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Resoconto integrale delle discussioni
Giovedì 21 gennaio 2010 - StrasburgoEdizione GU
 ALLEGATO (Risposte scritte)
INTERROGAZIONI AL CONSIGLIO (La Presidenza in carica del Consiglio dell’Unione europea è l’unica responsabile di queste risposte)
INTERROGAZIONI ALLA COMMISSIONE

INTERROGAZIONI AL CONSIGLIO (La Presidenza in carica del Consiglio dell’Unione europea è l’unica responsabile di queste risposte)
Interrogazione n. 10 dell’onorevole McGuinness (H-0498/09)
 Oggetto: Società che pubblicano elenchi commerciali ingannevoli
 

Quale avvertenza può offrire il Consiglio alle migliaia di cittadini europei vittime di società che pubblicano elenchi commerciali ingannevoli come la European City Guide, che opera dalla Spagna, e altre?

Può il Consiglio dare assicurazione a quest’Aula dell’impegno dell’Unione europea a porre fine alle pratiche di pubblicità ingannevole tra imprese?

 
  
 

(EN) La presente risposta, elaborata dalla presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di gennaio 2010 del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo.

L’onorevole parlamentare può essere certo dell’impegno del Consiglio nella lotta contro le pratiche vietate di pubblicità ingannevole, siano esse relative a transazioni tra aziende o tra queste e i consumatori, e, soprattutto, della sua insistenza per un’attuazione completa ed efficace della direttiva 2005/29/CE, relativa alle pratiche commerciali sleali (che regolamenta i rapporti tra imprese e consumatori), e della direttiva 2006/114/CE, concernente la pubblicità ingannevole, che regolamenta le transazioni tra aziende e che si applicherebbe ai casi riportati dall’onorevole parlamentare.

Far applicare in modo rigoroso ed efficace tali disposizioni, tuttavia, è responsabilità dei tribunali e delle autorità nazionali.

Non spetta pertanto al Consiglio esprimersi su singoli casi di presupposte pratiche sleali.

Per concludere, richiamiamo altresì all’attenzione dell’onorevole parlamentare l’articolo 9 della direttiva 2006/114/CE, che impone agli Stati membri di comunicare alla Commissione tutte le misure adottate nell’attuazione di tale documento. Finora il Consiglio non ha ricevuto dalla Commissione nessuna indicazione relativa a problemi o mancanze nell’attuazione di tale direttiva da parte di nessuno Stato membro, né la Commissione ha sottoposto proposte di misure legislative supplementari.

 

Interrogazione n. 11 dell’onorevole Ţicău (H-0500/09)
 Oggetto: Protezione delle infrastrutture di comunicazione elettronica e dei dati di carattere personale
 

Il Consiglio dei Ministri dei trasporti, delle telecomunicazioni e dell’energia del 17 e 18 dicembre 2009 ha affermato nelle sue conclusioni la necessità di sviluppare una nuova agenda digitale per l’Unione europea che faccia seguito alla strategia i-2010. Pertanto, il Consiglio UE ha sottolineato l’importanza di elaborare soluzioni per l’identificazione elettronica degli utenti di mezzi e servizi elettronici che garantiscano la tutela sia dei dati personali che della privacy.

Quali misure intende inserire il Consiglio nella futura agenda digitale dell’UE per il periodo fino al 2020 e, in particolare, quali misure prevede ai fini della protezione delle infrastrutture di comunicazione elettronica e dell’elaborazione di soluzioni per l’identificazione elettronica che garantiscano la tutela sia dei dati personali che della privacy?

 
  
 

(EN) La presente risposta, elaborata dalla presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di gennaio 2010 del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo.

Molto è già stato fatto nel campo dell’identificazione elettronica. Nell’ambito del settimo programma quadro per le attività di ricerca, sono stati avviati diversi progetti legati alla gestione dell’identità ed esistono altresì dei progetti cofinanziati dall’Unione europea nell’ambito del programma di sostegno alla politica in materia di informazione e di comunicazione del programma quadro per la competitività e l’innovazione. La revisione, recentemente adottata, del quadro normativo per le reti e i servizi di comunicazione elettronica migliora la situazione anche per quanto attiene al diritto alla privacy dei cittadini.

L’onorevole parlamentare ricorderà altresì l’operato dell’Agenzia europea per la sicurezza delle reti e dell’informazione, istituita per aumentare le capacità dell’Unione europea, degli Stati membri e della comunità imprenditoriale di prevenire, far fronte e rispondere a tale genere di problemi.

Il 18 dicembre 2009, il Consiglio ha adottato delle conclusioni relative a una “Strategia post-i2010 - Verso una società dei saperi aperta, verde e competitiva”, che sottolineavano l’importanza di elaborare soluzioni in materia di identificazione elettronica che garantiscano la protezione dei dati e il rispetto della privacy dei cittadini, nonché un miglior controllo delle loro informazioni personali in rete. Il Consiglio, inoltre, ha adottato una risoluzione su un approccio europeo cooperativo in materia di sicurezza delle reti e dell’informazione in cui sottolineava l’importanza di una strategia globale europea più incisiva in materia di sicurezza delle reti e dell’informazione.

In entrambi i documenti il Consiglio invita la Commissione a presentare delle proposte. Questa primavera dovrebbe essere già presentata una nuova agenda digitale, in cui confluiranno anche le conclusioni di dicembre.

Il Consiglio è pronto ad agire per rafforzare la sicurezza della rete. Il futuro sviluppo di internet e di nuovi, importanti servizi dipendono in gran parte da tali questioni. Esamineremo con grande attenzione qualunque nuova proposta la Commissione vorrà sottoporci.

 

Interrogazione n. 12 dell’onorevole Crowley (H-0502/09)
 Oggetto: Fortuna Land Scam
 

Molti investitori dall’Irlanda hanno perduto somme rilevanti in un programma di investimenti dubbi creato da una società spagnola di Fuengirola. Quali azioni possono essere avviate, a livello sia nazionale sia dell’Unione europea, per aiutare questi investitori a recuperare i loro investimenti, considerando che molti di loro hanno perso i risparmi di una vita intera?

 
  
 

(EN) La presente risposta, elaborata dalla presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di gennaio 2010 del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo.

Comprendiamo le preoccupazioni di tutti gli investitori che hanno perso i propri risparmi e anche di coloro che hanno effettuato degli investimenti sulla base delle indicazioni della società citata dall’onorevole parlamentare.

Fatta questa premessa, spetta ora alle autorità competenti degli Stati membri interessati da questa o altre situazioni similari intraprendere le misure necessarie per procedere con le proprie indagini e fornire aiuto agli investitori che hanno subito un danno.

Le autorità spagnole hanno effettivamente avviato delle investigazioni criminali a tale proposito, ma non spetta alla presidenza del Consiglio esprimersi in merito.

 

Interrogazione n. 13 dell’onorevole Gallagher (H-0504/09)
 Oggetto: Riforma del Fondo di solidarietà dell’UE
 

Il Consiglio tiene in sospeso una proposta di semplificare e migliorare il Fondo di solidarietà dell’UE (2005/0033) fin da quando il Parlamento europeo l’ha adottata in prima lettura, nel 2006. Negli ultimi anni l’Europa ha subito gravi fenomeni meteorologici con maggiore frequenza. Ad esempio, le recenti inondazioni in Irlanda hanno causato notevoli danni a molte abitazioni, attività commerciali, aziende agricole, strade e impianti di approvvigionamento idrico. È essenziale attribuire la priorità alla riforma del Fondo di solidarietà dell’UE.

Quali misure intende la Presidenza entrante adottare per sbloccare la situazione in seno al Consiglio?

 
  
 

(EN) La presente risposta, elaborata dalla presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di gennaio 2010 del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo.

Il Fondo di solidarietà dell’Unione europea è stato creato a seguito dei disastri provocati dalle precipitazioni straordinarie che hanno colpito l’Europa centrale nell’estate del 2002. Il 6 aprile 2005, la Commissione ha sottoposto al Consiglio una proposta di revisione del regolamento, volta in particolar modo ad ampliarne il mandato a calamità non naturali, ad abbassare la soglia minima dei danni riportati a causa del disastro e ad aggiungere un ulteriore criterio, di ordine politico. Nel proprio parere del maggio 2006, il Parlamento ha approvato tale proposta con alcune modifiche.

Nondimeno, dopo aver esaminato la proposta in questione, le discussioni in seno al Consiglio hanno portato alla conclusione che non vi era abbastanza sostegno per una revisione del regolamento nei termini proposti dalla Commissione.

 

Interrogazione n. 14 dell’onorevole Czarnecki (H-0507/09)
 Oggetto: Modificazione della struttura demografica degli Stati membri dell’Unione europea
 

Può il Consiglio indicare se ha osservato la significativa modificazione della struttura demografica degli Stati membri dell’Unione europea? Tale situazione è il risultato di due fattori: un rapido invecchiamento della popolazione dei 27 Stati membri e un importante aumento del numero di immigrati originari di paesi extraeuropei.

Intende il Consiglio elaborare un programma volto a incoraggiare l’attuazione, nel territorio dell’Unione, di una politica di promozione delle nascite, a favore della famiglia, al fine di invertire tale tendenza?

 
  
 

(EN) La presente risposta, elaborata dalla presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di gennaio 2010 del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo.

Quella demografica è una delle principali sfide a lungo termine dell’Unione europea e, indubbiamente, come sottolineato dall’onorevole parlamentare, essa è strettamente collegata alle questioni della famiglia.

Ciò detto, rimane di responsabilità degli Stati membri ideare e attuare disposizioni specifiche in materia di politica a favore della famiglia. Per quanto attiene alla politica sociale, secondo quanto stabilito dai trattati, l’Unione europea può sostenere e integrare le attività degli Stati membri “attraverso iniziative volte a migliorare la conoscenza, a sviluppare gli scambi di informazioni e di migliori prassi, a promuovere approcci innovativi e a valutare le esperienze fatte”(1).

Le questioni demografiche e sociali, tuttavia – incluse quelle relative alla famiglia, ove appropriato – rimangono all’ordine del giorno del Consiglio. Il 30 novembre 2009, il Consiglio ha fatto propri i pareri redatti dai comitati per la protezione sociale e per l’occupazione sulla futura agenda dell’Unione europea dopo il 2010, ritenendo che il prolungamento della vita lavorativa e la promozione di una migliore conciliazione tra la vita privata e la vita professionale rimarranno un fattore essenziale(2)per la strategia dell’Unione dopo il 2010, e che l’invecchiamento della popolazione e la globalizzazione rimangono tra le principali sfide della strategia europea per l’occupazione(3).

Inoltre, nelle proprie conclusioni(4), il Consiglio ha riconosciuto “che a causa dei cambiamenti demografici si prevede una diminuzione della percentuale di popolazione in età lavorativa nei prossimi decenni e che l’Europa passerà da quattro a solo due persone in età lavorativa che sostengono una persona anziana. In tale contesto le politiche per rafforzare la parità di genere e migliorare la conciliazione di vita professionale, vita familiare e vita privata sono essenziali per raggiungere gli obiettivi comuni fissati relativi a tassi di occupazione più elevati nonché per realizzare gli obiettivi della crescita economica e della coesione sociale nell’Unione europea”.

Per concludere, nel proprio programma per l’occupazione e le questioni sociali(5), la presidenza spagnola riconosce che l’Europa sta iniziando ad affrontare l’invecchiamento demografico non solo come una sfida, ma anche come un’opportunità per le politiche sociali.

Essa ritiene che i tempi siano maturi perché l’Unione europea adotti un’iniziativa per la promozione del prolungamento della vita attiva; ad esempio, essa sostiene l’eventuale decisione della Commissione di dichiarare il 2012 l’anno europeo del prolungamento della vita attiva e dei rapporti intergenerazionali. Essa organizzerà, inoltre, una conferenza sul prolungamento della vita attiva a La Rioja, dal 29 al 30 aprile 2010.

La presidenza spagnola promuoverà altresì azioni congiunte da parte degli Stati membri per rispondere al meglio agli importanti cambiamenti sociali e demografici che gli Stati membri devono fronteggiare, attraverso, ad esempio, uno scambio più intenso dio informazioni, di apprendimento reciproco e migliori pratiche. Verrà data enfasi sia alle varie iniziative volte alla conciliazione tra vita privata e familiare e vita professionale, sia all’aumento dei livelli occupazionali, specialmente per i lavoratori più anziani.

 
 

(1) Articolo 153, paragrafo 2, lettera a) del trattato sul funzionamento dell’Unione europea
(2) Doc. 15859/09
(3) Doc. 15529/09
(4) Adottate dal consiglio EPSCO del 30 novembre 2009, doc. 16214/09.
(5) Preparato congiuntamente da tre ministri spagnoli, per il lavoro e l’occupazione, per la salute e gli affari sociali e per le pari opportunità.

 

Interrogazione n. 15 dell’onorevole Andrikienė (H-0002/10)
 Oggetto: Attuazione delle priorità della Presidenza spagnola nelle relazioni UE-America latina
 

Una delle priorità chiave della Presidenza spagnola sono le relazioni UE-America latina.

Quali obiettivi vorrebbe raggiungere la Presidenza spagnola nel settore del commercio internazionale con l’America latina?

Gli accordi di libero scambio con paesi quali la Colombia e il Perù saranno conclusi nel corso della Presidenza spagnola? Quali sono i problemi più importanti tuttora irrisolti?

 
  
 

(EN) La presente risposta, elaborata dalla presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di gennaio 2010 del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo.

Il rafforzamento delle relazioni UE-America latina è indubbiamente una delle massime priorità della presidenza spagnola.

Nel progetto di programma di 18 mesi(1) elaborato dalla presidenza spagnola e dalle future presidenze belga e ungherese, le tre presidenze hanno sottolineato che sarà posta particolare attenzione alla conclusione degli accordi di associazione con l’America centrale e alla firma dell’accordo multilaterale con i paesi della Comunità andina, nonché alla ripresa e al progresso dei negoziati dell’accordo di associazione con Mercosur.

Per quanto attiene ai negoziati per gli accordi di associazione con l’America centrale, è attualmente in fase di discussione con i paesi di tale regione un possibile calendario per la ripresa dei negoziati in modo da concluderli ad aprile di quest’anno. Dobbiamo vedere, a tale proposito, soprattutto come si evolve la situazione in Honduras nei prossimi mesi, dopo gli ultimi eventi che si sono verificati in questo paese.

