Presidente. – L’ordine del giorno reca l’interrogazione orale alla Commissione presentata dall’onorevole Goerens, a nome del gruppo dell’Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa sull’accesso limitato dei paesi in via di sviluppo ad alcuni vaccini (O-0100/2009 – B7-0214/2009)
Charles Goerens, autore. – (FR) Signor Presidente, nel contesto della presente interrogazione alla Commissione, vorrei esaminare le possibilità di porre fine a un’ingiustizia che nega all’80 per cento della popolazione mondiale l’accesso al vaccino contro l’influenza A (H1N1), in particolare, e ai vaccini in generale.
Non si tratta di un problema nuovo: tale questione, infatti, si ripresenta ogni anno con la stagione influenzale. Generalmente, i nuovi virus influenzali stagionali si presentano anzitutto nei paesi in via di sviluppo. In seguito, i laboratori nei paesi industrializzati iniziano a produrre un nuovo vaccino. E’ possibile avviare la produzione solo dopo aver ricevuto i ceppi dal paese, solitamente un paese in via di sviluppo, dove per primo si è manifestato il nuovo tipo di influenza. Una volta sviluppato, il vaccino è sufficiente solo a proteggere le popolazioni dei paesi industrializzati. Ne risulta che le popolazioni del sud del mondo non sono protette dalle pandemie.
Mi rivolgo alla Commissione per chiedere come intenda agire per porre fine a questa ingiustizia. E’ moralmente accettabile che il livello di tutela della salute di una popolazione dipenda dalle risorse finanziarie del paese? Vorrei sapere se la Commissione può riferire quali risorse è in grado di mobilitare per colmare tale divario. Se necessaria, quale sarebbe la strategia della Commissione e quali partenariati creerebbe con gli stati coinvolti e con le istituzioni del sistema delle Nazioni Unite, o con il settore privato, per garantire ai cittadini dei paesi in via di sviluppo l’accesso al vaccino?
Il sistema di tutela della proprietà intellettuale dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), che non ho citato nella versione scritta della mia interrogazione, rappresenta un ostacolo alla produzione dei vaccini da parte dei paesi in via di sviluppo? In tal caso, l’Unione europea sarebbe pronta ad avviare una discussione all’interno dell’OMS per rimuovere tale ostacolo?
Vorrei aggiungere un’ultima domanda. La Commissione potrebbe descrivere le misure da attuare per migliorare gli standard delle infrastrutture sanitarie nei paesi in via di sviluppo, un prerequisito fondamentale per un accesso più equo ai vaccini?
Leonard Orban, membro della Commissione. – (RO) Vorrei ringraziare l’onorevole deputato Goerens per la sua interrogazione, che mi consente di affrontare sia le questioni direttamente collegate alla pandemia di influenza A (H1N1), sia questioni di più ampio respiro, relative al contributo della Commissione europea al miglioramento delle infrastrutture sanitarie nei paesi in via di sviluppo.
La Comunità ha risposto alla pandemia di influenza A (H1N1) sia sul versante interno sia su quello esterno. Stiamo, infatti, affrontando una crisi che richiede un approccio globale, sia per questioni di efficacia nella tutela dei nostri cittadini, sia per questioni concernenti la solidarietà verso i paesi meno sviluppati.
L’efficacia si traduce in sistemi di allarme rapido, nella stretta sorveglianza dello sviluppo della pandemia e del virus stesso, nonché nella valutazione delle misure preventive e curative adottate nei paesi che per primi hanno assistito all’insorgere della pandemia, tutti elementi essenziali nella preparazione e adattamento delle nostre risposte. Ma parliamo anche di solidarietà perché l’Unione europea, quale principale donatore di aiuti pubblici allo sviluppo e partner fondamentale di numerosi paesi in via di sviluppo, deve assisterli nell’affrontare nuove minacce.
Nel rispondere a tali minacce, la Commissione e l’Unione europea non partono da zero. Sulla base dell’esperienza dell’influenza aviaria, causata dal virus H5N1, l’Unione ha introdotto, assieme a organizzazioni internazionali come l’Organizzazione mondiale della sanità, la Banca mondiale e altre, procedure efficaci per lo scambio di informazioni e il coordinamento dell’assistenza tecnica, nonché strumenti finanziari quali un fondo fiduciario presso la Banca mondiale. Come afferma Margaret Chan, direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità, il mondo non è mai stato così preparato per una pandemia. La Commissione ha ricoperto e ricopre tuttora un ruolo determinante in quei sistemi, le cui componenti sono state potenziate fino a coprire ogni tipo di minaccia influenzale.
Per quel che concerne l’accesso generalizzato dei paesi in via di sviluppo ai vaccini, la nuova pandemia influenzale ha riacceso il dibattito che prosegue da oltre due anni all’interno dell’OMS e del gruppo di lavoro che si occupa dei preparativi alla pandemia influenzale, istituito su richiesta dell’Assemblea mondiale della sanità in seguito alla decisione dell’Indonesia citata dall’onorevole Goerens.
Questa settimana a Ginevra l’OMS presenta le prime raccomandazioni del gruppo, al quale la Comunità ha partecipato in modo attivo. In conformità con la risoluzione dell’Assemblea mondiale, le raccomandazioni finali devono essere presentate al Consiglio esecutivo dell’OMS, che si terrà alla fine di gennaio. In tale occasione, si dovrà trovare il miglior equilibrio possibile, da un lato, tra i nuovi stimoli alla ricerca e allo sviluppo rapido di nuovi farmaci, derivanti principalmente dalla ricerca del settore privato, per la quale i diritti di proprietà intellettuale costituiscono un incentivo fondamentale, e, dall’altro lato, equità in termini di accesso ai prodotti sviluppati da tale ricerca.
La Comunità europea nutre riserve su qualsiasi restrizione allo scambio di materiale biologico necessario per svolgere le relative attività di ricerca. Una collaborazione internazionale attiva, trasparente e coordinata con le legittime istituzioni, quali l’OMS e la sua rete, è essenziale per uno sviluppo e una distribuzione rapidi di soluzioni in risposta alla pandemia.
Nel caso specifico dell’influenza A (H1N1), per la quale non erano disponibili stock di vaccini, si è presentato anche il problema della capacità di produzione; bisognava inoltre stabilire a chi sarebbe spettata la prima scelta se i paesi dotati delle risorse necessarie avessero ordinato grandi quantitativi. L’impegno assunto da alcuni produttori di vaccini e, più recentemente, da alcuni paesi di donare o vendere a prezzo ridotto il 10 per cento della produzione o dell’ordine ai paesi in via di sviluppo costituisce un segnale incoraggiante di solidarietà globale.
Per quanto riguarda la Commissione, è fondamentale che si fornisca assistenza ai paesi terzi per affrontare una pandemia, e non soltanto garantendo l’accesso ai vaccini quando sono disponibili. E’ di importanza fondamentale non interrompere il sostegno fornito dalla Commissione e dagli Stati membri in vari modi, con l’obiettivo di consolidare le infrastrutture sanitarie, oltre a garantire assistenza a progetti, sostegno al bilancio generale o settoriale dei paesi partner, nonché sostegno alle organizzazioni internazionali.
Al fine di garantire il rispetto del principio secondo il quale i paesi possono assumersi la responsabilità del proprio sviluppo, nonché dell’impegno a fornire un aiuto efficace, è necessario concentrarsi soprattutto sulle patologie e sugli interventi prioritari. La risposta a una pandemia si basa, innanzi tutto, sulla disponibilità di infrastrutture meglio attrezzate e sulla fornitura di cure tempestive per disporre in modo equo delle eventuali risorse preventive.
In caso di grave crisi, la Commissione europea potrà mobilitare le proprie risorse destinate agli interventi umanitari e di emergenza e potrà dimostrare flessibilità nell’uso delle risorse già stanziate per i paesi partner che hanno richiesto assistenza. Durante tali crisi, le organizzazioni non governative e le principali reti istituzionali rivestiranno un ruolo sicuramente essenziale. La Commissione, quindi, sa di poter contare su una loro azione decisa.
Gay Mitchell, a nome del gruppo PPE. – (EN) Signor Presidente, l’inevitabile arrivo e ricorrenza di una pandemia influenzale ha riportato in prima pagina la questione dei vaccini. Si tratta, tuttavia, di un problema persistente e di lunga data nei paesi in via di sviluppo. L’interrogazione orale di questa mattina sottolinea ottimamente l’ipocrisia e l’ingiustizia dell’Occidente, che richiede ai paesi in via di sviluppo il materiale necessario allo sviluppo dei vaccini per proteggere i ricchi cittadini dei paesi industrializzati e ha poi la sfrontatezza di rivendere quegli stessi vaccini ai paesi più poveri.
Oltre alla necessità di garantire l’accesso ai vaccini antinfluenzali ai paesi in via di sviluppo, dobbiamo ambire alla creazione di un sistema in cui le popolazioni più povere al mondo, quasi sempre più esposte alle malattie, abbiano l’opportunità di tutelarsi da patologie prevenibili, opportunità che in Occidente diamo per scontata. La tubercolosi offre un buon esempio del contrasto tra noi e i nostri vicini dei paesi in via di sviluppo. In Europa, i bambini sono sottoposti per prassi a vaccinazione con il BCG, che ha un’efficacia dell’80 per cento. In questo modo, in Europa la tubercolosi non è più la minaccia persistente di un tempo.
Confrontiamo questi dati con i paesi in via di sviluppo, in cui il 26 per cento delle morti evitabili è causato dalla tubercolosi. In questi paesi, le conseguenze della TBC sono aggravate dal fatto che si tratta di una patologia altamente infettiva, che si diffonde per via aerea e trova un terreno particolarmente fertile in spazi circoscritti quali le misere baraccopoli che caratterizzano tanti paesi in via di sviluppo. Si aggiunga il fatto che il 50 per cento dei malati di AIDS nell’Africa subsahariana, dove l’AIDS è dilagante, contrae la tubercolosi e capiremo quanto siamo fortunati a vivere in un’area relativamente controllata a livello di vaccinazioni, grazie ai programmi a nostra disposizione.
A dimostrare in modo eclatante l’efficacia dei vaccini e l’utilità degli aiuti allo sviluppo in generale è l’esempio del morbillo in Africa, dove, grazie principalmente ai programmi di vaccinazione, tra il 2000 e il 2006 i decessi causati dalla malattia sono diminuiti del 90 per cento.
Signor Presidente, l’efficacia delle vaccinazioni è evidente e siamo responsabili nei confronti di quelle popolazioni che soffrono a causa dell’assenza di vaccini. Esorto quest’Assemblea a continuare a impegnarsi per fare sì che tale servizio sia reso disponibile ai più poveri.
Vorrei effettuare un richiamo al regolamento prima di restituire la parola: vi invito a riparare gli ascensori di questo parlamento. Stavo utilizzando l’ascensore quando le porte si sono bloccate e sono riuscito a fatica ad arrivare in orario per la discussione. Tutti si lamentano per questo problema, deve essere risolto.
Presidente. – (ES) Onorevole Mitchell, per quanto concerne la questione degli ascensori, da lei sollevata, le rivelerò quello che potrebbe essere un segreto dell’Ufficio di presidenza. Nel corso dell’ultimo incontro dell’Ufficio, ho criticato la situazione da lei descritta e che, purtroppo, non costituisce un problema solo a Strasburgo. Anche a Bruxelles vi sono state settimane in cui era pressoché impossibile spostarsi nel labirinto dei vari edifici del parlamento perché gli ascensori non funzionavano.
L’Ufficio trasmetterà la questione ai servizi competenti, affinché la situazione sia risolta in un modo o nell’altro.
Michael Cashman, a nome del gruppo S&D. – (EN) Signor Presidente, vorrei distogliere l’attenzione dell’Assemblea dagli ascensori e riportarla sui vaccini che prevengono i decessi. Ritengo che dovremmo concentrarci su questo. Chiaramente sostengo l’appello che ci è stato rivolto in riferimento al virus A (H1N1), ma voglio andare oltre: Commissario, vi sono sistemi che funzionano e i vaccini sono tra questi. Pensiamo allo pneumococco. Si tratta di un’infezione batterica che causa polmonite, meningite e setticemia ed è relativamente sconosciuta, pur detenendo il triste primato mondiale di principale causa di morte prevenibile da vaccino nei bambini sotto i cinque anni.
Lo pneumococco è la causa principale della polmonite, che uccide due milioni di bambini ogni anno. Siamo di fronte a una sfida sanitaria globale che può essere vinta. Troverete forse degno di nota che la Commissione e molti Stati membri si sono già impegnati a sostenere le vaccinazioni nei paesi più poveri del mondo sostenendo l’Alleanza globale per i vaccini e l’immunizzazione (GAVI), lo strumento internazionale di finanziamento per le vaccinazioni e l’impegno anticipato di mercato per i vaccini (AMC), che finora non erano stati citati.
Ma possiamo e dobbiamo fare di più per dare priorità alla malattia pneumococcica nel quadro degli attuali interventi per la sanità e lo sviluppo, e dobbiamo lavorare con i paesi in via di sviluppo affinché anch’essi si impegnino in tale direzione. L’AMC contro lo pneumococco offre un’opportunità senza precedenti ai paesi che vogliano proteggere la popolazione giovane da questa malattia prevenibile. Il dato disarmante è che, dei 71 paesi aventi diritto, meno di venti hanno richiesto i fondi AMC che possono salvare così tante vite.
Vorrei ricordare alla Camera che un maggiore accesso alle vaccinazioni di base è fondamentale per raggiungere il quarto obiettivo di sviluppo del Millennio: la riduzione di due terzi della mortalità infantile entro il 2015. Dobbiamo assicurarci di consegnare questi vaccini ai paesi che ne hanno maggiore bisogno. E’ un’azione semplice, che salverà milioni di bambini. Questa Camera ha di fronte a sé una dichiarazione scritta sull’argomento, che affronta anche il tema della condivisione dei brevetti. Esorto gli onorevoli colleghi a firmarla e a impegnarsi in modo concreto.
Frédérique Ries, a nome del gruppo ALDE. – (FR) Signor Presidente, come sappiamo, questa settimana la maggioranza degli Stati membri darà inizio al primo ciclo di vaccinazioni contro l’influenza A. Allo stesso tempo, siamo costretti a riconoscere i minimi progressi in tale ambito in termini di accesso al vaccino da parte dei paesi in via di sviluppo.
Lo abbiamo appena sentito: milioni di persone, principalmente bambini, muoiono ogni anno a causa di una moltitudine di malattie, come sottolineato soprattutto da un mio connazionale, l’onorevole Mitchell.
La soluzione non è semplice, particolarmente, ma non solo, perché la questione dell’accesso al vaccino non è paragonabile alla questione dell’accesso ai farmaci, per almeno due ragioni specifiche: il ridotto numero di produttori e il controllo della catena del freddo, che si rivela ancora difficoltoso. Vi sono, tuttavia, degli elementi positivi: il fatto che, al momento, il virus non stia mutando e la disponibilità annunciata di tre miliardi di dosi l’anno. Si tratta di fatti evidenti, che richiedono e incoraggiano il lancio di una strategia su scala mondiale.
Nel ridotto tempo concessomi, vorrei concludere, signor Presidente, affermando che ritengo che l’Unione europea debba sostenere senza riserve l’appello dell’OMS per una distribuzione più equa dei vaccini, anzitutto nelle aree ad alta mortalità, e che dobbiamo creare le condizioni e sostenere lo sviluppo di partenariati pubblici e privati per contrastare in modo efficace la carenza di vaccini nel mondo.
Marisa Matias, a nome del gruppo GUE/NGL. – (PT) Signor Presidente, Commissario, innanzi tutto vorrei ribadire l’importanza dell’interrogazione presentata dall’onorevole Goerens, che riguarda una questione di giustizia fondamentale. Siamo tutti consapevoli del fatto che, qualora l’influenza A assumesse le dimensioni di una pandemia, sarebbero soprattutto i paesi del sud del mondo a pagarne le conseguenze, non i paesi del nord. Ogni anno, assistiamo passivamente alla morte di milioni di cittadini a seguito di pandemie che sono già state debellate o sono curabili nei paesi del nord del mondo, la lista è molto lunga: malaria, dengue, febbre gialla, tubercolosi. Questa lista è potenzialmente infinita, eppure non agiamo per risolvere il problema.
Utilizziamo i paesi del sud del mondo come fornitori di campioni di nuovi ceppi di virus, a titolo gratuito, per migliorare le cure nei paesi del nord, ma non diamo una risposta efficace a questi problemi. Vorrei, dunque, aggiungere alcune domande a quelle già poste.
Vogliamo affrontare la questione come un problema di sanità pubblica o come un affare? Nel primo caso, dobbiamo garantire un equo accesso alle cure in tutte le regioni del mondo e dobbiamo, quindi, rendere i nostri sforzi più efficaci. Vorrei domandare, e mi auguro che così non sia, se siamo in attesa di un surplus nelle riserve di vaccini in Europa o che gli effetti collaterali si dimostrino troppo nocivi per mostrare la nostra generosità e iniziare repentinamente a inviare i vaccini necessari ai paesi del sud del mondo.
Infine, vorrei domandare se l’Unione europea, se noi europei, se la Commissione dorme sonni tranquilli all’idea che i paesi del nord del mondo affrontano le pandemie sulla base di un modello di prevenzione, mentre i paesi del sud ricevono solo palliativi o avanzi.
Presidente. – La parola spetta ora all’onorevole Guerrero Salom e vorrei esprimere quale piacere ed emozione sia per me dare la parola per la prima volta a una persona che è da anni un grande amico e un grande collega.
Enrique Guerrero Salom (S&D). – (ES) La ringrazio per le sue parole gentili, signor Presidente. E’ un onore lavorare per un’istituzione di cui lei è vicepresidente.
Ho preso la parola per unirmi all’interesse espresso per la questione, ossia fornire sostegno ai paesi in via di sviluppo per prevenire e contrastare la pandemia influenzale H1N1.
Oltre alla questione della pandemia, vorrei sottolineare che le malattie colpiscono i paesi poveri molto più dei paesi industrializzati. Molte delle malattie debellate nei paesi industrializzati uccidono decine di milioni di persone nei paesi in via di sviluppo.
Questi paesi devono tutelare la salute dei propri cittadini, ma non hanno i mezzi per farlo. Per contrastare AIDS, tubercolosi, malaria e altre malattie infettive, necessitano di vaccini ai quali non hanno accesso e che non possono acquistare.
Vorrei incoraggiare la Commissione, come ha già affermato il commissario, a cercare di creare alleanze, promuovere programmi, motivare i paesi donatori e lavorare per garantire ai paesi in via di sviluppo l’accesso ai farmaci generici a prezzi accessibili per i cittadini.
Leonard Orban, membro della Commissione. – (RO) In aggiunta a ciò che ho affermato all’inizio del mio intervento, vorrei sottolineare alcuni aspetti. La Commissione europea fornisce una costante assistenza finanziaria in ambito sanitario a numerosi paesi in via di sviluppo attraverso progetti, programmi e aiuti di bilancio.
Per rispettare le priorità nazionali, la Commissione analizzerà, assieme ai propri partner, il modo in cui utilizzare tali risorse per potenziare i metodi usati nella lotta alla pandemia. Ripeterò esplicitamente ciò che ho affermato implicitamente: la Commissione europea non dispone degli strumenti tecnici e finanziari per acquistare essa stessa i vaccini.
Ad ogni modo, collaborando intensamente con l’Organizzazione mondiale della sanità, creando alleanze e firmando accordi con varie parti interessate lavoreremo per preparare le risposte alle richieste avanzate su tale tema.
Presidente. – La discussione è chiusa.
5. Situazione finanziaria ed economica in Moldova (discussione)
Presidente. – L’ordine del giorno reca la dichiarazione della Commissione sulla situazione finanziaria ed economica in Moldova.
Leonard Orban, membro della Commissione. – (RO) Le elezioni che si sono ripetute il 29 luglio nella Repubblica moldova hanno costituito una prova cruciale della capacità del paese di consolidare il proprio sviluppo democratico e di proseguire nel riavvicinamento all’Unione europea. Siamo lieti che le elezioni si siano svolte in un clima calmo e ordinato e che il nuovo governo non solo abbia espresso la ferma intenzione di promuovere un atteggiamento pro-europeo, ma che abbia anche approvato una serie di misure volte a tal fine.
Dall’altro lato, le nuove autorità moldove si trovano ad affrontare enormi difficoltà: tra le sfide più ardue e i principali ostacoli vi è la necessità di affrontare le conseguenze della crisi economica e finanziaria. Tra i vicini orientali dell’Unione europea, la Repubblica moldova è probabilmente lo Stato che si trova nella situazione economica più instabile. Il commercio e la produzione industriale sono crollati non solo a causa della crisi, ma anche per i disordini politici scatenati dalle elezioni parlamentari di aprile.
Le rimesse dei cittadini moldovi all’estero, che, fino allo scorso anno, costituivano oltre un terzo del PIL del paese, sono scese molto al di sotto i livelli abituali. Le esportazioni e le importazioni sono diminuite drasticamente e lo stesso vale per la domanda interna e la produzione industriale. E’ previsto un netto calo per il 2009, di oltre il 10 per cento del PIL.
Considerando che la Repubblica moldova è il paese più povero in Europa, questo crollo avrà ripercussioni particolarmente pesanti e aggraverà ulteriormente le difficoltà che affliggono la popolazione, e soprattutto i settori più vulnerabili della società. Per fornire aiuti alla Repubblica moldova e alla sua popolazione, l’Unione europea è pronta a sostenere il paese offrendo assistenza macrofinanziaria, cui si aggiungeranno gli eventuali aiuti del Fondo monetario internazionale, nel quadro di un impegno coordinato congiunto. Inoltre, forniremo assistenza specifica e accelereremo il pagamento dei consueti aiuti al paese.
Per quel che concerne l’assistenza macrofinanziaria, come necessario per questo tipo di aiuto, il nostro sostegno dipende dalla conclusione di un accordo su un programma di sostegno tra la Repubblica moldova e il Fondo monetario internazionale. I rappresentanti del FMI si trovano ora a Chişinău, e attendiamo con interesse la loro relazione. Non si può proseguire con la preparazione del programma di assistenza macrofinanziaria finché non sarà varato il programma con il FMI. E’ dunque troppo presto per sapere che tipo di programma di assistenza macrofinanziaria sarà necessario fra quelli a disposizione della Commissione europea.
Riteniamo che le autorità statali chiederanno assistenza, non solo per consolidare le riserve valutarie, ma anche per colmare il deficit di bilancio. Va sottolineato che la Repubblica moldova è in possesso dei requisiti necessari per richiedere prestiti e sovvenzioni. La configurazione finale del pacchetto di assistenza dipenderà, chiaramente, dalle necessità individuate.
Nel frattempo, la Commissione europea ha inviato una delegazione di esperti a Chişinău, coordinata dalla direzione generale degli Affari economici e finanziari (DG ECFIN) per coadiuvare le autorità moldove nella valutazione della risposta del paese all’attuale situazione di crisi economica. I servizi della Commissione sono stati utilizzati in quest’occasione per raccogliere le informazioni necessarie alla preparazione di un programma di assistenza macrofinanziaria.
La Commissione è a disposizione delle autorità di Chişinău per offrire loro una consulenza specifica in quest’ambito. Allo stesso tempo, stiamo cercando di accelerare i pagamenti delle operazioni di sostegno di bilancio nel quadro dello strumento europeo di vicinato e partenariato. A settembre, la Commissione europea ha approvato un aumento da 30,5 a 34,5 milioni di euro del massimale di stanziamento per i pagamenti destinati al sostegno di bilancio quest’anno. Ovviamente, lo scopo della nostra assistenza sotto forma di sostegno di bilancio è, innanzi tutto, di incoraggiare l’attuazione di riforme nei settori concordati, e non solamente di colmare le lacune di bilancio.
Tuttavia, nella situazione attuale si tratta di uno strumento per integrare le limitate risorse di bilancio, che contribuirà anche ad aiutare la popolazione moldova a superare le difficoltà reali che sta affrontando.
In particolare, accogliamo di buon grado il fatto che onorevoli deputati del Parlamento europeo abbiano richiesto un sostegno urgente alla Repubblica moldova. Nei mesi futuri vi inviteremo a sostenere i nostri sforzi in tale ambito. Siamo convinti che il parlamento approverà rapidamente il pacchetto di assistenza macrofinanziaria per la Repubblica moldova quando gli sarà presentato, il che ci consentirà di garantire una fornitura di assistenza tempestiva.
Prima di concludere il mio intervento, onorevoli deputati, vorrei commentare brevemente la situazione in Transnistria. In primo luogo, vorrei sottolineare l’importanza di mantenere la nostra attenzione su questo problema, considerando i notevoli cambiamenti politici avvenuti in Moldova. I negoziati per la risoluzione del conflitto devono riprendere quanto prima nel formato 5+2. Siamo ottimisti al riguardo, poiché il nuovo governo ha ribadito il proprio sostegno a tale principio nel programma. L’Unione europea riveste un ruolo sempre più importante nel processo.
Ci auguriamo che il nuovo governo di Chişinău adotti un approccio proattivo in merito, che consenta di risolvere il conflitto. Per quel che ci riguarda, abbiamo appena varato due pacchetti di progetti, con finanziamenti della Commissione europea, per accrescere la fiducia nei settori sociale, economico, sanitario e della tutela ambientale. Questa azione rientra nel quadro più ampio dell’impegno che dedichiamo continuativamente alla risoluzione del conflitto.
Onorevoli deputati, la Repubblica moldova si trova, politicamente ed economicamente, davanti a un bivio. Siamo fermamente intenzionati a sostenere il futuro sviluppo del paese. In questa situazione particolarmente difficile, continueremo a fare tutto il possibile affinché il nostro sostegno sia significativo, efficace e tempestivo.
Marian-Jean Marinescu, a nome del gruppo PPE. – (RO) La Repubblica moldova sta attraversando una grave crisi economica, finanziaria e istituzionale causata dal clima economico e finanziario e, specialmente, da otto anni di governo comunista.
Le elezioni anticipate tenutesi nel giugno del 2009 e la vittoria dell’Alleanza per l’integrazione europea segnano un passo importante verso la realizzazione delle aspirazioni europee dei cittadini moldovi. La vittoria è stata ottenuta grazie all’impegno dei partiti dell’Alleanza contro i metodi comunisti, nonché alla loro capacità di resistere agli influssi della situazione in Transnistria e della Federazione russa. Dobbiamo ammirare coloro che sono riusciti a ottenere questa vittoria quasi in solitario, guadagnandosi la fiducia dei cittadini moldovi.
La Moldova ha bisogno di aiuto. La stabilità del nuovo governo a Chişinău dipende da questo, come anche il futuro sviluppo di questo ex Stato sovietico verso ovest o verso est. Credo fermamente che la Moldova riceverà assistenza da numerosi canali, tra i quali dobbiamo essere presenti.
L’Unione europea può solo rispondere positivamente agli sforzi dell’Alleanza per l’integrazione europea in Moldova. Più specificamente, ciò significa negoziare quanto prima un accordo associativo tra l’Unione europea e la Moldova, dando rapidamente inizio a un dialogo costruttivo mirato all’introduzione di un programma “Viaggio senza visto” per i cittadini moldovi e fornendo alla Repubblica moldova un sostegno finanziario per colmare il deficit di bilancio. La Commissione europea deve fornire alla Moldova quanto prima l’assistenza macrofinanziaria di cui ha tanto bisogno.
Commissario, ho ascoltato attentamente il suo intervento e sono lieto che la Commissione si stia occupando della Repubblica moldova e che stia preparando un pacchetto di assistenza macrofinanziaria, sebbene dipenda dalla collaborazione con il FMI. Ciò che le chiedo è che lei, la Commissione e il FMI non vi occupiate della questione moldova parallelamente, bensì in collaborazione, per evitare che il FMI resti in attesa dell’intervento della Commissione e viceversa.
Kristian Vigenin, a nome del gruppo S&D. – (BG) E’ stato un grande piacere ascoltare il commissario Orban esporre le intenzioni della Commissione europea e il suo approccio alla questione moldova. Ritengo sia necessario inviare alla Moldova dei segnali espliciti dalle istituzioni europee e dall’Unione europea nel suo complesso, e fornire il sostegno necessario, sia finanziario sia economico. Devo tuttavia sottolineare la necessità di un sostegno politico al governo attuale e ai suoi sforzi volti a risollevare la Moldova dalla difficile situazione in cui si trova. Dopo due elezioni successive, questo governo, ovviamente, tenterà di affrontare i problemi reali della popolazione, tema che sembrava essere passato in secondo piano negli ultimi mesi, se non anni. Occorre altresì ricordare che, anche se al momento la situazione politica in Moldova appare più stabile e positiva, può rapidamente prendere un’altra direzione. Non è chiaro se la Moldova sarà in grado di eleggere un presidente, e se ciò non dovesse avvenire, il paese dovrà, chiaramente, affrontare nuove elezioni il prossimo anno. Questo sarebbe il peggiore sviluppo possibile, non solo per il paese, ma anche per la popolazione moldova.
Per questo appoggiamo le iniziative della Commissione, e il nostro gruppo sosterrà i piani della Commissione europea. Dobbiamo inoltre inviare un chiaro messaggio alla Moldova, al suo governo e all’opposizione: è giunto il momento di occuparsi dei problemi reali della popolazione, senza giochi politici a scapito dei cittadini. Un messaggio così forte sarebbe compreso anche dall’attuale opposizione moldova. Siamo a favore anche di un rapido accordo di associazione che, come affermato dall’onorevole Marinescu, dovrebbe contemplare la creazione di un’area di libero scambio, nonché un programma “Viaggio senza visto”, un grave problema che ha causato tensioni tra Moldova e Romania. Oltre alle misure urgenti proposte dalla Commissione, dobbiamo far sì che il partenariato orientale, varato a metà di quest’anno, inizi a funzionare correttamente. Dobbiamo inoltre raggiungere risultati concreti in linea con la politica europea.
Cristian Silviu Buşoi, a nome del gruppo ALDE. – (RO) La Repubblica moldova si trova in una situazione economica molto difficile. La crisi finanziaria nell’Unione europea ha colpito anche i nostri vicini ed è nostro compito aiutarli.
La crisi economica in Moldova non è solo una conseguenza della crisi mondiale, bensì è principalmente dovuta all’incapacità di intraprendere le misure necessarie immediatamente dopo lo scoppio della crisi nel paese. Di fatto, a causa delle elezioni, l’ex amministrazione comunista ha falsato i bilanci locali favorendo le autorità controllate dai comunisti nell’assegnazione dei fondi. Per giunta, avendo noi deciso di mantenere un tasso di cambio artificiale tra il leu e l’euro, a un livello tale da evitare che i nostri vicini fossero colpiti dalla crisi, le autorità locali rischiano ora, con l’avvicinarsi dell’inverno, di non essere in grado di pagare le spese di riscaldamento, e il governo avrà difficoltà nel pagare stipendi e pensioni.
Accogliamo di buon grado l’avvio di negoziati tra il governo moldovo, il Fondo monetario internazionale e la Banca mondiale. Sono convinto che le trattative si concluderanno con un accordo che terrà conto delle realtà sociali, politiche ed economiche della Repubblica moldova. La Moldova non ha certo bisogno di condizioni impossibili da rispettare, considerando la delicata situazione politica ed economica nel paese.
In aprile, il Parlamento europeo ha discusso in varie occasioni la situazione della Repubblica moldova ed eravamo tutti concordi sul fatto che l’Unione europea dovesse fornire assistenza finanziaria. Il nostro intervento è ancor più importante ora che forze liberali pro-europee sono al potere. Per questo, a nome del gruppo dell’Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa, chiedo esplicitamente alla Commissione di garantire che la proposta che redigerà comprenda offerte specifiche di assistenza macrofinanziaria, perché la Repubblica moldova necessita un aiuto immediato per colmare il deficit di bilancio, che, a fine 2009, potrebbe raggiungere il 14 per cento del PIL.
Nel medio termine, il partenariato orientale può costituire uno strumento utile, ma deve diventare operativo quanto prima e ricevere i fondi necessari. Inoltre, chiediamo l’inclusione nel futuro accordo di associazione di una proposta sulla creazione di un’area di libero scambio estesa e globale, assieme a una proposta di “Viaggio senza visto” per i cittadini moldovi.
Werner Schulz, a nome del gruppo Verts/ALE. – (DE) Signor Presidente, Commissario, onorevoli deputati, forse la situazione politica in Moldova si distenderà domani in seguito all’elezione di un presidente, sostenuto della Coalizione per l’integrazione europea. In caso contrario, come abbiamo sentito, si terranno nuove elezioni anticipate e, se così sarà, l’Unione europea deve fornire un aiuto costruttivo.
Ovviamente, tale aiuto non può limitarsi all’osservazione delle elezioni e vorrei discutere di come aumentare la partecipazione degli elettori e rendere i risultati più trasparenti. Circa un milione di moldovi vive e lavora in paesi occidentali, particolarmente in Italia, Portogallo e Austria. Il loro tasso di partecipazione alle ultime elezioni è stato molto basso per ovvie ragioni: ad esempio, in Italia era possibile votare solo a Roma e Bologna e numerosi moldovi sparsi per il paese non hanno potuto usufruire di tale opportunità a causa degli elevati costi.
Il Parlamento europeo, la Commissione, il Consiglio e il governo moldovo devono garantire l’allestimento di urne e seggi elettorali speciali, affinché i cittadini moldovi all’estero possano prendere parte alle elezioni, poiché è da loro che potremo ottenere un chiaro impegno nei confronti dell’Europa. Per questo vorrei che rivolgeste la vostra attenzione non solo al sostegno economico e finanziario, ma anche alla necessità di un sostegno politico costruttivo e consapevole da parte nostra.
Charles Tannock, a nome del gruppo ECR. – (EN) Signor Presidente, la Moldova è il paese più povero d’Europa, non ha sbocchi sul mare, ma è riuscita a tenere delle elezioni democratiche con successo. Il nuovo parlamento dovrà scegliere il proprio presidente con saggezza.
Il paese sarebbe tuttavia molto più prospero e sicuro se non avesse subito una scissione territoriale artificiale. Non vi sono stati molti progressi nella risoluzione del conflitto in Transnistria, che risale a circa 17 anni fa. Ciò è dovuto principalmente ai finanziamenti al regime illegale di Tiraspol da parte della Russia, che continua anche a inviare truppe in Transnistria.
Normalmente la sincerità della Russia è intuibile dall’impegno che dedica alla risoluzione di conflitti come questo, ma il fatto è che, in Transnistria come in Georgia e Ucraina, la Russia non riesce a non interferire. Essa ritiene che la Moldova, in quanto ex repubblica sovietica, rientri nella sua sfera di influenza. Questa concezione è antiquata. La Moldova, in quanto Stato europeo manifestamente sovrano, in futuro potrebbe entrare nella NATO e nell’Unione europea.
L’Unione europea deve raddoppiare gli sforzi ora per trovare una soluzione alle questioni irrisolte in Moldova e fornire l’assistenza finanziaria necessaria, ma ciò non avverrà semplicemente riprendendo da zero i rapporti con il Cremlino.
Jiří Maštálka, a nome del gruppo GUE/NGL. – (CS) Vorrei parlare di entrambe le questioni e della relazione sui progressi compiuti dalla Georgia. Ci è concesso un tempo troppo breve per valutare temi così complessi. Mi sento in dovere di affermare che il presidente ceco Klaus aveva ragione nel suo giudizio sulla situazione in Moldova o sulla disputa territoriale tra Georgia e Russia. Ovviamente sono tutte questioni del passato, mentre ora dobbiamo affrontare nuovi problemi, nonostante abbiamo un presidente di Commissione ma non una nuova Commissione.
Vorrei lodare la relazione sul conflitto tra Georgia e Russia e il tentativo di valutare in modo obiettivo la situazione. Abbiamo annunciato l’ambizioso partenariato orientale e vorrei presentare alcune brevi proposte riguardanti la Moldova e la Georgia. In primo luogo, il progetto di partenariato orientale non deve essere considerato uno strumento contro la Russia, bensì uno strumento per risolvere problemi di concerto con la Russia. In secondo luogo, la questione dell’integrità territoriale di Moldova e Georgia deve essere risolta nel rispetto del diritto internazionale e non secondo la cosiddetta variante Salonicco-Kosovo. In terzo luogo, entrambi i paesi hanno espresso il proprio interesse a consolidare la cooperazione con l’Unione europea, ivi compreso un’adeguata assistenza finanziaria, nonché un reale sostegno politico, ad esempio allentando il regime dei visti. In quarto luogo, entrambi i paesi necessitano di una vasta opera di consulenza, particolarmente nell’ambito del funzionamento delle pubbliche istituzioni, come gli uffici di presidenza, il parlamento, la procura e altri. Infine, entrambi i paesi hanno urgente bisogno di assistenza, particolarmente per la creazione di un quadro giuridico per la libertà di espressione e dei media, attraverso i quali possano trasmettere ai propri cittadini un maggiore senso di fiducia.
Per raggiungere tali obiettivi, l’Unione europea deve essere preparata e in grado di completare l’integrazione dei paesi coinvolti nella nuova Europa, attraverso il sostegno finanziario e politico e altri meccanismi. Se non dovesse riuscirci, il partenariato orientale sarà considerato una mera manovra geopolitica e rimarrà solo un concetto astratto. Se non dovesse riuscirci, rischiamo di generare disillusione e di offrire il fianco a chi, alla fine del nostro periodo elettorale, potrebbe farsi portavoce di nuove rivoluzioni rosa, arancioni o di altri colori. Potremmo anche stanziare dei fondi per questi Stati, ma non forniranno una soluzione reale al problema, né un miglioramento alla vita dei cittadini.
Bastiaan Belder, a nome del gruppo EFD. – (NL) Signor Presidente, la situazione economica e finanziaria in Moldova può riassumersi in poche parole: un disastro totale, come uno dei più grandi esperti europei sulla Moldova, il dottor Gabani, mi ha riferito ieri. Una nuova équipe di governo si è insediata a Chişinău il 25 settembre con un nome e un programma incoraggianti, l’Alleanza per l’integrazione europea, ma il partito comunista rimane forte e sta preparando il proprio ritorno tentando di imporre nuove elezioni, come previsto.
Se l’Unione europea vuole sostenere il percorso europeo dell’attuale governo moldovo, Bruxelles deve agire rapidamente. Il Consiglio e la Commissione devono esortare il Fondo monetario internazionale ad assistere la Moldova quanto prima senza richiedere immediatamente austerità sociale. Consentiamo a questo gabinetto orientato alle riforme una tregua politica. L’Unione europea, ça va sans dire, deve fornire una generosa assistenza finanziaria in questo caso. Del resto, il futuro politico della Moldova è parte dell’agenda europea odierna.
Cristian Dan Preda (PPE). – (RO) Voglio unirmi a quanti hanno espresso il proprio sostegno alla Commissione e al suo proposito di fornire assistenza alla Repubblica moldova. La Moldova necessita di un sostegno mirato per i cittadini. Solo in questo modo i cittadini della Repubblica moldova potranno acquisire la fiducia necessaria per intraprendere il cammino verso stabilità e crescita.
Il pacchetto di assistenza macrofinanziaria deve essere elaborato quanto prima. E’ necessaria un’azione tempestiva, poiché qualsiasi ritardo porterà insoddisfazione in Moldova invece di fiducia. Inoltre, il governo di Chişinău deve ricevere un sostegno politico perché, dopo lungo tempo, finalmente il paese si sta aprendo all’Unione europea. La coalizione di governo non ha certamente scelto un nome a caso. E’ costituita da partiti che vogliono davvero compiere una scelta differente rispetto alla direzione assunta dalla Moldova finora.
Il sostegno politico è essenziale, soprattutto finché vi sarà il rischio, e voglio sottolineare questo punto, che la Moldova sia considerata un problema locale o, al massimo, un problema per i romeni all’interno dell’Unione europea. E’ l’esatto contrario. E’ un problema europeo e sono lieto che gli onorevoli colleghi esprimano una varietà di punti di vista sul tema. Del resto, la Moldova è vicina e deve ricevere sostegno ora che vi sono buone possibilità. In alternativa, rischiamo di precipitare in un circolo vizioso di ritardi e rinvii, tipico dell’amministrazione Voronin.
Gli sviluppi democratici e il sostegno europeo potrebbero portare alla risoluzione della situazione in Transnistria, considerata la situazione di stallo causata dalla mancanza di risolutezza del governo di Chişinău, che adottava un atteggiamento ambiguo e non costruttivo al riguardo.
Per concludere, i cittadini moldovi necessitano di visti. In Moldova la situazione non è affatto peggiore rispetto ai Balcani occidentali, i cittadini moldovi, quindi, devono poter usufruire della libertà di spostamento.
Cătălin Sorin Ivan (S&D). – (RO) Come ho affermato lunedì qui al parlamento, la Moldova ha bisogno di azioni concrete, non di promesse. Attualmente, la Moldova sta vivendo la situazione economica più difficile tra tutti gli Stati del nostro continente. E’ proprio per questo che le istituzioni europee devono individuare soluzioni che forniscano un’assistenza macrofinanziaria immediata alla Repubblica moldova.
Tali sovvenzioni sono destinate a colmare il deficit di bilancio, equivalente al 14 per cento del PIL. Da tempo, sono necessari dei negoziati per un nuovo accordo con la Moldova. Ora essi sono fattibili e ci auguriamo che saranno condotti quanto più rapidamente possibile. Tuttavia, il parlamento di Chişinău si trova in una posizione difficile ed è ancora notevole il rischio di nuove elezioni. L’elezione del nuovo presidente, inizialmente fissata per domani, è stata posticipata di altri dieci giorni.
Sono lieto dell’entusiasmo dimostrato dalla Commissione nell’annunciare l’inizio dei negoziati e mi auguro che tale entusiasmo continui. Non possiamo permetterci di deludere i cittadini moldovi. Hanno bisogno di noi, hanno bisogno dell’Europa.
Ryszard Czarnecki (ECR). – (PL) Signor Presidente, durante le nostre discussioni in questa Camera sulla Moldova, è stata dedicata molta attenzione alla difficile situazione economica del paese ma, onestamente, l’attuale situazione è nettamente migliore rispetto a un anno fa. La Moldova sta facendo chiari passi in avanti verso un’economia in grado di garantire il benessere dei propri cittadini. Paradossalmente, la Moldova si trova ora in una situazione migliore rispetto allo scorso anno, mentre l’Ucraina, spesso presentata come un esempio da seguire, è in una situazione peggiore.
Notiamo dei progressi nelle azioni della Moldova e del suo governo. L’Unione europea deve offrire chiare prospettive europee a questo paese, e fornire un solido sostegno alle autorità per evitare il ritorno del vecchio incubo politico. La situazione attuale in Moldova è il risultato di otto anni di governo comunista e, se non vogliamo contribuire al ritorno di un governo così incompetente, dovremo aiutare l’attuale governo moldovo e i cittadini moldovi.
PRESIDENZA DELL’ON. WALLIS Vicepresidente
Lena Barbara Kolarska-Bobińska (PPE). – (EN) Signora Presidente, vorrei ringraziare anch’io il commissario e la Commissione per le dichiarazioni relative alla Moldova e per i passi che la Commissione intende intraprendere in futuro. Essendo polacca, so quanto siano importanti questi passi e le dichiarazioni in merito al rafforzamento di una democrazia debole che attraversa una fase di transizione nel paese. Gli sviluppi in Moldova sono importanti per i suoi abitanti, ma sono anche estremamente importanti per l’intera regione. Questo è il punto che vorrei sottolineare.
Durante il processo di transizione, le riforme si sono rivelate fragili in molte delle ex repubbliche sovietiche e i successi della Moldova saranno un esempio importante e un segnale forte per altri gruppi riformisti nell’area post-sovietica.
Quando parliamo dell’attuale fragilità del governo e della situazione in Moldova, dobbiamo ricordare ciò che è accaduto all’inizio degli anni novanta in questo paese, quando la difficile situazione economica portò all’impossibilità di pagare pensioni e stipendi e di introdurre riforme. In questo momento stiamo parlando di migliorare la situazione economica ma dobbiamo anche ricordare che è necessario rafforzare le istituzioni. Le istituzioni sono il cuore di ogni democrazia: istituzioni politiche, istituzioni legate allo stato di diritto, il sistema giudiziario e la libertà di stampa.
La Polonia ha fatto molto, recentemente, per aiutare la Moldova prima e durante le elezioni, ma ritengo si debba ricorrere soprattutto al partenariato orientale, che rappresenta lo strumento più adeguato dal momento che offre diverse possibilità. Credo che la Commissione stia facendo dei passi importanti ma che anche noi, qui in parlamento – una volta ricevuti tutti i documenti – dovremo accelerare il nostro processo e giungere rapidamente a delle conclusioni per contribuire alla risoluzione di questa situazione.
Monica Luisa Macovei (PPE). – (EN) Signora Presidente, non possiamo permettere che il governo filoeuropeo della Repubblica di Moldova sia vittima della difficile situazione economica. Io chiedo un’assistenza più solida rispetto al pacchetto già approvato dalla Commissione e insisto su questo punto.
L’assistenza finanziaria deve essere tale da aiutare la popolazione e sostenere le riforme che il paese deve intraprendere, come l’Unione richiede. Tali riforme devono ricevere un sostegno finanziario consistente e rapido da parte dell’Unione, affiancato da un meccanismo di supervisione per garantire e favorire una corretta gestione dei fondi. Infine il nuovo accordo con la Repubblica di Moldova dovrebbe essere un accordo di associazione come per gli altri paesi che rientrano nella politica europea di vicinato. Si dovrebbe inoltre discutere e incentivare la liberalizzazione dei visti.
Elena Băsescu (PPE). – (RO) La crisi economica sta colpendo duramente anche la Repubblica di Moldova. La Romania e la Repubblica di Moldova hanno relazioni economiche particolarmente strette. Il mio paese rappresenta la principale destinazione per le esportazioni moldave e la seconda principale fonte di importazioni. Tuttavia, questi scambi commerciali sono stati duramente colpiti dalla nociva introduzione di un regime di visti da parte della precedente amministrazione comunista. Gli scambi sono comunque ripresi dopo l’abrogazione di tale sistema.
L’iter per la concessione di un credito di 100 milioni di euro da parte della Commissione deve essere accelerato. Detto ciò, una missione del Fondo monetario internazionale (FMI) potrebbe recarsi prossimamente a Chisinau, e anche la Polonia ha promesso di inviare aiuti consistenti. L’Unione europea deve considerare che il voto espresso dai cittadini della Repubblica di Moldova in occasione delle elezioni che si sono tenute in luglio dimostra un principio di apertura all’Europa
E’ necessario adesso un intervento deciso da parte dell’Unione europea prima dell’inizio dell’inverno, in modo da non fornire alcuna occasione alle forze antieuropeiste di sfruttare la difficile situazione in cui si trova attualmente la Repubblica di Moldova dove, a oggi, non è arrivato ancora nemmeno un euro.
Victor Boştinaru (S&D). – (RO) La volontà dei cittadini moldavi ha portato a un cambiamento radicale a Chisinau, con un governo filoeuropeo che vuole impegnarsi sinceramente per un progetto serio per la Repubblica di Moldova, un progetto europeo.
