Presidente. – L’ordine del giorno reca la discussione sull’interrogazione orale alla Commissione (B7-0208/2009), presentata dall’onorevole De Castro a nome della commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale, sulla crisi nel settore lattiero-caseario (O-0085/2009).
Paolo De Castro, autore. − Signor Presidente, signora Commissaria, onorevoli colleghi, il settore lattiero-caseario sta attraversando una delle fasi più gravi e profonde degli ultimi decenni: il calo dei prezzi del latte e la più generale emergenza nel mercato lattiero-caseario sono diventati ormai una fonte di preoccupazione in tutta Europa; si tratta di una crisi congiunturale, determinata dalla difficile situazione economica, che ha fatto diminuire i consumi di latte e ha generato una stagnazione dei mercati, con prezzi pagati ai produttori in caduta libera.
I prezzi del latte alla produzione sono crollati ovunque, raggiungendo nell'Unione europea una media di 24 centesimi per litro. La situazione di molti operatori economici è ancora più grave, con prezzi al di sotto di 21-20 centesimi a fronte di costi economici che ammontano a non meno di 40 centesimo a litro.
Segnali allarmanti si stanno manifestando inoltre su altri mercati, come quello dei cereali, dell'olio d'oliva e dell'ortofrutta. Su questo fronte innanzitutto è opportuno continuare ad avvalersi di tutte le misure in nostro possesso per stabilizzare il mercato e per stimolare la ripresa dei consumi, ma al tempo stesso è necessario saper guardare al futuro con politiche di medio e lungo periodo e fare tutto il possibile per individuare delle soluzioni condivise e durature, che vadano verso la minimizzazione del rischio di fluttuazioni dei prezzi.
In tale contesto, le proposte della Commissione esecutiva, che prorogano il periodo di intervento per il burro e il latte scremato in polvere, sono state apprezzate e condivise in commissione agricoltura, come dimostra il voto unanime dello scorso 2 settembre. Riteniamo però che tali proposte siano insufficienti per arginare le gravi conseguenze della crisi del settore. Ecco perché, sempre nell'ambito dell'approvazione della proposta della Commissione europea, la commissione agricoltura ha adottato un emendamento alla mia relazione che ripristina anche l'aiuto allo stoccaggio privato dei formaggi, soppresso nell'ambito health check sulla politica agricola comunitaria del novembre 2008.
Una decisione assunta all'unanimità, signor Presidente, signora Commissario, sintomo di una sostanziale identità di vedute dei componenti della commissione agricoltura che mi onoro di presiedere, ed espressione della volontà di dare un segnale forte al Consiglio e alla Commissione in momento delicato per un settore importantissimo per l'agricoltura europea.
Una misura che, oltre a rappresentare una prima importante manifestazione di un protagonismo positivo di cui vogliamo farci carico come Parlamento europeo in vista della codecisione anche in materia agricola, può dare anche immediate risposte alle esigenze dei produttori lattiero-caseari alle prese con un mercato sempre più difficile e con un calo evidente a drammatico delle vendite.
Tuttavia, queste prime misure, su cui oggi ci esprimeremo, non sono sufficienti per sostenere i produttori in crisi ed è per questo che la commissione agricoltura con un'interrogazione orale e una risoluzione che ci apprestiamo a votare, chiede alla Commissione europea nuove e efficaci misure di contrasto alla crisi e di sostegno al settore.
Vogliamo sollecitare e al tempo stesso supportare la Commissione europea nel processo di definizione delle scelte necessarie per risolvere definitivamente la crisi europea del settore lattiero. In tale senso ci auguriamo che la Commissione dia una risposta esauriente alle nostre domande e prenda in seria considerazione le nostre proposte, affinché la collaborazione interistituzionale dia i frutti che l'agricoltura europea si merita e mostri solidarietà e supporto concreto agli allevatori europei in crisi che oggi reclamano il nostro aiuto.
Mariann Fischer Boel, membro della Commissione. − (EN) Signora Presidente, con il suo permesso vorrei utilizzare un po’ più dei tre minuti assegnati, poiché non credo siano sufficienti per trattare un argomento di tale importanza e serietà.
Apprezzo molto il quesito posto dalla commissione per l’agricoltura, in quanto mi fornisce un’ottima occasione per fare chiarezza sul lavoro intrapreso.
Ringrazio anche il Parlamento per il costante impegno dimostrato verso questo settore: siamo accomunati dalla volontà di trovare soluzioni.
Non tutti condividono le soluzioni che personalmente preferisco, ma sono convinta che stiano dando i loro frutti e ne daranno in futuro, e che siano difendibili dal punto di vista politico.
A nome della commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale, l’onorevole De Castro ha chiesto chiarimenti in merito all’oggetto del nostro lavoro. Il punto di partenza è positivo: i prezzi sono in aumento. Nell’arco di un mese, per esempio, il prezzo del burro è incrementato del 4 per cento in Francia, dell’8 per cento in Germania e nel Regno Unito ha registrato un andamento persino migliore.
Anche il latte scremato in polvere è aumentato del 4 per cento in Francia e Germania, con un apprezzamento medio in tutta Europa nell’ordine del 2-3 per cento.
Il prezzo medio del latte è in aumento, e proprio stamattina l’onorevole Deß mi ha comunicato che attualmente il prezzo di mercato spot in alcune aree è di 30 centesimi.
L’intervento sull’acquisto di formaggio si è pressoché esaurito, dal momento che il prezzo di mercato è superiore a quello di intervento: un ulteriore segnale positivo.
Non abbiamo ancora raggiunto gli obiettivi prefissati, ma ci stiamo senz’altro muovendo nella direzione giusta e ciò conferma chiaramente che sin dall’inizio abbiamo adottato le politiche adeguate.
Tutti conosciamo gli elementi chiave della nostra azione: stiamo adottando tutte le misure di mercato disponibili e prevediamo un esborso di circa 600 milioni di euro in 12 mesi.
Abbiamo indicato la possibilità per gli Stati membri di avviare l’erogazione diretta del pagamento unico agli allevatori a partire dal 16 ottobre, anziché dal 1° dicembre, e con la riforma del 2003 si è deciso di disaccoppiare il premio per la produzione lattiero-casearia (pari a 5 miliardi di euro l’anno) per trasferirlo direttamente al regime di pagamento unico.
Ci sono inoltre il pacchetto per il rilancio e le decisioni prese in occasione della valutazione dello stato di salute, che stanziano ulteriori 4,2 miliardi di euro per nuove sfide, tra cui la ristrutturazione del settore lattiero-caseario. Tali azioni rappresentano naturalmente la priorità tra le iniziative previste nell’ambito della politica per lo sviluppo agricolo.
Vorrei chiarire all’onorevole De Castro che gli interventi sul formaggio sono stati aboliti nel 1994. Credo si faccia confusione tra intervento e stoccaggio privato, perché quest’ultima pratica è stata soppressa nell’ambito della valutazione dello stato di salute della PAC.
Come dicevo, l’approccio attuale sembra funzionare. Sono pertanto più determinata che mai a non riproporre strategie che a lungo termine potrebbero danneggiare il settore lattiero-caseario e privare gli allevatori degli strumenti di previsione. In altri termini, un’inversione di marcia sulle decisioni prese a seguito della valutazione dello stato di salute della PAC è esclusa, tanto più che il Consiglio europeo e i capi di Stato mi hanno esplicitamente chiesto di evitare questa manovra.
L’idea di mantenere il sistema delle quote anche dopo il 2013 è pertanto fuori discussione, come lo sono, del resto, il congelamento delle quote e il ripristino di alcuni strumenti di mercato costosi e inefficienti già adottati in passato.
Questo non significa che il nostro lavoro sia concluso sotto il profilo delle politiche d’azione: credo invece che sia giunto il momento di intraprendere ulteriori iniziative. Dobbiamo continuare a lavorare sulla relazione relativa al settore lattiero-caseario dello scorso luglio, seguire le indicazioni in essa contenute e quindi stabilire nuove strategie a lungo termine.
Cominciando dalla relazione, mi soffermerei innanzi tutto sugli aiuti di Stato. La relazione suggerisce la possibilità da parte degli Stati membri di offrire temporaneamente agli allevatori, in ragione di questa congiuntura di crisi, contributi fino a 15 000 euro. La Commissione di fatto ha già intrapreso questa strada e si prepara a cambiare le regole nelle prossime settimane.
Il secondo passo prevede di snellire le procedure per affrontare la questione dei prezzi del settore lattiero. Attualmente, il latte di fatto non è contemplato dall’articolo 186 dell’Organizzazione comune dei mercati, che concede alla Commissione la facoltà di attuare interventi temporanei in tempi brevi per far fronte alle turbolenze sul mercato. Propongo pertanto di includere il settore lattiero nell’articolo 186 per avere in tal modo la possibilità, in futuro, di passare all’azione in caso il settore si trovasse davanti a problemi rilevanti.
La recente estensione dell’intervento, per esempio, ha richiesto l’approvazione da parte del Consiglio e il voto del Parlamento, mentre se l’articolo 186 avesse contemplato il settore lattiero-caseario, saremmo potuti passare immediatamente all’azione.
In generale, potremmo mettere in campo misure con effetto pressoché immediato per stimolare la domanda e/o limitare la commercializzazione del latte, misure di natura unicamente temporanea e a condizione di disporre dei finanziamenti necessari.
Il terzo punto di valutazione della relazione riguarda i meccanismi di acquisto da parte degli Stati membri. Uno dei sistemi per ristrutturare il meccanismo è la possibilità effettiva per gli Stati membri di acquistare quote dagli allevatori per includerle nella riserva nazionale.
Come sapete, per certi aspetti la riserva nazionale costituisce in parte la quota totale degli Stati membri. Se i produttori individuali superano la propria quota, a differenza degli Stati membri nel complesso, inclusa la riserva nazionale, non viene quindi applicato alcun prelievo supplementare.
La mia proposta si configura come segue: le quote acquistate e inserite nella riserva nazionale non dovrebbero contare come parte della quota nazionale al momento di decidere se aumentare o chiedere agli allevatori il pagamento del prelievo supplementare.
In caso si renda comunque necessaria la riscossione del prelievo supplementare, la parte corrispondente alla quota ceduta potrebbe essere destinata alla ristrutturazione. Potrebbe sembrare complicato, ma è uno strumento estremamente efficiente.
Le misure appena elencate hanno un effetto pressoché immediato sui mercati, ma bisogna valutare anche interventi sul medio e lungo termine. Ringrazio i rappresentanti di Francia e Germania per le proposte e i suggerimenti avanzati rispetto alle varie opzioni analizzate.
La prima misura a lungo termine prevede l’intervento sulle relazioni contrattuali tra produttori e industria lattiero-casearia al fine di trovare un migliore equilibrio tra domanda e offerta sul mercato specifico.
Ritengo che questo sistema sia nettamente migliore rispetto a quello delle quote ed è peraltro già adottato in alcune aree dell’Unione europea.
I produttori del settore lattiero-caseario seguono accordi chiari che eliminano buona parte dell’incertezza. D’altro canto, alcuni Stati membri semplicemente non si avvalgono di questa possibilità, situazione a cui è possibile ovviare ricercando un quadro giuridico in cui iscrivere questi rapporti contrattuali, tutelando al contempo la concorrenza.
La seconda questione a lungo termine riguarda i rapporti di forza, argomento già discusso varie volte. Occorre considerare l’intera filiera, dai produttori alle catene della grande distribuzione dove il valore aggiunto sta scomparendo.
Tratteremo anche la questione dei mercati futuri e credo si possa fare molto riguardo ai costi di produzione e all'innovazione.
Per poter gestire in modo adeguato tutte queste strategie a medio e lungo termine, intendo istituire un gruppo di lavoro di esperti provenienti dagli Stati membri e dalla Commissione, capace di esaminare a fondo tali questioni.
A mio parere, il problema del mercato lattiero-caseario non è una mera questione tra Commissione e Stati membri: anche il Parlamento riveste di fatto un ruolo importante, e sono impaziente di seguire la discussione che si terrà qui oggi.
Vi ringrazio per la pazienza.
Albert Deß, a nome del gruppo PPE. – (DE) Signora Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, ovviamente è molto difficile riassumere il problema in due minuti, ma cercherò di farlo limitandomi a enunciarne sinteticamente i punti principali.
Il settore lattiero-caseario è in crisi. Per molti produttori è in gioco la stessa sopravvivenza, situazione principalmente dovuta a un netto calo delle vendite dei loro prodotti. La Commissione avrebbe di fatto dovuto agire più prontamente al riguardo.
Avrei inoltre preferito che si fossero adottate misure più energiche per la promozione delle vendite anziché un livello di intervento superiore come il riutilizzo del grasso di burro nell’industria gelatiera. Lo scorso anno, quando per un breve lasso di tempo il prezzo del burro ha superato i 4 euro, gran parte dell’industria gelatiera ha smesso di trasformare grasso di burro. Sono in possesso dei dati per la Germania, che dimostrano come l’industria alimentare non trasforma più all’incirca 100 000 tonnellate, pari a un milione di tonnellate di latte. Dobbiamo cercare di stimolare nuovamente le vendite per eliminare tali quantitativi dal mercato.
Ringrazio i gruppi che hanno contribuito alla preparazione della nostra proposta di risoluzione comune. Purtroppo il gruppo Verts/ALE non ha preso parte alla discussione.
Signora Commissario, come provvedimento a breve termine, in un’ulteriore proposta presentata con 40 firme chiediamo un aumento delle sovvenzioni de minimis per offrire un’opportunità per aiutare soprattutto i produttori più piccoli. Sarebbe inoltre consigliabile introdurre un regolamento sul prepensionamento. Conosco molti coltivatori che hanno 58 anni e vorrebbero cessare a breve l’attività lavorativa, soluzione per la quale occorre una regolamentazione appropriata.
La ringrazio sinceramente, signora Commissario, per il lavoro da lei svolto. Le chiedo di introdurre regolamenti appropriati per migliorare la situazione dei nostri produttori lattiero-caseari. Forse lei ha ancora la possibilità di porre rimedio, in un prossimo futuro, alla situazione che si è venuta a creare.
(Il Presidente interrompe l’oratore)
Luis Manuel Capoulas Santos, a nome del gruppo S&D. – (PT) Signora Presidente, signora Commissario, la Commissione e il Consiglio hanno reagito con estrema lentezza alla grave crisi che sta colpendo il settore. Al riguardo siamo tutti d’accordo. La situazione terribile con la quale il comparto deve confrontarsi richiede un intervento rapido e risoluto, altrimenti rischiamo di assistere alla rovina di molte migliaia di produttori lattiero-caseari in tutta Europa.
Il mio gruppo politico ha compiuto uno sforzo notevole per consentirci di giungere al compresso contenuto nella risoluzione che oggi discutiamo. Spero che le proposte siano degne della sua attenzione, signora Commissario, perché soltanto adoperandoci per ridurre l’offerta e stimolare nel contempo la domanda sarà possibile ristabilire l’equilibrio del mercato e portare i prezzi a livelli redditizi per i produttori.
Mi dispiace che il compromesso non preveda anche la sospensione temporanea delle quote maggiorate né l’introduzione di un analogo premio temporaneo per ridurre la produzione. Le misure che proponiamo sono nondimeno un contributo utile a un più rapido superamento della crisi. Spetta a lei, signora Commissario, darvi il seguito che meritano.
George Lyon, a nome del gruppo ALDE. – (EN) Signora Presidente, come hanno già evidenziato altri colleghi, il settore lattiero-caseario sta attraversando un momento di crisi. Non vi è dubbio sulla necessità di attivarci per alleviare le difficoltà, ma vorrei dire con molta chiarezza che si tratta di una crisi a breve termine che richiede pertanto misure a breve termine da parte della Commissione, come dichiarato anche nella risoluzione.
E’ chiaro inoltre che i consumatori europei hanno pagato per una politica agricola inefficiente che ha deluso le aspettative sia degli allevatori sia dei consumatori. La crisi non deve essere un pretesto per accantonare ulteriori riforme e la liberalizzazione della PAC. E’ per questo motivo che abbiamo presentato alcuni emendamenti in questa direzione e chiedo la vostra approvazione su questo argomento.
Vorremmo inoltre che la Commissione si impegnasse a trovare una soluzione per questo mercato, che si è rivelato chiaramente carente. Ci rimettono i consumatori, che non traggono beneficio dal crollo dei prezzi del latte; ci rimettono gli allevatori perché non ottengono una quota equa del prezzo al dettaglio del latte. Accogliamo con favore le inchieste avviate dalla Commissione nella filiera alimentare, ma in ogni caso, signora Commissario, auspichiamo che vi spingiate oltre.
La Commissione intende attivarsi per impedire alla grande distribuzione di abusare della propria posizione monopolistica? Intende impegnarsi per realizzare un mercato concorrenziale che riconosca ai produttori un tornaconto adeguato, un mercato del latte efficiente che offra un accordo equo agli allevatori nonché un prezzo giusto ai consumatori?
Attendo di una sua risposta, signora Commissario.
José Bové, a nome del gruppo Verts/ALE. – (FR) Signora Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, da mesi gli allevatori di bestiame richiamano l’attenzione del Commissione e del Consiglio sulla gravità della crisi. Nelle zone rurali sono scomparse decine di migliaia di posti di lavoro. L’Unione europea ha contato sulla crescita della domanda mondiale. I suoi esperti hanno commesso un errore madornale. La crisi economica e finanziaria che stiamo attraversando produce effetti diretti sull’agricoltura e il consumo.
La decisione della Commissione, nella persona della signora commissario Fischer Boel, di mantenere in essere le quote e il desiderio del Consiglio di smantellarle entro il 2015 rappresentano una provocazione per i produttori di latte. I tempi sono cambiati. La politica europea deve essere adeguata per rispondere a un nuovo ambiente globale. I prezzi del latte imposti ai produttori non coprono i costi di produzione. Per ogni litro di latte, alcuni piccoli allevatori perdono fino a 30 centesimi. Alla fine dell’anno, molti di loro non avranno guadagnato un solo euro o ci avranno addirittura rimesso. Alcuni, come ci confermano i funzionari regionali, oggi stanno persino rischiando la sopravvivenza.
Di fronte a questa crisi senza precedenti, l’Unione europea deve compiere rapidamente passi significativi. Esortiamo i capi di Stato e di governo che si riuniranno questa sera per prepararsi al G20 a porre la questione della crisi del settore dell’allevamento all’ordine del giorno della loro prossima riunione in maniera che si possano adottare provvedimenti adeguati per rispondere agli allevatori di bestiame.
L’Unione europea deve stimolare le capacità negoziali degli allevatori in maniera che non siano più soggetti ai diktat del settore agroalimentare, così come deve predisporre una rete di sicurezza per garantire un prezzo remunerativo in maniera che non scenda mai al di sotto dei costi di produzione. L’Unione europea deve porre fine al suo programma di restituzioni all’esportazione. Ha appena impegnato l’ingente somma di 480 milioni di euro, approvata con il sostegno di vari gruppi parlamentari, dalla destra alla sinistra, per vendere le sue eccedenze a poco prezzo sui mercati alimentari, distruggendo in tal modo centinaia di migliaia di posti di lavoro nell’agricoltura al sud e inducendo cinicamente i coltivatori ad abbandonare la terra o emigrare.
Soprattutto, però, l’Unione europea deve immediatamente ridurre drasticamente del 5 per cento le quote latte in maniera inversamente proporzionale al volume consegnato dai piccoli produttori per ristabilire rapidamente un equilibrio tra domanda e offerta. Una politica lassista è inaccettabile perché ha conseguenze nefaste in termini di occupazione e modelli di utilizzo del territorio.
Senza i piccoli allevatori, non può esistere Europa.
James Nicholson, a nome del gruppo ECR. – (EN) Signora Presidente, ritengo che la Commissione si sia mossa in fortissimo ritardo su questa questione, restando troppo a lungo con le mani in mano, tanto che molti allevatori ne hanno risentito pesantemente. Possiamo decidere se sostenere il settore oppure lasciare che gli allevatori abbandonino la loro attività, costringendoci a importare tutto dall’estero, con le conseguenze che ne derivano.
Sono curioso di conoscere i suoi commenti sul futuro, signora Commissario, ma non condivido le osservazioni che ha espresso riguardo al breve periodo: è necessario fare di più per aiutare il settore a uscire dalla crisi attuale, applicando immediatamente misure ad hoc.
Ricordo, ovviamente, l'epoca delle eccedenze di latte e burro: mi auguro che non torni più e sono sicuro che, come me, nessun operatore del settore, dagli allevatori all’industria della trasformazione, né la Commissione o quest’Aula. Non vogliamo più trovarci in una situazione del genere, ma uno dei problemi principali è che se, da una parte gli allevatori hanno visto ridursi sensibilmente le entrate legate al latte, dall’altra i consumatori pagano sempre lo stesso prezzo.
Non avremo risposta finché non affronteremo la questione del potere detenuto dalla grande distribuzione, che deve essere soggetto a qualche forma di controllo: serve un difensore civico, una figura che possa dire ai supermercati che hanno oltrepassato i limiti, che stanno rapinando i consumatori e gli allevatori, e che questi ultimi si ritroveranno costretti a chiudere le proprie attività.
Ilda Figueiredo, a nome del gruppo GUE/NGL. – (PT) Signora Presidente, ancora una volta non posso che rammaricarmi per le posizioni adottate dal Consiglio e quanto appena affermato qui dalla signora commissario, la quale persiste nel non andare al fondo del problema disconoscendo la necessità di rivedere le decisioni prese in merito allo smantellamento delle quote latte, optando invece per la prosecuzione della deregolamentazione del settore a discapito degli interessi dei produttori.
Continuiamo pertanto a ribadire la necessità di mantenere in essere il sistema delle quote con i dovuti aggiustamenti per adeguarle alle esigenze di ciascun paese, compresa la sospensione dell’aumento annuale dell’1 per cento fino al 2015. La signora commissario non pensa che, in un momento di crisi così grave per il settore lattiero-caseario, ciò che più conta non è tanto la deregolamentazione del settore e la liberalizzazione del commercio internazionale quanto piuttosto il sostegno all’agricoltura e specificamente al settore lattiero-caseario degli Stati membri al fine di promuovere le zone rurali e l’occupazione con diritti? Non reputa essenziale, oltre che definire nuove forme di aiuto alla produzione di latte e carne, creare un fondo di sostegno straordinario per il settore lattiero-caseario a livello comunitario del quale possano usufruire i produttori e i paesi più colpiti? Io personalmente lo giudico indispensabile.
Giancarlo Scotta', a nome del gruppo EFD. – Signora Presidente, onorevoli colleghi, volevo sottolineare i miei dubbi relativamente alla proposta di prolungamento del periodo di intervento 2009-2010 per il burro e il latte scremato in polvere, in quanto questa proposta rischia di trasformare misure di breve periodo, congiunturali all'attuale crisi di mercato, in misure di carattere strutturale che riporterebbero di fatto il mercato lattiero-caseario alla situazione ante quote.
Al fine di dare maggiore equilibrio alle misure di mercato, non dando benefici solo agli Stati membri interessati dalla produzione di burro e di latte scremato in polvere, chiedo la reintroduzione dell'aiuto comunitario per l'ammasso privato dei formaggi a lunga stagionatura.
Infine vorrei attivare la vostra attenzione sul tema dell'indicazione dell'origine e dell'etichettatura dei prodotti lattiero-caseari e sulla tracciabilità dei prodotti: questa è una richiesta che viene direttamente dai consumatori europei – in modo sempre più crescente e che ci aiuterebbe ad affrontare la crisi nel settore lattiero-caseario. Mi auguro che anche i colleghi degli altri gruppi possano sostenere questa proposta.
Diane Dodds (NI). – (EN) Signora Presidente, ringrazio la signora Commissario per l'intervento. Per il mio paese, l’Irlanda del Nord, il settore lattiero-caseario è di fondamentale importanza: quando questo settore soffre, ne risente anche il resto dell’economia rurale. Attualmente, i produttori di latte ottengono poco più di 20 centesimi di euro per litro di latte, a fronte di costi in aumento. L’Irlanda del Nord non solo ha dovuto affrontare il problema dei bassi prezzi del latte e dei costi elevati, ma per il terzo anno consecutivo si è registrata un'estate particolarmente umida, che ha avuto effetti devastanti sul settore.
Sono rimasta sconvolta, l’altra sera, nel vedere gli allevatori belgi furiosi e disperati al punto di irrigare i campi con il latte per protestare contro i prezzi bassi del latte e le difficoltà cui devono far fronte. Abbiamo apprezzato le iniziative della Commissione volte a fornire una base al mercato, ma non possiamo sostenere prezzi talmente bassi da risultare antieconomici.
Chiedo alla Commissione di adottare misure di breve periodo volte a far aumentare la domanda di latte e tagliare i costi di produzione, iniziative rivolte all’intera filiera con i suoi prezzi bassi alla produzione e alti per il consumatore, nonché misure di lungo periodo finalizzate a creare un settore sostenibile e assicurare un futuro ai giovani allevatori che stanno attraversando un periodo di difficoltà, segnato da prezzi bassi e commissioni bancarie elevate.
Mairead McGuinness (PPE). – (EN) Signora Presidente, quando a protestare sono le donne che lavorano nell'agricoltura, è sintomo di una situazione grave. Durante il fine settimana ho incontrato un gruppo di donne irlandesi chiamato “Farm Women for a Fair Price” (Coltivatrici dirette per un prezzo equo) e vorrei attirare la vostra attenzione sul termine “prezzo equo”, dal momento che i produttori al momento non riescono a ottenere un prezzo decente né equo ed è questo il nodo centrale della questione.
Sarebbe sconveniente non accogliere i commenti della signora Commissario riguardo alla stabilità da assicurare al mercato, seppure a un livello estremamente basso, e riconosco le iniziative intraprese e i fondi investiti dalla Commissione al fine di assicurare stabilità al mercato. Quanto è stato fatto semplicemente non è sufficiente e non è stato compiuto con la tempestività necessaria, vista la gravità della crisi.
In una prospettiva futura, i vostri commenti sono particolarmente apprezzabili. Mi preoccupa che l’Aula sia divisa sulla questione delle quote latte, perché con la procedura di codecisione, se il trattato di Lisbona entrerà in vigore, occorrerà pensare in maniera più coerente, come un gruppo compatto, e lanciare ai coltivatori diretti segnali chiari anziché messaggi contrastanti. Voglio quindi ribadire ancora una volta che le osservazioni sulla relazione tra produttori e operatori dell’industria della trasformazione e sui livelli della produzione vanno approfonditi e sottoposti a ulteriori discussioni.
Devo tuttavia chiederle, signora Commissario, che genere di misure a sostegno del mercato crede che possano esistere senza quote in grado di assicurare ai produttori prezzi equi e accettabili? Occorre inoltre affrontare il problema del mercato, che non funziona. A detta di tutti, perfino dei supermercati – per quanto ne dubiti – il latte non è redditizio, ma occorre fare chiarezza per comportarsi onestamente nei confronti degli allevatori.
Penso che dall’odierno dibattito emergano due aspetti. In primo luogo vi è la necessità immediata di affrancarsi dalla crisi. Tutte le misure, dall’assistenza ai coltivatori alle misure di intervento, sono indispensabili, direi imprescindibili. Dobbiamo avallarle e anzi chiedere che ne venga ampliata la portata. Questo è ciò che, insieme ad alcuni colleghi, proponiamo qui, in Parlamento.
In secondo luogo vi è la questione strutturale della gestione del mercato lattiero-caseario, argomento in merito al quale i nostri punti di vista divergono dai suoi, signora Commissario. Lei propone di optare per l’uso delle relazioni contrattuali. Posso già anticiparle che a lungo termine, introducendo relazioni contrattuali tra le industrie e i coltivatori, a livello europeo le industrie si ritroveranno a competere l’una con l’altra.
Per regolamentare un mercato abbiamo bisogno di una regolamentazione pubblica. Non vi è altra soluzione. Dopo la crisi, di questo dobbiamo parlare. Ritengo che nell’odierna discussione si debbano rispettare tutte le opinioni e tutte le alternative; temo che abbiamo agito troppo impulsivamente all’epoca della valutazione dello stato di salute per risolvere una questione come quella delle quote che sino a oggi, e vorrei rammentarlo a tutti coloro che sono intervenuti, hanno permesso di preservare la produzione lattiero-casearia in Europa, garantendo un forte sviluppo del comparto e, al tempo stesso, mantenendo i prezzi a un livello decisamente accessibile per i consumatori.
Liam Aylward (ALDE). – (EN) Signora Presidente, negli ultimi 12 mesi in Irlanda e nel resto dell’Unione europea, gran parte dei produttori del settore lattiero-caseario hanno ceduto il latte a prezzi inferiori ai costi di produzione. Il sostentamento degli operatori di questo settore è in serio pericolo.
Pur apprezzando la decisione della Commissione di prolungare fino al 2010 il periodo di intervento in relazione a burro e latte scremato in polvere, le misure di breve periodo non sono sufficienti ad alleviare la pressione che grava sui produttori del settore lattiero-caseario nel lungo periodo: occorrono interventi in grado di gestire non solo le difficoltà attuali, ma anche quelle a lungo termine, al fine di garantire la sostenibilità e la profittabilità di questo settore anche in futuro. I produttori di latte necessitano di sostegno finanziario immediato; occorre istituire urgentemente un fondo europeo settoriale di 600 milioni di euro, come chiesto dal Parlamento nella procedura di bilancio 2009. I produttori di questo settore hanno diritto a prezzi equi e di un sistema di sostegno in grado di garantire loro un prezzo minimo al litro accettabile e un reddito dignitoso. I produttori lattiero-caseari irlandesi ed europei non possono trovarsi costretti ad abbandonare la loro attività e chiedo quindi alla Commissione e al Consiglio di attivarsi immediatamente con misure efficaci.
Signora Commissario, trovo che abbia svolto il suo ruolo nel migliore dei modi e voglio rendere omaggio al grandissimo impegno da lei profuso. Di recente ha annunciato l’intenzione di lasciare il suo incarico: la invito pertanto a risolvere o perlomeno a contribuire per quanto possibile alla risoluzione di questo problema prima della conclusione del suo mandato.
Oriol Junqueras Vies (Verts/ALE). – (ES) ¡Bon dia! Signora Presidente, mi rivolgo al Parlamento senza poter usare la mia lingua madre, il catalano, lingua parlata da oltre 10 milioni di cittadini europei.
Oggi a nome del mio gruppo vorrei esprimere solidarietà all’intero settore agricolo e soprattutto allo sciopero dei produttori di latte e alle azioni da loro intraprese in tutta Europa. L’attuale situazione è insostenibile e richiede una soluzione politica. Ovviamente le misure adottate sinora dalla Commissione non sono riuscite ad attenuare la crisi né a proporre un’alternativa praticabile al regime di sostituzione delle quote previsto per il 2015. Di conseguenza, in Spagna, per esempio, per la precisione in Galizia, 14 000 produttori di latte hanno dovuto far fronte a una ristrutturazione radicale per continuare a vivere e lavorare sulla loro terra. Eppure oggi sono ancora sull’orlo di un’incombente scomparsa.
Per tutti questi motivi, come è intervenuta in altri settori, la Commissione deve anche intervenire nel settore del latte regolamentando la produzione, ridistribuendo le quote, offrendo una compensazione temporanea, incoraggiando la rintracciabilità della produzione e contribuendo al ravvicinamento di produttori e consumatori attraverso la correzione delle disfunzioni causate dall’oligopolio della distribuzione.
Perché la Commissione non ha agito per evitare le conseguenze negative di questo oligopolio istituito dai principali distributori?
Perché non garantiamo la sopravvivenza rurale dei nostri produttori di latte e dei coltivatori in generale, che generano ricadute economiche, sociali e ambientali positive?
Hynek Fajmon (ECR). – (CS) Signora Presidente, onorevoli colleghi, la crisi nel settore dei prodotti lattiero-caseari dimostra che l’intero sistema europeo della regolamentazione basata su quote è lacunoso e inefficace. Non ci occorre una maggiore regolamentazione e una manipolazione delle quote latte, bensì la loro totale abolizione. L’opportunità di produrre latte dovrebbe essere lasciata principalmente ai produttori che hanno costi ridotti e ottengono un utile. Per superare la crisi del settore lattiero-caseario, occorre eliminare le quote latte il prima possibile. Sostengo dunque il tentativo della Commissione di abolire le quote entro il 2015, ma preferirei venissero eliminate anche prima.
Patrick Le Hyaric (GUE/NGL) . – (FR) Signora Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, ascoltare il suo intervento ha accresciuto ulteriormente le mie preoccupazioni poiché non rappresenta una risposta sufficiente alla gravità delle sofferenze patite dai produttori di latte e dai coltivatori in generale.
La crisi è strutturale e non è stata provocata semplicemente da circostanze correnti, come lei ha affermato, bensì dalle successive deregolamentazioni. Per questo chiediamo una riunione straordinaria del Consiglio europeo allo scopo di salvare l’agricoltura su piccola scala.
Il Consiglio dovrebbe in primo luogo decidere di istituire un fondo straordinario per prestare assistenza alla produzione lattiero-casearia non industriale, in secondo luogo fissare un prezzo minimo intraeuropeo che gli uffici di approvvigionamento centrali siano obbligati a rispettare senza aumenti di prezzo per i consumatori e in terzo luogo bloccare le quote di produzione nazionali e far cessare le importazioni improprie dall’esterno della Comunità.
John Bufton (EFD). – (EN) Signora Presidente, nutro grande preoccupazione per il settore lattiero-caseario nel Regno Unito. Il problema principale sembra essere la commercializzazione al minuto, che realizza profitti enormi alle spalle dei produttori del settore. Si stenta a credere che possa esistere davvero tanta differenza tra il rincaro applicato dai supermercati sul latte e la quota effettivamente percepita dai produttori.
E’ il produttore a fornire il lavoro e a sostenere i costi maggiori nella produzione del latte, mentre gran parte dei profitti va alla grande distribuzione: il margine degli allevatori risulta pertanto assolutamente inadeguato. Occorre fare pressione perché i supermercati riconoscano un prezzo equo al settore lattiero-caseario, senza che il prezzo del latte al consumatore subisca variazioni. La grande distribuzione deve accettare una riduzione dei propri margini: è scandaloso che i supermercati ottengano profitti smisurati ogni anno, mentre il settore lattiero arranca. Senza iniziative tempestive, sono realmente convinto che molti allevatori nel Galles e nel resto del Regno Unito saranno costretti ad abbandonare la propria attività.
Vorrei commentare brevemente l’intervento della Commissione di stamane a proposito del prelievo supplementare, che ho trovato per certi versi preoccupante. Credo che si ripercuoterà sui produttori più efficienti, che sono riusciti a far fronte alla sfida, hanno reagito al mercato investendo somme ingenti nelle proprie aziende agricole e affidandosi all’intenzione della Commissione di abolire le quote. L’imposizione del prelievo supplementare contrasta con le modifiche strutturali che sia l’UE che il governo del Regno Unito dichiarano di sostenere.
Dimitar Stoyanov (NI). – (BG) Signora Presidente, la Commissione è nuovamente di ottimo umore e reca buone notizie, benché personalmente non riesca a comprendere né apprezzare lo spreco di migliaia di tonnellate di latte in segno di protesta contro la politica attualmente perseguita.
La verità è che l’onorevole De Castro e gli oratori che lo hanno preceduto hanno giustamente sottolineato come la Commissione e il Consiglio non abbiano fatto abbastanza durante la valutazione dello stato di salute per impedire la crisi. Per inciso, dove sono i rappresentanti del Consiglio che dovrebbero prendere posizione sulla questione considerato che tale organo ha il voto decisivo in merito a qualunque riforma?
I miei colleghi dell’Europa orientale e io abbiamo ribadito varie volte in commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale che occorreva un aumento delle quote nettamente superiore, oppure la loro totale abolizione, perché i nostri paesi, nuovi ai sistemi dell’Unione europea, erano i primi a sentire l’impatto della crisi. Purtroppo siamo rimasti una voce solitaria nel deserto e la colpa è del Parlamento.
Profondo è il mio rammarico per il fatto che noi pro-riformisti, che realmente volevano la riforma della politica agricola, ci siamo trasformati in profeti di sciagura. Spero che per il futuro abbiate imparato la lezione.
Rareş-Lucian Niculescu (PPE). – (RO) Signora Presidente, molti hanno chiesto in questo periodo, sin dall’inizio della crisi, di congelare l’aumento delle quote latte. Tuttavia, una siffatta misura non rappresenterebbe una soluzione. Sarebbe invece un errore, perlomeno dai alcuni punti di vista che ora presenterò.
In primo luogo non sussiste un nesso economico diretto tra l’aumento delle quote latte e il calo dei prezzi di mercato. Le quote sono aumentate, mentre la produzione si è ridotta. Non vedo quale nesso possa esservi. Lo stesso mercato ci fornisce la spiegazione del crollo dei prezzi. Ritengo che stabilire quote fisse porterebbe nel tempo a un aumento dei prezzi. I beneficiari, però, sarebbero anche in questo caso non certo i produttori, bensì i trasformatori e i dettaglianti. Se vogliamo limitare la produzione, dovremmo forse incoraggiare i produttori a sospendere volontariamente l’allevamento di bestiame fornendo incentivi anziché misure che comportano distorsioni del mercato. Ipotizzando che le quote siano congelate, che cosa succederà, per esempio, quando la domanda sul mercato globale si riprenderà? Che cosa potrebbero fare i produttori europei? La produzione lattiero-casearia non ha un rubinetto che possiamo aprire e chiudere a nostro piacimento …
(Il Presidente interrompe l’oratore)
Come dicevo che cosa potrebbero fare i produttori europei nell’eventualità di una ripresa della domanda sul mercato globale? La produzione lattiero-casearia non ha un rubinetto che possiamo aprire e chiudere a nostro piacimento. Se ora tagliassimo la produzione, i coltivatori ovviamente rinuncerebbero all’allevamento di mucche, ma sarebbe estremamente difficile ricostituire il numero di capi nel momento in cui ci dovessimo rendere conto che la misura oggi considerata valida da alcuni in realtà è un errore madornale.
Ulrike Rodust (S&D). – (DE) Signora Presidente, signora Commissario, signor Presidente in carica del Consiglio, vorrei esordire ringraziando il collega Capoulas Santos che ha reso possibile questa risoluzione.
Oggi discutiamo dei nostri produttori lattiero-caseari per decidere se abbandonarli al loro destino o trattarli con onestà. Personalmente non ritengo che dovremmo abbandonarli al loro destino. Credo invece che dovremmo essere onesti nei loro confronti. Indubbiamente sono necessarie urgenti misure a breve termine per superare la crisi. Certamente l’intervento è accettabile per un breve periodo se il prezzo del latte ha raggiunto un minimo storico, come pure sono pienamente giustificati ulteriori fondi, finanziamenti e sovvenzioni per combattere la crisi. E’ viceversa assolutamente inaccettabile la ripresa delle discussioni sulle quote latte in primo luogo, e in secondo luogo la reintroduzione delle restituzioni all’esportazione finanziate con le imposte per prodotti forniti a paesi in via di sviluppo. Abbiamo abbandonato questa strada a senso unico nel 2003 e vi prego di tener fede all’impegno assunto per il bene dei nostri produttori lattiero-caseari.
Britta Reimers (ALDE). – (DE) Signora Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, la crisi economica mondiale ha completamente squilibrato il mercato globale. Come produttori di latte stiamo subendo gli effetti di prezzi che hanno raggiunto un minimo storico. Ci viene ripetuto continuamente che i regolamenti adottati per quanto concerne le quote latte dovrebbero essere modificati. Operando io stessa nel campo della produzione lattiero-casearia, non posso che ammonirvi invitandovi a non agire in tal senso.
Le misure di intervento della Commissione sono peraltro riuscite a evitare che i prezzi del latte scendessero ulteriormente e pare che il mercato si stia rilassando. Non ritengo però che l’intervento oggi in discussione sia realmente uno strumento valido per conseguire lo scopo perché comporterà un accumulo di scorte che potrebbero successivamente gravare su un mercato in ripresa. Esorto pertanto la Commissione a spiegare come intende affrontare il problema.
Richard Ashworth (ECR). – (EN) Signora Presidente, mi congratulo con la signora Commissario per il punto di vista da lei esposto sul futuro del settore lattiero-caseario e condivido pienamente la proposta di abolire le quote latte: sono convinto che si tratti della decisione giusta. Apprezzo inoltre le proposte della signora Commissario per affrontare l’attuale crisi: si tratta di una strategia sensata e adeguata per sostenere i produttori in questo difficile frangente.
Vorrei tuttavia puntualizzare due aspetti. Ritengo innanzi tutto che applicare il prelievo supplementare in questo momento sarebbe del tutto inappropriato, dal momento che costituisce una misura congiunturale. Costituirebbe pertanto un messaggio sbagliato e finirebbe di fatto per penalizzare soltanto i produttori efficienti che prevedono di continuare a operare nel settore sul lungo periodo.
In secondo luogo, bisogna riconoscere che il prezzo al dettaglio ha ben poco, per non dire nulla, a che vedere con quello della materia prima consegnata dal produttore. E’ un esempio di ciò che definisco catena del prezzo disfunzionale.
L’influenza principale rimarrà sempre quella del mercato globale, il quale – dobbiamo ammetterlo – rimarrà sempre volatile. Invito pertanto la Commissione ad avanzare progetti a lungo termine per assicurare una certa stabilità sul lungo periodo, a beneficio non soltanto dei produttori, ma anche – ovviamente – dei consumatori.
Esther Herranz García (PPE). – (ES) Signora Presidente, signora Commissario, lei ha concluso il suo intervento affermando l’esistenza di una crisi nel settore del latte, eppure aveva esordito sostenendo che tutte le misure possibili per risolvere la situazione sono già state intraprese.
Sapersi correggere è da saggi. Così diciamo in Spagna, un detto che si attaglia perfettamente alla situazione. Per mesi il settore del latte ha subito la peggiore crisi della sua storia. Ciononostante, poiché la Commissione europea e alcuni governi, compreso apparentemente il mio, quello spagnolo, non vogliono essere messi alle strette, si rifiutano di retrocedere sulle decisioni riguardanti la valutazione dello stato di salute della politica agricola comune.
Dette decisioni sono state prese senza riflettere minimamente sulla fragilità del settore e in un contesto di mercato molto diverso da quello sviluppatosi dal momento in cui è stato concordato il compromesso, il che fa pensare che gli Stati membri non abbiano voluto o saputo riconoscere, all’epoca, i segni premonitori della tempesta. La riforma è ben presto diventata irrilevante visto il profondo stravolgimento del mercato, dimostrando così che il settore è completamente alla mercé della volatilità dei prezzi.
Il fatto che i maggiori produttori come la Francia e la Germania, paesi che in termini assoluti hanno ottenuto il maggiore aumento delle quote di produzione nazionali nell’accordo, ora siano proprio quelli a chiedere la revisione delle decisioni prese alla luce della valutazione dello stato di salute solleva molti interrogativi.
Secondo la mia personale interpretazione, gli Stati membri hanno sbagliato e avrebbero dovuto ascoltare con più attenzione le voci, compresa la mia, che esortavano a rinviare al 2011 qualunque decisione finale sul futuro del settore.
E’ deplorevole che nessuno ci abbia ascoltati. Forse dovreste farlo adesso.
Iratxe García Pérez (S&D). – (ES) Signora Presidente, signora Commissario, l’odierno dibattito è fondamentale per poter esprimere la nostra preoccupazione in merito alla crisi del settore del latte. Dobbiamo risolvere la situazione che mette a repentaglio il futuro di moltissimi produttori di latte dell’Unione europea.
Si tratta di una crisi europea che deve essere affrontata da una prospettiva europea con ambizione e avvalendosi di tutti gli strumenti comunitari disponibili, cosa che la Commissione al momento sembra incapace di fare.
Signora Commissario, non deve passare la mano agli Stati membri in maniera che aiutino chi possono. Dobbiamo trovare soluzioni comuni.
Su questo Parlamento ricade dunque una responsabilità importante in quanto è chiamato a sollecitare misure volte a rinvigorire la domanda, e non solo quelle indicate nella proposta di risoluzione, ma anche quelle attuabili attraverso l’organizzazione comune del mercato.
Un altro tema importante è la notevole differenza esistente tra il prezzo alla produzione e il prezzo finale al consumo, fattore che incide non soltanto sul settore del latte, bensì su tutti i prodotti dell’agricoltura e dell’allevamento.
Vi sono molti uomini e donne che, di fronte all’attuale incertezza, hanno bisogno di un segnale chiaro e fermo da noi che si garantirà il proseguimento di tale attività.
Marc Tarabella (S&D) . – (FR) Signora Presidente, signora Commissario, ieri in Vallonia oltre tre milioni di litri di latte sono stati cosparsi nei campi in segno di protesta dagli allevatori disillusi dalla più grave crisi mai subita dal settore – ricevono soltanto 19 centesimi al litro! – dovuta a un’offerta di latte sovrabbondante che sta provocando un brusco calo dei prezzi. La deregolamentazione incoraggia la volatilità e le condizioni di mercato sono esattamente l’opposto di quelle che erano sino a poco tempo fa.
Signora Commissario, la invito a smetterla di nascondersi ostinatamente dietro scelte compiute lo scorso anno e tener conto di ciò che adesso sta realmente accadendo!
Anche il Consiglio è biasimabile, in primo luogo per la sua assenza qui, all’odierno dibattito, ma anche per non aver preso decisioni in quanto più propenso ad assecondare interessi puramente nazionali che a promuovere una visione europea dell’agricoltura.
Il mercato non funziona. Si registra una sovrapproduzione. Sarebbe molto semplice congelare l’aumento dell’1 per cento delle quote, oppure ridurre le quote direttamente del 3 o 5 per cento perché dobbiamo proporre urgentemente una soluzione a breve termine. L’adozione di una siffatta misura prenderebbe due piccioni con una fava: garantiremmo nuovamente ai produttori un prezzo decente e, limitando la produzione, ridurremmo la fattura europea di centinaia di milioni di euro spesi per interventi vari, tra cui restituzioni all’esportazione.
Wojciech Michał Olejniczak (S&D). – (PL) Signora Presidente, l’azione intrapresa, e mi sono consultato oggi con gli allevatori e i produttori polacchi, pare abbia comportato un miglioramento, seppure non ancora significativo, della situazione in cui versa il settore lattiero-caseario, ma non si è osservato alcun cambiamento per quel che riguarda la situazione difficilissima dei coltivatori polacchi ed europei che per i loro prodotti tuttora ricevono pochissimo denaro, meno della soglia di sopravvivenza, il che vale anche per gli agricoltori che hanno investito somme ingenti, compresi finanziamenti e prestiti comunitari. La situazione li sta facendo sprofondare in ulteriori difficoltà rendendoli incapaci di onorare i propri impegni.
Alla luce di questi problemi, vorrei parlare del futuro. Oggi dobbiamo reagire a ciò che sta accadendo in questo momento, ma dobbiamo anche pensare a quanto ci aspetta e pianificare la nostra politica comune per tener conto anche dei coltivatori. In proposito, ribadirei dunque i seguenti criteri: la politica comune rispetto ai produttori lattiero-caseari deve prevedere piani per effettuare investimenti intelligenti nel settore in maniera da evitare di spendere denaro che, a seguito di una maggiore produzione, ci creerebbe nuovamente i problemi con i quali oggi dobbiamo confrontarci. Confido altresì nel fatto che tutti i poteri politici giungano a un accordo in merito alle future quote.
Csaba Sándor Tabajdi (S&D). – (HU) Signora Presidente, chi è intervenuto prima di me giustamente ha affermato che non dobbiamo tornare al sistema delle quote e delle sovvenzioni all’esportazione. Tuttavia, la politica perseguita dalla Commissione è stata un totale fallimento. La gravità della crisi non si è minimamente attenuata. Per questo l’onorevole Le Foll e io proponiamo un temporaneo – ribadisco temporaneo – congelamento delle quote.
I nuovi Stati membri sono ancora particolarmente svantaggiati a causa della graduale introduzione in quanto quest’anno riceviamo soltanto il 60 per cento delle sovvenzioni del pacchetto di Bruxelles. Per controbilanciare la situazione, il governo ungherese ha proposto di aumentare le sovvenzioni basate sulle quote, ma la Commissione non ha risposto positivamente al suggerimento, come neanche a quello formulato dalla Francia e specificamente dal ministro francese. Esorto dunque tutti i parlamentari a sostenere gli emendamenti dell’onorevole Le Foll e dei suoi colleghi. Sosteniamo inoltre la proposta dell’onorevole Jeggle a favore della creazione di un fondo di 600 milioni di euro per il settore lattiero-caseario e dell’ampliamento del programma “latte nelle scuole”.
Christel Schaldemose (S&D). – (DA) Signora Presidente, vorrei esordire ringraziando la signora commissario per l’inizio positivo e l’adeguata introduzione all’odierno dibattito! Riconosco che i produttori lattiero-caseari europei stanno affrontando una crisi grave e profonda, ma non comprendo come i miei colleghi possano pensare che lei in Commissione non abbia fatto abbastanza. La invito dunque, signora Commissario Fischer Boel, a rammentarci ciò che ha fatto. Mi pare che l’elenco di iniziative formulate dalla Commissione sia lungo, fin troppo. E’ come se stessimo distruggendo i progressi compiuti in relazione alla valutazione dello stato di salute. Vorrei inoltre sottolineare che all’impegno da noi profuso sinora per conto dei produttori lattiero-caseari non è corrisposto un pari impegno per i lavoratori del settore automobilistico che hanno perso il posto di lavoro o quelli della cantieristica navale che hanno perso anch’essi la propria occupazione a causa dell’attuale crisi economica.