Per quanto concerne specificatamente l’accordo di libero scambio con la Colombia e il Perù, i negoziati sono a uno stadio molto avanzato e la presidenza spagnola si adopererà in ogni modo per concluderli entro il primo semestre del 2010. La prossima tornata avrà luogo questa settimana a Lima. Devono essere risolte ancora diverse questioni, come quelle relative al commercio (accesso al mercato, norme d’origine, proprietà intellettuale) e l’introduzione delle cosiddette “clausole politiche” (sui diritti umani e sulle armi di distruzione di massa). Tuttavia, sia la Colombia che il Perù hanno dimostrato la propria volontà di trovare un compromesso, quindi le prospettive che i negoziati vadano a buon fine sono buone. Se nell’immediato futuro dovesse essere raggiunto un accordo, verrebbero avviate le procedure per la firma dello stesso a margine del vertice UE-America centrale che si terrà a Madrid dal 17 al 18 maggio.

Il ruolo del Parlamento europeo nel processo che porterà alla conclusione e all’entrata in vigore di tali accordi internazionali è determinato dalle nuove disposizioni del trattato di Lisbona, nel rispetto delle basi giuridiche del singolo accordo.

Quando i negoziati con il Mercosur furono sospesi, nel 2004, erano già stati compiuti notevoli passi avanti sul piano del dialogo politico e della cooperazione. L’Unione europea nel suo complesso, e la presidenza spagnola in particolare, attribuiscono grande importanza alla ripresa dei negoziati, che potrebbero riprendere se si presentassero le giuste condizioni. Queste ultime devono essere verificate con attenzione prima che l’Unione europea decida di riprenderli.

 
 

(1) Doc. 16771/09

 

Interrogazione n. 16 dell’onorevole Toussas (H-0004/10)
 Oggetto: L’Unione europea approva l’elevazione dei nazisti al rango di eroi?
 

Il 18 dicembre, poche ore prima che il governo della Georgia procedesse ad abbattere con la dinamite un monumento antifascista nella città di Kutaisi, all’Assemblea generale dell’ONU è stata presentata una risoluzione che condanna l’operazione di giustificazione del nazismo portata avanti da alcuni paesi europei e Stati membri dell’UE, come i paesi baltici e altri, che proclamano eroi i componenti delle bande fasciste delle “Waffen SS”, mentre con decisioni governative demoliscono e dissacrano monumenti della resistenza antifascista e della vittoria dei popoli. A favore della risoluzione si è pronunciata la stragrande maggioranza dei paesi membri dell’ONU (127) mentre solo gli Stati Uniti d’America hanno votato contro, con l’appoggio dei 27 Stati membri dell’UE, che si sono astenuti.

Il Consiglio è pregato di rispondere ai seguenti quesiti. L’astensione dell’UE sulla risoluzione costituisce approvazione e sostegno della riabilitazione ed elevazione al rango di eroi, in alcuni Stati membri e in altri paesi europei, dei componenti delle bande fasciste e dei collaboratori dei criminali di guerra nazisti? Approvano l’UE e il Consiglio l’abbattimento – in alcuni Stati membri e in altri paesi – dei monumenti che ricordano la vittoria antifascista? Il rifiuto dell’UE di condannare la trasformazione in eroi dei criminali fascisti responsabili di delitti contro l’umanità s’inquadra nel tentativo antistorico di equiparare nazismo e comunismo?

 
  
 

(EN) La presente risposta, elaborata dalla presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di gennaio 2010 del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo.

L’Unione europea ha sempre espresso in modo chiaro il proprio forte impegno nella lotta mondiale contro il razzismo, la discriminazione razziale, la xenofobia e l’intolleranza. Tale posizione è stata ribadita nella dichiarazione rilasciata dalla presidenza svedese a nome dell’Unione europea, per motivare la decisione di astenersi dal voto durante la 64a sessione del terzo comitato dell’Assemblea generale sulla risoluzione sull’inammissibilità delle pratiche che contribuiscono a scatenare forme moderne di razzismo, discriminazione razziale, xenofobia e l’intolleranza.

Come indicato in tale dichiarazione, nel corso dei negoziati sul testo della risoluzione, l’Unione ha dichiarato di essere pronta a cercare il modo di garantire che tale documento rappresenti una risposta seria e concreta alle forme moderne di razzismo, discriminazione razziale, xenofobia e l’intolleranza.

Purtroppo, tuttavia, non è stato tenuto conto di alcune delle più gravi preoccupazioni espresse dall’Unione europea e da altre delegazioni. Come in passato, invece di affrontare globalmente le preoccupazioni relative ai diritti umani per quanto attiene al razzismo e alla discriminazione razziale – di cui una delle forme più gravi è l’insorgenza di violenza razzista e xenofoba – la proposta di risoluzione ha optato per un approccio selettivo, ignorando tali gravi preoccupazioni e, anzi, distogliendo l’attenzione da esse.

Un esempio particolarmente deprecabile delle carenze presenti nella proposta è l’uso inaccurato di citazioni dalle sentenze emesse dal tribunale di Norimberga.

Essenzialmente, la proposta ha mancato altresì di riflettere la considerazione fondamentale che la lotta contro il razzismo, la discriminazione razziale, la xenofobia e l’intolleranza deve rispettare le disposizioni degli articoli 4 e 5 della convenzione internazionale sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale e non deve violare altri diritti umani o libertà fondamentali già riconosciuti.

Concludendo, la proposta di risoluzione rischiava di violare la libertà del Relatore speciale della Nazioni Unite di relazionare al Consiglio dei diritti dell’uomo e all’Assemblea generale su tutti gli aspetti delle forme moderne di razzismo, discriminazione razziale e xenofobia.

Per tutte queste ragioni, l’Unione europea ha deciso di astenersi dal voto.

 

Interrogazione n. 17 dell’onorevole Angourakis (H-0005/10)
 Oggetto: Arresto del sindaco di Nazareth
 

Il 29 dicembre è stata lanciata una bomba a mano contro l’abitazione di Ramez Jeraisy, sindaco di Nazareth, che collabora con il Partito comunista israeliano in seno al Fronte democratico per l’uguaglianza e la pace.

L’attentato è avvenuto in coincidenza con l’anniversario dell’attacco omicida di Israele a Gaza, che ha segnato l’inasprimento dell’aggressività dello Stato israeliano, mentre si moltiplicano i casi di aggressioni anticomuniste e antidemocratiche. Contemporaneamente vengono proibite manifestazioni pubbliche e viene perseguito per la sua attività pacifista Mohammad Barakeh, deputato e membro del comitato centrale del Partito comunista israeliano.

Condanna il Consiglio le aggressioni anticomuniste e antidemocratiche di Israele?

 
  
 

(EN) La presente risposta, elaborata dalla presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di gennaio 2010 del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo.

Desidero ringraziare l’onorevole parlamentare per questa interrogazione.

Attacchi violenti ai danni dei cittadini – siano essi dipendenti pubblici oppure no, e indipendentemente dalle loro opinioni politiche – costituiscono atti criminali che devono essere indagati e perseguiti tramite le corrette procedure giudiziarie. Qualunque attacco violento motivato da ragioni politiche, inoltre, non può conciliarsi con i valori democratici fondamentali dell’Unione europea, in particolar modo con la libertà di espressione e di orientamento politico, la non-discriminazione e lo Stato di diritto. Tale norma si applica anche per i casi in cui i cittadini sono perseguiti per ragioni politiche da parte dei propri governi o servizi dell’apparato statale.

Per quanto attiene agli incidenti cui si riferisce l’onorevole parlamentare, non vi sono prove a sostegno della motivazione di carattere politico né per il lancio della granata contro l’abitazione del sindaco di Nazareth, attualmente oggetto di investigazioni da parte della polizia giudiziaria israeliana, né per la persecuzione del membro del Knesset, Muhammad Barakeh, che ha personalmente scelto di non invocare la propria immunità parlamentare. Il conflitto di Gaza all’inizio del 2009 è stato oggetto di una serie di dichiarazioni da parte dell’Unione europea, Consiglio incluso, in cui si sottolineava, fra l’altro, che entrambe le parti dovevano rispettare i diritti umani e il diritto internazionale umanitario.

Vorrei assicurare all’onorevole parlamentare che il Consiglio attribuisce particolare importanza ai valori e ai principi democratici ed è pronto a condannarne il mancato rispetto ove opportuno ed in presenza di prove concrete.

 

INTERROGAZIONI ALLA COMMISSIONE
Interrogazione n. 18 dell’onorevole Aylward (H-0488/09)
 Oggetto: Sicurezza dei prodotti e ritiro dei prodotti difettosi
 

Alla luce delle recenti preoccupazioni in materia di sicurezza sollevate da taluni passeggini e giocattoli da bambini venduti nell’Unione europea, quale azione sta intraprendendo la Commissione per far sì che i consumatori europei, in particolare i bambini, siano protetti e che la necessità di ritirare taluni prodotti non si verifichi con maggiore frequenza?

Inoltre, che cosa può fare la Commissione per garantire che il ritiro di prodotti nel caso di merci non sicure o difettose, si svolga nel modo più efficace e rapido necessario a garantire il minimo disturbo per i consumatori?

 
  
 

I giocattoli e i prodotti per bambini non sono assimilabili a nessun altro prodotto di consumo. La loro sicurezza è una delle massime priorità nell’ambito della sicurezza dei prodotti di consumo.

La Commissione ha recentemente intrapreso un’ampia gamma di attività volte ad aumentare il livello della sicurezza di giocattoli e prodotti per bambini in Europa. Essa ha promosso leggi e norme, incentivato azioni transfrontaliere di sorveglianza del mercato attraverso il sostegno finanziario, cooperato con l’industria dei giocattoli e preso impegni con i nostri partner internazionali.

La nuova direttiva 2009/48/CE sulla sicurezza dei giocattoli(1) è stata adottata il 18 giugno 2009. Grazie alle nostre discussioni costruttive, la direttiva ora contiene più severe prescrizioni di sicurezza e può essere adattata rapidamente all’individuazione di nuovi rischi, in particolar modo per quanto attiene agli agenti chimici.

La sicurezza degli articoli utilizzati per la cura generica del bambino, come culle e carrozzine, è regolata dalla direttiva 2001/95/CE relativa alla sicurezza generale dei prodotti(2). La direttiva stabilisce una serie di disposizioni generali che impongono a tutti gli operatori della catena di approvvigionamento di introdurre sul mercato solo prodotti sicuri. La sicurezza dei bambini è una delle principali preoccupazioni anche nell’attuazione di tali leggi.

Diverse norme europee fungono da punto di riferimento. Le norme che si applicano alla sicurezza dei giocattoli dovranno essere riviste in modo che rispettino la nuova direttiva in materia. Recentemente è stata effettuata una verifica su diversi articoli per la cura del bambino, generalmente impiegati nel nutrimento, nella pulizia o nel riposo dei neonati e dei bambini piccoli. La Commissione, pertanto, richiederà a brevissimo l’adozione di nuove norme di sicurezza europee per articoli per l’igiene del bambino, come vaschette o poltroncine da bagno, e prodotti utilizzati nell’ambiente di riposo del bambino, nel quadro di una più ampia azione in tale materia.

Dalla fine del 2008, la Commissione ha allocato 500 mila euro per incentivare un’azione coordinata di sorveglianza incentrata sui giocattoli per i bambini piccoli. Le autorità di 15 paesi europei hanno già testato 200 campioni di giocattoli per verificare il fattore di rischio di piccoli componenti (calamite incluse) e metalli pesanti. I giocattoli non che si sono dimostrati a norma e sono stati giudicati pericolosi stati ritirati dal mercato.

La Commissione ha invitato altresì l’industria del giocattolo a intraprendere azioni volte a garantire che vengano prodotti e distribuiti sul mercato europeo solo giocattoli sicuri. Due accordi volontari con la Toy Industries of Europe e con i rappresentanti di rivenditori al dettaglio e importatori hanno impegnato l’industria del settore in diverse attività, come l’istruzione e la formazione o lo sviluppo di linee guida che aiutino le aziende a stabilire adeguati sistemi di controllo della sicurezza.

Nell’ambito delle attività internazionali, la cooperazione con la Cina ha già portato al blocco alle frontiere cinesi di centinaia di giocattoli pericolosi e articoli per la cura del bambino, nonché di diversi titoli di esportazione rilasciati dalle autorità cinesi. Esperti in materia di sicurezza dei giocattoli dell’Unione europea, della Cina e anche degli Stati Uniti discutono regolarmente di sicurezza dei giocattoli, preoccupazioni comuni, possibili azioni e ambito di applicazione per la convergenza dei rispettivi requisiti.

Poiché gli operatori economici sono i primi responsabili per la sicurezza dei propri prodotti, essi dovrebbero adottare sempre un approccio proattivo per identificare elementi potenzialmente problematici a livello di produzione. Quando si verificano degli incidenti, dovrebbero essere in atto procedure appropriate per organizzare in tempi rapidi un ritiro ben mirato. Molte aziende prendono seriamente le proprie responsabilità derivanti dalla legislazione in materia di sicurezza dei prodotti e agiscono con rapidità. Tuttavia, poiché alcuni attori non sono in grado di condurre un’adeguata gestione dei rischi, bisognerebbe garantire alle autorità nazionali preposte all’applicazione della legge le risorse necessarie a controllare le azioni di questi e a richiedere ulteriori misure restrittive qualora quelle adottate su base volontaria dovessero essere considerate tardive o insufficienti per far fonte a tutti i rischi. E’ per questa ragione che la Commissione plaude fortemente al grande interesse e al ruolo promotore del comitato IMCO nella discussione sull’intensificazione della sorveglianza del mercato per la sicurezza del consumatore.

 
 

(1) Direttiva 2009/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 giugno 2009 , sulla sicurezza dei giocattoli, GU L 170 del 30.6.2009.
(2) Direttiva 2001/95/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 dicembre 2001, relativa alla sicurezza generale dei prodotti, GU L 11 del 15.1.2002.

