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Procedura : 2009/2718(RSP)
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Testi presentati :

RC-B7-0118/2009

Discussioni :

PV 20/10/2009 - 13
CRE 20/10/2009 - 13

Votazioni :

PV 22/10/2009 - 8.7
Dichiarazioni di voto
Dichiarazioni di voto

Testi approvati :

P7_TA(2009)0056

Resoconto integrale delle discussioni
Martedì 20 ottobre 2009 - Strasburgo Edizione GU

13. Sostegno alla governance democratica nel quadro delle relazioni esterne (discussione)
Video degli interventi
Processo verbale
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  Presidente. – L'ordine del giorno reca la discussione sull'interrogazione orale (O-0093/2009) al Consiglio presentata dagli onorevoli Albertini e Hautala, a nome della commissione per gli affari esteri, e dall’onorevole Joly, a nome della commissione per lo sviluppo, sul sostegno alla governance democratica nel quadro delle relazioni esterne(B7-0213/2009).

 
  
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  Heidi Hautala, autore.(FI) Signora Presidente, sono felice che, durante la presidenza di turno, la Svezia abbia assegnato grande importanza alla democrazia nel quadro delle relazioni esterne. Dal punto di vista della sottocommissione per i diritti dell'uomo, desidero porre l’accento sul fatto che democrazia e diritti umani sono inseparabili. E’ un dato chiaro e lampante se si considerano le differenti definizioni di democrazia che esistono. Vorrei attirare la vostra attenzione sul fatto che le Nazioni Unite, ad esempio, hanno tentato di definire il concetto di democrazia nel 2005. La loro definizione comprende un lungo elenco di fattori, che vanno da un sistema politico pluralista allo stato di diritto, dalla trasparenza di governo alla libertà dei media, eccetera. Questo ci dimostra chiaramente che i diritti umani non possono venir separati dalla democrazia.

Volendo utilizzarle, l’Unione europea dispone di un’ampia gamma di risorse atte a promuovere la democrazia nel mondo. Nel loro complesso, la politica per lo sviluppo e la politica estera e di sicurezza comune coprono l’intero spettro. Le risorse disponibili sono il dialogo con gli altri paesi, vari strumenti finanziari, la partecipazione alle organizzazioni internazionali e l’osservazione elettorale, fattori evidentemente per noi molto importanti.

Esistono però anche situazioni che ci portano a ipotizzare un qualche intervento negativo. Desidero sottoporre all’attenzione del ministro Malmström il fatto che la prossima settimana il Consiglio "Affari generali e relazioni esterne" si appresta a discutere la revoca del bando all’esportazione di armi verso l’Uzbekistan. Credo che tutto stia a indicare che questo è il segnale sbagliato da inviare, giacché l’Uzbekistan non ha veramente dato ascolto alle richieste della comunità internazionale. La comunità internazionale, Unione europea inclusa, ha chiesto al paese di effettuare un’indagine internazionale indipendente in merito ai tragici e spaventosi eventi verificatisi nella primavera del 2005 in Andizhan, durante i quali la democrazia fu davvero soppressa completamente. Vorrei anche sentire il parere del ministro Malmström in proposito. Come possiamo promuovere la democrazia se alcuni Stati membri vogliono ora porre fine al bando all’esportazione delle armi?

Vorrei anche ribadire che la democrazia non si può esportare. Non è un prodotto d’esportazione. Non è un elemento che si possa introdurre dall’esterno, ed è proprio per questo motivo che vorrei sottolineare l’importanza del coinvolgimento della società civile nel processo, perché solo in questo modo la democrazia può svilupparsi in modo organico: dalla base della società.

Vorrei ricordare che la Russia è un partner che rifiuta sistematicamente di accettare la partecipazione delle ONG al dialogo con l’Unione europea sui diritti umani. A mio parere, non potremo accettare questa situazione in futuro.

Da ultimo, desidero ricordare che il sostegno della democrazia dovrebbe essere una delle priorità della politica estera e di sicurezza comune e della politica per lo sviluppo dell’Unione. Servono anche maggiori risorse: lo strumento europeo per la democrazia e i diritti umani dispone, ad esempio, di risorse molto esigue, dovremmo aumentarne i fondi.

