Presidente. – L’ordine del giorno reca la dichiarazione della Commissione concernente il vertice mondiale della FAO sulla sicurezza alimentare – Eliminare la fame dalla faccia della Terra.
Karel De Gucht, membro della Commissione. – (EN) Signora Presidente, il vertice mondiale sulla fame nel mondo tenutosi la scorsa settimana a Roma è l’ultimo di una serie di eventi organizzati quest’anno in cui sicurezza alimentare e agricoltura hanno svolto un ruolo preponderante: in gennaio a Madrid, in luglio all’Aquila, in settembre a New York e Pittsburgh, oltre alla riunione del comitato per la sicurezza alimentare mondiale lo scorso mese.
La premessa alla base di tutte queste manifestazioni è stata la presa di coscienza del fatto che nella lotta alla fame nel mondo stiamo fallendo. Oltre un miliardo di persone al mondo attualmente non è in grado di far fronte alle proprie necessità nutrizionali quotidiane di base e la situazione rischia di peggiorare in molti paesi in via di sviluppo, anche a causa degli effetti del cambiamento climatico, che pone sfide ulteriori alla capacità di tali paesi di contare sulla sicurezza alimentare.
Il vertice mondiale ha dunque rappresentato l’opportunità per sostenere lo slancio politico che si è coagulato negli ultimi mesi. Sotto i riflettori, ancora una volta, la sicurezza alimentare mondiale. Ora però è finito il tempo delle discussioni: è il momento di agire.
Per la Commissione europea il vertice è stato una manifestazione utile per tre motivi. In primo luogo, siamo stati esortati a rinnovare gli sforzi profusi per conseguire il primo obiettivo di sviluppo del Millennio, vale a dire dimezzare la fame entro il 2015. A mio parere, l’obiettivo è sempre valido e dovremmo cercare di conseguirlo, specialmente nei paesi e nelle regioni in cui i progressi verso il suo conseguimento sono stati molto limitati come, per esempio, in Africa.
In secondo luogo, la promessa di migliorare il coordinamento internazionale e il governo della sicurezza alimentare attraverso un comitato per la sicurezza alimentare mondiale riformato, che rappresenterebbe una componente chiave del partenariato globale per l’agricoltura, la sicurezza alimentare e la nutrizione. La Commissione europea ha incoraggiato attivamente tale riforma e sta contribuendo a sostenerla per far fronte alle sue necessità finanziarie fondamentali. Questo, a mio giudizio, è un passo importantissimo che aprirà la via a un sistema di governo mondiale della sicurezza alimentare basato su pareri scientifici fondati, ma anche più aperto ai principali interlocutori del settore pubblico e privato e delle organizzazioni non governative, interlocutori che sono fondamentali per rendere il nuovo sistema più efficiente di quello attuale.
In terzo luogo, la promessa di invertire la tendenza al ribasso nell’erogazione di fondi a livello nazionale e internazionale per l’agricoltura, la sicurezza alimentare e lo sviluppo rurale. Se vogliamo conseguire il primo obiettivo di sviluppo del Millennio, vale a dire dimezzare la fame entro 2015, gli impegni assunti di incrementare gli aiuti pubblici allo sviluppo devono essere rispettati, in particolare dai paesi che si sono impegnati a raggiungere la soglia dello 0,7 per cento del reddito nazionale lordo.
Alcuni hanno criticato la dichiarazione finale per non aver definito obiettivi ufficiali di assistenza allo sviluppo più precisi per quanto concerne agricoltura e sicurezza alimentare. Dobbiamo tuttavia ricordare che sono stati assunti impegni finanziari già significativi in occasione del vertice del G8 all’Aquila. Ora è prioritario onorarli. Con un forte sostegno da parte del Parlamento europeo, la Commissione è riuscita a mobilitare uno strumento alimentare pari a 1 miliardo di euro, di cui l’85 per cento già impegnato per il triennio 2009-2011. Ma nel tempo abbiamo bisogno di un’assistenza maggiore e sostenuta. Per poter ottemperare agli impegni assunti, dobbiamo poter contare su un sistema di strutturazione globale degli impegni, ma anche sviluppare meccanismi di monitoraggio, indicatori specifici e parametri di riferimento da utilizzare per riferire in merito a esiti e impatti degli investimenti. Resta il fatto, lasciatemelo dire forte e chiaro, che anche lo sforzo più consistente sarà inutile se i governi dei paesi in via di sviluppo non tradurranno i propri impegni in politiche agricole, strategie e investimenti migliori.
Discutendo in tema di sicurezza alimentare, dovremmo inoltre prestare attenzione alla terminologia usata e operare una distinzione tra sicurezza alimentare, sovranità alimentare e autosufficienza alimentare. L’impegno profuso per raggiungere gli obiettivi di produzione nel mondo non è di per sé sufficiente. Ciò che conta è che la gente possa accedere senza difficoltà al cibo, il che è fondamentalmente un problema di povertà. Gli scambi alimentari, regionali e globali, svolgono un ruolo importante nel migliorare l’accesso al cibo assicurando agli agricoltori un reddito e consentendo ai consumatori di accedere a prodotti meno cari. L’autosufficienza alimentare o l’autarchia potrebbero essere una strategia molto costosa, che non sarà necessaria se mercati e scambi funzionano bene.
Pertanto, concludere il round di Doha con un esito complessivamente equilibrato rappresenterebbe un notevole passo avanti. Non dobbiamo peraltro dimenticare che la sicurezza alimentare mondiale è una questione molto complessa e sfaccettata, che richiede un approccio olistico. In tale ambito, l’Unione europea ha compiuto progressi enormi nell’ultimo decennio, che continueranno a essere garantiti attraverso il cosiddetto processo CPS, incentrato sulla coerenza delle politiche per lo sviluppo. Le varie riforme della politica agricola comune dell’Unione hanno notevolmente ridotto le restituzioni all’esportazione e in una maggioranza notevole di casi l’OMC è dell’avviso che il sostegno agli agricoltori nell’Unione non rappresenti una “distorsione del commercio”. Inoltre, con l’accordo “tutto fuorché le armi”, l’accesso al mercato dell’Unione per i paesi meno sviluppati è libero e le disposizioni degli accordi di partenariato economico (APE) dimostrano di comprendere i problemi con cui devono confrontarsi molti paesi ACP per garantire la sicurezza alimentare ai propri cittadini. Abbiamo dunque compiuto un lungo cammino nell’Unione europea per migliorare la coerenza delle politiche in tema di sviluppo creando in tal modo migliori condizioni di sicurezza alimentare per queste nazioni. Altri paesi e regioni dovrebbero fare altrettanto.
Per concludere, il vertice della FAO ha sottolineato che se vogliamo conseguire l’obiettivo di dimezzare la fame entro il 2015, dobbiamo incrementare gli aiuti pubblici allo sviluppo e gli investimenti privati in agricoltura migliorando il governo globale del settore agricolo.
Albert Deß, a nome del gruppo PPE. – (DE) Signora Presidente, signor Commissario, è importante per il Parlamento europeo discutere il tema della fame nel mondo. Non possiamo restare silenti spettatori mentre il numero di coloro che versano in una grave situazione di indigenza, tra cui molti bambini, aumenta.
La prima volta sono stato eletto a una carica parlamentare 20 anni fa e ancora ricordo perfettamente come organizzazioni internazionali quali la Banca mondiale, l’Organizzazione per l’alimentazione e l’agricoltura delle Nazioni Unite, le stesse Nazioni Unite e l’Organizzazione mondiale del commercio si dicevano fermamente intenzionate a dimezzare la fame nel mondo negli successivi 20 anni. Da allora che cosa è successo? La fame non si è dimezzata. E’ invece aumentata. Più di 1 miliardo di persone patisce quotidianamente la fame. Esattamente il contrario di ciò che dette organizzazione avrebbero voluto che succedesse.
