14. Nuova regolamentazione per quanto riguarda i visti per i paesi dei Balcani occidentali (Ex Repubblica jugoslava di Macedonia, Montenegro, Serbia) (discussione)
Presidente. − L'ordine del giorno reca le dichiarazioni del Consiglio e della Commissione sulla nuova regolamentazione per quanto riguarda i visti per i paesi dei Balcani occidentali (Ex Repubblica jugoslava di Macedonia, Montenegro, Serbia).
Cecilia Malmström, presidente in carica del Consiglio. – (SV) Signora Presidente, passo rapidamente a trattare un altro ambito geografico e un altro aspetto sul quale mi soffermo molto volentieri, ossia le prospettive di liberalizzazione dei visti per alcuni paesi dei Balcani. E’ molto positivo che il Parlamento europeo affronti questo tema poco dopo il suo insediamento. Tale tempestività è una riprova dell’importanza che attribuiamo a un avvicinamento dei cittadini dei Balcani occidentali all’Unione europea. Si tratta senz’altro del punto più importante per i cittadini dei Balcani nell’ambito dei loro attuali rapporti con l’UE.
La liberalizzazione dei visti consentirà innanzi tutto alle persone di circolare liberamente in Europa e condurrà alla formazione di società più aperte. Molti abitanti della regione, tra cui in particolare i giovani, non si sono mai recati in Europa occidentale e naturalmente la liberalizzazione dei visti aprirebbe tutta una serie di opportunità di contatto e scambio. Questo è il reale valore aggiunto dell’iniziativa.
Nel 2007, l’UE ha avviato un processo volto a rimuovere l’obbligo di visto per i paesi dei Balcani occidentali. Tale processo si è svolto su due fronti. Da una parte, i paesi in questione hanno dovuto migliorare in maniera significativa l’affidabilità dei documenti d’identità, la legislazione in materia di migrazione, i diritti delle minoranze, nonché la lotta contro la corruzione e il crimine organizzato. Dall’altra, l’UE si era impegnata a offrire in cambio l’eliminazione dei visti d’ingresso. La procedura facilitata di ottenimento del visto è stata introdotta nel gennaio del 2008, a seguito degli impegni assunti negli ambiti menzionati. Tuttavia soltanto una completa liberalizzazione dei visti consentirà di abbattere le barriere economiche e burocratiche conseguenti all’obbligo di visto.
La liberalizzazione dei visti per i cittadini dei Balcani occidentali è un provvedimento importante che rafforzerà i legami tra questa regione e l’Unione europea. Prevediamo che ciò favorirà un atteggiamento filoeuropeista a livello di governi e di popoli della regione, poiché rende tangibili i vantaggi che il processo d’integrazione europeo porta con sé. Un isolamento protratto scatenerebbe al contrario un senso di esclusione, impedirebbe lo scambio di idee e, nella peggiore delle ipotesi, potrebbe alimentare forme di nazionalismo miope.
Ovviamente noi puntiamo verso una direzione diametralmente opposta, nel segno di un’apertura dell’UE, e intendiamo garantire a questi paesi la partecipazione ai programmi comunitari, facilitare i contatti tra le persone e promuovere la crescita e gli scambi sia all’interno dei Balcani occidentali che tra i paesi balcanici e quelli dell’UE. Inoltre, la liberalizzazione dei visti aprirà nuove opportunità per il commercio, l’industria e il trasferimento di know-how, elementi cruciali per mitigare gli effetti della crisi economica.
In ragione di quanto appena enunciato, la proposta presentata dalla Commissione lo scorso 15 luglio va senz’altro vista con favore. E’ stato proposto che inizialmente l’obbligo di visto decada per i cittadini della ex Repubblica jugoslava di Macedonia, del Montenegro e della Serbia che posseggono passaporti biometrici. L’intenzione è di liberalizzare i visti per tali cittadini al 1° gennaio 2010 e di estendere successivamente l’esenzione dal visto agli altri paesi, mano a mano che questi soddisfano i requisiti. Secondo la valutazione della Commissione, la Serbia, il Montenegro e l’ex Repubblica jugoslava di Macedonia già soddisfano in generale i requisiti per la liberalizzazione dei visti. La valutazione di Serbia e Montenegro non si è ancora conclusa e speriamo che entro l’autunno la Commissione ci confermerà che i requisiti sono stati soddisfatti e che possiamo pertanto passare alla fase successiva.
Ritengo opportuno sottolineare che molte delle condizioni da noi imposte per la liberalizzazione, come per esempio la riforma della polizia e la lotta contro la corruzione, saranno utili a questi paesi anche in preparazione dell’adesione all’UE e pertanto è uno sforzo che va a vantaggio di tutti, anche per quanto attiene all’armonizzazione legislativa. Questo è anche un buon esempio di come il principio di condizionalità possa funzionare nei Balcani occidentali.
Albania e Bosnia-Erzegovina non saranno incluse in questa prima decisione sull’esenzione dal visto, ma non per questo sono state dimenticate. So che la questione sta a cuore a numerosi deputati di quest’Aula. E’ solo questione di tempo prima che anche questi paesi riescano a soddisfare i requisiti posti dalla roadmap della Commissione. In vista di una conclusione rapida di questo processo, continuiamo a sostenere con forza l’Albania e la Bosnia-Erzegovina affinché compiano ulteriori progressi negli obiettivi restanti ed è mio auspicio che anche questi paesi possano beneficiare a breve della liberalizzazione dei visti.
L’UE farà tutto il possibile per affiancare questi due paesi nei loro sforzi verso il raggiungimento degli obiettivi stabiliti, in particolare per quanto attiene allo stato di diritto.
In relazione al Kosovo, la proposta della Commissione non prevede alcun cambiamento e il visto continuerà ad essere richiesto, per il momento. In futuro valuteremo come estendere questo provvedimento e conferire ai cittadini del Kosovo i medesimi diritti degli altri abitanti della regione. Siamo in attesa di una comunicazione da parte della Commissione, nel mese di ottobre, contenente suggerimenti per approfondire la cooperazione e i contatti con il Kosovo.
Il Consiglio ha appena avviato la discussione sulla proposta della Commissione, comunque la Presidenza si adopererà con impegno affinché si giunga a un consenso entro tempi brevi. Siamo compiaciuti del vivo interesse dimostrato dal Parlamento europeo per questa proposta e delle discussioni preliminari che hanno avuto luogo in seno alle vostre commissioni. Considerata l’enorme valenza politica di questa proposta, sono persuasa che puntiamo tutti al medesimo obiettivo di una conclusione rapida e soddisfacente di questo processo, affinché la liberalizzazione dei visti possa diventare quanto prima una realtà.
Jacques Barrot, vicepresidente della Commissione. − (FR) Signora Presidente, desidero ringraziare il ministro, signora Malmström, per le sue parole, che tenterò di confermare a nome della Commissione.
Il 15 luglio la Commissione ha proposto l’abolizione dei visti per soggiorni brevi per i cittadini della Ex Repubblica jugoslava di Macedonia, del Montenegro e della Serbia. Come ha lei stessa sottolineato, signora Ministro, questo è senz’altro un momento storico nei nostri rapporti con i Balcani occidentali.
La proposta di abolizione dei visti è motivata dai progressi compiuti negli ultimi sei anni nell’ambito della giustizia e degli affari interni, in sintonia con gli impegni assunti a Salonicco nel 2003.
La proposta della Commissione è stata presentata al Consiglio. Gli Stati membri condividono l’impostazione adottata dalla Commissione e confermano la loro intenzione di lavorare in stretta collaborazione con il Parlamento in vista dell’adozione formale del testo durante la Presidenza svedese.
Ringrazio il Parlamento europeo per la nomina dei relatori in seno alla commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni e la definizione di un calendario indicativo che prevede la presentazione della relazione a fine settembre e la votazione, in seno alla commissione e in plenaria, nei mesi di ottobre e novembre. Obiettivo ultimo è l’esenzione dal visto per i cittadini di Macedonia, Serbia e Montenegro a partire dal 1° gennaio 2010.
La proposta della Commissione si basa sui risultati del dialogo avviato nel primo semestre del 2008 con i cinque paesi dei Balcani occidentali. Sono state definite delle roadmap con requisiti che comportano l’adozione di riforme strutturali negli ambiti chiave della giustizia, della libertà e della sicurezza. Per i paesi della regione questo processo è equivalso a un forte incoraggiamento a procedere lungo il cammino delle riforme, in particolare per quanto concerne l’affidabilità dei documenti di riconoscimento, con l’introduzione di passaporti e carte d’identità biometrici per la gestione alle frontiere e le politiche globali in materia di migrazione, nonché per le politiche d’ordine pubblico e di sicurezza, per la lotta contro la criminalità organizzata, la corruzione, la tratta di esseri umani e ovviamente i diritti fondamentali, comprese le questioni attinenti alla cittadinanza.
Sulla base delle nostre analisi possiamo affermare che la ex Repubblica jugoslava di Macedonia ottempera a tutti i requisiti della roadmap.
Montenegro e Serbia hanno compiuto notevoli progressi. Tuttavia, per quanto concerne la Serbia, rimane aperta la questione relativa alla verifica dei documenti d’identità presentati dai residenti del Kosovo e all’emissione di passaporti biometrici serbi alle persone originarie del Kosovo che risiedono all’estero.
Un’altra condizione imposta alla Serbia riguarda la gestione delle frontiere con il Kosovo e la cooperazione con EULEX, nonché l’elaborazione di una strategia nazionale in materia di migrazione.
Il Montenegro deve trovare una soluzione sostenibile per gli sfollati interni. Non sono stati ancora adottati i provvedimenti volti a garantire l’esecuzione della legge sugli stranieri e il rafforzamento della capacità amministrativa in vista di una più efficace lotta contro la corruzione e il crimine organizzato.
Questa è la situazione dei tre paesi in oggetto.