La Moldova sta affrontando attualmente dei problemi economici e sociali gravi e l’Unione europea deve dimostrare che la parola simbolica “solidarietà” non viene utilizzata solo in occasione delle campagne elettorali. Dobbiamo dimostrare che noi, l’Unione europea, siamo all’altezza delle aspettative dei cittadini di questo paese. Trovandosi ad affrontare la situazione disastrosa lasciata dal regime di Voronin, gli effetti della crisi economica e non da ultimo l’inizio dell’inverno, la Repubblica di Moldova ha bisogno di aiuto adesso. Non dobbiamo dimenticare, quando parliamo del Fondo monetario internazionale, che molti Stati membri dell’Unione europea svolgono un ruolo centrale al suo interno e bisogna decidere adesso.
Zigmantas Balčytis (S&D). – (LT) Io ho ricoperto il ruolo di osservatore durante le elezioni in Moldova e conosco bene la situazione. Si tratta di uno Stato con un passato alquanto complesso – ci sono la Transnistria, la Gagauzia la Moldova e molte altre questioni. Quasi tutte le ex repubbliche sovietiche necessitano inizialmente di un certo aiuto finanziario. Vi esorto dunque ad avviare quanto prima le trattative e ad aprire un tavolo negoziale con il Fondo monetario internazionale, dal momento che dobbiamo assolutamente sostenere questo Stato e il governo formato in seguito alle ultime elezioni, che sta intraprendendo un percorso democratico. Sono d’accordo con i colleghi che hanno parlato di passi specifici per il futuro, ovvero della possibilità di creare una zona di libero scambio e del regime dei visti. Si tratta di questioni di ordine quotidiano che dovremo risolvere in futuro.
Agustín Díaz de Mera García Consuegra (PPE). – (ES) Signora Presidente, vorrei che venissero messe agli atti le ragioni del mio voto.
Approvo che l’Unione europea aiuti la Moldova a gestire una situazione critica. Approvo l’assistenza finanziaria fornita dal Fondo monetario internazionale e dall’Unione europea, ossia il sostegno urgente e aiuti finanziari ai cittadini della Moldova. Approvo il sostegno politico offerto al governo di coalizione di Chisinau, che aprirà le porte alla speranza – e sarà poi il sostegno finanziario a tenere aperte quelle porte.
I cittadini moldavi devono poter lasciare il proprio paese e viaggiare, motivo per cui approvo una politica adeguata in materia di visti. Approvo caldamente anche la scelta di un accordo di associazione. Signora Presidente, 100 milioni di euro non sembrano una somma sufficiente. Dobbiamo assolutamente fornire un’assistenza immediata e urgente.
Ioan Enciu (S&D). – (RO) I segnali sempre più incoraggianti che l’Unione europea ha lanciato nei confronti di Chisinau sono stati accolti con grande entusiasmo, dal momento che la maggior parte dei cittadini di questo paese spera fortemente di potere diventare parte dell’Europa, aspirazione facilmente comprensibile.
L’Unione europea si è dimostrata in più di un’occasione capace di risollevare i suoi membri da difficili situazioni economiche e di avere dunque i meccanismi necessari per farlo. Tuttavia, ci sono ragioni per nutrire una certa preoccupazione, legata al pericolo che l’entusiasmo dei moldavi vada scemando. La ragione principale è che il modello di accordo proposto alla Moldova non offre le stesse garanzie sull’integrazione dell’accordo di stabilizzazione e di associazione offerto agli Stati dei Balcani occidentali. D’altra parte i negoziati sull’accordo richiederanno più tempo, come è stato dichiarato fin dall’inizio.
Io ritengo che l’Unione europea debba anche proporre rapidamente un’alternativa, ad esempio un massiccio piano di aiuti, forse addirittura un mini piano Marshall per la Moldova.
Leonard Orban, membro della Commissione. – (RO) Io ho fatto un’osservazione estremamente importante, ovvero che esiste, all’interno del parlamento, il sostegno politico necessario per rafforzare i legami con la Repubblica di Moldova e ad avvicinare questo paese all’Unione europea.
Mi trovo a dover rispondere nello specifico ad alcune delle questioni che sono state appena sollevate, una delle quali, tra le più importanti, è legata al coordinamento tra la Commissione europea e il Fondo monetario internazionale sulla concessione di un’assistenza macrofinanziaria. Come ho già detto, lavoriamo a stretto contatto con il Fondo monetario internazionale per il coordinamento delle nostre procedure di assistenza. E’ ancora troppo presto per prevedere l’esito di questi accordi, ma riteniamo che l’Unione europea dovrebbe puntare a garantire che il programma di adeguamento includa anche una serie di riforme che consideriamo essenziali al fine di assicurare il buon governo e una crescita sostenibile in futuro.
Sulla base dell’esperienza maturata dai programmi di assistenza macrofinanziaria per gli altri paesi, è possibile che, nel corso dei negoziati sulle esatte di erogazione degli aiuti, emergano alcune condizioni legate specificamente, ad esempio, al buon governo, che è stato citato da più oratori oggi, e all’armonizzazione della politica europea di vicinato. Desidero sottolinearlo ancora una volta: sulla base delle regole che dobbiamo rispettare, non possiamo concedere assistenza macroeconomica unilateralmente. E’ dunque necessario concludere un accordo tra le autorità della Repubblica di Moldova e il Fondo monetario internazionale. Senza tale accordo, l’assistenza macrofinanziaria di cui abbiamo parlato più nel dettaglio non potrà essere garantita.
D’altra parte, voglio assicurarvi che stiamo coordinando le nostre azioni con il Fondo monetario internazionale, che ha inviato una delegazione attualmente a Chisinau. Come ho già dichiarato, anche i nostri colleghi della direzione generale degli Affari economici e finanziari si trovano a Chisinau per coordinare il dialogo con il Fondo monetario internazionale, oltre che con le autorità moldave.
E’ stato anche menzionato un altro tema: quale altro tipo di assistenza mirata per la popolazione può offrire l’Unione europea alla Repubblica di Moldova, in modo da dimostrare che non vogliamo sostenere solamente le autorità del paese ma anche i suoi cittadini? Vorrei illustrarvi alcuni esempi. Questo tipo di assistenza da parte della Comunità ha portato vantaggi ben precisi alla popolazione, e continuerà a farlo.
Stiamo cofinanziando progetti per le infrastrutture stradali, per la modernizzazione dell’aeroporto di Chisinau, per l’ampliamento del Republican Clinical Hospital di Chisinau, che è l’ospedale più grande della città, oltre che per il consolidamento dell’assistenza medica primaria. Nella primavera di quest’anno abbiamo fornito attrezzature mediche a 60 cliniche nella Repubblica di Moldova, per un valore di 4,5 milioni di euro.
Dopo i territori palestinesi, questo paese è il principale beneficiario della Comunità in termini di assistenza pro capite. In quanto parte della politica europea di vicinato, il fondo dedicato all’assistenza, che aveva raggiunto i 40 milioni di euro nel 2007, è aumentato quest’anno arrivando a 62 milioni di euro, e si prevede che questa cifra continui a crescere.
Per il momento non possiamo quantificare con esattezza la portata del pacchetto di assistenza finanziaria nel quadro delle misure di sostegno macroeconomico e degli altri programmi e strumenti di sostegno che metteremo a disposizione. Forniremo dei dati al proposito quando saremo sul punto di concludere un accordo con le autorità moldave che risponda nello specifico alle esigenze del paese.
Sono stati sollevati due ulteriori temi. Il primo riguarda il calendario negoziale per la conclusione di un nuovo accordo di associazione con la Repubblica di Moldova. Sono lieto di riferirvi che la scorsa settimana la Commissione europea ha inviato una delegazione a Chisinau per delle consultazioni tecniche con le autorità in merito proprio ai negoziati sul nuovo accordo.
L’ordine del giorno degli incontri comprende anche il formato, gli obiettivi, il calendario dei negoziati, oltre alle componenti del futuro accordo. Abbiamo dunque già iniziato a discutere di questo tema.
L’ultima questione cui vorrei fare riferimento è quella del programma “Viaggio senza visto”. Secondo la dichiarazione congiunta rilasciata il 7 maggio 2009, che ha segnato il varo del partenariato orientale, l’Unione europea adotterà delle misure che porteranno gradualmente alla possibilità di viaggiare senza visto, con l’obiettivo a lungo termine di fare lo stesso con ogni paese membro di questo partenariato. A tal fine, è necessario che i paesi rispettino i requisiti relativi al buon governo e alla sicurezza e che garantiscano la sicurezza degli spostamenti.
Allo stato attuale, la Commissione europea sta attendendo con particolare interesse il dibattito in Consiglio riguardo all’inizio di un dialogo strutturato con la Repubblica di Moldova sulla possibilità di permettere i viaggi senza visto. Fino allora noi continueremo a incoraggiare le autorità moldave a portare avanti le riforme nell’area della giustizia, della libertà e della sicurezza, il che non potrà che agevolare le trattative su un allentamento del regime dei visti.
Presidente. – La discussione è chiusa.
Dichiarazioni scritte (articolo 149 del regolamento)
Sebastian Valentin Bodu (PPE), per iscritto. – (RO) La relazione della Commissione europea sulla situazione economica e finanziaria nella Repubblica di Moldova è inequivocabile. Il governo di Chisinau sta attraversando una fase difficile, causata non solo dalla recessione economica globale, ma anche dalle decisioni economiche sbagliate o rimandate troppo a lungo dal precedente governo. Oltre a questo, tra le certezze di cui disponiamo in questo momento, vi è il fatto che la Repubblica di Moldova si è apertamente dichiarata in favore dell’opzione europea e che vuole essere molto più che un semplice Stato confinante con l’Unione.
Allo stato attuale, la Moldova sta cercando un sostegno per uscire dalla crisi economica e anche degli alleati. La Moldova è parte integrante dell’Europa e il sostegno da parte della Comunità potrebbe giungere nella forma di misure specifiche, oltre che in termini di incoraggiamento e di dichiarazioni di sostegno e di riavvicinamento. Viviamo in un’Europa globale e interconnessa, in cui nessun governo può fare dei miracoli da solo, soprattutto se il popolo, dimenticato troppo a lungo dai suoi stessi governanti, si aspetta che possano avvenire dall’oggi al domani.
La cooperazione offerta dall’Europa alla Moldova e un maggior riavvicinamento tra Chisinau e Bruxelles infonderanno nuova fiducia in quanti vogliano investire in questo paese – il che, a lungo termine, garantirà stabilità e crescita.
George Sabin Cutaş (S&D), per iscritto. – (RO) Il cammino della Repubblica di Moldova verso la democrazia è stato complesso e si è rivolto adesso verso l’Europa. La nuova maggioranza di governo a Chisinau si trova tuttavia in una posizione delicata, dal momento che si sta anche riprendendo dal rinvio del voto parlamentare sulla nomina del presidente della Repubblica.
Parallelamente, la difficile situazione economica che il nuovo governo si trova a dover affrontare potrebbe avere gravi ripercussioni a livello sociale e politico. In tali condizioni è necessario un sostegno ampio e urgente da parte dell’Unione europea in molti settori, compresi i tre filoni del futuro accordo di associazione, ovvero l’accordo politico, l’accordo sul libero scambio e l’accordo sui visti.
Il sostegno finanziario è fondamentale per garantire la stabilità di questo Stato e per incoraggiare le riforme democratiche ed economiche. L’UE e l’FMI devono mettere a disposizione consistenti aiuti macroeconomici per coprire il deficit di bilancio e i costi sociali per il prossimo futuro.
Io mi auguro che le elezioni presidenziali in Moldova, da una parte, e i cambiamenti che interverranno all’interno della Commissione europea e rispetto alla presidenza dell’Unione, dall’altra non modificheranno la priorità che è necessario attribuire all’assistenza europea a questo Stato, così vicino a noi e sul cui territorio si sta consumando il conflitto irrisolto più vicino ai confini dell’Unione europea. Non bisogna sottovalutare questo fattore perché ha effetti diretti sulla stabilità dell’Europa orientale e sulla sicurezza dei confini europei.
Rafał Kazimierz Trzaskowski (PPE), per iscritto. – (PL) La Repubblica di Moldova è un partner estremamente importante per l’Unione europea, e la situazione all’interno del paese si riflette sulla stabilità dell’intera regione. Il nuovo governo vorrebbe aderire all’Unione europea ed è per questo che dobbiamo sostenerlo, al fine di assicurarci che i cambiamenti che il paese sta attraversando si svolgano in modo corretto. In questo contesto, è estremamente importante sfruttare le opportunità fornite dalla cooperazione nel quadro del partenariato orientale, il che implica la firma di un accordo di associazione e la liberalizzazione della politica sui visti. L’Unione europea ha bisogno di ricordare quanto sia importante il suo sostegno alle ex repubbliche sovietiche nel tentativo di democratizzare la loro vita politica.
Iuliu Winkler (PPE), per iscritto. – (RO) In considerazione della nuova situazione politica nella Repubblica di Moldova, accogliamo con estremo favore l’annuncio, da parte della presidenza svedese, dell’imminente inizio dei negoziati per un nuovo accordo con questo paese, volto a sostituire l’attuale accordo di partenariato e di cooperazione. Il destino europeo della Repubblica di Moldova è stato rafforzato dal governo di maggioranza filoeuropeo all’interno del parlamento di Chisinau.
Io ritengo che, soprattutto adesso che le conseguenze della crisi economica vengono ancora avvertite profondamente, la Repubblica di Moldova debba essere sostenuta dall’Unione europea, anche da un punto di vista finanziario, identificando i meccanismi che possano favorire le riforme nel paese e aiutandolo così a esaudire il suo desiderio di aderire all’Unione. I meccanismi legati alla cooperazione economica e agli accordi commerciali sono strumenti efficaci per far sì che il destino europeo della Repubblica di Moldova diventi realtà.
Le favorevoli condizioni commerciali concesse dall’Unione europea all’inizio del 2006 e l’adesione della Moldova alla zona di libero scambio dell’Europa centrale (CEFTA) nel 2007 insieme a tutti gli Stati dei Balcani occidentali, alcuni dei quali sono canditati dell’UE, legano l’economia di questo paese al mercato unico europeo. A questo punto, la Moldova può sperare di integrarsi all’interno dell’Unione europea. Io ritengo che le istituzioni europee debbano attribuire grande importanza non solo alle relazioni politiche con la Repubblica di Moldova, ma anche a quelle economiche e commerciali.
6. Relazione della Missione d'inchiesta internazionale indipendente sul conflitto in Georgia (discussione)
Presidente. – L’ordine del giorno reca la dichiarazione della Commissione sulla relazione delle Missione d’inchiesta internazionale indipendente sul conflitto in Georgia.
Vytautas Landsbergis (PPE). – (EN) Signora Presidente, vorrei effettuare un richiamo al regolamento e protestare per una manipolazione perpetrata da qualcuno all’interno del segretariato. Era stata presentata una lista per la discussione sulla missione d’inchiesta in Georgia, ma sono stati cancellati i nomi di alcuni oratori, compreso il mio. Chiedo dunque che mi venga concesso il tempo di parola che mi spetta, secondo gli accordi presi fino all’ultimo. Chiedo mi venga data la parola dopo l’onorevole Kasoulides.
Presidente. – Onorevole Landsbergis, sembra che oggi siano previsti solo interventi a nome dei gruppi e vi è già un rappresentante per il suo gruppo, il PPE. Tuttavia posso proporle di inserirla nella procedura catch the eye.
Leonard Orban, membro della Commissione. – (RO) Sono lieto di avere l’opportunità oggi di discutere con voi della Georgia. A meno di un anno al conflitto armato con la Russia, la Georgia si trova ad affrontare numerose sfide che riguardano l’Unione europea direttamente, e dobbiamo dedicare a questo paese la massima attenzione.
La relazione della Missione d’inchiesta internazionale indipendente sul conflitto in Georgia, supervisionata dall’ambasciatore svizzero, Heidi Tagliavini, è stata redatta su richiesta dell’Unione europea sulla base di una decisione del Consiglio. Cionondimeno, la relazione è assolutamente indipendente e l’Unione europea non è stata né coinvolta in alcun modo nella sua stesura, né è intervenuta in merito al suo contenuto. Di conseguenza, non mi soffermerò nello specifico sui suoi risultati.
Riteniamo che la relazione abbia raggiunto il suo scopo principale, ovvero fornire delle spiegazioni per gli eventi che si sono verificati nell’agosto 2008 e individuare le principali cause del conflitto. La relazione sottolinea chiaramente, come spesso accade nel caso di conflitti, che non si possono attribuire tutte le colpe a una singola parte. Sia la Georgia che la Russia vengono criticate per le loro azioni. Nella relazione si trae inoltre la conclusione che serve un intervento più rapido e deciso da parte della comunità internazionale in situazioni di estrema tensione, che potrebbero degenerare nella violenza.
L’Unione europea mantiene con convinzione gli impegni che si è assunta per il mantenimento dell’integrità territoriale della Georgia. Al momento, dovremmo concentrarci sul tentativo di evitare futuri conflitti e ricomporre in modo pacifico le tensioni attuali, poiché questo è l’unico modo per garantire nella regione prosperità e stabilità a lungo termine.
Onorevoli deputati, la guerra ha lasciato un segno molto profondo nei georgiani e il paese si trova ancora ad affrontare problemi basilari, dovendo ad esempio rispondere alle esigenze minime di migliaia di sfollati. Sono quindi lieto di annunciare che l’attuazione del pacchetto di assistenza postbellica, preparato dalla Commissione europea con il sostegno degli Stati membri e di altri, sta funzionando bene. Come ben sapete, il pacchetto della Commissione europea fornisce assistenza per un massimo di 500 milioni di euro per il periodo 2008-2010. Tra gli ambiti su cui il pacchetto si concentra vi sono le esigenze degli sfollati all’interno del paese e le misure economiche volte alla promozione della crescita e alla creazione di posti di lavoro. La Commissione ha anche proposto che la Georgia usufruisca di un’assistenza macrofinanziaria per un totale di 46 milioni di euro, al fine di aiutare il paese a superare le conseguenze della crisi economica e finanziaria.
Allo stato attuale, la missione di vigilanza dell’Unione europea in Georgia è l’unica presenza internazionale a controllo della situazione nel paese. Tale missione ricopre un ruolo fondamentale, ma noi vorremmo comunque che le sue attività venissero estese a tutto il territorio. Le trattative di Ginevra, copresiedute dall’Unione europea, l’OSCE e l’ONU offrono un’opportunità unica per un dialogo politico con tutte le parti. Continueremo a intraprendere ogni strada per promuovere un dialogo costruttivo che condurrà a risultati concreti.
Al momento il gruppo di lavoro che si occupa degli sfollati all’interno del paese e di altre questioni umanitarie, copresieduto dalla Commissione europea e dall’UNHCR, sta discutendo una serie di misure per il re insediamento dei rifugiati e degli sfollati, all’interno del paese e non. Allo stesso tempo, in Abcasia e nell’Ossezia del Sud, i due meccanismi volti alla prevenzione e gestione degli incidenti stanno avendo risultati positivi, dal momento che hanno ridotto il numero di incidenti e agevolato l’attraversamento dei confini.
Guardando agli ultimi sviluppi, è importante rafforzare la stabilità, la sicurezza e la prosperità in Georgia. Il bisogno di riforme economiche e politiche nel paese è forte più che mai. Il partenariato orientale, varato in maggio a Praga, è un quadro importante per rafforzare il nostro sostegno alla Georgia, sia a livello bilaterale che tramite una cooperazione multilaterale con altri partner nella regione. Uno degli elementi chiave è rappresentato dalla proposta di consolidare le relazioni commerciali e politiche. In linea con il partenariato orientale, a settembre il Consiglio “Relazioni esterne” ha stabilito che le direttive sulla negoziazione di nuovi accordi dovessero essere preparate per tutti e tre i paesi del Caucaso meridionale, inclusa la Georgia.
Oltre a rafforzare le nostre relazioni politiche, proporremo che il nuovo accordo con la Georgia contempli la creazione di una zona di libero scambio allargata e ampia. E’ importante ricordare che una zona di questo tipo garantirebbe l’allineamento graduale dell’economia georgiana con il mercato interno dell’Unione europea. E’ evidente che si tratta di un obiettivo ambizioso e di lungo corso, che richiederà che la Georgia si impegni e sostenga ogni passo mirato all’attuazione delle riforme. I negoziati su una zona di libero scambio allargata avranno inizio solo dopo che saranno state soddisfatte le necessarie condizioni.
Permettetemi di aggiungere che, per quanto riguarda le relazioni con la Georgia, le nostre azioni volte ad aumentare i contatti tra le persone stanno avendo successo. La Commissione ha concluso le trattative per un accordo, il cui testo è a disposizione del Consiglio, volto a facilitare i viaggi senza visti e garantire la riammissione. Ci auguriamo che le procedure possano essere concluse il prima possibile.
Onorevoli deputati, ritengo che siamo tutti d’accordo sul fatto che la Georgia è un attore di primo piano tra i nostri vicini, ed è dunque fondamentale che noi manteniamo gli impegni assunti con il paese al fine di aiutarlo a superare le numerose sfide che sta affrontando, soprattutto per quanto riguarda lo svolgimento del programma di riforme. Il progresso della Georgia nell’attuazione delle riforme economiche e politiche determinerà un avvicinamento e un approfondimento delle relazioni che avrà con l’Unione europea.
Ioannis Kasoulides, a nome del gruppo PPE. – (EN) Signora Presidente, innanzitutto prendiamo nota del resoconto che ci ha appena fornito sulla missione d’inchiesta indipendente. E’ molto difficile, in situazioni come questa, stabilire chi abbia provocato e chi abbia reagito. La cosa importante è che, a un anno dal conflitto, la situazione resta invariata e si violano molti dei principi che l’Unione europea deve sostenere.
In primo luogo, come ha dichiarato lei stesso, signor Commissario, vi è la garanzia dell’integrità territoriale della Georgia. Tutte le nostre azioni, diplomatiche e non, non dovrebbero mai incoraggiare dichiarazioni unilaterali di indipendenza o forme di separatismo. Atti perpetrati con la violenza non sono e non potranno mai essere accettabili.
In secondo luogo, vi è il diritto degli sfollati di tornare alle proprie case e di rientrare in possesso dei propri beni: l’essenziale libertà di circolazione, come ha affermato lei stesso, per superare ogni linea di divisione. I temi della proprietà e dell’insediamento dovrebbero essere al centro delle politiche e occorre intraprendere delle iniziative volte a risolvere questi aspetti umanitari e legati ai diritti umani, indipendentemente dal risultato di un qualunque accordo politico.
In terzo luogo, le ostilità nell’Ossezia del Sud hanno dimostrato che non esistono conflitti congelati. Il termine congelato richiama l’idea dell’accomodamento. Il disinteresse della comunità internazionale potrebbe portare alla cronicità e un conflitto irrisolto è una minaccia potenziale alla pace e alla stabilità. Vorrei sottolineare ancora una volta, a un anno dal conflitto, il ruolo positivo dell’Unione europea e della presidenza francese, che sono riuscite a ottenere rapidamente un accordo per il cessate il fuoco e a organizzare una missione incaricata di controllarne il rispetto. La presenza di supervisori europei garantisce che in futuro nessuna parte possa sostenere in modo arbitrario che sia stata l’altra a iniziare le ostilità. Ora è necessario concentrarsi su un accordo politico, per quanto sia difficile, e sostenere i negoziati avviati a Ginevra subito dopo gli scontri.
Sosteniamo gli sforzi volti alla stipula di un nuovo accordo di associazione, nel quadro del partenariato orientale, che vada al di là delle opportunità nei settori del commercio e degli investimenti. Sosteniamo altresì un accordo volto ad agevolare le procedure per il rilascio di visti per soggiorni brevi e che affronti anche il tema delle riammissioni tra la Comunità europea e la Georgia, e siamo soddisfatti del pacchetto di assistenza postbellico, che sta dando buoni risultati.
Zoran Thaler, a nome del gruppo S&D. – (SL) Signora Presidente, onorevoli colleghi, rappresentanti della Commissione, accogliamo con favore l’inchiesta imparziale e indipendente, insieme con la relativa relazione, sul conflitto in Georgia del 2008, condotta dalla Missione d’inchiesta internazionale della diplomatica svizzera Heidi Tavaglini. Prima che le ostilità che hanno portato alla morte di molti civili avessero inizio nell’Ossezia del Sud, nella notte tra il 7 e l’8 agosto 2008, avevamo assistito a mesi di provocazioni da entrambe le parti. L’intervento militare russo, ivi compresa l’invasione della Georgia, è stato sproporzionato e ingiustificato. Entrambi i protagonisti del conflitto si erano resi colpevoli di violazioni del diritto umanitario internazionale, come confermato anche dalla relazione e da numerose organizzazioni, quale Human Rights Watch.
Cosa dobbiamo fare adesso? La Russia deve onorare integralmente l’accordo di pace. Innanzitutto deve ritirarsi dalle aree che occupa dal 7 agosto 2008. Deve fornire ai membri della missione di vigilanza dell’UE e ai rappresentanti delle agenzie internazionali, tra cui l’ONU, accesso immediato, libero e illimitato all’Ossezia del Sud, in modo che possano verificare il rispetto del cessate il fuoco e portare aiuti umanitari. Ci sono ancora circa 25-30 000 georgiani sfollati nell’Ossezia del Sud e le autorità di fatto nell’Ossezia del Sud devono facilitare il loro ritorno alle proprie case.
L’integrità territoriale della Georgia non deve essere messa in discussione. Ci sono tuttavia segnali preoccupanti di autoritarismo nel paese. L’abuso del sistema giuridico da parte del presidente Saakashvili, le crescenti ostilità verso qualunque posizione opposta, le continue limitazioni alla libertà di parola e la retorica a volte provocatoria e nazionalista danneggiano la Georgia. La Georgia sarà in grado di ritornare sul cammino filoeuropeo della democrazia e di suscitare interesse negli altri Stati della regione solo se rispetterà gli ideali che ha abbracciato durante la Rivoluzione delle rose. Tutti gli attori dovrebbero avvalersi in buona fede delle opportunità offerte dai negoziati di Ginevra. Bisognerà prestare molta attenzione alla situazione del Caucaso durante il prossimo vertice UE-Russia.
Kristiina Ojuland, a nome del gruppo ALDE. – (ET) Signora Presidente, onorevoli deputati, parlando a nome del gruppo dell’Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa, mi si presenta l’opportunità di esprimere al relatore tutto il mio apprezzamento. La relazione ricopre un ruolo estremamente importante, anche se si limita a smentire il mito ormai diffuso – per opera della Federazione russa – secondo cui sarebbe stata la Georgia a iniziare la guerra. Allo stesso tempo, si tratta di una relazione equilibrata, che critica entrambe le parti affermando altresì che non potevano prevenire il conflitto. E’ una relazione di indubbia importanza, perché dichiara espressamente che la Federazione russa – fin dall’inizio del conflitto – ha organizzato operazioni di addestramento nel territorio dell’Ossezia del Sud fornendo tecnologia ed equipaggiamento militari.
Un altro passaggio essenziale in questa relazione è indubbiamente la questione della “passaportizzazione” attuata dalla Federazione russa per molti anni, sia in Abcasia che nell’Ossezia del Sud, entrando così in conflitto con il diritto internazionale, per non parlare del rischio di compromettere i rapporti di buon vicinato. La relazione stabilisce con estrema chiarezza che tale passaportizzazione non ha reso gli abitanti dell’Ossezia del Sud e dell’Abcasia cittadini della Federazione russa, che de iure restano cittadini georgiani: dunque, le argomentazioni della Federazione russa, che sostiene di avere protetto i propri cittadini nell’Ossezia del Sud o di avere inviato persone per proteggerli, non regge. Un’altra parte importante della relazione riguarda sicuramente il riferimento alla pulizia etnica nei villaggi georgiani dell’Ossezia del Sud, un passaggio fondamentale. Sfortunatamente, la relazione non affronta però il tema della pulizia etnica praticata dalla Federazione russa nell’Abcasia dal 1991 quando, a causa dell’indipendenza della Georgia, quasi 250 000 georgiani furono costretti ad abbandonare il loro stesso paese, l’Abcasia.
Infine, signora Presidente, vorrei anche dire che l’aspetto più saliente della relazione, chiaramente, è l’invito a rispettare l’indipendenza, l’autonomia, la sovranità e l’integrità territoriale della Georgia. Per noi oggi l’interrogativo che ci poniamo è se possiamo veramente farlo, e se noi oggi ci apprestiamo a festeggiare vent’anni dalla caduta del muro di Berlino, allora vorrei chiedervi, onorevoli colleghi, quando potremo festeggiare il giorno il cui l’Abcasia e l’Ossezia del Sud saranno riunite alla Georgia?
Ulrike Lunacek, a nome del gruppo Verts/ALE. – Signora Presidente, vorrei unirmi ai colleghi intervenuti prima di me e congratularmi con Heidi Tavaglini e la sua équipe per la relazione che hanno elaborato.
La relazione ha chiarito che entrambe le parti si sono rese responsabili dell’escalation del conflitto scoppiato nell’agosto 2008. E’ evidente che la Russia aveva costruito nel tempo una sua presenza militare nell’Ossezia del Sud, che era un territorio georgiano. E’ altrettanto chiaro, tuttavia, che tali provocazioni hanno portato a una reazione eccessiva da parte del presidente georgiano Saakashvili. E’ importante avere affermato che entrambe le parti sono state responsabili, e ora dobbiamo considerare come si possano sviluppare le cose in futuro. Questa è stata la grande conquista di questa relazione. Sono anche d’accordo con quanti hanno sostenuto che l’integrità territoriale della Georgia e di tutti i paesi deve essere rispettata. Il diritto internazionale deve essere rispettato.
E’ comunque importante soffermarsi anche su una delle ragioni: il linguaggio aggressivo, xenofobico e nazionalistico che ha portato a questo conflitto. Bisogna anche chiedersi cosa farà adesso l’Unione europea. E’ in corso una missione di vigilanza, il che è importante, ma è necessario che le venga garantito l’accesso a tutte le zone della Georgia, al fine di dare sostegno agli sfollati e a quanti altri ne abbiano bisogno.
Dalle nostre discussioni – i membri della Commissione hanno proposto di puntare a una zona di libero scambio con la Georgia e il parlamento discuterà dell’assistenza microfinanziaria per il paese – emerge chiaramente che l’UE deve anche considerare l’imposizione di condizioni sulla Georgia, ad esempio la riduzione del bilancio militare. Negli ultimi anni, il bilancio della difesa georgiano è aumentato, riducendo così i fondi per settori come gli affari sociali, la società civile e la libertà dei media. L’Unione deve controllare questi sviluppi molto da vicino. In breve è importante che l’Unione europea sostenga gli sforzi per smorzare il linguaggio aggressivo e che l’assistenza finanziaria sia vincolata a determinate condizioni.
Milan Cabrnoch, a nome del gruppo ECR. – (CS) Signora Presidente, onorevoli deputati, a nome del gruppo ECR e a nome della delegazione del Parlamento europeo per la cooperazione con il parlamento georgiano, che io presiedo, accolgo con favore la relazione che la Commissione ci ha sottoposto. La relazione è credibile e non è stata messa in discussione da nessuna delle parti del conflitto. Stiamo monitorando da vicino la situazione della Georgia e stiamo anche esaminando attentamente i dettagli dei preparativi per l’adesione della Georgia alla NATO. Sosteniamo in pieno l’integrità territoriale e la sovranità della Georgia in quanto Stato indipendente. Non possiamo accettare l’idea che la Georgia o qualunque altro paese si ritrovi all’interno della sfera d’influenza esclusiva della Federazione russa o di qualunque altro paese. A seguito del conflitto militare che si è svolto in Georgia un anno fa, guardiamo con grande preoccupazione soprattutto alla situazione nell’Ossezia del Sud. Non ci convince l’osservanza degli accordi sul cessate il fuoco, e soprattutto non ci convince la situazione dei rifugiati che sono stati costretti a lasciare le proprie case e che non possono farvi ritorno. Allo stato attuale, l’assistenza umanitaria dell’UE non riesce sfortunatamente a raggiungere l’Abcasia e l’Ossezia del Sud. Sia i cittadini d’etnia georgiana che gli altri abitanti di questa zona stanno soffrendo al momento e il fatto che gli osservatori di pace indipendenti inviati dall’UE in Georgia non siano potuti nemmeno intervenire in queste zone è per noi motivo di grande rammarico.
La relazione dichiara che entrambi i protagonisti del conflitto hanno violato il diritto internazionale. Non spetta a noi giudicare, eppure dalla relazione emerge chiaramente che i passi intrapresi dalla Federazione russa vanno ben al di là del concetto generale di legittima difesa. Siamo estremamente preoccupati dalle informazioni sulla pulizia etnica e sulla violenza contro i civili verificatesi, secondo la relazione, sia durante che in seguito al conflitto. In seno alla commissione interparlamentare, sosterremo l’interruzione immediata di qualunque forma di violenza, l’abolizione immediata di qualunque ostacolo che impedisca di portare aiuti umanitari a quanti ne abbiano bisogno, il libero accesso agli osservatori di pace internazionali e il massimo impegno per alleviare l’impatto del conflitto sui civili. Sosterremo ogni passo che possa condurre alla fine del conflitto e al ripristino dell’integrità territoriale e della sovranità della Georgia.
Bastiaan Belder, a nome del gruppo EFD. – (NL) Signora Presidente, “non ci sono vincitori” si legge nella relazione della commissione investigativa sul conflitto armato dell’estate del 2008 in Georgia. Io non sono d’accordo con questa conclusione.
Chiaramente c’è stato e c’è un vincitore: la Russia. Con l’aiuto del presidente georgiano, il Cremlino sta completando, in modo deciso e grazie ai mezzi militari, l’annessione politica dell’Abcasia e dell’Ossezia del Sud. Il perdente è la Georgia, sebbene, a dire il vero, si possa consolare con il sostegno della Chiesa ortodossa russa, che continua a sostenere che gli abitanti dell’Abcasia e dell’Ossezia del Sud sono cittadini georgiani. Vorrei sottolineare questa posizione lodevole assunta dal patriarca di Mosca, che, ne sono certo, è un esempio che gli Stati membri ancora indecisi dovrebbero seguire.
La commissione guidata da Tagliavini critica la fornitura massiccia di passaporti russi ai cittadini georgiani nell’Abcasia e nell’Ossezia del Sud in quanto in contrasto con il diritto internazionale. Questo attacco alla sovranità georgiana si rispecchia oggi esattamente nell’attacco alla sovranità della Crimea, in cui la Russia sta distribuendo nuovi passaporti liberamente ai cittadini ucraini.
Un importante insegnamento che l’Unione europea dovrebbe trarre dalla relazione Travaglini è dunque quello di assistere Kiev attivamente nella difesa della sua indipendenza nazionale da qualunque vicino che la minacci. I progetti europei in Crimea rappresentano un’ottima opportunità per farlo, e lo stesso vale per la Georgia.
Franz Obermayr (NI). – (DE) Signora Presidente, il conflitto del 2008 nel Caucaso, noto anche come guerra dei cinque giorni, è stato un deplorevole scontro armato sul territorio georgiano tra le forze militari georgiane e russe, che ha anche colpito le cosiddette “province rinnegate” dell’Ossezia del Sud e dell’Abcasia.
Viste le informazioni, sfortunatamente spesso unilaterali, fornite dai media internazionali in merito agli antefatti e allo svolgimento della guerra, vorrei chiarire alcuni punti: gli Stati Uniti hanno condannato duramente l’azione militare della Russia, descrivendola come una dimostrazione di pura forza e intimidazione, e ha difeso la posizione della Georgia. La prima cosa da dire è che la Russia non è stato l’aggressore e ha reagito alla guerra iniziata da Saakashvili, il quale sapeva perfettamente che, attuando il suo programma di riunificazione, si sarebbe trovato di fronte a un avversario onnipotente, ma, contando sulla protezione dell’ONU e degli Stati Uniti, ha deciso di riprendersi con la forza le province rinnegate.
La reazione della Russia è stata indubbiamente eccessiva, ma ha avuto luogo nel rispetto del diritto internazionale, in una situazione definita di autodifesa. Il sostegno da parte degli USA alla Georgia non mirava ovviamente solo a tutelare il diritto democratico all’autodeterminazione, ma aveva anche – ed è necessario sottolinearlo – obiettivi militari e politici, soprattutto dal momento che la Georgia ricopriva la funzione strategica di Stato vassallo nel Caucaso, al confine con la Russia.
I georgiani dovrebbero essere cauti nell’accettare la protezione degli Stati Uniti. Basti pensare all’Ungheria nel 1956, quando gli Stati Uniti, come ben sappiamo, offrirono ancora una volta il loro aiuto. In ogni caso, il risultato è stato devastante: gli ungheresi furono abbandonati dal mondo occidentale nella lotta per la loro libertà.
Infine, vorrei fare riferimento alla relazione del 30 settembre 2009, in cui il comitato d’indagine costituito dal Consiglio dei ministri dell’UE ha argomentato nel dettaglio come il richiamo al diritto internazionale, addotto dai georgiani a loro giustificazione, non sia valido.
Vytautas Landsbergis (PPE). – (EN) Signora Presidente, la signora Tagliavini, a capo della missione, ha riportato i seguenti commenti in una rassegna stampa: “Bisogna dire che il conflitto del 2008 era prevedibile e prevenibile”; “ma la comunità internazionale ha distolto lo sguardo, come se avessimo rinunciato non solo alla risoluzione del conflitto di fondo, ma anche a sostenere un cessate il fuoco sempre più fragile”. Chi preferirebbe sostenere una crescente incertezza e la violenza armata con un esito che si prospetta inevitabilmente tragico?
La signora Tagliavini ha fatto riferimento a tre istituzioni per esemplificare l’indifferenza della comunità internazionale: le Nazioni Unite, l’OSCE e l’Unione europea. Ebbene noi, il Parlamento europeo, rientriamo nel gruppo dei tre grandi ipocriti che hanno visto, sapevano e non hanno voluto prevenire questa più recente e sanguinosa battaglia, parte di una guerra che va avanti da 17 anni.
La missione ha tratto altre fondamentali conclusioni di rilievo globale, ovvero: non inviare mai più forze per il mantenimento della pace da paesi vicini poiché di solito tendono a difendere solo alcune aree specifiche anziché tutelare la pace. Andrebbe considerato l’impatto della politica coercitiva e della diplomazia di una grande potenza su uno Stato vicino piccolo e insubordinato, per non parlare della perdita di significative parti del territorio a seguito di graduali annessioni. Non ci sono vincitori in questo conflitto. Quando la comunità internazionale rientra tra i principali sconfitti, è la cultura politica della cooperazione a soffrirne.
Permettetemi altre due citazioni: “Sono stati ignorati principi riconosciuti del diritto internazionale come il rispetto per la sovranità e l’integrità territoriale degli Stati”; “ne consegue l’allontanamento dagli standard civili dell’interazione politica in Europa”.
(Il Presidente interrompe l’oratore)
Jelko Kacin (ALDE). – (SL) Signora Presidente, Commissario, ho avuto modo di visitare personalmente Tbilisi nel settembre dello scorso anno. La questione dell’integrità territoriale e della stabilità della Georgia incide sulla stabilità dell’intera regione, che sfortunatamente ha una lunga tradizione di instabilità. Non esiste un’unica verità, ci sono numerose verità che spesso si contraddicono a vicenda. Quando i politici responsabili perdono il buon senso, le conseguenze sono le più disparate e imprevedibili. I danni diretti e collaterali sono ingenti ma le conseguenze colpiranno innanzitutto e prevalentemente persone innocenti.
La soluzione non può essere raggiunta né tramite le ingerenze delle principali potenze né con il sostegno per una parte o per l’altra. Sono necessarie azioni che ricostituiscano e consolidino la fiducia che oggi manca del tutto. Il Caucaso è una regione complessa e, come nel caso dei Balcani, ha alle spalle una storia troppo complessa per essere metabolizzata e gestita. I rimedi rapidi e la xenofobia non condurranno mai al successo. Tuttavia, sebbene la mancanza di rispetto per i diritti e le libertà legittime delle minoranze sia la principale causa del conflitto, le ragioni sono più ampie e comprendono motivazioni di natura economica, legate in primo luogo all’energia e alla geopolitica. Proprio quest’ultima impone però che le principali potenze agiscano responsabilmente, perché le loro azioni possono determinare anche effetti negativi, e devono quindi comprendere che il mondo non è non sarà mai una loro proprietà esclusiva.
Paweł Robert Kowal (ECR). – (PL) Signora Presidente; ritengo che la presenta discussione abbia finito con il concentrarsi essenzialmente sulla cura dei sintomi determinati dalla grave situazione in Georgia. Allo stato attuale, la Georgia è un banco di prova per la reputazione dell'Unione europea come protagonista sulla scena internazionale. La verità è che nessuno ha rispettato il piano del presidente Sarkozy, che è ormai passato alla storia, che la Russia sta portando avanti l'integrazione dell'Abcasia e dell'Ossezia del Sud e che l'Unione europea, per quanto riguarda la situazione in Georgia, non sarà in grado di presentarsi come una potenza le cui parole esigono rispetto. Ne è prova evidente il fatto che il commissario Ferrero-Waldner non sia presente al dibattito odierno e che vi sia solo il commissario Orban a presentare la posizione della Commissione. L’onorevole Wallis evidentemente non ritiene che la questione sia sufficientemente importante a giudicare dai limiti rigidi che ha imposto per i tempi di parola di questa discussione.
Csaba Sógor (PPE). – (HU) Il problema in discussione riguarda le principali potenze, pur essendo essenzialmente legato ai diritti umani. I civili, le minoranze e la democrazia, come pedine nelle mani delle principali potenze, sono sempre le vittime in questa situazione. Laddove vi sono separazione e divisione, la sicurezza è rimpiazzata dall’insicurezza e si parla con le pistole anziché al tavolo negoziale. Cosa fare? L’Unione europea deve dimostrare un po’ di credibilità e deve adottare una politica che garantisca che il diritto delle minoranze a utilizzare la propria madrelingua, promuovere la propria cultura e essere autonomi anche in Francia, Romania, Grecia e Slovacchia. La svolta nella situazione in Russia, Georgia, nell’Ossezia del Sud e in Abcasia dipende dell’UE, che deve trovare una soluzione e dare il buon esempio a questi paesi.
Charles Tannock (ECR). – (EN) Signora Presidente, sebbene corrisponda al vero che il presidente Saakashvili ha effettivamente lanciato un attacco all’Ossezia del Sud nel 2008, va detto che ciò è accaduto solo dopo una provocazione sottoforma di rigide sanzioni economiche e dell’accumulazione di truppe russe nei territori occupati.
A mio parere non sembra che la relazione riconosca in pieno la reazione sproporzionata da parte delle forze russe, incluso il bombardamento di zone della Georgia occupate da civili, come nel caso di Gori, l’autorizzazione a una pulizia etnica sistematica dei georgiani dall’Ossezia del Sud e l’occupazione dei territori georgiani da parte delle forze abcase.
Il presidente Saakashvili, dal mio punto di vista, è stato violento nel cercare di riconquistare il controllo e la sovranità sul territorio georgiano, e ha commesso un terribile errore politico – sebbene si trattasse in vero di un territorio soggetto alla sovranità georgiana. La Russia è tuttavia determinata adesso a stabilire illegalmente una sfera di influenza su altri paesi suoi vicini, il cosiddetto “estero vicino”, territori sovrani che, secondo il diritto internazionale, andrebbero rispettati come tali.
Tunne Kelam (PPE). – (EN) Signora Presidente, bisogna trarre un insegnamento dal conflitto, ovvero che la comunità internazionale, per troppo tempo e con troppa facilità, ha accettato l’esistenza dei cosiddetti conflitti congelati il che, come sottolineato dall’onorevole Kasoulides, equivale a un accomodamento. Il punto centrale di questo conflitto è che, mentre la Georgia non ha invaso il territorio russo, la Russia ha invaso quello georgiano con ingenti forze militari ed è stata sul punto di occupare la capitale. Si è trattata di una violazione del diritto internazionale senza precedenti che mina la credibilità della Russia come partner.
Dal momento che la reazione della comunità internazionale dinanzi a questa invasione è stata ambigua, la Russia può considerarsi un vincitore, il che significa che potrebbero riproporsi aggressioni simili, per esempio in Crimea o persino nella regione del Mar Baltico. E’ dunque necessario un impegno chiaro da parte dell’UE, che deve essere presente in Georgia e garantire la sua libertà e la sua integrità territoriale. E’ estremamente importante che l’UE sia presente in loco.
Leonard Orban, membro della Commissione. – (RO) Vorrei rispondere in breve cominciando con l’affermare che, come sottolineato più volte negli interventi odierni, il principio dell’integrità territoriale della Georgia è fondamentale per qualunque nostra iniziativa. E’ una questione centrale di cui teniamo conto per ogni misura che prendiamo.
Voglio sottolineare ulteriormente questo punto dichiarando che la Commissione continuerà a sostenere la cooperazione e i legami con la Georgia in diversi ambiti, permettendo a questo paese di progredire e di avvicinarsi all’Unione europea. Questo sostegno e questi impegni verranno attuati, come già detto, in molti settori.
Continueremo a garantire la nostra presenza in occasione dei negoziati a Ginevra dove si sviluppa un dialogo politico in cui sono coinvolte tutte le parti. Questo è un punto essenziale per la risoluzione della situazione. Continueremo anche a fornire assistenza agli sfollati. Ci stiamo anche impegnando per avviare i negoziati sull’accordo di associazione, incluso un accordo di libero scambio, che chiaramente comprende le questioni relative alla semplificazione del sistema dei visti.
Infine vorrei dire che, nell’ambito della preparazione di questi negoziati, vogliamo senz’altro che le autorità georgiane rispettino determinate condizioni e obblighi legati allo stato di diritto, al rispetto dei diritti umani e ai diritti fondamentali, oltre ad ulteriori condizioni economiche legate anche agli scambi commerciali.
Presidente. – La discussione è chiusa.
(La seduta, sospesa alle 10.55, riprende alle 11.05)
PRESIDENZA DELL’ON. BUZEK Presidente
***
Ana Gomes (S&D). – (PT) Signor Presidente, a norma dell’articolo 151 del regolamento relativo ai fatti personali, vorrei manifestare l’impressione che il mio nome sia citato impropriamente negli emendamenti di bilancio in materia di aborto coercitivo presentati dagli onorevoli Deva e Szymañski. L’emendamento al quale i colleghi alludono, da me presentato in un parere concernente la relazione “Riservare ai minori un posto speciale nella politica esterna dell’UE”, recitava letteralmente come segue:
“esorta l’UE ad adoperarsi attivamente per eliminare tutte le forme di discriminazione che colpiscono le fanciulle (sin dal concepimento) e di destinare un livello sufficiente di risorse alla lotta contro le ineguaglianze che ne derivano”.
(PT) Il mio testo era volto a proteggere le fanciulle dalla discriminazione prima del concepimento e segnatamente dall’aborto selettivo basato sul sesso, ma non intendeva precludere la possibilità di compiere attività legate all’interruzione di gravidanza.
Il mio testo era dunque diverso, per formulazione e finalità, da quello degli onorevoli Deva e Szymański proposto negli emendamenti di bilancio. Non è pertanto corretto stabilire un parallelo tra loro e tanto meno citare il mio nome in proposito, comportamento a mio giudizio equiparabile a un tentativo di manipolazione politica.
Voterò dunque contro gli emendamenti nn. 727, 732 e 734 presentati dagli onorevoli Deva e Szymański.
Presidente. – Vorrei esordire fornendovi qualche informazione importante in merito all’edizione 2009 del premio Sakharov. Stamattina la Conferenza dei presidenti del Parlamento europeo ha conferito il premio Sakharov di quest’anno a Memorial, l’organizzazione di Oleg Orlov, Sergej Kovalev, Ljudmila Alexejeva e tutti gli altri difensori dei diritti umani in Russia che essa rappresenta. L’edizione 2009 è andata dunque a Memorial con il sincero auspicio che in tal modo contribuiremo a porre fine al clima di paura, incertezza e violenza che circonda i difensori dei diritti umani nella Federazione russa.