Chiedo pertanto che si presti maggiore attenzione al modo in cui gestiamo la crisi sincerandoci che non vengano minati i notevoli progressi compiuti, malgrado tutto, a seguito della valutazione dello stato di salute. L’idea di congelare le quote latte è a mio parere assolutamente infelice! Né possiamo tornare ai vecchi modelli concedendo restituzioni all’esportazione, il cui unico effetto è rovinare il mercato a favore di altri nel mondo. Dobbiamo essere cauti. Signora Commissario, la prego dunque di ripercorrere il lungo elenco di attività già intraprese in maniera che i colleghi possano rendersi conto che non è assolutamente necessario darsi la pena di promulgare una panoplia di misure ulteriori distruggendo i notevoli progressi compiuti.
Georgios Papastamkos (PPE). – (EL) Signora Presidente, signora Commissario, i provvedimenti sono senza dubbio inadeguati. Noi proponiamo altri interventi, più mirati, specialmente per le zone sfavorite e le aree montane della Comunità in modo che tutti gli Stati membri se ne avvalgano equamente, interventi come una tutela rafforzata delle denominazioni di origine, non soltanto all’interno dell’Unione europea, bensì anche sui mercati internazionali, un’etichettatura chiara e l’indicazione obbligatoria dell’origine dei prodotti lattiero-caseari, la riattivazione – perché no? – dell’ammasso privato dei prodotti lattiero-caseari e l’erogazione di aiuti soddisfacenti, un incremento delle destinazioni ammissibili per le restituzioni all’esportazione, la totale trasparenza della catena di fornitura e una riduzione del divario tra prezzi alla produzione e prezzi al consumo.
Non siamo semplici portavoce degli interessi dei coltivatori. Il nostro compito è trasmettere l’ansia, il grido disperato per la sopravvivenza delle forze creative, degli abitanti delle campagne europee, grido che per noi è un costante monito all’azione.
Michel Dantin (PPE). – (FR) Signora Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, e mi duole non potermi rivolgere anche alla presidenza del Consiglio, come la stessa signora commissario ha affermato l’altro giorno in sede di commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale, il prezzo corrisposto ai produttori lattiero-caseari non copre più gli attuali costi di produzione. Ciò significa che i nostri produttori stanno decapitalizzando.
Poc’anzi la signora commissario ci ha elencato le misure intraprese negli ultimi nove mesi, misure indubbiamente concrete, glielo concediamo. Tali misure, tuttavia, non hanno prodotto gli effetti previsti perché dal nostro punto di vista la loro portata è limitata e vi è decisamente troppa incertezza in merito alla reale efficacia del loro obiettivo.
Questa mattina lei ha parlato di una ripresa del mercato, ma i produttori sicuramente ne percepiranno gli effetti non prima dei pagamenti eseguiti all’inizio del prossimo anno. Il mercato dei prodotti agricoli non è uguale al mercato dei metalli o dell’energia. Esso richiede strumenti normativi perché anche i cicli stagionali e la natura incidono sulle condizioni del mercato.
La sua interpretazione della valutazione dello stato di salute svolta sotto la presidenza francese ci sorprende perché le considerazioni provvisorie che ha prodotto in relazione al settore lattiero-caseario lasciano aperte tutte le strade, compresa la possibilità di nuove decisioni in merito agli strumenti per la regolamentazione dei mercati.
La delegazione francese alla quale appartengo è persuasa che dopo il 2013 sarà necessario un sistema di quote rinnovato. La tensione creatasi sul mercato dei prodotti alimentari prima dell’attuale crisi economica ha dimostrato la fragilità dell’equilibrio in tutto il mondo tra produzione e consumo.
Dopo aver parzialmente smantellato gli strumenti di intervento, non siamo né autorizzati né legittimati a smantellare oggi gli strumenti di produzione dei quali a breve termine avremo bisogno.
Signora Commissario, dobbiamo restituire ai coltivatori la loro dignità: sono uomini e donne che non temono il duro lavoro.
Antolín Sánchez Presedo (S&D). – (ES) Signor Presidente, non possiamo lasciare che il settore del latte crolli. E’ fondamentale per il nostro mondo rurale, oltre che per la qualità e la sicurezza dei prodotti alimentari.
I futuri mercati e le prospettive a medio e lungo termine del mercato del latte e dei prodotti lattiero-caseari nell’Unione europea stanno dando segnali positivi. Dobbiamo evitare che precipitino in una situazione negativa. Abbiamo bisogno di azioni anticicliche e iniziative comuni.
Il crollo dei prezzi dimostra chiaramente l’inadeguatezza delle misure di sostegno. Le distorsioni del mercato dei prodotti lattiero-caseari provano il fatto che ogni catena di fornitura non può funzionare in maniera efficace o equa.
I produttori stanno subendo cali di prezzo che squilibrano il mercato perché non vengono trasferiti ai consumatori e ritardano la ripresa del mercato. Sono dunque necessari interventi correttivi. Dobbiamo garantire una concorrenza legale e rafforzare la rintracciabilità durante la commercializzazione.
Riikka Manner (ALDE). – (FI) Signor Presidente, signora Commissario, lei ha affermato che non è assolutamente questione di ripristinare il sistema delle quote. Non abbiamo forse visto quanto è accaduto nel settore lattiero-caseario dopo che la Commissione in primavera ha deciso di eliminarlo progressivamente? Si è trattato di una decisione profondamente inadeguata e miope. La completa abolizione delle quote darà il colpo di grazia a molte piccole aziende agricole. E’ questo il genere di politica che la Commissione intende attuare? Il fatto è che per il settore lattiero-caseario ci occorre un sistema restrittivo. Se le quote sono fuori discussione, la esorto, signora Commissario, a garantire che la Commissione proponga altre soluzioni per risolvere la crisi. Questa è una crisi europea e dobbiamo attuare una politica agricola che assicuri quantomeno un tenore di vita ragionevole ai coltivatori, a prescindere dal paese e dalla regione.
Yannick Jadot (Verts/ALE). – (FR) Signor Presidente, signora Commissario, sono un rappresentante eletto di una regione occidentale della Francia dove vi è una concentrazione elevatissima di produttori lattiero-caseari e non ritengo che si siano adeguatamente riconosciute le tragiche condizioni sociali in cui oggi versano.
Signora Commissario, quando lei parla di “produttori”, ho l’impressione che si tratti di “industriali” e “distributori”. I produttori lattiero-caseari non hanno bisogno della sua compassione, signora Commissario. Non hanno bisogno di teorie liberali ormai obsolete che ci hanno fatto sprofondare in una crisi mondiale senza precedenti. I produttori lattiero-caseari hanno invece bisogno di una politica agricola vera. Hanno bisogno di quote rigide. Per questo invitiamo il Consiglio a bocciare la politica della Commissione e introdurre al suo posto una politica che realmente sostenga i produttori lattiero-caseari ponendo termine a questo eccidio di massa.
Janusz Wojciechowski (ECR). – (PL) Signor Presidente, signora Commissario, il nostro dibattito si è svolto di fatto all’ombra di avvenimenti drammatici, e mi riferisco ai coltivatori che hanno cosparso latte nei campi in segno di protesta. Siamo profondamente scossi dall’accaduto.
Personalmente volevo richiamarmi a un problema citato dal collega Nicholson, segnatamente il modo in cui le grandi catene commerciali e gli ipermercati hanno abusato sia dei loro consumatori sia in particolare dei loro fornitori. Vorrei rammentare che nell’anno 2008 del suo mandato parlamentare, il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione scritta, della quale sono stato uno dei coautori, sulla necessità di far cessare tali abusi e condurre un’indagine approfondita della questione a livello di Commissione. In base alle informazioni in mio possesso, l’azione è stata intrapresa, ma il processo pare troppo lento. Domanderei dunque alla signora commissario se si sta interessando del problema e, in generale, quali sono le future prospettive rispetto ad attività di questo genere.
Vi è qualcosa di profondamente sbagliato nella politica economica dell’Unione europea in quanto i coltivatori ricevono meno del 10 per cento del valore dei loro prodotti. La situazione deve cambiare. Chiedo alla signora commissario di agire in proposito.
Jaromír Kohlíček (GUE/NGL). – (CS) Signor Presidente, signora Commissario, lei considera progresso un aumento del 3-8 per cento del prezzo di prodotti finiti come burro e latte scremato. A mio giudizio questo è un insulto per i nostri coltivatori. Il problema principale sta nel prezzo al quale si acquista il latte dai produttori. Nella Repubblica ceca, per esempio, il prezzo di acquisto è inferiore anche del 25 per cento al costo di produzione, ma il prezzo del prodotto finito che viene poi venduto nei negozi coprirebbe agevolmente tutti i costi dei coltivatori. Il problema principale è pertanto che da qualche parte vi è una voragine, problema che va risolto. Attualmente nella Repubblica ceca abbiamo meno bestiame di quanto ve ne era dopo le guerre napoleoniche, il che mette a repentaglio la stessa sopravvivenza delle zone rurali. L’onorevole Bové ha ragione e l’onorevole Fajmon ha profondamente...
(Il Presidente interrompe l’oratore)
Krisztina Morvai (NI). – (HU) Signor Presidente, è ovvio che occorrono misure di emergenza perché la situazione è disastrosa. Ma non è possibile che il problema stia alla base? Sicuramente è problematico un modello o un sistema in cui si importa, per esempio, una quantità ingente di soia dall’America latina, aumentando in tal modo l’offerta eccedentaria in Europa e distruggendo nel contempo l’ambiente in America latina. Nella crisi che inevitabilmente è seguita ci lambicchiamo il cervello per decidere se dobbiamo esportare o meno i prodotti agricoli nel mondo in via di sviluppo a prezzi estremamente ridotti, rovinando così il mercato locale, oltre che compromettendo la situazione dei piccoli coltivatori e dei produttori. Non ci occorre forse un nuovo modello, come la sovranità alimentare, anziché imporre all’agricoltura la logica del libero commercio dettata dall’OMC? La mia seconda domanda è la seguente. Chiediamo consulenza specifica o una proposta sul modo per…
(Il Presidente interrompe l’oratore)
Astrid Lulling (PPE). – (DE) Signor Presidente, abbiamo salvato le banche perché dovevamo farlo. Ora ci troviamo di fronte a una situazione in cui dobbiamo impedire che migliaia di coltivatori falliscano a breve termine perché i prezzi non coprono più i costi di produzione.
E’ necessario tuttavia garantire che venga mantenuto il nostro potenziale di produzione per fornire ai nostri cittadini prodotti alimentari di alta qualità. Appartengo a una generazione che ha vissuto la drammatica esperienza del razionamento alimentare. Ricordo di aver dovuto percorrere otto chilometri in bicicletta nell’inverno del 1944 per ottenere soltanto due uova. Auspicabilmente non ci ritroveremo mai più in una situazione così drammatica, ma la sicurezza dell’approvvigionamento, e non soltanto nel settore energetico, è anch’essa importante.
Se non siamo pronti ad adottare le misure richieste nella nostra risoluzione, il costo in termini di conseguenze per la politica sociale, economica e ambientale nell’Unione europea sarà di molto superiore a quello...
(Il Presidente interrompe l’oratore)
Ricardo Cortés Lastra (S&D). – (ES) Signor Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, come la Commissione europea ha dichiarato nella comunicazione del 22 luglio, la situazione del settore lattiero-caseario si è profondamente deteriorata nel corso degli ultimi 12 mesi.
Tuttavia, tenuto conto del profondo impatto della crisi sui prezzi dei prodotti lattiero-caseari e, soprattutto, sul reddito dei produttori, le misure proposte a oggi dalla Commissione e discusse dal Consiglio dei ministri sono state incapaci di contrastare il crollo della domanda e le sue conseguenze.
L’attuale crisi non soltanto ci pone la sfida di invertire il calo della domanda, ma ci offre anche l’opportunità di incoraggiare il consumo e la promozione dei prodotti lattiero-caseari. Dobbiamo inoltre garantire che l’indiscussa qualità del prodotto iniziale venga mantenuta integra finché non raggiunge il consumatore finale.
In proposito, azioni quali il miglioramento dell’etichettatura, l’aumento del consumo di latte presso determinati gruppi di popolazione o l’uso del latte per nutrire i vitelli potrebbe migliorare non soltanto l’attuale situazione, bensì l’intera situazione strutturale del settore.
Mariann Fischer Boel, membro della Commissione. − (EN) Signor Presidente, ringrazio gli onorevoli colleghi per la sentita partecipazione alla discussione di oggi, che ho personalmente seguito con grande attenzione. Sono ovviamente emerse posizioni diverse tra i vari deputati.
Pare che il sistema delle quote sia una sorta di capro espiatorio per la situazione in cui ci troviamo. Come ho precisato fin dall’apertura della discussione, non ho sottovaluto la crisi che il settore lattiero-caseario sta attraversando, non soltanto in Europa, ma anche a livello globale. Vorrei che questo punto fosse assolutamente chiaro. Capisco perfettamente, quindi, la frustrazione degli allevatori in molte regioni europee, non in tutta Europa, ma in larga parte.
L’abolizione del sistema delle quote era stata decisa ancora nel 2003, pertanto non si tratta di una misura adottata in fretta e furia, di cui nessuno era a conoscenza. Successivamente, in occasione della valutazione dello stato di salute della PAC, è stata presa in considerazione l’ipotesi di incrementare le quote, al fine di trovare una soluzione praticabile per gli operatori del settore.
Ritengo, tuttavia, che chi addossa al sistema delle quote la responsabilità di tutti i problemi che oggi gli allevatori stanno attraversando, commette uno sbaglio, dal momento che nemmeno il sistema di quote in vigore è stato sufficiente a mantenere alti i prezzi né a scongiurare i cambiamenti radicali nel settore lattiero-caseario, che si sono verificati ugualmente. Nel 1984, anno in cui era stato introdotto il sistema delle quote, nell’UE a 10 si contavano 1,6 milioni di allevatori nel settore lattiero-caseario; oggi sono 300 000, meno di un quinto rispetto al 1984, con un sistema di quote in vigore. I cambiamenti strutturali, pertanto, si stanno verificando comunque.
Non credo che tornare indietro o ritirare la decisione in ambito di valutazione dello stato di saluto della PAC sia la scelta giusta, e su questo punto ho il sostegno di tutti i capi di Stato che, nella decisione del vertice di giugno, mi hanno invitato chiaramente ad attenermi a quanto deciso in sede di health check. Durante le discussioni sulla verifica dello stato di salute, non ho mai ventilato alcuna apertura verso un eventuale ritiro di queste decisioni, perché in tal modo sarebbe stata a rischio la prevedibilità per gli allevatori dell’Unione europea.
Se non sbaglio, l’onorevole Bové sostiene che non abbia agito con la dovuta precisione, addirittura con un atteggiamento lassista. Non ritengo giusto dire che non abbiamo fatto nulla, ma non ho comunque intenzione di ripetere tutte la misure adottate. Se gli Stati membri intendono prestare particolare attenzione al settore lattiero-caseario, ora l’health check offre loro l’occasione di riallocare i pagamenti diretti e di accordare così la preferenza alle aree di pascolo. E’ un’opzione che almeno uno dei grandi Stati membri ha preso in considerazione, e vi sono molte possibilità diverse per le aree montuose.
Attualmente in Europa la produzione è del 45 per cento inferiore rispetto alla quota, perciò che cosa accadrebbe se volessimo veramente tagliare la quota di un 5 per cento? Comprometteremmo la situazione per i giovani allevatori che hanno investito sul futuro.
Raccomanderei pertanto ai paesi e agli Stati membri che desiderano davvero sostenere il proprio settore lattiero-caseario di utilizzare le quote di riscatto di chi desidera invece abbandonare il settore, in quanto si tratta di un metodo di gran lunga migliore per garantire la sussistenza di chi ha investito e dare al contempo un aiuto a chi invece intende uscire dal settore. Credo sia questa la politica giusta.
Vorrei chiarire il malinteso sul prelievo supplementare: non stiamo per introdurre un nuovo sistema di prelievi, ma intendiamo creare una possibilità per cui gli Stati membri che acquistano quote dagli allevatori, possano abbassare il proprio tetto in chili o tonnellate. Non si tratta di un nuovo prelievo straordinario che intende punire determinati allevatori piuttosto che altri.
Per quanto riguarda la promozione, sono già stati stanziati 14 milioni di euro per il resto dell’anno in corso. E’ stato concordato di prolungare il piano latte nelle scuole e di introdurre anche il consumo di yogurt a basso contenuto di zuccheri (inferiore al 7 per cento). Diversi deputati hanno espresso interesse per un sistema di etichettatura: vi invito a discuterne nel contesto della proposta sulla qualità al momento oggetto di discussione. A mio parere abbiamo numerose possibilità a disposizione.
Per quanto riguarda la catena alimentare, infine, concordo sulla scarsa trasparenza riscontrata e sulla difficoltà a individuare gli aspetti in cui viene meno il valore aggiunto. Mi auguro quindi che la relazione venga presentata entro la fine dell’anno, in modo tale da poter fare effettivamente il punto della situazione.
Se guardiamo alla situazione della grande distribuzione in tutta Europa, emergono notevoli differenze. La Germania ha una tradizione e un gran numero di discount che commercializzano latte e latticini come prodotti di richiamo per attirare i consumatori; vendendo a prezzi estremamente bassi, ne risentono gli allevatori, che vengono a loro volta pagati a prezzi ridotti. Ritengo che sarebbe non solo interessante ma anche necessario comprendere cosa sta effettivamente accadendo in questa catena e vi esorto ad affrontare la questione della trasparenza e ad analizzare il mercato in sede di Commissione, come pure a livello di autorità nazionali sulla concorrenza.
La discussione odierna è stata molto interessante. Mi auguro abbiate preso visione delle misure a breve e a lungo termine elaborate insieme a Francia e Germania. Sono certa che si terranno ancora altre interessanti discussioni sul settore lattiero-caseario in Europa, dal momento che tutti ne abbiamo a cuore il futuro.
Paolo De Castro, autore. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, voglio ringraziare la Commissione per aver deciso di venire qui oggi in Parlamento a presentare nuove proposte sulla crisi nel settore lattiero-caseario. È importante che la legislatura appena iniziata sia caratterizzata da un dialogo interistituzionale tra Commissione e Parlamento, positivo, che ha di fatto già avviato il processo di codecisione.
Valuteremo, signora Commissaria, valuteremo le sue nuove proposte con molta attenzione e sarà mia cura chiedere alla commissione per l'agricoltura di esprimere subito, al più presto, un parere sulle sue nuove ipotesi.
Mi consenta però di concludere ricordando che se l'emendamento approvato all'unanimità in commissione per l'agricoltura oggi venisse approvato anche dall'Aula in plenaria, diventerà un problema politico se poi il Consiglio, dopo la ratifica di Lisbona, dovesse bocciarlo. E quindi la invito, come invito il Consiglio, a prenderlo in seria considerazione.
Presidente. – A conclusione della discussione, comunico di aver ricevuto sette proposte di risoluzione(1) ai sensi dell’articolo 115, paragrafo 5, del regolamento.
La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà oggi, alle 12.00.
Dichiarazioni scritte (articolo 149 del regolamento)
Luís Paulo Alves (S&D), per iscritto. – (PT) Provengo da una regione ultraperiferica, le Azzorre, in cui la produzione di latte è il pilastro dell’economia, della società e dell’ambiente. Nelle ultime settimane abbiamo incontrato i produttori, le loro organizzazioni e le industrie di trasformazione. Sono tutti concordi. E’ fondamentale che la Commissione dia una risposta globale più efficace e immediata per affrontare l’attuale situazione.
Il flusso di cassa nel settore si sta prosciugando. E’ essenziale che le regioni ultraperiferiche vengano considerate con particolare attenzione dall’Unione europea e siano inserite nelle sue risposte per attenuare gli effetti dell’odierna crisi.
E’ opinione condivisa che dobbiamo smettere di aumentare le quote. In un mercato squilibrato dalle eccedenze, qualunque paese che aumenti la propria produzione nuoce a tutti gli altri. Si ritiene inoltre che dovremmo continuare a mantenere in essere le quote come meccanismo di regolamentazione dell’offerta che ne stabilizzi l’attività.
Nell’attuale scenario di totale liberalizzazione, i suoi effetti sociali, ambientali ed economici su tali regioni vanno urgentemente studiati. Occorre elaborare misure specifiche per impedire il crollo dell’attività, cui va il merito della bellezza delle nostre campagne, della qualità del nostro ambiente e delle nostre zone rurali, nonché della convergenza e del progresso economico che abbiamo potuto conseguire.
Béla Glattfelder (PPE), per iscritto. – (HU) L’attuale crisi del mercato lattiero-caseario è stata principalmente causata dall’aumento delle quote latte. La Commissione europea e i governi degli Stati membri sono anch’essi responsabili della grave situazione che sta attualmente affliggendo il settore lattiero-caseario in quanto nel 2008 hanno sostenuto l’aumento delle quote, il che ha portato alla creazione di eccedenze di latte con conseguente crollo dei prezzi.
Tale decisione si è basata su previsioni di mercato erronee della Commissione europea, che tuttavia non ha rinunciato al suo intento neanche quando è risultato evidente che l’aumento della produzione era incompatibile con le tendenze di mercato.
Per questo l’Unione europea deve immediatamente sospendere le misure che comportano un aumento della produzione lattiero-casearia. Siamo inoltre contrari all’abolizione permanente delle quote dopo il 2015. La lezione importante da assimilare alla luce della crisi attuale è che il settore lattiero-caseario ha bisogno di essere regolamentato. In assenza di una regolamentazione, i prezzi diventeranno imprevedibili. I produttori lattiero-caseari europei non possono sopportare le perdite causate da una volatilità dei prezzi su vasta scala.
Mi compiaccio per il fatto che, per attenuare la crisi, la commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale abbia votato a favore della mia iniziativa che comporterebbe un incremento dell’importo stanziato per le sovvenzioni all’esportazione da 450 a 600 milioni di euro. Senza sovvenzioni all’esportazione, alcune eccedenze resterebbero sul mercato interno dell’Unione europea, il che indurrebbe un’ulteriore riduzione.
Jim Higgins (PPE), per iscritto. – (EN) Per riportare i prezzi a un livello sostenibile è necessario ridurre le quote latte del 5-10 per cento. Non basta però intervenire soltanto sulle quote per salvare il settore lattiero-caseario. Seppure la Commissione fa bene ad adottare una visione di lungo termine, non può ignorare la realtà, ossia che il settore agricolo, e in particolare quello lattiero-caseario, è in serio pericolo. Nel 2009, i prezzi hanno registrato il record minimo dal 1983, una situazione che, unitamente a costi elevati, condizioni meteorologiche avverse e accesso limitato al credito ha contribuito a determinare una crisi dei flussi di cassa e dei redditi mai vista prima dagli allevatori. Seppure gli indicatori suggeriscono che per i mercati il peggio è passato, la tanto attesa ripresa dei prezzi pare ancora lontana, e si rende pertanto necessario un intervento da parte dell’UE. Come il presidente della IFA (Irish Farmers’ Association), l’associazione degli agricoltori irlandesi, Padraig Walshe e il presidente della relativa commissione per il settore lattiero-caseario Richard Kennedy, ritengo anch’io che per accelerare la ripresa dei prezzi la via più rapida sia un utilizzo più aggressivo da parte della Commissione europea di tutti gli strumenti di sostegno al mercato, come ad esempio:
- restituzioni all’esportazione
- coadiuvanti tecnologici
- interventi prolungati sul prezzo pieno
- programmi di stoccaggio privato per il burro
- oculata gestione delle scorte
Anneli Jäätteenmäki (ALDE), per iscritto. – (FI) La situazione del settore lattiero-caseario si è profondamente deteriorata. Il prezzo alla produzione del latte è precipitato e attualmente molti produttori di latte sono costretti a vendere i prodotti lattiero-caseari a un prezzo che non rispecchia i costi di produzione. La sopravvivenza dei produttori di latte è gravemente minacciata. Sino a oggi non è stato possibile risolvere la crisi del settore con le misure attuate dalla Commissione. Ora è tempo di rimboccarsi le maniche e proporre nuove soluzioni. La Commissione deve stabilizzare rapidamente il mercato lattiero-caseario europeo e, nel contempo, intraprendere una valutazione approfondita del futuro del settore unitamente ai suoi interlocutori e agli Stati membri. Grazie.
Véronique Mathieu (PPE), per iscritto. – (FR) Per affrontare le circostanze economiche particolarmente difficili con le quali attualmente il settore lattiero-caseario è chiamato a confrontarsi, è urgente che ora l’Unione europea intervenga con determinazione. Come la maggior parte degli Stati membri, personalmente ritengo che le soluzioni elaborate dalla Commissione non siano soddisfacenti. Sono ovviamente a favore della flessibilità da essa concessa che consentirà di portare il tetto dell’assistenza nazionale da 7 500 a 15 000 euro per i produttori in difficoltà. E’ nondimeno fondamentale adottare strumenti di intervento più efficaci. Per affrontare la crescente volatilità dei prezzi, i nostri mercati devono essere maggiormente regolamentati. La dichiarazione comune rilasciata da 16 Stati membri sullo stato del mercato lattiero-caseario europeo offre alla Commissione alcuni spunti preziosi per migliorare la regolamentazione dei mercati lattiero-caseari. Ritengo inoltre necessario, poiché sette Stati membri lo chiedono, prendere in esame una temporanea sospensione dell’aumento delle quote. Ribadisco infine il mio sostegno all’introduzione di un fondo per il settore lattiero-caseario che permetta di aiutare le organizzazioni e le cooperative di produttori, oltre che di sostenere gli investimenti in agricoltura, l’ammodernamento, la diversificazione della produzione lattiero-casearia, nonché misure legate all’ubicazione geografica e misure di commercializzazione per i produttori lattiero-caseari.
Ivari Padar (S&D), per iscritto. – (ET) Osservando l’attuale situazione del mercato lattiero-caseario, è chiaro che il nostro settore è ancora decisamente impreparato ad affrontare le conseguenze della crisi economica globale. Lo sviluppo della politica agricola comune dovrebbe pertanto continuare a essere volto al miglioramento della competitività e, a lungo termine, alla riduzione della gestione del mercato. Un check-up della politica agricola comune rappresenta un passo nella giusta direzione, e la conferma di un identico orientamento nelle discussioni sulla politica agricola comune dopo il 2013 è la sola maniera per rafforzare il settore.
Daciana Octavia Sârbu (S&D), per iscritto. – (RO) Stiamo vivendo la crisi più grave mai registrata dal settore lattiero-caseario, scatenata dalla crisi mondiale, che fondamentalmente deriva da un divario tra domanda e offerta. Il crollo dei prezzi del latte e dei prodotti lattiero-caseari incide principalmente sulle aziende agricole a basso reddito. Per questo non credo che il sistema delle quote debba essere congelato in tutti gli Stati membri: ciascuno dovrebbe essere lasciato libero di scegliere come fissare le proprie quote. Il problema sta nel fatto che, rispetto agli anni 1983-1984, soltanto un quinto dei produttori è rimasto sul mercato e adesso rischiamo che altre aziende agricole debbano chiudere i battenti. E’ dunque indispensabile adottare misure urgenti per evitare che ciò accada. Per porre fine alla crisi del settore sono indispensabili i seguenti provvedimenti: ampliamento delle misure previste per l’ammasso del burro, del latte in polvere e dei formaggi, accelerazione della creazione di un fondo per i prodotti lattiero-caseari al fine di rispondere alle esigenze dei piccoli produttori e dei giovani agricoltori, nonché raggiungimento di un’intesa con i supermercati in termini di fissazione di un prezzo equo per i produttori agricoli e i dettaglianti.
Presidente. – L’ordine del giorno reca la dichiarazione della Commissione sulla sicurezza energetica rispetto ai progetti Nabucco e Desertec.
Andris Piebalgs, membro della Commissione. − (EN) Signor Presidente, l’energia rimarrà un ambito prioritario per questo Parlamento nei prossimi cinque anni. Nel corso dell’ultimo quinquennio, sono stati compiuti importanti progressi nella definizione di una solida politica energetica europea, che si propone tre obiettivi: sicurezza della fornitura, sostenibilità e concorrenzialità.
Nel perseguire queste finalità, la dimensione esterna riveste un’importanza notevole per due motivi principali: innanzi tutto, la dipendenza dell’Unione europea dalle importazioni. Attualmente il 50 per cento delle risorse energetiche vengono importate e la tendenza è in aumento.
In secondo luogo, le problematiche legate alla sostenibilità. Nessuna regione al mondo può realizzare gli obiettivi relativi ai cambiamenti climatici a meno che la produzione di energia non avvenga secondo metodi rispettosi dell’ambiente e non si adottino sistemi atti a favorire un consumo più efficiente. In quest’ottica, il dialogo con i paesi produttori, di transito e consumatori assume un’importanza cruciale.
I due progetti menzionati nell’odierna plenaria sono, in un certo senso, complementari e al tempo stesso si iscrivono nella strategia complessiva.
In primo luogo, Nabucco. Sono tornato ieri da Baku e posso dire che rientriamo nettamente nei tempi per portare a termine questo progetto. A luglio è stato compiuto un passo decisivo con la firma dell’accordo intergovernativo tra quattro paesi europei e Turchia, che il prossimo anno ci permetterà di prendere una decisione definitiva sugli investimenti, al fine di assicurarci l’approvvigionamento di gas entro il 2014.
Sono state individuate tre fonti disponibili per far fronte ai volumi di gas richiesti: innanzi tutto l’Azerbaigian, per il quale dovrebbe essere prossima la decisione sull’investimento relativa a Shah Deniz 2, e altri due giacimenti, in Turkmenistan e Iraq, che in questo momento rappresentano le principali fonti di approvvigionamento.
Come di consueto, vi sono difficoltà legate al particolare metodo con cui operiamo nel settore energetico e all’organizzazione di numerosi paesi produttori. Nell’Unione europea i progetti sono guidati dal settore industriale, ragione per la quale tutti i rischi commerciali sono sempre calcolati con estrema chiarezza. I paesi che dispongono delle risorse si aspettano decisioni maggiormente proattive: per esempio, se l’UE decidesse di costruire un gasdotto, si impegnerebbero nella fornitura di gas solamente al termine della costruzione effettiva dell’impianto. Si tratta di filosofie differenti. Al contempo è chiaro che le aziende europee sono pronte ad acquistare il gas ed è in questa direzione che ci stiamo muovendo.
Credo che la questione del transito si possa considerare pressoché risolta. Siamo ancora in attesa della ratifica dell’accordo intergovernativo, ma non prevedo difficoltà. Per facilitare inoltre l’acquisto di gas da regioni che adottano particolari metodi di vendita, stiamo sviluppando il concetto di un meccanismo di acquisto in blocco del gas caspico (la “Caspian development Corporation”) per ridurre i rischi per le società che acquistano gas, per esempio al confine turkmeno, o che investono in regioni caratterizzate da un alto rischio di natura politica ed economica.
Siamo a buon punto e credo che questo sia un esempio positivo di progetti gestiti dal settore industriale con il sostegno politico delle istituzioni europee.
Sono stati inoltre stanziati fondi a favore del corridoio meridionale, in particolare per il progetto Nabucco, e abbiamo esteso un invito a presentare proposte. A questo punto non sono in grado di dire se sia stata un’iniziativa riuscita o meno, ma è stata quantomeno avanzata la proposta.
Desertec è un’altra iniziativa guidata dal settore industriale e si trova attualmente in fase iniziale. E’ interessante la prospettiva di utilizzare il potenziale di energia solare dell’Africa trasferendolo nell’Unione europea, ma occorrono misure di accompagnamento perché questo progetto trovi applicazione concreta.
Da anni sosteniamo la questione dello sviluppo tecnologico e questo mese a Siviglia verrà inaugurata una grande centrale a energia solare a concentrazione. Si tratta di una tecnologia che potrebbe essere sfruttata per il progetto Desertec, e sono convinto che senza il sostegno dell’Unione europea non avremmo potuto fare simili progressi.
Dobbiamo inoltre collaborare con una serie di partner, dal momento che non è ovviamente possibile pensare di scegliere un territorio, installarci dei pannelli solari e semplicemente convogliare l’energia elettrica verso l’Unione europea. Se vogliamo che tali progetti decollino, occorre prevedere una forma di proprietà congiunta. A ottobre si svolgerà pertanto una conferenza sull’impiego delle fonti rinnovabili che vedrà la partecipazione di paesi del Mediterraneo e del Golfo. E’ evidente che se vogliamo che Desertec abbia successo, la proprietà del progetto deve essere congiunta.
Per concludere, non si può tralasciare l’elemento dell’interconnessione, seppure occorre distinguerne due tipi: il primo è relativo alla filosofia e ai mercati. Da qualche tempo sosteniamo l’integrazione dei mercati in Nord Africa; ci sono stati dei progressi, ma occorre comunque rafforzare queste misure. Il secondo tipo di interconnessione con l’Unione europea è quello fisico, per mezzo di cavi.
Sono convinto che Desertec si realizzerà poco per volta; non sarà un unico enorme progetto, credo piuttosto che si articolerà su elementi che ci porteranno, in ultima analisi, a centrare gli obiettivi che ci siamo prefissati: energia pulita per i paesi coinvolti e un ulteriore incremento delle esportazioni destinate all’Unione europea.
Sono stati inoltre previsti incentivi commerciali: la direttiva sull’energia rinnovabile offre ai paesi europei la possibilità di investire in paesi terzi e trasferire l’energia elettrica nell’Unione europea. L’obiettivo sarà conseguito in seguito con l’energia prodotta nel paese terzo.
Detto questo, appare tutt’altro che semplice delineare una tabella di marcia per Desertec: si tratta di un progetto nuovo, ancora in fase iniziale, che non rientra appieno nella strategia europea per assicurare la sicurezza dell’approvvigionamento. E’ un passo incoraggiante verso la strategia da promuovere per combattere i cambiamenti climatici, ma lo scopo di Nabucco è la sicurezza dell’approvvigionamento, e in questo momento sarebbe prematuro affidarsi a Desertec.
Vorrei concludere ricordando che le misure migliori per garantire la sicurezza dell’approvvigionamento sono quelle interne all’Unione europea. Quest’Aula ha sostenuto con forza l’efficienza energetica, non soltanto in relazione ai cambiamenti climatici; si tratta effettivamente di un elemento importante per la sicurezza dell’approvvigionamento, persino più importante di Desertec e Nabucco, oserei dire, e di Southstream e Nord Stream messi insieme. E’ senza dubbio l’elemento di maggiore rilevanza. La discussione con il Consiglio verte su tre strumenti giuridici, e mi preme sottolineare che a tale proposito occorre essere ambiziosi e condurre tali strumenti a buon fine.
Per quanto riguarda l’energia rinnovabile, ringrazio l’Aula per il piano di ripresa e sono convinto di quanto si è detto a proposito delle applicazioni per sfruttare l’energia eolica offshore. A quanto pare, tutti i finanziamenti inizialmente destinati a sostegno dell’energia eolica offshore saranno di fatto impiegati. Non si tratta unicamente di fondi UE, dal momento che il contributo era di circa 600 milioni di euro, mentre il progetto complessivo ha una portata di 4 miliardi: anche il settore sta compiendo importanti investimenti. Ritengo si tratti di una combinazione eccellente, dal momento che anche l’energia rinnovabile contribuisce alla sicurezza dell’approvvigionamento.
Infine, so che la questione della cattura e stoccaggio dell’anidride carbonica (CCS) talvolta suscita pareri discordanti. Si tratta di una tecnologia necessaria per due ragioni: la prima è la risposta globale al cambiamento climatico. Carbone e lignite verranno comunque impiegati anche ai fini della sicurezza dell’approvvigionamento. Sono stati inoltre compiuti importanti progressi sulle applicazioni per il finanziamento fornite con il piano di ripresa, che a mio parere si può considerare riuscito. Dopo l’annuncio dei risultati, Commissione, Consiglio e Parlamento dovranno sicuramente riesaminare i metodi per convogliare i fondi UE destinati a rafforzare la sicurezza dell’approvvigionamento. Saranno inoltre necessarie numerose altre misure per consolidare la sicurezza dell’approvvigionamento dell’Unione europea.
Ioannis Kasoulides, a nome del gruppo PPE. – (EN) Signor Presidente, tutti concordiamo sulla necessità di parlare con una sola voce e di adottare una politica estera comune sulla sicurezza dell’approvvigionamento energetico.
E’ assodato che il mix energetico e la relativa fornitura variano tra gli Stati membri in ragione di fattori geografici e altre specificità; la diversificazione interessa pertanto anche l’approvvigionamento.
Se correttamente reindirizzata, una rete diversificata e interconnessa può garantire a tutti una fornitura sicura. Sosteniamo la necessità di un corridoio meridionale e Nabucco è un progetto europeo comune.
Rimangono tuttavia aperte alcune questioni relative al recente accordo concluso dal primo ministro Putin con la Turchia sulla quantità di gas fornita dall’Azerbaigian a fronte dell’investimento, sull’offerta di Gazprom di acquistare interamente le esportazioni azere, sulla stabilità delle forniture irachene e sulla promessa della Russia di raddoppiare il quantitativo relativo al progetto Southstream.
Il dialogo con la Russia sui temi energetici è una necessità basata sul principio pragmatico e imparziale della sicurezza della fornitura e della domanda. Qualsiasi altra considerazione geopolitica va necessariamente accantonata.
Quanto alla solidarietà, occorrono piani concreti in caso di emergenza, come lo stoccaggio e la nuova tecnologia GNL; Cipro, per esempio, investe mezzo miliardo di euro sul GNL e mi rammarica sapere che l’Unione contribuisce con appena 10 milioni di euro.
Hannes Swoboda, a nome del gruppo S&D. – (DE) Signor Presidente, signor Commissario, la ringrazio per la sua relazione. La questione della sicurezza dell’approvvigionamento per i nostri cittadini sta diventando sempre più importante, contesto nel quale il suo specifico portafoglio svolgerà in futuro un ruolo crescente che sarà altresì importante per l’identità europea.
Come lei ha giustamente affermato, occorre anche diversificare. Concordo pienamente con l’onorevole Kasoulides in merito al fatto che la cooperazione con la Russia rivestirà sempre un notevole rilievo perché si tratta di un partner importante per quanto concerne l’approvvigionamento di gas. Non dobbiamo però dipendere troppo da un solo paese, qualunque esso sia. Dobbiamo invece diversificare il nostro approvvigionamento e il progetto Nabucco rappresenta una maniera valida per intraprendere tale strada.
La mia terza osservazione riguarda la solidarietà, elemento indispensabile nell’Unione europea. La Commissione ci ha illustrato una serie di proposte per rafforzare la nostra solidarietà e consolidare il ruolo dell’Unione europea come mediatrice nei conflitti che ci coinvolgono, specialmente tra Russia e Ucraina. Si è anche parlato del progetto Desertec. Ritengo che ambedue i progetti siano importanti in quanto differiscono a livello di tempistica.
Dobbiamo inoltre chiarire, e sarà compito del suo successore, che si tratti di lei o altri, come in Europa si possa essere da un lato favorevoli a una serie di grandi progetti quali Nabucco e Desertec e dall’altro chiedere il decentramento di parte della nostra produzione di elettricità ed energia.
Attualmente sono in fase di sviluppo diversi progetti industriali, anche guidati dal settore, che consentono ai consumatori e persino ai nuclei familiari di essere maggiormente coinvolti in un tipo di produzione di energia che garantisce sicurezza energetica. Si spazia dai contatori intelligenti alla produzione vera e propria da parte del singolo nucleo familiare. In proposito, l’approccio europeo potrebbe consistere nel dire “Sì, ovviamente non possiamo fare a meno di un approvvigionamento esterno e ci occorrono sicurezza dell’approvvigionamento e progetti innovativi di ampio respiro come Desertec, ma dobbiamo anche garantire che la gente, le grandi organizzazioni e le imprese, come pure i singoli nuclei familiari, possano avere un maggiore controllo sui propri bilanci energetici e il proprio consumo di energia in termini di prezzo, economia e ambiente”.
Johannes Cornelis van Baalen, a nome del gruppo ALDE. – (NL) Signor Presidente, è un onore, essendo un membro neoeletto di questo Parlamento, rivolgermi per la prima volta all’odierna plenaria. Intervengo in veste di ex membro della camera bassa del parlamento olandese e vicepresidente dell’Internazionale liberale, perché il mio obiettivo è considerare la politica europea, la politica nazionale e la politica nazionale come un tutt’uno inscindibile. Nel campo dell’energia, in particolare, sussiste ovviamente un legame diretto tra queste forme di politica.
Signor Presidente, per quanto concerne la nostra posizione, la posizione dell’Europa, nel mondo, siamo attualmente esposti al ricatto. Dipendiamo da regioni e paesi instabili in cui vigono regimi non democratici. Tutto ciò deve cessare. Per questo il mio gruppo, il gruppo ALDE, sostiene i progetti Nabucco e Desertec, e vorrei richiamare l’attenzione sul ruolo fondamentale svolto dall’ex leader parlamentare del mio partito nazionale, l’onorevole Van Aartsen, in tale ambito.
Signor Presidente, vorrei formulare due osservazioni. Sono lieto che la Commissione accetti il fatto che le imprese hanno un ruolo da svolgere. Nell’energia non possono essere coinvolte soltanto le autorità, che si tratti di governi nazionali, organismi europei o istanze internazionali. Le imprese, lo ribadisco, hanno un ruolo da svolgere. In secondo luogo, signor Presidente, in quest’Aula non dovremmo accettare tabù come quello che avvolge la possibilità di riprendere in esame l’energia nucleare nell’ambito del nostro mix energetico. Ciò vale anche per l’Europa nelle relazioni internazionali. L’energia nucleare, la fusione nucleare e la fissione nucleare sono di importanza fondamentale. Sussistono gravi problemi per quanto concerne le scorie, ma dobbiamo garantire che in proposito ricerca, sviluppo e scambio di conoscenze possano svolgere la propria parte. L’energia nucleare è chiamata ad assumere un ruolo preponderante perché contribuirà a combattere l’effetto serra. Come ho già avuto modo di affermare, neppure il mio gruppo ha una visione univoca. Anche noi dobbiamo nuovamente intavolare una discussione, ma in Parlamento non possiamo considerare il nucleare un tabù. Mi piacerebbe pertanto sentire il parere della Commissione al riguardo.
Reinhard Bütikofer, a nome del gruppo Verts/ALE. – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, poiché oggi parliamo di politica esterna in materia di sicurezza energetica siamo ovviamente consapevoli di una specifica verità fondamentale, già rammentata dal commissario Piebalgs, vale a dire il fatto che il fronte cruciale in termini di indipendenza energetica si situa all’interno dell’Unione europea. Per dirla in maniera più esplicita, se potessimo raggiungere livelli di consumo energetico bassi o nulli nei nostri edifici, risparmieremmo più gas naturale di quanto i progetti Nabucco, South Stream e Nord Stream potrebbero complessivamente importare. E’ fondamentale che nella nostra risoluzione si affermi che le alternative efficienti dal punto di vista dei costi offerte dall’energia rinnovabile, la strategia di efficienza energetica e, soprattutto, il risparmio energetico devono essere i pilastri di tale politica. Se così sarà, a nostro parere non servirà altra energia nucleare.
In secondo luogo, un messaggio importante contenuto nella risoluzione è che per l’Unione europea abbiamo bisogno di una politica esterna comune in materia di sicurezza energetica della quale attualmente non disponiamo, politica che dovrebbe includere la promozione dell’efficienza energetica e dell’energia rinnovabile nel quadro di una politica di vicinato e una posizione comune assunta dall’Unione nei negoziati con i paesi di transito. La Commissione dovrebbe sincerarsi di avere una capacità sufficiente in tal senso, come chiesto due anni fa dal Parlamento nella sua corrispondente risoluzione.
A nostro giudizio il progetto Nabucco è altamente prioritario perché rafforzerebbe la nostra indipendenza in termini energetici, specialmente nei confronti della Russia, sebbene concordi con l’onorevole Kasoulides nell’affermare che vi sono ancora molti interrogativi ai quali occorre dare risposta in merito. E’ tuttavia un peccato che alcuni Stati membri, attraverso la promozione del progetto South Stream, apertamente in competizione con il progetto Nabucco, abbiano minato la politica di indipendenza energetica.
Per quanto concerne tale politica, noi del gruppo Verts/ALE riteniamo anche fondamentale non dimenticare i diritti umani né trascurare il dialogo in materia quando si discute di energia. Se ampliamo la nostra prospettiva per includere il progetto Desertec o anche Arctic, come facciamo nella nostra risoluzione, è anche importante farlo in uno spirito di partenariato anziché di neocolonialismo.
Geoffrey Van Orden, a nome del gruppo ECR. – (EN) Signor Presidente, vorrei fare tre brevi commenti.
In primo luogo, l’atteggiamento compiaciuto rispetto alla politica energetica ci pone nella pericolosa condizione di dipendere dalla Russia. Ove possibile, naturalmente è sensato attuare una risposta coordinata, ma nessuna politica europea unificata incontrerebbe il plauso di quei paesi che già hanno interessi legati a Gazprom. Dovremmo in ogni caso evitare di cedere alla Commissione europea l’ennesimo ambito di così grande interesse nazionale, dal momento che per la Commissione ogni possibile crisi costituisce un’opportunità per estendere le proprie competenze. Va da sé che molti tra noi voteranno contro il trattato di Lisbona o eventuali ulteriori sforzi finalizzati a maggiore integrazione politica, sulla scorta delle preoccupazioni per la questione energetica espresse dai nostri paesi.
Secondo, diversificare le fonti di approvvigionamento implica un maggiore impegno verso il progetto Nabucco. Per condurlo a buon fine, è essenziale che la Turchia sia disposta a cooperare, eppure le trattative tra l’UE e questo paese sulla questione energetica sono in fase di stallo. In che modo si stanno adoperando Consiglio e Commissione per risolvere la situazione?
Terzo, ho notato che la risoluzione non contiene alcun riferimento al nucleare; la fornitura energetica sostenibile e diversificata richiede naturalmente un maggiore impegno verso l’energia nucleare, e a tale proposito concordo con l’onorevole van Baalen.
Helmut Scholz, a nome del gruppo GUE/NGL. – (DE) Signor Presidente, signor Commissario, la sicurezza energetica è giustamente oggi un punto all’ordine del giorno della nostra politica esterna. Tuttavia ora, anziché preoccuparci di garantirci potere e influenza, oltre al controllo delle ultime riserve di combustibili fossili, anziché insistere nell’attribuire la priorità alla dipendenza, nel tentativo di definire una politica energetica sostenibile dobbiamo confrontarci con sfide completamente diverse.
In primo luogo è indispensabile una transizione globale verso fonti energetiche più rinnovabili, una maggiore efficienza energetica e un maggior risparmio energetico. In altre parole, non abbiamo bisogno di controversie in merito alla politica energetica esterna, soprattutto se a ciò si riduce la nostra azione, bensì di energia per tutti a prezzi accessibili fornita in maniera intelligente.
In secondo luogo la sicurezza energetica deve rientrare in una politica di pace e sviluppo responsabile per l’Unione europea. L’accesso all’energia è fondamentale per ciascun individuo, lo sviluppo economico e la lotta alla povertà. Un progetto come Desertec non deve pertanto rappresentare un modo per sfruttare la politica energetica come strumento per perpetuare il colonialismo. Che cosa ne otterranno gli abitanti dei paesi africani dove la popolazione è in aumento e con essa il fabbisogno energetico? Perché sinora non sono stati coinvolti in condizioni di parità nella pianificazione e nel processo decisionale?
L’approvvigionamento energetico globale rientra anch’esso nelle politiche di pace e prevenzione delle crisi, un approccio che difetta parimenti nelle relazioni dell’Unione europea con il Caucaso meridionale e l’Asia centrale. In quanto fornitori di energia, per esempio nel quadro del progetto Nabucco, questi paesi stanno assumendo un interesse sempre maggiore per l’Unione europea, ma in essi non riscontro alcun concetto di prevenzione dei conflitti e sviluppo sostenibile a livello locale. E’ tempo che l’Unione ponga fine a una politica energetica esterna che si preoccupa soltanto di amplificare la competizione per le riserve di petrolio e gas o estendere la tecnologia nucleare. Adesso ci occorrono partenariati veri per un’energia rinnovabile e un approvvigionamento decentrato.
Fiorello Provera, a nome del gruppo EFD. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, sappiamo per certo che la domanda di energia aumenterà e la produzione europea di gas è in costante diminuzione. È fondamentale per gli Stati membri, e quindi per l'Europa, attuare politiche di approvvigionamento abbondante e sicuro. La diversificazione delle fonti e delle reti di trasporto va incontro a questa esigenza.
Alla luce di questa premessa, non esiste alcuna concorrenza tra i diversi progetti in corso di realizzazione, come, ad esempio, Nabucco e Southstream. Queste politiche di differenziazione hanno portato, peraltro, nel corso degli ultimi anni a una diminuzione della dipendenza da parte dell'Europa nei confronti dei principali fornitori. Ad esempio la fornitura di gas russo all'Europa è passata dal 75% nel 1990 al 45% attuale. Bene quindi il progetto Nabucco e bene il progetto Southstream.