Nonostante i progressi molto importanti registrati negli ultimi mesi, Bosnia e Albania non sono ancora riuscite a completare le riforme richieste dalle rispettive roadmap per l’abolizione dei visti. Sulla base della propria valutazione e in risposta all’invito formulato dal Consiglio “Affari generali” lo scorso giugno, la Commissione ha pertanto proposto l’abolizione del visto per i cittadini di Macedonia, Montenegro e Serbia. Nel caso della Serbia, la liberalizzazione non comprenderà i residenti del Kosovo o le persone originarie del Kosovo che risiedono all’estero e detengono un passaporto serbo emesso da un’autorità centrale di Belgrado, per i quali permarrà l’obbligo di visto. Dal 1999 la Serbia non è infatti in grado di garantire la verifica dei documenti d’identità dei cittadini del Kosovo. La Commissione ha tenuto conto del rischio alla sicurezza che questa categoria di cittadini rappresenta per la Comunità e del fatto che non è ancora stato avviato un dialogo con il Kosovo in materia di liberalizzazione dei visti.
Pertanto la decisione di includere alcuni paesi e non altri nell’esenzione dal visto è basata su una valutazione dei meriti propri di ciascun paese.
Per quanto concerne la Serbia e il Montenegro, seguiremo con attenzione i provvedimenti adottati da questi due paesi al fine di ottemperare a tutti i criteri. In relazione ai progressi compiuti da Albania e Bosnia-Erzegovina, la Commissione è persuasa che entrambi i paesi saranno in grado di soddisfare tutti i requisiti entro breve. In ottobre, le autorità dei due paesi inoltreranno alla Commissione alcune informazioni supplementari sui progressi compiuti nel corso degli ultimi mesi. Sulla scorta di tali informazioni, organizzeremo delle missioni di valutazione all’inizio del prossimo anno e successivamente la Commissione elaborerà nuove relazioni di valutazione che saranno discusse con gli Stati membri. Alla fine di questo processo, la Commissione spera di riuscire a proporre l’abolizione dei visti nel 2010.
In ossequio alle procedure in essere, la proposta sarà discussa dal Consiglio, mentre il Parlamento formulerà un parere in merito. L’adozione formale del testo da parte della maggioranza dei paesi Schengen è prevista nel corso della Presidenza svedese; ciò consentirà di procedere effettivamente all’abolizione dei visti per i cittadini di questi tre paesi a partire dal gennaio 2010. Come la signora ministro ha giustamente evocato, si apre così la possibilità, in particolare per le nuove generazioni di questi paesi balcanici, di un inserimento, di un’integrazione molto più profonda con il contesto europeo e riteniamo che ciò potrà rivelarsi estremamente proficuo, sia per tali paesi che per la nostra Europa.
E con questo concludo dopo aver aggiunto queste precisazioni al seguito delle eccellenti osservazioni formulate dalla Presidenza.
Manfred Weber, a nome del gruppo PPE. – (DE) Signora Presidente, signora Presidente in carica del Consiglio, signor Commissario, i Balcani occidentali hanno bisogno dell’Europa e noi europei abbiamo bisogno di stabilità nei Balcani occidentali. I Balcani occidentali sono una parte centrale dell’Europa e dobbiamo fare tutto il possibile per riportare questa parte in seno all’Europa. Le proposte avanzate sono pertanto corrette.
Le condizioni di vita in quest’area sono già state descritte; le code infinite e deprimenti di fronte allo sportello per l’emissione dei visti, i giovani senza possibilità di presentare domanda e lasciare il paese per avere un assaggio della vita in Europa. Molte persone percepiscono questi luoghi come una prigione in cui è precluso loro qualsiasi contatto con il mondo esterno. Tutti noi vogliamo porre fine a questo stato di cose e nel mio gruppo sono in particolare gli onorevoli Pack, Bildt e Posselt a lavorare alacremente su questo tema. E noi tutti condividiamo tale impegno.
Siamo preoccupati che un trattamento differenziato dei diversi Stati della regione possa causare movimenti separatisti, la creazione di classi di cittadini diverse nei Balcani occidentali che causerebbe senz’altro dei problemi. Ma nel contempo i cittadini dell’Unione europea vogliono sicurezza. E pertanto i requisiti che ha descritto oggi il commissario Barrot – i requisiti minimi in materia di sicurezza per la collaborazione tra forze di polizia, la lotta contro l’immigrazione clandestina, l’emigrazione economica e i dati biometrici – rappresentano le regole del gioco convenute. I nostri cittadini si aspettano che tali regole siano rispettate.
Detto ciò, passo al mio secondo punto; le considerazioni di politica estera non devono interferire nella questione della liberalizzazione dei visti. Non dobbiamo lasciare mano libera a questi paesi. Le regole del gioco sono chiare e chi le rispetta ha tutte le probabilità di vedersi esentato dal visto. Non possiamo allentare la pressione sugli Stati che finora non sono stati in grado di migliorare i propri standard, nonostante gli aiuti UE.
Questi sono i due aspetti che il gruppo del Partito popolare europeo (Democratici-cristiani) considera essenziali. Abbiamo fiducia nella valutazione effettuata dalla Commissione europea e possiamo pertanto avallare l’iniziativa proposta.
Kristian Vigenin, a nome del gruppo S&D. – (BG) Signora Presidente, signora Presidente in carica del Consiglio, signor Commissario, noi sosteniamo senz’altro le proposte della Commissione che rappresentano un passo cruciale per i tre paesi della regione menzionata che dal 1° gennaio 2010 usufruiranno dell’esenzione dai visti.
Io stesso sono di un paese e di una generazione che ha accolto con entusiasmo l’abolizione del regime dei visti prima che la Bulgaria diventasse membro dell’Unione europea. Direi che questo è il primo e più significativo segnale che le cose si stanno muovendo nella direzione giusta e che un giorno la stazione d’arrivo per questi paesi sarà l’Unione europea.
Nel contempo non posso esimermi dall’esprimere una certa costernazione per il modo eccessivamente burocratico con cui la Commissione ha affrontato la questione. Seppure sia innegabile l’importanza degli aspetti tecnici, nel senso che i requisiti devono essere rispettati e i paesi devono soddisfare determinate condizioni prima di aderire all’Unione europea e di ottenere l’esenzione dal visto per i viaggi, la decisione della Commissione di escludere l’Albania e la Bosnia-Erzegovina risulta difficile da comprendere, sotto taluni punti di vista. Essa ignora infatti la delicatezza della questione per la regione e sottovaluta le ripercussioni che potrebbe avere sullo sviluppo futuro dei rapporti tra i paesi dei Balcani occidentali, nonché la possibile reazione della popolazione di questi Stati alla decisione assunta dalla Commissione.
Crediamo pertanto che la decisione della Commissione europea dovrebbe essere modificata per includere anche l’Albania e la Bosnia-Erzegovina, con un calendario definito per l’eventuale inclusione di questi due paesi nel regime di liberalizzazione dei visti, ferma restando la necessità di ottemperare a requisiti specifici.
In questo contesto, la questione diventa particolarmente delicata in relazione alla popolazione del Kosovo. Vorremmo sapere dalla Commissione europea quando intende avviare un dialogo sui visti con il Kosovo e se ha considerato le ripercussioni che un eventuale ritardo nell’apertura di questo dialogo potrebbe avere sulla stabilità del Kosovo.
Sarah Ludford , a nome del gruppo ALDE. – (EN) Signora Presidente, il gruppo dell’Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa è pienamente convinta e sostiene con coerenza l’adesione all’Unione europea per tutti i paesi dei Balcani occidentali. Il nostro obiettivo è preparare i cittadini di tali paesi ad entrare in un’area di libera circolazione, che condivide un mercato unico e valori comuni.
La libertà di effettuare viaggi di breve durata rientra pienamente nella preparazione di tale progetto. Visto che Commissione e Consiglio naturalmente condividono questo obiettivo, mi domando perché mai la Commissione abbia avanzato una proposta così inopportuna e foriera di divisioni.
Il gruppo liberale non intende certo compromettere gli sforzi tesi a ottenere standard elevati in materia di sicurezza per i passaporti e le frontiere, nonché lo stato di diritto in generale, ma tale azione dev’essere condotta in modo trasparente, coerente ed efficace. Ciò non toglie che esistano, al momento, anomalie: la Serbia e il Montenegro, per esempio, erano state incluse nella proposta di luglio seppure a tale data non soddisfacessero i requisiti necessari, e dovranno attivarsi in tal senso in futuro. C’è inoltre il requisito relativo ai passaporti biometrici, dei quali la Bosnia, in ogni caso, ha già emesso 40 000 esemplari, ma i croati, che da qualche tempo hanno la possibilità di viaggiare anche senza visto, non ne hanno bisogno.
Sosteniamo che l’accordo di stabilizzazione e associazione della Serbia non può progredire fintantoché Mladić è latitante, poiché ciò dimostra mancanza di controllo sui servizi di sicurezza; per le deroghe ai visti, in ogni caso, è necessario ottemperare ai requisiti del Blocco 3: ordine pubblico e sicurezza. E’ chiaro quindi che ci troviamo davanti a una contraddizione.
Affinché Bosnia e Albania soddisfino i requisiti necessari, bisognerebbe includere questi paesi nell’ambito giuridico della normativa proposta, ma l’effettiva esenzione dall’obbligo del visto dovrebbe essere soggetta a una dichiarazione di conformità della Commissione, simile a quella che la Commissione dovrà presentare quest’autunno per Serbia e Montenegro. Il processo sarà esattamente identico, seppure avverrà in un momento successivo.
Il posticipo della procedura per Bosnia e Albania e la completa esclusione del Kosovo creeranno fratture, con conseguenze decisamente negative e scatenerà la ricerca di passaporti croati e serbi o, nel caso dei kosovari, di passaporti macedoni, minando così l’integrità e l’autorità del governo bosniaco e di quello kosovaro in particolare. Dubito che Commissione e Consiglio intendano davvero percorrere questa via palesemente controproducente.