 

Interrogazione n. 20 dell’onorevole Ţicău (H-0501/09)
 Oggetto: Quadro europeo per la fatturazione elettronica (e-invoice)
 

Nel 2007 la Commissione ha collaborato con un gruppo di esperti, rappresentanti di istituti bancari e di imprese, e con organismi di normalizzazione per identificare gli ostacoli esistenti e definire un quadro europeo per agevolare il passaggio alla fatturazione elettronica.

Nel 2008 la Commissione ha istituito una task force con l’incarico di definire, entro la fine del 2009, un quadro europeo per la fatturazione elettronica. Visti i benefici che un tale quadro normativo europeo arrecherebbe tanto alle imprese quanto alle autorità finanziarie e fiscali, può la Commissione indicare l’esito del lavoro del gruppo di esperti incaricato nel 2008 di elaborare detto quadro? In particolare, quali misure intende adottare la Commissione al fine di elaborare e applicare un quadro europeo per la fatturazione elettronica (e-invoice), e qual è il calendario di attuazione di tali misure?

 
  
 

Rispetto a quelle cartacee, le fatture elettroniche offrono consistenti vantaggi di carattere economico per le aziende di qualunque dimensione. Tuttavia, buona parte del potenziale della fatturazione elettronica rimane inutilizzato, soprattutto tra le piccole e medie imprese, a causa del persistere di ostacoli tecnici e normativi al suo pieno utilizzo. Alla fine del 2007 la Commissione ha istituito un gruppo di esperti indipendente con il compito di definire un quadro europeo per la fatturazione elettronica (e-invoice) in grado di sostenere l’erogazione di servizi di fatturazione elettronica in modo aperto, competitivo e interoperabile in tutta Europa.

Il gruppo di esperti ha ultimato il proprio lavoro e adottato una relazione finale, includendovi la proposta di un quadro europeo per la fatturazione elettronica (e-invoice), a novembre del 2009. Gli ostacoli principali per l’adozione della fatturazione elettronica identificati dal gruppo di esperti comprendono: requisiti obbligatori per le fatture elettroniche incoerenti tra gli Stati membri dell’Unione europea – in particolar modo per quanto attiene l’accettazione di fatture elettroniche da parte delle autorità ai fini dell’IVA –, interoperabilità tecnica insufficiente tra le soluzioni di fatturazione elettronica esistenti, mancanza di un contenuto standard comune tra le fatture elettroniche. Per affrontare tali problematiche, il quadro europeo per la fatturazione elettronica (e-invoice) proposto comprende un codice di base per gli adempimenti legali e fiscali in linea con la revisione della direttiva IVA proposta dalla Commissione. Tale quadro, inoltre, contiene un pacchetto di raccomandazioni per l’interoperabilità e una guida sulle norme relative ai contenuti. Il quadro si basa su un pacchetto di requisiti economici, con particolare attenzione verso le piccole e medie imprese.

La relazione del gruppo di esperti è stata pubblicata dalla Commissione sul sito dell’Unione europea e le raccomandazioni ivi espresse sono attualmente oggetto di una consultazione pubblica aperta a tutte le parti interessate fino alla fine di febbraio 2010(1). I risultati di tale consultazione pubblica, nonché le raccomandazioni del gruppo di esperti, saranno discussi in una conferenza di alto livello sulla fatturazione elettronica, attualmente pianificata per aprile 2010, sotto l’egida della presidenza spagnola.

In base alla relazione del gruppo di esperti e alla consultazione pubblica, la Commissione europea determinerà se è necessario adottare ulteriori iniziative, specialmente per eliminare gli ostacoli a livello comunitario, in modo da cogliere i benefici per la competitività che comporterebbe un passaggio alla fatturazione elettronica in tutta Europa. Sulla base dei risultati di tale verifica, la Commissione valuterà quali ulteriori passi sia necessario compiere per promuovere l’adozione della fatturazione elettronica entro l’autunno del 2010. La Commissione, inoltre, vorrebbe ricordare la propria proposta di revisione della direttiva IVA, in particolar modo per quanto attiene l’accettazione della fatturazione elettronica, attualmente in fase di discussione in seno agli altri organi di legislazione.

 
 

(1) http://ec.europa.eu/enterprise/newsroom/cf/itemshortdetail.cfm?lang=it&item_id=3875

 

Interrogazione n. 21 dell’onorevole Posselt (H-0480/09)
 Oggetto: Posizione della formazione professionale e degli scambi
 

Come opera la Commissione per migliorare la posizione della formazione professionale rispetto alla formazione accademica nell’UE e quali sono le prospettive future dello scambio transfrontaliero di giovani nel settore della formazione professionale?

 
  
 

La Commissione promuove la partecipazione all’istruzione e formazione sia generica che professionale, specialmente tenendo conto delle crescenti necessità formative della società a seguito della crisi e per effetto dell’invecchiamento della popolazione.

Nell’ambito del cosiddetto processo di Copenaghen, la Commissione, unitamente agli Stati membri, ha lavorato duramente per aumentare la qualità e l’attrattiva dell’istruzione e formazione professionali.

Un elemento fondamentale di tale processo è lo sviluppo di un quadro europeo comune e di strumenti volti a incentivare la reciproca fiducia, la trasparenza, il riconoscimento e la qualità delle certificazioni, semplificando la mobilità dei discenti tra i vari paesi e sistemi di istruzione.

I più importanti fra questi strumenti sono http://ec.europa.eu/education/lifelong-learning-policy/doc44_en.htm" quadro europeo delle qualifiche, l’http://ec.europa.eu/education/lifelong-learning-policy/doc46_en.htm" , il Sistema europeo di crediti per l’istruzione e la formazione professionale e il Quadro europeo di riferimento di assicurazione delle qualità.

All’interno del http://ec.europa.eu/education/lifelong-learning-programme/doc78_en.htm" , il programma http://ec.europa.eu/education/lifelong-learning-programme/doc82_en.htm" fornisce un importante sostegno finanziario per l’attuazione delle politiche in materia di istruzione e formazione professionali nonché per la mobilità transfrontaliera di docenti e discenti nel medesimo ambito. Nel 2008, ben 67 740 persone hanno potuto beneficiare di un periodo di mobilità attraverso il programma Leonardo da Vinci. Tuttavia, poiché questo dato rappresenta solo circa l’1 per cento della popolazione potenzialmente interessata, è necessario altresì un forte sostegno da parte degli attori nazionali, regionali e locali, nonché delle parti interessate al fine di rendere la mobilità la regola più che l’eccezione. Nell’ambito della strategia “UE 2020”, la Commissione sta valutando una nuova ed ambiziosa iniziativa “Youth on the Move”, che dovrebbe incentivare la mobilità dei giovani discenti a tutti i livelli di istruzione.

 

Interrogazione n. 22 dell’onorevole Chountis (H-0482/09)
 Oggetto: Partite di calcio truccate, modelli negativi per la gioventù
 

Un rapporto dell’UEFA Union des Associations Européennes de Football svela uno scandalo di partite di calcio truccate durante lo scorso campionato. È chiaro che tali fatti costituiscono modelli negativi per la gioventù in quanto snaturano il concetto di sport ne è stravolto dalle enormi somme mobilitate attraverso gioco d’azzardo e scommesse.

Considerato che l’articolo 165, paragrafo 2 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea stabilisce che “l’azione dell’Unione è intesa: ... a sviluppare la dimensione europea dello sport, promuovendo l’equità e l’apertura nelle competizioni sportive e la cooperazione tra gli organismi responsabili dello sport e proteggendo l’integrità fisica e morale degli sportivi, in particolare dei più giovani tra essi”, può la Commissione riferire se ha fatto luce sulla vicenda e come la commenta?

Quali provvedimenti ritiene essa che l’UEFA dovrebbe prendere nei confronti delle federazioni, delle squadre, dei dirigenti e degli atleti che sono coinvolti nello scandalo? Stanti le somme enormi dilapidate ogni anno in scommesse legali o clandestine che sono la causa di eventi sportivi truccati, quali misure intende prendere la Commissione?

 
  
 

Falsare i risultati degli incontri mina la funzione sociale ed educativa dello sport e ne distorce l’etica sia a livello professionale che dilettantistico, in quanto rappresenta una minaccia diretta all’integrità delle competizioni sportive. Simili episodi sono spesso associati a scommesse clandestine e corruzione e generalmente coinvolgono reti criminali internazionali.

A causa della popolarità mondiale dello sport e della natura transfrontaliera delle immagini degli incontri e delle scommesse sportive, la dimensione del problema spesso supera il mandato delle autorità nazionali. Ai sensi dell’articolo 165 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea – che stabilisce che l’azione dell’Unione è intesa a sviluppare la dimensione europea dello sport, promuovendo l’equità e l’apertura nelle competizioni sportive e la cooperazione tra gli organismi responsabili dello sport – nonché a seguito delle richieste di alcuni attori del settore, la Commissione affronterà la questione degli incontri truccati, in quanto rischia di minare i valori dello sport in Europa.

In tale contesto, la Commissione si è consultata con l’UEFA in merito al recente scandalo di partite di calcio truccate, attualmente oggetto di indagine da parte delle autorità tedesche. La Commissione ha offerto all’UEFA il proprio sostegno per sensibilizzare il pubblico a livello comunitario sui problemi legati all’alterazione degli incontri sportivi.

Per quanto attiene alle scommesse clandestine, la Commissione non è a conoscenza di nessuna presunta responsabilità da parte di noti operatori europei per quanto attiene l’alterazione di dette partite. Nell’ambito delle proprie attività relative alle scommesse sportive transfrontaliere autorizzate in seno al mercato interno, i servizi della Commissione stanno monitorando una serie di organismi normativi nazionali che operano a stretto contatto con fornitori online di tali servizi al fine di individuare attività illecite. Gli allibratori stessi, inoltre, al fine di attirare clienti, hanno istituito, assieme alle federazioni sportive, sistemi autonomi di allarme tempestivo in modo da individuare il verificarsi di attività fraudolente all’interno di singoli eventi sportivi.

Relativamente al più ampio problema della corruzione, la Commissione sta ideando un meccanismo per monitorare gli sforzi degli Stati membri nella lotta contro tale fenomeno sia nel settore pubblico che in quello privato.

La Commissione sosterrà il movimento sportivo e altri attori del settore – come aziende che si occupano di scommesse e mezzi di comunicazione di massa – nei loro sforzi di eliminare casi di partite truccate a livello comunitario. A tale proposito, la Commissione sostiene forme di partenariato che vedano gli attori del settore a fianco delle aziende che si occupano di scommesse sportive al fine di sviluppare sistemi di allarme tempestivo volti a prevenire frodi e scandali relativi a incontri sportivi truccati. Esse, infatti, rappresentano esempi di buon governo nel settore delle scommesse sportive.

La Commissione sosterrà altresì la cooperazione tra il settore pubblico e privato finalizzata a trovare il modo migliore di far fronte all’alterazione degli incontri e ad altre forme di corruzione e criminalità finanziaria nello sport europeo.

 

Interrogazione n. 23 dell’onorevole Strasser (H-0497/09)
 Oggetto: Misure previste per lo sport in quanto nuovo ambito di competenza
 

Con l’entrata in vigore del trattato di Lisbona il settore dello sport rientra negli ambiti di competenza dell’Unione europea.

Quali sono le misure di sostegno, coordinamento e integrazione degli interventi degli Stati membri in tale settore che la Commissione intende adottare nei prossimi dodici mesi?

 
  
 

Per quanto concerne l’attuazione delle nuove disposizioni in materia di sport, spetta alla Commissione definire le azioni necessarie a raggiungere gli obiettivi stabiliti nel trattato. I principi guida della stessa mireranno a garantire che tutte le azioni proposte portino valore aggiunto all’Unione europea. La futura Commissione deciderà in merito a singole, più specifiche, azioni.

Prima di formulare le proprie proposte, nella prima metà del 2010, la Commissione probabilmente organizzerà un’ampia consultazione pubblica comprensiva di un’apposita discussione con gli Stati membri e il movimento sportivo. Le future proposte dovrebbero riflettere i risultati di tale consultazione e discussione e tener conto altresì dell’esperienza acquisita in materia di questioni societarie, economiche e di governo con l’attuazione del libro bianco sullo sport(1). Su tali basi, le proposte della Commissione per un’azione comunitaria mireranno certamente, fra l’altro, alla promozione del buon governo e delle funzioni sociali, salutari ed educative dello sport.

L’implementazione delle azioni preparatorie nel campo dello sport per il 2009 e 2010, come proposto dal Parlamento europeo, fornisce già sostegno da parte del bilancio comunitario ad attività pluralistiche in settori come salute, istruzione, pari opportunità, antidoping e volontariato e aiuterà sicuramente la Commissione a proporre argomenti adatti per il programma per lo sport.

La Commissione collaborerà a strettamente con Parlamento e Consiglio per garantire un’attuazione coerente di tali nuove competenze.

 
 

(1) COM (2007) 391 def.

 

Interrogazione n. 24 dell’onorevole Messerschmidt (H-0474/09)
 Oggetto: Minacce turche di divieto d’ingresso per Geert Wilders
 

Il governo turco minaccia di rimandare indietro un’intera delegazione di parlamentari olandesi, se Geert Wilders, del Partito della Libertà, partecipa alla visita in programma nel gennaio 2010.

Le minacce della Turchia appaiono grottesche all’interrogante in considerazione del fatto che la delegazione olandese visita un paese che ha chiesto l’adesione all’UE e che pertanto ci si può aspettare abbia una comprensione approfondita di valori quali la democrazia e la libertà di espressione.

Ciò nondimeno, è proprio il ministro degli Esteri della Turchia, che appartiene al partito di governo di orientamento islamico, l’autore della minaccia.

La Commissione è del parere che le minacce del governo turco di negare l’ingresso in Turchia a un politico olandese eletto democraticamente siano espressione di quel modo di pensare illuminato e democratico che può essere considerato uno dei pilastri fondamentali per l’adesione all’UE di un paese, e ritiene inoltre la Commissione che ciò sia compatibile con i criteri di Copenaghen che esigono democrazia, Stato di diritto e diritti umani?

Si rimanda all’articolo “La Turchia minaccia Wilders di un divieto di ingresso” sul giornale danese Jyllands-Posten del 26/11/2009.

 
  
 

A dicembre 2009 una delegazione di membri della camera bassa del parlamento neerlandese ha cancellato una visita in Turchia, già pianificata.

