazione operativa tra gli Stati membri per il controllo delle frontiere esterne dell’Unione europea.
L’Agenzia sta coordinando una serie di operazioni congiunte e di progetti pilota lungo i confini marittimi, terrestri e aerei al fine di contrastare l’immigrazione illegale. In tale contesto, particolare attenzione è riservata a determinate aree ad alto rischio, come i confini marittimi meridionali dell’Unione, senza tuttavia trascurare quelli settentrionali e orientali. In diverse occasioni il Consiglio non ha mancato di sottolineare l’esigenza di sviluppare e rafforzare Frontex. Le conclusioni del Consiglio del 2008 fissano le priorità politiche per garantire lo sviluppo continuo dell’Agenzia. Per quanto riguarda la prospettiva a breve termine, è stato sottolineato che Frontex deve disporre di tutte le risorse necessarie e che devono essere sfruttati al massimo gli strumenti forniti dagli Stati membri nel quadro del registro centralizzato delle attrezzature tecniche disponibili, il CRATE. Il Consiglio ha inoltre sollecitato Frontex a promuovere la cooperazione nell’ambito dei controlli delle frontiere con altri enti competenti, comprese le autorità doganali, e con i paesi terzi.
Nell’ottica di lungo periodo, invece, è stato sottolineato che lo sviluppo futuro delle attività di Frontex dovrebbe continuare ad avvenire per fasi. Il Consiglio ha accolto con favore il piano della Commissione teso a valutare le modalità di ampliamento del mandato di Frontex nell’ottica di rendere possibile una maggiore collaborazione con i paesi terzi. Al momento è in corso una valutazione del regolamento di Frontex e all’inizio del 2010 la Commissione proporrà eventuali modifiche dello stesso. Il Consiglio si augura di adottare una posizione sugli emendamenti presentati dalla Commissione di concerto con il Parlamento europeo.
Nel patto europeo sull’immigrazione e l’asilo, adottato dal Consiglio europeo nell’ottobre 2008, si sottolineava la necessità di rafforzare il ruolo e aumentare le risorse dell’Agenzia in materia di cooperazione. Il patto faceva riferimento anche alla possibilità di istituire divisioni separate all’interno di Frontex, vista la grande diversità di condizioni operative tra, ad esempio, il confine terrestre a est e il confine marittimo a sud. Alla luce di quanto avvenuto nel bacino mediterraneo, nelle sue conclusioni del giugno 2009 il Consiglio europeo ha evidenziato anche la necessità di potenziare gli sforzi volti a prevenire e contrastare l’immigrazione clandestina e ad evitare nuove tragedie umane lungo il confine marittimo meridionale dell’Unione europea. Un’attenzione particolare è stata riservata all’esigenza di incrementare i controlli delle frontiere e di definire regole chiare per i pattugliamenti congiunti, lo sbarco delle persone salvate e un maggiore utilizzo di voli congiunti per il rimpatrio di queste ultime.
In conclusione, desidero precisare che la situazione nel Mediterraneo è tale da richiedere non soltanto un’azione di controllo delle frontiere, ma anche l’adozione di una vasta gamma di misure sia a breve che a lungo termine, in linea con l’approccio globale dell’Unione all’immigrazione, che prevede collaborazione e provvedimenti nell’intera area politica dell’immigrazione. Un ruolo fondamentale spetta alla cooperazione rafforzata con i paesi di origine e di transito, mentre va intensificato il dialogo con i paesi terzi in settori quali l’immigrazione legale, la migrazione e lo sviluppo, la costruzione di capacità e il rimpatrio delle persone che non necessitano di protezione. Questo dialogo deve fondarsi sui principi della solidarietà e della responsabilità condivisa.
PRESIDENZA DELL’ON. PITTELLA Vicepresidente
Jacques Barrot, vicepresidente della Commissione. − (FR) Signor Presidente, l’immigrazione è una questione di importanza prioritaria che darà parecchio da fare all’istituzione. Ringrazio il presidente in carica del Consiglio Billström, che conosce molto bene questo problema.
Stiamo definendo una politica d’immigrazione basata su tre pilastri: rispetto del diritto di asilo, lotta contro l’immigrazione clandestina e coordinamento a livello europeo per garantire l’immigrazione legale.
L’accesso al territorio dell’Unione europea può avvenire in conformità di determinate regole, in linea con le politiche nazionali e gli standard comuni applicati dall’Unione, non in maniera illegale e, spesso, con la perdita di vite umane. Il Mediterraneo deve restare la via di collegamento tra le nostre civiltà, non diventare un luogo di sofferenza e desolazione.
La sfida dell’immigrazione illegale non può essere vinta esclusivamente dagli Stati membri che vi sono più esposti degli altri perché i loro confini nazionali sono anche il confine esterno dell’Unione. E’ veramente importante che tutti i paesi membri dell’UE diano prova di solidarietà nell’affrontare questa sfida. L’Unione ha già adottato norme comuni, ha stanziato risorse e ha predisposto importanti strumenti di azione. Ciò detto, è vero anche che occorrono iniziative nuove, viste le dimensioni assunte dai flussi migratori illegali.
La sfida dell’immigrazione clandestina richiede, com’è ovvio, un’efficace strategia di prevenzione, da attuarsi in collaborazione con tutti i paesi posti lungo le rotte migratorie. L’Unione europea sta facendo tutto il possibile per sviluppare il dialogo e la cooperazione in tal senso. Questo approccio globale persegue l’obiettivo di affrontare il fenomeno dell’immigrazione in tutti i suoi aspetti principali di comune intesa e in modo equilibrato. Come ha testé ricordato il presidente Billström, è questo approccio a guidare la nostra azione nel Mediterraneo, che è il luogo in cui si incontrano i flussi migratori che provengono da regioni diverse e attraversano vari paesi dell’Asia e dell’Africa.
La Commissione si è fermamente impegnata a promuovere idonei quadri di cooperazione regionale a livello bilaterale. Di fronte al ripetersi di inaccettabili tragedie umane, ho fatto visita a quelli che sono i punti di accesso al territorio europeo: Lampedusa, Malta, le Isole Canarie e la Grecia. Ho avviato una discussione all’interno della Commissione e, in seno al Consiglio, ho presentato ai ministri suggerimenti per una politica europea più unita ed efficace.
Il lavoro che è stato fatto successivamente ha costituito la base di una serie di decisioni adottate dal Consiglio europeo di giugno. Dopo di allora, la Commissione è stata impegnata su tre fronti importanti. Il primo è la questione dell’asilo. Il Consiglio europeo aveva chiesto il coordinamento delle misure volontarie di reinsediamento interno delle persone che hanno diritto alla protezione internazionale e risiedono negli Stati membri più esposti alla pressione migratoria. La Commissione ha dato seguito a tale richiesta avviando in luglio un progetto pilota di sostegno per Malta e ha adottato provvedimenti per garantire finanziamenti comunitari a favore degli Stati membri che saranno pronti a dimostrare solidarietà nei confronti di Malta. Ad oggi, la Francia ha accettato il reinsediamento sul proprio territorio di quasi un centinaio di profughi. Mi piacerebbe, onorevoli deputati, signor Presidente, che questo gesto fosse imitato da altri Stati membri.
Inoltre, il 2 settembre ho sottoposto al Parlamento europeo e al Consiglio una comunicazione in cui si propone un programma comune europeo per il reinsediamento dei rifugiati provenienti da paesi terzi. Presidente Billström, so che questo programma le sta molto a cuore. Esso stabilisce, anno per anno, le priorità comuni in materia di reinsediamento e contiene anche proposte per un utilizzo più efficace degli aiuti finanziari concessi agli Stati membri nell’ambito del fondo europeo per i rifugiati.
L’ufficio europeo di sostegno per l’asilo deve poter svolgere un ruolo decisivo contribuendo a un’attuazione efficace di queste iniziative. La proposta della Commissione relativa a un regolamento concernente la creazione dell’ufficio è ora all’esame delle istituzioni comunitarie. Mi farebbe veramente molto piacere se il Parlamento e il Consiglio trovassero un accordo durante la presidenza svedese, rendendo così l’ufficio operativo nel 2010. Ripongo grandi speranze nella Commissione e nella presidenza svedese. Questo è tutto ciò che volevo dirvi sulla questione dell’asilo.
Il secondo tema riguarda le frontiere esterne. Come il presidente Billström ha spiegato molto bene, il Consiglio europeo voleva un potenziamento delle operazioni di controllo delle frontiere coordinate da Frontex, e ci ha quindi chiesto di fissare chiare regole d’ingaggio per le pattuglie congiunte nonché disposizioni precise per lo sbarco delle persone salvate e per l’organizzazione dei voli comuni di rimpatrio.
Dobbiamo dunque accertare in quale modo Frontex può collaborare con i paesi terzi. Nel 2009 i fondi di bilancio per il finanziamento delle operazioni di Frontex sono stati aumentati a 36 milioni di euro. Attualmente stiamo valutando come Frontex possa organizzare il rimpatrio degli immigrati clandestini.
Va precisato che le operazioni di controllo alle frontiere sono eseguite in conformità della normativa comunitaria, in particolare del codice frontiere Schengen. Devono essere rispettati i diritti fondamentali e il divieto di respingimento. Nelle zone marittime, tali operazioni devono svolgersi in conformità del diritto internazionale marittimo; queste norme, però, non sono né interpretate né applicate in maniera uniforme dagli Stati membri e pertanto cercheremo di vedere come si possa modificarle e specificarle al fine di migliorare l’applicazione della normativa comunitaria e del diritto internazionale nel contesto di tali operazioni.
Siamo impegnati anche nella preparazione di una proposta di modifica del regolamento che istituisce Frontex e definisce i suoi metodi di lavoro. La proposta sarà presentata nei primi mesi del 2010 e terrà conto della relazione del Parlamento europeo e della valutazione che sarà stata eseguita dall’agenzia ai sensi dell’articolo 33 del regolamento di Frontex. Lo scopo è quello di ottimizzare e rafforzare il ruolo di Frontex nelle materie attinenti alla cooperazione lungo le frontiere.
Passo ora al terzo tema. Il Consiglio europeo ha sottolineato la necessità di una cooperazione rafforzata con i principali paesi di origine e di transito e ha chiesto alla Commissione di studiare possibili modi di cooperazione pratica con quei paesi. Per dare seguito a tale richiesta, la Commissione non ha lesinato gli sforzi per stimolare il dialogo e la cooperazione con la Libia e la Turchia, che sono i due paesi chiave lungo le rotte dell’immigrazione illegale nel Mediterraneo.
Per quanto riguarda la Libia, il presidente Billström ed io abbiamo inviato una lettera, lo scorso luglio, nella quale proponiamo ai nostri partner libici di collaborare in una serie di settori, per garantire una gestione congiunta ed equilibrata dei flussi migratori provenienti dalla Libia. Abbiamo spiegato alle autorità libiche che eravamo disposti ad aiutarli non solo per potenziare le loro capacità di contrasto dei flussi migratori clandestini in entrata e in uscita nel e dal loro territorio, ma anche per migliorare il trattamento riservato ai migranti, garantendo il rispetto dei diritti umani e delle norme internazionali, oltre che per identificare e assistere i migranti che hanno bisogno di protezione internazionale.
La Commissione sta già cofinanziando misure pilota attraverso l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, l’Organizzazione internazionale per le migrazioni e il ministero italiano degli Interni. Ma solo un chiaro impegno delle autorità libiche ci permetterà di dare alla nostra azione quella portata che è necessaria. Le confesso, Presidente Billström, che attendo con una certa trepidazione la risposta alla nostra lettera.
Per quanto riguarda la Turchia, il direttore generale della direzione generale Giustizia, libertà e sicurezza, Jonathan Faull, si trova oggi ad Ankara per verificare in quale misura e in quale modo una maggiore collaborazione potrebbe indurre le autorità turche a impegnarsi maggiormente in una gestione più responsabile della migrazione, riammettendo gli immigrati illegali ma anche e soprattutto concedendo protezione internazionale ai rifugiati. Se Turchia e Libia saranno disposte ad accogliere la nostra offerta, noi e il presidente Billström potremo recarci in visita in quei due paesi entro la fine dell’anno.
Desidero infine citare il programma di Stoccolma, che deve creare le basi per una politica comune più efficace e che ci permetterà di promuovere un’immigrazione coordinata, nello spirito del patto europeo sull’immigrazione e l’asilo. Nel mese di giugno abbiamo presentato le nostre proposte, che sono state accolte favorevolmente durante la discussione informale a livello ministeriale organizzata in luglio dalla presidenza svedese.
Non ripeterò i punti che ho appena citato, cioè i tre temi principali di questa politica, un sistema comune di asilo coerente con le nostre tradizioni umanitarie, controlli più efficaci dell’immigrazione clandestina attraverso una gestione più integrata delle frontiere interne e della politica dei visti, nonché, ovviamente, una lotta più efficace contro la tratta di esseri umani, l’attuazione di una politica di rimpatrio specifica, mirata al reinserimento a lungo termine degli emigrati nella loro comunità di origine, e l’accesso all’immigrazione legale all’interno di un quadro tale da garantire il soddisfacimento delle esigenze dei paesi ospitanti senza trascurare quelle dei paesi di origine, nel rispetto dei diritti dei migranti.
Bene, questo è quanto. Signor Presidente, onorevoli deputati, ho sforato leggermente il tempo di parola che mi è stato concesso, ma volevo riallacciarmi alle chiarissime spiegazioni del presidente Billström per illustrarvi i punti più importanti di una politica, di una strategia europea che, credo, sta prendendo forma proprio adesso. I nostri Stati membri devono ancora dimostrare la piena solidarietà e la determinazione che sono necessarie per dare attuazione a questa strategia. Conto tantissimo sull’aiuto che ci verrà a tale proposito dal Parlamento europeo.
Simon Busuttil, a nome del gruppo PPE. – (MT) Grazie, signor Presidente. Anch’io desidero dare il benvenuto al presidente in carica del Consiglio Billström e specialmente al vicepresidente della Commissione europea Barrot. Signor Presidente, mi consenta di complimentarmi con il vicepresidente della Commissione e di ringraziarlo per il forte e sincero impegno che ha profuso a favore dell’immigrazione e dell’asilo. Ma il mio apprezzamento e la mia gratitudine per il vicepresidente Barrot sono motivati anche dalla passione con cui egli ha inteso svolgere tale compito e dalle iniziative concrete che ha lanciato in un ambito così complesso, controverso e sensibile. Vengo dunque al primo punto che desidero sollevare, signor Presidente, ossia la complessità di questa materia.
E’ facile additare l’uno o l’altro paese; dobbiamo invece analizzare la situazione in maniera seria e approfondita, ché altrimenti corriamo il rischio di finire preda di situazioni assurde. Citerò un esempio. Di recente il governo italiano è stato criticato per aver immediatamente riportato in Libia gli immigrati arrivati in Italia. Dobbiamo tuttavia riconoscere che, per effetto delle misure adottate dall’Italia, quest’anno il numero degli immigrati che decidono di affrontare un viaggio irto di pericoli e di mettere a repentaglio la propria vita è diminuito in misura considerevole.
E’ importante rendersi conto del fatto che questo sistema di respingimento ha inferto un duro colpo alla criminalità organizzata e ai trafficanti di esseri umani. Ciò significa che, per quanto sia indubbiamente necessario rispettare il diritto degli immigrati all’asilo, è del pari imperativo perseverare nei nostri sforzi volti a porre fine, una volta per tutte, alla tragedia che si sta compiendo nel Mediterraneo. E altrettanto importante è continuare a lottare contro i trafficanti di esseri umani, che sfruttano la sofferenza e le difficoltà dei migranti pronti ad attraversare il mare per raggiungere l’Europa.
Dobbiamo dunque tenere sempre presente la complessità di questa materia. Vorrei ora menzionare altri punti. Occorre migliorare Frontex, soprattutto sotto il profilo della potenziale collaborazione tra paesi su questioni concrete, quali quelle collegate alle politiche di respingimento che coinvolgono più di uno Stato. In questo ambito, purtroppo, Frontex non si è ancora dato da fare a sufficienza. Le iniziative citate dal vicepresidente Barrot meritano anch’esse attenzione; mi riferisco al programma generale di reinsediamento, al progetto pilota per paesi come Malta e all’istituzione di un ufficio europeo per l’asilo. Sono tutte iniziative che vanno attuate immediatamente. Concludo ricordando un altro elemento, altrettanto importante, che richiede la nostra attenzione: la cooperazione con la Libia e gli altri paesi terzi da cui partono i migranti. Senza la cooperazione di quei paesi non approderemo a nulla.
Juan Fernando López Aguilar, a nome del gruppo S&D. – (ES) Signor Presidente, Presidente Billström, Commissario Barrot, condivido l’importanza e il rilievo che tanto la presidenza quanto la Commissione hanno attribuito a questo fenomeno, individuandolo come uno degli aspetti della globalizzazione più forieri di conseguenze e risolvibile soltanto mediante soluzioni a livello europeo.
Si tratta di un settore nel quale la dimensione europea può fare la differenza, conferendo un valore aggiunto alla gestione di uno degli aspetti più evidenti della globalizzazione, cioè le proporzioni inedite assunte dal fenomeno della migrazione e, quindi, dai flussi migratori e il loro impatto in tutti gli ambiti rilevanti per l’integrazione europea.
Nessuno degli Stati membri può affrontare da solo, con le sue sole forze, un fenomeno del genere. Di conseguenza, abbiamo bisogno di una politica comune, che non c’è ancora. Tutto ciò che si è fatto per elaborare tale politica comune – che deve essere elaborata – avrebbe dovuto essere conforme alla costituzione europea e al trattato di Lisbona. Invece, una politica del genere non è stata ancora definita. Tutto quello che si è fatto rappresenta soltanto una fase preparatoria, le semplici battute iniziali di quanto va fatto.
E’ tuttavia palese che la risposta deve essere coerente con l’identità europea; pertanto, come prima cosa bisogna correggere le disuguaglianze alla fonte, rafforzando la cooperazione allo sviluppo.
In secondo luogo, dobbiamo intensificare la lotta contro la dimensione politica e la dimensione criminale di tale fenomeno, anche affrontando le organizzazioni che praticano la tratta di esseri umani. Nel contempo dobbiamo migliorare le informazioni sui rischi dell’immigrazione illegale e sui traffici clandestini, sulla formazione alla fonte e sul lavoro illegale. La risposta deve prevedere l’immigrazione regolare come alternativa a quella clandestina.
Infine, dobbiamo impegnarci seriamente a favore dei diritti umani, tenendo conto delle questioni dell’asilo e dei rifugiati e rispettando il patto europeo sull’immigrazione e l’asilo firmato nell’ottobre 2008.
Allo stesso tempo, però, dobbiamo potenziare il controllo delle frontiere esterne europee e la nostra responsabilità condivisa al riguardo. L’impatto dell’immigrazione clandestina in paesi come l’Italia, la Spagna o la Grecia – come si può vedere in Spagna, lungo il confine meridionale con il Mediterraneo, e nelle Isole Canarie, dove arrivano imbarcazioni piene di gente disperata – non è un problema puramente spagnolo o italiano. E’ un problema europeo, per la cui risoluzione non basta la semplice solidarietà con la Spagna o l’Italia, né tanto meno la speranza che quei due paesi si adeguino al modello europeo nelle loro relazioni bilaterali con i paesi africani. Si tratta invece di una responsabilità comune che richiede una risposta comune.
Ecco perché la commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni ha appoggiato il rafforzamento di Frontex e l’aumento dei fondi a sua disposizione. Ci auguriamo che anche la plenaria si esprima a favore, perché condividiamo l’importanza e il rilievo attribuiti a questa materia dalla presidenza svedese.
Sonia Alfano, a nome del gruppo ALDE. – Signor Presidente, onorevole colleghi, grazie vicepresidente Barrot e ministro Billström. Io già in data 31 agosto ho presentato un'interrogazione prioritaria alla Commissione. Vero è che è diminuito il numero dei migranti che arrivano sulle coste italiane e sulle coste libiche, ma perché è cresciuto il numero dei morti che invece il Mediterraneo continua ad accogliere.
Purtroppo, il Mediterraneo è ormai diventato un cimitero a cielo aperto e il governo Berlusconi, quindi il governo italiano, ha adottato un accordo con la Libia che consente purtroppo il respingimento non solo di migranti, consente anche il respingimento dei rifugiati che provengono da paesi dove sono in atto persecuzioni, guerre civili, come la Somalia e l'Eritrea, e nega a questi poveri disgraziati il diritto di chiedere asilo, violando così non solo tutte le norme internazionali, ma viola soprattutto la Convenzione di Ginevra.
Io vorrei ricordare a me stessa che il non respingimento è un principio che non conosce limitazione geografica e che non può essere assolutamente né mercanteggiato né negoziato. Non vorremmo continuare a pensare che questo accordo tra Italia e Libia si possa poi alla fine ridurre ad un pensiero di interesse economico che vale circa 5.000 miliardi di euro.
Io intimo alla Commissione di non fare – se questa è la loro intenzione, l'intenzione della Commissione – di non fare un accordo tra l'Unione europea e la Libia simile a quello italiano, perché abbiamo visto che cosa ha prodotto questo accordo scellerato. Questo accordo, ripeto, ha purtroppo inflitto, costringe queste persone a subire delle torture, perché di questo si parla: i centri di detenzione nei quali vengono riaccompagnati in Libia sono, a quanto pare da notizie riportate da organi di stampa, ma anche da fotografie – per esempio, le fotografie che ritraggono molti di questi immigrati nel carcere di Canfuda a dieci chilometri da Bengasi – ecco quelle sono torture che io credo non trovino nessuna spiegazione in nessun patto di amicizia o patto istituzionale.
Come sottolineato dall'UNHCR, il principio di non respingimento vieta di rinviare le persone in territori dove la loro vita può essere considerata in pericolo e dove la loro libertà possa essere minacciata. Riportare questa gente in Libia, che ricordo sempre a me stessa, non ha firmato e ratificato la Convenzione di Ginevra, sembra veramente una cosa incredibile. Tra l'altro, la beffa che si aggiunge è che in Italia è previsto anche il reato di immigrazione illegale per cui queste persone – io mi riferisco per esempio al clamoroso sbarco degli ultimi giorni del mese di agosto, dove hanno perso la vita tantissimi somali – quei pochi, credo 4 o 5 somali che sono usciti ad arrivare a destinazione sono stati, tra l'altro, accusati di immigrazione, quindi in questo momento sono perseguiti dalla legge italiana.
Io chiedo alla Commissione adesso di passare davvero all'azione, di valutare se il patto Italia-Libia sia conforme al diritto internazionale e di dare finalmente una svolta decisiva non affiancandosi alla politica scellerata del governo italiano.
Hélène Flautre, a nome del gruppo Verts/ALE. – (FR) Signor Presidente, l’ultima volta che abbiamo discusso di questo tema dopo una tragedia nel Mediterraneo è stato il 1o aprile.
Ricorderete che molte centinaia di migranti erano morti al largo delle coste libiche. Avevamo chiesto che fosse condotta un’inchiesta, ma a tutt’oggi non abbiamo ricevuto alcuna informazione sulle circostanze di quella tragedia.
Dopo di allora, come sapete, intorno alla metà di agosto 73 africani sono stati ritrovati morti al largo di Lampedusa. Il 25 agosto, 57 migranti eritrei sono stati finalmente portati in salvo dopo che avevano trascorso un lungo periodo nelle acque maltesi. Il 31 agosto, a 75 somali è stato negato l’accesso al territorio libico.
Invero, le frontiere esterne dell’Unione europea sono diventate assassine. Questo è infatti il titolo di una relazione prodotta dall’ONG Migreurop, che raccomando a tutti voi, onorevoli colleghi, di procurarvi e di leggere con attenzione.
A proposito di questa situazione, Commissario Barrot, lei ha citato alcune questioni chiave. Ha parlato del diritto di asilo, del diritto alla protezione internazionale. Ma dovrebbe parlare anche del diritto di ciascuna persona ad andarsene da qualsiasi paese, e del dovere di ognuno di aiutare gli altri, chiunque essi siano. Così è previsto dal diritto internazionale marittimo. Situazioni del genere sono in aumento e si stanno verificando sempre più spesso anche al confine tra Grecia e Turchia. Per questo motivo, Commissario Barrot, non penso che incrementare le risorse di Frontex possa essere la soluzione giusta al problema.
Credo che oggi l’Unione europea sia confrontata con il suo stesso progetto. L’Unione europea è nata dal rifiuto di negare agli altri la loro dignità, ed è a quel principio che deve restare fedele.
Timothy Kirkhope, a nome del gruppo ECR. – (EN) Signor Presidente, il programma comune di reinsediamento dell’Unione europea, elaborato dalla Commissione, si prefigge il nobile scopo di favorire una maggiore cooperazione tra i governi nazionali per il reinsediamento di rifugiati e richiedenti asilo. In quanto esponente dei conservatori britannici, nutro però alcune riserve riguardo alla sua attuazione. Non vogliamo che continuino a verificarsi incidenti come quelli di Sangatte, in Francia.
Credo che la cooperazione e la solidarietà tra gli Stati dell’Unione europea assuma un ruolo fondamentale nel dibattito sugli oneri che gravano sui vari Stati membri, ma è necessario distinguere più accuratamente tra immigrati economici e richiedenti asilo. Questi ultimi hanno ovviamente tutto il diritto di cercare rifugio, ma anche noi dobbiamo disporre di una normativa che non impedisca ai singoli Stati di decidere autonomamente chi accogliere e a chi concedere diritto d’asilo. L’approccio collettivo proposto dalla Commissione limiterà lo spazio di manovra di ciascun Stato membro in tal senso.
Al contempo, ritengo che si debba assegnare la massima priorità alla sicurezza delle frontiere meridionali: Frontex deve svolgere un ruolo più prominente in quest’ambito, agendo da forte deterrente per gli immigrati economici disposti a compiere la pericolosa traversata del Mediterraneo. Occorre intervenire con più incisività contro i numerosi paesi terzi che li incoraggiano irresponsabilmente. La Commissione afferma che saranno, in ultima istanza, i governi nazionali a determinare il numero di persone accettate e che il Regno Unito, al pari di altri paesi, non sarà costretto ad accogliere un cospicuo numero di immigrati economici, che non potrebbe gestire o sostenere in questo frangente di difficoltà economica. E’ un principio necessario e giusto. A paesi come il Regno Unito deve essere garantito che l’approccio dell’Unione europea resterà improntato alla collaborazione aperta, e non alla costrizione.
Willy Meyer, a nome del gruppo GUE/NGL. – (ES) Signor Presidente, Presidente Billström, Commissario Barrot, l’inizio di questa legislatura ci offre un’eccellente occasione per ripensare la nostra politica d’immigrazione.
La nostra attuale politica d’immigrazione si fonda su un’ipocrisia e un cinismo palesi. Diciamo che il progetto europeo sarebbe irrealizzabile senza i lavoratori immigrati, eppure li criminalizziamo per mezzo di norme quali la direttiva rimpatri, che è stata giustamente soprannominata “direttiva della vergogna” e non è in linea con i principi e i valori dell’Unione europea.
Tale politica, che in questi tempi di crisi – una crisi che è triplice perché è al tempo stesso una crisi alimentare, finanziaria ed energetica – cerca di trasformare l’Europa in una fortezza, non è comprensibile a tutti perché facciamo poco e quel poco va nella direzione sbagliata. Se c’è bisogno dell’Europa e, in particolare, se c’è bisogno dell’Europa grazie ai lavoratori immigrati, allora dobbiamo rispettare tutti i loro diritti, non trasformarli in criminali, come sta facendo l’Unione europea, perché in questo modo arrechiamo soltanto ulteriori sofferenze a famiglie che stanno semplicemente cercando di sottrarsi a una guerra o alla fame.
Quindi, il miglior biglietto da visita con cui presentarci al prossimo vertice di primavera dei capi di Stato e di governo che si terrà a Madrid tra l’Unione europea e i paesi dell’America latina e dei Caraibi dovrebbe essere la cancellazione della “direttiva della vergogna”, che non rispetta i nostri principi e i nostri valori e che nessun governo comprende, specialmente quelli dell’America latina e dei Caraibi, da dove provengono migliaia di lavoratori immigrati nell’Unione europea.
Vi invito quindi a prendere in seria considerazione l’abrogazione della “direttiva della vergogna”.
Gerard Batten, a nome del gruppo EFD. – (EN) Signor Presidente, le misure in discussione rientrano nel cosiddetto spazio di giustizia, libertà e sicurezza, di cui l’immigrazione fa parte. Si parla di una politica comune in materia di immigrazione e asilo e, per quanto il governo britannico possa mentire al suo popolo, sappiamo bene che il Regno Unito ne sarà vincolato.
Ma l’omologazione non può funzionare nel caso del Regno Unito, uno dei paesi più densamente popolati al mondo, ancor più dell’India, della Cina o del Giappone, per strano che possa sembrare. I flussi migratori verso il Regno Unito si attestano intorno alle 230 000 persone l’anno, che si traducono in un aumento della popolazione di un milione ogni cinque anni: il numero di abitanti aumenterà dagli attuali 61,4 milioni (un massimo storico) a oltre 70 milioni entro il 2031, innescando una continua spirale al rialzo. Questa crescita è dovuta proprio all’immigrazione e alle nascite tra gli immigrati.
Lo UK Independence Party (UKIP, partito indipendentista britannico) non è contrario a un certo afflusso di immigrati, ma giudica necessario sottoporlo a rigorosi controlli, nell’interesse non dell’Unione europea o di chiunque altro, ma del Regno Unito. Il nostro paese non ha bisogno di una politica europea comune in materia di immigrazione: ci occorre metter subito fine all’immigrazione di massa e introdurre una politica migratoria rigorosamente limitata e controllata. Dovremmo attuare le norme della convenzione relativa allo status dei rifugiati del 1951, che impone loro di cercar rifugio nel primo paese sicuro in cui mettano piede – che di certo non è la piccola isola al largo della costa europea chiamata Regno Unito.
Dovremmo porre fine alla promozione del multiculturalismo, che divide gli animi e semina i germi del conflitto, assimilando gli immigrati già presenti sul territorio in un cultura comune, nel rispetto di istituzioni politiche e giuridiche comuni. Il Regno Unito – e, mi permetto di aggiungere, nessun altro paese europeo – non dovrebbe lasciar spazio alla Sharia.
Louis Bontes (NI). – (NL) Signor Presidente, Frontex non funziona. Poseidon, l’operazione attualmente in corso, dispone di risorse pari a 11 milioni di euro, ma è una misura che non ha senso. Sono soldi gettati al vento. L’unica soluzione consiste nel rimpatrio diretto dei clandestini e in un giro di vite nei confronti dei paesi che rendono possibile questa immigrazione. La politica di asilo e immigrazione comune non è nell’interesse del popolo olandese. Il Partito olandese della libertà, a nome del quale ho preso la parola, è fermamente contrario a una tale politica, che non farebbe altro che causare arrivi ancora più massicci in Europa di persone prive di prospettive. Il popolo olandese non ha bisogno di solidarietà; ciò di cui ha bisogno è che ci battiamo in questa sede per difendere gli interessi olandesi. Quindi, smettiamola con quella politica.
Vorrei replicare a quanto detto dalla presidenza svedese. La presidenza ritiene che l’Europa dovrebbe aprire ancora di più i propri confini all’immigrazione di massa, e questo per il bene del suo mercato del lavoro. Il Partito della libertà è assolutamente contrario a tale posizione, che non è altro che una cortina di fumo che occulta e rende possibile l’immigrazione di massa. Guardate cosa sta accadendo nelle grandi città, guardate i gravissimi problemi che si trovano ad affrontare. Pensate alla vostra gente, pensate al vostro paese, pensate alla vostra cultura. Noi di certo lo faremo. Vorrei dire ancora che quel che è troppo è troppo. Poniamo fine all’immigrazione di massa: è già durata abbastanza.
Agustín Díaz de Mera García Consuegra (PPE). – (ES) Signor Presidente, signor Vicepresidente della Commissione, signor Presidente in carica del Consiglio, le sfide costituite dall’immigrazione non cambiano, così come non cambia il nostro impegno per superarle.
Si tratta delle sfide seguenti: primo, passare a una politica d’immigrazione comune; secondo, migliorare considerevolmente l’organizzazione dell’immigrazione legale; terzo, migliorare le procedure di integrazione; quarto, contrastare l’immigrazione illegale o clandestina con la massima determinazione; quinto, sviluppare ulteriormente Frontex; sesto, migliorare le procedure, le convenzioni e gli accordi con i paesi di origine e di transito; settimo, portare avanti una politica di asilo comune.
L’ufficio europeo di sostegno per l’asilo deve diventare, nel 2010, un ufficio equo, vero e ugualitario, che ripartisce le responsabilità in un’ottica di solidarietà e che ha l’obiettivo di dare protezione internazionale o sussidiaria.
Per quanto riguarda Frontex, si tratta di una questione di coordinamento e cooperazione; in nessun caso Frontex si sostituisce alle competenze nazionali. L’esigenza di incrementare le missioni Frontex a sud dei nostri confini, nell’Europa meridionale e in particolare sul fronte mediterraneo e atlantico, non è soltanto la risposta dell’Unione europea alla pressione migratoria che si va formando in Grecia, a Malta, in Italia o in Spagna; è anche una risposta umanitaria per prevenire esiti fatali ed evitare drammi.
Basta guardare cosa è successo con il bilancio di Frontex: è cresciuto da 6 milioni di euro nel 2005 a 78 o 83 milioni nel 2010. Ma, signor Presidente, ho il timore che Frontex non sia capace di gestire i fondi che il Parlamento gli ha assegnato. E se fosse realmente così, sarebbe inaccettabile, perché le sfide e le missioni da affrontare sono numerose.
E’ essenziale che Frontex dia nuova linfa a CRATE, il registro centralizzato delle attrezzature tecniche disponibili. Ed è vitale anche che l’impegno degli Stati membri a favore di CRATE diventi effettivo. Dobbiamo aumentare e migliorare il coordinamento con Europol. Dobbiamo gestire Iconex e, signor Presidente, per quanto riguarda la tutela dei diritti umani dobbiamo aumentare e migliorare il coordinamento tra Frontex e sia l’Organizzazione internazionale per le migrazioni sia l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati.
Queste sono le sfide, questi sono i nostri impegni.
Claude Moraes (S&D). - (EN) Signor Presidente, nessuno sottovaluta le enormi difficoltà che pongono la ricerca di un equilibrio, cui ha fatto riferimento il presidente della nostra commissione, e le pressioni migratorie che l’Unione europea e i paesi del Mediterraneo si trovano ad affrontare. Eppure, quest’estate ci ha ricordato per l’ennesima volta le asperità cui devono far fronte gli immigrati e i richiedenti asilo vittime di persecuzioni e della povertà.
Frontex riveste senza dubbio un ruolo centrale nell’approccio dell’Europa all’immigrazione: la sua importanza cresce in maniera direttamente proporzionale al livello di coordinamento del sistema comunitario per la gestione delle frontiere esterne. Il mio gruppo ritiene dunque che sia fondamentale raggiungere il giusto equilibrio tra gli stanziamenti necessari a Frontex, da un lato, e una maggiore integrazione degli aspetti umanitari nella sua attività, dall’altro. Ad esempio, in che modo Frontex può contribuire ad abbattere il tragico numero delle vittime in mare, oltre 12 000 negli ultimi dieci anni? Le operazioni di soccorso in mare dovranno ricadere nella sua sfera di competenza. Ma tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare, e molte di queste politiche dovranno funzionare sul campo, come il Parlamento, la Commissione e il Consiglio cercano di garantire.
E’ necessario evitare che Frontex non diventi semplicemente uno strumento per tenere tutti alla larga dall’Europa: bisogna garantire l’accesso al territorio comunitario ai cittadini che hanno un legittimo bisogno di protezione.
Signor Commissario, lei ha parlato del principio di non respingimento. E’ importante che lo abbia ribadito, perché il caso di Italia e Libia, che gli onorevoli colleghi italiani discuteranno ovviamente più nel dettaglio, ci ricorda che tale principio non deve essere violato da nessun individuo o paese.
Allo stato attuale, il non respingimento si applica anche agli Stati che non hanno firmato la convenzione del 1951. La difesa dei diritti umani è fondamentale, e non possiamo sottrarci alla responsabilità di garantire protezione a chi ne ha bisogno.
Frontex deve dunque collocarsi entro un approccio equo ed equilibrato all’immigrazione e all’asilo. Occorre garantire l’attuazione del pacchetto sull’asilo e il mantenimento del giusto equilibrio tra immigrazione regolare e tutela dei rifugiati.
Sarah Ludford (ALDE). - (EN) Signor Presidente, la stampa britannica, forte del sostegno di membri di quest’Assemblea euroscettici e paranoici, ha diffuso la notizia allarmista che il futuro commissario dei diritti fondamentali, istituito dal presidente Barroso su proposta del gruppo ALDE, costringerà il Regno Unito ad accogliere un numero maggiore di richiedenti asilo provenienti da tutta Europa.
E’ una falsità. Come confermato dal vicepresidente Barrot, il progetto pilota di assistenza a Malta è volontario e anche il programma proposto per il reinsediamento dei rifugiati approvati dall’UNHCR e provenienti da paesi extra-europei non avrebbe carattere obbligatorio.
Nessun aspetto delle politiche comunitarie ha mai comportato la definizione di quote o l’obbligo per gli Stati di accogliere gli immigrati. Miriamo invece alla solidarietà volontaria, e auspico che il futuro commissario dei diritti fondamentali contribuisca a porre fine alle perdite di vite umane nel Mediterraneo.
Il prossimo mese saranno trascorsi dieci anni da quando l’Unione europea si prefissò l’obiettivo di istituire un sistema comune di asilo e politiche coordinate nel settore dell’immigrazione. Nonostante i notevoli sforzi compiuti, soprattutto dalla Commissione europea, con il sostegno del Parlamento, siamo ancora ben lungi dal raggiungere l’obiettivo.
La priorità sta nel conseguire un’adeguata gestione dei flussi, definiti di norma “misti” di rifugiati e immigrati alla ricerca di un posto di lavoro, in modo tale da distinguere tra le due categorie. Lo scopo è quello di rassicurare l’opinione pubblica europea circa la validità degli interventi di gestione, porre fine alle perdite umane e garantire un’adeguata tutela ai soggetti legittimati.
Se gli immigrati, e le imbarcazioni malmesse che li trasportano, sono rimandati in alto mare senza neppure offrire loro la possibilità di richiedere protezione, non si raggiunge nessuno di questi obiettivi. Resto sconvolta quando il commissario Barrot afferma che gli Stati membri non applicano uniformemente il diritto marittimo: uno sfasamento simile è inconcepibile. Frontex deve ricevere gli stanziamenti necessari e rispettare i diritti umani dei singoli individui, cui deve essere concesso di sbarcare e presentare domanda di asilo, per distinguere i profughi da chi non è legittimato a restare.
Ove necessario, gli Stati membri dell’Unione europea dovranno essere citati per inadempienza alla Corte di giustizia europea; come già ricordato dall’onorevole collega Alfano, l’idea che la Libia possa assolvere a questo compito è a dir poco scandalosa, considerando i suoi trascorsi di palesi violazioni dei diritti umani.
Una politica comunitaria razionale in materia d’immigrazione richiederebbe un quadro di criteri comuni per l’immigrazione economica, entro cui gli Stati membri disposti ad accogliere gli immigrati possano operare, preservando la piena autonomia di scelta sui numeri. Ci occorrono coordinamento, norme comuni, un quadro comune e anche solidarietà.
Franziska Keller (Verts/ALE). - (EN) Signor Presidente, a essere sincera non condivido il suo entusiasmo nei confronti di Frontex. Sia gli Stati membri, sia lo stesso Frontex riferiscono casi di violazione dei diritti umani e del principio di non respingimento, casi in cui si è negata ai rifugiati la possibilità di richiedere asilo: tutte queste violazioni dei diritti umani sono state perpetrate nel nome dell’Unione europea.
Ministro Billström, lei ha detto che ci occorre un sistema di pesi e contrappesi lungo le frontiere esterne, ma le chiedo: perché non applicare lo stesso regime ai cittadini che lavorano e difendono le nostre frontiere esterne? Perché non possiamo godere della stessa chiarezza e trasparenza nel caso di Frontex e del suo operato? Quest’Aula, il Parlamento europeo, ha bisogno di chiarezza e trasparenza circa le attività di Frontex, nonché sull’avanzamento nell’iter delle nuove norme che lo disciplineranno, che il commissario ha citato. Ci occorrono inoltre delucidazioni sulla tutela internazionale che si fornisce ai rifugiati intercettati in mare.
E’ altresì necessaria trasparenza sugli accordi conclusi con paesi terzi, nonché sull’uso che si fa in Libia dei fondi comunitari, ad esempio. Dubito che gli interventi cosiddetti di assistenza della Libia ai rifugiati siano loro effettivamente d’aiuto, ma anche in questo caso manca la giusta trasparenza: se, come ha osservato il ministro, neppure gli Stati membri interpretano i diritti degli immigrati nel nostro stesso modo, come si può garantire che i paesi terzi, quali la Libia, si conformino alla nostra interpretazione?
Desidero ricordavi che il Parlamento ha sempre sostenuto l’obbligatorietà della condivisione degli oneri nel trattamento delle domande di asilo, e credo che la relazione sul progetto pilota, laddove solo la Francia ha accolto il numero quasi ridicolo di cento rifugiati da Malta, dimostra che la solidarietà volontaria non porta lontano, ma si rende necessario un obbligo.
Ryszard Czarnecki (ECR). – (PL) Vogliamo contrastare l’immigrazione. E’ un problema grave. Nel frattempo, il nostro tabellone e il nostro computer non funzionano più. Occupiamoci solo delle cose che siamo veramente in grado di affrontare in modo efficace.
L’immigrazione è, ovviamente, uno dei più problemi più gravi che l’Europa ha oggi. E, cosa ancora più importante, è un problema non solo per noi politici ma anche per i cittadini degli Stati membri dell’Unione europea. L’immigrazione costituisce, forse, una delle sfide maggiori che la classe politica europea si trova di fronte, nonché uno dei problemi principali dei nostri elettori. L’immigrazione ha tanti nomi; oggi, infatti, gli onorevoli colleghi hanno parlato di immigrazione dall’Africa, che investe soprattutto i paesi del bacino del Mediterraneo, e ciò che hanno detto è, in un certo senso, giustificato. Personalmente rappresento un paese, la Polonia, dove quella immigrazione illegale ha, naturalmente, minori dimensioni; da noi, però, arrivano persone provenienti dai paesi che formavano l’Unione sovietica e alcune anche dall’Asia.
Ci troviamo a interrogarci su quale sia la filosofia ispiratrice della lotta dell’Unione europea contro l’immigrazione clandestina e – per dirla in termini semplici – anche contro le restrizioni all’immigrazione legale. Frontex deve forse subire le conseguenze negative di questa lotta? E tutto ciò è realmente opportuno? Non sarebbe forse meglio se i fondi aggiuntivi che vogliamo assegnare a Frontex fossero dati invece ai paesi che sono maggiormente colpiti dall’immigrazione illegale, e anche agli Stati membri i cui confini sono parte delle frontiere esterne dell’Unione? Signor Presidente, mi pare, e concludo, che un’azione del genere sarebbe più opportuna.
Rui Tavares (GUE/NGL). – (PT) Presidente Billström, Commissario Barrot, non esistono alternative alla convenzione di Ginevra e ai diritti umani. La nostra unica opzione è ottemperare alle convenzioni che abbiamo firmato. Le norme sono chiare: mandare i rifugiati che arrivano sulle coste europee in paesi che non hanno firmato la convenzione di Ginevra sui rifugiati costituisce una violazione della convenzione. Questo non è un’astratta questione di diritto, è un argomento concreto.
Quando respingiamo i rifugiati in Libia, attraverso Frontex o gli Stati membri, violiamo quella convenzione, non da ultimo perché sappiamo, in base alle cifre fornite dal governo italiano, che il 75 per cento delle persone che sbarcano sulle coste europee chiedono asilo e che il 50 per cento di costoro – all’incirca il 38 per cento, pari a un terzo del totale – possiedono i requisiti per ottenere protezione umanitaria.
Le scelte politiche portano a scelte morali, e proprio ora ci troviamo di fronte a una scelta morale. E’ giusto, è moralmente corretto che oltre 14 000 persone siano morte negli scorsi anni cercando di raggiungere le coste dell’Europa? Ed è moralmente corretto che gran parte di coloro che rischiano la vita abbiano diritto all’asilo? E’ proprio necessario che siano costretti a mettere a repentaglio la loro vita? No, non dovrebbero esserlo.
Da lungo tempo andiamo dicendo che una politica d’immigrazione puramente repressiva, come quella che è stata attuata, ci pone di fronte a scelte di questo tipo, scelte di vita o di morte di esseri umani, e ci rende tutti congiuntamente responsabili di ciascuna scelta di vita e di ciascuna scelta di morte.
Non è regalando soldi a Frontex adesso, all’inizio del suo mandato – soldi che Frontex non potrà spendere e che, secondo la Commissione, non è opportuno dare in questo momento – che risolveremo il problema. Se vogliamo risolvere il problema, dobbiamo riconsiderare il mandato di Frontex, e solo dopo Frontex potrà aver bisogno di ulteriori finanziamenti. Affinché ciò possa avvenire, Frontex dovrebbe collaborare con l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati e fornirgli tutte le informazioni. Affinché ciò possa avvenire, Frontex dovrebbe inserire nelle proprie politiche aspetti umanitari, cosa che al momento non fa. Altrettanto seria è, onorevoli colleghi, la proposta riguardante i fondi per i rifugiati: mentre diamo più soldi a Frontex, quei fondi vengono tagliati.
Roberta Angelilli (PPE). - Signor Presidente, onorevoli colleghi, mi dispiace onestamente che alcuni colleghi italiani non abbiano perso l'occasione per riproporre la solita polemica che ha come unico fine un attacco al governo italiano. Io credo che sull'immigrazione non bisogna più fare strumentalizzazioni ideologiche, piuttosto dobbiamo andare fino in fondo sulle linee guida tracciate dal patto europeo sull'immigrazione e l'asilo, che poggia sui valori dell'integrazione e della solidarietà.
Io, davvero, apprezzo l'impegno che la Commissione ha messo in atto negli ultimi anni, ma il Commissario Barrot sarà d'accordo con me nel dire che bisogna imprimere un'accelerazione per dare vita ad una vera e propria strategia europea sull'immigrazione, che abbia come priorità il contrasto intransigente all'immigrazione clandestina e ai traffici illegali, alla tratta e allo sfruttamento degli esseri umani.
Occorre intervenire con durezza contro tutti coloro che lucrano su questi traffici, compresi i datori di lavoro che utilizzano manodopera illegale. Non è certo più accettabile lasciare che l'immigrazione sia un problema solo a carico dei paesi di frontiera che si affacciano sul Mediterraneo. La recente proposta della Commissione per un programma comune di reinserimento è un passo in avanti nella cooperazione politica e pratica tra gli Stati membri, ma occorre mettere urgentemente in atto una serie di iniziative per sviluppare una più efficace solidarietà intracomunitaria.
Ecco perché attendiamo che si concretizzi presto l'annuncio fatto dal Presidente di turno dell'Unione europea, raccogliendo, tra l'altro, un appello accorato del ministro Franco Frattini, di aprire un dibattito per arrivare ad un'equa distribuzione tra i paesi membri degli oneri e delle responsabilità relativi ai flussi di immigrati clandestini e ai richiedenti assistenza politica.
A mio avviso, questo è il punto, perché altrimenti noi arriviamo al paradosso che ci sono paesi membri, tra cui l'Italia, Malta, la Grecia e la Spagna, che hanno l'obbligo di accogliere ed altri invece che si rifugiano nel concetto discrezionale della solidarietà su base volontaria. Non è più possibile sottrarsi! Io ringrazio la Francia perché si è resa disponibile ad accogliere cento persone, cento richiedenti asilo: cento, cento persone, ma ci sono migliaia, decine di migliaia di richiedenti asilo. Grazie quindi alla Francia, ma è una goccia nel mare.
Chiudo dicendo che non possiamo, tra l'altro, più pensare che l'immigrazione sia la panacea. Senza una seria politica di cooperazione allo sviluppo, rispetto alla quale l'Europa deve essere protagonista, noi condanneremo una parte del mondo ad un destino certo e inevitabile di povertà e disperazione.
Stavros Lambrinidis (S&D). – (EL) Signor Ministro, signor Commissario, il Parlamento ha chiesto che venga avviata con urgenza una cooperazione a livello europeo con i paesi di origine degli immigrati e con i paesi di transito. Tra essi non c’è soltanto la Libia, c’è anche la Turchia. Oltre a essere un paese di origine e di transito nel contesto dell’immigrazione, la Turchia è anche un paese candidato. In altri termini, si potrebbe dire che è doppiamente obbligata a rispettare i principi politici e le istituzioni dell’Unione europea.
Di recente, per almeno quattro volte gli elicotteri di Frontex sono stati bloccati dai radar turchi nello spazio aereo greco mentre erano in missione. E’ un dato di fatto che ieri un caccia turco ha costretto con la forza un elicottero di Frontex a tornare indietro.
Cosa intendete fare e come reagirete, a nome dell’Unione europea, a queste continue azioni di disturbo contro le missioni di un’istituzione europea qual è Frontex ?
Inoltre, la solidarietà obbligatoria non può manifestarsi soltanto con misure politiche del tipo di quelle attuate da Frontex nei paesi meridionali. Ci deve essere anche una solidarietà che si esprime nell’accettazione degli immigrati che arrivano nei nostri paesi, i quali non possono accogliere ogni volta così tante persone. A questo proposito, la Commissione e il Consiglio stanno promuovendo la solidarietà volontaria, che però vale meno della carta su cui è sancita. Potete dirci perché non introducete la solidarietà obbligatoria anche in questo caso?
Infine, il programma pilota tra Italia, Malta e Libia non dovrebbe essere l’unico. Perché non c’è un programma pilota per riportare gli immigrati in Turchia – fatto, questo, che rappresenta una ferita aperta per questo specifico problema? Il governo greco lo ha forse chiesto, signor Commissario, e voi lo avete rifiutato? O piuttosto Libia, Italia e Malta si sono semplicemente fatte avanti e voi le avete accettate senza porre ulteriori domande?
Hélène Flautre (Verts/ALE). – (FR) Signor Presidente, colgo l’occasione per chiarire due punti di minore rilevanza che, credo – e un collega lo ha testé detto -, rivelano la natura ipocrita della nostra politica.
Il primo punto riguarda gli accordi di Dublino. Signor Commissario, lei conosce bene la situazione a Calais; sa che a Calais molte persone potrebbero facilmente chiedere e ottenere lo status di rifugiato politico. Perché non lo fanno? Perché, in base agli accordi di Dublino, viene garantito loro che sarebbero inviate in paesi nei quali non vogliono andare, in alcuni casi per ragioni validissime. Non vogliono andare in Grecia, perché lì non hanno alcuna possibilità di vedersi riconosciuto lo status di rifugiato.
Oggi gli accordi di Dublino sono uno strumento che impedisce la protezione di coloro che ne hanno maggiormente bisogno e crea disparità tra gli Stati membri. Quindi, smettiamola di parlare di solidarietà quando si utilizzano strumenti che creano sperequazioni tra i paesi.
Il secondo punto riguarda gli accordi di riammissione. So benissimo che si vogliono negoziare accordi di questo tipo con la Turchia e la Libia, pensando di poter creare in tal modo un enorme spazio comprendente paesi che sono i nostri vicini e di istituire enormi campi di raccolta per i migranti. Tutto ciò è inaccettabile per ragioni pratiche, per ragioni morali e per ragioni politiche, e lei lo sa molto bene, Commissario Barrot!
Clemente Mastella (PPE). - Signor Presidente, onorevoli colleghi, dico subito in premessa e senza nessuna enfasi che per me l'accoglienza è un valore che ha il carattere della sacralità. In fondo è sulla solidarietà tra le persone che nascono le comunità dello Stato, che sono regolate attraverso alcuni vincoli particolari: quelli di diritti e doveri. Quindi, per quanto mi riguarda, tutto ciò che va contro questo elementare principio biblico mi trova decisamente contrario. Evidentemente è con l'accoglienza e anche con i modi con i quali bisogna accogliere che nascono, con una forma di convergenza combinata, anche gli aspetti che riguardano l'integrazione.
Che fare? Come situare queste persone afflitte dalla disperazione che arrivano negli Stati e come rimuovere al tempo stesso quella sorta di conflitto che nasce e che a volte assume gli aspetti del rancore e della rabbia, della collera, determinando forme abbastanza inquietanti dal punto di vista dell'antagonismo?
E ancora: che fare perché la salvaguardia del diritto di asilo, che è un principio richiamato anche in questi giorni, non dia spazio però al tempo stesso a surrettizi, a forme con le quali si manifestano, a mo' di alibi, e si nascondono dietro questo diritto universale anche coloro i quali nulla hanno a che fare con questo diritto di asilo, ma invece hanno a che fare con l'illegalità e con la criminalità.
Davvero pensiamo, signor rappresentante della Comunità, che tutto questo possa essere assunto in responsabilità come carico da parte dei singoli Stati? Allora sembra a me che l'Europa che fino ad ora, molto probabilmente, si è mossa con una certa incertezza, non può più rimandare la definizione di una linea unitaria e seria sul tema dell'immigrazione. Non può parlare come ha parlato con tante voci discordi, non può costringere alla solitudine i singoli Stati, i fronti più esposti e vulnerabili. Non può privarsi di una posizione comune collegialmente elaborata e mai fino ad ora collegialmente elaborata, ma poi correntemente difesa nei suoi principi essenziali.
Non può, signor Presidente, non sentire le frontiere come questione propria piuttosto che dei singoli Stati. Non può prestarsi, come anche accaduto in quest'Aula, a forme teatrali e casalinghe nella disputa di quanto fanno il governo italiano e gli altri governi. Pare a me che non si possa pensare, evidentemente, che le tragedie consumate al largo di Lampedusa, Ceuta e Melilla non riguardino Bruxelles, Berlino, Parigi.
La tensione tra gli Stati singoli, l'Europa nasce da questo e crea problemi; e questo aumenta anche il deficit democratico dell'Europa, può solo aggravarlo questo deficit in mancanza di una politica coordinata sull'immigrazione; accentua l'impressione che egoismi di Stato prevalgono sugli interessi di tutti. Acuisce, signor Presidente, la percezione frustrante che a Bruxelles e Strasburgo ci si occupi assai spesso di cose astruse e non dei temi che allarmano l'opinione pubblica; indebolisce in fondo l'identità politica dell'Europa.
Ecco perché mi auguro che la Presidenza della Svezia inizi un accordo con i paesi più esposti a ragionare e a realizzare quella che fino ad ora è mancata, cioè questa forte, serena, seria e severa politica comune rispetto all'immigrazione.
David-Maria Sassoli (S&D). - Signor presidente, Commissario Barrot, onorevoli colleghi, ministro Billström, abbiamo richiesto questo dibattito per attirare l'attenzione dell'Unione europea sulla grave violazione dei diritti fondamentali delle persone che sta avvenendo in Italia. Dal mese di maggio ad oggi oltre 1.000 migranti sono stati raccolti in mare dalle autorità italiane e consegnati alla Libia nel corso di respingimenti informali e indiscriminati senza identificazione, né diritto di ricorso, né accesso alle procedure di asilo, con il rischio di subire in Libia trattamenti inumani e degradanti. Come ha confermato il Commissario Barrot chiedendo informazioni all'Italia, riteniamo che queste pratiche violino i principi fondamentali su cui l'Europa si fonda.
Questo tipo di azioni non è compatibile né con la Convenzione europea per i diritti dell'uomo, né con il diritto comunitario, in particolare lo Schengen borders code e la direttiva rimpatri, né con la legislazione italiana. Ieri, le Nazioni Unite hanno richiamato l'Italia al rispetto del diritto internazionale e sempre ieri 24 rifugiati somali ed eritrei respinti dall'Italia hanno presentato un ricorso alla Corte di Strasburgo contro l'Italia per violazione della Convenzione europea per i diritti umani.
Colleghi, l'immigrazione clandestina in Italia, inoltre, è diventata un reato penale, un'aggravante. Il solo fatto di essere migrante è condizione di discriminazione, disuguaglianza, e determina per lo stesso reato pene più pesanti. Essere migrante irregolare, come lo sono state le famiglie delle nostre comunità italiane, portoghesi, polacchi, greci, italiani, impedisce l'accesso a diritti fondamentali, alle cure più elementari, inclusi i servizi sanitari, per timore di incorrere in una denuncia. Questo sta accadendo in Italia, signor Presidente, come denunciato anche da giuristi, costituzionalisti e associazioni laiche e cattoliche.
La Commissione come intende attivarsi per far cessare queste violazioni? Questo Parlamento si è espresso sempre in favore della lotta all'immigrazione clandestina, ma nel rispetto dei diritti fondamentali.
Vogliamo sapere, signor Presidente, se la Commissione intende intervenire sulla legislazione italiana, verificare l'accordo italo-libico. Non possiamo consentire vent'anni dopo la caduta del Muro di Berlino ad alcuni governi di alzarne di nuovi.
Niki Tzavela (EFD). – (EL) Signor Presidente, signor Commissario, la realtà supera tutto ciò che è stato detto in quest’aula.
Vediamo il presidente Gheddafi trastullarsi con questa problematica mentre i media internazionali ci informano di continuo che la Libia ha bisogno di un milione di euro per onorare gli impegni assunti. Vediamo la Turchia, un paese che vuole aderire all’Unione europea, respingere quotidianamente i velivoli di Frontex senza che l’Unione reagisca come dovrebbe.