Le cause di tale aggravamento sono molteplici. Vi sono paesi come lo Zimbabwe in cui un governo incompetente ha trasformato il “paniere dell’Africa” in una regione afflitta da carestie. Un presidente comunista ha portato un paese ricco a uno stato in cui la gente è muore di fame, e noi tacciamo, anche se ne condividiamo la responsabilità. Passiamo settimane, se non anni, a parlare di come sarà il clima tra cent’anni. A chi muore di fame, oggi e domani, il clima del prossimo secolo non interessa. Vorrebbe per il futuro qualcosa da mangiare, ma per questi problemi non abbiamo risposte. Senza voler glissare sulle preoccupazioni per il futuro, occuparci di persone che vivono la tragedia della fame è una questione di pura umanità. Signor Commissario, trovo quasi un affronto dire che intendiamo dimezzare la fame entro il 2050. In quanto comunità mondiale, dovremmo poter ridurre il numero di coloro che non hanno abbastanza da nutrirsi molto più rapidamente. Riusciamo a trasportare armi in ogni angolo sperduto del mondo, ma apparentemente non siamo in grado di farlo con il cibo. Questo è un fallimento della comunità mondiale che vorrei denunciare. Dobbiamo trovare altre risposte rispetto a quelle che sino a oggi abbiamo dato.
Luis Manuel Capoulas Santos, a nome del gruppo S&D. – (PT) Signora Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, le cifre che descrivono il fenomeno della fame e della malnutrizione nel mondo, di cui tutti siamo consapevoli e che vediamo tristemente ripetersi, sono talmente tragiche da essere quasi innominabili.
Il diritto al cibo è associato al diritto più sacrosanto di tutti: il diritto alla vita, che significa una vita vissuta con un minimo di decenza, non soltanto una lotta per la sopravvivenza.
Combattere la fame nel mondo dovrebbe pertanto rappresentare la massima priorità per tutte le agende politiche e al fine di conseguire tale obiettivo si dovrebbero mobilitare tutte le risorse.
Purtroppo, siamo anche consapevoli del fatto che le risorse, comprese quelle finanziarie, non rappresentano sempre il limite principale. Quasi sempre il problema sta invece nella gestione e nell’uso delle risorse, nell’assenza di un governo giudizioso e di un coordinamento efficace a livello globale, regionale e nazionale.
La proposta di risoluzione presentataci in data odierna, che il mio gruppo politico, il gruppo S&D, sottoscrive, contiene suggerimenti e raccomandazioni che, se seguiti, potrebbero sicuramente contribuire in maniera significativa ad attenuare la gravità del problema. Esorto pertanto la Commissione a dedicarvi l’attenzione che merita e, su tale base, a formulare proposte legislative e adottare procedure per tradurle nella pratica.
La situazione politica difficile e incerta in cui stiamo versando rappresenta anche un momento di cambiamento per le politiche che al riguardo costituiscono gli strumenti migliori per l’Unione europea: mi riferisco alla politica agricola comune e alla politica comune per la pesca, che stiamo per riformare radicalmente.
Con i nuovi poteri conferitici dal trattato di Lisbona, questa è anche un’opportunità ideale affinché il Parlamento vada oltre le semplici proclamazioni di intenti e agisca concretamente. I socialisti europei sono pronti a raccogliere la sfide. Speriamo che la nuova Commissione e altri gruppi politici siano altrettanto pronti a schierarsi con noi in questa impresa.
George Lyon, a nome del gruppo ALDE. – (EN) Signora Presidente, vorrei ringraziare i colleghi che sono già intervenuti dando un proprio apporto alla discussione.
Innanzi tutto vorrei dire che secondo me il recente aumento spropositato dei prezzi mondiali dei prodotti alimentari dovrebbe essere un campanello di allarme per tutti noi. Il raddoppio dei prezzi di riso e cereali ha avuto un impatto spropositato su alcune delle categorie più povere dei paesi in via di sviluppo in tutto il mondo. Si stima infatti che altri 75 milioni di persone nel mondo patiscano ormai la fame direttamente a causa dell’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari negli anni 2007 e 2008, situazione da considerare con estrema serietà. In molti paesi, per esempio, abbiamo assistito a sommosse e instabilità politica per il cibo a seguito del drastico aumento dei prezzi degli alimenti.
Dato che secondo le stime la popolazione mondiale dovrebbe salire a oltre nove miliardi e il cambiamento climatico dovrebbe incidere notevolmente sulla nostra capacità di sfamarci, la sicurezza alimentare, a mio parere, è un tema fondamentale in merito al quale dobbiamo confrontarci e che dobbiamo affrontare per trovare soluzioni. L’Unione europea deve fare tutto quanto in suo potere per aiutare i paesi in via di sviluppo a consolidare sistemi di produzione alimentare e agricola sostenibili che consentano loro di sfamarsi. Ciò richiede fondi, come il commissario ha sottolineato nella sua dichiarazione, e mercati aperti. Si è già riconosciuto che l’Europa ha percorso un lungo cammino contribuendo all’apertura e alla liberalizzazione dei mercati. Nondimeno, molti problemi con i quali i paesi in via di sviluppo devono confrontarsi dipendono da un fallimento della politica e del sistema giuridico. Nessuna cifra potrà contribuire, allo stato, a rettificare la situazione fino a che non si saranno instaurati un sistema politico e un sistema giuridico stabili che consentano agli agricoltori di prosperare e raccogliere i frutti di un aumento dei prezzi di mercato.
Si stima che la produzione dell’Unione europea dovrà aumentare di più del 70 per cento soltanto per rispondere al futuro aumento della domanda. Replicherei che l’agricoltura europea ha un ruolo fondamentale da assolvere, che consiste non soltanto nel garantire la nostra autosufficienza, ma anche un nostro contributo alla futura sicurezza alimentare mondiale.
José Bové, a nome del gruppo Verts/ALE. – (FR) Signora Presidente, signori Commissari, onorevoli colleghi, la lotta alla fame richiede un notevole investimento politico e finanziario. L’Organizzazione per l’alimentazione e l’agricoltura non è stata in grado di generare tale investimento la scorsa settimana a Roma e me ne rammarico.
Più di un miliardo di persone patisce la malnutrizione e 40 milioni di uomini, donne e bambini muoiono di fame ogni anno, cifre drammatiche aumentate dal 1996, anno del primo vertice mondiale sull’alimentazione. La crisi economica e finanziaria globale ha aggravato la situazione, di cui principali vittime sono le popolazioni dei paesi del sud. Il dieci per cento del bilancio pubblicitario nel mondo consentirebbe ai paesi in via di sviluppo di ottenere il sostegno necessario per salvaguardare la propria infrastruttura agricola.
La crisi alimentare è una delle principali minacce che gravano sulla pace e la stabilità nel mondo. Nel 2050 i piccoli agricoltori dovranno nutrire oltre 9 miliardi di persone. Danni al suolo e alla biodiversità, dipendenza dal petrolio, emissioni di gas a effetto serra, esaurimento delle falde acquifere e sviluppi dei modelli di consumo ci pongono in una situazione estremamente fragile, più fragile di quella di 40 anni fa.
Povertà e dipendenza dalle importazioni sono la causa primaria dell’insicurezza alimentare. La necessità di sostenere la produzione locale è ovvia. Alla fine degli anni Cinquanta, l’Europa ha introdotto la politica agricola comune per produrre il cibo che le occorreva. Per farlo, ha protetto il proprio mercato interno e sostenuto i propri consumatori. Questa scelta autonoma, questo diritto alla sovranità alimentare, ora deve essere accessibile a tutti i paesi o gruppi di paesi nel mondo che vi ambiscono.
James Nicholson, a nome del gruppo ECR. – (EN) Signora Presidente, le nostre risoluzioni sul tema affrontano la doppia sfida che consiste nell’eliminare la fame, che attualmente affligge un sesto della popolazione mondiale, e garantire in futuro l’approvvigionamento alimentare.
Ci troviamo di fronte a una situazione in cui da un lato la popolazione mondiale sta aumentando, mentre dall’altro la produzione alimentare si sta dimostrando un’impresa sempre più impegnativa a causa degli effetti negativi del cambiamento climatico e dei maggiori costi associati alla produzione alimentare.
Sebbene l’elemento agricolo della sicurezza alimentare sia sicuramente fondamentale per risolvere il problema, dovremmo anche concentrare risolutamente la nostra attenzione sul buon governo e quanto sia assolutamente indispensabile nei paesi in via di sviluppo se vogliamo avere una qualche opportunità di affrontare con successo il tragico problema della fame nel mondo. Prendiamo per esempio lo Zimbabwe, al quale l’onorevole Deß ha già fatto riferimento. Prima noto come il “paniere dell’Africa”, era in grado di sfamare la propria popolazione e quella di molti paesi limitrofi. Oggi non è assolutamente in grado di farlo, dopo essere stato distrutto dalle azioni di Mugabe e del suo entourage.