Oltre a ciò, è nostro desiderio promuovere espressamente un messaggio, ossia che gli attivisti della società civile, ovunque essi operino, devono essere liberi di esercitare i propri diritti fondamentali di libertà di pensiero, espressione e stampa. Dobbiamo essere liberi di seguire i nostri pensieri perché questa libertà è fondamentale per giungere alla verità.
Lasciate che condivida con voi la grande soddisfazione di aver potuto annunciare questo premio in veste di presidente del Parlamento europeo, ma soprattutto di uomo proveniente da Solidarnosc. Vi è stata un’epoca in cui abbiamo avuto gravi problemi, molto simili a quelli vissuti oggi dai nostri colleghi e partner della Federazione russa. Sono estremamente lieto che, alla fine, verità e libertà trionfino sempre. Così è stato in molti paesi dell’Europa centrale e orientale. Il fatto che i russi oggi alla ricerca della verità non possano svolgere la propria attività liberamente è un grave problema per l’intera Europa, oltre a essere una tragedia personale per loro. Questo premio intende esprimere il grande sostegno alle loro attività da parte di noi membri del Parlamento europeo.
(Applausi)
Formulerei un paio di osservazioni di carattere generale: dal 1988, ossia da più di 20 anni, il Parlamento europeo conferisce annualmente il premio Sakharov alla libertà di pensiero, il cui scopo è riconoscere il merito di singoli od organizzazioni per il contributo offerto allo sviluppo dei diritti umani e dei valori fondamentali.
Oggi dovremmo anche ricordare tutte quelle persone straordinarie che, attraverso il loro personale impegno e la loro dedizione, si sono contrapposti alle dure realtà dell’oppressione, della persecuzione e dell’esilio. Spesso si tratta di “normali” cittadini che dimostrano coraggio e dedizione straordinari rischiando molto, persino la vita. Abbiamo assegnato il riconoscimento a scrittori, giornalisti, politici, docenti, avvocati e organizzazioni che lottano per la libertà del lavoro, ma anche ad associazioni di donne che combattono contro la sparizione forzata. La libertà di pensiero è un valore universale.
Vorrei cogliere l’occasione per sottolineare che i due candidati che quest’anno non hanno ricevuto il premio Sakharov godono nondimeno di un forte appoggio da parte nostra. Ci corre l’obbligo di menzionarne i nomi come persone che ci hanno profondamente colpito per il loro operato. Il fatto che i loro nomi siano stati citati e che abbiano partecipato con noi a tanti dibattiti la dice lunga sulla solidità del nostro sostegno alla loro azione. Non soltanto il vincitore, dunque, ma anche i candidati meritano il nostro massimo rispetto e profondo riconoscimento.
(Applausi)
La cerimonia di conferimento del premio avrà luogo mercoledì 16 dicembre a Strasburgo.
Presidente. – L’ordine del giorno reca il turno di votazioni.
(Per l’esito delle votazioni e altri dettagli: vedasi processo verbale)
8.1. Esercizio 2010 (votazione)
– Prima della votazione
László Surján, relatore. – (EN) Signor Presidente, in sede di commissione per i bilanci abbiamo votato su oltre 1 100 emendamenti al progetto di bilancio 2010. E’ dunque inevitabile che siano necessari alcuni piccoli adeguamenti tecnici che chiedo di mettere ai voti in plenaria.
In merito al pieno europeo di ripresa economica, la commissione ha adottato due nuovi paragrafi da aggiungere alle linee di bilancio 06 04 14 01, 06 04 14 02 e 06 04 14 03. Tali paragrafi dovrebbero sommarsi ai commenti di bilancio già formulati, ma per un errore tecnico sono considerati sostitutivi. L’emendamento n. 832 va pertanto modificato di conseguenza.
Dalla verifica dei margini è emerso che il voto in commissione ha lasciato un margine di 1 775 000 euro nella linea 3b. Propongo di destinare tale somma al programma Europa per i cittadini. Ciò significherebbe che l’emendamento n. 889 relativo alla linea di bilancio 15 06 66 dovrebbe essere modificato per ottenere stanziamenti di impegno complessivi per 32 255 000 euro. L’emendamento n. 547 ripresentato risulterebbe dunque coperto.
Le parole “azioni sostenibili ed ecocompatibili (Nuovo corso verde)” dovrebbe essere aggiunte alle osservazioni in luogo delle parole “Nuovo corso verde”. Mi riferisco alle osservazioni adottate in merito alle seguenti linee di bilancio:
04 02 17 FSE – Convergenza
04 02 19 FSE – Competitività
13 03 16 FESR – Convergenza
13 03 18 FESR – Competitività
Analogamente, per ciò che riguarda la linea di bilancio 13 03 20 FESR – Assistenza tecnica operativa al Fondo europeo di sviluppo regionale, i primi due nuovi paragrafi dovrebbero essere sostituiti da quanto segue:
“Parte dello stanziamento è destinata a finanziare azioni sostenibili ed ecocompatibili (Nuovo corso verde) finalizzate alla conciliazione dei requisiti di sviluppo economico, sociale e ambientale nonché alla ripresa delle regioni europee in seguito alla crisi economica e finanziaria”.
Per motivi tecnici, il numero della linea "Progetto pilota: collaborazione globale tra amministrazioni pubbliche, imprese commerciali e imprese non profit finalizzata all'inclusione socio-lavorativa" diventa 04 03 12.
Per motivi tecnici, il numero della linea "Azione preparatoria - Erasmus per giornalisti" diventa 09 06 05.
Se l'emendamento 943 alla linea di bilancio 26 01 20 "Ufficio di selezione del personale delle Comunità europee" è adottato, l'allegato di bilancio corrispondente per tale Ufficio è adeguato di conseguenza.
Chiedo ai servizi di seduta di apportare le necessarie correzioni al processo verbale, sempre che la plenaria mi appoggi. Vi ringrazio per l’attenzione.
Signor Presidente, vorrei concludere rivolgendo i miei ringraziamenti al segretariato per l’enorme lavoro svolto. Ogni anno risulta necessaria una serie di modifiche che rappresentano un lavoro impegnativo per il segretariato. Ne abbiamo discusso con i gruppi e i coordinatori, i quali hanno appoggiato le modifiche proposte, che rientrano nello spirito della proposta generale.
L’aspetto più importante è che in sede di commissione per i bilanci siamo stati uniti nell’avvalerci di tutti gli strumenti giuridici a nostra disposizione per spingerei ogni linea pressoché al limite, per cui qualunque voto che conceda ulteriore denaro rischia di mettere a repentaglio la legalità del bilancio. Richiamo la vostra attenzione al riguardo e spero che lo spirito di collaborazione non venga meno. I nostri punti di vista sono leggermente diversi, ma questo è del tutto normale.
(Applausi)
(Gli emendamenti orali sono adottati)
- Prima della votazione sull’emendamento n. 870
Helga Trüpel (Verts/ALE). – (EN) Signor Presidente, secondo le liste di voto l’emendamento n. 464 del gruppo Verts/ALE decadrebbe se l’emendamento n. 870 della commissione per i bilanci dovesse essere adottato. La lista di voto segue la formula introdotta da Thomas von der Vring, secondo cui gli emendamenti adottati dalla commissione per i bilanci hanno la precedenza nella votazione in plenaria e, nel caso in cui vengano adottati, tutti gli altri emendamenti riguardanti la medesima linea di bilancio decadono.
Tuttavia, questa prassi, che non è contemplata dal regolamento del parlamento, è stata introdotta al solo scopo di garantire che la posizione complessivamente adottata sul bilancio dall’Aula resti entro i limiti finanziari stabiliti per il Parlamento europeo. Poiché l’emendamento n. 464 propone unicamente di accantonare fondi, non vi è dubbio quanto al fatto che non possa porre problemi in termini di superamento dei limiti. Difatti i due emendamenti non si escludono affatto reciprocamente, per cui potrebbero essere votati entrambi.
La esorto di conseguenza ad applicare l’articolo 161 del regolamento e consentire la votazione anche sull’emendamento n. 464.
(Applausi)
Presidente. – Onorevoli colleghi, l’ordine è stato fissato precedentemente a seguito di un’attenta verifica, ma chiederei al relatore di prendere la parola pregandolo, essendo colui che ha maggiore cognizione di causa, di esprimere brevemente il suo parere in merito.
László Surján, relatore. – (EN) Signor Presidente, generalmente non è compito del relatore decidere se qualcosa sia corretto o meno. Abbiamo una prassi e una consuetudine. Devo informare la plenaria che se votiamo prima gli emendamenti della commissione per i bilanci, che non sono stati messi in discussione dal gruppo Verts/ALE, la loro successiva modifica ridurrà il Fondo europeo di sviluppo regionale di 300 milioni di euro in pagamenti.
Questa è una vera e propria contraddizione in termini. Da un lato avremmo un aumento, dall’altro una riduzione. Dovremmo tener fede alla nostra decisione, visto che l’emendamento n. 464 afferma chiaramente che il pagamento non viene incrementato. L’aumento è pari a zero. Vi è dunque un’incompatibilità: non vi può essere un aumento di 300 milioni di euro e, nel contempo, un incremento nullo.
Presidente. – (...) possiamo pertanto procedere con la votazione. Questo è il parere dei nostri servizi che hanno approfondito la questione, nonché quello del relatore. Propongo quindi di procedere con la votazione.
- Prima della votazione sull’emendamento n. 812
Luis Manuel Capoulas Santos (S&D). – (PT) Signor Presidente, chiedo la parola in applicazione dell’articolo 173 del regolamento in merito ai richiami al regolamento per domandare una modifica dell’ordine di voto, poiché mi pare che esso violi l’articolo 161 del regolamento.
Chiedo pertanto che l’emendamento n. 70, nel quale si propone uno stanziamento di 600 milioni di euro a sostegno del settore lattiero-caseario, che versa in una situazione estremamente grave, come tutti sappiamo, sia votato subito prima dell’emendamento n. 812, in cui si propone uno stanziamento di 300 milioni. Sottolineo che il suddetto stanziamento di 600 milioni di euro è stato approvato all’unanimità in sede di commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale, oltre ad aver ottenuto il sostegno di un’ampia maggioranza di quest’Aula in occasione della seduta dello scorso 17 settembre, quando abbiamo votato una risoluzione sul sostegno al settore latte lattiero-caseario e la crisi che attualmente è chiamato ad affrontare.
Presidente. – La ringrazio. E’ palesemente una questione di risorse finanziarie a nostra disposizione, il che significa che la decisione al riguardo è seria. Come è ovvio, saremmo lieti di poter prestare assistenza, ma dobbiamo appurare l’entità delle risorse finanziarie disponibili. Secondo la proposta, dovremmo votare prima sull’emendamento n. 812. Questi sono i suoi termini. Chiederei al relatore di prendere la parola in proposito. Qual è la nostra situazione a livello di risorse finanziarie? Quali sono le nostre possibilità al riguardo?
László Surján, relatore. – (EN) Signor Presidente, ribadisco che non spetta a me decidere in merito all’ordine della votazione. Come affermava l’onorevole collega Trüpel poc’anzi, esiste una regola cosiddetta informale secondo cui un emendamento della commissione per i bilanci deve essere votato per primo. Perché? Perché la commissione per i bilanci è l’organo parlamentare all’interno del quale è possibile misurare se vi è un margine di garanzia o meno.
Non è nel nostro interesse modificare le regole durante la procedura di votazione. Io sono assolutamente contrario a un approccio di questo tipo. La lista di voto è stata distribuita. I gruppi hanno deciso come votare. Qualunque cambiamento comporterebbe confusione e molte conseguenti difficoltà. Se stabiliamo un precedente modificando le regole in un caso specifico, qualunque sia il motivo, sarà la fine. E’ opportuno che ogni organo rispetti le proprie consuetudini, le proprie norme e i propri regolamenti.
- Prima della votazione sull’emendamento n. 445
María Paloma Muñiz De Urquiza (S&D). – (ES) Signor Presidente, vorrei segnalare un errore tecnico. La mia intenzione era votare contro l’emendamento n. 444.
Bruno Gollnisch (NI). – (FR) Signor Presidente, comprendo perfettamente l’argomentazione formulata dal relatore che ci ha portato a votare prima sull’emendamento n. 812.
Se tuttavia si tratta di un’argomentazione di natura meramente procedurale, la votazione a favore dell’emendamento n. 812 non implicava necessariamente che l’emendamento n. 70 dovesse decadere.
E’ consuetudine nelle assemblee parlamentari votare prima, come ha richiesto l’onorevole Capoulas Santos, sugli emendamenti che più si discostano dal testo iniziale. Stiamo facendo un’eccezione per le motivazioni indicate dal relatore...
(Il Presidente interrompe l’oratore)
Presidente. – La ringrazio. Comprendiamo perfettamente. La nostra procedura di voto è inequivocabile. Prego il relatore di prendere la parola. Secondo i servizi e a nostro parere, questo secondo emendamento decade. Il relatore può confermarlo?
László Surján, relatore. – (EN) Signor Presidente, anche dopo la votazione, non vi è motivo per riaprire il dibattito. Ora siamo favorevoli alla votazione.
- Prima della votazione sull’emendamento n. 603
Michael Cashman (S&D). – (EN) Signor Presidente, intendo soltanto rendermi utile. Alcuni di noi hanno sentito annunciare numeri diversi. Per evitare equivoci, vi prego di prestare attenzione allo schermo, ciò nel caso in cui vi siano problemi di acustica o comunicazione. Non sto colpevolizzando nessuno, ma siamo chiari e guardiamo lo schermo.
Presidente. – D’accordo. Seguiremo tutti lo schermo. E’ probabile che stia leggendo i numeri troppo velocemente. Li leggerò più lentamente. Grazie.
- Prima della votazione sull’emendamento n. 937
Godfrey Bloom (EFD). – (EN) Signor Presidente, intervengo molto brevemente per un richiamo al regolamento. Pochi minuti fa lei ha detto di essere vincolato dalle regole e che cosa si può fare quando si è vincolati dalle regole? Lo comprendo perfettamente, e lo comprende anche l’Aula.
Posso e possiamo dunque presumere che lei si riterrà vincolato dalle regole di questo parlamento per l’intero suo mandato? Il suo predecessore, per esempio, pensava di non essere vincolato dalle regole e sulla base delle dichiarazioni di voto ha fatto a pezzi il regolamento non considerandolo vincolante. A lei il seguito, signor Presidente.
Presidente. – La ringrazio molto. Onorevoli colleghi, soprattutto durante le votazioni vi invito a prendere la parola solamente per richiami al regolamento. Vi esorto a non sollevare questioni che non siano richiami al regolamento perché in caso contrario non saremo in grado di rispettare i tempi delle votazioni con gravi disagi per tutti noi.
(Applausi)
8.2. Progetto di bilancio generale 2010 (sezione III - Commissione) (A7-0038/2009, László Surján) (votazione)
8.3. Progetto di bilancio generale 2010 (sezioni I, II, IV, V, VI, VII, VIII, IX) (A7-0037/2009, Vladimír Maňka) (votazione)
8.4. Adeguamento degli stipendi di base e delle indennità applicabili al personale di Europol (A7-0040/2009, Claude Moraes) (votazione)
8.5. Organizzazione comune dei mercati agricoli e disposizioni specifiche per taluni prodotti agricoli (regolamento unico OCM) (votazione)
- Prima della votazione sul paragrafo 79
Syed Kamall (ECR). – (EN) Signor Presidente, chiedo scusa ai colleghi per l’intervento, ma gradirei che qualcuno mi esplicitasse l’acronimo “OCM”.
Presidente. – L’acronimo significa “organizzazione comune dei mercati”, sebbene possa presentarsi in maniera leggermente diversa nelle varie lingue!
8.6. Stato di avanzamento dei sistemi SIS II e VIS (votazione)
8.7. Sostegno alla governance democratica nel quadro delle relazioni esterne (votazione)
8.8. Gli aspetti istituzionali per l'istituzione del servizio europeo per l'azione esterna (A7-0041/2009, Elmar Brok) (votazione)
- Prima della votazione sull’emendamento n. 3
Elmar Brok, relatore. – (DE) Signor Presidente, vorrei proporre un emendamento orale ai verdi. Qualora dovessero accettarlo, raccomanderei un voto favorevole. Se introducessimo la frase “non dovrebbe esservi una duplicazione dei servizi esterni in seno al Consiglio o al Consiglio europeo”, raccomanderei alla plenaria di votare a favore.
(L’emendamento orale è adottato)
- Prima della votazione sull’emendamento n. 56
Corien Wortmann-Kool (PPE). – (EN) Signor Presidente, potremmo votare in blocco. Propongo di votare dall’emendamento n. 56 al n. 28.
(Applausi)
(Il parlamento respinge la proposta)
8.9. Preparazione della riunione del CET e del vertice UE-Stati Uniti (2 e 3 novembre 2009) (votazione)
Daniel Hannan (ECR). – (EN) Signor Presidente, in un momento in cui i governi nazionali devono operare tagli di bilancio e tutti i nostri elettori devono risparmiare sul bilancio domestico, è un classico che l’Unione europea, a differenza di tutti, ritenga di poter incrementare considerevolmente il proprio.
Le conseguenze fiscali saranno immediate e tangibili in tutti gli Stati membri. Nel mio paese, per esempio, i nostri contributi di bilancio aumenteranno del 60 per cento nei prossimi 12 mesi. Per contestualizzare il problema, in occasione del suo ultimo congresso il nostro partito ha chiesto un risparmio annuo di 7 miliardi di sterline su tutta la spesa di governo. Spendiamo il doppio di tale cifra soltanto per questa voce, vale a dire i contributi lordi al bilancio dell’Unione europea.
Potete travestire tale richiesta da spesa di “stimolo”, reazione alla contrazione del credito e via discorrendo, ma sapete che non è così. Stiamo invece prelevando denaro dalle tasche e dai portafogli privati dei cittadini per spenderlo, per loro conto, attraverso le burocrazie. Se questo fosse stato il modo migliore di stanziare le risorse, avremmo perso la guerra fredda. Adesso ci rendiamo conto di quale sia la verità, ossia che la funzione precipua dell’Unione europea è impiegare i suoi stessi dipendenti. Per questo il suo bilancio cresce continuamente.
Diane Dodds (NI). – (EN) Signor Presidente, vorrei chiarire che ho appoggiato i progetti di emendamento nn. 732 e 733 ed è un peccato che l’Aula non li abbia sostenuti. Sono favorevole a qualunque misura che impedisca il finanziamento di programmi di pianificazione familiare che comportino una serie di iniziative per l’aborto e sterilizzazioni forzate.
Va inoltre visto con favore il fatto che ai beneficiari dei finanziamenti si affidi il compito di contrastare attivamente lo squilibrio di genere che, grazie ai programmi di selezione del sesso, si crea in alcuni paesi asiatici. Tale emendamento avrebbe offerto all’Unione l’opportunità di affiancare alle sue parole di condanna un’azione positiva negando il proprio appoggio a tali programmi.
Zuzana Roithová (PPE). – (CS) Signor Presidente, anch’io vorrei esprimere irritazione per il fatto che oggi non sia stato possibile trovare un consenso sulla condizione che i fondi europei del bilancio di assistenza allo sviluppo non debbano sostenere attività come la pianificazione familiare attraverso aborti coercitivi e sterilizzazioni forzate. Vorrei protestare contro i metodi che, soprattutto in molti paesi asiatici, costringono le donne ad abortire, specialmente nei casi in cui il nascituro è di sesso femminile. Si stima che 35 milioni di donne siano state eliminate in questo modo. Non possiamo sostenere quanti organizzano questo genere di “programmi” e dobbiamo smettere di fornire loro fondi dall’Europa. L’odierno voto mendace dei liberali, dei comunisti e di alcuni socialisti nell’adozione del nostro bilancio ci ha precluso la possibilità di avere questa certezza.
Zoltán Balczó (NI). – (HU) Signor Presidente, tra i tanti emendamenti proposti vi era un emendamento al testo che colpiva esattamente nel segno affermando “respinge l’utilizzazione del bilancio comunitario per finanziare un’Unione europea più militarista e neoliberista”. Il parlamento lo ha respinto dimostrando in tal modo di non aver imparato dalla crisi degli ultimi anni né dalla conclusione cui sono giunti anche gli ex fautori del mercato liberale, vale a dire che non è più possibile proseguire lungo questa via. Il bilancio dell’Unione europea si fonda sempre sulla supremazia del mercato liberale, che può arrecare grave danno ai cittadini europei, come ci ha dimostrato il recente passato.
Bruno Gollnisch (NI). – (FR) Signor Presidente, mentre vari istituti e programmi, tutti conformi agli orientamenti politicamente dominanti per la comunicazione, l’educazione o la rieducazione delle popolazioni, hanno ricevuto miliardi di euro, un artificio procedurale ha privato i nostri produttori di latte degli aiuti che avevano il diritto di aspettarsi.
Ci sono stati di fatto sottoposti due emendamenti: l’emendamento n. 812, che probabilmente godeva del sostegno del Consiglio, per soli 300 milioni di euro, e l’emendamento n. 70 per 600 milioni di euro. Sarebbe stato sensato votare per primo l’emendamento n. 70, come conferma peraltro con estrema chiarezza l’articolo 161, paragrafo 2, del nostro regolamento: “Se due o più emendamenti che si escludono a vicenda concernono la stessa parte di testo, quello che si allontana di più dal testo di base ha la precedenza e deve essere posto in votazione per primo”.
Il relatore ha citato una regola informale, sebbene la norma formula debba prevalere su presunte regole informali, e tale procedura è stata usata per dichiarare decaduto il secondo emendamento che portava tale stanziamento a 600 milioni di euro.
Vilija Blinkevičiūtė (S&D). – (LT) Signor Presidente, ho votato a favore del bilancio 2010 perché i fondi stanziati in tale bilancio realmente allevieranno un po’ la situazione dei cittadini degli Stati membri dell’Unione colpiti dalla crisi economica, sociale e finanziaria. Inoltre, in tale bilancio sono maggiori gli stanziamenti per le esigenze sociali, aspetto particolarmente importante in questa nostra epoca. Ho sostenuto altresì le disposizioni che accantonavano ulteriori fondi per incrementare l’occupazione e garantire i posti di lavoro. E’ anche estremamente importante destinare fondi specifici al settore lattiero-caseario. Ovviamente avremmo potuto stanziare più denaro per tale comparto, come hanno proposto alcuni rappresentanti del partito socialdemocratico, ma è positivo che nel progetto di bilancio perlomeno alcune risorse siano state accantonate a tale scopo.
Peter van Dalen (ECR). – (NL) Signor Presidente, ho votato contro il bilancio perché, mentre in tutti gli Stati membri si registrano minori entrate, nessuna voce è stata modificata o ridotta. Noi qui spendiamo più denaro, il che va al di là della mia capacità di comprensione.
Ho inoltre votato “no” perché ora è previsto che, in aggiunta alla retribuzione e al rimborso delle spese di viaggio e altra natura, ogni eurodeputato abbia diritto a 4 202 euro per spese di carattere generale. Si ipotizza che i parlamentari spendano questo consistente ammontare per spese telefoniche e di ufficio, tanto per citare un esempio. Tuttavia, nessuno di loro è tenuto a rendere conto del modo in cui la somma viene impiegata. Ciò significa che ogni mese ciascun parlamentare riceverà un assegno in bianco che stupirebbe anche Babbo Natale.
Trovo tutto questo assolutamente deprecabile. Se l’Aula si prendesse realmente sul serio, dovrebbe far cessare questa pratica. Per farlo, basta schierarsi con me in un voto contro il bilancio. Invito inoltre ogni parlamentare a rendere conto volontariamente della maniera in cui spende i 4 202 euro assegnatigli.
- Modifica del regolamento (CE) n. 1234/2007 (“regolamento OCM unica”)
Krisztina Morvai (NI). – (HU) Signor Presidente, come è ovvio ho votato a favore della proposta volta ad attenuare la crisi in cui versa il settore lattiero-caseario. Ribadisco che si tratta soltanto di un’elargizione di dimensioni molto esigue, insufficiente persino per arginare l’incendio, ma avrei ritenuto scorretto votare a sfavore. Sono delusa e triste per il fatto di non aver ricevuto risposta, nonostante reiterati tentativi, alle mie tre interrogazioni. La prima riguardava i provvedimenti che l’Unione europea intende adottare per garantire che in futuro non si continui a passare da una crisi all’altra, che si tratti del settore lattiero-caseario o altri. Quali lezioni l’Unione ha appreso da questa crisi spaventosa, che ha distrutto e sta distruggendo la vita di molte famiglie? La mia seconda interrogazione alla signora commissario, quando era presente, e dunque anche alla Commissione tutta, riguardava le possibili modalità di assegnazione di tali risorse agli Stati membri e l’eventualità che il denaro arrivi per primi ai piccoli produttori, la cui stessa sopravvivenza è in gioco. La mia terza interrogazione, rimasta anch’essa in sospeso, riguardava le azioni che i nuovi Stati membri intendono intraprendere per affrontare la situazione discriminatoria in cui si trovano. Il 100 per cento del nostro mercato ha dovuto essere…
(Il Presidente interrompe l’oratore)
Peter Jahr (PPE). – (DE) Signor Presidente, vorrei formulare tre commenti sulla risoluzione in merito al settore lattiero-caseario: in primo luogo, apprezzo espressamente il fatto che la Commissione ora possa reagire più rapidamente alle perturbazioni del mercato nel settore lattiero-caseario. In secondo luogo, sono lieto che siamo riusciti insieme a garantire sostegno finanziario ai produttori europei del settore. In terzo luogo, proprio perché il denaro non è tutto, ora dobbiamo dedicare tempo per prepararci al periodo post-quote latte. Per questo confido in un intenso dialogo tra politici e industria, poiché non si è ancora definito come dovrà configurarsi il mercato lattiero-caseario per i produttori dopo il 2015 e ciò, a mio modesto parere, è il problema più spinoso.
Zuzana Roithová (PPE). – (CS) Signor Presidente, sono totalmente a favore dell’estensione dell’ambito di applicazione dell’articolo 186 per includervi il settore lattiero-caseario. Ciò consentirà di reagire in maniera flessibile agli improvvisi cambiamenti del mercato del latte mondiale e dei mercati europei, al fine di evitare effetti negativi sui produttori o distorcere la concorrenza economica. Non sono però certa che sia efficace usare l’acquisto di quote finanziandolo con i bilanci dei singoli Stati membri per risolvere la crisi in cui versa il settore del latte. Non tutti gli Stati dell’Unione possono finanziare tale provvedimento in eguale misura. Ritengo che ne sarà compromessa la competitività dei produttori di alcuni di essi e dunque, come è ovvio, anche la concorrenza economica. Sono una deputata della Repubblica ceca, per cui in una siffatta eventualità preferirei che l’acquisto di quote fosse finanziato dal bilancio comunitario, che può essere utilizzato da tutti gli Stati su base paritaria. Per questo ho optato per l’astensione.
Czesław Adam Siekierski (PPE). – (PL) Signor Presidente, dopo molti mesi di attesa, lunghe discussioni in sede di commissione per l’agricoltura e massicce proteste da parte dei produttori in vari Stati membri, abbiamo finalmente approvato ulteriori forme di sostegno ai produttori lattiero-caseari. Ma non basta perché questi produttori hanno subito pesanti perdite e molti di loro sono sull’orlo del fallimento, il che ha minato l’autorità dell’Unione europea e la nostra, in quanto parlamentari europei.
Doveva necessariamente andare così? Perché la Commissione ha tardato a rispondere? Ciò significa che non monitoriamo adeguatamente il mercato? Se così è, la situazione dell’amministrazione dell’Unione europea è veramente mediocre. Noi parlamentari europei siamo stati quelli che hanno riproposto la questione per innumerevoli mesi.
Non dimentichiamo che un intervento tardivo è molto meno efficace e finisce per costare di più. Dobbiamo trarne conclusioni utili per il futuro. Abbiamo bisogno di stabilità a lungo termine per la difficile e costosa attività di produzione del latte, che si caratterizza per un notevole impiego di manodopera. E’ nostro dovere nei confronti dei nostri produttori visto l’enorme impegno da loro profuso.
Presidente. – La ringrazio, onorevole Siekierski. Mi sono pervenute altre due dichiarazioni di voto, entrambe da nuovi deputati. Vorrei sottolineare che, a norma dell’articolo 170, non si accetteranno ulteriori richieste di dichiarazioni di voto dopo l’inizio della prima dichiarazione. In via del tutto eccezionale, accoglierò le due nuove richieste, ma chiedo ai servizi di richiamare nuovamente in maniera adeguata l’attenzione dei gruppi su tale norma. Se non dovessimo procedere per quanto possibile nel rispetto del regolamento, la situazione ci sfuggirebbe di mano.
La parola all’onorevole Kelly.
Seán Kelly (PPE). – (EN) Signor Presidente, innanzi tutto esordirei dicendo che anch’io mi compiaccio per il fatto che oggi si sia votato il finanziamento di bilancio per il settore lattiero-caseario, dimostrando che l’Unione europea ascolta e risponde, ovviamente entro i limiti del suo bilancio. Sarebbe meglio poter concedere un sostegno finanziario maggiore al settore lattiero-caseario, ma spero che sia possibile incrementarlo in futuro. Chi si accontenta gode.
In secondo luogo, vorrei sottolineare che oggi nell’interpretazione in lingua inglese sono stati commessi diversi errori. Il presidente Buzek, con estrema cortesia, ha fatto notare che probabilmente sono stati dovuti al suo eloquio troppo rapido. Non è questo che conta, e non stiamo colpevolizzando nessuno, ma resta il fatto che 908 è diventato 909, 444 è diventato 445 e 440 è diventato 444, per cui se successivamente vi saranno richieste di chiarimenti, la questione va tenuta presente. Come se non bastasse anche lo schermo – ahimè – non ha funzionato per un breve lasso di tempo, ma in quel caso si è trattato di un inconveniente elettronico, non di un errore umano.
Jarosław Kalinowski (PPE). – (PL) Signor Presidente, ho votato per modificare il regolamento che istituisce un’organizzazione comune dei mercati agricoli benché abbia i miei dubbi quanto al fatto che il nuovo metodo per il calcolo delle penali per il superamento delle quote nazionali debba entrare in vigore dal 1° aprile di quest’anno. Ciò significa abrogare retroattivamente leggi esistenti, il che mina il principio della certezza giuridica. Ho tuttavia votato a favore perché l’emendamento svincola 280 milioni di euro di finanziamenti per i produttori di latte e alimenta la speranza che abbiano superato i momenti peggiori della tempesta.
Resta nondimeno una questione fondamentale concernente il futuro della produzione di latte nell’Unione europea e, in tale ambito, l’aspetto più importante è il futuro delle quote latte. Al momento le azioni della Commissione risultano contraddittorie. Da un lato vi è la proposta di aumentare le quote latte e abolirle nel 2015. Dall’altro la proposta presentata oggi propugna la riduzione dell’offerta. Dobbiamo optare per una via o l’altra. Personalmente sono a favore del mantenimento delle quote.
Daniel Hannan (ECR). – (EN) Signor Presidente, sono note le congetture del filosofo francese Cartesio in merito al fatto che tutti i nostri sensi possano essere manipolati da un demone maligno.
Talvolta, quando ascolto queste relazioni, ho l’impressione che viviamo nell’universo cartesiano, un mondo in cui l’Unione europea si erge soltanto per i valori della democrazia, della liberta e della giustizia diffondendoli attraverso accordi commerciali anziché guerre. Ma, tornando al mondo reale, che fa l’Unione europea? Flirta con i tiranni di Pechino e isola Taiwan. Si rifiuta di parlare con i dissidenti anticastristi a Cuba. Cerca di persuadere gli ayatollah ad abbandonare le proprie ambizioni nucleari. E’ la principale foraggiatrice della Palestina controllata da Hamas.
Non vi è alcun nesso tra questa relazione sulla diffusione della democrazia e l’effettivo comportamento delle nostre istituzioni. Non dico che l’Unione europea sia ipocrita perché naturalmente applichiamo gli stessi standard all’interno dei nostri confini sbarazzandoci con disinvoltura di risultati di referendum quando riteniamo che l’esito non ci sia stato favorevole. All’esterno come all’interno disdegniamo un governo rappresentativo, sprezzanti della volontà democratica. Consentitemi di ribadire che il trattato di Lisbona dovrebbe essere oggetto di referendum. Pactio Olisipiensis censenda est!
Syed Kamall (ECR). – (EN) Signor Presidente, penso che nessuno possa essere in disaccordo con la necessità di promuovere e sostenere la democrazia in tutto il mondo, all’interno dell’Unione europea come al suo esterno. Se tuttavia ripercorriamo le lezioni della storia, ricordo che quando gli Stati Uniti si tacciavano di promuovere la democrazia nel mondo, la gente diceva “Che cosa ne è della vostra situazione interna, che dire degli afroamericani che non hanno diritto di voto o ai quali tale diritto è negato”? Anni fa, la Gran Bretagna e altre potenze coloniali usavano dire alle loro colonie “Diffondiamo la democrazia” e nel contempo negavano il diritto di voto alle donne.
Ora analizziamo il comportamento dell’Unione europea. L’Unione parla di diffondere la democrazia nell’Unione, e il collega Hannan ci ha già fornito molti dettagli su tale ipocrisia. Vi è però un elemento che dovremmo rammentare. Nel momento in cui parliamo di diffondere la democrazia, sinceriamoci che la nostra casa sia in ordine. Quando francesi e olandesi hanno votato “no” al referendum sul trattato costituzionale, abbiamo affermato che avremmo intrapreso un periodo di riflessione, dopodiché abbiamo ignorato il voto. Agli irlandesi che hanno votato “no” la prima volta abbiamo replicato: “Sapete, siamo d’accordo con la democrazia, ma soltanto se votate nella maniera giusta. Vi daremo un’altra possibilità”. E’ giunto il momento di mettere ordine a casa nostra.
Daniel Hannan (ECR). – (EN) Signor Presidente, ancora una volta mi ritrovo a dover ricordare ai colleghi che la Costituzione europea o il trattato di Lisbona non sono tecnicamente in vigore. Ogni clausola, ogni articolo della relazione Brok si basa su una presunta validità giuridica del trattato che al momento evidentemente non ha.
Mi corre altresì l’obbligo di sottolineare che vi è qualcosa di un po’ sospetto nell’aver sottaciuto questa relazione fino a che non ci siamo saldamente assicurati l’esito del referendum irlandese con il computo di tutti i voti, per poi improvvisamente formulare la proposta di istituire ambasciate dell’Unione in tutto il mondo facenti capo a quest’Aula e un unico corpo diplomatico europeo.
Ovviamente siamo tutti consapevoli del fatto che esiste de facto, se non de iure, una politica estera comunitaria. Abbiamo delegazioni nel mondo che fanno sembrare insignificante qualunque missione nazionale e disponiamo in tutti i sensi, se si eccettua la designazione, di ambasciatori dell’Unione, ma di nuovo ci viene sottoposta una relazione che regolarizza tardivamente ciò che ormai è prassi consolidata da molti anni in ambito comunitario.
Risultato? Se contestiamo, ci viene replicato che non vi è alcun motivo per lamentarsi visto che, per l’appunto, è una prassi consolidata da anni. Mi domando pertanto se le politiche europee non stiano evolvendo dall’inconcepibile all’inevitabile senza alcun passaggio intermedio.
Zigmantas Balčytis (S&D). – (EN) Signor Presidente, ho appoggiato la risoluzione perché attribuisco un’importanza notevole all’imminente vertice UE-USA. In occasione della recente riunione del G20, abbiamo udito molte promesse che sarà difficile mantenere se i paesi agiscono di propria iniziativa.
In proposito, l’Unione europea e gli Stati Uniti dovrebbero assumere un ruolo guida per onorare gli impegni del G20. Ci occorre pertanto un coordinamento maggiore e più efficace tra le misure intraprese dagli Stati Uniti e quelle adottate dall’Unione. Non è necessario un partenariato strategico UE-USA. Spero che la Commissione faccia propria questa richiesta del Parlamento europeo.
Syed Kamall (ECR). – (EN) Signor Presidente, vorrei ringraziare tutti per la pazienza, e mi riferisco anche gli interpreti, che svolgono un lavoro straordinario. Tutti concordiamo in merito all’importanza del rapporto UE-USA e penso che tutti apprezziamo i vertici e le discussioni a livello di consiglio economico transatlantico, come pure tutte le varie sedi di dialogo transatlantico. E’ tuttavia veramente importante riconoscere che l’intero mondo volge lo sguardo a questi vertici e alla leadership morale che non soltanto l’Unione, ma anche l’amministrazione americana possono offrire. Sicuramente uno dei modi migliori per stimolare le nostre economie, soprattutto in quest’epoca di crisi, consiste nell’accertarci che teniamo fede alla parola data quando si tratta di libero scambio.
Mi preoccupa profondamente la nostra politica agricola comune, che continuiamo a foraggiare rafforzando il protezionismo e arrecando così grave danno agli agricoltori dei paesi in via di sviluppo. Se poi analizziamo l’amministrazione Obama e le recenti tariffe sugli pneumatici cinesi, ci rendiamo conto che siamo risucchiati in una spirale di protezionismo. E’ tempo di tornare al nostro principio del libero scambio per stimolare l’economia mondiale.
Dichiarazioni di voto scritte
- Esercizio 2010
Maria da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. – (PT) Il contributo del bilancio europeo per il 2010 allo stimolo della crescita economica, della competitività, della coesione e della salvaguardia dei posti di lavoro è una risposta fondamentale alla recente crisi economica.
Come incentivo specifico all’economia europea, vorrei sottolineare l’importanza del piano europeo di ripresa economica, il quale tra l’altro sostiene progetti nel settore dell’energia (progetti inerenti reti elettriche, reti di gas naturale o cattura e stoccaggio di carbonio), finanzia misure concernenti la connessione Internet a banda larga, estendendo le cosiddette autostrade dell’informazione alle comunità rurali, e crea un fondo per il settore della produzione lattiero-casearia quale nuova sfida della politica agricola comune e altri programmi di assistenza comunitari come la distribuzione di frutta e latte nelle scuole.
Vorrei sottolineare in particolare l’emendamento al progetto di bilancio generale per il 2010 presentato dal gruppo del Partito Popolare Europeo (DemocraticoCristiano), che fa della promozione del primo impiego dei giovani mediante formazione in collaborazione con le imprese, tirocini e corsi di imprenditorialità un ulteriore obiettivo del programma Erasmus.
Lena Ek (ALDE), per iscritto. – (SV) La serie di emendamenti al bilancio dell’Unione europea per il 2010 che costituisce il “blocco 3” prevede interventi e sostiene misure alle quali in linea di principio sono contraria, tra cui varie misure di ammasso, per esempio per l’alcol, e un notevole sostegno dell’Unione al settore vitivinicolo, ma anche il sostegno comunitario al programma di distribuzione di frutta e latte nelle scuole, indubbiamente importante, ma non una materia in merito alla quale l’Unione dovrebbe disporre di potere decisionale. Nel contempo, il blocco 3 contiene anche ingenti investimenti, per esempio nel campo del benessere animale e del controllo del trasporto degli animali, che viceversa accolgo con favore. Tuttavia, poiché la procedura di voto mi obbliga ad assumere una posizione sulla serie di emendamenti nel suo complesso, ho scelto di astenermi dalla votazione sul blocco 3.
L’emendamento n. 886 ha uno scopo lodevole: l’investimento nello sport. La questione, però, non è materia comunitaria, ragion per cui ho votato a sfavore.
L’emendamento n. 905 si fonda su un atteggiamento nei confronti dei migranti che in linea di principio rifiuto. E’ per esempio previsto che si stanzino fondi per spiegare agli africani quanto sia pericoloso venire in Europa. Non dovremmo costruire muri attorno al nostro continente. Per questo ho votato contro tale emendamento.
L’emendamento n. 909 prevede risorse per monitorare i cittadini europei, approccio per me insostenibile, per cui ho votato “no”.
Nigel Farage (EFD), per iscritto. – (EN) I membri dell’UKIP hanno votato a favore di questi emendamenti fondamentalmente perché sono contrari a QUALUNQUE aumento del bilancio e la limitazione imposta all’uso di tali linee, come proposto dal gruppo ECR, potrebbe comportare una riduzione dei pagamenti dal bilancio. Intendiamo nondimeno sottolineare anche che il denaro comunitario, proveniente in larga misura dalle tasche dei contribuenti britannici, non dovrebbe essere impiegato per imporre politiche, come l’aborto coercitivo, a minoranze e altre popolazioni che soffrono sotto il giogo di regimi antidemocratici. Tale uso è contrario al diritto britannico, come anche al diritto di altri Stati clienti dell’Unione, oltre che incompatibile con la dichiarazione universale dei diritti dell’uomo delle Nazioni Unite, di cui il Regno Unito è firmatario, e la convenzione europea dei diritti dell’uomo, sottoscritta anch’essa dal Regno Unito. Prescindendo dall’entità a sei zeri o meno di tale somma, le popolazioni locali colpite sarebbero state giustificate nell’associare l’UKIP alla tirannia dei loro governi se la delegazione del partito avesse votato contro tali emendamenti.
Patrick Le Hyaric (GUE/NGL), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore dell’emendamento n. 812 del blocco 3 per non penalizzare l’assistenza ai produttori lattiero-caseari, per quanto irrisoria possa essere (280 milioni di euro). E’ nondimeno inaccettabile che, in ragione dell’adozione di tale emendamento, debba necessariamente decadere l’emendamento n. 70 in cui si concederebbero aiuti per 600 milioni di euro in luogo di 280, come richiesto dalla commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale del parlamento. Protesto contro questa regola che privilegia la proposta di bilancio più contenuta a discapito dei produttori.
Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. – (PT) Ritengo che le misure annunciate dalla signora commissario Fischer Boel al termine della riunione del Consiglio dei ministri dell’Agricoltura a Lussemburgo e in sede di commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale a Strasburgo (il 19 ottobre) siano inadeguate. Il pacchetto, che deve ancora essere approvato dal Consiglio Ecofin il 19 novembre, ammonta a 280 milioni di euro e sarà messo a disposizione degli Stati membri sotto forma di stanziamento finanziario basato sulla produzione e su quote annue. Secondo i calcoli, il Portogallo beneficerà di uno stanziamento finanziario dell’ordine di 6-7 milioni di euro per far fronte al calo dei prezzi alla produzione, che è superiore al 50 per cento rispetto ai prezzi del 2007-2008. Credo che 0,003 euro per ogni litro di latte prodotto in Portogallo (calcoli forniti dai produttori) rappresenti una cifra irrisoria per un problema che a questo punto si trascina da parecchi mesi, specialmente se il ministro dell’Agricoltura userà il denaro per le previste riforme, come ha preannunciato.
I 280 milioni di euro trasmettono un segnale importante della Commissione europea, ma sono insufficienti rispetto a quanto realmente occorre ai produttori per superare la crisi.
Nuno Teixeira (PPE), per iscritto. – (PT) La negoziazione del bilancio è tra i principali iter comunitari in cui parlamento, Commissione e Consiglio condividono il potere decisionale. Oggi, conclusa la prima lettura, il parlamento riafferma il proprio ruolo di autorità di bilancio incrementando con successo sia gli stanziamenti di impegno sia quelli di pagamento rispetto alla proposta del Consiglio, sebbene non si raggiungano i livelli che si sarebbero auspicati. Ora i temi cruciali che il gruppo del Partito Popolare Europeo (DemocraticoCristiano) ha sostenuto per quanto concerne il rilancio delle economie europee nel contesto dell’attuale crisi sono stati avallati ponendo l’accento sulla politica di coesione per promuovere la crescita e la competitività, specialmente delle piccole e medie imprese, principale forza trainante nella creazione di posti di lavoro.
Essendo un parlamentare socialdemocratico portoghese, ho motivo di essere particolarmente lieto dell’approvazione, per merito di un’ampia maggioranza, di un emendamento proposto dalla nostra delegazione volto a creare un programma Erasmus a favore del primo impiego, una delle proposte da noi avanzate alle ultime elezioni europee. Si sono inoltre salvaguardati il sostegno ai produttori di latte e una garanzia di maggiore sicurezza per i cittadini, anche per quanto concerne l’approvvigionamento energetico. Questa non è però la fine del processo, in quanto le tre istituzioni dovranno raggiungere una posizione comune sulla quale si voterà in seconda lettura in dicembre.
Regina Bastos (PPE), per iscritto. – (PT) Nell’attuale contesto di crisi economica, finanziaria e sociale, è stato essenziale che il bilancio dell’Unione europea per il 2010 abbia posto un particolare accento su tale situazione, divenendo uno strumento efficace per superare la crisi. Ho pertanto votato a favore del progetto di bilancio dell’Unione per il 2010 poiché ritengo che nel complesso risponda a tali esigenze.
Il parlamento è determinato a fare quanto in suo potere per garante fondi adeguati a tutte le attività e le politiche che incoraggino la crescita e la creazione di posti di lavoro e forniscano soluzioni ai cittadini europei. Più specificamente, si tratta di garantire maggiore sicurezza energetica, maggiore sostegno alla ricerca e all’innovazione, specialmente nel campo delle tecnologie pulite, promozione delle piccole e medie imprese e maggiore sostegno all’apprendimento permanente. In proposito, come suggerito dagli eurodeputati socialdemocratici portoghesi, vorrei sottolineare l’importanza della creazione di un programma di occupazione Erasmus rivolto ai giovani in cerca del primo impiego, che contribuisca a conseguire tali obiettivi.
Da ultimo, mi corre l’obbligo di ribadire che non concordo con le ulteriori riduzioni operate dal Consiglio nelle linee di bilancio a sostegno della strategia di Lisbona poiché questi tagli contrastano con le azioni che andrebbero intraprese per incoraggiare la crescita e la ripresa economica.
Sophie Briard Auconie (PPE), per iscritto. – (FR) Sebbene la politica di coesione svolga un ruolo importante negli sforzi profusi per combattere la crisi economica e il cambiamento climatico, il Consiglio ha proposto di ridurre sostanzialmente gli stanziamenti di pagamento assegnati a tal fine nel 2010. Consapevoli come siamo dell’importanza dei fondi europei e delle aspettative che vengono nutrite sul campo, è stato fondamentale che gli eurodeputati abbiano ristabilito, o persino in alcuni casi incrementato, le cifre ipotizzate inizialmente dalla Commissione europea.
Questo voto è espressione dell’Europa politica di cui abbiamo bisogno, un’Europa in grado di prendere decisioni di bilancio che garantiscano solide prospettive di solidarietà, competitività e crescita per il bene dei cittadini. Oggi gli eurodeputati hanno confermato il proprio sostegno a una politica di coesione europea che realmente disponga delle risorse per realizzare le proprie ambizioni. Approvando peraltro l’orientamento generale delle relazioni degli onorevoli Surján e Maňka sul progetto di bilancio dell’Unione europea per l’esercizio 2010, con risolutezza ho votato a favore della loro adozione.