Vediamo i trafficanti di immigrati illegali insegnare loro a spararsi in un braccio o una gamba in caso di arresto, per costringere gli Stati membri ad adottare e applicare norme diverse da quelle che regolano l’immigrazione clandestina, trattandosi di persone ferite. Vediamo i trafficanti ordinare agli immigrati clandestini di distruggere i loro documenti d’identità prima di entrare in un paese, affinché i paesi ospitanti, tra cui la Grecia, non abbiano la più pallida idea di dove rispedirli. Vediamo gli immigrati affermare di voler chiedere asilo, ma sono privi dei documenti necessari per consentirci di accertare la loro reale condizione.
Regna il caos, signor Commissario, e l’Unione europea deve assumere su tale questione un atteggiamento fermo e severo per riportare l’ordine in una certa misura.
Sylvie Guillaume (S&D). – (FR) Signor Presidente, Signor Vicepresidente, onorevoli colleghi, sentiamo dire di continuo che gli Stati membri riconoscono l’esigenza di definire politiche comuni per gestire il fenomeno dell’immigrazione a livello europeo e politiche tese all’integrazione sociale degli immigrati.
Ma, come constatiamo giornalmente, la realtà è affatto diversa. Ad esempio, durante le discussioni sul bilancio i finanziamenti del fondo per l’integrazione degli immigrati sono stati tagliati drasticamente. Per quanto riguarda gli Stati membri, molti di essi continuano unilateralmente a imporre norme e disposizioni rigide sui movimenti di persone verso il loro territorio e al suo interno per limitare l’accesso ai mercati del lavoro e ai sistemi sociali e dell’istruzione e per ostacolare le riunificazioni familiari.
Allo stesso modo, la politica europea di contrasto dell’immigrazione clandestina e di controllo delle frontiere esterne dell’Unione si sostanzia, alla fin fine, nel trasferimento ai nostri vicini delle responsabilità per i controlli confinari, a dispetto dei diritti umani, come è successo tra Italia e Libia.
Questa tendenza a esternalizzare i problemi sostanzialmente permette all’Europa di sottrarsi alle proprie responsabilità – il che è inaccettabile. Le risorse aggiuntive stanziate per Frontex non potranno mai essere un surrogato della necessaria solidarietà che deve unire gli Stati membri, mettendoli in condizione di agire congiuntamente al fine di dare accoglienza a persone bisognose di protezione internazionale e a una forza lavoro straniera che è necessaria per poter affrontare le sfide democratiche del futuro.
Quali provvedimenti state adottando per garantire una solidarietà reale e per dare soluzioni reali alle sofferenze degli immigrati?
Rita Borsellino (S&D). - Signor Presidente, onorevoli colleghi, Signor Commissario, signor ministro, nei giorni scorsi, presentando il piano europeo per l'asilo, lei stesso, Commissario Barrot, ha parlato di fermezza contro l'immigrazione irregolare e di umanità nell'accogliere i perseguitati. Tradotto in termini giuridici significa garantire protezione e diritto di asilo a chi fugge dalla fame, dalle guerre e dalle persecuzioni, evitare che sia espulso verso paesi dove rischia la vita o un trattamento disumano.
È praticamente il contrario di quello che fa il governo italiano, come dimostra l'ultimo grave episodio del respingimento dei 75 immigrati provenienti dall'Eritrea e dalla Somalia in Libia, respingimento avvenuto senza verificare quantomeno se vi fossero potenziali richiedenti asilo, come prevede il diritto internazionale e come ha denunciato ieri l'Alto Commissariato per i diritti umani dell'ONU. Un accordo Italia e Libia non può trasformare quel tratto di mare in una zona franca dove sono violati i diritti umani.
Chiedo, dunque, alla Commissione di intervenire quanto prima per far ristabilire e rispettare le regole del diritto internazionale. Chiedo inoltre di sapere a che punto è il negoziato dell'accordo bilaterale tra Unione europea e Libia, in corso già da alcuni anni? Quando si prevede di concluderlo? Possono il Consiglio e la Commissione confermare che tale accordo prevarrebbe su quello bilaterale tra Italia e Libia? Potete illustrarne a questo Parlamento i punti principali in materia di contrasto dell'immigrazione clandestina e di garanzie per il diritto di asilo e il principio di non respingimento?
Anna Maria Corazza Bildt (PPE). - (EN) Signor Presidente, è per me un grande piacere prendere la parola per la prima volta in questa plenaria per congratularmi con il ministro Billström per la sua accurata conoscenza (e, avendo io origini italiane, sono legittimata a dirlo) della grave situazione in cui si trovano i popoli e i paesi del Mediterraneo.
Accolgo con favore il suo impegno per il raggiungimento di un consenso sulla politica europea comune d’immigrazione, di cui si avverte l’esigenza impellente. Accolgo inoltre con favore la sua iniziativa di istituire un funzionario di sostegno per l’asilo, un modo pragmatico e concreto di assistere gli Stati membri che si sentono oberati e di instaurare una collaborazione tra i vari paesi.
Desidero chiedere al ministro Billström se, a parte i provvedimenti di cui ha già parlato, possa esporci più nel dettaglio le misure da intraprendere per aiutare i popoli e i paesi del Mediterraneo, con il suo approccio improntato all’umanità, alla solidarietà e all’intransigenza di fronte a ogni forma di illegalità.
Georgios Papastamkos (PPE). – (EL) Signor Presidente, abbiamo indubbiamente bisogno di una politica d’immigrazione comune e dobbiamo anche rafforzare la cooperazione con i paesi terzi rendendola più coerente ed efficace. Nel quadro di tale cooperazione, a Libia e Turchia spetta un ruolo di primo piano, come è emerso dalla discussione.
La Turchia ha un comportamento provocatorio e sta ripetutamente facendo ostruzionismo. Voglio che il Parlamento europeo ne prenda atto e intendo dire chiaramente al Commissario Barrot che la Turchia impedisce agli elicotteri e agli aerei di Frontex di compiere le missioni europee di cui sono incaricati e di adempiere i loro doveri europei. I deputati europei del partito Nuova democrazia hanno condotto un’indagine parlamentare. Commissario Barrot, riceverà informazioni dettagliate su questi episodi di provocazione e sul comportamento provocatorio della Turchia.
Per quanto attiene alla riammissione e al reinsediamento, dobbiamo potenziare ulteriormente Frontex e organizzare voli congiunti di rimpatrio. Commissario Barrot, signor Presidente, vi prego di recarvi urgentemente in visita in Libia e Turchia, perché il problema è molto grave. Non aspettate la fine dell’anno. Oggi o domani...
(Il presidente interrompe l’oratore)
Barbara Lochbihler (Verts/ALE). – (DE) Signor Presidente, ai funzionari di frontiera degli Stati europei è proibito respingere e allontanare sotto scorta potenziali richiedenti asilo che arrivano via mare, impedire loro di proseguire il viaggio o riportarli in paesi non aderenti all’Unione europea. Così sancisce la convenzione europea sui diritti dell’uomo. Oggi ci sono stati illustrati ancora una volta esempi di come Frontex non dia esecuzione a queste norme. Pertanto, occorre compiere controlli, dei quali abbiamo bisogno in qualità di deputati al Parlamento europeo perché è nostra responsabilità assicurare che le disposizioni della convenzione europea sui diritti dell’uomo siano rispettate.
La domanda che vi rivolgo è la seguente: in quale misura siamo in grado di verificare se i funzionari addetti ai controlli di frontiera in acque internazionali si attengono ai requisiti di legge previsti per i diritti umani? Da anni sappiamo che Frontex viola i dritti umani a livello di casi individuali, ma, considerando le sue attività nel loro complesso, sta anche minando pesantemente la credibilità dell’Unione europea sotto il profilo della tutela dei diritti umani.
Alf Svensson (PPE). – (SV) Signor Presidente, la ringrazio, Presidente Billström. Mi chiedo se, talvolta, non ci fissiamo un po’ troppo sulle parole “immigrazione clandestina” Dopo tutto, non c’è nulla di clandestino nel fuggire per salvarsi la vita, visto che i diritti umani e le libertà fondamentali valgono per tutti ovunque.
Vorrei sottolineare che è vitale anche capire qual è la situazione nei paesi dai quali la gente scappa. Forse l’Unione europea potrebbe essere più attiva e fare di più in quei paesi, affinché le persone non siano più costrette ad andarsene – solo per essere poi etichettate come immigrati clandestini. Forse, e l’ho già rilevato, ci fissiamo troppo sul termine “clandestino”. Come ho detto, è perfettamente lecito chiedere il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali dentro e fuori l’Unione europea.
Antonio Cancian (PPE). - Signor Presidente, onorevoli colleghi, stamattina sembrava di essere al Parlamento italiano con la sua presidenza e quindi... ritengo però che l'immigrazione significa sicurezza e rispetto dei diritti umani. Purtroppo però la globalizzazione e l'apertura dell'Unione europea a 27 paesi, tutto troppo in fretta e non si sono prese le contromisure adeguate per far sì che la sicurezza e il rispetto dei diritti umani possano essere salvaguardati.
Ho sentito la Commissione: bene sulla strategia, ottimi gli interventi futuri, ma qui si dimentica che il problema è contingente, è drammatico, siamo in uno stato di emergenza: quello che è stato detto stamattina vale in una situazione normale, ma oggi – soprattutto in Italia – non siamo una situazione normale. Quindi prego la Commissione di guardare più alla tattica che alla strategia e considerare che questo problema è europeo a tutto gli effetti, grazie.
Presidente. − Sicuramente la presidenza pro tempore è italiana, ma il dibattito è stato tutt'altro che casalingo, è stato fortunatamente, diciamo, ha spaziato e ha avuto un contributo da più parti e da più sensibilità dell'Unione europea.
Tobias Billström, presidente in carica del Consiglio. – (SV) Signor Presidente, desidero iniziare ringraziandovi tutti per questa discussione così interessante. Oggi sono state espresse molte opinioni apprezzabili. Vorrei ricordare le parole dell’onorevole Busuttil su una maggiore collaborazione con la Libia. Spero di poter visitare quel paese insieme con il commissario Barrot per avviare contatti, mentre proseguirà la collaborazione con la Turchia. Condivido la posizione dell’onorevole Aguilar, presidente della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni, secondo cui un modo per affrontare il problema dell’immigrazione clandestina consiste nell’aprire la strada all’immigrazione regolare, la qual cosa consentirebbe, per esempio, di alleviare la pressione sul sistema di asilo.
Dobbiamo affrontare il problema delle organizzazioni criminali che sfruttano la disperazione della gente. La presidenza svedese convocherà un’apposita conferenza a Bruxelles per discutere di questo tema e della lotta contro la tratta di esseri umani. Per la presidenza svedese è assolutamente prioritario trovare un accordo sull’ufficio europeo di sostegno per l’asilo e migliorare la collaborazione concreta. Speriamo ovviamente che il Parlamento europeo ci sostenga in questi nostri sforzi.
All’onorevole Alfano voglio dire che è importante che le disposizioni di legge adottate dal Consiglio europeo siano rispettate e che tutti gli Stati membri le applichino come stabilito. E’ importante altresì coinvolgere nel nostro lavoro l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, per poter conseguire quell’elevata qualità cui miriamo. Devo dire anche che condivido la valutazione dell’onorevole Kirkhope sull’importanza di distinguere tra asilo e immigrazione di lavoratori. Questo ragionamento ci porta, naturalmente, alla conclusione che l’Unione ha bisogno di un sistema di asilo comune europeo e deve offrire migliori opportunità di immigrazione legale ai lavoratori, tenendo conto delle esigenze nazionali, della certezza del diritto e della tutela dal dumping salariale e dallo sfruttamento sociale.
Se riusciremo a realizzare tutto ciò, non ci sarà bisogno delle politiche prospettate dagli onorevoli Meyer, Batten e Bontes. Quello che serve è una politica di immigrazione ragionevole e ben ponderata per migliorare la struttura demografica dell’Unione europea e rafforzare l’economia e il benessere dei cittadini.
Gli onorevoli Corazza Bildt e Svensson si sono interrogati su come dovremmo affrontare i fatti tragici che accadono nel Mediterraneo. Non esiste una soluzione unica al problema dell’immigrazione; serve invece un pacchetto di iniziative diverse da attuare in settori diversi. Particolarmente importante è potenziare la cooperazione con i paesi di origine e di transito; per esempio, bisogna incrementare la cooperazione allo sviluppo con quei paesi per promuovere stabilità, sicurezza e sostenibilità.
I paesi di origine e di transito e gli Stati membri dell’Unione devono inoltre migliorare i loro servizi di salvataggio in mare. Occorre anche attribuire più chiaramente ai diversi paesi le responsabilità per le operazioni di salvataggio in mare. Dobbiamo altresì arrivare a un’interpretazione comune delle norme sui salvataggi in mare sotto il profilo del diritto alla protezione internazionale, da un canto, e ai sensi del diritto internazionale marittimo, dall’altro.
Infine, a nome mio personale e della presidenza, vi ringrazio vivamente per avermi offerto l’opportunità di venire qui, al Parlamento europeo, a esporvi le nostre posizioni. E’ importante sottolineare che la nostra strategia deve fondarsi su una molteplicità di elementi e di iniziative. Penso che la discussione odierna lo abbia dimostrato chiaramente. Molte grazie.
(Applausi)
Jacques Barrot, vicepresidente della Commissione. − (FR) Signor Presidente, questa discussione ha dimostrato, se ancora ve ne fosse stato bisogno, quale sia la portata dei problemi dell’immigrazione.
Vorrei sottolineare che il nostro approccio deve trovare un punto di equilibrio tra il rifiuto dell’immigrazione clandestina – che, voglio aggiungere, spesso è opera di contrabbandieri e trafficanti -, il desiderio di promuovere un certo tipo di migrazione legale, come contrappeso alla lotta contro l’immigrazione clandestina – e questa è una decisione che spetta agli Stati membri -, e il desiderio di garantire, in ogni caso, il dovere di concedere asilo.
Vorrei anzitutto replicare molto brevemente in merito alla questione Frontex e far presente che stiamo preparando una proposta di modifica del regolamento di Frontex e dei suoi metodi operativi. Ho preso buona nota del vostro auspicio di una maggiore trasparenza.
Dall’altro lato, stiamo anche cercando di chiarire le norme che dovrebbero contribuire ad assicurare una coerente applicazione del diritto comunitario nel contesto delle operazioni di Frontex.
Per quanto riguarda i problemi dell’Italia, devo dire che in luglio abbiamo inviato alle autorità italiane una lettera in cui chiedevamo ogni informazione utile sui respingimenti delle imbarcazioni intercettate in acque internazionali. Abbiamo appena ricevuto una risposta dalle autorità italiane e i nostri servizi la stanno ora esaminando con grande attenzione.
Vorrei aggiungere che la normativa comunitaria impone agli Stati membri di compiere le operazioni di controllo delle frontiere in conformità del principio di non respingimento, il quale stabilisce che uno Stato non può riportare persone in un territorio in cui possono correre il rischio di subire torture, punizioni o trattamenti inumani o degradanti. Nel caso dei richiedenti asilo e dei rifugiati, essi non possono essere mandati laddove la loro vita e la loro libertà potrebbero essere minacciate in ragione della loro razza, religione o nazionalità. In sintesi, ci stiamo adoperando per garantire il mantenimento di questo dovere di protezione.
Desidero infine ribadire il nostro desiderio, mio e del presidente Billström, di avviare con la Libia, da un lato, e con la Turchia, dall’altro, un dialogo effettivo che ci consenta di arrivare al nocciolo del problema, per poter collaborare in materia di controlli delle frontiere nell’ottica di prevenire la migrazione clandestina; ma vogliamo anche verificare come mettere in atto procedure idonee in quei paesi mediterranei, con il sostegno dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, per evitare che coloro che hanno veramente diritto di ricevere asilo si debbano rivolgere a contrabbandieri e trafficanti per raggiungere le coste europee, ma possano invece presentare la richiesta di asilo in quei paesi.
Si tratta dunque di un dialogo importantissimo, che si svolgerà nel corso di quest’ultimo trimestre. Ringrazio la presidenza svedese per la sua disponibilità a collaborare così efficacemente.
Concludo ribadendo che abbiamo bisogno di una strategia europea per i flussi migratori. Crediamo che gli Stati membri debbano realmente essere più solidali l’uno nei confronti dell’altro, perché devono affrontare gli stessi problemi. Va detto che l’immigrazione clandestina, a ben guardare, colpisce tutti gli Stati membri, non soltanto quelli ai confini esterni dell’Unione.
Ritengo sia veramente importante mettere in pratica questa solidarietà. Proponiamo che ciò avvenga su base volontaria, una base volontaria che, però, dovrà indubbiamente essere formalizzata e diventare una risposta effettiva ai problemi.
Questo è tutto; non intendo prolungare ulteriormente le mie repliche. Ho preso molti appunti durante gli interventi dei vari oratori.
Vorrei concludere lanciando un appello piuttosto urgente al Parlamento europeo affinché ci aiuti in particolare a elaborare questa strategia, questa politica di asilo europea. Desidero sottolineare – visto che la questione è stata sollevata – che volevamo migliorare l’applicazione dell’accordo di Dublino concedendo una certa flessibilità. A tal fine abbiamo chiesto al Consiglio e al Parlamento il permesso di istituire l’ufficio europeo di sostegno per l’asilo entro la fine dell’anno; stiamo inoltre lavorando all’armonizzazione delle procedure di presentazione delle domande. Tutto ciò si traduce in una vera politica di asilo europea, che reputo essere pienamente in linea con i valori su cui, a mio parere, esiste consenso in Europa. Noi crediamo in questi valori, che devono essere messi in pratica.
Sono in ogni caso grato al Parlamento europeo per l’aiuto che ci dà in questo difficile compito.
(Applausi)
Presidente. − La discussione è chiusa.
Dichiarazioni scritte (articolo 149 del regolamento)
Elisabetta Gardini (PPE), per iscritto. – L'immigrazione clandestina è un vero e proprio flagello che da vari anni colpisce soprattutto i Paesi meridionali dell'Unione europea, in particolare l'Italia, Malta e la Spagna. È noto che fra tutti gli Stati membri dell'Unione europea il governo italiano accoglie il numero più elevato di immigrati clandestini, disperati provenienti essenzialmente dal continente africano, alla ricerca di un futuro migliore.
Contrariamente a quanto asserito da esponenti della sinistra italiana che per l'ennesima volta usano in modo inappropriato la sede del Parlamento europeo per lanciare attacchi ingiustificati al governo italiano Berlusconi, i centri di prima accoglienza assicurano cure mediche, vitto e alloggio nonché un'assistenza legale per tutto il periodo necessario a determinare se il clandestino possa rimanere sul territorio italiano o se, in virtù di accordi internazionali, debba essere rispedito in patria.
Occorre urgentemente adottare misure comunitarie efficienti in materia di immigrazione e di asilo. Non si può credere seriamente che l'Italia possa accollarsi tutti gli oneri di un fenomeno destinato ad espandersi in modo esponenziale.
Alcuni deputati hanno ventilato l'ipotesi di stabilire delle "quote clandestini". Si tratta di buoni propositi non sostenuti, purtroppo, da una concreta volontà politica: proprio di recente la presidenza svedese ha sottolineato la difficoltà nel fare accettare le quote stesse.
Louis Grech (S&D), per iscritto. – (EN) Accolgo con favore questa discussione, che richiama l’attenzione sulle frammentate e incoerenti politiche comunitarie in materia di controlli delle frontiere, immigrazione e richiedenti asilo. Mi fa piacere apprendere che il Consiglio e la Commissione riconoscono che tali questioni sono prioritarie; finora, però, per affrontarle sono state messe in atto solo mezze misure che non hanno prodotto risultati significativi. Si ha l’impressione che manchi, a livello europeo, la volontà politica di stanziare risorse sufficienti per occuparsi di tali problematiche nel modo giusto. Per il momento, gli Stati membri posti lungo i confini esterni dell’Unione stanno sostenendo la maggior parte degli oneri e la loro situazione peggiora di giorno in giorno a causa della mancanza di risorse e capacità. Di recente ,si è discusso di alcune proposte valide, quali il riesame del mandato di Frontex, un programma europeo per il reinsediamento dei rifugiati e la creazione di un ufficio europeo di sostegno per l’asilo. Sollecito la Commissione ad attivarsi in tempi brevi per tradurre in pratica queste proposte. Abbiamo bisogno di altre soluzioni fondate su un approccio che preveda la condivisione degli oneri, perché è questa l’unica risposta adeguata. La Commissione e il Consiglio devono dimostrare maggiore fermezza e dare a Frontex i fondi di cui ha bisogno Per proteggere le nostre frontiere in maniera efficace, Frontex deve disporre di strumenti e risorse proprie e deve essere operativo tutto l’anno.
Marian-Jean Marinescu (PPE), per iscritto. – (RO) Con il futuro allargamento dell’area Schengen sarà ancora più importante garantire la sicurezza dei confini esterni della Romania e, quindi, anche il compito di Frontex in Romania diventerà più rilevante. Frontex deve svolgere un ruolo sempre maggiore nel processo volto a migliorare il monitoraggio e il controllo delle frontiere esterne della Romania, che costituiscono oltre 2 000 km delle frontiere esterne dell’Unione europea e quindi, in altri termini, i futuri confini esterni dell’area Schengen. Nell’ultimo anno Frontex ha firmato accordi di cooperazione con la Russia e con i paesi dell’ex Repubblica di Iugoslavia, oltre che con l’Ucraina e la Moldova. Ciò rappresenta un passo avanti verso la gestione di tutti i confini. Adesso sarebbe opportuno che la Commissione europea valutasse in quale modo Frontex può utilizzare questa base giuridica. La possibilità di firmare accordi di cooperazione con altri paesi terzi è un’altra questione che la Commissione deve prendere in considerazione. Firmare quanti più accordi possibile di questo tipo faciliterà l’effettivo coordinamento di operazioni congiunte e contribuirà pertanto al rispetto dei diritti umani e delle libertà civili e alla lotta contro la criminalità transfrontaliera.
Tiziano Motti (PPE), per iscritto. – Condivido l'affermazione del Presidente Buzek: "L'immigrazione ha sempre portato vantaggi all'Europa", in quanto si riferisce all'immigrazione regolamentata, integrata e rispettosa delle istituzioni e delle leggi del paese di destinazione. Quando si rende necessario un ricambio sociale e professionale, quando lo scambio culturale arricchisce i popoli, l'immigrazione è fonte preziosa. Le nostre radici giudaico-cristiane ci offrono la visione di carità e accoglienza verso chi soffre.
Ma quando la clandestinità crea emergenza, disagio, criminalità, insicurezza, si rende necessaria una strategia concreta, di integrazione misurata al grado di sopportazione demografica dei paesi. È un'illusione ottica credere che il problema sia circoscritto ai paesi che si affacciano sul Mediterraneo: la libera circolazione dei cittadini nell'UE non può che favorire la libera circolazione di tanti immigrati clandestini convertiti alla criminalità. L'interesse di tutti gli Stati europei è morale e diretto, perché correlato al problema della criminalità e della sicurezza di mezzo miliardo di cittadini che ci hanno conferito un mandato per essere tutelati con azioni urgenti e concrete, sia nei confronti dei problemi già esistenti sia nei confronti di quelli la cui rapida evoluzione è prevedibile. I diritti dei cittadini non possono essere barattati con l'indifferenza generale degli Stati membri o con solonici ammonimenti della Commissione europea.
David Casa (PPE), per iscritto. − (EN) A seguito delle sentenze della Corte di giustizia nelle cause Open Skies, la Commissione ha disposto la sostituzione degli accordi bilaterali stipulati tra un qualunque Stato membro e i paesi terzi con i corrispondenti accordi comunitari, negoziando un accordo che rimpiazzerà gli accordi bilaterali tra la Mongolia e certi Stati membri.
Nuno Teixeira (PPE), per iscritto. – (PT) Questa proposta ha come obiettivo quello di sostituire alcune disposizioni derivanti dagli accordi bilaterali sui servizi aerei raggiunti nel passato dagli Stati membri dell'Unione Europea e dal governo della Mongolia e concerne degli aspetti che ritengo essere di importanza cruciale quali, ad esempio, questioni tecniche, tassazione del carburante e tariffe.
Accolgo favorevolmente, in particolare, l’importanza attribuita all’osservanza della legislazione comunitaria sulla concorrenza, poiché alcune disposizioni dei precedenti accordi bilaterali erano chiaramente anticoncorrenziali. Approvo quindi la relazione Simpson poiché in linea con questi orientamenti generali.
David Casa (PPE), per iscritto. − (EN) Quando la Romania e la Bulgaria entrarono nell’Unione europea, fu specificato nel relativo atto di adesione che sarebbe stato redatto un protocollo di modifica dell’accordo sul trasporto marittimo tra l’Unione europea e i suoi Stati Membri e la Cina. Voto a favore della conclusione di tale protocollo.
Luís Paulo Alves (S&D), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della relazione per la mobilitazione del Fondo di solidarietà dell’Unione Europea a favore della Francia poiché ritengo che questo aiuti i paesi a rispondere in maniera efficace e flessibile alle situazioni generate da disastri naturali e, in questo specifico caso, la tempesta che ha colpito la regione sud-occidentale della Francia, provocando danni molto gravi. Si ricorre alla mobilitazione di questo strumento finanziario di solidarietà quando i danni provocati da una catastrofe naturale sono talmente gravi che le risorse nazionali non risultano sufficienti per rispondere efficacemente alla crisi, con l’obiettivo di stimolare la ripresa economica e soddisfare le esigenze dello Stato membro colpito.
Jean-Pierre Audy (PPE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione del mio stimato collega tedesco e amico, onorevole Böge, che esorta il Parlamento Europeo ad approvare la proposta concernente la decisione di mobilitare il Fondo europeo di solidarietà e fornire circa 109 milioni di euro in stanziamenti di impegno e pagamento per il 2009 alla Francia, colpita dal disastro causato dal passaggio della tempesta Klaus che, nel gennaio 2009, ha interessato 31 dipartimenti nella parte sud-occidentale del paese provocando gravi danni, stimati intorno ai 4 miliardi di euro. Vorrei, inoltre, cogliere l’occasione per congratularmi con l’onorevole Lamassoure, presidente della commissione parlamentare per i bilanci, per la celerità con cui ha affrontato tale questione in cooperazione con i servizi della Commissione europea.
David Casa (PPE), per iscritto. − (EN) Nel gennaio del 2009 una tempesta ha causato danni gravissimi nella Francia sudoccidentale, al punto da consentire allo Stato di richiedere i finanziamenti del Fondo di solidarietà dell’Unione europea. Ho votato a favore della loro mobilitazione.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) Ritengo che la solidarietà tra gli Stati membri dell’Unione Europea e, in particolare, il sostegno europeo ai paesi colpiti da disastri evidenzino chiaramente che l’Unione Europea non è più soltanto una zona di libero scambio. Attraverso l’adozione di strumenti di aiuto straordinario, quali il Fondo europeo di solidarietà, la Comunità che cerchiamo di rendere ‘unita nella diversità ’ dimostra la propria capacità di rimanere unita e diversa anche in situazioni che comportano la mobilitazione di ingenti risorse umane e materiali. Questo è senza dubbio un aspetto che accolgo con il massimo favore.
Auspico che il Fondo di solidarietà non sia utilizzato molto spesso e che, quindi, l’Europa non sia colpita da molte situazioni di emergenza. Auspico, inoltre, che la sua struttura e disponibilità siano costantemente migliorate e riesaminate di frequente, in modo tale da poter rispondere a ogni tipo di esigenza concreta rapidamente e senza difficoltà burocratiche.
A tal proposito, vorrei fare riferimento agli incendi che hanno devastato il mio paese, in particolare nel 2003, e riconoscere l’importanza e l’utilità che hanno avuto meccanismi come questo Fondo. Ritengo che la gravità della difficile situazione che ha interessato la Francia nel gennaio scorso giustifichi pienamente la mobilitazione del fondo. La schiacciante maggioranza di voti espressi a favore nella commissione per i bilanci conferma l’efficacia di questa misura.
Véronique Mathieu (PPE), per iscritto. – (FR) Accolgo con favore l’intervento del Fondo europeo di solidarietà, del quale beneficerà la Francia, per sostenere la riparazione dei danni causati dalla tempesta del gennaio 2009 che ha colpito molto gravemente il settore forestale europeo e francese. La somma di denaro garantita dovrebbe essere disponibile entro ottobre 2009, ovvero nove mesi dopo la tempesta. La tempistica di questo intervento è sicuramente più rapida rispetto al tempo richiesto in media per l’intervento del Fondo, ovvero circa un anno a partire dal verificarsi del disastro fino al pagamento degli aiuti.
Se, da un lato, è giusto sottolineare questi progressi, dall’altro è necessario continuare a invocare una maggiore rapidità nella mobilitazione del Fondo. L’attuale procedura di gestione del Fondo di solidarietà rende tutto più complicato. Ciononostante, la Commissione europea ha avanzato una proposta di riesame per il regolamento che è stata sostenuta dalla grande maggioranza del Parlamento nel maggio 2006. Mi rincresce che il Consiglio non si sia ancora occupato della questione e vorrei incoraggiare a considerare, nel più breve tempo possibile, l’opportunità di rendere operativo il Fondo europeo di solidarietà in maniera più rapida.
Jean-Pierre Audy (PPE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione del mio stimato collega tedesco e amico Böge, che esorta il Parlamento Europeo ad approvare la proposta di mobilitazione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) per fornire 4,1 milioni di euro in stanziamenti di impegni e pagamenti, con l’obiettivo di sostenere il settore tessile in Spagna e Portogallo (Catalogna e regioni centro-settentrionali). Lo scopo è quello di sostenere i lavoratori colpiti dalle conseguenze dovute ai notevoli cambiamenti avvenuti nella struttura del commercio internazionale e aiutarli ad immettersi nuovamente nel mercato del lavoro. Condivido appieno il punto di vista dei miei onorevoli colleghi per quanto concerne l’accelerazione del meccanismo di mobilitazione di questo fondo e la necessità di verificarne la complementarietà con altri strumenti esistenti quali, ad esempio, il Fondo sociale.
Edite Estrela (S&D), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio riguardante la mobilitazione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione per fornire un sostegno supplementare ai lavoratori portoghesi interessati dai licenziamenti nel settore tessile, che hanno subito le conseguenze dei significativi cambiamenti strutturali avvenuti nell’ambito dei modelli commerciali internazionali.
La mobilitazione di 832 800 euro provenienti dal Fondo ha l’obiettivo di re-integrare i lavoratori nel mercato del lavoro attraverso dei piani individuali per l’occupazione, elaborati insieme ai lavoratori stessi e che includono strategie per lo sviluppo delle capacità personali e per l’inserimento nel mercato del lavoro.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) Il sostegno dell’Unione europea, in particolare attraverso il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione, è di fondamentale importanza per sostenere coloro che hanno perso il proprio lavoro a causa delle delocalizzazioni avvenute nel mercato globalizzato. Negli ultimi anni, in modo particolare a causa della crisi economica mondiale, il Portogallo ha risentito degli effetti derivanti dal problema del riassorbimento e della reintegrazione dei disoccupati nel mercato del lavoro.
Numerosissime aziende hanno delocalizzato i propri stabilimenti per approfittare del minore costo del lavoro in Cina e India, ad esempio, con conseguenze molto pesanti per l’intera economia nazionale. L’approvazione dello stanziamento di fondi derivanti dal Fondo per aiutare questi lavoratori è di fondamentale importanza non solo per migliorare la loro situazione individuale e familiare, ma anche per l’intera economia nazionale, poiché l’obiettivo di lungo termine di queste misure straordinarie è quello di aiutare i lavoratori coinvolti a trovare e mantenere un nuovo impiego.
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore poiché ritengo che questo sostegno sia importante per i lavoratori portoghesi. Tuttavia, credo che la richiesta del Portogallo non sia stata abbastanza ambiziosa. Il governo portoghese ha richiesto al Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) 833 euro per ogni lavoratore licenziato nel settore tessile, mentre la Spagna ha richiesto 3 006 euro per lavoratore nello stesso settore.
Inoltre, ritengo in qualche modo sorprendente il fatto che, a fronte della crisi economica e del continuo aumento del tasso di disoccupazione, in cui si risentono gli effetti della globalizzazione, il Fondo abbia ricevuto ed accettato un numero così ridotto di richieste da parte degli Stati membri. Il Fondo ha infatti a disposizione 500 milioni di euro per tutti gli Stati membri quest’anno e, fino ad oggi, sono stati utilizzati solo circa 60 milioni di euro.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Abbiamo votato a favore di questa relazione poiché il Parlamento europeo ha dato il via libera affinché il Portogallo potesse ricevere 832 800 euro per aiutare i lavoratori licenziati nell’industria tessile delle regioni del Nord e del Centro del paese. Si tratta, tuttavia, di una somma di denaro abbastanza ristretta, una misura meramente palliativa, vista la vasta portata della disoccupazione in Portogallo al momento attuale, in particolare in quelle regioni.
Come noto, il Portogallo ha richiesto questo denaro alla Commissione europea a gennaio di quest’anno con riferimento a 1 588 licenziamenti riportati tra i mesi di febbraio e novembre 2008 in 49 industrie tessili nella regione settentrionale e in quella centrale del paese.
Tuttavia, è stato approvato anche lo stanziamento di 3 306 750 euro per sostenere 1 720 lavoratori licenziati da 30 industrie tessili in Catalogna, Spagna.
Tuttavia, la reale necessità risiedeva nell’elaborazione di una politica per sostenere la produzione, in particolare nel settore tessile, per evitare ulteriori chiusure di industrie e ulteriori licenziamenti.
Patrick Le Hyaric (GUE/NGL), per iscritto. – (FR) Pur concordando con il principio di base, ritengo che la gravità della crisi richieda disposizioni di tutt’altro tenore, come ad esempio garantire alle piccole e medie imprese l’accesso al credito. Provvedimenti simili portano infatti occupazione, sviluppo del territorio e delle capacità umane.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. − (DE) Le proposte di mobilitazione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG), avanzate dalla Spagna e dal Portogallo, evidenziano, ancora una volta, le conseguenze della globalizzazione. Nei paesi del sud-est asiatico e, in particolare, nelle zone economiche speciali, dove i lavoratori sono sfruttati senza nemmeno la garanzia di standard sociali minimi, i prodotti tessili sono fabbricati a prezzi sottocosto e poi venduti sul mercato europeo.
Le imprese europee che rispettano i diritti sociali dei lavoratori, sanciti e ottenuti nel corso di decenni, si trovano in una situazione svantaggiosa a causa degli elevati costi che finiscono per gravare sui loro bilanci. Dobbiamo porre fine immediatamente a questa situazione e imporre, nel più breve tempo possibile, un divieto sull’importazione nell’Unione europea di prodotti che non siano stati fabbricati in osservanza di specifici standard sociali minimi. Finché non raggiungeremo questo obiettivo, possiamo solo operare per ridurre i danni causati dalla globalizzazione nei paesi interessati. Pertanto ho votato senza riserve a favore dello stanziamento di aiuti dal Fondo.
Nuno Teixeira (PPE), per iscritto. – (PT) Nel riconoscere l’impatto avverso della globalizzazione, che è davvero evidente nelle regioni industriali dell’Europa, il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) si inscrive nella solidarietà del progetto europeo e lo avvicina ai cittadini fornendo assistenza ai lavoratori maggiormente colpiti da questi cambiamenti. Le regioni del Portogallo centro-settentrionali, dove l’economia era basata su settori tradizionali come l’industria tessile, hanno intrapreso un processo di modernizzazione a partire dai primi anni novanta, nel tentativo di adattarsi ad una concorrenza in rapido aumento.
L’industria tessile impiega circa il 15 per cento della forza lavoro di queste aree del paese e circa il 98 per cento della disoccupazione nel settore in tutto il paese si concentra in queste due regioni. Il peggioramento delle condizioni economiche che ha colpito queste e altre regioni, in particolar modo le zone ultraperiferiche come Madeira, dove il turismo è molto importante, ha comportato conseguenze allarmanti per la coesione sociale, soprattutto a causa dell’aumento della disoccupazione. Sostengo, dunque, la mobilitazione di 832 800 euro dal Fondo alla luce dei 1 588 licenziamenti nell’industria tessile delle regioni centro-settentrionali del Portogallo. Questa somma di denaro deve essere usata saggiamente per riqualificare questi lavoratori e favorirne un rapido e duraturo reinserimento nel mercato del lavoro.
David Casa (PPE), per iscritto. − (EN) La relazione riguarda la revisione delle risorse proprie tradizionali, dell’IVA e dell’RNL (reddito nazionale lordo), e dispone l’adattamento delle previsioni economiche. Data la tecnicità della proposta, dichiarerò semplicemente che ho votato a favore.
David Casa (PPE), per iscritto. − Nel gennaio del 2009 una tempesta ha causato danni gravissimi nella Francia sudoccidentale, al punto da consentire allo Stato di richiedere i finanziamenti del Fondo di solidarietà dell’Unione europea. Sono favorevole ad adottare la linea d’azione proposta dalla relatrice nell’accogliere la proposta di bilancio rettificativo 7/2009.
Patrick Le Hyaric (GUE/NGL), per iscritto. – (FR) Ritengo sia inaccettabile aver accorpato nella stessa votazione gli stanziamenti per promuovere la vaccinazione contro il virus della febbre catarrale ovina e gli stanziamenti per l’Europol e l’Eurojust. Mi esprimo a favore degli stanziamenti per debellare la febbre catarrale ovina, ma sono contrario agli stanziamenti Europol e Eurojust.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. − (DE) Nel gennaio 2009 la Francia è stata colpita da una violenta tempesta, la tempesta Klaus, che ha causato una notevole devastazione in particolare alle infrastrutture del paese. L’obiettivo del Fondo di solidarietà è coprire parte dei costi legati ai danni che devono essere pagati dalle casse dello Stato. Questo caso soddisfa tutti i requisiti ed è per questo motivo e, in particolare, per ragioni di solidarietà transfrontaliera nei confronti dei cittadini francesi che sono stati e, in alcuni casi lo sono ancora, colpiti dalla tempesta Klaus, che ho votato a favore del progetto di bilancio rettificativo.
Robert Rochefort (ALDE), per iscritto. – (FR) Accolgo favorevolmente l’adozione odierna della relazione della nostra onorevole collega Haug, alla quale ho espresso il mio pieno sostegno. Attraverso questa votazione permettiamo che il Fondo di solidarietà dell’Unione europea sia mobilitato per la seconda volta quest’anno. Infatti, dopo aver aiutato la Romania, l’Unione europea sta ora mostrando la propria solidarietà al popolo francese che, nel gennaio 2009, ha risentito della forza devastatrice e violenta della tempesta Klaus, che è stata descritta come ‘grande catastrofe naturale’ e, in quanto tale, rispondente ai criteri richiesti per essere inclusa in questo fondo. In questo modo sono stati messi a disposizioni oltre 120 milioni di euro.
Come ben noto, questi aiuti sono estremamente necessari per i dipartimenti nel sud-ovest del mio paese che hanno subito dei danni considerevoli. Vorrei ringraziare gli onorevoli colleghi per aver votato a favore di questa relazione. Ovviamente, sarà necessario ora assicurarsi che il governo francese coinvolga in maniera equa le autorità locali in questo processo e che queste ultime non siano imbrogliate sulle modalità di utilizzo del denaro. Sarebbe, infatti, inaccettabile se il settore privato fosse l’unico a beneficiarne.
John Stuart Agnew, John Bufton and David Campbell Bannerman (EFD), per iscritto. − (EN) Riconosciamo l’effettiva necessità di una vaccinazione contro la febbre catarrale, soprattutto per gli allevatori di bovini e ovini nell’Inghilterra sudorientale, che, vaccinando per intero i propri capi di bestiame, hanno creato un cordone sanitario a contrasto della malattia e a tutto vantaggio dei loro colleghi delle zone nordoccidentali. Il voto a favore di un finanziamento comunitario per le vaccinazioni ci costringe a votare contemporaneamente per l’aumento degli stanziamenti a Eurojust e Europol, due agenzie che operano con modalità inaccettabili per il diritto britannico e rafforzano i poteri dello Stato a discapito della libertà individuale. E’ riprovevole che l’Unione europea cerchi di seppellire tali provvedimenti in relazioni come quella in esame, chiedendo poi ai membri di quest’Assemblea di esprimersi sul tutto anziché sulle singole parti. In tutta coscienza, non potevamo dunque votare per la relazione – il che spiega la nostra astensione.
David Casa (PPE), per iscritto. − (EN) La relazione in esame verte su una serie di modifiche al bilancio che istituiscono nuovi impegni per un valore complessivo di 51 640 000 di euro: tali stanziamenti saranno destinati alla lotta alla febbre catarrale ovina e alla creazione di un reattore ad alto flusso, in aggiunta ai fondi assegnati a Europol e all’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF). Il mio voto in proposito rispecchia la posizione della relatrice.
Derek Roland Clark (EFD), per iscritto. − (EN) Riconosco l’effettiva necessità di una vaccinazione contro la febbre catarrale ovina e mi rammarico per la posizione assunta dal governo britannico, che si rifiuta di assistere gli agricoltori del paese in questo frangente. La relazione contiene però anche provvedimenti del tutto estranei all’agricoltura, che avrebbero avuto ripercussioni disastrose sul Regno Unito: nella fattispecie, la relazione invoca un aumento dei finanziamenti a Eurojust ed Europol, agenzie che operano con modalità inaccettabili per il diritto britannico.
E’ riprovevole che l’Unione europea cerchi di seppellire tali provvedimenti in relazioni come quella in esame, chiedendo poi ai membri di quest’Assemblea di esprimersi sul tutto anziché sulle singole parti. In tutta coscienza, non potevo dunque votare per la relazione – il che spiega il mio voto in merito.
Nigel Farage (EFD), per iscritto. − (EN) Riconosco l’effettiva necessità di una vaccinazione contro la febbre catarrale ovina, e prendo al contempo atto dell’indisponibilità del governo britannico in questo importante ambito. La relazione contiene provvedimenti volti a porrei rimedio a questa situazione, ma dispone anche misure del tutto estranee all’agricoltura, che avrebbero avuto ripercussioni disastrose sul Regno Unito.
Nella fattispecie, la relazione invoca un aumento dei finanziamenti a Eurojust ed Europol, agenzie che operano con modalità inaccettabili per il diritto britannico. E’ riprovevole che l’Unione europea cerchi di seppellire tali provvedimenti in relazioni come quella in esame, chiedendo poi ai membri di quest’Assemblea di esprimersi sul tutto anziché sulle singole parti. In tutta coscienza, non potevo dunque votare per la relazione – il che spiega il mio voto in merito.
Mairead McGuinness (PPE), per iscritto. − (EN) Gli esponenti del Fine Gael in seno al gruppo PPE hanno votato a favore del progetto di bilancio rettificativo n. 8/2009. Prendiamo atto del fatto che la votazione contempla la creazione di una voce di bilancio per destinare stanziamenti aggiuntivi al reattore ad alto flusso (HFR) di Petten, nei Paesi Bassi. Originariamente, il macchinario era stato creato per esaminare i materiali adoperati con i reattori a fissione e a fusione, ma è poi divenuto indispensabile per la produzione di radioisotopi a scopi medici, al punto da coprire il 60 per cento della domanda europea. La relazione dispone inoltre un potenziamento del bilancio per la lotta alla febbre catarrale bovina e per l’assistenza alle politiche comunitarie e all’azione antifrode. Nel complesso, in considerazione del ruolo dell’HFR e della varietà di voci di bilancio considerate, la delegazione del Fine Gael ha votato a favore del progetto di bilancio rettificativo n. 8/2009.
Kyriacos Triantaphyllides (GUE/NGL), per iscritto. − (EN) Ho votato a favore della suddetta relazione, che prevede un aumento degli impegni di prestito per i programmi volti a debellare e individuare le patologie animali, nonché a osservare il benessere fisico delle specie che potrebbero rappresentare una minaccia per la sanità pubblica in associazione con fattori esterni.
Allo stesso tempo, desidero sottolineare il mio disaccordo sugli altri punti sollevati dalla relazione, che non avrebbero dovuto farne parte:
– la creazione della voce di bilancio 10 04 04 02 [Esercizio del reattore ad alto flusso (HFR)];
– la creazione della voce di bilancio 18 05 02 03 (Ufficio europeo di polizia);
– un rafforzamento della sovvenzione comunitaria ad Eurojust;
– modifiche all’organigramma dell’OLAF, senza ulteriori disposizioni finanziarie.
Marie-Christine Vergiat (GUE/NGL), per iscritto. – (FR) La relazione sul progetto di bilancio rettificativo n. 8/2009 dell’Unione europea per l’esercizio 2009 include dei punti in contraddizione. Infatti, concerne l’aumento delle risorse per eliminare la febbre catarrale negli ovini, il proseguimento di un programma di ricerca sull’utilizzo di un reattore nucleare nei Paesi Bassi, i programmi Europol e Eurojust e l’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF).
Ovviamente, nel votare contro questa bozza di relazione, non ho voluto prendere una posizione contraria a delle disposizioni che sono di vitale importanza per gli allevatori di ovini.
Ho voluto assumere una posizione contraria al persistente utilizzo del nucleare.
Ho voluto soprattutto ribadire il mio impegno per combattere la costruzione di una fortezza Europa, la cui unica preoccupazione sia la sicurezza, inefficace per garantire la sicurezza dei nostri cittadini, attraverso i bilanci Europol e Eurojust.
E’ necessario limitare queste politiche che, in nome della lotta all’insicurezza e al terrorismo, stanno progressivamente minando i diritti e le libertà fondamentali dei nostri concittadini, e riesaminare e ridefinire i mandati delle agenzie comunitarie e degli organismi coinvolti in queste politiche.
7. Correzioni e intenzioni di voto: vedasi processo verbale
(La seduta, sospesa alle 11.20, riprende alle 11.35)
PRESIDENZA DELL’ON. BUZEK Presidente
8. Allocuzione inaugurale del Presidente del Parlamento europeo
Presidente. – Signori Presidenti del Parlamento europeo, signori ministri, signori Presidenti e rappresentanti delle istituzioni europee, onorevoli colleghi e, soprattutto, miei cari amici.
Oggi mi trovo tra voi in qualità di tredicesimo presidente del Parlamento europeo eletto a suffragio diretto. Sono lieto della presenza di un alcuni ex presidenti: Emilio Colombo, Enrique Barón Crespo, Egon Klepsch, Klaus Hänsch, José María Gil-Robles, Nicole Fontaine, Pat Cox e Hans-Gert Pöttering.
(Applausi)
La vostra presenza è per noi un enorme privilegio.
Come dichiarato da molti di voi, la mia elezione rappresenta anche un simbolo, il simbolo del sogno di un continente unito, nelle mani dei cittadini, un sogno che nella nostra parte di Europa si è realizzato.
Onorevoli colleghi provenienti da Estonia, Lettonia, Lituania, Slovacchia, Repubblica Ceca, Ungheria, Slovenia, Romania, Bulgaria, Cipro e Malta, conosco e comprendo i timori, le necessità e le aspettative dei paesi che sono entrati di recente nell’Unione. Li conosco in quanto il mio paese li condivide. Tuttavia, ora condividiamo anche la responsabilità del futuro del nostro continente. Non esistono più la vecchia e la nuova Europa. E’ questa la nostra Europa. Un’Europa che vogliamo sia moderna e forte, e che deve essere percepita come tale dai suoi cittadini. Tutto ciò richiede vigore e impegno. Si tratta di un obiettivo che intere generazioni di europei hanno sognato e che merita il considerevole sforzo richiesto per la sua realizzazione. Io sono pronto a impegnarmi e a sostenere tali sforzi, poiché questi sogni sono stati anche i miei.
(Applausi)
Onorevoli colleghi, nell’aprire questa nuova legislatura, l’Europa – e noi stessi, i suoi rappresentanti – si confronta con numerose sfide. Dobbiamo farvi fronte. Dobbiamo ricordare che, nella lotta per un’Europa migliore, il Parlamento europeo svolge un ruolo speciale, che non è solo un ruolo istituzionale, ma anche sociale e profondamente simbolico. Il Parlamento europeo costituisce il nucleo del sistema democratico europeo e rappresenta il presupposto per la stabilità e la permanenza di tale sistema. Il Parlamento inoltre é un autentico custode degli ideali e dei valori rappresentati non solo dalle nostre decisioni e dai loro effetti concreti, ma anche dalle nostre discussioni. Tuttavia, il Parlamento europeo ha anche un altro compito da assolvere – quello di disegnare il nuovo volto dell’Europa, che deve rivolgersi oltre il presente, al di là di ciò che esse è attualmente, e verso ciò che essa dovrebbe diventare. Per riuscirvi dobbiamo armarci di fantasia, conoscenza, saggezza e, soprattutto, coraggio.
Hannah Arendt, filosofa tedesca di origine ebraica, diceva che la politica è l’unico settore della vita, ad eccezione della religione, in cui accadono i miracoli. Proprio venti anni or sono noi europei siamo stati testimoni di un tale miracolo, ed è per questo che crediamo nel poter del coraggio, della fantasia e della saggezza, e che tutti noi presenti condividiamo tale fede.
(Applausi)
Guardo con ottimismo alle sfide che ci attendono e che, a mio parere, ammontano a quanto segue: per cominciare, la crisi economica e la solidarietà europea, in secondo luogo l’energia e l’ambiente, terzo, la politica estera, quarto, i diritti umani e il nostro sistema di valori, quinto e ultimo, il nostro Parlamento e le sue riforme.
La questione più dolorosa e più difficile posta di fronte a noi è la crisi economica. Dobbiamo sconfiggerla e vi riusciremo. L’Europa ha assunto l’iniziativa, proponendo delle soluzioni ai vertici G8 e G20. Si tratta di soluzioni che, sebbene preservino il nostro modello sociale, sono in grado di aiutare il mondo a rimettere in sesto l’economia. Di fronte alla globalizzazione l’Europa deve parlare con una sola voce.
Ora, più che mai, in questo tempo di crisi, dobbiamo concentrarci sulla crescita economica e combattere la disoccupazione. Dobbiamo infondere nuova vitalità nei concetti che stanno alla base della strategia di Lisbona e trovare nuovi modi per investire in tecnologie avanzate, innovazione, educazione e risorse umane. Il bilancio comunitario può svolgere un ruolo importante nel garantire che i programmi di ricerca europei abbiano priorità e procedure chiare.
In base al nuovo trattato, Parlamento e Consiglio disporranno di poteri di bilancio di pari livello. La procedura di codecisione comprenderà l’agricoltura, la pesca, il commercio estero, la giustizia e gli affari interni; nel contempo assegnerà a queste istituzioni uguali responsabilità nel settore della spesa agricola.
Dobbiamo guardarci bene dalle tentazioni del protezionismo e della rinazionalizzazione delle politiche comuni. La politica di coesione deve continuare a essere una priorità nel prossimo bilancio comunitario se desideriamo raggiungere la piena integrazione del nostro continente riunificato. Il mercato unico è un nostro grande risultato. Dobbiamo proteggerlo e consolidarlo per garantire che l’Europa rimanga competitiva. Ciò significa che l’integrazione europea deve essere rafforzata e non indebolita. Dobbiamo avere il coraggio delle nostre convinzioni.
Se dobbiamo revitalizzare, comprendere e vivere nella Comunità che stiamo costruendo, due componenti saranno essenziali: la solidarietà e la coesione. Non può esistere una autentica comunità senza attenzione verso tutti, in special modo verso le componenti più vulnerabili – i disoccupati, i meno istruiti, i cittadini che risiedono in zone remote. La lotta alla disoccupazione è il principale obiettivo della presidenza svedese e noi l’assisteremo con vigore nell’assolvimento di tale compito.
Un tempo, oltre la cortina di ferro, per le strade si udiva il grido: “Non esiste libertà senza solidarietà”. Oggi potremmo dire “Senza solidarietà non esiste comunità”, né può esistere un’Europa moderna e forte.
(Applausi)
Non possiamo pensare di sconfiggere la crisi economica senza attingere all’ampio potenziale intellettuale, economico e creativo delle donne.
La crisi demografica richiede un sostegno alla famiglia e alla fertilità. Dobbiamo, inoltre, garantire che le donne non debbano sacrificare le loro carriere per la famiglia e per allevare i figli.
(Applausi)
In modo da superare la crisi demografica, nel rispetto dei nostri principi democratici, dobbiamo anche essere una comunità aperta. L’immigrazione ha sempre portato benefici all’Europa. E’ nostro compito proporre delle soluzioni che consentano di attirare gli immigrati in Europa, creando i presupposti per la loro integrazione, in cambio di una loro analoga apertura nei confronti di questo processo di integrazione.
Ci confrontiamo anche con una crisi energetica. Forse i cittadini europei non comprendono la geopolitica in astratto, ma la comprendono bene nel momento in cui si spengono gli impianti di riscaldamento. Dobbiamo continuare a diversificare le nostre risorse energetiche e incrementare gli investimenti nelle fonti rinnovabili di energia e nei combustibili fossili. L’energia nucleare è una delle fonti disponibili e sta ai singoli Stati membri decidere se farne uso.
Dobbiamo estendere la rete esterna dei gasdotti per evitare di dipendere da un unico paese. Dobbiamo potenziare i collegamenti tra le nostre reti elettriche e quelle dei gasdotti. Dobbiamo anche prendere in considerazione l’acquisto congiunto di gas, in modo da istituire un vero e proprio mercato energetico europeo fondato sulla solidarietà. Credo che sia giunta l’ora per una politica energetica comune dell’Unione, e mi impegnerò per raggiungere questo obiettivo.
(Applausi)
Il settore energetico è stato all’origine dell’istituzione della Comunità europea del carbone e dell’acciaio nel 1951, costituendo il nucleo iniziale da cui è poi nata la nostra Comunità. All’epoca, Robert Schuman disse “La solidarietà nella produzione così istituita renderà evidente come qualunque conflitto [...] diventi non solo impensabile, ma anche concretamente impossibile”. Tale fu l’idea che diede origine a tale Comunità. La nostra politica energetica deve tenere conto delle minacce ambientali legate ai cambiamenti climatici. Abbiamo bisogno di una rivoluzione verde e dobbiamo porre un freno ai nostri eccessi.
Il Parlamento europeo ha assunto la leadership nella discussione in atto. Assieme a molti di voi ho lavorato nella commissione temporanea sul cambiamento climatico. Conoscete la mia posizione a riguardo, e sapete che lavorerò con voi per il raggiungimento di un compromesso a Copenhagen.
Il Parlamento è un attore importante sulla scena internazionale. E’ quanto i nostri cittadini si attendono. L’Europa deve essere maggiormente presente non solo all’interno dei confini europei ma anche sul piano mondiale. Lo sviluppo di una politica estera coerente ed efficace, dotata di una visione del nuovo ordine mondiale deve essere una delle grandi sfide di questo Parlamento.
Jean Monnet disse che tutti hanno delle ambizioni. Il punto è se si utilizza l’ambizione per diventare qualcuno o, piuttosto, per realizzare qualcosa. Auspico che per il Parlamento vorremo avere l’ambizione di realizzare un obiettivo.
Quali sono, dunque, gli obiettivi più importanti? Primo: una politica attiva rivolta ai nostri vicini a sud e ad est dell’Unione europea. In tal senso, dovremo proseguire a il nostro operato all’interno dell’Assemblea parlamentare euro-mediterranea e assumere delle iniziative nel contesto dell’Assemblea parlamentare Euronest.
Secondo: dovremmo promuovere la democrazia e i buoni modelli di governance. Dovremmo utilizzare le assemblee interparlamentari e le nostre delegazioni per organizzare degli incontri al vertice prima dei vertici bilaterali con l’Unione europea. Si tratta di una questione importante, perché il Parlamento europeo sarà coinvolto nelle decisioni relative a un ampio spettro di politiche. L’Assemblea parlamentare euro-latinoamericana costituisce un valido esempio di tale forma di cooperazione.
Terzo: è giunta l’ora di sviluppare un autentico partenariato transatlantico a livello parlamentare, per costruire assieme la nuova architettura dell’ordine mondiale. Mi adopererò per dei rapporti più stretti a tutti i livelli con il Congresso degli Stati Uniti.
Quarto: dobbiamo impegnarci nel partenariato strategico con la Russia, senza dimenticare che, come nelle relazioni con la Cina, le considerazioni di carattere economico e politico non possono avere la precedenza rispetto ai diritti umani, lo stato di diritto e la democrazia.
(Applausi)
In qualità di presidente di questo Parlamento, intratterrò un dialogo continuo con i nostri partner russi, con particolare riferimento alla nuova strategia del Baltico.
Quinto: dobbiamo rafforzare i rapporti con l’India e con le altre potenze emergenti, quali il Brasile e la Repubblica del Sud Africa. L’India deve essere un partner sia economico che politico.
Sesto: il Medio Oriente è tuttora una zona cruciale per la stabilità mondiale. L’Europa deve svolgere un ruolo attivo nella regione.
Settimo: l’allargamento rappresenta una delle nostre strategie politiche più riuscite. I nostri antenati hanno forse potuto godere di un periodo altrettanto lungo di pace e prosperità come quello attuale? Al momento, sono la Croazia e, forse, l’Islanda i paesi più prossimi all’adesione.
Ottavo: l’Unione europea è il maggiore donatore di aiuti a livello mondiale. Dobbiamo fare il punto della situazione rispetto agli attuali beneficiari e a quelli potenziali, e non dobbiamo dimenticare i nostri obblighi nei loro confronti con riferimento agli obiettivi di sviluppo del Millennio. Chiuderemo forse le porte ad alcuni di coloro che vogliono entrare in Europa, ma non dobbiamo chiudere i nostri cuori. Facciamo ciò che è possibile per portare il tenore di vita nei loro paesi d’origine più vicino a quello goduto in Europa.