Marije Cornelissen, a nome del gruppo Verts/ALE. – (EN) Signora Presidente, sono favorevole alla liberalizzazione dei visti e della proposta di vincolarla a determinati criteri, ma sono soprattutto a favore della pace e della stabilità nei Balcani occidentali.
Come pensate si sentiranno i musulmani bosniaci, i giovani, in particolar modo, a vedere i loro vicini croati e serbo-bosniaci con doppio passaporto andare e venire dall’Unione europea per un fine settimana? Siete veramente certi di voler cogliere questa occasione per fomentare il nazionalismo e inasprire le divisioni in un paese in cui la stabilità è ancora talmente fragile? E a quale scopo, poi? Il ritardo della Bosnia-Erzegovina nell’allinearsi ai criteri previsti non è poi tanto maggiore rispetto alla Serbia: entrambi i paesi stanno già approntando passaporti biometrici e hanno compiuto pressocché gli stessi progressi sugli altri criteri.
Insisto pertanto affinché la Bosnia-Erzegovina venga inclusa nella proposta attuale per il bene dei cittadini di questo paese, che si stanno impegnando per un futuro migliore, con i ricordi della guerra ancora fin troppo vividi nella memoria.
Ryszard Czarnecki, a nome del gruppo ECR. – (PL) Sono davvero lieto per le parole pronunciate oggi a nome del Consiglio dalla nostra ex collega e ministro, signora Malmström. Quest’Aula è più povera da quando lei manca, in compenso la Presidenza svedese ci ha senz’altro guadagnato. Vorrei ringraziarla per il suo intervento con un “tack” svedese – ovvero “grazie” – che casualmente nella mia lingua, il polacco, è omofono di “sì” e quanto mai appropriato, poiché concordo pienamente con quanto lei ha detto oggi a nome del Consiglio, seppure abbia alcune osservazioni minori ma importanti da formulare.
Innanzi tutto non voglio che questa iniziativa opportuna del Consiglio, sostenuta dalla Commissione, diventi, in parole povere, una sorta di alternativa all’adesione in tempi brevi di Serbia, Macedonia e Montenegro all’Unione europea. Questo è ciò a cui aspirano – e che meritano – le società di questi paesi. Non credo che dovremmo sostituire la prospettiva di una loro adesione all’Unione europea tramite una procedura veloce con l’abolizione dei visti.
Inoltre ritengo che anche i cittadini di Bosnia-Erzegovina, Albania e Kosovo meritino di ottenere a breve l’esenzione dai visti per i soggiorni brevi. In questo senso, dobbiamo continuare a offrire loro una prospettiva europea concreta.
Nikolaos Chountis, a nome del gruppo GUE/NGL. – (EL) Signora Presidente, il gruppo confederale della Sinistra unitaria europea/Sinistra verde nordica ritiene che la proposta della Commissione di esenzione dall’obbligo del visto per i cittadini di Serbia, Montenegro e Macedonia in possesso di passaporti biometrici sia un passo nella direzione giusta che conferma l’impegno dell’Unione europea nei confronti dei cittadini di questa regione e consente loro di programmare viaggi e spostarsi nel resto d’Europa senza la necessità di alcun visto.
Voglio sottolineare che quando parliamo dei Balcani occidentali, ci riferiamo a un’area traumatizzata che ha vissuto di recente una guerra e un conflitto civile di cui sono responsabili l’Unione europea ed alcuni dei suoi Stati membri. Le ferite in questa regione stanno cominciando lentamente a rimarginarsi. A nostro avviso, l’esenzione dal visto per i cittadini di tutti i paesi dei Balcani occidentali è un passo molto importante che offre loro l’opportunità di comunicare con i popoli del resto d’Europa.
Nel contempo devo sottolineare le condizioni che, se ho capito correttamente, introducono un margine di incertezza in relazione all’approvazione, da parte del Consiglio, dell’esenzione per il Montenegro e la Serbia il prossimo ottobre.
Tra gli esclusi si annovererebbe il Kosovo che, a meno di sbagliarmi, è soggetto alla risoluzione n. 1244 del Consiglio di sicurezza, e la minoranza serba che vive in uno stato di detenzione rurale all’interno di prigioni geografiche, cui in pratica rifiutiamo la possibilità di una libera comunicazione. Una doppia maledizione: non solo vietiamo loro di spostarsi all’interno del loro paese, ma proibiamo loro anche di recarsi nei paesi dell’Unione europea.
Inoltre ho numerose riserve sul fatto che taluni prerequisiti imposti alla Serbia e al Montenegro siano effettivamente pertinenti a questo aspetto specifico e non siano invece strumentali ad altre finalità politiche. Ritengo che in ottobre dovreste tentare di abolire l’obbligo di visto anche per gli abitanti di Montenegro e Serbia, nonché per tutti gli altri paesi dei Balcani occidentali.
Athanasios Plevris, a nome del gruppo EFD. – (EL) Signora Presidente, la pace e la stabilità nei Balcani occidentali sono innanzi tutto e senz’altro nell’interesse di tutta Europa e vieppiù nell’interesse della Grecia, da cui provengo, che confina con alcuni di questi Stati. Dal nostro punto di vista, la direzione intrapresa è quella giusta.
Tuttavia vorrei menzionare il caso speciale della FYROM. Il governo di Skopje nutre un atteggiamento estremamente nazionalista nei confronti di uno Stato membro dell’Unione europea, ossia la Grecia, laddove divulga carte topografiche in cui è marcata come occupata una parte della Grecia che comprende la Macedonia, Salonicco e svariate altre cittadine, in pratica diffondendo così il concetto che queste terre, teoricamente occupate dalla Grecia, andrebbero liberate.
Non intendo soffermarmi sulla questione del nome, cui voi siete probabilmente indifferenti, anche se i greci sono molto risentiti per questo nome rubato. Ad ogni modo penso possiate capire che non è possibile ritornare al nazionalismo e all’istigazione al nazionalismo in questi paesi a scapito di un altro Stato membro dell’Unione europea.
Andreas Mölzer (NI). – (DE) Signora Presidente, l’abolizione dell’obbligo di visto per Serbia, Macedonia e Montenegro dimostra che le riforme avviate in tali paesi cominciano a dare frutto. A dieci anni dalla fine del conflitto, le divisioni nei Balcani rimangono profonde e sotto la superficie si percepiscono ancora le tensioni. Chiaramente ciò è dovuto al fatto che Albania, Kosovo e Bosnia si sentono penalizzate per essere state temporaneamente escluse. Nei Balcani si preferisce coltivare antichi rancori anziché interrogarsi sui successi conseguiti dai paesi limitrofi e su come si può progredire per guadagnarsi l’esenzione dal visto. La Serbia dovrebbe essere riconosciuta a breve come paese candidato all’adesione, poiché si sta dimostrando sotto molti aspetti matura per entrare in Europa.
Tuttavia le ferite non sono affatto rimarginate e ogni iniziativa dell’UE viene valutata sotto questa luce. E’ importante comunicare meglio i motivi delle nostre decisioni e spiegare ad Albania, Kosovo e Bosnia che devono compiere ancora sforzi sostanziali per avvicinarsi all’Europa. Il mantenimento della pace nei Balcani, alle soglie dell’UE, è molto più importante dell’adesione della Turchia, fortemente voluta da alcuni gruppi.
Anna Maria Corazza Bildt (PPE). – Signora Presidente, oggi il gruppo del Partito Popolare Europeo vuole dire ai cittadini di Bosnia, Albania e Serbia che non li abbiamo dimenticati né abbandonati e, in modo particolare agli abitanti di Sarajevo, che comprendiamo la loro frustrazione. Al contempo, vogliamo altresì rassicurare i cittadini dell’Unione dicendo che non intendiamo accettare deroghe ai parametri esistenti: per tutti devono valere le stesse regole. Abbiamo a cuore la vostra sicurezza.
Invitiamo le autorità della Bosnia-Erzegovina ad assumersi le proprie responsabilità, a fare ordine in casa propria e a svolgere i compiti che sono stati loro assegnati. Apprezziamo i progressi compiuti recentemente e chiederemo alla Commissione di continuare a sostenere i loro sforzi, ma se c’è una cosa che ho imparato durante i sei anni di guerra e pace nei Balcani – e vi posso assicurare che si tratta di una questione che mi sta particolarmente a cuore – è che il vittimismo, il gioco dello scarica barile e i tentativi di addossare la colpa a possibili capri espiatori sono ormai solo un ricordo.
E’ una questione che riguarda l’integrazione europea. Dobbiamo considerarla da un punto di vista europeo e, come ha dichiarato l’onorevole Malmström, il modo migliore per compiere la svolta necessaria, mettere da parte dipendenza e vittimismo e prendere in mano il destino del paese, è avviare l’irrinunciabile riforma dei visti.
Mi auguro che concorderemo tutti sulla necessità di inviare alle autorità della regione un chiaro messaggio, ossia che siamo pronti a fornire il sostegno di cui necessitano, ma non a spese della sicurezza dei nostri cittadini ed essi devono pertanto assumersi la loro parte di responsabilità.
Credo che la proposta della Commissione meriti il nostro sostegno e a coloro che temono eventuali conseguenze destabilizzanti, dico che sarà l’integrazione europea a garantire la stabilità. Mi rammarica sapere che Zagabria e Belgrado emettono passaporti e dovremmo senz’altro tentare di porre un freno per quanto possibile, ma non possiamo applicare regole diverse ai cittadini bosniaci: andrebbe contro il loro stesso interesse.
Non ci resta che fare la nostra parte, in seno a questo Parlamento, per accelerare il processo e pervenire a una decisione, nonché elaborare una politica che permetta al Consiglio di prendere una decisione entro l’anno.
Tanja Fajon (S&D). – (SL) Come forse sapete, sono relatrice in seno alla commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni per quanto concerne la liberalizzazione dei visti per i paesi dei Balcani occidentali.