Carlos Coelho (PPE), per iscritto. – (PT) Appoggio la relazione Surján quale compromesso possibile in merito al bilancio dell’Unione. Mi rammarico per l’ulteriore riduzione operata dal Consiglio nel progetto preliminare di bilancio della Commissione, che a mio parere era già insufficiente rispetto a quanto necessario. Non possiamo avere più Europa con un bilancio esiguo, palesemente inadeguato. Sono soprattutto in disaccordo con i tagli operati nelle linee di bilancio a sostegno della strategia di Lisbona. Il divario tra le pubbliche dichiarazioni secondo cui è prioritario affrontare la crisi economica e sostenere la “competitività per la crescita e l’occupazione” e gli stanziamenti previsti a tal fine nel progetto di bilancio sottoposto alla nostra attenzione non avrebbe potuto essere maggiore. Accolgo con favore i maggiori stanziamenti nel campo della libertà, della sicurezza e della giustizia e vorrei ribadire che costruire un’Europa di cittadini dipende anche dalla corretta attuazione di tali linee di bilancio.
Vasilica Viorica Dăncilă (S&D), per iscritto. – (RO) Non ho votato per la creazione di un fondo di 300 milioni di euro e un sostegno immediato a favore dei produttori lattiero-caseari in quanto ritengo che gli operatori del settore stiano subendo un crollo dei prezzi che sta generando insicurezza. Di fatto, la posizione adottata dal gruppo dell’Alleanza progressista di socialisti e democratici al Parlamento europeo (S&D), che propendeva per un fondo di 600 milioni di euro, avrebbe rappresentato uno strumento più rapido ed efficace per combattere le cause e, soprattutto, gli effetti che hanno comportato un notevole crollo del mercato dei prodotti lattiero-caseari, crollo che sta persistendo nel contesto dell’attuale crisi economica. Ritengo inoltre che la serie di misure di sostegno adottate dalla Commissione europea sia giunta troppo tardivamente. Il fondo di 600 milioni di euro avrebbe invece effettivamente costituito un sostegno reale per gli Stati membri colpiti dalla crisi.
Lena Ek, Marit Paulsen, Olle Schmidt e Cecilia Wikström (ALDE), per iscritto. – (SV) La serie di emendamenti al bilancio dell’Unione europea per il 2010 che costituisce il “blocco 3” prevede interventi e misure di sostegno con cui siamo in linea di principio in disaccordo (così come siamo critici nei confronti di un sostegno comunitario alla tabacchicoltura, ragion per cui abbiamo votato “no”), tra cui varie misure di accumulo, per esempio per l’alcol, e un notevole sostegno dell’Unione al settore vitivinicolo, oltre al sostegno comunitario ai programmi di distribuzione di latte e frutta nelle scuole, iniziativa di per sé importante, ma che riteniamo debba essere gestita a livello nazionale. Nel contempo, il blocco 3 contiene anche ingenti investimenti, per esempio nel campo del benessere animale e del controllo del trasporto degli animali, che viceversa accogliamo con favore, poiché sosteniamo tali scelte in altri contesti. Nondimeno, poiché la procedura di voto ci obbliga ad assumere una posizione sulla serie di emendamenti nel suo complesso, abbiamo deciso di astenerci dalla votazione sul blocco 3.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) Ritengo che gli aumenti proposti dal parlamento per le diverse linee di bilancio e l’importo di 1,5 miliardi di euro per finanziare il piano europeo di ripresa economica siano fondamentali affinché l’Unione europea superi la crisi economica che attualmente ci affligge, oltre che per rafforzare il ruolo dell’Unione europea sulla scena mondiale.
Come ho detto in precedenza, credo che sia soprattutto essenziale destinare i fondi necessari in maniera che le piccole e medie imprese, tra le principali vittime della crisi, possano contare su un sostegno che consenta loro di sopravvivere. L’aumento relativo al programma quadro per la competitività e l’innovazione consentirà di promuovere l’imprenditorialità e l’innovazione, elementi vitali affinché l’Unione si affermi sul mercato globale e vi sia sviluppo socioeconomico nel mercato interno.
Mi rammarico tuttavia per il fatto che siano stati stanziati soltanto 300 milioni di euro per la creazione di un fondo a favore del settore della produzione lattiero-casearia. A mio parere, la grave crisi in cui tale settore ora versa giustificherebbe l’assegnazione di maggiori fondi, inizialmente 600 milioni di euro, per aiutare i produttori a superare le difficoltà con le quali devono attualmente confrontarsi. Ritengo pertanto che 300 milioni di euro siano inadeguati e spero che lo stanziamento di tale somma possa essere ancora sostanzialmente rivisto alla luce delle esigenze delle parti interessate da tale decisione.
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. – (PT) Per quanto concerne la posizione del parlamento, vorrei sottolineare i seguenti elementi: a) gli emendamenti per riassegnare i fondi presentati dalla Commissione e successivamente ritirati dal Consiglio; b) il piano europeo di ripresa, considerato prioritario dal parlamento, che deve preoccuparsi di mettere a disposizione risorse “fresche” per il suo finanziamento; c) le proposte intese a incrementare i fondi per la sicurezza energetica, la ricerca e lo sviluppo, il sostegno alle piccole e medie imprese, nonché l’apprendimento permanente; d) la creazione di un fondo per il settore del latte del valore di 300 milioni di euro, importo inadeguato, ma corrispondente al massimo possibile (credo che sia essenziale disporre di un meccanismo per regolamentare e mantenere in essere le quote latte); e) il finanziamento della banda larga per le comunità rurali attingendo dal margine disponibile nell’ambito della linea 2; f) il progetto di emendamento da noi presentato per potenziare e modificare il programma Erasmus affinché divenga anche uno strumento per creare opportunità di primo impiego per i giovani.
Spero che il bilancio totale con valori di pagamento dell’ordine di 127 miliardi di euro venga sfruttato appieno, visto che si accusa un ritardo nell’utilizzazione dei fondi pari a un esercizio.
João Ferreira (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Nel mezzo di una crisi economica e sociale con effetti drammatici sui posti di lavoro e le condizioni di vita della gente, il progetto di bilancio comunitario per il 2010 che oggi stiamo discutendo è decisamente insufficiente rispetto a quanto necessario e ancora una volta dimostra ciò che realmente significa “solidarietà europea”. Anziché rispondere alla crisi sociale, una quota consistente del bilancio viene accantonata per incrementare la spesa militare e sostenere i gruppi economici e finanziari, assecondando l’escalation delle tendenze militariste e neoliberali dell’Unione europea.
La proposta del parlamento, sebbene rappresenti un aumento rispetto al progetto di bilancio del Consiglio e della Commissione europea, è ancora inferiore rispetto a quanto preventivato per il 2010 nel quadro finanziario pluriennale 2007-2013 di circa 6 miliardi di euro, mentre l’ammontare complessivo, che dovrà essere deciso in dicembre, è ancora ignoto. Accogliamo nondimeno con favore l’approvazione della nostra proposta di creare una nuova linea di bilancio per azioni nel settore del tessile e della calzatura al fine di creare un programma comunitario per tale comparto. La proposta è volta ad affrontare la crisi che colpisce il settore derivante dall’aumento esponenziale delle importazioni da paesi terzi, soprattutto nelle regioni che dipendono maggiormente da tale attività.
Gunnar Hökmark (PPE), per iscritto. – (SV) Per quanto concerne il bilancio comunitario per il 2010, appoggiamo i principi fondamentali che lo ispirano e intendiamo ribadire la necessità che garantisca ai cittadini valore a fronte del denaro investito. Il quadro istituito con la prospettiva finanziaria va rispettato e pertanto accogliamo con favore il fatto che il bilancio resti decisamente nell’ambito di tale quadro. Vogliamo una riduzione drastica dell’assistenza agricola e regionale per contenere il bilancio totale e desideriamo che le nostre risorse condivise siano maggiormente destinate alla ricerca e allo sviluppo, alla crescita, alle infrastrutture e alla sicurezza.
Paulo Rangel (PPE), per iscritto. – (PT) Vorrei esordire esprimendo il mio rammarico per il fatto che il Consiglio abbia ridotto ulteriormente il progetto preliminare di bilancio della Commissione e, nonostante si sia partiti dal presupposto che i cittadini e il superamento della crisi economica rappresentino le priorità del bilancio 2010, la linea 1a – Competitività per la crescita e l’occupazione - non prevede un finanziamento adeguato. I tagli di bilancio operati dal Consiglio sottraggono fondi all’attuazione della strategia di Lisbona, il che contrasta con la necessità di affrontare l’odierna crisi economica.
Vorrei nondimeno manifestare apprezzamento per l’approvazione dell’emendamento presentato dagli eurodeputati socialdemocratici portoghesi, promessa formulata agli elettori portoghesi in campagna elettorale, poiché consente la creazione di un programma Erasmus per il primo impiego, uno strumento per promuovere l’occupazione giovanile e contribuire al superamento della crisi economica.
Da ultimo, non condivido i tagli operati dal Consiglio nell’ambito della linea 1b – Coesione per la crescita e l’occupazione, visto che viviamo un momento in cui i Fondi strutturali e di coesione sono importanti per incoraggiare la crescita e la ripresa economica, ma anche perché molte politiche rilevanti per combattere il cambiamento climatico e sostenere la crescita e l’occupazione sono finanziate attingendo da questa sottorubrica.
Daciana Octavia Sârbu (S&D), per iscritto. – (RO) Ho votato a favore della costituzione di un nuovo fondo per i prodotti lattiero-caseari, che fornirà sostegno ai produttori nell’impegno da loro profuso per superare la crisi del settore, nonostante sia dell’idea che tale sostegno avrebbe dovuto essere previsto molto prima. Mi rammarico per il fatto che non sia stato possibile votare per ottenere i 600 milioni di euro richiesti dalla relazione di iniziativa votata il 1° settembre dalla commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale, come il gruppo S&D avrebbe voluto. Se i produttori comunitari non potranno usufruire di maggiore sostegno da parte dell’Unione, la colpa è di una certa animosità da parte della destra europea.
Georgios Toussas (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) La proposta di bilancio comunitario per il 2010, assolutamente contraria agli interessi della base, rispecchia ogni elemento dei suoi obiettivi reazionari dimostrando nuovamente che l’Unione è un’associazione imperialista transnazionale al servizio del capitale. La crisi capitalista viene sfruttata per operare profonde ristrutturazioni capitaliste reazionarie a discapito delle classi lavoratrici, incrementando così i guadagni delle imprese monopoliste. Si finanziano programmi per rovesciare i rapporti di lavoro, calpestare i diritti sociali e dei lavoratori, promuovere forme di occupazione flessibile e sconvolgere i termini dei contratti collettivi.
Si rafforzano sistemi basati sull’insicurezza del lavoro, che taglieggiano i giovani con tirocini e apprendimento permanente anziché offrire loro posti di lavoro. Si rafforza altresì la concentrazione della terra, strappando gli agricoltori all’applicazione della PAC a beneficio del commercio e dell’industria alimentare. Si moltiplicano e si potenziano mezzi e meccanismi per perseguire e reprimere il movimento dei lavoratori come Frontex, Europol ed Eurojust, così come meccanismi e banche dati personali per imporre la politica imperialista dell’Unione, la politica estera e di sicurezza comune e le infrastrutture militari.
Il voto a favore del bilancio comunitario espresso dai partiti di centrodestra e centrosinistra al Parlamento europeo segna un attacco diretto alle classi lavoratrici. Noi abbiamo votato contro il bilancio dell’Unione perché serve gli interessi delle grandi aziende accrescendo ulteriormente le difficoltà dei nostri cittadini.
Robert Atkins (ECR), per iscritto. – (EN) I conservatori britannici continuano a credere in una migliore valorizzazione e una maggiore responsabilità all’interno del bilancio del Parlamento europeo.
Tuttavia, ancora una volta il parlamento ha cercato di gonfiare smisuratamente il bilancio, oltre i limiti fissati dal Consiglio dei ministri. I conservatori si sono pertanto espressi per un contenimento in molti ambiti di spesa dell’Unione.
Siamo sempre a favore dei settori in cui l’Unione aggiunge valore, come la ricerca nel campo delle nuove tecnologie, l’accesso alle informazioni per i cittadini europei, il Mediatore europeo e la Corte dei conti. Abbiamo invece votato contro molte altre linee di bilancio ingiustificate e inutili in un’epoca in cui tutti dovremmo dar prova di prudenza economica.
Specificamente abbiamo votato contro il finanziamento al Comitato delle regioni e abbiamo appoggiato i tentativi di eliminare alcune linee di bilancio in cui maggiormente si dissipa denaro, come avviene per le sovvenzioni al tabacco, nonché diverse altre linee concernenti sovvenzioni e regimi per l’agricoltura, oltre agli sprechi nell’amministrazione.
Martin Callanan (ECR), per iscritto. – (EN) Il gruppo ECR crede in una migliore valorizzazione e una maggiore responsabilità all’interno del bilancio del Parlamento europeo.
Tuttavia, ancora una volta il parlamento ha cercato di gonfiare smisuratamente il bilancio, oltre i limiti fissati dal Consiglio dei ministri. Il gruppo ECR si è pertanto espresso per un contenimento in molti ambiti di spesa dell’Unione.
Siamo sempre a favore dei settori in cui l’Unione aggiunge valore, come la ricerca nel campo delle nuove tecnologie, l’accesso alle informazioni per i cittadini europei, il Mediatore europeo e la Corte dei conti. Abbiamo invece votato contro molte altre linee di bilancio ingiustificate e inutili in un’epoca in cui tutti dovremmo dar prova di prudenza economica.
Specificamente abbiamo votato contro il finanziamento al Comitato delle regioni e abbiamo appoggiato i tentativi di eliminare alcune linee di bilancio in cui maggiormente si dissipa denaro concernenti sovvenzioni e regimi per l’agricoltura, oltre agli sprechi nell’amministrazione.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) Nell’odierno dibattito sul bilancio generale dell’Unione europea sono favorevole al fatto che si tenga conto delle specifiche condizioni della crisi che stiamo attualmente vivendo quando si discute dell’assegnazione dei fondi ai vari settore dell’economia europea.
Vorrei richiamare l’attenzione sulla necessità pressante di istituire un fondo per il settore della produzione lattiero-casearia, viste le difficili circostanze che i produttori devono affrontare, e spero che per tale settore si adottino misure di sostegno efficaci.
E’ essenziale destinare i fondi necessari in maniera che le piccole e medie imprese, tra le principali vittime della crisi, possano contare su un sostegno che consenta loro di superarla. L’aumento relativo al programma quadro per la competitività e l’innovazione consentirà di promuovere l’imprenditorialità e l’innovazione, elementi vitali affinché l’Unione affermi la propria posizione sul mercato globale e vi sia sviluppo socioeconomico nel mercato interno.
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. – (PT) Apprezzo il fatto che la politica di bilancio a base zero all’inizio di ogni legislatura, proposta da me presentata a nome del gruppo del Partito Popolare Europeo (Democratico Cristiano), sia stata adottata. Di conseguenza, il bilancio del parlamento rispecchierà le reali esigenze rafforzando la trasparenza, la disciplina di bilancio e l’efficienza. Sostegno inoltre la distinzione tra costi fissi e costi variabili, questi ultimi giustificati da un’analisi dei costi rispetto ai benefici. In ambiti quali la politica di comunicazione, tale analisi è importante per garantire risultati migliori e la gestione delle risorse.
Sottolineerei che questo progetto preliminare di bilancio non tiene conto dei requisiti derivanti dalla futura entrata in vigore del trattato di Lisbona, per cui probabilmente occorrerà predisporre un bilancio rettificativo. Vorrei inoltre ribadire che l’eccellenza nella regolamentazione dovrebbe rappresentare la massima priorità del parlamento. A tale scopo vanno pertanto previste le necessarie risorse. Ritengo infine che sia essenziale adottare una politica a lungo termine per quanto concerne le sedi, che dovrebbe tenere presenti i costi di manutenzione degli edifici.
Sylvie Guillaume (S&D), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della prima lettura del bilancio 2010, corrispondente a 127,5 miliardi di euro di pagamenti, sperando che la seconda lettura ci consenta di ottenere risultati più ambiziosi, soprattutto per ciò che riguarda le risorse destinate a un piano di ripresa commisurato alle sfide da raccogliere in termini di creazione di posti di lavoro, coesione sociale, cambiamento climatico e lotta alla povertà. Per me si è trattato soprattutto di difendere il sostegno al microcredito, aspetto prioritario per i socialisti, mettendo a disposizione risorse per l’economia sociale, pur mantenendo in essere il programma Progress nella sua interezza. Le risorse per tale bilancio sono di fatto limitate, soprattutto in ragione dei vincoli della prospettiva finanziaria di cui fa parte. Saranno necessari sforzi notevoli nella discussione della nuova prospettiva di bilancio.
Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. – (PT) Accolgo con favore il fatto che l’ammontare complessivo del bilancio del parlamento sia inferiore al limite autoimposto del 20 per cento delle spese di cui alla linea 5 (spese amministrative) del quadro finanziario pluriennale. In un anno di crisi è importante che il parlamento dia un’immagine di disciplina e controllo dei costi.
Il bilancio approvato non prevede gli adeguamenti che potrebbero rendersi necessari qualora il trattato di Lisbona dovesse entrare in vigore, specialmente per quanto riguarda la legislazione. In tale eventualità potrebbe occorrere un bilancio rettificativo. E’ importante osservare che la massima priorità del parlamento è il suo ruolo legislativo – a giudizio del gruppo del Partito Popolare Europeo (Democratico Cristiano) – per cui tale organo dovrebbe disporre delle risorse necessarie per svolgere un lavoro eccellente.
Quanto alla politica di informazione, apprezzo l’accordo raggiunto in merito al finanziamento dei partiti politici e delle fondazioni politiche a livello europeo, il che dovrebbe contribuire a migliorare la comunicazione con i cittadini coinvolgendoli maggiormente nella vita politica dell’Unione, oltre a richiedere un maggiore approfondimento dei cardini delle scelte di bilancio a lungo termine in tale ambito.
Ho votato a favore della relazione.
Paulo Rangel (PPE), per iscritto. – (PT) Vorrei esprimere apprezzamento per il fatto che l’ammontare complessivo del bilancio del parlamento sia inferiore al limite autoimposto del 20 per cento delle spese di cui alla linea 5 (spese amministrative) del quadro finanziario pluriennale. E’ tuttavia importante notare che l’entrata in vigore del trattato di Lisbona, con il conseguente ampliamento delle responsabilità del parlamento, comporterà la necessità di predisporre un bilancio rettificativo e renderà difficile rispettare il limite del 20 per cento delle spese amministrative. La massima priorità del parlamento dovrebbe essere l’eccellenza nella regolamentazione e affinché ciò divenga una realtà occorre creare le necessarie condizioni.
Vorrei altresì elogiare il lavoro svolto dal relatore ombra del gruppo del Partito Popolare Europeo (Democratico Cristiano), onorevole Fernandes, il quale è stato fondamentale per trasformare tale relazione in un documento di notevole importanza per il parlamento. Nell’ambito del lavoro da lui condotto, ricorderei la proposta, appena approvata, di attuare una politica di bilancio a base zero all’inizio di ogni legislazione, in maniera che il bilancio del parlamento rispecchi soltanto i costi reali, migliorando in tal modo trasparenza, disciplina di bilancio ed efficienza.
Carlos Coelho (PPE), per iscritto. – (PT) Dal 1998 il parlamento ha coerentemente continuato a respingere ogni iniziativa sottoposta alla sua attenzione quando è stato consultato in merito a questioni dettagliate concernenti Europol fintantoché tale organizzazione ha proseguito la propria attività in ambito intergovernativo, non soggetta ad alcun controllo né democratico né giuridico. Ora che è stata approvata la decisione che trasforma Europol in un’agenzia comunitaria finanziata dal bilancio comunitario, potenziando il ruolo di vigilanza del parlamento, non è più necessario mantenere tale linea di condotta.
Ho dunque votato a favore dell’iniziativa promossa dalla Repubblica ceca volta a risolvere una questione amministrativa, e segnatamente l’adeguamento delle retribuzioni di base e delle indennità applicabili al personale dell’organizzazione in maniera da allinearle all’aumento del costo della vita nei Paesi Bassi. Vorrei tuttavia rammentare che qualunque decisione in merito all’adeguamento delle retribuzioni dei dipendenti di Europol dovrà essere presa all’unanimità dal Consiglio.
Elisabeth Morin-Chartier (PPE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della proposta di decisione volta ad adeguare le retribuzioni di base e le indennità applicabili al personale di Europol. La relazione intende quindi adeguarne le retribuzioni all’aumento del costo della vita nei Paesi Bassi, nonché ai cambiamenti intervenuti a livello retributivo nella pubblica amministrazione degli Stati membri. Tale sostegno è stato tanto più necessario in quanto Europol è divenuta un’agenzia dell’Unione finanziata dal bilancio comunitario.
- Modifica del regolamento (CE) n. 1234/2007 (“regolamento OCM unica”)
Luís Paulo Alves (S&D), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore dell’inclusione del latte nell’articolo 186 per consentire alla Commissione di rispondere rapidamente in situazioni di crisi in quanto introduce uno strumento che è importante utilizzare. Tuttavia, l’uso di tale strumento non deve allontanare il parlamento da questo processo, soprattutto adesso che la codecisione si avvicina, ragion per cui è fondamentale che la Commissione sovrintenda a tali azioni.
Per ciò che riguarda l’adeguamento volontario del regime di prelievo aggiuntivo, e mi riferisco a quelle comunemente denominate “sanzioni”, il cui scopo è garantire fondi interni per ristrutturare il settore della produzione lattiero-casearia, ritengo che si tratti di una misura che porta a risposte nazionali, per quanto a mio parere sarebbe più appropriato adottare risposte europee a una crisi che coinvolge l’Europa nel suo complesso.
In conclusione, credo che, avendo lottato così duramente negli ultimi mesi affinché la Commissione proponesse misure, non siamo in condizioni di rifiutare alcun contributo, visto il momento estremamente difficile per i produttori di latte europei e le loro famiglie.
Richard Ashworth (ECR), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore di tali modifiche all’organizzazione comune dei mercati (OCM) unica perché credo che il pacchetto di 280 milioni di euro sia realistico e sarà accolto positivamente dal settore lattiero-caseario. Sono dunque persuaso che sarà necessario concedere maggiori poteri temporanei al comitato di gestione di cui all’articolo 186 per erogare tale sostegno. Ritengo nondimeno che la Commissione debba godere di tali poteri per un periodo massimo di due anni al fine di garantire la regolare erogazione del pacchetto.
Non posso invece condividere il sostegno al regime nazionale di riacquisto delle quote latte, anch’esso proposto dalla Commissione, in cui si intende riscuotere un prelievo supplementare dai produttori che superano le quote. Non dobbiamo penalizzare i produttori efficienti, che rappresentano il futuro del settore. Questo pacchetto è una misura a breve termine per fornire una soluzione a breve termine, ma per il futuro il comparto ha bisogno di una strategia chiara a lungo termine.
Anne Delvaux (PPE), per iscritto. – (FR) Per quanto concerne l’inclusione del latte nell’articolo 186 e il regime di riacquisto delle quote, sono lieta che l’attuazione di tale decisione non sia stata rinviata a data da destinarsi... esito che a un certo punto avremmo potuto temere da parte di alcuni perché l’anno del latte (che va dal 1° aprile al 31 marzo) è ormai iniziato da tempo! Sebbene sia favorevole alle misure ventilate, vorrei nondimeno che ci spingessimo oltre: queste misure infatti sono ben lungi dall’essere adeguate, specialmente se si considera il fatto che, per quanto riguarda il riacquisto delle quote, la palla è nuovamente nelle mani degli Stati membri e del finanziamento nazionale. Come se non bastasse, si tratta di misure a medio e lungo termine.
Vi è invece un urgente bisogno di misure comunitarie a breve termine, elemento fondamentale in merito al quale le aspettative nutrite sul campo sono notevolissime. Infine, nell’ambito dell’articolo 186, in futuro sarà necessario vigilare sul rinnovo annuale del meccanismo e concedere alla Commissione l’opportunità di rinnovare automaticamente la misura ogni anno, il che consentirà anche a parlamento e consiglio di esercitare maggiori pressioni sulla Commissione.
Edite Estrela (S&D), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della proposta per un regolamento “OCM unica” perché, vista la grave crisi in cui versa il settore del latte europeo, occorrono misure urgenti per ristabilire gli equilibri di mercato e garantire un reddito adeguato ai produttori, come si dichiara negli obiettivi della PAC ribaditi nel trattato di Lisbona.
João Ferreira (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Queste proposte sono un riconoscimento del fallimento della politica della Commissione per il settore lattiero-caseario. Sono vari i motivi per i quali abbiamo votato contro: 1) l’importo proposto dalla Commissione per stabilizzare il mercato del latte è palesemente insufficiente e sarà messo a disposizione soltanto nel 2010, per cui non sarà possibile affrontare in maniera adeguata una situazione evidentemente urgente, soprattutto nel caso dei produttori piccoli e medi; 2) l’inclusione del latte e dei prodotti lattiero-caseari nell’articolo 186, come si prefigura nella proposta, garantisce il potere della Commissione, assegnatole da parlamento e Consiglio, senza precisare le azioni che saranno sviluppate; 3) le misure proposte non modificano gli obiettivi dell’ultima riforma dell’organizzazione comune dei mercati (OCM) di completa liberalizzazione e smantellamento degli strumenti normativi del mercato, delle quote e dei diritti di produzione, orientamenti che sono alla base della crisi attuale; 4) i fondi approvati sono destinati soprattutto alla ristrutturazione del settore, il che per la Commissione significa migliaia di produttori che rinunciano all’attività, con tutte le conseguenze sociali e ambientali che ne derivano; 5) la proposta esacerberà gli squilibri esistenti nella distribuzione dei fondi tra produttori e paesi, il che non farà che peggiorare la situazione di innumerevoli produttori.
Sylvie Guillaume (S&D), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore delle nuove misure anticrisi sul prezzo del latte per sostenere i produttori che attualmente combattono per la loro professione in un contesto particolarmente difficile. Tali misure sono giunte tardivamente, anche se i produttori di latte denunciano i loro problemi dalla scorsa primavera. Il bilancio di 280 milioni di euro proposto dagli Stati membri è inadeguato. Dobbiamo dimostrare che siamo più ambiziosi e appoggiare un pacchetto di aiuti di 600 milioni di euro per consentire ai nostri produttori di riemergere dal baratro in cui sono sprofondati. Sono molto preoccupata per il futuro dell’intero comparto perché nulla viene fatto per liberare i produttori dalla morsa dei soli meccanismi di mercato, nonostante la Corte dei conti abbia annunciato la necessità di strumenti per gestire il mercato del latte, a rischio di compromettere la produzione di latte in molte zone vulnerabili e ignorare che soltanto attraverso i prodotti ad alto valore aggiunto l’Europa può posizionarsi sul mercato mondiale.
Alan Kelly (S&D), per iscritto. – (EN) In questo momento i produttori lattiero-caseari sono molto sotto pressione. In Irlanda, dove l’industria lattiero-casearia riveste un’importanza strategica, è certo che quasi tutti i produttori del settore hanno registrato una perdita nel 2009. La situazione non è sostenibile per uno dei comparti fondamentali dell’Europa. Ho votato l’odierno emendamento per dare prova di solidarietà alla comunità di produttori in un momento di crisi. Il mio unico rammarico è che non stiamo votando per concedere loro 600 milioni di euro anziché 300, come originariamente suggerito dall’Aula. Tuttavia, la votazione su tale aspetto è stata bloccata a livello di commissione dai partiti parlamentari del centrodestra. Trecento milioni di euro sono meglio di nulla, ma in futuro occorrerà un’azione più risoluta per sostenere il settore.
Kartika Tamara Liotard (GUE/NGL), per iscritto. – (EN) All’atto della votazione finale sul regolamento “OCM unica” (articolo 142) ho scelto l’astensione perché le misure proposte dalla Commissione a mio parere non sono ambiziose quanto dovrebbero.
La crisi del settore lattiero-caseario è un problema che richiede un intervento immediato ed è per questo che ho votato a favore della procedura di urgenza di cui all’articolo 142 per gli adeguamenti del regolamento “OCM unica”. Tuttavia, l’attuale proposta dalla Commissione è troppo debole e, a brevissimo tempo, gradirei che venissero formulate misure di sostegno adeguate, realmente in grado di combattere la crisi che sta colpendo il settore. Votare a favore dell’odierna proposta ci precluderebbe qualsiasi misura futura più efficace.
Astrid Lulling (PPE), per iscritto. – (DE) La crisi che affligge il settore lattiero-caseario ha portato molti produttori sull’orlo del fallimento. Dopo mesi di attesa di un miglioramento dei prezzi del latte, la Commissione europea ha finalmente adottato misure di emergenza per andare in soccorso dei produttori lattiero-caseari.
Gli aiuti alle scorte private di prodotti caseari saranno portati a 15 milioni di euro, il che andrà principalmente a vantaggio degli italiani.
Inoltre, il periodo di intervento per il latte in polvere e il burro sarà prorogato e le restituzioni all’esportazione saranno incrementate, misure che a medio termine dovrebbero stabilizzare i prezzi del latte.
Il Fondo per il latte, pari a 280 milioni di euro, sarà distribuito agli Stati membri per finanziare le misure di assistenza nazionali. Tutto questo, però, è poco più di una goccia nell’oceano.
La Commissione propone agli Stati membri un regime volontario di riacquisto delle quote per indurre i produttori di latte a rinunciare parzialmente o definitivamente all’attività e chi produce troppo sarà soggetto a un prelievo supplementare, misure che comportano un costo nazionale elevato perché in un’epoca di crisi economica generalizzata non vi sono margini nei bilanci nazionali, per cui non nutro molte speranze in proposito.
La misura più tangibile nel pacchetto anticrisi è l’inclusione del latte nel articolo 186 del regolamento (CE) n. 1234/2007, in maniera che la Commissione possa adottare rapidamente misure per combattere la crisi. A mio parere, però, è opinabile il fatto di limitare temporalmente la misura. Con questa riserva, ho votato a favore della posizione del parlamento.
Willy Meyer (GUE/NGL), per iscritto. – (ES) Ho votato contro la risoluzione sul settore lattiero-caseario perché ritengo che la proposta della Commissione di stanziare 280 milioni di euro per il settore sia troppo tardiva per poter essere attuata quest’anno e, in ogni caso, l’intervento non risulterebbe sufficiente. Per questo ho espresso sostegno alla proposta di destinare al comparto 600 milioni di euro. D’altro canto, l’inserimento del latte e dei suoi derivati nell’articolo 186 concede alcuni poteri al comitato istituito dal Parlamento europeo e dal Consiglio, sebbene non si siano precisate le azioni da intraprendere nel concreto. Nondimeno, le misure adottate non modificano lo scopo dell’ultima riforma della PAC, segnatamente la completa liberalizzazione del mercato lattiero-caseario, che il nostro gruppo rifiuta. Tali misure favoriscono l’industria agroalimentare e le catene della grande distribuzione a discapito dei produttori piccoli e medi, contribuendo alla concentrazione della produzione e all’incremento dei guadagni dell’industria, prosperata negli ultimi anni grazie a un calo dei prezzi corrisposti ai produttori di latte e un aumento del prezzo finale pagato dai consumatori.
Elisabeth Morin-Chartier (PPE), per iscritto. – (FR) Ho appoggiato la creazione di un Fondo per il latte allo scopo di aiutare il settore in questo momento di crisi e prestare specificamente assistenza ai produttori che devono confrontarsi con i problemi più urgenti. Ho in particolare votato a favore dell’emendamento in cui si richiedono 20 milioni di euro in più rispetto all’importo preannunciati dalla Commissione europea, portandolo a 300 milioni di euro. Si tratta di un emendamento concernente il regolamento “OCM unica” che espressamente consente alla Commissione europea di adottare misure di emergenza di propria iniziativa in caso di grave turbativa del mercato del latte, come accade ormai da diversi mesi. Questo bilancio è palesemente insufficiente per consentire a tutti i produttori di superare la difficile situazione in cui versano. Tuttavia, vista l’attuale esiguità dei margini di bilancio, sarebbe stato ahimè irresponsabile chiedere di più. Inoltre, chiedendo di più avremmo corso anche il rischio di non ottenere nulla. Vorrei ribadire che stiamo solo gettando le fondamenta. Il dibattito in merito alla struttura normativa che dovrà essere introdotta dopo il 2013 proseguirà e in proposito il Parlamento europeo conferma il suo impegno per giungere a un quadro responsabile ed efficace per i mercati agricoli, sostenuto anche dal trattato di Lisbona che ci fornirà nuove armi in questa lotta.
Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. – (PT) Nel corso della plenaria di Strasburgo il parlamento ha adottato relazioni contenenti tre misure specifiche (280 milioni di euro di aiuti diretti ai produttori, una regola temporanea per il calcolo del riacquisto delle quote e l’inclusione del latte nell’OCM di cui all’articolo 186 (misure di emergenza)). Ritengo che tali misure, pur importanti, rappresentino interventi una tantum inadeguati rispetto a un problema che ormai ha assunto proporzioni strutturali notevolissime. Il settore ha bisogno di meccanismi di gestione utili ed efficaci in maniera da poter intervenire sul mercato allorquando necessario, a differenza dell’approccio raccomandato dalla Commissione europea che appoggia la liberalizzazione e la deregolamentazione.
La crisi del settore della produzione lattiero-casearia ha chiaramente dimostrato che l’OCM per il latte richiede ancora strumenti, specialmente il meccanismo delle quote, per poter affrontare gli squilibri del mercato.
Il pacchetto, che deve ancora essere approvato dal Consiglio Ecofin il 19 novembre, ammonta a 280 milioni di euro e sarà messo a disposizione degli Stati membri sotto forma di stanziamento finanziario basato sulla produzione e su quote annue. Secondo i calcoli, il Portogallo beneficerà di uno stanziamento finanziario di 6-7 milioni di euro per combattere il crollo dei prezzi alla produzione, che è superiore al 50 per cento rispetto ai prezzi del 2007-2008 …
(La dichiarazione di voto viene interrotta ai sensi all’articolo 170 del regolamento)
Georgios Toussas (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) Le misure della Commissione e dei governi per combattere la crisi del settore dell’allevamento di bestiame da latte rispecchiano perfettamente i principi più generali della PAC, assolutamente contraria alla base, e, aspetto più importante, la decisione presa dall’Unione europea ai fini della totale liberalizzazione del mercato lattiero-caseario. La questione più preoccupante è che le linee proposte vengono utilizzate per accelerare le ristrutturazioni al fine di incrementare i guadagni dell’industria alimentare, rafforzando in tal modo i gruppi del settore lattiero-caseario a spese degli allevatori di bestiame. Le misure non affrontano i gravi problemi contro i quali i titolari di aziende lattiero-casearie di piccole e medie dimensioni sono scesi in piazza, segnatamente i costi di produzione elevati e i prezzi derisori corrisposti ai produttori.
Soprattutto, però, esse non affrontano i gravi problemi che tutti gli allevatori incontrano nell’allevamento di bestiame da latte, nella produzione di carne e nell’allevamento di ovini. Industriali e commercianti raddoppiano gli utili grazie sia ai prezzi derisori pagati ai produttori sia ai prezzi, in aumento esponenziale, corrisposti dai lavoratori per questi alimenti di base. Abbiamo votato contro la proposta perché il suo obiettivo è concentrare ulteriormente la produzione nel settore. La soluzione per i titolari di aziende di piccole e medie dimensioni consiste nel combattere contro la politica tesa unicamente ad assecondare il monopolio promossa dall’Unione europea per un diverso tipo di sviluppo che liberi gli allevatori di bestiame dal giogo dello sfruttamento, garantendo loro un reddito e un futuro, oltre che rispondendo in generale alle esigenze nutrizionali della gente e migliorandone il benessere.
Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. – (FR) Signor Presidente, onorevoli colleghi, il fatto che le frontiere interne dell’Unione europea siano state abolite senza rafforzare nel contempo, se non addirittura prima, i controlli alle frontiere esterne e né aver reso operativi gli strumenti di sicurezza originariamente previsti, per quanto minimi, costituisce un problema reale. Soggetti come siamo al principio della realtà, non ci opporremo a tale risoluzione, in cui si esprime preoccupazione in merito ai ritardi accusati dai nuovi sistemi per lo scambio di informazioni in materia penale e di visti. Tutto questo, però, è un falso problema: il vero problema è lo stesso Schengen, il suo pseudo-acquis ora incorporato nei trattati e le politiche condotte da Bruxelles in materia di visti, immigrazione e circolazione di persone…
Oggi l’Europa è invasa da immigrati regolari e clandestini, e la criminalità, sempre più violenta, dilaga perché le nazioni sono state private del diritto di controllare le proprie frontiere. Schengen ha incoraggiato un boom della criminalità transfrontaliera e dei flussi illegali di persone e prodotti, anch’essi talvolta legali, talvolta no, senza alcun vantaggio reale per gli europei. Pertanto, fintantoché tali sistemi non diventeranno operativi, perlomeno invochiamo la clausola di salvaguardia e ripristiniamo i controlli!
Joanna Senyszyn (S&D), per iscritto. – (PL) Sono totalmente a favore della risoluzione sullo stato di avanzamento dei sistemi SIS II e VIS. Lo sviluppo di SIS II accusa ritardi e numerosi ostacoli tecnici hanno posticipato l’ingresso di nuovi paesi nel sistema Schengen. Ciò richiede una costante vigilanza da parte del Parlamento europeo, chiamato a verificare lo stato di avanzamento di SIS II e VIS.
SIS II è un progetto politico fondamentale per l’intera Unione. La sua tanto attesa attuazione e il suo corretto funzionamento sono essenziali per l’ulteriore ampliamento dello spazio Schengen e la conseguente libera circolazione delle persone all’interno dell’Unione da parte dei prossimi cittadini che avranno il diritto di farlo (vale a dire quelli bulgari, rumeni, ciprioti e del Liechtenstein). SIS II è inoltre un elemento chiave per combattere la criminalità e l’immigrazione clandestina. Grazie all’adesione della Polonia allo spazio Schengen, le guardie di frontiera polacche sono riuscite a fermare il 50 per cento in più di immigrati clandestini nel primo semestre del 2008 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (secondo una relazione del 2008 del ministro degli Interni e dell’amministrazione).
Oltre 350 ricercati nel quadro del mandato di arresto europeo sono stati arrestati in territorio polacco e circa 600 ricercati dal sistema giudiziario polacco sono stati fermati all’estero. Il database dei minori scomparsi, non incluso nel sistema SIS I e previsto nel sistema SIS II, è particolarmente importante. La nostra affidabilità agli occhi dei cittadini dipende da progetti rilevanti come questi. Un’Europa unita non può permettersi ulteriori ritardi o negligenze.
João Ferreira (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) L’adozione dell’odierna risoluzione non può non sollecitare un paio di osservazioni sulle sue finalità e i suoi contenuti. Innanzi tutto, l’Unione europea, anziché pretendere di essere un campione di democrazia, il che non è, e formulare “raccomandazioni pratiche” ad altri paesi, dovrebbe prima preoccuparsi della situazione della democrazia al suo interno. Il processo di ratificazione del trattato di Lisbona è un esempio recente, tra vari altri possibili, di come il cosiddetto “progetto europeo” contrasti con la partecipazione democratica dei cittadini europei, nonché con i loro interessi, desideri e aspirazioni, mettendoli sotto pressione, ricattandoli e ignorandone le decisioni per quel che riguarda l’orientamento che intendono imprimere al loro futuro collettivo. In secondo luogo, in termini di relazioni esterne, anziché promuovere la ripresa della corsa agli armamenti e la militarizzazione dei rapporti internazionali, i paesi dell’Unione dovrebbero contribuire alla democrazia incoraggiando una vera politica di pace e cooperazione internazionale basata sul rispetto della sovranità di ogni paese e il principio della non ingerenza, oltre al rispetto del diritto internazionale e della Carta delle Nazioni Unite. Siamo purtroppo molto lontani dall’offrire un siffatto apporto. Un’Unione europea con un deficit democratico sempre più grave non può dare l’esempio e tanto meno contribuire a “consolidare” la democrazia nel mondo, da cui il nostro voto contrario.
Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. – (FR) Questa risoluzione illustra, come di consueto, le cosiddette buone intenzioni dell’Aula in materia di diritti umani: pare che il ruolo dell’Unione europea sia illuminare l’umanità nel suo complesso in merito alle sue nozioni di democrazia, finanziare gli sviluppi democratici in tutti i paesi e così via. Come può dunque essere credibile questa Unione che applica così poco, per non dire affatto, le clausole di salvaguardia, che nondimeno esistono al riguardo in tutti i suoi accordi commerciali esterni, questa Unione che continua a commerciare e finanziare qualunque cosa accada?
Come può essere credibile, visto il modo in cui agisce persino in Europa, imponendo alle nazioni una Costituzione europea, ribattezzata trattato di Lisbona, mentre alcuni hanno chiaramente affermato di non volerla? Come possono gli onorevoli colleghi della sinistra di questo parlamento essere credibili dopo la deplorevole farsa di ieri sull’Italia, dove si è data prova di un inaudito settarismo e una faziosità senza precedenti?
Edite Estrela (S&D), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della relazione Brok sugli aspetti istituzionali della creazione del Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE), che avrà un peso notevole se vogliamo rendere più coerenti ed efficaci le relazioni esterne dell’Unione. E’ importante garantire che la creazione del SEAE, a seguito delle innovazioni introdotte dal trattato di Lisbona, renda possibile preservare e sviluppare ulteriormente il modello comunitario nelle relazioni esterne dell’Unione e mantenere il suo equilibrio interistituzionale.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) La creazione del Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE) è il naturale corollario del processo attraverso il quale l’Unione europea sta acquisendo sempre più competenze esterne e potrebbe diventare un importante strumento di coordinamento consentendole di affermare esternamente la propria posizione se fosse in grado di resistere alle pressioni esercitate dalle direzioni e basare maggiormente la propria azione sulla collaborazione con le rappresentanze diplomatiche degli Stati membri anziché competere con esse.
Mi rammarico per il fatto che in sede di commissione per gli affari esterni non sia stato possibile ottenere sostegno per un emendamento da me presentato nel quale si chiedeva che si considerassero le lingue europee di comunicazione universale all’atto della definizione delle future disposizioni linguistiche interne del SEAE.
Ciò è tanto più chiaro in quanto la priorità del SEAE dovrebbe essere quella di costruire ponti, contatti e legami con il resto del mondo, ragion per cui dovrebbe adottare, come strumenti di lavoro privilegiati, le lingue più idonee a costruirli direttamente. E’ dunque incomprensibile il motivo per il quale, valutando la questione, il parlamento decida di ignorare la dimensione esterna del multilinguismo e la natura strategica di tali lingue, riconosciuta non soltanto dallo stesso parlamento, ma anche dalla Commissione europea.
Sylvie Guillaume (S&D), per iscritto. – (FR) Ho avallato il parere del Parlamento europeo sulla struttura del futuro servizio diplomatico dell’Unione europea. Spero che il Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE) sia improntato a un approccio comunitario e possa consentire all’Unione di esercitare efficacemente e democraticamente la propria influenza diplomatica. Per le questioni amministrative e di bilancio, il SEAE deve far capo alla Commissione, della quale deve peraltro fare ufficialmente parte. Spero inoltre che il nuovo commissario per lo sviluppo sia capace di mantenere la totale autonomia e salvaguardare le sue prerogative rispetto a tale servizio, contrariamente all’idea che potrebbe concentrare i poteri in settori correlati all’azione esterna dell’Unione europea, tra cui politica comunitaria in materia di scambi e ampliamento dell’Unione. E’ importante che il Consiglio, che nella riunione del 29-30 ottobre 2009 è chiamato a delineare gli orientamenti del nuovo organismo, dia ascolto alla voce del parlamento.
Willy Meyer (GUE/NGL), per iscritto. – (ES) Ho votato contro la relazione Brok sul Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE) perché lo considero l’esempio più eloquente di militarizzazione dell’Unione europea. Il servizio, che dovrà essere avviato dopo l’adozione del trattato di Lisbona, copre tutti gli aspetti della politica di sicurezza e difesa dell’Unione europea. Secondo la relazione, il SEAE e l’Alto rappresentante (e vicepresidente della Commissione europea) assumeranno il ruolo di rappresentanti esterni dell’Unione supportati da una rete di 5 000 funzionari civili senza essere soggetti ad alcun tipo di controllo parlamentare. L’Alto rappresentante sarà incaricato della gestione civile e militare delle crisi e sarà responsabile dei diritti umani, senza tuttavia dover rispondere agli Stati membri. Inoltre, il SEAE sarà istituito mediante decisione del Consiglio, su approvazione della Commissione. Il parlamento sarà unicamente consultato, il che rispecchia la natura antidemocratica del sistema. Penso dunque che il Servizio europeo per l’azione esterna non rientri nello spirito del progetto europeo che il nostro gruppo intende difendere, segnatamente un’Europa creata per i cittadini e da essi, anziché l’Europa attualmente costruita su un modello economico basato sul non intervento in economia.
Georgios Toussas (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) Il Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE) istituito dall’Unione europea nel quadro del trattato di Lisbona è un meccanismo per promuovere una maggiore aggressione imperialista e la strategia dell’Unione contro la base. La precipitazione con la quale i rappresentanti politici del capitale all’interno del Parlamento europeo, e mi riferisco a conservatori, socialdemocratici, liberali e verdi, hanno votato a favore del SEAE conferma il loro attaccamento alle politiche economiche e alle opzioni militari del capitale euro-unificatore:
• rappresentanza indipendente dell’Unione presso tutte le organizzazioni internazionali, prescindendo dai suoi Stati membri, come disposto nel trattato di Lisbona;
• istituzione del SEAE quale servizio autonomo dell’Unione dotato di poteri civili e militati, basato sugli orientamenti assunti nell’ambito della PESC e della PESD con l’ausilio di funzionari civili e militari dell’Unione agli ordini dell’Alto rappresentante;
• l’uso del SEAE come strumento per promuovere la politica imperialista dell’Unione con proprie ambasciate e azione diplomatica indipendente dagli Stati membri. A questi sviluppi si è aperta la via nel trattato di Maastricht, che ha fondato la PESC e la PESD dell’Unione contrassegnando un’escalation della sua aggressione militare e militarizzazione.
Il partito comunista greco ha votato contro la relazione, che rivela ogni aspetto del trattato di Lisbona e i pericoli che la sua applicazione cela per i cittadini europei che stanno combattendo con l’Unione europea, questa unione transnazionale del capitale, con la sua politica contro la base.
Françoise Castex (S&D), per iscritto. – (FR) Non ho partecipato a questa votazione perché rifiuto l’idea di rafforzare nuovamente le nostre relazioni economiche con gli Stati Uniti. Il partenariato UE-USA non è il più importante per l’Europa e non è ciò di cui ha bisogno il round di Doha: l’Unione europea deve diversificare la scelta dei partner se intende mantenere il più possibile l’indipendenza. Per farlo, deve incrementare il numero di accordi con i paesi in via di sviluppo. Anziché americanizzare gli standard europei, occorre introdurre prioritariamente un modello di sviluppo multipolare in cui l’Europa alla fine trovi la sua giusta collocazione e il suo pieno significato.
Carlos Coelho (PPE), per iscritto. – (PT) Le relazioni UE-USA sicuramente rappresentano il partenariato strategico più importante dell’Unione. Abbiamo la responsabilità condivisa di promuovere valori comuni, come il rispetto per i diritti umani, la democrazia, la stabilità e la pace, ma anche quella di trovare soluzioni migliori ai vari pericoli e sfide globali, come nel caso, per esempio, della crisi economica e finanziaria, del cambiamento climatico, della proliferazione nucleare, della lotta alla criminalità organizzata e al terrorismo o dello sradicamento della povertà.