Nono: dobbiamo rafforzare le missioni europee nel quadro della politica europea di sicurezza e di difesa. Negli ultimi sei anni sono state 22 le missioni di questo genere, e dovrebbero disporre di un mandato chiaro, nonché delle risorse necessarie per lo svolgimento del loro compito. Il Parlamento europeo desidera controllare e monitorare più da vicino tali missioni. I maggiori poteri di bilancio di cui disporrà il Parlamento in base al trattato di Lisbona, potrebbero consentirci una maggiore flessibilità quando si tratta di attribuire risorse alle missioni fondamentali da noi sostenute.
Nel futuro immediato, l’attuazione del nuovo trattato deve essere prioritaria. Mi impegno a predisporre il funzionamento del Parlamento in base alle nuove disposizioni sin dall’entrata in vigore del trattato. Tuttavia, indipendentemente dal trattato di Lisbona, sentiamo il bisogno di un cambiamento. In questa istituzione sentiamo la necessità di un maggiore dinamismo nella dimensione parlamentare.
In qualità di presidente del Parlamento, desidero attingere al prezioso operato avviato in anni recenti dai miei predecessori, ma dobbiamo spingerci oltre. Farò quanto in mio potere per aprire il Parlamento a un discussione politica più creativa.
(Applausi)
Sono uno strenuo sostenitore di un maggiore utilizzo del sistema catch the eye da parte degli oratori, per rendere più vivaci le discussioni in seduta plenaria. Ne faremo uso al termine del mio intervento. Si tratta di un mezzo particolarmente importante per la tutela dei diritti delle minoranze.
La lacuna più importante nel processo di riforme riguarda il miglioramento delle relazioni con le altre istituzioni europee – la Commissione e il Consiglio. A tale scopo dedicherò una parte rilevante del mio mandato.
In qualità di presidente cercherò di sviluppare un nuovo modello di partenariato con la Commissione, al fine di potenziare il controllo dell’esecutivo da parte del Parlamento, ponendo il ramo esecutivo in condizione di dover rispondere in misura maggiore al Parlamento, così come previsto dal trattato di Lisbona.
A luglio ho invitato il presidente della Commissione a partecipare all’ora delle interrogazioni che si svolge mensilmente in Parlamento, in cui gli onorevoli deputati hanno la possibilità di porre degli interrogativi al loro interlocutore. Propongo di introdurre tale prassi al più presto.
(Applausi)
Due settimane fa, il presidente Barroso ci ha inoltrato le “indicazioni politiche” del suo secondo mandato. Si tratta di una novità significativa, che segna il riconoscimento del fatto che il Parlamento europeo elegge il presidente della Commissione. E di ciò sono pienamente soddisfatto.
Inoltre, ho incoraggiato le commissioni parlamentari a esaminare i provvedimenti legislativi ancora in via di definizione, per stabilire se la nuova Commissione intenda abbandonare, modificare o mantenere tali proposte di legge. Invito, inoltre, le commissioni a discutere in modo coscienzioso delle strategie politiche future, al fine di garantire che le udienze dei commissari designati siano fondate su programmi legislativi dettagliati, e non solo sulla valutazione del curriculum e della loro esperienza professionale.
Dobbiamo instaurare relazioni più serrate con il Consiglio dei ministri. Se tali relazioni devono essere credibili, devono riflettere il fatto che nell’attuale Unione europea il Parlamento è un autentico colegislatore.
Inoltre, dobbiamo lavorare congiuntamente su questioni istituzionali che derivano dal trattato di Lisbona e che riguardano l’estensione della procedura di codecisione, la nuova procedura nota come comitatologia, la nomina del nuovo alto rappresentante e del vicepresidente della Commissione, il controllo democratico del nuovo servizio per l’azione esterna e la questione di come gestire la “duplice presidenza del Consiglio” nel corso delle sedute plenarie.
Le nostre relazioni con i 27 parlamenti nazionali dell’Unione europea devono essere improntate in modo analogo. In anni recenti la collaborazione è aumentata e il trattato di Lisbona rinsalderà ulteriormente tali contatti, esaltandone il ruolo nella realizzazione di provvedimenti legislativi vicini ai cittadini. Un eccellente esempio di tale collaborazione tra Parlamento europeo e parlamenti nazionali è dato dal programma di Stoccolma, che pone l’accento sulla giustizia e sulla pubblica sicurezza.
Desidero proseguire senza indugi con la riforma dell’utilizzo da parte del Parlamento di risorse umane e delle relative voci di spesa, affinché possano essere destinate in modo diretto ai nostri programmi.
La ricchezza e la forza di questa nostra istituzione derivano anche dalla nostra diversità – diversità nella nazionalità, nella mentalità e nelle lingue. Difatti, qualora lo desiderino, gli onorevoli parlamentari debbono potersi esprimere nella loro madrelingua, proprio per poter rappresentare adeguatamente i propri elettori.
Dobbiamo sempre tenere a mente che Unione europea non vuol solo dire affrontare le sfide del futuro e perseguire prosperità e stabilità sempre maggiori, ma significa soprattutto il rispetto dei diritti umani.
Ho osservato con una certa apprensione le tensioni nelle relazioni tra Slovacchia e Ungheria legate alle minoranze nazionali. Si tratta di un problema grave, e desidero offrire la mia assistenza per la risoluzione di questa controversia in base ai valori in cui crediamo fermamente, e che rappresentano le convinzioni di questo nostro Parlamento.
(Vivi applausi)
Un valido esempio di come sosteniamo tali valori è rappresentato dal premio Sakharov, da noi conferito a dei paladini dei diritti umani, i quali ora costituiscono il cuore della cosiddetta “rete Sakharov”, che ho intenzione di sviluppare ulteriormente. Desidero, inoltre, proseguire con il progetto di una “Casa della storia europea”, avviato dal mio predecessore, che oggi è qui tra noi, e che tutt’ora – e ce ne rallegriamo – è un deputato del Parlamento europeo.
Desidero, inoltre, che si ricordi nuovamente in quest’Aula, che l’Unione europea rappresenta una comunità di ideali e di valori. Sono queste le fondamenta su cui è stata costruita.
E’ mia ferma intenzione adottare dei provvedimenti atti a garantire che tutte le commissioni e le delegazioni siano dotate di accesso alla televisione satellitare e a Internet. Dobbiamo poter esaminare il modo in cui sono organizzate le elezioni europee. Ad esempio, dovremmo insistere sull’utilizzo delle nuove tecnologie, in modo da incoraggiare una maggiore affluenza alle urne. Inoltre, è giunta l’ora di aprire un dibattito sui partiti politici europei. I cittadini devono sapere per chi votano – non solo nel proprio paese, ma anche a livello europeo.
Attribuisco una grande importanza alla collaborazione con la Conferenza dei presidenti. Ci assumeremo congiuntamente la responsabilità per l’operato di questa Assemblea, unitamente ai 14 vicepresidenti, che ringrazio del sostegno espresso. Apprezzo, inoltre, lo spirito di collaborazione di cui hanno dato prova i presidenti delle nostre commissioni parlamentari. E’ mio desiderio che i presidenti delle delegazioni interparlamentari permanenti siano in grado di influire in modo significativo sulla politica estera dell’Unione. Le questioni inerenti il bilancio del Parlamento saranno affrontate con il sostegno dei questori. Ma, in particolare, onorevoli colleghi, è sulla vostra collaborazione che faccio affidamento.
In qualità di presidente del Parlamento europeo, sono consapevole della mia responsabilità nel garantirvi delle condizioni di lavoro adeguate, ma esorto una vostra compartecipazione a questo onere.
Per la maggior parte di noi, il trattato di Lisbona rappresenta una soluzione istituzionale attesa da tempo. Esso migliorerà le capacità dell’Unione europea nella risoluzione dei problemi esistenti e si tradurrà in un maggiore avvicinamento delle istituzioni europee rispetto ai cittadini.
Il defunto Bronisław Geremek, alla cui memoria abbiamo intitolato il cortile principale del Parlamento a Strasburgo, amava dire che il processo di integrazione europea somiglia ad andare in bicicletta: è necessario continuare a pedalare sia per non perdere l’equilibrio che per procedere nella giusta direzione. Queste parole descrivono con precisione il motivo per cui il trattato di Lisbona è per noi così necessario.
(Applausi)
Meno di una settimana fa, ho partecipato presso il parlamento polacco a una cerimonia commemorativa del ventesimo anniversario della formazione del primo governo non comunista nella nostra parte di Europa, sotto la guida di Tadeusz Mazowiecki. E’ stato un anniversario particolarmente commovente, poiché tale evento ha segnato l’inizio del rapido crollo dei sistemi totalitari in altri paesi dell’Europa centrale. Fu questo primo varco a rendere possibile l’abbattimento del muro che divideva l’Europa.
Quest’oggi mi rivolgo a voi presenti qui a Strasburgo, capitale di una regione il cui destino ricorda quello della mia regione, la Slesia. Una regione di confine i cui abitanti hanno dovuto sovente cambiare nazionalità pur senza spostarsi altrove.
Prometto solennemente, quale presidente del Parlamento negli anni a venire, di fungere da vostro ambasciatore, per trasmettere il messaggio di un continente riunificato ai cittadini dell’Europa e del mondo intero.
Operiamo congiuntamente per trovare delle soluzioni concrete e reali alle grandi sfide poste oggi dinnanzi all’Europa e al mondo. Adoperiamoci per realizzare i nostri sogni, e facciamolo con passione, saggezza e coraggio.
Questa, infatti, è la nostra Europa. Un’Europa moderna. Un’Europa forte.
(L’Assemblea, in piedi, applaude lungamente)
Joseph Daul, a nome del gruppo PPE. – (FR) Signor Presidente, Presidenti delle istituzioni europee, presidente Buzek, il mio gruppo sottoscrive pienamente il suo programma per il Parlamento e per la sua gestione nel prossimo quinquennio.
Se il Parlamento europeo ha un ruolo da svolgere, una missione da compiere, nell’arco dei prossimi cinque anni si tratta, in effetti, di riconciliare i cittadini con l’Europa. In questo senso abbiamo maggiori probabilità di successo con un presidente che rappresenta egli stesso l’Europa riunificata, un uomo come lei, Presidente Buzek.
E’ per tale motivo che desidero dirle quanto io sia fiero del fatto che sia stato proprio il mio gruppo, il gruppo del Partito Popolare Europeo (Democratico Cristiano), a persuadere un’ampia maggioranza di questo Parlamento a darle fiducia.
Questa Europa, oggi riunificata, non è un’Europa dell’intolleranza o dell’esclusione, bensì un’Europa dell’apertura e del rispetto per le origini e le opinioni altrui. Sono convinto che questo concetto di convivenza tra europei ci accomuni tutti in questo Parlamento. Ciò che auspico è che il Parlamento europeo, sotto la sua guida, conduca i cittadini europei alla condivisione di tali valori.
Inoltre, sostengo la determinazione da lei espressa, signor Presidente, nel voler fronteggiare tale sfida, e auspico che sapremo compiere uno sforzo particolare a favore dei giovani. Il mio gruppo è disposto ad assisterla senza alcuna esitazione.
Signor Presidente, come lei stesso ha dichiarato, questo Parlamento ha acquisito dei nuovi poteri e ha visto aumentare la propria autorità negli ultimi anni. La prospettiva dell’entrata in vigore del trattato di Lisbona rafforzerà in modo straordinario tale tendenza. E’ questa una della ragioni per cui il gruppo PPE invoca l’applicazione del trattato senza indugi. Certamente, dobbiamo attrezzarci da un punto di vista tecnico, in modo da lavorare efficacemente assieme al Consiglio e in stretta collaborazione con la Commissione. Tuttavia, dobbiamo soprattutto, essere pronti sotto il profilo politico. Il nostro principale obiettivo è chiaro: fare sì che il Parlamento sia maggiormente in sintonia con i 500 milioni di cittadini che rappresenta.
A tal fine, il Parlamento deve proseguire in particolare con la modernizzazione dei propri metodi di lavoro, ad esempio nell’organizzazione delle nostre discussioni – abbiamo sentito le sue allusioni in merito. In tal senso, sostengo la sua proposta per una vivace discussione con il presidente della Commissione sui problemi di attualità.
Onorevoli colleghi, il funzionamento dell’Unione europea è difficile da illustrare ai cittadini europei. Diversamente dal modello basato sulla contrapposizione tra maggioranza e opposizione, cui siamo abituati nei nostri Stati membri, qui si opera all’insegna della ricerca del consenso, al di là delle specifiche convinzioni delle nostre rispettive famiglie politiche di appartenenza.
A mio avviso, si tratta di uno sguardo moderno sull’azione politica. Sono convinto che i nostri concittadini possano accettarlo, ma a una condizione: che ci prendiamo il disturbo di spiegare loro meglio quali siano le poste in gioco in Europa. E’ questo il compito che la esorto a intraprendere, signor Presidente, e per il quale riceverà il pieno sostegno da parte del mio gruppo.
Martin Schulz, a nome del gruppo S&D. – (DE) Signor Presidente, sottoscrivo le parole dell’onorevole Daul. Presidente Buzek, il nostro gruppo è anch’esso disposto a sostenere molti, se non tutti, i punti del programma da lei presentato. Mi riferisco al contenuto della sua presentazione, agli aggiornamenti procedurali da lei proposti e all’obiettivo di ravvivare il dibattito all’interno del Parlamento. Un’ampia maggioranza di quest’Aula concorda con il contenuto del suo discorso.
Non concordo, invece, con l’affermazione dell’onorevole Daul, in base alla quale lei ha delineato il suo programma per il prossimo quinquennio – un periodo molto lungo. Per cominciare, limitiamoci a lavorare sulla base dei prossimi due anni e mezzo.
A mio parere, Presidente Buzek, il suo mandato prende il via in un momento difficile per l’Unione europea ma anche per il Parlamento europeo. Per la prima volta, da molto tempo a questa parte, il consenso a favore dell’Europa non è più incontestato in Parlamento. Al contrario, per la prima volta, a partire dalla precedente legislatura, ma ancor più in seguito ai risultati delle elezioni più recenti, quest’Aula è testimone dell’azione di forze che hanno ricevuto attenzione e sostegno in virtù di obiettivi che sono radicalmente opposti a quelli da lei dichiarati nel suo intervento. Il numero di parlamentari in quest’Aula che desiderano porre fine all’integrazione europea, il numero di deputati che mirano a un’inversione di tale tendenza e che vogliono un’Europa delle nazioni è aumentato vertiginosamente.
Nella precedente legislatura, abbiamo assistito al tentativo di far firmare la Carta dei diritti fondamentali dai tre presidenti delle istituzioni europee. Non avrei mai creduto possibile che, in un parlamento multinazionale e democratico, si potessero verificare delle scene quali quelle cui abbiamo assistito, ma siamo tutti testimoni di quanto è accaduto. Da allora, il numero di deputati che la pensano in quel modo è aumentato.
Tutto ciò mi induce a darle ragione. La lotta per continuare e consolidare il processo di integrazione, la lotta per sostenere il trattato di Lisbona, che costituisce un presupposto essenziale per l’estensione dell’Unione europea, nonché la lotta per estendere l’Unione sulla base di una maggiore integrazione, rappresentano l’approccio giusto. Sono lieto che il presidente di questo Parlamento – in particolare un presidente proveniente da un paese che ha aderito all’Unione in una tappa recente del suo allargamento, un presidente che, quando è stato primo ministro del proprio paese ha dato il via ai negoziati per l’adesione – indichi quale parte centrale del proprio mandato: vogliamo più Europa, vogliamo un Europa integrata, vogliamo un’Europa più profonda e, contestualmente al suo consolidamento, vogliamo un’Europa allargata. E tutto ciò con un unico scopo – ed è stato l’enunciato chiave del suo intervento – la solidarietà che ha portato la libertà.
E’ la solidarietà di cui ora abbiamo bisogno internamente, affinché tale libertà possa essere conseguita assieme alla giustizia sociale. Per tale ragione i socialisti e i socialdemocratici concordano appieno con il suo intervento, Presidente Buzek, che rappresenta le fondamenta ideologiche e spirituali di una lotta che dobbiamo ingaggiare in questa legislatura.
Appena eletto al Parlamento ho avuto il privilegio di ascoltare in quest’Aula l’intervento del presidente francese Mitterand, all’epoca presidente in carica del Consiglio. Non ho mai dimenticato una sua dichiarazione: “Prima o poi, il nazionalismo conduce alla guerra”. Ciò significa, pertanto, che il contrario del nazionalismo – il superamento dei nazionalismi, l’ideale europeo – conduce alla pace. Ed è per questo, Presidente Buzek, che lotteremo al suo fianco.
(Applausi)
Guy Verhofstadt, a nome del gruppo ALDE. – (NL) Signor Presidente, innanzitutto, desidero ringraziarla a nome del gruppo dell’Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa per il suo discorso inaugurale. Il nostro gruppo si identifica pienamente nel programma da lei annunciato. Come dissi all’epoca, signor Presidente, accolgo favorevolmente la sua elezione alla presidenza del Parlamento non solo in ragione del suo essere un simbolo dell’allargamento dell’Unione europea, ma anche e sopratutto in virtù dei suoi legami con Solidarność. Dopotutto, Solidarność può vantare tre grandi risultati. Ha dato il voto ai cittadini polacchi, ha introdotto la democrazia in tutto il blocco orientale, e ha anche mutato radicalmente il panorama europeo, unendo un’Europa divisa. Come è emerso chiaramente nel suo intervento, signor Presidente, lei ha l’esperienza necessaria per dare attuazione nei prossimi anni a tre ambizioni del Parlamento europeo. Si tratta di voler dare ai cittadini europei maggiore voce in capitolo, di rendere l’Unione europea più democratica e, infine, in questo modo, di far progredire l’integrazione europea.
Onorevoli colleghi, credo sia opportuno ribadire ulteriormente rispetto al discorso inaugurale del presidente Buzek che, in base all’Eurobarometro, il Parlamento europeo è l’istituzione europea in cui i cittadini nutrono maggiore fiducia. Ciò rende il nostro compito particolarmente arduo, poiché non possiamo tradire la fiducia dei cittadini, e dobbiamo effettivamente fare in modo che la voce dei popoli d’Europa conti di più nei processi decisionali europei. Allo stesso tempo – come da lei affermato signor Presidente – credo che ci troviamo di fronte a una duplice sfida. Innanzi tutto, dobbiamo applicare e dare attuazione al più presto al trattato di Lisbona. In tal senso, come da lei proposto, dobbiamo avviare quanto prima i negoziati con la presidenza del Consiglio, al fine di concordare una serie di modifiche.
In secondo luogo, signor Presidente – e giungiamo all’altro aspetto di questa sfida – credo che il Parlamento debba utilizzare tutte le leve a propria disposizione per estendere i propri poteri. Lo abbiamo fatto nel caso della procedura per la nomina del presidente della Commissione, ma dobbiamo continuare a farlo in ogni occasione possibile, anche in altri ambiti. A mio parere, il punto più importante in tal senso è dato dalla necessità di concordare un nuovo bilancio per l’Europa e per l’Unione europea nei prossimi anni. La ritengo una straordinaria opportunità per il Parlamento per reclamare – ovvero richiedere – che in futuro il bilancio sia basato su risorse proprie dell’Unione europea, poiché questa nostra Assemblea non potrà essere un autentico parlamento fintanto che non disporrà del totale controllo delle proprie risorse raccolte, in futuro, in autonomia.
(Applausi)
Questo è un compito importante per lei, signor Presidente: unirsi a tutto il Parlamento in questa lotta. Potrà contare sul pieno sostegno del nostro gruppo, poiché sappiamo tutti – specie in questi tempi di crisi economico-finanziaria – che non saranno il nazionalismo e il protezionismo ad alleviare le nostre sofferenze o a garantirci un futuro; solo la continuità nel processo di integrazione europea rappresenta una soluzione per i popoli d’Europa e per i cittadini europei.
Signor Presidente, le porgo i miei migliori auguri di successo.
(Applausi)
Rebecca Harms, a nome del gruppo Verts/ALE. – (DE) Signor Presidente, trovo superfluo ripetere gran parte di quanto dichiarato dall’oratore precedente. Il mio gruppo ha ritenuto naturale sostenere la sua candidatura, poiché ritenevamo che fosse ampiamente giunta l’ora di vedere un importante esponente del Parlamento proveniente da uno dei nuovi Stati membri diventare presidente di questa Assemblea.
In futuro, vorremmo giungere all’elezione del presidente del Parlamento sulla base di considerazioni relative a doti e capacità come le sue, che sono spesso state riconosciute. Auspichiamo, inoltre, che il potere delle delegazioni nazionali all’interno dei grandi gruppi possa essere applicato in misura minore rispetto, ad esempio, all’impostazione adottata da persone come lei.
Ci aspettiamo molto da lei nel superamento delle profonde divisioni che permangono tra est e ovest, da me descritte alcune settimane fa. In seguito alla pausa estiva e alle mie osservazioni sugli sviluppi politici, vorrei solamente dire che il compito che l’attende si rivelerà probabilmente molto arduo. A mio parere la profonda crisi finanziaria, e la conseguente crisi economica, non hanno reso più facile l’avvicinamento tra est e ovest. Al contrario, le sfide sono diventate più imponenti in quanto gli elementi di squilibrio rappresentano un problema non secondario.
Desidero, inoltre, assumere un atteggiamento leggermente più critico, e ricordare al Parlamento che oggi è l’anniversario del fallimento della Lehman Brothers. Abbiamo inviato un’ampia delegazione al vertice del G20, in cui si discuterà di come superare la crisi finanziaria. Tuttavia, questo Parlamento non è riuscito a discutere alcuna risoluzione in questo settore, e non ha fornito ai nostri negoziatori una base di partenza omogenea. Ritengo che si tratti di una dimostrazione di debolezza e non di forza.
Nutro il sospetto che il motivo sia che non riusciamo ancora a concordare su un’analisi che spieghi come siamo finiti in questo pasticcio. Credo che la responsabilità di questa grave crisi non sia solo di qualche folle banchiere, ma che sia dovuta alla fiducia neoliberale nei mercati finanziari deregolamentati, che oggi prevale non solo negli Stati Uniti, ma anche in Europa. Nelle politiche dell’Unione europea siamo ancora lontani da un consenso nella valutazione di tale analisi e, pertanto, siamo anche incapaci di trovare un accordo su come uscire dalla crisi.
Credo, inoltre, signor Presidente, che sia giusto quanto ha detto in merito alla seconda grande sfida posta di fronte a noi a livello di negoziati internazionali riguardanti la crisi climatica. Auspico che noi europei sapremo assumere a Copenhagen una posizione più forte di quella attuale. Sembrerebbe che l’Europa sia ancora molto lontana dall’assumere un adeguato ruolo di leadership nel contesto delle politiche climatiche.
Numerose sono le ragioni, ma una in particolare mi ha colpito. Continuiamo a riporre troppo poca fiducia in idee quali il new deal verde proposto da Ban Ki-moon o da Achim Steiner a nome delle Nazioni Unite. Siamo, inoltre, incapaci di raggiungere un accordo sul fatto che dovremmo avviare un processo di trasformazione delle nostre vecchie società industriali, che dovremmo pensare a un futuro oltre il domani, e che le tecnologie ambientaliste, le tecnologie efficienti e altre ancora rappresentano il futuro, non solo in Europa ma anche nel resto del mondo.
Posso solo dichiarare, signor Presidente, che ci confrontano delle sfide importanti. Se lei vorrà proporre delle idee moderne e sostenibili, il nostro gruppo le sarà vicino. Mi rincresce che non avremo un effettivo avvicendamento all’interno della Commissione europea, dato che sembra sempre più evidente che il protagonista delle idee di ieri, il presidente Barroso, continuerà a guidare la Commissione durante la prossima legislatura.
Signor Presidente, le porgo i miei migliori auguri. A nome del mio gruppo posso dire di essere ansioso di partecipare a delle discussioni stimolanti e, auspichiamo, fruttuose.
(Applausi)
Michał Kamiński, a nome del gruppo ECR. – (PL) Signor Presidente, è stato un vero piacere quest’oggi ascoltare il suo intervento e sentire il suo programma per i nostri prossimi due anni e mezzo. La ringrazio delle sue parole, che testimoniano il suo rispetto nei confronti di noi, deputati al Parlamento europeo, un rispetto che trascende la nostra appartenenza politica, la nostra provenienza geografica e le opinioni da noi rappresentate. Il suo è un intervento stimolante, e credo che il nostro Parlamento necessiti davvero del tipo di leadership da lei delineato quest’oggi nell’illustrare la sua visione dell’Europa. Non concordiamo su ogni punto, e non è un mistero che esistono differenze di vedute tra noi, ma desidero esordire rispondendo in qualche modo ad altre voci udite oggi in quest’Aula.
Non è una cosa malvagia che il Parlamento costituisca una sede di discussione e un luogo d’incontro di persone con punti di vista differenti su argomenti diversi, anche riguardo al futuro dell’Europa. Il problema è che dovremmo impegnarci in buona fede a confrontarci gli uni con gli altri – solo così potremo trovare ogni volta un compromesso. Se diamo per scontato – e io voglio farlo – che tutti in quest’Aula siamo animati da buone intenzioni e desideriamo il meglio per la nostra Europa, allora sapremo superare le nostre differenze e resteremo sempre aperti al dialogo. E’ necessaria la buona volontà di tutti.
Naturalmente, Signor Presidente, il nostro gruppo, i Conservatori e Riformisti europei, un gruppo che è orgoglioso di portare al Parlamento una nuova dimensione del pensiero politico sull’Europa, vorrà rappresentare una voce forte per i cittadini che ci hanno eletto. Difatti, sebbene non intendiamo negare la legittimità del mandato democratico di ciascun deputato di questo Parlamento, anzi, la rispettiamo profondamente, noi rappresentiamo i nostri elettori. Elettori che, quando hanno scelto a favore di partiti che fanno parte del gruppo ECR, sapevano per cosa votavano.
Signor Presidente, la sua elezione ha rappresentato un momento storico. Mi permetto di rammentare ai nostri onorevoli colleghi che oggi in quest’Aula ospitiamo un gruppo di giovani polacchi invitati da diversi gruppi politici. Si tratta di giovani polacchi nati il 4 giugno, il giorno delle prime elezioni parzialmente libere del nostro paese. Un incontro con i nati del 4 giugno, ahimè, non ci consente di sentirci giovani, poiché vediamo che essi sono ormai degli adulti. Tuttavia, devo dire che oggi parlando con loro mi sono reso conto che erano saliti sul pullman a Rzeszów, una città del sud-est della Polonia, giungendo fino qui, a Strasburgo, presso il loro Parlamento, senza doversi fermare ad alcun confine. Allora ho pensato che nessuno di noi che ancora ricordi il 4 giugno avrebbe potuto immaginare all’epoca un evento così lieto – giovani polacchi, cechi, estoni e lituani riuniti qui oggi nel loro parlamento.
Signor Presidente, sono certo che lei difenderà questo Parlamento quale istituzione democratica, quale luogo di autentica discussione tra persone che desiderano genuinamente aiutare i cittadini dell’Unione europea. E oggi, nel ricordare che anche lei, signor Presidente, viene dal mio paese, un paese che ha sofferto tanto ad opera dei totalitarismi, sappiamo – e si tratta davvero del risultato migliore dell’Unione europea – che essa ha garantito alle nazioni europee 60 anni senza conflitti. Si tratta di una grande conquista di questa organizzazione, un’istituzione che noi del gruppo ECR desideriamo riformare, come indica il nome stesso del gruppo – ma nella quale, tuttavia, crediamo. Crediamo in un’Europa migliore ed è questa Europa, un’Europa migliore, che sta accanto ai suoi cittadini, che intendiamo servire nel corso di questa legislatura.
(Applausi)
Eva-Britt Svensson, a nome del gruppo GUE/NGL. – (SV) Signor Presidente, desidero congratularmi nuovamente con lei per la sua elezione.
Trasparenza, democrazia e pluralismo sono parole che fanno onore all’Unione europea e al Parlamento, ma dobbiamo guardarci dal trasformarle in mere politiche simboliche. Sfortunatamente, tali concetti restano solo delle belle parole. Il fatto è che gli accordi si raggiungono a porte chiuse. Pertanto, necessitiamo di un diverso metodo di lavoro in Parlamento, che consenta di rendere noto il nostro operato e le nostre decisioni con autentico spirito democratico. Necessitiamo di una metodologia di lavoro aperta, applicabile a tutti i gruppi politici e a tutti i deputati di questo Parlamento. Se gli stessi nostri colleghi non sono consapevoli o non si sentono coinvolti nell’operato di alcuni di noi, come possiamo pretendere che i cittadini si sentano coinvolti, nutrano fiducia nel nostro operato e si rechino alle urne per partecipare al voto? Ben vengano le nuove tecnologie – utili per diffondere le informazioni – ma non dimentichiamo che il coinvolgimento richiede democrazia e trasparenza.
Stiamo attraversando una crisi finanziaria e anche una crisi ambientale e climatica. Vorrei anche ricordare che abbiamo stipulato degli accordi commerciali che talvolta esasperano i problemi relativi all’approvvigionamento alimentare e alla povertà nel mondo.
E’ opinione della sinistra che la soluzione a tali crisi richieda di abbandonare quelle stesse politiche che talvolta hanno contribuito alla loro insorgenza. I popoli europei necessitano di una nuova politica – una politica che ponga al primo posto le esigenze delle persone, e non, come attualmente avviene, quelle del mercato. Un modo per spostare le politiche nella giusta direzione consiste nel fermare la privatizzazione e la deregolamentazione dei servizi pubblici. In effetti, il mercato non è riuscito a soddisfare le esigenze dei popoli in materia, per esempio, di lavoro, e diritti sociali, e dobbiamo sopportarne le conseguenze.
Parliamo di democrazia. La democrazia richiede anche che i diritti civili e le libertà vengano sempre rispettati. Attualmente abbiamo ricevuto numerose proposte per un rafforzamento della sorveglianza dei nostri cittadini. La libertà di parola deve essere rispettata anche su Internet.
Dunque, l’Unione europea e i suoi cittadini necessitano di una nuova politica per una società più equa e maggiormente solidale. Noi del gruppo confederale della Sinistra unitaria europea/Sinistra verde nordica siamo disponibili e accettiamo ben volentieri le nostre responsabilità nel fare la nostra parte all’interno della costruzione di un’Unione europea più equa e maggiormente solidale e di un mondo migliore.
Francesco Enrico Speroni, a nome del gruppo EFD. – Signor Presidente, le rinnovo le mie congratulazioni per aver assunto questa carica. Ho apprezzato la sua allocuzione, questo suo programma, e volevo soffermarmi su un aspetto che, secondo me, è il più importante o dovrebbe essere il più importante per noi parlamentari, vale a dire l'attività legislativa.
Vanno bene queste attività di dialogo con le grandi potenze, vanno bene le missioni, ma un Parlamento – almeno a mio giudizio – ha come compito principale quello di fare le leggi, di fare le norme, perché siamo stati eletti soprattutto con questo compito, con questo mandato; uno dei problemi è che noi manchiamo – perché così ce l'hanno negato i padri costituenti e anche quelli che poi si sono succeduti – il diritto di iniziativa legislativa. Noi continuamente votiamo risoluzioni, sottoscriviamo dichiarazioni scritte che poi non hanno seguito perché la Commissione non le recepisce.
Il Presidente Barroso ha detto che è giusto così perché altrimenti, se la Commissione accettasse le proposte legislative fatte dal Parlamento attraverso dichiarazioni scritte e risoluzioni, si violerebbero i trattati che non lo consentono. Io mi permetto di rilevare che giudico capziosa questa interpretazione: i trattati non lo prevedono esplicitamente, ma neppure lo negano.
Devo ricordare che quando il Parlamento chiede qualcosa, quando il Parlamento chiede un'iniziativa legislativa, lo chiede a nome di milioni di cittadini europei, della maggioranza dei milioni dei cittadini europei, perché sia le dichiarazioni scritte che le risoluzioni devono avere la maggioranza per essere accolte.
Quindi, io sono convinto che lei, Presidente, si adopererà nei confronti della Commissione perché le proposte di noi parlamentari possano divenire norme dell'Unione, nel rispetto della volontà dei cittadini nostri elettori. È un compito gravoso, ma sono sicuro che lei saprà adoperarsi in merito.
Bruno Gollnisch (NI). – (FR) Signor Presidente, in qualità di deputato non iscritto ad alcun gruppo parlo, evidentemente, a titolo personale, ma anche a nome di altri onorevoli colleghi; non i colleghi olandesi del PVV, bensì quelli del Front National, del partito bulgaro Ataka, di quello austriaco FPÖ, del British National Party, del partito ungherese Jobbik e del partito fiammingo Vlaams Belang.
Desidero dichiarare, signor Presidente, che non dubito minimamente della sincerità delle proposte da lei avanzate. Tuttavia, mi consenta di dire che nutro dei dubbi in merito al loro realismo.
Lei ha esordito sollevando il problema della crisi economica. E’ un dato di fatto che milioni di europei vedono i propri beni e posti di lavoro minacciati dagli effetti perversi della globalizzazione, la quale, a tutto vantaggio di pochi eletti, li abbandona in balia della concorrenza sleale di paesi che sfruttano cinicamente i propri lavoratori, e della voracità di interessi finanziari diffusi. Ahimè, l’Unione europea non ha saputo tutelare gli europei in questo frangente. Al contrario, li ha fatti precipitare in questa situazione.
In secondo luogo, dalla mia modesta prospettiva, pur rappresentando le forze politiche che l’onorevole Schulz sembrava incline ad ammettere che costituiscono una minaccia per le organizzazioni tradizionali – e gliene sono grato – desidero ricondurre il Parlamento, nonché lei, signor Presidente, a una maggiore modestia, proponendo di stabilire volontariamente dei limiti ai nostri poteri. Sono pienamente convinto, quale europeo e cristiano, che alcuni valori da noi trasmessi siano valori universali. Sono ancor più lieto di ribadire che non è nostro compito trasmettere al mondo leggi e principi – tanto più che esistono organizzazioni dedicate proprio a tale scopo, quali le Nazioni Unite, e tanto più che molto resta da fare nella nostra Europa, in cui ci opponiamo al diritto alla vita, consentendo l’eliminazione dei nostri stessi figli, e in cui in materia di libertà di parola, portiamo avanti a livello morale, mediatico, politico e giudiziario la dittatura del cosiddetto “politicamente corretto”. Gruppi politici quali il nostro, che esprimono la sofferenza e le speranze di milioni di europei, subiscono discriminazioni, persecuzioni e talvolta vengono anche disciolti, come nel caso del partito Vlaams Blok in Belgio, con azioni scandalose che non hanno suscitato una sola protesta in quest’Aula. Se lo stesso fosse accaduto in Africa o in America Latina, avremmo sicuramente sentito una versione dei fatti ben diversa.
E’ evidente che noi deputati non iscritti non godiamo degli stessi diritti degli altri, e come le abbiamo dichiarato ieri, non siamo ancora rappresentati nella Conferenza dei presidenti.
Infine, a causa dei metodi di voto, a milioni di europei viene negata la possibilità di essere rappresentati all’interno degli organi legislativi del proprio paese, che dovrebbero rappresentare tutto l’elettorato nella sua diversità.
Desidero esprimere l’auspicio, e mi avvio alla conclusione, che nel portare avanti il nostro lavoro noi si possa sempre ricordare che nella storia dell’umanità l’Europa è la regione che ha ideato il concetto di libertà delle nazioni, non riscontrabile altrove, eguale dignità di tutte le nazioni, del rispetto per la loro giurisdizione e per il principio di non ingerenza – che significa che ciascuno deve occuparsi delle proprie questioni all’interno del proprio territorio – questo è uno dei grandi contributi della civiltà europea al patrimonio dell’umanità.
Cecilia Malmström, presidente in carica del Consiglio. – (SV) Signor Presidente, è la prima occasione che ho, nelle mie vesti di membro della presidenza del Consiglio, di prendere la parola in quest’Aula e, a nome della presidenza svedese, di tutto il Consiglio e anche a titolo personale, di porgerle, signor Presidente, le più sincere congratulazioni. A vent’anni dalla caduta del muro di Berlino, è straordinario vederla assurgere a questa carica. E’ una sua vittoria personale, certo. E’ una vittoria del Parlamento europeo, ed anche una vittoria per tutti coloro che, come noi, sostengono con vigore la cooperazione europea e tutto ciò che essa rappresenta.
Desidero, inoltre, ringraziarla per il suo intervento lungimirante e per i suoi progetti ambiziosi per questo Parlamento. Sono convinta che il Parlamento europeo è al sicuro nelle sue mani. Con lei alla guida sarà auspicabilmente possibile raggiungere delle decisioni concrete, ma anche realizzare il miracolo a cui ha fatto riferimento. Il Consiglio è ansioso di collaborare con lei e con il Parlamento europeo. Molti deputati hanno descritto le numerose sfide che ci attendono: la questione climatica, la crisi economica, l’occupazione, il ruolo dell’Europa nel mondo, e così discorrendo.
In questa sede lei svolge un ruolo legislativo importante, per il fatto di rappresentare i cittadini, ma anche all’interno delle discussioni che in questa sede hanno luogo. E’ estremamente importante che il Parlamento europeo difenda sempre i valori europei. Se il trattato di Lisbona entrerà in vigore – ed è quanto auspico possa avvenire – il ruolo del Parlamento europeo verrà ampliato e lei potrà influire maggiormente sull’agenda europea. So che lei difenderà con grande serietà il Parlamento europeo e il ruolo di questa istituzione, ma auspico che vorrà anche tendere la mano verso altre istituzioni e che rappresenterà un valido interlocutore in un processo di dialogo. La presidenza è ansiosa di unirsi a lei in dialogo nei prossimi sei mesi e le porgiamo i nostri migliori auguri di buon lavoro.
Presidente. – Informo i nuovi deputati del Parlamento europeo del fatto che il ministro Malmström è un ex deputato di questa Assemblea e, pertanto, è una di noi.
José Manuel Barroso, presidente della Commissione. − (EN) Signor Presidente, a nome della Commissione e a titolo personale, desidero porgerle ancora le mie più vive congratulazioni e augurarle ogni successo per il suo mandato. La sua elezione simboleggia non solo la riunificazione dell’Europa, ma anche il profondo legame tra il nostro continente e i valori fondamentali di libertà e solidarietà.
A titolo personale e istituzionale, desidero impegnarmi a collaborare di stretta intesta con lei e con il Parlamento europeo. Parlamento e Commissione sono le due istituzioni comunitarie per eccellenza e operano nel vivo degli affari europei. Lei, come tutti i membri del Parlamento, è stato eletto direttamente dai cittadini, mentre la Commissione ha il diritto e il dovere di anteporre gli interessi europei a quelli di altra natura. Credo inoltre che abbiamo la responsabilità particolare di portare avanti il progetto europeo nel pieno rispetto dei trattati.
E’ per questa ragione che desidero ribadire la mia disponibilità a lavorare insieme per far progredire la democrazia parlamentare europea.
(Applausi)
PRESIDENZA DELL’ON. PITTELLA Vicepresidente
Sergio Paolo Francesco Silvestris (PPE). - Signor Presidente Buzek, ho molto apprezzato il suo intervento e soprattutto il suo passaggio sul ruolo istituzionale, ma anche sociale che attiene a questo Parlamento, che lei ha definito essenza fondamentale del sistema democratico europeo.
Oggi festeggiamo un'Europa dei 27 che si ritrova e si ritrova qui dopo le divisioni provocate dalle ideologie del terrore che hanno alzato muri nel nostro continente, muri che non hanno retto e che sono caduti sotto il vento di democrazia e di libertà.
Quest'anno festeggiamo il trentesimo anniversario della prima elezione a suffragio universale di questo Parlamento e anche il ventesimo anniversario della caduta del Muro di Berlino. Mi piace ricordare, Presidente Buzek, che quando trent'anni fa, per la prima volta, i miei genitori votavano per eleggere dall'Italia i primi parlamentari europei, nel suo paese il diritto di voto non c'era.
Nel 1979, appena un anno dopo l'elezione di Karol Wojtyla a Sommo Pontefice della Chiesa cattolica, mentre in Italia e in altri paesi si votava per eleggere il primo Parlamento europeo, lei era impegnato in un sindacato allora semiclandestino, Solidarność, che si batteva per portare democrazia e libertà nel suo paese. Per affermare gli stessi diritti: democrazia e libertà noi votavano, lei rischiava ogni giorno la vita e la repressione.
Per questo, signor Presidente Buzek, sono stato onorato di aver contribuito con il mio piccolo e forse non determinante voto alla sua elezione e sono felice che oggi in questo Parlamento si incontrino e si nobilitino storie diverse, animate dagli stessi valori e dai medesimi ideali: storie che fanno e solida una grande storia di questa giovane Europa.
Marek Siwiec (S&D). – (PL) Signor Presidente, mi congratulo con lei per la sua elezione e per l’ottimo intervento. Tuttavia, sarei stato lieto di riscontrare un’attenzione lievemente maggiore nel suo discorso per i paesi dell’Europa orientale. Nel prossimo futuro si terranno elezioni difficili in Ucraina. Il Parlamento europeo ha una responsabilità particolare di dimostrare attenzione per le procedure democratiche in quel paese. Infatti, fu proprio dal Parlamento europeo, prima istituzione dell’Unione europea, che prese il via il sostegno ai grandi cambiamenti che si sono avuti in quel paese cinque anni fa.
Chiedo che la questione delle elezioni presidenziali in Ucraina sia affrontata in modo speciale e non convenzionale – con il coinvolgimento di quelle istituzioni e delegazioni deputate allo scopo, per ottenere un riconoscimento del Parlamento europeo quale istituzione seria, che presta attenzione alle procedure democratiche in Ucraina.
Eva Lichtenberger (Verts/ALE). – (DE) Signor Presidente, desidero congratularmi con lei e anche farle una dichiarazione in particolare. Un Parlamento si misura dal modo in cui utilizza e mette in atto i propri diritti, e dal fatto che non si sottrae a importanti discussioni di carattere politico.
Abbiamo la responsabilità di lavorare assieme a lei per garantire che questo Parlamento non venga sottoposto a pressioni a causa di proposte della Commissione ancora incomplete, o che rappresentano unilateralmente gli interessi di lobby ben definite. A questo punto abbiamo la responsabilità di parlare a voce alta e dobbiamo farlo. Dobbiamo considerare i modi in cui il trattato di Lisbona modificherà la nostra situazione. Auspico che vi riusciremo.
Dobbiamo dimostrare con chiarezza – e a mio parere ciò si riallaccia alla questione dell’elezione del presidente della Commissione – che facciamo pieno uso dei nostri diritti; e dobbiamo inviare un segnale inequivocabile alla Commissione in tal senso. Il che significa che ora il presidente Barroso non deve essere eletto direttamente.
Zoltán Balczó (NI). – (HU) Presidente Buzek, mi consenta di rivolgermi direttamente a lei in questo modo sebbene lei sieda nel suo banco di parlamentare. La sua elezione a questo Parlamento è stata interpretata come segnale del fatto che non esiste più un blocco orientale, ma solo un’Europa unita. Ne ha parlato lei stesso, quando ha detto che non esitono più la vecchia Europa e la nuova Europa ma solo la nostra Europa.
Temo che non molti la pensino allo stesso modo. Nel suo intervento, lei ha anche fatto riferimento ai grandi timori dei paesi che hanno aderito all’Unione solo nel 2004. Tuttavia, oggi lei è a conoscenza del disappunto diffuso in questi paesi a causa della mancanza di parità dei diritti. La parità dei diritti è una questione cruciale. Il segretario di stato Lindblad ha dichiarato che la parità dei diritti è stato un principio fondante del bilancio. In tal caso, perché non vi è parità di diritti rispetto ai sussidi agricoli? L’Ungheria ha dimostrato che è in grado di riceverli per mezzo dei propri canali istituzionali, cionondimeno, subisce ancora delle discriminazioni.
Signor Presidente, lei ha caldeggiato l’utilizzo della lingua madre da parte dei parlamentari. Sono lieto che in questo Parlamento come ungherese posso godere di pari diritti, ma in Slovacchia sarei punito per l’utilizzo della mia lingua madre. Signor Presidente, lei si è proposto in qualità di mediatore. La ringraziamo sinceramente di tale proposta. Tuttavia, si centrerà un obiettivo concreto con una tale azione solo quando la minoranza ungherese potrà esprimersi liberamente nella propria lingua nella sua terra natia. Anche in questo le auguro il miglior successo.
Zuzana Roithová (PPE). – (CS) Signor Presidente, sono davvero estremamente lieta che lei, persona di alta caratura morale, e slesiano fino al midollo, riceva il testimone da Hans-Gert Pöttering e che, come questi, lei ponga in rilievo il potenziale di un’Europa unita in termini di valori quali i diritti umani e la solidarietà tra le nazioni. Questo periodo elettorale all’ombra della crisi economica, metterà alla prova tale solidarietà. Non ho timori per quanto concerne l’esito delle votazioni che qui si svolgeranno, ma so che i singoli cittadini e i politici a livello regionale ci osservano sempre più da vicino, all’insegna dello slogan “la carità incomincia a casa propria”. Pertanto, le chiedo, signor Presidente, nel riferire in merito al nostro operato in questo Parlamento, di dedicare maggiore attenzione di quanto non sia stato fatto in passato al miglioramento della situazione degli europei da un punto di vista generale.
Charles Tannock (ECR). − (EN) Signor Presidente, ho sempre ammirato il presidente della Commissione Barroso, un sostenitore del libero mercato e atlanticista che il mio partito sostiene e apprezza. Essendo io peraltro un caro amico del Portogallo, sono molto lieto di sostenere José Manuel.
Ciononostante, mi preoccupa quanto ho letto nel Daily Telegraph di ieri, secondo cui il presidente avrebbe concordato con il gruppo ALDE di creare un nuovo commissario per i diritti umani in seno alla Commissione da lui presieduta, una figura potente e ingerente, con competenze sia interne sia esterne in materia di diritti umani. Tale iniziativa sembra uno schiaffo alla decisione di questo Parlamento, voluta dal centro-destra, di respingere l’istituzione di un nuovo comitato misto dei diritti umani, oltre a duplicare il lavoro del Consiglio d’Europa e del suo commissario per i diritti umani. Potrebbe il presidente Barroso chiarire la propria politica e le proprie intenzioni in proposito?
Presidente. − Credo che questa domanda avrebbe dovuto essere posta in un momento diverso della seduta odierna, ovvero durante la discussione della dichiarazione rilasciata dal presidente Barroso, e non adesso.
Csaba Sógor (PPE). – (HU) Presidente Buzek, lei ha citato le tensioni slovacco-ungheresi. Di fatto, non si tratta di una controversia slovacco-ungherese, bensì di una controversia tra Slovacchia e Unione europea, poiché tale paese si è fatto beffa dei più fondamentali valori europei. Il suo compito consiste nell’agevolare il raggiungimento di un accordo non tra Slovacchia e Ungheria, ma tra Parlamento europeo e Slovacchia, poiché questo paese ha violato documenti e accordi siglati e ratificati.
In secondo luogo, la Slesia. Mi compiaccio che lei l’abbia citata. Nell’Unione europea esistono numerosi territori come questo, che sono appartenuti a diversi paesi nel corso del secolo scorso. Dopo la prima guerra mondiale, noi ungheresi siamo stati divisi in dieci paesi, sette dei quali ora fanno parte dell’Unione. Siamo molto grati di poter ora stare assieme senza fare ricorso alle armi e allo spostamento dei confini. Durante il secolo scorso ben cinque lingue ufficiali sono state insegnate nella regione dei bassi Carpazi. Dico questo perché anche nel mio paese, dove vivo, nello Székely in Transilvania, l’attuale governo romeno si vergogna ancora della nostra lingua e dei nostri simboli.
Tuttavia, il problema dei diritti umani in Europa non tocca solo il blocco orientale, ma si estende sino a occidente. Per questo motivo insistiamo affinché l’Europa abbia, non solo una commissione per le minoranze, ma anche una legge quadro sulle minoranze che sia vincolante in tutti i paesi europei.
Diane Dodds (NI). – (EN) Signor Presidente, la ringrazio per il suo discorso. Credo tuttavia che le nostre posizioni divergano notevolmente. Le parlo da sostenitrice di un’Europa basata sulla cooperazione tra Stati, ma non sull’impostazione federalista del trattato di Lisbona.
Il 2 ottobre gli elettori irlandesi saranno chiamati – per la seconda volta – a pronunciarsi sul trattato di Lisbona, che è stato messo insieme in modo arraffazzonato per aggirare il no alla Costituzione europea. Mi congratulo con gli elettori irlandesi per il buon senso dimostrato in occasione del primo referendum e confido che ne diano prova anche con il secondo. Li invito a restare fermi nel proposito di respingere il trattato. Le promesse e le minacce posticce non hanno modificato in alcun modo la sostanza del trattato, che resta la strada sbagliata per l’Europa e i suoi Stati.
Credo tuttavia che si dovrebbe accordare facoltà di scelta anche al mio popolo, il popolo britannico, cui il governo laburista ha promesso un referendum. Il governo dovrebbe tener fede a questo impegno, altrimenti spetterà ai conservatori, loro possibili successori, farlo.
Csaba Sándor Tabajdi (S&D). – (HU) Signor Presidente, come ungherese e amico della Polonia, nonché europeo dell’est e cittadino di un nuovo Stato membro, provo enorme piacere e soddisfazione dal suo operato in qualità di presidente, poiché contribuisce alla piena emancipazione di 12 nuovi Stati membri. Finora siamo solo stati uguali, ma vorremmo essere ancora più uguali.
Signor Presidente, lei ha fatto solennemente una promessa storica, dimostrando la sua disponibilità a occuparsi di una questione delicata come quella che riguarda la Slesia, che non è ancora stata affrontata. Detto altrimenti, lei si fa carico di un ruolo di mediazione per la risoluzione di problematiche connesse alle minoranze nazionali. Le minoranze rappresentano il 15 per cento della popolazione europea, il 6,5 per cento di cui è dato da minoranze di emigranti e immigrati, principalmente in Europa occidentale, nonché l’8,5 per cento di minoranze storiche.
Il fatto che lei sia disposto a fare da mediatore nella controversia tra la maggioranza slovacca e la comunità di etnia ungherese in Slovacchia rappresenta un evento storico. Auspico che anche la Commissione segua il suo esempio. Non possiamo nascondere sotto il tappeto le questioni inerenti le minoranze in Europa. La ringrazio dell’attenzione e le porgo i miei migliori auguri.
Antonello Antinoro (PPE). - Signor Presidente, onorevoli colleghi, volevo trasmetterle, Presidente Buzek, l'orgoglio che in questo momento mi riempie nell'appartenere ad un'istituzione importante come il Parlamento europeo da lei presieduto. Credo che i sacrifici di vent'anni fa che ella ha compiuto nel suo paese e che oggi fanno rappresentare quei 12 paesi di cui si parlava prima in questa assise diano forza all'Europa.
Però, io le voglio trasmettere la mia preoccupazione nell'aver ascoltato il suo programma all'interno della sua allocuzione che dovrebbe, e io mi auguro che così sarà, dare forza a questo Parlamento. Spero che ciò che ci ha annunciato si realizzerà.
Mi auguro che il prossimo Presidente della Commissione europea, sicuramente il Presidente Barroso, vorrà ascoltarla per le parole forti che ella ha pronunciato per fare in modo che questo Parlamento dia le risposte a più di 550 milioni di cittadini che in questa Europa ci hanno votato, ci hanno voluto e vogliono e pretendono da questo Parlamento e da tutti noi le risposte che forse l'Europa ha tentato certamente di dare ma che non completamente è riuscita a dare.
Su questa sua attività metto in moto le mie speranze e sono certo che con lei riusciremo a raggiungere le certezza che ella stessa ci ha annunciato.
Miloslav Ransdorf (GUE/NGL). – (CS) Fu John Stuart Mill a dire che il parlamento dovrebbe rispecchiare la vita reale di una nazione. E’ una sfida di non poco conto e, a mio parere, sarà rilevante per la nostra prossima legislatura, in particolare dato che l’Europa è troppo importante per essere affidata alle decisioni dell’élite politica.
Michael Theurer (ALDE). – (DE) Signor Presidente, desidero congratularmi calorosamente con lei per il suo intervento. Il processo che ha portato a termine la divisione dell’Europa è stato il risultato, da un canto, del desiderio di libertà nei paesi dell’Europa centrale e orientale e, dall’altro, naturalmente, delle attrattive del modello economico europeo.
Credo che noi nutriamo troppo poca fiducia nel futuro. Se non possiamo farcela in Europa, chi altri potrà riuscirvi? Dovremmo spiegare con maggiore convinzione che siamo in grado di impegnarci fiduciosamente nella soluzione dei nostri problemi. Abbiamo un grande potenziale e vi sono ancora delle opportunità di crescita nel mondo. Fintanto che vi saranno persone al mondo che necessitano di beni e servizi, esisteranno opportunità di crescita. Possiamo assicurarci che in Europa avremo la nostra fetta di questa torta e che tutti ne beneficeranno.
Desidero incoraggiare tutti noi ad avere maggiore fiducia nell’Europa quale modello di successo, e le chiedo di trasmettere questo concetto nei suoi discorsi.
Krisztina Morvai (NI). – (HU) L’Ungheria ha commemorato la rivoluzione del 1956 e la lotta per la libertà del 23 ottobre 2006. Quel giorno, un enorme numero di forze di polizia, su indicazioni dell’esecutivo, hanno attaccato dei dimostratori pacifici che si muovevano a piedi per le strade, e anche diversi turisti stranieri che stavano tranquillamente consumando un pasto al ristorante.
Il terrore è calato in tutto il paese. Molte centinaia di persone hanno subito delle lesioni gravi, tra cui 14 persone colpite agli occhi da colpi di arma da fuoco – e molti di essi hanno perso la vista. Molte centinaia di persone sono state messe in prigione, a seguito di processi penali sommari. Tutto ciò è terminato solo di recente, con il proscioglimento da ogni accusa di praticamente tutti gli imputati.
Il primo ministro ha reso omaggio all’eccellente operato della polizia. Oggi, signor Presidente, in questo Parlamento europeo, abbiamo tra noi Kinga Göncz, vicepresidente della commissione per le libertà civili, giustizia e affari interni, che sedeva nel governo che approvò quell’atto di violenza. Mi piacerebbe sentire il suo parere in merito, signor Presidente. Vorrei, inoltre, chiederle, a nome dell’Ungheria, di restare fedele allo spirito di solidarietà, di lottare per i diritti umani nell’Unione europea, e di combattere per porre fine alla crisi dei diritti umani iniziata in Ungheria nel 2006. Chiedo, inoltre, a colei che, con la sua presenza, ci ricorda quei fatti, recando disonore a tutto il Parlamento, di dimettersi dalla carica di vicepresidente della commissione libertà civili, giustizia e affari interni.
László Tőkés (PPE). – (HU) In qualità di abitante ungherese della Romania, desidero congratularmi con il presidente Buzek, che quanto a spirito di solidarietà è un degno successore dell’ex presidente Pöttering. E desidero ricordare, sempre con spirito di solidarietà, che i profughi polacchi furono accolti dagli ungheresi 70 anni fa.
Nello stesso spirito di solidarietà desidero esprimere il nostro compiacimento per il fatto che una delle figure chiave di Solidarność sia stato nominato alla guida del Parlamento. Ricordiamo anche il ruolo di Giovanni Paolo II e della fede religiosa. Solidarność e la rivoluzione ungherese del 56 hanno rappresentato la libertà, mentre gli eventi di Temesvár-Timişoara, e la figura di papa Giovanni Paolo, rappresentano il potere della fede religiosa. Ci aspettiamo che con l’adesione all’Unione, il popolo polacco e l’Europa orientale diano un uguale contributo e conducano a un aumento della fede. Questi sono i motivi per cui guardo a questa presidenza con fiducia.
Wojciech Michał Olejniczak (S&D). – (PL) Signor Presidente, anch’io desidero congratularmi con lei in modo sincero, non solo per la sua elezione, ma anche per il suo intervento odierno, in quanto lei ha dimostrato che l’Europa è una, e che non esistono paesi vecchi e paesi nuovi. Ma è anche vero che l’Europa è caratterizzata da una grande diversità, e il suo impegno affinché il Parlamento europeo rifletta questa diversità nel proprio operato ha un valore immenso.
Ciò non significa, tuttavia, che l’Europa sia tutta uguale. Difatti, esistono molte diversità che noi dovremmo affrontare all’interno del Parlamento europeo. I cittadini dell’Unione europea spesso ricevono livelli di retribuzione molto diversi per lo stesso lavoro. Un numero sempre troppo elevato di cittadini dell’Unione si trovano oggi senza lavoro, e questo è un altro problema da affrontare. C’è troppa diversità e disparità in termini di accesso ai benefici connessi con l’istruzione, la cultura e la sanità. Si tratta di una sfida enorme, che il Parlamento europeo, sotto la sua guida, deve porsi come obiettivo.
Desidero comprendere cosa lei crede si debba fare rispetto a quanto è stato detto in merito a una politica energetica comune, con un’iniziativa che oggi è russo-tedesca piuttosto che europea. Mi riferisco al gasdotto perché lei ha sollevato la questione della politica energetica. Esiste anche la questione dell’allargamento dell’Unione – che ne dice dell’Ucraina? Quale tempistica intendiamo prevedere per l’adesione dell’Ucraina all’Unione europea?