Per superare il problema ed evitare sommosse civili e miseria che ne potrebbero derivare, dobbiamo tutti agire di concerto.
Patrick Le Hyaric, a nome del gruppo GUE/NGL. – (FR) Signora Presidente, signor Commissario, se l’Unione europea intende svolgere un ruolo positivo nel mondo, se intende dare vita a un nuovo umanesimo, dovrebbe realmente ascoltare le grida strazianti della fame che tristemente risuonano in tutto il pianeta.
Qui e altrove riecheggiano invece le nostre belle parole. Possiamo in tutta onestà ritenere di avere la coscienza pulita se un bambino muore di fame ogni cinque secondi? I bambini non muoiono certo a causa di problemi tecnici. I bambini muoiono a causa dell’ondata di ultraliberismo che oggi sta travolgendo il mondo.
Finora abbiamo lavorato la terra per sfamare la gente. Oggi il sistema capitalista ha trasformato suolo e cibo in beni di consumo, oggetto di speculazioni globali. Per questo dobbiamo cambiare radicalmente politica e sostenere l’Organizzazione per l’alimentazione e l’agricoltura dandole i mezzi per agire.
Abbiamo bisogno di agire, come lei ha detto, signor Commissario, e chiediamo azioni. Tuttavia, per garantire azioni concrete, l’Unione europea potrebbe attuare il principio della sovranità alimentare per tutti i popoli, contribuire a realizzare sistemi di retribuzione del lavoro agricolo con prezzi garantiti per ogni paese e continente, rispettare e onorare gli impegni assunti concedendo assistenza ufficiale allo sviluppo ai paesi del sud, cancellare il debito dei paesi poveri, far cessare l’acquisizione di terreni da parte delle multinazionali e dei fondi speculativi, nonché riconoscere che l’agricoltura e l’alimentazione non devono essere merce negoziabile nel quadro dell’Organizzazione mondiale del commercio.
Dobbiamo dare ascolto alle grida della fame e agire di conseguenza. Solo così l’Europa potrà raggiungere tutt’altra statura, e deve farlo urgentemente!
Bastiaan Belder, a nome del gruppo EFD. – (NL) Signora Presidente, nei dieci anni circa del mio mandato di parlamentare europeo, in aula più e più volte ho sentito formulare belle intenzioni. Nell’imminenza del vertice mondiale sull’alimentazione a Roma, il presidente della Commissione Barroso aveva anch’egli espresso concetti lodevoli dicendo testualmente: “Abbiamo tutti fallito nella lotta contro la fame. E’ uno scandalo morale e una grave macchia sulla nostra coscienza collettiva”. Fine della citazione. Aveva assolutamente ragione, il che rende ben più deludente l’esito del vertice. Ho la vaga sensazione che il centro della scena a Roma sia stato occupato dagli interessi politici dei paesi ricchi, anziché dagli interessi del miliardo di affamati nel mondo. Per esprimere concretamente la mia idea, citerò due esempi: come si riconosce sempre più diffusamente, la politica in materia di biocombustibile e la sua promozione stanno provocando aumenti di prezzo e, pertanto, aggravando il fenomeno della fame. Qualunque critica rivolta a tale politica è però censurata.
Ho inoltre richiamato più volte in passato l’attenzione di questo Parlamento sul pericolo che corriamo incoraggiando i paesi terzi a effettuare ingenti investimenti in Africa al fine, per esempio, di garantirsi la propria sicurezza alimentare. Come possiamo pensare che paesi in cui milioni di persone dipendono dagli aiuti alimentari delle Nazioni Unite riescano a esportare in paesi terzi? Eppure non vi è alcun cenno al riguardo nella dichiarazione finale.
E’ molto facile per i paesi ricchi affrontare semplicisticamente argomenti controversi con appassionati interventi conditi da belle intenzioni e commissionare altri studi. Un altro elemento che emerge dalla dichiarazione è che i paesi in via di sviluppo dovranno fare affidamento essenzialmente sulle proprie risorse. Alla luce del fallimento registrato sinora dalla comunità internazionale nel suo tentativo di eliminare la fame, definirei tale affermazione vergognosa.
Detto questo, mi sono anche preoccupato di analizzare nuovamente le dichiarazioni finali di precedenti vertici mondiali sull’argomento, giungendo alla conclusione che presentano un numero sorprendente di affinità, sia tra loro, sia con l’odierna risoluzione proposta dal Parlamento sul tema. Tutte infatti parlano di urgenza e invariabilmente esortano a onorare precedenti promesse. Per noi il ripetersi delle stesse esortazioni non dovrebbe essere un segnale di allarme? Citando De Schutte, relatore delle Nazioni Unite, “i poveri non hanno bisogno di promesse”. Come si è spesso ribadito in passato, la sicurezza alimentare dovrebbe essere un diritto umano. Signora Presidente, per concludere guarderei la questione da una diversa angolazione ricordandovi come la Bibbia ci insegni che dare da mangiare agli affamati è uno dei comandamenti di Dio. E’ mio dovere personale e nostra responsabilità collettiva.
Dimitar Stoyanov (NI). – (BG) Signora Presidente, ho partecipato personalmente al vertice della FAO a Roma e ho visto con i miei occhi come si è svolto. Penso dunque che dovremmo abbandonare l’ipocrisia di cui siamo in qualche modo stati vittime perché, considerato il denaro speso per organizzare il vertice, il cui esito è stato, come sempre, soltanto un lungo elenco di promesse, forse dovremmo utilizzare in maniera più concreta tali fondi per calcolare, come si è detto in alcuni interventi che mi hanno preceduto, esattamente quanti bambini non sarebbero morti di fame oggi se le risorse non fossero state sperperate per le nostre belle favole. Nondimeno, il commissario ha affermato che il problema avrebbe a che vedere con la produzione globale di cibo; ma prima di parlare della pagliuzza nell’occhio di un altro, occupiamoci della nostra trave.
Il mio paese, la Bulgaria ha, come dimostrato scientificamente, il suolo più fertile di tutta l’Europa. Centocinquanta anni fa, gli agricoltori bulgari erano in grado di sfamare le regioni più densamente popolate dell’impero ottomano in Asia minore usando la tecnologia del XIX secolo. Oggi, invece, la sua agricoltura è in costante declino, soprattutto da quando ha aderito all’Unione europea. I contingenti che la stessa Commissione ha imposto alla Bulgaria stanno limitando la sua produzione agricola, mentre i terreni del paese sono in stato di abbandono. Basta una sola azienda agricola di una delle sue 28 regioni per produrre, per esempio, l’intera quota di pomodori che le è stata assegnata dalla Commissione. Così è stato perché alcuni dati 10 anni fa hanno indicato che questo era il livello di produzione ufficiale. Nessuno valuta però quale potrebbe essere il livello di produzione reale. Attualmente, nella stessa Unione europea, vi sono limitazioni ai processi di produzione di alimenti che potrebbero diversamente migliorare in maniera significativa la situazione e rappresentare realmente una misura concreta di lotta alla fame. Pertanto, finché le cose saranno controllate da funzionari che si preoccupano soltanto di burocrazia e null’altro, tutto ciò che avremo saranno soltanto promesse senza riscontri tangibili.
Filip Kaczmarek (PPE). – (PL) Signora Presidente, il numero di persone che patiscono la fame e vivono in condizioni di povertà estrema è aumentato drammaticamente nell’ultimo anno e non è vero che è colpa del capitalismo. Esistono sistemi politici che sono di gran lunga peggiori per la vita umana e la lotta alla fame. Citerò soltanto un esempio. In Europa, alcuni decenni fa, un paese che ha un’agricoltura fiorente è stato affamato dal comunismo. A causa di ciò, sono morte in un solo paese più persone di quante attualmente ne muoiono in tutto il mondo. Il paese di cui parlo è l’Ucraina. Vi raccomanderei prudenza in merito a quanto viene detto in aula.