In luglio, la Commissione europea ci ha trasmesso una proposta in cui suggeriva l’abolizione dell’obbligo di visto per i cittadini di Serbia, Macedonia e Montenegro. La Macedonia già ottempera alle condizioni poste, mentre Montenegro e Serbia sono state invitate a soddisfare i requisiti restanti entro il più breve tempo possibile.
Ho accolto favorevolmente la proposta della Commissione e comprendo l’impegno richiesto da questa iniziativa, tuttavia sono delusa dal fatto che il presente documento abbia omesso completamente gli altri paesi, senza fornire loro neppure un calendario di massima.
Bosnia-Erzegovina e Albania si stanno avvalendo di una roadmap precisa per l’esenzione dal visto e si rendono conto della necessità di soddisfare tutti i requisiti al fine di conseguire tale esenzione. La Bosnia-Erzegovina in particolare ha compiuto significativi progressi su questo fronte durante l’estate, a giudicare dalle osservazioni di organizzazioni indipendenti.
La decisione di escludere la Bosnia-Erzegovina e l’Albania dall’elenco dei paesi è motivata essenzialmente da considerazioni di tipo tecnico. Siamo perfettamente consci che anche le migliori decisioni tecniche possono avere importanti ripercussioni politiche. Il fatto è che sono stati i bosniaci a rimanere esclusi dal processo di liberalizzazione dei visti.
Dobbiamo assumerci la nostra parte di responsabilità politica per la realizzazione di questo processo che è cruciale per la pace e la stabilità nei Balcani occidentali. Dobbiamo cominciare immediatamente a riflettere anche sulla possibilità di avviare una discussione sul visto con il Kosovo, in quanto ciò faciliterebbe il progresso nelle riforme strutturali.
Onorevoli deputati, non dobbiamo osteggiare l’esenzione dal visto per i paesi dei Balcani occidentali che coltivano una evidente prospettiva europea. La liberalizzazione dei visti nei Balcani occidentali non può essere trattata alla stregua di un puzzle con cui dilettarsi. Qui stiamo parlando di persone, della loro qualità di vita e della loro mobilità, nonché della possibilità di promuovere la più stretta collaborazione possibile, anche in ambito economico.
Jelko Kacin (ALDE). – (SL) Mi complimento con la Macedonia e auspico che anche Montenegro e Serbia riescano a raggiungere il medesimo punto. I vantaggi si farebbero sentire sia nei tre paesi che in tutti i Balcani occidentali in genere.
Mi rammarico tuttavia che la Bosnia sia stata esclusa dall’elenco. Gli sforzi compiuti in relazione alla Bosnia sono stati insufficienti o con risultati insoddisfacenti e mi riferisco sia agli sforzi dell’UE che a quelli delle autorità bosniache. Il maggiore ostacolo al progresso della Bosnia è la mentalità, il sentimento d’impotenza che paralizza le persone e le istituzioni locali. I bosniaci sono gli unici in Bosnia a non essere stati autorizzati a viaggiare liberamente in Europa. Non hanno un secondo Stato cui rivolgersi e per questo sono stati ghettizzati. Sono gli unici a non poter nutrire il sogno di una doppia cittadinanza. E’ umiliante. Si sentono ignorati, sminuiti e puniti dall’Unione europea.
Dobbiamo fornire assistenza politica allo Stato della Bosnia-Erzegovina affinché esso possa prendersi cura di se stesso e dei propri cittadini. L’Unione europea è in parte responsabile della situazione in Bosnia e della stabilità della regione. Tale responsabilità ricade su Consiglio, Commissione e Parlamento.
La Bosnia è prossima a ottenere la liberalizzazione dei visti. L’unico problema rimasto è nella mente delle persone, nella loro e nella nostra. Si sta ergendo un muro tra noi e loro, un muro più alto del muro di Berlino. Dobbiamo demolire quel muro e aiutare la Bosnia a ottenere l’abolizione dei visti adesso, il prima possibile, nell’ambito del medesimo provvedimento che concerne gli altri tre paesi della regione.
Ulrike Lunacek (Verts/ALE). - (DE) Signora Presidente, signora Ministro, signor Commissario, il gruppo Verde plaude ovviamente alla liberalizzazione dei visti per Montenegro, Macedonia e Serbia. Si tratta di un traguardo per il quale io stessa mi sono battuta con convinzione negli ultimi anni quando ero ancora deputata al parlamento austriaco. E’ un passo importante verso la realizzazione del sogno di un’Europa unita e pacifica.
Ma questo passo che ci accingiamo a compiere è spesso molto accidentato. Esso susciterà, in particolare presso i cittadini musulmani della Bosnia, la sensazione di essere stati discriminati. Tale sensazione, in effetti, è insorta nel momento stesso in cui avete annunciato che ci sarebbe stata la liberalizzazione per gli altri Stati. Le vostre argomentazioni riguardano condizioni tecniche che la Bosnia-Erzegovina non ha ancora soddisfatto. Ma in questo frangente sembrate dimenticare che anche negli altri Stati per i quali è prevista la liberalizzazione continuano a persistere alcuni problemi. La Bosnia ha già emesso 40 000 passaporti biometrici, ha già varato – a differenza di altri Stati –un regolamento per gli sfollati interni e ha istituito un’agenzia anti-corruzione che, tanto per fare un esempio, non esiste ancora in Serbia.
Ho l’impressione che qui entri in gioco anche una discriminazione politica assai pericolosa, a mio parere, per la pace della regione e per una Bosnia-Erzegovina multietnica. Volendo essere ancora più esplicita direi che con questa iniziativa sussiste il pericolo di una formalizzazione di alcune linee di demarcazione etnica. Vi invito pertanto a definire un pacchetto comune in cui siano incluse anche la Bosnia-Erzegovina e l’Albania e ad avviare un dialogo sui visti con il Kosovo.
Fiorello Provera (EFD). –Signora Presidente, onorevoli colleghi, alcune aree dei Balcani sono ancora oggi instabili e vie di comunicazione per traffici illegali sotto il controllo della criminalità organizzata. Particolarmente grave è il traffico di esseri umani che comporta spesso lo sfruttamento attraverso il lavoro nero o la prostituzione.
La liberalizzazione dei visti deve essere quindi accompagnata dalla rigorosa applicazione di norme di sicurezza, una delle quali è costituita dall'introduzione del passaporto biometrico. A quanto risulta, l'Albania e Bosnia-Erzegovina non hanno ancora completamente attuato queste misure tecniche. È fondamentale dunque che nei confronti di questi due paesi non vi sia la liberalizzazione dei visti fino a quando non vi sarà una piena collaborazione da parte dei governi e l'attuazione delle misure tecniche che garantiscano l'identità dei soggetti interessati. Mancanza di requisiti a mio parere non significa discriminazione.
George Becali (NI). – (RO) Sono compiaciuto di discutere oggi l’esenzione dai visti per alcuni paesi balcanici e vorrei anche spiegarvene il motivo: i miei nonni sono nati in Macedonia, mio padre in Albania, mia nonna in Grecia e mia madre in Bulgaria, mentre io sono nato in Romania. Oggi mi trovo qui, grazie a Dio, e ho l’opportunità di domandare al commissario Rehn se sarà possibile revocare l’obbligo di visto per l’Albania entro la metà del 2010, come è stato promesso. E’ una domanda cui vorrei ottenere una risposta perché tocca le mie emozioni, le mie relazioni, la mia famiglia e le mie radici che, per volontà del Signore, si estendono attraverso pressoché tutti i Balcani.
Doris Pack (PPE). – (DE) Signora Presidente, Ministro Malmström, signor Commissario, onorevoli colleghi, ci siamo rallegrati tutti per la proposta di liberalizzazione dei visti. Questo Parlamento si sta battendo da diverso tempo per questo traguardo e adesso si sta aprendo uno spiraglio. Ma non basta. Ritengo che a giugno sia stata scelta una formulazione errata del testo. Come abbiamo sentito, esistono tuttora problemi in Serbia e in Montenegro. Perché non sono state dunque incluse anche l’Albania e la Bosnia nel documento, precisando che anche in tali paesi permangono alcuni problemi che devono essere risolti? Avremmo evitato di causare inutili danni.
Resta un dato di fatto che i politici della Bosnia-Erzegovina non sono particolarmente interessati a migliorare la situazione, sotto svariati aspetti penosa, in cui versano i loro concittadini. Perché mai dovrebbero farlo? Loro stessi hanno un impiego, possono viaggiare e sprecano il tempo in oziose dispute nazionalistiche anziché adoperarsi per la creazione di un sistema scolastico adeguato, di buone infrastrutture e di una sanità pubblica soddisfacente. Non si sono neppure preoccupati dei benchmark posti per la liberalizzazione dei visti. L’esenzione dai visti equivarrebbe a una boccata d’aria fresca nella stantia atmosfera nazionalistica della Bosnia-Erzegovina e potrebbe finalmente infondere speranza nelle nuove generazioni.
In seguito alla comunicazione della valutazione condotta dalla Commissione, in Bosnia-Erzegovina sono stati adottati provvedimenti per la lotta alla corruzione e sono state varate alcune leggi indispensabili, sicché in autunno potranno essere soddisfatti i requisiti tecnici previsti. Ma qui non entrano in gioco soltanto gli aspetti tecnici, stiamo parlando anche dell’aspetto politico della questione. Mi rendo conto che il problema riguarda i passaporti biometrici, emessi soltanto in numero ridotto. Rivolgo pertanto un appello alla Commissione e anche ad alcuni Stati membri a collaborare all’emissione dei passaporti biometrici. L’assistenza tecnica assume in questo caso un’importanza cruciale.