Per quanto concerne la cooperazione nel campo giudiziario, delle attività di polizia e della sicurezza interna ed esterna, vorrei sottolineare che, per garantire successo ai futuri negoziati, è fondamentale che le misure di sicurezza non violino le libertà civili e i diritti fondamentali, per non parlare della necessità di rispettare la privacy e la protezione dei dati.
Ribadisco ancora una volta che i dati personali europei dovrebbero essere trasferiti a paesi terzi soltanto nel rispetto di due principi fondamentali: necessità e proporzionalità. Occorre inoltre garantire la piena osservanza della legislazione nazionale ed europea, fornendo peraltro adeguate garanzie procedurali.
Edite Estrela (S&D), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore di questa proposta di risoluzione comune sull’imminente vertice UE-USA e la riunione del consiglio economico transatlantico (CET) perché pone l’accento sulla necessità di rafforzare le relazioni transatlantiche in un momento in cui importanti sfide internazionali richiedono una risposta globale coordinata. Vorrei inoltre sottolineare il ruolo del CET nel promuovere e garantire una risposta coordinata alla crisi finanziaria globale, oltre all’importanza delle relazioni transatlantiche per raggiungere un accordo internazionale in sede di COP 15 a Copenaghen, che comprende un adeguato pacchetto finanziario per aiutare i paesi in via di sviluppo a combattere il cambiamento climatico in termini sia di misure di mitigazione sia di misure di adattamento.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) Vista l’importanza strategica degli Stati Uniti per l’Unione europea e viceversa, in occasione del prossimo vertice il partenariato transatlantico dovrebbe essere rafforzato in maniera da consolidare la capacità di agire per raccogliere le sfide con le quali ci stiamo confrontando, dall’attuale grave crisi socioeconomica a temi quali disarmo, lotta al terrorismo, cambiamento climatico, rispetto dei diritti umanitari, eccetera.
L’azione coordinata tra Stati Uniti e Unione europea è anche fondamentale per giungere a uno stadio più maturo delle relazioni economiche e commerciali tra le due parti che sfoci nella creazione di un mercato transatlantico de facto entro il 2015 con meno burocrazia e, di conseguenza, un ambiente più stabile e interessante per le aziende su ambedue i mercati, in grado di offrire loro costi di gestione inferiori.
Inoltre, se gli Stati Uniti non dovessero adottare misure equivalenti, specialmente in termini di regolamentazione finanziaria, l’Unione europea subirà uno svantaggio competitivo, che sarà estremamente nocivo per l’economia europea.
Ribadisco pertanto la necessità di tutelare gli interessi comunitari mediante una politica coerente e coordinata tra l’Unione europea e gli Stati Uniti in vari ambiti di comune interesse.
Willy Meyer (GUE/NGL), per iscritto. – (ES) Ho votato contro la risoluzione sull’imminente vertice transatlantico tra Stati Uniti e Unione europea perché, nonostante le grandi speranze suscitate dal suo arrivo alla Casa Bianca e la sua storica elezione in un paese in cui le minoranze etniche ancora subiscono discriminazioni, il presidente Obama sinora ha compiuto soltanto gesti simbolici. L’attuale presidente degli Stati Uniti condivide il medesimo modello economico di non intervento nelle questioni economiche della precedente amministrazione americana, ha proseguito la stessa politica militare del suo predecessore (inviando altre truppe in Afghanistan e creando nuove basi militari in Colombia), ma non ha proceduto alla chiusura del campo di Guantánamo né ha revocato l’embargo su Cuba, come neanche ha esercitato alcuna pressione su Israele o sul Marocco affinché rispettino il diritto internazionale. A oggi, gli Stati Uniti continuano a infliggere la pena capitale in 38 Stati federali e il paese deve ancora ratificare il trattato di Ottawa sul controllo del commercio delle armi e il protocollo di Kyoto. Per questi motivi ho votato contro la risoluzione.
Elisabeth Morin-Chartier (PPE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della risoluzione perché attribuisco grande importanza al vertice UE-USA che si terrà all’inizio del novembre 2009. Durante il recente incontro del G20 sono state formulate molte promesse che sarà difficile mantenere se gli Stati agiscono di propria iniziativa. In proposito, l’Unione europea e gli Stati Uniti dovrebbero assumere un ruolo di guida nell’assolvimento degli impegni assunti dal G20, ragion per cui ci occorre un coordinamento più efficace tra le misure intraprese dagli Stati Uniti e quelle adottate dall’Unione. Per questo incoraggio le riunioni congiunte tra europei e americani e, più specificamente, le discussioni a livello di consiglio economico transatlantico (CET).
10. Correzioni e intenzioni di voto: vedasi processo verbale
(La seduta, sospesa alle 13.25, riprende alle 15.00)
11. Approvazione del processo verbale della seduta precedente: vedasi processo verbale
Presidente. – L’ordine del giorno reca la discussione su sei proposte di risoluzione concernenti la Guinea.
Véronique De Keyser, autore. – (FR) Signor Presidente, ritengo che il livello di interesse per la questione sia di gran lunga superiore a quello che dimostrerebbe la presenza numerica in Aula questo pomeriggio, fatto del quale non posso non dolermi nuovamente per il mio gruppo e gli altri.
Signor Presidente, la Guinea Conakry ha bisogno del sostegno della comunità internazionale. A seguito del decesso del presidente Conté, è salita al potere una giunta militare che, pur criticata dalla comunità internazionale, è stata sostenuta all’interno del paese in quanto ha promesso una rapida transizione a un regime civile con libere elezioni. Il capitano Camara, a capo della giunta, si è formalmente impegnato a non presentarsi alle elezioni presidenziali, ma dopo una gestione disastrosa del paese – nessun bilancio, nessuna gara di appalto pubblica, nessun servizio di base per la popolazione – ci ha preso gusto a governare ed è talmente affezionato alla poltrona da essersi candidato. La sua campagna elettorale può fare affidamento su tutte le risorse economiche, mediatiche e organizzative del paese. Di fronte a questa palese violazione degli impegni formalmente assunti dalla giunta, l’opposizione ha organizzato una dimostrazione, brutalmente repressa dalla guardia presidenziale con un bilancio di 150 morti e più di 1 000 feriti. Molte donne sono state stuprate e sventrate.
La reazione del parlamento e, spero, dell’Unione tutta dovrà essere chiara. Chiediamo la sospensione dell’accordo di pesca con l’Unione. Chiediamo che l’Unione africana commini sanzioni alla giunta militare e organizzi un dialogo con una commissione di riconciliazione. Chiediamo che si insedi un governo transitorio per predisporre le elezioni presidenziali e legislative, con la giunta definitivamente delegittimata dalla comunità internazionale.
Spero inoltre che tali risposte, commisurate alla tragedia che si è consumata, possano costituire un precedente e in altri casi di flagrante violazione dei diritti umani l’Unione europea abbia il coraggio di agire con la medesima inflessibile prontezza.
Renate Weber, autore. – (EN) Signor Presidente, approfondendo la situazione della Guinea e apprendendo delle atrocità che vi sono state perpetrate negli ultimi mesi, la prima domande legittima da porsi è perché la copertura dei mezzi di comunicazione sia stata così scarsa. Sono state scritte qua e là soltanto poche righe come se non vi fossero state centinaia di vittime e non fossero stati commessi terribili atti di tortura ed esecrabili stupri allo scopo di annientare la dignità umana.
E’ vero che varie istituzioni internazionali hanno condannato la giunta militare salita al potere dopo un colpo di stato, ma ritengo che molto di più avrebbe dovuto essere fatto per sensibilizzare i normali cittadini, compresi quelli europei. Per questo sono lieta che perlomeno il Parlamento europeo, parlando a nome dei nostri elettori, abbia una reazione appropriata e la risoluzione sulla quale oggi voteremo la esprime adeguatamente.
Credo tuttavia che della massima importanza sia non soltanto criticare e condannare l’attuale regime, ma anche precludere ogni possibilità che fondi europei destinati ad aiutare i guineani vengano impiegati in maniera impropria.
Cristian Dan Preda, autore. – (RO) Signor Presidente, il 28 settembre è una data importante per il popolo della Guinea perché è il giorno in cui si è tenuto il referendum sull’indipendenza. Da quest’anno, però, il 28 settembre sarà una data che ricorderà il massacro degli oppositori del governo insediatosi con la violenza a Conakry.
Mantenere questa giunta militare al potere non è un’alternativa accettabile. Durante tutto questo tempo, infatti, il capitano Camara, che ha assunto la guida, ha promesso che sarebbe uscito di scena e non si sarebbe presentato come candidato alle elezioni. Ora la data per tener fede alla promessa fatta è scaduta e presto scadrà anche l’ultimatum dell’Unione africana.
E’ evidente che adesso, una volta conquistato il potere, i militari mentono, per cui non è possibile farvi affidamento. Occorre dunque un governo democratico designato a seguito di libere elezioni e la comunità deve esercitare pressioni in tal senso.
Marie-Christine Vergiat, autore. – (FR) Signor Presidente, onorevoli colleghi, sono già intervenuta nella discussione durante la minisessione di Bruxelles, due settimane fa, per cui non mi ripeterò.
I colleghi si sono già soffermati su vari aspetti. Dal canto mio vorrei esprimere compiacimento per il fatto che tutti i gruppi politici parlamentari oggi possano rispondere uniti all’appello lanciato dalla società civile guineana condannando gli atti compiuti dalla giunta militare, al potere da dicembre, per reprimere la dimostrazione pacifica organizzata per celebrare l’indipendenza della Guinea.
La società civile guineana ci chiede di venirle in aiuto e sarebbe di fatto assolutamente inaccettabile che l’Unione europea svincoli fondi nell’ambito dell’accordo di pesca che, come sappiamo perfettamente, finiranno diritti nelle tasche della giunta militare al potere e non verranno usati per aiutare i pescatori locali, secondo l’intenzione dei testi.
Il regime guineano oggi è il regime più corrotto al mondo. Non sono io a dirlo, bensì gli organismi incaricati di monitorare la situazione.
Spero pertanto sinceramente che insieme saremo capaci di votare per la risoluzione comune nella sua interezza, compreso il paragrafo che esorta a sospendere l’accordo di pesca, e confido al riguardo nel sostegno di Consiglio e Commissione.
Adam Bielan, relatore. – (PL) Signor Presidente, quando, alla fine dello scorso anno, il capitano Camara era alla testa della giunta militare che ha assunto il potere in Guinea dopo la morte del presidente Conté, la comunità internazionale – ahimè – ha ingenuamente creduto che il capitano avrebbe organizzato elezioni presidenziali libere e democratiche alle quali non si sarebbe presentato. Adesso sappiamo che quando il 28 settembre più di 50 000 sostenitori dell’opposizione si sono riuniti nello stadio nazionale per protestare contro il voltafaccia del capitano Camara per le promesse da lui disattese, egli ha reagito scagliando la propria guardia contro di loro con un bilancio di 150 morti e più di 1 200 feriti, oltre ai tanti casi di stupro.
Mi compiaccio per il fatto che Javier Solana, l’Alto rappresentante dell’Unione europea per la politica estera e di sicurezza, abbia reagito con estrema tempestività e vorrei ringraziare il governo francese per aver sospeso la cooperazione militare con la Guinea. Sono tuttavia trascorse tre settimane dal massacro e tali azioni non hanno dato alcun frutto. Per questo credo che l’Unione europea debba concentrarsi sulla necessità di esercitare maggiori pressioni sulla Guinea, unitamente alle Nazioni Unite e all’Unione africana, applicando le sanzioni più severe possibili. Soltanto allora potremo parlare della resa del potere da parte del capitano Camara.
Isabella Lövin, autore. – (SV) Signor Presidente, accolgo con favore la decisione annunciata dal commissario per la pesca Borg un paio di giorni fa, ossia che la Commissione sta ritirando la proposta di un accordo di pesca con la Guinea. La Commissione per la pesca ha già votato contro tale accordo. Lo abbiamo fatto due giorni dopo il massacro di Conakry, quando più di 150 persone sono state uccise da truppe del governo controllate dal capitano Camara.
Spero che questo rappresenti il primo passo verso una revisione da parte dell’Unione della sua politica commerciale con i paesi in via di sviluppo. Su di noi ricade una grande responsabilità, essendo uno degli attori più grandi e importanti del mondo nel campo del commercio e anche dello sviluppo. Vi deve essere coerenza tra i nostri scambi commerciali e i nostri rapporti con regimi del genere. Negli anni abbiamo cercato di migliorare l’accordo di pesca affermando che parte del denaro dell’accordo avrebbe dovuto sostenere la pesca locale. Le valutazioni della Commissione hanno tuttavia dimostrato che il denaro non viene effettivamente usato per lo scopo dichiarato nell’accordo poiché invece serve per sostenere direttamente il regime. L’Unione europea deve sospendere l’erogazione di tale sostegno.
Filip Kaczmarek, a nome del gruppo PPE. – (PL) Signor Presidente, abbiamo già parlato della Guinea due settimane fa. Nondimeno, la situazione nel paese merita costante attenzione da parte nostra, oltre che una risposta. Lunedì di questa settimana la commissione per lo sviluppo ha ascoltato quanto riferito da un testimone oculare in merito agli avvenimenti del 28 settembre per il tramite dell’ex primo ministro e capo del partito UFDG di opposizione Diallo.
E’ mia opinione che esortare la giunta a rispettare la libertà di espressione, la libertà di riunione o i diritti umani in generale non sia sufficiente. Se la giunta rispettasse tali principi, tali valori, non sarebbe una giunta, per cui non possiamo aspettarci che dia ascolto ai nostri appelli. Un uomo di azione, come lo è sicuramente il capitano Camara, sarà fermato soltanto dall’azione, non dalle parole. Per questo mi rivolgo alla Commissione europea affinché agisca.
Patrice Tirolien, a nome del gruppo S&D. – (FR) Signor Presidente, onorevoli colleghi, la Guinea è attualmente scossa da tragici eventi che hanno sconvolto il pubblico internazionale calpestando la legge.
Il 28 settembre 2009, infatti, la giunta militare guidata dal capitano Camara ha represso con un bagno di sangue una dimostrazione pacifica che vedeva riuniti tutti i partiti dell’opposizione.
Orbene, gli accordi di Cotonou basano le relazioni tra l’Unione europea e i partner ACP sul rispetto dei diritti umani e dei principi democratici, ragion per cui la decisione unilaterale del capitano Camara di rinviare le elezioni e rifiutarsi di porre la questione della sua candidatura alla presidenza guineana rappresentano una grave inadempienza rispetto all’impegno assunto di organizzare elezioni libere e trasparenti entro un anno.
L’Unione europea deve dunque agire immediatamente in linea con i principi e i valori imprescindibili che ispirano la sua azione in maniera che questa violenza, dietro la quale si celano innumerevoli violazioni dei diritti umani, cessi.
Signor Presidente, onorevoli parlamentari, sono lieto che la risoluzione di compromesso sia perfettamente in linea con i nostri valori e principi, ma mi preme particolarmente sottolineare in tale sede l’articolo 10 del testo, vale a dire la sospensione del protocollo di pesca tra Unione europea e Repubblica di Guinea sino all’avvio del processo democratico.
Sento già la gente chiedersi se tale decisione comporterebbe conseguenze socioeconomiche disastrose per la popolazione, ma di fronte alla violenza del 28 settembre dobbiamo riconoscere che al governo guineano poco importano le condizioni di vita dei suoi cittadini, il che non ci lascia altra scelta se non quella di essere irremovibili.
Dalla sua indipendenza nel 1958 la Guinea ha conosciuto soltanto regimi dittatoriali.
Carl Haglund, a nome del gruppo ALDE. – (SV) Signor Presidente, non ripeterò tutte le osservazioni già formulate con perspicacia e assennatezza dai colleghi. Dopo aver detto che sono particolarmente lieto che la questione sia dibattuta oggi in questa sede, vorrei brevemente riferire sul dibattito avvenuto all’interno della commissione in merito all’accordo di pesca il 30 settembre. In realtà, se vi aveste preso parte, avreste pensato che l’Unione europea stava per sottoscrivere un accordo commerciale con una qualunque vecchia democrazia occidentale. In alcun momento della discussione né in alcun punto dei documenti è stato menzionato il fatto che l’accordo dinanzi a noi sarebbe stato sottoscritto con una nazione che versa in tale situazione, peraltro già compiutamente descritta in quest’Aula.
Molti forse ritengono che pesca e diritti umani siano aspetti completamente distinti, da non mescolare. Personalmente non capisco come, essendo politici, sia possibile pensarla in questo modo. Il fatto che i voti in commissione siano stati 11 a 9 a favore della non sottoscrizione dell’accordo è anch’esso molto preoccupante. Ciò significa che vi era un gruppo relativamente nutrito in parlamento il quale, perlomeno in quella fase, giudicava del tutto plausibile stipulare un accordo commerciale con un paese come la Guinea, nonostante il tipo di regime che la guida. Sono lieto innanzi tutto di dire che ora vi è un livello nettamente superiore di consenso in merito alla necessità che il parlamento assuma una linea chiara nei confronti della Guinea e in secondo luogo che vi è un ampio sostegno quanto all’effettivo ritiro dell’accordo da parte del Consiglio. Ne sono particolarmente compiaciuto.
Alcuni potrebbero forse pensare che quanti sono a favore del ritiro dell’accordo non si preoccupano dei pescatori che subiranno le conseguenze di tale decisione, ma non è affatto così. Come è ovvio dobbiamo trovare una soluzione sostenibile per loro, ma non possiamo lasciare che i diritti umani passino in secondo piano semplicemente perché dobbiamo preoccuparci di alcuni pescherecci.
Raül Romeva i Rueda, a nome del gruppo Verts/ALE. – (ES) Signor Presidente, ho avuto l’onore di partecipare alla riunione della commissione per la pesca quando ha votato, sebbene con un margine ridottissimo, contro il rinnovo dell’accordo di pesca con la Guinea proprio alla luce dei massacri, degli stupri e di tutte le violazioni dei diritti umani che vi si sono stati commessi e su cui occorre ancora far luce.
Oggi vorrei che il Parlamento europeo adottasse la risoluzione sottoposta alla nostra attenzione in plenaria, passo che trasmetterebbe un messaggio inequivocabile sia alle istituzioni europee sia al governo guineano rendendo chiaro che non siamo disposti a versare denaro dei contribuenti per mantenere al potere un governo corrotto implicato in attività criminali.
Sarei felice se, per una volta, e spero che si stabilisca un precedente, le vite umane e i diritti dell’uomo fossero considerati più importanti di un accordo economico. Apprezzerei una posizione del genere soprattutto perché l’ha assunta la Commissione, come anche la commissione per la pesca. E’ tempo che il Parlamento europeo ratifichi la decisione in plenaria.
Questa è dunque una grande opportunità per noi e auspico, come è stato già detto, che l’articolo 10 resti immutato.
(Applausi da taluni banchi)
Tomasz Piotr Poręba, a nome del gruppo ECR. – (PL) Signor Presidente, perlomeno 157 morti e oltre 1 200 feriti è il bilancio dell’intervento dell’esercito guineano in occasione di una dimostrazione pacifica dell’opposizione presso lo stadio di Conakry a settembre. E’ il più grande massacro dall’indipendenza della Guinea nel 1958.
Salendo al potere nel dicembre dello scorso anno, il presidente Camara aveva promesso di combattere la corruzione e l’anarchia per poi cedere il potere in elezioni democratiche. Oggi la giunta militare continua a governare il paese senza alcun rispetto per i principi di base dello stato di diritto o i diritti fondamentali. Manipoli di soldati sono regolarmente implicati in assalti, furti e stupri.
In veste di rappresentanti di paesi democratici dobbiamo chiedere che la giunta si ritiri immediatamente e tutti i responsabili del sanguinoso massacro di civili, delle sparatorie sulle folle e degli stupri pubblici di donne siano portati dinanzi alla giustizia. La Guinea è un paese con un notevole potenziale economico. Eppure è uno dei paesi più poveri al mondo e uno degli Stati più corrotti dell’Africa. Un’ulteriore dittatura della giunta militare potrebbe sfociare in una guerra civile e destabilizzare la situazione dell’intera Africa occidentale.
Anne Delvaux (PPE). – (FR) Signor Presidente, oggi registriamo un bilancio di 150 morti e innumerevoli casi di degrado sessuale, con violazioni senza precedenti della popolazione civile guineana perpetrate il 28 settembre e una repressione sproporzionata da parte della giunta militare al potere: i racconti dei testimoni non danno adito a dubbi.
Dobbiamo essere estremamente risoluti di fronte a tale barbarie e accogliere con favore le sanzioni mirate contro la giunta del capitano Moussa Dadis Camara decise ieri dagli Stati membri dell’Unione europea. Condannare gli eventi, come è ovvio, non basta. Dobbiamo chiedere che venga svolta un’indagine approfondita delle circostanze da parte di una vera commissione di inchiesta internazionale e i reati perpetrati non restino impuniti.
Inoltre personalmente vorrei, negli ultimi 30 secondi che mi restano, esortare l’Unione affinché sfrutti tutti i mezzi in suo potere per combattere l’uso della violenza sessuale come strumento offensivo, un fenomeno dilagante in molte zone in cui vi sono conflitti armati. Le vittime sono donne, spesso le più anziane o le più giovani. In tutti i casi, però, nel mirino vi sono i più vulnerabili.
Il sostegno allo stato di diritto e al buon governo deve accompagnarsi automaticamente al rispetto dei diritti umani, alla parità di genere e alla salvaguardia dei più vulnerabili, requisiti minimi per qualunque tipo di nuovo accordo di cooperazione.
Harlem Désir (S&D). – (FR) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, il 28 settembre, la popolazione della Guinea è scesa in strada per invocare il rispetto degli impegni assunti e l’organizzazione di elezioni libere e democratiche, come promesso.
Questa gente ha subito ha subito la peggiore repressione possibile per mano di un regime già privo di ogni legittimità che quel giorno ha perso tutta la dignità. Si sono repressi uomini, stuprate e sventrate donne con baionette, torturati e menomati oppositori politici e sindacalisti.
Oggi l’Unione europea deve sostenere l’Unione africana, la Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale e le Nazioni Unite nel rifiuto che tale crimine resti impunito e, soprattutto, nella dimostrazione di solidarietà alla popolazione guineana. Il paese, ricco di risorse, non sarà mai in grado di sfruttarle per il proprio sviluppo fintantoché dittature corrotte potranno appropriarsene a vantaggio di una cerchia ristretta.
Per questo sono favorevole all’approccio risoluto annunciato dalla Commissione europea, risolutezza di cui il Parlamento europeo oggi può dar prova anch’esso. Non possiamo soppesare i meri interessi economici rispetto agli impegni assunti dai partner dell’Unione europea, specialmente quelli che hanno sottoscritto l’accordo di Cotonou sul rispetto dei diritti umani e dei principi democratici. Oggi assumiamo un impegno nei confronti del popolo della Guinea: sostenerli nella lotta per la libertà e la democrazia.
Ioannis Kasoulides (PPE). – (EN) Signor Presidente, ho chiesto la parola semplicemente per formulare un commento in merito al suggerimento di sospendere il protocollo di pesca UE-Guinea esistente. Nutro dubbi quanto al fatto che un regime brutale, che non esita a falcidiare le vite di 156 suoi cittadini e si rende colpevole di tante altre atrocità, possa essere smosso da una sanzione così poco incisiva come quella riguardante la pesca. Dovremmo anche ricordare gli obblighi legali assunti nell’ambito di tale accordo nei confronti di coloro che sono impiegati nel settore della pesca in Guinea, che non hanno nulla a che vedere con il regime brutale che controlla il paese. Per questo il gruppo PPE esita nel sostenere il suggerimento.
Charles Tannock (ECR). – (EN) Signor Presidente, la storia della Guinea Conakry segue un copione africano tristemente familiare: un regime dittatoriale, un colpo di stato militare, un avvicendamento di regimi autoritari e la maggior parte della gente che vive ancora nella totale indigenza. Le notevoli risorse minerarie e petrolifere potrebbero rendere la Guinea una delle nazioni più prospere dell’Africa. Viceversa la ricchezza alimenta conflitti e miseria, non soltanto in Guinea, ma in tutta la regione che negli ultimi 20 anni ha vissuto atroci bagni di sangue e instabilità cronica.
In passato, ho esortato la Commissione europea a contribuire allo sviluppo di una sorta di processo di Kimberley per risorse che non siano soltanto i diamanti al fine di garantire le attività delle compagnie minerarie non sostengano la guerra civile o spietati dittatori come il capitano Camara in Guinea. Sono pertanto particolarmente preoccupato per gli intensi negoziati tra Guinea e varie società cinesi, e spero che Commissione e Consiglio manifestino a Pechino le nostre aspettative quanto al fatto che le attività commerciali nel paese non debbano provocare disordini interni né compromettere ulteriormente la situazione dei diritti umani. Tuttavia, come l’onorevole Kasoulides, sospetto che le proposte per risolvere l’accordo di pesca con l’Unione serviranno soltanto a punire le comunità locali, non la giunta militare.
Heidi Hautala (Verts/ALE). – (FI) Signor Presidente, poiché abbiamo elogiato la Commissione in questa sede per la decisione presa in merito al protocollo di pesca con la Guinea soprattutto a causa delle violazioni dei diritti umani, vorrei chiederle se ora intende procedere a una verifica sistematica di altre situazioni analoghe o quantomeno prepararsi ad agire in maniera coerente e altrettanto risoluta qualora altrove si dovessero verificare altre violazioni di siffatta gravità.
Eija-Riitta Korhola (PPE). – (FI) Signor Presidente, recentemente un elettore finlandese mi ha chiesto come definirei i diritti umani. Ho risposto che non dovevo essere io a definirli né sarebbe stato opportuno farlo, altrimenti non sarebbero andati oltre la soglia della mia porta di casa, con ciò sottintendendo l’idea che i diritti umani sono già stati definiti e i paesi hanno l’obbligo di non violarli. Tali diritti sono vincolanti per l’intera comunità internazionale. Per questo ci appelliamo affinché vengano rispettati.
La Guinea è firmataria dell’accordo di Cotonou in cui si impone il rispetto dei diritti umani e della democrazia. Questa è una premessa fondamentale. Dobbiamo realmente insistere affinché lo sviluppo democratico di un paese proceda in maniera corretta quando sottoscriviamo altri accordi di cooperazione basati su Cotonou. Come abbiamo udito, al momento la situazione in Guinea è intollerabile e richiede una risposta rapida accompagnata da eventuali sanzioni. La Guinea dispone di importanti riserve e, pertanto, di notevoli opportunità di sviluppo. Al tempo stesso, però, è uno dei paesi più corrotti al mondo. Giudico alquanto deplorevole che aziende e società statali cinesi che investono in Guinea non esigano alcun tipo di impegno nei confronti dei diritti dell’uomo.
Leonard Orban, membro della Commissione. – (RO) Signor Presidente, ha Commissione ha immediatamente condannato a chiare lettere e in più occasioni (il Presidente interrompe l’oratore) i massacri e le flagranti violazioni dei diritti umani perpetrati il 28 settembre 2009 e proseguiti da allora.
Attraverso la partecipazione al gruppo di contatto internazionale sulla Guinea, la Commissione ha approvato le conclusioni formulate alla riunione del 12 ottobre prevedendo l’adozione di varie misure a sostegno del rispetto dei diritti umani.
In primo luogo, a livello umanitario, è necessario che ogni persona arrestata arbitrariamente sia liberata, i corpi delle vittime siano consegnati ai familiari e tutti i feriti, specialmente le donne stuprate, ricevano cure mediche. Non possiamo che esprimere il nostro scoramento e la nostra preoccupazione per il fatto che, a oggi, pare che nessuna di queste misure sia stata attuata.
In secondo luogo, la Commissione accoglie con favore la decisione del segretario generale delle Nazioni Unite di costituire una commissione di inchiesta internazionale che faccia luce sui massacri del 28 settembre e porti dinanzi alla giustizia gli autori di tali atti. E’ assolutamente importante per noi che si ponga fine alla loro impunità e al deterioramento della situazione dei diritti umani in Guinea. La commissione di inchiesta internazionale e le indagini istruttorie svolte dal Tribunale penale internazionale contribuiranno a migliorare la situazione al riguardo.
In siffatte circostanze, la Commissione è disposta a prendere in esame la possibilità di concedere sostegno finanziario alla missione di osservazione internazionale e offrire protezione in maniera che i membri della Commissione e i testimoni siano protetti da atti intimidatori, oltre a contribuire a creare un clima di sicurezza per la popolazione locale.
D’altro canto, imposto un embargo totale sulle armi, la Commissione è propensa a vagliare la possibilità di sostenere una riforma nel campo della sicurezza al fine di riformare l’esercito e renderlo professionale così da poter ricreare stabilità nel paese.
Desidero infine sottolineare che le misure richieste in applicazione dell’articolo 96 dell’accordo di Cotonou sono già state adottate il 27 luglio 2009.
Per concludere, vorrei ritornare su un punto sollevato poc’anzi. Per motivi di coerenza e al fine di aumentare la pressione esercitata sulla giunta militare, il commissario Borg, responsabile della pesca e degli affari marittimi, ha annunciato l’intenzione della Commissione di ritirare l’accordo di partenariato proposto nel settore della pesca che avrebbe dovuto essere sottoscritto con la Guinea. Infatti per il momento non verseremo (applausi) il relativo contributo finanziario.
In risposta alla domanda che mi è stata posta, in altre circostanze la Commissione sicuramente agirà caso per caso valutando su tale base le situazioni venutesi a creare.
Grazie.
Presidente. – La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà dopo le discussioni.
Dichiarazioni scritte (articolo 149 del regolamento)
Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. – (PT) Il principale obiettivo del nuovo accordo di partenariato tra l’Unione europea e la Guinea Conakry è rafforzare la cooperazione tra l’Unione e la Repubblica di Guinea in maniera da incoraggiare la costruzione di un partenariato per sviluppare una politica di pesca sostenibile e sfruttamento responsabile delle risorse ittiche nella zona di pesca guineana nell’interesse di ambedue le parti.
Il contributo finanziario previsto dal protocollo è dell’ordine di 450 000 euro all’anno per le possibilità di pesca correlate alla categoria delle specie altamente migratorie. L’intero ammontare è destinato all’introduzione di una politica di pesca nazionale basata su una pesca responsabile e uno sfruttamento sostenibile delle risorse ittiche nelle acque guineane.
Quanto precede è in linea con la proposta del partito comunista portoghese concernente gli accordi di pesca con paesi terzi, ragion per cui ho votato a favore del documento.
Presidente. – L’ordine del giorno reca la discussione su sette proposte di risoluzione concernenti l’Iran.
Ana Gomes, autore. – (PT) Signor Presidente, l’Iran si caratterizza per la sua diversità linguistica, religiosa, etnica e politica. La maggioranza sciita vive al fianco dei sanniti, dei zoroastriani, dei cristiani, degli ebrei e dei baha’i. La maggioranza persiana condivide il paese con innumerevoli minoranze etniche che costituiscono quasi metà della popolazione: azeri, arabi, curdi, baloch e altri. Le città fervono con un ceto medio moderno e una gioventù pronta a vivere in un Iran del XXI secolo. Tutta questa agitazione e complessità spaventa il regime che preferirebbe un Iran semplice: semplice in termini di fanatismo religioso, nell’isolamento del paese, semplice in termini di opinione pubblica messa a tacere dalla violenta repressione.
Questa risoluzione descrive la violazione sistematica dei diritti umani a cui gli iraniani sono soggetti nel proprio paese, compresa la frequente applicazione della pena capitale, anche contro i minori, la lapidazione di uomini e donne, le eccessive limitazioni imposte alla libertà di espressione e la persecuzione delle minoranze religiose ed etniche. Con tale risoluzione, il parlamento trasmette due messaggi distinti, il primo rivolto agli iraniani, dicendo loro che l’Europa vede nel popolo e soprattutto nei suoi giovani la speranza di un futuro in cui il paese abbracci i valori della democrazia e della libertà e assuma il ruolo importante nella regione che merita; il secondo rivolto al regime iraniano, dicendogli che l’Iran non realizzerà mai il suo indiscusso potenziale fintantoché violenza e oscurantismo saranno i principali tratti caratteristici di un regime politico che disprezza la giustizia e la pace continuando a opprimere brutalmente il suo popolo.
Marietje Schaake, autore. – (EN) Signor Presidente, qualunque governo trae legittimità dal benessere che offre ai propri cittadini. Qualsiasi regime che non assolva a questa responsabilità di base perde di legittimazione all’interno della comunità internazionale.
L’attuale auto-isolamento sta portando alla distruzione in Iran intossicando i paesi limitrofi come il resto del mondo. Non possiamo restare inerti spettatori di impiccagioni di persone colpevoli di reati minori, oltre agli stupri e alle violenze arbitrarie imposti ai cittadini dal loro stesso regime. Dobbiamo invece essere qui a ribadire che non vi può essere e non vi sarà impunità per chi commette crimini contro l’umanità e continueremo a schierarci con il popolo iraniano nell’esercizio del suo diritto alla libertà di espressione e protesta pacifica per la libertà e la democrazia.
L’Unione europea ha il compito di mantenere sempre questi diritti universali all’ordine del giorno, anche quando sono in gioco gli interessi commerciali o il programma nucleare dell’Iran. Soltanto nel momento in cui il regime iraniano sarà stato legittimato dai suoi cittadini potrà diventare un attore credibile sulla scena internazionale.
Tunne Kelam, autore. – (EN) Signor Presidente, la situazione trova le proprie radici in una dittatura clericale molto particolare, nota per la soppressione indiscriminata dei diritti umani e delle libertà civili, situazione addirittura peggiorata dalle elezioni di giugno. Arresti, torture ed esecuzioni di minori e donne sono aumentati. L’Iran ha infatti il più alto numero di esecuzioni al mondo dopo la Cina.
Le ultime informazioni, che non compaiono nel progetto di risoluzione, sono che ieri il regime iraniano ha impiccato cinque detenuti del carcere Evin di Teheran, tra cui Soheila Ghadiri, una donna di 28 anni, la quarta a essere impiccata dal regime nell’ultimo mese.
Queste barbare condanne non hanno nulla a che vedere con i presunti reati commessi dai detenuti; sono invece un tentativo di accrescere ulteriormente il clima di terrore nel paese, specialmente tra donne e giovani che hanno dimostrato l’intenzione di stabilire la democrazia opponendosi alle elezioni.
Rui Tavares, autore. – (PT) Signor Presidente, prescindendo dalle presenze in Aula, quando interveniamo in parlamento parliamo anche per i milioni di iraniani scesi nelle strade rischiando la vita e la sicurezza per protestare contro elezioni che ritenevano fraudolente.
Quei milioni di iraniani, all’interno e all’esterno del paese, si aspettano qualcosa da noi e, pertanto, il punto di partenza può essere soltanto rappresentato dalla solidarietà e dalla collaborazione per aiutare tutti coloro che combattono per la democrazia e i diritti umani correndo – va sottolineato – rischi di gran lunga superiori a quelli normalmente temuti dalla diplomazia.
Ribadisco dunque che il punto di partenza non può essere diverso. E’ vero che la politica occidentale molto spesso ha semplicisticamente ignorato la situazione dell’Iran. E’ vero che troppo spesso l’Europa ha reagito con politiche che si sono dimostrate sbagliate nei confronti del paese. E’ vero anche che altrettanto spesso non abbiamo voluto accettare il fatto che l’Iran dovrebbe godere del rispetto della comunità internazionale al quale, essendo un’importante potenza regionale, sicuramente ambisce.
Come afferma un artista iraniano in esilio per le sue proteste, l’occidente non ha voluto la Repubblica islamica, per cui adesso non abbiamo una repubblica. Nondimeno, nulla di tutto questo può giustificare un regime che ha represso la libertà, un regime oppressivo e, ora, un regime basato su fondamenta sempre più vacillanti quali sono le elezioni fraudolente e l’oppressione del suo popolo. Il popolo iraniano si aspetta solidarietà e sostegno dal parlamento che con questo testo cercheremo di offrirgli.
Fiorello Provera, autore. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, conosciamo le condizioni politiche e sociali in cui vivono i cittadini della Repubblica islamica dell'Iran.
Sappiamo della pesante interferenza della religione nelle decisioni politiche e nei diritti umani fondamentali. Ultimo esempio è l'uccisione di Behnud Shojai, il giovane giustiziato recentemente pur essendo minorenne all'epoca del reato. Questo è l'ultimo episodio di una serie di gravi atti contro i diritti umani che hanno visto la repressione degli oppositori politici, degli omosessuali, di giornalisti, di intellettuali e di tutti coloro che si battono per la crescita sociale e civile dell'Iran.
La situazione si è aggravata sotto il regime di Mahmoud Ahmadinejad, che iniziò la sua presidenza negando ripetutamente l'Olocausto e il diritto all'esistenza dello Stato di Israele. Dal 2005 il numero delle esecuzioni in Iran è quadruplicato e l'Iran è l'unico paese al mondo in cui vengono giustiziati minorenni colpevoli di reati. È noto l'uso sistematico della tortura nelle prigioni e l'utilizzo di pene medioevali come l'amputazione e la lapidazione, ma il regime è in difficoltà e lo dimostrano le decine di migliaia di persone che hanno trovato il coraggio di scendere in piazza a protestare dopo le ultime elezioni.
La giovane Neda Agha-Soltan, uccisa per strada mentre rivendicava i suoi diritti di donna e di cittadina, è diventata non soltanto il simbolo della repressione, ma anche del desiderio di libertà di un popolo che l'Europa deve aiutare. Come? Ad esempio con lo Strumento europeo per la democrazia e i diritti umani. Un'altra proposta concreta è quella di intitolare strade o piazze delle nostre città a Neda Agha-Soltan. Questo non servirebbe solo a commemorare il suo sacrificio, ma sarebbe una testimonianza di solidarietà per l'opposizione iraniana e farebbe crescere tra i cittadini europei l'informazione e la consapevolezza di una situazione così grave. Io vorrei che accanto all'immagine di Aung San Suu Kyi esposta su una facciata del Parlamento europeo a Bruxelles, ci fosse anche il ritratto di Neda Agha-Soltan.
Un'ultima considerazione: ma quale credibilità può avere il presidente Ahmadinejad nella trattativa sul nucleare quando perseguita e offende il proprio popolo che chiede più democrazia, più libertà e più rispetto per i diritti umani?
Struan Stevenson, autore. – (EN) Signor Presidente, mentre siamo seduti in quest’Aula indugiando in grandi dibattiti, i boia in Iran fanno gli straordinari. Come abbiamo udito dalle parole dell’onorevole Kelam, ieri sono state impiccate altre cinque persone, tra cui una giovane perdonata dai genitori della vittima, per cui avrebbe dovuto essere graziata, invece giustiziata.
Nell’Unione europea seguiamo tuttavia una politica di pacificazione. Soltanto questa settimana abbiamo convenuto che i russi sarebbero stati incoraggiati ad arricchire le barre di combustibile nucleare per conto di Ahmadinejad in cambio dell’assicurazione che avrebbe sospeso il programma di arricchimento nucleare, assicurazione che però non è giunta, come neppure è stato concesso libero accesso agli ispettori che intendevano verificare i suoi impianti nucleari. Proseguendo con questa politica di pacificazione, stiamo soltanto appoggiando i mullah. Abbiamo bisogno di sanzioni dure. La durezza è l’unica lingua che sono in grado di comprendere.
Barbara Lochbihler, autore. – (DE) Signor Presidente, all’inizio di questa tornata il presidente Buzek ha ribadito che l’abolizione della pena di morte è una preoccupazione fondamentale dell’Unione europea, che vale per tutte le regioni del mondo, in cui questo trattamento inumano e barbaro deve essere abolito.
Egli faceva riferimento alle esecuzioni avvenute in Iran. Quattro condanne a morte sono specificamente citate nella proposta di risoluzione sottoposta alla nostra attenzione. Le persone in questione hanno subito tale condanna per avevano partecipato, secondo l’accusa, alle proteste contro le elezioni, sebbene fossero tutte in custodia nel momento in cui è stato commesso il presunto reato. Sarebbe dunque stato possibile ricorrere in appello. Dobbiamo vigilare su questi casi.
Il fatto che all’epoca dei fatti in Iran ancora venissero giustiziati minori è stato anch’esso argomento di discussione. L’Iran è l’unico paese in cui allora i minori subivano la pena capitale. L’Iran ha ratificato la convenzione internazionale sui diritti civili e politici e la convenzione sui diritti del fanciullo. E’ dunque tenuto a promulgare una legge nazionale che vieti l’esecuzione di minori. Al parlamento iraniano è stato presentato un disegno di legge in tal senso, per cui dobbiamo esortare i colleghi a fare tutto quanto in loro potere affinché la sua emanazione non sia più osteggiata, compito che reputo estremamente importante.
Per concludere, vorrei esprimere il massimo rispetto per tutti gli uomini e le donne in Iran che rischiano tanto, scendono in piazza, si impegnano in varie attività per esigere l’osservanza dei diritti che la costituzione iraniana concede loro. La loro determinazione, il loro impegno e il loro coraggio meritano la nostra solidarietà incondizionata.
Martin Kastler, a nome del gruppo PPE. – (DE) Signor Presidente, il 2 ottobre di quest’anno la polizia iraniana ha fermato all’ultimo momento un uomo che si stava imbarcando su un aereo. Si trattava dell’avvocato Abdolfattah Soltani, al quale doveva essere conferita l’edizione 2009 del premio internazionale per i diritti umani nella mia città natale, Norimberga, per il coraggioso lavoro da lui svolto a nome delle vittime della persecuzione politica. Nonostante avesse un passaporto valido, le autorità iraniane gli hanno negato la possibilità di lasciare il paese senza alcun motivo legale. Sua moglie, che è potuta partire, ha giustamente affermato, e cito: “Mi addolora che in un paese che si definisce teocratico vengano compiuti atti che non hanno nulla a che vedere con Dio”.
L’Iran è vincolato secondo il diritto internazionale dalla ratifica della convenzione delle Nazioni Unite sui diritti civili e politici, la quale sancisce tra i diritti umani che chiunque abbia la libertà di lasciare qualsiasi paese, incluso il proprio. Trovo scandaloso che l’Iran sta calpestando tale diritto. Chiedo pertanto formalmente che il caso Soltani oggi sia incluso nella nostra risoluzione comune sull’Iran e vi invito a sostenere questa mia proposta.
Ryszard Czarnecki, a nome del gruppo ECR. – (EN) Signor Presidente, vorrei utilizzare il tempo a mia disposizione per esprimere preoccupazione in merito alla situazione dell’Iran e soprattutto dei membri dell’opposizione iraniani nel campo di Ashraf in Iraq, che è stato il simbolo della resistenza per il popolo iraniano.
Il governo iracheno dovrebbe smettere di attenersi agli ordini dei mullah di Teheran. L’Iraq dovrebbe capire che il regime iraniano non ha futuro e sta mantenendo il potere soltanto a colpi di repressione ed esecuzioni. Pertanto, se l’Iraq è un paese sovrano, dovrebbe rispettare e attuare la risoluzione del 24 aprile 2009 del Parlamento europeo su Ashraf in cui gli si chiede di sospendere qualunque trasferimento coatto dei residenti di Ashraf in Iraq. I mullah di Teheran vogliono che Ashraf sia distrutto e noi in Europa dobbiamo assistere questi profughi iraniani indifesi. E’ nostro dovere morale.
Dobbiamo chiedere alla presidenza dell’Unione e alla Commissione di esortare le Nazioni Unite a essere maggiormente coinvolte nel problema inviando un team permanente – e anche una forza di pace – per evitare ulteriori attacchi e impedire che queste persone vengano trasferite con la forza in altre zone del paese.
Bastiaan Belder, a nome del gruppo EFD. – (NL) Signor Presidente, non vi è dubbio quanto al fatto che la situazione dei diritti umani nella Repubblica islamica dell’Iran si sia gravemente deteriorata negli ultimi mesi. Un esempio eloquente è rappresentato dagli attuali sviluppi dell’apparato repressivo messo in atto dal presidente Ahmadinejad per annientare ogni barlume di opposizione alla sua amministrazione, la cui legittimità è tutt’altro che certa. I famosi criminali noti come basij ora sono stati incorporati nel corpo della guardia rivoluzionaria iraniana, altra organizzazione sinistra.
Che cosa può ancora fare l’Unione europea in tale ambito? La risposta è due cose in particolare. Unitamente agli Stati Uniti, noi, mondo occidentale, dobbiamo concentrarci su singoli casi di gravi abusi dei diritti umani in Iran (vi rimando anche alla nostra risoluzione). In diretta correlazione con ciò, dobbiamo dire con chiarezza a Teheran che tali abusi sono intollerabili e comporteranno gravi conseguenze.
Nel momento in cui entreranno in gioco interessi nazionali, specialmente di natura economica, i pragmatisti iraniani sapranno come imporsi senza ulteriori sollecitazioni. Nel farlo, potranno persino fare riferimento al fu Ayatollah Khomeini, fondatore della Repubblica islamica dell’Iran, il quale, posto di fronte a circostanze analoghe, ha optato anch’egli per anteporre risolutamente gli interessi nazionali ai precetti religiosi. Commissione, Consiglio, vi esorto a individuare i punti deboli degli ayatollah, soprattutto nell’interesse di un modus vivendi più tollerabile per gli iraniani e della sicurezza dello Stato ebraico di Israele, senza dimenticare il mondo arabo e anche l’Unione europea.
Krisztina Morvai (NI). – (HU) Signor Presidente, qualche giorno fa il presidente Barroso è stato qui e gli ho chiesto che cosa si sarebbe potuto fare per risolvere la crisi dei diritti umani in atto in uno Stato membro dell’Unione europea, l’Ungheria, dall’autunno 2006. Ho riaffermato in più occasioni che molte centinaia di persone sono state oggetto di atti estremamente brutali per mano della polizia tali da aver subito gravi lesioni, mentre diverse centinaia di persone sono state arbitrariamente arrestate e diverse centinaia hanno subito lunghi procedimenti penali conclusisi con una dichiarazione di innocenza. Il presidente ha replicato alla mia domanda asserendo che si tratta di questioni interne nelle quali l’Unione europea non può interferire. Mi chiedo dunque perché vengano applicati due pesi e due misure e quale sia la base giuridica che consente all’Unione europea di interferire nelle questioni interne di un paese extracomunitario, mentre è restia è tutelare i diritti umani in un suo Stato membro. Vorrei inoltre cogliere l’opportunità per chiedere agli amici iraniani, quelli appartenenti all’opposizione e anche quelli appartenenti al partito di governo, di aiutare gli ungheresi a salvaguardare i propri diritti umani.
Eija-Riitta Korhola (PPE). – (FI) Signor Presidente, l’Iran potrebbe svolgere un ruolo importante nei negoziati di pace in Medio Oriente, ma, con nostro grande rammarico, il paese pare allontanarsi sempre più dallo stato di diritto democratico. In primo luogo, vi sono motivi per nutrire seri dubbi in merito ai risultati elettorali dello scorso giugno che hanno permesso al presidente Ahmadinejad di restare in carica. Dalle elezioni, la situazione generale dei diritti umani è peggiorata ulteriormente. In più, dall’ascesa al potere di Ahmadinejad nel 2005, il numero di esecuzioni si è quadruplicato e l’Iran registra il maggior numero di esecuzioni al mondo dopo la Cina. In secondo luogo, la libertà di religione e opinione sono in uno stato deplorevole. Per esempio, sette leader baha’i sono ancora detenuti soltanto a causa delle loro convinzioni religiose.