Finché l'Europa non avrà una politica energetica comune e unica, l'Italia ha non soltanto il diritto, ma il dovere di provvedere in ogni modo, dal risparmio energetico al nucleare...
(Il Presidente interrompe l’oratore)
Zoltán Balczó (NI). – (HU) Signor Presidente, il 13 luglio ad Ankara, all’atto della firma dell’accordo relativo al progetto Nabucco, il presidente della Commissione Barroso ha affermato che i gasdotti erano in acciaio. Il progetto Nabucco sta però “cementando” le relazioni tra i popoli coinvolti in questa impresa creando un legame strategico tra Unione europea e Turchia. Il primo ministro Putin ha detto che chiunque può posare tutti i tubi arrugginiti che vuole. Dopo, però, bisogna avere di che riempirli. E’ proprio l’incertezza in merito alle fonti che rappresenta il motivo di maggiore preoccupazione rispetto a questo progetto. L’unica cosa certa sono gli 8 miliardi di euro investiti, che costituiranno un affare non da poco per quanti partecipano alla sua realizzazione.
Di fatto, come sussistono preoccupazioni destate dall’Ucraina, paese di transito per l’approvvigionamento dalla Russia, anche la Turchia può causare problemi analoghi. Vi sono inoltre parecchi tra noi che non concordano con la creazione di un legame concreto tra Turchia e Unione europea. Che cosa significa Desertec? Africa del nord, specchi rotanti, pannelli solari, trasmissione di corrente continua e soddisfacimento del 15 per cento del fabbisogno energetico. Al momento, è più un miraggio che un programma realistico. Desertec non sarà la portata principale del menu per i consumatori comunitari. E’ molto più probabile che sia soltanto un costosissimo dessert. Per questo suggerisco che si conducano ricerche per rafforzare la sicurezza dell’energia nucleare in quanto questo tipo di energia è pulita ed economica, considerazione tutt’altro che futile visto che la sicurezza energetica si ferma al consumatore, o meglio alla bolletta e alla sua capacità di pagarla.
Elmar Brok (PPE). – (DE) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, l’energia è un’ancora di salvezza fondamentale per l’intera società, i singoli e l’economia. E’ dunque importante che in Europa si trovino soluzioni comuni, sebbene sia sicuramente giusto che il mix energetico resti una responsabilità nazionale. Ciò significa che nelle nostre deliberazioni comuni non dobbiamo scontrarci per l’energia nucleare, l’energia a basse emissioni di carbonio e altri tipi di energia, ambiti nei quali le mie opinioni differiscono, per esempio, da quelle dell’onorevole Bütikofer.
Dobbiamo invece tentare di giungere a una posizione comune per quel che riguarda gli aspetti esterni della sicurezza energetica. In merito alla politica interna, concordo pienamente con il commissario nell’affermare che i temi dell’energia rinnovabile e del risparmio energetico, tanto per citare qualche esempio, sono più importanti, come lo è l’esplorazione di nuove possibilità.
Nondimeno, per ridurre la nostra dipendenza da fonti di approvvigionamento esterne, è indispensabile diversificare, da cui l’importanza dei progetti Desertec e Nabucco, così come dobbiamo negoziare con la Russia per quel che riguarda gli accordi di partenariato e cooperazione e la sicurezza energetica ora che il paese, a torto, è receduto dalla carta dell’energia. Anche questo è un compito importante da assolvere. Dobbiamo però riconoscere che abbiamo a che vedere con paesi che non sono necessariamente affidabili e, purtroppo, non possiamo operare una distinzione tra paesi che lo sono e paesi che non lo sono.
Dobbiamo pertanto contrastare il potere dei fornitori con il potere dei consumatori dell’Unione europea. Interconnettività, depositi di gas comuni e così via sono elementi importanti per garantire che l’approvvigionamento di un singolo paese non possa essere interrotto. Se ci aiutiamo reciprocamente, saremo così forti che nessuno potrà estrometterci. Questo è il messaggio fondamentale che dobbiamo trasmettere in Parlamento.
In proposito, dobbiamo anche affermare con chiarezza che occorrono investimenti privati perché, senza di essi, la situazione sarebbe insostenibile. Molto è già stato fatto, ma il nostro interesse prioritario per quanto concerne la sicurezza comune deve essere allineato agli interessi economici per giungere alla migliore soluzione possibile. Tali aspetti non vanno considerati in contraddizione. Ritengo infatti che soltanto in questo modo troveremo una soluzione appropriata, il che significa che in tale ambito occorre anche tener presente la legislazione sulla concorrenza e con ciò intendo dire che non deve essere appannaggio dei grandi fornitori, per esempio Gazprom o altre società...
(Il Presidente interrompe l’oratore)
Teresa Riera Madurell (S&D). – (ES) Signor Presidente, vorrei esordire sottolineando l’opportunità dell’odierna proposta di risoluzione ed esprimere il mio apprezzamento per l’impegno profuso da tutti i gruppi per giungere a una proposta comune.
Onorevoli colleghi, per evitare che si ripresenti la situazione di impotenza vissuta da molti nostri cittadini quando la Russia ha deciso di sospendere l’approvvigionamento di gas attraverso l’Ucraina, è ovviamente fondamentale massimizzare la diversificazione delle fonti energetiche e del trasporto di gas. In tal senso abbiamo bisogno di costruire urgentemente nuovi gasdotti che come il progetto Nabucco e altri contribuiscano a migliorare la sicurezza dell’approvvigionamento nell’Europa centrale. Tuttavia, per garantire l’approvvigionamento in tutti i paesi dell’Unione, a tali sforzi si devono accompagnare forniture dal sud del continente.
Ciò premesso, vorrei sottolineare, come ha già fatto il commissario, un’altra dimensione del problema. La recente crisi ci ha dimostrato che all’Unione europea non mancano scorte di gas, bensì la capacità di trasmetterlo. Per questo è importante concentrare il nostro impegno sul miglioramento delle interconnessioni all’interno dell’Unione europea. Onorevoli colleghi, dovreste credermi quando affermo che vi è molto margine di miglioramento nell’attuale situazione.
Vi citerò l’esempio del mio paese. Come sapete, la Spagna potrebbe diventare un importante asse di transito per l’Europa grazie al suo collegamento con l’Algeria attraverso il gasdotto di Medgaz, già in fase avanzata di realizzazione, e i suoi sei impianti di gas naturale liquefatto, la cui capacità potrebbe essere raddoppiata qualora si dovesse verificare un’altra situazione di emergenza. La Spagna però non può essere di alcun aiuto se non si migliora la sua capacità di interconnessione attraverso i Pirenei.
Da ultimo, dovremmo prendere atto del fatto che la realizzazione di importanti infrastrutture rappresenta soltanto un aspetto, per quanto di rilievo, della politica comunitaria in materia di sicurezza dell’approvvigionamento. Tale sicurezza dipende anche particolarmente dal risparmio energetico e dall’uso delle energie rinnovabili. E’ questo il contesto nel quale consideriamo determinante la nostra cooperazione con i paesi nordafricani per lo sviluppo di energie rinnovabili, il che si richiama al mio invito a rafforzare l’approvvigionamento dall’Europa meridionale.
Concludo pertanto dicendo, signor Commissario, che il piano solare mediterraneo, guidato dall’Unione per il Mediterraneo, è un’idea interessante che il Parlamento intende appoggiare.
Graham Watson (ALDE). – (EN) Signor Presidente, sono tre le grandi sfide da affrontare in questo settore: la sicurezza dell’approvvigionamento, l’inefficienza del nostro mercato interno in materia di energia e la necessità di contrastare il cambiamento climatico. I progetti Desertec e Nabucco rappresentano uno strumento essenziale per affrontare tali questioni.
Se riusciremo a sviluppare la produzione di energia eliotermica ad alto voltaggio in Africa del Nord, daremo nuovo senso all’Unione per il Mediterraneo, potremo prestare assistenza nell’approvvigionamento idrico dei paesi del Mediterraneo meridionale, nonché sviluppare la tecnologia per la produzione di energia elettrica, per cui esiste un vasto mercato mondiale. Se riusciremo a convincere gli Stati membri della necessità politica di maggiore indipendenza energetica, nonché a impedire a Berlino e Parigi di accantonare la questione, Nabucco potrà dare un contributo alla diversificazione delle fonti di approvvigionamento di gas e petrolio.
La proposta di risoluzione oggetto dell’odierna discussione non fornisce indicazioni sulle azioni che l’Unione europea deve intraprendere: occorre incentivare la produzione di energia rinnovabile, come quella solare e altre. Dobbiamo implementare la capacità di distribuzione dell’energia elettrica continua ad alto voltaggio attraverso una rete intelligente – un investimento nell’ordine dei 50 miliardi di euro, che creerà nuovi posti di lavoro –realizzare strutture per lo stoccaggio di gas e petrolio, e soprattutto elaborare una politica di stoccaggio in grado di ridurre la pericolosa dipendenza nei confronti della Russia.
L’approvvigionamento energetico europeo rimarrà incentrato su petrolio ed energia nucleare; tuttavia, in vista della conferenza mondiale di Copenhagen sul cambiamento climatico, l’unica idea rivoluzionaria è il passaggio alle fonti rinnovabili. L’energia eolica potrebbe soddisfare interamente la nuova domanda di energia elettrica della Cina nei prossimi 20 anni, sostituendo il 23 per cento della produzione di carbone del paese. I deserti ricavano più energia dal sole in sei ore di quanta l’umanità ne utilizzi in un anno intero. Signor Commissario, ha detto che queste proposte non rientrano nella nostra strategia per la sicurezza della fornitura energetica: ebbene, invece dovrebbe essere proprio il contrario.
Franziska Katharina Brantner (Verts/ALE). – (EN) Signor Presidente, la sicurezza energetica per noi è in gran parte una questione di indipendenza dell’approvvigionamento, come già ricordato da molti colleghi e, come giustamente precisava l’onorevole Piebalgs, la strategia più efficace consiste nel puntare su efficienza, risparmio e fonti rinnovabili.
In ogni caso, noi verdi siamo realisti e ci rendiamo conto che la fornitura di gas continuerà a rappresentare una necessità nel medio periodo. Siamo pertanto favorevoli alla diversificazione e consideriamo il progetto Nabucco come un obiettivo prioritario per l’Europa.
Vorrei comunque spiegare le ragioni per cui a nostro avviso il nucleare non costituisce una strategia di indipendenza, sicuramente non in termini energetici: dopotutto, l’uranio si importa, e non soltanto da paesi amici. Quando si tratta di sicurezza, non possiamo dimenticare le implicazioni della proliferazione nucleare e dei gravi problemi correlati in altri ambiti legati alla sicurezza. Non possiamo fingere di non vedere, né affermare che l’energia nucleare sia totalmente slegata dalla questione della proliferazione nucleare.
Il nostro gruppo ritiene che tutti i progetti debbano affrontare le questioni della trasparenza e della corruzione e non possano frapporre ostacoli al dialogo sincero e rigoroso con i paesi cooperanti sui diritti umani, né a un loro approccio olistico e politico.
PRESIDENZA DELL’ON. SCHMITT Vicepresidente
Konrad Szymański (ECR). – (PL) Signor Presidente, da quando sono stati sottoscritti gli accordi per la realizzazione dei progetti Nabucco e South Stream è iniziata una grande corsa. Soltanto il tempo ci dirà se il progetto Nabucco è in grado di assolvere il suo compito nella politica estera e di sicurezza dell’Unione europea. Per questo sono sorpreso dalla politica assunta al riguardo dalla Commissione nei confronti della Russia.
La Commissione commette un errore madornale nel ritenere che il progetto South Stream non sia in competizione con il progetto Nabucco, così come sbaglia nel non reagire all’ulteriore usurpazione del mercato energetico europeo da parte di Gazprom. La Commissione è inoltre in errore perché tacitamente acconsente alla realizzazione dei progetti di Gazprom nel Baltico e nel mar Nero.
Nabucco avrà successo soltanto se potrà contare su garanzie politiche a lungo termine. Per questo abbiamo bisogno di politiche attive in Asia centrale, nella regione del mar Nero. Creare legami nel settore energetico tra tali paesi e l’Europa rafforzerà la loro sovranità, consoliderà la sicurezza europea e, forse, aprirà anche le porte alle riforme che prevediamo avranno luogo.
Se l’Afghanistan rappresenta un banco di prova per NATO, la sicurezza energetica è sicuramente un banco di prova per la maturità e il coraggio dell’Unione europea. Il successo di questi piani dipende soltanto dalla nostra volontà politica. Le modifiche da apportare ai trattati sono solo una questione secondaria.
Jacky Hénin (GUE/NGL). – (FR) Signor Presidente, l’indipendenza dell’approvvigionamento energetico della nostra regione e la sicurezza degli impianti energetici e dei consumatori non possono accompagnarsi al disprezzo per gli interessi dei cittadini dei paesi produttori di gas e dei paesi di transito, altrimenti rischiamo di ingenerare conflitti. La concorrenza tra progetti di gasdotto non è soltanto fonte di problemi, ma anche fattore di tensioni in Europa orientale, Caucaso e Asia centrale. Sottrarre le fonti di gas e altre risorse energetiche ai gravi problemi causati dai mercati speculativi attraverso accordi tariffari, accordi che rispettino i paesi produttori e i paesi di transito garantendo sicurezza ai consumatori europei, renderebbe possibile garantire la sicurezza in tutti i sensi.
Questo potrebbe essere il compito di un’agenzia europea dell’energia sotto la supervisione del Parlamento e del Consiglio, le cui uniche politiche consisterebbero nella cooperazione e nella promozione dell’interesse pubblico. Perché dunque in questo caso abbiamo l’impressione che gli interessi commerciali prevalgano sugli interessi dei cittadini europei?
Concludo rivolgendomi alla Commissione per un monito formale affinché non cada nella tentazione di usare il progetto Nabucco come cavallo di Troia per ottenere coercitivamente l’adesione della Turchia all’Unione. Il rispetto della secolarità, i diritti delle donne e i diritti del popolo curdo, come il riconoscimento del genocidio armeno, devono restare i criteri in base ai quali decidere in merito alla potenziale adesione della Turchia.
Niki Tzavela (EFD). – (EL) Signor Presidente, signor Commissario, lei è noto per il suo pragmatismo e il suo realismo, ma con il dovuto rispetto direi che non reputo il gasdotto Nabucco una soluzione definitiva o scontata. Avendo analizzato la capacità del gasdotto, abbiamo stabilito che per essere sostenibile ed efficiente gli occorrono 31 miliardi di metri cubi di gas all’anno.
Lei è appena rientrato dall’Azerbaigian con la certezza che si tratta di un paese fornitore. L’Azerbaigian promette gas a tutti. Dove reperirà il gas per riempire il gasdotto è una domanda che continua a tormentare i paesi che partecipano al progetto Nabucco. Sinora Baku afferma “Vi darò tutto il gas”, ma non è in grado di garantirne neanche un transito sicuro. Quanto all’Iran, al quale lei, signor Commissario, ha fatto riferimento, i suoi rapporti con l’Unione europea resteranno a lungo tempestosi e forse esplosivi prima che divenga un fornitore di gas.
Il mercato internazionale dell’energia sostiene che dietro gli azeri si cela la Russia con la quale saremo costretti a confrontarci. Mi chiedo dunque se prima di impegnarci finanziariamente non sia opportuno garantirci un fornitore.
Martin Ehrenhauser (NI). – (DE) Signor Presidente, il Nabucco è stata la prima opera di grande successo di Giuseppe Verdi. In linea con il nuovo remix italo-russo, il progetto per l’energia così denominato rischia tuttavia di venire affossato. Se consideriamo che un supposto membro del partito dei verdi come Joschka Fischer ha appena sottoscritto un contratto di lobbying per una somma a sei cifre, l’intera composizione suona più come un’inutile canzone pop destinata a un mercato ristretto che una sinfonia di sostenibilità ed economia.
Nei prossimi anni l’energia elettrica prodotta dall’energia solare diventerà notevolmente meno cara. L’intero investimento potrebbe essere impiegato per generare complessivamente 8 000 megawatt di energia eolica. Se i campi di gas naturale in Iran e Iraq saranno anch’essi chiusi all’Europa, saremo condannati al destino dello stesso Verdi, che per anni dopo il Nabucco non ha trovato pace.
Pilar del Castillo Vera (PPE). – (ES) Signor Presidente, signor Commissario, la ringrazio per la chiarezza della sua illustrazione dell’attuale situazione rispetto al progetto Nabucco, al suo potenziale e alla sua sostenibilità, verosimilmente a breve termine, secondo quanto da lei affermato, come anche per le informazioni forniteci in merito al progetto Desertec.
Non vi è dubbio quanto al fatto che il sole sia una straordinaria fonte di energia. Convertire tale fonte in energia utilizzabile dalla gente è un settore nel quale abbiamo assistito a notevoli sviluppi nell’ultimo ventennio. Tuttavia, parimenti non vi è dubbio quanto al fatto che dobbiamo percorrere un cammino ancora lungo prima che il pieno potenziale e la sostenibilità di tale fonte sia tecnologicamente assicurabile, specialmente in progetti come Desertec di cui ora stiamo discutendo. Tale progetto è molto apprezzabile e pertanto dobbiamo sostenerlo e promuoverlo per risolvere i problemi tecnologici.
Non posso nondimeno non richiamare la vostra attenzione su un aspetto: quando parliamo di efficienza energetica e, soprattutto, sicurezza dell’approvvigionamento, per cui diversificazione delle fonti energetiche, una specifica fonte energetica viene in qualche modo ignorata. Mi riferisco, ovviamente, al nucleare. Tale fonte energetica è sistematicamente discriminata perché non rientra negli schemi di quanto sta accadendo in molti paesi europei né nelle tendenze globali o nell’attuale fabbisogno energetico dell’umanità.
La situazione deve radicalmente cambiare. Dobbiamo assumere un atteggiamento che ci consenta di prendere in esame tutte le possibili fonti energetiche in termini di ruolo che sono in grado di assolvere. Qui, in Parlamento, non possiamo così manifestamente voltare le spalle a questa realtà.
Kristian Vigenin (S&D). – (BG) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, non è un caso che la questione della politica energetica e della sicurezza energetica riemerga spesso in Aula, specialmente a seguito delle vicende dell’inizio dell’anno, quando diversi Stati membri dell’Unione europea sono rimasti praticamente senza gas, vicende che probabilmente hanno rappresentato il punto di rottura nelle relazioni tra la Commissione europea e gli Stati membri per quanto concerne l’intera questione.
Quelli che ora stiamo discutendo non sono tanto gli aspetti e i dettagli tecnici dello sviluppo di una politica energetica all’interno dell’Unione europea quanto piuttosto gli aspetti esterni della sicurezza energetica e dello sviluppo dell’Unione in tale ambito perché in fin dei conti il problema presenta due facce. Dopo tutto è una questione importante perché in ultima analisi interessa ogni singolo cittadino.
Dobbiamo esserne perfettamente consapevoli quando parliamo del progetto Nabucco, senza dubbio uno dei progetti che rivestono la massima priorità in tale ambito unitamente al progetto Desertec. Parimenti dobbiamo essere profondamente consapevoli del fatto che vi sono paesi nell’Unione europea che non soltanto contano su un solo fornitore, bensì anche su una sola via di approvvigionamento.
Non posso dunque condividere l’idea che Nabucco rappresenti una sfida per progetti come South Stream e, in una certa misura, Nord Stream, il cui scopo è fornire gas direttamente dalla Russia a uno Stato membro dell’Unione europea, garantendo in tal modo che l’Unione non dipenda da forniture in transito attraverso paesi politicamente ed economicamente instabili.
Al riguardo la Commissione europea ha ragione nell’affermare che non viene posta alcuna sfida e dobbiamo cercare di integrare tutti questi progetti distinti in una strategia comune nel cui ambito, lo ribadisco, Nabucco riveste ovviamente una notevole priorità.
Ci aspettiamo che la Commissione formuli la propria proposta per incrementare le riserve di gas all’interno dell’Unione europea, il che è estremamente importante, e sviluppare un sistema di interconnessione tra gli Stati membri che abbia una capacità superiore, il che rappresenta un elemento essenziale per garantire la sicurezza sia ai cittadini sia alle imprese dell’Unione.
Non dobbiamo infine sottovalutare la questione dell’efficienza energetica, altre elemento determinante della nostra politica volta a garantire la sicurezza energetica della Comunità.
Fiona Hall (ALDE). – (EN) Signor Presidente, ringrazio il commissario per aver rammentato all’Aula che la sicurezza energetica deve tener conto anche della domanda. La decisione di eliminare dal mercato europeo le lampadine a incandescenza consentirà di risparmiare una quantità di energia elettrica pari a quella prodotta in un anno in Finlandia.
Stiamo cercando di pervenire a un accordo con il Consiglio relativamente a un pacchetto di misure per l’efficienza energetica. Il 40 per cento dell’energia che utilizziamo è riconducibile agli immobili: per il futuro della sicurezza energetica è quindi necessario fissare standard di efficienza elevati sia per le nuove costruzioni che per quelle già esistenti. Mi auguro che gli Stati membri del Consiglio appoggino le proposte del Parlamento, che mirano a porre fine allo spreco di energia attualmente utilizzata per gli impianti di riscaldamento, condizionamento e illuminazione. Se non altro, i ministri dovrebbero sostenere queste proposte nel proprio interesse, dal momento che semplificherebbero notevolmente il loro lavoro e la loro responsabilità sulla continuità della fornitura energetica.
Indrek Tarand (Verts/ALE). – (EN) Signor Presidente, sotto alcuni aspetti, il progetto Nabucco è motivo di preoccupazione: procede con eccessiva lentezza e non sempre in maniera brillante. Non condividiamo la posizione della Commissione, ribadita settimana scorsa dal commissario Landaburu, che si è detta neutrale tra Southstream e Nabucco, mentre invece dovrebbe sostenere Nabucco.
Auspichiamo inoltre che la Commissione si attivi nei confronti di quegli Stati membri che tentano ripetutamente di ottenere un vantaggio competitivo a spese di altri. Non intendo elencarli, ma dirò soltanto che uno di questi ha per capitale Roma.
Se non ci muoviamo tempestivamente con Nabucco, corriamo il rischio di trovarci in situazioni spiacevoli come è avvenuto in Ungheria, dove la Surgutneftegas ha acquisito una quota azionaria significativa della società ungherese MOL. Una situazione simile si è verificata anche a Baumgarten, in Austria.
Signor Commissario, le facciamo i migliori auguri per l’elaborazione della politica energetica comune che ancora manca all’UE.
Sajjad Karim (ECR). – (EN) Signor Presidente, il futuro dell’Europa dipende dalla sicurezza dell’approvvigionamento energetico. Come dimostrato sia dall’accordo Nabucco che dal progetto Desertec, la Turchia rappresenta un punto d’accesso essenziale e a questo proposito concordo con quanto affermato dall’onorevole Van Orden. In questo momento è fondamentale consolidare la fiducia che ci lega a quei paesi che diventeranno nostri partner nel settore energetico, tra cui il Medio Oriente e gli Stati dell’Africa settentrionale; molti dei quali sono interessati anche da questioni legate allo sviluppo. Desertec e la produzione su vasta scala di energia elettrica sfruttando l’energia solare rappresentano un’occasione unica di guadagno, che va sfruttata anche nell’interesse degli abitanti di quegli stessi paesi. Non possiamo permettere che questa opportunità vada sprecata.
Alcuni Stati membri, tra cui anche il mio, purtroppo non hanno ancora elaborato una strategia energetica coerente: la mia circoscrizione, dell’Inghilterra nordoccidentale, è stata indicata come una delle principali aree per la produzione di energia eolica, eppure le norme di pianificazione nazionali frappongono ostacoli a questo sviluppo. Se, da un lato, è giusto cercare nuove fonti energetiche da utilizzare in futuro, dall’altro gli Stati membri devono anche sfruttare appieno le risorse e il potenziale di cui già dispongono.
Marisa Matias (GUE/NGL). – (PT) Signor Presidente, ho seguito il dibattito con estrema attenzione e vorrei formulare soltanto tre osservazioni. La prima è la seguente: di cosa stiamo effettivamente discutendo quando parliamo di sicurezza energetica ed energia? Stiamo parlando di persone, persone per le quali dobbiamo garantire pari accesso all’energia e sicurezza in maniera che non restino senza energia in inverno, stiamo parlando in fin dei conti delle relazioni di potere tra le grandi potenze o, peggio ancora, stiamo pretestuosamente sfruttando la sicurezza energetica e progetti come Nabucco o Desertec per trasmettere messaggi ad altre regioni del mondo o altri paesi? Se stiamo trasmettendo messaggi, con quale autorità morale lo stiamo facendo?
La seconda osservazione è la seguente: ogni qual volta ci esprimiamo contro operazioni non trasparenti da parte di entità straniere all’interno del mercato europeo chiediamo alla Commissione di adottare provvedimenti immediati. Vorrei sapere come questa nostra richiesta si pone rispetto alle operazioni non trasparenti svolte sul mercato europeo dagli stessi europei. Per concludere, signor Presidente, la mia terza osservazione. Ho l’impressione che abbiamo tutti perso la grande opportunità di poter contare su una politica a medio e lungo termine. Abbiamo scelto il breve termine e, ancora una volta, ci siamo ritrovati con gli interessi del mercato interno e delle grandi società industriali rafforzati.
Herbert Reul (PPE). – (DE) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, è tempo che la sicurezza dell’approvvigionamento venga riconosciuta come un tema fondamentale della politica energetica. Purtroppo intervenire in un dibattito politico non è così semplice come a volte si potrebbe credere Oggi stiamo parlando di due progetti: Nabucco, un progetto molto tangibile sul quale possiamo lavorare, e Desertec, un progetto interessante, o meglio un’idea o una visione interessante, che nessuno può esattamente dire se, dove e come possa effettivamente concretizzarsi.
Dobbiamo dedicarci a questioni reali e su di esse lavorare, così come siamo chiamati a promuovere progetti visionari, ma dobbiamo guardarci bene dal credere che esista una sola soluzione a un problema specifico o una sola strategia per risolvere i problemi. Hanno dunque perfettamente ragione tanti colleghi che mi hanno preceduto: non esiste una sola risposta; questi problemi hanno molteplici soluzioni.
Tra queste, per esempio, il fatto che non dobbiamo alimentare un dibattito molto intenso sul problema del CO2 rendendoci così sempre più dipendenti dal gas, che nuovamente creerebbe problemi perché avremmo bisogno di nuovi gasdotti. Dobbiamo rispondere affermativamente alla politica del carbone ed è per questo che abbiamo bisogno di una nuova tecnologia per le centrali. Dobbiamo rispondere affermativamente alla cattura e allo stoccaggio dell’anidride carbonica, al nucleare e all’energia rinnovabile, al risparmio energetico. Non si tratta di scegliere tra un’alternativa e l’altra, bensì di compendiarle tutte. Qualunque altra scelta sarebbe a mio giudizio immorale e irresponsabile, e credo che non renderemmo un servizio ad alcuno.
Ciò vale altresì per la questione delle fonti di approvvigionamento e delle vie di trasporto. Anche in questo caso la risposta non è univoca. Chiunque ritenga di potersi limitare a un dibattito sui gasdotti sbaglia ovviamente di grosso perché se vogliamo essere meno dipendenti dobbiamo mantenere aperte varie possibilità, compreso il GNL, e iniziare ad attuarle. Resta dunque l’interrogativo di fondo, un interrogativo estremamente importante, ossia come garantire che sia disponibile il capitale indispensabile per realizzare i necessari progetti. A che servono i bei programmi se nessuno intende investire per porli in essere?
Il modo in cui perseguiamo la nostra politica energetica e ci rapportiamo con coloro che dovrebbero investire nei progetti è dunque importante. Le società vanno incoraggiate. Dobbiamo guardarci dal credere che possiamo far accadere tutto e prestabilire ogni minimo dettaglio. Lo scorso inverno molte soluzioni hanno funzionato senza che fosse presa alcuna decisione politica perché persone intelligenti hanno collaborato saggiamente in luoghi diversi e la Commissione ha svolto un utile ruolo di mediazione.
Marita Ulvskog (S&D). – (SV) Signor Presidente, è ovviamente inaccettabile che i cittadini europei si ritrovino senza energia nel cuore dell’inverno o disoccupati perché le industrie presso le quali lavorano non sono in grado di pagare la bolletta dell’energia e sono pertanto costrette a licenziare il personale, se non addirittura cessare l’attività. E’ dunque estremamente importante prendere decisioni sagge per salvaguardare l’approvvigionamento energetico.
Nel contempo, i requisiti imposti ai grandi progetti infrastrutturali necessari devono essere chiari sia per quanto concerne l’impatto ambientale sia per quel che riguarda la dipendenza dei paesi. Gli Stati membri non devono ritrovarsi in una situazione in cui rischiano di essere alla mercé di un altro Stato. Le analisi di impatto ambientale devono essere condotte da organismi affidabili indipendenti prima che i grandi progetti prendano il via.
Ciò naturalmente vale per tutti i grandi progetti citati, ma vorrei menzionare espressamente il Baltico, mare interno vasto e sensibile. Ci occorrono analisi e decisioni che garantiscano che il Baltico non diventi un mare morto perché noi parlamentari europei non siamo stati lungimiranti e sufficientemente esigenti nel prendere le nostre decisioni. E’ un nostro dovere nei confronti dei nostri figli e nipoti.
Adina-Ioana Vălean (ALDE). – (EN) Signor Presidente, se tutti vogliono la sicurezza energetica, come mai ancora non l’abbiamo raggiunta? Forse perché ci sono 27 interpretazioni diverse del concetto di sicurezza energetica.
A mio parere questo concetto include, tra le altre cose, la diversificazione delle fonti e l’indipendenza dalla Russia per l’approvvigionamento di gas. Non serve cercare lontano per avere conferma: basta citare il caso di alcuni Stati membri i quali, dal momento che si trovano troppo distanti dalla Russia per realizzare un gasdotto, non hanno i problemi legati alla dipendenza da questo paese.
Credo che dovremmo puntare sul GNL, attraverso lo sviluppo di tecnologie, la realizzazione di terminal appositi e l’approvvigionamento di gas da tutto il mondo. Occorre inoltre contribuire all’istituzione di un mercato globale per il GNL sull’esempio di quello del petrolio e delle materie prime.
Per quanto riguarda il gasdotto Nabucco, credo occorra ripensare il progetto tenendo in considerazione le varie fonti nonché riproporre un tragitto più breve che passi per Georgia, Ucraina e sotto il Mar Nero per giungere in Romania: basta dare un’occhiata a una cartina.
La discordanza di opinione tra gli Stati membri sull’interpretazione e sugli interessi legati alla sicurezza energetica è confermata anche dal fatto che alcuni paesi coinvolti nel progetto Nabucco hanno sottoscritto anche Southstream, a spese della credibilità di Nabucco e delle possibilità di adottare una politica energetica comune europea: Southstream comporta senza dubbio una maggiore dipendenza dal gas russo.
Paweł Robert Kowal (ECR). – (PL) Signor Presidente, ascoltando gli interventi dei miei colleghi mi sono chiesto se i cittadini europei siano condannati a sentire soltanto le nostre parole. Avremmo potuto verificarlo nel gennaio di quest’anno, durante la crisi energetica. Dopo tutto stiamo adottando risoluzioni perché unanimemente riteniamo che l’Unione non stia affrontando come dovrebbe la questione della sicurezza energetica. Osserviamo inoltre, signor Commissario, che vi è meno interesse per il progetto Nabucco negli Stati membri dell’Unione, sebbene ciò non valga per tutti i progetti nel campo dell’energia. A nord abbiamo il progetto Nord Stream, che rappresenta un passo molto serio contro la politica estera comune. A sud vi è il progetto South Stream. Anche in questo caso gli Stati membri dell’Unione europea dimostrano una certa propensione a farsi coinvolgere. Per quanto concerne invece Nabucco, tutto ciò che udiamo sono promesse: né il denaro né il sostegno politico sono sufficienti.
Mentre affrontiamo il tema a Strasburgo, le betoniere sono giunte sulle rive del Baltico per realizzare il progetto Nord Stream. Vorrei sapere i sostenitori del trattato di Lisbona terranno fede alla parola data, ossia che una volta ratificato il trattato smetteranno di sostenere i progetti Nord Stream e South Stream. Nabucco può rivelarsi un passo eccellente per garantire la sicurezza energetica. Se seguitiamo a formulare soltanto dichiarazioni, durante le future crisi energetiche, quando manderemo ai cittadini europei gli opuscoli con le nostre risoluzioni, li bruceranno.
Gabriele Albertini (PPE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, concordo con il Commissario Piebalgs. Le sue recenti dichiarazione confermano che Southstream non è il concorrente di Nabucco ma un ulteriore contributo alla diversificazione delle fonti di approvvigionamento energetico dell'Europa. La sicurezza energetica europea si basa su una varietà di fonti, di rotte e di paesi di approvvigionamento.
La domanda futura è valutata a crescita 0 da 100 a 150 miliardi di m3 di gas addizionali da oggi al 2020. Da queste premesse lo sviluppo di varie opzioni è una necessità e Southstream non è alternativo a Nabucco ma integrativo. La Commissione considera il corridoio Sud come un insieme di progetti tra cui rientrano Nabucco, Southstream e l'interconnessione Turchia, Grecia, Italia (ITG). La polemica antirussa è dunque in contraddizione con quello che vedremo nei prossimi anni.
È importante che dal Parlamento europeo arrivi un richiamo al pragmatismo e soprattutto alla coerenza di scelte che l'Unione europea ha già sostanzialmente fatto: con il piano europeo per la ripresa economica, con la decisione 1364 del 2006 del Parlamento e del Consiglio che stabilisce orientamenti per le reti transeuropee nel settore dell'energia e con la seconda strategia di sicurezza energetica.
La diversificazione delle fonti, delle rotte e dei paesi di approvvigionamento è il vero pilastro della politica di sicurezza energetica dell'Europa e la sfida Southstream - Nabucco, al di là degli interessi politici ed economici dei vari paesi più direttamente coinvolti, va analizzata realisticamente, senza le lenti deformanti dell'ideologia ma piuttosto con la lucida visione di ciò che è necessario fare.
Anni Podimata (S&D). – (EL) Signor Presidente, signor Commissario, se vogliamo affrontare il problema della sicurezza energetica in maniera affidabile e sostenibile, abbiamo bisogno di una strategia globale che risponda alla necessità di differenziare le fonti energetiche e adottare norme comuni in termini di paesi di transito perché la nostra dipendenza da un’unica fonte energetica è negativa quanto la nostra dipendenza da un unico paese di transito.
Abbiamo pertanto bisogno di un equilibrio che non potrà essere raggiunto né adottando toni da guerra fredda con la Russia, dalla quale comunque dipendiamo o dipenderemo per quanto concerne l’energia, né sostenendo un unico gasdotto alternativo, ossia Nabucco, in un momento in cui vi è ancora incertezza in merito alla sua capacità di fornitura e alle condizioni politiche ed economiche esistenti nei paesi del Caspio e nel Caucaso.
In merito al progetto Desertec, concordo con molte obiezioni formulate e volevo aggiungere quanto segue: l’Unione europea deve puntare a renderci gradualmente indipendenti dalle importazioni di energia, non a sostituire al gas naturale importato energia elettrica importata ottenuta da fonti rinnovabili.
Se a lungo termine realmente vogliamo diventare autosufficienti e indipendenti dal punto di vista energetico, dobbiamo promuovere l’efficienza energetica e sfruttare al meglio le fonti di energia rinnovabili nazionali.
Toine Manders (ALDE). – (NL) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, vorrei complimentarmi per l’approccio integrato assunto nella proposta. La diversificazione è molto importante e concordo anche con quanto affermato dal collega van Baalen, ossia che dobbiamo considerare tutte le forme di energia, compreso il nucleare. Tuttavia, come ho imparato alle elementari, il sole è la fonte di tutta l’energia, per cui credo che in futuro su di esso dovremmo concentrarci.
Per quanto concerne la diversificazione, il processo deve riguardare non soltanto i tipi di energia, ma anche le fonti di approvvigionamento. Molti sono intervenuti sulla Russia. Sinora la Russia ci ha sempre riforniti quando le abbiamo chiesto di farlo, ma in futuro sarà importante poter contare su più fornitori. Detto questo, come possiamo garantire la sicurezza energetica? Ebbene possiamo garantirla soltanto se siamo in grado di ottenere il nostro approvvigionamento energetico attraverso le reti, e sono persuaso che il vostro compito più importante – sono stati negoziati vari ostacoli, Nabucco, Desertec – negli anni a venire consisterà nel realizzare una rete integrata nel cui ambito i paesi interessati, tutti gli Stati membri dell’Unione, si muovano nella stessa direzione e siano anche disposti ad attuare la politica energetica in maniera integrata. Il denaro può essere chiesto a finanziatori istituzionali o investitori privati, ma ritengo che sia indispensabile iniziare a lavorare immediatamente su una rete integrata, una sorta di superrete, un circuito di induzione per l’Europa in grado di raggiungere ogni utente finale.
Jean-Pierre Audy (PPE). – (FR) Signor Presidente, l’energia non è un ambito nel quale l’Unione europea ha competenza. Signor Commissario, complimenti per tutto ciò che sta facendo.
Energia e accesso equivalgono a guerra, talvolta militare, talvolta politica, talvolta economica. Per quanto riguarda il gas, avremo una guerra del gas. Non sapremo se il gas è la causa della guerra o una sua conseguenza, ma in ogni caso avremo una guerra del gas.
Conosciamo le cifre: nei paesi del Caucaso sono disponibili due secoli di riserve; in Russia un secolo; in Africa del nord mezzo secolo; nel Baltico mezzo secolo e in Europa circa vent’anni. Dobbiamo pertanto prepararci a importare gas.
Certamente, signor Commissario, Nabucco è un progetto valido che dobbiamo appoggiare, ma occorre fornire sostegno finanziario e politico a tutte le diverse fonti energetiche, che si tratti di Nord Stream o South Stream, dal nord e dal sud.
Parimenti dobbiamo poter contare sulle nostre società industriali, competenti e leali, con un codice etico, ma guardiamoci da ogni ingenuità. Signor Commissario, la invito a esaminare immediatamente le proposte formulate da alcuni Stati membri che vorrebbero introdurre uno strumento europeo operativo per intraprendere azioni sul mercato del gas, vale a dire creare un ufficio di approvvigionamento centrale europeo per il gas, soluzione che si sta peraltro realizzando per il Caucaso con la Caspian Development Corporation, l’entità per lo sviluppo della regione del Caspio.
In merito al progetto Desertec, formulo i miei complimenti. I dati ci sono noti: 1 km2 di deserto riceve l’equivalente di 1,5 milioni di barili di petrolio. E’ un progetto eccellente per il bacino euromediterraneo. Sappiamo inoltre che lo 0,3 per cento dei deserti del pianeta potrebbe rifornire di energia l’intero mondo.
Siamo persuasi del fatto che risolveremo i nostri problemi energetici attraverso l’ingegno umano e la scienza, ma nel rispetto dell’etica e della morale.
Signor Commissario, lei sta svolgendo un ottimo lavoro perché abbiamo un’Europa che produce risultati, un’Europa che protegge, un’Europa che agisce. Eccellente! Continui così e avrà il sostegno del Parlamento europeo.
Justas Vincas Paleckis (S&D). – (LT) Signor Presidente, il gasdotto Nabucco consentirebbe all’Europa di sentirsi forte e sicura. Non tutti i paesi della regione del Caspio stanno però seguendo la via della democrazia e non tutti sono affidabili. Molto dipende dalle relazioni con la Turchia. Anche se per il momento non vi è alcuna prospettiva di apertura nei confronti dell’adesione di tale paese all’Unione europea, non dobbiamo respingerlo né alimentarvi sentimenti antieuropei. Il progetto Desertec è particolarmente significativo perché punta al futuro. Quando si parla di sicurezza energetica si presta troppo poca attenzione alle fonti di energia rinnovabili e, soprattutto, all’efficienza energetica. Mi compiaccio per il fatto che tale aspetto sia stato oggi espressamente sottolineato dal commissario. Vanno stabiliti a livello comunitario meccanismi finanziari ed economici che incoraggino gli Stati membri dell’Unione e le singole società a risparmiare energia e passare alle tecnologie più recenti e pulite poiché ciò rappresenterebbe un notevole contributo alla sicurezza energetica e alla lotta al cambiamento climatico.
Arturs Krišjānis Kariņš (PPE). – (LV) Signor Presidente, signor Commissario, essendo un politico lettone so perfettamente che cosa vuol dire per uno Stato dipendere dal punto di vista energetico. Sebbene la Lettonia generi circa un terzo della propria energia attingendo dalle proprie risorse rinnovabili, i due terzi restanti della bilancia energetica provengono prevalentemente da un unico Stato fornitore, la Russia. Essendo un piccolo paese fortemente dipendente dalle forniture energetiche, comprendiamo benissimo quanto possa essere costosa tale dipendenza sia per il consumatore finale in termini di prezzo sia per il paese nel suo complesso a livello di potenziale vulnerabilità politica. La bilancia energetica degli Stati membri dell’Unione varia, ma siamo tutti interessati a uno stesso obiettivo: la sicurezza dell’approvvigionamento energetico. La sicurezza dell’approvvigionamento può essere ottenuta diversificando le fonti perché quanto maggiore è il numero di fornitori tanto meno dipendenti si è da ciascuno di essi. La Russia è un partner importante dell’Unione europea a livello di forniture di gas. In Europa importiamo complessivamente circa un quarto di tutto il nostro consumo di gas dalla Russia. Alcuni paesi come la Lettonia sono addirittura totalmente dipendenti dagli approvvigionamenti di gas russi e ogni anno la dipendenza totale dell’Europa dalle forniture di tale paese tende ad aumentare. Una delle fonti di approvvigionamento alternative è rappresentata dal previsto gasdotto Nabucco, che fornirebbe gas dai paesi dell’Asia centrale all’Europa attraverso la Turchia. Ritengo molto importante che il Parlamento manifesti un particolare sostegno a tale progetto perché rafforzerà direttamente la nostra sicurezza comune dell’approvvigionamento di gas. Il progetto Nabucco rappresenta però soltanto l’inizio della soluzione per creare tale sicurezza comune. Dobbiamo infatti giungere a una politica energetica europea unita che coordini la nostra attività in tutti gli ambiti dell’energia. Grazie per l’attenzione.
Edit Herczog (S&D). – (HU) Signor Presidente, in primo luogo vorrei esprimere i miei ringraziamenti per l’opportunità offertami di parlare in ungherese in Aula, il che mi consente di salute il vicepresidente in tale lingua. Esordirei dicendo che se analizziamo gli ultimi cinque anni il commissario Piebalgs è diventato probabilmente una delle figure di maggiore successo per le politiche equilibrate e lungimiranti che abbiamo congiuntamente approvato con il Parlamento sino a oggi.
In gennaio, alla conferenza sul progetto Nabucco organizzata a Budapest in Ungheria, il commissario ha dichiarato per la prima volta che l’Unione europea vuole offrire sostegno politico e finanziario al progetto Nabucco. Dovremo raccogliere una cifra stimata di circa 8 miliardi di euro per un gasdotto di 3 300 chilometri. I due principali compiti che ci attendono sono dunque il reperimento di circa 2 miliardi di euro da attingere dal bilancio comunitario e la definizione dei criteri che permetteranno al progetto di accedere in maniera più semplice e agevole al credito a condizioni migliori.
La promessa iniziale equivaleva a circa 30 milioni di euro. Dobbiamo prendere atto del fatto che dobbiamo spingerci oltre. Confido nella possibilità che nei pochi mesi rimastici il commissario si adoperi al meglio o lasci al suo successore il compito di garantire il successo del progetto. Siamo tutti perfettamente consapevoli del fatto che in caso di crisi economica non sono i nuclei familiari a sopportare l’onere maggiore delle interruzioni di corrente ed energia, bensì le industrie. Stiamo parlando, onorevoli colleghi, delle società presso le quali lavorano gli elettori nostri concittadini, società delle quali stiamo mettendo a repentaglio il reddito ponendo a rischio la sicurezza energetica.
Mario Mauro (PPE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, sicuramente la sicurezza energetica è una priorità fondamentale, che occorre migliorare rafforzando prima di tutto l'efficienza energetica, diversificando i fornitori, le fonti, le rotte di approvvigionamento, ma soprattutto promuovendo gli interessi energetici dell'Unione nei confronti dei paesi terzi.
Ora il Consiglio europeo di marzo ha dichiarato che per conseguire gli obiettivi della sicurezza energetica l'Unione europea collettivamente, ma anche ciascuno degli Stati membri, devono essere preparati ad abbinare solidarietà e responsabilità. Questo è, a mio modo di vedere, il punto fondamentale: la politica energetica europea deve essere legata indissolubilmente alla politica estera dell'Unione, perché se continuiamo a ripetere che la nostra azione in politica estera sarà davvero efficace quando si parlerà con una voce sola, questo è altrettanto vero per quanto concerne la politica energetica.
Ma proprio qui sta il punto; fino a quel momento, cioè fino a quando non saremo in grado di parlare con una voce sola, gli sforzi di molto governi che si sono implicati in operazioni complesse come Nordstream e Southstream, vanno visti non in contraddizione con il sostegno al Nabucco ma come parte di una medesima strategia nella quale pragmatismo e realismo devono essere affiancati per poter sostenere gli interessi dei nostri cittadini.
Per questo, sì convinto da parte nostra al Nabucco, ma in altrettanta forte maniera la decisione di sostenere gli sforzi che i nostri governi fanno perché la diversificazione degli approvvigionamenti sia garanzia del benessere delle nostre popolazioni.
Silvia-Adriana Ţicău (S&D). – (RO) Signor Presidente, nel 2008 l’Unione europea ha registrato un disavanzo commerciale record di 242 miliardi di euro, principalmente a causa dell’aumento del prezzo dell’energia importata. Il gasdotto previsto dal progetto Nabucco passerà per Turchia, Bulgaria, Romania, Ungheria e Austria e assicurerà all’Unione europea un approvvigionamento annuo di 30 miliardi di metri cubi di gas naturale dal Caspio. I 200 milioni di euro stanziati per il piano di ripresa economica europeo sono insufficienti. Esortiamo l’Unione europea a integrare in modo consistente i fondi stanziati. Desertec sfrutterà l’energia solare dell’Africa del nord e comporterà anche l’attuazione di un piano mediterraneo per catturare l’energia solare e la costruzione di una rete di trasmissione dell’energia elettrica che collegherà l’Unione europea al Medio Oriente e all’Africa del nord. L’Unione europea deve investire maggiormente nella diversificazione delle fonti di approvvigionamento. In veste di relatrice per le questioni relative alle prestazioni energetiche degli edifici, invito l’Unione a mettere a disposizione strumenti finanziari innovativi per promuovere gli investimenti nell’uso delle fonti di energia rinnovabili e migliorare l’efficienza energetica, specialmente degli edifici e del settore dei trasporti.
Marian-Jean Marinescu (PPE). – (RO) Signor Presidente, Nabucco provvederà a gran parte della domanda di gas dell’Unione europea. Tuttavia, ciò che più conta al riguardo è l’aspetto politico: Nabucco eliminerà la nostra dipendenza da un’unica fonte. Le crisi ricorrenti hanno sottolineato il fatto che l’attuale situazione, in cui la Russia è l’unica fonte di approvvigionamento con l’Ucraina in veste di unico paese di transito, non garantisce alcuna sicurezza all’economia e ai cittadini dell’Europa. Lo sviluppo di nuove vie di approvvigionamento energetico deve essere tanto importante quanto lo sviluppo di relazioni con la Russia. Il ritardo nell’avvio del progetto Nabucco è stato dovuto, purtroppo, agli interessi individuali di alcuni Stati membri. Gli Stati membri devono rendersi conto che non saranno soltanto i paesi in cui passa il gasdotto o le società commerciali coinvolte a usufruire dei vantaggi offerti del progetto, bensì tutti i cittadini europei i cui governi nazionali devono garantirne benessere e sicurezza.
Gli errori che hanno comportato il rinvio del progetto non devono essere ripetuti nell’assicurarsi le fonti di gas. Vi sono paesi nella regione, come l’Azerbaigian, il Turkmenistan, il Kazakstan, l’Iraq e l’Iran, che intendono rifornire il gasdotto con le proprie riserve. La Commissione deve comportarsi come nel caso dell’accordo intergovernativo, ossia partecipare nei successivi negoziati e giungere a un esito positivo il più rapidamente possibile. Se non avanziamo in tal senso, altri lo faranno e non ho dubbi quanto al fatto che non sarà nell’interesse dei cittadini europei.
Francisco José Millán Mon (PPE). – (ES) Signor Presidente, vista la dipendenza dell’Unione europea dalle forniture energetiche esterne, garantirne l’approvvigionamento è un aspetto che deve sempre rientrare nella politica esterna comunitaria. Inoltre tutte le previsioni concordano nell’affermare che la domanda di energia nel mondo aumenterà notevolmente nei prossimi 25 anni.