Nel 2000, 198 membri delle Nazioni Unite hanno adottato specifici obiettivi di sviluppo del Millennio. Il commissario poc’anzi ci ha parlato del primo, il più importante. Oggi dobbiamo chiederci se tale obiettivo sia conseguibile. Gli europei si domandano se le nostre priorità e la nostra politica sono corrette e in particolare, per esempio, se una battaglia costosa contro il cambiamento climatico sia più importante della lotta alla povertà. Non più tardi di questa settimana mi è stato chiesto: l’Unione europea non sta confondendo mezzi e obiettivi lanciandosi nella più costosa battaglia contro i mulini a vento della storia dell’umanità, la battaglia contro il cambiamento climatico, anziché combattere gli effetti del riscaldamento globale?
Penso che la riprova migliore del fatto che non vi è incoerenza tra l’azione intrapresa per tutelare il clima e quella per eliminare la fame sarebbe l’efficacia in questo secondo ambito, ossia riuscire realmente a eliminare la fame dal mondo. Se così fosse, nessuno ci accuserebbe di aver scelto le priorità sbagliate e di aver reso la lotta al cambiamento climatico più importante della lotta alla fame, come ha affermato anche l’onorevole Deß.
L’agricoltura nei prossimi anni diventerà molto importante. Ciò che dobbiamo fare è persuadere i paesi in via di sviluppo e aiutarli a investire in agricoltura tenendo fede ai loro stessi impegni, secondo cui il 10 per cento del bilancio nazionale dovrebbe essere destinato allo sviluppo dell’agricoltura. Soltanto in questo modo potremo incrementare il potenziale agricolo dei paesi poveri e contribuire a una lotta efficace contro la fame.
Louis Michel (ALDE). – (FR) Signora Presidente, signor Commissario, fatta eccezione per Berlusconi, il cui paese ha ospitato il vertice, nessun leader del G8 era presente al vertice mondiale della FAO sulla sicurezza alimentare.
Una riunione politica di alto livello in termini economici, sociali e finanziari si è pertanto ridotta a una banale riunione tecnica. Nondimeno, l’obiettivo di Diouf era sviluppare strumenti e mezzi di produzione per garantire la sicurezza alimentare in maniera sostenibile nei paesi in via di sviluppo.
La crisi economica e finanziaria, come sappiamo poiché è stato già ribadito, non fa altro che aggravare la fame nel mondo, tema più che mai di attualità perché, per la prima volta nella storia, oggi la fame interessa più di un miliardo di persone nel mondo, ossia un sesto della popolazione mondiale, il 20 per cento in più rispetto al 2005 e 105 milioni in più rispetto al 2008.
Come affermava l’onorevole Bové, tutto questo significa che vi è un forte rischio di alimentare nuovi conflitti, conflitti peraltro estremamente gravi. Il fenomeno dell’insicurezza alimentare è stato determinato dall’assenza di investimenti in agricoltura. Il fatto è che l’agricoltura è il solo mezzo di sussistenza per il 70 per cento dei poveri del mondo, come ha sottolineato Diouf. Egli ha formulato un appello per complessivi 44 miliardi di dollari all’anno per finanziare investimenti che aiutino i piccoli produttori. La sua richiesta è stata completamente ignorata: nessun calendario, nessuna strategia, nessuna volontà politica da parte dei paesi ricchi.
Signor Commissario, quanti progressi sono stati compiuti nell’attuazione degli impegni del G8 assunti in luglio? Avendo ricoperto il suo incarico, so quanto sia difficile coinvolgere i donatori. Ricordo ancora la battaglia estremamente ardua ingaggiata anche dal presidente Barroso per ottenere due anni fa quel misero miliardo di euro necessario per creare lo strumento alimentare. Tuttavia, il futuro dell’Europa è intimamente legato al destino dei paesi in via di sviluppo.
Signor Commissario, personalmente non credo nelle formule del nostro collega socialista che ci parla di ultracapitalismo e ultraliberalismo, assimilazione semantica un po’ estrema sul piano morale. Io non vedo la soluzione in questo genere di digressioni ideologiche che reputo miopi.
Onorevole Le Hyaric, devo dirle che l’oscurantismo marxista è molto più responsabile del liberalismo per quanto concerne la situazione di sottosviluppo in cui sono venuti a trovarsi alcuni paesi da quando hanno ottenuto l’indipendenza.
E qui mi fermo perché non è mia intenzione indulgere in questa sede a declamazioni o incantamenti ideologici miopi ed esasperati sul piano dell’onestà intellettuale.
Judith Sargentini (Verts/ALE). – (EN) Signora Presidente, i colleghi Bové e Belder hanno delineato il problema e la realtà politica, ma in agricoltura si osserva una nuova tendenza. I paesi ricchi si garantiscono gli alimenti di base o i biocombustibili acquistando terreni nei paesi poveri, appropriandosene o, come eufemisticamente si dice, “acquisendoli”. Sta accadendo in Madagascar, per esempio.
Ciò sembra fin troppo sensato perché i leader mondiali ne discutano. L’Europa e i suoi leader hanno il dovere morale di schierarsi contro questa nuova forma di quello che personalmente definirei colonialismo. La dichiarazione del vertice della FAO sull’alimentazione non accenna nemmeno alla questione dell’acquisizione dei terreni e in tal senso ha davvero mancato un’opportunità di occuparsi della fame nel mondo. Perché non vi è alcun riferimento?
Nell’Unione esiste la politica agricola comune. Produciamo molto cibo. Gli europei hanno cibo da mangiare, ma la PAC priva di opportunità sia i piccoli agricoltori sia i produttori industriali dei paesi in via di sviluppo, che non hanno la possibilità di contare su un reddito decente. Ciò provoca carenze alimentari e crea la necessità di importare prodotti alimentari. Quando giungeremo a una politica agricola europea libera ed equa?
Richard Ashworth (ECR). – (EN) Signora Presidente, sia le Nazioni Unite sia l’Unione europea hanno convenuto che la crescente popolazione mondiale richiederà una produttività agricola globale maggiore. Si parla di un aumento dell’ordine del 50-100 per cento. Lo accettiamo. Accettiamo altresì la posizione del Commissario, non soltanto perché la condividiamo, ma anche perché è un obiettivo che il mondo non può permettersi di mancare. Nel contempo, però, all’agricoltura viene chiesto di farlo usando meno terra, meno acqua, meno energia, meno gas a effetto serra. Dobbiamo pertanto comprendere tre aspetti.
In primo luogo, i governi, e in particolare l’Unione europea, devono investire maggiormente in ricerca e sviluppo: la verità è che ci mancano informazioni su cui basare un piano per il futuro. In secondo luogo, vista la volatilità dei mercati globali, abbiamo bisogno di una rete di sicurezza rispetto alla politica agricola comune. In terzo luogo, la sicurezza alimentare, e tutto ciò che essa comporta per l’Unione europea, implica costi. Sono costi che non possiamo trasferire ai consumatori, per cui lo ribadisco: abbiamo bisogno di una politica agricola forte e dobbiamo imporre tale argomentazione nella discussione sul bilancio.
João Ferreira (GUE/NGL). – (PT) Signora Presidente, la dichiarazione finale adottata all’ultimo vertice della FAO dai suoi 193 paesi membri realmente rappresenta, purtroppo, una goccia nell’oceano della lotta alla fame. Non è stato fissato un calendario e, soprattutto, non sono state indicate risorse concrete, come non sono state definite le condizioni per affrontare un flagello che colpisce più di 6 miliardi di esseri umani.
Secondo i dati disponibili, soltanto nei 90 secondi del mio intervento 15 bambini nel mondo saranno morti di fame. Questa è l’accusa più cruda e tagliente contro un sistema economico iniquo, sfruttatore, irrazionale e, dunque, storicamente vilipeso.
E’ un sistema basato su politiche e orientamenti reali e ora, onorevole Michel, su protagonisti e una retorica liberale che ci hanno condotti all’attuale situazione: promozione del modello agroindustriale, in linea con la salvaguardia degli interessi della grande industria agroalimentare, e conseguente impoverimento qualitativo del settore agricolo nel mondo; anni e anni di investimenti inadeguati in agricoltura, promozione dell’abbandono del settore agricolo e liquidazione delle piccole e medie aziende, comparto che assicura sussistenza al 70 per cento dei poveri del mondo.
Il fondamentalismo del mercato, le politiche di privatizzazione e liberalizzazione e il libero scambio hanno portato e continuano a portare all’abbandono della terra, alla concentrazione della proprietà terriera, alla produzione dominata da pochi e alla dipendenza alimentare per tanti.