 
  
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  Eva Joly, autore.(FR) Signora Presidente, Ministro Malmström, Commissario, onorevoli colleghi, democrazia e diritti umani sono inscindibili. Un regime democratico si riconosce in definitiva dal rispetto per i diritti umani e le libertà fondamentali.

Dobbiamo pertanto rallegrarci del fatto che il 19 maggio il Consiglio ha segnalato la necessità che l’Unione europea adotti un approccio più sistematico per quanto riguarda la governance democratica.

Gli sforzi compiuti fino a quel momento erano stati molto modesti. Il conflitto israelo-palestinese ne è un esempio evidente. Sebbene la missione inviata a osservare le elezioni palestinesi del 2006 abbia riconosciuto la legittimità del risultato, l’Unione europea e i suoi Stati membri hanno deciso di boicottare il governo eletto, così come hanno boicottato il governo di unità nazionale che si è formato in seguito per uscire dalla fase di stallo.

Dove sono la credibilità e la coerenza dell’Unione europea quando le sue stesse decisioni contrastano in modo così netto con i suoi tanto decantati principi? E cosa dire degli Stati membri che rifiutano di sostenere la relazione Goldstone? Le conclusioni della relazione sono equilibrate e giuste, e il loro unanime sostegno rappresenterebbe un passo in direzione della pace.

Le maggiori potenze stanno distruggendo questa speranza, e lo fanno per mancanza di coraggio e mancanza di fedeltà verso i loro stessi valori.

Organizzare missioni di osservazione elettorale pertanto non basta, specialmente se ci si rifiuta poi di riconoscerne il risultato. Dobbiamo essere coerenti con noi stessi e adottare un approccio globale su queste questioni.

Il Consiglio dovrebbe adottare rapidamente un programma d’azione basato su queste linee, elaborando una vera strategia per i diritti umani, imperativa a tutti i livelli dell’Unione. Dobbiamo delineare in modo chiaro le nostre priorità e integrarle formalmente in tutti gli strumenti a nostra disposizione: politica estera, politica dei diritti umani e politica per lo sviluppo.

Quale monitoraggio effettueremo nei paesi terzi nei quali l’Unione europea osserva le elezioni al fine di garantire, a lungo termine, il rispetto del pluralismo politico e la partecipazione della società civile?

Quali sono le nostre richieste circa la creazione di una magistratura indipendente e di istituzioni trasparenti e responsabili nei confronti dei cittadini?

Questa vaghezza persistente sul posto accordato ai diritti umani nelle nostre politiche è riprovevole e controproducente. E’ giunto il momento di un chiarimento, se vogliamo che l’Unione europea e i suoi valori fondamentali vengano considerati più seriamente a livello internazionale.

 
  
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  Cecilia Malmström, presidente in carica del Consiglio.(SV) Signora Presidente, onorevoli deputati, nel quadro del consenso europeo in materia di sviluppo, il termine “povertà” assume una molteplicità di significati. Povertà significa assenza di potere, opportunità e sicurezza. Lo sviluppo è ostacolato dall’assenza di libertà, e la libertà è limitata se non c’è democrazia. E’ difficile avere la pace senza la democrazia. Di conseguenza, non vi può essere sviluppo senza pace. Entrambe le condizioni richiedono il rispetto assoluto dei diritti umani. Questi concetti sono collegati e serve un quadro generale coeso per utilizzare al meglio le politiche e gli strumenti esistenti a sostegno di una governance democratica.

Desidero ringraziare il Parlamento europeo per il grande interesse e il sostegno dimostrati. Dopo essere stata deputata europea per sette anni e membro della commissione per gli affari esteri, sono ben consapevole della dedizione e dei contributi concreti apportati dal Parlamento al sostegno della governance democratica nel quadro delle relazioni esterne.

L’iniziativa delle presidenze ceca e svedese è già stata più volte oggetto di discussione in quest’Aula, anche con la mia collega, il ministro Carlsson.