Qui in Europa dobbiamo ridurre la nostra dipendenza elevata dal gas russo, specialmente dopo le crisi degli ultimi anni. In Russia viene anche attuata una chiara strategia per garantirne il predominio in Europa nel settore del gas. Per questo abbiamo progetti come Nord Stream, Blue Stream II e South Stream.
Dobbiamo dunque diversificare in termini di fornitori e vie di approvvigionamento, il che giustifica l’interesse per il progetto Nabucco, che darà accesso al gas azero e iracheno, ma anche al gas turkmeno, rafforzando in tal modo le nostre relazioni nel campo dell’energia con l’Asia centrale, regione sempre più rilevante.
Mi compiaccio pertanto per l’accordo raggiunto lo scorso luglio, in merito al quale ci ha riferito il commissario, come pure per il sostegno esplicito manifestato a Nabucco dal presidente Barroso negli orientamenti politici recentemente presentati.
So che vi sono dubbi quanto alla sostenibilità del progetto Nabucco, ma nutrivo anche dubbi circa l’oleodotto Baku-Tblisi-Ceyhan, che ora è una realtà.
Devo sottolineare che i paesi della riva meridionale del Mediterraneo hanno anch’essi un ruolo importante da svolgere nell’approvvigionamento di gas dell’Europa. Il principale paese in tal senso è l’Algeria, importante fornitore di gas al mio paese e all’Italia. E’ necessario garantire che i lavori per il gasdotto Medgaz siano conclusi rapidamente. Sempre in termini di forniture di gas ricordo inoltre paesi come l’Egitto e la Libia.
Per riassumere, i temi dell’energia devono rivestire un aspetto prioritario nella relazione euromediterranea a beneficio di ambedue le parti.
Onorevoli colleghi, il trattato di Lisbona prevede l’energia come responsabilità condivisa e stabilisce che uno degli obiettivi della politica energetica dell’Unione sia garantire la sicurezza degli approvvigionamenti energetici. Questo concretamente ci incoraggia a procedere nello sviluppo di una politica esterna comune sempre più fondamentale in tema di energia, come sottolinea la proposta di risoluzione oggi in adozione.
Concluderò rammentando che si tratta di un obiettivo difficile, come dimostra la nostra incapacità in Europa, all’interno dell’Unione, di giungere a un vero mercato interno dell’energia perché non disponiamo nemmeno delle interconnessioni necessarie. Per questo mi compiaccio per gli impegni assunti al riguardo nel documento citato dal presidente Barroso.
Rachida Dati (PPE). – (FR) Signor Presidente signor Commissario, come hanno appena affermato i colleghi, la recente crisi del gas tra Russia e Ucraina dimostra la necessità urgente di rafforzare la sicurezza e l’indipendenza energetica dell’Unione europea.
La Comunità è ancora troppo dipendente, soprattutto dalle importazioni di gas, visto che entro il 2020 dovrà probabilmente importare circa l’80 per cento del suo fabbisogno. La situazione deve cambiare perché se dovesse perdurare metterà definitivamente a repentaglio la sicurezza energetica dell’Unione. Ovviamente i progetti infrastrutturali in atto, citati poc’anzi, rappresentano un passo nella giusta direzione.
Sono trascorsi ormai diversi mesi dall’ultima crisi del gas tra Russia e Ucraina. Signor Commissario, quali sono le prospettive per il prossimo inverno? E’ assolutamente vitale per chi ha subito interruzioni dell’approvvigionamento e le teme in futuro sapere in che modo l’Europa li proteggerà da eventuali nuove crisi.
Michael Gahler (PPE). – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, l’odierna risoluzione ribadisce con chiarezza la necessità di sviluppare una politica estera europea coerente, anche dal punto di vista della sicurezza dell’approvvigionamento energetico.
Molto è già stato detto quest’oggi in merito ai progetti Nabucco e Desertec. Per quanto concerne la diversificazione delle fonti di approvvigionamento, vorrei richiamare l’attenzione su una regione vicina che sinora si è distinta per stabilità e affidabilità nel rifornire l’Europa e presenta anche un notevole potenziale di sfruttamento, regione che diventerà più accessibile a seguito del cambiamento climatico. Mi riferisco all’Artico, dove vi è da un lato una tradizione consolidata di cooperazione pragmatica, anche per esempio con la Russia, e dall’altro l’Unione europea non è attualmente così presente, a differenza di Russia, Stati Uniti, Canada e persino Cina.
Per proteggere a lungo termine gli interessi dell’Europa nella regione, vorrei pertanto pronunciarmi a favore dello sviluppo di una strategia concreta a lungo termine unitamente a partner come Norvegia e Islanda, con lo scopo di collaborare con Russia, Stati Uniti e Canada per equilibrare i vari interessi in gioco, non soltanto per quanto concerne la sicurezza comune dell’approvvigionamento, ma anche temi ambientali e accesso alle nuove vie di trasporto libere da ghiacci. Ciò scongiurerà anche potenziali conflitti che potrebbero altrimenti derivare nella regione nella corsa per garantirsi le fonti energetiche ancora disponibili.
Bastiaan Belder (EFD). – (NL) Signor Presidente, la Turchia ha un ruolo importante da svolgere nel ridurre la dipendenza dell’Europa dalla Russia. Ora va stabilito quale prezzo l’Europa è disposta a pagarle. Nel frattempo, il paese sta con due piedi in una scarpa e tenta di sfruttare sia il progetto Nabucco sia il progetto South Stream. Tutto ciò non è nell’interesse dell’Europa. Esorto dunque Consiglio e Commissione a operare una scelta inequivocabile per il progetto Nabucco. Il progetto ridurrebbe direttamente la nostra dipendenza dalla Russia e, visto il lento calo della domanda di gas in Europa, è in ogni caso assolutamente inutile realizzare due vie di approvvigionamento meridionali. La Turchia deve manifestarsi con chiarezza e schierarsi decisamente a favore del progetto Nabucco. Le trattative condotte con il paese su tale argomento dovrebbero però essere tenute rigorosamente distinte dai suoi negoziati di adesione. E’ infatti indispensabile evitare che la Turchia si possa accaparrarsi un biglietto di ingresso nell’Unione in cambio di un suo atteggiamento cooperativo.
Lena Barbara Kolarska-Bobińska (PPE). – (PL) Signor Presidente, l’Unione europea ha bisogno di fonti di approvvigionamento le cui operazioni commerciali restino sempre trasparenti e assolvano pienamente i propri obblighi. La carta dell’energia e il protocollo sul transito rappresentano un tentativo per istituire un sistema basato su principi chiari. La recente espressione da parte della Russia del suo desiderio di recedere dalla carta dell’energia va vista come un monito per le società che investono in Russia, ma anche per la Commissione, così come dovrebbe incoraggiare la Commissione ad agire quanto prima per creare un sistema di sicurezza energetica europeo.
Possiamo solo sperare che la Russia rispetti la carta e non intraprenda alcuna azione definitiva. Il mercato interno del gas dell’Unione europea deve funzionare senza restrizioni consentendo la realizzazione di reti di gas e connessioni transfrontaliere. I consumatori di gas europei non possono essere lasciati alla mercé dei monopoli.
(Il Presidente interrompe l’oratore)
Matthias Groote (S&D). – (DE) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, apprezzo moltissimo quanto illustratoci oggi dal commissario in questa sede in merito al progetto Desertec. L’idea ha grandi potenzialità e la sua attrattiva sta proprio nel fatto che è costituita da tanti piccoli progetti distinti. Ciò creerà posti di lavoro e preparerà la via alla politica industriale solida dal punto di vista ambientale per la quale ci stiamo adoperando.
Ho una domanda per la Commissione. Quando si è parlato del progetto Desertec, ho avuto l’impressione che si stia procedendo in qualche modo a rilento. Quali misure concrete sono previste per quanto concerne l’infrastruttura della rete, che è un problema notevole in relazione allo sviluppo dell’energia rinnovabile? L’idea è ovviamente quella di trasmettere energia elettrica all’Europa tramite linee di corrente diretta ad alta tensione dai deserti. Quali misure di sostegno può intraprendere in proposito la Commissione europea? Si è già vagliata qualche proposta al riguardo? Che cosa possiamo aspettarci dalla prossima Commissione in tale ambito?
Charles Tannock (ECR). – (EN) Signor Presidente, il gruppo dei Conservatori e Riformisti europei sostiene la necessità di una politica esterna comune dell’UE in materia di sicurezza energetica, fondata sulla solidarietà tra Stati membri, mentre il mix energetico deve in ogni caso restare di competenza nazionale. La diversificazione è ovviamente necessaria per sganciarsi dall’eccessiva dipendenza dal petrolio e dal gas della Russia che persino il Regno Unito – paese per tradizione da sempre legato ai giacimenti del Mar del Nord e norvegesi – oggi importa.
E’ necessario potenziare il corridoio meridionale e prendere in considerazione il progetto White Stream, accanto a Nabucco, come prioritario, oltre alle rotte che attraversano il Caspio e il Sahara, interessanti prospettive future per l’Unione europea. L’Europa deve incrementare la propria capacità di stoccaggio del gas e provvedere a integrare meglio gasdotti e reti elettriche. Il Regno Unito è inoltre favorevole alle centrali nucleari.
Mi rallegro degli investimenti effettuati in fonti rinnovabili, incluso il progetto Desertec sull’energia solare, volti a contrastare i cambiamenti climatici e a favorire la diversificazione degli aiuti. Occorre potenziare anche l’efficienza energetica, seppure il recente bando imposto dall’UE alle lampadine a incandescenza sia un provvedimento drastico, che ignora i rischi per la pelle e l’ambiente posti dal mercurio e contribuisca a rendere ancora più impopolare l’UE nel mio paese.
Alejo Vidal-Quadras (PPE). – (ES) Signor Presidente, le previsioni indicano che, entro il 2030, il consumo di gas nell’Unione europea aumenterà di più del 40 per cento e la nostra produzione interna calerà. Ciò significa che la domanda non verrà soddisfatta, anche con tutti i progetti attualmente avanzati. Avremo pertanto bisogno di tutte le fonti di approvvigionamento possibili e dovremo in particolare coordinare tutti gli interventi degli Stati membri per ottimizzare il contributo al nostro fabbisogno comune.
I progetti South Stream e Nabucco comportano aspetti economici, energetici, storici e politici molto importanti che dobbiamo analizzare con estrema attenzione, dando prova di grande intelligenza e sempre pensando alle preoccupazioni e alle esigenze di tutti i paesi interessati. Molti problemi che al momento ci affliggono potrebbero essere risolti se innanzi tutto coordinassimo risolutamente le azioni di tutti gli Stati membri, costruissimo più terminal per il gas liquefatto, migliorassimo il mercato interno e – lo ribadisco – parlassimo all’unisono.
Derek Vaughan (S&D). – (EN) Signor Presidente, condivido il testo presentato oggi dai vari gruppi e la dichiarazione del commissario, soprattutto per quanto riguarda la necessità di diversificare la tecnologia energetica e garantire la sicurezza dell’approvvigionamento europeo.
E’ evidente che non esiste un’unica soluzione per garantire la fornitura energetica e occorre pertanto prendere in considerazione tutte le tecnologie disponibili, per mettere in campo un mix, che comprenda anche la CCS e ovviamente anche il carbone, dal momento che sono gallese.
Occorre potenziare anche l’efficienza energetica e sono convinto della necessità di investire una quota maggiore dei Fondi strutturali in misure finalizzate al risparmio economico, oltre che al rilancio dell’economia.
Vorrei fare altre due rapide osservazioni: la prima a proposito di Desertec, un progetto che considero interessante ma del quale va tenuta presente la prospettiva di lungo periodo. Non è una soluzione immediata.
In secondo luogo, lo stoccaggio delle riserve di gas è indubbiamente importante, ma non dobbiamo dimenticare che si tratta di un’iniziativa che richiederà ingenti finanziamenti.
Sono pertanto favorevole a tutti i testi presentati oggi, in particolare dal gruppo dell’Alleanza Progressista dei Socialisti e Democratici al Parlamento europeo, ma si tratta di questioni importanti sulle quali gradirei sentire il parere del commissario.
András Gyürk (PPE). – (HU) Signor Presidente, onorevoli colleghi, la proposta di decisione cita il fatto che la società russa Surgutneftgaz, la cui proprietà non è chiara, ha recentemente acquisito una quota consistente della società petrolifera ungherese MOL. Vorrei fornire ulteriori dettagli in merito. Ho personalmente presentato un’interrogazione scritta al commissario a seguito di tale operazione, il quale nella sua replica ha affermato di ritenere legittima la nostra richiesta di assicurare maggiore protezione alle società europee operanti nel campo dell’energia contro acquisizioni esterne che manchino di qualsivoglia trasparenza. Indubbiamente una buona notizia! Va però detto che gli attuali regolamenti sono inadatti al conseguimento di tale obiettivo.
I regolamenti in materia di trasparenza possono essere facilmente elusi. Per questo chiediamo alla Commissione europea di abbandonare la sua comoda posizione di comodo di inerte introspezione. In collaborazione con i governi, la Commissione dovrebbe invece predisporre il quadro giuridico per garantire effettiva protezione dalle acquisizioni ostili. Signor Presidente, il mercato aperto è un successo europeo comune. Non rendiamoci vulnerabili proprio su questo terreno.
Ivo Vajgl (ALDE). – (SL) Signor Presidente, pare che il sistema catch the eye funzioni bene e sono lieto di verificarlo personalmente. Abbiamo bisogno di un approvvigionamento sicuro e diversificato. Tutti concordiamo su tale aspetto.
Ritengo tuttavia che oggi la nostra discussione sia stata eccessivamente incentrata su un unico tema: i moniti di una minaccia russa. Discorsi del genere non possono portare a conseguenze costruttive per l’Europa e penso che renderemmo un miglior servizio a noi stessi se sviluppassimo un partenariato con la Russia.
Sarei anche grato al commissario Piebalgs se ci informasse in merito ai progressi compiuti nel dialogo sulla sicurezza energetica, il miglioramento delle nostre relazioni con la Russia e l’attuazione di standard democratici, ambito al quale vorremmo che la Russia prestasse maggiore attenzione.
Andrzej Grzyb (PPE). – (PL) Signor presidente, nel settembre 2007, a seguito della decisione del Parlamento europeo e del Consiglio del 2006 e tenuto conto della questione, tra l’altro, del gasdotto Nabucco, si è proceduto alla nomina di un coordinatore del progetto, Josias Van Aartsen, il quale nel 2009 ha presentato un’interessante relazione contenente conclusioni parimenti interessanti. Una di queste conclusioni riguardava le difficoltà con le quali ci si potrebbe scontrare nella realizzazione del progetto Nabucco. Anche gli attuali livelli di finanziamento confermano tale perplessità.
Vorrei dunque chiedere se il commissario ritiene che, prescindendo dal suo personale interesse per la questione, la nomina di un coordinatore per la realizzazione del progetto Nabucco possa renderne l’attuazione più efficiente in maniera da poter essere certi che ciò che oggi stiamo discutendo e ciò che anche gli Stati membri, compreso il mio paese, la Polonia, si aspettano che accada, abbia il 100 per cento di probabilità di diventare realtà.
Andris Piebalgs, membro della Commissione. − (EN) Signor Presidente, mi risulterebbe difficile rispondere a tutte le questioni sollevate, ma ci sono alcuni punti che vorrei sottolineare.
Le politiche adottate dal settore energetico mirano a promuovere il benessere delle nostre popolazioni e dell’industria. Il nostro obiettivo principale è assicurarci l’approvvigionamento di energia pulita a un prezzo congruo.
In secondo luogo, non concludiamo mai accordi aggiuntivi durante i negoziati su accordi relativi all’energia. Non accettiamo compromessi sull’ampliamento né sui diritti umani. Partiamo dal presupposto che l’interdipendenza nella fornitura energetica è l’elemento principale e comporta vantaggi per tutti: fornitori, paesi di transito e consumatori. Occorrerà tempo per convincere i nostri partner, ma è l’unico modo per pervenire a una situazione stabile.
Terzo, seppure talvolta può sembrare che i progressi siano lenti, ritengo che basarci sulle proposte del settore e sul sostegno allo stesso sia essenziale, dal momento che questo modo di procedere ci rafforza. Forse non sarà la soluzione più rapida, ma garantisce stabilità. Quando si presenta la necessità di un cambiamento, possiamo effettuarlo su una base molto più ampia e quindi più sicura. Per tutti i progetti è stata verificata attentamente l’efficienza dal punto di vista dei costi e la fattibilità futura e ritengo quindi che sia giusto sostenerli.
Un altro ambito che presenta qualche debolezza e di cui si continua a discutere è la politica energetica esterna e la coerenza. E’ vero che c’è una certa contraddizione – o almeno questa è l’impressione – e, in qualità di commissario, sarei lieto se adottassimo una politica più coerente.
La proposta di risoluzione affronta proprio questa questione, dal momento che – seppure non ci sia alcun conflitto interno tra gli Stati membri – si percepisce una certa tensione. Tutte le azioni intraprese dagli Stati membri vanno anche a beneficio dell’Unione europea nel suo complesso, ed occorre dare seguito a questi sviluppi e tentare veramente di costituire un sistema per parlare con una voce sola, anche per quanto riguarda i punti di vista che vogliamo sottolineare. Il secondo riesame strategico della politica energetica è ancora estremamente importante, e tutti i punti proposti a tal fine sono ancora da affrontare.
Al contempo, la Commissione ritiene che non possiamo permetterci di passare dall’interdipendenza alla dipendenza: sosteniamo progetti finalizzati alla diversificazione come Nabucco e il GNL, non perché siano in grado di cambiare completamente il nostro rapporto di interdipendenza rispetto ad altri paesi, ma perché ci assicurano ulteriore margine di sicurezza. E’ questa la direzione in cui ci stiamo muovendo, senza peraltro trascurare gli sviluppi in corso nell’ambito dell’energia.
L’opzione rappresentata dall’energia nucleare è stata accantonata; è stata adottata la direttiva sulla sicurezza nucleare, ma rimane pur sempre una questione molto delicata e di competenza nazionale. Sono convinto che, dal punto di vista dell’Unione europea, occorra incentivare la cooperazione tra gli enti responsabili della sicurezza nucleare, al fine di istituire un sistema più sicuro e coerente; dubito tuttavia che i risultati potranno andare oltre tale limite.
Credo infine che queste questioni e discussioni contribuiscano enormemente a definire la politica energetica, seppure non esista un unico strumento: ve ne sono molti e torneremo a parlarne in futuro.
Vi ringrazio per aver dato vita a questa discussione. sarò lieto di rispondere ai quesiti in sede di Commissione ITRE, o di qualsiasi altra commissione che voglia approfondire ulteriormente le questioni relative all’energia.
Presidente. – La discussione è chiusa.
Comunico di aver ricevuto sei proposte di risoluzione ai sensi dell’articolo 110, paragrafo 2, del regolamento(1).
La votazione si svolgerà oggi, alle 12.00.
Dichiarazioni scritte (articolo 149 del regolamento)
Cristian Silviu Buşoi (ALDE), per iscritto. – (RO) Apprezzo i progressi compiuti con la firma dell’accordo di Ankara per l’avvio del progetto Nabucco e il protocollo dell’accordo per l’avvio del progetto Desertec. Il progetto Nabucco deve diventare prioritario in quanto rappresenta una soluzione al problema dell’approvvigionamento di gas, problema aggravatosi negli ultimi anni. So che, sebbene Nabucco sia un progetto importante anche da un punto di vista geopolitico, i partner del progetto devono anche avere, nel contempo, forti motivazioni commerciali in maniera che divenga una realtà il più rapidamente possibile. La crisi economica che ha ridotto la disponibilità di denaro delle società partecipanti per l’investimento, unitamente a una serie di incertezze legate alle fonti di approvvigionamento del gasdotto sono ostacoli che vanno superati. I 200 milioni di euro che offriamo al progetto sono benaccetti, ma dobbiamo anche rafforzare le misure politiche e diplomatiche con la Turchia e i paesi della regione che forniscono gas. Chiederei pertanto un gesto di solidarietà da parte degli Stati membri per poter scongiurare crisi del gas simili a quelle che ci hanno colpito negli ultimi anni. Non possiamo aspettare l’entrata in vigore del trattato di Lisbona e il completamento del progetto Nabucco mentre gli europei corrono il rischio di restare senza gas nel cuore dell’inverno a causa di controversie tra Russia e Ucraina.
Ivailo Kalfin (S&D), per iscritto. – (BG) Purtroppo l’Unione europea non può contare su una politica di sicurezza energetica che possa dirsi tale. Negli ultimi anni si sono intrapresi i primi passi in questa direzione, per i quali vorrei complimentarmi soprattutto con il commissario Piebalgs. Anche la Bulgaria ha dato il proprio apporto. Tali processi sono però ancora troppo lenti, specialmente alla luce dell’attività particolarmente dinamica della Russia e di altri concorrenti.
Ci occorre una politica decisamente più attiva e chiara, che deve includere alcuni dei seguenti elementi:
- incentivazione al completamento di tutti i progetti che comportano l’approvvigionamento di gas all’Europa in grado realisticamente di garantire un finanziamento basato sul mercato, tra cui Nord Stream e South Stream;
- promozione della costruzione di nuove strutture che contribuiscano all’indipendenza energetica e alla riduzione delle emissioni di CO2, soprattutto impianti alimentati dal nucleare e da fonti di energia rinnovabili;
- sviluppo di norme comuni per la fornitura e il transito del gas;
- politica attiva nei confronti dei paesi dell’Asia centrale e del Caucaso per garantire approvvigionamenti di gas del Caspio all’Europa.
Tunne Kelam (PPE), per iscritto. – (EN) La discussione odierna ribadisce ancora una volta la necessità dell’Unione europea di una politica energetica unitaria. Alcuni deputati esortano la Commissione e gli Stati membri ad adottare misure concrete e coordinate sulla base dello spirito di solidarietà, e propongono di agire come se l’UE già si fosse dotata di questa politica. Il loro impegno riveste non soltanto un ruolo politico e morale, ma anche pratico, dal momento che, in quanto rappresentanti dei cittadini possono accelerare la creazione della politica energetica comune. Altri sfruttano invece la mancanza di una simile politica come pretesto per giustificare accordi bilaterali con fornitori che sovente sorvolano sui requisiti di trasparenza e leale concorrenza, per non parlare della solidarietà europea. E’ una strategia miope e rischiosa, a tutto vantaggio di quei fornitori antidemocratici che mirano a dividere e indebolire l’UE. La Commissione deve fornire assistenza non soltanto dal punto di vista legale e politico ma anche finanziario ai paesi impegnati a diversificare le nostre fonti di approvvigionamento energetico. Per compiere dei veri progressi verso un’autentica solidarietà energetica, gli Stati membri devono cominciare a informarsi reciprocamente e a mettere a parte la Commissione dei propri accordi con terzi.
Petru Constantin Luhan (PPE), per iscritto. – (RO) Poiché siamo all’inizio di un nuovo mandato, ritengo che uno degli ambiti in cui il Parlamento europeo deve essere coinvolto più attivamente sia la salvaguardia della sicurezza energetica. Partendo da questo presupposto, vorrei sottolineare l’importanza del progetto Nabucco, che concorrerà alla salvaguardia della sicurezza energetica dell’Unione europea perché offrirà ai consumatori europei la possibilità di accedere a fonti alternative attraverso una via di approvvigionamento sicura. La firma dell’accordo il 13 luglio 2009 tra Austria, Bulgaria, Romania, Turchia e Ungheria sul progetto Nabucco, che simboleggia l’impegno politico degli Stati partner partecipanti al progetto a proseguire gli sforzi di costruzione del gasdotto, ha trasmesso un segnale positivo agli investitori e ai paesi fornitori di gas naturale. I paesi partecipanti, unitamente alla Commissione europea, devono continuare a concentrare i propri sforzi per reperire investimenti e garantire fornitori affidabili al progetto.
Rareş-Lucian Niculescu (PPE), per iscritto. – (RO) Oltre ad aver raggiunto il primo posto nell’elenco di esportatori di gas, la Russia è recentemente diventata la più grande esportatrice di petrolio al mondo, superando l’Arabia saudita. Tale situazione pone Mosca in una particolare posizione di influenza basata sul controllo di tali risorse. L’energia, però, è un prodotto che deve essere soggetto ai principi dell’economia di mercato. L’energia non deve essere utilizzabile come strumento per esercitare pressione politica. Le crisi energetiche con le quali l’Europa si è dovuta confrontare hanno sottolineato l’importanza della diversificazione delle fonti di approvvigionamento energetico, dimostrando altresì il valore che Nabucco offre al riguardo all’intera Unione europea. La Romania è stata e resta una forte sostenitrice del progetto Nabucco. Il paese ha infatti sottoscritto l’accordo intergovernativo per il progetto in luglio, insieme a Turchia Bulgaria, Ungheria e Austria. Consideriamo la stipula dell’accordo un successo e un importante passo in avanti. Un gasdotto delle dimensioni e con l’ambizione del progetto Nabucco dovrà affrontare molte sfide prima di divenire realtà. L’unica soluzione per raccogliere tali sfide consiste nel perseverare con le misure appropriate.
Traian Ungureanu (PPE), per iscritto. – (EN) Ci impegniamo per favorire una politica energetica coerente, mentre essa già esiste e viene pienamente applicata. C’è solo un piccolo problema: quella politica non è nostra, ma della Russia. La società francese EDF sottoscrive Southstream; prima avevamo assistito all’acquisizione da parte della Russia della quota detenuta dalla società ungherese MOL in Nabucco. E prima ancora il rigassificatore austriaco di Baumgarten era stato comprato dalla misteriosa Centrex. Occorre una politica energetica europea chiara, senza più rimandare: questa è forse l’ultima occasione di recuperare terreno su Nabucco. Se Consiglio e Commissione decideranno di rimanere neutrali, faranno meglio a prepararsi ad affrontare inverni gelidi e dibattiti politici roventi.
⁂
Mario Mauro (PPE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, le chiederei di richiamare l'Assemblea al silenzio perché ci è giunta la notizia da Kabul di un gravissimo attentato contro la forza internazionale di pace e le notizie frammentarie che abbiano finora parlano di sei morti nel contingente italiano tra i paracadutisti della Folgore.
Le chiedo pertanto di richiamare l'Aula ad in minuto di silenzio proprio nel ricordo e nella memoria di coloro che si battono perché i nostri ideali di pace e di libertà si affermino in tutto il mondo.
Presidente. – Onorevoli colleghi, come ci ha appena riferito l’onorevole Mauro, in Afghanistan si è verificato un tragico incidente: sei membri della forza internazionale di pace hanno perso la vita. Chiederei a tutta l’Aula di alzarsi e osservare un minuto di silenzio quale segno di rispetto a seguito di questo tragico avvenimento.
(Il Parlamento, in piedi, osserva un minuto di silenzio)
Presidente. – L’ordine del giorno reca il turno di votazioni.
(Per l’esito delle votazioni e altri dettagli: vedasi processo verbale)
4.1. Periodi di intervento 2009 e 2010 per il burro e il latte scremato in polvere (A7-0005/2009, Paolo De Castro) (votazione)
4.2. Regimi di sostegno diretto agli agricoltori nell’ambito della PAC (A7-0004/2009, Paolo De Castro) (votazione)
4.3. SWIFT (votazione)
– Prima della votazione sull’emendamento n. 2
Jeanine Hennis-Plasschaert, a nome del gruppo ALDE. – (EN) Signor Presidente, il gruppo dell’Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa si oppone alla modifica.
(Richiesta del gruppo Verts/ALE di spostare gli emendamenti nn. 1 e 2)
– Prima della votazione sull’emendamento n. 1
Jeanine Hennis-Plasschaert, a nome del gruppo ALDE. – (EN) Signor Presidente, ancora una volta il gruppo ALDE solleva un’obiezione.
(Richiesta del gruppo Verts/ALE di spostare gli emendamenti nn. 1 e 2)
4.4. Accordo di partenariato e cooperazione CE/Tagikistan (votazione)
4.5. Accordo di partenariato e cooperazione CE/Tagikistan (A7-0007/2009, Alojz Peterle) (votazione)
4.6. Situazione in Lituania in seguito all’adozione della legge sulla protezione dei minori (votazione)
4.7. Crisi nel settore lattiero-caseario (votazione)
4.8. Sicurezza energetica (Nabucco e Desertec) (votazione)
Presidente. – Con questo si conclude il turno di votazioni.
Tunne Kelam (PPE). – (EN) Signor Presidente, ho espresso voto contrario alla risoluzione sulla Lituania, dal momento che rappresenta una reazione prematura e sbilanciata a una legge che ancora non è entrata in vigore, tantomeno con la formulazione originale.
I diritti umani rientrano indubbiamente nelle competenze dell’Unione europea, la quale, in questo caso, rischia seriamente di contravvenire al principio della sovranità di uno Stato membro. Proprio per questo motivo sono contrario alla risoluzione, soprattutto per l’effetto deleterio che una simile dimostrazione di scarso rispetto per la sovranità di uno Stato membro avrebbe sul referendum in Irlanda.
Bogusław Sonik (PPE). – (PL) Signor Presidente, ho votato contro la risoluzione perché la Lituania sarà in grado di affrontare il problema autonomamente. Il presidente lituano ha costituito un gruppo speciale per riesaminare la legge, che peraltro dovrebbe entrare in vigore soltanto nel 2010. Ritengo altresì che la risoluzione rappresenterebbe un’eccessiva ingerenza negli affari di una nazione sovrana qual è la Lituania. La risoluzione contiene inoltre una dichiarazione in cui si afferma che si dovrebbe richiedere il parere dell’agenzia per i diritti fondamentali dell’Unione europea. Viceversa non rientra nella sfera di competenze dell’agenzia per i diritti fondamentali valutare singoli paesi e formulare un parere su tali casi. Si creerebbe un precedente decisamente troppo pericoloso.
Bernd Posselt (PPE). – (DE) Signor Presidente, sono un europeista entusiasta e un convinto promotore di una costituzione europea, come pure del trattato di Lisbona. Sono inoltre un attivo sostenitore dei diritti umani. Tale risoluzione però arreca un danno notevole all’Europa, specialmente nell’imminenza del referendum irlandese, e sfrutta in modo improprio il tema dei diritti umani per scopi ideologici. La legge lituana non ha nulla a che vedere con i diritti umani, e anche se fosse tutela i diritti dei minori lituani anziché violarli. Ritengo pertanto che la risoluzione rappresenti un’ignominia ideologica. Con questa risoluzione, sinistra e liberali in quest’Aula hanno nuociuto enormemente all’Europa e ai diritti umani.
Philip Claeys (NI). – (NL) Signor presidente, i nostri amici lituani avrebbero sicuramente sperato qualcosa di diverso per se stessi. Dopo essersi liberati dal giogo dell’Unione sovietica, volevano diventare membri il più presto possibile di quell’altra unione, quella che ama proporsi come associazione esclusiva di nazioni libere. Ora pare invece che sia nuovamente accaduto: a una forma di tutela se ne è semplicemente sostituita un’altra, sebbene più subdola. Oggi la Lituania non è più libera: se il parlamento lituano adotta una legge volta a salvaguardare i minori, viene punito per il problema che ha creato ed esautorato. Non vi è un solo ambito che sia rimasto libero dall’ingerenza europea, aspetto che sicuramente non migliorerà negli anni a venire. Viceversa in realtà il nuovo commissario europeo per i diritti umani – omen nomen? – rafforzerà ulteriormente questa “tutela” europea. Grazie dunque al commissario Verhofstadt e grazie agli altri mandarini della Commissione per aver soffocato la libertà.
Daniel Hannan (ECR). – (EN) Signor Presidente, guardate come si infittisce la selva delle norme europee, come Bruxelles estende i propri tentacoli fino al cuore delle questioni nazionali.
Per molte delle nostre circoscrizioni, questo genere di questioni, come la tutela dei minori, rappresenta argomenti delicati che riguardano la sfera etica. Se quest'Aula pretende di legiferare anche per gli Stati nazionali, allora che scopo ha la loro esistenza? Non ha proprio limite la nostra presunzione?
Vorrei che la mia posizione a riguardo fosse assolutamente chiara: quando il Regno Unito si era dotato di quello che era l'equivalente più affine a questa legislazione, il “Section 28”, io ero stato praticamente l’unico conservatore a pronunciarsi contrario. Con anni di anticipo rispetto al mio partito, mi sono mosso per la parità degli omosessuali, ivi inclusa la parità sulla maggiore età e sulle unioni civili. Sono lieto che finalmente il resto del partito condivida la mia posizione.
Ma non pretendo certo di dettare legge in Lituania! La responsabilità di legiferare su questa questione spetta a chi è soggetto ai meccanismi e alle procedure democratiche di quel paese. Se non siamo disposti ad accettarlo, tanto vale mandare in pensione i parlamenti nazionali, farne dei musei e chiuderne per sempre a chiave le porte.
Peter Jahr (PPE). – (DE) Signor Presidente, la sopravvivenza di molte aziende agricole è messa seriamente a repentaglio. Sono pertanto lieto che oggi abbiamo adottato una proposta di risoluzione traversale sulla crisi del settore lattiero-caseario. Mi rammarico profondamente per il fatto che il gruppo Verts/ALE non abbia partecipato all’elaborazione della proposta.
Va detto chiaramente che non possiamo superare questa crisi con le sole misure proposte dalla Commissione. Innanzi tutto dobbiamo incrementare il consumo di prodotti del latte per ridurre la sollecitazione a carico del mercato. In tal senso, la promozione delle vendite è più importante dell’ammasso di scorte. Da tempo si ventilano proposte costruttive come l’uso di latte in polvere per nutrire i vitelli, la fissazione di prezzi minimi per i formaggi, un’etichettatura chiara dei prodotti analoghi dei formaggi e l’uso di grasso di burro nella produzione dell’industria gelatiera e dolciaria. Mi è incomprensibile il motivo per il quale la Commissione non le abbia ancora attuate.
Esorterei dunque la Commissione a prendere atto dei suggerimenti formulati nella proposta di risoluzione e attuarli urgentemente.
Oldřich Vlasák (ECR). – (CS) Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei spiegare perché mi sono astenuto all’atto della votazione sulla crisi nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari. E’ triste che la situazione nel settore sia estremamente critica. Nonostante il fatto che i prezzi al consumo sono aumentati del 14 per cento negli ultimi anni, il prezzo di acquisto del latte è sceso quasi del 40 per cento. Ora pertanto molti produttori europei sono sull’orlo della rovina. Nella Repubblica ceca, per esempio, 15 aziende lattiero-casearie del paese sono clinicamente morte in termini finanziari secondo l’amministratore delegato di Madeta, Teplý. La situazione va però risolta sistematicamente attraverso una gestione a lungo termine del comparto, non semplicemente introducendo misure di supporto a breve termine come sovvenzioni, acquisti di intervento e sostegno all’ammasso privato. L’unico risultato di un siffatto approccio è una distorsione del mercato senza evitare l’instabilità dei prezzi. Nel contempo dobbiamo creare condizioni paritarie per i coltivatori di tutti gli Stati membri, e non solo nel settore lattiero-caseario.
Franz Obermayr (NI). – (DE) Signor Presidente, la proposta della Commissione è fondamentalmente apprezzabile e sensata, perlomeno da un punto di vista economico e politicamente realistico. Va aggiunto tuttavia che se analizziamo la situazione da tutte le angolazioni, il crollo dei prezzi non deriva soltanto da un calo della domanda.
Occorre anche tenere presenti i problemi dei produttori lattiero-caseari austriaci e dell’arco alpino. Le piccole aziende agricole a conduzione familiare non possono realisticamente competere con le grandi aziende lattiero-casearie della Germania settentrionale e dei Paesi Bassi. Ciò crea uno squilibrio. Lo svincolo dell’intera quantità di latte costringerebbe i produttori austriaci a chiudere e provocherebbe conseguenze gravi e imprevedibili, anche sul paesaggio culturale.
Poche multinazionali finirebbero per dominare il mercato europeo e posso facilmente immaginare le ripercussioni di un siffatto esito anche sulla qualità del cibo.
Mario Borghezio (EFD). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, in questi giorni si attua in tutta Europa la protesta sacrosanta dei produttori di latte per i prezzi e per i mancati interventi dell'Unione europea, per consentire, non in un futuro ma immediatamente, l'etichettatura, soprattutto dei falsi prodotti caseari.
Noi sulle tavole dei nostri consumatori vogliamo prodotti freschi, di cui possiamo conoscere l'origine, e non la porcheria che ci viene da altri paesi: latte in polvere contrabbandato da latte fresco della nostra produzione. Da domani, in Padania, verrà versato il latte, come nel resto dell'Europa – ed è una protesta importante, perché sostiene la qualità dei nostri prodotti. In Europa vogliamo mangiare prodotti sani, del nostro territorio: il buon latte fresco, il latte che io ovviamente bevo. Noi della Padania beviamo in ricordo del sacrificio dei nostri produttori che quest'Europa deve difendere.
La Commissaria europea ha escluso dai provvedimenti i formaggi a lunga conservazione, tutela solo i produttori del latte in polvere. È una vergogna!
Krisztina Morvai (NI). – (HU) Signor Presidente, viviamo in un’epoca in cui i produttori lattiero-caseari si suicidano quotidianamente, anche in paesi occidentali ricchi come la Francia. E’ pertanto una tragedia di straordinaria gravità. Ho votato a favore di ambedue le relazioni De Castro perché occorre un intervento immediato urgente. Sappiamo però che si è ammassato latte in polvere e burro nelle scorte di intervento. L’immissione sul mercato di tali scorte necessariamente comporterà un ulteriore ribasso dei prezzi, problema che non possiamo eludere.
Un altro problema è rappresentato dal fatto che tale misura con tutta probabilità aiuterà i grandi produttori più dei piccoli. Non dovremmo però dimenticare che i piccoli coltivatori hanno bisogno di assistenza immediata per la loro stessa sussistenza, mentre nel caso dei produttori più grandi la misura semplicemente ne preserverebbe o incrementerebbe gli utili. Sono necessari cambiamenti radicali. Dobbiamo infine garantire la sovranità alimentare anziché usare il modello del libero scambio imposto dall’OMC. Altri colleghi lo hanno ribadito prima di me: abbiamo bisogno di cibo prodotto localmente da coltivatori locali.
Daniel Hannan (ECR). – (EN) Signor Presidente, come gli onorevoli colleghi che hanno preso la parola prima di me e come chiunque rappresenti i coltivatori diretti, comprendo bene la portata della crisi che colpisce il settore agricolo europeo. L’origine di questa situazione va purtroppo ricercata nel sistema agricolo attualmente in vigore, ossia la politica agricola comune, che ha avuto conseguenze nefaste per gli agricoltori della regione da cui provengo. E non solo per gli agricoltori, ma anche per i consumatori, i contribuenti e i poveri del Terzo mondo, che vedono l’accesso negato ai loro mercati e si ritrovano poi a dover assorbire le eccedenze.
L’Unione europea si stava gradualmente allontanando dal sistema di assistenza diretta e dai suoi effetti deleteri dal punto di vista economico e ambientale, e ora invece lo sta ripristinando. Posso assicurarvi che i cittadini inglesi ricordano perfettamente come funzionava il sistema delle quote: era stata stabilita una quota inferiore alla produzione nazionale, per cui gli allevatori inglesi sono stati costretti a usare il latte come fertilizzante o a smaltirlo, per poi reimportarlo dai Paesi Bassi, dalla Francia o da altri paesi UE pur di soddisfare la domanda. Stavamo finalmente per gettarci alle spalle questa situazione, e invece quest’Aula ha votato per ripristinarla.
Alla luce dell’odierna votazione, chi credeva che l’Unione europea sia disposta a fare un passo indietro e delegare parte dei propri poteri, non ha che da ricredersi.
Syed Kamall (ECR). – (EN) Signor Presidente, la settimana scorsa sono usciti diversi album dei Beatles rimasterizzati in formato digitale e oggi ci troviamo a discutere il sistema delle quote latte, anch’esso rimaneggiato. Le due cose potrebbero sembrare totalmente avulse, a prima vista, ma basta guardare al titolo di una delle canzoni dei Beatles, per capire: Back in the USSR (Ritorno nell’URSS). Credo che questo chiarisca tutto. Ci troviamo davanti a un sistema in cui prezzi e quote sono stabiliti da burocrati, anziché sulla base delle esigenze dei consumatori o dei fornitori; in cui i consumatori pagano due volte, con prezzi alti e tasse salate per sostenere un sistema che non si lamentava quando i prezzi erano alti.
Ricordo che l'onorevole Schulz, verso la conclusione dell'ultimo mandato, aveva rilevato una certa evoluzione in senso socialdemocratico del Partito popolare europeo. A dire il vero, credo che il suo sogno si sia addirittura spinto oltre, e che stiamo assistendo a una sovietizzazione dell’UE. Davvero ci troviamo davanti a una sorta di “UERSS”?
Jens Rohde (ALDE). – (DA) Signor Presidente, noi liberali danesi proviamo grande simpatia per i coltivatori chiamati ad affrontare le enormi sfide economiche poste da questa nostra epoca e, di fatto, vediamo anche di buon occhio l’idea di prestare assistenza a breve termine a chi ne ha bisogno. L’unico problema sta nel fatto che i regimi di sostegno istituzionalizzati a breve termine non restano mai tali, nonostante le reiterate altisonanti dichiarazioni di intenti. Finiscono sempre per diventare permanenti, come sanno tutti coloro che sono stati partecipi della loro attuazione, sia a livello di Parlamento europeo sia nell’ambito dei rispettivi parlamenti nazionali. Per questo temiamo, giustamente, che le misure raccomandate nella risoluzione, come anche le iniziative della Commissione, viste sotto questa luce, possano di fatto sfociare in un allontanamento ancor più definitivo dall’eccellente processo di riforma verso un’agricoltura efficiente di cui il commissario si è reso artefice, ragion per cui riteniamo nostro dovere respingere la risoluzione.
Zigmantas Balčytis (S&D). – (EN) Signor Presidente, ho espresso voto favorevole poiché oggi la questione della sicurezza dell’approvvigionamento energetico assume enorme importanza per tutti gli Stati membri dell’Unione europea.
La recente crisi tra Russia e Ucraina ha messo in evidenza i problemi del settore energetico, in particolare la totale dipendenza di alcuni Stati membri da un unico fornitore di gas metano.
La posizione isolata rispetto al resto d’Europa lascia i paesi Baltici in balia dei fornitori di gas dell’Europa orientale. Oggi più che mai, è essenziale elaborare una politica energetica comune fondata sulla solidarietà, la diversificazione delle fonti energetiche e la tutela degli interessi comuni.
Colgo l’occasione per ringraziare la Commissione e, in particolare, la presidenza svedese per aver presentato la strategia per il Mar Baltico, che renderà possibile un’efficace mobilitazione di fondi strutturali da impiegare per conseguire obiettivi comuni.
Sono certo che, se attuata correttamente, questa strategia costituirà un modello di successo regionale.
Invito infine la Commissione ad assumere il ruolo di guida nell’attuazione della strategia per il Mar Baltico, al fine di evitare che, in determinate circostanze, l’interesse di taluni Stati membri prevalga sul conseguimento degli obiettivi strategici comuni.
Bogusław Sonik (PPE). – (PL) Signor Presidente, ho votato a favore della risoluzione perché la questione dell’energia è un banco di prova importante per la solidarietà europea. In tale ambito gli Stati membri devono operare insieme.
La politica energetica deve essere legata alla politica estera. Inoltre la Commissione deve preoccuparsi di diversificare la sicurezza energetica nei vari Stati membri dell’Unione. In ragione della lotta al cambiamento climatico, l’energia che dipende dal carbone potrebbe subire gravi ristrettezze finanziarie. In tal caso, i cittadini subirebbero aumenti di prezzo. E’ decisamente giunto il momento di introdurre una politica europea comune in tale ambito. La Commissione deve affermare con chiarezza che combatterà gli atteggiamenti egoistici degli Stati membri che non vedono alcun pericolo in una continua dipendenza da un solo fornitore, come per esempio la dipendenza dalla Russia per il gas.
Abbiamo bisogno di agire. La Commissione europea e il commissario per l’energia devono esprimere con chiarezza la loro volontà politica.
Iosif Matula (PPE). – (RO) Signor Presidente, ho votato a favore della risoluzione e spiegherò i motivi della mia scelta. L’Unione europea dipende dalle importazioni di energia. Il consumo di energia continua a crescere, ma le risorse naturali sono limitate. La sicurezza energetica presuppone nel contempo una diversificazione delle fonti e delle vie di trasporto, nonché un’interconnessione estremamente efficiente tra Stati membri, attualmente in fase di realizzazione attraverso vari progetti con finanziamenti europei per i gasdotti tra la Romania e i suoi vicini, Ungheria e Bulgaria. Questo è il punto al quale siamo giunti, mi sono detto. Ma che cosa ci resta da fare?
Vorrei stabilire un parallelo forse audace ma semplice con l’energia elettrica. Attualmente le nostre abitazioni ricevono corrente elettrica senza che sappiamo da dove proviene. Una rete diversificata che fornisca gas naturale e numerose reti di trasporto devono consentirci di realizzare esattamente lo stesso obiettivo: garantire un approvvigionamento di gas in qualunque condizione, prescindendo dalla situazione. Per questo ho sostenuto e sostengo il progetto Nabucco, ma anche la spinta verso una concomitante diversificazione delle fonti di energia rinnovabili.
Luís Paulo Alves (S&D), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della relazione sulla proposta di regolamento del Consiglio per quanto riguarda i periodi di intervento 2009 e 2010 per il burro e il latte scremato in polvere in quanto ritengo che tali misure rappresentino la prosecuzione di una misura positiva che ha prodotto effetti immediati nel regolamentare l’offerta eccedentaria che interessa il mercato del latte e dei prodotti lattiero-caseari. Il crollo dei prezzi sul mercato del latte e dei prodotti lattiero-caseari mondiale registrato negli ultimi 12 mesi è derivato da un aumento generalizzato della produzione e un calo della domanda mondiale dovuto alla crisi economica e finanziaria. Ciò giustifica la prosecuzione dell’intervento pubblico per burro e latte in polvere.
Jean-Pierre Audy (PPE), per iscritto. – (FR) Sulla base della relazione del collega italiano De Castro, ho votato a favore della proposta di regolamento del Consiglio recante deroga al regolamento (CE) n. 1234/2007 (regolamento unico OCM) per quanto riguarda i periodi di intervento 2009 e 2010 per il burro e il latte scremato in polvere. A seguito dell’esplosione mondiale dei prezzi di tutti i prodotti alimentari, latte incluso, registrata nel 2007 negli ultimi 12 mesi abbiamo assistito a un crollo. Appoggio la Commissione che già nel 2009 ha introdotto aiuti all’ammasso privato per il burro nel tentativo di sostenere il mercato. Vista l’eccezionalità della situazione, sono a favore della proroga fino al 28 febbraio 2010 dell’attuale periodo di intervento pubblico per il burro e il latte scremato in polvere, attraverso una procedura di gara. Inoltre, vista l’incertezza per quel che riguarda il tempo necessario per la ripresa del mercato dei prodotti lattiero-caseari, mi sono schierato a favore dell’autorizzazione concessa alla Commissione affinché proroghi il periodo di intervento 2010/2011, sempre attraverso una procedura di gara, qualora le condizioni del mercato dovessero renderlo necessario.
David Casa (PPE), per iscritto. − (EN) La relazione verte sulla proposta di un regolamento del Consiglio in deroga al regolamento unico OCM relativamente alle campagne d’intervento per il burro e il latte parzialmente scremato in polvere. Alla luce della grave crisi che attualmente interessa il settore lattiero-caseario, ho espresso voto favorevole alla relazione.
Lena Ek, Marit Paulsen, Olle Schmidt e Cecilia Wikström (ALDE), per iscritto. − (SV) Siamo perfettamente consapevoli del fatto che la situazione dei produttori lattiero-caseari è insostenibile. Siamo però parimenti consapevoli e persuasi del fatto che gli interventi compiuti dall’Unione europea non rappresentano la soluzione. E’ giunto il momento di una transizione a un sistema basato sul mercato e su formule assicurative che liberi gli agricoltori senza sconvolgere il mercato nazionale o globale. E’ anche giunto il momento di compiere un’analisi della situazione tenuto conto della concorrenza nel settore delle risorse agricole su vasta scala e nell’industria alimentare, quasi altrettanto vasta, che si pone tra i coltivatori e i consumatori.
Jarosław Kalinowski (PPE), per iscritto. – (PL) Per quanto concerne gli emendamenti che propongono un congelamento delle quote latte, vorrei dichiarare quanto segue. In primo luogo non vi è alcun fondamento per ipotizzare che un proposto aumento delle quote di produzione (a seguito di una revisione della PAC) possa avere effetti sulla crisi in atto nel settore.
In secondo luogo congelare un aumento delle quote (ossia ciò che propongono gli emendamenti alla risoluzione del Parlamento europeo) penalizzerebbe gli agricoltori nei paesi attualmente in procinto di utilizzare le rispettive quote. Sarebbe ingiusto, se non addirittura immorale, cambiare le regole in questa fase del gioco. In terzo luogo vorrei rammentarvi che in occasione del vertice del 2002 a Copenaghen abbiamo negoziato (negoziati che hanno incluso la Polonia) la questione delle quote latte sapendo che tali quote sarebbero state applicate fino al 2007. A Lussemburgo il sistema delle quote è stato prorogato fino al 2014 senza partecipazione o diritto di voto da parte nostra.