Nella nostra risoluzione ci appelliamo alle autorità iraniane e speriamo nel contempo di poter dar prova in questo modo del nostro sostegno e del nostro rispetto per il coraggio che tanti iraniani dimostrano nella loro lotta per le libertà fondamentali e i principi democratici. Nutriamo un rispetto particolare per le coraggiose donne iraniane che hanno svolto un ruolo decisivo nelle dimostrazioni successive alle elezioni a Teheran.
Peter van Dalen (ECR). – (NL) Signor Presidente, l’Iran è governato da un regime rigido basato sull’interpretazione radicale dell’islam e del Corano. Chi non condivide tale regime è inviso. L’Iran è un paese terribile, specialmente per i cristiani che vi abitano. Non vi è letteralmente possibilità di sopravvivenza per i musulmani che si sono convertiti al cristianesimo e lo scorso anno il parlamento iraniano ha adottato una legge in cui si stabilisce che l’abbandono della fede islamica è un reato capitale.
Parimenti in Iran non vi è possibilità di sopravvivenza per i dimostranti. Tre persone arrestate durante le dimostrazioni contro l’esito delle elezioni presidenziali ora sono state condannate a morte. E’ profondamente sbagliato e incomprensibile che un tribunale infligga una condanna del genere. Certo, è ancora possibile presentarsi in appello, ma a tutti è chiaro che nel paese persino i dimostranti devono temere per la propria incolumità.
Mi rivolgo a Consiglio e Commissione affinché appoggino fortemente tali dimostranti negli ulteriori procedimenti e, in particolare, si oppongano energicamente al brutale regime iraniano.
Laima Liucija Andrikienė (PPE). – (LT) Signor Presidente, la situazione dei diritti umani in Iran si sta palesemente deteriorando. Le elezioni presidenziali svoltesi quest’anno, molto dubbie quanto alla loro legittimità, e le massicce proteste della gente dopo le elezioni sono state specchio di una situazione politica e sociale sempre più tesa e preoccupante nel paese.
Vorrei rammentare che quest’anno, nella relazione di Reporter senza frontiere in cui si valuta la libertà di stampa, l’Iran è finito in fondo alla graduatoria, 172° su 175, seguito soltanto da Eritrea, Corea del nord e Turkmenistan.
La situazione dei giornalisti in Iran è una delle peggiori al mondo; la libera informazione in Internet è bloccata e chi scrive blog viene perseguitato. Conosciamo fin troppo bene la storia della famosa blogger, Fariba Pajooh, arrestata di recente e il cui futuro resta ancora incerto.
Mi rivolgo alla Commissione europea. Signor Commissario, dobbiamo istituire quanto prima una delegazione della Commissione a Teheran per intraprendere un dialogo con le istituzioni di governo del paese in merito al peggioramento della situazione dei diritti umani.
Jim Higgins (PPE). – (EN) Signor Presidente, concordo pienamente con i commenti dell’onorevole Czarnecki. L’attacco sferrato lo scorso luglio al campo iracheno del PMOI di Ashraf in Iraq può essere definito soltanto selvaggio e barbaro. Undici persone uccise e molte altre avrebbero potuto perdere la vita; tante brutalmente ferite. Il video ci ha mostrato l’efferatezza con la quale l’attacco si è effettivamente svolto. L’esercito e i militari hanno indugiato nella forma più sadica di brutalità. Risultato? Sono state arrestate 36 persone, che non hanno avuto altra scelta se non quella di intraprendere uno sciopero della fame, rilasciate solo due settimane fa a seguito delle pressioni internazionali esercitate dopo 72 giorni di digiuno, da cui la resa del popolo al governo di Malaki. Si tratta quindi di profughi, che hanno il diritto di andare a dormire la sera e svegliarsi al mattino in sicurezza. Come ha detto il collega Czarnecki, ci occorrono due cose: in primo luogo, abbiamo bisogno di una presenza permanente delle Nazioni Unite in loco in luogo degli Stati Uniti e, in secondo luogo, è necessaria una garanzia assoluta di non trasferimento.
Véronique De Keyser, autore. – (FR) Signor Presidente, vorrei formulare tre brevi osservazioni in aggiunta a quanto affermato dai colleghi.
Innanzi tutto, e faccio riferimento alle parole della collega Gomes, nonostante quanto sta succedendo, malgrado le tragedie che si stanno verificando in Iran e il suo regime, abbiamo ancora piena fiducia nel futuro politico del paese e nella forza della sua società civile.
La mia seconda osservazione riguarda il fatto che non si è posto sufficientemente l’accento sulla nostra condanna degli ultimi attacchi suicidi perpetrati nella provincia di Sistan-Baluchistan, anche se le vittime sono state guardie rivoluzionarie, oltre che, purtroppo, decine di civili. Siamo contrari a questo tipo di violenza, sebbene siano perfettamente comprensibili le ragioni per le quali ciò è accaduto, ma a questo punto dobbiamo schierarci con gli oppositori del regime.
Da ultimo, credo che il nostro parlamento condanni la pena di morte, indipendentemente da chi la subisce, minori, donne o uomini, o dal paese che la applica.
Cristian Dan Preda, autore. – (RO) Signor Presidente, anch’io deploro il deterioramento della situazione in Iran per quanto concerne i diritti umani sulla scia delle elezioni di giugno, deterioramento sicuramente dimostrato dalla forte ondata di arresti e dalla violenza di cui viene data prova nei confronti degli oppositori del regime.
Inoltre, come già affermato, la libertà di informazione è gravemente minacciata, con il rischio di persecuzioni ai danni dei giornalisti. Un motivo notevole di preoccupazione è rappresentato dal fatto che sia la tortura sia la pena capitale vengono usate senza ritegno in Iran. Amnesty International ha infatti recentemente sottolineato come, a seguito delle elezioni, il numero di accusati successivamente giustiziati si è considerevolmente moltiplicato.
Infine, vorrei manifestare sostegno all’idea di costituire una delegazione dell’Unione europea a Teheran. Tale delegazione potrebbe collaborare con la società civile sul campo, sostenendo in tal modo i diritti degli attivisti che operano per la libertà.
Angelika Werthmann (NI). – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei formulare una proposta: i diritti umani, la democrazia e lo stato di diritto sono temi troppo importanti e urgenti per essere trattati il giovedì pomeriggio. Purtroppo pochi di noi sono ancora presenti.
Un mese fa abbiamo discusso l’assassinio di alcuni giornalisti. Oggi parliamo della tragica situazione dei diritti umani in Guinea, Iran e Sri Lanka. So che molti di voi condividono il mio parere. Fissiamo un’altra data, migliore, per questo importante dibattito.
Presidente. – Onorevole Werthmann, lei interviene sull’argomento nell’ambito della procedura catch the eye. Sta utilizzando il tempo di parola di altri parlamentari.
La procedura catch the eye è chiusa.
Leonard Orban, membro della Commissione. – (RO) Signor Presidente, in primo luogo vorrei porgere le mie condoglianze alle famiglie delle vittime dell’attacco terrorista sferrato nella provincia di Sistan-Baluchistan in Iran. La Commissione condanna gli attacchi terroristi ovunque vengano perpetrati nel mondo, così come la perdita di vite umane che tristemente comportano.
La Commissione europea è profondamente preoccupata per l’attuale situazione dei diritti umani e delle libertà fondamentali in Iran. Parlando di tale argomento, possiamo citare esempi come le esecuzioni di minori, la discriminazione ai danni di persone che appartengono a minoranze diverse, le notevoli restrizioni imposte alla libertà di espressione e riunione, il maltrattamento dei detenuti, la negazione del diritto a un giusto processo, nonché l’oppressione e l’intimidazione su vasta scala dei sostenitori dei diritti umani e degli oppositori politici.
L’Unione europea ha mantenuto un contatto diretto con l’Iran e ha apertamente manifestato il proprio punto di vista alle autorità iraniane in merito agli sviluppi registrati nel paese.
La Comunità sostiene le libertà fondamentali e i valori universali su cui esse si fondano e si ritiene in obbligo di esprimere il proprio parere ogni qual volta e ovunque tali principi vengono calpestati. Purtroppo, nonostante i numerosi appelli e le dichiarazioni di condanna dell’Unione europea e della comunità internazionale, la situazione dei diritti umani è peggiorata ulteriormente dalle elezioni presidenziali svoltesi in Iran nel giugno 2009.
Molte persone sono state impiccate nel paese nelle ultime settimane. Una di queste, da me già citata, ossia Behnoud Shojaee, minorenne al momento del reato, è stata giustiziata malgrado i reiterati appelli dell’Unione alla commutazione della condanna. E’ probabile che altri minori siano giustiziati a breve. Ci preoccupa inoltre la situazione di sette leader baha’i in Iran, arrestati da oltre 17 mesi, che devono rispondere di gravi accuse come spionaggio e propaganda contro lo Stato. L’ultima udienza prevista è stata nuovamente rinviata il 18 ottobre, lasciando i sette senza alcuna prospettiva chiara di un procedimento giudiziario giusto.
Centinaia di persone sono state trattenute dopo le elezioni presidenziali per aver partecipato alle successive dimostrazioni formulando critiche. I processi contro quanti sono stati ritenuti implicati in tali attività sono ancora in corso. Infatti, la scorsa settimana, quattro persone sono state condannate a morte per il loro coinvolgimento in incidenti post-elettorali.
Desidero infine sottolineare che condividiamo le preoccupazioni espresse dai parlamentari in merito allo stato dei diritti umani in Iran. La Commissione sta seguendo da vicino l’evoluzione della situazione e continueremo a cogliere ogni opportunità per esortare le autorità iraniane a osservare gli impegni internazionali assunti nel campo dei diritti umani, tra cui il rispetto della convenzione internazionale sui diritti civili e politici e la dichiarazione universale dei diritti umani. Migliorare la situazione dei diritti umani in Iran è un elemento fondamentale dell’approccio della Commissione al futuro rafforzamento del dialogo politico e della cooperazione con Teheran.
In risposta alla domanda che mi è stata posta, riteniamo che per ora, viste le attuali circostanze in Iran, non sia il caso di istituire una delegazione della Commissione europea a Teheran.
Presidente. – La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà dopo le discussioni.
Dichiarazioni scritte (articolo 149 del regolamento)
Bogusław Sonik (PPE), per iscritto. – (PL) Esorto l’Unione europea a non assistere passivamente alla violazione dei diritti umani in Iran. L’Unione europea deve assumere una posizione molto più risoluta contro le condanne a morte pronunciate nel paese e le esecuzioni, specialmente quelle contro delinquenti giovani e minorenni. Reagire a quanto sta accadendo oggi in Iran è uno dei banchi di prova più importanti per l’efficacia del nostro mondo occidentale.
Per questo motivo, la Commissione europea deve istituire quanto prima una delegazione dell’Unione europea a Teheran allo scopo di sostenere e rafforzare i dialogo con i leader e la società civile del paese, specialmente per offrire sostegno ai giovani, ai detenuti politici e ai giornalisti. La Commissione deve esercitare sempre maggiore pressione affinché l’Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani mandi un inviato speciale che monitori la situazione per quanto concerne i detenuti politici e garantisca che le autorità iraniane osservino gli standard procedura internazionali e gli obblighi di legge in materia di diritti umani.
L’Unione europea rappresenterà sempre uno standard di riferimento per le libertà civili e i nostri valori democratici europei comuni, anche al di là dei nostri confini. Dovremmo pertanto adoperarci al meglio, attraverso un intenso dialogo con le élite politiche, affinché l’Iran del XXI secolo osservi i diritti umani fondamentali e rispetti il diritto alla vita.
Presidente. – L’ordine del giorno reca la discussione su sei proposte di risoluzione concernenti lo Sri Lanka.
Geoffrey Van Orden, autore. – (EN) Signor Presidente, il popolo dello Sri Lanka – sinhala e soprattutto tamil – hanno patito enormi sofferenze negli ultimi 30 anni a causa di una campagna terrorista spietata condotta dalle tigri della liberazione del Tamil Eelam. Ora che le tigri della liberazione sono state sconfitte sul campo, il governo e il popolo hanno bisogno della nostra solidale comprensione e specialmente della nostra assistenza per cercare di riportare il paese nuovamente sulla via della ripresa e della prosperità, evitando che il terrorismo riemerga.
Vi sono persone, tra cui gli apologisti delle tigri della liberazione, che vorrebbero che un ulteriore colpo fosse inferto al popolo dello Sri Lanka compromettendo gli accordi commerciali preferenziali GSP+ con l’Unione. Spero che la Commissione comprenda che tali scambi, non aiuti, rappresentano la via migliore per la ripresa economica. Dal canto loro, le autorità del paese devono dare risposta alle preoccupazioni manifestate dagli amici della comunità internazionale in maniera che non vi siano scuse per una compromissione dello stato del GSP+.
La priorità immediata, come è ovvio, è il ritorno delle migliaia di civili tamil catturati nel conflitto e ora trattenuti nei campi in condizioni deplorevoli. Il processo deve svolgersi con la massima solerzia invitando la comunità internazionale a offrire il proprio apporto.
Proinsias De Rossa, autore. – (EN) Signor Presidente, appoggio la risoluzione anche se ritengo che non sia sufficientemente critica nei confronti del governo dello Sri Lanka. Nel corso dell’anno abbiamo assistito allo spaventoso assalto militare dell’area da parte delle tigri della liberazione, senza alcun riguardo per le vite o il benessere dei cittadini che, a mio giudizio, sono usati come ostaggi da tutte le parti in causa, per un totale di 90 000 morti. Il mondo è rimasto inorridito e impotente, eppure ancora oggi più di 250 0000 cittadini del paese sono internati senza strutture mediche adeguate, acqua potabile, misure igienico-sanitarie o spazio vitale.
L’odierna risoluzione è un’esortazione relativamente blanda rivolta alle autorità del paese affinché rispettino i diritti dei loro cittadini. Personalmente sono dell’idea che qualora non si dovessero registrare presto progressi di un certo rilievo rispetto alle richieste contenute nella risoluzione, l’Unione europea dovrebbe esercitare pressioni economiche e politiche sul regime dello Sri Lanka.
Lo Sri Lanka dipende per la ripresa economica dagli investimenti stranieri diretti e dal sostegno economico comunitario. Dobbiamo usare tali leve nell’interesse della popolazione locale, compresa quella tamil.
Thomas Mann, autore. – (DE) Signor Presidente, ho due minuti a mia disposizione. La venticinquennale guerra civile in Sri Lanka sembra giunta al termine. In maggio, le truppe del governo hanno catturato le zone a nord del paese nelle mani delle tigri della liberazione. Si spera dunque che un nuovo inizio porti la pace e, con essa, la libertà.
Il popolo sta soffrendo non soltanto a causa degli effetti della guerra civile, ma anche delle conseguenze dello tsunami e altre calamità naturali. L’Unione ha intensificato il commercio estero e sta concedendo tariffe preferenziali superiori a quelle concesse a qualunque altro paese nel sudest asiatico, ma gli aiuti internazionali comportano l’obbligo per le forze politiche del paese di rispettare i diritti umani. Orbene, duecentocinquantamila persone sono trattenute in campi sovraffollati, dove scarseggiano acqua potabile e dotazioni mediche, e le organizzazioni umanitarie si vedono negare l’accesso, mentre dovrebbe essere nell’interesse del governo organizzare il rientro nei villaggi natii il più presto possibile. Il Partito Popolare Europeo (Democratico Cristiano) insiste affinché alla Croce rossa venga affidato un ruolo decisivo.
Altro settore nel quale occorrono cambiamenti è quello della libertà di stampa ed espressione dove è necessario porre fine al sequestro e all’arresto di giornalisti. Gli articoli critici non devono più essere puniti con condanne alla detenzione. In quanto membro della delegazione SAARC, mi sono recato in visita in Sri Lanka molte volte. Sono persuaso che un nuovo inizio per questo paese sarà ricco di opportunità se i leader tamil potranno parteciparvi in maniera costruttiva. Nondimeno, ciò significa rifiutare ogni forma di terrorismo e violenza, significa cooperare sulla strategia per attuare una politica di rispetto dei diritti umani. Per il bene dei cittadini dello Sri Lanka, vorrei che un’espressione più volte ripetuta – “la guerra è un’istituzione” – fosse finalmente consegnata al passato.
(Applausi)
Joe Higgins, autore. – (EN) Signor Presidente, la politica perseguita nei confronti del popolo tamil dal governo del presidente Rajapaksa è sfociata in un incubo per sinhala e tamil in Sri Lanka con una massiccia repressione da parte dello Stato ai danni di persone e gruppi che si sono schierati contro le sue politiche scioviniste.
Dopo la sconfitta delle tigri della liberazione, l’incubo continua per il popolo tamil, specialmente nel nord dello Sri Lanka, con 300 000 persone – di cui 31 000 bambini – trattenuti forzatamente in campi in cui dilagano malnutrizione e malattie.
Ora un nuovo orrore li minaccia, visto che pare che il governo di Rajapaksa intenda trasferire il popolo sinhala a est e a nord del paese, in altre parole colonizzando aree in cui la popolazione di lingua tamil è maggioritaria. Una ricetta sicura per futuri disordini locali.
Il governo di Rajapaksa è di fatto una dittatura con ben poche caratteristiche democratiche, per cui apprezzo l’opportunità offerta dall’odierna risoluzione di condannarlo. Formulo però una riserva in merito al paragrafo 4 perché i principali atti terroristici ai danni della popolazione sono stati in realtà perpetrati proprio dal governo. Sebbene come socialista sia persuaso che nella situazione dello Sri Lanka la guerriglia non possa portare a una soluzione, il popolo tamil ha il diritto di difendersi contro la repressione militare.
Il modo migliore per difendere il popolo tamil consiste in una lotta unita di lavoratori e poveri tamil e sinhala contro l’attuale governo e le sue nuove politiche liberali, nonché in una trasformazione socialista della società del paese nel cui ambito le sue straordinarie risorse potrebbero essere impiegate a vantaggio dell’intera popolazione. Sono fiero di essere associato al partito socialista unito dello Sri Lanka, affiliato al partito socialista in Irlanda, un partito che si è eroicamente contrapposto allo sciovinismo del governo per i diritti del popolo tamil e sinhala e il diritto del popolo tamil all’autodeterminazione.
Heidi Hautala, autore. – (FI) Signor Presidente, tutte le testimonianze dei miei colleghi in merito alle attuali condizioni in Sri Lanka sono state confermate quando la sottocommissione per i diritti umani ha recentemente organizzato un’audizione su questa situazione da incubo.
Possiamo effettivamente confermare che questi 260 000 tamil sono effettivamente soggetti a limitazioni nella loro libertà di movimento, contrariamente a tutte le regolamentazioni internazionali, anche se da mesi la guerra in sé è finita. Possiamo altresì confermare che vengono imposte gravi restrizioni alla libertà di stampa. Ieri Reporter senza frontiere ha classificato lo Sri Lanka al 162° posto su 175 nella graduatoria della libertà di stampa.
Ora dobbiamo chiedere che i rappresentanti di tutti gli organi delle Nazioni Unite delegati possano accedere a tali campi. La risoluzione fa riferimento all’organizzazione di elezioni locali. Quanto a noi, gruppo Verts/ALE, ci limitiamo ad affermazioni meno pretenziose, sperando che vengano appoggiate, in quanto ci basterebbe che si tenessero elezioni.
Per ciò che riguarda la politica in tema di scambi, mi compiaccio molto per il fatto la Commissione ora stia valutando come lo Sri Lanka attua i requisiti dei vari accordi in materia di diritti dell’uomo. Mi aspetto che la Commissione lavori con estrema obiettività e imparzialità e tragga per tempo conclusioni circa il fatto che lo Sri Lanka abbia realmente meritato il trattamento preferenziale previsto dal sistema GSP+.
Bernd Posselt, a nome del gruppo PPE. – (DE) Signor Presidente, i vincitori dovrebbero essere generosi e ritengo che in Sri Lanka molti non l’abbiano ancora compreso. Il punto qui è eliminare la causa del conflitto etnico, che ha subito un’escalation violentissima. Dobbiamo semplicemente renderci conto che non esistono piani che garantiscano ai tamil i loro diritti legittimi. Ambedue le parti devono muoversi l’una verso l’altra per trovare una soluzione politica.
La violenza è stata giustamente combattuta, i perpetratori di tale violenza sono stati sconfitti e non vi è nulla in tema di violenza che si possa lasciar correre. Eliminare le cause della violenza: questo è il vero compito. E’ più facile far cessare una guerra che creare la pace. Lo vediamo in questo momento in Bosnia dove, pur essendo trascorso molto tempo dalla fine del conflitto, non si è ancora trovata una soluzione sostenibile per la pace.
Mi preoccupa la stabilità dello Sri Lanka perché questo problema di minoranze esiste da secoli, esacerbato durante l’epoca colonialista, ragion per cui dobbiamo adoperarci al meglio per mediare tra le due parti e fare in modo che trovino insieme una soluzione.
Lidia Joanna Geringer de Oedenberg, a nome del gruppo S&D. – (PL) Signor Presidente, nel maggio di quest’anno, dopo la vittoria del governo sulle tigri della liberazione, è sembrato che la guerra civile in Sri Lanka si fosse finalmente conclusa dopo tanti anni. In realtà, tuttavia, permangono purtroppo molti problemi che vanno ancora risolti nel paese.
Il governo sta trattenendo oltre 250 000 persone nei campi per motivi politici senza concedere l’accesso neanche alle organizzazioni umanitarie, oltre a reprimere i mezzi di comunicazione. Nel settembre di quest’anno, la Corte suprema a Colombo ha condannato un giornalista a 20 anni di reclusione, esito considerato dalla presidenza dell’Unione una minaccia alla libertà di espressione e recisamente condannato.
Un ostacolo notevole allo sviluppo del paese è rappresentato dalle mine antipersona, che costituiscono una minaccia per la vita e la salute della gente. Lo Sri Lanka non ha ancora aderito alla convenzione di Ottawa che bandisce le mine antipersona. La firma di tale documento contribuirebbe sicuramente a risolvere il problema e, nel contempo, consentirebbe al paese di chiedere assistenza per le vittime delle mine e accelerando le campagne di sminamento, in atto dal 2003 con scarsi risultati.
I cittadini dello Sri Lanka meritano una vera democrazia e una vita dignitosa.
Karima Delli, a nome del gruppo Verts/ALE. – (FR) Signor Presidente, onorevoli colleghi, per mesi il governo dello Sri Lanka ha mantenuto un muro di silenzio in merito alla situazione della popolazione civile tamil, impedendo alle organizzazioni umanitarie e ai mezzi di comunicazione stranieri di avere contatti con essa. Dal marzo 2009 Colombo trattiene quasi tutti i civili sfuggiti alla lotta tra l’esercito e le tigri della liberazione in totale violazione delle disposizioni internazionali e dei diritti umanitari.
In luglio il governo dello Sri Lanka stava trattenendo oltre 280 000 persone in 30 campi presidiati dall’esercito nel nordest dell’isola. I profughi possono lasciarli soltanto per ricevere trattamenti medici di emergenza accompagnati, nella maggior parte dei casi, da una scorta militare. In alcuni ogni settimana muoiono più di 1 000 persone, soprattutto di dissenteria. Le loro condizioni di vita sono spaventose. Il presidente Rajapaksa ha dichiarato la scorsa settimana che sarebbero stati rilasciati soltanto 100 000 profughi tamil.
Vista la gravità della tragedia, l’Unione europea deve intensificare le pressioni esercitate sul governo del paese per ottenere il rilascio immediato e incondizionato di tutti i civili, l’accesso dei giornalisti ai campi e la pronta consegna degli aiuti umanitari.
Charles Tannock (ECR). – (EN) Signor Presidente, essendo un rappresentante di Londra, città che è stata ripetutamente bersaglio dei terroristi negli ultimi 40 anni, provo grande solidarietà per le popolazioni dello Sri Lanka, prescindendo dalle etnie. L’implacabile campagna terrorista scatenata dalle tigri della liberazione ha gravemente inibito lo sviluppo di quello splendido paese.
Il presidente Rajapaksa è giunto al potere democraticamente, determinato a sconfiggere le tigri della liberazione, e tutti coloro che disprezzano il terrorismo dovrebbero complimentarsi con lui per il successo conseguito. Il governo adesso ha la responsabilità di costruire una società post-conflitto contrassegnata da libertà, giustizia e uguaglianza per tutti i suoi cittadini consentendo prioritariamente il ritorno degli sfollati interni e processando i criminali di guerra.
Per quanto debba ammettere che il presidente Rajapaksa possa aver perso un po’ del suo smalto internazionale per alcune sue azioni intraprese in situazione di emergenza nell’immediato dopoguerra, sono persuaso che la maniera migliore per procedere consista nel garantire lo sviluppo di uno Sri Lanka sicuro e prospero, sostenendone il leader e il governo eletti democraticamente. L’Unione europea deve mantenere gli accordi commerciali GSP+ esistenti con il paese perché, se li abolisse, distruggerebbe direttamente un milione di posti di lavoro generando effetti economici indiretti su 2,5 milioni di cittadini innocenti.
Seán Kelly (PPE). – (EN) Signor Presidente, mi compiaccio molto, come parlamentare irlandese, per il fatto che i miei colleghi irlandesi Joe Higgins e Proinsias De Rossa, abbiano descritto le varie preoccupazioni da noi nutrite nei confronti dello Sri Lanka e dell’Iran, preoccupazioni che condivido pienamente. E’ giusto che il mio paese si occupi di tali questioni perché ha vissuto la discriminazione e la perdita di vite umane in Irlanda del nord per tanti anni. Nondimeno, in fine dei conti, l’unica soluzione possibile nasce dalla diplomazia e dalla discussione. Per questo oserei sperare che, entrato in vigore il trattato di Lisbona, i nuovi poteri e lo status conferiti al presidente e all’Alto rappresentante possano essere utilizzati per portare, come auspico, buon senso e comprensione in questi luoghi in maniera che si ravvedano e si impegnino nell’adottare uno stile di vita diplomatico e democratico.
Eija-Riitta Korhola (PPE). – (FI) Signor Presidente, abbiamo seguito e commentato la situazione in Sri Lanka in diverse occasioni, talvolta quasi abbandonando la speranza di trovare una soluzione. Eppure il conflitto, dopo 25 anni, si è concluso quest’anno con la sconfitta delle tigri della liberazione. La guerra, vista la sua durata, ha inevitabilmente mietuto moltissime vittime, per non parlare dei tanti sfollati all’interno del paese, oltre ad aver causato problemi all’economia e all’evoluzione dello stato di diritto. Adesso il paese è entrato in una fase di speranza, sebbene critica.
Si è parlato della preoccupazione per la tragedia di coloro che vivono nei campi. Come affermiamo nella risoluzione, è nostro auspicio che le autorità presto accettino l’assistenza internazionale e aprano i campi agli aiuti umanitari e al personale espressamente addestrato a intervenire in situazione di conflitto. Nel contempo, ci occorre anche l’impegno della comunità internazionale, chiamata a rimboccarsi le maniche per costruire una pace duratura su quell’incantevole isola. Gli aiuti dovrebbero anche comprendere ulteriori somme stanziate dalla Commissione per le attività di sminamento.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE). – (ES) Signor Presidente, vorrei prendere la parola innanzi tutto per ribadire quanto affermato dalla collega Hautala. Non possiamo dimenticare il ruolo che non soltanto la Croce rossa, ma anche le Nazioni Unite svolgono, e devono svolgere, in tale processo.
Vorrei tuttavia anche replicare alle affermazioni dell’onorevole Van Orden poiché mi pare del tutto inappropriato etichettare coloro che cercano di avvalersi di uno strumento diretto, come gli accordi commerciali GSP+, definendoli simpatizzanti o sostenitori delle tigri della liberazione. Non è affatto vero.
Sappiamo che è in atto una valutazione per appurare se le autorità dello Sri Lanka stiano facendo la loro parte per recepire la normativa in materia di diritti umani nell’ordinamento nazionale.
Se tale recepimento non dovesse essere in corso in maniera adeguata, sarebbe del tutto normale e indispensabile per noi chiedere che il sistema GSP+ non sia prorogato. Mi pare pertanto che associare tale proroga, petizione o richiesta a un sostegno alle tigri della liberazione sia decisamente fuori luogo.
Leonard Orban, membro della Commissione. – (RO) Signor Presidente, la Commissione europea ha continuato a monitorare da vicino la situazione in Sri Lanka intraprendendo un idoneo dialogo con il governo del paese volto a creare la base per nuovi rapporti in cui ambedue le parti si impegnino per collaborare nella risoluzione dei principali elementi che sono causa di problemi.
Siamo molto preoccupati per la situazione critica da un punto di vista umanitario esistente nei campi in cui vengono trattenuti gli sfollati interni. Trattenere indiscriminatamente tali persone in Sri Lanka rappresenta una flagrante violazione delle disposizioni del diritto internazionale. Dobbiamo urgentemente garantire sin da ora che tutti coloro che sono rimasti nei campi godano di libertà di movimento e le agenzie umanitarie possano accedervi senza restrizioni, anche per raccogliervi informazioni, in maniera da poter assicurare protezione e assistenza umanitaria.
La Commissione continua inoltre a essere preoccupata per la situazione dei diritti umani in Sri Lanka alla luce delle informazioni pervenutele circa esecuzioni stragiudiziali, rapimenti e gravi intimidazioni dei mezzi di comunicazione. Fintantoché lo scontento dei tamil sarà ignorato e vigerà un clima di impunità, la riconciliazione sull’isola sarà ostacolata. La Commissione è persuasa che la chiave del processo di riconciliazione stia nell’assunzione della responsabilità delle proprie azioni da parte di tutti gli interessati.
Essa ha recentemente concluso una valutazione approfondita della situazione dei diritti umani nel paese il cui compito era accertare se il paese stesse assolvendo o meno gli impegni assunti nel momento in cui è diventato beneficiario del regime speciale di incoraggiamento allo sviluppo sostenibile e al buon governo, GSP+, concesso dall’Unione europea, nonché onorando gli impegni contratti nel quadro del rispetto soprattutto delle normative internazionali in materia di diritti umani.
Dall’indagine sono emerse varie lacune significative per quanto concerne le convenzioni delle Nazioni Unite che regolamentano i diritti umani, vale a dire la convenzione internazionale sui diritti civili e politici, la convenzione contro la tortura e la convenzione sui diritti del fanciullo, a conferma che il paese attualmente non sta applicando le suddette convenzioni.
Con tutta probabilità, come è ovvio, la situazione continuerà a mettere a repentaglio la concessione di ulteriori vantaggi commerciali nell’ambito del GSP+ poiché il prerequisito che tutti i beneficiari del regime sono tenuti a soddisfare è la ratifica, con conseguente effettiva applicazione, di tutte e tre le convenzioni citate poc’anzi.
Presidente. – La ringrazio, Commissario Orban. La discussione è chiusa. La votazione si svolgerà dopo la discussione.
Vorrei cogliere l’occasione per dire qualche parola in merito a una questione sollevata durante le dichiarazioni di voto questo pomeriggio e nuovamente nel corso della procedura catch the eye. Secondo il regolamento nessuna ulteriore richiesta può essere accolta nel momento in cui sono iniziate le dichiarazioni di voto o la procedura catch the eye. Ho domandato ai servizi la cortesia, se possibile, di ribadire nuovamente tale principio. Abbiamo affrontato la questione casualmente oggi, ma in futuro dobbiamo prestare attenzione, altrimenti supereremo nettamente il tempo preannunciato ai parlamentari.
L’ordine del giorno reca la votazione su sei proposte di risoluzione sulla Guinea. Esamineremo prima la proposta di risoluzione comune presentata da sei gruppi in sostituzione di tutte le proposte di risoluzione sull’argomento.
13.1. Guinea (votazione)
13.2. Iran (votazione)
13.3. Sri Lanka (votazione)
Thomas Mann, autore. – (DE) Signor Presidente, vorrei suggerire di stralciare il considerando 3 dalla risoluzione perché la situazione del giornalista Tissainayagam è citata soltanto nel preambolo del testo, non nel suo dispositivo. Durante i negoziati comuni, il punto è stato cancellato dall’ordine del giorno. Raccomando pertanto di eliminare l’argomento anche in tale ambito. Sicuramente avremo modo di riparlarne in altra sede.
(L'Assemblea manifesta il suo assenso alla presentazione dell'emendamento orale)
14. Correzioni e intenzioni di voto: vedasi processo verbale
15. Composizione delle commissioni: vedasi processo verbale
Bernd Posselt (PPE). – (DE) Signor Presidente, mi scuso, ma nel corso di questa giornata ho udito un estremista ungherese di destra citare l’Ungheria a proposito di ogni punto all’ordine del giorno. La pregherei di precisare che abbiamo un ordine del giorno articolato in diversi punti. Forse il collega non ne è a conoscenza.
(Applausi)
Presidente. – Purtroppo il parlamentare in questione non è più presente. Presumo che prenderà atto della sua osservazione.
16. Decisioni concernenti taluni documenti: vedasi processo verbale
17. Dichiarazioni scritte inserite nel registro (articolo 123 del regolamento): vedasi processo verbale
18. Trasmissione dei testi approvati nel corso della presente seduta: vedasi processo verbale
Presidente. – Dichiaro interrotta la sessione del Parlamento europeo.
(La seduta termina alle 16.35)
ALLEGATO (Risposte scritte)
INTERROGAZIONI AL CONSIGLIO (La Presidenza in carica del Consiglio dell’Unione europea è l’unica responsabile di queste risposte)
Interrogazione n. 10 dell’onorevole Aylward (H-0331/09)
Oggetto: Prospettive finanziarie dell’UE per il periodo 2014-2021
Può il Consiglio indicare il probabile calendario che intende seguire per la conclusione dei negoziati sulle prossime prospettive finanziarie dell’UE per il periodo 2014-2021?
(EN) La presente risposta, elaborata dalla presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di ottobre 2009 del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo.
Considerato che l’attuale quadro finanziario copre il periodo 2007-2013, le tre istituzioni hanno convenuto, nell’accordo interistituzionale del 17 maggio 2006, che la Commissione presenterà delle proposte per un nuovo quadro finanziario “prima del luglio 2011”.
Pertanto, il periodo esatto in cui il Consiglio discuterà tale argomento dipende in parte da quando esattamente la Commissione presenterà la propria proposta e su come la presidenza di allora intenderà organizzare i lavori del Consiglio.
Naturalmente, non appena la Commissione effettuerà la propria proposta, il Consiglio esaminerà il documento in modo da adottarlo ben prima che l’attuale quadro finanziario scada.
L’attuale accordo interistituzionale del 17 maggio 2006 e il quadro finanziario 2007-2013 rimarranno in vigore fino a quando non saranno modificati o sostituiti da un nuovo atto e strumento giuridico.
Interrogazione n. 11 dell’onorevole Mitchell (H-0335/09)
Oggetto: Presidente del Consiglio europeo
Se il trattato di Lisbona sarà adottato, il Consiglio europeo di ottobre avrà l’opportunità di gestire le nomine per la carica, recentemente istituita, di presidente del Consiglio europeo.
Il nuovo presidente svolgerà un ruolo estremamente importante rappresentando il Consiglio sulla scena internazionale ed è pertanto essenziale che le nomine siano esaminate con attenzione.
Quale procedura sarà attuata per l’elezione del presidente del Consiglio europeo? In che modo la Presidenza svedese garantirà che detto processo sia equo e democratico e che il candidato eletto rappresenti i principi e i valori dei cittadini dell’Unione europea?
(EN) La presente risposta, elaborata dalla presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di ottobre 2009 del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo.
Con il trattato di Lisbona, il futuro presidente del Consiglio europeo sarà tenuto non solo a svolgere un ruolo importante sulla scena internazionale, come ha indicato l’onorevole parlamentare, ma altresì, più genericamente, a sviluppare il lavoro del Consiglio e assicurarne la preparazione e la continuità.
Non vi è ancora chiarezza circa la data di entrata in vigore del nuovo trattato, né circa i tempi di designazione del futuro presidente del Consiglio europeo. Il trattato è stato approvato da 26 Stati membri, ma è ancora oggetto di ratifica da parte della Repubblica ceca.
Al momento opportuno, il presidente del Consiglio europeo consulterà tutti i propri colleghi per permettere ai capi di Stato o di governo di raggiungere un accordo in merito alla persona più adatta a rivestire tale ruolo. Ai sensi del trattato di Lisbona, spetta unicamente al Consiglio europeo eleggere il proprio presidente, a maggioranza qualificata. Il presidente è eletto per un mandato di due anni e mezzo, rinnovabile un’unica volta.
Interrogazione n. 12 dell’onorevole Crowley (H-0337/09)
Oggetto: La società europea e i benefici delle nuove tecnologie
Può il Consiglio indicare quali programmi sta attuando affinché tutti i settori della società europea possano trarre vantaggio dall’utilizzo delle nuove tecnologie, in continua evoluzione, in particolare in questa congiuntura economica oltremodo difficile?
(EN) La presente risposta, elaborata dalla presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di ottobre 2009 del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo.
Il Consiglio concorda con l’onorevole parlamentare che è fondamentale garantire che tutti i settori della società europea possano trarre vantaggio dall’utilizzo delle nuove tecnologie, in continua evoluzione. Lo è per l’Europa, se vogliamo far fronte alle sfide a lungo termine che si prospettano per tutti noi, come la globalizzazione, il cambiamento climatico e l’invecchiamento demografico. A breve termine, è altresì vitale preparare il terreno per una ripresa sostenibile delle nostre economie.
Una serie di programmi e attività organizzati dalla Comunità europea nell’ambito della ricerca, dello sviluppo tecnologico e dell’innovazione contribuiscono a garantire che tutti i settori della società europea possano trarre vantaggio dall’utilizzo delle nuove tecnologie, in continua evoluzione:
- Il Settimo programma quadro di azioni comunitarie di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione, adottato per il periodo 2007-2013, ha l’obiettivo generico di rafforzare le basi scientifiche e tecnologiche dell’industria comunitaria. Il trasferimento tecnologico, che assicura che i risultati della ricerca e le tecnologie siano resi disponibili alla società, è parte integrante del programma quadro. Tale strumento mira a fornire altresì una base più stabile per lo spazio europeo della ricerca (ERA) fornendo alla ricerca e all’investimento nella stessa e nello sviluppo tecnologico condizioni favorevoli, nonché una governance efficiente ed efficace, in modo da contribuire fattivamente allo sviluppo sociale, culturale ed economico di tutti gli Stati membri. I prossimi programmi quadro dovrebbero affrontare in modo più mirato le grandi sfide della società. Le conclusioni del Consiglio che determineranno come operare in tal senso, con ampio coinvolgimento delle parti interessate, verranno presentate durante la presidenza svedese.
- Il programma quadro per la competitività e l’innovazione (CIP), adottato per il periodo 2007-2013, ha come obiettivo primario le piccole e medie imprese, sostiene le attività innovative (ivi compresa l’eco-innovazione), offre un accesso migliore ai finanziamenti ed eroga servizi di supporto. Incoraggia l’adozione e un utilizzo migliore delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione. Promuove inoltre un maggiore ricorso alle energie rinnovabili e l’efficienza energetica.
Oltre ai suddetti programmi, l’Istituto europeo di innovazione e tecnologia (EIT), istituito con un regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio di marzo 2008, mira a contribuire alla crescita economica sostenibile e alla competitività dell’Europa rafforzando le capacità di innovazione degli Stati membri e della Comunità. Tale istituzione si basa sul concetto del triangolo della conoscenza, in cui si favorisce l’interazione tra istruzione superiore, ricerca e innovazione al fine di ottimizzare l’utilizzo degli investimenti europei in materia di conoscenza. La promozione del triangolo della conoscenza è una delle priorità della presidenza svedese.
Tutti questi programmi sono attualmente attuati dalla Commissione. L’Istituto europeo di innovazione e tecnologia, dal suo canto, gode di un elevato grado di autonomia nelle proprie attività.
Oltre a tali programmi e iniziative della Comunità europea, il Consiglio si è impegnato a individuare iniziative di interesse comune nel settore della ricerca in Europa, attraverso il coordinamento volontario dei programmi nazionali degli Stati membri. Tale attività mira a fronteggiare grandi sfide mondiali e sociali, al fine di rafforzare la capacità europea di trasformare i risultati della propria ricerca in benefici tangibili per la società e per la competitività generale della propria economia.
Per quanto attiene alla politica di innovazione, l’iniziativa “mercato guida” stabilita da una comunicazione della Commissione su invito del Consiglio, mirerà a promuovere i mercati di prodotti e servizi innovativi verso settori come l’informatizzazione della sanità. Tale iniziativa è volta a trarre dalla ricerca e dallo sviluppo di nuove tecnologie benefici pratici per tutta la società.
A dicembre 2008, il Consiglio ha adottato “Vision 2020”. In seno a tale documento ha dichiarato che, entro il 2020, tutte le parti coinvolte beneficeranno appieno della cosiddetta “quinta libertà” in seno allo spazio europeo della ricerca: libera circolazione dei ricercatori, della conoscenza e della tecnologia. Durante la presidenza svedese dovrebbe essere approvato un nuovo schema di governance, che prevede una strategia più coerente.
La strategia i2010 riunisce tutte le politiche, iniziative e azioni dell’Unione europea che mirano a dare nuovo impulso allo sviluppo e all’utilizzo di tecnologie digitali nella vita privata e lavorativa di ogni giorno. La strategia i2010 comprende diverse azioni come la regolamentazione e il finanziamento della ricerca e di progetti pilota, nonché la promozione di attività e partenariati con le parti interessate. Per far fronte alle sfide di una crescita continua e di uno sviluppo più ecocompatibile, il Consiglio sta attualmente promuovendo sforzi per un nuovo programma europeo di politiche per le tecnologie dell’informazione della comunicazione.
Per concludere, vorrei ricordare che il piano europeo di ripresa economica adottato dal Consiglio europeo a dicembre 2008 prevede misure nel settore della ricerca e dello sviluppo tecnologico, come lo sviluppo di una rete a banda larga anche in settori poco serviti. Il Consiglio europeo ha accettato di raggiungere una piena copertura Internet ad alta velocità in seno all’Unione europea entro il 2013. Gli Stati membri hanno fatto proprie le proposte della Commissione europea di assegnare, a partire da gennaio 2009, un miliardo di euro per sostenere le aree rurali a entrare in rete, creare nuovi posti di lavoro e contribuire alla crescita delle aziende.
Interrogazione n. 13 dell’onorevole Gallagher (H-0339/09)
Oggetto: Adesione dell’Islanda
Può il Consiglio riferire sullo stato attuale dei negoziati di adesione dell’Islanda con l’Unione europea?
(EN) La presente risposta, elaborata dalla presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di ottobre 2009 del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo.
La domanda di ammissione all’Unione europea da parte dell’Islanda è stata presentata ufficialmente il 16 luglio 2009 al presidente del Consiglio europeo, al primo ministro svedese, Fredrik Reinfeldt, nonché al presidente del consiglio “Affari generali e relazioni esterne”, Carl Bildt, e inoltrata immediatamente ai membri del Consiglio. La presidenza svedese guarda con favore alla domanda di ammissione del’Islanda.
Nel corso della seduta del 27 luglio 2009, il Consiglio ha ricordato il rinnovato consenso all’allargamento espresso nelle conclusioni del Consiglio europeo del 14/15 dicembre 2006, incluso il principio secondo cui ciascun paese candidato all’adesione viene valutato sulla base dei propri meriti, e ha deciso di attuare la procedura stabilita nell’articolo 49 del trattato sull’Unione europea. La Commissione, pertanto, è stata invitata a sottoporre al Consiglio la propria opinione su tale domanda di adesione.
Il Consiglio analizzerà l’opinione della Commissione, non appena tale documento sarà presentato.
Interrogazione n. 14 dell’onorevole Higgins (H-0341/09)
Oggetto: Apertura di collegamenti marittimi in Israele
È il Consiglio disposto a chiedere alle autorità israeliane di consentire l’apertura di collegamenti marittimi al fine di facilitare i rifornimenti essenziali alla popolazione palestinese di Gaza? Reputa il Consiglio che le autorità israeliane rispettino le condizioni degli accordi Euromediterranei?
(EN) La presente risposta, elaborata dalla presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di ottobre 2009 del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo.
Il Consiglio ha ribadito in diverse occasioni l’urgenza di una soluzione durevole alla crisi di Gaza attraverso la piena attuazione della risoluzione 1860 del Consiglio di sicurezza dell’ONU. Per quanto attiene alla questione specifica dell’accesso, posso confermare che l’Unione europea chiede regolarmente l’apertura immediata e incondizionata dei valichi al fine di permettere il flusso di aiuti umanitari, beni commerciali e persone da e verso Gaza, senza i quali la fornitura senza ostacoli di aiuti umanitari, la ricostruzione e la ripresa economica non saranno possibili, nel rispetto della piena attuazione dell’accordo sulla circolazione e l’accesso del 2005.
L’accordo euro-mediterraneo con Israele fornisce un quadro per il dialogo politico, permettendo lo sviluppo di rapporti politici stretti tra le parti. Tale dialogo e cooperazione possono favorire lo sviluppo di una migliore comprensione reciproca e ci forniscono l’opportunità di sollevare con le autorità israeliane, a diversi livelli, tutte le questioni importanti.
Vorrei aggiungere altresì che il Consiglio continua a ritenere che il processo politico, basato sugli impegni presi in precedenza dalle parti, rappresenti il solo modo di raggiungere una soluzione negoziata e concordata tra le parti, fondata sull’esistenza di due Stati, che possa portare a uno Stato palestinese indipendente, democratico, contiguo e vivibile, in grado di vivere fianco a fianco allo Stato di Israele, in pace e sicurezza.
Interrogazione n. 15 dell’onorevole Toussas (H-0346/09)
Oggetto: Esercizio di schedatura elettronica nell’Unione europea
In soltanto una settimana, 1.041.821 persone in totale sono state schedate alla loro entrata in Grecia o alla loro uscita da tale paese nel quadro di un esercizio su vasta scala realizzato in 24 Stati membri dell’Unione europea tra il 31 agosto e il 6 settembre 2009. Complessivamente, nell’Unione europea, 12.907.581 persone sono state oggetto di una schedatura o di una registrazione elettronica. L’esercizio, realizzato su mandato del Comitato per l’immigrazione dell’Unione europea (documento n. 10410/09), si prefiggeva di raccogliere i dati personali di tutte le persone che entrano nell’Unione europea o che escono dalle sue frontiere. La Grecia, nel mettere in pratica il quadro istituzionale dell’Unione europea, che i governi della Nuova Democrazia e del PASOK hanno accettato e adottato, si è classificata quinta quanto al numero di persone che si è affrettata a schedare.
Qual è la posizione del Consiglio dinanzi a tali esercizi, che sono realizzati allo scopo di costruire un’“Europa- fortezza” e di instaurare un gigantesco sistema elettronico di controllo delle frontiere e di schedatura di tutti i viaggiatori e che limitano drasticamente le libertà e i diritti democratici fondamentali?
(EN) La presente risposta, elaborata dalla presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di ottobre 2009 del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo.
Il Consiglio desidera far notare all’onorevole parlamentare che la raccolta dati realizzata tra il 31 agosto e il 6 settembre 2009 si limitava alla registrazione del numero di ingresso e uscita di diverse categorie di viaggiatori presso diversi tipi di frontiere e non prevedeva la registrazione di dati personali.