Gli esperti stimano che costerebbe 44 miliardi di dollari sconfiggere il flagello della malnutrizione cronica, somma molto più modesta di quanto gli Stati membri hanno messo nelle mani delle grandi aziende per salvarle dalla crisi sistemica in atto.
Diane Dodds (NI). – (EN) Signora Presidente, durante il vertice mondiale sulla sicurezza alimentare, il segretario generale Ban Ki-moon ha detto che l’odierna crisi alimentare è un campanello di allarme per il futuro. Entro il 2050 il nostro pianeta potrebbe ospitare 9,1 miliardi di persone, due miliardi in più dell’attuale popolazione, cifra sconvolgente per la quale gli agricoltori dovrebbero produrre il 70 per cento di cibo in più.
Gli agricoltori dell’Irlanda settentrionale intendono contribuire a soddisfare tale domanda. La maggior parte di loro, tuttavia, ritiene che l’Europa stia ostacolando la loro capacità di produrre più cibo obbligandoli a una riduzione delle percentuali di stoccaggio attraverso regolamentazioni su nitrati e fosfati, burocrazia, mancanza di ricerca e sviluppo nel settore e, dunque, un atteggiamento secondo cui la sicurezza alimentare non sarebbe un problema.
La riforma della PAC determinerà la capacità degli agricoltori di produrre cibo, influendo altresì sul prezzo degli alimenti. Se gli agricoltori non saranno sostenuti dall’Unione attraverso pagamenti diretti, il prezzo degli alimenti dovrà necessariamente aumentare per coprire i costi di produzione. Il mio obiettivo è promuovere la produzione alimentare nell’Irlanda del nord e la sicurezza alimentare in Europa. Tale obiettivo potrà essere conseguito soltanto permettendo agli agricoltori di svolgere la propria attività. La riforma della politica agricola comune assolverà una funzione notevole al riguardo e la sicurezza alimentare dovrà essere una componente centrale del nostro lavoro man mano che tale riforma procede.
Mairead McGuinness (PPE). – (EN) Signora Presidente, essendo coautrice del testo, vorrei prima di tutto ringraziare i gruppi politici che hanno collaborato molto strettamente per elaborare un testo in merito al quale non sono stati presentati emendamenti. Penso che dovremmo sicuramente rallegrarcene. Su molti argomenti abbiamo opinioni diverse, ma nel complesso, per quel che riguarda il nostro desiderio di fare la cosa corretta per contribuire a nutrire gli affamati nel mondo, il testo è un passo avanti nella giusta direzione.
Sono stata anche coautrice di una relazione sulla sicurezza alimentare globale e la PAC nella precedente legislatura, per cui mi sono dedicata con grande impegno alla questione. Vorrei quindi esporre una considerazione molto semplice ribadendo un aspetto che a molti pare sfuggire: saranno gli agricoltori che sfameranno il mondo se verrà creato per loro il clima giusto – intendo clima in senso lato – per svolgere specificamente il loro compito. Compito degli altri sarà discuterne. Il nostro dovere è sviluppare e introdurre politiche che consentano ai nostri agricoltori di produrre cibo. Essi risponderanno se potranno contare su due elementi fondamentali: prezzi dignitosi e redditi stabili. La recente volatilità ha colpito entrambe le componenti e in tali condizioni l’agricoltura non è in grado di sopravvivere.
Prima che si esaurisca il tempo a mia disposizione, e in veste di coautrice vi prego di perdonarmi se dovesse accadere, vi invito a non demonizzare la politica agricola comune. Alcune argomentazioni formulate sinora sono datate e ormai superate; abbiamo riformato la politica come era assolutamente indispensabile e, forse, senza la PAC avremmo problemi più gravi a livello di sicurezza alimentare di quanti ora ne abbia l’Unione europea. Perché non ne preserviamo le parti migliori e chiediamo ai paesi di sviluppo di far propria l’idea di una politica agricola comune? Dobbiamo essere molto duri al riguardo: non dobbiamo deresponsabilizzare i governi dei paesi in via di sviluppo; è loro compito usare in maniera corretta agli aiuti allo sviluppo; il nostro è garantire che più denaro venga speso e investito in agricoltura. Penso che sia giunto il momento di smetterla di eludere la questione: dobbiamo essere duri con i governi e duri con noi stessi. Abbiamo una responsabilità morale e dobbiamo essere pronti ad assumerla.
Enrique Guerrero Salom (S&D). – (ES) Signora Presidente, signor Commissario, il mondo deve confrontarsi con due importanti sfide a lungo termine: combattere gli effetti del cambiamento climatico e combattere la povertà e la fame nel mondo.
Il commissario ha citato le cifre, come hanno fatto altri colleghi in aula, cifre che sono state riprese nella dichiarazione finale del vertice mondiale della FAO sulla sicurezza alimentare: oltre un miliardo di persone al mondo patisce la fame e 40 milioni muoiono ogni anno a causa di una situazione di indigenza.
Prima la crisi alimentare, poi la crisi finanziaria hanno ostacolato il conseguimento degli obiettivi di sviluppo del Millennio. Non stiamo progredendo: stiamo invece arretrando. Le sfide sono a lungo termine, ma le soluzioni sono urgenti e vanno trovate ora. Nelle ultime settimane, tuttavia, ci sono giunte notizie allarmanti di una certa riluttanza da parte dei principali emettitori di gas a prendere decisioni alla conferenza di Copenaghen. Al vertice della FAO a Roma i leader sono stati assenti e non si sono ottenuti risultati specifici.
I nostri problemi sono preoccupanti, ma allarmante è anche l’incapacità di agire. Gli esseri umani sono progrediti perché hanno individuato sfide, trovato risposte e intrapreso azioni. Oggi sappiamo contro cosa dobbiamo combattere, ma abbiamo perso la capacità di agire.
Appoggio pertanto la risoluzione che esorta il Parlamento a intervenire con urgenza.
Franziska Keller (Verts/ALE). – (EN) Signora Presidente, l’articolo 208 del trattato di Lisbona afferma che lo scopo principale della politica dell’Unione europea in materia di sviluppo è la riduzione e l’eliminazione della povertà. La povertà è anche la causa principale della fame. L’articolo 208 afferma altresì che l’Unione dovrà tenere conto di questi obiettivi in altre politiche che potrebbero interessare i paesi in via di sviluppo.
Tuttavia, con le sovvenzioni alle esportazioni l’Unione europea sta distruggendo i mercati dei paesi in via di sviluppando, causando in tal modo povertà e fame. Se vogliamo che la nostra assistenza allo sviluppo sia efficace, dobbiamo accertarci che non venga osteggiata da altre politiche, altrimenti non riusciremo a conseguire gli obiettivi di sviluppo del Millennio. Dovremmo ricordarlo nel momento in cui rivediamo e riformuliamo politiche come la politica agricola comune e la politica comune per la pesca.
(L’oratore accetta un’interrogazione con cartellino blu a norma dell’articolo 149, paragrafo 8)
Mairead McGuinness (PPE). – (EN) Signora Presidente, vorrei chiedere all’oratore precedente di essere specifico in merito al tipo di restituzioni all’esportazione. Ho sollevato la questione nel mio intervento e ammetto che in passato le restituzioni all’esportazione hanno arrecato danni. Ora l’Europa ha riformato la PAC. Tuttavia, quando abbiamo introdotto le restituzioni all’esportazione per il settore lattiero-caseario lo scorso anno, l’unico paese a reclamare è stato la Nuova Zelanda, che non è un paese in via di sviluppo. Vorrei dunque che mi venisse fornito un esempio di un settore in cui le restituzioni all’esportazione attualmente costituiscono un problema.
Franziska Keller (Verts/ALE). – (EN) Signora Presidente, potrei ovviamente citare l’esempio del pollo congelato, che tutti conosciamo, sebbene ormai superato, ma tuttora, per dire, i pomodori sempre fortemente sovvenzionati nell’Unione europea, forniti ai mercati africani, poiché sono meno cari dei prodotti locali, distruggono posti di lavoro e amplificano il fenomeno della povertà, che è dunque sempre diffuso, per cui penso che dovremmo intervenire al riguardo.