Il Consiglio, la Commissione e i politici locali devono impegnarsi affinché la divisione etnica del paese non diventi ancora più profonda. Negare la liberalizzazione dei visti alla Bosnia-Erzegovina avrebbe per effetto una ghettizzazione dei musulmani, mentre i croati e i serbi manterrebbero una via di fuga dal paese. Il passaporto bosniaco – in genere il passaporto identifica con certezza una nazione – diventa agli occhi del suo titolare un pezzo di carta inutile, se non può aprire la porta dell’UE.
Chiedo alla Commissione e al Consiglio di aiutare questi paesi. L’Albania ce la farà; ha un nuovo governo e se la caverà. Anche il Kosovo può farcela, se tutti danno una mano. Potete contare sul nostro appoggio. Non si tratta di chiudere un occhio, quanto piuttosto di adottare anche criteri politici oltre a quelli di polizia.
Monika Flašíková Beňová (S&D). – (SK) La liberalizzazione della politica dei visti nei Balcani occidentali è una questione altamente sensibile sia in termini politici che umani per i cittadini di questi paesi e di questa regione. Al momento ci stiamo occupando di Montenegro, Macedonia e Serbia e questo è molto importante in una prospettiva storica, ma dobbiamo guardarci dall’introdurre in maniera duratura un sistema a due velocità nei Balcani occidentali e in particolare dobbiamo includere quanto prima in questo processo la Bosnia-Erzegovina , oltre che ovviamente l’Albania.
I Balcani occidentali hanno stretti legami geografici, culturali e storici con l’Unione europea e i nostri Stati membri e, nonostante gli eventi estremamente turbolenti che hanno segnato la regione in epoca recente, bisogna riconoscere che le riforme e le nostre aspettative si stanno gradualmente realizzando e che i responsabili politici di questi paesi si stanno realmente impegnando per venire incontro alle nostre richieste.
Con questo intervento vorrei invitare il Consiglio e la Commissione, ma anche tutti i deputati al Parlamento europeo, a sostenere i leader politici di questi Stati nello sforzo comune teso a fornire loro l’assistenza necessaria nelle questioni rimaste tuttora irrisolte. Non dobbiamo dimenticare che i paesi dei Balcani occidentali rivestono per noi una grande importanza geopolitica per svariati motivi.
Mentre la Serbia e il Montenegro stanno facendo i conti con importanti criticità interne che noi tutti auspichiamo riusciranno a risolvere, vorrei ribadire l’opportunità di stabilire tempestivamente una data anche per i paesi rimasti esclusi da questo processo, ovvero la Bosnia-Erzegovina e l’Albania.
Gerard Batten (EFD). – (EN) Signora Presidente, le misure di cui stiamo discutendo consentono ai cittadini di Serbia, Montenegro e Macedonia di accedere senza visto a partire da gennaio 2010 agli Stati membri che aderiscono all’accordo di Schengen. La Commissione prevede di estendere tale possibilità anche all’Albania e alla Bosnia-Erzegovina possibilmente a partire da metà 2010. In tal modo, nel giro di 12 mesi, ulteriori 20,7 milioni di persone avrebbero libero accesso all’Unione europea.
Dal momento che il Regno Unito non aderisce a Schengen, in teoria tale evoluzione non dovrebbe riguardare questo paese, ma in pratica non sarebbe così: concedere a milioni di persone provenienti da alcuni dei paesi più poveri e corrotti d’Europa di entrare nell’Unione europea significherà eliminare la prima barriera all’ingresso illegale in territorio britannico. Questi paesi finiranno comunque per diventare membri dell’UE a tutti gli effetti, con pieno e legale accesso agli altri Stati UE. Tali misure minano ulteriormente la capacità del Regno Unito di controllare le proprie frontiere e costituiscono l’ennesima ragione per cui il mio paese dovrebbe uscire dall’Unione europea.
Dimitar Stoyanov (NI). – (BG) Signora Presidente, conosciamo tutti perfettamente i vantaggi e gli svantaggi della libera circolazione, ma vi inviterei a guardare la questione sotto un altro punto di vista. I tre paesi menzionati soddisfano effettivamente i criteri fondamentali necessari a ottenere tale privilegio tramite l’esenzione dai visti?
La minoranza bulgara in Serbia viene calpestata e discriminata da quasi un secolo mentre la Macedonia ha perseguito sin dalla sua costituzione una politica costante e coerente di opposizione alla Bulgaria.
L’ultimo atto commesso dalla Macedonia in tal senso ha riguardato l’arresto della cittadina bulgara Spaska Mitrova cui è stata comminata una pena eccezionalmente severa. La signora Mitrova è iscritta all’associazione bulgara “Ratko”. Tale associazione è stata messa al bando in Macedonia e per questo la Macedonia è stata condannata al pagamento di una sanzione per violazione dei diritti umani.
L’opinione pubblica bulgara ritiene inaccettabile che vengano fatte concessioni a paesi che non rispettano i diritti dei cittadini bulgari, ovvero di cittadini dell’Unione europea.
Kinga Gál (PPE). – (HU) Ritengo importante che sia finalmente giunto il momento di discutere in maniera approfondita la questione della circolazione senza visto per i paesi dei Balcani occidentali. E’ positivo che questi paesi, che hanno tenuto fede agli impegni assunti sinora, possano contribuire a semplificare per quanto possibile il passaggio alle frontiere.
In qualità di deputato ungherese al Parlamento europeo non posso che sostenere questi sforzi, perché consentiranno agli ungheresi che vivono per esempio nella contea serba della Vojvodina di instaurare un rapporto più diretto con la madrepatria. I cittadini che vivono in paesi diversi ma parlano la stessa lingua e mantengono stretti legami famigliari e culturali non hanno parole a sufficienza per esprimere l’importanza di poter attraversare i confini senza ostacoli o visti. Su questo punto sono state prese alcune decisioni lungimiranti che in realtà non sono direttamente collegate alla questione dell’abolizione dei visti, quale per esempio la legge varata di recente in Serbia sul funzionamento dei consigli nazionali delle minoranze. Questi rappresentano un progresso significativo nella protezione istituzionale dei diritti delle minoranze.
L’esenzione dai visti non può essere considerata una mera questione tecnica. Sussistono infatti evidenti risvolti politici. La stabilità politica di questi paesi trae enorme beneficio dalla possibilità di sapere quali diritti sono conferiti dai rispettivi passaporti nazionali e in quale misura essi siano riconosciuti dall’Unione europea. Ritengo inaccettabile che continui ad essere perpetrata questa discriminazione negativa tra i paesi della regione.
Rimando dunque alla responsabilità determinante della Commissione e del Consiglio su siffatte questioni. L’Unione europea ha la responsabilità politica di offrire ai paesi dei Balcani occidentali una prospettiva di adesione e dovrebbe aiutare tali paesi a recuperare il terreno perduto, incoraggiando la formazione e il rafforzamento delle istituzioni democratiche, compresi i diritti delle minoranze.
Kinga Göncz (S&D). – (HU) La ringrazio molto, signora Presidente. Anch’io desidero porgere il benvenuto alla signora Malmström e al commissario Barrot. Sono molto lieta della proposta presentata oggi, poiché in qualità di ex ministro degli Esteri ungherese ho lavorato alacremente con altri omologhi per avvicinare i paesi dei Balcani occidentali all’Unione europea e aiutarli a compiere i passi successivi verso l’adesione. Sappiamo che, in questa prospettiva, la libertà di spostamento senza visti è l’aspetto che le persone forse comprendono e apprezzano meglio. Essa prelude infatti alla possibilità di circolare liberamente e di allacciare rapporti umani più stretti. Forse è utile anche ai fini di qualcosa che noi tutti, credo, consideriamo importante, ossia sostenere la motivazione di questi paesi durante il difficile processo di adesione.
Ci rendiamo conto che occorre prendere alcune iniziative importanti. Spesso è necessario trascendere talune consuetudini che sappiamo essere difficili da abbandonare. E’ molto importante che a questi tre paesi venga riconosciuta l’esenzione dai visti. Desidero richiamare la vostra attenzione anche su una considerazione formulata più volte oggi, ossia che l’equilibrio dei paesi nei Balcani occidentali è molto delicato. Le tensioni etniche esistevano prima della guerra e sono rimaste anche dopo il conflitto. Dobbiamo pertanto valutare qualsiasi provvedimento alla luce delle sue ricadute – negative o positive – su tali tensioni.
Nel caso della Bosnia, come hanno sottolineato diversi deputati, questa decisione è positiva e importante, poiché la Bosnia è stata temporaneamente esclusa ma anche perché molti cittadini bosniaci in possesso di un passaporto croato o serbo potranno muoversi senza visti, mentre gli altri cittadini non potranno farlo. La medesima situazione si ripropone in Kosovo, dove i cittadini che possono ottenere un passaporto serbo saranno esenti dall’obbligo di visto.
Dobbiamo sottolineare per l’ennesima volta che la decisione da prendere deve essere anche di natura politica e non esclusivamente tecnica. E’ nostro compito aiutare questi paesi a ottenere l’esenzione dai visti quanto prima e nell’ambito di un calendario chiaramente definito.
Bernd Posselt (PPE). – (DE) Signora Presidente, signora Presidente in carica del Consiglio, signor Commissario, condivido i timori per la sicurezza espressi dal collega Weber, avendo lavorato per dieci anni nella commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni. Ma l’argomento odierno ha una spiccata connotazione di politica estera.
Appartengo a una generazione cresciuta assieme a migliaia di lavoratori immigrati dalla Jugoslavia. Ai tempi della dittatura comunista, i cittadini dell’area balcanica che vivevano entro i confini della Jugoslavia potevano viaggiare liberamente, e questo nonostante il giogo comunista. Oggi parliamo di europeizzazione, inviamo truppe e funzionari, elargiamo molto denaro ma nel contempo segreghiamo i giovani all’interno dei loro paesi. E’ più che mai urgente procedere alla liberalizzazione del regime dei visti.