La ragione indicata per tale cancellazione è stata la dichiarazione di un portavoce del governo turco in merito alla prevista presenza dell’onorevole Geert Wilders, membro di detta camera. Sulla base di tale dichiarazione, la delegazione ha concluso che non sarebbe stata ricevuta dal governo turco.

A seguito di ciò, il presidente del comitato per l’armonizzazione con l’Unione europea della Grande Assemblea nazionale turca ha dichiarato che i parlamentari turchi si rammaricavano della cancellazione di detta visita.

Alla Commissione non risulta che la Turchia intendesse rifiutare ai parlamentari neerlandesi l’accesso al proprio territorio.

La Commissione, inoltre, non ritiene vi sia nessuna connessione tra tale cancellazione e i criteri di Copenaghen.

 

Interrogazione n. 25 dell’onorevole Higgins (H-0475/09)
 Oggetto: Formazione paneuropea e sostegno per i laureati disoccupati
 

Dato l’impressionante livello di disoccupazione tra quanti si sono laureati da poco (in tutta Europa) la Commissione ha considerato la possibilità di realizzare una rete di formazione paneuropea e di sostegno per questi laureati? I vantaggi di un programma siffatto sono numerosi – ai laureati sarebbe offerta l’opportunità di acquisire un’esperienza lavorativa essenziale, di adattare le loro conoscenze agli aspetti pratici della vita lavorativa, di evitare la “fuga dei cervelli” e di contribuire anche alla società con la loro istruzione.

 
  
 

La Commissione ha attribuito priorità alla questione della disoccupazione giovanile nell’ambito della strategia di Lisbona e della strategia europea per l’occupazione ben prima che la crisi fosse avvertibile. Essa ha identificato le principali sfide assieme agli Stati membri che, nel 2005, hanno intrapreso azioni volte ad includere l’integrazione dei giovani nel mercato del lavoro nell’ambito patto europeo per la gioventù. In tale contesto, bisognerebbe prestare particolare attenzione a migliorare la transizione dal mondo scolastico e accademico al mercato del lavoro, ad esempio rafforzando i legami tra i sistemi di istruzione e detto mercato e sviluppando programmi di formazione sul campo (tirocini) in seno alle aziende.

Anche prima dell’esplosione della crisi e nonostante gli Stati membri avessero già iniziato a intervenire in tale settore, molti giovani laureati hanno riscontrato difficoltà a inserirsi nel mondo del lavoro. Con la ripresa della crisi, la disoccupazione giovanile è aumentata drammaticamente, più che per qualunque altro gruppo in seno al mercato del lavoro.

In preparazione dell’agenda politica generale dell’Unione europea per il futuro (“UE 2020”), bisognerebbe prestare la dovuta attenzione a favorire l’accesso dei giovani al mercato del lavoro e a creare nuovi posti di lavoro. Bisognerebbe altresì migliorare i meccanismi per garantire una ricezione efficace di tale politica. Il 24 novembre 2009, la Commissione ha identificato, in seno al documento di consultazione su EU 2020, una serie di settori chiave in cui agire, tra cui la promozione dell’acquisizione di nuove competenze, l’educazione alla creatività e all’innovazione e lo sviluppo dell’imprenditorialità. La strategia UE 2020 si baserà altresì sulla cooperazione a livello di politiche comunitarie tra istruzione e politiche giovanili attraverso i programmi di lavoro “istruzione e formazione 2020” e “gioventù 2010-2018”.

L’Unione europea ha istituito una serie di strumenti per aiutare i giovani alla ricerca di un lavoro anche nell’ambito dell’iniziativa EURES: una sezione del portale EURES è dedicata alle opportunità di lavoro per i laureati(1). Gli Stati membri, inoltre, possono ricorrere al Fondo sociale europeo per implementare le riforme all’interno dei propri sistemi di istruzione e formazione. Per il periodo 2007-2013, sono stati allocati 9,4 milioni di euro per promuovere lo sviluppo di sistemi di formazione permanente e ulteriori 12,4 miliardi di euro per aumentare la partecipazione a corsi di istruzione e formazione durante l’intero arco della vita.

Nel contesto dell’iniziativa avviata dalla Commissione al fine di sviluppare e rafforzare il dialogo e la cooperazione fra la formazione superiore e il mondo del lavoro (COM(2009) 158 def.: Un nuovo partenariato per la modernizzazione delle università: il forum dell’UE sul dialogo università-imprese), la Commissione, in collaborazione con il ministero per l’istruzione, la gioventù e lo sport della Repubblica ceca e con l’università di Masaryk, sta organizzando, dal 2 al 3 febbraio 2010 a Brno, una conferenza a tema in cui presentare e discutere le azioni possibili e quelle esistenti, avviate in collaborazione con gli istituti di istruzione superiore, le aziende e le autorità pubbliche per far fronte all’attuale crisi.

 
 

(1) http://ec.europa.eu/eures/main.jsp?lang=it&acro=job&catId=7576&parentId=52&langChanged=true

 

Interrogazione n. 26 dell’onorevole Nitras (H-0483/09)
 Oggetto: Strategia di cooperazione nel campo della sicurezza energetica e della solidarietà nel quadro del trattato di Lisbona
 

Il trattato di Lisbona, entrato in vigore il 1° dicembre 2009, è il primo trattato a prevedere e regolare una politica comune in materia di sicurezza e solidarietà energetiche tra gli Stati membri. A questo proposito, l’interrogante chiede alla Commissione di fornire informazioni sulla strategia e sulla visione di detta politica alla luce del nuovo trattato.

Quali azioni intende perseguire la Commissione per proteggere gli Stati membri dall’eventualità che i paesi terzi interrompano la fornitura di gas? Quale sarà il calendario degli investimenti nell’infrastruttura energetica, che costituisce un elemento fondamentale della strategia di sicurezza? Dispone la Commissione di un piano di sviluppo di detta infrastruttura nella direzione nord-sud?

 
  
 

La politica energetica dell’Unione europea è stata sviluppata, finora, in base a vari articoli dei trattati. Il trattato di Lisbona fornisce, per la prima volta, una base giuridica completa per un ulteriore sviluppo della politica energetica comunitaria. La sicurezza dell’approvvigionamento è indicata chiaramente come uno degli obiettivi da perseguire e tale politica sarà sviluppata ed attuata in uno spirito di solidarietà.

L’approccio alla sicurezza energetica, stabilito nel secondo riesame strategico della politica energetica, è stato ratificato dagli Stati membri, pertanto la riduzione della vulnerabilità a possibili interruzioni dell’approvvigionamento di gas, attraverso la cooperazione e l’ulteriore sviluppo di interconnettori in Europa, dovrebbe sostenere una posizione forte dell’Unione nelle contrattazioni energetiche internazionali. La cooperazione in seno all’Unione europea viene portata avanti anzitutto grazie a un mercato interno dell’energia ben funzionante, contraddistinto da norme comuni e infrastrutture adeguate, come nella proposta di regolamento sulla sicurezza d’approvvigionamento per il gas. Per quanto attiene alla solidarietà, essa deve essere stabilita molto prima del verificarsi di qualunque crisi in seno agli Stati membri e alle aziende potenzialmente a rischio. Gli Stati membri devono operare congiuntamente in anticipo sulla valutazione del rischio e l’azione preventiva, incluso lo sviluppo delle infrastrutture e dei piani di emergenza. La cooperazione regionale è particolarmente importante per la gestione delle crisi. Il ruolo della Commissione sarà essenzialmente quello di aiutare e coordinare: essa può verificare la situazione, dichiarare lo stato di emergenza a livello comunitario, dispiegare rapidamente la task-force di monitoraggio, convocare il Gruppo di coordinamento del gas, attivare i meccanismi di protezione civile e, fattore fondamentale, fungere da mediatore con i paesi terzi. La Commissione auspica che sarà possibile raggiungere quanto prima un accordo sulla proposta di regolamento.

E’ necessario investire nelle infrastrutture energetiche, soprattutto per la sicurezza d’approvvigionamento. Le disposizioni del terzo pacchetto per il mercato interno dell’energia stanno già apportando dei miglioramenti alla pianificazione delle infrastrutture in Europa, incluse quelle relative alla sicurezza energetica. La proposta di regolamento sulla sicurezza d’approvvigionamento per il gas stabilisce uno standard per l’infrastruttura e il programma energetico europeo per la ripresa sta regolando il sostegno finanziario ai progetti in materia di infrastruttura energetica, inclusi quasi 1,44 miliardi di euro per le interconnessioni del gas, i terminali di gas naturale liquefatto, l’immagazzinamento e i flussi inversi. Il programma per le reti trans europee nel settore dell’energia verrà rivisto nel corso del 2010 per garantire che sia correttamente incentrato sulle infrastrutture energetiche per rispondere alle necessità del mercato interno e rafforzare la sicurezza d’approvvigionamento.

Le interconnessioni nord-sud nell’Europa centro-orientale sono state identificate come un elemento chiave della sicurezza energetica in seno al secondo riesame strategico della politica energetica. Questo lavoro verrà sviluppato anche nell’ambito del trattato della Comunità dell’energia. Le interconnessioni nord-sud hanno un ruolo prominente anche in seno al piano d’interconnessione del mercato energetico del Baltico, concordato dagli Stati membri interessati e ora in fase di attuazione.

 

Interrogazione n. 27 dell’onorevole Mazzoni (H-0484/09)
 Oggetto: Introduzione di una fiscalità di vantaggio per agevolare lo sviluppo di alcune regioni economiche
 

Considerati l’articolo 87, paragrafo 1 e paragrafo 3, lettera e), del trattato CE(1), come pure il paragrafo 37 della risoluzione del Parlamento europeo 2005/2165(INI)(2) , nonché la sentenza C-88/03(3) della Corte di giustizia delle Comunità europee, ritiene la Commissione di voler definitivamente superare la posizione rigida che assume la fiscalità di vantaggio regionale/locale incompatibile con il divieto comunitario di aiuti concessi dagli Stati, soprattutto riguardo alle modalità di accertamento del requisito della selettività territoriale, autorizzando la concessione di aiuti di natura fiscale, quando questi siano destinati ad agevolare lo sviluppo di alcune attività o di alcune regioni economiche?

Ritiene inoltre la Commissione che tale evoluzione interpretativa possa essere recepita introducendo nel regolamento (CE) n.1083/2006(4)la possibilità di considerare la fiscalità agevolata compatibile con le regole di equilibrio del mercato?

 
  
 

La Commissione ricorda all’onorevole parlamentare che, ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, ex articolo 87 del trattato CE, la Commissione può dichiarare compatibili “gli aiuti destinati a favorire lo sviluppo economico delle regioni ove il tenore di vita sia anormalmente basso, oppure si abbia una grave forma di sottoccupazione” nonché “gli aiuti destinati ad agevolare lo sviluppo di talune attività o di talune regioni economiche, sempre che non alterino le condizioni degli scambi in misura contraria al comune interesse”.

A tale proposito, nel rispetto degli “orientamenti in materia di aiuti di Sato a finalità regionale 2007-2013”, la Commissione ha già approvato la carta nazionale degli aiuti a finalità regionale, che indica quali regioni hanno effettivamente diritto a tali aiuti ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea(5).

Per quanto attiene alla domanda se la Commissione ritiene “di voler definitivamente superare la posizione rigida che assume la fiscalità di vantaggio regionale/locale incompatibile con il divieto comunitario di aiuti concessi dagli Stati, soprattutto riguardo alle modalità di accertamento del requisito della selettività territoriale”, la Commissione vorrebbe ricordare che, conformemente alle soluzioni giurisprudenziali dei casi relativi ad Azzorre(6)e Paesi Baschi(7), la regione è considerata “autonoma” per quanto attiene alle norme che regolamentano gli aiuti di Stato quando sono rispettati i tre criteri relativi all’autonomia istituzionale, procedurale ed economico-fiscale. Inoltre, come stabilito nella giurisprudenza, le regioni che sono considerate autonome ai sensi di tali soluzioni giurisprudenziali possono adottare misure fiscali di natura generica senza per questo violare le norme che regolamentano gli aiuti di Stato. Resta da vedere se e quali regioni siano autonome dal punto di vista istituzionale, procedurale ed economico-fiscale.

Ciò premesso, la Commissione vorrebbe sottolineare che qualunque norma fiscale specifica solo per alcune regioni è passibile di rappresentare un aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea.

D’altro canto, secondo la Commissione, l’articolo 107, paragrafo 3, lettera e), del trattato sul funzionamento dell’Unione europea cui si riferisce l’onorevole parlamentare non offre una base giuridica specifica per promuovere lo sviluppo regionale. La Commissione ritiene, al contrario, che misure adeguate che tengano conto delle necessità di aree meno sviluppate siano già state create o possano esserlo ai sensi dei regolamenti di esenzione per categorie di aiuti di Stato, o che possano essere notificate ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 1, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (ex articolo 88 del trattato CE) e verificate ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 3, lettere a) o c) dello stesso trattato.

Per quanto concerne il regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio(8), l’articolo 54, paragrafo 4, stabilisce che “per gli aiuti concessi dagli Stati alle imprese ai sensi dell’articolo 87 del trattato, gli aiuti pubblici concessi nell’ambito dei programmi operativi osservano i massimali stabiliti in materia di aiuti di Stato”. Pertanto, per qualunque misura fiscale possa costituire un aiuto di Stato, l’autorità di gestione deve accertare che sia compatibile con le norme che regolamentano gli aiuti di Stato ai sensi dell’articolo 107 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea. La Commissione ricorda all’onorevole parlamentare che il regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio (9)è inteso a fornire disposizioni generali in materia di fondi strutturali più che determinare la compatibilità delle misure di aiuto dello Stato.