Non possiamo risolvere i problemi del settore lattiero-caseario dando ad alcuni produttori l’opportunità di migliorare la propria situazione a discapito di altri. I nostri concetti e le nostre azioni dovrebbero essere intesi a garantire a chiunque un’opportunità, prescindendo da paese di provenienza, che si tratti dei 15 vecchi Stati membri o dei 12 nuovi.
Jörg Leichtfried (S&D), per iscritto. − (DE) Concordo con la soluzione a breve termine della Commissione consistente nell’acquisto di burro e latte in polvere. Esorto tuttavia a trovare una soluzione a breve termine per la crisi del settore lattiero-caseario, per esempio utilizzando un controllo flessibile delle quantità per assicurare un prezzo del latte che copra i costi. L’eccedenza di latte deve essere arginata a livello nazionale imponendo requisiti europei.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. − (DE) La crisi nel settore lattiero-caseario ha anche comportato un crollo del prezzo del burro e del latte scremato in polvere. Accolgo con favore la proposta della Commissione di continuare a sovvenzionare il mercato e prorogare il periodo di intervento fino al 28 febbraio 2010. Dobbiamo sperare che, a seguito di ciò, il mercato si riprenda e i prezzi siano nuovamente determinati dalla domanda e dall’offerta. Per un periodo limitato però ritengo che tale intervento sia indispensabile e pertanto ho votato a favore della proposta del relatore.
Cristiana Muscardini (PPE), per iscritto. − La grave crisi del settore lattiero sta mettendo a rischio la sopravvivenza stessa della zootecnia da latte, pertanto ritengo opportuno mantenere una posizione di contrarietà rispetto alla gestione individuale delle quote in quanto, di fatto, ciò comporterebbe il superamento delle operazioni di compensazione di fine periodo, meccanismo invece fondamentale per la realtà produttiva italiana; sono invece favorevole ad un aumento temporaneo del prezzo di intervento, a iniziative e azioni volte a un equilibrio all'interno della filiera e al rafforzamento dell'informazione ai consumatori e all'importanza di avere un'etichettatura di origine del latte e prodotti lattiero-caseari.
In particolare, per un riequilibrio della domanda e dell'offerta, sarebbe opportuno sostenere la proposta di congelare, temporaneamente, una parte delle quote attribuite ai singoli Paesi e prevedere un meccanismo di indennizzo per i produttori costretti ad abbattere una parte della mandria in relazione alla percentuale di quota latte congelata.
Daciana Octavia Sârbu (S&D), per iscritto. – (RO) L’Unione europea sta attraversando una delle peggiori crisi mai registrate nel settore lattiero-caseario dovuta all’aumento della produzione e a un drastico calo della domanda globale. Vista la tragica situazione in cui si versano i produttori lattiero-caseari europei, dobbiamo prorogare il periodo di intervento pubblico (per l’acquisto e l’ammasso di burro e latte scremato in polvere) perlomeno fino a febbraio del prossimo anno o fino al 2011 qualora lo si dovesse ritenere necessario. Non penso che possiamo permetterci il lusso di assistere inerti alla chiusura di aziende agricole in Europa perché nell’arco di un anno saremmo costretti a importare latte e prodotti lattiero-caseari dall’esterno della Comunità. Se inoltre consideriamo che gli standard sanitari non saranno ovunque simili a quelli da noi ricercati, ci rendiamo conto che abbiamo fin troppo da perdere. L’odierna relazione, indubbiamente encomiabile, si inserisce in tale contesto. Tuttavia, per poter realmente risolvere il problema del settore lattiero-caseario, dobbiamo adottare misure correlate perché l’ammasso di questi prodotti comporta lo stanziamento di risorse notevoli e potrebbe accadere che in un determinato momento le scorte risultino inutilizzabili. Ora dobbiamo investire in un sistema agricolo sostenibile in grado di rispondere al nostro fabbisogno alimentare anche nel mezzo di una crisi finanziaria per evitare che successivamente sfoci in una crisi alimentare.
David Casa (PPE), per iscritto. − (EN) Questa proposta intende emendare i meccanismi di sostegno agli allevatori attualmente vigenti e dal momento che condivido la necessità di una modifica in tal senso, ho votato a favore.
Daciana Octavia Sârbu (S&D), per iscritto. – (RO) All’inizio di un nuovo mandato stiamo definendo le priorità delle future politiche dell’Unione europea. So che siamo tentati di concentrare l’attenzione su alcuni temi che reputiamo estremamente importanti ignorandone altri. In merito vorrei sottolineare che possiamo trascurare molti aspetti, ma non il cibo. Per questo l’agricoltura deve restare un ambito prioritario per l’Unione europea. A mio parere dobbiamo incrementare l’ammontare minimo degli aiuti concessi ai coltivatori oltre la soglia di 15 000 euro fissata dalla Commissione, nonché stanziare un bilancio superiore per promuovere il settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari. Raccomando caldamente di sostenere gli agricoltori che producono latte e carne nell’ottica di stabilizzare i mercati includendoli nel quadro di riferimento temporaneo per gli aiuti di Stato adottato in risposta all’attuale crisi economica e finanziaria.
Inoltre, i sistemi di aiuti diretti devono anche tener conto delle caratteristiche specifiche dei nuovi Stati membri, per i quali l’agricoltura svolge un ruolo importante nell’economia nazionale, garantendo il mantenimento del sostegno all’agricoltura per consentire loro di superare i problemi strutturali e conseguire l’obiettivo della convergenza attraverso l’innalzamento del livello di sviluppo nel settore agricolo e l’eliminazione delle differenze in termini di efficienza e competitività rispetto ai vecchi Stati membri.
Zigmantas Balčytis (S&D), per iscritto. − (EN) La lotta al terrorismo è una delle priorità di quest’Aula. Occorre tuttavia trovare il giusto equilibrio tra misure di sicurezza e tutela delle libertà civili e dei diritti fondamentali, e al contempo garantire il massimo rispetto per la privacy e la protezione dei dati personali. Equilibrio e proporzionalità devono rappresentare i principi fondanti della lotta al terrorismo. L’Unione europea ha sempre dimostrato un fermo impegno a tutelare la privacy dei cittadini e deve proseguire su questa strada. La Comunità è fondata sullo stato di diritto e qualsiasi trasferimento di dati personali dall’Europa a paesi terzi deve avvenire nel rispetto delle garanzie procedurali e della tutela dei diritti.
E’ ovvio che devono in ogni caso essere rispettate le norme nazionali ed europee sulla tutela dei dati. SWIFT è un’infrastruttura di centrale importanza e dobbiamo assicurarci che qualsiasi richiesta di trasferimento dati sia effettivamente giustificata, mirata a determinati casi e subordinata ad autorizzazione giudiziaria. La Comunità deve assumere una posizione ferma nei negoziati con gli Stati Uniti affinché i dati contenuti in SWIFT non vengano utilizzati a fini diversi da quelli legati alla lotta contro i finanziamenti alle organizzazioni terroriste.
Göran Färm, Anna Hedh, Olle Ludvigsson, Marita Ulvskog e Åsa Westlund (S&D), per iscritto. − (SV) Noi socialdemocratici abbiamo scelto di astenerci all’atto della votazione sull’emendamento n. 1. E’ fondamentale per il controllo democratico che il Parlamento europeo e i parlamenti nazionali abbiano accesso ai documenti e alle direttive negoziali prima delle trattative con le autorità statunitensi in merito all’accesso ai dati di messaggistica finanziaria. I cittadini europei devono poter contare sul fatto che il trasferimento delle loro informazioni bancarie non viola il diritto nazionale o comunitario. Nel contempo ci rendiamo conto dell’importanza di poter indagare efficacemente in futuro su reati terroristici. Ciò tuttavia non deve avvenire a discapito della democrazia.
Sylvie Guillaume (S&D), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della risoluzione comune sul previsto accordo internazionale sul trasferimento di dati di messaggistica finanziaria al dipartimento del tesoro degli Stati Uniti d’America per prevenire e combattere il terrorismo e il suo finanziamento. Tuttavia, in quanto rappresentanti dei cittadini e consapevoli della delicatezza del tema che interessa i diritti fondamentali, esigiamo forti garanzie prima della firma di un qualsivoglia accordo su SWIFT con gli Stati Uniti. Le garanzie richieste sono le seguenti: i dati dovranno essere trasferiti unicamente per combattere il terrorismo; un meccanismo reciproco dovrà obbligare gli Stati Uniti a trasferire le corrispondenti informazioni finanziarie su richiesta delle autorità europee; la validità di tale accordo provvisorio dovrà avere un limite massimo di 12 mesi; successivamente si dovrà negoziare un nuovo accordo, nel momento in cui il trattato di Lisbona sarà entrato in vigore, con la piena partecipazione del parlamento europeo e dei parlamenti nazionali.
Vorrei inoltre che il velo di segretezza che ha in larga misura avvolto il cuore della questione venga tolto e i membri di questo Parlamento ottengano informazioni in merito alle procedure previste dall’accordo molto più precise di quelle sinora pervenute.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. − (DE) Secondo il previsto accordo internazionale, si dovranno trasferire dati di messaggistica finanziaria al dipartimento del tesoro degli Stati Uniti d’America per prevenire e combattere il terrorismo e il suo finanziamento. La trasmissione di dati di messaggistica finanziaria a potenze straniere costituisce una grave compromissione dei diritti fondamentali dei nostri cittadini, soprattutto quando i destinatari dei dati sono gli Stati Uniti.
In passato gli Stati Uniti hanno dimostrato varie volte di non prendere sul serio la protezione dei dati, specialmente se si tratta di realizzare progetti e conseguire obiettivi del governo. Sebbene la presente proposta di risoluzione sia intesa a tutelare i cittadini europei, scopo lodevole, non si può escludere con certezza un uso improprio di questi importanti dati, ragion per cui ho votato contro la proposta di risoluzione.
- Proposta di risoluzione: CE/Tagikistan (B7-0025/2009)
David Casa (PPE), per iscritto. − (EN) Il Tagikistan occupa un’importante posizione geografica, al crocevia tra Europa ed Asia, che conferisce quindi al paese un ruolo di primo piano nell’assicurare la stabilità della regione. Ho votato a favore della risoluzione che mira a individuare una serie di questioni rilevanti nel contesto del paese asiatico.
Zigmantas Balčytis (S&D), per iscritto. − (EN) Accolgo con entusiasmo la proposta di un accordo di partenariato e cooperazione CE-Tagikistan in cui si iscrive la futura collaborazione tra UE e il paese asiatico. Per la Comunità, l’Asia centrale riveste un’importanza essenziale dal punto di vista economico e politico: questo accordo contribuirà a consolidare e rafforzare le relazioni economiche, politiche e commerciali con l’UE e la sua presenza non solo in Tagikistan, ma nel contesto complessivo dell’Asia centrale.
Contribuirà inoltre a promuovere la crescita economica e lo sviluppo sostenibile, le iniziative contro la povertà, nonché la stabilità del Tagikistan e dell’Asia centrale. Sono lieto che l’accordo includa anche questioni quali la lotta al terrorismo, le armi di distruzione di massa, i traffici illeciti di esseri umani e stupefacenti e la criminalità organizzata. D’ora in poi, UE e Tagikistan porteranno avanti un intenso dialogo politico che mira a consolidare le relazioni tra i due paesi in numerosi ambiti.
Willy Meyer (GUE/NGL), per iscritto. – (ES) Nel 2007, sotto la presidenza tedesca, l’Unione europea ha adottato una strategia per l’Asia centrale volta a una nuova associazione. L’accordo con il Tagikistan rientra in tale strategia e si è affermato che la sua principale ambizione nella regione sono le risorse naturali, specialmente il gas. Ho votato contro la relazione concernente un accordo di partenariato e cooperazione tra l’Unione europea e la Repubblica di Tagikistan perché all’Unione il paese interessa soltanto per le sue risorse naturali e la sua posizione geostrategica, visto che confina con Afghanistan e Cina.
Le relazioni dell’Unione con paesi terzi si dovrebbero fondare su altri interessi, interessi reciproci, sempre nel rispetto della sovranità di ambedue le parti e, ovviamente, della gestione delle rispettive risorse.
- Proposta di risoluzione comune: Situazione in Lituania in seguito all’adozione della legge sulla tutela dei minori contro gli effetti dannosi della pubblica informazione (RC-B7-0026/2009)
Robert Atkins (ECR), per iscritto. − Insieme ai miei colleghi del partito conservatore britannico condividiamo buona parte di quanto esposto dalla relazione. Siamo assolutamente convinti della necessità di sostenere pari diritti e opportunità per tutti i cittadini, a prescindere dalla disabilità, dalla razza, dalla religione o dalle preferenze sessuali e rifiutiamo qualsiasi forma di discriminazione. Nutriamo tuttavia delle perplessità rispetto al coinvolgimento dell’Agenzia per i diritti fondamentali e dell’Unione europea su questioni che rientrano nelle competenze di ciascuno Stato nazionale.
Abbiamo pertanto deciso di astenerci dalla votazione.
Martin Callanan (ECR), per iscritto. – (EN) I membri del gruppo dei Conservatori e dei Riformisti europei sostengono con convinzione la questione delle pari opportunità a prescindere dalla razza, dalla religione, dall’orientamento sessuale o dalla disabilità e condannano seccamente la discriminazione sotto qualunque forma.
Nutriamo delle perplessità rispetto al coinvolgimento dell’Agenzia per i diritti fondamentali e dell’Unione europea su questioni che rientrano nelle competenze di ciascuno Stato nazionale. Dal momento che la Lituania è una nazione democratica, spetta al suo parlamento e ai suoi cittadini decidere in merito a questa questione.
Abbiamo pertanto deciso di non appoggiare la risoluzione.
Edite Estrela (S&D), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della risoluzione del parlamento europeo sulla legge lituana sulla tutela dei minori contro gli effetti dannosi della pubblica informazione perché ritengo che la legge adottata dal parlamento nazionale il 14 luglio 2009 ai sensi della quale sarà proibito “divulgare direttamente ai minori […] pubblica informazione che promuove relazioni omosessuali, bisessuali o poligame” poiché questa ha “un effetto deleterio sullo sviluppo dei minori” dovrebbe essere urgentemente riesaminata. Secondo i principi dell’Unione europea, ogni forma di discriminazione, specialmente quella basata sull’orientamento sessuale, va eliminata e pertanto l’agenzia per i diritti fondamentali dovrebbe esprimere un parere sulla legge in questione e gli emendamenti ivi apportati alla luce dei trattati dell’Unione e del diritto comunitario.
Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. – (FR) La proposta di risoluzione sottoposta oggi alla nostra attenzione è veramente allucinante. Si addita un paese perché il suo parlamento democraticamente eletto sta esaminando una legge che, come le leggi esistenti nella maggior parte degli Stati membri, ha lo scopo di tutelare i minori ed è specificamente intesa a salvaguardarli da ogni forma di propaganda che promuova l’omosessualità, la bisessualità o la poligamia. Trattandosi di minori, non riesco a immaginare nulla di più naturale. Invece no. Pare che questa sia “discriminazione” e l’intera Unione europea si sta mobilitando contro la povera Lituania, “colpevole” di proibire il proselitismo e incoraggiare i valori familiari.
Ciò che è ancora più sconvolgente è il fatto che il gruppo PPE, che teoricamente si dichiara schierato per la democrazia cristiana e ispirato da alti valori morali, ha sottoscritto questa assurdità promossa dalla sinistra. Come sempre, i diritti dei minori non contano nulla di fronte alla pressione di alcune lobby. Va rammentato che, in passato, alcuni membri di questo Parlamento sono stati sostenitori della pedofilia in nome della libertà universale e del diritto di tutti, giovanissimi inclusi, alla sessualità. Questa risoluzione non è soltanto criminale, è disgustosa!
Sylvie Guillaume (S&D), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della risoluzione che condanna la legge lituana sulla tutela dei minori contro gli effetti dannosi della pubblica informazione, che vieta qualunque informazione sull’omosessualità se accessibile a minori. Tale legge, dai contenuti incontestabilmente omofobici, contravviene totalmente alle normative europee, soprattutto quelle in materia di lotta alla discriminazione operata in base all’orientamento sessuale, rappresentando anche un ostacolo alla libertà di espressione. La legge è stata condannata a gran voce dalle organizzazioni non governative, tra cui ILGA (Associazione internazionale gay e lesbiche) e Amnesty International, oltre che dal Consiglio d’Europa. Dobbiamo proporre ai giovani una visione della società aperta alla diversità e fondata sul principio del rispetto degli altri, per quanto differenti essi siano. Dal canto suo, la Commissione europea, custode dei trattati, deve agire in maniera responsabile e avviare una procedura di infrazione contro la Lituania qualora dovesse persistere nella sua decisione. Attraverso il nostro voto, chiediamo ai rappresentanti parlamentari lituani di unirsi e respingere il testo di legge, che rappresenta un ritorno a un passato che personalmente condanno.
Jim Higgins, Seán Kelly, Mairead McGuinness and Gay Mitchell (PPE), per iscritto. − (EN) Questa è una dichiarazione di voto a nome della delegazione del Fine Gael al Parlamento europeo. I deputati del Fine Gael si sono astenuti dalla votazione sulla situazione in Lituania, dal momento che l'iter legislativo/giuridico non è ancora stato completato. Solo una volta compiuta l’intera procedura sarà possibile valutare se la questione è compatibile o meno con i trattati UE: è questa la procedura corretta da seguire. Vorremmo inoltre far notare che la risoluzione pone una forma di discriminazione al di sopra delle altre, elemento che di per sé costituisce un atto di discriminazione.
Filip Kaczmarek (PPE), per iscritto. – (PL) Ho votato contro la risoluzione che potrebbe costituire un pericoloso precedente per l’Unione europea. A mio giudizio i suoi contenuti e il suo tema sono incompatibili con il principio della sussidiarietà. Risoluzioni del genere possono alimentare l’euroscetticismo poiché sono una dimostrazione della tendenza dell’Unione a occuparsi degli affari interni dei suoi Stati membri. Il principio della non ingerenza negli affari interni degli Stati membri dell’Unione non è un concetto assoluto, ma in Lituania non sta accadendo nulla che ci obblighi a intervenire. Coloro che vorrebbero un’Europa migliore dovrebbero votare contro tale risoluzione. Questo è il motivo della mia decisione. Grazie infinite.
Willy Meyer (GUE/NGL), per iscritto. – (ES) Il parlamento lituano ha approvato una serie di emendamenti alla legge sulla tutela dei minori contro gli effetti dannosi della pubblicazione informazione, legge intesa a proibire la divulgazione di informazioni pubbliche che promuovano relazioni omosessuali o minino valori familiari.
Per questo le autorità lituane dovrebbero emendare la legge o abrogarla, astenendosi dall’adottare emendamenti al codice penale e amministrativo, in maniera da garantire che le leggi siano compatibili con i diritti umani e le libertà fondamentali sanciti dal diritto europeo e internazionale.
Giudichiamo positivamente l’iniziativa del nuovo presidente lituano, il quale ha chiesto al parlamento nazionale di riesaminare la legge per verificarne la conformità ai principi costituzionali dello Stato di diritto, della certezza legale e della chiarezza giuridica, nonché il rispetto delle garanzie di una società aperta e una democrazia pluralista.
Per tali motivi, vista la necessità urgente di riesaminare la legge, ho votato a favore della proposta di risoluzione comune del Parlamento europeo.
Rareş-Lucian Niculescu (PPE), per iscritto. – (FR) Ho votato contro la risoluzione in quanto costituisce un pericoloso precedente perché i punti di vista ivi espressi non rispettano il principio della sussidiarietà e rappresentano una forma di ingerenza nelle azioni sovrane del parlamento di uno Stato membro in una fase in cui la legge in questione non è neanche entrata in vigore.
- Proposta di risoluzione comune: Crisi nel settore lattiero-caseario (RC-B7-0047/2009)
Luís Paulo Alves (S&D), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore dell’emendamento n. 28 alla presente risoluzione, che condivido, in cui si chiede alla Commissione e agli Stati membri di adottare immediatamente ulteriori misure per intervenire sull’attuale livello di produzione comunitaria tramite un congelamento temporaneo degli aumenti delle quote decisi durante le ultime riforme della politica agricola comune in quanto rispecchia gli interessi di tutti i produttori di latte portoghesi ed è stato in particolare appoggiato da quelli delle Azzorre. Mi rammarico pertanto per il fatto che l’emendamento non abbia goduto del sostegno della maggioranza dei membri del Parlamento europeo.
Zigmantas Balčytis (S&D), per iscritto. − (EN) Ho votato per questa risoluzione congiunta poiché – contrariamente alle previsioni della Commissione europea circa un forte rincaro dei prodotti lattiero-caseari – questo mercato sta vivendo un sostanziale deterioramento, con la caduta dei prezzi del latte nonostante gli interventi e i sussidi alle esportazioni. L’economia di numerosi Stati membri dipende in larga parte dall’agricoltura e dall’allevamento. Oggi esiste però un profondo divario tra il prezzo pagato dai consumatori che acquistano prodotti agricoli nei supermercati e quanto effettivamente guadagnano i produttori. Molti allevatori europei si trovano ad affrontare seri rischi e sono costretti a vendere i loro prodotti a prezzi inferiori ai costi di produzione. La Commissione deve adottare misure adeguate di tipo sia congiunturale sia strutturale per superare la crisi e salvare il mercato dei prodotti caseari europeo. Sono pertanto assolutamente favorevole all’istituzione di un fondo europeo per il settore lattiero-caseario a sostegno dei produttori e degli investimenti. Per assicurare il corretto funzionamento del mercato è infatti necessario sostenere gli investimenti delle aziende agricole finalizzati all’ammodernamento, come pure i piccoli produttori e i giovani allevatori. Cosa ancor più importate, occorre assicurare agli operatori del settore prezzi equi e congrui per i loro prodotti.
David Casa (PPE), per iscritto. − (EN) Negli ultimi 12 mesi il mercato lattiero-caseario ha subito un crollo: i prezzi del latte sono scesi sotto i 21 centesimi al litro e molti allevatori si sono visti costretti a vendere in perdita i propri prodotti. Davanti a una situazione tanto grave, ho deciso di votare a favore della risoluzione.
Ole Christensen, Dan Jørgensen, Christel Schaldemose e Britta Thomsen (S&D), per iscritto. − (DA) Abbiamo votato contro le proposte per l’aumento degli aiuti agricoltori al settore lattiero-caseario. Il nostro gruppo vota sempre a favore della riduzione degli aiuti agricoli e della prosecuzione della riforma della politica agricola dell’Unione. Quanto alla decisione in tal senso, il gruppo S&D ha votato contro gli emendamenti nn. 16, 17 e 19 perché, nonostante i validi contenuti, tali emendamenti non erano rilevanti ai fini della discussione odierna.
Edite Estrela (S&D), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della proposta di risoluzione comune sulla crisi nel settore lattiero-caseario perché ritengo che siano necessarie misure urgenti per risolvere la grave crisi in cui attualmente versa il settore, soprattutto stimolando la domanda in maniera da ristabilire l’equilibrio del mercato. Mi duole pertanto che il compromesso raggiunto in Parlamento non preveda la sospensione temporanea degli aumenti delle quote o altre misure per ridurre la produzione, che sarebbero state molto importanti per aiutare i coltivatori europei ad affrontare la crisi.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) La grave crisi che colpisce il settore lattiero-caseario rende urgente l’adozione di misure più efficaci per sostenere i produttori e valutare l’utilità di abolire le quote latte nel 2015.
Non sarà possibile ottenere la stabilizzazione del mercato del latte e dei prodotti lattiero-caseari soltanto attraverso uno o due misure puntuali come il congelamento dell’aumento delle quote, volte ad attenuare gli effetti immediati temporanei della crisi. Si dovranno invece studiare soluzioni a medio e lungo termine valutando le ragioni per le quali il mercato non funziona in maniera adeguata e i modi migliori per mantenere in essere una produzione sostenibile, senza dimenticare il diritto dei consumatori a un prezzo corretto.
In proposito mi corre l’obbligo di sottolineare la situazione competitiva particolarmente fragile delle regioni ultraperiferiche che dipendono notevolmente dalla produzione lattiero-casearia come le Azzorre. Mi rammarico di aver osservato una certa insensibilità da parte della Commissione europea e, a livello nazionale, una gestione inadeguata del processo da parte del governo portoghese. Nei momenti di crisi, la capacità dei nostri leader di agire e sostenere gli interessi nazionali è particolarmente importante. Questo purtroppo non è stato il caso. Quanto agli aspetti positivi, noto il successo riscosso dagli emendamenti dei quali sono coautore, che sostengono un aumento dei pagamenti de minimis. Non è una soluzione ideale, ma aiuta.
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della risoluzione sebbene non sia sufficientemente audace. Per stabilizzare immediatamente i prezzi, il bonus del 2 per cento dell’aumento annuale oltre la quota va urgentemente revocato. Il sistema delle quote latte dovrà comunque restare in essere dopo il 2015 o essere sostituito da un altro meccanismo normativo. E’ fondamentale adeguare la produzione di latte alla domanda interna europea in maniera da garantire ai produttori un prezzo equo. La trasparenza del mercato è fondamentale e in tal senso suggerisco la creazione di un osservatorio europeo che contribuisca al monitoraggio e alla regolamentazione del mercato dalla produzione alla distribuzione.
João Ferreira (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) La risoluzione adottata contiene misure positive che sono necessarie nell’attuale contesto di grave crisi che colpisce il settore. Per questo abbiamo votato a favore. Si tratta però di misure una tantum che non risolvono i problemi di fondo del comparto, specialmente quelli dei produttori piccoli e medi per i quali è probabile che in futuro la situazione peggiori, vista l’intenzione annunciata di abolire le quote latte.
La battaglia che i produttori di latte hanno combattuto, al di là dei loro obiettivi immediati, per vendere i loro produttori a prezzi che ne garantiscano la sopravvivenza assume anche un significato più ampio e una rilevanza maggiore, che hanno a che vedere con il tipo di agricoltura che vogliamo in futuro. Al modello di agricoltura neoliberale, che incoraggia l’inondazione del mercato con produttori provenienti da paesi che hanno una capacità produttiva più elevata e promuove la produzione intensiva in alcuni paesi e l’abbandono dell’agricoltura con conseguente dipendenza alimentare in altri, deve subentrare un modello basato sul concetto della sovranità e della sicurezza alimentare, ossia il diritto di ciascun paese di produrre in maniera sostenibile. In tale modello sono fondamentali meccanismi pubblici per controllare la produzione, ossia quote adeguate alle esigenze di ogni paese.
Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. – (FR) Quando una politica porta gli agricoltori al suicido e gli uomini a distruggere deliberatamente i frutti del proprio lavoro perché la distruzione non è peggio di ciò che tale politica offre loro, è tempo di modificarla. Il liberalismo nell’agricoltura in generale e nel settore lattiero-caseario in particolare si è rivelato disastroso. Quante volte dobbiamo ribadire in quest’Aula che l’agricoltura, poiché nutre i nostri cittadini, poiché contribuisce a rendere le campagne più belle e mantenere le popolazioni nelle zone rurali, non può essere considerata un’attività economica come qualsiasi altra? Gli alimenti non sono prodotti sui quali si possa speculare sui mercati, avulsi da ogni realtà. E’ assurdo incoraggiare l’importazione di prodotti che non soddisfano nemmeno i criteri di qualità che i nostri coltivatori sono tenuti a rispettare. E’ scandaloso lasciare questi agricoltori alla mercé dei trasformatori e dei predatori dei grandi uffici centrali di approvvigionamento, che guadagnano a spese sia dei produttori sia dei consumatori. Le timide e vaghe proposte contenute nel testo non sono né sufficienti né soddisfacenti, ma perlomeno esistono. Per questo abbiamo votato a favore.
Pascale Gruny (PPE), per iscritto. – (FR) Lo stato del mercato lattiero-caseario è peggiorato notevolmente negli ultimi 12 mesi: il prezzo del latte è sceso del 30 per cento in un anno, il crollo più netto dell’ultimo ventennio. Abbiamo dunque bisogno di introdurre urgentemente nuove forme di regolamentazione a livello europeo per garantire che il settore lattiero-caseario non dipenda soltanto dalle regole del mercato, ma possa effettivamente sostenerle. Al momento l’instabilità dei redditi dei produttori non consente l’assegnazione ottimale delle risorse che sono indispensabili per futuri investimenti nel settore. La Commissione europea ha dunque il compito di agevolare le relazioni contrattuali con la catena agroalimentare in maniera da equilibrare i rapporti tra i vari operatori del settore, stabilizzare i mercati ed evitare i rischi del mercato, come pure deve incoraggiare una migliore organizzazione nei diversi settori. Va inoltre valutato se un aumento delle quote latte possa generare un impatto positivo sui prezzi alla produzione. L’Europa deve agire adesso. Non possiamo aspettare oltre. Se non agiremo, correremo il rischio che il settore lattiero-caseario europeo subisca danni perduranti, privando in tal modo le nostre fragili zone rurali del pilastro delle loro economie.
Sylvie Guillaume (S&D), per iscritto. – (FR) Le dimensioni dello sciopero del latte stanno aumentando nei paesi europei, con le sue immagini sconvolgenti di milioni di litri di latte cosparsi nei campi in segno di protesta. Di fronte alle preoccupazioni dei produttori lattiero-caseari, il Parlamento europeo ha assunto una posizione. In tale contesto, ho votato per la creazione di un fondo di 600 milioni di euro da attingersi dal bilancio comunitario previsto per il 2010 al fine di prestare assistenza ai produttori di latte che attualmente versano in una grave crisi, senza precedenti nel settore, e lottano con le leggi della domanda e dell’offerta sul mercato lattiero-caseario mondiale.
I colleghi socialisti e io abbiamo inoltre presentato un emendamento volto alla sospensione delle quote latte attualmente in vigore per indurre un aumento dei prezzi. Dovremmo altresì adottare misure cicliche, oltre alle misure di gestione del mercato già intraprese, perché di fronte alla volatilità dei prezzi queste ultime si sono rivelate inefficaci.
Elisabeth Jeggle (PPE), per iscritto. – (DE) Il settore lattiero-caseario è attualmente travolto da una crisi senza precedenti: i prezzi alla produzione sono calati drasticamente, i prezzi al consumo sono aumentati e molte aziende agricole comunitarie stanno combattendo per la sopravvivenza. La Commissione ha assistito inerte a tale sviluppo per troppo tempo ormai. Nella nostra proposta di risoluzione, sostenuta da quasi tutti i gruppi, affermiamo con chiarezza che le decisioni prese nel novembre 2008 in riferimento alla valutazione dello stato di salute non sono sufficienti alla luce dell’attuale situazione. La riforma agricola da noi adottata è complessivamente inadeguata.
Se le condizioni di fondo sono mutate, la Commissione deve assumere l’iniziativa e attuare un provvedimento che aiuti i coltivatori dell’Unione. Nella nostra risoluzione chiediamo misure a tutto spettro: stabilizzazione del mercato, promozione delle vendite, un programma “latte nelle scuole” completo, aumento dell’ammontare massimo dei pagamenti de minimis da 7 500 a 15 000 euro per tutte le zone di produzione agricola, regime di prepensionamento/regime di riacquisto delle quote, rafforzamento delle organizzazioni di produttori, idonea etichettatura dei prodotti lattiero-caseari, assicurazione dei crediti all’esportazione sulla falsariga del sistema attuato negli Stati Uniti e, per quanto concerne le misure specifiche, fondo per il settore lattiero-caseario. Con tale risoluzione, siamo pronti ad assumerci la responsabilità dell’agricoltura europea. Per questo mi sono espressa a suo favore.
Marine Le Pen (NI), per iscritto. – (FR) Il settore lattiero-caseario è in pericolo. Da mesi i produttori lavorano in perdita mentre il prezzo del latte per i consumatori non è sceso a beneficio esclusivo dei grandi distributori. Migliaia di piccoli produttori francesi rischiano il fallimento. Lo sciopero generale del settore, ultimo passo compiuto dai produttori nel tentativo di farsi ascoltare e non morire nell’indifferenza pubblica, sta dilagando in tanti paesi europei, mettendo di conseguenza a repentaglio molti posti di lavoro in altri comparti del settore. Vi è la necessità urgente di trovare soluzioni effettive per questo importante settore dell’agricoltura francese ed europea, nonché di operare un radicale cambiamento politico perché – non meniamo il can per l’aia – gli unici responsabili di questa tragedia sono la Commissione europea, il Consiglio e il Parlamento europeo con il loro ultraliberalismo. Dobbiamo agire urgentemente mantenendo in essere il principio delle quote dopo 2015, inducendo un’immediata riduzione delle quote per porre fine al crollo del prezzo del latte, fissando prezzi in linea con i costi effettivamente sostenuti dai produttori indipendenti e instaurando a una totale trasparenza nella fissazione dei prezzi da parte dei grandi distributori. I coltivatori si aspettano un intervento risoluto.
Astrid Lulling (PPE), per iscritto. − (DE) Abbiamo salvato le banche perché dovevamo, dato di fatto riconosciuto e accettato da tutti i politici responsabili.
Ora ci troviamo di fronte a una situazione in campo agricolo in cui dobbiamo evitare l’imminente fallimento dei coltivatori, specialmente nel settore lattiero-caseario, perché i prezzi non coprono più i costi di produzione. Dobbiamo però garantire che il nostro potenziale di produzione sia tale da assicurare ai cittadini europei alimenti di alta qualità.
Appartengo a una generazione che ha vissuto la tragica esperienza del razionamento alimentare e la necessità di accaparrarsi cibo per avere da mangiare a sufficienza. Auspicabilmente la situazione non sarà mai più così drammatica. Tuttavia, coloro che non hanno mai sofferto la fame non capiscono quanto sia importante una politica agricola comune per l’Europa.
Abbiamo bisogno della sicurezza dell’approvvigionamento, e non soltanto nel settore dell’energia.
Vi invito a tenere presente il fatto che se troppe aziende agricole in troppe regioni dovessero essere costrette a cessare l’attività perché non siamo in grado o disposti a intraprendere le necessarie misure a breve termine richieste nella nostra risoluzione, il prezzo per l’Unione e gli Stati membri sarebbe di gran lunga superiore a quello sostenuto per l’assunzione di provvedimenti a breve termine appropriati nel quadro della politica agricola comune.
L’esercito dei disoccupati è già abbastanza nutrito. Permettere la rovina delle aziende agricole sarebbe irresponsabile da un punto di vista sia sociale sia economico sia ambientale.
Spero che al nostro monito venga prestato ascolto.
Willy Meyer (GUE/NGL), per iscritto. – (ES) Ho votato a favore della proposta di risoluzione comune nonostante la consideri inadeguata. La proposta di abolire il sistema delle quote latte nel 2015 e fino ad allora aumentare la quota dell’1 per cento all’anno legalizzerà, nella pratica, le eccedenze che già esistono in alcuni paesi, prodotte superando le quote assegnate e successivamente esportate a prezzi bassissimi provocando un ribasso dei prezzi di mercato, in molti paesi addirittura inferiore al costo di produzione. Le misure che la Commissione cerca di applicare hanno lo scopo ultimo di deregolamentare e, dunque, liberalizzare il settore lattiero-caseario in Europa.
Siamo assolutamente contrari a tali misure in quanto servono gli interessi delle grandi società, esattamente come le riforme della politica agricola comune, a discapito dei piccoli produttori. Sosteniamo invece le misure intese a regolamentare il settore.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. − (DE) Negli ultimi mesi sui mercati lattiero-caseari si è sviluppata una situazione che minaccia la stessa sopravvivenza di molti produttori lattiero-caseari. Il prezzo dei loro prodotti è sceso rapidamente. Le aziende agricole di piccole e medie dimensioni sono state particolarmente colpite e per sopravvivere devono attingere dalle proprie riserve. Per questo occorre un intervento tempestivo da parte dell’Unione europea. La Commissione è stata in passato fin troppo esitante nei suoi tentativi di arginare la crisi, della quale è in parte responsabile per la sua decisione di aumentare le quote di consegna.
Le iniziative del Parlamento, molte delle quali citate anche nell’odierna proposta di risoluzione, sono dunque più che benaccette. Tra queste, innanzi tutto la creazione di un fondo per il latte per il quale siano stanziati 600 milioni di euro, una serie di misure per incrementare la domanda di prodotti lattiero-caseari, un maggiore controllo della qualità e precisi obblighi di etichettatura. Nell’ottica di sostenere i nostri agricoltori è stato quindi scontato per me votare a favore della proposta di risoluzione formulata e delle misure ivi contenute.
Frédérique Ries (ALDE), per iscritto. – (FR) Un campanello di allarme: questa è in nuce la nostra risoluzione che esorta la Commissione e il Consiglio a intraprendere misure di emergenza al fine di trovare il modo per uscire dalla crisi, subita in tutta la sua gravità soprattutto dai produttori di latte. Ieri in Belgio la crisi ha assunto una nuova dimensione quando più di 2 000 produttori hanno cosparso nei campi 3 milioni di litri di latte a Ciney. Imputare la responsabilità di tutto questo soltanto all’abolizione delle quote è un modo per tagliar corto il dibattito. Per questo mi sono opposto all’emendamento n. 28, nel quale si chiede un congelamento delle quote, perché la soluzione è troppo semplicistica. Le cause principali risiedono altrove: calo della domanda, concorrenza mondiale accanita e, soprattutto, margini di utile inaccettabili realizzati dalle società di distribuzione, criticate da molte associazioni di consumatori. Ciò mi ha portato, nei paragrafi 17 e 18 di cui sono autore, a chiedere alla Commissione di condurre un’indagine per verificare se esistano cartelli. E’ in gioco la credibilità della Commissione. D’altro canto ho appoggiato l’emendamento n. 1, che estende l’iniziativa assunta da 16 Stati membri e chiede che sia ristabilito l’equilibrio tra i vari operatori del settore. Personalmente propendo per la fissazione di un prezzo minimo per il latte in ogni paese.
Marc Tarabella (S&D), per iscritto. – (FR) Pensando al voto in merito alla risoluzione sulla crisi nel settore lattiero-caseario, ho presentato e avallato alcuni emendamenti per la regolamentazione a breve termine del mercato lattiero-caseario, specificamente attraverso un congelamento dell’aumento delle quote o una loro temporanea riduzione (del 3-5 per cento). Il Parlamento europeo ha tuttavia respinto tali misure. I produttori hanno il diritto di aspettarsi che il Parlamento formuli le misure radicali di cui hanno bisogno. Malgrado alcuni elementi positivi, l’odierna risoluzione non risponde alle aspettative. Per questo ho scelto l’astensione all’atto della votazione finale.
- Proposta di risoluzione comune: Sicurezza energetica (RC-B7-0040/2009)
Maria da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. – (PT) L’Europa dipende molto dall’energia importata. Per ridurre la nostra dipendenza energetica, dobbiamo agire nel campo dell’efficienza energetica e della diversificazione delle fonti di energia attraverso un uso maggiore delle fonti rinnovabili e la diversificazione dei paesi di origine e transito. Il consolidamento del mercato interno dell’energia in Europa è anch’esso importantissimo per rafforzare la sicurezza energetica. Gasdotti e reti per la distribuzione dell’energia elettrica che coprano l’intero territorio comunitario devono rivestire un’importanza prioritaria. In proposito, due progetti inclusi nel piano di ripresa economica sono fondamentali per il Portogallo. Mi riferisco al collegamento a livello di rete di distribuzione dell’energia elettrica tra Portogallo e Spagna, che contribuirà a consolidare il mercato dell’energia elettrica iberico, e il collegamento tra Spagna e Francia per evitare che la penisola iberica diventi un’isola dal punto di vista energetico. Commissione e Consiglio sono invitati a profondere il massimo impegno per garantire che lo sviluppo dei progetti in materia di energia rinnovabile nei paesi dell’Europa meridionale che presentano potenzialità elevate al riguardo sia incoraggiato. Ampie zone della regione di Alentejo presentano il massimo potenziale solare dell’intera Europa, come dimostrano le carte di distribuzione della radiazione solare.
Edite Estrela (S&D), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della risoluzione del Parlamento europeo sugli aspetti esterni della sicurezza energetica perché ritengo che la creazione di una politica energetica comune possa essere decisiva per garantire la sicurezza degli approvvigionamenti energetici nell’Unione europea. Nondimeno, un mercato interno dell’energia perfettamente funzionante e la diversificazione delle fonti energetiche saranno anch’essi fattori determinanti per evitare future crisi e interruzioni della fornitura energetica. In proposito credo che un maggiore investimento in energie rinnovabili ed efficienza energetica debba essere un elemento fondamentale delle politiche europee.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) La dipendenza energetica dell’Unione europea, la necessità strategica di ridurla e le minacce alla stabilità dell’Unione causate da tale fragilità sono note e sono state ampiamente dibattute.
Al riguardo, il mio paese registra livelli di dipendenza che superano nettamente la media europea, il che rivela il totale fallimento in tale ambito dei governi che si sono susseguiti, destando notevoli timori in merito a una possibile crisi dei mercati energetici.
Alla luce delle difficili relazioni con alcuni nostri principali fornitori, dei limiti della diversità delle fonti energetiche e dell’inadeguatezza della capacità di approvvigionamento, ritengo importante per tutti gli Stati membri che l’Unione si schieri unita per tutelare i suoi interessi comuni e dimostri di saperli imporre in un contesto negoziale molto impegnativo.
Analogamente ritengo che gli Stati membri non debbano sottrarsi alle proprie responsabilità, bensì optare per mix energetici diversificati passando in rassegna tutte le principali alternative, tra cui il nucleare, valutandole senza pregiudizi e attuandole laddove risultino utili dando la priorità a quelle che possono essere prodotte nella maniera più efficiente, sicura e pulita.
Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. – (FR) L’Europa non sarà in grado, perlomeno a breve termine, di liberarsi dalla sua dipendenza da paesi extraeuropei per quanti concerne gli approvvigionamenti energetici. E’ vero che per ridurre tali vincoli dobbiamo diversificare le forme della nostra dipendenza dal punto di vista sia delle fonti energetiche sia dei paesi fornitori. A essere franchi, però, non vedo il motivo per metterci nelle grinfie della Turchia assecondando una tendenza motivata più – pare – dall’ostilità per la Russia che da preoccupazioni legate all’energia. La Turchia è il punto di transito necessario per il nostro famoso gasdotto Nabucco, al quale si è data sistematicamente la priorità rispetto ad altri progetti. Ciò rappresenterebbe per il paese un mezzo per esercitare notevole pressione.
Per quanto riguarda Desertec, anche in questo caso non vedo il motivo per il quale dovremmo iniziare a dipendere da quello che per il momento è un progetto rientrante in un’iniziativa privata. Ritengo infatti contraddittorio voler condurre una politica energetica decentrata affidata alla Commissione e, nel contempo, cedere il settore europeo dell’energia a operatori privati, con conseguente aumento dei prezzi e riduzione dei servizi, oltre che effetti negativi sulle scelte energetiche. In particolare credo che l’energia sia un ambito troppo importante per lasciare che se ne occupino funzionari della Commissione o abbandonarlo all’ingordigia di poche società.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. − (DE) L’odierna proposta di risoluzione sugli aspetti esterni della sicurezza energetica illustra alternative importante per la futura politica energetica dell’Europa. Nello specifico, ritengo particolarmente significativo il notevole aumento della quota delle fonti di energia rinnovabili nell’attuale mix energetico e sono pertanto anche favorevole al progetto Desertec elaborato da un gruppo di investitori privati.
Il tutto è volto non da ultimo a ridurre la dipendenza dell’Unione da singoli Stati dai quali sinora abbiamo acquisito i nostri combustibili fossili. Il previsto progetto Nabucco purtroppo non offrirà alcun contributo in tal senso in quanto lascerà l’Unione vulnerabile al ricatto per quel che riguarda la prevista adesione della Turchia alla Comunità. Vista l’influenza diretta del regime islamico in Turchia, il progetto nella sua forma attualmente va pertanto respinto. Per questo, nonostante i numerosi elementi positivi contenuti nel testo, mi sono astenuto sull’intero testo all’atto della votazione finale.
Geoffrey Van Orden (ECR), per iscritto. − (EN) Prendiamo atto delle preoccupazioni espresse dai nostri alleati, ma, dal punto di vista del Regno Unito, l’impegno per una maggiore coerenza nell’approccio comunitario alla sicurezza energetica non ha nulla a che vedere con l’approvazione del trattato di Lisbona né con l’ampliamento delle competenze della Commissione europea. Esistono già meccanismi che consentono agli Stati membri di parlare a una sola voce nei confronti della Russia, posto che esista la volontà di farlo.
I riferimenti al trattato di Lisbona contenuti nella risoluzione sono assolutamente controproducenti: i conservatori britannici si oppongono nettamente alla ratifica del trattato e a ulteriori tentativi di conseguire maggiore integrazione politica nell’UE. Trovo altresì spiacevole che nell’elenco delle varie fonti energetiche sostenibili che si renderanno necessarie nei prossimi anni non figuri l’energia nucleare. La sicurezza energetica è in primo luogo responsabilità dei nostri governi.
6. Correzioni e intenzioni di voto: vedasi processo verbale
(La seduta, sospesa alle 12.55, riprende alle 15.00)
PRESIDENZA DELL’ON. SCHMITT Vicepresidente
7. Approvazione del processo verbale della seduta precedente: vedasi processo verbale
Presidente. – L’ordine del giorno reca la dichiarazione della Commissione sulla situazione a Taiwan a seguito del recente tifone.
Meglena Kuneva, membro della Commissione. − (EN) Signor Presidente, permettetemi innanzi tutto di esprimere la mia solidarietà alla popolazione taiwanese colpita dal tifone Morakot. Il meccanismo comunitario di protezione civile ha contribuito agli aiuti prestati alle persone coinvolte, portando così una testimonianza della solidarietà dell’Europa verso la popolazione di Taiwan.
Il 7 agosto 2009, Taiwan è stata colpita dal tifone Morakot; gravi inondazioni e smottamenti hanno provocato oltre 150 vittime e decine di migliaia di persone sono rimaste senza casa. Strade, ponti e altre infrastrutture di trasporto sono state danneggiate e le reti delle telecomunicazioni interrotte. Sono circa 700 000 le abitazioni rimaste senza acqua potabile. Il 12 agosto Taiwan ha richiesto l’assistenza internazionale: la Commissione europea ha attivato il meccanismo comunitario di protezione civile che semplifica e coordina l’assistenza in natura prestata dagli Stati membri in situazioni di grave emergenza.
La Commissione europea ha inviato a Taiwan una equipe di coordinamento per valutare le necessità e assistere il governo nazionale nel prestare assistenza. Sono stati effettuati vari sopralluoghi nelle regioni colpite, la squadra incaricata ha comunicato i risultati e le raccomandazioni alle autorità locali e ai partner internazionali. Il meccanismo ha inoltre agevolato l’erogazione di assistenza in natura, come l’attrezzatura per la depurazione dell’acqua donata da Svezia e Polonia alle zone di Taiwan più duramente colpite.
La rapidità nell’erogazione dell’assistenza è stata una testimonianza tangibile della solidarietà europea e la presenza dell’equipe sul campo è stata accolta molto positivamente. Il meccanismo comunitario di protezione civile è una testimonianza visibile della solidarietà europea verso gli altri paesi e sono certo che in futuro sarà sempre più solido ed efficiente.
Le catastrofi naturali possono verificarsi in qualsiasi punto del mondo e spesso comportano gravi conseguenze in termini di vite umane, danni economici e ambientali. In futuro, a causa dei cambiamenti climatici, è probabile che queste situazioni si verifichino con maggiore frequenza. La solidarietà verso altri paesi colpiti da catastrofi naturali rimane quindi uno dei pilastri essenziali della politica europea per la gestione delle calamità. Sono lieta di portare avanti la collaborazione con il Parlamento europeo finalizzata ad assicurare che gli strumenti a disposizione dell’UE in questo ambito siano all’altezza delle aspettative.
Thomas Mann, a nome del gruppo PPE. – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, l’8 agosto la Repubblica di Taiwan è stata scossa alle fondamenta. Il tifone Morakot ha spazzato l’isola con forza inaudita mietendo più di 750 vittime. Migliaia di persone hanno perso tutti i loro beni e vaste aree del paese sono state distrutte. I danni ammontano a più di 2,5 miliardi di euro. La ricostruzione di un’infrastruttura profondamente danneggiata richiederà mesi. Quale segno della nostra solidarietà, noi europei abbiamo voluto esprimere sostegno al popolo taiwanese erogando assistenza per calamità.
Onorevole Kuneva, il gruppo PPE sostiene le iniziative sollecitate dalla Commissione europea. E’ stato molto sorprendente che le ambasciate taiwanesi siano state istruite a rifiutare ogni assistenza straniera. Ciò ha suscitato notevoli critiche portando il 13 agosto agli indispensabili adeguamenti di un programma di gestione della crisi del tutto fallimentare. Poco dopo, il primo ministro Liu Chao-shiuan si è dimesso.