Béla Glattfelder (PPE). – (HU) Signora Presidente, un numero sempre crescente di esperti nel mondo afferma che entro il 2030 si verificherà contemporaneamente una grave carenza di petrolio, acqua e cibo. Nondimeno, sembrerebbe che la prima carenza a dover essere affrontata sia quella alimentare, visto che già ora un miliardo di persone sulla Terra patisce la fame. Il numero degli affamati sta crescendo a un ritmo superiore all’aumento della popolazione mondiale. Pertanto, mentre soltanto una persona su sei attualmente patisce la fame, ci troveremo in una situazione in cui, nell’arco di pochi decenni, una persona su quattro o cinque sarà in tali condizioni. Due bambini muoiono di fame ogni minuto. La soluzione al problema non consiste, ovviamente, nel sospendere la politica agricola comune dell’Unione europea. L’Unione europea potrà essere forte e svolgere un ruolo forte nel mondo soltanto se potrà contare su una politica agricola comune forte.
La fame, però, non è appannaggio dell’Africa. Vi è fame anche nell’Unione europea. Per esempio, esistono regioni nella Comunità in cui la popolazione spende meno del 10 per cento del proprio reddito per il cibo, mentre altre – e penso ad alcune aree della Bulgaria e alle regioni meridionali della Romania – in cui la gente spende in media più del 50 per cento del proprio reddito per l’alimentazione. Tra queste vi sono anche quelle, e rappresentano la media, che spendono molto di più per nutrirsi. Vale la pena di sottolineare tale aspetto perché dobbiamo tenere presente il fatto che ogni qual volta formuliamo un nuovo regolamento che rende più costosa la produzione agricola e ne riduce l’efficienza, e penso alle regolamentazioni sul benessere animale che aumentano la quantità di foraggio necessario per produrre 1 kg di carne, non nuociamo soltanto all’ambiente aumentando le emissioni di CO2, ma moltiplichiamo anche il numero di persone che patiscono la fame, come con ogni provvedimento del genere. Forse proprio questo foraggio in più, che è necessario usare per allevare per esempio pollame, mancherà dalla tavola di un bambino affamato.
Corina Creţu (S&D). – (RO) Signora Presidente, il numero di persone sottonutrite al mondo ha superato la soglia del miliardo, esasperando una già tragica situazione in cui una persona su sei patisce la fame. Purtroppo, come è già stato rammentato in precedenza, i leader delle principali potenze industrializzate hanno dato prova di un atteggiamento di indifferenza a un vertice tanto importante e necessario quanto quello organizzato dalla FAO a Roma di recente. I leader degli Stati membri del G8 non hanno ritenuto necessario presenziare alla riunione, eccezion fatta per il primo ministro italiano.
Non posso fare a meno di citare il profondo, iniquo divario tra il massimo livello di attenzione accordato dai rappresentanti di questo gruppo di paesi, che rappresentano il 60 per cento del PIL mondiale, al salvataggio del sistema bancario e il loro disinteresse per la tragica realtà della fame che colpisce un numero crescente di esseri umani come noi. Questa è infatti una crisi che non è stata generata dai paesi poveri, che però ne sono i più colpiti.
Abbiamo raggiunto il livello più grave di fame dal 1970. Un bambino muore di fame ogni sei secondi. Purtroppo, i paesi sviluppati del mondo stanno chiudendo gli occhi su una tragedia che ci toccherà tutti con le sue complesse ripercussioni. L’esempio più eloquente, e anche più allarmante, è rappresentato dall’indifferenza dimostrata nei confronti dell’agricoltura negli ultimi due decenni, sfociata nell’attuale crisi alimentare. Rispetto all’ammontare complessivo degli aiuti ufficiali allo sviluppo, i fondi stanziati per l’agricoltura sono scelti dal 17 per cento nel 1980 al 3,8 per cento nel 2006.
La sicurezza alimentare è una sfida estremamente seria che richiede soluzioni urgenti, in primo luogo attraverso l’apertura dei mercati e l’erogazione di aiuti agli agricoltori dei paesi in via di sviluppo in maniera che si possa fornire cibo e sradicare la fame quanto prima.
Esther Herranz García (PPE). – (ES) Signora Presidente, vorrei esordire complimentandomi con l’onorevole McGuinness per l’iniziativa, che dimostra il ruolo importante svolto dalla politica agricola comune (PAC) nel rispondere alla domanda di approvvigionamento alimentare nel mondo.
Ora che la Commissione europea pare intenzionata a ridurre l’onere della PAC sul bilancio comunitario, è importante sottolineare che sebbene la PAC possa non essere prioritaria, la sufficienza alimentare deve esserlo. Negli ultimi decenni, è risultato chiaro che senza la PAC è molto difficile, se non impossibile, raggiungere la sufficienza alimentare.
L’agricoltura, pertanto, non può paragonarsi ad altri settori dell’economia, che possono prosperare su un mercato libero, perché il mercato alimentare non è un mercato libero. Gli agricoltori hanno bisogno del sostegno dell’Unione europea affinché le loro aziende possano prosperare e l’Unione europea, a sua volta, ha bisogno degli agricoltori per mantenere in essere un modello agricolo in grado di garantire cibo sufficiente di qualità sufficiente a cittadini sempre più esigenti.
Ritengo pertanto che dobbiamo cambiare rotta nella PAC, non abolirla. Per farlo, occorre assicurare aiuti diretti agli agricoltori reintroducendo una politica di gestione dei mercati agricoli che crei maggiore stabilità di prezzi, a beneficio non solo degli agricoltori, bensì anche dei consumatori e dei paesi terzi.
Per incoraggiare relazioni equilibrate tra i diversi anelli della catena alimentare, è necessario istituire un quadro di buone prassi, evitando pratiche abusive e promuovendo una distribuzione più equa dei margini commerciali.
Occorre altresì una politica di informazione dei consumatori europei che metta in luce l’impegno profuso dai produttori comunitari per attenersi ai regolamenti dell’Unione nel campo dell’ambiente, della sicurezza alimentare e del benessere animale, perché i produttori comunitari devono competere con le importazioni dei paesi terzi, dove gli standard applicati sono nettamente inferiori.
I produttori dei paesi terzi preferiscono infatti esportare nell’Unione europea anziché rifornire i mercati dei propri paesi perché tali esportazioni sono più redditizie nell’ambito degli accordi dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC).
Michèle Striffler (PPE). – (FR) Signora Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, si è ricordato poc’anzi che ogni cinque secondi un bambino muore di fame e indigenza in qualche luogo del mondo e si stima che oltre un miliardo di persone sia malnutrito.
La questione della sicurezza alimentare globale assume dunque un carattere di estrema urgenza e deve essere in cima all’agenda politica europea e internazionale. Le politiche europee devono diventare più coerenti in maniera da garantire che si realizzi il primo obiettivo di sviluppo del Millennio.
Lo strumento alimentare, pari a 1 miliardo di euro, è un primo passo indispensabile ed è fondamentale che le misure di attuazione si concentrino sulle aziende agricole medio piccole a conduzione familiare o che si occupano precipuamente di colture alimentari, soprattutto quelle gestite da donne, e alle popolazioni povere, ossia le più colpite dalla crisi alimentare.
L’agricoltura sostenibile deve rappresentare un ambito prioritario. E’ inoltre necessario esplorare meccanismi di finanziamento innovativi, come la tassa internazionale sulle transazioni finanziarie, che sostengano l’adeguamento al cambiamento climatico, pur restando accessibili ai piccoli agricoltori dei paesi più vulnerabili.
Ricardo Cortés Lastra (S&D). – (ES) Signora Presidente, onorevoli colleghi, sulla scia della recente conclusione del verticale mondiale dell’Organizzazione per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO) sulla sicurezza alimentare, vorrei esprimere il mio disappunto per il suo impatto limitato a livello sociale, politico e mediatico. Sono deluso in particolare dal fatto che non sia stato possibile pervenire a un accordo sul pacchetto di 44 miliardi di dollari che, nelle intenzioni, avrebbe dovuto aiutare gli agricoltori più poveri e mi rattrista il fatto che tutto proseguirà come prima.
Quando parliamo di sicurezza alimentare, agricoltura e sviluppo, spesso dimentichiamo la questione della carenza di acqua, problema essenziale adesso e, soprattutto, in futuro. Nell’attuale contesto di crisi economica e ambientale, più che mai ci occorre un impegno da parte dei paesi sviluppati per creare un nuovo consesso di riflessione internazionale ai massimi livelli allo scopo di consolidare l’acqua come bene pubblico, condividere tecnologie e sviluppare sistemi efficienti, sostenibili ed economicamente accettabili per la gestione di tale risorsa.