Punto di partenza dell’iniziativa è il ruolo fondamentale svolto dalla governance democratica non solo nella cooperazione allo sviluppo dell’Unione europea, ma anche nella politica estera e di sicurezza comune. Questo è fuori discussione. Questa iniziativa si prefigge tuttavia l’obiettivo di compiere un passo ulteriore. In quanto protagonista mondiale, forte dei suoi 27 Stati membri e del Parlamento europeo, e in quanto principale donatore al mondo, l’Unione europea deve svolgere un ruolo di primo piano nel sostegno alla governance democratica nel quadro delle relazioni esterne. Vi è anche una valenza simbolica in questo, poiché la speranza è che i nostri successi in casa siano d’ispirazione per i nostri partner nel mondo. Tuttavia, l’iniziativa mira a incidere anche sul livello pragmatico e operativo, prefiggendosi altresì di garantire il pieno utilizzo degli strumenti politici e giuridici a disposizione dell’Unione e delle nostre istituzioni, in modo coordinato ed efficace.

Non partiamo da zero. Abbiamo già realizzato molto Abbiamo esperienza nel sostegno alla governance democratica nel quadro delle relazioni esterne. Si tratta di un’area prioritaria nei rapporti con i paesi ACP – fissato nell’accordo di Cotonou – e con altre regioni come l’Asia, l’America latina e l’Europa dell’est. Abbiamo valide norme sui diritti umani, che includono il dialogo con paesi terzi e sette strategie comunitarie comuni.

Ovviamente, esiste però un ampio margine di miglioramento: possiamo fare di più, e possiamo fare meglio. L’essenza della democrazia richiede un nuovo quadro politico, e l’attuale ripartizione dei compiti tra i vari pilastri non sempre risponde alle necessità esistenti. Si usano diversi strumenti in parallelo, e non sempre in modo coerente: un approccio simile indebolisce l’impatto delle nostre azioni e potrebbe ripercuotersi anche sulla nostra visibilità e credibilità, oltre a limitare le opportunità di attuare una cooperazione efficace. Pertanto, senza inventare nuovi strumenti o modelli, vogliamo semplicemente promuovere un coordinamento e una coerenza maggiori nel nostro operato a sostegno alla democrazia.

Come possiamo agire? Individuando strategie specifiche per adoperare gli strumenti comunitari più efficacemente all’interno di un quadro uniforme.

Possiamo trarre ispirazione da alcuni dei nostri successi passati. Il coinvolgimento nei Balcani occidentali ne è un esempio: si combinano strumenti del primo e del terzo pilastro e, al contempo, si mira a promuovere le necessarie riforme politiche, ivi compresa la creazione delle istituzioni. E’ per questo motivo che si sta creando un ambiente stabile per la democrazia. Le due funzioni che il rappresentante speciale dell’Unione europea svolge contemporaneamente contribuiscono a conseguire un coordinamento e una coerenza maggiori tra i vari strumenti comunitari. Ma serve anche umiltà, perché ci troviamo ad affrontare sfide imponenti nella regione.

Voglio essere chiara. Alcune persone – forse non i presenti – temono che questa iniziativa imponga nuove condizioni per gli aiuti allo sviluppo. Si tratta ovviamente di una questione delicata, ma il dialogo sui diritti umani e sulla democrazia con i nostri partner non potrà mai comportare condizionalità.

A che punto siamo? I gruppi di lavoro coinvolti hanno avviato il confronto sulle proposte per le conclusioni del Consiglio, basandosi su diversi contributi. Stiamo continuando il lavoro iniziato dalla presidenza ceca, che ha organizzato una tavola rotonda dedicata al rapporto tra Unione europea e governance democratica.

Ho letto anche una relazione molto interessante dell’Istituto internazionale per la democrazia e l'assistenza elettorale che mette a confronto gli intenti delle nostre attività di sostegno alla governance democratica con la percezione da parte dei nostri partner.