Jerzy Buzek, presidente. – (PL) Desidero innanzitutto ringraziare tutti coloro che sono intervenuti nella discussione per il loro straordinario sostegno. Comprendo che, in determinate circostanze, possiamo avere punti di vista differenti. Trovo che sia un fatto positivo, perché è così che si può giungere a qualcosa di nuovo. Solo lo scambio di vedute e di punti di vista diversi, e solo con la discussione possiamo trovare una risposta alle domande più difficili. Tuttavia, l’immenso sostegno espresso da tutto il Parlamento con i vostri interventi mi impone un onere ulteriore, poiché comprendo che ci confrontano delle sfide di ampia portata e che dobbiamo superarle tutte. Mi avete dato un mandato, un mandato straordinariamente forte in un momento assolutamente eccezionale. Desidero sottolineare con vigore che ne sono consapevole e che sono conscio delle mie responsabilità nei prossimi due anni e mezzo di lavoro, non solo del Parlamento europeo, ma di tutta l’Unione europea, anche – il che è di grande importanza - relativamente alla percezione che i cittadini avranno del nostro operato.
Ringrazio calorosamente l’onorevole Daul, presidente del Partito Popolare Europeo (Democratico Cristiano). Apprezzo molto il suo aver posto in evidenza che si tratta della nostra Europa. Mi considero uno di quelli che sono giunti qui dall’Europa centrale e orientale, ma oggi la nostra Europa comune richiede un’azione congiunta. Non dimentico la mia provenienza, ma il tempo scorre rapidamente. L’integrazione richiede che noi sentiamo la nostra reciproca responsabilità, e che tale responsabilità sia anche a carico dei nuovi Stati membri – quelli che chiamiamo “nuovi”, sebbene io abbia detto che non esiste differenza tra stati membri “nuovi” e “vecchi”.
L’onorevole Schulz ha specificato che si tratta di un programma di due anni e mezzo di durata. Forse ha ragione, ma ciò a cui alludevo nel mio intervento è l’esigenza di una continuità. In effetti le mie parole si riferivano a come dovrà essere l’Europa tra cinque o dieci anni, quale direzione essa debba prendere. Tra due anni e mezzo il nuovo presidente aggiungerà nuove priorità o modificherà alquanto quelle attuali, ma dobbiamo cercare di guardare sempre a una prospettiva sufficientemente ampia – anche di dieci o quindici anni, se possibile – in modo da poter prevedere eventi che altrimenti potrebbero coglierci di sorpresa. Naturalmente, sono d’accordo con il fatto che il migliore allargamento sia quello derivante dalla nostra integrazione interna.
L’onorevole Verhofstadt ha posto l’accento sulla voce dei cittadini. La penso allo stesso modo. La voce dei cittadini europei ha un significato enorme in questo Parlamento, che li rappresenta, e pertanto essi sono una nostra grande responsabilità. Egli ha anche ribadito che dobbiamo rispondere alla crisi congiuntamente, anche in materia economica, prendendo congiuntamente le decisioni. Tutto questo è il contrario del protezionismo, come ho dichiarato io stesso nel mio intervento.
L’onorevole Harms ha parlato delle relazioni con i parlamenti nazionali. Il Parlamento europeo produce più del 50 per cento delle leggi in Europa, che vengono successivamente approvate dai parlamenti nazionali; pertanto, è estremamente importante intrattenere buone relazioni con i parlamenti dei paesi membri. Il motivo è che abbiamo bisogno di un maggiore contatto con i cittadini. Senza dubbio, quei parlamenti, i nostri, sono più in contatto con i cittadini rispetto a noi. I cittadini li vedono alla televisione ogni giorno e lo stesso non è sempre vero per il Parlamento europeo. Che i cittadini apprendano l’importanza di quanto viene creato qui presso il Parlamento europeo, la Commissione europea e il Consiglio europeo. Che sappiano come il Parlamento è responsabile di più della metà delle decisioni che riguardano i nostri paesi. Il fatto di essere più vicini ai parlamenti nazionali agevolerà il passaggio di tali informazioni.
Naturalmente, la crisi denota un’enorme mancanza di fiducia. E’ di questo che si tratta. L’onorevole Harms ed io condividiamo le stesse opinioni in materia di clima. Entrambi eravamo a Bali e a Poznań e andremo entrambi a Copenhagen. Riusciremo a raggiungere un accordo.
L’onorevole Kamiński ha rilevato che abbiamo pareri diversi sul futuro dell’Europa. Sono d’accordo, e dovremmo davvero ascoltarci l’un l’altro. Se oggi rappresentate dei gruppi di cittadini alquanto ampi che vedono diversamente il futuro dell’Europa, questo deve informarci, deve allertarci rispetto a un fatto importante. E noi, ovvero io, che crediamo in un futuro europeo e nell’integrazione europea, conosciamo molto meglio gli europei in virtù delle vostre diverse obiezioni. In questo ambito potete essere certi che la discussione sarà molto approfondita.
L’onorevole Svensson ha parlato della trasparenza in Parlamento, dicendo che dobbiamo conoscere le decisioni che vengono adottate, e che anche i nostri elettori debbono esserne a conoscenza. Sono pienamente d’accordo. Non ho alcun dubbio del fatto che il problema della giustizia sociale sia importante. Io stesso affondo le mie radici nel movimento sindacalista, nel quale ho militato per molti anni – e si trattava di un normale sindacato. Tuttavia, sappiamo bene che per poter disporre di mezzi per aiutare i più bisognosi dobbiamo avere un’economia sana, e dobbiamo sempre cercare di trovare un equilibrio tra questi due elementi.
L’onorevole Speroni ha parlato di una collaborazione degna e adeguata con la Commissione europea e il Consiglio europeo. Ricordiamoci che il Parlamento sta acquistando maggiore rilevanza. Il trattato di Lisbona ci conferisce poteri notevolmente maggiori rispetto alla situazione attuale. Si tratta di uno sviluppo positivo poiché, di fatto, siamo i rappresentanti eletti direttamente dai cittadini dell’Unione europea.
L’onorevole Gollnisch non dubita della sincerità delle mie intenzioni, ma si chiede se esse siano realistiche. Rispondo che 30 o 40 anni fa sarebbe stato del tutto irrealistico pensare che oggi mi sarei trovato dinnanzi a questo ampio consesso per rispondere ai vostri interrogativi. Non avrei nemmeno osato sognarlo, tanto si trattava di un’ipotesi priva di realismo. Dunque, se intraprendiamo un cammino in una certa direzione con profonda fede e convinzione, anche le cose impossibili diventano possibili. Adoperiamoci affinché ciò che oggi è impossibile diventi possibile.
(Applausi)
Ministro Malmström – certamente stiamo collaborando con la presidenza svedese. Mi sono già recato in Svezia. Abbiamo parlato di cambiamenti climatici, del clima in Europa in generale, della crisi e della disoccupazione. Esiste anche un programma molto importante – il programma di Stoccolma. Non dimentichiamolo. Il Parlamento può fare molto nell’ambito del programma di Stoccolma, anche nel campo della criminalità organizzata, e anche al di là dei confini dell’Unione europea.
Non vi è dubbio alcuno che collaboreremo con il presidente Barroso. La sua proposta mi è molto gradita. L’onorevole Silvestris ha accennato alla breve storia della liberazione dell’Europa e sono pienamente d’accordo con lui.
L’onorevole Siwiec ha citato l’Ucraina. Per quanto mi concerne la risposta è scontata. Ho partecipato alla delegazione dell’Unione europea che si è recata in quel paese. Sono stato in Ucraina tre volte, come ricorderete, e pertanto non avevo ritenuto necessario parlarne. Tenete a mente che, per i cittadini europei, ogni settore della cooperazione europea è importante: il Mediterraneo, l’America Latina e gli Stati Uniti, ma i più importanti di tutti sono i nostri vicini, quelli che si trovano intorno al Mar Mediterraneo e in Europa orientale. Queste sono le zone principali: l’Europa orientale e meridionale, ma non discutiamo su quale sia più importante. Le elezioni sono prossime in Ucraina e, pertanto, per i prossimi sei mesi sarà l’Ucraina il paese vicino più importante. Tuttavia, non dobbiamo cadere in queste discussioni. E’ molto importante mantenere un certo equilibrio. Sono pienamente d’accordo in proposito.
L’onorevole Lichtenberger ha parlato del ruolo del Parlamento quando legiferiamo. Concordo che dobbiamo legiferare in modo trasparente, e che ciascuno deve avere la propria opinione. Ciò è di fatto già previsto nel trattato di Lisbona. Se il trattato entrerà in vigore, queste condizioni si verificheranno in modo automatico.
L’onorevole Balczó chiede se un’Europa unificata nei termini descritti nel mio intervento esista veramente. Certo che esiste, ed è unita, ma sta ancora cercando di risolvere con metodi collaborativi i suoi problemi in ambito agricolo. Ho dichiarato risolutamente che l’Unione europea dispone dei fondi per promuovere la coesione. Dal momento che ci siamo uniti, non dobbiamo dividerci su altri fronti, a causa della mancanza di parità nelle opportunità di sviluppo offerte ai nostri cittadini. Ci sforzeremo per riuscirvi. Alcuni paesi dell’Unione europea sono membri da 20 o 30 anni e fanno ancora parte di questi programmi e tutti godiamo dei medesimi diritti. Si tratta, in effetti, di un’Europa unita in cui esistono tenori di vita differenti nei vari paesi. Appianeremo tali differenze. E’ quanto auspichiamo, e si tratta di un’opportunità che ci viene offerta. Ora, invece, pensiamo a una Comunità e anche alla nostra responsabilità. Ci tenevo a sottolineare con decisione tale aspetto.
L’onorevole Roithová ha fatto riferimento alla nostra responsabilità congiunta per la crisi e sono pienamente d’accordo. Inoltre, viviamo così vicini che quasi non esistono più barriere alla nostra comprensione reciproca. E’ molto importante per noi. L’onorevole Tannok ha parlato del commissario per i diritti umani. Naturalmente si tratta di una questione di competenza del presidente della Commissione e della Commissione stessa. Tuttavia, sono sicuro che l’onorevole Tannock ed io ci incontreremo in Ucraina tra qualche mese, in occasione delle elezioni presidenziali.
L’onorevole Sógor ha parlato delle discussioni europee bilaterali e in tal senso desidero dire che, effettivamente, è preferibile risolvere i problemi delle minoranze a livello bilaterale. Tuttavia, è anche meglio aprire i confini piuttosto che spostarli. In Europa abbiamo imparato a non discutere di confini, e nella nostra parte di Europa questo problema non esiste. Abbiamo semplicemente aperto i confini - questo è il nostro obiettivo e la nostra conquista più significativa.
L’onorevole Dodds ha dichiarato che l’Unione europea dovrebbe essere un’Europa di nazioni che collaborano tra loro, non un’unione federale. Parole di grande saggezza. Difatti, stiamo parlando di cooperazione tra stati, della necessità di conservare la nostra identità, ma anche dell’esigenza di apertura e collaborazione reciproche. Sono molto favorevole alle sue idee e l’Unione europea di oggi e quella del trattato di Lisbona vanno esattamente nella direzione da lei indicata.
L’onorevole Tabajdi ha parlato delle regioni, compresa la mia regione, la Slesia, dicendo che in qualche sorta funge da mediatrice. Sono d’accordo. Le regioni transfrontaliere rappresentano un’opportunità per una maggiore comprensione reciproca. L’onorevole Antinoro ha poi parlato delle conquiste del mio paese. La ringrazio dei suoi commenti. La questione non è se io sarò in grado di dare un contributo alla forza del Parlamento europeo, bensì che è necessario che più di 700 colleghi parlamentari facciano altrettanto. Faccio davvero grande affidamento su questo, e credo che tutti noi possiamo essere “energici”.
L’onorevole Ransdorf rappresenta davvero i cittadini e la vita della nazione. Concordo, ed è per tale motivo che le prerogative e i poteri del Parlamento europeo sono in crescita. Dobbiamo anche consentire ai parlamenti nazionali di esercitare un potente influsso su quanto avviene in Europa. L’onorevole Theurer ha descritto la ricerca della libertà da un canto e quella delle attrattive dell’Europa occidentale dall’altro. Certamente, a guardarla dall’Europa orientale, l’Europa occidentale era molto allettante. Ma ciò per cui lottavamo veramente ad est era la libertà. E’ così. Pensiamo a come siamo riusciti a calmierare la situazione nei Balcani. Oggi lì regna la pace, ringraziando il Signore. I paesi di quell’area fanno la fila per aderire all’Unione europea ed è questa la vera attrattiva dell’Unione.
L’onorevole Morvai ha ricordato degli eventi drammatici. Se vuole passarmi delle informazioni in merito, la pregherei di farlo per iscritto. Possiamo anche incontrarci per discuterne, in modo che io possa meglio comprendere la situazione. L’onorevole Tőkés ha parlato del 1956 e dell’Ungheria. Sono eventi che stanno molto a cuore a noi tutti che nutriamo una profonda fiducia nell’Unione europea. Certamente io stesso credo fermamente nella forza dell’Unione europea.
L’onorevole Olejniczak, tuttavia, ha posto una serie di interrogativi sulla mancanza di uguaglianza in Europa. Dobbiamo certamente parlare di unità, tuttavia, i fondi cui mi riferivo poco fa sono ancora attivi, così come i provvedimenti volti a fornire un’opportunità di eliminare le ineguaglianze. Sono ancora in vigore. Non è cambiato nulla. La stessa situazione è ancora aperta e chiara com’è sempre stata e, pertanto, è molto positivo il fatto di avere un’Europa unita. Quanto a una risposta in merito alle forniture di petrolio, di gas e di risorse energetiche in generale, dobbiamo giungere a una politica energetica comune, in modo da evitare che sorgano delle tensioni non necessarie che innalzano dei muri tra noi che non dovrebbero esistere. Sono anni che abbattiamo muri. E’ quello il nostro futuro. E’ per questo che propongo senza dubbio alcuno una politica energetica comune.
Naturalmente, per accedere all’Unione europea vi sono dei criteri da rispettare. E’ anche stato detto che per consentire a nuovi paesi di aderire, noi Stati membri dobbiamo essere ben integrati, in modo da accogliere in modo efficace i nuovi membri. L’integrazione richiede del tempo, ma una paese come la Croazia è, in buona misura, pronto per l’integrazione. Mi risulta che la Croazia abbia buone possibilità di aderire all’UE in tempi relativamente brevi, sebbene abbia incontrato alcune difficoltà. Lo stesso potrebbe valere per l’Islanda, ma è molto difficile prevedere una tempistica per quei paesi che non sono così preparati. Ricordiamoci che i paesi dell’Europa centrale e orientale, ora membri dell’Unione europea, iniziarono a prepararsi per l’integrazione nel 1991/1992, impiegando pertanto 12 anni. La preparazione per l’integrazione, nel nostro caso, è durata 12 anni e allora godevamo di condizioni migliori rispetto a quelle attuali di questi paesi, poiché la situazione a livello mondiale era migliore – non c’era la crisi, e molti altri fattori concorrevano a creare una situazione più favorevole. E’ necessario molto tempo e non azzarderei nessuna tempistica, ma teniamo presente che l’allargamento è una buona politica dell’Unione europea, sebbene sia una politica a lungo termine.
Vi ringrazio tutti di essere intervenuti nella discussione. Ho preso nota con grande cura di tutte le vostre osservazioni che fungeranno da spunto per pensare ad alcune modifiche. Aggiungo anche che ci incontreremo a intervalli regolari e io siederò dove mi trovo oggi, perché è mio desiderio restare il più possibile vicino a tutti voi.
(Applausi)
Presidente. − Grazie a lei, signor Presidente, anche per la sua puntualità certosina, con cui ha risposto a tutti gli interventi, nessun escluso.
Il dibattito è chiuso.
Dichiarazioni scritte (articolo 149 del regolamento)
Lidia Joanna Geringer de Oedenberg (S&D), per iscritto. – (PL) Mi congratulo con lei per la sua elezione alla carica di presidente del Parlamento europeo. Come tutti i nostri connazionali sono orgogliosa che, per la prima volta nella storia, un cittadino polacco abbia avuto questo onore. Si tratta per tutti noi di una conferma del nostro ruolo e della nostra posizione in Europa.
La Polonia, tuttavia, è uno dei pochi paesi che non hanno completato la procedura di ratifica del trattato di Lisbona, il quale renderebbe l’integrazione più efficace. E’ paradossale. Le rammento che il parlamento polacco ha approvato la ratifica del trattato di Lisbona nell’aprile di quest’anno, ma che i documenti per la ratifica devono ancora essere firmati dal presidente.
Credo che lei potrebbe dare un contributo prezioso al dibattito pubblico in Polonia, aumentando il sostegno al trattato nella società, e che ciò contribuirebbe a ridurre i tempi necessari per il completamento della procedura di ratifica. Inoltre, desidero ringraziarla del suo personale intervento in questo senso in Irlanda. Auspico che il popolo irlandese voti “sì” il 2 ottobre e che le formalità necessarie possano poi essere espletate nella Repubblica Ceca e in Polonia.
Contribuire alla conclusione della “saga del trattato di Lisbona” è uno degli obiettivi più importanti di questo Parlamento, ed è mio auspicio che figuri anche tra i suoi successi.
Filip Kaczmarek (PPE), per iscritto. – (PL) Ci troviamo in un momento importante della storia dell’integrazione europea. La ringrazio del programma che ci ha presentato. Mi auguro che lei riesca a portare a compimento questa agenda ambiziosa. Le porgo i miei migliori auguri nella direzione dei lavori del Parlamento europeo, in sintonia con i valori che sono importanti per tutti gli europei.
Così come il movimento polacco di Solidarność è riuscito a mutare il volto della Polonia e di altri paesi dell’Europa centrale, la solidarietà europea ci consentirà di affrontare le sfide che oggi ci confrontano. Ciò sarà possibile in base a determinate condizioni, ovvero che il nostro spirito di solidarietà sia coerente, autentico e decisamente orientato a condurre a dei mutamenti. Così come in Polonia, dove i totalitarismi sono crollati non sotto delle parole, bensì a causa di fatti concreti, allo stesso modo la solidarietà europea sarà efficace se verrà tradotta in azioni specifiche. Credo che questo avverrà per davvero.
Tale visione del futuro dell’Europa è positiva per molti europei. Conto sul Parlamento europeo da lei guidato, signor Presidente, affinché svolga un ruolo positivo e intenso nel tradurre in realtà questa visione. Molte grazie.
(La seduta, sospesa alle 13.25, riprende alle 15.00)
PRESIDENZA DELL’ON. BUZEK Presidente
9. Approvazione del processo verbale della seduta precedente
(Il Parlamento approva il processo verbale della seduta precedente)
***
Martin Schulz (S&D) . – (DE) Signor Presidente, non ho commenti da fare sul processo verbale della seduta di ieri, ma vorrei invece soffermarmi su un incidente che si è verificato nella seduta di stamane. L’onorevole collega Göncz, deputata al Parlamento europeo appartenente al mio gruppo ed ex ministro degli Esteri d’Ungheria, ha dovuto subire nella discussione di questa mattina gli intollerabili insulti dell’onorevole Morvai, del partito fascista Jobbik. Come ministro degli Esteri d’Ungheria, l’onorevole Göncz si è battuta con una tenacia quasi senza paragoni nel suo paese per giungere alla riconciliazione internazionale tra l’Ungheria e i paesi vicini. Respingo con sdegno i volgari insulti rivolti all’onorevole Göncz dall’onorevole Morvai, militante di un partito neofascista.
(Applausi)
Kinga Göncz (S&D). – (HU) La ringrazio per avermi dato l’opportunità di parlare; mi rammarico profondamente che in seno al Parlamento europeo si debba assistere a questo dibattito. Desidero inoltre replicare brevemente, ricordando che nel 2006 il partito rappresentato dall’onorevole Morvai ha formato un’organizzazione paramilitare, che da allora utilizza per intimidire la pacifica maggioranza dell’opinione pubblica.
Alludo in particolare alle minoranze, agli omosessuali, ai rom e agli ebrei. Di recente, tale organizzazione paramilitare è stata sciolta dai tribunali, ma un deputato al Parlamento europeo appartenente a questo partito ha indossato l’uniforme dell’organizzazione proprio in quest’Aula, nel corso della sessione di luglio. In Ungheria, questo partito ha inscenato una campagna di provocazioni contro l’Europa e i rom, gonfia di razzismo, omofobia e xenofobia; nelle proprie chiassose esternazioni ha invariabilmente dipinto l’Ungheria come una colonia dell’Unione europea. Gli avvenimenti cui ha fatto riferimento l’onorevole Morvai si svolsero nel 2006, quando i manifestanti di estrema destra incendiarono la sede centrale della televisione ungherese, abbandonandosi per giorni e giorni a violenze che causarono il ferimento di 113 poliziotti.
Essi provocarono nuovi disordini il 23 ottobre, cercando di interrompere con la violenza una cerimonia nazionale. Fu quella la prima volta nella storia del paese – dopo il mutamento di regime – che la polizia dovette affrontare una manifestazione di estremisti di destra. Dopo quei fatti, il governo ha istituito una commissione indipendente, le cui relazioni sono disponibili, anche in inglese, su molti siti web. La commissione ha formulato alcuni suggerimenti, e sono stati avviati numerosi procedimenti giudiziari. Gli organismi governativi ungheresi hanno indagato su questi abusi.
Ci sono stati effettivamente dei problemi. Vorrei però far notare all’onorevole Morvai che, se ella considera dittatoriale il sistema istituzionale del suo paese, dovrebbe rendersi conto che, se davvero in Ungheria non vigesse la democrazia, ella non avrebbe potuto ora prendere la parola in quest’Aula. Mi scuso ancora per il fatto che questo tema sia stato sollevato in Parlamento, e mi auguro di tutto cuore che tale discussione non debba continuare in questa sede.
Zoltán Balczó (NI) . – (HU) Signor Presidente, secondo il regolamento ho diritto a trenta secondi per porre una domanda, e la mia domanda è rivolta all’onorevole Schulz. Come può egli osare, sulla base delle calunniose affermazioni pronunciate in questa sede dalla sua collega, definire fascista un partito rappresentato in quest’Assemblea, solo perché tale partito non accetta supinamente tutti gli aspetti dell’andazzo generale dell’Unione europea? In Ungheria questo partito ha raccolto 430 000 voti; lei quindi ha definito fascisti 430 000 elettori. D’ora in poi pensi prima di parlare!
10. Firma di atti adottati in codecisione: vedasi processo verbale
Presidente . – L’ordine del giorno reca la dichiarazione del presidente designato della Commissione.
José Manuel Barroso, presidente designato della Commissione. − (FR) Signor Presidente, onorevoli deputati, viviamo in un periodo senza precedenti. Personalmente sono convinto che i libri di storia del futuro distingueranno tra due epoche, quella precedente e quella successiva alla crisi finanziaria. Questa crisi, però, non è solamente finanziaria, economica e sociale; è anche una crisi di valori. Proprio per questo motivo, ritengo che sia nostro dovere fondare la risposta che daremo alla crisi sul modello sociale europeo, sull’economia sociale di mercato.
Contemporaneamente, la crisi ci ha dimostrato quanto sia forte l’interdipendenza che ci lega, in quest’era di globalizzazione. C’è la crisi finanziaria, ma c’è anche la crisi energetica; ci sono i problemi della sicurezza alimentare e quelli del cambiamento climatico – settore in cui l’Europa è ora il leader. Mi sembra quindi di poter dire che per l’Europa è giunto il momento della verità. Vogliamo modellare l’Europa sulla base dei nostri valori, difendendo i nostri interessi, oppure vogliamo subire la globalizzazione, seguendo una strada tracciata da altri?
A mio parere non ci sono dubbi: dobbiamo affrontare insieme questa sfida perché, in caso contrario, l’Europa correrebbe il rischio di restare emarginata. L’esperienza non ci manca: non credo che alcun’altra regione al mondo abbia un’esperienza analoga per quanto riguarda la creazione di un mercato interno, di regole e istituzioni comuni, e infine di una moneta unica e di politiche di coesione e solidarietà. Abbiamo un’esperienza impareggiabile, e ritengo quindi che, anziché subire la globalizzazione, abbiamo la possibilità di modellarla, perché siamo, per natura, un laboratorio della globalizzazione: siamo i campioni della governance globale.
Non è questo il momento di adagiarci nello status quo o nella routine. Dobbiamo fissare un programma di cambiamenti, e ora più che mai abbiamo bisogno di un’Europa forte; con il trattato di Lisbona, in futuro saremo più forti e potremo agire con maggiore efficacia.
Quando parlo di un’Europa più forte, vorrei chiarire subito il significato di tale espressione: non intendo necessariamente una centralizzazione più accentuata dei poteri. Sono un convinto fautore del principio democratico di sussidiarietà – una sussidiarietà legata ovviamente alla solidarietà – in base al quale le decisioni vengono prese al livello più opportuno.
Quando parlo di un’Europa più forte, mi riferisco anche allo spirito europeo, alla cultura del processo decisionale europeo, del metodo comunitario e della volontà di agire insieme: non solo la capacità ma anche la volontà – la volontà politica – di agire. Abbiamo bisogno di un’Europa che difenda con intransigenza i propri valori e interessi, che respinga ogni tipo di protezionismo – senza tuttavia dar prova di ingenuità – e che dimostri di possedere questo spirito proattivo. E proprio a tale spirito proattivo si è ispirata la stesura del documento che ho inviato a tutti voi prima della seduta odierna.
Il mandato della Commissione che io attualmente presiedo è stato quello della prima Commissione dell’Europa allargata, della grande Europa dei 27. Avendo consolidato quest’Europa, abbiamo gettato le basi, mi sembra, per inseguire una nuova ambizione: una nuova ambizione sociale, poiché la crisi e la disoccupazione costituiscono il problema più grave che attanaglia oggi gli europei; una nuova ambizione nella lotta contro il cambiamento climatico, settore in cui svolgiamo già un ruolo guida; e una nuova ambizione nel modo di affrontare la globalizzazione.
La settimana scorsa ho avuto modo di discutere questi orientamenti insieme a tutti i gruppi politici da cui sono stato invitato. Ritengo sia stato un confronto estremamente utile, aperto e costruttivo, durante il quale sono emerse numerose opinioni.
Ritengo che per noi sia giunto il momento di raggiungere un vasto consenso, e concludere in qualche forma un accordo sulla strada da seguire. Dinanzi a tutti voi oggi prendo il solenne impegno di applicare tali orientamenti politici nel corso del mio secondo mandato – se verrò confermato da questo Parlamento – e di tradurli, insieme ai commissari che entreranno in carica, nel programma legislativo e di lavoro della prossima Commissione. Non intendo ripetere ora gli orientamenti ma ritengo che sarà utile, dopo aver discusso con tutti voi, dare maggior concretezza a taluni elementi degli orientamenti stessi e accogliere alcuni dei vostri suggerimenti. Nell’interesse della trasparenza, vorrei ora mettere in luce insieme a tutti voi i punti in questione.
In primo luogo, l’elemento fondamentale: nell’applicare in tutti i suoi aspetti il nostro piano di ripresa per uscire dalla crisi economica e finanziaria, non dobbiamo perdere di vista il futuro. Dobbiamo infondere nuovo vigore nella nostra economia sociale di mercato inclusiva: investiremo in nuove fonti di crescita sostenibile, nella crescita verde intelligente, nelle reti del futuro – dalle infrastrutture digitali alle grandi reti europee dell’elettricità e del gas – in uno sforzo complessivo teso a promuovere alti livelli di occupazione e di prestazioni sociali, oltre che a irrobustire il modello europeo di società, affermandoci contemporaneamente in un mondo sempre più competitivo.
La solidarietà deve rimanere un elemento fondamentale: per tale motivo, oltre a tutte le decisioni già prese e proposte in merito ai fondi strutturali e al raddoppiamento del nostro sostegno alla bilancia dei pagamenti per alcuni paesi in difficoltà, voglio impegnarmi a usare tutti gli strumenti a mia disposizione per aiutare gli Stati membri su cui gravano forti limitazioni di bilancio – ossia i nuovi Stati membri – a riprendere il cammino verso la ripresa.
Non possiamo però ritornare al vecchio modello di crescita, che si è dimostrato palesemente insostenibile; dobbiamo creare le condizioni per rendere la transizione a un’economia con basse emissioni di carbonio una fonte di vantaggio competitivo per le imprese, una fonte di occupazione per i lavoratori e una fonte di speranza per le generazioni future. Certo, concordo con coloro i quali, tra voi, hanno affermato che il coordinamento da solo non basta; certo, dobbiamo tracciare un vero programma europeo; certo, dobbiamo dotarci di una visione integrata al servizio di una coerente strategia europea, una strategia dell’Unione europea per il 2020 che, sulla base dell’apertura dei mercati, intrecci in un tessuto unitario i fili delle nuove fonti di crescita sostenibile, occupazione e coesione sociale, del nostro programma climatico e di sicurezza energetica, di un approccio innovativo alla politica industriale e del progresso verso la società della conoscenza. Da parte mia, ritengo opportuno insistere con particolare forza sull’innovazione e sulle misure di sostegno alle piccole e medie imprese. Certo, questo significa riesaminare la strategia di Lisbona dopo il 2010; e certo, ci occorre un approccio assai più integrato alle articolazioni economiche, sociali e ambientali delle diverse strategie. In qualità di presidente della Commissione, mi impegno a fare ogni sforzo per convincere gli Stati membri ad accettare anche quest’approccio basato sulla coerenza e sul coordinamento.
Negli orientamenti ho affermato che l’economia ha bisogno di un sistema finanziario più morale, robusto e responsabile. La regolamentazione e la sorveglianza non hanno tenuto il passo dell’integrazione e dell’innovazione dei mercati finanziari, né in Europa, né a livello globale. Permettetemi di osservare che sono rimasto sconvolto dall’entità e dalla diffusione dei comportamenti immorali cui abbiamo assistito; non possiamo certo pensare di ritornare a una normale routine. Sul problema dei bonus, per esempio è necessario intervenire con urgenza. In seno al G20 – un processo che, per inciso, è stato avviato in Europa – abbiamo assunto una posizione di guida, ma è senz’altro vero che occorre fare ben di più. La settimana prossima, alla vigilia della riunione del G20 di Pittsburgh, la Commissione adotterà proposte miranti a istituire un autentico sistema europeo di sorveglianza – un sistema che rifletta la natura integrata del nostro mercato unico.
Fra tre anni, la revisione del nostro operato ci permetterà di verificare quali ulteriori iniziative si saranno rese necessarie. E’ essenziale varare una regolamentazione che garantisca la responsabilità e la legittimità del settore finanziario, senza però soffocare l’innovazione. Voglio che l’Europa mantenga la supremazia che attualmente detiene, a livello mondiale, nel settore finanziario.
Nei miei orientamenti, ho illustrato anche i motivi per cui la crisi ci impone di concentrarci in maniera assai più decisa sulla dimensione sociale in Europa a tutti i livelli decisionali – sia in Europa che sul piano nazionale. Forse nell’economia e nel sistema finanziario si nota qualche segno di ripresa ma – diciamolo chiaramente – per chi ha perso il lavoro la crisi non è certo finita, e non potremo dire di averla risolta finché non saremo tornati a creare occupazione, anziché assistere al diffondersi della disoccupazione.
Mi impegno quindi a perseguire un elevato livello di occupazione e coesione sociale, tramite un ventaglio di iniziative che ho già discusso con alcuni di voi.
Ho nettamente affermato la mia adesione al rispetto dei diritti sociali fondamentali, e al principio della libertà di circolazione dei lavoratori; sotto entrambi questi aspetti, interpretazione e applicazione della direttiva sul distacco dei lavoratori si sono dimostrate carenti. Per tale motivo mi sono impegnato a proporre, al più presto possibile, un regolamento che risolva i problemi emersi; questo regolamento scaturirà dal processo di codecisione del Parlamento europeo e del Consiglio. Un regolamento ha il vantaggio di offrire una certezza giuridica assai più salda rispetto alla revisione della direttiva, che lascerebbe ancora un margine eccessivo alle divergenze di recepimento nelle varie legislazioni nazionali e richiederebbe un tempo più lungo per produrre effetti concreti nell’attività pratica. Se tuttavia, nel corso della preparazione del regolamento, scopriremo settori in cui si renda necessario rivedere la direttiva stessa, non esiterò ad agire in tal senso. Voglio affermarlo con chiarezza: mi impegno a combattere il dumping sociale in Europa, in qualsiasi forma si presenti.
E’ stato pure sollevato il problema delle valutazioni d’impatto sociale per tutte le proposte future; sono d’accordo, si tratta di una necessità. La prima occasione per collaudare una valutazione d’impatto sociale dovrebbe essere la revisione della direttiva sull’orario di lavoro. Sulla base di tale valutazione d’impatto, la prossima Commissione consulterà le parti sociali e avanzerà poi una proposta legislativa complessiva.
Negli orientamenti, sottolineo l’importanza dei servizi di interesse generale per il nostro modello europeo di società. Su questo tema il trattato di Lisbona si esprime con grande lucidità, e sono pronto a lavorare con voi per articolare un quadro qualitativo dei servizi di interesse generale.
Ho sottolineato pure il tema dell’uguaglianza di genere e della necessità di eliminare il divario salariale di genere; ora quindi mi impegno a collaborare con voi alla stesura di una Carta delle donne, che sarà anche un modo per celebrare, nel 2010, il quindicesimo anniversario della Conferenza di Pechino.
Nei miei orientamenti, esprimo la determinazione a far sì che le innovazioni introdotte dal trattato di Lisbona nelle relazioni internazionali – tra cui il servizio europeo di azione esterna e l’incarico di alto rappresentante e vicepresidente della Commissione – possano funzionare in maniera efficace. A mio avviso esse costituiscono una delle più importanti innovazioni del trattato di Lisbona, e mi impegno, in generale, a rafforzare la cooperazione con il Parlamento europeo nel campo degli affari esterni.
L’Europa ha però bisogno dei mezzi per essere all’altezza delle sue ambizioni. Come ho osservato negli orientamenti, ciò comporta una riforma radicale e insieme capillare del bilancio dell’Unione europea, sia per quanto riguarda le spese, sia per quanto riguarda le entrate. Dobbiamo abbandonare una mentalità ristretta, attenta solo ai bilanci netti, e perseguire piuttosto un approccio basato sulla solidarietà, la condivisione degli oneri e l’equità. In tale quadro rientra anche la questione delle risorse proprie. L’Unione europea deve dotarsi di un metodo più trasparente ed efficiente di finanziare le proprie politiche e io sono pronto – con l’appoggio, mi auguro, del vostro Parlamento – a ingaggiare questa battaglia con gli Stati membri, nel contesto della riforma del bilancio dell’Unione. Desidero inoltre allacciare una collaborazione più stretta con la Banca europea per gli investimenti, allo scopo di esplorare forme innovative di finanziamento.
Un altro dei miei obiettivi è la regolamentazione intelligente, e vorrei ribadire che la semplificazione delle procedure e le riduzione degli oneri amministrativi che gravano sulle industrie (e in particolare sulle piccole e medie imprese) è destinata a rimanere una priorità anche per la prossima Commissione. Questo compito – così come il Comitato per la valutazione d’impatto e le valutazioni ex post – verrà posto direttamente sotto la mia autorità, per rispecchiare fino in fondo la priorità che gli attribuisco. Sono anche intenzionato a difendere – come abbiamo fatto nel corso degli anni, qualche volta anche in circostanze difficili – l’integrità del mercato unico, perché senza mercato unico e senza politica di coesione non avremo mai un’Unione europea.
Ma perché fermarci qui? Perché limitarci a difendere il mercato interno? Voglio completarlo, in tutte le tessere che ancora gli mancano, in modo che esso possa produrre tutti i suoi vantaggi per le imprese e i consumatori.
Onorevoli deputati, mi impegno a tradurre queste priorità nell’organizzazione del prossimo Collegio di commissari, quando avrò ottenuto la vostra conferma, ma posso fin d’ora illustrarvi alcune modifiche organizzative che intendo introdurre.
Istituirò l’incarico di commissario per la giustizia, i diritti fondamentali e le libertà civili, responsabile anche per i diritti dei cittadini e delle minoranze, a testimonianza del fatto che l’Unione europea è una comunità di diritti e di valori.
Istituirò poi l’incarico di commissario per gli affari interni e la migrazione, responsabile anche per la sicurezza. Tra i suoi compiti essenziali, questo commissario avrà quello di sviluppare un approccio veramente comune alla migrazione: dovrà promuovere l’integrazione degli immigrati legali, combattere l’immigrazione illegale e i reati a essa collegati, e garantire la solidarietà fra gli Stati membri. La solidarietà ci è necessaria: è necessaria allorché dobbiamo sostenere i nostri amici baltici, o i paesi colpiti dalla crisi del gas che oppone Russia e Ucraina, ma è necessaria anche quando dobbiamo venire in aiuto dei nostri amici mediterranei, che si trovano di fronte a sfide che non possono superare da soli.
Istituirò infine l’incarico di commissario per l’azione climatica, a testimonianza del fatto che il cambiamento climatico è una sfida cui dobbiamo rispondere trasversalmente, impegnando l’intero ventaglio delle nostre politiche. La nomina di un commissario incaricato di occuparsi specificamente dell’azione climatica segnalerà inoltre che l’Europa – indipendentemente dal livello di ambizione che scaturirà da Copenaghen – intende impegnarsi con tenacia affinché la volontà di agire non si indebolisca.
Dobbiamo inoltre rivedere radicalmente le modalità con cui le istituzioni europee accedono alla consulenza scientifica e se ne servono. Nella prossima Commissione intendo introdurre l’incarico di Capo consulente scientifico; questi avrà il potere di presentare consulenze scientifiche proattive in tutte le fasi dello sviluppo e dell’attuazione delle politiche. Ciò riflette il fondamentale ruolo prioritario che io attribuisco alla ricerca e all’innovazione. In questo campo, mi sembra, ci attende ancora un lungo lavoro: se c’è un settore, in Europa, in cui la frammentazione degli sforzi ci impedisce di cogliere i risultati che vorremmo, è proprio quello della ricerca e dell’innovazione. A mio avviso – dalla lotta contro il cambiamento climatico alla sicurezza energetica – disponiamo del potenziale necessario, se veramente vogliamo collaborare nel campo della ricerca e dell’innovazione a favore dell’Europa.
Ciò che propongo è semplicemente un’agenda per la trasformazione dell’Europa. Per tradurre in realtà tale ambizione, ho suggerito di allacciare un partenariato speciale fra Parlamento e Commissione; rappresentiamo le due istituzioni europee per eccellenza, e questo ci conferisce una responsabilità speciale per la creazione di un vero spazio pubblico europeo destinato alla discussione. Mi impegno a portare il mio contributo alla democrazia parlamentare europea.
Negli ultimi due mesi ho avuto l’opportunità di discutere questi temi con il presidente Buzek, e da tale confronto sono scaturiti molti dei miglioramenti proposti nei miei orientamenti, come l’introduzione di un tempo delle interrogazioni regolare. Dopo gli incontri che ho tenuto con i gruppi, sono pronto a raccogliere il suggerimento avanzato da alcuni di voi, non solo di incontrare a scadenze più regolari la vostra Conferenza dei presidenti, ma anche di instaurare un dialogo adeguato con la vostra Conferenza dei presidenti di commissione. In concreto, inviterò la Conferenza dei presidenti di commissione a incontrare il Collegio dei commissari al completo, ogni anno, prima di adottare il programma legislativo e di lavoro della Commissione.
Stiamo veramente attraversando tempi eccezionali, tempi di incertezza e di mutamento degli equilibri di potere. Ci troviamo forse di fronte a una trasformazione radicale delle relazioni tra le maggiori potenze mondiali, e in un’epoca di ansietà come questa corriamo veramente il grave rischio di veder emergere egoismi nazionali, un nazionalismo crudo e brutale e varie forme di estremismo. C’è il concreto pericolo che vengano rimessi in questione i risultati ottenuti nel nostro processo di integrazione europea; proprio per tale motivo giudico importante allacciare questa relazione speciale tra Commissione e Parlamento, allo scopo di combattere gli egoismi nazionali.
Consentitemi di concludere con un appello rivolto a ciascuno di voi. Oggi più che mai abbiamo bisogno di un’Europa forte e di una forte Commissione europea; una Commissione forte, diciamolo francamente, deve essere una Commissione politica, ma una Commissione politica non deve essere una Commissione di parte. Come presidente della Commissione, il mio partito è l’Europa. Il prossimo Collegio di commissari – come l’attuale – conterrà un significativo numero di esponenti di svariate provenienze politiche. Mi impegno a rispecchiare, nella composizione del Collegio e negli incarichi più importanti, la variegata diversità del quadro politico europeo; solo un sostegno transpartitico, in effetti, può consentirci di avere un’Europa forte e una forte Commissione.
Abbiamo bisogno di una Commissione che mantenga le promesse fatte; e poi abbiamo bisogno di un Parlamento capace di mobilitare maggioranze vitali, com’è necessario per un’Europa che voglia agire. Se desiderate una Commissione forte, che al momento opportuno sappia opporsi agli Stati membri e agli egoismi nazionali, dovete garantire alla Commissione il deciso sostegno di cui essa ha bisogno.
Noi tutti abbiamo le nostre diverse posizioni politiche e ideologiche, e tutti proveniamo da appartenenze politiche assai differenti; credo però che, in tempi di crisi come quelli che stiamo attraversando, al di là delle nostre convinzioni ci occorra una salda etica di responsabilità europea. In nome di tale etica di responsabilità europea rivolgo a ognuno di voi il mio appello: il mio appassionato appello a favore dell’Europa. Iniziamo insieme questo viaggio europeo.
(Prolungati applausi)
Joseph Daul, a nome del gruppo PPE. – (FR) Signor Presidente, onorevoli colleghi, nel giugno scorso i cittadini europei hanno confermato la propria fiducia al gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) facendo del nostro gruppo, per la terza volta consecutiva, la forza più importante di questo Parlamento.
Con il loro voto, i nostri concittadini hanno espresso una serie di scelte assai chiare: in un periodo di crisi e dubbi, hanno scelto un’Europa stabile e forte; hanno scelto un’economia sociale di mercato dotata di norme etiche; e infine hanno scelto una politica responsabile in campo energetico e climatico. Dal momento che – parecchi mesi prima delle elezioni – il PPE era stato l’unico partito a designare un candidato per la presidenza della Commissione, ne consegue che i cittadini europei, premiandoci con la maggioranza dei voti, hanno implicitamente approvato la scelta del presidente Barroso.
Da parte mia sono fiero che il gruppo PPE abbia effettuato questa scelta e, oso dire, sono altrettanto fiero che abbia deciso di correre questo rischio.
Tutti conoscono le priorità del PPE: sono le stesse che hanno ispirato i padri dell’Europa e che continuano a ispirare la maggioranza dei governi dell’Europa odierna. Gran parte di questi obiettivi sono condivisi e sostenuti dall’attuale presidente della Commissione Barroso.
Onorevoli colleghi, il gruppo PPE sostiene il presidente Barroso poiché egli ha dimostrato quanto vale. Lo ha dimostrato sul pacchetto clima-energia, ove ha condotto l’Europa a guidare il mondo nella lotta contro il riscaldamento globale: proprio quest’Europa pionieristica costituirà il modello di ruolo alla Conferenza di Copenaghen. Lo ha dimostrato rendendo più severi gli standard morali dei sistemi finanziari, e portando l’Europa ad apprendere per prima gli insegnamenti di una crisi finanziaria che nessuno – intendo dire proprio nessuno – aveva previsto. In occasione del G20, sono l’Europa e la Commissione Barroso che additano la via da seguire ai nostri partner statunitensi e asiatici.
In passato l’Europa veniva dipinta come un nano politico. Come non rallegrarsi del fatto che, su due questioni cui gli europei annettono grande importanza, cioè la crisi e il cambiamento climatico, l’Europa si trovi finalmente all’avanguardia?
Aggiungo che il presidente Barroso è il primo candidato alla presidenza della Commissione ad aver coinvolto così strettamente il Parlamento nel proprio lavoro e nella formulazione degli orientamenti. E’ il primo ad aver proposto un vero partenariato fra le due istituzioni, grazie a una ricca serie di misure concrete.
Si tratta, a mio avviso, di uno sviluppo importante del parlamentarismo europeo, ed è un’opportunità che noi, deputati di questo Parlamento, non dobbiamo lasciarci sfuggire. Per tale motivo il mio gruppo si augura che il presidente Barroso formi una nuova Commissione e si metta al lavoro al più presto possibile.
Ovviamente, il presidente della Commissione non può rappresentare un unico partito; ovviamente, deve concludere compromessi con un Collegio di commissari di varia appartenenza politica. Valutiamo positivamente questa circostanza, perché l’Europa si può costruire solo in uno spirito di apertura e di costruzione del consenso.
Fatta questa premessa, signor Presidente, signora Presidente del Consiglio, devo rivolgervi un appello. Dopo l’elezione del presidente della Commissione, voi dovete mettervi immediatamente all’opera per formare il resto del Collegio, indipendentemente dal trattato che sarà allora in vigore.
Quanto a lei, Presidente Barroso, se, come mi auguro, domani lei otterrà il sostegno della maggioranza dei deputati al Parlamento europeo, non si tratterà però di un assegno in bianco. Lei lo sa benissimo, ma è mio dovere ripeterglielo in questa sede. Dal momento che il gruppo PPE condivide molte delle sue convinzioni, a lei tocca la responsabilità di far sì che, nei prossimi cinque anni, l’operato della sua Commissione corrisponda alle nostre aspettative e a quelle dei cittadini europei.
Noi abbiamo fiducia in lei, ma siamo certi che, nel quadro del partenariato che lei si accinge a proporre, anche noi sapremo svolgere il nostro dovere di legislatori.
Onorevoli colleghi, vi ringrazio per l’attenzione.
(Applausi)
Martin Schulz, a nome del gruppo S&D. – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, nei giorni scorsi mi sono chiesto più volte come mai un candidato tanto controverso in seno a tutti i gruppi non susciti quasi polemiche in seno al Consiglio. Secondo me la risposta è ovvia; se fossi un capo di governo, anch’io avrei eletto José Manuel Durão Barroso. Negli ultimi cinque anni non si sarebbe potuto trovare miglior avvocato degli interessi del Consiglio europeo. Per tale motivo, Presidente Barroso, il suo appello alla cooperazione con il Parlamento è opportuno, ma giunge troppo tardi.
(Applausi)
Negli ultimi cinque anni, fra le altre cose, lei è stato costantemente al servizio dei governi dell’Unione europea, e proprio questo è uno dei motivi per cui lei suscita tanto scetticismo. Spesso gli amici sono più pericolosi dei nemici: lei aveva appena terminato il suo discorso, proclamando: “Sono il candidato di tutti!”, che l’onorevole Daul si è affrettato a dichiarare: “Questo è il candidato del gruppo PPE”. Quale rischio si è assunto, Presidente Barroso! Che motivo di eleggerla avrebbe un’altra possibile maggioranza in quest’Assemblea, se il suo programma è il programma del gruppo PPE?
Avremmo potuto iniziare con una maggioranza diversa. In luglio, abbiamo scorto profilarsi in quest’Assemblea una maggioranza possibile, sulla base di considerazioni diverse tra i diversi gruppi, coagulate da Guy Verhofstadt in una maggioranza riformista ed europeista. Di conseguenza il voto è stato rimandato fino a settembre, e forse si sarebbero aperte altre possibilità. Purtroppo il gruppo dell’Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa non ha sostenuto fino in fondo il proprio leader, altrimenti questa sarebbe stata una vera possibilità; per questo oggi ci accingiamo a votare e a valutare quanto siano convincenti le sue argomentazioni.
Lei però ha appena iniziato a concentrarsi su un programma, e già comincia ad agire in modo del tutto differente. Nei giorni scorsi lei ha inviato messaggeri a cavallo, che recavano il messaggio seguente: “Moi, j’ai la majorité: ho la maggioranza”. Forse domani lei raccoglierà una maggioranza; può essere. Forse domani lei avrà una maggioranza formata dai gruppi PPE e ALDE, la cui maggioranza voterà per lei, e naturalmente dall’unico gruppo che voterà per lei unanimemente, immediatamente e senza esitazioni: i Conservatori e Riformisti europei, il partito del presidente Kaczyński e di suo fratello, il partito del presidente Klaus e dei tories. Lei ha detto di voler formare una maggioranza favorevole al trattato di Lisbona, ma questo è il partito i cui esponenti si oppongono al trattato. Come può guidare l’Europa con spirito europeista, se stipula alleanze di questo genere?
(Applausi)
Inoltre, qui non si tratta solo di lei. Si tratta di lei, ma anche della domanda: Barroso – sì o no? Si tratta di sapere se lei raccoglierà una maggioranza – sì o no? Ma c’è anche un altro problema: si tratta della direzione in cui l’Europa intera deve muoversi, e questa è una decisione che non spetta solo a lei. In questo caso anche il Consiglio, e soprattutto il Parlamento, partecipano alle decisioni sulla composizione del Collegio, sugli incarichi che lei metterà a disposizione e sul programma che lei presenterà per i prossimi cinque anni.
Si tratta di lei, ma si tratta anche di sapere se finalmente riusciremo a regolamentare il mercato interno e i mercati finanziari, e se finalmente riusciremo a bloccare il fenomeno della manodopera a basso costo in Europa, che sta distruggendo la coesione sociale della nostra società. Si tratta infine di sapere se riusciremo a imprimere un cambiamento di direzione all’Unione europea con il sostegno della Commissione intera.
Per noi, quindi, è anche questione dei temi legati al programma. Non basta ridurre l’Europa alla questione di una persona sola, e non basta sapere se questa persona otterrà la maggioranza oppure no. C’è bisogno d’altro! Ci occorrono valutazioni d’impatto sociale. Lei ha affermato di volerle varare; quindi la giudicheremo in base al fatto che lei attui veramente questo proposito, che lei sia preparato a elaborare regolamenti insieme al Parlamento, nel quadro di un accordo interistituzionale.
In futuro, la Commissione dovrà tener conto in anticipo degli effetti che le sue misure avranno sui sistemi di sicurezza sociale degli Stati membri. Vogliamo e dobbiamo avere una direttiva sui servizi pubblici, sui servizi di interesse generale. Non possiamo accettare che la Commissione non si dia pace fino a quando non avrà privatizzato anche l’ultimo cimitero pubblico d’Europa; è ormai il momento di bloccare questa strategia. E in Europa anche la politica salariale ha bisogno di un mutamento di rotta.
Quale che sia lo strumento che sceglieremo, Presidente Barroso, attendo che lei pronunci una frase; anche oggi, lei ha evitato di pronunciarla; ma attendo che prima o poi lei la pronunci. L’obiettivo della Commissione, soprattutto dopo le sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee sui casi Viking, Laval e Rüffert, deve essere quello della parità di salario a parità di lavoro per uomini e donne.
Ci sono problemi relativi ai programmi e ai contenuti, che vogliamo discutere con lei, ma non solo con lei. Si tratta anche di sapere chi saranno i commissari e quali incarichi avranno. Non so cosa abbia causato più danni all’Europa, se lei oppure il fatto che lei non abbia impedito al commissario McCreevy di fare quel che è stato capace di fare. Occorre un mutamento di direzione nell’ambito dell’Unione europea: è questo il piano su cui la giudicheremo.
(Applausi)
Possiamo dunque scorgere un nesso tra il voto di domani e il voto finale sulla Commissione. C’è un modo per giungere alla meta; c’è un modo per ottenere un accordo più robusto e una fiducia più salda di quanto non siano oggi. Tuttavia, per quanto riguarda il bilancio da lei presentato per gli ultimi cinque anni e quanto lei ci ha presentato finora – non parlo di ciò che potrà avvenire in futuro, parlo di ciò che è adesso sul tappeto – posso dirle una cosa con certezza: lei non ha il sostegno del mio gruppo.
(Applausi)
Presidente . – Vi informo che il regolamento prevede un nuovo articolo, che forse non è ancora a conoscenza di tutti. In base a tale articolo, se nel corso di un intervento i deputati presenti in Aula mostrano un cartoncino blu, possono rivolgere una domanda all’oratore; la domanda non può superare i trenta secondi di durata, e può essere posta solo con il consenso dell’oratore. E’ un nuovo articolo, che finora non vigeva; ha lo scopo di vivacizzare i nostri dibattiti.
Miguel Portas (GUE/NGL) . – (PT) Signor Presidente, sarò brevissimo: onorevole Schulz, l’ho ascoltata con grande attenzione, e condivido molte delle osservazioni che lei ha proposto al presidente della Commissione, che ora si presenta per un nuovo mandato. L’ho persino udita dire che i socialisti non si limitano a sostenere la destra e che l’Europa non è formata unicamente dalla destra. Le chiedo: quanti membri del suo gruppo parlamentare – socialisti, portoghesi, spagnoli o inglesi – hanno già concesso il loro appoggio al nuovo candidato, indipendentemente dal punto di vista che lei sostiene, onorevole Schulz?
Martin Schulz (S&D) . – (DE) Signor Presidente, devo ammettere che non conosco il collega. Sono lieto però che i nuovi colleghi…
(Interruzioni)
E’ con noi da parecchio tempo? Finora non l’avevo proprio notato. Dopo quel che ho sentito, capisco perché.
Decideremo questa sera la posizione del nostro gruppo sul voto finale. Non so quanto siano democratiche le strutture del suo partito, ma noi siamo un partito democratico e quindi decideremo questa sera con un voto democratico.
Presidente . – Aggiungo che è prevista una sola domanda per intervento, perché altrimenti non sarebbe possibile portare a termine il dibattito.
Guy Verhofstadt, a nome del gruppo ALDE. – (FR) Signor Presidente, sin dall’inizio di questa procedura di nomina, come lei sa, il gruppo dell’Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa ha affermato che la posta in gioco è il programma dei prossimi cinque anni; non è una questione di persone o personalità. Ciò che conta è il programma che il candidato presenta: quello che egli illustra ora per sommi capi, e poi il programma dettagliato che sarà presentato, mi auguro, verso fine anno, quando l’organico della Commissione sarà stato completato.
In secondo luogo, su richiesta di alcuni colleghi, il nostro gruppo ha discusso approfonditamente l’opportunità di attendere prima di prendere una decisione definitiva. Abbiamo assunto questa posizione in luglio, poiché abbiamo stimato necessario che il candidato si presentasse munito di un programma, a differenza di quanto avveniva in passato. A mio avviso, quella di attendere a luglio, di non concedere la nomina e di attendere la presentazione delle proposte che ci accingiamo a discutere ora, è stata una decisione saggia. Abbiamo stimato però che – dopo la presentazione degli orientamenti da parte del candidato – non abbia più senso voler attendere ancora settimane o mesi.
Stiamo attraversando una crisi economica e finanziaria, e quindi abbiamo bisogno di istituzioni europee e di una Commissione. Non è molto responsabile …
(Applausi)
... Non è molto responsabile dire oggi “Aspettiamo”. Aspettare cosa? Aspettare due settimane, tre settimane, due mesi, fino a quando non ci presenteranno delle proposte? Eccoli qua. Assumiamoci le nostre responsabilità, votiamo a favore o contro, ma assumiamoci le nostre responsabilità.
In terzo luogo, gli orientamenti presentati dal candidato non ci sono sembrati molto convincenti. A mio avviso questi orientamenti, pur dettagliati come in qualche punto sono, si basano su una filosofia fallace, ossia sul presupposto che la recessione sia finita, che sia iniziata la ripresa e che per uscire dalla crisi non siano necessarie politiche comunitarie supplementari. E’ una base di partenza tutt’altro che sicura, poiché la fine della recessione non significa l’inizio della ripresa. Potremmo cadere nella stagnazione economica, com’è avvenuto in Giappone, dove stanno aspettando la crescita da 10 o 15 anni. Da ciò deriva la necessità di disporre, in via supplementare, di una nuova strategia comunitaria integrata che vada al di là dei 27 piani nazionali. Ecco la richiesta che avanziamo come liberali e democratici, ed è altrettanto importante che la Commissione presenti al più presto possibile un piano per la pulizia delle banche: non i 27 piani diversi di cui disponiamo oggi, bensì un approccio comune e coerente delineato dalla Commissione.
Presidente Barroso, l’ho sentita dichiarare al nostro gruppo che lei era preparato a presentare proposte riguardanti sia la nuova strategia comunitaria integrata (che va al di là dei 27 piani nazionali), sia la stabilizzazione europea del settore bancario. Questo è un fatto positivo, e noi ora le chiediamo di articolare e sviluppare questi due elementi nel programma che lei si accinge a preparare e poi a presentare insieme alla Commissione.
Il nostro sostegno è chiaro; è condizionato. Ciò significa che continueremo a sostenerla fino a quando potremo constatare che questi elementi – ossia una nuova strategia comunitaria integrata, un piano per stabilizzare il settore bancario, oltre a quanto lei ha ribadito oggi nel suo intervento, un bilancio basato sulle risorse proprie e una revisione di medio termine della sorveglianza finanziaria – siano destinati a concretizzarsi in ogni parte del programma della Commissione. Su questo punto devo dirle che continuo a essere convinto dell’opportunità di utilizzare a tale scopo la struttura della Banca centrale europea e non le proposte de Larosière, che attualmente costituiscono il punto di partenza della Commissione e del Consiglio.
Infine, il nostro sostegno dipenderà anche, come lei sa, dalla nuova struttura della Commissione. Vogliamo una Commissione efficace, i cui poteri siano distribuiti in maniera più uniforme che in passato; in tale contesto, contiamo anche sulla promessa che lei ha fatto al nostro gruppo, ossia di accogliere nel suo Collegio un commissario specifico –proveniente dalla commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni – responsabile per i diritti fondamentali e le libertà civili. E’ importante che questo commissario sia responsabile in maniera unitaria insieme agli altri commissari, e non abbia unicamente il compito di fornire loro i suoi pareri.