Lo scopo di tale esercizio era infatti raccogliere dati confrontabili su ingresso e uscita di diverse categorie di viaggiatori presso diversi tipi di frontiere, in quanto al momento questa tipologia di dati non è disponibile in tutti gli Stati membri. Tali informazioni potrebbero rivelarsi utili ai fini di un lavoro preparatorio della Commissione volto a fornire, a inizio del 2010, una proposta di legge relativa alla creazione di un sistema di registrazione elettronica dei dati di ingresso e uscita. Lo scopo di tale sistema sarebbe, in caso, quello di favorire l’individuazione di soggiornanti fuori termine e l’identificazione di persone prive di documenti.
L’idea di creare un sistema di questo tipo è stata lanciata dalla Commissione in seno alla propria comunicazione di febbraio 2008 “Preparare le prossime fasi della gestione delle frontiere nell’Unione europea”. Detta comunicazione è stata supportata anche dal Consiglio.
Nelle proprie “conclusioni sulla gestione delle frontiere esterne degli Stati membri dell’Unione europea” di giugno 2008, il Consiglio ha ribadito la necessità di sfruttare le tecnologie disponibili per gestire meglio le frontiere esterne e l’immigrazione clandestina. Il Consiglio, pertanto, ha invitato la Commissione, se opportuno, a presentare entro l’inizio del 2010 proposte
relative a un sistema di ingresso/uscita e di registrazione dei viaggiatori per i cittadini di paesi terzi.
Nell’esaminare tale proposta, il Consiglio terrà conto della risoluzione adottata dal Parlamento europeo a marzo 2009 sulle “prossime fasi della gestione delle frontiere nell’Unione europea ed esperienze analoghe in paesi terzi”. Le succitate conclusioni hanno sottolineato la necessità che tutti i nuovi sistemi siano pienamente conformi al diritto comunitario, ai principi in materia di protezione dei dati, diritti umani, protezione internazionale e proporzionalità, e tengano conto dell’approccio costo/benefici e del valore aggiunto della tecnologia.
Posso garantire all’onorevole parlamentare che lo scopo di un sistema di ingresso/uscita non mira a impedire alle persone di spostarsi in seno all’Unione europea o di costruire un’“Europa- fortezza”, bensì a fornire un quadro migliore di chi si trova attualmente al suo interno. L’equilibro tra sicurezza e integrità è un argomento che la presidenza svedese, e credo anche gli altri Stati membri, segue molto da vicino e non appena la Commissione presenterà la propria proposta, continueremo a farlo.
Interrogazione n. 16 dell’onorevole Andrikienė (H-0350/09)
Oggetto: Posizione del Consiglio in merito alla relazione sul conflitto tra la Russia e la Georgia
Il 30 settembre 2009, la missione d’inchiesta indipendente dell’UE sul conflitto in Georgia ha pubblicato la sua relazione sullo scoppio della guerra tra la Russia e la Georgia nell’agosto 2008. Tale relazione è stata interpretata in modo diverso dalle due fazioni opposte quanto alla questione dell’effettiva responsabilità per le azioni militari e le centinaia di vite perse. Tuttavia, la relazione è piuttosto esplicita circa le provocazioni da parte russa prima della guerra e vi si afferma che il rilascio di passaporti ai cittadini georgiani in Ossezia del Sud e in Abkhazia era da alcuni anni illegale.
Ciò premesso, qual è la posizione del Consiglio su detta relazione e sulle sue conclusioni? In che misura tale relazione influisce sulla situazione politica nella regione? Sta il Consiglio vagliando l’opportunità di un impegno più attivo nella regione al fine di evitare l’escalation del conflitto? Quali misure intende il Consiglio adottare per dare un seguito alla relazione e alle sue conclusioni?
(EN) La presente risposta, elaborata dalla presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di ottobre 2009 del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo.
Il Consiglio ha espresso il proprio apprezzamento all’ambasciatrice Tagliavini e a tutto lo staff della missione d’inchiesta internazionale indipendente sul conflitto in Georgia per il lavoro compiuto nello svolgere questo compito davvero impegnativo. Vorrei far notare, nondimeno, che si tratta di una relazione indipendente. L’Unione europea ha sostenuto l’idea di un’indagine, dato mandato di istituire una missione d’inchiesta e fornito alla stessa sostegno finanziario, ma non è stata coinvolta in nessun modo né nell’indagine, né nei risultati che questa ha prodotto. L’Unione europea ha accolto con favore la presentazione di tale relazione e auspica che i frutti dell’indagine possano contribuire a meglio comprendere le origini e l’evolversi del conflitto che si è scatenato ad agosto 2008, nonché, in una prospettiva più ampia, costituire le basi di futuri sforzi internazionali nel campo della diplomazia preventiva.
Il Consiglio ritiene che una soluzione pacifica e duratura dei conflitti in Georgia debba fondarsi sul pieno rispetto dei principi di indipendenza, sovranità e integrità territoriale riconosciuti dal diritto internazionale, inclusi l’Atto finale di Helsinki della Conferenza sulla sicurezza e la cooperazione in Europa e le risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Esso conserva inalterato il proprio impegno a raggiungere tale obiettivo.
In tal senso, il Consiglio rimane assolutamente fedele alle discussioni internazionali di Ginevra. Quantunque vi siano difficoltà e divergenze tra i partecipanti, il Consiglio reputa che la continuazione delle discussioni di Ginevra sia di grande importanza, in quanto rappresentano la sola occasione in cui tutte le parti coinvolte sono rappresentate e tre attori internazionali di rilievo – UE, OSCE e ONU – operano in stretta collaborazione per sostenere la sicurezza e la stabilità della regione. Attendiamo con trepidazione la ripresa delle consultazioni, l’11 novembre.
Vorrei sottolineare altresì che l’Unione europea continuerà a essere attivamente impegnata in Georgia. Tale impegno è tangibile su più fronti. Anzitutto, attraverso la presenza costante sul territorio della missione di vigilanza dell’Unione europea (EUMM Georgia) – la sola presenza internazionale dopo che le missioni dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa e delle Nazioni Unite hanno dovuto essere sospese – per monitorare l’attuazione degli accordi di cessate il fuoco del 12 agosto e dell’8 settembre 2008, non ancora attivi, contribuire alla stabilizzazione e alla normalizzazione della situazione nelle regioni colpite dalla guerra, e assicurarsi che i diritti umani e lo stato di diritto vengano rispettati. Il mandato della missione di vigilanza è stato esteso fino a settembre 2010.
In questo senso, come l’onorevole parlamentare ben sa, l’Unione europea ha svolto un ruolo di primo piano, a fianco dell’ONU e dell’OSCE, grazie al rappresentante speciale dell’Unione europea per la crisi in Georgia, in qualità di co-presidente alle discussioni internazionali di Ginevra, la sola sede internazionale in cui siano presenti tutte le parti.
In occasione della conferenza internazionale dei donatori del 22 ottobre 2008, l’Unione europea si è, inoltre, impegnata a fornire aiuti finanziari più consistenti incentrata sulla riabilitazione che seguirà il conflitto, sul sostegno agli sfollati interni e sulla stabilità economica.
Attraverso l’attività del proprio rappresentante speciale per il Caucaso meridionale e gli aiuti finanziari, l’Unione sostiene costantemente la Georgia nel processo di riforme interne volte a rafforzare le istituzioni democratiche e lo stato di diritto, nonché nel favorire i contatti tra popolazioni e il dialogo della società civile.
Per concludere, l’impegno dell’Unione si riflette nell’obiettivo e nell’offerta di sviluppare rapporti sempre più stretti con la Georgia e con gli altri paesi del Caucaso meridionale nell’ambito del partenariato orientale.
Interrogazione n. 17 dell’onorevole Włosowicz (H-0352/09)
Oggetto: Integrità e rafforzamento delle democrazie pluralistiche
I paesi europei sono impegnati nel garantire l’integrità e il rafforzamento delle democrazie pluralistiche. Quali misure propone il Consiglio per contrastare gruppi quali quelli del Khalistan, il cui obiettivo è lo smembramento di una nazione libera e democratica come l’India?
(EN) La presente risposta, elaborata dalla presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di ottobre 2009 del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo.
L’Unione europea promuove attivamente i valori che servono a sostenere pace e democrazia. Essi comprendono valori fondamentali come i diritti umani e lo stato di diritto, la libertà, la solidarietà e il rispetto delle diversità.
L’India è una delle società più ampie e pluralistiche del mondo. Tutte le principali religioni, tra cui buddismo, cristianesimo, induismo, islamismo e sikhismo, contano diversi seguaci in questo paese. L’Unione europea riconosce che la legislazione indiana garantisce i diritti individuali e collettivi a livello costituzionale.
L’Unione è nettamente contraria all’uso della forza per cercare di indebolire le istituzioni democratiche esistenti negli Stati come l’India ed è per questa ragione che nel 2005 il Consiglio ha approvato l’inclusione del “Khalistan Zindabad Force - KZF” nell’elenco delle persone, dei gruppi e delle entità ai quali si applicano misure restrittive destinate a combattere il terrorismo. Quando l’elenco è stato aggiornato, a giugno 2009, il Consiglio ha deciso di mantenere il KZF al suo interno.
Interrogazione n. 18 dell’onorevole Cymański (H-0354/09)
Oggetto: Annessione del territorio della provincia del Baluchistan al Pakistan
Consta al Consiglio dell’Unione europea che l’annessione del territorio della provincia del Baluchistan al Pakistan è avvenuta con la forza e la manipolazione? In caso affermativo, ritiene il Consiglio dell’Unione europea che i paesi europei debbano dare pieno sostegno alla richiesta di autonomia e di autodeterminazione del popolo del Baluchistan?
(EN) La presente risposta, elaborata dalla presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di ottobre 2009 del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo.
La questione dell’autodeterminazione della popolazione del Baluchistan non è stata affrontata dal Consiglio. Esso pertanto non ha adottato una posizione sull’argomento specifico sollevato dall’onorevole parlamentare nella propria interrogazione.
Interrogazione n. 20 dell’onorevole Martin (H-0359/09)
Oggetto: Home page (pagina iniziale) del sito Internet del Consiglio
Secondo la scheda informativa del Segretariato generale del Consiglio “Apertura e trasparenza dei lavori del Consiglio” del 22 dicembre 2005, ogni cittadino può accedere ai documenti del Consiglio alle condizioni previste dai testi in vigore. Un registro pubblico dei documenti del Consiglio è accessibile sul sito Internet del Consiglio (http://register.consilium.eu.int).
Come mai allora nella pagina Internet del Consiglio (http://www.consilium.europa.eu/) non vi sono link a detto registro?
Perché il registro (http://register.consilium.eu.int) e la pagina Internet del Consiglio non si attengono agli standard ormai riconosciuti a livello internazionale in materia di apertura, trasparenza e semplicità?
Quali passi intende compiere il Consiglio per semplificare la situazione?
(EN) La presente risposta, elaborata dalla presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di ottobre 2009 del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo.
Il sito del Consiglio possiede già un link al registro pubblico. Quest’ultimo può essere raggiunto più agevolmente cliccando sul banner “accesso ai documenti: registro pubblico”, disponibile direttamente sulla home page del Consiglio. Per facilitare l’accesso al registro, il link è disponibile in tutte e 23 le lingue ufficiali dell’Unione europea.
Il registro pubblico è stato attivato nel 1999 quale strumento di accesso per il grande pubblico ai documenti del Coniglio, aumentando così il grado di trasparenza dell’operato di questa istituzione. Da allora è cresciuto a dismisura e ora contiene più di un milione di documenti e quasi tre quarti di questi sono disponibili in versione integrale. Il registro è stato visitato più di 900 000 volte lo scorso anno, un ulteriore segno di quanto sia apprezzato dagli utenti che, grazie a questo strumento, possono accedere ai documenti del Consiglio in modo agevole.
Vorrei far notare all’onorevole parlamentare che il prospetto informativo cui fa riferimento è obsoleto e non rispecchia più la situazione attuale. A gennaio 2009 è stato sostituito da una nuova pubblicazione, “Come ottenere informazioni sulle attività del Consiglio dell’Unione europea”, scaricabile dal sito del Consiglio in tutte le lingue ufficiali dell’Unione europea.
Il registro del Consiglio viene aggiornato regolarmente, in modo da rispondere alla crescente necessità di informazioni espressa dal pubblico. L’accesso semplice al registro, via Internet, e il rispetto del principio del plurilinguismo hanno portato non solo a un notevole aumento del numero delle consultazioni e delle richieste di documenti, ma anche a una più ampia diffusione professionale e geografica di utenti web che utilizzano questo strumento.
Naturalmente, c’è sempre margine per i miglioramenti e il Consiglio sta lavorando a una modernizzazione del proprio sito. La prima fase – il ridisegno – è ancora in atto, ma in ogni caso il link al registro pubblico verrà mantenuto nella pagina iniziale.
INTERROGAZIONI ALLA COMMISSIONE
Interrogazione n. 33 dell’onorevole Harkin (H-0306/09)
Oggetto: Migliore accesso ai finanziamenti
Tenuto conto delle iniziative positive messe in atto dalla Commissione e dalla Banca europea per gli investimenti (BEI) per garantire l’accesso delle PMI ai finanziamenti di cui hanno estrema necessità (il meccanismo di garanzia per le PMI, lo strumento a favore delle PMI innovative e a forte crescita e i prestiti della BEI alle PMI), e alla luce di un recente sondaggio condotto in Irlanda, da cui emerge che, dal gennaio 2009 a oggi, oltre il 54% delle PMI irlandesi si è visto negare l’accesso ai finanziamenti da parte delle istituzioni finanziarie preposte alla gestione dei prestiti della BEI. Quali provvedimenti concreti sta adottando la Commissione per assicurare che le predette istituzioni finanziarie preposte alla gestione dei fondi in questione permettano alle PMI di beneficiarne? Quali meccanismi ha posto in essere la Commissione onde verificare l’efficacia, l’impatto e l’addizionalità dei prestiti alle PMI?
(EN) La Commissione attua il programma quadro per l’innovazione e la competitività (CIP) in seno agli Stati membri e agli altri paesi che vi prendono parte.
Dei due strumenti disponibili nell’ambito di questo programma, quello a favore delle piccole e medie imprese innovatrici e a forte crescita ha portato, sin dall’inizio del programma, alla sigla di un accordo con un’azienda di capitale di rischio irlandese per un investimento complessivo da parte dell’Unione europea pari a 15 milioni di euro. Nell’ambito del meccanismo di garanzia per le piccole e medie imprese, è stato firmato altresì un contratto con un intermediario finanziario irlandese, la First Step Ltd., fornitrice di micro finanziamenti che garantisce prestiti fino a un massimo di tre miliardi di euro, da utilizzare per lo sviluppo economico.
Sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea del 26/09/2007 e del 14/12/2007 sono state pubblicate delle comunicazioni volte a informare i potenziali intermediari finanziari come partecipare a tale programma. Tutte le domande di partecipazione vengono esaminate dal Fondo europeo per gli investimenti (FEI) a nome della Commissione.
Garanzie e investimenti concessi nell’ambito di questi meccanismi sono soggetti alla condizione che i finanziamenti vengano utilizzati per concedere prestiti o effettuare investimenti nei settori chiave stabiliti dalla base giuridica del CIP.
Per verificare l’efficacia, l’impatto e l’addizionalità degli strumenti, la Commissione utilizza i meccanismi imposti dal regolamento finanziario e dalla base giuridica del programma quadro per l’innovazione e la competitività:
l’efficacia degli strumenti viene verificata per mezzo di relazioni trimestrali presentate dagli intermediari finanziari e di valutazioni esterne;
l’impatto è verificato, tra l’altro, attraverso statistiche sul numero di aziende sostenute, il quantitativo di investimenti realizzati e il numero di posti di lavoro all’interno delle piccole imprese che beneficiano di una garanzia o di un investimento comunitari;
l’addizionalità è ottenuta anche grazie a intermediari di sostegno in modo da aumentare sensibilmente il volume dei prestiti ed effettuare investimenti di capitale di rischio.
Oltre ai finanziamenti resi disponibili dalla Commissione per mezzo del CIP, la Banca europea per gli investimenti (BEI) concede alle piccole e medie imprese prestiti volti a sostenerne gli investimenti tramite finanziamenti a medio e lungo termine. Tale sostegno viene prestato attraverso intermediari bancari locali che, a loro volta, effettuano prestiti alle PMI beneficiarie finali secondo le proprie specifiche politiche creditizie.
La Commissione non è coinvolta negli accordi tra la BEI e le banche intermediarie, ma questa verifica attivamente l’attribuzione dei fondi concessi alle piccole e medie imprese dai propri intermediari irlandesi (sono già stati stanziati 125 milioni di euro e a breve ne saranno stanziati altri 50, su un impegno totale della BEI pari a 350 milioni di euro). Ai sensi dell’accordo fra la Banca europea per gli investimenti e le banche intermediarie, queste ultime devono rispettare dei termini entro i quali allocare alle piccole e medie imprese i fondi ricevuti. Le banche hanno riferito alla BEI che i finanziamenti vengono concessi a un ritmo relativamente lento e a un tasso che rispecchia una domanda di contributi all’investimento a medio o lungo termine inferiore da parte delle piccole e medie impresi irlandesi.
Secondo le informazioni fornite dalla Banca europea per gli investimenti, sebbene attualmente le piccole e medie imprese abbiano conosciuto maggiori difficoltà a ottenere credito, il perdurare del sostegno delle banche irlandesi al settore delle PMI continua a essere una delle loro massime priorità. In particolare, gli intermediari della BEI non hanno dato ad intendere che stanno dirottando una percentuale significativamente più ampia di piccole e medie imprese aventi diritto e rispettive domande di investimenti a medio e lungo termine. Il personale della Banca europea per gli investimenti incontrerà a breve le banche irlandesi per verificare sei vi sono ostacoli non previsti nella distribuzione dei finanziamenti BEI e per far accelerare la concessione di finanziamenti da parte delle banche alle piccole e medie imprese loro clienti.
Interrogazione n. 34 dell’onorevole Papastamkos (H-0307/09)
Oggetto: Riciclaggio di denaro sporco nel calcio europeo
Di quali elementi dispone la Commissione in merito al riciclaggio di denaro sporco nel mercato calcistico europeo? Quali misure propone per arginare tale fenomeno?
(EN) Nel proprio libro bianco sullo sport, pubblicato a luglio 2007(1), la Commissione ha segnalato che la corruzione, il riciclaggio di denaro e le altre forme di crimine finanziario toccano lo sport a livello locale, nazionale e internazionale. Tale documento contiene il piano d’azione Pierre de Coubertin, che, soprattutto attraverso le azioni 44 e 45, propone di affrontare a livello europeo questioni legate alla corruzione transfrontaliera e di sorvegliare l’applicazione delle norme europee contro il riciclaggio del denaro nel settore dello sport.
Al momento, la Commissione non possiede prove dirette di riciclaggio di denaro sporco nel mercato calcistico europeo. Il gruppo di azione finanziaria internazionale (GAFI), l’ente internazionale che stabilisce gli standard mondiali per la prevenzione e la lotta a questo fenomeno, nel luglio 2009 ha pubblicato una relazione sul riciclaggio di denaro nel mercato calcistico. Tale relazione esamina il settore in termini economici e sociali e fornisce casi-tipo volti a identificare i settori che potrebbero essere sfruttati da coloro che vogliono investire denaro illecito nel calcio. I settori vulnerabili sono legati alla proprietà delle società di calcio, al calciomercato e alla titolarità dei cartellini dei giocatori, alle scommesse, ai diritti di immagine, alle sponsorizzazioni e alla gestione delle pubblicità. La relazione, tuttavia, non giunge a conclusioni relativamente all’estensione di tale fenomeno nel mercato calcistico europeo.
A supporto del piano d’azione Pierre de Coubertin, nonché in attuazione del piano stesso, la Commissione ha avviato o sta preparando una serie di studi sugli argomenti oggetto della relazione del GAFI. Entro la fine del 2009 dovrebbe essere ultimata una valutazione sugli agenti dei giocatori (azione 41), che affronterà i problemi posti dalle attività degli agenti dei giocatori in Europa. Nel 2010 verrà condotto uno studio sulle barriere vigenti in seno al mercato interno per quanto attiene il finanziamento allo sport (azione 37). Tra le altre questioni, tale studio affronterà anche quella relativa alle scommesse sportive.
Per concludere, bisognerebbe sottolineare che la Commissione non ha le competenze per verificare specifiche dichiarazioni relative al riciclaggio di denaro sporco o altre forme di crimine finanziario a meno che questi non siano connessi alla protezione degli interessi finanziari della Comunità e rientrino quindi nelle competenze dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF).
Interrogazione n. 35 dell’onorevole Plevris (H-0308/09)
Oggetto: Flusso migratorio verso l’Europa
Intende la Commissione sostenere economicamente le regioni degli Stati membri colpite da massici immigratori illegali (come ad esempio il centro di Atene) e qual è il piano dell’UE a breve e lungo termine per arginare i flussi migratori verso l’Europa? Esiste concretamente un piano per far pressioni sugli Stati che inviano immigrati o che ne consentano il passaggio (come la Turchia) affinché ne accettino il rimpatrio? Intende la Commissione accettare l’equa ripartizione degli immigrati illegali tra gli Stati membri in proporzione alla rispettiva popolazione di modo che a subirne la pressione non siano solo gli Stati membri mediterranei?
(EN) L’Unione europea fornisce sostegno finanziario agli Stati membri nel settore dell’immigrazione attraverso i quattro fondi stabiliti nel quadro del programma generale “Solidarietà e gestione dei flussi migratori”, ovvero il Fondo europeo per l’integrazione dei cittadini dei paesi terzi, il Fondo europeo per i rifugiati, il Fondo europeo per le frontiere esterne e il Fondo europeo per i rimpatri. Gli ultimi due, in particolare, aiutano gli Stati membri a prevenire e affrontare le conseguenze dell’immigrazione clandestina. Tali fondi sono gestiti in modo decentralizzato da parte delle autorità nazionali di ciascun paese membro.
La Commissione europea, inoltre, sta già fornendo aiuti tecnici e finanziari volti allo sviluppo di un dialogo e, in alcuni casi, sta anche conducendo negoziati con paesi terzi di origine e di transito del flusso migratorio in modo da migliorarne le capacità di fronteggiare l’immigrazione clandestina, nel rispetto dei principi internazionali, e favorire la cooperazione in tale materia tra questo paese e l’Unione europea.
Per quanto attiene alla cooperazione con paesi terzi di transito, bisognerebbe evidenziare che la Commissione sta negoziando con la Turchia, a nome della Comunità europea, un accordo di riammissione che dovrebbe prevedere anche disposizioni relative alla riammissione di cittadini di paesi terzi. La Commissione, che, in Turchia, sta già sovvenzionando progetti per quasi 90 milioni di euro a sostegno della capacità di questo paese di allineare la propria legislazione e le proprie pratiche amministrative agli standard dell’Unione europea in materia di sorveglianza delle frontiere, prevenzione e gestione della migrazione clandestina e concessione di asilo, sta inoltre sollecitando le autorità turche a sviluppare ulteriormente la propria cooperazione con l’Unione europea in tutti questi settori.
A fronte di ciò, nonché per dare seguito immediato al Consiglio europeo di giugno 2009, il 16 e 17 settembre una delegazione di alti funzionari della Commissione si è recata ad Ankara, allo scopo di discutere assieme alle autorità turche la possibilità di riprendere le negoziazioni formali sull’accordo di riammissione tra la Turchia e la Comunità europea, nonché modalità e mezzi per aumentare il loro impegno nella prevenzione della migrazione clandestina e nella gestione dei flussi migratori misti. La missione ha riferito che le autorità turche sono pronte a intensificare la cooperazione con l’UE e a sottoscrivere un impegno formale e un insieme di misure concrete in occasione della visita del vicepresidente Barrot e del ministro Billström all’inizio di novembre del 2009.
La Commissione è pienamente cosciente delle specifiche e sproporzionate pressioni migratorie che gravano su alcuni Stati membri e segnala che il Consiglio europeo ha evidenziato, nelle proprie conclusioni del 18 e 19 giugno 2009 che esso plaude all’intenzione della Commissione di intraprendere delle iniziative in tal senso. Sebbene la questione della ripartizione degli immigrati clandestini non venga attualmente affrontata a livello europeo, la Commissione reputa fondamentale fornire aiuti concreti a sostegno dei paesi mediterranei maggiormente colpiti. A tal fine sta perseguendo iniziative di nuove forme di solidarietà, come la ripartizione tra gli Stati membri dei beneficiari di protezione internazionale, su base volontaria, al fine di ridurre l’onere sproporzionato che grava su alcuni paesi membri grazie all’assistenza di altri. Il primo progetto pilota è in fase di sviluppo a Malta.
Interrogazione n. 36 dell’onorevole Paleckis (H-0309/09)
Oggetto: Risparmi sui costi amministrativi
Attualmente, in un’epoca di crisi economica e finanziaria, gli Stati membri dell’Unione europea intraprendono sforzi notevoli per ridurre i costi amministrativi dell’apparato statale e per utilizzare in modo più possibile parsimonioso i mezzi e le risorse disponibili. Gli Stati membri e, fattore ancora più importante, anche i cittadini dell’UE si attendono indubbiamente passi analoghi anche da Bruxelles.
Quali misure ha già adottato la Commissione in detta direzione e quali azioni intende avviare in futuro?
(EN) La Commissione si è impegnata fino in fondo a utilizzare in modo più possibile parsimonioso le proprie risorse amministrative. Per il 2010, essa ha proposto un modesto aumento del 0,9 per cento dei propri costi amministrativi.
Questa spesa lievemente maggiorata è dovuta agli effetti delle crescenti necessità di sicurezza, a un’ingente mobilità dalle sedi centrali a quelle periferiche per rafforzare la proiezione esterna delle politiche interne nonché all’aumento del costo dell’energia.
Per riconciliare le priorità politiche con le limitazioni di bilancio, la Commissione ha compiuto particolari sforzi per limitare le spese e utilizzare le proprie risorse nel miglior modo possibile.
Anzitutto, per il 2010, la Commissione non ha richiesto nuove assunzioni. Le necessità in termini di risorse umane saranno sanate con la mobilità interna (circa 600 trasferimenti nel 2010).
Secondariamente, un attento esame di tutte le voci di spesa ha portato a risparmiare, grazie alla riduzione dei costi di alcuni beni, all’applicazione dei principi ecologici e allo sfruttamento delle tecnologie.
In terzo luogo, la Commissione si è già impegnata a soddisfare tutte le necessità di personale fino al 2013 con un numero costante di risorse umane, salvo il verificarsi di eventi significativi che rischino di comprometterne seriamente le competenze o il regime linguistico. Essa manterrà altresì un’attenta analisi dei diversi tipi di spesa e coglierà tutte le opportunità di risparmio.
Per concludere, la Commissione attuerà i propri ambizioni obiettivi politici pur limitando i propri costi amministrativi al massimo delle proprie possibilità.
Interrogazione n. 37 dell’onorevole Hedh (H-0313/09)
Oggetto: Strategia dell’UE in materia di alcol
Sono passati quasi tre anni da quando è stata approvata la strategia dell’UE sul consumo di alcol. L’idea era di procedere a una sua valutazione entro l’estate del 2009. Consta all’interrogante che la Commissione avrebbe deciso di rinviare la valutazione di detta strategia.
Ciò premesso:
Per quale motivo non si è proceduto alla valutazione della strategia? Per quando è prevista la valutazione della strategia dell’UE in materia di alcol? Quali misure ha la Commissione adottato per monitorare l’attuazione della strategia nei vari Stati membri?
(EN) La Commissione desidera ringraziare l’onorevole parlamentare per l’attenzione mostrata verso un importante aspetto della politica in materia di sanità pubblica, ossia quella relativa all’alcol.
In occasione del forum su alcol e salute, organizzato il 21 e 22 settembre dalla presidenza svedese dell’Unione europea e dalla Commissione, la direzione generale per la Salute e i consumatori ha presentato la prima relazione sullo stato di avanzamento dei lavori relativa all’attuazione della strategia dell’Unione europea in materia di alcol. Tale relazione è disponibile sulle pagine Internet della direzione per la Salute della Commissione(1).
Come riportato nella relazione, la Commissione aiuta gli Stati membri ad attuare tale strategia a livello nazionale in diversi modi, tra cui l’istituzione di un comitato per la politica nazionale e le azioni in materia di alcol quale sede di condivisione delle esperienze e di sviluppo degli approcci comuni per gli Stati membri. Questo comitato finora si è riunito cinque volte.
La Commissione ha sostenuto altresì l’operato di un comitato impegnato nello sviluppo di indicatori comuni che permettesse di effettuare analisi comparative in seno all’Unione europea. La relazione sullo stato di avanzamento dei lavori descrive le azioni intraprese finora negli Stati membri, con particolare riferimento alle buone pratiche concordate nella raccomandazione del Consiglio del 2001(2). La Commissione ha condotto altresì due verifiche sull’attività degli Stati membri nelle aree prioritarie identificate nella strategia. L’allegato 1 della relazione sullo stato di avanzamento dei lavori fornisce un aggiornamento delle attività degli Stati membri sin dall’adozione della strategia.
Raccomandazione del Consiglio, del 5 giugno 2001, sul consumo di bevande alcoliche da parte di giovani, in particolare bambini e adolescenti, GU L 161 del 16.6.2001.
Interrogazione n. 38 dell’onorevole Paksas (H-0314/09)
Oggetto: Energia
Giustifica la difficile situazione economica in cui versano gli Stati membri dell’Unione europea, compresa la Lituania, l’attuazione delle disposizioni dell’articolo 37 dell’atto relativo alle condizioni di adesione della Repubblica ceca, dell’Estonia, di Cipro, della Lettonia, della Lituania, dell’Ungheria, di Malta, della Polonia, della Slovenia e della Slovacchia, nonché dell’articolo 4 del protocollo n. 4, onde consentire alla Commissione europea di decidere di rinviare dal 2009 al 2012 il termine per la chiusura dell’unità 2 della centrale nucleare di Ignalina cui si è impegnata la Lituania?
(EN) La sicurezza nucleare è una priorità assoluta per l’Unione europea, come dimostrato dall’adozione all’unanimità, da parte del Consiglio, della direttiva sulla sicurezza nucleare il 25 giugno 2009(1). Considerati i punti deboli intrinseci nel progetto del reattore (in particolare la mancanza di contenimento secondario del reattore), è impossibile portare la centrale nucleare di Ignalina agli adeguati standard di sicurezza. Gli adeguamenti realizzati in passato hanno permesso solamente la sicurezza di base per l’operatività dell’impianto fino al termine del 2009, quando l’unità 2 della centrale dovrà essere chiusa, nel rispetto degli impegni assunti dalla Lituania in vista dell’adesione all’Unione europea. E’ possibile fare appello alla clausola di salvaguardia contenuta nell’articolo 37 dell’atto di adesione della Lituania, con riferimento a gravi difficoltà economiche, solo per i tre anni successivi all’adesione stessa.
L’Unione ha fornito e continua a fornire aiuti finanziari per 1,3 miliardi di euro a sostegno dello smantellamento della centrale nucleare di Ignalina e dello sviluppo di fonti energetiche alternative in Lituania. Tali sovvenzioni sono condizionate al rispetto da parte lituana delle scadenze concordate per la chiusura del suddetto impianto.
Il protocollo n. 4 dell’atto di adesione riconosce il miglioramento ambientale della centrale termoelettrica lituana quale principale sostituto della centrale nucleare di Ignalina. Tale miglioramento è stato ultimato a settembre 2008 e pertanto non è previsto nessun calo nella fornitura energetica dopo la chiusura dell’impianto. La Commissione, inoltre, ha finanziato sistemi di teleriscaldamento a Ignalina, misure per l’efficienza energetica negli edifici a uso abitativo e una centrale a turbogas a ciclo combinato, che dovrebbe essere ultimata entro il 2013.
E’ importante continuare a lavorare per garantire la sicurezza energetica della regione baltica, anche migliorando l’efficienza energetica e i collegamenti transfrontalieri. Con il sostegno della Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo, la Commissione si è impegnata a continuare a operare in stretta collaborazione con la Lituania per garantire uno smantellamento efficiente della centrale nucleare di Ignalina.
Direttiva 2009/71/Euratom del Consiglio, del 25 giugno 2009 , che istituisce un quadro comunitario per la sicurezza nucleare degli impianti nucleari, GU L 172 del 2.7.2009.
Interrogazione n. 39 dell’onorevole Nitras (H-0315/09)
Oggetto: Vignette autostradali in Austria
La maggior parte dei paesi europei ha introdotto un pedaggio per l’utilizzo delle autostrade e di alcune superstrade. Il pagamento del pedaggio avviene in modi distinti e caratteristici per ciascun paese. Il pedaggio, infatti, può essere riscosso direttamente ai caselli d’ingresso ad una determinata tratta di strada o tramite una vignetta temporanea. La fissazione del costo delle vignette è determinata liberamente da ciascuno Stato membro dell’Unione europea.
A titolo di esempio si riportano alcune soluzioni adottate in vari Stati membri dove, secondo l’interrogante, il modo in cui sono riscossi i pedaggi arreca danno ai veicoli in transito verso un altro paese. Occorre osservare che i conducenti di detti veicoli generalmente attraversano un dato paese in un solo giorno ma non hanno la possibilità di ottenere una vignetta giornaliera (ad esempio in Austria o nella Repubblica ceca).
La possibilità di imporre e riscuotere pedaggi per l’utilizzo delle autostrade costituisce senza dubbio un diritto di ciascuno Stato membro. La mancanza di norme uniformi, tuttavia, per quanto riguarda l’adeguamento del pedaggio riscosso alla durata effettiva del viaggio percorso in autostrada può rappresentare una seria minaccia a uno dei principi fondamentali dell’Unione europea, ossia la libera circolazione delle persone. In considerazione di quanto sopra illustrato, e alla luce del principio della libera circolazione dei cittadini dell’Unione europea, non sarebbe forse opportuno che la Comunità europea elaborasse orientamenti indirizzati agli Stati membri per definire in materia un quadro ugualitario per tutti?
(EN) Un quadro ugualitario per il trattamento degli utenti delle strade europee esiste già, limitatamente al trasporto commerciale. La direttiva 1999/62 relativa alla tassazione a carico degli utenti delle strade europee (Eurovignetta)(1)modificata dalla direttiva 2006/38(2) regola il quadro della tassazione a carico di autoveicoli pesanti in modo che l’imposizione di pedaggi sulla base del kilometraggio o dei diritti di utenza non diano adito a discriminazione, in maniera diretta o indiretta, sulla base della nazionalità, del paese o del luogo di attività o registrazione del veicolo, o dell’origine o destinazione dell’operazione di trasporto. La direttiva stabilisce che i diritti di utenza temporanei devono essere disponibili in versioni che vanno da quella giornaliera a quella annuale.
Gli Stati membri sono liberi di imporre pedaggi e diritti di utenza anche ad altri mezzi, come veicoli leggeri, autobus e autovetture, secondo quanto previsto dalla legislazione nazionale e nel rispetto dei principi di non discriminazione e proporzionalità stabiliti dal trattato. Pedaggi proporzionali per il transito o l’utilizzo a breve termine delle infrastrutture dovrebbero essere disponibili sia all’interno che all’esterno dello Stato membro cui si applicano, con il minor disturbo possibile al flusso di traffico.
Interrogazione n. 40 dell’onorevole Iturgaiz Angulo (H-0317/09)
Oggetto: Piano per le acciughe
Lo scorso mese di luglio la Commissione ha approvato un piano a lungo termine per il recupero degli stock di acciughe nel golfo di Biscaglia. Secondo i servizi competenti della direzione generale per la pesca della Commissione, la proposta è stata elaborata tenendo pienamente conto delle richieste dei rappresentanti del settore.
Il commissario Joe Borg auspica la conclusione di un accordo entro la fine dell’anno. Questo vuol forse dire che l’Esecutivo comunitario prevede la possibilità di abolire, il prossimo anno, il divieto di pesca delle acciughe? Il piano prevede cambiamenti nei criteri scientifici seguiti finora per la definizione del TAC?
(EN) La Commissione vorrebbe sottolineare che ogni possibile abolizione dell’attuale divieto dipenderà dallo stato degli stock, come indicato nella relativa consulenza scientifica presentata dal Consiglio internazionale per l’esplorazione del mare (CIEM) alla Commissione. La prossima occasione in cui sarà disponibile tale valutazione sarà giugno 2010, dopo il trattamento dei risultati della valutazione scientifica di primavera. In base al piano proposto, che, per allora, la Commissione auspica sarà in vigore, la pesca di acciughe nel golfo di Biscaglia potrà riprendere se la consulenza scientifica dichiara che la biomassa degli stock supera le 24 000 tonnellate. A livelli inferiori, il piano stabilisce che la pesca deve rimanere chiusa.
Passare a un approccio di gestione a lungo termine non garantisce automaticamente una riapertura della pesca se gli attuali bassi livelli di biomassa perdurano. Quello che il piano stabilisce sono limiti si sfruttamento per gli stock che riducano il rischio di collasso. Esso mira pertanto a garantire all’industria le maggiori possibilità di una pesca stabile, nonché il massimo rendimento che gli stock possono produrre nei limiti della sostenibilità. La Commissione ha sempre basato le proprie proposte sulla migliori possibilità offerte dalla scienza e preso a cuore gli interessi a lungo termine del settore. Il metodo seguito dal piano per determinare le possibilità di pesca annuali gode del pieno appoggio del Consiglio consultivo regionale per le acque sudoccidentali.
Interrogazione n. 41 dell’onorevole Higgins (H-0323/09)
Oggetto: Acidi grassi trans
Intende la Commissione proporre l’introduzione di una direttiva intesa a definire un limite massimo per gli acidi idrogenati / acidi grassi trans negli alimenti, considerando che queste sostanze si sono dimostrate un fattore corresponsabile nell’insorgenza delle malattie coronariche?
(EN) La Commissione si è impegnata a sfruttare i mezzi appropriati disponibili per promuovere la tutela dei consumatori e della salute. Incoraggia iniziative che aiutino a prevenire lo sviluppo di malattie cardiovascolari in Europea. Il consumo di acidi grassi trans è uno dei fattori di rischio delle malattie cardiovascolari in Europea unitamente all’assunzione di grassi in generale e di acidi grassi saturi.
La Commissione ritiene che le abitudini alimentari dipendano da diversi fattori. Influenzare questi ultimi è un esercizio estremamente complesso, che richiede una varietà di azioni. Queste dovrebbero essere proporzionate e tenere conto delle rispettive competenze e responsabilità della Comunità europea e dei suoi Stati membri. In tale contesto, la Commissione da un lato incoraggia misure di autoregolamentazione, dall’altra valuta di imporne di regolamentari. L’estensione di queste ultime sarà sicuramente influenzata dall’efficacia delle misure di autoregolamentazione.
Al momento, la Commissione reputa che una restrizione legislativa a livello comunitario sul contenuto di acidi grassi trans negli alimenti non sarebbe una misura né appropriata né proporzionata.
Interrogazione n. 42 dell’onorevole McGuinness (H-0326/09)
Oggetto: Benessere dei cavalli
La crisi economica ha portato a un declino significativo del valore di vendita dei purosangue. Sul mercato vi è stato un aumento del numero dei cavalli abbandonati in molti Stati membri i cui proprietari non sono in grado di pagare le spese per accudire i propri animali. La Commissione condivide le preoccupazioni espresse dalle organizzazioni animaliste in merito alla situazione dei cavalli in questo periodo? La Commissione ha in programma di esaminare la questione, o ha proposto azioni in merito?
(EN) La Commissione non ha ricevuto informazioni dagli Stati membri o lamentele da organizzazioni non governative per la protezione degli animali relativamente a un sensibile aumento del numero dei cavalli abbandonati a causa del declino del valore di vendita dei purosangue. Nondimeno, la Commissione è a conoscenza del problema grazie ad articoli sull’argomento pubblicati dalla stampa.
La direttiva 98/58/CE del Consiglio del 20 luglio 1998(1)stabilisce le norme minime comuni riguardo alla protezione degli animali negli allevamenti, cavalli inclusi. Essa non si applica agli animali destinati a partecipare a gare, esposizioni o manifestazioni o ad attività culturali o sportive. La direttiva impone agli Stati membri di provvedere affinché i proprietari o i custodi adottino le misure adeguate per garantire il benessere dei propri animali e per far sì che a detti animali non vengano provocati dolori, sofferenze o lesioni inutili.
Gli Stati membri sono i primi responsabili per l’attuazione di detta direttiva e, ai sensi del regolamento (CE) n. 882/2004(2)sui controlli ufficiali, devono intraprendere tutte le misure necessarie a garantire l’attuazione delle disposizioni comunitarie in materia di protezione della salute e del benessere degli animali.
Spetta agli Stati membri assicurare che le opportunità fornite dalla legislazione comunitaria vengano utilizzate con buonsenso, contribuendo così a prevenire la negligenza o l’abbandono di cavalli che, per ragioni economiche, non posso più essere mantenuti in condizioni adeguate. A tale proposito, la Commissione desidera attirare l’attenzione dell’onorevole parlamentare sul regolamento (CE) n. 504/2008(3)sui metodi di identificazione degli equidi, che è importante quando di considera l’opzione del macello di equini, nel rispetto delle condizioni controllate in tema di sicurezza alimentare.
Regolamento (CE) n. 882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo ai controlli ufficiali intesi a verificare la conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti e alle norme sulla salute e sul benessere degli animali, GU L 165 del 30.4.2004.
Regolamento (CE) n. 504/2008 della Commissione, del 6 giugno 2008 , recante attuazione delle direttive 90/426/CEE e 90/427/CEE del Consiglio per quanto riguarda i metodi di identificazione degli equidi, GU L 149 del 7.6.2008.
Interrogazione n. 43 dell’onorevole Kamall (H-0328/09)
Oggetto: Adesione della ex Repubblica iugoslava di Macedonia
Nel marzo 2009 il Parlamento europeo ha votato la risoluzione sulla relazione della Commissione concernente i progressi compiuti dalla ex Repubblica iugoslava di Macedonia nel 2008 (P6_TA(2009)0135). Al paragrafo 10 è detto che “deplora tuttavia che, a tre anni dal conferimento dello status di candidato a divenire uno Stato membro dell’Unione europea, i negoziati di adesione non siano stati ancora avviati, creando una situazione insostenibile che demotiva il paese e rischia di destabilizzare la regione; ritiene auspicabile porre fine a questa situazione eccezionale; esorta ad accelerare il processo di adesione ...”
Il Parlamento della ex Repubblica iugoslava di Macedonia ha infine approvato i 4 atti legislativi necessari per attuare pienamente le priorità chiave del partenariato di adesione, in particolare leggi su affari interni, funzione pubblica, finanziamento dei partiti politici e sul parlamento.
Sulla base delle riforme attualmente in corso nella ex Repubblica iugoslava di Macedonia e visto il ritardo senza precedenti della data di inizio dei negoziati, non prevede la Commissione di raccomandare una data d’inizio dei negoziati per la ex Repubblica iugoslava di Macedonia nella sua prossima relazione sui progressi effettuati?
(EN) La Commissione ha adottato la propria strategia annuale sull’allargamento il 14 ottobre. In tale documento, essa ha dichiarato che, dal conferimento dello status di paese candidato nel 2005, l’ex Repubblica iugoslava di Macedonia ha consolidato il funzionamento della propria democrazia e assicurato la stabilità delle istituzioni, garantendo lo stato di diritto e il rispetto dei diritti fondamentali, sebbene tali sforzi debbano, naturalmente, continuare.
La ex Repubblica iugoslava di Macedonia, inoltre, ha fatto sostanzialmente fronte alle priorità chiave stabilite nel partenariato per l’adesione. In considerazione del generale progresso sul piano delle riforme, la Commissione ritiene che il paese soddisfi sufficientemente i criteri politici stabiliti dal Consiglio europeo di Copenaghen del 1993 e dal processo di stabilizzazione e associazione. Il paese è più prossimo a diventare un’economia di mercato funzionante e ha compiuto progressi in diversi settori connessi alla propria capacità di adempiere agli obblighi di membro.
Alla luce di tali considerazioni e considerate le conclusioni del Consiglio europeo di dicembre 2005 e dicembre 2006, la Commissione raccomanda che i negoziati con l’ex Repubblica iugoslava di Macedonia per l’adesione all’Unione europea vengano aperti.
Rimane essenziale mantenere buoni rapporti di vicinato, inclusa una soluzione sulla questione del nome, negoziata e accettata da tutte le parti, sotto l’egida delle Nazioni Unite.
Interrogazione n. 44 dell’onorevole Schlyter (H-0329/09)
Oggetto: Superamento dei limiti consentiti per le sostanze chimiche nei vestiti
Da uno studio di recente diffusione (SVT Plus, Sveriges Television), è emerso che nei jeans si riscontrano elevati contenuti di varie sostanze chimiche, tra cui il dimetilfumarato, i nonilfenoli etossilati e i metalli pesanti, nettamente superiori ai limiti consentiti. Molte di queste sostanze sono altamente allergeniche e non devono venire a contatto diretto con la pelle. Ciononostante, è evidente che produttori e rivenditori non effettuano controlli sulla sicurezza dei loro prodotti.
Ciò premesso, quali iniziative ha la Commissione adottato o intende adottare per garantire che gli operatori di mercato rispettino la normativa in materia?
(EN) Il rispetto della legislazione comunitaria, come quella relativa ai controlli dei prodotti, è di competenza degli Stati membri. A tale scopo, l’articolo 125 della normativa REACH sulle sostanze chimiche (regolamento (CE) n. 1907/2006)(1)impone agli Stati membri di instaurare un sistema di controlli ufficiali e altre attività adeguato alle circostanze, mentre l’articolo 126 impone agli Stati membri di emanare le disposizioni relative alle sanzioni da irrogare in caso di violazione delle disposizioni di REACH. Il regolamento sull’accreditamento e vigilanza del mercato (regolamento (CE) n. 765/2008, che entrerà in vigore a partire dal 1 gennaio 2010(2)) è un altro strumento che permette agli Stati membri di adottare misure appropriate.
La Commissione era a conoscenza del fatto che la maggior parte degli Stati membri prevedevano che le proprie autorità incaricate dell’applicazione della legge sarebbero state pienamente operative nel 2008, in quanto una buona parte dei paesi UE utilizzava strutture già esistenti, incaricate dell’applicazione della legislazione precedente.
L’Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA) svolge un ruolo di supporto, favorendo il forum per lo scambio di informazioni sull’applicazione delle leggi. Tale forum si occupa specificatamente dell’applicazione delle normative a livello comunitario. Esso funge da piattaforma per lo scambio di informazioni sull’applicazione e coordina una rete di autorità degli Stati membri preposte all’applicazione della legge. Alcuni dei compiti del forum sono proporre, coordinare e valutare progetti di applicazione armonizzata e ispezioni congiunte. Il primo incontro del forum si è svolto a dicembre 2007 e da allora si è riunito due volte l’anno.
Alcune sostanze come i nonilfenoli etossilati e i metalli pesanti erano regolati da restrizioni stabilite dalla direttiva 76/769/CEE del Consiglio(3), ora abrogata da REACH e inclusa nell’allegato XVII.
La Commissione potrebbe rivedere le misure vigenti sulla base di ulteriori informazioni, il che significa che, non appena la Commissione o uno Stato membro riterranno che rischi inaccettabili per la salute umana e l’ambiente debbano essere affrontati a livello comunitario, REACH fornirà un processo atto a intraprendere misure appropriate in merito a tali sostanze, portando, qualora necessario, a una modifica dell’allegato XVII di REACH.