E’ troppo presto per valutare questa iniziativa, ma desidero sottolineare che il processo sta già dando un valore aggiunto: i responsabili degli ambiti sviluppo e diritti umani collaborano più da vicino, mentre i gruppi di lavoro su sviluppo e diritti umani del Consiglio discutono in sessioni parallele o congiunte. Questo è un punto importante dell’intera iniziativa e costituisce già di per sé un valore aggiunto. Ci stiamo adoperando affinché le conclusioni del Consiglio vengano approvate dal Consiglio "Affari generali e relazioni esterne" di novembre.

Una delle proposte in discussione è la necessità di interventi mirati per ciascun paese, basati su di un’analisi approfondita della situazione nel paese stesso, da inserire nel sostegno alla governance democratica a livello comunitario, influenzando la scelta dello strumento appropriato.

Un’altra proposta riguarda la necessità di un vero e proprio partenariato, basato sul dialogo e sulle consultazioni, in cui il sostegno alla democrazia venga considerato un argomento a sé e in cui le varie discussioni siano più coerenti e coordinate.

Il sostegno dell’Unione europea ai processi elettorali nel mondo è importante. Il Consiglio e il Parlamento sono ampiamente d’accordo al riguardo. Condividiamo la preoccupazione del Parlamento, che traspare talvolta, riguardo alla necessità di andare oltre le sole elezioni. Il sostegno elettorale deve diventare parte di un processo continuo, che preveda l’osservazione degli sviluppi politici a lungo termine. Ciò significa che la nostra attenzione va rivolta al periodo pre-elettorale, agli eventi in concomitanza con le elezioni e all’intervallo tra le due consultazioni, al fine di garantire che vi siano meccanismi funzionanti riguardo all’attribuzione delle responsabilità.

Non sottolineerò mai abbastanza il ruolo dei nostri parlamenti, cioè il ruolo del Parlamento europeo e dei parlamenti nazionali, nel processo di sostegno alla governance democratica: essi devono partecipare appieno alle attività comunitarie.

Mi auguro che il trattato di Lisbona entri in vigore nel prossimo futuro. Queste nuove “regole del gioco” per l’Unione porteranno a un’Europa più democratica ed efficiente. Il trattato contribuirà anche a rafforzare il ruolo dell’Europa sulla scena internazionale con l’istituzione del Servizio europeo per l'azione esterna. Dopotutto, l’idea di base consiste nel migliorare l’armonizzazione tra le politiche esterne dell’Unione e creare un ponte tra il lavoro della Commissione e quello del Consiglio, così che le loro politiche vadano nella stessa direzione. Oltre al Servizio europeo per l'azione esterna, migliorerà il quadro politico per il sostegno alla governance democratica, così che l’Unione europea potrà dare un sostegno ancora più efficace allo sviluppo nelle varie parti del mondo.

Il sostegno dell’Unione europea alla governance democratica è essenziale. Se uno Stato democratico non è in grado di soddisfare le necessità di base dei propri cittadini e stimolare lo sviluppo economico e sociale, si creerà malcontento riguardo al funzionamento della democrazia. Il governo rischierà così di perdere sia la sua legittimità che il sostegno politico.

Desidero ringraziare i deputati europei per essersi fatti promotori della questione. Apportate il vostro contributo grazie all’impegno profuso, alla normativa vigente, alle vostre relazioni e ai vostri contatti con i parlamenti di tutto il mondo, nonché con la partecipazione alle missioni europee di osservazione elettorale. Per tutti questi motivi, siete uno dei motori della governance democratica e mi auguro che il Parlamento europeo continuerà a svolgere questo ruolo anche nel futuro.

 
  
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  Véronique De Keyser, a nome del gruppo S&D.(FR) Signora Presidente, come si può portare la democrazia in uno Stato? Ebbene, facendo affidamento sulla società civile e rafforzandola, combattendo la povertà e l’esclusione, favorendo l’emancipazione delle donne.

L’Europa non è stata così ingenua da credere di poter portare la democrazia con bombe e carri armati, sebbene alcuni Stati membri siano forse stati vittime di questo malinteso. L’Europa deve pertanto assumere il proprio ruolo di potenza soft. E’ un compito difficile e ingrato. Si è dotata di uno strumento europeo per la democrazia e i diritti umani, che oggi è come un neonato: fragile ma promettente, se verrà trattato con molta cura. Le ONG possono presentare qui progetti anche senza il sostegno dei propri governi, e questo è fondamentale.