 
 

(1) “Possono considerarsi compatibili con il mercato comune: […] e) le altre categorie di aiuti, determinate con decisione del Consiglio, che delibera a maggioranza qualificata su proposta della Commissione” .
(2) “Il Parlamento [...] sostiene pertanto un approccio più efficiente alla concessione degli aiuti regionali, che si concentri sugli investimenti nelle infrastrutture e sugli aiuti orizzontali nelle regioni svantaggiate o meno sviluppate dell’Unione europea, compresa l’introduzione di condizioni fiscali vantaggiose per periodi transitori non superiori a cinque anni”.
(3) “Un ente regionale o territoriale, nell’esercizio di poteri sufficientemente autonomi rispetto al potere centrale, stabilisce un’aliquota fiscale inferiore a quella nazionale ed applicabile unicamente all’interno del territorio di sua competenza, il contesto giuridico rilevante per valutare la selettività di una misura fiscale potrebbe limitarsi all’area geografica interessata dal provvedimento, qualora l’ente territoriale, in virtù del suo statuto e dei suoi poteri, ricopra un ruolo determinante nella definizione del contesto politico ed economico in cui operano le imprese”.
(4) GU L 210 del 31.7.2006, pag. 25.
(5) Per l’Italia, cfr. Decisione della Commissione del 28 novembre 2007 relativa all’aiuto di Stato N 324/2007
(6) Cfr. Sentenza della Corte di giustizia del 6 settembre 2006, causa C-88/03, Repubblica portoghese contro Commissione delle Comunità europee
(7) Cfr. Sentenza della Corte dell’11 settembre 2008, cause riunite C-428/06 a C-434/06, Unión General de Trabajadores de la Rioja
(8) GU L 210 del 31.7.2006
(9) Regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio, dell’ 11 luglio 2006 , recante disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo e sul Fondo di coesione e che abroga il regolamento (CE) n. 1260/1999, GU L 210 del 31.7.2006

 

Interrogazione n. 28 dell’onorevole Stevenson (H-0485/09)
 Oggetto: Deroga dall’identificazione elettronica degli animali delle specie ovina e caprina
 

Isole periferiche popolate da soli 22 000 abitanti, le Shetland presentano un solo punto di entrata e, allo stato attuale, tutti gli animali delle specie ovina e caprina in arrivo in questo territorio sono sottoposti ad esame veterinario e ad analisi del sangue, e registrati. Ciò significa che le Shetland sono già ben attrezzate per tracciare i movimenti degli animali in modo rapido ed efficace, e quindi la registrazione dei movimenti dei singoli ovini attraverso l’identificazione elettronica (IDE) risulterebbe onerosa per i produttori senza comportare vantaggi aggiuntivi ai fini del controllo delle malattie nel Regno Unito o in Europa. La messa in atto del sistema IDE servirebbe solo a far sì che i pochi allevatori di pecore che ancora rimangono nelle Shetland – molti dei quali tengono le loro greggi nelle zone più periferiche e si troverebbero quindi a dover far fronte a costi di adeguamento considerevoli – abbandonino la loro attività.

Tenuto conto dell’adeguatezza di queste misure di tracciabilità e controllo delle malattie in materia di salute animale e dell’isolamento geografico delle Shetland, intende la Commissione concedere a tali isole una deroga dall’applicazione del regolamento IDE?

 
  
 

Il regolamento (CE) n. 21/2004 del Consiglio(1)ha introdotto il principio dell’identificazione delle specie ovina e caprina con un approccio graduale. La Commissione, tuttavia, ha già introdotto, attraverso le procedure di comitato, una serie di misure volte a favorire ulteriormente un’attuazione graduale dei requisiti per l’identificazione elettronica che si dovrebbero applicare ai capi di bestiame nati dopo il dicembre 2009.

In particolare, le misure adottate dalla Commissione ad agosto 2009 ridurranno in modo dimostrabile i costi, specie per gli allevatori di piccoli greggi. Ora è possibile effettuare una lettura degli animali ai punti critici di controllo (ad esempio al mercato, al macello o presso il centro di raccolta) anziché presso l’azienda di provenienza. Tale emendamento è stato particolarmente apprezzato dall’industria ovina del Regno Unito.

Le attuali norme, tuttavia, non conferiscono alla Commissione il potere di concedere deroghe alle disposizioni di base contenute nel regolamento, come quelle richieste dall’onorevole parlamentare.

 
 

(1) Regolamento (CE) n. 21/2004 del Consiglio, del 17 dicembre 2003, che istituisce un sistema di identificazione e di registrazione degli animali delle specie ovina e caprina e che modifica il regolamento (CE) n. 1782/2003 e le direttive 92/102/CEE e 64/432/CEE, GU L 5 del 9.1.2004.

 

Interrogazione n. 29 dell’onorevole Papanikolaou (H-0490/09)
 Oggetto: Programmi di insegnamento di lingue per gli immigrati
 

Il tempo di adattamento e quindi di integrazione degli immigrati in una società dipende in gran parte dall’apprendimento della lingua del paese in cui risiedono. La conoscenza della lingua è uno strumento indispensabile per l’integrazione professionale e sociale degli immigrati, contribuisce a ridurne l’emarginazione e l’isolamento e può andare a beneficio sia degli immigrati sia dei paesi di accoglienza.

Può la Commissione riferire se gli Stati membri dell’UE dispongono di programmi sufficienti per l’insegnamento della lingua dello Stato che ospita gli immigrati? In caso affermativo, quali di questi programmi sono finanziati dall’UE? Di quali dati dispone essa in merito all’applicazione di siffatti programmi da parte della Grecia?

Dispone essa di dati quantitativi riguardo a questo tipo di programmi quali ad esempio il numero di immigrati che ne beneficiano e l’efficacia dei programmi stessi?

Ritiene essa che occorra incoraggiare questo tipo di iniziativa? In caso affermativo, in che modo?

 
  
 

Ai sensi dell’articolo 165 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, gli Stati membri sono pienamente responsabili del contenuto dell’insegnamento e dell’organizzazione del proprio sistema di istruzione, nonché delle proprie diversità culturali e linguistiche. I programmi nazionali per gli immigranti sono di competenza delle singole autorità nazionali, pertanto i dati relativi agli stessi dovrebbero essere richiesti a dette autorità(1).

Sulla base dei dati raccolti da Eurydice, tutti i sistemi di istruzione degli Stati membri forniscono supporto linguistico ai bambini immigrati(2). Due terzi delle relazioni nazionali del 2009 relative all’attuazione del programma Istruzione e formazione 2010(3), inoltre, fanno riferimento a misure di sostegno specifiche per lo sviluppo linguistico dei bambini e dei giovani provenienti da un contesto migratorio e dodici relazioni indicano corsi di lingua obbligatori per gli immigrati adulti.

Nel settore dell’istruzione della formazione, l’Unione europea mira a contribuire allo sviluppo dell’istruzione di qualità incentivando la cooperazione tra gli Stati membri e, ove necessario, sostenendo e implementando le loro azioni. La promozione dell’apprendimento delle lingue e della diversità linguistica è un obiettivo generico del programma di apprendimento permanente 2007-2013. Mentre quest’ultimo è aperto praticamente a tutte le persone e a tutti gli enti coinvolti nell’istruzione e nella formazione, è ciascun paese partecipante a definire i criteri per la partecipazione alle proprie azioni e ai propri progetti da parte dei cittadini terzi provenienti da altri paesi aderenti allo stesso programma. Attualmente esso può sostenere le seguenti attività orientate all’apprendimento linguistico come elemento all’interno di un progetto più complesso o anche come progetto a sé stante: collaborazione tra scuole e regioni (sottoprogramma Comenius) o tra organizzazioni per l’apprendimento degli adulti (sottoprogramma Grundtvig), assistenza ai futuri insegnanti e la formazione degli insegnanti in servizio (Comenius), preparazione linguistica finalizzata alla mobilità interna (Erasmus e Leonardo); tirocinio di studenti (Erasmus), workshop per l’apprendimento linguistico degli adulti (Grundtvig), progetti, reti e conferenze multilaterali (Comenius, Erasmus, Leonardo, Grundtvig, Key Activity Languages).

La Commissione, in passato, ha sostenuto l’acquisizione della lingua del paese ospitante da parte degli immigranti adulti anche tramite altri canali, come il Fondo sociale europeo. La relazione nazionale greca del 2009 relativa all’attuazione del programma “Istruzione e formazione 2010” cita il programma formativo “Insegnamento del greco come lingua seconda per i lavoratori immigrati”, gestito dall’istituto per la formazione continua degli adulti (IDEKE), che, nel quadriennio 2004-2008, ha fornito corsi di lingua greca a 15 873 persone. Similarmente, la relazione di attuazione del programma nazionale di riforma per la crescita e l’occupazione del 2009 cita un programma in atto per l’apprendimento del neogreco presso centri di formazione professionale certificati per 8 400 immigrati o rimpatriati disoccupati.

La Commissione ritiene che gli sforzi di insegnare agli immigrati le lingue dei paesi ospitanti dovrebbero essere intensificati a livello nazionale. Nel proprio recente libro verde su migrazione e mobilità – sfide e opportunità per i sistemi di istruzione dell’Unione europea(4), la Commissione sottolinea l’importanza dell’apprendimento linguistico ai fini dell’integrazione e dell’inclusione sociale. Nelle proprie conclusioni sull’istruzione dei bambini provenienti da un contesto migratorio,(5)il Consiglio invita gli stati membri a sviluppare politiche adeguate per l’insegnamento della lingua del paese ospitante ed esaminare come far sì che gli alunni provenienti da un contesto migratorio possano mantenere e sviluppare la conoscenza della propria madrelingua.

 
 

(1) Alcuni dati relativi a tali argomenti possono essere reperiti nei seguenti studi di Eurydice:
http://eacea.ec.europa.eu/education/eurydice/documents/key_data_series/095it.pdf
http://eacea.ec.europa.eu/ressources/eurydice/pdf/044DN/044_EL_EN.pdf
(2) http://eacea.ec.europa.eu/education/eurydice/documents/key_data_series/105EN.pdf
(3) Progetto di relazione congiunta 2010 del Consiglio e della Commissione sull’attuazione del programma di lavoro “Istruzione e formazione 2010”. COM(2009)640 def.; SEC(2009) 1598
(4) COM(2008) 423 http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=COM:2008:0423:fin:it:pdf e http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=COM:2008:0423:FIN:it:pdf
(5) http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:C:2009:301:0005:0008:IT:pdf

 

Interrogazione n. 30 dell’onorevole El Khadraoui (H-0492/09)
 Oggetto: Aiuti UE all’accoglienza di migranti interni
 

La lotta alla discriminazione è uno dei compiti fondamentali dell’UE. La discriminazione di determinati gruppi di popolazione può infatti determinare flussi di profughi all’interno dell’UE. Proprio questo è il problema dinanzi al quale si trova la città di Gand, che negli ultimi tre anni ha assistito ad un afflusso di profughi, in particolare rom, il quale è arrivato a costituire circa il 2,5% della sua popolazione totale.

Tutto ciò crea problemi alla rete di assistenza sociale fornita dalla città, come illustra la lettera da voi ricevuta lo scorso novembre (2009-2174-01).

Può l’UE erogare aiuti a favore dell’accoglienza di profughi interni nell’UE? Quali ulteriori misure può la Commissione adottare per affrontare e prevenire siffatte situazioni?

 
  
 

L’Unione europea svolge un ruolo importante nella lotta contro la discriminazione dei rom grazie a un ampio ventaglio di strumenti legislativi, politici e finanziari a propria disposizione.

Anzitutto, la direttiva 2000/43/CE(1)vieta qualsiasi discriminazione diretta o indiretta basata sulla razza o l’origine etnica nei settori dell’occupazione, dell’istruzione, della protezione sociale (inclusa l’assistenza sanitaria) e dell’accesso a beni e servizi. La Commissione si assicura che la direttiva venga attuata correttamente ed efficacemente in seno agli Stati membri.

Secondariamente, la Commissione promuove il coordinamento tra gli Stati membri delle politiche in materia di protezione sociale e di inclusione sociale attraverso il cosiddetto metodo di coordinamento sociale aperto. Esso si basa su obiettivi condivisi a livello comunitario e su una serie di indicatori utili a misurarne il progresso. La Commissione e il Consiglio valutano e regolarmente e relazionano sui progressi effettuati attraverso le relazioni congiunte sulla protezione sociale e l’inclusione sociale. La bozza di relazione congiunta del 2010 redatta dalla Commissione sarà adottata breve e sottoposta al Consiglio dei Ministri a marzo 2010 sotto l’egida della presidenza spagnola del Consiglio.

In terzo luogo, i fondi strutturali dell’Unione europea, e in particolar modo il Fondo sociale europeo e il Fondo europeo di sviluppo regionale, forniscono sostegno finanziario a progetti volti a fronteggiare il problema dell’esclusione dei rom. A seguito di una richiesta del Consiglio europeo, la Commissione ha presentato un documento di lavoro interno che fornisce una panoramica degli strumenti e delle politiche comunitari per l’inclusione dei rom a luglio 2008(2). Prima del secondo vertice sui rom, che si terrà a Cordoba l’8 aprile 2010, verrà presentata una relazione di controllo.

Per quanto attiene alle Fiandre, la Commissione sottolinea che sia il Fondo sociale europeo che il Fondo europeo di sviluppo regionale possono supportare progetti volti a promuovere l’integrazione dei rom. Per il periodo di programmazione 2007-2013, la priorità 2 del programma operativo del Fondo sociale europeo per le Fiandre s’incentra sulla promozione dell’inclusione sociale di gruppi svantaggiati attraverso forme di assistenza ad hoc. Tali misure includono orientamento e formazione ad hoc, convalida di competenze e capacità, esperienze lavorative e formazione sul posto di lavoro. La priorità 4 del programma del Fondo europeo di sviluppo regionale per le Fiandre permette di finanziare piccoli progetti urbani a livello di quartiere o di distretto ad Anversa o Gand.

Vale la pena di notare che la selezione dei progetti cofinanziati dal Fondo sociale europeo o dal Fondo europeo di sviluppo regionale, in virtù del principio di sussidiarietà, è di competenza degli Stati membri o delle autorità di gestione competenti, nel rispetto dei criteri indicati in seno ai programmi operativi. La Commissione, pertanto, invita l’onorevole parlamentare a contattare le autorità di gestione fiamminghe competenti per informazioni più dettagliate.

Se i rom che affluiscono in Belgio provengono da pesi extracomunitari e chiedono asilo o ottengono rifugio o protezione sussidiaria, il Belgio può richiedere l’assistenza dell’Unione europea anche attraverso il Fondo europeo per i rifugiati(3). Uno degli obiettivi primari di tale fondo è sostenere e promuovere gli sforzi compiuti dagli Stati membri per “accogliere rifugiati e sfollati e sopportare le conseguenze di tale accoglienza”. E’ possibile fornire aiuti finanziari, ad esempio, per progetti nazionali volti a migliorare le infrastrutture o i servizi di accoglimento per i richiedenti asilo o i beneficiari di protezione internazionale.