Altro motivo di irritazione è stata la visita per alcuni giorni in settembre a Taiwan del Dalai Lama, il quale voleva soltanto pregare per le vittime con i sopravvissuti. La solidarietà è da tempo il messaggio degli acclamatissimi discorsi e testi del Dalai Lama. Anche in questo caso il governo cinese ha protestato con veemenza creando notevoli tensioni. E’ oltraggioso che Pechino ancora una volta trasformi in questione politica un atto puramente umanitario del Dalai Lama. Taiwan deve chiedersi da quale parte è effettivamente schierata. Il presidente Ma Ying-jeou, dopo forti proteste del suo popolo, ha permesso soltanto al Nobel per la pace di entrare nel paese.
Signora Commissario, dobbiamo intensificare il dialogo con Taiwan sui temi umanitari, ma anche sulla questione dei nostri valori fondamentali. Democrazia, diritti umani e solidarietà sono inscindibili, anche in questo paese asiatico emergente.
Victor Boştinaru, a nome del gruppo S&D. – (EN) Signor Presidente, mi permetta innanzi tutto di esprimere sincero cordoglio per l’immane tragedia che ha colpito Taiwan l’8 agosto e per le vittime coinvolte dalla devastazione provocata da questa calamità.
Morakot è stato il tifone più violento che abbia colpito Taiwan negli ultimi 50 anni o quasi: ai primi di agosto ha devastato l’isola, provocando circa 700 vittime tra morti e dispersi e ha costretto migliaia di persone a evacuare le proprie abitazioni dopo che il fango aveva inghiottito centinaia di villaggi e case.
In questo frangente la Cina ha dimostrato grande sensibilità, inviando aiuti immediati alle vittime taiwanesi. Non è stato soltanto il governo cinese a dare tempestiva assistenza all’isola: si sono aggiunte anche aziende private e organizzazioni di diverso tipo, inclusa la Association for Relations across the Taiwan Straits e la Croce Rossa continentale.
Anche la popolazione cinese ha voluto contribuire, con raccolte di fondi a favore dell’isola colpita dal tifone.
Secondo gli ultimi dati, la Cina continentale ha devoluto alle vittime del tifone circa 1 miliardo di renminbi, pari a quasi 150 milioni di dollari. Estremamente utili sono state le centinaia di case prefabbricate inviate dalla Cina per dare riparo ai taiwanesi rimasti senza casa.
L'Unione europea, nel contesto della politica “One China”, apprezza l’aiuto che la Cina ha prestato a Taiwan in questa tragica circostanza, che testimonia un miglioramento delle relazioni tra i due paesi e potrebbe assicurare maggiore stabilità alla regione.
In conclusione, credo che – vista la portata del disastro – l'Unione europea dovrebbe fare ricorso a uno dei suoi valori fondamentali, quello della solidarietà, per offrire a Taiwan ulteriore assistenza materiale e finanziaria per affrontare l’impegnativa fase della ricostruzione.
Charles Tannock, a nome del gruppo ECR. – (EN) Signor Presidente, le immagini della devastazione provocata dal tifone Morakot ci rimarranno a lungo impresse nella memoria, ma è la popolazione taiwanese che nei prossimi anni dovrà vivere le conseguenze di questa tragedia. Le vittime sono oltre 700 e migliaia di persone hanno subito danni enormi.
Il governo taiwanese e il presidente Ma hanno reagito tempestivamente con l’invio di soldati nelle aree maggiormente colpite e con la richiesta di assistenza alla comunità internazionale. Mi congratulo con la presidenza svedese dell’UE e con la Commissione per aver attivato il meccanismo comunitario di protezione civile. Mi auguro che ora la Commissione si impegnerà a fornire assistenza a lungo termine a Taiwan per una piena ripresa della popolazione e dell’economia dell’isola, nonché per la ricostruzione delle infrastrutture.
Non dubito della gratitudine della popolazione e del governo taiwanese verso l’Unione europea per la solidarietà e l’assistenza prestata. Come presidente del gruppo parlamentare Taiwan Friendship, avrò modo di constatare personalmente la situazione il mese prossimo, in occasione della visita a Taiwan da parte di una delegazione di eurodeputati.
Per effetto del cambiamento climatico, la catastrofe che si è abbattuta su Taiwan potrebbe colpire anche altre regioni del mondo. E’ pertanto necessario consentire a Taiwan – isola esposta a questo genere di fenomeni meteorologici, nonché tra le principali potenze industriali a livello globale – di far parte attivamente e con dignità di organizzazioni internazionali adeguate, in primis quelle relative alle condizioni meteorologiche e al cambiamento climatico. A Taiwan dovrebbe inoltre essere consentito di partecipare alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico e all’Organizzazione mondiale per la meteorologia.
Il Consiglio e la Commissione sono entrambi a favore dell’ammissione di Taiwan tra le istituzioni delle Nazioni Unite e mi auguro che coglieranno questa occasione per promuovere l’adesione dell’isola a tali strutture.
Fiorello Provera, a nome del gruppo EFD. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, insieme alle mie condoglianze e alla solidarietà per la popolazione di Taiwan, vorrei sottolineare la tempestività dell'impegno umanitario dell'Unione europea in questa catastrofe.
La Commissione ha fatto la sua parte e molti Stati membri hanno inviato aiuti o squadre di esperti. La stessa Repubblica popolare cinese ha aiutato le autorità taiwanesi e questo è un gesto che io considero molto significativo. Ma se vogliamo aiutare in futuro e in maniera strutturale le autorità taiwanesi e i paesi dell'area a far fronte a minacce di questo tipo, l'Unione europea dovrebbe sostenere l'ammissione di Taiwan, in veste di osservatore, nell'Organizzazione mondiale per la meteorologia e nella Convenzione quadro delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico.
L'adesione di Taiwan in veste di osservatore ha già dato buoni frutti in altre organizzazioni internazionali settoriali come WTO e anche in questo caso l'adesione di Taiwan potrebbe costituire una modalità di prevenzione concreta e limitare i pericoli in futuro per i 23 milioni di abitanti dell'isola e per l'intera regione.
Astrid Lulling (PPE). – (FR) Signor presidente, Taiwan sta appena riemergendo da una terribile calamità naturale senza precedenti nel paese nell’ultimo cinquantennio. E’ nostro dovere non soltanto manifestare solidarietà, ma anche svolgere un ruolo attivo nella ricostruzione delle zone dell’isola devastate.
Ci rallegriamo per il fatto che, dopo il tifone Morakot, la Commissione e il Consiglio abbiano espresso la volontà di prestare assistenza. Ora li esorto a fornire gli aiuti concreti di cui il governo e il popolo del paese hanno bisogno perché vi è moltissimo da fare. Esistono strumenti appropriati a livello di Unione europea che vanno sfruttati appieno.
Questa calamità ripropone la questione, già menzionata da alcuni colleghi, della partecipazione di Taiwan alle varie agenzie delle Nazioni Unite. In linea di principio, le istituzioni dell’Unione incoraggiano tale coinvolgimento, ma è giunto indubbiamente il momento di agire per cambiare la situazione. Le autorità taiwanesi non dispongono di informazioni meteorologiche che descrivano la gravità del tifone. Tutto questo è inaccettabile. E’ assolutamente fondamentale che Taiwan possa accedere alla convenzione quadro delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico affinché sia in grado di evitare il peggio, visto che sicuramente in futuro vi saranno ulteriori depressioni climatiche.
Presiedo l’associazione Taiwan-Lussemburgo e mi corre l’obbligo di sottolineare che non dobbiamo più retrocedere dinnanzi al ricatto della Cina comunista nelle nostre relazioni con Taiwan. Un sostegno cristallino da parte di Commissione e Consiglio al riguardo è assolutamente indispensabile.
Kriton Arsenis (S&D). – (EL) Signor Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, vorrei esprimere il mio più profondo rammarico per la tragedia umanitaria che ha colpito Taiwan e confermare che, come Unione europea, dobbiamo prestare il nostro aiuto in tutti i modi possibili.
Ora sappiamo che il tifone Morakot ha mietuto 640 vittime. Più di 192 sono i dispersi. Una frana ha cancellato dalla carta un intero villaggio e ucciso centinaia di persone. Niente di tutto ciò, però, è stato fortuito. Il disastro è stato preceduto da una siccità prolungata che ha ridotto la capacità del suolo di assorbire la pioggia.
Situazioni di siccità, inondazioni ed estrema variabilità delle condizioni meteorologiche si stanno progressivamente moltiplicando a causa del cambiamento climatico. I tifoni si scatenano nelle zone di mare con temperatura superficiale di 27οC. L’innalzamento della temperatura aumenta notevolmente sia il numero di tifoni sia la loro intensità. A oggi 120 milioni di persone vivono in aree colpite da tifoni. Tra il 1980 e il 2000 le vittime dei tifoni sono state 250 000.
Per tutti questi motivi, il nostro cuore deve andare a Copenaghen, dove in dicembre decideremo se i nostri paesi difenderanno isolatamente i propri interessi temporanei a breve termine o combatteranno insieme per il pianeta, uniti in una lotta per invertire la tendenza del cambiamento climatico.
Il mondo sviluppato e in via di sviluppo intende smettere di contribuire a disastri come la catastrofe che ha colpito Taiwan? Se la risposta è affermativa, occorre agire. Dobbiamo assumerci gli impegni indispensabili per operare la necessaria riduzione in maniera da evitare che la temperatura aumenti di oltre 2οC, così come dobbiamo mettere mano al portafoglio per prestare assistenza finanziaria al mondo in via di sviluppo affinché diventi parte della soluzione e concorra alla lotta al cambiamento climatico.
Siamo noi il mondo in via di sviluppo che ha causato il cambiamento climatico. Siamo noi gli inquinatori e, secondo il principio del “chi inquina paga” che abbiamo noi stessi sancito, dobbiamo pagare fornendo sostegno finanziario ai paesi in via di sviluppo.
Bastiaan Belder (EFD). – (NL) Signor Presidente, si è trattato di un disastro senza precedenti per Taiwan. Nelle zone montane la tragedia è immane. Interi villaggi sono stati spazzati via. Secondo le stime, vittime e dispersi sono un migliaio. Migliaia di sopravvissuti, se non più, sono attualmente accolti da campi militari. Così Menno Goedhart, il massimo rappresentante del mio paese natio, i Paesi Bassi, a Taiwan, descrive gli effetti devastanti del tifone Morakot. Innanzi tutto vorrei dunque esprimere la mia solidarietà, da questo Parlamento, al governo e ai cittadini taiwanesi.
Oltre all’assistenza pratica che Menno Goedhart sta attualmente offrendo agli amici taiwanesi, e pur apprezzando ciò che è stato già fatto da parte dell’Europa, vorrei nondimeno porre un paio di domande alla Commissione in merito al rafforzamento delle relazioni tra Europa e Taiwan. In primo luogo, la Commissione formulerà una proposta il prossimo mese per semplificare i requisiti per la concessione di visti ai cittadini del paese. Il Regno Unito e l’Irlanda hanno già dato il buon esempio in tal senso. In secondo luogo, una recente relazione europea ha dimostrato con estrema chiarezza che vi sarebbero enormi vantaggi sia per Taiwan sia per l’Unione europea se si concordasse misure di miglioramento degli scambi. La Commissione concorda con questa conclusione urgente?
Infine, signor Presidente, vorrei manifestare pieno sostegno ai colleghi che si sono già espressi per porre fine all’incredibile isolamento internazionale di Taiwan. Tale isolamento è veramente intollerabile, tanto più quando si tratta di vite umane, ovunque esse siano.
Ville Itälä (PPE). – (FI) Signor Presidente, l’8 agosto Taiwan ha subito una catastrofe umana di gravità inaudita. Tragico è stato il bilancio in termini di vittime e il danno economico è stato immenso. Ora è tempo di aiutare il paese. E’ tempo di dare prova della nostra solidarietà ai suoi cittadini. Dobbiamo dimostrarci compassionevoli, ma anche fornire sostegno finanziario e, come rammentava la signora commissario in questa sede, dobbiamo adottare subito strumenti di gestione della crisi per fornire ai taiwanesi tutto l’aiuto umanamente possibile. Volevo infine esprimere il mio apprezzamento per l’idea di un’assistenza a lungo termine per Taiwan, secondo quanto proposto dall’onorevole Tannock, in maniera da ottenere i migliori risultati possibili e poter dimostrare che anche loro sono esseri umani e, soprattutto, nostri amici.
Janusz Władysław Zemke (S&D). – (PL) Signor Presidente, vorrei ringraziare la signora commissario per le informazioni forniteci. La mia domanda però ha un intento leggermente diverso. Recentemente Taiwan è stata colpita da una tragedia. Siamo tuttavia perfettamente consapevoli del fatto che in passato si sono verificati molti disastri del genere e molti ancora se ne verificheranno in futuro. Porrei dunque alla signora commissario il seguente quesito. L’Unione europea e la Commissione in particolare dispongono di procedure standard per affrontare questo tipo di situazioni? Esistono disposizioni o un pacchetto di intervento in caso di emergenza per paesi specifici? Esiste anche un piano di azione a lungo termine?
Penso che sarebbe iniquo reagire a queste tragedie in maniera diversa a seconda della situazione del paese. Ritengo che, come nel caso delle forze militari, si debba definire una serie di procedure standard per le situazioni di crisi. Questa è la domanda che desideravo porre alla signora commissario.
Johannes Cornelis van Baalen (ALDE). – (NL) Signor Presidente, il gruppo ALDE, come molti altri gruppi in quest’Aula, è solidale con la popolazione taiwanese e siamo lieti che la Commissione abbia reagito nel modo in cui ha fatto. La Commissione deve proseguire in tale spirito. Il grosso problema, però, a parte la catastrofe umana, è ovviamente l’isolamento del paese. Non è impossibile mantenere una politica che riconosca una sola Cina stabilendo nel contempo buone relazioni di lavoro con Taiwan. Taiwan potrebbe agevolmente svolgere un proprio ruolo nell’Organizzazione mondiale della sanità in veste di osservatore. Lo stesso dicasi per l’Organizzazione meteorologica mondiale e la convenzione quadro delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico. Tutto questo è possibile e non crea alcun ostacolo alla politica che riconosce una sola Cina. Concordo con l’onorevole Belder per quanto concerne la semplificazione del sistema di concessione dei visti e condivido anche quanto di buono ha detto in merito al rappresentante olandese a Taipei, Menno Goedhart. Ritengo pertanto che non vi sia alcun motivo per continuare a isolare Taiwan. Relazioni di lavoro, di questo si tratta.
Laima Liucija Andrikienė (PPE). – (EN) Signor Presidente, vorrei innanzi tutto esprimere le più sentite condoglianze alle famiglie delle vittime del tifone Morakot.
Il bilancio è tragico: centinaia di persone hanno perso la vita, altrettante hanno perso i propri cari e moltissime sono rimaste ferite.
Come evidenziato da numerosi osservatori, il numero delle vittime sarebbe stato inferiore se ci fosse stata una risposta più coordinata all’emergenza da parte del governo, che peraltro non aveva previsto la pericolosità della tempesta tropicale che minacciava l’isola. A Taiwan il settore della tecnologia avanzata è estremamente sviluppato e il paese è uno dei principali produttori di sistemi GPS al mondo.
Come già rilevato da altri colleghi, la responsabilità della tragedia si deve in parte al fatto che Taiwan ancora non è tra i membri dell’Organizzazione mondiale per la meteorologia (OMM): se l’OMM l’avesse informata tempestivamente, infatti, avrebbe potuto predisporre misure di pre-allarme. Sono convinto pertanto che sia giunto il momento di sollevare la questione dell’adesione di Taiwan all’OMM, per motivazioni non soltanto politiche, ma anche umanitarie.
Silvia-Adriana Ţicău (S&D). – (RO) Signor Presidente, signora Commissario, il tifone che ha colpito Taiwan ha stravolto la vita di centinaia di migliaia di persone e distrutto decine di migliaia di abitazioni. L’assistenza umanitaria prestata dall’Unione europea deve essere incondizionata al fine di aiutare le vittime quanto prima.
L’Unione europea è una donatrice attiva che opera con organizzazioni non governative e agenzie specializzate delle Nazioni Unite per erogare fondi utilizzati per assistenza medica, sostegno logistico e ricostruzione delle aree devastate. La conferenza di Copenaghen avrà molto da discutere e ci stiamo preparando a intraprendere una serie di misure per un futuro accordo post-Kyoto sulla riduzione delle emissioni inquinanti. Ci stiamo pertanto soffermando soprattutto su misure che arginino le cause del cambiamento climatico.
Nel quadro della conferenza di Copenaghen vorrei richiamare specificamente l’attenzione anche sulle misure di adattamento perché avremo continuamente a che fare con devastanti tempeste, inondazioni, siccità prolungate e incendi forestali. Esorto infine l’Unione europea a fornire a Taiwan, unitamente agli aiuti per la ricostruzione, anche sostegno umanitario, soprattutto per la popolazione.
Meglena Kuneva, membro della Commissione. − (EN) Signor Presidente, risponderò alle interrogazioni nell’ordine in cui sono state presentate.
Innanzi tutto l’assistenza fornita a Taiwan dalla Commissione per affrontare le necessità attuali della popolazione, argomento del primo quesito posto dall’onorevole Mann. Taiwan è stata informata dell’esistenza del meccanismo di valutazione delle necessità che la Commissione può mettere in atto in caso di calamità, ma ad oggi non è ancora pervenuta alcuna richiesta d’intervento. Prenderemo in considerazione la richiesta nel caso in cui ci pervenisse.
Per quanto riguarda la posizione della Commissione sullo stato attuale delle relazioni Cina-Taiwan, oggetto del quesito dell'onorevole Boştinaru, la Commissione si rallegra per il riavvicinamento avvenuto lo scorso anno, che ha determinato un miglioramento delle relazioni tra i due paesi e ha consentito di promuovere questioni bilaterali come i collegamenti aerei e marittimi diretti.
Sosteniamo con veemenza i negoziati tra le due parti, nella speranza che possano portare a ulteriori progressi e ci rallegriamo inoltre per l’assistenza prestata dalla Cina.
Gli onorevoli Lulling, Andrikienė, van Baalen e Tannock hanno sollevato la questione dell'adesione di Taiwan all’Organizzazione mondiale per la meteorologia. In linea con la posizione espressa dall’Unione europea nella dichiarazione del settembre 2008 e con la politica comunitaria “One China”, la Commissione sostiene, nei casi che ritiene appropriati, la partecipazione significativa di Taiwan alle organizzazioni internazionali e intende mantenere questa linea anche in futuro.
Gli onorevoli Lulling e Mann hanno chiesto delucidazioni in merito all’assistenza fornita, ossia il meccanismo comunitario di protezione civile attivato da Svezia e Polonia. Gli aiuti sono stati accolti con gratitudine, espressa dal presidente Ma al presidente della Commissione Barroso.
La decisione in merito alla visita a Taiwan del Dalai Lama all’indomani del tifone è stata presa dalle autorità taiwanesi e la Commissione europea non ha osservazioni in proposito.
All’onorevole Belder che desiderava conoscere la posizione della Commissione sull’autorizzazione all’accesso senza visto per i cittadini taiwanesi in visita nell’UE, posso dire che la Commissione sta valutando – nel quadro del riesame della relativa legislazione – la possibilità di aggiornare l’elenco dei paesi e delle istituzioni che potrebbero non necessitare il visto per le visite nell’Unione europea, in particolare nell’area Schengen; in tale contesto sarà esaminato anche il caso di Taiwan.
L’onorevole Zemke ha sollevato la questione delle procedure standard in caso di calamità e delle modalità con cui in futuro si interverrà in circostanze simili. A tale riguardo, la Commissione ha due obiettivi prioritari: continuare a lavorare alla preparazione e alle modalità di reazione, nonché alla prevenzione delle catastrofi.
E’ importante innanzi tutto assicurare in ogni momento la disponibilità dell’assistenza da parte dell’Unione europea. Con il sostegno del Parlamento, nel 2008 è stato avviato un progetto pilota e un’iniziativa preparatoria sulla capacità di risposta rapida da parte dell’UE. In base all’esito di questa prima esperienza, la Commissione valuterà l’eventualità di presentare ulteriori proposte volte a potenziare la capacità di risposta rapida europea, finanziata con i fondi nazionali accantonati per le operazioni comunitarie.
Puntiamo inoltre ad adottare un approccio complessivo a livello comunitario rispetto alla prevenzione dei disastri. A febbraio 2009 la Commissione ha pubblicato una comunicazione relativa alla posizione comunitaria sulla prevenzione dei disastri naturali o causati dall’uomo; gradiremmo un riscontro del Parlamento a tale proposito.
Presidente. – La discussione è chiusa.
9. Discussioni su casi di violazione dei diritti umani, della democrazia e dello Stato di diritto (discussione)
9.1. Uccisioni di difensori dei diritti umani in Russia
Presidente. − Comunico di aver ricevuto sei proposte di risoluzione(1) sulle uccisioni di difensori dei diritti umani in Russia ai sensi dell’articolo 122.
Heidi Hautala, autore. − (FI) Signor Presidente, dovremmo davvero rivolgere un pensiero in questa sede ai difensori dei diritti umani recentemente assassinati nel Caucaso settentrionale e accendere una candela in loro memoria. Non possiamo non sottolineare come Natalia Estemirova, Zarema Sadulayeva, Alik Dzhabrailov e molti altri che hanno sofferto e perso la vita in difesa dei diritti umani meritino il sostegno di noi tutti. Purtroppo non siamo stati in grado di sostenerli abbastanza quando erano in vita.
E’ preoccupante che la Russia non sia stata capace di condurre una indagine penale sufficientemente rigorosa per far luce su questi assassini e condurre i colpevoli dinanzi alla giustizia. Ho appreso che vi è stato uno scambio ufficiale di comunicazioni in merito tra Unione europea e Russia. E’ alquanto ovvio, però, che i nostri sforzi sono insufficienti e dovremo valutare seriamente come far funzionare in Russia lo Stato di diritto e innalzare notevolmente il profilo di tale argomento nei negoziati relativi al nuovo accordo di partenariato e cooperazione.
Dobbiamo inoltre riflettere sulle modalità per supportare i difensori dei diritti umani in Russia meglio di come attualmente facciamo discutendo si possa offrire protezione a chi è in pericolo e le istituzioni europee possano predisporre tempestivamente per loro visti in maniera che lascino la Russia, dove sono in pericolo al punto da rischiare la stessa vita. A parere del gruppo Verts/ALE, è importante che il Parlamento europeo disponga di un centro che divulghi informazioni sulla situazione dei difensori dei diritti umani le cui vite sono in pericolo e si adoperi per aiutarli in collaborazione con le istituzioni. Possiamo fare molto. Anna Politkovskaya una volta ha detto che l’occidente può fare moltissimo, eppure fa così poco.
(Applausi)
Véronique De Keyser, autore. − (FR) Signor Presidente, userò il breve tempo a mia disposizione per chiarire la posizione del mio gruppo, il quale non ha firmato la dichiarazione comune e presenta una risoluzione distinta.
In primo luogo vorrei dire che concordiamo pienamente con la risoluzione comune per quel che riguarda Natalia Estemirova, Zarema Sadulayeva e Alik Dzhabrailov.
Queste nuove uccisioni, che di fatto sono soltanto un esempio degli assassini dei difensori dei diritti umani in Cecenia, ci hanno sconvolto.
Nella nostra risoluzione chiediamo esattamente ciò che chiede la risoluzione comune: condanniamo l’attacco, sollecitiamo un’indagine ed esprimiamo preoccupazione per il deterioramento della situazione dei diritti umani dei militanti in Russia.
La nostra posizione diverge invece in merito all’ulteriore riferimento contenuto nella risoluzione comune a tutti i difensori dei diritti umani e alla situazione della regione del Caucaso settentrionale in generale. A nostro giudizio siffatti riferimenti dovrebbero essere formulati in altra sede e mi impegno a farlo, segnatamente nella risoluzione che precederà il vertice tra Unione europea e Russia. Vorremmo che questa agenda sui difensori dei diritti umani e la loro tutela faccia parte di detta risoluzione, ma anche di tutti i negoziati che in futuro condurremo con la Russia.
Il problema pertanto, aggiungerei, è semplicemente di tempo e luogo. Si tratta di un tema politico che dovrebbe essere affrontato politicamente, non nell’ambito della trattazione dei problemi di attualità. Per questo abbiamo deciso di operare una distinzione. Quanto alla sostanza della questione, siamo ovviamente in totale accordo con gli altri gruppi.
Renate Weber, autore. − (EN) Signor Presidente, mi consenta di esporre all’Aula una serie di fatti. A gennaio, nel centro di Mosca è stato ucciso in pieno giorno l'avvocato per i diritti umani Stanislav Markelov, che rappresentava Anna Politkovskaya, la giornalista assassinata; nell’agguato è rimasta uccisa anche Anastasia Baburova, la giornalista che aveva tentato di proteggerlo.
A luglio, Natalia Estemirova, giornalista e nota attivista russa per i diritti umani, è stata trovata morta in Inguscezia dopo essere stata rapita nella vicina Cecenia da uomini armati. Meno di un mese dopo, un’altra attivista non governativa, Zarema Sadulayeva, e il marito sono stati rapiti e assassinati. Ad agosto il giornalista Malik Akhmedilov è stato ucciso poco dopo essere uscito dalla sua casa in Daghestan. Sei noti giornalisti e attivisti per i diritti umani assassinati in meno di otto mesi.
Questi rapimenti e omicidi sono soltanto la punta di un iceberg rispetto alla grave situazione dei diritti umani in Russia, dove le opinioni indipendenti, espresse da avvocati, giornalisti e altri attivisti, sono messe a tacere con il ricorso sempre più frequente a violenza, minacce e persecuzioni ingiustificate.
Non si può più fingere di non vedere le violazioni dei diritti umani che avvengono in Russia e in particolare nel Caucaso settentrionale. Non si può essere tanto ingenui da credere che una superpotenza come la Russia, che dispone di servizi segreti tra i più efficienti al mondo, non sia in grado di rintracciare e processare i responsabili.
Tutti, a prescindere dall'affiliazione politica, dobbiamo comprendere che l'impunità per chi attenta alla vita degli attivisti per i diritti umani, non può che portare a maggiore violenza e alla diffusione di una cultura dell'illegalità. Secondo quanto previsto dalla Dichiarazione delle Nazioni Unite sui difensori dei diritti umani, le autorità russe devono garantire l’incolumità, la libertà di espressione e la libera circolazione degli attivisti..
Bernd Posselt, autore. – (DE) Signor Presidente, al nostro ex membro più anziano, Otto von Habsburg, una volta è stato chiesto se si fosse mai rammaricato di essere un europarlamentare anziché un imperatore. Egli ha risposto negativamente perché se fosse stato un imperatore avrebbe dovuto chiamare uno sciocco “Sua Eccellenza”, mentre come europarlamentare poteva dire pane al pane e vino al vino. Questo aneddoto mi torna in mente ogni volta che parliamo di diritti dell’uomo.
Non siamo un organo diplomatico. Siamo un organo parlamentare politico. Possiamo dire la verità. Un detto dice “Il pesce puzza dalla testa”. Questi incidenti e assassini nel Caucaso, e vorrei ringraziare l’onorevole Weber per la chiarezza del suo intervento, non sono affatto casuali od opera di una qualche forza oscura. Da quanto Putin è salito al potere, in relazione alla questione della Cecenia e alla misteriosa esplosione di abitazioni a Mosca, si è piuttosto verificata per anni una sequela di fatti di sangue che riconduce sempre alla Cecenia e colpisce persone innocenti: civili e, in particolare, difensori dei diritti umani che, come quelli citati, molti dei quali ci erano noti personalmente, non soltanto si adoperano per i diritti umani dei ceceni, bensì anche per una Russia democratica, un’intesa tra i popoli della Cecenia e della Russia e la pace nel Caucaso. Queste persone vengono uccise, una dopo l’altra.
Onorevole De Keyser, per questo è stato necessario tenere una discussione su problemi di attualità. Ci renderemmo ridicoli se di fronte all’assassinio, sotto i nostri occhi, di una donna elogiata in quest’Aula e che ci ha reso visita a Strasburgo per il suo impegno nei confronti dei diritti umani dovessimo rinviare la discussione sull’argomento a data da destinarsi.
La Russia ci osserva attentamente per verificare se siamo capaci di rispondere immediatamente e noi dobbiamo farlo dicendo con estrema chiarezza: basta con le uccisioni, basta con le violazioni dei diritti umani; concedete la libertà alla Cecenia e alla Russia, ma soprattutto smettetela con le violazioni sistematiche dei diritti umani e le uccisioni in circostanze misteriose.
Tomasz Piotr Poręba (ECR), autore. – (PL) Signor Presidente, ancora una volta la questione delle violazioni dei diritti umani in Russia ricompare all’ordine del giorno del Parlamento europeo.
Oltre alla persecuzione sistematica di minoranze religiose ed etniche, si uccidono regolarmente difensori dei diritti umani. Giornalisti e operatori di organizzazioni non governative in Russia rischiano la vita quotidianamente nello svolgimento del proprio operato. Minacce, rapimenti, torture, detenzioni arbitrarie e uccisioni stanno diventando un luogo comune. Il fatto che le autorità russe non siano attivamente impegnate nelle indagini in merito a tali reati, il fatto che non si siano raggiunti risultati concreti e gli autori restino impuniti, non soltanto dimostra la totale inefficacia delle azioni delle autorità, bensì anche il loro tacito consenso, la loro indifferenza.
Il rispetto dei diritti umani dovrebbe essere un tema fondamentale delle relazioni tra Unione europea e Russia. E’ nostro dovere chiedere alla Russia di garantire lo svolgimento di indagini adeguate ed efficaci affinché gli autori di tali misfatti siano puniti e si ponga fine a questi gesti esecrabili.
Cornelia Ernst, autore. – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, essendo una parlamentare neoeletta, vorrei esordire affermando che i temi dei diritti umani sono estremamente importanti per il mio partito, la sinistra tedesca, che condanna qualunque forma di violazione dei diritti umani, prescindendo dal luogo in cui viene perpetrata o dal suo autore. Ciò non ha nulla a che vedere con l’ingerenza negli affari interni di un paese.
Da anni sono realmente allarmata e oltraggiata dalle numerose uccisioni di difensori dei diritti umani coinvolti nella situazione cecena. Natalia Estemirova, Stanislav Markelov, Zarema Sadulayeva sono esempi di morti veramente sconvolgenti. E’ dunque importante che il Parlamento si interessi debitamente della questione.
Mi preoccupa il fatto che casi come l’assassinio di Anna Politkovskaya non siano oggetto di alcuna indagine. Qualora il processo dovesse essere riaperto, spero con tutto il cuore che gli autori vengano individuati e arrestati, altrimenti si rischierebbero altri spargimenti di sangue: l’impunità equivarrebbe a una sorta di licenza a commettere altri atti di questo genere. Ciò che ci aspettiamo è solo un’indagine immediata e approfondita in merito alle vicende. La questione deve essere affrontata impietosamente. La Russia non deve più attendere, bensì iniziare a lottare essa stessa per salvaguardare i diritti umani. Non possiamo tollerare che proteggere i diritti umani corrisponda in qualche modo a una condanna a morte. Credo inoltre che l’imminente vertice UE-Russia debba affrontare tali argomenti con urgenza, non soltanto come questioni collaterali, ma con tutto il rilievo che meritano.
Personalmente mi aspetto peraltro che i temi dei diritti umani vengano discussi con onestà anche in quest’Aula. Avrei infatti preferito che non se ne parlasse il giovedì pomeriggio perché l’argomento dovrebbe coinvolgerci come quelli di carattere economico. Spesso accade che a tali temi venga attribuita una priorità secondaria. Noi vogliamo che l’atteggiamento cambi e mi premeva dirvelo.
Filip Kaczmarek, a nome del gruppo PPE. – (PL) Signor Presidente, in un paese con un tasso di criminalità elevato si potrebbe avanzare la teoria che le morti dei difensori dei diritti umani siano soltanto una coincidenza. Certo sono una coincidenza se si considera che, parlando in termini generali, sono molte le vittime della criminalità in questi paesi. Oggi, 17 settembre, non posso non rammentarvi un triste anniversario, il settantenario dell’invasione sovietica della Polonia. Dopo tale invasione, le truppe sovietiche hanno ucciso perlomeno 21 768 cittadini polacchi. Perché ho citato tale circostanza? Perché ora i russi sostengono che si trattava di ordinaria criminalità, così come le uccisioni dei difensori dei diritti umani sono “reati ordinari”.
La gravità del fenomeno degli assassini di difensori dei diritti umani in Russia è tale che definirlo “criminalità ordinaria” è pura follia. La teoria che tali uccisioni siano “coincidenze” non è sostenibile. La sistematicità di tali assassini significa che nel clima sociale e politico in Russia vi deve essere qualcosa che ha causato tali frequenti uccisioni. Il fatto che il problema non venga preso sul serio dipende dalla crisi morale nel paese, dalla tendenza a banalizzare la morte, dalla disumanizzazione, dal relativismo e dalla scomparsa dei valori. Penso che la nostra risoluzione sia equilibrata e aiuterà i russi a risolvere la questione.
Justas Vincas Paleckis, a nome del gruppo S&D. – (LT) Signor Presidente, il gruppo S&D non può restare indifferente dinanzi alle recenti uccisioni di difensori dei diritti umani in Russia. Anna Politkovskaya, Natalia Estemirova, Zarema Sadulayeva e Andrei Kulagin non devono essere morti invano. Condanniamo recisamente gli autori di tali barbari atti e il fatto che purtroppo in alcune regioni della Russia vige un’atmosfera di impunità, per cui non vi è alcuna indagine sugli assassini politici.
Il presidente russo Dmitry Medvedev ha promesso che gli autori delle uccisioni saranno individuati e puniti. La sua reazione è stata più decisa rispetto a quella del precedente presidente. Per il momento, però, sono soltanto parole. Il tempo ci dirà se le autorità russe sono in grado di assolvere gli impegni assunti, così importanti per i cittadini del paese e la comunità internazionale. A nostro parere la valutazione contenuta nella risoluzione proposta per quanto concerne gli interventi che la Russia dovrebbe attuare nel Caucaso settentrionale esula dall’ambito di una risoluzione, per cui i socialdemocratici hanno deciso di adottare un proprio documento distinto. I socialdemocratici sono persuasi che la situazione dei diritti umani in Russia migliorerebbe realmente se si intensificassero le consultazioni UE-Russia in materia, alle quali dovrebbero contribuire attivamente il Parlamento europeo, la duma russa, ma anche le organizzazioni civili, sociali e operanti nel campo dei diritti umani nell’Unione e in Russia. Ribadiamo che la salvaguardia dei diritti umani va discussa approfonditamente nel corso della prossima riunione dei leader dell’Unione e della Russia. La questione sta diventando parte imprescindibile del nuovo accordo UE-Russia.
Laima Liucija Andrikienė (PPE). – (LT) Signor Presidente, l’odierna discussione e la risoluzione del Parlamento europeo sulle uccisioni di difensori dei diritti umani in Russia sono particolarmente importanti, specialmente adesso che ci giungono continue comunicazioni sugli assassini in Russia dei difensori dei diritti umani Natalia Estemirova, Alik Dzhabrailov, Zarema Sadulayeva e altri. L’Unione europea non può restare indifferente dinanzi all’efferatezza di tali gesti. Nelle nostre relazioni con la Russia dobbiamo sottolineare, e di fatto lo facciamo, che le indagini al riguardo procedono con eccessiva lentezza per concludersi, di norma, senza aver individuato alcun colpevole. Tale pratica inaccettabile sta diventano la norma in Russia, soprattutto nel caso dei reati in Cecenia, per i quali praticamente vige l’impunità. Uno dei nostri valori fondamentali è il rispetto dei diritti umani, della dignità umana e della vita umana. Nessun interesse pratico può porsi al di sopra di un siffatto valore. Penso che per questioni di onore il presidente russo Medvedev dovrebbe garantire che venga profuso il massimo impegno nell’indagare sui casi di rapimento e assassinio che coinvolgono difensori dei diritti umani e portare i colpevoli dinanzi alla giustizia.
Tunne Kelam (PPE). – (EN) Signor Presidente, in Russia la situazione dei diritti umani è peggiorata e rivolgiamo quindi un appello alle autorità russe affinché si facciano tutto il possibile per proteggere i difensori dei diritti umani. Sappiamo che manca proprio l’elemento cruciale rappresentato da questo “tutto”, da ciò che potrebbe tranquillamente essere fatto, dal momento che il Cremlino esercita un'influenza decisiva sulle strutture decisionali e giudiziarie del paese. Proprio per questo motivo, l'incapacità del sistema giudiziario russo di garantire l’incolumità degli attivisti per i diritti umani porta a ipotizzare la complicità del regime.
Il nostro messaggio di oggi è indirizzato ai governi europei e alla Commissione: finché il Cremlino ritiene che le preoccupazioni europee per le sorti degli attivisti per i diritti umani si limitino a dichiarazioni prive di conseguenze sulle relazioni economiche, il premier Putin e il presidente Medvedev possono ritenere che l’UE non abbia tratto alcuna lezione dallo sfrontato assassinio di Anna Politkovskaya.
Bogusław Sonik (PPE). – (PL) Signor Presidente, stiamo discutendo in merito alle violazioni dei diritti umani in Russia in un giorno che riveste un notevole valore simbolico. Esattamente 70 anni fa, il 17 settembre 1939, l’armata rossa, collusa con Hitler, ha occupato un terzo della Polonia, che allora stava combattendo contro l’invasione tedesca. Le forze di Stalin hanno assassinato migliaia di polacchi e centinaia di migliaia sono stati condotti con la forza nei campi di lavoro sovietici. A Katyń migliaia di ufficiali polacchi sono stati uccisi per ordine di Stalin. Per noi il 17 settembre rimarrà per sempre un giorno di ignominia per la Russia stalinista.
La Russia di oggi non è abbastanza coraggiosa da affrontare questa terribile verità. Il suo attuale governo fornisce giustificazioni per nulla convincenti in merito alla loro ex alleanza con Hitler. A oggi Mosca di rifiuta di concedere l’accesso agli archivi del massacro di Katyń.
Le storie di molti paesi sono costellate di eventi tragici. La capacità di un paese di confrontarsi con il suo passato e denunciare ciò che va denunciato nella propria storia ci dà la misura del suo grado di maturità. L’odierna Germania è un esempio di tale atteggiamento. Soltanto allora il passato cesserà di essere un fardello per l’attuale Russia e le consentirà di entrare a testa alta nella comunità nazioni libere e democratiche. Soltanto allora la Russia sarà in grado, una volta per tutte, di liberarsi dal macigno del suo passato stalinista e smettere di combattere contro i propri cittadini, che attualmente mettono a repentaglio la propria vita per difendere le libertà fondamentali e i diritti umani.
Rendiamo onore alle vittime di queste uccisioni. Vi ricorderemo tutti.
Rui Tavares (GUE/NGL). – (PT) Signor Presidente, onorevoli colleghi, buon pomeriggio. L’assassinio di Natalia Estemirova ha destato profondo cordoglio in tutti noi in quest’Aula perché abbiamo appreso della sua cattura lo stesso giorno in cui ci siamo riuniti in questa sede per la prima volta e della sua morte poche ore dopo. Vicende del genere non possono non commuovere chiunque, ovunque nel mondo. Come ha già affermato poc’anzi la collega Ernst, credo fermamente che la sinistra debba difendere i diritti umani e i difensori dei diritti umani ovunque, prescindendo dal paese in cui si trovano.
Questi attacchi, questi assalti contro i difensori dei diritti umani in Russia, hanno prodotto effetti estremamente preoccupanti. Perpetrati a scopi intimidatori, saranno sicuramente molto traumatici per tutti coloro che intendono difendere i diritti umani nel paese. Sono pertanto il primo passo di un’offensiva che successivamente porterà al deterioramento dell’intera situazione dei diritti umani, per non parlare di quelli degli stessi difensori.
Gli effetti di tali uccisioni sono quindi imprevedibili e preoccupanti. Senza un’indagine giudiziaria rapida ed efficace e senza alcuna garanzia del rispetto della sicurezza dei difensori dei diritti umani, la situazione potrebbe in realtà diventare estremamente grave. Per questo voterò con grande piacere l’odierna risoluzione e ne seguirò gli appelli alle autorità russe affinché proteggano i difensori dei diritti umani.
Provengo dal Portogallo, dall’altro capo dell’Europa, e la prossima settimana mi recherò in Russia. Domani andrò all’ambasciata russa per ottenere il visto. Penso che le relazioni tra Europa e Russia siano della massima importanza e l’Europa debba molto al paese. La prima cosa che le deve è la sincerità e la chiarezza nella salvaguardia dei diritti umani e delle libertà dei nostri concittadini russi in Europa.
Eija-Riitta Korhola (PPE). – (FI) Signor Presidente, la sua lingua è talmente bella che ho deciso di provare a ringraziarla in ungherese: köszönöm. Onorevole Tavares, vorrei ora rispondere alle sue osservazioni. Il lavoro a favore dei diritti umani non è soltanto compito della sinistra; è compito anche nostro, al centro-destra, e speriamo che questo ci incoraggi a collaborare. L’onorevole Ernst ha formulato un’affermazione giustissima. Noi stiamo discutendo l’argomento qui, in questa sede, mentre in plenaria la maggior parte dei colleghi è già sulla strada del rientro. Dobbiamo adoperarci insieme affinché questo argomento divenga una priorità politica.
Sono stata membro della commissione per gli affari esteri e nel momento in cui è stata costituita la sottocommissione per i diritti umani sono stata membro anche di quella. Quando formulavo emendamenti, talvolta li presentavo alla commissione per gli affari esteri e i miei colleghi mi chiedevano perché continuassi a presentare emendamenti sui diritti umani in quella sede visto che era stata costituita un’apposita commissione allo scopo. All’epoca pensavo che qualcosa non funzionava se la nostra sottocommissione per i diritti umani era destinata a diventare un ghetto o i diritti umani appannaggio esclusivo di tale organo. Lavoriamo insieme per evitare che ciò accada.
Kristian Vigenin (S&D). – (BG) Signor Presidente, signora Commissario, ho trovato insulso l’intervento dell’onorevole Posselt. Vorrei infatti sottolineare che i conseguimenti dell’onorevole De Geyser nella difesa dei diritti umani non possono essere rimessi in discussione in un dibattito di questa portata. La collega si è dimostrata una persona decisiva per condurre il lavoro svolto al riguardo da questa Camera.
In nessuna circostanza consentirò che si metta in discussione l’impegno del gruppo S&D per quanto concerne la protezione dei diritti umani poiché non ritengo che sia giusto farlo, visto che ci siamo adoperati in tal senso anche quando il gruppo dell’onorevole Posselt cercava di banalizzare i crimini di Guantanamo e il trattamento dei prigionieri in Iraq da parte delle truppe americane.
In merito al tema dei diritti umani in Russia, persiste effettivamente un grave problema che riconosciamo. La risoluzione presentata è sufficientemente incisiva e dura in proposito. Riteniamo nondimeno che il Parlamento debba concentrarsi su tali aspetti e non semplicemente riproporre ogni volta un lungo elenco di problemi nelle nostre relazioni con la Russia se sugli aspetti in questione non hanno alcuna incidenza.
Al riguardo continueremo a mandare una delegazione del gruppo S&D alle trattative a Mosca la prossima settimana, occasione nella quale si solleverà specificamente questo tema. Non sfruttiamo emergenze nel campo dei diritti umani come questa per stilare elenchi delle diverse problematiche. Non è questo lo scopo dell’odierno dibattito.
Miroslav Mikolášik (PPE). – (SK) Signor Presidente, vorrei esprimere tristezza e profonda inquietudine per le vicende verificatesi nel giugno di quest’anno nella Federazione russa. Mi sento scosso dalle brutali uccisioni di attivisti russi come Natalia Estemirova, Andrei Kulagin e altri, che partecipavano al sostegno dei diritti umani promuovendo verità e giustizia. Dobbiamo profondere il massimo impegno per individuare i colpevoli, arrestarli e punirli. Apprezzo e appoggio le misure che vanno prese per affrontare tali circostanze.
Vi è stata peraltro una violazione degli accordi internazionali nell’agosto 2008 quando, durante il conflitto tra Russia e Georgia, le forze armate russe hanno attaccato zone abitate e non sono riuscite a salvaguardare i civili da una violazione dei loro diritti da parte dei combattenti armati dell’Ossezia meridionale su un territorio che di fatto era sotto il controllo russo. Il governo russo deve affermare inequivocabilmente che non si tollereranno violazioni dei diritti umani.
Charles Tannock (ECR). – (EN) Signor Presidente, in Russia si sta diffondendo una cultura dell'impunità riguardo ai crimini ai danni dei difensori dei diritti umani. I giornalisti che osano mettere in discussione la posizione ufficiale su determinati temi vengono perseguitati; i crimini violenti vengono commessi prevalentemente contro le minoranze etniche e rimangono spesso impuniti. Gli attivisti che chiedono maggiori libertà vengono isolati se non addirittura messi a tacere con l’uso della forza.
Non è semplice determinare con chiarezza quale sia l'origine delle minacce contro i difensori dei diritti umani in Russia, ma spesso le autorità giudiziarie russe lasciano impuniti abusi e mantengono un atteggiamento di scarsa intraprendenza.
La Russia ormai è abituata all’atteggiamento ambiguo dell’UE: lo dimostra chiaramente il modo in cui l’Unione ha reagito all’azione della Russia nei confronti dell’Ucraina o della sua invasione e occupazione del territorio sovrano della Georgia l’estate scorsa.
E’ evidente che dalle buone relazioni con la Russia dipendono questioni di importanza strategica, che tuttavia non possono prevalere sul dovere di tutelare le libertà fondamentali e gli obiettivi europei condivisi, che la stessa popolazione russa dovrebbe poter condividere in pace e sicurezza.
Krisztina Morvai (NI). – (HU) Signor Presidente, sono professionalmente impegnata nella protezione dei diritti umani da 25 anni. Per questo, in particolare in veste di avvocato, provo un profondo sentimento di solidarietà quando penso ai colleghi che hanno perso la vita per una professione che reputo meravigliosa. Vorrei anche, proseguendo nello stesso spirito, manifestare la mia profonda solidarietà alle loro famiglie e ai loro cari.
In un momento come questo quale azione è giusto intraprendere? Chiedere un’indagine immediata, approfondita, svolta dalle agenzie statali competenti. Vorrei che questo Parlamento avesse la fiducia e l’autorità morale per farlo. Temo tuttavia che non sia così. Perché? Perché richieste come questa vengono formulate unicamente a Stati extracomunitari. Il discorso è invece diverso quando si tratta di diritti umani manifestamente violati in uno Stato membro dell’Unione europea, come è accaduto nel mio paese, l’Ungheria, quando si è sparato sulla popolazione a una manifestazione di massa, cui hanno partecipato diverse migliaia di persone, organizzata dal partito dell’uomo che attualmente presiede la sessione, il vicepresidente Pál Schmitt, per commemorare l’anniversario della rivoluzione del 1956 e la lotta per la libertà. Il Parlamento non ha condotto alcuna indagine sul caso e la situazione di crisi perdura da allora.
Temo che fintantoché questo non accadrà, fintantoché un membro del governo che ha sanzionato la sparatoria potrà essere vicepresidente della commissione parlamentare per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni, non potremo godere di alcuna fiducia reale né autorità morale in un altro paese al di fuori dell’Unione europea per chiedere che venga svolta un’indagine del genere. Vi invito pertanto a proporre e chiedere che venga condotta un’indagine immediata sulle violazioni dei diritti umani in Ungheria. Grazie.
Cristian Dan Preda (PPE). – (RO) Signor Presidente, vorrei esordire affermando che sono deluso per il fatto che quando si discuteva in merito alla crisi del settore lattiero-caseario la Camera era gremita, mentre ora la discussione sui diritti umani ci vede presenti in non più di 40. E’ triste che le cose vadano così. Non dico che la crisi del settore lattiero-caseario non sia importante, ma un problema come quello dei diritti umani ha una rilevanza politica fondamentale per ciascuno di noi.
Vorrei aggiungere inoltre che ritengo totalmente inaccettabile l’idea che quest’anno in cui, come sappiamo, molti paesi dell’Europa centrorientale stanno celebrando il ventennale del crollo del comunismo, una potenza proprio alle nostre porte, in cui hanno avuto origine tali regimi comunisti, dimostri cotanta indifferenza nei confronti di reati commessi contro difensori dei diritti umani. Credo che ognuno di noi debba affermare con chiarezza la propria rottura con il totalitarismo.
Meglena Kuneva, membro della Commissione. − (EN) Signor Presidente, la discussione odierna sulla situazione degli attivisti per i diritti umani in Russia avviene in un momento quanto mai opportuno: la recente ondata di violenza contro i difensori dei diritti umani ha messo in evidenza i gravi rischi che essi corrono nello svolgimento della propria attività. In molti hanno già pagato con la vita l’impegno a svelare violazioni ai danni dei diritti umani. Rendiamo omaggio alle vittime e a tutti coloro che portano avanti il proprio lavoro nonostante il clima estremamente difficile.
Le violenze contro i difensori dei diritti umani si sono verificate in prevalenza nel Caucaso settentrionale, in un contesto di crescente instabilità. La Commissione conosce molti di questi partner autorevoli impegnati ad attuare progetti sui diritti umani. Civili innocenti, tutori dell’ordine pubblico e funzionari governativi hanno perso la vita nei continui scontri in corso nella regione.