Se non provvediamo a tale aspetto, non riusciremo mai a combattere la fame.
Chris Davies (ALDE). – (EN) Signora Presidente, nell’Inghilterra del XVIII secolo, Thomas Malthus aveva previsto che l’aumento della popolazione avrebbe superato l’offerta di cibo. Ora per molti versi le sue idee sono state discreditate perché abbiamo assistito a una serie di rivoluzioni in campo agricolo che hanno trasformato la nostra società. Ma le sue parole erano vere: nell’arco della vita di molti di noi, la popolazione mondiale si è triplicata – triplicata, sembra incredibile – superando in fin troppe regioni del mondo la nostra offerta alimentare. Dobbiamo fare di più se vogliamo evitare la fame e controllare la crescita mondiale. A tal fine, è necessario garantire che le donne, ovunque, possano controllare la propria capacità riproduttiva. Dobbiamo altresì salvare le vite dei bambini. La maniera migliore per contenere l’aumento della popolazione consiste nel salvare le vite dei giovani in maniera che non si senta l’esigenza di avere famiglie più numerose.
Qui, nel mondo occidentale, siamo abituati a mangiare carne: un massiccio spreco di risorse. Tutto ciò che posso dire, signora Presidente, visto che il tempo a mia disposizione sta scadendo, è che, essendo personalmente diventato vegetariano 20 anni fa, se vogliamo salvare il mondo ed evitare la fame, dobbiamo mangiare verdure, non carne.
Peter Jahr (PPE). – (DE) Signora Presidente, un cibo adeguato rappresenta un diritto umano e la fame è un crimine contro l’umanità. Penso inoltre che la razza umana disponga di conoscenze tecniche e scientifiche tali da poter garantire che nessuno al mondo patisca la fame. Ovviamente, per combattere la fame nel mondo, serve anche denaro. Ma non è soltanto una questione di soldi. Innanzi tutto dobbiamo anche ottemperare ai seguenti requisiti. Primo, sviluppare una struttura democratica stabile nei paesi in via di sviluppo; secondo, combattere la corruzione; terzo, istituire un sistema agricolo nei paesi in via di sviluppo; infine, investire in agricoltura. Spesso troppo poco viene detto in merito ai primi tre punti. Inoltre, nei paesi in via di sviluppo molti fondi scompaiono, finiscono nelle mani sbagliate e vengono impiegati per pratiche corrotte.
Marc Tarabella (S&D) . – (FR) Signora Presidente, vorrei soffermarmi ulteriormente su quanto ho detto due giorni fa in merito alla tragica crisi alimentare in cui soprattutto l’Africa è sprofondata e l’evidente mancanza di sostegno da parte dei paesi più industrializzati e dei paesi emergenti in merito al problema della sicurezza alimentare mondiale.
Durante le discussioni che hanno avuto luogo nel corso del vertice della FAO a Roma, diverse organizzazioni non governative hanno accusato le multinazionali del settore alimentare di cercare di appropriarsi di migliaia di ettari di terreno fertilissimo di proprietà dei piccoli agricoltori del mondo in via di sviluppo. Più di 40 000 ettari sono già stati acquisiti in tal modo dall’Etiopia all’Indonesia.
Esse hanno altresì condannato la tendenza di molti paesi ricchi a favorire l’uso di fertilizzanti chimici e nuove tecnologie in Africa anziché incoraggiare lo sviluppo sostenibile di un’agroecologia. In tal senso, esse hanno condannato le società agrochimiche, l’uso degli organismi geneticamente modificati e lo sviluppo dei combustibili basati sulla biomassa a discapito dello sviluppo delle colture.
Mi rivolgo all’Unione europea affinché investa urgentemente nella realizzazione di un progetto di partenariato globale che consenta di coordinare meglio le azioni per combattere la fame. A mio parere, l’agricoltura di sussistenza è senza dubbio la risposta più ovvia.
Elisabeth Köstinger (PPE). – (DE) Signora Presidente, la sicurezza alimentare a lungo termine è una delle sfide centrali della politica agricola comune. In particolare, alla luce della penuria di prodotti alimentari, dobbiamo sottolineare l’importanza di una PAC forte, che in futuro assuma un ruolo fondamentale per raccogliere le sfide globali.
Ciò significa che servono finanziamenti adeguati a lungo termine per tale politica. La PAC è una componente importante della politica alimentare e di sicurezza dell’Unione e dopo il 2013 essa assumerà un ruolo significativo nella politica per lo sviluppo e nella politica esterna di sicurezza alimentare. Ecosistemi perfettamente funzionanti, suoli fertili, risorse idriche stabili e ulteriore diversificazione dell’economia rurale sono pertanto le massime priorità. La solidarietà e la cooperazione internazionale, unitamente ad accordi commerciali equilibrati che promuovano la sicurezza alimentare, anziché comprometterla, sono un elemento fondamentale della sicurezza alimentare globale ed è proprio in tale ambito che una PAC forte può dare un apporto notevole.
Rareş-Lucian Niculescu (PPE). – (RO) Signora Presidente, innanzi tutto, a rischio di ripetere un’idea già esposta dall’onorevole Stoyanov, deploro il fatto che vi siano estensioni di terre incolte in molti paesi europei, proprio mentre parliamo di fame nel mondo.
In secondo luogo, visto che la proposta di risoluzione tratta appunto questo argomento, e sono lieta che la Commissione vi abbia fatto cenno, desidero richiamare l’attenzione sul pericolo rappresentato dall’obiettivo dell’autosufficienza, ora molto in voga. Tale obiettivo, che non è sinonimo di sicurezza alimentare, potrebbe comportare un effetto collaterale indesiderato nelle attuali condizioni, perché il cambiamento climatico interessa ogni regione in maniera diversa. La situazione rende gli scambi più che mai necessari, non certo la pretesa che ogni paese produca tutto ciò che intende consumare.
Marian Harkin, autore. – (EN) Signora Presidente, vorrei semplicemente commentare due elementi emersi sinora nel dibattito. In primo luogo, il legame tra fame e cambiamento climatico. Come ha detto Ban Ki-moon a Roma, di fronte all’aumento della popolazione mondiale e al cambiamento del clima globale, entro il 2050 avremo bisogno di produrre il 70 per cento di cibo in più in condizioni meteorologiche sempre più estreme e imprevedibili. Pertanto, qualunque sforzo positivo compiuto per combattere il cambiamento climatico produrrà inevitabilmente effetti positivi sulla produzione alimentare.
Un’altra questione riemersa è quella della soluzione facile: incolpare la PAC, come se la PAC fosse responsabile di tutti i mali del mondo in via di sviluppo. La PAC non è certo perfetta, ma è stata riformata. E se vogliamo che i nostri agricoltori continuino a produrre e garantire la sicurezza alimentare dell’Europa, non possiamo letteralmente costringerli ad abbandonare l’attività a colpi di regolamentazione e negando loro il nostro sostegno.
Per esempio, qualcuno ha analizzato la recente riforma del settore dello zucchero nell’Unione europea per verificare se la decimazione del comparto sia andata a beneficio dei produttori dei paesi terzi o semplicemente dei baroni dello zucchero e dei proprietari terrieri, lasciando i piccoli coltivatori nella miseria? Non è affatto mia intenzione minimizzare il problema della fame nel mondo, ma dobbiamo garantire che nel momento in cui proponiamo soluzioni al problema, tali soluzioni siano realmente in grado di attenuarlo.
Sari Essayah (PPE). – (FI) Signora Presidente, è un bene che nella stessa giornata si discutano la risoluzione relativa alla conferenza sul clima di Copenaghen, i temi della sicurezza alimentare e il problema della fame nel mondo, perché questi aspetti sono tutti strettamente correlati.
Alcuni colleghi hanno già fatto riferimento al fatto che, attraverso la politica per il clima, abbiamo anche parzialmente causato ulteriori problemi. Ci siamo, per esempio, prefissi obiettivi irrealistici per il biocombustibile, il che ha portato a una situazione in cui si sono acquistati terreni dai paesi in via di sviluppo per coltivare la vegetazione per il biocombustibile. Si sottrae la terra ai poveri, che potrebbero usarla per coltivarla e sviluppare la propria produzione agricola.