Per quanto attiene il dimetilfumarato, la decisione della Commissione 2009/251/CE(4), redatta ai sensi della direttiva 2001/95/CE sulla sicurezza generale dei prodotti(5), impone agli Stati membri di garantire che non vengano immessi o messi a disposizione sul mercato prodotti contenenti tale sostanza, che venga effettuato il richiamo di questi ultimi presso i consumatori, i quali devono essere adeguatamente informati in merito al rischio derivante dal biocida dimetilfumarato. Qualunque prodotto contenente tale sostanza è pertanto vietato nell’Unione europea.
L’entrata in vigore di REACH ha introdotto nuovi obblighi per i fabbricanti e/o gli importatori di articoli. Dal 1 giugno 2008, tutti i produttori o importatori di articoli sono tenuti a registrare le sostanze che sono destinate a essere rilasciate dai propri articoli in condizioni d’uso normali o ragionevolmente prevedibili qualora queste siano presenti in quantitativi superiori a 1 tonnellata. Ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, inoltre, produttori e importatori di articoli devono notificare all’Agenzia europea per le sostanze chimiche la presenza di sostanze estremamente problematiche, identificate a norma dell’articolo 59, paragrafo 1, e inserite nell’elenco delle sostanze candidate. Questo aumenterà l’informazione relativa alle sostanze estremamente problematiche rilasciate e contenute negli articoli.
Riassumendo, poiché l’applicazione della legislazione comunitaria in materia di sostanze chimiche spetta primariamente agli Stati membri, l’onorevole parlamentare può contare sul totale impegno della Commissione in favore della piena attuazione degli obblighi stabiliti da REACH, nonché sul sostegno attivo all’attività dell’Agenzia europea per le sostanze chimiche, che è responsabile di alcuni compiti tecnici e scientifici connessi al rispetto dei requisiti imposti da REACH. Anche nel campo dei prodotti al consumatore, la responsabilità prima del rispetto della normativa vigente spetta agli Stati membri e la Commissione li incoraggia e li sostiene in questo compito. La pubblicazione delle notifiche di prodotti che contengono dimetilfumarato(6)da parte degli Stati membri ne è un tipico esempio.
Regolamento (CE) n. 1907/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006 , concernente la registrazione, la valutazione, l’autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche (REACH), che istituisce un’Agenzia europea per le sostanze chimiche, che modifica la direttiva 1999/45/CE e che abroga il regolamento (CEE) n. 793/93 del Consiglio e il regolamento (CE) n. 1488/94 della Commissione, nonché la direttiva 76/769/CEE del Consiglio e le direttive della Commissione 91/155/CEE, 93/67/CEE, 93/105/CE e 2000/21/CE, GU L 396 del 30.12.2006.
Regolamento (CE) n. 765/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 luglio 2008 , che pone norme in materia di accreditamento e vigilanza del mercato per quanto riguarda la commercializzazione dei prodotti e che abroga il regolamento (CEE) n. 339/93 (Testo rilevante ai fini del SEE), GU L 218 del 13.8.2008.
Direttiva 76/769/CEE del Consiglio, del 27 luglio 1976, concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati Membri relative alle restrizioni in materia di immissione sul mercato e di uso di talune sostanze e preparati pericolosi, GU L 262 del 27.9.1976.
2009/251/CE: Decisione della Commissione, del 17 marzo 2009 , che impone agli Stati membri di garantire che non vengano immessi o messi a disposizione sul mercato prodotti contenenti il biocida dimetilfumarato [notificata con il numero C(2009) 1723] (Testo rilevante ai fini del SEE), GU L 74 del 20.3.2009.
Direttiva 2001/95/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 dicembre 2001, relativa alla sicurezza generale dei prodotti (Testo rilevante ai fini del SEE), GU L 11 del 15.1.2002.
http://ec.europa.eu/consumers/dyna/rapex/rapex_archives_en.cfm, scorrere la pagina e digitare DMF come criterio di ricerca.
Interrogazione n. 45 dell’onorevole Thomsen (H-0330/09)
Oggetto: Attuazione della direttiva 2002/73/CE da parte della Danimarca
Nel marzo 2007, la Commissione ha inviato al governo danese una lettera di messa in mora concernente l’attuazione, da parte della Danimarca, della direttiva 2002/73/CE(1). Il 4 novembre 2008, l’interrogante si è rivolta per la prima volta alla Commissione al fine di ottenere informazioni in merito alla questione e a quando ci si sarebbe potuta attendere qualche novità. Il 20 novembre 2008, la Commissione ha risposto, affermando di essere in fase di finalizzazione della valutazione relativa all’osservanza, da parte della legislazione danese, della direttiva 2002/73/CE.
Può dire la Commissione quando e come sarà possibile garantire che la Danimarca rispetti le disposizioni della direttiva?
Cfr. interrogazione e risposta precedenti (H-0863/08).
(EN) Il governo danese ha notificato alla Commissione l’adozione dell’atto 387 del 27 maggio 2008, che istituisce un nuovo consiglio per le pari opportunità. Alla luce di tali sviluppi, la Commissione ha deciso di rivedere la propria valutazione sull’osservanza, da parte della legislazione danese, della direttiva 2002/73/CE(2). Nelle prossime settimane la Commissione deciderà sul da farsi e ne darà comunicazione all’onorevole parlamentare.
Direttiva 2002/73/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 settembre 2002, che modifica la direttiva 76/207/CEE del Consiglio relativa all’attuazione del principio della parità di trattamento tra gli uomini e le donne per quanto riguarda l’accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionali e le condizioni di lavoro (GU L 269 del 5.10.2002, p. 15).
Interrogazione n. 46 dell’onorevole Perello Rodriguez (H-0334/09)
Oggetto: Ritardo nei lavori di presentazione della direttiva sui rifiuti organici biodegradabili
Alla fine del 2008 la Commissione ha presentato il Libro verde sulla gestione dei rifiuti organici biodegradabili e, successivamente, ha avviato un processo di consultazione pubblica conclusosi a marzo di quest’anno. Secondo quanto previsto, il prossimo dicembre la Commissione dovrebbe presentare al gruppo di lavoro del Consiglio le conclusioni di dette consultazioni accompagnate, se del caso, da una proposta o un’iniziativa in merito alla strategia di gestione dei rifiuti organici biodegradabili.
Considerando che:
– i lavori di valutazione dell’impatto di un’eventuale proposta legislativa devono essere anch’essi pronti entro la fine di quest’anno,
– questa direttiva costituisce una priorità per il Consiglio dato che, come espresso nelle conclusioni della riunione del 25 giugno 2009 sul Libro verde, “migliorare la gestione dei rifiuti organici biodegradabili contribuirà da un lato a una gestione sostenibile delle risorse e a una migliore protezione del suolo e, dall’altro, alla lotta contro i cambiamenti climatici e al raggiungimento degli obiettivi in materia di ricerca di alternative alle discariche, riciclaggio ed energie rinnovabili”,
potrebbe la Commissione confermare che, nel rispetto dei termini previsti, sarà in grado di presentare una proposta legislativa agli inizi del 2010?
(EN) La valutazione dell’impatto di una normativa sulla gestione dei rifiuti organici biodegradabili è una delle priorità della direzione generale dell’Ambiente della Commissione. Attualmente la Commissione sta ultimando la bozza di valutazione d’impatto e a novembre la sottoporrà ad approvazione interna.
Ulteriori azioni in tema di gestione dei rifiuti organici biodegradabili nell’Unione europea, incluse possibili misure (delle proposte di legge o una comunicazione) dipenderanno dai risultati della valutazione dei pro e dei contro delle diverse opzioni nella gestione di tali rifiuti. Non è previsto, pertanto, che tale decisione venga presa prima della conclusione della valutazione di impatto, presumibilmente a dicembre 2009. Se tale valutazione dimostrerà la necessità di adottare delle misure legislative, la Commissione potrebbe adottare una proposta a primavera del 2010.
Interrogazione n. 47 dell’onorevole Gallagher (H-0340/09)
Oggetto: L’irlandese come lingua di lavoro dell’UE
Può la Commissione rilasciare una dichiarazione esaustiva concernente le misure pratiche adottate dal gennaio 2007 a oggi per integrare l’irlandese come lingua di lavoro nell’UE?
(EN) Come la Commissione ha già indicato nelle risposte alle interrogazioni orali H-0622/08 e H-0636/08, ai sensi del regolamento n. 1 del Consiglio, del 15 aprile 1958, modificato dall’articolo 1 del regolamento (CE) n. 920/2005 del Consiglio, del 13 giugno 2005, l’irlandese ha assunto lo status di lingua ufficiale e di lingua di lavoro dell’Unione europea dal 1 gennaio 2007.
TRADUZIONI
Gli articoli 2 e 3 del regolamento (CE) n. 920/2005 contengono una deroga parziale, rinnovabile, della durata di cinque anni, sull’utilizzo dell’irlandese da parte delle istituzioni europee. In pratica, tale deroga implica che, al momento, solo le proposte di regolamento adottate congiuntamente (e alcuni documenti a essi correlati(1)) e la corrispondenza diretta con il pubblico sono tradotte da o verso l’irlandese.
Nel rispetto di tali disposizioni, pertanto, la Commissione è stata in grado di fornire in irlandese tutte le traduzioni previste in seno al processo legislativo e a garantirne la disponibilità nei tempi previsti. Inoltre sono state fornite in irlandese anche risposte a cittadini o persone giuridiche che si erano rivolti alla Commissione in tale lingua.
La Commissione – nel’ambito della direzione generale della Traduzione (DGT) – ha istituito a tale scopo un’unità indipendente per la lingua irlandese, che al momento conta un facente funzioni Capo unità, un assistente, cinque traduttori a tempo pieno e un esperto nazionale distaccato. Tale organico è sufficiente a coprire l’attuale carico lavorativo, ma la situazione è tenuta costantemente sotto controllo. E’ stato, inoltre, distaccato un secondo esperto nazionale per lavorare con l’unità di traduzione del web. Il personale dell’unità ha ricevuto, nel campo della tecnologia dell’informazione, la formazione necessaria a svolgere il proprio compito. In seno alla direzione generale della Traduzione vengono organizzati, su base costante, anche formazioni specifiche a soggetto. La traduzione irlandese beneficia della collaborazione con le autorità nazionali, soprattutto nell’ambito dello sviluppo terminologico, un fattore estremamente positivo e accolto con particolare gioia, considerata l’assenza di buona parte dell’acquis comunitario in lingua irlandese. Dal 2007 la DGT ha emesso anche diversi bandi di concorso per traduttori di irlandese freelance, in modo da permettere all’unità di lavorare con agenzie di traduzione professionali irlandesi in grado di fornire i propri servizi nei periodi di picco della domanda.
Attualmente è in atto un concorso congiunto Consiglio/Commissione per creare un elenco di riserva cui attingere per assumere i capi delle unità di traduzione di irlandese sia del Consiglio che della Commissione. Tale elenco dovrebbe essere pubblicato a breve. A tempo debito verrà pubblicato altresì un nuovo bando per traduttori di irlandese.
Oltre agli obblighi stabiliti dalla versione modificata del regolamento n. 1, nei limiti delle risorse disponibili, la Commissione ha iniziato altresì a fornire alcune delle pagine principali del proprio sito in irlandese, dando priorità a contenuti di particolare interesse per i cittadini che parlano tale lingua. Dal 2007 la Commissione ha pubblicato un crescente numero di pagine web in irlandese, un lavoro riconosciuto dall’Irlanda, dove diversi media le hanno fatte proprie.
In quanto lingua ufficiale dell’Unione europea, l’irlandese è una delle lingue proposte per il concorso di traduzione annuale Juvenes Translatores organizzato dalla direzione generale della Traduzione per gli studenti delle scuole medie. Il primo vincitore proveniente dall’Irlanda, nel 2007, aveva effettuato una traduzione in irlandese.
In vista di future eventuali assunzioni, la DGT è interessata allo sviluppo di corsi di traduzione negli Stati membri e recentemente la Commissione ha avviato una rete di lauree specialistiche europee sull’argomento, che prevedeva 34 programmi universitari di laurea specialistica di alta qualità in traduzione. Due dei primi candidati approvati sono stati la laurea specialistica Léann an Aistriúcháin della Acadamh na hOllscolaíochta Gaeilge di Galway e la laurea specialistica in traduzione (MA in Translation Studies) del dipartimento di lingua applicata e studi interculturali della Dublin City University. La Commissione guarda con grande favore alla prospettiva di collaborare strettamente con questi due programmi e con altre università che offrano programmi di traduzione professionale comprensivi di lingua irlandese. La Commissione auspica che in questo modo entrerà sul mercato un numero sufficiente di traduttori di irlandese che rispondano ai criteri necessari per lavorare in seno alle istituzioni comunitarie oppure per esse in veste di traduttori freelance.
Inoltre, sul piano politico, la direzione generale della Traduzione ha assunto un atteggiamento estremamente proattivo di fronte alle autorità irlandesi per garantire che in Irlanda venga prestata sufficiente attenzione alla formazione universitaria di traduttori, allo sviluppo di terminologia specifica in lingua irlandese e all’assunzione di traduttori di irlandese. Ciò è stato fatto anche attraverso missioni del direttore generale, di personale della DGT, nonché attraverso altre iniziative.
INTERPRETAZIONE
Su richiesta delle autorità irlandesi, sin dal gennaio 2007, è stato fornito un servizio di interpretazione in irlandese per le sedute della Commissione, del Consiglio dei ministri, del Comitato economico e sociale europeo, del Comitato delle regioni e del Parlamento.
La direzione generale dell’Interpretazione della Commissione possiede risorse sufficienti a coprire l’attuale domanda di irlandese del Consiglio e del Comitato delle regioni. In seno al Parlamento, che attinge allo stesso paco di traduttori freelance, i picchi di domanda durante le settimane di seduta plenaria possono portare a qualche difficoltà. A seguito delle recenti elezioni del Parlamento sembrerebbe che la richiesta di irlandese sia destinata a crescere anziché a diminuire.
Al momento la direzione generale dell’Interpretazione ha due équipe di interpreti in grado di operare dall’irlandese. Ora vi sono inoltre 11 interpreti freelance, accreditati dall’Unione europea, che possono lavorare dall’irlandese verso l’inglese e cinque di questi hanno l’irlandese anche come lingua attiva. Attualmente vi è anche un interprete freelance accreditato di madrelingua irlandese con inglese attivo e altri due sono accreditati temporaneamente. A giugno 2009 due candidati hanno superato il test per l’accreditamento.
Per quanto attiene alla formazione, nel 2006-2007 e nel 2007-2008, l’Università di Westminster ha attivato un corso speciale per interpreti di irlandese con il sostegno economico del Parlamento e il supporto formativo della direzione generale dell’Interpretazione. Finora sei diplomati di Westminster hanno superato il test di accreditamento (tre nel 2007 e tre nel 2008). Nell’autunno 2008 l’Università di Galway ha iniziato un nuovo corso post lauream in interpretazione. Quattro studenti hanno ultimato il primo anno e uno di loro ha superato il test di accreditamento interistituzionale a giugno 2009. Il corso è ora al secondo anno. Finora si sono iscritti otto studenti, con combinazioni linguistiche che, accanto all’irlandese e all’inglese, prevedono francese o tedesco.
REVISIONE GIURIDICA
Come per le altre istituzioni legislative, i servizi legali della Commissione hanno un gruppo di revisori giuridici in grado di operare in tutte le lingue ufficiali. Nel caso della Commissione, vi sono due revisori in grado di lavorare con l’irlandese, conformemente alla situazione delle altre lingue ufficiali.
Ovvero proposte modificate (articolo 250, paragrafo 2 del trattato CE) e commenti sulle posizioni prese da Parlamento europeo o Consiglio durante la procedura di codecisione (articolo 251, paragrafo 2 del trattato CE).
Interrogazione n. 48 dell’onorevole Theocharous (H-0342/09)
Oggetto: Restituzione della città di Famagosta
Intende l’Unione europea, in particolare la Commissione, sostenere la richiesta dei legittimi abitanti della città occupata di Famagosta di un’immediata restituzione della loro città – che si trova sotto il controllo dell’esercito turco – quale misura atta a ristabilire la fiducia in una soluzione definitiva della questione cipriota?
L’immediata restituzione della città è prevista dagli accordi al vertice del 1979 (Kyprianoù – Denktash) e dalle risoluzioni approvate al riguardo dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.
(EN) E’ nell’interesse comune vedere la riunificazione di Cipro e il termine di questo conflitto quarantennale sul suolo europeo. La divisione dell’isola è inaccettabile in seno all’Unione europea.
La Commissione ribadisce il proprio totale impegno a sostenere gli sforzi dei leader delle due comunità per raggiungere una soluzione globale alla questione cipriota sotto l’egida delle Nazioni Unite.
Davanti all’opportunità concreta di un assestamento e di una riunificazione dell’isola, la Commissione auspica che la città di Famagosta verrà presto restituita ai suoi legittimi abitanti.
Qualora i due leader optassero per un rapido ritorno della città di Famagosta ai suoi abitanti quale misura atta a ristabilire la fiducia, come suggerisce l’onorevole parlamentare, godranno del pieno appoggio della Commissione.
Interrogazione n. 49 dell’onorevole Estaràs Ferragut (H-0344/09)
Oggetto: Attuazione delle disposizioni del trattato CE in materia d’insularità
Il trattato di Amsterdam, con l’articolo 158 e l’allegata dichiarazione n. 30, riconosce che le regioni insulari soffrono, a motivo della loro insularità, di svantaggi strutturali il cui perdurare ostacola il loro sviluppo economico e sociale. Il trattato riconosce inoltre che la legislazione comunitaria deve tener conto di tali svantaggi e che possono essere adottate misure specifiche a favore delle isole, in vista di una loro migliore integrazione nel mercato interno a condizioni eque. Da parte sua, il trattato di Lisbona accoglie queste disposizioni, rafforzandole con l’inclusione della coesione territoriale quale uno dei suoi obiettivi principali.
Ora, l’applicazione e lo sviluppo del suddetto articolo 158 sono praticamente inesistenti. È necessaria una politica specifica integrata a livello europeo che consenta di ovviare agli svantaggi legati all’insularità e metta su un piano di parità le regioni insulari e le regioni continentali.
Quali misure pensa di adottare la Commissione per dare attuazione alle disposizioni dell’articolo 158 del trattato di Amsterdam, nonché, al momento della sua entrata in vigore, alle disposizioni in materia d’insularità accolte nel trattato di Lisbona?
(EN) Le isole, con la loro notevole diversità dovuta alle loro peculiarità geografiche (come accessibilità e condizioni climatiche) costituiscono una particolare sfida per la politica regionale.
La Commissione, naturalmente, è consapevole di questa situazione e attribuisce grande importanza al raggiungimento di una migliore coesione economica, sociale e territoriale in Europa. E’ di fondamentale importanza, per la Commissione, assicurare uno sviluppo dell’Unione europea armonioso ed equilibrato pur cercando di evitare la frammentazione delle politiche europee.
La politica di coesione, in particolare, offre diverse possibilità per sostenere e rafforzare lo sviluppo di aree con caratteristiche geografiche specifiche, come le isole. Nel quadro dell’obiettivo “Competitività regionale e occupazione”, ad esempio, fornisce la possibilità di modulare i tassi di cofinanziamento. Gli Stati membri e le regioni possono inoltre adattare alle particolari caratteristiche socio-economiche e territoriali di aree specifiche altri strumenti, come le particolari disposizioni territoriali dei programmi operativi.
Anche altre politiche comunitarie forniscono possibilità per territori specifici. Le normative per gli aiuti statali, ad esempio, permettono l’allocazione di sussidi per la promozione dello sviluppo economico di alcune aree, come, ad esempio, isole, aree montane e regioni a bassa densità di popolazione, a condizione che rispettino determinati criteri.
Inoltre, le comunità isolane che dipendono dalle attività correlate alla pesca possono ricevere aiuti dal Fondo europeo della pesca, il cui intervento si basa altresì sulla dimensione territoriale. In particolare, in base all’asse 4 del Fondo europeo per la pesca, è possibile ottenere aiuti per l’attuazione di strategie di sviluppo locale, che sostengano le comunità locali di pescatori a diversificare le proprie attività e a migliorare la qualità della vita nella loro regione. Tali strategie possono riguardare svantaggi specifici o essere costruite attorno a caratteristiche territoriali specifiche delle zone insulari.
Vi è, naturalmente, spazio per sviluppare ulteriormente gli strumenti disponibili in questo campo, qualora i cittadini dovessero divenire o continuare a essere in grado di sfruttare al massimo le caratteristiche intrinseche dei territori in cui vivono, come stabilito nel libro verde sulla coesione territoriale.
Bisogna sottolineare, ad ogni modo, che la specificità geografica non costituisce un problema di per sé. Le statistiche suggeriscono che questi territori sono ben lungi dall’essere omogenei in termini socioeconomici. Un approccio globale come quello di una politica per le isole in generale, pertanto, non avrebbe molto senso. La stragrande maggioranza di quanti potevano appellarsi al libro verde, oltretutto, ha negato la necessità di politiche specifiche per dette aree.
Nondimeno, la Commissione necessita di sviluppare ulteriormente gli strumenti analitici attualmente a disposizione, come dati, indicatori e valutazioni d’impatto, al fine conoscere meglio e tenere maggiormente in considerazione le caratteristiche speciali di tali zone. L’Unione europea deve cogliere appieno l’estensione delle loro dinamiche di sviluppo e aiutarle a rafforzare i loro punti forti in termini comparativi e competitivi.
La Commissione ha quindi elaborato un documento di lavoro sui “Territori con particolarità geografiche”, che dovrebbe essere pubblicato nel tardo autunno di quest’anno. Ulteriori spunti potrebbero giungere dalla prossima pubblicazione della Rete di osservazione permanente della pianificazione territoriale europea (ESPON) intitolata “Prospettive europee in merito a tipi specifici di territorio”.
Questi due documenti dovrebbero aiutare la Commissione a stilare proposte per misure addizionali atte a migliorare ulteriormente la situazione di aree con particolarità geografiche e, in particolare, delle isole.
Interrogazione n. 50 dell’onorevole Jensen (H-0345/09)
Oggetto: Scali aerei per passeggeri da paesi terzi
Nel viaggio aereo per raggiungere uno Stato membro dell’UE, frequentemente i cittadini di paesi terzi devono effettuare uno scalo in un altro Stato membro, prima di proseguire verso la destinazione finale. Esistono tuttavia esempi concreti di persone da paesi terzi cui è stato rifiutato lo scalo, nonostante si conformassero ai requisiti di visto per la loro destinazione finale. Inoltre, in un caso specifico, a un cittadino di paesi terzi è stato bandito l’ingresso nell’UE per il successivo periodo di sei mesi.
Concorda la Commissione che occorre agevolare lo scalo per le persone che soddisfino ai requisiti di visto del paese di destinazione finale?
Concorda la Commissione che costituisce violazione del diritto fondamentale alla libera circolazione all’interno della Comunità il fatto che le autorità dello Stato membro dove si effettua lo scalo impediscono a cittadini di paesi terzi di raggiungere la loro destinazione finale?
Intende la Commissione agire per garantire che a cittadini di paesi terzi selezionati a caso non sia negato l’accesso al paese di destinazione finale? Concorda la Commissione che per negare lo scalo in tali condizioni occorre presentare una giustificazione solida e concedere il diritto di presentare appello?
(EN) Le regole applicabili all’attraversamento delle frontiere esterne e i criteri per l’ingresso negli Stati membri di cittadini di paesi terzi sono stabilite nel regolamento (CE) n. 562/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2006, che istituisce un codice comunitario relativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone (codice frontiere Schengen)(1).
Il codice frontiere Schengen rispetta i diritti fondamentali e osserva, in particolare, i principi riconosciuti dalla Carta per i diritti fondamentali dell’Unione europea. E’ opportuno sottolineare che il diritto fondamentale alla libertà di movimento incondizionata – come indicato dall’articolo 45 della Carta – si applica esclusivamente ai cittadini dell’Unione europea e non a quelli di paesi terzi. Un diritto di circolazione all’interno dell’Unione per cittadini di paesi terzi esiste solo nei termini indicati dalle normative specifiche della legislazione comunitaria.
Ai sensi dell’articolo 7 del codice frontiere Schengen, prima di effettuare un collegamento a un volo esterno, i passeggeri in arrivo dall’esterno dell’Unione europea saranno oggetto di sistematiche verifiche di frontiera, volte ad accertare il rispetto delle condizioni per l’ingresso stabiliti dal codice frontiere stesso. Questo comporta altresì che i passeggeri siano in possesso di un documento di viaggio valido, che, qualora necessario, siano in possesso di una vista valido che indichi gli scopi e le condizioni di soggiorno, che non siano oggetto di segnalazioni nel sistema d’informazione Schengen e che non siano considerati una minaccia alla pubblica sicurezza.
All’allegato I del codice frontiere Schengen è riportato un elenco dettagliato, non esaustivo, dei documenti giustificativi che l’operatore di frontiera può chiedere a un cittadino di paese terzo per controllare il rispetto dei criteri di cui al paragrafo 1, lettera c.
Ne deriva che, l’esistenza o non esistenza di un visto è uno dei criteri, ma non il solo che le guardie di frontiera devono controllare durante le verifiche.
L’articolo 13 stabilisce che sono respinti dal territorio degli Stati membri i cittadini di paesi terzi che non soddisfino tutte le condizioni d’ingresso previste dall’articolo 5, paragrafo 1. Il respingimento, tuttavia, può essere disposto solo con un provvedimento motivato che ne indichi le ragioni precise. Le persone respinte hanno il diritto di presentare ricorso contro il respingimento disposto dalle autorità nazionali. I ricorsi sono disciplinati conformemente alla legislazione nazionale.
Ne deriva che il codice frontiere Schengen rispetta completamente i diritti dei privati cittadini di far rivedere un eventuale respingimento agli organismi d’appello.
Sulla base dell’informazione fornita dall’onorevole parlamentare, in mancanza di maggiori dettagli quali la cittadinanza delle persone in questione, gli Stati membri coinvolti e la ragione fornita dalle autorità nazionali per il respingimento, la Commissione non è in posizione di appurare se, nel caso riportato dall’onorevole parlamentare, si sia verificata una violazione delle suddette norme del codice frontiere Schengen.
Interrogazione n. 51 dell’onorevole Toussas (H-0347/09)
Oggetto: Suicidi di lavoratori della “France Telecom”
I tragici suicidi nella società francese privatizzata “France Telecom” hanno raggiunto il numero drammatico di 24 lavoratori che hanno messo fine ai loro giorni dato che non sopportavano le “condizioni di lavoro medievali” imperanti nella multinazionale francese, come pure in tutti i gruppi imprenditoriali monopolistici. Tali suicidi sono il tragico risultato dell’applicazione generalizzata della notoria “flessicurezza”, del dissolvimento e dell’elasticizzazione delle relazioni lavorative, della massacrante intensificazione del lavoro, dell’angoscia e dell’insicurezza dei lavoratori dinanzi al futuro tenebroso della disoccupazione galoppante. Tale politica costituisce l’opzione politica di base dell’UE e dei governi degli Stati membri, com’è il caso in Grecia, con i governi successivi della Nuova Democrazia e del PASOK.
Può la Commissione rispondere alle seguenti domande: Ritiene che la politica dell’Unione europea volta a generalizzare l’applicazione della “flessicurezza”, flessibilizzare le relazioni lavorative, sopprimere le convenzioni collettive di lavoro, abrogare o eludere qualsiasi legislazione che protegga i lavoratori, vada a vantaggio di questi ultimi o ritiene che favorisca unicamente ed esclusivamente la competitività e la redditività delle imprese, sacrificando sull’altare del profitto la vita stessa dei lavoratori?
(EN) La Commissione ribadisce che la flessicurezza non dovrebbe essere confusa con la flessibilità o con una politica volta a rendere più semplice il licenziamento di lavoratori. Al contrario, lo scopo primario della flessicurezza è quello di accrescere la sicurezza occupazionale e lo fa fornendo sostegno per la transizione verso nuovi posti di lavoro in modo da rendere l’occupazione quanto più possibile sicura per i lavoratori e garantire, nella misura del possibile, che simili transizioni comportino dei miglioramenti.
La flessicurezza comporta un insieme di misure volte a fornire alle persone che perdono il proprio lavoro un sostegno adeguato per mantenere, o riprendere quanto prima, un’occupazione. Essa mira a raggiungere il giusto equilibrio tra flessibilità e sicurezza: entrambe le componenti sono fondamentali per la flessicurezza e sono entrambe indispensabili se si vogliono sostenere efficacemente i lavoratori e se si vuole permettere alle aziende di adattare e creare posti di lavoro in modo più semplice.
I principi comuni di flessicurezza adottati dagli Stati membri a dicembre 2007 sottolineano che un’adeguata flessibilità contrattuale deve essere accompagnata da transizioni sicure da un lavoro all’altro. L’attuazione della flessicurezza non implica la rescissione degli accordi lavorativi di base, né l’abrogazione della legislazione a tutela del lavoratore. Si tratta di individuare la giusta combinazione di misure e di ottenere il coinvolgimento attivo e il sostegno degli attori principali, incluse le parti sociali. La promozione di posti di lavoro produttivi di qualità e una sana organizzazione del lavoro sono fondamentali per il concetto di flessicurezza, e la cooperazione tra gli attori più importanti e il loro coinvolgimento sono condizione sine qua non perché tale approccio porti dei risultati.
La Commissione ritiene che la flessicurezza rimanga un fattore cruciale affinché la politica del mercato del lavoro vinca le sfide che l’Unione deve affrontare. Che la flessicurezza rappresenti la giusta politica per combattere la crisi e sostenere la ripresa è stato confermato dal Consiglio europeo di giugno 2009 e dal Comitato economico e sociale europeo, la cui recente opinione(1)sottolinea il ruolo chiave che la flessicurezza svolge nella riduzione della disoccupazione.
Interrogazione n. 52 dell’onorevole Papanikolaou (H-0348/09)
Oggetto: Molestie tra minori via Internet (cyberbullying)
Il 10 febbraio 2009, Giornata mondiale per un uso più sicuro di Internet (Safer Internet Day), l’Unione europea ha lanciato una campagna d’informazione contro le molestie tra minori via Internet (cyberbullying). Nel quadro di tale campagna, su canali televisivi sia pubblici che privati viene trasmesso per tutta la durata del 2009 un breve video avente lo scopo di incoraggiare i ragazzi a mantenere il controllo quando navigano su Internet. Il ciberterrorismo, con ragazzi in età scolare nel ruolo di vittime e di carnefici, costituisce un problema serio che interessa tutti gli Stati membri dell’UE. La Commissione è riuscita a ottenere la firma di un accordo da parte di imprese di Internet che s’impegnano a dare il proprio contributo per una protezione più efficace dei minori che utilizzano il web. Poiché il raggiungimento di quest’accordo costituisce solo un primo passo sulla via della protezione dei minori che utilizzano Internet:
quali altre azioni intende intraprendere la Commissione? Ritiene che l’istituzione scolastica possa svolgere un ruolo determinante nel contenere e prevenire i fenomeni di violenza on-line fra minorenni? Se sì, in che modo?
(EN) In risposta all’interrogazione dell’onorevole parlamentare, la Commissione ritiene che la campagna d’informazione contro le molestie tra minori via Internet (cyberbullying) lanciata a febbraio 2009 abbia riscosso successo. Il video è stato diffuso attraverso la televisione, ma anche via Internet: alla campagna hanno preso parte più di 200 canali televisivi nazionali e regionali e 230 siti web. Il video forniva ai giovani una migliore comprensione del fenomeno delle molestie via Internet e delle possibilità di denunciarlo.
L’accordo di autoregolamentazione per migliorare la sicurezza dei minorenni che utilizzano siti di socializzazione in rete (“Safer Social Networking Principles”), firmato a febbraio 2009 da 18 importanti società del web, è un processo importante verso una maggiore sicurezza e riservatezza per i minorenni che utilizzano la rete. Dopo febbraio, altre due aziende hanno sottoscritto l’accordo, la spagnola Tuenti e l’estone Rate. Finora, 19 aziende hanno fornito alla Commissione “autodichiarazioni” che descrivono come esse attuano tale accordo in seno alle proprie politiche di sicurezza. Tale informazione ora è pubblicamente disponibile.
La Commissione ha richiesto una valutazione indipendente sull’attuazione di tale accordo volontario, da pubblicare in occasione della Giornata mondiale per un uso più sicuro di Internet, il 9 febbraio 2010. Tale valutazione s’incentrerà sul rispetto dell’accordo da parte delle politiche aziendali e sulla sua efficacia in termini di protezione dei minori. La Commissione trarrà da questa relazione delle conclusioni e, in caso di necessità, darà seguito a nuove proposte legislative.
Per far fronte alla necessità di azioni concrete contro il bullismo nelle scuole e il crescente problema delle molestie tra minori via Internet, la Commissione ha finanziato, e continuerà a finanziare, diversi progetti su tutte le forme di bullismo nell’ambito del programma Daphne. Negli ultimi anni l’attenzione per il fenomeno del bullismo è di fatto aumentata e vi sono diversi interessanti programmi in atto ancora da ultimare. Il programma Daphne ha riportato i risultati di progetti relativi al bullismo nelle scuole in una pubblicazione intitolata “Violenza nelle scuole” e quelli relativi in particolar modo alla violenza online nella pubblicazione “Violenza e tecnologia”, entrambe disponibili sul sito web del programma Daphne:
Concludendo, nel 2004, su iniziativa della rete europea di prevenzione della criminalità, che si occupa principalmente di criminalità minorile, la Commissione ha intrapreso uno studio sulle buone pratiche attuate dalle scuole per la prevenzione e riduzione del bullismo.
La Commissione ritiene che rendere più sicura la navigazione in rete dei minorenni sia una responsabilità comune di autorità pubbliche, genitori, istituti scolastici e mondo dell’industria. Rientra già nelle missioni dei centri di sensibilizzazione far sì che il programma per un uso più sicuro di Internet contribuisca a fornire a insegnanti e bambini a scuola informazioni sui rischi che si corrono in rete e su come gestirli e alcuni di essi sono già provvisti di programmi specifici per la formazione di insegnanti sull’argomento. Rientra tra le nostre priorità sfruttare la scuola come ambiente per raggiungere tutti i minorenni ed è per questa ragione che il 22 e 23 ottobre 2009 la Commissione organizzerà una conferenza sulla promozione della sicurezza di Internet nelle scuole, con una tavola rotonda per i ragazzi e una per i docenti. Prevedo pertanto di ricevere una valutazione sul livello della formazione su un uso più sicuro di Internet in Europa, nonché raccomandazioni indirizzate alla Commissione e ad altre parti interessate su come promuovere la formazione su un uso più sicuro di Internet nelle scuole.
Interrogazione n. 53 dell’onorevole Belet (H-0349/09)
Oggetto: Tariffe elettriche elevate in Belgio
Può la Commissione fornire informazioni sulle tariffe elettriche medie relative applicate in Belgio ai privati e alle imprese rispetto alle tariffe dei paesi vicini?
Condivide la Commissione l’opinione che le tariffe relativamente elevate applicate in Belgio siano dovute a un’insufficiente concorrenza sul mercato dell’elettricità?
Concorda la Commissione sul fatto che il prolungamento del funzionamento delle centrali nucleari destinate alla chiusura creerebbe il margine di manovra finanziario sufficiente a ridurre sensibilmente le elevate tariffe applicate ai consumatori?
Può la Commissione indicare qual è, secondo i suoi calcoli, il valore assoluto della cosiddetta “rendita nucleare” nel caso in cui venisse prolungato il funzionamento di tre centrali nucleari?
Intende la Commissione sostenere iniziative intese a investire i “dividendi” che derivano dal prolungamento del funzionamento delle centrali nucleari in una riduzione delle tariffe, da un lato, e in energie rinnovabili, dall’altro?
(EN) La relazione di riferimento del 2008(1) ha mostrato che, parallelamente all’aumento del prezzo del petrolio sul mercato internazionale, sono aumentati anche i prezzi dell’elettricità, quantunque questi ultimi siano variati con grandi disparità in seno ai vari Stati membri. La relazione ha mostrato che in alcuni Stati membri, tra cui il Belgio, i costi dell’elettricità per famiglie e aziende sono saliti particolarmente. Le cifre illustrano altresì che in Belgio il prezzo per l’utente finale (IVA e imposte incluse), sia privato che aziendale, era tra i più alti d’Europa.
Sono vari i fattori che motivano le differenze nei prezzi dell’elettricità da uno Stato membro all’altro. Anzitutto, vi sono costi diversi nella produzione di energia elettrica a seconda delle diverse miscele di carburanti usati dai produttori. Secondariamente, vi è la disponibilità di una produzione sufficiente e la capacità di trasmissione (transfrontaliera). Infine, vi è l’importante ruolo svolto dal livello di concorrenza sui mercati all’ingrosso e al dettaglio.
I mercati belgi dell’energia elettrica sono ancora molto concentrati. Molto recentemente la Commissione ha notato che la decisione dell’autorità belga per la concorrenza ha avviato ispezioni a sorpresa negli uffici dei due maggiori fornitori di elettricità. A oggi, la Commissione non è stata ancora informata dei risultati di tali indagini. Essa sta attualmente verificando se la GDF Suez (Electrabel) ha abusato della propria posizione di dominio sul mercato elettrico belga per i grandi consumatori industriali. La Commissione sta inoltre analizzando l’impatto sulla concorrenza di fusioni e acquisizioni in seno ai mercati belgi dell’energia elettrica.
L’eventuale decisione di prolungare il funzionamento delle centrali nucleari destinate alla chiusura (siano esse svalutate oppure no) porterebbe a una maggiore capacità di produzione a disposizione per soddisfare la domanda dei consumatori, il che, in futuro, potrebbe portare a una riduzione dei costi maggiore che se questa capacità di produzione non fosse più disponibile.
La Commissione non è in grado di quantificare il valore assoluto dei proventi straordinari generati dal prolungamento del funzionamento delle centrali nucleari in Belgio in quanto non solo questo non rientra nelle sue competenze, ma inoltre essa non ha accesso ai dati necessari a effettuare un simile calcolo.
Se le autorità nazionali competenti dovessero decidere di permettere alle aziende proprietarie delle centrali nucleari di prolungare le proprie attività, spetterebbe a loro negoziare con le aziende interessate le condizioni di tale prolungamento. Va da sé che qualunque misura dovrà essere compatibile con le norme relative al mercato interno e con le leggi della concorrenza stabilite dal trattato CE.
COM/2009/115 def., pubblicata sul sito web della Commissione; http://eur-lex.europa.eu/lexuriserv/lexuriserv.do?uri=com:2009:0115:fin:it:pdf.
Interrogazione n. 54 dell’onorevole Andrikienė (H-0351/09)
Oggetto: Prospettiva di concludere accordi completi e approfonditi di libero scambio con i partner dell’Est
Con il lancio della politica di partenariato orientale, l’UE si è impegnata a procedere alla conclusione di accordi completi e approfonditi di libero scambio con i sei paesi vicini dell’Europa orientale – Bielorussia, Ucraina, Moldova, Georgia, Azerbaigian e Armenia. Tali accordi saranno conclusi nei prossimi anni?
A che punto stanno i negoziati su un accordo di libero scambio con l’Ucraina? Quando dovremmo attenderci la conclusione dell’accordo? Qual è la posizione dell’UE per quanto riguarda le richieste dell’Ucraina di includere i prodotti agricoli nell’accordo? È giustificato affermare che i negoziati con l’Ucraina costituiscono anche l’esempio per i negoziati con altri paesi del partenariato orientale?
(EN) Come affermato nella dichiarazione congiunta di Praga del 7 maggio 2009, il principale obiettivo del partenariato orientale è quello di “creare le condizioni necessarie ad accelerare l’associazione politica e l’ulteriore integrazione economica tra l’Unione europea e i paesi partner interessati”.
La cooperazione bilaterale dovrebbe fornire le basi per una nuova generazione di accordi di associazione che comprendano la creazione o l’obiettivo di creare zone di libero scambio globali e approfondite.
Non sono state indicate scadenze per la creazione di dette aree, in quanto il grado di maturazione di ciascun paese verrà valutato singolarmente. La decisione di iniziare i negoziati tra l’Unione europea e un partner orientale verrà presa dopo che saranno state rispettate le condizioni necessarie, ovvero dopo che
il paese partner sia entrato a far parte dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC);
l’attuabilità della futura zona di libero scambio globale e approfondita sia stata comprovata da uno studio di fattibilità approfondito;
il paese partner abbia confermato di condividere l’elevato livello di ambizione per la futura zona di libero scambio, ovvero “globale e approfondita” e che
il paese partner sia diventato in grado di negoziare una zona di libero scambio globale e approfondita e quindi di attuare gli impegni presi in modo sostenibile.
In linea con le conclusioni del Coniglio del 14 e 15 settembre 2009, la Commissione sta attualmente redigendo delle direttive per negoziare un accordo di associazione che comprenda anche la creazione o l’obiettivo di creare una zona di libero scambio globale e approfondita con ciascuno dei tre paesi del Caucaso meridionale – Armenia, Azerbaigian e Georgia. Direttive di negoziato similari sono già state adottate per la Moldova nel 2009 e i negoziati potranno iniziare non appena i summenzionati criteri verranno soddisfatti.
I negoziati per una zona di libero scambio globale e approfondita con l’Ucraina sono iniziati nel 2008, un anno dopo rispetto quelli relativi agli aspetti politici e di cooperazione dell’accordo di associazione, in quanto l’Ucraina è entrata a far parte dell’Organizzazione mondiale del commercio solo nel maggio del 2008. La zona di libero scambio con l’Ucraina farà parte di un più generico accordo di associazione con tale paese ed è volta a rafforzare il suo accesso al mercato europeo e a incoraggiare ulteriori investimenti europei in questo paese partner. La zona di libero scambio con l’Ucraina sarà globale e approfondita, ossia fornirà un approccio globale all’integrazione economica che non terrà conto delle frontiere e che coprirà sostanzialmente tutti gli scambi di beni e servizi. Essa contiene disposizioni per l’attuazione di impegni commerciali ed economici, inclusi obiettivi concreti per l’avvicinamento all’acquis comunitario. I negoziati sono complessi e richiedono un elevato livello di competenze, e rappresentano una vera e propria sfida sia per l’Ucraina che per l’Unione europea. La Commissione prevede che i negoziati per la creazione di zone di libero scambio con gli altri partner orientali saranno altrettanto complessi.
L’ottavo incontro dei negoziati si è svolto a Bruxelles dal 5 al 9 ottobre. Sia l’Unione europea che l’Ucraina continuano nel proprio impegno a concludere i negoziati nel minor tempo possibile.
Interrogazione n. 55 dell’onorevole Włosowicz (H-0353/09)
Oggetto: Governo civile in Pakistan
In Pakistan vi è un governo civile eletto. Ritiene la Commissione europea che il governo civile abbia il pieno controllo oppure che, come in passato, il potere effettivo sia nelle mani dell’esercito pakistano?
(EN) La Commissione europea si è impegnata a costruire una relazione solida e a lungo termine con il Pakistan. La Commissione ritiene che l’Unione europea dovrebbe impegnarsi strettamente con tale paese su una serie di settori di interesse comune, come questioni politiche e regionali, democrazia e diritti umani, sicurezza, commercio e aiuti allo sviluppo.
Il rafforzamento del governo e di istituzioni democratiche laiche è un elemento chiave di tale approccio, come sottolineato in occasione del vertice UE-Pakistan a giugno 2009. La dichiarazione comune del vertice offre una tabella di marcia per ulteriori sviluppi nei rapporti con tale paese.
Per la prima volta in parecchi anni, in Pakistan abbiamo a che fare con un governo eletto democraticamente. Lo scopo primario della Commissione è di fornire sostegno politico e materiale al governo democratico del paese.
Ci sono stati sviluppi positivi. Il governo del Pakistan ha intrapreso azioni decisive contro gli insorti della divisione Malakand, anche nella valle di Swat, fattore che dovrebbe contribuire a una maggiore stabilità regionale.
La sfida più prossima, ora, è concretizzare gli impegni della Commissione nel sostenere la ripresa e la ricostruzione della divisione Malakand. Oltre ai 72 milioni di euro per gli aiuti umanitari, finora la Commissione ha allocato 52 milioni di euro per la ripresa e la ricostruzione. Attualmente sta estendendo il proprio impegno anche alle riforme nel settore della sicurezza, all’ambito elettorale e al rafforzamento del dialogo sui diritti umani.
La Commissione incoraggia il Pakistan a consolidare la transizione verso una democrazia stabile in modo da mettere fine una volta per tutte all’era del dominio militare. Sono stati compiuti passi importanti nel rafforzamento dell’indipendenza del potere giudiziario. Vi è necessità di rafforzare maggiormente le istituzioni nel cuore del governo del paese, anche aumentando le responsabilità dello stesso parlamento.
La Commissione è pronta a sostenere tale processo, in linea con le raccomandazioni espresse dalla missione di osservazione elettorale dell’Unione europea che ha seguito le elezioni di febbraio 2008.
La determinazione del Pakistan nel dimostrare che il paese è in grado di fornire una giustizia efficace e imparziale e può sconfiggere il flagello della corruzione sarà fondamentale nella lotta contro gli estremismi e nel consolidamento della norma democratica.
Interrogazione n. 56 dell’onorevole Cymański (H-0355/09)
Oggetto: Punjab
Lo Stato indiano del Punjab costituisce un esempio di società liberale multireligiosa che si è opposta al terrorismo ed è impegnata a favore della democrazia. Intende la Commissione indurre i paesi europei a non sostenere i gruppi estremisti del Khalistan che mirano alla destabilizzazione del Punjab indiano per motivi religiosi? In caso affermativo, in che modo intende farlo?
(EN) E’ opportuno notare che lo Stato indiano del Punjab, devastato dalla violenza per oltre quindici anni a partire dagli anni ottanta, è ritornato alla normalità dopo che il movimento è stato gestito con successo a metà del decennio successivo. Dopo anni di dominio diretto da parte di Nuova Delhi, il processo democratico è stato finalmente ripristinato con l’elezione democratica di un governo nel 1997. Le ultime elezioni dello Stato, nel 2007, hanno riportato al potere il partito Akali Dal, che rappresenta esclusivamente gli interessi dei sikh.
Nonostante le relazioni irregolari sui rischi relativi al perdurare di una rete di attivisti sikh, la Commissione ha osservato che la popolazione ha respinto l’ideologia che è stata alla base di una decade e mezza di violenza nel Punjab.
Non vi è pertanto necessità di indurre i paesi europei a non sostenere i gruppi estremisti del Khalistan. Ad ogni modo spetta in prima battuta all’India agire in risposta a eventuali preoccupazioni suscitate da tale evento. Detto ciò, è bene ricordare che, recentemente, l’India ha definito la solidarietà degli Stati membri dell’Unione europea sulla questione come lodevole e utile al contempo.
Interrogazione n. 57 dell’onorevole Czarnecki (H-0356/09)
Oggetto: Libertà di espressione e tendenze separatistiche in India
Quali provvedimenti intende avviare la Commissione europea per assicurare la libertà di esprimere un’opposizione pubblica e di articolare punti di vista politici diversi nelle province di confine dell’India, garantendo che detta libertà non sia strumentalizzata a sostegno delle tendenze separatistiche e secessionistiche indirizzate contro lo Stato indiano?
(EN) La libertà di espressione è un diritto fondamentale riconosciuto sia dall’Unione europea che dall’India. La responsabilità di garantire che tale libertà non venga strumentalizzata a sostegno di movimenti separatistici in India, tuttavia, sembra spettare anzitutto al governo indiano e, al suo interno, al ministero per gli Affari interni.