Tuttavia anche il finanziamento delle missioni di osservazione elettorale pesa sull’esiguo bilancio di questo strumento. Si tratta di missioni cruciali, che nell’arco di circa dieci anni hanno dimostrato la loro utilità, e per le quali il Parlamento ha già richiesto un aumento delle risorse e sicuramente maggiori azioni di controllo – grazie ministro Malmström – ma anche una maggiore coerenza politica sulle modalità di controllo della loro legittimità, e qui condivido pienamente le parole dell’onorevole Joly riguardo ad alcune delle nostre missioni. Non è normale per un paese che si avvia verso un processo elettorale democratico non ricevere assistenza durante la fase di consolidamento.

Coloro che hanno una visione a breve termine sono sicuri che la democrazia sia costosa. Ma è meno costosa della guerra, questo è certo, e di questo il Servizio europeo per l'azione esterna terrà senz’altro conto durante la sua attività.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. ROUČEK
Vicepresidente

 
  
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  Charles Goerens, a nome del gruppo ALDE. – (FR) Signor Presidente, può esistere la democrazia in assenza di libertà? No. Esiste una libertà senza diritti? Certo che no. La presente discussione verte dunque sulla questione dei diritti umani.

Joseph Ki-Zerbo, un grande studioso burkinabè, ha dato la seguente risposta a questa domanda: “Chi vive nella povertà assoluta non è libero perché non ha la possibilità di scegliere tra diverse alternative”. La povertà è sinonimo di mancanza di libertà. Esiste pertanto una correlazione stretta tra libertà, democrazia e diritti umani.

Non stupisce pertanto il lungo elenco di rimandi a questo aspetto nei testi quadro che disciplinano i rapporti tra l’Unione europea e i paesi terzi, tra cui si annovera anche la convenzione di Cotonou che contiene una clausola sui diritti umani e la democrazia nel contesto del dialogo politico con i paesi ACP. La promozione della democrazia solleva alcune questioni di fondo legate alla definizione di condizionalità intelligenti.

Le precedenti constatazioni ci inducono a concludere che la democrazia spesso non è l’origine dello sviluppo, quanto piuttosto il suo risultato. I partenariati tra l’Unione europea e i paesi terzi non possono ignorare questo dato di fatto. Non potremo compiere progressi se non diamo prova di determinazione, ma anche di una buona dose di pazienza. Oggi sono numerosi i paesi impegnati in un processo di democratizzazione. L’Europa può prendersi il merito di avere affiancato questo processo mediante una strategia che fa propri alcuni imperativi quali la lotta contro la povertà, la codificazione dei diritti umani, la promozione dei principi democratici e lo stato di diritto. Nonostante tutte le critiche, condivisibili, appena espresse contro questa politica, sono comunque convinto che quanto si è dimostrato valido in passato dovrebbe servirci da guida anche nelle nostre azioni future.

 
  
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  Richard Howitt (S&D). (EN) Signor Presidente, la democratizzazione consente di avviare un processo pacifico nella politica, nell’avvicendarsi politico e nella gestione del potere all’interno di una società, nonché di rispettare i diritti umani. Il sostegno alla democrazia è strumentale ai nostri obiettivi di politica estera di prevenzione dei conflitti e di riduzione della povertà. Consapevole di questo, è stato un piacere per me presentare questo emendamento del Parlamento europeo in cui sollecitiamo un consenso europeo a favore della democratizzazione e vorrei congratularmi per l’iniziativa lanciata in questo ambito dalla presidenza svedese.

Sono persuaso che la democratizzazione dovrebbe permeare tutte le politiche condotte dall’Unione europea nei confronti di paesi terzi. Non posso esimermi dal condannare il gruppo dei Riformatori e Conservatori europei che si oppone al paragrafo 10 del nostro testo, dando quasi per sottinteso che l’Europa ha il diritto di predicare la democrazia e comportarsi altrimenti dinanzi a paesi non democratici quando le conviene. Non è così.