Vi sono state altre distorsioni analoghe nella politica agricola che hanno portato a esportare nei paesi in via di sviluppo la produzione in eccesso, ostacolandone lo sviluppo agricolo. E’ estremamente importante ricordare una verità: oggi nel mondo il cibo è più che sufficiente; ciò che difetta è il desiderio di condividerlo.
Czesław Adam Siekierski (PPE). – (PL) Signora Presidente, in occasione dell’ultimo vertice della FAO gli Stati partecipanti non sono riusciti a elaborare alcuna proposta costruttiva. L’assenza di una strategia comune a livello internazionale è preoccupante, specialmente alla luce del continuo aumento della popolazione mondiale, che secondo le previsioni dovrebbe raggiungere i 9 miliardi nel 2050.
Ricordiamo tutti perfettamente gli effetti della crisi alimentare del 2007 quando, a seguito di un improvviso aumento dei prezzi dei prodotti agricoli di base, milioni di persone nel mondo si sono dovuti confrontare con la carenza di cibo. Penso che la crisi debba insegnarci una lezione. Dobbiamo smetterla con le azioni intese a limitare la produzione agricola, così diffuse, strano a dirsi, negli ultimi anni nella nostra Unione.
Ritengo che, alla luce delle tendenze globali del mercato alimentare, qualunque tentativo di limitare la PAC costituisca una mossa inavveduta che, in un prossimo futuro, minaccerà la sicurezza alimentare del nostro continente. Dovremmo invece aiutare i paesi in via di sviluppo a creare una propria politica agricola che permetta loro di garantire la sicurezza alimentare ai loro cittadini.
Karel De Gucht, membro della Commissione. – (EN) Signora Presidente, anch’io mi rammarico per il fatto che nessuno dei leader del G8 fosse presente a Roma, salvo il presidente della Commissione Barroso, e ovviamente ciò contribuisce a avvalorare la tesi che sia stato un vertice nel quale non si è detto né fatto molto di nuovo. Lo conferma, a mio parere, anche la sua dichiarazione finale. D’altro canto, ritengo anche estremamente importante che si sia riusciti a mantenere il tema della sicurezza alimentare all’ordine del giorno delle riunioni politiche e l’esito dei vari vertici organizzati nel corso del 2009 ha sicuramente dimostrato che il tema è in cima all’agenda internazionale e ogni volta che i leader mondiali si incontrano, per esempio ultimamente a Pittsburgh per il G20, si parla di cooperazione allo sviluppo e politica di sviluppo. Questo, pertanto, è in sé un elemento estremamente incoraggiante.
Sono stato a Roma e devo dire che, a parte la dichiarazione finale i cui contenuti, ne convengo, sono alquanto deludenti, si sono tenuti dibattiti molto interessanti e la partecipazione è stata eccellente, per cui è ipotizzabile un qualche riscontro. Per esempio, vi è stata una discussione approfondita sulla questione della compravendita di terreni fertili nei paesi in via di sviluppo e in quelli che non hanno seminativi; l’acquisto dei terreni in sé è un argomento di discussione molto interessante e ritengo che al riguardo si possa giungere a una qualche interpretazione comune.
Un altro aspetto sul quale vorrei soffermarmi, poiché alcuni parlamentari vi hanno fatto riferimento, è quello della PAC, che ovviamente non è perfetta. Nulla è perfetto a questo mondo, ma se analizziamo l’impatto della politica agricola comune sui paesi in via di sviluppo, penso che possiamo affermare che è sicuramente il sistema meno nocivo tra quelli introdotti dai grandi blocchi commerciali in termini di distorsioni create in tali paesi. L’OMC ha riconosciuto che la maggior parte delle nostre sovvenzioni, se non tutte, non distorcono il commercio perché sostengono il reddito agricolo, non i prezzi dei prodotti agricoli.
Sono anche in un certo qual modo deluso dal fatto che si imputi sempre la colpa all’Europa. Certo neanche l’Europa è perfetta, ma ritengo che con lo strumento alimentare, per esempio, abbiamo compiuto un notevole passo avanti. Si tratta di 1 miliardo di euro su base biennale, il cui scopo non è sostenere la fornitura di prodotti alimentari, bensì piuttosto, in larga misura, la fornitura di sementi, eccetera, a vantaggio dei piccoli produttori agricoli del mondo in via di sviluppo, approccio che a mio parere è realmente innovativo, come ha riconosciuto anche, per esempio, la Banca mondiale, facendo proprio tale meccanismo. Non dobbiamo pertanto colpevolizzare sempre e solo noi. Per inciso, lo strumento è stato un’innovazione introdotta dal mio predecessore. Vi è tuttavia un aspetto in merito al quale non concordo con lui e riguarda un parlamentare che nel frattempo ha lasciato l’aula, l’onorevole Le Hyaric. Il mio predecessore non è un socialista, bensì un comunista, stando al suo gruppo politico: è un comunista e ciò spiega probabilmente il suo ragionamento.
Detto questo, anche all’Aquila ci siamo assunti la nostra responsabilità di Commissione europea e abbiamo impegnato 4 miliardi di dollari, pari all’incirca al 20 per cento del pacchetto alimentare e del pacchetto di sostegno concordato all’Aquila. Così facendo, siamo di gran lunga i donatori più importanti ad aver assunto impegni in quella sede, impegni che sicuramente onoreremo stanziando tale somma ed erogandola quanto prima.
Concluderò con un’ultima battuta sulla nuova politica agricola e di sicurezza alimentare dell’Unione europea perché nel programma di lavoro della Commissione per il 2010 si è previsto di presentare al Consiglio e al Parlamento una comunicazione su una politica rinnovata per l’agricoltura e la sicurezza alimentare dell’Unione europea. Il documento passerà in rassegna gli attuali problemi che interessano l’agricoltura e la sicurezza alimentare e mi riferisco, per esempio, alle sfide poste dal cambiamento climatico, alla maggiore attenzione per la nutrizione e la qualità del cibo, alle reti di sicurezza e alle politiche di protezione sociale, all’impatto dei biocombustibili sulla produzione alimentare o all’uso e all’impatto delle nuove tecnologie e delle biotecnologie, alle richieste sempre più numerose di approcci basati sui diritti, all’acquisizione su larga scala di terreni, eccetera.
La comunicazione sarà intesa in primo luogo a rinnovare l’impegno comunitario nei confronti dei paesi in via di sviluppo per assisterli nel miglioramento della loro produzione agricola, aspetto che resta fondamentale, specialmente in vista della crescente domanda di cibo dovuta all’aumento della popolazione mondiale e al mutamento dei modelli alimentari, oltre che alle sfide e alle minacce che il cambiamento climatico sta ponendo alla produzione agricola sostenibile. In secondo luogo, essa sarà volta ad avviare una riflessione sul modo in cui l’Unione potrebbe sfruttare al meglio la propria esperienza e il proprio know-how per sostenere la nascita di politiche regionali e quadri strategici nel campo dell’agricoltura e della sicurezza alimentare. In terzo luogo, essa sarà intesa a fornire la base per l’intero approccio comunitario all’armonizzazione dei quadri politici esistenti a livello di sistema di gestione del commercio elettronico a seguito degli impegni assunti nel contesto del programma di azione definito all’Aquila. In quarto luogo, essa sarà volta a proporre modi in cui l’Unione può concorrere ad accelerare il processo per conseguire gli obiettivi di sviluppo del Millennio, specialmente il primo, in vista della loro imminente revisione, nel settembre 2010, a New York. In quinto luogo, essa sarà intesa a posizionare meglio l’Unione nei confronti degli attuali sviluppi nel campo del governo agricolo e alimentare globale, oltre che, da ultimo, ad affrontare i temi venuti recentemente alla ribalta nel quadro della sicurezza alimentare.
Il 16 novembre è stata avviata una consultazione pubblica su un documento di analisi, che si concluderà all’inizio di gennaio. Consulteremo pertanto tutti gli interlocutori, per poi presentare una comunicazione formale in veste di Commissione europea.
Presidente. – Comunico di aver ricevuto sei proposte di risoluzione(1) ai sensi dell’articolo 110, paragrafo 2, del regolamento.
La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà giovedì, 26 novembre 2009.