Le violenze contro i difensori dei diritti umani non si limitano tuttavia al Caucaso settentrionale: attentati, intimidazioni e violenze contro attivisti, avvocati e giornalisti indipendenti si sono verificati in tutta la Federazione russa. L’Unione europea deve continuare a opporsi a queste violenze e insistere affinché la Russia mantenga gli impegni presi in qualità di paese membro delle Nazioni Unite, dell’OCSE e del Consiglio d’Europa.
E’ necessario avviare indagini sugli attentati contro gli attivisti della società civile, per identificare e condannare quanto prima i responsabili. Soltanto un’azione giudiziaria efficace e legittima contro questi assassinii permetterà di dissipare l’attuale clima di paura e impunità.
Il presidente Medvedev ha criticato il cosiddetto “nichilismo giuridico” diffuso in Russia e l’Unione europea è pronta a sostenere il paese nella riforma del sistema giudiziario. L’UE è lieta dell’opportunità di confrontarsi con le autorità russe su questioni legate ai diritti umani e apprezza l’atteggiamento di maggiore apertura assunto dal presidente Medvedev nelle discussioni con l’UE su questi temi.
Il prossimo vertice UE-Russia rappresenta un’ulteriore occasione per proseguire questo confronto, che va completato con scambi tra esperti in materia: le consultazioni regolari tra UE e Russia sui diritti umani consentono infatti di ampliare la portata delle discussioni e la rosa di interlocutori con cui affrontare le tematiche legate ai diritti umani.
L’incolumità degli attivisti per i diritti umani deve costituire un obiettivo prioritario. Invitiamo le autorità russe a compiere ogni possibile sforzo perché i responsabili incaricati di far luce sulle violazioni dei diritti umani possano compiere il proprio lavoro senza paura di subire violenze o intimidazioni.
Presidente. – La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà al termine della discussione.
Presidente. − Comunico di aver ricevuto cinque proposte di risoluzione(1) sul Kazakstan e il caso Yevgeny Zhovtis ai sensi dell’articolo 122.
Heidi Hautala, autore. − (FI) Signor Presidente, vorrei formulare un’osservazione finale sulla discussione che abbiamo appena tenuto per dire che, in veste di presidente della sottocommissione per i diritti umani, ho recentemente inviato una lettera alla conferenza delle presidenze delle commissioni per chiedere che venga presa in esame la possibilità di proseguire le discussioni in maniera che vi possa essere la necessaria partecipazione parlamentare e il Consiglio possa svolgervi un ruolo più prominente. Spero che i colleghi dei vari gruppi discuteranno la questione con i presidenti di gruppo perché l’autorità del Parlamento è costantemente erosa dalla scarsa presenza di parlamentari in Aula nelle varie occasioni.
Passiamo ora al caso Zhovtis. Il Kazakstan è un importante paese dell’Asia centrale e il prossimo anno assumerà la presidenza dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa. Non è dunque indifferente come i reati vengono giudicati in un paese che guiderà le aspirazione democratiche di tutti i paesi in una vasta area dell’Europa. Non possiamo pertanto non soffermarci sul caso del difensore dei diritti umani Yevgeny Zhovtis, accusato di omicidio colposo in circostanze molto sospette e condannato a quattro anni in semilibertà per aver investito un pedone nel luglio di quest’anno.
Non va trascurato il fatto che l’OSCE si è domandata se la procedura applicata Zhovtis non abbia violato il principio del giusto processo garantito dalla costituzione kazaka. Il Parlamento europeo deve inoltre tenere vivo questo dibattito con il Consiglio e la Commissione in maniera che possano sollevare la questione di questo caso ed esigere un giusto processo.
Signor Presidente, il Parlamento europeo può esercitare un’influenza notevole sulla misura in cui i paesi dell’Asia centrale avallano il principio dello Stato di diritto tenendo traccia dei singoli casi, e il caso di Yevgeny Zhovtis rientra senza dubbio in questa fattispecie.
Justas Vincas Paleckis, autore. − (LT) Signor Presidente, si avvicina il momento in cui il Kazakstan presiederà l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, ma purtroppo il paese sta derogando agli impegni assunti per quanto riguarda il suo allineamento agli standard europei. Sottolineando ingiustificatamente la sua natura unica e speciale, il paese non dimostra alcun riguardo per le raccomandazioni dell’OSCE in merito alle leggi elettorali e alla libertà di stampa. Le reiterate violazioni dei diritti umani e la persecuzione diretta dei loro difensori desta sempre più dubbi quanto all’idoneità del paese a guidare un’organizzazione che lotta per l’attuazione di principi democratici. Invitiamo Astana a compiere progressi concreti nel campo della democratizzazione, della tutela dei diritti umani, dello Stato di diritto e della libertà di stampa. Le leggi kazake basate sul diritto internazionale devono essere applicate in maniera appropriata e trasparente nei procedimenti giudiziari contro i difensori dei diritti umani Yevgeny Zhovtis, Yesingepov e Dubanov. Dobbiamo sperare e chiedere che le sentenze siano imparziali e il coinvolgimento dei detenuti nel movimento in difesa dei diritti umani non influisca sul verdetto. Esortiamo il Consiglio a sollevare la questione dei casi di questi difensori dei diritti umani in occasione della prossima riunione di dialogo sui diritti umani UE-Kazakstan in ottobre. Chiediamo inoltre alla Commissione di prestare incessantemente assistenza al paese nei preparativi alla presidenza dell’OSCE per garantire che questa importante organizzazione internazionale non risulti compromessa.
Renate Weber, autore. − (EN) Signor Presidente, desidero esprimere la mia solidarietà alla famiglia delle vittime dell’incidente stradale in cui è rimasto coinvolto Yevgeny Zhovtis, una tragedia che purtroppo è costata la vita a un uomo. Vorrei esprimere altresì la mia preoccupazione per l’attuale situazione in cui si trova l’avvocato Yevgeny Zhovtis.
Chiunque commetta un crimine deve accettare il fatto che le sanzioni penali previste saranno applicate indiscriminatamente e l’avvocato Zhovtis, autorevole esponente dei diritti umani, lo sa meglio di chiunque altro. Desideriamo altresì evitare che le autorità kazake approfittino di questa sfortunata circostanza per punire l’avvocato Zhovtis per presunte responsabilità che esulano dall’incidente automobilistico in cui è rimasto coinvolto: non deve essere perseguito per la sua attività legata ai diritti umani e per aver criticato aspramente il governo kazako.
Ritengo pertanto estremamente importante che le autorità giudiziarie kazake effettuino immediatamente, e nel pieno rispetto della trasparenza e dello stato di diritto, una seconda inchiesta riguardo alle circostanze dell’incidente e rivedano le motivazioni dell’arresto e della condanna dell’avvocato Zhovtis.
Elisabeth Jeggle, autore. − (DE) Signor Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, vorrei esordire dicendo che il mio gruppo si è in qualche modo sorpreso nel prendere atto della valutazione giudiziaria di un incidente automobilistico drammatico all’ordine del giorno come risoluzione urgente su questioni di diritti umanitari.
Per il gruppo PPE è dunque fondamentale stabilire che in linea di principio non intendiamo mettere in discussione le sentenze pronunciate da una corte indipendente, a meno che il processo non sia un’evidente messinscena che non rispetta alcun principio di diritto. Lo abbiamo già visto in Iran. Dobbiamo tracciare una linea chiara. Per quanto ci riguarda, un sistema giudiziario indipendente è l’elemento fondamentale di qualunque ordinamento democratico. Ciò premesso, dobbiamo prima prendere atto della pena inflitta.
Occorre inoltre prendere atto della circostanza che una persona è rimasta uccisa in un incidente automobilistico, il che non può non rattristarci e di fatto ci rattrista. Vi è stato però anche un procedimento giudiziario. Il fatto che Yevgeny Zhovtis, noto difensore dei diritti civili, sia coinvolto in tale caso lo ha portato all’attenzione del mondo e ha sollecitato una risposta a seguito della quale oggi stiamo discutendo in questa sede.
Il gruppo PPE riconosce gli sforzi e i progressi del Kazakstan verso la democrazia e lo Stato di diritto. Vorremmo rassicurare il paese in merito al nostro esplicito sostegno e incoraggiarlo a proseguire risolutamente lungo la strada intrapresa. Quanto al caso specifico, invitiamo le autorità kazake, nel loro interesse, a fornire al pubblico il maggior numero di informazioni possibile ed esporre la propria posizione su tali vicende, oltre a consentire che abbia luogo una procedura di appello o revisione equa a favore di Yevgeny Zhovtis nel quadro dello Stato di diritto.
Il Kazakstan presiederà l’OSCE. Sarà un compito tutt’altro che semplice!
Struan Stevenson, a nome del gruppo ECR. – (EN) Signor Presidente, devo convenire con l’onorevole Jeggle. Sono sinceramente sconcertato dal fatto che questa plenaria stia tenendo una discussione urgente su un incidente d’auto avvenuto in Kazakstan, sebbene si tratti di una tragica circostanza in cui una persona ha perso la vita e in cui al volante si trovava un attivista per i diritti umani che è stato legittimamente condannato da un tribunale a quattro anni di reclusione in un carcere a bassa sicurezza che, improvvisamente, nella risoluzione è diventato un “campo di lavoro”. Temo che portare una simile questione all’attenzione di quest’Aula non faccia che arrecarle discredito: se adesso ci mettiamo a parlare di incidenti stradali, significa che attribuiamo ben poca importanza ai nostri obiettivi nell’ambito dei diritti umani.
Intendiamo davvero sostenere che il governo kazako abbia fatto in modo che un civile venisse lanciato sotto le ruote dell’auto di un attivista per i diritti umani? Intendiamo davvero sostenere che la condanna sia stata eccessivamente severa a fronte di un’accusa per omicidio colposo? Non possiamo seguitare a calunniare un paese come il Kazakstan soltanto sulla base di motivazioni politiche, allo scopo di infangarne la reputazione prima che assuma la presidenza dell’OSCE l’anno prossimo. Questa è una motivazione politica ed è una vergogna che sia stata messa all’ordine del giorno. Mi auguro che l’Aula accantoni queste risoluzioni e sostenga gli emendamenti.
Janusz Wojciechowski (ECR). - (PL) Signor Presidente, nutro dubbi analoghi a quelli del collega che mi ha preceduto, l’onorevole Stevenson. Il Kazakstan è un paese importante che sta profondendo notevole impegno in termini di progressi verso la democrazia. Come è ovvio, al momento non è un modello di libertà democratiche, ma la situazione dei diritti civili nel paese, e conosco un po’ il Kazakstan per essermi recato lì in diverse occasioni, è notevolmente migliore rispetto a quella della maggior parte dei paesi confinanti della regione e per fortuna non presenta il genere di problemi esistenti per esempio in Russia, in merito ai quali abbiamo appena discusso.
Condivido la posizione dell’onorevole Stevenson secondo cui il Parlamento europeo non dovrebbe sfruttare la propria autorità per manifestare la propria posizione circa un singolo caso giudiziario drammatico. Può essere che nella fattispecie occorrano alcune precisazioni, ma sicuramente non una risoluzione del Parlamento europeo. Ciò sminuirebbe il valore della risoluzione e i cittadini smetterebbero di ascoltare la voce del Parlamento se fosse distratto da questioni che non meritano una discussione generale o una risoluzione parlamentare.
Eija-Riitta Korhola (PPE). – (FI) Signor Presidente, il Kazakstan ha un ruolo importante da svolgere in Asia centrale sia dal punto di vista economico sia in termini di politica di sicurezza e la cooperazione del paese con l’Unione europea si è intensificata. Mi ha fatto piacere udire il ministro degli esteri kazako Marat Tashin promettere lo scorso anno, in vista della presidenza dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, e nuovamente nel maggio di quest’anno, miglioramenti della situazione dei diritti umani del paese. Nonostante l’attenzione internazionale, tuttavia, vi è stato un controllo maggiore dei mezzi di comunicazione e i livelli di libertà di religione sono bassi. Abbiamo inoltre appreso di diversi casi di arresti arbitrari di difensori dei diritti umani.
La pena inflitta al difensore dei diritti umani Yevgeny Zhovtis solleva anche un interrogativo ed è nell’interesse del governo kazako fugare ogni dubbio al riguardo, tanto più ora, in vista dell’imminente mandato di presidenza dell’OSCE. Speriamo per il meglio e attendiamo che le questioni si dirimano.
Bernd Posselt (PPE). – (DE) Signor Presidente, in primo luogo vorrei dire che mi compiaccio per il ritorno dell’onorevole Hautala. La collega è tuttavia mancata per alcuni anni e durante tale periodo il giovedì pomeriggio abbiamo avuto il Consiglio. Le presidenze ceca e tedesca venivano in Parlamento il giovedì. Non ritengo che dovremmo spostare il dibattito perché non possiamo fare tutto il mercoledì, per cui dobbiamo essere qui e indurre anche il Consiglio a essere presente il giovedì pomeriggio. Questa è la soluzione, non certo condensare l’intero ordine del giorno il mercoledì.
Il caso in discussione è obiettivamente molto difficile. Nondimeno, proprio perché non possiamo avere piena fiducia del governo kazako per quanto concerne lo Stato di diritto, occorre insistere affinché sul caso si indaghi in maniera oggettiva. In proposito, sostengo pienamente l’onorevole Jeggle. Abbiamo pertanto firmato la risoluzione. Sulla questione occorre condurre un’indagine obiettiva e nulla deve essere mascherato o dissimulato.
Meglena Kuneva, membro della Commissione. − (EN) Signor Presidente, la Commissione ha espresso preoccupazione per le irregolarità procedurali riscontrate nel processo al difensore kazako dei diritti umani, avvocato Yevgeny Zhovtis, accusato di omicidio colposo in seguito a un tragico incidente stradale. Com’è noto, le autorità kazake hanno respinto le accuse secondo cui la sentenza contro l’avvocato Zhovtis si fondava su motivazioni politiche.
La Commissione condivide pienamente la dichiarazione della presidenza europea sul caso, presentata al Consiglio permanente OSCE il 10 settembre. Considerata la gravità delle presunte lacune nelle indagini e nel procedimento, ci rivolgiamo al Kazakstan – che si appresta ad assumere la presidenza dell’OSCE – affinché l’appello si svolga nel pieno rispetto del diritto nazionale e degli standard internazionali. La Commissione continuerà a seguire attentamente il caso.
Presidente. – La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà al termine delle discussioni.
Presidente. − Comunico di aver ricevuto sei proposte di risoluzione(1) sulla Siria: il caso Muhannad Al Hassani ai sensi dell’articolo 122.
Franziska Katharina Brantner, autore. − (EN) Signor Presidente, vorrei illustrare il caso di Muhannad Al Hassani, arrestato per aver difeso i diritti umani dei suoi compatrioti siriani.
Muhannad Al Hassani rivestiva un importantissimo ruolo di osservatore in tutti i procedimenti portati davanti alla Corte suprema di sicurezza dello Stato e nella redazione di resoconti sulle condizioni dei detenuti in Siria. Attualmente egli stesso è stato arrestato e incarcerato.
Chiediamo che la Siria ottemperi ai propri obblighi e rispetti gli accordi internazionali relativi ai diritti civili e politici e la Convenzione ONU contro la tortura, che ha di fatto sottoscritto. Chiediamo inoltre che cessi la repressione contro gli attivisti per i diritti umani e le loro famiglie e il rilascio dei difensori dei diritti civili, dei detenuti politici e degli attivisti per la pace attualmente detenuti.
Il gruppo Verts/ALE ha inoltre proposto all’Unione europea di adottare una road map prima di sottoscrivere l’accordo di associazione volto a definire i nostri obiettivi rispetto ai progressi da compiere nell’ambito dei diritti umani.
Il diritto internazionale prevede una serie di obblighi che gli Stati sono tenuti a rispettare e spetta anche a noi, e in particolare all’UE nel suo complesso, assicurarci che questo requisito sia recepito pienamente anche dall’accordo di associazione, al fine di rafforzarlo ulteriormente.
Il nostro impegno è rivolto in questa direzione. Vi ringrazio per aver sostenuto la risoluzione.
Véronique De Keyser, autore. − (FR) Signor Presidente, confesso di essere confusa, triste e delusa.
Sono confusa perché senza dubbio, in termini di relazioni internazionali, la Siria ha compiuto progressi notevoli negli ultimi due anni. E’ entrata a far parte dell’Unione per il Mediterraneo. In varie occasioni ha funto da mediatrice in situazioni internazionali difficili, anche molto di recente, quando un giovane francese è stato arrestato in Iran. Direi che il fatto che si sia rilanciato l’accordo di assicurazione, non ancora sottoscritto, onorevole Brantner, ma che potrebbe esserlo a breve, è al tempo stesso un segnale estremamente positivo.
A livello interno, è vero che vi sono anche alcuni sviluppi molto incoraggianti nel paese. I siriani hanno accolto 1,5 milioni di profughi iracheni e se ne stanno prendendo cura, hanno un livello elevato di istruzione e godono di libertà di religione, il che è importante. Nondimeno, in termini di libertà e pluralismo politico, non è stato compiuto alcun passo in avanti. Con mio grande rammarico, continuiamo ad assistere a casi di repressione e incarcerazione di attivisti e difensori dei diritti umani e siamo intervenuti in diverse occasioni negli ultimi anni per chiedere il rilascio di detenuti politici.
In due circostanze siamo riusciti a ottenerne il rilascio. Le carceri siriane ancora rinchiudono però persone come Al Labwani, Al Bunni e ora Al Hassani. Vorrei pertanto trasmettere un messaggio alla Siria: siamo qui e vorremmo aiutarla a sfuggire all’isolamento nel quale a un certo punto è stata relegata.
Riteniamo si tratti di una figura importante sulla scena internazionale, specialmente per la pace in Medio Oriente. La preghiamo tuttavia per la sua stessa immagine – e penso che il paese sia abbastanza forte per accettare il pluralismo politico e i difensori dei diritti umani – di rilasciare i detenuti politici e, come si è già ribadito, rispettare la convenzione contro la tortura e i trattamenti degradanti!
Tutto questo è nell’interesse della Siria e della pace in tutto il mondo, soprattutto la pace in Medio Oriente.
Renate Weber, autore. − (EN) Signor Presidente, Muhannad Al Hassani è un altro difensore dei diritti umani arbitrariamente detenuto da parte delle autorità siriane; un altro prigioniero politico siriano la cui sola colpa è la volontà di tutelare il diritto di tutti i cittadini alla libera espressione, la libertà di impegnarsi in attività politiche e il diritto a un processo equo.
Per oltre cinque anni gli è stato proibito di viaggiare e i servizi di sicurezza siriani hanno intercettato le sue conversazioni telefoniche e le e-mail. Dopo settimane di intimidazioni a causa del suo ruolo di osservatore rispetto alla condotta della Corte suprema di sicurezza siriana, è stato arrestato dai servizi di sicurezza e accusato di diversi reati penali, tutti riferiti alla libertà di espressione.
A proposito di detenzione arbitraria, vi invito a non dimenticare Kamal al-Labwani, autorevole attivista per i diritti umani, condannato a 12 anni di reclusione per quella che il Gruppo di lavoro ONU sulla detenzione arbitraria considera “la pacifica espressione delle sue opinioni politiche”.
Il governo siriano deve provvedere al rilascio immediato e incondizionato di Al Hassani, al-Labwani e degli altri prigionieri politici, nonché garantire la loro incolumità fisica e integrità psicologica in qualunque circostanza. Devono cessare tutte le intimidazioni contro i difensori siriani per i diritti umani e gli attivisti della società civile, secondo quanto disposto dalla Dichiarazione ONU sui difensori dei diritti umani del 1998.
Charles Tannock, autore. − (EN) Signor Presidente, la Siria riveste un ruolo importante nel panorama mediorientale, dal momento che può contribuire a limitare il sostegno dell’Iran alle azioni terroriste contro Israele per il tramite di Hezbollah e Hamas. Questo Stato ha peraltro più volte fomentato agitazioni in Libano, al quale riconosce a stento la sovranità e che considera sotto la propria sfera d’influenza.
Si tratta inoltre di un regime secolare: in Siria si ritrova infatti l’ultima traccia di quello che un tempo era il potente partito Baath che governava anche l’Iraq, per cui in alcuni ambiti come i diritti delle donne, il paese ha un profilo avanzato. Rimane in ogni caso un regime dittatoriale monopartitico.
L’arresto di Muhannad Al Hassani, in quanto personalità di spicco impegnato nella difesa dei diritti umani è estremamente grave. Se la Siria vuole ottenere il sostegno a un accordo di associazione con l’Unione europea, deve rilasciare immediatamente Al Hassani e cessare le persecuzioni contro gli attivisti per i diritti umani.
Eija-Riitta Korhola, autore. − (FI) Signor Presidente, mi compiaccio per il fatto che abbiamo avuto il coraggio di puntare in questo momento i riflettori sulla situazione dei diritti umani in Siria. Si stanno dando gli ultimi ritocchi a un accordo di associazione UE-Siria nel quadro della cooperazione mediterranea e proprio perché uno dei pilastri fondamentali della cooperazione consiste specificamente nella promozione dei diritti umani e della democrazia ritengo che l’Unione debba chiedere con maggiore determinazione progressi in tale ambito.
Non basta incentrare la cooperazione soltanto sul miglioramento della situazione economica. Come abbiamo udito, il principale difensore dei diritti umani siriano Muhannad Al Hassani è stato incarcerato alla fine di luglio senza alcun processo che possa dirsi tale con l’accusa di aver indebolito i sentimenti nazionali e aver diffuso notizie false. Il suo caso non è il primo di questo genere. Noi in Parlamento siamo intervenuti l’ultima volta in circostanze analoghe nel 2007. Kamal Abwani, del quale allora abbiamo sostenuto la causa, è ancora in carcere sebbene in marzo la squadra investigativa delle Nazioni Unite sia giunta alla conclusione che si sia trattato di un arresto arbitrario.
La Siria ha un lungo cammino da percorrere per quanto concerne la libertà di parola e associazione. Il lavoro delle organizzazioni non governative nel paese è problematico e, pertanto, praticamente inesistente. Sarebbe veramente deprecabile se noi nell’Unione europea non dovessimo avere il coraggio di fissare criteri chiari come base per la cooperazione con la Siria. A mio parere spetta essenzialmente a noi chiedere il rilascio dei detenuti politici e il rispetto degli accordi internazionali in materia di diritti umani prima di poter procedere con l’accordo di associazione UE-Siria.
I diritti umani nel mondo non sono blocchi isolati: costituiscono un tessuto in cui ogni elemento ha un impatto su tutto il resto e se tolleriamo la negligenza e chiudiamo un occhio, in breve tempo i nostri stessi diritti ne risulteranno erosi. E’ nostro dovere fondamentale alimentarli e garantire che siano rispettati sempre e ovunque. Solo in tal modo potremo rendere degna la vita umana.
Lidia Joanna Geringer de Oedenberg, a nome del gruppo S&D. – (PL) Signor Presidente, in luglio Muhannad Al Hassani, uno dei principali attivisti operanti per i diritti umani in Siria, è stato arrestato. Durante un processo a porte chiuse al quale ai legali non è stato consentito di accedere, Muhannad Al Hassani è stato accusato di aver indebolito i sentimenti nazionali e divulgato false informazioni. Era stato già interrogato in precedenza in diverse occasioni in relazione alle sue attività nel campo dei diritti umani e dell’impegno profuso per difendere le persone arrestate per motivi politici. Gli è stato anche negato il diritto di lasciare il paese. Muhannad Al Hassani ha preso parte al monitoraggio dei procedimenti della Corte suprema perché secondo l’Osservatorio dei diritti dell’uomo, le condizioni in cui tali procedimenti hanno luogo non rispondono agli standard internazionali.
Ci preoccupa il fatto che i difensori dei diritti umani siano repressi in Siria, specialmente considerata l’assenza di progressi da parte delle autorità siriane nel campo dei diritti umani. Dobbiamo insistere affinché la Siria rispetti la convenzione delle Nazioni Unite contro la contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti.
Alla luce dei legami politici, economici e culturali esistenti tra Siria e Unione europea, nonché del ruolo significativo che il paese svolge in termini di promozione della stabilità in Medio Oriente, sono certa che la Siria possa compiere progressi in tale ambito, contribuendo anche in tal modo alla democratizzazione dell’intera regione.
Franz Obermayr (NI). – (DE) Signor Presidente, l’odierna proposta di risoluzione è essenzialmente giusta in quanto è ovviamente nostro compiuto, soprattutto tenuto conto del previsto accordo di associazione, manifestare con chiarezza le nostre posizioni, anche in merito alla tutela della famiglia, dei parenti e dei compagni di Muhannad Al Hassani, insistendo anche sulle richieste dell’articolo 2 dell’accordo, non da ultimo perché noi europei abbiamo appreso dalle dolorose esperienze del nostro passato che cosa significa calpestare i diritti umani. Soltanto vent’anni fa un regime terrorista comunista è crollato nell’Europa centrale e sudorientale.
In proposito, però, vi ammonisco: guardatevi dal far finta di nulla se in Turchia, che si trova nella stessa area della Siria, i diritti umani non dovessero essere debitamente rispettati, elemento ancora più importante dato che la Turchia è una candidata all’adesione all’Unione europea con notevoli lacune nell’ambito dell’amministrazione della giustizia, del sistema penale, della tutela delle minoranze e della libertà religiosa, anche se una relazione tutt’altro che imparziale proveniente da una Commissione asseritamente indipendente o la relazione Ahtisaari creano una diversa impressione.
Bernd Posselt (PPE). – (DE) Signor Presidente, penso che ovviamente dovremmo essere molto critici nei confronti della situazione dei diritti umani in Siria. Si tratta di una dittatura e di uno Stato di polizia. Al Hassani deve essere scarcerato.
Dobbiamo però prendere atto del fatto che il presidente Assad, il quale diventando più aperto sta permettendo anche un’apertura del suo paese, e suo padre hanno per esempio sostenuto come aleviti la coesistenza di musulmani e cristiani, tanto che un importante cristiano siriano, il cardinale Daud, mi ha detto che i cristiani in Siria si sentono più sicuri di quanto si sentano in Iraq, protetto da truppe occidentali.
Nei nostri rapporti con la Siria dovremmo pertanto operare un distinguo e denunciare le violazioni dei diritti umani senza desistere e smettere di sostenere il paese nel suo cammino verso il ravvicinamento e l’apertura. Come è ovvio dobbiamo essere critici, ma dobbiamo anche riconoscere che nel paese si percepiscono i primi segnali di un processo che dovremmo incoraggiare.
Meglena Kuneva, membro della Commissione. − (EN) Signor Presidente, la Commissione condivide la preoccupazione del Parlamento europeo per il rispetto dei diritti umani in Siria. A nostro avviso, negli ultimi mesi tale situazione è notevolmente peggiorata, con l'aumento di detenzioni arbitrarie, intimidazioni a spese dei difensori dei diritti umani e divieti sui viaggi.
La gravità della situazione è confermata dall’arresto di Muhannad Al Hassani (noto avvocato, presidente dell’Organizzazione nazionale per i diritti umani in Siria e da 15 anni membro della Damascus Bar Association), avvenuto il 28 agosto scorso. Dal momento che Al Hassani è un attivista per i diritti umani, è lecito sospettare che il suo arresto sia dettato da motivazioni politiche.
L’Unione europea ha già fatto presente le proprie preoccupazioni alle autorità siriane: la Siria deve rispettare gli impegni internazionali, in particolare la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e la Convenzione internazionale sui diritti civili e politici, di cui il paese mediorientale è firmatario. Per il tramite della sua delegazione a Damasco, la Commissione si sta confrontando con le ambasciate degli Stati membri per predisporre la strategia più efficace per tutelare gli attivisti per i diritti umani. E’ evidente che occorrono ulteriori iniziative per proteggerli e garantire l’attività di osservazione dei processi presso la Corte suprema di sicurezza. Dobbiamo continuare a sostenere la società civile con gli strumenti a nostra disposizione, come gli operatori indipendenti e lo strumento europeo per le linee di bilancio dedicate alla democrazia e ai diritti umani, nonché fornire sostegno morale alle famiglie.
Benché importanti, queste iniziative risultano inevitabilmente insufficienti. L’Unione europea avrebbe maggiore margine d’azione rispetto alla Siria se l’accordo di associazione fosse sottoscritto. Sono lieta che la presidenza stia valutando di compiere tale passo nelle prossime settimane: l’accordo consentirà di instaurare un dialogo regolare per fornire consulenza su questi temi e conseguire risultati migliori.
Presidente. – La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà al termine delle discussioni.
Presidente. – L’ordine del giorno reca il turno di votazioni.
(Per l’esito delle votazioni e altri dettagli: vedasi processo verbale)
10.1. Uccisioni di difensori dei diritti umani in Russia (votazione)
– Dopo la votazione
Zuzana Roithová (PPE). – (CS) Signor Presidente, mi dispiace moltissimo, ma vorrei che si mettesse a verbale che per errore ho votato da un altro seggio. Il mio seggio è il 107, mentre per sbaglio ho votato dal 67 con la tessera di un altro parlamentare. Detto questo, confermo di essere favorevole. Mi sono semplicemente seduta per errore al posto di un collega che aveva inserito la sua tessera e ho votato utilizzando quest’ultima, il che è contro il regolamento. La prego dunque di mettere a verbale che sono favorevole alla proposta e il voto del mio collega non è valido.
Presidente. – La ringrazio. L’accaduto sarà messo a verbale.
10.2. Kazakistan: il caso di Evgeny Zhovtis (votazione)
10.3. Siria: il caso di Muhannad Al Hassani (votazione)
11. Correzioni e intenzioni di voto: vedasi processo verbale
12. Composizione delle commissioni e delle delegazioni: vedasi processo verbale
Presidente. – Dichiaro interrotta la sessione del Parlamento europeo.
(La seduta termina alle 16.45)
ALLEGATO (Risposte scritte)
INTERROGAZIONI AL CONSIGLIO (La Presidenza in carica del Consiglio dell’Unione europea è la sola responsabile di queste risposte)
Interrogazione n. 10 dell’on. Gallagher (H-0282/09)
Oggetto: Sostegno della pace in Medio Oriente
Può il Consiglio far sapere quali iniziative ha intrapreso per sostenere la pace e la riconciliazione tra il popolo palestinese e quello israeliano?
(EN) La presente risposta, elaborata dalla presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di settembre 2009 del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo.
Come dichiarato nelle conclusioni della presidenza alla riunione del Consiglio europeo dello scorso giugno, il processo di pace del Medio Oriente rimane tra le priorità dell’Unione europea per il 2009. In occasione dello stesso incontro sono state altresì approvate le conclusioni adottate dal consiglio Affari esterni del 15 giugno 2009.
Il Consiglio conferma il proprio impegno nel trovare una soluzione che si basi sulla coesistenza di due Stati, con uno Stato palestinese indipendente, democratico e concretamente sostenibile, che comprenda anche Cisgiordania e Gaza e coesista pacificamente e nel rispetto della sicurezza con il confinante Stato d’Israele. E’ una tappa irrinunciabile verso un assetto più stabile e pacifico della regione.
Accogliamo con favore l’impegno dell’amministrazione americana a portare avanti con fermezza una simile soluzione e siamo pronti a collaborare attivamente con gli Stati Uniti e con gli altri membri del Quartetto per raggiungere questo obiettivo.
L’UE è altresì pronta a mantenere le disposizioni postbelliche volte a garantire la sostenibilità degli accordi di pace, anche attraverso intese regionali quali la politica europea di vicinato e l’Unione per il Mediterraneo. In particolare, siamo pronti ad approfondire ulteriormente i rapporti con l’Autorità palestinese nel quadro della politica europea di vicinato; contribuiremo a promuovere la costituzione di uno Stato palestinese e proseguiremo la collaborazione volta a ripristinare l’ordine e il diritto. Il sostegno in materia di polizia civile e giustizia rimarrà sempre una priorità.
La risoluzione finale del conflitto arabo-israeliano richiede un’impostazione di carattere regionale che comprenda la dimensione politica, economica e della sicurezza. In ragione dei vari accordi con i partner nella regione, l’UE si trova in una posizione unica per affrontare questioni salienti dello sviluppo regionale. Alla luce degli sviluppi sul campo, valuteremo attentamente il contributo che le politiche e i programmi comunitari possono apportare alla promozione di risultati concreti e tempestivi verso una definitiva risoluzione del conflitto.
Interrogazione n.11 dell’on. Toussas (H-0284/09)
Oggetto: Continua la politica criminale contro il popolo della Palestina
La recente brutale guerra di Israele contro il popolo palestinese, l’espansione degli insediamenti, la barriera di separazione o ”muro della vergogna” a Gerusalemme Est e in Cisgiordania e la prosecuzione del blocco omicida della Striscia di Gaza fanno peggiorare ulteriormente l’intollerabile situazione che grava sul popolo palestinese. L'Unione europea – come anche gli USA – con la sua politica verso il ”Nuovo Medio Oriente” fornisce copertura alla brutalità israeliana. E’ inaccettabile che il Fronte popolare per la liberazione della Palestina (FPLP), per il fatto di lottare per i diritti del popolo palestinese, figuri nell’elenco delle cosiddette ”organizzazioni terroristiche” sulla base di affermazioni fabbricate ad arte e infondate.
Non condanna il Consiglio il muro della vergogna, gli insediamenti israeliani in territori palestinesi e il persistente blocco della Striscia di Gaza? Riconosce il diritto inalienabile del popolo palestinese a creare, nei territori del 1967, uno Stato palestinese indipendente e unitario con capitale Gerusalemme Est, sovrano nel suo territorio e nei suoi confini? Intende cancellare il Fronte popolare per la liberazione della Palestina dall'elenco delle cosiddette organizzazioni terroristiche e abolire del tutto tale elenco?
(EN) La presente risposta, elaborata dalla presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di settembre 2009 del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo.In risposta all’interrogazione dell’onorevole deputato, il Consiglio vorrebbe ricordare le proprie dichiarazioni formali secondo le quali, pur riconoscendo il diritto di Israele a proteggere i propri cittadini, la realizzazione della barriera di separazione nei territori palestinesi occupati viola il diritto internazionale.
Il Consiglio ha altresì chiesto al governo israeliano di porre immediatamente fine alle attività di insediamento (comprese quelle nella zona di Gerusalemme Est), di tener conto della crescita naturale, nonché di smantellare tutti gli avamposti eretti a partire da marzo 2001. Il Consiglio ha ribadito che gli insediamenti violano il diritto internazionale e rappresentano un ostacolo alla pace. Come previsto anche dalla roadmap, Israele ha l’obbligo di sospendere qualsiasi attività di insediamento, nonché l’espansione di quelli esistenti, e di rimuovere tutti gli avamposti eretti a partire da marzo 2001.
Il Consiglio ha espresso preoccupazione per la situazione a Gaza, chiedendo ripetutamente l’autorizzazione di accesso immediato e incondizionato per gli aiuti umanitari, le merci e le persone in entrata e in uscita da Gaza, senza il quale il sostegno umanitario, la ricostruzione e la ripresa economica non sarebbero possibili.
Il Consiglio desidera rassicurare l’onorevole deputato sulle sue intenzioni di tener fede all’impegno finalizzato al raggiungimento di una risoluzione fondata sulla coesistenza di due Stati, con uno Stato palestinese indipendente, democratico e concretamente sostenibile, che coesista pacificamente e in sicurezza con il confinante Stato d’Israele. L’UE non riconoscerà alcuna variazione ai confini precedenti al 1967 ad eccezione di quelle concordate da entrambe le parti. Una risoluzione del conflitto israelo-palestinese fondata sulla coesistenza di due Stati, che assicuri una totale situazione di pace in Medio Oriente costituisce indubbiamente un obiettivo principale della politica estera e di sicurezza comune dell’Unione europea.
L’elenco delle organizzazioni terroristiche rientra tra le misure adottate dall’UE per dare attuazione alla risoluzione del Consiglio di Sicurezza ONU n. 1373 del 2001 che si iscrive in un’ampia strategia internazionale di lotta al terrorismo e, in particolare, ai soggetti che finanziano il terrorismo.
L’inclusione in questa lista del Fronte popolare per la liberazione della Palestina è motivata da criteri oggettivi e, come per tutte le altre persone, gruppi e soggetti giuridici che figurano sull’elenco, il PFLP è stato informato delle motivazioni di tale decisione.
Il Consiglio rivede regolarmente tale elenco, almeno ogni sei mesi. In occasione dell’ultimo riesame, il Consiglio ha ritenuto ancora valide le motivazioni per l’inclusione del PFLP nell’elenco approvato il 15 giugno.
Interrogazione n. 12 dell’on. Higgins (H-0286/09)
Oggetto: Preoccupazioni relativamente all'Iran e l'Iraq
È il Consiglio preoccupato a seguito del fatto che le forze di polizia irachene siano entrate nel campo di Ashraf, un certo numero di rifugiati siano stati uccisi e molti altri feriti, che 36 detenuti siano attualmente in stato di arresto e facciano lo sciopero della fame e che le autorità irachene abbiano ignorato le decisioni della giustizia di liberarli? Ritiene il Consiglio che le recenti elezioni in Iran si siano svolte in modo trasparente e democratico? Reputa il Consiglio che dovrebbero aver luogo nuove elezioni, monitorate congiuntamente dalle Nazioni Unite e dall'Unione europea, e, nel caso di rifiuto di indire tali elezioni, dovrebbero essere imposte delle sanzioni?
(EN) La presente risposta, elaborata dalla presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di settembre 2009 del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo.Il Consiglio segue molto attentamente gli sviluppi in Iraq, sfruttando ogni occasione per sottolineare l’importanza del rispetto per i diritti umani nel quadro delle nostre relazioni con le autorità irachene.
Il Consiglio ha discusso i recenti eventi collegati alle elezioni presidenziali in Iran, prendendo atto dei risultati annunciati dalla commissione elettorale iraniana, nonché delle preoccupazioni espresse da numerosi candidati relativamente alla condotta delle votazioni. Le autorità iraniane dovranno affrontare la questione e condurre indagini approfondite.
Il Consiglio ha espresso seria preoccupazione per le violenze nelle strade e l’uso eccessivo della forza contro i manifestanti pacifici. Le aspirazioni del popolo iraniano devono necessariamente realizzarsi attraverso metodi pacifici e nel pieno rispetto della libertà di espressione.
Interrogazione n. 13 dell’on. Pafilis (H-0287/09)
Oggetto: Criminalizzazione dell'ideologia comunista in Lituania
Il 9 giugno 2009 il Parlamento lituano ha inizialmente approvato emendamenti al codice penale con cui vengono sanzionati con una pena che può arrivare fino a tre anni di carcere la "propaganda, il rifiuto o la giustificazione del genocidio perpetrato dal comunismo e dal fascismo" e la "diffamazione pubblica dei membri del movimento per la libertà della Lituania che hanno lottato contro l'occupazione sovietica tra il 1944 e il 1953". Tali norme mirano a rafforzare anche attraverso sanzioni penali la falsificazione della Storia e l'equiparazione astorica tra comunismo e fascismo, impongono il riconoscimento dei fascisti che hanno collaborato con i nazisti in Lituania e si sono macchiati di crimini contro l'umanità e, nel criminalizzare l'ideologia comunista, vietano e sanzionano la libertà di pensiero e una concezione diversa della Storia.
Qual è la posizione del Consiglio in merito alla riabilitazione del fascismo e del nazismo - attraverso anche l'imposizione di sanzioni penali per i dissidenti - alla rimozione della libertà di pensiero e alla criminalizzazione dell'ideologia comunista in una serie di paesi dell'Unione europea, in particolare baltici, in cui i partiti comunisti sono messi al bando e ne vengono perseguitati i quadri e altre forze democratiche antifasciste?
(EN) La presente risposta, elaborata dalla presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di settembre 2009 del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo.
Il Consiglio non ha assunto alcuna posizione in merito alla legislazione cui l’onorevole deputato fa riferimento, né esiste alcuno strumento giuridico approvato dal Consiglio per affrontare la questione, poiché si tratta di un argomento di competenza dei singoli Stati membri.
In questo contesto, vorrei ricordare la prima Giornata della memoria per le vittime dei regimi totalitari e autoritari, a cui ho avuto il piacere di presenziare il 23 agosto di quest’anno. La cerimonia è stata celebrata in tutta Europa a seguito dell’iniziativa promossa dal Parlamento europeo e dal Consiglio d’Europa per rendere omaggio ai milioni di persone che hanno perso la vita a causa del nazismo e del comunismo.
La Giornata della memoria offre inoltre una straordinaria occasione per rendere omaggio a tutti coloro che con grande coraggio ancora rischiano la vita lottando contro la dittatura e l’oppressione, in nome della libertà e della democrazia, nei paesi a noi vicini e in altre regioni del mondo.
Diritti umani, democrazia e stato di diritto sono valori fondamentali per l’Unione europea e i suoi Stati membri. A questo proposito vorrei ricordare l’importante contributo offerto dal Parlamento europeo a sostegno dei movimenti democratici e dei difensori dei diritti umani nei paesi del mondo soggetti a regimi totalitari.
Alla luce dell’impegno dell’Unione verso i nostri valori condivisi, è evidente che qualsiasi norma adottata dagli Stati membri deve rispettare il diritto primario e secondario sia dell’Unione che della Comunità, nonché la Carta dei diritti fondamentali.
Interrogazione n. 14 dell’on. Zwiefka (H-0290/09)
Oggetto: Esito della seconda riunione del sottocomitato UE-Egitto su "questioni politiche: diritti umani e democrazia - questioni internazionali e regionali", del 7-8 luglio 2009, concernente l'emittente televisiva Al-Manar
La trasmissione in Europa da parte dell’operatore satellitare egiziano Nilesat del canale televisivo Al-Manar, posto fuori legge per terrorismo, continua ad essere in diretta violazione del piano d'azione UE-Egitto e costituisce una minaccia di radicalizzazione per la sicurezza europea. Nella risposta della Commissione all’interrogazione H-0011/09 si afferma che il sottocomitato per le questioni politiche con l’Egitto è la sede corretta per affrontare il tema della trasmissione del canale televisivo Al-Manar attraverso Nilesat. Può il Consiglio riferire se ha inserito la questione della trasmissione del canale televisivo Al-Manar attraverso Nilesat all’ordine del giorno della seconda riunione del sottocomitato UE-Egitto su ”questioni politiche: diritti umani e democrazia – questioni internazionali e regionali” del 7 e 8 luglio 2009? Può il Consiglio delineare quali impegni ha assunto l’Egitto per far cessare la trasmissione del canale televisivo Al-Manar su Nilesat?
(EN) La presente risposta, elaborata dalla presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di settembre 2009 del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo.
Ringrazio l’onorevole deputato per aver posto il quesito sull’operatore satellitare egiziano Nilesat, che trasmette l’emittente libanese Al-Manar TV anche in territorio europeo. Il Consiglio comprende la preoccupazione espressa dall’onorevole deputato riguardo ad alcuni contenuti trasmessi, che potrebbero costituire istigazione all’odio.
Il dialogo rappresenta il modo migliore per fare passi in avanti duraturi rispetto alla xenofobia, all’intolleranza e all’odio fazioso. E’ pertanto incoraggiante che oltre 80 paesi, tra cui Egitto, Libano, Stati del Golfo e la maggior parte degli Stati membri dell’UE, abbiano aderito all’Alleanza delle Civiltà dell’ONU, la cui finalità principale è prevenire l’insorgenza di conflitti dovuti a pregiudizi e preconcetti culturali o religiosi. Molti programmi dell’Alleanza delle civiltà dell’ONU si concentrano sull’alfabetizzazione mediatica e l’etica.
Il Consiglio ritiene che il metodo più efficace per incoraggiare il governo egiziano a compiere progressi nell’ambito dei diritti umani sia il dialogo, che si realizza attraverso la struttura istituzionale delle sottocommissioni e il dialogo politico, offrendo un’occasione per scambiare opinioni su numerose questioni.
Il Consiglio aveva già affrontato le specifiche preoccupazioni sollevate dall’onorevole deputato nella dichiarazione relativa al 5° Consiglio di associazione UE-Egitto, per cui l’Unione europea invita l’Egitto a proseguire nel suo impegno a contrastare la discriminazione in ogni ambito e promuovere la tolleranza sulle questioni in materia di cultura, religione, convinzioni personali e minoranze. A tale proposito, l’UE esprime la sua preoccupazione per i contenuti discriminatori di alcune trasmissioni dell’emittente televisiva Al-Manar diffusa dall’operatore satellitare egiziano Nilesat. L’UE condanna qualunque incitamento all’odio per motivi di appartenenza nazionale, razziale o religiosa che costituisca istigazione alla discriminazione, all’ostilità o alla violenza.
In sede di sottocomitato per le questioni politiche con l’Egitto, riunitosi per la seconda volta al Cairo il 7 e 8 luglio 2009, l’Unione europea ha sollevato la questione delle trasmissioni di Al-Manar TV nel quadro della lotta a razzismo, xenofobia e intolleranza, tenendo conto dell’impegno previsto dal piano d’azione UE-Egitto volto a rafforzare il ruolo dei media nel contrastare xenofobia e discriminazione per motivi di appartenenza religiosa o culturale e incoraggiare i media ad assumersi le conseguenti responsabilità.
L’Egitto ha rifiutato di fornire una risposta, sostenendo che quello di Al-Manar costituisce un caso isolato, né si è impegnato ad affrontare la questione. Tale reazione non ci impedisce comunque di proseguire il dialogo con questo paese. Il Consiglio assicura all’onorevole deputato che continuerà a seguire la questione con grande attenzione e la solleverà nuovamente nel corso del regolare dialogo politico con l’Egitto.
Interrogazione n. 15 dell’on. Czarnecki (H-0292/09)
Oggetto: Situazione in Pakistan
(EN) In Pakistan il potere è ufficialmente detenuto al momento da un governo civile. Ritiene il Consiglio che detto governo civile controlli appieno la situazione in Pakistan o è anch'esso del parere che, come in passato, sia l'esercito pachistano a detenere in realtà il potere nel paese?
(EN) La presente risposta, elaborata dalla presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di settembre 2009 del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo.
Le elezioni politiche del febbraio 2008 hanno riportato la democrazia in Pakistan, risultato che il Consiglio considera come un significativo progresso per il paese. Il rafforzamento della democrazia e della stabilità rappresenta sempre una delle principali finalità della cooperazione dell’Unione europea con il Pakistan.
E’ ovvio che la condizione essenziale per un’effettiva democrazia in Pakistan è il controllo del governo civile sulle forze armate. Requisito imprescindibile della politica europea è che i governi eletti esercitino sempre massima trasparenza e controllo sulle strutture militari.
In Pakistan, il processo di democratizzazione si trova ancora in una fase iniziale; l’UE e tutta la comunità internazionale devono pertanto continuare a sostenere il governo pachistano nel suo impegno per consolidare le istituzioni e le strutture democratiche. Il primo vertice UE-Pakistan del 17 giugno 2009 ha contribuito significativamente a rafforzare il partenariato tra Unione europea e Pakistan, sostenendo un governo democratico e civile, obiettivo che l’UE intende promuovere ulteriormente attraverso questo dialogo strategico.
Interrogazione n. 16 dell’on. Martin (H-0295/09)
Oggetto: Iniziative della Presidenza svedese del Consiglio per maggiore trasparenza
Nella decisione del Consiglio del 15 settembre 2006 relativa all'adozione del suo regolamento interno (GU L 285 del 16.10.2006, pag. 47), il Consiglio ha premesso che "per aumentare la fiducia dei cittadini nell'Unione europea è importante consentire a questi ultimi di avere una conoscenza diretta delle sue attività, segnatamente accrescendo ulteriormente l'apertura e la trasparenza" [...] "soprattutto quando il Consiglio delibera sugli atti legislativi nell'ambito della procedura di codecisione".
Da una lettura degli ordini del giorno delle riunioni del Consiglio risulta però che l'esame pubblico dei punti all'ordine del giorno in tutti i Consigli dei ministri (salvo i due Consigli "istruzione, gioventù e cultura" e "agricoltura e pesca") è addirittura in calo dal 2007 al 2008. Per esempio nel 2008 il Consiglio dei ministri dell'ambiente ha esaminato in sessione pubblica soltanto 4 del 33 punti all'ordine del giorno, con un calo a due cifre rispetto al 2007. In un Consiglio tanto rilevante come quello "Affari generali e relazioni esterne" nel 2008 soltanto uno dei 130 punti all'ordine del giorno è stato esaminato pubblicamente.
In quali ambiti intende la Presidenza svedese del Consiglio avviare iniziative concrete per attenersi finalmente alla decisione del Consiglio del 15 settembre 2006 e anche alla nota tradizione svedese a favore della trasparenza?
La Presidenza svedese intende impegnarsi per rendere accessibili al pubblico anche le riunioni del Consiglio europeo, compresi i ricevimenti di lavoro a livello di Consiglio?
Quali iniziative concrete intende attuare la Presidenza svedese a favore di un esame pubblico dei punti all'ordine del giorno delle riunioni del Consiglio?
(EN) La presente risposta, elaborata dalla presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di settembre 2009 del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo.
La presidenza desidera ricordare che le modifiche apportate all’articolo 8 del regolamento del Consiglio, cui fa riferimento l’onorevole deputato, hanno incrementato notevolmente il numero di delibere e discussioni pubbliche negli ultimi tre anni rispetto al periodo precedente in cui l’accesso al processo decisionale del Consiglio era regolato dai principi stabiliti dal Consiglio europeo di Siviglia (il cosiddetto “regime di Siviglia”).