Quindi, per il bene comune dell’Europa, abbiamo bisogno di maggiore audacia e di una Commissione più ambiziosa; ci auguriamo che lei raggiunga questi obiettivi e che con il suo programma definitivo soddisfi le nostre aspettative.
Daniel Cohn-Bendit, a nome del gruppo Verts/ALE. – (FR) Signor Presidente, signor Presidente designato della Commissione, onorevoli colleghi, confesso che temo di soffrire di allucinazioni.
Dapprima ci viene detto: “tutto è cambiato, quindi rimango!” Il motivo per cui il presidente Barroso deve rimanere è che tutto sta cambiando, ed egli rappresenta la stabilità in un mondo mutevole. E va bene.
Ascolto poi quello che ha da dire l’onorevole Daul. Ho partecipato alla campagna elettorale in Francia; in Francia, durante la campagna elettorale ci dicevano: per le banche, guardate il presidente Sarkozy, per il cambiamento climatico, guardate il presidente Sarkozy, per il cambiamento in Europa, guardate il presidente Sarkozy. Ora invece sento l’onorevole Daul proclamare: per il cambiamento climatico, guardate il presidente Barroso, per i problemi X, Y, Z, guardate il presidente Barroso. Ti prenderai una bella lavata di capo all’Eliseo, amico mio! Davvero una bella lavata di capo! Ma tutto quest’affare mi sembra comunque incredibile! Certo, lo so, il maggio ’68 ti infastidisce, tiri sempre fuori la stessa vecchia storia; un giorno ti spiegherò tutto se vorrai stare a sentirmi.
Voglio dire insomma che in questo posto, proprio qui, abbiamo il diritto di dire qualsiasi cosa. José Manuel Obama: Yes, he can! Ora può fare tutto quel che gli pare; può fare tutto quello che non è riuscito a fare in cinque anni. Vedrete cosa succederà, e a proposito, capi di Stato e di governo, Presidente Malmström, state attenti, perché i giorni del piccolo presidente Barroso che stava ad ascoltarvi sono finiti. Ora sarete voi a dover ascoltare lui, e lui vi imporrà una nuova politica integrata, non una politica di coordinamento, e dovrete seguire i suoi passi … ma si fermi ora, presidente Barroso! La conosciamo! In quest’Aula, in cinque anni lei non ha mai detto una volta “Ho sbagliato”, come pure abbiamo detto io, Daniel Cohn-Bendit, e anche altri …
Infatti lei parla di valori europei, di etica europea, ma il problema, presidente Barroso, è questo. Se davvero vuole cambiare le cose, deve spiegare un punto ai deputati europei e ai cittadini: la risposta alla crisi economica e finanziaria dev’essere, contemporaneamente, una risposta alla crisi ambientale. Inoltre, se vuole reagire a queste crisi deve trasformare l’Europa – riformarla non basta – e intendo dire trasformarla dal punto di vista sociale e ambientale. Occorre mettere in discussione i nostri sistemi produttivi. E le banche: perché sono impazzite? Perché abbiamo un sistema che le fa impazzire del tutto. E perché? Per il semplice fatto che si fonda sul desiderio di accumulare sempre di più e sempre più in fretta.
Presidente Barroso, capi di Stato e di governo, pensate davvero che la maggioranza di quest’Assemblea sia pronta oggi a sfidare l’approccio del “sempre di più e sempre più in fretta”? E’ questa la radice della crisi, e quando i cittadini parlano di sviluppo sostenibile, non si tratta solo di poche misure frammentarie, si tratta di cercare di spiegare e di capire che, mentre in alcuni settori, per esempio le energie rinnovabili e altri, c’è bisogno di crescita (beninteso, di una crescita selettiva), vi sono moltissimi altri settori che occorre invece frenare. Bisogna quindi prendere misure, e qui le mie allucinazioni diventano anche più intense.
Lei ha parlato del processo di Lisbona; ha parlato di ricerca; Presidente Barroso, mi spieghi una cosa. Per cinque anni – in realtà, per quattro anni: l’anno scorso, dopo la crisi, è stato più cauto – lei ci ha spiegato che la base dell’efficacia economica e ambientale era la deregolamentazione. Deregolamentazione: ricordo bene i suoi discorsi e le sue affermazioni. Poi, con le crisi, lei ha capito improvvisamente che le cose non stavano così. Con le crisi, e questo va a suo credito, noi non abbiamo mai detto che lei si fosse comportato in maniera disonorevole; abbiamo detto semplicemente che, considerato il modo in cui lei, Presidente Barroso, ha guidato questa Commissione, noi non abbiamo fiducia in lei. Lei è un europeo ma, contemporaneamente, è rinchiuso in un’ideologia che è precisamente quella che ha provocato la crisi, non quella che può risolverla.
Onorevole Verhofstadt, questa è veramente grossa. Nel corso di tutta la campagna elettorale – sto per concludere, e comunque il presidente Barroso ci ringrazierà per questo – avevamo dichiarato che non volevamo votare a luglio. Ora tutti ci sono grati di aver evitato il voto a luglio, perché almeno il presidente Barroso ha potuto presentare il suo programma. Se fosse dipeso dall’onorevole Daul, se fosse dipeso dal presidente Barroso, avremmo votato a luglio senza un programma, e tutto sarebbe andato benone! Quindi, ci ringrazi almeno per averle dato l’opportunità di presentare il suo programma.
Non c’è di che, Presidente Barroso, non c’è di che.
In secondo luogo – e anche questa è grossa – lei dice “perché rimandare ancora?” Per la semplice ragione, e questo non si è mai verificato prima, che i cittadini irlandesi voteranno fra tre settimane e se, come io credo e come generalmente si prevede, voteranno a favore del trattato di Lisbona, le condizioni per questa Commissione saranno differenti. Lei ci dice: “E’ assolutamente necessario, perché ci troviamo in una crisi economica, e vedrete quel che succederà”.
Nei prossimi due mesi il presidente Barroso dovrà formare la sua Commissione. Non avrà il tempo di occuparsi né di Lisbona né di Copenaghen, perché dovrà negoziare con il presidente Sarkozy. Il mercato interno andrà all’onorevole Barnier? E se l’onorevole Barnier si prende il mercato interno, cosa dare ai polacchi, cui il presidente Barroso ha promesso una grande Commissione? Cosa dare ai tedeschi? E ai britannici? Perché la Commissione si basa su questi negoziati! Ma mentre il presidente Barroso è intento a negoziare, gli altri andranno a negoziare a Copenaghen.
Questo è il problema; questa è la realtà. Concluderò dicendole, Presidente Barroso, che lei è certo un uomo d’onore, ma deve sapere una cosa: il gruppo dei Verdi/Alleanza libera europea non ha fiducia in lei e voterà contro la sua nomina, perché crediamo che l’Europa abbia bisogno di qualcuno migliore di lei, Presidente Barroso!
(Applausi)
Michał Tomasz Kamiński, a nome del gruppo ECR. – (PL) Forse l’intervento dell’onorevole Cohn-Bendit è stato un po’ troppo lungo, e probabilmente dissento dalla sua posizione, ma il contenuto dei suoi interventi è sempre interessante; dopo tutto, è questo ciò che conta in Parlamento, perché in tal modo la nostra Assemblea acquista quella vitalità di cui lei, signor Presidente, ha parlato oggi nel suo discorso introduttivo.
Il gruppo dei Conservatori e Riformisti europei voterà a favore del presidente designato Barroso; non perché siamo d’accordo con lei su tutto, signor Presidente. Al contrario, ci sono molte questioni su cui dissentiamo – per esempio, il suo incondizionato sostegno al Trattato di Lisbona. Non condividiamo il suo entusiasmo, ma condividiamo bensì la sdegnata condanna, da lei espressa nel suo intervento, per ogni forma di nazionalismo ed egoismo nazionale.
Perché è stata proprio l’Europa, il nostro continente, su cui vogliamo che regni la pace e nella quale vogliamo vivere in pace, a subire i disastrosi effetti dell’egoismo nazionale e dello sciovinismo. Grazie a Dio, oggi viviamo in un’Europa di pace.
Non siamo d’accordo su alcune delle questioni trattate dal presidente Barroso. Abbiamo il diritto di dissentire e ci batteremo per conservare questo diritto, benché qualcuno continui a scandalizzarsi per il fatto che i cittadini europei abbiano votato per i Conservatori e Riformisti europei: vi prometto che ne eleggeranno altri. Saremo presenti in questa sede, e faremo sentire la nostra voce.
A nome dei nostri elettori, quindi, abbiamo il diritto di dire che sosteniamo il presidente Barroso in questa sua ardua missione. Constato con piacere che oggi si è parlato di solidarietà europea, e del fatto che la Commissione – la nuova Commissione guidata dal presidente Barroso – dirigerà i propri sforzi al superamento della crisi economica che ci ha investito. Si tratta di un elemento di estrema importanza, e siamo lieti che l’ambizioso programma presentato dal presidente Barroso, a quanto pare, sia teso ad affrontare le tematiche più rilevanti, per le quali si rende necessario il nostro contributo. E ciò dimostra con quale urgenza dobbiamo assicurare oggi la cooperazione tra le varie nazioni in Europa. La crisi ha colpito noi tutti, senza guardare alla struttura politica o all’economia di cui facciamo parte, né alla regione europea in cui si trovano i nostri paesi. La crisi si è abbattuta sulla vita di noi tutti, e la lotta alla crisi deve vederci tutti partecipi.
Signor Presidente, nell’offrirle il sostegno del nostro gruppo, vorrei rivolgerle un appello: faccia in modo che, nei mesi a venire, l’Europa, non resti indifferente agli eventi della politica mondiale. Confesso che, a mio avviso, una delle prove più importanti che il mondo occidentale dovrà sostenere riguarda le attuali vicende iraniane.
L’Iran è un paese che non fa segreto delle proprie ambizioni nucleari. Il presidente di questo paese, oltre a negare il terribile crimine dell’Olocausto, minaccia di distruggere Israele. Ritengo inaccettabile un simile comportamento, che non dev’essere tollerato in un mondo democratico e moderno. Il nostro gruppo si aspetta che la Commissione europea, sotto la sua guida, si opponga con decisione ai metodi e alle politiche antidemocratiche delle autorità iraniane, volte a contrastare il nostro principale alleato in Medio Oriente – lo Stato di Israele.
Ci attendiamo inoltre che la politica estera dell’Unione europea sia sempre il simbolo delle libertà individuali, e promuova i valori europei al di là delle nostre frontiere – e constato con piacere, signor Presidente, che questo messaggio si leva sempre con forza dalle sue affermazioni.
Nella precedente legislatura lei ha certamente commesso qualche errore, ma questo è vero di chiunque sia attivo in politica: purtroppo, così vanno le cose. Nell’arduo impegno che ha intrapreso, contiamo su di lei, sulla sua dedizione ai valori europei e sulla sua decisa volontà di battersi per il bene di un’Europa comune e unita, un elemento che vorrei sottolineare.
Lothar Bisky, a nome del gruppo GUE/NGL. – (DE) Signor Presidente, Presidente Barroso, onorevoli colleghi, lei rappresenta la continuità di una politica, Presidente Barroso, che ha contribuito alla più grave crisi economica del dopoguerra. I casinò delle principali piazze finanziarie stanno riaprendo, mentre i cittadini pagano il conto. La crisi porta con sé disoccupazione, povertà, calo dei redditi e una peggiore qualità dell’istruzione. Lei ha dichiarato che la crisi finanziaria affonda le proprie radici negli Stati Uniti, e che sono stati esclusivamente i banchieri a provocarla. Noi riteniamo invece che sia stato il sistema politico, e le politiche della Commissione europea, a favorire il capitalismo-casinò. E’stata l’ideologia della liberalizzazione, della deregolamentazione e della privatizzazione a scatenare la crisi. E se continueremo sulla strada seguita in passato, possiamo attenderci una crisi ancora più profonda.
Il sistema politico deve assumere le proprie responsabilità, imparare dai propri errori e rinunciare agli ideali neo-liberisti. La politica europea deve privilegiare gli interessi dei cittadini europei; ma non trovo niente di tutto questo nei suoi orientamenti. E’ però positivo che oggi, nella sua dichiarazione, lei abbia riservato alle tematiche sociali uno spazio maggiore di quanto avesse fatto un anno fa.
Vorrei manifestare il nostro dissenso politico con alcuni esempi. Lei ha dichiarato di voler aderire alla strategia di Lisbona. Ma i cittadini europei hanno bisogno di posti di lavoro stabili, con salari che consentano loro di vivere decorosamente. Dobbiamo perciò inserire nei nostri programmi una riduzione, e non un aumento dell’orario di lavoro.
Ci attendiamo che la nuova Commissione modifichi la direttiva sul distacco dei lavoratori. L’Europa deve assolutamente garantire che i diritti sociali non siano sacrificati sull’altare della competitività. Per questo motivo, insieme ad altri, abbiamo proposto una clausola giuridicamente vincolante sul progresso sociale e uno statuto dei servizi pubblici, che darà la priorità alla sicurezza sociale e ai servizi di interesse generale rispetto alle normative del mercato interno. Dalle sue dichiarazioni, mi sembra di capire che lei non attribuisce molto valore a tutto questo.
Nella relazione Zimmermann, il Parlamento europeo auspica l’istituzione di un salario minimo pari ad almeno il 60 per cento del reddito medio in tutti gli Stati membri. Lei ha dichiarato di non poter far niente in proposito. Ritengo invece che potrebbe intervenire, per esempio mediante gli orientamenti politici sull’occupazione.
Lei si è concentrato esclusivamente sul patto di stabilità e di crescita, che si è dimostrato uno strumento inefficace, soprattutto durante la crisi. Vogliamo un patto sociale per sostituire la strategia di Lisbona e il patto di stabilità.
A suo avviso, l’introduzione di alcune norme per la sorveglianza finanziaria sarà sufficiente a tenere sotto controllo l’avidità degli ambienti finanziari. Noi chiediamo il divieto di tutte le forme di investimento particolarmente rischiose, e un’imposta sui movimenti di capitale.
Lei ha dichiarato – mi permetto di citare le sue parole – di sostenere ogni paragrafo del trattato di Lisbona. Noi vogliamo un’Europa sociale, non una radicale e continua esasperazione del mercato interno. Vogliamo un impegno a favore del disarmo e di una gestione non militare dei conflitti, anziché la costante crescita della capacità militare.
Voi concepite l’Europa come una grande potenza, e volete diffondere in tutto il mondo l’ideologia del libero scambio e la riduzione a mercato di tutti gli aspetti della vita. Noi invece siamo favorevoli al dialogo interculturale e multilaterale, e riteniamo opportuno offrire il maggior sostegno possibile ai paesi in via di sviluppo, per superare la crisi economica, alimentare, finanziaria e climatica.
Onorevoli colleghi, votiamo insieme a favore di una Commissione che si ponga l’obiettivo di un’Unione europea sociale, pacifica, economicamente sostenibile e democratica. Se vogliamo che i cittadini europei accettino il progetto dell’Unione, dobbiamo abbandonare l’idea della radicalizzazione del mercato a favore di una democrazia più diretta. In questo caso, José Manuel Barroso non è la persona adatta a ricoprire il ruolo di presidente.
Nigel Farage, a nome del gruppo EFD. – (EN) Signor Presidente, desidero porre una domanda al presidente Barroso: perché questa fretta irragionevole? Perché cambiare le regole del gioco? Perché la sua rielezione a presidente della Commissione per i prossimi cinque anni deve aver luogo adesso? Ovviamente la risposta sta nell’Irlanda e nel trattato di Lisbona. Il piano consiste nel dimostrare a tutti che la nave è stabile, che tutto procede per il meglio e che gli irlandesi devono soltanto correggere un errore sciocco e di poco conto: in effetti, il suo documento di lavoro è stato elaborato come se il trattato fosse già in vigore.
Eppure, da questo piano manca un punto di non trascurabile importanza: è stato lei il capo, è stato lei il governatore negli ultimi cinque anni. Era lei a dover garantire l’avanzamento del trattato costituzionale. Ma le cose non sono andate per il verso giusto, non è così? I francesi e gli olandesi hanno detto “no”, ma lei si è rifiutato di accettare questi risultati democratici e, insieme con molti membri di questo Parlamento, è stato complice di quella truffa vera e propria che è il trattato di Lisbona.
Ci ha promesso che la bandiera e l’inno sarebbero stati stralciati, ma non ne vedo prova. Lo ha ribattezzato trattato di Lisbona, ma non è riuscito a impedire agli irlandesi di votare e respingerlo. Anche questa volta però, non ha accettato un risultato democratico, oh no: gli irlandesi devono votare di nuovo!
In tutto questo, tenendo a mente che è lei al potere, che fine ha fatto il principio di responsabilità democratica? Ebbene, si potrebbe dire che non resta molta democrazia nell’Unione europea di oggi, ma dovrebbe essere garantito almeno un certo grado di responsabilità. Credo dunque che, alla vigilia di quella che, con ogni probabilità, sarà la quarta bocciatura di questo trattato e segnerà la sua fine definitiva, questo Parlamento non debba sceglierla come presidente della Commissione per i prossimi cinque anni a meno che non otteniamo quel risultato.
Se gli irlandesi esprimeranno un secondo voto contrario, dovremo semplicemente rispettare la loro volontà e lei dovrà rinunciare alla carica di presidente della Commissione. Accadrebbe a qualunque livello, in qualunque settore, e sono convinto che dovrebbe accadere anche nella politica comunitaria.
Cosa dire dei suoi trascorsi? Lei era responsabile dell’agenda di Lisbona: è stata affondata senza lasciar traccia ben prima che cadessimo vittime della crisi creditizia. E adesso sostiene che dobbiamo dotarci di un commissario per l’immigrazione, privando così gli Stati nazionali del diritto fondamentale di scegliere gli individui autorizzati a vivere, lavorare e stabilirsi in un certo paese. Lei ha portato avanti la sua ossessione per il cambiamento climatico, che ha comportato spese ingenti ma nessun beneficio concreto. Ma soprattutto lei ha ignorato il referendum irlandese, affermando che gli irlandesi non possano fermare il trattato: questa motivazione mi è sufficiente a non sostenerla.
Ad ogni modo, è possibile che io stia commettendo un madornale errore, è possibile che lei in fondo sia la persona giusta, visto che il Daily Telegraph di ieri riportava il seguente sondaggio: se il trattato di Lisbona passa senza referendum, vorreste che il Regno Unito restasse nell’Unione europea? Per la prima volta in oltre trent’anni, una maggioranza consistente dei cittadini britannici, il 43 contro il 26 per cento, ha affermato di essere favorevole all’uscita dall’Unione europea qualora il presidente Barroso continui per la sua strada. Dunque è possibile che mi sbagli: forse è lei la persona giusta. Stiamo a vedere.
(Applausi e risate da taluni banchi)
Ebbene sì, è molto felice di andare!
Krisztina Morvai (NI) . – (HU) Signor Presidente, l’Europa è giunta a uno storico punto di svolta. Milioni di persone che si guadagnano onestamente da vivere chiedono un deciso cambiamento, vogliono contrastare le profonde iniquità del neoliberismo e del grande capitale globalizzato. Tra loro si contano titolari di aziende agricole a conduzione familiare, piccoli proprietari terrieri, piccoli imprenditori e dipendenti pubblici. Per raggiungere il loro obiettivo, hanno estremo bisogno di veder riconosciuti i propri diritti umani. Purtroppo il commissario non è presente per sentirmi parlare in difesa dei diritti umani e delle libertà civili – diritti necessari affinché gli individui possano esprimere le proprie opinioni, ossia godere della libertà di opinione, del diritto di riunione e di associazione e del diritto di parola senza essere tacciati di fascismo, come si è verificato oggi in quest’Aula, senza correre il rischio che qualcuno ti spari negli occhi, senza dover subire maltrattamenti, intimidazioni della polizia, arresti o processi farsa.
Quando questi eventi si sono verificati in Ungheria nell’autunno del 2006, ci siamo rivolti a voi e abbiamo richiesto il vostro intervento. Ma non avete fatto niente. Perché? Chiedo al vicepresidente del Parlamento, onorevole Schmitt, di confermare ciò che è successo, e il motivo per cui ci siamo rivolti a voi. In seguito a una riunione organizzata dal partito Fidesz, un partito civico…
(Il presidente interrompe l’oratore)
Cecilia Malmström, presidente in carica del Consiglio. – (SV) Signor Presidente, onorevoli deputati, vi ringrazio per avermi offerto l’opportunità di intervenire in questo dibattito. E’ stato davvero bello tornare al Parlamento europeo; le discussioni e gli interventi in quest’Aula sono decisamente più vivaci e dinamici che in Svezia.
Mi congratulo con il presidente designato Barroso per avere indicato con tanta chiarezza il ruolo che vorrebbe veder svolgere alla Commissione, e per il suo programma di riforme per i prossimi cinque anni. Ho ascoltato con attenzione gli interventi dei relatori dei vari gruppi. Ovviamente potrei diffondermi a lungo, ma non lo farò, dal momento che questo non è il dibattito del Consiglio europeo. E’ il Parlamento a discutere con il presidente designato della Commissione.
Come ho detto, non spetta a me commentare gli interventi, ma ho ascoltato il dibattito con attenzione, e vorrei fare due osservazioni. Prima di tutto è evidente che José Manuel Barroso è stato nominato all’unanimità da 27 capi di Stato o di governo di diversa affiliazione politica. Egli gode quindi del nostro deciso sostegno per continuare la sua opera alla guida della Commissione europea per un’altra legislatura. Questo ovviamente non esime il Parlamento dal dovere di esercitare un controllo sulla sua attività, e di decidere se approvarla oppure no.
Anche la mia seconda osservazione è di palese evidenza, ma vale la pena di ripeterla. Viviamo in tempi incerti, nel corso dei quali ci troviamo ad affrontare ardui ostacoli. Abbiamo bisogno di un’Europa forte, in grado di agire, le cui istituzioni funzionino in maniera efficace e collaborino tra loro. Abbiamo bisogno di certezze, chiarezza e stabilità per poter affrontare, insieme, quei problemi per i quali i nostri cittadini si aspettano risultati e per i quali chiedono all’Europa di intervenire.
José Manuel Barroso, presidente designato della Commissione. − (EN) Signor Presidente, comincerò il mio intervento con alcune questioni di carattere politico.
La Commissione non è favorevole alla privatizzazione dei servizi pubblici – né lo è mai stata. Crediamo infatti che i servizi pubblici rappresentino una parte importante del modello europeo di società.
Ci sembra importante che questi servizi pubblici operino nel quadro di un forte mercato unico in relazione alle norme comunitarie. Questo è essenziale; se vogliamo avere una vera Unione europea, dobbiamo far rispettare il mercato interno.
Siamo sinceri su questo punto: alcuni politici nazionali, se c’è un problema, tendono ad attribuirne la colpa a Bruxelles, mentre in caso di successo tendono ad attribuirsene il merito. Evitiamo allora di accusare Bruxelles per la diffusione delle privatizzazioni. Le relative decisioni sono state adottate a livello nazionale. Alcuni dei nostri Stati membri hanno deciso di privatizzare alcuni servizi pubblici, ma questa decisione non è certo stata imposta da Bruxelles.
Mi sembra che qualche volta l’abitudine di criticare violentemente Bruxelles diventi eccessiva, e stimo opportuno che ognuno si assuma le proprie responsabilità.
Il secondo punto riguarda il distacco dei lavoratori. I principi della direttiva sono quelli che sono stati menzionati, in particolare dal gruppo socialista: il rispetto dei diritti fondamentali dei lavoratori. Come ho detto molte volte, per noi questi diritti sono sacri: il diritto di sciopero, e il diritto di riunione e di associazione.
I diritti fondamentali sono imprescindibili. Io vengo da un paese che, in un’epoca passata, non riconosceva né i diritti civili né quelli sociali, quindi so benissimo che cosa vuole dire non poter godere di tali diritti.
Al contempo, ci siamo impegnati a favorire la libertà di circolazione in Europa, perché senza questa libertà, non potremo avere l’Europa. Cerchiamo allora di riconciliare entrambi i principi. Non addentriamoci in interpretazioni delle sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee. Per questo ho proposto di procedere nello spirito indicato dai vostri stessi suggerimenti; sono pronto a collaborare lealmente con tutti i deputati di quest’Assemblea per ottenere un’Europa più forte, che conservi il mercato interno ma garantisca il pieno rispetto dei diritti sociali dei nostri lavoratori.
Vorrei chiarire adesso la questione della regolamentazione e della deregolamentazione; onorevole Cohn-Bendit, la sfido a trovare una dichiarazione in cui io sostenga la deregolamentazione. Ho sempre parlato di “migliore regolamentazione” o di una “regolamentazione intelligente”. Non è colpa mia se in francese questo viene tradotto con “deregolamentazione”. Sono favorevole a una legislazione migliore: mieux légiférer, e non moins légiférer.
(FR) Onorevole Cohn-Bendit, è lei a essere ossessionato da me, non io a essere ossessionato da lei. Al contrario, lei mi è simpatico, perché mi ricorda di quando ero giovane...
(Applausi)
C’è una questione politica molto importante. Mi si può criticare per molte cose, e sono il primo ad ammettere che ci sono diversi aspetti sui quali la Commissione e io possiamo essere criticati. Ma dobbiamo rispettare il nostro impegno per quanto riguarda il cambiamento climatico: tutti riconoscono che in questo settore siamo leader mondiali. Ho ricevuto congratulazioni per la Commissione dal presidente Obama, dal segretario generale delle Nazioni Unite e dal Premio Nobel per la pace, Pachauri, che mi ha scritto una lettera molto toccante. Sarò il primo a condividere con lei questo successo per l’Europa, dal momento che il gruppo Verde/Alleanza libera europea ha contribuito all’agenda per la crescita verde.
Attenzione però: sono favorevole alla crescita verde, non al declino dell’Europa. E questo è un punto importante. Sono favorevole alla crescita verde, alla crescita sostenibile, ma non alla deindustrializzazione dell’Europa. Sono contrario al taglio dei posti di lavoro in Europa. In realtà, è proprio la Commissione ad aver fatto di più in materia di cambiamento climatico, ed è proprio la Commissione che, fin dall’inizio, è diventata il capro espiatorio preferito dall’onorevole Cohn-Bendit. Ancor prima che io presentassi gli orientamenti e perfino prima che io mi presentassi al suo gruppo, lei ha detto “No”. Ha addirittura fatto stampare alcune magliette con la scritta “Stop Barroso”, che hanno però riscosso un mediocre successo di vendite.
Onorevole Cohn-Bendit, lei ha parlato di allucinazioni. Mi ascolti! Un partito ha presentato un candidato prima delle elezioni. Io stesso ho sentito le sue proposte. Lei ha proposto un candidato conservatore britannico, Chris Patten. Mi sembra addirittura che lei abbia presentato la candidatura del primo ministro francese, il che dimostra… ma no, in realtà non è così, pensavo che fosse un altro servizio come quello che ha reso a Sarkozy, dividendo la sinistra francese.
Onorevole Cohn-Bendit, la verità è questa: se vogliamo un’Europa più vicina ai cittadini, dobbiamo fare le nostre scelte su una base politica. Vorrei che le forze europeiste sostenessero un programma europeista. Ho presentato un programma fortemente europeista: sta a voi votarmi. Non sono io a decidere chi debba sostenermi. Siete voi a votare. Come ho detto, ho un programma fortemente europeista, legato al trattato di Lisbona. Questa forse non sarà la notizia migliore per tutti, ma io ci credo. Vi propongo una nuova ambizione per l’Europa; in effetti, gli ultimi cinque anni sono stati gli anni del consolidamento dell’Europa allargata. Non ho alcuna intenzione di scusarmi per il sostegno offertomi dai 27 capi di Stato e di governo, che sono stati eletti democraticamente e che appartengono a tutti gli schieramenti politici, giacché credo che il mio ruolo fosse appunto quello dell’unificatore. E’ la prima volta che l’Europa raggiunge queste dimensioni. Non ho alcuna intenzione di scusarmi per aver lavorato lealmente a fianco di questi capi di Stato e di governo. Ovviamente un presidente rieletto della Commissione godrà di maggiore autorità. Vi chiedo di offrire un convinto sostegno a una Commissione che vuole maggiore ambizione, un progresso più deciso, e un progetto europeo a favore della solidarietà e della libertà. Posso offrire uno spirito di leale cooperazione. Qualcuno si è chiamato fuori dal gioco, ed è un peccato! Per quanto mi riguarda, confermo il mio impegno per i miei valori, e anche per i valori che voi, talvolta, difendete.
(Applausi)
(L’onorevole Cohn-Bendit mostra il cartoncino blu)
Presidente . − Si impone una spiegazione. L’onorevole Cohn-Bendit sta mostrando il cartoncino blu, ma abbiamo scoperto mezz’ora fa che l’articolo in questione vale soltanto per gli interventi dei deputati al Parlamento europeo, e non per gli oratori esterni al Parlamento, come i membri della Commissione.
Forse in futuro quest’articolo andrà cambiato, ma per il momento dobbiamo attenerci alle regole.
Othmar Karas (PPE) . – (DE) Signor Presidente, Presidente Barroso, onorevoli colleghi, vorrei cambiare il tono del dibattito e proporre di chiedere a noi stessi: chi di noi non ha bisogno di crescere ed evolversi? Chi di noi non ha margini di miglioramento? Chi di noi non sbaglia mai? In molti settori è necessario cambiare direzione, e questo vale non solo per il presidente della Commissione, ma anche per noi tutti. Molte sono le nuove strade da percorrere.
Ho la sensazione che molti dei presenti siano alla ricerca di un soggetto su cui far ricadere la colpa dei problemi che ci affliggono, invece di collaborare per risolvere i problemi comuni con nuova forza, nuove idee, entusiasmo e fantasia. Molti fanno insinuazioni e generano un clima di sospetto per sviare l’attenzione dalle proprie debolezze. Molti ignorano i risultati del 7 giugno 2009, che rappresentano il fondamento democratico su cui si basa il dibattito odierno.
Abbiamo accusato il presidente della Commissione di aver fatto cose che è costretto a fare, in altre parole di aver rispettato i trattati e di aver attuato le risoluzioni. Qualcuno oggi ha pronunciato belle parole come: “Senza libertà non c’è solidarietà, e senza solidarietà non esiste un’Unione europea forte ed efficiente.” Vorrei aggiungere: una Commissione europea forte. Siamo tutti nella stessa barca, perché siamo tutti responsabili in solidale. Ognuno di noi ha la propria parte di responsabilità; il presidente della Commissione si assume gran parte della responsabilità primaria. Ma, come ha dichiarato l’onorevole Schulz, non si tratta solo di lui. La sua forza dipende da noi, dagli Stati membri, dalle competenze e dalla qualità dei commissari.
Questo è il prossimo capitolo del nostro libro. Come applicheremo un’economia ecosociale di mercato? Come riorganizzeremo la Commissione? Come potremo istituire l’incarico di commissario per i mercati finanziari? E che dire del servizio diplomatico? E della protezione del clima? Alla fine del suo intervento, il nostro presidente ha parafrasato una citazione di Bronisław Geremek: “Lavoriamo con impegno, ognuno a suo modo, e sfruttiamo ogni occasione per garantire il cambiamento, invece di accusarci reciprocamente!”
Stephen Hughes (S&D). – (EN) Signor Presidente, il presidente Barroso ricorda forse l’intervento che ho tenuto la settimana scorsa in occasione dell’incontro con il nostro gruppo. Come ho detto allora, signor Presidente Barroso, ho letto i suoi orientamenti politici per la nuova Commissione con grande interesse, constatando che, di fatto, buon parte della retorica contenuta negli orientamenti rispecchia le mie convinzioni e priorità politiche. Sono certo che lo stesso vale anche per altri esponenti della sinistra.
Sorge però un problema: lei usò grosso modo la stessa retorica quando, cinque anni fa, si candidò per la presidenza della Commissione. In quell’occasione, lei si assunse numerosi impegni riguardo all’Europa sociale e al riesame dell’agenda sociale nei cinque anni successivi – impegni che non sono stati mantenuti. Ricorderà, ad esempio, di aver pronunciato cinque anni fa le seguenti parole a proposito dei servizi di interesse generale: “Non escludo la possibilità di una direttiva quadro”.
A cinque anni di distanza, come ha ripetuto oggi, l’Unione europea potrebbe istituire un “quadro sulla qualità dei servizi pubblici e sociali”: non siamo sicuri di aver compreso le sue parole. Conosciamo l’importanza di una direttiva quadro, un impegno che giudichiamo significativo e siamo ben disposti ad assumerci. Questa volta non sarà sufficiente dirci che non esclude l’eventualità di vararne una.
Quando abbiamo esaminato il suo documento la scorsa settimana, abbiamo cercato di individuare gli impegni specifici e concreti, ma non ne abbiamo trovato praticamente nessuno. Grazie a Google, abbiamo invece scoperto che quegli stessi orientamenti che sono stati spacciati per un’agenda innovativa altro non sono che una riproposizione di testi e programmi politici della Commissione già in essere.
Desidero sollevare tre punti di massima in merito ai suoi orientamenti.
In primo luogo, essi non riconoscono affatto la gravità della disoccupazione e della crisi sociale in atto, che peggioreranno nei mesi, o addirittura negli anni a venire.
In secondo luogo, crediamo che le sue affermazioni circa un’eventuale strategia di uscita dalla crisi siano premature. Sebbene le abbia ridimensionate nell’intervento odierno, resta il fatto che sarebbe necessario discutere di una strategia d’ingresso, volta a inaugurare un intervento positivo sul mercato del lavoro, a livello non solo nazionale, ma anche comunitario.
In terzo luogo, la sua agenda innovativa appartiene al passato: la crisi richiede politiche molto più coraggiose e lungimiranti di quelle da lei proposte. La nuova Commissione dovrà infatti porsi come sua priorità assoluta il varo di un’agenda sociale europea aggiornata e ambiziosa.
Anche oggi ho ascoltato molto attentamente le sue parole a proposito della sentenza Laval e delle sue implicazioni per la direttiva sul distacco dei lavoratori. Lei ha ribadito oggi che la strada da intraprendere è quella di un regolamento attuativo che non modifichi la direttiva. Questa soluzione non funzionerà affatto. Il problema sta nella direttiva stessa, che, in ogni suo punto, dà agli Stati membri facoltà di scegliere. Se il regolamento attuativo non sostituirà o abrogherà la direttiva, il problema Laval non sarà risolto.
Per di più – e ci perdoni se la giudichiamo per i suoi trascorsi – la sentenza Laval non è stata emessa ieri. Dov’era lei nei quasi due anni trascorsi da quando la sentenza Laval sconvolse il movimento sindacale?
Un’ultima domanda: si impegnerà oggi a fare quanto in suo potere per garantire un’effettiva parità tra i sessi in seno al prossimo collegio dei commissari?
Alexander Graf Lambsdorff (ALDE) . – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, perché adesso? Perché José Manuel Barroso? Queste sono le due domande a cui dobbiamo rispondere.
La domanda “Perché adesso?” è già stata affrontata in questa sede. Siamo nel bel mezzo di una crisi economica e finanziaria, e ci vorrà tempo per gettare le basi di una solida crescita economica e per creare nuovi posti di lavoro. Abbiamo bisogno di una Commissione efficiente, e di una strategia europea comune di lungo periodo. Ma per raggiungere un simile obiettivo, non possiamo aspettare l’anno prossimo: dobbiamo cominciare subito. Per questo è necessario votare adesso.
Perché José Manuel Barroso? Sono lieto della dichiarazione resa dal presidente designato della Commissione sull’economia sociale di mercato, sulla concorrenza e sul mercato interno. Noi liberali nutriamo grandi aspettative e poniamo requisiti assai rigorosi; ci aspettiamo di elaborare una strategia comune insieme agli Stati membri.
Nel medio periodo, non basterà disporre di una rete di autorità di regolamentazione per monitorare i mercati finanziari: abbiamo bisogno di un organismo unico europeo per la sorveglianza finanziaria. Come ha appena detto l’onorevole Verhofstadt, la revisione di medio termine sarà decisiva per noi.
Noi liberali riteniamo che l’istituzione di un commissario per i diritti fondamentali sia un’azione positiva, e vogliamo che questo commissario disponga di un potere effettivo. A chiunque non sia familiare con l’argomento, vorrei dire che la protezione dei dati e il trattamento dei richiedenti asilo alle frontiere esterne dell’Europa sono argomenti che richiedono maggiore attenzione.
Adesso vorrei commentare brevemente le osservazioni fatte in questa sede sulla situazione politica. Purtroppo la maggioranza dei socialdemocratici non voterà a suo favore domani. I socialdemocratici si ritirano così dall’alleanza europeista che volevamo istituire, soprattutto per le questioni di politica europea. Gli onorevoli Schulz, Bisky e Cohn-Bendit stanno organizzando, o cercano di organizzare, un blocco rosso/rosso/verde che accerchi l’Europa. Il fattore decisivo è il seguente: non possiamo difenderci dall’accordo stretto tra i conservatori europei, ma è cruciale che liberali e cristiano-democratici conservino la capacità d’azione per l’Europa.
Jill Evans (Verts/ALE) . – (EN) Signor Presidente, parlo a nome degli esponenti dell’Alleanza libera europea (ALE) in seno al gruppo Verts/ALE. Crediamo nell’uguaglianza tra tutti i popoli europei. Sosteniamo l’indipendenza delle nazioni e delle regioni europee che, allo stato attuale, non costituiscono uno Stato membro vero e proprio ma aspirano a diventarlo, e ci battiamo per il riconoscimento di pari diritti ai parlanti di tutte le lingue, indipendentemente che si tratti di lingue comunitarie ufficiali o co-ufficiali e che le parli la maggioranza o la minoranza di uno Stato membro.
Signor Presidente Barroso, nei suoi orientamenti e nel suo intervento odierno, lei parla della necessità di stabilire un legame tra l’Unione europea e i suoi cittadini. Tale obiettivo resterà però irraggiungibile fintanto che l’Unione europea non riconoscerà le vere nazioni e i veri cittadini, fintanto che la sussidiarietà non funzionerà a tutti i livelli, e non solo nei rapporti tra Unione e governi nazionali.
Se davvero l’Unione europea vuole aiutarci a superare la crisi economica, farsi capofila della lotta al cambiamento climatico, tutelare i servizi pubblici e i diritti umani, e contribuire alla pace e al disarmo internazionali, avrà bisogno del contributo di noi tutti, senza escludere il Galles, la Scozia, la Catalogna, la Corsica, le Fiandre e molti altri.
In tutta Europa in questo momento si tengono dibattiti, consultazioni e referendum: non mi riferisco al trattato di Lisbona, bensì alle proposte volte a modificare le costituzioni e a garantire maggiore autonomia a questi paesi. Mi rammarico che il presidente della Commissione non abbia apprezzato, riconosciuto o affrontato gli ultimi sviluppi dei suoi orientamenti, mancando altresì di propugnare un maggiore coinvolgimento degli Stati e delle regioni dotati di poteri legislativi nell’iter decisionale dell’Unione, un aspetto che l’ALE considera fondamentale. La invito nuovamente a farlo.
Timothy Kirkhope (ECR) . – (EN) Signor Presidente, secondo una delle critiche più aspre che le vengono rivolte, l’Unione europea si preoccupa molto più di sbrigare le proprie questioni interne che non di dimostrare una certa autorevolezza negli affari internazionali o intervenire per conferire un valore aggiunto alla vita dei cittadini.
L’anniversario dal crollo della Lehman Brothers, che ricorre oggi, giunge al momento giusto per ricordarci la pericolosità dello stato dell’economia europea, e soprattutto britannica. Basta guardarsi intorno per vedere la disoccupazione ovunque, mentre solo poche settimane ci separano da un fondamentale vertice sul cambiamento climatico. In tali circostanze, era assurdo cercare di ritardare la nomina del presidente della Commissione oltre settembre.
Ho letto con grande interesse gli orientamenti politici del presidente Barroso. Accolgo con favore l’opportunità, offerta al gruppo ECR, di discuterne a fondo con lui. Occorre concentrarsi in via prioritaria sulla ripresa della crescita economica e sulla creazione di una competitività di lunga durata, il che, nel breve termine, richiede una limitazione dell’intervento economico e un’opera di resistenza al protezionismo. Occorre garantire un ritorno a finanze pubbliche solide e lavorare per assicurarsi un’ulteriore liberalizzazione del mercato, al fine di ripristinare la fiducia nel commercio e nelle imprese e garantire che si stanzino investimenti adeguati nel capitale umano, nelle competenze, nell’innovazione nella ricerca.
Alla Commissione spetta il compito fondamentale di garantire che le istituzioni comunitarie non minino la ripresa economica imponendo oneri eccessivi e superflui alle imprese. L’impegno profuso dal presidente Barroso e dal commissario Verheugen in tal senso è stato significativo. La lotta all’inflazione normativa e la promozione del miglioramento della regolamentazione – che però, signor Presidente Barroso, avrei preferito chiamare “deregolamentazione” – rappresentano uno dei fiori all’occhiello della precedente Commissione. Ciononostante, è deprecabile che questo successo non si sia spinto oltre, ed è indubbiamente necessario proseguire il lavoro. Ci occorre un vicepresidente della Commissione esperto che si occupi di questo ambito: signor Presidente Barroso, se sarà eletto domani, la invito a provvedere a questa nomina.
A proposito del cambiamento climatico, è vero che l’Unione europea ha dimostrato la propria autorevolezza durante i relativo negoziati internazionali, e che dovrà continuare in questa direzione. Apprezzo l’attenzione che il presidente Barroso ha dedicato alla necessità di dimostrare come la lotta al cambiamento climatico possa innovare le nostre economie.
Un altro punto su cui desidero soffermarmi riguarda l’impegno a promuovere una riforma radicale del bilancio comunitario – una riforma a lungo attesa, cui si sarebbe dovuto accompagnare un impegno vincolante.
Sebbene io, in prima persona, e il mio gruppo sosteniamo con convinzione la rielezione del presidente e guardiamo con favore ad alcune tra le principali proposte, non possiamo dirci in accordo su tutto, come ha già osservato il mio amico, l’onorevole Kamiński. Nutro seri dubbi circa i piani proposti dalla Commissione in materia di immigrazione e asilo e, per quanto riguarda il Regno Unito, il mantenimento delle frontiere sotto il controllo nazionale rappresenta ancora una condizione imprescindibile.
Il presidente Barroso sa dalle nostre conversazioni che non ci convincono le proposte della Commissione nell’ambito della vigilanza finanziaria: sussiste infatti il rischio che alcune imprese finanziarie di fondamentale importanza si trasferiscano al di fuori dell’Unione, a tutto vantaggio dei nostri concorrenti.
Da ultimo, nel corso della discussione si è fatto cenno al trattato di Lisbona. Mi limiterò a ribadire che è innegabile che, negli ultimi tre o quattro anni, l’Unione europea ha continuato funzionare perfettamente anche senza il trattato di Lisbona. Non esiste motivo alcuno per cui la situazione dovrebbe cambiare.
Cito infine uno dei paragrafi conclusivi del manifesto del presidente Barroso: “L’Unione europea funziona al suo meglio quando si concentra sul suo compito principale. Desidero convogliare le nostre risorse, già limitate, sugli ambiti in cui la nostra efficacia e il valore aggiunto che possiamo generare sono al massimo”. In altre parole, mi sembra di capire che l’Unione potrebbe anche intervenire di meno, ma il suo intervento deve essere più valido.
Signor Presidente Barroso, se queste parole restassero il suo slogan per i prossimi cinque anni, offrirebbero un eccellente punto di partenza per compiere dei progressi. Ad ogni modo, domani lei meriterà il nostro appoggio incondizionato.
Jean-Luc Mélenchon (GUE/NGL) . – (FR) Signor Presidente, Presidente designato Barroso, le istituzioni non consentono alla sinistra di proporre una candidatura.
Deploriamo questa condizione della candidatura unica, e gli accordi politici tra governi di destra e socialdemocratici che l’hanno resa possibile.
In effetti, questa condizione nega l’esistenza di una diffusa opposizione in Europa al modello liberista dell’integrazione europea che lei incarna. Questo è il modello che fa precipitare l’ideale europeo, senza che lei si opponga, in un abisso di astensioni ostili alle elezioni europee, soprattutto – per strano che possa sembrare – nei nuovi Stati membri.
Questo è il modello che ha trasformato il sogno di un’Europa protettrice in una macchina che distrugge i nostri diritti sociali e le nostre industrie nazionali, e che spinge i cittadini a competere tra loro per guadagnarsi da vivere. Un numero sempre maggiore di persone ritiene di non potersi aspettare niente di buono dall’Europa.
Non è riuscito a prevedere il disastro finanziario, né la catastrofe ambientale, nonostante tutti i segnali premonitori, e ce ne sono stati. Anzi, avete contribuito al loro avvento – lei e gli altri – con questa dittatura della concorrenza libera ed equa, che sta paralizzando le nostre società, distruggendone lo spirito pubblico e i servizi pubblici.
Adesso lei ha cambiato le parole ma non la realtà. Ma il suo programma si può riassumere in una frase – non so se sia possibile tradurre il gioco di parole francese, che dice: “D’ora in poi, tutto sarà come prima”. Ma l’Europa ha bisogno di un cambiamento epocale per poter girare la pagina di un’epoca arcaica e ormai conclusa: quella del capitalismo finanziario e della massima produttività.
Potremmo avviare questo cambiamento rifiutandoci di nominarla presidente. Per questo motivo la nostra delegazione non le concederà il suo voto.
Timo Soini (EFD) . – (FI) Signor Presidente, Presidente Barroso, lei è venuto a fare la conoscenza del nostro gruppo di euroscettici, e di questo le siamo grati. Era il momento opportuno per discutere, e le sono state rivolte alcune domande difficili, da me e da altri. Il fatto che ci sia un unico candidato, però, non mi trova d’accordo. Peraltro, se non accoglieremo la sua candidatura adesso, succederà forse come in Irlanda, con il presidente Barroso che si ripresenta dopo un paio di mesi, con una cravatta nuova, e tutti che votano di nuovo sulla stessa cosa? A lei la Commissione piace, come ho potuto constatare leggendo questo documento con estrema attenzione; lei ha dichiarato che la Commissione è insostituibile, che soltanto la Commissione ha l’autorità per presentare proposte che tengono conto di tutti i nostri cittadini, e che soltanto la Commissione possiede le competenze e l’autonomia necessarie.
Onorevoli colleghi, dove sono le nazioni europee? Dove sono i parlamenti d’Europa e dove sono gli elettori europei? Non si dice forse che sono proprio loro a giustificare l’esistenza dell’Unione europea? Io veramente non ci credo molto. Presidente Barroso, si levi in difesa dei lavoratori, si levi in difesa delle classi popolari, perché la sinistra, ormai stanca, non può più farlo. Si levi in difesa dei piccoli imprenditori: infatti non c’è più carenza di manodopera ma di datori di lavoro. Agisca con efficienza operando dal basso verso l’alto, così che gli individui possano dar lavoro ad altri individui, e l’Europa possa avanzare. Per concludere, Presidente Barroso, la prego di non istituire tasse europee; la ringraziamo, ma paghiamo già abbastanza tasse.
(Applausi)
Francisco Sosa Wagner (NI) . – (ES) Signor Presidente, mi rivolgo direttamente al presidente Barroso.
Presidente Barroso, l’ascolto con grande interesse e con profondo rispetto ormai da molto tempo, da quando svolgeva attività politica in un paese molto vicino a noi e ai nostri cuori: il Portogallo.
Eppure è riuscito a sorprendermi, per due motivi: innanzi tutto ha mostrato di disprezzare il gruppo a cui appartengo – il gruppo dei non iscritti – rifiutando di concederci perfino un minuto del suo tempo per illustrare le sue proposte politiche. Rappresentiamo molti cittadini europei, e lei ha mostrato di disprezzare tutti i nostri elettori.
In secondo luogo, il suo piano politico è debole, e le proposte politiche contenute nel documento “Orientamenti politici per la prossima Commissione” sono piuttosto esili. Tali proposte non comprendono neanche gli obiettivi che lei ha sostenuto durante il suo mandato di presidente della Commissione. Constato con una certa sorpresa che questioni come l’energia, che durante il suo mandato sono state gestite con perizia, adesso, nelle proposte per la prossima …
(Il presidente interrompe l’oratore)
Carlos Coelho (PPE) . – (PT) Signor Presidente, Presidente Malmström, Presidente Barroso, esordirò porgendole le mie congratulazioni. Mi congratulo con lei innanzi tutto per i suoi cinque anni di lavoro alla guida della Commissione, durante i quali ha mostrato fermezza nei rapporti con gli Stati membri, sui problemi del clima e dell’energia, nonché capacità di favorire il compromesso e il consenso in materia di prospettive finanziarie, nonostante le maggiori difficoltà derivanti dall’allargamento, dalla crisi istituzionale e dalla crisi finanziaria internazionale.
In secondo luogo, mi congratulo con lei per gli orientamenti politici per la prossima Commissione che lei ha presentato a questo Parlamento. Purtroppo, Presidente Barroso, in una democrazia non si può accontentare tutti. A qualcuno lei non piace perché è troppo europeista, ad altri a causa di pregiudizi ideologici. Altri ancora la giudicano in riferimento al passato, dimenticando che oggi ci sono 27 Stati membri, i cui interessi devono essere armonizzati, e non più 12; per fortuna il nostro Parlamento dispone di maggiore potere e la cooperazione interistituzionale è più esigente.
Altri vorrebbero rinviare la decisione. Ma questo creerebbe un vuoto istituzionale che indebolirebbe sia la Commissione che l’Europa. Il mondo non ci aspetta. Proprio ieri il presidente del Brasile ha reso una dichiarazione con la quale il G8 è stato relegato nel passato a favore del G20. Il mondo non attende immobile che l’Europa si decida a fare ordine e a eleggere i propri leader. Rinviare una decisione equivarrebbe ad ammettere che l’Europa non ha alcuna rilevanza in un mondo più globale.
Ovviamente sono orgoglioso del fatto che la Commissione europea venga presieduta da un portoghese, ma il mio sostegno non è una mera espressione di solidarietà nazionale. Esso vuol essere un riconoscimento della sua opera, ed esprimere il mio accordo con le priorità da lei definite, che faccio mie: crescita economica, investimenti nell’innovazione, formazione e lotta alla disoccupazione, priorità alla coesione economica e sociale; investimenti a favore dell’ambiente e lotta al cambiamento climatico; maggiore sicurezza senza restrizione della libertà; rafforzamento della cittadinanza e della partecipazione dei cittadini.
Apprezzo le sue proposte sul nostro lavoro congiunto, al fine di avvicinare il Parlamento e la Commissione per il bene della nostra Europa comune. E’ giunto il momento che il Parlamento offra ai capi di Stato di diversi orientamenti politici un motivo per rieleggerla all’unanimità alla guida della Commissione. Buona fortuna, Presidente Barroso; le auguro ogni successo nel suo lavoro.
Hannes Swoboda (S&D) . – (DE) Signor Presidente, Presidente Barroso, mi sono battuto durante la mia campagna elettorale quale principale candidato democratico in Austria, a favore di una forte regolamentazione europea dei mercati finanziari, della modifica della direttiva sul distacco dei lavoratori, della protezione dei servizi pubblici e della valutazione dell’impatto sociale della legislazione. Poiché la precedente Commissione, di cui lei era a capo, non ha raggiunto nessuno di tali obiettivi, ho lavorato ipotizzando che avessimo bisogno di una nuova Commissione e di un nuovo presidente della Commissione. Adesso lei ha dichiarato che farà tutto ciò che ho auspicato. Come posso fare per crederle?
Il collega onorevole Hughes ha già ricordato che la prima Commissione Barroso non è riuscita a mantenere molte delle sue promesse. Nel corso delle prossime settimane, lei avrà il tempo di dimostrare che prende veramente sul serio la questione. In questo caso, prendere sul serio significa godere del sostegno di coloro che auspicano l’attuazione di queste misure.
Si è già detto chiaramente che domani lei otterrà il sostegno di molte persone che non hanno niente a che fare con questi obiettivi sostanziali. Lei otterrà un notevole sostegno proprio da parte di quei deputati al Parlamento che hanno impedito di raggiungere questi obiettivi o anzi vi si sono opposti – per esempio nel caso della direttiva sul distacco dei lavoratori e delle misure relative ai servizi pubblici – e che hanno sostenuto con forza la privatizzazione. Questi deputati la sosterranno domani. Lei dovrà dimostrare di poter formare, in seno alla Commissione, una nuova maggioranza che voglia veramente realizzare questi obiettivi.
Per rispondere all’onorevole Lambsdorff, secondo il quale questa sarebbe soltanto una campagna elettorale tedesca, e i socialdemocratici starebbero abbandonando il percorso europeo, dirò che non sono i socialdemocratici ma lei stesso a stringere un’alleanza con i più tenaci antieuropeisti; questo è il problema. Molti di noi sarebbero disposti a sostenerla, se la Commissione avesse una chiara posizione sulla dimensione sociale. Prendiamo nota delle promesse che ha fatto quest’oggi, ma ci attendiamo una decisione che dimostri che le questioni a cui ho fatto riferimento saranno considerate con attenzione nella politica della futura Commissione.
PRESIDENZA DELL’ON. LAMBRINIDIS Vicepresidente
Marielle De Sarnez (ALDE). – (FR) Signor Presidente, signor Presidente Barroso, in quest’Aula siedono degli europarlamentari, tra cui la sottoscritta, che non le accorderanno la propria fiducia nella votazione di domani. Colgo l’occasione per illustrare i motivi della mia decisione e per esprimerle le mie preoccupazioni, che credo meritino di essere ascoltate.
Riteniamo che la Commissione abbia perso parte della propria forza rispetto a cinque anni fa e che, fin troppo spesso, abbia scelto deliberatamente di lasciare mano libera al Consiglio per non gli interessi di nessuno. Crediamo inoltre che la Commissione non sia stata in grado di utilizzare i poteri conferitile dai trattati, mentre in tempi di crisi il diritto d’iniziativa dovrebbe diventare a tutti gli effetti un dovere d’iniziativa. Da ultimo, giudichiamo che la Commissione non rappresenti più la sede in cui i comuni interessi europei prendono forma e si fanno valere: nessuno di questi sviluppi è positivo per l’Europa.
Quest’Europa ha bisogno di un progetto, ha bisogno di pensare e produrre un nuovo modello di sviluppo, e ha bisogno di nuove soluzioni in ambito economico: come si può ottenere una maggiore integrazione industriale e di bilancio? Come si può dare priorità agli obiettivi di lungo termine, anziché di breve? Come si può garantire ad esempio che le banche fungano innanzi tutto da sostegno alle imprese, alle famiglie e agli investitori europei attraverso la regolamentazione? Come si può istituire un’autorità di regolamentazione europea, in grado di discutere le questioni sociali in un confronto paritario con il proprio omologo statunitense? Come si può attuare un patto sull’occupazione, ottenere una maggiore armonizzazione verso l’alto in ambito monetario e garantire, forse in futuro, un ulteriore allargamento della zona euro concentrandosi anche sullo sviluppo sostenibile? Infine, come si può far sì che tale transizione vada a buon fine non solo in Europa, ma anche nei paesi in via di sviluppo?
Ecco, signor Presidente Barroso, alcune delle domande che le si pongono. Proprio per queste ragioni, reputo necessaria una Commissione in grado di dare nuova linfa al progetto e ai comuni interessi europei, semplicemente restituendo all’idea di Europa il suo significato originario. E’ su questa base che giudicheremo le sue azioni future. Grazie per l’attenzione.
Sven Giegold (Verts/ALE). – (DE) Signor Presidente, non è stato soltanto il comportamento amorale di certi operatori finanziari a causare una crisi così grave in Europa, Presidente Barroso: tra le altre cause annoveriamo l’aumento delle diseguaglianze sociali, i pericolosi squilibri macro-economici tra gli Stati membri (che ha condotto a scarse dimostrazioni di solidarietà) e la dipendenza dell’Europa dai prezzi delle risorse, in continuo aumento.
I cittadini europei meritano una Commissione che si ostini a mettere queste cause all’ordine del giorno anziché tramutarle in tabù, agire nel modo contrario rispetto a quello raccomandabile e scaricare la responsabilità sugli Stati membri. L’Europa ha bisogno di politiche economiche e fiscali adeguatamente coordinate: ci occorre cooperazione in ambito fiscale, al fine di debellare il relativo fenomeno del dumping. Soltanto a quel punto sarà possibile arrestare il dilagare delle divisioni sociali e finanziare i necessari investimenti in senso ambientale. Ci occorre una politica che promuova in modo coerente le tecnologie e i comportamenti ecocompatibili, per ridurre rapidamente la dipendenza dell’Unione dalle risorse finite: questa sarebbe una rivoluzione ambientale.
Non rintraccio nessuno di questi elementi nel suo programma, signor Presidente Barroso: è per questo che non posso votare per lei.
Roberts Zīle (ECR). – (LV) Grazie, signor Presidente. Signor Presidente Barroso, alcuni dei nuovi Stati membri più piccoli applicavano un tasso di cambio fisso alla valuta nazionale contro l’euro già da anni al momento dell’adesione: in questo modo, gli operatori finanziari dell’Unione europea potevano compiere investimenti più redditizi in quei paesi. Tuttavia, in questi tempi di crisi, mantenere un tasso di cambio così rigido comporta per questi paesi una drastica svalutazione dei redditi, nonché attacchi speculativi alle riserve di cambio delle rispettive banche centrali: le ripercussioni sono pesanti sia per i cittadini dei paesi coinvolti sia per la Commissione europea, che eroga le risorse. Un’introduzione più rapida dell’euro in quei paesi ridurrebbe i costi e creerebbe stabilità. E’ per questo, signor Presidente Barroso, che la invito a propugnare un’applicazione dei criteri di Maastricht adeguata a questi tempi di crisi, con tutto lo zelo con cui difende il trattato di Lisbona. Grazie.