 
 

(1) Direttiva 2000/43/CE del Consiglio, del 29 giugno 2000, che attua il principio della parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica GU L 180 del 19.7.2000, pagg. 22–26
(2) SEC (2008) 2172
(3) Decisione n. 573/2007/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 maggio 2007, GU L 144/1.

 

Interrogazione n. 31 dell’onorevole Iotova (H-0493/09)
 Oggetto: Accoglienza e alloggio dei detenuti provenienti dal campo di prigionia statunitense di Guantánamo nei paesi dell’Unione europea
 

L’opinione pubblica bulgara è profondamente preoccupata per la richiesta, presentata ufficialmente dagli USA al governo bulgaro, di ospitare dei detenuti provenienti dal campo di prigionia statunitense di Guantánamo. La preoccupazione è destata dalla mancanza di informazioni sugli eventuali accordi conclusi tra gli USA e l’UE circa i criteri e le misure adottate al riguardo.

L’interrogante ritiene che tale decisione comporti il rischio di attacchi terroristici contro la Bulgaria e contro ogni stato dell’UE che accolga detenuti da Guantánamo.

Quali impegni concreti ha assunto la Commissione riguardo all’accoglienza e all’alloggio dei detenuti provenienti dal campo di prigionia statunitense di Guantánamo nei paesi dell’Unione europea dopo la chiusura di tale struttura?

Nel caso in cui siano stati assunti impegni in tal senso, non ritiene la Commissione che sia necessario pubblicare una Comunicazione che illustri precisamente le modalità e le condizioni dell’operazione?

 
  
 

L’Unione europea e la Commissione hanno invitato insistentemente alla chiusura del centro di detenzione di Guantánamo Bay. Con le conclusioni del Consiglio “Giustizia e affari interni” del 4 giugno 2009 e l’annesso meccanismo per lo scambio di informazioni, nonché con la dichiarazione congiunta dell’Unione europea, dei suoi Stati membri e degli Stati Uniti d’America sulla chiusura del centro di detenzione di Guantánamo Bay e sulla futura cooperazione in materia di lotta al terrorismo del 15 giugno 2009, l’Unione europea ha stabilito una base di supporto per la chiusura di Guantánamo.

Entrambi gli accordi stabiliscono chiaramente che le decisioni relative all’accoglienza dei detenuti provenienti da tale struttura e la determinazione del loro stato giuridico sono esclusivamente di responsabilità e competenza dello Stato membro o paese Schengen ospitante. La Commissione non ha assunto alcun impegno relativamente all’accoglienza e all’alloggio dei detenuti provenienti dal campo di prigionia statunitense di Guantánamo nei paesi dell’Unione europea dopo la chiusura di tale struttura.

 

Interrogazione n. 32 dell’onorevole De Angelis (H-0494/09)
 Oggetto: Ristrutturazioni aziendali e futuro dei lavoratori europei
 

Un numero sempre più consistente di imprese e di siti industriali europei in crisi hanno potuto beneficiare del sostegno dell’UE in fatto di riconversione e formazione del quadro dipendente. Nondimeno, dopo aver beneficiato dei contributi del FSE, alcune realtà industriali hanno poi disatteso gli impegni precedentemente assunti. È, questo, il caso dello stabilimento di Anagni della Videocon, che impiega attualmente circa 1.400 dipendenti, i quali, in assenza di una assunzione di responsabilità da parte della proprietà indiana, il prossimo 21 dicembre verranno messi in Cassa integrazione guadagni e nel corso del 2010 potrebbero essere licenziati.

Quali iniziative immediate intende la Commissione assumere per scongiurare la chiusura dello stabilimento di Anagni e degli altri stabilimenti soggetti a riconversioni che, sebbene annunciate e finanziariamente sostenute dall’UE, non hanno prodotto effetti tangibili sul piano della ripresa produttiva di quei siti?

 
  
 

La Commissione è consapevole dell’impatto della crisi economica senza precedenti che sta colpendo gli Stati membri, inclusa l’Italia, dove si trova lo stabilimento di Anagni.

La Commissione ha proposto una serie di misure volte a limitare l’impatto della crisi sulla situazione sociale ed occupazionale dell’Unione europea. A tale proposito, nell’ambito del piano europeo di ripresa economica(1), la Commissione ha proposto, fra l’altro, di modificare le norme che regolamentano il fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione(2). La Commissione, inoltre, ha proposto di modificare il regolamento n. 1083/2006 recante disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo e sul Fondo di coesione per quanto attiene alcuni aspetti relativi alla gestione finanziaria.

La Commissione ricorda che essa non ha la facoltà di prevenire o interferire nelle decisioni delle aziende in materia di ristrutturazione, a meno che si verifichino violazioni delle leggi comunitarie. Il quadro giuridico comunitario fornisce diverse direttive che stabiliscono le procedure di informazione e consultazione dei rappresentanti dei lavoratori che possono essere applicate in caso di chiusura di un’azienda, in particolar modo le direttive 98/59/CE(3), 2009/38/CE(4)e 2002/14/CE(5) del Consiglio.

Le informazioni fornite dall’onorevole parlamentare non permettono alla Commissione di accertare se in questo caso si è verificata una violazione della legislazione comunitaria. Ad ogni modo, la Commissione ricorda che spetta alle autorità nazionali competenti, ed in particolar modo ai tribunali nazionali, garantire la corretta ed efficace applicazione delle norme nazionali di trasposizione di tali direttive alla luce delle circostanze specifiche di ogni caso, nonché assicurare il rispetto di tutti i doveri di un datore di lavoro.

Per quanto attiene ai contributi ricevuti dal Fondo sociale europeo, la Commissione verificherà se sono state rispettate le condizioni di ammissibilità, in modo da intervenire attraverso le autorità nazionali o regionali competenti e recuperare le somme allocate.

Concludendo, non è chiaro se il caso riportato dall’onorevole parlamentare rispetti i requisiti del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione. La Commissione non ha ricevuto nessuna richiesta di assistenza da parte di detto fondo per il caso in questione, né ha avuto discussioni informali con le autorità italiane in merito a una richiesta di questo tipo.

La Commissione può analizzare il caso e proporre un contributo soggetto all’autorizzazione dell’autorità di bilancio solo dopo aver ricevuto tale richiesta. Ad ogni modo l’assistenza del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione si rivolge specificatamente ai lavoratori e non può in nessun modo beneficiare l’azienda o influenzare le decisioni di quest’ultima circa la possibile chiusura di una fabbrica.

 
 

(1) COM (2008) 800 def.
(2) COM (2008) 867 def.
(3) Direttiva 98/59/CE del Consiglio del 20 luglio 1998 concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di licenziamenti collettivi, GU L 225 del 12.8.1998
(4) Direttiva 2009/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 maggio 2009 , riguardante l’istituzione di un comitato aziendale europeo o di una procedura per l’informazione e la consultazione dei lavoratori nelle imprese e nei gruppi di imprese di dimensioni comunitarie (rifusione), Direttiva 2009/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 maggio 2009 , riguardante l’istituzione di un comitato aziendale europeo o di una procedura per l’informazione e la consultazione dei lavoratori nelle imprese e nei gruppi di imprese di dimensioni comunitarie (rifusione)
(5) Direttiva 2002/14/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2002, che istituisce un quadro generale relativo all’informazione e alla consultazione dei lavoratori, GU L 80 del 23.3.2002

 

Interrogazione n. 33 dell’onorevole McGuinness (H-0499/09)
 Oggetto: Diminuzione delle popolazioni di api
 

Può la Commissione illustrare quali azioni ha intrapreso in risposta alla proposta di risoluzione del Parlamento europeo sulla situazione nel settore dell’apicoltura, approvata il 20 novembre 2008 (P6_TA (2008)0567)? Qual è il commento della Commissione sullo studio dell’EFSA recentemente pubblicato sulla mortalità delle api (03.12.2009)? Intende la Commissione intervenire nell’immediato secondo le raccomandazioni contenute nelle relazioni?

 
  
 

La Commissione è ben consapevole dei problemi che investono il settore dell’apicoltura, evidenziati nella risoluzione del Parlamento europeo del 20 novembre 2008 [B6-0579/2008/P6_TA-PROV(2008)0567].

La Commissione ha già intrapreso diverse azioni in merito alla salute delle api, e, in particolare, essa ha:

rivisto il regolamento relativo ai limiti di residui di medicinali veterinari negli alimenti; questo dovrebbe contribuire ad aumentare la disponibilità di medicinali veterinari per le api;

proposto un nuovo regolamento relativo alla commercializzazione dei prodotti fitosanitari che, fra le altre cose, rafforza ulteriormente i criteri di accettabilità per l’esposizione alle api mellifere stabiliti dalla direttiva 91/414. Il regolamento, nel frattempo, è stato adottato dal Parlamento europeo e dal Consiglio;

sottoposto l’autorizzazione per l’utilizzo di insetticidi già approvati a rigorose misure per la mitigazione dei rischi da parte degli Stati membri;

sostenuto diversi progetti di ricerca per un finanziamento totale di circa 5 milioni di euro.

La Commissione ha stabilito altresì una piattaforma di coordinamento interno per garantire sinergie e un uso ottimale delle risorse.

Su richiesta della Commissione, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) ha recentemente pubblicato uno studio sulla mortalità delle api nell’Unione europea e le sue cause. Tale studio indica che la moria di sciami è dovuta a molteplici fattori, come agenti patogeni, cambiamento climatico, uso di pesticidi e medicamenti veterinari. Il grado di incidenza di molti di questi fattori, tuttavia, rimane poco chiaro. Il progetto di ricerca BEE DOC, che partirà a marzo 2010, dovrebbe fornire maggiori informazioni sull’argomento. La relazione dell’EFSA evidenzia altresì che gli Stati membri sono dotati di sistemi di sorveglianza per la mortalità e le malattie delle api molto diversi e questo non aiuta una migliore comprensione dei problemi di salute delle api.

A questo proposito, nei prossimi mesi, la Commissione intende discutere assieme a esperti, parti interessate e autorità competenti degli Stati membri l’istituzione di un laboratorio europeo di riferimento per le api, nonché di una rete comunitaria per una sorveglianza più armonizzata della salute delle api.

La Commissione mira a sostenere le api e gli altri insetti impollinatori attraverso la promozione della connettività degli habitat e l’integrazione della politica per la biodiversità con le politiche di altri settori. I programmi di sviluppo rurale forniscono diverse misure che interessano anche gli apicoltori, tra cui servizi di consulenza, formazione, sostegno alla modernizzazione delle aziende agricole e vari tipi di misure agroambientali favorevoli alla salute delle api.

Come spiegato in precedenza, la Commissione ha già intrapreso diverse azioni volte a far fronte al malessere delle api e continuerà a farlo, anche alla luce delle nuove informazioni scientifiche che si renderanno disponibili.

 

Interrogazione n. 34 dell’onorevole Crowley (H-0503/09)
 Oggetto: Assistenza ai professionisti del settore medico
 

La Commissione vorrà indagare la possibilità di istituire un programma comunitario per assistere i professionisti del settore medico che soffrono di dipendenze o di patologie connesse allo stress?

 
  
 

Stress, dipendenze – tra cui l’abuso di alcol – e disturbi mentali sono diventate indubbiamente una delle principali sfide sui posti di lavoro dell’Unione europea. Lo stress può portare a disturbi mentali, come l’esaurimento e la depressione, che possono ridurre sensibilmente la capacità delle persone di lavorare, spesso per lunghi periodi. Lo stress è la seconda patologia legata al lavoro più diffusa nell’Unione, dopo il mal di schiena.

In alcuni Stati membri, i disturbi mentali sono diventati la causa principale di incapacità al lavoro e prepensionamento. I cali di produttività provocati dai disturbi mentali sono enormi: si stima che nel 2007 si aggirassero intorno ai 136 miliardi di euro.

E’ dimostrato che stress, dipendenze ed esaurimenti sono diffusi anche tra il personale medico. Di fatto sembra che i professionisti del settore sanitario siano più a rischio di patologie mentali che non quelli di altri settori. La forte pressione sul posto di lavoro, lo scarso feedback sulle prestazioni e la mancanza di sostegno emotivo possono contribuire a questo stato di cose.

Quello sanitario è uno dei settori che crea maggiore occupazione dell’Unione europea. In seno a una società che sta invecchiando, la disponibilità di una forza lavoro sostenibile nel settore sanitario, che goda essa stessa di buona salute, è viepiù importante.

La Commissione, pertanto, concorda sull’importanza di assistere i professionisti del settore medico nell’affrontare dipendenze, stress e altre patologie mentali.

La Commissione, tuttavia, non ha le competenze o le risorse per avviare in tutta l’Unione un programma di assistenza rivolto specificatamente ai professionisti del settore sanitario.

Il ruolo dell’Unione dovrebbe risiedere, piuttosto, nei seguenti settori:

- aumentare la consapevolezza in materia di posti di lavoro salutari puntando su valide argomentazioni economiche;

- aumentare la consapevolezza e diffondere dati sulle patologie che interessano i professionisti del settore sanitario;

- evidenziare le migliori pratiche e sviluppare direttive atte a farvi fronte;

- incoraggiare le parti sociali del settore sanitario a effettuare la valutazione dei rischi sul posto di lavoro obbligatoria ai sensi della direttiva quadro 89/391/CEE(1)e attuare gli accordi quadro sociali sullo stress da lavoro (2004) e sulla violenza e le molestie (2007).

E’ stato svolto, è in atto o è previsto un elevato numero di attività in questo senso, tra cui le sopracitate iniziative di politica sociale e le attività della Bilbao Agency e della Dublin Foundation.

Nel corso del 2010 la Commissione valuterà le conclusioni riportate nella relazione sulla consultazione del libro verde relativo al personale sanitario europeo, pubblicato sul sito della Commissione relativo alla sanità pubblica a dicembre 2009. La Commissione rifletterà sul risultato di tale consultazione pubblica per vedere come l’Unione europea possa contribuire a far fronte alle sfide con cui deve confrontarsi il personale sanitario europeo e, all’inizio del 2011, organizzerà una conferenza sulla salute mentale negli ambienti lavorativi nell’ambito del patto europeo per la salute ed il benessere mentali.