A partire dal 1° luglio 2006, durante le sessioni pubbliche del Consiglio sono stati affrontati in totale 788 argomenti a livello ministeriale. L’incremento è stato particolarmente evidente per quanto riguarda il numero di punti legislativi di tipo “B” esaminati pubblicamente dal Consiglio che, nel complesso, dal 1° luglio 2006 sono raddoppiati rispetto al periodo luglio 2002-giugno 2006. Nel periodo luglio 2006-giugno 2009 si sono inoltre svolte 128 discussioni pubbliche, tra cui 118 concernenti importanti questioni relative agli interessi dell’Unione europea e dei suoi cittadini, (nel periodo precedente erano state solamente 33).
Dopo questa premessa, la presidenza desidera ricordare che il numero di punti all’ordine del giorno del Consiglio per la delibera o la discussione pubblica può variare da un anno all’altro, principalmente in ragione del numero di punti da esaminare e/o approvare con la procedura di codecisione nel corso dell’anno.
Nel 2007, in totale erano 153 i punti di codecisione per la pubblica delibera all’ordine del giorno del Consiglio, mentre nel corrispondente periodo del 2008 se ne contavano 229. Per il 2009, il Consiglio ha finora esaminato pubblicamente 148 questioni soggette a codecisione.
Ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 3 del regolamento del Consiglio, anche il numero delle discussioni pubbliche può variare, a seconda del numero delle questioni che ciascuna presidenza reputa adatta alla discussione pubblica.
Va ricordato che le regole di trasparenza non si applicano alle attività del Consiglio europeo.
La presidenza svedese condivide l’opinione dell’onorevole deputato sull’importanza di maggiore trasparenza nell’attività dell’Unione: si tratta di un passaggio essenziale per accrescere la fiducia dei cittadini nell’UE e nelle istituzioni comunitarie.
Da parte sua, la presidenza intende dare piena applicazione a quanto previsto dall’articolo 8, paragrafi da 1 a 4 del regolamento del Consiglio in materia di trasparenza. In linea di principio, tutte le discussioni sugli atti legislativi da adottare secondo la procedura di codecisione saranno aperte al pubblico.
Il Consiglio proseguirà contestualmente l’impegno assunto nel luglio 2006 e volto a migliorare ulteriormente la qualità del webcasting delle sessioni pubbliche del Consiglio. Tale servizio (oggetto di continui aggiornamenti e miglioramenti) consente di assistere in tempo reale e in modalità on-demand alle discussioni pubbliche, alle delibere e ad altri eventi pubblici.
Dal punto di vista qualitativo, lo streaming video del Consiglio intende offrire agli utenti un facile e utile accesso alle discussioni di loro interesse.
Da fine 2008, data di introduzione di EbS (Europe by Satellite) Plus, è aumentato lo spazio disponibile per la ritrasmissione delle discussioni pubbliche del Consiglio.
Il trattato di Lisbona dedica grande attenzione all’apertura e alla trasparenza, elementi che si spera incoraggeranno il Consiglio e le altre istituzioni a intraprendere ulteriori iniziative in questo senso. Se e quando il trattato entrerà in vigore, il Consiglio esaminerà e voterà esclusivamente in sessione pubblica le proposte legislative, a prescindere dalla procedura legislativa applicabile.
Interrogazione n. 17 dell’on. Siekierski (H-0298/09)
Oggetto: Programma di distribuzione di derrate alimentari agli indigenti nella Comunità
Nel marzo di quest'anno il Parlamento europeo ha approvato una relazione sull'assistenza speciale accordata alle persone indigenti sotto forma di un programma comunitario di distribuzione gratuita di derrate alimentari. Ero convinto che l'approvazione di tale parere a grandissima maggioranza avrebbe indotto la presidenza dell'Unione, ritenuta in quel momento dalla Repubblica Ceca, ad avviare discussioni e trovare un compromesso ragionevole con il Consiglio. Purtroppo, le mie speranze sono andate deluse. Dubito addirittura che la Svezia, che presiede attualmente il Consiglio, accenni ad una eventuale ripresa dei lavori relativi a tale progetto, benché non esista alcuna controindicazione. Prevede il Consiglio di riprendere le discussioni su una questione che riveste la massima importanza per milioni di nostri concittadini?
(EN) La presente risposta, elaborata dalla presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di settembre 2009 del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo.
Dal 1987 la legislazione comunitaria consente di prelevare dalle scorte d’intervento derrate alimentari da destinare alle organizzazioni benefiche, affinché vengano ridistribuite alle persone indigenti della Comunità.
Nel 2008 la Commissione ha proposto di sottoporre questa legislazione a un riesame, resosi necessario in seguito al rincaro dei prezzi di alcuni generi alimentari e alla riduzione delle scorte.
Durante la presidenza francese il Consiglio ha tenuto un dibattito orientativo su questa proposta, senza però raggiungere la maggioranza qualificata a suo favore.
Alcune delegazioni hanno respinto il principio stesso del programma di aiuti, ritenendo che si tratti di un ambito di competenza dei singoli Stati membri.
Interrogazione n. 18 dell’on. Ţicău (H-0300/09)
Oggetto: Promozione di un'economia efficace sul piano energetico
Tra le priorità dichiarate dalla Presidenza svedese del Consiglio dell'Unione europea figurano, per il periodo dal luglio al dicembre 2009, la ripresa economica, l'aumento del tasso di occupazione e la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, tutte questioni che influiscono direttamente sulla vita quotidiana di tutti i cittadini europei.
L'aumento dell'efficacia energetica e l'utilizzazione di energie rinnovabili possono generare, nei prossimi anni, vari milioni di posti di lavoro e creare le premesse di una crescita economica sostenibile offrendo, allo stesso tempo, un vantaggio competitivo all'Unione europea. Alla luce di quanto succitato, potrebbe la Presidenza del Consiglio indicare quali sono le iniziative concrete che ha previsto per incoraggiare gli Stati membri a elaborare misure atte a incentivare gli investimenti nell'efficacia energetica e l'utilizzazione di energie rinnovabili, aree suscettibili di creare nuovi posti di lavoro, promuovere l'innovazione e garantire uno sviluppo economico sostenibile?
(EN) La presente risposta, elaborata dalla presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di settembre 2009 del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo.
L’efficienza energetica rientrava già tra le priorità individuate dal piano d’azione per la politica energetica approvato dal Consiglio europeo nel marzo del 2007, che fissava l’obiettivo di un risparmio energetico del 20 per cento entro il 2020.
Il programma di 18 mesi adottato dal Consiglio nel giugno 2008 sottolinea l’intenzione delle presidenze – pur nel rispetto del mix energetico scelto dagli Stati membri – di puntare verso un’economia a bassa emissione di CO2, compatibile sia con la sostenibilità sia con l’efficienza in termini di costi e che dia un contributo concreto a obiettivi di crescita più ampi e in linea con la strategia di Lisbona per la crescita e l’occupazione. L’efficienza energetica, ovviamente, non solo incide positivamente sull’impiego delle risorse energetiche e sulla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, ma al contempo stimola – come dichiarato dall’onorevole deputato – sviluppi tecnologici innovativi e può quindi rendere più concorrenziale l’industria europea e sostenere l’occupazione. L’efficienza energetica rappresenta un elemento imprescindibile per un’economia che sia efficiente non solo dal punto di vista energetico, ma anche da quello ecologico: consentirà infatti di affrontare in parallelo i problemi connessi al cambiamento climatico, il deterioramento delle risorse, la crisi economica globale e la sicurezza dell’approvvigionamento.
Al momento vi sono tre proposte legislative in codecisione relative all’efficienza energetica all’esame del Consiglio e del Parlamento europeo:
- la proposta di direttiva relativa all’efficienza energetica degli edifici;
- la proposta di direttiva relativa all’etichettatura del consumo energetico, e
- la proposta di regolamento sul consumo di carburante in relazione agli pneumatici.
Queste proposte rappresentano le principali priorità del Consiglio per il semestre in corso.
Una volta adottate (come è nostro auspicio per questo semestre, grazie anche al vostro aiuto) gli Stati membri potranno introdurre, autonomamente e anche in una prospettiva di lungo periodo, misure concrete per l’efficienza energetica nel settore edile e delle costruzioni nonché nell’ambito più ampio dei prodotti relativi all’energia, sia in campo pubblico che privato. In tal modo, aumenteranno gli investimenti nelle tecnologie innovative che gli Stati membri possono sostenere con vari tipi di incentivi, sia nazionali che europei.
L’attuazione di strumenti per l’efficienza energetica già adottati a livello comunitario contribuirà anche alla creazione di posti di lavoro, come nel caso delle direttive sulla progettazione ecocompatibile e sull’etichettatura energetica, che mirano a introdurre importanti misure attuative attinenti all’illuminazione, ai motori elettrici eccetera.
Lo stesso vale anche per le fonti rinnovabili di energia, argomento in merito al quale il 4 maggio 2009 il Consiglio e il Parlamento hanno approvato la direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili.
Per quanto riguarda gli incentivi, sono disponibili strumenti comunitari per finanziare progetti sull’efficienza energetica, come il regolamento 1080/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al Fondo europeo di sviluppo regionale, oggetto di revisione per stanziare 8 miliardi di euro da investire in efficienza energetica ed energia rinnovabile nell’edilizia abitativa. Nell’ambito del piano europeo di ripresa economica, che pone l’accento sugli “investimenti intelligenti” attraverso proposte dettagliate per la cooperazione tra settore pubblico e privato, saranno utilizzati fondi comunitari, della BEI e degli Stati nazionali. In questa prospettiva, il Consiglio europeo si è detto disponibile a sostenere un maggiore intervento da parte della BEI, soprattutto per quanto riguarda le piccole e medie imprese, le energie rinnovabili e il trasporto pulito, nonché per la semplificazione delle procedure e una più rapida attuazione dei programmi finanziati dal fondo di coesione, dai fondi strutturali e dal fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale, con l’obiettivo di rafforzare, in particolare, gli investimenti in efficienza energetica.
Interrogazione n. 19 dell’on. Gál (H-0302/09)
Oggetto: Libera circolazione dei rappresentanti ufficiali degli Stati membri
L'Unione europea ha istituito uno spazio di libera circolazione dei cittadini.
Ritiene il Consiglio che, per un qualsiasi motivo, a un rappresentante ufficiale di uno Stato membro, ad esempio il capo di Stato, possa essere negato il diritto ad entrare nel territorio di un altro Stato membro?
Condivide il parere secondo cui il rifiuto di ingresso a un rappresentante ufficiale, ad esempio il capo di Stato, nel territorio di un altro Stato membro, sulla base della direttiva relativa alla libera circolazione dei cittadini dell'Unione europea o di qualsiasi altro fondamento giuridico, costituisca una grave inosservanza dei valori europei?
(EN) La presente risposta, elaborata dalla presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di settembre 2009 del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo.
Come l’onorevole deputato giustamente afferma, la libera circolazione dei cittadini rappresenta una componente essenziale del mercato interno e dell’Unione europea, intesa come area di libertà, sicurezza e giustizia. E’ inoltre un diritto di tutti i cittadini dell’UE, sancito dall’articolo 18, paragrafo 1 del trattato CE, soggetto ai limiti e alle condizioni previste dal trattato stesso e dalle relative misure attuative.
Il trattato CE e l’articolo 27 della direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri(1)stabiliscono che eventuali limitazioni a questo diritto sono giustificate unicamente da ragioni di politica, sicurezza o salute pubblica. L’applicazione di tali limitazioni è soggetta al controllo da parte della Corte di giustizia.
Per quanto attiene alla specifica questione sollevata dall’onorevole deputato a proposito della libera circolazione dei capi di Stato, in ragione delle specifiche misure di sicurezza necessarie, la pianificazione degli spostamenti per tali soggetti è una questione di competenza esclusiva degli Stati membri coinvolti; non spetta pertanto al Consiglio assumere una posizione su questa questione di cui non ha mai discusso.
Cionondimeno, la presidenza si rallegra dell’incontro bilaterale avvenuto il 10 settembre tra i primi ministri di Ungheria e Slovacchia e considera positivamente il segnale lanciato dalla dichiarazione comune espressa al termine dell’incontro, dal momento che costituisce una base solida per pervenire a una soluzione che mira a porre fine alle tensioni bilaterali tra i due paesi.
Interrogazione n. 30 dell’on. Gallagher (H-0283/09)
Oggetto: Promozione di tecnologie pulite
Quali iniziative sta per il momento attuando l'UE al fine di promuovere un uso più esteso di tecnologie più innovative e pulite, onde poter conseguire gli obiettivi dell'Unione europea in materia di cambiamento climatico?
(EN) Attualmente, la promozione dello sviluppo e di un uso più esteso delle tecnologie pulite è affidato a una serie di iniziative politiche, tra cui:
- il Piano d’azione per le tecnologie ambientali (ETAP) lanciato nel 2004, che prevede interventi incentrati su programmi di ricerca e sviluppo (R&S), l’istituzione di piattaforme tecnologiche, la mobilizzazione di strumenti finanziari e appalti pubblici, nonché la revisione degli orientamenti sugli aiuti di stato. Entro la fine del 2009 verrà presentato un Libro verde sul futuro dell’ETAP;
- il Piano strategico europeo per le tecnologie energetiche (SET), approvato nel 2007 nell’ambito del pacchetto comunitario clima-energia, si propone di accelerare lo sviluppo e l’introduzione sul mercato di tecnologie a bassa emissione di carbonio attraverso gli strumenti offerti dalle iniziative industriali europee su energie rinnovabili come la cattura e stoccaggio dell’anidride carbonica (CCS), l’Alleanza europea per la ricerca nel settore dell’energia e una migliore cooperazione internazionale;
- l’iniziativa del mercato guida, anch’essa lanciata nel 2007, che punta ad ampliare il mercato per i prodotti e i servizi innovativi in sei aree prioritarie, tra cui edilizia sostenibile, energie rinnovabili e riciclaggio, con azioni da parte della domanda relative a normative, appalti pubblici e standardizzazione;
- il Piano d’azione “Produzione e consumo sostenibili” e “Politica industriale sostenibile” (SCP-SIP), approvato nel 2008, intende promuovere l’ecoinnovazione, sviluppare prodotti ecocompatibili e snellire i processi produttivi. Gli obiettivi volontari sull’appalto verde (il 50 per cento entro il 2010) contribuiranno a una maggiore diffusione delle tecnologie ambientali e all’espansione delle industrie ecocompatibili.
Queste iniziative politiche sono inoltre sostenute da strumenti di finanziamento europei, come il settimo Programma quadro per la ricerca e lo sviluppo, il nuovo programma “competitività e innovazione” e i fondi di coesione politica.
Si stima che circa un terzo del bilancio per il settimo Programma quadro sia destinato al sostegno di progetti di ricerca su tecnologie pulite o ambientali in tutti i settori. Questi investimenti sono inoltre volti a promuovere l’impegno del settore privato attraverso iniziative tecnologiche congiunte o altre forme di partenariato pubblico-privato.
Il quadro comunitario rivisto per gli aiuti di stato rende più semplice per gli Stati membri sostenere finanziariamente lo sviluppo e l’introduzione sul mercato delle tecnologie pulite, utilizzando le risorse previste dagli orientamenti comunitari su ricerca, sviluppo e innovazione, dalla disciplina per la tutela dell’ambiente e l’esenzione generale per categoria.
La direttiva rivista sullo scambio di quote di emissione(1)prevede inoltre un accantonamento di 300 milioni a sostegno del sistema di cattura e stoccaggio dell’anidride carbonica e dello sfruttamento innovativo di energie rinnovabili. Il piano europeo di ripresa economica prevede misure chiare (tra cui quasi 4 miliardi di euro per progetti energetici) volte ad accelerare il passaggio verso un’economia a basse emissioni di carbonio ed efficiente dal punto di vista dello sfruttamento delle risorse.
Direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 ottobre 2003 che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità e che modifica la direttiva 96/61/CE del Consiglio (Testo rilevante ai fini del SEE), GU L 275, 25.10.2003.
Interrogazione n. 32 dell’on. Gutiérrez-Cortines (H-0297/09)
Oggetto: Impatto dei parchi eolici sulla biodiversità, il paesaggio e il territorio
Dal momento che la politica ambientale integrata costituisce uno dei principi fondamentali nell'UE, parrebbe logico che lo sviluppo delle energie rinnovabili sia compatibile con la salvaguardia della biodiversità, nell'ambito della quale devono rientrare territorio, paesaggio, suolo, flora e fauna.
Può la Commissione far sapere se i criteri in materia di impatto ambientale sono applicati in modo rigoroso e scientifico per quanto riguarda l'impatto dei parchi eolici sulla biodiversità, in particolare con riferimento alle ripercussioni sui rapaci e su altre specie di uccelli, nonché su paesaggi che presentano un elevato valore naturale, storico e urbano?
Qualora non esista una base giuridica adeguata, intende la Commissione integrare la legislazione vigente per garantire la compatibilità dei parchi eolici con la conservazione dell'ambiente naturale e culturale?
(EN) Lo sviluppo dell’energia eolica rientra nell’impegno assunto dalla Comunità europea per portare al 20 per cento entro il 2020 la quota di energie rinnovabili sui consumi energetici complessivi dell’UE. Tale obiettivo costituisce altresì un elemento centrale nella strategia volta ad affrontare il problema delle emissioni di anidride carbonica nel quadro dei cambiamenti climatici. Sostiene, inoltre, altri obiettivi UE in materia di energia e ambiente, relativi per esempio al contenimento dell’inquinamento dell’aria, alla riduzione dei consumi idrici per la generazione convenzionale di energia elettrica, a una minore dipendenza dalle importazioni energetiche e alla creazione di posti di lavoro.
La Commissione è al corrente dei rischi ambientali legati a un’inadeguata collocazione dei parchi eolici: gli sviluppi legati a questo tipo di energia dovrebbero avvenire secondo modalità sostenibili ed equilibrate che non arrechino danni significativi ad aree sensibili e protette, quali zone di protezione speciale (ZPS) previste dalla direttiva sulla conservazione degli uccelli selvatici(1), e siti di importanza comunitaria (SIC) istituiti dalla direttiva habitat(2) che costituiscono la rete Natura 2000.
I parchi eolici figurano inoltre nell’Allegato II della direttiva sulla valutazione dell’impatto ambientale (VIA)(3) che impone agli Stati membri di identificare quali progetti tra quelli elencati nel suddetto Allegato necessitino di una valutazione d’impatto ambientale. Occorre valutare parametri quali le caratteristiche del progetto, la sua collocazione e i dettagli del potenziale impatto.
La VIA si rende quindi necessaria nel caso in cui vi sia la probabilità che i progetti incidano in maniera significativa sull’ambiente; la valutazione deve tenere conto di vari fattori, tra cui la fauna e la flora, nonché del fattore umano, del territorio, del paesaggio o del patrimonio culturale.
L’articolo 6 della direttiva habitat impone di effettuare un’adeguata valutazione ambientale nel caso di sviluppi che si prevede possano avere un significativo effetto negativo sui siti che fanno parte di Natura 2000. La Commissione ha fornito indicazioni interpretative generali e metodologiche per l’applicazione di tale disposizione.
I progetti pubblici per l’impiego dell’energia eolica sono inoltre soggetti alle disposizioni della direttiva sulla valutazione ambientale strategica (VAS)(4).
La Commissione reputa questa legislazione ambientale sufficiente a valutare adeguatamente il potenziale impatto di progetti per la costruzione di parchi eolici rispetto al contesto naturale e culturale.
Il carattere rigoroso e il livello qualitativo di queste valutazioni dell’impatto ambientale sono innanzi tutto responsabilità degli sviluppatori e, in seconda battuta, delle autorità ambientali competenti degli Stati membri.
Per assistere tali soggetti e migliorare al contempo l’attuazione, la Commissione sta elaborando orientamenti specifici sull’energia eolica e la tutela dell’ambiente naturale.
Direttiva 92/43/CEE del 21 maggio 1992 relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, GU L 206 del 22.7.1992.
Direttiva 85/337/CEE concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, GU L 175, 5.7.1985 modificata dalla direttiva 97/11/CE del 3 marzo 1997 (GU L 73, 14.3.1997) e dalla direttiva 2003/35/CE del 26 maggio 2003 (GU L 156, 25.6.2003).
Direttiva 2001/42/CE del 27 giugno 2001 concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente. GU L 197, 21.7.2001.
Interrogazione n. 33 dell’on. Harkin (H-0260/09)
Oggetto: Legislazione ambientale
Considerando che negli ultimi trent'anni la Commissione ha adottato un'ampia gamma di misure ambientali di vario genere finalizzate a migliorare la qualità dell'ambiente e che quest'ultimo può essere tutelato soltanto se gli Stati membri realizzano correttamente le attività da loro stessi sottoscritte a livello europeo, quali iniziative intende intraprendere la Commissione per incoraggiare gli Stati membri a sostenere anche in futuro programmi agroambientali come il Piano di protezione dell'ambiente rurale (REPS) irlandese, i cui obiettivi sono incentivare gli agricoltori a utilizzare metodologie di lavoro rispettose dell'ambiente e migliorare l'ecocompatibilità delle aziende agricole esistenti? Alla luce delle considerazioni sopraesposte, conviene la Commissione che la decisione di non accordare più alcun sostegno ai nuovi aderenti al programma irlandese REPS 4 è contraria agli obiettivi ambientali dell'Unione europea?
(EN) Lo sfruttamento sostenibile dei terreni rientra tra gli obiettivi principali della politica comunitaria di sviluppo rurale. Non meno del 25 per cento del contributo complessivo dei finanziamenti allo sviluppo rurale sarà destinato all’asse 2 e il sostegno agroambientale costituisce una misura essenziale a questo proposito. L’Irlanda, pertanto, al pari di tutti gli altri Stati membri, deve continuare a sostenere l’agricoltura ecocompatibile e il miglioramento delle condizioni ambientali durante il periodo di programmazione 2007-2013.
A luglio 2009, l’Irlanda ha presentato una proposta per modificare il proprio programma di sviluppo rurale. La Commissione è al corrente del fatto che, sebbene il piano REPS verrà sospeso, sarà sostituito da un nuovo piano di opzioni agroambientali. La Commissione sta attualmente esaminando il piano proposto per verificarne la rispondenza rispetto al piano strategico nazionale irlandese e alle priorità fissate dell’UE e nei prossimi mesi informerà l’Irlanda rispetto alle conclusioni da essa formulate.
Interrogazione n. 34 dell’on. McGuinness (H-0265/09)
Oggetto: Referendum sul trattato di Lisbona in Irlanda
Può la Commissione illustrare i motivi per cui ritiene che l'Irlanda dovrebbe votare a favore nel futuro referendum sul trattato di Lisbona, e inoltre cosa implicherebbe, per l'Europa, un secondo voto contrario?
(EN) Oggi l’Unione europea conta 27 Stati membri e mezzo miliardo di abitanti, mentre il suo attuale assetto istituzionale è ancora lo stesso che era stato pensato per un’Unione di dimensioni molto più contenute. La Commissione ritiene che il trattato di Lisbona porterà all’Unione più democrazia, efficienza e trasparenza; accrescerà i poteri del Parlamento e rafforzerà il ruolo dei parlamenti nazionali; darà più spazio alle opinioni dei cittadini, consentendo loro di rivolgersi alla Commissione perché essa intraprenda nuove politiche.
A questo proposito, il trattato consentirà all’Unione, per esempio, di contrastare in maniera più efficace la criminalità transfrontaliera, l’immigrazione clandestina e la tratta di donne e bambini. Permetterà inoltre all’Unione di intervenire con voce chiara sulla scena internazionale, su questioni quali i cambiamenti climatici e la lotta alla povertà globale.
Se sarà ratificato, il trattato di Lisbona consentirà a ciascuno Stato membro di nominare un commissario, applicando la decisione del Consiglio europeo nel contesto del più ampio pacchetto di garanzie giuridicamente vincolanti volte ad affrontare i timori emersi in occasione del referendum irlandese del 2008.
Interrogazione n. 35 dell’on. Vanhecke (H-0266/09)
Oggetto: Regolarizzazione di clandestini in Belgio
Il governo belga ha deciso recentemente di avviare per il 15 settembre 2009 una nuova procedura di regolarizzazione di massa per gli immigrati clandestini e ciò contrariamente agli accordi europei conclusi dopo le procedure di regolarizzazione in altri paesi.
Questa sarebbe peraltro la seconda volta nell'arco di pochi anni che il Belgio attua una regolarizzazione di massa "una tantum".
La Commissione europea è stata informata preventivamente di questo progetto belga?
Ritiene essa che il Belgio violi in tal modo accordi europei e possono altri Stati membri adottare misure per vietare ai "regolarizzati belgi" l'accesso nel loro territorio?
(FR) La Commissione desidera innanzi tutto precisare che la questione della regolarizzazione non rientra nel diritto comunitario, ma è di competenza degli Stati membri, che possono pertanto quindi rilasciare permessi di soggiorno a immigrati irregolari a loro discrezione e nel rispetto della legislazione nazionale. Un permesso di soggiorno rilasciato da uno Stato parte appartenente all’area Schengen equivale a un visto e il titolare è quindi autorizzato a spostarsi in tutta la suddetta area; lo stesso vale per i permessi di soggiorno rilasciati a seguito di regolarizzazione.
Il patto europeo sull’immigrazione e l’asilo prevede tuttavia l’impegno da parte di tutti gli Stati membri a “limitarsi a regolarizzazioni caso per caso e non generali, nel quadro delle legislazioni nazionali, per motivi umanitari o economici”. A quanto emerge dalle informazioni attualmente disponibili, la regolarizzazione attuata dal Belgio appare in linea con questa impostazione.
Dal momento che le conseguenze delle misure sull’immigrazione adottate a livello nazionale possono avere conseguenze che si estendono al di là di tali confini, nel 2006 il Consiglio ha istituito il MIM (mutual information mechanism – meccanismo di mutua informazione) per la condivisione delle informazioni sulle misure nazionali (quali la regolarizzazione) che possono avere un impatto notevole su diversi Stati membri. L’applicazione pratica del MIM si è dimostrata tuttavia deludente, dal momento che gli Stati membri ne fanno un impiego estremamente limitato. La Commissione prevede dunque di inserire il MIM nella procedura annuale per verificare l’attuazione del patto europeo sull’immigrazione e l’asilo.
La Commissione segue attentamente le questioni legate alla regolarizzazione; nei primi mesi del 2009 ha pubblicato uno studio esterno sui processi di regolarizzazione attuata dagli Stati membri e si servirà di questa ricerca nelle prossime delibere. In merito alla regolarizzazione, la comunicazione sul programma di Stoccolma sottolinea la necessità di migliorare lo scambio di informazioni e la possibilità di elaborare linee guida.
Interrogazione n. 36 dell’on. Kelly (H-0268/09)
Oggetto: Sistema per la protezione dell'ambiente nelle regioni agricole in Irlanda
Quale importo di finanziamento è stato reso disponibile per l'Irlanda a titolo del Sistema per la protezione dell'ambiente nelle regioni agricole? Ha la Commissione ricevuto comunicazioni dal governo irlandese in merito ai suoi piani per l'attuazione del programma REPS 4?
(EN) All’inizio del periodo di programmazione 2007-2013, l’Irlanda aveva scelto di destinare al programma REPS 2 miliardi di euro, pari a quasi la metà del budget totale previsto dal paese a questo scopo; lo stanziamento è stato finanziato dall’UE al tasso del 55 per cento. Il governo irlandese ha inoltre stanziato a favore del programma fondi nazionali per ulteriori 414 milioni di euro.
Il 15 luglio l’Irlanda ha notificato alla Commissione la decisione di chiudere il piano REPS a nuovi candidati, decisione motivata da limitazioni di bilancio; al contempo ha indicato l’intenzione di sostituire il REPS con un nuovo piano di opzioni agroambientali. Attualmente la Commissione sta analizzando le variazioni proposte e comunicherà all’Irlanda le proprie conclusioni nei prossimi mesi.
Occorre sottolineare che gli Stati membri sono liberi di decidere in che modo suddividere tra le varie misure il proprio budget per i programmi di sviluppo rurale. L’Irlanda ha fatto la propria scelta e continuerà a investire somme ingenti nel settore agroambientale, a prescindere dalla chiusura del programma REPS.
Interrogazione n. 37 dell’on. Chountis (H-0269/09)
Oggetto: Costruzione di una discarica nella zona di Grammatikó nell’Attica
La Commissione, in risposta ad una precedente interrogazione (http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?type=WQ&reference=E-2009-0544&language=IT" ) sulla creazione di discariche nelle zone di Filí, Grammatikó e Keratéa nell'Attica, segnala, tra l'altro, che: "Il rispetto di condizioni specifiche [come il trattamento previo di residui conformemente alla direttiva 1999/31/CE previste nelle decisioni e vincolate ai pagamenti intermedi non è considerato… soddisfacente nei tre casi."
Tenendo presente che gli abitanti della zona di Grammatikó si oppongono fermamente alla costruzione della nuova discarica nella regione dato che non vengono rispettate le condizioni stabilite nella direttiva 1999/31/CE(1) relativa alle discariche di rifiuti, può la Commissione dire quali provvedimenti immediati intende adottare per porre fine alla costruzione della discarica nella zona di Grammatikó, a motivo del mancato rispetto delle condizioni previste nella direttiva 1999/31/CE?
(FR) La decisione della Commissione C(2004)5509 che dispone l’assistenza del Fondo di coesione al progetto per la realizzazione di una discarica nella zona di Grammatikó prevede, per quanto riguarda i termini di pagamento, una serie di condizioni specifiche, tratte principalmente dalla direttiva 1999/31/CE(2) relativa alle discariche di rifiuti, che devono essere rispettate nel caso in cui la Commissione debba effettuare pagamenti. Come indicato nella risposta all’interrogazione http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?type=WQ&reference=E-2009-0544&language=EN" (3)posta dall’onorevole deputato, la Commissione ritiene che al momento dette condizioni specifiche non siano debitamente rispettate e non intende pertanto coprire le spese di tali progetti. Qualora le condizioni specifiche rimangano disattese, la Commissione si riserva il diritto di sospendere i pagamenti ai sensi dell’articolo H, paragrafo 1 dell’allegato II al regolamento 1164/94 del Consiglio, come modificato dal regolamento 1265/99(4). In ogni caso, la Commissione assicura all’onorevole deputato che provvederà a far rispettare il diritto comunitario, ivi incluse le condizioni contenute nella direttiva 1999/31/CE, a prescindere dalla fonte di finanziamento.
Regolamento (CE) n. 1265/1999 del Consiglio del 21 giugno 1999 recante modifica dell'allegato II del regolamento(CE) n. 1164/94 che istituisce un Fondo di coesione, GU L 161 del 26.6.1999
Interrogazione n. 38 dell’on. Theocharous (H-0275/09)
Oggetto: Colonizzazione di Cipro
Le relazioni Cuco e Laakso, redatte al Consiglio d'Europa, qualificano la colonizzazione della parte settentrionale dell'isola da parte della Turchia come un crimine di guerra e una bomba a orologeria che vanifica qualsiasi tentativo di stabilizzazione. Stando alle informazioni fornite dalla stampa turca, il primo ministro turco Tayyip Erdoğan intende inviare a Cipro ancora un milione di coloni.
L'Unione europea, e più in particolare la Commissione, sono a favore di un eventuale censimento della popolazione in tutta l'isola, organizzato dall'UE e/o del Consiglio d'Europa?
Intende l'UE adottare provvedimenti contro la Turchia qualora persista nella colonizzazione della parte settentrionale, occupata, di Cipro? E, in caso affermativo, quali provvedimenti?
(EN) La questione dei cittadini turchi attualmente residenti nella parte settentrionale di Cipro, sollevata dall’onorevole deputato, sottolinea l’urgenza di risolvere in tempi brevi il problema di Cipro, dal momento che è parte integrante della soluzione al problema.
La Commissione sostiene pienamente l’impegno profuso dai leader delle due comunità di Cipro per trovare una soluzione definitiva sotto l’egida dell’ONU.
Trovare una soluzione richiederà una notevole mole di lavoro; la Commissione confida che alla fine, sotto la guida dell’ONU(1)e con il sostegno dell’UE, le due comunità riusciranno nel loro intento.
La Commissione si aspetta anche un impegno sostanziale da parte della Turchia per pervenire a questa risoluzione.
La Commissione è convinta che il prossimo futuro rappresenti una finestra di opportunità che non deve andare sprecata.
Interrogazione n. 39 dell’on. De Rossa (H-0276/09)
Oggetto: Trasposizione dell’articolo 13 della direttiva sulla parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza in Irlanda
In aggiunta alla risposta del 16 dicembre 2008 all'interrogazione http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?type=WQ&reference=P-2008-6503&language=IT" , potrebbe far sapere la Commissione se ha avviato una procedura contro le autorità irlandesi in riferimento alla trasposizione in Irlanda dell'articolo 13 della direttiva sulla parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza (2000/43/CE(1)) o di altre disposizioni analoghe del diritto comunitario? Potrebbe altresì illustrare lo stato attuale di detta procedura?
(EN) La Commissione invita l’onorevole deputato a consultare la risposta all’interrogazione prioritaria P-6503/08 sulla medesima questione.
La Commissione ricorda inoltre che la direttiva sulla parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza (2000/43/CE) non richiede agli Stati membri di fornire uno specifico tasso di finanziamento né una struttura organizzativa per gli organismi competenti in materia di parità. Ai sensi della direttiva, la Commissione non può intervenire in mancanza di prove che dimostrino che il budget disponibile è insufficiente affinché l’Autorità per la parità possa svolgere le proprie funzioni.
Informazioni sulle procedure d’infrazione avviate contro le autorità irlandesi in merito alle direttive antidiscriminazione sono disponibili nei comunicati stampa della Commissione alla sezione “Documenti correlati” del sito internet http://ec.europa.eu/social/main.jsp?catId=613&langId=it.
I provvedimenti presi dall'UE e dai governi degli Stati membri nell'ambito delle decisioni contro i lavoratori adottate dal Vertice informale dell'UE svoltosi il 7 maggio 2009 a Praga a favore dell'occupazione, costituiscono una feroce aggressione ai danni dei lavoratori per assicurare il profitto dei monopoli.
I rapporti della BCE, dell'FMI e dell'OCSE costituiscono il substrato ideologico del capitale a favore di nuovi "cambiamenti strutturali" finalizzati all'adozione di provvedimenti ancora più feroci e devastanti contro i lavoratori, in particolare per quanto riguarda l'applicazione generalizzata di forme flessibili di occupazione, l'annullamento delle convenzioni collettive sul lavoro, la drastica riduzione dei salari e delle pensioni, l'aumento dei limiti di età per il pensionamento, l'incremento dell'imposizione fiscale su salariati, pensionati e lavoratori autonomi, oltre a un'ulteriore privatizzazione di sanità, previdenza e istruzione.
Può la Commissione riferire quali sono i suoi orientamenti in merito a "riforme stabili e strutturali" su cui sta discutendo e codecidendo con il governo di Neo Dimokratia, ivi comprese le ulteriori feroci misure antipopolari?
La Commissione non ritiene che le misure adottate dall’UE e dai governi degli Stati membri in seguito alla crisi economica e finanziaria possano, in alcun caso, essere definite “una feroce aggressione ai danni dei lavoratori per assicurare il profitto dei monopoli”, dal momento che la finalità principale di tali misure è contenere la disoccupazione crescente e sostenere la ripresa, affinché i cittadini di tutta l’UE possano trarre vantaggio quanto prima dalla crescita.
Nel corso del vertice dell’UE sull’occupazione tenutosi a Praga il 7 maggio non sono state prese decisioni. Le dieci raccomandazioni pubblicate devono essere considerate come una serie di priorità politiche equilibrate, finalizzate a creare nuova occupazione, mantenere i posti di lavoro attuali e promuovere l’inclusione sociale attiva. Le parti sociali, e quindi le organizzazioni sindacali, hanno partecipato attivamente al vertice sull’occupazione.
La Commissione ha chiesto più flessibilità sui mercati del lavoro, pur sottolineando sempre la necessità di affiancarla a una maggiore sicurezza per l’occupazione. La Commissione auspica inoltre l’innalzamento dell’età pensionabile, in linea con la maggiore longevità dei cittadini europei e con la necessità di garantire la sostenibilità sociale dei sistemi pensionistici. Al fine di assicurare in un’ottica di lungo periodo l’adeguatezza e la sostenibilità dei propri sistemi pensionistici, tutti gli Stati membri, compresa la Grecia, devono provvedere a innalzare l’età pensionabile effettiva e a garantire occupazione a più cittadini e per un periodo più lungo. Nel caso della Grecia, si potrebbe intervenire innalzando l’età pensionabile dei dipendenti pubblici.
Interrogazione n. 41 dell’on. Zwiefka (H-0291/09)
Oggetto: Esito della seconda riunione del sottocomitato UE-Egitto su "questioni politiche: diritti umani e democrazia - questioni internazionali e regionali", del 7-8 luglio 2009, concernente l'emittente televisiva Al-Manar
La trasmissione in Europa da parte dell’operatore satellitare egiziano Nilesat del canale televisivo Al-Manar, posto fuori legge per terrorismo, continua ad essere in diretta violazione del piano d'azione UE-Egitto e costituisce una minaccia di radicalizzazione per la sicurezza europea. Nella sua risposta all’interrogazione http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?type=QT&reference=H-2009-0011&language=IT" , la Commissione afferma che il sottocomitato per le questioni politiche con l’Egitto è la sede idonea per affrontare il tema della trasmissione del canale televisivo Al-Manar attraverso Nilesat. Può la Commissione riferire se sollevato con l’Egitto la questione della trasmissione del canale televisivo Al-Manar attraverso Nilesat nella seconda riunione del sottocomitato UE-Egitto su ”questioni politiche: diritti umani e democrazia – questioni internazionali e regionali” del 7 e 8 luglio 2009? Può la Commissione delineare quali impegni ha assunto l’Egitto per far cessare la trasmissione del canale televisivo Al-Manar su Nilesat
La Commissione ringrazia l’onorevole deputato per aver posto questa interrogazione sulla recente riunione del sottocomitato UE-Egitto su questioni politiche e sulla trasmissione dell’emittente televisiva Al-Manar da parte dell’operatore satellitare Nilesat.
La Commissione condivide con l’onorevole deputato la preoccupazione che i contenuti trasmessi dall’emittente egiziana costituiscano un’istigazione all’odio.
Come dichiarato nel Piano d’azione elaborato nel 2007, nel quadro della politica europea di vicinato, Egitto e UE cooperano nella lotta a qualsiasi forma di discriminazione, intolleranza, razzismo e xenofobia, in particolare alle espressioni diffamatorie o di odio per motivi legati a religione, convinzione personale, razza od origine. La Commissione è altresì impegnata a rafforzare il ruolo dei media nel contrastare questi fenomeni.
La seconda riunione del sottocomitato UE-Egitto su questioni politiche, svoltasi al Cairo lo scorso luglio, ha rappresentato un ulteriore passo avanti nel rafforzamento delle relazioni politiche con l’Egitto e ha contribuito a creare fiducia nel processo di dialogo politico.
In occasione della riunione, la Commissione ha naturalmente sollevato la questione della trasmissione dell’emittente Al-Manar attraverso Nilesat e ha espresso preoccupazione per i contenuti che violano la legislazione europea contro la discriminazione e minano gli sforzi di UE ed Egitto per promuovere pace e sicurezza nella regione.
In tale occasione l’Egitto non ha commentato né si è assunto alcun impegno a sospendere la trasmissione di Al-Manar attraverso Nilesat.
La Commissione continuerà a seguire attentamente la questione e potrebbe sollevarla alla prossima occasione nel regolare dialogo politico con l’Egitto.
Interrogazione n. 42 dell’on. Czarnecki (H-0293/09)
Oggetto: Violazioni del diritto comunitario da parte delle società sportive
Intende reagire la Commissione europea, e in caso affermativo in che modo, alle violazioni del diritto comunitario in materia di parità di trattamento dei cittadini di diversi Stati membri dell'Unione europea perpetrate dalle autorità danesi che non hanno permesso a cittadini polacchi e olandesi, in possesso di biglietti validi, di assistere alla partita di qualificazione della Lega europea tra Brøndby IF e Legia Varsavia? Si tratta di un comportamento discriminatorio. L'accesso alla partita è stato negato anche alle persone titolari di un documento d'identità belga. Analogamente, i dirigenti della società calcistica FC Bruges, a loro volta, si sono rifiutati di vendere a cittadini polacchi funzionari della Commissione europea e del Parlamento i biglietti per la partita FC Bruges contro Lech Poznań della settimana scorsa (27.08.2009). Anche in questo caso si tratta di un esempio di effettiva discriminazione fondata sul paese di origine. Si può quindi dedurre che le regole dettate dalle singole società sportive, come è il caso, ad esempio, in Danimarca o in Belgio, prevalgano su quelle adottate dall'Unione europea?
(EN) Per quanto riguarda il presunto divieto imposto dalle autorità danesi ai cittadini polacchi e olandesi in possesso di validi biglietti per assistere alla partita di Champions' League tra Brøndby Copenhagen e Legia Varsavia, la Commissione gradirebbe che fosse chiarito se tale divieto si riferisse all’entrata nel paese o allo stadio e se sia stato deciso dalle autorità statali oppure dagli organizzatori dell’incontro. Sarebbe altresì utile conoscere le ragioni addotte dalle autorità o dagli organizzatori per impedire ai soggetti interessati di assistere alla partita.
A questo proposito, occorre ricordare che la giurisprudenza consolidata della Corte di giustizia europea(1)conferma quanto disposto dall’articolo 49 del trattato CE che garantisce la libera prestazione dei servizi in tutta l’Unione europea, ivi inclusa la libertà per i beneficiari di rivolgersi a un altro Stato membro per ottenere un servizio, senza essere soggetti a restrizioni, a meno che non siano giustificate da motivazioni superiori di interesse generale quali ordine pubblico o sicurezza e commisurate di conseguenza. Questo principio è sancito dall’articolo 20 della direttiva servizi 2006/123/CE(2)(recepita dagli Stati membri entro il 28 dicembre 2009), ai sensi della quale ciascuno Stato membro è tenuto a provvedere:
i) “affinché al destinatario non vengano imposti requisiti discriminatori fondati sulla sua nazionalità o sul suo luogo di residenza”
e
ii) “affinché le condizioni generali di accesso a un servizio che il prestatore mette a disposizione del grande pubblico non contengano condizioni discriminatorie basate sulla nazionalità o sul luogo di residenza del destinatario, ferma restando la possibilità di prevedere condizioni d’accesso differenti allorché queste sono direttamente giustificate da criteri oggettivi”.
Per quanto attiene il diritto dei cittadini europei di circolare e soggiornare liberamente nel territorio dell’UE, la direttiva 2004/38/CE(3)autorizza gli Stati membri a negare ai cittadini dell’Unione l’accesso al proprio territorio soltanto sulla base di motivazioni di politica, pubblica sicurezza o salute pubblica. Le misure restrittive devono rispettare il principio di proporzionalità e fondarsi esclusivamente sul comportamento personale del cittadino europeo interessato, qualora costituisca una minaccia attuale, reale e sufficientemente grave da pregiudicare un interesse fondamentale della società.
Da quanto sopra, si evince pertanto che un divieto di entrata non costituisce necessariamente un’illecita discriminazione né una restrizione non giustificata ai sensi del diritto comunitario. Occorre ricordare che, secondo il regolamento della Champions' League adottato dall’UEFA (Union of European Football Associations), spetta al club ospitante provvedere all’ordine e alla sicurezza durante e dopo l’incontro.
E’ pertanto necessario conoscere in maggiore dettaglio le circostanze del caso specifico per valutare se la presunta condotta delle autorità danesi o degli organizzatori della partita abbia violato il diritto comunitario.
Quanto al rifiuto da parte della società calcistica Brugge di vendere i biglietti per la partita FC Bruges-Lech Poznań a cittadini polacchi funzionari delle istituzioni europee, vale il ragionamento sopraesposto riguardo la non discriminazione e l’illecita limitazione della libera fornitura di servizi. Ancora una volta, sono necessarie maggiori informazioni per valutare la rispondenza di tale comportamento con il diritto europeo.
http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?pubRef=-//EP//TEXT+CRE+20090917+ANN-01+DOC+XML+V0//IT&language=IT" \l "refann_22_2" Direttiva 2006/123/CE del Parlamento e del Consiglio del 12 dicembre 2006 relativa ai servizi nel mercato interno, GU L 376, 27.12.2006.
Direttiva 2004/38/CE del Parlamento e del Consiglio del 29 aprile 2004 relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, GU L 158, 30.4.2004.
Interrogazione n. 43 dell'on. Antonio Cancian (H-0294/09)
Oggetto: Violenze contro i cristiani in Pakistan
Nello scorso agosto si è verificata un'escalation di violenza contro i cristiani nel Punjab – Pakistan – da parte di fondamentalisti islamici. Le autorità locali sono tolleranti verso gli estremisti che invocano l’articolo 295 della legge penale pakistana, nota come "legge sulla blasfemia". La comunità internazionale e quella cattolica condannano "l'insensato attacco alla comunità cristiana" e auspicano l'abolizione della crudele normativa. Si chiede alla Commissione come intenda comportarsi in relazione all'accordo di cooperazione con il Pakistan (2004/870/CE(1)) nel rispetto della clausola democratica al fine di tutelare i diritti umani delle minoranze religiose.
(EN) La Commissione è al corrente degli incidenti avvenuti a Gojra e delle sconvolgenti violenze perpetrate contro i cristiani. In ogni caso, occorre precisare subito che non sono soltanto i cristiani a subire violenze da parte degli estremisti pakistani, ma anche altre minoranze, tra cui gli shia e gli ahmadi.
La Commissione ha sollevato ripetutamente la questione delle minoranze religiose in occasione delle commissioni congiunte e nell’ambito del dialogo della troika e continuerà a riproporla all’attenzione del Pakistan ad ogni occasione nell’ambito del dialogo sui diritti umani.
Le autorità pakistane comprendono perfettamente che atrocità come quelle commesse a Gojra non solo causano immense sofferenze, ma compromettono anche l’immagine del Pakistan. La Commissione prende atto delle iniziative intraprese dal governo in seguito agli incidenti – tra cui l’erogazione di risarcimenti a chi ha subito perdite di immobili e l’istituzione di una commissione d’inchiesta – e seguirà attentamente gli sviluppi della situazione, in particolare quelli volti ad assicurare alla giustizia i responsabili.
Nel contesto del dialogo sui diritti umani, la Commissione ha fatto presente più volte al governo pakistano la questione delle leggi sulla blasfemia. Pur comprendendo che, in termini assoluti, la maggior parte degli accusati ai sensi di queste leggi sono di religione islamica, le leggi sulla blasfemia sono state spesso applicate nei confronti delle minoranze religiose e la Commissione è al corrente di casi in cui false accuse sono state strumentalizzate per risolvere liti private o per perseguire interessi personali.
I disordini di Gojra hanno suscitato nuovi appelli da parte della società civile pakistana affinché tali leggi siano riformate o abrogate. La Commissione auspica una simile evoluzione e intende informarne il governo pakistano.
Ai sensi dell’articolo 1 dell’accordo di cooperazione tra la Comunità europea e la Repubblica islamica del Pakistan su partenariato e sviluppo, il rispetto dei diritti umani e dei principi democratici costituisce un elemento imprescindibile. In occasione del vertice del 17 giugno scorso, sia l’UE che il Pakistan hanno ribadito l’importanza di un dialogo aperto e costruttivo sui diritti umani, che poggia sul pilastro fondamentale dell’accordo di cooperazione; la Commissione è certa che la migliore strategia per il futuro sia continuare a coinvolgere il Pakistan nelle questioni relative ai diritti umani.
Oggetto: Cambiamenti per effetto del trattato di Lisbona
In caso di (ritardata) entrata in vigore del trattato di Lisbona, beneficeranno i Commissari in carica di più elevati diritti pensionistici o di altre prestazioni supplementari di carattere finanziario?
(FR) Il trattato di Lisbona non modifica il sistema pensionistico per i commissari, che si basa sul regolamento 422/67/CEE del 25 luglio 1967(1)http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?pubRef=-//EP//TEXT+CRE+20090917+ANN-01+DOC+XML+V0//EN" \l "defann_24_1" .
Il suddetto regolamento prevede che i commissari acquisiscano contributi pensionistici per l’intera durata del proprio mandato; pertanto, qualora il mandato venga prolungato, i contributi continueranno ad accumularsi fino alla sua effettiva conclusione.
Ai sensi del medesimo regolamento, l’indennità transitoria mensile a cui i commissari hanno diritto nel triennio successivo alla cessazione delle funzioni potrebbe essere incrementata nel caso di quei commissari che, in seguito alla proroga del mandato, abbiamo raggiunto la durata richiesta per passare a una categoria di emolumenti superiore (articolo 7, paragrafo 1 del regolamento).
Regolamento n. 422/67/CEE, n. 5/67/Euratom del Consiglio, del 25 luglio 1967, relativo alla fissazione del trattamento economico del presidente e dei membri della Commissione, del presidente, dei giudici, degli avvocati generali e del cancelliere della Corte di Giustizia, GU 187 dell’8.8.1967.