Tuttavia anch’io desidero aggiungere alcune osservazioni critiche, premettendo innanzi tutto di essere lieto che la Macedonia sia stata inclusa. La Macedonia è stata in grado di soddisfare perfettamente i criteri. Ma non dobbiamo concedere l’esenzione dal visto alla Macedonia come parziale soddisfazione al suo desiderio fondato di ottenere finalmente una data per l’apertura dei negoziati di adesione.
Per quanto concerne il Kosovo, è stato detto che esso deve rispettare le regole del gioco. Ma un giocatore può attenersi alle regole soltanto una volta che è stato ammesso al gioco. E al Kosovo non è stato finora neppure concesso di accedere al campo di gioco. Siamo intervenuti militarmente per liberare i kosovari dall’oppressione. Adesso il paese dell’ex oppressore godrà dell’esenzione dal visto – e me ne compiaccio, poiché non sussiste una colpa collettiva – mentre il Kosovo non può neppure aspirarvi. Se il Kosovo soffre di alcune debolezze, siamo noi a doverci battere il petto, perché siamo praticamente noi ad amministrare il paese. Dobbiamo dare un’opportunità anche al Kosovo perché concedere l’esenzione duratura dai visti alla Serbia e nel contempo escludere completamente il Kosovo significa provocare distorsioni inaccettabili.
Passando alla Bosnia-Erzegovina, come altri colleghi mi unisco anch’io al coro di proteste contro l’esclusione di questo paese. Questo Stato composto da tre popoli – un’aberrazione del trattato di Dayton che dovrà essere urgentemente riveduto – sottoposto a un’amministrazione internazionale corresponsabile della sua inefficienza deve finalmente avere la possibilità di avvicinarsi all’Europa senza essere disintegrato. La disintegrazione del Kosovo o della Bosnia metterebbe a rischio la nostra sicurezza più di qualsiasi dettaglio tecnico.
Maria Eleni Koppa (S&D). – (EL) Signora Presidente, dobbiamo riconoscere che l’esenzione dai visti per Serbia, Ex Repubblica jugoslava di Macedonia e Montenegro è un passo importante verso l’integrazione europea dei Balcani occidentali.
Tale esenzione dovrebbe essere estesa a tutte le nazioni dei Balcani occidentali onde evitare che vengano a crearsi nuove linee di separazione nella regione. Certo, nessuno può affermare a ragion veduta che la Commissione europea intenda discriminare i cittadini musulmani della Bosnia-Erzegovina. Ma non dobbiamo neppure dimenticare lo status particolare del Kosovo, la cui indipendenza non è riconosciuta da tutti gli Stati membri dell’Unione europea.
Vogliamo che gli abitanti del Kosovo possano usufruire dell’esenzione dai visti ma, qualsiasi sia la soluzione, non dovrà pregiudicare gli accordi definitivi relativi al suo statuto giuridico. La Commissione ha agito correttamente e non ha chiuso la porta a Bosnia-Erzegovina e Albania. Tuttavia dovrà procedere rapidamente affinché non insorgano nuove divisioni a minacciare la stabilità della regione. Gli Stati da parte loro, ovviamente, devono approntare le riforme necessarie che, ricordiamolo, riguardano la sicurezza e la lotta contro il crimine organizzato.
Questo Parlamento ha ripetuto per anni che contatti più agevoli con il mondo esterno e una maggiore libertà di spostamento rafforzano la pace, gli scambi a tutti livelli e, in ultima analisi, la stabilità. La questione dei visti non è di natura meramente tecnica, è profondamente politica e influisce sull’avvenire europeo dei Balcani occidentali. Tutte le nazioni della regione hanno diritto a tale avvenire.
Anna Ibrisagic (PPE). – (SV) Signora Presidente, penso che a questo punto della discussione non sussista più alcun dubbio in merito all’importanza della liberalizzazione dei visti per i cittadini balcanici. La possibilità di spostarsi liberamente è forse lo strumento più prezioso, insieme all’istruzione, che possiamo offrire alle nuove generazioni, dalle quali attendiamo un forte impegno al processo di democratizzazione della regione.
In questa prospettiva, plaudo alla proposta di una liberalizzazione dei visti per Serbia, Macedonia e Montenegro. Il progresso che ciascuno di questi paesi compie nel suo percorso verso l’UE rappresenta un avanzamento per l’intera area balcanica. Alcuni paesi hanno dovuto attendere a lungo, forse più a lungo del necessario. Noi deputati del Parlamento europeo e i due paesi non ancora inclusi nel regime di liberalizzazione dei visti dovremmo trarne insegnamento.
Nonostante l’importante componente politica della questione, vorrei precisare che le regole in materia di liberalizzazione dei visti sono inequivocabili e universali. I requisiti devono essere soddisfatti. Non dobbiamo accentuare la dimensione politica della questione oltre il dovuto. Concentriamoci piuttosto su quanto ancora resta da fare e su come possiamo aiutare la Bosnia-Erzegovina e l’Albania ad annoverarsi rapidamente tra i paesi esenti dall’obbligo di visto.
La Bosnia-Erzegovina ha compiuto di recente notevoli progressi e riuscirà presto a soddisfare la maggioranza dei requisiti indicati nella roadmap. Invito i politici della Bosnia-Erzegovina a varare la legge anticorruzione e a definire le regole per lo scambio d’informazioni tra i diversi corpi delle forze di polizia. Li incoraggio a fare in modo che tale legislazione sia pronta entro la fine di settembre, prima dell’invio di una nuova relazione alla Commissione. Nella sua nuova analisi, mi aspetto che la Commissione a sua volta valuti i progressi effettivamente compiuti e, una volta realizzate le condizioni poste dall’UE, proponga al Consiglio di approvare la liberalizzazione dei visti per la Bosnia-Erzegovina. Auspico che la liberalizzazione possa avere effetto dal mese di luglio 2010.
Marian-Jean Marinescu (PPE). – (RO) Signora Presidente, signor Commissario, l’esenzione dai visti per alcuni paesi dei Balcani occidentali conferma l’intenzione dell’Unione europea di proseguire nel suo processo d’integrazione. Tuttavia credo che purtroppo la proposta della Commissione sia incompleta. I cittadini di Albania e Bosnia-Erzegovina non avranno diritto al medesimo trattamento e si instaureranno differenze tra i cittadini dei diversi paesi balcanici.
Vorrei ricordarvi che già esiste una frattura tra la generazione passata, che ha tratto vantaggio dall’apertura europea dell’allora Repubblica di Jugoslavia, e l’attuale generazione che non ha usufruito del medesimo trattamento da parte dell’Unione europea. Questa proposta avrà per effetto di indurre i cittadini dei paesi dell’ex Jugoslavia che non rientrano nel regime di liberalizzazione dei visti a cercare di ottenere un secondo passaporto presso un altro paese succeduto all’ex federazione jugoslava cui l’Unione europea ha invece concesso l’esenzione. Il medesimo problema si è verificato nel caso dei passaporti moldavi o georgiani rispetto ai passaporti russi.
Credo che la soluzione logica consista nel garantire il medesimo trattamento a tutti i paesi dei Balcani e nel contempo invito la Commissione a valutare la possibilità di includere anche la Moldavia tra il gruppo di paesi dell’Europa sud-orientale.
Victor Boştinaru (S&D). – (RO) In qualità di deputato al Parlamento europeo e di socialista, plaudo alla comunicazione del Consiglio e della Commissione relativa al regime dei visti per tre paesi dei Balcani occidentali. Questo è un primo passo certo verso la loro integrazione nell’Unione europea, un primo risultato per i futuri cittadini UE dei Balcani occidentali. Nel contempo mi rendo altresì conto che l’assenza di una prospettiva chiara nella forma di una roadmap definita per Bosnia-Erzegovina, Albania e Kosovo deve essere per noi un motivo di preoccupazione. Non mi riferisco semplicemente alla delusione dell’opinione pubblica, quanto piuttosto al rischio che ciò pone alla stabilità politica di questi tre paesi. In particolare, mi aspetto che il Parlamento europeo e la neo-costituita Commissione europea mantengano un calendario prevedibile per l’integrazione dei Balcani occidentali nell’Unione europea. Soltanto in questo modo possiamo realizzare il mandato per cui siamo stati eletti: riunire l’Europa.
Norica Niculai (ALDE). – (RO) Signora Presidente, un minuto sarà per me più che sufficiente per plaudere a questa decisione storica per i Balcani e per l’Europa. Credo che la libertà di movimento sia la porta verso la democrazia e la conoscenza. Avete dato a questi tre paesi un’opportunità. Nel contempo ritengo però che l’Europa sia anche un’Europa delle regole che noi tutti, in qualità di cittadini europei, siamo tenuti a rispettare. Avete formulato questa proposta perché avete valutato che le regole e le condizioni da noi poste sono state rispettate.
Credo che formulerete una proposta analoga per Albania e Bulgaria quando ottempereranno a queste regole europee. Nella decisione includerete senz’altro una raccomandazione per accelerare questo processo. Mi schiero tra coloro che non ritengono questa una forma di discriminazione. Piuttosto il contrario, direi. Penso che questo processo inciterà gli altri due paesi a ottenere risultati migliori e a soddisfare i requisiti perché, come dimostra l’adozione di questa decisione, gli altri tre paesi hanno voluto migliorare lo status dei loro cittadini e sono stati disposti a intraprendere gli sforzi necessari a tale fine.
Antonio Cancian (PPE). - Signora Presidente, onorevoli colleghi, signor Commissario, signor ministro, premesso che io sono per la liberalizzazione e l'integrazione europea fino a completare quel mosaico dei Balcani occidentali, perché è stato detto prima abbiamo bisogno dei Balcani stabili. Quindi questa integrazione è indispensabile e deve arrivare al più presto.