Attraverso tali iniziative ed attività, l’Unione europea invia importanti segnali e fornisce notevole sostegno a tutti gli attori del settore lavorativo, inclusi i professionisti del settore sanitario e le rispettive organizzazioni sindacali.

 
 

(1)Direttiva 89/391/CEE del Consiglio, del 12 giugno 1989, concernente l’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro, GU L 183 del 29.6.1989.

 

Interrogazione n. 35 dell’onorevole Gallagher (H-0505/09)
 Oggetto: Pesca allo sgombro
 

Quando, a giudizio della Commissione europea, sarà adottata la modifica del regolamento (CE) n. 1542/2007(1) della Commissione relativo alle procedure di sbarco e di pesatura per le aringhe, gli sgombri e i sugarelli per includere le zone VIII a, b, c, d, e, IX e X nel campo di applicazione del regolamento stesso, e da quale data entrerà in vigore?

Alla luce del parere scientifico del CIEM, negli ultimi anni la componente meridionale dello sgombro è stata costantemente oggetto di pesca eccessiva da parte della Spagna, che ha superato di almeno due volte la propria quota. Quali misure di controllo e procedure di indagine intende la Commissione applicare per assicurare che tale pratica non continui? Sarà attuato un sistema di rimborso?

 
  
 

La Commissione tratterà con urgenza la modifica del regolamento (CE) n. 1542/2007 relativo alle procedure di sbarco e di pesatura per le aringhe, gli sgombri e i sugarelli non appena il nuovo collegio dei membri della Commissione entrerà in servizio.

La Commissione, inoltre, è lieta di informare l’onorevole parlamentare che la presunta pesca eccessiva che ha denunciato è stata oggetto di contatti ad altro livello tra la Commissione e la Spagna. La Commissione ha espresso le proprie serie preoccupazioni circa il presunto superamento della quota di pesca e la Spagna è stata invitata a prendere la questione seriamente.

La Spagna ha reagito positivamente alle preoccupazioni della Commissione e lo scorso anno ha chiuso la pesca della componente meridionale dello sgombro fin dal 10 giugno 2009. Il regolamento (CE) n. 624/2009 della Commissione, del 15 luglio 2009, recante divieto di pesca dello sgombro nelle zone VIIIc, IX e X e nelle acque comunitarie della zona COPACE 34.1.1 per le navi battenti bandiera spagnola ha inserito tale chiusura nella legislazione comunitaria. I dati provvisori relativi alle catture trasmessi dalla Spagna alla Commissione non hanno indicato la necessità di avviare una procedura di rimborso.

La Commissione vorrebbe assicurare all’onorevole Parlamentare che cercherà di avviare ulteriori indagini in materia e che farà del proprio meglio per evitare sfruttamenti futuri degli stock della componente meridionale dello sgombro.

 
 

(1)GU L 337 del 21.12.2007, pag. 56.

 

Interrogazione n. 36 dell’onorevole Czarnecki (H-0506/09)
 Oggetto: Stabilità del mercato finanziario in Polonia
 

Il 18 dicembre 2009 la Banca centrale europea ha pubblicato la relazione semestrale sulla stabilità finanziaria nella zona euro, asserendo che le banche di detta zona dovranno prelevare 187 miliardi di euro dalle loro riserve nel 2010. Le perdite che risultano dalla cattiva situazione economica in Europa centrale e orientale (PECO) sono uno dei due motivi principali invocati. In questo contesto, il commento sulla relazione della BCE pubblicato dal Wall Street Journal cita esplicitamente Unicredit.

La Commissione non è del parere che le pratiche commerciali e le procedure di contabilità del gruppo Unicredit contribuiscano a mascherare le perdite finanziarie effettive, il che, a medio e a lungo termine, potrebbe nuocere alla stabilità del sistema finanziario nell’Unione europea? Penso a questo proposito al mantenimento artificiale dei risultati e delle liquidità di Unicredit Ucraina da parte della Banca Pekao SA grazie all’acquisto di crediti in sofferenza e alla costante crescita dei finanziamenti, il che costituisce una minaccia per la stabilità del mercato finanziario polacco in quanto a tutt’oggi la Pekao SA non si è dotata delle riserve che esige la legislazione europea (norme IFRS) per i propri investimenti in Ucraina.

La Commissione è del parere che il drenaggio finanziario della filiale Pekao SA da parte della società madre Unicredit è conforme alla legislazione comunitaria? Il fatto di imporre alle filiali, nel quadro del “Progetto Chopin” (Polonia, Romania, Bulgaria), contratti svantaggiosi con la società Pirelli Real Estate SpA, sotto la protezione di Unicredit, nel contesto di un conflitto di interessi manifesto del Direttore generale di Unicredit, Alessandro Profumo (membro del Consiglio di Amministrazione di una società del Gruppo Pirelli, al momento della firma dei contratti), non è in contrasto con le regole della concorrenza applicabili nell’ambito dell’Unione europea?

 
  
 

Uno degli obiettivi principali dell’Unione europea è creare un quadro giuridico comune per il settore finanziario comunitario volto a garantire una solida vigilanza prudenziale, la trasparenza e una sana governance degli operatori del mercato. Una struttura giuridica comune è essenziale per la stabilità finanziaria e per una giusta competizione del settore finanziario europeo.

L’Unione europea, pertanto, ha adottato diversi atti legislativi, come la “direttiva sui requisiti patrimoniali” (direttiva 2006/48/CE(1)), che stabilisce regole relative [all’accesso] all’attività degli enti creditizi [ed il suo esercizio], nonché la vigilanza prudenziale su detti enti, il regolamento IAS (regolamento (CE) n. 1606/2002(2)), che obbliga le società registrate a utilizzare le norme IFRS per la redazione dei loro conti consolidati, e la direttiva 2006/43/CE(3), che impone che i rendiconti finanziari siano rivisti da revisori esterni autorizzati.

A seguito della crisi finanziaria, la Commissione ha aumentato significativamente i propri sforzi per aumentare la stabilità finanziaria attraverso la propria appartenenza all’omonimo Consiglio e, più specificatamente, attraverso diverse nuove proposte come, ad esempio, quelle relative alle agenzie di rating del credito, alla cartolarizzazione, alla supervisione dei gruppi bancari transfrontalieri e alla revisione generale dell’architettura comunitaria di controllo basata sulla relazione De Larosière. Molte delle proposte della Commissione sono già state adottate in prima lettura grazie alla stretta e costruttiva collaborazione tra il Parlamento e il Consiglio.

La Commissione, inoltre, sta lavorando anche su altre iniziative che aumenteranno la capacità del settore bancario di assorbire le scosse economiche. La Commissione, ad esempio, indirà a breve una consultazione sull’aumento della qualità del capitale di vigilanza, su nuovi requisiti di liquidità, nonché sui cuscinetti anticiclici per le banche.

Se da un lato la Commissione monitora da vicino la corretta e puntuale attuazione delle leggi comunitarie da parte degli Stati membri, dall’altro l’esecuzione di tali leggi e la supervisione del comportamento sul mercato delle singole istituzioni finanziarie è di competenza delle autorità nazionali.

Per quanto attiene qualunque potenziale impatto delle pratiche aziendali del gruppo Unicredit sulla stabilità del mercato finanziario in Polonia, la Commissione, senza prendere posizione sul caso specifico, vorrebbe far notare che:

sebbene la Pekao SA faccia parte (sia una filiale) del gruppo Unicredit, essa è soggetta al controllo dell’agenzia di supervisione finanziaria polacca (KNF). Oltretutto, in quanto banca registrata polacca, essa deve rispondere autonomamente ai requisiti minimi europei di solvibilità;

per quanto concerne la stabilità del settore bancario interessato, la Polonia ha istituto un apposito comitato per la stabilità finanziaria, composto dal ministro per le Finanze, dal governatore della banca nazionale polacca e dal presidente dell’agenzia di supervisione finanziaria polacca;

il gruppo Unicredit Group è soggetto alla supervisione delle autorità italiane (Banca d’Italia e Consob);

Unicredit, in quanto banca italiana, come tutte le altre banche europee registrate, deve redigere le proprie relazioni finanziarie consolidate nel rispetto delle norme IFRS adottate dall’Unione europea con il regolamento 1606/2002/CE, che garantisce un elevato livello di trasparenza.

Da un punto di vista del diritto societario, si deve notare che non vi sono regole, nella legislazione comunitaria, che vietino il trasferimento di attività tra una filiale e la propria casa madre o stabiliscano condizioni specifiche per transazioni di questo tipo. In particolar modo, il progetto della cosiddetta nona direttiva sul diritto societario(4) che avrebbe dovuto regolamentare i rapporti all’interno di gruppi aziendali transfrontalieri, è stato definitivamente abbandonato nell’ambito del piano d’azione sul diritto societario del 2003(5) a causa del mancato sostegno da parte degli Stati membri e delle comunità economiche che non avevano ravvisato la necessità di un quadro normativo così completo. Le transazioni tra le case madri e le proprie filiali, ad ogni modo, sono considerate transazioni societarie del gruppo e sono quindi soggette a doveri di trasparenza. Pertanto, tali transazioni devono essere indicate nei rendiconti finanziari delle aziende, nel rispetto del principio contabile internazionale (IAS) n. 24, che impone all’ente di divulgare la natura delle relazioni all’interno di un gruppo nonché di fornire le informazioni sulle transazioni e sui saldi monetari correnti necessarie alla comprensione del possibile effetto di tale relazione sui rendiconti finanziari.

Oltre ai tali doveri di trasparenza, le norme stabilite dalla cosiddetta seconda direttiva sul diritto societario(6)in materia di distribuzioni agli azionisti si applicano a tutte le imprese pubbliche a responsabilità limitata, indipendentemente dal fatto che facciano parte dello stesso gruppo di aziende oppure no. L’articolo 15 di tale direttiva impedisce, fra l’altro, che le distribuzioni possano portare a una riduzione dell’attivo netto di un’azienda al di sotto dell’importo del capitale sottoscritto aumentato delle riserve di legge, proteggendo così la stabilità finanziaria dell’azienda.

Per quanto attiene al presunto “drenaggio finanziario” da parte di Unicredit ai danni della filiale polacca, la Commissione non è a conoscenza di particolari problemi al riguardo. Le statistiche disponibili suggeriscono che le banche internazionali hanno effettivamente diminuito la loro esposizione al settore bancario polacco nella seconda metà del 2008 e all’inizio del 2009, ma, successivamente, l’hanno aumentata nuovamente nel corso del secondo trimestre del 2009. Questo lascia intendere che la riduzione dell’esposizione, che potrebbe aver interessato anche il rapporto tra Unicredit e Pekao, potrebbe essere stata temporanea e dovuta a un calo nel credito. La Commissione continuerà a monitorare gli sviluppi in quest’area.

Per concludere, in specifico riferimento alla preoccupazione espressa circa la possibilità che il comportamento di Unicredit abbia potuto essere “in contrasto con le regole della concorrenza applicabili nell’ambito dell’Unione europea”, dalle informazioni fornite nell’interrogazione, sembra che tali regole, in particolare quelle antitrust, non siano gli strumenti appropriati per affrontare le questioni sollevate e le presunte pratiche di Unicredit o dei suoi dirigenti. Tali questioni, infatti, non si riferiscono a una collusione, né a un accordo anticoncorrenziale tra aziende di unno stesso gruppo, né a una qualunque forma di abuso di posizione dominante.

 
 

(1) Direttiva 2006/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2006 , relativa all’accesso all’attività degli enti creditizi ed al suo esercizio (rifusione), GU L 177 del 30.6.2006.
(2) Regolamento (CE) n. 1606/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 luglio 2002, relativo all’applicazione di principi contabili internazionali, GU L 243 dell’ 11.9.2002.
(3) Direttiva 2006/43/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 maggio 2006 , relativa alle revisioni legali dei conti annuali e dei conti consolidati, che modifica le direttive 78/660/CEE e 83/349/CEE del Consiglio e abroga la direttiva 84/253/CEE del Consiglio, GU L 157 del 9.6.2006.
(4) Bozza di proposta della Commissione per una nona direttiva conformemente all’articolo 54, paragrafo 3, lettera g) del trattato CEE relativa ai legami tra imprese e, in particolare ai gruppi (III/1639/84).
(5) Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento Europeo - Modernizzare il diritto delle società e rafforzare il governo societario nell’Unione europea - Un piano per progredire (COM(2003)284 def.).
(6) Seconda direttiva 77/91/CEE del Consiglio, del 13 dicembre 1976, intesa a coordinare, per renderle equivalenti, le garanzie che sono richieste, negli Stati Membri, alle società di cui all’articolo 58, secondo comma, del Trattato, per tutelare gli interessi dei soci e dei terzi per quanto riguarda la costituzione della società per azioni, nonché la salvaguardia e le modificazioni del capitale sociale della stessa, GU L 26 del 31.1.1977.

 

Interrogazione n. 37 dell’onorevole Belet (H-0001/10)
 Oggetto: Scanner corporali
 

Le autorità olandesi intendono introdurre all’aeroporto di Schiphol, entro il mese di gennaio 2010, scanner ad onde millimetriche (scanner corporali), in particolare per i voli diretti negli Stati Uniti. Gli scanner sono necessari in quanto in grado di individuare sostanze e fluidi pericolosi.

La Commissione ritiene che la decisione delle autorità olandesi sia giustificabile, in quanto la sicurezza dei passeggeri ha la precedenza sul diritto assoluto alla riservatezza dei passeggeri stessi?

Secondo la Commissione, a quali condizioni gli scanner corporali sono accettabili? È sufficiente che le immagini ottenute non possano essere immagazzinate o trasmesse?

Quali misure supplementari prevede di adottare a breve termine la Commissione per salvaguardare la sicurezza dei passeggeri, in particolare sui voli per gli Stati Uniti? La Commissione intende proporre, già nelle prossime settimane, una regolamentazione sugli scanner corporali?

 
  
 

Non sono state adottate regole comunitarie sull’uso di scanner corporali come possibile metodo di controllo dei passeggeri prima dell’imbarco. Per legge, gli Stati membri hanno il diritto di introdurre scanner corporali per effettuare delle prove o come misura di maggiore sicurezza(1).