Inoltre, come ha affermato il ministro Malmström, per costruire la democrazia non bastano le elezioni; occorre costruire una società civile pluralista. In quest’ottica, l’Europa dovrebbe finanziare le ONG che promuovono la partecipazione civile, favoriscono l’inclusione di gruppi marginali, offrono una formazione in materia agli uomini di legge, incoraggiano la libertà di espressione e di associazione, rafforzano il sistema partitico in parlamento. Si tratta a tutti gli effetti di sostenere un movimento civile.

 
  
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  Laima Liucija Andrikienė (PPE).(EN) Signor Presidente, desidero affrontare la questione della crescita della democrazia nei paesi dell’est che confinano con l’Unione. Negli ultimi anni si è registrato uno stallo e, in taluni casi, una regressione per quanto concerne gli standard democratici in questi paesi. Specialmente gli sviluppi in Georgia e Moldova sono motivo di preoccupazione.

Una politica democratica non può che reggersi su una società civile funzionante, e sottolineo l’aggettivo, ma la società civile è praticamente inesistente presso i nostri vicini orientali. Desidero complimentarmi con la Svezia, che detiene attualmente la presidenza, per essere stata tra le fautrici dell’iniziativa per il partenariato orientale. Tale politica ha le potenzialità per avvicinare maggiormente i paesi del confine orientale all’UE. Purtroppo il partenariato orientale non fornisce in molti casi incentivi sufficienti a incoraggiare questi paesi a intraprendere un penoso e lungo processo di riforma.

A titolo di domanda supplementare, vorrei conoscere la posizione del Consiglio su questo tema. In altre parole, quali sono i vostri progetti? Vogliamo agire con maggiore incisività al fine di garantire il rafforzamento della democrazia in questa zona come anche in altre aree fragili e turbolente?

 
  
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  Heidi Hautala (Verts/ALE).(FI) Signor Presidente, desidero spiegare al ministro Malmström che, a mio avviso, l’Unione soffre di due debolezze quando si tratta di promuovere la democrazia e i diritti umani nel mondo. Le aspirazioni dei diversi Stati membri sono spesso in conflitto e divergenti. Il divieto di esportare armi all’Uzbekistan sembra esemplare in tal senso, giacché non tutti gli Stati membri sono del medesimo avviso. Come possiamo perseguire una politica comune in queste condizioni?

Inoltre, l’Uzbekistan rappresenta anche il classico esempio di un paese che afferma di non avere nulla da imparare dall’Unione europea quanto a democrazia e diritti umani, poiché l’Unione stessa soffre di talune carenze e criticità. Come liberarci da questa politica dei due pesi e delle due misure? Siamo usi a tenere sermoni agli altri, ma non sempre mettiamo in pratica quanto predichiamo. Credo che anche l’idea da lei menzionata di un resoconto sulla democrazia di un’organizzazione si rifacesse alla nozione di due pesi e due misure.

 
  
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  Cecilia Malmström, presidente in carica del Consiglio. – (SV) Signor Presidente, desidero porgere un ringraziamento ai deputati che hanno dimostrato di avere a cuore questo argomento. Concordiamo appieno sulla necessità di rafforzare il rilievo della democrazia nella politica estera comunitaria. In questo momento di crisi economica è vieppiù importante che questa dimensione non venga trascurata. Sappiamo che svariati paesi in via di sviluppo hanno risentito duramente della crisi; la recessione è fonte di frustrazioni e tensioni sociali. Se in questo frangente vengono a mancare delle istituzioni democratiche funzionanti, la situazione potrebbe degenerare pericolosamente. E’ importante che esistano istituzioni democratiche sicure e una società civile forte in grado di affrontare crisi come quella attuale.

Il partenariato orientale è uno strumento importantissimo, anche per il sostegno alla democrazia, sul quale abbiamo lavorato intensamente. A dicembre si terrà una riunione dei ministri degli Esteri, a seguito della quale speriamo di poter varare numerose iniziative specifiche nei primi mesi del 2010. Il partenariato orientale è uno strumento essenziale per rafforzare la democrazia nei paesi contermini.