Però, ieri quando parlavamo di immigrazione – il che significava sicurezza e diritti umani – bisogna stare molto attenti perché credo che le verifiche debbano essere fatte fino in fondo e non allentate. I tempi devono essere rispondenti a queste verifiche, accelerate possibilmente. Poi noto che c'è un buco in questa area, dove si è sentito parlare molto poco, ed è il buco del Kosovo. Voi mi capite benissimo che stante così il passaggio tra il Kosovo e la Macedonia per gli altri paesi diventa abbastanza semplice. So che è in corso una relazione che ci dirà qualcosa fra qualche giorno, però diteci di più qualche cosa questa sera sul Kosovo.
Emine Bozkurt (S&D). – (NL) Signora Presidente, come ha detto puntualmente il ministro, la liberalizzazione dei visti è necessaria a rafforzare i legami con l’UE, impedire l’insorgenza del nazionalismo e prevenire l’isolamento. Com’è dunque possibile che le proposte provochino in sostanza l’isolamento dei bosniaci musulmani? All’interno del paese viene a crearsi una grave ingiustizia, poiché i bosniaci serbi e croati riceveranno comunque un passaporto, mentre i musulmani non hanno purtroppo alcun paese limitrofo disposto a concedergliene uno. Chi tutelerà gli interessi dei bosniaci musulmani? Se ne occuperà la Commissione, oppure il Consiglio? Vorrei sapere con certezza se la Commissione e il Consiglio hanno discusso con la Croazia e la Serbia in merito all’imposizione di restrizioni all’emissione dei passaporti, in quanto è evidente che tale azione creerebbe notevoli tensioni.
Nadezhda Nikolova Mikhaylova (PPE). – (BG) Desidero congratularmi con il commissario Barrot per la posizione assunta dalla Commissione in relazione alla liberalizzazione del regime dei visti per i Balcani occidentali. Ricoprivo l’incarico di ministro degli Esteri quando fu revocato l’obbligo di visto per la Bulgaria e conosco la forte valenza emotiva connessa con l’esenzione dai visti e la fine di una situazione umiliante. Nel contempo, in veste di deputata al Parlamento europeo, non posso che convenire con le colleghe Pack e Bildt; una vera solidarietà europea significa che l’Unione europea deve offrire un aiuto logistico per il conseguimento dei requisiti necessari piuttosto che prescindere da tali requisiti, poiché ciò avrebbe un effetto demoralizzante sulla popolazione e assolverebbe i governi dalle loro responsabilità.
Il cambiamento deve essere il premio per uno sforzo compiuto, non il risultato di una politica basata su due pesi e due misure. Le società dei Balcani occidentali devono abituarsi a pretendere che i rispettivi governi facciano il loro dovere. Devono capire che il regime dei visti è rimasto immutato non a seguito della pignoleria dell’UE, ma perché loro non hanno fatto la loro parte. La solidarietà deve essere data in cambio di un’assunzione di responsabilità. Qui è in gioco una questione di principio che non ha nulla a vedere con la religione o la nazionalità di una persona.
Elena Băsescu (PPE). – (RO) Sostengo la decisione della Commissione europea che incarna con coerenza l’impegno profuso da diversi anni al fine di un’esenzione dai visti per i cittadini della regione dei Balcani occidentali. Nondimeno, ritengo che i cittadini della Repubblica moldova dovrebbero godere quanto prima dei medesimi diritti in termini di libertà di circolazione nell’UE. L’Unione europea deve continuare ad espandere la propria politica della “porta aperta” verso questi paesi e l’esenzione dai visti è un passo importante lungo il percorso verso l’integrazione europea di questi popoli.
A integrazione di questa decisione che aprirà nuove opportunità economiche transfrontaliere e consentirà alle persone di spostarsi liberamente, le istituzioni europee dovrebbero organizzare programmi culturali ed educativi in grado di divulgare i valori europei in tali paesi. In questo contesto, il rafforzamento della sicurezza alle frontiere e la lotta contro il crimine internazionale devono rimanere prioritarie.
Per concludere, vorrei ribadire che la Romania non ha riconosciuto l’indipendenza del Kosovo.
Zoran Thaler (S&D). – (SL) Desidero manifestare la mia soddisfazione per il progressi compiuti negli ultimi 18 mesi nel processo di liberalizzazione dei visti. Questo è un risultato notevole e vi invito a progredire rapidamente nella medesima direzione.
Negli ultimi giorni sono giunte notizie da Sarajevo, secondo cui la realizzazione delle condizioni poste nella roadmap incalza, nonostante tutte le difficoltà. Ciò vale anche per ambiti sensibili quali il coordinamento della polizia tra Banja Luka e Sarajevo.
Invito la Commissione e il Consiglio a monitorare costantemente questa evoluzione e a modificare di conseguenza il loro atteggiamento. L’Unione europea deve essere in grado di esercitare la propria influenza sulle forze politiche della Bosnia-Erzegovina che vogliono sabotare questo processo. I cittadini della Bosnia-Erzegovina non devono soffrire a causa del comportamento irresponsabile dei loro politici e noi abbiamo il dovere di aiutarli in questo frangente. Esorto la Commissione a includere la Bosnia-Erzegovina il prima possibile nella zona esente dall’obbligo di visto.
Alojz Peterle, relatore. − (SL) Una politica di esenzione selettiva dall’obbligo di visto non migliorerà le prospettive europee dei paesi dei Balcani occidentali in cui convivono comunità separate, perché la selettività non fa che aggiungere nuove divisioni. Plaudo a qualsiasi iniziativa contraria a tale impostazione selettiva e credo fermamente che l’esenzione dai visti per l’insieme di tali paesi migliorerebbe senz’altro l’immagine dell’Unione europea presso gli abitanti della regione che necessitano di un’apertura sul mondo dopo anni di conflitti.
Desidero ricordarvi anche le migliaia di giovani che vivono in questi paesi e che non hanno mai avuto la possibilità di recarsi all’estero. La loro unica fonte d’informazioni sull’Europa e il resto del mondo è la televisione. Abbiamo il dovere di migliorare le prospettive europee anche di queste persone. Mi rendo conto dei problemi per la sicurezza, ma i malintenzionati che intendono lasciare il paese d’origine riuscirebbero comunque a trovare un modo per giungere fino all’UE. Eppure a causa di quelli, tratteniamo migliaia di persone che hanno le migliori intenzioni.
Sollecito pertanto il Consiglio e la Commissione a rivedere le loro posizioni il prima possibile, a monitorare i progressi di questi paesi e ad abolire l’obbligo di visto anche per i paesi che non sono stati inclusi nel primo gruppo. Grazie molte.
Naturalmente invito anche i governi dei paesi balcanici menzionati ad ottemperare nel più breve tempo possibile ai propri obblighi, nell’interesse dei loro cittadini e di una prospettiva di adesione all’UE.
Petru Constantin Luhan (PPE). – (EN) Signora Presidente, liberalizzare il sistema dei visti per i paesi dei Balcani occidentali è una misura importante, che riguarda principalmente i cittadini comuni e che servirà a dare una chiara dimostrazione di quali vantaggi comporti il processo di riavvicinamento dell’Unione europea. Sono certo che subordinare a determinate condizioni l’inclusione dell’Albania e della Bosnia-Erzegovina nell’elenco dei paesi autorizzati costituirà un incentivo efficace a rispettare anche gli altri requisiti previsti dalla roadmap. Nel nostro caso, nel 2001, ciò aveva rappresentato un segnale forte, che ci aveva spinto a soddisfare tutte le condizioni ancora aperte nel giro di un paio di mesi.
E’ indispensabile inserire quanto prima Albania e Bosnia-Erzegovina nella lista bianca di Schengen e la Commissione dovrebbe fornire tutta l’assistenza tecnica alle autorità dei due paesi, affinché soddisfino le condizioni stabilite.
Cecilia Malmström, presidente in carica del Consiglio. – (SV) Signora Presidente, non sussistono dubbi in merito all’importanza eccezionale che la liberalizzazione dei visti riveste per i popoli balcanici. Come lei, anch’io ho incontrato svariate persone, specialmente giovani, frustrate dall’impossibilità di viaggiare attraverso l’Europa, dall’impossibilità di visitare amici e di godere delle medesime libertà che sono a noi tutti riconosciute. Non occorre precisare che l’esenzione dai visti per queste persone avrebbe senz’altro risvolti positivi, come li avrebbe per i loro paesi, per l’intera regione e anche per l’UE.
Sono pertanto compiaciuta che sussistano già i presupposti per offrire questa opportunità ai tre paesi in questione – Ex Repubblica jugoslava di Macedonia, Montenegro e Serbia – entro la fine dell’anno. E’ un peccato che non tutti i paesi dei Balcani occidentali possano essere inclusi nella proposta in questo momento, ma potete stare certi che la Presidenza svedese sarà assolutamente dedita al rafforzamento del processo d’integrazione – ed eventualmente di allargamento – per la regione dei Balcani. Coloro tra voi che mi conoscono si rendono conto della portata del mio impegno in questo ambito.
Affinché questo impegno acquisisca credibilità e concretezza, dobbiamo insistere affinché siano poste le condizioni necessarie. E’ necessario farlo per il bene dei cittadini dei Balcani occidentali e per il bene dei nostri stessi cittadini. Dobbiamo accertarci che i requisiti siano soddisfatti. Come ha detto l’onorevole Weber, non possiamo elargire concessioni in politica estera per pura cortesia. Questo vale sia per il discorso dei visti che per l’adesione.
Mi rendo conto che i cittadini di Albania e Bosnia-Erzegovina sono delusi e posso capirlo. Ma ciò non significa che li abbiamo dimenticati. Faremo tutto il possibile per aiutarli e per rendere possibile l’esenzione dai visti, anche dal punto di vista tecnico. Dobbiamo trasmettere un segnale politico chiaro che li rassicuri in merito all’opportunità di essere inclusi nella liberalizzazione. Questo è quanto stiamo facendo oggi. Nondimeno, rimane compito delle autorità e dei politici di questi paesi terminare il lavoro.