Joe Higgins (GUE/NGL) . – (EN) Signor Presidente, mi oppongo alla rielezione del presidente Barroso a capo della Commissione. Il presidente Barroso si sta servendo della Commissione europea per interferire con il diritto democratico del popolo irlandese di decidere liberamente se accogliere o respingere il trattato di Lisbona attraverso il referendum del 2 ottobre.
Con grande cinismo, negli ultimi giorni la Commissione da lei presieduta ha inviato i suoi funzionari nelle scuole dell’intera Irlanda per pubblicizzare la presunta virtuosità della Commissione europea: in realtà, si trattava di un’indicazione ai genitori affinché votassero “sì” a Lisbona. Un funzionario anziano della Commissione ha inoltre partecipato ai raduni pubblici organizzati da movimenti favorevoli al trattato.
Al pari di Augusto, il presidente Barroso sta inviando i suoi emissari per indicare al popolo irlandese la scelta da compiere. Siamo disposti a confrontarci democraticamente con chiunque, ma l’intervento di funzionari pubblici a favore di una posizione del dibattito rappresenta uno sperpero grossolano dei soldi dei contribuenti.
(GA) Le politiche del presidente Barroso non giovano affatto ai lavoratori europei, bensì favoriscono la militarizzazione e la privatizzazione: di conseguenza, d’ora in poi ci rifiuteremo di riconoscere il signor Barroso come presidente.
Nicole Sinclaire (EFD) . – (EN) Signor Presidente, il presidente Barroso si vota alla causa di un’Europa ambiziosa. E l’Unione europea lo è sicuramente diventata: 27 Stati in cinquant’anni, e il trattato di Lisbona (se ratificato dall’Irlanda) segnerà la fine della sovranità nazionale e il primo passo verso il subentro dell’Unione europea.
Ma noi dell’UKIP respingiamo il piano di integrazione europea avanzato dal presidente Barroso, poiché sappiamo che i singoli Stati membri hanno voce in capitolo. La sovranità nazionale costituisce il fondamento dei nostri valori, nonché la chiave di volta della democrazia britannica. Nell’Unione europea i diritti umani, individuali o collettivi che siano, passano in secondo piano rispetto alla solidarietà con gli europei. Questi due aspetti si escludono a vicenda, eppure il presidente Barroso li riunisce per farne il nocciolo duro del suo progetto di Unione per i prossimi cinque anni, individuando nella solidarietà la chiave di volta della società europea.
L’UIKP preferisce la sovranità alla solidarietà. Quando cittadini di uno Stato membro si pronunciano tramite referendum, l’esito dovrebbe essere definitivo, nel rispetto del loro diritto d’opinione. Secondo l’interpretazione comunitaria dei diritti dei cittadini, occorre invece indire tanti referendum nazionali fintanto che gli elettori non cedono alla pressione e votano “sì”.
E’ così che si è giunti ai trattati di Maastricht e di Nizza, e adesso l’Unione adotta la stessa tattica per costringere l’Irlanda a pronunciarsi di nuovo sul trattato di Lisbona, pur avendolo già respinto, com’è accaduto per la Francia e i Paesi Bassi. Che genere di diritti sono questi, calpestati nel nome della solidarietà? L’UIKP antepone la sovranità e i diritti dei cittadini alla solidarietà. Respingiamo il trattato di Lisbona e l’interpretazione che ne dà il presidente Barroso.
Hans-Peter Martin (NI). – (DE) Signor Presidente, ci serve una rivoluzione della democrazia. Signor Presidente Barroso, immagini di candidarsi alle elezioni europee, da solo e senza alcun avversario. Quale percentuale di voti riceverebbe? Cosa farebbero i cittadini?
Con ogni probabilità, l’avrebbero ascoltata oggi constatando che lei promette qualunque cosa a chiunque; scoprirebbero – si spera – come lei si comportò cinque anni fa, quando promise a tanti di conseguire grandi risultati. Tutto sta nel confrontare le sue promesse attuali con le possibili aspettative: credo che l’esito sarebbe molto, molto insoddisfacente.
Lei rappresenta la vecchia Europa, l’Europa abborracciata, il fallimento della Commissione che ha dato impulso alla crisi finanziaria, il disinteresse per la questione ambientale, e così via. Io sarei con la maggioranza dei cittadini europei, perché dubito che lei prenderebbe più del 10, 12 o 15 per cento dei voti.
Werner Langen (PPE). – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, desidero dirle fin d’ora che i conservatori tedeschi (CDU/CSU) al Parlamento sosterranno, Presidente Barroso, la sua candidatura per un secondo mandato. Riponiamo tuttavia aspettative ben precise in lei e, ovviamente, nella futura Commissione per questo secondo periodo in carica: voglio essere chiaro a tal proposito.
Le nostre richieste si concentrano sul futuro, ma ovviamente abbiamo un’esperienza quinquennale alle nostre spalle: desidero dunque illustrare brevemente i cambiamenti che auspichiamo. A nostro parere, gli ultimi cinque anni sono stati caratterizzati da alti e bassi. Tra questi ultimi annoveriamo la scarsa regolamentazione dei mercati finanziari, poiché alla Commissione è mancato il coraggio di adottare le misure necessarie contro gli Stati membri ostruzionisti, oltre al notevole potenziamento dei poteri del Consiglio e all’atteggiamento irriguardoso di certi commissari, che hanno ignorato il principio di sussidiarietà.
Appoggeremo il suo programma e i suoi orientamenti poiché crediamo che rappresentino il giusto approccio. Vogliamo infatti assicurarci che alcuni degli obiettivi per noi fondamentali vengano raggiunti, e confido che lei ne terrà conto: in primo luogo, il modello dell’economia sociale di mercato dovrà fungere da fondamento delle politiche comuni europee, combinando dunque responsabilità e libertà senza l’arbitrarietà che caratterizzava i mercati finanziari.
Occorre conciliare la competitività e la stabilità dei posti di lavoro in Europa con la tutela ambientale e climatica. Mi sorprende che lei rischi di mettere a repentaglio quest’impostazione generale nominando un commissario dedicato per il clima. L’Europa ha bisogno di un tessuto industriale e i problemi del mondo, come fame, povertà e malattia, potranno essere risolti soltanto se l’Europa resterà una forte potenza economica su queste basi.
I cittadini devono sostenere l’Europa: l’inflazione normativa sta abbattendo l’entusiasmo dei cittadini, estraniandoli dal concetto di Europa: è per questo che chiediamo una valutazione d’impatto indipendente per la legislazione.
Quarto e ultimo punto: chiediamo una revisione sostanziale degli accordi interistituzionali. Se queste condizioni si verificheranno, il mandato quinquennale avrà risvolti positivi.
Adrian Severin (S&D) . – (EN) Signor Presidente, non si potrebbe chiedere a un popolare di diventare socialista, né a un socialista di votare per un popolare: le cose potrebbero essere semplicissime, se non fossero tanto più complicate.
Ma perché ci sentiamo così divisi e a disagio quando ci viene chiesto di appoggiare la sua candidatura? Siamo sinceri: la lista delle delusioni e dei fallimenti collezionati da questa Commissione durante il suo mandato è fin troppo lunga, e lo stesso dicasi delle promesse e delle iniziative risoltesi in un nulla di fatto. Di conseguenza, i cittadini europei non solo hanno perso la fiducia nelle istituzioni comunitarie, ma hanno anche smarrito speranze e passioni.
In tutta franchezza, bisogna però anche ammettere che non è lei il solo responsabile: i principali colpevoli sono i vertici politici nazionali, che hanno sempre nazionalizzato le vittorie e europeizzato le sconfitte, anteponendo gli egoismi nazionali alla solidarietà europea.
Molti fra i commissari, ivi compresi gli esponenti socialisti, indicati da quegli stessi vertici politici, hanno inoltre peccato di lungimiranza, coraggio, competenza e buona volontà. Oggi non ci opponiamo dunque soltanto a lei, ma anche a quanti propongono esclusivamente la sua candidatura per una delle cariche comunitarie più prestigiose. Ovviamente, la loro scelta non è dettata dall’ammirazione per le sue virtù e i suoi punti di forza, ma per quelli che reputano i suoi punti deboli; non la sostengono perché credono che lei si adopererà per l’avanzamento dell’integrazione europea e per il potenziamento della sua dimensione sociale, ma perché sono convinti che lei li chiamerà uno a uno, chiedendo il loro beneplacito per qualunque iniziativa della Commissione.
E’ quanto meno paradossale che oggi il Parlamento europeo, un’istituzione comunitaria, anziché avvallare la legittimità democratica del futuro presidente di un’altra istituzione comunitaria, la Commissione, con un “sì” preponderante, debba lanciare una sfida, attraverso la persona del candidato, alla componente intergovernativa: il Consiglio.
Quando si concluderà l’iter di votazione del collegio, sarebbe dunque opportuno che lei ci dimostrasse di essere dalla nostra parte, anziché dalla loro.
Andrew Duff (ALDE) . – (EN) Signor Presidente, il presidente Barroso dovrebbe essere lodato per aver perseguito l’obiettivo di modificare i trattati con costanza e lungo tutto il precedente mandato. Credo inoltre che meriti tutta la nostra gratitudine per aver varato un ottimo programma di stabilità, insieme con le proposte necessarie a conseguire dei progressi nei difficili ambiti politici per cui esiste un accordo unanime.
Devo tuttavia ricordare che, in un contesto di calo del PIL e aumento delle spese, ci si prospetta una nuova crisi di bilancio, che potrebbe protrarsi fino al 2014. Confido che, a quel punto, il presidente Barroso si schiererà con fermezza dalla parte del Parlamento per contrastare la posizione che, con ogni probabilità, le tesorerie nazionali adotteranno.
Il punto è che l’Unione necessità di un bilancio più cospicuo e di una politica di bilancio mirata alla ripresa economica. Le spese nazionali dovrebbero essere trasferite sul bilancio comunitario laddove si verifichino le seguenti condizioni: un netto risparmio di risorse, la presenza di economie di scala e la creazione di un valore aggiunto, oltre alla necessità di ovviare al mancato funzionamento dei mercati con un consolidamento delle politiche europee.
Occorre rimpinguare il bilancio attraverso un sistema indipendente, più progressivo e trasparente.
Hans-Peter Martin (NI). – (DE) Signor Presidente, ovviamente non mi riferisco all’oratore precedente, ma le chiederei di essere equo quando interrompe i colleghi che hanno superato il tempo di parola loro concesso. Lei interrompe alcuni drasticamente, mentre lascia che altri proseguano molto a lungo: non è ammissibile.
Seán Kelly (PPE) . – (EN) Signor Presidente, desidero puntualizzare che l’Irlanda non tornerà al voto perché lo ha deciso qualcuno: gli elettore irlandesi voteranno di nuovo perché lo hanno deciso di propria sponte, e compieranno una scelta. In secondo luogo, questa consultazione sarà diversa dalla precedente: abbiamo ricevuto delle garanzie importanti per il popolo irlandese, in particolare la garanzia che potremo mantenere il nostro commissario.
(Il Presidente interrompe l’oratore)
Presidente . – (EN) Onorevole Kelly, sono spiacente, ma questa è la nuova procedura e dobbiamo applicarla correttamente: si riferisce soltanto alle domande poste all’oratore precedente, non alle dichiarazioni. Mi scuso per averla interrotta.
José Manuel Barroso, presidente designato della Commissione. – (EN) Signor Presidente, inizierò dalle politiche e, se mi resterà tempo, parlerò di politica.
A proposito delle domande postemi dall’onorevole Hughes, credo che sia fondamentale fare luce sulle questioni che rivestono particolare importanza sia per me sia per il suo gruppo, nonché per il nostro comune impegno a favore dell’economia sociale di mercato. Per quanto riguarda il distacco dei lavoratori, il regolamento cui io punto affronta esattamente il problema che lei, onorevole Hughes, ha sottolineato: mi riferisco alle difficoltà interpretative e attuative, che hanno causato qualche incertezza. Le ricordo che i regolamenti hanno applicabilità diretta e l’iter è dunque più rapido rispetto a un riesame completo della direttiva. Ad ogni modo, fatta questa premessa, riesamineremo la direttiva se necessario.
In merito alla sentenza Laval, il commissario Špidla, un socialista come lei, ha passato accuratamente in rassegna le possibili soluzioni pratiche, di comune accordo con me. Deve sapere che il problema di cui lei parla non sussiste in tutti gli Stati membri: date le differenze nel diritto del lavoro dei vari Stati membri, la situazione legata a Laval può presentarsi in un paese ma non in un altro. Come lei mi insegna, gli Stati membri, le parti sociali e i sindacati si attengono al corpus di leggi nazionali in materia di lavoro: occorre dunque valutare la situazione nella sua completezza per garantire che il rimedio non crei un problema ancora più complesso di quello per cui è stato pensato. Grazie all’analisi condotta dal commissario Špidla, posso ora proporre una soluzione e cercare un consenso il più vasto possibile in seno a questo Parlamento.
A proposito dei servizi pubblici, l’onorevole Hughes ha chiesto perché la Commissione non abbia ancora proposto una direttiva quadro. Mi permetto di osservare che la mia Commissione ha svolto un importante lavoro giuridico al fine di chiarire l’applicazione delle norme sugli aiuti statali ai servizi pubblici. Era questa la questione più pressante cinque anni fa e la verità è che, grazie alle nostre precisazioni, l’annoso dibattito sul ruolo dei servizi pubblici nel mercato interno ha assunto toni molto più distesi. Non intendo dire che non sussistono altri problemi, anzi, ne riconosco l’esistenza. Mi impegno a valutare la situazione in toto e, ove necessario, non esiterò a spingermi oltre. Ho avanzato un’offerta onesta ed equa durante i colloqui con il suo gruppo, senza dimenticare strumenti giuridici adeguati.
L’equilibrio di genere è un altro tema che mi sta a cuore, e la mia Commissione comprende infatti un numero record di donne. In tutta franchezza, ho dovuto lottare perché alcuni Stati membri indicassero delle donne competenti per la Commissione perché non volevano farlo: come ben sapete, l’iniziativa spetta agli Stati membri, ma anche questa volta mi impegno a fare quanto in mio potere. Ricordo che la prima Commissione Delors non comprendeva neppure una donna, mentre la seconda ne aveva soltanto una; io in un solo mandato ho avuto nove donne tra i membri della Commissione – un risultato che giudico molto importante. Ho nominato un segretario generale donna – la prima volta per il massimo funzionario della Commissione – dimostrando così un profondo interesse per il tema. Mi occorre il vostro sostegno in questo ambito, ma vi chiedo altresì, ancora una volta, di intervenire presso i rispettivi Stati membri, affinché non ricadano nella solita prassi: vi sono alcuni Stati membri che, in cinquant’anni, non sono stati capaci di proporre neppure una donna per la Commissione.
Per quanto riguarda le questioni sociali, sarò franco: se vuole dare addosso alla caricatura di Barroso, faccia pure, ma sappia che spesso ho avanzato proposte che il Consiglio ha bocciato – e, sia detto per inciso, anche grazie a governi del suo stesso colore politico. Siamo onesti: in occasione dell’ultimo Consiglio europeo, ho proposto di abolire il cofinanziamento del Fondo sociale per i paesi che non hanno la possibilità di contribuire, ossia i nuovi Stati membri che si trovano in difficoltà. Sono stato io ad avanzare la proposta, ma è stata respinta da diversi governi, ivi compresi alcuni capeggiati da un esponente del suo partito o con un suo collega al dicastero delle Finanze. Io ero in netto disaccordo. Questi continui attacchi alla Commissione non sono indice di onestà intellettuale: lei sbaglia obiettivo, scegliendone uno più facile, ma in realtà noi stiamo lavorando sodo. In seguito, ho presentato una proposta, attualmente allo studio del Consiglio, volta a sospendere le disposizioni sul cofinanziamento del Fondo sociale per i paesi in difficoltà. Sono favorevole alla coesione sociale. Come potrei non esserlo, venendo da un paese come il Portogallo, che ha tratto grandi benefici dall’Unione europea? Sono favorevole alla coesione sociale ed economica e credo dunque che la caricatura che taluni cercano di presentare sia nociva per l’Europa. Concordo con le parole dell’onorevole Lambsdorff. Preferirei avere il sostegno delle principali famiglie politiche di orientamento europeista, ma alcune se ne chiamano fuori. E’ una vostra decisione, non mia.
Io vorrei costruire un consenso il più ampio possibile, senza escludere nessuno. Siamo onesti: nella storia dell’integrazione europea, non sono stati soltanto il PPE, i socialisti o i liberali ad apportare un contributo sostanziale. Da lord Cockfield, un conservatore, ad Altiero Spinelli, comunista, passando per il movimento verde, sono stati in molti a contribuire all’integrazione europea. A seguito delle elezioni, e tenendo conto dell’attuali disparità di opinioni, è necessario lavorare insieme per l’Europa. Ci occorre un’Europa forte, ma proprio su questo punto sorge una contraddizione: da un lato, dite di desiderate una Commissione forte e volete che io mi opponga alle derive nazionaliste di alcuni Stati membri; eppure, allo stesso tempo dichiarate: “Non voteremo per lei. Ridurremo la sua influenza, la indeboliremo agli occhi degli Stati membri”. Sorge dunque una contraddizione. Siamo onesti: se auspicate una Commissione forte, dotata del diritto e del potere d’iniziativa necessari a tutelare gli interessi comunitari, concedetemi almeno il beneficio del dubbio. In questi tempi difficili, vi ho presentato un’offerta onesta ed equa per tutti i membri del Parlamento, nella più assoluta trasparenza. Non potete accusarmi di cambiare il contenuto delle mie affermazioni di gruppo in gruppo: presento a tutti voi sempre il medesimo programma; oggi avrò aggiunto qualche integrazione e chiarimento, ma è pur sempre lo stesso programma. Si tratta, com’è ovvio, di un compromesso, ma l’Europa funziona soltanto con i compromessi, e non potrebbe vivere di fanatismi o dogmatismi.
Ringrazio il PPE per l’appoggio datomi. Vi sono davvero grato per il sostegno che mi avete offerto, ma il PPE per primo dice di non voler agire da solo. Nessun partito raggiunge da solo la maggioranza ed è dunque necessario creare un consenso in Europa. Si tratta di un obiettivo di fondamentale importanza: ovviamente ciascuno manterrà le proprie differenze ideologiche e il dibattito politico proseguirà, ma si compie uno sforzo per rafforzare l’Europa. Io mi assumo quest’impegno. E voi? Ecco la mia domanda.
Joe Higgins (GUE/NGL). – (EN) Signor Presidente, il presidente Barroso non ha risposto alle mie accuse: la Commissione ha interferito con il processo democratico dell’Irlanda in merito al trattato di Lisbona…
(Il Presidente interrompe l’oratore)
Hélène Flautre (Verts/ALE). – (FR) Signor Presidente, signor Presidente Barroso, ho un problema: non voterò per lei domani, ma ne conosce già i motivi perché il mio gruppo lo ha ampiamente spiegato. E’ una questione politica: lei non ha un progetto per trasformare l’Europa dal punto di vista ambientale e sociale, mentre io ritengo che oggi questo cambiamento sia imprescindibile.
Ciononostante, come ha detto elegantemente l’onorevole Daul, è stata la destra a vincere le elezioni: lei dunque si allinea con la destra. La situazione è chiara.
Per quanto io voglia poter portare rispetto al presidente della Commissione, mi si presenta un problema: quando la vedo penso immancabilmente – e le assicuro che è vero – al suo coinvolgimento nei voli segreti della CIA.
Tra il 2002 e il 2006, 728 persone sono state deportate a Guantánamo attraverso lo spazio aereo portoghese. Lei è stato ministro dal 2002 al 2004: non posso dunque crederle, signor Presidente Barroso, quando tesse le lodi dell’Europa, paladina dei diritti umani. Quello che mi attendo da lei – quel che auspico da lei, proprio perché in futuro mi piacerebbe rispettare il presidente della Commissione – non è la pubblicazione delle sue memorie tra un numero indefinito di anni, bensì l’ammissione delle sue responsabilità in questa grave vicenda, che getta un’ombra sui valori europei.
Derk Jan Eppink (ECR). – (EN) Signor Presidente, si dice che, se non sei a tavola, allora sei sul menù: i prossimi dieci anni determineranno la collocazione dell’Europa. L’attuale generazione adulta dell’Europa occidentale si è presa una vacanza dalla storia: siamo cresciuti nella pace, tutelati da uno Stato sociale, contraendo debiti che lasceremo in eredità alle future generazioni. Ma adesso la storia bussa alla nostra porta: negli anni a venire l’economia sarà stagnante, mentre l’immigrazione si intensifica e la popolazione invecchia.
Purtroppo all’Europa manca la cultura dell’ambizione. Il sogno europeo consiste nel trovare quanto prima un buen retiro sulla riviera francese. Ma se non ci innoviamo, sviluppando la cultura imprenditoriale che lei ha in mente, l’Europa sarà sul menù.
Confido nella sua leadership. Mi permetto però di darle un consiglio: faccia sì che l’Europa resti concentrata sul suo compito di fondo. Se non riesce in quello, non riuscirà in nulla. Mantenga un atteggiamento aperto e non proponga un’imposta europea, perché provocherebbe un sollevamento popolare contro l’Unione. Non ho mai assistito a una manifestazione a favore dell’imposta europea: sarebbe un passo più lungo della gamba e non sortirebbe altro effetto che quello di alimentare il risentimento collettivo.
Confido nel suo pragmatismo affinché l’Europa sia tra i commensali anziché tra le pietanze, e le auguro ogni successo per il suo secondo mandato.
Andreas Mölzer (NI). – (DE) Signor Presidente, sappiamo che il presidente Barroso impersona il compromesso tra i potenti d’Europa. Sappiamo inoltre che egli costituisce il minimo comune denominatore tra i governi degli Stati membri e, da ultimo, che ha sempre un contentino per tutti: un pizzico di maoismo per la sinistra, un tocco di conservatorismo per gli esponenti del partito cristiano-sociale, una nota di neoliberismo arricchita da un’impostazione verde e socialista.
Ovviamente, il presidente Barroso si candiderà senza opposizione e senza un’alternativa, ragion per cui sta vivendo giorni difficili ed è ora costretto ad ascoltare le spiacevoli osservazioni della sinistra unita e di altri critici.
Il suo sforzo sarà tuttavia ripagato: sappiamo bene che, dopo questi giorni difficili, il candidato Barroso probabilmente ridiventerà presidente della Commissione e che si tornerà agli scomodi compromessi tra i gruppi più grandi e potenti in seno a quest’Assemblea, ma anche tra i governi che compongono il Consiglio. Sappiamo inoltre che, con ogni probabilità, il candidato Barroso, il simbolo delle battute d’arresto subite dall’integrazione europea negli ultimi cinque anni, continuerà a svolgere questo medesimo ruolo per il prossimo mandato quinquennale. Se così andranno le cose, avremo tutti ben poca influenza.
Jacek Saryusz-Wolski (PPE). – (EN) Signor Presidente, desidero iniziare affermando che sosteniamo l’aspirazione europeista e il programma del presidente Barroso, e lo dico a nome di ventotto europarlamentari polacchi, se non di altri ancora.
Questo programma contempla tuttavia un aspetto che ci sta particolarmente a cuore: mi riferisco alla sicurezza energetica. Signor Presidente Barroso, lei sa che quest’Assemblea attribuisce grande importanza al problema: occorre rivedere e riesaminare sia i progressi compiuti sia le pecche emerse nel corso del processo, definendo altresì le priorità per i prossimi mesi e anni.
La situazione attuale non ci soddisfa e ci appare, anzi, piuttosto grigia: a dispetto di tutte le dichiarazioni e manifestazioni di buona volontà, i progressi compiuti nell’ambito delle infrastrutture e dei meccanismi di gestione delle crisi sono tutt’altro che sufficienti, mentre le misure adottate non sono del tutto all’altezza delle aspettative e lasciano ancora a desiderare.
Ovviamente, accogliamo con favore le misure di breve termine definite dalla Commissione e della presidenza, ma ci attendiamo che il presidente della Commissione agisca con un programma e una convinzione di più ampio respiro e, ove necessario, affronti o attacchi l’inerzia e gli egoismi nazionali. Ci occorrono una Commissione forte e una leadership salda da parte del presidente, che dovrà agire a nome dell’intera Unione e nell’interesse dei cittadini europei.
Mi permetta di sottolineare che tale leadership dovrà fondarsi sul consenso che lei stesso dovrà guidare e costruire in seno al Parlamento e alla Commissione, nonché tra gli Stati membri. Come lei sa bene, è stata proprio quest’Assemblea a puntare in tale direzione tre anni fa, ma il cammino è ancora lungo e bisogna ancora attendere affinché il sogno si realizzi.
Mi auguro dunque che, entro la fine della legislatura, signor Presidente Barroso, lei compierà il miracolo e che ne abbia l’opportunità.
Con questo auspicio, sosteniamo la sua candidatura e teniamo le dita incrociate per la sua presidenza.
Marita Ulvskog (S&D). – (SV) Signor Presidente, signor Presidente Barroso, nel suo discorso introduttivo lei ha affermato che l’Europa e il mondo intero hanno attraversato una crisi di valori. Perché non parla a chiare lettere? Quella che abbiamo attraversato è palesemente una crisi del liberismo di mercato, di cui lei è, insieme con il suo gruppo, un accanito sostenitore. Ho promesso ai miei elettori che non avrei votato per lei – come molti altri onorevoli colleghi socialdemocratici – senza la garanzia che la direttiva sul distacco dei lavoratori sarà modificata per rafforzare i diritti di questa categoria.
Oggi lei parla come se avesse accolto questa richiesta, ma dice che non la soddisferà modificando la direttiva, bensì con un nuovo regolamento, che sappiamo essere del tutto inadeguato. Allo stesso tempo, lei dà un quadro distorto delle conseguente di un’eventuale modifica alla direttiva sul distacco dei lavoratori. Non è la prima volta che le vengono poste domande simili, e lei è sempre stato evasivo, ma io le chiedo nuovamente: intraprenderà i passi necessari a modificare la direttiva sul distacco dei lavoratori, in modo tale da garantire parità di retribuzione ai lavoratori europei in tutta l’Unione, anziché cadere nel dumping salariale che l’intera Europa sta subendo?
Olle Schmidt (ALDE). – (SV) Signor Presidente, l’Europa oggi è un continente di pace e democrazia. La situazione era diversa settant’anni fa, quando l’Europa era dilaniata dalla guerra, ed era diversa anche vent’anni fa, quando l’Europa era spaccata tra est e ovest.
La nostra generazione ha la responsabilità di gestire il continente, nonché di preservare e potenziare l’apertura e la democrazia in Europa. Signor Presidente Barroso, lei ha una particolare responsabilità.
All’Europa occorrono una guida chiara e un’Unione al contempo visibile e vicina alle esigenze dei popoli europei, nei momenti di difficoltà come nei momenti di prosperità. Ci occorre una guida che ascolti. Il suo impegno non è sufficiente sotto questo profilo: mi piacerebbe vedere la dedizione che abbiamo osservato oggi, il José Manuel Barroso che abbiamo osservato oggi.
Domani lei riceverà il sostegno del partito liberale svedese – la formazione politica cui appartiene il ministro Malmström – non perché concordiamo in tutto con lei, ma perché riteniamo che lei possa fare di più di quanto non abbia dimostrato finora.
Le indico alcuni orientamenti per il prosieguo del suo lavoro.
Il protezionismo è un abominio, persino per un ex maoista. La forza dell’Unione europea sta nell’apertura delle frontiere e nel libero scambio.
I diritti umani si applicano a ciascun individuo, indipendentemente dal luogo in cui si trova. Lei deve fare di più sotto questo profilo.
La crisi economica impone un nuovo ordinamento globale, con norme equilibrate che ci consentano di affrontare la crisi climatica: liberi gli agricoltori europei e dia un’opportunità ai consumatori e al mercato.
L’Unione europea non ha bisogno di altre gazzarre istituzionali. Ci risparmi questo triste destino! L’Europa ne ha abbastanza dei pesi morti. Signor Presidente Barroso, mi auguro che domani lei abbia l’opportunità di formare una nuova Commissione: spero dunque che, a quel punto, lei garantirà un’equa rappresentanza di uomini e donne.
Michail Tremopoulos (Verts/ALE). – (EL) Signor Presidente Barroso, lei sa di non aver minimamente accennato alla sua posizione, ad esempio, sulla tutela della biodiversità o al suo impegno per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo del Millennio e l’elaborazione di una strategia comunitaria per lo sviluppo sostenibile.
Mi concentrerò sul significato della flessicurezza, una parola che lei usa spesso per indicare la combinazione di flessibilità e sicurezza. Tale concetto sembra celare seri pericoli per la tutela dei lavoratori: non c’è nulla di sbagliato nel tempo parziale, ad esempio, se si tratta di una scelta del lavoratore; ma l’impiego coatto, per cui il lavoratore non ha scelta e forse non può trovare un lavoro, ha tutto l’aspetto del tempo parziale.
Si presenta un problema di impiego coatto anche con le occupazioni e con gli orari di lavoro che si ripercuotono negativamente sulla vita privata e la qualità di vita dei cittadini. Se sarà eletto, quali orientamenti politici intende elaborare a tale proposito, nei casi di sua competenza? Perché inoltre non indica obiettivi specifici per le professioni verdi e altre iniziative simili, non per fare di lei un verde, ma solo perché ci indichi la via d’uscita dalla crisi?
George Becali (NI). – (RO) Signor Presidente Barroso, ho letto il suo documento ma, in tutto sincerità, voterò per lei domain perché ritengo che l’Europa abbia bisogno di un cristiano praticamente come lei, che abbia ricevuto la sua educazione. Credo che lei domani sarà eletto presidente della Commissione e la invito dunque, Presidente Barroso, di chiedere a Dio lo stesso dono concesso a Salomone: la saggezza, necessaria a guidare la Commissione europea. Dio, ti prego.
Mario Mauro (PPE). - Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor candidato alla Presidenza della Commissione europea, la delegazione italiana all'interno del Partito popolare europeo la sosterrà con la stima di sempre, con l'amicizia di sempre e con la lealtà di sempre.
Cionondimeno le chiediamo più coraggio, per consentire alle nostre istituzioni di affrontare le circostanze epocali che siamo chiamati a vivere, avendo a cuore oltreché le legittime preoccupazioni dei governi, prima di ogni altra cosa il bisogno delle giovani generazioni, la loro ansia di mettere su casa, di mettere su famiglia, di avere dei figli. Il coraggio insomma di battersi per un'Europa reale, quella che viene sostenuta dal nostro senso di responsabilità e non dalle nostre alchimie politiche; ed è per questo che analogo coraggio mi permetto chiedere ai colleghi socialisti.
Certo il nuovo Barroso può essere forse una soluzione temporanea al manifestarsi di una crisi di consensi facilmente rilevabili dal risultato delle urne. Ma un sì, un sì, seppure un sì condizionato al candidato alla Presidenza della Commissione, rappresenterebbe anche per voi un'opportunità per partecipare in questo momento così difficile, dando all'intera opinione pubblica europea un segnale chiaro, e cioè che ciò che ci unisce è più forte di ciò che ci divide e che solo in questo modo possiamo aiutarci a venir fuori dal guado, insieme.
Non è solo insomma un sì a Barroso ma un sì ad una ricetta semplice e chiara: avere una Commissione che nasce con il contributo di tutti vuol dire che quella Commissione sarà più indipendente, più efficiente, più forte, insomma, più europea.
Monika Flašíková Beňová (S&D). – (SK) Desidero affrontare un tema che sta suscitando la preoccupazione di molti nell’Unione europea, me compresa: le nostre economie stanno attraversando un periodo di estrema difficoltà e crisi, le cui conseguenze ricadono soprattutto sulle cosiddette persone comuni, che lottano per il posto di lavoro, per la sopravvivenza, per i figli. Sono proprio queste ansie e preoccupazioni a creare terreno fertile per la crescita dell’estremismo di destra nell’Unione europea e negli Stati membri.
In passato, gli estremisti di destra si celavano dietro le maschere più disparate, mentre oggi sfilano nelle piazze pubbliche e parlano apertamente ai mass media. Questi signori, che fomentano l’odio contro i rom, gli ebrei, gli immigrati e gli omosessuali, stanno inoltre costituendo dei partiti politici e purtroppo presentano candidature di successo per i parlamenti nazionali come per il Parlamento europeo, proprio in questo periodo di difficoltà.
Da ultimo, non molto tempo fa abbiamo assistito persino in quest’Aula, sede di un’istituzione democratica, qui nel Parlamento europeo, all’arrivo (o meglio dire la marcia) di certi europarlamentari le cui divise ricordavano il fascismo e la Seconda guerra mondiale.
Desidero dunque chiederle, signor Presidente, che genere di misure dovranno essere adottate in futuro, nel rispetto del suo ruolo e di quello di garante della Commissione, contro un tale abuso del Parlamento europeo e, soprattutto, nella lotta vera e propria all’estremismo.
Sophia in 't Veld (ALDE). – (EN) Signor Presidente, il presidente Barroso ha osservato che stiamo attraversando un periodo eccezionale: è vero, ma i periodi eccezionali richiedono una guida eccezionale. E’ proprio lei questa guida, Presidente Barroso? Non l’ho appoggiata nel 2004 e purtroppo in cinque anni non ha fatto abbastanza da convincermi.
La maggioranza del mio gruppo è però disposta a concederle il beneficio del dubbio, ma ci riserviamo di esprimere un giudizio definitivo quando avremo esaminato l’intera compagine di commissari e i dettagli del suo programma politico. Non dimentichiamo infatti (e mi auguro che lei colga l’ironia delle mie parole) che il presidente della Commissione europea è un politico, e non un funzionario con il posto assicurato.
Indipendentemente dall’esito della votazione, tale processo ha consolidato la democrazia parlamentare europea perché, contrariamente alle paure di alcuni dei miei colleghi, obbligando il candidato a condurre una campagna non si è indebolito, ma rafforzato il ruolo del presidente della Commissione. A mio parere, il mandato del Parlamento europeo costituisce infatti un fondamento molto più solido per un programma politico di una nomina orchestrata dietro le quinte tra i governi nazionali.
Peraltro, sono tra quelli che credono (al contrario suo, se ho ben ascoltato le sue parole) che l’affermazione di una vera opposizione in seno a quest’Assemblea sia un segnale gradito e positivo della vivacità e della maturità della democrazia parlamentare europea.
La palla è sua dunque, Presidente Barroso. Affronterà la sfida? Perché lei ancora non mi ha convinta; ma questo non è neppure lontanamente necessario quanto convincere i cittadini europei nei prossimi cinque anni.
(Applausi)
PRESIDENZA DELL’ON. LAMBRINIDIS Vicepresidente
Judith Sargentini (Verts/ALE). – (NL) Signora Presidente, signor Presidente Barroso, quando si è verificata una contrazione del credito, lei non ha mosso un dito, mentre è stata la presidenza francese a elaborare una strategia d’emergenza. Neppure successivamente lei ha ripreso in mano le redini della situazione: non lo ha fatto con il piano europeo di ripresa economica, decidendo di non subordinare l’erogazione di aiuti di Stato al settore automobilistico al rispetto di rigorose condizioni ambientali, né con la proposta di miglioramento della vigilanza finanziaria, capitolando fin dall’inizio davanti alle resistenze della City londinese. L’Unione europea è invece riuscita a mantenere le redini della lotta globale al cambiamento climatico, ma tra breve lei avrà gettato alle ortiche anche quelle.
Lei minaccia di comprare gran parte delle riduzioni di anidride carbonica dai paesi in via di sviluppo, anziché garantire l’abbattimento delle nostre emissioni. Può cercare di incolpare i governi nazionali di quest’iniziativa, ma non della proposta, avanzata la scorsa settimana, di concedere ai paesi in via di sviluppo la magra somma di 2 miliardi di euro per la lotta la cambiamento climatico: sono noccioline al confronto con i 30-35 miliardi di euro che l’Europa dovrebbe stanziare. In questo modo, lei compromette gravemente le possibilità di successo di Copenhagen. Si pongono poi i problemi della contrazione del credito, della crisi economica e della crisi climatica, tre cartine tornasole del valore di un leader. Signor Presidente Barroso, lei ha fallito ben tre volte.
Diane Dodds (NI). – (EN) Signora Presidente, essendo io una neoletta di quest’Assemblea, ho ascoltato i tanti oratori che si sono concentrati sui risultati conseguiti dal presidente Barroso durante il mandato, esprimendo svariate preoccupazioni. Ne condivido molte.
Abbiamo opinioni diametralmente opposte sul trattato di Lisbona, Presidente Barroso. Cionondimeno, la ringrazio per il vivo interesse dimostrato per la mia circoscrizione elettorale, l’Irlanda del Nord: apprezziamo il sostegno e la stretta collaborazione che i funzionari della Commissione offrono ad ogni livello all’Irlanda del Nord, e mi auguro che questi rapporti proseguano e portino vantaggi alla mia circoscrizione.
Il nostro passato è ben noto: le ripercussioni della violenza sugli investimenti e la necessità di nuove strade e nuovi collegamenti ferroviari. E’ noto anche l’enorme economico che potrebbe derivare dallo sviluppo del turismo. Invito dunque la Commissione a definire gli stanziamenti necessari a compensare questi anni di investimenti insufficienti, al fine di sostenere la nostra economia.
Come già detto da molti dei presenti in quest’Aula, quel che conta sono le azioni e i risultati.
Jaime Mayor Oreja (PPE). – (ES) Singora Presidente, signor Presidente della Commissione, desidero esprimere un’osservazione preliminare.
Non possiamo tenere lo stesso dibattito prima e dopo le elezioni, se non altro per rispetto nei confronti di questo istituto e dei cittadini europei. A questo riguardo, il nostro approccio non dovrebbe differire da quello adottato nei parlamenti nazionali.
Se i commissari europei sono espressione della maggioranza di ciascun paese, dovremmo preoccuparci principalmente di far sì che il presidente della Commissione rispecchi la preferenza espressa dai cittadini alle elezioni europee: partendo da questo assunto, appaiono ovvie l’importanza e la giustezza di rileggere il presidente uscente Barroso. Si tratta di un principio eminentemente democratico.
Due dei punti sollevati dal presidente Barroso meritano senza dubbio il mio sostegno netto e definitivo. Il primo riguarda la portata dell’analisi che il presidente ha condotto nei suoi interventi e commenti a proposito della situazione attuale. Non stiamo attraversando soltanto una crisi economica e finanziaria, ma anche una crisi di valori. E’ la prima volta che, in quest’Aula, ascolto una conferma di tali caratteristiche. Ci troviamo ad affrontare non solo una crisi, bensì anche un mondo in continuo cambiamento: è proprio per questa ragione che, ora più che mai, occorre puntare sulle iniziative virtuose dei singoli individui e su un diverso atteggiamento nei confronti dello Stato e dei mercati, visto che in molti paesi dell’Unione si è forse vissuto al di là delle effettive possibilità.
Il secondo punto, che condivido, riguarda l’aspirazione europeista del presidente Barroso: l’Europa deve eleggere le proprie guide, darsi priorità e organizzarsi. La crisi e il trattato di Lisbona sono dunque le due grandi questioni cui il presidente della Commissione dovrà dedicare particolare impegno. La gestione della crisi richiede una Commissione risoluta, nonché un Parlamento capace di affrontare congiunture difficili come quella presente.
La crisi non si è ancora conclusa e i suoi connotati restano incerti; ma la crisi ci costringe anche ad affrontare le ineguaglianze sociali che esistono all’interno dell’Unione europea. Ci occorre dunque l’ambizione politica di cui lei ha dato prova questo pomeriggio, Presidente Barroso.
Juan Fernando López Aguilar (S&D). – (ES) Signora Presidente, signor Presidente designato, dopo averla ascoltata attentamente, desidero concentrarmi su alcuni punti che potrebbero trovare molti di noi concordi con lei.
In primo luogo, è chiaro che ci troviamo ad affrontare una crisi. Cionondimeno, molti di noi ritengono che negli ultimi anni l’Europa sia stata incapace di nutrire speranze e aspettative tali da superare il pessimismo.
In secondo luogo, è chiaro che abbiamo bisogno dell’Unione europea, di istituzioni forti e di una Commissione guidata da un progetto ben definito. Molti di noi credono tuttavia che lei non possa essere candidato a una seconda elezione con la stessa Commissione, bensì con una nuova formazione, al fine di inaugurare una nuova era che ci ponga altre e più complesse sfide.
Ci occorre un’Europa in grado di regolamentare i mercati e salvaguardare i diritti, soprattutto in ambito sociale. Ci occorre tuttavia un’Europa che sia effettivamente capace di generare valore aggiunto, per correggere alla radice abusi e ingiustizie di portata globale.
Ho ascoltato la proposta di inserire nella sua Commissione un commissario per l’immigrazione, con competenze in materia di sicurezza. Mi permetto di osservare che l’immigrazione non si ripercuote esclusivamente o prevalentemente sulla sicurezza, bensì sui nostri valori e sulla capacità di correggere alla radice le disuguaglianze.
Di conseguenza, la votazione di domani non segnerà la fine di un processo, bensì il primo passo o il punto di partenza in un compito immane di cui la nuova Commissione dovrà farsi carico in modo tale da imprimere un nuovo slancio per un’Europa di gran lunga migliore di quella che abbiamo osservato negli ultimi anni, sfidando quanti desiderano la paralisi o la ritirata dell’Unione europea. Questa nuova Commissione dovrà riuscire ad affermarsi sugli eurofobici e gli euroscettici, dovrà riuscire a difendere la propria indipendenza di cuore pulsante dell’Europa dal Consiglio, e dovrà riuscire non solo a collaborare, ma anche a rispondere continuamente a quest’Assemblea.
Michel Barnier (PPE). – (FR) Signora Presidente, signor Presidente Barroso, sono molti gli elementi e le motivazioni dietro la nostra manifestazione di fiducia e la preferenza netta che esprimeremo domani.
Il primo è un elemento di coerenza democratica: rispetto alla decisione dei ventisette capi di Stato e di governo che l’hanno scelta all’unanimità, rispetto agli impegni da noi assunti durante la campagna elettorale (che ha avuto luogo non molto tempo fa) e rispetto al voto dei cittadini. Non ci scuseremo per aver vinto le elezioni, pur essendo consapevoli (vorrei specificare ai nostri onorevoli colleghi che ne siamo perfettamente consapevoli) che dovremo proporle molte più idee di quante non ne sostenga il solo Partito Popolare Europeo (Democratico Cristiano). Vi è poi una questione di coerenza democratica rispetto all’esercizio che lei conduce da settimane e di cui noi siamo testimoni: la richiesta di un dialogo umile e sincero con il Parlamento.
Sussiste anche un secondo motivo, che rappresenta una nostra salda convinzione: l’Europa non avrà politiche forti se le istituzioni sono deboli. Proprio per questa ragione auspichiamo la ratifica del trattato di Lisbona, che offre alle istituzioni tutti gli strumenti necessari al loro funzionamento. Ci occorre una Commissione forte, in grado di affrontare quanto prima la crisi.
La terza ragione sta nel patto di fiducia che abbiamo sottoscritto con lei. Di fronte a questa crisi, la più grande e profonda in ambito economico, finanziario, alimentare (non dimentichiamo il miliardo di persone che patisce la fame nel mondo) e ambientale, è necessario che la Commissione dimostri la propria combattività. E’ necessario che lei – e noi con lei – tragga tutte le conseguenze dalla crisi, sul piano della governante, della regolamentazione, delle innovazione e dell’elaborazione di nuove politiche, con particolare riferimento all’idea di una cassa di risparmio europea che sostenga le piccole e medie imprese nei settori strategici. E’ altresì opportuno che, nel caso della crisi più pervasiva, quella ambientale, lei introduca un nuovo modello di crescita economica e sociale orientato in senso ecologico, come riconosciuto da lei stesso.
E’ proprio per questo, signor Presidente Barroso, che domani saremo pronti a sottoscrivere un patto di fiducia con lei.
David-Maria Sassoli (S&D). - Signora Presidente, onorevoli colleghi, signor presidente Barroso, il discorso che ha pronunciato oggi non ha cambiato la nostra opinione. La nostra valutazione resta fortemente negativa. In questi anni di Presidenza la Commissione ha mostrato incapacità e mancanza di autonomia: così è stato per la crisi finanziaria e lo stesso vale per quanto riguarda la politica dell'immigrazione, la tutela dei diritti fondamentali e il rispetto della legislazione comunitaria devono essere le due facce della stessa politica.
Lei ha detto in quest'Aula che intende nominare un Commissario per la giustizia e i diritti e un Commissario per gli affari interni e l'immigrazione. Non lo faccia, Presidente Barroso: immigrazione e diritti devono restare insieme per non assecondare politiche xenofobe. Lei ha una maggioranza in questo Parlamento, ha una maggioranza di destra, è chiaro che non ci possiamo riconoscere in questa maggioranza. Capisco le difficoltà dei liberaldemocratici, ma Presidente Verhofstadt; non ci dica che l'approccio coerente così come da lei richiamato per uscire dalla crisi sia rappresentato dalla rapidità con cui si vara la Commissione Barroso.
È chiaro che noi non possiamo riconoscerci in questa maggioranza. Le nostre posizioni non sono conciliabili con chi non si batte con determinazione per una piena e convinta libertà di informazione, con chi non si batte per la salvaguardia dei diritti, con chi pensa che questo Parlamento sia solo una sede di rappresentanza dei governi nazionali.
Marian-Jean Marinescu (PPE). – (RO) Signora Presidente, signor Presidente della Commissione, il potenziamento della sicurezza energetica rappresenta una voce importante del suo programma. Il successo dei negoziati con la Turchia, che ha condotto alla firma dell’accordo su Nabucco, dimostra come l’Unione europea sia capace di rappresentare gli Stati membri sulla scena internazionale, e desidero congratularmi con lei per questo risultato. Mi auguro che, usando questi stessi metodi, si otterranno risultati simili per garantire la quantità di gas necessaria, considerando che adesso alcuni paesi della zona vogliono contribuire con le proprie risorse a questo progetto. La futura Commissione dovrà creare un mercato interno dell’energia, garantendo altresì un’efficace concorrenza e un’elevata sicurezza degli approvvigionamenti per tutti gli Stati membri.
A tale proposito, svolgerà un ruolo fondamentale l’Agenzia per la cooperazione fra i regolatori nazionali dell'energia. La Romania ha presentato domanda per ospitarne la sede, e mi auguro che goda del sostegno necessario. La sicurezza energetica dipende inoltre dai vicini dell’Unione: dobbiamo dunque assistere i paesi limitrofi che aderiscono ai valori europei e aspirano a entrare nella famiglia europea.
Desidero inoltre richiamare la vostra attenzione sulla persistente fragilità politica e sulle difficoltà economiche della Repubblica moldova: le nuove autorità di Chisinau necessitano della nostra assistenza immediata per superare questa spinosa situazione.
Da ultimo, sono convinto del fatto che la votazione di domani dimostrerà la stabilità delle istituzioni europee e apporterà un prezioso contributo all’esito del referendum in Irlanda.
Catherine Trautmann (S&D). – (FR) Signora Presidente, signor Presidente Barroso, posso anche evitare i giri di parole: lei non ha convinto i socialisti francesi in cinque anni e non riuscirà a convincerci adesso sulla base di un progetto tanto generoso a parole quanto generico negli obiettivi.
Come può chiederci di votare per lei se davvero vogliamo un’Europa unita nella diversità quando è proprio in nome di quest’obiettivo che chiediamo di attendere il voto irlandese per pronunciarci sulla sua candidatura?
Forte del sostegno degli Stati membri, lei ha preferito mettere al sicuro la sua nomina in anticipo sui tempi e non correndo troppi rischi sul numero di voti necessario. Ha pensato che il passaggio di fronte al Parlamento sarebbe stato una mera formalità. Le cose non stanno così e questo è soltanto l’inizio: il suo operato non soddisfa le aspettative dei cittadini, che stanno subendo la crisi e hanno sfogato la propria rabbia contro le nostre istituzioni con la scarsa affluenza alle urne.
Lei sostiene che la crisi l’abbia cambiata e si propone come grande timoniere dell’Europa unita, ma non è stato capace di guidare gli Stati membri verso un autentico piano europeo di ripresa economica e stiamo ancora aspettato le misure concrete e vincolanti di cui il regolamento finanziario necessita.
Lei afferma inoltre di averci fornito delle garanzie sull’agenda sociale, ma le sue proposte si riducono al varo di un nuovo regolamento e non contemplano il riesame della direttiva sul distacco dei lavoratori. Per giunta, non ha assunto impegni fermi, ma soprattutto chiari, a favore di una direttiva che tuteli i servizi pubblici.
E’ un insulto alla memoria degli europarlamentari. Non abbiamo infatti dimenticato come, negli ultimi cinque anni, le questioni sociali non siano mai stati il nocciolo delle soluzioni proposte e come solo adesso lei acconsenta a commissionare uno studio d’impatto sociale per ogni atto legislativo comunitario.
Di fronte a una crisi senza precedenti, che sta distruggendo centinaia di migliaia di posti di lavoro, si compiere ogni sforzo possibile per evitare che il numero dei disoccupati e dei lavoratori indigenti in Europa raggiunta i 25 milioni entro il 2010. A tal fine, occorre varare una politica industriale.
Ai cittadini va dato un modello di solidarietà affinché riescano a contrastare la crisi, ma oggi non troveranno lo slancio necessario né nelle sue parole né nelle sue dichiarazioni di ambizione europea.
Proseguire come in precedenza è disastroso, diceva il filosofo Walter Benjamin. Dovrà fare parecchia strada prima di conquistarsi le simpatie di socialisti e socialdemocratici: per amor di coerenza politica, e in segno di rispetto per il nostro elettorato, non voteremo per lei domani.
Wim van de Camp (PPE). – (NL) Signora Presidente, signor Presidente Barroso, domani la delegazione olandese del gruppo del Partito Popolare Europeo (Cristiano Democratico) esprimerà un voto convinto in suo favore, non solo perché siamo convinti delle sue qualità, ma anche perché abbiamo fretta. A nostro parere, i due mesi scorsi non hanno rappresentato altro che un’opportunità sprecata di affrontare la crisi economica: noi olandesi abbiamo dunque fretta di farlo. Auspichiamo però una maggiore presenza dell’economia sociale di mercato nel suo programma, visto che, sotto questo profilo, la Commissione precedente ha seguito una linea fin troppo liberista per i nostri gusti. Ci auguriamo inoltre che lei proseguirà la lotta all’inflazione normativa e condurrà Copenhagen al successo, riducendo tuttavia il numero delle agenzie comunitarie.
Un altro punto riguarda i cittadini europei, cui questo pomeriggio si è fatto riferimento forse due o tre volte. Non è sufficiente: le elezioni europee ci hanno infatti dimostrato che dovremo penare a lungo prima di conquistarci l’approvazione dei comuni cittadini europei. Gli operai della Opel che saranno messi in cassa integrazione, ad esempio, dovranno pensare immediatamente all’Europa come fonte di speranze e di lavoro.
In conclusione, devo dire che nelle ultime sei settimane lei mi ha colpito per la sua passione ed entusiasmo: lei dà il meglio di sé sotto pressione e la invito caldamente a mantenersi così per i prossimi cinque anni. Vorrei poter ammirare queste qualità ogni settimana.
Glenis Willmott (S&D). – (EN) Signora Presidente, è vero: viviamo tempi eccezionali, ma la reazione del presidente Barroso alla crisi economica manca della forza e dell’incisività necessarie, mentre le sue promesse di un’Europa sociale non sono state mantenute. Signor Presidente Barroso, gli orientamenti politici da lei presentati non chiariscono i suoi piani e riciclano gran parte della retorica utilizzata cinque anni fa. E’ ovvio che ci occorre un mercato interno solido e dinamico, che crei posti di lavoro e ricchezza, ma a tale obiettivo deve accompagnarsi un potenziamento dei diritti sociali a favore, e non a discapito dei lavoratori e dei cittadini europei.
Nonostante la forte pressione esercitata da quest’Assemblea e i ripetuti inviti a riesaminare la direttiva sul distacco dei lavoratori, a condurre valutazioni d’impatto sociale e a varare un pacchetto più ambizioso per la ripresa economica, siamo ancora in attesa. Prima lei ha definito sacri l’appartenenza al sindacato e il diritto allo sciopero: in tutto il Regno Unito, i sindacati pensano ancora una volta a indire scioperi contro i problemi legati alla direttiva sul distacco dei lavoratori, mentre dilaga la paura del dumping salariale e della vanificazione degli accordi collettivi.
La risposta che lei ha dato alla mia domanda in proposito la scorsa settimana sembrava sincera, ma lei stesso ha ammesso che la direttiva non raggiunge gli obiettivi previsti: i problemi sorgono rispetto all’attuazione e all’interpretazione da parte della Corte di giustizia europea. Ha promesso di apportare delle modifiche grazie a un nuovo strumento giuridico, ma le sentenze della Corte richiamano la nostra attenzione sulla necessità di consolidare la direttiva e porre un freno al dumping salariale.
Nell’attuale contesto di crisi finanziaria, ci occorrono chiari orientamenti giuridici e, signor Presidente Barroso, parità di retribuzione per una stessa mansione per uno stesso posto di lavoro, indipendentemente dal sesso. Quali garanzie può offrirci per dimostrare che si agirà in tal senso?
Marianne Thyssen (PPE). – (NL) Signora Presidente, signor Presidente della Commissione, signor Presidente in carica del Consiglio, onorevoli colleghi, viviamo tempi difficili, di transizione e di cambiamento, ma allo stesso tempo interessanti. Dal punto di vista istituzionale, ci stiamo muovendo da Nizza a Lisbona. Mi auguro che raggiungeremo la meta indenni: dall’ambito finanziario, economico, ecologico, demografico ai settori dell’energia, dell’immigrazione e della sicurezza, passando per la globalizzazione, la questione alimentare e la lotta per preservare il nostro modello sociale, viviamo una difficile transizione in tutti i campi. La loro connotazione come minacce o come opportunità dipende in ampia misura da noi stessi.
A questo proposito, una cosa è certa: solo affrontando tali sfide con spirito europeo, solo contrastandole con un programma comunitario solido e mirato − come quello che lei propone, signor Presidente designato della Commissione − e solo potendo contare sulla collaborazione di istituzioni salde, potremo contribuire in prima persona a plasmare il futuro e far avanzare la nostra economia di mercato in senso sociale ed ecologico. Non abbiamo tempo da perdere: “abbiamo fretta”, per usare le parole del mio vicino, e dobbiamo dunque accelerare la nomina della nuova Commissione. Al momento, onorevoli colleghi, abbiamo uno e un solo presidente designato della Commissione.
Dobbiamo accordare tutta la nostra fiducia al presidente Barroso, e chiedo a chiunque non sia d’accordo di assicurarsi di saper distinguere gli amici dai nemici: dopo tutto, cosa ricaverete dai ritardi e dai voti contrari? Se non il presidente Barroso, chi proponete? Chi era, chi è il vostro candidato? Lo chiedo al gruppo verde/Alleanza libera europea e al gruppo dell’Alleanza Progressista di Socialisti & Democratici al Parlamento europeo. Se riuscirete nel vostro intento, siete certi che otterrete un candidato che potrete considerare migliore, un presidente della Commissione migliore?
Signor Presidente designato della Commissione, lei ha la mia fiducia e avrà il voto mio e degli onorevoli colleghi del mio gruppo. Le auguro ogni successo, anche nella formazione della nuova Commissione: le si deve offrire lo spazio di manovra necessario a raggiungere quest’obiettivo.
Edite Estrela (S&D). – (PT) Signor Presidente Barroso, il trattato di Lisbona sarà ratificato ed entrerà in vigore tra pochi mesi. E’ questo il mio auspicio. Emerge però chiaramente dal suo programma e dal suo discorso di oggi che lei mira a rafforzare subito i poteri del Parlamento europeo. Concordo, perché non possiamo regredire nuovamente all’epoca in cui il futuro dell’Europa era scritto in concomitanza da Consiglio e Commissione, mentre il Parlamento europeo era ridotto a mero spettatore.
Ritengo, signor Presidente Barroso, che il suo prossimo mandato svolgerà un ruolo determinante al fine di consolidare i nuovi equilibri istituzionali tra la Commissione, il Consiglio e il Parlamento. Il nostro sostegno non è dunque un assegno in bianco, bensì un investimento.
La nostra tradizione democratica, la tutela dei diritti umani, le innovazioni nella produzione di forme di energia più pulite e l’elaborazione di politiche ambientali più valide sono tratti distintivi dell’Europa. Eppure, nulla ci consente di spiccare quanto le nostre politiche sociali: mi faccio dunque portavoce dell’auspicio che la Commissione da lei presieduta si assuma la responsabilità di tutelare, consolidare e migliorare il modello sociale europeo, promuovendo altresì l’uguaglianza di genere.
Prima di concludere, desidero sottolineare che ho preso nota delle sue parole di oggi e degli impegni assunti per il futuro. Può contare sul voto dei socialisti portoghesi, ma può altresì attendersi un rapporto che sarà tanto leale quanto esigente durante il suo prossimo mandato.
Le auguro ogni fortuna e successo per il suo lavoro.