L’onorevole Hautala ha sollevato la questione dell’Uzbekistan. Certo, la situazione è molto grave, segnatamente in relazione al rispetto dei diritti umani. Come ha riconosciuto l’onorevole Hautala, l’imposizione di sanzioni richiede un’unanimità alla quale il Consiglio non è addivenuto. Condividiamo comunque l’obiettivo di un rafforzamento della democrazia e dei diritti umani in Uzbekistan. Auspichiamo di ottenere questo risultato tramite un maggiore impegno, e speriamo di trovare modalità alternative di consolidamento della democrazia tramite un monitoraggio continuo della situazione dei diritti umani e prendendo in esame il tipo di rapporti che dovremmo intrattenere con l’Uzbekistan. Esistono altri modi di esercitare un’influenza che possono rivelarsi più efficaci di un embargo sulle armi. Sono pochi i paesi che commerciano armi con l’Uzbekistan, sicché un simile divieto avrebbe probabilmente una valenza più simbolica che altro. Forse possiamo trovare altre vie. Tuttavia, come ho già spiegato, dobbiamo ottenere innanzi tutto l’unanimità in seno al Consiglio, dove si lascia ancora attendere.

Per essere credibile sul capitolo dei diritti umani e della democrazia nei rapporti con l’esterno, l’Unione deve dimostrarsi forte anche al suo interno. I punti deboli non mancano. Forse non sono paragonabili alle ingiustizie terribili perpetrate in altri paesi, ma anche l’UE soffre di alcune debolezze al suo interno. Dobbiamo vigilare sempre su questi aspetti se vogliamo dimostrarci credibili nei rapporti esterni.

Da ultimo, vorrei ringraziarvi per questa discussione, nonché per l’eccellente risoluzione che il Parlamento ha presentato. Non ho ancora avuto la possibilità di leggere tutti gli emendamenti, ma credo che la risoluzione presentata sia ottima e collimi perfettamente con le ambizioni della presidenza svedese. Come ho detto, speriamo di riuscire ad adottare le conclusioni del Consiglio in occasione della riunione del Consiglio “Affari generali” che si terrà a novembre. Auspichiamo di proseguire con il Parlamento la discussione su questo tema.

 
  
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  Presidente. – La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà martedì 22 ottobre, alle 11.00.

Dichiarazioni scritte (articolo 149 del regolamento)

 
  
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  Proinsias De Rossa (S&D), per iscritto. (EN) Sottoscrivo senza esitazioni questa richiesta di un quadro politico più coerente ed efficace dell’Unione europea in materia di sostegno alla democrazia, promozione dei valori democratici e rispetto dei diritti umani nel mondo. L’Unione europea si fonda su questi medesimi valori di democrazia e diritti umani. Tra i criteri di Copenaghen che stabiliscono le condizioni di adesione all’Unione per i paesi candidati si citano infatti “la stabilità delle istituzioni garanti della democrazia, lo stato di diritto, i diritti umani, il rispetto delle minoranze e la loro tutela”. Il trattato di Lisbona ribadisce peraltro l’impegno dell’Unione a proseguire la propria azione esterna sulla base dei suoi principi costitutivi. Un obiettivo chiave della politica estera e di sicurezza comune è proprio quello di consolidare la democrazia, lo stato di diritto e il rispetto dei diritti umani. Chiedo l’istituzione tempestiva del Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE) al fine di sostenere la costruzione della democrazia e che tale servizio sia democraticamente chiamato a rispondere del suo operato dinanzi al Parlamento europeo. La democrazia è un valore universale. La democratizzazione e il buongoverno non sono fini a se stessi ma strumentali alla riduzione della povertà, allo sviluppo sostenibile, alla pace e alla stabilità. Democrazia, sviluppo e rispetto dei diritti umani, ivi compresi i diritti economici, sociali e culturali, sono interdipendenti e si rafforzano reciprocamente.

 
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