Non credo che un’introduzione asincrona dell’esenzione dai visti tra i primi tre paesi e l’Albania e la Bosnia-Erzegovina costituirà un motivo d’instabilità. Al contrario, ciò dimostra che l’UE tiene la parola data e che se loro fanno la loro parte, noi manterremo le nostre promesse. Dobbiamo dare loro sostegno e aiuto. Penso che potremo ricevere un riscontro positivo dalla Commissione nel 2010, come ha prospettato anche il commissario Barrot.
Per quanto concerne il Kosovo, le discussioni sul regime dei visti erano state avviate quando il Kosovo faceva ancora parte della Serbia, ma siamo alla ricerca di una soluzione. Spero che la Commissione darà un’indicazione su come procedere nella propria relazione, affinché anche i cittadini del Kosovo possano essere esentati dall’obbligo di visto in una prospettiva temporale più lunga.
La liberalizzazione dei visti proposta per l’Ex Repubblica jugoslava di Macedonia, Montenegro e Serbia è un importantissimo primo passo. Mi auguro che ci aiuterete a compierlo. Mi auguro che saremo inoltre in grado molto presto di andare oltre e compiere il passo successivo per il resto della regione.
Jacques Barrot, vicepresidente della Commissione. − (FR) Signora Presidente, vorrei innanzi tutto ricordare che questa impostazione è molto innovativa. E’ la prima volta che adottiamo un approccio veramente regionale. Aggiungerei che questo metodo della roadmap si basa su criteri estremamente obiettivi e precisi che consentono tra l’altro di incoraggiare questi futuri Stati membri a prendere veramente coscienza del fatto che la nostra è un’Europa fondata su regole e valori. E’ un punto sul quale intendo insistere. Non vi stupirete che la Commissione presti particolare attenzione a quanto possa contribuire alla lotta contro la tratta degli esseri umani e la corruzione. E’ un aspetto importante per un’Europa fondata sui valori e dobbiamo essere molto vigili su questo fronte.
Forse non sono stato inteso bene da alcuni di voi, comunque ho detto chiaramente che nel corso del 2010 speriamo di riuscire a presentare una proposta per la Bosnia-Erzegovina e l’Albania. E’ stato effettivamente avviato un processo che non intende discriminare nessuno. Semplicemente, vogliamo che i criteri obiettivi della roadmap siano rispettati con maggiore rigore.
E’ vero che nel caso dell’Albania occorre migliorare l’emissione dei passaporti biometrici. Mi sono recato personalmente in Albania per consegnare il primo passaporto biometrico del paese e posso assicurarvi di avere incoraggiato per quanto possibile i responsabili politici di Albania e Bosnia-Erzegovina affinché si preparino all’entità del compito che gli attende. Noi li stiamo aiutando, per esempio in relazione alla costituzione di registri civili, poiché per quanto si desideri emettere passaporti biometrici, non è possibile farlo se non si dispone di un registro civile. Il nostro aiuto si espleta pertanto sul piano tecnico. Ovviamente in tutto questo occorre che l’Albania in particolare metta in pratica le norme varate in materia di lotta contro la criminalità organizzata e la corruzione. Nel caso della Bosnia-Erzegovina, occorre che si instauri una buona gestione delle frontiere e una cooperazione più stretta tra le agenzie di polizia. Queste sono le nostre richieste. Penso che abbiamo tutti i motivi per poter sperare che nel 2010 anche questi due paesi usufruiranno dell’esenzione dai visti.
Tengo anche a precisare, molto brevemente, che non si tratta, da parte nostra, di alcuna forma di discriminazione etnica o religiosa. Dopo tutto, anche nella Ex Repubblica jugoslava di Macedonia esiste una minoranza musulmana significativa. Non abbiamo alcuna intenzione di discriminare questo 25 o 30 per cento di albanesi musulmani che vivono in Macedonia. Di questo vorrei veramente rassicurarvi e ribadire che stiamo progredendo nell’ambito di un processo che noi abbiamo voluto e che il Consiglio ha accolto volentieri.
Adesso vi rispondo anche per quanto concerne il Kosovo. Nel marzo 2009, una missione di esperti finanziata dalla Commissione ha avuto un esito positivo. E’ comunque vero che la Commissione incoraggia anche gli Stati membri a stabilire missioni consolari efficaci a Pristina. Confermo che avremo a breve una relazione sulla situazione vigente in Kosovo. E’ evidente che queste nostre iniziative mirano all’apertura di una prospettiva europea per tutti i Balcani e pensiamo in particolare alle giovani generazioni. Tutti i deputati hanno insistito molto sul beneficio immenso che può derivare da viaggi e scambi molto più agevoli con gli altri Stati membri dell’Europa. Onorevoli deputati, così facendo costruiremo un’Europa delle regole e dei valori cui siamo tanto attaccati.
Posso dirvi semplicemente che siamo sulla buona strada ma che, evidentemente, due paesi devono completare gli ultimi sforzi necessari. Spero che nel 2010 anch’essi potranno usufruire dell’esenzione dai visti.
Questo è quanto posso dirvi, assicurandovi nel contempo che l’impostazione della Commissione intende essere obiettiva e veramente molto attenta, assolutamente estranea a qualsiasi volontà di discriminazione e anzi improntata alla cooperazione. E’ un aspetto su cui sono personalmente impegnato.
Presidente. – La discussione è chiusa.
Dichiarazioni scritte (articolo 149 del regolamento)
Sebastian Valentin Bodu (PPE), per iscritto. – (RO) La Commissione europea e il Consiglio sono chiamati a pronunciarsi presto in merito all’apertura della zona UE ai cittadini di Macedonia, Serbia e Montenegro. Questo è un momento molto importante per oltre 10 milioni di cittadini europei che vorrebbero ottenere un visto per varcare i confini dell’UE. La Macedonia si è schierata con l’UE quando l’Europa ne ha avuto bisogno. Perfino la Serbia ha capito che l’Europa la vuole a bordo con sé ma che prima deve riconciliarsi con il suo passato più recente. La Serbia ha lavorato a stretto contatto con le istituzioni internazionali, come per esempio il Tribunale penale internazionale, e ha riconosciuto gli errori commessi in passato. E’ giunto il momento che l’Europa ripaghi gli sforzi compiuti da questi paesi per allinearsi ai requisiti democratici ed economici che contraddistinguono l’UE-27. Si è trattato di un percorso difficile, ma l’impegno profuso deve essere riconosciuto appieno. Macedonia, Serbia e Montenegro stanno puntando con sicurezza verso l’Unione europea. A fronte di ciò, credo che l’UE debba decidere a favore di una revoca dell’obbligo di visto imposto ai cittadini di questi tre paesi. I loro governi hanno dimostrato di condividere i nostri medesimi valori. Una decisione di segno positivo infonderebbe un nuovo slancio alle riforme interne di cui si sente un forte bisogno in Macedonia, Serbia e Montenegro.
Cătălin Sorin Ivan (S&D), per iscritto. – (RO) Mi compiaccio dell’iniziativa della Commissione, volta a revocare il sistema dei visti per i cittadini della regione dei Balcani occidentali e più precisamente della Ex Repubblica jugoslavia di Macedonia, della Serbia e del Montenegro. Questo provvedimento, mirato ad avvicinare questi Stati all’UE in vista della loro integrazione, ridurrà in maniera significativa il rischio di conflitti nella regione. Per quanto concerne la Romania, che condivide una linea di confine con la Serbia, questa iniziativa è un’ulteriore garanzia di rapporti transfrontalieri amichevoli. I cittadini rumeni e serbi godranno di una maggiore libertà di circolazione e l’esenzione dai visti favorirà lo sviluppo delle relazioni commerciali del nostro paese con la Serbia e il Montenegro. Sono sicuro che l’abolizione del sistema dei visti per i tre paesi menzionati è solo l’inizio di un processo che successivamente sarà esteso anche ad Albania e Bosnia-Erzegovina. Sebbene le condizioni poste dalla Commissione non siano state ancora soddisfatte, credo che con uno sforzo coordinato si avranno risultati tangibili entro breve. Prima di concludere vorrei sottolineare che l’esenzione dai visti e la libertà di circolazione per i cittadini dei Balcani occidentali non devono dare adito a timori, ma piuttosto infondere la certezza che la zona di sicurezza europea sarà allargata a vantaggio di tutti noi.
Iuliu Winkler (PPE) , per iscritto. – (HU) L’Unione europea ha acquisito sempre più forza con ogni allargamento successivo che ha consentito la creazione di un mercato comune per quasi 500 milioni di cittadini e ha garantito la stabilità dell’Europa centro-orientale. I paesi balcanici sono parte integrante dell’Europa. La crisi economica o la ratifica del trattato di Lisbona non devono essere un motivo per ritardare il processo di adesione di tali paesi all’Unione europea.
Credo fermamente che l’inclusione dei Balcani nel processo di allargamento dell’UE è fondamentale e deve essere sostenuto per rafforzare il ruolo dell’UE sulla scena internazionale. Non dimentichiamo che il processo di recupero dei paesi balcanici, insieme alla guarigione delle ferite inferte dalla guerra sanguinosa combattuta al termine del 20° secolo, è una garanzia di stabilità per l’Unione europea e di benessere per la regione. L’esenzione dall’obbligo del visto per Serbia, Montenegro ed Ex Repubblica jugoslava di Macedonia è una tappa fondamentale di tali paesi nell’ambito di questo processo di ripresa e recupero, oltre a essere un riflesso della responsabilità che l’Unione europea ha assunto nella regione.
Questo processo deve sicuramente proseguire senza soluzione di continuità. Esso consentirà a Bosnia-Erzegovina, Albania e, al momento opportuno, Kosovo di beneficiare quanto prima, una volta soddisfatti i criteri pertinenti, dell’esenzione dai visti. Condivido senza riserve l’opinione di quei politici europei che ritengono che soffocando le ambizioni di adesione all’UE dei paesi balcanici andremmo incontro a conseguenze gravi e inimmaginabili.