Markus Ferber (PPE). – (DE) Signora Presidente, signor Presidente della Commissione, signor Presidente in carica del Consiglio, onorevoli colleghi, qual è lo scopo della votazione di domani? Si tratta di fare quello che taluni membri di quest’Assemblea non possono e altri non vogliono fare: assumersi la responsabilità dell’Europa. Desidero sottolineare un punto, che, signor Presidente Barroso, la ringrazio di aver citato nuovamente durante la sua interruzione: si tratta di assumersi la responsabilità di rendere l’Europa capace di agire in un frangente difficile, allo scopo di superare tutti i problemi che hanno attirato le giuste critiche dei cittadini europei e di questo stesso Parlamento. Ritengo che la discussione di oggi abbia contribuito a far luce sui soggetti su cui l’Europa potrà effettivamente fare affidamento in futuro per l’assunzione di una responsabilità politica negli anni a venire.
Desidero però osservare, Presidente Barroso, che ovviamente l’ordine del giorno reca una lunga serie di questioni da affrontare: lei una grande responsabilità in tal senso, essendo il solo detentore del potere di iniziativa a livello comunitario.
Vorrei inoltre soffermarmi su un altro aspetto che ritengo non sia stato approfondito a sufficienza nel corso della discussione: mi riferisco alla politica agricola, un settore in cui ci si pongono svariate nuove sfide. Non è sufficiente limitarsi a citare la risoluzione stilata dai ministri dell’Agricoltura nell’autunno dell’anno scorso. Non è sufficiente aver avviato un esaustivo programma di riforma agricola, poiché un cambiamento delle condizioni quadro richiede anche un’iniziativa corrispondente per assistere gli agricoltori dell’Unione europea. La invito dunque a prendere da parte il commissario per l’agricoltura e a farle comprendere che il suo modello non riuscirà a condurre quest’importante settore fuori dalla crisi.
Siamo pronti − e in questo momento parlo a nome dei miei onorevoli colleghi − ad assumerci la responsabilità dell’Europa, nell’interesse dell’Unione e dei suoi cittadini.
Csaba Sándor Tabajdi (S&D). – (FR) Signora Presidente, signor Presidente Barroso, nel febbraio del 2008, sei mesi prima dello scoppio della crisi finanziaria globale, il primo ministro ungherese proposte l’istituzione di un nuovo organo comunitario incaricato della vigilanza e del controllo delle tendenze finanziarie internazionali. Purtroppo il Consiglio e la sua Commissione si sono risolti a creare una simile istituzione solo dopo lo scatenarsi della crisi globale.
Signor Presidente Barroso, a che punto sono i preparativi per la creazione di questo organo? Quando inizierà a essere operativa?
La mia seconda domanda è la seguente: negli ultimi anni la Commissione non è riuscita a contrastare la predominanza delle principali catene commerciali, finendo per non proteggere né gli agricoltori né i consumatori. Possiamo attenderci misure concrete ed efficaci dalla Commissione?
La mia terza domanda riguarda la profonda crisi del comparto lattiero-caseario in tutta Europa, che sta producendo gravi conseguenze sociali e politiche. Intende modificare o riesaminare la politica neoliberista finora adottata dalla Commissione, che è fallita su tutta la linea?
La quarta domanda è la seguente: in quanto candidato alla presidenza, intende creare un meccanismo di mediazione? Intende confermare la sua intenzione di affidare al nuovo commissario per i diritti fondamentali la responsabilità di tutelare le minoranze nazionali storiche, gli immigrati e i rom?
Simon Busuttil (PPE). – (MT) Signora Presidente, signor Presidente Barroso, le sfide economiche e finanziarie sono state discusse in lungo e in largo. Oggi preferirei però concentrarmi sui diritti dei cittadini e sull’Europa dei cittadini. Parliamo di cittadinanza europea, diritti dei cittadini, libertà di circolazione, lotta alla criminalità, potenziamento della sicurezza, lotta al terrorismo e politica comune in materia di immigrazione, ma tutti questi aspetti ricadono sul cittadino europeo al pari delle questioni economiche e finanziarie. Sussistono tuttavia altre sfide ancora che influenzano la vita quotidiana dei nostri cittadini, e che meritano dunque di essere affrontati.
Abbiamo un piano: creare uno spazio europeo di giustizia, libertà e sicurezza. Abbiamo avuto il programma di Tampere, il programma dell’Aia e ora quello di Stoccolma. A mio parere, è necessario investire energie fresche in questo ambito: il programma di Stoccolma creerà nuove opportunità, mentre il trattato di Lisbona conferirà al Parlamento nuovi e maggiori poteri al riguardo, attribuendogli altresì un ruolo più importante. Questa sera, signor Presidente Barroso, lei ci ha annunciato che saranno due, e non più uno solo, i commissari competenti: un commissario sarà responsabile degli affari interni e dell’immigrazione, mentre all’altro sarà assegnato il settore della giustizia, dei diritti umani e delle libertà civili. Formiamo dunque un partenariato, un solido partenariato tra la Commissione e il Parlamento, volto a creare un’Europa che si dedichi autenticamente ai nostri cittadini, che ne tuteli i diritti e le libertà, e che ne salvaguardi la sicurezza.
Sì, credo che insieme potremo collaborare alla costruzione di un’Europa dei cittadini. Le faccio i miei migliori auguri per l’elezione di domani.
Zoran Thaler (S&D). – (SL) Concordo con le osservazioni di molti degli onorevoli colleghi che mi hanno preceduto, ma mi permetta di rivolgerle anche le seguenti domande, signor Presidente Barroso: ha tirato le somme del suo mandato precedente? E’ soddisfatto dei risultati conseguiti negli ultimi cinque anni? Immagino che lo sia e che sia questo il motivo per cui si ricandida alla presidenza della Commissione. Cionondimeno, mi chiedo anche se lei finora sia soddisfatto della sua capacità di prevenire la crisi finanziaria, economica e sociale: riesce ad assistere senza scrupoli di coscienza al vertiginoso aumento della disoccupazione, che è ormai nell’ordine di milioni nell’Unione europea, e agli scandalosi premi che il settore finanziario è tornato a elargire a quanti non solo ci hanno fatto precipitare nella peggiore crisi concepibile, ma ci hanno anche esposti al rischio della povertà?
Può dirci oggi se la sua condotta sarà diversa durante il secondo mandato? Ci attende una riproposizione degli eventi passati o qualcosa di nuovo? C’è qualcosa a cui dovremmo guardare con favore? Cosa crede di dover modificare nel suo lavoro?
Mi consenta di porle un’altra domanda, che lei ha tentato in ogni modo di aggirare nei suoi orientamenti politici. E’ chiaro che lei vuole guidare la Commissione di un’Unione europea che ormai conta 500 milioni di cittadini. Quali sono le ambizioni e le motivazioni della nostra grande comunità quando si parla di aprire le porte agli europei che desiderano entrare a farne parte? Quali altri sforzi compirà la sua Commissione per accelerare questo processo? Offrirà assistenza materiale, ossia competenze e risorse, al governo nazionale della Bosnia-Erzegovina per assisterla nel soddisfacimento dei suoi obiettivi e dei criteri necessari affinché i suoi cittadini possano muoversi liberamente all’interno dell’Unione?
Gunnar Hökmark (PPE). – (EN) Signor Presidente, il presidente Barroso godrà del nostro appoggio domani, non solo perché, Presidente Barroso, i 27 Stati membri sono stati unanimi nell’indicarla, ma anche perché lei ha presentato un articolato programma politico, che affronta le principali sfide della nostra epoca. Ovviamente, ciascuno ha la propria opinione in proposito.
Chiederemo a lei e alla sua Commissione di intraprendere iniziative sulla base della maggioranza parlamentare, e non cercando di imporre posizioni di minoranza; discuteremo e analizzeremo nel dettaglio le sue proposte, decidendo sulla base della maggioranza parlamentare. E’ così che funziona la democrazia, ed è così che noi lavoriamo. La nostra fiducia è riposta non solo in lei, ma anche in questo Parlamento. Mi sia consentito di dire che domani un voto contrario senza alternativa evidenzierà proprio l’assenza di alternative. Proprio mentre noi invochiamo l’azione, alcuni vogliono fermarla. Devo dire che, ad appena qualche settimana di distanza dal vertice di Copenhagen, è da irresponsabili non eleggere il capo della Commissione; inoltre, in un momento in cui occorre riorganizzare i mercati finanziari e la normativa in materia, l’alternativa del “no” alla formazione della nuova Commissione è irresponsabile; agire in modo tale da bloccare l’iter politico della ripresa economica, a fronte dei rischi che gravano sui posti di lavoro di tutta Europa, è irresponsabile.
Signora Presidente, la votazione di domani sarà perlopiù espressione della posizione del Parlamento europeo. I membri di quest’Assemblea dicono di volere un’Europa autorevole sulla scena internazionale, ma tale obiettivo sarà irrealizzabile se non riusciremo a garantire la leadership dell’Unione europea. Le daremo il nostro sostegno, esamineremo le proposte e ne discuteremo con lei, poiché confidiamo nella democrazia e nella nostra maggioranza in seno a questo Parlamento. Buona fortuna per domani.
(Applausi)
Erminia Mazzoni (PPE). - Signora Presidente, onorevoli colleghi, Presidente Barroso, dopo questo dibattito annuncio con maggiore convinzione la mia adesione alla proposta formulata dal Partito popolare europeo di sostenere la sua candidatura e da presidente della commissione per le petizioni vorrei offrirle il mio modesto contributo: presidente Barroso, io sottoscrivo i suoi obiettivi e anche le priorità da lei fissate, ma mi permetto di suggerire due supplementi di attenzione su altrettanti punti, in particolare su quello che lei chiama il superamento della crisi economica finanziaria.
Io credo, come lei, che questa sia una crisi anche e soprattutto dei nostri valori, dei valori fondanti della nostra società. La Commissione europea nei prossimi cinque anni dovrà affrontare sfide importanti. Il quadro geopolitico è cambiato profondamente. I paesi emergenti, le economie emergenti come India, Brasile, Africa, oramai occupano un spazio importante nell'economia reale e questo se, da un canto, offre delle nuove opportunità di crescita, dall'altro lato, ci apre al rischio di egemonie mercatistiche che alla lunga potrebbero introdurre nuove povertà.
In questo contesto il ruolo dell'Europa, della sua civiltà, della sua saggezza è un ruolo fondamentale per promuovere una crescita equilibrata e diffusa, per promuovere la conquista dei diritti civili. È un'opera di integrazione vera tra radici e culture diverse. Mi riferisco alle nostre radici, alle radici cristiane che potranno essere lo strumento per affrontare la matrice valoriale di questa gravissima crisi, ma solo se queste radici noi le assumeremo come guida nel promuovere lo sviluppo, l'integrazione dei diritti e dei doveri di ciascuno.
Sul piano finanziario credo che dovremo, Presidente, valutare l'esigenza anche di innovare la politica monetaria e fiscale per disinnescare la lotta tra la nostra moneta, l'euro, e la vecchia egemonia del dollaro, così come la lotta con le monete emergenti della Cina o dell'India, per ottenere una disciplina più rigorosa del mercato finanziario con annessi i divieti di scommettere sulle commodities energetiche e soprattutto su quelle alimentari, i cui prezzi possono affamare molte economie, per riportare anche la finanza al ruolo prevalente di servizio alla produzione e per sostituire o affiancare nelle regioni europee depresse ai tradizionali contributi economici degli incentivi di natura fiscale.
E sull'Europa dei cittadini, che lei si propone di fare progredire, intensificando il dialogo e diffondendo le informazioni, mi sento chiamata in causa in prima persona in quanto presidente della commissione per le petizioni dei cittadini. Così dovrebbe essere chiamata questa commissione se il Parlamento darà seguito alla risoluzione adottata nella precedente legislatura.
La commissione per le petizioni è il primo punto di contatto tra istituzioni europee e cittadine. Si occupa di trovare soluzioni, di dare spiegazioni, di promuovere azioni in relazione alle numerose e svariate denunce portate dai cittadini europei. Al riguardo, Presidente, la invito ad intensificare le relazioni tra la Commissione che lei ha l'onore di presiedere e la commissione che io presiedo, la commissione per le petizioni, dedicando ad essa un Commissario. Lei ha annunciato l'indicazione di altri due Commissari.
Un'Europa che incentra il suo programma di lavoro sui cittadini, come lei annuncia, è un'Europa che deve dare a questa Commissione che è lo spazio e il luogo in cui hanno voce i diritti dei cittadini, maggiori diritti e maggiore dignità.
Sophie Briard Auconie (PPE). – (FR) Signora Presidente, onorevoli colleghi, ho esaminato gli orientamenti del programma del presidente della Commissione, e apprezzo il livello di ambizione per ciascuno dei principali ambiti, ivi compresi la politica economica, con il prosieguo e la creazione di attività, il piano di ripresa, la coesione sociale, la politica ambientale e segnatamente lo sviluppo sostenibile, i progetti destinati ai giovani, il rafforzamento della difesa europea, nonché il mantenimento di una politica agricola forte e vigorosa.
Apprezzo e condivido il suo proposito di promuovere un’Europa unita, combattiva e protettiva, ma nutro dei dubbi in merito alla capacità finanziaria dell’Unione europea di portare a compimento tutti questi progetti. L’Unione deve disporre delle risorse finanziarie per le proprie ambizioni, come hanno già sottolineato alcuni miei onorevoli colleghi. A mio avviso, signor Presidente Barroso, è fondamentale che lei si impegni a incoraggiare gli Stati membri ad aumentare in modo sostanziale il proprio contributo al bilancio comunitario a partire dal 2014. Pur riconoscendo che l’attuale crisi esercita forti pressioni sui bilanci degli Stati membri, dobbiamo guardare al dopo-crisi e cominciare a lavorare sin d’ora a un bilancio comunitario che soddisfi le esigenze dell’azione europea. So bene che lei è consapevole di questa necessità, in avendone parlato nel suo programma. Oggi non le rimane che impegnarsi personalmente affinché in futuro il Parlamento e il Consiglio abbiano le risorse necessarie per attuare le politiche.
Sandra Kalniete (PPE). – (LV) Vorrei confermare che noi eurodeputati lettoni, appartenenti al gruppo del Partito Popolare Europeo, sosterremo la candidatura del presidente Barroso in quanto auspichiamo che egli rimanga alla guida della Commissione e che si adoperi per un’Europa più equa. Riteniamo che tutti gli Stati membri, a prescindere dagli anni trascorsi dal momento dell’adesione, debbano godere di pari sostegno agli agricoltori. Ci aspettiamo inoltre che lei svolga un ruolo guida nel riformare la politica agricola comune e nel garantire la possibilità di una concorrenza leale per tutti gli Stati membri. La invitiamo inoltre a guidare l’ulteriore liberalizzazione del mercato europeo dei servizi.
L’Europa uscirà vittoriosa dalla crisi solo seguendo una strategia fondata sul mercato unico forte e su parità di condizioni. Le istituzioni europee svolgono un ruolo stabilizzante nel superamento della crisi nei paesi più colpiti, e la Lettonia lo sa bene. Desidero anzi ringraziare la Commissione europea per aver collaborato con noi. La moneta unica europea si è rivelata un vero e proprio fattore stabilizzante nel periodo di crisi; i paesi baltici si sono prefissati di aderire alla zona euro, ma quest’obiettivo è assai arduo durante una recessione mondiale. Chiediamo quindi alla Commissione di seguire un approccio ragionevole e flessibile rispetto all’applicazione delle condizioni del patto di stabilità e crescita, nonché dei criteri di Maastricht, adeguandoli al periodo di crisi. Sono convinta che una rapida adesione all’euro degli Stati baltici e di tutti i paesi europei sia nell’interesse dell’intera Europa.
Signor Presidente, la invitiamo ad attivarsi rapidamente per favorire lo sviluppo di una politica energetica comune volta a ridurre la dipendenza dell’Europa dai monopoli. Le faccio i miei migliori auguri per la votazione di domani.
Damien Abad (PPE). – (FR) Signora Presidente, signor Barroso, nella mia veste di esponente della delegazione francese del Partito Popolare Europeo (Democratico Cristiano) e di rappresentante del Nouveau Centre – partito politico francese figlio dell’UDF – mi rivolgo direttamente a lei per ribadire il sostegno del presidente e del governo francese e per plaudere al suo contributo al successo della presidenza francese.
L’onorevole Barnier e tutti i miei colleghi parlamentari della maggioranza presidenziale francese ora si aspettano che la sua Commissione sposi il nostro progetto di costruire un’Europa politica, in grado di influenzare le principali questioni mondiali del futuro.
A nostro avviso, signor Barroso, per realizzare quest’Europa politica si devono evitare due trappole. La prima è quella di presentare la concorrenza come un dogma assoluto e ineludibile. L’Europa ha bisogno di una politica industriale, agricola, energetica e di sostegno alle nuove tecnologie tanto quanto della politica della concorrenza.
La seconda insidia da evitare è quella di trasformare la Commissione in un semplice segretariato generale del Consiglio. Ci serve piuttosto una Commissione forte e propositiva, in grado di innovare e guidare l’integrazione europea. Pertanto, nonostante le riserve eventualmente espresse dal mio stesso partito politico in Francia, sono oggi pronto a sostenere la sua azione e a seguirla risolutamente sulla strada che intende intraprendere, anche nel settore dello sviluppo sostenibile e della lotta ai cambiamenti climatici.
Tuttavia, per garantire che il voto mio e di tanti colleghi parlamentari ancora perplessi sia il più consapevole possibile, vorrei chiederle di assumersi qui in Aula due impegni precisi. Vorrei anzitutto che si impegnasse ad attuare una politica veramente incisiva a favore delle nostre industrie, dei nostri territori e di tutto ciò che forgia l’identità europea.
In secondo luogo, le chiedo di fare tutto il possibile per garantire che il modello europeo sia quello che meglio concilia l’economia di mercato con l’obbligo di solidarietà tra gli Stati membri, le regioni e le popolazioni.
Signor Barroso, i giovani di oggi hanno bisogno di un’Europa che li sostenga nell’era della globalizzazione e che incarni una nuova speranza. Essendo il più giovane eurodeputato francese, sono pienamente convinto del fatto che i giovani vogliono un’Europa capace di proteggerli e, nel contempo, di offrire loro nuove ambizioni. E’ nostro compito costruire insieme l’Europa del futuro. Conto su di lei così come lei può contare su di me.
Czesław Adam Siekierski (PPE). – (PL) Signora Presidente, l’Europa è unita. La nostra è un’Europa di pace, libertà e democrazia: rispettiamo i diritti umani e vogliamo realizzare un programma di economia sociale di mercato – un programma che ponga le persone al centro dell’attenzione. L’Europa è però diversificata: esistono molte regioni assai povere e serve dunque una vera e propria politica di coesione. La politica agricola comune consacra l’esistenza di due Europe, quella vecchia e quella nuova; s’impone dunque un cambiamento per creare un’Europa veramente unita e coesa. Poiché lei, signor Presidente, lo sa meglio di tutti, vorrei mi dicesse quali misure intende adottare in proposito per mutare la situazione attuale.
Hannu Takkula (ALDE). – (FI) Signora Presidente, signor Presidente Barroso, a mio parere lei ha fatto un ottimo lavoro come presidente della Commissione. Criticare è facile, ma bisogna anche dare a Cesare quel che è di Cesare. Essere alla guida di 27 paesi diversi in un’Europa pluralista è un compito impegnativo che lei ha svolto bene, rappresentando un fattore di equilibrio tra i paesi grandi e piccoli. In proposito mi associo all’auspicio del presidente del mio partito, il primo ministro finlandese Vanhanen, secondo il quale lei si merita un secondo mandato. Sono assolutamente d’accordo sul conferimento di un altro mandato e intendo votare a favore. I risultati da lei ottenuti in cinque anni parlano da sé: non vi è più alcuna necessità di proporre nuovi programmi, a mio parere, perché i fatti si commentano da soli. Mi auguro altresì che il commissario Rehn, un cittadino finlandese, riceva un incarico autorevole e soddisfacente nella prossima Commissione. Più importante di tutto, però, è votare domani a favore del rinnovo del suo mandato alla guida di una nuova Commissione. Le faccio i miei migliori auguri.
Ulrike Lunacek (Verts/ALE). – (EN) Signora Presidente, il presidente della Commissione Barroso ha parlato spesso dei tempi straordinari che stiamo vivendo, delle importanti questioni da affrontare e della leadership che l’Unione europea deve dimostrare sui mercati finanziari.
Tuttavia, Presidente Barroso, vorrei porle una domanda sulle risorse finanziarie proprie dell’Unione europea – questione menzionata nel documento che ci presenta oggi – poiché lei non ci ha detto da dove proverranno i fondi.
In proposito le avevo già chiesto delucidazioni la scorsa settimana all’audizione del gruppo verde/Alleanza libera europea, senza però ottenere risposta. Spero vorrà rispondermi oggi precisando se ci sarà un’imposta sulle transazioni finanziarie.
Persino il presidente Sarkozy ha avanzato una proposta in merito, mentre il ministro Steinmeier e altri ne stanno discutendo; in effetti, il Belgio e la Francia hanno già gli strumenti giuridici per la sua attuazione. Perché allora non esercitare pressione in tal senso, in attesa di una proposta della Commissione sulla creazione di un’imposta sulle transazioni finanziarie?
Nikolaos Chountis (GUE/NGL). – (EL) Signora Presidente, ho ascoltato due volte il presidente Barroso – una volta in plenaria e una volta alla conferenza della Sinistra unitaria europea – e ho letto il suo documento programmatico.
Ho un commento specifico: pur conoscendo il suo pensiero sulle politiche modificate, non abbiamo ancora sentito la sua posizione sui prodotti modificati. Significa forse che l’Europa intende tollerare l’importazione e la commercializzazione di prodotti contaminati?
In termini generali, pur sostenendo di favorire le nuove idee che servono all’Europa, Barroso in sostanza promuove e propone la stessa ricetta neoliberalista, ormai superata, che ha causato depressione, disoccupazione e gravi disuguaglianze sociali in Europa.
Quest’approccio, seguito dal presidente Barroso e dalla sua Commissione, ha determinato un deficit di fiducia dei cittadini europei nella leadership dell’Unione, come chiaramente dimostrano i risultati delle ultime elezioni europee e la bassa affluenza alle urne.
Infine, poiché lei etichetta come antieuropeista chiunque si opponga al suo programma, non riuscirà a prestare ascolto a tutti gli europei e soprattutto a coloro che vogliono un’Europa diversa. In conclusione, Presidente Barroso, la ritengo inadatto a ricoprire questo ruolo.
Barry Madlener (NI). – (NL) Signor Presidente Barroso, lei non è riuscito a ottenere il sostegno del gruppo dell’Alleanza Progressista dei Socialisti e dei Democratici al Parlamento europeo e neppure del gruppo verde/Alleanza libera europea, il che depone a suo favore. La votazione sarà certo emozionante: a quanto risulta, lei potrà contare su circa la metà dei suffragi e quindi ogni singolo voto sarà importante. Naturalmente lei auspica anche il sostegno del Partito per la libertà, che in Aula è la seconda compagine olandese in termini di grandezza. Siamo pronti a darle il nostro voto, ma ci deve promettere che sospenderà i negoziati con la Turchia, che si adopererà per un’Europa di Stati membri sovrani e non per il superstato federale da lei auspicato, e che farà in modo che i Paesi Bassi non siano più il maggior contribuente netto della burocrazia comunitaria. La invito a venirci a trovare stasera alle 22.00 per discuterne: magari ci potrà fare queste promesse e ottenere il nostro sostegno per continuare a svolgere il suo lavoro, ma in termini totalmente diversi da quelli degli ultimi cinque anni.
Brian Crowley (ALDE). – (EN) Signora Presidente, anzitutto vorrei fare i miei auguri al presidente Barroso per la votazione di domani. Personalmente ero dell’avviso che la votazione avrebbe dovuto tenersi nel luglio scorso in modo da evitare una fase di incertezza; ritengo comunque che gli orientamenti politici elaborati dal presidente Barroso indichino con chiarezza le sue prospettive e le sue idee per riportare l’Europa in carreggiata.
Il mio invito più pressante al presidente Barroso – oltre alla richiesta di tornare in Parlamento – è quello di essere un po’ più critico nei confronti dei governi che non riescono a tener fede ai propri impegni. Infatti, se prendiamo la strategia di Lisbona, vediamo che essa rimane disattesa per ben il 90 per cento proprio perché gli Stati membri non hanno adottato le misure necessarie a trasformare l’Europa nell’economia più competitiva e dinamica del futuro.
So che è difficile indicare un singolo paese e non oso farlo. Tuttavia, se vogliamo dare il buon esempio e avanzare proposte su come Parlamento e Commissione possano indurre una nuova crescita e promuovere l’innovazione nella nuova economia, allora anche gli Stati membri devono assumersi le proprie responsabilità e intraprendere tali azioni.
Da ultimo, mi rattrista il fatto che, in un’epoca di difficoltà economiche senza precedenti in tutto il mondo, l’Europa abbia un ruolo guida in materia di regolamenti nel settore bancario e affini, ma perda poi ogni chance a causa dei giochetti politici tra certi gruppi.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE). – (ES) Signor Barroso, mi congratulo con lei per la sua immagine di paladino della tutela dell’ambiente.
La settimana scorsa abbiamo ricevuto una buona notizia: si è finalmente stabilito di tutelare il tonno rosso – specie ormai sul punto di scomparire – includendolo nella lista delle specie protette dalla convenzione di Washington. In proposito, chiedo che questo sostegno temporaneo divenga permanente.
In tutto ciò vi è un problema o meglio un paradosso di dimensioni globali: sono proprio le politiche neoliberaliste, da lei sinora propugnate, ad aver causato questa situazione,privatizzando i profitti e ripartendo i costi.
A questo punto ci troviamo di fronte a un grave dilemma per l’ambiente. Da anni diamo contributi alle flotte, le quali hanno impoverito i nostri mari e, in tale contesto, sono spesso corresponsabili del disastro; ora vengono a chiederci fondi per superare la situazione che abbiamo causato.
Ciò è assurdo e difficilmente giustificabile in termini democratici. Non possiamo commettere errori del genere con il denaro dei contribuenti.
Chiediamo quindi una revisione della politica comune della pesca, segnatamente sulla base di questi nuovi principi.
Pat the Cope Gallagher (ALDE). – (EN) Signora Presidente, confido nel fatto che domani il presidente Barroso otterrà un altro mandato quinquennale alla guida della Commissione. Credo sia la persona giusta per questo incarico e il suo curriculum è straordinario.
Ritengo anche che l’Unione europea opererà in modo più efficace se il trattato di Lisbona verrà approvato nel mio paese. In Irlanda il fronte del no al trattato va diffondendo informazioni assurde, secondo cui il salario minimo sarebbe di 1,84 euro.
Si parla molto di prime avvisaglie della ripresa economica in Europa e la stessa ratifica del trattato di Lisbona può essere vista come tale. La comunità degli investitori e degli imprenditori auspica infatti l’attuazione del trattato.
Il fatto che, dopo l’ultimo referendum, l’Irlanda si sia vista riconoscere il diritto di nominare un membro della nuova Commissione europea rappresenta un significativo cambiamento. Altrettanto importanti sono le garanzie giuridiche relative a neutralità, fisco, diritto alla vita, istruzione e famiglia.
Queste garanzie ci stanno a cuore. I protocolli hanno lo stesso valore del trattato; naturalmente l’Irlanda ha bisogno dell’Europa come l’Europa ha bisogno Irlanda.
– (GA) Le faccio i miei migliori auguri per domani.
Martin Ehrenhauser (NI). – (DE) Signora Presidente, l’Unione europea soffre di un gravissimo deficit democratico. Purtroppo, nei cinque anni sotto la guida del presidente Barroso, nulla è mutato in tal senso. Durante il suo mandato siamo precipitati in una grave crisi economica e, come è ormai chiaro, tutti hanno ignorato gli avvertimenti circa l’instabilità del sistema finanziario – avvertimenti che senza dubbio erano stati lanciati. Nel suo intervento il presidente Barroso si sofferma sulla necessità di modificare l’architettura del sistema finanziario e di riformare il sistema dei bonus per i dirigenti. Vorrei dire chiaramente al presidente Barroso che questo avrebbe dovuto essere il suo compito negli ultimi cinque anni, ma così non è stato; pertanto non voterò a favore della sua rielezione.
Personalmente mi piacerebbe vedere alla guida della Commissione un presidente giovane, pronto ad assolvere al compito con grande creatività, con il coraggio necessario ai grandi cambiamenti e soprattutto con indipendenza – insomma, qualcuno che trasformi l’Europa in una vera democrazia. Sono sicuro che all’Europa serva una nuova iniezione d’ottimismo e di certo ciò non sarà possibile con il presidente Barroso, ma solo senza di lui.
Zoltán Balczó (NI). – (HU) Ringrazio per avermi concesso la parola. Vorrei porre due domande al presidente Barroso. Anzitutto nel suo intervento il presidente ha stabilito un chiaro nesso tra il suo futuro politico e il trattato di Lisbona: ciò significa forse che, se una la eventuale riconferma di domani sarà seguita dalla bocciatura del trattato di Lisbona al referendum irlandese, lei poi si dimetterà?
In secondo luogo, lei ha dichiarato guerra agli egoismi nazionali che, secondo una sua definizione, derivano dalla paura e sfociano in estremismi. Vorrei dunque sapere chi stabilisce se vi siano ancora persone, organismi o partiti coinvolti in queste attività deleterie. Non è forse vero che essi – come nel caso del nostro movimento – mirano alla sensibilizzazione a livello nazionale e al necessario mantenimento dell’autodeterminazione degli Stati? In altre parole, non sono forse queste le basi per parlare qui di culture nazionali, lingue e diversità culturali in Europa?
José Manuel Barroso, presidente della Commissione. − (FR) Signora Presidente, vorrei iniziare con una questione di ordine procedurale. Rivolgendomi in particolare ai non iscritti vorrei precisare che non mi sono incontrato con il loro gruppo per una ragione molto semplice: non mi hanno invitato. Naturalmente le mie opinioni divergono molto da quelle di alcuni non iscritti e di altri onorevoli deputati, ma ho comunque incontrato tutti i gruppi che mi hanno invitato, cioè tutti i gruppi legittimamente costituiti. Li ho incontrati per avere assieme un dibattito democratico, che apprezzo molto. Voglio mettere in chiaro questo punto.
Tento di rispondere rapidamente a un gran numero di domande. Mi rendo conto che alcuni onorevoli deputati intervenuti hanno già lasciato l’Aula, ma cercherò comunque di replicare.
Comincio dall’ultima domanda, ovvero la questione dei bonus. Vorrei richiamare l’attenzione sul fatto che alla fine del 2004 la Commissione – la mia Commissione – aveva adottato una raccomandazione sulle retribuzioni eccessive pagate non solo dalle banche, ma dall’intero sistema economico; purtroppo all’epoca nessuno vi fece caso.
Mi compiaccio che la questione dei bonus e delle retribuzioni eccessive stia acquisendo sempre maggiore importanza; spero saremo in grado di trovare una soluzione sulla base – mi sia concesso dire – delle proposte da noi presentate al Consiglio. Sul tappeto vi sono già una raccomandazione e una parte vincolante della direttiva sui requisiti patrimoniali delle banche.
La sicurezza energetica è la questione sollevata in molte domande, tra cui quelle degli onorevoli Saryusz-Wolski, Marinescu e altri. La sicurezza energetica è stata infatti uno dei principali obiettivi dell’attuale Collegio ed è mia intenzione annoverarla tra le priorità della prossima Commissione, se otterrò il consenso del Parlamento. A riporre fiducia nella Commissione sono gli europei in generale e non solo i cittadini dell’Unione. All’epoca della polemica tra Russia e Ucraina, l’attuale primo ministro Putin mi chiamò per informarmi specificamente del problema; come ben sapete, la Commissione ha investito molto tempo ed energia, assieme agli altri partner, per cercare di trovare una soluzione al problema che, pur riguardando Russia e Ucraina, ha coinvolto anche i consumatori europei.
Il mio impegno a favore di questi temi ha fatto sì che, sotto la mia guida, la Commissione varasse il programma sulle interconnessioni nei paesi baltici e superasse lo stallo sulla questione Nabucco – che, sia ben chiaro, era a un punto morto. Intendo dunque inserire tali questioni tra le principali priorità della Commissione, malgrado vi sia una certa resistenza alla creazione di un vero mercato interno dell’energia. Spero che durante il prossimo mandato, con il vostro sostegno, riusciremo a superare questa ostilità che – siamo onesti – ancora permane, al fine di creare un vero mercato integrato dell’energia in Europa.
Potete star certi che la mia presidenza della Commissione sarà caratterizzata da una difesa intransigente degli interessi europei. Ritengo inoltre che la questione della sicurezza energetica sia fondamentale nella lotta ai cambiamenti climatici.
Rivolgendomi soprattutto ai membri del gruppo Verde/Alleanza libera europea vorrei ribadire che si può sempre essere più ambiziosi, ma credo francamente che si debba apprezzare il fatto che l’Unione europea, su proposta della Commissione, stia guidando la lotta contro i cambiamenti climatici. E’ chiaro che poi non avremmo avuto l’accordo di tutti gli Stati membri se non fosse stato per il lavoro – lo sottolineo – prima della presidenza del cancelliere, signora Merkel e poi della presidenza del capo di Stato francese Sarkozy, dal momento che si sono adoperati in tal senso e che è giusto riconoscerlo. Tutti gli Stati membri hanno compiuto sforzi, ma è sulla base di una proposta ambiziosa della Commissione che siamo riusciti a condurre la lotta contro il surriscaldamento del pianeta; ora conto sul vostro impegno per mantenere l’Europa in prima linea in questo impegno.
Mi sono già soffermato sulle questioni sociali: ho già assunto impegni molto concreti in merito al distacco dei lavoratori e ai problemi in materia di servizi pubblici. Sono pronto a collaborare con voi sulla base dei principi che oggi ho enunciato in modo molto chiaro: siamo contro il dumping sociale e a favore dell’economia sociale di mercato.
Giudico anch’io molto interessante questo dibattito ideologico, ma credo che l’Europa conosca già la risposta. C’è bisogno di un mercato interno – nostro punto di forza – e contemporaneamente di un elevato livello di coesione sociale: questo binomio è una creazione europea, un suo contributo. Nella citazione all’inizio del mio documento ho ripreso le parole di un grande storico europeo contemporaneo, Tony Judt, docente alla New York University, che ha affermato: "Gli Stati Uniti possono avere l’esercito più potente del mondo, la Cina può vendere prodotti più economici, ma solo l’Europa ha un modello che è fonte d’ispirazione per il resto del mondo".
Credo che il XXI secolo possa essere il secolo dell’Europa. Ritengo che si possa gestire la globalizzazione ricorrendo non alla forza, ma all’ispirazione. Abbiamo un’economia sociale di mercato che non è proprietà dei democratici cristiani, dei socialdemocratici o dei liberali, ma che è nata in Europa, segnatamente dopo la Seconda guerra mondiale; oltre al processo d’integrazione europea, anche l’economia sociale di mercato puntava a coniugare libero scambio e apertura dei mercati.
L’Europa è la prima potenza del mondo per esportazioni. Noi europei dobbiamo quindi respingere il protezionismo e nel contempo promuovere il modello europeo di dialogo sociale, ovvero il nostro modello di previdenza sociale. Quando sento dire da certi cultori della crisi e del declino che americani e cinesi ormai controllano tutto, rispondo con una domanda: che sta facendo il presidente Obama? Il presidente americano, cui faccio i migliori auguri, cerca ora di introdurre – con alcune differenze – un sistema sanitario nazionale che in pratica esiste già ovunque in Europa. L’America si sta ispirando al modello europeo e altrettanto dicasi della Cina. In effetti i cinesi, con il secondo fine di incrementare la domanda, stanno ora pensando di introdurre un sistema di previdenza sociale. Credo che alla fine lo introdurranno, proprio per ottenere un aumento della ricchezza nazionale – e una maggiore prosperità in Cina è un bene per il mondo intero.
Nel frattempo gli americani e le altre grandi potenze iniziano a dialogare con noi in merito alla lotta ai cambiamenti climatici. Ricordo bene che, in occasioni precedenti, gli americani avevano rifiutato in modo categorico di tradurre in obiettivi il proprio contributo alla lotta contro i cambiamenti climatici.
Come potete capire, non condivido il pessimismo di alcuni parlamentari che oggi sono intervenuti in Aula. In Europa abbiamo certamente un problema di coerenza e, in termini di volontà politica, dobbiamo lavorare di più per garantire maggiore coerenza. Abbiamo anche un evidente problema sociale, che è il più grave di tutti, ovvero l’aumento della disoccupazione. In proposito, però, serve chiarezza: non è l’Europa né la Commissione europea ad aver provocato la crisi finanziaria. Voi tutti conoscete le cause di questa crisi. Nell’immediatezza del momento abbiamo reagito avanzando proposte concrete. Mi sono recato negli Stati Uniti con il presidente Sarkozy, all’epoca della presidenza francese, per proporre al presidente statunitense l’avvio di questo processo del G20; è stata dunque l’Europa a sollecitare una reazione.
A Camp David ho dichiarato che, proprio come una società aperta necessità dello stato di diritto e di norme di legge, i mercati hanno bisogno di regole ce ne garantiscano la liceità, la credibilità e la moralità. Questa è la posizione europea.
Penso si debba guardare con orgoglio alle proposte che abbiamo presentato e che sono sul tappeto, e mi auguro che saranno adottate. Man mano che si va avanti, si capirà se serva o meno uno sforzo supplementare.
Parlando di ambiente, credo che i successi di questa Commissione siano ben noti. Qualcuno ha detto che il mio documento non affronta la questione della biodiversità: basta rileggerlo per capire che c’è. Un parlamentare ha poi espresso apprezzamento per le nostre misure volte a tutelare il tonno rosso, e per questo lo ringrazio. Ritengo che in proposito la Commissione vanti ottime credenziali.
Rispondendo alla domanda della onorevole Beňová sui diritti fondamentali, segnalo che, proprio per testimoniare il mio impegno in tal senso, ho deciso di istituire la figura del commissario responsabile per i diritti fondamentali e le libertà individuali; preciso che la proposta in questione proveniva dal Parlamento europeo, ma che personalmente ero già convinto della sua opportunità. Il nuovo commissario ovviamente si occuperà anche di minoranze e, come già indicato, riferirà alla commissione per le petizioni.
A mio avviso, analogamente ai sistemi nazionali, che di norma prevedono un ministro per la Giustizia e uno per gli Interni, nell’Unione dovremmo avere un commissario competente per la giustizia e per i diritti e le libertà fondamentali. Dobbiamo operare seriamente in questo ambito e prendere atto dei problemi legati alla mancanza di sicurezza in Europa, nonché degli interventi che possiamo attuare insieme grazie al valore aggiunto dell’Europa: è proprio per questo che ci occorre un altro membro del Collegio, competente anche in altre materie ovviamente, ma con un impegno costante per la sicurezza e il pieno rispetto delle libertà individuali e dei diritti fondamentali. E’ proprio questo che contraddistingue l’Europa.
Qualcuno ha parlato di Guantanamo. Ricordo che durante la presidenza austriaca sono stato tra i primi – se non addirittura il primo uomo politico con incarichi di governo – a chiedere all’amministrazione statunitense di chiudere Guantanamo. Come ho avuto modo di dichiarare pubblicamente, ritengo che noi europei siamo contro una campagna antiterrorismo che non rispetta i diritti fondamentali, perché è con simili campagne che si perde l’autorità morale. In merito ai diritti fondamentali, credo che con alcuni dei parlamentari che hanno sollevato la questione ci possano essere divergenze d’opinione, ma non un contrasto di fondo. In proposito non mi servono i consigli di nessuno: all’età di sedici anni ero già sceso in piazza per protestare contro il colonialismo e la dittatura del mio paese. Non ho quindi bisogno degli ammonimenti di nessuno su come impegnarmi per i diritti fondamentali, ma vi ringrazio lo stesso.
Ringrazio l’onorevole Dodds per la sua domanda sull’Irlanda del Nord. E’ vero che per essa abbiamo compiuto uno sforzo notevole, ma discreto, creando uno speciale gruppo di lavoro; quando il dialogo tra le parti non era ancora iniziato, abbiamo contribuito a realizzare la riconciliazione.
Venendo ora alla questione sollevata dall’onorevole López Aguilar, credo che i tempi siano maturi per nuove ambizioni in campo sociale. Com’è ovvio, abbiamo ora una disoccupazione molto più grave che in passato. Se si considerano le statistiche, si vede in effetti che l’occupazione era in crescita prima della crisi finanziaria. Tutto sommato, la strategia di Lisbona, da taluni criticata, andava nella giusta direzione, con la creazione di posti di lavoro e crescita in Europa. E’ stata la crisi finanziaria a determinare un’inversione di tendenza nella maggior parte dei paesi, Spagna compresa. E’ stata la crisi finanziaria globale a cambiare la situazione. Nell’attuale stato di incertezza sociale – in cui alcuni sono rimasti disoccupati e altri rischiano il posto di lavoro – servono ovviamente investimenti sociali. Per questo motivo invoco nuove ambizioni sociali; credevo fosse possibile trovare una larga maggioranza parlamentare intorno a questa priorità, e ancora ci credo.
Come avete sentito, non sono riuscito a convincere la onorevole in ’t Veld. E’ difficile persuaderla, onorevole. Voglio riprovarci garantendo che farò sempre del mio meglio e non solo per convincere, ma perché credo fermamente nei diritti, nelle garanzie e nelle libertà fondamentali. Ritengo che alla Commissione spetti un certo ruolo in questo ambito, in termini non solo di legislazione, ma anche di segnali da inviare. Posso dirvi che questo vale ogni qual volta si verifica un problema nel mondo, sia che si tratti di Guantanamo o di altro. A ogni mio incontro con il primo ministro Putin gli pongo le seguenti domande: “Che ne è degli assassini di Anna Politkovskaya? Com’è possibile che un sistema come quello russo, che vanta il miglior apparato di sicurezza al mondo, non trovi mai gli assassini dei giornalisti?” Analogamente pongo domande anche ad altri capi di governo, come al primo ministro cinese, al quale chiedo ragguagli sui diritti umani, mentre al primo ministro giapponese ho domandato come mai il suo paese applichi di nuovo la pena di morte visto che esiste una moratoria.
La Commissione è quindi importante non solo in termini di legislazione, ma anche per i segnali inviati da essa e dal suo presidente: rammento la polemica sulle vignette danesi, in occasione della quale ho sostenuto in modo inequivocabile il diritto alla libertà d’espressione. Credo davvero che in proposito si possa trovare una linea di fondo per un accordo.
All’onorevole Abad, che mi ha posto domande di ordine pratico, rispondo che accolgo i suoi suggerimenti e li giudico importanti. Credo che in Europa serva una base industriale. Non vogliamo la delocalizzazione, ma è importante che questa base industriale si adatti ai nuovi vincoli della concorrenza mondiale e soprattutto alle grandi sfide dei cambiamenti climatici e della crescita in senso sostenibile. Ritengo che i mezzi per raggiungere questo obiettivo siano a nostra disposizione e dunque propongo che, per il futuro, vi siano maggiori risorse a livello europeo.
Per quanto riguarda la questione del bilancio sollevata da alcuni di voi, dovremmo cercare soprattutto di addivenire al consenso sui principi fondamentali. Penso sarebbe un errore iniziare a discutere degli importi per il bilancio futuro, perché ciò potrebbe causare divisioni. Dobbiamo prima appurare dove stia il valore aggiunto europeo e solo dopo stabilire le priorità. Ritengo comunque che le politiche per la ricerca, l’innovazione e la coesione debbano essere importanti priorità, specie se si pensa alle nuove generazioni. Rivolgendomi ora al più giovane membro della delegazione francese, mi auguro che i giovani di questo Parlamento sapranno sostenere queste azioni.
Qualcuno mi ha posto una domanda in merito all’imposta sulle transazioni finanziarie. Se fosse una tassa a livello mondiale, ovviamente sarei a favore e credo anzi che sarebbe un’ottima idea. In ogni caso bisogna essere chiari in proposito: non c’è alcuna ragione per cacciar via dall’Europa i servizi finanziari, che abbiano sede a Londra, Francoforte o Parigi. Siamo i leader mondiali nel settore dei servizi finanziari e dunque sarebbe insensato decidere di cedere il primato al Dubai. Ritengo comunque che un’imposta globale sulle transazioni finanziarie sarebbe un’ottima idea. Sussiste già tutta una serie di ragioni a suo favore: lottare contro la fame nel mondo, perché è scandaloso quel che accade nel XXI secolo; aiutare l’Unione a raggiungere gli obiettivi del Millennio; e battersi per una maggiore solidarietà in Europa. Forse non lo sapete, ma ho già proposto al Consiglio di potenziare lo strumento alimentare dell’Unione, perché nel nostro continente ci sono poveri e nuovi poveri; purtroppo la mia proposta è stata bocciata. In effetti esistono molte ragioni per introdurre un’imposta del genere, a patto che essa sia veramente globale e che non metta a repentaglio la competitività europea.
Concludo con un’affermazione molto importante. Alcuni si chiedono se la mia rielezione sia democratica essendo io l’unico candidato. Anch’io mi domando come mai la mia candidatura sia l’unica. Credo francamente che per me sia negativo il fatto di essere il solo candidato perché, per tutto questo tempo, sono stato l’unico ad essere attaccato e criticato. Ogni volta che mi paragonate al vostro candidato ideale, ovviamente sono io a perderci; lo stesso dicasi per il candidato ideale di qualsiasi gruppo. L’Europa impone tuttavia un esercizio di responsabilità e non si costruisce con i candidati ideali. Ritengo non vi siano altri candidati semplicemente perché mancava il sostegno per un’altra candidatura – malgrado fossero circolati molti altri nomi. Personalmente sono riuscito a riscuotere il consenso e ne sono orgoglioso perché, com’è emerso dalla discussione, costruire l’Europa oggi è un compito estremamente arduo e difficile – voi tutti l’avete ammesso. L’Europa è assai varia e vi sono tanti vincoli e priorità. Sono quindi orgoglioso di essere il candidato che ha raccolto il sostegno sia del partito che ha vinto le elezioni, sia dei capi di Stato e di governo democraticamente eletti e appartenenti all’intero panorama politico; per me non vi è nulla di negativo. Detto questo, non sono il segretario generale di nessuno e la Commissione è un organo indipendente – questo ve lo posso assicurare. La Commissione da me presieduta, che spero di continuare a presiedere se avrò il vostro sostegno, sarà indipendente e difenderà in modo risoluto gli interessi generali dell’Europa.
Capisco perfettamente quanto sottolineato dall’onorevole Estrela e da altri: l’appoggio di chi mi voterà non sarà un assegno in bianco. Sono grato a tutti coloro che mi hanno sostenuto e non posso nominarli tutti – alcuni sono ancora in Aula e li ringrazio. Il vostro sostegno non è un assegno in bianco e ho la massima stima del Parlamento.
Alcuni affermano che sarei troppo vicino ai governi, ma dimenticano un fatto. Prima di diventare primo ministro, sono stato il leader dell’opposizione e prima ancora sono stato un deputato. Avevo 29 anni quando sono stato eletto per la prima volta al parlamento portoghese. Sono un politico, non un tecnocrate o un burocrate. Difendo i parlamenti e voglio impegnarmi assieme voi in questo dibattito.
Le vostre richieste possono dunque aiutare me e la Commissione a migliorare. Questo è quel che intendo fare se avrò il vostro sostegno.
(Applausi)
PRESIDENZA DELL’ON. BUZEK Presidente
Presidente. – Vorrei, innanzi tutto, ringraziare il presidente designato della Commissione europea nonché estendere i miei ringraziamenti a tutti i presenti e a quanti sono già intervenuti, per aver dato vita a un dibattito così vivace. Mi preme, inoltre, ringraziare il ministro Malmström per aver preso parte alla sessione odierna.
Onorevoli colleghi, stiamo adottando linee d’azione e soluzioni istituzionali nuove per l’Unione europea. Il presidente designato della Commissione ci ha ragguagliati proprio in merito all'azione politica da intraprendere nei prossimi cinque anni. L’ha fatto in questa sede, il Parlamento, dove ha avuto modo di incontrare tutti i gruppi politici. Ci ha fornito informazioni di fondamentale importanza, sia per noi sia per i cittadini dell’Unione. Domani saremo chiamati ai voti, facendo seguito al lungo, saggio ed esauriente dibattito odierno.
(Il Presidente prosegue in inglese)
Signor Presidente designato, mi preme ringraziarla nuovamente per l’opportunità straordinaria che ci ha offerto illustrando i suoi orientamenti politici e prendendo parte al dibattito con i gruppi nonché durante la sessione plenaria.
La discussione è chiusa.
Dichiarazioni scritte (articolo 149 del regolamento)
Georges Bach (PPE), per iscritto. – (FR) Il programma del presidente Barroso è ambizioso e denota la nostra ferma volontà di dare all'Europa, così duramente colpita dalla crisi, l’impulso di cui ha un disperato bisogno. A mio avviso, sarebbe un errore far ricadere sul presidente Barroso in prima persona la responsabilità delle difficoltà presentatesi nel corso del precedente mandato. La necessità di mediare in seno a una Commissione allargata −in cui le decisioni vengono prese da tutti e 27 gli Stati membri − e l’obbligo di far fronte all’attuale crisi economica e finanziaria nel contesto di complesse riforme istituzionali non hanno di certo facilitato l'operato del presidente. Forse, in un periodo così difficile, avremmo preferito vederlo più risoluto. Ritengo, tuttavia, che il presidente abbia imparato dai suoi errori e che in futuro saprà agire per il bene dell’Europa nel suo complesso e dei paesi più piccoli. Dedicando maggiore attenzione alle questioni sociali, sembra voler dare una risposta a tutti i popoli europei, così desiderosi di vedere l’Europa sociale diventare realtà. E’ altresì encomiabile la proposta di creare un partenariato leale tra il Parlamento e la Commissione, opportunità, a mio avviso, da sfruttare appieno. Per questa ragione, appoggio la candidatura del presidente Barroso, sebbene ciò non equivalga a concedergli carta bianca.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) Sono lieto di poter affermare che, in quanto portoghese e membro del Parlamento europeo, voterò a favore della rielezione di José Manuel Durão Barroso alla carica di presidente della Commissione. Ritengo che il lavoro svolto durante il suo mandato − messo a dura prova da una lunga serie di difficoltà a livello politico, finanziario e sociale − nonché l’esperienza acquisita in quest’ambito, siano ragioni sufficienti per ottenere l’appoggio dei governi e una rinnovata fiducia da parte di questa Assemblea.
Non condivido affatto i tentativi di qualcuno, non sempre espliciti e giustificabili, volti a ostacolare la rielezione dell’attuale presidente. Si è trattato di tentativi del tutto inconsistenti, non solo per l’assenza di una valida proposta alternativa, bensì per la totale infondatezza delle motivazioni alla base degli stessi. Mi rammarica dover constatare che alcuni membri di quest’Assemblea provenienti dal mio paese abbiano seguito questa strada, sicuramente più semplice, ma altrettanto sterile.
Auspico che la seconda Commissione Barroso riesca ad abbinare la competenza tecnica con quel quid supplementare in grado di fare la differenza. Auspico, inoltre, che la Commissione rispetti e applichi il principio di sussidiarietà e che opti per passetti piccoli ma in sicurezza, come suggerito da Jean Monnet, piuttosto che andare dritta al punto, in nome di un approccio che, nonostante le grandi promesse, ha contribuito ben poco allo sviluppo concreto del sogno e del progetto europei. Per quanto lontano possiamo puntare, l’unico modo per procedere è per piccoli passi, uno dopo l’altro. Scegliamo la direzione giusta.
João Ferreira (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Un altro fattore coinvolto nell'elezione in oggetto è la direzione che vorrà seguire l’Unione europea nei prossimi cinque anni. Il presidente della Commissione in carica, candidatosi per un nuovo mandato, individua un’unica direzione possibile: l’Unione europea che egli rappresenta è l’Unione degli interessi dei gruppi economici principali.
E’ l’Unione della burocrazia antidemocratica; del conservatorismo politico e ideologico; dell’istituzionalizzazione e dell’ulteriore accentuazione di già profonde disuguaglianze nonché dei rapporti di dominazione a livello sociale, regionale e nazionale; è l’Unione del militarismo e della politica dell’interventismo esterno; dell’istituzionalizzazione del neoliberismo come unico modello economico perseguibile. Questa non è, né è mai stata, l’unica opzione possibile. L’alternativa è un’Europa sociale, l’Europa dei lavoratori e dei popoli. Un’Unione europea che crede negli aspetti partecipativi della democrazia, senza ridurla a una facciata di pura formalità. Un’Unione europea che rispetta il volere dei suoi cittadini e le decisioni espresse in modo democratico: un’Unione europea che tutela i servizi pubblici e i diritti dei lavoratori in quanto strumenti fondamentali per lo sviluppo e la coesione a livello sociale. Un’Unione europea costituita da Stati liberi, sovrani e con pari diritti, che sostiene e promuove il rispetto della natura, la pace e la cooperazione fra i popoli.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) L’intervento che abbiamo appena ascoltato, pronunciato dal presidente designato della Commissione, non è altro che una riaffermazione dei pilastri fondamentali dell’Unione europea che noi tutti ben conosciamo. Ribadisce, inoltre, il concetto di integrazione capitalista, federalista e militarista a livello europeo, già sancito dai trattati di Maastricht e Nizza, e che la bozza del trattato di Lisbona vuole sviluppare ulteriormente.
Chiunque avesse ancora dei dubbi, è libero di consultare le sue dichiarazioni sull'importanza della bozza del trattato di Lisbona, che fanno seguito, effettivamente, alla pressione antidemocratica − da lui percepita − esercitata dai leader europei sul popolo irlandese, obbligato a tornare alle urne per un nuovo referendum il prossimo 2 ottobre.
Per quanto il presidente Barroso prometta di porre rimedio alle gravi violazioni dei diritti sociali e dei lavoratori perpetrate durante il precedente mandato dalla Commissione di cui è ancora presidente, non ha mai voluto andare a fondo né individuare le cause della crisi del capitalismo che stiamo vivendo. In sostanza, propone semplicemente di proseguire con la stessa linea politica, a favore della concorrenza, del militarismo e degli interessi dei gruppi economici e finanziari, soprattutto se appartenenti ai paesi che rivestono un ruolo di maggiore rilevanza. L’ha dimostrato quando ha affermato che siamo i campioni della globalizzazione.
Lívia Járóka (PPE), per iscritto. – (HU) Signor Presidente, intendo esprimere il mio sostegno, in quanto delegata del Partito Popolare Europeo, al presidente Barroso. Auspico che la Commissione in carica possa proseguire il proprio operato, recentemente incentratosi sulla questione dell’integrazione dei rom nella società. Nel corso del presente mandato, e soprattutto negli ultimi due anni, si sono raggiunti risultati ragguardevoli, ma ciò non toglie che ci aspettiamo un impegno e uno spirito di iniziativa ancora maggiori per il futuro da parte di quest’organo che, in quanto iniziatore principale della legislazione comunitaria, può fungere da forza motrice nella lotta alla povertà e all’esclusione che colpiscono la più ampia minoranza Europea: i rom.
Auspico che la definizione di un nuovo portfolio in materia di giustizia, diritti fondamentali e libertà civili dia un nuovo impulso all’organizzazione della Commissione a favore di un impegno maggiore e più coordinato. Auspico, inoltre, che il presidente Barroso continui a portare avanti attivamente il suo impegno personale − ribadito in più occasioni − nei confronti dei rom, e che tenti il possibile affinché i capi di Stato o di governo rivestano un ruolo più attivo nella definizione di un programma integrato di ampio respiro, che prescinda dalle divisioni in partiti e dai mandati.
Le sfide sociali riguardanti indistintamente tanto gli appartenenti quanto i non appartenenti ai gruppi rom sono enormi. La gravità delle conseguenze di un eventuale non intervento sarebbe tale per cui non possiamo assolutamente permetterci l'apatia e le sviste dello scorso mandato. Ci aspettiamo interventi immediati e coraggiosi, nonché un cambiamento radicale dell’atteggiamento tenuto finora dal presidente in carica attualmente e all’epoca. Ci aspettiamo, inoltre, che la Commissione si erga a baluardo di una strategia paneuropea per i rom, da sviluppare nel minor tempo possibile e basata su una normativa specifica, un bilancio stabile e un fermo impegno politico.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) Se c’è un punto su cui tutti i partiti sono indiscutibilmente concordi è che stiamo vivendo un periodo di crisi economica che colpisce pesantemente i paesi e complica il processo decisionale a livello governativo.
Essendo questo il quadro generale della situazione, l’efficacia con cui l’Unione europea combatte la crisi varia a seconda che vi sia una Commissione operativa il cui presidente è stato eletto oppure una Commissione provvisoria in cui la decisione finale viene continuamente posticipata.
Alla luce di questo, sebbene la crisi venga menzionata molto spesso e mai negata, le argomentazioni di quanti si oppongono al presidente designato della Commissione Barroso e ne vogliono impedire la rielezione, diventano retorica pura.
In altre parole, quanti pensano e agiscono in questo modo dimostrano di avere una preoccupazione minima, se non addirittura inesistente, per le conseguenze della crisi, e di pensare − esclusivamente o quasi − a trarne dei vantaggi attraverso manovre politiche di partito che, data la situazione, sarebbe auspicabile evitare.
Georgios Toussas (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) Il sostegno a favore del presidente Barroso da parte dei deputati conservatori, liberali e socialdemocratici è una diretta conseguenza della sua elezione unanime, in quanto unico candidato comune a tutti i governi dell’Unione, siano essi di impronta neoconservatrice o socialdemocratica. La politica comunitaria rivolta contro le classi lavoratrici non è imputabile a singoli individui o al presidente della Commissione; è il risultato soprattutto della sua stessa natura di unione imperialista di capitale.