La sicurezza può essere raggiunta solo attraverso un approccio composito. Gli scanner corporali, in virtù della loro efficacia, possono far parte di un approccio di questo tipo, fintanto che i criteri di riservatezza, protezione dei dati e salute sono rispettati. Anche la sicurezza aerea s’inserisce in un approccio di più ampio respiro, in quanto le misure di sicurezza degli aeroporti rappresentano solo l’ultima linea di difesa.

La Commissione, in stretto contatto con Parlamento e Consiglio, sta valutando la necessità di un approccio a livello europeo che garantisca che l’introduzione degli scanner corporali rispetti i criteri di riservatezza, protezione dei dati e salute.

Gli standard operativi per gli scanner corporali devono esser ideati in modo che rispettino i requisiti relativi ai diritti fondamentali incorporati nella legislazione comunitaria, come la protezione dei dati. Qualunque intrusione nella privacy dei passeggeri dev’essere proporzionata e ben giustificata, il che implica un’attenta valutazione. Le misure adottate devono essere rigorosamente limitate al minimo necessario per far fronte alla possibile minaccia. Tali condizioni potrebbero comprendere quanto segue: strumenti di salvataggio delle informazioni limitati che impediscano assolutamente l’uso o il recupero dell’immagine una volta lasciato andare il passeggero, bassa risoluzione delle aree del corpo non identificate come contenenti possibili oggetti a rischio o, in alternativa, una revisione totalmente da remoto, senza contatti con il controllore se non quelli automatici predefiniti. La possibilità di ricorrere a scanner corporali negli aeroporti potrebbe essere accompagnata dall’obbligo di utilizzare l’ultima tecnologia disponibile in fatto di tutela della privacy in modo da ridurre l’intrusione al minimo. Qualunque utilizzo di scanner corporali, inoltre, dovrà prevedere un’informazione adeguata ai passeggeri. Per concludere, nessuna delle tecnologie utilizzate deve rappresentare un rischio per la salute. Ciò detto, è opportuno notare che simili tecnologie esistono.

Nelle settimane e nei mesi a venire, la Commissione continuerà le proprie considerazioni e valutazioni sulle potenziali nuove misure di sicurezza e la loro compatibilità con il rispetto dei diritti fondamentali, e le proprie verifiche dell’efficacia di misure e strumenti già a disposizione. Sarà sulla base di tali verifiche che la Commissione potrà proporre misure europee sull’uso degli scanner corporali.

Non è pertanto probabile che la Commissione proponga leggi in materia nelle prossime settimane.

 
 

(1) In assenza di una base giuridica comunitaria, gli scanner corporali non possono sostituire gli attuali mezzi di controllo utilizzati nel rispetto della legislazione comunitaria vigente, ad eccezione di brevi periodi di prova.

 

Interrogazione n. 38 dell’onorevole Andrikienė (H-0003/10)
 Oggetto: Seguito dell’attuazione della strategia del Mar Baltico
 

La strategia del Mar Baltico è stata una delle priorità chiave della Presidenza svedese dell’Unione europea.

Come proseguirà la Commissione l’attuazione di detta strategia sotto il nuovo trio di Presidenze (Spagna, Belgio e Ungheria) nel corso dei prossimi 18 mesi?

Quali passi ha in programma la Commissione per il prossimo futuro e in una prospettiva più lunga allo scopo di creare una base solida per l’attuazione della strategia del Mar Baltico?

 
  
 

La Commissione si è impegnata a promuovere l’attuazione della strategia dell’Unione europea per i paesi del Mar Baltico, in stretta collaborazione con gli Stati membri.

Spetta al consiglio dell’Unione europea – al Consiglio “Affari generali” – garantire l’andamento politico generale della strategia. Questo comportare rilasciare raccomandazioni sulla base delle relazioni della Commissione agli Stati membri e alle parti interessate. Altre formazioni del Consiglio potrebbero affrontare questioni specifiche in seno a detta strategia e il Consiglio europeo sarà informato periodicamente sui progressi fatti.

La preparazione e l’assistenza alle discussioni del Consiglio “Affari generali” saranno intraprese dalla Commissione coerentemente con le responsabilità della stessa in materia di verifica, coordinamento e relazione su tale strategia. Per garantire che la Commissione sia in possesso di tutte le informazioni utili sui progressi e gli sviluppi della strategia, sarà necessario istituire strutture e procedure che coinvolgano gli Stati membri e le parti interessate.

La Commissione, in particolare, indirà un gruppo di lavoro ad alto livello degli alti funzionari di tutti gli Stati membri per una consultazione sul progresso della strategia. Tale gruppo potrà, se necessario, invitare ulteriori membri provenienti da parti interessate fondamentali come le organizzazioni non governative o da specifici ministeri. Esso fornirà pareri alla Commissione circa il contenuto della relazione periodica sulla strategia che quest’ultima dovrà redigere e le raccomandazioni relative a qualunque modifica necessaria alla strategia e al suo piano d’azione.

Il lavoro di base per l’attuazione della strategia sarà svolto dai 15 coordinatori delle aree prioritarie e dagli 80 responsabili di progetto di bandiera. I coordinatori delle aree prioritarie provengono principalmente dai ministeri degli Stati membri, mentre i responsabili di progetto di bandiera possono provenire anche da regioni, università, organizzazioni internazionali e organizzazioni non governative. Il loro ruolo sarà garantire che la strategia passi dalle parole alle azioni. La Commissione fornirà il sostegno necessario perché tali attori chiave svolgano il proprio compito.

La Commissione organizzerà altresì un forum annuale già nel 2010 per mantenere l’elevata visibilità e la spinta della strategia. Tale forum coinvolgerà la Commissione e altre istituzioni comunitarie, Stati membri, autorità locali e regionali, nonché organi intergovernativi e non governativi e sarà aperto al pubblico. Questo primo forum permetterà alla Commissione di verificare se le strutture realizzate funzionano in modo efficace o se è necessario apportare delle modifiche.

 

Interrogazione n. 39 dell’onorevole Toussas (H-0006/10)
 Oggetto: Tragica morte di nove marinai a bordo dell’Aegean Wind
 

Nove marinai sono andati incontro a una tragica morte il giorno di Natale a causa di un incendio divampato a bordo di un’imbarcazione di 26 anni, la Aegean Wind, battente bandiera greca. Questo ultimo “incidente” marittimo va ad aggiungersi alla lista di quelli che hanno mietuto numerose vittime, tra i quali quelli che hanno visto coinvolti il traghetto Express Samina, le navi mercantili Dystos e Iron Antonis, le petroliere Erika e Prestige. Gli Stati membri e l’UE adattano la propria politica marittima alle esigenze di concorrenza e profitto degli armatori e, ignorando le legittime rivendicazioni dei marinai, autorizzano l’utilizzo di imbarcazioni obsolete e in cattivo stato di mantenimento, intensificano la pressione lavorativa sui marinai, riducono numericamente l’equipaggio e impongono ritmi giornalieri lavorativi estenuanti di 16-18 ore con conseguenze devastanti per la sicurezza della vita in mare.

Sa la Commissione se l’Aegean Wind rispondeva alle norme basilari di sicurezza, il cui rispetto avrebbe evitato la morte di parte dell’equipaggio, se la nave era dotata dei necessari sistemi di protezione, sicurezza e lotta antincendio e se questi ultimi funzionavano normalmente? Si dispone di informazioni e valutazioni da parte dell’EMSA riguardo alle cause della morte dei marinai?

 
  
 

La nave per carico misto Aegean Wind ha preso fuoco nel mar dei Caraibi, al largo della costa venezuelana, il 25 dicembre 2009, uccidendo nove e ferendo cinque dei 24 membri dell’equipaggio. La Commissione deplora la perdita di tali vite e i danni alla salute e ringrazia le autorità venezuelane per l’assistenza fornita soprattutto ai membri dell’equipaggio feriti.

Poiché le indagini sull’incidente, di responsabilità delle autorità greche, sono ancora in corso, la Commissione non è in grado di rilasciare alcuna dichiarazione circa le origini dell’incidente. Tutti i certificati di classificazione, tuttavia, sono sati rilasciati in occasione dell’ultima verifica speciale nel 2007 e, a seguito della recente convalida a giugno 2009, sono valevoli fino al 2012. Similmente, le verifiche per i certificati obbligatori a bordo dell’imbarcazione sono state effettuate non più tardi di giugno 2009, confermando la validità di tutti i certificati obbligatori richiesti ai sensi delle convenzioni SOLAS (salvaguardia della vita umana in mare) e MARPOL (prevenzione dell’inquinamento causato da navi). Per concludere, la nave ha ottenuto il nuovo certificato di gestione della sicurezza a marzo 2008, con una normale validità di cinque anni. Sarebbe opportuno notare, inoltre, che l’imbarcazione era regolarmente oggetto di ispezioni da parte degli Stati di approdo e non è mai stata trattenuta nel corso degli ultimi 10 anni. L’ultima ispezione, effettuata dalla guardia costiera statunitense il 14 ottobre 2009 in Texas, non ha rivelato nessuna carenza.

Al momento, la legislazione internazionale impone agli Stati membri di effettuare indagini in caso di sinistri per verificare se è possibile scoprire qualcosa. Quello cui si riferisce l’onorevole parlamentare dev’essere considerato un sinistro molto grave secondo la definizione di cui all’articolo 3 della direttiva 2009/18/CE(1), che stabilisce i principi fondamentali in materia di inchieste sugli incidenti nel settore del trasporto marittimo e che fa parte del terzo pacchetto sulla sicurezza marittima. Per sinistri di questo tipo, la direttiva impone agli Stati membri di far condurre un’inchiesta di sicurezza a un organo indipendente al fine di determinare le cause dell’incidente e individuare misure atte a prevenire il ripetersi di simili incidenti in futuro. Gli Stati membri dovranno pubblicare una relazione sull’argomento nell’arco di un anno. Tale direttiva dev’essere recepita entro il 17 giugno 2011. Sebbene l’Agenzia europea per la sicurezza marittima (EMSA) non abbia nessun ruolo nelle indagini relative a incidenti in mare, essa raccoglie le informazioni sugli incidenti marittimi fornite dagli Stati membri e dalle fonti commerciali. Dopo il recepimento della direttiva 2009/18/CE, gli Stati membri dovranno notificare tutti i sinistri e gli incidenti marittimi tramite la piattaforma europea di informazione sui sinistri marittimi gestita dall’EMSA.

Per quanto concerne l’orario di lavoro a bordo, la Commissione desidera segnalare che la direttiva 1999/63/CE(2)relativa all’accordo sull’organizzazione dell’orario di lavoro della gente di mare stabilisce sia un numero massimo di ore di lavoro – 14 ore su un periodo di 24 ore e 72 ore su un periodo di 7 giorni – sia un numero minimo di ore di riposo – 10 ore su un periodo di 24 ore e 77 ore su un periodo di 7 giorni.

 
 

(1) Direttiva 2009/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009 , che stabilisce i principi fondamentali in materia di inchieste sugli incidenti nel settore del trasporto marittimo e che modifica la direttiva 1999/35/CE del Consiglio e la direttiva 2002/59/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, GU L 131 del 28.5.2009.
(2) relativa all’accordo sull’organizzazione dell’orario di lavoro della gente di mare, GU L 167 del 2.7.1999.

 

Interrogazione n. 40 dell’onorevole Angourakis (H-0007/10)
 Oggetto: Persecuzione dei membri del Partito per una società democratica (DTP)
 

Due giorni dopo che l’Unione europea si era congratula con il governo turco per i progressi compiuti sulla via della “democratizzazione” del Paese e della risoluzione dei problemi con la comunità curda, la Corte costituzionale turca ha deciso di dichiarare fuori legge il Partito per una società democratica (DTP). Inoltre, la stessa Corte ha privato dei diritti politici 37 membri del DTP per un periodo di cinque anni e ha revocato il mandato parlamentare al presidente del partito, Ahmet Turk, e ad Aysel Tugluk. Secondo il sindaco di Diyarbakir, a seguito di una operazione coordinata delle autorità turche, 81 membri del partito in oggetto, tra cui nove sindaci democraticamente eletti, sono stati arrestati e posti in stato di fermo.

Intende la Commissione condannare tali azioni, che sono intese a terrorizzare e a impedire lo svolgimento dell’attività politica e che costituiscono una flagrante violazione dei diritti democratici fondamentali dei cittadini turchi?

 
  
 

La Commissione ha espresso serie preoccupazioni a seguito di recenti sviluppi, quali gli attacchi terroristici nel sudest del paese, la chiusura del Partito per una società democratica (DTP) e l’arresto dei membri di tale partito, sindaci inclusi. La Commissione ritiene che simili sviluppi non creino le giuste premesse per una concreta attuazione della democratizzazione avviata dal governo turco nell’estate del 2009.

Il sudest della Turchia ha bisogno di pace, democrazia e stabilità, che possano portare allo sviluppo economico, sociale e culturale. La democratizzazione mira ad aumentare il livello di democrazia e gli standard di vita di tutti i cittadini turchi. Tale iniziativa ha fatto sperare che, dopo decenni di violenza, la questione curda potesse essere risolta con il dialogo e nell’ambito delle istituzioni democratiche del paese. Il suo successo dipende dalla partecipazione e dal sostegno di tutte le parti politiche e di tutti i segmenti della società.

Al contempo, la Commissione condanna il terrorismo nel modo più assoluto. Essa invita tutte le parti coinvolte a fare altrettanto e ad agire nell’ambito delle istituzioni democratiche della Turchia al fine di migliorare i diritti e le libertà di tutti i cittadini turchi, indipendentemente dalla loro origine etnica, linguistica, religiosa o culturale.

La Commissione continuerà a seguire da vicino la situazione, sulla base delle disposizioni in materia stabilite dalla convenzione europea per i diritti dell’uomo, dalla giurisprudenza della corte europea per i diritti dell’uomo e dalle raccomandazioni della commissione di Venezia del Consiglio d’Europa sul quadro giuridico e la prassi della Turchia in materia di chiusura dei partiti politici. A tale proposito, la Commissione ribadisce che la legislazione turca in materia di partiti politici dev’essere allineata agli standard europei.

 
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