Gli orientamenti politici presentati dal presidente Barroso riassumono le ambizioni strategiche del capitale di monopolio europeo e costituiscono il programma politico dei rappresentanti di un’Europa “a tutti i costi”, fra i quali si annoverano la Nuova Democrazia e il PASOK in Grecia, a prescindere dalla loro posizione al governo o all’opposizione.
L’obiettivo principe di questo programma politico è quello di far ricadere il fardello della crisi sulle classi lavoratrici, garantendo, di conseguenza, ai gruppi di monopolio europei la libertà di tutelare e aumentare i propri profitti, affinché possano rafforzare il loro ruolo di concorrenti imperialisti della terra una volta che l’economia capitalista si sarà ripresa dalla crisi. Sarà possibile raggiungere questo obiettivo attenendosi, entro il 2020, alle nuove condizioni previste dalla strategia di Lisbona “antilavoro”, con una ripercussione ancora più pesante sui lavoratori, sugli stipendi e sui diritti sociali e all’assicurazione.
PRESIDENZA DELL’ON. McMILLAN-SCOTT Vicepresidente
12. Tempo delle interrogazioni (interrogazioni alla Commissione)
Presidente. − L’ordine del giorno reca il Tempo delle interrogazioni (B7-0203/2009).
Saranno prese in esame le interrogazioni rivolte alla Commissione
Parte prima
Annuncio l’interrogazione n. 20 dell’onorevole Figueiredo (H-0277/09).
Oggetto: Salvaguardia delle industrie del settore tessile e dell'abbigliamento nel commercio internazionale
La grave situazione in cui si trovano le industrie del settore tessile e dell'abbigliamento in alcuni paesi dell'Unione europea come il Portogallo esige una strategia coerente e concertata delle politiche pubbliche volte a sostenere gli investimenti in innovazione, differenziazione, formazione professionale, riconversione.
Siffatte misure implicano altresì che a livello di commercio internazionale occorre adottare gli interventi necessari per salvaguardare le industrie dei paesi dell'Unione europea, soprattutto nelle filiere più sensibili come il tessile e l'abbigliamento.
Quali misure sta attuando la Commissione per salvaguardare il settore tessile e dell'abbigliamento nei paesi dell'Unione europea per quanto riguarda i nuovi accordi di libero scambio con paesi terzi, segnatamente dell'Asia, come la Corea del Sud?
Quali misure sono in procinto di essere varate dalla Commissione per tenere in conto la necessaria e urgente regolamentazione degli scambi commerciali, a livello mondiale e non soltanto per quanto riguarda il solo mercato finanziario?
Catherine Ashton, membro della Commissione. − (EN) Seguiamo molto da vicino le ripercussioni della crisi finanziaria sui nostri comparti industriali, ivi compreso il settore tessile e dell’abbigliamento, che nell’Unione europea si distingue per importanza e forza.
Abbiamo reagito alla crisi elaborando il piano europeo di ripresa economica, cui si accompagnano il Fondo europeo di adattamento alla globalizzazione e il quadro comunitario temporaneo per gli aiuti di Stato. Tali misure si applicano anche al settore tessile e dell’abbigliamento: ad esempio, il Fondo europeo di adattamento alla globalizzazione è stato mobilitato per reinserire i lavoratori licenziati per lo più dalle piccole e medie imprese del settore in Italia, Malta, Spagna, Portogallo, Lituania e Belgio.
Il settore tessile e dell’abbigliamento ha alle spalle decenni di scambi regolati. All’inizio del 2009, l’intero comparto è stato liberalizzato, dimostrandosi all’altezza delle sfide poste da tale processo e avviando una fase di ristrutturazione e modernizzazione tutt’altro che semplice.
Il settore ha ridotto la produzione di massa, concentrandosi sui prodotti dotati di un certo valore aggiunto e di contenuto tecnologico. Oggi i prodotti tessili europei sono noti in tutto il mondo per la natura innovativa e l’elevato rendimento tecnologico, mentre il settore si sta sviluppando nella giusta direzione e mantiene il primato mondiale delle esportazioni. Le problematiche legate all’accesso ai mercati rappresentano dunque una priorità per il comparto, e sono lieta che la nostra nuova strategia di accesso ai mercati sia stata recepita con ottimi risultati dagli addetti ai lavori.
Ovviamente, nel corso dei negoziati commerciali che conduciamo, ad esempio nel caso dell’accordo di libero scambio con la Corea o delle trattative multilaterali, teniamo in considerazione le criticità dei vari settori industriali, tra cui quello tessile, e miriamo sempre alla conclusione di un accordo equilibrato.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL). – (PT) Proprio ieri, in questa sede, abbiamo affrontato la questione relativa all’accordo di libero scambio con la Corea del Sud e il commissario sa di aver bisogno dell’appoggio delle organizzazioni del commercio presenti in Portogallo, le quali si sono dette preoccupate a causa il suddetto accordo. La preoccupazione aleggia su tutto il territorio europeo.
Anche i sindacati hanno espresso la propria preoccupazione e chiunque conosce i paesi dell’Europa meridionale, come Spagna, Portogallo o le zone che sopravvivono grazie al settore secondario, sa bene quanto grave sia diventato il problema della disoccupazione. Signora Commissario, in alcuni paesi, soprattutto nella parte settentrionale del Portogallo, il tasso di disoccupazione ha superato il 20 per cento. Ci sono paesi che vivono grazie all’industria tessile in cui la disoccupazione è superiore al 20 per cento! Temiamo che la situazione possa peggiorare ulteriormente, in un paese già di per sé già notevolmente povero. Per questo chiedo quali saranno i prossimi interventi previsti…
(Il Presidente interrompe l’oratore)
David Martin (S&D). - (EN) L’interesse che l’onorevole Figueiredo dimostra per le conseguenze sociali della chiusura di aziende tessili e per i danni subiti dal settore le fa onore. La signora commissario concorderà però con me sul fatto che l’accordo di libero scambio con la Corea del Sud, in realtà, offre ai produttori tessili europei tante opportunità quante insidie, consentendo peraltro ai nostri eccellenti filati di accedere al mercato coreano. Non è forse così?
Catherine Ashton, membro della Commissione. − (EN) Capisco perfettamente il suo stato d’animo. Quello tessile è un settore di straordinaria importanza e concordo pienamente con l’onorevole Martin, che ha studiato nel dettaglio l’accordo con la Corea del Sud.
E’ sicuramente vero che noi esportiamo in Corea molti più capi di abbigliamento di quanto non facciano loro, ma questo dimostra che il mercato offre opportunità concrete. E’ vero che, nel momento in cui organizziamo le nostre attività commerciali, dobbiamo considerare le conseguenze che potrebbero avere sulle industrie, ma questo è esattamente quello che facciamo.
Sarei lieta di continuare questo dibattito e offrire ulteriori dettagli sull’approccio che abbiamo adottato, perché sono convinta che sia fondamentale sostenere le nostre industrie in questo periodo di recessione, tenere presenti le situazioni di povertà e indigenza con cui possiamo scontrarci e offrire nuove opportunità commerciali in grado di incentivare effettivamente proprio quelle economie e quei settori. Ed è esattamente quello che stiamo cercando di fare.
Annuncio l’interrogazione n. 21 dell’onorevole Crowley(H-0281/09)
Oggetto: Priorità dell'UE per la Conferenza intergovernativa sul cambiamento climatico
Quali saranno le priorità specifiche dell'Unione europea nel contesto della Conferenza intergovernativa delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico che si terrà a Copenhagen il prossimo dicembre?
Stavros Dimas, membro della Commissione. − (EN) Questa è una domanda di grande attualità, a cui potrei rispondere sinteticamente dicendo che le nostre priorità sono le seguenti: la conclusione di un accordo sugli impegni di riduzione dei paesi industrializzati a Copenhagen; l’adozione, sempre da parte dei paesi industrializzati, di iniziative di mitigazione mirate per ciascun paese; il finanziamento.
Desidero tuttavia entrare più nei dettagli. Ci restano meno di tre mesi prima del vertice di Copenhagen e le trattative sul clima sono appena entrate nel clou.
Dovendo partire da un testo negoziale di ben 250 pagine, le trattative non hanno ancora guadagnato lo slancio necessario a raggiungere un accordo sufficientemente ambizioso ed esaustivo. La maggioranza delle parti coinvolte avverte tuttavia l’urgenza e il desiderio di concentrarsi sui punti di convergenza. Finalità ultima dell’accordo sul clima è il contenimento del riscaldamento globale entro i 2°C, un obiettivo che ha ricevuto l’appoggio sia dell’ultimo vertice G8 sia del Forum delle maggiori economie.
Ci occorrono obiettivi di riduzione delle emissioni analoghi e più ambiziosi per il gruppo dei paesi industrializzati, che ad oggi hanno tagliato le proprie emissioni di meno del 15 per cento in totale rispetto al 1990: questo risultato è ben lontano dal 25-40 per cento invocato dagli scienziati. Accogliamo con favore l’impegno del Giappone di innalzare il proprio obiettivo. L’Unione europea ha invece promesso di porsi un obiettivo di riduzione del 30 per cento se anche gli altri si assumeranno impegni analoghi.
I paesi in via di sviluppo dovrebbero intraprendere le giuste misure di mitigazione per tagliare la crescita delle emissioni del 15-30 per cento rispetto allo status quo entro il 2020. L’Unione europea propone altresì che i paesi in via di sviluppo, ad eccezione di quelli meno sviluppati, elaborino e attuino dei piani di crescita a basso tenore di carbonio che comprendano anche le principali iniziative di mitigazione: tali piani andrebbero poi a costituire la base per forme di sostegno mirato, finanziario e non.
Un adeguato stanziamento di risorse a livello internazionale sarà essenziale per la conclusione di un accordo efficace a Copenhagen: sarà infatti il denaro a determinare il successo o il fallimento dell’accordo. Occorre dunque mobilitare gli investitori privati e promuovere la creazione di un solido mercato internazionale delle quote di emissione; non si può tuttavia prescindere da massicci investimenti pubblici. A tale proposito, è opportuno citare il partenariato globale sulla tecnologia, che mira a raddoppiare gli investimenti nelle tecnologie a basso tenore di carbonio. Dobbiamo inoltre intensificare il sostegno ai paesi più poveri e vulnerabili affinché si adattino alle avversità del cambiamento climatico, in continuo aggravamento.
La scorsa settimana, il 10 settembre 2009, la Commissione ha adottato una comunicazione sull’aumento dei finanziamenti internazionali per il clima, che si prefigge l’obiettivo di accelerare i negoziati internazionali. Ci si prospettano un compito immane e intensi negoziati nei prossimi mesi, ma il fallimento non è contemplato.
Brian Crowley (ALDE). – (EN) Signor Presidente, ringrazio il commissario Dimas per la sua risposta.
Molto rapidamente, conosciamo la vera posizione degli Stati Uniti d’America ora che si è insediata una nuova amministrazione e sappiamo se puntano alle stesse riduzioni proposte dall’Unione europea? In secondo luogo, in riferimento al Brasile, alla Russia, all’India e alla Cina, grandi produttori di emissioni di anidride carbonica e non solo, quale ruolo svolgeranno e quali pressioni può esercitare l’Unione nei loro confronti affinché rispettino gli stessi standard che noi ci auto-imponiamo?
Silvia-Adriana Ţicău (S&D). – (RO) Signor Presidente, signor Commissario, quando parliamo di cambiamento climatico parliamo di misure di adattamento e di azioni volte a ridurre le cause che lo determinano. Vorrei porre il seguente quesito, in vista della conferenza di Copenhagen: che priorità attribuite all’aumento dell’efficienza energetica, considerando anche i paesi in via di sviluppo, e come state affrontando la crisi dell’acqua potabile e ovviamente la crisi alimentare?
Paul Rübig (PPE). – (DE) Sono state valutate le conseguenze dei cambiamenti della competitività europea, dopo la riduzione del 20 se non addirittura del 30 per cento? Avete considerato come questo si ripercuoterà sulle piccole e medie imprese, ma soprattutto, sui posti di lavoro?
Stavros Dimas, membro della Commissione. − (EN) Per quanto riguarda gli Stati Uniti, la nuova amministrazione si è impegnata a operare tagli molto più ambiziosi rispetto alla precedente. Gli obiettivi fissati non sono tuttavia ancora ambiziosi quanto gli impegni assunti dall’Unione europea e si collocano al di sotto dei livelli che la comunità scientifica indica come necessari per contenere il riscaldamento globale entro i 2 °C, come concordato dai leader delle maggiori economie a L’Aquila nel luglio del 2009, con la partecipazione degli americani, dei cinesi e di esponenti degli altri paesi che lei ha citato.
Ma i colloqui con gli Stati Uniti sono continui. La proposta di legge presentata dagli onorevoli Markey eWaxman è stata votata dalla Camera e passerà ora al Senato. Diversi provvedimenti dovranno essere chiariti e dovremo attendere il risultato finale, perché la legge potrebbe risultare più ambiziosa di quanto non sembri oggi.
Ad esempio, non è chiaro se il computo delle riduzioni delle emissioni comprenderà i tagli ottenuti con gli investimenti nel cosiddetto “disboscamento evitato”, a seconda che tali stanziamenti ricadano nell’obiettivo di riduzione delle emissioni del paese, nei finanziamenti o in altre rubriche. Bisognerà chiarire questo punto prima di stabilire se gli obiettivi degli Stati Uniti siano analoghi a quelli dell’Unione europea e di altri paesi industrializzati.
E’ certo che questa amministrazione sta dando prova di un atteggiamento molto positivo: cooperiamo in stretto coordinamento e desideriamo lavorare insieme al conseguimento di un risultato soddisfacente a Copenhagen, ossia un accordo che contenga tutti gli elementi già citati.
Nel caso di Brasile, Cina, India, Messico e altri paesi in via di sviluppo, ovviamente ci attendiamo che riducano il tasso di crescita delle rispettive emissioni in un ordine compreso tra il 15 e il 30 per cento rispetto allo status quo. Anche nel loro caso, sono queste le indicazioni della comunità scientifica per contenere il riscaldamento globale al di sotto dei 2°C. Le sole riduzioni dei paesi industrializzati non saranno sufficienti.
Alcuni di questi paesi hanno già intrapreso misure nazionali che consentiranno una riduzione delle emissioni, concentrandosi ora sul potenziamento dell’efficienza energetica ora sugli investimenti nelle energie rinnovabili. Cionondimeno, occorre intensificare la collaborazione con loro, tramite lo scambio di conoscenza, la cooperazione in ambito tecnologico e il trasferimento delle tecnologie, per conseguire i tagli di cui abbiamo bisogno.
A proposito dell’abbattimento dei costi e dell’efficienza energetica, cui lei ha fatto riferimento, è chiaro che qualunque investimento nell’efficienza energetica è denaro guadagnato. A titolo esemplificativo, riducendo il consumo di petrolio importato non solo si risparmiano risorse e non bisogna corrispondere alcun prezzo ai paesi produttori, ma si riducono anche le emissioni di anidride carbonica.
In molti paesi, e soprattutto nei paesi in via di sviluppo, dove si pone il problema dell’inquinamento atmosferico (è noto, ad esempio, il caso della Cina), si otterrebbe il vantaggio collaterale di migliorare la qualità dell’aria.
In merito al problema, collegato al tema in discussione, delle risorse idriche e alimentari, entrambi gli aspetti rientrano tra gli obiettivi delle politiche comunitarie. Le iniziative che appoggiamo miglioreranno la pulizia delle acque e l’approvvigionamento idrico, soprattutto nei paesi più poveri. Nel caso delle risorse alimentari, in fase di elaborazione della direttiva sui biocombustibili, ad esempio, siamo stati molto attenti a evitare che la produzione di materie prime a scopi alimentari entrasse in concorrenza con quella di biocombustibili: teniamo sempre conto di questi importanti aspetti.
Passerò ora alla valutazione d’impatto e alle questioni legate alla competitività, che sono state ampiamente discusse in sede di approvazione del pacchetto integrato sull’energia e i cambiamenti climatici. Sono stati condotti numerosi studi, non solo ad opera della Commissione, ma anche dall’industria e da vari settori. Le disposizioni attualmente previste dalla nostra normativa forniranno tutte le garanzie necessarie a preservare la competitività degli altri settori europei, con particolare riguardo alle piccole medie imprese, ad esempio attraverso la concessione di quote gratuite per un valore che, in molti casi, potrà coprire il 100 per cento delle emissioni prodotte.
Stiamo dunque tenendo conto di questi aspetti e, ovviamente, lo stesso dicasi dell’obiettivo del 30 per cento. L’adozione di un obiettivo del 30 per cento presuppone inoltre la conclusione di un accordo ambizioso a Copenhagen, grazie al quale tutti i paesi industrializzati si prefiggeranno obiettivi di riduzione simili a quelli dell’Unione europea e i paesi in via di sviluppo accetteranno dei programmi di mitigazione volti a stabilire condizioni eque in tutto il mondo. A quel punto, essendo tutti sottoposti a obblighi di riduzione analoghi, il problema della competitività non si porrà.
Annuncio l’interrogazione n. 22 dell’onorevole Ticau (H-0301/09).
Oggetto: Misure di sostegno agli investimenti volti a migliorare l'efficacia energetica e l'utilizzo delle energie rinnovabili
L'Agenzia europea per l'ambiente recentemente ha presentato dati provvisori per il 2008 sulla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra. Secondo tali statistiche le emissioni dell'UE 15 sono diminuite dell'1,3% e quelle dell'UE 27 dell'1,5% rispetto al 2007, un passo importante per la realizzazione degli obiettivi del protocollo di Kyoto mirante a ridurre entro il 2012 le emissioni di gas a effetto serra dell'8 % rispetto al 1990, anno di riferimento.
Visto che la riduzione delle emissioni di CO2 in particolare è resa possibile dal miglioramento dell'efficacia energetica e dall'utilizzo delle energie rinnovabili nei settori dei trasporti e in quello abitativo, nonché nei settori industriali grandi consumatori d'energia, potrebbe la Commissione indicare quali misure concrete prevede di prendere per incitare gli Stati membri a incoraggiare gli investimenti volti a migliorare l'efficacia energetica e l'utilizzo delle energie rinnovabili?
Stavros Dimas, membro della Commissione. − (EL) Signor Presidente, l’onorevole deputata ha opportunamente messo in luce i progressi registrati in termini di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra dovuti, almeno in parte, alle misure a favore dell’efficienza energetica e al sempre maggiore impiego di fonti energetiche rinnovabili nei trasporti e nell’edilizia abitativa.
La Commissione ritiene che l’efficienza energetica e l’impiego di fonti rinnovabili contribuiscano al raggiungimento anche di altri obiettivi politici, come ad esempio il miglioramento della sicurezza dell’approvvigionamento energetico dell’Unione, il rafforzamento della competitività, la creazione di nuovi posti di lavoro e l’innalzamento dello standard di vita dei cittadini.
In vista dei suddetti benefici, la Commissione sta continuando a migliorare la legislazione e i programmi comunitari in quest’ambito e a garantire il sostegno finanziario necessario.
Silvia-Adriana Ţicău (S&D). – (RO) Considerando che mancano ancora 10 anni al 2020, che si possono raggiungere risultati notevoli nella riduzione delle emissioni di gas a effetto serra nell’edilizia e nei trasporti e che ci troviamo nel bel mezzo di una crisi economica che sta causando la perdita di posti di lavoro, dobbiamo tenere presente che un’economia verde potrebbe, invece, creare milioni di nuovi posti di lavoro. Dobbiamo addivenire a soluzioni ad hoc per affrontare ogni singola situazione. Per questo motivo, auspico che la Commissione europea collabori con il Parlamento, in modo da poter trovare soluzioni innovative in grado di aumentare gli investimenti a favore dell’efficienza energetica. Il Parlamento ha proposto una serie di soluzioni interessanti: un aumento del tasso del Fondo europeo di sviluppo regionale a partire dal 2014; la creazione di un nuovo fondo speciale operativo a decorrere sempre dal 2014 e una possibile riduzione dell’IVA applicabile, sempre in vista dell’efficienza energetica e dell’utilizzo di fonti rinnovabili. Non sarebbe male ricevere ulteriori delucidazioni in merito.
Seán Kelly (PPE). – (EN) Una domanda molto semplice: in che modo, a giudizio della Commissione, dovrebbero gli Stati membri compensare il potenziamento nell’uso delle rinnovabili con l’esigenza di mantenere competitivi i prezzi dell’elettricità?
Andreas Mölzer (NI). – (DE) Quali incentivi all’investimento si dovrebbero istituire al fine di accelerare il passaggio alle fonti energetiche rinnovabili nell’edilizia abitativa e non soltanto a livello commerciale e industriale?
Stavros Dimas, membro della Commissione. − (EL) Signor Presidente, in risposta all’interrogazione dell’onorevole Kelly, mi preme sottolineare che si prevede che lo scambio di crediti di emissione arricchirà notevolmente l'erario degli Stati membri e che, fra le misure che i governi possono adottare, si annovera l’impiego di parte della suddetta somma a sostegno dei lavoratori che percepiscono stipendi molto bassi o delle vittime della cosiddetta povertà energetica. Per rispondere all’onorevole Kelly, dunque, mi sento di dire che esiste una soluzione e che le risorse economiche sono disponibili.
La nuova direttiva sulle fonti energetiche rinnovabili prevede che gli Stati membri offrano un sostegno concreto e che introducano delle riforme a livello amministrativo e delle infrastrutture, al fine di incentivare lo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili. Tutti gli Stati membri si sono prefissati degli obiettivi da raggiungere entro il 2020 e dovranno presentare un piano d’azione sull’energia rinnovabile entro giugno dell’anno prossimo, illustrando come i suddetti obiettivi verranno raggiunti.
Per quanto concerne l’analisi della direttiva sul rendimento energetico nell’edilizia, la Commissione si è impegnata, inoltre, ad aumentare i finanziamenti comunitari previsti nonché a promuovere nuove forme di finanziamento a favore dell’attuazione della suddetta direttiva. La Commissione sta già finanziando una serie di progetti in materia di efficienza energetica e di fonti energetiche rinnovabili, come ad esempio:
- attività di ricerca e sviluppo basate sul programma quadro di ricerca e sviluppo tecnologico;
- lo stanziamento di 727 milioni di euro per il periodo 2007-2013 nel contesto del programma intitolato "Energia intelligente − Europa", con lo scopo di rimuovere gli ostacoli allo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili, migliorare il contesto operativo imprenditoriale e sensibilizzare l’opinione pubblica;
- lo stanziamento di 500 milioni di euro per progetti relativi ai parchi eolici offshore nel contesto del programma europeo di ripresa economica, per incentivare gli investimenti privati in questo settore;
- l’iniziativa, gestita congiuntamente dalla Commissione e dalla Banca europea per gli investimenti, di finanziare l’energia sostenibile. Per la suddetta iniziativa è previsto un bilancio pari a 15 milioni di euro per il 2009 nonché lo stanziamento di fondi provenienti dai mercati di capitali, dal Fondo Margherita e dal Fondo europeo per l'energia, il cambiamento climatico e le infrastrutture, attualmente gestito dalla Banca europea per gli investimenti.
La Commissione, inoltre, sta tentando di incoraggiare gli Stati membri a investire gran parte del denaro dei finanziamenti provenienti dalla politica di coesione in progetti a favore dell’efficienza energetica e delle fonti energetiche rinnovabili.
Annuncio l’interrogazione n. 23 dell’onorevole Siekierski (H-0299/09)
Oggetto: Aiuti allo sviluppo in periodi di crisi
Nell’attuale crisi economica esiste realmente una possibilità per creare condizioni specifiche a favore dei paesi che si trovano in maggiori difficoltà? Nella fattispecie si tratta soprattutto dei paesi particolarmente poveri del cosiddetto Terzo mondo. E’ possibile aumentare i programmi di aiuti a favore dei paesi in via di sviluppo? Nell’ipotesi in cui i nostri problemi interni, come nel caso di un bilancio insufficiente o anche di mancanza di tempo, non ci consentano di agire in tal senso, cosa si fa per favorire un più rapido utilizzo degli aiuti messi a disposizione dei paesi in via di sviluppo? Come si possono semplificare le procedure per un loro incremento?
Karel De Gucht, membro della Commissione. − (EN) Finora la Commissione è intervenuta prontamente per contribuire, entro i limiti delle proprie competenze, a prevenire le disastrose conseguenze sociali per i paesi in via di sviluppo, soprattutto quelli meno sviluppati, che sono per lo più paesi ACP.
Tra le misure adottate ricordo il rispetto delle promesse di aiuti, lo sfruttamento di nuove risorse e le azioni anticicliche, il miglioramento dell’efficacia degli aiuti, il sostegno alle attività economiche e all’occupazione, la rivitalizzazione dell’agricoltura, gli investimenti nella crescita verde, gli stimoli agli scambi commerciali e agli investimenti privati, nonché la collaborazione a favore della stabilità e della governante economica e la tutela delle categorie più vulnerabili nei paesi in via di sviluppo.
Sono già state attuate iniziative e procedure concrete per accelerare la consegna degli aiuti. 500 milioni di euro saranno mobilitati dal Fondo europeo per lo sviluppo per "FLEX vulnerabilità", un strumento ad hoc che si coordinerà con le azioni intraprese dalla Banca mondiale e dal Fondo monetario internazionale e si rivolgerà ai paesi più vulnerabili e meno solidi, concedendo loro finanziamenti rapidi per le uscite prioritarie, soprattutto in ambito sociale.
Utilizzando fondi di riserva finora non assegnati, FLEX vulnerabilità offre un’ulteriore forma di assistenza a questi paesi così vulnerabili. Sono stati altresì mobilitati 80 milioni di euro per il finanziamento di EDF FLEX, un meccanismo già esistente e finalizzato all’assistenza dei paesi che hanno accusato un notevole calo delle esportazioni nel 2008. Inoltre, è in corso la valutazione intermedia delle strategie di cooperazione per i paesi che attingono al bilancio comunitario, mentre è stata accelerata la corrispondente valutazione per i paesi ACP, finanziati grazie al Fondo europeo per lo sviluppo, al fine di ridefinire e adattare le strategie nazionali e le dotazioni all’inizio del 2010.
Cionondimeno, è importante ricordare che, nel quadro comunitario, la politica per lo sviluppo rappresenta una competenza condivisa. Spetta innanzi tutto agli Stati membri far fronte alle promesse di aiuti pubblici allo sviluppo. Sono altresì convinto che la crisi non autorizzi gli Stati membri a ridimensionare le promesse e gli aiuti forniti in qualità di donatori e, nel caso degli impegni già assunti, insisterò affinché si forniscano gli aiuti promessi sia presso gli Stati membri sia presso gli altri donatori. A tale proposito, monitoriamo apertamente gli aiuti pubblici allo sviluppo erogati da ciascuno Stato membro attraverso il "questionario di Monterrey"annuale.
Sulla base delle informazioni fornite dagli Stati membri, prevediamo che gli aiuti pubblici allo sviluppo dell’Unione europea aumenteranno da un totale di 49 miliardi di euro nel 2008 a 53,4 miliardi di euro nel 2009, fino a 58,7 miliardi nel 2010. Tale aumento implica però che, se gli Stati membri non intraprenderanno altre azioni per conseguire i rispettivi obiettivi, il totale del 2010 non sarà raggiunto. La crisi ha inoltre evidenziato la necessità di potenziare i meccanismi di erogazione degli aiuti pubblici allo sviluppo, come osserva l’onorevole deputato.
L’agenda internazionale relativa all’efficacia dell’aiuto, tradottasi nella dichiarazione di Parigi e nell’Agenda di azione di Accra, assume ora un’importanza senza precedenti. In questo difficile contesto economico, ci spetta una responsabilità particolare nei confronti dei poveri del mondo: garantire che la nostra assistenza allo sviluppo sia distribuita in maniera efficace. Difenderò tale impostazione in prima persona in occasione del Consiglio "Sviluppo" di Novembre, mentre nelle prossime settimane mi dedicherò appieno alla crisi finanziaria internazionale.
Czesław Adam Siekierski (PPE). – (PL) La ringrazio per il suo intervento esplicativo. L’Unione europea, tuttavia, non dovrebbe essere più attiva a livello internazionale? Mi riferisco alle istituzioni finanziarie, come il Fondo monetario internazionale e la Banca mondiale, che dovrebbero essere più flessibili nel determinare l’entità degli aiuti nonché la loro elargizione durante la crisi. Come pensiamo di eliminare le irregolarità a livello fiscale e il trasferimento illegale degli utili dai paesi più poveri, pratica ormai comune a svariate aziende? In ultima istanza, come pensiamo di liberalizzare gli scambi commerciali a vantaggio di quanti meritano il nostro aiuto?
Franz Obermayr (NI). – (DE) Soprattutto quando le risorse sono più scarse, è fondamentale agire in modo mirato per far sì che gli aiuti arrivino nella misura corretta, al momento giusto, alle persone che ne hanno davvero bisogno. Da qui, dunque, la mia domanda: quali sono le misure previste per il futuro per una corretta valutazione dell'efficienza energetica e delle conseguenze dell’assistenza economica?
Karel De Gucht, membro della Commissione. − (EN) Per quanto attiene alla prima domanda circa la cooperazione con le istituzioni internazionali, quali il Fondo monetario internazionale e la Banca mondiale, lavoriamo in stretto coordinamento, ad esempio sul FLEX vulnerabilità. Non a caso, abbiamo individuato insieme i paesi che più di tutti dovrebbero trarre giovamento da questo nuovo strumento.
Abbiamo inoltre insistito in più occasioni affinché le istituzioni concedessero altri prestiti ai paesi in via di sviluppo: 8 dei 280 miliardi di dollari statunitensi in diritti di prelievo andranno infatti proprio a questo gruppo di Stati. Ritengo dunque che contribuiamo in modo davvero notevole affinché le istituzioni internazionali intraprendano una determinata direzione; sarà inoltre questa la posizione che la Commissione, nelle persone mia e del commissario Almunia, esprimerà durante gli incontri della Banca mondiale e del Fondo monetario internazionale che avranno luogo a Istanbul agli inizi di ottobre.
In merito alla seconda domanda, credo in tutta onestà di aver già affrontato l’argomento nella mia prima risposta, spiegando nel dettaglio il modo in cui si dovrebbe procedere. Ovviamente, sono ben disposto a ripetermi , ma in sostanza si tratta di prestare particolare attenzione a una gestione oculata degli aiuti.
Oggetto: Demografia e politiche dello sviluppo in Africa
Secondo uno studio delle Nazioni Unite, la popolazione del continente africano potrebbe raddoppiare entro il 2050, raggiungendo quota due miliardi. In quell'anno, la popolazione africana sarebbe doppia rispetto a quella del continente europeo. Il tasso di fertilità medio di una donna africana è di cinque figli, rispetto a un tasso di 1,7 in Estremo Oriente e di 1,47 nell'Unione europea.
Quali misure intende la Commissione proporre, anche in relazione alle politiche a lungo termine sull'immigrazione e sull'ambiente, per adattare le politiche di relazioni esterne e di cooperazione allo sviluppo a questi dati?
Karel De Gucht, membro della Commissione. − (EN) La Commissione condivide la preoccupazione dell’onorevole deputato che la crescita demografica dei paesi africani e le conseguenze a lungo termine dell’elevato tasso di natalità possano concorrere ad accrescere in misura significativa la pressione sulle risorse naturali del continente, influenzandone altresì il percorso di sviluppo.
Il tasso di fertilità costituisce un tassello fondamentale del mosaico: secondo la divisione delle Nazioni Unite sulla popolazione, oggi la popolazione dell’intero continente africano si attesta 8 punti percentuali al di sotto del livello che avrebbe raggiunto con il tasso di fertilità del 1970. Si prevede inoltre che il tasso di fertilità scenderà al di sotto del 2,5 per cento entro il 2050. Nelle zone urbane del continente, il ceto medio emergente ha sempre meno figli, attestandosi su valori simili a quelli europei. Questo mosaico rappresenta una storia di promesse, la storia dei paesi che hanno ottenuto stabilità politica e una sorprendente crescita economica.
Cosciente di queste sfide, la Commissione europea si è dotata di una politica per lo sviluppo che mira a contrastare la povertà, favorire lo sviluppo sostenibile e affrontare le sfide politiche in un’ottica di promozione della stabilità. In tale ambito, la Commissione è peraltro vincolata dalla strategia varata nel 1994 in occasione della conferenza internazionale sulla popolazione e lo sviluppo, rivista nel 1999.
Tale strategia ha ampliato il concetto di pianificazione familiare includendovi la salute e i diritti sessuali e riproduttivi, ponendo altresì l’accento sui diritti umani, sull’emancipazione femminile, sull’importanza degli investimenti nella sanità e nell’educazione, nonché sulla fornitura di una vasta gamma di servizi a tutela della salute riproduttiva per chiunque ne avesse bisogno. Si sottolinea in particolare il legame tra istruzione e comportamento riproduttivo nelle donne.
Sono infatti molti gli studi che hanno riscontrato un collegamento tra l’istruzione e la fertilità: il tasso di fertilità tende a diminuire in modo inversamente proporzionale all’alfabetizzazione. Nel complesso, la Commissione prevede di destinare circa 1,7 miliardi di euro ai programmi sull’istruzione per il periodo 2007-2013. Più in generale, perseguiamo con fermezza l’impegno di accrescere il livello e l’efficacia degli aiuti comunitari per i sistemi sanitari, che forniscono tutti i servizi di base, ivi compresi quelli afferenti la salute riproduttiva. A tale proposito, l’agenda di azione comunitaria sugli obiettivi di sviluppo del Millennio prevede che l’Unione stanzi altri 8 miliardi di euro, di cui 6 per l’Africa, a favore della sanità, garantendo il pieno soddisfacimento di tutti gli impegni di aiuto.
Al fine di alleviare la pressione ambientale, occorre inoltre garantire uno stile di vita sostenibile alle popolazioni locali: rientrano in tale obiettivo la lotta alla desertificazione e all’impoverimento del suolo, nonché il miglioramento della produttività agricola, la lotta allo sfruttamento eccessivo della biodiversità, delle foreste e di altre risorse naturali, tra cui gli oceani e le acque interne, e, infine, il contenimento del cambiamento climatico e l’assistenza ai popoli africani nell’adattamento alle sue conseguenze.
Di concerto con gli Stati membri dell’Unione europea, la Commissione sta inoltre studiando una strategia di integrazione ambientale per garantire che il coordinamento delle politiche per lo sviluppo contribuisca al raggiungimento di tali obiettivi. I nostri preparativi in vista del vertice sul cambiamento climatico di Copenhagen vanno interpretati in questa luce.
Al momento, l’Unione europea collabora con l’Unione africana e altre organizzazioni regionali per potenziarne la capacità di gestione delle problematiche climatiche e ambientali, promuovendo importanti iniziative per il miglioramento della gestione delle foreste, soprattutto con l’applicazione delle normative, il governo e il commercio nel settore forestale.
Fiorello Provera (EFD). - Signor Presidente, onorevoli colleghi, la mia interrogazione intendeva sottolineare un aspetto, cioè che l'aumento, l'incremento demografico globale comunque comporta delle conseguenze sia sull'utilizzo delle materie prime che sull'inquinamento. Però nei paesi in via di sviluppo questo incremento demografico è particolarmente importante, con conseguenze anche sociali e economiche. La mia domanda è questa: non si potrebbe accompagnare la politica di aiuto ai paesi in via sviluppo con politiche di family planning, magari attraverso il sistema delle NGO, delle organizzazioni non governative?
Andreas Mölzer (NI). – (DE) E’ un dato interessante che due terzi della popolazione Africana sia concentrata in otto dei 53 paesi presenti sul continente. Il problema della sovrappopolazione in Africa è chiaramente limitato a singoli Stati. Fino a che punto questi fattori influenzano la politica di sviluppo dell’Unione europea?
Karel De Gucht, membro della Commissione. − (EN) Non disponiamo di una politica specifica per la pianificazione familiare, che può però essere varata su richiesta dei governi interessati. Molti casi di morte materna derivano da aborti praticati in condizioni inaccettabili. Nei paesi in cui l’aborto è consentito dalla legge, la Commissione appoggerà i programmi pertinenti: in definitiva, l’adozione di tali misure da parte nostra dipende dunque dai paesi coinvolti.
Riguardo alla seconda domanda, devo dire che basta considerare il tasso di fertilità del continente africano per comprendere, come ho già spiegato nel mio intervento introduttivo, che esiste un legame evidente tra sviluppo economico, grado di urbanizzazione e tasso di fertilità stesso. Non è una novità: si tratta anzi di un fenomeno che abbiamo osservato in ogni paese del mondo. E’ dunque ragionevole attendersi che, con l’urbanizzazione globale e − si spera − con l’aumento della crescita, il tasso di fertilità scenda. Tale andamento non è circoscritto, come sostiene l’onorevole deputato, ad alcuni paesi, ma si tratta piuttosto di un fenomeno collegato allo sviluppo di ciascun paese.
Annuncio l’interrogazione n. 25 dell’onorevole Jim Higgins(H-0274/09)
Oggetto: Sospensione dei negoziati per l'accordo di libero scambio tra l'Unione europea e la Colombia
Alla luce delle prove inequivocabili che dimostrano la continua uccisione di attivisti sindacali in Colombia e, in particolare, del fatto che nel 2008 si è registrato un aumento del 25% di tali uccisioni, è la Commissione disposta a raccomandare la sospensione dei negoziati per un accordo di libero scambio tra l'Unione europea e la Colombia?
Catherine Ashton, membro della Commissione. − (EN) La tutela dei diritti umani rappresenta la massima priorità nei rapporti tra Unione europea e Colombia, e proprio per questa ragione monitoriamo da vicino la situazione del paese.
Conosciamo bene le difficoltà cui è sottoposto il movimento sindacale colombiano e i ripetuti omicidi o le minacce ai danni di dirigenti e membri dei sindacati.
Conosciamo la situazione grazie ai nostri informatori, alle relazioni e alle dichiarazioni degli organismi istituiti dai trattati internazionali, nonché ai colloqui che intratteniamo con organizzazioni quali la Confederazione europea dei sindacati.
Nutriamo ancora serie preoccupazioni circa l’effettiva applicazione delle convenzioni fondamentali dell’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) nel paese e, di conseguenza, esortiamo il governo a intensificare gli sforzi volti a tutelare le categorie più vulnerabili della popolazione, a condurre inchieste e a punire qualunque violazione dei diritti umani.
I recenti attentati contro attivisti per i diritti umani ed esponenti del sindacato hanno scatenato la reazione diplomatica degli ambasciatori della troika dell’Unione europea presso Bogotá e sono stati discussi anche durante i recenti incontri ad alto livello tra funzionari comunitari e colombiani.
Di recente, abbiamo inoltre inaugurato un dialogo bilaterale in materia di diritti umani con il governo colombiano, creando così un canale più cadenzato e sistematico per uno scambio di informazioni ed esperienze in materia di diritti umani, e favorendo altresì la cooperazione in ambito tecnologico.
Stiamo inoltre cercando di ottenere altre garanzie per l’accordo commerciale multipartitico, al fine migliorare l’attuazione delle convenzioni fondamentali sul lavoro e l’ambiente nel paese nell’ambito del capitolo "Sviluppo sostenibile". Stiamo inoltre insistendo affinché le istituzioni della società civile possano monitorare l’attuazione del diritto del lavoro, e auspichiamo che, a queste condizioni, l’accordo possa migliorare la situazione degli attivisti per i diritti dei lavoratori in Colombia.
Jim Higgins (PPE). – (EN) So che i diritti umani costituiscono una delle massime priorità e non riesco proprio a capire perché l’Unione europea, che si vanta di essere paladina dei diritti umani nel mondo, debba anche solo contemplare l’idea di un accordo con un regime come quello colombiano.
Dall’inizio di gennaio 2009, ventisette sindacalisti sono stati assassinati: è un dato che parla da sé. Il passato ci insegna che il solo modo per far arrivare il giusto messaggio a questi paesi è l’attacco economico, com’è accaduto nel caso delle sanzioni contro il Sudafrica.
Sono fermamente convinto che dovremmo inviare una delegazione in Colombia per esaminare la situazione sul campo, anziché inaugurare un dialogo. Dovremmo disporre di nostri uomini sul posto e sospendere le trattative commerciali con il paese fintanto che non saremo certi che i diritti umani sono rispettati là come nel resto del mondo.
David Martin (S&D). – (EN) Sono molto lieto che l’onorevole Higgins abbia presentato quest’interrogazione: l’onorevole collega ha dato una descrizione esatta della situazione e lei stessa, signora Commissario, non aveva attribuito la giusta importanza agli avvenimenti citati.
Alla luce della discussione di oggi, la Commissione sospenderà in primo luogo l’accordo GSP+ e, in seconda battuta, i negoziati sull’accordo di libero scambio fino a quando non otterrà, da parte del governo colombiano, la garanzia che sindacalisti, attivisti dei diritti umani e altri ancora possano svolgere la propria attività indisturbati nel paese?
Catherine Ashton, membro della Commissione. − (EN) Ringrazio entrambi e capisco l’empatia e il vivo interessamento. Non sono però convinta che la sospensione dei negoziati condurrà ai risultati che gli onorevoli deputati desiderano. Credo piuttosto che si debba proseguire con il dialogo, continuando ad adoperarci affinché i nostri colloqui, e soprattutto i nostri accordi, giungano alla garanzia assoluta che l’approccio auspicato dagli onorevoli deputati venga rispettato.
E’ questa la linea che ho adottato, ma mi affretto a specificare che non per questo non esorto quanti abbiano già parlato con me a continuare a garantire che abbiamo intrapreso la strada giusta. Ovviamente, terrò la situazione sotto controllo, ma per adesso è questa la linea di azione che ho scelto.
Annuncio l’interrogazione n. 26 dell’onorevole Papastamkos (H-0261/09)
Oggetto: Ripresa del commercio internazionale
Il ritmo di crescita del commercio internazionale ha subito un evidente rallentamento nel 2008 e un'ulteriore contrazione nel 2009 in proporzioni ampiamente superiori a quelle della recessione dell'attività economica. Il Consiglio europeo di Bruxelles del 19 e 20 marzo 2009 "consapevole che gli scambi commerciali liberi e equi sono un fattore fondamentale della ripresa mondiale" ha invitato alla "rapida conclusione dei negoziati commerciali bilaterali e del programma di Doha per lo sviluppo".
Può la Commissione far sapere:
Quali iniziative sono state prese in materia di finanziamento degli scambi commerciali; Qual è l'andamento degli attuali negoziati per la conclusione di accordi commerciali e come intende rafforzare i flussi commerciali esterni dell'Unione europea?
Catherine Ashton, membro della Commissione. − (EN) Naturalmente è vero che gli scambi commerciali hanno subito particolarmente le conseguenze della crisi. Secondo le stime del segretariato dell’Organizzazione mondiale del commercio, gli scambi internazionali accuseranno un calo del 10 per cento nel 2009, disaggregato tra il -14 per cento dei paesi industrializzati e il -7 per cento circa delle economie emergenti. Un dato simile invita a reagire con iniziative ambiziose, come del resto abbiamo fatto, sia nel finanziamento agli scambi, sia nei negoziati multilaterali e bilaterali.
Di concerto con gli Stati membri, abbiamo intrapreso una serie di passi fondamentali, volti ad accrescere la disponibilità di finanziamenti al commercio. Laddove le parti commerciali non erano più disposte o in grado di garantire il sovvenzionamento delle esportazioni, sono subentrati gli Stati membri tramite gli organismi responsabili dei crediti all’esportazione.
L’assicurazione a breve termine è stata favorita dalla decisione da parte della Commissione di rendere temporaneamente più flessibili le condizioni per prestare tale sostegno. Concordiamo inoltre su un temporaneo allentamento delle regole OCSE relative all’assicurazione del credito a medio e lungo termine.
A livello multilaterale, appoggiamo con convinzione gli impegni assunti in sede di G20, in base ai quali gli organismi nazionali competenti dovrebbero offrire, a nome dei governi, una capacità assicurativa dei crediti all’esportazione tale da soddisfare le esigenze, oltre ad assistere le organizzazioni per il finanziamento multilaterale nella creazione di nuovi strumenti per gli stanziamenti al commercio e nel rimpinguamento di quelli già esistenti.
Allo scopo di consolidare e aumentare le esportazioni, proseguiamo inoltre con le trattative commerciali già in corso. Gli onorevoli deputati sanno che, sul piano multilaterale, la priorità è e resta una conclusione ambiziosa, equilibrata ed esaustiva delle tornate negoziali di Doha, che sarebbe di grande giovamento al mondo e, ovviamente, all’economia europea.
Il recente vertice di Nuova Delhi, cui ho preso parte, ha impresso una nuova spinta politica al processo e, con anche il contributo dell’imminente G20 di Pittsburgh, mi auguro che ci consenta di raggiungere un accordo già nel 2010.
Da ultimo, chiediamo il coinvolgimento fattivo dei principali partner dell’Organizzazione mondiale del commercio nei mesi a venire, allo scopo di proseguire i negoziati sulla base del pacchetto che, tra alti e bassi, è stato finora pattuito. Come gli onorevoli deputati sanno, a questo impegno si aggiunge la negoziazione di numerosi accordi bilaterali.
Georgios Papastamkos (PPE). – (EL) Signor Presidente, per far fronte alla pressione dovuta alla crisi economica, molti paesi stanno adottando delle misure volte a incentivare l’industria a livello nazionale. A riprova di quanto affermato, si prenda come esempio la decisione del presidente degli Stati Uniti d’America, Barack Obama, di imporre dei dazi sull’importazione di pneumatici dalla Cina.
La Commissione ha considerato l’impatto che potrebbero avere le politiche adottate dai nostri partner commerciali operanti nei paesi terzi, come ad esempio le campagne del “Buy American” o del “Buy Chinese”?
Catherine Ashton, membro della Commissione. − (EN) Ho discusso con gli Stati Uniti e con la Cina – dove mi sono recata la settimana scorsa – di "Buy American" e "Buy Chinese", due campagne molto diverse tra loro stando alle informazioni che ho ricevuto. Ho letto la normativa relativa a "Buy American" e mi preoccupa più la sua attuazione nei singoli Stati che non il suo effettivo contenuto.
"Buy Chinese" si fonda su un’idea del tutto diversa. Sono in parte confortata da quanto mi hanno riferito la scorsa settimana sia il ministro per il Commercio Deming sia il vice primo ministro Jiaxuan circa la finalità e il trattamento che sarebbe riservato alle imprese europee. Cionondimeno, manterrò alta la guardia per garantire che le imprese europee non ne risentano né direttamente né indirettamente.
Per quanto attiene alla posizione assunta sugli pneumatici, cui credo l’onorevole deputato alluda, per il momento restiamo in osservazione per capire cosa accadrà esattamente. L’onorevole deputato vi intravede a ragione un settore fondamentale, che dobbiamo tenere sotto controllo in attesa degli sviluppi futuri. Ovviamente, sarò lieta di riferirgli in proposito.
Presidente. − In assenza dell’onorevole Moraes, l’interrogazione numero 27 decade.
Oggetto: Commercializzazione dei prodotti europei a base di carne bovina e di agnello
Quali misure sta mettendo in atto l'Unione europea per contribuire alla commercializzazione dei prodotti europei a base di carne bovina e di agnello nei paesi terzi? Intende la Commissione europea proporre nuove iniziative per contribuire a tale processo?
Catherine Ashton, membro della Commissione. − (EN) Lavoriamo fattivamente per gestire queste barriere igienico-sanitarie, tanto complesse quanto fondamentali. Cerchiamo così di favorire l’immissione sul mercato di prodotti europei quali il manzo o l’agnello irlandesi. La strategia di accesso ai mercati, insieme con il partenariato di accesso ai mercati varato nel 2007, è il nocciolo dell’operato della Commissione in tal senso. La strategia di accesso ai mercati crea infatti un partenariato più solido tra Commissione, Stati membri e imprese per promuovere l’individuazione, l’analisi e l’eliminazione delle barriere, nonché la definizione delle priorità in tale ambito.
La particolarità di questa strategia sta nella giusta combinazione di vari strumenti di politica commerciale. In sostanza, si ricorre a canali sia multilaterali sia bilaterali e si integrano la componente più formale degli strumenti politici di lungo termine con i contatti politici e la diplomazia congiunta in ambito commerciale.
Negli ultimi anni, abbiamo notevolmente intensificato il nostro impegno a favore dell’accesso dei mercati e possiamo vantare numerosi successi che dimostrano come abbiamo intrapreso la giusta direzione. Ad esempio, siamo riusciti a contenere alcuni paesi e ottenere la revoca del divieto di esportazioni di carne dall’Unione, che era stato imposto a seguito della contaminazione da diossine e policlorobifenili verificatasi in Irlanda nel dicembre 2008. Di recente, siamo inoltre riusciti ad aprire l’Arabia Saudita, la Giordania e le Filippine alle importazioni di manzo dall’Unione europea e a strappare qualche concessione sugli standard sanitari e fitosanitari a Egitto e Israele.
Continuiamo a insistere a vari livelli con paesi quali l’Indonesia, la Malesia e la Corea per allineare del tutto la normativa con le disposizioni dell’accordo sugli standard sanitari e fitosanitari e delle norme internazionali varate dall’Ufficio internazionale delle epizoozie. Abbiamo chiesto ai produttori di manzo comunitari di esporre le proprie preoccupazioni specifiche e proporre possibili modi per affrontare gli ostacoli dei mercati principali. Negli ultimi tempi, il nostro invito è stato ben accolto e la presentazione elaborata da un’associazione imprenditoriale irlandese ci aiuterà a definire le priorità e proseguire con il nostro lavoro.
Liam Aylward (ALDE). – (EN) Posso chiedere alla signora commissario se contempla la possibilità di una valutazione accurata ed esaustiva del bilancio per la promozione alimentare? E’ in vigore fin dagli anni settanta, risulta molto restrittivo e necessita di una riforma. Non crede poi la signora commissario che, migliorando la competitività del settore alimentare comunitario, l’Unione europea potrà superare la recessione economica?
Seán Kelly (PPE). – (EN) E’ risaputo che il manzo e l’agnello europei rispettano i massimi standard. Quali misure sta eventualmente adottando la Commissione per favorire o esigere l’applicazione di standard simili ad opera dei suoi partner commerciali, soprattutto in Brasile?
Catherine Ashton, membro della Commissione. − (EN) Innanzi tutto, non ho dimestichezza con l’ambito specifico citato dall’onorevole deputato. Mi impegno pertanto a riferirgli in merito per iscritto.
Concordo però appieno sul valore e l’importanza del settore per l’Unione europea e il commercio. Si tratta infatti di un settore su cui dovremo sempre più concentrarci. Lavoro in stretto coordinamento con il commissario, signora Fischer Boel, all’analisi degli accordi commerciali, per garantire che gli aspetti del testo attinenti all’agricoltura costituiscano effettivamente un punto di forza e un’opportunità. Spero che, nel corso dei negoziati, l’onorevole deputato avrà modo di constatare l’importanza che attribuiamo alla questione.
Per quanto attiene al principio di reciprocità, conduciamo le trattative e formiamo i funzionari dei paesi terzi in modo da istruirli sul sistema comunitario e mostrare loro il livello di tutela che l’Unione europea offre ai propri e ai loro consumatori.
Chiediamo inoltre con insistenza che i paesi terzi ottemperino agli obblighi internazionali, con particolare riguardo all’accordo dell’Organizzazione mondiale del commercio sull’applicazione delle misure sanitarie e fitosanitarie, in sede di definizione dei requisiti, che si attengano alle norme internazionali e basino il loro operato su dati scientifici.
Annuncio l’interrogazione n. 29 dell’onorevole Posselt (H-0272/09)
Oggetto: Inquinamento ambientale causato dall'estrazione di lignite nella Repubblica Ceca e nella Germania centrale
Può la Commissione far sapere come giudica l'inquinamento ambientale provocato dall'estrazione a cielo aperto di lignite e dalle centrali a carbone nella Repubblica Ceca e nella Germania centrale e come valuta l'attuazione dei piani di chiusura degli impianti e rispettivamente di rinaturalizzazione del territorio, anche tenendo conto dell'aspetto della sicurezza?
Stavros Dimas, membro della Commissione. − (EL) Signor Presidente, il danno ambientale potenzialmente derivante dall’attività estrattiva e dall’utilizzo della lignite nelle centrali elettriche è una questione già affrontata in modo abbastanza esaustivo dalle normative comunitarie.
In base alla direttiva sui rifiuti minerali, gli impianti preposti allo smaltimento di questi ultimi devono essere in possesso di un’autorizzazione che includa un piano di smaltimento dei rifiuti, nonché un piano per la chiusura e la rimessa in funzione delle infrastrutture eventualmente coinvolte. Devono, inoltre, garantire la copertura dei costi del risanamento del terreno.
La direttiva prevede l’effettuazione di ispezioni da parte delle autorità competenti e obblighi in materia di prevenzione dell’inquinamento dell’acqua, dell’aria e del suolo. La direttiva prevede altresì la creazione di nuovi impianti a partire da maggio 2008. Quelli già esistenti devono ottenere l’autorizzazione prevista dalla direttiva entro maggio 2012.
Gli Stati membri, inoltre, devono redigere, entro il primo semestre del 2012, una lista delle strutture abbandonate o inutilizzate responsabili o potenzialmente responsabili di danni ambientali.
Il quadro normativo dell’Unione europea prevede altre direttive, come ad esempio la direttiva sull’IPCC e la direttiva sui grandi impianti di combustione. Per quanto concerne la responsabilità ambientale, la direttiva sul suolo è sì al vaglio del Consiglio, ma non è stato registrato alcun progresso. Delle direttive summenzionate, la più importante è quella sull’IPCC, in ottemperanza alla quale i grandi impianti di combustione devono ottenere un’autorizzazione in base all’applicazione delle migliori pratiche esistenti.
Al tempo stesso, la direttiva sui grandi impianti di combustione istituisce dei valori limite minimi per le emissioni degli inquinanti atmosferici più pericolosi. Se l’operatività di un impianto viene meno, la direttiva sull’IPCC prevede l’adozione di misure atte a scongiurare il rischio di inquinamento e volte a risanare la zona in questione.
Il suddetto quadro normativo garantisce un livello elevato di tutela ambientale nell’eventualità di danni derivanti dall’impiego di lignite in determinate strutture.
La chiusura degli impianti, invece, verrà sancita in base dell’ottemperanza o meno ai requisiti previsti dalla legge.
Bernd Posselt (PPE). – (DE) La ringrazio per la spiegazione dettagliata che ci ha fornito. Avevo, tuttavia, esplicitamente chiesto delucidazioni in merito alle aree di confine, in altre parole la Germania e la Repubblica ceca, la Germania e la Polonia, la Polonia e la Repubblica ceca. In queste aree la situazione è spesso delicata. Mi premerebbe sapere se esiste, a suo avviso, una cooperazione transfrontaliera sufficiente tra i paesi coinvolti e se la Commissione sta promuovendo l’adozione di misure transfrontaliere in queste aree nel quadro dei programmi regionali.
Stavros Dimas, membro della Commissione. − (EL) Signor Presidente, sì, vi sono svariate fonti di finanziamento sia per la Repubblica ceca, a partire dal 2007, sia per la Germania. Ho, tuttavia, l’obbligo di far presente che, grazie al pacchetto integrato sull’energia e i cambiamenti climatici approvato a dicembre, vi saranno risorse sufficienti provenienti dal programma di scambio dei crediti di emissione. In base all’accordo siglato, per combattere il cambiamento climatico e altre problematiche ad esso relazionate, le emissioni dovranno essere dimezzate.
Gli impianti, soprattutto se esterni e funzionanti a lignite, distruggono l’ambiente e la natura, danneggiando non soltanto il suolo, bensì le risorse idriche a causa sia di altri agenti inquinanti sia in base ai dati in nostro possesso, della generazione di enormi quantità di anidride carbonica. La lignite, da questo punto di vista, è infatti il combustibile più pericoloso. Su una scala da uno a dieci è uno dei combustibili peggiori in termini di emissioni di anidride carbonica. Mi preme sottolineare che si possono ricavare risorse finanziarie anche dallo scambio dei crediti di emissione. In Germania, per esempio, anche in questo preciso istante si stanno scambiando crediti di emissione. Vi sono risorse, di conseguenza, che provengono anche da questa attività. A parte questo, tuttavia, vorrei sottolineare che anche i finanziamenti della Commissione possono contribuire alla riparazione dei danni ambientali derivanti dalle attività estrattive.
I programmi operativi regionali per il periodo 2000-2006 hanno finanziato i progetti volti a risanare le aree colpite pesantemente dall’estrazione della lignite in alcuni Stati federali Germania dell’est, come ad esempio la Sassonia, la Sassonia-Anhalt e la Turingia. Questa forma di sostegno finanziario è stata ribadita anche nei documenti relativi al periodo 2007-2013.
Per quanto concerne la Repubblica ceca, il programma operativo regionale "Europa nord−occidentale" per il periodo 2007-2013 finanzia gli interventi volti a recuperare e risanare i bacini minerari abbandonati. Il programma operativo "Ambiente", inoltre, include fra le sue priorità fondamentali sia il risanamento dei bacini minerari abbandonati sia, ovviamente, la cooperazione non solo tra i singoli paesi, bensì fra le organizzazioni a livello regionale, a beneficio di entrambe le parti.
Presidente. − Le interrogazioni che, per mancanza di tempo, non hanno ricevuto risposta, la riceveranno per iscritto (vedasi allegato).
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13. Ordine del giorno della prossima seduta: vedasi processo verbale